A Natale tutte le strade conducono a casa

di LysL
(/viewuser.php?uid=101833)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Casa ***
Capitolo 2: *** Promesse ***
Capitolo 3: *** Tutta colpa del jet-lag (forse) ***
Capitolo 4: *** Nanna ***
Capitolo 5: *** Troppo sakè ***
Capitolo 6: *** Nuovo ***
Capitolo 7: *** Hobbies ***
Capitolo 8: *** Legami ***
Capitolo 9: *** A distanza ***



Capitolo 1
*** Casa ***


Note iniziali:
Avendo cominciato a scrivere prima della fine dell’anime, ci saranno incongruenze con il finale canonico (Il What if? si riferisce a questo). In particolare, Yuuri ha vinto l’oro, Yurio l’argento, JJ il bronzo, Victor non ha ripreso a competere e lui e Yuuri vivono insieme ad Hasetsu.
Grazie mille per aver aperto la storia e buona lettura!!

 
 
Immagine di SpigaRose


Questa raccolta è dedicata a Zaira
perché ha sempre creduto in me
e mi ha sempre sostenuto
Grazie.
 
  
Casa

[Prompt: Tazza Calda]

 
Nonostante le proteste colorite che erano state opposte a quella decisione, né Yakov né Lilia avevano voluto sentir ragioni, e Yuri Plisetsky, subito dopo la serata di gala del Grand Prix, era stato mandato a casa senza tante cerimonie.
Non era pensabile che volesse ancora allenarsi, non dopo essersi guadagnato l’argento alla finale di quell’anno, ed entrambi i suoi coach la pensavano allo stesso modo; poco importava che per Yuri, l’essere stato umiliato per l’ennesima volta dal cotoletto, piazzatosi al primo posto, fosse motivo di grande rabbia e vergogna, i due erano d’accordo sul fatto che avesse bisogno di riposo. Quella gara gli aveva risucchiato la maggior parte delle energie, e anche se aveva dato prova di possedere una certa resistenza, non era salutare sforzarsi in quel modo.
A Mosca, ad una settimana dalla fine del Grand Prix, si respirava già aria di festa. Non che Yuri se ne sentisse granché toccato: la delusione a seguito della sconfitta bruciava ancora, come quando da piccolo era scivolato di ginocchia sul ghiaccio, però doveva ammettere che l’atmosfera familiare e priva di stimoli competitivi lo rendeva meno incline ai suoi soliti scatti d’ira.
Guardò fuori dalla finestra, dove alcuni fiocchi di neve vorticavano. Dalla sua camera riusciva a vedere la strada su cui dava casa sua, piena di luci intermittenti e persone che camminavano come se lì fuori non ci fossero cinque gradi sotto zero, probabilmente già presi dall’atmosfera piena di lucine intermittenti e gioia, o alla ricerca di regali per parenti ed amici. Yuri sbuffò rumorosamente, abbastanza da far innervosire Noski, il quale, rizzando il pelo, scese dallo stomaco del suo padrone, sul quale era stato accoccolato fino a quel momento.
La prima reazione di Yuri fu quella di sporgersi fuori dalla sponda del letto per afferrarlo, ma il gatto fu più veloce, e con uno scatto si andò a sedere sulla sedia girevole della scrivania. Si fissarono per qualche secondo, occhi gialli e occhi verdi, poi Yuri decise bene di fare una linguaccia al proprio gatto e borbottare un poco convinto. «Fa’ come ti pare.»
Controllò il cellulare, sbiancando al numero di notifiche dei suoi social, e tutto per colpa di quelle schizzoidi delle sue fan, che l’avevano riempito di complimenti al limite del legale, auguri per le imminenti feste e stupide immagini. Non che le odiasse, era loro grato per il supporto che gli dimostravano, a modo loro, e poi diciamocelo, a quale quindicenne non piacerebbe essere adorato da orde di ragazze? Avrebbe solo voluto che fossero meno, come dire, pazze.
C’erano anche un paio di messaggi da Victor, ma li avrebbe ovviamente ignorati, altri da Yuuko e le gemelle e gli parve di leggere il nome Otabek Altin, in mezzo a tutti gli altri, ma anche solo l’idea di dover impiegare il suo tempo a dividere i messaggi importanti da quelli che non gli interessavano lo innervosiva e decise che l’avrebbe fatto più tardi. O mai.
Stava quasi per alzarsi a reclamare l’affetto del proprio animale domestico, che la voce un po’ rauca di suo nonno si fece sentire.
«Yuri! Sto preparando il tè!»
Il ragazzo si bloccò nel bel mezzo dell’azione, i gomiti piegati a sostenersi, e fissò Noski, che per tutta risposta, prese a leccarsi una zampa per poi passarsela sull’orecchio. «Bah.»
Si grattò il fianco, dove la felpa nera gli aveva lasciato la pelle scoperta, scotolandosi di dosso i peli bianchi che gli erano rimasti attaccati all’indumento, poi si diresse verso la cucina, ma lasciò la porta della stanza aperta, nel caso Noski decidesse di seguirlo.
Fu il fischio leggero dell’acqua che iniziava a bollire nella teiera a dargli il benvenuto, mentre suo nonno preparava l’infuso. A volte, quando era più piccolo, suo nonno preparava il tè nel samovar che teneva nell’armadio in camera da letto, ma ormai era troppo pesante perché potesse trasportarlo, e si era dovuto adeguare ad usare una teiera elettrica; il sapore del tè non era esattamente uguale, ma era buono lo stesso.
Yuri sorrise al nonno e prese dalle mani rugose la tazza colma di liquido scuro e caldo.
Il calore improvviso gli procurò un brivido lungo la schiena, e in un altro contesto si sarebbe dato del debole a causa di quella reazione, ma in quel momento non riusciva a curarsene più di tanto. Teneva le dita raffreddate contro la ceramica quasi scottante, respirando quell’odore familiare che sapeva di casa.
Si sentì rilassare, come se la tazza calda che stringeva le mani avesse sciolto tutti i problemi di cui sentiva il peso.
Yuri Plisetsky non era fatto per l’inerzia; non faceva proprio per lui star fermo, prendersi delle pause, no. Eppure, sorseggiando il tè caldo preparato da suo nonno mentre l’uomo lo squadrava con il suo sguardo duro, ma fiero ed affettuoso, Yuri pensò che stare seduto su quella sedia non era così male, e quando anche Noski decise di unirsi a loro, con la coda scura che ondeggiava e miagolando ai suoi piedi, alla ricerca di attenzioni, Yuri decise che forse avrebbe anche potuto rispondere a quei messaggi, una volta finito il tè.
Dopotutto era a casa, e se avesse finito per arrabbiarsi, ci avrebbero pensato il tè di suo nonno e le fusa di Noski a rilassarlo.

 

 

[869 parole]

 

 

Note della pseudo autrice:
Hola gente!
Per prima cosa, voglio ringraziare di cuore chiunque abbia letto fino a qui, vi voglio bene :)
È la prima volta che scrivo in questo fandom, e in generale la prima volta che scrivo dopo taaaanto tempo, quindi sono aperta a tutti i commenti che vorrete (si spera) lasciarmi, anche quelli critici (purché, vi prego, siano costruttivi, perché sono qui con l’intento principale di migliorarmi, e gli insulti scoraggiano e basta).
Devo ringraziare Kubo-sensei per avermi fatto tornare la voglia di scrivere e la pagina facebook Fanwriter.it per avermi dato la possibilità di farlo, grazie a questo contest organizzato per il periodo Natalizio.
La citazione che dà il titolo alla storia è di Marjorie Holmes, e l'idea principale è quella di raccontare sprazzi delle “vacanze” di Yuri e di come lui, attraverso l’affetto di chi lo circonda, impari che casa non è solo un luogo, ma possono essere più posti, emozioni e persone. (Perché fondamentalmente gli voglio un bene dell’anima e voglio solo vederlo felice!)
Fun fact: Noski significa calzini in russo, perché il gatto di Yuri è bianco con le zampe scure, e io sono molto stupida.
Non so molto che dire, sono un tantino emozionata, ad essere sincera… Ho già pronte le prime quattro storie, che posterò spero al più presto possibile!
Grazie mille di nuovo, e buona continuazione delle festività!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Promesse ***



Immagine di SpigaRose

 
Promesse
 
[Prompt: Schiaccianoci]
 
Yuri se ne stava disteso a pancia in giù sul suo letto, gli occhi sollevati e posati sul televisore, mentre nella sua stanza cominciava a suonare la Suite no. 5 dello Schiaccianoci.
Gli occhi del ragazzo seguirono i movimenti aggraziati della ballerina, una ragazzina più piccola di lui, ma che ballava divinamente; niente a che vedere con la prima ballerina che avrebbe danzato a partire dalla seconda scena del primo atto, certo, ma molto brava per la sua giovane età.
Clara ballava stretta al suo schiaccianoci di legno, ignorando ch’egli fosse un principe.
Yuri era fermamente convinto che la sua passione verso il balletto fosse nata ancora prima di quella per il pattinaggio, e tutto grazie a suo nonno che, fregandosene altamente dell’opinione dei suoi genitori, l’aveva portato a vedere “Lo Schiaccianoci” del maestro russo Tchaikovsky.
Le trombe cominciarono a suonare quel loro ritmo incalzante, e Clara venne colta di sorpresa dal fratello, il quale la rincorse fino a che entrambi non uscirono di scena, per lasciare il posto agli adulti.
La scena del ballo tra gli adulti non era entusiasmante, e Yuri preferiva concentrarsi sulla musica in quel frangente, così afferrò il proprio telefono dal pavimento e ne accese lo schermo.
Come al solito, le notifiche dei suoi social ricoprivano per intero la schermata di blocco, ma quella volta indicavano anche dei messaggi sul suo numero personale. Aprì l’icona corrispondente, scoprendo dei messaggi da Yuuko (foto delle gemelle che sfoggiavano tre felpe con un leone, una tigre ed un leopardo), uno dei soliti meme di Mila ed infine un messaggio da Otabek.
Yuri alzò un angolo della bocca, in un mezzo sorriso; era ancora strano parlare con qualcuno che non fosse un suo prossimo familiare o quasi, abituato com’era a frequentare sempre le stesse persone. Era una sensazione nuova, ma non per questo spiacevole.
Avevano parlato già qualche giorno prima, e Yuri si era stupito di quanto gli venisse facile parlare con Otabek, gli argomenti non erano forzati, le parole fluivano come mai gli era accaduto prima e Otabek riusciva sempre a metterlo di buon umore, anche attraverso uno schermo.
Una volta gli aveva perfino chiesto un consiglio su una sequenza di passi che non riusciva ad eseguire bene, la nota vocale tradiva l’iniziale imbarazzo del maggiore, ma a Yuri era piaciuto sentire di nuovo la sua voce.
Aprì la chat; la didascalia in grigio diceva “Foto” e Yuri si scoprì particolarmente curioso di sapere cosa gli avesse mandato Otabek.
Le prime note della Suite no. 6 riempivano l’aria e davanti ai suoi occhi si aprì l’immagine di un paio di guanti neri, foderati da quello che sembrava pelo leopardato, Otabek li teneva con una mano.
Ho trovato il tuo regalo di Natale. Diceva la didascalia.
Yuri fissò la foto per qualche secondo, sorpreso, prima di accorgersi della frase che ci stava scritta sotto. Strinse le labbra, per impedirsi di sorridere di più e rispose velocemente al messaggio.
Noi non lo festeggiamo il Natale. Inviò, e non ci volle molto prima che Otabek rispondesse.
Allora li tengo per me.
Se Yuri non l’avesse conosciuto meglio, si sarebbe arrabbiato a quella risposta, ma ormai aveva capito che Otabek non era il tipo di persona da rimangiarsi un regalo, e interpretò quel messaggio come una semplice battuta.
No, li voglio, mi piacciono. Rispose, e gli piacevano davvero; sebbene non sapesse bene che farsene, poiché sembravano quasi gemelli di quelli da motociclista che portava l’altro, l’idea che Otabek avesse speso del tempo (e del denaro) per comprare qualcosa a lui non era fastidiosa come avrebbe pensato fino a qualche settimana prima.
Te li mando per posta. Gli aveva risposto Otabek, mentre Yuri, sentendo un cambiamento nella melodia della canzone alzò gli occhi in tempo per vedere l’arrivo dei topi. Non appena ritornò con lo sguardo sul telefono non riuscì più a contenere il sorriso che gli si aprì sul volto.
Non passarono che pochi secondi, però, che venne colpito dalla consapevolezza di non aver nulla per ricambiare il regalo di Otabek. Certo, era giustificato, perché non era usanza in Russia fare doni per Natale, e soprattutto perché non si sarebbe mai immaginato che Otabek avrebbe pensato di regalargli qualcosa, ma non risolveva il suo problema.
Il suo cellulare vibrò una seconda volta, mostrando l’icona di una nota vocale. Yuri aveva cominciato a capire che Otabek non amava i messaggi, infatti capitava spesso che gli rispondesse a voce.
Avviò la nota e si mise in ascolto, il telefono avvicinato all’orecchio, in modo che l’audio non venisse inghiottito dalle ultime note della Suite no. 6.
Prima che Otabek iniziasse a parlare, Yuri riconobbe il rumore del traffico, e si chiese cosa diavolo avesse in testa quel pazzo, se davvero stava guidando con il telefono in mano.
«Umh… comunque non sei costretto a regalarmi qualcosa anche tu. E il rumore viene dalla finestra, non sto guidando.»
Come in tutte le altre note vocali che gli aveva mandato, Otabek parlava piano, come se fosse a disagio, ma stavolta Yuri non riuscì a concentrarsi su quello, perché Otabek era riuscito a placare qualunque suo dubbio, in meno di dieci secondi. Ancora una volta aveva capito cosa gli passasse per la testa, e la cosa era così assurda da sembrare quasi spaventosa.
Yuri tenne premuto il pulsante per registrare. «Per me puoi anche guidare e parlare al telefono, basta che non ti rompi qualche arto, devi ancora battermi.» lasciò andare, mandando la nota vocale, poi aggiunse per messaggio. Se trovo qualcosa che potrebbe piacerti te la mando anche io per posta.
Sapeva che Otabek gli aveva appena detto che non era necessario, ma ormai Yuri aveva deciso.
Mmh. Fu l’eloquente risposta dell’altro, anche se Yuri non ebbe neanche il tempo di replicare, perché il telefono gli vibrò di nuovo tra le mani.
È Lo Schiaccianoci, di sottofondo? Chiedeva Otabek. Yuri non si aspettava un messaggio del genere, non si aspettava che l’altro notasse qualcosa del genere, considerato che la nota vocale non durava più di quattro secondi.
Alzò un sopracciglio, digitando un semplice Sì, Suite no. 7.
Non mi dice niente, non l’ho mai visto tutto. Mi irrita. La risposta non si fece aspettare.
Inizialmente, Yuri credette di aver capito male: non era possibile che Otabek non avesse mai visto l’intero spettacolo. Rilesse il messaggio, ma le parole erano lì, chiare e limpide. L’irritazione venne dopo.
Ti irrita? Scrisse, con tutta l’intenzione di far tornare un po’ di sale in zucca ad Altin, che a quanto pareva l’aveva lasciato tutto nel casco.
Non amo molto il balletto. Replicò il maggiore.
Ma se hai preso lezioni con me al campo di Yakov. Gli ricordò Yuri, sempre più confuso. Come faceva Otabek a non apprezzare Lo Schiaccianoci? O il balletto? Da pattinatore avrebbe dovuto conoscere almeno i passi di base, per non parlare di tutto l’allenamento per ammorbidire i legamenti.
Notò una nuova nota vocale, stavolta più lunga del solito. «Dopo il campo estivo non mai più ballato. Non ne sono mai stato capace e ho preferito concentrarmi sul pattinaggio. Non fa per me.»
L’imbarazzo era percepibile nella voce di Otabek, più bassa del normale, come se si vergognasse ad ammetterlo, come se si sentisse in difetto. E forse era proprio così, pensò Yuri, perché Otabek gli aveva confessato di averlo preso a modello, per tutto il tempo che avevano passato al campo. Tutto il risentimento scivolò in secondo piano, a quella realizzazione, ma non la determinazione, quella no. Aveva deciso che avrebbe fatto rinsavire Otabek, e ci sarebbe riuscito.
«Non piangerti addosso e vedi di riprendere a ballare o non te la caverai facilmente quando ci rivedremo, Altin.» Inviò.
Non aveva riflettuto molto sulle promesse nascoste in quella risposta e nemmeno gli interessavano, perché quando Otabek gli rispose con una risata smorzata, Yuri riuscì solo a pensare di aver raggiunto il suo scopo.
 
 
[1304 parole]
 
 
Note della pseudo autrice:
Salve di nuovo gente!
Come sempre, grazie per aver letto fino a qui, innanzitutto :)
Adesso mi lascerò andare in una serie di sproloqui su questa seconda one-shot (aka vi spiego un po’ a cosa pensavo mentre scrivevo, anche se probabilmente non interessa a nessuno lol):
Prima cosa importante: sono preoccupatissima per la caratterizzazione dei personaggi, non tanto Yuri (ma ovviamente se vi sembra OOC fatemelo notare), quando per Otabek. Voglio tanto bene anche a lui e mi ci rivedo molto, però non sono sicura di essere riuscita a renderlo bene come avrei voluto, quindi vi prego, se vi sembrano cose campate in aria, ditemelo senza troppi giri di parole.
Seconda cosa (un po’ meno importante, ma la preciso perché non si sa mai): in questa storia il rapporto tra Yuri e Otabek sarà di semplice amicizia, non per motivi particolari (ad esempio tutto il dibattito sulla pedofilia che non voglio nemmeno star qui ad esaminare, perché mi sembra profondamente offensivo verso le relazioni tra persone reali, inoltre sono la prima che shippa Otayuri con l’intera anima), ma perché mi piace l’idea di questi due che prima di vedersi come potenziali “interessi amorosi” si vedano come “amici”.
Teerzo: Ho detto che in Russia non si festeggia il Natale, e la cosa è in parte vera; i russi (come i kazaki) festeggiano il Natale secondo il calendario ortodosso, quindi il 7 gennaio, anche se in generale la festività più sentita è il Capodanno, i doni vengono infatti scambiati durante Capodanno e non a Natale.
Quarto (e giuro che la smetto): lo Schiaccianoci perché sì; perché io amo profondamente Tchaikovsky e lo Schiaccianoci, e perché volevo inserire il mio headcanon secondo il quale Beka, nonstante abbia rinunciato al balletto ormai da anni, decide di riprendere qualche lezione per poter ballare con Yuri *la sedano e la portano via*
Finalmente ho finito queste note che sono magari più lunghe della storia stessa :’)
Ringrazio di nuovo chiunque abbia letto e spero mi lascerete un commento (ribadisco, anche critico!), ne sarei felicissima!
Buon proseguimento!
LysL

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tutta colpa del jet-lag (forse) ***


Contest natalizio



Immagine di SpigaRose
 
Tutta colpa del jet-lag (forse)
 
[Prompt: “Sono certo che tu sia nella lista dei bimbi cattivi.” “Tu a breve sarai in quella dell’ospedale.”]
 
A due giorni dal compleanno di Victor Nikiforov, Yuri era stato ufficialmente invitato in Giappone. All’inizio era stato contattato dal diretto interessato che, vedendosi ignorato, aveva chiesto a Yuuko di invitare il ragazzo per il fine settimana natalizio.
Yuri, quando aveva accettato, era perfettamente consapevole che avrebbe comunque visto Victor e il suo stupido omonimo, ma non pensava che lo sarebbero venuti a prendere all’aeroporto.
La scena fu imbarazzante; Non come quella volta in cui si erano messi a urlargli incitazioni prima del suo Short Program, anche perché molto meno pubblica, ma abbastanza da procurargli un tic all’occhio (complice anche quello stupido soprannome che avevano deciso di dargli ormai mesi prima, e le nove ore di volo che aveva fatto).
Yuri fu inizialmente tentato dal voltar loro le spalle e fare un commento cattivo, ma la visione delle tre gemelle, con gli occhi brillanti e sorrisi identici (ed una di loro con cellulare sfoderato) fecero crollare tutti quei propositi. Yuri Plisetsky poteva anche essere maleducato o irrispettoso, ma non si sarebbe mai permesso di deludere quei tre visini accesi di gioia.
«Yurio!» Fu la voce di Yuuko a risvegliarlo da quel trance, e Yuri si ritrovò stretto tra le braccia della donna, come se questa volesse strappargli via tutto il fiato. Non fece neanche in tempo a ricambiare l’abbraccio che fu il turno per Axel, Lutz e Loop di stritolarlo. Si attaccarono ai suoi fianchi, tirandolo giù al loro livello.
«Yurio! Finalmente sei tornato.» disse una delle tre, in un’inglese molto maccheronico, ma comprensibile.
«Ci sei mancato tanto!» disse un’altra.
«Sta’ fermo così! La foto verrà perfetta!» aggiunse la terza.
Yuri non sarebbe mai riuscito a distinguerle, così si limitò a contraccambiare i loro sorrisi, dopotutto non erano loro il problema, anzi forse sarebbero state le uniche a rendere vivibili quei tre giorni e mezzo. Loro, Yuuko e la signora Katsuki, che era sempre stata gentile con lui.
«Ehi, voi tre, così lo soffocherete!»
A rompere quel momento di spontaneo affetto ci pensò Yuuri, l’inizio e la fine di tutti i suoi mali. A vederlo così non l’avrebbe detto nessuno, arrotolato com’era nel suo giaccone informe, con la mascherina bianca a coprirgli la metà inferiore del viso e gli occhiali a coprirgli la metà superiore, ma quel tipo non era solo riuscito a fregargli la coreografia dello Short Program, strappargli la medaglia d’oro da sotto il naso e umiliarlo come mai lo era stato nella sua vita, ma gli aveva anche negato per sempre la possibilità di avere Victor Nikiforov come coach.
Nemmeno a dirlo, anche se non avrebbero comunque avuto bisogno di una medaglia d’oro per ufficializzare una cosa già palese a tutti, il loro matrimonio (al quale, ovviamente, anche Yuri era stato invitato) si sarebbe tenuto ad aprile.
Yuri riservò uno sguardo di ghiaccio al suo omonimo giapponese, indirizzandogli un breve cenno del mento e uno sbuffo che voleva somigliare ad un saluto, saluto al quale l’altro rispose con un gran sorrisone. «Bentornato, Yurio!»
«Tsk.» Fu tutto ciò che Yuri riuscì a proferire, impegnato a mantenere quella facciata di fastidio generale verso le cose e il mondo. Non perché odiasse effettivamente tutto e tutti, anzi, Yuuri non era poi tanto male, in fondo… molto in fondo. Però restava il fatto che gli avesse fregato il primo posto e il coach.
Coach che se ne stava dietro il suo promesso sposo con un sorriso gemello sul volto e un cappellino rosso in testa. Yuri represse la battuta pungente su età e mancanza di barba, ma non fece neanche in tempo a formulare un qualsivoglia saluto (anche se sarebbe stato qualcosa del tipo “Ciao, idiota.”) che Victor gli posò entrambe le mani sulle spalle scuotendolo piano. «Yurio! Sono contento che tu ce l’abbia fatta!» Poi lo tirò verso di sé, abbracciandolo.
Yuri si bloccò, le dita chiuse a pugno che si rifiutavano di posarsi sulla schiena di Victor per ricambiare l’abbraccio, la bocca socchiusa, come se un urlo fosse rimasto incastrato nella sua gola, invece che uscirne. In effetti non durò tanto, ma appena Victor si staccò, Yuri mise un bel po’ di centimetri di distanza tra loro, imprecando in una lingua a metà tra il russo e l’inglese.
«Non sono certo venuto per te, vecchiaccio!» sputò. «E non toccarmi mai più, idiota!» sbraitò, incredulo.
Il sorriso di Victor si affievolì, senza però spegnersi del tutto e quando alla fine parlò, la sua voce suonò del tutto angelica, come se Yuri l’avesse solo riempito di complimenti e non di insulti.
«Di’ un po’, Yurio, come ti sei comportato quest’anno? Sono certo che tu sia nella lista dei bimbi cattivi.» cinguettò, con lo stesso tono che si usa per parlare ad un moccioso.
Yuri per poco non gli tirò un pugno lì ed in quel momento; come si permetteva quel damerino montato di parlargli in quel modo? Gli mostrò i denti, in un soffio rabbioso, prima di indirizzargli un dito medio. «E tu a breve sarai in quella dell’ospedale, stronzo!» si premurò di utilizzare il russo, in modo che nessuno capisse a parte Victor stesso. «E poi noi nemmeno la festeggiamo la loro stupida festa!»
Lo fissò in cagnesco per qualche secondo, prima che la voce di Yuuri, lo interrompesse, di nuovo. Il ragazzo usò quel suo inglese non del tutto libero dall’accento giapponese, cercando di riappacificare gli animi. «Su, su, sono sicuro che Yurio è solo nervoso per il viaggio, adesso torniamo a casa e lo lasciamo riposare.» posò una mano sul braccio di Victor.
Victor lanciò a Yuri un ultimo sguardo a metà tra il divertito e l’irato, prima di posare gli occhi sulla mano che gli stringeva il giaccone beige chiaro. «Hai ragione, sei ore di differenza e nove di volo non sono poche.» alzò il viso su Yuuri, e quello gli sillabò qualcosa che Yuri non colse, ma che sciolse l’espressione di Victor.
Yuri sbuffò di nuovo e si mosse per seguire Yuuko e le gemelle fuori da quell’aeroporto, sognando già un letto morbido e un cuscino comodo.
Stava per sorpassare la figura ancora voltata di Victor, quando la sua voce lo fece fermare. «Yuri?» aveva detto; non Yurio, Yuri.
La testa bionda del russo scattò in quella direzione, tutta la sua attenzione sul viso dell’ex-pattinatore. Victor alzò lo sguardo, regalandogli un sorriso molto diverso da quello precedente, luminoso e felice. «Sono davvero felice che tu sia qui.» disse, e stavolta la sua voce sembrò sincera. Yuri distolse lo sguardo, borbottando un confuso “grazie” prima di continuare per la sua strada.
Si perse lo sguardo fiero di Yuuri per Victor, ma non la strana sensazione accesasi nel proprio petto a quella frase, e si ritrovò a pensare che quel soggiorno in Giappone avrebbe potuto non essere un completo inferno e che Victor Nikiforov non era poi un completo stronzo, ma forse era solo colpa del jet-lag.
 
 
 
[1139 parole]
 
 
 

Note della pseudo autrice:

Ed ecco anche la terza storia di questa serie, a cui sono tanto legata perché ci sono anche Yuuko, le gemelle e i Victuuri, e ho adorato scrivere delle interazioni di Yuri con loro.
Grazie sempre per avere letto, come prima cosa :)
Per il resto, credo che la storia parli da sé, questa volta. Dopo la recente intervista a Kubo-sensei, in cui dice che i suoi piani per Yuri, in questa stagione, erano quelli di fargli capire che non c’è nulla di male nel voler bene a qualcuno, come non c’è nulla di male se qualcuno vuol bene a te, mi si è aperto un mondo sulla psicologia di Yuri, legato tra l’altro al tema di questa raccolta. E le prossime storie saranno incentrate su questo; non ne parlerò in modo esplicito, ma sempre attraverso il POV di Yuri, ma spero che l’idea vi piaccia quanto piace a me (ho un debole per queste cose, perdonatemi!).
Per chi volesse sapere cosa Yuuri ha detto a Victor, gli ha solo fatto notare che quello che ha usato non è il tono giusto per parlare a Yuri.
Un’altra precisazione necessaria è che adoro Yuuri Katsuki e Victor Nikiforov, e se capiterà di riferirmi a loro con insulti d’ora in avanti, lo farò solo perché cerco di interpretare i pensieri di Yuri, pace.
Also, nella prossima storia ci saranno interazioni tra Yuri e le gemelle, perché nella mia testa Yuri adora quelle tre pesti nella stessa misura in cui loro adorano lui.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che vorrete lasciarmi un commento, come sempre, anche critico!
 
E un grazie speciale a chi ha messo questa storia tra le seguite e le preferite, come anche a chi ha recensito (a cui risponderò presto, promesso!)
 
Buona continuazione!
LysL


Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nanna ***


Contest natalizio



Immagine di SpigaRose
 


Nanna
 
[Prompt: Cuscini]
 
La serata del ventiquattro era passata senza avvenimenti degni di essere menzionati, a parte la meravigliosa cena preparata da Yuuko, Yuri si sentiva sempre più stanco col passare delle ore. Non che fosse fisicamente stanco, dopotutto era lì solo da due giorni, e anche se aveva accompagnato le gemelle a pattinare insieme a Yuuko e aveva cucinato i pirozhki con la signora Katsuki, la sua non era una stanchezza fisica, quando piuttosto mentale. L’atmosfera rilassata di Hasetsu l’aveva fatto cadere in uno stato di torpore che non gli apparteneva, e non aiutava il fatto che avesse dovuto impedirsi di commentare in modo brusco i comportamenti smielati di Victor e Yuuri; si chiedeva se non si fossero già sposati in segreto e non fossero attualmente in luna di miele, perché non si spiegava in altro modo come quei due potessero sopportare di stare così vicini l’uno all’altro, ma aveva rinunciato a capire cosa Victor ci vedesse nel cotoletto ormai da molto tempo.
Sospirò piano, mentre sprofondava nei cuscini posti dietro la sua schiena, seduto a gambe incrociate sul pavimento di legno del salotto di casa Nishigori.
La verità era che anche Hasetsu cominciava a sembrargli molto una seconda casa, e a confermare quella sensazione c’erano le tre paia di mani che gli stavano accarezzando piano il cuoio capelluto, intrecciandogli i capelli, ormai arrivati alle spalle.
Di norma non amava che gli venissero toccati i capelli, ma le gemelle l’avevano pregato a mani giunte e i capi abbassati, con Yuuko accanto a loro che traduceva le loro parole, e Yuri aveva fatto finta di essere contrariato, per poi annuire ed accontentarle un’ennesima volta.
Era una bella sensazione, doveva ammetterlo; sapeva di famiglia, sebbene a volte risuonassero commenti in giapponese e più raramente in inglese (tra Victor e Yuuri, o se Yuuko e le gemelle volevano rivolgersi direttamente a lui).
Non sentiva nemmeno più la TV blaterare in giapponese, anche se non aveva neanche seguito qualunque cosa stessero vedendo, stordito com’era dal cibo, dal jet-lag (non ancora del tutto smaltito) e dalle gemelle che avevano deciso di cambiare acconciatura, con grande disappunto di una delle tre, la quale, stando alla traduzione di Yuuko, non aveva ancora finito la propria treccia.
Una manina paffuta gli si posò sulla fronte, spingendogli piano la testa all’indietro, in modo che anche la sua nuca poggiasse sul cuscino, e Yuri chiuse le palpebre spontaneamente, mentre dita gli spostavano i capelli dagli occhi. Lasciò andare un sospiro che fece ridacchiare le gemelle.
«Sei carino, Yurio-kun!» mormorò una di loro, prendendo una ciocca vicina al suo orecchio per unirla a quelle che teneva già sul palmo.
Un leggero rossore gli colorò le guance, non perché fosse imbarazzato dal complimento, dopotutto ne riceveva numerosi giornalmente, ma quel commento, detto come se fosse un dato di fatto, con il tono sincero che solo un bambino può avere, gli aveva mandato un fiotto di calore dritto al petto.
Aprì un occhio, per far mostrare che l’aveva sentita, senza però risponderle, e lei gongolò felice, dondolandosi sul posto.
Yuri era segretamente contento di essere trattato con tutta quella gentilezza; accolto come un membro della famiglia, entrambi i Nishigori e i Katsuki l’avevano subito fatto sentire parte di quell’atmosfera rilassata e piena d’affetto (forse anche troppo) che li caratterizzava, mettendolo in imbarazzo come dei veri parenti, ma sempre con buone intenzioni.
Qualche ora prima, durante lo spacchettamento dei regali, la signora Katsuki gli aveva addirittura regalato una sciarpa fatta a mano, e Yuuko una maglia con la stampa di un leone che occupava l’intera parte frontale, perché qualche settimana prima Yuri le aveva detto che la sua ormai gli veniva stretta. Aveva anche accettato il regalo di Victor e Yuuri (una felpa nera su misura con la scritta “Ice Tiger of Russia” stampata a lettere leopardate), decidendo che, almeno per quanto riguardava il vestiario, avessero buon gusto.
Ad un certo punto, quando era sul punto di crollare addormentato lì sul pavimento, Yuuko si alzò dal suo posto sul divano, accanto al marito, ed esordì con un commento in giapponese che Yuri non colse, ma al quale le gemelle reagirono con una serie di lamenti.
Solo dopo qualche secondo, quando Takeshi gli tradusse la conversazione, Yuri capì che la donna aveva detto loro di andare a letto, con relative proteste. Poi una delle tre puntò il dito ad indicarlo, ma Yuri, ovviamente, non comprese una parola, se non il suo soprannome “Yurio-kun”. Di nuovo, Takeshi si premurò di tradurgli.
«Perché Yurio-kun non deve andare a letto?» aveva detta quella che Yuri era abbastanza sicuro fosse Lutz.
«Perché Yurio-kun non ha sei anni.» era stata la risposta di Yuuko, e gli aveva indirizzato un sorriso come per dirgli “Sta tranquillo, non è colpa tua se sono ancora sveglie.”
«Ma non siamo stanche!» si lamentò Axel, riconoscibile dalla grossa “A” che figurava sulla maglia del suo pigiama. Per tutta risposta, Loop si lasciò sfuggire uno sbadiglio e si stropicciò gli occhi con i pugni chiusi, senza però mancare di dar man forte alla sorella. «No, infatti!»
Yuri considerò la situazione: le gemelle non ne volevano sapere di andare a letto, lui invece avrebbe davvero gradito potersi distendere su un materasso vero, inoltre poteva vantare un certo ascendente sulle tre piccole pesti.
Si esibì in uno sbadiglio ostentato (anche se neanche tanto), e incrociò lo sguardo di Yuuko, che alzò gli occhi al cielo e si godette la scena.
«Veramente io sto per andare a letto.» disse lui in inglese, in modo che le bambine capissero quanto bastava per convincerle.
Lutz lo guardò come se si sentisse tradita, e lo stesso fecero Loop e Axel, anche se quest’ultima gli strinse una spalla piagnucolando «Yurio-kuuun!»
Yuuko soppresse la risatina che le era salita alle labbra, e sollevò le sopracciglia indicando il corridoio dove si trovavano le camere da letto. «Tutti a nanna, su!»
Axel fu la prima ad alzarsi, e senza neanche dare la buonanotte, si diresse verso la stanza con il naso puntato per aria e sbuffando; le altre due, con lo sguardo sconsolato di chi sa bene che non ha altra alternativa, salutarono mogie Victor e Yuuri, ma mentre Loop seguì la sorella nel corridoio, Lutz si fermò, abbracciando il cuscino di fianco a Yuri, e guardandolo con quegli occhioni delusi che ebbero l’effetto di farlo sentire un po’ in colpa.
Yuri la fissò per qualche secondo, indeciso sul da farsi, poi si alzò in piedi con un sospiro rassegnato, caricandosi Lutz (ancora attaccata al suo cuscino) in braccio. «Sei viziata.» le disse, e lei scosse la testa, confusa. Probabilmente non aveva mai sentito quella parola. Yuuko ridacchiò, lasciandole un tenero bacio sulla fronte, mentre le ripeteva la frase in giapponese. Lutz sbuffò e nascose il viso nel cuscino.
Quando finalmente arrivarono nella camera delle gemelle, le altre due ebbero da ridire sul trattamento preferenziale che era stato riservato alla sorella e Yuri fu lasciato libero di andare anche lui a dormire solo quando Loop e Axel ebbero ottenuto la promessa di essere trasportate in braccio anche loro, la sera successiva. Yuri non riuscì nemmeno a sentirsene infastidito.
 
 
 
[1181 parole]
 
 
 
Note della pseudo autrice:
Ed ecco anche la quarta storia di questa raccolta!
Salve gente, e grazie per aver letto questo capitolo :)
Come per quello precedente, anche a questo sono molto legata, soprattutto perché ci sono le gemelle (le adoro tanto :3). Anche qui, credo che il tema della raccolta sia espresso in modo un po’ più esplicito, come nel primo capitolo, perché Yuri si permette di rilassarsi in un contesto che non è “Mosca, nonno, gatto” e mi è piaciuto un sacco scrivere questa cosa!
Inoltre, anche qui ho deciso di inserire un mio headcanon, ossia che sebbene Yuri abbia un buon rapporto con tutte e tre le gemelle, è più protettivo e affettuoso con una in particolare (Ho deciso Lutz, non so esattamente perché lol).
E niente, tutto qui, per stavolta non ci sono precisazioni, vi risparmio :’)
Grazie sempre a tutti coloro che hanno letto, con la speranza che vorrete lasciarmi un commento alla storia, e soprattutto a coloro che l’hanno messa tra le preferite/seguite, vi voglio bene!
LysL

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Troppo sakè ***


Contest natalizio



Immagine di SpigaRose

Troppo sakè
 
[Prompt: Qualcuno ha bevuto troppo e ora va in giro con addosso la testa di una renna impagliata e un cappellino di Natale a nascondere le vergogne]
 
Tutto sommato avrebbe dovuto aspettarselo, si disse Yuri. Perché certe cose non succedono nelle famiglie normali, perché Yuuri i suoi geni doveva averli presi da qualcuno, perché una persona non si sveglia la mattina con l’intento di fare una pole dance quasi nudo e innaffiando tutti di champagne. Avrebbe dovuto capirlo non appena viste le bottiglie di sakè in tavola.
Quindi, Yuri avrebbe dovuto aspettarselo, ma ciò non gli impedì di rimanere del tutto scioccato quando, nella tarda serata (e per fortuna le gemelle se n’erano andate prima con Takeshi), il signor Katsuki aveva ben deciso di staccare la testa della renna che adornava il giardino della casa e piazzarsela addosso, indossando solo la propria camicia. Era uno spettacolo disgustoso, per parafrasare, e Yuri stava cercando di dimenticare il momento in cui quel tipo, le guance rosse e la voce tanto strascicata da non sembrare più nemmeno una umana, aveva rubato il cappello rosso che Victor indossava all’aeroporto e se l’era legato sui fianchi con un laccio, così che gli coprisse le vergogne; sembrava uno strano lottatore di sumo, pensò Yuri, tra un insulto mentale e l’altro.
E dire che la serata era iniziata bene! Qualche ora dopo pranzo e una quantità esagerata di smancerie più tardi, Victor e Yuuri avevano finalmente lasciato la casa per dedicarsi alla loro serata di coppia, e tutti i rimanenti si erano spostati in salotto, a parlare, guardare la tv e, nel caso delle gemelle, giocare a qualche gioco di società. E poi la signora Katsuki aveva deciso che era davvero il caso di finire il sakè rimasto dal pranzo.
Yuri si ricordava di aver cercato lo sguardo di Yuuko, ma l’aveva trovata distesa sul pavimento insieme alle figlie ad urlare su chissà cosa al telefono, poi Takeshi aveva esordito con un “E’ il caso di tornare!”, probabilmente consapevole di cosa sarebbe successo di lì a qualche minuto, ma Yuuko non ne aveva voluto sapere, perché voleva aspettare Yuuri e Victor, insistendo che sarebbe tornata a casa a piedi, più tardi. Anche le gemelle avevano protestato, ma non c’era stato verso di convincere Takeshi a rivedere la sua decisione. Dopo quella discussione, Yuri non aveva potuto far altro che promettere a Takeshi che avrebbe accompagnato lui Yuuko, motivo per cui sedeva scomposto su di una sedia, il mento poggiato sul pugno, mentre cercava di non scappare via da quella stanza e chiudersi in bagno a vomitare.
A niente erano serviti i sorrisi della signora Katsuki, né il tono più duro di Mari, né i metodi di persuasione di Yuuko, che con dolcezza (probabilmente anche per esperienza), aveva aiutato le padrone di casa a portare l’uomo in camera da letto, con il solo risultato di farlo finire seduto per terra nel corridoio a raccontare barzellette dalla dubbia comicità.
«Sapete come si vestono i pattinatori che si esibiscono in casa?» chiese d’un tratto, parlando un inglese che avrebbe dovuto essere dichiarato illegale.
Yuri si passò una mano sulla faccia, sconfitto, mentre Yuuko sorrideva al signor Katsuki, che tra un singhiozzo e l’altro rispose in tono strascicato. «In vestaglia!» poi scoppiò in una risata fragorosa.
Mari rivolse uno sguardo imbarazzato a Yuri, piegando il capo e congiungendo le mani, nel modo strano che avevano i giapponesi di chiedere scusa, e lui fece le spallucce, consapevole che in quella situazione i colpevoli erano solo i geni maschili della famiglia Katsuki.
Era arrivato così tanto a limite della sopportazione che il suono di persone nell’ingresso, nella fattispecie risatine e il rumore di qualcuno che inciampava, fu come un balsamo per le sue povere orecchie. Solo fino a quando Yuuri Katsuki fece la sua apparizione nel salotto, con un Victor molto poco sobrio che gli stava attaccato alle spalle, riempiendogli il collo di baci.
Non appena si accorse della scena che gli si parava di fronte, gli occhi scuri di Yuuri si spalancarono e si staccò di dosso il suo fidanzato senza troppe cerimonie. «Cosa è successo?» chiese, incredulo, lanciando occhiate preoccupate tutt’intorno.
Sia Mari che Yuri aprirono la bocca per rispondergli, visto che la signora Katsuki e Yuuko erano ancora inginocchiate accanto all’altro uomo, ma vennero preceduti.
«Oh, figliolo!» Esclamò il signor Katsuki, un dito alzato ad indicare Yuuri.
«Sai qual è il colmo per due gatti?»
Yuuri gemette. «Papà…»
«Guardarsi in cagnesco!» rise di nuovo. Yuri credeva che dopo quella serata ne avrebbe avuto abbastanza di quella famiglia infernale per almeno un altro anno. Sbuffò rumorosamente, prima di fare un passo avanti e squadrare con fastidio gli ultimi arrivati. «Mi sembra ovvio! Tuo padre è ubriaco fradicio e noi non riusciamo a portarlo in camera!» gli spiegò, cercando di calmare il bollore che gli attanagliava lo stomaco. Dopotutto, si disse, per una volta il cotoletto non era un diretto responsabile delle sue disgrazie. «Potresti anche aiutarci, invece di startene lì impalato, che dici!?» disse a voce più alta, visto che l’altro sembrava essersi bloccato; non era stato detto con cattiveria, quanto più con semplice esasperazione per essere stato lasciato solo con tre donne e un uomo ubriaco. Quello riuscì a far riprendere Yuuri, che si precipitò al suo fianco e, tra scuse borbottate, fece per abbassarsi e passare una braccio sotto quello del padre, in modo da sorreggerlo.
L’uomo però non ne voleva sapere, e si fece ancora più pesante e molle nella presa dei due Yuri.
«Victor!» Chiamò, e il diretto interessato si voltò. Yuri trattenne la bestemmia che gli era salita alle labbra, con uno sforzo sovrumano, impegnandosi il doppio per tirar su quel peso morto. Fu sul punto di scattare quando, con il tono genuinamente sorpreso di chi non si è accorto di nulla, il signor Katsuki si voltò verso di lui e disse. «Yurio, ma ci sei anche tu? Oh! Allora devi assolutamente sentire questa battuta!»
Victor, che intanto si era avvicinato, posò un braccio sulle spalle di Yuuri, rendendogli molto più difficile il compito di sollevare il padre.
«Sapete qual è la città preferita dai ragni?» un sorriso sornione gli adornava il volto, e se non fosse che era completamente nudo con solo un cappellino di Natale a coprirgli l’inguine e lui doveva trasportarlo fino in camera da letto, Yuri l’avrebbe anche trovato esilarante.
Ovviamente, Victor, anche lui annebbiato dai fumi dell’alcool (anche se Yuri era sicuro che la reazione sarebbe stata la stessa anche da sobrio) scosse la testa, interessato.
Il signor Katsuki allargò il proprio sorriso, prima di dichiarare, con l’orgoglio che solo un uomo ubriaco può avere. «Mosca!»
A Yuri veniva da piangere. E ancor di più quando il signor Katsuki prese a dargli leggere gomitate nello stomaco, ripetendogli il nome della città, la sua città.
Il coro di risate (si era unito anche Victor) che seguì lo lasciarono di stucco, con la sola voglia di tornare a casa con Yuuko il più presto possibile e infilarsi sotto le coperte per dimenticare tutto quello che era successo quella sera; per sfortuna, la condizione necessaria per poter raggiungere il suo obiettivo era che Toshiya Katsuki collaborasse e si andasse a coricare, una volta per tutte.
«Su, papà!» Lo esortò Yuuri, con lievi pacche sulla schiena, scrollandosi il braccio di Victor dalle spalle e alzando gli occhi al cielo quando quello produsse un suono offeso.
Con l’aiuto combinato di Yuuri e Mari, finalmente riuscirono a chiudere l’uomo in camera con la moglie, che gli stava parlando in quel suo tono dolce. Solo dopo, Yuuri riuscì a togliersi finalmente il cappello umido di neve che gli copriva ancora la teste e i guanti altrettanto umidi.
Yuri sospirò di sollievo, lanciando un’occhiata a Yuuko che significava un chiaro “ti prego, andiamo via.”, ma prima che potesse davvero fare qualche passo verso la donna, una mano gli si posò sulla spalla.
Non avrebbe avuto bisogno di girarsi per sapere che era il cotoletto, ma lo fece comunque con uno sguardo profondamente scocciato. Il sorriso di Yuuri lo colse di sorpresa, sebbene fosse ormai abituato a quel viso tondo e a quell’espressione felice, visto che Yuuri sembrava non ricordarsi come si esprimessero le altre emozioni (anche perché, la vita aveva preso una svolta in suo favore, quindi, rifletté Yuri, perché non avrebbe dovuto essere felice?).
Il maggiore gli diede due pacche sul braccio. «Grazie per esserti occupato di mio padre mentre non c’ero.» disse.
Yuri distolse lo sguardo, e perché diamine sentiva le guance andare a fuoco? Incrociò le braccia e puntò il naso verso l’alto. «Tsk. Come ti pare.» bofonchiò. Yuuri ridacchiò, ma ormai lui era scattato via al fianco di Yuuko, e quando quest’ultima si disse fiera di lui per il modo in cui era riuscito a gestire la situazione, nemmeno la notturna aria fredda  riuscì a placare il suo furioso rossore.
 
 
 
[1448 parole]
 
 
 
Note della pseudo autrice:
Salve! Sono finalmente riuscita a trovare del tempo per continuare a scrivere le fic del contest, la cui scadenza è stata fortunatamente prorogata *ringrazia l’Universo*
E sì, mi rendo conto anch’io che la cosa che avete appena letto (e a proposito, grazie per averlo fatto) è mooolto demenziale, ma questo succede quando ti ritrovi con libri d’alta letteratura, quali la raccolta di barzellette di Geronimo Stilton, tra le mani dopo averli ripescati da uno scaffale che non sapevi neanche esistesse in casa tua.
So bene che Toshiya parla in inglese tutto il tempo e queste freddure non esistono in inglese, essendo giochi di parole validi solo per l’italiano, ma fatemele passare, vi prego! Volevo mettere le traduzioni di freddure in inglese, ma ovviamente non rendono, quindi ho preferito utilizzare quelle che avevo a disposizione e sperare nella clemenza di chi le leggesse.
Anche nell’idiozia generale, ho cercato di mostrare una certa maturazione da parte di Yuri, che stavolta si offre di fare il gentiluomo con Yuuko, aiuta la madre e la sorella di Yuuri e infine Yuuri stesso senza menare nessuno e senza avere veri e propri scatti d’ira.
Mi scuso ancora profondamente per il livello di demenza raggiunto in questa shot, ma mi sono divertita a scriverla, e spero vi abbia strappato un sorriso, anche di pena nei miei confronti, va bene lo stesso :’)
Spero lascerete un commento (anche un insulto, stavolta me li merito) e come sempre un grazie speciale a chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite.
E un grazie ancora più speciale a _Lady di inchiostro_ che non solo ha recensito tutti i capitoli, ma mi sprona sempre a far meglio :3
Un saluto a tutti e alla prossima!
LysL

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Nuovo ***


Contest natalizio



Immagine di SpigaRose

Nuovo

[Prompt: Caramelle]
 
Il venticinque dicembre, Yuri si svegliò al suono di passi affrettati lungo il corridoio. Mugugnò qualcosa di incoerente, spalmandosi una mano sulla fronte. Non era ancora mentalmente pronto ad affrontare la giornata campale che lo aspettava. Essendo il compleanno di Victor la signora Katsuki aveva insistito per averli tutti alle terme per il pranzo, ma essendo anche il giorno di Natale, Victor e Yuuri sarebbero andati a cena fuori, per tornare poi la sera tardi, come tutte le altre coppie.
Yuri strisciò fuori dal letto, infilandosi la vestaglia posta sulla sedia lì accanto quasi per inerzia, poi si fece forza e si diresse verso la porta scorrevole, che aprì con una spinta.
La scena che si ritrovò davanti agli occhi ancora mezzi socchiusi era degna di un qualche film comico; la porta del bagno era aperta ed il corridoio sembrava pieno di nebbia, vapore, avrebbe capito dopo Yuri, ancora stordito dal brusco risveglio.
Takeshi teneva per i fianchi due delle gemelle (una era di sicuro Axel, Yuri ci avrebbe scommesso la sua medaglia) e camminava verso il bagno, blaterando qualcosa in giapponese, ma che suonava tanto come un rimprovero alle orecchie del russo.
La terza gemella non era in vista, ma la voce di Yuuko, esasperata, giungeva attraverso la nuvola di denso vapore.
«’Giorno.» mugugnò, in inglese, e Takeshi si voltò per sorridergli, prima di continuare stoicamente la sua marcia, incurante dei movimenti scoordinati delle figlie.
Yuri era piuttosto sicuro che le gemelle non ne volessero sapere di fare il bagno, se la scena a cui aveva appena assistito era di qualche indizio e si ricordò di come, a sei anni, lavarsi era tra le attività che più odiava, soprattutto d’inverno, quando l’aria gelida entrava dagli spifferi della porta e lui intirizziva dentro la vasca.
Scrollò le spalle ed entrò in cucina. Anche lì, non riuscì subito a capire se si trattasse di un miraggio o meno, perché quella cucina non era mai stata tanto linda ed ordinata come in quel momento. Non ebbe tempo di chiedersi perché, che Takeshi, libero dall’impedimento delle figlie, probabilmente chiuse in bagno con la madre, fece il suo ingresso nella stanza, augurandogli un caloroso buongiorno.
«Quelle tre ci faranno diventare calvi a forza di essere così testarde.» commentò in tono affettuoso, anche se piuttosto contrariato, offrendo a Yuri una tazza di tè caldo e un avanzo della torta della sera prima.
Yuri sorrise contrito; non aveva problemi a crederci: tre giorni con loro e cosa era successo? Accompagnava le bambine a pattinare, e insegnava loro qualche passo semplice, ed era anche arrivato portarne una in braccio fino alla stanza. E Lutz gli aveva anche rubato il suo cuscino buono. Certo che capiva la situazione di quei poveri genitori.
Contemporaneamente però, era contento di aver qualcosa che lo distraesse. Non aveva avuto nessuno scatto d’ira, da quella volta all’aeroporto, nemmeno quando Yuuri gli aveva posato un braccio sulle spalle per salutarlo, o quando Victor si era chinato a baciargli la guancia. Anzi, per quanto fosse strano da pensare, figurarsi da ammettere, erano stati due gesti quasi confortanti e avevano sommato altro calore a quella sensazione inconsistente ed incomprensibile che aveva cominciato ad lambirgli lo stomaco. E, sebbene nuova e in virtù di ciò fastidiosa, Yuri non poteva dire che fosse del tutto spiacevole.
Era la stessa sensazione che provava quando guardava suo nonno, la stessa di quando si allenava con Mila, Lilia o Yakov, la stessa che aveva cominciato a provare quelle volte che parlava con Otabek, solo che era… più intensa, più reale, adesso.
Gli piaceva sapere che alle gemelle piacesse stare con lui, che a Yuuko non pesasse averlo in casa e che Takeshi lo avesse accettato come nuovo coinquilino senza mai farlo sentire a disagio. Lo faceva sentire bene, lo faceva sentire in pace.
Prese una caramella dal piccolo piattino in vetro al centro del tavolo. A Yuri piacevano quelle caramelle, perché non si trovavano in Russia, e sebbene avessero un gusto un po’ chimico, lo zucchero granulato che le ricopriva riusciva ad attenuarne le note fruttate.
Non capiva davvero come quel posto fosse riuscito a penetrargli fin dentro le ossa, senza che lui se ne accorgesse, modificando pian piano i suoi pregiudizi; non capiva se fosse semplicemente successo, se lui stesso avesse permesso che succedesse, o se fosse un misto di tutti e due. Dandosi mentalmente dell’idiota per aver anche solo pensato una cosa del genere, arraffò un’altra manciata caramelle, sotto gli occhi divertiti di Takeshi che fece finta di non vederlo, con tutta l’intenzione di depositarne una parte nelle sue tasche ed il resto nel contenitore che la signora Katsuki teneva nella sua cucina. Perché quelle caramelle erano davvero troppo buone per tenerle solo per sé.
 
 
 
[786 parole]
 
 
 
Note della pseudo autrice:
Buon anno nuovoo!! *lancia coriandoli*
Spero abbiate passato un buon primo dell’anno, che abbiate mangiato tanto e che vi siate divertiti!
Ma adesso bando alle ciance (perché, ovviamente, io devo fare la rompi scatole sempre).
Anche questa volta, credo che la storia parli da sé, perché finalmente si vede in modo un po’ più concreto come Yuri stia accettando che ci siano persone al di fuori di suo nonno, Yakov e i suoi compagni, che gli vogliono bene, e non reagisce più chiudendosi in se stesso, ma appunto aprendosi a questa nuova emozione.
Sono veramente contenta di poter parlare di Yuri in questi termini, senza trattarlo come un adolescente problematico (anche se poi, in realtà un po’ lo è), perché a mio parere, deve imparare che stare bene con qualcuno non è una debolezza, ma è un punto di forza. Proprio come ha detto Kubo.
Grazie sempre per aver letto e a chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite, grazie grazie grazie!
Vi invito a lasciare un commento, se vorrete, ne sarei davvero contenta!
Ancora tanti auguri di buon anno nuovo!
LysL

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Hobbies ***


Contest natalizio



Immagine di SpigaRose

Hobbies
 
[Prompt: Canticchiare]
 
 
In un primo momento, quando aprì gli occhi, a Yuri parve di essere ancora ad Hasetsu; poi si accorse del peso sullo stomaco e dell’insistente miagolio che giungeva alle orecchie e si passò la mano destra sul viso, nascondendo un sorriso nel palmo, mentre affondava le dita della sinistra nella palla di pelo bianco che gli si era accoccolata sulla pancia durante il sonno. Noski smise subito di miagolare e prese a fare le fusa, contento che il suo padrone si fosse accorto di lui.
Era tornato a Mosca proprio quella mattina, per passare la vigilia e il Natale con suo nonno, dopo essere stato quasi due settimane a San Pietroburgo ed aver ripreso gli allenamenti, ma spesso il suo cervello gli giocava degli scherzi e si svegliava con la sensazione di essere rimasto in Giappone. Il che la diceva lunga sul suo continuo ed imperterrito criticare quella mezza vacanza, anche se ormai non ci credeva più nemmeno lui. Suo nonno non se l’era bevuta neanche un secondo, a dirla tutta, e neanche Mila e Georgij.
Forse, si disse Yuri grattando piano dietro le orecchie di Noski, forse stava diventando prevedibile.
Sentiva i muscoli bruciare ancora, dopo tutto l’allenamento che gli aveva fatto fare Lilia, in previsione di quegli altri due giorni di riposo. Si alzò a sedere sul letto, scostando con un piede le coperte che gli si erano attorcigliate alle caviglie e prendendo in braccio Noski, per evitare che si infastidisse e se ne andasse come al solito. Il gatto gli posò una zampetta scura sul collo, gli occhi che luccicavano alla luce fievole dei lampioni per strada, ma non fece movimenti bruschi ed aspettò che Yuri si sistemasse seduto sul letto, per poi accomodarsi tra le sue gambe incrociate. Miagolò piano, mordicchiandogli un dito prima che lui ricominciasse a grattargli la testa.
Yuri sapeva che suo nonno era in cucina a preparare la cena di quella sera; inizialmente Yuri aveva voluto aiutarlo, ma il nonno gli aveva intimato di togliersi dai piedi perché non aveva intenzione di fargli sprecare i suoi giorni di vacanza a cucinare. Così Yuri era andato nella sua stanza e, tra le cuffie nelle orecchie e la sensazione calda di Noski al suo fianco, aveva preso sonno facilmente. Sentiva ancora il rumore di pentole e dell’acqua corrente e non si azzardò ad alzarsi.
Si sporse un po’ per prendere il proprio portatile abbandonato sul comodino, con tutta l’intenzione di guardare un film nell’attesa, quando si accorse che il suo cellulare lampeggiava di una luce azzurra. Senza lasciar andare il computer, allungò l’altra mano ad afferrare il telefono. Se fosse stata una qualunque altra cosa l’avrebbe ignorata, ma l’azzurro era il colore che aveva scelto per Otabek, quindi sapeva benissimo cosa volesse significare quel led.
Ed infatti, proprio mentre lo schermo del portatile si illuminava, avviandosi, lui stava aprendo la chat.
Come sempre, Otabek non si era sprecato in troppe parole, ma aveva inviato un semplice Skype? Quasi due ore prima. Yuri si sentì un po’ in colpa per averlo ignorato (non di proposito, ma non cambiava la situazione) e controllò velocemente l’orario. Erano le quattro di pomeriggio passate, il che significava che ad Almaty, dove si trovava Otabek, dovevano essere le sette passate.
Una parte di lui voleva solo scusarsi ed assicurare ad Otabek che si sarebbero visti qualche altro giorno, un’altra più egoista, voleva vedere Otabek in quel momento. E Yuri volle essere egoista.
Adesso è possibile? Digitò in risposta e attese che le due piccole spunte diventassero blu. Non ci misero molto.
Se vuoi. Gli aveva risposto Otabek e Yuri alzò gli occhi al cielo. Certo che voleva, altrimenti non gliel’avrebbe chiesto. Otabek si faceva sempre troppi problemi.
Certo. Scrisse quindi, aprendo il programma sul computer, dove il nome di Otabek Altin compariva affiancato ad una piccola icona verde. Ci cliccò sopra, avviando la videochiamata.
Il video partì sgranato, e per un attimo tutto quello che Yuri riuscì a vedere fu una macchia bianca e grigia su sfondo nero, macchia che poi scoprì essere il maglione di Otabek. La prima immagine che ebbe di lui fu la sua faccia, impassibile come sempre, ma che mostrava un po’ di fastidio, svelato dalle sopracciglia aggrottate e gli occhi assottigliati più del solito.
Guardava lo schermo come se gli avesse fatto un qualche torto, mentre le mani lavoravano febbrili sulla tastiera, fuori dal campo visivo di Yuri. Solo dopo qualche secondo alzò lo sguardo e la linea tra le sue sopracciglia si distese, mentre le sue labbra si curvavano leggermente verso l’alto.
«Ehi.» Esordì Otabek. La sua voce suonava un po’ metallica attraverso gli altoparlanti, ma ormai Yuri aveva imparato a riconoscere il suo tono e il suo accento.
A Yuri venne spontaneo imitare quel sorriso. «Ciao.»
Otabek era seduto anche lui sul letto, e aveva un piede incagliato sotto la coscia e l’altra gamba penzoloni fuori dall’inquadratura. Non sembrava scocciato, ma Yuri non ci avrebbe potuto mettere la mano sul fuoco.
«Scusa?» Provò, rabbuiandosi quando Otabek inclinò la testa di lato inarcando un sopracciglio. Yuri lesse la sua domanda come se gliel’avesse espressa a voce. Davvero?
«Mi sono addormentato!» Iniziò a spiegare. «Lilia mi ha massacrato in questi giorni, sono stanco!»
«Ti credo.» La voce di Otabek seguì la sua, e Yuri avrebbe scommesso che fosse divertito da quella sua reazione.
Adesso che lo vedeva meglio, dato che il maggiore aveva avuto la buona idea di accendere l’abat-jour sul comodino, Yuri notò che i suoi capelli erano visibilmente più lunghi e che alcune ciocche cominciavano a coprire la rasatura, anche se Otabek li teneva ancora spostati all’indietro, mostrando la fronte alta. Poi gli occhi di Otabek vennero catturati da qualcosa che si trovava in basso, e Yuri seguì il suo sguardo nello schermo; Noski si era alzato dalla sua posizione accovacciata su di lui e stava studiando Otabek con gli occhi spalancati e le pupille dilatate. Yuri allungò una mano per dargli una carezza tra le orecchie tese, e il gatto arruffò il pelo; non era la prima volta che faceva una videochiamata con Otabek, ma Noski aveva sempre preferito stare lontano da quello strano soggetto che parlava e si muoveva, ma che non riusciva a toccare.
Yuri alzò lo sguardo sullo schermo, stupito di trovare Otabek con l’ombra di un sorrisetto sul volto. Noski miagolò, sfuggendo alla sua presa e andando a sedersi sulla tastiera del computer, per osservare da vicino la fonte di quel suono. Si girò a fissare Yuri, mentre con la zampa sfiorava l’immagine un po’ pixelata di Otabek.
Yuri si sentiva combattuto; da un lato voleva parlare a Noski, spiegargli chi fosse Otabek, dall’altro non sapeva davvero quanto sarebbe potuto sembrare ridicolo agli occhi dell’altro, così si limitò a parlare col diretto interessato.
«Ti presento Noski!» Esordì, portando di nuovo l’indice ed il medio sulla testa del gatto e grattando piano. Noski, sebbene ancora interessato allo schermo, prese a fare delle fusa basse e quasi impercettibili.
«Ha deciso di farsi vedere?» Commentò invece Otabek. Aveva alzato un angolo della bocca in un sorrisetto ironico, e Yuri non sapeva se prenderlo come un buon segno o meno, visto che Otabek aveva più o meno un’espressione e mezza.
Si sporse per avere una visuale migliore oltre la testa di Noski. «Sì. Solitamente scappa via non appena accendo il computer, e quando vede qualcosa che si muove e parla come un essere umano si spaventa. Però con Mila non succede più, credo che si abitui alla voce, ad un certo punto. Forse si è abituato anche alla tua.»
Come per enfatizzare quella sua affermazione, Noski miagolò piano, come faceva quando era rilassato e Yuri dovette stringere le labbra per evitare di sorridere apertamente al suo gatto. Cosa che sarebbe stata strana, soprattutto davanti ad Otabek. Non perché non si fidasse di lui, o perché temeva che l’avrebbe giudicato, quanto perché il suo rapporto con Noski era stato sempre una cosa privata e non se la sentiva di condividerla con qualcun altro che non fosse suo nonno. Non ancora, per lo meno.
«La mia voce, dici?» Gli chiese Otabek, il quale aveva smesso di scrutare Noski per concentrarsi di nuovo sul viso di Yuri che era riuscito a tornare nell’inquadratura. «E’ un bell’esemplare.» disse e i suoi lineamenti si sciolsero in un’espressione tranquilla.
«Puoi scommetterci! Persiano colourpoint, di razza purissima.» Yuri mise su un ghigno sghembo, senza nascondere nemmeno un po’ quando fosse orgoglioso del proprio animale domestico. Non poteva farci niente, purtroppo, se quella palla di pelo gli aveva rapito e sciolto il cuore sin dalla prima volta che l’aveva tenuto in braccio quattro anni addietro a casa della donna da cui l’avevano preso. Alcune volte lo faceva impazzire, come quando si ostinava a non farsi coccolare o quando gli metteva il muso dopo il bagno, ma Yuri non si sarebbe mai stancato di lui.
Otabek fece di nuovo il sorriso obliquo di qualche secondo prima, muovendosi sul proprio letto alla ricerca di una posizione più comoda.
Poi Yuri fece per parlare, con l’intenzione di chiedergli quali fossero i suoi piani per il giorno di Natale, l’indomani, ma fu interrotto da un suono che non aveva mai sentito.
Si propagò dalle casse del computer e gli ci volle un po’ per riconoscere il timbro di Otabek dietro quella vibrazione lenta e cangiante.
Fissò l’immagine dell’amico, che aveva nuovamente spostato la propria attenzione su Noski, anche se, notò, i suoi occhi continuavano a tornare su di lui, in attesa di una reazione, supponeva.
Yuri scosse la testa, per togliersi di dosso la sensazione d’essere stato appena messo a parte di una cosa privata. Quel pensiero gli fece colorare le guance, perché non si sarebbe mai aspettato che Otabek cantasse e soprattutto che non fosse per niente male; la reazione non tardò ad arrivare.
Prendendo Noski da sotto la pancia, in modo che non rubasse tutta la webcam, rimase per qualche secondo a guardare la linea stretta delle labbra di Otabek, ancora stupito. «Beka…?» chiese a bassa voce. Non sapeva bene perché avesse sussurrato, ma c’era qualcosa in quel motivo canticchiato a labbra chiuse che gli impediva di parlare normalmente, come se farlo avrebbe rovinato tutto. Probabilmente era così.
Otabek si schiarì la voce e il suono si interruppe; Yuri maledisse la sua boccaccia che non riusciva a rimanere in silenzio.
«Forse hai ragione, Yuri, si è davvero abituato alla mia voce.» Distolse un’ultima volta lo sguardo da Noski, che ancora lo osservava incuriosito.
Sebbene si fosse ripromesso di non enfatizzare troppo quello che era appena successo, quando gli occhi di Otabek intercettarono i suoi, Yuri non riuscì più a trattenersi. «Non mi avevi detto che sai cantare!» esclamò, facendo anche spaventare Noski, che scattò via da lui con un miagolio offeso. Yuri assottigliò lo sguardo, ma non si alzò a riprenderlo, aveva altro a cui pensare al momento.
Otabek si appoggiò alla testiera del suo letto, portandosi il computer sulle gambe e scrollò le spalle. «Non è importante e poi non sono molto bravo.»
«Ma ti piace!». Insistette e Otabek annuì piano, così continuò. «Io te l’ho detto che mi piace cucinare, e non è vero che non sei bravo.»
L’altro incrociò le braccia al petto e lo guardò. «Mh?» borbottò dopo alcuni secondi e Yuri percepì una sfumatura diversa nella sua voce; Otabek era sempre stato molto sicuro di sé, quando parlava, in quel momento invece gli sembrò incerto. Non avrebbe potuto giurarci, perché l’immagine era troppo sgranata, ma gli parve che anche le guance di Otabek si fossero arrossate. Gli sorrise. «Sì!»
«Allora grazie, Yuri.» Si rilassò all’indietro, senza però perdere la postura un po’ rigida obbligata dalla posizione seduta.
«Qualche volta devi cantarmi qualcosa!» Gli propose, senza pensarci, e sentì la propria faccia farsi più calda. Non riuscì a pentirsene però, perché Otabek gli rispose con aria di sfida, strappandogli un ghigno. «E tu devi cucinare qualcosa per me!»
E quella volta Yuri fu certo di non sbagliarsi quando anche il viso di Otabek cambiò sfumatura.
 
 
 
[1997 parole]
 
 
 
Note della pseudo autrice:
Buona sera/giorno a tutti!
Sono finalmente riuscita a finire anche la settima storia, ormai il contest è scaduto, ma non importa, sono contenta di essere tornata a scrivere, ed è questo che conta.
Siamo tornati a Mosca, e dovevo inserire Otabek in un altro capitolo perché il mio amore per lui brucia con la stessa intensità di mille soli perché mi piace davvero tantissimo come personaggio e mi piace il modo in cui interagisce con Yuri.
I rapporti approfonditi qui sono due: quello con Otabek e quello con Noski, perché l’affetto per un animale domestico rende tutto più gentili, quindi anche Yuri.
Anche qui ho farcito con un paio di miei headcanon, tra cui Beka che canta, perché mi piace pensare che lui sappia farlo, mentre Yuri non riesca a mettere due note una dietro l’altra senza stonarle :’)
Ma poi vogliamo parlare di questi due che si parlano ed arrossiscono? No, perché io li adoro mentre cercano di imparare “l’amicizia”.
Scusate per i deliri, come al solito, e grazie mille per aver letto, con la speranza che vorrete lasciarmi un commento :)
Un ulteriore grazie va a chiunque abbia messo la storia tra le preferite/seguite.
Voglio ringraziare singolarmente Silvar tales, che ha recensito tutti i capitoli e mi ha risollevato con le sue bellissime parole e _Lady di inchiosto_ , che oltre ad aver anche lei recensito tutti i capitoli, ricopre il ruolo di meravigliosa beta per questa storia
Alla prossima!
LysL

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Legami ***


Contest natalizio



Immagine di SpigaRose


Legami
 
[Prompt: Nevicata Notturna]
 
Nonostante la sua giovane età, Yuri aveva già visto numerose città straniere; aveva viaggiato dalla Russia fino al Giappone, nell’Ovest dell’Europa, negli Stati Uniti e nel Nord America. Si riteneva fortunato di aver avuto quella possibilità, eppure nessuna New York con le sue luci ed il ritmo frenetico, nessuna Hasetsu con la sua calma quasi noiosa, nessuna Barcellona con il suo sole tiepido perfino d’inverno avrebbero mai potuto eguagliare la maestosità di Mosca.
La Piazza Rossa era gremita di persone, illuminata a giorno dalle decorazioni luminose che adornavano la lunga ed imponente facciata del centro GUM. Numerosi altri festoni luccicanti pendevano sopra la sua testa, tra gli stand del mercatino di Natale, e attraverso di essi si riuscivano a vedere le cupole colorate della Cattedrale di San Basilio.
Ai moscoviti il freddo non faceva paura, neanche i tredici gradi sotto zero che il termometro stava indicando, e Yuri e Nikolai Plisetsky non facevano eccezione. Con le guance e i nasi rossi, pesanti giacconi di pelle foderati di lana e sciarpe (Yuri aveva messo quella della signora Katsuki) strette bene al collo, camminavano vicini tra gli stand, guardando tutto, ma senza cercare niente in particolare.
Yuri indugiò per qualche secondo con lo sguardo sul grande albero di Natale allestito di fronte l’entrata del GUM per poi passare sulla pista di pattinaggio al centro della piazza, dove le persone scivolavano sul ghiaccio in modo più o meno aggraziato.
Gli piaceva quell’atmosfera: era festosa, ma non soffocante, la gente ti passava accanto parlando del più e del meno e sorridendoti perché a Natale si è tutti più buoni. I turisti non erano meno coinvolti dalla vivacità dei locali e i loro occhi meravigliati e felici erano parte della festa.
Anche a distanza di anni, ricordava ancora quanto gli piacesse da bambino recarsi lì per quella ricorrenza; quando era piccolo, suo nonno soleva comprargli un sacchetto di prjaniki ad uno degli stand e aspettava che li mangiasse prima di portarlo alla pista, e se dopo quella non fosse stato troppo stanco, era capitato che facesse un giro son lui sulla giostra illuminata o che lo portasse a vedere il carro di Ded Moroz.
Adesso le cose erano un po’ cambiate; a Yuri non interessava più salire sulle giostre e guardare Ded Moroz, non era più il bambino irrequieto che faceva disperare il nonno rischiando di perdersi tra la folla, nella foga di raggiungere una determinata bancarella o di seguire Snegurochka, però continuava a rimanere incantato di fronte ai giochi di luce e al modo in cui le sagome della Torre Spasskaya e della Cattedrale si stagliavano contro il cielo blu freddo e sporcato da nubi grigie e vaporose, come una coltre che si ispessiva al passare dei secondi.
Affondò di più le mani nelle tasche, rabbrividendo, più per l’impazienza che per il freddo e si voltò a guardare suo nonno, il quale aveva lo sguardo perso di fronte a sé.
Tolse una mano dalla tasca, facendo una smorfia quando l’aria gelida gli sfiorò la pelle scoperta tra guanti e manica, ma senza scomporsi più di tanto, e la posò sul braccio dell’uomo per attirare la sua attenzione.
Nikolai si voltò verso di lui, con un sorriso nascosto dalla sciarpa. «Yurochka?»
Yuri fece un sorrisetto ed accennò allo stand a pochi metri da loro. «Quest’anno niente prjaniki?» chiese. Non aveva realmente fame: dopo la sontuosa cena del giorno prima e il pranzo a base di avanzi sarebbe stato assurdo che ne avesse ancora, anche se poteva ritenersi un tipo piuttosto goloso, però quella era sempre stata una tradizione e lui non aveva intenzione di spezzarla.
«Sei un pozzo senza fondo, nipote, mi chiedo cosa dirà Lilia quando ti vedrà domani.» Commentò suo nonno e Yuri sbuffò rumorosamente. «Non ingrasserò se per due giorni mangio di più, non sono mica come quel cotoletto giapponese! Tsk.» calciò un pezzo di carta che aveva avuto la sfortuna di trovarsi tra i suoi piedi.
Nikolai scoppiò a ridere a quella reazione, e il suono ricco e roco della sua risata sciolse la punta di fastidio che aveva cominciato a crearsi nel petto di Yuri. «Vieni qui, andiamo a prendere questi prjaniki!» gli scompigliò quelle poche ciocche che sfuggivano al cappuccio scuro della felpa.
Yuri si scostò da quel tocco con un sorriso e prese a camminare verso lo stand. L’odore dolce si diffondeva nell’aria come una scia seducente che guidava gli avventori verso la bancarella, dove i dolcetti ricoperti di glassa bianca facevano bella mostra di sé, tentando chiunque passasse di lì.
Mentre suo nonno stava in fila aspettando il proprio turno per pagare, Yuri si fece da parte; appoggiato alla struttura metallica dello stand, tirò fuori il telefono per scattare una foto alla piazza illuminata; al centro della foto la Cattedrale splendeva in tutta la sua magnificenza, accanto all’orologio della Spasskaya. La postò pochi secondi dopo segnando #москва #redsquare e non passò che qualche altro istante prima che cominciassero ad arrivare le prime notifiche. Quello che Yuri non si sarebbe mai aspettato era uno dei commenti che spuntò tra gli altri pieni di cuori e dichiarazioni d’amore dalle sue fan: “v-nikiforov Passa una bella serata e divertiti, Yurio! Victor e Yuuri.
I suoi occhi passarono più volte su quella semplice frase, giungendo alla conclusione che sì, era lì e non se la stava immaginando.
Non ne era neanche stupito, a dire la verità, dopo che quella mattina entrambi i due piccioncini si erano premurati di augurargli Buon Natale e non solo loro! Aveva ricevuto un messaggio vocale da Yuuko in cui l’intera famiglia Nishigori gli faceva gli auguri, un foto di Mila imbacuccata in una giacca fucsia e stretta alla sua nuova fiamma sullo sfondo del mercatino di isola Elagin a San Pietroburgo, un breve, ma sentito messaggio da Georgij ed anche una foto di una Almaty nebbiosa con le montagne innevate in lontananza da Otabek, correlata di un semplice Buon Natale, Yura. Perfino Lilia e Yakov l’avevano chiamato, più per ricordargli di non perdere l’aereo del giorno dopo, ma Yuri aveva comunque apprezzato il pensiero.
E quella mattina si era accorto di qualcosa a cui non aveva mai realmente fatto caso, mentre se ne stava seduto su una sedia della cucina con Noski in grembo e tentava di rispondere alla maggior parte dei messaggi che gli erano arrivati. Aveva sempre pensato che le persone facessero gli auguri per convenzione, senza sentire realmente quelle parole vuote e ripetute anno dopo anno. Cos’altro poteva spingere qualcuno a scrivere qualcosa di tanto scontato? Yuri era dell’idea che se qualcuno era davvero importante nella sua vita, allora era con lui che avrebbe passato le feste e non ci sarebbe stato bisogno di affidarsi ad un apparecchio elettronico.
Aveva dovuto ricredersi, e l’aveva fatto nell’esatto momento in cui aveva guardato le sue ultime conversazioni ed aveva notato che erano sempre le stesse da qualche mese a quella parte.
Aveva dovuto ricredersi, dopo aver sentito l’affetto nelle urla delle gemelle, nella voce profonda di Takeshi ed in quella più acuta e materna di Yuuko.
Aveva dovuto ricredersi, dopo il sorriso della signora Katsuki, tanto simile a quello del figlio, nella foto di gruppo che Victor gli aveva mandato. E per la prima volta neanche lo stupido sorriso a cuore di quest’ultimo era riuscito a spegnere quella scintilla che gli aveva fatto aprire un sorriso sul volto.
Aveva dovuto ricredersi, dopo l’espressione splendente di una Mila innamorata e felice di condividere quell’emozione con lui, e dopo le parole gentili di Georgij.
Aveva dovuto ricredersi, dopo il panorama di Almaty e il soprannome che l’aveva fatto arrossire, anche se era stato lui per primo a darne uno ad Otabek.
Aveva dovuto ricredersi, dopo il tono burbero di Yakov e quello più severo di Lilia, entrambi tinti di una nota fiera.
Un tocco freddo sullo zigomo gli fece alzare lo sguardo verso il cielo, appena in tempo per vedere scendere i primi, silenziosi fiocchi di neve dal cielo, coperto ormai di nuvole. Attorno a lui i mormorii della gente si fecero più alti, seguiti da risate e abbracci, mentre i bambini cominciavano a correre in giro cercando di mangiare la neve, spesso seguiti dagli adulti.
Una mano sulla spalla lo fece sussultare, preso com’era ad osservare il lento fluttuare dei fiocchi bianchi. Abbassò il viso, incontrando gli occhi verde scuro di suo nonno. L’uomo gli stava porgendo un sacchetto di carta, con il suo solito sorriso duro e orgoglioso che riservava solo a lui.
Yuri si sporse a prendere un biscotto, gustando il dolce sapore del miele, mitigato da quello più fresco del limone e dello zenzero. Alzò di nuovo lo sguardo verso l’alto, verso la Cattedrale ormai celata da una sottile coltre bianca, e sentì il braccio di suo nonno posarsi sulle sue spalle e stringere.
Forse non l’avrebbe mai detto ad alta voce, e forse non l’avrebbe mai più ammesso a se stesso una seconda volta, ma in quel momento, stretto a suo nonno, nel mezzo della Piazza Rossa gremita di persone e con i messaggi di coloro che tenevano a lui a ricordarglielo, Yuri Plisetsky si sentì il ragazzo più fortunato al mondo.
 
 
 
[1520 parole]
 
 
 
Note della pseudo autrice:
Ed ecco qui anche l’ottavo ed ultimo capitolo di questa raccolta!
Devo dire che pensavo di metterci molto più tempo per scriverlo, considerati tutti gli impegni che ho in questo periodo, ma sorprendentemente non è stato così.
Prima di passare ai ringraziamenti, vorrei spendere un paio (molto più di un paio, conoscendomi) di parole su questo ultimo capitolo, per spiegare alcune cose e tirare le somme.
Ho cercato di descrivere l’atmosfera della piazza in modo più realistico possibile, facendo riferimento ad immagini trovate sul web e informazioni su siti di viaggi (e adesso le pubblicità non fanno altro che chiedermi se io voglia prenotare per il Natale a Mosca il prossimo anno!), e se volete davvero cogliere bene l’ambientazione vi consiglio di cercare un semplice “Piazza Rossa Natale” su Google, perché merita tantissimo!
La Cattedrale di San Basilio, la Torre Spasskaya e il centro commerciale GUM sono monumenti che si affacciano sulla piazza e contribuiscono alla creazione di questo scenario suggestivo e pieno di luce. È inoltre tradizione Russa quella di organizzare questi Mercatini di Natale in quasi tutte le città più importanti (quindi nella zona del Cremlino a Mosca, ma anche in varie zone di San Pietroburgo, dove ad esempio si trova Mila).
Ded Moroz (Nonno Gelo) e Snegurochka (Fanciulla di Neve) sono due personaggi del folklore russo; il primo è portatore di doni, la seconda è sua nipote ed aiutante, nonché personificazione dell’inverno.
I prjaniki sono dolci tipici russi che vengono mangiati principalmente nel periodo natalizio. Sono aromatizzati al miele, limone, cannella e zenzero, infatti sono simili al pan di zenzero (ed il nome significa proprio questo), e ricoperti di glassa. Hanno un aspetto troppo invitante *-*
Per quanto riguarda l’aspetto meno informativo e tecnico di queste note, la cosa che mi preme di più è essere riuscita a rendere bene il personaggio di Yuri, di aver descritto il suo percorso di accettazione e rivalutazione dei suoi legami con le persone che hanno influenzato la sua vita, ma anche con la sua terra e con i posti in cui è stato bene, nel modo in cui mi ero prefissata.
Lascio il verdetto a voi lettori, e mi accontento di aver terminato questa raccolta. (*psst* ci sarà un capitolo bonus, perché mi andava troppo di scriverlo!)
Sono contenta di aver scritto queste storie: mi hanno permesso di “rimettermi in carreggiata” dopo un periodo davvero buio per la mia ispirazione, Yuri On Ice mi ha fatto tornare la voglia di scrivere e non potrei essere più grata a Kubo per aver creato un’opera così bella e piena di bei messaggi e personaggi ancora più meravigliosi.
Volevo inoltre ringraziare Aly7788, FigliadellaPernico, Isir, Mikahellau, Princess U_U, sunrise92, Vale51198, White Hurricane e Zoey Charlotte Baston per aver inserito la storia tra le preferite e Alexys_Tenshi, BlackVelvet, Brave_, Daniela_97, Destiel95, DiamanteLightMoon, FuriaBuia19, Merope Molly Lestrange, Silvar tales, somebodytowritefor e Unacomete per averla inserita tra le seguite.
Un ringraziamento speciale va a chi ha recensito, ma soprattutto alle splendide Silvar tales, la lettrice che ogni autore vorrebbe, e _Lady di inchiostro_, che mi ha supportato sin da quando questa storia non era che un’idea nella mia testa e continua a farlo tutt’ora.
Grazie mille a tutti e alla prossima!
LysL

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** A distanza ***


Contest natalizio



Immagine di SpigaRose


A distanza

[Prompt: Guanti]
 
Le strade di Almaty non erano molto popolate a quell’ora del mattino, Otabek ormai lo sapeva bene, ed era per questo che preferiva uscire di casa quando il sole non era ancora alto nel cielo e il freddo residuo della notte scoraggiava i più (non che la temperatura si alzasse di molto durante il giorno, ma almeno saliva sopra lo zero).
La giacca imbottita e i guanti di pelle foderati lo tenevano al caldo, e Otabek sfrecciava sull’asfalto verso la pista dove si allenava; non si era preso un attimo di respiro dalla fine del Grand Prix, perché non era riuscito a digerire d’essere stato superato da JJ, nonostante quest’ultimo avesse presentato due performance tutt’altro che impeccabili.
Però non riusciva nemmeno a sentirsi del tutto insoddisfatto da quell’evento. Era finalmente riuscito ad avvicinare Yuri Plisetsky, era diventato suo amico. Avevano parlato, e Yuri era molto diverso da ciò che mostravano i media.
Era un semplice adolescente, con passioni, hobby, uno spropositato amore per i felini e troppe responsabilità addosso; si era sentito bene per lui, quando gli aveva visto la medaglia d’argento al collo, consapevole che significasse un periodo di riposo per Yuri.
Spesso si chiedeva cosa stesse facendo, in Russia, e altrettanto spesso si chiedeva se fosse normale una cosa del genere. Non che avesse molti amici con cui fare il paragone; c’era solo Serik, suo amico d’infanzia; si erano persi di vista per anni, pur sentendosi di tanto in tanto, a causa degli spostamenti che Otabek aveva dovuto fare. Da quando Otabek era tornato ad Almaty avevano ripreso a vedersi più spesso, ma il punto era che Otabek non si era mai chiesto cosa stesse facendo Serik, quando erano lontani.
Yuri però era tutta un’altra cosa, Otabek aveva passato gli ultimi cinque anni a categorizzarlo mentalmente tra gli “irraggiungibili” e adesso che era a portata di un messaggio, gli veniva davvero difficile non tenere sempre il cellulare tra le mani, a fissare il nome “Yuri Plisetsky” con relativo selfie che il biondo aveva insistito a fare dal suo telefono, per impostarlo come foto di contatto. E contemporaneamente non sapeva bene per cosa usare quel numero, ogni conversazione fatta attraverso uno schermo gli sembrava solo una pallida imitazione di quelle che avrebbero potuto avere di presenza; non che fosse difficile parlare con lui, anzi, era forse la prima persona dopo la sua famiglia e Serik con cui Otabek non si sentiva a disagio, ma gli sembrava molto più sterile. Serik gli aveva detto che di solito le persone avevano persone il problema opposto, ma lui non aveva visto gli occhi di Yuri illuminarsi quando parlava.
Gli aveva chiesto consigli sulla coreografia che stava preparando, e Yuri gli aveva risposto con entusiasmo, poi gli aveva chiesto come stesse andando il suo periodo di riposo, e Yuri si era lamentato del fatto che Yakov e Lilia non lo facessero neanche avvicinare alla pista in quei giorni, ma aveva anche parlato delle cose che faceva con suo nonno e del suo gatto, Noski, con tanto di fotografia della simpatica palla di pelo distesa sulla sua pancia.
Se la passava bene, a quanto pareva, e Otabek non poteva che esserne contento.
Il semaforo rosso lo costrinse a fermarsi poggiando un piede a terra per mantenere l’equilibrio, girò il viso verso il marciapiede, dove un negozio di articoli sportivi faceva bella mostra di sé.
Otabek non era il tipo di persona che si soffermava ad osservare le vetrine, ma quella volta uno strano accostamento di colori catturò il suo sguardo e lui lo seguì, fino a notare un paio di guanti di pelle foderati in pelo, pelo a macchie che somigliava molto al manto di un qualche felino africano di cui Otabek non conosceva il nome.
Il suono del semaforo lo avvertì dello scatto nelle luci, e adesso il verde dava via libera a lui e agli altri guidatori.
Otabek aveva visto fin troppe foto di Yuri con delle orecchie da gatto, e in tutte il ragazzo non era per niente felice dell’immagine di sé che davano; Otabek lo capiva, per uno come Yuri, che si proclamava Tigre di Ghiaccio della Russia, essere indicato come un tenero micetto non era il massimo, ma quando, tornando dall’allenamento nel tardo pomeriggio, Otabek passò di nuovo di fronte al negozio, decise che forse un paio di guanti non avrebbero leso la sua reputazione.
 
 
 
[726 parole]
 
 
 
Note della pseudo autrice:
Capitolo Bonus!!
Avrei dovuto pubblicarlo una vita fa, ma l’università succhia via la vita e mi sono ridotta a pubblicarlo adesso shame on me 
Ed è dedicato al mio bellissimo Otabek (per cui ho una cotta disgustosa, ma lasciamo perdere) senza perdere di vista Yuri, protagonista della raccolta.
Ci tengo a dire che è stata scritta moooolto prima della dichiarazione di Kubo sul suo hobby e sul fatto che lui in realtà sia un tipo piuttosto figo con tanti amici, quindi sfortunatamente non rispetta il “canon” e mi dispiace :(
A parte questo, stranamente, non ho molto da dire su questo capitolo, e mi limiterò a ringraziare di nuovo tutti coloro che mi hanno seguito in questa raccolta! 
Un forte abbraccio a tutti voi!!
LysL

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3605009