Come la Neve

di redmabon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dopo La Scuola (parte prima) ***
Capitolo 2: *** Dopo La Scuola (parte seconda) ***
Capitolo 3: *** Mi Piaci Sul Serio (parte prima) ***
Capitolo 4: *** Mi Piaci Sul Serio (parte seconda) ***



Capitolo 1
*** Dopo La Scuola (parte prima) ***


 
Come La Neve
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Immagine della copertina presa da: " https://it.pinterest.com/pin/476255729320964835/
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Dopo La Scuola
(parte prima)
 
«Presumo sia stata una bella batosta.» ipotizzò Jugo, passandole una mano sopra le spalle e poggiando la guancia sulla sua testa. “Sono stati veramente degli stronzi.” fu la prima cosa che disse scovando Tenten in lacrime dietro il capanno degli attrezzi nel cortile scolastico, ma dato che non aveva ricevuto risposta a quell’affermazione – nemmeno un accenno di smorfia contrariata – aveva deciso di constatare il vero. Aumentando, come risultato, i singhiozzi di lei.
«Anche tu lo sapevi, eppure non ti insulto.» chiarì la ragazza, asciugandosi gli occhi inumiditi con il dorso della mano. Suonava ipocrita detto da lei, che aveva irrotto nello spogliatoio maschile urlando peggio di uno scaricatore di porto prendendo per il bavero Lee e puntando un indice accusatorio contro Neji, ma seppur fosse delusa – estremamente delusa –, quelli rimanevano i suoi amici e quello che era successo riguardava loro. Gli altri non si dovevano permettere di denigrarli.
«Non sarebbe una novità! Vi ho sentito dire di peggio su noi maschietti.» commentò quasi offeso il pel di carota, scostandosi da lei e rimettendo una distanza di almeno trenta centimetri tra loro. Impulsiva com’era, se lui avesse detto qualcosa che non le andava a genio, avrebbe potuto benissimo tirargli una centra in piena faccia. In particolar modo in un momento delicato come quello.
«Sono sicura che avranno avuto le loro buone ragioni per… ovviare il discorso.» sentenziò Tenten muovendo una mano per aria, sostituendo con un diplomatico “ovviare il discorso” quel “mentire” che premeva per uscire dalla sua gola.
«Difenderli non renderà la loro colpa meno orribile. – esordì Jugo, accovacciandosi a terra e alzando gli occhi a guardare le fronde delle querce che si muovevano al vento – Ti hanno fatto credere quello che volevi, perché gli faceva comodo tenerti impegnata e non averti tra i piedi durante i loro di allenamenti.» immaginò, dando voce ai pensieri che da qualche minuto gironzolavano tra le meningi della ragazza.
Tenten storse il naso: «Non li faccio così meschini.»
«Ed è qui, che ti sbagli. – la riprese l’altro, girandosi su di un fianco e poggiando il mento sul palmo della mano – La stragrande maggioranza di noi ragazzi, sa fiutare le debolezze di voi signorine. Sappiamo farle nostre e rassicurarvi. È come un sesto senso naturale, che seppur sia fatto per la conquista della ragazza che ci piace, può essere utilizzato per raggirarvi e farvi fare quello che vogliamo.»
«Nah, non potrebbero mai. Lee non è bravo a capire le ragazze e Neji… lui è troppo intelligente e per bene per poter ideare qualcosa di così cattivo.»
«Spezzo una lancia in favore di Lee… È imbarazzante vederlo flirtare. Magari è stato lo Hyuuga a inculcare dei ragionamenti in testa al sopracciglione…»
«Perché devi essere così diffidente.»
«Qualcuno deve pur esserlo.»
«Illuminami, avanti.» lo esortò Tenten, sedendosi a gambe incrociate accanto a Jugo e guardandolo nello stesso modo in cui si attende il plot-twist in un film.
«Tu sei quella ottimista, bonacciona che non crede nell’esistenza dei doppiogiochisti… o almeno, che non ne entrerà mai in contatto. Mentre io sono il tuo contrario, diffidente e mai sicuro delle reali intenzioni delle persone.» spiegò diretto, senza preoccuparsi di offenderla dato che anche lei si lamentava di saper essere veramente sempliciotta a volte.
«Menti. – esordì la mora dopo un paio di minuti di silenzio, in cui aveva soppesato le parole del ragazzo – Ne abbiamo passate tante insieme durante il primo anno del liceo e, Lee lo conosco da una vita… non credo che lui sarebbe stato in grado di fingere amicizia, solo perché Neji glielo imponeva. Inoltre, continuo a credere che Neji, non sia così subdolo.» lo contraddisse risoluta, guardandolo fiera negli occhi.
«Sai… sei ancora più carina quando ti impunti.» fece Jugo con altrettanta convinzione, allungandosi verso di lei e crogiolandosi nel rossore che aveva preso il controllo delle sue gote.
♦♦♦
Rock Lee si era fatto trovare fuori da villa Hyuuga, con il sedere poggiato al muretto che delimitava il perimetro della casa e il resto del corpo piegato su sé stesso, mentre con la punta delle dita affondava nei pochi centimetri di neve, riuscendo a toccare il freddo marciapiede. Non che servisse la scusa del freddo a fargli fare un poco di stretching mattutino e così riscaldarsi, ma principalmente perché era agitato e teso, dunque l’unico metodo in grado di riuscire a calmarlo era l’attività fisica.
«Hai allungato il percorso di jogging?» domandò Neji, richiudendosi il cancelletto alle spalle e sorprendendolo che eseguiva una serie di skipper davanti ad uno zaino e un borsone su cui era stampato il logo della polisportiva, a cui entrambi avevano aderito per poter partecipare alle lezioni di judo.
No, non aveva fatto footing fino a casa sua.
Il fatto che ci fossero la cartella e il cambio per l’allenamento di pallavolo pomeridiano, era un chiaro segno che si era presentato lì apposta per tediarlo già di prima mattina.
«Sono preoccupato. Ormai è da due mesi che non abbiamo una conversazione decente con lei.» dichiarò Lee, sistemandosi i guanti, la sciarpa e il cappellino che faceva sempre ridere Tenten, perché le ricordava la prima volta che si erano incontrati.
Neji invece si strinse nel collo del cappotto, bloccando il loro incedere verso la più vicina fermata del pullman. «Mica ti aveva dato una fetta della famosa torta di sua madre, per Halloween?» domandò di risposta, poiché entrambi avevano visto in quel gesto un tentativo di riavvicinamento di Tenten.
«Ci ha dato… però non so, anche se sono riuscito a parlarle e scusarmi, sento che ci siamo inevitabilmente allontanati. – si confidò Lee, osservando la nuvoletta bianca di vapore uscita dalla sua bocca. – Cioè, per dirti… alla vigilia di Natale mi invitava sempre al cenone che organizzava una sorella di sua madre, per farci coraggio e riuscire a mangiare tutto quello che ci veniva messo nel piatto… Invece quest’anno, non si è fatta sentire per niente.»
«Magari non c’è stata.»
Rock Lee fece finta di non notare il tono disinteressato che aveva usato l’amico e riprese a camminare, stringendo maggiormente la tracolla del borsone. «Allora dici che anche capodanno (che lo passavamo insieme a lei, Ino&Co) è saltato?» domandò irritato, forse con troppa enfasi dato che sentì le unghie – già di per sé tagliate al minimo indispensabile – premere sul tessuto che le separava dal palmo della mano.
«Cosa vuoi che ti dica, Lee? – si sistemò con stizza lo zaino sulla spalla – Non so cosa le passi per la testa. Se stai cercando qualcuno che ti riesca a suggerire una strategia per avvicinarla, sei venuto dalla persona sbagliata.»
«Ma scusa, non sei minimamente interessato a lei? Cavolo, mi sembrava che foste riusciti a legare!» lo rimproverò l’altro, lanciando le braccia per aria e alzando notevolmente il tono della voce tanto da guadagnarsi un’occhiataccia da Neji, che odiava dover essere spettatore – e in quel caso protagonista – di sceneggiate del genere.
«Lee, sveglia! La Tamura si limita a sopportare la nostra presenza, da un po’ troppo tempo. A quanto pare, non siamo mai stati così importanti come tu ti ostini a credere.» gli fece presente Neji, come se solo lui e gli altri che frequentavano, avessero notato che Tenten gli rivolgeva solo frasi di cortesia come “Sì, tutto bene te?” oppure “Com’è andato l’ultimo test?” e l’ultima, quella che a lui creava più fastidio “Ottima partita ragazzi. Proprio un bel lavoro di squadra.”
«Io? E TU?! – lo afferrò per il bavero del cappotto e lo strattonò fino a farlo sbattere poco delicatamente, con le spalle al vetro sintetico della pensilina – Tu cosa pensi di tutta sta storia? Possibile che non te ne freghi proprio nulla!» sbraitò Lee. Si era fatto prendere la mano dal fatto che l’amico, l’avesse chiamata ancora con il cognome. Non usava farlo da molto, troppo tempo e, stava a significare che per lui era oramai una causa persa.
Un caso chiuso e sepolto dentro valigia, in una buca di minimo tre metri.
«Io penso che tu stia alzando troppo i toni.» rispose Neji infastidito, afferrandogli velocemente i polsi e scagliandoli verso il basso per liberarsi finalmente della sua presa.
Rock Lee, stufo di essere preso in giro dal compagno di scuola velocemente fece un paio di passi, allontanandosi da lui e recuperando le borse che gli erano cadute per la foga del momento. «Tu hai provato a chiarire con lei?» domando mentalmente esausto da quel battibecco. Non era il tipo di ragazzo che amasse fondersi le meningi per cercare una soluzione, preferiva agire e, questa sua impulsività lo aveva portato a quella situazione.
Tenten lo aveva perdonato, quando lui era andato a scusarsi per non averle detto che si stava allenando duramente da un anno e passa per un posto in campo che sarebbe stato assegnato senza ombra di dubbio a Neji. Gli aveva perdonato quel suo lato istintivo che lo aveva portato a seguire le direttive dello Hyuuga, senza porsi alcun problema ma poi, quando le aveva chiesto di perdonare anche lui, lei si era richiusa nel suo guscio di pungiglioni e senza dire nient’altro si era rintanata in camera sua, lasciandolo spiazzato nell’anticamera e costringendolo ad andarsene.
«Per me è tutta acqua passata. – si scrollò le spalle – Se lei l’ha presa troppo sul personale e non vuole sforzarsi di vedere che mi sono comportato da amico, non ne ho colpa.» asserì Neji convinto, perché si era preoccupato per lei. Perché non voleva ferirla o farla sentire solo come la sostituta da chiamare in campo, in caso di necessità. 
No, non erano tre i metri. Quella dannata buca doveva essere una voragine.
«A questo punto non capisco più se è per il tuo orgoglio, che non puoi nemmeno pensare di aver sbagliato. Oppure perché in realtà, per te non è mai stata una persona importante.» sputò risoluto, dandogli le spalle e mantenendo quella postura rigida per tutto il tempo che spesero – in religioso silenzio – ad aspettare l’arrivo della navetta che li avrebbe accompagnati al liceo.
♦♦♦
 “Figurati se voglio essere complice dell’aumento dei valori di colesterolo di quel ciccione.” Aveva risposto amorevole Ino alla proposta che Tenten le aveva fatto, ovvero di portare le rimanenti patatine – quindi metà del sacchettino che l’amica usava aprire ogni volta che andava a trovarla ed era di turno al negozio – a Choji. E aveva continuato a pensare a quella frase, preoccupandosi anch’essa delle proprie future analisi del sangue, seppur continuando a mangiucchiare dal pacchetto che la Yamanaka aveva abbandonato in cassa.
Il lato positivo di sostituire la madre al lavoro era il fatto di poter usufruire di tutti i beni esposti sugli scaffali – ovviamente senza esagerare – astenendosi dal doversi preoccupare di saldare i debiti. Proprio con quel pensiero si era diretta alla corsia dei succhi di frutta, decidendo poi di tornare indietro ai banchi frigo per accontentarsi di una bottiglietta di latte alla fragola.
Decise di ingollarlo tutto in una volta, imitando il padre che quando guardava una partita di calcio si scolava una birra in un nano secondo, per non perdersi nemmeno un’azione. Tossì subito dopo, per l’idea stupida che aveva appena messo in atto.
«Non so se sia colpa del tuo metabolismo, oppure del fatto che sei una sportiva … – si sporse maggiormente da sopra la sua spalla e continuò – … che tutto quello che mangi qua dentro non ti abbia ancora sformato.»
Tenten non era una ragazza particolarmente incline agli spaventi, quindi riconoscendo la voce della presenza alle sue spalle si era girata con molta nonchalance, per poi rimanere impalata sul posto e con un baffo di latte a segnarle il contorno del labbro superiore.
Jugo era fermo in una posa plastica che le ricordava vagamente, quelle statue elleniche che aveva intravisto in alcuni musei che aveva visitato con la scuola: il braccio sinistro era alzato e piegato sulla sagoma del banco frigo, per permettergli di appoggiarsi e rimanere in equilibrio, oltre che evidenziare notevolmente i muscoli ben definiti delle braccia; una gamba era incrociata davanti all’altra; le labbra increspate in un ghigno sornione e gli occhi fissi su di lei.
La mora non riuscì a rispondergli a tono. Vuoi il fatto che le avesse fatto un celato complimento oppure che in quel momento lo trovasse veramente un bel ragazzo. Per un attimo diede ragione a tutti i commenti poco pudici che Ino, le aveva rifilato circa Jugo, ma si pentì immediatamente perché non poté fare a meno di arrossire. Sentendo lo sguardo divertito del suo compagno di squadra addosso, si voltò verso il bancone del tonno in scatola, strinse le labbra e corrugo la fronte nel tentativo di recuperare un minimo di decoro.
«Oh, ti prego. Continua pure a fissarmi, non mi imbarazzo mica. – commentò ironico, poi notando l’espressione di lei riformulò – Cioè, sono abituato che le persone mi osservino stupite della mia statura.»
«Mi stavo appunto chiedendo se non sentissi freddo.» si decise a parlare Tenten senza sforzarsi di ridere a quella che doveva voler essere uno scherzo. Solitamente le persone utilizzava quel genere di battutine vanitose per smorzare una situazione di tensione, ma negli occhi di Jugo non aveva letto nessuna sfumatura di autoironia, piuttosto una sorta di compiacimento a metterla maggiormente in imbarazzo.
Il ragazzo si limitò a scrollare la spalla destra per farle notare che tra il braccio e il fianco, reggeva il giubbotto impermeabile poi compì qualche passo verso di lei. Giusto per recuperare la distanza che Tenten aveva messo tra di loro qualche secondo prima.
«Sono un paio di settimane che non vieni agli allenamenti. – prese a giochicchiare con il cordoncino del cappuccio della felpa della ragazza – La Sanguisuga comincerà a pensare di sbatterti fuori per diserzione.»
«Tanto non sono mai stata nelle sue grazie. Poi da quando ho fatto quella scenata negli spogliatoi…» asserì convinta, osservando le dita di Jugo attorcigliarsi alla cordicella bianca.
Dopo quell’incontro dietro il capanno, non avevano passato più del tempo da soli e così vicini. Era uscita insieme al proprio gruppo di amici – evitando di rimanere da sola con Lee e Neji – e uscita un paio di volte con gli altri compagni di pallavolo, tra cui Jugo. Kimimaro, il capitano, sembrava un po’ distante, non si sforzava minimamente di stringere amicizia. Più che altro assecondava Jugo, che appariva molto propenso a voler diventare suo amico. Forse spinto a volerla integrare maggiormente con il resto della squadra oppure, a giustificare il fatto che dietro quel capannone degli attrezzi l’avesse baciata. Un tocco fugace, leggero ma estremamente significativo per Tenten.
Si era interpellata molte volte sul significato di quel gesto. Aveva persino chiesto aiuto a Ino, sottolineando più volte che quello era il suo primo bacio – doveva per forza significare qualcosa.
«Il primo bacio è sopravvalutato. Non importa con chi sia il primo a tastare le tue labbra!»
«Ah, no?...»
«Il primo vero bacio è quello che provi sottopelle. Il vero è quando capisci che non vorresti baciare altro per tutta la vita.»
«Quindi... ora cosa faccio?»
«Te la godi! Se vuoi baciare bacia e te lo consiglio vivamente!»
«Tu… quindi non l’hai ancora dato.»
«No. Però mi piace pensare che tutto l’esercizio che faccio possa essere utile.»
«…»
«Beh, se quel giorno sarò solo io l’unica tra i due a provare qualcosa. Voglio che lui sappia cosa si perde al non avere queste labbra esperte tra le proprie.»
«Dov’è la ragazza tenace che mi ha dato del filo da torcere l’anno scorso alle selezioni?» domandò dolcemente Jugo, lasciando in pace quel laccio di cotone e, portando due dita sotto il mento di Tenten per alzarle il volto.
«Non mi sono arresa, se è quello che stai intendendo.» lo informò, senza staccare gli occhi da quelli dell’altro, rapita da quel colore tanto chiaro da sfiorare un giallo aranciato.
«Ti sei presa una pausa...»
«Penso di averne diritto, dato che il primo anno non ho fatto nemmeno un’assenza rispetto a voi.»
«Che gran cazzata. Tu, hai perso la speranza di riuscire a dimostrare a quei due che vali qualcosa.»
«Senti bello, se credi di sapere tutto puoi anche evitare di immischiarti!» lo riprese Tenten, pentendosi subito dopo del tono acido che aveva usato.
Se c’era una cosa che sopportava poco era l’arroganza e, aveva avuto la sua buona dose della stessa i primi mesi in cui usciva insieme a Neji e Lee. Il secondo era riuscito a farlo scendere dalla nuvoletta di egocentrismo su cui sostava lo Hyuuga, aiutato da un loro amico, Naruto. Rock Lee lo sfidava in qualsiasi cosa, dimostrandogli che nonostante non fosse bravo e magnifico come lui riusciva comunque a pareggiare, mentre l’altro gli aveva inculcato in testa filosofie di vita che si era già preparato poiché le propinava anche ad un altro proprio amico, che la Tamura aveva conosciuto proprio quell’anno, dato che entrambi avevano iniziato a frequentare quel liceo. Sasuke Uchiha era un personaggio un po’ più caustico rispetto a Neji: megalomane e piuttosto fissato sul voler essere il primo in tutto. Ovviamente, era stato l’ultimo acquisto della squadra per coprire la vecchia posizione dello Hyuuga – ovviamente lei non era passata minimamente per i pensieri del coach. Veramente simpatico, Morino!
A far cadere Tenten dal filo dei pensieri in cui si era persa, ci pensò Jugo. Assestando un pugno con la mano destra al ripiano centrale dello scaffale accanto, facendo cadere alcuni barattoli di insalate di tonno e, facendo precipitare a terra alcune bottiglie di olio della corsia dietro.
Quella reazione inconsueta e, letteralmente preoccupante rispetto alla delicatezza che le aveva dimostrato prima, la fece spaventare. E tanto. Si spostò lentamente indietro, allontanandosi da Jugo, senza riuscire a staccare gli occhi dal viso completamente trasfigurato dall’ira.
Lui non la stava guardando, fissava le proprie scarpe, ma a Tenten bastava vedere il suo contrarre i pugni per capire di non dover fare mosse azzardate. Sapeva difendersi, ma Jugo era tre volte lei e… non era sicura che l’esperienza di un paio di risse con delle ragazze, sarebbe bastata. «Se ho e-esagerato mi sc-»
La Tamura trattenne il fiato finchè non capì che il ragazzo, non le si era avventato contro per rifare sulla sua testa quello che avevano patito le “Insalatissime”. Si decise ad aprire gli occhi, quando lo sentì stringerla a sé, facendole poggiare il viso poco più in giù del suo sterno.
«Scusa, non volevo sembrarti così violento. – disse sottovoce – Solo che mi infastidisce vedere le persone a me care, non capire quando vengono prese in giro.» spiegò velocemente, quasi mangiandosi le parole. Doveva assolutamente recuperare, tutto il campo che aveva perso con quel gesto incontrollato. Non poteva permettersi che fosse spaventata da lui. Lei si era rivelata piacergli sul serio.
«Tra-tranquillo.» si sforzò di rispondere Tenten, ancora terrorizzata da quello successo prima. Non sarebbe stato facile cancellare dalla mente, quell’espressione nera.
«Ti prego non essere spaventata. – la pregò distanziandola lentamente da lui, poi cominciando a sistemarsi i capelli all’indietro continuò – Questo è proprio agli antipodi di quello che volevo fare!» esclamò cominciando a ridere, tra l’isterico, l’imbarazzato e l’estremamente divertito.
Per un attimo l’altra dimenticò l’episodio di poco prima e si lasciò contagiare dalla sua ilarità, portandosi una mano davanti alla bocca e una sulla pancia.
«Andiamo dai! Ti aiuto a sistemare il mio macello.» le propose Jugo, non appena ebbero finito di sbellicarsi.
Tenten annuì serena e gli fece strada fino al bagno dove recuperarono un mocio e alcuni detergenti. Solo quando ebbero finito di ripulire tutto si, decise a chiedergli il motivo per cui era andato da lei quel giorno.
«Davvero vuoi saperlo?!»
«Beh, sei venuto sin qui…»
«Speravo potesse essere più piacevole di così…» le fece presente poggiando i detersivi nell’apposito cestello. Poi si girò a guardarla, serio, dritto in quegli occhioni curiosi e totalmente ignari delle sue intenzioni. Gli venne da sorridere, davanti a quella innocenza. «Tu mi piaci.»
Era quello che voleva. Un significato per quel bacio che le aveva dato alla sprovvista e per quello in cui la stava coinvolgendo in quel momento. Eppure, non era felice. Non ci trovava niente di emozionante in quelle labbra che aveva appiccicate alle proprie, o nel sapore di fumo che aveva la saliva di Jugo. Non aveva nemmeno chiuso gli occhi, si era limitata a ricambiare timidamente, osservano attentamente le ciglia arancioni delle sue palpebre chiuse. Gelata sul posto, stava facendo come le aveva detto l’amica, se la godeva senza sapere realmente quello che doveva provare, perché un bacio significa sempre qualcosa. Vero?
«Non… non c’è fretta. Possiamo frequentarci, con tutta la calma del mondo.» l’aveva rassicurata Jugo, notando l’impaccio con cui la ragazza lo aveva assecondato.
Tenten sorrise sincera. Forse si stava facendo troppe paturnie ed era tutto nella sua testa. Voleva scoprire se davvero non provava nulla, seppur insicura se fidarsi o meno di lui.
♦♦♦
Il film che avevano scelto di vedere di comune accordo – ovvero assecondando le richieste di Ino – era proprio il genere di girato che Tenten, disprezzava con ogni fibra del suo essere: il comico-stupido. Si era fidata dell’amica, che le aveva assicurato che dal trailer facesse sbellicare dalle risate, ma la stessa aveva omesso che si trattasse di demenza. Quella assoluta, che utilizza battutine maliziose e parolacce come audio per accompagnare la pellicola che narrerà di un tema qualsiasi e banale, solo per forzare una risata nello spettatore. Questo era il parere della Tamura, poi non sapeva se la ragazza tre file avanti a lei che stava morendo dalle risate, fosse del suo medesimo avviso.
Erano passate appena due settimane dalla dichiarazione di Jugo e Ino, superato il momento “Oddio uno dei più popolari della scuola ti si vuole scopare!” – sì, perché quella ragazza non conosceva le mezze misure –, aveva deciso di puntare ad un’uscita con il capitano della squadra di pallavolo, nonché un altro ragazzo dotato di una certa celebrità liceale.
Kimimaro, migliore amico di Jugo, nonostante fosse avvezzo al risollevare il morale della propria squadra quando si trovavano sull’orlo di una sconfitta – non a caso occupava quella carica da tre anni – non si presentava come un ragazzo molto affabile. Era piuttosto taciturno e, fuori dal campo di pallavolo, sembrava che ce l’avesse sempre morta addosso. Nonostante questi suoi occhi spenti e privati di ogni voglia di vivere, sembrava riscuotere un certo successo con il sesso opposto. Era quindi facilmente prevedibile che Ino volesse avvicinarsi a quello zombie che stava sempre sotto i riflettori, solo che Tenten non pensava – e sperava – lo facesse così presto.
In quattro e quattr’otto aveva organizzato un’uscita a coppiette e, ancora in minor tempo era riuscita a cacciare la lingua in gola al povero mal capitato, che però non sembrava dispiacersene. La Tamura aveva pure assistito alla scena in diretta, perché nell’unico momento in cui il protagonista sembrava aver acquistato un minimo di intelligenza adoperando quel poco di serietà che i registi gli avevano gentilmente concesso, aveva sentito lo stesso rumore che fanno le ventose dei parasole che vengono staccate dai finestrini posteriori delle automobili. “Gli starà solleticando anche le tonsille?” si domandò intanto che era andata in fissa sul loro bacio, con un’espressione pressoché schifata dipinta in volto ma al contempo ispirata dalla veemenza che stavano dimostrando. Ringraziò che Jugo entrò in suo soccorso, posizionando un braccio sulle sue spalle e tirandola dolcemente verso di sé. Fortunatamente senza la richiesta di mostrargli le adenoidi.
Tenten si stava abituando a stare a stretto contatto con il ragazzo che le sedeva accanto. Odorava di lavanda e si era dimostrato sempre disponibile nei suoi confronti, nonostante lei fosse rimasta stranamente più distaccata. Non l’aveva più baciata dopo l’ultima volta e lei ne era stata lieta, perché voleva conoscerlo ancora meglio prima di illuderlo su qualcosa che magari non sarebbe mai nato in lei. Si era dimostrato molto dolce anche sotto quel lato. Aveva capito che era la sua prima esperienza con un ragazzo e le aveva detto che poteva prendersi il tempo che voleva e, nel caso che fosse andata male a lui sarebbe bastato avere avuto la possibilità di frequentarla sotto quel punto di vista.
Sorrise a quel pensiero e tirò un sospiro di sollievo quando lo schermo si annerì e la scritta bianca che recitava “PAUSA  di dieci minuti” comparve al posto dei fotogrammi. Nello stesso momento Ino e Kimimaro, decisero di far prendere un po’ d’aria ai propri polmoni e prontamente Tenten chiese ad Ino di accompagnarla in bagno.
«Mi spieghi perché prima mi trascini in bagno e poi, non entri nemmeno?» domandò Ino, seccata dal fatto che l’amica si fosse imposta di aspettarla fuori.
«Perché hai insistito per vedere quell’obbrobrio di film se poi perdi tempo a pomiciare?» rispose Tenten portando un pugno sotto il gomito del braccio piegato e con cui si stava imboccando con una barretta di cioccolato.
«L’idea di base era quella di pomiciare sullo sfondo di un film.»
«E non potevamo scegliere qualcosa che interessasse a me se quello era il tuo scopo? Io ho regalato dei soldi a un film che non vale nemmeno un centesimo.» affermò Tenten, risentendo nelle proprie parole quello che solitamente ripeteva Neji quando andava al cinema insieme a lei e Lee.
Succedeva sempre che durante la pausa pubblicità, lei e il suo migliore amico tornavano in sala con il cartone maxi di pop-corn e facevano a gara a chi ne mangia di più prima dell’inizio della seconda parte. Lo Hyuuga li riprendeva dicendo che non era andato al cinema per rimetterci le cornee dato che loro dovevano attivare l’applicazione torcia per constatare chi avesse vinto o meno, abbagliando gli occhi degli altri.  Alla fine però rideva pure lui, per gli insulti che si lanciavano!
«Credevo che condividessi il mio stesso obbiettivo, per questo ti ho salvato dal perdere le parti più salienti di un film che ti sarebbe maggiormente piaciuto. – ammise, aggiungendo anche una linguaccia a fine frase – Poi poverino, nemmeno un bacetto gli hai dato!»
«Io non devo giustificarmi per quello che faccio o non faccio con… lui...» mormorò Tenten, mangiandosi le ultime parole della frase dato che aveva visto spuntare dietro Ino, il ragazzo che non si sarebbe mai aspettata di incontrare. Principalmente non sperava di incontrarlo. Già la metteva abbastanza in imbarazzo sapere che poteva vedere Jugo che ci provava spudoratamente con lei, figuriamoci se li avesse sorpresi in un’uscita a quattro.
«Buona sera.» esordì Neji, sentendosi gli occhi di Tenten addosso e facendo sobbalzare la Yamanaka, che sembrava non essersi accorta della sua presenza.
«Neji! Che ci fai tu qui?! Uscita romantica con la tipa della tua classe?» lo stuzzicò la bionda, voltandosi nella sua direzione e incrociando le braccia in attesa di una risposta.
«No. Sono qui con gli altri.» rispose conciso, causando l’alzata vertiginosa del sopracciglio destro della bionda e un crollo emotivo nell’altra.
«Gli altri, chi?» domandò quasi urlando Ino, cercando in tutti i modi di respirare piano per placare il proprio istinto omicida. Sì, perché se era con gli altri, sicuramente ci sarebbe stata una persona in particolare che avrebbe subito tutto la sua insoddisfazione.
«Che seccatura.» esalò quella persona in particolare, facendo capolino dalla sala cinque – quella posta esattamente di fronte ai servizi – maledicendo istantaneamente chi l’aveva obbligato ad andare a recuperare un paio di cartoni di pop-corn, notando un’esile figura bionda volta nella sua direzione.
«Nara! Cercavo proprio te! – lo raggiunse Ino, coprendo velocemente la distanza che li divideva – Come hai osato non avvertimi che uscivi con Sasuke?»
«Semplicemente perché il tuo bel tenebroso non si è degnato di venire?!»
 
«Ti entreranno le mosche in bocca, se non la chiudi.» l’avvisò Neji, che nonostante l’allontanamento della bionda per assalire Shikamaru, lei era rimasta lì impalata a fissarlo.
Tenten si risvegliò istantaneamente dal suo stato di trans, soprattutto per il fatto che – seppur con il tono saccente – Neji le avesse rivolto per primo la parola. Che non fosse un “ciao”, “arrivederci” oppure “buona sera” e richiuse immediatamente le labbra stringendole a culo di gallina.
Neji, nonostante scherzasse, aveva sempre detto di non aver tempo per rapporti romantici perché Rock Lee era peggio di una mogliettina ossessiva, appiccicosa e petulante o comunque non si era mai dimostrato interessato ad argomenti di quel genere. La ragazza cominciò a chiedersi se tra i suoi due amici, o quello che ora erano, andasse tutto bene. A pensarci bene, durante le partite non li vedeva più particolarmente sincronizzati nell’attacco e, nonostante si imponesse di fare finta di niente, si era sempre chiesta se andasse tutto bene tra i due. Magari, avevano litigato per quella famosa ragazza!
Abbassò lo sguardo. Quei due se ci si mettevano sapevano essere veramente rimbambiti, non li avrebbe mai creduti capaci di litigare per una donna. Si morse l’interno della guancia, nel momento in cui la sensazione nostalgica dei pomeriggi passati con loro si fece sentire.
Con Neji e Lee non c’erano film tattici per poter pomiciare con la cotta storia o momentanea, non doveva pensare se stesse bene o male mangiare come un bue e soprattutto, era serena. Con Jugo si sentiva sempre analizzata, lo aveva colto più volte a guardarla impensierito e altrettante aveva assistito in un repentino cambio di discorso non appena si avvicinava a lui – in quelle rare occasioni, in particolar modo da settembre dopo esser stata baciata, appunto perché quella situazione le aveva da sempre messo un certo disagio interno.
Lo Hyuuga invece, era rimasto fermo a ricambiare lo sguardo della ragazza che gli bloccava il passaggio. Non perché le sue spalle fossero dotate di una qualche particolare ampiezza, ma principalmente perché lo avevano picconato sul posto la pesantezza dei pensieri di lei. Tenten era sempre stata una a cui potevi leggere tutto quello che le frullava nel cervello o che provava, semplicemente guardandola in faccia. Era come un libro aperto e, nonostante Neji apprezzasse questo suo lato, in quel momento avrebbe voluto cavarsi gli occhi. Lei era genuina e proprio quella sua naturalezza lo lasciava spiazzato: riusciva ad avvertire che lei provava la stessa malinconia che attanagliava il cuore di Lee, intuiva che lui stesso le dovesse mancare e che avrebbe avuto voglia di urlargli addosso tutto il suo disappunto. 
Quella consapevolezza fu come una doccia gelata, perché lei non gli aveva sbraitato addosso come al solito e sicuramente non l’avrebbe mai fatto perché si era imposta quella snervante e, molto probabilmente eterna, attesa che lui si scusasse. Tenten era come Rock Lee, non riusciva ad avercela per troppo tempo con qualcuno e appunto per questo quella sua chiusura verso di loro – prevalentemente lui, perché a Lee aveva dato quella dannata torta mentre lui era rimasto senza dolce e aveva dovuto mentire all’amico per ovviare discussioni imbarazzanti e scoccianti – era da intendersi come uno tra i pessimi presagi.
Nonostante sapesse e capisse perfettamente quella muta richiesta della ragazza, non si sarebbe scusato. Lui non aveva fatto nulla di male, al massimo la Tamura poteva intendere che non ritenendola adatta a fare l’alzatrice – che detto tra parentesi, le aveva già fatto presente e, lei lo aveva omaggiato della relativa sgridata circa i suoi modi burberi di dire le cose – e stanco della sua caparbietà nel voler ottenere quel posto, aveva preferito farla cuocere nel suo brodo. Ma, in realtà non aveva voluto dirle nulla di quello che gli aveva imposto il coach, perché aveva paura che quella stessa testardaggine che la contraddistingueva, scemasse davanti ad una notizia del genere. Soffiò dal naso, rendendosi conto di quanto si fosse rammollito.
Un moto involontario del suo corpo lo portò a socchiudere le labbra, ma notando il bagliore di speranza negli occhi di Tenten –  ulteriore doccia di cubetti di ghiaccio –, la stessa azione venne rimpiazzata da un cenno freddo e distaccato del capo che le indicava che un ragazzo li stava raggiungendo: «Jugo.»
La ragazza si voltò velocemente e sorrise con altrettanta celerità al proprio accompagnatore, per poi rivoltarsi verso Neji con il pensiero di dire qualcosa. Qualunque cosa.
«Neji! Non è che mi passeresti un rotolo di carta igienica!» tuonò la voce di Rock Lee da dentro i servizi pubblici, facendo mandare gli occhi al cielo a Neji e attirando qualche ringraziamento da parte di Tenten.
«Tamura.» si congedò freddamente il ragazzo, rientrando da dove era uscito qualche minuto prima.
«Hyuuga.» sussurrò l’altra, sempre più intristita da quel muro che si era creato tra di loro.
♦♦♦
Jugo fece scorrere velocemente le banconote tra le dita, ormai abituato a contare velocemente le cifre che gli scorrevano sotto gli occhi, li stessi che rialzò verso il ragazzo che lo guardava in trepidante attesa di ottenere quello per cui stava pagando.
«Non ci siamo. – affermò freddo increspando la bocca in una smorfia insoddisfatta – Manca ancora quello che mi dovevi dell’altro giro.» concluse intascandosi la mazzetta e dando le spalle al bamboccio che aveva di fronte.
«Minchia fratello... Ti ho portato altri clienti, credevo fossimo pari.» cercò di abbuonarselo il ragazzo, grattandosi la nuca e ciondolando nuovamente sul posto.
«Kidomaru… – lo richiamò con un ringhio tra i denti – da quando ti prendi tutta questa confidenza?» domandò inferocito, girandosi di scatto e afferrandolo per il bavero. «Di ragazzi drogati, che abbiano voglia di provare oppure che semplicemente vogliano avere un attimo di svago, li posso trovare anche io. Anche schioccando semplicemente le dita!» gli urlò in faccia, strattonandolo intanto che stringeva il colletto della maglietta.
«Gli altri da cui vado fanno sconti se gli porto qualcuno…» si affrettò a scusarsi l’altro, stringendo le mani intorno ai pugni che avevi stretti sotto al proprio mento. Jugo, diventava ingestibile quando si infuriava ed ultimamente, era sempre più facile farlo alterare.
«Oh! Senti senti. Quindi ci riforniamo dalla concorrenza. Ma bene.» constatò apatico Jugo, annuendo lievemente con la testa e voltandosi verso il padrone di casa come per fargli capire di che ragazzi si componeva la loro clientela.
«Facevo... FACEVO!» si corresse Kidomaru, cominciando a muovere le mani per aria nel tentativo di attirare l’attenzione del ragazzo che intenzionalmente, lo stava strozzando con la propria maglietta preferita.
Jugo si voltò lentamente, finchè con l’occhio sinistro non riuscì ad intravedere l’espressione terrorizzata del ragazzo che pendeva letteralmente dalle sue mani e senza accennare nessuna emozione si limitò a dire “sarà meglio”, prima di scagliarlo contro le credenze della cantina.
Dopo aver atteso che l’ospite emettesse almeno un paio di colpi di tosse, Kimimaro si decise a parlare, biascicando leggermente le parole: «Jugo. Un po’ di delicatezza sarebbe gradita.»
L’amico però ignorò l’avviso dell’amico e si avvicinò nuovamente al ragazzo che stava strisciando per rialzarsi. Si compiacque di quello spettacolo e svogliatamente lo aiutò ad alzarsi per poterlo accompagnare alle scale che conducevano all’uscita e riferirgli le ultime parole che gli avrebbe detto per quella giornata.
«Facciamo che quello che mi hai dato, lo tengo come acconto per metà della roba di questo mese. – sussurrò piano, dandogli delle leggere pacche fraterne sulla schiena – Però entro il mese prossimo voglio l’intero prezzo della roba che ti ho venduto il mese scorso, quello che rimane per ‘sto mese e ovviamente il costo di quello che dovrai ritirare a marzo.» gli fece presente dipingendosi sul volto uno dei suoi sorrisi più sinistri.
«Aspetta, ho sbagliato. Lo ammetto, mi scus-»
Un pugno ben assestato in piena pancia, fece sputare della saliva a Kidomaru, interrompendo quelle che a detta di Jugo, sembravano delle patetiche scuse.
«Questo consideralo come il timbro che suggella il nostro accordo. Mentre questo… – lo colpì dritto in piena faccia – è un piccolo promemoria se non assaggio di quello che potrebbe accaderti se non rispetti i termini del patto.» sentenziò, per poi spintonarlo sui primi gradini della salita.
Qualche secondo dopo, Kidomaru era uscito di corsa dal seminterrato e Jugo aveva ripreso il proprio posto sul divano che ormai aveva il suo nome inciso sopra.
«Se continui a picchiare tutti quelli che ti capitano a tiro, Tenten si accorgerà dalla tua doppia personalità.» lo informò Kimimaro, risparmiandosi la predica riguardante il fastidio che gli procuravano gli “spargimenti di sangue” in casa propria.
Jugo gettò sul tavolino il fazzoletto con cui si era asciugato le gocce di sangue che aveva sulle nocche e, guardandolo scuro in volto gli fece presente che la situazione era tutta sotto controllo.
«Talmente tanto che quella è terrorizzata dal lasciarsi andare con te.»
«È timida.»
«No. Non le ispiri alcun tipo di fiducia.»
«Non si fida perché mi sono avvicinato a lei dopo non averla cagata di striscio per tutto il primo anno.» si decise a correggerlo Jugo, incrociando le gambe sul tavolo e passandosi stancamente una mano sul volto. Tutta l’adrenalina che prima aveva in circolo era scemata.
«Cazzata. – fece un tiro dal drum che si era preparato e espirò piano il fumo – Quella è una che ragiona di pancia, il razionale per lei è un elemento da prendere in considerazione solo in un secondo momento. Se non riesci ad attrarla dal principio, significa che a pelle capisce che c’è qualcosa che non quadra. Ma… questo lo sai già visto che sei cotto di lei.»
«Questa è una cazzata. Ho tutto sotto controllo.»
«Allora perché non riesci a portare avanti il tuo piano? Cos’è abbattere lo Hyuuga non riesce più a farti ribollire il sangue?» lo punzecchiò Kimimaro, portando nuovamente il filtro alle labbra e sorridere impercettibilmente prima di inspirare nuovamente dallo stesso.
Jugo strinse nuovamente la mano destra in un pugno, voglioso di colpire ancora qualcuno e gustarsi il suo sgomento. Il prediletto di Morino, poteva benissimo sostituirsi a quella figura che nella sua mente rimaneva solo un’ombra indistinta, vittima dei suoi cazzotti. Non gli faceva ribollire il sangue? Quello riusciva a dargli sui nervi anche solo respirando nella stessa stanza! Neji Hyuuga era la reincarnazione di quello che maggiormente odiava: nato in una famiglia benestante, molto probabilmente ereditario di una fetta della stessa azienda che portava il suo cognome; altezzoso, nemmeno fosse la reincarnazione di un dio ma, nonostante questo, circondato da amici ed infine, sembrava riuscire in tutto senza impiegare il minimo sforzo.
No, non gli andava bene. Sapeva di essere invidioso e, non l’avrebbe nemmeno negato. Anelava a quella vita perfetta che sembrava – e sicuramente – viveva Neji. Dove non doveva preoccuparsi che sua madre venisse picchiata dal padre perché non riusciva a trovarsi un lavoro con uno stipendio decente, per poter permettere a quell’uomo che ora li aveva abbandonati di poter scommettere al gioco.
Proprio per quella ragione aveva cominciato a fumare insieme a Kimimaro. Poi entrambi avevano sentito odore di guadagno e Jugo aveva subito afferrato l’occasione di aiutare la madre. Da qui la droga che era diventata sempre di più un medicinale contro quello schifo di vita che gli era capitata, lo spaccio e il procacciamento di stupidi bambocci a feste a cui – come sportivi più in vetta del liceo – venivano sempre invitati ed infine le risse, quelle che servivano per far capire chi comandava e chi dovesse pagare i conti. E fare a pugni era la seconda droga capace di calmarlo.
In seguito tutto era degenerato. Jugo si era trasformato, sia a causa della depressione che affliggeva la madre, che per i profili così delineati che avevano il loro giro di clienti più affezionati. Snobbetti di ricche famiglie che non sapevano come spendere i quattrini se non per qualche momento di sballo. Loro li buttavano per bruciarsi i neuroni e lui cominciava a detestarli, perché erano solo degli ipocriti. Da cosa volevano scappare, se la loro vita era perfetta?
Aveva cominciato a divertirsi picchiandoli se non saldavano i conti in tempo oppure a denigrarli appena concludevano uno scambio. Voleva riuscire a fargli provare quel malessere con cui conviveva quotidianamente e, non quello che secondo loro poteva essere.
Neji Hyuuga era stata la rivelazione. Non si drogava e non ostentava il proprio collocamento sociale, se non per i metodi eleganti e garbati che spesso lo contraddistinguevano, oppure il tono arrogante e irremovibile con cui ti si rivolgeva. Era riuscito a conquistare le grazie del coach di pallavolo, quando lui aveva dovuto sudare camicie solo per ottenere il posto di ala e il rispetto di Morino, quindi a questo punto era odio profondo.
Kimimaro aveva notato quel suo sentimento e subito si era offerto di aiutarlo a farlo fuori. Il piano che si aveva proposto era riuscire a buttarlo fuori dal club di pallavolo, con l’unico mezzo a sua disposizione: togliergli le amicizie più fidate. Perché quelli come lui, se sanno di non avere l’appoggio delle persone che amano in quello che fanno, non perdono tempo nel chiamarsi fuori.
Jugo aveva accettato la proposta e si era avvicinato a Tenten.
Tenten era considerata come una sorella da Rock Lee, quindi un diverbio tra i due avrebbe sicuramente influenzato il loro rapporto con lo Hyuuga. La storia del posto di alzatore era capitata a fagiolo. Quello che non aveva previsto era rimanere ammaliato dalla Tamura, tanto da baciarla. Quella ragazza sputava ottimismo da tutti i pori e lui, non più abituato a quella visione rosea del mondo era capitolato ai suoi piedi.
Le piaceva e aveva deciso di prendere due piccioni con una fava, raggirando i pensieri di Tenten – passandoci del tempo assieme – e tenendola lontana dai due. Magari forzandone anche i litigi. Poi aveva visto il modo in cui stava osservando Neji al cinema e, si era reso conto che non avrebbe mai lasciato perdere il loro diverbio. Lo avrebbe aspettato, lui e le sue scuse.
Fiduciosa e caparbia, un mix che gli aveva fatto rendere conto che aspirando ad una relazione con lei, l’avrebbe rovinata con il suo pessimismo ed egoismo.
«Vuoi che ti dia la soluzione?» gli chiese Kimimaro, stanco di aspettare una sua risposta.
«…»
«Devi farla soffrire. I rapporti tra Rock Lee e Neji sono già abbastanza traballanti. Se solo il sopracciglione pensasse che per colpa di Neji che non vuole fare pace, la sua migliore amica stia a pezzi e loro non possano intervenire per proteggerla, il nostro piano potrebbe considerarsi concluso e riuscito.»
Jugo afferrò infastidito tutto il necessario per crearsi uno spinello e, mentre sistemava l’erba sulla cartina sottolineò: «Ho detto che ho tutto sotto controllo. Non stare a rompermi i coglioni.»
♦♦♦
Era ormai metà marzo e, l’argomento “pallavolo” stentava a venir fuori nei ritrovi durante i ritrovi del gruppo. Principalmente grazie al fatto che la Tamura avesse ridotto al minimo indispensabile le conversazioni con i suoi compagni di pallavolo e tutti gli altri, non si azzardassero a commentare l’esito di una partita quando lei era presente, preferendo farlo in privato con i diretti interessati.
Per quanto riguardava Neji e Rock Lee, i nomi “Tenten” e “pallavolo” non venivano mai pronunciati nella stessa frase e, in particolar modo nelle loro conversazioni. Avevano discusso molto a causa di quell’avvenimento e, di comune e tacito accordo avevano convenuto fosse di aiuto evitare di continuare a parlarne. Quella era la ragione ufficiale, invece quella ufficiosa riguardava il loro gioco di squadra che ne aveva risentito, a testimonianza vi erano due partite ufficiali perse ed una sconfitta a tavolino in un’amichevole.
Lee, sentendosi tremendamente in colpa, aveva cominciato a giocare sovrappensiero – dunque male – e senza leggere i segnali di Neji – molto peggio –, non c’era quindi da stupirsi che i loro attacchi combinati non andassero a segno.
Oltre a questo ci si aggiungeva il fatto che Rock Lee fosse un tipo estremamente passionale e nostalgico, dunque la mancanza di un rapporto amichevole con Tenten e le uscite con lei e Neji, lo deprimevano. Aveva cercato in tutti i modi di fare da paciere, da mediatore, ma l’amica si rifiutava di fare il primo passo verso lo Hyuuga e, quest’ultimo era troppo fiero per mettere da parte le proprie opinioni e scusarsi.
Un’altra persona a risentire di tutta quella storia era Shikamaru Nara, un vecchio compagno di classe di Ino, che si era ritrovato per ragioni a sé stesso ignare in quel circolo e purtroppo – per ragioni chiaramente definite – in momenti come quello cominciava a detestare e, lo portavano a chiedersi perché non avesse scelto di frequentare un corso di cucina come il suo migliore amico. Rock Lee l’aveva scambiato per una sorta di confessionale, copiando la mania che negli ultimi tempi aveva sviluppato la Yamanaka. La cosa non gli sarebbe pesata più di tanto, era un ottimo ascoltatore, il seccante arrivava quando il primo continuava a chiedergli di suggerirgli qualche piano che avrebbe portato alla pacificazione con l’amica e la seconda, gli imponeva di spronare Lee a convincere Neji a parlare con Tenten perché anche lei stava male per tutta quella storia.
Decidere di accontentare quei due non era contemplato, odiava immischiarsi negli affari degli altri e per principio era fedele al detto che “i panni sporchi si lavano a casa propria” ma ormai a tartassargli le meningi si erano aggiunti anche Kiba e Naruto, preoccupati per Tenten perché Jugo – quello che sembrava frequentare –, pareva non essere una persona raccomandabile.
Quel giorno, approfittando del fatto che le ragazze non fossero presenti – Tenten si supponeva lo avrebbe difeso e Ino pure, dato che se la filava con l’amico –, i due raccontarono per filo e per segno le voci che circolavano sull’ala della squadra di pallavolo. Fu a quel punto che Shikamaru cominciò a preoccuparsi e, approfittando del fatto che Neji non si fosse mostrato indifferente a tutta quella storia di spaccio e teste di primini infilate nei water (la colpa meno grave che si poteva attribuire a Jugo) – a tradirlo fu una lieve contrazione della mandibola –, decise di immolarsi per una buona causa.
«Credo di essere la persona meno adatta per affrontare questo argomento. – esordì il Nara, giochicchiando con una patatina che aveva nel piatto – Ma credo sia necessario risolvere tutta ‘sta storia con Tenten, in breve tempo.» dichiarò deciso, intingendo finalmente lo stuzzichino nella maionese per poi addentarlo con svogliatezza.
Neji alzò impercettibilmente un sopracciglio, Rock Lee lo guardò incuriosito riacquistando un pizzico di speranza, Kiba e Naruto si guardarono complici – lo conoscevano da più tempo e intuirono che avesse qualcosa di efficace in mente – mentre Sasuke si limitò a sbuffare insofferente pensando fosse abbastanza grande per decidere da sola chi frequentare ed accettarne le conseguenze.
Tutta l’attenzione era focalizzata su Shikamaru, al quale sembrò che anche i rumori e le voci di sottofondo nel locale si fossero abbassate per enfatizzare quel momento di tensione. «Conoscendola e Lee, correggimi se sbaglio, se le dicessimo le voci che corrono su Jugo o la prenderebbe come scherzo, oppure chiederebbe direttamente a lui se sono vere. Sappiamo tutti che lo negherebbe sia per fare bella figura che per non macchiare la propria immagine.»
«Non mi sembra il tipo che dice: “sì è tutto vero, ma adesso sono cambiato.”» lo assecondò Kiba, accompagnando la sua affermazione afferrando teatralmente le mani di Naruto e accarezzandogli amorevole una guancia.
«Inoltre, se dovesse crederci, rimane il fatto che Tenten sia una persona particolarmente ottimista, quindi nella sua mente si autoconvincerebbe che non essendosi mostrato con lei così aggressivo, quelle che le riferiamo siano solo voci diffamatorie di persone gelose.»
«Quindi che consigli di fare?» domandò Naruto, dando una gomitata al braccio di Sasuke che sembrava sin troppo disinteressato alla questione, come se lui non sapesse che l’Uchiha era a conoscenza da molto tempo prima di loro della doppia faccia di Jugo.
«Deve parlarci qualcuno che non abbia peli sulla lingua e che possa riuscire a convincerla. – Shikamaru bloccò con un gesto della mano il tentativo di proporsi di Rock Lee – Lee non puoi essere tu. Sei troppo emotivo e sicuramente diresti le cose nella maniera più sbagliata possibile. Oltre il fatto che lo considererebbe un patetico tentativo di aggiudicarti nuovamente la sua fiducia.» spiegò risoluto, facendo affidamento alle nozioni di sensibilità femminile che aveva appreso in tutti gli anni passati come compagno di banco di Ino.
«E allora chi? Ino non ci crederebbe e se io sono escluso, l’unico che rimane è l’Uchiha.»
Tutti si voltarono verso Sasuke, che era rimasto prepotentemente girato verso la finestra, maggiormente interessato al barboncino intento a fare i bisognini, che a quella conversazione.
L’unico invece che mantenne lo sguardo fisso davanti a sé, fu Shikamaru che da fine osservatore, aveva preferito testare le reazioni di Neji, non rimanendo sorpreso del fatto che fosse rimasto con lo sguardo fisso sulla cannuccia di plastica del bicchierone che si trovava sotto al naso. Un’altra contrazione della sua mandibola, meno leggera della precedente, diede la conferma al Nara, che il ragazzo fosse internamente combattuto.
Sbuffò, condividendo con il castano lo stesso senso di orgoglio maschile che gli impediva di farsi avanti. Cominciò a soppesare la propria idea di usarlo come asso vincente del proprio piano: insieme a loro non si era mai dimostrato particolarmente turbato della lite che aveva avuto con Tenten ma, nonostante tutto, l’aveva visto qualche volte guardare impensierito quella ragazza di cui fingeva non gli importasse nulla. Sospirò pesantemente e dopo aver ripetuto mentalmente e un paio di volte “che seccatura!”, si apprestò a parlare e mettere a tacere quella crociata che stavano portando avanti Naruto, Kiba e Lee per convincere Sasuke a parlare con la ragazza.
«Potrebbe sempre provarci Neji.» propose Shikamaru con nonchalance, incrociando le braccia dietro la testa e chiudendo gli occhi. Se tutto fosse andato come pensava avrebbe accettato, sennò si sarebbe demoralizzato per le proprie – momentaneamente – mancate capacità di giudizio.
«Lui?» lo indicò Rock Lee, perdendo nuovamente tutte le speranza.
«Potevi anche proporti tu a sto punto.» affermò Kiba, incurvando il lato destro del labbro superiore ricreando la sua classica smorfia perplessa.
«Che seccatura!... Ten sa che non ho voglia di dar adito a certe cose e che quindi sarei una fonte poco attendibile. Neji sarebbe perfetto. – lo indicò alzando velocemente il mento nella sua direzione – Sembrerebbe che voglia solo avvisarla come forma di rispetto nei suoi confronti, conosciamo tutti le sue maniere educate. Senza poi contare che è quello che ispira più fiducia nel nostro gruppo. In ogni caso-»
«Va bene. Parteciperò a questa messa in scena.» si intromise Neji, guardando grave nella direzione di Shikamaru, che non aveva mascherato un certo ghigno soddisfatto nel sentire la sua tempestiva risposta.
♦♦♦
Più camminava, più cominciava a credere che tutta quella orchestrazione degna di una società mafiosa, fosse una perdita di tempo inconcludente. Non perché Shikamaru avesse dato a tutti dei compiti per tenere occupati Jugo e Ino, oppure perché quello stesso ragazzo gli avesse affidato quell’enorme patata bollente con tanto di: “Stai attento. Perché c’è qualcosa che mi puzza in questa storia.” mormorato pochi secondi prima di avviarsi verso casa, abbandonandolo davanti l’entrata dell’istituto, ma principalmente perché era molto restio al credere che Tenten gli avrebbe dato un minimo di ascolto.
Si ritrovò ad avere la gola secca e le mani sudate e, cominciò a chiedersi se non avesse iniziato a soffrire d’ansia dato l’annesso peso sullo stomaco che si era aggiunto a quei sintomi. Scosse la testa. Non si agitava nemmeno prima di una partita, era sempre stato sicuro e sciolto anche quando veniva interrogato oppure parlava con perfetti sconosciuti, figuriamoci se si sentiva a disagio ad affrontare la Tamura.
Preso a contorcersi i neuroni all’esaltazione del proprio carattere posato in ogni situazione, non si era accorto che Tenten era finalmente uscita dagli spogliatoi ed era rimasta a fissarlo spiazzata.
Era riuscita a convincere Morino a lasciarle le chiavi della palestra, assumendosi la responsabilità di chiuderla, dato che era sempre l’ultima ad uscire a causa dei suoi ritardi cronici e, poteva immaginare di trovare Jugo ad aspettarla, ma mai avrebbe sospettato di Neji.
«Morino ti ha chiesto di riferirmi qualcosa?» decise di chiedere, cominciando a sganciare i cardini agganciati al muro che servivano per mantenere aperti le pesanti porte che davano sulla piccola stanza che divideva gli spogliatoi dalla palestra.
«No.» rispose atono lo Hyuuga, voltandosi verso di lei senza però riuscire a incontrare il suo sguardo troppo intenta ad armeggiare con il portone d’ingresso.
«Lee?»
«Nemmeno.»
«Allora se cortesemente potessi uscire di qua, mi faresti un favore.» lo esortò, poggiando all’esterno il borsone del cambio e afferrando con due mani il profilo della porta che solitamente si incastrava con il cemento del marciapiede.
Neji alzò un sopracciglio e in pena per le numerose spinte e tirate con cui la Tamura tentava di smuovere quella porta, decise di seguire il suo consiglio, ma prima l’avrebbe aiutata in quello in cui stava fallendo miseramente.
«Ce l’avrei fatta benissimo anche da sola.» lo avvertì, rigirando la chiave nella serratura e corrugando contrariata le sopracciglia.
«Ho notato.» rispose, intuendo che l’affermazione dell’altra era la frase più vicina ad un ringraziamento e la propria, ad un “prego”. Soffio dal naso, pensando che quella ricordasse molto la loro prima conversazione.
Rimasero lì per qualche minuto, in completo silenzio. Lui con le spalle poggiate alla porta di metallo e le braccia incrociate, mentre lei stette con il capo chino verso la mano che ancora sostava sulla maniglia.
Guerra Fredda, l’aveva definita Shikamaru in uno dei suoi epiteti mentre spiegava tutti il proprio ruolo in quella manovra offensiva. Lo Hyuuga non avrebbe mai pensato che non potesse esistere un termine più corretto: entrambi non parlavano, entrambi sapevano che c’era qualcosa che non andava, entrambi avrebbero continuato a fare finta di nulla.
«Non hai un bus da prendere? – o una ragazza da illudere – Allenamento?» domandò stringendo maggiormente quel pomello a cui si era ancorata. Se era lì per chiarire, era in ritardo. Terribilmente in ritardo. Irrimediabilmente, in ritardo. Lo guardò di sottecchi e notò che stava riflettendo. Aveva imparato a riconoscere quell’espressione a causa di una piccola vena che gli compariva sulla tempia. Si chiese se fosse veramente irrimediabile, quel ritardo.
«Ho lezione di Judo, dopo. Me la faccio a piedi.» spiegò velocemente, ostentando quella posizione da duro ed impassibile. Aveva pensato a mille e uno modi per introdurre quel discorso alla ragazza, ma pensandoci bene… erano l’uno peggio dell’altro.
Tenten annuì mordicchiandosi l’interno della guancia, conscia che dal liceo alla palestra comunale ci volevano solo dieci minuti di camminata. Si poggiò con la schiena alla porta, imitando la posizione di Neji, ma tornò immediatamente ritta sulle proprie gambe. Non c’era ragione per cui dovesse aspettarlo.
«Oggi il cielo è particolarmente grigio.» si morse la lingua non appena ebbe finito di pronunciare la frase e si inalberò quando vide Neji aprire scettico gli occhi, guardare in alto e fare delle spallucce mentre un angolo della bocca – quello nascosto a Tenten – si piegava verso l’alto.
Lo Hyuuga pensò che gli era mancata quella mania della ragazza di riempire gli imbarazzanti momenti di silenzio, con qualsiasi affermazione le passasse per la testa. Si concesse di guardarla di sottecchi. Se ne stava lì ciondolante sul bordo del marciapiede, un braccio piegato a reggere la bretella dello zaino e una mano a torturarsi la crocchia sinistra mentre il naso era rivolto verso la punta delle proprie scarpe. Doveva sentirsi inquieta anche lei.
«Beh… Allora buona serata.» si congedò la ragazza, delusa da quell’incontro inconcludente. Non che si aspettasse un granché. Chiedere a Neji di fare qualcosa che si avvicinasse ad ammettere i propri errori, era come implorare Rock Lee a smetterla si fare stretching anche al ristorante. Inutile.
«Con Jugo è una cosa seria?»
 
[to be continued]



 


Buona Sera!
Volevo approffitare di questo spazio per chiedervi scusa nel caso ci fossero degli errori sfuggiti alla mia revisione, mi giustifico dicendo che è la prima volta che pubblico un capitolo che raccoglie una decina di pagine.
Non ho aggiunto il tag OOC perchè mi è sembrato di rispettare i caratteri, ma in caso contrario sarei felice di correggere.
Spero che questa "introduzione" vi sia piaciuta e che vi si preannunci come una storiella interessante.

Ne approfitto anche per augurarvi un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo, nel caso non riuscissi ad aggiornare in tempi brevi! 



Un bacio, 
redmabon.

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Capitolo 2
*** Dopo La Scuola (parte seconda) ***


 
Come La Neve
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Immagine della copertina presa da: " https://it.pinterest.com/pin/476255729320964835/
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Dopo La Scuola
(parte seconda)
 
«Con Jugo è una cosa seria?» domandò di punto in bianco, bloccando i passi di Tenten, la quale tentò in tutti i modi di non assumere le tonalità di un pomodoro troppo maturo. Sfarfallo incredula le ciglia. Non era minimamente possibile che Neji fosse geloso, quindi l’unica alternativa che le veniva in mente era quella che Rock Lee lo avesse inviato per quella questione di cui avevano discusso qualche settimana prima.
«Sei venuto qui a fare da cupido? No, perché ti avviso che è una causa persa.» si sentì in dovere di informalo, voltandosi verso di lui e cominciando a muovere freneticamente le mani. Poi, notando l’espressione sempre più perplessa che andava a delinearsi sul viso dello Hyuuga, cominciò a spiegare la stramba teoria per la quale Lee si era proposto come suo fidanzato – sacrificandosi per la voglia di avere una relazione dell’amica – per impedirle di mettersi con Jugo, che ha sua detta non gliela raccontava giusta.
«Effettivamente è sospetto. Non ti ha filato per un anno intero e ora si sveglia?»
«Che ti devo dire… sarò sbocciata durante l’estate.» rispose in sua vece Tenten, piegando un braccio dietro la testa mentre batteva prepotentemente le palpebre e impostava la più perfetta duck-face che le fosse mai uscita.
Scoppiarono a ridere entrambi. Lei sguaiatamente – come solito – mentre lui, contagiato, si concesse una breve e bassa risata per poi contenere la propria ilarità in un sorriso. Per quei pochi minuti era tornato tutto come l’anno precedente: Tenten che dava mostra della propria autoironia e l’altro che l’assecondava mantenendo quell’aria distaccata.
«Comunque Lee aveva ragione. A quanto pare Jugo non è quello che dimostra di essere. – mormorò Neji, riuscendo con quelle poche parole a far tornare il clima freddo che contraddistingueva le loro “discussioni” – Girano certe voci su di lui. Alcuni dicono che spacci droga: “erba della migliore qualità” per l’esattezza. Altri mormorano che si diverti a pestare la gente, anche al di fuori di coloro che non pagano per i suoi servizi. Per non parlare di tutte le relazioni finite male che si porta dietro… Insomma, si può dire che viva per soddisfare i propri sfizi
«Quindi tu, mi stai dicendo che lui mi considera come… uno sfizio.» fece seria, abbassando lo sguardo e cercando di ragionare su quello che le era stato appena riferito, al tono in cui lo aveva fatto e allo sguardo che aveva utilizzato. Non c’era ragione alcuna per cui Neji dovesse mentirle, eppure, aveva un sapore amaro in bocca. Riconosceva quella sensazione: delusione. Delusione perché dopo tutto il tempo perso in orgoglio, la prima cosa che veniva a dirle era che Jugo era un cattivone. Certo, aveva una notevole importanza se non voleva andare in contro a spiacevoli conseguenze, ma per lei era più importante mettere in chiaro una volta per tutte quella situazione.
«Quest’anno me lo sento! La Sanguisuga riconoscerà il mio impegno!» aveva esordito al termine di quell’ultimo allenamento prima della pubblicazione dei nomi dei titolari di quell’anno.
Rock Lee e Neji, invece che dire qualcosa si guardarono di sottecchi, in silenzio, continuando a camminare come se nulla fosse.
«Coraggio ragazzi, non ditemi che non si vedono i risultati del mio allenamento!» li incoraggiò, sperando si svegliassero e le facessero un complimento. Più che altro confidava in Lee – il secondo non si concedeva nemmeno un sorriso dopo un passaggio andato bene, figuriamoci elogiare qualcuno.
«Hai ragione! – si decise a parlare il suo migliore amico – Tutte quelle ore spese al campetto ne sono valse la pena!» esclamò quasi forzatamente, facendola preoccupare per tutto quell’entusiasmo mancato che si era trasformato in un’occhiata nervosa a Neji. Quest’ultimo però si limitò a sospirare e guardare avanti.
Decise di non farci caso. Molto probabilmente volevano rimanere concentrati per l’allenamento di Judo a cui avrebbero partecipato a breve.
Il giorno dopo tutta la squadra si era ritrovata in palestra, dopo l’allenamento. Lei era stata la prima a presentarsi all’appello, aveva preso posto sulla panchina accanto al ragazzo ombroso che Ino spergiurava di amare e, aveva atteso pazientemente. Con talmente tanta pazienza che non le pesò nemmeno il ritardo di Morino – quell’uomo sapeva quanto i suoi allievi tenessero al posto e si divertiva a fargli andare l’ansia alle stelle, posticipando il fatidico momento della promozione a membro effettivo della squadra ufficiale.
I primi ad essere nominati furono quelli che mantennero la carica dall’anno precedente: Lee come alzatore; Jugo come ala. Kimimaro mantenne la sua carica di libero – tecnicamente affidata al più basso, ma quel ragazzo era veramente un fulmine e talmente snodato da recuperare l’irrecuperabile – e quella di capitano della squadra.
Quando Morino annunciò che a Tayuya sarebbe spettata la panchina, le aspettative crebbero velocemente nella sua testa. Però voltandosi verso Lee, non aveva trovato lo stesso sguardo carico di aspettativa e ottimismo che le riservava in momenti cruciali come quello e presto ne capì il motivo.
«Neji sarà il nostro nuovo palleggiatore. Credo dobbiate prendere tutti esempio da lui. – lo indicò velocemente con un indice – Gli aveva specificato già l’anno scorso le mie aspettative e lui, con dedizione ed impegno è riuscito a mantenerle alte.»
Quelle parole nonostante le fossero giunte ovattate, erano risuonate chiare nelle sue orecchie. Gli applausi contenuti che avevano rivolto allo Hyuuga, in quanto uno dei pochi ad aver strappato al coach un complimento, si mischiarono al ricordo dei suoi consigli tecnici e degli incoraggiamenti di Lee.
A quel punto, quando capì la verità che si celava dietro quell’ostentata indifferenza del primo e il sorriso tirato del secondo del giorno precedente, si era sentita un fallimento su tutta la linea. 
«Non sono solo io che lo penso. Anche gli altri sono preoccupati.» sottolineò Neji facendola tornare alla realtà, credendo di essere riuscito in quell’impresa che tanto lo aveva spaventato. Per poi tornare a guardarla negli occhi e, sentire sotto la propria pelle quello stesso sentimento che stava provando la ragazza. Inevitabilmente il peso che aveva all’altezza dello stomaco, aumentò nuovamente la propria grammatura.
«Sei proprio uno stupido. Ti ho già detto che per dire certe cose ad una ragazza, ci vuole un po’ di tatto. Non farti distrarre dal fatto che sono sempre in tuta e non mi agghindo come Ino. – lo riprese dolcemente, sorridendogli con sguardo vuoto – Avrei potuto sopportare pure questo tuo modo di approcciarti, certo ti avrei urlato contro perché sei il solito paraculato, ma alla fine lo avrei accettato.»
Neji scosse la testa, intuendo dove volesse andare a parare con quelle parole: «Non mischiare quello che è successo tra di noi con questo. Non sono la stessa cosa.»
«Ma possono essere comparate! Perché non ti fai scrupoli a dirmi che per Jugo sono solo uno sfizio, mentre per dirmi che il posto di alzatore era stato già assegnato a te, eri in ansia?» domandò e troppo infastidita per aspettare una risposta, o meglio per aspettare che formulasse una frase che magari le avrebbe fatto più male che bene, fece cadere il borsone a terra e gli corse incontro. Spaventandolo. Infatti Neji indietreggio di qualche passo, stupito. Ma per Tenten non era abbastanza e cominciò a spintonarlo, non con l’intento di fargli male, ma come a volergli dare una svegliata, finchè con le spalle non ebbe incontrato il freddo muro esterno della palestra. Solo a quel puntò cominciò a battergli con forza sul petto.
«Vuoi che ti risponda io? Vuoi che dica io quello che di cui ti sei reso conto ma che non vuoi ammettere? – lo spronò continuando a colpirlo – Tu mi hai sottovalutata! Hai deciso che quella fosse la via migliore per non farmi stare male, paragonandomi a tutte quelle ragazze che cadono in depressione, solo perché non sono riuscite nell’impresa dopo tanto impegno. Non ti sei minimamente soffermato a pensare a quello che potevo provare io! Hai deciso a prescindere che ci sarei rimasta, senza mettere in previsione che sarei stata felice per te. Non subito, ma avrei tifato per voi, come sempre! Non hai calcolato che sarei rimasta peggio pensando che non era abbastanza forte per sopravvivere alla notizia data da te, magari temendo che ti avrei considerato un arrivista. L’hai fatto perché non volevi rovinare l’idea che avevo di te!» spiegò d’un fiato, mentre i suoi pugni che non avevano incontrato nessun ostacolo continuavano a percuotere, cominciando però a perdere il vigore iniziale.
Neji infatti l’aveva lasciata fare, perché aveva ragione su tutto e non era riuscito a opporre resistenza a quel suo sfogo. Si era limitato ad incassare, senza staccare gli occhi dal viso rosso per lo sforzo di lei, gli occhi serrati e il naso corrucciato insieme alla fronte. Inoltre, cominciava ad avvertire dei crampi allo stomaco e capì perché precedentemente era preoccupato. Sì, anche lui soffriva di ansia. Aveva afferrato che come per lui lei era come un libro aperto, anche per lei doveva essere abbastanza facile leggergli dentro.
«Sai che non l’avrei mai pensato! Lo vedo anche io che sei bravissimo in tutto e… ti ho preso d’esempio come ho fatto con Lee. Mi sono impegnata per fare amicizia con te e conoscerti meglio, perché i tuoi modi arroganti sono andati a scemare intanto che ti avvicinavi a me e lui, lasciando il posto a qualcuno di cordiale, simpatico e che tiene ai propri amici. Mi sono sempre sentita come protetta, perché mi fidavo di te, so che sai il fatto tuo e mi sono affezionata. Forse ho sbagliato io, a pensare di poter sempre fare affidamento su di te, su di voi. Forse sono stata avara e pigra con questo pensiero. Ma sapere di avere voi: Lee con il suo cavolo di “spirito della giovinezza” e te, con i tuoi suggerimenti burberi, mi bastav-»
«Ten’, basta.»
«No! Adesso mi lasci finire, dato che sembro essere l’unica a riuscire a parlare. Tu non dicendomi la verità, non mi hai solo illusa. Mi hai messa da parte, come se con me ti fossi arreso…»
Lo Hyuuga non se la sentì di interromperla, sapeva che quel momento di pausa le serviva per prendere fiato. Concentrarsi su quello che voleva dire e inondarlo nuovamente con tutti quei sentimenti candidi, che avevano lo strano potere di spiazzarlo.
Ripercorse con la mente l’anno passato insieme a Lee e lei. Il primo l’aveva accettato come amico e rivale principalmente perché era talmente sfacciato per non poter nascondere di voler essere suo amico solo per altri scopi, lo stesso discorso valeva per l’altra solo che la sfacciataggine veniva sostituita dall’ingenuità. Tenten si era sempre impegnata a vedere la sua parte migliore, riprendendolo quando diventava troppo arrogante e complimentandosi con lui quando se lo meritava. Quella premura genuina che aveva nei suoi confronti, a poco a poco aveva fatto sì che la idealizzasse ad amichetta debole. Non ricordandosi il suo animo combattivo. Così si era sentito in colpa di doverle dare un’altra delusione e, l’aveva sminuita.
«Quella che tu hai giustificato come attenzione nei miei confronti, era una chiara dichiarazione che non mi consideravi allo stesso vostro livello.» tornò a parlare Tenten, riprendendo il filo dei pensieri in cui si era perso Neji, il quale riconobbe in quegli occhi marroni che finalmente aveva aperto – e lo guardavano senza nessuna vergogna -, la grinta che aveva dimenticato possedesse.
La ragazza smise di agitarsi e si appoggio a lui con tutto il corpo, con i palmi aperti sul suo torace: un gesto muto che voleva chiedere scusa per tutta quella violenza con cui lo aveva investito durante la propria sfuriata. «Non sono così fragile. Sai anche tu che so accettare le critiche, oppure me ne frego direttamente. Però sapere che voi non mi consideraste più una vostra “pari”, mi ha ferita… tanto
Nonostante l’ultima frase fosse al plurale, Neji capì che era diretta a lui, perché lei sapeva che era stato lui a convincere Lee a non dire nulla. Una freccia dritta in pieno petto, proprio dove poggiava la fronte corrucciata di Tenten che non aveva nemmeno pianto durante tutto il proprio monologo. Lei era una ragazza forte, più forte di Lee che a quel punto avrebbe aperto i rubinetti mettendolo in una situazione imbarazzante. Solo che con lui avrebbe saputo come reagire, mentre in quel momento si era limitato a tenere le braccia lungo il busto e il volto dritto davanti a sé e, ovviamente proprio in quel momento il loro amico dalle folte sopracciglia cominciò a sbracciarsi con il chiaro intento di fargli capire che Naruto e Kiba aveva finito di intrattenere Jugo e che quest’ultimo stava cercando Tenten.
«Tornando a noi… – l’afferrò per le spalle e la distanzio da lui – Ti prego di fare attenzione a Jugo.» concluse scivolando di lato e recuperando la propria borsa e porgere l’altra, alla ragazza.
«Nient’altro?»
«Nient’altro.»
♦♦♦
Parlare a sproposito e farsi sfuggire frasi che potevano essere facilmente fraintendibili, era un piccolo difetto che Tenten sapeva di avere e ovviamente, aveva passato tutta la mattina dopo la discussione con Neji a chiedersi se il ragazzo non avesse in qualche modo frainteso le sue parole. Non si erano nemmeno salutati. Lui aveva preso la sua roba e si era incamminato da solo verso l’uscita dell’istituto scolastico, quasi arrabbiato.
Scosse violentemente la testa, al solo pensiero che le sarebbe bastato un “Lo so.” ad un “Hai ragione.” per risolvere tutto. Per la miseria, si era smollata tutto il groppo che aveva in gola e lui non aveva detto nulla, si era limitato ad ascoltarla in silenzio – chiaro segnale che tacitamente era d’accordo con tutto quello che usciva dalle sue labbra. Ma Tenten era donna e, come tale, amava complicare le cose e riuscire a scucire a Neji un’ammissione di colpa, sarebbe stato un vanto personale. Di cui non avrebbe mai parlato, certo, ma che avrebbe custodito come uno dei momenti più memorabili della sua vita.
«O stai ferma, o ti puntello alla sedia. Fai tu!» la avvertì Ino, muovendo il pennello per aria e guardandola esasperata. Si era offerta di renderla presentabile, ma non credeva che si sarebbe rivelata un’impresa titanica.
«Scusa Ino…» sussurrò, immobilizzandosi con la schiena dritta e gli occhi chiusi con talmente tanto sforzo, da sembrare saldati con la fiamma ossidrica.
«Stai più rilassata. Altrimenti qui l’ombretto mi viene a righe.» la rimproverò dolcemente per poi tornare a stendere il cosmetico sul volto dell’amica. La Yamanaka recitò un mantra per convincersi a trattenersi dall’ucciderla non appena ella cominciò sbattere il piede sul pavimento, poichè poteva benissimo capire il provare una certa ansia per la prima uscita in solitaria con un ragazzo.
«Ino…»
«Mmmh.»
«Ti… ti è mai capitato che qualcuno interpretasse le tue parole come una dichiarazione?» domandò Tenten non riuscendo più a trattenere la curiosità e speranzosa di trovare un qualche conforto nel parere dell’amica – molto più esperta di lei in materia.
La bionda sorrise divertita e avvertendola che poteva riaprire gli occhi, cominciò a svitare il tubetto di rimmel che aveva preventivamente preparato sulla scrivania. «Che hai detto a Jugo?»
«Io? Nu-Nulla! – si agitò punta sul vivo, pensando a come poter deviare il discorso – Pensavo che magari Jugo, oggi mi potrebbe dire qualcosa e io, forse potrei venire fraintesa.» improvvisò, tornando immediatamente immobile sotto minaccia dell’occhiataccia omicida dell’amica.
«Cazzo come sei sicura di te! – la pungolò mentre cercava di dare un colore più intenso alle ciglia dell’amica – Ad ogni modo, io non ho mai detto nulla di esagerato a nessuno. Anche perché non ho mai provato nulla per nessuno, quindi sarebbe stato contro conducente illudere qualcuno solo per la possibilità di una seconda uscita.» le spiegò brevemente Ino.
«Non ti facevo così fredda e distaccata. Io a Lee e Neji, soprattutto a Lee, ho detto sempre di volergli bene.»
«Tralasciando il fatto che io non sono aperta e affettuosa come te. Posso dirti che, sì, a Choji e Shikamaru gliel’ho detto. Cavolo con loro ci sono cresciuta! Alla fine è normale. – affermò ridendo, per poi tornare seria e alzare un sopracciglio. Tenten non capì se per la concentrazione che stava impiegando o se per il segreto che stava per confessarle – Shikamaru, l’ho pure baciato.»
«Cheeee??!»
«A stampo e a puro scopo formativo. Lui diceva che le donne non facevano per lui e io volevo farlo ricredere. Fine del discorso.» tagliò corto Ino, troppo imbarazzata nell’evocare certi ricordi e dagli occhietti curiosi e inteneriti dell’amica.
«E lui non si è arrabbiato?» tornò a domandare Tenten, sollevata dal fatto che un bacio andasse ben oltra al dichiarare ammirazione ad una persona, quindi che potesse dargli uno spunto per capire lo strano comportamento di Neji.
Ino doveva averla presa sul personale, perché alla velocità della luce aveva richiuso il mascara ed era salita con i piedi scalzi sul letto e cominciando a far scendere e salire le mani sulla propria silhouette. «Arrabbiarsi? Lui poteva esserne solo lusingato. Cioè mi hai vista?! Sono il migliore primo bacio che potesse avere. – si elogiò, continuando con quella messa in scena per cinque minuti buoni – Comunque no. A dire il vero è rimasto impassibile e poi è tornato tutto come prima. Perché mi conosce e sa che quando mi viene proposta una sfida, non mi tiro mai indietro.» concluse la bionda, riavvicinandosi al tavolo con l’intenzione di rifare sull’occhio sinistro lo stesso perfetto lavoro, che aveva fatto su quello accanto.
Tenten, ovviamente più confusa di prima, decise di stare zitta evitando di instaurare così qualche dubbio, continuando in solitaria a spremersi le meningi per capire perché Neji se ne fosse andato via quasi alterato.
 
«Sei veramente carina.» si complimentò Jugo, facendo scivolare un braccio sulle sue spalle e stringendosela accanto. Senza abiti sportivi e tute varie, era seriamente bella.  Sinceramente non credeva nemmeno che Tenten sapesse cosa fosse una minigonna, infatti sotto vi aveva abbinato dei fuseaux lunghi fino al ginocchio. Però era un buon inizio.
La ragazza si era limitata a rivolgergli un sorriso di cortesia. Non si sentiva a suo agio con tutto quel mascherone che aveva in faccia. Ino le aveva promesso di non esagerare, però quando si era guardata allo specchio si era spaventata non riconoscendo il proprio riflesso.
«Sembri una bambolina.» ammise Jugo, abbassando per un momento lo sguardo e poi allungando una mano verso il ciuffo di capelli che terminava la treccia che le ricadeva sulla spalla.
Tenten sussultò per un attimo, ricordandosi che lui faceva sempre così prima di baciarla. Aveva un chiaro ricordo di Jugo che giochicchiava sempre con i laccetti della felpa, approfittandone per avvicinarsi e bloccarla ulteriormente sul posto con quegli occhi magnetici. Strinse di impulso l’orsetto rosa che le aveva regalato con i ticket vinti nella sala giochi in cui avevano trascorso il pomeriggio.
Lo aveva considerato un gesto molto dolce e romantico, nonostante continuassero a ronzargli in testa le parole che le aveva riferito Neji e sì, doveva ammettere che ad un certo punto si fosse spaventata. Solitamente lei era molto competitiva, soprattutto negli slot che permettono di fare a gara a chi fa più canestri. Inutile dire che per un paio di volte era riuscita a batterlo – di un’esile differenza per giunta –, ma proprio dopo la seconda vincita si era accorta dello sguardo infastidito che cercava di nasconderle e, subito aveva cominciato a sbagliare apposta. L’espressione scura e la mascella serrata, l’avevano messa in soggezione, dunque aveva dato la colpa all’ego maschile e all’offesa personale nell’essere battuti da una donna.
Si erano baciati altre volte, dopo quella al negozio. Sempre in quella maniera senza pretese, giusto per il desiderio di entrare maggiormente in contatto con quello che ti stava davanti. Comunque, nonostante fosse un attimo piacevole, ogni volta si agitava davanti quella richiesta così esplicita.
«Vedo che lo hai apprezzato.» sussurrò Jugo a pochi millimetri dalle labbra di lei, intanto che le sue mani le avevano accarezzato per tutta la lunghezza le braccia per poi fermarsi sui polsi rigidi delle mani.
«È molto morbido.» commentò Tenten, arrossendo ogni secondo di più che il ragazzo le fissava le labbra senza avvicinarsi.
Jugo increspò le labbra in un ghigno compiaciuto e dopo ancora qualche minuto di attesa estenuante, eliminò la distanza che lo separava dalla mora. Assaporò il sapore di ciliegia delle labbra di lei e fece risalire le mani sino alla sua vita, stringendola maggiormente a sé e costringendola ad allacciargli le braccia dietro al collo per mantenere l’equilibrio. Quel contatto comunque durò poco, infatti Tenten approfittò del primo momento in cui si staccarono per riprendere fiato, per interromperlo allontanando dolcemente le mani di Jugo dal proprio corpo.
«Ten… esattamente cosa pensi ci sia tra noi due?» domandò il pel di carota, tirandosi indietro i capelli con la mano destra e alzando il viso verso il cielo grigio. Era a conoscenza della risposta a quel quesito, ma si era imposto di porgliela ugualmente, solo per poter trovare la motivazione a perseguire il piano che si era imposto ad inizio anno. Era chiaro come la luce del sole che fosse innamorata persa dello Hyuuga, ma sembrava che gli unici ad essersene accorti fossero lui e Kimimaro. Nemmeno Tenten sembrava rendersene conto, eppure almeno una volta saltava sempre fuori nei suoi discorsi e non bastava darsi della stupida e mordersi le labbra per cancellare il fatto di averlo nominato.
Neji le affollava la mente più di Lee e, sicuramente, nella sua ingenuità aveva attribuito quella presenza al fatto che fosse stato l’unico a non cercare di riappacificarsi con lei.
La ragazza abbassò lo sguardo, rammaricata da tutta quella situazione e colpevole gli porse l’orsetto che le era stato regalato. A due mani e con gli occhi chiusi, come se fosse un mazzo di fiori con tanto di bigliettino di scuse. «Mi spiace, se magari ti ho illuso. – sussurrò con voce incrinata – Tu… sei veramente un bravo ragazzo ed io, solo una stupida che credeva che un paio di baci, seppur belli, potessero farmi provare quello che tu provi per me. Volevo veramente poterti ricambiare, ma a quanto sembra sono asessuata. Cavoli sei anche un bel ragazzo e, nonostante tutta ‘sta roba io non riesco a lasciarmi andare.» terminò indicando sommariamente con un indice, il corpo massiccio e muscoloso di Jugo.
Quest’ultimo dopo aver corrucciato la fronte e abbassato le sopracciglia tra il sorpreso e il perplesso, scoppiò a ridere. Dando anche una pacca potente sulla schiena di Tenten, dimenticandosi per un momento che fosse un essere femminile e, in quanto tale, delicato.
«AHI.»
«Scusami! Scusami tanto! – chiese perdono Jugo, cominciando a fare dei respiri profondi per calmarsi – Mi aspettavo tutto tranne un complimento!» chiarì il ragazzo, facendo arrossire in un nano secondo Tenten che tentò di coprirsi il volto andando a giocare con i ciuffi della frangia.
«Allora che pensavi ti dicessi?» borbottò cercando di direzionare l’attenzione su qualche altro argomento.
«Ovviamente che non fossi il tuo tipo! Ma da questo a dichiarare che ti credi una donna senza libido, ce ne vuole. – la riprese quasi con cattiveria, poi notando la sua espressione offesa decise di aggiungere – È solo perché sei alla tua prima esperienza. Il fatto che ci rimugini troppo sopra, ti blocca.»
Tenten cominciò a riflettere sulle parole che le aveva appena rivolto. Effettivamente non si godeva nemmeno il bacio per quanto ci ponderava sopra, come poco prima, era troppo presa a domandarsi quando il movimento della lingua dovesse essere veloce per non recargli disturbo che si era ritrovata a ricambiare come un automa senza emozioni. Oppure la volta prima, quando aveva avuto quasi la tentazione di baciarlo, dopo che le aveva portato la borsa per metà strada ma non aveva agito perché troppo preoccupata di come avrebbe reagito lui.
Quella ipotesi poteva essere una giusta alternativa al continuare a pensare che Jugo, non fosse quello giusto per lei.
Si allungò verso di lui, ma tornò subito a poggiare tutta la pianta del piede pavimento impensierita dal fatto che quella scusante, non andava per nulla a spiegare la sua agitazion-
«Vedi? Ci stai ancora pensando troppo. – attirò la sua attenzione Jugo, sfoderando una voce roca capace di far svenire anche la più frigida delle donne – Io sono qui che non mi sono mai negato a te e, tu ti domandi ancora se mi sottrarrò.» l’accusò, piegandosi nuovamente verso il suo volto e sfiorandogli le guance con i palmi delle mani.
«Lasciati andare e… lasciami fare…» mormorò prima di catturare le labbra della ragazza con le proprie.
“Anche se la luce nei tuoi occhi non mi convince?” avrebbe voluto rispondere Tenten, se non fosse stato che si era dovuta adattare ad una novella realtà: nuova perché non abituata a sentire le mani di Jugo scendere ad accarezzarle il collo, le spalle soffermarsi per qualche secondo sulla schiena e poi continuare la loro discesa fino ai fianchi, dove si fermarono; piacevole come le labbra di Jugo che dopo avergli sospirato sulle proprie un “fidati di me”, si erano andate a posizionare sul suo collo succhiandolo inizialmente e poi concedergli qualche umido bacio, costringendola a sopprimere un gemito sorpreso.
Jugo sorrise compiaciuto sul suo collo, per quel lamento così femminile unito alle sue mani strette alle estremità esterne della felpa. Riprese nuovamente possesso della sua bocca, questa volta socchiusa per il respiro affannoso e fece incontrare le loro lingue, coinvolgendola in una breve danza che venne subito sostituita dal proprio succhiare avido quelle labbra rosse e gonfie, mentre le sue mani percorrevano nuovamente il percorso precedente.
Fu quello il momento in cui la Tamura entrò in contatto con una più dura realtà, che premeva contro la sua coscia e che con le mani era giunta a toccarle l’elastico del suo reggiseno. Con un immenso sforzo riuscì a puntellare le proprie mani sul petto di Jugo – che si stava stringendo a lei come fosse un pitone –  per scagliarlo con tutte le forze che aveva lontano da lei. Come previsto e, nonostante tutta la potenza impegnataci, quella montagna si era allontanata solo di un paio di passi.
«Mi dici che ti prende? Mi sembrava ti piacesse!» le urlò contro, cambiando completamente la propria espressione in una più dura e maligna.
«Ti… Ci stavamo lasciando andare un po’ troppo.» rispose seria, sfidandolo con lo sguardo. Con chi credeva di avere a che fare, con una mammoletta con cui se facevi la voce grossa, si pentiva e ti concedeva tutto quello che volevi?
«Io stavo cominciando a scaldarmi, dato i tuoi soliti bacetti glaciali! Mentre tu… – la indicò con un grosso indice accusatorio – a mala pena cominciavi a rilassarti. E, ciliegina sulla torta, appena cominci ad avere il respiro corto, illudendomi di poter avere qualcosa di più, ti tiri indietro. Manco fossi la peggiore delle puttane.» le fece notare, calciando lontano quel peluche rosa che aveva avuto l’ardire di regalarle.
Tenten raggelò sul posto. Da dove cavolo l’aveva tirata fuori tutta quella rabbia repressa, possibile che se la fosse presa tanto perché lei non gli avesse concesso di andare in seconda base? Effettivamente Ino l’aveva avvisata che i ragazzi tendono a ragionare maggiormente con il loro mini-me, in determinate occasioni, ma questo non andava a giustificare il suo comportamento. Insomma, le aveva sempre detto che avrebbe atteso i suoi tempi. Il discorso cambiava quando si entrava in ambito tette e culo – se non altro?
«Non credi di star esagerando? Cioè, siamo appena riusciti ad uscire da sol-»
«No! Non sto esagerando! E sai perché lo so? Perché qualcuno in tre mesi di sbaciucchiamenti vari, non ha mai osato avvinghiarsi a me, o per lo meno ad abbracciarmi con è successo con Neji! – sputò acido, sventolando le mani per aria e beandosi della sua espressione stupita –  Si, cara la mia Tenten. Ho visto come ti sei stretta a lui l’altro giorno e so bene anche quanto lo Hyuuga sia restio a determinati slanci affettuosi! Quindi perché con LUI, quello che ti ha tradita, ti esponi e ti avvicini mentre a ME, quello che ti è stato accanto nell’ultimo periodo, non mi hai mai abbracciato durante una fottutissima uscita o un cazzo di bacio?!»
Pronunciando ad alta voce quelle parole e assimilandone il significato, l’incazzatura – che prima era stata forzata solo perché aveva trovato in quel rifiuto il pretesto per portare a termine il suo piano – era aumentata drasticamente e con tutto quel nervosismo in circolo gli venne automatico cominciare a rollarsi uno spinello.
Tenten rimase ad osservarlo per tutto il tempo, impietrita sul posto a darsi della stupida per non aver seguito il consiglio di Neji che per ironia della sorte era stato la ragione per la quale, aveva finalmente acconsentito ad uscire con Jugo. Ormai non sapeva nemmeno più cosa volesse provare all’amico, troppo preoccupata a ripassare mentalmente tutto quello che le aveva detto.
“Droga e pestaggi” insieme agli aggettivi “scorbutico e violento” erano i concetti che continuavano a vorticargli davanti agli occhi, incarnati direttamente da quel ragazzo che non somigliava per niente a quello dolce con cui era uscita nell’ultimo periodo. Nuovamente il terrore che l’aveva presa prima, durante i tiri a canestro, si impossesso di lei, ma in una forma molto più preoccupante rispetto quella precedente. Non c’entrava niente l’orgoglio maschile, a quel punto si trattava di un ragazzo che per contenersi aveva cominciato a fumare… e non una sigaretta.
«Cos’ha quello più di me?»
«Credo che andrò a casa.»
Jugo prontamente l’afferrò per un polso e la tirò verso di sé. Riprese a baciarla con foga, durezza su quelle labbra che lei teneva serrate e gettando a terra il mozzicone quasi terminato, riprese a tastarle il corpo. Non aveva valutato che Tenten non si sarebbe limitata a reagire a quella violenza, solo dimenandosi.
Così, qualche secondo dopo si ritrovò con le gambe leggermente flesse e la mano sinistra premuta sul cavallo dei pantaloni, nel punto in cui aveva ricevuto la ginocchiata. Trattenne malamente un paio di colpi di tosse e tirò su il capo, per poterle inviare lo sguardo minaccioso che riservava a tutti quelli che si rifiutavano di pagare perché a loro detta “la roba è di pessima qualità”.
Com’era immaginabile, quella sola occhiata bastò per farla tremare sul posto ma non le diede il tempo di recuperare la borsetta che le era caduta che subito – con uno sforzo immane, dato il dolore lancinante dove non batte il sole – riuscì ad afferrarle nuovamente il braccio e voltarla verso di lui.
Poi la colpì.
♦♦♦
Il weekend era passato velocemente. Era riuscito a glissare le domande circa il suo dialogo con Tenten con un semplice “Ho fatto del mio meglio. Non credo di essere riuscito a convincerla” e Lee, non gli aveva chiesto niente circa la maniera in cui li aveva scorti quando lo aveva avvisato dell’imminente arrivo di Jugo. Gli era andata veramente bene e, si era potuto godere un paio di giorni di relax e studio in preparazione della verifica della terza ora.
Avrebbe continuato ad andare tutto per il meglio, se non fosse stato che durante l’intervallo che divideva le due ore di matematica da quella di storia, il coach non lo avesse intercettato per ordinargli di andare a recuperare delle cartelle dentro il suo armadietto in palestra. E quello che dice Morino è LEGGE.
Ed eccoci spiegati perché ora si trovava appiattito contro il muro che separava la stanza del docente, da quella dello spogliatoio maschile, dove due persone di cui aveva subito riconosciuto la voce, se ne stavano parlottando allegramente. Un po’ tanto allegramente, dato l’odore indistinguibile di canna che aleggiava nell’aria.
«Quindi lo Hyuuga era andato dalla Tamura per avvertirla sul mio conto?»
«Sì. Ho sentito confabulare Naruto e Kiba prima che ti placcassero all’uscita, poi non sono riuscito ad avvisarti perché sono stato preso totalmente da Ino. Fortuna che sono riuscito a prendermi l’ultimo bacio, perché appena saprà cosa hai fatto all’amica, non vorrà più vedere nemmeno me.»
«Che pessimo tentativo! Tanto alla fine, con me ci è uscita!»
«Te l’ha chiesto pure lei!»
«Infatti! – tossì per qualche istante – Peccato averle rovinato quel bel visino.»
«Pensandoci però questo ti aiuta maggiormente. Se oltre a Tenten e Lee, voltano le spalle a Neji tutti i suoi amichetti perché cominciano a pensare che in realtà non l’abbia avvisata su di te, la batosta che riceverà sarà triplicata! Poi senza tutte quelle persone che lo sostengono e i suoi migliori amici che non tifano più per lui alle partite, vedi come si ritirerà più velocemente dal club.»
«Questa volta la fortuna mi ha baciato e anche con passione! Ciao ciao “caro” Hyuuga!»

Neji per poco non fece cadere le cartellette che aveva in mano. Un complotto. Quelli stavano progettando di farlo fuori, senza nemmeno scomodarsi di affrontarlo faccia a faccia. Nemmeno gli avesse mai fatto qualcosa! Si era sempre impegnato per dare il meglio di sé per la squadra.
Controllo l’orologio appeso alla parete e notando che mancava poco al termine dell’intervallo, decise che fosse meglio svignarsela prima che quei due lo scoprissero ad origliare. Non che non volesse venire a capo di quella faccenda, ma principalmente perché doveva riuscire a pianificare un modo per rendergli pan per focaccia. Senza contare che doveva pure andare a controllare Tenten per appurare la veridicità di quella conversazione e, in caso, sperare che Rock Lee non lo venisse a scoprire prima che lui avesse in mano una teoria da esporgli.
 
Quel giorno aveva fatto il possibile per evitare qualsiasi contatto con i propri amici. Ino, l’aveva liquidata dicendole che l’appuntamento con Jugo non era andato come pensava, mentre Lee quel giorno non si era fatto vedere. Per quanto riguardava la chiazza violacea sulla guancia, l’aveva giustificata con una corsa sulle scale di casa terminata con un terribile capitombolo. Classico e mai fuorimoda.
Tenten guardo verso l’alto stringendo tra le mani giunte un piccolo astuccetto, ringraziando i Kami che per una volta avevano buttato un occhio nella sua direzione. Qualche secondo dopo, lo stesso gesto venne rimpiazzato da una imprecazione, perché aveva pensato troppo presto di essere riuscita a salvarsi da domande inopportune.
Al suono dell’ultima campanella si era diretta nell’ala sud, quella in fase di costruzione – da anni, stando ai commenti dei compagni più grandi – e quindi poco frequentata. Come si poteva immaginare, i bagni in quella zona, venivano puliti nella migliore delle ipotesi una volta al mese, quindi tutti li sdegnavano perché pullulanti di microbi.
Sinceramente a lei bastava che non ci fosse in giro nessuno e, avere uno specchio a disposizione. Il resto non lo avrebbe sfiorato nemmeno con tre paia di guanti di gomma.
Fu proprio per quel piccolo particolare che non si immaginava proprio di incontrarvici Neji, poggiato con la schiena alla porta gigante del bagno dei disabili, con le braccia conserte e gli occhi chiusi. Ottimo! Era andato lì apposta per rinfacciarle di avere ragione.
La mora lo superò senza esitazione, solo nel momento in cui l’aveva scorto aveva pensato di incamminarsi nella direzione opposta.
Lui non aveva accennato nessuna parola, nonostante avesse sentito l’aria muoversi accanto a lui e l’inconfondibile odore di cloro che emanavano i vestiti di Tenten.
Quest’ultima, come da programma, si era posizionata davanti l’enorme specchio con l’astuccio aperto nel lavandino sottostante ed i tre trucchi in croce che si era portata dietro, sparsi tutti attorno. Aveva cominciato a passarsi i cosmetici sul volto, facendo finta di non sentire la presenza di Neji, nel tentativo di concentrarsi sulla giusta applicazione di quei prodotti che erano stati creati in un universo totalmente estraneo al proprio.
«Fa molto male?» si decise a domandare il ragazzo, saltando tutti i convenevoli come “ciao!” e “come ti butta?”.
«Sono scivolata sulle scale.» rispose Tenten, ponendosi subito sulla difensiva come se mentire avesse potuto far ricredere Neji sul reale motivo si stesse truccando per tornare a casa.
Lo Hyuuga, per una svariata sfilza di ragioni che slittavano dal fatto che lei potesse sentirsi impotente e segnata dalla brutta fine della sua prima storia, al fatto che fossero soli, si impose un atteggiamento più gentile. Il qualche comportava – con grande sorpresa nello stesso ragazzo – anche delicati contatti fisici. Infatti con un po’ di rigidità le si era avvicinato e posandole una mano sulla spalla l’aveva delicatamente costretta a girarsi nella sua direzione e, ponendo pollice e indice sotto il suo mento, aveva cominciato a valutare con occhio clinico l’entità del danno.
Esterrefatta da tanta audacia, Tenten cominciò a scrutare il volto dell’altro cercando di carpirne i pensieri e le motivazioni che lo portassero a tutta quella vicinanza. Scorse solo la sua solita espressione seria e scrupolosa.
«Su questo taglio devi evitare di metterci su il trucco. – le consigliò serio, inumidendo una salvietta di carta con la mano libera –È meglio se lo lasci guarire da solo e a contatto con l’aria. Tanto la saliva è un ottimo disinfettante.» terminò cominciando a tamponarle delicatamente l’angolo del labbro, per eliminare i residui dei prodotti che aveva appena utilizzato.
Tenten si abbandonò alle sue cure, evitando il contatto con i suoi occhi grigi, preferendo concentrarsi sul mento del ragazzo. Solo quando sentì la mano che prima aveva sotto il mento, spostarsi per andare a scostarle i capelli che aveva lasciato tatticamente sciolti per coprire ulteriormente la guancia sinistra, si decise a guardarlo. Perplessa, ma lo guardò. Incontrando la solita espressione impassibile – che per un momento divenne sorpresa, poi infastidita e nuovamente atarassica – quando con lo sguardo si soffermò a scrutarle il collo.
Due macchiette quasi ovali, spiccavano sulla pelle olivastra della ragazza a causa della loro colorazione rossa, facendo storcere per un nano secondo il naso a Neji, che non aveva nessuna ragione valida per sentirsi disturbato da quel segno che sanciva l’appartenenza di Tenten a quell’animale – perché non poteva essere umano un uomo, che si definisce tale ma poi ha il coraggio di picchiare una ragazza.
«Cosa volevi dimostrare uscendo con lui? Bello il ricordino che ti ha lasciato sul viso.»
«Perché dai subito la colpa a lui? Magari non ci sono nemmeno uscita!»
«Uno: ti avevo avvertita delle voci che circolavano su di lui. Due: l’ho sentito raccontare divertito di come ti ha sfregiata. Tre… –– fece scivolare la mano che prima aveva tra i suoi capelli per indicare sul proprio collo, i punti a cui stava per fare riferimento –esattamente lì hai due succhiotti. Quattro: tu e Lee siete sempre stati dei pessimi bugiardi.» espose Neji, tirando su un dito per ogni argomentazione che aveva portato a suo favore.
Era stato tutto perfetto fino a quel momento, poteva anche abituarsi a quel lato suo lato premuroso ma, non aveva preso tempo per smentirsi. «Avevi ragione! – gli urlò contro Tenten – È per questo che sei venuto, giusto? Adesso puoi anche andare.»
A quel punto Neji si contrariò molto. Non poteva sopportare il fatto che nella mente della ragazza fosse dipinto come un saccente, quindi parlo di impulso, senza pensarci accuratamente sopra: «Ero venuto per vedere se stessi bene. Non sono uno stronzo senza cuore, come ti ostini a pensare.»
La Tamura rimase con la bocca semiaperta e gli occhi sgranati. Per un attimo, Neji, le era sembrato così vulnerabile da farle tenerezza per poi tornare ad indossare ostinato la sua machera di superiorità.
«Ti ha fatto altro?»
L’altra fece qualche passo indietro e dopo essersi alzata la maglietta che ora teneva per un lembo con la bocca, cominciò a sfilarsi la canottiera dai pantaloni finchè con un gesto secco non alzò anche quella fino al reggiseno sportivo su cui svettava il logo inconfondibile dell’azienda Hyuuga.
Neji non rimase turbato da tutta quella confidenza della ragazza, non era mai stata particolarmente pudica nel farsi vedere in intimo o costume, quindi con naturalezza cominciò a squadrarla e notò un altro livido accanto all’ombelico.
«Prendi questa. – fece cominciando a curiosare nel proprio zaino alla ricerca di qualcosa – La uso quando a Judo mi faccio male.» affermò porgendole un tubetto di crema, che aveva sempre con sé in caso di necessità.
«Grazie.» gli sorrise Tenten, accettando quel suo pensiero, per poi aprirlo e cominciare a stenderne una piccola dose sulla pancia.
«Mi raccomando usalo solo un paio di volte al giorno.»  l’avvisò per poi soffiare dal naso attendendo che finisse di spiattellarsela sulla pancia. Aspettava che lo guardasse negli occhi, per poter riferirle l’ultima cosa che si era imposto di dirle.
Tenten incuriosita dal silenzio che era calato in quella stanza, si sistemò velocemente i vestiti per poi richiudere la crema e, mentre si accingeva a riporla nel proprio zaino, si voltò verso Neji. Quasi le venne da sorridere rivedendolo con quelle sopracciglia corrugate e la bocca storta, che le ricordavano l’espressione indifesa che aveva scorto qualche minuto prima.
«Avrei dovuto ascoltarti. – sorrise cercando di allentare la tensione – Mi spiace.»
L’annuire convinto e consapevole di Neji, fece tranquillizzare la Tamura, che stava cominciando a preoccuparsi di tutte quelle accortezze nei suoi confronti che andavano a sostituire la sua stoicità. Comunque, mancava ancora qualcosa.
«Adesso tu dovresti dire: “Sono della tua stessa opinione” o “Dovevi sbatterci la testa contro per capirlo?!”» lo esortò lei, imitando la sua postura studiata ed elegante, mentre con la voce faceva una pessima imitazione di quella dell’altro.
Lo Hyuuga abbozzò un sorriso e tornò a guardare il pavimento, indeciso. Estremamente indeciso.
«Okay… – fece lei alzando le mani – se proprio vuoi essere brutale puoi optare per un “Te l’avevo detto” o “Fai bene a dispiacertene”» scherzò la ragazza, tirando fuori le peggio battute che gli stronzi della situazione dovevano dire per apparire ancora più stronzi e megalomani – che somigliavano molto a quelle che era solito dire il Neji Hyuuga che aveva conosciuto quando faceva la prima superiore.
«Tenten… – “in realtà Jugo stava con te perché voleva arrivare a me” formulò mentalmente mentre l’altra continuava a mettergli parole in bocca, con la quell’espressione spensierata che non gli rivolgeva più da molto – Dispiace anche a me.» sussurrò compatendosi internamente per quella caduta di stile e segnando quel giorno come quello in cui una donna aveva avuto la meglio su di lui. Però non averle rovinato quel sorriso che aveva stampato in volto – che si era notevolmente allargato dopo quelle scuse campate dal nulla –, ne era valsa la pena.
♦♦♦
Il nuoto è uno di quegli sport in grado di farti rilassare. Sentire l’acqua che ti scivola addosso è una sensazione bellissima, sembra di sguazzare dentro un’ampia gonna di seta: morbida, fresca e cullante.
In acqua ti senti veloce, infermabile, potente perché nel tuo piccolo riesci a fendere con delle semplici bracciate quell’elemento naturale cha a molti mette paura. Anche quella era un’emozione che piaceva vivere a Tenten. Quando si immergeva e cominciava a nuotare con la pancia che sfiorava le piastrelline azzurre del fondale e a corto di fiato, cominciava quella corsa contro il tempo per raggiungere l’aria. L’adrenalina pulsava a mille e la boccata d’aria che riuscivi a prendere, ti faceva sentire viva più che mai.
Quel giorno però, la ragazza non era in vena di emozioni relativamente intense. Preferì concentrarsi sulla tabella di allenamento che le aveva prescritto con tanto impegno Rock Lee, plastificandola anche in modo da non rovinarla con gli schizzi d’acqua.
È possibile dunque immaginare, lo stato in cui verteva il fisico di Tenten – che seppur allenato – aveva dovuto fare i conti con diciotto tipi diversi di stretching, per riscaldare il corpo al meglio prima di entrare in acqua e, in seguito un programma composto da una cinquantina di vasche per ogni stile diverso, da dividere in cinque serie miste con una pausa di un minuto e mezzo tra queste. Un suicidio.
No. Non si era rilassata quel giorno, anzi era uscita dalla piscina olimpionica, con la speranza di trovare un poco di ristoro in una bella e lunga doccia calda. Manco farlo apposta, proprio nel momento in cui aveva appena finito di insaponarsi i capelli, la madre di una delle bambine che aveva intravisto al corso di nuoto nella corsia accanto alla sua, le aveva fatto notare che il proprio cellulare continuava a suonare da dieci minuti buoni e si era stufata di sentire quell’orribile ranocchia che aveva impostato per suoneria.
«Ino! Mi vuoi spiegare che succede… – la stessa donna di prima le fece notare di abbassare il tono di voce – che succede di così urgente.» terminò di parlare abbassando inacidita la voce e tamponandosi i capelli che aveva dovuto sciacquare in fretta e furia. I Kami ce la scampino che qualcuno – inviò un’occhiataccia alla donna che aveva cominciato a leggere il proprio giornale di gossip –  venisse interrotto durante il proprio momento di attesa.
>Neji si è ritirato dal club di pallavolo. E anche Lee ha presentato richiesta. L’ho sentito dire oggi da un compagno di classe di Sasuke e Shikamaru, mi sembra si chiami Kido… Kidom- 
«Kidomaru! Sai perché l’hanno fatto?» domandò diretta, evitando di soffermarsi sul tono melenso con cui aveva pronunciato il nome della sua cotta storica: Sasuke.
>Ci stavo arrivando! Oggi mentre raggiungevo il giardino interno dopo l’ora di teatro, a proposito questa ultima lezione è stata veramente commuovente. La prof ci ha fatto un discorso emozionante dicendoci che anche che se verrà trasferita in un altro istituto l’anno prossimo, ci porterà sempre nei nostri cuori e…
«Ino??»
> Oh, scusa! Kidomaru stava parlando del fatto che Jugo fosse sbottato e avesse cominciato ad aggredire Neji e di come Lee sia accorso in suo soccorso. Però non devi preoccuparti, sembra che nessuno si sia fatto troppo male!  
«E sei riuscita ad origliare il motivo di tutto questo?»
> A dire il vero quei due si sono concentrati a ridere della parte in cui Rock Lee si è messo tra Jugo e Neji urlando “Sei sicuro di volerti scontrare con lui e questi addominali che la giovinezza mi ha concesso?!”
Tenten non riuscì a non scoppiare a ridere insieme all’amica sentendo l’imitazione del tono energico dell’amico e, non smise nemmeno quando la stessa buona donna di prima, le consigliava con un cenno della mano un poco di decoro. A quel punto rise più forte e salutò l’amica, con la scusante di doversi andare ad asciugare i capelli. Invece cercò velocemente nella rubrica il numero del suo vecchio compagno di classe, quello che era stato bocciato nonostante gli avvertimenti degli insegnanti circa la media scolastica, a suo rischio e pericolo di essere escluso dalla squadra di pallavolo.
Il cellulare fece una decina di squilli, prima che si degnasse a rispondere: «Pronto, Kidomaru?! Ciao sono Tenten! Ascolta, vorrei sapere un paio di cose…»
 
La chiacchierata con Kidomaru, era stata fin troppo pregna di particolari. Da quello che aveva capito, lui era un acquirente di Jugo e – in quel momento era in piena fame chimica, quindi si scusava se parlava mentre mangiava – si sentiva sentitamente in colpa per non averla avvertita delle intenzioni che il ragazzo avesse nei suoi confronti, non appena era riuscito ad origliare la sua conversazione con Kimimaro. Per quella ragione, le aveva raccontato del perché Jugo si fosse avvicinato a lei e, di come avesse messo in preventivo di farla soffrire per allontanarla (insieme a Lee) da Neji e, costringerlo per forza di cose ad abbandonare la squadra. Il suo informatore le aveva spiegato che Jugo era geloso che lo Hyuuga gli avesse soffiato il posto di prediletto del coach, attribuendo quella sua ascesa al fatto che provenisse da una buona famiglia e che fosse avvantaggiato nel far colpo, piuttosto che impegnarsi seriamente in quello sport che lui stesso amava con tutta l’anima.
Con quella dichiarazione il cuore di Tenten, nonostante non provasse nulla per Jugo, fu vittima di una lunga fitta. Nonostante l’evidenza, si rifiutava di credere che la sua prima relazione avesse come unico scopo quello, avrebbe di gran lunga preferito che lo scopo principale fosse ottenere una scopata. Almeno in quel caso, si sarebbe sentita attraente e non una testa di ariete con cui sfondare le difese di Neji.
Appena finito di sistemarsi i vestiti indosso, aveva telefonato a sua madre per avvertirla che non sarebbe tornata per cena e che avrebbe raggiunto Lee, per poi andare a prendere un panino al solito bar. Poi aveva preso il primo bus disponibile che portasse alla palestra comunale con ancora le parole di Kidomaru che le risuonavano in testa.
Neji ha detto a Jugo che non intendeva rimanere in squadra con qualcuno che preferisse agire nell’ombra, piuttosto che dire esplicitamente in faccia a qualcuno cosa non gli andasse a genio. Jugo sentendosi insultato, gli aveva chiesto come si permetteva di accusarlo ingiustamente e lo Hyuuga aveva risposto che sapeva da tempo a cosa era servito il suo interessamento nei tuoi confronti.
Altra stilettata al povero cuore della Tamura, che ferma davanti al portone degli spogliatoi si chiedeva se irrompere nell’immediato, oppure aspettare che i diretti interessati uscissero. Rimase a riflettere: se anche Lee avesse saputo tutto, non si sarebbe mai risparmiato a farle notare che nel caso Jugo le si fosse avvicinato un’altra volta lo avrebbe ripagato con la sua stessa moneta, quindi con ogni probabilità lui era venuto a saperlo quello stesso pomeriggio. Sentendo provenire dall’interno della stanza la voce di un ragazzo che implorava Lee di rimettere nelle mutande la propria elica, aveva deciso che avrebbe aspettato sugli spalti.
Jugo a quel punto, rendendosi conto che il suo piano era stato smascherato e che non aveva avuto l’effetto sperato: renderlo triste perché costretto ad abbandonare un qualcosa a cui teneva. Ha cominciato a grugnire imprecazioni e ho sentito un gran bordello. Sì, lo so è da codardi rimanere fuori ad ascoltare nonostante una rissa… ma per esperienza so che contro Jugo non potrei nulla. Comunque, a quanto pare Neji non ha alzato nemmeno un dito perché a un certo punto Jugo ha urlato: “Ma che cazzo vuoi fare, schivare a vita?” e lui gli ha risposto “Non né vale la pena di sporcarsi le mani, con i vermi come te”. Oddio è stato davvero una frase figa! Però non ha fatto che farlo infuriare di più. Mi sembra che abbia pure bucato un armadietto con un pugno.
Dalle grandi gradinate riuscì a distinguere perfettamente le figure dei suoi due amici che si avviavano verso l’uscita. Non appena furono abbastanza vicine, Tenten riuscì a notare un paio di lividi sul braccio sinistro di Lee.
«Ten’?! – strinse gli occhi nella sua direzione e, nonostante avesse visto che li stava fissando cominciò a dimenare le braccia per aria – Ten’! Ten’! Siamo quiii! Che ci fai da queste parti?!» urlò facendo rimbombare la propria voce per tutta la palestra e distraendo qualche giocatore di basket, che aveva frenato facendo stridere le proprie sneakers sul parquet.
La ragazza li raggiunse camminando abbastanza lentamente per i suoi gusti e, non appena fu di fronte ad entrambi, un’espressione colpevole si dipinse sul volto di Rock Lee che aveva notato lo sguardo che aveva lanciato prima alla sua spalla e poi a lui stesso. «Oh… Dovevi vedere lui! Non si scorderà presto di me!» fece, dando una gomitata al braccio di Neji, chiedendo implicitamente che garantisse per lui. Tutto inutile. Rimase zitto a guardare indifferenze Tenten, che a confronto sembrava una teiera sul punto di ebollizione.
«Mmh. Me lo farò bastare, per ora. – lo liquidò senza degnarlo di uno sguardo, completamente presa ad analizzare, o meglio, psicoanalizzare Neji – Dobbiamo parlare. Da soli
«Vi aspetto fuori.» si congedò velocemente Rock Lee che sentendo puzza di sclerata femminile aveva saggiamente deciso di defilarsi.
Lo Hyuuga seguì con gli occhi la schiena dell’amico che si allontanava e poi, senza dire nulla, si girò per tornare da dove se n’era appena uscito.
«Dove credi di andare?»
«In saletta macchinette. –asserì girandosi verso di lei – Mica volevi parlare soli?» domandò retorico, roteando un indice per aria in modo da farle notare tutte le altre persone che attirate dalle precedenti grida di Lee, ora stavano osservando insistentemente nella loro direzione.
Dopo qualche minuto, Lee è tornato indietro in pensiero perché Neji ci stava mettendo troppo a cambiarsi e entrando in spogliatoio ha cominciato a rispondere ai colpi di Jugo al posto di Neji. Urlando che se non voleva finire male, doveva calmarsi immediatamente sennò avrebbe dovuto affrontare sia Neji che i suoi addominali. Però ascolta… parliamo di questo modo di porsi di Rock Lee, perché è seriamente esilarante. Ahahhahahahhahahah. Comunque poi, Morino è intervenuto e ha zittito sia lui che Jugo, poi ha rinchiuso nel suo studio tutti e tre per fargli una bella cazziata. O almeno, questo è quello che mi ha detto Jugo, perché appena è arrivata la Sanguisuga, io me la sono fugata prima che mi credesse una parte in causa.
«Perché vi siete ritirati dal club?» chiese non appena si chiuse la porta alle sue spalle, senza mai staccare gli occhi di dosso allo Hyuuga che si era appropinquato verso i distributori automatici.
«Io volevo concentrarmi sugli allenamenti di Judo. Lee… – si scrollò le spalle girandosi – ha detto che se vuole essere un mio degno rivale, deve impegnarsi maggiormente nel medesimo sport.» si giustificò.
«Perché tu e Jugo vi siete picchiati?»
«Non gli è andata giù il nostro ritiro dalla squadra senza preavviso.»
«Solo per questo?»
«Esattamente quanto sai?»
«Esattamente in quanti sanno?»
Neji inspirò una bocca d’aria e estraendo qualche monetina dalla tasca, si girò verso la macchinetta: «Io, Jugo, Kimimaro e… quello che te l’ha detto. – premette i pulsanti corrispondenti al numero della bottiglietta di acqua – Lee è arrivato troppo tardi per ascoltare quella parte.» la rincuorò voltandosi verso di lei e girandosi tra le mani il recente acquisto. La vide poggiata al tavolo centrale con le reni, le braccia incrociate che lo scrutava con gli occhi.
Alla fine sia Tenten che Jugo non avevano fatto trapelare nell’intera scuola i motivi per i quali avevano rotto la propria frequentazione. La considerò sin da subito una scelta saggia per entrambi. Il pel di carota doveva considerare sufficiente che lui sapesse o intuisse quello che le aveva fatto.
«Senti non è per te che ho lasciato la squadra. Tu non centri nulla, non è colpa tua se sei stata tirata in mezzo. Non ti sei ritirata nemmeno tu, nonostante tutto. Ho agito per principio. Come fai a stare in squadra con qualcuno che potrebbe pugnalarti alle spalle da un momento all’altro?» domandò cercando di farla ragionare. Erano riusciti a passare gli ultimi due mesi in pace e tranquillità in cui erano riusciti a ristabilire un buon rapporto, sicuramente non voleva ricadere in guerra.
La Tamura tirò un sospiro di sollievo. Dopo aver ascoltato la confessione di Kidomaru, credeva che il problema principale fosse che ancora una volta Neji avesse omesso di dirle qualcosa (come che Jugo in realtà se l’era sbaciucchiata solo per dare fastidio a lui) ma pensandoci bene, in quel caso non si trattava di consigli sportivi e quando l’aveva raggiunta in bagno – quell’unica volta in cui aveva aperto e chiuso il discorso – non le aveva rinfacciato nulla, voleva veramente accertarsi che stesse bene.
In realtà la sua preoccupazione primaria era che nonostante lei avesse ostentato una certa prontezza di spirito, rimanendo in squadra e mostrandosi forte perché non voleva darla vinta a Jugo ma non voleva nemmeno far preoccupare i suoi amici, i suoi tentativi fossero stati vanificati perchè Neji aveva abbandonato qualcosa in cui si divertiva insieme a lei e Lee, solo per una sorta di rispetto nei suoi confronti. Certo, sapere che si fosse ritirato per lei sarebbe stato molto lusinghiero perché lo Hyuuga non si abbandonava a certi gesti d’affetto ma, preferiva che gli errori che compiva lei non andassero ad influenzare la vita di altri – era pur sempre grande e vaccinata!
«“Tu non c’entri nulla”, diretto come al solito! – lo prese in giro facendo nuovamente una pessima imitazione della sua voce – Potevi almeno dire che la mia storia ti aveva fatto aprire gli occhi! Almeno sarebbe valso il sacrificio.»
«Ma tu non eri arrabbiata?» domandò perplesso, notando il sorriso che gli stava rivolgendo avvicinandosi a lui.
«Naah, non più.» gli sussurrò non appena gli fu a qualche centimetro di distanza.
«Ottimo allora possiamo andare. – affermò passandole accanto diretto verso l’uscita –Suppongo tu ti unisca a noi per ce-»
Neji bloccò la propria camminata, tenendo i propri arti ben distanziati dal proprio busto, abbassò la testa verso le braccia che lo stavano avvolgendo all’altezza della vita, mentre la sua schiena veniva riscaldata dal corpo di Tenten.
«Non credi che possa diventare sconveniente abbracciarmi così tante volte?» chiese arrogantemente, prima di assumere una posizione meno rigida e, per ingannare l’attesa che una certa ragazza dispensatrice di affetto abbandonasse la sua posizione di zainetto, decise di bere un sorso d’acqua.
Lo specchio alla loro destra aveva attirato la curiosità di Tenten, che poggiata con la guancia tra le scapole di Neji, non poteva far altro che osservare la sua immagine di profilo. L’aveva visto mettere su un tenero broncio non appena aveva appurato che lo stesse abbracciando, fare un piccolo sorriso mentre le rinfacciava che si stava prendendo troppe confidenze e tornare calmo e algido prima di portarsi il collo della bottiglietta alla bocca.
«Sei uno stupido Neji.» gli rinfaccio sempre tenendo d’occhio il loro riflesso. Lo era per molte cose, la principale era che si vergognava quando faceva qualcosa di carino e premuroso nei confronti dei propri cari, come se non volesse un minimo di riconoscenza. Come se la parola “grazie” per lui non avesse valenza.
Lei, però, voleva provarci comunque.
La mora sfregò delicatamente il naso sulla sua spina dorsale, evitando di ascoltare il commento “non avevi un fazzoletto?” di Neji e poggiando la fronte sulla sua schiena disse: «Grazie, Neji. Sarebbe stato troppo da sopportare anche quella batosta oltre la mia faccia momentaneamente sfigurata. Sei veramente una cara persona.» poi aprì l’occhio destro, lentamente – per paura che anche lui usasse lo specchio per controllarla – e impaziente di vedere se veramente era impassibile ai ringraziamenti. Il suo cuore perse un battito quando lo vide rosso su tutto il viso e gli occhi sgranati. Rimase talmente stupita che non sapeva se avesse avuto quella reazione per quelle parole inattese oppure aver calcato un po’ troppo con i contatti fisici. Stava comunque di fatto che le piaceva quel suo lato impacciato, a tratti indifeso che evitava di mostrare a tutto il mondo.
Quando cominciò a pensare che voleva essere l’unica a godere di quella parte di Neji si staccò di scatto da lui e scuotendo violentemente la testa, gli propose di raggiungere Lee. Il tempo di affiancarlo e già aveva indossato la sua maschera di impenetrabilità con cui cominciò a farle strada.
«Sai chi sarebbe ansioso di ricevere un tuo abbraccio?» domandò retorico notato l’espressione impensierita di Tenten. Non voleva che credesse di aver esagerato con il suo abbraccio forzato, certo non gli era dispiaciuto ma non voleva farglielo capire ancora si mettesse in testa di abbracciarlo e salutarlo con mille bacini come faceva con Lee.
«Chi?» domandò sorpresa incrociando il suo sguardo.
«Il tipo che con molta nonchalance ha minacciato Jugo di ridurlo in pezzettini nel caso di avesse anche solo sfiorata con lo sguardo.» citò Neji le testuali parole di Rock Lee.
«Supponevo che lo avrebbe detto. – rispose intuendo subito a chi si riferisse – Anche se mi aspettavo una frase in cui ci avesse messo uno “spirito della giovinezza” a caso.»
«Oh. Quello l’ha detto dopo essere riuscito a…. a colp-... colpirlo.» incespicò Neji, non sapendo bene come definire il modo in cui si era difeso il ragazzo.
«Vero! Cos’è che gli ha fatto che si ricorderà per tutta la vita?»
«La versione ufficiale è un poderoso calcio nel sedere. Quella ufficiosa, parla di un morso con tanto di crunch, sulla natica sinistra.» le riferì Neji, facendo passare quel gesto dell’amico come l’azione più eroica del secolo.
Tenten, per poco, non rotolò giù dalle scale per lo sconcerto.




 


Salve!
Finalmente sono riuscita a creare (a parer mio)
 un capitolo decente, con cui spero di essere riuscita a sanare tutti i dubbi!
Come da programma vi prego di avere un po' di clemenza nel caso riscontriate deglio orrori di ortografia etc etc...   – i miei occhietti stanno piangendo per la revisione di così tante frasi.  
Ringrazio tutte quelle anime fiduciose che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate ed anche i lettori silenziosi, inoltre un grazie speciale lo dedico a pirupiru la prima e unica (ad oggi) ad aver recensito il primo capitolo di questa storia rendendo Me  feliiiciie.




Un bacio, 
redmabon.

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Capitolo 3
*** Mi Piaci Sul Serio (parte prima) ***


 
Come La Neve
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Immagine della copertina presa da: " https://it.pinterest.com/pin/476255729320964835/
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Mi Piaci Sul Serio 
(parte prima)
 
La villetta di Neji si trovava in una zona residenziale e tranquilla. Ogni volta che andava a casa sua sembra di trovarsi in uno di quei quartieri americani con il controllo del vicinato e bambini che giocavano a hockey per strada – l’unica pecca era il silenzio tombale che aleggiava nella stessa dimora del ragazzo.
La sensazione di trovarsi in un luogo così surreale, veniva amplificata dai due colori – bianco e nero – che solo il migliore degli arredatori avrebbe potuto utilizzare al meglio per rendere gli spazi interni ancora più grandi e suggestivi. Metteva una certa inquietudine aggirarsi per quella casa, arredata in modo così minimale da non presentare nemmeno un elemento, un ninnolo a personalizzarla.
L’unica camera a sembrare vissuta in quell’abitazione era la camera di Neji: spaziosa, sui toni chiari, organizzata ma – appunto per dare quel tocco di vissuto –  con alcune scartoffie scolastiche ordinatamente sparse sulla scrivania. In pratica il vanto di ogni madre dedita alle pulizie.
«Sei un maniaco. – si coprì il corpo nudo con un lenzuolo, alzando maliziosamente il sopracciglio – Davvero vuoi metterti a studiare anche se ormai l’anno è finito?» domandò al riflesso dello Hyuuga allo specchio, capovolgendo il senso del discorso.
Neji si infilò la t-shirt e dopo aver accennato un sorriso si sedette sulla sedia accanto, aprendo un libro di testo: se avesse studiato adesso non avrebbe dovuto riprende in mano gli argomenti a inizio settembre – il dover aiutare Lee, che sicuramente si sarebbe trovato con l’acqua alla gola i primi giorni di scuola, era solo un elemento che lo spronava a portare a termine quel compito.
«Credevo fossi anche tu d’accordo. Alla fine eri venuta qui per questo.» le ricordò, sentendo la mora alle sue spalle che si alzava e lo raggiungeva.
«Bu-gi-a. – si piegò verso il suo orecchio – Tu pensa… io credevo che finita la faida con la Tamura mi avresti presentata ai tuoi amici. Ufficialmente.» sottolineò, stufa di dover osservare il proprio ragazzo da lontano e sopportare le prese in giro delle sue migliori amiche – che ovviamente sapevano, nonostante avessero pattuito di tenerlo segreto a tutti, e non credevano per niente che due che stanno insieme riuscissero a resistere alla tentazione di baciarsi ogni due per tre.
«I nostri genitori lo sanno. Più ufficiale di così.» fece spallucce, tornando a sottolineare un paragrafo di letteratura.
Lui e Junko avevano iniziato a frequentarsi agli inizi di febbraio, il mese che coincideva con l’entrata del padre della seconda come socio dell’azienda Hyuuga. A dire la verità la conosceva già da prima di quel particolare mese, poiché frequentando l’anno scolastico superiore rispetto a quello che gli sarebbe normalmente aspettato, l’aveva avuta in classe sin dal primo giorno di liceo. Non ci aveva mai scambiato molte parole – non che da quando aveva iniziato quella scuola fosse l’esempio della loquacità – considerandola una ragazza frivola che non voleva far altro che veder circolare belle voci su di lei. Pensandoci adesso, era un miracolo che fosse riuscita a mantenere il loro segreto per così a lungo!
Era stato costretto a rivedere l’idea che aveva su di lei quando Hiashi Hyuuga, fratello di suo padre, lo aveva spronato a stringerci amicizia utilizzando la scusante che frequentassero la stessa classe e poi, sottovoce, aveva aggiunto che sarebbe stata una “lieta notizia” una loro relazione più stretta. Per chi non conosce il linguaggio Hyuuga e non ne è in grado di leggere i messaggi subliminali, quelle parole significavano che lui era invitato a prenderla in considerazione come una possibile fidanzata. Neji a quel punto aveva guardato il padre – suo unico alleato a quella cena di famiglia – che però gli aveva restituito una velata smorfia mortificata, ricordandogli che a causa di forze maggiori, nemmeno lui poteva intervenire in quell’ambito.
Quando qualche mese dopo, vinto dalla situazione, aveva affermato davanti a suo zio che si stavano frequentando ufficialmente, si era dovuto confrontare con una situazione tutta nuova che prevedeva il gemello di suo padre sorridente e orgoglioso del suo primo ed unico nipote. Terribile sotto ogni punto di vista: a partire dal reale motivo che l’aveva spinto tra le braccia di Junko – un radicale aumento degli investimenti da parte dei Matsumoto –, per finire fino alla confessione di quest’ultima, che gli aveva detto chiaro e tondo di aver sempre avuto una cotta per lui.
Lo Hyuuga, per non sentirsi totalmente una merda, aveva detto una mezza verità. Le aveva sorriso e con la più bella faccia di bronzo le aveva dichiarato di averla notata anche lui a causa delle parole di Hiashi, che la descrivevano come una ragazza che sapeva ottenere tutto quello che voleva e realista – qualità che lo zio elogiava principalmente perché, a seguito di un’unione, avrebbero giovato all’impresa di famiglia: perché non vogliamo farla lavorare lì, ‘sta ragazza?!
L’unica cosa che voleva, era tenere i propri amici fuori da tutta quella storia, ma a quando pare la sua ragazza era di tutt’altra opinione. E continuava ad insistere, come se fosse l’unica a cui dovesse rendere conto della propria esistenza.
“Quella da dove è uscita?” si sentì domandare, prima di voltarsi e seguire la direzione che il braccio di Junko indicava.
Una busta bianca con su scritto in bella grafia il suo nome, era stata fatta passare sotto la porta della sua stanza, solitamente la governante non si prendeva l’audacia di disturbarlo quando stava con la porta chiusa, quindi tutte le comunicazioni “urgenti” gliele recapitava a quel modo. Pessimo tempismo che lo prese alla sprovvista, lasciandolo basito a fissare Junko che si chinava per prenderla.
«Chi è questa Yukari?» domandò leggendo il mittente ad alta voce, per poi sventolargli la lettera sotto il naso fintamente gelosa.
«Nessuno.» disse duramente, gelando sul posto Juko e afferrando velocemente la busta la ripose nel primo cassetto della scrivania, sbattendo malamente lo stesso.
La Matsumoto aveva visto veramente poche volte irritato Neji e, quella era la situazione che avrebbe voluto evitare con tutta sé stessa, ma la propria curiosità le suggerì di indagare più affondo in quella storia, perché ne sarebbe valsa qualche informazione preziosa.
«È la tua amichetta di penna? Hai qualche altra amica oltre la Tamura e la Yamanaka?!»
«Con tutte le app per i messaggi istantanei pensi si possa trattare solo della tua concorrenza?»
«Allora chi è?»
«Non un tuo problema.»
Il ragazzo prese un profondo respiro dalla bocca, cercando di calmarsi quel minimo per non sembrare un totale schizofrenico, dato che non appena aveva intuito si trattasse di sua madre era saltato come una molla. Non si addiceva molto a lui e non voleva far preoccupare Junko.
«Domani ti presento agli altri.» pattuì, cambiando discorso e imponendole tacitamente di non esalare un’altra parola su quell’argomento.
♦♦♦
Tenten era stata convocata nell’ufficio della Sanguisuga e, solo a sentire pronunciare quella sentenza dalla bocca della bidella, quasi le mancò il pavimento sotto i piedi. Se lo sentiva a fior di pelle che quello che le avrebbe riferito non sarebbe stato inerente a qualche buona notizia, anzi…
«Arriviamo al dunque signorina Tamura. – sbattè la rivista sportiva che stava leggendo sulla scrivania ed intrecciò le dita sotto al mento – Al fine di evitare ulteriori fraintendimenti per l’anno a venire, ho intenzione di informala anticipatamente delle mie intenzioni...»  fece, con una solennità che non si addiceva per nessuna ragione alla sua figura. In particolar modo, quando giochicchiava con uno stuzzicadenti tra le labbra.
Tenten addusse, che nonostante tutto, incuteva timore anche con quell’aria calma e lui lo sapeva, infatti ghignò soddisfatto.
«Ci sono scarsissime possibilità che io ti includa tra i titolari. Come ben sai, non ti ho mai vista bene sotto il ruolo dell’alzatore e, nonostante l’impegno che hai dimostrato, non credo che cambierò opinione.»
«Ma non è detto che tra le future matricole vi sia qualcuno in grado di alzare bene. Io mi sono esercitata parecchio con entrambi gli schiacciatori, ho osservato Neji, l’anno scorso Tayuya, e credo di essere pronta!» argomentò la Tamura, gesticolando con le mani intanto che Morino, incrociava le braccia al petto e si poggiava con tutto il busto sullo schienale della sedia.
«Ho detto scarse, ma non impossibili Tamura. – chiuse gli occhi spazientito – In ogni caso, la mia intenzione era solo quella di avvisarti, prima che con i tuoi capricci mi rovini il gioco di squadra di altri miei giocatori, come hai fatto con Lee e Hyuuga. I Kami solo sanno che avete combinato per costringerli a ritirarsi!»
A quel punto Tenten dovette fare un profondo respiro per non rispondere male alla Sanguisuga e, con tutto l’autocontrollo che era riuscita a racimolare si morse la lingua per impedirsi di parlare. Si impose di contare fino a dieci, ma appena fu a cinque decise di tastare nuovamente il territorio, ma al posto di urlare avrebbe utilizzato una via più diplomatica.
«Lei sta sottintendendo che se io continuassi a frequentare questo club, avrei le stesse possibilità di giocare di Jirobo?» domandò ponderando bene sul nome da scegliere tra quelli dei suoi compagni di panchina. L’omone massiccio e spaventoso che si stancava subito di ricevere, le sembrava un ottimo esempio.
Morino alzò le sopracciglia in segno di assenso e, cominciando a rovistare in un cassetto della scrivania asserì: «Se vuoi posso darti un foglio di richiesta di esonero.» sorrise maligno nel notare che la ragazza pareva riflettere su quella possibilità.
«No… – mormorò sovrappensiero – Ho dato troppo a questa squadra per abbandonare così… non c’è qualcos’altro che posso fare per darvi il mio sostegno?» chiese, supponendo di non poter aspirare a nessun’altra posizione in campo. Il ruolo dello schiacciatore non le interessava e il libero non faceva per lei.
«Certo, potresti farmi da assistente. Ma ti accontenteresti di stare dietro le quinte?» accolse la sua proposta il coach, per nulla stupito dalla cocciutaggine della giovane.
«Se può servire alla squadra, sarei disposta a farlo.»
«Ottimo! Allora è deciso. – guardò scocciato verso la porta socchiusa e grattando i denti gli uni contro gli altri urlò – Solo per questa volta Jugo. Il mio ufficio non è zona neutrale.» dichiarò alzandosi e imboccando l’uscita, senza prima però trascinare per il bavero, dentro la stanza, Jugo.
 
Prima ancora che Jugo potesse dire parola e, approfittando del suo guardare intimidito le fughe delle piastrelle, Tenten analizzò l’abitacolo alla ricerca di qualche oggetto che fosse felice di diventare un’arma contundente. La spillatrice e la cornice sulla scrivania, potevano andare più che bene. Si poggiò quindi con le reni, al bordo della superficie, allungando tatticamente le mani verso gli strumenti che aveva adocchiato.
«Ho chiesto a Morino di attendere fuori.» la rassicurò Jugo, notando quel suo stiracchiarsi sospetto. Era internamente sollevato dal fatto che fosse riuscito a convincere il coach di creargli un movente per parlarle, certo, avrebbe dovuto seguire uno specifico allenamento estivo dettato dalla Sanguisuga, ma gli sembrava una punizione adeguata – se non minima – per quello che aveva fatto.
«Quindi? Che volevi dirmi?» domandò schietta l’altra, afferrando con entrambe le mani il bordo della scrivania. Storse il naso pensando che la distanza che li separava non fosse adeguata. Al momento le veniva un moto di vomito solo al guardarlo.
«Volevo scusarmi.»
«Di nuovo?»
«Non rispondi hai messaggi.»
«Come posso perdonarti se non so nemmeno cosa ti ha spinto a comportarti così?!» confessò girando il volto di lato e aumentando la stretta delle proprie mani, tanto da farsi diventare le nocche bianche – fortuna che non portava le unghie lunghe, sennò se le sarebbe rotte tutte.
Jugo, già pronto a risponderle, si rimangiò le parole, rimanendo a bocca aperta mentre riformulava una risposta più adeguata a quel suo sbotto. Faceva tremendamente male. Lui l’aveva trattata come si fa con lo straccio con cui si pulisce il pavimento, mentre lei, nonostante tutto, faceva un passo indietro dandoti la possibilità di chiarire. Tutta quella sua bontà d’animo era una fitta al cuore.
«Non credo che conoscendo i dettagli saresti comunque interessata ad accettare le mie scuse…  Volevo farti solo sapere che mi dispiace.»  affermò di getto, mordendosi la lingua alla fine. Certo che ambiva al suo perdono, ma vedendo quella storia dagli occhi di Tenten si faceva schifo da solo.
«Un tentativo non guasta. – asserì seria, cercando in ogni modo di mascherare la propria incredulità – Almeno questo me lo devi, non credi?» fece retorica, giocando una carta che in qualsiasi individuo avrebbero fatto nascere sensi di colpa a non finire.
Un ghigno compiaciuto si disegnò sul viso del pel di carota, che non si aspettava un tale avanzo di pretese. Uno schiaffo o un altro calcio dove non batte il sole, sarebbero stati più plausibili e immaginabili. Ma come sempre, la Tamura era in grado di stupirti con la sua indulgenza.
«Domandami quello che vuoi.»
Tenten si morse il labbro, presa in contropiede. Avrebbe preferito un discorso breve, conciso e pregno di particolari da parte di Jugo, non aveva delle domande specifiche in mente. Cominciò a guardare il soffitto come a voler riesumare i ricordi e trovare quel particolare che non le era chiaro.
«Neji mi aveva detto che ti eri avvicinato a me per ferirlo, ma non capisco perché hai voluto fargli del male.» farfugliò senza pensare, dando subito alito ai suoi pensieri e pentendosene amaramente. Scosse la testa, rendendosi conto di quanto fosse stupida l’idea che avesse un numero limitato di domande da porgli. «Cioè… c’erano milioni di altri modi per fargli capire che ti dava fastidio non essere più il prediletto del coach…»
«È questo che ti preme sapere?» domandò incredulo, rimanendo basito quando la ragazza annuì sicura. Rispondere ad un “È vero che ti sei avvicinato a me solo per Neji?” sarebbe stato più facile. «Suppongo per divertimento. Te l’ho detto che non ti sarebbe piaciuta! – sottolineò notando la sua bocca aperta dallo stupore – Ho sempre odiato i figli di papà come lui, a prescindere dal fatto che fosse bravo o meno sul campo. Abbiamo deciso di farlo fuori dalla squadra utilizzando il giro dei suoi amici più fidati, perché sapevamo che quelli come lui una volta che si affezionano a qualcuno fanno fatica a sopportare di averlo in qualche modo deluso. Gli piace stare per i fatti propri, ma ha la necessità di vedersi realizzato negli occhi degli altri.»
La fine analisi psicologica esposta da Jugo, passò in secondo piano, perché la mente di Tenten era rimasta ferma ad “abbiamo”. Sapeva che Kimimaro era a conoscenza di tutta quella storia, ma aveva sempre pensato che non fosse intervenuto per pigrizia e perché il suo amico era otto volte lui.
«Abbiamo
«Io e Kimimaro»
«…»
«Lui è annoiato dal mondo. Cerca sempre qualcosa che dia un po’ di pepe al tutto.»
«Oh… In ogni caso non mi spiego tutta questa cattiveria repres-»
«Le domande non dovevano riguardare solo quello che ho fatto?» la blocco Jugo, sventolando una mano davanti al volto e compiendo un passo verso di lei.
Tenten quasi si sdraio sulla scrivania per tutta l’aggressività che era riuscito a mettere in una frase, ovviamente la propria velocità di reazione l’aveva portata a far cadere dal lato opposto del tavolo, le sue armi di garanzia. Il rumore causato, era bastato ad attirare l’attenzione di Morino, che da fuori la porta li aveva ammoniti: “Spero di ritrovare tutto in ordine al mio rientro.”
Risvegliati dalle parole della Sanguisuga, Jugo aderì con tutto il corpo alla parete alle sue spalle, capendo il motivo che aveva spinto a quel riflesso l’altra. Intanto quest’ultima, si era materializzata dietro la scrivania per raccogliere tutto quello che aveva fatto cadere.
«Quello che intendevo dire è che, non mi sembra giusto prendersela con gli altri per i propri problemi.» riaprì il discorso la Tamura, abbracciandosi istintivamente. Tremava ancora al ricordo di quel giorno fuori dalla sala giochi.
Proprio quell’atteggiamento, quel gesto che non la faceva sembrare più una dura ma solo una ragazza fragile, convinse Jugo ad aprirsi. O forse, semplicemente la necessità di confidarsi con qualcuno lo fece parlare ancor prima di formulare un discorso nella sua testa. Oppure, l’egoistico desiderio di ottenere il perdono di Tenten.
«Ho un disturbo borderline della personalità. Ce l’ho da quando ero piccolo, o almeno questo aveva detto il mio psicologo. Prendo ancora qualche farmaco per alleviare la rabbia, ma a quanto pare funzionano meglio come antidepressivi.» confessò a capo chino e sottovoce, come per impedire che Morino origliasse quella sua debolezza, anche se tra quelle quattro mura sembrò rimbombare.
«Ne hai parlato con il tuo psicologo, di questo tuo pensiero?» si informò l’altra, in pena per quella condizione di cui parlava Jugo ma che sembrava non preoccuparlo minimamente.
«Ti risparmio i dettagli per i quali non frequento più il suo studio. E… Non guardarmi così. Non te l’ho detto per farmi perdonare – bugiardo – ma solo per farti capire, il motivo per il quale faccio certe cose senza pensarci due volte.»
«Bene! Anche perché non me la sarei sentita di perdonarti per questa scusa. – dichiarò con una serietà che Jugo non le aveva mai visto – Non è affar mio il perché tu non ti apra più con nessuno. Ma scommetto che esistono dei gruppi di supporto per ragazzi afflitti dalla tua stessa condizione e anche se non ce ne fossero… non posso perdonare qualcuno che non le prova tutte per migliorarsi.» ammise senza vergogna, cercando di indirizzarlo in qualche modo sulla giusta via.
Nonostante la risolutezza che aveva messo nelle sue parole, la Tamura aveva solo fatto finta di sapere di cosa stesse parlando il ragazzo, basandosi solo sui termini chiave che aveva individuato: “rabbia” e “antidepressivi”. Piccola postilla: correre a casa e cercare notizie a riguardo su internet.
Quella fu la sua ultima battuta prima di congedarsi, fiera di essere riuscita a concludere con una frase così ad effetto – mascherando la preoccupazione di non essere andata a segno. Tra sé e sé pensò che Neji sarebbe stato orgoglioso di lei, se solo avesse avuto la possibilità di vederla e notare che era riuscito a farle capire che in certe occasioni, era meglio riflettere sulle parole che si stava per dire – e non sparare a raffica come era abituata a fare.
«So che ora non conta molto a questo punto… – asserì Jugo, colpito sia dall’atteggiamento di Tenten e sia da quella frecciatina – Mi piaci sul serio.» sorrise sincero, notando nello sguardo di lei, una piccola nota di sollievo.
 
Come promesso dal preside dell’istituto, negli ultimi giorni prima delle vacanze, l’orario scolastico avrebbe subito la variazione di un tot ore da permettere l’uscita dalla classe almeno un’ora prima – tutti i giorni per l’intera settimana –, rendendo più palpabile a tutti gli studenti il desiderio di spendere le proprie giornate o a grigliare in spiaggia o a casa a dormire fino a dopo pranzo – anche se realizzarli entrambi non era una possibilità utopica.
Choji Akimichi, migliore amico sia di Ino che Shikamaru, aveva proposto a tutti di vedersi per le due, in modo da organizzare una grigliata all’aperto. Tutti, all’annuncio di “Choji cucina la carne” di Kiba, avevano annuito con l’acquolina in bocca. Perfino Ino, perennemente a dieta e in fissa con la silhouette perfetta, si era lasciata contagiare da tutto quell’entusiasmo.
Tenten si era offerta di portare un po’ di gelato, godendo di alcuni sconti al negozio non le sarebbe stato difficile racimolarne una quantità industriale, solo che riempiendo le borse frigo si accorse di non essere più tanto pimpante all’idea di dover festeggiare. L’incontro con la Sanguisuga e Jugo, l’avevano alquanto spossata. Allo stesso tempo però voleva informare i suoi amici delle decisioni che avevano pattuito rispetto al futuro anno scolastico.
Quella doveva essere la Notizia che avrebbe creato maggior scalpore e che avrebbe lasciato tutti stupiti, ma Neji la batté sul tempo presentandosi al luogo designato per l’incontro con la palla da calcio sotto un braccio e, la ragazza più popolare del paese sotto l’altro – e non era tanto per dire, perché pure l’Akimichi che frequentava una scuola professionale ne aveva sentito parlare.
La bomba gossip dell’anno era scoppiata proprio lì, nel parchetto del centro storico di Konoha sotto il sole delle due del pomeriggio lasciando tutti stupiti. Gli unici che sembravano disinteressati a quella notizia si trovavano sdraiati sotto due alberi opposti: il primo aveva sbadigliato annoiato, mentre il secondo di era concesso un “tsk” indifferente e facendo orecchie da mercante, cercavano di estraniarsi dalla situazione. Al contrario Naruto, Lee e Ino erano rimasti completamente spiazzati, con la bocca aperta e gli occhi talmente tanto spalancati da poter contare il numero dei capillari arrossati. L’Inuzuka si era limitato ad un ghigno impertinente, l’Akimichi – quello più romantico del gruppo – si era avvicinato al fortunato e gli aveva dato una potente pacca tra le scapole e Tenten, prima aveva guardato trasecolata l’amico e poi Ino, cercando di capire come dovesse comportarsi.
La bionda e Junko Matsumoto, non erano esattamente in buoni rapporti. Con il fatto che la prima volesse soffiare via all’altra trono e corona della popolarità, il loro andare d’accordo era solo una prassi per favorirsi i voti del popolo e vincere la carica – senza sembrare dai rapaci cresciuti in cattività ed estremamente affamati.
L’enigma era se far prevalere l’istintiva comunella femminile oppure felicitarsi per la notizia dell’amico, però poi, ragionando sull’indole seria di Neji, si chiese da quanto andasse avanti la loro relazione e perché non li avesse resi partecipi prima. La sua espressione si tramutò – nell’attimo in cui la novità macchinò con la borsetta – in uno sguardo truce ad occhi socchiusi (oppure emanante raggi laser, la sua catalogazione andava a seconda dei punti di vista).
«Da quando noi siamo pronti per queste cose?» domandò Lee, ripresosi dallo shock e cominciando ad indicare in sequenza continua e infinita prima lui poi lo Hyuuga. Quest’ultimo si limitò a far rimbalzare la palla sul terreno per calciarla sotto il tavolo di pietra, evitando di ascoltare le risatine trattenute del resto della combriccola, dovute all’ipotesi che tra lui e Rock Lee vi potesse essere qualcosa di simile alla relazione amorosa che aveva dichiarato qualche attimo prima.
«Non credevo fossimo già al passo successivo!» continuò imperterrito il ragazzo, cercando di ricevere qualche risposta.
«Sinceramente, non credevo fossimo da qualche parte.» rispose Neji sarcastico, mollando la presa sulla vita di Junko e andando a stingersi la radice del naso.
«A dire il vero siamo mo-oolto più avanti!» specificò raggiante Junko, facendo passare quel suo commento un semplice sottolineare la loro lunga storia duratura, piuttosto come il reale messaggio sottinteso che avevano recepito solo Kiba, Ino e Naruto. Il suo ragazzo ci era arrivato anche lui con qualche secondo di scarto, ma ormai il danno era fatto.
Lee invece scese dalle nuvole: «Il matrimonio?! – sbattè i pugni sul tavolo allibito – Tu vuoi battere il tuo rivale numero uno facendo le cose di nascosto!» lo accusò, mordendosi le labbra per trattenere le lacrime – che non erano dovute all’essersi infervolato, ma per lo scontro con la superficie dura su cui aveva sfogato i propri pugni.
Junko, si portò una mano davanti al volto, coprendo il rossore delle guance. Non contenta fece un passo indietro e si nascose dietro il braccio di Neji, guadagnandosi un “finta” da Ino. Insulto particolarmente sentito dalla bionda che sussurrato tra i denti, riuscì ad essere udito solo da Tenten che corrugò la fronte preoccupata che l’amica potesse esplodere da un momento all’altro.
La Yamanaka, infatti, aveva passato tutto il tempo a domandarsi di quanto sarebbe cresciuta la popolarità della sua eterna rivale essendosi messa con uno dei più popolari della scuola. Cioè, stando ai pettegolezzi di corridoio lo Hyuuga sarebbe dovuto capitolare davanti la propria bellezza innata e chioma fluente oppure per la mora che aveva accanto, dato che passava molto tempo con lui. Sinceramente credeva anche lei che prima o poi quei due sarebbero finiti insieme e, le sarebbe andato bene comunque dato che l’amica non sembrava interessata alla carica per cui lei stessa concorreva, ma la Matsumoto era arrivata prima quindi doveva rivalutare le sue mosse per l’anno a venire.
«N-non ci stiamo a-ancora pensan-do…» balbettò la ragazza.
«Certo, come no?! E io ho “fesso” scritto sulla fronte! – li raggiunse con poche e veloci falcate, impuntandosi davanti all’amico – Allora perché questo subdolo non dice nulla?»
«Lee posso ass-»
«Sai che non avresti vittoria facile con me? Cosa pensi di essere l’unico ad essere baciato dalla bellezza concessaci dalla primavera della nostra giovinezza?!? Se voglio la trovo anche io una che mi sposa dall’oggi al domani.» affermò sicuro prima di schioccare le dita e indicare la Yamanaka, che a quel punto attendeva solo il peggio.
«Tu! Lo so che fremi per essere mia per sempre!» le disse serio, voltandosi verso di lei e abbagliandola con il suo sorrisone smagliante.
«Preferirei mai
«Visto, siamo di nuovo par-… – si rivoltò incredulo verso la ragazza – Come puoi rifiutarmi in un momento tanto critico?!» domandò con le lacrime agli occhi e tirando su col naso.
Neji che irritato dall’essere stato interrotto si era limitato ad assistere in silenzio a tutta quella scenetta pietosa, adesso aveva chiuso gli occhi cercando di calmare i nervi tramite la brezza estiva che soffiava su di loro, distraendosi col pensare di sostituire il “fesso” con “stupido idiota”– ovviamente scrivendolo personalmente a caratteri cubitali e con l’indelebile, sulla capoccia dell’amico. Aspettò che le risate generali terminassero per poter affermare con certezza che nessuno si sarebbe sposato in tempi brevi e, soprattutto non lui e Ino – giusto per chiarire.
«LEE! Junko intendeva cose più atletiche con “mo-oolto più avanti”.» urlò Kiba dalle retrovie, facendo ben attenzione a regolare i decibel in modo che anche la gente che passava nei pressi del loro ritrovo, avrebbe potuto sentire. Stuzzicare lo Hyuuga, cha a quel punto lo stava disintegrando con lo sguardo, era veramente divertente.
Lee, che quando si alterava sfiorava le sfumature del rosso mattone, tornò del suo colore normale intanto che si picchiettava il mento, riflettendo sulle parole che Junko aveva riferito. Cominciò a far saettare la testa dall’uno all’altra, come sa avesse appena appreso la verità assoluta sulla vita terrena.
«Voi… cioè… Oooh! – socchiuse gli occhi in direzione di Neji e cominciò ad annuire lentamente, per poi scuotere violentemente il capo – Comunque continui a giocare sporco! Adesso proprio nel vero senso della parola. Fai le zozzerie e non mi avvisi?! Cosa credi che anche io non ne sia capace?!» domandò in tono di sfida, per poi schioccare nuovamente le dita e indicare dietro di sé.
«Ino!» urlò, come se stesse richiamando il pokémon prescelto per la battaglia.
«No.» dichiarò l’altra, prendendo di peso Tenten e mettendola al suo posto. E che cavolo, c’era anche lei da usare come espediente.
«Per finta?» ritentò Lee senza perdere il sorrisetto con cui fissava Neji, sperando in un minimo di comprensione.
«Nemmeno nelle mie fantasie più oscure.» riferì, incrociando le braccia e muovendo la lunga coda come se stesse schioccando una frusta.
Choji, amareggiato dal fatto che la carne fosse cotta a puntino e nessuno dei suoi amici si stesse leccando i baffi soltanto odorandone l’aroma delizioso afferrò una pizzetta rotonda dal recipiente che aveva sgraffignato al buffet del ristorante del padre e, con una velocità disarmante la inserì nella bocca aperta di Lee, che pronto a replicare si trovò costretto a masticare con la mano del ragazzone premuta sulla bocca.
«È pronto. Tutti a tavola che i problemi si risolvono meglio con la pancia piena!»
♦♦♦
L’appuntamento gli era stato dato il giorno prima e, stando alle parole dell’amico: con una certa urgenza. Ancora non aveva ben chiaro per quale motivo si dovessero trovare davanti la cartoleria, ma poco importava, tanto si sarebbe comunque alzato per concedersi una corsetta mattutina, al massimo avrebbe allungato il giro.
La cosa che realmente gli arrecava disturbo erano i ritardi e Rock Lee, non era certo noto per la sua puntualità. Stava già valutando l’idea di aiutare il titolare dell’edicola, a scaricare e ritirare gli scatoloni che gli avevano appena piazzato davanti alla vetrina i due omoni delle consegne espresse, che notò l’amico svoltare l’angolo correndo ad una velocità inumana. E – rullo di tamburi – con ben cinque minuti di anticipo.
Era ufficiale: l’apocalisse sarebbe giunta a breve.
Essendosi presentati a mezz’ora dall’apertura estiva, entrambi aiutarono il signore poi, il passo dallo “scarico merci” al “fissare la pericolante libreria in ferro attaccata alla parete”, fu breve.
«Se mi dici cosa cerchi, posso darti una mano e la facciamo finita prima.» suggerì nuovamente Neji, che si era ritrovato a fissare una rivista sui lavori a maglia, nell’attesa che qualcuno si decidesse a parlare o si muovesse a trovare quello che ricercava da circa una decina di minuti.
Rock Lee, per l’ennesima volta scosse la testa facendo sottintendere di non disturbarlo oltre con la sua fretta. Aveva già scoperto all’ultimo che il suo idolo aveva rilasciato un’intervista, come minimo doveva rimediare acquistando per primo una copia del giornale. Proprio mentre si sgridava per non aver prestato abbastanza attenzione e per essere il peggior membro del suo fan club ufficiale, davanti ai suoi occhi comparì proprio quello che stava cercando.
Il titolo: “Cinque modi per aumentare la taglia del tuo seno” fece sgranare gli occhi a Neji, che non avrebbe mai immaginato che l’altro stesse cercando una rivista femminile. Cominciò a guardarsi attorno nella speranza che nessuno assistesse a quella patetica scenetta che aveva visto protagonista un piroettante Rock Lee che stringeva al petto i segreti per avere il seno perfetto.
«Guarda! Guarda! Guarda! – cominciò a cinguettare il ragazzo, posizionando sotto il naso dell’amico il tascabile introvabile – L’intervista più attesa dell’estate!» esclamò indicando un piccolo titolo, appena sotto quello che per la felicità di Neji, pubblicizzava una crema anticellulite perfetta per l’estate.
Neji tenne a mente che se gli fosse servito qualcuno per leggere le clausole microscopiche su dei contratti, avrebbe sicuramente chiamato l’amico, poi allontanando quella rivista compromettente da sotto il suo naso lo spronò ad andare pagare.
«Protesti prenderlo tu al mio posto?»
«Che?? La rivista è per te!»
«Sì… ma vedi… – si avvicinò silenziosamente all’orecchio dell’amico, indicando con un cenno del capo la ragazza alla cassa – Quella mi ha già fatto la predica un’altra volta, perché avevo preso un giornaletto…»
Se solo avesse avuto la possibilità di farlo, senza dare troppo nell’occhio, sarebbe corso via da quel depravato che l’aveva invischiato in quella scomoda situazione. Per tutti i Kami, non poteva gestirsi con internet e tutte le schede di navigazione in incognito che poteva creare?!
Lo Hyuuga si limitò a paralizzarsi sul posto e fissarlo malissimo, incutendogli tanto di quel timore che Rock Lee si affrettò subito a terminare la frase: «Ma che vai a pensare?! Era una rivista di costumi da bagno, più femminili che maschili e… a dividere le due sezioni c’era l’intervista al mitico Maito Guy in cui elargiva ai suoi fan la dieta per le campionesse e i campioni. Solo che quella ha frainteso nella tua stessa maniera.»
«No. Non potevi chiedere a Tenten?» domandò perentorio.
«Questa mattina era impegnata…»
«Non è che finiscono nel giro di un giorno i giornali.»
Offeso, Rock Lee abbracciò maggiormente la rivista, mise un broncio degno di un bambino di due anni e aggrottando talmente tanto le sopracciglia, da coprire quasi interamente i propri occhi tondetti, disse con voce tremante: «Non puoi esserne certo!»
«Si.»
«No!»
«Si.»
«No-oo!»
Neji sbuffò e Lee gli domandò di chiedere a Junko di comprarla per sé e, in un secondo momento, di strappare le pagine relative all’intervista. Questa volta la bocca dello Hyuuga esalò un sospiro: Rock Lee si era ripreso subito dalla notizia della sua relazione decretando che in qualche modo doveva pur impegnare il tempo di quei mesi in cui si parlavano poco e non poteva godere della sua compagnia. L’aveva presa talmente tanto bene da voler assolutamente stringere amicizia con Junko, che poverina, si era spaventata da tutte le sue insistenze.
«Non tirerai la mia ragazza, dentro questa follia. Poi magari si fa i complessi perché penso che abbia…» preferì terminare la frase con dei gesti che indicavano prima il proprio petto e poi creò un piccolo spazio con l’indice e il pollice.
«Beh… effettivamente non è che ci sia molto da guardare su di lei. – notò l’occhiata canzonatoria di Neji – Comunque, sicuro che non si può chiedere a lei, in fondo abita qua vicino!»
«Si. Scusa ma non puoi andare in un’altra cartoleria?»
«Questa è quella più fornita! Se l’altra cartoleria non ne avesse e mentre andiamo a cercare nell’altra, qui finiscono? – cominciò a domandare a raffica sventolando per aria il giornale – La mia vita sarebbe rovinata!!»
Neji sbuffò rassegnato, stringendosi la radice del naso per tutta quella melodrammaticità gratuita.
 
Con l’arrivo delle vacanze estive, Tenten aveva sostituito il pomeriggio di allenamento in piscina con un paio di mattine di nuoto libero. Era bello frequentare quel posto appena subito dopo l’apertura: non essendoci quasi nessuno in giro era molto più facile concentrarsi sulle proprie vasche, ragionare e trovare (sempre se ce ne fossero stati) errori nella loro esecuzione; inoltre, avevi l’occasione di scegliere la corsia che meglio ti aggradava.
Per la ragazza era la numero 10, la più esterna e che si trovava appena uscita dagli spogliatoi – se non la più comoda perché ad un metro c’erano un paio di panchine su cui poggiare l’asciugamano. Giusto a quelle si stava dirigendo, sgranchendosi le braccia mentre compiva dei movimenti circolari con le spalle. Sospirò felice del proprio operato e si infilò nell’accappatoio e lo stesso fece con le ciabattine.
Quindi, Tenten si avviò quasi saltellante verso l’entrata dei camerini femminili, se non fosse stato per un viso fin troppo famigliare che intravide riflesso nell’ampia vetrata color verde bottiglia di birra – da cui i genitori solitamente osservavano gli allenamenti dei propri pargoli –, che la costrinse a fermare drasticamente la propria falcata disinvolta.
Lo Hyuuga, sorpreso a scrutare l’interno della piscina, salutò con un cenno della testa l’amica, la cui espressione era passata dalla sorpresa alla felicità – determinata in particolar modo dal suo muovere freneticamente la mano in segno di benvenuto. A Neji venne istintivo sorridere, anche se impercettibilmente e, indicando con un pollice dietro di sé, le fece capire che la aspettava all’ingresso.
Tenten annuì senza mai perdere il sorriso dal proprio volto, poi come colta da un’illuminazione improvvisa, bussò velocemente sul vetro in modo di attirare l’attenzione, prima che l’altro fosse stato troppo lontano per sentirla. Nel momento in cui Neji si girò interrogativo, lei si tolse velocemente l’accappatoio. Cominciò ad indicarsi il costume nero sportivo, in particolar modo il fianco dove si poteva notare il logo della casa di produzione stampato sopra una fantasia di bolle verdi che sfumavano verso l’alto, infine piroettò su sé stessa in modo da dare una visione completa a Neji.
Quest’ultimo, non estraneo ai momenti di esuberanza della ragazza, alzò in un primo momento un sopracciglio divertito poi – a fine spettacolo – le indicò con un altro cenno del capo, il bagnino che dietro di lei, si stava facendo le meglio risate. La Tamura si voltò e scoppiò a ridere e, dopo aver fatto delle spallucce di risposta all’amico gli fece capire con gesti vari, che sarebbe uscita di lì in cinque minuti.
Venti minuti dopo, Tenten fece capolino nell’ingresso della struttura, con i capelli ancora mezzi bagnati sciolti sulle spalle e, un borsone che pesava più di lei, sulla spalla.
«Neji! – lo abbracciò prendendolo alle spalle – Da quanto!» domandò stringendolo più del dovuto e crogiolandosi nel suo leggero barcollare imbarazzato.
«Non hai perso il vizio vero?! – mormorò, facendo finta di essere infastidito. Ormai pensava che non l’avrebbe più accolto in quel modo, era giunto anche a sentire la mancanza delle sue esternazioni affettuose, ma non gliel’avrebbe mai fatto presente. Troppo vergognoso da parte propria.  – Staccati che mi attacchi ‘sta puzza di cloro.»
«No, no… mi stacco perché tu puzzi di sudore.» esagerò Tenten stringendosi la punta del naso e sventolando la mano libera davanti lo stesso. Da che avesse ricordo, Neji non puzzava mai, si limitava ad odorare pesantemente del proprio deodorante… che sapeva di sapone, quello che le nonne usano per lavare i panni a mano, giusto per intenderci. Pensandoci non le sarebbe dispiaciuto profumare allo stesso modo.
Lo Hyuuga capendo la presa in giro si limitò a scuotere la testa e poi gli tornarono in mente le parole di Lee:
«Io vado al bar vicino qui vicino a prendere i cornetti preferiti da Ten’. Tu, valla a recuperare e approfitta del tuo ritorno in città per arruffianartela un po’. Qualche moina da “mi sei mancata” dovrebbero lisciarla per bene.»
«Uno: non dirò nulla del genere. Due: secondo me non c’è bisogno di tutte queste lusinghe. Tre: perché tu credi che siano necessarie?»
«Semplice. Perché l’ho già costretta a compare una volta una rivista, che però trattava di allenamenti post-parto… Ti lascio immaginare che occhiatacce ci ha lanciato la cartolaia e come mai Ten’ non mi abbia rivolto la parola per settimane dopo quella storia.»
«Comunque il costume è comodissimo. Devo dire che il vostro regalo di compleanno in ritardo è valsa la pena delle insistenze di Lee.» commento Tenten, che nonostante avesse rifiutato con tutte le forze quel regalo di compleanno/riappacificazione non poteva negare, che le faceva veramente comodo dato che quello precedente nell’ultimo periodo si era fatto stretto.
«Felice che ti piaccia… anche perché l’hai scelto tu.» le ricordò, lui si era limitato a spartire il suo costo con Lee e, poteva benissimo ammettere che fossero stati i soldi meglio spesi della sua vita. Il sorriso che Tenten aveva dipinto in volto era impagabile.
«Nient’altro da dirmi??» mormorò, delusa dall’inutile quanto labile aspettativa che potesse farle un complimento.
«Dovrò proporre ai miei di creare una tessera fedeltà solo per te. Potresti essere la nostra miglior cliente.» asserì Neji, che non aveva potuto fa a meno di notare la cuffia di “Sports By Hyuuga”, un’altra serie di capi sportivi che portava agli allenamenti di pallavolo e, la famigliarità con cui si destreggiava nel negozio dedicato dove era andata insieme a loro – senza parlare della confidenza che aveva con la commessa.
«Mi vesto da voi da quando andavo alle elementari. Avrete guadagnato una fortuna grazie a me!»
«Si, si. – afferrò il borsone che lei aveva abbandonato a terra e se lo mise in spalla – Proprio grazie a te!» la prese in giro facendole segno di seguirla verso l’uscita.
«Guarda che ce la faccio... – allungò una mano verso Neji, ma questi si allontanò di un passo, facendo ben intendere le sue intenzioni – Grazie. Quando sei tornato?» domandò, cominciando a seguirlo mentre si acconciava alla bene e meglio i capelli in una veloce coda alta.
«Un paio di giorni fa.»
«E non mi scrivi nemmeno un messaggio?! Ma non c’è da stupirsi dato che in quasi un mese di vacanza mi hai risposto a monosillabi a quei due messaggi che ti ho inviato. – lo rimproverò offesa, staccandosi da lui e incrociando le braccia al petto – Mr Associale, guarda che non muori mica a premere due tasti… devo ringraziare che tu sia venuto a trovarmi oggi.»
«A che pro? Junko mi ha sequestrato da quando sono arrivato, facevo prima a contattarvi direttamente quando fossi stato libero, almeno non avrei dovuto sempre dirvi di no per uscire.»
Tenten estrasse il cellulare dalla tasca del pantalone e cominciò a scrutarlo in maniera talmente fastidiosa, che Neji si vide costretto a chiederle cosa stesse facendo.
«Non vedo il mio messaggio.»
«Lee mi ha invitato ad uscire, supponevo venissi anche tu.» mentì colto in fallo e arrestando la propria camminata dopo aver notato il loro amico che correva nella loro direzione con un sacchetto e tre tazzone di carta. La gincana tra le macchine in versione portaborse non aveva portato ad ottimi risultati date le chiazze di caffè sui pantaloni.
Tenten guardò prima quello che l’era andata a prendere, poi si concentrò sull’acrobata. Inspirò intuendo le intenzioni di entrambi e sentendosi profondamente tradita domandò: «Che diavolo devo fare questa volta?»
 
«Ecco cosa dovremmo fare! – urlò Rock Lee, che con un colpo di reni si rimise su a sedere – Una settimana di campeggio!» annunciò, per poi tornare a sdraiarsi prono sul prato con il settimanale femminile mantenuto a qualche centimetro dal volto.
Neji seduto con la schiena poggiata all’unico albero che si poteva trovare nel piccolo giardino dell’amico, si limitò ad aprire un occhio per capire se Lee facesse sul serio o meno. Lo richiuse immediatamente, ormai conscio per esperienza, che il ragazzo faceva sempre sul serio.
Tenten invece, si limitò a sbuffare scoraggiata. Era sdraiata prona, con il volto nascosto nella conca che aveva creato con le braccia incrociate, intenta a rimuginare sulla risatina malefica che il figlio del cartolaio le aveva rivolto quando aveva visto il titolo di copertina della rivista che, per amore della propria pace interiore e mentale, era stata costretta a compare. Pensava di essere messa abbastanza bene circa il seno. Una terza abbondante poteva essere il sogno di ogni donna e uomo. Invece…. tutte amare illusioni!
«Non amo particolarmente il campeggio.» commentò vagamente Neji, per poi bere un sorso d’acqua.
«Ma qui dice che è un’esperienza rigenerante prima dell’inizio della scuola! Vorresti dare torto al mitico Maito Guy?!»
«Non gli sto dando torto. Dico solo che preferisco un comodo letto al sacco a pelo.»
Rock Lee socchiuse le labbra pensando a qualcosa con cui contro ribattere e nel mentre, si girò verso la figura dell’amica, ancora sdraiata a pancia sotto a pensare a chissà quale dramma esistenziale. Corrugò le labbra capendo che la stessa era momentaneamente fuori gioco e non poteva dargli man forte – sempre che Neji non si intenerisse a vedere le spalle di Tenten fare su e giù in simultanea con i suoi sospiri depressi.
Lo Hyuuga ghignò vittorioso, intuendo che non avrebbe dovuto fronteggiarli entrambi in quella battaglia. Ciondolò sul posto e torno a chiudere gli occhi, alla ricerca di un po’ di relax.
«Teee-eeen!» la richiamò il padrone di casa.
«Mmmh.» si limitò a rispondere la diretta interessata. Anche se sembrava più un lamento sinistro, che fece rabbrividire pure l’impassibile sotto la quercia.
«Si può sapere che hai? – richiese, avvicinandosi al suo volto e cominciando a farle aria con il giornale. Fu proprio quello a fargli venire il colpo di genio – Per caso qualcuno ti ha detto qualcosa sul tuo petto?» domandò, centrando in pieno il problema.
Rapida come poche volte in tutta la sua vita si tirò su a sedere e, rubando dalle mani dell’amico la rivista cominciò a picchiargli il braccio con la stessa. «Ma. Che. Diamine. Ti. Salta. In. Mente?!» scandì in perfetta sincronia con i colpi.
«Okay, okay ho capito! – fece bloccandole il polso, per poi guardarla serio negli occhi – Coraggio su la maglietta, che almeno avrai dei pareri maschili e potrai andare sul sicuro.»
Una potente sberla colpì la guancia del ragazzo, facendolo cadere a terra con una mano rosa dipinta su metà volto. Neji ringraziò mentalmente i Kami, per non averlo reso un tale idiota come Lee.
«Perché l’hai fatto? Ti ho sempre vista mezza nuda e non ti fai problemi a girare solo in top e pantaloncini!» si difese il sopracciglione, per poi pentirsene amaramente quando la ragazza lo afferrò per il bavero cominciando a strattonarlo.
«L’ultima volta che mi avrai visto nuda sarò andata alle elementari, razza di depravato! Poi il resto è tutta roba sportiva: nulla di intimo che potrebbe mettere strane idee in testa a vuoi ragazzetti.»
«A dire il vero quando lo venivi a sgridare in spogliatoio eri sempre in reggiseno… – provò a difendere l’amico Neji, ricevendo solo un’occhiata trucida mista a vergogna, che gli fece temere per l’attaccatura della testa al collo – … sportivo.» le diede ragione, sapendo di abbandonare l’amico alle ire di Belzebub risalito dagli inferi.
Poi il miracolo: Tenten lasciò il colletto della canottiera di Lee e sedendosi come se nulla fosse annunciò: «Comunque, mi piace l’idea del campeggio. Potremmo farci un pensierino per la settimana prima dell’inizio delle lezioni.»
Neji incasso il colpo basso, evitando di mostrare il proprio disappunto mentre Rock Lee si concesse un saltello con tanto di pugno vittorioso alzato verso l’alto e un “yeeeah”: se Ten’ era dalla sua, allora con Neji tutto poteva diventare possibile.
♦♦♦
Il tre luglio di quell’anno, Neji lo aveva passato sulla limousine che lo aveva portato a casa dalla villa al mare degli Hyuuga, dove aveva passato tutto il mese di giugno. Gli unici auguri che aveva ricevuto erano stati quelli dello zio – molto formali e distaccati –, quelli dalle sue cugine Hinata e Hanabi e, quelli di suo padre che dopo un abbraccio si era congedato per tornare immediatamente in ufficio, sottolineando la regola: quando il lavoro chiama, gli Hyuuga corrono. Quasi lo commuoveva quella strana dedizione al lavoro che tutti i membri della sua famiglia dimostravano e in un certo senso la trovava confortante, come se fosse una costante che riusciva a metterlo in una condizione di relax.
Lui non si era lamentato di tutta quella indifferenza nei suoi riguardi, gli era bastato ricevere l’audio su whatapp di Lee e Ten che gli dice- urlavano “Tanti Auguri” e la tortina coronata da una candelina che, da anni, la governante lo obbligava a mangiare dopo aver espresso il desidero prima dello spegnimento della fiammella. Lo trattava come fosse un figlio e, nonostante questo a lui non desse fastidio durante gli altri trecentosessantaquattro giorni dell’anno, quel giorno si sforzava di accontentarla. Semplicemente perché lui una madre ce l’aveva, solo che aveva deciso di abbandonare lui e suo padre.
Storia lunga, deprimente e infelice a cui lui evitava di pensare ma, dato che quella donna se n’era andata proprio dopo il suo compleanno, gli veniva naturale intristirsi in quel periodo.
Per questo tirò un profondo sospiro mentre si preparava per la serata che Junko aveva organizzato in suo onore. Sì, perché la sua ragazza si era arrabbiata di non essere stata informata per tempo di quell’importantissimo evento, quindi in combutta con Ino – evento raro e strano allo stesso tempo – avevano prenotato una cena nel ristorante del padre di Choji.
Alla fine dei conti non era stata nemmeno una brutta serata: il cibo era ottimo e si sentivano tutte e quattro le stelle Michelin, tutti avevano riso e brindato con bevande analcoliche e avevano concluso la serata con dei profiteroles al cioccolato che potevano essere classificati come la meraviglia del mondo culinario.
La serata però non era terminata lì, infatti Junko aveva proposto di partecipare all’inaugurazione di un nuovo locale in centro, che permetteva l’entrata ai maggiori di quindici anni. Il “Club”, tralasciando l’originalità del suo nome, non era un brutto locale solo che aveva avuto la capacità di eliminare la maggior parte del gruppo lasciando solo: Tenten, Lee, Choji e Ino che anche se non aveva compiuto effettivamente quindici anni valevano le regole “bella ragazza attira i clienti” e “con il giusto vestito si entra ovunque”.
«Allora Neji che cosa ti ha regalato Junko?» domandò quest’ultima, stanca di sentir parlare la mora dagli occhi verdi che aveva cominciato a lamentarsi non appena il suo deretano aveva toccato il cuscino del divanetto. Si era perfino trattenuta dal tirare un pugno in testa a Choji, quando le aveva fatto notare che al ristorante la prima a lamentarsi per i tempi di attesa, era sempre lei.
«A dire il vero non mi ha ancora dato nulla.»
«Mi sembra ovvio. Ti pare che mi faccia spacchettare qui davanti a tutti!» dichiarò Junko, facendo un occhiolino a Ino e dando un bacio sulla guancia al proprio ragazzo, leggermente infastidito esteriormente – molto infastidito interiormente – da quell’atteggiamento.
Rock Lee si scambiò un’occhiata maliziosa con Choji e, Tenten si limitò a scuotere impercettibilmente il capo giochicchiando con i tovagliolini che aveva davanti. Lei in quelle parole aveva inteso solo il voler marcare il territorio della ragazza e, non la quasi inesistente ironia. 
«Sono felice che tu mi abbia invitata ad uscire.» le aveva detto gentile prima di cominciare a mangiare il cono gelato con il cucchiaino. Sembrava una principessa per la finezza che dimostrava.
«Un giro in gelateria è proprio quello che serve con un caldo del genere! Almeno riusciamo a parlare un pochino, dato che sei sempre con Neji.» aveva risposto, senza l’intenzione di rinfacciarle qualcosa ma principalmente perché ci teneva ad avere buoni rapporti con la fidanzata di un suo amico.
«Oh, vero! C’era una cosa di cui volevo parlarti.» aveva detto irrigidendo l’atmosfera, senza degnarla di uno sguardo e preferendo concentrarsi sugli alberi che erano stati piantati in diverse aiuole nella piazzetta.
«Rock Lee è il mio migliore amico, non posso aiutarti nel suo omicidio.» la buttò sul ridere lei, cercando di coinvolgerla e rendere quella situazione meno tesa e più conviviale.
«Credo che voi due asfissiate Neji. – sentenziò, finalmente volta verso di lei – Insomma per voi ha mollato pallavolo e ci teneva, fa delle pessime figure e alle volte è costretto a rimediare ai vostri errori. Gli date rogne aggiuntive oltre quelle che deve passare pure a casa sua, in una famiglia importante come la sua, credo che dobbiate dargli un po’ di pace.» la dolcezza che mostrava al mondo era totalmente svanita dal suo volto, lasciando posto ad una persona molto, ma molto scorretta.
«Mi sembra strano, perché allora continuerebbe a frequentarci? Neji non è assolutamente uno che si fa problemi a dire le cose.» domandò, presupponendo che quello fosse solo il test di una ragazza preoccupata che il fidanzato avesse delle amicizie vere e profonde.
«Per qualche strana ragione vi rispetta e preferisce essere gentile con voi, e con voi intendo anche il tuo gruppetto di scalmanati. È una persona molto a modo.»
«Lo so.» sorrise dandole totalmente ragione, almeno per l’ultima frase.
Junko fece una smorfia irritata poi si alzò di scatto, gettando il cono gelato ancora per metà intatto nel cestino: «Conosco la vostra testardaggine e so che non lo lascerete mai stare totalmente in pace, ma credo che questa sia più una questione di rispetto nei miei confronti: evita di abbracciarlo ogni volta che puoi, la gente potrebbe pensare male sia di me, che di lui e infine di te.»
«Okay, posso provarci.»
«No, pensa anche a te mentre mantieni questa promessa. In fondo, non sono io quella che verrebbe considerata un’insulsa amante che per lui non potrebbe essere nient’altro di più.»
«Oh-oh-oh! Hai capito il nostro Neji, Nejiuccio!» lo canzonò divertita Ino, per poi bisbigliare all’orecchio di Tenten: “Potrebbe cominciare a starmi simpatica!”. L’altra si limitò a sorriderle cordiale per poi continuare a spezzettare il tovagliolo, pensando che la parte simpatica di Junko, doveva ancora venire alla luce.
«Qua la cameriera sembra essersi dimenticata di noi. Vado a chiedere in cassa.» si congedò Neji, uscendo da quella situazione fin troppo esplicita, trovando man forte in Lee che si offrì di accompagnarlo al bancone.
«Allora Choji! – richiamò l’attenzione del ragazzo – Neji mi ha detto che tu frequenti un corso di formazione per diventare cuoco giusto?»
«Con ottimi risultati oserei dire.» si adulò il ragazzone, ricevendo anche una pacca orgogliosa da parte di Ino.
«Sempre se i tuoi insegnanti riescono a mangiare qualcosa di quello che cucini, prima che tu spazzoli via tutto! Dico bene ragazze?!» disse la mora, cercando di essere accompagnata nelle proprie risate anche dalle altre due. Peccato che entrambe non ci trovassero nulla di particolarmente divertente.
«Fidati tesoro, io sono la prima ad assaggiare le sue prelibatezze.» difese il proprio amico, lisciandosi la gonna attillata che aveva indossato per l’occasione.
«Infatti si vede.» asserì l’altra sorridendo maligna, per poi voltarsi alla ricerca del proprio ragazzo.
La Yamanaka non fece in tempo a togliersi i tacchi a spillo per dichiararle apertamente guerra, che il festeggiato tornò al tavolo con un vassoio carico delle loro ordinazioni intanto che Lee – preso a bene per il ruolo che doveva interpretare – cominciò ad atteggiarsi alla cameriera oca che li aveva serviti precedentemente, elencando i nomi delle varie bevande.
Tra le risate generali, che sembravano aver fatto dimenticare le antipatiche battute di Junko, Ino rettificò il proprio pensiero, mormorando tra i denti stretti in un sorriso: “Se non le va di traverso l’oliva del suo benedetto Martini, giuro che la strozzo con le mie mani!”. Tenten brindò in onore di quel proposito, portando alle labbra il bordo zuccherato del drink analcolico che aveva ordinato.
 
Un morso di biscotto al cioccolato e un sorso d’acqua. Un morso di biscotto al cioccolato e un sorso d’acqua. Tenten andava avanti così da circa cinque biscotti, ma il saporaccio di quel drink amaro non ne voleva sapere di abbandonare le sue papille gustative.
«Quale locale che si rispetti vende alcolici ai minorenni?» domandò la ragazza, ripensando disgustata a quello che le avevano fatto passare per un analcolico alla frutta. Era tutto, fuorché al sapore di frutta – nemmeno l’ananas si sentiva e, quello lo mettono dappertutto!
«Tecnicamente hai l’età per bere alcolici leggeri, i super alcolici li possono servire solo ai maggiorenni. – sottolineò l’esperto in materia – I locali che non si accertano dell’età vogliono solo conquistare un po’ di clientela e incassare facile.» rispose spensierato Choji, che le stava facendo compagnia per due ragioni valide: la prima era che anche a lui avevano rifilato il drink errato e, la seconda, ruotava attorno ad un piatto stracolmo di dolcetti che l’amica, gli aveva accordato di dividere.
«Almeno in questi non c’è caduta una goccia di grappa.» commentò indicando il loro spuntino e afferrando l’ennesimo frollino.
«E i bagni sono relativamente puliti.» la sostenne Choji, riempiendole nuovamente il bicchiere dell’acqua del rubinetto e porgendoglielo educatamente. Non aveva nemmeno provato a chiedere al bar un bicchiere d’acqua, prima che in tutta quella confusione magari gli rifilavano vodka allo stato puro.
«Un ottimo nascondiglio socio!»
«Concordo socia!»
Incrociarono i propri avambracci, nello stesso modo in cui i novelli sposi brindavano alla festa di ricevimento e, terminarono l’ultimo pezzetto di dolce che avevano in mano.
A sorprenderli in quella posizione fu Neji, che con un fazzolettino posto sul labbro aveva fatto irruzione nel bagno. Con un’aria adirata che aveva avuto poche volte.
«A chi diavolo è venuto in mente di ordinare l’alcool?» domandò ai due, cominciando a sciacquarsi la bocca con il getto di acqua fredda.
Tenten e Choji si guardarono: «Junko.»
«Piuttosto… tu da quando ti concedi risse nei locali? E poi, mica eri bravo a difenderti? Come ha fatto quello a colpirti?»  chiese il secondo, scostandosi dal ripiano in marmo dove era incassato il lavandino, per due ragioni valide: lasciare spazio di agire al ragazzo e mettere in salvo i biscotti rimasti, da schizzi di acqua e sangue.
«Ma per piacere. Ero in mezzo alla pista a ballare con Junko e quel deficiente di Rock Lee si è messo a fare il pazzo, esibendosi in un qualche strano numero di break dance e dandomi un calcio in faccia, mentre faceva la trottola gambe all’aria.» spiegò Neji, intanto che cercava in tutti i modi di coprire la propria bocca per non far notare i continui sputi di sangue.
«E lui dov’è? Solitamente ti segue ovunque.» fece Tenten cercando, mordendosi le labbra, di evitare di ridere e rischiare di aizzare ulteriormente l’ostilità dello Hyuuga. Cominciò quindi a strappare dal distributore alcuni pezzi di carta assorbente, aspettando il momento giusto per passarli al maltrattato di turno.
«Sì, adesso arriva la parte esilarante. Dopo avermi colpito si è girato ed eseguendo un Haishu-Uchi* ad muzzum, mi ha invitato a batterlo.» si lamentò scuotendo la testa allibito.
Gli altri due si guardarono nuovamente, questa volta interpellandosi su cosa fosse un Haishu-Uchi ma, poi non riuscendo a darsi una risposta scoppiarono a ridere. Anche a causa di quel briciolo di alcool che intorpidiva i loro sensi e, faceva sembrare quel racconto più divertente di quanto fosse.
«Bello ridere delle disgrazie altrui.» commentò infastidito, strappando dalle mani di Tenten le salviette e bagnandole con alcune gocce d’acqua le gambe, ma la ragazza era troppo impegnata a sbellicarsi per accorgersene.
«È che è la prima volta che ti sento dire deficiente!» gli fece notare la ragazza, coprendosi con un palmo della mano la bocca aperta.
«E poi cos’è un Hiacuchi?» domandò Choji, asciugandosi le lacrime che avevano cominciato a scendergli dagli occhi.
Forse ancora a causa dall’alcool, quello che aveva ingollato con il sorso alla bevanda di Lee, Neji non rispose a tono alle loro battutine ma si limitò a lasciarsi contagiare dalla loro ilarità. Anche se per poco, dato che il taglio che gli divideva il labbro inferiore precisamente a metà, aveva cominciato a tirare non appena aveva accennato a sorridere.
«Dai, bando alle ciance vado a chiedere un po’ di ghiaccio per te.» si offrì Choji, afferrando il suo ultimo dolcetto e concedendo gli ultimi due all’amica di spuntini, che accettò di buon grado.
«Oh, tranquillo Choji. Junko ha detto che me lo porta lei.» lo informò, ringraziandolo con un cenno del capo.
«Ottimo. Allora vado a controllare Ino, prima che qualcuno di poco raccomandabile allunghi troppo le mani. – si congedò aprendo la porticina e facendo entrare nell’abitacolo un fracasso assordante –  Alla prossima socia!»
«Non vedo l’ora socio!» lo salutò Tenten, ciondolando sulla propria seduta tra il lavabo e il dispenser di sapone e cominciando a dondolare velocemente le gambe a penzoloni.
 
Lo Hyuuga aveva cacciato di forza Tenten dal bagno. Il fatto che non fosse intervenuta, cercando in qualche modo di evitare il fatale contatto tra le labbra di Lee e una goccia di liquido di gradazione superiore allo zero, lo aveva irritato particolarmente. Certo, mai quanto la schiettezza con cui gli aveva fatto presente che il loro amico era ben conscio dei propri momenti di sfaso e, quindi aveva acconsentito a non fare l’astemio di turno per non apparire una mammoletta agli occhi di Junko.
“Perché Lee, a differenza della tua ragazza ci tiene a fare buona impressione.” aveva urlato Tenten presa dalla foga, saltando giù dal bancone su cui era appollaiata.
Inconsciamente prese a strofinare più forte la saponetta sul sangue che macchiava il cannoncino della camicia, senza dimostrare la delicatezza con cui si dovrebbe maneggiare un tessuto come il raso.
«Non vorrei essere quella povera camicia!» commentò Junko, entrando nell’abitacolo reggendo in una mano degli asciugamani puliti e in un'altra una ciotola con del ghiaccio a cubetti. Non si astenne dallo squadrare maliziosa il petto tonico del proprio ragazzo, soffermandosi in particolar modo sulle spalle larghe e le braccia muscolose. Ricevendo in risposta un sorriso tirato e falso, decise di optare per un approccio più diretto, che sicuramente, l’avrebbe distratto.
La ragazza depositò sul ripiano del lavandino tutti gli oggetti che aveva portato con sé e, con una certa agilità riuscì a crearsi un piccolo posticino tra il corpo invitante di Neji e il capo di abbigliamento che – date le potenti sfregate – sembrava voler cancellare dalla faccia della terra.
«Non ti facevo uno da bagno.» sussurrò maliziosa, tastando con i propri polpastrelli il busto candido e perfettamente disegnato dagli allenamenti. Inarcò il sopracciglio destro soddisfatta di essere riuscita ad incentrare l’attenzione di Neji su di sé e, intuendo i suoi pensieri solo dal suo abbassare il capo e chiudere gli occhi, intanto che le braccia rimanevano tese e poggiate sul lavandino dietro di lei, inclinò il capo verso l’uscio e dichiarò: «L’ho chiusa a chiave.»
Junko sperò che quell’affermazione convincesse il fidanzato, ma come spesso capitava, lui non si mosse di un millimetro. Lui e le sue ferree regole da mantenere in luoghi pubblici. Non l’avrebbe sfiorata nemmeno per sbaglio e nemmeno se fosse stata coperta soltanto con due foglie di fico!
Colta da una illuminazione, si ricordò della sorpresa che gli aveva preparato. Ci rifletté qualche minuto sopra, non voleva bruciarsela subito. Si avvicinò al corpo di Neji, allacciando le proprie mani alla cinta dei suoi pantaloni e tirandolo con decisione verso di lei. «Dai…Neji… Non trovi eccitante l’idea di farlo qui, dove si può essere scoperti?»
A quella domanda il ragazzo divenne teso. Non poteva dire di non trovare Junko estremamente sexy ed eccitante – qualcosa tra la cintura che strattonava la ragazza e le proprie ginocchia, si sarebbe ben presto risvegliata concorde con lui –, ma non vi era ragione di correre quel rischio. La serata sarebbe terminata un paio d’ore prima del suo coprifuoco e, le avrebbe passate volentieri a casa di lei, dato che era libera e l’avevano programmato da molto. Non voleva mettere a rischio di far circolare voci così sconvenienti, soprattutto quando avevano già deciso altro. Adorava mantenere tutto sotto controllo e sicuramente, non avrebbe cominciato a ragionare con Neji Junior, proprio in quella occasione.
Al diavolo!” pensò Junko, che molto abilmente aveva abbassato il cursore della zip laterale del tubino azzurro e glitterato che le fasciava il corpo, che scivolò silenziosamente lungo i suoi fianchi. Solo quando toccò il pavimento, entrando nella traiettoria visiva dello Hyuuga, questi si sorprese trovandosi a qualche centimetro dal proprio corpo quello in topless di Junko. Il fisico asciutto era coperto solo dai suoi capelli – che lunghi e lisci ricadevano nascondendo il seno – ed un tanga che metteva in evidenza il sedere, che deliziava il suo sguardo riflettendosi nello specchio a lei retrostante.
«Junko…» disse come monito, arretrando da lei e ingoiando silenziosamente un po’ di bile.
«Lo sappiamo entrambi che non sei un santarellino. – commentò lei, recuperando la distanza che aveva messo tra di loro – Perché non divertirci anche ora? Prometto che dopo sarò anche migliore di adesso.»
«Ti assicuro che mi farò perdonare più tardi.» sputò quasi acido Neji, guardandola duramente negli occhi come a voler sottolineare che non avrebbe ottenuto nulla da lui in quel momento.
Junko alzò le mani in segno di resa, offesa internamente per quel rifiuto ma sicura che non si sarebbe pentita di avergliela data vinta così facilmente: «Allora ti piace la festa?» domandò piegandosi per raccogliere il proprio abito.
«Il posto potrebbe promettere bene, ma c’è troppo baccano per i miei gusti.» rispose sincero, avviando l’aggeggio che serviva per asciugare le mani, nella vana speranza di riuscire ad asciugare la propria camicia.
«All’inaugurazione è ovvio che si esageri un po’ per abbuonarsi i clienti.» commentò biascicando l’altra, dato che era concentrata a sistemarsi il lucida labbra con l’indice, mantenendo la propria bocca semiaperta ed immobile.
«E tu chi dovevi abbuonarti proponendo un giro di alcolici ad un tavolo di minorenni?» chiese Neji. Sapeva che lei aveva già compiuto diciassette anni, quindi teoricamente poteva richiedere degli alcolici leggeri, ma non capiva la motivazione di tirare dentro pure gli altri.
«Ovviamente i tuoi amici, non volevo fare la figura della bigotta non offrendo anche a loro dell’alcool…Perché qualcuno ha avuto il coraggio di venire a lamentarsi?»
Neji si limitò al silenzio. Nessuno aveva detto nulla circa la sua proposta, aveva indispettito solo lui tutto il caos che si era venuto a creare. Preferiva le serate tranquille, dove tutti chiacchieravano e bevevano qualcosa. Non certo un Rock Lee mezzo sfasato che dava spettacolo in mezzo alla pista senza curarsi di chi gli stava intorno, oppure Tenten e Choji chiusi in bagno ad ingozzarsi di dolcetti, estraniandosi dal mondo intero.
«Ovviamente sarà stata Tenten! Quella non mi sopporta da quando ci hai presentate. Tenta sempre di mettermi in cattiva luce, solo perché tu non la consideri come quando eravate solo un trio. Ma non è migliore dei tuoi amici! Cosa sono dei bambini che non possono rifiutare la mia proposta!?!»
«Non credi di stare esagerando?»
«No. – gli prese le mani tra le sue – Ascoltami Neji, io mi sto sforzando di andare d’accordo con loro, ma se fanno così non posso far altro che ripeterti: frequentiamo di più la mia compagnia! Sono più maturi e sanno gestire le situazioni meglio di loro. Senza contare che ci potremmo trovare meglio con loro e mi faresti veramente felice.» dichiarò, stufa di dover sopportare oltre quei ragazzi più piccoli che minavano alla sua felicità con Neji. Non che avesse qualche particolare ragione per avercela con loro, solo che lei amava stare con le persone più grandi e non con dei bambocci che dovevano avere ancora il permesso dei genitori per uscire la sera.
 
Nella vita di ogni adolescente, vi è un momento in cui ai genitori capiti di fare un discorso importante –per la felicità dei padri di famiglia, che credono fermamente che le figlie femmine rimangano bambine per l’eternità – riguardante alcool e droghe. Mamma Tamura era stata chiara e dettagliata in entrambe le casistiche, pretendendo la massima serietà di ascolto da parte della figlia e del marito, totalmente indisposto a mettere al corrente la propria bimba di simili cose.
Tenten dunque ricordava bene la differenza tra brillo, alticcio e ubriaco e, la cosa che le era rimasta impressa in particolar modo era il particolare che accumunava quelle tre tipologie: potevi diventare super felice e amico del globo – più o meno come Rock Lee –, oppure ti saliva l’acidità com’era successo a lei.
Per questo ora che era seduta sul sellino del proprio motorino riusciva a capire, che forse – ma proprio forse – aveva esagerato con quel commento su Junko. Magari era estremamente introversa e, quelle erano le sue maniere di imporsi al mondo e mantenere la propria relazione duratura. Maniere detestabili, che potevano avere un senso solo nella mente dello Hyuuga, che doveva avere un debole per le ragazze scorbutiche e – forse inconsciamente – perfide.
Continuò a guardare il firmamento, giocando con i ciuffi della frangia, continuando a pensare che probabilmente Neji avesse preso un granchio nella scelta della propria ragazza. Certo, erano perfettamente compatibili: lei rivaleggiava con Ino, prima in tutte le materie e rappresentante di istituto; lui, invece, era conosciuto da tutti a causa del cognome, idolo di tutti gli sportivi e secchioni – incrementando l’esistenza del mito bello e intelligente – e ammirato dalla maggior parte delle ragazze per le sue maniere raffinate. Però… c’era un però.
La ragazza scese con un salto dal proprio mezzo di trasporto, convincendosi che probabilmente era solo una sua impressione che Neji non fosse felice di quella relazione. Alla fine non era in grado di leggere perfettamente e tutte le sante volte, quello che dicevano quegli impenetrabili occhi! Dunque, a suo malgrado doveva andare a scusarsi.
La richiesta di pace avvenne inserendo nel piccolo spazio – con cui aveva osato aprire la porta del bagno –, l’avambraccio, sventolando lentamente una bottiglietta di succo di melagrana. Lo Hyuuga era uno a cui non piacevano i sapori forti – tendeva a svenire con un solo cucchiaio di chilli e il viso assumeva espressioni strane ogni volta che beveva qualcosa di aspro –, prediligeva i gusti più morbidi. Secondo Tenten erano meglio definibili come insipidi, dato che quell’ultima scoperta dell’amico sapeva di acqua con un retrogusto leggero di melograno annacquato.
«Porca Miseria! – imprecò la giovane, ruzzolando sul pavimento dell’abitacolo non appena Neji aprì la porta, accettando la sua offerta – Grazie per l’aiuto comunque!» fece presente al moro che sorseggiava tramite una cannuccia, inserita nell’angolo buono della bocca, il liquido trattato di pace.
Sorvolando sulla possibilità di cestinare i propri buoni propositi, Tenten tornò a sedersi nel piccolo posticino che si era ritagliata qualche minuto prima: «Alla fine è passata Junko.» affermò scostando il ghiaccio per farsi spazio, per poi aprire sulle proprie cosce uno degli asciugamani.
«Sì è appena uscita. L’ho lasciata andare a vedere quel dj che le piace, almeno non butta anche lei metà della serata chiusa qui.» rispose, terminando di bere il succo senza fare nemmeno il rumore di risucchio con la cannuccia.
Tenten richiuse quel fagotto che aveva riempito con il ghiaccio e afferrò il gomito di Neji per tirarlo vicino a sé: «Mmmm- mh»
«Dovresti andare anche tu.» la invitò, senza però sottrarsi alle sue cure.
«Non adoro in particolar modo la musica house.»
«In ogni caso non dovresti preoccuparti per me.»
«Appunto. Non dovrei esserci io qui. – fece notare, scacciando la mano con cui voleva toglierle l’involto – Tralasciando il fatto che tu sia il festeggiato, lei rimane pur sempre la tua ragazza! Quindi un minimo si deve interessare a te.» asserì acidamente, questa volta non per colpa del bere, ma perché era un dato di fatto.
«Nessuno te l’ha chiesto.» disse duramente, cercando di agguantare ancora quell’oggetto che ora l’amica teneva nascosto dietro la schiena.
«Infatti. – rimise il ghiaccio sul labbro di Neji, premendo maggiormente – Però se si vuole bene ad una persona, non si aspetta una richiesta.» ammise sicura.
«Se lo dici tu. – sbuffò il ragazzo, incrociando le braccia al petto – Che hai?»
«Un labbro rotto per un labbro rotto.» rise Tenten aumentando la stretta sulla spalla dell’altro, intuendo fosse il caso di chiudere il discorso. Lo Hyuuga non si era mai dimostrato un grande intenditore di sentimenti, probabilmente ogni volta che aiutava lei e Lee, lo vedeva come gesto di gentilezza più che un’apprensione nei loro confronti.
«Veramente poetico.» fece spallucce l’altro, assecondando l’amica che finalmente aveva sorriso veramente in tutta la serata.
«Doloroso, oserei.» lo corresse, per poi stringere gli occhi in due fessure ed osservare meglio il danno che Lee aveva fatto al volto dell’amico.
Come accaduto poco prima, Neji non si ritrasse. Si limitò a guardarla analizzargli la bocca, trovando tenero il suo modo di corrucciare il naso e il suo sguardo preoccupato: «Non avevo mai notato avessi le lentiggini.»
«Mi escono d’estate quando… – cominciò a soffiarsi sulla frangia, dato che alzando gli occhi si era ritrovata alcuni ciuffi a coprirle la visuale – sto troppo al sole…» terminò la frase in un sussurrò, notando finalmente la vicinanza dei loro visi e sentendo la mano di Neji che decisa, andava ad aiutarla nell’impresa.
Quando egli ritrasse la mano velocemente, Tenten abbozzò un sorriso che subito scomparì quando constatò che l’amico fosse a torso scoperto. Non era la prima volta che lo vedeva mezzo nudo, spesso capitava che i ragazzi durante gli allenamenti si spogliassero, però in quel momento, nell’intimità di quel bagno e con distanza più che minima, non poté fare a meno di ammettere che fosse un bel ragazzo.  La luce a led che si rifletteva sulla pelle color avorio e glabra di Neji, facendola sembrare ancora più liscia chiara di quanto non fosse, mettendo così in risalto, i muscoli delle spalle e i pettorali – se si fosse spinta più in giù con lo sguardo la cosa si sarebbe fatta imbarazzante.  
«Tu invece non vuoi abbronzarti un po’?» domandò impacciatamente, facendogli segno di allontanarsi per permetterle di scendere.
«Non è nei miei interessi. Ma nonostante i pomeriggi in piscina… – fece osservando la propria immagine biancastra nello specchio – sembra che la mia pelle sia predisposta al respingere i raggi UV.»
«Predisposta al respingere…» gli fece il verso Tenten, trafficando con la propria borsa. Nonostante ammirasse la maniera singolare dell’esprimersi di Neji, alle volte non poteva fare a meno di ridere.
Lo Hyuuga si imbronciò per un momento – espressione che non sfuggì all’amica contenta di essere riuscita a suscitargli una qualche sorta di reazione che non fosse studiatamente rigida – prima di ricevere in faccia uno strofinaccio.
«L’ho fregata a mio padre, nel caso avesse fatto fresco in serata. Dovrebbe andarti!» gli assicurò la ragazza, invitandolo con lo sguardo a provarsi quello che gli aveva cordialmente lanciato addosso.
«Oh… grazie.» rispose, studiando la maglietta nera che gli aveva proposto l’amica. Probabilmente gli sarebbe stata grande, ma per educazione era meglio provarla.
Titubante alzò lo sguardo sul proprio riflesso e sospirò pesantemente, constatando che i suoi dubbi erano reali. Ora doveva solo scegliere tra quella e la camicia dove la macchia si era espansa su tutto il davanti. Ottimo
«Non ti sta male lo scollo a V!» commentò Tenten cominciando a sistemargliela in maniera che non si vedesse troppo il difetto della grandezza.
«Grazie. Ma non credo che riuscirai a fare poi molto.» la ragguagliò, titubante delle capacità stilistiche dell’altra.
«Come no?! Farai un successone con questo look elegante ma trasandato.» scherzò, invitandolo a constatarlo lui stesso specchiandosi.
Lo Hyuuga dovette ammettere che non gli dispiaceva, certo non l’avrebbe portato altre volte, ma per una sera poteva andare bene: le maniche erano state tirate su fino al gomito e sulla pancia c’erano delle pieghe che lo infastidivano un po’, dato che amava solo le maglie che ricadevano dritte e lisce.
«Un “grazie Ten”, sarebbe gradito. – sorrise infilando la camicia sporca dell’amico in borsa – Io comunque vado! La strada da qui a casa è lunga!»
«Non vorrai mica guidare? Se ti fermano sono rogne.»
La mora scoppiò a ridere: «Non sono così scema! Il motorino me lo trascinerò dietro! E intanto che ci sono mi porto via anche Ino, almeno con una passeggiata le passa un minimo di ubriachezza e non dovrò sorbirmi mio padre!»
Solo dopo quella assicurazione, Neji annuì poco convinto. Non era galante e sicuro lasciare due ragazze in giro di notte da sole.
«Fatti accompagnare da Choji, almeno poi si fa venire a prendere a casa tua. Io e Junko ci occupiamo di Lee.»
«Allora facciamo che ci portiamo dietro pure Lee, almeno tu e Junko state un po’ insieme. – suggerì Tenten facendogli un occhiolino, gliela doveva quella proposta. Lo abbracciò velocemente e gli scocco un bacio sulla guancia. Come al solito si stupì di trovarlo leggermente arrossito – Auguri Neji! Ah… è meglio fargli prendere aria e non metterci su impacchi.» si congedò, facendogli una linguaccia.
«Ora sei tu l’esperta.» la prese in giro, salutandola con un cenno del capo.
*colpo sferrato con il dorso della mano

 
[to be continued]



 


Buona Sera!
Come sempre approfitto di questo spazio per scusarmi di possibili Orrori di grammatica, battitura e chi più ne ha più ne metta! 
Volevo ringraziare anche chi ha messo questa ff tra le preferite/seguite/ricordate rendendo me molto feliciiie e, spero che anche questo capitolo possa essere di vostro gradimento!



Un bacio, 
redmabon.

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Capitolo 4
*** Mi Piaci Sul Serio (parte seconda) ***


 
Come La Neve
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Immagine della copertina presa da: " https://it.pinterest.com/pin/476255729320964835/
"





Mi Piaci Sul Serio 
(parte seconda)
 
L’estate a Konoha era da sempre fastidiosa. Tutti pregavano per un clima secco, che portasse pace e benessere alla giornata in preda al sudore… e invece ricevevano umidità a non finire.
«Non vedo l’ora dell’inverno!» farfugliò Tenten, stesa a quattro di spade sul tappeto erboso del giardino di Lee con il respiro affannoso e il corpo madido di sudore. Continuava a ripetersi che non era stata una buona idea quella di chiedere all’amico delle ripetizioni sulla difesa personale, ma nonostante i propri lamenti, non si asteneva dal continuare a esercitarsi. Alla fine era diventato una sorta di passatempo: loro si divertivano e lei imparava.
Soffiò dal naso. Non era sicura di star imparando qualcosa, dato che nemmeno una volta era riuscita ad atterrare Rock Lee… e se non riusciva a buttare giù lui come poteva pensare di riuscire a difendersi da un omone come Jugo.
Una secchiata di acqua gelata la colpì in pieno, facendola saltare subito in piedi: «Per la miseria, Lee! È fredda!»
«E tu vorresti l’inverno, la neve… il gelo più torrido – strinse gli occhi osservandola attento, ancora con la bacinella tenuta a mezz’aria e una gamba sollevata – e non sopporti un po’ di acqua?» domandò serio, ma con un’espressione furba dipinta in volto.
«Sai che odio l’acqua fredda sulla pancia!» sottolineò, in memoria delle ore che ci metteva per riuscire ad immergersi completamente nel mare.
«In ogni caso l’inverno non ti è mai piaciuto.» le fece presente, afferrando la canna dell’acqua e chinandosi verso la manopola a stella.
La Tamura arrossì e si coprì la pancia abbracciandosi con le braccia: «Lo so. Ma i maglioni, le sciarpe… gli stivali pelosi… Non lo so… mi ispirano di più in questo ultimo period-» la sua affermazione venne tranciata da un bambino dispettoso di nome Rock Lee, che aveva deciso di innaffiarla. Nuovamente.
«LEE!!»
«Non è che tu vuoi l’inverno perché è la stagione in cui hai iniziato a uscire con Jugo?» domandò Lee, minacciandola di riaprire il getto dell’acqua nel caso avesse avuto solo il sentore che la sua risposta fosse una menzogna.
«Ma si può sapere che cavolo vai a pensare?!» urlò rossa, avvicinandoglisi pestando i piedi a terra. Afferrò il tubo dell’acqua e aprì il getto alla massima potenza – posizionando un pollice davanti al beccuccio –, ghignando soddisfatta di essere riuscita a bagnarlo completamente.
«Mi hai chiesto di aiutarti a difenderti e suppongo che sia per paura che qualcuno ti aggredisca. – sputò un po’ di acqua – Ma tu non mi hai mai spiegato la tua motivazione! Non è che vuoi ritentare con quello, quando ricomincerà scuola e vuoi essere pronta al peggio?» ipotizzò Lee, trovando riparo dietro il tronco di un albero.
La Tamura si immobilizzò sul posto, questa volta rimase lei con una gamba alzata, il tubo verde abbandonato sull’erba ancora aperto e con un pugno stretto nel palmo della mano opposta per schioccare le dita. Le dicevano tutti che era una ragazza abbastanza semplice e, lo credeva anche lei, quindi perché mai avrebbe dovuto fare ragionamenti così complessi. Per un ragazzo che l’aveva picchiata, per giunta!
«Perché mai dovrei ritentare con lui? Insomma… capisco che fosse il primo, per-»
«Il primo?! Oddio Ten, ma che hai fatto?!» chiese esterrefatto, assumendo la stessa posizione dell’arcinoto Urlo di Munch.
«Il primo ragazzo con cui mi sono sentita. – dichiarò freddamente, riconoscendo nell’amico la stessa reazione che avrebbe potuto avere suo padre – Come siete precipitosi…» sussurrò l’ultima parte scuotendo affranta la testa.
«Allora mi spieghi perché vuoi continuare con la squadra di pallavolo, se non per lui?» rincarò la dose Lee, incrociando le braccia e pestando i piedi nella pozza d’acqua che si era venuta a formare accanto alla fontanella. Non era colpa sua se l’ultima intervista del mitico Maito Guy, fosse capitato su un libretto per adolescenti e sicuramente non aveva letto apposta quell’articolo che riguardava, il cuore infranto delle ragazze. Quello in cui spiegavano dettagliatamente che alcune, quando un rapporto termina male, le provano tutte per redimere il ragazzo che le aveva piantate. Specialmente quelle testarde.
Il collegamento con Tenten era sorto automaticamente e, i dubbi erano sbocciati come fiori in primavera.
Inoltre, a questi concetti base della psiche femminile, si aggiungeva il fatto che Neji aveva proclamato di essere impegnato e forse lei essendo invidiosa e vogliosa di una storia romantica, si era buttata sul primo che aveva dimostrato un po’ di affetto nei suoi confronti – se affetto si poteva chiamare.
«Okay, Lee… allenarci sotto il sole ti ha fatto venire qualche allucinazione. Andiamo a cambiarci e tuffiamoci in piscina, dai.» chiuse il discorso la ragazza, massaggiandosi una tempia.
«Ten, se vuoi veramente avere un ragazzo, giusto per provare a vedere cosa si prova… – le mise entrambe le mani sulle spalle – La mia proposta e sempre valida.» le ricordò Lee, seriamente preoccupato che l’amica volesse compiere qualche sciocchezza.
«Oh… per i Kami! Abbiamo assistito in diretta ad una dichiarazione?» starnazzò Junko, che ovviamente si era presentata insieme a Neji, nel momento meno opportuno.
Superato il momento “che ci fanno qua loro?”, Tenten optò per un profondo respiro volto a eliminare l’imbarazzo – che mai aveva avvertito così immenso – e si volse verso il patio, pronta a chiarire la situazione con una qualche battuta di spirito.
Il piano fallì, quando ad attenderla incontrò due occhi gelidi e duri che fecero attraversare la mente della ragazza, da improbabili dubbi: Lee poteva inavvertitamente omesso alla coppia di piccioncini che ci sarebbe stata anche lei, quindi Neji poteva essere preoccupato per una zuffa tra gatte (le aveva confidato che sapeva che tra lei e Junko non scorreva buon sangue); la spudoratezza del suo migliore amico, era in grado di far vergognare lo Hyuuga di averli scelti come compagni di avventura – la parole di Junko risuonarono nella mente come campanelli d’allarme –; oppure dover avere a che fare con due individui che con ancora i vestiti addosso non avevano resistito ai palloncini ad acqua; in ultimo, Neji poteva essere geloso.
Credette che con quell’ultima ipotesi, sarebbe scoppiata a ridere davanti a tutti, facendosi scambiare per una pazza da rinchiudere. Eppure…Stranamente… le mancò il fiato.
 
La propria infanzia, l’aveva passata divisa tra casa propria e quella di Lee. Si erano incontrati in terza elementare e avevano stretto amicizia al corso di nuoto che si erano trovati a frequentare assieme: lui era terrorizzato di annegare, Tenten lo assistette finché non fu in grado di rimanere a galla senza braccioli. Dopo quell’incontro quasi ogni pomeriggio dopo scuola, lo passava a casa del ragazzo, dove si abbuffavano dei deliziosi dolci di Fujiko, madre di Rock Lee e, si aiutavano a vicenda con i compiti – piuttosto sottostavano agli ordini imperativi della padrona di casa, che si premurava non continuassero a distrarsi come loro solito.
Ormai, però, erano cresciuti e se Lee aveva smesso si spalleggiarla come ai vecchi tempi, Fujiko non aveva abbandonato il proprio debole per le telenovelas, quindi mentre il primo voleva favorire un rapporto civile con Junko, la seconda – alla sua richiesta di asilo – le aveva chiuso la porta a doppi battenti del salotto in faccia, semplicemente perché l’amore tra Candela e Rodrigo doveva avere la sua più totale attenzione. La donna, data la reclame dai tempi prolungati, aveva concesso la propria presenza solo per aiutarla a preparare il guacamole, il tutto tra il “perché mi avvisa sempre all’ultimo che invita i propri amici?” e ante chiuse bruscamente perché piene di barrette energetiche con cui il figlio si drogava e, non snack adatti ad un pomeriggio di relax.
Dopo aver trasportato lo spuntino sul tavolo in giardino era corsa in camera di Lee per stendere ad asciugare i propri vestiti e cambiarsi con il costume. Era abituata a fare come se fosse a casa propria, dunque dopo essersi spogliata, salì sul balcone e stendendo la maglietta, cominciò a osservare si sfuggita la scenetta in giardino: Neji che si abbandonava ad una risata mentre Lee si tormentava l’anima molto probabilmente per un commento fuori luogo che aveva diretto alla Matsumoto.
Quest’ultima momentaneamente fuori dal campo visivo – beatitudine ottica per Tenten – la raggiunse nella stanza, richiudendosi violentemente la porta alle spalle, con il chiaro intendo di attirare l’attenzione su di sé.
«Allora avevo ragione a dire che alla fine il vostro potrebbe rivelarsi Amore.» constatò, facendo un chiaro riferimento allo spiare della ragazza che era velocemente rientrata in casa, accostando le porte a finestra.
«Perchè molte persone hanno la mentalità talmente chiusa da non credere nell’amicizia tra maschi e femmine?»
«Non ero io quella che fino a qualche secondo fa, lo osservava tutta rossa in viso.»
Tenten si portò una mano a sfiorarsi la guancia, riconoscendo la sensazione di bruciore che l’aveva colta quando Junko si era presentata urlando e lei si era voltata verso la coppietta. Nemmeno a Junko era sfuggito quel particolare e, sinceramente le aveva dato fastidio sia il suo improvviso imbarazzo, sia il mutismo in cui si era chiuso Neji quando gli aveva chiesto cosa ne avrebbe pensato se Tenten e Lee si fossero messi insieme.
Tutta quella situazione aveva del ridicolo e a lei non piaceva avere dubbi circa la stabilità della propria relazione. Avvicinare il rampollo di casa Hyuuga era stata un’impresa ardua e, sicuramente non avrebbe mandato all’aria tutti i propri sforzi.
«Che stai facendo?!» urlò coprendosi istintivamente il seno e voltandosi presa alla sprovvista.
«Io mi devo cambiare. Non sono venuta già vestita.» sottolineò Tenten, che tranquillamente si era tolta il reggiseno intimo per infilarsi il sopra del bikini.
«Si ma ci sono io!»
«Non credo di avere qualcosa che tu non abbia già visto.»
Junko osservo la schiena nuda di Tenten mentre faceva spallucce. Quella ragazza non era una di quelle a cui servivano tante moine per prendere confidenza, piuttosto la dava per scontata, come se fosse sua di diritto e tu dovevi stare al passo con lei. Quello era l’esempio lampante del suo pensiero – esclusa la vena pudica, completamente assente.
Il modo di fare della ragazza che ora si stava cambiando anche il pezzo sotto, poteva risultare un problema. Insieme al temperamento frizzante e imbarazzante di Lee, si stavano ritagliando un spazietto fin troppo grande nel cuore di Neji e, lei non poteva permetterlo. Se lo Hyuuga avesse continuato a frequentare assiduamente loro e quegli altri smidollati, Juno temeva che il proprio ragazzo perdesse i contatti con il mondo che entrambi condividevano e, lei non era disposta a rinunciare a tutte le opportunità ed esclusività che lo stesso offriva.
«Io e te abbiamo cominciato con il piede sbagliato. – cominciò a dire, cercando di abbuonarsela ed avere un discorso civile – Ero gelosa solo al pensiero che Neji potesse provare qualcosa per te che… l’altra volta ho detto quelle cose solo per farti star male.»
Tenten annuì lentamente, allacciandosi un pareo alla vita. Forse i propri pensieri erano giusti e Junko faceva solo fatica a gestire i suoi sentimenti, quindi le risultava più semplice allontanare tutti con qualche parola ben piazzata. Inspirò profondamente. Non era ancora totalmente convinta di quella sua facciata, anche perché doveva ammettere che ci aveva pensato tanto a quelle sue affermazioni, certe volte anche dandole ragione.
«La smetterai quindi di insistere con me e Lee?»
«No, mi spiace… Cioè – scosse la testa – Io voglio che Neji capisca a che genere di relazione aspiro… Io vi invidio…»
Il volto della Tamura cominciò nuovamente a muoversi dall’alto verso il basso, intuendo cosa intendeva la ragazza: «Non potrete mai essere come noi. Neji è schivo, difficile da far aprire.» sorrise al ripensare a quanto tempo avessero impiegato lei e Lee a stringere amicizia con il diretto interessato.
«Proprio per questo volevo chiederti un consiglio, dato che lo conosci da più di me.»
Quel momento di intesa, di tacita unione mentale femminile, era il momento che la Matsumoto stava aspettando. Si era ripromessa di utilizzare quello che aveva scoperto tramite estenuanti ricerche in rete, solo per ricattare Neji in futuro se l’occasione l’avesse richiesto, ma era molto più proficuo lanciare la bomba ora. Giusto per far ricredere Tenten della fiducia che lo Hyuuga riponeva in lei, perché era certa che lui non avesse detto nulla.
«Come hai reagito quando ai saputo che Neji era orfano di madre?» domandò, lasciando a bocca spalancata quella ragazza che l’ascoltava tutta orecchi e ora mostrava uno sguardo sbarrato.
Tutto era partito da quella lettera: da Yukari, c’era scritto. La reazione di Neji l’aveva sbalordita, quindi si era imposta di cercare informazioni e, l’unica notizia che aveva trovato era della madre del fidanzato, la cui memoria veniva continuamente infangata da delle sporadiche lettere da parte di persone che volevano giocare con i sentimenti del padre di Neji – sperando forse in un crollo psicologico che avrebbe portato alla disfatta l’azienda.
«Non è divertente come scherzo.» dichiarò Tenten che nonostante i pensieri turbati, non aveva smesso di controllare Junko, che ora sembrava ridere sotto i baffi.
«Per i Kami! – si coprì la bocca con la mano – Allora non ne sapevi nulla!»
«Non farò la spia del vostro segreto, stai tranquilla.»
«Grazie. – le accarezzò la schiena con fare materno – Ora andiamo giù, prima di farli preoccupare.» si congedò, per poi uscire con la stessa velocità con cui aveva dato quella macabra notizia.
Tenten la seguì a ruota, imponendosi di sorridere e non destare alcun sospetto.
 
Nonostante l’inizio deludente, il pomeriggio si era concluso al meglio. Rock Lee aveva dato esibizione dei propri tuffi migliori – nonostante tanto di simbolo di divieto stampato su una facciata della piscina ottagonale –, Tenten era rimasta pensierosa ed in ammollo fino al mento per la maggior parte del tempo e Neji, aveva fatto da spoletta tra la propria ragazza distesa a prendere il sole e i due amici intenti a spruzzarsi di acqua.
L’argomento principale di tutta la giornata era la necessità di far nascere una storia d’amore tra Tenten e Lee e, Junko sembrava molto propensa a portare avanti la propria campagna, infatti, anche dopo essersene andata con l’auto che il padre le aveva inviato, aveva cominciato a tartassare lo Hyuuga di messaggi in cui lo incoraggiava a spingere i due a mettersi insieme. Peccato che a Neji andasse bene così e non voleva che mutasse nulla tra loro: i suoi amici potevano intraprendere storie romantiche con qualcuno, il punto importante è che non fosse tra di loro.
Il loro modo di dimostrare affetto era quello di travolgerti con le proprie emozioni, pensieri e sentimenti senza pretendere chissà che cosa in cambio. Tu dovevi solo essere in grado di destreggiarti in quel fiume di amore incondizionato in cui ti ritrovavi, sopravviverci. Come potevano due fuochi simili riuscire a condurre una relazione, senza affogare? Rock Lee dava tutto quello che aveva, si metteva in ridicolo e sembrava non riuscire a capire quando qualcuno ricambiava, invece Tenten voleva rendere felici tutti, ti concedeva un’altra chance e non aspettava nemmeno un grazie se ritrovavi la retta via tramite il suo aiuto. Entrambi avevano dei problemi ad accettare quello che seminavano, quindi come potevano stare insieme senza rischiare di distruggersi ancora prima di cominciare?
Quello era a grandi linee quello che aveva riferito in risposta all’amico, che aveva approfittato della momentanea assenza della Tamura, per chiedere se lui li avrebbe trovati una bella coppia come la sua ragazza sembrava aver ragione di credere.
«Ma l’avevi detto tu che chi si somiglia di piglia!» gli ricordò Lee, sfregandosi l’asciugamano sui capelli corvini.
Neji si guardò intorno con circospezione. Quelle erano state le fatidiche parole che lo avevano fatto prendere in antipatia da Tenten durante il primo anno di liceo, quando aveva ipotizzato una loro relazione solo sulla base di quel detto. Non aveva voglia di commettere due volte lo stesso errore.
«Che dire. Poi vi ho conosciuto meglio e ho cambiato opinione.»
«Quindi ora sei per gli opposti si attraggono?» fece ironico l’altro, muovendo su e giù le proprie folte sopracciglia.
«Basta che le due persone non siano ai poli opposti.» dondolò la testa, facendo finta di ponderarci su.
«Allora perché stai con Junko?»
La domanda era sorta spontanea a Rock Lee. Sapeva fare due più due e quei due erano proprio la stessa faccia della medeglia: lui futuro amministratore delle aziende Hyuuga, lei figlia di un ricco imprenditore; lui intelligente e bravo persino a grattarsi la pancia, lei cocca di tutti i professori e rappresentante studentesco; popolari entrambi; altezzosi entrambi (Neji lo era solo all’inizio, poi dopo aver conosciuto loro era diventato più umano); lui spropositatamente posato e lei spropositatamente antipatica.
«…»
«Perché voi non vi autodistruggete?»
«Noi non ci somigliamo tanto come te e Ten’. Siamo simili e, nel caso, non interferiamo con il pensiero dell’altro.» spiegò Neji, cercando di essere il più esauriente e conciso possibile.
Junko era brillante e accattivante, poteva risultare a tratti subdola ma faceva parte del suo fascino. Stare con lei era facile: cresciuta in un ambiente benestante come lui, sapeva perfettamente come comportarsi, come muoversi nel campo degli affari e chi lusingare per ottenere quello che voleva. Non doveva spiegargli nulla. Semplice.
«Una relazione abbastanza piatta.» commentò Tenten prima di mordersi il labbro, raggiungendoli rivestita con il cambio asciutto e un casco rosa stretto tra l’avambraccio e il fianco.
«Una storia da persone mature.» la apostrofò atono lo Hyuuga, che non ci trovava nulla di male in tutto quel rispetto reciproco in cui navigava la propria relazione.
La ragazza storse il naso a quella correzione. I suoi genitori avevano sempre scontri di opinione: litigavano e facevano pace. Non poteva immaginare una relazione senza almeno un battibecco. Poteva capire la bellezza di essere d’accordo sulla maggior parte delle cose, ma se secondo me stai facendo una cazzata te lo devo dire, a maggior ragione se sei il mio ragazzo.
La Tamura poteva concepire in un sol modo la relazione tra quei due: piena di conversazioni frivole e estremamente insignificante. A quel punto non poteva nemmeno supporre come lui e Junko fossero riusciti a parlare di un argomento delicato come quello della madre.
«Ma se non vi dite realmente quello che pensate, come maturerete? – domandò genuina – Se io stessi con qualcuno voglio crescere con lui, avere una mia idea e confrontarmi. Superare un problema insieme e non da sola. Mi sembrerebbe solo una relazione vacua.» affermò, prima di darsi mentalmente della stupida. Forse stava prendendo tutta quella faccenda sul personale, indispettita dal fatto di essere stata tenuta allo scuro di tutta la faccenda. Abbassò lo sguardo sconfortata, richiudendosi in quel mutismo che l’aveva accompagnata per tutto il pomeriggio.
Lo Hyuuga si sentì preso in contropiede. Era cresciuto in un ambiente molto rigido, che il più delle volte stava stretto per le regole ferree su cui era stato costruito. Suo padre lo avrebbe volentieri incoraggiato ad una storia così, ma nella sua famiglia sembrava necessario ottenere il consenso di tutto l’albero genealogico solo per la scelta di cosa indossare. E in quel caso la volontà era esercitata da Hiashi, che doveva controllare che l’azienda avrebbe avuto dei degni successori. Neji si era adattato a quella prospettiva e non aveva mai voluto sperimentare cosa significasse deludere il capo.
Scosse la testa e socchiuse gli occhi per scrutare meglio l’amica, che si stava comportando in maniera sin troppo inusuale, con quel comportamento quasi remissivo: «Hai un casco in più?».
 
Il benzinaio più vicino al punto in cui lo scooter si era spento senza possibilità di appello, distava a tre chilometri. Una ventina di minuti (esagerando) a piedi – trascinandosi dietro il veicolo. La compagnia con cui spendere quel tempo c’era, il paesaggio pure e una vasta gamma di argomenti di cui parlare a disposizione.
Peccato che Tenten non riuscisse a pensare ad altro che la confidenza di Junko e lo Hyuuga, fosse una principessina intrattabile quando qualcosa lo irritava. Quindi oltre la vista del tramonto dietro le montagne, non c’era nulla di divertente o rilassante in quella passeggiata.
«Questo non sarebbe successo se avessi lasciato guidare me.» sottolineò nuovamente Neji, che nonostante si fosse offerto di spingere il motorino aveva mantenuto quel suo atteggiamento indispettito. Odiava i ritardi, in particolar modo quando questi avvenivano in concomitanza con le cene di famiglia. Non aveva voglia di sedersi al tavolo, sentire i vaneggiamenti dello zio circa le sue grandi capacità aziendali e poi abbassare il capo in maniera colpevole e dispiaciuta, quando Hiashi cambiava argomento e faceva la paternale al ritardatario di turno, sottolineando la sua pessima gestione del tempo. Non era mai successo e avrebbe preferito non succedesse mai, ma ormai il danno era fatto.
«Credo ti si sia incantato il disco.» mormorò Tenten, stufa sia di ascoltare gente che continua a ripetersi – vedi il pomeriggio passato con Junko –   e anche di scusarsi. Aveva cominciato a implorare il suo perdono quando la spia rosa della riserva si era accesa e, sicuramente non avrebbe continuato per tutta la durata della sua vita.
Un sonoro sbuffò anticipò un repentino aumento dell’andatura di Neji, che in meno di trenta secondi riuscì a distanziare di un bel pezzo Tenten, costringendola ad accennare una corsetta per raggiungerlo.
«Neji-ii, ti prego sono stanca! – fece plateale prendendolo sottobraccio – Tanto ritardo per ritardo che differenza fa?!» domandò, inclinando il capo sulla spalla del ragazzo e concedendosi un rumoroso sbadiglio. Aveva passato la mattina a fare la lotta senza successo con Rock Lee – quindi, in aggiunta, era frustrata per i continui insuccessi –, il pomeriggio a sguazzare in piscina e tenere a bada gli istinti omicidi verso la petulante Junko, in conclusione pensava di meritarsi un minimo di comprensione. Era fisicamente e mentalmente provata sia per correre, sia per condurre una discussione con Neji.
«Da quanto vanno avanti le lezioni con Lee?» stabilì una tregua, diminuendo il passo e tentando di arrivare, per vie indirette, ad un argomento che gli aveva dato da pensare per tutta la giornata. Tenten e Lee si erano sempre autoproclamati suoi amici, ma appena succedeva qualcosa di interessante lo veniva sempre a sapere all’ultimo. Senza contare che era stranamente seccato per non essere stato minimamente preso in considerazione come istruttore.
«Da quando gli ho raccontato dell’incontro con la Sanguisuga.»
Lo Hyuuga le diede una sbirciata con la coda dell’occhio, incuriosito dal suo parlare biascicato. Era talmente provata che aveva cominciato a camminare con gli occhi chiusi, abbracciata al suo braccio e con le labbra socchiuse. Ultimamente non avevano avuto modo di passare un po’ di tempo da soli e le erano mancati i suoi modi invadenti che con il tempo aveva iniziato ad accettare. Sembrava anche passato quell’atteggiamento distante che aveva dimostrato per tutto il pomeriggio: evitando di guardarlo direttamente facendo gare di apnea. Doveva essersi anche leggermente ustionata perché aveva le gote e il dorso del naso particolarmente rossi.
Mandò gli occhi al cielo e strinse le labbra tra i denti, pensando che con quelle risposte generiche non sarebbe mai arrivato al nocciolo della questione.
«E quando ci hai parlato?» provò nuovamente, rallentando ulteriormente il passo.
«Uno degli ultimi giorni di scuola, mi ha chiamato nel suo ufficio.»
«Non intendevo con il coach.»
Tenten che nonostante la stanchezza e il principio di sonno alle porte, aveva faticosamente aperto gli occhi non appena Neji si arrestò. Guardò prima lui – principalmente il profilo netto della sua mandibola dato che non si sarebbe mai voltato –, poi davanti a sé, notando l’insegna del benzinaio e poi nuovamente l’amico, che ora la scrutava attento, mettendola in soggezione.
«Ma tu non eri stanca alla guida? Oppure progettavi un omicidio di massa?» domandò ironico, riuscendo a farla sorridere.
«È diverso! Lì c’era l’aria sulla pelle che mi teneva sveglia. – spiegò grattandosi gli occhi – Adesso mi batteva addosso il sole e io mi abbiocco subito se sto vicino a qualcosa di caldo.» continuò stiracchiandosi per poi invitarlo senza successo a darle il cambio nel traino dello scooter.
«Molto opportuno, dunque, usarmi come cuscino.» la rimproverò, posizionando il mezzo davanti la pompa della benzina.
«Non mi sembravi dispiaciuto.» affermò divertita l’altra, armeggiando con lo zaino alla ricerca del portafoglio. Corrucciò le sopracciglia contrariata, constatando di avere solo seicento yen*. Un po’ poco.
«Mi sembrava maleducato interrompere il tuo riposo… Posso darti qualcosa se ti serve.» si offrì Neji, allungando una mano verso la tasca posteriore dei propri bermuda.
«Oh! No, no, no… – inserì le banconote e coprì il beccuccio del portello – Mi bastano per portarti a casa e tornare indietro!» lo rassicurò, sgranando gli occhi preoccupata quando lui non rimise i propri soldi.
«Sono stato io a chiederti un passaggio. Non vorrei che rimanessi a piedi a causa mia.» fece, conteggiando i soldi e facendo un passo verso di lei.
«Andrò piano. – lo rassicurò Tenten, puntellandogli le mani sul petto, sperando di riuscire a tenerlo lontano dalla macchinetta – Mo-ooolto piano
La sua strategia però sembrava non funzionare molto bene, dato che con facilità l’aveva costretta ad arretrare. Infine, il tentativo falli miseramente, quando la schiena della Tamura toccò la fresca superficie di metallo.
 
Era stato estremamente facile mettere alle strette l’amica. Principalmente perché la ragazza tendeva a non prestare particolare attenzione alla postura e all’equilibrio, quindi non gli era costato particolar sforzo bloccarle con una mano i polsi dietro la schiena e, mantenerla ferma facendo pressione contro di lei con il proprio corpo. Gli rimaneva pure una mano libera per infilare le banconote nell’apposito slot, tu pensa!
Quando si voltò nella sua direzione, con tanto di ghigno soddisfatto dipinto in volto, non riuscì a trovare le forze di farle presente che le lezioni di Lee non avevano portato ad alcun risultato utile: perché chissà come mai un po’ gli rodeva non essere stato richiesto come istruttore. L’espressione stupita e gli occhi liquidi di lei però, lo costrinsero a tacere, costringendolo per certi versi a contemplazione di quel volto che sembrava così diverso e attraente da come se lo ricordava.
Rimasero immobili in quella posizione per qualche secondo di troppo, o almeno quanto bastasse per mandare il cervello di Tenten in completo blackout. Infatti la poverina, aveva sostituito la tristezza per la confessione di Junko, con l’immenso stupore di sentirsi bene, protetta tra le braccia di Neji. Si trovava talmente a proprio agio che inconsapevolmente stava bramando di ricevere un bacio e sempre inconsapevolmente aveva leggermente inclinato il capo, sperando che il ragazzo intuisse il da farsi.
Lo Hyuuga che aveva scambiato quella mossa come un gesto di pentimento, decise di mettere tutte le carte in tavola, sperando di riuscire a chiarire quella situazione, che ormai gli stava dando da pensare da quando aveva sorpreso lei e l’amico a discutere.
«Senti, ho fatto per caso qualcosa che ti ha dato fastidio? – la vide sgranare gli occhi e decise di procedere velocemente ed il più chiaramente possibile – Sappiamo entrambi quanto Rock Lee sia pessimo ad insegnare, quindi perché non hai chiesto aiuto a me?»
«Sei sempre così impegnato. Non volevo di certo annoiarti con i miei problemi…»
«Un po’ di tempo lo avrei trovato per un’amica.»
Con quell’ultima parola, la mente di Tenten sembrò risvegliarsi da un bellissimo stato di trance e si diede della stupida a credere che Neji potesse essere segretamente interessato a lei. Era realisticamente impossibile e, il fatto che si fosse interessato a qualcosa di così frivolo, era solo una questione riguardante il classico orgoglio maschile.
«Se Junko ci avesse sorpreso così… – scosse la testa per fagli notare che i loro nasi si sfioravano – Pensi che avrebbe creduto che ci stessimo solo allenando? Non ci stiamo simpatiche già di nostro, non voglio alimentare gelosie per nulla.» dichiarò, sentendosi un’egocentrica nell’intendere che poteva essere destinataria dell’amore di Neji.
«Sono degno di fiducia.» dichiarò, allontanandosi roseo in volto e lasciando interdetta Tenten.
♦♦♦
Era il tramonto e la luce filtrava dalla finestra accanto il letto, creando un stupefacente effetto ottico entrando in contrasto con il giallo ocra delle pareti. Rendeva l’ambiente veramente caldo e accogliente.
Tenten sostava proprio di fronte a quell’apertura, con alcuni raggi del sole che le si riflettevano sul viso, costringendola a mantenere lo sguardo basso. Le sue braccia erano distese davanti al busto e sovrapposte, mentre le dita sembravano aver intrapreso una qualche lotta che non avrebbe dato alcun vincitore. Era nervosa e Neji non poté che supporre il peggio, in particolar modo quando quella ragazza non si faceva sentire per tempi prolungati e continuava a sfuggire al suo sguardo.
«Come mai sei passata da queste parti?» domandò, tradendo il suo tono calmo con l’irritazione derivante da quella visita a sorpresa. Lui era il genere di persona che detestava con tutta l’anima le sorprese, l’amica avrebbe fatto bene a inviargli un messaggio per chiedergli se era libero e non appendersi al campanello.
Quella sua mossa aveva disturbato sia lui, che suo padre e suo zio venuto per una veloce riunione di famiglia. Più che riunione era stata una sorta di proclamazione di un editto, che prevedeva il giovane costretto a tornare a frequentare il club di pallavolo. Hiashi aveva saputo per vie indirette che Neji aveva abbandonato quell’attività pomeridiana per motivi insulsi, quindi gli era stato caldamente consigliato di portare la domanda di ammissione con l’inizio dell’anno nuovo. Tre ragioni aveva portato a suo favore l’uomo: la prima era che una persona che non è in grado di appianare i dissapori in squadra non dimostra grande leadership; la seconda, riguardava il non portare a termine impegni a cui era stata data la propria disponibilità; la terza era la futura ammissione all’università che sarebbe stata facilitata e vista di buon occhio, se ci si fosse presentati con un curriculum che presentava oltre grandi doti intellettuali anche impegno sportivo.
Si può quindi addurre, che il morale di Neji non fosse dei migliori, quando aprendo la porta si era trovato davanti una Tenten trafelata.
«Sono… sono passata in un brutto momento?» chiese, dimostrando allo Hyuuga di non aver totalmente perso il dono della parola. Fece scivolare le bretelle dello zaino sulle braccia e, togliendoselo, cominciò giochicchiare con lo stesso, indecisa sul dove poggiarlo. Lo sistemò sulla scrivania, ma un’occhiataccia dell’amico gli fece capire sia che il suo tempismo non era dei migliori e sia che quella superficie dovesse rimanere perfettamente intonsa.
«Mi dispiace, va bene? – lo osservò prendere la sua borsa e appenderla all’attaccapanni accanto alla porta – Ma dovevo parlarti urgentemente e, non riuscivo più ad aspettare.» affermò guardandolo dritto negli occhi e cercando di darsi un certo tono.
Quando era arrivata non era stata accolta nel migliore dei modi e le presentazioni erano andate peggio. All’urlo di un uomo che chiedeva chi fosse alla porta e una smorfia contrariata di Neji, era stata accompagnata nel salottino dove si era trovata di fronte a due persone identiche tra loro e molto somigliante al proprio amico. I capelli lunghi, portati legati dietro le spalle e uno sguardo più duro, gelido e indagatore ammetteva una certa differenza. Il fatto che fosse stata guardata come l’ultimo anello della catena sociale, l’aveva fatta sentire molto a disagio – tanto che la pelle d’oca che le era venuta in quel momento, ancora non le era passata.
«Del genere?»
«Hai intenzione di farti crescere i capelli in quel modo?» rispose dopo un attimo di esitazione Tenten, che si era sempre chiesta come mai lo Hyuuga avesse una chioma più bella della sua – il caschetto di lui non era lontanamente paragonabile alla sua capigliatura mossa e particolarmente crespa in quel periodo.
Neji corrugò le sopracciglia irritato e incrociò le braccia davanti al petto: «La tua esistenza quindi dipende dal mio taglio?».
Sapeva perfettamente che l’amica stesse tentando di alleggerire l’atmosfera, ma in quel momento non era in vena di farsi passare il nervosismo. Era totalmente interessato a crogiolarcisi dentro per poi convenire che per rendere giustizia al padre, avrebbe dovuto evitare di ripensare a quella conversazione e seguire le regole. Come sempre. E poi Tenten era sua amica, quindi avrebbe dovuto farci lo scalpo col suo malumore.
Prese un profondo respiro, vergognandosi di quel suo comportamento che metteva in evidenza il proprio malessere e cercò di rimediare al proprio tono acido: «Cos’è che ti affligge, deve essere importante se sei venuta da me e non sei andata da Lee». Così sembrava più un ragazzo geloso in fase premestruale, ma era il meglio che era riuscito a dire e nel migliore dei modi.
«Oh ti prego non sforzarti. Così più che tranquillo sembra che hai un palo nel culo.» lo riprese Tenten, sfoggiando le maniere sboccate a cui ricorreva solo quando si stava per adirare.
Cattivo segno.
«Che finezza invidiabile.»
La Tamura arrossì violentemente, sia per il richiamo che per il motivo – più che nobile, almeno dal proprio punto di vista – che l’aveva spinta a fargli visita: «Perdonami se non mi atteggio come la tua ragazza o tutti quegli ingessati con cui hai a che fare!» si congedò raggiungendo velocemente l’appendiabiti per poi imboccare la porta. Non fece in tempo a scostarla leggermente dallo stipite che Neji, con un braccio l’aveva richiusa e bloccata.
«E tu cosa ne puoi sapere della gente con cui ho a che fare?» domandò schietto, parlando alla schiena di Tenten che era rimasta voltata verso la maniglia.
«Allora dimmelo tu.» borbottò osservano di sottecchi l’avambraccio impiantato sul legno appena sopra il proprio volto.
«Non è il tuo mondo, non capiresti.»
«Come posso consolarti… – strinse lo zaino – o gestire il tuo malumore se tu ti ostini a nasconderti?» chiese seria, prima di sentirsi afferrata per una spalla e girata fino a toccare con tutta la schiena la porta. Strinse maggiormente gli occhi che teneva chiusi, immaginandosi lo sguardo indurito di Neji che la osservava con superiorità. «Non mi serve qualcuno che si limita a sopportarmi per gentilezza.» dichiarò, mentre le parole di Junko le turbinavano nella mente sembrando più veritiere che mai.
Neji ascoltò incredulo quelle parole. Tenten non era mai stata tipa da fare certi pensieri, quindi qualcosa aveva dovuto farle credere una simile cosa oppure le erano giunte all’orecchio delle voci sbagliate. La sua ragazza lo aveva avvisato che lei avrebbe potuto risentire del suo più che giustificato allontanamento – avere una ragazza significava dover togliere tempo alle amicizie.
Non la perse un secondo d’occhio, osservandola socchiudere prima un occhio – che richiuse immediatamente – e poi aprirli lentamente entrambi. Si stupì ulteriormente vedendoli lucidi.
«Tu e Lee andate ben oltre l’umana sopportazione, oltre la gentilezza bisogna avere tanta pazienza. – cercò di rubarle un sorriso e sistemarsi la coscienza – Perché sei passata?»
«Non mi ricordo. Sinceramente mi è passata la voglia.»
«Insisto.» sussurrò Neji all’orecchio di Tenten, bloccandole i movimenti chiudendola maggiormente tra di sé e la porta.
La mora, che non aveva ancora smaltito il nervosismo, continuò a fare la sostenuta anche se la vicinanza dell’altro era fosse sia strana che destabilizzante. «Convincimi.» mormorò con un tono un po’ diverso rispetto a quello che si aspettava sentir uscire dalle proprie labbra. Ovviamente anche lo Hyuuga aveva notato quella intonazione più seducente che capricciosa.
Sentirsi studiata nello stesso modo in cui si rinveniva un fossile appena ritrovato, cominciò a far sentire Tenten veramente accaldata e, la stessa cominciò a guardare il soffitto alla ricerca di una qualche via di fuga. Le sembrava di essere ritornata da quel dannato benzinaio, solo che il silenzio in cui erano in stallo era molto più imbarazzante.
Non reggendo più quella situazione ridicola, la ragazza si lasciò sfuggire il movente che l’aveva spinta sino a casa del proprio interlocutore: «Perché non ci hai mai detto di tua madre?»
Neji si era seduto sulla sponda più vicina del letto, le mani sulle ginocchia e il volto rivolto verso il pavimento. Tutta la sua materia grigia completamente bruciata nel tentativo di capire come a Tenten fosse venuto in mente di tirare in ballo un argomento del genere.
«No… non dovevo chiedertelo così. Sono stata indelicata… io… per i Kami!... Vole-»
«Non c’è bisogno che tu aggiunga altro. – sollevò una mano placando il suo farfugliare – Non è un argomento di cui parleremo mai.» dichiarò guardandola freddamente, prima di sdraiarsi con la schiena sul letto e coprirsi gli occhi con il braccio sinistro. Non che non avesse il coraggio di guardarla, ma principalmente perché anche il solo ripensarci gli appesantiva le meningi.
Non gli interessava come fosse venuta a conoscenza di quel particolare della sua vita e sapeva, che facendo così otteneva come risultato quello di alimentare i suoi dubbi. Domande alle quali non voleva dare spiegazioni semplicemente perché sì, gli mancava il coraggio. E quella consapevolezze era già difficile da ammettere a sé stesso, per la cronaca.
Internamente sperava di riuscir a proteggere Tenten e anche Rock Lee da quel mondo che aveva rovinato il fegato di sua madre tanto da costringerla ad andarsene, lasciando solo un bigliettino pregno di scuse e dolore. Con il tempo aveva provato a ricontattarlo tramite quelle lettere che erano state scoperte da pettegoli di quartieri che avevano subito riferito agli uffici stampa. Hiashi per trattenere lo scandalo e anche proteggere il fratello minore, si era adoperato per far passare tutto come una morte improvvisa che non aveva fatto altro che dare alla concorrenza motivi per inviare lettere anonime a Hizashi, che come proprietario del 25% dell’azienda, era momentaneamente psicologicamente instabile – dunque facile da far cadere insieme alla parte di società che gli apparteneva. Come avrebbe spiegato alla ragazza che sicuramente in quel momento lo stava fissando con gli occhi ricolmi di delusione, stringendo spasmodicamente le bretelle dello zaino, che non aveva mai avuto il coraggio di ricontattare la madre perché sarebbe stato come tradire il secondo comandamento dello zio: “chi ci volta le spalle non è degno del nostro saluto” – il primo ovviamente riguardava una vitale e totale dedizione al lavoro.
Sì, era terrorizzato all’idea che l’amica potesse trovare rivoltanti i modi che gli Hyuuga avevano di rapportarsi con i così detti “traditori”, seppur aventi il medesimo cognome. Basti pensare che quando si era saputo della fuga, all’interno della famiglia, sua padre si era dovuto sorbire una lunga lavata di capo da parte del proprio padre, perché aveva scelto una donna che egli aveva definito inadatta al ruolo di moglie di un membro si spicco dell’azienda – da lì la diminuzione della fetta d’azienda a lui destinata: da 50 a 25 nel giro di quindici minuti e un paio di chiamate.
Come avrebbe potuto reagire Tenten venendo a conoscenza dello schifo che regnava in quella classe sociale che tutti definivano come agiata. Permettersi lussi e avere ricchezze alle volte era questione di regole rigide e fastidiose come una puntina in un calzare.
Lui voleva proteggere quella fetta di normalità che non credeva di poter mai possedere ma che con prepotenza, si era infilata nella sua vita nel momento in cui gli era stato consentito di frequentare la scuola pubblica. Non potevano essere definite come consone e poco fastidiose le prime volte che Lee si era autoinvitato a casa sua impuntatosi di dover assolutissimamente amicizia con lui, oppure sentirsi dare dello “stupido idiota” da Tenten che non aveva paura di offenderlo e così perdere dei privilegio legati al passare del tempo insieme a lui. Era stato obbligato a divenire loro amico e, specialmente in occasioni come quella, si chiedeva perché avesse acconsentito a una cosa del genere. Non poteva accontentarsi di quelli che gli ronzavano intorno solo per ricevere benefici e, che conseguentemente, non avrebbero fatto domande inopportune per paura di perderli?!
La bocca di Neji si arricciò in una smorfia disgustata, pensando che Lee e Tenten gli avessero regalato l’amicizia più vera e sincera che si potesse desiderare e che lui era stato la prima ad intaccare con le proprie omissioni.
Sentì la porta sbattere e dei passi pesanti allontanarsi nel corridoio, rumore che rimbombò nelle proprie orecchie come se lui le stesse camminando affianco.
Forse sarebbe stato meglio per tutti se avesse cominciato a frequentare il giro di Junko, almeno non avrebbe dovuto deluderli altre volte e rovinare il ricordo che aveva della loro amicizia.
♦♦♦
Rock Lee sostava sulla passerella del lago, con le gambe larghe e le mani puntellate sui fianchi, respirando a pieni polmoni l’aria della natura e sentendo già la tranquillità che si appropriava del suo corpo. Sì, un po’ di campeggio pre-scolastico, era proprio quello che ci voleva per affrontare carichi il nuovo anno scolastico! Si congratulò nuovamente con sé stesso di essere riuscito a convincere quasi tutti a partecipare a quella gitarella e poi, si tuffò di testa compiendo qualche metro sottacqua prima di riemergere e, sventolando una mano per aria, invitare gli altri ad imitarlo.
«Io col cavolo che mi butto.» asserì Ino, per la quale se l’acqua non era cristallina talmente tanto da contare le pietre sul fondale, non c’era nessuna possibilità di immergersi.
«Dai bionda, non è male come credi.» la incitò svogliatamente Karui, un abituè di quel posto visto che d’estate lavorava come motivatrice nel campo sportivo costruito qualche albero più in là.
La Yamanaka cercò l’appoggiò di Tenten, che non arrivò in alcun modo dato che si era già prodigata ad imitare la nuova arrivata, che si era raccolta velocemente i rossi capelli e tirata via la maglietta, dando visione a tutti di quella meravigliosa pelle di ebano. Però non solo lei era stata attratta dalla bellezza di quella pelle scura che risaltava in contrasto con le sue iridi gialle, voltandosi, infatti, aveva scorto Choji che raggiungendoli in pedalò, aveva spalancato talmente tanto le fauci da potergli controllare l’ugola.
Accanto a lui, pedalava fiaccamente Shino Aburame, un ragazzo che la bionda considerava bizzarro a prescindere, dato che se ne stava con felpa e cappuccio anche sotto il sole estivo. L’aveva costretto ad andare con loro Kiba, ma non aveva preso confidenza con nessuno e non solo a causa del suo mutismo, ma principalmente perché spariva la mattina presto e tornava solo a metà pomeriggio. A dirla tutta, era particolarmente strano trovarlo lì con loro – ma mai quanto vederlo incappucciato su un pedalò!
«No… – richiamò l’attenzione delle ragazze Tenten, poggiando una mano sulla spalla di Ino – Non ditemi che quello è testa ad ananas?» domandò per poi indicare una mano arpionata al posteriore della barchetta, da sopra cui spiccavano alcuni spuntoni neri.
Quell’appellativo era nato nel momento in cui il Nara si era appisolato durante un falò serale, con la testa poggiata accanto al cesto della frutta e, il suo codino alto era andato a sovrapporsi alle foglie dell’ananas creando una serie di risate generali quando Naruto, si accorse di quella singolare somiglianza.
Come allora, anche in quel momento Shikamaru se ne stava appisolato in un’enorme ciambella gialla, comodamente trascinato al largo e rilassato come una lucertola al sole. Si svegliò di soprassalto quando udì delle risate acute di sottofondo, che lo portarono a constatare che Tenten e Karui stessero ridendo della sua geniale trovata, mentre Ino lo osservava con disappunto, forse vergognandosi di averlo come amico.
L’attenzione di tutti, però, venne attirata da un urlo inumano che aveva anticipato il tremolare incontrollato della passerella in cui gli altri stavano sostando. Akamaru, un cagnolo- bestione su quattro zampe, stava correndo felice seguendo un frisbee lanciatogli dal padrone, che sbadatamente aveva mirato al lago, dimenticandosi che il proprio animale da compagnia avesse paura dell’acqua. Quindi, quando gridò “Akamaru fermo!”, era già troppo tardi. Il cane aveva fatto gli ultimi metri in scivolata sul proprio sedere appena notato il pericolo e, nella sua epica frenata era cascato nelle tetre acque, trascinando con sé anche Ino.
«Fossi in te, correrei.» gli suggerì Karin, la cugina di primo grado di Naruto, che dopo aver assistito a quella triste scena, si era ritrovata accanto un Inuzuka senza fiato e totalmente sbiancato. Il ragazzo accolse il suo consiglio e, dopo aver ingollato un po’ di bile, girò i tacchi e si allontanò fischiettando, come se nulla fosse successo.
Karin Uzumaki si era unita a quel capeggio di fine estate, solo perché costretta da sua zia, troppo preoccupata che la sua prima nipote passasse troppo tempo con i ragazzi più grandi e non della sua età. La seconda rossa del gruppo, si era presentata spazientita al ritrovo di quel giovedì mattina, stato emotivo che era aumentato conoscendo Junko, la fidanzata di Neji, la classica tipa che ha sempre la puzza sotto il naso e a cui non va mai bene nulla. Certo, lei non era da meno – suo cugino la definiva rompicoglioni di natura – ma almeno non cercava in alcun modo di nasconderlo come faceva quella.
Non aveva nemmeno un bel rapporto con Ino e Tenten, ma tutte avevano trovato in Junko, un argomento di discussione che riusciva a metterle sulla stessa lunghezza d’onda. Anche con Karui, quella bocca larga che aveva sempre un’opinione su tutto e che li raggiungeva ogni sera, era riuscita a legare solo per quella inamicizia con la castana. Per il resto, sopportava le altre sia per far contento Naruto, che a causa del suo acceso altruismo – sicuro lascito genetico della madre – si era offerto di trovarle degli amici che non frequentassero l’università e sia perché quel belloccio di Sasuke Uchiha, sembrava frequentare quella gente. Pensandoci bene: vederlo in costume a passeggiare sulla riva del lago, valeva quel sacrificio. Inoltre non era l’unico a presentarsi bene! Anche Neji Hyuuga e Rock Lee avevano sfoderato un bel fisichino – ma il secondo perdeva di interesse solo guardandogli le folte sopracciglia.
Lo Hyuuga, invece, poco felice di dover passare così tanto tempo nel verde – in quanto per nulla amante della vita all’aria aperta – si era ritrovato a passare i pomeriggi a giocare a carte con l’Uzumaki, che dimenticandosi di mettere la crema si era preso un’insolazione tale, da costringerlo all’ombra per evitare di grattarsi ogni due per tre.
«E con questa mano... chiudo!» dichiarò convinto il biondo, sistemando sul tavolo il suo ultimo tris di cinque prima di scartare.
Neji alzò un sopracciglio contrariato: «Ti ricordi quella carta che avevi messo capovolta sul tavolo dicendo: “Questa la scarto dopo!”?»
Naruto annuì con enfasi, sorridendo vittorioso e sformando quei tre baffi per guancia che Karin e Tenten – in un raro momento di accordo – gli avevano disegnato con un indelebile mentre dormiva.
«È appiccicata al tuo avambraccio.» chiarì, scacciando con la mano alcuni moscerini.
«Ma che stai a dir-… – guardò prima il proprio braccio alzato, poi l’amico ed infine nuovamente il braccio – Ma non è giusto! Sono sicuro che l’hai fatto apposta!» esplose come inorridito, sventolando quell’asso di picche come se avesse finalmente trovato l’arma di un delitto.
«Non sono Houdini. Come dovrei aver fatto ad attaccare una carta sotto il tuo gomito, senza che te ne accorgessi?» chiese seriamente incuriosito, chiudendo il proprio turno e decretando la vittoria nell’ennesima partita a scala quaranta.
«Ce-eeerto. Ora chissà perché chiudi tu?! – strabuzzò gli occhi in direzione di quell’ultimo tre scartato – Ammetti di barare!» lo punzecchiò, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
Neji chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Perché mai avrebbe dovuto prendersi la briga di intortarlo? Era un uomo con un certo onore lui! Quando aprì gli occhi, la prima cosa che il suo sguardo mise a fuoco, non fu l’espressione offesa dell’Uzumaki, ma bensì un cane che si accingeva ad uscire dall’acqua proprio accanto alla sdraio dove la propria ragazza, stava prendendo il sole.
Non riuscì nemmeno ad emettere qualche suono per avvisarla, che Akamaru prese a scuotere il suo lungo pelo inzuppando irrimediabilmente Junko, che si spaventò immediatamente scattando in piedi. Proprio accanto a lei notò Kiba che si metteva disperato, le mani nella corta zazzera che portava in testa.
«ECCO… – pronunciò lentamente Junko, sbattendo le palpebre – Ora non solo PUZZO… MA MI SARÓ PURE PRESA LE PULCI.» gridò in direzione del padrone di quel cane dalle dimensioni di un pony troppo cresciuto, sbattendo la rivista che stava leggendo sul telo mare.
La Yamanaka che aveva raggiunto la riva insieme a Shikamaru, dato che si era agganciata alla sua ciambella scambiandola per un salvagente, aveva assistito alla scena in diretta e, ora si stava nascondendo sghignazzante dietro le spalle dell’amico.
Karin scambiò un’occhiata compiaciuta con lei, immaginando cosa sarebbe mai capitato all’Inuzuka se solo la tipina infradiciata avesse messo le mani sul suo collo.
«A dire il vero, gli ha messo le gocce proprio ieri sera. – la informò Karui che l’aveva raggiunta insieme a Tenten, guadagnandosi un’occhiata grata di Kiba – Non dovrebbe evitare di fare il bagno per almeno venti giorni?!» chiese infine, facendo mutare immediatamente l’atteggiamento del ragazzo. Quella Karui riusciva a lisciarti e, pugnalarti sotto la cintura, in meno di trenta secondi.
«Tecnicamente Akamaru odia l’acqua, quindi è stata tutta colpa mia. – ammise per poi voltarsi verso Junko con degli occhioni da cucciolo – Mi spiace.» si sforzò a scusarsi. Rock Lee era stato chiaro con tutti: dovevano riuscire ad integrare la ragazza nel loro gruppo ma nel momento in cui tutti gli fecero notare il suo pessimo carattere, lui aveva risposto risoluto con un “Forse è perché non riesce a legare con noi e non sa come comportarsi. Comunque non importa quello che pensiamo noi, Neji sembra star bene con lei e noi dobbiamo farli star bene con noi.”, dando sfoggiò di tutto il suo affetto incondizionato nei confronti dello Hyuuga.
Junko, però, sembrava non aver sentito nulla di quello che aveva detto il ragazzo, quindi con quell’odoraccio di cane bagnato che le impregnava il suo nuovissimo costume di Guess, le ginocchia unite e le braccia allargate verso l’esterno urlò a pieni polmoni che non ne poteva più e che se ne sarebbe andata –causando un’esplosione di felicità interna a tutti, anche a Rock Lee che non voleva ammetterlo.
Quest’ultimo era arrivato insieme a Shino e Choji, proprio mentre la fidanzata di Neji dichiarava le proprie intenzioni. Aveva assistito alla sua camminata furiosa verso la tenda delle ragazze e aveva incrociato le braccia deluso, nel momento in cui tutti tranne lui e Neji, scoppiarono a ridere.
Tenten che aveva sviluppato una particolare empatia nei confronti del proprio migliore amico, intuì il messaggio subliminale nascosto dietro le sue labbra contratte poi, osservando l’espressione crucciata dello Hyuuga, aveva deciso di seguire Junko per cercare in qualche modo di farla ragionare. La Yamanaka e Karui l’avevano seguita a ruota, solo curiose di vedere la figlia viziata dell’imprenditore rompersi un’unghia mentre faceva le valige.
«E tu, non vai con le altre?»
«E che me ne viene a fermarla? Non frequento assiduamente il vostro gruppetto di sfigati da dover per forza essere accomodante con lei.»
«Parte di questo campeggio era riuscire ad integrare Junko…» farfugliò Rock Lee, che emotivo com’era aveva già gli occhi lucidi per la delusione.
«Sì, Lee ce l’ha messa tutta per convincerli a partecipare – pose una mano sulla spalla del ragazzo – potresti farlo per rendere felici loro due.»  le propose Choji, totalmente sedotto da quello sguardo indifeso. Shikamaru scosse la testa in direzione del ragazzo tanto grosso quanto in grado di essere soggiogato da cose tenere – sì, l’Akimichi andava matto per i video dei gattini su Youtube.
«Oh, credimi. Nemmeno Neji la vuole qui.» riprese Karin, piegando un braccio sull’anca che aveva spinto verso l’esterno mentre con l’altra mano si sistemava gli occhiali sul naso.
Kiba inviò un’occhiata interrogativa a Shikamaru mentre accarezzava la testa del suo cane, l’amico però per tutta risposta gli concesse uno sbadiglio con tanto di stiracchiamento. L’Inuzuka ancora non riusciva a capire come tanta intelligenza e arguzia fossero contenute in quel bradipo umano.
«Sveglia-aa! Non avete notato un po’ di attrito tra quei due??!» domandò plateale, come se fosse l’unica ad aver notato il loro atteggiamento.
Delle facce che la guardarono attonita, la costrinsero ad illuminarli ulteriormente sulle proprie supposizioni: «Cioè stanno insieme e non si sfiorano nemmeno?»
«Neji è un tipo molto riservato.»
«Nel senso che è timido?»
«Nah! Diciamo che è restio a mostrarsi tutto love-love con qualcuno. – sentì Choji schiarirsi la voce e si affrettò ad aggiungere – o qualsiasi altra emozione/atteggiamento che lo facciano sembrare interessato a qualcuno.»
«Davvero? Tu credi sappia mascherare così bene il proprio interesse?» fece retorica controllandosi le unghie smaltate perfettamente di rosso.
Lee, Choji e Shikamaru che avevano seguito attentamente quello scambio di battute – forse l’ultimo con un po’ meno interesse –, ora attendevano l’arringa finale di Karin, dato che Kiba sembrava non voler difendere ancora lo Hyuuga.
«Volete dirmi che solo io l’ho notato andare in fissa sulla Tamura?»
 
Se non si trattava di un allenamento intensivo, oppure la scelta della migliore barretta energetica in circolazione, o anche una partita/incontro importante, Lee non dimostrava particolare attenzione ai particolari. Quel pomeriggio, però, pensò di aver sviluppato una speciale vista da aquila dato che non perdeva occasione di controllare la maniera in cui Neji guardava la propria amica. Sinceramente non avvertiva particolari differenze, a parte un proprio lancinante bruciore agli occhi.
Nel disperato tentativo di capire cosa ci fosse di così tanto diverso dal solito, cominciò a tirarsi i capelli, riuscendo ad arruffarsi quel liscio perfetto. Si sdraiò e cominciò a osservare il firmamento, sperando che almeno le stelle gli suggerissero la giusta direzione di pensiero – se riuscivano a farlo con i viaggiatori, magari potevano farlo anche con il suo cervello poco intuitivo, no?!
«Si può sapere che hai da lagnarti?» domandò Neji, sedendoglisi accanto intanto che si grattava un paio di punture di zanzara.
L’idea di mettere un po’ di distanza tra lui, Lee e Ten’ era stata dura da portare avanti. In particolare a causa di un messaggio di scuse che gli aveva inviato quest’ultima, pentita di averlo costretto a ripensare ad un argomento così delicato e costringendolo a darle delle spiegazioni. No, non sarebbe stato per nulla facile ridurre al minimo i loro rapporti se si sentiva rincuorato da qualche parolina sentita. Quei due gli erano entrati sotto pelle come un tatuaggio, sarebbe stato difficile da rimuovere: i ricordi di loro insieme erano tanti e dirgli addio era più difficile di quanto pensasse.
«Per i Kami, Neji che hai fatto alla faccia?!» domandò urlando e incrociando gli indici delle mani, come a voler simulare un esorcismo.
Lo Hyuuga si era presentato con delle occhiaie che potevano far invidia ad uno zombie e la voce roca, quasi strozzata, non aiutava di certo a far sparire quell’immagine dalla propria mente.
«Tutto bene con Junko?»
«Sì, perché?»
«Perché non le sei andato dietro quando se n’è andata?»
La domanda più che lecita dell’amico lo costrinse a voltarsi verso lo stesso, dandogli mostra delle famigerate occhiaie da panda che gli erano state rinfacciate. L’espressione impensierita che gli stava rivolgendo, gli fece capire che fosse giunto il momento di confidarsi con qualcuno.
«Stiamo litigando perché mi riscriverò al club di pallavolo.» ammise, strappando un paio di ciuffi d’erba.
Gli occhi di Rock Lee brillarono di una luce sinistra, di quelle abbaglianti e che fanno suppore un perfetto errore di comprensione: «Guarda che Ten’ sa badare a sé stessa. Poi la sto istruendo bene!». Si indicò con il pollice e sogghigno soddisfatto, mascherando il dispiacere che qualcuno gli volesse soffiare il posto di migliore amico, avendo un pensiero così gentile ed altruistico nei suoi confronti.
«Non lo metto in dubbio. – sì, come no – Più che altro sono i miei che mi spronano a continuare, però tu e Junko avete avuto lo stesso pensiero. Solo che lei l’ha presa peggio, ingelosendosi e dandomi il tormento per accantonare l’idea.»
«Allora evita di tornarci! Secondo me, entrambe interpreteranno la situazione in maniera differente rispetto a quello che credi tu.» lo invitò poco galantemente Lee, sbuffando già annoiato da quel discorso. Non capiva come mai un ragazzo che otteneva sempre quello che si proponeva, non riuscisse a dire di no e, spiegare che i motivi più che ragionevoli che l’avevano costretto ad abbandonare la squadra, fossero validi.
«Per questo ho intenzione di ripetere fino allo svenimento ad entrambe perché lo stia facendo.»
«Davvero? Perché a me sembra che Ten’ ti limiti a fissarla!» sbottò, dando una risposta totalmente sbagliata alla domanda che l’aveva costretto sveglio e l’aveva condotto a quella situazione. Pensavano che lui non si fosse accorto che tra di loro qualcosa si fosse spezzato e che nessuno tra i due facesse qualcosa per rimediare. Nel suo piccolo aveva provato a far parlare l’amica, ma lei aveva costantemente negato rimandando la cosa ad una sua impressione personale. Ora era chiaro che Ten avesse visto quella decisione di Neji come un suo modo di dirle che non sapeva badare a s stessa e lei, si era offesa – ed anche molto.
Neji socchiuse gli occhi sorpreso da quella affermazione. Sinceramente non aveva ancora parlato dell’argomento con la ragazza perchè aveva sia paura del suo trarre le conclusioni sbagliate e sia perché, dopo quel famoso messaggio le loro interazioni erano diventate fredde quanto bastava da non destare sospetti negli altri – ma sembrava che Lee non se la fosse bevuta, soprattutto se si era scoperto un così abile osservatore.
Certo, più volte lo sguardo dello Hyuuga si era soffermato su Tenten. Le ragioni variavano dalla paura insensata che un’amica fedele come lei potesse rivelare qualcosa spinta da un moto di ripicca personale, sia perché non sapeva come recuperare quel distacco che si era creato tra loro. Rinviava il momento del chiarimento perché sapeva che lei gli avrebbe chiesto perché per una volta non dicesse un no secco e, questo li avrebbe condotti al fatto che lui non aveva possibilità di opporsi per lisciarsi lo zio dittatore e, lei gli avrebbe chiesto le ragioni che per motivi già espressi, non era intenzionato a darle.
Nuovamente erano entrati in una situazione di stallo e, per la seconda volta toccava a lui fare un passo verso di lei. Era meglio evitare la possibilità che frequentasse persone sbagliate e poi lo prendesse a pugni sul petto per farlo svegliare. Istintivamente si portò una mano a toccarsi il torace, mascherando quel gesto come a volersi sistemare la canottiera. Subito il ricordo si lei che lo abbracciava, felice del loro rappacificamento, gli scaldò il cuore. Si passò entrambe le mani sul viso, come se lo stesse lavando platonicamente con dell’acqua fresca. Pensò di essersi rammollito di colpo e questo, non andava bene!
«Qualunque cosa sia successa tra di voi… – riprese a parlare Lee, alzandosi e ravvivandosi la sgargiante ed aderente tutina verde – ...Io questa volta non posso metterci il becco. Se lei ha fatto qualcosa ed è troppo cocciuta per scusarsi, discutici e vedrai che nolente o volente ammetterà i propri errori.» disse, dando per scontato che la colpa fosse del carattere di Tenten e allontanandosi gli fece un cenno di saluto con la mano.
«Ti ricordo che Ten’ è una persona buona. Agisce di impulso senza cattiveria ed ammette i propri sbagli.» gli urlò da lontano, prima di cominciare a correre.
Con quell’affermazione scagionava l’amica dalle stesse accuse che le aveva rivolto precedentemente e, al contempo risuonava nella mente dello Hyuuga, veniva recepita dai suoi neuroni e come brividi veniva inviata alla spina dorsale, costringendolo a compiere dei grandi movimenti circolari con le spalle.
Lee aveva ragione. Ten’ sbagliava sempre i tempi, alle volte era inopportuna e fin troppo diretta, ma in fin dei conti agiva per il bene di chi gli era intorno. Durante quel pomeriggio gliel’aveva anche fatto intendere, ma lui non aveva prestato attenzione perché troppo impressionato da quella frase che aveva avuto il potere di gelargli il sangue nelle vene: “Non mi serve qualcuno che si limita a sopportarmi per gentilezza.”
Lei non era andata da lui perché provava pena nei suoi confronti, ma semplicemente perché spinta da un moto da crocerossina. Era preoccupata e voleva solo dargli la possibilità di sfogarsi, togliersi quel peso che lo opprimeva e fare in modo di non dover più mentire e ammettere che sì, sua madre non c’era più. L’aveva fatto nel suo modo impacciato di affrontare discussioni importanti e si era sentita ancora più inadatta quando l’aveva trattata freddamente.
In virtù di quella fatidica frase, il loro rapporto si era incrinato e lei non si era più esposta con lui per paura di sembrare invadente ed essere respinta. Lui seguendo il ragionamento di uscire con gli amici di Junko – sollevata e rincuorata da quella sua decisione – non aveva avuto modo di chiarire e ora si ritrovavano a quel punto morto.
«No… non è per nulla così.» sussurrò al vento estivo, sicuro che avrebbe portato via le parole che gli erano sfuggite prima che giungessero alle orecchie ormai distanti di Lee.
Quello che aveva davanti non era come la situazione dell’altra volta. Lei non si era chiusa a riccio, si era lasciata scivolare le cose addosso facendo finta che non le importasse. Quell’atteggiamento non era da lei, infatti non riusciva a mantenere un contatto visivo con lui, troppo ferita dal proprio atteggiamento istintivo e dal modo di reagire di Neji.
Tenten adorava quando lui le raccontava qualcosa di sé. Lo Hyuuga poteva chiaramente notare le sue iridi dilatarsi quando le narrava un aneddoto della sua vita, sapendo che era genuinamente contenta del suo ruolo da confidente. Spesso e volentieri aveva rivangato episodi generici della sua infanzia solo per poter godere di quell’attimo dove i suoi occhi erano così felici e grandi e a lui bastava quello.
Però forse era un atteggiamento di sufficienza e la Tamura aveva perfettamente ragione a pensare che la sua fosse solo gentilezza. Nuovamente gli tornò alla mente quell’abbraccio, il primo dei tanti che gli aveva riservato, ma anche il più significativo. Capì che quella sera lei non era contenta solo per il loro chiarimento, ma anche perché aveva mostrato un lato vero, quasi affettuoso, dimostrando di essere cresciuto e diventato migliore.
Neji si ritrovò a pensare che sempre si era adoperata per quell’obbiettivo, ma non perché facesse bene a lei, ma principalmente a lui. Grazie ai suoi famosi “stupido idiota” era riuscito a vedere le insistenze di Lee come un tentativo di fare amicizia e non di approfittarsi di lui, grazie ai suoi silenzi e occhiate deluse era riuscito ad ammettere i propri sbagli per la prima volta e forse, grazie alla sua indelicatezza poteva superare il trauma della madre…
*dovrebbero essere cnque euro (spero di non aver sbagliato con la conversione)

 
[to be continued]



 


Buona Sera! – o Notte come la si voglia intendere, io preferisco non dirlo nonostante l'ora poichè mi sembra sempre un sinosnimo di "Buona Nanna" e la notte è ancora giovine.
Bando alle ciance senza senso, mi scuso per Orrori grammaticali, refusi e tutto quello che è incorretto sperando che nonostante tutte queste brutte cose il capitolo possa risultare piacevole! 

Ringrazio le anime che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate, quelle che leggono silenziose e le più timide che mi inviano mp complimentosi, rendendomi orgogliosa del mio piccolo operato.



Un bacio,
redmabon.

 

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