Four seasons to love

di Vavi_14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Woods and Orange Blossom ***
Capitolo 2: *** I. Winter ***
Capitolo 3: *** II. Spring ***
Capitolo 4: *** III. Summer ***
Capitolo 5: *** IV. Autumn ***
Capitolo 6: *** Epilogo. Lemon and Pine Needles ***



Capitolo 1
*** Prologo. Woods and Orange Blossom ***


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Prologo
Woods and Orange Blossom
 

 










 
«Cavolo, non si vede niente!»
Jimin si stringe con più foga al braccio di Jungkook, cercando di ripararsi dalla pioggia che, incessante, picchietta sull’ombrello al di sopra delle loro teste. La foschia e la luce fioca dei lampioni rendono l’atmosfera livida e cupa, ravvivata solo dal riflesso del candido nevischio che, quasi innaturale, rischiara le strade di Busan. Jungkook procede a passo svelto, trattiene i brividi per non cedere calore prezioso e tira Jimin in modo che stia al passo con le sue gambe lunghe e agili.
«Ci penseranno i tuoi capelli a fare luce» ribatte con la voce attutita dalla sciarpa, avvolta sapientemente attorno al collo.
Il più grande lo strattona un poco e inarca le sopracciglia, contrariato. «Si può sapere perché ce l’hai tanto con il rosso, eh?»
Jimin si è tolto uno sfizio che aveva progettato anni prima, ai tempi del liceo; adesso è un universitario, ma non ha perso la voglia di distinguersi dagli altri, di cercare un’identità che lo faccia star bene con se stesso.
«È uscito un po’ più acceso di quanto pensassi, però…»
«Non voglio che la gente ci fermi perché pensa che tu sia un idol» replica svelto il più piccolo, spingendo Jimin sulla destra in modo da evitare una pozzanghera.
Non è esattamente la giornata più adatta per uscire a fare una passeggiata – anzi, Jungkook pensa sia la peggiore da un mese a quella parte, - però Taehyung sta preparando un esame importante e, beh, non capita tutti i giorni di vederlo sgobbare sui libri pur di far contento suo padre, così i suoi due coinquilini hanno deciso di fare un salto al nuovo negozio di dischi che ha aperto nel loro quartiere e acquistargli quel CD dei Linkin Park che da tredicenne non aveva avuto i soldi per comprarsi. Anche se ora Taehyung ascolta altri generi, quel gruppo musicale ha tenuto loro compagnia quando ancora non immaginavano che il loro futuro li avrebbe portati a frequentare lo stesso college; Jungkook li aveva raggiunti non appena terminato l’esame di stato poiché, nonostante gli ottimi risultati ottenuti e la conseguente possibilità di frequentare qualche prestigiosa scuola a Seoul, aveva preferito rimanere con i suoi due amici d’infanzia; gli stessi con i quali aveva condiviso quasi vent’anni della sua vita, gli stessi per i quali “avere un fratello rinomato per la sua bravura negli studi” non aveva granché importanza, gli stessi per i quali Jeon Jungkook era una persona in gamba anche se le sue energie non venivano spese tutte a favore dello studio e dei bei voti. Jungkook aveva una bella testa, ma gli piaceva preservarla dalle troppe ore passate sui libri; magari usava quel tempo per imparare a suonare la chitarra guardando qualche tutorial improvvisato, o per allenarsi in vista delle importanti competizioni di Taekwondo della sua città.
«Perché, ti sembro un idol?» La domanda di Jimin  lo risveglia dal torpore e lo costringe ad incrociare uno sguardo tanto lusingato quanto curioso.
Jungkook si fa sfuggire volutamente un lieve sbuffo. Sa che Jimin è alla continua ricerca di conferme e che si fida ciecamente del suo giudizio, ma non ammetterà mai che quel rosso gli dona particolarmente, perché vorrebbe dire aver perso la battaglia contro il volersi tingere ad ogni costo. Dopotutto Jimin va bene così com’è.
«Sta chiudendo».
Rifugge abilmente la richiesta dell’amico frenando all’improvviso e guardando la serranda del tanto agognato negozio chiudersi di botto, dall’altra parte del marciapiede, ponendo fine a tutte le loro buone intenzioni. Almeno per quel giorno.
«Cavolo! Tutta questa strada per niente!» Jimin ha le mani congelate dal freddo, perché nella fretta ha dimenticato di indossare i guanti. «Che poi non potrebbe scaricarselo, quel CD?»
Jungkook non risponde, un po’ perché sa che la domanda di Jimin è dettata dall’esasperazione, piuttosto che dal buon senso – avere un CD originale per le mani non è di certo la stessa cosa che sentirlo in bassa definizione sull’ipod - un po’ perché è rimasto catturato dalla fragranza che ha percepito quando una folata di vento gli ha accarezzato le narici, facendolo bloccare sul posto per cercare di indovinarne gli ingredienti. È quasi sicuro che provenga dal negozio di CD, perché non ci sono altre attività aperte nei dintorni, a parte un bar che solo a guardarlo sembra sapere di vecchio e muffa. Sente Jimin intimargli di tornare a casa, ma proprio quando è riuscito ad identificare quella sensazione frizzante e intensa, la sagoma di una ragazza appare da una porticina accanto alla vetrina principale. Fa appena in tempo a scorgerne i capelli color ebano sparsi sul giubbotto in lana cotta che se la ritrova a pochi metri di distanza; il rumore degli stivaletti ticchetta sull’asfalto e suggerisce un andamento frettoloso. Potrebbero fermarla per chiederle gli orari del negozio, dopotutto l’hanno vista chiaramente uscire di lì per ultima, ma Jungkook non riesce a far altro che notare il rossore su quel piccolo naso riprendere il colorito acceso delle labbra, per poi abbassare lo sguardo imbarazzato quando lei ricambia di sfuggita la sua occhiata, mentre Jimin si gusta la scena in silenzio, sbatacchiando il più piccolo non appena la ragazza ha voltato loro le spalle.
«Avrò pure l’aspetto di un idol, ma quella sembrava aver occhi solo per te».
Jungkook si scosta un poco da lui, come se gli avesse punzecchiato un fianco. «M-ma che dici hyung, è solo perché stavamo qui impalati che lei-»
«Scu-scusami ma tu… tu sei un idol per caso?»
Una voce flebile, quasi sussurrata, interrompe le giustificazioni sconclusionate di Jungkook. Entrambi si voltano a guardare due ragazzine imbacuccate dalla testa ai piedi e strette l’una all’altra, gli occhi a mandorla puntati sulla bella chioma cremisi di Jimin.
«Aehm…»
Il più grande si gratta la nuca, colto alla sprovvista; sta per scuotere la testa in segno di diniego, ma Jungkook è più veloce e lo vince sul tempo.
«Sì, fa parte di un gruppo che debutterà tra qualche mese» butta lì, mal celando un sorrisetto compiaciuto.
«Davvero?!» Le ragazzine spalancano le palpebre e sembrano non stare più nella pelle. «E come si chiamerà questo gruppo?» domanda la più bassa, soffiando aria calda sui morbidi guanti a moffolina.
«Bang… tan Sonyeondan» butta lì Jungkook, non riuscendo più a fermare quel teatrino.
«Ban… CHE?!» Jimin è sconvolto a tal punto da non riuscire più a formulare una frase di senso compiuto, mentre il più piccolo si copre la bocca per non  scoppiare a ridere e rovinare la scena.
«Wow! » Stavolta è la più alta a parlare. «Buona fortuna allora! Spero davvero che il tuo gruppo riesca ad affermarsi. Ora scusaci ma dobbiamo andare…» Detto questo sorride imbarazzata a si trascina dietro l’altra, che però non vuole andarsene senza prima averlo salutato degnamente.
«Sei molto carino!» esclama infatti, ridacchiando e fuggendo via insieme all’amica.
Jimin vorrebbe ringraziare ma non fa in tempo, perciò decide che mollare un pugno sulla spalla di Jungkook sia un ottimo modo per sfogare il suo disappunto.
«Ma che cavolo ti è venuto in mente?!» Arrossisce ripensando alla figura che gli ha fatto fare e gli regala un altro pugno quando vede che il più piccolo non la vuole smettere di ridere.
«Sei tremendo» lo rimprovera, mentre imboccano la via principale che li avrebbe portati alla metro.
In realtà, Jungkook si è preso forse una piccola rivincita, o magari lo ha fatto a causa di quell’odore di legni e fiori d’arancio che non cessava di stordirgli la mente, così come quegli occhi dolci e svegli che hanno ricambiato inaspettatamente il suo sguardo, facendogli dimenticare per un brevissimo istante l’insolito freddo polare di quell’inverno a Busan.
 

 










 
 
 


__________
 
Ciao a tutti! ^^
Vi ringrazio per aver aperto questa storia ed essere giunti fin qui. Vorrei spendere giusto qualche parola per chi ha deciso di provare a seguirla. I protagonisti saranno, come da banner, Jeon Jungkook e Lee Ji-Eun, meglio conosciuta nel mondo kpop come IU. I motivi per cui li vedo bene insieme sono tanti, ma capisco che la scelta può essere condivisibile o meno; in ogni caso, della bella Ji-Eun prenderò in prestito solamente l’identità, in quanto non la seguo assiduamente come cantante, perciò non sono in grado di rendere fedelmente la sua personalità. Con questo intendo che forse, anche se non li avete mai pensati come possibile coppia, questa storia potrebbe piacervi lo stesso, anche perché si tratta di un’AU: sarete voi a decidere se darle o meno una possibilità. :)
L’idea è quella di articolarla in quattro capitoli (per l’appunto, quattro stagioni), più un prologo e un epilogo. Si tratta di una raccolta, ma gli eventi avranno, ovviamente, sia un senso logico che cronologico.
Grazie ancora per aver letto, spero di potervi ritrovare anche al prossimo capitolo! 

Ps. Non so ancora se riuscirò a pubblicare di nuovo prima delle feste; nel caso, auguro a tutti voi un Buon Natale!

 

Vavi

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Capitolo 2
*** I. Winter ***


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I.

Winter










 
Nonostante il sole avesse sciolto quasi tutto il nevischio, splendendo in un cielo privo di nuvole, Jungkook non era tornato al negozio di CD il giorno successivo, né quello dopo ancora. A una settimana di distanza da quella fredda passeggiata, Taehyung aveva finalmente dato l’esame, portando a casa un inaspettato ma – a detta sua – meritatissimo trenta e lode.

Non che avesse smesso di pensare a quella vetrina, a quel profumo inebriante, o a quella ragazza. In realtà Jungkook fa ancora fatica a credere di aver rinunciato a prendere la metro un paio di volte – o forse qualcuna in più -  pur di percorrere quel tratto di strada in tram e poter scoccare un’occhiata fugace al fantomatico negozio; così, tanto per accertarsi che stesse ancora lì e che non fosse solo frutto della sua fervida immaginazione. Dopotutto Jimin non aveva più tirato fuori la questione, forse per via della presunta figuraccia con le due ragazzine, almeno fino a quando Taehyung non era tornato a casa urlando in aramaico che dopo tutto quel tempo sprecato sui libri come minimo si meritava un’uscita speciale con i suoi due amici. Jimin aveva commentato con un bonario “Ma cercati una ragazza” e Taehyung gli aveva letteralmente rovesciato l’ultimo goccio d’acqua della bottiglietta in testa; dopo averlo afferrato per un braccio, Jimin si era preso la sua rivincita mollandogli un calcio sul sedere e poi aveva pronunciato la fatidica frase: «Andiamo a comprare quel dannatissimo CD». In quel momento, Jungkook aveva sentito chiaramente il proprio cuore perdere un battito e aveva tossicchiato due o tre volte per cercare di assumere un’espressione vagamente naturale davanti agli altri due coinquilini.

Così, mentre Jimin e Taehyung afferrano veloci i loro cappotti e le chiavi di casa, Jungkook è ancora immobile sul divano a tentare di capire se quella morsa che gli stringe il petto è di natura benevola oppure no. Si sente stranamente agitato, comincia ad avere dei dubbi, non è più sicuro di voler andare lì; sta per dire ai suoi hyungs di proseguire da soli ma sente Taehyung tirarlo per un braccio e Jimin lanciargli la sua giacca con tanto di espressione incavolata dipinta in volto.
«Ma che ti prende Jungkookie?»
Non appena sono fuori casa, l’aria fresca di Dicembre sembra finalmente scuotergli i neuroni, facendolo tornare alla realtà.
«N-niente è che avevo da studiar-»
«C’è una ragazza» finisce per lui Jimin, mentre indica a Taehyung che devono prendere la strada per la metro, visto che non hanno le catene e alcune vie sono ancora ghiacciate. «Una carina».
«Ma se non l’hai nemmeno vista!» Jungkook cade in trappola con le sue stesse parole e gli altri due si scambiano uno sguardo complice. Perché ha aperto bocca senza pensare? Non è da lui.
«Tu l’hai vista, invece?» domanda sornione Taehyung, cercando invano di passargli un braccio intorno al collo. Il più piccolo si scansa, piegandosi in avanti, e si posiziona alla sinistra di Jimin.
«Era buio» liquida in fretta i due, guardando altrove. «Ma non è questo il punto».
«Oh, certo che no» lo punzecchia Jimin, pizzicandogli un fianco. «Non è mai il punto, quando si tratta di ragazze».
Jungkook sospira affranto e cala leggermente il berretto rosso sui ciuffi neri che gli solleticano fronte. Rispetto ai suoi coetanei, Jungkook sa di essersi interessato raramente all’altro sesso, eppure non sente di aver perso occasioni preziose, né pensa di avere qualcosa in meno degli altri; semplicemente, Jungkook non si impegna se non pensa che valga davvero la pena impegnarsi; non esce con qualcuno se quella persona non è in grado di trasmettergli qualcosa di unico e speciale; Jungkook non investe energie in una relazione se questa non lo coinvolge abbastanza. Perché Jungkook è sicuro che quando inizierà a farlo, non riuscirà a investire solo una piccola parte di se stesso, preservandosi dal dolore e dalle sofferenze, ma ci si butterà a capofitto donando cuore e anima, forse anche smettendo di ragionare, non ne è sicuro perché non è mai stato davvero innamorato… e un po’ lo teme, l’amore. Lo brama e ne ha paura allo stesso tempo.

Si accorge che sono arrivati a destinazione solo quando Taehyung spalanca la porta del locale e l’odore di legni e fiori d’arancio gli riempie il petto e le narici. Solitamente preferisce le essenze fresche alle fruttate, ma quella ormai gli è entrata dentro ed è come se il suo corpo l’avesse già associata a qualcosa di familiare e accogliente. In effetti, quando entra del negozio, rimane stupito dal gusto delle decorazioni e dalla scelta dei colori; attorno a loro, delle mura color salmone racchiudono un grazioso spazio dove scaffali ricolmi di CD si alternano a mensole sopra le quali svettano dischi in vinile da collezione, chitarre datate, spartiti e altri arredi in tema musicale. Ai lati della sala, ogni CD è sistemato in ordine alfabetico secondo l’artista, e accanto alla cassa sono posizionati dei divanetti dai colori chiari con delle cuffie e degli mp3 accanto. Jungkook, inoltre, non si fa sfuggire una parete dedicata esclusivamente ai libri e alla lettura; ci sono le ultime uscite editoriali e i classici di lingua straniera.
Taehyung non fa altro che ripetere “wow” ad ogni metro quadrato che segna con i suoi piedi e tutti e tre sobbalzano all’improvviso quando una ragazza chiede loro se può essere d’aiuto in qualche modo.
Jungkook non può fare a meno di fermarsi, impalato, dietro i suoi due amici; da lì può osservarla meglio e confermare di non averla affatto sognata. È proprio lei: ha forse i capelli un po’ più lunghi e mossi di come se li ricordava, ma quegli occhi dolci e ridenti sono i suoi, così come le labbra piene e rosee, stavolta truccate con un velo di rossetto. Per il resto il suo volto è pulito e giovane. E bellissimo, si ritrova a pensare Jungkook.
«Linkin Park eh?»
La sente parlare e persino la sua voce sembra ricordare qualche melodia classica suonata al pianoforte.
«Li ascoltavo anch’io» ammette con un sorriso e guida i tre ragazzi verso il relativo scaffale.
«Tu? I Linkin Park?» Taehyung la guarda piuttosto allibito e lei alza le spalle.
«Nemmeno tu sembri un tipo da Linkin Park, se è per questo» la sente ribattere, per poi udire la risata di Jimin in risposta. Il tono di voce che usa è flebile, ma sicuro.
Jungkook, dal canto suo, si limita a seguirli in religioso silenzio, almeno fin quando non scorge su un CD un volto che ha sicuramente già visto. La scritta riporta, a caratteri celesti, il nome “IU”,  e subito sotto di essa c’è una ragazza, la testa leggermente inclinata da un lato, una frangetta sbarazzina che le copre le sopracciglia e i capelli raccolti in una crocchia disordinata. Forse l’acconciatura è diversa, ma Jungkook è quasi certo che si tratti di lei.
«È tuo?»
Si decide finalmente ad aprire bocca, mostrando alla ragazza il CD che tiene per le mani. Lei annuisce a abbassa lo sguardo.
«Non dirmi che…» Taehyung è rimasto a bocca aperta e avrebbe di certo tirato fuori il suo cellulare per chiederle un selfie e magari un autografo sulla fronte, se lei non lo avesse preceduto, stroncando tutte le sue teorie.
«L’ho inciso e prodotto da sola, ma è per raccogliere dei fondi. Non sono una cantante, mi spiace» ammette, con una nota di rammarico nella voce, come se pensasse di averli delusi.
Jungkook, invece, sente qualcosa ronzargli nello stomaco e improvvisamente trova il coraggio necessario per continuare la conversazione.
«Però canti» ribatte abbozzando un mezzo sorriso, o una specie di smorfia, non sa bene cosa è riuscito a tirar fuori in quel momento.
Lei sorride di nuovo. «Beh, ci provo. Mio nonno mi ha trasmesso la passione per la musica… e dato che ora è in ospedale, ho pensato di contribuire a modo mio alle spese per le cure, guadagnando qualcosa nel modo in cui lui avrebbe voluto».
I ragazzi rimangono in silenzio a quella notizia, in modo che la ragazza percepisca il loro dispiacere. Poi però, come suo solito, Taehyung decide di rallegrare l’atmosfera.
«Anche il nostro Jungkookie canta».
Ecco. Perfetto. Il più piccolo lo incenerisce con lo sguardo, sperando non dica nulla di inopportuno.
«Dovresti sentirlo quando è sotto la doccia» sghignazza, e per enfatizzare il tutto chiude una mano a pugno, portandosela davanti alla bocca e utilizzandola come microfono. «Isn't she lovelyyy… isn’t she wonderful…».
Jimin si spiaccica una mano in faccia e guarda Jungkook di sottecchi, il quale desidererebbe tanto sparire all’istante da quel negozio e mostrare a Kim Taehyung l’ultima mossa di Taekwondo che ha imparato giusto qualche giorno prima a lezione. La risata incerta ma genuina della ragazza lo fa desistere da eventuali istinti omicidi, ma è ancora abbastanza a disagio per poter replicare a quel colpo basso del suo hyung.
«È molto bravo» si sente poi in dovere di aggiungere Taehyung, così, tanto per rincarare la dose.
A quel punto Jungkook decide che non può far molto per evitare di sembrare visibilmente imbarazzato, perciò afferra tre di quei CD e li ammolla in mano a Taehyung, in pila sopra quello dei Linkin Park. Nell’esatto momento in cui l’aveva vista sulla copertina, aveva deciso che ne avrebbe acquistato almeno uno; il fatto che li vendesse per una buona causa, poi, aveva sciolto anche i suoi ultimi ripensamenti.
«Oh» si lascia scappare lei, un poco sorpresa. «Non dovete per forza-»
«Ci fa piacere» la precede Jimin, leggendo e interpretando lo sguardo di Jungkook.
Taehyung annuisce festoso e si avvia verso il bancone, seguito dagli altri. «Ti chiami IU?» domanda poi alla ragazza, quando questa sistema i suoi CD in una busta, inserendovi anche dei segnalibri in omaggio.
«Lee Jieun» si presenta, sorridendo.
Taehyung fa un mezzo inchino, seguito dagli altri due «Kim Taehyung» replica, ricambiando il sorriso. «Lui è Park Jimin e lui-»
«Jeon Jungkook» termina il più piccolo, e stavolta non abbassa lo sguardo perché forse, nel profondo, Jungkook vuole che lei si ricordi di lui.
Jieun infatti lo guarda e per un attimo Jungkook ha l’impressione che stia ricollegando il suo volto a quello visto giorni prima, in mezzo alla pioggia incessante, come se quella breve connessione di sguardi le avesse lasciato anche un minimo ricordo impresso in memoria. Jungkook, dal canto suo, lo ha immagazzinato e custodito gelosamente fino a quel momento che, in un modo o nell’altro, sapeva sarebbe arrivato. Stavolta è lei a dover distogliere e abbassare lo sguardo da lui.
«Beh, tornate a trovarmi se vi fa piacere» aggiunge salutandoli con una flessione del capo. «Sarei molto contenta di avere una vostra opinione sul mio CD» confessa, e di nuovo le sue iridi si posano un secondo di troppo su Jungkook.
Mentre si avviano all’uscita Taehyung gli mostra un “ok” con la mano e scompiglia con enfasi i capelli del più piccolo. «Torneremo di sicuro!» esclama – anzi, urla – sbracciandosi a più non posso.
Jimin lo acchiappa per un braccio, «Muoviti» gli intima tra i denti, lasciando un ultimo sorriso alla ragazza e accompagnando anche Jungkook fuori dal negozio di dischi prima che decida di mettere radici.

 
 
◊◊◊

 
 
È la decima, o forse la quindicesima volta che lo ascolta, eppure sembra non averne mai abbastanza: c’è solo una canzone originale, le altre sei sono cover, ma quel timbro soave lo ha ormai catturato e imbrigliato talmente stretto che al momento Jungkook non scorge vie d’uscita. Ha trasferito le canzoni sul portatile, le ha convertite in formato mp3 e poi inserite nell’ipod in modo da averle a portata di mano in ogni momento. Persino Jimin ogni tanto canticchia qualche nota di IU mentre prepara la sua borsa per la palestra, mentre Taehyung non fa altro che ripetere a Jungkook quanto dovrebbe tornare da lei. Ormai Natale si avvicina e durante le feste il negozio sarà chiuso: ha pochi giorni per incontrarla, farle gli auguri e magari sperare in qualcosa che non faccia morire lì i loro incontri. Probabilmente ci sta meditando troppo e tutto quel rimuginare non lo porterà a prendere una decisione, anzi, gli confonderà le idee più di quanto già non lo siano. Qualche volta, pensa Jungkook, dovrebbe prendere esempio dai suoi hyung, affrontare le situazioni di petto: non che Jimin e Taehyung agiscano senza pensare, ma a differenza sua danno meno peso alla ragione e più fiducia al loro istinto.

La mattina del ventitré Jungkook si alza più presto del solito, fa una colazione veloce cercando di non svegliare i suoi amici, una doccia al volo e fugge via di casa con un’unica destinazione stampata in mente.
Ormai percorre quella strada senza neanche prestare attenzione a dove sta andando; cammina svelto con le mani in tasca e ad ogni passo sente l’adrenalina salire e il rumore delle macchine affievolirsi, sovrastato dal battito incessante del suo cuore. L’essenza familiare, quel marciapiede, la vetrina addobbata e piena di luci e Jungkook percepisce di nuovo quell’incertezza che gli fa sempre mettere in discussione le decisioni che prende. Non ha pensato a cosa dire, a come presentarsi, non ha neanche fatto caso a cosa si è messo addosso quella mattina – magari nella fretta ha preso un maglione di Taehyung - , forse si è anche scordato di pettinare i capelli. Che disastro. Sta per fare dietro front quando una voce lo pietrifica sul posto.
«Jungkook, giusto?»
Jieun fa capolino dall’entrata del negozio. Ha i capelli legati in una coda alta e due paraorecchie in lana che la fanno assomigliare molto a un elfo di Babbo Natale. Le gambe sono protette da calze pesanti, mentre da sotto il giubotto si intravede una gonna beige in tinta con gli stivaletti. Jungkook impiega qualche secondo per rendersi conto che ha appena chiuso il negozio e sta camminando proprio verso di lui.
«Io… passavo di qui e così…»
La scusa del secolo. Sempre meglio che rimanere in silenzio.
«Hai ascoltato il CD?»
Nel chiederlo, a Jieun si illuminano gli occhi, quasi non stesse aspettando di sapere altro. Lo guarda da sotto in su, speranzosa di ricevere una risposta, e Jungkook si sente improvvisamente a suo agio, come se quella fosse la domanda più naturale del mondo. Lui non l’ha salutata, lei nemmeno: non c’è stato nessuno sguardo imbarazzato, o frase di cortesia, eppure niente gli è sembrato inadeguato o fuori posto.
«Lo abbiamo ascoltato per giorni interi» ammette e non se ne pente, anche se all’inizio aveva pensato di non esporsi così tanto, ma gli occhi di lei sembrano leggergli dentro e bloccare qualsiasi menzogna sul nascere.
Ha la conferma di aver detto la cosa giusta quando, per la prima volta, può scorgere i suoi denti, piccoli e bianchissimi, fare capolino dietro un sorriso più aperto del solito al quale, però, è costretto a rispondere con uno decisamente più timido e riservato.
«Sto per andare in pausa pranzo. Purtroppo il sabato c’è molta gente, quindi devo farla prima del solito» riprende lei, dopo un attimo di incertezza. «Se ne hai voglia puoi accompagnarmi».
Fermi tutti. Lo ha per caso invitato a mangiare qualcosa insieme? Lei? Ora?
«Così puoi parlarmi della tua passione per Steve Wonder» aggiunge, ma non lo prende alla sprovvista. Rifiutare, in quel momento, sarebbe la scelta più sbagliata che Jungkook potrebbe fare.
«Solo se tu mi parlerai di quella per i Linkin Park».
 
 
Jieun gli ha chiesto se ha delle preferenze per quanto riguarda il cibo e Jungkook ha confessato che gli piace tutto, anche se non ha ancora alluso alla sua abitudine di mangiare per un reggimento. Prenderà qualcosa di caldo per farle compagnia, dopodiché insisterà per pagare lui, ovviamente, visto che è già stato abbastanza strano farsi invitare da lei.
«Stai studiando?» chiede Jieun, afferrando una brioche con un fazzoletto e coprendosi la bocca con la mano libera.
Jungkook annuisce. «Frequento il secondo anno di università».
Lei sorride. «Io a quest’ora avrei quasi finito tutti miei esami, se non avessi lasciato per gestire l’attività».
Jungkook ha bisogno di qualche secondo per fare mente locale: non era mai stato bravo in matematica, specialmente se si trattava di calcoli a mente.
«Ho ventitré anni» ammette lei poco dopo, quasi leggendogli nel pensiero.
Lui vorrebbe scusarsi, non voleva di certo costringerla a dire la sua età; dopotutto non ha mai dato troppo peso a queste cose, inoltre a guardarla così, senza quasi nessuna traccia di trucco a coprirle il viso, Jieun sembra dimostrare appena diciotto anni.
Alla fine decide di cambiare discorso, sperando di non risultare troppo invadente.
«Hai scelto da sola di interrompere l’Università?»
Lei annuisce e fa per versarsi del tè, ma Jungkook la precede e riempie la tazza per lei.
«Sì, in realtà credo di non essere mai stata troppo portata per lo studio. Volevo fare qualcosa che coinvolgesse la musica e che allo stesso tempo mi permettesse di stare vicino ai miei familiari».
«Quindi non hai mai fatto nessun provino?» domanda allora Jungkook, perché ancora non si capacita del fatto che una voce graziosa come quella di Jieun possa rimanere nell’anonimato.
Lei scuote la testa. «Il mondo degli idol non fa per me».
Lui si versa a sua volta un po’ di tè e sospira.
«E neanche per te, a quanto ho capito». Jieun lo guarda, in attesa di ricevere conferma alle sue supposizioni.
Jungkook ripensa alla scenetta con Taehyung e alla stramba idea che Jieun dovrà essersi fatta di lui.
«Mi piace la musica» confessa, sorridendo appena. «Ma il mio unico studio di registrazione rimane comunque la doccia».
Ridono insieme per la prima volta, anche se le loro voci rimangono basse e in pochi secondi si perdono nei rumori delle stoviglie e del chiacchiericcio che anima il bar nel quale si sono seduti.
«Non voglio rubare tempo ai tuoi studi, Jungkook» dice poi Jieun, trafficando nella sua borsa. «Ma sto componendo una melodia e, beh…». Gli porge timidamente dei fogli, sui quali è disegnato uno spartito un po’ storto, delle note musicali e qualche appunto scritto qua e là. «Vorrei che fosse un duetto, solo che non ho nessuno con cui cantarlo».
Jungkook guarda confuso quei caratteri piccoli ed eleganti senza riuscire a spiccicare parola. Pensava di aver acquisito un po’ di autocontrollo, finalmente il suo cuore aveva smesso di ricordargli che ce l’aveva nel petto, quando ecco che lo sente ricominciare a bussare all’impazzata alle parole “duetto” e “cantare”.
«Io… non so se… sono in grado» biascica tormentandosi la nuca, senza trovare la forza per alzare le iridi e perdersi nelle sue.
«Sai leggere la musica?» domanda lei, facendo cenno al cameriere e tirando fuori il suo portafogli.
«Beh sì, ma… no aspetta, pago io». Con uno scatto della mano ferma i gesti veloci della ragazza e porge al cameriere la sua carta di credito.
«Ma se sono stata io a invitarti!» protesta lei, sotto lo sguardo divertito del signore in giacca e camicia bianca.
«Non importa». Jungkook fa un altro cenno al cameriere e lo ringrazia, per poi alzarsi e cedere il passo a Jieun.
«Almeno ci penserai? Al duetto intendo». Lei lo precede fuori dal bar e si strofina le mani l’una con l’altra, per poi indossare i suoi adorati paraorecchie.
Jungkook non riesce ancora a capacitarsi di come una ragazza possa essere così buffa e affascinante allo stesso tempo.
Una fossetta accennata compare sulla sua guancia sinistra, quando le sorride.
«Ci penserò».
Jieun congiunge i palmi e sembra quasi sul punto di avvicinarsi a lui per abbracciarlo, invece si sporge un poco in avanti e gli sfila delicatamente dalle mani il berretto rosso che Jungkook ha dimenticato di indossare una volta usciti all’aperto. Lui lascia la presa, incapace di reagire, per poi percepire un secondo dopo le dita affusolate di Jieun calargli il corpi capo invernale sulla testa.
«Non sparire, Jeon Jungkook».
La tenerezza con la quale pronuncia il suo nome e cognome cozza violentemente con la malinconia che Jungkook percepisce nelle prime due parole. Non ne comprende del tutto il significato, ma d’altronde c’è una sola risposta che sente di poter dare.
«Non lo farò».
Lei china il capo e il suo sorriso sembra brillare di nuovo di luce propria. «Ci vediamo allora. Buon Natale, Jungkook».
«Buon Natale… noona».














 

 


 
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MA BUONASERA!
La smetto di urlare. Pensavo di non farcela a pubblicare prima delle feste e invece eccomi qui. Volevo solo dire che questa non sarà la lunghezza standard di ogni capitolo; potrebbero venire un po’ più corti (anche se ne dubito) o molto più lunghi. In ogni caso, spero tanto vi sia piaciuto. Fatemi sapere, se ne avete voglia, tutto ciò che in questo momento vi passa per la testa perché sono super curiosa!
Grazie ancora per aver letto <3 Visto che siamo in tema, ci tenevo molto ad aggiornare per tempo.

Ps. Per la cronaca, Kookie e Jieun si passano esattamente quattro anni di distanza. In questa storia, lui ne ha diciannove.

Un bacio e, stavolta davvero, BUONE FESTE


Vavi

 

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Capitolo 3
*** II. Spring ***


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II.

Spring










 

«Non lo farò».
Una promessa tacita, un bisogno egualmente condiviso di restare, in qualche modo, connessi l’uno all’altra.

Jungkook aveva trascorso le vacanze di Natale dividendosi tra la famiglia, gli amici e i libri dell’università che gli ricordavano, beffardi, l’imminente sessione invernale. In realtà, però, anche le pause pranzo trascorse assieme a Jieun erano diventate più numerose di quanto lui stesso si aspettasse; una volta succedeva per caso, un’altra andava a farle un saluto dopo la fine delle lezione, un’altra ancora fingeva di passare di lì per sbrigare alcune commissioni e, beh, Jieun, dal canto suo, fingeva di crederci. Di solito chiacchieravano del più e del meno, facendo spesso voli pindarici da un argomento a un altro, e il tempo speso insieme sembrava sempre troppo poco rispetto alle cose che avrebbero voluto dirsi. Jungkook aveva anche pensato a lungo alla proposta della ragazza: aveva letto, studiato e intonato le note di quello sparito fino allo sfinimento – Taehyung e Jimin avevano finito per rimpiangere Steve Wonder – eppure ancora non si riteneva all’altezza di quel compito e forse, pensava Jungkook, non lo sarebbe mai stato.
«Giuro che se non accetti di duettare con lei ci vado io al tuo posto» lo aveva minacciato Taehyung, una delle tante sere in cui Jungkook aveva annunciato che sarebbe andato da Jieun, per poi ripensarci un secondo dopo e buttarsi sul divano in preda allo sconforto.
«Forse è meglio» aveva replicato il più piccolo, sbuffando e rigirandosi lo spartito tra le mani. Aveva anche fatto delle piccole aggiunte nei punti in cui Jieun aveva scritto che mancavano delle note, ma ogni volta ci ripensava e cancellava i segni a matita per poi cambiarli e cancellarli ancora, fino a riscriverli esattamente uguali a come li aveva concepiti inizialmente.
«Dunque non vuoi farlo?»
«Sì che voglio, solo che-»
«Allora datti una mossa» lo aveva liquidato Taehyung, battendogli una mano su una gamba. Jungkook aveva imprecato sottovoce contro il suo hyung, che in quanto a forza non sembrava essersi risparmiato, dopodiché aveva lanciato un’occhiata a Jimin, il quale, invece, aveva sempre preferito non intromettersi più di tanto in quel legame che stava nascendo, almeno fin quando non fosse stato Jungkook a parlargliene apertamente. Il più piccolo non aveva detto niente, ma Jimin aveva compreso che quello sguardo silenzioso portava con sé una timida richiesta d’aiuto.
«Aspettare ancora alimenterà solo le tue indecisioni, Jungkookie».
Jungkook aveva guardato il ragazzo coi capelli rossi in piedi davanti a lui, poi le sue iridi si erano posate su Taehyung, dopodiché era scattato in piedi, afferrando al volo il suo giubbotto, ed era schizzato fuori di casa salutando i suoi hyungs con un “torno presto”.
Quella sera si era fermato con Jieun dopo la chiusura del negozio e ovviamente fino all’ultimo non aveva fatto parola dello spartito; poi però si era fatto coraggio e, sotto gli occhi meravigliati di lei, le aveva mostrato finalmente la canzone completa, illustrandole i cambiamenti che aveva apportato.
Jieun aveva sorriso scoprendo i denti e, senza troppi preamboli, si era alzata sulle punte e gli aveva gettato entrambe le braccia al collo, stropicciando con il suo corpo il foglio che Jungkook teneva tra le mani.
«Quando cominciamo?» Gli aveva chiesto subito dopo, cercando di ridimensionare il suo entusiasmo e sorridendo appena nel constatare che Jungkook non si sarebbe di certo aspettato una reazione del genere.
«Quando?» aveva domandato in risposta lui, cercando di metabolizzare il fatto che Jieun lo aveva appena abbracciato e lui non aveva avuto neanche il tempo di pensare se fosse stato il caso di ricambiare o meno. «Quando vuoi» si era risposto da solo un secondo dopo, provocando inevitabilmente l’ilarità della ragazza.
«Dopo il tuo ultimo esame allora, prima dell’inizio delle lezioni… che ne dici?»
Jungkook aveva annuito, confermando la proposta di Jieun e riconsegnandole lo spartito. Si erano salutati con un cenno della mano, ancora una volta tenuti stretti dal filo di una promessa che nessuno dei due avrebbe osato infrangere.

 
 

◊◊◊


 
 
 
«Jimin hyung mi ucciderà».
Jungkook osserva le ciocche di capelli neri fluttuare brevemente nell’aria e posarsi con grazia sulle piastrelle lucide sotto i suoi piedi.
«Perché?»
Il tono di voce di Jieun è vivace e curioso. Sta passando la macchinetta tra i capelli di Jungkook per sfoltire quelli che sono cresciuti sulla nuca.
«Non gliel’ho mai lasciato fare» ammette Jungkook, cercando di concentrare tutte le sue attenzioni sulle instabili traiettorie dei fili neri, piuttosto che sui tocchi delicati ma esperti delle dita di Jieun. Lei gli ha detto di averlo fatto altre volte, sui suoi cugini, e lui si è fidato. Ha sempre avuto timore dei parrucchieri e raramente si è concesso un taglio fuori dalle righe; a differenza di Jimin, Jungkook preferisce rimanere ancorato alla sua quotidianità.
«Puoi sempre dire che ti ho costretto».
Jieun gli inclina delicatamente la testa da un lato, in modo da poter arrivare più facilmente ad accorciare le ciocche dietro l’orecchio.  
«Non tagliare troppo, noona». Si lascia sfuggire il più piccolo, un po’ preoccupato da quel rumore metallico che, ormai da più di venti minuti, riempie il retrobottega del negozio di CD con il suo eco fastidioso.
Lei ride e spegne l’arnese tanto temuto da Jungkook. «Sta tranquillo» lo rassicura, scuotendogli le ciocche con entrambe le mani e recuperando un paio di forbici dal tavolino in vetro dietro di loro.
Jieun è riuscita a ricavare un piccolo stanzino, ammobiliandolo con una poltrona, qualche sedia e un tavolo, proprio accanto al magazzino del negozio, in modo da poterlo sfruttare nei casi in cui non le è possibile uscire a mangiare un boccone o semplicemente quando il locale è vuoto e ha bisogno di prendersi una breve pausa, magari bevendo un espresso dalla macchina per il caffè che le ha regalato sua madre.
«Un secondo e ho finito».
Jungkook percepisce le lame delle forbici tagliare gli ultimi ciuffi in eccesso e un attimo dopo si ritrova uno specchio tondo davanti agli occhi. «Tienilo» gli dice Jieun, mentre lei ne afferra un altro dalla forma quadrata, che posiziona dietro le spalle di Jungkook. In questo modo, il più piccolo può vedere il risultato da due prospettive differenti.
«Allora?»
Jungkook appura che la forma dei suoi capelli non è cambiata, ma la massa posteriore è notevolmente diminuita, scoprendo la nuca e mettendo in risalto le folte ciocche superiori. Un taglio fresco e leggero, comodo per non sudare troppo durante le lezioni di Takewondo e in vista del caldo clima primaverile in arrivo. Tutto sommato, può ritenersi più che soddisfatto.
«Sei brava, noona» concede, sorridendole. Lei ricambia e, dopo aver riposto lo specchio quadrato sul tavolino, poggia il mento sulla spalla di Jungkook, osservando la loro immagine riflessa. Non ancora del tutto contenta, Jieun separa le ciocche che ricadono sulla fronte di Jungkook in due metà ineguali, ma non fa in tempo a sistemargliele ai lati che lui ripone subito lo specchio sulle proprie gambe e le blocca un polso con la mano.
«Noona, avevamo detto niente modifiche al ciuffo davanti».
«Avevamo detto niente tagli» rettifica lei, spostandosi in modo da poterlo guardare in volto.
Jungkook incrocia le braccia e la guarda da sotto in su. Sa che è una sciocchezza, ma per lui quel ciuffo è sempre stato sinonimo di protezione e non percepire più quel lieve solletico alle palpebre lo fa sentire come in balia del giudizio degli altri, scoperto e vulnerabile. Non è arrabbiato con Jieun, però si permette di tenere il broncio ancora un po’.
«Con me non funziona, Jeon Jungkook». Jieun gli si avvicina e gli punta un dito sulla fronte per poi lasciarvi, inaspettatamente, un bacio silenzioso.
Nel momento in cui percepisce quelle labbra morbide e un po’ umide sfiorargli la pelle, Jungkook alza il mento e imprime sulla bocca di Jieun la forma delle proprie. Le circonda il volto con i palmi e lei, dapprima sorpresa, si lascia facilmente avvicinare di più a lui, schiudendo la bocca ed inglobando nuovamente le labbra di Jungkook in un breve bacio a stampo.
A quel punto, lui decide di allontanarsi da lei, giusto per accertarsi che i suoi polmoni stiano assorbendo abbastanza aria per sopperire i battiti impazziti del suo cuore. Rimangono vicini e i loro nasi si sfiorano, timidi e indecisi se lasciare il posto a un altro bacio oppure no.
Jungkook, ad esclusione dei suoi sogni, dove ricorda di averlo vissuto almeno una decina di volte, ha sempre cercato di non pensare troppo al momento in cui avrebbe potuto sfiorare quelle labbra che tanto lo avevano affascinato durante il loro primo, fugace incontro. Ha avuto paura del se stesso razionale e, per una volta, ha deciso di privarlo del gusto di programmare, prevedere e analizzare ogni cosa nei minimi dettagli. Ha lasciato il posto a quell’inconscio che tanto lo tormenta nei sogni e che raramente, però, ha via libera nel mondo reale, dove quasi tutto può essere tenuto sotto controllo.
In quel preciso istante, Jungkook sente di non aver più bisogno di una guida costante, perché può affidarsi a Jieun e lasciarsi condurre da lei. Non gli importa dove, né quanto lontano.
«Questo significa che lascerai la fronte scoperta?»
Jieun rompe il silenzio, accomodandosi sulle gambe del ragazzo e spostando i lunghi capelli neri sulla spalla opposta a quella dove Jungkook posa un soffice bacio.
«Significa che potrei prenderlo in considerazione».
Lei gli tira un pugno piuttosto debole sul petto, che lui accoglie irrigidendo i muscoli. «La tua ostinazione non ha limiti, Jeon Jungkook».
Il più piccolo si concede una breve risata e si trattiene dall’ammettere che in effetti un limite ce l’ha e ne conosce perfettamente sia il nome che il cognome.

 
 
◊◊◊
 
 

 
«La stagione degli amori UN CORNO!»
Taehyung inveisce contro lo speaker televisivo, per poi starnutire senza ritegno sul braccio di Jimin, il quale non si fa problemi a tirargli uno scappellotto sulla nuca, che l’altro accoglie rispondendo con uno spintone.
«Aish! Jimin-sshi, non vedi che ho l’allergia?» si lamenta starnutendo di nuovo, stavolta pericolosamente vicino a Jungkook.
È un tiepido sabato sera di fine Aprile e i tre coinquilini avevano programmato di uscire tutti insieme a bere qualcosa, almeno fin quando l’allergia ai pollini di Taehyung non aveva deciso di manifestarsi in tutta la sua potenza, costringendo il ragazzo a starsene sotto le coperte e a stretto contatto con un pacchetto di fazzoletti. Jungkook aveva allora suggerito di restare a casa per vedere un film e il suo hyung gliene era stato eternamente grato.
«Sì ma starnutisci nel fazzoletto, accidenti». Jimin si scansa da lui sedendosi a terra con le gambe incrociate e Taehyung si aggrappa al braccio di Jungkook, poggiando il capo sulla sua spalla.
«Jungkook-sshi, tu non mi respingerai, vero?»
Il più piccolo scocca un’occhiata al suo hyung: ha gli occhi lucidi e il naso gonfio e arrossato.
«No, hyung» dice solo, continuando a guardare lo schermo luminoso davanti a sé. Taehyung sorride beato e solleva i piedi sui cuscini del divano, stendendoli dove prima sedeva Jimin. In quel momento il cellulare del più piccolo vibra e il rumore provocato dall’attrito con il tavolo fa voltare tutti e tre nella stessa direzione. Taehyung solleva un poco il capo e gira lentamente la testa verso Jimin, il quale ricambia l’occhiata per poi rivolgere brevemente l’attenzione a Jungkook: un quarto di secondo ed entrambi hanno fatto uno scatto fulmineo verso il cellulare ma il più piccolo viene bloccato dalle braccia di Taehyung e Jimin riesce ad appropriarsene per primo.
«Hyung!» bercia Jungkook, cercando di liberarsi dalla stretta di Taehyung. «Sei un traditore!» Il più grande ride e fa un cenno a Jimin, invitandolo a rivelare il misterioso destinatario del messaggio appena arrivato.
«Ridammelo!»
Taehyung fa fatica a contenere la furia del più piccolo e Jimin decide di rincarare la dose.
«Da quando ricevi questo tipo di messaggi, eh Kookie?»
«Quale tipo?! Di che stai parlando? Hyung, ridammi il cellulare!»
L’allergia ha assorbito metà della forza e della buona volontà di Taehyung, il quale molla la presa e lascia che Jungkook si avventi su Jimin. Il più grande non fa resistenza e si gode la faccia stralunata di Jungkook nell’apprendere che in realtà il suo cellulare non è stato nemmeno sbloccato.
«Tu e i tuoi dannati PIN» lo rimbecca Jimin, puntellandogli un fianco con l’indice. Jungkook cerca di difendersi e di mantenere un’aria vagamente incavolata, dopotutto è appena stato palesemente preso in giro, ma la tortura del solletico ha la meglio e, vedendolo ormai piegato in due, anche Taehyung decide di unirsi al gioco. Il più piccolo finisce ben presto a terra, chiuso a riccio e con il cellulare ben stretto nella mano destra; Taehyung pone fine alla lotta piombandogli addosso con tutto il suo peso e Jimin lo segue a ruota, salendogli sopra.
«Tregua!» Jugkook biascica schiacciato da un braccio di Taehyung, ma gli altri due non mollano.
«Solo se ci dici di chi era il messaggio!» Sentenzia Jimin, questa volta ridendo.
«Del mio operatore telefonico».
«Già, gli manchi vero?» scherza Taehyung, canzonatorio.
«Può darsi» risponde Jungkook, ormai esausto. «Con tutti i soldi che gli regalo».
Jimin si solleva, tornando in piedi, e Taehyung rotola da un lato, lasciando Jungkook libero di respirare.
Non che tutta quella scenata fosse davvero necessaria, ma vivendo a stretto contatto con i suoi hyungs, Jungkook ha sempre preteso quel minimo di privacy che gli avrebbe permesso di sbrigare le sue faccende e risolvere i suoi problemi da solo, senza per forza dover coinvolgere gli altri due. Il più piccolo riconosce di aver avuto una reazione impulsiva, ma si lascia il beneficio del dubbio: Jimin  probabilmente non si sarebbe mai permesso di leggere i suoi messaggi, nemmeno se fosse stato a conoscenza del codice segreto… però da un’alleanza Jimin-Taehyung, beh, non si poteva mai sapere.
Mentre riprende fiato, Jungkook ha finalmente modo di sbloccare il cellulare e leggere il mittente.

Jieun noona:
Jungkook-sshi, come va la serata?

Prende un bel respiro e abbandona per un attimo il telefono sul petto. Gira la testa da un lato e incontra le iridi scure di Taehyung, rimasto sdraiato accanto a lui con le braccia aperte e i palmi rivolti verso l’alto. «Allora? – chiede il più grande, mostrandogli un sorriso rettangolare – le manchi oppure no?»
 
 

Jimin quella mattina ha deciso di concedere ai suoi amici un dolce risveglio, comprando delle paste al forno sotto casa: ha preso le preferite di Taehyung, per farsi perdonare dei metri di distanza che ultimamente li dividono – questione di sicurezza anti-moccio – e quelle alla panna che piacciono a Jungkook, più qualche dolce extra. Il più piccolo si stropiccia gli occhi e guarda i pasticcini al gusto cioccolato e pistacchio con aria interrogativa: ormai sono anni che prendono sempre gli stessi, perché Jimin quella mattina ha deciso di cambiare?
«Se ti sbrighi riesci a dargliele prima dell’apertura».
Jungkook guarda Jimin, socchiude le palpebre cercando di metterlo a fuoco… poi capisce. Ha ancora bisogno di qualche minuto per carburare e la bocca impastata dal sonno non gli permette di dire alcunché. Pensa a quanto vorrebbe ringraziare il suo hyung per il gesto che ha fatto, pensa anche al perché non è stato lui stesso ad aver avuto l’idea. Il più grande gli rivolge un mezzo sorriso, come volesse dirgli “Non farti troppe domande e vai”, così Jungkook finisce di bere il suo latte, posa la tazza nel lavandino e stringe una spalla del più grande, che gli risponde con un veloce cenno del capo e lo guarda mentre schizza in camera sua a prepararsi.
I raggi tiepidi del sole e la brezza primaverile lo mettono di buon umore: Jungkook cammina con un piccolo vassoio di dolci per le mani, i suoi passi sono lunghi e svelti, non vede l’ora di osservare l’espressione di Jieun quando lo vedrà presentarsi al negozio di prima mattina. Jungkook ha bisogno, solitamente, di almeno un’ora per carburare, e in quel lasso di tempo è pressoché intrattabile, tanto che persino Taehyung cerca di stargli alla larga: la stessa Jieun ha imparato a non aspettarsi nessun messaggio del buongiorno chilometrico, anzi, spesso le loro conversazioni vengono rimandate direttamente al pomeriggio, faccia a faccia, o la sera, prima di coricarsi. Quella mattina, però, Jungkook si sente più sveglio che mai; mancano pochi metri alla destinazione, sta per attraversare la strada quando scorge la sagoma di un uomo proprio davanti alla vetrina. Si ferma all’improvviso, come pietrificato, e fa un passo indietro, provocando lo stupore di una bambina che passa di là assieme alla madre. In effetti si sente parecchio ridicolo: magari è soltanto un cliente che sta aspettando l’apertura o ancora uno dei tanti cugini di Jieun. Dal piede che batte colpi impercettibili sull’asfalto e dai gesti nervosi delle mani, Jungkook capisce che quella persona è impaziente: non sta guardando la vetrina e non sembra interessata ai CD, semplicemente scocca occhiate di tanto in tanto allo spazio circostante come se aspettasse qualcuno. Da dove si è fermato non riesce a metterne a fuoco il volto, ma a giudicare dagli abiti che indossa, dall’acconciatura e dalle rughe d’espressione appena accennate, sembra avere all’incirca trent’anni. Jungkook rimane immobile e si trattiene dal fare qualsiasi gesto azzardato: non è stupido, sa che prima di agire deve pensare. Quando vede arrivare Jieun, in fondo alla strada, il suo cuore inizia a martellare: vorrebbe tenere a freno anche i suoi pensieri, ma dentro di sè non fa che sperare che lei lo ignori, o lo saluti semplicemente con cortesia come fa con tutti i clienti o ancora, assurdamente, che prosegua dritto senza aprire il negozio. Invece, Jieun si ferma. Lui si avvicina, lei indietreggia di poco, poi alza il volto per guardarlo e rimane immobile quando l’uomo gli scocca un bacio sulla guancia. Jungkook sente improvvisamente bisogno di bere un goccio d’acqua e fare dietrofront, ma qualcosa lo tiene incollato all’asfalto; si sente anche stupido a ripararsi dietro una jeep parcheggiata lì accanto, eppure adesso è lì e deve sapere. Jieun non sembra particolarmente felice di vederlo, ma prima di invitarlo ad entrare un piccolo e breve sorriso si delinea sul suo volto pulito: Jungkook non sa se interpretarlo come un gesto di cortesia o meno, ma quando la vede salire quel gradino assieme a lui e chiudersi la porta alle spalle, è come se quella porta l’avesse ricevuta dritta in faccia.
E fa dannatamente male.
 

 
 
 
 















 _______

Oookkey. Non voglio dire cose di cui poi mi pentirei e non voglio spoilerare; tanto so che un’idea già ve la siete fatta XD. Spero solo che anche questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante il finale un po’ “amaro”. Con la speranza che abbiate passato delle buone feste vi auguro anche un buon anno nuovo!
Un bacio a tutti voi e grazie ancora per aver aperto questa raccolta ♥
Alla prossima,

Vavi

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Capitolo 4
*** III. Summer ***


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III.

Summer
 








 
«Hyung! Ci fai vedere ancora una volta quel salto?»
Jungkook viene riscosso dai suoi pensieri grazie a una piccola mano che lo tira per la divisa bianca e gli rivolge uno sguardo carico d’aspettativa. I bambini del gruppo di taekwondo stanno aspettando speranzosi una sua risposta e il più grande non ha intenzione di deluderli; nonostante quelle sera sia particolarmente pensieroso, non ci pensa due volte ad accontentarli, mostrando loro la mossa che hanno richiesto.
«Quand’è che lo impareremo anche noi, hyung?» domanda un altro bambino, mentre gli altri annuiscono, confermando le curiosità del loro compagno. Jungkook non crede di essere un bravo insegnante, ma per quella sera gli è stato assegnato il secondo anno di corso, dato che la palestra non aveva alcun sostituito a disposizione, perciò è suo compito soddisfare anche i dubbi dei giovani studenti.
«Quando avrete perfezionato i calci a terra» risponde abbozzando un sorriso e carezzando distrattamente i capelli del bimbo che ha posto la questione.
Una volta finita la lezione, risponde ai saluti degli apprendisti con un cenno del capo e della mano, poi si accorge di una testa rossa che lo scruta da dietro la vetrata che affaccia sulla sala e aggrotta le sopracciglia con aria interrogativa. Jimin solleva la propria borsa per la palestra con la mano destra e quella di Jungkook con la sinistra.
Niente da fare, lo ha incastrato. Le ultime sere aveva cercato accuratamente di evitare ogni contatto ravvicinato con i suoi hyungs, in modo che non percepissero il suo pessimo umore, ma Jimin, come suo solito, doveva aver fiutato guai in vista, e così lo aveva coinvolto in una delle sue intense sessioni intense d’allenamento.
Dopo aver visto quell’uomo entrare nel negozio di Jieun, il più piccolo aveva pensato a lungo a come comportarsi, concludendo che la cosa migliore sarebbe stata lasciar passare e, nel caso, aspettare che fosse Jieun a parlargliene, qualora ce ne fosse stato bisogno. Dopotutto, pensava Jungkook, non aveva alcun diritto di farle una scenata senza sapere la vera identità del tipo, soprattutto nel caso in cui non lo avrebbe più rivisto assieme a lei. Con l’arrivo di Maggio, però, Jungkook aveva dovuto incrementare la frequenza alle lezioni universitarie ed era stato molto occupato a studiare per gli esami della sessione estiva, il che gli aveva impedito di vedere Jieun tutte le settimane e di passare a trovarla in negozio durante le pause. Avrebbe archiviato definitivamente la questione, se solo Jungkook non avesse notato un netto cambio d’umore della ragazza, proprio a seguito di quel misterioso incontro; aveva provato a chiederle se qualcosa non andava, ma lei ogni volta sorrideva, gli dava un bacio sulla fronte e rispondeva di star bene. Eppure Jungkook la vedeva preoccupata, spesso aveva lo sguardo perso chissà dove e a volte saltava il pranzo o si tratteneva a lavoro più del dovuto, come se cercasse di tenere la mente occupata pur di non pensare.
 
 
«Dovresti dirglielo chiaramente».
Jimin aumenta la velocità del tapis roulant e si volta a guardare Jungkook, seduto su una panchina accanto a lui.
«Se questa cosa ti fa star male, parlane con lei».
Tehyung aveva da subito frenato tutte le sue preoccupazioni, smorzando il problema e spingendolo a dimenticare, mentre Jimin sembrava volerlo spronare ad aprirsi con Jieun riguardo ciò che lo turbava.
«In una coppia si dovrebbe poter essere sinceri l’uno con l’altra, Jungkook».
Già, una coppia. Poteva sembrare una frivolezza, eppure Jungkook si era chiesto più volte quale termine sarebbe stato più giusto usare per definire il rapporto tra lui e Jieun. Dopotutto nessuno dei due aveva chiesto esplicitamente di fidanzarsi, né mai accennato a volersi impegnare in una relazione duratura. Eppure continuavano a vedersi, a chiamarsi, a baciarsi ogni volta più a lungo rispetto al giorno precedente, a sorridersi e a desiderarsi. Jungkook non aveva alcun interesse ad uscire con altre ragazze e Jieun occupava ormai la maggior parte dei suoi pensieri durante la giornata. Certo, non poteva affermare con certezza che per Jieun fosse lo stesso, ma inevitabilmente percepiva anche in lei, nei suoi gesti e nei suoi sguardi, un interesse crescente che lui si premurava di alimentare ogni volta.
«Jungkookie, che stai pensando?».
Jimin detesta quando Jungkook si chiude in sé stesso e non gli permette di aiutarlo.
Il più piccolo si alza e con poca voglia prende posto sul tapis roulant accanto al più grande.
«Sto pensando a me e a Jieun – ammette - a quello che siamo». Mentre lo dice regola la velocità e azzera il conta kilometri.
«Saperlo migliorerà le cose? Non hai mai dato importanza alle etichette».
A volte, Jungkook rimane sorpreso dalle osservazioni di Jimin sul proprio conto, perché sembrano saperlo descrivere meglio di quanto lui stesso sarebbe in grado di fare. In ogni caso, anche se il più piccolo non sa ancora dare un nome a ciò che prova, riconosce che determinate sensazioni non le ha mai provate prima ed ha tutta l’intenzione di tenerle strette a sé per non lasciarsele sfuggire.
Jimin comprende allora che Jungkook ha bisogno di più tempo per riflettere su ciò che gli ha detto e lo lascia ai suoi pensieri. Beve un sorso d’acqua, per poi aumentare la velocità di corsa e superare quella di Jungkook. L’altro impiega poco tempo ad accorgersi del cambiamento e, quasi istantaneamente, cambia anche lui il ritmo in modo da raggiungere Jimin. Il più grande gli rivolge allora un sorriso di sfida e alza ancora i parametri di velocità, ottenendo un’espressione identica da parte di Jungkook, il quale subito gli sta dietro.
«Chi cede per primo offre la cena» soffia fuori Jimin, ormai quasi a corto di fiato.
Jungkook si asciuga la fronte con una mano. «Prepara i soldi, hyung».
 
 
◊◊◊


 
 
Jungkook non ricorda più, ormai, quante volte hanno cantato quel duetto assieme nello stanzino del negozio, né quante volte si sono dati appuntamento per provarlo e poi hanno deciso di impiegare il tempo in altro modo.
Jieun ha scritto il testo molto tempo prima di conoscere Jungkook, eppure ora le parole della canzone sembrano descrivere con impressionante perfezione i loro incontri, le trepide attese tra un appuntamento e un altro, la voglia di stare insieme e l’incredulità dinanzi a un’empatia tanto forte. Il ruolo di Jungkook, inizialmente, sarebbe dovuto essere quello di accompagnare la voce di Jieun in determinati punti, ma la ragazza aveva deciso di assegnargli anche una strofa da solista, in modo che il suo timbro non si perdesse in quello soave ma potente di Jieun.

«Domani la incidiamo».
Jieun raccoglie i capelli in uno chignon e si sfila gli occhiali dalle lenti scure. Sarà per i raggi del sole che le illuminano il volto, o per l’aria fresca che le dona quella maglia larga a maniche corte, ma Jungkook la vede più bella del solito. Finalmente, dopo tanti giorni, rivede la stessa Jieun dei mesi invernali, solo con il naso un po’ meno arrossato e con la pelle chiara delle gambe lievemente esposta ai primi calori estivi.
«Domani?»
Tra un impegno e un altro, Jungkook sa che hanno lasciato passare fin troppo tempo, ma ora che il loro lavoro sta per diventare qualcosa di “ufficiale”, improvvisamente non si sente ancora pronto.
«Questo week end sono via, Jungkook, e se riusciamo a registrare prima che parto, potrò farmi aiutare da mio nonno per la messa a punto delle tonalità e della base».
«Ma con cosa registreremo? Porterai dei microfoni?»
«Ho tutta l’attrezzatura a casa mia».
Jungkook rimane zitto perché non vuole fare brutta figura. Questa è una risposta positiva alla domanda che ha posto, oppure è un invito ad andare da lei? Jieun gli sorride, poggiando i gomiti sul tavolo del solito bar e avvicinando di più il suo volto a quello di Jungkook, seduto dal lato opposto.
«Ti va bene venire alla chiusura del negozio? Da qui dista qualche chilometro, prendiamo la mia macchina».
Jungkook non sa se sentirsi più in difficoltà per il fatto di non avere la patente, oppure per essere stato appena invitato a passare la serata a casa di Jieun. Senza contare che la registrazione del brano avrebbe richiesto parecchio tempo e dopo la mezza notte Jungkook avrebbe dovuto aspettare ore e ore gli autobus addetti al servizio notturno, rischiando di trascorrere l’intera notte fuori. Perché di chiedere a Jimin un passaggio non se ne parlava nemmeno.
Jieun gli alza il mento con due dita. «C’è qualcosa che non va?»
Jungkook si sbriga a negare con la testa: come esporre il problema a Jieun senza sembrare un totale idiota? Tra l’altro, l’espressione preoccupata di Jieun gli fa pensare che lei si stia già facendo delle idee sbagliate, magari convincendosi che lui abbia cambiato idea e non voglia più duettare assieme.
«Se è un problema d’orario, puoi restare da me, Jungkookie».
Invece Jieun ha identificato il nocciolo della questione in tempo record, offrendo anche un’immediata soluzione, che però prende il più piccolo alla sprovvista, di nuovo.
«A dormire?»
Jungkook avrebbe tanto voluto impedire alle sue corde vocali di dar voce a quel pensiero, ma la reazione di Jieun gli conferma che non ci è riuscito. La ragazza si chiude nelle spalle, guardandolo tra il divertito e l’imbarazzato.
«A dormire, a cantare, quello che vuoi» risponde, cercando di non ridere «non ti mangio, stai tranquillo».
Jungkook vorrebbe tanto calarsi il berretto fin sotto il mento, peccato che le temperature siano decisamente troppo calde per poterne indossare uno. Jieun percepisce nitidamente il suo imbarazzo e gli prende una mano, incrociando le loro dita.
«Se ne hai voglia, ovviamente».
Jungkook si schiaffa mentalmente una mano sulla guancia, cercando di tornare in sé. «Certo» conferma, e stavolta è convinto di aver risposto troppo presto. Ma perché non ne combina mai una giusta?
«Se non è un disturbo per te» si affretta ad aggiungere, ricambiando finalmente la stretta di Jieun.
Lei sorride e guarda l’orologio. «Devo tornare in negozio» annuncia, mal celando un piccolo broncio. «Domani alle nove allora» aggiunge poi, guardando Jungkook. Jieun è solita chiudere in fretta le conversazioni senza fare troppi giri di parole e Jungkook pensa che è il caso di imparare a tenerle testa. Le stampa un bacio sulla labbra e, non prima di averla tirata di nuovo a sé per dargliene un altro, la lascia andare.
 
 
«Hai preso tutto?»
Jimin si affaccia dal bagno con uno spazzolino tra i denti appena sente i passi di Jungkook avviarsi verso la porta di casa.
Il più piccolo alza gli occhi al cielo: non è a casa con i genitori, ma Jimin sa fare egregiamente sia il ruolo di padre che quello di madre.
«Sì, hyung» risponde, caricandosi lo zaino sulle spalle.
Jimin gli punta un dito contro. «Il pigiama?»
«NON GLI SERVIRÀ IL PIGIAMA!» risponde Taehyung dal salone, ma Jimin lo ignora e continua a guardare Jungkook in attesa di una risposta.
«Ho preso tutto hyung, stai tranquillo».
«Se ti serve qualcosa, basta che chiami».
«Hyung, non ho più quattordici anni, cosa vuoi che mi serva».
Jimin alza le spalle e, prima di chiudere la porta, gli rivolge un breve sorriso.
A quel punto Jungkook pensa di poter finalmente lasciare casa sua indisturbato, ma proprio quando sta per uscire un richiamo di Taehyung lo blocca sul posto. Come aveva potuto anche solo concepire l’idea di riuscire a sfuggire all’altro suo hyung?
Taehyung però, invece di fargli qualche ramanzina, gli lancia dal divano un pacchetto rettangolare colorato, che Jungkook afferra con riflessi pronti, per poi rendersi conto solo dopo di ciò che sta tenendo per le mani.
«Hyung, che roba è?!» sventola con aria stizzita il “regalo” di Taehyung, cercando di parlare a voce bassa per non farsi sentire da Jimin.
Il più grande alza un sopracciglio, indeciso se rispondere o meno. Jungkook sa che sta facendo tardi e il dover affrontare quell’argomento proprio prima di uscire non lo fa sentire per niente a suo agio.
«Jungkook-sshi, pensavo lo sapessi».
«LO SO che cos’è, dannazione!». Il più piccolo sente che sta perdendo il controllo e Taehyung non lo sta di certo aiutando. «Intendevo… perché?»
In realtà Jungkook non si è saputo spiegare neanche questa volta e il più grande coglie subito l’occasione per prenderlo ancora un po’ in giro.
«Ma che cavolo, davvero ti devo spiegare tutto dall’inizio?»
«Hyung, non voglio pensarci adesso
La conversazione sta diventando quasi nonsense e Jungkook desidera solo che Taehyung capisca. Il più grande allora si alza e si avvicina a lui.
«Non voglio andare a casa sua pensando a… questo». Jungkook abbassa la voce e solleva il pacchetto di preservativi, provocando l’ilarità del più grande.
«Ma non ci hai pensato tu, ci ho pensato io!»
«HYUNG!»
«Dai Jungkookie, sii realista. Non deve per forza succedere, ma se succede…» Taehyung indica sornione l’oggetto che ha destato in Jungkook così tanto imbarazzo.
Il più piccolo sospira, sconsolato. «Li hai comprati tu?»
«Li ho presi dal cassetto di Jimin».
«COSA?! Sei pazzo?!»
«È per una buona causa, Jiminnie capirà».
«Ma hyung
«Vai, divertiti!» Taehyung lo spintona ridendo sul pianerottolo. Jungkook nasconde il pacchetto nel suo zaino e lo guarda un’ultima volta, ancora titubante. Il più grande gli fa un “ok” con il dito e, proprio quando Jimin si affaccia dietro la sua spalla per capire come mai Jungkook non se n’è ancora andato, Taehyung chiude la porta di scatto, permettendo al più piccolo di tagliare la corda.
 

L’appartamento di Jieun emana la stessa particolare fragranza del negozio di CD. Jungkook percepisce un odore meno forte, ma ugualmente intenso, ed ha quasi la sensazione di trovarsi in un ambiente conosciuto, familiare. Jieun lo invita a posare le sue cose sul divano e gli mostra subito la stanza dove ha sistemato i microfoni e l’impianto audio. C’è anche un pianoforte; sembra un po’ sgangherato ma Jieun gli ha garantito che è accordato e che fa il suo dovere, perciò potranno usarlo senza problemi per incidere quei pochi accordi che richiede la canzone. Per il resto, sarà Jieun stessa a suonare con la chitarra.
Prima di iniziare a registrare, entrambi riscaldano un po’ la voce, sostituendo i soliti noiosi esercizi canori con qualche brano rubato dalle loro canzoni preferite e Jieun, in onore del loro primo incontro, intona Isn’t she lovely, invitando Jungkook ad unirsi a lei per ricordarle il testo. Dopo aver riso un po’ di quella performance poco professionale, Jieun inizia a provare qualche nota sulla chitarra e Jungkook pensa che potrebbe rimanere sveglio a guardarla mentre pizzica le corde anche fino alle sei di mattina.
«Ti ha insegnato tuo nonno?» domanda, tanto per non rimanere imbambolato ad osservarla tutto il tempo.
Jieun alza la testa e si sistema una ciocca dietro l’orecchio. «Esatto. Vuoi provare?»
Jungkook non si è mai tirato indietro davanti alle sfide, nemmeno se queste riguardavano un’attività che non aveva mai sperimentato prima. Un po’ teme di fare brutta figura e deludere Jieun, ma non può andare contro la propria indole.
Gli sorride, annuendo, e Jieun gli passa subito la chitarra, per poi sedersi su un puff accanto a lui e mostrargli la giusta posizione delle braccia e delle dita.
Jungkook ascolta attentamente, anche se lo sguardo gli è caduto sulle labbra di Jieun qualche volta di troppo, e mette subito in pratica i consigli della ragazza. Prova una volta; il suono che produce non è proprio il massimo, ma già la seconda ottiene un accordo grazioso e la terza è quasi perfetto. Jieun prima si complimenta, poi incrocia le braccia, fingendo un cipiglio di disappunto. «C’è qualcosa che non sai fare, Jeon Jungkook?»
«Ce ne sono molte» la tranquillizza lui. «Ma imparo in fretta» rettifica, simulando un’espressione compiaciuta e beccandosi una spintarella da parte di Jieun. Lei si alza e gli si piazza davanti, togliendogli dalle mani la chitarra. Jungkook la guarda da dove è seduto, pensando che voglia finalmente iniziare le prove generali, ma Jieun sembra essere di tutt’altra idea; lo prende per mano, costringendolo ad abbandonare il divanetto, e lo trasporta in un bacio totalmente inaspettato. Jungkook lascia che sia lei a guidare il movimento delle loro lingue, ma quando Jieun accenna a volersi staccare, lui le morde debolmente il labbro inferiore, impedendole di allontanarsi. A quella provocazione, Jieun risponde giocando con l’orlo inferiore della sua maglietta, che dopo poco solleva per andare a sfiorargli la schiena. Nel frattempo, anche le mani di Jungkook sono scivolate velocemente dal volto ai fianchi di lei e, prima che Jieun possa rendersene conto, l’ha già sollevata da terra. Lei fa leva sulle spalle di Jungkook e avvolge entrambe le gambe attorno alla sua vita, per poi avvicinarsi di nuovo al volto di lui e continuare a baciarlo.
«Noona… la canzone…» riesce a dire Jungkook, in uno dei rari momenti in cui si allontanano per riprendere fiato.
Lei accosta la fronte alla sua. «Dopo».
Ma entrambi sanno che non ci sarà nessun dopo, non quel giorno almeno, e Jungkook non riesce a far altro che annuire, per poi portarla direttamente in camera da letto.

 
Nell’avere Jieun così vicina a lui, nel sentire il respiro di lei mischiarsi con il proprio e cambiare in armonia con i battiti dei loro cuori, i dubbi di Jungkook si erano dissolti come non fossero mai esistiti.
Durante il tragitto per arrivare davanti al negozio, Jungkook aveva pensato alle mille implicazioni che avrebbe avuto mostrare a Jieun quel fatidico pacchetto colorato: cosa avrebbe pensato di lui? Che lo teneva sempre nello zaino, pronto a qualsiasi evenienza? O magari che aveva dato per scontato cosa sarebbe successo quella sera?
In realtà, nel momento in cui il regalo di Taehyung si era davvero mostrato necessario, né Jieun né Jungkook avevano proferito parola e il tutto era accaduto come se, in quell’istante, fosse la cosa più naturale del mondo. Jieun aveva accolto l’incertezza di Jungkook con incredibile dolcezza, e lui, almeno all’inizio, aveva accettato di cederle le redini, per poi riprendere il controllo solo verso la fine, quando ormai aveva compreso che in quei momenti non ci sarebbe stato nessun errore, nessun movimento giusto o sbagliato, fin tanto che entrambi avrebbero avuto voglia l’uno dell’altra.
Mentre lascia un bacio tra i capelli di Jieun, sparpagliati sul cuscino, Jungkook ripensa ad ogni singolo tocco, sospiro, bacio e brivido che ha provato, e non riesce a smettere di desiderare di farlo ancora, ancora e ancora, fino a perdere la concezione del tempo e dello spazio attorno a lui.
Si avvicina a lei per poterla abbracciare da dietro e, quando Jieun si accorge che Jungkook è già sveglio, si stringe un poco nelle spalle, lasciando che lui la stringa tra le proprie braccia. Il lenzuolo copre i loro corpi nudi per metà e l’aria fresca della mattina carezza la pelle donando una piacevole sensazione.
«Che ore sono?» mormora lei voltandosi un poco verso Jungkook e baciandogli il mento.
«Non lo so» risponde lui. E non lo voglio sapere, lascia sottinteso.
Jieun si lascia andare ad un breve sospiro e cambia definitivamente lato, abbandonando il capo sul petto di Jungkook. «Ho rovinato i piani» mormora, segnando con un dito il profilo della mascella e del collo di lui.
«Giuro che non sono offeso, noona».
Jieun gli tira uno schiaffo sulla spalla. «Jungkook! Come puoi avere voglia di scherzare di prima mattina!»
Lui la ignora, restando serio. «Ma ti perdono solo se prometti di rovinarli anche la prossima volta».
Ridono insieme, ma lei mantiene il punto. «La incideremo quando torno, però al dopo dovrò pensare da sola, senza l’aiuto di nonno».
«Lo faremo insieme» interviene allora Jungkook, rassicurandola.
Lei alza il volto e gli punta un dito sul naso. «Hai esperienza anche nel post-produzione?»
«No, ma in qualche modo ne verremo a capo» ammette lui, carezzandole i capelli.
Restano qualche minuto abbracciati, dopodiché Jieun prende coraggio e si alza per prima, annunciando che avrebbe preparato la colazione per entrambi. Jungkook la ringrazia e, prima di raggiungerla, afferra svogliatamente il suo cellulare per controllare se qualcuno l’ha cercato. Rimane a fissare lo schermo, ma non appaiono né chiamate, né messaggi. Probabilmente dovrà un favore a Taehyung.
 
◊◊◊

 
 
Le settimane successive Jungkook le trascorre chiuso in casa a studiare, tentando di sopravvivere a un Taehyung che cerca di scucirgli in ogni modo i dettagli della serata e un Jimin che lo guarda di sottecchi sperando che sia lui il primo a raccontare come sono andate le cose. Lui e Jieun riescono finalmente ad incidere la canzone, non senza aver festeggiato, a postumi, il tanto agognato traguardo, e Jungkook cerca di ritagliarsi del tempo libero nei week end per aiutarla a sistemare la registrazione con l’aiuto del computer.
Jieun però, a ridosso della chiusura del negozio per i quindici giorni di ferie in Agosto, sembra di nuovo manifestare quel nervosismo che non l’aveva lasciata in pace per buona parte della stagione primaverile. È molto impegnata a cercare di incrementare le vendite prima delle vacanze, perciò Jungkook decide di non pressarla troppo e lascia che sia lei a proporre quando vedersi.
Un giorno, mentre la sta aiutando a sistemare il retro del bancone poco prima dell’orario di chiusura, Jungkook è costretto ad assistere ad una scena che, purtroppo, aveva più volte temuto di dover affrontare. Quando scorge l’ombra di un uomo alto entrare dalla porta, le iridi scure si posano attente sulla sua sagoma snella e maledettamente familiare. Riconosce le rughe d’espressione, il taglio a spazzola e la corporatura esile; l’uomo gli lancia un’occhiata di sfuggita, per poi ignorarlo completamente e chiamare il nome di Jieun a gran voce.
La ragazza appare un secondo dopo dal magazzino e il suo sguardo preoccupato fa nascere in Jungkook la stessa morsa che aveva provato nel vederli entrare assieme in quel negozio, mesi prima.
«Jieun, ti ho chiamato mille volte».
È la prima cosa che dice, senza neanche salutare, né degnarsi di sapere chi è effettivamente quel ragazzo presente in negozio in orario di chiusura. Lei scocca un’occhiata veloce a Jungkook, per poi dedicare le sue attenzioni a consultare i cataloghi delle ultime uscite discografiche.
«Sono occupata ora, Doyun».
«Perché non rispondi al telefono di casa? Il tuo cellulare è sempre spento».
Jungkook interrompe ciò che sta facendo e, per quanto vorrebbe capire cosa sta succedendo, sente crescere, dentro di sé, una voglia matta di sparire di là il prima possibile. Non prima di aver pestato quel tipo arrogante, s’intende.
«Evidentemente non ho voglia di sentirti».
Come mai gli sembra di essere di troppo? Perché Jieun non gli spiega quella situazione surreale? Perché improvvisamente sente salire la nausea e ribollire il sangue nelle vene? Le domande si accumulano l’una sull’altra e crescono a dismisura ad ogni risposta che Jungkook non riesce a dare.
«C’è qualche problema, noona
Non può sopportare di rimanere ancora escluso poiché, suo malgrado, percepisce che in un modo o nell’altro finirà per essere coinvolto anche lui in quella storia.
Doyun mantiene uno sguardo severo e scruta Jungkook quanto basta per decidere che non ha nessuna intenzione di parlare davanti a lui.
«Non so chi sia lui, ma vorrei fossimo soli, Jieun».
Ha un timbro molto basso, cadenzato, quasi elegante anche nella sua antipatia. La ragazza alza lo sguardo, incrociando senza timore quello dell’uomo davanti a lei.
«Si chiama Jungkook» afferma, e il suo volto sembra raddolcirsi appena nel pronunciare quel nome. «E non c’è niente che tu non possa dire in sua presenza».
Jungkook dovrebbe sentirsi un poco rassicurato da quell’affermazione, ma la sua mente è ancora troppo confusa per ragionare in modo lucido.
Doyun aggrotta le sopracciglia, spaesato, per poi spostare ripetutamente lo sguardo da Jieun a Jungkook e viceversa, comprendendo solo dopo le implicazioni che l’affermazione della ragazza comportava.
«Stai… stai scherzando, vero?»
Jieun rimane immobile e Jungkook percepisce nei suoi occhi una forte determinazione, la stessa che lui sembra invece aver perso.
«Tu e… un ragazzino?»
Lo sguardo sprezzante e denigratorio che gli lancia costringe Jungkook a mordersi un labbro per non rispondere a tono. Sostiene comunque quelle iridi indagatrici con altrettanto sdegno negli occhi.
«Io sono tornato per te, Jieun. Davvero ti sei abbassata a tanto pur di non restare da sola?»
«Tu sei tornato perché non hai trovato quello che cercavi, Doyun».
«Da quando sono diventato solo Doyun, Jieun?»
«Da quando hai perso il mio rispetto».
«Guardati!» esclama allora l’uomo, alzando i palmi verso l’alto. «Solo un anno fa dicevi di aver smesso di credere all’amore e ora te la spassi con un ragazzino!»
«Forse è meglio che tu vada via».
Jungkook ha parlato prima che Jieun potesse intervenire. La ragazza ha ora il volto basso, ma trattiene le lacrime e, con un enorme sforzo di volontà, fronteggia ancora una volta lo sguardo fermo di Doyun.
«La mia vita non ti riguarda più, adesso. Lasciami in pace e vattene».
Doyun reagisce voltandosi dal lato opposto e passandosi incredulo due palmi sul volto.
«Lui non potrà mai darti ciò che posso offrirti io, Jieun» dice, avviandosi verso la porta, e Jungkook pensa che se quell’uomo non sarà uscito dal negozio entro due secondi, lui non riuscirà più a rispondere delle proprie azioni. Come a voler scampare il guaio per quella sera, Doyun lascia il locale, e Jieun crolla sullo sgabello dietro al bancone, nascondendosi il volto tra le mani.
«Mi dispiace» dice solo, con voce flebile, e Jungkook pensa di non averla mai vista così debole e fragile prima d’ora. Vorrebbe indagare di più su cos’è successo tra lei e quell’uomo, sa che deve farlo se intende venirne a capo, ma in quel momento si sente inevitabilmente preso in giro, insultato e anche deluso, perché Jieun ha preferito nasconderglielo, piuttosto che parlarne apertamente con lui.

«In una coppia si dovrebbe poter essere sinceri l’uno con l’altra, Jungkook».

Le parole di Jimin gli rimbombano nella testa facendogli pulsare le tempie. Non sa ancora se quella spiacevole sensazione di oppressione che sta provando sia dovuta a Doyun oppure al fatto che Jieun l’abbia escluso da quella fetta della sua vita che, probabilmente, non è mai stata accantonata del tutto.
«Ti devo delle spiegazioni, Jungkook». Jieun si alza e fa per raggiungerlo, ma lui la ferma con un gesto della mano.
«No» risponde, scuotendo la testa. «Se non me le hai date prima, non vedo perché tu debba farlo adesso».
«Ma, Jungkook, io non pensavo che-».
«Già, probabilmente non pensavi che sarei stato all’altezza di gestire una situazione del genere».
Per quanto gli faccia male vederla così, Jungkook desidera più di ogni altra cosa rimanere da solo. In quel momento non crede di poter valutare in modo critico qualunque spiegazione che Jieun gli darà; si conosce, ha bisogno di un po’ di tempo per riflettere.
Jieun lascia andare le mani lungo i fianchi e nei suoi occhi Jungkook può leggere un’immensa tristezza. Jieun, però, non è una ragazzina, e capisce che è inutile insistere.
Lui si volta dall’altro lato e, senza dire una parola, lascia il locale.













 
 ______

Annyeong!
Ciao a tutti e buon anno nuovo! Passate bene le vacanze? Io dopo le feste mi sono beccata una bella influenza, così, tanto per inaugurare il 2017. Questo capitolo mi ha dato parecchio filo da torcere, quindi spero che il risultato finale sia comunque di vostro gradimento! 
Ovviamente eventuali dubbi verranno risolti (o almeno spero XD) nel prossimo. La canzone alla quale mi sono ispirata per fare duettare Kookie e Jieun è “Friday”, di IU.
Ringrazio ancora chi sta seguendo la storia e chi si ferma a lasciare una recensione. Grazie, grazie, grazie!♥

Un bacione e alla prossima,


Vavi

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Capitolo 5
*** IV. Autumn ***


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IV.
 

Autumn









 


Una settimana.
Jieun l’aveva chiamato, lui non aveva risposto. Jungkook le aveva detto di voler stare da solo e aveva mantenuto la sua parola, nonostante lei gli mancasse terribilmente. Le aveva poi scritto un breve messaggio, dove aveva cercato di farle capire che sarebbe stato inutile parlargli se prima non avesse sbollito il tutto; questa volta era stato lui a non ricevere alcuna risposta.

Mentre tira un pugno dopo l’altro a quel sacco appeso al soffitto, Jungkook maledice Jimin e i suoi consigli. Gli aveva garantito che lo avrebbe aiutato a scaricare la tensione, invece sta avendo l’esatto effetto contrario; ad ogni destro, ad ogni gancio che sferra, sente crescere di più la rabbia e neanche i calci più potenti riescono a farlo calmare. Nonostante le gocce di sudore gli abbiano ormai ricoperto la fronte, il collo e le spalle, Jungkook continua ad accanirsi contro una vittima inerme e senza vita, finché non percepisce la propria vista annebbiarsi e le gambe cedere sotto il peso della stanchezza.
Si concede un ultimo pugno, che tira fino a far bruciare i muscoli del braccio, dopodiché barcolla all’indietro e si aggrappa appena in tempo alla panchina posta a bordo parete. Afferra malamente la boccetta d’acqua e, invece di berla, la usa per bagnarsi il volto e i capelli, già fradici dopo l’intensa fatica.
Gli ci vuole qualche minuto per regolarizzare il respiro e tornare a vedere in modo normale. Non appena la sua mente ricomincia a lavorare, però, Jungkook sente di nuovo quell’enorme peso tormentargli il petto e, senza neanche pensarci, si alza in piedi, scagliandosi contro il sacco da boxe. A fermarlo, questa volta, è un’intensa fitta ai tendini che lo fa crollare a terra, costringendolo ad ammettere la sconfitta. Cercare di mascherare i problemi non lo aiuterà a superarli; per Jungkook è difficile affrontare qualcosa che non conosce, perché ha paura di sbagliare e di ferire qualcuno a cui tiene.
«Vuoi rimanere a letto per una settimana?»
Jungkook fa leva sui talloni non appena sente la voce del suo hyung riecheggiare tra le pareti della sala. 
«Sto bene» afferma, senza prestargli troppa attenzione, andando a recuperare le sue cose.
Jimin si passa una mano tra i capelli, sospirando. «Così pensi di risolvere la situazione?»
«Ci sto provando».
«No, la stai semplicemente evitando, Jungkook».
«E anche se fosse?»
Il più piccolo sa che Jimin sta cercando di aiutarlo, ma non riesce a comportarsi diversamente. Dovrebbe scusarsi per il tono che ha usato, invece si strofina un asciugamano sui capelli e si carica in spalla il borsone.
«Ti aspetto in macchina» dice, quando in realtà è Jimin a guidarla.
 

«Ma perché siete così scemi?»
Taehyung interrompe la partita alla play che sta giocando con un Jungkook decisamente meno motivato e competitivo del solito.
«Hyung, non puoi mettere in pausa solo perché stai perdendo».
Il più grande cerca lo sguardo del più piccolo, che però non trova. Jungkook tiene le iridi incollate allo schermo e non ha nessuna voglia di discutere.
«Mi spieghi come cavolo fate a chiarire la situazione se vi ostinate a non parlarvi?»
Jungkook prende il joystick del suo hyung e schiaccia play, ma Taehyung è veloce e mette nuovamente il gioco in pausa.
«Vuoi ascoltarmi una buona volta?»
«È inutile, è peggio di un mulo» commenta Jimin, seduto al tavolo dietro di loro con un libro per le mani.
«Jungkook, stai pensando solo a te stesso».
La frase di Taehyung sembra quasi rompere qualcosa nell’animo già abbastanza turbato del più piccolo. In cuor suo, Jungkook sa perfettamente di essersi chiuso a riccio per poter riprendere il controllo su se stesso, ma in questo modo ha, in automatico, tagliato fuori tutto il resto del mondo. In realtà, Jungkook pensa a Jieun ogni sera e spera che quella lontananza non la faccia soffrire, eppure si sente ancora bloccato, come se qualcosa gli impedisse di fare il primo passo e mostrarsi pronto ad ascoltarla. Se solo non fosse così testardo, probabilmente ammetterebbe di temere ciò che lei ha da dirgli più di ogni altra cosa, perché il pensiero di doversi allontanare definitivamente da Jieun è qualcosa che non può in alcun modo sopportare.
«E stai facendo un dramma per qualcosa che ancora non sai».
Taehyung gli palesa prepotentemente tutte quelle assurdità che Jungkook già conosce, ma tenta di nascondere come non facessero parte del suo modo di essere. Probabilmente cercare di sfogarsi con i suoi hyungs lo aiuterebbe a sbloccarsi, anche se ciò vorrebbe dire ammettere le sue debolezze. Sì perché Jungkook non ha smesso un solo minuto di rimuginare su quella frase di Doyun e lo ha fatto talmente in modo intenso che, alla fine, è quasi riuscito a convincere se stesso di non poter mai offrire a Jieun ciò che lei desidererebbe realmente da una relazione. Ancora non sa spiegarsi il perché, ma sta iniziando a credere di non essere proprio tagliato per le storie d’amore.
«Jungkook, parla. Dì qualcosa».
Taehyung solitamente non gli mette mai pressione, ma quei silenzi sempre più frequenti stanno cominciando a far entrare in ansia anche lui.
«Se lo vedo un’altra volta, io…»
Jungkook non è sicuro di aver esternato il pensiero giusto, ma ormai l’ha fatto e non può tornare indietro.
«Ma chi?» Jimin segna la pagina che ha appena letto e chiude il libro. «Doyun?»
Il più piccolo rabbrividisce al solo sentir pronunciare quel nome. Jungkook non vuole che l’odio per Doyun prevalga sul sentimento che prova per Jieun e finché non sarà riuscito a ridimensionare quelle sensazioni negative che lo tormentano ogni giorno, eviterà di avvicinarsi a lei. Jimin e Taehyung sono in grado di fronteggiarlo, ma non può dire lo stesso di Jieun, e non intende arrivare a litigare anche con lei.
«È Jieun noona che deve chiarire con lui» dice Taehyung. «Ma questo non significa che tu debba sparire dalla circolazione».
«È stata lei a tagliarmi fuori».
«Magari perché voleva evitare tutto questo» replica il più grande, palesando l’evidenza.
«Magari perché crede che io sia solo un ragazzino».
«Jungkook, non dire cose che non pensi».
Il rimprovero di Taehyung gli da un’altra bella scossa, ricordandogli che, in effetti, quelle non sono parole sue, né di Jieun. Le insicurezze lo hanno portato addirittura a farsi influenzare così tanto da uno sconosciuto? E lui che credeva di conoscersi.
«Se continui così sarai tu a mandare tutto a puttane, lo capisci questo, sì o no?»
Il tono di Jimin si è fatto più duro e Jungkook lo percepisce.
«Vorrà dire che non era destino».
«Jungkook, dannazione, se vuoi puoi prendere in giro te stesso, ma non venirla a raccontare a me!»
«Jimin!»
Taehyung cerca di ridimensionare la discussione, ma a volte Jimin sa essere peggio di una bomba a orologeria.
«No Taehyung, lo capisci anche tu che sta raccontando una marea di cazzate!» Jimin è in piedi e sta indicando Jungkook, il quale evita di guardarlo. «Stai rovinando qualcosa che tu stesso hai creato, qualcosa che hai voluto con tutte le tue forze, solo perché vuoi dar retta al tuo stupido ed egoistico orgoglio!»
«Jimin, finiscila!» Taehyung lo prende per un braccio, scuotendolo, senza ottenere l’effetto desiderato.
Jungkook abbandona malamente il joystick e risponde a Jimin con la stessa rabbia negli occhi. «Forse è perché sono solo uno stupido orgoglioso ed egoista, ecco tutto!»
Jimin si libera con uno strattone dalla presa di Taehyung e guarda Jungkook fuggire in camera sua senza dire una parola.
«Jungkook, dai, aspetta!»
Taehyung cerca di fermarlo, ma l’altro è più veloce di un fulmine e non gli lascia nemmeno il tempo di inseguirlo. Il più grande si mette le mani nei capelli, sbuffando nervosamente.
«Si può sapere perché lo hai trattato così?» chiede allora a Jimin, sobbalzando subito dopo per il rumore della porta del più piccolo, che viene malamente chiusa con un tonfo.
L’altro crolla sul divano con un sospiro. «Credi che mi piaccia?»
«Allora perché lo hai fatto!?»
«Perché non voglio più vederlo soffrire per questa cosa».
Taehyung apre la bocca per replicare, ma la richiude un attimo dopo, a corto di parole. Dopotutto loro tre sono diversi, nessuno si è mai preso la briga di giudicare l’altro, ma c’è un solo punto fermo che li tiene uniti sempre e comunque: l’amicizia. Magari sbagliando, o prendendosi a sberle, in qualche modo hanno cercato di proteggersi a vicenda, superando i momenti difficili insieme.
«Perché l’amore rende così stupidi?» domanda allora Taehyung, dopo interminabili minuti di silenzio, e Jungkook, nella sua stanza, cerca di nascondere la testa nel cuscino, per la prima volta consapevole del perché quella situazione lo fa stare così male; per la prima volta, consapevole che quel dolore, quell’odio verso Doyun e quella mancanza insanabile che sente nei confronti di Jieun, assieme alla convinzione di non poter più stare senza di lei, hanno finalmente un nome: amore.

 
◊◊◊


 
Nei giorni successivi, Jungkook frequenta assiduamente la palestra, ma si premura di non andare negli stessi orari di Jimin. Avendo un solo esame da dare a Settembre, riesce ad avere più tempo per gestire liberamente i suoi orari, che solitamente organizza dando la priorità alla scuola di Taekwondo, agli allenamenti e allo studio. Jimin, dal canto suo, ha smesso di rivolgergli la parola, e Taehyung sta quasi pensando di cambiare coinquilini, giusto per evitare un esaurimento nervoso prima dei trent’anni. Ogni giorno, però, maledice il bene che vuole ai suoi due amici e stringe i denti, cercando di mediare tra gli scatti d’ira di Jungkook e i silenzi irritanti di Jimin.
Jungkook, intanto, sa che sta sbagliando e lo ha quasi accettato. Ha mandato un messaggio a Jieun con un semplice “Scusami” e lei gli ha risposto “Mi manchi”, spiazzandolo.

Quella sera, mentre ritorna a casa, Jungkook è quasi tentato di passare al negozio, ma dalla vetrina vede Jieun alle prese con dei bambini esagitati e decide di rinunciare. Rimane per qualche istante ad osservare il suo sorriso e, di riflesso, sorride anche lui. Fa dietrofront cercando di passare inosservato e ignorando il suo cuore che ha ricominciato a battere con la stessa frequenza dei loro primi incontri. È costretto, però, a fermarsi a metà strada, perché l’intensità di quell’emozione che sta provando gli ha quasi mozzato il respiro. Se dovesse dal retta al suo istinto, in quel momento, correrebbe da lei facendo irruzione nel negozio, per poi abbracciarla e perdersi in quel profumo familiare senza cercare più la strada del ritorno. Invece una chiamata di Taehyung lo riporta alla realtà e gli fa imboccare la via di casa. Ultimamente Taehyung è più apprensivo del solito e cerca sempre di distrarlo, nonostante Jungkook non sia molto propenso alla conversazione. In verità, Jungkook non ricorda neanche più il motivo per cui ha smesso di parlare con Jimin e vorrebbe sinceramente dare un taglio a quella sceneggiata, ma aspetta che sia il più grande a cedere per primo. Come al solito.

Dopo aver cenato, Taehyung gli dice che nel pomeriggio è arrivato un pacco per lui e glielo consegna con un sorriso sghembo, per poi sparire in camera sua, lasciandolo completamente solo nel salotto. Jungkook lo afferra quasi timoroso e per poco non gli viene un colpo a leggere l’indirizzo: la confezione in carta blu proviene infatti dal negozio di CD di Jieun. Non riuscendo più ad aspettare, strappa velocemente l’incarto e ciò che si ritrova per le mani fa fare un altro balzo al suo cuore; sulla copertina del CD che tiene stretto tra le dita, spiccano i volti di due ragazzi sorridenti, vicini l’uno all’altra, e sotto di essi troneggia una scritta elegante in caratteri corsivi: IU ft. Jungkook, first single. Jungkook ricorda ancora quanto Jieun avesse insistito per mettere in copertina una foto “professionale”, costringendolo a sedersi accanto alla finestra in pose – a detta sua – alquanto ridicole. Riprende il cellulare dalla tasca e, istintivamente, apre la galleria, cercando quegli scatti di Jieun che ha preso lui stesso, e che però anche lei si era rifiutata di utilizzare per il CD. Si lascia scappare un sorriso fin troppo aperto quando la vede accanto alla parete della cucina, con indosso solo un maglione color senape lungo fin sopra le ginocchia e un’espressione innocente dipinta sul volto, incorniciato da morbide ciocche scure. Jieun gli aveva detto di cancellare quello scatto perché si vergognava e Jungkook le aveva detto di averlo fatto: una piccola bugia, dopotutto. Si alza dal divano e inserisce il CD nell’impianto stereo, impaziente di poter ascoltare il risultato finale. Ancora una volta, Jieun lo stupisce: prima della canzone, infatti, la ragazza ha registrato una breve introduzione e, contro il volere di Jungkook, l’ha inserita nel disco. O almeno, nella sua copia.

«Salve a tutti e grazie di cuore per aver acquistato questo CD. Mi chiamo Lee Ji Eun, ma alcuni mi conoscono con lo pseudonimo di IU».
«Io sono Jeon Jungkook e…ehm»
«Non hai un nome d’arte, Jungkook?»
«No, non credo di averci mai pensato».
«Allora ti chiameremo semplicemente Jungkook, se sei d’accordo».
«Noona, però potevi informarmi su quali erano le domande che avresti fatto».
«Jungkookie, guarda che stiamo registrando!»
«Ma tanto questo non lo metterai nel CD».
«Sì che lo metterò».
«No, invece».

Jungkook si ritrova a ridere da solo per l’assurdità di quelle conversazioni, ma il suo imbarazzo cresce a dismisura quando si accorge che Jieun non ha risparmiato proprio nessuna parte del loro discorso.

«… e così ci siamo ritrovati a dover rimandare l’incisione del singolo per… imprevisti vari».
«Imprevisti vari?!»
«Sì beh, quel genere di cose che di solito non si possono dire in un’intervista».
«Ma allora perché lo dici, noona!»
«Jungkookie, la tua faccia ha cambiato colore».

Jungkook si spalma una mano in fronte e spera che quella tortura finisca presto. Quasi ad esaudire il suo desiderio, la track introduttiva termina con un loro saluto in sincrono, per lasciare finalmente posto a quella melodia che ormai Jungkook conosce nelle più minime sfumature di suono. La voce di Jieun è delicata e piacevole, anche se Jungkook non può fare a meno di pensare che, registrato, il timbro della ragazza perda di particolarità e limpidezza. Storce il naso quando sente se stesso, però riconosce che la sua voce e quella di Jieun si amalgamano in modo ottimale, come se quella canzone fosse stata scritta apposta per loro. Durante l’ascolto, mentre giocherella con la custodia, si accorge che Jieun ha lasciato un piccolo biglietto all’interno: sai dove trovarmi, dice solo, e quasi senza pensarci riprende in mano il cellulare, intenzionato a chiamarla, poi però si blocca nel leggere il suo nome, perché effettivamente non saprebbe da dove iniziare.
È ancora immobile con il cellulare nella mano destra e il biglietto nella sinistra, quando Jimin fa il suo ingresso in sala.
«Hai intenzione di ascoltarlo per tutta la notte?»
Jungkook lo guarda con gli occhi spalancati, poi capisce e corre a spegnere lo stereo, riponendo il CD nell’apposita custodia. Vorrebbe rispondere, dopotutto è stato il suo hyung a parlare per primo, ma dopo così tanti giorni passati a ignorarsi, dà una strana sensazione tornare a rivolgersi la parola come se niente fosse successo. In effetti, Jungkook, cos’è successo, veramente?
«Non mi ero accorto che stava andando a ripetizione» butta lì, mentendo spudoratamente.
Jimin alza un sopracciglio e si volta per andare a recuperare uno spuntino dal frigo.
«Hyung».
Jungkook lo chiama, sa che adesso è compito suo rimettere apposto le cose. O almeno, cominciare a farlo. Jimin biascica un «Mh» distratto, continuando a frugare tra i ripiani e riemergendone poco dopo con uno yogurt dietetico tra le mani.
«Io… avevi ragione».
Il più grande cerca in ogni modo di tenere basso lo sguardo, ma sono tentativi vani, perché Jungkook legge in quella finta espressione indifferente un gran bisogno di tornare a comunicare.
«Cioè?» Jimin ora lo guarda e Jungkook vorrebbe tanto tirargli una cuscinata. Possibile che debba per forza stuzzicarlo in quel modo anche se sa quanto gli costa aprirsi con lui?
Il più piccolo lo raggiunge su uno sgabello, accanto allo stretto tavolo della cucina. «Ci ho messo un po’ a capirlo, ma alla fine l’ho capito».
Bravo Jungkook, ottima spiegazione. Si gratta la nuca, in evidente difficoltà, ma prima che possa aggiungere altro Jimin si lascia scappare un sorriso appena accennato, nascosto dalla penombra della flebile luce del salotto. «Mi dispiace, non avrei dovuto reagire in quel modo» dice poi, tornando serio. «Volevo solo che tu… capissi». Gesticola un poco mentre parla e Jungkook non può fare a meno di ricambiare quel sorriso che lui gli aveva rivolto qualche istante prima e che non si era lasciato sfuggire. Nessuno dei due riesce a trovare le parole giuste, eppure basta un soffio per intendersi.
«Hyung, io… voglio stare con Jieun».
Nonostante sia difficile parlarne con Jimin, Jungkook sente che è arrivato il momento di dirlo a qualcuno e il suo hyung è disposto ad ascoltarlo più di chiunque altro.
«Non mi importa se dovrò affrontare uno o… cento Doyun. Non intendo rinunciare a lei».
«D’accordo» commenta Jimin, riprendendo a mangiare il suo yogurt. Jungkook lo guarda, scorgendo in quel ghigno una nota di soddisfazione. Rimane in silenzio, in attesa che Jimin continui a parlare, ma non succede nulla. Il più grande gli porge l’ultimo cucchiaino, ma Jungkook nega con la testa, sempre più confuso. Al ché Jimin sbuffa e va a gettare il contenitore nel secchio.
«Allora? – commenta poi, esasperato – lo hai detto a Jieun noona oppure no?»
«Che cosa?»
«Accidenti Jungkookie, che non vuoi rinunciare a lei! Sono giorni che non vi vedete e sei ancora qui a parlare con me? Che cavolo aspetti, alza quel sedere e vai!»
Jungkook sgrana le palpebre, come se gli avessero appena gettato un secchio d’acqua gelida in testa. Scocca un’occhiata all’orologio: sono le dieci passate. Jieun solitamente non va a dormire prima delle undici, dunque è ancora in tempo; forse farà la figura del maleducato, ma in fondo non gli importa. Ora o mai più.
Come suo solito scatta a prepararsi e nel giro di pochi secondi è già sulla porta, con qualche ciocca di capelli fuori posto e col fiatone, ma determinato a raggiungere casa di Jieun.
«Ah, Jungkookie…» Jimin lo ferma proprio quando è sulla soglia della porta e Jungkook inizia a chiedersi se quello non stia diventando un vizio.
«Ricordati che mi devi un pacchetto di tu sai cosa».
 
 
Non ha nemmeno ben chiaro quand’è che le sue gambe abbiano iniziato a correre, agendo di loro iniziativa, eppure l’appartamento di Jieun gli sembra adesso a un passo da lui. Frena di scatto davanti al portone, suonando senza indugio il citofono e poggiando le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato dopo la maratona che ha appena fatto.
«Chi è?»
«Noona, apri»
«Jungkook! Stai bene, è successo qualcosa?!»
«Sto bene, apri!»
Vola su per le scale, salendone tre alla volta, e si ritrova all’improvviso faccia a faccia con Jieun, che ha aperto la porta e lo guarda con una splendida luce negli occhi.
«Entra» dice solo, a bassa voce, ma non appena sono entrambi dentro casa lei lo abbraccia di slancio, stringendolo con tutta la sua forza. Jungkook rimane spiazzato da quella foga improvvisa, ma impiega un attimo a ricambiare l’abbraccio, poggiandole la testa sul mento e circondandole le spalle con entrambe le braccia. Sente il volto di Jieun premere contro il suo petto e i battiti del proprio cuore amplificarsi fino a rimbombare nella gola e nelle orecchie.
«Sei tornato per restare, Jeon Jungkook?»
La voce di Jieun è attutita dalla maglia di Jungkook, sulla quale una piccola chiazza d’acqua salata ha già lasciato il suo alone.
«Non me ne sono mai andato, noona».
Lei strofina piano la fronte su di lui e alza il mento per guardarlo da sotto in su. «Allora perché mi sei mancato così tanto?»
Jungkook rivede il proprio riflesso nelle iridi scure e di nuovo lucide di Jieun, alle quali però non lascia versare, stavolta, nemmeno una lacrima. Stringe tra i palmi quel volto piccolo e un po’ ovale per poi premere con straordinaria lentezza le propria labbra su quelle di Jieun. Lei fa leva sulle punte per arrivare meglio a ricambiare quel bacio e non osa infrangerlo andando oltre.
«Anche tu mi sei mancata» ammette Jungkook, allontanandosi e facendole una carezza tra i capelli. «Ma hai dormito in questi giorni? – le chiede poi, sfiorandole entrambe le guance con i pollici – mi sembri stanca».
Jieun abbassa lo sguardo, poi mette su un mezzo broncio. «È un modo gentile per dirmi che ho una faccia orribile?»
«N-no noona, ma che dici, tu sei… splendida, come sempre». Quando scorge il sorriso di Jieun aprirsi, Jungkook si rende conto che non le ha mai davvero fatto un complimento come si deve, nonostante l’abbia pensato dal primo istante che l’ha vista e, anzi, abbia iniziato credere che la bellezza di Jieun cresca silenziosamente e in modo subdolo quando le sta lontano, per poi investirlo come un fiume in piena ogni volta che la guarda.
«Anche tu sei… wow». Jieun si allontana un poco da lui e gli tocca le spalle. «Sei cresciuto, Jungkook? Mi sembri anche più alto». Allunga una mano sopra la testa di lui, poi fa un’ulteriore passo indietro. «Accidenti, ma stai lievitando!» esclama poi, e Jungkook comincia a sentirsi in imbarazzo. «La vuoi finire con questa palestra? Guardati, sei un diciannovenne in un corpo da Hulk
«Noona, non esagerare» prorompe lui, ridendo appena alle esplicite provocazione di Jieun. «Stavo solo cercando di tenermi occupato».
«Sì certo, come no» sbuffa lei, dandogli un colpetto su una spalla. «Avrai una coda di ammiratrici al tuo seguito».
«Nah, quello è Jimin» risponde di slancio Jungkook, poi si accorge dell’espressione di Jieun e non rinuncia a tirarle lui una frecciatina. «Per caso sei gelosa, noona
«No!» si affretta a replicare Jieun, alzando le mani. «Gelosa, io? Mai stata».
Jungkook la tira per un braccio avvicinandola a sé, per poi darle un bacio sul collo. «Io sì, però» confessa, cercando di dargliene un altro, ma Jieun si chiude nelle spalle perché le sta facendo il solletico. «Quindi è meglio che ti stiano lontani».
«Oh-ho» esclama allora Jieun, tentando di liberarsi dall’abbraccio ferreo di Jungkook, invano. «Sennò che fai, li stendi con la tua forza sovrumana?»
«Possibile» le sussurra nell’orecchio, approfittandone per mordicchiarle il lobo. Lei ride e decide di lasciarsi coccolare, ma il suo volto torna ad essere serio quando Jungkook si allontana da lei.
«Credo che dovremmo parlare» dice Jieun, stringendo la mano che lui le ha porto.
Jungkook, negli ultimi giorni, ha capito che in fondo non ha bisogno di quelle spiegazioni per continuare a stare con Jieun, però è consapevole che mantenere dei segreti non aiuterà la loro relazione.
«Lo faremo, noona» concede, intrecciando le dita con quelle di Jieun. «Domani».
Lei annuisce, anche se non sembra molto convinta, e gli cinge la vita con le braccia. Poi però alza di scatto il capo e guarda Jungkook con aria interrogativa. «Aspetta… hai detto domani? Quindi ti sei appena autoinvitato a dormire a casa mia?».
Jungkook solleva un sopracciglio. «Chi ha parlato di dormire?»
La lotta con i cuscini che segue li porta, in breve tempo, a crollare sfiniti sul divano del salotto, scombussolando di nuovo i piani, e Jieun si addormenta con il capo sulle ginocchia di Jungkook, cullata dalle sue dolci carezze. Lui ignora il film strappalacrime che stanno trasmettendo in tv per passare le dita in quei morbidi capelli, fino ad armonizzare il proprio respiro con quello di Jieun, cedendo, finalmente, ad un sonno tranquillo e privo di incubi.
 
 
 
 
 
 
 
 













____________
Ma buonsalve!^^
Sono un pò triste, sapendo che siamo quasi giunti alla fine. Non ho molto da dire, se non i soliti sentitissimi ringraziamenti a chi legge questa storia e a chi mi lascia il proprio pensiero <3. Qualcosa di più su Doyun verrà detta nel prossimo capitolo, perchè qui mi sono voluta concentrare di più sull'introspezione (alias tare mentali) di Jungkook; per questo avete assistito anche a una presenza massiccia di quei due angeli di nome Taehyung e Jimin. 
Spero di sentirvi presto, vi mando un bacione grande!

Alla prossima,

Vavi
 

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Capitolo 6
*** Epilogo. Lemon and Pine Needles ***


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Epilogo
 
Lemon and Pine Needles







 


Jieun e Doyun erano stati insieme un anno e qualche mese.
Doyun l’aveva incontrata passando al negozio da cliente casuale; cercava della buona musica da poter mandare nel suo ufficio, perché gli speaker radiofonici lo innervosivano e spesso le canzoni non rispondevano ai suoi gusti musicali. Jieun si era divertita ad accontentare un cliente esigente come lui e Doyun non aveva impiegato molto tempo a capire  che quella ragazza sveglia gli piaceva, perciò dopo qualche settimana era tornato da lei a chiederle di uscire. Con lei era sempre stato molto gentile, non aveva mai dimenticato una festa o un anniversario e amava fare le cose in grande, a differenza di Jieun, che certo si sentiva lusingata da tutte quelle attenzioni, ma aveva anche iniziato a chiedersi se fossero state davvero necessarie.
Aveva impiegato un po’ a capire che Doyun teneva a lei, sì, ma amava di più il suo lavoro; gli piaceva trattare, fare affari all’estero ed estendere la sua compagnia fin dove gli ingenti guadagni lo avrebbero portato. Così, quei gesti all’apparenza così galanti che riservava a lei, avevano cominciato a divenire tutti uguali, quasi forzati, persino il sorriso di Doyun le appariva come una di quelle pose imbalsamate nelle riviste di moda; Doyun desiderava per sé una moglie perfetta tanto quanto lui, che gli avrebbe donato due figli e che sarebbe rimasta a casa con loro per poterli crescere amorevolmente anche quando lui sarebbe dovuto andar via per lavoro. Quando Jieun aveva compreso che Doyun stava iniziando a plasmare anche il suo, di futuro, aveva fatto un passo indietro. Quando lui le aveva detto che, una volta sposati, lei avrebbe potuto dare il negozio in gestione e trasferirsi, Jieun si era resa conto che quelli non erano mai stati i suoi progetti iniziali.
Con Doyun, Jieun avrebbe potuto avere tutto, rinunciando a tutto. E non era stata disposta a farlo.

Jieun aveva raccontato a Jungkook che, dopo la fine della loro storia, Doyun era andato a stare a Seoul, e lei mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe tornato lì, in quello stesso negozio di CD che le aveva fatto conoscere anche il giovane Jungkook, per cercare di riprendere una storia ormai sepolta all’ombra di sé stessa. Jieun aveva ammesso di aver creduto fin dall’inizio in qualcosa di sbagliato, una sorta di finta perfezione costellata da continue delusioni. Jieun era rimasta affascinata da Doyun, ma non l’aveva mai amato veramente, perché lui era stato solo una maschera fittizia, dietro la quale primeggiava un uomo egocentrico e perfezionista.

Jungkook non aveva detto una parola per tutta la durata del discorso, si era solo limitato ad abbassare lo sguardo alcune volte in cui si era sentito in difficoltà, ma per il tempo restante l’aveva sempre guardata negli occhi, come se avesse cercato di mantenere una connessione con lei nonostante quel tuffo in un passato poco gradito. Jieun, vedendolo turbato, gli aveva preso le mani, intrecciandole alle proprie, e si era scusata per aver parlato troppo di qualcosa che neanche a lei era piaciuto ricordare.
«Pensavo che la felicità fosse quella, Jungkook. Ero assuefatta a quel modo di vivere, non ne vedevo altri».
«Non ti devi giustificare».
«Non mi sto giustificando, sto solo… credevo che la storia delle farfalle nello stomaco fosse solo un’enorme menzogna inventata dai libri, dopotutto io non le avevo mai sentite con lui».
«Farfalle?»
Jungkook aveva aggrottato le sopracciglia, guardandola con aria persa.
Si era sentito in colpa non una, ma almeno cento volte per aver quasi costretto Jieun a rivangare una storia che l’aveva fatta stare male, perché in fondo, a conti fatti, non era cambiato molto. Probabilmente Taehyung aveva avuto ragione fin dall’inizio: si era comportato da perfetto egoista, non mostrando nemmeno un minimo di tatto nei confronti di Jieun. Era sparito nel nulla, dicendo che voleva rimanere da solo, ma non aveva pensato alle ripercussioni che il suo comportamento avrebbe avuto su Jieun. Lei invece aveva rispettato i suoi silenzi e lo aveva accolto come se non si fossero mai allontanati, aprendosi con lui senza alcun tipo di riserva. Anche a lei serviva solo del tempo e Jungkook non faceva altro che rimproverarsi per non averglielo concesso.
«È quello che provo quando sono con te, Jungkook».
Seppur convinto di aver già sentito quell’espressione da qualche parte, Jungkook non era riuscito in alcun modo a formulare un pensiero di senso compiuto, perché l’intensità dello sguardo di Jieun lo aveva mandato letteralmente in tilt.
«Chiamala pure adrenalina se vuoi, non fa differenza. Quello che conta è che solo ora so come ci si sente ad essere innamorati… davvero».
In quel momento, le farfalle di cui parlava Jieun avevano spiccato il volo, schiudendo le ali e provocando in Jungkook un turbine di emozioni che neanche volendole imbrigliare con mille retini sarebbe riuscito a contenerle. Così, seguendo la scia di quel piacevole solletico le cui origini gli erano sconosciute, le si era avvicinato senza darle il tempo di realizzare e l’aveva baciata, infondendo in quel contatto umido tra labbra tutto ciò a cui non sarebbe riuscito a dar voce con la stessa passione. Lei si era fatta trasportare da lui, affondandogli le dita nei capelli, ed era rimasta quasi stordita quando Jungkook aveva interrotto quell’improvviso sfiorarsi con la medesima decisione, ma solo per sussurrarle a fior di labbra ciò che non avrebbe mai creduto di riuscire a dire in modo così schietto.
«Ti amo, Jieun».
Lei aveva spostato lo sguardo dalle labbra agli occhi di lui, scorgendovi all’interno ogni singola sfumatura di quelle due parole che avevano appena impresso un sigillo indelebile sul suo cuore. La decisione con la quale aveva pronunciato ogni sillaba del suo nome, anche senza quel noona che segnava un divario d’età al quale Jieun non aveva mai dato molta importanza, le aveva fatto percepire chiaramente la sincerità e la potenza di un sentimento che avevano sempre vissuto quasi in punta di piedi.
Jungkook era rimasto a contemplare l’espressione attonita di Jieun senza aggiungere altro; aveva anche temuto, per un istante, che quella confessione diretta non le fosse andata a genio, o magari che avesse inteso la mancanza dell’onorifico come un’abitudine poco educata che Jungkook avrebbe conservato anche in futuro. In realtà, nemmeno per Jieun era stato facile lasciarsi andare, dopotutto aveva dovuto più volte guardare dentro se stessa, porsi forse mille domande prima di accettare un sentimento del quale anche lei aveva timore.
«Nessun uomo mi ha mai guardata come fai tu, Jungkook».
A quelle parole, lui aveva schiuso le labbra, un po’ per lo stupore, un po’ perché avrebbe voluto replicare, ma Jieun gliele aveva sigillate ancora una volta con le proprie. «Ti amo anch’io».



 
◊◊◊


 
 
«Hai barato!»
Taehyung punta il dito contro il suo insolito avversario, incrociando poi le braccia in attesa di una spiegazione che potesse dare un senso alla sconfitta.
«Ma sei mi hai appena spiegato tu come si gioca!»
Jieun indica lo schermo, non sapendo se essere più incredula o divertita dalla situazione.
«Ci sapevi già giocare e non mi hai detto niente… ti ha insegnato Jungkook!».
Taehyung non molla, deciso a tamponare il suo orgoglio di giocatore accanito che ha appena perso rovinosamente contro la ragazza del suo migliore amico.
«E quando lo avrebbe fatto, io non ho nemmeno una consolle
«Magari siete venuti qui di nascosto».
«Non infrangerei mai le regole della casa» dice Jieun con tono solenne, alzando le mani in segno di discolpa.
«Ma Jungkook sì» risponde pronto Taehyung, riservandole un mezzo sorriso sghembo. «Quella piccola peste».
Jieun aveva scoperto il famoso foglio delle regole uno dei primi giorni in cui era stata ospite a casa dei ragazzi; si trattava di un cartellone mezzo bruciacchiato, decorato a mò di pergamena e appeso sulla porta dello sgabuzzino dove tenevano le scope. Si potevano leggere tre calligrafie differenti, segno che ognuno di loro aveva dato il proprio contributo.

 
È SEVERAMENTE VIETATO:
1. Entrare nelle camere altrui senza prima bussare.

2. Portare a casa una ragazza senza avvertire.
3. Fare sesso sui letti degli altri.
4. Occupare il bagno per più di quindici minuti.
3. Lasciare vestiti sporchi in giro per casa: c’è il DANNATISSIMO CESTO PER I PANNI AL BAGNO!
4. Monopolizzare la TV.
5. Scaricare film porno sul PC in comune (ha più virus che applicazioni).
6. KIM TAEHYUNG SE LASCI ANCORA I TUOI CALZINI SUL BRACCIOLO DEL DIVANO TI UCCIDO.

C’era poi un’ultima regola, la nove, scritta con una penna diversa, perché probabilmente aggiunta in un secondo momento.

9. Frugare nei cassetti degli altri di nascosto: SE SERVE QUALCOSA BASTA CHIEDERE!!!

Jungkook aveva provato a nascondere l’imbarazzo dinanzi quel foglio che, sbadatamente, aveva scordato di camuffare prima del suo arrivo, ma Jieun aveva riso così tanto che alla fine se n’era fatto una ragione.

«Taehyung, lo so che è dura da mandar giù, ma col tempo ce la farai» lo canzona Jieun, dandogli un colpetto sulla spalla. Lui scioglie l’intreccio delle proprie gambe e si solleva dal tappeto peloso del soggiorno, a testa alta. Dopo essersi permesso di indugiare ancora un po’ sulla scritta lampeggiante “You lose” che  campeggia nella sua metà di schermo, Taehyung rivolge a Jieun un sorriso sportivo e, porgendole una mano, l’aiuta a rialzarsi.
«A Kookie diremo che ho vinto io, comunque» borbotta Taehyung, e Jieun annuisce sconsolata, domandandosi quanto mai potesse essere spaventoso Jungkook durante le competizioni.

 
«Hyung, perché non hai invitato anche Seoyeon
 stasera?»
Jungkook sta cercando di mettere in pratica quelle poche conoscenze culinarie che ha appreso da sua madre per aiutare Jimin a preparare una cena che non sia a base dei soliti preparati istantanei. Dopotutto Jieun è una cuoca discreta e nemmeno i suoi due hyungs vogliono fare brutta figura con un’ospite così speciale.
Il più grande alza le spalle, continuando diligentemente a tagliare le verdure. Jimin è sempre stato riservato per quanto riguardava le questioni sentimentali e, anche se a volte capitava che raccontasse agli altri due qualche aneddoto simpatico o magari esternasse il suo disappunto per qualche atteggiamento che non capiva, tendeva in ogni caso a non coinvolgere troppo altre persone nelle proprie storie. E, Jungkook lo sapeva, non era solo per carattere: anche se non lo aveva mai ammesso apertamente, Jimin temeva sempre che qualcosa andasse storto, perciò tendeva ad evitare che si verificassero situazioni spiacevoli.
«Aveva da fare».
«Sono sicuro che non glielo hai nemmeno chiesto».
Jimin sospira, tirandosi indietro un ciuffo di capelli che gli è scivolato sulla fronte. «Jungkook, lo sai, non mi piace portare ragazze qui».
«Hyung, noi non siamo i tuoi genitori».
«Lo so» sbotta Jimin, in risposta. Jungkook sente che è in difficoltà a parlare di quell’argomento, d’altronde ora tocca a lui spingere il suo hyung a superare, in qualche modo, le sue insicurezze.
Il più piccolo butta il riso in pentola e si asciuga le mani con un canovaccio.
«Jimin-ah, secondo me questa ragazza te la sei inventata» dice scimmiottando la voce di Taehyung e udendo poco dopo la risata sommessa dell’altro. In quel momento sente qualcuno aggrapparsi alla sua spalla sinistra, tirandola verso il basso, e due labbra calde scoccargli un bacio sulla guancia.
«Vi serve aiuto?»
Jieun si sporge un poco verso Jimin, cercando di capire cosa bolle in pentola.
«Ah, noona, non guardare» le dice lui, coprendole delicatamente gli occhi con una mano. «Jungkookie vuole che sia una sorpresa».
Lei fa qualche passo indietro, sempre più incuriosita. «Non è che state cercando di avvelenarmi?»
In quel momento si unisce alla combriccola anche Taehyung, che fa il suo ingresso spaventando Jieun con un pizzico sul fianco, al quale lei risponde prontamente tirandogli un buffetto sul collo.
«Ma che hanno quei due?» sussurra Jimin a denti stretti, stupito dal fatto che Jieun continui ad assecondare i dispetti di Taehyung.
Jungkook scuote la testa. «Jieun noona dice che Taehyung hyung le ricorda uno dei suoi cugini».
«Immagino abbia sei anni questo cugino» commenta Jimin.
«Dieci, credo».
«Siamo lì».
Si permettono di prendere ancora un po’ in giro Taehyung, fino a quando quest’ultimo non si accorge di essere effettivamente l’oggetto delle loro conversazioni, allorché Jungkook prende la saggia decisione di cambiare argomento.
«Chi ha vinto la partita?»
Non immaginando minimamente di aver appena toccato un punto dolente.
Jieun e Tehyung lo guardano ed entrambi esclamano «Io!», dopodiché Jungkook scorge chiaramente la mascella del suo hyung cadere a terra e l’espressione del volto tramutarsi in una smorfia indecifrabile. Jieun fa fatica a rimanere seria, ma non appena si accorge della reazione di Taehyung si affretta a scuotere la testa.
«Noona…» dice il diretto interessato, senza però riuscire a finire la frase.
«Stavo scherzando, ha vinto di nuovo Tae» ammette lei, facendogli l’occhiolino. Taehyung impiega un nanosecondo a tramutare la delusione in gioia. «Vorrà dire che dovrò venire più spesso a prendere lezioni dall’esperto» aggiunge poi, ammiccando verso Jungkook.
«Hai davvero vinto tu?» chiede il più piccolo in risposta, e Taehyung non fa molta fatica a sfoggiare uno dei suoi sorrisi più belli, indicandosi il petto con il pollice destro.
«Ti sembro uno che perde?»


 
 
◊◊◊



 
L’aria fresca della stagione invernale ormai alle porte solletica il volto di Jungkook, mantenendo i quattro sensi in costante allerta; la vista, infatti, gli è stata privata da una benda morbida che Jieun gli aveva legato tra le ciocche nere poco prima di trascinarlo via da casa sua, sotto gli occhi curiosi di Jimin e quelli divertiti di Taehyung.
Lo sta guidando tenendolo per un braccio e avvertendolo ogni tanto quando c’è un gradino o un pezzo di strada più irto del solito.
Jungkook non si è opposto perché ha visto la gioia negli occhi di Jieun quando lei gli ha comunicato di volerlo coinvolgere in quella pazza impresa, eppure non riuscire a comprendere cosa gli sta succedendo lo rende particolarmente nervoso.
«Noona, dove stiamo andando? Siamo arrivati?»
«Quasi » trilla lei, fermandosi poco dopo e invitando Jungkook a fare lo stesso.
Sempre tenendolo ben saldo, lo conduce all’interno di un locale che il ragazzo dovrebbe ormai conoscere meglio delle proprie tasche.
«Cosa senti, Jungkook?»
Il più piccolo si è accorto di essere appena entrato in un posto chiuso, ma non ha alcuna idea di dove Jieun possa averlo portato. La ragazza infatti aveva preso la macchina solo per un breve tratto, costringendolo poi a proseguire a piedi, facendogli perdere completamente il senso dell’orientamento.
Jungkook tenta di resistere all’impulso di togliersi quella stoffa che gli impedisce di inquadrare la situazione e si concentra, cercando di rispondere alla domanda di Jieun. L’essenza che il suo naso percepisce in quel momento somiglia molto a un profumo fresco, di quelli che si respirano a pieni polmoni e donano un’intensa sensazione di benessere; al contempo, le narici vengono solleticate da un odore acre e leggermente fruttato, che smorza appena la limpidezza della fragranza. Prende un altro respiro, perché l’odore gli piace parecchio, ma ciò non lo aiuta a identificare il luogo scelto da Jieun; è quasi sicuro di non aver mai sentito quel profumo da nessun altra parte, se non, verosimilmente, all’interno di qualche flaconcino che ha a casa e che conserva gelosamente per la sua collezione.
«Noona, dove siamo?»
Risponde con un’altra domanda e Jieun è decisa a non dargliela vinta. «Prima dimmi cosa senti» ribadisce, prendendogli le mani e facendogli fare qualche altro passo avanti.
Jungkook sospira, rassegnato. Quando Jieun si mette in testa una cosa, non c’è verso di farle cambiare idea.
«Limone».
«Giusto. Poi?».
«Muschio forse… non lo so».
«Aghi di pino».
«Limone e aghi di pino? Siamo in camera mia, noona?»
Jieun si lascia scappare una debole risata, poi si avvicina a Jungkook e lui inizia a percepire il suo respiro sul proprio collo.
«Risposta sbagliata».
Sente le mani di Jieun stringere di più le proprie e i muscoli delle esili braccia di lei far leva sui suoi; sobbalza appena quando si accorge che le labbra di Jieun stanno cercando le sue, giocando a lasciare piccoli baci sul mento e agli angoli della bocca. Impiega forse un secondo di troppo a catturarle, beandosi di quel contatto delicato, e il fatto di non poterla vedere mentre la sente così vicina lo disturba e lo stuzzica allo stesso tempo. Cerca il volto di lei carezzando con i palmi il suo corpo, finché le dita non vengono ostacolate dai folti e mossi capelli corvini, lasciati sciolti lungo le curve del seno. Non appena Jungkook ha finalmente raggiunto le guance di Jieun, lei inizia lentamente ad allontanare le proprie labbra da quelle di lui.
«Questo dovrebbe essermi d’aiuto?» domanda allora il più piccolo, e una fossetta si delinea sulla sua guancia sinistra, spia di un sorriso tenuto nascosto.
Jieun scuote la testa, anche se Jungkook non può ancora vederla. «Un incentivo a impegnarti di più».
Poco dopo lui non sente più il corpo di Jieun a contatto con il proprio, né le dita della ragazza intrecciate alle sue. «Noona aspetta – prorompe, di nuovo in difficoltà, allungando le braccia in avanti - perché non mi togli ancora la benda? Che vuoi fare?»
«Niente di tutto ciò che hai appena pensato, Jungkook» replica lei, con una nota di ironia nella voce.
«Cos-? N-non ho pensato a niente, noona! Sto solo cercando di capire…»
Jieun sorride all’insaputa di Jungkook – metterlo in imbarazzo la diverte forse più di quanto dovrebbe – e finalmente gli scioglie la benda, permettendo ai suoi occhi di abituarsi gradualmente alla luce. Lui strizza le palpebre, se le strofina un poco e poi prova ad aprirle: ogni cosa è circondata da un alone sfocato che presto svanisce lasciando il posto ai contorni e ai colori. Jungkook riconosce le calde tinte delle pareti, gli scaffali, ogni singolo arredo: è il negozio di Jieun, tale a quale a come lo aveva lasciato una settimana prima. Ad eccezione del profumo.
«Perché lo hai cambiato?»
Jungkook, fin da piccolo, ha sempre interpretato e ricordato il mondo attorno a sé attraverso gli odori; da quello familiare della cucina speziata di sua madre o dello shampoo che usava da piccolo dopo le lezioni di taekwondo, passando per gli odori della natura, quelli buoni che raramente si potevano sentire in città, fino ad arrivare alle fragranze più intense e uniche.
Legni e fiori d’arancio era l’essenza che l’aveva catturato quella buia notte di metà inverno, legando il suo destino a quello di Jieun. Legni e fiori d’arancio era l’essenza preferita dal nonno di Jieun, quella che avevano scelto insieme prima dell’apertura del negozio, la stessa che permeava la casa dei nonni quando Jieun era ancora una bambina.
Lei non lascia che la potenza dei ricordi abbia la meglio sulle decisioni presenti; sorride dolcemente a Jungkook, mostrandogli che conserva ancora molte boccette, contenenti la fragranza fruttata, proprio sotto al bancone.
«Ti faceva sentire a casa».
Jungkook alza i palmi verso l’alto, alludendo al vecchio profumo che è ormai solo un lontano ricordo. «Me lo hai detto tu quando ci siamo conosciuti».
Jieun annuisce. «Era la verità. Con mio nonno in ospedale e miei genitori lontani da Busan, il negozio e i fiori d’arancio mi tenevano compagnia, a loro modo».
«Ma allora perché-»
«Perché adesso è con te che mi sento a casa».
La semplicità con la quale Jieun esterna quel pensiero lascia Jungkook a corto di parole. Lei è di nuovo vicina a lui e, intrecciando le loro dita, fa qualche passo indietro portandolo con sé, fin quando la sua schiena non arriva a toccare il legno chiaro e un po’ freddo del bancone.
«Come… come facevi a sapere che era la mia preferita?»
Jieun alza le spalle, abbassando un po’ il capo. «Non lo sapevo» ammette, abbozzando un sorriso. «L’ho sentita sulla tua maglia la prima volta che ti ho abbracciato e non l’ho più dimenticata».
«E come hai fatto ad averla?»
Jungkook non riesce ancora a capacitarsi del gesto di Jieun. Lei stavolta mette su uno sguardo da chi la sa lunga.
«Ho chiesto a Taehyung di procurarmi un campione» dice con cautela. «Ma non arrabbiarti con lui – aggiunge subito, notando le sopracciglia aggrottate del più piccolo – gli ho detto che me ne sarei presa tutta la responsabilità!».
«Voi due insieme siete pericolosi» commenta allora Jungkook, sospirando appena e accogliendo subito dopo Jieun tra le sue braccia. Si sente lusingato, forse anche spiazzato da quella decisione, che lo rende ormai protagonista assoluto dell’intera vita della ragazza. Non sa se veramente merita di occupare quel posto, dopotutto sente di aver fatto ancora così poco per lei, eppure anche solo il modo in cui Jieun ricambia la sua stretta e si accoccola sul suo petto, come se nulla, , potesse scalfirla, lo fa sentire la persona più importante del mondo. E Jungkook non ha nessuna intenzione di deluderla.
«Mio nonno è stato definitivamente dimesso dall’ospedale. Continuerà la terapia a casa» sussurra Jieun. infrangendo il silenzio dell’abbraccio, qualche minuto dopo.
«Davvero?! E me lo dici così?»
Jungkook scorge gli occhi di Jieun curvarsi all’insù, riflettendo la piega delle labbra. «Vuole conoscerti, Jungkookie».
«Che?!»
Jungkook si dimentica per un attimo le buone maniere e strabuzza gli occhi a quell’ultima notizia inaspettata. Jieun si lascia scappare un sospiro, accompagnato da un sorriso affettuoso e una breve carezza tra i capelli di lui.
«Chi è quel ragazzo che armonizza così bene nella tua canzone, Jieun? È il tuo fidanzato, Jieun?» dice sottovoce, in una buffa imitazione del timbro roco del nonno, pizzicando una guancia di Jungkook con fin troppa enfasi. Lui restituisce il dispetto mordendole leggermente il naso, camuffando un poco l’improvviso nervosismo che gli ha trasmesso l’idea di poter incontrare la famiglia di Jieun. Dopotutto lei considera suo nonno come un secondo padre, perciò Jungkook pensa che dovrà impegnarsi al massimo per fare buona impressione.
«Basterà che tu sia te stesso, Jungkook. Io amo ciò che sei... lo ameranno anche loro».
Jieun ormai conosce ogni suo dubbio più recondito, percepisce anche ciò che Jungkook a volte nega a sé stesso. L’empatia che la contraddistingue ha fatto sì che Jungkook potesse prendere coscienza di quei limiti che si era autoimposto, per poi cercare di superarli facendo leva sulle proprie forze. Jieun è in grado di trasmettergli determinazione e Jungkook pensa spesso che lei non sia solo la sua ragazza, ma un modello da seguire, una persona su cui poter sempre contare. L’indole indipendente e orgogliosa che possiede lo ha portato, nel tempo, a diventare autonomo e a trainare sulle proprie spalle anche i problemi di chi gli stava attorno. Jungkook ha imparato a cavarsela da solo, spendendo le proprie energie per le cose importanti, vivendo le sofferenze dei suoi cari come fossero le proprie, nascondendo le paure in un guscio protettivo, al quale solo lui aveva accesso. I suoi hyung sono stati i primi a scalfire quello scudo e Jieun ora è lì con loro, a tendergli la mano per portarlo con sé. Jungkook non ha più paura di cadere, perché sa che quando si rialzerà, avrà sempre qualcuno al suo fianco.

Gli basta ormai chiudere gli occhi ed espandere il diaframma per sentirlo scorrergli nelle vene, così reale e incredibilmente potente; lo ha catturato ancor prima che potesse respingerlo, ma adesso non ha più nessun dubbio o ripensamento.
Può davvero donare anima e corpo, se quello è l'amore.
 
 






















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Buonsalve a tutti! ^^
Siamo giunti all’epilogo di questa breve raccolta. Vi dirò la sincera verità, sono stata indecisa fino all’ultimo sulla resa del capitolo e credo di esserlo tutt’ora. Probabilmente è perché all’inizio avevo pensato ad un finale differente, più angst e meno “chiuso”, ma poi mi sono detta ehi, se scrivi una storia romantica con happy ending per una volta non muore nessuno (XD), e così è andata. Forse mi fa semplicemente strano dato che non è un genere a cui sono abituata, non saprei dire.  Spero che almeno a voi sia piaciuto e non vi abbia delusi! <3

Ringrazio tutti coloro che hanno letto la mia storia in silenzio, quelli che l’hanno inserita tra le preferite e le seguite, in particolare mando un abbraccio speciale a Blue Poison, bridgetvonblanche e _btsislife_ per aver recensito. *.*

Concludo sperando che la Big Hit esaudisca il desiderio del nostro caro Jungkook, facendo duettare con questa splendida ragazza. Dopotutto non chiedo molto: sono una shipper coi piedi per terra (più o meno XD).

Scherzi a parte, un GRAZIE enorme a tutti per aver vissuto assieme a me questa raccolta un po’ diversa dai miei soliti standard.

Alla prossima, spero! ^^


Vavi

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