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Autore: redmabon    23/12/2016    2 recensioni
[estratto da un capitolo numericamente indefinito.]
«Vedi, ogni fiocco di neve è perfetto nelle proprie linee geometriche che lo distinguono dagli altri. Sono eleganti e non perdono la loro bellezza nemmeno durante la loro caduta, sembra quasi che rimangano sospesi nell'aria. Isolati, ben divisi gli uni dagli altri, come a mantenere la loro unicità. È affascinante questa loro particolarità. Ti dispiace anche toccarli, no? Cioè… perché un qualcosa di così incantevole deve scomparire nel giro di tre secondi, lasciando il posto a qualche gocciolina d’acqua?»
«Credo, di essermi perso qualche passaggio.»
Tenten annuì capendo il suo punto di vista, alzò lo sguardo verso il suo volto e riprese il proprio monologo: «Il punto è che non mi dispiace che tu ti sciolga...»
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Il raiting potrebbe variare con la successiva pubblicazione dei capitoli, come potrebbero anche essere aggiunti ulteriori avvertimenti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neji Hyuuga, Rock Lee, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Come La Neve
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Immagine della copertina presa da: " https://it.pinterest.com/pin/476255729320964835/
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Dopo La Scuola
(parte prima)
 
«Presumo sia stata una bella batosta.» ipotizzò Jugo, passandole una mano sopra le spalle e poggiando la guancia sulla sua testa. “Sono stati veramente degli stronzi.” fu la prima cosa che disse scovando Tenten in lacrime dietro il capanno degli attrezzi nel cortile scolastico, ma dato che non aveva ricevuto risposta a quell’affermazione – nemmeno un accenno di smorfia contrariata – aveva deciso di constatare il vero. Aumentando, come risultato, i singhiozzi di lei.
«Anche tu lo sapevi, eppure non ti insulto.» chiarì la ragazza, asciugandosi gli occhi inumiditi con il dorso della mano. Suonava ipocrita detto da lei, che aveva irrotto nello spogliatoio maschile urlando peggio di uno scaricatore di porto prendendo per il bavero Lee e puntando un indice accusatorio contro Neji, ma seppur fosse delusa – estremamente delusa –, quelli rimanevano i suoi amici e quello che era successo riguardava loro. Gli altri non si dovevano permettere di denigrarli.
«Non sarebbe una novità! Vi ho sentito dire di peggio su noi maschietti.» commentò quasi offeso il pel di carota, scostandosi da lei e rimettendo una distanza di almeno trenta centimetri tra loro. Impulsiva com’era, se lui avesse detto qualcosa che non le andava a genio, avrebbe potuto benissimo tirargli una centra in piena faccia. In particolar modo in un momento delicato come quello.
«Sono sicura che avranno avuto le loro buone ragioni per… ovviare il discorso.» sentenziò Tenten muovendo una mano per aria, sostituendo con un diplomatico “ovviare il discorso” quel “mentire” che premeva per uscire dalla sua gola.
«Difenderli non renderà la loro colpa meno orribile. – esordì Jugo, accovacciandosi a terra e alzando gli occhi a guardare le fronde delle querce che si muovevano al vento – Ti hanno fatto credere quello che volevi, perché gli faceva comodo tenerti impegnata e non averti tra i piedi durante i loro di allenamenti.» immaginò, dando voce ai pensieri che da qualche minuto gironzolavano tra le meningi della ragazza.
Tenten storse il naso: «Non li faccio così meschini.»
«Ed è qui, che ti sbagli. – la riprese l’altro, girandosi su di un fianco e poggiando il mento sul palmo della mano – La stragrande maggioranza di noi ragazzi, sa fiutare le debolezze di voi signorine. Sappiamo farle nostre e rassicurarvi. È come un sesto senso naturale, che seppur sia fatto per la conquista della ragazza che ci piace, può essere utilizzato per raggirarvi e farvi fare quello che vogliamo.»
«Nah, non potrebbero mai. Lee non è bravo a capire le ragazze e Neji… lui è troppo intelligente e per bene per poter ideare qualcosa di così cattivo.»
«Spezzo una lancia in favore di Lee… È imbarazzante vederlo flirtare. Magari è stato lo Hyuuga a inculcare dei ragionamenti in testa al sopracciglione…»
«Perché devi essere così diffidente.»
«Qualcuno deve pur esserlo.»
«Illuminami, avanti.» lo esortò Tenten, sedendosi a gambe incrociate accanto a Jugo e guardandolo nello stesso modo in cui si attende il plot-twist in un film.
«Tu sei quella ottimista, bonacciona che non crede nell’esistenza dei doppiogiochisti… o almeno, che non ne entrerà mai in contatto. Mentre io sono il tuo contrario, diffidente e mai sicuro delle reali intenzioni delle persone.» spiegò diretto, senza preoccuparsi di offenderla dato che anche lei si lamentava di saper essere veramente sempliciotta a volte.
«Menti. – esordì la mora dopo un paio di minuti di silenzio, in cui aveva soppesato le parole del ragazzo – Ne abbiamo passate tante insieme durante il primo anno del liceo e, Lee lo conosco da una vita… non credo che lui sarebbe stato in grado di fingere amicizia, solo perché Neji glielo imponeva. Inoltre, continuo a credere che Neji, non sia così subdolo.» lo contraddisse risoluta, guardandolo fiera negli occhi.
«Sai… sei ancora più carina quando ti impunti.» fece Jugo con altrettanta convinzione, allungandosi verso di lei e crogiolandosi nel rossore che aveva preso il controllo delle sue gote.
♦♦♦
Rock Lee si era fatto trovare fuori da villa Hyuuga, con il sedere poggiato al muretto che delimitava il perimetro della casa e il resto del corpo piegato su sé stesso, mentre con la punta delle dita affondava nei pochi centimetri di neve, riuscendo a toccare il freddo marciapiede. Non che servisse la scusa del freddo a fargli fare un poco di stretching mattutino e così riscaldarsi, ma principalmente perché era agitato e teso, dunque l’unico metodo in grado di riuscire a calmarlo era l’attività fisica.
«Hai allungato il percorso di jogging?» domandò Neji, richiudendosi il cancelletto alle spalle e sorprendendolo che eseguiva una serie di skipper davanti ad uno zaino e un borsone su cui era stampato il logo della polisportiva, a cui entrambi avevano aderito per poter partecipare alle lezioni di judo.
No, non aveva fatto footing fino a casa sua.
Il fatto che ci fossero la cartella e il cambio per l’allenamento di pallavolo pomeridiano, era un chiaro segno che si era presentato lì apposta per tediarlo già di prima mattina.
«Sono preoccupato. Ormai è da due mesi che non abbiamo una conversazione decente con lei.» dichiarò Lee, sistemandosi i guanti, la sciarpa e il cappellino che faceva sempre ridere Tenten, perché le ricordava la prima volta che si erano incontrati.
Neji invece si strinse nel collo del cappotto, bloccando il loro incedere verso la più vicina fermata del pullman. «Mica ti aveva dato una fetta della famosa torta di sua madre, per Halloween?» domandò di risposta, poiché entrambi avevano visto in quel gesto un tentativo di riavvicinamento di Tenten.
«Ci ha dato… però non so, anche se sono riuscito a parlarle e scusarmi, sento che ci siamo inevitabilmente allontanati. – si confidò Lee, osservando la nuvoletta bianca di vapore uscita dalla sua bocca. – Cioè, per dirti… alla vigilia di Natale mi invitava sempre al cenone che organizzava una sorella di sua madre, per farci coraggio e riuscire a mangiare tutto quello che ci veniva messo nel piatto… Invece quest’anno, non si è fatta sentire per niente.»
«Magari non c’è stata.»
Rock Lee fece finta di non notare il tono disinteressato che aveva usato l’amico e riprese a camminare, stringendo maggiormente la tracolla del borsone. «Allora dici che anche capodanno (che lo passavamo insieme a lei, Ino&Co) è saltato?» domandò irritato, forse con troppa enfasi dato che sentì le unghie – già di per sé tagliate al minimo indispensabile – premere sul tessuto che le separava dal palmo della mano.
«Cosa vuoi che ti dica, Lee? – si sistemò con stizza lo zaino sulla spalla – Non so cosa le passi per la testa. Se stai cercando qualcuno che ti riesca a suggerire una strategia per avvicinarla, sei venuto dalla persona sbagliata.»
«Ma scusa, non sei minimamente interessato a lei? Cavolo, mi sembrava che foste riusciti a legare!» lo rimproverò l’altro, lanciando le braccia per aria e alzando notevolmente il tono della voce tanto da guadagnarsi un’occhiataccia da Neji, che odiava dover essere spettatore – e in quel caso protagonista – di sceneggiate del genere.
«Lee, sveglia! La Tamura si limita a sopportare la nostra presenza, da un po’ troppo tempo. A quanto pare, non siamo mai stati così importanti come tu ti ostini a credere.» gli fece presente Neji, come se solo lui e gli altri che frequentavano, avessero notato che Tenten gli rivolgeva solo frasi di cortesia come “Sì, tutto bene te?” oppure “Com’è andato l’ultimo test?” e l’ultima, quella che a lui creava più fastidio “Ottima partita ragazzi. Proprio un bel lavoro di squadra.”
«Io? E TU?! – lo afferrò per il bavero del cappotto e lo strattonò fino a farlo sbattere poco delicatamente, con le spalle al vetro sintetico della pensilina – Tu cosa pensi di tutta sta storia? Possibile che non te ne freghi proprio nulla!» sbraitò Lee. Si era fatto prendere la mano dal fatto che l’amico, l’avesse chiamata ancora con il cognome. Non usava farlo da molto, troppo tempo e, stava a significare che per lui era oramai una causa persa.
Un caso chiuso e sepolto dentro valigia, in una buca di minimo tre metri.
«Io penso che tu stia alzando troppo i toni.» rispose Neji infastidito, afferrandogli velocemente i polsi e scagliandoli verso il basso per liberarsi finalmente della sua presa.
Rock Lee, stufo di essere preso in giro dal compagno di scuola velocemente fece un paio di passi, allontanandosi da lui e recuperando le borse che gli erano cadute per la foga del momento. «Tu hai provato a chiarire con lei?» domando mentalmente esausto da quel battibecco. Non era il tipo di ragazzo che amasse fondersi le meningi per cercare una soluzione, preferiva agire e, questa sua impulsività lo aveva portato a quella situazione.
Tenten lo aveva perdonato, quando lui era andato a scusarsi per non averle detto che si stava allenando duramente da un anno e passa per un posto in campo che sarebbe stato assegnato senza ombra di dubbio a Neji. Gli aveva perdonato quel suo lato istintivo che lo aveva portato a seguire le direttive dello Hyuuga, senza porsi alcun problema ma poi, quando le aveva chiesto di perdonare anche lui, lei si era richiusa nel suo guscio di pungiglioni e senza dire nient’altro si era rintanata in camera sua, lasciandolo spiazzato nell’anticamera e costringendolo ad andarsene.
«Per me è tutta acqua passata. – si scrollò le spalle – Se lei l’ha presa troppo sul personale e non vuole sforzarsi di vedere che mi sono comportato da amico, non ne ho colpa.» asserì Neji convinto, perché si era preoccupato per lei. Perché non voleva ferirla o farla sentire solo come la sostituta da chiamare in campo, in caso di necessità. 
No, non erano tre i metri. Quella dannata buca doveva essere una voragine.
«A questo punto non capisco più se è per il tuo orgoglio, che non puoi nemmeno pensare di aver sbagliato. Oppure perché in realtà, per te non è mai stata una persona importante.» sputò risoluto, dandogli le spalle e mantenendo quella postura rigida per tutto il tempo che spesero – in religioso silenzio – ad aspettare l’arrivo della navetta che li avrebbe accompagnati al liceo.
♦♦♦
 “Figurati se voglio essere complice dell’aumento dei valori di colesterolo di quel ciccione.” Aveva risposto amorevole Ino alla proposta che Tenten le aveva fatto, ovvero di portare le rimanenti patatine – quindi metà del sacchettino che l’amica usava aprire ogni volta che andava a trovarla ed era di turno al negozio – a Choji. E aveva continuato a pensare a quella frase, preoccupandosi anch’essa delle proprie future analisi del sangue, seppur continuando a mangiucchiare dal pacchetto che la Yamanaka aveva abbandonato in cassa.
Il lato positivo di sostituire la madre al lavoro era il fatto di poter usufruire di tutti i beni esposti sugli scaffali – ovviamente senza esagerare – astenendosi dal doversi preoccupare di saldare i debiti. Proprio con quel pensiero si era diretta alla corsia dei succhi di frutta, decidendo poi di tornare indietro ai banchi frigo per accontentarsi di una bottiglietta di latte alla fragola.
Decise di ingollarlo tutto in una volta, imitando il padre che quando guardava una partita di calcio si scolava una birra in un nano secondo, per non perdersi nemmeno un’azione. Tossì subito dopo, per l’idea stupida che aveva appena messo in atto.
«Non so se sia colpa del tuo metabolismo, oppure del fatto che sei una sportiva … – si sporse maggiormente da sopra la sua spalla e continuò – … che tutto quello che mangi qua dentro non ti abbia ancora sformato.»
Tenten non era una ragazza particolarmente incline agli spaventi, quindi riconoscendo la voce della presenza alle sue spalle si era girata con molta nonchalance, per poi rimanere impalata sul posto e con un baffo di latte a segnarle il contorno del labbro superiore.
Jugo era fermo in una posa plastica che le ricordava vagamente, quelle statue elleniche che aveva intravisto in alcuni musei che aveva visitato con la scuola: il braccio sinistro era alzato e piegato sulla sagoma del banco frigo, per permettergli di appoggiarsi e rimanere in equilibrio, oltre che evidenziare notevolmente i muscoli ben definiti delle braccia; una gamba era incrociata davanti all’altra; le labbra increspate in un ghigno sornione e gli occhi fissi su di lei.
La mora non riuscì a rispondergli a tono. Vuoi il fatto che le avesse fatto un celato complimento oppure che in quel momento lo trovasse veramente un bel ragazzo. Per un attimo diede ragione a tutti i commenti poco pudici che Ino, le aveva rifilato circa Jugo, ma si pentì immediatamente perché non poté fare a meno di arrossire. Sentendo lo sguardo divertito del suo compagno di squadra addosso, si voltò verso il bancone del tonno in scatola, strinse le labbra e corrugo la fronte nel tentativo di recuperare un minimo di decoro.
«Oh, ti prego. Continua pure a fissarmi, non mi imbarazzo mica. – commentò ironico, poi notando l’espressione di lei riformulò – Cioè, sono abituato che le persone mi osservino stupite della mia statura.»
«Mi stavo appunto chiedendo se non sentissi freddo.» si decise a parlare Tenten senza sforzarsi di ridere a quella che doveva voler essere uno scherzo. Solitamente le persone utilizzava quel genere di battutine vanitose per smorzare una situazione di tensione, ma negli occhi di Jugo non aveva letto nessuna sfumatura di autoironia, piuttosto una sorta di compiacimento a metterla maggiormente in imbarazzo.
Il ragazzo si limitò a scrollare la spalla destra per farle notare che tra il braccio e il fianco, reggeva il giubbotto impermeabile poi compì qualche passo verso di lei. Giusto per recuperare la distanza che Tenten aveva messo tra di loro qualche secondo prima.
«Sono un paio di settimane che non vieni agli allenamenti. – prese a giochicchiare con il cordoncino del cappuccio della felpa della ragazza – La Sanguisuga comincerà a pensare di sbatterti fuori per diserzione.»
«Tanto non sono mai stata nelle sue grazie. Poi da quando ho fatto quella scenata negli spogliatoi…» asserì convinta, osservando le dita di Jugo attorcigliarsi alla cordicella bianca.
Dopo quell’incontro dietro il capanno, non avevano passato più del tempo da soli e così vicini. Era uscita insieme al proprio gruppo di amici – evitando di rimanere da sola con Lee e Neji – e uscita un paio di volte con gli altri compagni di pallavolo, tra cui Jugo. Kimimaro, il capitano, sembrava un po’ distante, non si sforzava minimamente di stringere amicizia. Più che altro assecondava Jugo, che appariva molto propenso a voler diventare suo amico. Forse spinto a volerla integrare maggiormente con il resto della squadra oppure, a giustificare il fatto che dietro quel capannone degli attrezzi l’avesse baciata. Un tocco fugace, leggero ma estremamente significativo per Tenten.
Si era interpellata molte volte sul significato di quel gesto. Aveva persino chiesto aiuto a Ino, sottolineando più volte che quello era il suo primo bacio – doveva per forza significare qualcosa.
«Il primo bacio è sopravvalutato. Non importa con chi sia il primo a tastare le tue labbra!»
«Ah, no?...»
«Il primo vero bacio è quello che provi sottopelle. Il vero è quando capisci che non vorresti baciare altro per tutta la vita.»
«Quindi... ora cosa faccio?»
«Te la godi! Se vuoi baciare bacia e te lo consiglio vivamente!»
«Tu… quindi non l’hai ancora dato.»
«No. Però mi piace pensare che tutto l’esercizio che faccio possa essere utile.»
«…»
«Beh, se quel giorno sarò solo io l’unica tra i due a provare qualcosa. Voglio che lui sappia cosa si perde al non avere queste labbra esperte tra le proprie.»
«Dov’è la ragazza tenace che mi ha dato del filo da torcere l’anno scorso alle selezioni?» domandò dolcemente Jugo, lasciando in pace quel laccio di cotone e, portando due dita sotto il mento di Tenten per alzarle il volto.
«Non mi sono arresa, se è quello che stai intendendo.» lo informò, senza staccare gli occhi da quelli dell’altro, rapita da quel colore tanto chiaro da sfiorare un giallo aranciato.
«Ti sei presa una pausa...»
«Penso di averne diritto, dato che il primo anno non ho fatto nemmeno un’assenza rispetto a voi.»
«Che gran cazzata. Tu, hai perso la speranza di riuscire a dimostrare a quei due che vali qualcosa.»
«Senti bello, se credi di sapere tutto puoi anche evitare di immischiarti!» lo riprese Tenten, pentendosi subito dopo del tono acido che aveva usato.
Se c’era una cosa che sopportava poco era l’arroganza e, aveva avuto la sua buona dose della stessa i primi mesi in cui usciva insieme a Neji e Lee. Il secondo era riuscito a farlo scendere dalla nuvoletta di egocentrismo su cui sostava lo Hyuuga, aiutato da un loro amico, Naruto. Rock Lee lo sfidava in qualsiasi cosa, dimostrandogli che nonostante non fosse bravo e magnifico come lui riusciva comunque a pareggiare, mentre l’altro gli aveva inculcato in testa filosofie di vita che si era già preparato poiché le propinava anche ad un altro proprio amico, che la Tamura aveva conosciuto proprio quell’anno, dato che entrambi avevano iniziato a frequentare quel liceo. Sasuke Uchiha era un personaggio un po’ più caustico rispetto a Neji: megalomane e piuttosto fissato sul voler essere il primo in tutto. Ovviamente, era stato l’ultimo acquisto della squadra per coprire la vecchia posizione dello Hyuuga – ovviamente lei non era passata minimamente per i pensieri del coach. Veramente simpatico, Morino!
A far cadere Tenten dal filo dei pensieri in cui si era persa, ci pensò Jugo. Assestando un pugno con la mano destra al ripiano centrale dello scaffale accanto, facendo cadere alcuni barattoli di insalate di tonno e, facendo precipitare a terra alcune bottiglie di olio della corsia dietro.
Quella reazione inconsueta e, letteralmente preoccupante rispetto alla delicatezza che le aveva dimostrato prima, la fece spaventare. E tanto. Si spostò lentamente indietro, allontanandosi da Jugo, senza riuscire a staccare gli occhi dal viso completamente trasfigurato dall’ira.
Lui non la stava guardando, fissava le proprie scarpe, ma a Tenten bastava vedere il suo contrarre i pugni per capire di non dover fare mosse azzardate. Sapeva difendersi, ma Jugo era tre volte lei e… non era sicura che l’esperienza di un paio di risse con delle ragazze, sarebbe bastata. «Se ho e-esagerato mi sc-»
La Tamura trattenne il fiato finchè non capì che il ragazzo, non le si era avventato contro per rifare sulla sua testa quello che avevano patito le “Insalatissime”. Si decise ad aprire gli occhi, quando lo sentì stringerla a sé, facendole poggiare il viso poco più in giù del suo sterno.
«Scusa, non volevo sembrarti così violento. – disse sottovoce – Solo che mi infastidisce vedere le persone a me care, non capire quando vengono prese in giro.» spiegò velocemente, quasi mangiandosi le parole. Doveva assolutamente recuperare, tutto il campo che aveva perso con quel gesto incontrollato. Non poteva permettersi che fosse spaventata da lui. Lei si era rivelata piacergli sul serio.
«Tra-tranquillo.» si sforzò di rispondere Tenten, ancora terrorizzata da quello successo prima. Non sarebbe stato facile cancellare dalla mente, quell’espressione nera.
«Ti prego non essere spaventata. – la pregò distanziandola lentamente da lui, poi cominciando a sistemarsi i capelli all’indietro continuò – Questo è proprio agli antipodi di quello che volevo fare!» esclamò cominciando a ridere, tra l’isterico, l’imbarazzato e l’estremamente divertito.
Per un attimo l’altra dimenticò l’episodio di poco prima e si lasciò contagiare dalla sua ilarità, portandosi una mano davanti alla bocca e una sulla pancia.
«Andiamo dai! Ti aiuto a sistemare il mio macello.» le propose Jugo, non appena ebbero finito di sbellicarsi.
Tenten annuì serena e gli fece strada fino al bagno dove recuperarono un mocio e alcuni detergenti. Solo quando ebbero finito di ripulire tutto si, decise a chiedergli il motivo per cui era andato da lei quel giorno.
«Davvero vuoi saperlo?!»
«Beh, sei venuto sin qui…»
«Speravo potesse essere più piacevole di così…» le fece presente poggiando i detersivi nell’apposito cestello. Poi si girò a guardarla, serio, dritto in quegli occhioni curiosi e totalmente ignari delle sue intenzioni. Gli venne da sorridere, davanti a quella innocenza. «Tu mi piaci.»
Era quello che voleva. Un significato per quel bacio che le aveva dato alla sprovvista e per quello in cui la stava coinvolgendo in quel momento. Eppure, non era felice. Non ci trovava niente di emozionante in quelle labbra che aveva appiccicate alle proprie, o nel sapore di fumo che aveva la saliva di Jugo. Non aveva nemmeno chiuso gli occhi, si era limitata a ricambiare timidamente, osservano attentamente le ciglia arancioni delle sue palpebre chiuse. Gelata sul posto, stava facendo come le aveva detto l’amica, se la godeva senza sapere realmente quello che doveva provare, perché un bacio significa sempre qualcosa. Vero?
«Non… non c’è fretta. Possiamo frequentarci, con tutta la calma del mondo.» l’aveva rassicurata Jugo, notando l’impaccio con cui la ragazza lo aveva assecondato.
Tenten sorrise sincera. Forse si stava facendo troppe paturnie ed era tutto nella sua testa. Voleva scoprire se davvero non provava nulla, seppur insicura se fidarsi o meno di lui.
♦♦♦
Il film che avevano scelto di vedere di comune accordo – ovvero assecondando le richieste di Ino – era proprio il genere di girato che Tenten, disprezzava con ogni fibra del suo essere: il comico-stupido. Si era fidata dell’amica, che le aveva assicurato che dal trailer facesse sbellicare dalle risate, ma la stessa aveva omesso che si trattasse di demenza. Quella assoluta, che utilizza battutine maliziose e parolacce come audio per accompagnare la pellicola che narrerà di un tema qualsiasi e banale, solo per forzare una risata nello spettatore. Questo era il parere della Tamura, poi non sapeva se la ragazza tre file avanti a lei che stava morendo dalle risate, fosse del suo medesimo avviso.
Erano passate appena due settimane dalla dichiarazione di Jugo e Ino, superato il momento “Oddio uno dei più popolari della scuola ti si vuole scopare!” – sì, perché quella ragazza non conosceva le mezze misure –, aveva deciso di puntare ad un’uscita con il capitano della squadra di pallavolo, nonché un altro ragazzo dotato di una certa celebrità liceale.
Kimimaro, migliore amico di Jugo, nonostante fosse avvezzo al risollevare il morale della propria squadra quando si trovavano sull’orlo di una sconfitta – non a caso occupava quella carica da tre anni – non si presentava come un ragazzo molto affabile. Era piuttosto taciturno e, fuori dal campo di pallavolo, sembrava che ce l’avesse sempre morta addosso. Nonostante questi suoi occhi spenti e privati di ogni voglia di vivere, sembrava riscuotere un certo successo con il sesso opposto. Era quindi facilmente prevedibile che Ino volesse avvicinarsi a quello zombie che stava sempre sotto i riflettori, solo che Tenten non pensava – e sperava – lo facesse così presto.
In quattro e quattr’otto aveva organizzato un’uscita a coppiette e, ancora in minor tempo era riuscita a cacciare la lingua in gola al povero mal capitato, che però non sembrava dispiacersene. La Tamura aveva pure assistito alla scena in diretta, perché nell’unico momento in cui il protagonista sembrava aver acquistato un minimo di intelligenza adoperando quel poco di serietà che i registi gli avevano gentilmente concesso, aveva sentito lo stesso rumore che fanno le ventose dei parasole che vengono staccate dai finestrini posteriori delle automobili. “Gli starà solleticando anche le tonsille?” si domandò intanto che era andata in fissa sul loro bacio, con un’espressione pressoché schifata dipinta in volto ma al contempo ispirata dalla veemenza che stavano dimostrando. Ringraziò che Jugo entrò in suo soccorso, posizionando un braccio sulle sue spalle e tirandola dolcemente verso di sé. Fortunatamente senza la richiesta di mostrargli le adenoidi.
Tenten si stava abituando a stare a stretto contatto con il ragazzo che le sedeva accanto. Odorava di lavanda e si era dimostrato sempre disponibile nei suoi confronti, nonostante lei fosse rimasta stranamente più distaccata. Non l’aveva più baciata dopo l’ultima volta e lei ne era stata lieta, perché voleva conoscerlo ancora meglio prima di illuderlo su qualcosa che magari non sarebbe mai nato in lei. Si era dimostrato molto dolce anche sotto quel lato. Aveva capito che era la sua prima esperienza con un ragazzo e le aveva detto che poteva prendersi il tempo che voleva e, nel caso che fosse andata male a lui sarebbe bastato avere avuto la possibilità di frequentarla sotto quel punto di vista.
Sorrise a quel pensiero e tirò un sospiro di sollievo quando lo schermo si annerì e la scritta bianca che recitava “PAUSA  di dieci minuti” comparve al posto dei fotogrammi. Nello stesso momento Ino e Kimimaro, decisero di far prendere un po’ d’aria ai propri polmoni e prontamente Tenten chiese ad Ino di accompagnarla in bagno.
«Mi spieghi perché prima mi trascini in bagno e poi, non entri nemmeno?» domandò Ino, seccata dal fatto che l’amica si fosse imposta di aspettarla fuori.
«Perché hai insistito per vedere quell’obbrobrio di film se poi perdi tempo a pomiciare?» rispose Tenten portando un pugno sotto il gomito del braccio piegato e con cui si stava imboccando con una barretta di cioccolato.
«L’idea di base era quella di pomiciare sullo sfondo di un film.»
«E non potevamo scegliere qualcosa che interessasse a me se quello era il tuo scopo? Io ho regalato dei soldi a un film che non vale nemmeno un centesimo.» affermò Tenten, risentendo nelle proprie parole quello che solitamente ripeteva Neji quando andava al cinema insieme a lei e Lee.
Succedeva sempre che durante la pausa pubblicità, lei e il suo migliore amico tornavano in sala con il cartone maxi di pop-corn e facevano a gara a chi ne mangia di più prima dell’inizio della seconda parte. Lo Hyuuga li riprendeva dicendo che non era andato al cinema per rimetterci le cornee dato che loro dovevano attivare l’applicazione torcia per constatare chi avesse vinto o meno, abbagliando gli occhi degli altri.  Alla fine però rideva pure lui, per gli insulti che si lanciavano!
«Credevo che condividessi il mio stesso obbiettivo, per questo ti ho salvato dal perdere le parti più salienti di un film che ti sarebbe maggiormente piaciuto. – ammise, aggiungendo anche una linguaccia a fine frase – Poi poverino, nemmeno un bacetto gli hai dato!»
«Io non devo giustificarmi per quello che faccio o non faccio con… lui...» mormorò Tenten, mangiandosi le ultime parole della frase dato che aveva visto spuntare dietro Ino, il ragazzo che non si sarebbe mai aspettata di incontrare. Principalmente non sperava di incontrarlo. Già la metteva abbastanza in imbarazzo sapere che poteva vedere Jugo che ci provava spudoratamente con lei, figuriamoci se li avesse sorpresi in un’uscita a quattro.
«Buona sera.» esordì Neji, sentendosi gli occhi di Tenten addosso e facendo sobbalzare la Yamanaka, che sembrava non essersi accorta della sua presenza.
«Neji! Che ci fai tu qui?! Uscita romantica con la tipa della tua classe?» lo stuzzicò la bionda, voltandosi nella sua direzione e incrociando le braccia in attesa di una risposta.
«No. Sono qui con gli altri.» rispose conciso, causando l’alzata vertiginosa del sopracciglio destro della bionda e un crollo emotivo nell’altra.
«Gli altri, chi?» domandò quasi urlando Ino, cercando in tutti i modi di respirare piano per placare il proprio istinto omicida. Sì, perché se era con gli altri, sicuramente ci sarebbe stata una persona in particolare che avrebbe subito tutto la sua insoddisfazione.
«Che seccatura.» esalò quella persona in particolare, facendo capolino dalla sala cinque – quella posta esattamente di fronte ai servizi – maledicendo istantaneamente chi l’aveva obbligato ad andare a recuperare un paio di cartoni di pop-corn, notando un’esile figura bionda volta nella sua direzione.
«Nara! Cercavo proprio te! – lo raggiunse Ino, coprendo velocemente la distanza che li divideva – Come hai osato non avvertimi che uscivi con Sasuke?»
«Semplicemente perché il tuo bel tenebroso non si è degnato di venire?!»
 
«Ti entreranno le mosche in bocca, se non la chiudi.» l’avvisò Neji, che nonostante l’allontanamento della bionda per assalire Shikamaru, lei era rimasta lì impalata a fissarlo.
Tenten si risvegliò istantaneamente dal suo stato di trans, soprattutto per il fatto che – seppur con il tono saccente – Neji le avesse rivolto per primo la parola. Che non fosse un “ciao”, “arrivederci” oppure “buona sera” e richiuse immediatamente le labbra stringendole a culo di gallina.
Neji, nonostante scherzasse, aveva sempre detto di non aver tempo per rapporti romantici perché Rock Lee era peggio di una mogliettina ossessiva, appiccicosa e petulante o comunque non si era mai dimostrato interessato ad argomenti di quel genere. La ragazza cominciò a chiedersi se tra i suoi due amici, o quello che ora erano, andasse tutto bene. A pensarci bene, durante le partite non li vedeva più particolarmente sincronizzati nell’attacco e, nonostante si imponesse di fare finta di niente, si era sempre chiesta se andasse tutto bene tra i due. Magari, avevano litigato per quella famosa ragazza!
Abbassò lo sguardo. Quei due se ci si mettevano sapevano essere veramente rimbambiti, non li avrebbe mai creduti capaci di litigare per una donna. Si morse l’interno della guancia, nel momento in cui la sensazione nostalgica dei pomeriggi passati con loro si fece sentire.
Con Neji e Lee non c’erano film tattici per poter pomiciare con la cotta storia o momentanea, non doveva pensare se stesse bene o male mangiare come un bue e soprattutto, era serena. Con Jugo si sentiva sempre analizzata, lo aveva colto più volte a guardarla impensierito e altrettante aveva assistito in un repentino cambio di discorso non appena si avvicinava a lui – in quelle rare occasioni, in particolar modo da settembre dopo esser stata baciata, appunto perché quella situazione le aveva da sempre messo un certo disagio interno.
Lo Hyuuga invece, era rimasto fermo a ricambiare lo sguardo della ragazza che gli bloccava il passaggio. Non perché le sue spalle fossero dotate di una qualche particolare ampiezza, ma principalmente perché lo avevano picconato sul posto la pesantezza dei pensieri di lei. Tenten era sempre stata una a cui potevi leggere tutto quello che le frullava nel cervello o che provava, semplicemente guardandola in faccia. Era come un libro aperto e, nonostante Neji apprezzasse questo suo lato, in quel momento avrebbe voluto cavarsi gli occhi. Lei era genuina e proprio quella sua naturalezza lo lasciava spiazzato: riusciva ad avvertire che lei provava la stessa malinconia che attanagliava il cuore di Lee, intuiva che lui stesso le dovesse mancare e che avrebbe avuto voglia di urlargli addosso tutto il suo disappunto. 
Quella consapevolezza fu come una doccia gelata, perché lei non gli aveva sbraitato addosso come al solito e sicuramente non l’avrebbe mai fatto perché si era imposta quella snervante e, molto probabilmente eterna, attesa che lui si scusasse. Tenten era come Rock Lee, non riusciva ad avercela per troppo tempo con qualcuno e appunto per questo quella sua chiusura verso di loro – prevalentemente lui, perché a Lee aveva dato quella dannata torta mentre lui era rimasto senza dolce e aveva dovuto mentire all’amico per ovviare discussioni imbarazzanti e scoccianti – era da intendersi come uno tra i pessimi presagi.
Nonostante sapesse e capisse perfettamente quella muta richiesta della ragazza, non si sarebbe scusato. Lui non aveva fatto nulla di male, al massimo la Tamura poteva intendere che non ritenendola adatta a fare l’alzatrice – che detto tra parentesi, le aveva già fatto presente e, lei lo aveva omaggiato della relativa sgridata circa i suoi modi burberi di dire le cose – e stanco della sua caparbietà nel voler ottenere quel posto, aveva preferito farla cuocere nel suo brodo. Ma, in realtà non aveva voluto dirle nulla di quello che gli aveva imposto il coach, perché aveva paura che quella stessa testardaggine che la contraddistingueva, scemasse davanti ad una notizia del genere. Soffiò dal naso, rendendosi conto di quanto si fosse rammollito.
Un moto involontario del suo corpo lo portò a socchiudere le labbra, ma notando il bagliore di speranza negli occhi di Tenten –  ulteriore doccia di cubetti di ghiaccio –, la stessa azione venne rimpiazzata da un cenno freddo e distaccato del capo che le indicava che un ragazzo li stava raggiungendo: «Jugo.»
La ragazza si voltò velocemente e sorrise con altrettanta celerità al proprio accompagnatore, per poi rivoltarsi verso Neji con il pensiero di dire qualcosa. Qualunque cosa.
«Neji! Non è che mi passeresti un rotolo di carta igienica!» tuonò la voce di Rock Lee da dentro i servizi pubblici, facendo mandare gli occhi al cielo a Neji e attirando qualche ringraziamento da parte di Tenten.
«Tamura.» si congedò freddamente il ragazzo, rientrando da dove era uscito qualche minuto prima.
«Hyuuga.» sussurrò l’altra, sempre più intristita da quel muro che si era creato tra di loro.
♦♦♦
Jugo fece scorrere velocemente le banconote tra le dita, ormai abituato a contare velocemente le cifre che gli scorrevano sotto gli occhi, li stessi che rialzò verso il ragazzo che lo guardava in trepidante attesa di ottenere quello per cui stava pagando.
«Non ci siamo. – affermò freddo increspando la bocca in una smorfia insoddisfatta – Manca ancora quello che mi dovevi dell’altro giro.» concluse intascandosi la mazzetta e dando le spalle al bamboccio che aveva di fronte.
«Minchia fratello... Ti ho portato altri clienti, credevo fossimo pari.» cercò di abbuonarselo il ragazzo, grattandosi la nuca e ciondolando nuovamente sul posto.
«Kidomaru… – lo richiamò con un ringhio tra i denti – da quando ti prendi tutta questa confidenza?» domandò inferocito, girandosi di scatto e afferrandolo per il bavero. «Di ragazzi drogati, che abbiano voglia di provare oppure che semplicemente vogliano avere un attimo di svago, li posso trovare anche io. Anche schioccando semplicemente le dita!» gli urlò in faccia, strattonandolo intanto che stringeva il colletto della maglietta.
«Gli altri da cui vado fanno sconti se gli porto qualcuno…» si affrettò a scusarsi l’altro, stringendo le mani intorno ai pugni che avevi stretti sotto al proprio mento. Jugo, diventava ingestibile quando si infuriava ed ultimamente, era sempre più facile farlo alterare.
«Oh! Senti senti. Quindi ci riforniamo dalla concorrenza. Ma bene.» constatò apatico Jugo, annuendo lievemente con la testa e voltandosi verso il padrone di casa come per fargli capire di che ragazzi si componeva la loro clientela.
«Facevo... FACEVO!» si corresse Kidomaru, cominciando a muovere le mani per aria nel tentativo di attirare l’attenzione del ragazzo che intenzionalmente, lo stava strozzando con la propria maglietta preferita.
Jugo si voltò lentamente, finchè con l’occhio sinistro non riuscì ad intravedere l’espressione terrorizzata del ragazzo che pendeva letteralmente dalle sue mani e senza accennare nessuna emozione si limitò a dire “sarà meglio”, prima di scagliarlo contro le credenze della cantina.
Dopo aver atteso che l’ospite emettesse almeno un paio di colpi di tosse, Kimimaro si decise a parlare, biascicando leggermente le parole: «Jugo. Un po’ di delicatezza sarebbe gradita.»
L’amico però ignorò l’avviso dell’amico e si avvicinò nuovamente al ragazzo che stava strisciando per rialzarsi. Si compiacque di quello spettacolo e svogliatamente lo aiutò ad alzarsi per poterlo accompagnare alle scale che conducevano all’uscita e riferirgli le ultime parole che gli avrebbe detto per quella giornata.
«Facciamo che quello che mi hai dato, lo tengo come acconto per metà della roba di questo mese. – sussurrò piano, dandogli delle leggere pacche fraterne sulla schiena – Però entro il mese prossimo voglio l’intero prezzo della roba che ti ho venduto il mese scorso, quello che rimane per ‘sto mese e ovviamente il costo di quello che dovrai ritirare a marzo.» gli fece presente dipingendosi sul volto uno dei suoi sorrisi più sinistri.
«Aspetta, ho sbagliato. Lo ammetto, mi scus-»
Un pugno ben assestato in piena pancia, fece sputare della saliva a Kidomaru, interrompendo quelle che a detta di Jugo, sembravano delle patetiche scuse.
«Questo consideralo come il timbro che suggella il nostro accordo. Mentre questo… – lo colpì dritto in piena faccia – è un piccolo promemoria se non assaggio di quello che potrebbe accaderti se non rispetti i termini del patto.» sentenziò, per poi spintonarlo sui primi gradini della salita.
Qualche secondo dopo, Kidomaru era uscito di corsa dal seminterrato e Jugo aveva ripreso il proprio posto sul divano che ormai aveva il suo nome inciso sopra.
«Se continui a picchiare tutti quelli che ti capitano a tiro, Tenten si accorgerà dalla tua doppia personalità.» lo informò Kimimaro, risparmiandosi la predica riguardante il fastidio che gli procuravano gli “spargimenti di sangue” in casa propria.
Jugo gettò sul tavolino il fazzoletto con cui si era asciugato le gocce di sangue che aveva sulle nocche e, guardandolo scuro in volto gli fece presente che la situazione era tutta sotto controllo.
«Talmente tanto che quella è terrorizzata dal lasciarsi andare con te.»
«È timida.»
«No. Non le ispiri alcun tipo di fiducia.»
«Non si fida perché mi sono avvicinato a lei dopo non averla cagata di striscio per tutto il primo anno.» si decise a correggerlo Jugo, incrociando le gambe sul tavolo e passandosi stancamente una mano sul volto. Tutta l’adrenalina che prima aveva in circolo era scemata.
«Cazzata. – fece un tiro dal drum che si era preparato e espirò piano il fumo – Quella è una che ragiona di pancia, il razionale per lei è un elemento da prendere in considerazione solo in un secondo momento. Se non riesci ad attrarla dal principio, significa che a pelle capisce che c’è qualcosa che non quadra. Ma… questo lo sai già visto che sei cotto di lei.»
«Questa è una cazzata. Ho tutto sotto controllo.»
«Allora perché non riesci a portare avanti il tuo piano? Cos’è abbattere lo Hyuuga non riesce più a farti ribollire il sangue?» lo punzecchiò Kimimaro, portando nuovamente il filtro alle labbra e sorridere impercettibilmente prima di inspirare nuovamente dallo stesso.
Jugo strinse nuovamente la mano destra in un pugno, voglioso di colpire ancora qualcuno e gustarsi il suo sgomento. Il prediletto di Morino, poteva benissimo sostituirsi a quella figura che nella sua mente rimaneva solo un’ombra indistinta, vittima dei suoi cazzotti. Non gli faceva ribollire il sangue? Quello riusciva a dargli sui nervi anche solo respirando nella stessa stanza! Neji Hyuuga era la reincarnazione di quello che maggiormente odiava: nato in una famiglia benestante, molto probabilmente ereditario di una fetta della stessa azienda che portava il suo cognome; altezzoso, nemmeno fosse la reincarnazione di un dio ma, nonostante questo, circondato da amici ed infine, sembrava riuscire in tutto senza impiegare il minimo sforzo.
No, non gli andava bene. Sapeva di essere invidioso e, non l’avrebbe nemmeno negato. Anelava a quella vita perfetta che sembrava – e sicuramente – viveva Neji. Dove non doveva preoccuparsi che sua madre venisse picchiata dal padre perché non riusciva a trovarsi un lavoro con uno stipendio decente, per poter permettere a quell’uomo che ora li aveva abbandonati di poter scommettere al gioco.
Proprio per quella ragione aveva cominciato a fumare insieme a Kimimaro. Poi entrambi avevano sentito odore di guadagno e Jugo aveva subito afferrato l’occasione di aiutare la madre. Da qui la droga che era diventata sempre di più un medicinale contro quello schifo di vita che gli era capitata, lo spaccio e il procacciamento di stupidi bambocci a feste a cui – come sportivi più in vetta del liceo – venivano sempre invitati ed infine le risse, quelle che servivano per far capire chi comandava e chi dovesse pagare i conti. E fare a pugni era la seconda droga capace di calmarlo.
In seguito tutto era degenerato. Jugo si era trasformato, sia a causa della depressione che affliggeva la madre, che per i profili così delineati che avevano il loro giro di clienti più affezionati. Snobbetti di ricche famiglie che non sapevano come spendere i quattrini se non per qualche momento di sballo. Loro li buttavano per bruciarsi i neuroni e lui cominciava a detestarli, perché erano solo degli ipocriti. Da cosa volevano scappare, se la loro vita era perfetta?
Aveva cominciato a divertirsi picchiandoli se non saldavano i conti in tempo oppure a denigrarli appena concludevano uno scambio. Voleva riuscire a fargli provare quel malessere con cui conviveva quotidianamente e, non quello che secondo loro poteva essere.
Neji Hyuuga era stata la rivelazione. Non si drogava e non ostentava il proprio collocamento sociale, se non per i metodi eleganti e garbati che spesso lo contraddistinguevano, oppure il tono arrogante e irremovibile con cui ti si rivolgeva. Era riuscito a conquistare le grazie del coach di pallavolo, quando lui aveva dovuto sudare camicie solo per ottenere il posto di ala e il rispetto di Morino, quindi a questo punto era odio profondo.
Kimimaro aveva notato quel suo sentimento e subito si era offerto di aiutarlo a farlo fuori. Il piano che si aveva proposto era riuscire a buttarlo fuori dal club di pallavolo, con l’unico mezzo a sua disposizione: togliergli le amicizie più fidate. Perché quelli come lui, se sanno di non avere l’appoggio delle persone che amano in quello che fanno, non perdono tempo nel chiamarsi fuori.
Jugo aveva accettato la proposta e si era avvicinato a Tenten.
Tenten era considerata come una sorella da Rock Lee, quindi un diverbio tra i due avrebbe sicuramente influenzato il loro rapporto con lo Hyuuga. La storia del posto di alzatore era capitata a fagiolo. Quello che non aveva previsto era rimanere ammaliato dalla Tamura, tanto da baciarla. Quella ragazza sputava ottimismo da tutti i pori e lui, non più abituato a quella visione rosea del mondo era capitolato ai suoi piedi.
Le piaceva e aveva deciso di prendere due piccioni con una fava, raggirando i pensieri di Tenten – passandoci del tempo assieme – e tenendola lontana dai due. Magari forzandone anche i litigi. Poi aveva visto il modo in cui stava osservando Neji al cinema e, si era reso conto che non avrebbe mai lasciato perdere il loro diverbio. Lo avrebbe aspettato, lui e le sue scuse.
Fiduciosa e caparbia, un mix che gli aveva fatto rendere conto che aspirando ad una relazione con lei, l’avrebbe rovinata con il suo pessimismo ed egoismo.
«Vuoi che ti dia la soluzione?» gli chiese Kimimaro, stanco di aspettare una sua risposta.
«…»
«Devi farla soffrire. I rapporti tra Rock Lee e Neji sono già abbastanza traballanti. Se solo il sopracciglione pensasse che per colpa di Neji che non vuole fare pace, la sua migliore amica stia a pezzi e loro non possano intervenire per proteggerla, il nostro piano potrebbe considerarsi concluso e riuscito.»
Jugo afferrò infastidito tutto il necessario per crearsi uno spinello e, mentre sistemava l’erba sulla cartina sottolineò: «Ho detto che ho tutto sotto controllo. Non stare a rompermi i coglioni.»
♦♦♦
Era ormai metà marzo e, l’argomento “pallavolo” stentava a venir fuori nei ritrovi durante i ritrovi del gruppo. Principalmente grazie al fatto che la Tamura avesse ridotto al minimo indispensabile le conversazioni con i suoi compagni di pallavolo e tutti gli altri, non si azzardassero a commentare l’esito di una partita quando lei era presente, preferendo farlo in privato con i diretti interessati.
Per quanto riguardava Neji e Rock Lee, i nomi “Tenten” e “pallavolo” non venivano mai pronunciati nella stessa frase e, in particolar modo nelle loro conversazioni. Avevano discusso molto a causa di quell’avvenimento e, di comune e tacito accordo avevano convenuto fosse di aiuto evitare di continuare a parlarne. Quella era la ragione ufficiale, invece quella ufficiosa riguardava il loro gioco di squadra che ne aveva risentito, a testimonianza vi erano due partite ufficiali perse ed una sconfitta a tavolino in un’amichevole.
Lee, sentendosi tremendamente in colpa, aveva cominciato a giocare sovrappensiero – dunque male – e senza leggere i segnali di Neji – molto peggio –, non c’era quindi da stupirsi che i loro attacchi combinati non andassero a segno.
Oltre a questo ci si aggiungeva il fatto che Rock Lee fosse un tipo estremamente passionale e nostalgico, dunque la mancanza di un rapporto amichevole con Tenten e le uscite con lei e Neji, lo deprimevano. Aveva cercato in tutti i modi di fare da paciere, da mediatore, ma l’amica si rifiutava di fare il primo passo verso lo Hyuuga e, quest’ultimo era troppo fiero per mettere da parte le proprie opinioni e scusarsi.
Un’altra persona a risentire di tutta quella storia era Shikamaru Nara, un vecchio compagno di classe di Ino, che si era ritrovato per ragioni a sé stesso ignare in quel circolo e purtroppo – per ragioni chiaramente definite – in momenti come quello cominciava a detestare e, lo portavano a chiedersi perché non avesse scelto di frequentare un corso di cucina come il suo migliore amico. Rock Lee l’aveva scambiato per una sorta di confessionale, copiando la mania che negli ultimi tempi aveva sviluppato la Yamanaka. La cosa non gli sarebbe pesata più di tanto, era un ottimo ascoltatore, il seccante arrivava quando il primo continuava a chiedergli di suggerirgli qualche piano che avrebbe portato alla pacificazione con l’amica e la seconda, gli imponeva di spronare Lee a convincere Neji a parlare con Tenten perché anche lei stava male per tutta quella storia.
Decidere di accontentare quei due non era contemplato, odiava immischiarsi negli affari degli altri e per principio era fedele al detto che “i panni sporchi si lavano a casa propria” ma ormai a tartassargli le meningi si erano aggiunti anche Kiba e Naruto, preoccupati per Tenten perché Jugo – quello che sembrava frequentare –, pareva non essere una persona raccomandabile.
Quel giorno, approfittando del fatto che le ragazze non fossero presenti – Tenten si supponeva lo avrebbe difeso e Ino pure, dato che se la filava con l’amico –, i due raccontarono per filo e per segno le voci che circolavano sull’ala della squadra di pallavolo. Fu a quel punto che Shikamaru cominciò a preoccuparsi e, approfittando del fatto che Neji non si fosse mostrato indifferente a tutta quella storia di spaccio e teste di primini infilate nei water (la colpa meno grave che si poteva attribuire a Jugo) – a tradirlo fu una lieve contrazione della mandibola –, decise di immolarsi per una buona causa.
«Credo di essere la persona meno adatta per affrontare questo argomento. – esordì il Nara, giochicchiando con una patatina che aveva nel piatto – Ma credo sia necessario risolvere tutta ‘sta storia con Tenten, in breve tempo.» dichiarò deciso, intingendo finalmente lo stuzzichino nella maionese per poi addentarlo con svogliatezza.
Neji alzò impercettibilmente un sopracciglio, Rock Lee lo guardò incuriosito riacquistando un pizzico di speranza, Kiba e Naruto si guardarono complici – lo conoscevano da più tempo e intuirono che avesse qualcosa di efficace in mente – mentre Sasuke si limitò a sbuffare insofferente pensando fosse abbastanza grande per decidere da sola chi frequentare ed accettarne le conseguenze.
Tutta l’attenzione era focalizzata su Shikamaru, al quale sembrò che anche i rumori e le voci di sottofondo nel locale si fossero abbassate per enfatizzare quel momento di tensione. «Conoscendola e Lee, correggimi se sbaglio, se le dicessimo le voci che corrono su Jugo o la prenderebbe come scherzo, oppure chiederebbe direttamente a lui se sono vere. Sappiamo tutti che lo negherebbe sia per fare bella figura che per non macchiare la propria immagine.»
«Non mi sembra il tipo che dice: “sì è tutto vero, ma adesso sono cambiato.”» lo assecondò Kiba, accompagnando la sua affermazione afferrando teatralmente le mani di Naruto e accarezzandogli amorevole una guancia.
«Inoltre, se dovesse crederci, rimane il fatto che Tenten sia una persona particolarmente ottimista, quindi nella sua mente si autoconvincerebbe che non essendosi mostrato con lei così aggressivo, quelle che le riferiamo siano solo voci diffamatorie di persone gelose.»
«Quindi che consigli di fare?» domandò Naruto, dando una gomitata al braccio di Sasuke che sembrava sin troppo disinteressato alla questione, come se lui non sapesse che l’Uchiha era a conoscenza da molto tempo prima di loro della doppia faccia di Jugo.
«Deve parlarci qualcuno che non abbia peli sulla lingua e che possa riuscire a convincerla. – Shikamaru bloccò con un gesto della mano il tentativo di proporsi di Rock Lee – Lee non puoi essere tu. Sei troppo emotivo e sicuramente diresti le cose nella maniera più sbagliata possibile. Oltre il fatto che lo considererebbe un patetico tentativo di aggiudicarti nuovamente la sua fiducia.» spiegò risoluto, facendo affidamento alle nozioni di sensibilità femminile che aveva appreso in tutti gli anni passati come compagno di banco di Ino.
«E allora chi? Ino non ci crederebbe e se io sono escluso, l’unico che rimane è l’Uchiha.»
Tutti si voltarono verso Sasuke, che era rimasto prepotentemente girato verso la finestra, maggiormente interessato al barboncino intento a fare i bisognini, che a quella conversazione.
L’unico invece che mantenne lo sguardo fisso davanti a sé, fu Shikamaru che da fine osservatore, aveva preferito testare le reazioni di Neji, non rimanendo sorpreso del fatto che fosse rimasto con lo sguardo fisso sulla cannuccia di plastica del bicchierone che si trovava sotto al naso. Un’altra contrazione della sua mandibola, meno leggera della precedente, diede la conferma al Nara, che il ragazzo fosse internamente combattuto.
Sbuffò, condividendo con il castano lo stesso senso di orgoglio maschile che gli impediva di farsi avanti. Cominciò a soppesare la propria idea di usarlo come asso vincente del proprio piano: insieme a loro non si era mai dimostrato particolarmente turbato della lite che aveva avuto con Tenten ma, nonostante tutto, l’aveva visto qualche volte guardare impensierito quella ragazza di cui fingeva non gli importasse nulla. Sospirò pesantemente e dopo aver ripetuto mentalmente e un paio di volte “che seccatura!”, si apprestò a parlare e mettere a tacere quella crociata che stavano portando avanti Naruto, Kiba e Lee per convincere Sasuke a parlare con la ragazza.
«Potrebbe sempre provarci Neji.» propose Shikamaru con nonchalance, incrociando le braccia dietro la testa e chiudendo gli occhi. Se tutto fosse andato come pensava avrebbe accettato, sennò si sarebbe demoralizzato per le proprie – momentaneamente – mancate capacità di giudizio.
«Lui?» lo indicò Rock Lee, perdendo nuovamente tutte le speranza.
«Potevi anche proporti tu a sto punto.» affermò Kiba, incurvando il lato destro del labbro superiore ricreando la sua classica smorfia perplessa.
«Che seccatura!... Ten sa che non ho voglia di dar adito a certe cose e che quindi sarei una fonte poco attendibile. Neji sarebbe perfetto. – lo indicò alzando velocemente il mento nella sua direzione – Sembrerebbe che voglia solo avvisarla come forma di rispetto nei suoi confronti, conosciamo tutti le sue maniere educate. Senza poi contare che è quello che ispira più fiducia nel nostro gruppo. In ogni caso-»
«Va bene. Parteciperò a questa messa in scena.» si intromise Neji, guardando grave nella direzione di Shikamaru, che non aveva mascherato un certo ghigno soddisfatto nel sentire la sua tempestiva risposta.
♦♦♦
Più camminava, più cominciava a credere che tutta quella orchestrazione degna di una società mafiosa, fosse una perdita di tempo inconcludente. Non perché Shikamaru avesse dato a tutti dei compiti per tenere occupati Jugo e Ino, oppure perché quello stesso ragazzo gli avesse affidato quell’enorme patata bollente con tanto di: “Stai attento. Perché c’è qualcosa che mi puzza in questa storia.” mormorato pochi secondi prima di avviarsi verso casa, abbandonandolo davanti l’entrata dell’istituto, ma principalmente perché era molto restio al credere che Tenten gli avrebbe dato un minimo di ascolto.
Si ritrovò ad avere la gola secca e le mani sudate e, cominciò a chiedersi se non avesse iniziato a soffrire d’ansia dato l’annesso peso sullo stomaco che si era aggiunto a quei sintomi. Scosse la testa. Non si agitava nemmeno prima di una partita, era sempre stato sicuro e sciolto anche quando veniva interrogato oppure parlava con perfetti sconosciuti, figuriamoci se si sentiva a disagio ad affrontare la Tamura.
Preso a contorcersi i neuroni all’esaltazione del proprio carattere posato in ogni situazione, non si era accorto che Tenten era finalmente uscita dagli spogliatoi ed era rimasta a fissarlo spiazzata.
Era riuscita a convincere Morino a lasciarle le chiavi della palestra, assumendosi la responsabilità di chiuderla, dato che era sempre l’ultima ad uscire a causa dei suoi ritardi cronici e, poteva immaginare di trovare Jugo ad aspettarla, ma mai avrebbe sospettato di Neji.
«Morino ti ha chiesto di riferirmi qualcosa?» decise di chiedere, cominciando a sganciare i cardini agganciati al muro che servivano per mantenere aperti le pesanti porte che davano sulla piccola stanza che divideva gli spogliatoi dalla palestra.
«No.» rispose atono lo Hyuuga, voltandosi verso di lei senza però riuscire a incontrare il suo sguardo troppo intenta ad armeggiare con il portone d’ingresso.
«Lee?»
«Nemmeno.»
«Allora se cortesemente potessi uscire di qua, mi faresti un favore.» lo esortò, poggiando all’esterno il borsone del cambio e afferrando con due mani il profilo della porta che solitamente si incastrava con il cemento del marciapiede.
Neji alzò un sopracciglio e in pena per le numerose spinte e tirate con cui la Tamura tentava di smuovere quella porta, decise di seguire il suo consiglio, ma prima l’avrebbe aiutata in quello in cui stava fallendo miseramente.
«Ce l’avrei fatta benissimo anche da sola.» lo avvertì, rigirando la chiave nella serratura e corrugando contrariata le sopracciglia.
«Ho notato.» rispose, intuendo che l’affermazione dell’altra era la frase più vicina ad un ringraziamento e la propria, ad un “prego”. Soffio dal naso, pensando che quella ricordasse molto la loro prima conversazione.
Rimasero lì per qualche minuto, in completo silenzio. Lui con le spalle poggiate alla porta di metallo e le braccia incrociate, mentre lei stette con il capo chino verso la mano che ancora sostava sulla maniglia.
Guerra Fredda, l’aveva definita Shikamaru in uno dei suoi epiteti mentre spiegava tutti il proprio ruolo in quella manovra offensiva. Lo Hyuuga non avrebbe mai pensato che non potesse esistere un termine più corretto: entrambi non parlavano, entrambi sapevano che c’era qualcosa che non andava, entrambi avrebbero continuato a fare finta di nulla.
«Non hai un bus da prendere? – o una ragazza da illudere – Allenamento?» domandò stringendo maggiormente quel pomello a cui si era ancorata. Se era lì per chiarire, era in ritardo. Terribilmente in ritardo. Irrimediabilmente, in ritardo. Lo guardò di sottecchi e notò che stava riflettendo. Aveva imparato a riconoscere quell’espressione a causa di una piccola vena che gli compariva sulla tempia. Si chiese se fosse veramente irrimediabile, quel ritardo.
«Ho lezione di Judo, dopo. Me la faccio a piedi.» spiegò velocemente, ostentando quella posizione da duro ed impassibile. Aveva pensato a mille e uno modi per introdurre quel discorso alla ragazza, ma pensandoci bene… erano l’uno peggio dell’altro.
Tenten annuì mordicchiandosi l’interno della guancia, conscia che dal liceo alla palestra comunale ci volevano solo dieci minuti di camminata. Si poggiò con la schiena alla porta, imitando la posizione di Neji, ma tornò immediatamente ritta sulle proprie gambe. Non c’era ragione per cui dovesse aspettarlo.
«Oggi il cielo è particolarmente grigio.» si morse la lingua non appena ebbe finito di pronunciare la frase e si inalberò quando vide Neji aprire scettico gli occhi, guardare in alto e fare delle spallucce mentre un angolo della bocca – quello nascosto a Tenten – si piegava verso l’alto.
Lo Hyuuga pensò che gli era mancata quella mania della ragazza di riempire gli imbarazzanti momenti di silenzio, con qualsiasi affermazione le passasse per la testa. Si concesse di guardarla di sottecchi. Se ne stava lì ciondolante sul bordo del marciapiede, un braccio piegato a reggere la bretella dello zaino e una mano a torturarsi la crocchia sinistra mentre il naso era rivolto verso la punta delle proprie scarpe. Doveva sentirsi inquieta anche lei.
«Beh… Allora buona serata.» si congedò la ragazza, delusa da quell’incontro inconcludente. Non che si aspettasse un granché. Chiedere a Neji di fare qualcosa che si avvicinasse ad ammettere i propri errori, era come implorare Rock Lee a smetterla si fare stretching anche al ristorante. Inutile.
«Con Jugo è una cosa seria?»
 
[to be continued]



 


Buona Sera!
Volevo approffitare di questo spazio per chiedervi scusa nel caso ci fossero degli errori sfuggiti alla mia revisione, mi giustifico dicendo che è la prima volta che pubblico un capitolo che raccoglie una decina di pagine.
Non ho aggiunto il tag OOC perchè mi è sembrato di rispettare i caratteri, ma in caso contrario sarei felice di correggere.
Spero che questa "introduzione" vi sia piaciuta e che vi si preannunci come una storiella interessante.

Ne approfitto anche per augurarvi un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo, nel caso non riuscissi ad aggiornare in tempi brevi! 



Un bacio, 
redmabon.
   
 
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