Christmas Cocktail: storie per le feste

di Yellow Canadair
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guarda che belle le lucine difettate ***
Capitolo 2: *** Dichiarazioni spontanee ***
Capitolo 3: *** La tecnica segreta del bue e dell'asinello ***
Capitolo 4: *** Giudizio divino: El Thor ***
Capitolo 5: *** Tra due giorni è Natale, ci scommetto dal freddo che fa ***



Capitolo 1
*** Guarda che belle le lucine difettate ***


★Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Christmas Game – Puzzle Time”a cura di Fanwriter.it!

★Numero Parole: 1589

★Prompt/Traccia:  “Blackout”

 

 

Guarda che belle le lucine difettate

 

« Nami, Nami, Nami! Compriamo le lucine? È quasi Natale! Guarda come sono belle! »

La navigatrice aveva sospirato. Erano ormai due ore che lei e Rufy stavano camminando per le strade di quella città, in vicoli strettissimi pieni di gente che parlava, rideva, faceva battute e li invitava a comprare qualcosa. Erano stati letteralmente bombardati da suoni di canzoncine natalizie, da odori forti, da luci che sfavillavano da ogni direzione, e persone che camminavano in una grande marea di pance e gambe. Era un quartiere decisamente affollato, noto per l’artigianato natalizio e per le viuzze strette strette, con le case alte e i panni stesi ad asciugare da un lato all’altro dei balconi. Ogni passo era una sorpresa: alberi parlanti, statuine giganti, porticine al pianterreno che si aprivano su salotti, con tanto di inquilini che mangiavano e guardavano la televisione.

La calca era tale che nemmeno sembrava un’isola invernale: c’erano così tante persone che Nami si era tolta per disperazione il cappotto, cosa che comunque la agevolava quando doveva trattare sui prezzi.

Rufy era stato attratto dal cibo, che aveva assaggiato saltando di casa in casa dalle finestre aperte o di forno in forno, e oltretutto la specialità del luogo sembrava essere un particolare sugo con la carne dentro, proprio un piatto perfetto per Cappello di Paglia. Ma il Capitano amava anche le lucine, quelle a filo, da srotolare attorno all’albero di Natale. Gli piacevano da matti, specialmente quando le vedeva ancora tutte arrotolate: davano l’impressione di una grande pagnotta scintillante.

« Compriamo queste! » aveva indicato la scatolina da trentadue metri: giustamente, voleva decorarci la Sunny.

« Costano troppo. » l’aveva freddato la bella cartografa. Si era guardata attorno, nel negozio. « Compriamo quest’altre. La lunghezza è la stessa e costano la metà! »

« Ma sembra che qualcuno le abbia già aperte… » aveva ribattuto Rufy guardando la confezione: erano avvolte in un foglio di giornale tenuto insieme da un pezzo di scotch che non attaccava neanche più.

 

~

 

Nami infilò la spina delle lucine nella presa elettrica e ooooohhhh! la Thousand Sunny brillò sul mare, una miriade di lampadine che si arrampicavano sulle sartie risplendevano di blu, verde, rosso e oro.

Un secco BZZZZZ-POP, e sulla Sunny calò il buio più totale.

« Chi ha comprato le lucine nuove? » fece la voce di Usopp.

« Nami. » indicò Rufy nella tenebra, guardando verso le vele che erano ormai immerse nel buio come tutto il resto.

« Credo sia un sovraccarico al generatore. » riconobbe Franky. « Vado a ripararlo, voi staccate subito le lucine dalla presa. » accese i neon dei suoi capezzoli e sparì sottocoperta in direzione del quadro elettrico.

« Uffa, non possiamo decorare la Sunny per Natale » si dispiacque Rufy.

« Non ti disperare, Capitano » disse bonaria Nico Robin reggendo in mano un cero acceso nel portacandela d’ottone e proteggendo la fiammella con una mano. « Bastano un paio di candele, vero, Usopp? »

« Vado a prendere le scorte nel mio laboratorio! » scattò il cecchino avviandosi nel buio. Fece pochi passi e tornò indietro.

« Non è che qualcuno mi può accompagnare? » domandò con noncuranza. « Non perché ho paura del buio, ovviamente! Però i pacchi di candele sono pesanti, e… »

« Vengo io, vengo io! » squittì Chopper.

« E adesso andiamo a mangiare il pandoro! » gridò Rufy.

« Non nominarlo! » si arrabbiò Nami. « Sanji li ha messi tutti sotto chiave per colpa tua e non possiamo mangiarlo fino all’ora di merenda! Ingordo! »

« E poi non è il caso di distrarlo, ora che è il suo turno al timone. » disse Nico Robin. « Vado a portargli del caffè. »

« E io cosa faccio? » piagnucolò quello che almeno su carta era il Capitano.

« Albero. Presepe. Festoni. Tovaglia natalizia. » elencò Nami. « È tutto nell’armadietto sotto al cassero! appena Usopp porterà le candele, tu mi aiuterai a portare fuori tutto! »

« Non servono le candele… » una voce spettrale fece rizzare a Nami i peli sulla schiena. Brook aveva una voce splendida, ma a volte riusciva a farla risultare profondamente macabra!

I due ragazzi si girarono giusto in tempo per vedere l’anima perlescente del loro amico abbandonare le spoglie terrene e fluttuare a pochi centimetri d’altezza. La sua luce era fioca e azzurrognola, però riusciva a rischiarare la tenebra dell’alto mare in una notte senza luna come quella.

Rufy prese al volo il corpo di Brook e lo scheletro, ormai pura anima, disse: « E così posso vedere le mutandine anche al buio, yohoho! »

 

Nami avanzava nel corridoio della Sunny con Rufy al seguito e Brook come scorta, anche se lo scheletro risultava pesantemente contuso e non si azzardava più a chiedere di vedere indumenti intimi.

La ragazza si fermò davanti a un alto armadio di legno chiaro, prese dalla scollatura una piccola chiave e, aperto il lucchettino che le teneva chiuse, spalancò le ante.

Mise fra le braccia di Rufy le scatole man mano che le prendeva, elencando il loro contenuto. Poi, alla fine, ordinò: « Va’ in mensa, chiama Nico Robin e cominciate a sistemare gli addobbi delle prime due scatole. »

« Che state combinando? »

« Zoro? non eri in palestra? » osservò la navigatrice.

« Cercavo il cuocastro, ho fame. »

Nami intanto, illuminata da Brook, si stava caricando di altri scatoli traboccanti di festoni scintillanti.

« Seguimi, sto andando in cucina anche io. Prendi Mariah Carey, prima di venire. » dispose la ragazza.

« Chi?! » fece Zoro rimanendo impalato davanti all’armadio mezzo chiuso.

« Mariah Carey! Apri l’anta destra, è un po’ in alto, la senti subito! » disse Nami allontanandosi.

Zoro aprì le ante.

« Aaaaall I waaant for Christmaaas iiis… yoou- »

Zoro richiuse di scatto l’armadio che con sua sorpresa conteneva una formosa tizia che cantava.

 

~

 

« Nami » chiamò Roronoa.

« Dimmi » rispose la ragazza, che aiutata da Robin stava sistemando su ogni pomello della cucina un pupazzetto vestito da Babbo Natale mentre Rufy mangiava del torrone pescato chissà dove. Brook fluttuava calmo, insinuandosi sotto le gonne delle donne appena ne aveva l’occasione. Purtroppo per lui però faceva freddo, e le due avevano sì le minigonne, ma anche le calze spesse.

« Quando diavolo è salita a bordo, quella donna? »

« Ma chi? »

« ABBIAMO UN CLANDESTINO A BORDO? » urlò Usopp in preda al panico.

« Quella tizia nell’armadio! Maria qualcosa! » si arrabbiò lo spadaccino notando la calma dell’amica.

« Chi, Mariah Carey? Ma no, non è una clandestina. Fa parte delle decorazioni natalizie, è tutto a posto! La tiriamo fuori sotto Natale e a Gennaio se ne va per i fatti suoi, tranquillo. »

Franky arrivò in cucina sorseggiando Coca-Cola. « Super-problema. » annunciò. « Ci vorrà più del previsto. Si è fusa un po’ di roba. » disse.

« Risolvibile, vero? » si preoccupò Nami.

« Naturalmente, sorella! » la rassicurò il cyborg mangiando le scaglie di torrone volate via dalla postazione di Rufy. « Sono solo venuto a dirvi di non preoccuparvi, se la luce non torna subito. »

Sanji arrivò nella stanza. « Che ci fai qui? » fece Nami.

« Chopper mi ha dato il cambio al timone. » spiegò il cuoco togliendosi i guanti. « Così posso cucinare qualcosa di caldo per le mie dee! »

« Sìsì certo. » lo liquidò Nami, mentre Rufy al contrario si appiccicò alle gambe di Sanji per implorare una fettina di pandoro. « Come va la navigazione? Problemi? »

« Sì, il buio. Dalla poppa non si vede neanche la prua. Può salire Brook in coperta? È la cosa più luminosa che c’è, sarebbe utile anche in caso di scogli o secche… »

« Yohohoho, volo! » l’anima dello scheletro fluttuò fuori dalla porta chiusa della sala da pranzo e svoltò a destra, per salire sul ponte di poppa.

« Qui possiamo usare le candele. » disse Sanji accendendone un altro paio per supplire alla mancanza di Brook e posizionandole al centro della tavola, su un candelabro molto pesante fatto apposta per non rovesciarsi durante la navigazione.

 

~

 

« Ehi! Provate a riaccendere una luce! » sfidò Franky raggiungendo la ciurma sul ponte principale della nave, dove stavano sistemando i festoni tra le sartie in maniera, però, da non creare problemi con le manovre delle vele.

Una mano comparve accanto all’interruttore della luce in sala da pranzo, e degli occhi al di sopra.

« In cucina c’è. » fece rapporto Nico Robin. Vedeva chiaramente anche Mariah Carey appoggiata vicino all’albero di Natale.

« Anche in palestra tutto regolare. » riportò Zoro uscendo da lì.

« Anche in coffa, tutto regolare! » avvisò Usopp dall’alto.

« ACCENDIAMO LE LUCINE! » gridò festoso Rufy.

« FERMO! » venne placcato da cinque di loro, che gli tolsero di mano le lucine galeotte.

« Ma che Natale è, senza lucine? » si lamentò trascinandosi fuori dalla mischia. « Dovrebbe almeno… »

Nami guardò verso l’alto e mise un palmo verso l’alto.

Un fiocco di neve le si posò dolcemente sul guantino rosa.

« …nevicare? » suggerì al Capitano con un ghigno. « Giusto in tempo! »

Tutti misero il naso all’insù (anche chi -yohoho- il naso non ce l’aveva): dalle nuvole buie e grigie scendevano milioni di piccoli fiocchi bianchi.

Rufy sorrise, e tenendosi il cappello calcato in testa andò a stendersi sulla polena della Thousand Sunny. « Ora sì che sono cominciate le feste di Natale. » 

 

 

 

Dietro le quinte...

Ed eccomi qui! Anche io comincio a pubblicare per il contest indetto da Eneri_Mess che ringrazio infinitamente per l'impegno, per l'affetto, ma soprattutto per la pazienza <3 

Sono storie senza pretese, autoconclusive, che saltano da una ciurma all'altra, ma spero siano comunque che vi risultino curate e che i caratteri dei personaggi non sembrino stravolti. 

Questa storia è stata realizzata senza maltrattamenti su Mariah Carey. 

Grazie a tutti e buone feste,

Yellow Canadair

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Capitolo 2
*** Dichiarazioni spontanee ***


★Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Christmas Game – Puzzle Time”a cura di Fanwriter.it!

★Numero Parole: 1479

★Prompt/Traccia:  “A è rimasto chiuso in una stanza e comunica tramite la porta con B. BONUS se A parla senza sapere che B è dall’altra parte ad ascoltarlo”

 

Dichiarazioni spontanee

 

« Uhmf. » bofonchiò Magellan, il Direttore della prigione sottomarina di Impel Down, guardando con disappunto la maniglia della porta del suo ufficio.

Aveva notato quel dettaglio già prima di andare al bagno, e una volta uscito non potè che confermare i suoi sospetti.

« Ehi, Domino. » chiamò al lumacofono.

Dica, capo.” rispose la subordinata dai piani superiori.

« C’è un problema con la porta del mio ufficio, serve il fabbro. Chiamalo. »

Capo, è difficile che venga… è la Vigilia di Natale, ricorda?

Magellan mugugnò, un po’ per la delusione e un po’ perché sentiva di dover tornare al suo trono di ceramica.

…però se vuole possiamo far sistemare la porta da Saldeath, come un paio di anni fa!

« Si incastrò il forcone nella serratura e ci vollero tre giorni per risolvere il tutto! » disse in fretta il Direttore, alzandosi. « Chiama il fabbro, magari riesce a fare un salto subito. »

Domino ribatté: “Un salto, subito, a Impel Down? Lo sa che non si arriva qui così in fretta!

Ma Magellan era già corso verso il bagno e non l’ascoltava più.

 

~

 

« Caaaa-poooo! » la voce di Sady-chan lo chiamò con accenti perversi. « Uhmmmm che posizione… le dispiace se… »

« Sady, sei in servizio. » le ricordò Magellan, reo di essersi chinato per osservare meglio la serratura della porta del suo ufficio.

Si rizzò in piedi e si mise con i pugni sui fianchi, osservando Sady-chan che, oltre al consueto forcone, portava con sé un pacchetto scintillante nero e fucsia.

« Oh, si è rotta ancora? » osservò il capo delle guardie, riferendosi alla porta. « Viene quel fabbro muscoloso dell’ultima volta, vero? Viene adesso? Lo potrei far venire io… »

Magellan era molto soddisfatto della sua sottoposta, che lavorava sempre con dedizione e disciplina, ma aveva una passione smodata per certe pratiche sessuali che lui non riusciva a condividere; decise di glissare sugli evidenti doppi, tripli e quadrupli sensi che la donna faceva: « No, gli abbiamo lumacofonato e lui ha detto che a Natale non lavora. Vien- arriva il ventisei. »

Sady-chan sembrò delusa, ma si riprese subito ed esclamò: « Ero venuta a chiamarti per il Babbo Natale segreto! Domino e Saldeath ci stanno aspettando in mensa! »

« Certo. Vado un attimo in bagno, prendo il mio pacco e vi raggiungo. » dispose Magellan.

« Uhuhuh… il suo pacco… » si beò quella sfacciata di Sady-chan.

Lei si allontanò lungo il corridoio umido di pietra e lui sparì dentro il suo ufficio.

« Ah, Sady! » la richiamò il direttore affacciandosi all’uscio, mentre l’allegra secondina già stava trotterellando verso la mensa. « Lascio questa porta aperta e metto un fermaporta! Se si inceppa la serratura mentre è chiusa è un guaio, c’è anche l’archivio qui dentro. Di’ a tutti di non chiuderla, se passano per di qui mentre non ci sono! »

« Agli ordini! » si mise giocosamente sull’attenti Sady.

 

~

 

« Oh, bella. » disse Domino reggendo una scatolina di velluto che conteneva il suo regalo. « Una collanina! »

Sady-chan annuì soddisfatta e la corresse: « Un collare. Nella scatolina ci sono anche i pinzacapezzoli. Spero ti piaccia, è un modello molto versatile! »

Magellan tossì e pensò che tutto sommato gli era andata bene: a lui Saldeath aveva regalato un innocente libro sulla coltivazione dei limoni.

« Dov’è Hannyabal? » domandò il Direttore.

« Strano che ancora non ci sia… » osservò Saldeath.

Dieci minuti prima Hannyabal era corso a sedare un problema con i prigionieri al secondo livello e aveva detto: “Cominciate senza di me, torno subito… il tempo di diventare Dirett- ops, un lapsus!”

« Che abbia avuto problemi con i prigionieri? » si allarmò Domino scattando in piedi.

« Oh, una rivolta da sedare! » si leccò le dita Sady-Chan. « Voglio sentirli urlare… sarebbe un bel regalo di Natale… » pensò goduriosa a voce non tanto bassa.

« Siamo al terzo piano. » osservò con calma Magellan. « Se davvero ci fossero problemi, sentiremmo chiasso. »

« Bisognerà andarlo a cercare. » concluse Saldeath con rassegnazione.

 

~

 

Mezz’ora dopo Magellan, Saldeath, Domino e Sady-chan si ritrovarono davanti alla porta della mensa.

« Sesto e quinto livello: tutto regolare. » riportò Domino scattando sull’attenti.

« Quarto livello: niente da segnalare. » mormorò Saldeath togliendo alcuni brandelli umani dalle punte del suo forcone.

« Primo e secondo livello oltraggiosamente tranquilli. » s’indignò Sady-Chan.

« Terzo livello e bagni, vuoti. » completò il rapporto Magellan.

Il lumacofono di Domino, che portava sempre con sé, cominciò a pigolare.

« Pronto, qui è il Capocarceriere Domino. » tuonò lei, marziale.

Silenzio. Rumore di pagine sfogliate. Cassetti che si chiudevano.

« Pronto? » replicò Domino, ma nessuno rispondeva. Insospettiti, i suoi colleghi si avvicinarono al lumacofono.

All’improvviso si udì la voce di Hannyabal, distante come se si trovasse molto lontano dal ricevitore: “Maledetta porta. Stupida, maledettissima porta! Ah, ma quando diventerò Direttore, la farò spedire nel punto più infame di Impel Down!

Magellan sbarrò gli occhi.

E soprattutto” continuò la voce del Vice-Direttore “Farò disinfestare tutti i cessi!

Sady ridacchiò. « Credo si sia chiuso nel tuo ufficio! »

 

~

 

Hannyabal non sapeva che la serratura dell’ufficio di Magellan fosse rotta: aveva visto la porta gentilmente aperta, e da lontano la scrivania di legno scuro sembrava una dolcissima sirena che cantava solo per lui, e quella targhetta d’ottone con la scritta “Direttore di Impel Down - Magellan” era la più soave delle canzoni.

Non c’era nessuno in vista ed era entrato, chiudendosi la porta alle sue spalle.

Non voleva fare qualcosa di cattivo, voleva solo provare la poltrona, accarezzare il legno dell’archivio, sfiorare le chiavi appese alla bacheca con la punta delle dita, annusare lo stipo dei liquori destinato agli ospiti di riguardo, di solito alti ufficiali che venivano a discutere di importantissimi affari che coinvolgevano la prigione più grande del mondo.

La serratura, con quel colpo così deciso, dettato dal desiderio di sedersi alla poltrona più comoda della prigione, non aveva potuto fare altro che rompersi del tutto e incastrarsi, rendendo difficile, se non impossibile, aprire la porta.

Ma questo Hannyabal l’avrebbe scoperto dieci minuti dopo.

Quello che non aveva scoperto, però, era che dal lumacofono che aveva urtato per errore (mentre cercava di cancellare il nome di Magellan dalla targhetta) era partita una lumacofonata.

E il suo delirio di onnipotenza era ascoltato tra le risatine di Sady-chan, i sospiri pazienti di Saldeath, i borbottii di Domino e l’ira di Magellan, i quali stavano andando verso l’ufficio di quest’ultimo.

« Pronto… pronto, Hannyabal… guarda che ti sentiamo! » cercava di dire Sady al lumacofono, ma evidentemente il Vice-Direttore era lontano dalla bestiolina e non la sentiva.

Oh, essere il Direttore è veramente meraviglioso. Oh, che comoda questa poltrona… se quell’idiota di Magellan non si facesse venire la cagarella, potrebbe godersela molto di più! Ehi, aspetta… non è che è… sporca? Certo che il bagno interno è davvero grande… puah! Non ci entro neanche morto!

« Io lo ammazzo. » ruggì Magellan. « E lo retrocedo da Vice-Direttore a ospite di Impel Down! »

Il gruppo arrivò davanti all’ufficio chiuso e Magellan battè un pugno sulla porta.

 

~

 

Due colpi di mazza, una manciata di secondi, e la porta venne giù come un castello di sabbia. Adesso, però, oltre al fabbro sarebbe stato necessario chiamare i muratori perché Minotaurus aveva tirato a terra mezza parete.

« Bravo, Minotaurus. Sei stato veramente… eccezionale! » mugolò sorniona Sady-Chan graziando la belva infernale che aveva buttato giù la porta dell’ufficio di Magellan. « Andiamo al sesto livello a sentire un po’ di grida di dolore? Sì, vero? »

« Io-io ho visto la porta aperta, sono entrato per controllare che non ci fosse nessuno, e sono rimasto chiuso dentro. Tutto qui. » si giustificò Hannyabal uscendo dalla sua deliziosa reclusione.

« Hannyabal. » tuonò Magellan iroso e con la braccia conserte.

« Dovrebbe stare più attento al suo ufficio, Direttore. Io sì che saprei tenerlo in ordine e ben chiuso ai malintenzionati. »

« Io ero il tuo Babbo Natale segreto. Questo è il mio regalo per te. » porse ad Hannyabal un foglietto.

« “0235 - 984799”? E che diavolo sarebbe? »

« È il numero del fabbro. Visto che tu saresti così bravo a fare il Direttore, e che io mi faccio venire la… cagarella troppo spesso, puoi chiamarlo tu e pagarlo di tasca tua. A proposito… mentre eri chiuso lì dentro ho usato il bagno che di solito usi tu. Buon Natale, Hannyabal. »

 

 

 

 

Dietro le quinte...

Breve, spero indolore, e con una "ciurma" che non si vede troppo spesso! Spero vi sia piaciuta, anche se i personaggi non si vedono molto spesso! 

Ringrazio ancora Eneri_Mess e Fanwriter.it per la bellissima iniziativa! 

Spero che la storiella vi sia piaciuta, e che i caratteri vi siano sembrati abbastanza corrispondenti agli originali! Il finale forse non è dei migliori, ma spero non sia così malvagio! 
Grazie a tutti per aver letto, e grazie a chi ha messo la storia tra le seguite e soprattutto ai recensori! Grazie di cuore! 

A presto con la terza storia della raccolta!

Buone feste,

Yellow Canadair
 

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Capitolo 3
*** La tecnica segreta del bue e dell'asinello ***


★Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Christmas Game – Puzzle Time”a cura di Fanwriter.it!

★Numero Parole: 3494

★Prompt/Traccia:  “Sono certo che tu sia nella lista dei bambini cattivi!” “Tu a breve sarai in quella dell’ospedale”

 

 

 

La tecnica segreta del bue e dell’asinello

 

Le strade della città erano deserte, il freddo era pungente e il cielo minacciava neve, come se non ne avesse avuto abbastanza per tutto il resto dell’anno. Per l’isola invernale di Vexala non era una novità essere sotto un gelo polare, e gli abitanti ci erano abituati. Però quella era la settimana di Natale e, come ogni anno, la ghiacciata cittadina si preparava a un periodo da passare con la famiglia tra regali, tradizioni e lunghi sermoni dove si parlava di amore e pace.

Alcune tradizioni erano centenarie, come la processione delle ragazze il tredici dicembre: una lunga fila di giovinette vestite di virgineo bianco percorreva a piedi il centro città, per poi andare a pregare nella chiesa principale; era un evento molto atteso soprattutto dai bambini, perché le signorine distribuivano caramelle e dolcetti!

Oppure esisteva la “pace di Natale”, dichiarata ogni anno dal sindaco della città: in quel giorno era assolutamente vietato usare armi di qualsiasi genere.

Poi c’era l’usanza delle candele: ogni casa ne esibiva tre sul davanzale di una finestra, e venivano accese in sequenza le sere del 22, 23, e 24 per festeggiare il Natale. La notte della Vigilia tutti i lampioni venivano spenti e la città brillava di candele. Si spegnevano da sole, nella Santa Notte, quando lo stoppino si consumava.

Se una candela rimaneva accesa fino al mattino, il più piccolo della casa aveva il compito di spegnerla con un soffio: gli avrebbe portato fortuna o, come dicevano le nonne, “lo avrebbero protetto gli angeli”.

« A me sembra pericoloso » sbuffò Kaku la sera della Vigilia, accendendo la terza candela sul davanzale del salotto. « Basta una tenda che svolazza, e prende fuoco tutto quanto. »

« Pessimista » gli aveva detto Califa, che con fare pratico aveva provveduto a bloccare la tenda con un po’ di spago, perché gli infausti presagi del collega non si avverassero.

Il Cipher Pol n.9, ormai ex, si era stabilito momentaneamente nella città di Vexala, su un’isola invernale del Mare Settentrionale: il loro obiettivo, fissato soprattutto dal leader del gruppo Rob Lucci, era inseguire e fare a pezzi Spandam, reo di averli cacciati dal CP dopo aver addossato loro la colpa di un Buster Call.

Tuttavia gli agenti non erano immuni ai capricci del clima; ecco perché, visto che nella settimana natalizia un banco temporalesco li aveva bloccati nel Mare Settentrionale, si erano presi un appartamentino in affitto e lì avevano deciso di soggiornare per qualche giorno, nell’attesa di climi migliori per salpare.

Erano però in incognito, e non volevano dare troppo nell’occhio, quindi cercavano di comportarsi in maniera normale… o almeno non troppo strana.

« Però l’albero potevamo risparmiarcelo… » disse critico Rob Lucci in direzione di Fukuro che metteva su ogni pallina un fiocco dello stesso colore, e poi cambiava la loro disposizione tra i rami. « Conta quello che si vede da fuori, nessuno entra qui a vedere se e come rispettiamo le tradizioni dei locali. »

Ovviamente però si scagliava contro l’abete, mai contro il presepino che Hattori aveva allestito sul tavolino dell’ingresso, con tanto di lucine colorate e una Madonnina con un volto dolce che più dolce non si poteva, e che ogni tanto il colombino si fermava a fissare assorto.

Jabura però non si lasciò scappare l’occasione per una sana litigata.

« Paura di Babbo Natale? » ghignò. « Scommetto che tu sei nella lista dei bambini cattivi! »

Lucci si girò come una serpe: « Tu sarai in quella dei pazienti dell’ospedale a breve » minacciò.

« Almeno ricambierai il favore! » lo stuzzicò Jabura, che non mancava mai di ricordare al “rivale” che gli dovesse letteralmente la vita per quanto successo dopo Enies Lobby.

« Smettetela di litigare, finirete per allarmare i vicini. » Kaku tirò loro le redini.

Ovviamente nessuno in città si sarebbe scomposto più di tanto per due uomini che si accapigliavano, ma se Jabura e Lucci si fossero lasciati prendere la mano avrebbero raso al suolo il quartiere, ed era meglio evitare.

Blueno uscì dal bagno in accappatoio, accompagnato da una nuvola di vapore; si guardò un po’ attorno e poi disse tetro: « Avete lasciato spegnere la stufa? »

« È perché sei appena uscito dalla doccia, non fa così freddo. » rispose tranquillo Kaku continuando a leggere un libriccino seduto sul divano. « L’abbiamo tenuta accesa tutto il pomeriggio, la casa è calda. »

« È calda per te, che hai sempre la zip della felpa chiusa fin sul muso! » lo attaccò Jabura.

Kaku si arrabbiò ma non aveva voglia di raccogliere la provocazione. « Se hai tanto freddo, accendila tu! »

« Ci penso io. » chetò gli animi Blueno ciabattando nel salotto. Entrò in cucina, scostò la tendina del mobile dove tenevano le scorte di legna, e… « La legna è finita. »

Kaku sbuffò: « Bisogna andare nella legnaia. »

La “legnaia” era il luogo dove veniva ammassata la scorta di legna dell’appartamento, sul terrazzino.

Jabura protestò e imprecò, perché era quasi ora di cena e non aveva voglia di uscire di casa, ma alla fine mise il giaccone e salì a prendere una robusta scorta di legna. Cercò la chiave dal mazzo, aprì la porticina di metallo, si beccò una ventata di aria gelida in faccia e girò l’angolo dietro al quale si trovavano i ceppi.

Strinse i denti e la voce di Califa gli rimbombò nella memoria, una frase detta due giorni prima: « Devi chiamare il Signor Dolce: la legna sta finendo, bisogna ricomprarla. »

Califa organizzava tutto, però molti compiti erano divisi tra tutti quanti loro e… cazzo.

 

~

 

« Ti odio. » mormorò Kaku, con il cappotto addosso nel bel mezzo del soggiorno alle undici di sera della Vigilia di Natale, seduto sul divano.

« È colpa di Lucci. » rispose Jabura da sotto al passamontagna, seduto accanto a lui.

« È colpa tua e della tua testa vuota. » si difese Lucci avvolgendo con una sciarpa di lana grossa sia lui che Hattori, anche lui sul divano del soggiorno.

« Quando stavo per andare dal signor Dolce, tu mi hai distratto! »

« Quindi lo vedi che è colpa della tua idiozia? »

« YOOOYOI! » s’intromise con voce tonante Kumadori comparendo dalla porta della cucina « È un frangente drammatico, non aggiungete tragedia alla tragedia!! » esortò.

Sentirono il ca-clack della porta dell’ingresso e si voltarono tutti in quella direzione: Fukuro e Califa erano tornati.

« Tutti i negozi sono già chiusi; abbattere un albero attirerebbe troppo l’attenzione e in questo periodo dell’anno l’abbattimento è fortemente regolato dalle leggi locali. » elencò Califa avanzando verso i colleghi e scrollandosi la neve dai lunghi capelli biondi.

« Però io ho raccolto un po’ di rametti! Chapapa! » gioì Fukuro reggendo una piccola fascina.

« Meglio di niente. » osservò Blueno.

« YOYOI! E se osassimo, solo per questa Santa Notte, chiedere del legname in prestito dai vicini? »

« Fuori discussione » la risposta di Lucci raggelò Kumadori. « La nostra riservatezza ha la precedenza assoluta. »

« In realtà ti secca andare a chiedere il favore. » latrò Jabura.

« Per favore, non ricominciate. » li esortò Kaku.

 

~

 

Un’ora dopo, la fascina di Fukuro si era già esaurita.

Erano le due di notte, Babbo Natale era già in giro da un po’ ma probabilmente essere degli assassini relegava il CP9 alla lista dei bambini cattivi; Jabura in particolare, che si era pure dimenticato di ricomprare la legna per la stufa.

Fukuro si girava e si rigirava nel suo letto; indossava tre maglioni ed era avvolto in una trapunta pesante, ma la casa era gelida e non riusciva a prendere sonno. Stufo tremare di freddo in solitudine, bisbigliò: « Chapapa… c’è qualcuno sveglio? » il suo fiato disegnò nell’aria una nuvoletta.

« Io. » rispose dal buio Jabura accendendo la luce sul comodino (che in realtà era una sedia). « ‘Fanculo, sto schiattando di freddo! » i lunghi baffi gli erano diventati delle stalattiti.

« Yoyoi! Chi è causa del suo mal, pianga se stesso! » rispose la voce tonante (anche se un po’ roca per il sonno) di Kumadori.

Jabura lo squadrò e disse: « Non mi abituerò mai a vederti struccato. »

Kumadori era un bozzolo rosa: oltre a dormire sotto le coperte con due maglioni, si era anche avvolto nei suoi capelli per trattenere meglio il calore. Non riusciva a dormire con il naso coperto dai capelli, però, e quello era ghiacciato.

Jabura strinse i denti e pensò che sì, quell’idiota di Lucci poteva evitare di cercare la lite ogni minuto e che sì, Califa avrebbe potuto ricordargli di comprare la legna, però in fin dei conti la colpa della situazione era sua. Comunque, si guardò bene dal dirlo a voce alta.

Kumadori, resosi conto che in quella stanza non correva il rischio di svegliare nessuno, cominciò a lamentarsi a voce alta: « Giorni senza fine sono quelli vissuti nel freddo e nel vento! Ore lente e ghiacciate quelle della Santa Notte, e noi siamo in attesa del fuoco del Mezzogiorno per scaldare le nostre anime! Oh notte di miracoli… »

« Chapapa, posso venire nel tuo letto? » gli chiese all’improvviso Fukuro.

« Yoyoi! La mia povera mamma usava spesso scaldarci stringendoci a sé nelle notti invernali come questa… »

A Fukuro non servì altro, rimbalzò via dal suo giaciglio portandosi il cuscino e una coperta e raggiunse il collega.

« Chapapa, si sta più caldi insieme! » gridò contento.

« Invero però lo spazio comincia a scarseggiare! » notò Kumadori.

« Basta aggiungere un letto! Quello di Jabura è il più vicino! »

Kumadori e Fukuro guardarono speranzosi verso il collega.

Jabura sbottò: « Non pretenderete che mi presti a questa frociata?? »

« Oh Jabura, il tuo linguaggio è offensivo! Farò Seppuku per rimediare alla mancanza di rispetto! »

« Fermo, che sollevi le coperte e fai entrare il freddo! Chapapa! »

« Sono mortificato, la mia povera madre-

« BASTA! Arrivo! Purché vi chiudiate le fogne! »

 

~

 

Era un letto a tre piazze pieno di calore e di coperte.

Jabura sperava che nessuno lo venisse a sapere, ma visto che uno dei presenti era Fukuro non poteva sperarci. Almeno, però, doveva ammettere che finalmente aveva smesso di tremare, anche se la sua treccia era stata schiacciata due volte da Kumadori.

I tre agenti avevano unito i loro letti e messo in comune tutte le coperte; ora, finalmente, potevano dormire. Kumadori spense la luce con una ciocca di capelli.

Buio. Silenzio.

« Secondo voi gli altri come se la passano? » salì su la vocina di Fukuro.

« Staranno benissimo. » mugugnò Jabura, che era quasi riuscito a prendere sonno.

« Io rammento che Kaku soffriva molto il freddo, quando vivevamo tutti insieme a Enies Lobby. » osservò Kumadori.

Jabura già immaginava come sarebbe andata a finire.

 

~

 

Kaku non riusciva a dormire; era gelato e non serviva il fatto che indossasse quasi tutto il suo armadio: la casa era ghiacciata e l’aria che gli entrava nel naso era irrimediabilmente gelida.

Fukuro aprì con precauzione la porta della stanza dove dormivano Lucci, Kaku, Califa e Blueno. Immediatamente sentì un frullo d’ali: Hattori l’aveva sentito.

« Chapapa… siete svegli? »

Kaku si mosse leggermente e guardò verso la porta. « Che succede? » disse a bassa voce.

« Siamo venuti a vedere se avete freddo. » rispose Fukuro con naturalezza.

« Che precauzione inutile » si sentì nel buio Rob Lucci.

Blueno accese la lampadina appesa al soffitto, che rischiarò la stanza. Kaku e Califa si ripararono gli occhi con la mano.

« Neanche nell’altra stanza riuscite a dormire? » domandò Kaku sorvolando sul fatto che sì, anche loro stavano battendo i denti senza prendere sonno. Guardò allarmato la nuvola di vapore che gli uscì di bocca nel parlare.

« Prima no, però poi siamo andati tutti quanti nel letto di Kumadori e adesso c’è un bel caldo! Chapapa! Venite anche voi! »

Una voce stentata e sottile disse: « Che sfacciata… molestia sessuale. »

Fukuro chinò la testa. « Anche Jabura ha detto una cosa del genere, però almeno riusciamo a dormire. »

Kaku si avvicinò al letto della collega, che dormiva su una brandina alla distanza massima dai letti dei tre uomini. « Califa…? » aveva sentito una nota strana nella voce della donna.

Le sfiorò una spalla e saltò indietro per schivare un calcio.

« Stai morendo di freddo. »

« Non sono affari tuoi! » tremò lei.

« No, ma… almeno mettiti qualcosa di pesante addosso! »

Nel tirare il calcio, Califa si era scoperta le gambe, rivelando avere addosso unicamente un baby doll. Sensuale quanto freddo, soprattutto quando tutti gli altri dormivano con i maglioni addosso. Stava gelando ancora più di tutti quanti loro, per quella fissazione dei vestiti corti.

« È una cosa ridicola. » diceva Lucci a Fukuro riguardo l’idea di dormire tutti insieme.

« Chapapa, in realtà è molto logica. » ribattè il collega. « Lezioni di sopravvivenza in situazioni estreme, te le ricordi? La maestra diceva sempre che per scaldarsi bisogna stare vicini vicini! La chiamava “tecnica segreta del bue e dell’asinello”! »

« Non funziona sul serio. » avversò Lucci. Ma all’improvviso la sua felpa grigia si mosse, dalle parti dello stomaco. Il movimento salì verso l’alto finché il capino di Hattori (con tanto di papalina su misura) non fece capolino dal buco per il collo.

« Chapapa, anche Lucci stava usando la tecnica segreta del bue e dell’asinello con Hattori! Tutti nel letto di Kumadori!!! »

« Io vado. » Blueno si alzò dal letto e si diresse verso la porta.

« Chapapa, però puoi portare anche qualche coperta dal tuo letto e il cuscino? »

L’ex oste replicò: « Penso che bisognerà portare anche il materasso, con me siamo già in quattro. »

Si caricò tutto sulle spalle e andò nell’altra camera da letto.

Davanti all’esempio di Blueno, Kaku cedette. « Dai, vieni anche tu. » disse a Califa, che tremava di freddo grazie alla sua testa dura.

« Questa è molestia sessuale. »

« Non è vero! » si difese Kaku.

La donna si voltò a guardarlo in faccia. « Dormire con sei uomini è sconveniente. »

Kaku dovette ammettere che era un’usanza vista solo in certi film, però cercò ancora di convincerla: « Non vogliamo mancarti di rispetto. È solo per farti stare più calda. »

« Sfacciato. » e si girò verso il muro.

Rob Lucci avanzò verso di loro e lanciò dei suoi vestiti sopra a Califa. « Infilati questi e vieni di là. » ordinò.

Fukuro ballava una personale danza di vittoria.

 

~

 

« Io sto stretto. » si lamentò Jabura, con Fukuro accanto e Kumadori dall’altro lato.

« Io sto caldo! » si esaltò incredulo Kaku, tra Lucci, Fukuro e Blueno.

Era un accampamento: il letto di Kumadori non bastava, quindi avevano messo tutti i materassi a terra e vi si erano stesi su, ognuno aveva portato una o due coperte dal proprio letto e sopra gli agenti c’era un variopinto patchwork di trapunte, piumini, piumoni, plaid, persino cappotti. I ragazzi non dormivano ordinatamente uno accanto all’altro, ma dove avevano trovato spazio, quindi qualcuno si trovava sotto al naso pance, gomiti, ginocchia, senza sapere esattamente a chi appartenessero.

Forse con la storia della molestia sessuale Califa non ci era andata troppo lontana.

« Yoyoi! Ti domando perdono, Blueno! »

« …per cosa? »

« Muovendomi ti ho schiacciato una mano! »

« …chapapa, era la mia… per fortuna ho attivato il Tekkai! »

Jabura si girò nel buio. « Califa ancora non è arrivata? » disse strappandosi al sonno.

Kaku replicò: « Stava morendo di freddo, non sono riuscito a convincerla. »

Rob Lucci, senza una parola, si alzò e uscì dalla stanza con il fido Hattori sulla spalla.

Kaku, Jabura, Kumadori, Fukuro e Blueno rimasero ad aspettare.

Silenzio. Lo scricchiolio della porta della stanza di Califa che si apriva. La voce della donna. Altro silenzio. La voce di Lucci.

All’improvviso mobili rovesciati, stoviglie mandate in frantumi, colpi contro il muro.

Silenzio.

« L’ha fatta fuori… » sussurrò Jabura.

« Chapapa, lo stanno facendo » canticchiò Fukuro.

« Per favore… » muggì Blueno richiamando tutti all’ordine ben sapendo che entrambe le ipotesi non avevano né capo né coda.

All’uscio si affacciò Rob Lucci, che portava Califa su una spalla come un vitellino da latte; aveva addosso la felpa e i pantaloni che l’uomo le aveva dato prima ed era visibilmente seccata. Lucci, da parte sua, aveva il braccio sinistro lucidato a specchio.

« Ha i piedi pieni di geloni. » disse a mo’ di spiegazione l’agente, lasciando che la collega andasse a ficcarsi sotto le coperte vicino a Kaku. « E non riusciva ad arrivare qui. »

Tutti si chiesero per quale miracolo avesse ingaggiato battaglia se non riusciva nemmeno a camminare, ma rimasero domande inespresse davanti all’austerità di Rob Lucci.

Hattori si posò al posto vuoto tra Califa e Blueno e guardò verso il suo amico.

Lucci spense la luce e lo raggiunse.

« Chapapa, buonanotte! »

 

~

 

Kaku si svegliò abbracciato a un polpaccio. Non sapeva di chi fosse e non indagò. Si guardò attorno: il sole doveva essere sorto da un pezzo, contò le teste e vide che mancava solo quella di Blueno, il quale sicuramente era in cucina perché si sentiva odore di caffè.

Faceva ancora freddissimo. Il ragazzo si rificcò sotto le coperte, tenendo lontano il polpaccio che l’aveva scaldato nottetempo, di chiunque fosse. L’ispido pelo gli faceva escludere che si trattasse di una gamba di Califa, così come l’odore.

« Chapapa, è la mattina di Natale! » sussurrò eccitato Fukuro.

Kaku si sedette. « Beh, allora buon Natale. » bisbigliò per non svegliare gli altri.

« YOYOI! QUANDO NACQUE IL BAMBINO, A BETLEMME, ERA NOTTE E PAREVA MEZZOGIORNO! » recitò con passione Kumadori a voce altissima.

« COME CAZZO TI VIENE IN MENTE DI URLARE COSÌ??? » latrò Jabura emergendo da un cumulo di coperte.

« Che ci fai da questa parte del letto, cane? » sibilò a denti stretti Rob Lucci trovandosi il collega tra le ginocchia.

« Oh, ma buon Natale anche a te! » rispose l’altro.

Fukuro scese dal letto canticchiando: « È Natale, è Natale! »

« Dove corri? » si lamentò Jabura. « Tanto Babbo Natale a noi non li porta mica, i regali. »

« Buongiorno! » si affacciò Blueno alla porta della camera da letto. « Ho chiamato il signor Dolce: tra un’oretta passa a portarci la legna per la stufa. »

Tutti sorrisero, forse persino Lucci. Hattori fece un voletto e battè le aluccie come ad applaudire. Poi tornò ad annidarsi sotto la felpa del compagno.

« Ci sono i regali!!! » la voce di Fukuro raggiunse ogni angolo della casa.

« I regali? » si levò più d’una voce.

Gli agenti, dapprima scettici, arrivarono in salone avvolti nelle coperte come in dei mantelli e notarono, con sorpresa, che sotto all’albero preparato con amore da Fukuro nei giorni scorsi c’erano otto pacchettini scintillanti, uno per ognuno di loro.

Califa zoppicava sui geloni e si sedette subito su una sedia portatale da Jabura.

« È opera tua, vero? » le chiese Kaku.

« Negativo. » rispose efficiente Califa. « … e non riesco a capire da dove siano entrati. La porta è ancora chiusa dall’interno. »

« Le persiane erano tutte abbassate, quando mi sono svegliato. » completò Blueno.

« OH NOTTE SANTA! OH NOTTE DI MIRACOLI! »

« Piantala, Kumadori! Dev’essere stato qualcuno di noi, non cominciare con questi piagnistei! » lo rimproverò Jabura.

Fukuro tastava entusiasta il suo pacchettino, un cubo giallo decorato con un rametto di pino e il cartellino con il suo nome.

« Chi di voi è stato? » cominciava a preoccuparsi Califa, ma tutti scuotevano la testa.

« Il responsabile dev’essere ancora qui. » considerò allora Lucci, con gli occhi scintillanti di desiderio di sangue.

« Ho già controllato tutta la casa, siamo soli. » lo deluse Blueno.

« Chapapa, apro prima il mio! »

 

~

 

Kaku stringeva tra le mani un modellino di barca a vela piccolo come una mano. Non riusciva a spiegarselo.

Guardava i suoi compagni godersi il caldo della stufa e spintonarsi, mangiare, ridere, giocare a carte.

Trovandosi vicino al davanzale della finestra del salone, che era ancora chiusa, decise di aprirla e tirò su la persiana.

E gli comparvero davanti le tre candele che tutti gli abitanti di Vexala esibivano nei giorni di Natale; l’ultima era ridotta a un cerino, ma la fiammella era viva.

Hattori gli si posò accanto. Indossava un minuscolo cappellino da Babbo Natale.

Guardò il ragazzo, poi la fiammella, poi di nuovo Kaku.

« Sì, la conosco la storia. » sbuffò. « Sono io il più piccolo della casa. »

Colombino e agente guardarono la fiammella morente.

« Facciamo che non lo dici a nessuno, d’accordo? »

Hattori era bravo a mantenere i segreti.

E Kaku soffiò sulla candela.

 

 

 

 

 

Dietro le quinte...

Non ci posso credere di star finalmente pubblicando questa storia! Dell'intera raccolta è quella a cui tengo di più! L'ho riletta e corretta tante di quelle volte che potrei recitarla a memoria, quindi spero che il lettore non troverà errori o refusi. 

Adoro il CP9, spero di averlo reso in tutto il suo splendore anche se non sono personaggi che ormai si vedono molto in giro! 

Spero che l'atmosfera natalizia sia resa bene! In particolare alcune usanze citate nel racconto sono finlandesi, coma la processione delle ragazze a Santa Lucia e la "Pace di Natale", mentre la storia delle candele l'ho inventata io. Il nome della città, Vexala, è proprio quello di un paesino della Finlandia. 

Se vi è piaciuta, o se non vi è piaciuta, non esitate a farmelo sapere nelle recensioni! Dai, non passate oltre solo perché è il CP9! Meritano amore anche loro (tranne Jabura quando dimentica di comprare la legna, lui caricatelo pure di mazzate - scherzo, Jabura, lo sai che ti adoro e che mi sblocchi un sacco di scene ). Se vi piacciono, date uno sguardo anche a questa storia: "La banda dei fuggiaschi", sempre qui su EFP. *pubblicità (non) occulta*

Grazie per aver letto, continuate a seguire la raccolta! 

Buone feste,

Yellow Canadair

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Capitolo 4
*** Giudizio divino: El Thor ***


★Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Christmas Game – Puzzle Time” a cura di Fanwriter.it!

★Numero Parole: 150

★Prompt/Traccia: Angeli nella neve

 

Giudizio Divino

 

« Non mi interessa. » disse la mamma al figlioletto. « Non devi andargli vicino. »

« Ma mamma, tu non capisci. »

E quando mai.

« Quello è un angelo. » concluse convinto il pargolo.

La signora guardò da lontano la persona che attirava l’attenzione e la fantasia del suo bambino.

« No, gli angeli sono diversi. Andiamocene via. » e lo trascinò lontano.

« Ma ha le ali! Ed è luminoso! È come gli angioletti del presepe di nonno! E poi è ruzzolato nella neve fresca! »

L’angelo si girò. Guardò con aria di sufficienza la donna e il bambino. I suoi occhi annoiati avevano individuato qualcosa di estremamente fastidioso che lo stava seccando.

E che lo aveva pure visto cadere nella neve.

« Vero che sei un angelo? » gioì il bambino sfuggendo alla presa della madre.

L’aria si fece satura di elettricità.

« EL THOR »

 

 

Dietro le quinte...

Ops. Ho fritto una mamma e un bambino. Accidenti, capita. 

Una drabble e mezzo, 150 parole spero rapide e indolori! Vi è piaciuta? Ener si vede così poco in giro! Chissà se Oda ha intenzione di farlo tornare, quel bravo egocentrico! 

Arrivederci ai prossimi giorni e buone feste a tutti! 

Yellow Canadair

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Capitolo 5
*** Tra due giorni è Natale, ci scommetto dal freddo che fa ***


★Iniziativa: Questa storia partecipa al contest  “Christmas Play – Puzzle Time” a cura di Fanwriter.it!

★Numero Parole: 4704.

★Prompt/Traccia: A e B si preparano all’ultimo Natale insieme

 

 

 

Tra due giorni è Natale, ci scommetto dal freddo che fa

 

22 dicembre, Mare Settentrionale.

Smoker odiava la burocrazia.

Era lenta e non capiva mai le situazioni reali. Ogni volta che la sua nave veniva raggiunta da un gabbiano portalettere non era mai un buon segno, di solito erano ordini che lui non condivideva, o richiami disciplinari, o beghe da sbrigare che sarebbe stata Tashigi a dipanare con santa pazienza.

Ci aveva fatto il callo e, ogni volta che il gabbiano strideva per attirare l’attenzione dell’equipaggio e consegnare i suoi plichi, lo accoglieva sbuffando, sperando che non fossero guai così gravi da fargli perdere altro terreno su Cappello di Paglia.

Guardò uno dei suoi sottoposti raccogliere la posta a loro indirizzata e gli ordinò di portare le buste per lui nel suo ufficio. Aveva già individuato, tra la corrispondenza, la carta gialla dei comunicati ufficiali e la cosa non gli piaceva neanche un po’.

Mancava pochissimo al Natale, e il gabbiano trasportava chili e chili di…

« La letterina della mia bimba! » si commosse un tenentino tirando fuori da una busta un cartoncino pieno di porporina dorata, che sfarinò sul ponte.

« Guarda, la mia fidanzata mi ha mandato una nuova foto! Ehi » ciarlava il timoniere Pigalle. « Di’, ce l’hai tu una fidanzata così bella? » e mostrava a tutti la foto di una biondina vestita da renna in posa ammiccante.

« Un maglione!! » gridò sconsolato un sottufficiale dai capelli rossi tastando un pacco morbido dalla carta color oro « Perché a ogni Natale mia mamma mi manda sempre… un maglione?! »

Perché un maglione di lana grossa sferruzzato con amore dalla mamma è sempre il regalo perfetto. Sempre.

Due marinai sghignazzarono: « Di che colore? Dai, che completi la collezione! »

« Ma quale collezione?! » si disperò il sottufficiale « Sono dieci Natali che me li manda color melanzana! » poi si girò verso il Viceammiraglio: « Ne ha fatto uno anche per lei. » e gli allungò un pacco simile, ma più grande e con la carta verde bosco.

Smoker non si scompose: ne aveva altri due, uno per ogni Natale al G-5. « Ringraziala e ricambia gli auguri » recitò.

 

~

 

Smoker se l’era sentito fin dentro le ossa che quella carta intestata era foriera di guai, anche se non pensava fino a quel punto: Tashigi doveva essere trasferita a un altro reparto.

A lei veniva chiesto di partire. A lui, di lasciarla andare.

In termini molto meno poetici in realtà, ma non cambiavano le cose.

Che diavolo avevano in testa, ai piani alti? Ostacolarlo ancora? come se non sapessero perfettamente cosa comporta, per un ufficiale, riuscire a trovare un buon braccio destro in giovane età e addestrarlo! E non era neppure una questione marziale: prima di Tashigi, lui aveva scartato fior di Marine freschi di Accademia per il semplice motivo che non gli piacevano. Aveva sentito a pelle di non potersi fidare di loro nemmeno per una fumata insieme, figurarsi per condividere missioni al limite dell’umana sopravvivenza.

E dopo che lui aveva passato anni con la spadaccina, insegnandole il mestiere e la vita militare, gliela volevano togliere? Ma quando mai si era vista una cosa del genere? E poi dove avrebbe trovato un subordinato con la sua pazienza?

Il pensiero gli corse al vecchio Garp: aveva passato quarant’anni di carriera con Bogart, il suo secondo, e fino alla fine erano stati l’uno la spalla dell’altro. Si raccontavano storie epiche di Bogart, quando lui era una recluta, e il cameratismo tra i due era leggendario.

Sapeva che anche Tashigi, in quel momento, stava leggendo un plico simile, in cui la si informava delle decisioni dei superiori.

La chiamò all’interfono e la aspettò nella sua cabina-ufficio.

 

~

 

« No! » si stupì il sottotenente Rover. Era un uomo corpulento, con la forza di un bufalo e il cuore da lettore di fotoromanzi rosa.

« Invece sì » confermò Spinnet, un mozzo alto e dinoccolato, dai capelli biondi e radi, che veniva dalle acque gelide del Mare Settentrionale. « Ho letto la lettera! »

Sulla nave di Smoker c’era ben poco rispetto della gerarchia, a parte nei confronti del Viceammiraglio e di Tashigi, e in linea di massima tutti si parlavano a vicenda senza particolari fronzoli o appellativi ufficiali.

« Non ci crederò mai! » urlò Rover sollevando Spinnet e scaraventandolo lontano da sé.

Meno male che i due lavoravano nel G-5 e non ai rapporti diplomatici.

« Dovresti! » replicò Spinnet tranquillo mentre rotolava via. « Perché stavo pulendo la stanzetta della capitanuccia, e ho trovato questo foglio fatto a pallina nella spazzatura! »

« Ti credo solo se me lo mostri! » tuonò Rover.

« Sarei stato stupido a toglierlo dal cestino, non trovi? » spiegò. « Se ne sarebbe accorta. Invece l’ho imparato a memoria. » disse alzandosi da terra.

« E sentiamo questa bella poesia. » lo sfidò Rover prendendo Spinnet per il bavero e scuotendolo.

« Dunque. » si schiarì la voce Spinnet. « Visto il Decreto del Governo Mondiale del 24 maggio c.v. n. 472, in particolare l’art. 4 comma 8... »

« SALTA LE STRONZATE! Hai imparato a memoria anche questa roba?! »

« Va bene, taglio un po’ l’inizio. Vista la disposizione della Marina Militare sugli adempimenti in materia di procedure e di… » continuò Spinnet.

Rover lo minacciò ancora.

« …è fatto ordine che il Capitano di Vascello Tashigi, correntemente sottoposta al Viceammiraglio Smoker sul vascello sotto la di lui giurisdizione, divisione G-5, prenda servizio con il grado di Commodoro come segretario militare dell’Ammiraglio Kizaru a partire dal 26 dicembre c.v. »

« Non può essere vero… » protestò Rover incredulo.

« Non vuoi sapere quanto guadagnerà? » la mente di Spinnet aveva registrato ogni dettaglio.

« Chi se ne frega. » boccheggiò Rover sovrappensiero, senza lasciare il bavero del collega e tenendolo con i piedi penzoloni a qualche centimetro dal pavimento. « Ma non pensi a Smoky? Sarà furioso! »

« Io penso alla capitanuccia » si rattristò Spinnet. « Povera bambina. Alle dipendenze di quel maniaco. »

« “Maniaco”? »

Spinnet si stupì. « Ma come? Non conosci le voci che girano? » abbassò la voce con fare cospiratorio.

« Quali voci? » lo interrogò Rover, sbattendolo contro il muro per interrogarlo.

« Ma le voci su Borsalino… su Kizaru. »

« E che diavolo dicono queste voci? » s’infervorò Rover.

« Beh, ovviamente sono voci e non sempre le voci sono vere, giusto? Insomma, se si dovesse sapere… la diffamazione… Smoker potrebbe passare dei guai se si sapesse che queste voci vengono dal G-5. »

« DIMMI QUELLO CHE SAI, SPINNET! LA CAPITANUCCIA POTREBBE ESSERE IN PERICOLO! »

« Kizaru ha la fama di essere svogliato, incostante, indolente e crudele! E poi con quella faccia tutti dicono che fumi roba illegale e alcuni potrebbero giurare di averlo visto dare pacche sui posteriori delle signore! » gridò Spinnet tutto d’un fiato. « E adesso mettimi giù! »

« Santo cazzo. » boccheggiò Rover mollando all’improvviso Spinnet e facendolo schiantare al suolo. « Non possiamo permetterlo »

« Mica possiamo permetterlo o non permetterlo! È un ordine e la capitanuccia deve obbedire! Persino Smoker non ha voce in capitolo! »

 

~

 

La cabina personale del Viceammiraglio era pulita, ordinata e velata di tristezza e rabbia.

« Hai letto anche tu » ruppe il silenzio Smoker.

« Sì, signore. » confermò la spadaccina.

« Non è un semplice avanzamento di grado… è un ordine. »

Tashigi annuì. « Non ho intenzione di accettare, signore. » declamò con coraggio.

« Tashigi… »

« Con il suo permesso, signore, non credo che un incarico come quello di… segretario sia consono alla mia precedente carriera militare. E ho intenzione di rifiutare immediatamente la promozione. »

Smoker ne era compiaciuto, e aveva sperato in cuor suo che la ragazza giungesse a tale decisione da sola. Però non voleva che lei si mettesse contro i piani alti della Marina. Un conto è che lo facesse lui, ma lei non doveva scherzare con gli Ammiragli: era gente con poco senso dell’umorismo.

« Tashigi… » l’ammonì il superiore « Questo è ammutinamento. Non posso lasciartelo fare. ». La sua testa gli diceva da una parte di disobbedire, come faceva sempre quando gli arrivavano ordini che cozzavano con la sua idea di giustizia, dall’altro… non era un ordine diretto a lui. Era diretto a Tashigi. Quindi non sarebbe stato lui a disobbedire, ma la ragazza, e le conseguenze sarebbero ricadute su di lei.

« Ma signore, io… »

« Prepara le scartoffie. » la fermò Smoker« Verranno a prenderti tra due giorni. »

« …ma tra due giorni è Natale… » mormorò la ragazza.

 

 

23 dicembre, sempre Mare Settentrionale

 

Aveva ricominciato a nevicare e il mare era spazzato dal maestrale, le onde biancheggiavano alla luce dei fanali della nave e stare all’esterno voleva dire combattere contro i fiocchi bianchi e contro il rollio onnipresente. Per fortuna era solo un po’ di mare alto, non una vera e propria bufera. I marinai sul ponte non riuscivano nemmeno ad aprire la bocca per cantare senza inghiottire la neve, e tutti sbrigavano le proprie faccende il prima possibile per correre a rintanarsi sottocoperta.

« Può stare? Fa così tanta atmosfera! » pregò un ragazzo verso Smoker. Aveva allestito, in un angolino della mensa, un albero di Natale: era un piccolo alberello preso chissà dove, che non era certamente un abete e arrivava sì e no al metro e venti, ma aveva le lucine colorate che si arrampicavano sul suo tronco nudo, tante palline di plastica rossa e oro appese, e un puntale ritagliato da una scatola di pasta gialla. Quando la mensa sarebbe stata semibuia, la sera dopo cena, tutti si sarebbero voltati a guardare l’umile alberello scintillante di luci. 

Smoker sospirò grave. Aveva altro a cui pensare, e poi onestamente non se la sentiva di privare quegli animali dei suoi sottoposti di un albero di Natale, per quanto spelacchiato e impresentabile. « Assicuralo al muro. Non deve cadere. » graziò la recluta.

Tra due giorni sarebbe stato Natale. Qualcuno organizzava giri di tombola dove in palio, visto che scommettere soldi era vietatissimo, ci sarebbero state figurine di donne nude, altri andavano in giro con delle corna di renna in testa, altri lasciavano appese, qua e là, ghirlande scintillanti. Smoker non ci trovava niente di male e lasciava fare, purché a nessuno venisse in mante di mettere delle corna di renna pure a lui. Ci pensava poi Tashigi a sgridare chi disertava un turno per fare il cretino col cappellino di Babbo Natale in testa.

Tashigi.

Smoker se la ricordava bene, Tashigi, quando era stata portata davanti a lui e gli era stata presentata come sua nuova diretta sottoposta. Una sorta di smacco personale, un modo infame e vigliacco per sabotarlo, secondo i mittenti: una ragazzina piccola, esile, mezza cieca e sbadata. Ai piani alti doveva essere sembrata una barzelletta, una palla al piede per quel cane sciolto di Smoker.

Lui invece l’aveva vista come una sfida, e aveva allenato quella sbarbatella fino a farne una Marine con i controfiocchi; e lei ci aveva messo il suo, impegnandosi notte e giorno con una tenacia da ammirare. Il Cacciatore Bianco ne era orgoglioso e se la teneva accanto gelosamente, anche perché aveva una pazienza e una gentilezza rare, e forse era l’unico motivo per cui su quella nave i sottoposti preservavano una vaga parvenza di civiltà e non organizzavano il torneo a chi pisciava più lontano.

Mandarla da quello svampito di Kizaru? Si sarebbe persa, quell’idiota avrebbe mandato all’Inferno tutti gli sforzi di Tashigi per diventare la Marine che era.

« Quartier generale? Con chi parlo? » la voce di Smoker oltrepassava le pareti della sala radio con facilità, e attirava mezzo equipaggio all’ascolto: la notizia dell’imminente trasferimento di Tashigi era ormai di dominio pubblico, e la cosa che più premeva sapere a quelle comari travestite da militari era la reazione di Smoker e se davvero lui avrebbe combattuto fino all’ultimo per difendere la loro capitanuccia.

Una calca di sottoposti era accalcata contro la porta chiusa della saletta e origliava con attenzione la telefonata occupando ogni centimetro di porta e la relativa zona di corridoio.

« Finalmente. » tuonò il Viceammiraglio « Ce ne hai messo per muovere il culo. »

Rover attraversò a fatica il corridoio perché il pubblico della telefonata tra Smoker e i piani alti stava aumentando. « Ma siete pazzi? Se vi trova qui vi spedisce tutti nelle sentine! »

« Ma quali sentine! » gli rispose un mozzo. « Sta per perdere Tashigi, gliene frega un cavolo di cosa facciamo noi! »

« E zitto, che non sento. » lo redarguì un altro militare.

Calò il silenzio e la voce di Smoker riprese: « Non mi interessa, Brandnew. Passamelo. »

Tutti stavano col fiato sospeso.

« No, non ancora. » pausa. « Come sarebbe a dire, “lì che giorno è”? il 23 dicembre, infame! E non lo voglio passare a telefono con te. »

« Sta per esplodere… » mormorò un tenentino che conosceva il Viceammiraglio abbastanza bene.

« Certo, il Capitano ha accettato il trasferimento… » ancora una sosta « Come sarebbe…? »

« Eccolo, eccolo, ora esplode… »

« SONO IO CHE NON AUTORIZZO, IDIOTA! PASSAMI IMMEDIATAMENTE KIZARU! » un grido che fece quasi sbandare il veliero e che fece preoccupare tutti per quel povero lumacofono innocente.

 

~

 

« Lo sapevo che lui avrebbe fatto qualcosa! LO SAPEVO! » gioì vittorioso Rover.

« Ma comunque non gli è andata bene… » indovinò Spinnet, che al momento della telefonata si trovava di turno sulla coffa. « Anzi, Smoker rischia di venir rimosso dal G-5 »

« Non sia mai! » si spaventò Rover. « Però hai visto che lui non è rimasto con le mani in mano? Non ha autorizzato il trasferimento della capitanuccia. »

« Sta cercando di non metterla in pericolo con i piani alti. » ragionò il tenente. « Lei ha accettato la promozione, quindi ha obbedito agli ordini, lui invece si sta mettendo di traverso per farla restare. »

« Il Viceammiraglio è un vero uomo! » si commosse quasi Rover. « Io quasi li vedo già, i bambini di quei due… con i capelli neri neri come quelli della capitanuccia, e… »

« …e col sigaro al posto del biberon. Dacci un taglio, se ti sente Smoker ti butta fuori bordo. »

« Sono fatti l’uno per l’altra ma ANCORA NON LO SANNO. »

« Lei è ancora una bambina, lui un uomo serio, e tu stai delirando. »

 

24 dicembre, siamo ancora nel Mare Settentrionale

 

« Hanno telefonato dalla base. » disse Smoker verso Tashigi. « Vengono domani mattina. »

« Domani…? Pensavo… il 26. » un sussurro rassegnato.

Il Viceammiraglio le fece cenno di sedersi. « Li fai così gentili da farti un regalo? »

Tashigi era triste e la sua faccia era un libro aperto.

Bere caffè sul ponte di prua era uno degli appuntamenti quasi quotidiani dei due, un momento di pausa che si concedevano in tarda mattinata in cui di solito commentavano le notizie sul giornale o le ultime missioni concluse. Oppure semplicemente lui fumava beato al sole e lei sorseggiava il caffè guardando l’orizzonte. Fare una cosa simile con l’Ammiraglio Kizaru le sembrava impossibile, imbarazzante.

« “Un pirata resta sempre un pirata”, ricordi? E un Marine resta sempre un Marine. Sarà questione di abitudine, non ti troverai male. » cercò a modo suo di consolarla il superiore, cercando di non pensare alle voci malevoli che i soldati semplici mettevano in giro sul conto di Kizaru. Sono cazzate da reclute, pensò. Girano su tutti gli Ammiragli, e quelle su Kizaru non sono le peggiori.

Tashigi posò gli occhiali sul tavolino che c’era tra la sedia sua e quella di Smoker, e si strofinò gli occhi. Era l’ultimo caffè insieme, alla Vigilia del peggior Natale della sua vita.

Le valigie erano chiuse, la sua cabina svuotata, ogni volta che un sottoposto la incrociava per i corridoi poi le toccava consolarlo, e promettergli che avrebbe scritto tutte le settimane.

« Io… volevo ringraziarla… è stato un onore stare al suo comando, Signor Smoker. »

Silenzio.

« Dannazione. » Smoker si alzò, recuperò la giacca, il jitte, e piantò in asso la capitanuccia.

Attraversò la nave a passo di marcia, come se invece di oltrepassare le porte dovesse farci breccia, fino ad arrivare in sala radio.

« Fuori dai piedi. » intimò all’uomo di turno ai radiolumacofoni, che obbedì all’istante.

Smoker ribaltò tre cassetti, trovò un’agenda dalla copertina di tela verde, prese il primo lumacofono che gli capitò a tiro e compose un numero.

Una voce femminile trillò: « Qui nave ammiraglia del distaccamen- »

« Sono Smoker. Devo parlare con Momousagi. »

 

~

 

25 dicembre, Mar Tirreno.

No, non è vero. Mare Settentrionale.

 

Smoker fumava. Non per i sigari, non per il potere che la sorte gli aveva assegnato. Era proprio fumante di rabbia, lo sentivi quando gli passavi accanto. Gli uomini del G-5 si erano convinti che, solo sfiorandolo, sarebbe saltato in aria come una bomba, urlando e uccidendoli tutti.

E invece Smoker si stava trattenendo. Stava zitto, consumava i suoi sigari e pensava che quella tutto sembrava, fuorché l’alba di Natale.

Faceva freddo, il sole non sarebbe sorto ancora per un bel pezzo, eppure la notte era già rischiarata e le stelle erano scomparse.

« Neanche Momousagi c’è riuscita, vero, Signor Smoker? » domandò con cautela il decano dei sottoposti, il nostromo Nebbia, l’unico tra tanti che si era arrischiato ad avvicinare il Viceammiraglio perché tanto, pensava, Smoker non era il tipo da infierire su un vecchietto come lui, nemmeno se arrabbiato con tutto il Creato.

Smoker si voltò a guardare la testa canuta dell’uomo. « No. » disse infine, laconico.

Rimasero in silenzio a fissare il mare a Oriente, da dove probabilmente sarebbe venuta la nave a portare via la loro Tashigi.

« Ha richiamato ieri sera » raccontò Smoker, riferendosi al Viceammiraglio Momousagi. « E mi ha detto che non è riuscita convincerli. »

« Il Viceammiraglio Gion » tale era il vero nome di Momousagi « È una donna intelligente, e sa come giocare le sue carte. Sono sicuro che avrà tentato di tutto, con i suoi agganci e la sua parlantina. » la difese il vecchio Nebbia.

Smoker non replicò. Probabilmente era vero. Incrociò le braccia sul petto e pensò che quei maledetti bastardi vigliacchi dei piani alti avevano trovato l’unico vero modo per mettergli i bastoni fra le ruote. E a farne le spese, più ancora che lui, sarebbe stata quella povera ragazza. Non poteva nemmeno andare a spaccare la faccia a qualcuno, cosa che lo faceva veramente incazzare.

Nebbia si ritirò in coperta: il suo turno di guardia volgeva al termine.

I gabbiani volavano fra le vele, strillando e tuffandosi a prendere i pesci.

Smoker si voltò appena.

« Pensavo di averti detto che potevi dormire, almeno fino alle sette. » osservò.

« Sì, ma… ero sveglia da un po’. » ammise Tashigi dirigendosi verso un caporale che passava di lì.

« E hai lasciato gli occhiali sul comodino? Sono da questa parte! » la riprese; la spadaccina corresse il tiro e si avvicinò.

« Buongiorno signore… buon Natale. » esordì lei.

« Stai scherz- »

Si voltò e trovò un pacchettino tra le mani inguantate di Tashigi, che glielo porgeva.

« Gliel’avrei dato stasera, al Nutella Party con gli altri, ma… »

Ma non ci sarò, pensò probabilmente Tashigi mentre abbassava la testa.

Tanto ho fatto cancellare anche il Nutella Party, sembrò considerare Smoker.

Spinnet e Rover guardavano con il fiato sospeso abbarbicati su una sartia dell’albero maestro, con tanto di binocolo.

« Ora si baciano. Ora si devono per forza baciare. Dammi in binocolo » ragionava Rover strappando l’oggetto al collega.

 « Sei fissato. Guarda che il Viceammiraglio non lo farebbe mai, in servizio. »

« E allora lo disservizio. Lo dichiaro in borghese, può baciare la Capitanuccia. »

Spinnet roteò gli occhi e si concentrò sui due osservati assottigliando gli occhi.

Smoker però, deludendo Rover, non prese iniziative romantiche; svolse il pacchetto e ghignò: « Il jenga. »

« In versione da viaggio. » completò Taghigi. « Con la valigetta dove mettere i pezzi, numerati per non perderli. So che le piacciono i giochi di equilibrio… »

« È un bel pensiero. » riconobbe il Viceammiraglio, tenendo ancora fra le mani la scatolina di legno. Si avvicinò lievemente alla Capitanuccia, pensando che era il momento migliore per far invertire la rotta e non trovarsi sul luogo dell’appuntamento per consegnare la spadaccina.

« NAVE A BABORDO! QUINDICI GRADI A NORD-EST!!! »

Cazzo.

Tutti corsero ad affacciarsi, e Smoker si fece passare un binocolo. Spinnet, che chissà perché ne aveva giusto uno in mano, glielo porse.

« È la Marina. » annunciò.

« Prepararsi all’arrembaggio!!! » urlò un sottoposto « Rispediamoli ai mittenti! »

« SIAMO MARINA ANCHE NOI, IDIOTA! » lo sgridò il Viceammiraglio.

« Sono qui per Tashigi! » capì un tenente.

« No! Non gliela daremo, la nostra capitanuccia! »

« Imprigioniamola! » saltò su uno, e tutti gli altri gridarono entusiasti.

« CHIUDETE LE FOGNE! » s’inalberò Smoker. « Cosa credete di fare? Farvi sparare addosso? Farvi spedire a Impel Down? Il primo che si muove senza il mio ordine, passerà il Natale sotto la chiglia! »

« Neanche tu vuoi che portino via Tashigi! » saltò su una voce dalla folla.

Smoker cominciò a disperdere fumo.

« FINITELA! »

La voce della spadaccina chetò ogni protesta. Lei arrossì, sentendosi tanti occhi puntati addosso, ma disse: « Nessuno finirà in guardina per questa storia. » guardò Smoker. « Viceammiraglio. » disse. « La prego di far rispettare le procedure alla ciurma e di non interferire… con questo trasferimento… »

« …capitanuccia… » mormorarono gli uomini. Tashigi stava piangendo.

« Lo so… che sperano di danneggiare questo reparto e che vi ribelliate… però… dimostrategli che il G-5 può farcela. Che darà filo da torcere ai pirati anche senza di me… che… fermerete… Cappello di Paglia… » si rivolse al solo Smoker, anche se parlava a tutti. « E promettetemi che sarò la prima, a saperlo. »

Smoker la fissava torvo. Tashigi prese con grazia un fazzolettino sporco che le aveva porto una recluta e cercò di asciugarsi il moccio.

Poi, per la prima volta dopo molto tempo, il Viceammiraglio disse: « Agli ordini, capitano. »

 

~

 

« Buon Natale! Chiedo il permesso di salire a bordo! » recitò il Viceammiraglio Momousagi, graziando l’equipaggio della nave di Smoker con il suo sorriso e la sua grazia che fecero stragi di cuori già da quando aveva messo piede sulla passerella per raggiungere la nave del collega. Oltre all’uniforme, indossava un bel cerchietto rosso con le corna da renna e l’elastico che reggeva l’acconciatura era rosso bordato di pelo bianco.

« Permesso accordato, piantala. » le rispose brusco Smoker. Non aveva proprio voglia di giocare con la sua frizzante collega, anche se in fondo era contento che a venire a prendere Tashigi fosse qualcuno di cui aveva stima, piuttosto che qualche colletto bianco fissato con le formalità.

Momousagi attraversò la passerella traballante con grazia, fino ad afferrare la mano che il nostromo le porgeva e, con un saltello elegante, atterrò sul ponte della nave di Smoker.

Era una donna bellissima, in grado di rivaleggiare con l’Imperatrice Kuja; i capelli neri e lucenti erano acconciati con maestria, la vita snella era sottolineata dalla stretta cintura del piumino, le labbra seducenti erano truccate di fucsia e l’arco di Cupido netto sembrava cesellato dagli angeli.

« Chiudete la bocca, che entrano le mosche. » ridacchiò un vecchio tenente verso i mozzi rapiti da tanta bellezza.

Smoker la salutò stringendole la mano, senza dire molto.

« Oh, ma che musone che sei! Invece di ringraziarmi! » si offese la donna. Lo superò e andò verso il cuore della nave. « Ho una fame tremenda! C’è qualcosa di già pronto? »

« Tutto quello che desidera! » ci mancò poco che il cuoco e il cambusiere non le stendessero il tappeto rosso.

« Oh, ma basta un caffè! Marmellata ce n’è? La mattina di Natale ho sempre una gran fame! Auguri! Oh, grazie, auguri anche a lei! » passeggiava sulla nave rispondendo ai sottoposti che, visto che era una tipa alla mano, cominciavano ad avvicinarsi.

« Momo, se gli dai confidenza non ti si scolleranno più. » la avvisò Smoker arrivando dietro di lei e posandole una mano sulla spalla. « Se sei qui per uno scopo, fa’ in fretta. »

« Aspetta, aspetta! Mi stanno spiegando come funziona questa tombola senza soldi. » lo chetò Gion ascoltando con attenzione due marinai.

« …e quindi chi fa ambo, terno, eccetera, si prende il premio. »

« Che premio? Cibo? »

« No, signorina: ci sta Helberd che è bravo a disegnare, ha preparato queste figurine… sono queste i premi! »

E le mise in mano un delizioso mazzo di… donnine nude in ogni posizione, con ogni bardatura possibile, dai corsetti alle orecchie da gatto, ai frustini, agli abiti da pornosuora.

« Ma… » balbettò Momousagi. Poi rovesciò la testa all’indietro e scoppiò a ridere: « Ma questa è Hina! E questa è Rovy, del G-9, quella che gira sempre in bikini! Ma sono uguali!!! Complimenti al disegnatore! E questa… » rise ancora più forte. « Questa sono io! »

Era vestita da coniglietta di Playboy, in chiaro riferimento al suo soprannome, “Coniglio rosa”.

« Mi avete messa almeno come terno, vero? »

« No, signorina, voi siete la cinquina! »

« La tombola scommetto che è Tashigi allora! » rispose la donna.

« Nossignora! Se facciamo una cosa del genere alla capitanuccia… il Viceammiraglio ci ammazza tutti. » spiegarono abbassando la voce e facendo ridere ancora di più Momousagi.

« Ah, Tashigi, giusto. » si ricompose all’improvviso il Viceammiraglio Gion.

« È sul ponte. È pronta. » tuonò Smoker.

Momousagi sospirò e guardò il volto del collega. Sorrise stanca. « Cielo, che occhi che hai. Lasciarla andare ti uccide più delle spade dei pirati. »

Ma prima che Smoker potesse ribattere, la donna continuò: « Ho fatto bene a non dormire, questa notte, e stare attaccata al lumacofono. Va’ da lei, aiutala a riportare i bagagli nella sua stanza. » gli porse un foglio ufficiale, firmato e controfirmato.

Smoker lo prese in mano e scorse rapidamente le righe.

« Kizaru ritira la promozione e il trasferimento. » riassumeva Momousagi. « Dice che un talento come quello di Tashigi è sprecato, in questo reparto, ma alla fine ha ceduto. »

Smoker alzò lo sguardo dal foglio. « Ti devo un favore. »

Momousagi scoppiò a ridere. « Piangerai, quando passerò a riscuotere! Adesso muoviti, va’ a dirlo alla tua sottoposta, prima che salga sulla mia nave! »

 

~

 

Momousagi e il nostromo Nebbia si affacciarono alla porta che conduceva sul ponte, dove videro da lontano Smoker che raggiungeva Tashigi.

« Come ha fatto a convincere Kizaru? » le chiese l’uomo.

Momousagi lo guardò, pensando se rivelare o meno le sue carte. Poi disse: « Si ricorda i bambini di Punk Hazard, quelli che poi sono tornati alle loro famiglie? Due di loro erano i figli di gente piuttosto importante, per il Governo Mondiale. Li ho contattati, e ho detto che la Marina voleva separare per sempre quelli che, per i bambini, sono stati un po’ padre e madre durante il loro salvataggio… diciamo che ho un po’ infiocchettato questa cosa, e i genitori hanno immediatamente telefonato ai piani alti per far sì che Smoker e Tashigi rimanessero uniti. Tutto qui. » sorrise, mentre Nebbia sperava che non avesse letteralmente sputtanato il suo superiore con quella storia, vera o falsa che fosse.

« Lei ha operato un vero miracolo di Natale, Viceammiraglio Gion! » piangeva Rover, sopraggiunto dietro a Momousagi e Nebbia. « Guardi come sono carini!! » e si soffiò il naso con gran fragore.

Guardavano Smoker e Tashigi che se ne stavano in piedi, stretti stretti in un abbraccio geloso. Non ascoltavano i fischi dei marinai né i loro sospiri, e Gion, Rover e Nebbia si ritirarono sotto coperta perché aveva lentamente cominciato a fioccare.

 

 

 

 

 

Dietro le quinte...

Ciao! Grazie a tutti per aver letto fin qui! Stavolta niente morti ammazzati, solo tanto fluff e tanto Smoker. Spero che la storia vi sia piaciuta, e che il clima natalizio si sia sentito! Per scriverla e per capire come si passa il Natale su una nave militare ho visto un bellissimo video girato sulla nave Comandante Foscari della Marina Militare italiana (visibile qui)... è molto carino, e mi ha aiutata a scrivere dello scanzonato G-5 in aria di feste! 

Il Viceammiraglio Gion, detta Momousagi (coniglio rosa) è un personaggio semicanonico di One Piece... fu inventata dai fan, mi pare, ma Oda la "adottò", comparve in una SBS e ha fatto un'apparizione lampo anche nel film Gold. Era in lizza per diventare Ammiraglio dopo i due anni di timeskip, poi è stato scelto Fujitora. Mi dispiace tanto, ma spero che Oda decida di sfruttarla, prima o poi! 

Rover, Spinnet, Nebbia e tutti i sottoposti di Smoker invece sono originali. 

Il titolo del capitolo invece è un verso di una canzone di Francesco De Gregori, "Natale", e lo stesso verso viene ripreso da Tashigi durante uno dei colloqui con Smoker.

Grazie a tutti per aver letto, potete lasciare una recensione se volete, sarei davvero felice di sapere se la OS vi è piaciuta o se, più in generale, state leggendo con piacere questa raccolta natalizia!

BUON NATALE A TUTTI I LETTORI! 

Yellow Canadair

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