5fh Avenue

di marty0029
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1) New Life in New York ***
Capitolo 2: *** 2) Blue eyes ***
Capitolo 3: *** 3) Job for you ***
Capitolo 4: *** 4) Mr. Lays is waiting ***
Capitolo 5: *** 5) Stalker ***
Capitolo 6: *** 6) Temptation ***
Capitolo 7: *** 7) Sex ***
Capitolo 8: *** 8) Date ***
Capitolo 9: *** 9) Work ***
Capitolo 10: *** 10) Dinner with surprise ***
Capitolo 11: *** 11) Two-Faced ***
Capitolo 12: *** 12) Run ***
Capitolo 13: *** 13) Peace ***
Capitolo 14: *** 14) Will Pass ***
Capitolo 15: *** 15) Travel ***
Capitolo 16: *** 16) Patient ***
Capitolo 17: *** 17) The Royal Suite ***
Capitolo 18: *** 18) He loves you ***
Capitolo 19: *** 19) out of danger ***



Capitolo 1
*** 1) New Life in New York ***





 
1) New Life in New York





 

Controllai nuovamente l’orologio e sbuffai nervosamente. Possibile che fosse sempre in ritardo e che proprio non conoscesse il significato della parola puntualità? Avevamo appuntamento un quarto d’ora fa e di lei nemmeno l’ombra. Povera me. Avere a che fare con Candice non è proprio una passeggiata. Se ha la sua giornata no, oppure se si trova nella sua settimana del ciclo diventa ancora peggio, e tu non puoi fare altro che sperare che gli passi il più velocemente possibile e senza creare troppi danni irreparabili. Ancora ricordo quello che era successo al suo ultimo “periodo del mese”. Il poverino che aveva avuto la malaugurata sorte di versargli il caffè nero bollente sulla maglietta della nuova collezione di “Mango”, era andato all’ospedale per aver ricevuto un colpo troppo forte ai genitali. Avevo preso a chiamarla Tornado-Candice, e francamente non credo di aver sbagliato soprannome. Oramai la conoscevo da abbastanza tempo da capire il suo universo che era completamente differente da quello di una persona classica.
Guardai nuovamente la folla avanti a me. Tipico di New York City avere la frenesia anche alle 9:00 del mattino. La città che non dorme mai. Nonostante abitassi qua da ormai diverso tempo, non potevo non stupirmi ogni singola volta. Era un luogo magico, almeno per me. Trasferirmi a New York aveva segnato la mia rinascita. Sorrisi soffermandomi a guardare qualche volto della gente che mi passava di fianco.
C’era chi correva per prendere la metropolitana, chi parlava al telefono, chi ascoltava la musica grazie al suo i-pod. Altri invece che parlottavano tra loro incuranti delle persone circostanti. Mi soffermai senza volerlo veramente su un paio di ragazzi che parlavano della partita che avevano giocato ieri i New York Yenkees. Avevano vinto fortunatamente. Non conoscevo il baseball, ma amavo a tal punto questa città da volere che fosse la prima al mondo in qualsiasi cosa essa facesse. Sorrisi scuotendo la testa e rendendomi conto che non era normale provare un amore così profondo per un luogo. Era come se parlassi del mio fidanzato.
Sembrava che il mondo intero fosse concentrato in questa magnifica città. Avevo avuto la fortuna di trasferirmici pochi anni prima, venendo via da una cittadina Italiana che aveva cominciato a starmi stretta non appena avevo compiuto i diciotto anni, e probabilmente non avrei potuto fare scelta migliore in vita mia. Adoravo i suoi profumi, i suoi vicoli, le sue strade numerate. Sembrava nata per accogliermi, oppure io sembravo nata per stare qui. Era stato un incontro che aveva segnato una storia d’amore che speravo potesse durare per tutta la vita.
Ancora ricordo la faccia di mia madre quando le avevo intenzione di fare uno stage di lingue proprio qua, nella grande mela. Mi aveva preso per pazza, e inizialmente credeva che scherzassi, ma appena vide la gioia nei miei occhi quando era stata accettata, aveva compreso che il mio posto era qua. Qua, dove tutto sembra completamente diverso. Staccarmi dai miei genitori era stata la cosa migliore che mai avessi potuto fare.
Incontrai Candice in uno Starbucks, dopo che entrambe avevamo avuto una giornata da dimenticare. Avevamo finito per scambiarci i numeri di telefono, e da allora eravamo diventate inseparabili. Avevo trovato in lei l’amica che mi era sempre mancata in Italia. Ero sempre stata quella ragazza solitaria, che si isolava facilmente e che tendeva a nascondersi piuttosto che apparire; mentre Candice era il mio completo opposto. Lei era bella, sapeva di esserlo e non faceva assolutamente niente per nasconderlo. Completamente differente da me, lei aveva un agenda su cui segnava i suoi flirt, mentre io contavo sulle dita di una mano tutte le mie pomiciate. Avevo avuto solo un ragazzo, con il quale avevo anche perso la verginità, che mi aveva usato e spezzato il cuore. Desideravo solo che soffrisse di assurde sofferenze. Quello probabilmente era stato l’avvenimento, insieme ai miei genitori, che mi aveva spinto a fare quella domanda di stage. Dovevo riprendere in mano la mia vita e sapevo che in quel posto, in quella città, non ci sarei mai riuscita.
Voltai la testa verso lo schermo gigante di Time Square e alzai gli occhi al cielo leggendo l’orario che c’era scritto. Perfetto Candice, venti minuti di ritardo. Continua così che batterai il record.
Avevo appuntamento qui con la mia migliore amica per una colazione da Starbucks in santa pace. Lei era appena tornata dalla Pennsylvania, dove era stata a trovare la sua famiglia, che vedeva abbastanza di rado nonostante non fosse poi così distante, e io venivo da due settimane infernali dal lavoro. Rabbrividì al pensiero degli ultimi giorni. Sembrava che il mondo intero avesse deciso di presentarsi a New York City.
Non appena avevo finito lo stage di lingue, ero riuscita a trovare lavoro in una pizzeria nel Queens che faceva un ottima pizza italiana. Si chiamava “Il Forno”, ed appena avevano saputo la mia madrepatria, mi avevano subito assunto, facendomi addirittura riscrivere il menù nella mia lingua. Sorrisi al pensiero del mio capo, il signor Fulton, che aveva una settantina d’anni, ma che era più arzillo di un mandrillo. Ci aveva provato svariate volte con me, ma sua moglie Wanda, sapeva sempre rimetterlo al suo posto. Santa donna.
Candice e io ci eravamo sentite ieri sera e avevamo deciso di comune accordo, di prenderci questa mattinata per dedicarla a noi, ma evidentemente non era andato tutto secondo i nostri piani.
Mi aveva tenuto tre quarti d’ora a telefono per raccontarmi quello che aveva trascorso nelle due settimane dalla sua famiglia. Aveva rivisto un suo ex, un certo Jesse che l’aveva destabilizzata non poco. Credo che quello fosse il motivo principale che aveva spinto Candy a cambiare aria. Sorrisi alzando gli occhi al cielo. Dietro ad un cambiamento di vita drastico c’era sempre lo zampino del coglione di turno. Gli uomini.
Ma tu guarda se la mia mattina libera da mesi la devo passare ad aspettare una pazza scellerata che mi sta piantando in asso.
Sentì il telefono squillare, e imprecando come una scimmia per cercare quel dannato aggeggio in borsa, risposi senza neanche guardare il nome che lampeggiava sul display imbestialita come un toro. Sapevo chi era a chiamarmi. Altro motivo per essere una belva.

-dove cavolo sei Candice Fleming?- borbottai cercando di darmi un tono senza mettermi ad urlare come una pazza in mezzo a Time Square.

-chiedo venia, ma ho avuto un imprevisto!- dichiarò rivolgendomi le sue scuse.

Sospirai. Inutile arrabbiarsi. Avevo tutto il tempo del mondo dal momento che mi era stata concessa una settimana di ferie, quindi avrei potuto fare colazione con la mia migliore amica in un altro momento. La sentivo sinceramente dispiaciuta dal telefono e l’ultima cosa che volevo era farla sentire in colpa. Gli imprevisti capitano. In questa città poi sono proprio all’ordine del giorno.
Mi sentì accomodante e presi a camminare per la piazza facendolo slalom tra le persone che camminavano nel mio senso opposto. Non avevo proprio il diritto di incavolarmi. Era vero che Candice aveva un serio problema con la puntualità, ma non mi aveva mai dato buca.
Sicuramente era stata incastrata a lavoro. Faceva l’assistente di un importante dirigente di un’azienda di catering, quindi aveva sempre l’auricolare all’orecchio.
La sua azienda, fortunatamente per lei, aveva sempre a che fare con i pezzi grossi del mondo della finanza o che so io. Capitava spesso che dovesse organizzare dei buffet in un tempo seriamente ridotto. Dio solo sa come facesse.

-ehi tranquilla.. vorrà dire che mi farò un giro per la Fifth Avenue sorseggiando in solitaria un cappuccino!- esclamai continuando a camminare per le strade che piano piano si riempivano di turisti armati dell’ultimo modello di fotocamera.

-beh veramente.. Gloria..- tentennò pronunciando il mio nome di battesimo che usava veramente di rado.

-che vuoi Candice?- domandai alzando gli occhi al cielo e fermandomi di botto, guadagnandomi un’imprecazione dal signore che avevo dietro e che avevo costretto a fare una semi giravolta per evitare che mi venisse addosso.

C’era qualcosa che le preoccupava chiedermi e lo avevo capito dal tono con cui aveva pronunciato il mio nome. Aveva paura della mia reazione.
Questo lato del mio carattere era davvero abbastanza strano. Certe volte anche mia madre e mio padre non sapevano come comportarsi con me e con i miei cambiamenti improvvisi di umore. Quando ero adolescente avevo consultato uno psicologo per capire se soffrissi di una qualche forma di bipolarismo, ma lui aveva affermato che la mia era solo tristezza. Secondo lui ero una ragazza infelice e questo mi portava a comportarmi così con il mondo che mi circondava.
Nonostante quella sua diagnosi, i miei continuavano ad insistere che il mio fosse un problema di testa. Secondo loro ero semplicemente pazza.
Adesso ero tutto tranne che infelice, ma i miei sbalzi di umore continuavano ad esistere. Evidentemente i 250 € che i miei davano a quel ciarlatano non erano abbastanza.

-stasera c’è un party super esclusivo per uno dei pezzi grossi per eccellenza dell’Upper East Side.. anzi, credo che si tratti del pezzo grosso per eccellenza dell’Upper East Side..- cominciò tastando il terreno e facendomi capire ancora meno.

Sentivo il suo respiro affannoso e sorrisi immaginandomela indaffarata, a camminare su quelle scarpe tacco dodici che solo dio sa come poteva portare per un giorno intero. Chissà che voleva dirmi di così strano da doversi agitare così tanto.

-continuo a non capire quello che vuoi da me Candice!- borbottai non capendo niente di quello che stava cercando di dirmi.

I pezzi grossi dell’Upper East Side erano quelli che più contavano a Manhattan, ma anche nel resto di New York City. Erano concentrati in particolare sulla Fifth Avenue ed era abbastanza difficile vederli in giro. Avevano autisti privati al di fuori delle loro abitazioni e montagne di domestici che lavoravano per loro. Probabilmente alcuni di loro avevano addirittura i domestici dei domestici. Erano tutto lavoro e probabilmente non avevano un solo vizio al mondo.
Spesso quel tipo di persone mi faceva quasi tenerezza. Tenerezza e pena.
Non mi era mai capitato di trovarne uno che passeggiava spensierato per Broadway; oppure uno che faceva una sana colazione da Starbucks. Erano chiusi nei loro super lussuosi appartamenti, e vivevano costantemente con l’auricolare all’orecchio. Quella vita non riuscivo proprio a capirla. Non avrebbe mai fatto per me. Io ero uno spirito libero.
Avevo lasciato la mia vita e la mia famiglia per seguire un mio sogno e non me ne pentivo un solo giorno della mia vita. Da quando vivevo da sola, avevo preso il controllo della mia vita e sentivo di essere invincibile. Ero libera e felice di poter fare quello che più preferivo fare. Nessuno mi diceva che quello che facevo era giusto o sbagliato. Nessuno poteva permettersi di farlo perchè ero finalmente stata liberata da quella vita che non era la mia. Chissà se di loro si poteva dire lo stesso.

-siccome è una richiesta così improvvisa, siamo a corto di personale per il ricevimento.. Helton, il mio capo, ha pensato bene di mandare in ferie tre cameriere e adesso siamo con l’acqua alla gola..non è che potresti servire stasera?- mi domandò pregandomi con la voce.

Alzai gli occhi al cielo. Ecco che il vero motivo veniva a galla. Chissà che la scusa della colazione non fosse una scusa per lisciarmi. no. Probabilmente questa cosa l’ha saputa solo ora. Forse si trovano davvero con l’acqua alla gola se chiedono a me di prendere il posto di qualcuno.
Per entrare a far parte della Helton Catering, era necessario essersi diplomati alla scuola alberghiera e conoscere con disinvoltura almeno tre lingue. Era un posto molto rinomato e mi sembrava molto strano che mi facessero servire dal momento che tutta la mia esperienza con il mondo della ristorazione, veniva da due anni passati al “Forno”.

-siete sicuri? Voglio dire il tuo capo ha gusti precisi in fatto di personale! Dubito di rientrare nelle sue prerogative!- affermai convinta, sperando di poter almeno insinuare un dubbio in lei.

-ti ripeto che ne abbiamo un bisogno urgente! Ti prego Ria, non farti pregare.. ancora non ti ho detto il tuo compenso!- mi disse sapendo bene che andava a parare su un lato molto importante.

Da quando avevo deciso di venire a vivere a New York City, i miei mi avevano tolto i viveri, se così su può dire. Avevano preso male la mia scelta e mi avevano diseredato in un certo senso. Il sentivo regolarmente per le feste o per qualche ricorrenza particolare, ma non avevo più il rapporto che avevo prima. Oddio. Stavo decisamente meglio da quando li avevo allontanati dalla mia vita.
Probabilmente era anche la loro presenza soffocante a darmi i miei sbalzi di umore e la mia solitudine. Avevo sempre vissuto in una bolla di cristallo per anni e anni.

-mi pagherà?- domandai sbalordita.

-ovvio! Seicento dollari tondi tondi!-

-considerami arruolata Candice!- urlai in mezzo a Time Square, senza curarmi di passare per folle.

Questa notizia cambiava tutte le carte in tavola. Avrei guadagnato in una sola serata, quello che guadagnavo in venti giorni lavorativi dal signor Fulton. Poteva considerarmi parte del progetto. Avrei fatto una statua a questo miliardario che aveva deciso all’ultimo di organizzare un party.
Sentì Candice scoppiare a ridere dall’altra parte del telefono e sorrisi anche io. ok. Forse potevo sembrare un tantino disperata quando mi aveva annunciato il compenso, ma lei conosceva benissimo la mia situazione finanziaria, e forse era proprio per questo che aveva pensato a me parlando con il suo capo. Forse una colazione gliela potevo anche concedere.

-sapevo che avresti accettato amica! Troviamoci al di fuori della Helton Catering alle 17:00! Ti presenterò gli altri ragazzi e troverai la tua tenuta!- mi disse e sono certa di poter giurare che adesso c’era un sorriso su quelle sue labbra carnose bellissime.

Annuì, dandomi della cogliona un secondo dopo perchè mi resi conto che Candice non avrebbe potuto vedere la mia testa muoversi. Povera me. Il compenso di seicento dollari mi aveva mandato KO.
Recuperai un briciolo di dignità e mi ricomposi aggiustandomi il gilet di jeans che indossavo sopra un vestitino a fiori. Puoi farcela Gloria.

-perfetto! Ci vediamo dopo allora!-

-grazie davvero Ria! Mi stai salvando il culo!-

-sono io a ringraziare te Candy! Porterò un bel po' di soldi nel mio portafoglio! Credo di non essere mai stata così contenta di una colazione saltata!-

Candice scoppiò a ridere e io con lei. Le volevo bene anche per questo. Lei era una delle poche persone, anzi, forse era l’unica persona che mi conosceva davvero. Sapeva quello che significava per me la questione finanziaria, e non ne aveva mai fatto un difetto.
Lei veniva da una famiglia benestante di Philadelphia. Si era trasferita a New York perchè aveva frequentato la Columbia. Aveva ottenuto la laurea, ma subito dopo aveva capito che il lavoro da avvocato non faceva per lei, quindi aveva mandato un paio di curriculum alle aziende e tre giorni dopo il signor Helton l’aveva assunta a tempo indeterminato.
Entrambe non eravamo newyorkesi, ma avevamo un amore platonico per questa città. Forse quella è stata la cosa che ci ha legato fin da subito. Consideravo Candice la sorella che non avevo mai avuto ed ero più che certa che anche lei mi considerasse tale. Altro luogo comune, tutte e due eravamo figlie uniche. Da piccola sembra tutto rose e fiori essere figlia unica, ma con il senno di poi ho capito che probabilmente con qualcuno al mio fianco, affrontare i miei genitori, sarebbe stato molto più facile.

-adesso scappo perchè devo contattare altre tre persone! Ci vediamo dopo bella ragazza!- esclamò attaccando la conversazione e lasciandomi con la consapevolezza che tra poco più di otto ore l’avrei vista.

Riposi il cellulare in borsa e sorridente come una bambina nel giorno di natale entrai dentro al primo Starbucks che mi capitò a tiro. Quella mattina mi sarei concessa un cappuccino con la panna. Dopotutto avevo appena guadagnato seicento dollari.

**
Arrivai alla Helton Catering alle 16:50. Speravo di trovare Candice per poter farmi spiegare con calma tutto quello che dovevo fare.
Al “Forno”, dovevo trattare i clienti come se fossero amici di vecchia data che venivano a mangiare per divertirsi e sorridere, ma dubito altamente che la stessa cosa si potesse dire da questo punto di vista. Sicuramente avrei dovuto mantenere un profilo basso e sarei dovuta starmene al mio posto. Mi sarebbe costata un po' di fatica, ma alla fine ci sarei riuscita. Tutto per portarmi nel portafoglio un nutrito numero di dollari.
Mi guardai intorno, ma della mia migliore amica nessuna traccia, così alzai la testa fino a cercare di vedere la fine di questo sontuoso palazzo. Da quando ero arrivata a New York, avevo compreso il significato dell’ascensore. In Italia stavo al secondo piano di una piccola palazzina formata da cinque piani, ma adesso tutto era completamente diverso. Qui il quinto piano di un palazzo, poteva essere considerato un piano terra. In questa città più sei in alto e più piani hai nel tuo grattacielo, e più vali. Avevo imparato a viaggiare per i marciapiedi con gli occhi rivolti al cielo.

-Ria! Eccomi! Perfetto tesoro! Sei puntualissima!- esclamò Candice arrivando di corsa da dentro l’edificio.

Sorrisi pensando che tra le due, era sicuramente lei la ritardataria del duo, ma mi tenni per me questa considerazione e la guardai mentre cercava di riprendere fiato.
Era davvero bella, stretta nel suo abito di sartoria color verde chiaro e nelle sue decoltè, sicuramente Loubotein. Tutto si poteva dire di Candice, ma non che non fosse una attenta alla moda. Era grazie a lei se avevo scoperto il significato di quella parola. Da piccola mia madre mi chiamava “Sandy dai mille colori”, per colpa del mio pessimo gusto nel vestire, ma da quando sono arrivata qua, tutto è fortunatamente cambiato. Con Candy ho fatto shopping e adesso posso dire di avere un guardaroba decisamente da ventitreenne. Adesso riesco a camminare su un paio di tacchi senza rischiare di andare all’ospedale. Dio benedica New York e Candice.

-sono arrivata prima perchè speravo di incontrarti!- affermai contenta di vederla e sporgendomi per poterla abbracciare.

La sentì stringere la presa sulla mia vita e mi schioccò un bacio sulla guancia che mi fece fare le fusa. Adoravo quando quella ragazza mi dimostrava il suo affetto.
Mi staccai dall’abbraccio e la guardai male ricordandomi solo adesso che aveva un bel rossetto color ciliegia che spiccava sulle sue labbra. Mi pulì la guancia con il dorso della mano e le lanciai un occhiataccia a cui lei rispose con un semplice occhiolino.

-hai fatto bene! Dunque, l’evento si terrà per il signor Lays, sicuramente è meglio per te sapere con chi avrai a che fare, anche se dubito che tu lo conosca...- mi disse lasciando finire la frase per darmi qualche secondo per capire se conoscevo questo uomo oppure no.

Cercai nella mia mente un qualche collegamento con quel cognome ma niente. Decisamente il signor Lays non rientrava tra le poche persone che conoscevo.
Dubitavo del contrario.
Figurarsi se io potevo conoscere qualcuno con il conto corrente a dieci zeri. Sicuramente non era un cliente della pizzeria dove lavoravo e certamente non frequentava il Queens, dove io vivevo.
No. non conoscevo nessun Mr. Lays.
Smisi di accanirmi sulla guancia baciata da Candice e cercai di tornare a prestare attenzione a quello che mi avrebbe detto. Volevo incamerare più cose possibile di quello che mi avrebbe detto su questo tizio.

-comunque, l’evento sarà all’ottantaduesimo piano dell’Empire State Building! Il pezzo grosso ha affittato tutto il piano per avere la massima riservatezza! A noi non è dato sapere il motivo della “festa”, se così si può chiamare, ma ci basta servire al meglio il menù che ha scelto!- disse da perfetta segretaria di un pezzo grosso qual’ era.

-ho capito! Quindi deduco che la parola d’ordine sia discrezione!- replicai pensando ad alta voce.

-hai afferrato! Chissà cosa cavolo deve possedere quell’uomo per poter affittare un intero piano dell’Empire!- si domandò ad alta voce più a se stessa che a me posandosi un dito sotto al mento.

-chissà quanti soldi deve avere una persona del genere!- replicai io cercando di fare un velocissimo calcolo mentale, mettendomi esattamente nella sua stessa posizione.

Ci guardammo un secondo, dopo di che scoppiammo a ridere. Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda. Sapevamo intenderci con un semplice sguardo e nulla poteva mettersi tra noi. Forse era proprio grazie a questa amicizia che non stavo affondando.
Avevo sempre avuto paura di crollare in seguito ad uno dei miei sbalzi di umore, e i miei genitori non facevano nulla per impedirlo, ma da quando avevo conosciuto Candice, da quando mi aveva preso sotto la sua ala, tutto il mondo mi sembrava completamente diverso.

-sei pronta per vedere la tua divisa firmata Helton Catering?- mi domandò con una punta di sarcasmo nella voce.

-show me!- le risposi con un occhiolino mentre la seguivo all’interno dell’azienda.

Già nell’atrio, mi sembrava di essere in un universo parallelo. C’era un box informazioni proprio al centro, e due porte a vetro, che portavamo a delle scale mobili che salivano.
Sembrava che il signor Helton avesse il controllo del mondo. Seguivo come un cagnolino Candice, attaccandomi a lei per paura di perdermi. Se l’avessi persa, non avrei mai saputo uscire da questo incredibile posto.
Sorpassò una delle due porte, quella sulla sinistra, e prese la scala mobile, per poi voltarsi verso di me mentre lasciava che la scala la portasse su.

-surreale vero?-

-già.. credo proprio che riuscirei a perdermi in un posto come questo! Come diavolo fai ad orientarti?- le domandai continuando a guardarmi intorno.

Non ero mai stata a trovare Candice a lavoro. Ho sempre trovato quel posto, un luogo troppo formale per una persona come me. Io lavoravo come cameriera in una pizzeria, dove davo del tu ad ogni cliente, mentre qua mi sentivo un pesce fuor d’acqua.
Pensa ai seicento dollari Gloria.

-è stata una bella impresa all’inizio, ma poi ti ci abitui velocemente.. pensa che il terzo giorno qua dentro mi sono persa mentre cercavo la caffetteria!- disse con un sorriso.

-c’è una caffetteria qua dentro?- domandai ancora più sbalordita.

-ovvio che c’è! Non è uno Starbucks, ma il caffè è abbastanza decente!- mi rispose facendomi un occhiolino e mandandomi al tappeto.

Ovvio che c’è. Una semplicissima risposta.
Cristo, sono proprio nata in un universo parallelo per trovare assolutamente assurdo tutto questo. Povera me.
Scendemmo dalla scala mobile e insieme ci avviammo verso una stanza che si trovava sulla destra del lungo e stretto corridoio che avevamo preso.
Ripeto.
Impossibile non perdersi in questa azienda.

-allora tesoro.. questa è la stanza dove ti cambierai! Dentro ci dovrebbero essere anche le altre cameriere, mentre i camerieri si trovano nella stanza di fronte! Tutto quello che ti serve è nell’armadietto numero 5!- mi disse con un sorriso.

Le sorrisi di rimando e dopo esserci scambiate un bacino, entrai nella stanza salutando le altre ragazze che mi guardavano come se fossi una marziana con tre occhi e quattro braccia.
Andai diretta verso il mio armadietto che mi aveva detto Candice essere il 5, ed estrassi quella che oggi sarebbe stata la mia divisa.
Era abbastanza semplice. Gonna al ginocchio nera, con tanto di collant velato color carne. Camicetta bianca con una targhetta sopra il petto che indicava il mio nome e un paio di decoltè nere con un tacco relativamente alto per i miei canoni.
Ero abituata a portare ballerine o scarpe da ginnastica, e trovarmi a camminare su un paio di scarpe con il tacco superiore agli otto centimetri era una vera e propria impresa. Questa decisamente era la nota dolente di tutto questo.

-ciao Gloria.. sei nuova? Non ti avevo mai vista prima d’ora! Mr. Helton ti ha appena assunta? Piacere, io mi chiamo Kelly!-

Guardai la massa di capelli ricci che mi stava davanti. Quanto cavolo può parlare una persona senza respirare? Credevo che sarebbe morta asfissiata prima di riuscire a terminare la frase.
Kelly, un metro e sessanta con i tacchi di ricci biondi. Aveva dei bei lineamenti, e qualcosa mi diceva che le sue origini erano sud-americane. Aveva un colorito di pelle invidiabile. Non sarei diventata di quel color carboncino nemmeno se mi fossi messa al sole per tre anni.
Anche lei, come me, era vestita di tutto punto. Con la targhetta oro che brillava con il suo nome scritto sopra. Sembrava che facesse questo lavoro da una vita. Forse era una delle veterane della Helton. Mi sarei fatta un po' di affari loro chiedendo qualche informazione a Candice.

-ciao Kelly! Non sono nuova, sono solo una sostituta di una qualche vostra collega in ferie! Sono una cameriera, ma non certo a questi livelli!- esclamai aprendo le braccia per indicarle il genere di livello a cui mi stavo riferendo.

-oh.. si, mi era stato annunciato qualcosa del genere! Quindi verrai con noi sull’autobus che ci porta nel luogo dell’evento? Chissà dove si trova!- esclamò eccitata battendosi le mani sopra al naso.

Ah.
Io avevo un informazione che la super-informata Kelly non sapeva. Candice mi aveva detto dove si sarebbe tenuto “l’evento”, come tutti si ostinavano a chiamarlo. Che dovevo fare? Dovevo spifferare il tutto, oppure tenermelo per me e aspettare che anche le altre lo scoprissero da sole?
Decisione sofferta, ma alla fine decisa.
Se il signor Helton, oppure Candice, non aveva rivelato loro il luogo della festa, un motivo ci sarà sicuramente stato.
Guardai le altre ragazze prepararsi e notai che la maggior parte di loro aveva i capelli raccolti in una ciambella. Questa la mia migliore amica proprio non me l’aveva detta. Chissà se era obbligatorio oppure se potevo scegliere di tenere i capelli sciolti. Finalmente da qualche mese avevano preso una piega giusta. Mi sarebbe dispiaciuto legarli.
Voltai la testa e vidi l’informata Kelly che si raccoglieva i capelli in una coda laterale. Ok, forse potevo sfruttare quella ragazza per ottenere qualche tipo di informazione.

-Kelly scusami se ti disturbo, ma potresti dirmi se è obbligatorio raccogliere i capelli?- domandai con una sola speranza nella voce.

Lei mi sorrise gentilmente e scosse la testa. Meno male. I miei capelli e la loro piega erano salvi. La ringraziai con un cenno del capo e distolsi l’attenzione sentendo qualcuno che bussava alla porta. Evidentemente era arrivata l’ora di salire sul bus che ci avrebbe portato all’Empire.
Vidi un ragazzo fare capolino, e due secondi dopo entrarono dentro cinque ragazzi vestiti pressappoco come noi.
Avevano pantaloni da abito, molto eleganti, una camicia bianca e anche loro l’immancabile targhetta alla camicia. Eravamo schedati.

-ciao ragazze!- esclamò il ragazzo che aveva fatto il suo ingresso per primo.

Era un ragazzo di colore, con gli occhi color del cielo. Era rarissimo vedere una meraviglia di occhi del genere. Sembrava il capo branco. Stava al centro, mentre il resto dei ragazzi stava un passo indietro a lui. Il maschio alfa dominante. Mi lasciai sfuggire un sorriso a quel pensiero e mi fissai meglio la targhetta con il nome. Quel ragazzo era spavaldo e quasi mi riusciva difficile pensare che facesse parte dei camerieri del catering. Mi sembrava troppo chiassoso per un livello alto come quello dell’Helton.

-Tyron! Proprio non puoi aspettare di vederci sull’autobus vero? E se qualcuna di noi non fosse stata ancora pronta?- domandò sbuffando una ragazza, che dalla cartellina, mi sembrava di aver letto che si chiamasse Valerie.

-sarebbe stato ancora meglio se qualcuna di voi non fosse stata ancora pronta Val! Non fare sempre la guastafeste! Uh, ma chi abbiamo qua.. un nuovo acquisto.. e che nuovo acquisto! Ciao tesoro io sono Tyron, ma puoi chiamarmi Tay! Ti hanno mai detto che hai delle gambe da urlo?- esclamò parandosi davanti a me.

Sorrisi pensando a quanto possono essere infantili i ragazzi. Sembrava che avesse visto chissà chi. Non mi ritenevo per nulla carina. Al mio confronto, ragazze veramente belle come Candice erano superiori anni luce. Odiavo quando qualcuno cercava di provarci solo per il gusto di farlo.
Vedevo questo ragazzo, giustamente carino, immobile davanti a me aspettando una mia qualche risposta che sicuramente non aveva a che fare con niente di quello che lui volesse sentirsi dire. Sapevo quello che voleva da me. Tutti i ragazzi da me volevano solo una cosa. Mai nessuno che mi avesse fatto sentire speciale. Mai nessuno che fosse andato oltre l’aspetto fisico.

-piacere Tyron, io mi chiamo Gloria!- risposi gentilmente cercando di rammentare qualche parola per congedarlo il più velocemente possibile.

-non sei americana!- ululò sorpreso facendomi quasi perdere la pazienza.

Oh. Beh. Almeno il cervello lo sapeva usare. No mio caro Tyron, non sono americana. Che acuto osservatore. Dovrò fare un bel discorsetto a Candice appena ne avrò l’occasione. Chi sa su che base è stato preso a fare questo lavoro. Sembrerebbe più un personal trainer che ci prova con tutto quello che si muove.

-italiana!- dissi semplicemente nella speranza che qualcuno venisse a togliermelo da davanti.

-uh ma io amo l’Italia!- mi disse con fare sornione mentre mi faceva un occhiolino che sembrava proprio saperla lunga.

Gesù ti prego fammi uscire da questa situazione, altrimenti tra poco Candice dovrà reclutare un nuovo cameriere perchè lo uccido.
Appena la gente scopre il mio paese di origine, comincia a guardarmi con gli occhi a cuoricino. Possibile che nella vita non si sia mai contenti. Probabilmente le persone nate in America vorrebbero vivere in Italia e viceversa. Io appena ne ho avuto la possibilità, sono scappata a gambe levate da quel paese che mi stava davvero troppo stretto.
Continuai a guardarlo con un sorriso di circostanza e quel ragazzo proprio non sembrava accorgersene. Mi squadrava da capo a piedi, troppo impegnato a guardarmi le gambe e le tette, piuttosto che il sorriso.
Il bussare alla porta mi trascinò finalmente alla fine di quella conversazione che non riuscivo più a sopportare. Dio benedica chiunque abbia appena picchiato a quella porta.
Scoppiai a ridere vedendo Candice fare il suo ingresso e tutti si voltarono verso di me. Cavolo che figura di merda avevo appena fatto. Povera me.
Candice da canto suo si lasciò scappare un sorriso e appena mi vide accanto a Tyron mi fece un sorriso di circostanza, come per farmi capire che sapeva esattamente quello che era appena successo. Le feci un occhiolino e lei mi rispose di rimando.
L’affinità che c’era tra di noi, non ero riuscita a trovarla con nessuna altra persona. Credevo davvero che sarei morta zitella con una casa circondata di gatti, oppure avrei costretto Candice a diventare lesbica e insieme a lei avrei iniziato un nuovo percorso.

-ciao a tutti!- annunciò la mia migliore amica guardando tutti i ragazzi.

-ciao Candice!- risposero in coro tutti i ragazzi.

Mi guardai intorno e solo in quel momento mi resi conto che tutti si conoscevano. Sembrava che tutti lavorassero insieme da anni, mentre io ero l’unica intrusa, se così mi si poteva definire.

-Candy ma sono l’unica intrusa?- domandai guardandola con un sopracciglio alzato.

-già! all’ultimo mi hanno dato buca in tre.. dannati! Quindi si Ria, sei l’unica nuova, ma tranquilla, i ragazzi ti metteranno a tuo agio!- mi disse con un sorriso a trentadue denti che lasciava intendere che un ragazzo in particolare mi avrebbe tenuto a mio agio.

Dannata bastarda. Domani quando e sopratutto se, riusciremo a fare la nostra colazione, le rovescerò un cappuccino in testa.
Vidi Tyron farmi un sorriso e istintivamente volto la testa dall’altra parte della sala. Saranno anche seicento dollari, ma sicuramente per la fatica che devo fare per sopportare questo qui, li valgono tutti.



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Ciao a Tutti!!

Eccomi qua con una nuova storia e una nuova sfida!

Voglio già anticiparvi che questa storia sarà sulla riga dei famosi "Cinquanta Sfumature", "This Man", "CrossFire" e affini. 
Si tratterà quindi di un romanzo erotico, che spero riuscirà a farvi scaldare il cuore.

Questo primo capitolo è puramente introduttivo, nel prossimo entrerà in scena Mr. Lays e allora inizieremo a vederne delle belle. 

Ci vediamo al prossimo capitolo gente!

 

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Capitolo 2
*** 2) Blue eyes ***







 
 
 


2) Blue eyes







-gradisce una tartina signore?- domando formalmente mentre mi destreggio tra le persone che popolano l’ottantaduesimo piano dell’Empire.

Da quanto riesco a vedere, si tratta di una vera e propria caccia al pezzo grosso, infatti, Mr. Lays non è ancora arrivato alla sua festa, e tutto il pubblico sembra non attendere altro.
La flora maschile è tutta in giacca e cravatta, e raramente si vede qualcuno con il papillon, mentre il lato femminile, sembra uscito dall’ultima rivista di moda di Marie Claire. Scommetto di aver visto sfoggiare un paio di Rosso Valentino e anche qualcosa che richiamava alla fantasia Burberry. Sembra che nessuno abbia badato a spese e soprattutto sembra che tutte le signore, non vedano l’ora che faccia il suo ingresso il miliardario. Scommetterei che alcune di loro sono venute qui con questo motivo ben preciso in mente.
Avevo sentito dire da Kelly e da Valerie, che Mr. Bradley Lays era uno degli scapoli d’oro per eccellenza negli stati uniti. Sembrava che avesse diversi immobili negli stati USA, tra cui un casinò a Las Vegas, ma che vivesse principalmente a New York. Oh povera anima dolce.
Sembrava che praticamente fossi solo io a non conoscerlo. In città era una mezza leggenda e quando toccava qualcosa lo trasformava in oro.
Ok. Adesso mi avevano messo abbastanza curiosità tra tutti. Non vedevo l’ora di trovarmi davanti quel dio greco, come l’aveva definito Valerie mentre eravamo sul pulmino.

-devo ammettere che sei veramente sexy con quel vassoio in mano!-

Alzai gli occhi al cielo sentendo la voce alle mie spalle. Nonostante lo conoscessi da veramente poco, avevo già iniziato a rimpiangere quel periodo in cui non lo avevo mai incontrato. Era peggio di un avvoltoio. Appena mi fermavo un attimo mi compariva alle spalle e mi faceva assurdi complimenti che mi portavano solo a detestarlo ancora di più.

-vedi di smetterla Tyron, se ci vedono parlottare tra noi invece di servire, ci fanno passare un brutto quarto d’ora!- esclamai esasperata come non mai.

Lo mettevo a livello dei miei genitori. Riusciva a farmi perdere la pazienza esattamente come erano in grado di fare loro. Cristo Santo dammi la forza di non mandarlo a quel paese seduta stante.

-beh non sarebbe molto brutto se almeno lo passassimo insieme!- replicò mandando a puttane tutto il mio autocontrollo e tutta la mia pazienza.

Ma porca di quella vacca zoppa, proprio oggi mi doveva comparire nella mia vita un coglione di dimensioni cosmiche? Giuro che dopo che avrò finito con lui, mi considererà la persona più brutta e cattiva che sia stata concepita sulla terra. L’avrei rivoltato come un calzino e ne sarei stata più che contenta.

-ascoltami bene perchè non lo ripeterò ancora.. non voglio avere assolutamente niente a che fare con te! Non voglio passare con te ne un quarto d’ora, ne mezzo minuto! Sono venuta qua perchè mi servono i soldi e non per fare conversazione! Girami al largo!- esclamai perdendo la pazienza e lasciandolo li come un salame insaccato.

Continuai a servire incurante delle occhiatacce che ricevevo da quel ragazzo snervante. Si sarebbe messo l’anima in pace così come io mi ero messa la mia.
L’ultima cosa di cui avevo bisogno era una relazione. Non potevo e non volevo perdere del tempo prezioso dietro a qualcuno. L’amore mi avrebbe annientato ed ero ancora troppo giovane per lasciare che qualcuno mi mettesse la palla al piede.
Sentì dei gridolini provenire dalla parte degli ascensori e istintivamente mi voltai verso quella direzione. Qualcosa mi diceva che il proprietario della festa aveva avuto la decenza di presentarsi all’evento, per il piacere di tutta la flora femminile.
Guardai distrattamente le donne che sembravano accalcarsi con grazia verso la direzione dell’ascensore e mi lasciai sfuggire un sorriso. Sapevamo essere veramente strane quando volevamo. Noi donne abbiamo sempre avuto un sesto senso infallibile. Quando ci interessa qualcuno siamo capaci di diventare un po' troie e un più disinibite. Scossi la testa sorridendo e continuai a fare il lavoro per cui venivo pagata.
Sentì pronunciare il mio nome e guardai oltre un cumulo di persone, dove seguì con lo sguardo Kelly che mi domandava di accompagnarla a riprendere i flute di champagne. Annuì in risposta e dopo averla raggiunta, ci dirigemmo verso l’ala del piano a cui era stata assegnata la cucina. Sembrava che questo posto fosse nato per accogliere feste. Aveva tutto al punto giusto.

-allora, curiosa di vedere il “bello e impossibile”?- mi domandò mentre svuotava il suo vassoio per poi riempirlo con i nuovi bicchieri pieni.

Alzai le spalle copiando esattamente i suoi stessi gesti e lasciai che per un attimo la mia mente vagasse per un universo parallelo tutto suo.
In vita mia non avevo conosciuto praticamente nessuno che si potesse definire “bello e impossibile”. Tutti i ragazzi con cui avevo avuto a che fare, erano carini, alcuni belli, ma nessuno poteva essere etichettato impossibile.
L’uomo che evidentemente possedeva tutto questo era dannatamente bello, come quelli che si vedono nei film, ma sicuramente era anche antipatico e maniaco del controllo. Probabilmente aveva una cinquantina d’anni e certamente aveva una puzza sotto il naso che la metà sarebbe bastata a Paris Hilton.
Basta Gloria. Cosa ti ha insegnato tuo padre in uno dei suoi rari momenti paterni? Mai giudicare un libro dalla copertina. Nel mio caso io addirittura ancora non avevo visto questo uomo.
Scossi la testa e mi ricomposi cercando di darmi un tono mentre posavo l’ultimo bicchiere sul vassoio. Lavorare come cameriera rendeva tutto molto più facile. Sapevo portare più cose contemporaneamente e avevo la facoltà di mantenere in equilibrio qualche piatto anche sull’avambraccio.
Guardai Kelly e vidi che anche lei si stava apprestando a mettere l’ultimo bicchiere sul suo vassoio.

-andiamo?- mi domandò Kelly rivolgendomi un sorriso gentile.

-andiamo!-

Uscimmo dalla cucina con un sorriso di circostanza che ampliava appena un signore o una signora prelevava il proprio drink dal vassoio. Questo lavoro era peggio di un servizio fotografico. Sempre a sorridere e mai con la postura scomposta.
Servì un signore che mi intrattenne qualche minuto a parlare con lui. Sembrava diverso da tutta questa banda di impettiti. Aveva un completo, sicuramente firmato, ma credo che fosse probabilmente l’unico in quella stanza a non indossare la cravatta. Particolare che mi aveva colpito fin da subito. Un anticonformista.
Mi soffermai forse più del dovuto a parlare con lui, ma aveva un qualcosa nel suo sguardo, che mi rilassava. Forse il fatto che non fosse completamente attratto da quello che succedeva vicino all’ascensore, lo rendeva ai miei occhi in qualche modo diverso. Come se non gli interessasse che il “bello e impossibile” Mr. Lays avesse appena fatto il suo ingresso trionfale.
Era un uomo, un ragazzo, con poco più di trent'anni, e il fatto che non fosse impettito come il resto degli invitati, mi aveva colpito fin da subito. Non ero abituata a quel lusso e lui non sembrava proprio il proprietario di chissà quale attività di New York City.
Continuavo a sentire da lontano i gridolini delle accompagnatrici e i commenti dei mariti, per l'ingresso di Mr. Lays. Non avevo ancora scoperto il volto di questo fantomatico bello e impossibile.
Congedai con un sorriso l'uomo che avevo davanti, e mi ricomposi alzando gli occhi verso il corridoio centrale. Quello era territorio di Valerie e James, ma avevo voglia di muovermi, così camminai in quella direzione con in mano il vassoio pieno di calici.
Nonostante già qualcuno avesse preso un bicchiere dal mio vassoio, sentivo il braccio ancora contratto per il peso che portava. Decisamente avrei dovuto fare un po' di palestra per rafforzare quei muscoli mingherlini che mi ritrovavo alle braccia.

-Mr. Lays buonasera, gradisce un calice di champagne?- domandò la pimpante voce di Kelly.

Mi voltai verso di lei e fu in quel momento che lo vidi.
Il terreno sembrava che fosse pronto ad aprirsi da un secondo all'altro. Avevo davanti a me l'uomo più bello che avessi mai visto. Sembrava appena uscito da una rivista. Stretto nel suo completo grigio gessato di alta sartoria. Portava una camicia bianca e al collo spiccava una cravatta argentea che mi faceva sussultare. Che cazzo mi prendeva?
Non aveva affatto una cinquantina d'anni come pensavo. Era giovane. Poteva al massimo avere trentacinque anni. Sicuramente nessuno di più. Si era costruito un impero così velocemente e così da giovane, che quasi stentavo a credere che lui fosse Mr. Lays. Se non avessi sentito Kelly chiamarlo con le mie orecchie, non ci avrei mai creduto. Lo osservai scrupolosamente, senza curarmi di passare per una maniaca.
Era alto. Molto alto. Aveva due spalle da poter far invidia al più atletico dei nuotatori. Il suo corpo sembrava dannatamente surreale. I capelli erano neri come la pece e mi sembrava che fossero il contrasto perfetto con la sua pelle leggerete ambrata. Gli occhi non li avevo ancora visti da vicino, ma avrei scommesso che avessero in color cioccolato capace di far perdere la testa anche alla ragazza più controllata del mondo. Mr. Lays era senza ombra di dubbio una gioia per gli occhi delle femmine. Adesso capisco perché le donne non aspettavano altro che il suo arrivo. Sembrava un dio. Un dio assolutamente incredibile. Come poteva una sola persona essere così dannatamente perfetta?
Lo vidi prendere il calice dal vassoio che Kelly teneva in mano, dopo di che, accadde tutto troppo velocemente per potermene rendere conto.
I suoi occhi si voltarono e si puntarono sopra di me. Il mondo si fermò in quel preciso momento. Il mio mondo almeno.
Non aveva gli occhi marroni. Le sue iridi erano azzurre. Un colore così irreale da mandarmi al tappeto. Il contrasto che prendeva il suo viso con quegli occhi e con i capelli neri, era un qualcosa da censura. Non mi era davvero mai capitato di conoscere qualcosa o qualcuno con quel colore di occhi. Erano del colore di un mare in tempesta. Chissà cosa nascondevano. Sembravano avere la facoltà di mandarti alla deriva. Sembrava che lui avesse il controllo su tutto e su tutti. Forse era davvero nato per diventare quello che era adesso. Era nato per avere persone che vivevano la vita per lui.
Mi accorsi che mi stava guardando troppo tardi e non riuscì ad evitare il contatto tra i nostri occhi. Io li avevo celesti, ma al suo confronto erano occhi qualunque. Cristo come era bello.
Non mi curai della figura di merda che avevo appena fatto per avermi beccato a guardarlo. Uno come lui probabilmente scatena questo effetto a molte persone. Le donne sicuramente si voltavano a guardarlo quando passava per strada e gli uomini avrebbero donato tutti un rene per essere al suo livello. Non c'è da meravigliarsi se le persone si voltano nella sua direzione.
Distolsi lo sguardo quando una signora mi si avvicinò per prendere un bicchiere. Le rivolsi un sorriso gentile e mentalmente la ringraziai per avermi tolto dall'imbarazzante momento. Mi voltai e ripresi a fare il lavoro per cui il capo di Candice mi stava pagando, anche se per ironia della sorte, il motivo del mio disturbo lavorativo, era il capo del suo capo.
Scossi la testa e cercai di riconficcarmi in testa un po' buon senso mentre gironzolavo alla ricerca di qualcuno che mi distogliesse dai miei pensieri. Cazzo, sembrava che avessi appena visto un dio.

-gradite una coppa di champagne signori?- domandai andando verso un gruppetto di uomini.

Sorrisi vedendo il ragazzo di prima, quello che non era vestito uguale a tutti gli altri e lui gentilmente, mi sorrise a sua volta. Eh. Adesso era tutto parecchio differente. Prima avrei creduto che quel ragazzo fosse particolarmente bello, mentre adesso che avevo visto la perfezione, mi rendevo conto che niente e nessuno sarebbe potuto arrivare al suo livello. Era unico. Era destinato a rimanere per sempre l'emblema della perfezione. Purtroppo per me, da adesso in poi il paragone con gli altri uomini sarebbe stato inevitabile.
Non potevo prenderlo come termine di paragone. Era completamente ingiusto da perte mia. Sarei morta zitella perchè nella mia vita non avrei mai potuto trovare nessuno di nemmeno vagamente avvicinabile alla sua bellezza. Mi stavo condannando ad una vita solitaria.

-Gloria.. Nome interessante!- mi disse il ragazzo distogliendomi dai miei pensieri.

-grazie Signore! Sono italiana!- esclamai recuperando un po' del mio solito sangue freddo.

Ti prego, non fare nessun complimento alla mia madre patria, perché per come sto messa, potrei addirittura arrivare a trattarti male. Vedere quell'uomo mi ha sconvolto non poco e adesso tutto quello di cui avevo bisogno, era che la serata finisse alla velocità della luce. Ne avevo abbastanza.
Volevo tornare a casa e distendermi sul mio letto lasciandomi andare a qualche giochetto che sicuramente avrebbe avuto la sua faccia. Sbarrai gli occhi rendendomi conto che avevo appena pensato ad andare a casa a masturbarmi davanti ad un gruppo di uomini vestiti formali che mi guardavano.
Oh porca merda, devo essere completamente impazzita del tutto per pensare ad una cosa del genere. Ti prego, apri una voragine e inghiottiscimi.

-la tua pronuncia è perfetta! Non avrei mai detto che non eri americana!- mi rispose con una punta di sorpresa nella voce.

Quel complimento mi sciolse. Ero grata che qualcuno si accorgesse che tutti gli sforzi che avevo fatto con le varie scuole di lingue fossero valsi a qualcosa. Finalmente qualcuno che non mi parla dell'Italia come se fossi un fenomeno da baraccone. Finalmente qualcuno che sa di che cosa sta parlando. Grazie al cielo non sono tutti come quel rimbambito di Tyron.
Sorrisi gentilmente all'uomo che avevo davanti e feci per rispondergli qualcosa, quando una voce si frappose tra di noi. Non sapevo a chi appartenesse, ma il mio corpo era come se se ne rendesse conto prima della mia testa. Mi irrigidì all'istante e lasciai che quella voce mi entrasse nelle orecchie, deliziandomi i timpani.

-è sempre un piacere vedere che sei sempre il solito anti-conformista Thomas!- pronunciò quella voce che sapevo già che sarebbe diventata la mia rovina.

-perché perdere le abitudini di una vita?- domandò ironicamente il ragazzo che avevo davanti alla voce che proveniva dalle mie spalle.

Il mio subconscio faceva di tutto per impedirmi di voltarmi. Ero più che certa che quella voce appartenesse a Mr. Lays. Non avevo mai sentito uscire un suono da quelle labbra perfettamente carnose, ma sapevo che quel suono apparteneva a lui. Il mio corpo sapeva a chi apparteneva quella voce. Era come se la conoscessi da una vita. Ero come ipnotizzata. Non riuscivo nemmeno a rendermi conto che ero rimasta li impalata come una cretina. Cristo santo, stavo facendo una figura abbastanza da deficiente, ma quello che c'era di peggio, era che me ne rendevo perfettamente conto, ma non riuscivo a muovermi. Porca di quella paletta.

-Tesoro, vieni con me a prendere le tartine?-

Mi voltai di scatto trovandomi davanti Tyron che mi guardava con un sorriso. Era uno sguardo davvero gentile e mi sentì immediatamente in colpa. Che razza di persona ero?
Mai come in quel momento ero stata grata a qualcuno di essere venuto in mio soccorso. Avevo appena trattato male quel ragazzo come se fosse l'essere peggiore di questo mondo e lui in tutta risposta, mi aveva appena salvato da una delle situazioni più imbarazzanti della mia vita. Sarei stata in debito con lui per tutta la vita.
Scivolai via tra i due uomini e mi ancorai a Tyron che alla velocità della luce ci portò entrambi nello spazio dedicato alla cucina. Non so come feci ad arrivare nella cucina, ma appena ci fui dentro, tirai un sospiro di sollievo e mi appoggiai ad un tavolo prendendomi il viso tra le mani.
Non mi ero accorta che stavo tremando e la cosa peggiore è che sapevo di avere lo sguardo azzurro del ragazzo che mi aveva appena salvata addosso. Di qualcosa di sensato per la prima volta nella tua vita Gloria.

-ti ho vista in difficoltà.. Quel Lays fa uno strano effetto a molte!- esclamò Tyron alzando le spalle, come a tentare di giustificare il gesto che aveva appena fatto.

Gli sorrisi dolcemente e mi staccai dal tavolo avvicinandomi a lui fino ad abbracciarlo. Si immobilizzo stupito, e sinceramente anche io rimasi abbastanza sconvolta dal mio gesto, ma in quel momento non ci avevo proprio pensato un attimo. Mi aveva aiutato nonostante l'avessi aggredito con il mio carattere di merda. Meritava una minima ricompensa.
Il mio carattere fa scappare a gambe levate la maggior parte delle persone, e se lui non mi aveva abbandonato nel momento del bisogno, questo voleva pur dire qualcosa.

-grazie Tay! Mi hai salvato da una delle situazioni più imbarazzanti della mia vita.. Mi dispiace averti aggredito prima! Sono un tipo abbastanza difficile!- gli dissi staccandomi da lui e guardandolo negli occhi.

Lui mi sorrise gentilmente e gli sorrisi anche io di rimando. Avevo davvero sbagliato tutto con quel ragazzo. Era vero che era più appiccicoso di una super colla, ma sapeva esattamente quello da fare nel momento giusto. Si sarebbe rivelato un buon amico. Ne ero certa.

-tranquilla! Mi rendo conto di essere abbastanza pedante certe volte! Ho sicuramente portato al limite la tua pazienza!- mi disse sincero grattandosi la testa.

Sorrisi ancora più raggiante, felice che lui avesse compreso e che mi avesse perdonato. Avevo proprio bisogno di un amico maschio, e forse con lui potevo sperare di averlo trovato.
Pensai distrattamente che quando vivevo in Italia non avevo nessun amico, se non immaginario, mentre qua, sembra che sia nata una nuova Gloria. Una ragazza capace di buttarsi il passato alle spalle e guardare avanti. Avevo una migliore amica e la mia vita sociale stava andando sicuramente meglio. Riuscivo a parlare con qualcuno senza nemmeno emozionarmi. Mamma mia quanti progressi stavo facendo. Questa città mi aveva fatto rinascere. Aveva segnato la mia svolta.
Presi un vassoio già pronto e guardai lui fare lo stesso. Non ero abituata ad avere in mano questi così per così tanto tempo e soprattutto non ero abituata a questi tacchi. Stavo iniziando a sentire cenni di cedimento da parte del mio corpo. Speravo solo che questa serata di sarebbe conclusa il prima possibile.

-pronta?- mi domandò facendomi un occhiolino.

-certo! Andiamo a dare da mangiare a questa orda inferocita di uomini impettiti!- risposi facendo la simpatica e facendolo scoppiare a ridere.

Uscimmo dalla cucina con un sorriso reciproco. La battuta che avevo appena detto, aveva fatto sorridere anche me. Tutti questi uomini in giacca e cravatta, secondo me non sarebbero stati buoni nemmeno a schiacciare un pinolo. Sembravano importanti e potenti, ma nessuno di loro dava l'idea di avere qualche muscolo sotto quelle camicie inamidate. Probabilmente la loro massima fatica era trascinarsi in ufficio ogni singolo giorno.
Forse l'unico che poteva fare eccezione era proprio Mr. Lays. Lui sembrava avesse tutto al punto giusto. La sua corporatura era un bel po' diversa da quella degli altri uomini in questa stanza. Sembrava nascondesse dei muscoli sotto a tutto quel suo aspetto da padrone del mondo.
Questo pensiero mi procurò una fitta al basso ventre e alzai gli occhi al cielo pensando che sarei dovuta restare ancora in questo posto invece di scappare a casa. Quell’uomo mi stava uccidendo.
Distolsi lo sguardo da Tyron e la prima cosa che mi si parò davanti, furono quegli occhi che mi avevano costretto alla ritirata. Stava parlando con un piccolo gruppo di persone che mi davano le spalle. Lui era ovviamente per la mia sanità mentale, l'unico voltato dalla mia parte. Mi guardava appiccicando quel suo sguardo magnetico e enigmatico al mio. Perché mi guardava? Perché non mi poteva lasciare in pace la mia mente e lasciarmi finire il lavoro per cui ero pagata? Doveva fissarmi per un assurdo scherzo del destino.
Quel suo modo di guardarmi mi portò a mordermi un labbro inconsciamente e il pensiero di quella barba leggermente accennata sul suo viso mi portava a pensare a come sarebbe stato ad averla che accarezzava il mio corpo.
Scrollai la testa esausta da quel pensiero e impaurita che si potesse capire che mi stavo eccitando come mai mi era successo. Sembravo una bambina dannazione.
Distolse lo sguardo dal mio e lo punto su Tyron guardandolo e stringendo la mascella. Aveva indurito lo sguardo e adesso sembrava che lo volesse fulminare. Il moro al mio fianco, d'altra parte, non si era minimamente accorto di niente e continuava a dirmi delle cose che però non ero in grado di recepire.
Mi sentivo esattamente come prima. La mia mente era completamene fusa e non sembrava in grado di pensare a qualcosa che non avesse a che fare con i suoi occhi. Ero caduta completamente nella sua assurda trappola. Peccato per me che ne sarei rimasta a bocca asciutta.
Distolsi volutamente lo sguardo, decidendo di iniziare a servire le tartine dalla parte più lontana a lui. Salutai Tyron con un sorriso di circostanza e mi diressi a passi svelti, tacchi permettendo, verso la parte ovest della sala. Tirai un sospiro di sollievo vedendo che qua non ero alla portata del suo sguardo, e iniziai a servire più tranquillamente. Da quando era arrivato lui, avevo completamente perso la bussola. Non mi ricordavo minimamente qual'era la mia zona e quale clientela dovevo servire. Non mi ero mai sentita smarrita in questo modo. Mi facevo quasi rabbia, per aver permesso a qualcuno di prendere così tanto il controllo della mia mente e del mio corpo.

-ecco che ci incontriamo di nuovo Gloria!-

Voltai la testa in direzione di quella voce e mi trovai davanti il ragazzo che era insieme a Mr. Lays, al momento della mia ritirata. Favoloso. Adesso anche lui mi avrà preso per una stupida pazza complessata. Proprio quello di cui avevo bisogno.
Lo guardai cercando di sforzare un sorriso e ne feci nascere uno anche sulla sua bocca. Da come l'aveva chiamato prima l'uomo impossibile, questo ragazzo dovrebbe chiamarsi Thomas.
Bel nome per un bel ragazzo. Non potevo trovare lui dannatamente perfetto e bellissimo? No. Ovviamente no. Fanculo anche al mio grado di giudizio.
Gli porsi il vassoio delle tartine cercando di sembrare il più professionale possibile e una parte di me si congratulò con me stessa per essere riuscita a tornare in possesso della facoltà mentale.
Mi guardò allargando il sorriso e mentalmente mandai a quel paese Mr. Lays per aver fatto il suo ingresso. Prima di vederlo, sarei probabilmente caduta tra le braccia di questo ragazzo che aveva l’aria di essere maledettamente perfetto.

-gradisce una tartina?- domani gentilmente.

Lui in tutta risposta mi fece un occhiolino e prendendo la tartina, mi continuò a guardare negli occhi. Sapevo di essere arrossita sotto quello sguardo. Ero fatta così purtroppo. Basta un complimento, oppure uno sguardo di troppo, per mandarmi letteralmente al tappeto. Forse era dovuto al mio carattere strano. Non avevo mai ricevuto complimenti nella mia vita, e questo mi aveva portato a non comprenderli e a non saperli accettare.
I miei genitori in questo non mi avevano certo aiutato. Mi avevano costantemente attaccato a causa del mio aspetto e adesso mi ritrovavo a ventitre anni e a non sapere accettare un complimento.
Mia madre mi rimproverava sempre per il mio modo di vestire e di essere. Troppo coperta, troppo “suora”, troppo grossa, troppo alta.. per lei ero troppo e basta. Cercai di cacciare indietro una lacrima solitaria che rischiava di mandare a puttane tutto. Accidenti al ricordo di quella donna che anche da una distanza assurda riesce a mandarmi in crisi.
Mi congedai da quel ragazzo che chissà come riusciva sempre a materializzarsi nel posto giusto al momento sbagliato. Chissà se ero io quella sbagliata in tutta questa situazione.
Continuai a girovagare tra le persone, con un sorriso finto stampato in faccia. Controllai l’orologio sul polso e tirai un sospiro di sollievo notando che finalmente mancava poco più di un ora alla fine di tutto questo strazio. Era vero che seicento dollari erano una mano santa per me e per la mia situazione, ma non riuscivo a immaginare una situazione in cui li guadagnavo più facilmente. Questo lavoro, che doveva essere una passeggiata, a causa del padrone, stava diventando un vero e proprio incubo.

-Gloria ciao! Puoi servire te la parte destra per favore? Devo andare a rifornire il vassoio e il capo non vuole che la parte del “festeggiato” rimanga sfornita!- esclamò Valerie venendo verso di me velocemente con quei trampoli ai piedi.

Dio solo sapeva come faceva a non cadere da quella altezza. Erano sicuramente cinque o sei centimetri più alti dei miei. Victoria Beckham gli faceva un baffo. Avevo sempre invidiato le ragazze come lei o come Candice. Riescono a fermare il traffico, come diceva sempre mio padre. Secondo lui non sarei mai stata in grado di fermare il traffico perchè non ero nulla di speciale. Sospirai. Ovviamente non poteva pensarla diversamente dalla moglie.
Tornai a concentrarmi sulla figura che avevo davanti e sorrisi, ricordandomi solo dopo che mi aveva detto un qualcosa che non avevo proprio afferrato. Ero un caso disperato.

-festeggiato?- domandai non capendo nulla di quello che mi aveva appena detto.

-pronto!?! Bradley Lays è nella sala che stavo facendo io e siccome il signor Helton non vuole che rimanga senza cibo, mi puoi sostituire cinque minuti mentre mi rifornisco?- mi domandò indicando con il pollice la stanza dietro di lei.

Merda.
Allora avevo intuito bene quello che mi aveva chiesto, ma avevo mandato il mio cervello a fare due passi sperando di aver capito male quello che aveva detto.
Merda.
Quando si dice cadere nella tana del lupo.

-ok!- dissi semplicemente andando verso la sala che competeva a Valerie.

Dai Gloria, sono solo cinque minuti. Cinque fottuti minuti in cui probabilmente nessuno si accorgerà della tua presenza. Come posso stare così per un ragazzo, uomo o multimiliardario che so io? Non mi era mai capitato che un ragazzo mettesse così in crisi il mio modo di vivere. Mai successo che un maschio mandasse a puttane il mio cervello.
Bradley Lays ti farò pentire di avermi scombussolato la vita.
Entrai nella stanza predestinata e la prima cosa che vidi furono le sue spalle da dietro. Questa sua visione, mi portava a capire che sicuramente faceva palestra. Aveva delle spalle che avrebbero fatto arrossire il miglior campione di nuoto del mondo. quell’uomo emanava sesso e potere da ogni singola fibra del suo corpo. Come poteva essere lasciato libero di camminare su un suolo pubblico?
Fortunatamente per me, stava parlando con un corposo gruppo di uomini e mi dava le spalle, lasciando che il mio autocontrollo continuasse a sopravvivere. Cerca di far tornare il tuo respiro regolare Gloria altrimenti è la fine e tutti capiranno che hai qualcosa che non va.
Anche il solo vederlo da dietro era una tortura. Oh ma porca di quella vacca, possibile che mi sentissi così? Possibile che provassi per quell’uomo una irrefrenabile passione che nemmeno io credevo di poter provare?
Nonostante la mia scarsa esperienza, sapevo e sentivo che per quell’uomo avrei fatto di tutto. Sentivo il mio corpo bruciare sotto quello sguardo e sognavo che le sue mani si posassero sulla mia pelle. Sentivo il rovente senso di desiderio rendermi impossibile respirare normalmente.
Arrivai nell’angolo opposto alla sua posizione con un leggero fiatone. Merda. Dovevo riprendermi il prima possibile perchè non potevo certo comportarmi come una liceale che trova sexy il suo professore.

-gradite una tartina signori?- domandai intromettendomi gentilmente in un piccolo gruppo formato da due uomini e una donna.

Si voltarono verso di me e sorridendomi di circostanza presero una tartina a testa. Rilassa l’animo Gloria. Sei qua per un motivo e niente di tutto questo ha a che fare con quel ragazzo.
Continuai a girare per l’angolo cieco alla sua visuale e sorridendo educatamente porsi il vassoio ad una coppia di due signore che parlottavano tra loro con uno sguardo complice.

-secondo te perchè è sempre solo ad eventi come questi?- domandò una delle due mentre prendeva una tartina dal mio vassoio.

-Gerard è convinto che sia gay, ma sono abbastanza sicura che si sbaglia! Hai visto che occhiate lancia? Secondo me non lo accompagna nessuno perchè ne ha troppe e non saprebbe che scegliere!- esclamò di rimando l’altra con l’aria di chi la sa lunga.

-Gay? Oh andiamo Shelly, sicuramente tuo marito è invidioso! Come si può dare dell’omosessuale a uno come Lui?- replicò l’amica sgranando gli occhi.

-vero! Secondo me il bel Mr. Lays ha un nutrito numero di ammiratrici che all’evenienza gli tengono caldo il letto! Te lo dice Shelly!- annuì convinta di quello che diceva.

Per poco non inciampai mentre compievo un passo. Merda. Queste due pazze mi hanno destabilizzato del tutto.
Gay? Vogliamo scherzare per caso? Quell’uomo sprigiona sesso da ogni singolo poro. È umanamente impossibile che sia gay. Oh cristo Gloria. Stai sperando con tutta te stessa che lui non sia gay. Che cazzarola te ne frega a te di quello che succede sotto le sue lenzuola? Perchè mi deve interessare?
Alzai lo sguardo cercando di ricompormi, e ovviamente, mi ritrovai addosso le sue iridi di un azzurro infinito che facevano invidia a chiunque al mondo.
Perchè mi aveva notato?
Ero stata brava a mantenere un profilo basso e adesso tutto il mio intento era andando bellamente a farsi fottere. Senza farmi notare troppo presi un lungo respiro e continuai a camminare nella speranza di riuscire nuovamente a sparire dalla sua visuale.
Ti prego Valerie muovi il culo con il rifornimento e liberami da questa situazione assurda in cui mi sono infilata.
Lo vidi voltarsi di nuovo verso il gruppo e ricominciai a respirare normalmente, sperando che avrebbe continuato al conversazione, ma dopo aver borbottato qualcosa agli uomini che lo ascoltavano estasiati, si voltò di nuovo nella mia direzione e con cinque falcate mi fu davanti.
Era alto. Dannatamente alto dal momento che io ero alta un metro e settanta cinque e indossavo delle scarpe con il tacco alto. Mi sovrastava di altri quindici centimetri buoni. Quest’ uomo raggiungeva i due metri. Non mi ero accorta di questo piccolo dettaglio fino a quando non mi si era presentato davanti in tutto il suo splendore.
Era la prima volta che lo avevo davanti, occhi negli occhi, e qualcosa mi diceva di scappare a gambe levate. Cercai di mantenere quel briciolo di orgoglio che nemmeno i miei genitori erano riusciti a strapparmi e gli porsi il vassoio con le tartine. Dopo tutto ero una cameriera no? Sicuramente sarà venuto da me a prendere qualcosa da mettere sotto ai denti.
Lo vidi alzare un sopracciglio e il mio cuore fece una capriola all’indietro. Quanto cazzo poteva essere bella una persona? Quanto cavolo potevo trovare sexy un uomo con cui non avevo mai nemmeno scambiato una parola?
Quei suoi incredibili lineamenti erano capaci di mandare in tilt il mio cervello e sicuramente il cervello di altre donne oltre a me. Persone con il fascino di Mr. Lays, lasciavano il segno. Lui era un uomo che lasciava il segno del suo passaggio.
Quegli occhi azzurri che sembravano essere un mare in tempesta. Quegli zigomi decisi che delineavano perfettamente il suo volto. Quel sopracciglio alzato nero, esattamente come la massa corposa di capelli, me lo rendeva dannatamente bello. Avevano perfettamente ragione a definirlo “bello e impossibile”.

-Gloria..-

Spalancai gli occhi sentendo il mio nome uscire da quelle labbra così carnose da rendermi desiderosa di sentirle sul mio corpo.
La sua voce e il modo in cui il mio nome gli solleticava la bocca, mi stavano facendo fare dei pensieri così impuri che per un secondo temetti di essere arrossita come una quindicenne. Merda. Contegno Glory.
Mi tornarono improvvisamente alla mente le parole della donna che aveva appena parlato alla sua amica. Sicuramente aveva un harem al suo seguito. Le donne gli cadevano ai piedi come formiche e mi stavo immaginando tutto dal momento che avrebbe potuto tranquillamente mettersi con la donna più bella del mondo. Per un momento me lo immaginai con quella meravigliosa donna di Megan Fox. Occhi belli con Occhi belli. Sembravano nati per stare insieme.
Bradley Lays sembrava nato per avere ai suoi piedi un impero. Donne, soldi, damerini da strapazzo che lo consideravano un dio. Quella vita che non credevo potesse esistere, mi stava davanti dentro un corpo favoloso.
Dovevo andarmene da quel posto.

-Gloria ho fatto! Grazie per avermi sostituita! Mr. Lays gradisce un crostino?- domandò Valerie comparendo davanti a me e ponendo fine a quella assurda scena che avevo davanti agli occhi.

Ringraziai tutti gli dei in cielo per il suo intervento e così com’ero arrivata, sparì oltre il sipario che portava alla cucina. Veloce come una gazzella, riuscivo anche a stare in equilibrio sui tacchi, pur di allontanarmi velocemente da quel posto.
Arrivai alla cucina e posai il vassoio sul tavolo senza curarmi di qualche tartina che si ribaltava per l’eccessivo slancio. Merda. Avevo il fiato corto e tolsi velocemente le scarpe per lasciare che i miei piedi, coperti solo da delle semplici calze velate, toccassero il pavimento. Quel freddo pungente che mi arrivò alla spina dorsale fu gioviale. Avevo bisogno di una distrazione. Una qualunque distrazione. Bastava qualunque cosa che potesse distrarmi da quegli occhi blu così impossibili.

-ehi Glory manca poco finalmente!- esclamò Tyron entrando in cucina e prendendo un nuovo vassoio pieni di calici di champagne.

La sua espressione si fece divertente quando vide le scarpe sul pavimento e i miei piedi in bella vista. Ebbene si Tyron. Odio i tacchi. Ti prego non dirmi nulla su questo.
Annuì semplicemente cercando ti far tornare il mio respiro regolare. Merda. Mi ero completamente dimenticata di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo.
Dannato Mr. Lays.



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Ciao a tutti!!

Dunque, vorrei sapere veramente se la storia vi piace.. ho visto che non ho ricevuto commenti, e non so se continuare se non mi date il vostro parere.. 

-rigrazio chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/da ricordare! GRAZIE DAVVERO!-

Ci vediamo al prossimo capitolo!!




 

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Capitolo 3
*** 3) Job for you ***







 

 



 

3) Job for you







-sembra proprio che tu abbia fatto colpo su qualcuno ieri sera alla festa sai? Un certo ragazzo non smetteva di parlare di te! Per certi versi era anche una noia!- mi disse la mia migliore amica finendo il suo thè ai frutti rossi e buttando il cartone nel bidone accanto a noi.


Ascoltai distrattamente Candice mentre sorseggiavo un frappuccino al caramello. Oziosamente mi chiedevo se si trattasse di Mr. Lays, anche se sapevo perfettamente che Candy si stava riferendo a Tyron dal momento che mi aveva invitato ad uscire ieri dopo la festa in cui servivamo.
Alzai gli occhi al cielo rivendendo la faccia delusa di quel ragazzo davanti al mio rifiuto. Dopo tutto quello che era successo ieri, non ne avevo proprio voglia di uscire con qualcuno. Forse l’avevo liquidato troppo velocemente e troppo malamente, ma non volevo che si creassero false speranze.
Perchè mai nella mia mente era passata l’immagine di quell’uomo così dannatamente bello ma così impossibile? Mi tornarono alla mente le parole che aveva usato Kelly per descriverlo. “bello e impossibile” decisamente era la descrizione perfetta per racchiudere il mondo di Bradley Lays.
Presi un nuovo sorso del mio cocktail calorico e continuai a girare per le strade del mercatino che ogni domenica popolava la sesta strada.
l’avevamo scoperto circa sei mesi fa, e da allora non abbiamo mai saltato una domenica. Quel luogo mi riportava indietro con la memoria. Bancarelle di sciarpe, scarpe, vestiti, gioielli. Sembrava uscito da un film degli anni ottanta.
Guardai al lato dove un banco stava preparando delle pannocchie da mangiare arrostite li per li. Non ero una particolare amante della verdura, ma avevo promesso a me stessa che una di queste domenica avrei provato a mangiarne una.
Voltai lo sguardo verso una bancarella di occhiali da sole e mi soffermai su un modello che avevo visto sui giornali. Quel modello l’aveva riproposto Prada un paio di anni fa, ma dubito fortemente che l’occhiale che avevo in mano, dal valore di quindici dollari, potesse avere a che fare con quella marca.
Mi avvicinai e passai il bicchiere a Candice per potermeli provare. Erano neri e abbastanza grandi da coprirmi gli occhi fino a metà guance. Le asticelle erano massicce, con un motivo a intreccio che partiva dalla fine delle lente, a tutta la lunghezza delle aste. Erano carinissimi e per un momento, mi fecero smettere di pensare a tutto quello che era successo la sera prima. Mi guardai allo specchio che la ragazza del banco mi aveva passato e la ringraziai con un sorriso.


-ti stanno bene!- mi disse Candy bevendo un sorso del mio frappuccino.


Sorrisi alla ragazza che stava venendo verso di me e senza pensarci li comprai. Avevo bisogno di un nuovo paio di occhiali, il mio vecchio paio che avevo comprato in Italia mi stava lentamente abbandonando e nonostante ci fossi particolarmente affezionata, sapevo che avevano le ore contante, e adesso che avevo guadagnato seicento dollari, potevo spenderne quindici per un piccolo capriccio.


-ecco a te!- mi disse la proprietaria del banco mentre mi porgeva una bustina con dentro il mio acquisto.


Alzai le spalle e scartandoli dalla plastica che li avvolgeva, me li misi indosso continuando a camminare affiancata dalla mia migliore amica che mi seguiva. Mi aveva ridato il mio frappuccino e avevo ripreso a berlo con avidità. Adoravo quel sapore. In Italia non esisteva Starbucks e questo era un vero e proprio oltraggio. Adoravo girovagare per il mercatino della domenica. Era un nostro rituale che mi rendeva felice.
Felice.
Era da ieri che non riuscivo a togliermi dalla testa Bradley Lays. Era da ieri che pensavo al suo viso e stanotte avevo addirittura sognato di farci del sano sesso. Stavo cambiando senza che me ne potessi nemmeno rendere conto. Non ero mai stata così. Non mi ero mai comportata da allupata come adesso. Che cavolo avevo di sbagliato?
Avevo sognato le labbra di Mr. Lays che mi percorrevano il seno e quella barba leggermente accennata mi faceva il solletico, aumentando però la mia eccitazione a dismisura.
Oh porca di quella vacca Gloria smettila.


-perchè non provi a dargli una possibilità?- mi domandò Candice distogliendomi dai miei pensieri poco puri su quell’uomo che lei indirettamente mi aveva fatto conoscere.


Alzai gli occhi al cielo. Che palle.
Avevo già brillantemente declinato l’invito a cena di Tyron con una scusa inventata sul momento e adesso dovevo renderne conto anche a Candice. Perchè tutto il mondo mi voleva vedere accasata? Che cazzo di problemi c’erano se me ne stavo sola per un po'?
La guardai sollevando gli occhiali nuovi. Ero certa che la mia occhiata valesse più di mille parole, ma evidentemente voleva sentirmelo uscire dalla bocca.


-non mi interessa Tyron Candy! Non l’ho spiegato a lui e non lo spiegherò nemmeno a te, anche se il motivo credo sia abbastanza evidente!- conclusi continuando a camminare.


Vidi Candice fermarsi e puntare ad una bancarella di sciarpe, così la seguì, stranita dal fatto che avesse concluso così velocemente un discorso. Strano. Per una come lei, abituata ad avere l’ultima parola, è molto strano.
Questo lato del suo carattere era davvero strano. Sembrava che fosse perfetta e accondiscendente con tutti, ma in realtà era lei quello che comandava, lei quella che finiva un dibattito.
Guardai svogliatamente quelle sciarpe finchè una non catturò la mia attenzione. Era azzurra. Dannatamente azzurra da ricordarmi gli occhi di quell’uomo. Quella sfumatura era quasi impossibile che fosse naturale. Quegli occhi mi davano il tormento da ore. Pensai a quando me li ritrovai davanti, con lui, stretto nel suo completo di alta sartoria che mi guardava dal suo svettante metro e novanta abbondante.
Merda. Non potevo nemmeno fare un giro in centro senza che tutto mi ricordasse di lui. Fottuto miliardario del cazzo. Giuro che se lo trovo lo arroto.
Mi passai una mano tra i capelli e distolsi velocemente lo sguardo da quella sciarpa. Ci mancava solo che Candy capisse il motivo di quello che mi stava succedendo.
Il mio subconscio mi stava giocando brutti scherzi. Continuavo a ripetermi che non avevo accettato l’invito di Tyron perchè volevo godermi la mia vita da single nella Grande Mela, ma la verità era un altra. Il vero motivo che mi aveva spinto a declinare l’invito del bel cameriere era Lui. Non potevo uscire con qualcuno quando nella mia mente governava sovrano Mr. Lays. Lo conoscevo da un giorno e già mi sentivo come se non fossi più padrona di nulla nella mia vita.
Ero certa che nella remota ipotesi che Lui mi contattasse e mi chiedesse di uscire, non avrei fatto fatica a cedere come una pera cotta. Stava diventando padrone della mia mente e la cosa peggiore era che non sapevo se l’avrei mai rivisto.


-che ne pensi di quel colore?- mi domandò la mia migliore amica prendendo proprio la sciarpa che aveva catturato la mia attenzione.


Scossi la testa, forse anche troppo energicamente dal momento che Candice mi guardò alzando un sopracciglio sorpresa da tanta energia. Non volevo che comprasse qualcosa che mi potesse poi ricordare Bradley. Dovevo togliermelo dalla testa il più velocemente possibile e di certo non mi avrebbe aiutata avere Candy ricoperta da una sciarpa che mi ricordava il suo colore degli occhi.
Quando Candice fa un acquisto lo porta per le lunghe e certamente i miei occhi si sarebbero posati su quella sciarpa per più di un mese intero. Non potevo lasciare che accadesse. Avevo un briciolo di amor proprio anche io.


-meglio quella rossa!- dissi velocemente indicando con l’indice una sciarpa deliziosa rossa che speravo convincesse la mia migliore amica.


Lei sembrò credermi sulla parola e per mia fortuna posò la sciarpa incriminata e si mise quella rossa al collo. Decisamente le stava molto meglio. Le bionde stanno bene con il rosso. E poi, sinceramente, Candy stava dannatamente bene con tutto quello che si metteva addosso.
La vidi estrarre il portafoglio e dopo aver pagato il suo acquisto, ricominciammo a camminare senza una meta precisa. Questo era il bello del mercatino della domenica sulla sesta strada.


-comunque Tyron è rimasto colpito da te! Mi ha chiamato stamattina Valerie dicendo che ormai tutto il cast del catering ti odia perchè quel cretino non ha fatto altro che parlare di te al ritorno! A proposito perchè non sei tornata con gli altri nel pulmino?- mi domandò guardandomi attentamente negli occhi ben nascosti dal mio nuovo paio di occhiali da sole.


Alzai le spalle finendo il frappuccino e scekerando il ghiaccio in fondo per riuscire a prendere anche l’ultima goccia di quel nettare che tanto mi piaceva. Perchè non sono tornata a casa con il resto del gruppo del catering? Già, perchè?
Avevo bisogno e necessità di stare da sola e il taxi che avevo preso all’uscita dell’Empire State Building mi aveva dato tutto quello di cui avevo bisogno in quel momento. Non potevo spiegare a Candice che in realtà ero scappata da quel posto per paura di poter incontrare nuovamente quel paio di occhi che erano diventati la mia dannazione.
Era la prima volta che mi sentivo di non poter raccontare liberamente qualcosa a Candice. Lei sapeva vita, morte e miracoli della mia vita. Conosceva il mio passato, i miei genitori opprimenti, il mio primo e unico ragazzo. Tutto. Ma sentivo che questa cosa non potevo dirgliela. Perchè? Per quale motivo dovevo chiudermi in questo mutismo? Lei non mi avrebbe giudicato di certo. Era la mia migliore amica.


-volevo stare sola e in pace! Ero davvero stanca e sapevo che tornando a casa in gruppo, tutto avrei fatto meno che riposarmi! Il taxi che ho preso è stato molto più silenzioso!- dissi nascondendo la bugia in una mezza verità.


Stava per replicare, quando il suono del suo cellulare risuonò per la sesta strada, attirando l’attenzione di parte dei passanti e dei turisti.
Questo era il suo capo. Mr. Helton aveva una suoneria tutta sua nel cellulare di quella pazza ragazza. Certe volte mi domandavo chi avesse fatto più del male per meritarsi chi.
Annuì alla sua muta richiesta di scuse e ne approfittai per tirare un sospiro di sollievo. Il terzo grado su Tyron e sulla serata di ieri rischiava di essere arrivato al capolinea fortunatamente.


-Mr. Helton!- esclamò efficiente la mia migliore amica rispondendo prontamente al cellulare con una voce professionale.


Sorrisi scuotendo la testa e pensando che io ai miei titolari davo del tu. Appena mi ero presentata al colloquio, il signor Fulton mi aveva praticamente ammazzato quando l’avevo salutato con il “lei”. Era un vecchietto, ma di mentalità probabilmente avremmo potuto essere coetanei. Sorrisi e riportai l’attenzione a Candy. Eravamo proprio appartenenti a due realtà completamente differenti.
Mi allontanai un secondo per buttare via il bicchiere di Starbucks che conteneva il mio ormai vecchio frappuccino e quando tornai da Candice, me la trovai tutta sorridente come una bambina nel giorno di Natale. Chissà che cosa gli stava dicendo quel vecchietto del suo capo.
Avevo già ricevuto il mio compenso per la serata che avevo svolto ieri, e una parte di me era esterrefatta. Con i miei titolari, sapevo che avrei dovuto aspettare minimo una decina di giorno per riscuotere un servizio, mentre il caro signor Helton mi aveva già pagato ancora prima che la serata finisse. Questo era senza ombra di dubbio la prova più evidente dei baratri che ci separavano.
Sapevo che era impossibile fare paragoni. Erano due mondi così completamente diversi che rendevano impossibile trovare qualcosa in comune. Non mi lamentavo del mio lavoro e dopo aver visto a cosa porta quello di Candice, sono fermamente convinta della mia scelta di lavoro al “Forno”.


-certo signore! È proprio qua davanti a me! Riferirò sicuramente! Arrivederci!- disse Candice chiudendo la comunicazione con il suo capo.


La guardai alzando un sopracciglio mentre rimetteva il cellulare nella borsetta. Sicuramente quel qualcosa aveva a che fare con me e dal momento che Candy non la smetteva di sorridere, una parte di me mi diceva che almeno era un qualcosa di bello. Avevo decisamente bisogno di qualcosa di bello che mi strappasse con le unghie e con i denti da quello che avevo passato ieri. Non volevo più pensare a Bradley Lays.
La continuai a guardare nell’attesa che finalmente si decisa a parlare, ma se ne stava zitta e muta, intenta a guardarmi con quel suo sorriso sornione sulla faccia. Oh Gesù mio aiutami.
Sembrava che tutto il mercatino intorno a noi si fosse fermato per permettere a quella peste della mia migliore amica che dirmi quello che le frullava in testa. Non riuscivo più a resistere alla curiosità, ma lei sembrava intenzionata a farmi morire. Chi la capisce è bravo.


-che succede?- domandai incapace di continuare a reggere il suo sguardo dannatamente felice e allegro.


-ti ho già detto che hai fatto colpo ieri sera?-


Sbuffai sonoramente e alzai il dito medio nella sua direzione. Mi aveva rotto le palle con questa storia di Tyron. Perchè voleva trovarmi un fidanzato in tutti i modi? Potevo benissimo stare da sola e godermi in pace la mia nuova vita nella mia favolosa nuova città. Dov’era il problema se stavo da sola?
Tyron non era il mio tipo e dopo tutta l’amicizia che ci lega, credevo che anche Candice se ne potesse rendere conto. Fanculo a quel ragazzo e anche alla mia migliore amica.
La vidi scoppiare a ridere come una scema in mezzo al mercatino e per un secondo mi guardai intorno vedendo le persone voltarsi per guardarci. Merda. Stavamo facendo la figura delle stupide in mezzo alla strada.
Adoravo troppo questo mercatino della domenica per poter permettere a Candy di rovinarmelo facendomi sbattere fuori. La guardai male e lei in tutta risposta alzò le spalle con fare di scuse.


-non mi stavo riferendo a Tyron io! Hai fatto colpo Ria, ma su un pesce ben più grosso!- mi disse ammiccando nella mia direzione.


Il mio cuore si fermò un istante e persi il respiro improvvisamente. Sicuramente mi stavo sbagliando su tutta la linea. Non era possibile che tra tutti Candy si riferisse proprio a lui, ma la mia mente non riusciva a smettere di vagare su quel corpo. Oh porca vacca, ecco che ricomincio.
Non era Lays. Non poteva essere lui. Forse Candice si riferiva a Thomas, il ragazzo che non portava la cravatta e che mi aveva seguito per buona parte della cena. Lui sicuramente non era ai livelli di Mr. Bradley Lays, ma per essere a quell’evento, sicuramente qualcosa lo possedeva.


-non capisco!-


-lo capirai! Sei stata convocata nell’ufficio del mio capo.. andiamo?- mi domandò facendo un passo in direzione dell’uscita del mercatino.


Sgranai gli occhi incredula da quello che mi aveva appena detto. Sarei dovuta andare dal suo capo? Adesso? Che cavolo stava succedendo?


**


Entrai nell'ufficio del capo di Candice. Mr. Helton era una specie di leggenda e il suo ufficio non era da meno. Era il classico uomo capace di metterti in soggezione.
l’ufficio era spazioso, con tanto di vetrata che dava sulla ottava strada. Chiunque avesse una minima esperienza nel campo della cucina e nel catering sapeva che quella era la zona migliore per creare un impero.
l’ottava strada era quella culinaria. Tutti i migliori ristoranti e le migliori aziende nel campo della ristorazione vivevano in questa strada.
L'uomo alzò lo sguardo dalla sua scrivania ordinatissima e lo puntò su di me e Candy che eravamo entrate. La mia migliore amica ovviamente aveva un sorriso raggiante, mentre io mi sentivo tanto un topolino in gabbia. Cosa dovevo aspettarmi da questo incontro? Candy non mi aveva detto assolutamente nulla e adesso stavo cominciando a sudare freddo.
Vidi Mr. Helton alzarsi dalla sedia e abbottonarsi la giacca che portava. Incontro troppo professionale per i miei gusti.
Se mi avesse offerto un posto nel suo team, probabilmente avrei rifiutato l'offerta. Sapevo che lavorando per lui avrei raddoppiato il mio compenso mensile, ma non potevo lasciare i signori Felton. Loro mi avevano aiutato quando nessuna in questa città sembrava farlo, e non me la sentivo di mandarli a quel paese.
Promemoria per me. Mai più provare affetto per i datori di lavoro. Affezionarsi così tanto non porta a niente di buono. Ricordatelo Gloria.


-Miss Perri ben arrivata. La stavo giusto aspettando!- mi disse facendomi segno di potermi accomodare nella poltroncina di pelle bianca che aveva davanti alla scrivania.


Lanciai uno sguardo indagatore a Candice che però in tutta risposta mi strinse una spalla con fare amichevole. Merda. Continuavo a sentirmi un topolino. Un minuscolo topolino in un mondo mille e mille volte più grande di lui.
Alzai lo sguardo verso l'uomo che adesso si rimetteva a sedere composto sulla sua sedia girevole in pelle. Non avevo mai avuto l'occasione di conoscere Mr. Helton dal vivo. Oddio ieri mi aveva staccato un bel l'assegno e questo faceva di lui la mia ancora di salvezza per questo mese, ma averlo davanti, faccia a faccia, mi dava un certo timore.


-puoi lasciarci soli adesso Candice! Grazie!- esclamò diretto alla mia migliore amica che professionalmente fece un sorriso.


Sbarrai gli occhi rendendomi conto che presto sarei rimasta sola e lanciai uno sguardo di puro terrore a Candy che mi fece un occhiolino senza farsi vedere dal suo capo. Mi si avvicinò e mi sorrise dolcemente accarezzandomi la testa. Oh no Candice non puoi lasciarmi così. Ti prego ti scongiuro non mi mollare proprio adesso.
Non sapevo nulla di quello che potevo aspettarmi. Non conoscevo il reale motivo di questo colloquio, e rimanere sola senza la mia migliore amica era una delle cose peggiori che mi potessero capitare.
Merda sono sola.
La porta dietro di me si chiuse e rimasi sola con quell'uomo.
Era un signore sulla sessantina, con capelli neri palesemente tinti e con qualche chilo in troppo. Il completo gessato grigio era immacolato, così come la camicia bianca che portava le sue iniziali sopra il taschino. La cravatta era grigio fumo e la teneva leggermente allentata. Sembrava che qualcosa turbasse quell’uomo. Dava l’idea che l’avesse allentata per un qualche problema sorto nel bel mezzo del suo giorno lavorativo.
Candy l'aveva sempre descritto come un bravissimo datore di lavoro, ma adesso che ero sola con lui, tutto quello che trovavo di piacevole era il silenzio che regnava in questa stanza. Avevo troppa paura di quello che mi avrebbe potuto dire.


-dunque Miss, immagino si stia domandando il motivo di questa riunione così improvvisa..- cominciò spaccando in due il silenzio che si era creato nella stanza.


Riunione?
Mi stava per caso trattando come una dipendente? Gli stava forse sfuggendo che non lavoravo per lui? Perchè mi stava parlando così?
Cercai di concentrarmi sul mio respiro, tentando di farlo tornare regolare. Avevo un leggero fiatone e sapevo che era dovuto al fatto che non sapevo quello che mi succedeva. Non capivo quello che mi passava intorno.


-riunione? Mi scusi Mr. Helton ma credo di non capire niente di quello che sta succedendo!- ammisi mentre mi torturavo le mani.


Mi sembrava di essere tornata a scuola durante le interrogazione di matematica. Ero sempre stata una frana in quella materia e quando venivo interrogata, mi torturavo le mani esattamente come facevo adesso.
Lo vidi sorridere mentre il suo sguardo si posava sulle mie mani. Arrossì come una bambina beccata con le mani nella marmellata, e sciolsi subito la presa. Adesso aveva tutta la mia più completa attenzione. Avevo bisogno di capire quello che stava succedendo.
Ogni qual volta che succede qualcosa che non potevo prevedere, che non ero in grado di capire, mi veniva su un ansia che avrebbe benissimo potuto farmi uscire di testa. Candice conosceva questo lato del mio carattere, eppure mi aveva lasciata in balia delle emozioni e del suo capo. Me l'avrebbe pagata con gli interessi questa carognata.


-vede miss. Perri, lei si trova qui, perché un mio cliente, il mio miglior cliente a dire la verità, ha espresso il desiderio di volerla come cameriera alla cena che si terrà domani nel suo appartamento nell’Upper Est Side!- mi disse senza troppi giri di parole.


Alzai un sopracciglio e sgranai gli occhi incredula a quello che mi era appena stato detto. Chi poteva essere il cliente importante a cui si riferiva? Nella mia mente un piccolo campanello di allarme si accendeva. Che fosse davvero Lays? Come può essere lui? E soprattutto come può aver espressamente chiesto di me? Io nemmeno ci lavoro per questa azienda. Sono la pecora nera di tutta questa situazione e adesso ero desiderata come cameriera da qualcuno che era al party di ieri sera.
Che magari non fosse Lays ma quel ragazzo strano che mi aveva fatto un complimento? Mi sembra che il suo nome fosse Thomas e una parte di me lo trovava anche carino. Era stato carino per il periodo in cui i miei occhi non si erano posati su quelli di Lays. Carino per poco più di mezz'ora, perché poi era arrivato lui. L'uomo più bello del mondo. L'uomo bello e impossibile che lasciava un segno del suo passaggio ovunque lui andasse.
Le donne avrebbero dato tutti i loro averi per poter passare nel suo letto e gli uomini avrebbero volentieri barattato il loro aspetto con quello di quell’Adone.
Ti prego, fai che si tratti del ragazzo anticonformista e non del multimiliardario. Ti prego fa che non sia Mr. Lays quello che mi vuole alla cena di domani sera.


-continuo a non capire Mr. Helton! Io non lavoro per la sua azienda! Potrà certamente mandare qualcuno di più qualificato per questo compito!- esclamai recuperando un briciolo di autocontrollo per far si che la mia voce non uscisse tremolante.


Lo vidi agitarsi sulla sedia e spostare la testa sulle mani chiuse a pugno sopra la scrivania. Qualcosa mi diceva che questa situazione era tanto nuova per me quanto per lui. Anche lui sembrava stranito da tutto questo.


-spiacente Miss , ma Mr. Lays mi ha chiesto espressamente di lei! Lei è Gloria Perri vero?- mi domandò dimostrando l'ovvio.


Annuì lentamente, cercando una qualunque scusa per defilarmi da quella spiacevole situazione. Avevo fatto centro allora. Il nome di quell’uomo era li, in mezzo a quella frase e io mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Mr. Lays ha chiesto espressamente di me. Vuole me.
Ancora ricordo il suono del mio nome uscire da quelle sue labbra così dannatamente perfette. Ricordo con precisione i suoi capelli, leggermente scompigliati che gli incorniciavano quegli occhi di quel colore innaturale da chiedermi se si trattassero di lenti a contatto.
Blu.
Blu cobalto.
Quell’uomo sarebbe diventato la mia dannazione eterna e non potevo lasciare che questo accadesse. Non volevo andare a servire a quella cena. Il mio sesto senso mi diceva di scappare a gambe levate da quel l'ufficio, e sapevo che dovevo dargli ascolto.


-la prego di ascoltare bene quello che le voglio dire Miss! Sono certo che alla fine saremo soddisfatti in due mi creda!- disse poggiando entrambi i gomiti sulla scrivania e scrutandomi con quei suoi occhietti piccoli.


Alzai gli occhi puntandoli contro quelli di quel signore che mi sembrava completamente pazzo per farmi una richiesta del genere. Sapevo che dietro la cena che dovevo servire ci sarebbe stato un compenso, sicuramente sarebbe stata una cifra che mi avrebbe fatto molto comodo, ma non riuscivo proprio a smettere di pensare che nessuna cifra può compensare la mia salute mentale.
Sapere che Mr. Lays mi voleva a servire a quella cena era un duro colpo per me e per il mio cervello poco stabile. Se fossi ancora in cura dallo strizzacervelli in Italia, l’avrei già chiamato per prendere un fottuto appuntamento.


-Mr. Lays le offre tremila dollari per il suo lavoro! Tremila a lei e tremila a me per averla contattata!- esclamò facendo un sorriso che non si curò nemmeno di nascondere.


Quest’uomo mi vedeva per caso come una gallina dalle uova d’oro? Credeva di poter fare bellamente come gli pareva con i miei sentimenti e con il lavoro? Aveva visto di poter trarre un profitto ed eccomi qua. Seduta sopra questa odiosa poltroncina dannatamente comoda e candida da portarmi a detestarla ancora di più.
Ok.
Perfetto.
Cazzo.
Tremila dollari.
Più di quanto potrò mai sognarmi di vedere tutti insieme. Così tanti soldi per una sera, mi fanno quasi sembrare una prostituta. Forse il signor Lays non ha ben capito con chi ha a che fare. Porca vacca mica sono Julia Roberts in Pretty Woman.
Questo pensiero mi fa venire un coniato di vomito che però rimando giù immediatamente. Non posso permettermi di vomitare adesso, ma sono più che certa che una volta raggiunto il mio appartamento, sarà una delle prime cose che farò.
Non posso offrirmi ad un servizio, per giunta per un datore di lavoro che nemmeno è mio. Non posso farlo e non lo voglio fare.


-spiacente Mr. Helton ma non posso servire alla cena del signor Lays domani!- esclamai alzandomi dalla poltroncina velocemente.


Il vecchietto spalancò gli occhi incredulo davanti a quella che era stata la mia risposta e si affrettò ad alzarsi a sua volta per rincorrermi. Si vedeva lontano un miglio che aveva paura di ritrovarsi senza soldi e probabilmente anche senza il suo cliente più importante, come l’aveva descritto lui poco fa.
Un po' mi faceva pena questo uomo. Vedeva tutto sfumarsi per colpa di un mio rifiuto. Se non mi avesse “consegnato”, tra le braccia di Bradley Lays, sicuramente lui non avrebbe più voluto saperne niente della sua società. Sicuramente avrebbe perso una bella fetta di mercato e sicuramente Candice ci avrebbe rimesso il posto in quanto migliore amica della causa di tutto. Io.


-Miss..- tentò cercando di farmi ragionare.


-no niente Miss! Io non posso andare a quella cena domani! Mi dispiace metterla in questa situazione! Non lavoro per lei ed era questo che avrebbe dovuto dire a quell’uomo!- replicai puntandogli il dito contro.


-stavo per farlo, ma poi mi è stato comunicato il compenso e credevo che ci avrebbe resi felici entrambi!- si giustificò alzando leggermente le spalle.


Soldi.
Ma che cazzo, contano solo i soldi a questo fottuto mondo?
Mi guardai intorno con disgusto e mi trovai a pensare che la risposta era affermativa in tutti i sensi. Si. Contavano solo i soldi. Le persone ricche dominano il mondo e le vite che hanno sotto di loro. Vedevo quest’uomo impaurito a causa di un mio rifiuto e mi immaginavo la paura che doveva provare per Lays. Arrivare ad implorare una ragazza per svolgere una mansione, non credo che fosse proprio la sua massima aspirazione della giornata.
Mi passai una mano tra i capelli con aria stanca. Mi sembrava che questa giornata fosse lunga 5o ore, ma era ancora prima di mezzogiorno. Chissà che altro sarebbe potuto succedere.
Mi passai una mano tra i capelli e cercai di rilassarmi velocemente mentre vedevo Mr. Helton tornare alla scrivania, dopo il balzo che gli avevo fatto fare alzandomi.
Sembrava sull’orlo di una crisi di panico e io non ero da meno. Tutto sembrava che volesse far andare le cose esattamente come le voleva Lays e esattamente al contrario di come le volevo io.


-non era mai successo sa? Non mi aveva mai chiamato Mr. Lays in persona! Era sempre stata la sua segretaria, oppure il suo addetto alle comunicazioni a parlare con me..-


Drizzai le orecchie sentendo che il capo di Candice aveva iniziato a parlare. Non capivo dove volesse andare a parare, ma sapevo che volevo sentire quel racconto. Sapevo che una parte di me provava così tanta attrazione verso quell’uomo da spingermi a sapere quello che aveva detto.
Quella stessa parte di me che mi faceva paura. Quella parte che lo trovava dannatamente bello ed eccitante. Quella parte che lo voleva possedere. Quella parte che cercavo di ricacciare indietro nonostante tutto.
Cercavo solo di proteggere il mio cuore.
Il mio cuore aveva bisogno di essere protetto. Aveva bisogno di essere tutelato da quell’uomo che sembrava che volesse in tutti i modi entrarci dentro.


-appena mi hanno trasferito la sua chiamata, e ho parlato con lui in prima persona, ho capito che era una cosa della massima urgenza e importanza! Adesso capisce perchè non posso lasciare che qualcun altro prenda il suo posto?- mi domandò guardandomi.


Alzai gli occhi al cielo e schioccai la lingua al palato. Mi sentivo tremendamente importante in questo momento. Sentivo che dalla mia decisione sarebbe dipeso il futuro di quest’uomo; e per quanto mi girassero le palle per la situazione che si era creata, non me la sarei mai sentita di compromettere un legame d’affari più grande di me.
Se poi quest’uomo se la fosse ripresa con Candice, che assolutamente non c’entrava nulla, per colpa di un mio rifiuto, non avrei mai più potuto guardare in faccia la mia migliore amica. Sembrava che fossi costantemente legata a partecipare a quella cena.


-ok Mr. Helton! Accetto..- dissi semplicemente chiudendo gli occhi.


##


-mi spieghi di che cosa cavolo hai paura?- sbottò Candice mentre tagliavo la mia pizza prosciutto e funghi.


Sbuffai sonoramente.
Porca vacca.
Non mi sentivo completamente a mio agio ad affrontare questa conversazione qua dentro. Mi sentivo come se stessi tradendo il mio luogo di lavoro e questo portava solo a peggiorare le cose.
Ci trovavamo al mio amato locale, “il Forno”. Ero cliente oggi, e io e Candy avevamo deciso di venire a mangiarci una pizza. Non mi sarei certo creduta di dover assistere ad un quarto grado.
Ero stata accolta da tutti i miei colleghi con abbracci calorosi e pacche d’affetto. Adoravo quel posto e adoravo quelle persone. Erano la mia famiglia qua in America insieme a Candice.


-non ho paura di nulla!- replicai stizzita mettendo in bocca un pezzo di pizza.


-non prendermi per cretina Ria, so esattamente che c’è qualcosa che ti blocca! Provi qualcosa per lui forse?- mi domandò portandosi alla bocca un tralcio di pizza alle verdure.


Sgranai gli occhi. E lasciai che la forchetta mi cadesse dalle mani, lanciandosi sul pavimento che richiamò l’attenzione di parte del ristorante quando fece quel suono sordo. Tentai di distogliere lo sguardo dalla mia migliore amica, ma sentivo di sudare freddo e tutto mi sembrava impossibile da vivere. Riacquista la tua spavalderia Gloria. Torna a essere te stessa e rispondi per le rime a quella cazzata che le è appena uscita di bocca.
Candice dal suo canto sgranò leggermente gli occhi e alzò le sopracciglia in segno di stupore. Ebbene si Candy, hai fatto centro credo. Qualcosa nel mio corpo mi dice che sono profondamente e spudoratamente attratta da Mr. Lays. Qualcosa nel mio corpo fremeva sentendo anche solo pronunciare quel nome.


-sei sempre la solita sbadata Glory! Ecco a te!- mi disse Michael, un mio collega, portandomi una nuova forchetta con un sorriso in faccia.


Tentai di rispondere a quel sorriso, ma sulla mia faccia si disegnò un mezzo ghigno forzato che sembrava più falso dei soldi del monopoli. Guardai nuovamente in direzione di Candice e la vidi sorridere sorniona mentre continuava a mangiare decisa la sua pizza.
Sicuramente tutta questa situazione non era sfuggita al suo occhio critico e sicuramente aveva capito in cosa consistesse la situazione. Candy non era una stupida e questo continuo negare da parte mia mi aveva piano piano scavato la fossa da sola.
Lei aveva capito.
Io avevo capito.
Tutti avevano capito che ero stata rapita da quell’uomo.
Qualcosa mi diceva che qualsiasi cosa sarebbe successa domani, mi avrebbe solo avvicinato a farmelo piacere ancora di più.
Riprendi il controllo Gloria.


-sei forse impazzita?- le domandai congratulandomi con me stessa per essere riuscita a parlare normalmente.


La vidi alzare lo sguardo dal suo piatto e mi puntò contro la forchetta appoggiando i gomiti sul tavolo. Alzai gli occhi al cielo pronta ad ascoltare qualche altra cazzata uscire dalla sua bocca. Sapevo che anche adesso mi avrebbe detto qualcosa del genere e dovevo essere pronta a rispondere a tono, altrimenti le sue supposizioni sarebbero sembrate veritiere.
Ero una pessima bugiarda. Da quando ero piccola avevo imparato a contare solo su me stessa, quindi le bugie non ero molto abituata a dirle. I miei mi consideravano talmente poco che le bugie non erano importanti da dire. Candice era l’unica che mi capisse perfettamente quando ne dicevo una. Sosteneva che quando stavo mentendo, i miei occhi battevano più velocemente di un battuti d’ali di un colibrì.


-Ria inutile negarlo! Lays ti piace! Mai due mondi potevano essere più distanti!- esclamò alzando le spalle.


-non mi piace Lays!- replicai velocemente senza nemmeno farle finire la frase.


-oh certo.. come no! Appena nomino quel nome il tuo aspetto cambia completamente! Diventi rossa e ti irrigidisci come un cubetto di ghiaccio! Credi davvero che io sia una stupida? Puoi prendere in giro chiunque.. il mio capo, il tuo, tu stessa, ma non puoi prendere in giro me! E vedi di fermare quegli occhi se vuoi dirmi qualche cazzata!- replicò divertita.


Sospirai abbassando la testa e sorseggiando la mia coca cola nella speranza che potesse darmi un minimo di forza come speravo.
Candice aveva ragione su tutta la linea. Quell’uomo mi piaceva. Mi piaceva tanto da farmi paura. Avevo una paura innata di quello che avrei potuto fare se fossi stata di nuovo davanti a quegli occhi. Sapere che ero stata scelta da lui per occuparmi di quella cena mi mandava in uno stato di crisi. Come cavolo potevo anche solo sperare di riuscire a portare a termine il mio lavoro se c’era lui nella mia stessa stanza?
Solo sapere che respiravamo la stessa aria, mi portava a farmi dei fottuti film in testa che avevano sempre come fine io e lui intenti a spogliarci a vicenda. Merda. Respira. Gloria. Respira.
Sentì il respiro farsi irregolare e le mie guance avvamparono pensando alle sue mani che vagavano in giro per il mio corpo nudo sotto il suo tocco.
Scossi energicamente la testa e mi presi le tempie tra le mani massaggiandole decisamente. Mi stavo comportando come una cazzo di maniaca. Non sono mai stata così eccitata al pensiero di un uomo. Quell’uomo mi mandava in tilt. Quell’uomo sarebbe stato la mia rovina.


-devi aiutarmi!- dissi rivolta alla mia migliore amica alzando lo sguardo e puntandolo su di lei.






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CIAOOOOOOOO

Allora non ci credo che il capitolo scorso ha riscosso ben 3 recensioni!! oddio!! GRAZIE!!

Nel prossimo capitolo ci sarà una bella sorpresa.. vedrete che Mr. Lays farà un entrata importante nella storia!!!

-Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!!!!-

-Grazie a MINELLI , MAMESO , DACHEDAS che hanno recensito il capitolo precedente!!! GRAZIE ANCORA!!-


Ci vediamo al prossimo capitolo!!!!
RECENSITE MI RACCOMANDOOOOOOOOOOO

BACIII



 

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Capitolo 4
*** 4) Mr. Lays is waiting ***







 
 



 
4) Mr. Lays is waiting








Grandioso.
Avevo chiesto aiuto alla persona più sbagliata sulla faccia della terra e questo era il risultato. Non potevo farci assolutamente niente dal momento che mi ero andata a cacciare io in un guaio del genere. Ben ti sta Gloria Perri. La prossima volta ci pensi cento volte prima di chiedere un consiglio di moda a quella pazza scellerata.
Candice, da dopo che gli avevo rivelato di essere interessata a Lays, o meglio.. io non gli avevo rivelato un bel nulla, ma lei da brava migliore amica che si rispetti, aveva letto tra le riche, ed era arrivata alla sua conclusione. Si. Mi piaceva Mr. Lays. Ovviamente, la bionda, non aveva perso tempo e mi aveva costretto a farmi la piastra ai capelli e si era auto-proclamata mia stilista personale, scegliendo per la cena un abitino decisamente troppo diverso dai miei gusti e dai miei canoni.
Forse la mia cara amica non aveva capito che non ero una delle invitate alla cena ma solo una cameriera. Una semplice cameriera che aveva l’obbligo di servire al tavolo dei commensali, quello che viene preparato in cucina. Ero un tramite. Un fottuto tramite che stava per prendere parte alla cena dell’uomo che in soli due giorni le aveva incasinato la vita.
Sospirai cercando di darmi un contegno. Nonostante
Mi guardai nuovamente allo specchio e per poco non fui tentata di mandare a quel paese tutto quanto. Lays. I soldi. L’Helton Catering. E anche lei. La mia migliore amica.
I vestito in questione era rosso, con le maniche lunghe nere. Arrivava sopra la metà della coscia e questo mi faceva sentire dannatamente nuda. Tutto quello che volevo era non dare nell’occhio, ma a quanto pare la mia cara Candy voleva esattamente il contrario. (Gloria)
Volevo risultare invisibile agli occhi di Mr. Lays e ovviamente volevo anche il contrario. Volevo con tutta me stessa che lui non mi notasse. Volevo che i suoi occhi, così dannatamente lisci non si posassero su di me. Volevo troppo forse. Far finta che non lo avessi mai conosciuto era impossibile perchè costantemente, ogni volta che pensavo a lui, il mio corpo reagiva. Reagiva e mi portava ad eccitarmi al solo suo pensiero. quell’uomo sarebbe stato il mio tormento sessuale.
Sospirai passandomi una mano tra i capelli perfettamente lisci e per un secondo mi preoccupai di aver disfatto la piega. Era un miracolo umano che i miei capelli stessero lisci. Li avevo sempre avuti ondulati. Ne lisci. Ne ricci. Anche i miei capelli, esattamente come me, erano pazzi.
Guardai ai piedi del letto le scarpe che avrei dovuto indossare e alzai gli occhi al cielo. Questa sarebbe stata senza ombra di dubbio la serata più lunga della mia vita.
Mr. Helton mi aveva assicurato che avrebbe mandato un autista a prendermi, per portarmi nel luogo dove si sarebbe svolta la cena. Dai mezzi ricordi che avevo della conversazione con il capo di Candice, mi ricordo che mi disse che la cena si sarebbe svolta nel suo appartamento. Il suo appartamento. Nella tana del lupo. Sarei stata sola. Nessun aiuto da parte dell’Helton Catering e nessun aiuto da Candice. Sola.
Sospirai nuovamente e mi misi a sedere sul letto prendendomi la testa tra le mani. Basta Gloria. Basta. Devi smetterla e mandare a quel paese questa sensazione che ti avvolge.
Non posso provare qualcosa per quell’uomo. Non posso provare nulla per Mr. Lays. Lui mi deve tornare ad essere indifferente. Devo tornare a prima che la mia vita venisse scombussolata dal suo arrivo.
Come cazzo era possibile che con un semplice sguardo fosse stato capace di mandarmi in pappa il cervello? Ci eravamo scambiati non più di qualche occhiata durante il suo ricevimento. Mi aveva rivolto solo una parola. Il mio nome. Cristo, non credevo che potesse essere così dolce il suono del mio nome pronunciato da quella bocca.
Scossi il capo velocemente e riacquistando un briciolo di lucidità, mi misi le scarpe che Candice aveva preparato per me. Erano dei tronchetti a zeppa alta neri. Semplici, carini, ma importabili per una serata del genere. Avrei preferito di gran lunga un paio di converse. Ci avrei messo meno a scappare con quelle ai piedi. Sarebbe stata una serata di quelle toste e affrontarla con una mise del genere, non mi aiutava per niente.
Sentì il cellulare suonare a lo presi sporgendomi verso il comodino di destra. Sapevo chi era. Sicuramente voleva sapere se avevo messo quello che mi aveva preparato. Non so perchè si accanisse così tanto in questa storia. Riguardava me e la mia vita, non c’entrava completamente nulla con lei o con la sua. Perchè voleva farmi piacere ancora di più quell’uomo? Non capiva che questo rapporto mi stava distruggendo? Non si era accorta del mio repentino cambiamento da quando l’avevo incontrato?

-sei pronta?-

-si Candice sono pronta.. ricordami di ucciderti la prossima volta che ti vedo mi raccomando!- borbottai alzandomi dal letto e guardandomi nuovamente allo specchio.

La sentì scoppiare a ridere, quella risata cristallina la odiavo, perchè per quanto mi cercassi di sforzare di essere incazzata con lei, appena la sentivo, abbattevo i muri e la lasciavo entrare.
La sua risata riecheggiava nei miei timpani, portandomi piano piano a sciogliere quello strato di spesso ghiaccio che avevo tirato su. Paradossalmente quella ragazza era la persona che mi aveva messo in questo pasticcio, ma era anche l'unica in grado di farmene uscire. Grazie a lei avevo smesso di fasciarmi la testa con quelle assurde e inutili domande. Domande che cercavo di non farmi ma che ogni tanto tornavano nella mia mente. Ero proprio messa male. Pensavo costantemente ad un uomo che non mi apparteneva. Pensavo sempre ad un uomo che non faceva per me. Perché cazzo dovevo pensare a lui? Non era possibile e la cosa che mi faceva ancora più incazzare era che ci pensavo anche adesso. Mi convincevo a non pensarlo mentre in realtà lo pensavo eccome.
Bradley Lays. Quel nome che la prima volta che l’avevo sentito, pronunciato dalla bocca della mia migliore amica, non mi diceva nulla, ma che adesso, dopo soli due giorni, voleva dire tutto.
Perchè il mio corpo rispondeva così appena rammentavo quegli occhi? Un fremito mi partiva dalla punta del capelli, fino al basso ventre.

-lo so che credi che il vestito sia eccessivo, ma sono certa che ti starà divinamente! Pensa che l'ho comprato apposta per questa occasione!- esclamò eccitata come una ragazzina.

-poi mi spiegherai tutta questa tua eccitazione Candy? Non è normale che tu stia così quando io mi sento completamente al contrario!- ribadì seccata mentre mi mettevo un filo di matita nera all'interno degli occhi.

Niente di trascendentale. Non volevo eccedere con il trucco e se fosse stato per me non avrei ecceduto nemmeno con l'abbigliamento. Ero a conoscenza del fatto che Candice me l'aveva comprato apposta per l'occasione. Mi aveva rinfacciato che se non lo avessi messo, mi avrebbe mandato a cambiarlo nel negozio, facendomi fare una figura penosa. Quella ragazza quando ci si metteva era assurda. Dannatamente assurda.
Finì di mettermi la matita e mi guardai di nuovo allo specchio. Niente ombretto, niente fondotinta, niente fard.

-già vi vedo insieme! Non posso vedervi insieme scusa? Che problema c'è?- domandò con la bocca piena, il che voleva dire che probabilmente stava mangiucchiando un bretzel preso in un baldacchino per le strade di Manhattan.

-tu hai un problema Candice! Un problema anche bello grosso se pensi che mai io potrei stare con Lays! Andiamo! Non dire cavolate!- replicai alzando leggermente la voce senza volerlo.

Mi guardai allo specchio mentre richiedevo il mascara. Stavo tenendo il cellulare in una posizione così precaria che avevo paura che sarebbe volato nel lavandino da un secondo all'altro. Promemoria per me, mettete il viva voce la prossima volta che intraprendo una conversazione con Candice.
Secondo lei io e Bradley Lays saremmo diventati una coppia. Mi scappava quasi da ridere a quel pensiero. Qualcosa nella testa di quella ragazza non funzionava proprio.
Sentì il campanello suonare e tirai un respiro di sollievo. Ero pronta. Prima sarei andata a servire a quella cena, e prima sarebbe finito questo strazio.

-ho sentito il campanello! Ti lascio andare tesoro! Fammi sapere appena torni a casa mi raccomando!- disse felice attaccando la comunicazione.

Guardai un secondo il telefono e scossi la testa. Candice era così. Non aspettava il saluto da parte dell’interlocutore dall’altra parte della cornetta.
Sospirai nuovamente rendendomi conto che da quando ero entrata in tutta questa storia, non avevo mai smesso di farlo. Oziosamente pensai che era davvero strano che una persona così sconosciuta potesse comandare il mio umore in questo modo. Chissà cosa avrebbe fatto se gli avessi dato la possibilità di conoscerlo meglio.
Afferrai il giacchetto di pelle e presi la borsa dal letto. Ultimo sguardo allo specchio. Ok. Sarebbe andato tutto bene. Sbuffai rendendomi conto che non mi ero mai fermata così tanto davanti ad uno specchio. Decisamente quell’uomo mi aveva fatto qualcosa.
Uscì dalla mia stanza e andai velocemente alla porta. Il passaggio che mi aveva offerto Mr. Helton era arrivato, il che era un bene, perchè non sapevo minimamente dove si trovasse il lussuoso appartamento di Mr. Lays. Dovevo abituarmi a chiamarlo in questo modo, anche se in cuor mio sapevo che “bello e impossibile” gli si addiceva di più.
Ci mancava solo che durante la cena che avrei servito, mi sarei rivolta a lui chiamandolo “bello e impossibile”. Mi sarei scavata la terra da sotto i piedi e avrei smesso una volta arrivata in Cina.
Aprì la porta e la prima cosa che vidi fu Tyron appoggiato ad una macchina grossa nera. Oddio mio vi prego ditemi che non è lui il passaggio che mi aveva offerto Mr. Helton. Dovevo affrontare un viaggio di quarantacinque minuti con il ragazzo a cui avevo platealmente dato un due di picche di dimensioni galattiche. Oh povera me, questa serata non è ancora cominciata e già non ne posso più. Non posso sopportare anche questa. Che fine ha fatto la mia spensierata vita newyorkese? Che fine aveva fatto quella ragazza che non si faceva piacere i ragazzi?
Lo vidi salutarmi con un sorriso a trentadue denti e tirai le labbra al massimo per lasciare che il mio viso avesse un espressione simile alla sua. Inutile. Non ero contenta di vederlo e sicuramente avrei preso un taxi al ritorno se ci fosse stato lui ad attendermi. Questo era certo. Un viaggio bastava e avanzava.
Cercai di riprendermi e sforzandomi all’impossibile di essere gentile e di scollegare il cervello dalla bocca. Certe volte sapevo essere così fottutamente tagliente che avrei fatto rimpiangere a quel ragazzo di avermi conosciuto se solo avessi parlato come volevo.
Lo vidi allontanarsi dal cofano della macchina e raggiungermi per salutarmi. Perché non potevo farmelo piacere? Per quale cavolo di motivo non potevo provare per lui quello che sentivo di provare per Lays?
Era bello, inutile negare il contrario. Stretto in un paio di jeans dal lavaggio chiaro e in un maglioncino blu a scollo a v, faceva la sua bella figura. Avrebbe potuto tranquillamente fare il modello, e per quello che ne sapevo, nel tempo libero poteva farlo davvero. Non conoscevo questo ragazzo, non sapevo nulla di lui se non che lavorava per la Helton Catering, ma sinceramente non mi importava conoscere la sua vita.
Non potevo negare questa evidenza, ma non faceva per me.
Quel ragazzo meritava una ragazza che lo trattasse bene e non una che basta un paio di occhi azzurri e va al tappeto. Ah mio caro Tyron, ti sei scelto proprio la persona più sbagliata di questo mondo per provare qualcosa.

-ciao Glory!- mi disse gioviale venendo verso di me e mettendomi le mani sulle spalle, mi regalò due baci sulle guance.

Quel sorriso era dannatamente contagioso, ma sapevo che non era il caso di rispondere a quell'effusioni di affetto. Avrebbe solo incrementato il suo interesse nei miei confronti e questa era una cosa che cercavo di evitare il più possibile. Ci mancava solo che credesse che tra noi potesse nascere qualcosa.
Dovevo fare di tutto per provare a distogliere il suo interesse dai miei confronti. Mentalmente, passai a rassegna le ragazze che conoscevo qui a New York. Mi sentivo un po' stupida, ma cercavo qualcuno che potesse andare bene per lui.
Con Candice non ce l’avrei mai visto. In fin dei conti non volevo così male a quel ragazzo per appioppargli quella pazza scellerata della mia migliore amica.
Porca vacca, non conoscevo davvero nessuno in questa città. Forse l’unica che poteva fare per lui era Vivian, una ragazza che lavorava con me al “Forno”.
Scossi la testa. No. Non faceva al caso suo. Era una ragazza troppo da Mille e una Notte per Tyron. Sospirai. Decisamente non avrei svolto il ruolo di Cupido.

-ciao Tyron! A cosa devo questa visita?- domandai cercando di fare la parte della cogliona scesa dalle nuvole.

Ti prego non mi dire che sarai tu il mio passaggio. Ti prego non mi dire che sarai tu il mio passaggio. Ti prego. Per favore Tyron vedi di fare il bravo bambino. Ti prego non mi dire che sarai tu il mio passaggio.

-sono il tuo passaggio!-

Oh Fanculo.

-tu?-

-proprio io! Mr. Helton aveva incaricato James, ma dal momento che so anche io dove vive il riccone, ho pensato di fare a cambio!- esulto facendomi un occhiolino, come se avesse appena vinto un qualche premio.

Doppio vaffanculo.
Accidenti a questi uomini che sono proprio delle bocche larghe peggio delle donne. Adesso ci sarà da sentirlo mentre andiamo.
"Chissà perché Lays ha voluto proprio te."
"C'è per caso qualcosa tra voi? Questo spiegherebbe il perché ti ha voluto al posto di qualcuno con un pò di esperienza in più!"
“Secondo me hai fatto colpo su quell’uomo..”
Giuro che se mi avesse fatto una di qualcuna di queste domande, l'avrei accoltellato.
Bada bene a quello che dici mio caro Tyron se vuoi rimanere tutto intero.

-ok! Allora possiamo andare? Ci manca solo che facciamo tardi!- esclamai cercando di togliermi da quella situazione abbastanza strana.

Senza aggiungere altro, fece un balzo indietro e mi aprì la portiera della macchina nera a cui era appoggiato quando avevo aperto la porta.
Quella macchina aveva l’aria di essere la cosa più costosa, mobile, sulla quale ero mai riuscita a salire. Certo che da quando avevo cambiato aria ed ero arrivata in questa città, non mi era mai capitato di vedere una macchina di piccole dimensioni. Tutti sboroni questi americani.
Chiuse la portiera dietro di me e facendo il giro della macchina arrivò al posto di guida. Lo guardai allacciarsi la cintura e feci lo stesso. La sicurezza prima di tutto.
Partì, in direzione di Manhattan. Stranamente nella macchina regnava un certo silenzio, a tratti religioso, interrotto solo dalla voce di Bono Vox che cantava “Vertigo”. Mi era sempre piaciuta quella canzone e senza curarmi di niente, iniziai a canticchiarla muovendo la testa a ritmo. La mia pazzia a volte usciva fuori e lo faceva nei momenti più strani.
Con la coda dell’occhio vidi Tyron sorridere e grazie ai pulsanti che c’erano sul volante, alzò il volume della musica, guadagnandosi un sorriso in segno di risposta.
Continuavo a domandarmi perchè non potevo provare qualcosa per questo ragazzo. Perchè non potevo pretendere che la mia vita fosse così? Avevo un bel ragazzo accanto a me, gli U2 che cantavano a squarciagola in una macchina fantastica, e stavo per andare a guadagnare tremila dollari. Vista da fuori poteva sembrare una vita fantastica.

-non sapevo che dentro di te avessi un lato così rock!- mi disse riportando il volume normale quando la canzone arrivò alla fine.

Scoppiai a ridere. Il mio aspetto diceva tutto tranne che ero una ragazza a cui piaceva il rock. Ero cresciuta a base di U2 e Queen. Una delle poche cose positive che mi aveva regalato mio padre in uno di quei suoi rari momenti paterni. Chissà come aveva fatto. Non era proprio il tipo da lasciarsi andare a consigli o a affetti.

-sono una ragazza piena di risorse!-

-lo so.. per questo vorrei poterti conoscere meglio Glo! Dio solo sa quanto vorrei conoscerti meglio!- esclamò imboccando il ponte di Queensboro che ci avrebbe portato direttamente nell’Upper East Side.

Mi sentì improvvisamente a disagio e spostai immediatamente la faccia verso il finestrino. Ecco il motivo per cui non volevo che fosse lui ad accompagnarmi stasera. Ecco perchè non volevo che mi pensasse. Non ero salutare per lui, e prima se ne sarebbe reso conto, e meglio sarebbe stato per tutti, lui in primis.
Sentì la mia mano venire afferrata dalla sua e me la portò sul cambio, imprigionandola con la sua. Mi irrigidì all’istante e cercai di porre fine a quel contatto, senza però riuscirci. Merda.
Distolse un secondo gli occhi dalla strada per puntarli verso di me e farmi un timido sorriso. Adesso basta. Non volevo più prendere in giro questo ragazzo. Non si meritava proprio nulla del genere.
Tolsi sgarbatamente la mano dalla morsa in cui l’aveva imprigionata e senza troppe cerimonie alzai la musica in modo da creare di nuovo un muro fatto di suoni tra noi. Non volevo più parlare fino all’arrivo.

-scusami.. io.. oh porca merda Gloria non so quello che mi succede quando sono con te! Mi sento un completo coglione ogni volta che apro bocca! Faccio cose che non ho mai fatto e dico cose che non ho mai detto!-

Era evidente che si stava torturando mentre diceva quelle cose. Mentalmente avrei voluto prendermi a calci in faccia. Che cose potevo dirgli adesso? Gli avevo già detto due volte che non avrei voluto uscire con lui, eppure eccolo qua, imperterrito, come se non mi fossi mai esposta. Come se i miei rifiuti non lo avessero nemmeno scalfito di una virgola.
L’unico lato positivo, se così si può dire, di questa storia, era che almeno, pensando a come sbrogliarmela con lui, non pensavo a quello che sarebbe successo di li a breve.
Bradley Lays era completamente sparito dalla mia mente, per un breve lasso di tempo purtroppo, ma almeno era sparito. Finalmente ero riuscita a tornare in possesso delle mie facoltà mentali.

-non sei tu quello che deve scusarsi Tyron! Ho dei modi davvero bruschi e idioti certe volte! L’ultima cosa che volevo era farti sentire inadeguato! Non sei tu quello sbagliato!- dissi sinceramente continuando a guardare il ponte avanti a noi.

-continui a darmi un no come risposta e io continuo a insistere come un quindicenne! Mi sento così cretino! Giuro che non voglio darti più fastidio di quanto non te ne abbia già dato!-

Sorrisi leggermente a quella frase, che finalmente si fosse reso conto di volersi arrendere? Avevo davvero bisogno di un amico, e paradossalmente a tutto, con lui ci stavo davvero bene. Avrei accettato quell’amicizia e l’avrei curata con tutto il tempo del mondo.

-io ti voglio come amico Ty! Dico sul serio!-

Vidi l’ombra di un sorriso nascere sulle sue labbra e sorrisi anche io. Forse non ci sarebbe stato il finale che aveva sperato lui, e magari nemmeno quello che avevo sperato io, ma forse una buona amicizia sarebbe potuta venir fuori da questa faccenda così bizzarra.

##

Venni lasciata davanti ad un palazzo che non aveva fine. Era buio, quindi, vedere fin dove si elevava quell’ammasso di mattoni e cemento era pressochè impossibile. Sapevo che avevo a che fare con uno degli uomini più ricchi del mondo, e non doveva farmi specie se il suo appartamento si trovava all’attico di un edificio a cento piani.
Deglutì rumorosamente e avanzai verso l’entrata. Mi aveva detto Tyron che sarei dovuta andare al banco del receptionist e spiegare il motivo che mi aveva portato qua.
Ero rimasta stupita che un palazzo di quelle dimensioni avesse un portiere. Credevo che fosse tipo un porto di mare, e invece, sembrava molto riservato come posto. Chissà come sarebbe stato l’appartamento di quell’uomo.
Arrivai alla scrivania e appoggiai sopra i gomiti, prendendomi un secondo per far riposare i piedi da quelle dannate scarpe che Candice mi aveva costretto ad indossare. Me l’avrebbe pagata cara.
Guardai il portiere, era un uomo sulla cinquantina, con un principio di capelli bianchi e con degli occhi color nocciola coperti da una spessa montatura di occhiali vintage. Sembrava un tipo tutto strano. Ovvio che a New York esistessero tipi così.
Aveva l’aria annoiata e guardava distrattamente qualcosa sullo schermo del computer che aveva davanti. Sembrava particolarmente attento a qualcosa.
Mi schiarì la voce per attirare la sua attenzione, e finalmente, dopo quello che mi era sembrata una mezza eternità, spostò quegli occhiali su di me aspettando che parlassi.

-salve, sono qua per l’Helton Catering.. dovrei andare nell’appartamento di Mr. Lays!- esclamai una volta arrivata davanti ad un portiere.

L’uomo mi squadrò dall’alto in basso con uno sguardo quasi annoiato, poi digitò qualcosa sulla tastiera del computer e i suoi occhi cambiarono completamente espressione, tornando a guardarmi con aria gentile. Alzai un sopracciglio davanti a quel cambiamento di comportamento. Che uomo strano.

-Miss Perri! Prego, si accomodi all’ascensore! Il piano del signor Lays è 45, l’attico! La sta aspettando!- esclamò sorridendomi.

Ero abbastanza sorpresa che l’edificio avesse solo 45 piani. Ero convinta che si trattasse di una struttura che sfiorava il cielo.
Mi riscossi dai miei pensieri e guardai l’uomo davanti a me che continuava a sorridermi. Solo in quel momento mi resi conto di quello che aveva detto. Sbaglio o aveva detto che mi stava aspettando? Che cavolo voleva dire? Non avevo un ingresso privato da cui entrare? Ero certa che non sarei entrata dall’entrata principale dell’appartamento. Credevo che ci fosse tipo un entrata dei domestici o qualcosa del genere.

-mi scusi ma non c’è un entrata particolare da qui entrare? Voglio dire un qualcosa di secondario per chi lavora per Mr. Lays!- dissi arrossendo leggermente.

Non era una cosa particolarmente semplice da dire senza sembrare una che non voleva farsi vedere troppo in giro. Sembrava che fosse una cosa segreta, quando invece ero semplicemente qui per lavorare. Oddio detta così però potevo sembrare una prostituta. Oh porca merda, chissà che cosa pensava quest’uomo di me. Magari mi ha davvero scambiata per una puttana alla io Pretty Woman.

-Mr. Lays mi ha solo avvertito del suo arrivo e di farla entrare dalla porta principale dell’appartamento! Pensi che mi ha addirittura rivelato il codice segreto per raggiungere l’attico!- mi disse con voce confidenziale appoggiandosi al bancone.

Ok adesso ero davvero stordita del tutto.
Non solo mi voleva far entrare dalla porta principale, ma aveva anche comunicato il mio arrivo e aveva dato un’informazione riservatissima all’addetto alla portineria per assicurarsi che sarei arrivata da lui velocemente. Adesso si che mi sentivo un pesce fuor d’acqua.

-il codice è 2109!-

Sgranai gli occhi sentendo quei numeri. Ovviamente era un fottuto caso che si trattasse proprio di quella sequenza di numeri. Non era umanamente possibile che si trattasse davvero di quello che stavo pensando. Perchè cazzo ci avevo pensato? Non poteva proprio essere.
Il ventuno settembre, cioè due giorni fa, era stata la prima volta che avevo visto Mr. Lays. Quella data rappresentava l’inizio di tutto. Almeno rappresentava l’inizio del mio tutto.
Oziosamente mi chiesi se l’aveva scelto anche lui per un qualche motivo e fui tentata di chiedere al portiere se la combinazione era stata cambiata recentemente ma mi trattenni. Non erano affari miei quando era stata cambiata la combinazione e non c’entrava nulla con me.
Ero qua per lavorare. Ricordatelo Gloria. Non sei qua per divertirti o per cadere tra le braccia del primo che passa. Sei qua per uno scopo ben specifico.

-tutto bene signorina?- si affrettò a domandarmi guardando il mio sbandamento.

-certo! Adesso vado! Grazie ancora!- esclamai riprendendo un po' di sangue freddo e congedando quel povero uomo che non c’entrava nulla in tutto questo.

Arrivai all’ascensore e digitai i numeri che mi aveva detto sulla piccola tastiera numerica che c’era alla mia destra. Avrei rischiato un infarto se andavo di questo passo. Il mio cuore non la smetteva di battere all’impazzata all’idea che tra meno di un minuto sarei stata nuovamente in balia di quegli occhi.
Entrai dentro l’ascensore e lasciai che le porte si richiudessero davanti al sorriso che il portiere ancora mi rivolgeva. Anche lui era cambiato di botto appena aveva capito chi ero.
Sospirai passandomi una mano tra i capelli. Inutile pensare a quello che possono fare i soldi al giorno d’oggi. Avevo a che fare con un qualcuno di troppo potente per poter permettermi di pensare normalmente. Probabilmente aveva comprato il silenzio di quell’uomo sul codice segreto dell’ascensore.
Guardai il quadro luminoso e con orrore mi resi conto di essere quasi arrivata alla vetta. Ci siamo Gloria. Rimetti insieme i pezzi di quel che resta della tua moralità e affronta questa cosa professionalmente.
Il segnale acustico, mi segnalò che eravamo arrivati a destinazione e prendendo un grande respiro guardai oltre le porte che si erano appena aperte e quasi svenni quando me lo trovai davanti in tutto il suo immenso splendore.
Bradley Lays era li.
Davanti a me. Vestito con un completo blu scuro e una camicia bianca immacolata. Aveva il primo bottone lasciato aperto e non portava nessuna cravatta. Sembrava così informale a vederlo senza quell’aspetto da padrone del mondo.
I capelli erano leggermente umidi, segno evidente di una doccia fatta di recente. Il mio corpo fremette di piacere a quella constatazione. Merda. Ci mancava solo che mi eccitassi davanti a lui.
Sei qua per lavorare Gloria. Vedi di ricordartelo.
Mi guardava con quei suoi occhi maledettamente belli e mi sembrava di essere in un universo parallelo. Mi ero resa conto di fare una figura di merda, ma non riuscivo a muovermi di un centimetro. Vederlo li, bello e impossibile, aveva mandato a puttane il mio cervello.
Le porte dell’ascensore stavano per richiudersi e io ero sempre imprigionata li dentro come una cogliona. Fu all’ora che mi resi conto della sua possente forza. In due balzi mi fu davanti e bloccò le porte dell’ascensore con il braccio destro prima che queste si richiudessero con me dentro.
Lo guardai in tutta la sua altezza e mi persi in quei favolosi occhi azzurri. Erano troppo belli per essere veri. Sentivo le gambe molli e i tacchi non mi aiutavano in questa situazione. Era come se il mio intero corpo fosse fatto di gelatina.

-Miss Perri, desidera uscire da questo ascensore, oppure preferisce che si svolga qua la cena?- mi domandò ironico facendo nascere un sorriso su quelle labbra dannatamente perfette.

Mi ripresi e dopo essermi mandata mentalmente a quel paese, affrontai un paio di passi e mi trovai fuori dall’ascensore. Mi irrigidì all’istante sentendo una sua mano alla base della schiena che mi portava all’interno del suo appartamento. Sapevo camminare anche senza essere toccata da lui.
Senza staccare il contatto, mi fece voltare in modo da averlo di fronte e sbarrai gli occhi trovandomelo maledettamente vicino. Che intenzioni aveva questo qua?
Mi guardai intorno. Ero nel salone principale dell’appartamento. Era immenso, probabilmente più grande del mio intero appartamento. Era di un bianco candido, con mobili moderni e qualche quadro alle pareti che ravvivava il tutto. Con tutto questo spazio, un architetto di interni, ci si sarebbe fatto d’oro.
Il divano, regnava sovrano da un lato della parete. Era un enorme divano a minimo dieci posti, rivestito di una morbida pelle bianca che faceva venire voglia di toccarla. Sembrava così immacolato.
Tutto in questo appartamento faceva pensare che fosse come nuovo. Sembrava impossibile che qualcuno di vivesse quotidianamente. Sicuramente aveva qualcuno che si occupava del mantenimento di quella casa. Decisamente non l’avrei mai visto con un grembiale e un paio di guanti gialli da cucina.

-è un piacere per me averla qua Miss Perri!- mi sussurrò da dietro, facendomi passare una scarica elettrica lungo tutta la colonna vertebrale.

Lo guardai negli occhi. Miss Perri. Sapeva tutto di me e non mi sarei stupita se mi avesse visto anche il numero di scarpe che portavo.
Probabilmente uno come lui è abituato a questo genere di stalking. Avrà qualcuno che indaga per suo conto. Devo ricordarmi di avere a che fare con uno degli uomini più ricchi al mondo.
“La rivista Forbes l’ha etichettato come l’uomo più ricco al di sotto dei quaranta anni” mi aveva detto Candice la sera prima davanti alla pizza del “Forno”. Cristo, questo non mi aiutava proprio.
Un po' ci rimasi male perchè adoravo sentire il mio nome pronunciato da quelle labbra perfette, ma una parte di me era super felice che lui mantenesse il “lei”. Sarebbe stato molto più facile mantenere il rapporto sulla sfera professionale se mi continuava a dare del lei.

-Mr. Lays! Se vuole mostrarmi la cucina, provvederò subito a mettermi d’accordo con i cuochi!- esclamai riacquistando un briciolo di dignità.

Sembrava che quest’uomo abbattesse il mio orgoglio e la mia integrità morale con un solo battito di ciglia. Mi sentivo completamente nuda davanti a lui e la cosa contribuiva solo ad agitarmi ancora di più.
Lo vidi sorridermi e quello per me fu il colpo di grazia. Quelle fossette che si formavano sulle sue guance mi mandarono al tappeto. Era davvero la cosa più bella che avessi mai visto nella mia vita.

-le sembrerà strano, ma non c’è nessuno in cucina!-

Sgranai gli occhi incredula a quello che aveva appena detto. Mi guardai intorno e vidi quell’immenso appartamento completamente vuoto. Mr. Helton mi aveva avvertito che ci sarebbe stata una cena. Ci dovevano essere diversi invitati, ma non vedevo nessuno. Forse era ancora preso per il loro arrivo. Forse ero arrivata troppo in anticipo e ancora non era arrivato nessuno della cucina.
Guardai l’orologio che avevo al polso e storsi la bocca. Erano le 19:30. Ci doveva essere sicuramente qualcuno della cucina. A meno che non fosse tutto già pronto.
In cuor mio sperai di non dover cucinare io dal momento che ero una completa frana ai fornelli. Ero in grado di fare una pasta al pomodoro, ma solo perchè mi aveva insegnato mia zia per disperazione.
Altro motivo per odiare mia madre. Mi aveva sempre allontanato dai fornelli, pensando che a causa della mia bipolarità, avrei potuto essere un arma. Sorrisi tristemente pensando che proprio loro non avevano capito nulla di me in ventitré anni.

-non sono arrivata troppo presto vero?- domandai mordendomi il labbro inferiore.

Lo vidi sorridermi ancora di più e questa volta credetti davvero che le mie gambe avrebbero ceduto mandandomi dritta al tappeto.
Si divertiva per caso? Ero quasi certa che avesse capito lo scombussolio mentale e fisico che mi procurava e sembrava proprio che lo facesse apposta a mettermi alle strette. A mettermi in imbarazzo.

-non è in ritardo Miss! Non si preoccupi di questo.. credo sia arrivato il momento di rivelarle una cosa!- disse semplicemente.

Mi feci attenta, cercando di dimenticare che una sua mano mi stava ancora addosso. Mi continuava a tenere stretta e questo suo gesto mi dava continui spasmi. Sentivo il mio corpo sfuggire al mio volere. Sapevo che al suo minimo cenno sarei crollata come neve al sole.

-non ci sarà nessuna cena da servire. Ho fatto tutto questo per poter passare del tempo con lei!- affermò candidamente continuando a guardarmi con quello sguardo dannatamente eccitante.

Spalancai la bocca e credetti di cadere a terra. Cosa aveva appena detto? Aveva organizzato tutto questo solo per poter stare solo con me? Aveva chiamato il capo di Candice, fatto credere a tutti che avesse una cena di affari per le mani, quando in realtà voleva solo passare del tempo con me?
Sentì la testa girarmi e per la prima volta in quella assurda situazione fui felice che mi tenesse tra le braccia. Ero certa che avrei barcollato se non fossi stata saldamente tenuta in piedi dalle sue possenti braccia.
Lo guardai e avrei preferito non averlo mai fatto. Aveva lo sguardo fisso sulle mie labbra. Mi sembrava di essere a caccia. Io ero la preda e lui l’esperto cacciatore che non ha mai sbagliato un tiro.

-non credo di aver capito bene! Mr. Helton mi ha detto che l’ha contattato per una cena formale che si sarebbe tenuta qua! Perchè non c’è nessuno? - esclamai guardandomi intorno.

-era l’unico modo che avevo per poterla incontrare Miss Perri!- mi rispose semplicemente, come se la cosa che aveva appena detto fosse la più completa routine.

Mi divincolai dalla sua presa, e indietreggiai di un paio di passi, in modo da avere la visuale completa di quel magnifico volto.
Se ne stava li, in piedi, a pochi passi da me, alto in tutto il suo splendore. Sembrava che il mondo intero fosse ai suoi piedi. Lo studiai mentre si metteva le mani in tasca. Aveva lo sguardo fisso sui miei occhi e sapevo che stava cercando di capire quello che mi passava per la mente. Quest’uomo era senza ombra di dubbio il più grande maniaco del controllo che esistesse a questo mondo. Aveva fatto davvero una cosa del genere per me? Aveva contattato il capo di Candice per poter passare una sera con me?
Aveva pagato il capo di Candice per potermi portare da lui. Questo faceva di me una prostituta a tutti gli effetti. Questo mi rendeva una puttana.
Un senso di nausea si impossessò di me portandomi a mettermi una mano sulla bocca. Mi sentivo male. Dannatamente male. Temevo che le mie gambe avrebbero ceduto da un secondo all’altro, sotto tutto quello stress che stavo provando.
Lui continuava a guardarmi cercando di leggermi dentro con quegli occhi dannatamente belli, e il mio cervello smetteva di connettere. Mi sentivo in balia del suo sguardo. Merda.
Mi voltai incapace di reggere quel suo sguardo e gli detti le spalle. Non riuscivo a respirare bene e il fatto che lui fosse a pochi passi da me non mi aiutava di certo.
Che c’era di difficile adesso? Avrei dovuto voltarmi e abbandonarlo senza troppe cerimonie, anche se, dopo quello che ha fatto, dubito fortemente che mi lascerebbe andare di mia spontanea volontà. Era come se fossi in una trappola. Mr. Bello e Impossibile mi aveva appena rinchiuso in una trappola.
Perchè cavolo era così difficile scappare? Perchè non potevo lasciarlo li, da solo, come sarebbe stato giusto fare? Il mio corpo si stava ribellando al mio cervello.
Cristo, mi stava scoppiando la testa.

-la prego si volti!- disse mentre sentivo che faceva un passo nella mia direzione.

Istintivamente ne feci uno in avanti e di conseguenza mi allontanai da lui di un altro passo. Non potevo restare qua. Non era sicuro per me restare qua.
Sapevo e soprattutto sentivo l’attrazione sessuale che c’era nell’aria e non volevo che succedesse niente di irreparabile. Non volevo che lui capisse che sarei stata una che ci sarebbe stata. Ero certa che il mio corpo ingannasse il mio cervello. Sicuramente se lui mi si fosse avvicinato ancora di più, e mi avesse toccato nuovamente, il mio cervello sarebbe andato in pappa e il mio corpo avrebbe preso il sopravvento.
Non potevo rischiare che accadesse questo. Sapevo quello che voleva da me era solo il mio corpo e avevo un briciolo di dignità per lasciare che non lo avesse.
Troppo impegnata nel mio monologo interno, non mi accorsi che era arrivato vicino a me e sentì nuovamente la sua mano sulla mia schiena. Mi bloccai di scatto e mi voltai immediatamente trovandomi di nuovo quei bellissimi occhi davanti.
Perchè, persa nei miei monologhi interni non mi ero resa conto che era arrivato così vicino? Sentire quelle mani sul mio corpo mi faceva fremere di piacere. Oh merda, speravo solo che non se ne rendesse conto. Sarebbe stato davvero impossibile da gestire questa attrazione così fottutamente ardente.

-Gloria..-

-no! Io non posso stare qua! Che vuole da me?- domandai interrompendolo e continuando a guardarlo.

Il mio nome pronunciato da quelle labbra, da quella voce, mi dava un fermento in tutto il corpo. Come potevo provare un simile sentimento se a mala pena avevo fatto sesso? Sentivo che il mio corpo reagiva al suo, come se non fossi più io a controllarlo. Sembrava che il mio corpo obbedisse solo ed esclusivamente a occhi belli.
Alzai lo sguardo verso di lui e lo vidi intento a guardarmi le labbra, che solo in quel momento mi accorsi che me le stavo mordendo. Il labbro inferiore era completamente avvolto dai miei denti, come se stessi cercando una qualche via di fuga per poter scappare. Come se stessi cercando le parole giuste da dire per potermi cavare via da quella situazione.

-non morderti il labbro Gloria!- mi disse con un tono deciso e che non ammetteva repliche.

Fremetti sia per il fatto che aveva pronunciato di nuovo il mio nome, sia perchè mi aveva appena dato del tu. Quel suo tono mi faceva sembrare la conversazione tutt’altro che formale. Sembrava che il tutto stesse andando verso un dialogo intimo, e io non potevo averne nulla a che fare.
Smisi di mordermi il labbro. Non esattamente perchè me lo aveva detto lui, ma semplicemente per il fatto che non volevo dargli un motivo in più per riprendermi. Avevo un briciolo di orgoglio anche io.
Non volevo che nessuno mi facesse sentire in difetto. Io ero abbastanza orgogliosa. Non avrei mai voluto sentirmi dire ancora quello che potevo o non potevo fare.
Ero uno spirito libero.

-non mi ha ancora risposto Mr. Lays! Che cosa vuole da me?- resistetti insistendo con il “lei”.

Lo vidi sorridere, mentre si passò la mano libera tra i capelli. Si vedeva che era abituato a fare quel gesto, e pigramente pensai che forse, come me, lo facesse quando era preoccupato di un qualcosa.
Si stava preoccupando per quello che gli avevo chiesto?
Che accidenti voleva da me per preoccuparlo?

-voglio te! Voglio fare sesso con te, ti voglio sotto di me e voglio sentirti mentre vieni urlando il mio nome!- esclamò semplicemente continuando a incatenarmi con quel suo sguardo magnetico.

Alzai lo sguardo verso di lui e non mi sorpresi affatto di rendermi conto che non stavo respirando. Stavo solo li, immobile, davanti a quei suoi occhi.
Aveva davvero detto quello?
Voleva davvero il mio corpo?
Quell’uomo era senza ombra di dubbio impossibile.
La mia bocca si spalancò leggermente, portandomi ad ansimare per la mancanza di ossigeno nei polmoni. Che cazzo stava succedendo?
Perchè non mi ribellavo a tutto questo?
Perchè non lo mandavo a quel paese senza troppe cerimonie e scappavo a gambe levate da quell’appartamento dannatamente grande e bello?
Lui voleva scoparmi. Lo aveva palesemente detto. Sicuramente lo avrebbe fatto in modi che io non riuscivo nemmeno a immaginare, eppure continuavo a stare qui, alla sua più completa mercè.
Muoviti Gloria.

 




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Ciaoooooooooooooooo!!
Come state bellezze???
dunque... questo capitolo ci apre un mondo nuovo.. voi che dite??
secondo voi come sta procedendo la storia? vi piace?

-grazie a chi ha semplicemente letto la storia!!-

-grazie a chi mette la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!-

-grazie a Mameso e Florvermelho per aver recensito il capitolo precedente!! vi adoro!!-

Ci vediamo al prossimo capitolo tesori!
un bacio enorme!!!!




 

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Capitolo 5
*** 5) Stalker ***







 





 
5) Stalker








-lei deve essere completamente impazzito!- affermai continuando imperterrita a dargli del lei, nella speranza che capisse che tutto quello che volevo era che quella conversazione finisse il prima possibile.

Lo vidi continuare a sorridere, come se non ascoltasse minimamente quello che dicevo. Sembrava solo un cacciatore in attesa della sua preda. Sembrava come se bramasse solo il mio minimo cedimento per potermi affondare completamente. Mi sentivo così strana, che una parte di me non riusciva nemmeno a capacitarsi che quella fossi davvero io.
Avevo una certa integrità che da quando ero partita dall’Italia, mi era ancora più cresciuta addosso. Vivere da sola mi aveva portato a risolvermi i problemi, grandi o piccoli che fossero, per conto mio. Per questo motivo non riuscivo a capacitarmi che quella persona, immobile davanti a “bello e impossibile” fossi io. Io non ero così. Non mi si poteva mettere muta in un angolo.
Sentì la sua mano fare presa sulla mia schiena e mi irrigidì a quel contatto. Che cosa si aspettava adesso? Era davvero convinto di aver trovato una di quelle che si buttano a gambe aperte sul suo letto intente a prendere il suo cazzo fino in fondo? Io non ero così.
Io non ero affatto così.
Il suo viso si avvicinò al mio, facendomi notare ancora più maledettamente la sua insana perfezione. Aveva la barba di un paio di giorni e lo aiutava a renderlo più bello e dannato che mai. Sapere che quest’uomo mi voleva, mi desiderava, era una specie di tocca sana per la mia autostima; ma da una parte era anche un modo per farmi scappare a gambe levate da tutto.

-non voglio farti nulla di quello che tu non vuoi che ti venga fatto! Sento il tuo corpo meraviglioso che reagisce al mio Gloria! Perchè rimandare l’inevitabile quando possiamo goderne entrambi?- disse facendo scorrere la mano libera sulla mia guancia destra.

Spalancai gli occhi a quel tocco e respirai più profondamente. Aveva fottutamente ragione e mi sentivo esattamente in quel modo. Il mio corpo non avrebbe resistito per troppo altro tempo. Le sue mani su di me erano un afrodisiaco decisamente troppo da sopportare a lungo.
Chiusi gli occhi sentendo il suo respiro confondersi con il mio e quando li riaprì, lui era ancora più vicino. Si era abbassato quel tanto che bastava per portare il suo viso davanti al mio. Sentivo i nostri nasi sfiorarsi e se solo avessi respirato leggermente più a fondo, avrei sfiorato le sue labbra. Posai lo sguardo sulle sue labbra e per un secondo pensai a come sarebbe stato averle sopra le mie. Che cavolo di pensieri impuri mi stavano nascendo nella mente.
Quelle labbra, che sembravano disegnate con un pennello, mi rendevano impossibile pensare con lucidità. Le pensavo in posti proibiti, intente a farmi urlare di piacere.
Decisamente questa non ero io.
Io non ero così.

-non posso!- replicai cercando di trovare un briciolo di lucidità in me stessa.


Lo vidi avvicinare la sua bocca alla mia e istintivamente chiusi gli occhi pronta ad accogliere le sue labbra. Oh porca vacca. Tutto questo era assolutamente assurdo. Questo ragazzo mi aveva completamente fottuto il cervello.
Feci un passo indietro liberandomi dalla sua stretta. Gesù, questa era senza ombra di dubbio la cosa più difficile che io avessi mai fatto in vita mia. Resistere a quest’uomo era come sudare trenta camicie.
Alzai nuovamente lo sguardo verso di lui e puntai i miei occhi celesti contro i suoi azzurri che adesso avevano una vena di sorpresa che li dominava. Potevo scommetterci che nessuno lo mandava in bianco. Qualunque cosa quell’uomo volesse, il mondo gliela dava. Era assolutamente bello e potente da potersi permettere tutto quello che voleva.
Forse era anche questo una causa del suo successo. La sua bellezza irrefrenabile e la lingua lunga di dire esattamente quello che pensa, dovevano averlo aiutato nel suo piccolo grande impero.
Peccato per lui che si fosse imbattuto in una come me nella sua strada. Per quanto fosse dannatamente attraente, e inverosimilmente perfetto da star male, non potevo lasciare che succedesse niente di irreparabile tra noi. Sarei scappata da quella porta e sicuramente non l’avrei mai più visto. Non frequentavamo i soliti giri e ci poteva scommettere che non avrei mai più accettato un incarico dalla Helton Catering. Una volta era più che sufficiente.
Sospirò un paio di volte per far tornare regolare il suo respiro e altrettanto feci io. Mi sentivo pesantemente su di giri e se mai avessi lasciato a quelle labbra di posarsi sulle mie, sicuramente sarei partita in quarta e avrei mandato a puttane quel barlume di buon senso che popolava la mia mente.
Nella mia mente cercai di mandare nel dimenticatoio le immagini di me e di lui intenti a toglierci i vestiti sdraiati sopra quel magnifico divano di pelle bianca. Sequenze veloci e sessuali mi si presentavano davanti ai miei occhi chiusi. Forse ero anche arrossita da tanta sfrontatezza dei miei pensieri. Decisamente era arrivato il momento per me di uscire di scena.
Feci un passo in direzione della porta e mi sentì afferrare il polso. Ovviamente la partita, che per me era terminata, non era finita per lui. Chissà che di che altro tipo di prova avesse bisogno.
Non sono mai stata quel tipo di ragazza. Non ho mai dato il mio corpo a qualcuno così tanto per godere. Ero sempre stata molto selettiva in questo e spesso Candice mi prendeva in giro per questo motivo. Secondo lei, scopando di più, avrei ottenuto più facilmente qualsiasi cosa volessi.
Sorrisi pensando che forse se avessi fatto sesso con Lays sarebbe potuto anche succedere. Probabilmente uno come lui, abituato ad avere il mondo ai suoi piedi, mi avrebbe portato a comprendere il suo mondo. Mai due mondi potevano essere più diversi.

-non andartene!-

Era un ordine.
Questo cretino mi aveva appena dato un ordine, dopo tutto quello che mi aveva detto. Un tono così imperativo, mandava letteralmente a puttane la mia buona volontà, e faceva uscire la scaricatrice di porto che era in me. Come cazzo si permetteva questo qui di darmi un ordine, quando mi aveva espressamente detto che aveva pagato un uomo per farmi portare qui in modo da potermi scopare?
Dio, si evince l’ironia.

-non prendo ordini da nessuno, specie da un uomo che ha pagato un altro uomo per potermi scopare in santa pace! Cristo, sono molto dispiaciuta per lei!- dissi tagliente voltandomi verso di lui.

Lays sgranò gli occhi sorpreso e mi fissò per un lungo secondo, in qui credetti che non stesse nemmeno respirando. Che cosa voleva adesso? Stava forse cercando di capire i miei sbalzi di umore? Spiacente “bello e impossibile”, ma è umanamente impossibile prevedere quello che uscirà dalla mia bocca quando sono particolarmente incazzata, e adesso sono particolarmente incazzata.
Hai fatto male i tuoi conti.
Mai scherzare con una donna incazzata, che si sta incazzando ancora di più. Se poi quella donna ero io, con tanto di problemi di umore, allora la posta in palio raddoppiava.

-io non..-

-lei non che cosa? Non ha forse pagato Mr. Helton per portarmi qua? Non ha forse inscenato una cena con il solo scopo di portarmi a letto?-

-l’ho fatto perchè era l’unico modo che avevo per contattarti. E smettila di darmi del lei!- ribadì continuando a stringermi il polso.

Aveva paura che me ne andassi. Lo potevo leggere dai suoi occhi e dalla presa ben salda che aveva sul mio braccio. Quel genere di pressione si esercita solo quando si ha paura di perdere qualcosa o qualcuno. A che cavolo di gioco stavamo giocando?
Lo guardai negli occhi cercando di studiarlo. Aveva senza dubbio diversi anni più di me, ma tra i due non sembravo certo io il ragazzino. Sembrava che non fosse particolarmente contento di ricevere un no come risposta e questo lo destabilizzava parecchio. Probabilmente era questo il motivo del suo accanimento nei miei confronti. Ero una sfida per lui.

-non mi interessa la sua giustificazione Mr. Lays! Adesso vorrei solo andarmene, dal momento che non ho più niente da fare qua.- dissi rimarcando la questione del lei.

-sei testarda!-

-senza offesa, ma tra i due non si sa chi lo è di più!-

-perchè mi respingi? Per quale cazzo di motivo scappi da me e da quello che senti?- mi domandò frustrato continuando a tenermi ferma davanti a lui.

-io non sento niente per Lei! Mi dispiace se le ho dato questa impressione, non era mia intenzione!- replicai cercando di essere credibile.

Era abbastanza chiaro e palese che stavo dicendo una bugia bella e buona. Chiunque, perfino chi non mi conosceva affatto, avrebbe capito il mio interesse per quest’uomo. Era così dannatamente visibile da farmi credere una cretina davanti ai suoi occhi. Eppure adesso eccomi qui. Immobile davanti a lui, a raccontare mille e mille balle pur di poter andare via da questa casa e da questa situazione.

-non ti credo!-

-questo non è un mio problema!- rincarai assottigliando gli occhi.

Stavamo giocando a chi tira di più la corda e ero abbastanza sicura che lui fosse il campione mondiale di quello sport. Se avessi continuato per parecchio, avrei ceduto alle mie fantasie e l’avrei buttato su quel divano bianco. l’avrei scopato così selvaggiamente da fargli dimenticare il suo nome e quando serei arrivata alla fine, l’avrei reso dipendente da me e dal sesso con me.
Oh porca merda Gloria vedi di smetterla con queste manfrine e esci da questo posto. Da quando sono entrata in questo appartamento non faccio altro che immaginarmi il sesso con Lays. Tutto in questa fottuta casa mi sembra una superficie ottima per poterlo scopare.
Forse tra i due non è lui in ninfomane. Forse sono io quella con un serio problema per le mani. Anzi è sicuro. Sono io quella con qualche problema. Non esiste che una ragazza che a mala pena ha fatto sesso, possa provare una tale attrazione sessuale per un uomo. Ma che cazzo mi sta facendo questo qui?
La sua presa si allentò leggermente, e fui certa che lo avesse fatto per farmi togliere il braccio. Non aveva allentato per mancanza di forza o per distrazione. Voleva che togliessi il polso e forse voleva anche che me ne andassi da quella casa.
Lo vidi aprirsi la giacchetta e mise la mano dentro il taschino interno di quel meraviglioso abito che sicuramente era di alta sartoria. Chissà se nel suo armadio aveva qualcosa dei grandi magazzini.
Estrasse un foglietto che aveva l’aria di essere un bigliettino da visita e mettendoselo tra l’indice e il medio me lo passò con fare stanco. Sembrava davvero che la mia uscita di scena fosse alle porte e che lui non ne fosse particolarmente felice. Povero Bradley Lays, ti ho rotto le uova nel paniere.
Guardai per qualche secondo interminabile il cartoncino, poi, sorprendendo me stessa, mi ritrovai a prenderlo, lasciando che le nostre mani si sfiorassero, procurandomi una scarica elettrica lungo tutta la spina dorsale. Ma porca vacca.
Spostai lo sguardo sul bigliettino e sorrisi, notando che era semplice, come lui, senza bisogno di cose sfarzose scritte sopra. C’era scritto solo il suo nome, e il suo numero di telefono. Semplice. Il tutto era scritto con una calligrafia raffinata in corsivo. Già dal bigliettino, si capiva che quest’uomo aveva in mano il potere assoluto di qualsiasi cosa facesse.

-chiamami Gloria!- mi ordinò senza staccare il nostro contatto visivo.

Altro ordine.
Altro motivo per lasciarlo.
Altro movente per non rimpiangere di non restare.
Non ero così propensa a prendere ordini. Da piccola avevo fatto diverse lotte con i miei genitori per questo e questa sua mania di darmeli, mi portava a spingermi il più lontano possibile da lui. Non facilitava per niente la sua posizione.

-non prendo ordini da nessuno Mr. Lays!- dissi prima di voltarmi verso la porta.

-non avevo dubbi in questo! Ti chiedo solo di contattarmi!- si affrettò a dire accompagnandomi alla porta.

Stavo per replicare qualcosa, quando sentì la porta bussare. Qualcuno stava facendo visita al Mr Bello e impossibile proprio in tempo. Avrei potuto togliere le tende più velocemente.
Lo sentì imprecare a bassa voce e si parò davanti a me per aprire la porta prima che potessi afferrare la maniglia. Sembrava quasi che fosse preoccupato.
Dall’altra parte della porta apparve una ragazza. Donna oserei dire dal momento che sembrava avere una trentina d’anni. Era bella. Davvero molto bella.
Alta, slanciata, con i capelli color rame e con un fisico che avrebbe potuto comodamente essere usato da Victoria’s Secrets per la prossima campagna pubblicitaria.
Avvolta in un abitino color salmone che le arrivava a metà coscia, aveva delle scarpe così alte che per un secondo fui in pena per lei. Erano senza dubbio dei trampoli impossibili da gestire. Era truccata leggera, anche se un velo di mascara, rendeva quelle iridi verdi brillanti.
Per un secondo mi sentì di troppo.
Lei era bella e lui era bello, probabilmente, anzi, sicuramente, lei era li per lui. Forse era la sua fidanzata, forse la sua amante. Nel caso della seconda ipotesi capitava a fagiolo dal momento che l’avevo appena mandato in bianco. Si sarebbe rifatto abbastanza velocemente senza lasciarmi il tempo di provare pena per lui. Abbassai lo sguardo rendendomi conto che tutto quello a cui stavo pensando era pure e semplici cazzate.
Ero profondamente ferita dal fatto che lui avesse un’altra pronta a prendersi il mio posto dopo che l’avevo rifiutato. Ero furiosa con lui, ma soprattutto con me stessa per quello che stavo provando. Dovevo essere completamente impazzita.
Prima faccio una scenata perchè Lays i chiede di fare sesso con lui e poi divento gelosa se scopro che lo fa con altre. Che cazzo di problema ho? cos’ho di sbagliato?

-ciao Brad! Ho interrotto qualcosa per caso?- domandò con un sorriso passando lo sguardo da me a lui.

-Natalee. Quante volte devo dirtelo di non piombare così in casa mia?- domandò esasperato continuando a tenerla sulla porta e a tenermi dietro di lui.

Una parte di me era felice del suo comportamento. Non l’aveva invitata ad entrare e non l’aveva accolta con ardore. Sicuramente non era la fidanzata e forse non era nemmeno l’amante.
Ma che cavolo penso?
Appena riuscirò ad uscire da questa casa, dovrò scolarmi un’intera bottiglia di vino prima di andare a letto. Ho necessariamente bisogno di prendermi una sbronza.

-oh andiamo Brad.. da quando mi occorre un invito?- disse con tono lascivo.

Per poco non vomitai sentendo quelle parole. Avevano scopato. Sicuramente aveva fatto con lei quello che avrebbe voluto fare con me. Chissà se lei l’aveva scopato come avrei voluto farlo io. Chissà se gli aveva fatto perdere il senso dello spazio e se gli aveva fatto dimenticare il suo nome.
Guardai le spalle possenti che avevo davanti e le immaginai graffiate dalle mie unghie mentre vengo in un orgasmo straziante. Sentì le guance tingersi di rosso e cercai di darmi un contegno. Misi il cartoncino nella borsetta nera che avevo a tracolla e oltrepassai l’armadio a tre ante che avevo davanti. Ero rimasta fin troppo in questa casa.
Da adesso in poi quello che sarebbe successo non sarebbe più stato affare mio. Avevo solo il bisogno fisico di uscire. Sentì i suoi occhi sulla mia schiena mentre lo superavo e mi trovai davanti a quella bellissima donna. In un immaginario parallelo le avrei anche fatto i complimenti per questa sua bellezza, ma adesso, sapendo che era venuta qua per il principale motivo di scopare quel dio greco alle mie spalle, non me la sentivo proprio di farle un simile complimento. Avevo un fottuto orgoglio anche io.
La congedai con un sorriso di circostanza e arrivai all’ascensore indenne. Lui non mi aveva fermato e di questo gliene fui grata. Adesso aveva un altro problema di cui occuparsi. Un problema che ero più che certa che l’avrebbe portato a dimenticarsi velocemente di me.
Appena le porte si aprirono, entrai dell’ascensore e appena mi voltai per digitare il tasto del piano terra, mi ritrovai i suoi occhi ardenti addosso. Mi stava guardando, continuando a tenere la porta nella stessa posizione. Non si era mosso di una virgola e nonostante quella donna, che lui aveva chiamato Natalee, continuasse a parlargli, lui non sembrava minimamente interessato e continuava a fissare me.
Quando le porte di chiusero vidi i suoi occhi allargarsi e poi scomparirono del tutto. Mi lascia andare alla parete sul fondo e sospirai più volte. Da adesso in poi avrei ripreso a respirare tranquillamente.
Presi il bigliettino dalla borsa, tentata di strapparlo li, proprio dentro il suo lussuoso ascensore, ma, nonostante il mio cervello mi ordinasse di farlo, qualcosa mi frenava. Oh vaffanculo.
Lo rimisi in borsa e appena arrivai al piano terra salutai con un sorriso falso il portiere che mi aprì gentilmente la porta. Mi trovai così in strada, sulla Fifth Avenue, intenta a respirare a pieni polmoni l’aria serale della città che amavo più della mia stessa vita.
Pescai il cellulare dalla borsa e composi l’unico numero che sapevo a memoria. Erano le otto e mezza di venerdì sera, ma ero certa che avrebbe trovato qualche minuto del suo tempo da dedicarmi, specie se le avessi detto di chi stavamo parlando.

-possiamo vederci Candy?-

##

-non ci posso credere!-

-smettila di dirlo porca troia! È la settima volta che te lo ripeto!- brontolai buttando giù un altro chupito.

Avevo perso il conto di quanti ne avevo buttati giù nell’ultima ora e mezza. Dopo la mia chiamata, Candice si era fatta trovare pronta e mi aveva trascinato a “The Box”. Quello era senza ombra di dubbio il nostro locale preferito per eccellenza. Era stato creato da un vecchio teatro e si trovava nel centro di Lower Manhattan, paradossalmente era dalla parte opposta di New York rispetto a dove ero stata fino a poco prima. In questo locale, oltre a drink favolosi, facevano anche degli spettacoli e io e Candy l’avevamo scoperto una sera per caso, dopo essere venute via da una cena con i suoi genitori. Lei aveva bisogno di alcool dopo un’intera serata con i suoi e io ero ben felice di darle man forte. Da quella volta, eravamo state assidue frequentatrici di questo posto. “The Box”.
Erano un paio di settimane che non ci venivamo e ne avevo un disperato bisogno. Quando ero uscita da quell’appartamento, avevo sentito il bisogno irrefrenabile di bere. Fortuna che Candice era del mio stesso parere. Appena aveva sentito il mio tono disperato, aveva proposto un giro al locale, e io ovviamente non avevo potuto fare altro che appoggiarla in pieno.

-lui ti ha chiaramente detto che ti vuole scopare e tu sei scappata via? Cazzo Ria ma sei una frana ambulante! quell’uomo vale una fortuna!-

Alzai gli occhi al cielo ordinando al ragazzo che ci raggiunse un altro drink. Fanculo anche a Candice che sembrava essere completamente partita per quell’uomo. Forse avrei fatto meglio a presentarli. Sicuramente sarebbero stati sulla stessa lunghezza d’onda.
Inorridì al pensiero di Candice sdraiata sul divano di pelle bianca che avevo visto da Lays. Sarebbe stato disgustoso. Pensai a lui e a quella rossa con cui l’avevo mollato. Chissà se si stavano ancora dando da fare. quell’uomo sembrava una furia a letto e una parte di me era impressionata dal fatto che potesse durare anche un’intera notte a fare sesso.
Scossi velocemente la testa e puntai di nuovo gli occhi sulla mia migliore amica che sorseggiava tranquilla il suo mojito ripensando a quello che le avevo detto da un paio d’ore a questa parte.

-pronto? Non hai capito che aveva già la riserva quando io gli ho detto di no? Andiamo Candy, non puoi pensare davvero che io voglia questo!-

-quella secondo me è solo una delle tante! È lo scapolo sotto i quarant’anni più ricco del mondo tesoro.. immagini quante ce ne sono di donne come quella?- mi domandò retorica facendomi nascere un sorriso.

-dimentico sempre questo piccolo particolare quando parlo di lui!- borbottai abbassando la testa e sbattendola contro il tavolino di legno laccato.

-secondo me lo chiamerai! Il fatto che non hai buttato il suo numero è già un progresso immane!-

Alzai la testa sentendo il cameriere tornare verso di noi e storsi la bocca quando davanti a me comparì un grosso bicchiere di cristallo con dentro della semplice acqua, al posto del chupito che avevo chiesto.
Ero italiana, questo era vero, ma il mio inglese era mille volte meglio di quello di molti americani, quindi dubito fortemente che la mia sia stata un’incomprensione dovuta alla lingua. Quel ragazzo mi aveva volutamente portato un bicchiere colmo d’acqua. Questo mi faceva pensare che probabilmente il “The Box” avrebbe chiuso presto i battenti se i camerieri cominciavano a fare di testa loro.
Per quale cazzo di motivo mi portava dell’acqua? Avevo cinque anni per caso? Lo guardai torvo e lui in tutta risposta alzò le spalle.

-ambasciator non porta pena Miss Perri!- disse gentilmente.

Drizzai la spina dorsale e mi misi immediatamente seduta dritta sulla sedia. Che cosa aveva appena detto? Mi aveva chiamato per cognome, ma ero più che certa che lui non lo conoscesse. Nessuno mi chiamava per cognome. Candice, davanti a me, guardò male quel povero ragazzo e poi guardò me come per giustificarsi. Annuì leggermente nella sua direzione e la vidi rasserenarsi un attimo. Sapevo che lei non c’entrava nulla.
C’era qualcuno in questo fottuto universo a cui probabilmente stavo antipatica, e aveva deciso di vendicarsi con me. Che cazzo di problemi aveva se bevevo fino a dimenticarmi lo schifo di serata che avevo appena passato? Avevo mandato in bianco l’uomo che mi piaceva e che probabilmente adesso si stava rotolando nel letto con Natalee. Che nome di merda.
Che cazzo si metteva in mezzo tra me e il mio dolore?
Un momento.

-chi è il proprietario di questo posto?- domandai rivolta al cameriere che ero più che certa che avrebbe voluto trovarsi ovunque tranne che li.

Lo vidi sgranare leggermente gli occhi, e a quel punto fui certa che non importava che mi desse la risposta. Come avevo fatto a non pensarci prima? Avrei dovuto immaginarlo immediatamente quando mi ha chiamato per cognome. Non c’era nulla che non tornasse adesso.
Il “The Box”, il mio posto preferito in assoluto dove bere in santa pace, era appena stato affondato. Questo posto era di proprietà di Bradley Lays. Mr. Bello e Impossibile in persona.

-che vuoi dire Ria?-

-questo posto è di Lays! Sono più che certa che il caro e vecchio padroncino abbia dato disposizione a questo qui di non darmi altri drink! l’unica cosa che adesso vorrei davvero sapere è come cazzo ha fatto a sapere che sono in questo fottuto locale!- sbraitai attirando l’attenzione di parte della clientela e beccandomi un occhiataccia dal cameriere.

Candice sgranò gli occhi incredula da quello che avevo appena detto e io guardai il bicchiere d’acqua che avevo davanti con la possibilità di ammirare quei magnifici occhi blu. Perchè doveva rendermi la vita un inferno? Che avevo fatto di male nella mia vita per meritarmi un coglione del genere?
Un malato maniaco del controllo che non si fa scrupoli a cadere nello stalking pur di sapere quello che succede alla preda che ha puntato. Dio come mi sentivo dispiaciuta per lui. Mi alzai con forza e quasi arrivai all’altezza del cameriere che dalla targhetta che aveva sul grembiale si chiamava Steven. Puntai i miei occhi azzurri sui suoi e lo studiai fino a che non lo vidi prendere un respiro e passarsi una mano tra i capelli.

-lei ha pagato con la carta di credito poco fa. Al signor Lays arrivano in contemporanea i corrispettivi. Deve aver letto il suo nome e ha chiamato immediatamente! Era abbastanza furioso e ci ha proibito di servirle altri drink! Mi dispiace Miss!- esclamò prima di voltarsi e andarsene.

-Gloria qui sfioriamo l’assurdo te ne rendi conto vero?- mi domandò Candice alzandosi a sua volta.

-non eri tu che fino a due minuti fa lo veneravi?-

-a tutto c’è un limite!-

-e io il mio l’ho già raggiunto Candy! Non ho intenzione di stare attenta a quello che faccio in questa città perchè lui ne possiede una bella fetta. Mi sono rotta le palle in passato della gabbia in cui ero e poi starne certa che non lascerò al primo cretino che passa di rinchiudermici di nuovo!-

Frugai nella borsa annaspando come un ossessa e ne estrassi il bigliettino da visita che mai avrei creduto di utilizzare. Era mezzo spiegacciato, ma mandai a quel paese il mondo e composi velocemente il numero sulla tastiera del mio touch screen. Avevo pensato all’eventualità di chiamarlo con il cellulare di Candice in modo che lui non potesse avere poi il mio numero, a da bravo stalker, ero abbastanza sicura che avrebbe trovato comunque un modo per avere il mio numero. Tanto vale giocare di anticipo una volta tanto.
Rispose al terzo squillo.

-Lays!- disse con una voce glaciale, da brava persona professionale si rispetti.

-sei un bastardo, stronzo e manico del controllo del cazzo!- sbottai rimettendomi a sedere sulla poltroncina dalla quale mi ero alzata pochi minuti prima.

-Gloria?- domandò sorpreso.

-si, sono io, e sono anche particolarmente incazzata con te! Mi hai messo i baby sitter addosso per caso?-

-beh dal momento che avrei voluto essere io quello che avevi addosso stasera, credo che questa si chiami sorveglianza!- rispose asciutto, ma lasciando intendere la allusione sessuale che aveva detto.

Lasciai volutamente da parte il riferimento iniziale e mi incavolai ancora di più sentendo la parola sorveglianza. Mi sentivo una in un carcere di massima sorveglianza. Tutto quello di cui avevo bisogno era mandarlo al diavolo e riprendere il controllo della mia vita.

-non ne ho bisogno!- ringhiai.

-a giudicare da tutti i drink che hai preso non ci giurerei!-

-punto primo, non deve interessarti cosa, come e quanto bevo, punto secondo non sono sola! Non li ho bevuti tutti io!- replicai dandomi poi della cogliona per essermi spiegata.

Oh andiamo non ero io quella che doveva delle spiegazioni a nessuno. Ero io la vittima in tutta questa assurda situazione.
Guardai Candice che in tutta risposta mi alzò entrambi i pollici in segno di approvazione per come si stava svolgendo la conversazione. Ero contenta che ci fosse una persona amica a sostenermi. Se fossi stata sola avrei di nuovo vacillato.
Adesso no. Avevo la mia migliore amica davanti, e in più ero certa di avere il cento per cento della ragione di questo mondo. Ero pronta per spaccargli il culo.

-che cazzo significa questo? Sei con quel coglione di un cameriere per caso?- urlò con un tono affaticato.

Sembrava che adesso stesse correndo le mille miglia. Staccai il telefono dall’orecchio e lo guardai. Due minuti di conversazione e questo sembra a fare la maratona. Eh no mio caro Lays ho appena cominciato con te. Non puoi mollarmi già.
Come cavolo si permetteva di insinuare che fossi con un ragazzo? Con che cazzo di diritto poi? Sbaglio o l’avevo appena mandato in bianco?
Mi tornò alla mente la rossa del suo appartamento e un nuovo senso di gelosia si impossessò di me. Chi cazzo si permetteva di essere per giudicare una ragazza che beve in un bar mentre lui ne scopa una nel suo appartamento dove c’ero io fino a pochi minuti fa? Questo è completamente sciroccato.

-che ti importa? Hai già finito con la rossa?-

Imprecai mentalmente dandomi della cogliona patentata per essermi mostrata gelosa ai suoi occhi. Che cazzo mi era preso? Come avevo potuto fare una mezza scenata anche io?
Guardai Candice sgranare gli occhi e aprì la bocca per dire qualcosa. Che le prendeva adesso? Perchè aveva quello sguardo da chi ha appena visto un fantasma?
Continuando a tenere il cellulare all’orecchio mi voltai e avrei preferito non averlo mai fatto. E che cavolo. Che cosa c’avevo che non andava bene?
Bradley Lays se ne stava li, fermo immobile, con tanto di telefonino attaccato all’orecchio, e mi guardava con un sorriso divertito stampato sulla faccia.
Ero certa che fosse contento di aver scoperto che il mio “appuntamento” era con una ragazza. Questo scagionava me, ma non lui. Era lui quello che aveva scopato con la rossa Natalee.

-ciao Bimba!- esclamò senza staccare il cellulare.



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CIAOOOOO!!

Dunque.. oggi mi sono messa sotto, ed ecco un nuovo capitolo!! ;)
Lays ha tirato fuori il suo lato da stalker. A chi fa paura alzi la mano!!!!! ahaha!!
Che ne pensate?? 
Vi piace??
Vi prego di recensire per farmi sapere i vostri pareri e commenti!!!

-Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!!-

 
-Grazie a Giota123,  Mameso, Florvermelho e Diarly che hanno commentato il capitolo precedente!!! ;) - 

Ci vediamo al prossimo capitolo!!!!!!



 

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Capitolo 6
*** 6) Temptation ***




 

 



 
6) Temptation





 


Ciao Bimba?
Ma io questo lo disintegro. Mi ha appena raggiunta nel locale di sua proprietà per sgridarmi perché, secondo i suoi canoni del cazzo, sto bevendo troppo. Tutto questo è fottutamente assurdo da gestire e da tollerare. Io sono sempre stata uno spirito libero. Anzi, ero forse lo spirito libero per eccellenza. Avevo abbandonato la mia casa, la mia famiglia, la mia nazione, per il bisogno di cavarmela da sola e adesso incontravo il maniaco del controllo. Quello della peggiore specie.
Avevo sempre avuto problemi ad essere gestita e a seguire gli ordini che mi venivano impartiti. Spesso e volentieri litigavo con il mondo pur di poter fare quello che volevo.
Quando ero piccola, a causa della mia bipolarità, come si ostinavano a chiamarla i miei genitori, vivevo rinchiusa nella mia stanza, aspettando con ansia infinita il giorno in cui avrei mandato a quel paese tutti quanti. Per colpa dei miei avevo vissuto un infanzia in gabbia. Sempre rimproverata e mai capita. Loro si vergognavano di me tanto da preferirmi chiusa da qualche parte piuttosto che in giro. Era sempre stato così. Quella era la vita che avevo abbandonato appena avevo aperto le ali, e non avrei permesso a nessuno, tanto meno ad un uomo, di rinchiudermici nuovamente. Avevo le ali e queste erano fatte per volare.
Tornai a guardare Lays e lo vidi che fece un passo verso di noi. Fu in quel momento che mi accorsi che l'intero locale ci fissava a bocca aperta. Sicuramente non fissavano me, ma il dio greco che si avvicinava al mio tavolino. Gesù, avrei tanto voluto tirargli il bicchiere pieno d'acqua sul muso. Dovevo ricordarmi che lui era un uomo importante. Non c’era newyorkese che non conoscesse la sua faccia.
Si sedette accanto a me e con un sorriso rimise il cellulare nella tasca del giacchetto di pelle che indossava. Solo in quel momento mi resi conto di com'era vestito. Sembrava un modello della nuova collezione di Ralph Lauren. Aveva un paio di jeans dal lavaggio chiaro, una polo blu notte che creava un contrasto con i suoi occhi dannatamente belli, e la giacca di pelle nera sopra. In piedi facevano capolino un paio di Converse blu scure. Vestito così non sembrava raggiungere nemmeno in trent'anni. Chissà quanti ne aveva. Sembrava dannato da quanto era bello. Una persona talmente perfetta da sembrare impossibile che fosse vera. Forse era una specie di Dorian Gray dei giorni nostri. Chissà che patto aveva fatto.
Distolsi lo sguardo da quell’uomo, per paura di essere colta in fragrante nel guardarlo. Voltai la testa e vidi Candice che lo guardava a bocca semi aperta e per un secondo gongolai pensando che era la prima volta che la trovavo senza parole. Forse questo coglione qui aveva preso di sorpresa tutti con questo ingresso in grande stile. Fottuto idiota.


-piacere di conoscerti, io sono Bradley Lays!- esclamò con un sorriso rivolto alla mia migliore amica.


Vidi la sua mano avanzare in direzione della mia amica bionda. Stava lì, in bilico ad aspettare che lei facesse la sua presentazione. Chissà perché una parte di me era felice che ci fosse quella presentazione. Dovevo essere furiosa con lui. Incazzata per come si stava comportando con tutta questa assurda situazione, ma non riuscivo a smettere di pensare a quanto fosse dannatamente bello e incredibile. Candy boccheggiò leggermente prima di sorridere a sua volta e presentarsi educatamente, come la sua famiglia benestante le aveva insegnato nei suoi anni di cene e party esclusivi. Afferrò la mano di Lays e la strinse con decisione, mostrando una strana luce negli occhi che raramente le avevo visto. Aveva lo sguardo da ti scoperei seduta stante. Quello sguardo lo potevo notare sul viso di parecchie donne sedute ai tavoli vicini che ci guardavano. Una parte di me era gelosa, ma dall’altra ero lusingata di scatenare l’attenzione di un personaggio così importante. Alzai gli occhi al cielo. Inutile negarlo, quell'uomo era capace di far fare pensieri poco puri perfino ad una suora.


-piacere di conoscerla Mr. Lays, sono Candice Flaming, la migliore amica di Gloria!- rispose con un altrettanto sorriso di circostanza.


Sorrisi anche io alla presentazione della mia amica. L'aveva fatto apposta a definirsi un qualcuno nella mia vita. L'avevo presa come una sua piccola rivincita. Lei si era imbambolata a guardare il Bello e Impossibile, e aveva creduto bene di vendicarsi così, come se fosse colpa di Lays essere dannatamente bello.
Scossi leggermente la testa per poi tornare a guardare quell'uomo che stava accanto a me. Sembrava a suo agio mentre ordinava un Martini al cameriere che adesso sembrava tutto su di giri per la comparsa del padrone.


-posso avere anche io quello che avevo ordinato per cortesia?- domandai con un sorriso falso al cameriere che guardò Bradley ancora prima di guardare me.


Sbuffai sonoramente davanti a quella sfrontatezza e mandai mentalmente a quel paese il cameriere, il padrone e anche il mio posto preferito. In quel momento realizzai che probabilmente “The Box”, sarebbe diventato in un battito di ciglia uno dei posti da evitare accuratamente a New York. Ma porca di quella vacca.
Notai che Candice aveva ripreso a bere il suo mojito con tranquillità e mi aspettai di fare lo stesso anche io. Adesso che il maniaco del controllo mi aveva sott’occhio, non c’era motivo per cui smettere di bere no?
Vidi Lays annuire distrattamente al servizio di quel ragazzo che stavo iniziando ad odiare e puntai i gomiti sul tavolo aspettando la mia ordinazione. Chissà perchè ma mi era venuta a voglia assurda di andarmene da quel posto. Dannato miliardario del cazzo.


-adesso che ci sei tu posso bere? Ti rendi conto di come sia assurda e insensata questa cosa vero? Dovresti andare da uno psicologo.. da uno molto bravo!- dissi senza guardare nella sua direzione.


-devo al mio psicologo, Mr. Moore un piccolo patrimonio.. e senza ombra di dubbio credo che sia il migliore di New York!- mi rispose con un tono sarcastico nella voce.


Avevo lo sguardo fisso altrove, ma ero più che certa che stesse sorridendo mentre lo diceva. Ovvio che se avesse uno strizzacervelli, non avesse quello migliore sulla piazza. Dopotutto poteva permetterselo no?
Odiavo quelle persone con ogni singola fibra del mio corpo. Quando ero piccola mi avevano portato da diversi dottori. Tutti dannatamente costosi e tutti incapaci di risolvermi il problema che sentivo dentro. Pagare una piccola fortuna a quei ciarlatani era ingiusto, dal momento che non erano riusciti a cavare un ragno dal buco. Paradossalmente mi aveva maggiormente giovato questa città, rispetto alle lunghe ore di sedute. Potevano andare tutti a quel paese..
Il mio problema principale era la mia famiglia. I miei genitori. Quella città che mi stava stretta. Tutto il contorno che non mi faceva sentire amata e voluta. Odiavo la mia vecchia vita.


-bene, la prossima volta che lo vedi comunicamelo che ti faccio un elenco delle cose da dirgli!- gli ringhiai contro voltandomi verso di lui.


Avevo preso a dargli del “tu” da quando eravamo a telefono. Mi era venuto spontaneo. Ero incazzata e quando lo sono scollego completamente il cavo che va dal cervello alla bocca. Mi era sembrata una cosa normale quella di intraprendere una conversazione informale. Dopotutto era lui quello che avrebbe dovuto farmi le sue scuse, non ero certo io quella sbagliata.
Guardai Candice alzarsi e con la scusa di andare in bagno si dileguò velocemente, riuscendo a destreggiarsi leggiadra sopra quelle scarpe con il tacco quindici. Dio solo sapeva come ci riusciva.
Realizzai di essere sola con Mr. Bello e Impossibile, quando arrivò il cameriere a portarci le nostre ordinazioni. Lo fissai in modo truce quando mi mise davanti il mio drink. Finalmente avrei buttato giù altro alcool e avrei potuto intavolare una chiacchierata con questo coglione al mio fianco. Riuscivo ad essere favolosamente sciolta quando avevo un po' di alcool nelle vene. Sicuramente a mente fredda non mi sarei mai e poi mai sognata di chiamarlo.


-perchè sei venuto qui?- domandai sorseggiando l’alcool.


-è davvero necessario dirlo? Appena ho visto il tuo nome sul computer sono scattato come una molla.. non mi piacciono le cose lasciate a metà.- disse bevendo un sorso del suo Martini e guardandomi dritta negli occhi.


-ti avevo lasciato in compagnia però! Cosa non ha funzionato?- chiesi rendendomi conto solo dopo di quello che avevo appena detto.


Merda.
Che cazzo dici Gloria? Sei forse diventata pazza tutto d’un colpo? Ci manca solo che capisca che mi ha ferito vederlo con quella e poi sono veramente a posto. Chi cavolo si crede di essere questo pallone gonfiato? Avrei dovuto rimetterlo al suo posto già da qualche ora fa.
Io non ero mai stata gelosa o invidiosa di nessuno in vita mia. Non era un sentimento che faceva parte di me, eppure adesso, mi sentivo esattamente possessiva. Non capivo perchè mi sentissi così. Avevo appena conosciuto quest’uomo. Non ci avevo scambiato più di dieci parole, eppure ero davvero gelosa di lui e di quella donna che non aspettava altro che buttarsi a capo fitto nel suo letto.
Avevo parlato con una voce fintamente frivola, quando in realtà stavo rosicando dentro come un castoro. Ci mancava solo che capisse che mi aveva dato fastidio l’arrivo di quella.


-sei gelosa Bimba?- chiese avvicinandosi a me pericolosamente.


Sorprendendo sia me che lui, non indietreggiai con la testa, e così mi ritrovai a pochi centimetri dal suo volto. Di nuovo i nostri nasi stavano per sfiorarsi. Era già successo dannazione. Sembrava di rivivere un de-javù di poche ore prima.
Se ne stava li, fermo come una statua, ad aspettare un mio minimo cenno. Ero sicura che se avessi anche solo fatto un respiro più profondo, lui si sarebbe gettato sulle mie labbra come un’avvoltoio sulla sua preda preferita. Ero completamente in panne. Il mio cervello stava solo pensando a come dovevano essere morbide e invitanti quelle labbra. Non riuscivo a smettere di pensare ad altro.
Accadde tutto velocemente.
Troppo velocemente per potermene rendere conto bene. Il locale, i brusii, i camerieri scorbutici, tutto era passato in secondo piano. Non c’era più nessuno intorno a noi. C’eravamo solo io e lui. Non eravamo una cameriera e un miliardario. Eravamo due semplici persone che per quanto ci provano, non riescono a starsi lontano.
Le sue labbra sembravano nate per combaciare con le mie. Mi sembrava di essere in una dimensione completamente diversa. Era bellissimo. La sua lingua si fece spazio nella mia bocca, venendo a cercare prepotentemente la mia, che appena la sentì, iniziò a giocarci e a rincorrerla. Cristo. Baciava da dio.
Lo sentì posare le sue mani sulle mie guance, e mi attirò ancora di più verso di se, continuando a deliziarmi di quel contatto che mi stava mandando in estasi. In quel momento non me ne fregava di nulla. Mi rendevo perfettamente conto che stavo facendo il suo gioco. Mi rendevo conto che gli stavo facendo vincere questa battaglia e, sicuramente gli avrei fatto vincere anche la guerra. Non potevo resistere a questa folle attrazione che sentivo. Il bisogno disperato che il mio corpo sentiva, andava purtroppo per me, soddisfatto in un solo modo. Con lui. Quell’uomo paradossalmente, era la mia unica via di fuga e l’unico in grado di farmi scappare a gambe levate.
Sentì una forte pressione al basso ventre e un liquido mai sentito prima, mi attraversò le mutandine. Merda. Ero eccitata. Ero bagnata fradicia. Mi ero eccitata con un solo bacio. La voglia che avevo di Lays era troppo forte. Talmente forte che mi stava portando a farmi perdere completamente l’uso del mio corpo. Calmati Gloria.
Mi staccai dal bacio e tenni volutamente gli occhi chiusi per non incontrare quelli di lui. Erano sicuramente brillanti di luce propria, ed erano proprio l’ultima cosa di cui avevo bisogno. Mi avrebbero fatta eccitare solo di più. Che cosa potevo fare?
Una parte di me, quella ragionevole e logica, mi diceva di recuperare Candice dal bagno e scappare verso casa in modo da dimenticare questa strana serata; mentre l’altra parte, quella maliziosa e fottutamente vogliosa, voleva a tutti i costi sentire il membro di Mr. Lays dentro di se. Voleva essere scopata come lui aveva promesso.
Aprì gli occhi e la prima cosa che vidi fu Candice arrivare e il suo sorriso si fece ancora più ampio quando guardò la situazione in cui eravamo. I nostri visi erano ancora vicini, talmente vicini che anche un bambino avrebbe capito quello che stava succedendo tra di noi. Le sue mani erano ancora posate sulle mie guance, e sembravano non accennare minimamente a volersene andare.
Lo guardai e vidi che stava studiando la situazione con le sue iridi perfette che percorrevano ogni singolo millimetro del mio viso. Adesso basta. Avevo preso la mia decisione e non avevo intenzione di continuare a stare qui a perdere del tempo prezioso. Candice avrebbe capito quando domani le avrei spiegato tutto. Non potevo lasciare correre un bisogno così visibile del mio corpo. Dovevo soddisfarlo, altrimenti avrei vissuto tutta la mia vita con il rimpianto di non averlo fatto.


-non sono gelosa!-


Lo vidi sorridere e mi buttò il colpo di grazia. Aveva dei denti perfetti e si passò la lingua sul labbro inferiore per assaporare probabilmente quel poco che restava del mio sapore.




-andiamo a casa tua?-


Sul suo viso si dipinse uno sguardo di pura sorpresa e subito si accese una scintilla in quello sguardo blu elettrico. Aveva capito al volo quello che volevo e dopo essersi alzato e aver salutato Candice con un gesto veloce della mano, mi trascinò letteralmente fuori dal locale. Oziosamente e stupidamente mi ritrovai a pensare che non aveva pagato il conto, ma poi mi ricordai che il locale era suo. Ovvio che non pagasse la consumazione. Era lui la consumazione.
Si fermò davanti alla più bella macchina che avessi mai visto. Ero abbastanza una frana con le automobili, ma avevo sempre avuto un debole per le Porsche. Da piccola credevo che fossero la cosa con più eleganza che ci fosse al mondo.


-questa è la tua macchina?- domandai elettrizzata all’idea di salirci sopra.


-questa è una delle mie macchine! Ti va di farci un giro?- mi domandò con un tono divertito nella voce.


-la adoro!- strillai felice balzando nel seggiolino nel passeggero e guardandomi intorno incuriosita da tutto quello sfarzo.


Questa macchina era probabilmente la sua copia sputata. Aveva detto una delle sue macchine e, sicuramente, da bravo miliardario che si rispetti,ne aveva un nutrito numero, ma con questa aveva fatto colpo su di me.
Era un modello sportivo, che di quel color grigio fumo, sembrava anche elegante e raffinata. Quella macchina ero certa che valesse un occhio della testa, ma quando sei Bradley Lays, tutto ti è concesso. Sorrisi all’idea di quanti soldi doveva avere. Probabilmente erano così tanti zeri da venire a noia a contarli.


-se sapevo che bastava una macchina per farti cambiare idea, ti portavo nel garage!- esclamò sedendosi al posto di guida e mettendo in moto.


-che macchina è? Voglio dire so che è una Porsche, ma il modello?- domandai curiosa come una bambina.


-è una Carrera 911 4s. Ti piace Bimba?- mi domandò alzando il volume della radio dai comandi che c’erano sul volante.


Non conoscevo la canzone che stavamo ascoltando, ma in questo momento sentivo solo il mio cuore che galoppava e il mio corpo che si scioglieva.
Avevo un disperato bisogno di fare sesso con quest’uomo. Un bisogno carnale che mi portava a stare veramente male se non vi riponevo rimedio. Avevo già pensato a tutto quello che sarebbe successo. Sognavo di poterlo avere dentro di me dal giorno in cui l’avevo visto e adesso dovevo averlo. Ero stata una cogliona a non averlo preso qualche ora prima, ma a quanto pare mi era stata concessa una seconda possibilità. Dovevo coglierla al volo. Non potevo sprecare nemmeno un minuto prezioso.
Lo guardai mentre guidava concentrato e soprattutto sembrava che volesse passare sopra alle altre macchine. Guidava come un folle. Voleva ucciderci tutti e due per caso?


-hai intenzione di andare un po' più piano? Infrangerai un miliardo di limiti di velocità!- dichiarai guardandolo di traverso.


-adesso che sembra che tu sia finalmente rinsavita, non posso perdere nemmeno un minuto prezioso! Devo averti.. Mi fa male l'uccello da quando ti ho visto all'Empire. Non chiedermi di rallentare.- sbottò sorpassando velocemente una macchina che aveva avuto la malaugurata sorte di trovarsi sulla sua strada.


Il suo schiettismo mi lasciava sempre senza parole. Doveva essere l'uomo più sicuro sulla faccia di questa terra. Sapeva che lo volevo anche io. Esattamente come lui, ero eccitata da quando quegli occhi si erano posati sopra ai miei. Avevamo questo effettivo bisogno carnale di scopare, altrimenti avremmo potuto mandare a puttane il nostro cervello.
Mi sentivo come se la vecchia Gloria avesse passato lo scettro ad una ragazza pericolosamente sfacciata e vogliosa. Non mi era mai capitato di desiderare così ardentemente che un uomo mi possedesse. Nemmeno nei miei sogni mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Era come se la mia libido si fosse completamente svegliata all’improvviso, sopraffatta dall’attrazione che provo per quest’uomo così dannatamente bello e impossibile.
Mi distolsi dai miei pensieri, giusto in tempo per vedere che stava sfareggiando ad un’Audi che ci stava mettendo un po' troppo per ripartire al semaforo. Scossi la testa pensando che dovevo averlo rimbecillito del tutto.


-sfareggiare è da stronzi!- esclamai un po' perché lo pensavo davvero è un po' perché mi stavo divertendo a stuzzicarlo un po'.


Stava rasentando i limiti di velocità e sicuramente se ci fosse stato un posto di blocco lo avrebbero fermato e tolto la patente. Aveva una guida, azzardata, veloce e sprezzante, ma paradossalmente non mi ero mai sentita più al sicuro in vita mia. Nonostante tutto, sapevo che potevo ritenermi al sicuro con lui. Non mi sarebbe successo nulla.. Nulla che ovviamente io non volessi!


-ma io sono stronzo! Non posso perdere tempo Gloria! Con tutti i locali che possiedo proprio in quello più lontano sei andata a bere?- mi domandò retoricamente beccandosi un occhiataccia dalla sottoscritta.


-scusa tanto se non sapevo che il mio locale preferito ti apparteneva! Uh a proposito, grazie tante per avermi rovinato quel posto!- ribattei imbronciata.


Un sorriso comparve sul suo meraviglioso viso e il mio stomaco iniziò a smuoversi come se fosse in subbuglio. Era così bello da farmi perdere ogni santa volta il filo logico di quello che dicevo. Mi sentivo una cogliona costante accanto a lui.
Aveva appena sabotato il mio appuntamento riparatore con Candice. In più aveva rovinato il mio rapporto con il locale “The Box”. Sospirai alzando gli occhi al cielo. Avrei fatto meglio ad informarmi sui locali che appartenevano a questo maniaco del controllo, ed evitarli accuratamente la prossima volta che avrei voluto fare una serata sola con la mia migliore amica.


-non posso avertelo rovinato! Al massimo te l'ho migliorato Bimba! Non sai quanto mi faccia piacere saperti in uno dei miei locali!- mi disse facendomi un occhiolino.


Guardai la strada davanti a noi e vidi che accelerò la macchina davanti ad un semaforo giallo. Qualcuno avrebbe dovuto dargli delle ripetizioni sulla scuola guida. Da quando aveva messo in moto aveva infranto una dozzina di regole.
Quell’occhiolino mi aveva mandato al tappeto. Oddio, tutto di lui mi aveva mandato al tappeto. Ripensai alla prima volta che i miei occhi si erano posati su di lui. Cristo, era come se avessi cominciato a vivere in quel momento. Paradossalmente era come fossi morta e rinata con il suo arrivo nella mia vita.


-sei così dannatamente pieno di te..-


Lui scoppiò a ridere e questa volta fu costretto a fermarsi ad un semaforo. Nonostante guidasse veramente bene, e riuscisse a destreggiarsi come una gazzella per le vie caotiche di Manhattan, non poteva passare con il rosso senza rischiare di mettere a rischio le nostre vite.
Posizionò la macchina in folle e si voltò per guardarmi negli occhi. Gesù, riusciva sempre a destabilizzarmi con quel suo sguardo. Quegli occhi mi davano il tormento.


-riesci a capire la voglia che ho di te? Cristo Gloria non riesco a pensare ad altro da quel party sull’Empire! Ho un disperato bisogno di te, tanto da inscenare una fottuta cena pur di tenerti con me!-


-quella cosa era ingiusta e lo sai! Cavolo devo essere la prostituta più pagata della storia!- esclamai alzando le braccia al cielo.


-smettila di chiamarti in quel modo cazzo!- ringhiò incazzandosi di colpo.


-non rigirare la frittata!-


-senti, ti ho detto espressamente quello che avevo in mente appena sei arrivata, mi hai rifiutato e te ne sei andata! Questa è stata la conclusione della storia! Quello che succederà adesso è voluto da entrambi!- disse in tono duro riprendendo il controllo della macchina e ripartendo in direzione della Fifth Avenue.


-la conclusione della storia..- gli feci eco continuando a guardare avanti a me.


Nella macchina partirono le note della canzone degli One Republic, Counting Stars. Era una canzone che mi piaceva particolarmente e mi sporsi leggermente verso di lui, per alzare il volume dai pulsanti che aveva sul volante. Bradley sorrise e abbassò la mano per lasciarmi armeggiare con i comandi.
Lasciai che il cantante cantasse, riempiendo il silenzio che si era creato momentaneamente nella macchina. Non sapevo nulla di quest’uomo, eppure mi stavo per concedere a lui senza esitazioni e senza dubbio alcuno.


-quanti anni hai?- domandai quando la canzone arrivò alla fine.


-vuoi davvero saperlo? Cambierebbe qualcosa se te lo dicessi? Passerebbe la voglia che hai di me?- mi domandò imboccando la Fifth Avenue.


Avrebbe cambiato qualcosa farmi dire la sua età?
No.
Non avrebbe cambiato assolutamente nulla. La voglia incessante che avevo di lui mi avrebbe portato a continuare a desiderarlo, anche se avessi saputo che aveva cinquant’anni. Sicuramente ne aveva meno, molti meno, ma non me ne fregava un emerito cazzo.


-no..non cambierebbe nulla.. vorrei solo che tu me lo dicessi..io ne ho ventitré!-


-lo so!- rispose asciutto.


Voltai immediatamente la testa verso di lui alzando un sopracciglio. Lo sapeva? Oddio, sicuramente era uno stalker di prima categoria e probabilmente l’aveva scoperto dalla mia carta di credito, così come aveva scoperto dove mi trovavo.
La sua invadenza non ha assolutamente limiti. Come potevo provare attrazione per qualcuno che mi avrebbe riportato nella bolla di cristallo dalla quale avevo provato, e faticato, ad uscire per tutta la vita?
Con il suo arrivo, Mr. Bello e Impossibile, mi aveva completamente destabilizzato. Mi aveva dato il colpo di grazia. Ormai mi sentivo come bloccata in una spirale con lui al centro. Potevo solo stringere i denti e raggiungerlo.


-sai che questa tua tendenza allo stalkerare è qualcosa di “leggermente” invadente vero?- domandai facendo le virgolette con le dita.


Lui alzò leggermente le spalle e finalmente, rallentò, entrando in un cancello. Vidi che abbassò il finestrino e digitò un codice sul tastierino numerato. Si aprì un altro cancello e entrammo in un garage, dove strabuzzai gli occhi davanti a tutto quell’incredibile sfarzo.
Sicuramente doveva essere il garage di tutta la palazzina, altrimenti non si poteva spiegare che un solo uomo potesse possedere così tanti mezzi di trasporto. C’erano quattro auto, oltre a quella su cui stavamo sopra, due grossi Suv neri, e sette moto di diversa cilindrata e dimensione. Sembrava di essere in una qualche rivista di quattro ruote. Tutto era rigorosamente Porsche.
Sembrava assurdo che il mio interesse per quella marca di automobili, adesso, potesse vedersi realizzata. Chi l’avrebbe mai detto che nella mia vita sarei salita sopra una Carrera e avrei visto davanti a me tante meraviglie metallizzate? Doveva essere una specie di patito della meccanica.
Adesso avevo la consapevolezza che tutto era suo.
Tutto apparteneva a lui.


-sono tutte tue vero?- domandai mentre parcheggiava la macchina in un posto ben definito.


-te l’avevo detto.. se sapevo che ti eccitavano i motori ti portavo direttamente nel garage!- mi rispose con un sorriso e trascinandomi fuori dalla macchina.


Scoppiai a ridere alla vista del grandissimo e potente Bradley Lays, impaziente di avermi per se. Sembrava che scoppiasse da un secondo all’altro. Quasi mi sollevò di peso portandomi verso l’ascensore.
Digitò un numero, probabilmente lo stesso che mi aveva dato il portiere qualche ora prima, e le porte si aprirono immediatamente. Non feci in tempo ad entrare, che sentì le sue mani sul mio viso. Mi stava tenendo ferma e mi stava baciando ardentemente. Cavolo. Baciava in un modo pericolosamente perfetto. Mi piaceva da pazzi come le nostre labbra stavano bene insieme. Sapevo che sarei diventata dipendente da quest’uomo.
Ansimai nel bacio e mi lasciai andare mettendogli una mano tra i capelli. Era dalla prima volta che l’avevo visto che volevo farlo. Toccarlo, baciarlo, sentirlo.
Aveva i capelli setosi e morbidi. Erano esattamente come me li aspettavo la prima volta che l’avevo visto. Era incredibile la voglia carnale che avevo per lui dalla prima volta che l’avevo visto.
Spinse un ginocchio tra le mie gambe, portandomi ad aprirle, e sentì nitidamente la voglia accendermi come un fiammifero. Cavolo che voglia assurda che avevo di lui.
Il suo ginocchio premeva sul mio sesso che sentivo che era già bagnato e pronto. Se il suo uccello fosse stato fuori, ci avrebbe messo un secondo ad entrare dentro di me. Fanculo. Potevo provare un senso di odio profondo, nascere per l’inventore dei jeans. Io avevo un vestito che nel marasma di ormoni era salito quasi al fianco, mentre lui era ancora bello che vestito.
Sentì l’ascensore arrivare al piano attico e velocemente, fui trascinata fuori. Non so come, ma mi trovai dentro il suo appartamento. Non ho idea di come sia stata aperta la porta, ma non me ne frega nulla in questo momento.
Gli tolsi il giacchetto di pelle e lui mi fece scendere dai tacchi, tenendomi stretta a lui e sollevandomi, continuando a baciarmi, mi portò oltre il salotto. Arrivammo in una camera da letto, dopo aver salito un piano di scale. Bradley continuava a tenermi stretta a se e io continuavo a baciarlo, incapace di staccarmi da quelle sue labbra perfette. Mi aveva condotto in giro per casa, completamente avvolta a lui. Credevo di essere un koala. Era forte. Aveva dei muscoli ben definiti che si tiravano tutti sotto il mio peso. Sentivo nitidamente da sotto la polo i suoi addominali scolpiti.
Lo sentì tirare giù la cerniera del vestito e mi rimise a terra, lasciando che il tessuto scivolasse via dal mio corpo. Mentalmente mi congratulai con me stessa per aver indossato un completino di pizzo nero. l’ultima cosa che volevo era che mi vedesse con un intimo scadente. Dovevo fare la mia porca figura.
Lasciò che un sorriso di approvazione si allungasse sul suo viso e lo guardai mordendomi il labbro inferiore. Ero praticamente nuda davanti a lui che era ancora comodamente vestito. Questo era giocare sporco. Con un sorriso feci un passo verso di lui e gli tolsi la polo, dopo che lui mi aiutò alzando le mani. Ero molto più bassa di lui e questo rendeva particolarmente faticoso il tutto.
Guardai il suo petto adesso in bella vista e non potei fare a meno di notare una tartaruga perfettamente scolpita. Aveva un fisico che avrebbe volentieri fatto invidia a David Gandy. Cavolo che uomo stavo per farmi.
Lo guardai vogliosa e gli iniziai a sbottonare i jeans lasciando che un ghigno nascesse sul suo volto. Lo sapeva. Bradley sapeva esattamente che lo volevo, come lui voleva me. Eravamo impossibili da dividere. Sapevo che avremo fatto sesso selvaggio e importante e nessuno poteva evitarlo.
Si abbassò i jeans, rivelando un paio di boxer blu con al centro una vistosa erezione che sembrava sul punto di esplodere se non veniva immediatamente liberata. Cazzo. Adesso ne avremmo viste delle belle.


-adesso ci divertiamo Bimba!-


Oh gesù, finalmente era arrivato il momento che aspettavo da quando l’avevo visto per la prima volta. Stasera avremmo fatto sesso. Tanto sesso sfrenato.




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ciaoooooooooooo!!!

Devo scappare, ma ho voluto mettervi un nuovo capitolo! :))

-grazie a tutti quelli che mettono la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!!!!!!!!-

-Grazie mille a Diarly e Mameso che hanno recensito il capitolo precedente!!!-

un bacio a tutti!!!!!







 

 

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Capitolo 7
*** 7) Sex ***


AVVERTIMENTO: Questo capitolo, come si capiesce già dal titolo, contiene forti scene di sesso. Non voglio disturbare la mente di nessuno, perciò se qualcuno è particolarmente sensibile, vi sconsiglio di leggere il capitolo. 
Chi è temerario e prosegue la lettura.. GRAZIE!











 
7) Sex







Non so come ho fatto a ritrovarmi sdraiata sul letto, ma non me ne fregava nulla. Ho un maschio, anzi, IL maschio per eccellenza sopra di me, in tutto il suo metro e novanta di splendore. Mi sento grata al mondo per potermi rotolare qui con lui.
Mi infila le mani nei capelli, stringendomi i lati della testa. Il suo bacio è esigente, le sue labbra forzano le mie. Gemendo, cerco la sua lingua con la mia. Lui mi abbraccia e mi stringe a sé, con forza. Una delle sue mani rimane tra i miei capelli, mentre l’altra scende lungo la spina dorsale fino alla vita, e al sedere. Mi stringe le natiche con dolcezza. Mi attira contro i suoi fianchi, facendomi sentire la sua erezione, che preme lasciva contro di me. Gli ansimo in bocca. Stento a contenere il sentimento tumultuoso che mi travolge... o sono ormoni? Lo voglio da impazzire. Gli stringo le braccia, tastando i bicipiti. È sorprendentemente... muscoloso. Con esitazione, gli porto le mani al viso, tra i capelli. Sono così morbidi, indisciplinati. Glieli tiro con delicatezza, facendolo gemere. Sono sdraiata sul suo letto, in slip e reggiseno, e lui mi guarda dall’alto.

-Sei bellissima, Gloria Perri. Non vedo l’ora di essere dentro di te.-

Le sue parole... È così seducente. Mi toglie il fiato. Sento di non riuscire a respirare esattamente come vorrei. Sento come se il mio corpo non seguisse più le mie istruzioni. Sembra solo nato per attendere i comandi che quest’uomo dannatamente bello e frustrante mi detta.
Si china su di me, e dopo avermi afferrato entrambe le caviglie, mi divarica le gambe in una mossa repentina e si infila nel mezzo. Ora incombe su di me, mentre mi dimeno dalla voglia.

-Stai ferma- mormora, poi si china a baciarmi l’interno coscia, e con la bocca sale fino al sottile pizzo degli slip.

Oh... Non riesco a stare ferma. Come faccio a non muovermi? Mi sto contorcendo sotto di lui.
Mi bacia il ventre, affondando la lingua nell’ombelico. Poi continua a salire. Sento la pelle rovente. Sono in fiamme, muoio di caldo, di freddo, mi aggrappo al lenzuolo. Lui si sdraia accanto a me e mi sfiora le anche, la vita, arrivando fino al seno. Mi guarda con un’espressione indecifrabile, mentre mi avvolge i seni con le mani.

-Le tue misure si adattano perfettamente alle mie mani, Gloria- mormora voglioso.

Sento che infila l’indice nella coppa del reggiseno e la scosta piano, liberandomi un seno, che il ferretto e la stoffa spingono verso l’alto. Fa la stessa cosa con l’altro. I miei seni si gonfiano, e i capezzoli si induriscono sotto il suo sguardo insistente.
I miei capezzoli sopportano il delizioso attacco delle sue labbra e delle sue dita abili, capaci di accendere ogni mia singola terminazione nervosa, al punto che tutto il mio corpo risuona di questa dolce agonia. Lui non si ferma.

-Oh... ti prego- supplico e rovescio la testa all’indietro, la bocca aperta, le gambe rigide.

Oddio, cosa mi sta succedendo?

-Lasciati andare, piccola-

Chiude i denti sul mio capezzolo, mentre con il pollice e l’indice tira forte l’altro, e io mi sgretolo tra le sue mani, il mio corpo freme ed esplode in mille pezzi. Lui mi bacia sulla bocca, in profondità, assorbendo con la lingua le mie grida.
Non mi rendo subito conto che un orgasmo mi ha appena raggiunto, fino a quando non sento il respiro tornare regolare. Gesù, è stata l’esperienza più bella della mia vita e ancora non l’ho avuto dentro di me.
Mentre il mio piacere si placa, ho ancora il respiro spezzato. Le sue mani si muovono, scendendo lungo la vita, i fianchi, stringendomi intimamente. Infila le dita sotto il sottile pizzo e le muove in piccoli cerchi proprio... lì. Chiude un attimo gli occhi, con il fiato grosso.

-Sei così deliziosamente bagnata. Dio, quanto ti voglio.-

Infila un dito dentro di me, facendomi urlare. Mi avvolge il clitoride, e urlo di nuovo. Continua a spingere dentro, sempre più forte. Gemo.
All’improvviso, si alza a sedere e mi strappa gli slip, gettandoli a terra. Si toglie i boxer, liberando la sua erezione. Allunga la mano sul comodino e prende una bustina, poi si insinua tra le mie gambe, divaricandole sempre di più. Si inginocchia e si infila il preservativo sul suo notevole membro.
Oh mio Dio.
È la cosa più grande che io abbia mai visto.
Bradley Lays avrebbe potuto fare concorrenza al più pagato dei porno-divi.
Alzo la testa verso di lui e scopro che mi sta guardando con un sorriso stampato in volto. Si è accorto perfettamente di quello che stavo guardando e dalla sua reazione, posso capire che è perfettamente soddisfatto dell’effetto che mi ha fatto vedere il suo membro.

-Sei sicura di volerlo fare?- chiede dolcemente.

Oh non può fermarsi proprio ora. Non può gettare il sasso e nascondere la mano. Ho troppa voglia di lui adesso per poterci ripensare. Il mio cervello è completamente annebbiato dalla voglia carnale che ho di lui. Fanculo al buonsenso e alla coscienza. Ci penserò domani mattina alle conseguenze.

-Ti prego.- rantolo vogliosa.

-Alza le ginocchia- ordina, e io mi affretto a obbedire.

-Sto per fotterti, miss Perri.- sussurra, e posiziona la punta del pene all’ingresso della vagina.

-Senza pietà!- mormora, e si avventa dentro di me.

-Aah!- grido.

Sento un dolore mai provato. Si immobilizza, guardandomi con occhi luccicanti di trionfo. Socchiude la bocca. Ha il respiro affannoso. Grugnisce.
Solo in quel momento mi rendo conto che sono poco più che vergine. Ho perso la verginità con un ragazzo, ma da allora è passato abbastanza tempo da farmi dimenticare cosa si prova. Cazzo, forse anche se fossi stata allenata, davanti a questa sua abbondanza, avrei reagito allo stesso modo. Quest’uomo è un fottuto dio.

-Sei così stretta. Stai bene?-

Annuisco, con gli occhi sbarrati, stringendogli forte gli avambracci. Mi sento riempita. Lui resta immobile, lasciando che mi abitui all’invadente, sconvolgente sensazione di averlo dentro di me.

-Ora inizierò a muovermi, Bimba- sussurra dopo un attimo, con tono deciso.

Indietreggia con mirabile lentezza. Poi chiude gli occhi, geme e sprofonda di nuovo dentro di me. Grido una seconda volta, e lui si ferma.

-Ancora?- mormora, con voce roca.

-Si- gemo riconoscendo quasi a stento la mia voce.

Lui torna alla carica, ancora, e ancora. Io ansimo, accogliendolo dentro di me... Dio, quanto lo voglio. Stento a riconoscermi. Lo supplico quasi di affondare dentro di me. Questa non sono io.
Lui si muove, questa volta senza fermarsi. Si appoggia ai gomiti per farmi sentire che mi tiene imprigionata. All’inizio scivola lentamente dentro e fuori. E io, a mano a mano che mi abituo a quella sensazione, muovo esitante i fianchi verso i suoi. Accelera. Io gemo, e lui continua a spingere, guadagnando velocità, un ritmo spietato e irrefrenabile, e io cerco di stare al passo, rispondendo alle sue spinte. Mi afferra la testa e mi bacia con violenza, mordendomi di nuovo il labbro inferiore. Si sposta leggermente, e sento qualcosa montare dentro di me, come prima. Inizio a irrigidirmi, mentre lui continua a spingere. Il mio corpo freme, si inarca, coprendosi di un velo di sudore. Non immaginavo che fosse così.. Non immaginavo che fosse così bello.

-Vieni per me, Gloria!- mormora con il fiato corto, e le sue parole mi sciolgono, mi fanno esplodere sotto il suo peso.

Quando viene, lui urla il mio nome e spinge sempre più forte, e infine si ferma, mentre si svuota dentro di me. Sto ancora ansimando e cerco di rallentare il respiro, il cuore martellante, i pensieri in tumulto. Wow... È stato incredibile. Lo guardo, lui ha la fronte premuta contro la mia, gli occhi chiusi, il respiro spezzato. Poi i suoi occhi si aprono di scatto e mi guardano, torbidi ma dolci. È ancora dentro di me. Mi posa un bacio delicato sulla fronte, poi scivola fuori dolcemente.
Cerco di reprimere quella sensazione di vuoto che mi lascia dentro e guardo il soffitto sopra di me in attesa. Cosa sto aspettando non lo so nemmeno io. Voglio qualche coccola post-coito? Decisamente ho sbagliato uomo. Non sono sicura che questo rientri nelle sue competenze.
Faccio per alzarmi. Non sono sicura di quello che succederà tra di noi, ma sono certa che il mio posto è fuori da questo letto. È stato un momento. Un sensuale momento che mi ha portato a due orgasmi, ma adesso è ufficialmente finito.

-dove vai?- mi chiede riprendendo il respiro regolare a immobilizzandomi di nuovo sotto di lui.

-devo andare!-

-tu non vai da nessuna parte Bimba!-

Lo guardo alzando un sopracciglio e lui si abbassa per baciarmi. Non resisto alla tentazione di ricambiare il bacio, così lo accolgo felicemente nella mia bocca. Quello che succederà domani si vedrà, ma adesso so dove voglio stare. Sotto di lui.

##

Mi sveglio sbattendo più volte le palpebre per abituarmi alla leggera luce che entra dalla portafinestra. Ci metto circa dieci secondi per capire che non mi trovo in camera mia, e il tutto appare ancora più reale quando mi accorgo di avere un peso sulla pancia. Volto leggermente la testa e un sorriso compare sulle mie labbra alla vista di Bradley che dorme. Sembra che il mondo dei sogni sia particolarmente allegro, perchè ha un irresistibile sorriso sulle labbra.
Ho il suo braccio sulla pancia e un assurda voglia di andare in bagno a fare la pipì. Merda. Ho un problema. Cerco di spostare il braccio di Mr. Bello e Impossibile e tutto quello che ottengo e un rantolo e una maggiore stretta su di me. Porca vacca. Ci riprovo e questa volta, senza sapere come, mi ritrovo fuori da quelle braccia possenti. Ok, adesso per prima cosa devo trovare qualcosa da mettermi, non è proprio il caso di girare nuda per una casa che nemmeno conosco. Riesco a recuperare il reggiseno, che Mr. Bollore mi ha tolto di dosso durante il terzo round e le mutandine. Senza esitazione mi infilo l’intimo e mi avvio verso una porta che vedo alla destra del letto e la apro.
Merda.
Sono davanti alla cabina armadio di Mr. Lays. Circondata da completi che gli danno quell’aria da bello e dominatore che mi piace tanto. Questa casa è un labirinto.
Mi guardo intorno chiudendo quella porta e escludendomi da quel mondo di abiti e scarpe. Forse la porta giusta è quella alla sinistra del letto.
Avanzo decisa verso quella porta e questa volta mi appare davvero il bagno. Felice mi infilo dentro e mi chiuso la porta alle spalle. Faccio pipì, dopo di che mi alzo e mi guardo allo specchio. Ho un aspetto orribile. I capelli sono arruffati come mai in vita loro e il trucco è sbaffato, quel tanto che basta per farmi sembrare un panda. Oh povera me.
Prendo l’elastico che porto sempre al polso destro e raccolgo i capelli in uno chignon alto, mentre faccio scorrere l’acqua cercando la giusta temperatura per lavarmi la faccia.
Mi guardo intorno, rendendomi conto solo in quel momento che quel bagno è più grande del mio intero appartamento. Nell’angolo di destra c’è una favolosa vasca, con tanto di idro-massaggio, in cui ci possono stare comodamente in ammollo circa sette persone. È enorme. Dietro di me invece c’era una doccia con un miscelatore a cascata. Anche quella, ovviamente, sembrava poter ospitare una squadra di basket. Scossi la testa pensando a tutto quel lusso e mi guardai di nuovo allo specchio. Era bellissimo, forse era la cosa che mi aveva colpito maggiormente insieme alla vasca. Era verniciato d’oro, con un motivo a ghirigoro che lo rendeva raffinato ma magnifico. Era ampio e abbracciava comodamente i due lavandini, messi a una distanza di una cinquantina di centimetri l’uno dall’altro.
Mi lavai la faccia e quasi urlai quando tornando a guardarmi allo specchio, mi trovai dietro la figura alta e nuda di Bradley Lays in persona. Merda. Avevo fatto tutto con sufficiente discrezione. Credevo di aver fatto piano, e a quanto pare mi sbagliavo.
Una parte di me non era affatto contenta che si fosse svegliato così in anticipo. Non mi ero preparata nessun discorso da dire. Avevo pensato che magari, con un po' di fortuna, sarei riuscita a sgattaiolare via prima del suo risveglio e invece no. Eccolo li, bellissimo come un dio, completamente nudo come un verme e dannatamente attraente come chi sa di esserlo.

-sei sveglio!- dissi ammettendo l’ovvio e dandomi della cogliona.

-e tu non sei a letto!- mi rispose semplicemente continuando a guardarmi dallo specchio.

Avevo una vista perfetta del suo corpo e non riuscivo a concentrare gli occhi sul suo viso. Sapevo che più in basso c’era la concentrazione del mio piacere. Lasciai che il mio sguardo vagasse per il suo corpo perdendo completamente quella muta battaglia. Sentivo che anche lui mi stava squadrando e questo mi faceva accendere di nuovo la voglia che avevo di lui. Non si era proprio assopita.
Guardai il suo membro e mi sfuggì un sospiro notando che si stava indurendo ogni secondo di più. Improvvisamente mi congratulai con me stessa per non essermene andata. Probabilmente la mia mattinata si sarebbe svolta rotolandomi con Bradley tra le coperte. Fantastico.

-si riaccende la voglia?- domandai sorridendo all’indirizzo di Mr. Lays.

-si è mai spenta?-

Scoppiai a ridere e due secondi dopo me lo trovai addosso. Mi abbracciò da dietro, baciandomi il collo e lasciando che i suoi capelli, neri come la pece, mi solleticassero il viso. Un sospiro di piacere mi uscì dalle labbra. Il collo era il mio punto debole.
Stavo per voltarmi e avventarmi sulle sue labbra, quando un suono di cellulare, interruppe il nostro momento sessuale, lasciando entrambi a guardarci negli occhi dallo specchio per qualche secondo.

-non vuoi rispondere?- domandai curiosa voltandomi velocemente verso di lui.

Lo vidi alzare le spalle e riprese a baciarmi il collo con voracità. Il suono del suo cellulare era un deterrente abbastanza chiaro della rottura del momento magico, ma Bradley non sembrava intenzionato a rispondere. Oh porca vacca.

-Bradley devi rispondere a quel telefono prima che scoppi!- esclamai cercando di farlo ragionare.

Lui alzò di scatto il viso e mi guardò con un luccichio negli occhi. Che cosa aveva adesso? Quale parte di “rispondi al telefono” non gli entrava in quella zucca dannatamente bella e dura?

-è la prima volta che mi chiami per nome.. mi piace!- replicò mentre il telefono finalmente la smetteva di squillare.

Alzai gli occhi al cielo e li puntai di nuovo le iridi addosso, proprio mentre il suo cellulare ricominciava a suonare come un ossesso. Cavolo, qualcuno voleva proprio parlare con Mr. Bello e Impossibile.
Un grugnito gli sfuggì dalle labbra e imprecando sotto voce, mi lasciò in bagno e tornò in camera, dove prese il telefono dal comodino e guardò il nome comparire sullo schermo.

-Lays.-

Mi affacciai dal bagno e mi appoggiai allo stipite della porta, intenta a guardarlo mentre parlava con quel qualcuno particolarmente insistente dall’altra parte della cornetta. Anche se era completamente nudo, e questo non aiutava certo la mia concentrazione, adesso sembrava il dominatore del mondo. Parlava di affari e finanza o qualunque cosa appartenesse al suo mondo, con una disinvoltura tale da farlo sembrare perfettamente vestito in giacca e cravatta.
Dio solo sa quanto potere doveva avere.

-sarò in ufficio per la riunione Diana! C’è qualcos’altro che devo sapere?- domandò voltandosi e puntando gli occhi sopra i miei.

Portai le braccia conserte sotto il seno e indicai con il mento il letto, dove lui si sedette subito, intimandomi a raggiungerlo velocemente. Aveva una riunione e questo voleva dire che se ne sarebbe andato di li a breve. Addio mattinata di sesso.
Quella sera avrei ripreso a lavorare da “Il Forno”, e questo comportava di tornare a casa a orari assurdi. Una ultima mattinata di libertà mi sarebbe servita. Di solito quando lavoravo, specie nei fine settimana, dormivo fino a mezzogiorno. Era una scusa bella e buona per stare a letto quando tutti si alzano. Tornavo a casa alle due o alle tre di notte, e ne approfittavo il giorno dopo. Probabilmente in questa mattina libera avrei rapito Candice e l’avrei portata a giro per qualche mercatino della città. A New York ce n’era uno ad ogni angolo.

-ok.-

Lo guardai abbassare il telefono, lo buttò malamente sul comodino e continuò a guardarmi senza staccare il contatto visivo da me.
Ancora non riuscivo a credere che fosse successo davvero. Desideravo quell’uomo dalla prima volta che l’avevo visto e l’avevo avuto.

-qualcosa mi dice che devi andartene!- dissi semplicemente senza muovermi dalla mia posizione, nonostante tutto nel suo sguardo mi invitasse a raggiungerlo.

-vieni qui Gloria!- affermò imperativo indicandomi il letto con il dito indice.

-devo andarmene.. e a giudicare da quella chiamata anche tu!-

-non farmi ripetere le cose.-

Senza nemmeno rendermene conto, e soprattutto senza sapere il motivo, obbedì a quella sua richiesta e mi avvicinai al letto, sedendomi dalla parte opposta alla sua. Mi sentivo come se il mio intero corpo non mi degnasse di risposta. Sembrava che dipendesse completamente da questo individuo.
Si avvicinò a me e mi portò a sdraiarmi sulla schiena. In due istanti mi fu di nuovo sopra e potei sentire il suo frizzante membro, farsi attento e vigile. Premeva intensamente sul mio interno coscia, facendomi mugolare di piacere.
Si ero decisamente dipendente.

-che succede adesso?-

Lo vidi alzare un sopracciglio e mi guardò come uno che non ha capito la domanda che gli avevo appena rivolto. Poteva essere anche un ricco e imperatore del mondo, ma in quanto a relazioni, faceva acqua da tutte le parti. Puntai i gomiti sul morbido materasso e ridussi maggiormente la distanza tra le nostre bocche.

-lascia andare le cose come vanno!- mi sussurrò prima di prendere possesso della mia bocca, in modo da impedirmi di ribattere a quello che aveva appena detto.

Lasciare che le cose facciano il suo corso era proprio quello che avevo in mente di fare io. Se fosse stato per me, sicuramente sarei uscita mentre lui dormiva ancora e mi sarei nascosta al suo radar da stalker per qualche giorno. Si sarebbe stancato prima o poi.
Non ero certa di voler continuare questa conoscenza. Forse il mio corpo era palesemente dipendente dal suo e dal piacere che riusciva a darmi, ma il mio cervello era abbastanza cosciente di volersene andare. Avrei dato retta alla testa per una volta.
Lo sentì togliermi il reggiseno e lo lanciò lontano, rendendomi impossibile il ritrovamento. Qualcosa mi diceva che non era particolarmente che mi fossi rivestita.

-non c’è bisogno che ti rimetti questa roba quando giri per casa! Mi è di impiccio e mi rallenta solo.. tutto quello che si mette contro il mio obiettivo deve essere eliminato!-

Lo guardai e per poco non gli scoppiai a ridere in faccia. Era così dannatamente serio che quasi mi sembrava impossibile che parlasse semplicemente di un paio di indumenti intimi.

-devi andare.. e anche io!- provai a dire mentre le sue attenzioni si spostavano sul mio seno che adesso si rendeva turgido solo per lui.

Mi uscì un gemito di puro piacere e allungai la mano destra per accarezzargli le natiche sode. Cristo, non ne potevo avere ancora abbastanza.
Mi tolse con violenza gli slip e li spedì lontano, probabilmente insieme al reggiseno in un angolino sperduto di questa immensa stanza. Tutto quello che lo rallentava andava eliminato. Non poteva pretendere che andassi a giro nuda per una casa che nemmeno conoscevo. Che cazzo di persona sarei stata?

-tu non te ne vai da nessuna parte!- ringhiò entrando dentro di me velocemente e prepotentemente.

Mi sfuggì un urlo dalla bocca che lui pensò bene di placare con le sue labbra. Cristo, quest’uomo avrebbe fatto uscire di testa un santo.
Aumentava le spinte e ogni secondo sentivo il suo cazzo sempre più dentro di me. Era una delle sensazioni più belle del mondo e non volevo che smettesse mai.

-lo senti Gloria? Cazzo, lo senti questo? Senti come combaciamo Bimba?- mi domandò a denti stretti mentre continuava a penetrarmi con voracità.

Cazzo se lo sento.
Avrei voluto urlare e dimenarmi dalla voglia e dal piacere che stavo provando. Non riuscivo nemmeno a tenere gli occhi aperti. Era una libidine. Non ero sicura che avrei potuto rinunciarci alla svelta. Era decisamente impensabile voler abbandonare tutto questo ben di dio.
Il mio corpo fremeva come in preda agli spasmi e io non riuscivo a smettere di pensare che volevo ogni giorno quel risveglio.

-rispondimi Gloria!-

-si!- ansimai mentre stavo per raggiungere un orgasmo violento e dirompente.

-si cosa?- incalza spingendo sempre più in profondità.

-lo sento! Cazzo Bradley sto per venire!- strillai mentre la pelle della fronte mi si impregnava di sudore.

-aspettami!- ululò aumentando le spinte e portandomi in una sorta di paradiso.

Come cazzo faceva ad essere così potente? Chi gli aveva dato quell’attrezzo così fottutamente potente? Raggiunsi il mio apice e due secondi dopo lo raggiunse anche lui, portando il suo uccello fuori e riversando sul mio ventre il suo sperma caldo e appiccicoso.
Merda. Dalla frenesia ci eravamo completamente dimenticati di indossare il profilattico. Questo cretino mi avrebbe fatto perdere l’uso della ragione, già lo sapevo.

-mi mandi fuori fase Bimba! Devi cominciare a prendere la pillola.- esclamò buttandosi dall’altra parte del letto e lasciandomi con un senso di vuoto sopra.

Avevo sentito bene? Aveva davvero detto che voleva che prendessi la pillola? Allora ce ne sarebbero state delle altre di giornate come questa?
Non era una cosa sporadica come pensavo all’inizio?
Volevo che diventasse qualcosa di più?
Non lo sapevo. Ero annebbiata dal desiderio per potermi chiedere qualcosa. Ero troppo impegnata a cercare di far ragionare il mio corpo per potermi occupare anche della mia testa.
Il suono del suo cellulare riempì nuovamente l’aria e il silenzio che si era momentaneamente creato. Cristo Santo, era questa la sua vita? Era questo che doveva sopportare costantemente? Come poteva vivere così? Aveva il cellulare praticamente appiccicato all’orecchio. Sorrisi ricordandomi che avevo a che fare con uno degli uomini più ricchi del mondo. Sicuramente aveva così tante richieste perchè era quello che era.

-ma porca puttana ladra!- sbraitò prendendo il cellulare.

Non ascoltai la conversazione. Non mi interessava quello che faceva o che diceva. Non ero interessata a lui per i suoi possedimenti o per quello che aveva sul conto in banca.
Mi alzai a sedere sentendomi un po' stupida perchè mi stavo tenendo il lenzuolo sopra il seno. Non dovevo vergognarmi dal momento che mi aveva visto nuda già più di una volta.
Sentì la mia suoneria provenire dal piano di sotto e portandomi dietro il lenzuolo scesi dal letto sotto il suo sguardo di protesta. Sorrisi, non sapendo bene se quello sguardo era dovuto al fatto che l’avevo appena lasciato senza coperta e quindi protezione, oppure se era dovuto al mio allontanamento momentaneo.
Scesi le scale, rendendomi conto che ancora non conoscevo completamente nulla di questo attico. Seguivo il suono del cellulare per le varie stanze, scendendo al piano di sotto e finalmente arrivai al salone principale, dove vidi la mia borsa abbandonata sul divano da centomila posti.
Frugai all’interno, maledicendomi per non mettere mai in ordine quel caos tremendo e alla fine vinsi la mia battaglia, riuscendo a trovare il fantomatico cellulare.

-pronto?- era un numero che non conoscevo, non era memorizzato nella mia brevissima rubrica.

-com’è andata ieri sera? Mi aspettavo che mi avresti chiamato per chiedermi di venirti a riprendere!-

Sgranai gli occhi alla voce di Tyron dall’altra parte dell’apparecchio tecnologico al mio orecchio. Chi cazzo gli aveva dato il mio numero? Sicuramente una persona. Una certa biondina che me l’avrebbe pagata cara. E adesso che cazzo gli invento io a questo?
“Spiacente Tyron ma sono sempre nell’attico di Mr. Lays. Non era una cena quello che aveva in mente, ma una sana scopata. all’inizio sono scappata, ma poi ho capito che non si poteva rinviare l’inevitabile e quindi ci ho fatto sesso. Tanto bello e sfrenato sesso.”
No, decisamente non potevo dire questo.

-come fai ad avere il mio numero?- domandai sedendomi sul divano e trovandolo perfettamente comodo come immaginavo.

-Candice! Allora? com’è andata?-

-bene! Non ti ho chiamato perchè non ho fatto molto tardi e ho preso la metro per tornare a casa.-

Che cazzo sto dicendo?
Perchè mai mi sto giustificando con lui? Non ho fatto assolutamente nulla di male e lui non è nessuno per cui io mi debba scusare. Non stiamo insieme, eppure eccomi qui, seduta nell’attico dell’uomo che ho appena scopato, intenta a mentire ad un altro uomo su quello che ho appena fatto.

-oh beh non dovevi preoccuparti di questo! Avrei potuto raggiungerti..-

Ma porca di quella merda, che cazzo è successo nel giro di pochi giorni? Ero riuscita a evitare ogni singolo contatto per concentrarmi sulla mia nuova vita newyorkese e adesso eccomi qui. Seduta su un morbido divano di pelle bianca, dopo aver passato tutta la notte e anche parte della mattina seguente a fare sesso con un dio greco, e a dare delle fottute spiegazioni ad un altro ragazzo che pagherebbe per uscire con me almeno una sera. Che cavolo mi è capitato all'improvviso?

-ascolta Tyror..-

-so già quello che vuoi dirmi e continuo a non accettarlo! Cambieranno le cose Glory! Cambieranno. Nel frattempo ti auguro una buona giornata!-

Restai qualche secondo con il telefono ancora all'orecchio con il chiaro suono di chi ha interrotto la chiamata. Che cosa strana. Proprio adesso doveva entrare nella mia vita questo qui? Non avevo già abbastanza complicazioni anche senza la sua presenza?
Alzai gli occhi e non mi stupì più di tanto di trovarmi davanti Bradley. Aveva indossato i boxer questa volta, anche se il suo aspetto era da molestia ugualmente. Chissà da quanto tempo era lì. Forse aveva sentito la conversione che avevo avuto con Tyron. Non volevo che mi giudicasse una che la da al primo che passa. Non ero mai stata così e soprattutto non ero mai stata una che si faceva paranoie per quello che qualcuno poteva pensare. Decisamente stavo cambiando, ma non so se ero pronta a questo cambiamento.

-chi era?-

-nessuno.- replicai abbassando lo sguardo.

-chiariamo una cosa Gloria.. Non mi piace condividere! Chiunque sia questo Tyron deve sparire dalla tua vita!- esclamò ringhiando e puntando lo sguardo fisso su di me.

Vibrai a quel suo tono grave e quasi tremai impaurita. Non ero mai stata una che prende ordini, ne tanto mento una che fa quello che le viene detto. Volevo questo uomo e volevo il suo corpo esattamente come l'avevo avuto. Mi aveva appena ordinato qualcosa senza nemmeno conoscere un briciolo di verità. Ma chi cazzo si credeva di essere?
Alzai di scatto la testa con il fuoco negli occhi e lo guardai. Era nella stessa posizione e anche il suo corpo, esattamente come il mio, sembrava tremare.

-ho un certo problema con gli ordini Lays! Non conosci nulla della mia vita o delle persone che ne fanno parte! Non prenderò ordini da te o da nessun altro!- ringhiai quasi urlandogli contro.

Il suo sguardo si indurì ancora di più e il suo corpo fu attraversato da una scarica di adrenalina. Sembrava sul punto di esplodere e anche io mi stavo infiammando.
Erano punti fermi che mi avevano aiutato ad uscire da quel tunnel in cui i miei genitori mi avevano obbligato a vivere per anni. Non potevo prendere ordini da uno che conoscevo da cinque fottuti minuti. Cazzo.

-tu sei mia!- tuonò annullando la distanza tra di noi a sovrastandomi.

Mi trovai per l'ennesima volta nel giro di poche ore sotto di lui. Se avrebbe usato il sesso contro di me avrei ceduto completamente perché lo desideravo troppo per poter pensare lucidamente.
Questa era una cosa che mi spaventava a morte e che mi avrebbe fatto allontanare se solo avessi avuto un briciolo di lucidità. Non potevo permettere che mi obbligasse a fare le cose tramite il sesso. Quando ero vicina ad un orgasmo non capivo più niente e gli potevo persino promettere un rene. Non ero decisamente da prendere in considerazione.

-non sono un oggetto che puoi possedere! Non sono di nessuno!-

Sentì il lenzuolo venirmi strappato di dosso e venne raggiunto velocemente anche dai suoi boxer. Di nuovo nudi e uniti. Di nuovo l'uno sopra l'altra pronti a perdersi nella libidine dei sensi.
Entrò dentro di me di nuovo. Aveva ragione. Fottuta merda aveva dannatamente ragione. I nostri corpi combaciavano alla perfezione, tanto da spaventarmi. Sembravo nata per accogliere il suo membro e lui sembrava non bramasse altro che stare dentro di me.

-MIA!- ringhiò spingendo velocemente e pompando alla grande.

Pensa con lucidità Gloria. Non lasciarti affondare dal desiderio sessuale che provi altrimenti dimenticherai completamente tutto e gliela darai vinta. Devi resistere.

-capiscimi bene Gloria! Sei mia.. nessuno può dirti o farti pensare il contrario!-

Dentro e fuori. Fuori e dentro.
Il suo ritmo era così costante e incrementava sempre più.
Non sapevo se essere contenta che lui mi considerasse solo sua e che quindi significava che anche io potevo rivendicarlo come solo mio, oppure essere offesa e mandarlo a quel paese insieme a tutta quella sua possessività. Adesso ero troppo eccitata e accaldata per decidere come prenderla.

-hai capito?-

-ohh..-

-cazzo Gloria dimmi che hai capito!-

-ho.. ho capito!- sibilai mentre gettavo la testa all’indietro.

Eccolo che arriva.
Ennesimo orgasmo dovuto a quest’uomo e ennesima prova delle sue incredibili abilità nel campo sessuale.
Venne anche lui, che come poco prima, riversò il suo sperma sul mio ventre. Merda, avevamo completamente dimenticato di nuovo la protezione.
Aveva ragione. Dovevo dargli atto che avrei dovuto cominciare a prendere la pillola. Il quel preciso momento mi resi conto che non sarei potuta scappare a questa cosa che sentivo. Avevo intenzione di continuare questa assurda avventura e vedere dove mi avrebbe portato. Dovevo assolutamente prendere la pillola.

-ricordatelo bene Gloria!- mi disse come avvertimento, alzandosi dal divano e porgendomi la mano per aiutarmi a fare lo stesso.

La afferrai e mi alzai senza vergogna. Eravamo entrambi nudi l’uno di fronte all’altra. Nessuno dei due riusciva a staccare lo sguardo. Eravamo incatenati e appagati. I nostri respiri tornarono regolari e si chinò quel tanto che bastava per darmi un bacio sulle labbra.
In quel preciso momento mi resi perfettamente conto di quello in cui mi stavo andando a cacciare. Mi piaceva tutto questo. Il faceva sentire bene il fatto che lui mi possedesse e il fatto che mi considerasse sua. Mi piaceva il modo che aveva di fare sesso e mi piaceva come lo facevamo senza remore.
Avrei sopportato le sue manie di controllo?
Non lo so; ma una cosa era più che certa. Non sarei mai riuscita a scoprirlo. Era bastata una notte di sesso per farmi capire che di tutto questo non potevo proprio farne a meno.

-dobbiamo fare una doccia e poi devo andare in ufficio.. verrai con me?- mi domandò speranzoso restando alla mia altezza e penetrandomi con lo sguardo..

Scossi la testa leggermente continuando a navigare in quelle pozze azzurre che tanto mi sembravano irreali per essere vere. Dovevo riacquistare quel briciolo di lucidità che mi aveva tolto. Stamattina avevo necessariamente bisogno di Candice. Sarei persino andata a cercarla in ufficio se non mi avesse concesso una colazione.

-mi vedo con Candice stamattina!-

Sembrò deluso dalla mia risposta ma non disse niente e di questo gliene fui grata. Avevamo ancora in sospeso la questione Tyron e non serviva che mi facesse un altra scenata di possessività perchè uscivo con la mia migliore amica.
Questa senza ombra di dubbio alcuno, sarebbe stata la parte più spigolosa di tutta la faccenda. L’avremmo un passo alla volta, con calma e volontà. Se mi rivendicava come sua, allora voleva dire che non era una botta e via, avrei avuto modo di poterlo comprendere meglio.

-io e te adesso.. sotto la doccia Bimba!- mi disse prendendomi in braccio e facendomi allacciare le gambe intorno al suo solido e definito bacino.


Avrei pensato dopo.. a tutto.




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CIAO Temerari!!
Ringrazio di cuore chi la letto il capitolo, anche se posso capire che non sono scene che si leggono tutti i giorni!! é stata una bella prova per me. ci ho messo davvero parecchio tempo per scriverlo e per farlo venire come volevo che venisse, quindi GRAZIE davvero!


-Grazie a chi mette la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!!!!!!!!-

-un Grazie ancora più grande alle UNICHE Mameso e Diarly che hanno commentato il capitolo precedente!!!!!!!!!!-


Come al solito sono in ritardo, quindi vi lascio e ci vediamo al prossimo capitolo!!!


BACIIIIII



 

 

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Capitolo 8
*** 8) Date ***









 
8) Date








-ci hai fatto sesso sei volte? Cazzo Ria ma chi sei? Che ne hai fatto della mia migliore amica?- mi domandò Candy sgranando gli occhi sorpresa.

Alzai le spalle e finì il mio muffin al cioccolato. Ero già al terzo muffin e decisamente capivo il motivo. Avevo sprecato parecchie energie ieri sera. Avevo bisogno di rimettere zuccheri in circolo se volevo essere pronta per il prossimo giro sulla giostra Lays.

-è fottutamente eccitante!- sbraito alzando le spalle come per giustificarmi.

-beh questo te lo concedo.. deve anche saperci fare.-

-oh tu non ne hai un idea! Cristo sembra un Dio del sesso..-

Alzai gli occhi dal mio dolce ormai finito e li puntai sulla biondina davanti a me. Appena l’avevo chiamata mi aveva subito invitata dal nostro Starbucks preferito per una colazione-confessione. Era curiosa come una scimmia e quando le avevo raccontato la verità, era quasi morta dal ridere. Decisamente la mia vita sessuale aveva avuto una notevolissima svolta.

-e come siete rimasti adesso? Il tuo Dio del sesso te l’ha detto?- mi domandò guardandomi attraverso dei giganteschi occhiali da sole color biscotto.

Alzai le spalle e bevvi un sorso di frappuccino al caramello. Mi aveva accuratamente detto di prendere le cose come venivano ed era esattamente quello che avrei fatto. Non c’era il bisogno di definire quello che stava succedendo. Potevamo benissimo essere due conoscenti che quando potevano ci davano dentro come conigli.
Certo, era vero che mi aveva definito come “sua” e di conseguenza si era attribuito una sorta di esclusiva, ma non mi dispiaceva la cosa dal momento che ero certa che non avrei trovato nessuno che si sarebbe dimostrato al suo livello sotto le coperte. Quel favoloso esemplare di maschio alpha, mi aveva dimostrato che era capace di portarmi all’orgasmo anche con un semplice sguardo.

-non siamo rimasti in nessun modo Candy! Abbiamo deciso di prendere quello che succede con il giusto senso del dubbio! Non voglio etichettare ogni cosa.-

-quindi non sapete nemmeno se vi rivedrete?- sbraitò sbalordita, attirando l’attenzione di parte dei tavolini vicini.

Mi appiccicai una mano in faccia. Quella ragazza decisamente non conosceva proprio il significato della parola discrezione. Quando era presa da qualcosa riusciva a dimenticarsi completamente di quello che gli succedeva intorno.

-credo proprio che ci rivedremo, ma non voglio affrettare nulla!- replicai continuando a sorseggiare la mia bevanda avidamente.

-ribadisco.. chi sei tu e che ne hai fatto della mia migliore amica?-

Alzai gli occhi al cielo e appena li ripuntai su di lei, un pensiero si fece strada nella mia testa e mi portò ad indurire immediatamente lo sguardo. Adesso che me lo ricordavo, avevo un piccolo conto in sospeso con questa bella ragazza bionda. Me ne aveva combinate una delle sue, senza nemmeno avvertirmi o comunque consultarmi. Ah Candice, sei in una marea di guai.

-chi cazzo ha dato il mio numero a Tyron?-

La vidi fare un leggero guizzo sulla sedia e alzò gli occhiali da sole portandoseli sulla testa in modo da portare all’indietro anche parte dei capelli che le ricadevano sulla fronte.
Sapevo bene che era stata lei. Tyron aveva confessato e poi, lei era l’unico tramite che poteva esserci tra lui e me, quindi era abbastanza scontata la cosa. Che cavolo gli diceva il cervello?


-a mia difesa dico che è stato prima che succedesse tutto il sesso con il Bello e Impossibile!-

-a tua difesa dico che sei una stronza! Cavolo Candice ma proprio non ci riesci a vedermi tranquilla? Quello è peggio di una piaga! Mi si appiccica addosso come un francobollo!- borbottai arrabbiata.

-a me sembrava così carino.. pensa che quando mi ha chiesto il tuo numero è anche arrossito! Non ho resistito e gliel’ho dato!-

-peccato che il signorino mi abbia chiamato stamattina per sapere com’era andata la cena da Lays!-

-cazzo! Non ci posso credere! Racconta!- strillò eccitata.

-tu non stai bene.. mi hai cacciato nei casini e invece di chiedere scusa mi inciti?- domandai tra il divertito e lo sgomento.

-fai poco la moralista e racconta!-

-mi ha chiamato mentre anche Bradley era al telefono, ma ha sentito la conversazione e mi ha rivendicato come sua, dicendo che chiunque fosse doveva uscire dalla mia vita.-

-un tantino possessivo eh?-

-leggermente.- affermai poggiando i gomiti sul tavolino e prendendomi la testa tra le mani.

-dovresti essere contenta però! Insomma se è possessivo così, è segno che ci tiene a te e non è solo una scopata ogni tanto!-

Stavo per rispondere, quando il suono del mio cellulare interrompe il momento. È la suoneria dei messaggi. Cerco il cellulare nella borsa e quando lo trovo, leggo il testo che mi è appena arrivato sotto lo sguardo attento della mia migliore amica. È quasi più curiosa lei di me.

Pranziamo insieme? B

Rilessi più volte il messaggio, anche se si trattava di poche parole messe insieme. B. Bradley Lays mi aveva appena chiesto di pranzare con lui. Un piccolo sorriso increspò le mie labbra e passai il cellulare a Candice che nel frattempo scalpitava per sapere chi mi aveva contattato.

-ci andrai vero?- mi chiese porgendomi il telefono e guardandomi con uno sguardo dolce.

-vorrei poter dire di no, ma la verità è che muoio dalla voglia di andarci!- ammisi sincera rileggendo il testo.

-sei troppo prevenuta con tutta questa storia Ria! Va a quel pranzo e vedi come si comporta! Se va bene ci guadagni solo, altrimenti.. New York è immensa e piena di pesci!- mi disse con un occhiolino.

Sorrisi e risposi al messaggio. Si. Candice aveva perfettamente ragione su tutta la linea. Dovevo andare a quel pranzo, vedere quello che ne sarebbe venuto fuori e poi avrei deciso. Ne valeva la pena oppure no? Non potevo rimuginare senza averci prima provato.

Dove?

Il mio messaggio era decisamente breve e conciso, ma anche il suo non era poi lungo un chilometro. Se ne sarebbe fatto una ragione. La risposta ci mise meno di un minuto ad arrivare e la cosa mi fece particolarmente piacere. Era segno che anche lui era in trepidante attesa di conoscere quello che gli avrei scritto.

Nel mio ufficio. Tra la 5th e la 27th. Ti aspetto Bimba. B

Guardai l’orologio. Erano le undici e mezza. Decisamente dovevo muovermi se volevo arrivare a destinazione per pranzo. Ero dalla parte opposta di New York. Alzai la testa verso Candice che mi guardava con aria sognante. Scossi leggermente la testa pensando a quanto fosse strana.

-andiamo in metro insieme per un pezzo?-

-oh ci puoi scommettere!-

##

Alzai lo sguardo verso quell’edificio e quasi non riuscì a vedere la fine del gigantesco grattacielo. Ero quasi certa che fosse alto quanto l’Empire State Building. Era immenso.
Guardai la targa che spiccava ben definita all’entrata del palazzo. Anche a volersi sbagliare, non c’era verso di capire che quello non era il suo mondo. La scritta “Lays Enterprise” era ben nitida e lucida, impressa in nero su una base color oro. Ero decisamente nel posto giusto.
Presi un respiro bello profondo e decisi che era arrivata l’ora per me di abbandonare il marciapiede per dirigermi dentro quello stabile enorme. Varcai la soglia girevole e senza fermarmi, marcia diretta verso il banco della reception. Meglio chiedere indicazioni, altrimenti, se avrei dovuto cercare Bradley per tutto il suo impero, ci avrei fatto l’ora di cena. Sicuramente questo edificio aveva più di cento piani.
Arrivai al banco e sorrisi alla signorina dall’altra parte del massiccio ammasso di legno. Aveva un auricolare all’orecchio destro e sembrava molto indaffarata a cercare qualcosa sulla scrivania.
Era una ragazza che avrà avuto circa venticinque anni. Era graziosa, bionda, con una camicetta bianca che la rendeva molto professionale. Sicuramente Lays sapeva scegliersi bene il suo personale.

-mi scusi, sa dirmi dove posso trovare l’ufficio Mr. Lays?- domandai cercando di essere il più concisa possibile.

Lei alzò la testa dal mucchio di cose che aveva sotto mano e mi guardò un secondo prima di rispondere. Il suo sguardo sembrava quasi di sfida. Che problemi aveva? Cercai di sorriderle gentilmente, anche so ottenevo solo un muro in risposta. Oh fanculo. E io che credevo che fosse professionale.

-l’ufficio di Mr. Lays è al piano attico! Ha un appuntamento?-

Avevo un appuntamento?
Beh sicuramente non era lavorativo, questo era poco ma sicuro.
Avevo un appuntamento?
Oh porca troia avevo un appuntamento!
Sgranai gli occhi e mi portai una mano sulla bocca intimandomi di respirare bene e a fondo. Adesso la signorina biondina mi guardava con un espressione preoccupata. Dovevo sembrarle una perfetta cogliona. Che cazzo.
Possibile che nonostante ne avessi parlato con Candy in metropolitana e nonostante fosse più di un ora e mezzo dal momento che avevo ricevuto il messaggio, non avessi pensato a questo?
Avevo un appuntamento con Lays.
Un appuntamento per pranzo.

-sta bene? Vuole sedersi e prendere un bicchiere d’acqua?- domandò balzando il piedi.

Scossi violentemente la testa alla sua domanda e mi appoggiai al bancone per riprendermi dal momento di sbandamento totale che mi aveva appena colpito. Ma porca vacca, dimmi te che figure di merda devo fare in questo mondo.
Avevo un appuntamento e probabilmente ero anche già in ritardo.
Pensa dopo ad etichettare tutto Gloria.
Prendi le cose come vanno e lasciale andare.

-si, ho un appuntamento con Mr. Lays!- dissi riacquistando un briciolo di dignità e dandomi un contegno mi rimisi composta.

La ragazza sgranò gli occhi davanti al mio cambiamento repentino e mi indicò gli ascensori con un semplice gesto della mano. Aveva detto che Bradley aveva l’ufficio al piano attico, quindi si trovava senza dubbio all’ultimo piano. Avrei guadagnato qualche altro minuto prezioso per riprendermi da questo stato di merda nel quale ero caduta.
Rivolsi un sorriso di circostanza alla ragazza della reception e mi avvicinai cautamente all’ascensore più vicino. Ce n’erano cinque, tutti uno in fila all’altro.
Pigiai il pulsante di chiamata e mi sistemai meglio la borsa sulla spalla, lisciandomi il vestitino bianco in pizzo che avevo indossato una volta tornata a casa. Mentalmente mi congratulai con me stessa per essere passata a cambiarmi prima di incontrarmi con Candice. L’ultima cosa che volevo era che lui mi vedesse vestita uguale a quando l’avevo lasciato. Era una specie di orgoglio che ci tenevo a conservare. Non volevo che pensasse era ero corsa dalla mia amica a spifferare tutto. Certo ,era vero, l’avevo fatto, ma almeno poteva sembrare anche il contrario.
Sentì il tipico rumore dell’ascensore che arrivava e feci un passo indietro. Se ci fosse stato qualcuno dentro, gli sarei andata addosso, perciò meglio spostarsi.
Le porte si aprirono e mi si mozzò il respiro vedendo Bradley Lays davanti a me. Indossava esattamente lo stesso completo che gli avevo visto mettersi quella mattina. Era un completo blu scuro, al quale però aveva tolto la giacca, lasciando solo la camicia, bianca a quadretti blu, e la cravatta che faceva risplendere quegli occhi meravigliosi che si ritrovava. Cristo, lo trovavo completamente irresistibile. (Lays) Stava parlando con un signore, quando i suoi occhi si posarono su di me e mi squadrò da capo a piedi, facendo nascere un sorriso disarmante su quella faccia da schiaffi.

-ne riparliamo dopo Jackson!- esclamò liquidando l’uomo che era con lui, che con un cenno del capo, si allontano dall’ascensore velocemente.

Restammo qualche secondo immobili a guardarci. Potevo perdere la cognizione del tempo a guardarlo. Il suo sorriso si ampliò ancora di più quando fece un passo in avanti per afferrarmi un braccio e trascinarmi dentro l’ascensore con lui.
Mi ritrovai tra la parete di fondo dell’abitacolo e il corpo massiccio e muscoloso del mio maniaco del controllo. Eravamo in un ascensore della sua società, dove chiunque poteva entrare. Sinceramente non era proprio il massimo mostrarsi in certi atteggiamenti.

-potrebbe entrare chiunque!-

Lo vidi scostarsi da me, quel tanto che bastava per estrarre una chiavetta dalla tasca dei pantaloni e inserirla nel quadro dei comandi. Vidi tutte le luci dei piani spegnersi e rimase accesa solo quella dell’ultimo piano. Sorrisi. Certo che uno come lui non pensasse a questi sotterfugi.
Tornò su di me e si impossessò delle mie labbra con fare vorace. Era tutto quello di cui in questo momento avevo bisogno. Baci, carezze e sesso. Questo Dio poteva darmi tutto.
Ricambiai il bacio e lasciai che mi alzasse il vestito, rivelando le mie mutandine di raso grigie. Lo sentì mugolare di soddisfazione quando si accorse che ero completamente bagnata per lui, inutile negarlo. Appena lo vedevo, il mio corpo non rispondeva più delle sue azioni.

-adoro sentirti bagnata per me!-

Mi aggrappai alla balaustra in ottone che percorreva il perimetro dell’ascensore e ansimai quando lo sentì infilare un dito dentro di me. Cristo Santo.

-oh dio..-

Il suo membro, già sugli attenti, premeva costante contro la mia coscia. Non so quanto sarebbe durato prima di scoppiare quei meravigliosi pantaloni che si ritrovava. Volevo sentirlo dentro di me. Avevo l’urgenza di sentirlo dentro di me.

-ti prego..-

Il suo bacio divenne rovente e mi resi conto solo in quel momento che l’ascensore era completamente fermo. In cuor mio lo ringraziai dal momento che non so se sarei riuscita a uscire da questo cubicolo senza aver avuto un orgasmo.

-dimmi cosa vuoi Gloria.-

-ti voglio dentro!- rantolai mentre il suo dito girava dentro di me e sfiorava il mio clitoride.

Il sorriso che comparve sul suo viso era qualcosa di indescrivibile e due secondi dopo tolse il dito da dentro di me e armeggiò con la cintura. Era decisamente troppo vestito. Niente ostacoli. Era esattamente quello che mi aveva detto quella mattina.

-fanculo a tutta stà roba!-

Sorrisi anche io di fronte a quel suo attimo di perdita della lucidità che non accadeva praticamente mai. Anche Mr. Bello e Impossibile aveva un lato umano allora. Anche lui non era perfetto.
Abbassai lo sguardo e per poco non svenni davanti alla sua erezione. Era grosso. Quasi più grosso di quello che mi ricordavo. Cristo Santo. Allungai la mano per poterlo toccare e quando lo feci, sentì il suo sospiro farsi pesante.
Presi il suo membro in mano e lasciai che la mia mano andasse in su e giù con il ritmo sempre più costante. Vederlo andare nel Mio brodo di giuggiole, grazie a me, mi rendeva tremendamente eccitata e cosciente.

-oh Bimba..-

Adesso basta. Dovevamo darci dentro, e soprattutto lo volevo dentro di me. Lasciai il membro dalla mia mano e lo guardai dritta negli occhi, meravigliandomi della passione che ci leggevo dentro.
Ero estremamente soddisfatta che lui provasse lo stesso accecante desiderio che provavo io. Non ero la sola ad andare a fuoco dentro questo ascensore.

-adesso ci divertiamo!-

Accolsi il suo membro dentro di me e in un secondo mi sentì a casa. Era incredibile come sensazione. Avevo un bisogno costante di lui dentro di me. Solo così potevo sentirmi completa.

-ahhhh- urlai in preda ad uno spasmo quando la velocità aumentò.

Aveva un ritmo che non credevo fosse possibile. Mi aggrappai ancora più forte alla balaustra e gettai la testa indietro godendomi completamente di tutta quella lussuria.
Lo sentì uscire e mi sentì pericolosamente vuota. Drizzai di scatto la testa e lo guardai, mentre faceva un ghigno. Che cazzo stava facendo? Non poteva lasciarmi così. Non poteva assolutamente lasciarmi andare così. Volevo l’orgasmo.

-devi guardarmi Gloria! Voglio i tuoi occhi.. se non lo farai, io mi fermerò!- decreto rientrando dentro di me velocemente e facendomi urlare di stupore.

Cazzo.
Ero troppo eccitata per rendermi conto di quello che aveva detto, ma adesso avevo lo sguardo completamente appiccicato al suo e lo guardavo con voracità. Non volevo che si fermasse. Non potevo permetterlo. Avrei incollato le palpebre se questo fosse servito a farlo continuare.
Spingeva sempre più forte e fui quasi tentata di gettare la testa all’indietro per godermi completamente il momento, ma non lo feci. I suoi avvertimenti erano fottuamente chiari.

-ancora Bimba?-

-si!- strillai togliendo le mani dalla balaustra e posandole sul suo meraviglioso sedere.

Lo sentivo pompare ad una velocità sorprendente e arrivai all’apice urlando il suo nome. Due secondi dopo, lo trovai fuori di me, con il suo uccello prorompente pronto ad esplodere. Non avevamo il preservativo e non poteva eiaculare per terra. Mi inginocchiai e succhiai avidamente quel favoloso pezzo di carne. Eravamo stupiti in due. Io non avevo mai fatto una cosa del genere e lui, dallo sguardo sbarrato e sbigottito, non si aspettava certo una cosa così.
Lasciai che la mia lingua lo solleticasse e bastò poco perchè riversasse nella mia bocca tutto il suo sperma caldo che aveva in circolo. Senza sapere bene cosa fare, ingoiai il tutto, cacciando indietro anche un senso di nausea per un sapore che non conoscevo.
Chi ero diventata?
In che cosa mi aveva trasformato?

-Cristo Bimba.. sei una continua scoperta!- affermò facendomi alzare e riposizionandomi le mutandine perfettamente.

Lo guardai rivestirsi mentre mi leccavo le labbra. Avevo appena fatto un pompino a quel Dio greco e avevo perfino bevuto il suo sperma. Decisamente non ero solo una continua scoperta per lui, ma anche per me. Non mi sarei mai immaginata a fare una cosa del genere, ma l’avevo fatta. Non mi sarei mai aspettata di scopare in un ascensore nel pieno centro di New York ma l’avevo fatto.
Avevo avuto un bel po' di prime volte con quest’uomo.

-ti devo un pranzo!- esclamò facendo ripartire l’ascensore.

Mi passai una mano tra i capelli, e subito dopo questa fu presa per unirsi alla sua. Voltai la testa per guardarlo e quello che ottenni in risposta fu un bacio sulle labbra. Come poteva disintegrare tutte le mie certezze?
Arrivammo al piano attico, quello del suo ufficio e feci per lasciare la mano, ma lui non me lo permise. Mi fece uscire dall’ascensore, che non avrei dimenticato facilmente, e mi trascinò, letteralmente davanti ad una porta, passando così davanti ad una scrivania con una segretaria seduta e indaffarata.

-non passarmi chiamate Diana!- tuonò il Dio del sesso alla segretaria che in quel momento alzò lo sguardo verso di noi.

Anche lei, come quella della reception aveva i capelli biondi e uno sguardo di ghiaccio. Era davvero bella. Inconsciamente fui invasa da un senso di gelosia acuta. Perchè doveva avere una segretaria così bella? Non poteva prendersi un uomo brutto e peloso?
Scacciai questo pensiero in un angolino remoto del mio cervello e la sorpassai facendolo un sorriso di circostanza, mentre Bradley mi continuava a trascinare dentro il suo ufficio.
Appena entrata, lo sentì chiudere la porta e appiccicarmi a questa per impossessarsi delle mie labbra. Aveva un sapore afrodisiaco. Non mi sarei mai stancata di volerlo.

-mi fai completamente perdere la testa! Vieni!- mi ordinò dolcemente staccandomi dalla porta e portandomi al centro del suo ufficio.

Era un bellissimo ambiente. Spazioso e con un enorme vetrata che prendeva una parete intera. C'era una delle viste più belle al mondo. Aveva uno Skyline perfetto, con tanto di vista sull'Empire e sul Chrysler Building. Fissai rapita quella vista senza pensare più a niente altro. Avanzai velocemente, fino a mettere una mano sulla vetrata. Dovevo sembrare una bambina, ma in quel momento poco mi importava. Ero follemente innamorata di questa città.
Credevo di aver goduto della vista migliore dal porticciolo sotto al ponte di Brooklyn, ma questa lo batteva alla grande. Se strizzavo gli occhi potevo persino vedere la Freedom Tower e la Statua della Libertà. Era senza dubbio il punto migliore di New York e io avevo la fortuna di poterlo vedere. Mi sentivo quasi una privilegiata.

-è diverso dall'Italia eh?- mi domandò raggiungendomi e posizionandosi accanto a me e davanti a quel panorama mozzafiato.

Oziosamente mi domandai come facesse a sapere che ero italiana. Io ero più che certa di non averne mai fatto parola è il mio accento era abbastanza buono per non notare la differenza. Sapevo che da bravo stalker probabilmente aveva qualche fascicolo che mi riguardava e sul quale si era annotato praticamente tutta la mia vita. Chissà se sapeva anche che avevo avuto un discreto passato di merda. Forse lo teneva in questo ufficio è una parte di me, quella più combattiva e agguerrita avrebbe voluto chiederglielo.

-sei stato in Italia?- domandai anche se evidentemente lui si aspettava un altra domanda dal momento che rimase un secondo sbigottito.

Che senso aveva chiedergli come mai sapeva determinate cose su di me quando sicuramente non mi avrebbe rivelato nulla? Ero stanca di sentirmi rispondere con una nuova domanda o con un qualcosa che non centrava nulla con quello che gli avevo chiesto. Sapevo che aveva fatto delle ricerche e non era un segreto di stato il fatto che purtroppo non fossi americana.
Con un po' di sforzo in più avrebbe potuto riuscire anche a scoprire il numero di scarpe che portavo. Era abbastanza snervante la cosa.
Stalker.

-ho un paio hotel casinò a Las Vegas. Ci sono stato per lavoro!- disse semplicemente come se avesse appena detto che aveva un cane barboncino.

Possedeva un paio di casinò a Las Vegas. Chissà di quale stavamo parlando. Avevo chiesto a Candice di portarmi in quella città per il mio compleanno, ma poi avevamo ripiegato in due giorni alla spa. Chissà, magari adesso che avevo un aggancio potevo andarci davvero.
Las Vegas. La città dove tutto è possibile e dove nulla è proibito. Mi stupiva un po' che uno come lui avesse un paio di hotel in un posto del genere. Lo credevo un tipo molto più sedentario e solitario.

-vorrei tanto andare in quella città! Avevo chiesto a Candice di portarmici per il mio compleanno!- ammisi sincera sempre continuando a guardare fuori da quella finestra che dava sul mondo.

Anche se non lo vedevo davanti, potevo giurate che sul suo viso fosse comparso un sorriso sornione. Ovviamente era scontato pensare che se mai ci fossi andata, l'avrei fatto con lui. Dopo quello che mi ha detto ieri sera, dubito fortemente che mi lascerebbe andare nella città della perdizione da sola o in compagnia di Candy.

-non devi chiedere Bimba! Ti ci avrei portato lo stesso! Quando vado al Venetian, lo faccio per periodi abbastanza lunghi, è decisamente non posso sopportare troppo la tua astinenza!- mi disse facendomi voltare e fu così che mi ritrovai nuovamente davanti alla seconda vista più bella di New York, i suoi occhi.

Venetian. Quel Venetian e Palazzo?
Cazzo. Lui era il proprietario dell'hotel più grande del mondo?

-quel Venetian?- domandai come una cretina guardandolo con gli occhi sbarrati per la sorpresa e lo sgomento.

Lui alzò le spalle e annuì semplicemente. Questa era la enorme differenza tra di noi. Per lui era normale possedere il casinó più grande al mondo, mentre per me era una cosa assurda.
Sorrisi ripensando alle parole di Candice quando le avevo detto per la prima volta che mi piaceva. "Mai mondi furono stati più diversi". Chissà il motivo, ma credo che se fossimo stati uguali, non ci saremmo piaciuti così tanto.
Improvvisamente mi resi conto che non avrei mai potuto permettermi nemmeno una fiches dentro il Venetian e una parte di me si ombrò. Cazzo.

-su cosa rimugina questa testolina? Posso vedere il fumo che ti esce dalle orecchie!- mi disse accarezzandomi dolcemente i capelli.

-stavo pensando che non potrei permettermi nemmeno uno spuntino nel tuo hotel!-

Perché mentire? Avrebbe trovato comunque il modo per farmi parlare, tanto vale imparare a giocare di anticipo. Come diceva sempre mia nonna, se non puoi combatterli unisciti a loro.
Lo vidi indurire lo sguardo è un secondo dopo fu di nuovo sulle mie labbra, intento a baciarmi come Dio comanda e mandando a quel paese i miei neuroni. Che cosa stava cercando di dimostrare con questo bacio infuocato?
Mi aggrappai alla sue spalle per non cadere vittima di quelle stronze delle mie gambe che si erano fatte di gelatina. Adoravo quando mi baciava così. Mi faceva sentire viva. Volevo sentirmi viva.

-quando cazzo lo capirai che sei MIA?-ringhiò staccandosi da me quel tanto che bastava per farmi capire che stava parlando sul serio.

Sgranai gli occhi senza capire di cosa stesse parlando. Avevo mai insinuato una cosa del genere? Che cosa potevo aver detto per far scatenare la furia di questo gigante maniaco del controllo? Lo guardai in attesa di una spiegazione è una volta che il suo respiro fu tornato regolare, mi bacio dolcemente. C'erano due Bradley Lays dentro di lui. Adesso ne ero più che sicura. Uno dolce e uno irruento.

-mi fa incazzare che tu pensi una cosa del genere Gloria! Non devi preoccuparti di questo con me! Non devi preoccuparti di niente quando sei con me.- mi disse seccamente, facendomi sgranare gli occhi di sorpresa.

Ma cosa l'aveva fatto scattare così tanto? Avevo semplicemente fatto una battuta sul fatto che possedesse l'hotel più grande del mondo e di conseguenza quello più costoso. Era una semplice battuta sarcastica, ma decisamente non ha fatto l'effetto desiderato. Con Bradley bisognava stare molto attenti a tutto quello che si diceva. Avrebbe potuto essere un validissimo avvocato di successo.

-la mia era una battuta, anche se forse non è stata particolarmente brillante!- borbottai abbassando la testa.

-mi vedi ridere Bimba?- mi ha chiesto prendendomi il mento e facendomi alzare la testa, in modo da incontrare nuovamente i suoi occhi.

-no.-

-odio quando ti definisci la prostituta più pagata della storia, e odio quando pensi di non poter viaggiare con me per via del denaro!- affermò prima di baciarmi dolcemente.

Stavo cedendo. Questo suo modo di parlarmi e questo suo modo di baciarmi, mi stavano facendo cadere in un vortice di emozioni che mi ero ripromessa di non volere nella mia vita. Bradley Lays mi stava risucchiando nel suo mondo ad una velocità fottutamente veloce e sentivo di non voler perdere nemmeno un attimo del mio tempo con lui.
Mi aveva resa dipendente. Ero come drogata di lui, al punto da non riuscire a pensare lucidamente. Mi aveva fatto una scenata di possessività; mi aveva dimostrato che conosceva a memoria tutta la mia vita; mi aveva rintracciato in un suo bar, per impedirmi di tornare a casa ubriaca. Mi stava manipolando, ma paradossalmente, non riuscivo a smettere di farglielo fare. Non riuscivo a smettere di averne abbastanza di lui. Lo volevo troppo.

-forza adesso, mangiamo!- esclamò staccandosi da me e indicando un tavolino in mezzo alla stanza, apparecchiato con due piatti coperti da un coperchio d’argento.

Nella frenesia del panorama mozzafiato, non avevo nemmeno notato il suo ufficio. Era spazioso, oserei dire immenso, con una grossa scrivania massiccia che dava le spalle alla vetrata dove eravamo noi. Davanti c’era questo tavolino in cristallo, che si poneva proprio in mezzo a due divani a tre posti, entrambi in pelle nera. Sembravano la miniatura di quello che aveva in casa. Cambiava solo la grandezza e il colore.
Mi feci trasportare sul divanetto di destra e dopo essersi seduto di fronte a me, scoperchiò i due piatti, rivelando due bistecche con un contorno di patate al forno. Il profumo era così invitante che il mio stomaco borbogliò qualcosa.

-prima ti nutro, e poi mi perdo di nuovo dentro di te!-

Sentì una scarica elettrica a quelle parole e lo osservai mentre tagliava un pezzo di bistecca e se lo portava alla bocca. Cristo santo, ne avrei mai avuto abbastanza di lui?
La risposta era dannatamente facile e scontata.
No.




___________________________

 

___________________

CIAOOOOOOOOO!!!

Già che mi sono sentita ispirata, ho deciso di mettermi a scrivere e questo è quello che è venuto fuori.
Che ne pensate?
Anche secondo voi Gloria ha preso una strada di non ritorno? 
Mi raccomando fatevi sentire!! 
Ho un bisogno disperato dei vostri commenti!!! :)

-Grazie a tutte quelle persone che mettono la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!!-

-GRAZIE alle due favolose persone che hanno recensito il capitolo "HOT" ;) Diarly e Prettyvitto.. GRAZIE davvero!!! UNICHE!-


Ci vediamo al prossimo capitolo che spero di poter pubblicare prima di Natale, in modo da lasciarvi un regalino!! 
Un bacio a tutti!!!

 

 

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Capitolo 9
*** 9) Work ***




 
9)Work




 

Quando Bradley Lays dice qualcosa, la fa.
Mi aveva promesso che mi avrebbe nutrito e poi che si sarebbe nuovamente perso dentro di me e ovviamente, da bravo maniaco del controllo, l'aveva fatto davvero.
Riuscivo a perdere completamente la testa quando l’avevo dentro di me. Mi riusciva a portare in un paradiso che mi rendeva felice e spensierata. Nessuno avrebbe potuto farmi provare le stesse cose.
Nonostante la mia scarsa e presso che inesistente attività sessuale, ero sicura, anzi, ero certa che non avrei mai e poi mai trovato nessun altro al suo livello. Dopo aver assaggiato Bradley Lays, non si poteva più farne a meno. Era una droga.
Mi stavo rimettendo il vestito in pizzo, mentre lui si tirava su la cerniera dei pantaloni.
Avevamo appena rifatto sesso e, così come la volta prima in ascensore, avevo raggiunto un orgasmo degno di un applauso. Quell'uomo era capace di rendere fottutamente perfetto ogni momento passato insieme.
Una parte di me era spaventata da tutto quello che stava succedendo. Mi stavo legando troppo velocemente a quest’uomo. Io che ho sempre cercato di essere libera e indomata, avevo trovato proprio il prototipo di maschio alpha, che non me lo avrebbe mai permesso.
Sarei stata disposta a mandare a puttane questa parte della mia vita? Sarei stata disposta a sacrificare la mia voglia di indipendenza per Bradley Lays?
Sorrisi leggermente mentre gli davo le spalle per potermi rimettere gli stivaletti in pelle nera. Ormai c’ero troppo dentro per non potermi considerare fottuta. Volevo Bradley nella mia vita e sapevo che per lui non esistevano mezze misure. La riposta era semplice. Avrei calpestato il mio senso di libertà per poterlo avere vicino a me.
In solo due giorni mi aveva mandato a puttane il cervello. Sembrava impossibile. Sembrava che il mio subconscio non aspettasse altro che gettarsi tra le braccia di un uomo. Dell’uomo per eccellenza.

-voglio tutti i giorni un pranzo così!- esclamò mentre si rimetteva la cravatta, facendo un meno di trenta secondi un nodo perfetto.

-mi dispiace deluderti Bradley, ma ho una vita! Questi pranzi saranno occasionali e lo sai anche tu.- replicai allacciandomi lo stivaletto.

Sentì un leggero ringhiare provenire dalla sua trachea e mi voltai per guardarlo, notando che aveva completamente cambiato atteggiamento e sguardo. Gesù, questo è l’uomo più lunatico del mondo. Che cosa avevo mai detto di così strano? Era la pura e cruda verità. Entrambi eravamo impegnati e tutti i giorni sarebbe impossibile ritagliare due ore per un pranzo. Senza contare il fatto che stasera avrei ricominciato a lavorare al “Forno” e la sera avrei fatto tardi. Non era mai da dare per scontato che a volte mi alzassi anche a pomeriggio inoltrato.
Ero più che sicura che lui conoscesse il mio impiego al ristorante, dopotutto conosceva perfettamente ogni cosa della mia vita. Ero certa anche che sapesse che avrei ricominciato oggi a lavorare. Non si può nascondere nulla al padrone del mondo.

-perchè devi contraddirmi ogni singola e fottuta volta Bimba?- mi ha domandato con la voce stanca delle mie continue sfide.

Lo guardo un secondo alzando un sopracciglio.
Non avevo realmente mai pensato ad una cosa del genere.
Era vero davvero. Lo sfidavo. Sempre. Mi sentivo sempre in dovere di contraddirlo, anche se solo per una stupida cosa. Che razza di rapporto avevamo.
Non credevo che questo lato di me, dannatamente combattivo, riuscisse ad uscire anche in una relazione. Chi sa che cosa sarebbe successo se entrambi avessimo continuato questa relazione.

-stasera ricomincio a lavorare; ma sono abbastanza sicura che tu lo sai, non è vero?- domandai alzandomi dal divano e guardandolo negli occhi.

Un piccolo sorriso comparve sula suo viso. Ovvio che lo sapeva. Non mi avrebbe mai dato la soddisfazione di farmi sapere come faceva a essere a conoscenza di tutta la mia vita, ma questo non toglieva il fatto che lo sapeva. Nessuno avrebbe mai potuto essere più invadente, ma ingenuamente, trovavo la cosa anche gratificante. Pensare di averlo ammattito al punto tale da dover studiare la mia vita, aveva un non so che di unico. Sicuramente mi aveva fatto il lavaggio del cervello.
Questo andava completamente contro tutto il mio ideale, ma mi rendeva particolarmente gratificata. Decisamente questo rapporto mi stava cambiando.

-so del tuo lavoro in quella pizzeria del Queens e non mi piace.-

Portai le braccia al petto e alzai un sopracciglio. Ok. Chi era adesso mio padre? Si stava veramente comportando come un coglione patentato. Non aveva nessun diritto di dirmi quello che potevo fare o meno per vivere. Adoravo il mio lavoro e volevo troppo bene ai coniugi Fulton per potermene andare solo perchè l’uomo con cui scopo ogni tanto me lo chiede. Chi si crede di essere?
Ho un bisogno vitale di quel lavoro. Sono completamente al verde, e dal momento che i miei amabili genitori mi hanno tagliato i viveri, questo lavoro è la mia unica entrata.

-non deve piacerti, basta che piaccia a me.- ribattei risoluta lasciando intendere tutto il mio accurato disappunto sul nostro scambio di opinioni.

-licenziati e vieni a lavorare per me! Qui, nella mia azienda.- disse aprendo le braccia e facendo intendere tutto il suo possedimento.

Lo guardai un secondo e per poco non gli scoppiai a ridere in faccia. Era completamente impazzito o che cosa? Mi aveva appena proposto di lavorare per la “Lays Enterprise”? Decisamente il sesso gli aveva dato alla testa. Non solo mi imponeva quello che dovevo fare in questa specie di relazione, ma avrei dovuto averlo al di sopra anche in ambito professionale? Decisamente aveva preso un granchio di dimensioni cosmiche se credeva davvero che mi sarei abbassata a tanto.
Non ero proprio portata per questo posto. Non sapevo di cosa si occupava e men che meno di quello che avrebbe voluto farmi fare. Non dovrebbe valere un certa regola che vige di non scoparsi nessuno del proprio staff?
Questo non era il mio mondo. Non avrei saputo da che parte partire in questo mondo fatto di uomini in giacca e cravatta. Io non ero così. Ero fatta per stare a contatto con gente normale, con i piedi per terra, che non ha paura a dire quello che pensa a nessuno.
Come minimo di avrebbe portato a fare un qualunque cosa, che mi avrebbe fatto rigorosamente schifo. Voleva che lavorassi per lui in modo da potermi avere a sua disposizione in qualunque momento. Questo era davvero troppo. Mi aveva sgridato altisonante dicendomi che sbagliavo a ritenermi una prostituta, ma era lui stesso a farmi intendere di esserlo.

-spero tu stia scherzando Bradley! Non verrò mai a lavorare per te e questo tu lo sai perfettamente.-

-posso pagarti il doppio, o anche il triplo dello stipendio che ti offrono in quella pizzeria!- affermò raggiungendomi con un solo passo.

-tu dici che non devo considerarmi come una prostituta, ma i tuoi atteggiamenti dicono l’esatto contrario.- dissi semplicemente stringendomi le spalle.

Era così.
Ogni singola volta che metteva il denaro dentro al nostro discorso, mi faceva sentire una puttana. Voleva pagarmi uno stipendio per stare alle sue dipendenze anima e corpo. Se non era sfruttamento questo. Come poteva anche solo pensare che avrei accettato una simile offerta? Si vedeva che ancora non sapeva con chi aveva a che fare, e forse, non l’avrebbe mai saputo.
Per chiunque ero un tale rebus, che nessuno, nemmeno io stessa, sarei mai riuscita a risolvere. Lui mi voleva solo per mio corpo, ed era disposto a pagare una bella somma per riuscire ad ottenere quello che gli spettava.
Sul suo sguardo si dipinse un velo di puro sgomento e mi afferrò per le braccia, stringendomi forte a se. In quell’abbraccio era come se ci fosse la disperazione di sapere di potermi perdere. Che cosa gli prendeva adesso? Sapeva cambiare atteggiamento in un modo così veloce che mi rendeva impossibile prevederlo.
Aveva paura di perdermi perchè non sarei andata a lavorare per lui? Contava così tanto per lui il contatto costante?
Ero sicura che avremmo trovato il modo di vederci nonostante il lavoro alla pizzeria, ma lui non doveva permettersi di giudicarmi o di dirmi di lasciare il mio lavoro. Volevo che tra noi continuasse, ma tutto doveva avere una congiunzione logica. Bradley Lays di logico aveva ben poco.
Da come si comportava, riuscivo a comprendere che stare con lui, sarebbe stato un impiego a tempo pieno. Non sapevo ancora in che maledetto casino mi stavo andando a infognare. Ero totalmente accecata dalla lussuria che provavo quando stavo con lui.
Una piccola parte della mia testa, quella più ragionevole e sensata, pensava che lui usasse il sesso, e tutto quello di completamente fantastico c’era intorno, per legarmi indissolubilmente a lui. Voleva che fossi dipendente da tutto quello che riguardava lui.
La cosa peggiore di tutte era che ci stava davvero riuscendo.

-non ti chiamare in quel modo. Non ti devi chiamare in quel cazzo di modo Gloria! Mi fa troppo incazzare e non riesco a fermarmi.- ululù afferrandomi per le braccia.

Occhi negli occhi.
Sapevo che il suo sguardo indurito era dovuto a quella frase, ma non avevo potuto fare altro che dirla. Non sono mai stata una che non dice quello che pensa. Anche questo era un lato del mio carattere che non riuscivo a controllare.
Non era difficile da comprendere. Mi offriva soldi, tanti soldi per venire a lavorare da lui; e mi offriva di venire a lavorare da lui per potermi avere al suo controllo. Da qualunque parte si rigirava la faccenda, mi sentivo una puttana in ogni caso.
Poteva incazzarsi quanto gli pareva, ma il risultato non sarebbe cambiato in nessun caso. Il mio modo di vedermi all’interno di questa insana relazione non sarebbe cambiato.

-non chiedermi mai più di lavorare per te.- affermai convinta continuando a guardarlo.

Lo sentì sospirare e si staccò da me quel tanto che bastava per guardarmi negli occhi. Adoravo i suoi occhi e il mio cuore ogni volta che li vedeva faceva una capriola. Sentì la sua mano spostarsi sulla mia guancia e istintivamente chiusi gli occhi, oscurandomi dalla deliziosa vista dei suoi occhi, in attesa di qualcosa. In attesa di lui.
Le sue labbra raggiunsero le mie in pochi secondi e finalmente mi sembrò che tutto fosse tornato al suo posto. Quando mi sentivo sotto di lui, o sapevo che sarebbe successo, tutta la vita prendeva un senso. Sapevo che questo non era la cosa giusta. Che stavo diventando pericolosamente dipendente da tutto questo, ma non potevo farne a meno. Non riuscivo a smettere di baciarlo. Non potevo staccare le labbra dalle sue. Mi era tutto impossibile.
Appena si staccò da me, mi accarezzò il viso con i pollici e mi persi in quel contatto, rendendomi conto che non avrei mai potuto cambiare quello che sentivo.
In soli due giorni, quest’uomo mi aveva irretito nella sua rete, rendendomi impossibile l’allontanamento. Sapevo che tra di noi non avrebbe potuto funzionare. Eravamo troppo diversi e troppo lontani per poter far andare le cose, ma nonostante questo, non potevo smettere di volerlo.
Era un fottuto maniaco del controllo e manipolatore del cazzo, ma era anche l’uomo più bello e dannato che avrei mai potuto conoscere nella mia vita. Sapere di essere per lui, qualcosa di importante, mi faceva sentire bene e mi rendeva piena di gioia. Volevo averlo.

-tutto quello che faccio, lo faccio per tenerti con me, al sicuro. Non mi interessa se per stare con te dovrò scavalcare qualcuno Gloria. Lo farò. Salirò sopra a chiunque voglia allontanarti da me!- disse duramente, continuando ad accarezzarmi il viso.

Lo fissai sgranando leggermente gli occhi a quella frase tanto forte. Calpestare qualcuno? Avrebbe fatto chiudere il “Forno”, se non fosse stato di suo gradimento? Avrebbe scavalcato i miei datori di lavoro se non mi avessero concesso un qualche giorno libero?
Stava davvero scherzando?
Come poteva dire una frase così piena di significato, e così egoista allo stesso tempo?
È così strano.
Non ho mai permesso a nessuno di prendersi così tanta confidenza con me. Sono sempre stata una ragazza molto diffidente a causa di tutto quello che mi avevano fatto passare nel mio passato. Candice era riuscita a farmi uscire da quel buco in cui mi avevano gettata. Aveva fatto forza su me stessa e con costanza e dedizione si era dedicata ad aiutarmi. Lei era uno dei motivi principali per cui ero ancora a galla. Questa città mi aveva dato un nuovo motivo per vivere la mia vita, eppure adesso, mi sentivo pericolosamente condizionabile da quello che voleva Bradley Lays. Sapere che a lui non piaceva il mio lavoro e sapere che il tutto avrebbe portato a diminuire le nostre performance notturne, mi faceva stranamente un effetto negativo. Per la prima volta sentivo che qualcosa in questa città non stava andando come avrebbe dovuto.

-non parliamone più ok? Ero venuta solo per pranzare e non voglio litigare con te!- dissi semplicemente sospirando.

Bradley stava per replicare, quando il suono acuto dell'interfono all'interno dell'ufficio, risuonò incessante. Cavolo che rumore del cazzo. Come poteva conviverci tutti i giorni? Era insopportabile.
Lo sentì grugnire incavolato e staccandosi leggermente da me, allungò il braccio sulla scrivania e digitò un paio di bottoni, afferrando la cornetta del telefono fisso.

-Mr. Lays l'appuntamento delle 14:00 è arrivato signore!- la voce scattante e vigile della segretaria interruppe il flusso dei miei pensieri e probabilmente anche dei suoi.

-attenderà!- replicò categorico riabbassando il telefono.

-non voglio intromettermi nei tuoi affari Bradley! È meglio se vado via!-

-no!- ringhiò stringendomi più forte.

Lo guardai negli occhi e vidi un lampo di follia nelle sue iridi. Aveva paura che mi allontanassi? Credeva che non mi avrebbe più visto? Per questo non voleva lasciarmi andare? Per questo motivo non voleva ricevere il suo appuntamento delle due di pomeriggio?

-qual’è la tua paura?-

Sgranò impercettibilmente gli occhi, giusto un secondo, per potermi dare la conferma che realmente aveva pura di qualcosa, prima di riprendere il suo sguardo strafottente da padrone assoluto del mondo. Era davvero strano riuscire a capire quello che gli passava in quella testa dannatamente bella.

-io non ho paura di niente Bimba! Non sarà minimamente un addio questo! Non ho intenzione di dividerti, te l’ho già detto!- mi rispose semplicemente facendo nascere un sorriso su quel viso così unicamente bello.

Alzai un sopracciglio, ma mandai a cuccia il mio spirito combattivo. Avrei voluto domandargli se si divertiva a prendermi per il culo o meno, ma decisi di lasciar perdere con un sospiro. Non avevo voglia di litigare di nuovo con lui. Non mi andava proprio di passare gli ultimi minuti a urlarci contro.

-è così strano il sentimento che sento.. mi rende impossibile concentrarmi su altro!-

Sorrisi felice di essere l’unica a non sentirsi il cervello andato in gelatina e accolsi con ardore le sue labbra che si posizionarono nuovamente sulle mie. Sembravano fatte per stare insieme. Lasciai che le nostre lingue si incrociassero e iniziassero una danza lenta e vogliosa, che ero certa avrebbe portato ad un finale tutt’altro che dolce. Non ne avevo mai abbastanza di quest’uomo.
Era come un dolce buonissimo che hai assaggiato solo una volta, tanto tempo fa, e che adesso ti viene riproposto dalla pasticceria più buona della città. Come si può resistere a tutto questo?
Un campanello nella mia mente mi fece ricordare che dietro quella porta c’era l’appuntamento delle 14:00, di Mr. Bello e Dannato e cercai di staccarmi, anche se riluttante dall’abbraccio.

-per quanto adori quello che sono certa che verrebbe dopo, mi rendo conto che hai degli altri impegni!- affermai passandomi una mano tra i capelli.

Lo sentì sbuffare sonoramente e mi depositò un casto bacio sulle labbra. Quella sembrava la conclusione perfetta di un pranzo con i fiocchi. Avevo mangiato veramente bene, la bistecca era la fine del mondo e oziosamente mi chiesi se gli capitava tutti i giorni di mangiare una tale prelibatezza, e il sesso post-coito era stato fenomenale. Decisamente avrei dovuto fare una capatina sulla quinta strada più spesso.
Lo guardai semplicemente, mentre si staccava da me e si passava a sua volta una mano tra i capelli. Sembrava intento a darsi un tono. l’ultima cosa che volevo era andarmene. Dopo la discussione su lavoro, volevo solo sentirlo dentro di me, ma non era il caso e lo sapevo. Avevo a che fare con un uomo importante e non potevo trattenerlo dal suo dominio sul mondo.
Mi avvicinai al divano e presi la borsa, che mi misi accuratamente in spalla, con l’intento di impiegarci il più tempo possibile. Ero così combattuta. Una parte di me voleva andarsene alla svelta e lasciarlo al suo lavoro, ma l’altra parte, quella vogliosa di lui, non riusciva a smettere di pensare a quello che mi stavo perdendo. Uh che palle. Quando ho assaggiato il suo dono, riesco difficilmente a saziarmi.

-non voglio che te ne vai.- disse rimanendo appoggiato alla scrivania e incrociando le braccia al petto.

-devo farlo. Ci sentiamo Bradley!-

-odio non sapere quando potrò rivederti! Troverò un fottuto modo per vederti il più spesso possibile!- sentenziò avvicinandosi a me.

-nel frattempo ti lascio lavorare!- esclamai aprendo la porta dell’ufficio e precipitando velocemente nel mondo reale.

Sentì il suo profumo proprio dietro di me e guardai avanti, dove vidi un signore ben distinto, con un completo gessato grigio, che si era alzato, appena la porta si era aperta. Senza ombra di dubbio si trattava del suo appuntamento delle 14:00. Guardai distrattamente l’orologio davanti alla scrivania della segretaria di Bradley e scossi leggermente la testa rendendomi conto che erano già le 14:20. decisamente avevo già fatto perdere abbastanza tempo prezioso al Maniaco del Controllo.
Mi sentì appoggiare una mano sulla base della schiena e rabbrividì a quel contatto. Era ingiusto da parte sua farmi capire quello che mi stavo perdendo. Se avessi dato retta a lui, e non al mio buon istinto, a quest’ora starei venendo sopra alla sua scrivania di puro acero.

-Mr. Lays!- esclamò a saluto l’uomo che avevamo davanti, rivolto al bellissimo uomo alle mie spalle.

Sentì il respiro di Bradley farsi più pesante e appena sorpassai la porta, mi senti trascinare verso gli ascensori. Che cosa stava facendo? Stava snobbando il suo appuntamento? quell’uomo erano già venti minuti che aspettava l’attenzioni di Mr. Bello e Impossibile.

-Diana, fai accomodare Mr. Fisher nel mio ufficio! Arrivo subito.-

La sua corsa si concluse appena arrivammo agli ascensori, e voltandomi indietro mi resi conto di avere puntati addosso gli occhi dell’uomo, e della segretaria. Credo che fosse praticamente impossibile non capire quello che era successo nell’ufficio e francamente mi sentivo anche un po' a disagio davanti a quegli sguardi. Chissà se avevano mai visto Bradley Lays così prima d’ora. Sembrava un leone in gabbia, pronto ad afferrare la sua preda e a sbranare chiunque si mettesse le mezzo.
Pigiò il pulsante di chiamata dell’ascensore e aspettò insieme a me il suo arrivo. Solo a me sembrava completamente da folli? Perchè voleva assicurarsi che sarei uscita dal suo immenso possedimento?
Le porte dell’ascensore si aprirono ed entrai velocemente, voltandomi solo quando mi trovai a metà del pavimento piastrellato. Il suo sguardo sembrava indecifrabile. Un misto tra rabbia e stupore. Non voleva che me ne andassi e questo era chiaro. Era arrivato perfino ad offrirmi un posto di lavoro piuttosto che farmi lasciare il suo ufficio.

-ci sentiamo Bradley.- esclamai, non sapendo bene come concludere questo incontro.

-puoi giurarci Bimba!-

##

-ma è matto o che cosa? E tu che cosa gli hai risposto?-

Sospirai mentre mi aggiustavo l’auricolare. Ero seduta sulla comoda linea 5 della metropolitana, che mi avrebbe scaricato a solo un isolato dal “Forno”. Ancora non ci credevo che avrei ripreso a lavorare. Nella mia settimana di ferie erano successe così tante cose che mi sembrava di essere mancata per più di un mese. Chissà cosa avrei combinato. Avrei sempre saputo svolgere il mio lavoro?
Mi guardai distrattamente intorno. Erano le 18:30 e la metro era stranamente più vuota del solito. Solitamente era un orario pieno, in quanto le persone tornavano a casa dopo una lunga giornata lavorativa. Sorrisi. Ero a telefono con Candice che esattamente come me, era sulla metro, linea 2, intenta a tornare a casa. Avevamo orari completamente sballati. Lei finiva e io iniziavo. Non ci saremmo mai venute a noia.

-Ria mi senti?-

-scusa Candy! Cosa vuoi che gli abbia risposto? Mi sono incazzata naturalmente. Che razza di uomo propone a quella con cui scopa un lavoro nella sua azienda?- domandai crudamente mentre appoggiavo la testa al vetro.

-devi smetterla vi vederla così però. Non ti fa bene e lo sai. Odio sentirti così avvilita!- disse con una voce angosciata.

-cerco di combatterla Candy, ma mi sento come se perdessi in partenza! Sono solo due giorni che lo conosco, e mi sembra che il mio tutto dipenda da lui. Odio sentirmi così!- sbottai frustrata.

La sentì trattenere il respiro davanti alla mia dichiarazione. Sapevo che lei sapeva esattamente il mio stato d’animo, ma avevo un carattere abbastanza libertino per potermi aprire così tanto. Solitamente quella poverina della mia migliore amica doveva cavarmi le cose di bocca con il contagocce. Avevo imparato a tenermi tutto dentro e per me era un esperienza nuova poter contare su qualcuno.

-forse questa cosa potrà solo farti bene Ria! Forse avevi davvero bisogno di qualcuno che ti distrasse da tutto il resto del mondo. Per me è una buona cosa.-

-lo pensi davvero? Non credi che questo suo controllarmi, mi ricaccerà nella bolla dalla quale cerco di fuggire da tutta la mia vita?- domandai retorica.

-quello che non ti uccide ti fortifica. Goditi questa relazione, se così si può chiamare. Goditela fino in fondo. Hai tutto il tempo del mondo per pensare alle conseguenze.-

Annuì contro il vetro e sorrisi pensando che Candice era la migliore medicina contro ogni cosa. Forse i miei genitori avrebbero dovuto pagare lei invece di uno strizzacervelli. Lei valeva lo sforzo. Le volevo davvero bene anche per questo. Mi spronava.

-sono arrivata a destinazione Candy! Ci sentiamo domani.-

-ci sentiamo domani! Chiamami se cambia qualcosa o semplicemente se hai bisogno di me.-

-sai che lo farò!-

Chiusi la chiamata e mi alzai dalla poltroncina mentre la metropolitana si fermava. Eccomi di nuovo a questa fermata. Eccomi di nuovo a lavoro.
Salì le scale e lasciai che l’aria pungente del tardo pomeriggio newyorkese mi trapelasse sul viso. Strinsi più forte il giacchino di pelle e voltai a destra alla prima strada, dove finalmente vidi una scritta a neon che mi fece sciogliere in un sorriso. Il ristorante era insieme a Candy la mia seconda casa e questo non l’avrebbe cambiato nessuno.
Arrivai di corsa all’ingresso e entrando, salutai tutti con un sorriso. Come al mio solito ero l’ultima ad arrivare, ma dal momento che il mio turno iniziava alle 19:00, ero arrivata con un largo anticipo.
Vidi la signora Fulton avvicinarsi e mi dette due baci sulle guance, per farmi comprendere che era felice del mio ritorno. Le sorrisi e l’abbracciai a mia volta. Era la figura più simile ad una madre che avessi in questa città.

-che bello vederti di nuovo tesoro!- mi sussurrò staccandosi e dandomi una visuale completa di tutto lo staff.

Il signor Fulton mi fece un occhiolino, a cui sua moglie rispose con il suo solito sospiro stanco. Tutti conoscevano il carattere da marpione del signor Fulton. Nessuna gli dava peso. Solo lei lo faceva.
Nell’angolo notai Vivian e Aaron, che come me erano i camerieri del locale, mentre infondo, facevano capolino Jess e Jack che erano i cuochi. Tutti mi avevano accolto con un sorriso e tutti sembravano felici di rivedermi. Qua al “Forno” eravamo tutti una famiglia.

-che bello che sei tornata Glory. Aaron era insopportabile!-

Scoppiai a ridere alla rivelazione di Jess e ancora di più alla vista del povero Aaron che arrossiva fino alla punta dei capelli. Questa era una leggenda metropolitana che avevano creato quelle due arpie di Vivian e Jess contro Aaron. Erano fermamente convinte che il povero moro avesse una cotta segreta per me e non facevano altro che metterlo in difficoltà quando stavamo insieme. Dio solo sapeva come poteva sopportare quelle torture ogni santa sera.
Una volta avevo provato a difenderlo, e quello che avevo ottenuto era una risata da parte delle due pazze e un sorriso tirato da parte del ragazzo. Decisamente avevo deciso di farmi i fatti miei.

-immagino! Comunque, come vanno le cose?- domandai rivolta ai miei titolari che mi guardavano con un sorriso.

-non molto bene, abbiamo avuto una paio di giorni morti, ma speriamo in stasera!-

Annuì controllando l’orologio appeso alla parete. Mancavano solo quindici minuti all’apertura e dovevo ancora cambiarmi, così salutai tutti con la mano e mi diressi verso lo spogliatoio.
Ero contenta di essere tornata a lavoro, ma sentivo dentro di me un vuoto. Volevo passare la serata con Bradley, inutile girarci intorno e inutile negarlo. Avrei preferito essere con lui a rigirarmi nel letto piuttosto che portare pizze ai clienti.
Mi sedetti sulla panchina e mi guardai allo specchio che la signora Fulton aveva fatto mettere per farci truccare. Volevo davvero che le cose con lui andassero. Lo volevo così tanto da stare male. In due giorni avevo il cervello completamente fottuto.
Sentì il cellulare suonare e rovistai nella borsa per prenderlo e controllare di chi fosse il messaggio appena arrivato. Non lo avevo più sentito da quando avevo lasciato il suo mostruoso impero. Avevo promesso di contattarlo ma non l’avevo fatto. Mi ero ripromessa di mandargli un messaggio quando fossi uscita, ma evidentemente i suoi progetti erano ben diversi.

“non mi piacciono le cose lasciate a metà.. dovremmo rimediare.”

Sorrisi.
Avevo capito subito a cosa si riferiva con il discorso delle cose lasciate a metà. Nel suo ufficio, se non mi fossi fermata in tempo, il bacio sarebbe diventato qualcosa di paurosamente più intenso. Aveva un appuntamento e l’ultima cosa che volevo era intralciare i suoi piani lavorativi.

“rimedieremo.. anche a me è dispiaciuto lasciare la cosa a metà.”

Risposi semplicemente e misi il cellulare nell’armadietto che aveva il mio nome scritto a pennarello sopra. Idea di Jess ovviamente. Eravamo solo in tre, che bisogno c’era di mettere i nomi per iscritto? Nessuno sapeva trovare il proprio armadietto?
Sentì bussare alla porta e controllai di essere presentabile. Avevo indossato la divisa, che comportava un paio di jeans neri e una maglietta con il logo della pizzeria stampato dietro.
Vidi Aaron fare capolino e lo salutai con un sorriso. Avevano aperto le porte, ne ero certa. Mi ero lasciata andare ad i miei pensieri e probabilmente tutti si stavano chiedendo che fine avessi fatto.

-arrivo!- trillai mettendomi un filo di matita sugli occhi e un tocco di burrocacao sulle labbra.

-abbiamo aperto, vuoi che mi metto io all’accoglienza?- mi domandò con un sorriso mentre mi guardava dallo specchio.

-oh no no grazie Aaron! Sono pronta.- esclamai alzandomi e uscendo insieme a lui dallo spogliatoio.

Avevamo tutti dei compiti precisi. Io le prime due ore di servizio stavo all’accoglienza e accompagnavo i clienti al loro posto, per poi lasciare quel lavoro a Vivian che avrebbe continuato fino a chiusura.
Idea del signor Fulton. Accompagnare i clienti e assicurarsi che al loro arrivo fossero considerati come a casa propria. Quel vecchietto ci sapeva proprio fare con il suo lavoro non c’era nulla da dire.
Mi misi davanti all’entrata e salutai con un sorriso raggiante la coppia di sposini che varcò la soglia della pizzeria. Si vedeva lontano un miglio che erano una coppia in viaggio di nozze. Avevano ancora gli occhi a cuoricino.

-salve ragazzi benvenuti al “Forno”! Venite, seguitemi pure che vi accompagno al vostro tavolo!- esclamai accompagnando la giovane coppia al tavolo.

-grazie mille!-

Sorrisi loro e lasciai che Aaron arrivasse al mio posto e porgesse loro i menù.
Questo modo che avevamo preso, questi ingranaggi che si completavano, erano quella cosa che mi faceva sentire in famiglia. Avevamo tutti dei compiti. Jess stava in cucina a preparare antipasti e primi, aiutata dalla signora Fulton. Jack si occupava delle pizze, che devo dire che erano realmente la fine del mondo. Il signor Fulton stava alla cassa e si assicurava che tutti avessero il sorriso sulle labbra. Questo era il mio posto.
Volevo che la gente fosse felice e volevo vederla felice. Io non ero fatta per un lavoro da dietro la scrivania. Non ero proprio fatta per lasciare che qualcun altro programmasse la mia vita. Io non volevo un giorno pieno di impegni scritti in agenda.
Sentì la porta aprirsi e mi mancò un battito quando fece il suo ingresso il Mio Bello e Impossibile. Sentì la terra sotto i miei piedi cedere e il respiro mi si fece pericolosamente pesante. Cosa diavolo ci faceva qua? Mi stava seguendo per caso?
Vivian che passava da li, notò il mio sconforto e dopo aver riservato a Bradley un sorriso sornione, fece lei l’accoglienza, eclissandomi in un attimo. Conoscevo quella ragazza e sapevo perfettamente il suo amore per il genere maschile. Bradley era senza ombra di dubbio l’uomo più bello suo pianeta e ovviamente il genere femminile non poteva fare altro che notare la sua presenza.
Vivian parlava, ma il Dio non la guardava, anzi non la degnava nemmeno di uno sguardo. Aveva lo sguardo fisso su di me. Guardava solo me. Per un attimo fui compiaciuta da questo suo atteggiamento. Non volevo che le moine di un altra donna potessero interessarlo.
Fece un passo verso di me e mi tese la mano, che afferrai senza battere ciglio. Sapevo che era venuto qua per controllare il mio lavoro e magari anche per far capire che nessuno dei due era più sul mercato. Mi portò tra le sue braccia e respirai il suo profumo. Sapeva di fresco, come sempre. Mi sentivo una privilegiata a stare con lui.
Il ristorante si zittì di colpo. Tutti sembravano rapiti dalla scena che si stava svolgendo all’ingresso. Nessuno cucinava più, le poche persone che riempivano i tavoli, sembravano più attente alla scena che avevano davanti piuttosto che al menù. Vivian al mio fianco aveva trattenuto il fiato guardandoci con gli occhi spalancati. Sorrisi. Mr. Bello e Impossibile è capace di gelare tutto.

-che ci fai qua Bradley?

-sono venuto a mangiare una pizza e a trovare la mia bellissima Bimba!- rispose con un sorriso prima di baciarmi dolcemente sulle labbra.

In quel preciso instante tutto sparì.
Non mi interessava se eravamo a lavoro o se Mr. Fulton mi avrebbe rimproverata per atti osceni nel suo ristorante.
Non mi interessava di Vivian e del resto dei miei colleghi che mi guardavano a bocca aperta, come se fossi un dinosauro a tre teste.
Non mi interessava dei clienti che assistevano alla scena con la bava alla bocca.
Mi interessava solo di godermi al massimo questo momento. Mi interessava solo che lui fosse venuto qua. Non mi importava se l’aveva fatto per marcare il territorio o per tenermi d’occhio. Avrei pensato dopo alla motivazione. Adesso ero solo contenta che lui fosse qui.
Era venuto qua per me.
Questa era l’unica cosa che mi interessava davvero.



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CIAOOOOO

Chiedo umilmente scusa per il ritardo. credevo di poter postare un capitolo per le vacanze, ma mi è stato impossibile!

Che ne pensate della piega che ha preso la storia? Vi piace?

-Grazie a chi mette la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!! ;)-

-Grazie a Diarly e Babizlola93 che hanno recensito il capitolo! spero di leggere altre vostre reazioni!!!!-

Ci vediamo presto...
Promesso!

Un bacio
Marty0029

 

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Capitolo 10
*** 10) Dinner with surprise ***


 
 
 

Trailer


 
 
10) Dinner with surprise


 




Mancava ancora mezz'ora alla fine del mio turno di accoglienza e tutto quello a cui riuscivo a pensare era a Bradley che comodamente seduto ad un tavolino, continuava a guardarmi. Aveva appoggiato entrambi i gomiti sul tavolo e aveva posato il viso sulle mani, per avere una migliore visuale con cui guardarmi. Da quando era arrivato, ormai un ora fa, non si era mosso da quella sua posizione e soprattutto, non aveva staccato lo sguardo dal mio. Aveva energicamente liquidato Vivian che voleva prendere le sue ordinazioni, e questo mi aveva fatto gongolare come non mai. Sapevo che avrebbe aspettato il mio arrivo. Dopotutto era qui per me. Era venuto nel Queens per me.
Era stato a casa a cambiarsi perchè non aveva più il completo blu che gli avevo visto indossare quella mattina, ma aveva un paio di jeans dal lavaggio scuro e una polo bianca a maniche lunghe. Gesù era la fine del mondo. Mi piaceva quando era vestito formale, ma quando era casual, riusciva a mandarmi al tappeto.
Tornai a cercare di concentrarmi sul mio lavoro. Dopo quello che era successo con Bradley, tutti i miei colleghi, mi guardavano con gli occhi sbarrati. Vivian e Jess avevano costantemente la bava alla bocca, mentre Aaron sembra che abbia visto un fantasma. Forse non è stata una bella mossa baciarlo davanti a tutti. Fortunatamente per me, i coniugi Fulton, non avevano fatto storie, anzi, mi avevano lasciato stare e avevano salutato Bradley con un sorriso smagliante. Loro si che erano perfetti.

-poi mi spieghi come hai fatto a trovare una tale meraviglia!- mi aveva sussurrato la signora Fulton un con sorriso.

La porta si aprì nuovamente mostrando che qualche cliente aveva voglia di pizza. Da come aveva detto Mr. Fulton, sembrava che il locale stesse attraversando un periodo morto, ma stasera sembrava che le cose finalmente girassero per il verso giusto.
Per esperienza sapevo che quando il ristorante era vuoto, il buon vecchio Fulton dava di matto. Era solo una cosa positiva che tutto andasse nel modo migliore stasera.
Alzai la testa pronta ad accogliere i clienti, quando mi si azzerò la salivazione. Cazzo cazzo e doppio cazzo, non ci posso credere. Oh merda ti prego apri una voragine e inghiottiscimi. Tutto ma non questo. Non ero umanamente pronta ad affrontante questo scontro.
Bradley mi aveva accuratamente fatto presente che non mi avrebbe condiviso con nessuno ed era stato abbastanza convincente da farmi capire quello che sarebbe potuto succedere. Avrebbe schiacciato Tyron come una mosca e mi avrebbe trascinato via. Ma porca vacca. Con tutte le sere che ho lavorato in questo locale, proprio oggi si accavallano tutti?
Fortunatamente per me e per la mia salute mentale, non era solo, ma era con Kelly e Valerie che mi salutarono con un largo sorriso. Tyron, da bravo ragazzo che si rispetti, mi posò entrambe le braccia sulle spalle e mi baciò le guance, facendomi andare a fuoco. Merda che situazione.
Potevo sentire la testa trapassata a causa di un occhiata poco rassicurante che derivava dalla mia destra. Certamente Mr. Controllo non aveva perso di vista la scena e sicuramente aveva notato il saluto anche troppo affettuoso del moro davanti a me.
Ti prego terra sei ancora in tempo per inghiottirmi.

-ciao Glory! Siamo venuti a farti una sorpresa!- esclamò entusiasta Tyron allargando il sorriso se possibile ancora di più.

Tentai di sorridere di rimando, ma la mia bocca proprio non ne voleva sapere di collaborare. Mi piaceva il rapporto che avevo intrapreso con Bradley, ed ero certa che con questa entrata in scena da parte di Tyron, le cose non si sarebbero messe per niente bene. Quella che alla fine ci avrebbe rimesso sarei stata io. Fanculo.

-a giudicare dalla tua faccia direi che l’abbiamo fatta davvero la sorpresa! Come stai?- mi domandò Valerie avvicinandosi.

Ma porca paletta Gloria riprenditi cazzo.
Mi voltai leggermente verso destra, dove ero certa che avrei incontrato quelle iridi blu che tanto adoravo, quando nel farlo, attirai l’attenzione degli altri tre ragazzi davanti a me.
Loro conoscevano Bradley. Avevano servito con me e forse anche Lui si ricordava di qualcuno di loro. Sicuramente la faccia di Tyron la riconosceva dal momento che l’aveva fulminato un paio di volte durante il catering sull’Empire State Building. Oh ti prego fa che questa cena finisca velocemente e che possa scappare da questa situazione. Promemoria mentale per me. Evitare i ragazzi da qui all’eternità.

-oh mio dio Gloria! Quello è Mr. Lays!- cinguettò Kelly strabuzzando gli occhi.

-che cosa ci fa qui? Non lo vedo proprio un tipo da pizzeria.- replicò sospettoso Tyron facendomi sudare freddo.

Ok adesso c’erano due cose importanti da decidere.
Cosa avrei fatto?
Avrei finto di non conoscere quel Dio greco seduto al tavolo sette, oppure avrei spiattellato la nostra relazione di sano sesso ai quattro venti? Sapere che loro lo conoscevano, aveva complicato tutto. Ero riuscita a gestire bene la situazione con i miei colleghi e con i miei titolari, ma con loro era tutto completamente diverso. Adesso dovevo darmi una mossa a decidere quello che era più giusto fare.
Riportai lo sguardo verso Bradley e vidi che si stava alzando, lasciando che il popolo femminile godesse della splendida vista del suo corpo contratto per quel movimento così dannatamente naturale. Riusciva a fare un effetto del genere anche solo alzandosi da una sedia. Sarebbe stata la mia rovina quel corpo.
Lo studiai attentamente mentre, facendo lo slalom tra i tavoli davanti a lui, raggiungeva l’entrata, dove ero ancora immobile con i tre ragazzi davanti a bocca aperta.
Qualcosa mi diceva che adesso ne avremmo viste delle belle. Sicuramente ci avrebbe pensato lui a decidere quello che era più giusto fare. Ed io? Io cosa volevo che facesse? Volevo dirlo che ci stavamo frequentando? Dopotutto ci conoscevamo da cinque fottuti minuti. Forse non era propriamente il caso di rivelarlo ai quattro venti. Dal mio canto lo sapeva solo Candice ed ero più che felice che la cosa rimanesse così.
Arrivò accanto a me, e davanti ai miei amici e sfoderò il suo immancabile sorriso che toglieva il fiato a qualunque creatura. Merda, adesso cosa mi dovevo aspettare? Mi sentivo più esausta di un giro di corsa per Central Park. Domani sarei andata a correre. Avrei allentato la tensione con gli One Republic nelle orecchie al massimo volume.

-Mr. Lays!- esclamò Kelly professionalmente, facendo al Dio un piccolo cenno con la testa.

Sentì un leggero peso sulla spalla e due secondi dopo mi trovai spalmata sul Suo petto. Mi aveva abbracciata, avvicinandomi a lui in modo da marcare il territorio. Ovviamente aveva preso la decisione opposta alla mia. Dovevo immaginarmelo dal momento che c’era anche Tyron nei paraggi. Non mi avrebbe condiviso con niente e con nessuno.
Kelly, Valerie e Tyron spalancarono la bocca a quella dimostrazione d’affetto e io per poco non desiderai di sprofondare dentro il petto di quest’uomo dannatamente bello e possessivo. Perchè aveva preso una decisione del genere senza nemmeno consultarmi prima? Decideva per conto mio.
Di nuovo.
Nella mia vita aveva nuovamente qualcuno che decideva per conto mio.
Cercavo di mantenere alta la concentrazione sui tre ragazzi che avevo davanti, tentando, con abbastanza scarsi risultati di non pensare al braccio di Bradley sulle mie spalle. Contatto. Adoravo quel calore che circondava il mio corpo durante il suo tocco. Era lo stesso contatto che desideravo avere da tutta l'ora che l'avevo visto lì seduto. Aveva decisamente sbagliato il momento però. Non poteva scegliere attimo migliore per dimostrarmi che faceva sul serio. Mi stava toccando per marcare il territorio. Acquistava un qualcosa di paradossalmente unico. Per quanto mi sforzassi, tutto il resto del mondo passava in secondo piano con lui.
Tyron sembrava sul punto di esplodere e ero certa di aver sentito provenire un ringhio di avvertimento da parte del mio maniaco del controllo. Qualcosa mi diceva che non ero la sola a cui era dispiaciuta questa sorpresa di presentarsi al locale.
Oh merda fritta ma io ero a lavoro.
Cazzo.
Che penseranno di me i signori Fulton? Sono un pessimo esempio di dipendente. Ho ripreso servizio oggi e già batto la fiacca con i clienti. Povera me mi licenzieranno ne sono certa. Per la gioia di Bradley mi ritroverò senza il lavoro che tanto adoro. Fanculo. Ma tutte a me devono capitare queste cose? Una profonda crisi si abbatterà su di me se riesco a perdere questo lavoro. Avrò perso la mia unica entrata e se non riuscissi a ritrovare un impiego abbastanza velocemente, potrei addirittura ritrovarmi a dover tornare nuovamente in Italia. Merda.
Rabbrividì al solo pensiero di dover lasciare questa città e Bradley se ne accorse perché aumentò la stretta sulle mie spalle.
Lui non capiva. Non poteva capire il mio stato d'animo al pensiero di allontanarmi per sempre da questa città. Da questa nazione. Sarei morta. Sarebbe come se tornassi indietro nel tempo e sarebbe come se morissi un'altra volta. Non sarei stata in grado di sopravvivere. New York era diventato il mio cuore e nessuno può sopravvivere senza cuore.

-Glory..- provò a parlare Valerie cercando di spezzare il silenzio che ovviamente si era creato davanti al gesto di Mr. Bello e Impossibile.

-piacere di rivedervi ragazzi!- sentenziò Lays facendo un sorriso che però non arrivò agli occhi.

Era incazzato per questa improvvisata e non si premuniva nemmeno di nasconderlo. Alternai lo sguardo tra Bradley e Tyron. Sembrava di essere ad un incontro di tennis. Entrambi fermi immobili, l'uno davanti all'altro. Tyron talvolta lanciava uno sguardo al braccio di Lays sulla mia spalla, ma mai, nemmeno per sbaglio, puntava lo sguardo verso di me. Mi sentivo a disagio, come mai successo in vita mia. Desideravo ancora che la terra si aprisse e mi risucchiasse nel profondo delle sue viscere. Ovunque era meglio che qua.

-ragazzi se volete accomodarvi, una mia collega sarà subito da voi a prendere le vostre ordinazioni.- dissi gentilmente, cercando di placare i miei istinti omicida.

Kelly e Valerie, da brave donne, capirono perfettamente l'antifona e annuendo leggermente, si fecero spazio, sedendosi al tavolino davanti a quello occupato da Bradley; ma Tyron, che ovviamente non ne aveva avuto abbastanza, voleva continuare quella sua assurda gara con Lays. Gesù dammi la pazienza perché se mi dai la forza gli uccido entrambi.

-andate a sedervi per cortesia! Sono a lavoro e gradirei continuare a dire di poterlo avere.- sussurrai duramente a entrambi, sperando che capissero che era arrivato il momento di sotterrare l’ascia di guerra.

Entrambi mi guardarono, come se avessi appena bestemmiato in una qualche lingua sconosciuta. Che cavolo avevano da fissare? Se c'era una che doveva essere incazzata quella ero io senza ombra di dubbio. Questi due idioti avrebbero mandato a puttane il mio unico aggancio nella città della mia vita. Ero abbastanza motivata a spedirli al proprio tavolo a calci in culo se fosse stato necessario.

-Gloria.-

Alzai lo sguardo, incatenandolo a quello di Bradley che aveva una strana luce negli occhi. Nuovamente, quella sera, sembrava che il mondo circostante fosse sparito, lasciando solo lui e me nella stanza.
Ma porca di quella miseria ladra. Come cavolo ci riusciva? Un secondo prima ero imbestialita con lui e con Tyron per la probabile perdita del mio lavoro e un attimo dopo, mi faceva calmare anche solo pronunciando il mio nome. Questa relazione mi stava mandando a quel paese il cervello. Ero davvero sicura di voler continuare a lasciare che il mio mondo ruotasse solo intorno a Bradley?

-per favore! Sono a lavoro.- replicai guardandolo dentro quelle pozze azzurre che erano capaci di mandare in tilt ogni mio sistema cognitivo.

-non finisce così!- mi rispose Bradley dandomi un bacio tra i capelli e tornando a sedersi al suo tavolo, sorpassando anche quello di Valerie e Kelly, senza però degnarle di uno sguardo.

Sospirai rumorosamente e riportai lo sguardo su Tyron. A che razza di gioco stava giocando? Ero riuscita a mandare Bradley in ritirata e lui invece stava ancora qui. Immobile davanti a me come uno stoccafisso.

-stai con Lays.-

Non era una domanda. Non era una affermazione. Non era una riflessione. Era una constatazione. Bradley mi aveva accuratamente abbracciata davanti a tutti e questo aveva ovviamente destato sospetti a tutti quanti. Prima avevo fatto capire il tutto ai miei colleghi e ai miei titolari, mentre adesso il tutto sembrava pericolosamente passato in secondo piano. Adesso era Tyron che voleva una spiegazione e stupendo anche me stessa, io non avevo nessuna voglia di dargliela. Quello che facevo nella mia vita privata erano affari miei. Avevo già detto più volte a Tyron che non ci sarebbe mai potuto essere un finale poetico per noi. Lui lo desiderava e io non avevo fatto nulla per alimentare le sue speranze. Ero sempre scostante e distante. Non poteva dire che non aveva avuto segnali da parte mia. Io ce l’avevo messa tutta per fargli capire la questione dei fatti.

-vai a sederti Tyron, oppure porta il culo lontano da qui! Non voglio rimetterci il lavoro.- affermai convita guardandolo duramente negli occhi.

-stai con lui! Cazzo Gloria stai con Lays! Che cazzo ti dice il cervello?- sbraitò attirando la maggior parte dell'attenzione del ristorante.

Quando è troppo è decisamente troppo. Mi stava facendo fare una figura penosa e per di più davanti a Mr. e Mrs. Fulton. Non potevo permettere che tutto questo succedesse e che il tutto mi portasse via dal mio lavoro. Se questo ragazzo aveva qualche problema, avrei accuratamente evitato di vederlo in futuro e l'avrei mandato a quel paese seduta stante.
Chi cazzo si credeva di essere per potermi dire che potevo o non potevo frequentate? Avevamo appena scambiato poche parole. Lui ci aveva provato in un modo sconsiderato e soprattutto io non avevo MAI fatto nulla per fargli capire che il suo interesse era corrisposto. Mi sono sempre limitata a declinare le sue avance. Come si permetteva adesso di venire qui e piantare una scenata degna di una soap opera spagnola?

-lui non mi piace! Non fa per te Gloria! Insomma guarda lui e guarda te stessa! Tu non puoi stare con lui!- ribatté convito indicando prima Bradley e poi puntando un dito verso di me.

Sentì chiaramente e nitidamente il ringhio provenire dalla gola di Bradley, nonostante fossimo a diversi metri di differenza. Decisamente dovevo mandare in culo questo ragazzo e finirla con questa farsa, prima che il Mr. Maniaco del controllo, prendesse il sopravvento sulla situazione è decidesse di risolvere la situazione a modo suo.

-non deve piacere a te Tyron! Adesso ti prego di andarti a sedere e di smetterla di fare una scenata del genere sul mio posto di lavoro.- dissi tagliente, stupendo perfino ne stessa della perfidia che avevo messo nella voce.

Sembrò che finalmente capisse l’antifona, e lanciandomi un’occhiata di pura disapprovazione, mi superò, sedendosi tra le due ragazze e senza degnare nessuno di uno sguardo si nascose dietro il menù. Tirai un sospiro di sollievo e per un secondo mi lasciai andare, sperando che la terra che doveva inghiottirmi qualche minuto fa ci ripensasse e mi risucchiasse adesso.
Avevo abbastanza cose da affrontare senza che il destino del cazzo ci si mettesse di mezzo. Con lo sguardo cercai Mrs. Fulton che stava aiutando Jake in cucina. Sembrava che tutto quello a cui aveva appena assistito non l’avesse minimamente scalfita. Era concentrata su quello che stava facendo. Pigramente la invidiai. Aveva lo stesso uomo da più o meno tutta la vita e passava con lui la maggior parte della sua giornata. Non avevo mai sentito di un litigio, ne di una scappatella. Erano una delle coppie più durature che conoscevo. Loro, come i miei genitori, erano quelli che si definiscono indistruttibili.
Sorrisi amaramente a me stessa. Con tutto quello che mi stava succedendo momentaneamente nella vita, andavo a pensare a Carla e Alessandro. I miei genitori erano un argomento tabù e così avrebbero dovuto rimanerlo. Scacciai il loro ricordo in un angolino remoto del mio cervello e mi piazzai un sorriso a trentadue denti quando il campanello della porta suonò nuovamente. Altri clienti. Altro giro altra corsa.

-buonasera e benvenuti al “Forno”!-

Feci accomodare le due coppie di amici al tavolo nell’angolo, accanto a quello di Bradley, ma evitai accuratamente di incontrare quelle pozze azzurre come il mare. Avevo ancora il cervello sotto shock per quello che era successo e l’ultima cosa che volevo era dare un ulteriore muovente a Mrs. Felton per sbattermi fuori a calci in culo.

-ehi Glò, adesso tocca a me fare l’accoglienza! Ho preso le ordinazioni del tavolo dei tuoi amici, manca quello dei ragazzi che sono appena arrivati e ovviamente quello del Dio Greco che ti sei portata appresso!- esclamò civettuola Vivian venendo verso di me e facendomi un occhiolino.

Mentalmente la ringraziai per avermi almeno risparmiato di dover andare a prendere le ordinazioni al tavolo dei ragazzi di Helton. Non avrei resistito a parlare con Tyron un momento di più.

-grazie!-

-figurati. Sei mancata qua dentro. Quando ci sei tu succedono sempre cose più piccanti!-

Alzai gli occhi al cielo e le lanciai una linguaccia mentre mi allontanavo dalla porta e quindi dal mio turno all’accoglienza. Stavo raggiungendo Aaron per mettermi d’accordo con lui riguardo ai tavoli. Le ragazze mi avevano detto più volte che io avevo un certo fascino su di lui e ne approfittai senza vergogna. Avevo l’urgenza e il bisogno che lui servisse quel tavolo. Non volevo averci niente a che fare per la maggior parte della serata. Non potevo pretendere che non mi avrebbero mai interpellato o salutato, ma almeno avrei potuto evitare di andare a quel tavolo venti volte per servigli la cena.

-ehi Aaron, ho bisogno di un favore enorme da chiederti!- dichiarai arrivandogli da dietro e guardandolo con uno sguardo da cucciolo.

Lo vidi alzare gli occhi verso di me e mi sorrise dolcemente, annuendo leggermente con la testa per invitarmi a continuare a chiedermi il favore, mentre entrambi aspettavamo che Jake sfornasse un paio di pizze per la coppia di sposini che avevo accolto poco prima.

-puoi servire tu il tavolo con le due ragazze e il ragazzo?-

-ma non sono tuoi amici?-

-si e no.. è complicato! Ti prego!- unì le mani in una muta preghiera e il suo sorriso di ampliò ancora di più.

Fantastico. Forse hanno ragione Vivian e Jess a dire che interesso a questo povero ragazzo. Non sa proprio in che guaio si è messo. Non sono proprio la persona migliore di questa terra.

-ok, me ne occupo io tranquilla.-

Lo guardai felice e gli feci un occhiolino mentre recuperavo carta e penna dal bancone. Avrei fatto a quel ragazzo un monumento prima o poi. Mi aveva, anche se solo momentaneamente, salvato il culo.
Passai volutamente davanti. Bradley, ma mi indirizzai verso il tavolo con le due coppie che avevo appena accolto. Speravo che fossero pronti per ordinare, almeno non ci avrei fatto una figura di merda. Avevo volutamente deciso di servire prima loro, così con Mr. Lays mi sarei potuta intrattenere qualche minuto in più. Era impressionante la voglia che avevo di stare con lui. Mi stavo sentendo sempre più coinvolta. Non ero ancora riuscita a capire se questa cosa era un bene o un male. Avevo bisogno di una bella chiacchierata. Candice era convinta che questa era proprio la cosa che mi mancava.

-ciao ragazzi, cosa posso portarvi?- domandai sorridendo come se in realtà non avessi un solo pensiero al mondo.

-scusa la domanda indiscreta, ma quello lì è Bradley Lays? Lo scapolo d'America?- mi domandò una delle due ragazze, beccandosi sguardi imbronciati da parte dei due ragazzi che evidentemente non erano d'accordo con lei riguardo alla domanda indiscreta.

Che fare?
Mentire e dire di non essere a conoscenza della vera identità dell'uomo che sedeva dietro di me oppure annuire semplicemente e sperare che la curiosità uccida il gatto? Pensa Gloria.
Mi limitai ad alzare le spalle, sperando che il mio gesto la destabilizzasse e decidesse di abbassare la guardia. Non potevo certo dirgli che stava fissando l'uomo con cui ho una speudo-relazione.

-Amanda ti prego vedi di farti i cavoli tuoi!- sbottò il ragazzo accanto a lui, beccandosi una pura occhiata di gratitudine da parte della sottoscritta.

-puoi portarci quattro pizze! Due margherite e due capricciose!- mi rispose l'amica biondina con un sorriso.

Annotai tutti e dopo che mi dissero anche le bibite, mi allontanai dal tavolo tirando un leggero respiro di sollievo. Stavo vagamente pensando a chi andasse a finire una delle due pizze capricciose. Sorrisi a quel l'idea e passai il foglio con gli ordini a Jake che mi fece un occhiolino. Gli risposi nello stesso modo e tornai verso i tavoli. Era arrivato il momento del mio Maniaco del controllo.

-cosa posso portarle signore?- domandai cercando di reprimere l'ombra di un sorriso.

-Mmmh direi che tu mi vai più che bene grazie!- mi rispose con il suo solito sorriso da attacco.

Era un sorriso a cui era impossibile resistere. Ti mandava in estasi anche solo guardandoti. Era in grado di farmi perdere completamente l'uso della ragione. Ero fottuta.

-non sono sul menù!-

-oh ma io non ho bisogno di un menù Bimba. Non mi è piaciuto quello che è successo prima.- esclamò indicando con un dito l'entrata.

Lo guardai negli occhi e vidi che era realmente incazzato per lo spettacolino che quel cretino di Tyron aveva fatto. L'ultima cosa che volevo era che si arrabbiasse. Non potevo permettere che la bolla di sesso che avevamo creato scoppiasse. Non per colpa mia poi.

-non l'ho gradito nemmeno io Bradley!- risposi con enfasi passandomi una mano tra i capelli.

-te l'ho già detto una volta Gloria, non mi piace condividere.-

-non condividi proprio niente con Lui! Ci ha provato, è vero, ma non ha mai ricevuto nulla di più di un rifiuto da parte mia!- sbraitai cercando di controllare la tonalità della voce e ricordandomi che Tyron era seduto proprio al tavolo dietro di me.

Il suo viso si rilassò impercettibilmente e mi regalo un sorriso fantastico che fece diventare le mie gambe di gelatina. Sorrisi a mia volta, dandomi subito dopo della cogliona patentata per averlo fatto.
Stavo lavorando!

-cosa posso portarti per cena Bradley?- domandai guardando il foglio bianco che avevo davanti, aspettando di poterci scrivere sopra qualcosa.

-che mi consigli?- mi domandò facendo tornare quel suo lato giocoso, in un sorriso che questa volta, fortunatamente coinvolse anche gli occhi.

Aveva voglia di giocare e si vedeva. Stava reprimendo un sorriso gigantesco ed ero fortemente sollevata che quello che era successo con Tyron e le ragazze, non avesse intaccato il suo umore. Già è difficile da gestire, quando si incazza diventa impossibile stargli dietro. Il mio spirito libertino è da guerriera non aiutava questo lato del suo carattere. Fortuna che almeno stasera ci siamo trovati d'accordo. A nessuno dei due era piaciuta quella interruzione.

-qui facciamo una pizza che è la fine del mondo!- affermai con una punta di orgoglio nella voce.

Era vero.
Da quando avevo provato la pizza di questo posto, avevo smesso di sentire la mancanza della pizza italiana. Altro motivo importante per non rimpiangere di essere scappata da quel paese.

-vada per la pizza migliore del mondo allora! Una ai funghi e una birra!- decretò lasciando che appuntasse le sue ordinazioni.

Annuì e feci per andarmene, quando la sua mano si posò sul mio polso, interrompendomi di proseguire la mia fuga verso la cucina. Lo guardai attentamente e poi capì quello che voleva fare. Sorrisi alzando gli occhi al cielo e mi chinai verso di lui per dargli un veloce bacio sulle labbra.
Le sue labbra erano così morbide che per un solo secondo fui tentata di mandare a puttane tutto e baciarlo come Dio comandava. Lo sentì sorridere nel bacio e mi staccai guardandolo negli occhi. Voleva marcare il territorio, e dopo quello che aveva detto quella vipera al tavolo accanto, volevo marcarlo anche io. Nessuna poteva mettergli gli occhi addosso adesso.
Mi staccai dalla sua presa e ripresi a camminare senza badare agli sguardi che il locale ci mandava. Con la coda dell'occhio avevo visto il suo sorriso ampliarsi e mentalmente mi congratulai con me stessa per essere riuscita a stupirlo.

-Ehi Glory sappiamo che è un bel fusto ma anche basta! Siete appiccicati come una cozza allo scoglio!-

Scoppiai a ridere alla battuta di Jess e le feci una linguaccia che voleva dire che io potevo e lei no. Avevo un bel rapporto con le mie colleghe e questa era una cosa importante per chi come me, non conosce il paese nel quale lavora. Avrei potuto beccarmi colleghi stronzi e menefreghisti che mi voltavano le spalle al primo aiuto, ma fortunatamente per me non era andata così.
Vidi Mrs. Fulton avvicinarsi a me e dopo averle passato l'ordine del tavolo di Bradley, le si congedò, facendomi un sorriso che solo una mamma avrebbe potuto fare. Okay. Forse il lavoro non era del tutto perduto.

##

-sei così bella.-

Andavo in brodo di giuggiole ogni volta che me lo diceva. Lasciai che mi accarezzasse il braccio nudo e mi accostai ancora di più alla sua spalla in modo da mettere la testa sul suo petto. In quella posizione mi sembrava che fossimo due semplici ragazzi che si divertono insieme.
Una volta finito il mio turno, ovviamente, nemmeno a non pensarlo, Bradley mi aveva aspettata. Mi aveva condotto verso la sua favolosa Porsche e senza chiedere niente mi aveva portato nel suo appartamento, sulla Fifth Avenue. Sorrisi al pensiero della faccia dei miei colleghi quando ero salita su quella macchina. Decisamente un passo in avanti rispetto alla mia solita metropolitana.
Guardai il polso, dove avevo il mio inseparabile orologio che segnava le 2:00 del mattino. Appena tornati a casa sua, Bradley aveva pensato bene di trascinarmi di peso in camera da letto e lì.. Lì mi aveva dimostrato che era impossibile dimenticarsi di lui. Dovrebbe essere vietato per legge quest'uomo.

-è tardi. Domani devi lavorare.- affermai mentre cercavo, con scarsi risultati, di reprimere uno sbadiglio.

Lo sentì sorridere e mi attirò più stretta a se. Non l'avrei confessato nemmeno sotto tortura, ma adoravo stare stretta in quel modo a lui. Era una delle poche cose insieme a Candy e a questa città, che mi dava sicurezza. Quest'uomo mi aveva catturato in una morsa fatta di sesso è ossessione, dalla quale non riuscivo a vedere una via di fuga. Era come se fosse diventato il centro del mio universo. Lo conoscevo da così poco. Sapevo così poco di lui. Non mi aveva ancora detto la sua vera età. Non mi aveva detto se aveva hobby particolari. Non sapevo nulla di lui eppure mi fidavo ciecamente. Forse stavo impazzendo di brutto e completamente.

-quanti anni hai?- domandai come una bambina che è troppo curiosa di sapere.

-quanti me ne daresti?-

Tipico.
Rispondere ad una domanda con un'altra domanda.

-trentadue credo.-

-perché è così importante per te sapere la mia età? Non potresti pensare a qualcos'altro?- mi disse sovrastandomi e fissandomi con quel suo sguardo di puro blu oceano.

-non so niente di te, se non che sei lo scapolo più ambito di tutti gli Stati unita d’America!- mi giustificai abbassando la testa e interrompendo di conseguenza il contatto visivo.

Lo sentì sospirare leggermente e con una mano mi prese da sotto il mento e mi costrinse a guardarlo negli occhi di nuovo. Non ero lucida quando lo guardavo negli occhi. Mi perdevo in quel mare in tempesta e mi sentivo alla deriva.
Sapevo che questo era un problema per lui. Per qualche motivo aveva paura di rivelarmi la sua età. Forse aveva paura che gli anni di differenza mi spaventassero. Non c’era niente che avrebbe potuto fare per allontanarmi. Mi ero troppo avvicinata al sole per potermi tirare indietro. Non volevo che accadesse niente alla nostra bolla e se lui voleva continuare a tenere questo segreto l’avrei assecondato.
Mi sarebbe stato abbastanza facile guardare su internet e scoprire addirittura la sua data di nascita, ma non volevo farlo. Se lui non me lo voleva dire, probabilmente aveva i suoi buoni motivi per farlo.

-trentacinque. Ho trentacinque anni Gloria!-

Lo fissai a bocca aperta, incapace di credere al fatto che mi aveva appena detto la sua età. Avevo vinto. Gli avevo chiesto questa semplice cosa e lui, anche se particolarmente riluttante, mi aveva risposto. Sorrisi come una bambina felice e annullai la distanza tra le nostre bocche. Capitava abbastanza di rado che fossi io a prendere l'iniziativa è questo sapevo che lo stupiva sempre.
Sentì la sua lingua reclamare la mia è subito lo lasciai entrare. Era la fine del mondo baciarlo. Avevamo 12 anni di differenza. Niente di così tragico.

-perché avevi paura di dirmelo?-

-sono anni di differenza Gloria. Tu ancora non vai per i venticinque e io sono più vicino ai quaranta.-

-sembra che questa cosa dell'età dia più fastidio a te che a me! Per me non ci sono proprio problemi!- ribadì con un sorriso.

-tu mi stupisci sempre Miss. Perri!- replicò facendo nascere un sorriso a sua volta su quel faccino favoloso.

-lieta di saperlo Mr. Lays!-

 

 

 

 
 
 



 
  

 
________________________

Ciao a Tutti!

Vorrei scusarmi per il ritardo nel postare questo capitolo, ma purtroppo ho avuto un lutto in famiglia che mi ha fatto perdere completamente la vena artistica. giuro che proverò ad essere più presente. Ci proverò perchè vedo che la storia vi piace e piace molto anche a me!!

cosa ne pensate di questo capitolo?
cosa succederà con Tyron?
secondo voi Mr. Lays è adatto ad una ragazza come Gloria?


-Grazie a chi mette la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!! ;)-

-Grazie a 
Diarly e KateBeckett_RichardCastle che hanno recensito il capitolo! spero di leggere altre vostre reazioni ragazze!!!-

Ci vediamo al prossimo capitolo per vedere cosa combinerà il nostro Bello e Impossibile!!!

Un bacio!
 
Marty



 

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Capitolo 11
*** 11) Two-Faced ***




 
 

 

 

Trailer

 


11) Two-faced









-c’è qualcosa che vuoi dirmi Candice?- domandai sospirando e sprofondando ancora di più sul divanetto di pelle nera di Starbucks.

-mi sta tormentando.. dio solo può sapere quante volte mi ha chiamato per chiedermi di te!- sbottò battendo il bicchiere di plastica sul tavolo per enfatizzare la cosa.

Sbuffai sonoramente e bevvi un sorso di tè leggero alla vaniglia. Mi stava mandando al manicomio la cosa. Era una settimana che aveva scoperto la mia tresca con Bradley e da allora era diventato il mio incubo peggiore. Credevo che non avrei più provato odio per qualcuno così come lo provavo per i miei genitori, ma al peggio non c’è mai fine.
Tyron stava diventando peggio di uno stalker. Mi pedinava, mi chiamava, mi mandava messaggi a tutte le ore, e ovviamente, si presentava quasi tutte le sere al ristorante. Stava diventando una situazione impossibile da gestire. Adesso venivo a sapere che importunava anche Candice per avere informazioni e questo mi mandava il sangue al cervello. Perchè non poteva semplicemente farsi gli affari suoi? Che cosa voleva dalla mia vita? Aveva scoperto che non ero sola, che nella mia vita c’era qualcuno, eppure non sembrava accettarlo. Non voleva rassegnarsi.

-mi sta mandando fuori di testa!-

-a Lays l’hai detto?-

Scossi velocemente la testa cercando di distogliere il pensiero dai due occhi favolosi che mi incantavano ogni giorno di più. Bradley non lo sapeva e proprio non doveva saperlo. Era una settimana che ci vedevamo tutte le sere dopo il lavoro e andavo a casa sua. Facevamo sesso. Tanto sesso. Puro sesso.
Stavamo insieme per quello. Non uscivamo insieme. Non era mai capitato di andare a qualche evento o in qualche locale. Subito dopo lavoro, mi portava nella sua reggia e li mi dimostrava che era impossibile non pensare a lui per tutto il giorno.
Se Bradley avesse saputo di Tyron, probabilmente avrebbe sguinzagliato qualcuno del suo servizio di protezione e mi avrebbe messo una guardia del corpo alle costole che avrebbe fatto vedere i sorci verdi a Tyron alla prima occasione, oppure si sarebbe occupato lui in prima persona di quel poveretto. Per quanto detestassi la situazione in cui mi aveva messo, non ero nessuno per volergli fare del male di proposito.

-non posso dirlo a Bradley!-

-secondo me dovresti invece. Tyron ha bisogno di un input per capire che non è possibile tra voi.-

Come sempre Candice vedeva le cose in un modo completamente diverso da come le vedevo io. Lei era in grado di mostrarmi una diversa visione delle cose. La visione alla Candy.


-e se gli fa qualcosa?- domandai impaurita mentre un brivido mi percorreva la spina dorsale.

-che vuoi che gli faccia Ria? Lays è abbastanza furbo per non farsi beccare.. e poi diciamocelo, un po' di paura farebbe altro che bene a quel coglione di Tyron!- replicò agguerrita.

-com’è che ti sei accanita contro di lui?-

-semplice. Adesso, finalmente, dopo non so quanto tempo, ti vedo felice e allegra. Il merito di tutto questo è di Lays e non voglio che questo tuo idillio finisca per colpa di un cretino qualsiasi.-

Mi commossi alle sue parole e mi lasciai andare ad un sospiro. Aveva perfettamente ragione. Da quando Bradley era entrato nella mia vita, niente aveva più avuto lo stesso sapore. Ero sempre allegra e spensierata. Ero riuscita a controllare i miei sbalzi di umore e la mia bipolarità era finalmente sotto controllo. Non ero pazza quando stavo in Italia, ma adesso, ero rinata. Ero una nuova persona e merito di tutto questo, era anche da attribuire a Bradley Lays.
Venni distolta dai miei pensieri dal cellulare di Candy che aveva preso a suonare all’impazzata. Quando quel cellulare suonava così, c’era una sola persona al mondo che l’aspettava. Il suo capo. Mr. Helton in persona.
Da quando avevo avuto quello spiacevole incontro nel suo ufficio, che poi si era rivelato essere un’adescamento in piena regola da parte di Mr. Maniaco del controllo, non avevo più avuto occasione di rivederlo. Poco male. Non è che fosse una persona degna di nota. Non mi piaceva. l’importante è che facesse stare bene la mia Candy. Solo questo.

-Mr. Helton buongiorno!- squillò energica la mia migliore amica facendomi venire da ridere.

Non ascoltai la conversazione. Non mi interessava il lavoro di Candice. Era troppo lontano dal mio mondo, anche se mi aveva portato a conoscere Lui. La persona che popolava tutti i miei pensieri da una settimana a questa parte. Sorrisi al pensiero di lui questa mattina. Avevo scelto la sua cravatta tra le mille che aveva nella sua enorme cabina armadio, e sorprendendomi, l’aveva indossata davvero.
Cercai in borsa il telefono, con l’intenzione di mandargli un messaggio, ma appena lo sbloccai, notai subito che c’erano due chiamate perse. Una da mia madre e una da mio padre. Grandioso. Era più di un mese che non li sentivo e andava tutto bene. Mi avevano chiamato a pochi minuti di distanza l’uno dall’altra. Che palle. Avrei dovuto richiamarlo, ma la voglia si affievoliva sempre di più. Non volevo guastare il mio umore a causa loro. Adesso stavo bene.

-certo signore! Sarà fatto, arrivo immediatamente!-

La guardai alzarsi e mimarmi un “sorry” con le labbra. Sorrisi e annuì con la testa per farle capire che non c’era nessun tipo di problema. Sapevo che il suo lavoro era così. Se un importante, ricco, spaccone di New York City, richiedeva l’intervento della Helton Catering, lei correva e organizzava l’evento in meno di un pomeriggio. Dio solo sapeva come faceva ad organizzarsi così.

-Gloria scusami davvero!- esclamò uscendo velocemente da Starbucks e lasciandomi sola a domandarmi come cavolo facesse a correre in quel modo su quei tacchi quindici che si portava dietro.

Fissai il mio bicchiere di tè ancora mezzo pieno e cercai di trovare il coraggio di richiamare i miei genitori. Questo era il momento perfetto. Ero sola. Ero in mezzo alla gente e non avrei potuto dare di matto più del dovuto. Forza Gloria.
Presi in telefono dal tavolino e lo guardai un secondo prima di comporre il numero di mia madre. Sapevo che se mi chiamavano, era perchè c’era qualcosa che bolliva in pentola. Loro non erano genitori che chiamano per sapere come stavo o come me la cavavo così lontana da casa. In cuor mio speravo che non fosse successo niente di irreparabile.
Mi portai il cellulare all’orecchio e attesi la risposta. Mia madre, da brava persona quale si rispetti, rispose al quarto squillo e io mi pentì immediatamente di averla chiamata non appena sentì la sua voce. Non ero ancora pronta a questo.

-Gloria Perri ti schifa fare una telefonata ogni tanto alla tua famiglia?-

Calma Gloria.
Respira, facendo respiri belli profondi. Non credere a quel suo tono accusatorio. Tu non hai niente che non va bene. Il vero problema sono loro. Loro e basta. Non pensare di esserlo tu. Non pensarlo mai Gloria.

-mi avevate cercato per un motivo preciso?- domandai cercando di restare calma anche se in cuor mio tutto quello che volevo fare era scoppiare.

-sono mesi che non ti fai viva!- mi accusò mia madre con tono grave.

E domandati un po' il motivo.

-ti ripeto la domanda. C’è un motivo per questa chiamata?-

La sentì tentennare qualche secondo e mentalmente mi congratulai con me stessa per essere riuscita a zittirla per qualche secondo. Ero sempre stata succube di loro e finalmente la ruota aveva preso a girare nel verso giusto. Ero io che decidevo come e quanto. Se non li volevo vedere o sentire erano affari miei. Non potevano irrompere nella mia vita e scombussolarla di nuovo. Io ero padrona della mia vita adesso. Io e nessun altro.

-volevo solo sapere come stavi Gloria! Hai abbandonato tutto e sei scappata in un paese che non ti appartiene! I tuoi numerosi problemi di salute sono evidenti..-

Trattenni il respiro per qualche istante. Fortunatamente ero in un locale affollato in una città che mi calzava a pennello. Avevano paura che avessi combinato qualche sciocchezza a causa dei miei evidenti problemi di salute. Traduzione, dal momento che sei emotivamente instabile, abbiamo pensato che avresti potuto buttarti sotto un treno alla prima occasione. Merda. Contavo così poco per loro? Ero solo questo? La prima cosa che mi dice mia madre dopo mesi di assenza, è se sto bene a causa dei miei sbalzi di umore. Dio sono così dispiaciuta per loro.

-ti stupiresti di sapere che da quando sono qua, non è mai successo che avessi una crisi.- ribattei cruda.

Chiusi gli occhi e ricordai una delle ultime crisi che avevo avuto. Avevo avuto un crollo emotivo, che mi aveva portato a provare a farmi del male. Avevo il coltello nella mano destra che tremava, cercando di mirare il polso. Mio padre mi aveva salvato da quella tragica vicenda, ma nonostante tutto, c’erano state altre scene come quella. Io non sono mai stata una bambina felice. Il mio passato mi marchiava come un tatuaggio indelebile. Il dottore strizza-cervelli di allora non gli aveva dato molto peso, considerandomi solo una ragazzina sola, ma io sapevo che il dolore che avevo provato era reale. Per quello non mi fidavo dei dottori in generale. Loro non ci sono dentro il tuo corpo. Non possono darti medicine o farti diagnosi. Non sanno quello che stai provando.

-ah davvero?-

Sorrisi sentendo del risentimento nella sua voce. Era ovvio che la cosa on gli andasse a genio, perchè era altrettanto ovvio che i miei problemi mentali derivavano da loro. Da quando li avevo abbandonati, per trasferirmi a New York era nata una nuova Gloria. Era una ragazza del tutto diversa da quella che aveva lasciato l’Italia e francamente, non l’avrei cambiata con nulla al mondo.

-si davvero. Sto bene. Vivo la mia vita in completa armonia grazie.- dissi rincarando la dose.

Una parte di me, forse quella più infantile e combattiva, voleva che loro sapessero tutto il male che mi avevano procurato. Volevo che patissero esattamente le pene che avevo patito io. Era un ragionamento da cattivi, ma non potevo farne a meno.

-beh quando è così, credo che non abbiamo più niente da dirci. Ciao Gloria!-

-ciao.-

Fissai il cellulare qualche secondo, poi come se scottasse, lo buttai sul tavolino e sprofondai sulla poltroncina di pelle. Sicuramente qualche addetto di Starbucks mi avrebbe presto cacciato a calci in culo.
Valutai nella mia mente la telefonata avuta con mia madre e subito mi pentì di averla richiamata. Il mio umore era sceso sotto terra e non riuscivo più a connettere lucidamente. Era ancora mattina e io non vedevo l’ora che la giornata arrivasse alla sua fine.
Quella chiamata aveva risvegliato in me un qualcosa che ero riuscita a reprimere, grazie all’aiuto di Candice, del mio lavoro al “Forno” e perchè no, anche grazie all’aiuto di Bradley.
Già.
Mr. Bello e Impossibile era una perfetta arma di distrazione. Grazie a lui mandavo a quel paese tutti i miei problemi e mi concentravo su una nuova parte di me che ancora non conoscevo. Era la parte lussuriosa e vogliosa che aveva bisogno di lui ogni istante.
Sorrisi al pensiero che anche oggi mi ero svegliata al suo fianco. Era una settimana ormai che succedeva e la cosa, sorprendendomi non poco, mi faceva piacere.
Guardai il cellulare e lo ripresi subito per comporre il numero di Bradley. Se mi avesse detto che era disponibile e che non aveva appuntamenti, sarei andata da lui. Non volevo restare sola e dal momento che Candice mi aveva appena abbandonato, lui era la mia ancora di salvezza.

-Ufficio di Mr. Lays, sono Diana!- la voce squillante della sua segretaria.

Staccai un secondo il cellulare dall'orecchio. Avevo chiamato il numero giusto? Perché mi stava rispondendo la segretaria al suo cellulare privato? Alzai le spalle e mi riportai il telefono all'orecchio per poter continuare la conversazione. Mi stavo comportando da maleducata con questa ragazza.

-pronto?- continuò lei insistendo.

Ecco. Appunto.

-ehm pronto mi scusi ma pensavo di poter parlare con Bradley..- biascicai come una che imparava adesso a parlare.

-Mr. Lays è in riunione signora! Posso farla richiamare?- domandò efficiente come solo la segretaria di un uomo con un impero poteva essere.

Volevo che mi richiamasse? In fin dei conti era a lavoro e io avevo bisogno di lui sotto un aspetto puramente carnale. Aver risentito mia madre mi aveva fatto cadere in uno stato di sconforto, ma non potevo certo interrompere la sua vita lavorativa per un mio bisogno. Sospirai lasciando quella poverina in attesa. Ok forse in questo momento mi stava odiando.

-non importa che mi richiami, non era niente di importante non si preocc..-

-mi scusi un attimo Miss.- esclamò velocemente interrompendomi.

Rimasi un secondo interdetta. La stavo distogliendo dal lavoro e mentalmente mi detto della deficiente. Solo perché io ero libera, questo non mi permetteva di rompere le scatole alle persone che lavoravano. Forse Bradley mi avrebbe odiato per aver rubato tempo prezioso alla sua segretaria.

-Gloria!-

Sgranai gli occhi a quella voce. Bradley. Che cosa ci faceva lui li? Non avrebbe dovuto essere in riunione così come mi aveva detto la sua segretaria? Mi lasciai andare ad un sorriso sentendo la sua voce. Era così calda e roca. Perfetta. Lui era perfetto, inutile negarlo. Ero irrimediabilmente presa da lui. Il mio solo nome pronunciato da quelle labbra, acquistava un qualcosa di sensazionale. Inutile negarlo. Lo volevo disperatamente, specie in questo momento.

-ciao!- riuscì ad esclamare dopo un tempo che sembrava infinito.

-Diana non passarmi telefonate!- tuonò da bravo padrone del mondo.

Sentì una porta chiudersi e mi immaginai che lui si fosse chiuso in ufficio. Avrei pagato oro per essere in quel preciso momento in ufficio con lui. Avevo troppa voglia di quell'uomo. Speravo che mi chiedesse di passare da lui. Lo speravo davvero tanto.
Alzai gli occhi al cielo rendendomi conto che non potevo lasciare che il mio mondo si condizionasse dal suo. Avevamo entrambi un lavoro e dovevamo lasciarci andare.

-che succede Bimba?- mi chiese con quella voce profonda che mi faceva perdere la bussola ogni volta.

Sospirai.
Lui non sapeva nulla del mio passato e così volevo che continuasse la nostra storia. Non ero abbastanza pronta per dichiarare niente e lui non mi aveva detto nulla della sua vita. Andava bene così. Non avevamo ancora una relazione in cui confidarci ogni cosa. Eravamo semplicemente noi. Bastava questo. Eravamo anti-convenzionali e non c'era di meglio al mondo.

-ho voglia di vederti!- ammisi sincera iniziando a giocare con i capelli come una bambina.

Potei scommettere che sul suo meraviglioso viso, si formò un sorriso. Ne ero sicura. Sapevo che in qualsiasi momento ne aveva voglia anche lui. Entrambi eravamo così attratti, da far invidia a due calamite. Mi aveva confessato che adorava il mio spirito di iniziativa e questo mi portava a tentare di stupirlo il più possibile. Non volevo che si annoiasse di me.

-e che cosa stai aspettando? Vieni qui da me!- esclamò come se fosse la cosa più semplice di questo mondo.

-non posso interrompere il tuo lavoro ogni singola volta che ne ho voglia!- esclamai come se mi fossi appena scottata.

-cazzate! Puoi venire qua quando vuoi! Gli appuntamenti sono fatti per essere spostati!- mi disse con ovvietà, lasciandomi nascere un sorriso.

-si da il caso che io sia ad uno Starbucks sulla sesta!- ammisi continuando a sorridere.

-bimba rimani in linea!-

Annuì come se lui potesse vedermi e scossi la testa subito dopo ricordandomi che eravamo al telefono. Compimenti Gloria. Quest'uomo si fotterà anche il mio cervello se continuiamo di questo passo.

-Diana disdici gli appuntamenti delle 11:00 e delle 12:00. Tornerò in ufficio per la riunione delle 14:30!-

Trattenni il fiato e sentì la cornetta del telefono fisso battere. Aveva appena spostato due appuntamenti per stare con me. Cristo come mi face sentire bene questa cosa.
Il cervello mi diceva che aveva appena fatto una cazzata gigantesca, ma il mio cuore e le mie viscere erano inspiegabilmente contenti. Mi faceva sentire importante, e dal momento che non ero stata importante per nessuno per diverso tempo della mia vita, questo mi faceva stare bene.

-hai disdetto due appuntamenti.- affermai quando mi resi conto di avere la sua completa attenzione.

- lo so Bimba, dove sei?-

-tra la sesta e la trentesima!- dissi sporgendomi leggermente verso la vetrata per leggere bene la strada.

-sarò da te tra dieci minuti, poi andiamo da qualche parte!- sentenziò autoritario mentre mi si riaccendeva la voglia che avevo di lui.

-perfetto!-

##

Entrai nella sua favolosa macchina e mi lasciai andare sul sedile di pelle. Dio adoravo quella macchina, quasi quanto adoravo il suo proprietario. Mi piaceva da morire starmene li seduta accanto a lui e pensando a quello che mi stava per aspettare. Era una settimana che succedeva e non potevo pensare ad una cosa migliore.

-puoi interrompere il mio lavoro quando vuoi!- esclamò facendomi nascere un sorriso a trentadue denti.

Fanculo a mia madre e a mio padre. Loro non ci sono qui. Loro non sanno un emerito cazzo di me e della mia vita attuale. Io sto bene. Adesso sono la persona che avrei sempre voluto essere nella mia vita. Vivo senza rimpianti e senza accusarmi di nulla. Non sono io quella sbagliata in questo fottuto mondo.

-mi fa piacere saperlo..-

Lo guardai sporgersi verso di me e accolsi le sue labbra sulle mie, lasciando che un bacio rovente scoppiasse. Ogni volta che mi sfiorava, sentivo una voglia incontrollabile. Mi strinsi le cosce, consapevole che mi stavo eccitando pericolosamente. Stavamo per fare sesso e quando succedeva, andavo in una completa estasi che mi faceva toccare il cielo con un dito. Quest’uomo era senza ombra di dubbio la cosa più simile ad un Dio che questo mondo avesse. Ero fortunata.

-devo portarti velocemente a casa prima che scoppi.-

Si immise nel traffico e io mi passai una mano tra i capelli, pensando a quello che aveva appena detto. Chi sa a chi si stava riferendo. Io ero decisamente bollente, e probabilmente si riferiva a me, ma qualcosa mi diceva che anche lui era particolarmente attivo. Forse era una frase che richiudeva entrambi. Se non si fosse velocizzato a tornare al suo appartamento, l’avremmo fatto su questo favolosi sedili in pelle.
Sorrisi al pensiero e mi concentrai sulla sua guida, che come al solito era fottutamente pericolosa. Come poteva non fare un incidente al giorno lo sapeva solo lui. Chissà se la polizia l’aveva mai fermato. Alzando gli occhi al cielo pensai di si, ma conoscendo il suo fascino disarmante e le sue innate abilità di persuasione, se l’era cavata con poco più di un saluto. Ah i soldi.

-prima o poi ti ritireranno la patente Lays!-

Avevo voglia di giocare e a giudicare dal sorriso che feci nascere sulle sue labbra, anche lui aveva voglia di stare al gioco. Quando ci lasciavamo andare a questi rari momenti di spensieratezza, sembravamo tutto tranne due patiti del sesso. Sembravamo solamente due ragazzi che si conoscevano e che si piacevano. Tutto ciò mi rendeva felice e allegra.

-in nessun posto sei più al sicuro che in macchina con me Bimba! Rilassati!-

Scoppiai a ridere quando lo vidi sorpassare una macchina che si era appena fermata al semaforo che era diventato giallo. Chissà perchè ma mi sentivo di dissentire a questa sua affermazione. Mi avrebbe mandato al macello e se non si fosse schiantato, probabilmente sarei morta d’infarto prima.

-permettimi di dissentire Bradley!- ridacchiai continuando a guardare la strada davanti a noi.

-adoro il suono della tua risata.-

Mi zittì di colpo e lo guardai rendendomi conto immediatamente di quello che aveva detto. Lui adorava qualcosa di me. Si voltò un secondo, staccando gli occhi dalla strada e facendomi nuotare in quel mare azzurro. Chissà se c’era qualcos’altro che adorava di me. Io di lui adoravo praticamente tutto. Mi stupiva in tutto e per tutto. Certo, era prepotentemente possessivo e maniaco del controllo, ma ero più che sicura che per diventare quello che lui era diventato, avesse un costante bisogno di esserlo. Non comandi il mondo facendoti abbattere dalle emozioni. Devi controllarle.
Tornai a guardare la strada e vidi che mise la freccia. Non eravamo nel suo appartamento, e non eravamo nemmeno nel mio. Guardai dallo specchietto e per poco non mi sentì mancare quando mi resi conto che stavamo entrando nel parcheggio sotterraneo di un hotel. Strizzai leggermente gli occhi per leggere il nome sul marmo nero e alzai gli occhi al cielo leggendo “Lays&Co. Hotels”. Ovvio che il mio bellissimo Mr. Controllo non avesse un hotel nel cuore della città.
Parcheggiò la macchina nel mezzo dell’entrata e uscendo velocemente, venne ad aprirmi la portiera, per poi lanciare le chiavi all’addetto del parcheggio. Il poveretto, afferrò le chiavi e riprese a sbavare sulla macchina. Sorrisi. Non ero la sola a cedere al fascino della Porsche.

-ammaccala e ti ammazzo!- decretò Bradley avvertendo il poverello che adesso non sembrava più tanto felice di poter mettere il culo sulla Carrera.

Scossi leggermente la testa mentre Bradley mi portava all’interno dell’hotel. Da quello che potevo vedere era tutto lusso a cinque stelle. Probabilmente anche di più. C’era un banco con tanto di receptionist, ma a lui sembrava non importare, mi trascinò oltre il portiere e mi condusse direttamente all’ascensore.
Da quando stavo con lui, avevo imparato ad adorare gli ascensori. Quelli sulla quinta strada in particolare. Avevano un non so che di paradisiaco. Sorrisi incrociando il suo sguardo e appena le porte si aprirono, mi lasciai condurre da lui.
Non c’era nessuno sul pianerottolo e nel corridoio. Bradley tirò fuori un passepartout da non so dove e un istante dopo eravamo dentro una stanza.
Mi avventai addosso a lui, insinuando le mani sotto la sua camicia per sentire la sua pelle umida e la durezza dei suoi muscoli. Lo guardai togliersi la camicia facendola passare da sopra la testa e per una frazione di secondo mi mancò il respiro. Oh, mio Dio... La visione di Bradley nudo, completamente, dopo che i pantaloni rigorosamente firmati caddero a terra, mandava letteralmente in estasi.
Non aveva un grammo di grasso superfluo: solo dure lastre di muscoli perfetti. Aveva addominali splendidi e quella V supersexy di muscoli sul bacino.

-Sei ancora vestita.- sussurrò mandando il mio cervello a farsi benedire.

Mi sfilò in fretta il top, prima che avessi il tempo di riprendermi dalla visione. Armeggiò con i miei pantaloni finché non caddero a terra e io scalciai via le scarpe con una tale foga che persi l’equilibrio e caddi sul letto. Ebbi appena il tempo di sospirare che lui fu su di me.

-Sei così bella, Gloria.- esclamò mentre mi strizzò un seno con una mano.

Lui mi baciò con ardore, leccandomi la lingua nel suo modo speciale. Pensai che avrebbe davvero potuto farmi venire solo con un bacio, se avesse voluto. Tutto in lui mi eccitava, il suo aspetto, la sensazione che mi dava quando lo sfioravo, il modo in cui mi guardava e mi toccava.
Gli passai le mani tra i capelli neri e lucenti. I peli crespi del suo petto mi solleticavano i capezzoli, e la sensazione del suo corpo duro come la roccia contro il mio bastava a farmi sentire bagnata e vogliosa.

-Non ho mai desiderato qualcosa così tanto.-

-Allora prendimi!-

-Non ancora..Non sei ancora pronta.- mormorò, muovendosi più lentamente e tracciando il contorno del mio ombelico con la punta della lingua.

-Cosa? Ah, Dio... non posso essere più pronta di così.- Lo tirai per i capelli, cercando di farlo risalire.

-Lasciami fare Gloria!- sentenziò continuando la sua opera.

Lui seppellì il volto tra le mie gambe e io cercai di lottare contro la sua stretta, arrossendo d’ improvvisa vergogna. Mi morse l’interno della coscia.
Mi irrigidì all’istante. Sapevo quello che stava per fare e mi sentivo impreparata. Era così intimo, così strano.
Lui gemette dolcemente e si immerse di nuovo nel recesso umido tra le mie gambe. La sua lingua si spinse dentro di me, leccando e facendosi strada tra i tessuti sensibili. I miei fianchi si muovevano senza tregua, il mio corpo implorava in silenzio di averne di più. Era una sensazione così bella che avrei potuto piangere.
Quando lui succhiò il mio clitoride con gesti ritmici e costanti, venni, emettendo un grido roco.
Cristo.
Adesso basta.
Lo volevo dentro di me.

-Scopami.- gli ordinai, sfidandolo con lo sguardo.

-Bimba.-

Fece quasi schioccare il mio nome sulla lingua, mentre mi penetrava, sprofondando in me con una spinta feroce.
Sussultai.
Non ero mai stata tanto eccitata in vita mia, il che pareva impossibile, dopo ciò che avevo provato con lui fino a quel momento.
Mi strinsi intorno al suo corpo, godendomi la sensazione di averlo dentro di me, di sentirmi riempire.

-Oddio... È così bello.-

Aumentando la stretta, lui cominciò a scoparmi, inchiodandomi i fianchi al materasso con stoccate selvagge e potenti. Il piacere mi investì di nuovo.

-Vieni, Gloria. Vieni adesso!- mi ordinò dolcemente.

E io venni, con forza impetuosa e singhiozzando il suo nome. Venne anche lui, urlando il mio nome come se non ci fosse altro da dire. Come se il mio nome fosse la medicina che curava tutto.

-Wow- riuscii a dire alla fine.

-Tu mi ucciderai..Finiremo per scoparci a morte.- mormorò lui con le labbra contro il mio mento.

-Io? Io non ho fatto niente.- esclamai angelica mentre lui usciva da me e si posizionava al mio fianco.

Si voltò immediatamente verso di me e mi baciò dolcemente, come solo lui sapeva fare. Si sfilò il preservativo, lo avvolse in un fazzolettino di carta preso dal comodino e lo gettò nel cestino accanto al letto.

-Farai la doccia con me vero?- domandò, accarezzandomi un braccio.

-Dammi un minuto per riprendermi, e poi ti raggiungo.-

-Okay.-

Andò in bagno, concedendomi la prima visione del suo sedere scolpito e perfetto. Gesù, era la fine del mondo.
L’acqua cominciò a scorrere nella doccia. Mi tirai su e feci scivolare le gambe giù dal letto, sentendomi piacevolmente barcollante. Il mio sguardo cadde sul cassetto socchiuso del comodino, in cui intravidi i preservativi.
Con mano tremante aprii un po’ di più il cassetto e vi trovai, oltre a una notevole provvista di profilattici, una boccetta di lubrificante e un paio di giocattoli erotici ancora nelle scatole. Il mio cuore cominciò a martellare. Ripensai al nostro impetuoso arrivo all’hotel. Bradley non aveva chiesto quali stanze fossero libere, che avesse o meno un passepartout, avrebbe dovuto informarsi prima di occuparne una... A meno che non avesse saputo fin dall’inizio che questa particolare suite era disponibile.
Evidentemente si trattava della Sua suite. Uno scannatoio attrezzato con tutto ciò che gli serviva per spassarsela con le donne.
Barcollando mi alzai e andai verso l’armadio, mentre l’acqua continuava a scrosciare. Con mani decise afferrai le maniglie delle ante e spalancai l’armadio, sentendomi male quando vidi che dentro c’era un piccolo assortimento di abiti da uomo più un paio di jeans e qualche camicia. Merda. Questa era davvero la sua stanza. Questo era davvero il suo scannatoio dove portava le donne quando aveva bisogno di fare sesso.
Chiusi in fretta le ante. Avevo già visto abbastanza.
Tornai al letto e ripresi i miei vestiti da terra. Indossai velocemente i pantaloni e il top e presi una camicia di Bradley per coprirmi maggiormente. Mi sentivo nuda. Mi sentivo un po’ sporca e usata, e molto ferita.
Presi i preservativi, il lubrificante, i giocattoli e li buttai sul letto. Poi, raccolsi la borsa e me ne andai chiudendomi la porta alle spalle.





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CIAO!

PRIMA DI TUTTO CI TENGO A PRECISARE CHE SPERO DI NON RICEVERE NESSUN ACCIDENTE PER QUESTO CAPITOLO E PER COME HO DECISO DI FINIRLO.. TUTTO VERRA' SPIEGATO A TEMPO DEBITO!!

Allooooora, che cosa ne pensate??
parti più belle e parti più brutte?
Vi prego rendetemi partecipe di quello che passa per le vostre belle testoline!!!!!!!!!!!!!!!

-Grazie a chi legge silenziosamente la storia!!-

-Grazie a chi la mette tra le preferite/seguite/da ricordare!-

-Grazie alle tre perfette anime che hanno recensito il capitolo precedente!! GRAZIE DI CUORE-


^^Diarly^^ ---------> (TI ADORO)

^^Babizlola93^^

^^_life^^


Ci vediamo al prossimo capitolo bella gente!!

SAYONARA!

 

Marty0029

 

 

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Capitolo 12
*** 12) Run ***


 


 

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12) Run




 


Camminavo per la settima strada incapace di credere a quello che avevo appena fatto. Era successo così velocemente che non ero proprio riuscita a capacitarmi di tutto quello che era accaduto in quella stanza di hotel. Avevo provato qualcosa che credevo di non riuscire mai a provare. Credevo che non sarei mai potuta stare meglio di così e poi.. Poi avevo scoperto quello che in realtà era quel posto. Chissà quante donne ci aveva portato prima di me. Chissà a quante aveva fatto vedere le stelle su quel letto. Chissà quante si erano divertite con quello che aveva dentro quel dannato cassetto.
Portai indietro la testa e lasciai che qualche lacrima scivolasse lungo le mie guance. Oggi proprio non era la mia giornata. Oggi non ero proprio in grado di superarla. Avevo sentito mia madre. Quella maledetta donna mi aveva mandato a puttane il cervello. Accidenti.
A tutto dovevo aggiungerci che avevo appena mandato a quel paese Bradley Lays. L'unico capace di farmi perdere completamente la testa. Grandioso. Avevo un bel problema sotto le mani.
Entrai velocemente dentro una caffetteria tipica americana, che poteva benissimo somigliare a Starbucks e ordinai un caffè. Volevo qualcosa di caldo dal momento che stavo cominciando a sentire freddo. Presi il cellulare e lo sbloccai notando che avevo diverse chiamate perse da Bradley. Ovvio. Si sarà reso conto della gravità della situazione? Attualmente non avevo la minima voglia di parlare con lui. Conoscevo il mio lato guerriero e sicuramente gli avrei detto qualcosa di cui mi sarei pentita domani. Dovevo sbollirmi se volevo parlare con lui. A mente fredda si effettuano i migliori ragionamenti.
Ringraziai il barista che mi porse il bicchiere di carta e mi sedetti sopra ad uno sgabello vuoto. Avevo la vista sulla settima e mi resi conto solo in quel momento che aveva cominciato a piovere. Bella la mia New York che soffre insieme a me.
Il cellulare vibrò sul tavolo, attirando l'attenzione del signore seduto accanto a me. Lo presi e lessi il messaggio che mi era arrivato. Sapevo a chi apparteneva.

"Non mandiamo tutto a puttane per una cazzata! Ti prego dimmi dove sei"

Lo ignorai completamente e sorseggiai il caffè bollente. Mmmh proprio quello che mi serviva per affrontare il resto della giornata. Guardai l'ora sul display. Erano solo le 11:45. Avevo appena cominciato la giornata e già volevo che finisse. Fanculo.
Una parte di me, quella razionale, era quasi sollevata di sapere che Bradley avesse quella suite nell’hotel. Mi avrebbe aiutato a troncare i rapporti con lui e mi sarei ripresa con tanta buona volontà. Alzai gli occhi al cielo e mi lasciai andare ad un sospiro. Che cosa stavo facendo? Che cosa stavo pensando? Non era certo colpa sua se aveva un fottuto passato. Quale uomo di potere non ha una suite dove porta le sue donne a divertirsi? Dio devo essergli sembrata così stupida. Non volevo più vederlo.
Abbassai lo sguardo e cambiai posizione sullo sgabello quando vidi entrare una persona. Ottimo. Ricordavo perfettamente dove l’avevo vista e ricordavo anche il suo nome. Ero più che sicura che anche lei si fosse divertita in quella stanza d’albergo. Dopotutto era abbastanza chiaro che lei e Bradley avevano avuto una relazione.
La vidi alzare la testa e i suoi occhi verdi si posarono su di me. Era davvero una bella donna, a dispetto di tutte le aspettative. Indossava un tubino blu notte, con una cintura oro in vita. Aveva dei tacchi come sempre, esageratamente alti, e una borsetta, ovviamente firmata sotto il braccio. Mentalmente mandai a fanculo il fato. Non ero propriamente attrezzata per fronteggiare un incontro. Avevo un semplicissimo paio di jeans e un top smanicato fucsia. Fortuna almeno che la camicia di Bradley mi dava un tono. Chissà se mi aveva riconosciuto. Forse mi era andata bene e non mi avrebbe rivolto la parola.
Tornai a concentrarmi sul mio caffè bollente, finchè non sentì lo sgabello alla mia sinistra muoversi. Ovvio che mi aveva riconosciuta. Voleva quello che fino a pochi minuti fa consideravo mio. Sono persone che ti rimangono bene impresse nella mente.

-ci siamo già viste vero?- mi domandò soffiando sul suo tè, con quelle labbra paurosamente truccate.

-immagino di si- risposi semplicemente senza guardarla.

-oh ma certo! Che stupida a non ricordamelo prima.. ci siamo viste nell’appartamento di Brad!- esclamò con finto entusiasmo, facendomi alzare gli occhi al cielo.

Feci un piccolo cenno di assenso con la testa, incapace di formulare la minima parola. Non potevo sentire pronunciare quel nome senza ripensare a quello che era appena successo.

-puoi ricordarmi il tuo nome per favore? Io sono Natalee!- mi disse con un sorriso falso che probabilmente era abituata a fare giornalmente.

Mi voltai un secondo verso di lei e alzai un sopracciglio. Mi stava prendendo in giro per caso? Nelle condizioni in cui ero in questo momento, poteva benissimo prendere e sparare sulla croce rossa già che c’era. Non ero in grado di affrontare una conversazione con lei. Non adesso. Non qui, e soprattutto non oggi.

-Gloria! Adesso scusami ma devo andare.-

Feci per alzarmi, quando la sua mano si posò sul mio braccio. Aveva uno sguardo strano. Sembrava che mi potesse capire. Sembrava che sapesse perfettamente quello che avevo appena passato.
Oh insomma ma che cosa cavolo voleva questa donna, una delle super numerose ex, di quel fottuto maniaco del controllo da me? Volevo solo pace e tranquillità porca vacca.

-da cosa stai scappando?- mi domandò senza staccare gli occhi da me.

-non scappo proprio da nessuno!- sbraitai punta nel vivo.

-conosco Bradley..- cominciò facendomi venire un brivido lungo la schiena a quella sua affermazione.

Sapevo che lo conosceva. Erano stati intimi, quindi era ovvio che lo conosceva. Forse anche meglio di me. Forse anche più di quanto lo eravamo stati noi. Merda. Mi veniva il vomito al pensiero di lei e Bradley sdraiati sul letto in cui avevo appena avuto due orgasmi.
Mi portai una mano tra i capelli e sospirai mentre evidentemente lei si accennava a continuare il suo discorso. Evidentemente vedermi così abbattuta non era abbastanza per il suo orgoglio femminile.

-Bradley Lays sa essere perfetto. Sa donarti il mondo. Sa come prendere una donna. Sa cosa può darle piacere, ma non sa niente più di questo. Lui non è un tipo da relazioni piccola Gloria. Lui non ama. Lui fotte. Senza pietà- mi disse continuando a sorseggiare il suo tè come se niente fosse stato appena detto.

Mi sentì la terra mancare da sotto i piedi e mi rimisi velocemente a sedere sullo sgabello prima di cadere rumorosamente sul pavimento. Lui fotte senza pietà. Esattamente la cosa che mi aveva detto la prima sera che siamo andati a letto insieme.
Lui non ama.
Lui non sa amare.
Lui non è un tipo da relazioni.
Cristo ma che cavolo pensavo quando mi sono imbarcata in tutta questa situazione? Pensavo ad un futuro con lui? Pensavo ad una relazione seria con lui?
No.
Pensavo solo a lui e al fatto che mi stava facendo sentire bene in quel momento. Avevo bisogno di distrazione e lui me la dava; avevo bisogno di sfogo e lui me lo dava. Lui era il mio anti-stress. Sapevo fin dall’inizio che non sarebbe mai stata possibile una relazione con lui, eppure mi sono lasciata coinvolgere all’inverosimile e adesso mi trovo qui così. Con un pugno di mosche in mano.
Improvvisamente mi sentì come se qualcuno mi avesse appena fatto una doccia fredda. In questo preciso momento mi resi conto di essere consapevole che le cose con Bradley dovevano finire. Cazzo. Ero entrata nel suo mondo e mi ero presa una cotta di dimensioni cosmiche per lui. Ma porca di quella puttana. Non potevo. Non potevo innamorarmi e soprattutto non potevo farlo di lui. Non era affidabile. Era l’uomo più sbagliato del mondo. Non potevo amarlo. Non dopo una sola settimana e non dopo aver scoperto il suo passato da playboy incallito. Non potevo provare questo sentimento. Avrei fatto di tutto pur di smettere di provarlo. Non poteva succedere. Un senso di nausea si impossessò di me e mi portai le mani sulla bocca per impedirmi di combinare qualche guaio.
Aveva ragione.
Natalee aveva ragione su tutto.

-devo andare!-

Questa volta, fortunatamente per me, non mi fermò e io corsi fuori dal locale. Avevo seriamente bisogno di prendere aria altrimenti avrei rischiato di morire soffocata in quella caffetteria.
La pioggia mi aveva invaso addosso e stranamente mi beai di quella sensazione. Mi riusciva a distrarre da quello che stava succedendo dentro la mia testa. Alzai gli occhi al cielo felice che la pioggia si confondesse alle mie lacrime. Potevo far finta che non fosse successo nulla.
Guardai davanti a me e vidi un taxi fermo. Sembrava che aspettasse proprio me. Avevo bisogno di tornare a casa. Mentalmente pensai a quanti dollari avevo nel portafoglio. Per riportarmi nel Queens ce ne sarebbero voluti un bel po'. Alzai le spalle e mi infilai nell’auto indicando l’indirizzo al conducente. Volevo solo tornare a casa.
Appena la macchina partì, mi voltai indietro per vedere se Natalee era ancora li, e mi accorsi che c’era anche Lui. Era arrivato. Indossava un paio di jeans e una camicia bianca. La pioggia stava rendendo quel pezzo di stoffa una seconda pelle e una fitta al cuore mi fece ricordare che meno di mezz’ora fa stavo accarezzando quei magnifici dorsali. Si vedeva che aveva il fiatone e che aveva corso. Probabilmente quando non mi aveva trovato si era vestito di tutta fretta e aveva preso a cercarmi.
Lo vidi spostare lo sguardo su tutte le persone e poi salutò Natalee sedendosi accanto a lei, esattamente nel posto che era occupato da me pochi secondi fa.
Tornai a guardare in avanti. Non importava piangere per una persona così. Può avere tutte quelle che vuole in questo maledetto mondo. Sicuramente non proverà sofferenza per il mio allontanamento. Scoperà senza pietà qualcun’altra e le farà vedere tutte le stelle del firmamento.
Con me ha chiuso.

##

Gloria ti prego parlami! Rispondi a quel cazzo di telefono!”

Sbuffai per l’ennesima volta all’ennesimo messaggio. Adesso basta. Non avrei più letto nessun messaggio che arrivava da lui. Mai più. Ne avevo abbastanza.

-sai che così facendo lo spingerai a rintracciarti ancora di più vero?-

Mi portai le mani tra i capelli mentre mi sedevo sul divano. Candice aveva ragione cazzo. Da quando ero scappata non aveva smesso un attimo di cercare di rintracciarmi. Più gli neghi una cosa e più farà il diavolo a quattro pur di averla.
Guardai la mia migliore amica che con un sorriso mi posò una mano sula braccio. Ovviamente le avevo raccontato tutto. Non potevo pensare di tenermi tutto dentro altrimenti sarei esplosa. Avevo così tante informazioni che dovevo sfogarmi altrimenti..
L’avevo chiamata mentre ero sul taxi e nemmeno venti minuti dopo, ero seduta nel suo soggiorno a mandare accidenti al fottuto miliardario. Non era esattamente così che avrei mai pensato di finire la giornata. Fortuna che stasera avrei lavorato, così almeno avrei scacciato dalla testa il pensiero di Bradley per almeno qualche ora.

-non voglio parlare con lui Candy!-

-ha sbagliato. Cazzo Ria sono la prima ad ammettere che si è comportato come un coglione quindicenne! Portarti in quel posto non era proprio quello che avrebbe dovuto fare, ma devi parlarci! Devi farti dare delle spiegazioni e solo allora decidere cosa fare!- mi disse decisa.

-parlarci Candy? Come posso parlarci se tutto quello che voglio adesso è la sua testa sopra un piatto d’argento?- domandai ironica mentre un amaro sorriso mi si dipingeva sulla bocca.

-questo perchè sei ferita-

-si è vero. Sono ferita, sono delusa e soprattutto sono incazzata con me stessa!-

-ti sei innamorata di lui!-

-ma porca di quella puttana Candice!-

Mi portai le mani sul viso e scoppiai a piangere come una condannata a morte. Che cavolo mi stava succedendo? Perchè cavolo mi stavo comportando così adesso?
Sentì il divano abbassarsi al peso della mia migliore amica e due secondi dopo, due braccia mi abbracciarono. Ero quello di cui avevo bisogno. Oggi non era decisamente la mia giornata. Oggi non volevo essere lasciata sola. Avevo sentito mia madre. Avevo troncato con Bradley. Avevo capito di amarlo. L’avevo visto con una sua ex. Troppe cose per la mia mente ancora fragile.
Forse i miei genitori avevano ragione. Forse il mio male non passa solo cambiando una città. Il pensiero mi volò a loro e piansi più forte. Sentì dei singhiozzi impedirmi di parlare e respirare. È questo che si prova quando si piange per amore?

-shh tesoro.. supererai anche questa! La supereremo insieme.. io sarò sempre al tuo fianco Ria! Qualsiasi cosa tu decida di fare io ci sarò.-

Tentai di parlare, ma la gola mi rese impossibile far uscire anche solo un lamento. Non ero in grado di replicare a quella dimostrazione di affetto nei miei confronti, così la strinsi semplicemente, facendole capire che apprezzavo il suo sostegno. Dovevo calmarmi. Velocemente.
Sentì in lontananza il suono del mio cellulare e mi irrigidì tutta. Di nuovo Bradley che non si rassegnava e di nuovo una chiamata che non sarebbe andata a buon fine. Sentì Candice allungarsi verso il tavolino e prendere il cellulare. Il nome di Bello e Impossibile popolava il display.

-vuoi che risponda io?-

Non so se per pazzia o se per far cessare quella suoneria che stava diventando impossibile, annuì verso di lei e la convinsi a mettere il viva-voce. Non avrei parlato con lui. Ci avrebbe pensato Candy, ma almeno avrei sentito la sua voce. Non era proprio quello che aveva detto Candice riguardo al parlare, ma almeno era un passo avanti per quanto mi riguardava.
Mi passai un fazzoletto sotto gli occhi mentre la bionda premeva il pulsante di avvio chiamata. Sentire la sua voce fu come ricevere un cazzotto all’altezza dello stomaco.

-Gloria!-

-sono Candice! Spiacente Lays ma Gloria non c’è.. ha lasciato il cellulare a me.- improvvisò la mia migliore amica guardandomi per tutto il tempo.

-sta bene? Devo sapere se sta bene.- esclamò ansioso, con una voce che faceva sembrare la sua persona distrutta.

-a giudicare dalla tua voce, direi che state messi più o meno uguali.-

-dove posso trovarla Candice? Ho bisogno di parlarci.. ho bisogno di spiegarle. Merda. Quello che ha visto.. ti prego dimmi dov’è!-

Quella supplica mi fece fare un sospiro che sperai non si fosse sentito dall’altra parte del telefono. Non ero ancora in grado di vederlo. Conoscevo il mio carattere troppo bene.
Dovevo lasciarmi sbollire e darmi il tempo per pensare a cosa avrei fatto di tutta questa faccenda. Non potevo scappare in continuazione. Non era da me, ma non potevo nemmeno lasciar correre e ritornare tra le sue braccia. Non adesso.
Avevo capito di provare un forte sentimento per lui. Non ero certa che si trattasse di amore perchè non l’avevo mai provato, ma era abbastanza forte da mandarmi al tappeto. Avevo scoperto che il suo passato era stato pieno di sesso e perversità. Lontano anni luce da quella che ero io.
E se con il tempo gli fosse mancato quel mondo? E se avesse cominciato ad odiarmi per avergli fatto cambiare modo di vedere il sesso? E se, peggio, mi avesse tradito con la Natalee di turno per poter tornare a fare le cose che gli piacevano? Che cosa avrei fatto io all’ora?

-vuoi un consiglio da chi la conosce meglio di quanto lei conosca se stessa? Lasciala in pace per un paio di giorni.. falla sbollire e falle passare l’incazzatura!-

Alzai la testa di scatto verso Candice e la guardai con occhi pieni di gratitudine. Aveva centrato il bersaglio. Avevo bisogno di un po' di tempo per raccapezzare le idee. Non ero pronta a vederlo. Non volevo ancora vederlo. Avrei preso quei due giorni di stacco come inizio per una mia nuova vita senza di lui.

-come posso starle lontano per due interi giorni?- domandò forse più a se stesso che a Candy dall’altra parte del telefono.

-tra due giorni, mercoledì, sarà il suo giorno libero, portala fuori. Parlale.-

Sgranai gli occhi e mi alzai in piedi iniziando a bestemmiare verso Candice che sembrava non rendersene nemmeno conto. Merda. Mi stava organizzando un fottuto appuntamento con Bradley. Ma si era bevuta il cervello per caso? Eppure c’era anche lei poco fa, quando piangevo come una dannata per colpa sua. Ma porca di quella vacca.
Anche lei si alzò e mi puntò il telefono in faccia, mentre si poteva sentire Bradley che sospirava. Che cosa voleva da me? Cosa volevano entrambi da me? Volevo solo essere lasciata in pace.
Candy coprì l’interfono del cellulare e mi guardò dritta negli occhi. Sapeva che ero altamente incazzata con lei e anche con lui. E che cavolo, si coalizzava con colui che mi aveva ridotto in questo stato?

-lo sto facendo per te Ria.. forse adesso non lo capisci, ma poi mi ringrazierai!-

Alzai gli occhi al cielo e feci un paio di passi verso la finestra. A New York continuava a piovere e istintivamente mi strinsi tra le braccia come per darmi riparo. La conversazione tra Candice e Bradley continuava con il viva-voce. Sentivo quello che si dicevano ma il cervello era già proiettato a mercoledì. L’avrei rivisto più presto di quanto mi aspettassi.

-mi raccomando Lays, non fare altre cazzate!-

Sentì il suono del cellulare che veniva buttato sul tavolino e il segno che la comunicazione era finita, mi distolse dai miei pensieri. Mi voltai immediatamente verso Candice e lei mi guardò alzando le spalle. Ovvio che secondo lei non era stato fatto nulla di male.

-ti rendi conto che dovrò vederlo tra due soli giorni?-

-dovevo spicconirti Ria, altrimenti tu ti saresti decisa troppo tardi!- affermò convinta annuendo per enfatizzare il concetto.

-non posso vederlo così presto!-

-cazzate!-

##

Ovviamente, come quando sei a scuola e sai che presto avrai una verifica che ti terrorizza, il giorno in cui avrei dovuto rivedere Bradley era arrivato. Ieri avevo provato a chiedere a Jess di cambiare il giorno libero con il mio, ma sfortunatamente per me, non avevo ricevuto la risposta che volevo. Oggi era il mio giorno libero. Mercoledì.
Avevo mandato a quel paese più di una volta Candice in questi due giorni e lei, sempre da buona migliore amica che si rispetti, mi aveva sempre detto che era una cosa che aveva fatto per il mio bene. Il mio bene.
Bradley aveva mantenuto la parola data a Candice. Forse per paura di spingermi a un eventuale rifiuto o forse perchè era stato maledettamente impegnato, fatto sta che non mi aveva più contattato. Questo si era rivelato un bene in più di un occasione.
Mi aveva mandato solamente un messaggio nel primo pomeriggio, dicendomi che sarebbe passato a prendermi da casa mia alle sette e mezzo in punto. Semplice e conciso. Freddo. Distaccato.
In questi due giorni mi ero buttata nel lavoro come non mai e avevo dato il cento per cento in tutto. Avevo bisogno di distrazioni e quella era l’unica fonte che me ne dava a sufficienza.
Sospirai lisciandomi il vestito nero smanicato che avevo deciso di indossare. Era di chiffon e stranamente, mi tornava abbastanza bene anche sulla zona del seno. Oziosamente mi chiesi se il mio subconscio non avesse scelto quel vestito per un qualche motivo. Arrivava a metà coscia e aveva il dietro leggermente più lungo del davanti. Era grazioso. (Gloria)
Guardai le scarpe ai piedi del letto e augurandomi che andasse tutto bene, mi misi a sedere e le indossai. Erano a tacco alto, legate sul davanti. Una volta Candice mi aveva detto che erano più facili da portare per una principiante come me.
Presi il telefono e guardai l’orario. Bradley sarebbe arrivato a minuti e mi lasciai i capelli sciolti, incapace di creare un’acconciatura in così poco tempo. Feci una piccola treccia che mi tenesse il ciuffo lontano dagli occhi e passai al trucco. Niente di elaborato. Ombretto sfumato e rossetto color nudo. Bastava così.
Uscì dalla mia stanza e andai in salotto, dove guardai fuori dalla finestra nell’esatto momento in cui la Porsche di Bradley arrivò sul mio vialetto. Sembrava che fossimo in perfetta sincronia. Sorrisi sarcastica pensando che forse questa sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei visto. Questo era il nostro primo vero appuntamento e forse sarebbe stato anche l’ultimo.
Mandai giù il magone che mi era salito in gola e lo guardai scendere dalla macchina e venire verso il portone del mio appartamento. Era schifosamente bello da togliere il fiato. Mi mancavano ormai le parole per descriverlo.
Indossava un paio di jeans scuri, quasi neri, con una maglietta grigia antracite sopra. Gli stava abbastanza attillata e la bava alla bocca, mi impediva di pensare lucidamente. Scossi leggermente la testa. Sopra alla maglietta aveva un giubbotto di pelle nera, che gli dava un aria da ragazzo semplice. Il miliardario Lays era stato lasciato a casa. (Bradley)
Sentì il campanello suonare e prendendo un sospiro per cacciare dalla mia mente ogni pensiero non puramente casto, mi diressi verso la porta. Presi la maniglia e aprì. Basta rimandare.
Mi trovai immediatamente i suoi occhi bellissimi addosso e inspiegabilmente mi sentì più rilassata. Come poteva farmi un effetto calmante quando il mio cervello aveva una tale confusione in testa?

-Gloria sei bellissima.- esclamò senza staccare gli occhi dai miei.

-grazie.-

-permettimi di portarti a cena fuori.- mi disse tendendo la mano verso di me.

-dobbiamo parlare Bradley!- replicai riacquistando subito il mio sangue freddo e mettendo le cose in chiaro.

Lo vidi fare un leggero sorriso, che però non coinvolse gli occhi, e annuì leggermente, facendomi capire che lo sapeva. Doveva saperlo. Era qua per un motivo.

-prima andiamo a cena, voglio che ci dimentichiamo di tutta la merda intorno almeno per un paio d’ore! Ti prometto che parleremo.-

Annuì anche io e lasciai che mi prendesse la mano per portarmi fuori da casa mia. La sua stretta mi faceva sentire bene. Al sicuro. Mi sentivo protetta e una perte di me, quella che voleva chiudere con lui questa sera, odiava quella sensazione.
Che mi fossi innamorata davvero di lui?
Come è possibile amare una persona che non si conosce affatto?
Come posso amare qualcuno che conosco da dieci fottuti giorni?

-dio quanto mi sei mancata!- esclamò cogliendomi di sorpresa e abbracciandomi, non appena fummo fuori dalla porta del mio appartamento.

Rimasi spiazzata da quell’abbraccio e impacciata, mi ritrovai a combattere con me stessa per capire se rispondere o meno a quella stretta. Non era ancora cambiato nulla. Lui aveva ancora quello scannatoio e ancora un passato di cui, purtroppo per la mia sanità mentale, ero maledettamente gelosa.

-Bradley..-

-dopo!- sussurrò a pochi centimetri dalle mie labbra.

Baciami.
Ti prego baciami subito.
Portò le sue labbra sulle mie per un veloce e delicato bacio a stampo, dopo di che riprese a camminare verso la sua lussuosa macchina, lasciandomi con un miliardo di domande in testa.

-dove andiamo?- domandai mentre salivo in macchina, imitata subito dopo da lui.

-in un ristorante di un amico!- mi rispose facendo il vago e partendo.

Alzai un sopracciglio. Era sicuramente un posto lussuoso conoscendo i suoi standard e difficilmente in questi locali super chic è possibile prenotare con solo pochi giorni di preavviso. Forse dimenticava che ero del settore anche io.

-dove si trova questo ristorante?- domandai ancora.

Lo vidi sorridere. Adorava quando lo sfidavo, me lo aveva accennato una sera, dopo che avevamo fatto dello splendido sesso sulle sue lenzuola di comoda seta italiana. Ero l’unica che non aveva paura di farlo. Mi piaceva invadere il suo mondo fatto di controllo. Non si poteva prevedere quello che avrei combinato. Ero fatta così.

-Madison Avenue!- rispose velocemente, mentre i Goo Goo Dolls iniziavano a cantare in sottofondo.

-interessante.. c’è un ristorante che sembra la fine del mondo.- esclamai forse più a me stessa che a lui.

Lo lasciai guidare, mentre canticchiavo Iris. Quella canzone sembrava fatta per essere passata alla radio proprio in quel momento. Chissà che non c’entrasse qualcosa lui stesso.
voglio solo che tu conosca chi sono”. Questo diceva il cantante. Dio quanto vorrei conoscere tutto quello che ci sta dietro a quei meravigliosi occhi.

-ti ho sempre detto di lasciare andare le cose come andavano Gloria, ma la verità e che sono stato io il primo a smettere di pensarla in quel modo.-

Non ci potevo credere. Stava parlando. Stava parlando dei suoi sentimenti, di quello che ci eravamo detti. Mi stava mostrando il suo punto di vista. Stava provando a darmi il dialogo che tanto mi serviva in questo momento. Come cazzo faceva a conoscermi al punto tale da sapere quello di cui avevo bisogno?

-non voglio che una fottuta suite mandi a puttane quello che sono riuscito ad ottenere! Sapevo che sarebbe stata difficile. Io non sono un tipo da relazioni. Non lo sono mai stato. Ho troppo bisogno di controllo per poter far vivere bene una persona al di fuori di me.-

Cristo ecco qual’è la sua realtà. Lui è dannatamente malato di controllo da non poter avere una relazione duratura. Lui non è in grado di provare amore. Vuole il possesso. Vuole che la persona al suo fianco diventi la sua marionetta e che lo assecondi in tutto quello che gli passa per il cervello.
Io non ero fatta per essere quella persona.
Io non avrei saltato se lui mi avesse chiesto di farlo.
Io non prendevo ordini da nessuno. Nemmeno dall’uomo che credo di amare.

-io non sono fatta per prendere ordini Bradley.. credo di avertelo già detto.- dissi appoggiando la testa al finestrino.

-questo l’ho capito dal primo minuto in cui i miei occhi si sono posati su di te!-

Quella frase mi colpì come un macigno. Sapevamo fin da subito che il nostro rapporto non era sano. Come cazzo abbiamo fatto a farci coinvolgere in questo modo?

-che vuoi dire?-

-ne parliamo dopo.. non voglio che questa serata finisca prima del tempo.-

Alzai gli occhi al cielo sprofondando nel seggiolino.
Un attimo prima sembra capace di darmi tutte le spiegazioni di questo mondo e un secondo dopo, mi lascia così. A bocca asciutta.

-e comunque non sono l’unico che non è propenso al dialogo tra i due Bimba!-

Girai immediatamente la testa verso di lui e strinsi gli occhi a due fessure. Ma porca vacca, sapevo a cosa si riferiva. Avevamo entrambi un passato che nessuno ci teneva a far tornare a galla.
Sarei mai stata in grado di raccontargli la mia storia? Sarei mai andata avanti tanto da poter parlare apertamente e tranquillamente di quello che avevo lasciato in Italia?
La musica si interruppe, lasciando che il suono del suo cellulare, filtrasse dal blouthoot della macchina. Qualcuno aveva bisogno di lui. Ovviamente il suo lato da super miliardario non poteva staccarsi troppo velocemente dal suo lato da semplice ragazzo.

-Lays!-

-Mr. Lays, ho appena archiviato la pratica Bloomingdale e ho lasciato detto a Mr. Clyton di occuparsi di quella Fords domani mattina!-

Riconobbi la voce squillante della sua segretaria. Provavo gelosia perfino per quella donna. Sapevo che era indispensabile per Bradley una come lei. Era efficiente e professionale, ma la ricordavo anche gentile e soprattutto carina.

-perfetto diana. Altro?- domandò con un tono completamente diverso da quello che aveva usato con me per tutta la conversazione.

-il suo tavolo al ristorante “Eleven Madison Park” è stato prenotato con successo Signore!-

Sgranai gli occhi sentendo il nome di quel ristorante. Stava scherzando per caso? Era uno dei ristoranti più importanti di New York. Si trovava sulla Madison Avenue e soprattutto era esattamente il locale che intendevo io quando mi aveva detto la via.
Ero più che certa che fosse altamente impossibile che avesse trovato posto così semplicemente. Forse aveva corrotto qualcuno o dio solo sa che cosa aveva combinato.

-è tutto Diana.- borbottò sembrando incavolato.

Riattaccò la conversazione e mi guardò sottecchi per un paio di secondi. Mancava poco a destinazione e la sua segretaria gli aveva rotto le uova nel paniere, dicendomi la destinazione. Sorrisi pensando che certe volte anche a lui andava storto qualcosa.

-l’”Eleven Madison Park” è esattamente il locale di cui parlavo prima.- dissi stuzzicandolo un po'.

-lieto di sapere che tutto questo ti diverte Bimba!- replicò sorridendomi e alzando il volume dello stereo, dove Justin Timberlake aveva cominciato a cantare.

-perchè non potrebbe essere così tutte le volte? Sembriamo così normali..- esclamai mandando a quel paese il filtro tra cervello e bocca.

Oh porca vacca che cavolo sto dicendo?

-potrebbe essere così sempre.. ne parliamo dopo ok? Voglio solo godermi questa cena in tua compagnia.- mi rispose parcheggiando la macchina nel parcheggio del ristorante.

-ok.-

Scesi dalla macchina e presi un respiro quando Lui mi fu di nuovo accanto. Adesso tutto quello che dovevo fare era godermi la cena e lasciare che il pensiero della conversazione che avremmo fatto dopo, non intaccasse il mio umore. Più facile a dirsi che a farsi.
Lasciai che mi conducesse dentro il ristorante, sentendo un fremito quando la sua mano si posò sulla base della mia schiena. C’era una fottuta carica sessuale tra di noi. Certe volte adoravo questo aspetto, altre volte era anche troppo evidente.

-Mr. Lays buonasera, abbiamo riservato la saletta come da lei espressamente richiesto.- esclamò sorridente una ragazza che come me, stava all’accoglienza del ristorante.

Lui la ringraziò con un cenno della testa ed entrambi la seguimmo oltre i tavoli ben apparecchiati. Era un locale bellissimo e molto illuminato. Decisamente diverso dal mio abituale luogo di lavoro. Sicuramente il menù era particolarmente diverso. Aveva la particolarità di avere dei tavolini misti. Alcuni erano quadrati, altri rettangolari, altri tondi. Una cosa nuova e sicuramente studiata. Ingegnoso.
La ragazza ci portò oltre una porticina e mi trovai invasa da un profumo di rosa. Era delizioso. Lasciai che la ragazza entrasse, dopo di che Bradley fece entrare me. Rimasi a bocca aperta, mentre Mr Controllo entrava dietro di me. Oh mio Dio.
La stanza era tempestata di rose rosse. Al centro c’era un tavolo tondo, apparecchiato accuratamente per due. Tutto era perfetto. Le sedie erano ricoperte di stoffa bianca che concludeva con un fiocco sul retro. Era davvero perfetto. Sentivo quasi le lacrime salirmi agli occhi. È incredibile quello che i soldi non possono fare. Per un secondo adorai il fatto che Bradley fosse ricco sfondato.
Mi voltai verso di lui e lo guardai incapace di parlare. Il suo sguardo si addolcì quando incontrò i miei occhi. Ero contenta che avesse messo in moto il cervello e che mi avesse organizzato tutto questo. Era una dimostrazione che si voleva scusare per l’errore dello scannatoio.

-vi lascio soli.. Mr. Lays, Miss Perri!- esclamò la morettina prima di uscire dalla stanza per chiudersi la porta alle spalle.

Lasciai perdere il fatto che la ragazza mi aveva chiamato di cognome, senza saperlo e mi accomodai al tavolo, annusando una rosa che avevo posata sul piatto. Era così perfetto.

-è stupendo qui Bradley!-

-tu sei stupenda Bimba!- mi rispose sedendosi davanti a me e guardandomi con uno sguardo strano.

Un cameriere arrivò a portarci il menù e sentì che Bradley ordinò un vino al ragazzo che annuì immediatamente. Nonostante il mio lavoro, non mi intendevo minimamente nulla di vini. Per me poteva aver ordinato qualsiasi cosa.
Il ragazzo si congedò con un sorriso e io tornai a concentrarmi sul mio bel maniaco del controllo. Avevamo molto di cui parlare, ma convenivo con lui, che questo non era esattamente il luogo adatto per quel genere di conversazione.

-stai bene?- mi domandò distogliendomi dai miei pensieri.

-sto bene.. voglio godermi la cena!-

Mi fece un sorriso felice che finalmente avessi capito le sue intenzioni sulla serata e mi lasciai andare. Avevamo tutto il tempo del mondo per discutere di tutta quella merda che aveva attorno. Adesso non era proprio il momento.




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Ciaoooo!

Nuovo capitolo e nuovi sentimenti.
Avete notato il cambiamento che stanno facendo entrambi? Mi piace veramente molto come sta andando avanti.. a voi???
Non sapete quanto desidero sapere i vostri pareri!!!

-grazie a quelle magnifiche persone che mettono la storia tra le preferite\seguite\da ricordare!!

-grazie alle QUATTRO persone che hanno recensito il capitolo... oddio che bello!!!!! ^.^

::Diarly::
::Rose6::
::Emi2193::
::Babizlola93::



Ci vediamo al prossimo capitolo Bimbe!!! 
Un bacio gigante!

Marty0029

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Capitolo 13
*** 13) Peace ***


 

 




 
 

Trailer

 


 
13) Peace







Sorseggiai cautamente il mio terzo bicchiere di vino della serata. L’ultima cosa che volevo era ubriacarmi proprio stasera che dovevamo parlare di tutto. Alzai lo sguardo dal piatto e lo puntai sul meraviglioso maschio che avevo davanti. Era impossibile da credere. Se solo un mese fa mi avessero detto che mi sarei ritrovata a mangiare in uno dei ristoranti più importanti di New York, con lo scapolo d’America, in una saletta privata, avrei dato del drogato fradicio a chiunque l’avesse detto.

-a cosa stai pensando?-

Lo guardai e scossi la testa leggermente. Non volevo che sapesse nulla di quello che aleggiava nei miei pensieri. Mi aveva già detto, più di una volta, di non preoccuparmi di nulla di quella storia. Secondo lui non c’era nulla di male in questa conoscenza, ma secondo me, mai due mondi potevano essere più distanti.

-cosa prevede il dopo cena Bradley?- domandai pulendomi la bocca con il pregiato tovagliolo in una delicata stoffa color pesca.

-mi dispiace deluderla Miss Perri, ma non seguiremo i canoni che prevedono il cinema dopo la cena..-

-ah no? Che delusione Mr. Lays! Mi fa pentire di aver accettato il suo invito.- esclamai stando al suo gioco.

Se c’era una cosa che adoravo di lui, era il suo modo velato di scherzare. Da quando lo conoscevo, non era successo molte volte che io potessi conoscere questa sua parte, ma quando la lasciava uscire, era sempre un piacere da vedere e da scoprire.

-stai tranquilla Bimba.. se la serata andrà per il verso giusto, non ti dispiacerà più di tanto credimi!-

-quale sarebbe per te il verso giusto?- domandai anche se conoscevo la sua risposta.

Ovvio che intendesse di finire a letto insieme. Forse credeva che avremmo fatto pace e che sarei andata da lui ad approfondire la questione della relazione o che so io.
Bradley stava per replicare quando il mio telefono cominciò a squillare, rompendo il silenzio creato e facendomi bestemmiare in turco dentro la testa. Possibile che non ci fosse un solo momento per stare tranquilli?
Mentre cercavo il telefono nella borsa, pregai che non si trattasse di una nuova telefonata da parte della mia famiglia. Non era proprio il momento adatto per ascoltare quello che mi volevano dire. Non ero dell’umore per sentirli fintamente preoccupati per la mia salute fisica e mentale.
Riuscì a prenderlo e sobbalzai leggendo il nome di Tyron sullo schermo. Ma porca di quella troia. Che cavolo voleva ancora lui dalla mia vita? Non l’aveva già incasinata abbastanza con il suo arrivo al ristorante?
Feci un sorriso tirato a Bradley che mi osservava incuriosito. Forse si stava domandando cosa stavo facendo e francamente me lo domandavo anche io. Ero li, immobile come un acciuga a fissare il cellulare che intanto continuava a squillare imperterrito nella mia mano. Se non fosse che stavo valutando un modo per sottrarmi alla chiamata, avrei trovato la scena perfino comica.

-chi è?-

Alzai di scatto la testa. Dovevo dirglielo? Avrebbe reso la vita di Tyron impossibile. Mi avrebbe messo sotto una campana di vetro solo perchè qualcuno voleva quello che era suo?
Cosa dovevo fare?

-Tyron..- bisbigliai abbassando la testa e sospirando perchè almeno il cellulare aveva smesso di suonare.

Merda. Avevo lanciato la bomba proprio adesso che aveva smesso la chiamata. Che tempismo Gloria. Lo guardai negli occhi e vidi la tempesta di quelle iridi farsi più profonda. Sicuramente stava rimuginando in qualcosa in quella sua testolina dannatamente bella.

-dalla tua faccia non sembra la prima volta che ti chiama- disse con tono accusatorio facendomi sentire ancora più in colpa per non averglielo detto prima.

-non è la prima volta.. è qualche giorno che chiama in continuazione. Credo che sia addirittura arrivato a pedinarmi Bradley!-

Il suo sguardo si fece scuro e istintivamente mi portai una mano tra i capelli, pensando che non era decisamente questa la piega che volevo che prendesse questa serata.

-perchè non me l’hai detto? Cazzo Gloria potrebbe essere pericoloso! Non hai la minima considerazione per la tua incolumità!- mi sgridò facendomi diventare piccola piccola.

Feci per rispondere una qualche scusa inventata al momento, quando il mio cellulare ricominciò a suonare e questa volta Bradley fu più veloce e me lo strappò dalle mani in un secondo. Prevedevo guai. Grandi e grossi guai con a capo un ragazzo dagli occhi blu.

-Lays!- disse duramente rispondendo al posto mio.

Non potevo sentire la risposta o la conversazione dall’altra parte del telefono, ma ero cerca che dopo lo sbigottimento iniziale, Tyron era partito con la difensiva. Che bel modo di concludere una cena perfetta.

-ascoltami bene Williams, se non la smetti immediatamente di cercarla, contattarla, seguirla, o anche solamente pensarla, io renderò la tua vita un vero inferno. Sai che posso farlo e lo farò, ne puoi stare certo-

Rabbrividì a quelle parole. Erano cariche di odio e avvertimento. Se mi fossi messa dalla parte di Tyron, probabilmente avrei cancellato il mio numero immediatamente. Bradley sicuramente era un uomo che andava preso in parola. Aveva detto che avrebbe scavalcato chiunque si fosse messo in mezzo tra noi e lo stava facendo davvero. Stava mantenendo la parola data.

-non mi interessa la tua motivazione. Nessuno tocca quello che è Mio!- rincarò la dose facendomi spalancare gli occhi per la sorpresa.

Lo osservai mentre chiuse la comunicazione, dopo di che afferrò il suo cellulare dalla tasca del giacchetto di pelle e compose un numero continuando a tenere in mano il mio telefono.

-Sullivan, ho bisogno che fai delle ricerche immediate su Tyron Williams. Voglio tutte le informazioni tra mezz’ora!-

Riagganciò la conversazione e fece un altro numero di telefono, continuando a non guardarmi e a comportarsi da padrone dispotico del mondo. Aveva appena sguinzagliato uno dei suoi dipendenti ad una ricerca al limite della legalità. Cosa sperava di ottenere, avendo tutte le informazioni di Tyron? E poi come cazzo faceva a sapere il suo cognome? Come poteva conoscere cosa che nessuno sapeva?

-Scott, ho bisogno che rinforzi la sorveglianza di Miss Perri. Si, giorno e notte. Voglio Baker ogni secondo in cui non sono con lei, mi sono spiegato?-

Sgranai gli occhi e inghiottì la saliva mentre mi bruciava la gola. Cosa? Aveva appena messo uno dei suoi scagnozzi addosso a me solo perchè un ragazzo mi aveva fatto un po' la corte? Che cavolo gli diceva il cervello? Aveva davvero personale in esubero se poteva fare una cosa del genere.

-perfetto-

-non ti sembra di essere leggermente irragionevole?- domandai lasciando evidente il sarcasmo nella mia voce alla parola leggermente.

Alzò le spalle mettendo il telefono sul tavolo e restituendomi il mio. Leggermente irragionevole un par di palle. Era completamente sciroccato questo qui.

-non posso rischiare quando si tratta della tua sicurezza Gloria. Avresti dovuto dirmi subito quello che stava succedendo- mi ammonì con uno sguardo duro.

-scusa tanto se dopo il modo in cui ci siamo lasciati, non è stato il mio primo pensiero rivelarti che un semplice ragazzo mi faceva qualche avance!- ribadì, facendo uscire il lato pessimo del mio carattere.

Oh no.
Dovevo tenere a bada la Gloria malefica. Almeno per questa sera avevo deciso di mandarla in un luogo lontano. Non volevo litigare con lui. Non stasera che dovevamo parlare. Porca vacca.

-non si tratta di un semplice ragazzo che ti fa delle avance! Cazzo Gloria ti pedina, ti chiama continuamente.. questo è stalker!-

Quasi scoppiai a ridere a quell’affermazione. Il bue che da del cornuto all’asino? Ma di cosa stavamo parlando? Anche lui aveva fatto quelle cose. Anche lui mi aveva stalkerato parecchio nelle settimane precedenti.

-mi viene a mente un altro che l’ha fatto! Lascio a te indovinare il nome-

-non puoi paragonarmi a lui- mi ringhiò contro.

-mi hai spiato, seguito, sia più informazioni di me di quanto io te ne abbia dette.. questi sono sintomi-

-non mi sognerei mai di farti del male.. merda Gloria quando arriverai a capire che tu sei importante davvero per me? Quando te ne sei andata da quella fottuta suite, ho temuto di averti perso davvero. Il mio cuore era scoppiato e ho giurato a me stesso di non volermi mai più sentire in quel modo. Non voglio più lasciarti andare via. Farò tutto quello che è in mio potere per tenerti con me, non importa chi e cosa dovrò distruggere!-

Ero così importante per lui? Ero davvero diventata necessaria nella sua vita in così poco tempo? Che lui provasse per me quello che provavo io? Io ero innamorata.
Inutile negarlo. Inutile pensare che non era reale. Inutile fare finta di niente. Io mi ero irrimediabilmente innamorata di lui. Aveva abbattuto i muri che con gli anni mi ero costruita per colpa del mio passato.
Io mi ero innamorata di Bradley Lays. Scapolo d’oro d’America.
Cosa dovevo fare adesso? Lui era qui, mi stava parlando, mi stava proteggendo, ma questo non allontanava la verità. Eravamo distanti anni luce. Lui voleva una donna obbediente e aggraziata al suo fianco. Una classica donna trofeo da mostrare alla serate mondane o alle cene di affari. Io ero in grado di essere tutto questo? Avevo un carattere di merda che mi portava a sbalzi di umore immediati e a momenti di pura tristezza infinita. Quando, fortunatamente raramente, sentivo i miei genitori, volevo scappare ancora più lontano. Io ero un disastro.

-ti rendi conto che hai messo qualcuno a pedinarmi Bradley? Non ti sembra di aver esagerato e non poco?- domando guardandolo a occhi spalancati.

Solo secondo il mio modesto parere qui sfioriamo i canoni dell'assurdo? Non può mettermi alle costole una guardia del corpo. Chissà quante ne ha a disposizione se fa così per ogni donna che si scopa. Andrà in bancarotta nel giro di qualche anno.

-se si tratta di te no. Nessuno a parte me può permettersi di toccarti Gloria! Nessuno! Calpesterò quel cameriere senza tirarmi indietro-

Spalancai la bocca. Alla faccia dell'uomo geloso. Presi un respiro. Avevo vissuto la vita a vivere in una bolla di cristallo e di certo non l'avrei fatto ancora per un semplice ragazzo che si è preso una cotta. Qui qualcuno doveva imparare a conoscere il significato della parola compromesso.

-non ti starò a guardare mentre decidi la mia vita e mi piazzi alle costole uno dei tuoi scagnozzi solo perché sei un possessivo del cazzo Bradley! Dimenticatelo!-

Ecco che la Gloria bipolare entrava in scena. Ecco come facevo a mandare a puttane una cena favolosa. Ecco come potevo rovinare tutto con il mio carattere di merda. Lays aveva sbagliato su tutta la linea a ingigantire la cosa ma adesso stavo passando dalla parte del torto io.

-so che c'è qualcosa del tuo passato che non mi dici e so che odi le regole e che vuoi sentirti libera ma cazzo Gloria cerca di capire che quello che faccio, lo faccio esclusivamente per te! Se ti succedesse qualcosa..-

Lasciò cadere la frase facendomi incazzare ancora di più di quanto già non lo fossi. Merda, sembra che in tutto questo riusciamo a fare un passo in avanti e cinque indietro. Non è sano. Niente di tutto questo è sano.
A parte il sesso.

-non puoi proibirmi di vivere la mia vita normalmente! Se mi soffochi io scappo. Sono fatta così-

-cosa c'è che non mi dici?-

-anche tu hai un passato che non mi dici! Mi hai trascinato in una Tua suite di un Tuo hotel dove ho scoperto un Tuo lato che non mi è piaciuto per niente!-

-quella è stata una delle cazzate più grandi che ho fatto. Quando mi hai detto che avevi voglia, non ci ho pensato due volte. Eravamo vicini a quel posto e non ho minimamente pensato alle conseguenze-

-non avevi pensato che vedendo quel posto mi sarei incazzata!-

-tu mi destabilizzi! Riesci a mandarmi a puttane il cervello! Non ho pensato alle conseguenze perché non ho proprio pensato a dove mi trovavo.. Ti volevo. Ti voglio ancora. Tanto. Sempre-

-sono scappata perchè mi sono sentita crollare tutto addosso Bradley! Ho capito che il tuo mondo è distante mille miglia rispetto al mio e per quanto mi sforzi di correre, rimango sempre indietro rispetto a te.. io non posso rimanere scottata. Non avrei la forza necessaria per uscirne- ammisi abbassando la testa.

Sentì le sedia stridere e due secondi dopo mi trovai sommersa da un maschio dominante di quasi due metri. Bradley mi stava abbracciando come se fosse di vitale importanza farlo. Mi stava dimostrando quanto ci teneva a me, e aveva mandato a quel paese ogni mia possibilità di allontanamento. Oggi ne ero più che certa. Non mi sarebbe stato possibile sparire senza dover fare i conti con lui. Il mondo non era abbastanza grande per potermi proteggere dalla sua mania del controllo.
Sentì la cameriera schiarirsi la voce, ma Bradley la cacciò malamente con un gesto della mano fatto da sopra la mia spalla. Non aveva voglia di interrompere l’abbraccio, e quella povera ragazza, che stava solo facendo il suo lavoro, probabilmente adesso stava tornando con la coda tra le gambe in cucina.

-non voglio che ne rimani scottata! Voglio che tu resti con me.. solo con me.-

-i-io..-

-farò tutto il possibile per tenerti con me! Quando ti ho detto che avrei calpestato chiunque, intendevo davvero chiunque, compresa tu stessa se non ti lasci andare a me.. a noi.-

Sgranai gli occhi a quell’affermazione e smisi di stringerlo. Non riuscivo a respirare. Era come se un macigno mi si fosse appoggiato sul petto. Bradley non smetteva di stringermi. Mi impediva qualsiasi movimento. Mi stava stritolando.

-cristo tu non ti rendi conto della voglia che ho di te Gloria.. dobbiamo andarcene da questo posto!- esclamò staccandosi come se si fosse scottato o come se avesse preso la scossa.

Lo guardai alzando un sopracciglio. Adesso chiamava la ragazza con una certa urgenza. Sembrava impaziente di uscire da quel favoloso ristorante. Dio come era bello qua. Sarebbe stato un sogno lavorare con cuochi e pietanze del genere.

-non verrò in nessuna delle tue suite Bradley!- affermai risoluta stringendomi le braccia al petto.

-Bimba puoi stare certa che non ti porterò mai più in quella suite. Ho appurato sulla mia pelle come mi sono sentito con la tua fuga.. posso assicurarti che non voglio sentimi mai più in quel modo.-

-detta così può sembrare che sia tutto risolto..-

-mi sono scusato Gloria. Credimi quando ti dico che non succede spesso una cosa del genere.-

Fissai il mare nei suoi occhi. Di questo chissà perchè non ero particolarmente stupita. Una persona come lui, al suo livello, è abbastanza normale che sia abituato a non scusarsi. Ovviamente lui, da bravo maniaco del controllo, non sbagliava mai.

-per quanto mi posso rendere conto che per te è dura scusarti, rimane il fatto che siamo su due binari diversi-

-cazzate! Giochiamo a carte scoperte Gloria! Dimmi da cosa stai scappando..-

Scossi velocemente la testa rendendomi conto che era esattamente la stessa cosa che mi aveva detto quella Natalee al bar vicino all’hotel Lays. Chissà se ne avevano parlato.
Avevano ragione. Entrambi. Io scappavo. Io ero fatta così. Quando le cose si complicano o mi diventano particolarmente strette, io scappo. l’ho sempre fatto. È parte di me. Sono scappata dalla mia nazione quando mi ero resa conto di aver toccato il fondo e non mi ero guardata indietro. Non mi interessava nulla se non la fuga.

-io non scappo da nulla Lays!- ribattei punta nel vivo mentre la cameriera, fortunatamente per me, arrivava con un sorriso di circostanza sulla faccia.

-posso portarvi altro signori?-

-il conto grazie.. velocemente!- disse senza staccare gli occhi da me, e passando la carta di credito alla ragazza.

-hai davvero una gran fretta..-

Osservai la cameriera andarsene e tornai a concentrarmi su Bradley che non la smetteva di guardarmi. Sembrava non aspettare altro che delle risposte da me. Alzai gli occhi al cielo. Per stasera avrebbe fatto abbastanza delle mie risposte. Non ero in grado di dargliele.

-ti dico quello che faremo adesso Bimba.. noi andremo a casa, faremo sesso riparatore e poi ti farò fare un bagno caldo in cui parleremo di tutto quello che vuoi-

Sospirai pensando a quanto in fin dei conti, trovavo perfetto quel piano. Avevo una voglia matta di sentirlo dentro di me. Mi mancava da pazzi. Strinsi le cosce violentemente quando ripensai al sesso riparatore che mi sarebbe spettato tra poco. Chissà di cosa si trattava.

-sesso riparatore?-

Vidi nascere un sorriso su quel volto maledettamente perfetto e mi affrettai a far tornare il respiro regolare quando la ragazza tornò al tavolo per restituire la carta di credito a Bradley. Era arrivato il momento per andarcene via. Il momento per scappare a casa sua.

-grazie signori! Arrivederci!-

-arrivederci!- replicò Bradley afferrandomi per mano e trascinandomi fuori dal locale, dopo aver rivolto un paio di saluti a qualcuno che occupava i tavoli centrali.

-Bradley rallenta- borbottai arrancando dietro di lui.

Si fermò di botto, facendomi andare a sbattere contro la sua schiena dura come il marmo. Dio. Quel corpo era la mia disfatta. Era bello da togliere il fiato e ogni centimetro della sua pelle mi faceva fremere.
Si voltò accogliendomi tra le sue braccia mentre ce ne stavamo sul marciapiede, fuori dal locale. Aveva gli occhi leggermente sgranati e questo segnava l’inizio della sua eccitazione.
Dovevamo ancora parlare di molto, ma in questo momento, la pausa del sesso, l’accettavo più che volentieri. Lo volevo troppo per tirarmi indietro.

-andiamo a casa-

-andiamo a casa tua-

Lo osservai mentre irrigidiva la mascella e subito dopo riprese la sua corsa alla macchina. c’era un piccolo gruppetto di persone che osservava la sua auto. Sembravano particolarmente assorti dal loro passatempo e sorrisero gentilmente quando Bradley premette il pulsante di apertura. Erano stati colti in fallo. Sorrisi anche io e salì in macchina lasciando che lui facesse lo stesso.

-questa macchina conquista!- affermai convinta mentre il rombo squarciava il cielo di metà settembre.

-te l’ho detto e te lo ripeto.. se sapevo che ti eccitavano i motori, ti portavo nel garage invece che inscenare una cena.-

Sospirai ricordando il nostro primo incontro ravvicinato. Aveva dato dei soldi al capo di Candice per condurmi da lui. Quanto può spingersi un uomo a volere tanto?

-rincorri sempre così le cose che vuoi che diventino tue?-

-non lo so. Non ho mai voluto nulla come voglio te.- mi rispose con sincerità facendomi sorridere.

-chissà perchè ma questa cosa mi piace quasi quanto questa macchina!-

-un giorno o l’altro ti scopo sul cofano!-

##


Arrivammo sulla Fifth Avenue così velocemente che nemmeno me ne resi conto. Bradley, come al solito aveva guidato con la sua solita guida da padrone della strada e questo mi aveva portato più volte a sorridere al pensiero che anche lui provava la stessa voglia che provavo io. Era bella questa sensazione.
Mentre scendevo dalla macchina e venivo trascinata verso l'ascensore, pensai che effettivamente noi avevamo solo messo una toppa al nostro rapporto. Nessuno dei due aveva rivelato il proprio passato e mi andava bene così. Quella merda era bene che rimanesse il più lontano possibile dalla mia vita futura. Non era certo un mistero che avrei pagato per lasciare il mio passato alle spalle e andare avanti. Ricordarlo con Bradley era l'unica cosa che proprio non doveva accadere.
Entrammo in ascensore e feci un respiro forzato ricordandomi che a noi gli ascensori facevano uno strano effetto. Quello nella sua azienda mi era rimasto ben impresso nella mente. Un ricordo vivo e lampante.

-sai Bimba, sto seriamente pensando che gli ascensori siano un afrodisiaco per noi-

Sorrisi e strinsi la sua mano più forte mentre si metteva davanti a me. Alzai la testa s lasciai che le nostre labbra si incontrassero e scoppiassero insieme per le emozioni che entrambi provavamo.
Mi lasciai guidare dal bacio a cui risposi con tutta la passione di cui ero capace. Non mi interessava se al momento potevo sembrare una senza spina dorsale che non riesce ad affrontare un discorso serio con Lays senza finirci a letto. Adoravo la nostra intesa sessuale e per il momento il resto avrebbe aspettato.

-Dio Gloria.. Mi auguro che tu ti renda conto della mia voglia!-

-penso di si..-

-sarà meglio che non lo pensi e basta!- rincarò facendomi sentire una bambina colta in fallo.

-lo so!-

-brava la mia Bimba!- esclamò uscendo dal l'ascensore e aprendo la porta come se avesse il diavolo alle calcagna.

Bimba. Non lo avrei ammesso nemmeno tra un milione di anni, ma mi piaceva quel soprannome. Detto dalle sua labbra aveva un suono irresistibile. Diciamocelo, a nessuno di più di cinque anni, piace sentirsi chiamare Bimba, ma se era Bradley a farlo, allora andava tutto bene.
Arrivammo al suo appartamento e dopo aver aperto la porta, mi trovai contro il muro con la sua bocca incollata sulla mia. Aveva chiuso la porta con un calcio che aveva risuonato nel silenzio. Era in astinenza. Qualcosa mi diceva che eravamo drogati entrambi.

-è troppo tempo che non sono dentro di te.. questo è davvero inconcepibile!-

Mi lasciai sfuggire un lamento quando mi soffiò sul collo. Il mio punto debole. Lo sapeva. Conosceva perfettamente il mio corpo. Qualcosa mi diceva che lo conosceva meglio di quanto non lo facessi io.
Ci spogliammo velocemente, togliendoci tutto quello che in questo preciso momento era solo un ostacolo. Come diceva lui, non voleva niente e nessuno tra di noi.
Le nostre bocche si unirono di nuovo e lui mi sollevò e mi fece allacciare le gambe intorno ai suoi fianchi. Incespicò nel divano e ci cademmo sopra entrambi.Era rude e impaziente,e mi piaceva molto che lo fosse.Mi piacque ancora di più quando mi venne sopra e mi penetrò.

-Si- gemetti, artigliandogli la schiena con le unghie.

-Gloria-

Mi coprì la bocca con la sua, poi mi prese per i capelli e mi tenne ferma, mentre affondava in me ripetutamente, con forza e in profondità, puntando al suo orgasmo con feroce determinazione.

-Mia... mia... mia...- ansimava ad ogni spinta.

-Bradley..Oh, sì... oh, per favore...-

-Sei così bella.- Mi afferrò la nuca con una mano e la vita con l’altra, inarcando i fianchi per spingersi un po’ più a fondo.

Sentì nitidamente l’orgasmo farsi strada dentro di me e con altre due ponderose spinte, raggiungemmo l’apice insieme. Lo abbracciai durante l’orgasmo, accarezzandogli la schiena e dandogli baci sulle spalle. Era così bello. Così perfetto.
Mi schiacciò dolcemente con il suo peso e mi guardò negli occhi con uno sguardo indecifrabile. Alcune volte vorrei poter avere il dono di potergli leggere nella mente. Chissà cosa passava dietro a quei bellissimi occhi azzurri.

-adoro il sesso con te- mi disse sfregando il naso contro il mio collo.

Ansimai leggermente sentendo il suo fiato sul collo. Accidenti, mi si riaccendeva la voglia ogni volta che mi sfiorava o mi toccava.

-dimmi che abbiamo fatto pace Bimba!-

Sussultai incredula quando lo sentì affondare nuovamente dentro di me. Merda. Ricominciava invece di parlarmi. Mi scopava in tutti i modi pur di distrarmi. Adoravo questo suo modo di distrarmi. Adoravo il sesso con lui. Adoravo tutto di lui. Merda. Ero innamorata davvero.
Le spinte si fecero frenetiche e allacciai le gambe al suo bacino per poterlo sentire ancora più a fondo. Sentirlo dentro mi mandava in estasi e sentirlo arrivare a fondo mi rendeva felice. Ero felice quando ero con lui.

-dimmelo Bimba.. dimmi che abbiamo fatto pace e che non te ne andrai mai più da me-

Sgranai gli occhi a quella richiesta. Lui voleva che restassi con lui per sempre? Voleva che non lo lasciassi mai. Voleva tenermi al suo fianco. Forse anche lui provava i miei stessi sentimenti. Forse non era solo immaginazione. Forse poteva funzionare davvero.

-dillo Gloria- ansimò spingendo più velocemente e a fondo.

Urlai il suo nome mentre un feroce orgasmo mi faceva fremere ogni parte del corpo. Stavo tremando come una foglia. Certo che ci sapeva davvero fare con il sesso. Avrebbe potuto estorcermi qualsiasi richiesta nel momento prima dell’orgasmo. Non ero certo capace di rendermi conto di nulla.

-abbiamo fatto pace-

Lo sentì venire urlando il mio nome e gridai anche io urlando il suo. Avevamo raggiunto un nuovo orgasmo nel giro di due minuti e avevo acconsentito a fare pace, nonostante non avessimo parlato di nulla.
Ancora il suo passato era un buco nero.




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Sono tornata!!!! Scusate tanto per l'assenza!!!

ALLORAAAAAAA

Cosa ne pensate del nuovo capitolo? 
passati non detti... pace fatta.. sarà duratura??

-Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite\seguite\da ricordare!-

-Grazie alle tre bellissime persone che hanno recensito la storia!-



°°Babizlola93°°
°°LetyLove31°°
°°Diarly°°


Ci vediamo al prossimo capitolo!!!!!!
Un bacio a tutti!!

Marty0029


 

 

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Capitolo 14
*** 14) Will Pass ***






 

 
14) Will Pass







Mi svegliai in una morsa d'acciaio che mi impediva di muovermi. Il mio bellissimo maniaco del controllo aveva pensato bene di abbracciarmi da dietro, così avevo due braccia avvolgenti intorno al corpo. Mi sentivo invasa da milioni di emozioni. La prima di tutte era l'ansia di sapere che cosa sarebbe successo adesso. Avevo detto a Bradley che avevamo fatto pace. Lui aveva bisogno di sentirselo dire e io non avevo esitato a dirgli di no. Avevamo fatto davvero pace?
Mi alzai a fatica e riuscì ad uscire dalla sua morsa per andare in bagno. Fortunatamente lui non si era svegliato e potevo godermi un po' di pace e tranquillità mentre aspettavo che la mattinata iniziasse.
Mentre andavo in bagno, sentì il cellulare di Bradley suonare. Merda. Adesso si sarebbe svegliato e addio attimo di pace e tranquillità. Corsi al piano di sotto sperando di poterlo far tacere quando finalmente si zittì. Tirai un sospiro di sollievo e presi l'aggeggio tecnologico in mano. Avevo un arma di distruzione di massa considerando il proprietario di quel telefono. Sorrisi leggermente e illuminai lo schermo, vedendo che aveva un paio di chiamate perse da un numero sconosciuto. Quello che però attirò la mia attenzione fu un messaggio che proveniva da Natalee. Quella donna proprio non ne voleva sapere di uscire dalla mia testa e dalla mia vita. Lessi le poche righe che aveva scritto e sentì la salivazione azzerarsi. Merda.

 

"Grazie per la splendida giornata in hotel! Come sempre non mi deludi! A presto tesoro!"


Aprì leggermente la bocca e scossi violentemente la testa per rendermi conto che tutto questo stava succedendo realmente come cazzo potevo stare ancora qui dopo tutto quello che stavo scoprendo di quest'uomo?
Aveva una fottuta suite dove portava le conquiste per farci sesso. Incontrava le sue spasimanti, facendogli passare delle giornate meravigliose e mi reclamava come sua come se niente fosse. Aveva proprio sbagliato elemento.
Ritornai nella camera principale con il passo che sembrava dannatamente pesante e mi fermai sulla soglia. Era così bello da togliere il fiato. Il mio subconscio sapeva benissimo che avrei dovuto fare a gara con milioni di donne pronte a portarmelo via, ma ero sempre stata abbastanza sicura che avrei vinto perché lo vedevo davvero interessato a me, ma adesso, dopo aver letto quel messaggio, non ero più sicura di niente. Il Bradley Lays che conoscevo è stato rimpiazzato da un altro uomo che passa le sue giornate con donne diverse. Merda. Che cogliona che devo essergli sembrata.
Lasciai lo stipite della porta e recuperai i miei vestiti dal pavimento. Volevo solo andare via da questo appartamento e da lui. Il sesso con lui era magnifico. Ci attiravamo come due calamite, ma c'era così tanta altra merda intorno che mi rendeva impossibile continuare a conoscerlo. Io volevo solo stare con lui in pace e tranquillità per provare a vivere insieme quella strana cosa chiamata vita che per tanti anni mi era stata portata via, ma lui continuava a gettarmi merda addosso con suite del sesso e donne vogliose. Non aveva senso continuare questa relazione. Dovevo tutelarmi prima che fosse troppo tardi, anche se dentro di me sapevo che era già tardi. Io mi ero innamorata. Fottutamente innamorata di lui.
Mi asciugai stizzita una lacrima e raccolsi gli indumenti intimi che indossai velocemente. Basta pensare. Basta tutto. Dovevo abbandonate questo posto. Dovevo abbandonare lui. New York probabilmente non sarebbe stata troppo grande per nascondermi, ma ci avrei provato. Nessuna parte del mondo sarebbe stata al sicuro da lui. Sicuramente mi avrebbe trovato anche in Antartide. Le sue infinite abilità da stalker raggiungevano livelli sorprendenti. Indossai il vestito e presi in mano le scarpe. Non potevo indossarle e sperare di farla franca. Con il rumore dei tacchi si sarebbe svegliato. Arrivai al grandissimo open space che lui chiamava soggiorno e presi il suo telefono aprendolo al messaggio e gli lasciai un biglietto scritto velocemente sopra un fazzolettino di carta. Dopotutto aveva bisogno di una spiegazione e io mi sentivo di dovergliela dare. Solo perché non aveva funzionato, non smettevo di provare dei sentimenti. Quelli c'erano sempre e belli potenti.
Rilessi le due righe che gli avevo scritto e mi accorsi che stavo piangendo solo quando le mie lacrime bagnarono il tavolo. Merda. Non potevo fare così.

"Lo so già che impazzirai, ma ho capito che è meglio così.. Non sono fatta per questo! Passerà."

Quel "passerà" era una promessa più per me stessa che per lui. Speravo che sarebbe stato semplice. In cuor mio sapevo già che ci avrei messo un bel po' di tempo.
Infilai le scarpe e mi chiusi la porta alle spalle dopo aver recuperato la borsa. Feci un sospiro e pigiai il pulsante dell'ascensore. Avrei fatto due passi per la quinta strada e magari dopo un doppio cappuccino da Starbucks mi sarei sentita un po' meglio.
Entrai in ascensore e improvvisamente mi resi conto di quello che stava succedendo. Stavo lasciando Bradley. Mi misi nell'angolo e scoppiai a piangere. Adesso tutto era diventato più chiaro. Mi strinsi tra le braccia e lasciai che le lacrime mi solcassero le guance. Avevo detto addio a quella che in pochi giorni era diventata una bella fetta importante della mia vita. Dire addio alla mia vita con Bradley Lays sarebbe stata una bella sfida, ma non potevo continuare così.
Arrivai al piano terra e salutai con un sorriso di circostanza il portiere. Era sempre stato così professionale. L'avevo conosciuto la prima volta che ero venuta in questo appartamento. La cena fasulla. Sembrava passato così tanto tempo da quel momento.

-Miss buongiorno!- mi salutò educatamente anche se potevo giurare che il mio stato lasciasse intendere che il mio non era per niente un buon giorno.

-buongiorno a lei!- esclamai cercando di essere abbastanza credibile.

-desidera un taxi Miss?-

-no grazie! Faccio una passeggiata-

-certamente! Arrivederci!-

Sorrisi a quel l'affermazione è lasciai che un altra lacrima mi scendesse dagli occhi. Non sarebbe stato un arrivederci. Non sarei più tornata qua dentro e non sarei più tornata con Bradley.
Lo salutai con un gesto della mano e uscì dal portone principale, scontrandomi contro l'aria fresca della mattina. Non avevo nemmeno controllato che ore erano. Avevo bisogno di Candice, ma forse era troppo presto per correre da lei. Presi il telefono dalla borsa e guardai l'orario. Erano poco più delle sette del mattino. Forse era una delle prime volte in vita mia che mi svegliato di proposito così presto. Alzai gli occhi al cielo e li socchiusi quando incontrai il sole timido che stava uscendo allo scoperto.
Inforcai gli occhiali da sole, che avevano la doppia funzione di potermi isolare da occhi indiscreti e mi avviai verso lo Starbucks in fondo alla strada.

##

-avresti potuto chiamarmi subito!- mi sgridò per l'ennesima volta, facendomi alzare gli occhi al cielo.

-Candy basta! Non ho bisogno della tua predica adesso!- sbuffai infastidita dalla sua mancanza di tatto in questo momento così delicato.

Lei fece per rispondere, quando il mio telefono prese a suonare rompendo la discussione. Era la settima volta che suonava da quando avevo lasciato l'appartamento di Lays, un ora fa. Gli avevo chiesto di essere lasciata in pace ma evidentemente lui non aveva afferrato il concetto.

-gli risponderai?-

-oh no! Voglio metterci una pietra sopra Candice e voglio iniziare a farlo da adesso!- esclamai decisa mentre camminavamo.

Avevo chiamato Candy subito dopo aver ragionato con un doppio cappuccino in corpo. Mi aveva proposto di accompagnarla a lavoro e durante in tragitto le avevo spiegato quello che era successo. Ovviamente anche lei trovava che la troia di Natalee cercava di far di tutto pur di averlo per se. Aveva vinto. Poteva prenderselo. Io per quanto ci avessi sperato, non ero fatta ne per lui ne per quello che rappresentava il suo mondo. Stare lontani ci avrebbe solo fatto del bene.
Da buona e brava migliore amica mi aveva offerto la sua spalla su cui piangere, anche se non avevo nemmeno versato una lacrima, e dopo il mio sfogo verbale, in cui avevo definito Bradley in ogni modo possibile, mi aveva brontolato per un po'. Secondo lei io e Bradley siamo anime gemelle. Sorrisi tristemente. Non eravamo destinati a stare insieme. Non ero proprio il suo tipo di ragazza.
Presi il telefono dalla borsa. Era un messaggio. Sapevo a chi apparteneva. Era il quinto che mi mandava. Tutti dicevo più o meno la stessa cosa. Forse avrei fatto meglio a cambiare numero. L'idea che sia lui che i miei genitori, non avrebbero potuto rintracciarmi mi allettava parecchio.

 

"Non è assolutamente come pensi! Rispondi al telefono e parlami!"


Alzai gli occhi al cielo pensando che ovviamente era capace di lasciar intravedete il suo lato da dominatore anche tramite un semplice messaggio. Era perentorio. Troppo. Gli avevo lasciato un bigliettino abbastanza palese.

-certe volte proprio non li capisco gli uomini.. Che cavolo di bisogno c'è di correre appresso a tutte le donne?- domandò retorica Candy facendomi fare un sospiro.

Non avrei risposto a quel messaggio e non avrei risposto alle sue mille chiamate. Decisamente era arrivato per me il momento di cambiare numero di telefono. Ne avevo abbastanza di tutto e di tutti.

-accompagno te a lavoro e vado a comprarmi una nuova scheda del telefono!- affermai decisa.

-basta che ti ricordi di darmi il nuovo numero!- mi disse con una punta di sarcasmo nella voce.

Sicuramente secondo lei stavo sbagliando tattica. Avrei dovuto affrontare il problema a braccia aperte e invece scappavo a gambe levate, ma non potevo farci niente. Questa sono io.
Il cellulare ricominciò a squillare e urlai in mezzo alla strada per la frustrazione. Un paio di persone si fermarono a guardarmi mentre Candice scuoteva la testa rassegnata. Dovevo assolutamente cambiare numero, altrimenti tutti questo li avrebbe presto portato a dovermi ricoverare d'urgenza in un ospedale psichiatrico.

-sai che stai scappando dall'inevitabile vero?- mi domandò quando mi fui calmata leggermente.

-ho una nuova filosofia!-

-quale? Aspettare che si stanchi? Sai meglio di me che non succederà mai.- mi disse con voce ovvia mentre mi guardava sottecchi.

-no. Cambierò numero! Voglio fare lo struzzo! So esattamente che prima o poi lo incontrerò, ma per il momento mi concentro su come fare per evitarlo!- annuì convinta della mia soluzione.

Candice mi guardò alzando un sopracciglio e io le sorrisi per risposta. Non avevo ancora realizzato quello che sarebbe successo. Ero certa che una vita senza Bradley sarebbe stata dura da portare avanti, ma avevo la mia migliore amica e questo mi dava un supporto immenso.

-andiamo struzzo va..-

Ero irrimediabilmente innamorata di Bradley Lays. Di questo ne ero più che sicura, ma ero altrettanto sicura che non avrebbe mai funzionato tra di noi. Meglio metterci una pietra sopra adesso. Sarebbe stato meglio per tutti quanti.
Passerà.

-Ria hai pensato a dirlo ai tuoi genitori se cambierai numero?-

-merda. Non posso affrontare due cose di questo peso nello stesso momento!-

-come immaginavo!-

-ascolta Candice, questo non è importante adesso! Sentir parlare di loro è proprio l’ultima cosa che mi importa. Sono seria- dissi passandomi una mano tra i capelli.

-ti sei resa conto che ancora non hai mai pianto?- mi domandò guardandomi negli occhi.

-lo so. Forse avevo dato troppa importanza ai miei sentimenti!- esclamai alzando le spalle e sperando che la mia migliore amica abboccasse all’amo.

Ero frustrata e pericolosamente instabile, ma non volevo dare a nessuno la soddisfazione di vedermi piangere o soffrire. Avevo lasciato l’unico uomo che io avessi mai amato e l’unico in grado di farmi uscire dalla fossa che mi ero scavata intorno. Quell’uomo, paradossalmente era l’unico che poteva salvarmi ma anche l’unico in grado di affossarmi.
Candice aveva ragione e lo capì nel momento in cui il mio cellulare riprese a suonare. Dovevo cambiare numero e subito dopo chiamare mia madre per comunicargli il mio cambiamento. l’idea non mi allettava per niente e sarei stata più contenta se avessi dovuto accarezzare un alligatore, ma non potevo continuare in questo modo. Se volevo voltare pagina, dovevo pur incominciare da qualche parte.

-ho un idea, perchè non ce ne andiamo da qualche parte per qualche giorno? Ho ancora un po' di ferie e tu amica mia ne hai tutto il bisogno possibile-

Quell’idea mi allettava non poco. Sospirai quando il telefono smise di suonare e tirai un momentaneo respiro di sollievo. Avevo preso le ferie poco tempo fa per poterle richiedere. Avevo qualche arretrato era vero, ma non potevo lasciare il lavoro adesso. Ero rientrata da poco e non mi sembrava giusto verso i signori Fulton e verso i miei colleghi che non facevano riposo da più tempo di me.

-non posso prendere le ferie adesso Candice! Sono appena rientrata.-

-okay, come vuoi! La mia proposta è sempre valida lo sai-

Feci per rispondere quando il cellulare ricominciò a suonare interrompendo me e anche la mia migliore amica che mi guardò con uno sguardo quasi di incoraggiamento. Ma porca di quella troia. Doveva proprio stare a rompermi le palle ogni cinque fottutissimi minuti? Non era un super uomo impegnato dalla sua super azienda?

-non ti lascerà mai andare! Fai pure lo struzzo fino a che ti dura, ma lo incontrerai.. a breve aggiungerei!- affermò convinta annuendo alle sue parole.

Arrivammo davanti all’ufficio del suo catering e la salutai con un abbraccio e un bacino sulla guancia. Mi era rimasta solo lei. Andavo avanti per lei e grazie a lei. Mi aveva aiutato più di una volta e anche oggi non si era smentita. Sapevo di poter contare su di lei in qualsiasi momento.

-passerà-

##

Mi sedetti sul divano di seconda mano del mio appartamento e guardai il telefono sul tavolino sperando che prendesse da solo il coraggio necessario.
Coraggio Gloria.
Prendi il toro per le corna e afferra quel telefono.
Puoi farcela.
Prendi il telefono.
Componi il numero.
Aspetta.

-pronto?-

-mamma sono io.. ho cambiato numero e questo è quello nuovo.- dissi velocemente e senza troppi giri di parole; non servivano proprio.

-Gloria..- mi rispose con voce strozzata.

Sgranai gli occhi sentendo mia madre piangere. Cosa le era successo? Era stata ben diversa la nostra ultima chiamata. Avevamo quasi rischiato di prenderci per i capelli tramite telefono, mentre adesso mi piangeva incapace di dire qualsiasi cosa se non il mio nome. Questa non era la donna che mi aveva costretto a scappare dalla mia vecchia vita.

-che succede? Perchè piangi?-

Mi meravigliai di me stessa e della mia voce leggermente affannata. Che cosa stava succedendo tutto d’un tratto? Ero davvero così preoccupata da non rendermene nemmeno conto? Perchè?

-tuo padre Gloria.. ha avuto un infarto e adesso è in una sala di rianimazione-

Balzai in piedi e iniziai a mangiarmi l’unghia del pollice della mano destra. Lo facevo sempre quando ero nervosa e in questo momento lo ero eccome. Cosa cazzo era successo a mio padre? Perchè non mi aveva chiamato quando gli era preso l’infarto? Ok che il nostro rapporto faceva acqua da tutte le parti, ma avevo tutto il diritto di questo mondo di sapere quello che succedeva alla mia famiglia.

-quando è successo?-

-ieri mattina. I dottori dicono che non è ancora fuori pericolo e io non so che cosa fare- ammise continuando a piangere con i singhiozzi che ogni tanto gli impedivano di parlare normalmente.

In quel momento mi resi conto che quella era comunque la mia famiglia. Per quanto odiassi quello che mi avevano fatto passare, per quanto avessi desiderato che sparissero dalla faccia della terra per tutto quello che mi avevano fatto, non potevo che piangere per quello che stava passando mio padre e mia madre di riflesso. Non potevo abbandonare la mia famiglia.

-dove si trova adesso?-

-che vorresti fare Gloria? Vorresti tornare qui dove tutto è cominciato?-

-perchè non mi hai detto quello che gli era successo?- domandai dando sfogo a quel pensiero che mi aleggiava in testa da quando me lo aveva detto.

-noi non abbiamo più un rapporto.. non credevo che per te potesse essere importante sapere quello che ci succede-

Ingoiai la bile e strinsi forte i pugni per non urlare contro quella donna in questo momento particolarmente delicato e poco opportuno. C’era sempre stato un motivo se aveva lasciato quella famiglia e quello stato, ma mi sentivo comunque parte della famiglia nonostante tutto.
Sarei andata a trovare mio padre sul letto d’ospedale. Era un mio dovere di figlia. Nonostante non avessi un rapporto con loro, non potevo ignorare questo senso di colpa che mi cresceva nel petto. Non avrei più potuto vivere con il senso di colpa per non essere riuscita a dirgli addio.

-te lo ripeto mamma, dove vi trovate?-

-siamo a Firenze! È stato trasportato qui d’urgenza.-

-tornerò mamma..-

-davvero?-

Per un secondo sentì il suo tono addolcirsi e mi sembrò che nella sua voce ci fosse un piccolo accenno di felicità. Forse era felice che tornassi. Forse voleva che fossi al suo fianco per affrontare insieme questo periodo così difficile.

-cercherò di fare il prima possibile-

-grazie Gloria-

Abbassai la comunicazione e mi rimisi a sedere sul divano prendendomi la testa tra le mani. Avevo appena avuto una conversazione con mia madre che non credevo che avrei mai potuto avere.
Quello che era successo a mio padre mi aveva fatto accantonare tutti i nostri dissapori passati e mi aveva fatto venire la voglia di essere al fianco della mia famiglia in questo momento così difficile. Non potevo non andare.
Presi il telefono e chiamai l’aeroporto per riuscire a fissare un volo per il prima possibile. Mi sarebbe andata bene una qualunque data e ora. Dovevo fare il prima possibile. Il pensiero che mio padre morisse prima del mio arrivo, mi faceva sentire in colpa. Non potevo vivere con questo macigno sullo stomaco.

##

-che vuol dire che non ci sono voli disponibili prima di sei giorni? Nemmeno un qualunque scalo in qualunque parte del mondo?- domandai facendo avanti e indietro sul tappeto davanti al divano.

-glielo ripeto Miss, nessun nostro aereo parte per l’Italia da qui a sei giorni. c’è uno sciopero molto importante che devia diversi voli, tra qui quelli italiani!- mi rispose la signorina dall’altra parte del telefono con una pazienza infinita.

-bene grazie!-

Scagliai il telefono sul cuscino e crollai con le ginocchia per terra. Merda. Non sapevo come fare per poter tornare a casa in tempo. Avevo un fottuto bisogno di un aereo e ovviamente tutti in questo mondo si erano messi contro di me indicendo uno sciopero mondiale. Sei giorni erano decisamente troppi.
Avevo chiamato i miei datori di lavoro e avevo spiegato loro la situazione. La signora Wanda mi aveva incitato a muovermi per andare da mio padre e mi aveva detto di non preoccuparmi per il mio lavoro che mi avrebbe aspettato fino al mio ritorno.
Quei due vecchietti erano la cosa più simile ai genitori che io avessi in quella città. Mi avevano supportato e sopportato nei miei anni difficili e adesso mi venivano incontro in tutti i modi. Erano splendidi davvero.
Il telefono suonò e lo afferrai immediatamente.

-hai trovato niente?-

Candice.
Ovviamente avevo chiamato subito anche lei per spiegarle quello che era successo e da buona migliore amica che si rispetti mi aveva appoggiato offrendomi il suo appoggio e se avessi voluto, la sua presenza al mio fianco in Italia.

-nulla Candy.. non partono voli per l’Italia prima di sei dannati giorni-

-non vorrei essere io a dirtelo, specie in questo momento, ma so che la Lays Corporation ha un nutrito numero di jet privati!-

Baypassai completamente il motivo per cui lei era così informata e mi alzai da quella scomoda posizione per rimettermi in piedi. Chiedere a Bradley un passaggio era senza ombra di dubbio la cosa più sbagliata da fare, soprattutto dopo la mia uscita trionfale di quella mattina. Avevo cambiato numero per non doverlo più sentire e finalmente il mio cellulare aveva smesso di tartassarmi un secondo si e un secondo no.

-mi stai chiedendo di chiedere un passaggio a Bradley?-

-è l’unico modo che hai per raggiungere tuo padre in un tempo ridotto!- ribattè con ovvietà e dandomi sui nervi.

-ma se lo chiamo..-

-ingoia l’orgoglio amica mia.. potrebbe essere troppo tardi!-

-hai ragione Candice. Devo chiamarlo!-

-fammi sapere! Ah, la mia offerta è ancora valida Ria, se hai bisogno di me io vengo!-

-è una cosa che devo fare da sola lo sai, ma grazie davvero per esserci!- ammisi sincera mentre cercavo il foglietto con il numero di telefono di Bradley.

-dovere! Un bacio tesoro!-

Rimasi con il telefono tra la spalla e il collo mentre cercavo in tutte le borse che possedevo. Sapevo di averlo conservato da qualche parte. Quando avevo cambiato scheda telefonica, avevo cancellato il suo numero in uno scatto di infantilità e ira e adesso eccomi qua, come una cretina a cercarlo di nuovo.
Chissà quello che avrebbe pensato di me. Chissà se dopo come l’avevo trattato quella mattina, mi avrebbe aiutato lo stesso. C’erano un milione di motivi per cui avrebbe potuto dirmi di no, ma ero disperata al punto di doverci provare.
Riuscì finalmente a trovare il bigliettino, ripiegato su se stesso e mezzo sgualcito, ma lo lisciai e composi velocemente il numero sperando che le mani non mi facessero nessuno strano scherzo. Avevo fretta.

-Lays-

Quella voce mi attraversò la colonna vertebrale facendomi avere un brivido. Stavo calpestando il mio orgoglio e stavo anche uscendo dalla sabbia che in qualità di struzzo, avevo deciso di restare. Avevo mandato a puttane tutto quello che avevo deciso quella mattina.
Non avrei mai creduto che avrei stravolto il mio nuovo mondo per raggiungere il vecchio. Dovevo tornare.

-Bradley-

-Gloria! Dove sei? Cristo ti ho cercato come un matto!-

-ho bisogno di un favore da te! Non te lo chiederei se non fosse di vitale importanza.. sopratutto dopo quello che è successo stamattina!-

-sai che puoi chiedermi tutto quello che vuoi Gloria, per quello che riguarda stamani, dobbiamo parlarne. Non ti permetto di lasciarla finire così!- mi disse con la sua voce dura che non ammetteva nessuna replica.

-mio padre ha avuto un infarto e adesso è in condizione critiche.. devo tornare in Italia ma non ci sono voli disponibili prima di sei giorni.- risposi senza giri di parole.

-ovvio che ti do un mio jet! Avrai un pilota e una hostess di volo nel giro di un ora.-

Quelle parole furono una gioia per le mie orecchie. Erano ore che passavo da una telefonata all’altra e finalmente questa era una delle uniche che aveva prodotto un risultato positivo. Sarei arrivata a Firenze entro domani pomeriggio.

-non so come ringraziarti di questo.-

-non ce n’è bisogno Gloria. Sappi solo che verrò con te!- disse autoritario rendendomi impossibile poter ribattere sulla sua affermazione.

Sgranai gli occhi a quella sua rivelazione e mi appoggiai al muro scendendo fino al pavimento. Sapevo che uno come lui non faceva qualcosa senza avere un tornaconto per se. Venire con me significava averlo appiccicato per giorni interi.
Avrei sopportato la sua presenza?



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Ciao Tesori!

Chiedo umilmente perdono per la mia assenza, ma nell'ultimo periodo mi sono successe un triliardo di cose nuove... devo ancora riprendere me stessa!!


...dunque...

colpo di scena finale...
voi cosa avreste fatto al posto di Gloria??
avreste chiesto aiuto a Lays?

-grazie a chi ha messo la storia tra le preferite\seguite\da ricordare! ;)-

-grazzzzzzzzie alle tre bellissime anime che hanno commentato il capitolo precedente!!-

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AGGIORNO IL PRIMA POSSIBILE LO PROMETTO!


un bacio gigante!!



 
Marty0029

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Capitolo 15
*** 15) Travel ***




 


 

Trailer



 

15) Travel







Scesi dal taxi e lo guardai nel suo favoloso splendore. Indossava un completo grigio con tanto di camicia nera e cravatta. Evidentemente non si era cambiato. Era corso qui senza passare da casa. Quelli erano senza ombra di dubbio i vestiti che aveva scelto per quel giorno lavorativo. Bradley
Feci un paio di passi verso di lui con il cuore in gola. Sembrava che il nostro rapporto fosse costantemente sulle montagne russe. Ogni volta che riuscivo a credere di poter passare sopra a qualunque cosa, ecco che compariva un nuovo scheletro nel suo armadio che mi faceva rimpiangere di essermi sentita bene con lui. Era come se me stessa stesse cercando di proteggersi da lui in qualunque modo.
Arrivai davanti a lui e incollai i miei occhi ai suoi. Non c’era niente di più bello che i suoi occhi. Avevano un potere ipnotico che mi mandava in estasi solo guardandolo. Forse non avevo preso la decisione migliore a chiamare lui. Forse avevo sbagliato completamente a chiedergli aiuto.

-Gloria-

Alzai una mano davanti a lui per impedirgli di avanzare verso di me e così facendo mi ritrovai ad avere il suo torace al di sotto del mio palmo. Sentì una scossa elettrica e staccai immediatamente la mano. Lui, per niente contento del termine del contatto, riprese la mia mano e la rimise sul petto, solo leggermente più in alto, verso la sinistra. Sgranai gli occhi sentendo il suo cuore battere. Cosa voleva dire con quel gesto?

-Bradley.. non so come ringraziarti per quello che stai facendo.- incominciai cercando di controllare i miei sentimenti che sembravano pronti ad esplodere.

-non devi farlo e lo sai!- ribadì con un tono leggermente seccato.

-questo però non cambia niente!- dissi staccandomi e facendo un passo indietro.

-andiamo adesso. Non vorrai far partire in ritardo l’aereo, ci si prospettano nove ore di volo-

In quel preciso momento capì che sarebbero state le nove ore più lunghe della mia vita. Bradley avrebbe sicuramente fatto qualcosa per farmi perdere il controllo ed ero più che certa che arrivati ad un certo punto, io l’avrei perso davvero. Per quanto mi sforzassi di farlo, non potevo resistere a lui e al suo corpo. Erano una calamita troppo potente per me.
Mollai lo sguardo dal dio greco che avevo al mio fianco e solo in quel momento mi resi conto che eravamo davanti ad un aereo. Sgranai gli occhi sorpresa davanti alla mole dell'oggetto. Credevo che i normali jet privati riuscissero a portare solo un numero ristretto di persone, ma quello che avevo davanti era senza ombra di dubbio più grande della media. Poteva sembrare un normale aereo di linea. Alzai distrattamente gli occhi al cielo. Ovvio che Bradley Lays quando fa le cose o le fa per bene o non le fa affatto. Non mi aveva sorpreso conoscere che era in possesso di un jet privato, ma quando mi aveva detto che la sua azienda ne aveva sette, avevo capito che probabilmente non mi sarei mai abituata al suo mondo così distante anni luce dal mio.
Non avevo mai avuto paura di volare in vita mia. Avevo lasciato la mia famiglia e tutto l'insieme alle spalle e se avessi avuto una qualche paura non l'avrei affrontato, ma adesso, non ne capivo il motivo, ma avevo lo stomaco sotto sopra e le gambe sembravano voler darmi qualche segno di resa. Cosa mi stava succedendo?
Guardai Bradley raggiungere una figura che a giudicare dai vestiti, doveva essere il capitano della baracca. Avrei affidato la mia vita a quell'uomo. Meglio andare a parlarci.
Raggiunsi i due uomini e chissà per quale strano motivo, accettai la mano che Bradley mi stava porgendo. Quel tocco bastò a farmi sentire al settimo cielo è maledì me stessa per questa sensazione. Non potevo pensare a lui in quel modo adesso. Avevo mio padre chissà dove in un letto bianco e immacolato di ospedale. Dovevo tornare in Italia.

-Gloria ti presento il comandante London Weston, sarà il nostro pilota di volo.- esclamò Bradley facendomi conoscere il signore che avevano davanti.

-piacere di conoscerla Miss Perri! Lasci che le presenti i miei colleghi; questo è Peter Barton, il mio secondo pilota, mentre lei è Allison Grisson e sarà l'assistente di volo!- mi disse presentandomi a sua volta altre due persone.

Sorrisi a mia volta e salutai con una stretta di mano entrambi. In cuor mio mi domandavo cosa pensassero di tutta la faccenda dal momento che avevo chiamato Bradley nemmeno un ora e mezza fa e adesso eravamo quasi pronti al decollo. Sicuramente dovevano essere abituati ai viaggi all'ultimo minuto.
Guardai distrattamente il ragazzo e lo vidi che mi sorrise gentile. Il mio sguardo però fu attirato dalla ragazza che sembrava tutto tranne che amichevole. Cercai di sforzarmi di sembrare serena e tranquilla ma quella ragazza mi metteva non poca soggezione. Che cavolo di problemi poteva avere questa qui? Perché mi guardava come se non aspettasse altro che attaccarsi alla mia giugulare?
Distolsi lo sguardo e lo puntai su Bradley che mi guardava. Il suo modo di farlo mi faceva venire la pelle d'oca. Sembrava che ci fossi solo io nell'arco di chilometri. Era un rebus talmente complicato che mi sembrava impossibile poterlo risolvere. Spostai gli occhi sulla ragazza e vidi che stava fulminando sia Bradley eh me. In quel momento mi fu tutto completamente chiaro. Aveva una cotta per lui. Forse anche più di una semplice cotta dal modo in cui lo guardava rapita e ferita. Chissà se anche lei era finita nella sua Suite peccaminosa. Chissà se anche lei si era deliziata del sano sesso che quell'uomo riusciva a fare.
Scossi la testa facendo volare via quei pensieri. Avrei pensato dopo alla gelosia che potevo provare o meno per Lays. Adesso tutto quello che avevo di più importante era raggiungere l'Italia e mio padre. Quello doveva essere il mio pensiero principale.

-andiamo Gloria! Decolliamo tra 10 minuti!-

Fui grata a Bradley che mi accompagnò all'interno dell'aereo. Mi aveva tolto dallo sguardo di quella ragazza. Entrai dentro il mezzo di trasporto e il respiro mi si fermò. Quello era un appartamento. Sicuramente era più grande del mio attuale appartamento. Aveva un salotto con tanto di dieci poltroncine tutte perfettamente separate tra di loro, e di un color cremisi delizioso. Sembravano le cose più comode del mondo.
Sul fondo dell'aereo potevo intravedere una stanza chiusa che poteva essere o una camera o un ufficio, mentre lateralmente c'era un bagno decisamente più spazioso di quello dei normali mezzi di linea. Bradley Lays aveva senza ombra di dubbio più soldi che buon senso.

-questo è l'aereo migliore per questo genere di spostamenti più lunghi. In fondo alla coda c'è una camera da letto se hai bisogno di riposarti e sdraiarti. Accanto alla camera c'è lo studio, dove solitamente lavoro mentre sono in volo. Dall'altra parte c'è il bagno come hai intravisto, mentre sul davanti c'è la cabina di pilotaggio!- spiegò tutto molto dettagliatamente che quasi sembrava che dovesse invogliarmi a comprarlo.

-questo aereo è una reggia!- mi lasciai sfuggire facendo un giro su me stessa.

Il suo viso si aprì in un sorriso e due secondi dopo mi fu sopra, intento a baciarmi con quel suo modo che solo lui conosceva. Sentire quelle labbra era la sensazione più bella del mondo ma non ero una cretina. Mi ricordavo tremendamente bene quello che avevo passato quella mattina. Lui si era visto con Natalee. Lei aveva nominato un hotel nel suo messaggio e ero abbastanza convinta che si trattasse di quello di cui disponeva la Suite. Con una riluttanza che mi fece incazzare con me stessa, mi staccai da lui.

-non puoi baciarmi!-

-Gloria-

Il mio nome sembrava quasi un avvertimento pronunciato da lui in quel modo. Perché aveva questo potere? Perché faceva crollare i miei argini con una semplice parola? Contavo così poco contro di lui?

-Mr. Lays se volete accomodarvi e allacciare le cinture, cominceremo al più presto la manovra di decollo!- affermò professionalmente Allison interrompendoci.

Mi staccai come se fossi scottata e mi posizionai a sedere sulla poltroncina più vicina. Speravo con tutto il cuore che Bradley avrebbe dovuto lavorare e mi avrebbe lasciato in pace per il resto del viaggio. Era un uomo di affari dopotutto no? L'aveva detto lui stesso che spesso durante questo genere di voli lui lavorava per tutto il viaggio.
Mi allacciai la cintura e con orrore mi accorsi che il mio bel demone si sedeva nella poltroncina davanti alla mia. Non aveva intenzione di mollare la presa e per un attimo mi mandai a quel paese per aver immaginato che l'avrebbe fatto. Lui è Bradley Lays. Ovvio che non molla una cosa quando gli interessa.
Perché sei andato con quella puttanella? Perché mi hai ferito in questo modo? Sapere che l'aveva portata in quel suo scannatoio personale mi aveva mandato ancora di più al tappeto.
Sentì l'aereo cominciare a muoversi e chiusi gli occhi sperando di riuscire ad addormentarmi per sfuggire a tutte le pressioni. Se avessi dormito per nove ore filate, mi sarei sentita sicuramente meglio. Stavo per rilassarmi completamente, quando il mio cellulare prese a suonare. Immaginavo si trattasse di Candice, invece ebbi un colpo al cuore quando lessi il nome di mia madre sullo schermo. Che fosse successo qualcosa di nuovo?

-pronto mamma?- domandai iniziando a parlare italiano e estromettendo Bradley da ogni possibile comunicazione.

-dimmi che verrai ti prego!-

Il cuore mi si strinse in una morsa di acciaio. Aveva un tono così disperato che mi sentivo una completa stronza per averla abbandonata. Dopo tutto quello che quella donna mi aveva fatto passare, adesso eccomi qui, a scapittollarmi per raggiungerla. Credeva davvero che la prendessi in giro riguardo alla mia immediata partenza?

-sto decollando adesso mamma! Tra massimo dieci ore sarò li! Devo stare tranquilla almeno fino al mio arrivo!-

-siamo stati così cattivi con te Gloria.. Ti capirei se tu non venissi qui..-

-io devo venire li! Senti, il passato non si può cambiare, ma si può andare avanti e capire dagli errori!-

In quel preciso momento fui grata a tutti i santi lassù che Bradley non capisse una parola di quello che stavo dicendo. Quella mia frase sarebbe potuta essere benissimo pronunciata da lui. Anche lui mi aveva chiesto di buttarmi il suo passato alle spalle e io ovviamente non l'avevo fatto. Ah Bradley.. Fortuna che non conosci l'italiano.

-ok allora ti aspetto!-

-brava! Arriverò te lo prometto!-

Riattaccai la comunicazione e cercai con lo sguardo Bradley che ovviamene non mi aveva tolto gli occhi di dosso per un solo minuto. Mi stiracchiai sul posto e per poco non rabbrividì quando mi resi conto che eravamo già decollati. Come cavolo era possibile? Avevo tenuto la conversazione con mia madre per tre ore per caso?

-sono lieto di sapere che non ti sei accorta di niente! Uno dei vantaggi di questo aereo è proprio questo- mi disse con una punta di orgoglio per questo suo giocattolo.

Sorrisi scuotendo la testa. Chissà se era un modello Porsche anche l'aereo. La sua fissazione per i mezzi di trasporto era altamente costosa.
Mi raggomitolai sulla poltroncina cercando la posizione migliore e cercando di dimenticarmi dell'adone greco che avevo davanti. Dormi Gloria. Dormi e basta.

-se vuoi riposarti meglio c'è la camera da letto Gloria-

Scossi la testa energicamente quando nella mia mente mi immaginai la sua lingua sul mio corpo mentre stavo distesa su quel letto. Merda Gloria ma se un caso senza speranza. Non potevo fare pensieri erotici con lui davanti e soprattutto con mio padre in quello stato all'ospedale.
Scossi più leggermente la testa e finalmente trovai la posizione giusta. Avrei mantenuto quella posizione per tutto il viaggio se fosse servita a farmi allentare questa cavolo di pressione che avevo addosso.
Il cellulare di Bradley suonò rompendo il silenzio religioso che si era creato e lo vidi mettersi un auricolare bluetooth all'orecchio destro. Sicuramente avrebbe avuto molte telefonate. Aveva piantato il suo lavoro da super imprenditore di punto in bianco. Forse aveva disdetto qualche riunione e forse qualcuno mi stava anche mandando a quel paese per questo.

-Lays-

Non ascoltai la conversazione e pescai dalla borsa un paio di cuffie da attaccare al cellulare per ascoltare un po' di musica. Ero certa che in questo gigantesco volatile ci fosse un impianto cinema con tanto di dolby surround, ma non era quello di cui avevo bisogno adesso. Lasciai che la dolce musica di Bruno Mars mi accarezzasse le orecchie. Alcuni dei suoi brani erano così carichi di emozioni che quasi mi facevano venire da piangere. Ricordo che la prima volta che avevo ascoltato "When i was your man" avevo avuto la pelle d'oca per tutta la durata della canzone.
Chiusi gli occhi e tentai per quanto possibile, di dimenticarmi il luogo in cui mi trovavo e il motivo per cui mi ci trovavo. A breve avrei rivisto i miei genitori e la cosa mi angosciava non poco dal momento che loro erano la causa principale della mia partenza. Quando mia madre mi aveva detto le condizioni così poco precarie di mio padre, non avevo esitato o perso tempo. Potevano avermi trattato male e a pesci in faccia, ma rimanevo la loro unica figlia e quello era il mio compito.

-Ehi!-

Aprì gli occhi davanti alla meravigliosa vista del mio Dio greco. Era così bello.. Capivo perché le donne si buttassero su di lui a branchi. L'avrei fatto anche io se solo non avessi un briciolo di orgoglio ferito.
Lo osservai mentre mi accarezzava la guancia e mi portava una ciocca dietro l'orecchio. Evidentemente era sfuggita al mio chignon arrangiato. Trattenni in respiri per tutta la durata di quel contatto.

-c'è una camera da letto in fondo al corridoio.. Puoi andare lì e riposarti se vuoi; ti aspetta una lunga giornata- mi disse dolcemente continuando a guardarmi intensamente.

Forse era quello che mi serviva. Forse avevo davvero bisogno di andare a letto e riposarmi un po'. Bradley aveva ragione. Quelle che mi si prospettavano davanti erano ore lunghe e interminabile. Stare all'ospedale non era semplice, specie quando c'era qualcuno di importante dentro.

-credo che seguirò il tuo consiglio- esclamai stiracchiandomi.

-ti lascio il tempo di riposare e di pensare a tuo padre che in questo momento ha la priorità su tutto, ma quando avrai la mente libera noi due parleremo!- disse come avvertimento.

Lo guardai per un lungo attimo, indecisa sul da farsi e senza dargli una risposta mi slacciai la cintura e lasciai quella stanza arrivando nella camera, naturalmente gigantesca e chiudendomi la porta sulle spalle mi lasciai scivolare su di essa.
Avremmo parlato. Volevo davvero parlare con lui di quello che avevo scoperto? Volevo davvero che mi dicesse che aveva fatto sesso con quella Natalee? Non so se ero pronta ad ascoltare quelle parole. Erano troppo.
Mi alzai da terra e raggiunsi il letto dove mi raggomitolai decisa come mai nella mia vita a prendere sonno e a dimenticarmi del mondo che avevo intorno.

##

Mi svegliai con un leggero mal di testa e sospirai rendendomi conto che l'aereo era ancora in volo. Sicuramente non avevo dormito per nove ore. Mi guardai intorno e solo in quel momento mi resi conto di avere una coperta addosso. Evidentemente o Bradley o qualcuno dell'equipaggio mi aveva coperto durante il mio sonnellino. Lasciai vagare gli occhi sulla stanza è quasi mi mancò il respiro quando vidi Bradley seduto sulla poltrona che dormiva. Il letto era più grande di un normale matrimoniale eppure aveva preferito addormentarsi in una scomoda poltrona piuttosto che accanto a me. Ero più che sicura che l'avesse fatto per una questione di spazi dal momento che non avevamo ancora chiarito niente, ma saperlo così vicino mi mandava in estasi.
Senza fare troppo rumore arrivai ai piedi del letto. Se adesso avessi allungato una mano, avrei sfiorato quelle guance ricoperte da una leggera barba che mi facevano impazzire. Lo guardai attentamente, prendendomi tutto il tempo del mondo per studiare i suoi lineamenti. Anche se adesso i suoi occhi erano chiusi, riuscivo a percepire il suo sguardo blu oceano che mi perforava l'anima. Lui era tutto quello che un uomo potesse desiderare di avere. Era bello oltre misura, aveva un corpo da favola, era lo scapoli più ricco d'America e poteva avere ai suoi piedi qualunque donna lui desiderasse.

-ti sta piacendo quello che vedi Gloria?-

Feci un balzo indietro sentendo quelle parole. Merda. Era sveglio e si era accorto che lo stavo guardando da vicino. Che razza di figura avevo appena fatto. Complimenti Gloria. Adesso si che sarà più facile spiegargli che non vuoi più avere niente a che fare con lui e con tutto il resto della storia.

-eri sveglio!- dissi affermando l'ovvio.

-perché continui a scappare da me? Lo vedi anche da sola che non riusciamo a stare lontani-

-io non scappo Bradley!- affermai risoluta e colta nel vivo.

-tu scappi Gloria! Scappi appena le cose non vanno come le vorresti fare andare tu! Di che cosa hai paura?-

Di cosa hai paura? Questa frase l'avevo già sentita e ultimamente mi stava assillando come non mai. Non avevo paura di niente. Avevo scoperto i miei sentimenti per quest'uomo nel momento in cui mi aveva ferito portandomi nella Suite. La mia non era paura.

-sei stato a letto con Natalee ieri?- domandai diretta senza troppi giri di parole inutili.

-quel messaggio non era indirizzato a te!-

Lo guardai alzando un sopracciglio. Stava davvero giocando a questo gioco con me? Lui che era il primo stalker sulla faccia della terra mi stava rinfacciando qualcosa? Certo che aveva proprio una bella faccia tosta. Ormai ero decisa ad arrivare in fondo a questa storia e l'avrei fatto. Dovevo sapere.

-avevi lasciato il cellulare sul bancone, l'ho visto per caso, non sono io la stalker tra i due Bradley!- affermai ferita.

-c'è una cosa che non sai di me.. Una cosa che mi spinge a fare cose come quella che ho fatto ieri-

Finalmente si stava aprendo un po con me. Mi avrebbe detto cosa lo stava assillando e io finalmente avrei potuto mettere insieme tutti i pezzi del mio puzzle. Ne avevo un disperato bisogno.

-quando tu non mi rispondevi, quando volevi che io sparissi dalla tua vita, io mi sono sentito di merda, letteralmente, quando mi sento così, ho bisogno di una sola cosa-

La mia mente stava iniziando a realizzare, anche se continuavo imperterrita a mordermi il labbro inferiore, sapevo già la sua continuazione. Questo sarebbe stato il probabile problema che non ci avrebbe mai fatto esistere come coppia. Non potevo stare con uno come lui.

-quindi quando sei particolarmente stressato o incazzato ti sfoghi facendo sesso con chi ti capita a tiro?- domandai traendo le mie conclusioni.

-non è una cosa di cui andare fieri, ma si.. Questo è un lato del mio carattere Gloria!-

-quindi mi stai dicendo che è meglio che sia al tuo fianco quando ti incazzi o ti stressi così almeno sono sicura che scoperai con me?- domandai mentre sentivo una rabbia cieca salirmi da dentro.

-dopo che mi hai abbandonato di nuovo ho capito che quello che stavo facendo aveva mandato a puttane tutto.. Non sono abituato a tutto questo! Sono sensazioni nuove- esclamò indicandosi.

-quello che dici non ha senso Bradley! Cazzo ma ti ascolti? Come puoi pensare che a me stia bene questo genere di vita?- domandai alzando la voce e mandando a fanculo il buonsenso.

Lo vidi passarsi una mano tra i capelli frustrato e desiderai ardentemente tirarglieli. Mi stavo incazzando di brutto e tutto questo a poche ore dalla vista di mia madre e mio padre. Come avrei reagito alla loro vista se il mio stato d'animo era questo? Fanculo. Sapevo che questa storia era una bomba inesplosa e questo non era certo il momento adatto per parlarne.

-Gloria ti prometto che non succederà mai più, ma tu devi parlarmi! Devo rendermi partecipe della tua vita!-

Lo guardai sgranando gli occhi. La voglia di picchiarlo cresceva a dismisura e l'amore che provavo per lui era l'unica casa che mi metteva un freno.

-le mie fughe sono solo dovute a tutto quello che mi getti addosso! Prima mi porti in una tua squallida Suite, poi scopro che scopi altre donne, io non ti ho mai chiesto niente! Hai fatto tutto da solo porca puttana! Io non volevo una storia e tu l'hai resa tale! Mi hai portato ad innamorarmi di te e ad avere un bisogno costante della tua presenza! Questa non sono io!-

Lo vidi premere le labbra insieme come per impedirsi di parlare. Solo in quel momento mi resi conto di avergli confessato i miei sentimenti. Avevo appena detto a Bradley Lays, durante una litigata furibonda, che mi ero innamorata di lui. Porca vacca.

-Gloria..-

-no! Non ti soffermare su quello che ho appena detto! I miei sentimenti sono questi, ma vedrò di farmeli passare Bradley perchè non ne posso più di questa situazione- esclamai esasperata troncando il suo discorso sul nascere.

Sapevo quello che avevo detto purtroppo. Avevo chiaramente spiattellato i miei sentimenti, ma non volevo che questo gli desse modo di continuare a prendermi in giro. Con questo suo assurdo comportamento, con queste sue scuse inutili.

-questo cambia tutto! Adesso che so quali sono i tuoi sentimenti nei miei confronti non ti lascerò andare così facilmente!- mi grugnì contro.

-che mi dici dei tuoi sentimenti? Sono così importante per te da farti andare a letto con altre? Cristo che rabbia che provo in questo momento!-

-ti ho già detto il motivo per cui è successo e non si ripeterà mai più! Ti puoi fidare della mia parola-

-non mi fido della tua parola-

Un sorriso comparve sulla sua bocca. Adesso che ci pensavo, io gli aveva rivelato i miei sentimenti, gli avevo confessato di amarlo e lui non mi aveva dato nulla in risposta. Sapevo che ci teneva a me, la riprova era che mi stava accompagnando in Italia con un suo jet, ma non sapevo i sentimenti che popolavano il suo cuore. Sapevo che era stato a letto con altre, e questo forse voleva dire che non mi voleva il bene che gli volevo io. Quando ami qualcuno non vorresti mai ferirlo come lui ti ha fatto soffrire.

-quali sono i tuoi sentimenti?-

Lui sgranò gli occhi in segno di sorpresa e una parte di me gongolò a quella sua reazione. Ero riuscita una volta ogni tanto a prenderlo in contropiede e dal momento che non capitava molto spesso, il pensiero mi rendeva felice.

-che vuoi dire?-

-giochiamo a carte scoperte Lays! Dì qualcosa.. mi sto arrendendo a te. Sto ingoiando il mio orgoglio in questo momento.- dissi cacciando indietro le lacrime.

-io..- balbettò alzandosi in piedi e voltandosi.

-mi basta! Questo sarà un addio Bradley.. non ti voglio più nella mia vita! Nel momento in cui scenderò da questo aereo, tutto sarà finito!- esclamai risoluta abbassando la testa.

-no!-

-non voglio continuare una guerra che combatto da sola-

-Gloria..-

-Mr. Lays stiamo sorvolando l’Italia, l’atterraggio è previsto tra quindici minuti, vi chiedo gentilmente di allacciare le cinture.-

La voce del capitano fu una manna dal cielo e mi asciugai con stizza una lacrima mentre uscivo veloce dalla stanza e mi sedevo sulla poltroncina.
Quando anche Bradley si mise a sedere davanti a me, feci completamente finta di non vederlo. Anche se cercavo di apparire fredda e impassibile, dentro di me provavo una rabbia cieca che mi faceva venire una voglia assurda di piangere come una bambina. Nessuno mi aveva mai ferito così tanto. Non riusciva a parlarmi dei suoi sentimenti e voleva che mi andasse bene quel lato del suo carattere che mi portava a vederlo con altre donne se non era della giornata adatta. Non potevo sopportare tutto questo. Non ne sarei mai stata in grado. Avevo una minima dignità da proteggere. Avrei ingoiato il mio orgoglio per sentire quelle parole. Quelle semplice parole che messe insieme mi avrebbero reso la persona più felice del mondo. Tre parole. Sette lettere. Forse inconsciamente avrei anche finito per perdonargli la sua giornata di sesso con quella donna. Quella donna aveva ragione fin dall’inizio.
Sentì che l’aereo stava iniziando con la fase di atterraggio e decisi di eclissare Bradley è tutta la sua merda in un angolino del mio cervello. Adesso l'unica cosa importante, che doveva avere la mia totale concentrazione era mio padre. Solo lui. Lui è mia madre di riflesso. Fanculo a Lays.

-Miss Perri, la prego di allacciarsi la cintura durante questa fase del volo per cortesia!- mi riprese l’hostess Allison arrivando verso di noi.

Annuì impacciata e feci esattamente quello che mi aveva detto. Detestavo il fatto di essermi fatta riprendere da questa ragazza che evidentemente non desiderava altro. Essere al fianco di Bradley mi faceva mettere in sfida con ogni esemplare femminile di questa terra.
La vidi tornare indietro, non prima di aver rivolto uno sguardo a Bradley che sembrava nel suo mondo. Non l’aveva degnata di uno sguardo e non degnava di uno sguardo nemmeno me. Meglio così. Il distacco era inevitabile e così sarebbe stato meno doloroso.
Tentennai leggermente quando l’aereo toccò terra e mentalmente tirai un sospiro di sollievo. Una parte di me era morta nella partenza dagli Stati Uniti. Ormai New York e l’America in generale erano la mia terra. Avrei accudito mia madre e mio padre e poi sarei ripartita. Non c’è più posto per me in questa terra.
Sentì il suono acustico che invitata a sganciarsi le cinture in quando l’aereo era giunto a destinazione e rapidamente lo feci. Volevo andarmene e finalmente era arrivato il momento. Mi alzai come se improvvisamente il sedile fosse diventato bollente e recuperai il mio bagaglio con un piccolo sforzo. Feci per voltarmi ma mi trovai davanti il petto perfettamente scolpito di quell’uomo che purtroppo per me, tanto amavo. Evidentemente non voleva rendermi il distacco troppo semplice.

-devo andarmene!-

-questo non sarà mai un addio Gloria! Puoi pensare quello che vuoi, farti tutti i film mentali di questo mondo, ma sappi che non ti lascerò scappare di nuovo- mi disse con un tono che poteva sembrare quasi minaccioso.

-stai cercando di spaventarmi per caso Bradley?- domandai facendo un passo indietro.

-solo perchè non riesco a esternare questo mio sentimento, questo non vuol dire che tu non mi appartenga!-

-io non ti appartengo-

Il sorriso che nacque sulle sue labbra mi fece capire che mi sbagliavo di grande. Fino a quando il mio cuore sarebbe battuto per lui, gli sarei appartenuta. Questa era una consapevolezza che entrambi conoscevamo.

-vai da tuo padre Gloria. Ho preso una suite al Four Season Hotel, lascerò il tuo nome alla reception, puoi venire quando vuoi!-

Sgranai gli occhi a sentire quel nome. Era l’hotel più caro di tutta Firenze e sicuramente lui aveva preso la Royal Suite. La suite più cara di tutta Italia. Ovvio che non poteva smentirsi mai. Chissà per quanto sarebbe rimasto. In cuor mio desideravo che se ne andasse al più presto. Saperlo qui, nella mia vecchia vita, non mi faceva sentire tranquilla.

-potresti anche tornare a casa- gli suggerì mentre mi metteva la borsa a tracolla.

-voglio stare dove sei tu. Avrò modo di lavorare anche da qui-

Alzai gli occhi a quella risposta e lo superai velocemente per raggiungere la scaletta. Salutai educatamente l’equipaggio e salì sull’auto, ovviamente Porsche che mi stava aspettando in fondo. Mi sembrava di essere uscita da un mondo parallelo.
Presi un veloce respiro e mi preparai psicologicamente per incontrare i miei genitori. Stavo per fare un balzo indietro nel tempo. Senza pronunciare una parola l’autista partì velocemente. Ero certa che sapesse esattamente dove dovevo andare. Mr. Bello e Impossibile era uno stalker professionista dopo tutto.






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CIAO A TUTTI!!!!

DUNQUE.. ALMENO QUESTA VOLTA NON CI HO MESSO TRE ANNI E DUE SECOLI PER RIUSCIRE A PUBBLICARE!! UN APPLAUSO A MEEEEEEEE


ALLORA, QUESTO CAPITOLO E' PRINCIPALMENTE UN CAPITOLO FATTO DI SENTIMENTI. SCOPRIAMO IL CARATTERE CONTROVERSO DI BRADLEY E LA PARTE ORGOGLIOSA DI GLORIA CHE PREFERISCE MANDARLO AL DIAVOLO. 
NEL PROSSIMO CAPITOLO FINALMENTE RIVEDREMO LA PERRI'S FAMILY RIUNITA, E VEDREMO COME SI COMPORTERA' GLORIA CON TUTTO QUESTO. PER QUANTO SIA PIENA DI RANCORI, NON PUO' SOTTRARSI AI DOVERI DI FIGLIA.

RINGRAZIAMENTI:

-Un super GRAZIE a chi ha messo la storia tra i preferiti\seguite\da ricordare! GRAZIE DI CUORE DAVVERO!-

-UN GRAZIE ANCORA PIU' GRANDE A DIARLY E ROSE6 CHE HANNO RECENSITO IL CAPITOLO PRECEDENTE!!!!!! YESSSSS!! I LOVE YOU SO MUCH!-

Ci vediamo al prossimo capitolo bella gente!
un abbraccio gigantissimo!!!


MARTY0029

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Capitolo 16
*** 16) Patient ***



 

 

Trailer





 

16) Patient



 


Continuai l’abbraccio come se da questo dipendesse tutta la mia vita. Come se non potessi fare a meno di staccarmi da quelle braccia che mai come in questo momento mi erano sembrate così avvolgenti. Mia madre mi stava abbracciando come non aveva mai fatto nei miei ventitré anni di vita. Era una sensazione strana. A tratti sconvolgente, ma che mi stava dando una speranza.
L’avevo notata subito. Appena entrata nel reparto di cardiologia, l’avevo scovata seduta su una poltroncina che aveva l’aria di essere la cosa più scomoda di questo mondo. Lei, come se avesse intuito qualcosa, aveva sollevato lo sguardo e due secondi dopo me l’ero ritrovata tra le mie braccia, piangente e tremante. Sembrava un piccolo animale ferito e bisognoso di cure.

-Gloria..-

-shh mamma sono qui. Andrà tutto bene te lo prometto. Riporteremo papà a casa- le dissi cullandola tra le mie braccia.

Mi dispiaceva vederla in quello stato. Ero sicura che si sentisse irrimediabilmente sola. Lei e mio padre erano entrambi figli unici e io a mia volta. Non aveva nessun appoggio su cui poter contare se non le amiche frivole e insignificanti di cui si circondava per non pensare a niente.

-i dottori non sanno spiegarmi perchè non si sveglia- singhiozzò staccandosi.

Solo quando fu ragionevolmente distante da me, potei guardarla davvero. Erano anni che non vedevo il suo viso. Era uguale a come me la ricordavo. Non era cambiato niente. Stesso colore di capelli, stessa lunghezza, stesso labbro superiore piccolo e stretto. Quella era esattamente la madre che mi ricordavo. Aveva gli occhi leggermente affossati, segno di notti insonni e di un dimagrimento veloce. Probabilmente non era mai tornata a casa da quando mio padre era stato ricoverato. Non era salutare tutto questo. Si sarebbe ammalata se avesse continuato di questo passo.

-parlerò io con i dottori mamma. Forse è il caso che vai a casa a riposarti,che ne dici? Ci sto io qua- le dissi accarezzandole una spalla per enfatizzare il concetto.

-non posso andarmene-

-hai bisogno di riposarti e di fare una doccia per rigenerarti- insistetti.

-sai che c’è un uomo alto e grosso che ci sta guardando?- mi domandò guardando oltre la mia spalla.

Alzai gli occhi al cielo e annuì a quella domanda. Era l’autista della Porsche che mi aveva accompagnato all’ospedale. Era americano e qualcosa mi diceva che lavorava veramente per Bradley a New York. Era un uomo di colore, alto e massiccio che portava degli occhiali scuri anche all’interno dell’ospedale. La mia guardia del corpo presumibilmente. Fantastico. Come la giustificavo a mia madre la presenza di quell’energumeno?

-tranquilla lo conosco e lui può accompagnarti a casa e aspettarti per riportarti qui!-

La vidi tentennare leggermente. Forse stava davvero prendendo in considerazione la mia idea. Doveva essere davvero molto stanca. Alla fine, dopo il mio ennesimo discorso, si arrese a allungò le braccia lungo il busto abbassando la testa. Sorrisi leggermente e l’abbracciai di nuovo. Ero certa che sarebbe tornata velocemente, ma almeno ero riuscita a farla uscire da questo posto.

-Deeks!-

L’uomo che fino all’ultimo era stato in disparte, si avvicinò sentendo pronunciare il suo nome e arrivò davanti a noi in un secondo e mezzo. Vidi mia madre guardarlo in tutta la sua altezza e mi sentì a disagio per questo. Sapevo che prima o poi avrei dovuto spiegargli tutto, ma questo non era sicuramente il momento. Sperai che non facesse domande e che si facesse riportare a casa senza creare casini.

-può accompagnare mia madre a casa per favore?- domandai in inglese all’uomo che annuì semplicemente incrociando le braccia al petto.

Mi domandavo se si intuisse particolarmente che quell’uomo era messo li per farmi da guardia. A occhio nudo potevo pure sembrare una squilibrata uscita di prigione. Nessuno avrebbe mai immaginato che uno stronzo miliardario del cavolo mi teneva sotto stretta sorveglianza per paura di perdermi da qualche parte nella Mia città natale.

-perfetto, mamma ti porterà a casa. Io vado a cercare il dottore e mi faccio spiegare la situazione. Ci vediamo dopo- le dissi abbracciandola.

-grazie-

Sorrisi leggermente guardandola uscire dall’ospedale in compagnia di Deeks. Mamma parlava leggermente inglese e gli avrebbe comunicato l’indirizzo, anche se una parte di me sospettava che in realtà lui lo conoscesse già. Forse Bradley l’aveva istruito bene.
Mi guardai intorno in cerca di un'infermiera o un dottore che mi potesse fare qualche informazione più specifica rispetto a quelle che mi aveva dato mia madre. Volevo sapere il più possibile prima di andare nella stanza di mio padre. Sarebbe stato difficile, ma dovevo conoscere quello a cui sarei andata incontro.
Mi avvicinai velocemente al banco delle informazioni che era momentaneamente vuoto e aspettai che qualcuno tornasse. Intorno a me vedevo solo dolore e sofferenza. Avevo sempre detestato gli ospedali al punto da sentirmi un peso allo stomaco quando varcavo la loro soglia. Mi avevano ricoverata un paio di volte dopo che il mio disturbo autolesionista aveva preso il sopravvento e non era stato piacevole. Scossi leggermente la testa scacciando veloce quel pensiero e guardai davanti a me dove un infermiera si affrettava a tornare al suo posto. Mi salutò con un sorriso di circostanza e cercai di restituirglielo al massimo che potevo. Chissà che smorfia era venuta fuori.

-come posso aiutarti cara?- mi domando gentilmente sedendosi sulla poltroncina.

Mi faceva strano sentir parlare l'italiano. Erano mesi e mesi che non sentivo parlare quella lingua e la cosa non mi era mai dispiaciuta più di tanto. Adoravo l'inglese e l'America. Mi soffermai un po troppo su questo pensiero perché la donna mi guardò un po' più del dovuto in attesa di una mia risposta. Rispondi cretina.

-vorrei un informazione sullo stato attuale di Alessandro Perri!- affermai convinta restituendole lo sguardo.

Annuì e digitò il nome sulla tastiera del computer, per poi avvicinarsi allo schermo per avere una visuale più precisa del referto da dirmi. Sicuramente era tutto computerizzato e riusciva a vedere tutto quello che era stato fatto a mio padre da quando era arrivato in ospedale.

-dunque, il signor Perri ha avuto un infarto del miocardio. Si tratta di un infarto all'apparato del cuore. Attualmente è in coma farmacologico per evitare una qualche possibile ischemia. Si tratta di una precauzione.-

Mio padre aveva avuto un attacco di cuore. Il suo cuore per qualche assurdo e insano motivo aveva smesso di battere. Mi asciugai con stizza una lacrima e continuai a sentire l'infermiera che parlava ancora. Non capivo la maggior parte delle parole che diceva, ma le ero più che grata di avermi preso sul serio e di parlarmi sinceramente di quello che stava accadendo a mio padre.

-purtroppo ne io ne i dottori sappiamo dirle di più. Il coma farmacologico cessa nel momento il cui le funzioni vitali riprendono a funzionare e nel caso del signor Perri, queste non sono ancora in grado di farlo da sole!-

-per quanto tempo può essere tenuto sotto coma farmacologico?- domandai con voce tremante.

La signora alzò le spalle. Non c'era un limite di tempo, ma più si andava avanti più c'era il rischio che mio padre non si sarebbe mai più risvegliato. La ringraziai e mordendomi l'interno della guancia mi avvicinai alla sua camera. Adesso che avevo tutte le informazioni utili, potevo andare da lui. Sentì il cellulare vibrare dalla borsa ma decisi di ignorarlo. Di qualunque cosa si trattasse, avrebbe aspettato qualche minuto. Adesso che avevo preso la forza e il coraggio, non potevo fermarmi.
Arrivai alla porta e quando l'aprì il mondo sembrò crollarmi addosso. Erano mesi che non lo vedevo e adesso era qui. Completamente immobile con un paio di tubi che gli uscivano dalla bocca. Era uno spettacolo raccapricciante. Il suono incessante dei beep risuonava nella stanza come per voler far capire che non era in grado di fare nulla da solo. Mi avvicinai cauta e presi posto a sedere sulla poltroncina color biscotto che c'era alla destra del letto. Certamente quello era stato il posto di mia madre da quando aveva avuto l'infarto. 

-ciao papà. Potrà sembrarti strano sentire la mia voce, ma sono qui. Sono qui per te e per la mamma. Lei non è ancora pronta a dirti addio papà. Ti prego torna da lei, da me-

Lasciai che le lacrime prendessero a solcarmi il viso mentre il cellulare ricominciava insistente a vibrare. Fortuna che appena arrivata qui l'avevo spento. Lo cercai in borsa con una mano, mentre con l'altra stringevo forte il polso di mio padre. Quando lessi il nome feci una smorfia e fui tentata di non rispondere. Avevo detto di voler tagliare i ponti con lui e dopo nemmeno due ore da quando l'ho lasciato già mi cerca. Che persona stressante.
Ignorai la chiamata e tornai a concentrarmi su mio padre che adesso aveva tutta la mia più assoluta attenzione.
Gli accarezzai dolcemente l'inizi dei capelli e lasciai che la mia mano andasse in esplorazione del suo profilo. Ero sempre stata considerata identica a mia madre, ma il naso era di mio padre. Quel naso un po' a patata l'avevo ereditato da lui, così pure come il colore della pelle che sembrava quella di un morticino. Eravamo bianchi come una mozzarella. Sorrisi e strinsi ancora più forte la sua mano.

-svegliati papà!-

Sentì la porta aprirsi e un'infermiera, diversa da quella con cui avevo parlato prima, entrò in stanza con un carrello. Forse era arrivata l'ora delle pulizie.

-le dispiacerebbe uscire signorina? Devo lavare e pulire suo padre- mi disse educatamente con un sorriso.

Annuì semplicemente e prendendo la borsa la lasciai fare il suo lavoro mentre uscivo dalla stanza. Mi chiusi la porta alle spalle e per qualche secondo mi appoggiai a questa prendendo due lunghi respiri. Vedere qualcuno a cui vuoi bene in quelle condizioni non è mai bello.
Sentì qualcuno chiamare il mio nome e riconobbi subito l'accento e la cadenza. Era venuto qui. Mi aveva seguito fino all'ospedale. Una parte di me era contenta perché in questo momento mi sentivo davvero fragile e avevo bisogno di qualcuno con cui sfogarmi, ma l'altra parte di me aveva paura che dopo il mio sfogo, lasciarlo andare sarebbe stato ancora più difficile.
Alzai la testa e due secondi dopo mi ritrovai tra le sue braccia possenti. Adesso sapevo a quale delle due parti dare retta. Ero felice che fosse qui. Ero felice di non essere sola.
Scoppiai a piangere e mi aggrappai a lui quando i singhiozzi mi rendevano impossibile respirare normalmente. Lo sentì sorreggermi per tutto il tempo e mentalmente lo ringraziai in ogni modo.

-sono qui Gloria! Non ti lascio sola-

-lui.. Cristo.. È stato messo in coma..- balbettai staccandomi leggermente.

-parlerò con il primario di cardiologia.. Se non lo ritengo all'altezza farò venire il migliore a livello mondiale.- esclamò prendendomi il viso tra le mani.

Tirai su con il naso e annuì alle sue parole. Sapere che poteva davvero farlo mi riempiva il cuore di gioia. Grazie al suo aiuto forse qualche speranza c'era. Mi asciugai le lacrime con le maniche della felpa e vidi un sorriso sulle sue labbra. Dovevo avere un aspetto orrendo.

-sei così bella-

Sgranai gli occhi sorpresa da quella imprevista dichiarazione e abbassai lo sguardo guardandomi le scarpe. Come poteva dire una cosa così fuori luogo? Mi sentì sollevare il viso e mi trovai di nuovo a nuotare nei suoi occhi azzurri splendenti. Perché non mi poteva amare come facevo io con lui?

-quando uscirai da questa situazione le cose cambieranno Gloria.. Te lo prometto!-

Non ero abbastanza forte in quel momento per dire qualcosa di effetto che l'avrebbe lasciato di stucco. Ero solamente in grado di annuire e continuare a singhiozzare sulla sua spalla. Tutto quello di cui avevo bisogno in questo momento era di questo. Lui qui, che mi accarezzava dolcemente i capelli come se mi amasse e come se mi volesse un bene dell'anima. Io mi sentivo così maledizione. Io provavo tutto questo per lui. Il bene che provavo mi portava a rendere difficile anche solo respirare.
Tirai su con il naso in modo poco elegante e mi raddrizzai in modo da poter tornare con la schiena dritta. Sicuramente il mio aspetto era del tutto tranne che dei migliori, ma non riuscivo a reagire accidenti a me. Non ci riuscivo proprio.

-grazie per avermi fatto accompagnare da Deeks. Sta accompagnando a casa mia madre e credo che ne avesse davvero bisogno!- esclamai cercando di riacquistare un po di contegno.

-lo sai che non devi ringraziarmi per questo Gloria. Non ringraziarmi perché mi prendo cura di te.-

Stavo per dire qualcosa quando vidi la figura di un dottore materializzarsi davanti a noi. Aveva tutta l'aria di essere un primario o un dottore importante. Il camice bianco gli dava un aspetta tutt'altro che rassicurante e ne fui intimidita tanto che una lacrima riprese a scendermi sulla guancia. Non è proprio il momento Gloria. Vedi di riprenderti fino a che puoi.
Bradley davanti a me guardo il dottore e sorprendendomi non poco cominciò a parlare in un italiano fluente e corretto. Ma porca di quella vacca, Lays parlava la mia lingua e io non lo sapevo. Rimasi un secondo intontita da quella rivelazione, tanto che non ascoltai nemmeno quello che si stavano dicendo. Quell'uomo non avrebbe mai smesso di stupirmi. Inutile.

-le condizioni del signor Perri sono critiche. Mi creda quando le dico che il coma era la miglior alternativa che avevamo.- esclamò gesticolando leggermente.

-lei è il primario di cardiologia?- domandò con un accento abbastanza azzeccato e con una leggera cadenza americana.

-si!-

-non le dispiacerà se lascerò guardare la cartella del signor Perri ad altri cardiologi allora- rispose lasciando interdetto il dottore che si limitò ad alzare le spalle davanti a tanta insolenza da parte del mio Dio.

-può fare quello che preferisce signor Lays, le farò avere la cartella nel pomeriggio-

-adesso!- replicò Bradley perentorio.

Il chirurgo sgrano leggermente gli occhi, poi annui veloce e si congedò in meno di due secondi da noi. Decisamente non ero la sola a cui Bradley faceva questo effetto. Era capace di gelare il polo nord. Il suo tono, nonostante parlasse una lingua diversa dalla sua, era autoritario e soprattutto non ammetteva repliche.
Mi lasciai andare ad un sospiro e mi portai una mano sulla testa. Mi stava venendo un mal di testa con i contro-fiocchi. Perfetto.

-so parlare la tua lingua madre-

Alzai immediatamente la testa verso di lui e lo guardai negli occhi. Sembrava un po' imbarazzato dal fatto che l’avessi scoperto così. Pareva che avessi scoperto qualcosa di lui di particolarmente segreto. Non mi aveva mai detto che conoscesse l’italiano, ma non mi stupivo più di tanto di questo. Non conoscevo praticamente nulla della sua vita. So che era ricco, schifosamente ricco e potente. Sapevo che per sfogarsi si scopava tutto quello che aveva a portata di mano e sapevo che in qualche modo, forse contorto e malato, provava qualcosa per me.

-ho smesso di chiedermi quello che farai per stupirmi la prossima volta Bradley. Mi stupisci qualunque cosa fai!- dissi semplicemente alzando le spalle.

Lui mi guardò leggermente stranito e lasciai che mi stringesse la mano lasciando che le parole lasciassero lo spazio alle azioni. Sarebbe stato straordinario potermi fidare di lui al punto da dare la mia vita per la sua. Mi ero innamorata di una persona che non conoscevo affatto e l'avevo fatto così velocemente da non rendermene nemmeno conto. Avevo perso la testa per uno stereotipo di uomo che era lontano anni luce dalla mia realtà. Sarei andata in capo al mondo per lui e a quanto pare valeva anche per lui dal momento che mi aveva accompagnata a casa.
Strinsi la sua mano e mentalmente pensai a quanto tempo era passato dalla partenza di mia madre. Sicuramente stava sulla via del ritorno e conoscendola sarebbe arrivata tra poco. Probabilmente appena arrivata a casa si era fatta una doccia veloce e poi aveva chiesto a Deeks di riportarla indietro più veloce della luce. Volevo che conoscesse Bradley? Risposta difficile. Una parte di me, quella più infantile e capricciosa, e che avrebbe voluto che lo conoscesse per farle una ripicca. Per farle capire che anche se avevo lasciato casa per colpa loro, avevo trovato qualcuno di potente in grado di potersi prendere cura di me; ma dall'altra parte non ero ancora in grado di passare sopra a determinate cose del carattere di Bradley per lasciare che conoscesse mia madre come se fosse una persona tanto importante per me.

-tra poco arriverà mia madre!-

-e tu non vuoi che io la conosca- mi rispose con il suo tono americano che tanto avevo imparato a amare.

-e non voglio che tu la conosca- ripetei annuendo a staccandomi un po' da lui lasciando la sua mano.

-questa cosa deve finire Gloria. Devi smetterla di respingermi!- mi disse frustrato passandosi una mano tra i capelli.

-ci sono cose che non posso dimenticare con un battito di ciglia Bradley! Ho bisogno di tempo! Tempo per poter pensare!-

-non è stato nulla quello che è successo in quella maledetta suite!-

-ma è successo! Adesso ti prego di andartene, non voglio che lei ti trovi qui. Non voglio doverle spiegare chi sei-

-chi sono Gloria? Chi cazzo sono per te?-

Lo guardai con le lacrime agli occhi ma cercai in tutti i modi di ricacciarle indietro. Non volevo piangere ma stavo arrivando al limite della mia sopportazione. Mio padre in coma, mia madre che diventa l'ombra di se stessa e adesso lui. Bradley che prima mi spiattella il suo passato davanti e poi mi chiede di passarci sopra. 
Questa volta non avrei ceduto all'amore e al desiderio che provavo per lui e per il suo corpo. Dovevo reagire e fargliela pesare un po'. Forse l'avrei perdonato ma ci sarebbe voluto del tempo per poterlo fare. Il fatto che fosse venuto fino a qui mi dava degli indici su cui sperare per un futuro.

-sei l'uomo di cui mi sono innamorata ma che in questo momento non comprendo. Non ti comprendo e non ti conosco. Adesso però il mio pensiero principale non sei tu o il tuo mondo e per questo non ti voglio qui quando arriverà lei.-

Lo vidi tentennare un momento e inconsciamente pensai di avercela fatta. Pensai che forse mi avrebbe dato retta per la prima volta e se ne sarebbe andato per lasciarmi lo spazio di cui avevo bisogno.
In quel momento il dottore fu di ritorno con i dati clinici di mio padre. Come espressamente chiesto da Bradley li aveva portati lui di persona nemmeno dieci minuti più tardi. Anche il chirurgo provava il senso di sottomissione che portava quelli che circondavano Lays ad assecondarlo.

-i dati del signor Perri! Può farli consultare a chi vuole, ci sono tutti gli esami da quando è stato ricoverato ad oggi- disse semplicemente prima di tornare da dove era venuto.

-credo che tu non sia nelle grazie di quel dottore..- commentai guardando il chirurgi andarsene e cercando di spezzare il silenzio che la mia confessione aveva creato.

-andiamo Gloria, sai che non me ne frega niente di quello. Voglio solo che tuo padre sia salvo, se si sente messo da parte quel dottorino, il problema non è mio-

Ovvio.
Il carattere di merda di Bradley non sarebbe svanito con in battito di ciglia; ma sapere che stava facendo tutto quello che poteva per aiutare mio padre, mi portava a giustificarlo. Ero ancora intenzionata alla questione che non volevo che conoscesse mia madre, ma gli ero grata per quello che stava facendo.

-Bradley..-

-si ok ho capito.. non comprenderò mai quello che c’è nella tua testa, ma se così vuoi, me ne vado.- disse staccandosi da me quel tanto che bastava per farmi sentire la sua immediata mancanza.

Odiavo sentirmi così. La presenza di Bradley era così importante per me che mi faceva respirare aria nuova. Era come se non potessi fare altro che stare al suo fianco.
Lo odiavo per quello che mi aveva fatto. Lo odiavo per essere stato a letto con quella donna. Lo odiavo per essere il proprietario di quella schifosa Suite e lo odiavo ancora di più perchè mi aveva permesso di innamorarmi di lui a dispetto di tutto e di tutti.
Lo guardai mentre si voltava per andarsene. Niente baci. Niente carezze. Era quello che credevo di volere, quello che desideravo, ma era tutta una grande cazzata. Feci un passo verso di lui e trattenni il fiato quando vidi mia madre in piedi a pochi passi da Bradley.
Merda.
Li guardai mentre si studiavano e fissai inebetita Bradley che aveva leggermente girato la testa verso di me. Sapevo quello che avrebbe voluto chiedermi. “E adesso? Vuoi che le parlo oppure la scavalco come se non fosse nessuno di importante?”
Guardai mia madre, che effettivamente si era cambiata e aveva una sguardo un pochino più riposato. La doccia l’aveva rigenerata. Lei non staccava gli occhi da Lays e naturalmente non potevo certo darle torto. Nessuna sana di mente avrebbe staccato lo sguardo da quella tale meraviglia.
Cosa stava per succedere adesso?
Vidi Deeks comparire alle spalle di mia madre e la sua postura cambiò immediatamente non appena vide che aveva davanti Bradley Lays. Dopotutto era il suo capo e mentalmente ringraziai che si trovasse alle spalle di mia madre. Almeno non aveva visto quel cambiamento repentino.

-Mr. Lays, signore, vuole che la riaccompagni all’hotel?- domandò professionalmente Deeks facendomi salire il sangue alla testa.

Mia madre voltò leggermente la testa verso l’autista barra guardia del corpo e poi si riconcentrò su Bradley che nel frattempo aveva fulminato con un occhiata il suo sottoposto. Decisamente ormai non potevo più tirarmi indietro difronte a niente. Quello che era successo era un segno del destino e mi aveva portato a dover fare quelle presentazioni che speravo di rimandare al più tardi possibile.
Sapevo che non era il momento adatto. Mio padre era in coma a due stanze di distanza da noi, ma se Bradley avesse trovato il modo per riuscire a portare da lui il miglior cardiologo del mondo, allora dovevo presentarlo a mia madre. Avrei ingoiato per l’ennesima volta il mio orgoglio ferito.
Feci un passo verso mia madre e scavalcai Bradley fino a raggiungerla. La guardai negli occhi e le sorrisi dolcemente mentre le mettevo una mano sulle spalla come per rassicurarla che tutto sarebbe andato per il verso giusto. La verità era però che non sapevo se quello che stavo pensando, sarebbe andato a buon fine.

-conosci questo signore Gloria?- mi domandò ingenuamente alternando lo sguardo tra me e il dio greco che avevo alle mia spalle.

Attimo di panico non controllato. Come potevo definire Bradley Lays a mia madre? l’uomo che amavo e che avevo appena scoperto essere un ninfomane psicopatico che scopava il mondo circostante quando aveva un attacco di nervi.

-mamma ti presento Bradley Lays.. lui è un mio.. amico di New York! Mi ha accompagnato lui con il suo jet, altrimenti non sarei mai arrivata in tempo!- dissi cercando di mantenere la calma anche davanti all’occhiata assassina che Bradley mi aveva dato quando aveva sentito la parola “amico”.

-piacere di conoscerla Mrs. Perri!- esclamò in un perfetto italiano porgendo la mano a mia madre che lo guardava senza staccare gli occhi.


-la ringrazio per averla fatta arrivare in tempo- rispose mia madre stringendo la mano e facendomi rimanere spiazzata da quella risposta.

Non aveva fatto domande. Forse aveva intuito tutto o forse era più ingenua di quello che pensassi, fatto stava però che non mi aveva detto nulla. Il terrore che provavo in quel momento per quella presentazione, svanì immediatamente e il mio stomaco tornò più leggero.

-Bradley farà esaminare i dati di papà a qualcun altro chirurgo con la speranza che i risultati possano essere diversi- le dissi continuando a tenerle un braccio sulla spalla.

-sta facendo molto per noi Mr. Lays!-

-mi creda signora se le dico che ci sono davvero poche cose che non farei per sua figlia!- replicò Lays guardandomi negli occhi e facendomi arrossire.

Mia madre sforzò un sorriso e scusandosi si congedò per entrare nella stanza di mio padre. l’avrei seguita immediatamente, così guardai per l’ultima volta Bradley che annuì alla mia muta risposta e sorpassando Deeks si avvicinò verso gli ascensori.

-grazie Bradley!- dissi a bassa voce, certa che lui non potesse sentirmi.



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CIAO A TUUUUUUTTTTTTTTTIIIIIIIIII!!!!

Qunque... Vorrei prima di tutto scusarmi per il ritardo, ma il lavoro mi sta risucchiando le energie e mi sono ritrovata a scrivere parti della storia dal treno tramite i-phone... ahaha sono pazza ma voglio troppo bene a questa storia per dimenticarla!

-come va bellezze?-

-che ne pensate di quello che sta uscendo fuori?-

-ditemi le vostre impressioni!!-

#Grazie a tutte le splendide persone che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!#

#Grazie a Rose6 , Flaffylovethenet , Diarly , Redharmony , che hanno recensito il capitolo precedente!! GRAZIE DAVVERO TANTO!!#


Ci vediamo al prossimo capitolo bellezze!!

Un BACIO!

Marty0029





 

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Capitolo 17
*** 17) The Royal Suite ***








Trailer




 

17) The Royal Suite





Entrai nella camera di papà con ancora uno strano senso di insoddisfazione addosso. Non avevo detto la verità a mia madre riguardo a Bradley e questo mi faceva sentire una merda. Lei, stranamente a quello che mi ero aspettata e andando contro ogni mia aspettativa, non mi aveva fatto nemmeno una domanda. Era rimasta lì, impalata, a guardare l'uomo di cui mi ero innamorata. Definirlo amico era stata la scelta più dura che avessi mai fatto. Lui per me era tutto tranne che un amico. Fin dall’inizio il nostro rapporto era stato come una costante corsa sulle montagne russe. Il primo incontro sull’Empire, la cena fasulla inventata per potermi avere. Con Bradley non c’era da stupirsi di niente. Riusciva a capovolgere il mio mondo.
Notai mia madre che si mise a sedere sulla poltroncina alla sinistra del letto. Aveva gli occhi lucidi e sembrava sul punto di crollare da un secondo all'altro. Avanzai verso di lei e le misi una mano sulla spalla in modo da farle sentire la mia presenza. Stava soffrendo più di tutti.
Da quando me ne ero andata avevo completamente tagliato i ponti. Tutto quello che volevo era cambiare pagina e me ne fregavo altamente se per farlo dovevo tagliare fuori un pezzo della mia vita. Avevamo sbagliato su entrambi i lati e solo in quel momento riuscivo a rendermene veramente conto. Non potevo scappare dal sentimento che provavo. Per quanti sbagli potevamo aver fatto, questa era la mia famiglia e il pensiero di poter perdere mio padre mi creava un blocco al cuore. Non potevo permetterlo e se Bradley mi avesse aiutato a presentare il caso clinico di papà a qualche illustre chirurgo americano, gli sarei stata debitrice in eterno.
Continuai a massaggiare la spalla di mia madre con la muta speranza che si rilassasse sotto il mio tocco. Era tesa come una corda di violino e vederla così era davvero straziante.

-sono felice di sapere che hai trovato qualcuno in grado di badare a te!- mi disse dopo qualche secondo di silenzio.

Ci misi un secondo per rendermi conto di quello che mi aveva appena detto. Ovvio che si riferisse a Bradley. Non aveva esitato un attimo a confermare a mia madre che ero importante nella sua vita. Era tutto così assurdo e complicato. Se non fossi mai venuta a conoscenza di quel lato del suo carattere e di quella fottuta Suite, forse a quest'ora le cose sarebbero molto diverse tra di noi. Probabilmente l’avrei definito come l’amore della mia vita e non mi sarei mai tirata indietro a presentarlo a mia madre come tale.

-è un buon amico!- replicai sospirando e dandomi della cogliona per averle mentito un altra volta.

-è il tuo ragazzo?- mi domandò lei ignorando completamente quello che mi era uscito dalla bocca un attimo prima.

Mollai la presa dalla sua spalla come scottata. Le avevo appena detto che era un amico e lei aveva letto tra le righe che c'era qualcosa di più sotto la facciata. Mamma non era una stupida. Aveva intuito tutto con il suo arrivo. Per quanto bene possa volerti un amico, ci vuole molto di più per accompagnarti dall’altra parte del mondo. Che Bradley mi amasse? Stentavo a crederlo dal momento che aveva fatto sesso con Natalee poche ore prima. Non puoi provare amore se tradisci.

-è complicato!- mi lasciai sfuggire passandomi una mano dietro al collo e massaggiandomi la base dei capelli.

-prendi la sedia e siediti alla destra di tuo padre. Abbiamo diversi mesi da recuperare quindi siamo tutti orecchie!- mi disse facendo un sorriso in direzione di mio padre.

Lasciai che mi comparisse una qualche ruga di espressione quando sentì pronunciare quella frase. Cose cazzarola potevo dire del mio rapporto con Bradley? Di certo non potevo sbandierare a mia madre che ci facevo un sesso da capogiro che lui aveva una qualche tendenza strana in fatto a carattere. Non le potevo dire che quando era particolarmente incazzato con la sottoscritta faceva sesso occasionale con le numerose donne che gli si buttavano addosso. Merda. Era una delle situazioni peggiori della mia vita. Parlare del mio rapporto con Mr. Lays davanti a mia madre e a mio padre in coma fermo su un letto non era proprio la mia massima aspirazione. Mi avrebbe dato della pazza e mi avrebbe fatto internare nella clinica più vicina di Firenze. Porca vacca.
Presi la sedia e mi misi alla sinistra di mio padre, accarezzandogli la mano di tanto in tanto. Era una bella prova per me questa. Passato e presente che si incontrano.

-ho conosciuto Bradley ad una festa a New York. Io servivo il catering e lui era il festeggiato.- cominciai cercando di capire dove andare a parare.

Mamma mi guardava con uno sguardo attento, tipico di chi non vuole perdersi nemmeno una parola. Ero certa che se mio padre fosse stato attivo, mi avrebbe guardato nello stesso identico modo. Sorrisi leggermente e accarezzai di nuovo la mano di papà. Sapevo che anche se era in coma e quindi da qualche parte dell’universo, mi stava ascoltando anche lui.

-diciamo che entrambi abbiamo notato l'altro. Ci siamo rivisti casualmente qualche giorno dopo e abbiamo iniziato un specie di conoscenza- dissi arrossendo leggermente.

Decisamente il termine conoscenza era usato nel senso lato. Ci eravamo conosciuti si, ma tra una scopata e l’altra. Ovviamente non potevo dirlo a mia madre, così sperai che il termine conoscenza fosse inteso come tale. Sperai vivamente che se la bevesse. Non ci eravamo visti casualmente, ma lui aveva architettato una cena fasulla nella sua bella casa. A pensarci adesso mi viene quasi da sorridere. Mi sembrano passati anni e secoli. Io che cercavo di resistere al l'attrazione che provavo per lui e lui che faceva di tutto per farmi capire che resistere era completamente inutile.

-si vede lontano un miglio che siete innamorati Gloria! Che cosa c’è di così complicato che non ti permette di vivertela? - mi domandò mamma interrompendomi con un sorriso.

-in Italia forse non è conosciuto, ma lui è lo scapolo più ambito di tutta l'America mamma! Possiede praticamente mezza New York e ha due casinò a Las Vegas.- dissi a giustificazione.

-continuo a non capire che cosa c'entra questo con l'amore reciproco che provate!- rispose confusa.

Abbassai lo sguardo posandolo su mio padre. Una relazione con Bradley era tutto quello che il mio cuore innamorato desiderava. Lo maledicevo costantemente per tutto.
Una parte di me sarebbe stata meglio senza la sua presenza. Se lui non si fosse mai avvicinato a me, avrei continuato a vivere nella città dei miei sogni e non avrei avuto un solo pensiero al mondo.
Mi aveva scombussolato la vita. Mi aveva fatto innamorare. Mi aveva spezzato il cuore e mi aveva riportato dalla mia famiglia che aveva bisogno di me.

-è maledettamente ricco.. ha migliaia di donne che gli si gettano ai piedi..-

-tu non sei meno di lui solo perchè non possiedi le sue ricchezze Gloria! Per tutta la vita ti sei sentita inferiore a causa nostra e questo ti porta a essere insicura.- esclamò ammettendo le sue colpe.

Alzai di scatto la testa verso di lei. Aveva appena ammesso che il comportamento che avevano tenuto era stato una sbaglio. Questa non me la sarei mai aspettata.

-quando ti trovammo con i tagli ai polsi, io e tuo padre capimmo di aver fatto un gigantesco errore con te.. avevamo paura di averti segnato per sempre-

-mamma io..-

-non abbiamo giustificazioni Gloria!- affermò decisa interrompendomi.

Scossi lievemente la testa e abbassai lo sguardo verso mio padre che se non fosse stato per il cannellino che aveva nel naso, sembrava che dormisse. Chissà in che mondo dei sogni era.
Mamma aveva ragione. Ero felice che si rendesse conto che il loro comportamento era stato inaccettabile per buona parte della mia vita. La mia decisione di lasciare lo Stato evidentemente aveva scosso i miei genitori fino a fargli capire che il loro modo di educarmi li aveva portati solo ad un mio allontanamento.

-avete sbagliato, ma credo che non ci sia modo per cambiare il passato. Quello che è successo in passato non c’entra nulla con il mio rapporto con Bradley!-

-come credi.. voglio che tu sia felice Gloria! Voglio quella felicità che ti abbiamo negato da piccola e sono sicura che con quell’uomo tu possa averla.- mi disse con uno sguardo dolce negli occhi.

Sorrisi a quello sguardo. Era una delle prime volte che vedevo mia madre così dolce con me. Il suo rapporto con mio padre era sempre stato affettuoso, ma con me era come se si frenasse non poco. Sgranai gli occhi quando sentì la mano di mia madre posarsi sulla mia che a sua volta era sopra quella di mio padre. Eravamo una famiglia così strana. Non eravamo solidi. Non eravamo affettuosi. Non eravamo conformali. Eravamo semplicemente noi.

-non ti frena il fatto di sapere che è un mondo anni luce diverso dal mio? È più grande di me, ricco sfondato, e capace di stendere chiunque con un solo e semplice sguardo..-

La guardai semplicemente e vidi che aveva annuito alle mie domande velate. Mi aveva ascoltato attentamente ed ero sicura che adesso mi avrebbe detto un qualcosa che sarebbe sembrato filosofico persino a Dante Alighieri in persona.
Papà quanto vorrei che tu ti svegliassi per potermi dire che cosa ne pensi. Non credevo che avrei mai voluto la tua approvazione per qualcosa. Figuriamoci per un uomo. Eppure adesso ero qui, immobile, intenta a guardarti con la speranza di vedere i tuoi occhi.

-non mi interessano queste cose.. ho visto lo sguardo di quell’uomo Gloria. Ti ama. Forse ti ama a modo suo, nessuno ama nello stesso modo, ma posso assicurarti che nel suo sguardo c’è amore!-

Aprì la bocca per risponderle, quando il mio cellulare prese a suonare, richiamando l’attenzione nella stanza che era appesa ad un silenzio assordante. Dopo l’affermazione di mia madre, ero dannatamente senza parole. Non avrei saputo cosa dirgli in risposta.
Oziosamente benedì chiunque fosse dall’altra parte della cornetta e cercai il cellulare in borsa per poter rispondere. Il nome di Bradley lampeggiava sullo schermo e mi alzai con una scusa per uscire dalla stanza di papà e rispondergli. Ci eravamo lasciati da poco più di due ore.

-Bradley.-

-Bimba, ti ho chiamato per informarti che mi sono consultato con altri chirurghi e domani arriverà da Seattle un cardiologo primario di chirurgia per visitare suo padre!- mi disse facendomi nascere un sorriso sulle labbra.

-oddio davvero?- domandai incredula portandomi una mano alla bocca.

Aveva fatto quello che mi aveva promesso. Mamma aveva ragione. A suo modo Bradley Lays mi amava. Certo, non in modo così convenzionale, ma sicuramente in cuor suo gli importava di me. Sapevo che avrebbe tentato il possibile per riportarmi mio padre e di questo non potevo che essergli grata. Lo amavo. Lo amavo nonostante tutto.

-te l’ho promesso Gloria! Ti riporterò indietro tuo padre..-

-non eri tenuto a fare tutto questo Bradley.. Dopo tutto quello che è successo, non ne avevi davvero motivo.- dissi sedendomi stancamente su una poltroncina.

Sentivo le forze venirmi meno. Avevo la testa che girava particolarmente veloce e la voglia di chiudere gli occhi stava piano piano aumentando. Sentivo che non avrei retto ancora per molto. Nonostante mio padre fosse sempre in quello stato e mi madre mi avesse fatto la sua diagnosi sul rapporto con Bradley, non ne potevo veramente più. Fortuna che la sua voce era un deterrente per non addormentarmi.

-smettila Gloria. Mi mandi fuori di testa quando dici queste stronzate! Mi prenderò cura di te in ogni modo. Scavalcherò chiunque mi tenga lontano da te, persino te stessa!- mi aggredì facendomi fare un sospiro.

-odio questa situazione. Se non avessi saputo della Suite, di quella Natalee..-

-ti interesserà sapere che quella Suite non esiste più. L'ho fatta chiudere definitivamente. Nessuno potrà più entrarci!- mi interruppe facendo la voce greve.

Sgranai gli occhi sorpresa da quella sua rivelazione. Quella Suite rappresentava il suo scannatoio personale dove dava sfogo a quel fastidioso lato del suo carattere che mi mandava in crisi. Dopo averci portato me, ci aveva portato quella rossina di Natalee e Dio solo può sapere chi altro. Ero stupita.

-ma tu..-

-senti Bimba, non voglio parlare di questo per telefono.. Devo vederti negli occhi per continuare questa conversazione.-

Mentalmente sperai che si sarebbe dichiarato in qualche modo. Sicuramente era meglio parlare di queste cose nel nostro privato, ma per telefono avevo una notevole audacia che non riuscivo ad avere quando incontravo quelle favolose iridi azzurre. Mi destabilizzava troppo.

-credo che tu abbia ragione!- convenni facendo uno sbadiglio.

-perché non vieni qui a riposarti? Hai bisogno di dormire un po'. Non credo che quanto hai dormito in aereo possa considerarsi un tempo ragionevole.-

Mi massaggiai il collo con la mano che non era impegnata a reggere il telefono. Andare in albergo da lui. Sicuramente avrei finito per riposarmi ancora di meno, ma almeno avrei staccato la spina da quello che mi stava succedendo intorno. Volevo lasciare mamma sola per correre da Bradley? Sorrisi pensando che la risposta era abbastanza ovvia. Per quanto amassi il mio Mr Bello e Impossibile, non potevo fare questo a mia madre. Sarei rimasta al suo fianco per tutta la notte e avrei fatto da balia sia a lei che a papà.

-non posso venire via Bradley..-

-come vuoi Bimba.. Sono nella Suite 1121 se cambi idea!- esclamò senza insistere troppo.

-grazie. Ci sentiamo più tardi!-

-ci puoi giurare Bimba!-

Attaccai la conversazione e gettai la testa all'indietro. La voglia di andare da lui era tanta, ma non potevo fare questo ai miei genitori. Ero appena tornata e non avevo cuore di abbandonarli. Il telefono mi squillò in mano e con un sobbalzo guardai chi mi stava chiamando. Tesoro mio.

-ciao Candy!-

-ciao Bellezza! Come va? Tuo padre come sta?- mi domandò senza fare niente per nascondere l'ansia nella sua voce.

-ha avuto un attacco di cuore e l'hanno messo in coma farmacologico per evitare danni irreversibili..- dissi asciugandomi una lacrima.

-cazzo!-

-mi manchi Candy..- singhiozzai lasciandomi andare e scoppiando a piangere come una bambina.

-Ria.. Sai che ovunque tu sia io sono con te! Niente e nessuno ti farà liberare di me!- mi rispose con il suo tono rassicurante.

Feci un sorriso dentro al pianto disperato in cui ero caduta e tirai su con il naso. Sapevo di poter contare sulla mia migliore amica in qualsiasi momento. Era importante per me che lei fosse nella mia vita.

-Bradley ha conosciuto mia madre.-

-mi credi se ti dico che non se sono stupita tesoro? Lui ti ha accompagnato in questo viaggio e non credo che potrai liberarti della sua presenza da adesso in poi!- mi rispose con tutta la sincerità di cui era capace.

-mamma è convinta che lui sia innamorato di me..-

-Ria, tu sei maestra nel negare l'evidenza. Si vede lontano un chilometro che quell'uomo vive per te!-

-io lo amo..- esclamai ammettendo l’ovvio.

La sentì sorridere e mi asciugai le lacrime con un fazzolettino di carta. Basta piangere. Basta Gloria.

-tornerete insieme più uniti di prima. Nessuno dei due può stare troppo lontano dall'altro.-

-Gloria..-

Mi voltai in direzione della voce che aveva chiamato il mio nome e vidi mia madre in piedi sulla soglia della porta della camera di papà. Era intenta a guardarmi e decisi di congedare Candice, per poter tornare a farle la compagnia di cui aveva bisogno in questo momento.

-Candy devo andare.. ci sentiamo più tardi, se succede qualcosa di nuovo ti chiamo immediatamente!- le dissi senza staccare gli occhi da mia madre.

-ok tesoro! Pensa a quello che ti ho detto e chiamami se hai bisogno di me!-

Attaccai la conversazione e presi un respiro profondo prima di alzarmi dalla poltroncina su cui mi ero seduta durante la conversazione con Bradley.

-tutto bene mamma?- domandai allarmandomi all’istante.

-perchè non vai a riposarti Gloria? Sei stanca e spossata dal viaggio e i tuoi occhi reclamano un po' di riposo.- mi disse facendo un passo verso di me.

-non posso lasciarti sola. Non ancora almeno.- affermai decisa e testarda.

La vidi fare un sorriso tirato e lentamente annuì. Controllai l’orologio. Era ora di cena in Italia, sicuramente doveva avere fame. In lontananza potevo sentire le infermiere che portavano il pasto ai pazienti in convalescenza. Tristemente pensai che non sarebbero venute da mio padre. Lui al momento si nutriva con delle flebo con dio solo sa che cosa dentro.

-hai fame mamma? Vuoi che ti vada a prendere qualcosa al bar qua sotto?- le domandai apprensiva mentre mi torturavo le mani.

-ho mangiato un panino quando sono tornata a casa. Non credo di poter mettere nient’altro nello stomaco per oggi, ma tu non hai mangiato niente se non un paio di caffè!- mi sgridò bonariamente facendomi nascere un leggero sorriso sulle labbra.

-andrò a prendere un pezzo di pizza..-

-puoi farmi un favore? Fai un pasto equilibrato Gloria.. sei pelle e ossa. Vai dal tuo amico e mangia e riposati. Ti prego, fallo per me se non lo vuoi fare per te stessa!- esclamò interrompendomi all’istante e sedendosi accanto a me mi prese le mani tra le sue.

Tipico.
Credevo che si fosse già arresa ma ovviamente non era così. Con che cuore avrei avuto il coraggio di lasciarla di nuovo qui da sola con il pensiero rivolto unicamente a papà? Sapevo come doveva sentirsi. Sicuramente voleva farmi distrarre per qualche ora.

-mamma io..-

-vai!-

##

Lasciai che il taxi mi fermasse davanti all' Four Season Hotel e mi presi due minuti per ammirare l'edificio che avevo davanti. Era di una bellezza unica. Detti i soldi al tassista che mi guardava accigliato per la perdita di tempo che gli avevo fatto fare e gli feci un discreto sorriso di scuse prima di guardarlo andare via. Ero rimasta da sola. Avevo seguito il consiglio di mia madre e ero venuta da Bradley per mangiare e per riposarmi. Scossi leggermente la testa pensando che probabilmente avrei mangiato, ma non mi sarei mai riposata. Io e Bradley da soli nella stessa stanza non porta niente di buono.
Entrai nella Hall e subito mi sentì a disagio. Tutto quel lusso è quello sfarzo non facevamo proprio per me. Puntai diretta verso il banco della reception e lanciai un occhiata di desiderio ai divani di pelle marrone che sembravano la una delle cose più comode di questo mondo. Venivo da ore passate sulle poltroncine scomode dell'ospedale, quindi il mio desiderio era più che giustificato. Arrivai al banco e salutai con un sorriso il ragazzo con giacca e cravatta che avevo davanti. Dimenticavo che mi trovavo in un luogo di super lusso. Ovvio che anche il receptionist avesse l'aria più professionale del mondo.

-cosa posso fare per lei signorina?- mi domandò gentilmente facendomi un sorriso di circostanza.

Era strano sentire di nuovo l'appellativo signorina. Mi sono abituata al Miss americano e adesso tornare alle vecchie abitudini sarebbe stato difficile. Per un secondo fui tentata di parlare inglese in modo da fargli cambiare modo di dire, ma poi mi detti della cretina e tornai in possesso delle mie facoltà mentali.

-vorrei un informazione.. Dove si trova Mr. Lays?-

Lo vidi sgranare impercettibilmente gli occhi e mi rivolse uno sguardo diverso da quello che aveva avuto fino ad un momento prima. Che avevo detto di così assurdo da fargli cambiare così atteggiamento? Ci mancava solo un altro bipolare nella mia vita al momento.

-mi dispiace ma non posso fornire questo genere di informazioni. Possiamo provare a chiamare Mr. Lays e annunciarla.-

Alzai le spalle e lo lasciai fare mentre picchiettava qualcosa sul computer touch che aveva davanti al naso. Ecco tutta la sua bipolarità. Non mi poteva dare informazioni riguardanti gli ospiti. Bastava dirlo. Continuò a scrivere per un altra manciata di secondi, poi mi guardò di nuovo.

 

-chi devo annunciare?-

-dica solo che c'è Gloria.. Capirà lui!- dissi stancamente, sconsolata di dover fare tutta questa trafila.

-Gloria? Come Gloria Perri?- mi domandò sgranando nuovamente gli occhi.

Ma porca vacca che razza di problemi aveva questo santo ragazzo? Ne stava combinando una dietro l'altra.

-si sono io!-

-oh cielo signorina prego si accomodi! Mr. Lays ha lasciato il suo nome in qualità di ospite! Desidera qualcosa?- mi domandò con una voce così melensa da farmi venire voglia di vomitare.

-sono apposto grazie! Vorrei solo sapere dove posso trovare Bradley.-

-il Signore è nella Royal Suite all'ultimo piano! Prenda pure l'ascensore qui sulla destra, il nostro collaboratore la porterà al piano indicato!- disse professionalmente indicandomi un ascensore con la mano destra.

Lo salutai con un cenno della testa e mi ripromisi di non averci più niente a che fare per tutta la durata del pernottamento di Bradley. Chissà che gli aveva detto Mr. Bello e Impossibile per avergli fatto così tanta paura. Scossi la testa. Lays era in grado di sciogliere un ghiacciaio con un solo sorriso, ma porco cazzo, era anche bravissimo a uccidere con una sola occhiata. Possibile che in questo mondo non ci fosse una sola persona normale fino infondo?
Arrivai all’ascensore che mi aveva indicato e pigiai il pulsante della chiamata. Stupidamente mi domandai se avrei trovato Bradley dall’altra parte delle porte. Sapevamo entrambi l’effetto che ci facevano gli ascensori. Erano qualcosa di afrodisiaco per noi.
Le porte si aprirono e ovviamente, non mi si presentò davanti il volto eccitante di Mr. Bello e Impossibile, ma quello di un ragazzo vestito con un completo color blu notte che mi guardava con un sorriso di cortesia. Feci un passo nella sua direzione ed entrai dentro. Mi guardai intorno rendendomi conto che non era poi molto diverso dall’ambiente che aveva Bradley nel suo ufficio.

-a che piano la posso portare Signorina?- mi domandò il ragazzo distogliendomi dai miei pensieri.

-ultimo piano per cortesia- risposi semplicemente troncando li la conversazione.

Il ragazzo capì che non era il caso di aggiungere altro e premette solamente il pulsante del piano, per poi mettersi le mani dietro la schiena e guardare un punto dritto davanti a se. Il silenzio adesso regnava sovrano dentro queste quattro pareti. Forse ero stata un po' sgarbata con quel povero lavoratore, ma in questo preciso momento la mia testa stava per esplodere. Avevo affrontato il mio passato. Avevo ritrovato mia madre, e il tutto mentre mio padre lottava fra la vita e la morte.

-siamo arrivati Signorina!-

Scossi velocemente la testa e ringraziai quel ragazzo con un sorriso gentile prima di uscire dall’ascensore. Mi guardai intorno e constatai che c’era solo una porta nel lungo corridoio che mi si presentava davanti. Sorrisi. Ovvio che Bradley volesse stare comodo e in pace. Feci i passi necessari ad arrivare davanti alla porta e bussai un paio di volte sul legno massiccio. Sentì dei leggeri rumori provenire dall’interno e due secondi dopo mi trovai davanti all’uomo di cui mi ero irrimediabilmente innamorata. Bradley da parte sua, mi guardava con uno sguardo sorpreso. Aveva il cellulare all’orecchio, ma sembrava che non gli interessasse minimamente quello che l’interlocutore gli diceva dall’altra parte del telefono.
Sostenere il suo sguardo, solo qualche settimana fa mi sarebbe sembrato impossibile, mentre adesso eccomi qui. Davanti a lui. In un albergo di lusso. Nella mia Nazione Natale.

-Sullivan ci sentiamo più tardi!- esclamò categorico buttando giù la conversazione.

-è maleducazione non aspettare la risposta dall’altra perte del telefono!- dissi buttando li una battuta.

Il sorriso che nacque sulle sue labbra era qualcosa di meraviglioso. quest’uomo era qualcosa di meraviglioso. Mi buttai tra le sue braccia e lasciai che mi passasse una mano tra i capelli. Quel gesto valeva tutto quello che avevo aspettato per il tragitto dall’ospedale. Già mi ripagava di tutto.

##

Mangiavo avidamente le fantastiche leccornie che Bradley si era fatto recapitare in camera dalla cucina dell’hotel. Mi aveva chiesto se volevo andare a mangiare al ristorante, ma avevo preferito restare in camera. Non ero in vena di stare tra la gente e lui questo l’aveva capito perfettamente.
Presi una piccola schiacciatina e ci misi sopra un po' di salmone facendo fare le capriole al mio palato che ne era deliziato. Sembrava lontano mille anni il mio ultimo pasto decente. Mamma aveva ragione. Avevo bisogno di staccare la spina per qualche ora. Ripetei l’operazione con una nuova schiacciata e in quel momento sollevai lo sguardo, puntandolo su quello di quella persona che tanto amavo. Lui aveva detto di non avere fame, ma aveva ordinato un menù per circa cinque persone. Quando avevo visto entrare due camerieri con un carrello ciascuno, avevo inteso che mi sarei sicuramente sfamata per il prossimo mese.

-è favoloso guardarti mangiare così di gusto.- esclamò lasciando che il silenzio che si era creato si spezzasse.

Alzai le spalle e buttai giù il boccone. Presi il bicchiere di puro cristallo che avevo davanti e lo riempì con un po' di acqua fresca. Tutto quello di cui avevo bisogno in questo preciso momento era in questa stanza. Mentalmente e egoisticamente ero felice di essere con lui. Sapevo che fuori da quella porta tutto il resto era una merda, ma adesso non ci volevo pensare e volevo godermi il momento.
Guardai Bradley mentre sentivo che il nostro tacito silenzio veniva interrotto dal suono del suo cellulare. Aveva mandato a puttane diversi appuntamenti per “seguirmi”. Questo mi faceva sentire importante e desiderata. Sapevo che il suo lavoro era la cosa più importante per lui, ma sapere di essere abbastanza importante per farglielo trascurare per qualche tempo mi rendeva felice.

-Ryan!- ringhiò contro il telefono come se fosse incazzato dell’interruzione.

Notai che quando era a telefono riusciva a cambiare completamente umore e tono di voce. Se un attimo prima mi guardava e mi parlava con dolcezza e desiderio, adesso aveva completamente cambiato aspetto risultando determinato e autoritario.

-non credo proprio che abbia capito con chi ha a che fare. Ho detto che voglio il fascicolo per mail non oltre le 18:00!- esclamò alzando leggermente il tono di voce.

Mi rannicchiai sul comodo divanetto di tessuto color salvia e continuai a mangiare un pezzo di schiacciata. Sentirlo parlare di lavoro mi eccitava e spaventava allo stesso tempo. Era in grado di scombussolarmi talmente tanto che non riuscivo nemmeno a rendermene conto io stessa. Aveva un tale impero sotto di lui che gli bastava semplicemente alzare il tono di voce per poter ottenere quello che voleva. Chissà come era riuscito a creare un tale capitale.

-sarà così ti ho detto! È troppo importante quell’affare per farlo saltare! Anche se non ci sono io fisicamente, il tuo intervento ripagherà le loro aspettative.- sbottò passandosi una mano tra i capelli.

In quel momento non so il motivo preciso dal momento che non lo avevo obbligato in nessun modo, ma mi sentì in colpa per averlo qui davanti a me. Aveva una multinazionale da mandare avanti e prendersi un periodo di ferie in base a chi si scopava sul momento, mi sembrava una cosa paradossalmente impossibile, anche per lui. Il Mr. Bello e Impossibile che tutto può al mondo.

-tienimi aggiornato!- terminò la conversazione e tornò a puntare lo sguardo su di me.

-posso dirti che non occorre che rimani qui vero? Evidentemente hai mollato qualche affare in sospeso con la tua improvvisa fuga.- iniziai mentre posava malamente il cellulare sul tavolino da fumo.

-credimi quando ti dico che non c’è assolutamente nessun posto al mondo dove preferirei essere. Bimba io..-

Il suo discorso fu interrotto sul più bello a causa del suo cellulare che aveva ripreso a suonare come se da questo dipendesse la vita di qualcuno. Dio Santo. La sua vita era così frenetica che farne parte sembrava addirittura impossibile. Lo vidi abbassare leggermente la testa mentre borbottava qualcosa sottovoce che non ero riuscita a decifrare.

-Lays!-

Mi alzai dal divanetto e gli mimai con le labbra che andavo in bagno dal momento che il mio bellissimo innamorato mi seguiva come un falco con gli occhi. Avevo mangiato sicuramente meglio che all’ospedale, ma questo non riusciva a lenire il senso di colpa che provavo in quel momento.
Arrivai nel bagno e non mi stupì di trovarlo più grande del mio appartamento nel Queens. Questa Suite era la fine del mondo e se il mio stato d’animo fosse stato anche solo leggermente migliore, mi sarei ritenuta una ragazza molto fortunata.
Feci pipì, dopo di che mi appoggiai al lavandino con entrambe le braccia e mi guardai allo specchio. Ero lo scheletro di me stessa. Avevo decisamente un aspetto tremendo. Improvvisamente sentì le testa girarmi e lo stomaco rivoltarsi completamente. Chiusi la porta con un calcio e mi accucciai sul water per vomitare tutte le fantastiche leccornie che avevo appena messo in corpo. Che cazzo mi stava succedendo?

-Gloria!-

Sentì la porta aprirsi velocemente e due secondi dopo mi ritrovai Bradley al mio fianco che mi sorreggeva i capelli con una mano e con l’altra mi accarezzava dolcemente la schiena. Merda. Non volevo che assistesse a questa scena tremenda. Il mio corpo sembrava sul punto di ribellarsi a me.
Una parte di me, quella ribelle e orgogliosa, non era contenta che Lui assistesse a tutto questo. Non volevo che si preoccupasse inutilmente dal momento che sicuramente si stava domandando cosa stesse succedendo.

-Gesù Gloria.. stai bene?- mi domandò con una voce carica di preoccupazione.

Appunto.

-sto bene- risposi appena terminai di svuotare dentro al water tutto quello che avevo sullo stomaco.

Questa storia di mio padre e di Bradley mi stava mandando a puttane il cervello e il corpo. Alzai lentamente la testa e mi passai una mano sulla bocca sentendo che delle perle di sudore cominciavano a scendermi sulla faccia. Dovevo essere più bianca di un cadavere. Rilassai le spalle al tocco di Bradley e lasciai che quel gesto mi coccolasse quel tanto che bastava per dimenticarmi un attimo di tutta questa situazione. Sentirlo al mio fianco mi mandava fuori fase in tutti i sensi possibili. Mi faceva sentire bene e male questa cosa. Era una lotta interiore che io stessa non riuscivo a capire.

-oh Bimba mi hai fatto spaventare a morte!- mi disse baciandomi i capelli.

-credo di aver fatto subire al mio corpo troppe emozioni..- risposi beandomi di quel gesto e tentando di alzarmi in piedi per darmi una lavata alla faccia.

-forse hai bisogno di una visita.. adesso torniamo in ospedale e mentre aspettiamo notizie di tuo padre tu ti fai vedere da qualcuno.- esclamò aiutandomi ad alzarmi.

-sto bene davvero Bradley! Non devi preoccuparti per..-

-non dirmi che non mi devo preoccupare per te Gloria! Passo l’intera giornata a prendermi cura di te e non voglio fare altro!-

-e questo mi fa piacere Bradley, ma puoi stare tranquillo!-

-come posso stare tranquillo quando ti vedo stare male? Non lo capisci Gloria? Come puoi non capirlo?- mi domandò retoricamente continuando a guardarmi da tutta la sua gloriosa altezza.

-cosa non capisco? Perchè mi isoli dai tuoi pensieri e dai tuoi sentimenti? Lo sai quello che provo per te. Dopo tutto quello che abbiamo passato eccomi ancora qui, davanti a te, impotente contro il tuo volere!- gli risposi lasciando che il filtro cervello bocca si bloccasse per qualche secondo.

Premetti le labbra l’una sopra all’altra e lo guardai dal momento che era bello come il sole. Sapevo che c’era qualcosa che non riusciva a dirmi. Forse anche lui mi amava nel suo modo e forse anche lui ed io saremmo potuti diventare una vera coppia.
Mi scansai da lui e mi lavai la faccia mettendomi anche un po' di acqua in bocca per potermi togliere di mezzo il senso di nausea. Quando rialzai il viso e mi guardai allo specchio, notai Bradley che era rimasto esattamente nella stessa posizione in cui l’avevo lasciato. Che succedeva adesso?
Mi voltai verso di lui e gli passai una mano davanti agli occhi. Sembrava caduto in uno stato di trans. ok. Stavo iniziando a preoccuparmi sul serio. Non era dal mio manico del controllo preferito stare immobile senza guardarmi.

-che succede Bradley? Mi fai preoccupare se fai così-

In lontananza sentivo il suono del suo cellulare che reclamava la sua attenzione, ma in quel momento non ci feci caso più di tanto. Nemmeno lui si accorse di quel suono. Era sempre impegnato a rimanere nella stessa posizione. Una parte di me era tentata di andare a prendergli quell’aggeggio malefico e sventolarglielo sotto il naso per avere una reazione.

-insomma mi spieghi che cosa ti succede adesso?-

Il suo cellulare smise di suonare e lo vidi accasciarsi a terra in ginocchio e con la testa china. Oh porca di quella vacca. Che cosa stava succedendo? Perchè adesso lui cadeva così? Non era lui quello che perdeva il controllo in queste situazioni. Al massimo ero io la pazza.

-Bradley cazzo che cosa sta succedendo? Mi sto seriamente preoccupando! Parlami!- esclamai esasperata mentre mi sedevo per terra davanti a lui che era ancora inginocchiato.

Lo vidi alzare la testa e finalmente i nostri occhi si incontrarono. Leggevo della paura in quel favoloso azzurro, ma non ne comprendevo il motivo. Insomma, stavo bene. Dopo la sua dichiarazione di volersi prendere cura di me, che cosa era successo per cambiarlo così tanto? Il mio modo di parlare di poco prima non poteva averlo mandato così tanto fuori fase. Era un semplice sfogo.

-se è per quello che ho detto prima lascia perdere! Non voglio saperne niente di niente- tentai accarezzandogli una guancia.

-Bimba..- sussurrò strusciando la guancia contro la mia mano.

Ha parlato. Alzai di scatto la testa e lo guardai intensamente rendendomi conto che la sua bellissima voce era tutto quello che desideravo di più in questo momento.

-dimmi-

-io ti amo!-






________________________




Ciao a tutti!

Chiedo umilmente perdono per la mia lunga assenza, ma ho iniziato la convivenza e non è facile desteggiarsi con lavoro e casa!!!!

Come state bellezze?

Vi lascio sul più bello con la dichiarazione del bello e impossibile!

Un bacio a tutti!!!!



Marty0029

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Capitolo 18
*** 18) He loves you ***




 

 

 
18) He loves you







-Bimba..- sussurrò strusciando la guancia contro la mia mano.

Ha parlato. Alzai di scatto la testa e lo guardai intensamente rendendomi conto che la sua bellissima voce era tutto quello che desideravo di più in questo momento.

-dimmi-

-io ti amo!-

Sgranai gli occhi e mi portai una mano sulla bocca mentre lui sembrava tornare miracolosamente a respirare in modo normale.
Mi amava? Sul serio? Era davvero riuscito a dire quelle parole che tanto mi sarei aspettata da lui? Smisi di respirare e mi buttai a terra sdraiata sulla schiena mentre guardavo il soffitto che sembrava abbassarsi sempre di più. Non riuscivo a parlare e soprattutto non riuscivo a capacitarmi di come fosse potuto accadere. Ci conoscevamo da così poche settimana che mi sembrava umanamente impossibile provare qualcosa di così forte per lui. Credevo di essere io quella sbagliata. Credevo di avere qualcosa che non andasse dopo essermi accertata dei sentimenti che provavo per lui e adesso eccolo qua. Fermo. Paralizzato. Immobile davanti alla sua confessione che mi rendeva impossibile anche solo muovermi.
Sobbalzai quando mi trovai davanti quegli occhi che tanto amavo e mi persi a guardarlo per qualche secondo. Era così bello che toglieva il fiato. Non ero in grado di credere che ero riuscita a prenderlo. Il mondo lo etichettava come lo scapolo più ambito d’America e non c’era nessun dubbio a riguardo. Io mi ero innamorata di lui a dispetto di tutto quello che aveva intorno. Per me era Bradley e basta. Il suo cognome non era importante per me. Io desideravo solo essere importante per lui. Non volevo altro. Mi aveva seguito senza battere ciglio in un paese che non gli apparteneva solo per il gusto e la voglia di stare con me. Non potevo credere davvero che avrebbe fatto queste cose per chiunque. Era chiaro come il sole di mezzogiorno che Bradley mi amava.

-tu mi ami?- chiesi con un tono divertito.

-che c’è di così strano Bimba?- mi domandò lasciando che una ruga comparisse sulla sua fronte.

-cosa c’è di normale Bradley? Cristo ci conosciamo da cinque minuti e ci siamo entrambi innamorati.. credevo di essere io quella che aveva qualche cosa che non andava!- risposi continuando a fissarlo da sopra di me.

Vidi comparire un sorriso sulla sua bellissima faccia da schiaffi e si chinò quel tanto che gli bastava per posare le sue labbra sopra le mie. Mmh. Adoravo quando mi baciava. c’era un qualcosa di magico quando le nostre labbra si incontravano. Potevo sentire il suo profumo e la sua voglia di me.
Approfondimmo il bacio e allungai le braccia quanto bastava per potergli circondare il collo. Lo attirai dolcemente più vicino e lui non facendoselo ripetere due volte lo fece. Bastava quel contatto ad entrambi per capire che quel qualcosa di assurdo che ci legava era reale. Noi eravamo reali.
Improvvisamente mi sollevò di peso e mi portò via dal bagno, raggiungendo a passi svelti e lunghi la camera da letto, dove mi depositò dolcemente continuando a baciarmi. Avremmo fatto sesso e dio solo poteva sapere quanto mi era mancato non sentirlo dentro di me. Una parte di me era sollevata di poter staccare la spina dal mondo al di fuori di quella suite per qualche momento.
Ancora non riuscivo a credere che stava succedendo tutto questo. Bradley Lays mi amava. Nonostante le mille e mille donne che aveva pronte a gettarsi ai suoi piedi lui aveva scelto me. Me. Questo mandava la mia autostima, prima bassa e inesistente, a dei picchi storici.

-dio quanto cazzo ti voglio Bimba- rantolò eccitato mentre si toglieva la maglia.

-ti voglio anche io Bradley! Sempre-

Il sorriso che mi rivolse mi dimostrò che veramente quest’uomo era innamorato di me. Era un sorriso unico che non mi aveva mai rivolto nessuno.
Anche io amavo Bradley Lays.
Si staccò da me quel tanto che bastava per permetterci di toglierci i vestiti di dosso e con una mossa studiata e veloce mi tolse il reggiseno, rendendomi completamente nuda davanti a lui. Senza esitazione mandai la sua camicia a farsi benedire e gli tolsi i pantaloni con una velocità inimmaginabile. Stavamo ritardando l’appagamento e tutto quello che c’era in più andava velocemente eliminato.

-Bradley ho bisogno di sapere una cosa..- bisbigliai al suo orecchio baciandolo sulla spalla adesso nuda.

Alzò gli occhi verso di me e mi guardò lasciando che quel blu sorprendente mi entrasse dentro e mi risucchiasse l’anima scura che avevo.

-tutto quello che vuoi Bimba. Lo sai.-

-prenderesti il comando se mai per qualche ragione dovessi perdere il controllo?-

Era una domanda difficile da fare per me. Lui sapeva il mio assoluto bisogno di libertà e di spazio. Odiavo prendere ordini e detestavo con ogni fibra del mio corpo il fatto di dover dipendere da qualcosa o da qualcuno, ma avevo il dannato bisogno di saperlo. Dovevo sapere che se le cose si sarebbero fatte complicate con mio padre, che se per qualche motivo ignoto fossi portata a perdere completamente la bussola, lui mi avrebbe riportato indietro. Dovevo esserne certa.

-dovresti saperlo che ormai passo la mia intera giornata a prendermi cura di te! Nulla in questo mondo è più importante di te e dell’amore che provo per te. Non ti perderai mai Bimba. Ci sarò sempre io a riportarti sulla retta via.-

Non avevo bisogno di sentirmi dire altro. Lo baciai con trasporto e lasciai che riprendesse da dove l’avevo interrotto. Avevo bisogno di lui adesso e le chiacchiere da ora in poi sarebbero valse zero.
Iniziai a baciarlo sotto il mento, poi sulla gola, sul petto e piano piano scendevo. Lo baciai e gli feci sentire i denti, lui su irrigidì e feci una capriola per l’emozione, ora aveva capito qual'è la mia intenzione. Continuai a baciarlo e ad abbassarmi, mi resi conto che indossava i boxer, presi dall’eccitazione del momento li avevamo completamente dimenticati, quindi infilai due dita tra il tessuto e la sua pelle calda e glieli sfilai, liberando la sua grossa erezione. Mi ci fiondai subito, senza indugio e senza timore, con la bocca e inizio veloce, molto veloce.
Lo vidi stringere forte le coperte con le mani e si irrigidirsi ancora di più per il mio gesto così inaspettato. Questa sua reazione mi diede una sicurezza inimmaginabile, quindi continuai per un bel po' nel tentativo di dargli piacere, avanti e indietro, giocando incessantemente con la lingua, pur non riuscendo a prenderlo tutto. Cazzo quanto amo quest’uomo.
All’improvviso ribalta le posizioni e me lo trovo di nuovo sopra di me con uno sguardo indecifrabile in viso. Riesco ad annullarmi davanti a quegli occhi così dannatamente blu. Mi sento persa. Alla deriva.

-devo entrarti dentro altrimenti scoppio- esclama prendendo una bustina dal comodino.

Sorrido davanti al suo romanticismo. Decisamente non fa per noi quando siamo nel bel mezzo del sesso. Siamo così. Tutto e subito. Lo osservo mentre si mette il profilattico e penso che sia arrivato il momento per me di prendere quella benedetta pillola o magari iniziare a pensare a qualche altra forma di contraccezione. Sentirlo dentro senza intrusi, senza ostacoli, mi manderebbe in estasi.
Bradley si posiziona sopra di me e mi penetra velocemente, come se da questo dipendesse la sua vita e io mi lascio andare ad un urlo inaspettato che ci prende entrambi in contropiede.
Lo stringo più forte a me sento il suo membro entrare e uscire da me ed ogni colpo è un piacere infinito. Ogni spinta mi toglie il fiato e mi fa desiderare che non mi lasci mai più andare via. Ci sono dentro fino al collo in questa relazione, ma anche lui. Mi ama. L’ha detto.


**
Mi svegliai di soprassalto ricordandomi improvvisamente dove mi trovavo e il motivo per il quale ero tornata in questa città che avevo giurato che non mi avrebbe mai più visto. Mio padre.
Controllai l’orologio che avevo al polso sinistro e lasciai che un imprecazione nascesse nella mia bocca. Erano le quattro del mattino, il che significava che avevo lasciato sola mia madre all’ospedale per quasi dieci ore. Merda. Bel modo avevo di riprendere i rapporti con la mia famiglia se non mi facevo vedere da loro. Ingoiai della bile che stava salendo e mi portai una mano alla bocca per ricacciare indietro un sapore orribile che mi stava sconquassando il corpo. Che cazzo avevo che non andava?
Mi voltai lentamente e trovai il mio Bello e Impossibile addormentato con la testa rivolta verso di me e un braccio sotto al mio cuscino come per tenermi al sicuro. Ci eravamo confessati i nostri sentimenti e la mia felicità era impagabile in quel momento. Se solo mio padre si fosse ripreso, avrei segnato questo anno come il migliore della mia vita. Lasciai che i miei occhi vagassero sul suo corpo scolpito mentre pensavo ad un piano d’attacca per andarmene senza disturbarlo. Sembrava che fossero diverse ore che non riposava e di svegliarlo per farmi portare all’ospedale non ne avevo nessuna intenzione.
Mi alzai veloce e scattante e la mia testa si ribellò facendomi barcollare un paio di passi prima che arrivassi al bagno della suite. Porca vacca, avevo davvero qualcosa che non andava. Ieri avevo vomitato anche le interiora e adesso mi sentivo debole e dannatamente instabile. Tutto questo stress mi avrebbe ucciso.
Sciacquai velocemente la faccia e spazzolai i denti con abbondante dentifricio nella speranza di mandare via tutto quel senso di nausea. Raccolsi i capelli in uno chignon e tornai in camera per rimettermi i vestiti che avevo sparsi per tutto il pavimento. Indossai velocemente il tutto e tornai a guardare Bradley che continuava a dormire sempre nella stessa posizione e lanciai un bacio volante nella sua direzione prima di raccogliere la borsa e scappare correndo verso l’ascensore. Dovevo arrivare di volata all’ospedale e rassicurare mia madre che non mi ero buttata alle spalle la vita di mio padre.
Arrivai nella hall come una furia e salutai distrattamente un portiere diverso da quello che mi aveva accolto qualche ora prima. Non avevo tempo da perdere. Mi infilai nel primo taxi che mi trovai davanti e diedi indicazioni per portarmi dalla mia famiglia.

-tutto bene signorina? Sembra che non stia bene-

Alzai lo sguardo verso il tassista e tirai fuori un sorriso forzato ma che speravo che l’avrebbe messo a tacere durante il breve tragitto. Si vedeva che aveva capito l’antifona e il piccolo cenno che fece con la testa mi fece intendere che da adesso in poi si sarebbe limitato a farsi i fatti suoi.
Guardai oltre il finestrino mentre vedevo la città che mi aveva cresciuta sfrecciare per le strade questi deserte. Ero nata in una piccola cittadina ad una trentina di chilometri da Firenze, ma passavo praticamente più tempo nel Capoluogo che in qualsiasi altro posto. Era qui che venivo trascinata dagli psicologi e qui che venivo ricoverata quando le cose non si facevano facili. Essermi confessata a Bradley, avergli sentito pronunciare i suoi sentimenti in questa città era come la ciliegina sulla torta. Mi portava ad amare e detestare questa città in egual misura. Sorrisi ripensando ai sentimenti che ci legavano. Mi aspettavo una chiamata o un messaggio da un momento all’altro. Non era difficile capire dove fossi scappata ed ero certa che alle prime luci dell’alba ci sarebbe stato anche lui in quella sala d’attesa all’ospedale.
Quando la macchina accostò, pagai il taxi e sospirai entrando nell’ospedale. Il reparto di cardio-chirurgia si trovava al terzo piano. Decisi di prendere le scale perchè improvvisamente tutta la forza e la voglia di vedere mia madre e mio padre era affievolita, lasciando il posto al senso di colpa. Quella povera donna doveva avermi aspettato per ore. Arrivai al piano e fui sorpresa di vedere mia madre appoggiata alla macchinetta del caffè con uno sguardo perso nel vuoto. Non era così quando l’avevo lasciata prima. Sembrava che si fosse leggermente rigenerata dopo la capatina che aveva fatto a casa.
Feci un passo nella sua direzione e lei alzò gli occhi, rivelandoli completamente avvolti dalle lacrime. Aumentai il passo fino quasi a correre verso di lei e la vidi buttarsi a capo fitto verso di me e per poco non persi l’equilibro facendoci cadere entrambe.

-che succede mamma?- domandai in pena.

I singhiozzi le impedivano di parlare e l’adrenalina che avevo in corpo mi stava lasciando, e al suo posto stavo per vomitare nuovamente. Avevo una paura fottuta che mi dicesse che non c’era più niente da fare. Che mi dicesse che mio padre era morto. Che cazzo stava succedendo?

-ti prego parlami. Non ci capisco niente.- esclamai in preda al panico allontanandola leggermente da me.

-ha avuto un altro infarto Gloria. Un altro infarto. Adesso non è più in coma farmacologico. È in un coma dalla quale probabilmente non si risveglierà mai più.- singhiozzò tirando su con il naso e rimettendosi in posizione eretta.

-cosa? Quando?-

-circa un paio di ore fa. Il dottore è appena stato a darmi la notizia.. le possibilità di rivedere i suoi occhi aperti sono scese al dieci percento.- rantolò prima di scoppiare di nuovo a piangere.

Mi portai una mano alla bocca e soffocai un urlo disperato. Avevo lasciato sola mia madre nel momento peggiore della sua vita. Avevo messo davanti i miei sentimenti e la mia voglia di stare con Bradley alla mia famiglia e il risultato era la morte cerebrale di mio padre. Ero uno schifo di persona e una disgrazia come figlia. Scoppiai a piangere a mia volta e abbracciai mia madre come se fosse la mia ancora di salvezza. Non volevo che adesso pensasse che sarebbe rimasta sola. Mi sarei presa cura io di entrambe.

-aggrappiamoci a quel piccolo dieci percento mamma.. niente è perduto!-

-avresti dovuto sentire il dottore poco fa. Per lui è un miracolo che ancora non sia morto.-

-lui si sbaglia. Non conosce mio padre. Lui ci stupirà tutti. Stupirà quel dannato dottore e stupirà anche te.- ribattei punta nell’orgoglio.

-da quando te ne eri andata tuo padre era cambiato. Era diventato più distante e più distaccato dalla vita che gli passava davanti. Questa è la mia più grande paura Gloria. Ho paura che non abbia un valido motivo per poter combattere.-

Scossi violentemente la testa e mi maledissi circa mille volte per non aver mai riposto alle loro chiamate. Cercavo sempre il modo per evitare di avere contatti da non capire che forse se avessi risposto a quel fottuto telefono, avrei sentito una persona pentita.
Il telefono all’interno della mia borsa prese a suonare, richiamando l’attenzione non solo di mia madre ma anche di altri sfortunati parenti che stavano aspettando e sperando. Bisbigliai una imprecazione e mi affrettai a cercarlo per poterlo far smettere. Chiunque fosse dall’altra parte dell’apparecchio avrebbe potuto aspettare qualche altra ora. Adesso niente era importante se non mio padre e mia madre di riflesso.

-oggi dovrebbe arrivare il cardiologo di fama mondiale che Bradley ha fatto venire apposta in Italia per visitare papà. Niente è perduto.- dissi più a me stessa che mia madre che sembrò ricordarsi quel piccolo dettaglio.

-vorrei avere un po' del tuo sangue freddo e della tua determinazione figlia mia..-

La guardai come si guardava un bambino piccolo e indifeso e l’abbraccia appoggiando il mento sulla sua testa e premendola contro il mio busto. Adesso come non mai avevamo bisogno della famiglia unita che, sfortunatamente per noi, non eravamo mai riusciti ad essere.
Non so per quanto tempo rimanemmo in quella posizione che stava iniziando a diventare abbastanza scomoda per entrambe, ma quando finalmente mi decisi a riaprire gli occhi, Bradley mi stava davanti, con accanto un uomo sulla cinquantina che guardava la scena con una certa distanza. Sembrava che non fosse veramente in quel posto. Doveva essere il dottore e in questo momento era l’unica persona che avrei voluto vedere. Il mio amore per Bradley e i nostri sentimenti finalmente svelati, avrebbero potuto aspettare qualche altro giorno.

-Gloria, Mrs Perri, vi presento il Dott. Fillmore, lui è il primario di cardiologia del John Hopkins Hospital di Baltimora.- esclamò Bradley presentandoci il primario.

Mi staccai da mia madre abbastanza velocemente e strinsi forte e decisa la mano di quel dottore. Da qualche parte avevo letto che una semplice stretta di mano poteva dire molto della persona che avevamo di fronte. Se fosse stato uno smidollato, mi avrebbe dato la mano in modo veloce e debole, ma quest’uomo stringeva forte e consapevole. Qualcosa mi faceva tornare a sperare che forse avrebbe potuto aiutarci.
Vidi mia madre imitarmi subito e con la coda dell’occhio guardai Bradley che non mi toglieva gli occhi di dosso. Ero fuggita in modo codardo e lo sapevo, ma non era il momento per noi. Sapevo i suoi sentimenti e saperlo qui mi dava una discreta forza che non credevo di avere, ma per il momento il nostro rapporto era un qualcosa di troppo.

-Mr. Lays mi ha fatto avere la cartella clinica di Mr. Perri e mentre ero in viaggio ho potuto studiarla accuratamente, credo sia arrivato per me il momento di vedere il paziente!- disse il Dott. Fillmore facendo intendere che le chiacchere stavano a zero in quel momento.

-ci sono stati degli sviluppi Dottore, credo che dovrebbe essere informato.- replicai stringendomi le spalle e ringraziando i santi per il fatto che la conversazione si stava svolgendo in inglese.

Mia madre guardava la scena in disparte tenendo la testa bassa e facendomi venire la pelle d’oca. Quella donna era così diversa da quella che mi aveva spinto a prendere un aereo per scappare.
Sentì le braccia di Bradley stringermi e in quel momento mi resi conto di essere di nuovo scoppiata a piangere. Porca vacca.

-ha avuto un altro infarto. Gli era stato indotto il coma farmacologico, ma adesso si trova in un coma a tutti gli effetti.. temiamo che non abbia la forza necessaria per svegliarsi.- dissi velocemente e tentando di sopprimere i singhiozzi.

-capisco.. sicuramente avranno gli incartamenti di queste evoluzioni mediche del paziente.. mi lasci fare il mio lavoro Miss.- esclamò con un sorriso.

Tentai di sorridere anche io mentre mia madre lo accompagnava nella camera di papà e io mi ritrovavo circondata da due braccia che conoscevo molto bene. Alzai lo sguardo e lo puntai su quegli occhi che mi avevano fatta innamorare.

-potevi dirmelo.. sarei venuto con te-

-l’ho scoperto appena sono arrivata qua. Mi sono svegliata rendendomi conto che era tardi.. avevo detto a mia madre che sarei tornata presto e quando sono arrivata l’ho trovata in uno stato tremendo.-

-adesso che Fillmore è qua qualcosa cambierà vedrai! È il migliore nel suo campo e lo pago abbastanza perchè non fallisca!-

-senza di te non sarei stata in grado di affrontare questa situazione..-

Non riesco ad ascoltare la risposta di Bradley perchè sento che un peso di dimensioni cosmiche si mette sopra il mio cuore e chiudo gli occhi lasciando che un oblio buio e freddo mi prenda con se. Era molto tempo che non svenivo.

**

-non mi interessa Diana. Non posso lasciare l’Italia, adesso più che mai! Avvisa Sullivan e mettilo in contatto con Mr. Douglas, voglio che venga concluso questo affare!- sbuffò chiudendo la comunicazione.

Aprì a fatica un occhio e mi ricordai del mio tracollo. Merda. Papà.

-ehi.. Bimba-

-c-cosa è successo? Mio padre?-

-tuo padre lo sta visitando il Dott. Fillmore. Tu sei svenuta Gloria. Accumulo di stress, così ha detto l’infermiera che ti ha soccorsa.-

Accumulo di stress.
Possibile.
Sono diverse notti che non riesco a dormire decentemente e sono altrettanti giorni che non riesco a far finire. Bradley, mio padre, mia madre. Troppo stress. Cazzo.
Guardo il bellissimo uomo che ho accanto e lo vedo sedersi sulla sedia al lato del letto. Mi prende una mano e ci posa sopra un delicato bacio.
Accumulo di stress.
Sarebbe tipico di me e della vecchia Gloria che non si allontana mai troppo.

-sono morto cento volte quando ho visto che mi sei svenuta davanti.-

-non volevo farti preoccupare.-

-ti amo Gloria, cerca di ricordartelo la prossima volte che tenti di dubitarlo!-

Lasciai che si avvicinasse alle mie labbra e risposi al suo bacio cercando di renderlo decisamente più interessante. Lo volevo. Notte e giorno. Sempre.

-piano Bimba. Siamo in un fottuto ospedale. Per quanto la mia voglia di te non si possa decisamente placare, non intendo prenderti qui- borbottò alzandosi e facendomi sorridere.

-sto meglio, voglio andare a vedere mio padre.-

Bradley annuì e mi accompagnò nella zona di cura in cui si trovava mio padre. Mi lasciai alle spalle quella fredda e triste stanza di ospedale per entrare dentro ad una che sembrava esattamente la stessa copia.

-uh Miss Perri giusto in tempo, ho fatto fare una TAC a suo padre ed è risultato che la massa che si era formata in testa è fortunatamente diminuita, per questo stavo provando a spiegare a sua madre che posso procedere con un intervento al cuore.-

Mi bloccai vacillando leggermente.
Intervento a cuore aperto? Ma mio padre era privo di coscienza da così tanti giorni che non ero del tutto sicura che avrebbe potuto sostenere un’operazione di quella portata.

-percepisco le sue paure Miss, ma se non tentiamo l’operazione, c’è l’90% delle possibilità che suo padre resti in coma per sempre.-

-Fillmore qual’è la percentuale di portare a termine con successo l’operazione?- domandò Bradley da dietro di me e facendomi un favore gigante. Quella sarebbe stata la mia prossima domanda.

-con la massa alla testa ridotta ho l’80% di successo sull’operazione e se questa va a buon fine nell’arco di 72 ore il paziente uscirà dal coma.- spiegò gentilmente.

-mamma..-

-non ho capito molto Gloria, ma mi fido di quest’uomo e voglio che tuo padre si salvi. Fagli fare quello che vuole, purchè me lo riporti indietro.-

Mi avvicinai a lei e le baciai la fronte, essendo più alta di lei di qualche centimetro. Era deciso allora. l’operazione ci sarebbe stata e avrebbe portato al risveglio di mio padre. Doveva andare così. Ero sollevata che nonostante non avesse capito la conversazione, lasciasse che comunque qualcuno facesse qualcosa a papà. Questa donna era così diversa adesso.

-chiedo di preparare una sala operatoria e mi metto subito in contatto con l’Equipe che avete fatto venire con me Mr. Lays. Saremo pronti a procedere tra un ora al massimo.- decretò il Dott. Fillmore uscendo.

-Equipe?- domandai a Bradley che rimaneva sulla porta a guardare la scena con mia madre.

-ogni bravo dottore ha il suo Team stellare, non gli avrei permesso di operare tuo padre senza il suo entourage- replicò stringendo le spalle.

-ti ama.- mi sussurrò mia madre con un sorriso dolce, che non le avevo mai visto fare in più di vent’anni di vita.

-lo amo.- risposi come se fosse ovvio.

-se volete scusarmi, vi lascio sole con Mr. Perri, devo fare qualche telefonata.- disse Bradley facendo un cenno con la testa e uscendo dalla stanza di mio padre.

-nessuno sarà mai in grado di ripagarlo per quello che sta facendo per Alessandro.-

-nessuno deve ripagarlo mamma. Anche volendo, credo che non riusciremmo a lavorare nemmeno una vita intera per ridare la cifra che ha portato qua il dott. Fillmore- esclamai sedendomi sul bracciolo della poltrona accanto al letto di papà.

-è bello vedere un amore così puro e reale Gloria.. avevo paura che ti avessimo segnato per sempre- disse tirando su con il naso e facendo qualche passo per la stanza.

-non è il momento per parlare di questo mamma, piuttosto vorrei provare a spiegarti quello che il dottore ha detti riguardo all’intervento.-

-non ho capito praticamente niente.-

Le feci un sorriso gentile e la invitai a sedersi accanto a me. Le avrei detto tutto e se avesse trovato l’idea una cazzata, l’avrei fatta ragionare, perchè quello era l’unico modo per far tornare mio padre.

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OK... CHIEDO UMILMENTE VENIA....

SONO STATA SUPER IMPEGNATA, MA PROMETTO CHE PORTERO' A TERMINE LA STORIA... LO GIURO!!!!!!

MANDO UN BACIO GIGANTE A TUTTI E VI AUGURO UNA BUONA SERATA!! 

GRAZIE RAGAZZI!!!   


 
MARTI0029

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Capitolo 19
*** 19) out of danger ***






19) out of danger

 

Limbo.
Era la parola giusta che stava raccogliendo il mio stato d’animo da una decina di ore a questa parte.
Certe volte non capiamo il significato di determinate parole. Siamo umani eppure capita molte spesso di trovarci a pensare che alla fine non tutto quello che ci circonda è di nostro interesse. Se qualcuno una settimana fa mi avesse detto che adesso me ne sarei stata seduta su una poltroncina abbastanza scomoda con mia madre che mi dorme sulla spalla e con Bradley che mi guarda con la coda dell'occhio sperando di non essere notato, gli avrei semplicemente dato del coglione.
Avevamo dato il consenso al Dr. Fillmore di procedere con l'intervento e adesso eravamo in attesa di un responso positivo o negativo che fosse. C'erano veramente molti rischi. Le possibilità di mio padre erano appese ad un filo. La sua vita era appesa ad un filo. Ancora dovevo riprendermi dalla decisione di mia madre che aveva acconsentito senza battere ciglio all'idea dell'intervento. Non aveva praticamente compreso niente di tutta la conversazione eppure non si era tirata indietro davanti all'inevitabile.
Limbo.
Ero in un cazzo di limbo che mi logorava dentro. Erano dieci ore che avevano portato mio padre in sala operatoria e il mio cuore rallentava ogni minuto che passava. Avevamo acconsentito a fare l’intervento e poco più di mezz’ora più tardi avevo stretto la mano ad altre cinque persone che il Dottor Fillmore si era portato da Baltimora. L’anestesista, il Dottor Thomlinson, era uscito dopo circa un paio di ore, per informarci che l’intervento era cominciato e che mio padre aveva reagito bene all’anestesia totale. Mi era sembrata una buona cosa ma più il tempo passava, più la mia mente viaggiava per luoghi che era meglio non intraprendere. Perchè ci mettevano così tanto tempo?

-tieni Bimba-

Alzai lo sguardo verso quella voce che bisbigliava per non disturbare mia madre e lanciai una benedizione a chiunque avesse messo Bradley Lays sulla mia strada. Senza di lui non sarei stata in grado di affrontare tutto questo. La mia forza era lui.
Lo ringraziai con un sorriso sincero e afferrai il cappuccino che mi stava offrendo. Avevo bisogno di buttare giù qualcosa di caldo e quel profumo di latte e caffè fece meraviglie.

-ho paura Bradley- dissi in inglese in modo da estromettere mia madre dalla conversazione.

Tutto quello che volevo e che cercavo di fare era di non farle vedere la mia paura o la mia angoscia. Ne aveva abbastanza lei per entrambe.

-questo genere di operazioni sono complesse Gloria. Non possono svolgersi in poco tempo.- mi rispose stringendomi la mano e dandomi quel poco di forza che mi serviva nell’ascoltare le sue parole.

-ne è passato tanto..-

Lo sentì ringhiare e avvertì nitidamente la vibrazione del suo cellulare nella tasca della giacca. Era una roccia. Lavorava come un pazzo anche con un oceano di distanza che lo divideva dalla sua azienda. Guardò lo schermo dello smartphone e premette il pulsante di rifiuto chiamata. Lo faceva spesso e la cosa non mi aveva mai destato molto sospetto. Lui era il signore dell’universo e sicuramente poteva anche permettersi di chiudere la comunicazione in faccia a qualcuno.

-mi prometti una cosa appena tutto questo casino sarà finito e torneremo a casa?- gli domandai a bruciapelo mentre rimetteva il telefono nella giacca.

-tutto quello che ti frulla per la testa.-

-mi porti a Las Vegas?- domandai sorridendo come una ragazzina.

Il mio sorriso si riprodusse anche sul suo volto e mi prese il viso tra le mani. Avrei voluto essere spensierata e vivere il nostro amore fuori dalle quattro mura di un’ospedale.
Ci eravamo confessati il nostro amore reciproco e sinceramente non avrei mai creduto di passare le prime ore dopo il “ti amo” fatidico che aspettavo da tutta un vita, in un ospedale. Pensavo che qualcosa in lui si sarebbe rotto. Che ne avrebbe avuto abbastanza di sostenermi davanti a questa cosa più grande di me e di lui, ma invece non lo faceva. Mi stava dietro e mi supportava come nessuno nella mia vita aveva mai fatto. Che fosse proprio questo il significato del vero amore? Non lo sapevo perchè non avevo mai amato, ma adesso potevo affermare con certezza che senza Bradley nella mia vita sarei stata nella merda in tutti i sensi.

-io Bradley Lays prometto solennemente di portarti a Las Vegas quando tutto questo sarà finito!- disse prima di baciarmi.

Sorrisi nel bacio e mi lasciai andare a quella magnifica sensazione. Non c’era stato nemmeno un momento di intimità tra noi da quando ero praticamente uscita dalla Royal Suite e questo bacio era proprio quello di cui avevo bisogno.
Un ronzio mi fece staccare dal suo bacio e lo guardai mentre alzava gli occhi al cielo esasperato con chiunque gli stesse rompendo le scatole da venti minuti a questa parte. Se non avesse risposto al più presto avrebbero mandato un plotone di ricerca.

-rispondi per favore.. metti fine alle sofferenze di chi sta provando a mettersi in contatto con te!-

Lo vidi guardarmi dritto negli occhi, poi come se avesse capito che non c’era altro modo per scampare a quella telefonata, prese il telefono dalla giacca e rispose continuando a guardarmi negli occhi.

-Lays!-

Voltai la testa e mi concentrai su mia madre che ancora riposava. Provai tenerezza per la posizione in cui era e decisi di andarle a comprare qualcosa da mangiare prima del suo risveglio. Ero certa che non l’avrei mai trascinata fuori finchè non ci avessero dato notizie, e anche in quel caso non avrebbe mai lasciato il capezzale di papà.
Mi alzai goffamente e alzai la testa proprio mentre la porta della sala operatoria si apriva rivelando la figura del Dr. Fillmore che usciva seguito da due assistenti di cui non ricordavo il nome. Cristo l’operazione è finita.
Svegliai dolcemente mia madre mentre Bradley riattaccava il telefono in faccia al suo interlocutore. Era un momento troppo importante per passarlo al cellulare.

-Dr. Fillmore mi dia buone notizie la prego!- dissi mentre anche mia madre si alzava dalla poltroncina come una molla.

Lo vidi togliersi la mascherina e la cuffia verde che aveva in testa. Questi piccoli secondi di silenzio mi stavano facendo lentamente morire. Perchè cazzo non si decideva a darmi una risposta?

-l’operazione è perfettamente riuscita. Abbiamo cambiato la valvola aortica che era fortemente compromessa e questo ci ha fatto accumulare un po' di tempo, ma l’intervento è andato a buon fine. Mi sento di comunicarvi con gioia che Mr. Perri è definitivamente fuori pericolo.-

Fu veloce.
Molto veloce che me ne resi conto solo quando successe.
Mi ritrovai in ginocchio in un mare di lacrime che non ero in grado di controllare.
Mio padre stava bene. Aveva sopportato l’intervento di dieci ore e aveva subito un’ulteriore sostituzione di una parte del cuore e nonostante questo stava bene.
Respiravo a fatica mentre sentivo che Bradley spiegava a mia madre in italiano quello che il Dr. Fillmore aveva appena detto. Grazie.
Grazie.
Alzai leggermente la testa vedendo una delle assistenti di Fillmore che si chinò davanti a me e sentì chiaramente la sua stretta sulla mia spalla. Quel contatto mi fece capire definitivamente che non era un fottuto sogno. Mio padre era ancora vivo.
Grazie.

-Grazie- sentì dire da mia madre mentre anche lei singhiozzava di gioia davanti a quelle parole riprodotte da Bradley.

-ho fatto il mio lavoro Mrs. Perri. Ho dato disposizione alle infermiere di tenere suo marito in terapia intensiva per qualche ora, dopo di che lo farò spostare in reparto in modo da farvelo vedere.- esclamò a mia madre che nonostante la differenza di lingua annuì energicamente.

Sorrisi e mi lasciai andare ad un respiro a pieni polmoni. Finalmente la ruota aveva ripreso a girare. Avrei fatto pace anche con mio padre e questa mi sembrava la cosa più importante del mondo in questo momento. Gli avrei detto tutto quello che pensavo e l’avrei anche brontolato per avermi fatto tornare a casa in questa circostanza.

##

Potevo affermare senza ombra di dubbio alcuno che le schiacciatine della Royal Suite erano la fine del mondo. Sembravano in grado di resuscitare i morti.
Dopo che mio padre era stato dichiarato fuori pericolo, le infermiere ci avevano messo all’incirca cinque ore prima di spostarlo in reparto dalla terapia intensiva. Erano state ore lunghe, ma finalmente vedevamo una luce alla fine del tunnel. Mia madre era tornata a sorridere e vederla parlare con Bradley mi riempiva il cuore di sensazioni uniche. Chi lo avrebbe mai detto?
Sfortunatamente essendo in reparto, la notte non poteva ricevere visite, fatta eccezione per una persona. Sapevo che non avrei schiodato mia madre nemmeno sotto tortura, quindi mano nella mano con Bradley, avevamo lasciato l’ospedale diretti verso il suo Hotel. Mi aveva chiesto più volte se volessi mangiare qualcosa da qualche parte, ma il ricordo della cena della sera prima era ancora vivido e volevo ripetere l’esperienza.

-so che sto per dire qualcosa che probabilmente di manderà fuori di testa, ma devo dirla.-

Il moro davanti a me alzò lo sguardo dal computer e lo puntò su di me che ero comodamente seduta sul divanetto color salvia.

-se sai già che non mi piacerà, perchè dirla?- ribattè con ovvietà facendomi nascere un piccolo sorriso.

-ci tengo a ringraziarti davvero Bradley. Senza il tuo aiuto, senza il tuo denaro, le tue conoscenze, sicuramente mio padre non sarebbe sopravvissuto. Non so in che modo, ma sappi che mi sdebiterò con te!- dissi ignorando le sue parole e il suo sguardo torvo.

-Bimba.. quando capirai che non devi ringraziarmi perche mi prendo cura di te? Tu sei tutto ciò che ho aspettato per tanto tempo, non mi interessa un fottuto cazzo del denaro che ho speso o delle conoscenze che ho smosso. Tutto quello che ho fatto e che faccio tutt’ora, lo faccio solo per te, perchè ti amo Gloria.-

Scoppiai a piangere come una bambina davanti a quella sua dichiarazione. Dovevo raccontargli il mio passato. Il motivo per il quale lo ringraziavo era principalmente localizzato nel mio passato. Ero abituata ad essere una persona introversa e incompresa. Mi sembrava assurdo che qualcuno potesse fare qualcosa per me senza un tornaconto personale. Mi aveva proprio segnato il mio passato maremma ladra. Chissà se lui mi avrebbe compreso.

-anche io ti amo Lays.-

Lo vidi sorridere per come l’avevo chiamato e due secondi dopo fu sopra di me intento a baciarmi con foga e come dio comandava. Cristo. Se i baci potessero uccidere dal desiderio i suoi sarebbero un arma di distruzione di massa.

-ti va di sentire una storia? Il mio passato è chiuso in un cassetto del mio cervello, ma sento che devo essere del tutto sincera con te se voglio che tra noi funzioni.-

-non devi sentirti obbligata a parlare con me solamente perchè ti senti in debito Bimba. A me basta che tu sia felice.-

-vuoi che io sia felice?-

-più di ogni altra cosa-

-allora ascoltami-

Mi misi comoda sul divanetto, appoggiando la testa sul suo braccio disteso sulla spalliera. Avrei potuto addormentarmi in quella posizione da come mi sentivo rilassata. Nonostante fossi in tensione per quello che stavo per raccontare, mi sentivo al sicuro perchè ero tra le sue braccia.

-dunque.. sono nata il 29 ottobre del 1992, proprio a venti chilometri da qui, da Firenze, in un piccolo paese dove tutti sanno tutto di tutti. I miei sono sempre stati severi e rigorosi nelle regole e diciamo proprio che non sono mai stati dei genitori modello. all’età di dieci anni non avevo nemmeno un amico e tutti coloro che si avvicinavano a me venivano allontanati perchè i miei mi denigravano e sfottevano davanti a tutti. Troppo magra, troppo grassa, troppo sportiva, troppo mora, troppo bionda, insomma ero troppo e basta.-

Potevo sentire il fiato di Bradley rallentare durante il mio racconto. Chissà se si immaginava questa piccola bambina che era circondata da una solitudine perenne.

-gli anni passavano e la situazione non cambiava, anzi, se possibile diventava peggiore. Capitava sempre più spesso che mi mandassero dagli psicologi per capire quale fosse il mio problema, perche secondo i miei ero io quella che aveva qualche problema. Nessuno voleva essermi amico perche loro mi avevano fatto terra bruciata intorno. Mi davano regole severe e non potevo sgarrare altrimenti ne avrei subito le conseguenze. Fu così che arrivata a diciassette anni lo feci.-

-Bimba..- il suo tono sembrava un ammonimento.

Forse aveva capito dove volevo andare a parare.

-mi trovò mio padre in bagno con una lametta. Fortunatamente era arrivato in tempo e non avevo ancora compiuto qualcosa di irreparabile, però da li la situazione prese una svolta. Per la prima volta in vita mia mi ribellai e decisi che non sarei stata più succube di nessuno. Nessuno mi avrebbe più dato ordini o regole da seguire. Litigai con i miei e siamo stati per più di due anni senza avere contatti, fino a che a quando fui accettata per fare uno stage di lingue proprio a New York. Ai miei venne un colpo quando tutta sorridente glielo annunciai e subito dopo partì senza più guardarmi indietro. Dopo il corso mi ero così legata a quella città che decisi di rimanerci a vivere. Il resto della storia lo sai.-

-Gloria, adesso capisco diverse cose. Il tuo ribellarti agli ordini. La tua paura di tornare in questa città. La tua ansia nel rivedere i tuoi..-

-mia madre ha detto che si è pentita. Mi ha fatto i complimenti per la ragazza che sono diventata senza di loro. È come se quella città mi avesse cambiata.-

-vorrei andare da loro e incazzarmi come una iena per quello che ti hanno fatto.-

-è passato Bradley, e come passato e bene che stia dove sta. Sono felice adesso.-

-se penso a quello che avresti potuto fare.. Cristo, mi sale la voglia di spaccare qualcosa.- esclamò balzando in piedi e stringendo i pugni lungo i fianchi.

-non è successo vedila così. Non sono più quella ragazza Bradley. Sono cambiata. Sono diversa. Sono più forte di quello che può sembrare.- dissi alzandomi anche io e fronteggiandolo nonostante i vari centimetri che ci dividevano.

Alzò gli occhi al cielo esasperato e sentì il suo cellulare vibrare sul tavolino da fumo dove l’aveva lasciato appoggiato. Potevamo far finta di niente, lasciarlo suonare a anche sentire di nuovo la vibrazione per l’ennesima telefonata, ma il fatto non sarebbe cambiato. Lui doveva tornare a New York. Doveva accettarlo. Doveva capirlo.

-lo so cosa stai pensando e la risposta è no!- borbottò prendendo il telefono e controllando da chi provenisse la chiamata.

-non puoi continuare a stare qui per sempre.- risposi mentre mi rimettevo seduta e mi guardavo le ginocchia.

Ci avevo pensato. Era un po' di tempo che l’idea mi balzava in testa. Sarei dovuta rimanere per qualche periodo in Italia. Non potevo lasciare soli i miei genitori. Chissà che cure e quanto tempo mio padre avrebbe passato in convalescenza. Mia madre era troppo inesperta e incerta per potersi far carico della famiglia. Sarei dovuto restare almeno fino alla completa guarigione di papà. Ci sarebbero potuti volere giorni come mesi, ma non potevo voltare loro le spalle. Specie adesso che sembrava avessero capito i loro errori. La mia casa sarebbe rimasta New York per tutta la mia vita, ma momentaneamente era meglio così. Dovevo trovare il modo e le parole giuste per dirlo a Lui. Sapevo che non voleva tornare a casa senza di me. Pensavo pure che lo facesse per paura di perdermi. Se fossi tornata con lui, almeno avrebbe avuto la certezza che avrei preso l’aereo.

-che vuoi dire? Hai intenzione di non tornare più a New York?- esclamò inorridito mentre puntava quelle pozze azzurre sopra di me.

-devo restare qui per del tempo Bradley. Tempo che tu non puoi permetterti di passare lontano da casa. Io tornerò. Adoro troppo quel posto per non tornarci. Ci sei tu, c’è Candice, ma adesso, in questo preciso momento il mio posto è qui-

-aspetteremo che tuo padre si sia ripreso e torneremo a casa insieme-

Scossi la testa guardandolo negli occhi. Era troppo intelligente per non averlo ancora capito. Probabilmente rispondeva così perchè in cuor suo lo sapeva. Era arrivato il momento di separarci, anche se momentaneamente.
Quello che mi aveva raccontato sull’aereo di andata era ancora ben impresso nella mia mente, alternato dal senso di dovere verso mio padre che mi aveva portato ad accantonarlo.
Il suo segreto che lo portava a finire dentro al letto di chiunque nel momento in cui era frustrato o incazzato era ancora vivido nella mia mente nonostante i giorni passati. Restare separati sarebbe stato un trauma anche per me sotto quell’aspetto.

-potrei stare qui per mesi. Tu lo sai Bradley. l’hai saputo da quando hai portato qui Fillmore. Io devo aiutare la mia famiglia adesso. Sono io quella che deve restare non tu. È la mia battaglia-

Ringhiò di frustrazione e gettò il telefono sul letto che nel frattempo aveva ripreso a suonare. Era troppo potente e importante per permettersi di restare ancora qui.

-tu tornerai-

-io tornerò. Tornerò. Te lo prometto.-

-non posso..-

Sentivo disperazione nella sua voce e la cosa mi spezzava. Lui era sempre stato forte anche per me. In questi momenti mi aveva dato la forza di andare avanti e capire che quello che era successo mi avrebbe fatto crescere. Non poteva spezzarsi proprio adesso che finalmente avevamo visto una fine a quella sofferenza di mio padre.

-puoi lasciarmi adesso. I momenti più critici sono passati. Avrò sempre bisogno di te. Il tuo senso di protezione e l’amore che provi per me devono trovare pace e forti tornare a casa.-

-cosa cazzo c’è che non capisci Bimba nelle parole “non posso”? Io non posso lasciarti andare. Non posso prendere un fottuto aereo e allontanarmi da te per non so quanto tempo. Ti ho cercato Gloria. Ti ho aspettato dio solo sa quanti cazzo di anni. Ti ho avuto. Ti ho anche adesso. Ho un costante e incessante bisogno di te. Non posso lasciarti. Sarebbe come abbandonare me stesso- replicò con una nota di sofferenza nella voce.

-sei importante Bradley. Hai il mondo ai tuoi piedi e questo implica delle responsabilità non da poco. Tu devi farti carico della tua vita, della tua azienda. Non puoi più lavorare da qui con nove ore di fuso orario. I tuoi collaboratori non possono sostituirti per mesi-

Doveva capire il problema.

-non posso lasciarti qui da sola. Non dopo quello che mi hai raccontato del tuo passato. Non dopo quello che ho scoperto che tu hanno fatto i tuoi.-

-è il motivo per il quale tornerò Tesoro. Niente mi riporterà nel mio passato. Compirò il mio ruolo da figlia, ma appena si sarà sistemato mio padre e potrà tornare ad occuparsi di mia madre io tornerò da te.-

-promettimelo. Giuramelo.- disse crollando in ginocchio e prendendomi le mani tra le sue.

Vedevo ansia e disperazione nelle sue bellissime iridi blu. Ansia che non sarei tornata a vivere nella sua città e disperazione per una separazione imminente. Stava male. Stavo male. Eravamo condannati. Il nostro amore ancora non era in grado di sbocciare. Non era ancora arrivato il suo momento.

-te lo giuro. Ho un milione di ragioni per tornare-

Il bacio che ne seguì mi mandò in paradiso.
Lo sentì togliermi la felpa che avevo indossato quella mattina e rimasi in reggiseno davanti a lui. I pantaloni, leggings per esattezza, erano già sul pavimento a fare compagnia alle scarpe da ginnastica e adesso anche alla felpa azzurra.
Si mosse a grandi passi verso la penisola e mi fa girare, sistemandomi seduta sul freddo granito. aveva gli occhi colmi di piacere, così come lo erano i miei in questo istante. Si infilò tra le mie cosce, muovendosi piano, con le mani sui miei fianchi. Lo guardavo estasiata quando lui mi strattonò in avanti, contro il suo inguine, la sua erezione andò sfregare proprio nel punto giusto.
Gemetti, circondandogli il collo con le mani. Si raddrizzò, si sfilò il maglione dalla testa, buttò via le scarpe, poi si liberò in fretta dei pantaloni e dei boxer. Io rimasi lì seduta, paziente, più che felice di guardarlo spogliarsi.
Quest’uomo era un dio.
Feci scorrere lo sguardo su tutta la sua meraviglia, fremendo un istante sulla grossa e pulsante erezione.
Tornò ad accostarsi, allungando le mani dietro la mia schiena per sganciare il reggiseno, facendolo scivolare via lento e poi gettandoselo alle spalle.
aveva le mani appoggiate sul bordo del piano di lavoro e mi guardava famelico. Si chinò e prense in bocca un capezzolo, accarezzandolo lentamente e stuzzicandolo con la lingua.
Ero in uno stato di beatitudine senza pudore, sospirai e allungai le dita per intrecciarle ai suoi capelli, mentre mi bacia i seni. Abbandonai la testa indietro e chiusi gli occhi, offrendomi alla sua bocca premurosa. Non mi dispiaceva affatto lasciargli prendere il controllo. Lui era contento e io me ne godevo felice i risultati.
Mi depositò un bacio tenero sull’orecchio, poi mi fece sdraiare sulla schiena.
Appoggiandosi su un braccio teso accanto a me, mi scostò con delicatezza i capelli dal viso. Lo guardavo che mi esamina pensieroso, con i suoi fantastici occhi azzurri lucidi.

-tutto diventa tanto più facile da sopportare quando ci sei tu, Gloria-mi sussurrò guardandomi intensamente negli occhi.

Si spostò in fretta e in un unico movimento controllato mi strattonò in avanti rendendomi piena con la sua erezione che non aspettava altro. Lanciai un grido a quell’invasione così violenta, sentendo il piacere travolgermi di nuovo.

-cristo Bradley.-

Urlai, gettando le braccia sopra la testa mentre lui si afferrava alle mie cosce, tirandomi avanti e indietro sul marmo per accompagnare il ritmo forsennato. Riaprì a fatica gli occhi e mi accorsi che sta sudando, la mascella è contratta.
Mi sollevò di peso contro il suo corpo e mi fece ruotare per finire contro il muro, con un colpo violento alla schiena che mi fece gridare.
Nella smania di controllare l’orgasmo che continuava a crescere, trovai a tentoni la sua spalla e mi ci aggrappai con la bocca, affondandogli i denti nella carne. Lo sentì sospirare di piacere e un altro gemito uscì veloce dalla mia bocca.

-ti amo Bimba-

-anche io Bradley-

-pronta?- domandò mentre con il bacino aumentava ancora di più il ritmo.

Lasciai la spalla, buttai la testa indietro con un grido roco ed esplosi in un favoloso e agognato orgasmo.
All’improvviso lui si immobilizzò, aveva il respiro spezzato e affannoso, e poi ecco che con l’ultima portentosa spinta viene urlando il mio nome come se fosse il problema a tutti i mali del mondo. Come se il mio nome potesse aggiustare tutto.

-wow-

-ricordati di questo Bimba. Ricordati quanto cazzo siamo perfetti insieme-

-ricordalo anche tu. Niente Suite strane o appuntamenti improvvisi per favore- dissi con coraggio mentre cercavo di scendere dalla posizione in cui eravamo ancora.

Rafforzò la presa sul mio sedere e le mie gambe si strinsero ancora di più al suo bacino. Con una mano mi prese il mento e mi obbligò ad alzarlo in modo che potessi vedere i suoi occhi. Era serio.

-ti amo Gloria Perri. Nessuna entrerà nel mio letto se non la stupenda Bimba tra le mie braccia. Ti giuro solennemente che sarò tuo per tutto il tempo che tu vorrai.-

-potrebbe essere molto tempo-

-sono un fottuto figlio di puttana fortunato allora!- esclamò prima di baciarmi.

__________

SONO VIVA!

Buon anno a tutti...
Dunque.. ho INTENZIONE DI COMPLETARE LA STORIA... solo che avrò bisogno di tempo e non me la sento di dare scadenze... non ne sono in grado. sappiate solo che FINIRO'. lo prometto!!

Vi amo e Vi abbraccio una per una!

Marty0029


 
 

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