Someone else

di _Giuls17_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ‹Someone else in my heart. ***
Capitolo 2: *** ‹Someone else in my mind. ***
Capitolo 3: *** ‹Someone else in my body. ***
Capitolo 4: *** ‹You are at looking someone else. ***
Capitolo 5: *** ‹I've turned into Someone else ***
Capitolo 6: *** ‹I am a monster. ***



Capitolo 1
*** ‹Someone else in my heart. ***


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‹Someone else in my heart.
 
Fino a quel momento non era riuscita ad ammettere la verità neanche a se stessa, quella stessa verità che, durante la breve permanenza al Mount Weather, l’aveva tenuta sveglia fino a notte fonda, l’aveva assalito per via dei suoi incubi e del suo dolore: non era più innamorata di Finn.
“Ma…”
Ma Clarke conosceva bene la seconda parte di quella frase, ed era quella la verità che più aveva temuto, che più l’aveva terrorizzata.
“Ti sei innamorata di Bellamy.”
 
Aveva provato con tutta se stessa a reprimere quella consapevolezza, quel sentimento che si era incarnato dentro il suo cuore fino a soffocarla, ma non c’era riuscita e in fondo ne era grata di ciò.
Clarke osservò le attrezzature mediche dell’infermeria perdendosi tra i ricordi, perdendosi nella sua stessa confusione e cercando di mettere chiarezza all’interno del suo cuore e capendo, alla fine, cosa avesse determinato il cambiamento.
Era stata Raven, o meglio era stato Finn avendo omesso quella parte di verità tra lui e la sua ragazza e così facendo le aveva spezzato il cuore, quel cuore che non si era mai ripreso dalla morte del padre, lui l’aveva buttato via, come se fosse un semplice e inutile giocattolo.
Quello l’aveva ferita più di tutti i graffi, le escoriazioni che aveva subito da quando aveva lasciato l’Arca per la Terra, quello era stato il colpo, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso e, anche lei, nonostante la credessero forte e indistruttibile, non aveva retto.
 
“Credevi di poterti fidare di lui, credevi che nonostante il dolore ti fosse stata concessa la felicità.”
 
In fondo sapeva che la colpa era stata anche la sua, Finn non le aveva mai parlato di un’altra né aveva mai negato il contrario, e una parte di sé stessa aveva deciso di perdonarlo, di perdonare quell’atteggiamento, quella menzogna che le aveva lacerato, ancora, il cuore.
Clarke chiuse gli occhi, cercando di scacciare i suoi demoni per ammettere a se stessa, almeno una volta, quella verità che aveva nascosto, forse per troppo tempo, perché se non fosse stato per il tradimento di Finn, se non fosse arrivata Raven a salvare l’amore della sua vita, lei non lo avrebbe visto.
Non avrebbe visto Bellamy e il cambiamento.
Ancora lo ricordava come il ragazzo presuntuoso che aveva assunto il comando dei cento una volta arrivati sulla Terra, ricordava le liti, gli insulti e le incomprensioni, ma ricordava anche di come lui l’avesse accettata come co-leader, ricordava così tanto che alla fine se n’era innamorata.
Improvvisamente si era resa conto che non era solo il rispetto il motivo per cui approvava i suoi piani o partecipava alle sue spedizioni, era qualcos’altro, qualcos’altro la spingeva verso di lui e lo aveva capito il giorno dell’attacco.
Clarke aprì gli occhi cercando di scacciare quel ricordo, forse il più doloroso, prima di quelli del Mount Weather, ovvero quando aveva dovuto chiudere la porta della Navicella per salvare gli altri dall’attacco, quando aveva chiuso Bellamy fuori, precludendogli la possibilità di salvarsi, scegliendo ancora una volta chi potesse vivere e chi no.
 
“Lui però ti ha guardata e ti ha detto di farlo, lo hai letto nei suoi occhi che era l’unica cosa giusta da fare, l’unica cosa che non ti avrebbe rimproverato.”
Sì, ma ho dovuto convivere con quel peso sul cuore fino ad oggi…
 
Nonostante sua madre le avesse chiesto di restare in tenda, Clarke sentì il bisogno di uscire, sentì il bisogno di contravvenire, ancora, agli ordini, cercando la sua libertà.
Si alzò dal lettino e lentamente indossò i pantaloni, percepì i muscoli doloranti e le ferite bruciare al contatto con la stoffa, si morse il labbro per non lamentarsi e quando fu pronta uscì dalla tenda.
Il sole l’accecò quasi subito, ma dopo la prigionia e la fuga con Anya non se ne preoccupò, sentendosi sé stessa dopo tanto, poco dopo abbassò lo sguardo, cercando di riconoscere qualcuno dei suoi vecchi conoscenti sull’Arca ma non ebbe successo, all’improvviso uno strano rumore catturò la sua attenzione e infine lo vide.
Bellamy.
Si portò una mano al cuore, non riuscendo a capacitarsi del suo battito, non riuscendo a credere che potesse, davvero, battere così velocemente per una persona, fece un passo avanti e senza volerlo si ritrovò a correre verso di lui; vide i suoi occhi puntarsi su di lei e in poco tempo si ritrovò tra le sue braccia.
Lo strinse forte e percepì altrettanto bene la sua stretta, percepì il cuore pompare sangue sempre più velocemente e inibirle il cervello, impedendole di ragionare lucidamente, impedendole di comprendere che a breve si sarebbe dovuta allontanare per rivestire i panni della Clarke inflessibile e strategica.
 
-Chi lo avrebbe mai detto.-
 
Sentendo la voce di Octavia si staccò, avvertendo la sensazione d’incompletezza, di disagio che l’aveva accompagnata per tutto quel tempo; lentamente abbracciò anche lei, cercando di maschere i suoi sentimenti, ancora una volta.
-Siete vivi.- disse, guardando lui negli occhi, -Dov’è Finn?-
Nonostante tutto non riuscì ad evitare quella domanda, non riuscì a non preoccuparsi ancora dell’unica persona che aveva avuto in mano il suo cuore e che lo aveva buttato via.
 
-Sta cercando te.- sussurrò Bellamy, ed improvvisamente il suo cervello si spense, rendendosi conto che, nonostante non provasse più amore, lo avrebbe potuto perdere, perdere per sempre e capì di non essere pronta ancora a quello.

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Capitolo 2
*** ‹Someone else in my mind. ***


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‹Someone else in my mind.
 
Clarke abbassò lo sguardo sulle sue mani, non riuscendo a trovare la forza di guardarlo, osservò il sangue e percepì il suo cuore battere forte, troppo forte, riconobbe la paura, il dolore, la frustrazione ma più di tutto comprese l’odio: l’odio che provava verso se stessa.
 
Cos’ho fatto?!
“La cosa giusta, Clarke.”
L’ho ucciso.
“Sì.”
HO.UCCISO.FINN.
“Sì.”
 
Improvvisamente non riuscì a percepire la terra sotto i piedi e si ritrovò in ginocchio, con lo sguardo ancora fisso nelle sue mani, non riuscendo neanche a cogliere i rumori attorno a lei, non riuscendo a comprendere nient’altro che il dolore e l’odio nel suo cuore, neanche l’urlo straziante di Raven era riuscita a riscuoterla.
-Clarke?-
Alzò lentamente lo sguardo, anche se controvoglia, dalle sue mani ancora impregnate del suo sangue e guardò Lexa abbassarsi davanti a lei.
-Porteremo Finn a Tondc, dove riposerà con i nostri fratelli.-
Annuì brevemente, rendendosi conto di aver perso l’uso delle parole, lei che era sempre stata la più loquace.
Vide il leader dei Terresti restare abbassata davanti a lei, Lexa la stava ancora guardando e costrinse ogni minima parte del suo corpo a reagire, a riprendersi da quel dolore che le era imploso nel petto.
-L’amore è una debolezza, Clarke.-
Quelle parole la fecero bloccare, percepì il corpo rigido e stanco e improvvisamente il suo pensiero andò a lui, non a Finn, che aveva appena ucciso ma solo a lui.
-Non puoi permetterti questa debolezza, non in guerra, la tua capacità di giudizio verrà messa continuamente in dubbio e tu devi essere lucida, l’amore non te lo consentirà.-
 
“E´come se lei sapesse leggere il tuo cuore, come se lei capisse che questo dolore non sarebbe minimamente paragonabile a quello che proveresti se al posto di Finn ci fosse Bellamy.”
Non posso permetterlo.
“Cosa, Clarke? Non puoi permetterti di amare o di lasciar morire Bellamy?”
Non posso permettermi nessuna delle due.
Lexa ha ragione.
 
-Le persone a noi care verranno usate contro di noi, saranno la loro arma per farci crollare, e lo sai bene anche tu che il cuore non ti permetterà di agire da leader.-
-Lo so e so che hai ragione.-
Abbassò lo sguardo e quando lo rialzò percepì il cambiamento in sé, rendendosi conto che la decisione appena presa l’aiuterà a salvare i suoi amici.
-Andiamo.- sussurrò, alzandosi da terra e pulendosi le mani sul pantalone, cercando di non badarci, cercando di non crollare.
-Scegli chi ti accompagnerà.-
Clarke si voltò e la prima cosa che i suoi occhi videro furono lui: Bellamy. Il respiro leggermente affannato, gli occhi vitrei e spalancati, il corpo rigido pronto per un combattimento, ma stavolta non gli sorrise, impedì al suo cuore di tradirla ancora e represse anche quei sentimenti, lasciando fuori solo l’odio verso di se, solo la rabbia e il dolore.
Non avrebbe più permesso ai sentimenti di ostacolarla.
-Andiamo.- decretò, sapendo benissimo chi l’avrebbe seguita e chi no, sapendo che ancora una volta sarebbe stata sua e solo sua la responsabilità della crociata e del risultato perseguito.
Alzò lo sguardo verso il cielo, ma non vi trovò nessun conforto, nessun ricordo di casa la assalì e quando riabbassò gli occhi vide davanti a sé Finn, la stava osservando.
 
***
 
«Lasciamelo fare, Clarke. Posso infiltrarmi.»    
 
 
-Questa è un’offerta di pace, da noi è usanza berlo per brindare a qualcosa di positivo.- suggerì Kane, porgendo il liquore a Lexa.
Clarke rimase ad osservare la scena in silenzio, annuendo quando Lexa le rivolse la parola ma non riuscendo a concentrarsi oltre, non poteva lasciarlo andare.
 
“Bellamy ha ragione, vi serve un infiltrato o il tuo piano non funzionerà.”
Non posso permetterlo.
“Cos’avevamo deciso Clarke? L’amore non sarebbe stato più d’intralcio.”
 
Clarke alzò il bicchiere verso Lexa, per il brindisi, ma in pochi secondi vide la sua guardia accasciarsi a terra, in preda a degli spasmi violenti e altrettanti colpi di tosse, percepì la consistenza del bicchiere vicino alla bocca quando, senza rendersene conto, qualcuno lo buttò via.
Si voltò e vide il viso di Bellamy accanto a sé, anche troppo, la mano alzata verso il suo bicchiere: le aveva salvato la vita.
-Tradimento!-
Quel suono la riportò al presente e nonostante le costasse una certa fatica, nonostante avesse deciso di lasciar perdere l’amore e i sentimenti, percepì il groppo in gola quando si allontanò da lui per sedere l’ennesima rivolta, per riallacciare, ancora una volta, i rapporti con i Terresti.
-Non siamo stati noi, Lexa, abbiamo un interesse in comune, non potremo mai arrivare a tanto.-
Osservò il viso della ragazza davanti a sé, ponderare le parole, ascoltare i suoi compagni e dopo pochi attimi dichiarò il verdetto: sarebbero rimasti lì fino al tramonto, sarebbero rimasti in carcere finché qualcuno non si fosse dichiarato colpevole.
Ed in quel momento seppe che se non avesse trovato una soluzione, sarebbe stata la loro fine.
 
*
 
-Chi credi che sia stato?- domandò a Lincoln, senza staccare gli occhi da Clarke.
-Non lo so, ma sono sicuro che il vostro popolo non c’entri niente con questa storia, anche perché Clarke stava bevendo lo stesso liquore.-
-Già, è quello che non mi spiego neanche io.-
Bellamy chiuse gli occhi per scacciare la stanchezza ma qualcosa dentro di lui gli impedì di rilassare i muscoli e di rilassarsi, e in fondo sapeva il perché: Clarke stava crollando, anche se lentamente si stava dirigendo verso il baratro della devastazione e lui non stava facendo niente per fermarla.
 
Cosa dovrei fare?
“Cosa puoi fare? Forse è questa la vera domanda.”
Io vorrei fare qualsiasi cosa, vorrei provare ad aiutarla.
“Ma…?”
Ma ci sono altrettante cose che mi preoccupano in questo momento.
 
-Raven tu sei sicura che…?- Octavia alzò un sopracciglio per enfatizzare la frase e guardò la ragazza.
-Sì, nonostante tutto quello che hanno fatto a Finn non ci metterei in altrettanti guai come se niente fosse.- disse, guardando oltre le sue spalle, guardando lei.
-Perché non provi a essere sincera per una volta?- la incalzò la bruna, stringendo le labbra.
-Forse hai ragione Octavia.- alzò la voce, così che lei potesse sentirla, -Forse non sono stati solo loro a fare qualcosa a Finn, forse non sono stati solo loro a decretarne la morte.-
 
Clarke percepì il peso di quelle parole sul cuore, ma non si voltò: davanti a lei c’era Finn, lo sguardo pieno di rabbia e le mani strette a pugno.
Le stava comunicando tutto il suo odio, tutta la sua rabbia e in fondo non gli avrebbe potuto dare torto.
-Lasciami in pace.- sussurrò, si prese la testa tra le mani cercando di scacciare la sua figura, cercando di ritrovare almeno un po’ la ragione e poi si voltò ad affrontare i suoi compagni.
-Sì Raven, sono stata io a ucciderlo, perché lo conoscevo abbastanza bene da sapere che avrebbe preferito così! Non avrebbe sopportato le loro torture, sarebbe morto agonizzante.- rispose, sentendo la rabbia ribollirle dentro ma non riuscendo ad alzare il tono di voce.
-Almeno sono sicura che non te lo scorderai.- sussurrò a denti stretti.
La bionda scosse la testa, e le diede le spalle, ammetterlo non l’avrebbe aiutata, dirlo ad alta voce non avrebbe fatto la differenza, avrebbe sentito per il resto della sua vita il peso di quella morte sul cuore.
Si sarebbe sentita per sempre in colpa per la morte di Finn.
Abbassò lo sguardo e lo vide accovacciato vicino ai bicchieri che avevano utilizzato per il brindisi finito male, si abbassò anche lei e lo guardò, cercò di leggere dentro le sue iridi, fregandosene altamente dello sguardo meravigliato degli altri, cercando solo di ricordarsi dell’amore che aveva provato per quella persona e in quel momento capì.
Capì chi aveva provato ad uccidere Lexa, chi aveva tentato di sabotare ancora la pace.
-Datemi il liquore.- decretò alzandosi e raggiungendo Bellamy.
Provò il consueto soffio al cuore quando le loro mani si sfiorarono ma represse l’emozione e si diresse senza aggiungere altro alla porta della cella, bussando forte.
-LEXA!.- batté i pugni ancora più forte, ignorando il dolore e le mani intorpidite.
-LEXA! So chi è stato!-
Le bastarono solo pochi secondi e vide la porta aprirsi davanti a lei, uscì, stringendo forte la bottiglia per il collo.
 
***
 
Bellamy si avvicinò piano, cercando di non farla spaventare e le si sedette vicino.
Clarke si era dimostrata un capo eccellente quel pomeriggio, aveva salvato tutti loro dalle torture dei Terresti e quando la guardia di Lexa aveva confessato, di aver avvelenato i calici del brindisi, era stata torturata, allo stesso modo in cui sarebbe stato torturato Finn e solo in quel momento Raven si era mostrata più diplomatica, porgendo l’altra guancia alla ragazza.
-Vuoi propormi ancora di infiltrarti?- domandò lei, senza guardarlo.
Il ragazzo sorrise, in fondo le piaceva molto di più questa Clarke in confronto a quella dei primi giorni, molto meno puntigliosa e decisamente più coraggiosa, ma nonostante tutto, nonostante preferisse non scegliere e lasciare a lei il compito di farlo, il suo cuore aveva già preso una decisione.
Vorrei restarti accanto per non farti crollare, vorrei poter essere il tuo punto di riferimento in questa guerra, ma devo andare via.
Devo andare a salvare i nostri amici, Clarke.
 
-Non te lo chiederò, perché so che mi lascerai andare.-
Lei si voltò verso di lui, e solo in quel momento notò gli occhi spenti, i capelli biondi meno lucenti e le occhiaie violacee incorniciarle il viso.
 
“Non sembra più neanche Clarke.”
 
-Hai ragione, non posso fermarti Bellamy. Devi essere il nostro infiltrato, devi andare perché solo tu, dall’interno, puoi salvarli e puoi far sì che il mio piano funzioni.
Senza di te siamo persi.-
-Non credevo di vivere tanto a lungo per sentire quella frase.- disse, cercando di sdrammatizzare.
-Forse non vivremo tanto a lungo da rivederci.- le fece notare lei.
-Clarke quello che hai fatto per Finn, non era legato solo a quello che provavi, lo hai fatto per salvare tutti noi.-
-Non ho ucciso Finn per quel motivo, non l’ho ucciso perché ho avuto pietà di lui visto quello che provavo.- disse, sottolineando il tempo passato di quel sentimento ma nonostante ciò, capì che Bellamy non era riuscito a cogliere il segnale.
-L’ho fatto perché dovevo farlo, perché sapevo che loro non si sarebbero fermati, perché dovevo proteggervi, perché è quello che fa un leader.- ammise, sentendo le parole di Lexa nella mente, vorticarle attorno come un tornado.
-Allora hai fatto esattamente quello che ci si aspettava da te, troverò il modo di contattarti una volta dentro, Raven farà funzionare la radio e io fermerò il segnale così da riuscire a comunicare.-
-Sono sicura che farai tutte queste cose.- disse, senza sorridere.
-A presto Clarke.-
Bellamy si alzò e non le diede il tempo di rispondere e per lei fu meglio così.
Non sarebbe riuscita a pronunciare il solito motto dell’Arca, non sarebbe riuscita a guardarlo negli occhi e a fingere ancora, fingere di non provare niente, fingere qualcosa che a stento riusciva a trattenere nel petto.
 
Lexa ha ragione, le persone che amiamo possono essere usate contro di noi ed io non posso rendere Bellamy un’arma, né per i Terresti, né per quelli di Mount Weather, non dovrà saperlo.
“Credi di riuscire a farcela? Credi di poter reprimere così tanto l’amore che provi per lui?”
Ci devo provare, solo così posso salvarlo e aiutarlo nella sua missione.
 
Clarke alzò gli occhi verso il cielo e solo in quel momento riconobbe le stelle che sapevano di casa.


≈Angolo dell'Autrice: Scusatemi per la mia breve assenza, ma purtroppo sono ancora in periodo esami e non è molto facile ritagliarmi del tempo, ma stasera la dedico a voi, piccole e nuove scoperte in questo sito :D
Sono molto felice di aver pubblicato la storia e spero che vi piaccia, e che mi facciate sapere le vostre opinioni ^^
XOXO
 

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Capitolo 3
*** ‹Someone else in my body. ***


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‹Someone else in my body.
 
“Clarke.”
La ragazza diede un pugno contro un albero, concentrandosi sul bersaglio e solo dopo guardò le sue nocche leggermente rovinate ma capì che non era abbastanza.
Colpì ancora.
 
“Clarke basta, non cambierà niente.”
 
Clarke cacciò dalla testa quella voce che da giorni non le dava tregua e riprese a colpire l’albero sempre più forte, sempre più duramente, finché non percepì il sangue lungo le mani, umido e puzzolente, ma non ci badò, rendendosi conto che non era ancora abbastanza.
 
“Clarke hai preso una scelta, se tu avessi avvertito tutti Bellamy sarebbe morto, lo avrebbero scoperto.”
 
Si fermò, sentendo il fiato corto per lo sforzo e abbassò lo sguardo sulle mani rovinate; le era uscito così tanto sangue che aveva quasi completamente nascosto il rosa della sua pelle delicata, asciugò una lacrima con il braccio, impedendosi di crollare.
 
“Abbiamo preso una scelta, abbiamo deciso con Lexa che quel missile colpisse Tondc, abbiamo deciso di salvare il piano e Bellamy.”
No, non abbiamo deciso niente del genere, perché ancora una volta Lexa ha influito sulla mia scelta.
“Ne sei sicura? Sicura che non c’entri Bellamy?”
 
Serrò gli occhi al solo pensiero di quel nome, era riuscito a comunicare con loro solo dopo un paio di giorni, giorni che aveva passato insonne per colpa degli incubi, giorni in cui non era riuscita a mangiare o a bere, giorni che avrebbe ricordato per tutta la sua vita come bui e vuoti.
Anche se non era riuscita a nascondere, neanche alla parte più radicata della sua anima, che la sua voce le aveva dato di nuovo speranza, che lui le aveva dato di nuovo qualcosa in cui credere, che lui faceva ancora parte del suo cuore.
-Non posso dimenticarlo.- sussurrò, scuotendo la testa.
Eppure ci aveva provato, aveva provato a fare come aveva detto Lexa, a chiudere i sentimenti e le emozioni nei meandri del suo cuore, sopprimendoli ogni volta, ma da quella scelta non ne era derivato nulla di buono: aveva dato solo il peggio di sé.
Aveva lasciato andare Bellamy nella tana del nemico, aveva permesso quel massacro ingiustificato, aveva scorto negli occhi di sua madre la paura e il rimorso, aveva sbagliato tutto, aveva preso tutte le scelte sbagliate.
-Eppure non posso tirarmi indietro, loro hanno bisogno di me.-
Aveva smesso di vedere Finn dopo pochi giorni, ma col tempo aveva capito che quelle visioni erano solo la sua coscienza, solo il suo pentimento, il risentimento per aver compiuto quella scelta, per aver commesso quell’omicidio ingiustificato e in fondo alla sua anima sapeva che avrebbe rivisto anche quelle persone, prima o poi.
Sarebbero venute tutte a riscuotere.
Tutte a ricordarle i suoi errori e i suoi sbagli.
 
Cosa sono diventata? Chi sono diventata?
“Sei sempre tu Clarke, solo che il ruolo che ti è stato assegnato richiede misure drastiche.”
No, io non sono più la stessa Clarke, non assomiglio a quella ragazza che viveva nell’Arca, né alla ragazza che si era ostinata a tenere il braccialetto.
“Allora chi sei?”
Non lo so, ho perso la retta via ma so che c’è qualcosa, qualcuno, dentro il mio corpo. È quel qualcuno che prende le decisioni al posto mio, è quel qualcuno che permette tutto questo.
“Sei sempre tu.”
Allora vuol dire che sono diventata un mostro.
 
***
 
Octavia osservò ancora la tenda di Lexa, aspettando, l’avrebbe affrontata subito poiché il terrore e quella sensazione sgradevole che prendeva il nome di tradimento non faceva che aleggiarle nel cuore.
Clarke cosa sta succedendo?
 
Da quando era arrivata sulla Terra, ne aveva viste di tutti i colori e in fondo si era aspettata quel genere di ostacoli, ma aveva sperato che tutto fosse diverso, che tutto potesse essere diverso ma da quando Bellamy era andato via, lei era peggiorata, sapendo bene a chi si stesse riferendo, ovvero a Clarke.
Il rapporto con la bionda non era stato semplice, il più delle volte si erano scontrate ma aveva capito una cosa fondamentale: lei teneva all’opinione di Bellamy e forse non solo a quello.
L’aveva vista con i suoi occhi riabbracciare il fratello, aveva visto il suo viso e scorto qualcosa nei suoi occhi: ammirazione, felicità, aveva visto l’amore.
L’amore che lei provava per lui e che aveva taciuto, per tuto quel tempo, come adesso.
In fondo non poteva biasimarla, conosceva suo fratello e nonostante l’affetto che li legava non lo l’aveva mai visto fare seriamente con una ragazza, rendendosi conto che forse la scelta di Clarke di tacere sui suoi sentimenti era stata la scelta più giusta, si sarebbe potuta scottare e in quel momento il destino dei suoi amici richiedeva tutta la sua attenzione.
 
“Ed allora cosa le sta succedendo?”
Semplice, avrà, da un lato, represso i suoi sentimenti ma dall’altro tutto questo l’ha portata a sacrificarsi, l’ha costretta a soffrire e si sa: nella sofferenza si prendono le decisioni più difficile e quelle più sbagliate.
 
Alzò lo sguardo e la vide uscire dalla tenda, il viso stanco e pallido, provato da tutto lo stress e in fondo al cuore avrebbe voluto vedere Bellamy sostenerla in questa battaglia, anche se sapeva il rischio che correva il fratello come infiltrato al Mount Weather.
-Clarke!-
La vide avvicinarsi e poté scorgere qualcosa di nuovo nei suoi occhi, forse rabbia, delusione.
-Dimmi Octavia.-
Percepì la sua voce come un sussurro e solo allora guardò le mani della ragazza, scorticate e rovinate, come se avesse colpito qualcosa fino a farsi male, fino a provare dolore.
-Mi sto scervellando da quando sono rientrata al campo… Ti prego dimmi che non sapevi dell’attacco.- la guardò e sperò con tutta se stessa di sbagliarsi.
Clarke sospirò, sentendosi stanca e priva di forze, sentendo il peso di tutte quelle morti sul suo petto, sulle sue spalle, pronto per farla affossare, pronto per farla cadere ancora di più verso il baratro, del quale aveva già varcato la soglia.
-Octavia tutte le scelte che ho preso… Io le ho prese perché non avevo alternative.-
Solo allora la mora capì, solo allora sentì tutte le sue certezze sgretolarsi come sabbia al vento.
-Hai lasciato morire tutte quelle persone.- sussurrò, stringendo i denti per la rabbia.
-Avrebbero scoperto Bellamy, lo avrebbero trovato e…-
-Non è una scusa Clarke! Lui non te lo avrebbe permesso, non avrebbe lasciato morire quelle persone, se te lo ha detto ci sarà stata una ragione.- sbottò, piena di rabbia.
-Forse sì, ma non avevamo il tempo di pensare a qualcosa di diverso.-
-Cosa ti ha spinto a questo Clarke? Cosa ti è successo per farti diventare così? Una volta avresti rispettato tutti gli esseri umani, una volta non avresti sacrificato delle persone innocenti come carne da macello.-
La ragazza abbassò lo sguardo sulle sue mani, ripensando al dolore che aveva provato solo alla fine, ripensando a tutte le scelte sbagliate che aveva preso da quando aveva conosciuto Anya e poi Lexa, capendo che il tempo sulla Terra l’aveva plagiata, l’aveva rovinata.
Suo padre non sarebbe stato fiero di lei.
-Octavia ci sono delle scelte che richiedono il sacrificio di qualcuno, ci sono dei momenti in cui non puoi pensare al singolo, sto concentrando tutte le mie forze per salvarli, farò qualsiasi cosa affinché ciò avvenga.-
-Anche perdere la tua anima? Parli come loro, adesso.-
-Forse perché sono diventata come loro, forse perché sono diventata un mostro.- sussurrò Clarke, indietreggiando e allontanandosi il più velocemente possibile da Octavia, sapendo che non avrebbe retto ancora il confronto, conoscendo i propri limiti e le proprie debolezze e, davanti a quegli occhi così simili a quelli di Bellamy, sarebbe crollata e se lo avesse permesso tutto sarebbe andato a rotoli.
 
***
 
Bellamy si precipitò lungo il condotto che aveva individuato prima che arrivassero le guardie, abbassò d’istinto la testa al suono del proiettile che rimbalzavano tra le pareti ma non si fermò.
Avrebbe fatto scoppiare quella maledetta centrale per la nebbia acida e sarebbe stato meglio non trovarsi nelle vicinanze, in quel momento.
Strinse i denti e si morse il labbro, sapendo di non avere molto tempo, non era un grande esperto di esplosioni ma era certo che il tempo a sua disposizione stesse finendo ed improvvisamente pensò al suo viso.
Strinse gli occhi e percepì il rumore dell’esplosione non troppo distante da lui, ma nonostante ciò il viso di Clarke gli rimase impresso nella mente, la rivide in uno dei tanti momenti che avevano passato assieme da quando erano arrivati sulla Terra, rivide i suoi occhi pieni di rabbia durante quei primi giorni e poi ricordò i suoi occhi la sera che l’aveva salutata, non trasmettevano più quel sentimento ma malinconia, paura e sperando di non sbagliarsi anche qualcos’altro, solo che aveva preferito non farci casi, distogliere lo sguardo prima che fosse tardi.
 
Avvertì il calore dell’esplosione farsi sempre più vicino e intravide la biforcazione e ci si buttò dentro nel momento esatto in cui il fuoco lo raggiunse, si coprì la faccia con le braccia, cercando di salvarsi.
Chiuse gli occhi e sperò con tutto se stesso che il piano avesse funzionato, che avesse aiutato i suoi amici e Clarke, un brivido gli percorse la schiena ancora al suo ricordo.
Senza volerlo si ritrovò a pensare al blu intenso dei suoi occhi che, da quando erano arrivati sulla Terra, gli ricordavano l’acqua dei fiumi, limpidi ma frastagliati,  al biondo dei suoi capelli che lo accecava ogni volto che posava lo sguardo su di lei e dovette ammettere a se stesso che in quel periodo era successo più di una volta, che più volte i suoi occhi l’avevano vista, vista veramente, e non le era dispiaciuto quella visione.
Clarke era intelligente, bella e incredibilmente facile da spezzare, sentì il groppo in gola farsi sempre più grande, perché solo in quel momento si era reso conto che la sua anima si era macchiata e il suo cuore spezzato e lui nonostante ciò l’aveva lasciata sola.
Scosse la testa ed aprì gli occhi, rendendosi conto che il fuoco si era ormai estinto e che le guardie avevano smesso di sparare, tirò un sospiro di sollievo e recuperò la radio.
-Raven? Raven ha funzionato.- sussurrò, asciugandosi il sudore.
-Ho notato Bellamy, certo che i tuoi modi non sono per niente scontati.-
-Raven devo chiederti una cosa.-
-Cosa succede?-
Si morse il labbro ed espirò, voleva sapere, doveva sapere.
-Clarke.-
Notò il silenzio dall’altro lato della radio, il respiro regolare di Raven farsi incerto e pesante.
-Clarke sta bene? Lei… E´ancora Clarke?-
-Bellamy dovresti restare concentrato, la missione non è ancora finita e…-
-Rispondimi Raven, io devo saperlo, quando sono andato via ho visto qualcosa nei suoi occhi.-
-Mi dispiace, molto, ma lei… Lei non è più la stessa Clarke.- ammise, espirando.
-Raven devi fare in modo che io possa contattarla, se le parlo posso limitare i danni.-
-Bellamy adesso lei è fuori dalla porta del Mount Weather e noi ci stiamo dirigendo nella tua posizione, non posso aiutarti.-
-Okay… Grazie Raven.- posò la radio e iniziò a muoversi, lentamente verso l’uscita, doveva trovare Monty.
 
“Perché sei così convinto che sentendoti Clarke sarebbe rinsavita?”
Perché una volta lei mi ha chiesto di non infiltrarmi e so perché l’ha fatto.
“Come fai a saperlo?”
Me lo ha fatto capire Octavia, Clarke non voleva che io venissi utilizzato come arma dai Terresti, lei prova qualcosa per me.
“E tu? Provi qualcosa per lei o è solo senso del dovere?”
Ho bisogno di vederla.
 



≈Angolo dell'Autrice: Ed eccomi tornata con un terzo capitolo di questa piccola raccolta, siamo quasi allo scadere del tempo, la battaglia sta per iniziare e molti dei nostri protagonisti non hanno ancora un'idea chiara.
In questo caso ho voluto modificare un pò le cose, analizzando meglio i sentimenti di Clarke sul massacro di Tondc, così da umanizzare questa parte di lei che sta svanendo; dare la possibilità a Octavia di aiutare un'amica e soprattutto di aggistare un pò il tiro sul punto di vista di Bellamy, o meglio sui suoi sentimenti.
Spero che vi piaccia.
Ci sarà sicuramente un altro capitolo, ma sono molto indecisa sul seguito: vorrei aspettare la terza stagione per farmi un'idea precisa ma riceverete sicuramente miei aggiornamenti.
Grazie come sempre per il vostro tempo, per me vale enormemente <3

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Capitolo 4
*** ‹You are at looking someone else. ***


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‹You are at looking someone else.
 
-L’avevo promesso che sarei tornato.- disse Bellamy aprendo la cella di Echo e sorridendole per qualche secondo.
-Grazie.- sussurrò la ragazza incredula.
Bellamy si guardò attorno e percepì il furore e la rabbia dei Terrestri, erano pronti come loro a dar battaglia e questo lo aiutò a prepararsi allo scontro finale.
Ormai sapeva che mancava poco, anche Raven glielo aveva detto, e presto l’avrebbe potuta rivedere, scacciò momentaneamente quel pensiero dalla sua mente e si concentrò, mostrò la chiava ad Echo e gliel’appoggiò sul palmo della mano.
-Libera i tuoi compagni, preparali alla battaglia, io porterò i miei amici qui e aspetteremo che quelle porte si aprano, così potremo uscire da Mount Weather, va bene?- domandò, svelto.
-Sì, saremo pronti.- rispose, prontamente la ragazza e si girò per correre dai suoi amici.
 
Bellamy non ci pensò due volte e uscì velocemente dalla Camera del Raccolto per dirigersi ai piani superiori, doveva salvare i suoi amici e solo in quel momento si sarebbe concesso il lusso di pensare a lei, di pensare a Clarke e a quello che stava provando nei suoi confronti, ma fino a quel momento dovette relegare quel pensiero gradevole nei meandri del suo cuore per concentrarsi sulla sua missione.
 
****
 
-Questo è il piano, e non ci dovrà essere neanche un errore o non avremo altre occasioni per salvare i nostri amici.- disse Clarke, osservando non solo il suo popolo ma anche i Terrestri, dritto negli occhi.
-Se non rispetteremo la tabella di marcia al secondo tutto quello che abbiamo fatto finora non avrà senso.- concluse, rilassando le spalle.
Si voltò verso Lexa ed osservò il suo viso contratto, e i muscoli tesi: era una guerriera, una vera guerriera pronta a tutto per salvare il suo popolo.
 
Ma anche lei lo era?
 
“Sì.”
Come fai a dirlo?
“Abbiamo fatto cose che mai avremo immaginato, abbiamo compiuto azioni che non ci faranno riposare per il resto della nostra vita e che ci peseranno sulla coscienza, quindi sì, anche noi siamo delle guerriere, anche noi faremo qualsiasi cosa per salvare i nostri amici.”
Riesci sempre a essere schietta.
“Nonostante tutto sono la tua coscienza.”
 
-Non faremo prigionieri, questo non è il nostro intento ma elimineremo tutti coloro che ci ostacoleranno.- decretò Lexa, incrementando la rabbia dei suoi uomini.
-Ci sono anche dei bambini lì dentro, persone innocenti, non li uccideremo.- aggiunse la bionda, guardando il leader dei Terrestri, -Uccideremo il loro esercito se sarà necessario.-
-Bene.- sussurrò l’altra, dandole le spalle.
Clarke inspirò a fondo ed uscì dalla tenda, improvvisamente percepì nuovamente i polmoni respirare a pieno, scacciando la pressione che le si era accumulata sul cuore.
E dovette ammettere a se stessa che aveva paura.
Paura che il suo piano non si realizzasse, paura che tutto quello che aveva fatto risultasse inutile, che tutte quelle persone fossero morte invano.
Più che altro aveva paura che lui morisse.
Fece qualche passo avanti, allontanandosi dalla tenda, non aveva più bisogno dei consigli di Lexa perché in fondo aveva capito: non poteva mettere da parte, del tutto, i suoi sentimenti, non poteva far finta di non amarlo; poiché ormai ne era convinta, amava Bellamy ma il suo amore poteva essere distruttivo, per entrambi, e questo doveva evitarlo.
Doveva evitare che lui rischiasse più del dovuto, che si preoccupasse inutilmente, doveva evitare di metterlo in pericolo.
 
“Ed in fondo lo hai già fatto: mandandolo a Mount Weather.”
No, l’ho mandato a morire.
“Hai fatto in modo che il tuo amore per lui non offuscasse la tua missione principale.”
 
Forse era vero, aveva evitato così di mostrarsi vulnerabile, aveva taciuto i propri sentimenti per trasformarsi in qualcos’altro.
 
Sono già diventata qualcun’altra: la Terra mi ha messo alla prova e mi ha costretto a prendere delle scelte, scelte che forse se fossi rimasta sull’Arca non avrei mai preso, ma qua… Qua, lontano dal mio passato, mi è stato possibile ricominciare e non l’ho fatto nel migliore dei modi.
 
Osservò il portone d’accesso al Mount Weather, comprendendo che ormai il tempo a loro disposizione stava per scadere, che a breve sarebbe entrata e avrebbe salvato i suoi amici, avrebbe rivisto Bellamy e forse, se il suo cuore glielo avesse concesso, si sarebbe aperta, mettendosi a nudo davanti a lui, in caso contrario sarebbe rimasta in silenzio.
Avrebbe taciuto per sempre quei sentimenti e si sarebbe dimenticata di lui.
 
***
 
-State bene?- domandò Bellamy, aiutando Miller ad alzarsi.
-Sì, grazie per averci salvato.-
-Non vi avrei lasciato morire.-
Bellamy si guardò attorno e si rese conto che ormai non potevano far affidamento neanche sulla poca resistenza di alcuni membri del Mount Weather, li avevano scoperti e li avrebbero portati al laboratorio se Vincent non li avesse aiutati, tutto per colpa di Cage e del suo folle piano di estrarre il loro midollo.
-Dobbiamo andare alla Camera del Raccolto, non siamo più al sicuro qui, Cage e i suoi uomini ci daranno la caccia.-
-Ma gli altri?- domandò Jasper.
-Sanno qual è il punto di raccolta, dobbiamo sbrigarci, tra poco si apriranno le porte e noi dobbiamo essere pronti a uscire.-
-Stanno venendo a salvarci?- chiese Fox, speranzosa.
-Clarke. Clarke sta venendo a salvarci.-
 
-Aspetta Bellamy!-
Jasper trattenne l’amico per il braccio e lo guardò negli occhi, anche lui era spossato, stanco e i suoi occhi mostravano i segni delle torture che come loro aveva subito.
-C’era anche Monty con gli altri?-
-No…-
-Allora dobbiamo andare a liberarlo.- decretò, senza possibilità di scelta.
-Miller, porta Maya con te alla Camera del Raccolto e anche gli altri ragazzi, io e Jasper andiamo a salvare Monty.-
-Io vengo con voi.- disse la ragazza, allontanandosi dal padre.
-Sarà pericoloso.-
-Non importa.- si voltò verso suo padre e lo abbracciò, -Devo andare.-
-Lo so, ma stai attenta.-
-Andiamo.-
 
Bellamy li spronò a muoversi, immaginando il loro amico sotto tortura, sapeva che quelli del Mount Weather non si sarebbero fermati davanti a niente e nessuno e lui aveva giurato di proteggerli, di salvarli tutti e non sarebbe venuto meno alla sua promessa.
Lo faceva per loro, ma sapeva che lo faceva per lei, per non tradire la fiducia che lei aveva risposto in lui.
 
Clarke… Dove sei?
 
***
 
-Dimmi che mi sto sbagliando Lexa.- sussurrò, guardando il portone chiudersi davanti ai suoi occhi.
-Mi dispiace Clarke, ma dovevo salvare la mia gente.-
-E la mia di gente? Che ne sarà dei miei amici?- domandò, sapendo che non avrebbe ottenuto una risposta.
-Ci rivedremo.-
 
Clarke non percepì le ultime parole dette dall’ex alleato, non si accorse dell’ordine di ritirata né della voce del Sergente Miller, ma rimase immobile ad osservare quel portone.
Il portone che avrebbe dovuto salvare i suoi amici, il portone che gli avrebbe garantito la possibilità di vittoria e di rivedere Bellamy.
Vide la sua unica speranza svanire, così come il suo piano.
Percepì qualcosa dentro di sé rompersi definitivamente, sentì il proprio cuore andare in pezzi: si era fidata, aveva dato per scontato che una volta conquistata la fiducia di Lexa il loro aiuto sarebbe stato garantito.
Aveva ucciso per lei.
Aveva ucciso Finn, aveva lasciato morire quelle persone a Tondc, aveva lasciato andare Bellamy nella tana del nemico sapendo che con il suo sostegno avrebbe fatto ammenda, sapendo che Lexa l’avrebbe aiutata a riscattare una parte del suo debito.
Alla fine però, anche lei l’aveva tradita; le aveva voltato le spalle.
Strinse i pugni, e nonostante sapesse che niente e nessuno avrebbe più potuto aggiustare il suo cuore decise di non arrendersi, non avrebbe lasciato Bellamy al Mount Weather, e neanche i suoi amici, avrebbe combattuto anche se da sola.
Si voltò e vide il suo esercito ritirarsi ma non li biasimò, neanche loro erano convinti di poter vincere la guerra ma adesso che tutti le avevano voltato le spalle sapeva benissimo cosa fare e avrebbe sacrificato anche se stesso per realizzare il suo obiettivo.
Attraversò velocemente il perimetro e si soffermò solo un attimo ad osservare la sua immagine attraverso una pozza d’acqua: vide i capelli biondi mossi e leggermente crespi, notò le occhiaie e il colorito leggermente pallido, ma nonostante tutto non vide Clarke.
Non stava vedendo la ragazza che per anni aveva osservato attraverso il vetro dell’Arca, stava guardando qualcun altro.
 
***
 
-Ma cosa…?-
Bellamy osservò le gabbie vuote dove qualche ora fa aveva incontrato Echo, e dove le aveva chiesto di aspettare.
-Bellamy cosa succede?- domandò Monty, portandosi le braccia attorno alla pancia.
-Ci hanno fottuto.- disse, appoggiandosi al muro.
Si voltò e lo colpì velocemente con un pugno, fregandosene del dolore e della possibilità di farsi male, voleva solo fargliela pagare, a Cage, a tutti quelli del Mount Weather e poi voleva rivederla.
Aveva combattuto duramente, aveva salvato i suoi amici con la speranza che a breve l’avrebbe rivista, che avrebbe rivisto gli occhi azzurri di Clarke e che solo in quel mondo si sarebbe reso conto che nonostante la guerra loro erano apposto, che loro potevano farcela, ma adesso che anche l’ultima speranza era stata spazzata via, percepì solo la desolazione all’interno del cuore.
E seppe in fondo che anche lei stava provando le stesse cose.




∞Angolo dell'autrice: Buona sera ragazzi ^^ Vi chiedo scusa per il piccolo ritardo, ma ho dato gli ultimi esami della sessione estiva e mi sono trasferita alla casa a mare, ma senza internet è impossibile lavorare bene e purtroppo mi tocca aspettare mia madre per pubblicare e non vi nascinderò di aver avuto una pcicola crisi!!
Per il momento è tutto scongiurato, ho un'idea precisa sul prossimo capitolo e spero che nonostante l'attesa questo vi piaccia, anche se conto di più nel prossimo ^^
Come sempre vi devo ringraziare, nonostante l'assenza ho pensato a voi e il vostro sostengo mi è stato utile, fondamentale, per non mollare, quindi continuate cosi <3
XOXO

 

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Capitolo 5
*** ‹I've turned into Someone else ***


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‹I’ve turned into Someone else.
 
Raggiunse velocemente i sotterranei del Mount Weather, aveva studiato la mappa di Lincoln nei minimi dettagli e sarebbe riuscita ad arrivarci anche ad occhi chiusi, avanzò lentamente, sperando di non trovare ostacoli lungo il suo cammino.
Nel silenzio di quel posto percepì i resti del suo cuore battere, battere veloce e costante, posò una mano sul petto ma non sentì lo stesso calore che aveva percepito tutte le altre volte, colse semplicemente il freddo.
Lo stesso freddo che aveva provato quando suo padre era morto, quando era stata spedita sulla Terra, quando aveva dovuto lasciare andare Bellamy e uccidere Finn, lo stesso freddo che l’aveva accompagnata per troppo tempo e che solo lui, per un breve periodo, era riuscito a riscaldare.
Girò l’angolo velocemente e si scontrò con Octavia.
-Sei rimasta?- sussurrò, sorprendendosi.
-Certo! Ma cos’è successo lì sopra?-
-Lexa. Lexa ci ha tradito.- riprese, guardandola negli occhi.
-Ah… Adesso capisco.-
Un leggero cigolio li fece voltare e Clarke posò i suoi occhi sulla porta poco distante da loro, si alzò in piedi e appoggiò la mano sulla pistola nella fondina, sarebbe stata pronta,  a qualsiasi costo, ma quando la porta si aprì, la lasciò ricadere.
 
*
 
Bellamy aprì la porta, con molta difficoltà ma grazie a Monty e a Jasper riuscì a farlo e poco dopo la rivide: percepì il suo cuore fermarsi anche solo per un breve istante, per poi pompare sangue sempre più velocemente, aumentando l’adrenalina in circolo e offuscandogli la mente, i polmoni andarono alla ricerca di aria ma lui non distolse mai lo sguardo, e notò che lei fece lo stesso.
Clarke non era mai stata così bella, anche se individuò subito delle piccole differenze, come delle crepe di uno specchio rotto in più punti.
Aveva delle brutte occhiaie sotto gli occhi, il colorito era pallido e non aveva più lo stesso sguardo.
Quello lo fece preoccupare e fare un passo verso di lei: aveva gli occhi spenti, non brillavano più come il mare che aveva scoperto sulla Terra, ma sembravano di nuovo morti, come quando l’aveva incontrata sull’Arca.
-Siete vivi!- esclamò Octavia, andando ad abbracciare Monty e Jasper.
-Potremo dire lo stesso di voi.- rispose il ragazzo.
 
Clarke fece un passo avanti non credendolo possibile, lo aveva sognato fin dal giorno che lo aveva salutato, lo aveva immaginato così assiduamente che adesso non riusciva a crederci, ma lui era lì, davanti a lei e la stava guardando nell’esatto modo in cui lei aveva sempre sognato che la guardasse: con amore.
Improvvisamente si ritrovò tra le sue braccia e seppe per certo che per lei non ci sarebbe stato posto più sicuro di quello, che mai avrebbe desiderato sciogliere quel contatto che per tanto tempo aveva anelato: rassicurante, caldo, così caldo che riuscì a riscaldare il suo cuore freddo e morto; ma purtroppo dovette farlo, la guerra non era ancora finita e lei non aveva ancora completato la sua missione.
Forse solo in quel momento si sarebbe concessa quel lusso, avrebbe lasciato libero il suo cuore e sapeva per certo che lui l’avrebbe accolto, protetto e amato.
 
-Immagino che Lexa abbia ottenuto ciò che voleva.- disse Bellamy, una volta che lasciò andare.
-Sì, ha stretto un accordo con Cage per ottenere i suoi uomini, lasciando i nostri qui.- disse, freddamente.
-Quel’è il piano?- chiese Octavia, notando solo in quel momento la presenza di un’altra ragazza.
-Dobbiamo portare Maya al Livello 5, Cage ha irradiato tutta la struttura e quel piano è l’unico che le permettere di vivere.- concluse Jasper, guardandoli.
Clarke alzò lo sguardo su Bellamy e lo vide annuire, sapevano benissimo entrambi cosa avrebbero dovuto fare e non si meravigliò di quello, con lui era sempre stato così, con uno sguardo riuscivano a trovare il piano perfetto, nonostante le avversità.
-Octavia porta Jasper e Maya al sicuro, noi andremo a parlare con Dante.-
-E´ l’unico che può fermare Cage, ci darà una mano.- disse Clarke, concludendo al posto di Bellamy.
-Okay, andiamo.-
Bellamy abbracciò sua sorella velocemente, nonostante fosse felice di vedere Clarke non sarebbe andato via senza abbracciarla almeno una volta, lei era la sua famiglia, quella famiglia che aveva protetto fin da quando era piccolo e non l’avrebbe mai lasciata.
 
***
 
-Perché sei qui?- domandò Clarke, guardandolo negli occhi e lasciando entrare gli altri nella stanza d’isolamento.
-Sono qui per espiare le mie colpe, così che non debba farlo il mio popolo.-
La ragazza arretrò e nonostante il pensiero fulminante che le aveva attraversato il cervello, le mani di Bellamy sulle sue spalle la distassero anche se momentaneamente, perché alla fine aveva capito.
-Sei stato tu.-
Clarke si stacco e si avvicinò nuovamente a Dante, percepì il suo sguardo addosso ma non interruppe mai il contatto, voleva scorgere l’esatto momento in cui anche lui lo avrebbe capito e come si era aspettata non tardò ad arrivare: le pupille si dilatarono, anche se non eccessivamente e fu lui ad abbassare lo sguardo.
-Sì, dovevo fare quello che andava fatto per salvarli.-
-Così però hai segnato la nostra condanna.- disse Bellamy, guardandolo.
-Mi dispiace.-
-Non è vero e non mi lasci altra scelta.- sussurrò Clarke, uscì la pistola dalla fondina e la puntò contro l’uomo, sicura di ogni suo movimento, a suo agio con la possibilità di togliere la vita a qualcun altro, anche perché ormai lo sapeva, non era più in sé, non era più la stessa Clarke dell’Arca e quella che si era innamorata di Bellamy.
Era solo un mostro.
-Adesso verrai con noi, Monty puoi portarci al Centro di Comando?- domandò.
-Certo.- rispose il ragazzo uscendo dalla porta.
-Cosa vuoi fare?- chiese Bellamy, fermandola prima di uscire.
-Fidati di me.- sussurrò, non sarebbe riuscita a dire nient’altro, aveva bisogno che lui le credesse, che lui avesse fiducia in lei e forse si sarebbe convinta, in qualche modo, di evitare quell’unico piano che le era venuto in mente.
 
*
 
-Eccoci.- Octavia aiutò Maya e poi Jasper ad uscire dal condotto di scarico e si ritrovarono tutti al Livello 5.
Maya si tolse velocemente la maschera e finalmente riuscì a respirare, mentre Octavia teneva sotto controllo il corridoio.
-Cosa facciamo adesso? Maya non è ancora in salvo.- disse Jasper, avvicinandosi.
-Possiamo restare qui e fare la guardia, ma sinceramente spero in un qualche intervento di Clarke e Bellamy.-
-Bellamy farà qualsiasi cosa per salvarci.-
-Sì, ma è su Clarke che ho qualche dubbio.-
-Perché?-
-Non te ne sei accorto? Non è più Clarke ormai, non sa più chi è.-
 
*
 
Clarke si lasciò guidare per quei corridoi che col tempo aveva imparato a conoscere, ma le erano successe così tante cose che la sua mente aveva prontamente deciso di cancellarli.
Da quando aveva messo piede sulla Terra era stata messa alla prova, costantemente, ed aveva cercato, in ogni momento, di comportarsi come avrebbe fatto suo padre: come una brava persona.
Solo che adesso aveva capito qualcosa che suo padre non poteva conoscere: l’Arca non è la Terra, e se lì potevano anche esistere le brave persone, qua non ce n’erano.
E lei rientrava in quell’ultima categoria.
Aveva capito fin dal primo giorno che tutti avrebbero contato su di lei, ma non aveva messo in conto che lei si sarebbe potuta perdere lungo il percorso, che la sua anima l’avrebbe abbandonata a un certo punto.
 
-Eccoci.-
 
Clarke scacciò via quei pensieri, rendendosi conto che non sarebbe mai potuta tornare indietro e che se fosse successo, se avesse avuto quella possibilità non sarebbe riuscita a cambiare le cose, forse si sarebbe comportata anche peggio, ma nonostante il dolore, la rabbia qualcosa le era rimasto.
Lui era rimasto con lei e forse quella sarebbe stata l’unica cosa che non avrebbe mai cambiato, Bellamy era diventato la sua costante.
 
Entrarono al Centro di Comando, chiusero nuovamente la porta e dopo pochi attimi gli schermi presero vita grazie alle telecamere ancora attive in tutta la struttura.
-Adesso, dobbiamo capire cosa fare.- spiegò il ragazzo, osservando con attenzione ogni schermo della stanza.
Anche se Clarke aveva iniziato a fare lo stesso, il suo sguardo si era fissato su unico schermo, su un’unica postazione che forse sarebbe passata inosservata agli occhi degli altri.
-No.-
-Cos…?-
Bellamy si girò e vide la stessa scena.
-Mia madre… Il popolo del Cielo, li avete presi!-
-Il loro midollo osseo è troppo importante, il mio popolo deve vivere, gli devo questa possibilità.- puntualizzò Dante, osservandola.
 
Clarke percepì la rabbia scorrerle per tutte le vene del corpo, percepì l’adrenalina e la furia cieca che aveva provato quando Lexa l’aveva abbandonata, non avrebbe permesso a quella stessa furia di assalirla nuovamente, facendole perdere lucidità, ma sapeva altrettanto bene che senza le maniere forti Cage non si sarebbe mai sottomesso.
-Dammi la ricetrasmittente.- chiese a Monty che la passò subito.
Chiuse gli occhi momentaneamente, e si preparò ad affrontare le conseguenze della sua scelta, non avrebbe permesso a nessuno, neanche a Bellamy di prendersi quella responsabilità.
Tutto ormai era diventato un suo problema.
-Emerson, passami Cage.-
 
 
-Clarke, onestamente non credevo che ci saremo risentiti.-
-Lascia andare la mia gente, Cage, puoi evitare questa strage.-
-Mi dispiace Clarke ma il tuo popolo è indispensabile per salvare il mio, senza di loro non conosceranno mai il mondo esterno ed io gliel’ho promesso.-
La bionda inspirò a fondo un paio di volte, immaginava che lui non l’avrebbe ascoltata, anche se una piccola parte della sua coscienza aveva sperato che andasse diversamente.
-Cage, ho tuo padre e lo ucciderò se non lascerai andare la mia gente.- decretò, puntando nuovamente la pistola contro Dante.
-Non ci credo.-
Clarke, senza esitare, allungò la ricetrasmittente a Dante.
-Andrà tutto bene, Cage.- rispose, senza distogliere lo sguardo dallo schermo che inquadrava il figlio in quel momento.
-Cage non lasciarmelo fare.- riprese la ragazza, subito dopo.
-Addio papà.-
 
Posò la radio sul tavolo e guardò l’uomo che le aveva dato fin dall’inizio false speranze, non lo aveva mai disprezzato, in fondo più di una volta aveva trovato qualcosa in comune con Dante, ma adesso doveva fare una scelta, come lui l’aveva fatta poco tempo prima.
-Clarke puoi anche non farlo.-
Lei non ascoltò, sapeva bene di non avere quella scelta, o lui o il loro popolo e in quel momento aveva capito che non li avrebbe più messi nelle mani degli altri, sarebbe stata lei a decidere.
Premette il grilletto e sparò.
Veloce come lo aveva immaginato, vide il proiettile colpire il petto di Dante e dopo pochi attimi si accasciò a terra, inerme e privo di vita.
Lasciò andare la pistola sul tavolo e recuperò la radio, premette il pulsante delle telecomunicazioni e si passò la lingua sulle labbra secche.
-Adesso Cage puoi scegliere se lasciare andare la mia gente, oppure mi costringerai a irradiare il Livello 5.-
 
 
 
 
‹I’ve turned into Someone else.
 
Raggiunse velocemente i sotterranei del Mount Weather, aveva studiato la mappa di Lincoln nei minimi dettagli e sarebbe riuscita ad arrivarci anche ad occhi chiusi, avanzò lentamente, sperando di non trovare ostacoli lungo il suo cammino.
Nel silenzio di quel posto percepì i resti del suo cuore battere, battere veloce e costante, posò una mano sul petto ma non sentì lo stesso calore che aveva percepito tutte le altre volte, colse semplicemente il freddo.
Lo stesso freddo che aveva provato quando suo padre era morto, quando era stata spedita sulla Terra, quando aveva dovuto lasciare andare Bellamy e uccidere Finn, lo stesso freddo che l’aveva accompagnata per troppo tempo e che solo lui, per un breve periodo, era riuscito a riscaldare.
Girò l’angolo velocemente e si scontrò con Octavia.
-Sei rimasta?- sussurrò, sorprendendosi.
-Certo! Ma cos’è successo lì sopra?-
-Lexa. Lexa ci ha tradito.- riprese, guardandola negli occhi.
-Ah… Adesso capisco.-
Un leggero cigolio li fece voltare e Clarke posò i suoi occhi sulla porta poco distante da loro, si alzò in piedi e appoggiò la mano sulla pistola nella fondina, sarebbe stata pronta,  a qualsiasi costo, ma quando la porta si aprì, la lasciò ricadere.
 
*
 
Bellamy aprì la porta, con molta difficoltà ma grazie a Monty e a Jasper riuscì a farlo e poco dopo la rivide: percepì il suo cuore fermarsi anche solo per un breve istante, per poi pompare sangue sempre più velocemente, aumentando l’adrenalina in circolo e offuscandogli la mente, i polmoni andarono alla ricerca di aria ma lui non distolse mai lo sguardo, e notò che lei fece lo stesso.
Clarke non era mai stata così bella, anche se individuò subito delle piccole differenze, come delle crepe di uno specchio rotto in più punti.
Aveva delle brutte occhiaie sotto gli occhi, il colorito era pallido e non aveva più lo stesso sguardo.
Quello lo fece preoccupare e fare un passo verso di lei: aveva gli occhi spenti, non brillavano più come il mare che aveva scoperto sulla Terra, ma sembravano di nuovo morti, come quando l’aveva incontrata sull’Arca.
-Siete vivi!- esclamò Octavia, andando ad abbracciare Monty e Jasper.
-Potremo dire lo stesso di voi.- rispose il ragazzo.
 
Clarke fece un passo avanti non credendolo possibile, lo aveva sognato fin dal giorno che lo aveva salutato, lo aveva immaginato così assiduamente che adesso non riusciva a crederci, ma lui era lì, davanti a lei e la stava guardando nell’esatto modo in cui lei aveva sempre sognato che la guardasse: con amore.
Improvvisamente si ritrovò tra le sue braccia e seppe per certo che per lei non ci sarebbe stato posto più sicuro di quello, che mai avrebbe desiderato sciogliere quel contatto che per tanto tempo aveva anelato: rassicurante, caldo, così caldo che riuscì a riscaldare il suo cuore freddo e morto; ma purtroppo dovette farlo, la guerra non era ancora finita e lei non aveva ancora completato la sua missione.
Forse solo in quel momento si sarebbe concessa quel lusso, avrebbe lasciato libero il suo cuore e sapeva per certo che lui l’avrebbe accolto, protetto e amato.
 
-Immagino che Lexa abbia ottenuto ciò che voleva.- disse Bellamy, una volta che lasciò andare.
-Sì, ha stretto un accordo con Cage per ottenere i suoi uomini, lasciando i nostri qui.- disse, freddamente.
-Quel’è il piano?- chiese Octavia, notando solo in quel momento la presenza di un’altra ragazza.
-Dobbiamo portare Maya al Livello 5, Cage ha irradiato tutta la struttura e quel piano è l’unico che le permettere di vivere.- concluse Jasper, guardandoli.
Clarke alzò lo sguardo su Bellamy e lo vide annuire, sapevano benissimo entrambi cosa avrebbero dovuto fare e non si meravigliò di quello, con lui era sempre stato così, con uno sguardo riuscivano a trovare il piano perfetto, nonostante le avversità.
-Octavia porta Jasper e Maya al sicuro, noi andremo a parlare con Dante.-
-E´ l’unico che può fermare Cage, ci darà una mano.- disse Clarke, concludendo al posto di Bellamy.
-Okay, andiamo.-
Bellamy abbracciò sua sorella velocemente, nonostante fosse felice di vedere Clarke non sarebbe andato via senza abbracciarla almeno una volta, lei era la sua famiglia, quella famiglia che aveva protetto fin da quando era piccolo e non l’avrebbe mai lasciata.
 
***
 
-Perché sei qui?- domandò Clarke, guardandolo negli occhi e lasciando entrare gli altri nella stanza d’isolamento.
-Sono qui per espiare le mie colpe, così che non debba farlo il mio popolo.-
La ragazza arretrò e nonostante il pensiero fulminante che le aveva attraversato il cervello, le mani di Bellamy sulle sue spalle la distassero anche se momentaneamente, perché alla fine aveva capito.
-Sei stato tu.-
Clarke si stacco e si avvicinò nuovamente a Dante, percepì il suo sguardo addosso ma non interruppe mai il contatto, voleva scorgere l’esatto momento in cui anche lui lo avrebbe capito e come si era aspettata non tardò ad arrivare: le pupille si dilatarono, anche se non eccessivamente e fu lui ad abbassare lo sguardo.
-Sì, dovevo fare quello che andava fatto per salvarli.-
-Così però hai segnato la nostra condanna.- disse Bellamy, guardandolo.
-Mi dispiace.-
-Non è vero e non mi lasci altra scelta.- sussurrò Clarke, uscì la pistola dalla fondina e la puntò contro l’uomo, sicura di ogni suo movimento, a suo agio con la possibilità di togliere la vita a qualcun altro, anche perché ormai lo sapeva, non era più in sé, non era più la stessa Clarke dell’Arca e quella che si era innamorata di Bellamy.
Era solo un mostro.
-Adesso verrai con noi, Monty puoi portarci al Centro di Comando?- domandò.
-Certo.- rispose il ragazzo uscendo dalla porta.
-Cosa vuoi fare?- chiese Bellamy, fermandola prima di uscire.
-Fidati di me.- sussurrò, non sarebbe riuscita a dire nient’altro, aveva bisogno che lui le credesse, che lui avesse fiducia in lei e forse si sarebbe convinta, in qualche modo, di evitare quell’unico piano che le era venuto in mente.
 
*
 
-Eccoci.- Octavia aiutò Maya e poi Jasper ad uscire dal condotto di scarico e si ritrovarono tutti al Livello 5.
Maya si tolse velocemente la maschera e finalmente riuscì a respirare, mentre Octavia teneva sotto controllo il corridoio.
-Cosa facciamo adesso? Maya non è ancora in salvo.- disse Jasper, avvicinandosi.
-Possiamo restare qui e fare la guardia, ma sinceramente spero in un qualche intervento di Clarke e Bellamy.-
-Bellamy farà qualsiasi cosa per salvarci.-
-Sì, ma è su Clarke che ho qualche dubbio.-
-Perché?-
-Non te ne sei accorto? Non è più Clarke ormai, non sa più chi è.-
 
*
 
Clarke si lasciò guidare per quei corridoi che col tempo aveva imparato a conoscere, ma le erano successe così tante cose che la sua mente aveva prontamente deciso di cancellarli.
Da quando aveva messo piede sulla Terra era stata messa alla prova, costantemente, ed aveva cercato, in ogni momento, di comportarsi come avrebbe fatto suo padre: come una brava persona.
Solo che adesso aveva capito qualcosa che suo padre non poteva conoscere: l’Arca non è la Terra, e se lì potevano anche esistere le brave persone, qua non ce n’erano.
E lei rientrava in quell’ultima categoria.
Aveva capito fin dal primo giorno che tutti avrebbero contato su di lei, ma non aveva messo in conto che lei si sarebbe potuta perdere lungo il percorso, che la sua anima l’avrebbe abbandonata a un certo punto.
 
-Eccoci.-
 
Clarke scacciò via quei pensieri, rendendosi conto che non sarebbe mai potuta tornare indietro e che se fosse successo, se avesse avuto quella possibilità non sarebbe riuscita a cambiare le cose, forse si sarebbe comportata anche peggio, ma nonostante il dolore, la rabbia qualcosa le era rimasto.
Lui era rimasto con lei e forse quella sarebbe stata l’unica cosa che non avrebbe mai cambiato, Bellamy era diventato la sua costante.
 
Entrarono al Centro di Comando, chiusero nuovamente la porta e dopo pochi attimi gli schermi presero vita grazie alle telecamere ancora attive in tutta la struttura.
-Adesso, dobbiamo capire cosa fare.- spiegò il ragazzo, osservando con attenzione ogni schermo della stanza.
Anche se Clarke aveva iniziato a fare lo stesso, il suo sguardo si era fissato su unico schermo, su un’unica postazione che forse sarebbe passata inosservata agli occhi degli altri.
-No.-
-Cos…?-
Bellamy si girò e vide la stessa scena.
-Mia madre… Il popolo del Cielo, li avete presi!-
-Il loro midollo osseo è troppo importante, il mio popolo deve vivere, gli devo questa possibilità.- puntualizzò Dante, osservandola.
 
Clarke percepì la rabbia scorrerle per tutte le vene del corpo, percepì l’adrenalina e la furia cieca che aveva provato quando Lexa l’aveva abbandonata, non avrebbe permesso a quella stessa furia di assalirla nuovamente, facendole perdere lucidità, ma sapeva altrettanto bene che senza le maniere forti Cage non si sarebbe mai sottomesso.
-Dammi la ricetrasmittente.- chiese a Monty che la passò subito.
Chiuse gli occhi momentaneamente, e si preparò ad affrontare le conseguenze della sua scelta, non avrebbe permesso a nessuno, neanche a Bellamy di prendersi quella responsabilità.
Tutto ormai era diventato un suo problema.
-Emerson, passami Cage.-
 
 
-Clarke, onestamente non credevo che ci saremo risentiti.-
-Lascia andare la mia gente, Cage, puoi evitare questa strage.-
-Mi dispiace Clarke ma il tuo popolo è indispensabile per salvare il mio, senza di loro non conosceranno mai il mondo esterno ed io gliel’ho promesso.-
La bionda inspirò a fondo un paio di volte, immaginava che lui non l’avrebbe ascoltata, anche se una piccola parte della sua coscienza aveva sperato che andasse diversamente.
-Cage, ho tuo padre e lo ucciderò se non lascerai andare la mia gente.- decretò, puntando nuovamente la pistola contro Dante.
-Non ci credo.-
Clarke, senza esitare, allungò la ricetrasmittente a Dante.
-Andrà tutto bene, Cage.- rispose, senza distogliere lo sguardo dallo schermo che inquadrava il figlio in quel momento.
-Cage non lasciarmelo fare.- riprese la ragazza, subito dopo.
-Addio papà.-
 
Posò la radio sul tavolo e guardò l’uomo che le aveva dato fin dall’inizio false speranze, non lo aveva mai disprezzato, in fondo più di una volta aveva trovato qualcosa in comune con Dante, ma adesso doveva fare una scelta, come lui l’aveva fatta poco tempo prima.
-Clarke puoi anche non farlo.-
Lei non ascoltò, sapeva bene di non avere quella scelta, o lui o il loro popolo e in quel momento aveva capito che non li avrebbe più messi nelle mani degli altri, sarebbe stata lei a decidere.
Premette il grilletto e sparò.
Veloce come lo aveva immaginato, vide il proiettile colpire il petto di Dante e dopo pochi attimi si accasciò a terra, inerme e privo di vita.
Lasciò andare la pistola sul tavolo e recuperò la radio, premette il pulsante delle telecomunicazioni e si passò la lingua sulle labbra secche.
-Adesso Cage puoi scegliere se lasciare andare la mia gente, oppure mi costringerai a irradiare il Livello 5.-
 




∞Angolo dell'Autrice: Okay... In realtà sono assente da vero troppo tempo e non ho molte scusanti, in realtà non mi sembra giusto prendervi in giro.
Avevo poca invettiva e mi ero decisamente bloccata dopo le prime righe, ed ho continuato a rimandare la stesura del capitolo.
Onestamente oggi mi sono svegliata bene e qualcosa è scattato dopo mesi di silenzio ed eccomi qui :) Spero quindi che il capitolo vi piacerà comunque e spero vivamente di non metterci altrettanto tempo per riaggiornare, poi magari qualche notizia sulla terza stagione potrà darmi la giusta scarica ^^
Quindi vi voglio comunque ringraziare per la pazienza e mi dispiace di avervi deluso, sappiate comunque che siete stati sempre nei miei pensieri <3


 
 
 

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Capitolo 6
*** ‹I am a monster. ***


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‹I am a monster.
 
Clarke si lasciò trascinare da Roan, non riuscendo più a opporre la giusta resistenza, non avendo più le forze di lottare, né di vivere.
Chiuse brevemente gli occhi e ricacciò le lacrime che da giorni o meglio mesi premevano di scendere dai suoi occhi, lungo le sue guance; lacrime che non aveva mai permesso di versare, lacrime e dolore che non si era mai concessa.
Roan la strattonò più forte e non riuscì a trattenere un lamento per il dolore che stava provando anche se non era niente in confronto ai suoi ricordi, a quei ricordi che le impedivano di dormire e che fendevano i suoi sogni come lame appuntite dritte al suo cuore.
Era diventata un mostro.
Era diventata Wanheda. Il Comandante della morte.
 
Aveva trovato quell’appellativo incalzante dopo quello che aveva fatto al Mount Weather.
 
“Dopo quello che avete fatto, lui ha abbassato la leva con te.”
Quel pensiero le fece così male che per un momento il dolore che stava provando era niente in confronto a quello che provava per lui, a quello che ancora provava per lui.
Bellamy aveva abbassato con lei la leva, si era preso come lei la responsabilità di quella scelta ma nonostante quel gesto, lei lo aveva abbandonato.
L’amore che lo legava a lui le aveva dato quella possibilità, solo andando via lo avrebbe potuto salvare e lei lo aveva fatto.
Gli aveva voltato le spalle nonostante sapesse, nonostante avesse letto nei suoi occhi quel sentimento che lei aveva tenuto nascosto per mesi, nella speranza di spazzarlo via.
Anche se nonostante tutto non c’era mai riuscita, amava ancora Bellamy, lo amava così disperatamente che aveva preferito evitargli il dolore di scorgere il mostro dentro i suoi occhi, perché se avesse visto quel mostro l’avrebbe odiata per sempre.
E lei non poteva permettersi che l’odiasse per quello.
 
-Ci fermiamo qui.-
La lasciò cadere a terra e solo in quel momento si rese conto di trovarsi dentro una caverna buia, Roan la stava portando di nuovo da Lexa, anche se si era opposta, anche se aveva lottato Wanheda aveva perso quella battaglia, e dopo mesi di fuga era stata beccata dal peggior cacciatore di taglie che ci fosse in circolo: il principe della Nazione del Ghiaccio.
Lo vide allontanarsi dopo poco e solo in quel momento Clarke lasciò la mente divagare, lasciò che i ricordi la soffocassero fino a stordirla.
Si odiava per quello che era diventata, si odiava per il mostro che aveva permesso che gli altri creassero e per la sua debolezza, si odiava per non aver mai detto a Bellamy che lo amava e soprattutto si odiava per averlo lasciato solo.
 
Mi odierà anche lui, adesso.
Tutti mi odiano.
“Se non torni da loro non potrai saperlo.”
Lo so invece.
Perché io mi odio.
 
*
 
Clarke aprì gli occhi, si era addormentata senza rendersene conto ma si era anche resa conto che non era passato troppo tempo, Roan non era tornato ma il sole era ancora alto nel cielo.
Allungò il collo per riuscire a guardare oltre l’apertura della caverna, ma era legata e il movimento le provocò una fitta di dolore ai polsi, forse si era meritata tutto quello.
Si era meritata quella punizione e soprattutto si era meritata quel destino: certo, rivedere Lexa non era una delle sue massime aspettative, neanche tra le punizioni, ma era colpa sua, si era fidata di lei quando l’unica cosa che avrebbe dovuto fare era starne alla larga.
Ed aveva peggiorato la situazione.
Un rumore improvviso la distrasse dai suoi pensieri, e alzò gli occhi e per un momento credette di avere le allucinazioni, che la febbre l’avesse uccisa o che si fosse semplicemente trattato di un sogno.
Ma lui era lì.
Stava correndo da lei.
Bellamy.
-Bellamy…- sussurrò, non riuscendo a crederci.
-Ti ho trovata finalmente.- le rispose, notò il suo sguardo preoccupato e come i suoi occhi si addolcirono cercando i suoi, nonostante ciò vide la preoccupazione sul suo volto e la determinazione nei suoi gesti.
La stava cercando. Da quanto?
Da quanto Bellamy la stava cercando?
-Devi andare via…- disse, capendo che Roan lo avrebbe ucciso se lo avesse trovato.
-No, non vado via senza di te.- disse, sfiorandole il viso con la mano e scontandole una ciocca di capelli.
 
Riesce ancor a vedermi dietro questa maschera? Dietro i capelli rossi e lo sporco e l’odio? Riesce ancora a vedere Clarke?
 
Clarke chiuse gli occhi a quel contatto che aveva agognato in ogni momento dei suoi sogni, ogni singolo giorno che si era imposta di stargli lontano, eppure lui era lì per lei, lei lo aveva abbandonato eppure lui era tornato.
Non ebbero il tempo neanche di abbracciarsi, quando lui tagliò la corda che le segava le mani, poiché mani più robuste lo scansarono di colpo dal suo abbraccio, da lei.
Roan era tornato e lo avrebbe ucciso se non lo avesse fermato.
-No!-
Clarke scattò in piedi ma il dolore provato in quei giorni di marcia si fece sentire e non riuscì a stare perfettamente in piedi, ricadde a terra vicino Bellamy, ma alzò lo sguardo.
-Non fargli del male.- lo guardò negli occhi e Roan ricambiò lo sguardo.
-Qualsiasi ostacolo alla mia missione deve essere eliminato, Wanheda. Lui rappresenta un ostacolo.-
-Lascialo stare, verrò con te.-
-No Clarke.- la mano di Bellamy si posò sulla sua spalla, e strinse forte.
Le sarebbe piaciuto posare una mano su di essa e ricambiare quel calore che non sentiva ancora di meritare, ricambiare quei sentimenti che aveva sperato da tempo di potergli dire, ma non era ancora il momento.
Non lo avrebbe mai messo in pericolo, mai.
Anche a costo di lasciarlo un‘altra volta.
-Lascialo andare, lo so che questo per te è solo una perdita di tempo. Non farò più resistenza, ma ti prego non fargli del male.-
-Wanheda che implora… Non credevo che il Comandante della Morte potesse farlo.-
Clarke notò lo sguardo allibito e sorpreso di Bellamy e poi la consapevolezza farsi strada nei suoi occhi, sapeva adesso perché era andata via, sapeva che quel senso di colpa le aveva oppresso il petto ogni giorno durante quei mesi, che quel senso di colpa l’aveva trasformata in un’altra persona.
E lei adesso gli aveva dimostrato che era diventata un mostro.
Roan colpì Bellamy facendogli perdere i sensi e lei non riuscì a trattenere un urlo per la sorpresa, con un gesto brusco l’uomo la fece alzare e le serrò di nuovo le mani con la corda, ma per tutto il tempo Clarke non distolse gli occhi dalla sua figura.
Amava Bellamy come lo aveva amato mesi fa, come quella volta che aveva capito che Finn non era più nel suo cuore, e non avrebbe mai permesso che morisse, che gli facessero del male.
-Cosa rappresenta lui per te?-
Il viso di Roan era troppo vicino al suo ma non mostrò alcun segno di debolezza né di rimpianto per la scelta che aveva preso.
-Redenzione.- sussurrò a denti stretti, guardandolo negli occhi.
-Non c’è redenzione per te, Heda prenderà il tuo potere ed io non sarò più un ricercato.-
-Heda non prenderà proprio niente.- disse, stringendo i pungi.
-Cosa te lo fa credere?-
-Sono Wanheda, ed in un modo o nell’altro non mi inchinerò più a lei.-
Guardò per un’ultima volta Bellamy cercando di imprimersi al meglio la sua immagine nella mente, non lo vedeva da mesi eppure era ancora bellissimo, eppure le aveva fatto battere il cuore, ancora.
Ricacciò le lacrime che non avrebbe versato e seguì Roan fuori dalla caverna, lasciando un pezzo di cuore lì con lui.



∞Angolo Autrice: Ebbene sì, sono qui. Insomma, forse nessunp si ricorderà di questa storia ma io me ne sono ricordata e il merito lo devo ai libri di Kass Morgan, insomma mi hanno fatto ritrovare l'amore per i Bellarke, anche perchè lì sono una coppia <3 (nagioia).
Detto ciò lo so che non aggiorno da tempo ma la scorsa stagione mi ha presa in alcuni momenti e ha lasciato poco stimolo alla mia immaginazione, questa stagione si prospetta molto meglio e vorrei provare a mettermi in pari.
Quindi spero che il capitolo vi piaccia <3 e che qualcuno lo recensisca per fami sapere cosa ne pensa, spero di aggiornare presto :D
XOXO

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