A Natale tutte le strade conducono a casa di LysL (/viewuser.php?uid=101833)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Casa ***
Capitolo 2: *** Promesse ***
Capitolo 3: *** Tutta colpa del jet-lag (forse) ***
Capitolo 4: *** Nanna ***
Capitolo 5: *** Troppo sakè ***
Capitolo 6: *** Nuovo ***
Capitolo 7: *** Hobbies ***
Capitolo 8: *** Legami ***
Capitolo 9: *** A distanza ***
Capitolo 1 *** Casa ***
Note
iniziali:
Avendo
cominciato a
scrivere prima della fine dell’anime, ci saranno incongruenze
con il finale
canonico (Il What if?
si riferisce a questo). In particolare, Yuuri ha vinto l’oro,
Yurio l’argento, JJ il bronzo,
Victor non ha ripreso a competere e lui e Yuuri vivono insieme ad
Hasetsu.
Grazie
mille per aver aperto la storia e
buona lettura!!
Immagine di SpigaRose
Questa
raccolta è dedicata a Zaira
perché
ha sempre creduto in me
e
mi ha sempre sostenuto
Grazie.
Casa
[Prompt:
Tazza Calda]
Nonostante
le proteste colorite che erano state opposte a quella decisione,
né Yakov né
Lilia avevano voluto sentir ragioni, e Yuri Plisetsky, subito dopo la
serata di
gala del Grand Prix, era stato mandato a casa senza tante cerimonie.
Non
era pensabile che volesse ancora allenarsi, non dopo essersi guadagnato
l’argento alla finale di quell’anno, ed entrambi i
suoi coach la pensavano allo
stesso modo; poco importava che per Yuri, l’essere stato
umiliato per
l’ennesima volta dal cotoletto, piazzatosi al primo posto,
fosse motivo di
grande rabbia e vergogna, i due erano d’accordo sul fatto che
avesse bisogno di
riposo. Quella gara gli aveva risucchiato la maggior parte delle
energie, e
anche se aveva dato prova di possedere una certa resistenza, non era
salutare
sforzarsi in quel modo.
A
Mosca, ad una settimana dalla fine del Grand Prix, si respirava
già aria di
festa. Non che Yuri se ne sentisse granché toccato: la
delusione a seguito
della sconfitta bruciava ancora, come quando da piccolo era scivolato
di
ginocchia sul ghiaccio, però doveva ammettere che
l’atmosfera familiare e priva
di stimoli competitivi lo rendeva meno incline ai suoi soliti scatti
d’ira.
Guardò
fuori dalla finestra, dove alcuni fiocchi di neve vorticavano. Dalla
sua camera
riusciva a vedere la strada su cui dava casa sua, piena di luci
intermittenti e
persone che camminavano come se lì fuori non ci fossero
cinque gradi sotto zero,
probabilmente già presi dall’atmosfera piena di
lucine intermittenti e gioia, o
alla ricerca di regali per parenti ed amici. Yuri sbuffò
rumorosamente,
abbastanza da far innervosire Noski,
il quale, rizzando il pelo, scese dallo stomaco del suo padrone, sul
quale era
stato accoccolato fino a quel momento.
La
prima reazione di Yuri fu quella di sporgersi fuori dalla sponda del
letto per
afferrarlo, ma il gatto fu più veloce, e con uno scatto si
andò a sedere sulla
sedia girevole della scrivania. Si fissarono per qualche secondo, occhi
gialli
e occhi verdi, poi Yuri decise bene di fare una linguaccia al proprio
gatto e
borbottare un poco convinto. «Fa’ come ti
pare.»
Controllò
il cellulare, sbiancando al numero di notifiche dei suoi social, e
tutto per
colpa di quelle schizzoidi delle sue fan, che l’avevano
riempito di complimenti
al limite del legale, auguri per le imminenti feste e stupide immagini.
Non che
le odiasse, era loro grato per il supporto che gli dimostravano, a modo loro, e poi diciamocelo, a quale
quindicenne non piacerebbe essere adorato da orde di ragazze? Avrebbe
solo
voluto che fossero meno, come dire, pazze.
C’erano
anche un paio di messaggi da Victor, ma li avrebbe ovviamente ignorati,
altri
da Yuuko e le gemelle e gli parve di leggere il nome Otabek Altin, in
mezzo a
tutti gli altri, ma anche solo l’idea di dover impiegare il
suo tempo a
dividere i messaggi importanti da quelli che non gli interessavano lo
innervosiva e decise che l’avrebbe fatto più
tardi. O mai.
Stava
quasi per alzarsi a reclamare l’affetto del proprio animale
domestico, che la
voce un po’ rauca di suo nonno si fece sentire.
«Yuri!
Sto preparando il tè!»
Il
ragazzo si bloccò nel bel mezzo dell’azione, i
gomiti piegati a sostenersi, e
fissò Noski, che per tutta risposta, prese a leccarsi una
zampa per poi
passarsela sull’orecchio. «Bah.»
Si
grattò il fianco, dove la felpa nera gli aveva lasciato la
pelle scoperta,
scotolandosi di dosso i peli bianchi che gli erano rimasti attaccati
all’indumento, poi si diresse verso la cucina, ma
lasciò la porta della stanza
aperta, nel caso Noski decidesse di seguirlo.
Fu
il fischio leggero dell’acqua che iniziava a bollire nella
teiera a dargli il
benvenuto, mentre suo nonno preparava l’infuso. A volte,
quando era più
piccolo, suo nonno preparava il tè nel samovar
che teneva nell’armadio in camera da letto, ma ormai era
troppo pesante perché
potesse trasportarlo, e si era dovuto adeguare ad usare una teiera
elettrica;
il sapore del tè non era esattamente uguale, ma era buono lo
stesso.
Yuri
sorrise al nonno e prese dalle mani rugose la tazza colma di liquido
scuro e
caldo.
Il
calore improvviso gli procurò un brivido lungo la schiena, e
in un altro
contesto si sarebbe dato del debole a causa di quella reazione, ma in
quel
momento non riusciva a curarsene più di tanto. Teneva le
dita raffreddate
contro la ceramica quasi scottante, respirando quell’odore
familiare che sapeva
di casa.
Si
sentì rilassare, come se la tazza calda che stringeva le
mani avesse sciolto
tutti i problemi di cui sentiva il peso.
Yuri
Plisetsky non era fatto per l’inerzia; non faceva proprio per
lui star fermo,
prendersi delle pause, no. Eppure, sorseggiando il tè caldo
preparato da suo
nonno mentre l’uomo lo squadrava con il suo sguardo duro, ma
fiero ed
affettuoso, Yuri pensò che stare seduto su quella sedia non
era così male, e
quando anche Noski decise di unirsi a loro, con la coda scura che
ondeggiava e
miagolando ai suoi piedi, alla ricerca di attenzioni, Yuri decise che
forse
avrebbe anche potuto rispondere a
quei messaggi, una volta finito il tè.
Dopotutto
era a casa, e se avesse finito per
arrabbiarsi, ci avrebbero pensato il tè di suo nonno e le
fusa di Noski a
rilassarlo.
[869 parole]
Note della pseudo
autrice:
Hola
gente!
Per
prima cosa, voglio ringraziare di cuore chiunque abbia letto fino a
qui, vi
voglio bene :)
È
la prima volta che scrivo in questo fandom, e in generale la prima
volta che
scrivo dopo taaaanto tempo, quindi sono aperta a tutti i commenti che
vorrete
(si spera) lasciarmi, anche quelli critici (purché, vi
prego, siano costruttivi,
perché sono qui con l’intento principale di
migliorarmi, e gli insulti
scoraggiano e basta).
Devo
ringraziare Kubo-sensei per avermi fatto tornare la voglia di scrivere
e
la pagina facebook Fanwriter.it
per avermi dato la possibilità di farlo, grazie
a questo
contest organizzato per il periodo Natalizio.
La
citazione che dà il titolo alla storia è di
Marjorie Holmes, e l'idea principale
è quella di raccontare sprazzi delle
“vacanze” di Yuri e di
come lui, attraverso l’affetto di chi lo circonda, impari che
casa non è solo
un luogo, ma possono essere più posti, emozioni e persone.
(Perché
fondamentalmente gli voglio un bene dell’anima e voglio solo
vederlo felice!)
Fun
fact: Noski significa calzini in
russo, perché il gatto di Yuri è bianco
con le zampe scure, e io sono molto stupida.
Non
so molto che dire, sono un tantino emozionata, ad essere
sincera… Ho già pronte
le prime quattro storie, che posterò spero al più
presto possibile!
Grazie
mille di nuovo, e buona continuazione delle festività!
|
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Capitolo 2 *** Promesse ***
Promesse
[Prompt:
Schiaccianoci]
Yuri
se ne stava disteso a pancia in giù sul suo letto, gli occhi
sollevati e posati
sul televisore, mentre nella sua stanza cominciava a suonare la Suite
no. 5
dello Schiaccianoci.
Gli
occhi del ragazzo seguirono i movimenti
aggraziati della ballerina, una ragazzina più piccola di
lui, ma che ballava
divinamente; niente a che vedere con la prima ballerina che avrebbe
danzato a
partire dalla seconda scena del primo atto, certo, ma molto brava per
la sua
giovane età.
Clara
ballava
stretta al suo schiaccianoci di legno, ignorando ch’egli
fosse un principe.
Yuri
era fermamente convinto che la sua
passione verso il balletto fosse nata ancora prima di quella per il
pattinaggio, e tutto grazie a suo nonno che, fregandosene altamente
dell’opinione dei suoi genitori, l’aveva portato a
vedere “Lo Schiaccianoci”
del maestro russo Tchaikovsky.
Le
trombe cominciarono a suonare quel
loro ritmo incalzante, e Clara venne colta di sorpresa dal fratello, il
quale
la rincorse fino a che entrambi non uscirono di scena, per lasciare il
posto
agli adulti.
La
scena del ballo tra gli adulti non
era entusiasmante, e Yuri preferiva concentrarsi sulla musica in quel
frangente, così afferrò il proprio telefono dal
pavimento e ne accese lo
schermo.
Come
al solito, le notifiche dei suoi
social ricoprivano per intero la schermata di blocco, ma quella volta
indicavano anche dei messaggi sul suo numero personale. Aprì
l’icona
corrispondente, scoprendo dei messaggi da Yuuko (foto delle gemelle che
sfoggiavano
tre felpe con un leone, una tigre ed un leopardo), uno dei soliti meme
di Mila
ed infine un messaggio da Otabek.
Yuri
alzò un angolo della bocca, in un
mezzo sorriso; era ancora strano parlare con qualcuno che non fosse un
suo
prossimo familiare o quasi, abituato com’era a frequentare
sempre le stesse
persone. Era una sensazione nuova, ma non per questo spiacevole.
Avevano
parlato già qualche giorno prima, e Yuri si era stupito di
quanto gli venisse facile parlare
con Otabek, gli argomenti
non erano forzati, le parole fluivano come mai gli era accaduto prima e
Otabek
riusciva sempre a metterlo di buon umore, anche attraverso uno schermo.
Una
volta gli aveva perfino chiesto un consiglio su una sequenza di passi
che
non riusciva ad eseguire bene, la nota vocale tradiva
l’iniziale imbarazzo del
maggiore, ma a Yuri era piaciuto sentire di nuovo la sua voce.
Aprì
la chat; la didascalia in grigio diceva “Foto” e
Yuri si scoprì particolarmente
curioso di sapere cosa gli avesse mandato Otabek.
Le
prime note della Suite no. 6 riempivano l’aria e davanti ai
suoi occhi si aprì
l’immagine di un paio di guanti neri, foderati da quello che
sembrava pelo
leopardato, Otabek li teneva con una mano.
Ho trovato il
tuo
regalo di Natale. Diceva
la didascalia.
Yuri
fissò la foto per qualche secondo,
sorpreso, prima di accorgersi della frase che ci stava scritta sotto.
Strinse
le labbra, per impedirsi di sorridere di più e rispose
velocemente al
messaggio.
Noi
non lo festeggiamo il Natale.
Inviò, e non ci volle
molto prima che Otabek rispondesse.
Allora
li tengo per me.
Se
Yuri non l’avesse conosciuto meglio,
si sarebbe arrabbiato a quella risposta, ma ormai aveva capito che
Otabek non
era il tipo di persona da rimangiarsi un regalo, e
interpretò quel messaggio
come una semplice battuta.
No,
li voglio, mi piacciono. Rispose,
e gli piacevano davvero;
sebbene non sapesse bene che farsene, poiché sembravano
quasi gemelli di quelli
da motociclista che portava l’altro, l’idea che
Otabek avesse speso del tempo
(e del denaro) per comprare qualcosa a lui
non era fastidiosa come avrebbe pensato fino a qualche settimana prima.
Te
li mando per posta. Gli
aveva risposto Otabek, mentre Yuri,
sentendo un cambiamento nella melodia della canzone alzò gli
occhi in tempo per
vedere l’arrivo dei topi. Non appena ritornò con
lo sguardo sul telefono non
riuscì più a contenere il sorriso che gli si
aprì sul volto.
Non
passarono che pochi secondi, però,
che venne colpito dalla consapevolezza di non aver nulla per ricambiare
il
regalo di Otabek. Certo, era giustificato, perché non era
usanza in Russia fare
doni per Natale, e soprattutto perché non si sarebbe mai
immaginato che Otabek
avrebbe pensato di regalargli qualcosa, ma non risolveva il suo
problema.
Il
suo cellulare vibrò una seconda
volta, mostrando l’icona di una nota vocale. Yuri aveva
cominciato a capire che
Otabek non amava i messaggi, infatti capitava spesso che gli
rispondesse a
voce.
Avviò
la nota e si mise in ascolto, il
telefono avvicinato all’orecchio, in modo che
l’audio non venisse inghiottito
dalle ultime note della Suite no. 6.
Prima
che Otabek iniziasse a parlare,
Yuri riconobbe il rumore del traffico, e si chiese cosa
diavolo avesse in testa quel pazzo, se davvero stava guidando
con il telefono in mano.
«Umh…
comunque non sei costretto a regalarmi qualcosa anche tu. E il rumore
viene
dalla finestra, non sto guidando.»
Come
in tutte le altre note vocali che
gli aveva mandato, Otabek parlava piano, come se fosse a disagio, ma
stavolta
Yuri non riuscì a concentrarsi su quello, perché
Otabek era riuscito a placare
qualunque suo dubbio, in meno di dieci secondi. Ancora una volta aveva
capito
cosa gli passasse per la testa, e la cosa era così assurda
da sembrare quasi
spaventosa.
Yuri
tenne premuto il pulsante per
registrare. «Per me puoi anche guidare e parlare al telefono,
basta che non ti
rompi qualche arto, devi ancora battermi.» lasciò
andare, mandando la nota
vocale, poi aggiunse per messaggio. Se
trovo qualcosa che potrebbe piacerti te la mando anche io per posta.
Sapeva
che Otabek gli aveva appena detto
che non era necessario, ma ormai Yuri aveva deciso.
Mmh.
Fu
l’eloquente risposta dell’altro, anche se Yuri non
ebbe neanche il tempo di
replicare, perché il telefono gli vibrò di nuovo
tra le mani.
È
Lo Schiaccianoci, di sottofondo? Chiedeva
Otabek. Yuri
non si aspettava un messaggio del genere, non si aspettava che
l’altro notasse
qualcosa del genere, considerato che la nota vocale non durava
più di quattro
secondi.
Alzò
un sopracciglio, digitando un
semplice Sì, Suite no. 7.
Non
mi dice niente, non l’ho mai visto tutto. Mi irrita.
La risposta non si fece aspettare.
Inizialmente,
Yuri credette di aver
capito male: non era possibile che Otabek non avesse mai
visto l’intero spettacolo. Rilesse il messaggio, ma
le parole
erano lì, chiare e limpide. L’irritazione venne
dopo.
Ti
irrita?
Scrisse, con tutta l’intenzione di far tornare un
po’ di sale in zucca ad Altin, che a quanto pareva
l’aveva lasciato tutto nel
casco.
Non
amo molto il balletto. Replicò
il maggiore.
Ma
se hai preso lezioni con me al campo di Yakov. Gli
ricordò Yuri, sempre più confuso. Come faceva
Otabek a non apprezzare Lo
Schiaccianoci? O il balletto? Da pattinatore avrebbe dovuto conoscere
almeno i
passi di base, per non parlare di tutto l’allenamento per
ammorbidire i
legamenti.
Notò
una nuova nota vocale, stavolta più
lunga del solito. «Dopo il campo
estivo
non mai più ballato. Non ne sono mai stato capace e ho
preferito concentrarmi
sul pattinaggio. Non fa per me.»
L’imbarazzo
era percepibile nella voce
di Otabek, più bassa del normale, come se si vergognasse ad
ammetterlo, come se
si sentisse in difetto. E forse era proprio così,
pensò Yuri, perché Otabek gli
aveva confessato di averlo preso a modello, per tutto il tempo che
avevano
passato al campo. Tutto il risentimento scivolò in secondo
piano, a quella
realizzazione, ma non la determinazione, quella no. Aveva deciso che
avrebbe
fatto rinsavire Otabek, e ci sarebbe riuscito.
«Non
piangerti addosso e vedi di
riprendere a ballare o non te la caverai facilmente quando ci
rivedremo,
Altin.» Inviò.
Non
aveva riflettuto molto sulle
promesse nascoste in quella risposta e nemmeno gli interessavano,
perché quando
Otabek gli rispose con una risata smorzata, Yuri riuscì solo
a pensare di aver
raggiunto il suo scopo.
[1304
parole]
Note della pseudo autrice:
Salve
di nuovo gente!
Come
sempre, grazie per aver letto fino a
qui, innanzitutto :)
Adesso
mi lascerò andare in una serie di sproloqui
su questa seconda one-shot (aka vi spiego un po’ a cosa
pensavo mentre
scrivevo, anche se probabilmente non interessa a nessuno lol):
Prima
cosa importante: sono
preoccupatissima per la caratterizzazione dei personaggi, non tanto
Yuri (ma
ovviamente se vi sembra OOC fatemelo notare), quando per Otabek. Voglio
tanto
bene anche a lui e mi ci rivedo molto, però non sono sicura
di essere riuscita
a renderlo bene come avrei voluto, quindi vi prego, se vi sembrano cose
campate
in aria, ditemelo senza troppi giri di parole.
Seconda
cosa (un po’ meno importante, ma
la preciso perché non si sa mai): in questa storia il
rapporto tra Yuri e Otabek
sarà di semplice amicizia, non per motivi particolari (ad
esempio tutto il
dibattito sulla pedofilia che non voglio nemmeno star qui ad esaminare,
perché mi
sembra profondamente offensivo verso le relazioni tra persone reali,
inoltre sono
la prima che shippa Otayuri con l’intera anima), ma
perché mi piace l’idea di
questi due che prima di vedersi come potenziali “interessi
amorosi” si vedano
come “amici”.
Teerzo:
Ho detto che in Russia non si
festeggia il Natale, e la cosa è in parte vera; i russi
(come i kazaki)
festeggiano il Natale secondo il calendario ortodosso, quindi il 7
gennaio,
anche se in generale la festività più sentita
è il Capodanno, i doni vengono
infatti scambiati durante Capodanno e non a Natale.
Quarto
(e giuro che la smetto): lo
Schiaccianoci perché sì; perché io amo
profondamente Tchaikovsky e lo Schiaccianoci, e
perché volevo inserire il
mio headcanon secondo il quale Beka, nonstante abbia rinunciato al
balletto
ormai da anni, decide di riprendere qualche lezione per poter ballare
con Yuri
*la sedano e la portano via*
Finalmente
ho finito queste note che sono
magari più lunghe della storia stessa :’)
Ringrazio
di nuovo chiunque abbia letto e
spero mi lascerete un commento (ribadisco, anche critico!), ne sarei
felicissima!
Buon
proseguimento!
LysL
|
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Capitolo 3 *** Tutta colpa del jet-lag (forse) ***
Contest natalizio
Tutta
colpa del jet-lag (forse)
[Prompt:
“Sono certo che tu sia nella
lista dei bimbi cattivi.” “Tu a breve sarai in
quella dell’ospedale.”]
A
due giorni dal compleanno di Victor Nikiforov, Yuri era stato
ufficialmente
invitato in Giappone. All’inizio era stato contattato dal
diretto interessato che,
vedendosi ignorato, aveva chiesto a Yuuko di invitare il ragazzo per il
fine
settimana natalizio.
Yuri,
quando aveva accettato, era perfettamente consapevole che avrebbe
comunque
visto Victor e il suo stupido omonimo, ma non pensava che lo sarebbero
venuti a
prendere all’aeroporto.
La
scena fu imbarazzante; Non come quella volta in cui si erano messi a
urlargli
incitazioni prima del suo Short Program, anche perché molto
meno pubblica, ma
abbastanza da procurargli un tic all’occhio (complice anche
quello stupido
soprannome che avevano deciso di dargli ormai mesi prima, e le nove ore
di volo
che aveva fatto).
Yuri
fu inizialmente tentato dal voltar loro le spalle e fare un commento
cattivo,
ma la visione delle tre gemelle, con gli occhi brillanti e sorrisi
identici (ed
una di loro con cellulare sfoderato) fecero crollare tutti quei
propositi. Yuri
Plisetsky poteva anche essere maleducato o irrispettoso, ma non si
sarebbe mai
permesso di deludere quei tre visini accesi di gioia.
«Yurio!»
Fu la voce di Yuuko a risvegliarlo da quel trance, e Yuri si
ritrovò stretto
tra le braccia della donna, come se questa volesse strappargli via
tutto il
fiato. Non fece neanche in tempo a ricambiare l’abbraccio che
fu il turno per
Axel, Lutz e Loop di stritolarlo. Si attaccarono ai suoi fianchi,
tirandolo giù
al loro livello.
«Yurio!
Finalmente sei tornato.» disse una delle tre, in
un’inglese molto maccheronico,
ma comprensibile.
«Ci
sei mancato tanto!» disse un’altra.
«Sta’
fermo così! La foto verrà perfetta!»
aggiunse la terza.
Yuri
non sarebbe mai riuscito a distinguerle, così si
limitò a contraccambiare i
loro sorrisi, dopotutto non erano loro il problema, anzi forse
sarebbero state
le uniche a rendere vivibili quei tre giorni e mezzo. Loro, Yuuko e la
signora
Katsuki, che era sempre stata gentile con lui.
«Ehi,
voi tre, così lo soffocherete!»
A
rompere quel momento di spontaneo affetto ci pensò Yuuri, l’inizio e la fine di
tutti i suoi mali. A vederlo così non
l’avrebbe detto nessuno, arrotolato com’era nel suo
giaccone informe, con la
mascherina bianca a coprirgli la metà inferiore del viso e
gli occhiali a
coprirgli la metà superiore, ma quel tipo non era solo
riuscito a fregargli la
coreografia dello Short Program, strappargli la medaglia
d’oro da sotto il naso
e umiliarlo come mai lo era stato nella sua vita, ma gli aveva anche
negato per
sempre la possibilità di avere Victor Nikiforov come coach.
Nemmeno
a dirlo, anche se non avrebbero comunque avuto bisogno di una medaglia
d’oro
per ufficializzare una cosa già palese a tutti, il loro
matrimonio (al quale, ovviamente,
anche Yuri era stato
invitato) si sarebbe tenuto ad aprile.
Yuri
riservò uno sguardo di ghiaccio al suo omonimo giapponese,
indirizzandogli un
breve cenno del mento e uno sbuffo che voleva somigliare ad un saluto,
saluto
al quale l’altro rispose con un gran sorrisone.
«Bentornato, Yurio!»
«Tsk.»
Fu tutto ciò che Yuri riuscì a proferire,
impegnato a mantenere quella facciata
di fastidio generale verso le cose e il mondo. Non perché
odiasse
effettivamente tutto e tutti, anzi, Yuuri non era poi tanto
male, in fondo… molto in fondo. Però
restava il fatto che gli
avesse fregato il primo posto e il coach.
Coach
che se ne stava dietro il suo promesso sposo con un sorriso gemello sul
volto e
un cappellino rosso in testa. Yuri represse la battuta pungente su
età e
mancanza di barba, ma non fece neanche in tempo a formulare un
qualsivoglia
saluto (anche se sarebbe stato qualcosa del tipo “Ciao,
idiota.”) che Victor
gli posò entrambe le mani sulle spalle scuotendolo piano.
«Yurio! Sono contento
che tu ce l’abbia fatta!» Poi lo tirò
verso di sé, abbracciandolo.
Yuri
si bloccò, le dita chiuse a pugno che si rifiutavano di
posarsi sulla schiena
di Victor per ricambiare l’abbraccio, la bocca socchiusa,
come se un urlo fosse
rimasto incastrato nella sua gola, invece che uscirne. In effetti non
durò
tanto, ma appena Victor si staccò, Yuri mise un bel
po’ di centimetri di
distanza tra loro, imprecando in una lingua a metà tra il
russo e l’inglese.
«Non
sono certo venuto per te, vecchiaccio!» sputò.
«E non toccarmi mai più,
idiota!» sbraitò, incredulo.
Il
sorriso di Victor si affievolì, senza però
spegnersi del tutto e quando alla
fine parlò, la sua voce suonò del tutto angelica,
come se Yuri l’avesse solo
riempito di complimenti e non di insulti.
«Di’
un po’, Yurio, come ti sei comportato quest’anno?
Sono certo che tu sia nella
lista dei bimbi cattivi.» cinguettò, con lo stesso
tono che si usa per parlare
ad un moccioso.
Yuri
per poco non gli tirò un pugno lì ed in quel
momento; come si permetteva quel
damerino montato di parlargli in quel modo? Gli mostrò i
denti, in un soffio
rabbioso, prima di indirizzargli un dito medio. «E tu a breve
sarai in quella
dell’ospedale, stronzo!» si premurò di
utilizzare il russo, in modo che nessuno
capisse a parte Victor stesso. «E poi noi nemmeno la
festeggiamo la loro
stupida festa!»
Lo
fissò in cagnesco per qualche secondo, prima che la voce di
Yuuri, lo
interrompesse, di nuovo. Il ragazzo
usò quel suo inglese non del tutto libero
dall’accento giapponese, cercando di
riappacificare gli animi. «Su, su, sono sicuro che Yurio
è solo nervoso per il
viaggio, adesso torniamo a casa e lo lasciamo riposare.»
posò una mano sul
braccio di Victor.
Victor
lanciò a Yuri un ultimo sguardo a metà tra il
divertito e l’irato, prima di
posare gli occhi sulla mano che gli stringeva il giaccone beige chiaro.
«Hai
ragione, sei ore di differenza e nove di volo non sono
poche.» alzò il viso su
Yuuri, e quello gli sillabò qualcosa che Yuri non colse, ma
che sciolse
l’espressione di Victor.
Yuri
sbuffò di nuovo e si mosse per seguire Yuuko e le gemelle
fuori da
quell’aeroporto, sognando già un letto morbido e
un cuscino comodo.
Stava
per sorpassare la figura ancora voltata di Victor, quando la sua voce
lo fece
fermare. «Yuri?» aveva detto; non Yurio, Yuri.
La
testa bionda del russo scattò in quella direzione, tutta la
sua attenzione sul
viso dell’ex-pattinatore. Victor alzò lo sguardo,
regalandogli un sorriso molto
diverso da quello precedente, luminoso e felice. «Sono
davvero felice che tu
sia qui.» disse, e stavolta la sua voce sembrò
sincera. Yuri distolse lo
sguardo, borbottando un confuso “grazie” prima di
continuare per la sua strada.
Si
perse lo sguardo fiero di Yuuri per Victor, ma non la strana sensazione
accesasi nel proprio petto a quella frase, e si ritrovò a
pensare che quel
soggiorno in Giappone avrebbe potuto non essere un completo inferno e
che
Victor Nikiforov non era poi un completo stronzo, ma forse era solo
colpa del
jet-lag.
[1139 parole]
Note della pseudo
autrice:
Ed
ecco anche la terza storia di questa serie, a cui sono tanto legata
perché ci
sono anche Yuuko, le gemelle e i Victuuri, e ho adorato scrivere delle
interazioni di Yuri con loro.
Grazie
sempre per avere letto, come prima cosa :)
Per
il resto, credo che la storia parli da sé, questa volta.
Dopo la recente
intervista a Kubo-sensei, in cui dice che i suoi piani per Yuri, in
questa
stagione, erano quelli di fargli capire che non
c’è nulla di male nel voler
bene a qualcuno, come non c’è nulla di male se
qualcuno vuol bene a te, mi si è
aperto un mondo sulla psicologia di Yuri, legato tra l’altro
al tema di questa
raccolta. E le prossime storie saranno incentrate su questo; non ne
parlerò in
modo esplicito, ma sempre attraverso il POV di Yuri, ma spero che
l’idea vi
piaccia quanto piace a me (ho un debole per queste cose, perdonatemi!).
Per
chi volesse sapere cosa Yuuri ha detto a Victor, gli ha solo fatto
notare che quello
che ha usato non è il tono giusto per parlare a Yuri.
Un’altra
precisazione necessaria è che adoro
Yuuri
Katsuki e Victor Nikiforov, e se capiterà di riferirmi a
loro con insulti d’ora
in avanti, lo farò solo perché cerco di
interpretare i pensieri di Yuri, pace.
Also,
nella prossima storia ci saranno interazioni tra Yuri e le gemelle,
perché
nella mia testa Yuri adora quelle tre pesti nella stessa misura in cui
loro
adorano lui.
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto e che vorrete lasciarmi un
commento, come
sempre, anche critico!
E un grazie
speciale
a chi ha messo questa storia tra le seguite e le preferite, come
anche a
chi ha recensito (a cui risponderò presto, promesso!♥)
Buona
continuazione!
LysL
|
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Capitolo 4 *** Nanna ***
Contest natalizio
Nanna
[Prompt:
Cuscini]
La
serata del ventiquattro era passata senza avvenimenti degni di essere
menzionati, a parte la meravigliosa cena preparata da Yuuko, Yuri si
sentiva
sempre più stanco col passare delle ore. Non che fosse
fisicamente stanco,
dopotutto era lì solo da due giorni, e anche se aveva
accompagnato le gemelle a
pattinare insieme a Yuuko e aveva cucinato i pirozhki con la signora
Katsuki,
la sua non era una stanchezza fisica, quando piuttosto mentale.
L’atmosfera
rilassata di Hasetsu l’aveva fatto cadere in uno stato di
torpore che non gli
apparteneva, e non aiutava il fatto che avesse dovuto impedirsi di
commentare
in modo brusco i comportamenti smielati di Victor e Yuuri; si chiedeva
se non
si fossero già sposati in segreto e non fossero attualmente
in luna di miele,
perché non si spiegava in altro modo come quei due potessero
sopportare di
stare così vicini l’uno all’altro, ma
aveva rinunciato a capire cosa Victor ci
vedesse nel cotoletto ormai da molto tempo.
Sospirò
piano, mentre sprofondava nei cuscini posti dietro la sua schiena,
seduto a
gambe incrociate sul pavimento di legno del salotto di casa Nishigori.
La
verità era che anche Hasetsu cominciava a sembrargli molto
una seconda casa, e
a confermare quella sensazione c’erano le tre paia di mani
che gli stavano
accarezzando piano il cuoio capelluto, intrecciandogli i capelli, ormai
arrivati alle spalle.
Di
norma non amava che gli venissero toccati i capelli, ma le gemelle
l’avevano
pregato a mani giunte e i capi abbassati, con Yuuko accanto a loro che
traduceva le loro parole, e Yuri aveva fatto finta di essere
contrariato, per
poi annuire ed accontentarle un’ennesima volta.
Era
una bella sensazione, doveva ammetterlo; sapeva di famiglia, sebbene a
volte
risuonassero commenti in giapponese e più raramente in
inglese (tra Victor e
Yuuri, o se Yuuko e le gemelle volevano rivolgersi direttamente a lui).
Non
sentiva nemmeno più la TV blaterare in giapponese, anche se
non aveva neanche
seguito qualunque cosa stessero vedendo, stordito com’era dal
cibo, dal jet-lag
(non ancora del tutto smaltito) e dalle gemelle che avevano deciso di
cambiare
acconciatura, con grande disappunto di una delle tre, la quale, stando
alla
traduzione di Yuuko, non aveva ancora finito la propria treccia.
Una
manina paffuta gli si posò sulla fronte, spingendogli piano
la testa
all’indietro, in modo che anche la sua nuca poggiasse sul
cuscino, e Yuri chiuse
le palpebre spontaneamente, mentre dita gli spostavano i capelli dagli
occhi.
Lasciò andare un sospiro che fece ridacchiare le gemelle.
«Sei
carino, Yurio-kun!» mormorò una di loro, prendendo
una ciocca vicina al suo
orecchio per unirla a quelle che teneva già sul palmo.
Un
leggero rossore gli colorò le guance, non perché
fosse imbarazzato dal
complimento, dopotutto ne riceveva numerosi giornalmente, ma quel
commento,
detto come se fosse un dato di fatto, con il tono sincero che solo un
bambino
può avere, gli aveva mandato un fiotto di calore dritto al
petto.
Aprì
un occhio, per far mostrare che l’aveva sentita, senza
però risponderle, e lei
gongolò felice, dondolandosi sul posto.
Yuri
era segretamente contento di essere trattato con tutta quella
gentilezza;
accolto come un membro della famiglia, entrambi i Nishigori e i
Katsuki
l’avevano subito fatto sentire parte di
quell’atmosfera rilassata e piena d’affetto
(forse anche troppo) che li caratterizzava, mettendolo in imbarazzo
come dei
veri parenti, ma sempre con buone intenzioni.
Qualche
ora prima, durante lo spacchettamento dei regali, la signora Katsuki
gli aveva
addirittura regalato una sciarpa fatta a mano, e Yuuko una maglia con
la stampa
di un leone che occupava l’intera parte frontale,
perché qualche settimana
prima Yuri le aveva detto che la sua ormai gli veniva stretta. Aveva
anche
accettato il regalo di Victor e Yuuri (una felpa nera su misura con la
scritta
“Ice Tiger of Russia” stampata a lettere
leopardate), decidendo che, almeno per
quanto riguardava il vestiario, avessero buon gusto.
Ad
un certo punto, quando era sul punto di crollare addormentato
lì sul pavimento,
Yuuko si alzò dal suo posto sul divano, accanto al marito,
ed esordì con un
commento in giapponese che Yuri non colse, ma al quale le gemelle
reagirono
con una serie di lamenti.
Solo
dopo qualche secondo, quando Takeshi gli tradusse la conversazione,
Yuri capì
che la donna aveva detto loro di andare a letto, con relative proteste.
Poi una
delle tre puntò il dito ad indicarlo, ma Yuri, ovviamente,
non comprese una
parola, se non il suo soprannome “Yurio-kun”. Di
nuovo, Takeshi si premurò di
tradurgli.
«Perché
Yurio-kun non deve andare a letto?» aveva detta quella che
Yuri era abbastanza
sicuro fosse Lutz.
«Perché
Yurio-kun non ha sei anni.» era stata la risposta di Yuuko, e
gli aveva
indirizzato un sorriso come per dirgli “Sta tranquillo, non
è colpa tua se sono
ancora sveglie.”
«Ma
non siamo stanche!» si lamentò Axel, riconoscibile
dalla grossa “A” che
figurava sulla maglia del suo pigiama. Per tutta risposta, Loop si
lasciò
sfuggire uno sbadiglio e si stropicciò gli occhi con i pugni
chiusi, senza però
mancare di dar man forte alla sorella. «No,
infatti!»
Yuri
considerò la situazione: le gemelle non ne volevano sapere
di andare a letto,
lui invece avrebbe davvero gradito potersi distendere su un materasso
vero,
inoltre poteva vantare un certo ascendente sulle tre piccole pesti.
Si
esibì in uno sbadiglio ostentato (anche se neanche tanto), e
incrociò lo
sguardo di Yuuko, che alzò gli occhi al cielo e si godette
la scena.
«Veramente
io sto per andare a letto.» disse lui in inglese, in modo che
le bambine
capissero quanto bastava per convincerle.
Lutz
lo guardò come se si sentisse tradita, e lo stesso fecero
Loop e Axel, anche se
quest’ultima gli strinse una spalla piagnucolando
«Yurio-kuuun!»
Yuuko
soppresse la risatina che le era salita alle labbra, e
sollevò le sopracciglia
indicando il corridoio dove si trovavano le camere da letto.
«Tutti a nanna,
su!»
Axel
fu la prima ad alzarsi, e senza neanche dare la buonanotte, si diresse
verso la
stanza con il naso puntato per aria e sbuffando; le altre due, con lo
sguardo
sconsolato di chi sa bene che non ha altra alternativa, salutarono
mogie Victor
e Yuuri, ma mentre Loop seguì la sorella nel corridoio, Lutz
si fermò,
abbracciando il cuscino di fianco a Yuri, e guardandolo con quegli
occhioni
delusi che ebbero l’effetto di farlo sentire un po’
in colpa.
Yuri
la fissò per qualche secondo, indeciso sul da farsi, poi si
alzò in piedi con
un sospiro rassegnato, caricandosi Lutz (ancora attaccata al suo
cuscino) in
braccio. «Sei viziata.» le disse, e lei scosse la
testa, confusa. Probabilmente
non aveva mai sentito quella parola. Yuuko ridacchiò,
lasciandole un tenero bacio
sulla fronte, mentre le ripeteva la frase in giapponese. Lutz
sbuffò e nascose
il viso nel cuscino.
Quando
finalmente arrivarono nella camera delle gemelle, le altre due ebbero
da ridire
sul trattamento preferenziale che era stato riservato alla sorella e
Yuri fu
lasciato libero di andare anche lui a dormire solo quando Loop e Axel
ebbero
ottenuto la promessa di essere trasportate in braccio anche loro, la
sera
successiva. Yuri non riuscì nemmeno a sentirsene infastidito.
[1181 parole]
Note della pseudo
autrice:
Ed
ecco anche la quarta storia di questa raccolta!
Salve
gente, e grazie per aver letto questo capitolo :)
Come
per quello precedente, anche a questo sono molto legata, soprattutto
perché ci
sono le gemelle (le adoro tanto :3). Anche qui, credo che il tema della
raccolta sia espresso in modo un po’ più
esplicito, come nel primo capitolo,
perché Yuri si permette di rilassarsi in un contesto che non
è “Mosca, nonno,
gatto” e mi è piaciuto un sacco scrivere questa
cosa!
Inoltre,
anche qui ho deciso di inserire un mio headcanon, ossia che sebbene
Yuri abbia
un buon rapporto con tutte e tre le gemelle, è
più protettivo e affettuoso con
una in particolare (Ho deciso Lutz, non so esattamente
perché lol).
E
niente, tutto qui, per stavolta non ci sono precisazioni, vi risparmio
:’)
Grazie
sempre a tutti coloro che hanno letto, con la speranza che vorrete
lasciarmi un
commento alla storia, e soprattutto a coloro che l’hanno
messa tra le
preferite/seguite, vi voglio bene!
LysL
|
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Capitolo 5 *** Troppo sakè ***
Contest natalizio
Troppo
sakè
[Prompt:
Qualcuno ha
bevuto troppo e ora va in giro con addosso la testa di una renna
impagliata e
un cappellino di Natale a nascondere le vergogne]
Tutto
sommato avrebbe dovuto aspettarselo, si disse Yuri. Perché
certe cose non
succedono nelle famiglie normali, perché Yuuri i suoi geni
doveva averli presi
da qualcuno, perché una persona non si sveglia la mattina
con l’intento di fare
una pole dance quasi nudo e innaffiando tutti di champagne. Avrebbe
dovuto
capirlo non appena viste le bottiglie di sakè in tavola.
Quindi,
Yuri avrebbe dovuto aspettarselo, ma ciò non gli
impedì di rimanere del tutto
scioccato quando, nella tarda serata (e per fortuna le gemelle se
n’erano
andate prima con Takeshi), il signor Katsuki aveva ben deciso di
staccare la
testa della renna che adornava il giardino della casa e piazzarsela
addosso,
indossando solo la propria camicia. Era uno spettacolo disgustoso, per
parafrasare, e Yuri stava cercando di dimenticare il momento in cui
quel tipo,
le guance rosse e la voce tanto strascicata da non sembrare
più nemmeno una
umana, aveva rubato il cappello rosso che Victor indossava
all’aeroporto e se
l’era legato sui fianchi con un laccio, così che
gli coprisse le vergogne;
sembrava uno strano lottatore di sumo, pensò Yuri, tra un
insulto mentale e
l’altro.
E
dire che la serata era iniziata bene! Qualche ora dopo pranzo e una
quantità
esagerata di smancerie più tardi, Victor e Yuuri avevano
finalmente lasciato la
casa per dedicarsi alla loro serata di coppia, e tutti i rimanenti si
erano
spostati in salotto, a parlare, guardare la tv e, nel caso delle
gemelle,
giocare a qualche gioco di società. E poi la signora Katsuki
aveva deciso che
era davvero il caso di finire il sakè rimasto dal pranzo.
Yuri
si ricordava di aver cercato lo sguardo di Yuuko, ma l’aveva
trovata distesa
sul pavimento insieme alle figlie ad urlare su chissà cosa
al telefono, poi
Takeshi aveva esordito con un “E’ il caso di
tornare!”, probabilmente
consapevole di cosa sarebbe successo di lì a qualche minuto,
ma Yuuko non ne
aveva voluto sapere, perché voleva aspettare Yuuri e Victor,
insistendo che
sarebbe tornata a casa a piedi, più tardi. Anche le gemelle
avevano protestato,
ma non c’era stato verso di convincere Takeshi a rivedere la
sua decisione.
Dopo quella discussione, Yuri non aveva potuto far altro che promettere
a
Takeshi che avrebbe accompagnato lui Yuuko, motivo per cui sedeva
scomposto su
di una sedia, il mento poggiato sul pugno, mentre cercava di non
scappare via
da quella stanza e chiudersi in bagno a vomitare.
A
niente erano serviti i sorrisi della signora Katsuki, né il
tono più duro di
Mari, né i metodi di persuasione di Yuuko, che con dolcezza
(probabilmente
anche per esperienza), aveva aiutato le padrone di casa a portare
l’uomo in
camera da letto, con il solo risultato di farlo finire seduto per terra
nel
corridoio a raccontare barzellette dalla dubbia comicità.
«Sapete
come si vestono i pattinatori che si esibiscono in casa?»
chiese d’un tratto,
parlando un inglese che avrebbe dovuto essere dichiarato illegale.
Yuri
si passò una mano sulla faccia, sconfitto, mentre Yuuko
sorrideva al signor
Katsuki, che tra un singhiozzo e l’altro rispose in tono
strascicato. «In
vestaglia!» poi scoppiò in una risata fragorosa.
Mari
rivolse uno sguardo imbarazzato a Yuri, piegando il capo e congiungendo
le
mani, nel modo strano che avevano i giapponesi di chiedere scusa, e lui
fece le
spallucce, consapevole che in quella situazione i colpevoli erano solo
i geni
maschili della famiglia Katsuki.
Era
arrivato così tanto a limite della sopportazione che il
suono di persone
nell’ingresso, nella fattispecie risatine e il rumore di
qualcuno che
inciampava, fu come un balsamo per le sue povere orecchie. Solo fino a
quando
Yuuri Katsuki fece la sua apparizione nel salotto, con un Victor molto
poco
sobrio che gli stava attaccato alle spalle, riempiendogli il collo di
baci.
Non
appena si accorse della scena che gli si parava di fronte, gli occhi
scuri di Yuuri
si spalancarono e si staccò di dosso il suo fidanzato senza
troppe cerimonie.
«Cosa è successo?» chiese, incredulo,
lanciando occhiate preoccupate
tutt’intorno.
Sia
Mari che Yuri aprirono la bocca per rispondergli, visto che la signora
Katsuki
e Yuuko erano ancora inginocchiate accanto all’altro uomo, ma
vennero
preceduti.
«Oh,
figliolo!» Esclamò il signor Katsuki, un dito
alzato ad indicare Yuuri.
«Sai
qual è il colmo per due gatti?»
Yuuri
gemette. «Papà…»
«Guardarsi
in cagnesco!» rise di nuovo. Yuri credeva che dopo quella
serata ne avrebbe
avuto abbastanza di quella famiglia infernale per almeno un altro anno.
Sbuffò
rumorosamente, prima di fare un passo avanti e squadrare con fastidio
gli
ultimi arrivati. «Mi sembra ovvio! Tuo padre è
ubriaco fradicio e noi non
riusciamo a portarlo in camera!» gli spiegò,
cercando di calmare il bollore che
gli attanagliava lo stomaco. Dopotutto, si disse, per una volta il
cotoletto
non era un diretto responsabile
delle
sue disgrazie. «Potresti anche aiutarci, invece di startene
lì impalato, che
dici!?» disse a voce più alta, visto che
l’altro sembrava essersi bloccato; non
era stato detto con cattiveria, quanto più con semplice
esasperazione per
essere stato lasciato solo con tre donne e un uomo ubriaco. Quello
riuscì a far
riprendere Yuuri, che si precipitò al suo fianco e, tra
scuse borbottate, fece
per abbassarsi e passare una braccio sotto quello del padre, in modo da
sorreggerlo.
L’uomo
però non ne voleva sapere, e si fece ancora più
pesante e molle nella presa dei
due Yuri.
«Victor!»
Chiamò, e il diretto interessato si voltò. Yuri
trattenne la bestemmia che gli
era salita alle labbra, con uno sforzo sovrumano, impegnandosi il
doppio per
tirar su quel peso morto. Fu sul punto di scattare quando, con il tono
genuinamente
sorpreso di chi non si è accorto di nulla, il signor Katsuki
si voltò verso di
lui e disse. «Yurio, ma ci sei anche tu? Oh! Allora devi
assolutamente sentire
questa battuta!»
Victor,
che intanto si era avvicinato, posò un braccio sulle spalle
di Yuuri,
rendendogli molto più difficile il compito di sollevare il
padre.
«Sapete
qual è la città preferita dai ragni?»
un sorriso sornione gli adornava il
volto, e se non fosse che era completamente nudo con solo un cappellino
di
Natale a coprirgli l’inguine e lui doveva trasportarlo fino
in camera da letto,
Yuri l’avrebbe anche trovato esilarante.
Ovviamente,
Victor, anche lui annebbiato dai fumi dell’alcool (anche se
Yuri era sicuro che
la reazione sarebbe stata la stessa anche da sobrio) scosse la testa,
interessato.
Il
signor Katsuki allargò il proprio sorriso, prima di
dichiarare, con l’orgoglio
che solo un uomo ubriaco può avere.
«Mosca!»
A
Yuri veniva da piangere. E ancor di più quando il signor
Katsuki prese a dargli
leggere gomitate nello stomaco, ripetendogli il nome della
città, la sua città.
Il
coro di risate (si era unito anche Victor) che seguì lo
lasciarono di stucco,
con la sola voglia di tornare a casa con Yuuko il più presto
possibile e
infilarsi sotto le coperte per dimenticare tutto quello che era
successo quella
sera; per sfortuna, la condizione necessaria per poter raggiungere il
suo
obiettivo era che Toshiya Katsuki collaborasse e si andasse a coricare,
una
volta per tutte.
«Su,
papà!» Lo esortò Yuuri, con lievi
pacche sulla schiena, scrollandosi il braccio
di Victor dalle spalle e alzando gli occhi al cielo quando quello
produsse un
suono offeso.
Con
l’aiuto combinato di Yuuri e Mari, finalmente riuscirono a
chiudere l’uomo in
camera con la moglie, che gli stava parlando in quel suo tono dolce.
Solo dopo,
Yuuri riuscì a togliersi finalmente il cappello umido di
neve che gli copriva
ancora la teste e i guanti altrettanto umidi.
Yuri
sospirò di sollievo, lanciando un’occhiata a Yuuko
che significava un chiaro “ti prego,
andiamo via.”, ma prima che
potesse davvero fare qualche passo verso la donna, una mano gli si
posò sulla
spalla.
Non
avrebbe avuto bisogno di girarsi per sapere che era il cotoletto, ma lo
fece
comunque con uno sguardo profondamente scocciato. Il sorriso di Yuuri
lo colse di
sorpresa, sebbene fosse ormai abituato a quel viso tondo e a
quell’espressione
felice, visto che Yuuri sembrava non ricordarsi come si esprimessero le
altre
emozioni (anche perché, la vita aveva preso una svolta in
suo favore, quindi,
rifletté Yuri, perché non
avrebbe dovuto
essere felice?).
Il
maggiore gli diede due pacche sul braccio. «Grazie per
esserti occupato di mio
padre mentre non c’ero.» disse.
Yuri
distolse lo sguardo, e perché diamine
sentiva
le guance andare a fuoco? Incrociò le braccia e
puntò il naso verso l’alto.
«Tsk. Come ti pare.» bofonchiò. Yuuri
ridacchiò, ma ormai lui era scattato via
al fianco di Yuuko, e quando quest’ultima si disse fiera di
lui per il modo in
cui era riuscito a gestire la situazione, nemmeno la notturna aria
fredda riuscì
a placare il suo furioso rossore.
[1448 parole]
Note della pseudo
autrice:
Salve!
Sono finalmente riuscita a trovare del tempo per continuare a scrivere
le fic
del contest, la cui scadenza è stata fortunatamente
prorogata *ringrazia l’Universo*
E
sì, mi rendo conto anch’io che la cosa che avete
appena letto (e a proposito,
grazie per averlo fatto) è mooolto demenziale, ma questo
succede quando ti
ritrovi con libri d’alta letteratura, quali la raccolta di
barzellette di
Geronimo Stilton, tra le mani dopo averli ripescati da uno scaffale che
non
sapevi neanche esistesse in casa tua.
So
bene che Toshiya parla in inglese tutto il tempo e queste freddure non
esistono
in inglese, essendo giochi di parole validi solo per
l’italiano, ma fatemele
passare, vi prego! Volevo mettere le traduzioni di freddure in inglese,
ma
ovviamente non rendono, quindi ho preferito utilizzare quelle che avevo
a
disposizione e sperare nella clemenza di chi le leggesse.
Anche
nell’idiozia generale, ho cercato di mostrare una certa
maturazione da parte di
Yuri, che stavolta si offre di fare il gentiluomo con Yuuko, aiuta la
madre e
la sorella di Yuuri e infine Yuuri stesso senza menare nessuno e senza
avere
veri e propri scatti d’ira.
Mi
scuso ancora profondamente per il livello di demenza raggiunto in
questa shot,
ma mi sono divertita a scriverla, e spero vi abbia strappato un
sorriso, anche
di pena nei miei confronti, va bene lo stesso :’)
Spero
lascerete un commento (anche un insulto, stavolta me li merito) e come
sempre
un grazie speciale a chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite.
E
un grazie ancora più speciale a _Lady
di inchiostro_ che non solo ha recensito
tutti i capitoli, ma mi sprona sempre a far meglio :3
Un
saluto a tutti e alla prossima!
LysL
|
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Capitolo 6 *** Nuovo ***
Contest natalizio
Nuovo
[Prompt:
Caramelle]
Il
venticinque dicembre, Yuri si svegliò al suono di passi
affrettati lungo il
corridoio. Mugugnò qualcosa di incoerente, spalmandosi una
mano sulla fronte.
Non era ancora mentalmente pronto ad affrontare la giornata campale che
lo
aspettava. Essendo il compleanno di Victor la signora Katsuki aveva
insistito
per averli tutti alle terme per il pranzo, ma essendo anche il giorno
di
Natale, Victor e Yuuri sarebbero andati a cena fuori, per tornare poi
la sera
tardi, come tutte le altre coppie.
Yuri
strisciò fuori dal letto, infilandosi la vestaglia posta sulla sedia lì
accanto quasi per inerzia, poi si fece forza e si diresse verso la
porta
scorrevole, che aprì con una spinta.
La
scena che si ritrovò davanti agli occhi ancora mezzi
socchiusi era degna di un
qualche film comico; la porta del bagno era aperta ed il corridoio
sembrava
pieno di nebbia, vapore, avrebbe capito dopo Yuri, ancora stordito dal
brusco
risveglio.
Takeshi
teneva per i fianchi due delle gemelle (una era di sicuro Axel, Yuri ci
avrebbe
scommesso la sua medaglia) e camminava verso il bagno, blaterando
qualcosa in
giapponese, ma che suonava tanto come un rimprovero alle orecchie del
russo.
La
terza gemella non era in vista, ma la voce di Yuuko, esasperata,
giungeva
attraverso la nuvola di denso vapore.
«’Giorno.»
mugugnò, in inglese, e Takeshi si voltò per
sorridergli, prima di continuare
stoicamente la sua marcia, incurante dei movimenti scoordinati delle
figlie.
Yuri
era piuttosto sicuro che le gemelle non ne volessero sapere di fare il
bagno,
se la scena a cui aveva appena assistito era di qualche indizio e si
ricordò di
come, a sei anni, lavarsi era tra le attività che
più odiava, soprattutto
d’inverno, quando l’aria gelida entrava dagli
spifferi della porta e lui intirizziva
dentro la vasca.
Scrollò
le spalle ed entrò in cucina. Anche lì, non
riuscì subito a capire se si
trattasse di un miraggio o meno, perché quella cucina non
era mai stata tanto
linda ed ordinata come in quel momento. Non ebbe tempo di chiedersi
perché, che
Takeshi, libero dall’impedimento delle figlie, probabilmente
chiuse in bagno
con la madre, fece il suo ingresso nella stanza, augurandogli un
caloroso
buongiorno.
«Quelle
tre ci faranno diventare calvi a forza di essere così
testarde.» commentò in tono
affettuoso, anche se piuttosto contrariato, offrendo a Yuri una tazza
di tè
caldo e un avanzo della torta della sera prima.
Yuri
sorrise contrito; non aveva problemi a crederci: tre giorni con loro e
cosa era
successo? Accompagnava le bambine a pattinare, e insegnava loro qualche
passo
semplice, ed era anche arrivato portarne una in braccio fino alla
stanza. E
Lutz gli aveva anche rubato il suo cuscino buono. Certo che capiva la
situazione di quei poveri genitori.
Contemporaneamente
però, era contento di aver qualcosa che lo distraesse. Non
aveva avuto nessuno
scatto d’ira, da quella volta all’aeroporto,
nemmeno quando Yuuri gli aveva
posato un braccio sulle spalle per salutarlo, o quando Victor si era
chinato a
baciargli la guancia. Anzi, per quanto fosse strano da pensare,
figurarsi da ammettere, erano stati
due gesti quasi
confortanti e avevano sommato altro calore a quella sensazione
inconsistente ed
incomprensibile che aveva cominciato ad lambirgli lo stomaco. E,
sebbene nuova
e in virtù di ciò fastidiosa, Yuri non poteva
dire che fosse del tutto
spiacevole.
Era
la stessa sensazione che provava quando guardava suo nonno, la stessa
di quando
si allenava con Mila, Lilia o Yakov, la stessa che aveva cominciato a
provare
quelle volte che parlava con Otabek, solo che era…
più intensa, più reale,
adesso.
Gli
piaceva sapere che alle gemelle piacesse stare con lui, che a Yuuko non
pesasse
averlo in casa e che Takeshi lo avesse accettato come nuovo coinquilino
senza
mai farlo sentire a disagio. Lo faceva sentire bene, lo faceva sentire
in pace.
Prese
una caramella dal piccolo piattino in vetro al centro del tavolo. A
Yuri
piacevano quelle caramelle, perché non si trovavano in
Russia, e sebbene
avessero un gusto un po’ chimico, lo zucchero granulato che
le ricopriva
riusciva ad attenuarne le note fruttate.
Non
capiva davvero come quel posto fosse riuscito a penetrargli fin dentro
le ossa,
senza che lui se ne accorgesse, modificando pian piano i suoi
pregiudizi; non
capiva se fosse semplicemente successo,
se lui stesso avesse permesso che
succedesse, o se fosse un misto di tutti e due. Dandosi mentalmente
dell’idiota
per aver anche solo pensato una cosa del genere, arraffò
un’altra manciata
caramelle, sotto gli occhi divertiti di Takeshi che fece finta di non
vederlo,
con tutta l’intenzione di depositarne una parte nelle sue
tasche ed il resto
nel contenitore che la signora Katsuki teneva nella sua cucina.
Perché quelle
caramelle erano davvero troppo buone per tenerle solo per sé.
[786 parole]
Note della pseudo
autrice:
Buon
anno nuovoo!! *lancia coriandoli*
Spero
abbiate passato un buon primo dell’anno, che abbiate mangiato
tanto e che vi
siate divertiti!
Ma
adesso bando alle ciance (perché, ovviamente, io devo fare
la rompi scatole
sempre).
Anche
questa volta, credo che la storia parli da sé,
perché finalmente si vede in
modo un po’ più concreto come Yuri stia accettando
che ci siano persone al di
fuori di suo nonno, Yakov e i suoi compagni, che gli vogliono bene, e
non
reagisce più chiudendosi in se stesso, ma appunto aprendosi
a questa nuova
emozione.
Sono
veramente contenta di poter parlare di Yuri in questi termini, senza
trattarlo
come un adolescente problematico (anche se poi, in realtà un
po’ lo è), perché
a mio parere, deve imparare che stare bene con qualcuno non
è una debolezza, ma
è un punto di forza. Proprio come ha detto Kubo.
Grazie
sempre per aver letto e a chi ha inserito la storia tra le
preferite/seguite,
grazie grazie grazie!
Vi
invito a lasciare un commento, se vorrete, ne sarei davvero contenta!
Ancora
tanti auguri di buon anno nuovo!
LysL
|
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Capitolo 7 *** Hobbies ***
Contest natalizio
Hobbies
[Prompt:
Canticchiare]
In
un primo momento, quando aprì gli occhi, a Yuri parve di
essere ancora ad
Hasetsu; poi si accorse del peso sullo stomaco e
dell’insistente miagolio che
giungeva alle orecchie e si passò la mano destra sul viso,
nascondendo un
sorriso nel palmo, mentre affondava le dita della sinistra nella palla
di pelo
bianco che gli si era accoccolata sulla pancia durante il sonno. Noski
smise
subito di miagolare e prese a fare le fusa, contento che il suo padrone
si
fosse accorto di lui.
Era
tornato a Mosca proprio quella mattina, per passare la vigilia e il
Natale con
suo nonno, dopo essere stato quasi due settimane a San Pietroburgo ed
aver
ripreso gli allenamenti, ma spesso il suo cervello gli giocava degli
scherzi e
si svegliava con la sensazione di essere rimasto in Giappone. Il che la
diceva
lunga sul suo continuo ed imperterrito criticare quella mezza vacanza,
anche se
ormai non ci credeva più nemmeno lui. Suo nonno non se
l’era bevuta neanche un
secondo, a dirla tutta, e neanche Mila e Georgij.
Forse,
si disse Yuri grattando piano dietro le orecchie di Noski, forse stava
diventando prevedibile.
Sentiva
i muscoli bruciare ancora, dopo tutto l’allenamento che gli
aveva fatto fare
Lilia, in previsione di quegli altri due giorni di riposo. Si
alzò a sedere sul
letto, scostando con un piede le coperte che gli si erano attorcigliate
alle
caviglie e prendendo in braccio Noski, per evitare che si infastidisse
e se ne
andasse come al solito. Il gatto gli posò una zampetta scura
sul collo, gli
occhi che luccicavano alla luce fievole dei lampioni per strada, ma non
fece
movimenti bruschi ed aspettò che Yuri si sistemasse seduto
sul letto, per poi
accomodarsi tra le sue gambe incrociate. Miagolò piano,
mordicchiandogli un
dito prima che lui ricominciasse a grattargli la testa.
Yuri
sapeva che suo nonno era in cucina a preparare la cena di quella sera;
inizialmente Yuri aveva voluto aiutarlo, ma il nonno gli aveva intimato
di
togliersi dai piedi perché non aveva intenzione di fargli
sprecare i suoi
giorni di vacanza a cucinare. Così Yuri era andato nella sua
stanza e, tra le
cuffie nelle orecchie e la sensazione calda di Noski al suo fianco,
aveva preso
sonno facilmente. Sentiva ancora il rumore di pentole e
dell’acqua corrente e
non si azzardò ad alzarsi.
Si
sporse un po’ per prendere il proprio portatile abbandonato
sul comodino, con
tutta l’intenzione di guardare un film nell’attesa,
quando si accorse che il
suo cellulare lampeggiava di una luce azzurra. Senza lasciar andare il
computer, allungò l’altra mano ad afferrare il
telefono. Se fosse stata una
qualunque altra cosa l’avrebbe ignorata, ma
l’azzurro era il colore che aveva
scelto per Otabek, quindi sapeva benissimo cosa volesse significare
quel led.
Ed
infatti, proprio mentre lo schermo del portatile si illuminava,
avviandosi, lui
stava aprendo la chat.
Come
sempre, Otabek non si era sprecato in troppe parole, ma aveva inviato
un
semplice Skype? Quasi due ore
prima.
Yuri si sentì un po’ in colpa per averlo ignorato
(non di proposito, ma non
cambiava la situazione) e controllò velocemente
l’orario. Erano le quattro di
pomeriggio passate, il che significava che ad Almaty, dove si trovava
Otabek,
dovevano essere le sette passate.
Una
parte di lui voleva solo scusarsi ed assicurare ad Otabek che si
sarebbero
visti qualche altro giorno,
un’altra più egoista, voleva
vedere Otabek in quel momento. E Yuri volle essere egoista.
Adesso
è possibile? Digitò
in risposta e attese che le due piccole spunte diventassero blu. Non ci
misero
molto.
Se vuoi. Gli
aveva risposto Otabek e Yuri alzò gli occhi al cielo. Certo
che voleva,
altrimenti non gliel’avrebbe chiesto. Otabek si faceva sempre
troppi problemi.
Certo.
Scrisse quindi, aprendo il programma sul computer, dove il nome di
Otabek Altin
compariva affiancato ad una piccola icona verde. Ci cliccò
sopra, avviando la
videochiamata.
Il
video partì sgranato, e per un attimo tutto quello che Yuri
riuscì a vedere fu
una macchia bianca e grigia su sfondo nero, macchia che poi
scoprì essere il
maglione di Otabek. La prima immagine che ebbe di lui fu la sua faccia,
impassibile come sempre, ma che mostrava un po’ di fastidio,
svelato dalle
sopracciglia aggrottate e gli occhi assottigliati più del
solito.
Guardava
lo schermo come se gli avesse fatto un qualche torto, mentre le mani
lavoravano
febbrili sulla tastiera, fuori dal campo visivo di Yuri. Solo dopo
qualche
secondo alzò lo sguardo e la linea tra le sue sopracciglia
si distese, mentre
le sue labbra si curvavano leggermente verso l’alto.
«Ehi.»
Esordì Otabek. La sua voce suonava un po’
metallica attraverso gli
altoparlanti, ma ormai Yuri aveva imparato a riconoscere il suo tono e
il suo
accento.
A
Yuri venne spontaneo imitare quel sorriso. «Ciao.»
Otabek
era seduto anche lui sul letto, e aveva un piede incagliato sotto la
coscia e l’altra
gamba penzoloni fuori dall’inquadratura. Non sembrava
scocciato, ma Yuri non ci
avrebbe potuto mettere la mano sul fuoco.
«Scusa?»
Provò, rabbuiandosi quando Otabek inclinò la
testa di lato inarcando un
sopracciglio. Yuri lesse la sua domanda come se gliel’avesse
espressa a voce. Davvero?
«Mi
sono addormentato!» Iniziò a spiegare.
«Lilia mi ha massacrato in questi
giorni, sono stanco!»
«Ti
credo.» La voce di Otabek seguì la sua, e Yuri
avrebbe scommesso che fosse
divertito da quella sua reazione.
Adesso
che lo vedeva meglio, dato che il maggiore aveva avuto la buona idea di
accendere l’abat-jour sul comodino, Yuri notò che
i suoi capelli erano
visibilmente più lunghi e che alcune ciocche cominciavano a
coprire la
rasatura, anche se Otabek li teneva ancora spostati
all’indietro, mostrando la
fronte alta. Poi gli occhi di Otabek vennero catturati da qualcosa che
si trovava
in basso, e Yuri seguì il suo sguardo nello schermo; Noski
si era alzato dalla
sua posizione accovacciata su di lui e stava studiando Otabek con gli
occhi
spalancati e le pupille dilatate. Yuri allungò una mano per
dargli una carezza
tra le orecchie tese, e il gatto arruffò il pelo; non era la
prima volta che
faceva una videochiamata con Otabek, ma Noski aveva sempre preferito
stare lontano
da quello strano soggetto che parlava e si muoveva, ma che non riusciva
a
toccare.
Yuri
alzò lo sguardo sullo schermo, stupito di trovare Otabek con
l’ombra di un sorrisetto
sul volto. Noski miagolò, sfuggendo alla sua presa e andando
a sedersi sulla
tastiera del computer, per osservare da vicino la fonte di quel suono.
Si girò
a fissare Yuri, mentre con la zampa sfiorava l’immagine un
po’ pixelata di
Otabek.
Yuri
si sentiva combattuto; da un lato voleva parlare a Noski, spiegargli
chi fosse
Otabek, dall’altro non sapeva davvero quanto sarebbe potuto
sembrare ridicolo
agli occhi dell’altro, così si limitò a
parlare col diretto interessato.
«Ti
presento Noski!» Esordì, portando di nuovo
l’indice ed il medio sulla testa del
gatto e grattando piano. Noski, sebbene ancora interessato allo
schermo, prese
a fare delle fusa basse e quasi impercettibili.
«Ha
deciso di farsi vedere?» Commentò invece Otabek.
Aveva alzato un angolo della
bocca in un sorrisetto ironico, e Yuri non sapeva se prenderlo come un
buon
segno o meno, visto che Otabek aveva più o meno
un’espressione e mezza.
Si
sporse per avere una visuale migliore oltre la testa di Noski.
«Sì. Solitamente
scappa via non appena accendo il computer, e quando vede qualcosa che
si muove
e parla come un essere umano si spaventa. Però con Mila non
succede più, credo
che si abitui alla voce, ad un certo punto. Forse si è
abituato anche alla
tua.»
Come
per enfatizzare quella sua affermazione, Noski miagolò
piano, come faceva
quando era rilassato e Yuri dovette stringere le labbra per evitare di
sorridere
apertamente al suo gatto. Cosa che sarebbe stata strana, soprattutto
davanti ad
Otabek. Non perché non si fidasse di lui, o
perché temeva che l’avrebbe
giudicato, quanto perché il suo rapporto con Noski era stato
sempre una cosa
privata e non se la sentiva di condividerla con qualcun altro che non
fosse suo
nonno. Non ancora, per lo meno.
«La
mia voce, dici?» Gli chiese Otabek, il quale aveva smesso di
scrutare Noski per
concentrarsi di nuovo sul viso di Yuri che era riuscito a tornare
nell’inquadratura. «E’ un
bell’esemplare.» disse e i suoi lineamenti si
sciolsero in un’espressione tranquilla.
«Puoi
scommetterci! Persiano colourpoint, di razza purissima.» Yuri
mise su un ghigno
sghembo, senza nascondere nemmeno un po’ quando fosse
orgoglioso del proprio
animale domestico. Non poteva farci niente, purtroppo, se quella palla
di pelo
gli aveva rapito e sciolto il cuore sin dalla prima volta che
l’aveva tenuto in
braccio quattro anni addietro a casa della donna da cui
l’avevano preso. Alcune
volte lo faceva impazzire, come quando si ostinava a non farsi
coccolare o
quando gli metteva il muso dopo il bagno, ma Yuri non si sarebbe mai
stancato
di lui.
Otabek
fece di nuovo il sorriso obliquo di qualche secondo prima, muovendosi
sul
proprio letto alla ricerca di una posizione più comoda.
Poi
Yuri fece per parlare, con l’intenzione di chiedergli quali
fossero i suoi
piani per il giorno di Natale, l’indomani, ma fu interrotto
da un suono che non
aveva mai sentito.
Si
propagò dalle casse del computer e gli ci volle un
po’ per riconoscere il
timbro di Otabek dietro quella vibrazione lenta e cangiante.
Fissò
l’immagine dell’amico, che aveva nuovamente
spostato la propria attenzione su
Noski, anche se, notò, i suoi occhi continuavano a tornare
su di lui, in attesa
di una reazione, supponeva.
Yuri
scosse la testa, per togliersi di dosso la sensazione
d’essere stato appena
messo a parte di una cosa privata. Quel pensiero gli fece colorare le
guance,
perché non si sarebbe mai aspettato che Otabek cantasse e soprattutto che non fosse per niente male;
la
reazione non tardò ad arrivare.
Prendendo
Noski da sotto la pancia, in modo che non rubasse tutta la webcam,
rimase per
qualche secondo a guardare la linea stretta delle labbra di Otabek,
ancora
stupito. «Beka…?» chiese a bassa voce.
Non sapeva bene perché avesse
sussurrato, ma c’era qualcosa in quel motivo canticchiato a
labbra chiuse che
gli impediva di parlare normalmente, come se farlo avrebbe rovinato
tutto.
Probabilmente era così.
Otabek
si schiarì la voce e il suono si interruppe; Yuri maledisse
la sua boccaccia
che non riusciva a rimanere in silenzio.
«Forse
hai ragione, Yuri, si è davvero abituato alla mia
voce.» Distolse un’ultima
volta lo sguardo da Noski, che ancora lo osservava incuriosito.
Sebbene
si fosse ripromesso di non enfatizzare troppo quello che era appena
successo, quando
gli occhi di Otabek intercettarono i suoi, Yuri non riuscì
più a trattenersi.
«Non mi avevi detto che sai cantare!»
esclamò, facendo anche spaventare Noski,
che scattò via da lui con un miagolio offeso. Yuri
assottigliò lo sguardo, ma
non si alzò a riprenderlo, aveva altro a cui pensare al
momento.
Otabek
si appoggiò alla testiera del suo letto, portandosi il
computer sulle gambe e
scrollò le spalle. «Non è importante e
poi non sono molto bravo.»
«Ma
ti piace!». Insistette e Otabek annuì piano,
così continuò. «Io te l’ho
detto
che mi piace cucinare, e non è vero che non sei
bravo.»
L’altro
incrociò le braccia al petto e lo guardò.
«Mh?» borbottò dopo alcuni secondi e
Yuri percepì una sfumatura diversa nella sua voce; Otabek
era sempre stato
molto sicuro di sé, quando parlava, in quel momento invece
gli sembrò incerto.
Non avrebbe potuto giurarci, perché l’immagine era
troppo sgranata, ma gli
parve che anche le guance di Otabek si fossero arrossate. Gli sorrise.
«Sì!»
«Allora
grazie, Yuri.» Si rilassò all’indietro,
senza però perdere la postura un po’
rigida obbligata dalla posizione seduta.
«Qualche
volta devi cantarmi qualcosa!» Gli propose, senza pensarci, e
sentì la propria
faccia farsi più calda. Non riuscì a pentirsene
però, perché Otabek gli rispose
con aria di sfida, strappandogli un ghigno. «E tu devi
cucinare qualcosa per
me!»
E
quella volta Yuri fu certo di non sbagliarsi quando anche il viso di
Otabek
cambiò sfumatura.
[1997 parole]
Note della pseudo
autrice:
Buona
sera/giorno a tutti!
Sono
finalmente
riuscita a finire anche la settima storia, ormai il contest
è scaduto, ma
non importa, sono contenta di essere tornata a scrivere, ed
è questo che conta.
Siamo
tornati a Mosca, e dovevo inserire
Otabek in un altro capitolo perché il mio amore
per lui brucia con la stessa
intensità di mille soli perché mi piace
davvero tantissimo come personaggio
e mi piace il modo in cui interagisce con Yuri.
I
rapporti approfonditi qui sono due:
quello con Otabek e quello con Noski, perché
l’affetto per un animale domestico
rende tutto più gentili, quindi anche Yuri.
Anche
qui ho farcito con un paio di miei
headcanon, tra cui Beka che canta, perché mi piace pensare
che lui sappia
farlo, mentre Yuri non riesca a mettere due note una dietro
l’altra senza
stonarle :’)
Ma
poi vogliamo parlare di questi due
che si parlano ed arrossiscono? No, perché io li adoro
mentre cercano di
imparare “l’amicizia”.
Scusate
per i deliri, come al solito, e
grazie mille per aver letto, con la speranza che vorrete lasciarmi un
commento
:)
Un
ulteriore grazie va a chiunque abbia
messo la storia tra le preferite/seguite.
Voglio
ringraziare singolarmente Silvar tales,
che ha recensito tutti i
capitoli e mi ha risollevato con le sue bellissime parole e _Lady di inchiosto_ , che oltre ad aver
anche lei recensito tutti i capitoli, ricopre il ruolo di meravigliosa
beta per
questa storia ♥
Alla
prossima!
LysL
|
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Capitolo 8 *** Legami ***
Contest natalizio
Immagine
di SpigaRose
Legami
[Prompt:
Nevicata
Notturna]
Nonostante
la sua giovane età, Yuri aveva già visto numerose
città straniere; aveva
viaggiato dalla Russia fino al Giappone, nell’Ovest
dell’Europa, negli Stati
Uniti e nel Nord America. Si riteneva fortunato di aver avuto quella
possibilità, eppure nessuna New York con le sue luci ed il
ritmo frenetico,
nessuna Hasetsu con la sua calma quasi noiosa, nessuna Barcellona con
il suo
sole tiepido perfino d’inverno avrebbero mai potuto
eguagliare la maestosità di
Mosca.
La
Piazza Rossa era gremita di persone, illuminata a giorno dalle
decorazioni
luminose che adornavano la lunga ed imponente facciata del centro GUM.
Numerosi
altri festoni luccicanti pendevano sopra la sua testa, tra gli stand
del
mercatino di Natale, e attraverso di essi si riuscivano a vedere le
cupole
colorate della Cattedrale di San Basilio.
Ai
moscoviti il freddo non faceva paura, neanche i tredici gradi sotto
zero che il
termometro stava indicando, e Yuri e Nikolai Plisetsky non facevano
eccezione.
Con le guance e i nasi rossi, pesanti giacconi di pelle foderati di
lana e
sciarpe (Yuri aveva messo quella della signora Katsuki) strette bene al
collo,
camminavano vicini tra gli stand, guardando tutto, ma senza cercare
niente in
particolare.
Yuri
indugiò per qualche secondo con lo sguardo sul grande albero
di Natale
allestito di fronte l’entrata del GUM per poi passare sulla
pista di
pattinaggio al centro della piazza, dove le persone scivolavano sul
ghiaccio in
modo più o meno aggraziato.
Gli
piaceva quell’atmosfera: era festosa, ma non soffocante, la
gente ti passava
accanto parlando del più e del meno e sorridendoti
perché a Natale si è tutti
più buoni. I turisti non erano meno coinvolti dalla
vivacità dei locali e i
loro occhi meravigliati e felici erano parte della festa.
Anche
a distanza di anni, ricordava ancora quanto gli piacesse da bambino
recarsi lì
per quella ricorrenza; quando era piccolo, suo nonno soleva comprargli
un
sacchetto di prjaniki ad uno degli
stand e aspettava che li mangiasse prima di portarlo alla pista, e se
dopo
quella non fosse stato troppo stanco, era capitato che facesse un giro
son lui
sulla giostra illuminata o che lo portasse a vedere il carro di Ded
Moroz.
Adesso
le cose erano un po’ cambiate; a Yuri non interessava
più salire sulle giostre
e guardare Ded Moroz, non era più il bambino irrequieto che
faceva disperare il
nonno rischiando di perdersi tra la folla, nella foga di raggiungere
una
determinata bancarella o di seguire Snegurochka,
però continuava a rimanere incantato di fronte ai giochi di
luce e al modo in
cui le sagome della Torre Spasskaya e
della Cattedrale si stagliavano contro il cielo blu freddo e sporcato
da nubi
grigie e vaporose, come una coltre che si ispessiva al passare dei
secondi.
Affondò
di più le mani nelle tasche, rabbrividendo, più
per l’impazienza che per il
freddo e si voltò a guardare suo nonno, il quale aveva lo
sguardo perso di
fronte a sé.
Tolse
una mano dalla tasca, facendo una smorfia quando l’aria
gelida gli sfiorò la
pelle scoperta tra guanti e manica, ma senza scomporsi più
di tanto, e la posò
sul braccio dell’uomo per attirare la sua attenzione.
Nikolai
si voltò verso di lui, con un sorriso nascosto dalla
sciarpa. «Yurochka?»
Yuri
fece un sorrisetto ed accennò allo stand a pochi metri da
loro. «Quest’anno
niente prjaniki?» chiese. Non aveva realmente fame: dopo la
sontuosa cena del
giorno prima e il pranzo a base di avanzi sarebbe stato assurdo che ne
avesse
ancora, anche se poteva ritenersi un tipo piuttosto goloso,
però quella era
sempre stata una tradizione e lui non aveva intenzione di spezzarla.
«Sei
un pozzo senza fondo, nipote, mi chiedo cosa dirà Lilia
quando ti vedrà
domani.» Commentò suo nonno e Yuri
sbuffò rumorosamente. «Non ingrasserò
se per
due giorni mangio di più, non sono mica come quel cotoletto
giapponese! Tsk.»
calciò un pezzo di carta che aveva avuto la sfortuna di
trovarsi tra i suoi
piedi.
Nikolai
scoppiò a ridere a quella reazione, e il suono ricco e roco
della sua risata
sciolse la punta di fastidio che aveva cominciato a crearsi nel petto
di Yuri.
«Vieni qui, andiamo a prendere questi prjaniki!»
gli scompigliò quelle poche
ciocche che sfuggivano al cappuccio scuro della felpa.
Yuri
si scostò da quel tocco con un sorriso e prese a camminare
verso lo stand.
L’odore dolce si diffondeva nell’aria come una scia
seducente che guidava gli
avventori verso la bancarella, dove i dolcetti ricoperti di glassa
bianca
facevano bella mostra di sé, tentando chiunque passasse di
lì.
Mentre
suo nonno stava in fila aspettando il proprio turno per pagare, Yuri si
fece da
parte; appoggiato alla struttura metallica dello stand, tirò
fuori il telefono
per scattare una foto alla piazza illuminata; al centro della foto la
Cattedrale splendeva in tutta la sua magnificenza, accanto
all’orologio della
Spasskaya. La postò pochi secondi dopo segnando #москва
#redsquare e
non passò che qualche altro istante
prima che cominciassero ad arrivare le prime notifiche. Quello che Yuri
non si
sarebbe mai aspettato era uno dei commenti che spuntò tra
gli altri pieni di
cuori e dichiarazioni d’amore dalle sue fan: “v-nikiforov Passa una bella serata e divertiti, Yurio!
Victor e Yuuri.”
I
suoi occhi passarono più volte su quella
semplice frase, giungendo alla conclusione che sì, era
lì e non se la stava
immaginando.
Non
ne era neanche stupito, a dire la verità,
dopo che quella mattina entrambi i due piccioncini si erano premurati
di
augurargli Buon Natale e non solo loro! Aveva ricevuto un messaggio
vocale da
Yuuko in cui l’intera famiglia Nishigori gli faceva gli
auguri, un foto di Mila
imbacuccata in una giacca fucsia e stretta alla sua nuova fiamma sullo
sfondo
del mercatino di isola Elagin a San Pietroburgo, un breve, ma sentito
messaggio
da Georgij ed anche una foto di una Almaty nebbiosa con le montagne
innevate in
lontananza da Otabek, correlata di un semplice Buon
Natale, Yura. Perfino Lilia e Yakov l’avevano
chiamato, più
per ricordargli di non perdere l’aereo del giorno dopo, ma
Yuri aveva comunque
apprezzato il pensiero.
E
quella mattina si era accorto di qualcosa a
cui non aveva mai realmente fatto caso, mentre se ne stava seduto su
una sedia
della cucina con Noski in grembo e tentava di rispondere alla maggior
parte dei
messaggi che gli erano arrivati. Aveva sempre pensato che le persone
facessero
gli auguri per convenzione, senza sentire realmente quelle parole vuote
e
ripetute anno dopo anno. Cos’altro poteva spingere qualcuno a
scrivere qualcosa
di tanto scontato? Yuri era
dell’idea che se qualcuno era
davvero importante nella sua vita, allora era con lui che avrebbe
passato le
feste e non ci sarebbe stato bisogno di affidarsi ad un apparecchio
elettronico.
Aveva
dovuto ricredersi, e l’aveva fatto
nell’esatto momento in cui aveva guardato le sue ultime
conversazioni ed aveva
notato che erano sempre le stesse da qualche mese a quella parte.
Aveva
dovuto ricredersi, dopo aver sentito
l’affetto nelle urla delle gemelle, nella voce profonda di
Takeshi ed in quella
più acuta e materna di Yuuko.
Aveva
dovuto ricredersi, dopo il sorriso della
signora Katsuki, tanto simile a quello del figlio, nella foto di gruppo
che
Victor gli aveva mandato. E per la prima volta neanche lo stupido
sorriso a
cuore di quest’ultimo era riuscito a spegnere quella
scintilla che gli aveva
fatto aprire un sorriso sul volto.
Aveva
dovuto ricredersi, dopo l’espressione
splendente di una Mila innamorata e felice di condividere
quell’emozione con
lui, e dopo le parole gentili di Georgij.
Aveva
dovuto ricredersi, dopo il panorama di Almaty
e il soprannome che l’aveva fatto arrossire, anche se era
stato lui per primo a
darne uno ad Otabek.
Aveva
dovuto ricredersi, dopo il tono burbero di Yakov e quello
più severo di Lilia,
entrambi tinti di una nota fiera.
Un
tocco
freddo sullo zigomo gli fece alzare lo sguardo verso il cielo, appena
in tempo
per vedere scendere i primi, silenziosi fiocchi di neve dal cielo,
coperto
ormai di nuvole. Attorno a lui i mormorii della gente si fecero
più alti,
seguiti da risate e abbracci, mentre i bambini cominciavano a correre
in giro
cercando di mangiare la neve, spesso seguiti dagli adulti.
Una
mano
sulla spalla lo fece sussultare, preso com’era ad osservare
il lento fluttuare
dei fiocchi bianchi. Abbassò il viso, incontrando gli occhi
verde scuro di suo
nonno. L’uomo gli stava porgendo un sacchetto di carta, con
il suo solito
sorriso duro e orgoglioso che riservava solo a lui.
Yuri
si
sporse a prendere un biscotto, gustando il dolce sapore del miele,
mitigato da
quello più fresco del limone e dello zenzero.
Alzò di nuovo lo sguardo verso
l’alto, verso la Cattedrale ormai celata da una sottile
coltre bianca, e sentì
il braccio di suo nonno posarsi sulle sue spalle e stringere.
Forse
non
l’avrebbe mai detto ad alta voce, e forse non
l’avrebbe mai più ammesso a se
stesso una seconda volta, ma in quel momento, stretto a suo nonno, nel
mezzo
della Piazza Rossa gremita di persone e con i messaggi di coloro che
tenevano a
lui a ricordarglielo, Yuri Plisetsky si sentì il ragazzo
più fortunato al
mondo.
[1520 parole]
Note della pseudo
autrice:
Ed
ecco qui anche l’ottavo ed ultimo capitolo di questa raccolta!
Devo
dire che pensavo di metterci molto più tempo per scriverlo,
considerati tutti
gli impegni che ho in questo periodo, ma sorprendentemente non
è stato così.
Prima
di passare ai ringraziamenti, vorrei spendere un paio (molto
più di un paio,
conoscendomi) di parole su questo ultimo capitolo, per spiegare alcune
cose e
tirare le somme.
Ho
cercato di descrivere l’atmosfera della piazza in modo
più realistico
possibile, facendo riferimento ad immagini trovate sul web e
informazioni su siti
di viaggi (e adesso le pubblicità non fanno altro che
chiedermi se io voglia
prenotare per il Natale a Mosca il prossimo anno!), e se volete davvero
cogliere bene l’ambientazione vi consiglio di cercare un
semplice “Piazza Rossa
Natale” su Google, perché merita tantissimo!
La
Cattedrale di San Basilio, la Torre Spasskaya e il centro commerciale
GUM sono
monumenti che si affacciano sulla piazza e contribuiscono alla
creazione di
questo scenario suggestivo e pieno di luce. È inoltre
tradizione Russa quella
di organizzare questi Mercatini di Natale in quasi tutte le
città più
importanti (quindi nella zona del Cremlino a Mosca, ma anche in varie
zone di
San Pietroburgo, dove ad esempio si trova Mila).
Ded
Moroz (Nonno
Gelo) e Snegurochka
(Fanciulla di Neve) sono due personaggi del folklore russo;
il primo è
portatore di doni, la seconda è sua nipote ed aiutante,
nonché personificazione
dell’inverno.
I
prjaniki sono dolci tipici russi che
vengono mangiati principalmente nel periodo natalizio. Sono
aromatizzati al
miele, limone, cannella e zenzero, infatti sono simili al pan di
zenzero (ed il
nome significa proprio questo), e ricoperti di glassa. Hanno un aspetto
troppo
invitante *-*
Per
quanto riguarda l’aspetto meno
informativo e tecnico di queste note, la cosa che mi preme di
più è essere
riuscita a rendere bene il personaggio di Yuri, di aver descritto il
suo percorso
di accettazione e rivalutazione dei suoi legami con le persone che
hanno
influenzato la sua vita, ma anche con la sua terra e con i posti in cui
è stato
bene, nel modo in cui mi ero prefissata.
Lascio
il verdetto a voi lettori, e mi
accontento di aver terminato questa raccolta. (*psst* ci
sarà un capitolo
bonus, perché mi andava troppo di scriverlo!)
Sono
contenta di aver scritto queste storie: mi hanno permesso di
“rimettermi in
carreggiata” dopo un periodo davvero buio per la mia
ispirazione, Yuri On Ice
mi ha fatto tornare la voglia di scrivere e non potrei essere
più grata a Kubo
per aver creato un’opera così bella e piena di bei
messaggi e personaggi ancora
più meravigliosi.
Volevo
inoltre ringraziare Aly7788,
FigliadellaPernico, Isir, Mikahellau, Princess U_U, sunrise92,
Vale51198, White
Hurricane e Zoey Charlotte Baston per
aver inserito la storia tra le preferite e Alexys_Tenshi,
BlackVelvet, Brave_, Daniela_97, Destiel95, DiamanteLightMoon,
FuriaBuia19, Merope
Molly Lestrange, Silvar tales, somebodytowritefor e Unacomete per averla inserita tra le
seguite.
Un
ringraziamento speciale va a chi ha recensito, ma soprattutto alle
splendide Silvar tales, la lettrice
che ogni
autore vorrebbe, e _Lady di inchiostro_,
che mi ha supportato sin da quando questa storia non era che
un’idea nella mia
testa e continua a farlo tutt’ora.
Grazie
mille a tutti e alla prossima!
LysL
|
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Capitolo 9 *** A distanza ***
Contest natalizio
A
distanza
[Prompt:
Guanti]
Le
strade di Almaty non erano molto popolate a quell’ora del
mattino, Otabek ormai
lo sapeva bene, ed era per questo che preferiva uscire di casa quando
il sole non
era ancora alto nel cielo e il freddo residuo della notte scoraggiava i
più
(non che la temperatura si alzasse di molto durante il giorno, ma
almeno saliva
sopra lo zero).
La
giacca imbottita e i guanti di pelle foderati lo tenevano al caldo, e
Otabek
sfrecciava sull’asfalto verso la pista dove si allenava; non
si era preso un
attimo di respiro dalla fine del Grand Prix, perché non era
riuscito a digerire
d’essere stato superato da JJ, nonostante
quest’ultimo avesse presentato due
performance tutt’altro che impeccabili.
Però
non riusciva nemmeno a sentirsi del tutto insoddisfatto da
quell’evento. Era
finalmente riuscito ad avvicinare Yuri Plisetsky, era
diventato suo amico. Avevano parlato, e Yuri era molto
diverso
da ciò che mostravano i media.
Era
un semplice adolescente, con passioni, hobby, uno spropositato amore
per i
felini e troppe responsabilità addosso; si era sentito bene
per lui, quando gli
aveva visto la medaglia d’argento al collo, consapevole che
significasse un
periodo di riposo per Yuri.
Spesso
si chiedeva cosa stesse facendo, in Russia, e altrettanto spesso si
chiedeva se
fosse normale una cosa del genere. Non che avesse molti amici con cui
fare il
paragone; c’era solo Serik, suo amico d’infanzia;
si erano persi di vista per
anni, pur sentendosi di tanto in tanto, a causa degli spostamenti che
Otabek
aveva dovuto fare. Da quando Otabek era tornato ad Almaty avevano
ripreso a
vedersi più spesso, ma il punto era che Otabek non si era
mai chiesto cosa
stesse facendo Serik, quando erano lontani.
Yuri
però era tutta un’altra cosa, Otabek aveva passato
gli ultimi cinque anni a
categorizzarlo mentalmente tra gli
“irraggiungibili” e adesso che era a portata
di un messaggio, gli veniva davvero difficile non tenere sempre il
cellulare tra
le mani, a fissare il nome “Yuri Plisetsky” con
relativo selfie che il biondo
aveva insistito a fare dal suo telefono, per impostarlo come foto di
contatto.
E contemporaneamente non sapeva bene per cosa usare quel numero, ogni
conversazione fatta attraverso uno schermo gli sembrava solo una
pallida
imitazione di quelle che avrebbero potuto avere di presenza; non che
fosse
difficile parlare con lui, anzi, era forse la prima persona dopo la sua
famiglia e Serik con cui Otabek non si sentiva a disagio, ma gli
sembrava molto
più sterile. Serik gli aveva detto che di solito le persone
avevano persone il
problema opposto, ma lui non aveva visto gli occhi di Yuri illuminarsi
quando
parlava.
Gli
aveva chiesto consigli sulla coreografia che stava preparando, e Yuri
gli aveva
risposto con entusiasmo, poi gli aveva chiesto come stesse andando il
suo
periodo di riposo, e Yuri si era lamentato del fatto che Yakov e Lilia
non lo
facessero neanche avvicinare alla pista in quei giorni, ma aveva anche
parlato
delle cose che faceva con suo nonno e del suo gatto, Noski, con tanto
di fotografia
della simpatica palla di pelo distesa sulla sua pancia.
Se
la passava bene, a quanto pareva, e Otabek non poteva che esserne
contento.
Il
semaforo rosso lo costrinse a fermarsi poggiando un piede a terra per
mantenere
l’equilibrio, girò il viso verso il marciapiede,
dove un negozio di articoli
sportivi faceva bella mostra di sé.
Otabek
non era il tipo di persona che si soffermava ad osservare le vetrine,
ma quella
volta uno strano accostamento di colori catturò il suo
sguardo e lui lo seguì,
fino a notare un paio di guanti di pelle foderati in pelo, pelo a
macchie che
somigliava molto al manto di un qualche felino africano di cui Otabek
non
conosceva il nome.
Il
suono del semaforo lo avvertì dello scatto nelle luci, e
adesso il verde dava
via libera a lui e agli altri guidatori.
Otabek
aveva visto fin troppe foto di Yuri con delle orecchie da gatto, e in
tutte il
ragazzo non era per niente felice dell’immagine di
sé che davano; Otabek lo
capiva, per uno come Yuri, che si proclamava Tigre
di Ghiaccio della Russia, essere indicato come un tenero
micetto non era il massimo, ma quando, tornando
dall’allenamento nel tardo
pomeriggio, Otabek passò di nuovo di fronte al negozio,
decise che forse un
paio di guanti non avrebbero leso la sua reputazione.
[726 parole]
Note della pseudo
autrice:
Capitolo
Bonus!!
Avrei
dovuto pubblicarlo una vita fa, ma l’università
succhia via la vita e mi sono ridotta a pubblicarlo adesso shame
on me
Ed
è dedicato al mio bellissimo Otabek (per cui ho una cotta
disgustosa, ma
lasciamo perdere) senza perdere di vista Yuri, protagonista della
raccolta.
Ci
tengo a dire che è stata scritta moooolto prima della
dichiarazione di Kubo
sul suo hobby e sul fatto che lui in realtà sia un tipo
piuttosto figo con
tanti amici, quindi sfortunatamente non rispetta
il “canon” e mi
dispiace :(
A
parte questo, stranamente, non ho molto da dire su
questo capitolo, e mi limiterò a ringraziare di nuovo tutti
coloro che mi hanno
seguito in questa raccolta!
Un
forte abbraccio a tutti voi!!
LysL
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