Il drago degli El

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


Il drago degli El

 

 

Parte I

 

Lena attraversò il corridoio con il cuore che batteva veloce. Tese le orecchie, nel non sentire il suono di passi, oltrepassò l’angolo e raggiunse in fretta la porta.

La tensione salì ancora, ma era, in qualche modo, eccitante. Rapida infilò due sottili attrezzi in ferro nella serratura. Con il cuore che era un ritmico pulsare nelle orecchie ruotò il polso e sentì un brivido quando il rumore secco dell’ingranaggio che si apriva spezzò il silenzio.

Si infilò nella stanza e chiuse rapida la porta alle sue spalle. Non aveva molto tempo, suo fratello era impegnato nei suoi doveri di signore del castello, ma si sarebbe liberato in fretta e sarebbe tornato lì.

Si guardò attorno con fibrillazione. Sapeva che due giorni prima era arrivato qualcosa di grosso e non solo in senso fisico. L’eccitazione di suo fratello era stata più che palpabile e il fatto che avesse invitato la loro madre a raggiungere il castello era bastato per intrigarla.

Lena osservò l’ampio laboratorio alla ricerca della cassa che aveva visto scaricare dagli uomini di Lex, aveva un’idea precisa di quello che vi avrebbe trovato al suo interno e aveva, decisamente, voglia di darci un’occhiata. Soprattutto vista la frustrazione di suo fratello che dopo ore rinchiuso nel suo laboratorio sembrava non esserne venuto a capo.

Lena fece qualche passo avanti e si fermò. I suoi occhi, ora, erano fissi su di una forma. Il suo cuore accelerò e lei percepì di nuovo quel brivido d’eccitazione: un drago degli El.

L’essere era steso sul tavolo, appena più grande di una persona, le ali di un cupo rosso, stese a coprire il corpo che era di un blu scuro, quasi come un mantello. Lena si avvicinò lentamente, il drago respirava piano, sembrava sofferente.

Si era aspettata molte cose, aveva visto più volte i due draghi El sfrecciare nel cielo, garantendo pace e stabilità al regno, quasi come dei, incorruttibili e imbattibili, ma non aveva mai potuto osservarli da così vicino. Mai aveva pensato a quanto fossero belli e… due occhi di un profondo azzurro di aprirono fissandosi su di lei. Lena dovette usare tutto il suo autocontrollo per non fare un brusco passo indietro.

Il drago emise un sibilante gemito, cercando di muoversi. Solo allora, Lena poté vedere la freccia che spuntava dal ventre dell’animale.

Fece una smorfia. Suo fratello desiderava il potere sui draghi El da tutta una vita, perché controllare loro avrebbe significato controllare il regno e, perché no, l’intero mondo. I Luthor non progettavano mai in piccolo. Ma come poteva, Lex, lasciare quella creatura soffrire a quel modo?

Lena fece un passo avanti e, molto delicatamente, appoggiò la mano sul corpo del drago. L’essere fu percorso da un sussulto di paura e Lena, ora che era vicina, notò le ferite che sfregiavano la pelle del drago, suo fratello doveva essere stato violento nel suo tentativo di dominarlo, nel suo desiderio di strapparne i segreti.

“Mi dispiace…” Mormorò. Era entrata nel laboratorio per vedere la famosa bestia, non si era aspettata di sentirsi così nel vederla abbattuta e ferita. Erano esseri che appartenevano al cielo, esseri giusti e nobili. Eppure i daxamiti avevano trovato un modo per abbatterli e avevano cominciato con l’esemplare leggermente più piccolo, quello più veloce, ma anche più inesperto. Una freccia aveva perforato le sue scaglie, prima invincibili e aveva ferito il drago. Solo, nel cielo, aveva fatto il possibile per sfuggire agli uomini della regina Rhea, ma era caduto dalla padella alla brace, finendo tra le mani di suo fratello. Oh, certo, loro erano nemici del regno di Daxam, ma la sua famiglia aveva sempre disapprovato l’uso dei draghi come meri dissuasori. I Luthor pianificavano una guerra da anni e ora, sembrava che Lex fosse riuscito a mettere le mani sull’arma più potente. Sempre se il drago non fosse morto a causa della freccia, sicuramente avvelenata, o grazie alle cure di Lex.

Accarezzò la testa della bestia cercando di trasmettergli un poco di conforto, notando solo ora i riflessi dorati.

“Vorrei che mio fratello fosse un uomo diverso.” Mormorò, piano.

Una singola lacrima cadde dall’occhio del drago, sempre fisso su di lei, e scivolò sulla sue dita che erano ancora intenti ad accarezzare il delicato muso.

Lena sentì una fitta di dolore. Entrare di nascosto nel laboratorio di suo fratello era sembrato eccitante, ma ora si sentiva solo male per quella situazione a cui, inutile illudersi, non poteva trovare rimedio.

Sospirò e con un certo rammarico sollevò la mano separandola dalla pelle calda e stranamente morbida del drago.

Non sapeva quanto tempo avesse passato accanto al drago, ma di certo non gliene rimaneva molto prima che suo fratello fosse tornato. In fretta si voltò e tornò alla porta, l’aprì, ma prima che potesse uscire un gemito la fermò. Era stato un suono sorprendentemente… umano.

Si voltò verso il drago e sgranò gli occhi. Sul tavolo, dove fino ad un istante prima vi era l’essere alato, ora vi era una fanciulla. Il corpo nascosto da un abito blu, un ampio mantello rosso sulle spalle. I capelli biondi che le ricadevano sul volto, la freccia che spuntava in modo terribile dal suo ventre.

Questa volta Lena fece un passo indietro, spaventata e sconvolta da quella trasformazione.

Due occhi azzurri, limpidi, disperati e pieni di dolore si fissarono su di lei.

“Ti prego…” Riuscì a dire. “Aiutami.”

 

 

 

 

 

Note: La storia è in due parti, non è molto lunga, ma questo punto era troppo perfetto per non approfittare dell’interruzione… perdonatemi! ;-)

Mi auguro che questo piccolo prologo vi abbia intrigato. È una storia semplice che ho scritto in poche ore, basandomi su di un'idea repentina che spero vi piacerà.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

 

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Capitolo 2
*** Parte II ***


Parte II

 

I corridoi del castello non le erano mai sembrati così lunghi e così affollati, più volte aveva dovuto cambiare precipitosamente strada, infilarsi in una stanza o nascondersi dietro a degli arazzi, solo per evitare una guardia o un servitore. Ma, finalmente, poté lasciar scivolare la ragazza sul suo letto. Il fianco ora era impregnato di sangue fresco, persino le ferite inflittale da Lex sanguinavano.

Lena osservò il volto pallido della donna, incapace di credere a quello che aveva fatto. Ma, come avrebbe potuto lasciarla lì? Come poteva ignorare quella richiesta d’aiuto? Non era una bestia seppur nobile, era un essere umano! Beh, forse non proprio umano, ma senziente e… no, non avrebbe potuto lasciarla nelle mani di Lex, lui le avrebbe fatto del male, lo sapeva.

“Grazie…” Disse piano la donna, sembrava sul punto di svenire, ma aveva stretto i denti e aveva fatto del suo meglio per non pesare troppo su di lei, mentre lentamente, passo dopo passo, raggiungevano la sua stanza.

Erano al sicuro lì? No, niente affatto, ma ci sarebbe voluto del tempo prima che decidessero di frugare in camera sua alla ricerca di un drago.

Un passo alla volta, prima di tutto doveva cercare di evitare che morisse.

“Non ti muovere.” Le disse, sul volto della ragazza apparve un piccolo sorriso.

“Ci provo.” Mormorò. Le labbra della ragazza si sporcarono di sangue e Lena cercò di apprezzare che, malgrado avesse, probabilmente, un polmone perforato, riuscisse ancora a trovare qualcosa per cui sorridere.

Frugò tra le sue cose. Aveva libri, ampolle, erbe, ingranaggi. Aveva passato la sua giovane vita a studiare alchimia e meccanica, certo, il corpo umano era stato parte dei suoi studi, ma, solo in teoria. Non aveva mai dovuto fermare un’emorragia o ricucire un tessuto vivente.

Tornò dalla donna con una camicia che tagliò rapidamente con un tagliacarte per farne delle bende. La ragazza aveva chiuso gli occhi, il suo respiro si era fatto sibilante e ora vi era un piccolo rivolo che scendeva dalle sue labbra. Sembrava che il suo corpo stesse degenerando molto più in fretta ora che era umana.

Con apprensione osservò il volto pallido della giovane e le sfiorò la fronte. Come temeva le stava venendo la febbre. Quando la toccò gli occhi della giovane si spalancarono e Lena poté vedere del terrore in essi.

“Sono io…” Disse, chiedendosi se quello dovesse o meno essere rassicurante.

“Devi togliermi la freccia.” Bisbigliò, allora, la sua insanguinata ospite.

“Cosa?” Lena scosse la testa. “Non sono un medico! Posso tentare di fermare l’emorragia e…”

“La freccia ha una punta di kryptonite verde. Devi estrarla e potrò guarire. La mia forma umana è debole… troppo debole.” Ogni parola era un’evidente sofferenza. “Ti prego.” Supplicò di nuovo e Lena si alzò in piedi stropicciandosi le mani.

“Non ho mai…”

“Puoi farlo.” Negli occhi della donna ora vi era forza, persino la sua voce si fece più sicura. “Mi hai sottratto dalle mani di tuo fratello. Lena Luthor. Il tuo cuore non è macchiato dalla nera malvagità che tocca tua madre e il suo figlio maschio. Puoi farlo, puoi salvarmi, io credo in te, altrimenti non mi sarei mostrata nella mia forma più fragile.” Quel lungo discorso le provocò un attacco di tosse e Lena dovette tenerle il corpo mentre sussultava.

Quando riaprì di nuovo gli occhi la ragazza li aveva velati. Non avrebbe resistito ancora molto.

“Va bene.” Affermò, senza sapere come avrebbe mantenuto la promessa. “Lo farò, El.”

“Kara…” Le labbra della ragazza si arcuarono in un sorriso tirato, ma dolce. “Mi chiamo Kara.” Mormorò e poi svenne.

“Bene, ora so anche il nome della persona che ucciderò.” Lena strinse i pugni, poi prese un profondo respiro e annuì. Poteva farlo, sì, poteva, no, doveva.

In fretta radunò gli oggetti che le servivano, forbiti, il tagliacarte, per fortuna affilato, ago, filo, un bacinella d’acqua e le bende che aveva già preparato.

Iniziò con le forbici, tagliando il tessuto del vestito ed esponendo la pelle attorno alla ferita. Con un sussulto d’orrore notò come la pelle fosse gonfia e rossa lungo tutto l’addome e quasi nera attorno ai bordi della ferita. Da quanto tempo quella freccia era nel corpo della giovane? Quanti giorni prima era stata ferita dai daxamiti?

Smise di interrogarsi e incise la pelle, felice che la ragazza fosse svenuta.

Dieci minuti dopo le sue mani tremavano, mentre estraeva, finalmente, la verde punta della freccia. Sembrava fatta di pietra, una verde pietra dall’effetto tremendo, kryptonite l’aveva chiamata la ragazza. Presa da un senso di disgusto per quell’oggetto lo gettò lontano, in un angolo della stanza, poi, con la massima attenzione ricucì la ferita.

Mentre finiva si rese subito conto che il respiro della ragazza stava già migliorando. Era possibile?

Non lo sapeva. Con cura bendò l’addome di Kara facendo attenzione a non stringere troppo, poi si alzò e osservò lo scempio attorno a sé.

Il suo letto era macchiato di sangue, così come il suo abito, per non parlare delle sue braccia.

Solo adesso sentì le voci che provenivano dal cortile interno del castello. Con precauzione osservò attraverso le finestre della stanza e notò suo fratello che sbraitava con un gruppo di soldati.

Non aveva più molto tempo, era stata così concentrata sul suo lavoro da dimenticare il mondo esterno.

Rapidamente si mise di nuovo all’opera, mise due ciocchi di legno nel caminetto, ravvivando il fuoco, poi, quando la fiamma fu abbastanza alta gettò al suo interno le pezze intrise di sangue che aveva usato durante l’operazione. Il fuoco divorò ogni cosa, mentre lei usava l’ultima acqua che le rimaneva per lavarsi. Si cambiò e cambiò le lenzuola del letto, spostando la sua ospite con attenzione, impaurita di farle male, ma troppo tesa per esitare.

Quando ebbe finito si guardò attorno, ma prima che potesse pensare ad altro dei passi decisi si diressero verso la sua stanza, afferrò la freccia e la gettò nel fuoco, nascondendone la punta nella cenere, poi prese un libro e si sedette al suo scrittoio.

Un fragoroso bussare scosse la porta.

“Sorella!” Chiamò con voce irata Lex prima di precipitarsi nella stanza. Il ragazzo si guardò attorno con occhi furibondi.

“Cosa succede, fratello?” Domandò fingendosi perplessa. Il cuore le batteva veloce nel petto, ma non poteva cedere ora.

“Dov’è?” Chiese allora lui aprendo armadi, cassapanche e tirando le tende del letto a baldacchino.

“Cosa stai cercando, di grazia!” Esclamò lei, alzandosi e fissandolo con aria esterrefatta.

“Lo sai benissimo! La porta del mio laboratorio era aperta e solo tu oseresti entrarci forzando la serratura.” Con disgusto afferrò uno degli ingranaggi sul tavolo agitandolo davanti a lei, come se fosse una prova irrefutabile.

“Fammi capire, hai perso qualcosa e credi che l’abbia preso io? Molto bene, cerca, fruga, se è una cosa piccola posso averla nascosta ovunque… ma, se è quella cosa, arrivata in quella cassa, qualche giorno fa… beh…” Gli occhi del Luthor si contrassero con rabbia, mentre lei atteggiava il volto in un sorriso. “Madre non sarà felice se hai perso quello per cui l’hai mandata a chiamare dalla capitale.” Insinuò e Lex la afferrò per il collo, gli occhi intrisi di sangue, la testa, completamente priva di capelli che sembrava brillare di rosso a causa del riflesso del fuoco troppo alto per quel tiepido pomeriggio.

“Se scopro che sei stata tu, nemmeno il ricordo di nostro padre mi fermerà dall’ucciderti.” Lena strinse il braccio del ragazzo, non ebbe bisogno di fingere la paura che brillò nei suoi occhi.

Lex la guardò ancora per un lungo istante, poi la lasciò andare.

“Perché non cerchi anche sotto al letto? Di certo, lì, un drago è facile da nascondere!” Gli urlò dietro mentre lui usciva a passo di marcia, le spalle incassate e i pugni stretti dalla rabbia.

Raggiunse la porta e la chiuse, il cuore che continuava a battere veloce, si portò la mano al collo ancora dolorante dopo la presa del fratello, ma al contempo sorrise, sorrise perché lo aveva beffato. Lo aveva affrontato, per la prima volta in vita sua e aveva vinto.

Tornò al baldacchino e con un poco di difficoltà estrasse la sua malconcia ospite da sotto al letto. Poi, con uno sbuffo la sollevò e la sistemò tra le lenzuola pulite.

“Ce la siamo vista brutta, ma direi che il peggio è passato, non credi?” Le chiese, ma la ragazza era ancora svenuta e lei non aspettò una risposta, invece le sfiorò la fronte e annuì. Non scottava più come prima e il pallore mortale era già stato sostituito da un delicato rosa che le colorava le guance.

Le bende sembravano pulite, malgrado lo strapazzo di essere spinta sotto il letto e poi ritirata fuori.

Lena chiuse le tende del baldacchino e tornò al suo libro, un sorriso soddisfatto sulle labbra.

Quando, poche ore prima, aveva deciso di sfidare suo fratello, non immaginava che lo avrebbe fatto in un modo tanto profondo e, soprattutto, non immaginava che le avrebbe dato tanta soddisfazione.

Eppure, era da una vita che osservava il fratello commettere malvagità e soprusi oh, certo, lo faceva di nascosto, ma lei era troppo intelligente per fingere di non vedere. Ora, per la prima volta aveva agito e aveva fatto del bene. I suoi occhi corsero verso il letto e la figura addormentata che nascondeva. Sì, aveva fatto del bene ed era una sensazione magnifica.

 

Fu tentata dal non scendere per la cena, ma sarebbe parso sospetto, non lasciava mai che un litigio con suo fratello le impedisse di comportarsi come al solito e non avrebbe dovuto farlo neppure questa volta anche se il loro era stato un diverbio ben più violento e acceso di tutti quelli passati. Così, scese e mangiò con Lex.

“Dal tuo pessimo umore, deduco che non hai trovato quello che cercavi.” Disse nel vedere il suo volto cupo e nero.

“Lo troverò, non ti preoccupare.” Le rispose con un sorriso che avrebbe potuto congelare l’inferno.

“Te lo auguro, madre detesta i fallimenti.” Vide il fratello accusare il colpo e ne fu intimamente soddisfatta. Un tempo gli aveva voluto bene, ma dalla morte del loro padre era, pian piano, cambiato, diventando l’uomo violento e pronto a qualsiasi atrocità per fare ciò che reputava essere la cosa giusta.

Quando tornò nella sua stanza trovò due brillanti occhi azzurri ad aspettarla.

“Sei sveglia!” Rimarcò con un sospiro di sollievo.

“Sì, grazie a te.” Le disse tirandosi a sedere, neppure una piccola smorfia indicò che provasse dolore.

“Dovresti rimanere sdraiata.” Affermò però lei e la ragazza sorrise.

“Ora sei un medico?” Domandò e Lena fu colpita dalla sua voce allegra e divertita, così come dal bagliore nei suoi occhi. Sorrise a sua volta affascinata da quella nuova ragazza.

“No, infatti ti ho ricucita con un punto che, al meglio, può andare bene per rammendare una calza. Fossi in te non lo metterei troppo alla prova.”

Kara inclinò la testa, poi abbassò la mano verso le bende e ne disfece il nodo.

“Ehi, aspetta…” Lena si interruppe, perché, sotto le bende vi era solo più una rosea linea. “Com’è possibile?” Domandò, esterrefatta.

“Se la punta di quella freccia non fosse ancora in questa stanza sarei guarita in un tempo notevolmente minore.” Una smorfia attraversò di nuovo il viso della ragazza e Lena lanciò uno sguardo verso il fuoco tra i cui carboni vi era ancora la venefica punta verde.

“Avrei dovuto immaginarlo… non so neanche perché sono stupita, sei un drago degli El, dopo tutto.” Lena scosse la testa e Kara sorrise ancora.

La giovane Luthor sospirò poi, visto che la stanza era buia se non per il focolare ancora acceso, prese una candela, prima che potesse accenderla però lo stoppino prese fuoco e lei lasciò la presa spaventata. Kara si mosse rapida e afferrò il candelabro prima che toccasse terra. Sulle labbra un sorriso felice.

“Ho di nuovo i miei poteri.” Rimarcò, sorridendo davanti alla faccia sempre più esterrefatta di Lena.

“Certo…”

“Volevo che tu lo sapessi.” Affermò ancora la ragazza. “Il drago è solo un’armatura, un costume, un modo per mantenere la pace senza dover combattere per essa. Il sole di questo mondo mi dona dei poteri, i poteri che tu credi appartenere al drago.”

“Di questo mondo?” Chiese, sconvolta da quell’affermazione.

“Oh, sì, io e mio cugino siamo di Krypton, un pianeta simile alla terra, ma con un sole rosso.” Lena scosse la testa, sopraffatta da quelle straordinarie verità.

“Si può viaggiare tra i mondi?” L’implicazione era così vasta, così importante che… “Perché mi dici queste cose? Sono segreti che eri pronta a difendere con la tua vita quando mio fratello ti torturava.” Kara sorrise e il cuore di Lena perse un battito, era strano essere così vicina a lei adesso, era strano sentire quello strano sfarfallio nello stomaco ogni volta che la ragazza sorrideva.

“Mi hai salvato la vita.” Rimarcò lei. “Hai mostrato pietà quando ai tuoi occhi ero solo una risorsa di tuo fratello, una bestia che avrebbe potuto dare alla tua famiglia un potere enorme sugli altri regni.” Kara, alzò la mano e le sfiorò il viso, sembrava ignara dell’intimità che quel gesto comportava. “Mi sono consegnata nelle tue mani e, tu, hai sfidato tuo fratello per proteggermi. Come potrei andarmene senza offriti come dono ciò che sembra avere per te più valore?” Con la mano indicò i libri e i suoi strumenti. Lena era confusa, il suo cervello non era più rapido come al solito nel comprendere le cose.

“Non capisco…” Ammise e Kara ridacchiò, mostrando quanto fosse giovane, giovane quanto lei?

“La verità!” Spiegò, stringendosi nelle spalle e sorridendo.

“La verità, certo.” La verità era ciò che aveva sempre cercato nella vita quella e…

“Posso… posso offriti qualcosa di diverso?” Chiese la ragazza notando, forse, un briciolo di delusione nel suo tono.

“No, no, mi hai concesso fiducia e verità, non è qualcosa che un Luthor ottiene facilmente… anzi, non credo che nessuno, mai, lo abbia fatto.”

“Tu lo meriti.” Assicurò la donna, poi fece un passo verso la finestra e Lena percepì un immediato senso di perdita. Sarebbe partita e lei sarebbe rimasta di nuovo sola. Soffocò quel sentimento scacciandolo con rabbia, era sciocco.

“Non hai paura adesso che sai che non sei invulnerabile?” Chiese, per curiosità e forse perché voleva trattenerla ancora un po’, parlarle ancora un poco.

La giovane sospirò.

“Ho avuto paura quando la freccia non si è fermata, quando ha penetrato il mio corpo e mi ha permesso di sentire dolore, per la prima volta. Ho avuto paura quando ho capito che non sarei arrivata a casa, da mia sorella, ho avuto paura quando mi hanno trovato i soldati di tuo fratello, invece di mio cugino, per mettermi in una cassa e portarmi dove mi hai trovato e ho avuto paura mentre Lex Luthor mi torturava cercando di domarmi, come si doma un cavallo, cercando di scoprire i miei segreti.” Sul viso della giovane vi era una profonda serietà. “Ho paura ora, perché so che i daxamiti hanno molte di quelle frecce e Kal non lo sa ancora.” I suoi occhi si erano fissati lontano, ma ora tornarono su di lei. “Ma non ho paura quando penso che questo mondo è fatto anche di persone buone, persone con un cuore coraggioso e pieno d’amore per il prossimo. Quando hai posato la tua mano su di me, quando non hai avuto timore, ma hai provato tristezza per me, allora ho capito che forse potevo smettere di avere paura.”

Lena rimase colpita da quelle parole, non era abituata a ricevere complimenti, non era normale per lei che le si dicesse che il suo cuore buono fosse qualcosa di prezioso.

“Grazie.”

Kara aprì la finestra e si sporse verso il cielo, ma prima si voltò di nuovo verso di lei, un ampio sorriso sulle labbra.

“Potrei portarti via con me.” Propose e Lena sentì il suo cuore fare un balzo, speranza e gioia la sommersero per un istante, poi sospirò.

“No, ti ringrazio, ma la libertà va conquistata. Come Luthor posso fare la differenza, devo almeno provare.” Gli occhi di Kara brillarono a quelle parole.

“Sei una persona speciale, Lena Luthor, non lasciare che nessuno ti convinca del contrario.”

Il cuore di Lena si scaldò e lei sorrise, poi, in pochi passi, raggiunse la finestra, prese il volto di Kara tra le mani e la baciò.

Percepì, nel corpo della ragazza, la completa sorpresa che quel gesto aveva creato, poi, però, Kara la avvolse tra le braccia e ricambiò il suo bacio.

Furono solo pochi istanti, poi Lena si tirò indietro e ammirò il rossore sulle guance della ragazza.

“Per le tue parole.” Mormorò, un piccolo sorriso soddisfatto sulle labbra.

Kara annuì, rossa e sorridente, poi, davanti agli occhi sorpresi di Lena, cambiò, il suo corpo si allungò un poco e la sua pelle si ricoprì di scaglie, mentre dalla schiena le spuntarono splendide ali rosso scuro.

“Vola lontano dalle frecce…” Mormorò lei e quasi le sembrò si vedere, sul volto del drago, il sorriso di Kara. Un colpo di vento e l’essere era sparito. Lena si precipitò alla finestra e alzò lo sguardo verso il cielo. Ormai lontano, un macchia nera passò davanti alla luna.

Ora sapeva quello che voleva dalla vita. La libertà non sarebbe stata difficile da ottenere, accettare la proposta di Kara sarebbe stato semplice come un respiro, ma con il potere dei Luthor avrebbe potuto fare molto per il regno, per tutti.

Lena sospirò, non sarebbe stato facile, poi però sorrise: aveva baciato un drago, cosa poteva esserci davanti a lei di più impossibile?

 

 

 

 

Note: Come vi avevo avvisato la storia si basa su di un’idea molto semplice: Lena che salva e cura Kara per poi lasciarla volare via e guadagnare una nuova consapevolezza su se stessa e sul suo valore.

La storia funzionerebbe molto bene come prequel di una long, non mi dispiacerebbe se Kara e Lena si ritrovassero qualche anno dopo… chissà, mai dire mai.

Detto questo spero che questo capitolo vi sia comunque piaciuto.

Vi ringrazio per i numerosi commenti alla parte I e spero di rileggere le vostre impressioni anche rispetto a questa parte II.

Ciao ciao

 

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