Wedding planning: le regole del matrimonio perfetto.

di Sophie_moore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - sedici giorni al matrimonio. ***
Capitolo 2: *** Regola n°1 ***
Capitolo 3: *** Regola n°2 ***



Capitolo 1
*** Prologo - sedici giorni al matrimonio. ***


Questa storia partecipa al contest It's too cliché - Seconda edizione, indetto da rhys89 sul forum di EFP.


Wedding planning: le regole del matrimonio perfetto


Prologo – Permalosa e pudica, me lo segno!

1 luglio – quindici giorni al matrimonio.

Dall'altra parte riusciva a sentire degli schiamazzi inconfondibili. La voce di Cana era forte e chiara, quella di Gildarts un po' meno in realtà, e la risata di sua madre… non si ricordava di averla mai sentita ridere così a pieni polmoni.

Probabilmente era solo grazie a Gildarts e a sua figlia che era tornata a vivere con tutta quella forza.

Lucy decise di bussare alla porta di quella casa, stringendo la presa dell'altra mano sul manico del trolley. Aveva accettato di andare a cena da loro per festeggiare il suo compleanno e il suo trasferimento. Finalmente, avrebbe aggiunto.

«Lucy!»

La porta si aprì di scatto e la ragazza si trovò di fronte ad una zazzera rossa e spettinata.

«Ciao Gildarts…»

«Ti ho detto mille volte di chiamarmi Gil,» l'uomo le diede un bacio sulla fronte e si scansò per farla entrare nella casa, «Layla vado a prendere il gelato per dopo, torno sicuramente entro cena.»

Layla si avvicinò a sua figlia e la strinse forte, mentre Cana se ne stava in un angolo in attesa del suo turno per salutarla.

«Gildarts ha una memoria pessima, purtroppo.» la donna sorrise dolcemente e le prese il volto tra le mani, accarezzandole le guance con i pollici, «Sono contenta tu sia qui…» le sussurrò.

«Layla, falla respirare…»

Layla si staccò e annuì, tirando su col naso, «Hai ragione, hai ragione. Vai a sistemarti in camera, su!»

Cana roteò gli occhi al cielo e condusse Lucy nella loro stanza. Dall'ultima volta che era stata lì c'erano stati parecchi cambiamenti, tra cui la vernice alle pareti e la postazione del suo letto, che ora era diventato un letto matrimoniale e stava in bella mostra nel centro della stanza.

«Abbiamo cambiato un po', Gildarts dice che potrebbe favorire il nostro legame,» spiegò brevemente Cana lasciandosi cadere sdraiata sul lenzuolo rosso fuoco, «potremmo fare dei pigiama party, yey!» esultò in modo controllato, facendo sorridere la nuova inquilina.

«Come mai non lo chiami ancora “papà”?» le domandò la giovane Heartphilia, sedendosi compostamente di fianco a lei.

«È un po' complicato, lo sai,» Cana ridacchiò, poi si tirò su appoggiandosi ai gomiti, «diciamo che ci siamo avvicinati solo da poco, prima non avevamo un gran bel rapporto. Io vivevo con mia madre, fino a cinque anni fa… poi è morta, e lui ha deciso di rientrare nella mia vita. Lo vedi com'è fatto, no? Così prepotente ed energico… non puoi fare altro che lasciarlo entrare. Ma non l'ho ancora perdonato, mettiamola così.»

«Oh…»

«Ma ti sto stordendo, scusami! Ti lascio un po' a familiarizzare con la stanza, poi hai la vasca pronta. Tra un'oretta si cena.» le diede un bacio sulla guancia e si alzò con un balzo felino, camminando sinuosamente fuori dalla camera.

Lucy rimase da sola, si sdraiò sul letto e prese a fissare il soffitto, di un delicato giallo pastello, luminoso pur non essendo invadente. Anche senza Gildarts in casa c'era quell'aria di festa, di energia, di vita che a casa sua non era mai stata presente. Da quando sua madre e suo padre avevano divorziato, sentiva quell'aura di famiglia solo quando stava con lei. Suo padre non era proprio la persona più affettuosa ed espansiva dell'Universo, anzi: ogni tanto si chiedeva se fosse mai stato capace di amare qualcuno che non fosse stato lui in persona.

Si infilò nella vasca da bagno poco dopo. Aveva bisogno di un po' di relax dopo aver lasciato quella vita che le stava così stretta.


Aveva deciso che avrebbe vissuto con sua madre il giorno del suo decimo compleanno, e aveva tenuto duro fino a quel momento per pura grazia divina.

Sette anni dopo era lì: aveva lasciato la casa dov'era vissuta per andare in una decisamente più piccola, ma sicuramente più ricca d'amore, dopo un anno passato a mesi alterni in entrambe le case.

In tutta onestà non capiva come mai Cana allontanasse sempre suo padre: probabilmente se avesse avuto un padre come lui non avrebbe mai sentito quell'impellente bisogno di andarsene. Per quanto Gildarts fosse strano, appiccicoso, anche un po' con la testa tra le nuvole, era sempre presente e pieno di buoni consigli paterni, a differenza di Jude.

Già, Jude… chissà cosa stava facendo in quel momento.

Aveva minacciato tante volte di andarsene per davvero, e altrettante volte era sempre tornata, ma quella era diversa. Non sarebbe mai più tornata. Quella casa sarebbe diventata la sua casa, non avrebbe dovuto aspettare la limousine che la riportasse nella villa di suo padre; quella sarebbe stata la sua vasca fino a che non sarebbe andata a vivere con qualcuno che amava; avrebbe dormito con Cana tutti i giorni per anni e anni, per quel letto sarebbe diventato il suo letto. Faceva ancora fatica a crederci, ma sapeva di aver fatto la cosa più giusta per se stessa. Le dispiaceva solo che suo padre non fosse mai riuscito ad accettarlo.

Sospirò, scivolando sotto il pelo dell'acqua.

Lì non sentiva tutte le parole che fluttuavano nell'aria, o nella sua testa, solo le tubature che borbottavano sotto di sé.

Era così rilassata a stare a mollo in quel modo…

Quando si rese conto di aver chiuso gli occhi li riaprì e si ritrovò di fronte il viso ondeggiante di Cana.

Saltò fuori dall'acqua, tossendo per lo spavento, mentre l'altra ragazza rideva di gusto.

«Non si usa bussare da queste parti?» sbottò, non appena ebbe ripreso la sua normale respirazione. Solo in quel momento si accorse di essere completamente nuda: si rannicchiò su se stessa, guardando la sua amica in cagnesco.

«Oh, ma come siamo permalose…» si sedette sul bordo della vasca e ridacchiò, «comunque avevo bussato, ma non mi hai risposto. Per questo sono entrata.»

«Ah… è ora di cena?»

Cana annuì, infilando l'indice nell'acqua e disegnando dei leggeri cerchi, increspandone la superficie. Le sfiorò la spalla, forse inconsciamente, ma Lucy rabbrividì.

«Hai intenzione di uscire o…?»

Cana alzò lo sguardo su di lei, indossando un ghigno irriverente, poi rispose: «Potrei farti la stessa domanda, sai?»

Lucy rimase in silenzio per una manciata di secondi, il tempo di realizzare quello che le aveva appena detto e di soppesare una risposta valida nella sua mente, poi esplose in un: «Esci, di grazia?!»

L'altra scoppiò a ridere e si mise in piedi, gesticolando come se stesse chiedendo scusa.

«Permalosa e pudica, me lo segno!» disse, prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle.

Lucy sbatté le palpebre, lo sguardo fisso sulla porta. Cana era tutta pazza. Forse era la cosa che più le piaceva di lei.


«Avete deciso se fare il ricevimento al Fairy Tail, alla fine?» domandò Cana a bruciapelo, in uno dei pochi secondi di silenzio durante la cena.

I due adulti si guardarono, poi si presero per mano e sorrisero in un modo che faceva trasparire una dose d'amore impressionante.

«Mi spaventate.»

«Cana!»

«Che c'è, a te non fanno paura?»

Lucy roteò gli occhi al cielo e la spinse in modo leggero. Tornò a guardare sua madre. Non aveva dubbi, non aveva mai visto Layla così felice: non le importava cos'avrebbe dovuto fare per il loro matrimonio, era solo importante che lei continuasse a sorridere così.

«Il Fairy Tail ci ha offerto il pranzo,» spiegò Gildarts, dandole una leggera occhiataccia, «il titolare era un mio commilitone in guerra, ha detto testualmente: “Per un commilitone anche la vita!”»

Layla rise in quel modo così elegante che la faceva subito sembrare una nobildonna d'altri tempi.


[«Ci sposeremo.»

«Mamma… sei sicura?»

«Perché?»

«Jude…»

«Oh tesoro, andrà tutto bene! Vedrai, creeremo una nuova famiglia, una nuova vita tutti insieme.»

«Credi sia la persona giusta?»

«Lo amo…»

«Mi basta che tu sia felice.»]


«Lucy?»

Lucy sbatté le palpebre. Aveva quella brutta abitudine di perdersi nei suoi ricordi, e quando tornava in sé i discorsi erano andati già avanti di parecchio. Come quel caso. Layla la stava guardando con uno sguardo preoccupato misto a curiosità.

«Scusate, mi sono persa…» arrossì leggermente, fissando il suo piatto di maccheroni al formaggio. Anche il cibo aveva un sapore diverso, ora. Non sarà stato raffinato o ricercato, era semplice cibo, ma l'aveva cucinato sua madre piena d'amore, e ciò si sentiva in ogni forchettata.

«Ci hanno chiesto di fare delle cose per il loro matrimonio.»

«Quali cose?»

«Non lo so, aspettavano che ti svegliassi per dircele,» Cana le fece la linguaccia, poi fece un gesto con la mano per far proseguire suo padre e quella che sarebbe presto diventata la sua matrigna.

«Quello che volevamo era che anche voi due faceste parte dell'organizzazione. Layla ha ottimo gusto, per qualsiasi cosa, ma speravamo nel vostro aiuto.»

«Per cosa?»

«A questo proposito… abbiamo stilato questa lista per voi due,» Layla allungò un biglietto chiuso a metà perfettamente in mezzo alle due ragazze, invitandole ad aprirlo con un cenno della testa, «l'ultima voce è un'idea di Gil.»

Cana e Lucy si scambiarono uno sguardo, poi Lucy prese il biglietto e Cana le si avvicinò facendo strisciare la sedia per terra.

Passarono una manciata di secondi in silenzio a leggere i vari punti della lista: erano solo cinque, ma per ognuno vi era una breve spiegazione del compito.

«Mi prendi per il culo?»

Cana saltò in piedi, alzando le braccia al cielo.

«Cana…»

«Volersi tanto bene? Davvero? Ma che roba è!»

Lucy scoppiò a ridere, mentre la sua futura sorellastra discuteva sul senso di quella lista con Gildarts, e Layla si copriva la bocca per evitare di ridere a voce troppo alta.

Forse non era una famiglia perfetta, ma non rideva così tanto che neanche si ricordava l'ultima volta che l'aveva fatto.

Sì, era felice.

Ed era stato il miglior compleanno che avesse mai festeggiato.







Sophie's space______
Credo di meritarmi schiaffi pugni e calci da tutti voi.

Ma sono fiduciosa, spero che mi vogliate bene comunque!

Questa cosa nasce dal contest, in cui mi veniva chiesto di sviscerare il rapporto tra una coppia (la mia è stata Cana/Lucy) attraverso uno dei più usati cliché: il matrimonio dei genitori. È stato un parto enorme, ma alla fine ho avuto l'illuminazione.

Tra l'altro… perché Cana e Lucy? Che domanda! La giudicia del contest ha una passione sfrenata per le Crack Pairing, e quindi niente, era l'unica coppia che mi ispirava qualcosa xD

Continua a non convincermi pienamente, sappiatelo, ma oh, il tempo stava scadendo e non volevo ritirarmi.

Detto ciò, spero che vi piaccia, o che almeno non vi faccia schifo.

I love you <3

A presto, Sophie!

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Capitolo 2
*** Regola n°1 ***


Regola n°1 – Raccogliere le partecipazioni – Devi dire le cose come stanno, almeno a me.

3 luglio – tredici giorni al matrimonio

«Chi è il prossimo nella lista?»

Lucy abbassò lo sguardo sul foglio clorato e, per loro fortuna, era rimasto un solo nome: «Porlyusica!»

Cana si illuminò, alzando le mani al cielo.

Gildarts e Layla avevano fatto un'altra lista con le dieci persone a cui chiedere la conferma di partecipazione, visto che gli altri invitati erano ex commilitoni di Gildarts o amici dell'alta società di Layla, che avevano già comunicato per vie particolari la loro presenza.

«Come mai sei così entusiasta?»

«Con lei sarà una cosa velocissima, vedrai. È una donna particolare.»

«Come la conosci?»

Cana alzò le spalle, sorridendo.

«Ti ricordi come si sono conosciuti, no?»

Lucy ci pensò su, alzando gli occhi verso il cielo. Erano passati anni da quando sua madre gliel'aveva raccontato, ma se lo ricordava ancora come se l'avesse fatto il giorno prima. Forse perché Gildarts amava ripetere quella storia, forse.


[«E quindi? Come vi siete conosciuti?»

«Oh no… Lucy, perché?»

«Ci siamo conosciuti in ospedale…»

«Ed eccolo che ricomincia… preparati.»

«Era una sera d'inverno. Faceva freddissimo, me lo ricordo. Avevo chiamato l'infermiera, ma non c'era nessuno che potesse venire da me… poi è arrivata una donna, una strega! Che c'è Layla? Non è una strega?»

«Povera…»

«Quando è arrivata pensavo sarei morto. Mi iniziarono a fare male anche le giunture… avete presente la storia degli arti fantasma, no?»

«Gildarts, muoviti…»

«Comunque mi ha aiutato, nonostante tutto. Mi disse: “se hai freddo vai a farti un giro”! Peccato che io avessi perso una gamba e un braccio in guerra… allora mi chiamò una volontaria; mi disse che era stata una paziente, anni prima, e che non voleva lasciare l'ospedale. Subito pensai ad un fantasma, sai, quelli che infestano gli edifici abbandonati.»

«Quando mi ha vista stava per svenire.»

«Solo perché eri stupenda.»

«Santo cielo, devo mangiare un limone per sgrassare questo miele.»]


«Sì me lo ricordo!» rispose Lucy, stringendosi nelle spalle.

Cana allora la prese a braccetto, conducendola verso una casa in fondo alla via, un po' più piccola rispetto alla media e dall'aspetto diroccato, ma circondato da erbe e alberi, una piccola oasi verde in mezzo all'asfalto. Bussò alla porta, indossando il miglior sorriso di cortesia che avesse in serbo, e così fece Lucy, anche se non aveva ben chiaro cosa stesse per succedere.

«Andate via!»

«Porlyusica! Siamo Cana Alberona e Lucy Heartphilia, ci serve una conferma!»

«Non mi interessa!»

«Porlyusica andiamo, non ti ricordi di me?»

La porta si socchiuse, un occhio chiaro sbucò da quel filo illuminato dalla luce del sole.

«Chi sei?»

«Mi hai fatta nascere. La figlia di Gildarts Clive.»

«Perché non hai il suo cognome?»

Cana roteò gli occhi al cielo, poi ridacchiò. Quella donna era sempre così, non la riconosceva mai e tutte le volte faceva storie. Non era una persona che amava essere importunata.

«Me lo chiedi tutte le volte, ci sto pensando.»

La donna sbuffò, ma poi aprì la porta completamente, facendole entrare.

Dopo una serie di discussioni su chi fosse davvero, e chi fosse Lucy soprattutto (“Ah, la figlia di Layla. Ti facevo più vecchia.”), sul perché della loro visita e sul fatto che non si sarebbe presentata per nessun motivo al mondo – cosa che non sarebbe stata vera –, le due ragazze se ne andarono che il sole stava tramontando.

«Velocissima?» commentò Lucy, sbattendo le palpebre intontita da tutte quelle parole.

«Forse ho sminuito la cosa,» rise, facendo scoppiare anche l'altra subito dopo, «ma è come fosse la mia madrina, le vogliamo bene. È stata lei che ha spinto mio padre a riconoscermi… se ti capita fatti raccontare la storia, è divertente!»

«Lo vedo…» Lucy sorrise, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Cana la osservò, alzando un angolo della bocca. Aveva avuto modo di studiarla parecchio da quando si erano conosciute la prima volta, e aveva sempre quell'espressione un po' malinconica, da persona che era sempre stata sola; diverso dal suo che, seppur difficile, era sempre stato pieno di gente e persone, tra collegio e amici del quartiere.

Per quello aveva deciso di farle una sorpresa. Il compleanno era passato da qualche giorno, ma credeva avrebbe fatto comunque una bella impressione.

«Vieni con me, andiamo ancora in un posto,» le disse, trascinandola un po' di peso.

«Ma non abbiamo finito con la lista?»

«Sì, ma devo farti vedere ancora una cosa… dai!»

In una decina di minuti si trovarono di fronte al pub solito di Cana, dove ormai aveva fatto amicizia anche con i muri.

«Adesso non c'è tempo di una bevuta.»

«Puoi fidarti di me, per una volta?»

Si scambiarono sguardi di fuoco. Cana voleva farla entrare a tutti i costi, mentre Lucy era palesemente attratta dall'idea di tornarsene a casa propria.

Però vinse la figlia di Gildarts, dopo uno sbuffo sonoro della giovane rampolla.

Spalancarono le porte in legno e furono inghiottite dall'oscurità.

«Ci siamo introdotte illegalmente. Lo sapevo…» si lamentò la bionda, esasperata.

L'altra la ignorò spudoratamente e si schiarì la gola.

La sala si illuminò e gli amici di Cana saltarono fuori dai loro nascondigli, gridando a gran voce: «Auguri Lucy!»


«Allora, piaciuta la sorpresa?» Cana si avvicinò a Lucy che stava seduta al bancone con la fronte appoggiata ad un boccale di birra.

«Non me l'aspettavo…»

«Piaci anche ai miei amici, sai,» prese una sorsata del suo secondo – o era il terzo? – boccale e lo finì, lasciandolo abbandonato a se stesso, «ti trovano interessante, potresti considerarli amici tuoi, non credi? Sarebbe anche ora!»

Lucy arrossì, e non era dovuto all'alcool, Cana lo sapeva, e fece una smorfia.

«Che c'è?»

«Non sono molto capace con queste cose…»

Cana le mise un braccio attorno alle spalle e la tirò a sé, rischiando di farla anche cadere dallo sgabello di legno per la foga.

«Dimmi Lucy…» le si avvicinò al volto, soffiandole all'orecchio. Era decisamente ubriaca, c'era poco da fare. Ma ancora qualcosa riusciva a capirla: «fin dove ti sei spinta?»

«Non molto lontano, temo.»

«Parlo di uomini.» rettificò la giovane Alberona, chiamando la barista Mirajane con un cenno e facendosi portare un altro boccale. L'ennesimo.

«Ah non pensavi ad una serie di romanzi?» la schernì Lucy, ricevendo una linguaccia come risposta, «Non cambia, comunque.»

Cana spalancò gli occhi e si mosse all'indietro, barcollando sulla seduta. Lucy la tenne su tirandola per un braccio.

«Non ci credo! Una così carina!»

Lucy scosse piano la testa, rispondendo: «Ti dimentichi di Jude…»

«Non hai mai provato neanche per sfizio con un amico? O un'amica?»

«Cana, sei ubriaca.» le fece notare, senza sortire alcun effetto. Stava per tornare alla carica, glielo leggeva negli occhi.

«E tu rispondimi!»

«Non ho mai avuto amici! Sei contenta?» brontolò, abbassando lo sguardo. Iniziò a passare il dito sul bordo del suo boccale, mentre lo fissava intensamente.

Cana rimase in silenzio, osservandola. Non poteva permettere che stesse così. Doveva fare qualcosa. La testa che pulsava non aiutava molto a farla ragionare lucidamente, ma doveva davvero fare qualcosa per lei.

«Bevi.» le ordinò. Le tolse il boccale dalle mani e si sporse dal bancone, prendendo due bicchierini da shot e riempiendoli di un liquore a caso, il primo che fu in grado di recuperare senza cadere.

«Eh?»

«Bevi Lucy!» Lucy bevve, forse intimorita dal tono di voce. «Sto per fare una cosa di cui mi pentirò, già lo so… merda.»
«Lo sai che stai parlando a voce alta?»

«Bevi.» le riempì di nuovo il bicchiere e le fece compagnia buttando giù il liquido in un sorso solo.

«Cana mi spieghi che stai dicendo?»

«Posso insegnarti le cose che non sai, così da non farti trovare impreparata.» le disse, fissandola negli occhi. O almeno, era quello che aveva pensato di fare, vista il suo evidente stato di ebrezza.

«Quali cose dovresti insegnarmi?» Lucy scoppiò a ridere, forse un po' troppo sguaiatamente per essere una che proclamava la sua quasi sobrietà.

«Quando quel coglione di Natsu ti chiederà di uscire, allora dovrai essere pronta.»

Cana non lo sapeva, non capiva bene perché stesse continuando ad ingoiare golate di bruciante Sambuca, o Tequila, o qualsiasi altra cosa trasparente fosse perché al momento non riconosceva i gusti. Semplicemente ne sentiva il bisogno.

«Pronta per cosa?»

«Per tutto! Ti va bene che è un deficiente e non sa un cazzo neanche lui, ma tu devi essere meglio. E preparata.»

Natsu e Lucy ormai si conoscevano da qualche anno, seppur molto saltuariamente. Cana aveva obbligato Lucy ad uscire con il suo gruppo più e più volte durante i week-end che passava con Layla, per farla entrare in un gruppo di ragazzi della su età. All'inizio aveva fatto fatica, con i suoi modi di fare tutti particolari, il lessico usato, la postura, ma poi la naturalezza dei ragazzi l'avevano sciolta. Natsu e Gray litigavano come sempre, la facevano ridere e lei si ammorbidiva: aveva legato con tutti, principalmente con Natsu e Levy, e Cana lo vedeva benissimo. Se da una parte era felice per Lucy, che finalmente aveva degli amici che fossero anche suoi, dall'altra aveva perso l'esclusiva: stava spiegando le ali e stava lasciando il suo nido, per svolazzare beata tra le braccia di altra gente. Cana amava i suoi amici come se fossero stati suoi fratelli, l'avevano aiutata nei momenti difficili, ma non poteva fare a meno che sentirsi un po' invidiosa di loro.

«Chi ti dice che ci uscirei?»

«Non lo faresti?»

«Non ho detto questo.»

Cana ridacchiò, si sporse oltre al bancone e prese una ciotola di arachidi tostate, iniziando a mangiucchiarle senza distogliere lo sguardo dalla sua amica.

«Questa tua aria da puritana nobildonna è intrigante, certo, ma devi dire le cose come stanno. Almeno a me.»

«Ma tu non eri ubriaca?»

Cana scoppiò a ridere. Lucy la imitò, seppur con meno slancio.

«Lo sono. Del tutto. Cerco solo di darmi un contegno.» riempì i bicchieri con gli ultimi rimasugli e batté il suo con quello di Lucy, in un muto brindisi, «Comunque, domani cominciamo a studiare. Gildarts ci ha dato il permesso di stare fuori fino all'alba, se vogliamo.»

«E mia madre lo sa?»

«Ah non ne ho idea. È lei che se lo sta per sposare, mica io!»


Avevano fatto fatica a tornare a casa: il tragitto che collegava il Fairy Tail a casa Clive era breve di norma, ma con tutto quell'alcool in circolo non lo era sembrato affatto. Fortuna che Natsu e Gray erano stati così gentili da accompagnarle. Le avevano lasciate davanti alla porta di casa con un bacio sulla guancia e la raccomandazione di non far casino entrando.

Cana si guardava allo specchio del bagno, dopo essersi struccata ed essersi sciacquata più e più volte il viso.

Sembrava vecchia. Aveva solo un anno in più di Lucy, ma si vedeva vecchia. Anche più vecchia di Layla, che era una donna adulta, compiuta.

Si sentiva vecchia, pur facendo cose da giovane, da adolescente.

Era così stanca… si sentiva un enorme macigno sulle spalle. Quel macigno aveva un nome ed un cognome, aveva un'identità propria che lei conosceva bene, ma che non poteva combattere da sola. E chiedere aiuto non era nel suo stile.

Si asciugò, perché non aveva più voglia di commiserarsi: la ciucca triste ad un compleanno non era la cosa migliore.

Sgusciò fuori dal bagno e si intrufolò tra le coperte, per poi espirare sonoramente.

«Tanti auguri Lucy.»

«Grazie… per tutto.»

Lucy si girò verso di lei e le sorrise, guardandola negli occhi. Aveva un'aria così dolce, da cucciolo.

Cana arrossì e l'abbracciò forse con troppo slancio, complice la sua ubriachezza. Le diede un leggero bacio sulle labbra che ancora bruciavano di liquore. Non ci aveva pensato, era successo e basta. Era un gesto da ubriaco, niente di più.

«Buonanotte principessa.» sussurrò a fior di labbra, per poi voltarsi dall'altra parte. La testa iniziava a farle male, era quasi ora che provasse a dormire.






Sophie's space______
Eeeeee secondo capitolo!

Spero che vi piaccia, finalmente qualcosa inizia a smuoversi. Mah, mah!

A presto <3

Sophie

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Capitolo 3
*** Regola n°2 ***


Regola 2 – Trovare l'abito perfetto – Sono qui per te.

10 luglio – sei giorni al matrimonio


Lucy stava aspettando. Da un po'.

Non ci era abituata in effetti, era strano che una come lei aspettasse: quando era con suo padre nessuno si permetteva di farla attendere, anzi, era sempre lei che arrivava un pochino dopo in modo da non dover stare lì a non fare niente.
E invece ora aspettava.
Diede uno sguardo all'orologio, poi sbuffò. Era quasi mezz'ora che stava seduta sul marciapiede di fronte a quel negozio di vestiti. Eppure non le pesava così tanto, non era arrabbiata o infastidita, solo annoiata.
Stava chiacchierando con Natsu al cellulare, per passare il tempo.
Stai ancora aspettando?”
Sorrise. Era un ragazzo estremamente carino, dolce, e premuroso, seppure con la testa tra le nuvole e sempre pronto ad attaccare briga con chiunque lo provocasse. Non poteva negare di provare affetto nei suoi confronti, un affetto profondo.
Cana è in ritardo…”
Digitava velocemente, poi alzava lo sguardo sulla strada e lo fissava nella direzione dalla quale sarebbe dovuta arrivare Cana. Non sapeva bene cosa stesse facendo, per avere un ritardo così. Sapeva che stava andando al dopo scuola, per prepararsi agli esami, ma sarebbero dovuti finire un'ora prima.
Cana è sempre in ritardo. Mezz'ora è considerato anticipo per lei.”
Lucy rise ed infilò il cellulare in tasca, senza rispondere. Decise di attraversare e guardare la vetrina da più vicino, per portarsi avanti.
Avevano deciso di andare quel pomeriggio a fare shopping perché era l'ultimo giorno possibile prima degli esami di Cana. Aveva finito il dopo scuola e due settimane dopo avrebbe iniziato gli esami per diplomarsi, finalmente, all'alba dei suoi diciotto anni. Senza contare i preparativi del matrimonio… non ci sarebbe quasi stato più un momento libero.
«Eccomi!»
Cana le mise le mani sulle spalle, facendola saltare dallo spavento.
«Accidenti a te!» sbraitò, tenendosi una mano sul cuore. Poi si voltò, e guardandola ogni segno di rabbia si sciolse. Sembrava così contenta che rimanere arrabbiata per lo spavento non era facile. «Com'è andata a scuola?» le chiese, aprendosi in un sorriso.
L'altra ragazza la prese a braccetto e spalancò la porta del negozio, entrando come un piccolo uragano.
«Una noia mortale, come al solito. Però ora siamo qui, scegliamo il tuo vestito!»
«Tu non lo scegli?»
«Non credo si adegui al mio portafoglio,» le fece l'occhiolino, per iniziare a spingerla tra le fila di vestiti.
Lucy si rabbuiò: credeva che avrebbero fatto shopping insieme, non che avrebbe fatto la principessa come quando viveva con suo padre.
«Vi serve una mano, ragazze?»
Una commessa si avvicinò, quatta, e le guardò con un bel sorriso luminoso. Passava lo sguardo da una all'altra, cercando il punto debole su cui insistere.
«Sì, grazie!» Cana saltò, alzando l'indice. «Stiamo cercando un abito da cerimonia per la mia amica…» prese Lucy per le spalle e la posizionò davanti a sé «dobbiamo fare le testimoni di nozze, ci servono dei vestiti adeguati.»
La commessa si illuminò e, congiungendo le mani, chiese: «Avete un colore? O un tema?»
«Non ci sono temi, ma il colore sarebbe tutta la gamma di azzurro. La sposa sarà blu.»
«La mamma sarà blu?» sgranò gli occhi la bionda. Si ricordava di un vestito bianco, non di un vestito blu.
«No, non del tutto.» la rassicurò Cana soffiandole all'orecchio. Lucy rabbrividì. «Comunque! Blu e azzurro.» la spinse leggermente in avanti.
Da quel momento, Lucy si sentì sballottata da una parte all'altra del negozio – che sembrava non finire mai – dalla commessa Juvia e da Cana, che ogni tanto scoppiava in una risata prendendo un vestito orrendo dalle relle, per poi finire scaraventata di peso dentro ad uno stanzino ricoperta di abiti. Forse c'era qualcosa di decente lì in mezzo, ma per il momento sospettava fosse solo un gioco per vederla conciata in modi improponibili.
Comunque ora era nel camerino, tra tre pareti rosa confetto e una spessa tenda di velluto nero. Fissava i vestiti in modo che le parlassero, che dicessero qualcosa… ma niente. Sentiva solamente Cana che rideva. Possibile che avesse un tono di voce così alto?
Sbuffò e iniziò a sbottonarsi la camicetta bianca; si slacciò i pantaloni e li sfilò, lasciandoli sul pouf nero perfettamente piegati. Si diede un fugace sguardo allo specchio, soffermandosi sulle sue forme: grande seno, grandi fianchi, pancia piatta. Quanta invidia aveva sempre fatto alle persone che incrociava per strada per il fisico che aveva, lo vedeva nei loro occhi: le ragazze la osservavano con una certa gelosia, i ragazzi invece con un certo desiderio.
Tranne Natsu, in effetti. Non aveva ancora visto in lui quegli occhi, quello sguardo da predatore a caccia. Forse era troppo ingenuo per avere quella luce, forse semplicemente era troppo bravo a nasconderlo.
«Da quanto lavori qui? Non ti ho mai vista in giro!»
Sentì la sua futura sorellastra chiedere alla commessa. Ma perché Cana dava quella confidenza a tutti? Non poteva semplicemente concentrarsi su di lei? Era per lei che erano lì, alla fine, non per flirtare con commesse sconosciute.
«Non da tanto, mi sono appena trasferita…»
Fissò il suo riflesso non appena riuscì ad infilarsi quello scafandro celeste, sbattendo le palpebre. Doveva sembrare una scema, vista da fuori. Cana l'avrebbe sicuramente presa in giro. Era così assurdo: era gelosa di una semplicissima commessa.
Era quello, per forza, era gelosa.
«Cana!» esclamò Lucy, per poi arrossire. Non se n'era accorta. Le tornò subito alla mente il bacio di qualche giorno prima, tra le coperte. Si era girata dall'altra parte e aveva fatto finta di dormire, perché per lei era il primo bacio e sicuramente non sarebbe riuscita a chiudere occhio facilmente. E l'aveva dato a Cana. Anzi, se l'era rubato Cana, perché lei non l'aveva chiesto. E se l'era preso così, senza un vero motivo, probabilmente troppo ubriaca per poterne trovare anche solo mezzo valido. Un po' era arrabbiata, doveva ammetterlo. Un po' avrebbe voluto un bacio da film, magari appoggiati ad uno scooter con un cono gelato che si scioglieva tra le mani, e con un ragazzo, soprattutto.
Cana si infilò nel camerino, spingendola indietro. La fissò negli occhi, la testa leggermente inclinata di lato.
«Che c'è?» le chiese, con un tono talmente ingenuo che sembrava un'altra persona.
Lucy abbassò lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore, per poi sussurrare: «Mi aiuti con la cerniera?» e si voltò di schiena.
Perché si stava comportando così? Quale diavolo era il motivo che la spingeva ad arrossire a quel modo? Era colpa sua, il bacio, le parole, non era affatto giusto!
«Sei gelosa, Lucy?»
«Perché dovrei.» sarebbe dovuta essere una domanda, ma uscì più come una specie di ringhio.
Cana sogghignò. Le mise le mani sulle spalle e appoggiò la fronte contro la sua nuca, espirando in modo particolarmente sonoro.
«Guarda che sono qui per te. Non c'è bisogno di essere gelosa.»
Le diede un bacio nel punto in cui era appoggiata ed uscì, lasciandola sola.
Lucy si sentì una stupida dopo quelle parole: certo che Cana era lì per lei, non le doveva neanche servire quel tipo di rassicurazione. Si batté una mano sulla fronte e finalmente si decise a guardarsi allo specchio: l'abito che aveva indosso era di un pallido celeste, una scollatura a cuore le sorreggeva il seno e la lunghezza le sfiorava appena il ginocchio. Non aveva spalline, piuttosto un nastro semi trasparente che si andava a legare dietro al collo. Non era poi così male, in effetti. Possibile che avesse beccato l'unico vestito decente del mucchio?
Uscì tirando la tenda e fece un giro su se stessa in punta di piedi.
Juvia e Cana si interruppero per osservarla.
Nel negozio non c'era anima viva oltre loro, perciò il silenzio era pressoché assoluto.
«Allora?»
«Stai benissimo Lucy. Prendilo.» Cana si alzò in piedi e batté le mani una volta, sbattendo le palpebre. Forse era davvero sorpresa che quel vestito le stesse così bene.
«Sono d'accordo, ma credo dovresti provare altri abiti. Lo sentirai quando sarà l'abito giusto per te.»
«Non funziona così per gli abiti da sposa?»
«Funziona così per qualsiasi vestito, Cana.»
Juvia e Cana si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi tornarono su Lucy e in coro dissero: «Il prossimo!»
Sarà stato il decimo. O undicesimo. Aveva perso il conto, in realtà. Le mani le facevano male a forza di chiudere bottoni e tirare su lampo, i piedi le pulsavano sui tacchi e le gambe stavano diventando delle zampogne.
Senza contare che era più di un'ora che stava lì. Forse erano due.
«Ci sei? Questo è il penultimo!»
Lucy sbuffò, poi roteò gli occhi al cielo. Si guardò allo specchio: non era proprio un abito adatto a lei, a dire il vero. Blu scuro, lungo, aderente, un profondo scollo e uno spacco vertiginoso. Sarebbe stato sicuramente meglio addosso a Cana, piuttosto che a lei. Non aveva l'atteggiamento giusto per portare un vestito simile.
Si massaggiò le tempie, mosse il collo a destra e a sinistra per sciogliere i muscoli, poi uscì.
Cana ammutolì.
Non c'era nessun altro nel negozio, non c'era neanche più Juvia, non volava una mosca. Lucy e Cana si osservavano, la bionda la fissava e Cana non smetteva di fare su e giù con le pupille, studiando quasi ogni cucitura dell'abito.
Si alzò, le andò incontro, le fece fare un giro su se stessa.
«Sei splendida.» le sussurrò, guardandola negli occhi.
Lucy si sentì avvampare, tanto che credeva di stare per evaporare da un momento all'altro. Che cosa diavolo le prendeva? Un complimento. Era stato un semplice complimento. Sì, un bel complimento, ma comunque niente di sconvolgente. Perché adesso stava cercando di tenere le gambe forti per non cadere?
Cana aveva un profumo meraviglioso. E uno sguardo estremamente intenso.
«Grazie…» biascicò non appena riuscì a prendere aria. Spinse leggermente indietro la sua amica e si fece vedere anche da Juvia, che applaudì.
«Stai davvero bene… ma credo sia perché sei bellissima e stai bene con tutto, sai?» le sue parole fecero ripartire il tempo che si era fermato. Tutto ricominciò a scorrere, e Lucy tossì, resasi conto solo in quel momento di aver trattenuto il respiro.
«Vero, starebbe bene anche con un sacco nero addosso,» Cana le fece un largo sorriso mentre la faceva girare su se stessa un'altra volta, «ma non credo sarebbe il caso di andare ad un matrimonio vestiti con un sacco.» le fece l'occhiolino e le diede una pacca sul fondo schiena, incitandola a tornare nel camerino.
Lucy si svestì, poi appoggiò la fronte allo specchio e scivolò giù in ginocchio, con gli occhi chiusi. Non si era mai sentita così per nessuno, in vita sua. Cana la mandava in tilt il cervello e non era una cosa che le piaceva.
Jude le aveva insegnato a mantenere la calma e il controllo in ogni secondo, durante ogni respiro. Sentiva che stava per perderlo.
E cos'avrebbe fatto quando l'avrebbe perso del tutto?

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