Fail and Try again

di blu992
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Si, sono tornata e si, ho delle cose da dire prima che cominciate a leggere.

Qualche piccolo avvertimento:

. Questa è la storia più complicata che io abbia mai iniziato a scrivere, ci ho pensato molto prima di cominciare e ancora di più prima di pubblicare questo capitolo. E sono ancora convinta di aver fatto una cavolata, ma vabbè. 
. Ci saranno personaggi nuovi, frutto della mia fantasia. Quando si tratterà di esseri sovrannaturali, vi dirò cosa ho preso dal web e cosa, invece, ho preso dalla mia testa.
. Si, è una Sterek, ma sarà slow build. Io ho avvisato.
. Noterete che è più o meno canon fino alla quarta stagione, vedrete poi cosa non lo è.
. Pubblicherò con meno frequenza rispetto alle storie passate, ma la concluderò, promesso. Ogni capitolo sarà pubblicato quando avrò pronto quello successivo. Piccola anticipazione: sono già alla fine del terzo.





Buona lettura!



Stiles si svegliò quella mattina di inizio dicembre perfettamente riposato, i muscoli distesi e i piedi gelati. Era andato a dormire presto la sera prima, aveva passato tutta la giornata con le mani incollate al joystick cercando di battere Scott ad un nuovo gioco che avevano comprato insieme, ma avevano smesso prima del solito perché lui aveva appuntamento con Kira quella sera.  
Dopo essersi stiracchiato e aver realizzato che suo padre quel giorno avrebbe avuto il turno di mattina, Stiles si alzò e, mentre si dirigeva verso il bagno pregustando una mattinata in completa solitudine, afferrò il cellulare sulla scrivania per controllare se ci fossero notifiche. Aprì il messaggio di Scott, probabilmente il suo buongiorno come ogni mattina, ma si bloccò al centro della stanza dopo averne letto il contenuto. 
(Ore 22:45) Nemeton. SM 
Era della sera prima, ed era davvero un messaggio strano. Per questo decise di non rispondere, ma di far partire la telefonata. Telefonata che dopo dieci squilli si interruppe per mancata risposta. Dopo altri due tentativi, Stiles provò a contattare Kira, ma anche il suo cellulare sembrava squillare a vuoto, quindi decise di rivestirsi in fretta per raggiungere casa McCall sperando di trovare il suo amico profondamente addormentato.  
Il tragitto in auto non fu per niente rilassante come gli succedeva di solito. Non aveva potuto fare a meno di pensare al testo del messaggio di Scott e a collegarlo agli ultimi avvenimenti. Non avevano problemi causati dal Nemeton da almeno un anno, non che avesse smesso di attirare strani esseri sovrannaturali, ma nessuno aveva ancora dimostrato tendenze psicotiche o manie di grandezza, anzi, aveva solo permesso che la loro cerchia di amici si allargasse.  
Il primo a mettere piede a Beacon Hills era stato Elìas*, un semi-vampiro, semi-lupo mannaro, messicano che affermava di avere trecento anni. Stiles lo adorava, passava intere giornate ad ascoltare i suoi aneddoti.  Elìas era arrivato di notte facendo saltare dal letto tutti i lupi della città perché avevano avvertito il pericolo. Nessuno si era degnato di telefonare a Stiles, che ancora era arrabbiato per ciò, ma gli avevano raccontato che l’avevano trovato a fare praticamente un pic-nic sul tronco del Nemeton. Ovviamente non un pic-nic da vampiro da film horror, ma uno di quelli da film romantico, compreso di cestino di vimini e tovaglia a quadri. Quando si era visto addosso ben due lupi mannari e una kitsune, si era difeso lanciando loro dietro dei panini all’olio e si era accucciato dietro la pianta. Scott a quel punto aveva ritirato gli artigli, si era avvicinato cauto e aveva chiesto allo sconosciuto chi fosse e cosa ci facesse lì. Quando lo raccontò a Stiles le sue parole furono “Stavo per uccidere un ragazzino di trecento anni!”. 
Elìas, infatti, era stato morso da una vampira quando aveva appena quindici anni, era finito semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lei stava litigando con uno dei suoi sottoposti in una stradina buia, vicino ai campi, lui stava tornando a casa perché quello era il mese dei raccolti e tutta la sua famiglia tardava al lavoro. Era semplicemente inciampato sui piedi della donna che non ci aveva pensato due volte ad attaccarlo: gli aveva dato un morso forte sulla giugulare, afferrandolo prima per i capelli, e l’aveva lasciato agonizzante lì. Elìas aveva anche raccontato successivamente a Stiles di come avesse continuato a vivere i primi tempi insieme ai suoi genitori e i suoi fratelli, senza problemi e di come, solo quando aveva incontrato un druido, avesse capito di  essere sì un vampiro come sospettava a causa della voglia di bere sangue che gli veniva quando qualcuno ai campi si feriva, ma che nel suo DNA, probabilmente un’eredità di suoi antenati di chissà quanti anni prima, scorresse anche sangue di licantropo e che avrebbe potuto vivere una vita quasi normale.  
Stiles si era incuriosito così tanto che aveva fatto ogni tipo di ricerca. Elìas, grazie alla sua doppia natura, mangiava come ogni comune mortale e mortale lo era davvero. Tranne per il fatto che nessuno avrebbe potuto ucciderlo con nulla che non fosse il fuoco, come i vampiri, ma sarebbe morto di vecchiaia come i mannari. Una vecchiaia molto lenta, dato che dopo trecento anni ne dimostrava ancora quindici, ma prima o poi sarebbe arrivata anche la sua ora.  
La prima volta che lui ed Elìas si erano visti, Stiles l’aveva sommerso di domande, soprattutto di storia. Data la sua apparente giovane età lui non aveva mai partecipato attivamente ad una guerra, ma aveva raccontato di come, a causa della fame durante la seconda guerra mondiale, nonostante fosse nel continente americano, fosse stato costretto a cibarsi come un vampiro. Elìas non era fiero di quella parte della sua vita, così come non lo era di altri periodi bui, ma affermava con sguardo duro, che non apparteneva per niente alla sua apparente età, che si era sempre limitato a bere il necessario per non morire e per non uccidere.  
Un’altra volta, mentre Stiles lo stava accompagnando al lavoro (Elìas aveva aperto una propria libreria a Beacon Hills, i soldi non gli mancavano per niente), il ragazzo gli aveva raccontato di come, circa cento anni prima, si fosse innamorato di una ragazzina, figlia di nobili del centro America. Stiles gli aveva chiesto se quell’amore fosse andato a buon fine, ma Elìas aveva riso e indicandosi aveva detto “Guardami, pensi che io abbia difficoltà con il genere femminile?”. Stiles gli aveva detto che non bastava avere capelli neri e occhi ancora più neri e sguardo profondo per poter conquistare qualcuno, si doveva essere anche simpatici e umili, poi l’aveva quasi buttato fuori a calci dalla Jeep. 
I pensieri di Stiles furono interrotti dalla vista di Melissa McCall sul ciglio della strada, una busta della spesa nella mano destra. Accostò in modo che lei potesse accorgersi della sua presenza e abbassò il finestrino mentre la donna lo salutava con la mano libera.
“Ciao, Melissa”, ricambiò il saluto senza sembrare agitato.
 “Vuoi un passaggio?” le chiese, ma la donna fece segno di no scuotendo la testa per poi aggiungere “Ti ringrazio, Stiles. Doveva accompagnarmi Scott al supermercato, ma non era a casa quando sono tornata dal turno in ospedale stamattina, credevo fosse da te”. 
Stiles sentì nettamente il brivido che gli attraversò la schiena, ma cercò di fare finta di nulla e sorrise alla donna dicendole che magari suo figlio era con Kira, come succedeva spesso.  
Salutata la donna, Stiles si diresse verso il posto che aveva cercato di evitare: il Nemeton. Non gli piaceva andare in quel luogo da quando quell’albero aveva influito così tanto sulla sua vita da condizionala per sempre. Dagli avvenimenti della Nogitsune non ci aveva più messo piede se non in compagnia, ma ora gli sembrava inevitabile. Ingranò la marcia e svoltò a destra per entrare nella riserva. Arrivato alla prima radura, parcheggiò e scese dalla jeep, le mani sudate mentre prendeva il cellulare e inviava un messaggio. 
(Ore 11:32) Ehi, mi raggiungi alla pianta? SS 
Anche se aveva un aspetto di un ragazzino di cinque anni più piccolo, Stiles si fidava ormai ciecamente di Elias e non poté fare a meno di contattare proprio lui. Continuò però a camminare sperando di essere raggiunto presto. Controllò il cellulare ogni tre passi, ma non ricevette risposta nemmeno quando intravide oltre le piante il tronco tagliato. Si avvicinò e si guardò intorno, ma non sembrava esserci nulla di strano, a parte qualche uccello appollaiato, immobile, sugli alberi lì intorno. Mandò altri due messaggi, uno a Lydia chiedendole se stesse bene e uno a Liam, poi fece partire una telefonata. La persona che cercava di contattare odiava la tecnologia, ma almeno riusciva a premere un solo tasto per rispondere. Dopo due chiamate senza risposta, Stiles si rimise il cellulare in tasca e si sedette con le spalle contro un albero, stava seriamente cominciando a preoccuparsi. Il piano C doveva essere messo in atto.  
Per fortuna questa volta dopo solo due squilli sentì una voce dall’altro lato del telefono.
“Stiles?”, la voce di suo padre gli fece rilasciare un sospiro di sollievo.
 “Pa’? Tutto okay al lavoro?” chiese sperando di ricevere una risposta affermativa, ma quello che disse suo padre gli fece gelare il sangue nelle vene.
“Una giornata nera. Ci sono almeno tre famiglie di persone che sembrano scomparse nel nulla negli ultimi giorni. Hai bisogno di qualcosa?”.
Stiles ci pensò solo tre secondi prima di decidere cosa dire, ma era inevitabile, erano coinvolte troppe persone.
“Papà, sono scomparse altre persone, quasi sicuramente” disse non riuscendo ad essere meno criptico. Sentì chiaramente una porta chiudersi, con molta probabilità era quella dell’ufficio dello sceriffo, poi la voce di suo padre, quasi un sussurro “Stiles, spiega”.
In venti secondi si ritrovò a riassumere la sua mattinata, i suoi sospetti e a fare una lista dei suoi amici probabilmente spariti. Alla fine del racconto sentì suo padre prendere un profondo respiro e chiedergli “Sei sicuro? Magari sono in giro e, lo sai, Greta non risponde a nessuno”.
Per quanto lo desiderasse, però, Stiles ne era quasi sicuro, non sapeva dove, come e soprattutto perché, ma i suoi amici non erano lì e non erano rintracciabili.
“Papà” iniziò titubante, “chi sono le persone scomparse di cui parlavi?” chiese.
Aveva un sospetto che sperava che non venisse confermato. Suo padre gli fece tre nomi: un ragazzo George Taylor di quattordici anni; Felicity Roberts di ventuno anni e Sebastian Habby di quarantacinque anni. Per il momento non avevano trovato punti in comune, ma Stiles aveva bisogno di togliersi ogni dubbio. “Papà devo indagare su loro, sulla loro… natura” buttò fuori e non si sarebbe aspettato la risposta che ricevette dallo sceriffo: “Lo penso anche io. Va da Deaton, ti raggiungo lì”.  
Stiles raggiunse quasi di corsa la Jeep e mise in moto, senza badare ai tagli che si era fatto alle mani inciampando nella radice di un albero. Fece partire di nuovo una chiamata verso Scott, ma, ovviamente non ottenne risposta. Quando stava per mettere piede nello studio veterinario il suo cellulare cominciò a squillare.
“Pronto?” rispose dopo aver letto il numero di suo padre che senza convenevoli andò subito al punto. “Stiles, va di male in peggio. Tutte le comunicazioni che cerchiamo di avere fuori da Beacon Hills sono bloccate, non riusciamo a capire cosa succede. Sei già allo studio?” chiese agitato.
Stiles rispose entrando nell’edificio e salutando il druido con un cenno della testa.
“Si, sono appena arrivato, credi che non riusciamo a contattare gli altri perché sono fuori città?” domandò con un pizzico di speranza in più, ma suo padre, ovviamente, non ne aveva la minima idea. Staccò la telefonata e, prima ancora di iniziare a parlare, venne interrotto dall’uomo che aveva di fronte.
“So perché sei qui, ho avvertito troppi cambiamenti questa notte e non sento più la presenza di esseri sovrannaturali in città. Ma prima che tu me lo chieda, non lo so cosa succede Stiles, non ne ho la più pallida idea” disse con il suo solito tono calmo che faceva salare i nervi al ragazzo ogni volta. “Scott, Lydia, Kira, Liam, Elìas e Greta sono scomparsi e così le tre persone la cui scomparsa è stata denunciata. Che tu sappia ce ne sono altre?” chiese, conoscendo inconsciamente già la risposta. Risposta che non lo deluse.
“Si, altre sette. In totale sono sedici persone sparite nel nulla” sospirò e poi aggiunse “dato che sento come una strana forza che pervade l’aria, credo di dover andare al Nemeton”.
Stiles gli disse che lui lì non aveva trovato nulla, a parte la solita natura, ma l’uomo ribatté sicuro “credo di essere un po’ più capace di te ad analizzare gli eventi sovrannaturali. Se tuo padre sta arrivando, aspettatemi qui, cercherò di capire qualcosa di più”. E uscì dalla stanza prendendo con sé una grossa sacca di pelle marrone.  
Stiles aspettò altri dieci minuti prima che suo padre arrivasse e insieme aspettarono in silenzio un’altra ora prima che Deaton tornasse. L’uomo si appoggiò esausto ad uno dei mobiletti nella stanza.
“La strana energia che sento, proviene dal Nemeton, avevo ragione, ma non capisco di cosa si tratti. Ho bisogno di più dati.”
Stiles si alzò, prendendo il suo cellulare dalla tasca e portandolo davanti a viso del veterinario.
“Questo è l’ultimo messaggio che mi ha inviato Scott, anche lui deve aver capito qualcosa prima di sparire e quindi abbiamo la conferma che quella cazzo di pianta c’entri ancora una volta” disse passandosi poi una mano tra i capelli, esasperato, “ma una pianta non può far sparire gente, no?” aggiunse guardando l’emissario sperando di ricevere una conferma.
“Dubito che il Nemeton possa rapire gente, ma non escluderei nemmeno questa opportunità. Ho bisogno di dati, ho raccolto campioni di tronco per analizzarne lo stato e controllare le variazioni di energia, ma ci vorrà tempo. Sceriffo” aggiunse girandosi verso l’uomo, “credo che lei debba avvisare le famiglie delle persone scomparse. La maggioranza sa della natura dei loro cari, e può mandarli da me, questi sono i nomi” disse prendendo un foglio di carta, “per gli altri le consiglio di inventare una scusa solida, dubito si accontenteranno di un banale rapimento, vista la numerosità dei casi”. Stiles allungò il collo per leggere i nomi, erano nove persone, tra cui anche Melissa e i signori Yukimura; altre sette famiglie avrebbero dovuto ascoltare banali scuse di agenti che si sarebbero arrampicati sugli specchi e avrebbero aspettato i loro parenti con ansia ancora maggiore.  
Per un attimo Stiles pensò a Elìas e Greta. Loro due avevano solo lui ad aspettarli, se non ci fosse stato Stiles, forse nessuno si sarebbe accorto della loro scomparsa. E questa cosa gli faceva stringere lo stomaco quasi in modo doloroso; era molto affezionato ad entrambi e avrebbe fatto di tutto per trovare loro e gli altri.
Fu riscosso dai suoi pensieri quando sentì una mano poggiarsi su un suo braccio, Deaton lo stava guardando serio.
“Stiles, tuo padre ha detto che le comunicazioni sono interrotte. Non sappiamo se si tratti di una interferenza data dall’energia del Nemeton o se sia a causa di un intervento umano”, lo sceriffo lo interruppe continuando il discorso, “i miei agenti stanno cercando in ogni modo di ristabilire le comunicazioni, e sto organizzando una pattuglia per raggiungere almeno le città vicine per avvisarli di questa situazione”.
“Esatto” si intromise nella conversazione il veterinario, “avrei un piacere da chiederti prima che la pattuglia si muova”. Stiles fece un cenno affermativo con la testa e l’uomo proseguì.
“Ho bisogno che tu vada nel loft di Derek” disse prendendo un foglio e una penna, “devi cercare questi tre volumi, dovrebbero essere ancora lì, se nessuno degli Hale li ha portati con sé, e vedere se al loro interno ci sono dei fogli. Sono testi di incantesimi potenti che solo Talia conosceva e conservava, sono criptati. Quando li troverai, li darai in copia agli agenti di tuo padre che li consegneranno a miei colleghi fidati che ci aiuteranno a decodificarli”. Stiles prese le chiavi della sua auto e, uscendo dallo studio disse “Farò il prima possibile”. 
Per fortuna il loft era abbastanza vicino, dopo cinque minuti stava già salendo le scale. Solo quando arrivò di fronte il portellone scorrevole pensò alla possibilità che, a differenza di quando qualcuno abitava lì, potesse essere chiuso. Mise una mano sul maniglione e, facendo forza, cercò di spingerlo ad aprirsi. Probabilmente quella non era la giornata più sfortunata di sempre, perché la porta si aprì senza opporre resistenza. Entrando, Stiles pensò distrattamente al fatto che, se quel posto non era stato nemmeno chiuso a chiave, non c’era nulla di valore o che c’era un’alta possibilità di trovarlo completamente vuoto. Non che quando ci abitava qualcuno ci fosse più dello stretto indispensabile, ma almeno c’era qualche mobile.  
Non si preoccupò di chiudersi la posta alle spalle e avanzò nell’ampia stanza. C’era tanta, troppa polvere e i vetri erano abbastanza sporchi da permettere alla luce di entrare solo in parte. In fondo nessuno entrava lì da quasi due anni, era normale. Stiles decide si fermarsi al centro della stanza e riflettere: dove potevano essere nascosti tre volumi antichi ed estremamente preziosi in un appartamento polveroso? Riprese il foglio che gli aveva dato Deaton e rilesse i tre titoli: 
Albero genealogico della famiglia Hale, fondatori di Beacon Hills 
Creature delle tenebre e creature della luce. 
Favole sui lupi per bambini.  
Stiles aveva sorriso quando aveva letto l’ultimo titolo della lista. Si era immaginato i fratelli Hale riuniti intorno alla loro mamma Alpha, di sera, mentre ascoltavano le favole che lei gli leggeva.  
Si mise subito al lavoro: l’ansia per i suoi amici sempre più soffocante, accompagnata dalla curiosità di sfogliare quei volumi. Il primo punto in cui controllò fu un vecchio baule quasi nascosto sotto la scala a chiocciola. Fece un po’ fatica ad aprirlo, ma, dopo esserci riuscito e aver starnutito almeno tre volte per la polvere, poté guardare all’interno e vedere…il nulla. Il secondo posto a cui pensò fu il divano malconcio appoggiato alla parete in fondo alla stanza. Spostò i cuscini logori lanciandoli sul pavimento e non si preoccupò di rimetterli al loro posto quando vide che anche lì non c’era nulla di interessante. Passò al setaccio tutti i mobili della cucina, erano solo tre in realtà, e saltellò sul pavimento per scoprire se ci fosse qualche mattonella da alzare, ma nulla. Si fece coraggio e, acceso il flash del cellulare, lo puntò nell’enorme buco sulla parete, ma lì c’erano solo ragnatele e insetti con cui decise di non voler fare amicizia.  
Constatato che il piano di sotto era completamene vuoto, Stiles salì la scala a chiocciola battendo anche la testa contro il ferro arrugginito, e raggiunse il piano di sopra imprecando per il dolore. In realtà era un soppalco, non un vero e proprio primo piano, ma Stiles non era mai stato lì. Solo una volta ci aveva provato a salire, ma Derek l’aveva afferrato per il colletto della camicia, quando era ancora sul secondo gradino, e l’aveva riportato sul divano senza interrompere il discorso che stava facendo al branco riguardo il nemico di turno.  
Lo spazio era quasi interamente occupato da un materasso poggiato direttamente sul pavimento. Era ancora parzialmente ricoperto da lenzuola in disordine, come se chi ci avesse dormito l’ultima volta, si fosse agitato durante il sonno. Addossato ad una parete c’era un piccolo armadio a due ante e fu lì che di diresse Stiles passando con le scarpe sul letto. Quando aprì il mobile rimase per un attimo fermo, immobile. Non era vuoto, era l’unico mobile che non avesse trovato completamente vuoto. C’erano due indumenti appesi alla staffa centrale: una maglietta nera a maniche corte, una di quelle che Derek indossava spesso, e, quello che colpì maggiormente Stiles, una giacca di pelle nera. Il ragazzo allungò una mano a sfiorare il tessuto di quest’ultima quasi senza pensarci su. Stava pensando a come, fino a quel momento, era stato preso così tanto dagli avvenimenti, da non essersi fermato a pensare al fatto che Derek mancava da Beacon Hills da due anni. Non aveva sentito la sua mancanza, non spesso almeno, ma quei due suoi oggetti avevano fatto sì che i pensieri arrivassero come un’onda. Non poté fare a meno di pensare a come le cose sarebbero potute andare se lui fosse rimasto lì. Aveva girato i tacchi dopo gli episodi avvenuti in Messico e nessuno aveva avuto più sue notizie. Stiles sapeva che la persona che più aveva notato la sua assenza era stato, ed era ancora Scott, ma non ne avevano mai parlato apertamente nemmeno i primi tempi e quindi il discorso era stato accantonato.  
Per fortuna uno squillo del cellulare lo tirò fuori da quel vortice di pensieri. Suo padre non gli diede nemmeno il tempo di portarsi l’oggetto all’orecchio, che già aveva preso a parlare.
“Stiles, trovato niente? Non posso più aspettare, tutta la popolazione ormai sa dei collegamenti interrotti e il panico sale.”
 Stiles lasciò andare la manica della giacca che stava ancora stringendo e cominciò a tastare le pareti dell’armadio mentre parlava.
“Papà, qui non c’è nulla, ho visto praticamente ovunque. Deaton non conosce altri posti in cui posso guardare?”
Lo sceriffo sospirò prima di rispondere che il veterinario era stato alla cripta sotto il liceo e anche tra le rovine di villa Hale, “i libri non sono in città” aggiunse con tono sconfitto.
“E ora? Cosa si fa?” chiese Stiles cercando di non farsi prendere dal panico, ma suo padre gli ordinò semplicemente di tornarsene a casa e di lasciar fare agli adulti, quella situazione poteva essere pericolosa. 
Stiles si lasciò cadere sul materasso alle sue spalle, nonostante fosse pieno di polvere, e si portò le mani a coprirsi il volto. I suoi amici erano spariti, una pianta magica aveva a che fare con quella storia quasi al cento per cento, l’unica soluzione che avevano trovato era impossibile da mettere in atto e suo padre gli chiedeva di chiudersi in casa mentre era anche praticamente fuori dal mondo. Decise di lasciarsi andare allo sconforto per altri dieci minuti, poi avrebbe dovuto pensare a qualcosa da fare. 
Erano passati solo otto minuti quando prese di scatto il cellulare e richiamò suo padre.
“Sties, ti ho detto di torn- “, ma non lo fece nemmeno parlare.
“Pa’, ti mando un messaggio con il numero di Derek. Dì ai tuoi agenti di chiamarlo appena escono dalla città e di chiedergli dei libri!”. La risposta che ricevette, però gli fece crollare ogni speranza.
“Credi che non ci avevamo pensato? Sono sotto il cartello con la scritta Benvenuti a Beacon Hills e appena cerco di attraversarlo mi seno come se decidessi di tornare indietro senza la mia volontà”.
Stiles non riuscì a rispondere, gli si era seccata la gola e gelato il sangue, suo padre continuò.
“I miei agenti mi hanno chiamato poco fa dicendomi che non c’era bisogno di andare fuori città e io non capivo quale strana droga avessero preso per dire queste stupidaggini, ma ora capisco. Deaton sta già arrivando.”
Ancora una volta il ragazzo non rispose e suo padre chiuse la chiamata. Non solo non poteva comunicare con l’esterno, non poteva proprio uscire dalla città. L’attacco di panico che gli venne, non fu per niente inaspettato, ma, appena riuscì a respirare di nuovo regolarmente, decise di rialzarsi e di andare nel piccolo appartamento di Greta. 
Se c’era un altro posto dove era possibile trovare qualche indizio, quello era casa sua.  




* La sua natura viene tutta dal mio cervello. Non so se in letteratura o nella mitologia esistono ibridi del genere. Non ne ho trovati



Spero vi sia piaciuto tutto ciò. Sono felice di essere ritornata.

   

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Rieccoci.
. Ho aggiornato presto, forse fin troppo, ma avevo promesso che l'avrei fatto appena avrei avuto il capitolo successivo pronto e il tre era già mezzo scritto. Il quattro non c'è per niente, quindi passerà una settimana, suppongo.

Buona lettura!




Greta* abitava dall’altra parte della città rispetto al loft, quindi Stiles impiegò davvero tanto a raggiungerla. Durante il tragitto aveva potuto osservare gli effetti di quello che stava succedendo: molte persone erano in strada davanti alle proprie abitazioni, qualcuno addirittura in pigiama e vestaglia. La strada principale era completamente bloccata dal traffico, sicuramente non tutti avevano ancora capito che uscire di lì era praticamente impossibile. I negozi erano tutti aperti, ma gli unici che sembravano avere clienti erano quelli di generi alimentari.
Dopo aver percorso in un’ora la strada che normalmente avrebbe percorso in metà del tempo, Stiles parcheggiò la Jeep di fianco al piccolo complesso residenziale di case tutte rosa cipria. Greta diceva sempre che prima o poi avrebbe messo mano ai risparmi e avrebbe pagato un esercito di imbianchini per colorare tutto di blu.
La donna era arrivata a Beacon Hills solo da tre mesi. l’avevano trovata nei pressi delle rovine di villa Hale mentre raccoglieva fiori.
Era stato Stiles a trovarla, in realtà per puro caso. Era nella riserva perché faceva caldissimo in casa e si stava pure annoiando, quindi aveva fermato la macchina al margine della strada e si era incamminato all’ombra degli alberi. Era sbucato poco dopo in una radura e aveva visto questa bellissima donna, con un abito bianco e lungo che raccoglieva fiori. Stiles era rimasto un po’ incantato, affascinato dai lunghi capelli biondi mossi dalla leggera brezza. La donna si era accorta della sua presenza e si era girata piano, per niente disturbata dalla presenza del ragazzo. Stiles aveva quindi agitato una mano per salutare, ma in realtà era terribilmente spaventato. Era quasi sicuro che ci fosse un’alta probabilità che quella donna fosse un essere sovrannaturale, magari anche di quelli più pericolosi, vista la sua proverbiale fortuna.
La donna, ancora tranquilla, aveva mosso qualche passo in sua direzione e Stiles non avrebbe mai dimenticato la tragica caduta all’indietro mentre cercava di allontanarsi. Così come non avrebbe dimenticato il modo in cui gli aveva parlato Greta.
“Tranquillo, giovane uomo, non voglio farti del male,” per poi aggiungere “ci saranno ben altre sciagure nella tua vita, ma io non sono una di queste”.
Stiles, non sapendo cosa fare, aveva salutato ancora una volta con la mano e si era presentato. ”Ehm, io sono Stiles” aveva detto avvicinandosi di qualche  passo, ma le parole della donna lo bloccarono.
“So chi sei da almeno due anni, io sono Greta.”
Greta gli rinfacciava ancora la sua maleducazione, ma in quel momento Stiles non ci aveva pensato su due volte e, avanzando quasi di corsa e parandoglisi davanti, le aveva posto tutte le sue domande.
“Oddio e tu chi diavolo sei? Cosa sei? Cosa significa che mi conosci da due anni?”
Lei, mantenendo la calma più totale, aveva risposto “Non ho detto che ti conosco, ma che so chi sei. Le persone non si smette mai di conoscerle. Ho visto il tuo arrivo due anni fa, ho solo aspettato questo momento, giovane Stiles. E, per quanto tu me l’abbia chiesto in modo molto poco elegante, ti rispondo. Sono una Sibilla.”
Stiles non avrebbe mai dimenticato nemmeno il modo in cui era rimasti incantato ancora una volta a causa della ristretta vicinanza. Da lontano Greta sembrava una donna molto più adulta di come invece era da vicino; doveva avere al massimo venticinque anni.
Stiles ricordava bene anche il momento in cui aveva portato Greta da Deaton, dove si trovava Scott. Quest’ultimo aveva avuto la sua stessa reazione imbambolata e il veterinario era subito andato a prendere dell’acqua e una sedia per la donna. Greta sembrava venuta fuori da un altro mondo, ma aveva solo attraversato l’oceano: veniva dalla Grecia. La prima parola che aveva rivolto a Scott era stata “Salute a te, Vero Alpha” che aveva fatto arrossire il ragazzo ai limiti del consentito e ridere Stiles fino alle lacrime.
Per quanto sembrasse di un’altra epoca, lei aveva davvero venticinque anni, era completamente mortale, ma aveva solo vissuto in un modo completamente diverso da loro. Stiles aveva deciso di adorarla quando nello studio veterinario era arrivato anche Liam e lei gli si era avvicinata lentamente e gli aveva messo una mano su una guancia, quasi una carezza. “Quando il tuo cuore si aprirà, dovrai stare attento alle tempeste e ai fulmini che vi si scateneranno all’interno” gli aveva detto, per poi girarsi verso di lui e chiedergli dove fosse il bagno. Stiles non avrebbe mai smesso di prendere in giro il piccolo mannaro, soprattutto perché, ad un mese di distanza, Liam era stato lasciato dalla sua ragazza.
Greta, da quel momento, non si era più mossa da Beacon Hills e, anche se ovviamente non ci capivano quasi mai niente, li aveva sempre avvertiti in anticipo prima che arrivasse qualcuno, innocuo o meno. Una volta erano seduti al parco, lei, Stiles e Lydia, e aveva afferrato le mani di entrambi tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. “Quattro per muoversi, due mesi di vita, sconvolgerà la vita di chi ha la testa ricoperta di rosso” aveva detto, poi si era alzata come se nulla fosse successo ed era andata a comprare tre gelati. Due giorni dopo, Lydia aveva trovato, sul ciglio della strada, un gattino bianco che aveva, appunto, due mesi di vita e l'aveva adottato.
Una volta, invece, la premonizione aveva riguardato Elìas. Lui andava d’accordo con Greta, ma era troppo scettico riguardo le sue visioni. Lei una sera l’aveva aspettato fuori la biblioteca dove lui lavorava da poco, sotto la pioggia e senza ombrello, fino a quando lui non aveva chiuso la saracinesca e l’aveva vista dall’altro lato della strada. Le si era avvicinato, soprattutto per darle riparo, ma lei gli aveva preso la testa tra le mani abbassandosi alla sua altezza, sconvolgendolo non poco. “Alla tua prossima gialla, ci sarà rosso.” Nessuno aveva capito e, come sempre, Greta non ricordava nulla di quello che diceva in stato di trans, ma capirono la settimana successiva. Durante la luna piena Elìas aveva perso il controllo perché ricadeva nel giorno dell’anniversario della morte di sua madre. Aveva ferito, per fortuna, solo Scott che però aveva perso molto sangue. Il rosso durante la gialla. Da quel giorno il semi-vampiro non perdeva una sola parola della Sibilla.
Stiles si riscosse dai suoi pensieri mentre cercava la chiave della casa di Greta nella pianta di fianco l’ingresso. Entrò e si guardò intorno sperando di essere più fortunato di quanto lo era stato al loft. Gli serviva qualcosa, anche la minima cosa che gli dicesse cosa stesse succedendo. Guardò in cucina, vicino al frigo dove Greta di solito attaccava i suoi scritti con le calamite, ma trovò solo una lista della spesa e il numero della pizzeria. Si spostò quindi nel suo studio dove dipingeva i paesaggi che poi rivendeva quando si posizionava con la sua bancarella al mercato del venerdì. Era entrato raramente in quella stanza, ma ne rimase affascinato come ogni volta. Amava il suo modo di dipingere la natura, ti sembrava di essere catturato dal dipinto e risucchiato in un mondo fatto a tinte forti. Spostò qualche schizzo dalla scrivania e un foglio gli saltò all’occhio. Era mezzo appallottolato, ma c’era qualcosa scritto sopra. A Stiles cominciarono a sudare le mani quando ne lesse il contenuto e si rese conto che forse un po’ di fortuna ce l’aveva ancora.
Potere. Vita. Derivano da chi ha potere e vita oltre la natura, sopra di essa. Coloro che sono oltre Madre Natura, sarann-
Il messaggio era interrotto, nemmeno l’ultima parola era scritta per intero. Stiles si mise il foglietto in tasca e riprese la sua ricerca, ma oltre altri disegni e scarabocchi senza significato, lì non c’era più nulla. Uscì di nuovo in strada e decise di chiamare suo padre per aggiornarlo, ma, prendendo il cellulare, vide che gli era arrivato un messaggio proprio da lui.
(Ore 14:23) Stiles, sei a  casa? Non so quando torno. Ho novità, ma ti chiamo io dopo, c’è troppo da fare.
Stiles, ovviamente, non aspettò la chiamata di suo padre, ma fece il suo numero. Lo sceriffo rispose dopo tre squilli.
“Devo tenere la linea libera, cosa succede?” gli chiese.
“Papà, che novità hai? Anch’io ne ho una, di Greta, ho trovato un messaggio.”
Lo sceriffo parlò velocemente. “Nessuna. Che novità hai?”.
Stiles si sentì per un momento soffocare, di nuovo, ma cercò di riprendersi, soprattutto per non farlo notare a suo padre.
“Greta ha scritto qualcosa che credo riguardi questa storia, ti mando la foto e ora vado da Deaton. Lo so che mi hai detto di stare a casa, ma non posso, papà, ci sono i miei amici lì fuori da qualche parte.”
Lo sceriffo sembrò riflettere, dato che per qualche secondo non parlò, poi sospirò. “Va bene, ma sta attento, non voglio che ti succeda qualcosa, ok?”. “Si, papà, hai solo me e io ho solo te, starò attento e ti chiamerò appena saprò qualcosa. Sta attento anche tu”, e chiuse la chiamata.
Per arrivare da Deaton, Stiles impiegò un’altra ora.
Quando arrivò non poté fargli leggere il messaggio perché lo studio era decisamente affollato. C’erano anche Melissa e i signori Yukimura,  quindi le altre persone dovevano essere i parenti degli altri scomparsi. C’erano altre cinque persone oltre loro tre. La mamma di Scott gli si avvicinò, gli occhi lucidi. Stiles avrebbe voluto dirle che sarebbe andato bene, che se la sarebbero cavata come le altre volte, ma non ne ebbe il coraggio. La donna gli  accarezzò piano una guancia, come faceva quando era ancora piccolo.
“Tranquillo, Stiles, li troveremo” disse e Stiles si sentì un po’ sollevato. Razionalmente sapeva che quella era una semplice frase fatta, ma mostrava tutta la speranza di Melissa e un po’ di quel sentimento invase anche il suo cuore. Voleva crederci, voleva credere che ce l’avrebbero fatta a risolvere quell’enigma.
Stiles sorrise e si guardò meglio intorno, mentre Melissa gli elencava i nomi dei presenti.
“Quella signora bionda, in fondo, è la mamma di Reachel, è una kitsune come Kira, ma del vento. Affianco a lei c’è lo zio di Jake, un leone mannaro, si lo so, spaventa anche me. Poi c’è quella ragazza, Lisa, insieme a suo marito Robert che sono i tutori di David, che è…credo una specie di folletto e quello vicino a Deaton è Seth, fratello di Ana, una fata.”
Stiles guardò tutti, riconoscendo solo un paio di volti. “Perché non sappiamo nulla della loro natura? E perché non sono presenti i parenti di tutte e nove le persone che Deaton aveva chiesto di vedere?”
A rispondere, però, non fu Melissa, ma il ragazzo che aveva smesso di parlare con il druido, Seth. Doveva avere l’età di Stiles, anche se era di poco più alto. Capelli biondo scuro, occhi blu, molto blu.
“Alcuni non sono qui perché non hanno mai voluto avere a che fare con voi del branco McCall o con il dottor Deaton. Nemmeno noi che siamo qua vogliamo avere contatti con voi, ma abbiamo pensato che due strade sono meglio di una ed ora che abbiamo un obiettivo comune, meglio unire le forze”.
Stiles ricambiò il suo sguardo poco velatamente ostile senza sentirsi intimorito. Non gli importava nulla di mancanza di fiducia verso il suo branco o di chissà quali oscuri motivi che avevano spinto quelle persone a nascondersi: voleva solo trovare i suoi amici.
“Bene, ora che hai messo in chiaro il tuo articolato pensiero, che ne dite di darci una mossa?” poi aggiunse, rivolto verso il veterinario, “Ho novità da Greta”.
Il ragazzo antipatico, Seth, parlò ancora una volta senza essere interpellato.
“Greta? Intendi la Sibilla?” gli chiese avvicinandosi.
“Come  fai a sapere di Greta? Perché tu sai di noi e noi non sappiamo di tua sorella?”
Seth ghignò quasi, sfacciato.
“Perché voi avete la strana abitudine di fidarvi del prossimo e di accettare le cose così come le vedete. Mia sorella ed io abbiamo fatto delle ricerche quando abbiamo saputo del vostro branco, prima di trasferirci qui da New York. Se voi non studiate i nuovi arrivati, non è mica mia la colpa.”
Se non avesse avuto vent’anni, Stiles gli avrebbe fatto una linguaccia, ma aveva ancora un po’ di dignità quindi lo ignorò e si avvicinò a Deaton.
Gli diede il messaggio di Greta. Lui lo osservò per almeno dieci minuti in completo silenzio mentre tutti  facevano…nulla. Se ne stavano lì, ad osservare l’uomo con il foglio nelle mani che pensava a chissà cosa. Stiles stava per sventolargli una mano davanti agli occhi quando lui alzò lo sguardo nel suo. “Non abbiamo gli incantesimi di Talia e Greta ci è di aiuto solo in parte. Ci servono quei libri e non so come fare. Posso farti una domanda, Stiles?”
Stiles annuì “Certo”, disse.
“C’è una vaga possibilità che Derek si accorga che qui stia succedendo qualcosa e pensi di tornare indietro o che almeno provi a contattare uno di voi e capisca che non è possibile? Per come dice tuo padre, lui potrebbe entrare, anche se non so quanto possa essere rischioso dato che è un licantropo.”
Stiles ci pensò su qualche secondo, stava per rispondere, ma una delle donne, la madre  della kitsune lo interruppe.
“Derek? Intende Derek Hale?” chiese rivolta al druido.
“Si, come vi ho detto, ci servono quei volumi e c’è un’alta possibilità che li abbia lui.”
“Lui che ha abbandonato questi ragazzini ed è andato chissà dove fregandosene di loro” aggiunse Seth.
Stiles decise che era il momento di metterlo a tacere.
“Senti, coso, stammi a sentire. Se sei antipatico mi sta bene, ognuno ha i suoi problemi, ma lascia stare i miei amici. Derek non ha abbandonato nessuno e non era obbligato a stare qui con noi. Se non conosci i fatti, fai meglio a stare zitto. E ragazzini, chi? Avrai qualche mese più di me.”
Il ragazzo gli si avvicinò con passo lento.
“Sarò anche di poco più grande di te, ma ho girato il mondo da solo con mia sorella, ho vissuto ovunque.”
Stiles decise ancora una volta che quel tipo non meritava di ricevere risposta, quindi si rivolse a Deaton, mentre sentì la mano di Melissa carezzargli piano il braccio, come per calmarlo.
“Non sento Derek da due anni quasi e nemmeno gli altri del branco l’hanno sentito. Non credo abbia contatti con qualcuno qui e che possa rendersi conto della stranezza” disse e, vedendo il sorriso compiaciuto del biondo, aggiunse “ma ogni tanto io mi sento con sua sorella, Cora. Lei potrebbe accorgersi prima o poi che qualcosa non va. O potrebbe farlo Isaac che parla ancora con Scott”.
L’emissario parve pensare per qualche secondo, poi si rivolse a tutti i presenti. “Ovviamente non possiamo aspettare solo aiuti dall’esterno, ma dobbiamo continuare a cercare una soluzione. Ognuno farà delle ricerche, ovunque vuole e su qualsiasi cosa possa sospettare abbia a che fare con questa storia. Ora vi chiedo di tornare a casa e di lasciarmi lavorare.”
Lo studio si sfollò in poco tempo. Stiles uscì affiancato da Melissa e a loro si avvicinò la mamma di Kira per salutarli.
“Sarete i primi a sapere se ho novità” disse.
Melissa ringraziò a nome suo e di Stiles che era troppo sorpreso per rispondere, poi lo accompagnò fino alla jeep.
“Stiles, so che tuo padre avrà tanto lavoro da fare, quindi sappi che puoi anche stare a casa nostra se vuoi” gli disse mentre lui stava per mettere in moto.
“Grazie, ma credo che in camera mia con internet e i libri che ho intenzione di prendere in biblioteca andrà bene e poi non mi va che quelle poche volte che papà tornerà, trovi casa vuota. Ma grazie, grazie davvero. Verrò comunque ogni giorno ad aggiornarti.”
La donna gli sorrise teneramente, poi lo salutò e lo lasciò andare via.
Stiles vide dallo specchietto retrovisore come anche le altre persone si stessero muovendo per tornare alle loro case, ma vide anche Seth che, sul marciapiede camminava lento. Sapeva che se ne sarebbe pentito, ma il ragazzo zoppicava, prima non l’aveva notato. Accostò e abbassò il finestrino dal lato del passeggero.
“Hai bisogno di un passaggio?” gli chiese facendolo girare.
“Non mi serve la tua pena, Stilinski” gli risposte quello.
“Quello che di mio vorrei darti è solo un pugno in faccia. Cercavo solo di essere educato, ma forse lo sono fin troppo.”
Seth lo guardò male, ma poi aprì la portiera e salì in macchina.
“Abito a tre isolati, vicino al parco.”
Stiles ingranò la marcia e si diresse verso la direzione indicata. Quando arrivarono a destinazione, il ragazzo gli disse di accostare di fianco una villetta dipinta di giallo, a due piani e scese dall’auto.
“Grazie per la tua educazione” gli disse e si avviò verso l’ingresso senza aspettare risposta. Stiles pensò che le persone strane capitavano sempre sulla sua strada e non sapeva se esserne preoccupato o…terrorizzato. Rimise in moto e decise di tornare a casa e chiamare suo padre per chiedergli se ci fossero novità. Le strade sembravano un po’ meno agitate e affollate. C’era ancora gente che con sguardo spaesato si guardava intorno, ma la maggior parte forse si era chiusa nelle proprie case.
Il peso di tutta la situazione Stiles lo sentì sulle proprie spalle appena varcata la soglia di casa. Era praticamente vittima di una di quelle catastrofi che si vedevano solo al cinema, solo che quella era la realtà ed era ancora peggio. Decise di sedersi in cucina, prendere una CocaCola dal frigo e fare il punto della situazione.
Si era svegliato e Scott sembrava scomparso. Unica traccia il suo SMS. Aveva poi capito che non era l’unico ad essere sparito nel nulla, ma era lo stesso per tutti i suoi amici. Ed ognuno aveva una particolarità sovrannaturale. Era stato a casa Hale per cercare dei libri che avrebbero potuto chiarire qualcosa grazie ad incantesimi di Talia. Aveva trovato un messaggio di Greta, e aveva conosciuto un tizio antipatico.
La parte più assurda e terrorizzante di tutta quella storia era, però, il non poter comunicare con l’esterno. Non riusciva a concepire come fosse possibile, come potesse succedere una cosa simile. Prima o poi tutto il mondo avrebbe saputo che una cittadina era stata isolata dal mondo, no? Non sarebbero arrivati i servizi segreti? Qualcuno non sarebbe entrato in città armato fino ai denti? La risposta gli venne insieme alla domanda. No. Nessuno avrebbe mai sentito il desiderio di raggiungere Beacon Hills. Suo padre quella mattina aveva detto chiaramente che i suoi agenti avevano improvvisamente cambiato idea riguardo al fatto di uscire dalla città e che lui, già a conoscenza di quella strana illusione, comunque non era stato in grado di andare oltre il cartello. Stiles era quasi sicuro che la stessa situazione si stava verificando fuori dai confini di quella strana cupola immaginaria che li aveva chiusi dentro. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di raggiungere Beacon Hills.
Posò la lattina ormai vuota e prese dalla tasca il messaggio di Greta.
Potere. Vita. Derivano da chi ha potere e vita oltre la natura, sopra di essa. Coloro che sono oltre Madre Natura, sarann-
Che Oltre natura significasse sovrannaturale, non c’era dubbio. Che il Nemeton c’entrasse, su quello nemmeno c’erano dubbi. E che il messaggio fosse incompleto, Stiles era sicuro anche di quello.
Decise di chiamare suo padre per chiedergli se ci fossero novità.
“Pronto?” rispose dopo tre squilli.
“Papà, come va?”
“Ancora in alto mare, figliolo. Stiamo pattugliando tutti i confini, ma non c’è nulla” spiegò.
Stiles sospirò stanco.
“Non torni, giusto?” chiese retorico.
“Non fare tardi e riposa. Saranno giorni duri. E chiamami se ci sono problemi”
“Va bene. Sta attento, papà” e chiuse la chiamata.



*Le notizie su Greta sono prese da Wikipedia, la pagina sulle Sibille. 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La mattina seguente, Stiles aprì gli occhi e si guardò intorno ancora mezzo addormentato. Guardò verso la scrivania, dove erano impilati due sacchetti vuoti di patatine, ma i ricordi lo fecero ricadere di peso con la testa sul cuscino, sospirando forte. Non era stato un sogno, non era stato un fottuto sogno.

Si alzò dal letto senza preoccuparsi di rifarlo e si diresse in bagno. Dopo essersi risciacquato  il viso, si osservò nello specchio. Occhiaie, occhi rossi per la notte quasi insonne, colorito pallido e capelli sparati in ogni direzione per tutte le volte che ci aveva passato dentro le mani per la frustrazione. Si tolse il pigiama e lo buttò nella cesta dei panni sporchi che strabordava, ma non aveva proprio voglia di mettersi a fare le faccende di casa. Ritornò nella sua stanza per prendere biancheria pulita e fare una doccia, ma, appena vacata la soglia del suo bagno, urlò spaventato.

“Ragazzino, tranquillo, non voglio attentare alla tua purezza.”

Seth era seduto sul letto sfatto, le gambe elegantemente accavallate e un sorriso di scherno ad incorniciargli il viso. Stiles afferrò qualcosa dalla sedia, una propria camicia, e se la aprì davanti per coprirsi.

“Cosa diavolo ci fai tu in casa mia e come ci sei entrato?!” chiese urlando.

“Nonostante sia la casa dello sceriffo, è molto facile farvi irruzione. Dovreste far tagliare l’albero di fronte la tua finestra o chiunque può arrampicarsi sopra per entrare” disse l’intruso indicando la finestra aperta.

Stiles per un attimo pensò a quanto fossero vere le parole del ragazzo. Aveva ragione, non era il primo ad essere riuscito a scavalcare ed entrare. Ci era riuscito anche Scott prima di acquisire la forza sovrannaturale e tutte le cose da lupo.

“Sei venuto qui per tenere una lezione sulla sicurezza domestica, Seth?”

Il ragazzo si alzò dal letto, continuando a guardarsi intorno, studiando l’ambiente, senza rispondere e irritando ancora di più Stiles.

“Se non ti dispiace, vorrei una risposta. Non so te, ma sono quasi nudo e ho freddo.”

“Sono qui per fare due chiacchiere, Stiles” disse appoggiandosi al davanzale con la schiena, “va a fare la doccia e poi ne parliamo, ok?” chiese, sembrando quasi gentile.

Stiles pensò che quel ragazzo fosse bipolare, ma ritornò comunque in bagno dopo aver afferrato un paio di jeans e dei boxer puliti che non ricordava di aver lasciato sulla sedia, ma era ancora abbastanza scosso e intontito per il sonno per pensarci davvero. Fece più in fretta che poté, non si fidava di quel tipo da solo a casa sua, e ritornò in camera giusto in tempo per afferrare il proprio cellulare e rispondere ad una chiamata di suo padre. Nessuno dei due aveva novità, così, dopo essersi raccomandati a vicenda di fare attenzione e di mangiare, si salutarono.

Seth era ancora nella posizione in cui l’aveva lasciato, le braccia incrociate e lo stesso sorriso. Stiles pensò per un attimo a Derek, a come si posizionava allo stesso modo quando andava lì per chiedergli di fare qualche ricerca. Scrollò la testa per lasciar perdere quegli strani ricordi inopportuni e incrociò a sua volta le braccia sul petto, intimando all’altro, indirettamente, di dirgli perché fosse lì una volta per tutte.

“Ieri il druido ci ha detto di fare ricerche e io l’ho fatto” cominciò, “credo dovremmo focalizzarci prima di tutto sull’impossibilità di comunicare.”

Stiles annuì. Era d’accordo, se fossero riusciti a ripristinare le comunicazioni, avrebbero avuto più aiuti, soprattutto da gente come Deaton. E poi avrebbero potuto contattare Derek per farsi dire quali incantesimi nascondesse sua madre.

“Sappiamo che nessuno entra e nessuno esce, che tra noi possiamo parlare, ma con l’esterno no, però una cosa non la sappiamo.”

“Cosa?” chiese Stiles incuriosito. Lui non aveva trovato risposta a nessuno dei suoi dubbi, Seth invece a quanto pare ci aveva pensato e aveva trovato qualcosa.

“Non sappiamo se tutti non possono entrare. Nessuno ha ancora raggiunto la città, questo lo sappiamo, e probabilmente è perché nessuno ne ha sentito la necessità, ma se ci fosse qualcuno che potrebbe farcela e in un modo…poco convenzionale?”. La domanda era retorica, così Stiles annuì ancora una volta per dirgli di continuare.

“Teletrasporto, materializzazione.”

“Spiegati meglio, Seth, non fare il misterioso.”

Il ragazzo fece qualche passo avanti, Stiles distrattamente si chiese come avesse fatto a salire fino alla sua finestra se zoppicava, ma riportò subito l’attenzione sulle sue parole.

“Ci sono alcune creature che si spostano in modo diverso da noi. Cosa sembra che ci sia intorno a Beacon Hills, Stiles?”

Per quanto si sentisse ad una interrogazione, Stiles rispose. “Una barriera, tipo una cupola.”

“Esatto” disse calmo, “e se fosse solo impossibile attraversare fisicamente la barriera, ma non materializzarvicisi dentro?”

“Credi che sia possibile? E chi potrebbe farlo? E se si trattasse di un essere sovrannaturale, non credi scomparirebbe come tua sorella e i miei amici appena messo piede qui?”

Stiles non ne poteva essere sicuro, ma se pure ci fossero riusciti a trovare qualcuno che rispondesse a quelle caratteristiche, e che fossero riusciti a contattarlo in qualche modo, c’era un’alta probabilità che sparisse appena toccato il suolo della città.

Seth annuì. “Sì, anch’io mi sono posto questa domanda, ma potremmo risolvere anche questa faccenda.”

“Come? E cosa significa anche questa? Hai già risolto quella del teletrasporto?” chiese Stiles ridendo sarcastico.

“Sì. E non si tratta di teletrasporto, ma di materializzazione. Dovremmo invocare qualcuno direttamente qui, qualcuno che, però, possa assumere un aspetto completamente umano.”

Stiles questa volta rise forse e apertamente. La situazione era già assurda di suo senza che ci si mettesse un ragazzo che parlava di evocazioni.

Seth, però, non sembrò prenderla con la stessa ilarità, perché gli si avvicinò, prendendolo per le spalle.

“Ti fa ridere? Ti fa ridere il mio tentativo di riavere indietro mia sorella? Tu hai idee? In questa tua testa vuota c’è qualche idea migliore della mia che, tra l’altro, non hai ancora ascoltato?”

Stiles si spaventò. Si spaventò molto. Seth poteva avere l’aspetto di un bravo ragazzo, ma in quel momento sembrava indemoniato. I suoi occhi blu, ora che poteva vederli da vicino, spalancati per la rabbia, erano arrossati, probabilmente di pianto. Anche lui aveva profonde occhiaie e di sicuro non  aveva riposato per pensare a qualsiasi assurda idea gli fosse venuta in mente. Stiles alzò le braccia fino alle mani che gli tenevano forte le spalle e rispose serio.

“Credi che la soluzione a cui hai pensato possa funzionare?” chiese.

“Non ne sono sicuro.”

“Credi che potrebbe essere pericoloso?”

“Quasi sicuramente.”

Stiles allontanò le mani di Seth da sé, dirigendosi verso la porta della camera.

“Andiamo di sotto. Devo chiamare Melissa e ho bisogno di mangiare. Mentre facciamo colazione mi spieghi questo piano folle.” E sperò che suonasse anche un po’ come uno scusa, per aver riso.

Melissa aveva deciso di passare più tempo possibile in ospedale e Stiles, anche se era dispiaciuto per lei e per il fatto che si stancasse tanto, ne era quasi felice. Se era lì, poteva distrarsi più facilmente e non pensare a Scott. Cosa che a lui riusciva davvero difficile.

In quel momento, nella cucina di casa sua mentre stava facendo delle frittelle, però, sentì un disperato bisogno di Lydia. Sapeva che qualsiasi fosse stato il piano di Seth, avrebbe finito per assecondarlo perché non aveva ancora trovato un’alternativa, ma magari con lei ci sarebbe riuscito come le altre volte.

Mise il piatto al centro della tavole e due vuoti davanti a sé e al suo ospite. Mangiarono in silenzio, fu Seth a romperlo poggiando la forchetta e parlando.

“Mia sorella ha tantissimi libri, di ogni epoca. Non so se lo sai, ma le fate hanno una vita lunga e lei ha viaggiato tanto accumulando tanto. Adora conoscere, sapere e apprendere. Stanotte, dopo aver avuto l’idea, ho sfogliato alcuni dei suoi volumi e credo di aver trovato la creatura che potrebbe fare al caso nostro.”

Stiles smise di mangiare, lo stomaco chiuso per l’attesa. “Di quale creatura di tratta?” chiese.

“Un Aatxe. Mai sentito parlarne?”.

Stiles sapeva di aver letto quel nome sul bestiario degli Argent una volta e ricordava perfettamente solo l’immagine che c’era di fianco alla definizione. “Un toro?”

Seth sorrise, quasi intenerito, e Stiles si trattenne dallo spaccargli un piatto al centro della testa.

“Sì, un toro, ma può assumere caratteristiche umane quando vuole. Praticamente un Aatxe è uno spirito malvagio-“ cominciò, ma Stiles lo interruppe.

“Malvagio? Cosa intendi con malvagio?” chiese. Non aveva nessuna intenzione di invocare a Beacon Hills uno spirito malefico. Era bastato già quello che aveva invaso la sua testa.

“Lasciami finire” disse l’altro. “Dicevo, uno spirito malvagio che, come hai detto, assume le sembianze di un giovane toro rosso. Come ho detto, però, è un mutaforma e può assumere le sembianze anche di un essere umano. L’Aatxe, secondo la mitologia basca, esce dalla cavità dove è nascosto, attaccando criminali o altre persone malvagie. Protegge anche le persone, facendole restare in casa quando c'è un pericolo vicino.”

“E questa sua caratteristica da Batman come potrebbe aiutarci?”. Andava bene l’aspetto umano perché andare in giro per la città con un toro rosso al guinzaglio poteva sembrare un po’ eccentrico, ma come avrebbe potuto portare indietro i suoi amici?

Seth sembrò farsi ancora più serio. “Sul libro che ho letto c’è scritto che, oltre la materializzazione per evocazione e il saper mutare, questo spirito possiede anche un’altra particolarità: può collegarsi telepaticamente con chiunque voglia.”*

Stiles collegò subito i pezzi di quel puzzle. “Derek” disse, ma Seth scosse la testa.

“Se può collegarsi con chiunque, credo potremmo chiedergli di contattare direttamente le persone scomparse che magari ne sanno più di Hale. Nel caso non fosse possibile raggiungerle, potremmo prendere in considerazione lui.”

Stiles si diede mentalmente dell’idiota mentre si alzava per riporre i piatti sporchi nel lavandino, pensando a tutta quella storia. Sapeva che non c’era mai del buono nell’evocare qualsiasi creatura, aveva letto anche lui molti volumi sul sovrannaturale, ma sentiva di non avere scelta.

“Sai anche come dobbiamo fare per evocarlo?” chiese aprendo la fontana.

“Vagamente, c’è una formula, una lista di cose da trovare, ma potremmo farcela.”

Stiles finì di lavare i piatti prima di porre la domanda che più di tutte avrebbe chiarito quanto potesse essere pericolosa quella faccenda. Seth nel frattempo si era alzato e stava osservando la strada dai vetri della finestra. C’era un’auto della polizia che camminava lentamente, come per fare da ronda.

“Lo diremo a Deaton o a chiunque altro?” chiese alla fine.

“No, non lo diremo.”

E capì che non era solo una cosa pericolosa, ma di più.

 

Seth andò via dopo qualche minuto dicendogli che avrebbe continuato le sue ricerche per cercare di non morire nel processo di evocazione e Stiles gli disse che avrebbe dato un’occhiata alla copia del bestiario che aveva sul suo portatile. Solo che, dopo un’ora, non aveva trovato niente che non avesse già detto il ragazzo. Mandò un messaggio a suo padre, ma non c’erano ancora novità, tranne il fatto che l’uomo era stanco, poi decise di uscire per vedere come era la situazione tra la gente.

Dopo quei momenti di panico a cui aveva assistito il giorno prima mentre era bloccato nel traffico, osservò come la calma sembrava aver pervaso tutti. Le persone camminavano tranquille, i negozi erano aperti e la gente a lavoro. Non sapeva cosa si sarebbe aspettato, ma lo scenario nella sua testa si era formato decisamente in modo più apocalittico.

Perché non  c’erano persone che, di corsa, facevano provviste? Perché nessuno si disperava per strada non riuscendo a chiamare un proprio parente fuori città?

Mentre le domande si affollavano sempre di più, Stiles rivide l’auto della polizia che aveva visto passare poco prima. Non era quella dello sceriffo, ma dentro c’era suo padre. Sventolò una mano per farlo accostare.

“Stiles, cosa ci fai per strada?” chiese l’uomo abbassando il finestrino. Era da solo alla guida, nessun passeggero.

“Potrei farti la stessa domanda, papà. E perché sei solo? Non uscite sempre in due?”

La faccia dello sceriffo diede a Stiles molte più risposte. Qualcosa non andava. Fece quindi il giro dell’auto e si sedette di fianco a suo padre guardandolo interrogativo.

“Sono tutti alla stazione di polizia a fare il loro lavoro” rispose criptico.

“Non dovevano controllare i confini e cose così?”

Lo sceriffo afflosciò le spalle e Stiles seppe di aver vinto e che avrebbe parlato. Anche se per un attimo pensò di non voler altre notizie se avevano ridotto suo padre in quello stato.

“Ieri sera abbiamo deciso di fare turni di pattuglia, il mio gruppo ed io avremmo controllato durante la notte, gli altri ci avrebbero dato il cambio all’alba, quindi erano andati a riposare. Solo che stamattina non si è presentato nessuno e sono andato in centrale per capire cosa stesse succedendo” si passò una mano sugli occhi stanchi, poi proseguì. “Erano tutti lì, stavano lavorando come se nulla fosse successo. Ho chiesto a Taylor cosa stesse facendo e lui mi ha detto che stava riordinando l’archivio come gli avevo chiesto di fare la sera prima. Gliel’ho chiesto due sere fa, Stiles.”

“Hanno dimenticato tutta la giornata di ieri dopo aver dormito?!” chiese il ragazzo senza riuscire a trattenersi dall’urlare isterico. Suo padre annuì.

“Ho chiamato Melissa, ha detto di aver dormito poco, ma di essersi addormentata. Lo stesso vale per i genitori di Kira e tutti coloro che conoscono la natura dei loro cari. Lo zio di Liam Dumbar è venuto in centrale stamattina per denunciare la scomparsa di suo nipote, ma l’aveva già fatto ieri. Ha dimenticato tutta la storia delle comunicazioni interrotte, però.”

Stiles non sapeva se voleva davvero avere una risposta, ma pose lo stesso la domanda.

“Tu hai dormito, papà? Io credo di averlo fatto per almeno un’ora, ma ricordo ancora tutto.”

“Mi sono addormentato in ufficio senza nemmeno accorgermene, un’ora fa. Quindi sono immune a questa strana amnesia.”

Stiles non seppe cosa dire per un lungo momento.  Aveva troppe idee in testa, nessuna portava a qualcosa di positivo.

“Credi si tratti di una specie di loop temporale? Cioè siamo fermi sempre alla stessa giornata?”

Lo sceriffo sembrò afflosciare le spalle ancora di più.

“Prendi il cellulare e guarda la data, Stiles” gli disse.

Stiles fece come gli era stato detto. Premette un tasto per illuminare lo schermo e rimase a fissarlo fino a quando non si spense di nuovo. Sette dicembre. La stessa data del giorno precedente.

Suo padre non gli diede nemmeno modo di parlare. “Anche i giornali sono gli stessi di ieri e le cose che accadono. È come se davvero tornassimo indietro nel tempo. Ieri ho fatto spostare un albero caduto ai confini della riserva, stamattina era di nuovo lì. Ho quasi urlato quando l’ho visto.”

Stiles ci pensò e improvvisamente una scena gli si parò davanti agli occhi. La sera prima era andato a letto dopo aver bevuto una Coca-Cola, non aveva mangiato patatine. Quello l’aveva fatto due sere prima, ma poi aveva buttato i sacchetti proprio mentre cercava di rintracciare Scott. Solo che quella mattina li aveva visti, erano di nuovo lì. Si chiese se anche le altre persone, quelle che erano a conoscenza di quella storia, avessero capito cosa stava davvero succedendo e, soprattutto, se fuori dai confini della città, il tempo andasse avanti in modo normale.

Lo sceriffo rimise in moto l’auto e riprese a parlare.

“Per questo sembrano tutti tranquilli, Melissa si aspettava emergenze in ospedale, ma i malati sono gli stessi di due giorni fa ed è costretta a fare le stesse cose che ha fatto già per loro. È frustrata.”

Stiles sapeva che suo padre stava cercando di parlare per riempire quel silenzio pieno di interrogativi, ma ci stava riuscendo davvero male. Il senso di oppressione gli stava schiacciando i polmoni.

“Dobbiamo andare da Deaton” disse.

“Ci sono stato già. Continua a fare ricerche e ci dice di non disturbarlo. Quando sono entrato mi ha detto che già aveva capito quello che ero andato a dirgli e mi ha cacciato.”

Per un attimo Stiles fu tentato di dire a suo padre del piano di Seth, gli dispiaceva tenerlo all’oscuro, soprattutto se era così preoccupato, ma non lo fece. Sapeva che quello che avrebbero fatto sarebbe stato pericoloso, meglio tenere fuori le persone care e rischiare solo la propria vita.

Si fece lasciare dopo un isolato, dicendo che aveva voglia di camminare per raggiungere la biblioteca e fare qualche ricerca, ma dopo qualche metro era di fronte la villetta gialla del giorno prima.

Bussò e aspettò che qualcuno aprisse. Seth spalancò la porta, Stiles stava per dirgli qualcosa, ma il ragazzo quasi non lo guardò. Teneva la testa china su un libro che reggeva troppo vicino agli occhi. Occhi coperti da occhiali dalla montatura un po’ antiquata e intenti a leggere con concentrazione. Gli fece solo un cenno con una mano per dirgli di entrare, poi si diresse verso una stanza.

Stiles si sentì in diritto di seguirlo e, una volta varcata la soglia, smise di respirare. Appena entrato era stato troppo distratto dall’accoglienza per guardarsi intorno, ma dopo aver visto quella stanza aveva capito che qualcosa non andava. Era enorme, praticamente grande quando mezzo campo di lacrosse, e tutte le pareti erano ricoperte di scaffali pieni di libri, fin sotto il soffitto. Soffitto spropositatamente alto. Si girò per guardare il piccolo ingresso che aveva attraversato per arrivare lì, ma quello aveva dimensioni normali, come quelle che si capivano dall’esterno della casa.

“Resti lì imbambolato, mi dai una mano con le ricerche o mi dici cosa vuoi?”

Seth nel frattempo si era seduto ad una scrivania ricoperta di volumi aperti, di ogni dimensione e probabilmente di ogni epoca. Stiles si riscosse e avanzò per raggiungerlo.

“Come…Che cos’è questa stanza?” chiese.

“Una biblioteca?” fece sarcastico l’altro senza però alzare lo sguardo dalle pagine che stava sfogliando.

“Lo so. Intendo…come fa ad essere così enorme?”

“Magia di fata” rispose il ragazzo biondo, questa volta guardando Stiles negli occhi e facendo anche un occhiolino.

“Oh. Ok” disse, per poi aggiungere “Ho parlato con papà e abbiamo notato una cosa che sta succedendo alla città, al tempo.”

“Il loop temporale? Sì, ho notato anch’io.”

“Perché non me l’hai detto stamattina?” cominciò ad agitarsi Stiles. Non si fidava per niente di quel ragazzo.

“Perché non l’avevo ancora capito. L’altro ieri stavo leggendo quel libro” disse indicando un grosso volume poggiato su un altro tavolo, “ma ieri l’ho rimesso al suo posto. Dopo essere andato via da casa tua sono tornato qui e il libro era lì.”

Stiles si lasciò cadere poco elegantemente su una sedia posta di fronte a Seth. La schiena rilassata contro lo schienale in pelle e le gambe stese in avanti. Era esausto. Doveva aver chiuso anche gli occhi e forse si era assopito perché quando sentì la voce di Seth, sobbalzò mettendosi diritto.

“Voglio fare in fretta. Non sappiamo dove sono finiti tutti e io voglio che mia sorella sia al sicuro in questa casa.”

“Anch’io voglio trovare al più presto i miei amici” rispose Stiles passandosi una mano sugli occhi. “Hai trovato qualcosa di utile?” chiese.

“Ho quasi capito come fare per evocare l’Aatxe, ma c’è un passaggio che non mi è chiaro” spiegò. “Qui spiega il rituale, elenca gli elementi necessari per compierlo, ma alla fine fa un’aggiunta: lo spirito toro può essere evocato una sola volta da una persona che dentro è bianca. Dopo quel momento, tale persona sarà macchiata del colore dello spirito. Non perderà mai quel colore, sarà la sua maledizione” citò leggendo.

Stiles si fece passare il libro per rileggere quella parte, ma capì subito.

“Serve una persona vergine per evocarlo. Bianca dentro, cioè pura. Forse perché nonostante sia uno spirito malvagio, protegge i deboli e i buoni. Al prezzo che poi questa persona venga macchiata da questa maledizione.”

“Si, la parte della verginità mi era chiara. Vorrei solo sapere qual è la maledizione di cui parla” disse Seth alzando gli occhiali che gli erano scivolati sul naso.

“Credo che non troveremo questa risposta da nessuna parte. Cioè, se ci fosse scritta e fosse davvero terribile, credi che qualcuno lo evocherebbe mai? O magari è un prezzo da pagare che cambia per ogni persona che lo evoca.”

Seth tacque per un po’, continuando a sfogliare le pagine. Stiles prese un libro dalla pila lì accanto e cominciò a fare lo stesso, ma sapeva che il momento di prendere la decisione era arrivato. Il ragazzo che gli era seduto davanti aveva detto di aver trovato tutti i passaggi da fare e gli elementi da usare, mancava solo il coraggio di iniziare.

Sentì Seth sbuffare e lo guardò inarcando un sopracciglio.

“Sei ancora sicuro?” chiese. Stiles annuì semplicemente.

“Allora ci serve una persona bianca dentro, io non lo sono da un po’.”

Stiles abbassò lo sguardo sul volume che teneva aperto davanti. Aveva detto di esserne ancora sicuro nonostante avesse anche capito che sarebbe stato con alta probabilità lui ad evocare l’Aatxe. Seth non gli diede nemmeno modo di parlare.

“Oh, benissimo, così accorciamo i tempi e non dobbiamo circuire nessuna ragazzina che poi non ricorderà nulla il giorno dopo e che chissà che prezzo dovrà pagare.”

Stiles si alzò di scatto. “Se essere vergine vuol dire essere capace di poter aiutare i miei amici e la tua cara sorella fata, sono felice di esserlo”, poi aggiunse “Se questo sarà il tuo atteggiamento nei miei confronti, sappi che posso farlo da solo. Mi dai i libri e provvedo da solo a chiamare questo fottuto toro. Altrimenti modera i modi e sii più gentile ed educato.”

Seth si alzò a sua volta, prendendo dei libri e riponendoli in alcuni scaffali bassi.

“Collaboreremo e cercherò di essere il meno possibile me stesso. Ti sono grato per quello che stai facendo.”

Parlò mentre era di spalle, ma Stiles riuscì a sentire la sua sincerità.

“Bene, cosa ci serve?” chiese.

Appuntarono su un bloc-notes quello di cui avevano bisogno. Non erano troppe cose, ma dovevano fare in fretta. 

La prima cosa da trovare era anche la più difficile: uva essiccata da tre anni, della valle dell’Ebro.

Stiles era quasi sicuro di aver letto “Ebro” su qualche vasetto nello studio veterinario, così come era sicuro che lì avrebbero trovato anche altri tre ingredienti: cenere di Artemisia; una boccetta di olio benedetto e, ovviamente, sorbo.

Dato che le altre due cose avrebbero potuto trovare quasi ovunque, Seth propose di cominciare da quelle difficili e quindi si avviarono verso lo studio del dottor Deaton. Era ormai sera, non si erano nemmeno resi conto di quanto tempo fosse passato e non erano sicuri del fatto che il druido non fosse ancora lì, ma era l’unico modo.

Stiles parcheggiò la Jeep abbastanza lontano dalla struttura, nel caso ci fosse ancora qualcuno all’interno, e si avviarono a passo svelto cercando di non fare rumore.

“Credo non ci sia nessuno lì dentro. È tutto spento e chiuso” disse Seth.

“Non mi stupirei se Deaton stesse lavorando nel buio totale, quell’uomo è inquietante.”

“A me piace” rispose il biondo, “Ha aiutato Ana, mia sorella, più di una volta. E anche me, quando siamo arrivati qui” aggiunse.

“Come siete arrivati a Beacon Hills?” chiese curioso, Stiles.

“Guarda, c’è un catenaccio all’entrata, credo non ci sia nessuno dentro dato che è chiuso da fuori.”

Stiles capì che Seth aveva decisamente cambiato discorso, quindi non insistette e lo seguì fino all’ingresso. Rompere il catenaccio sembrò facile, almeno per Seth che impiegò poco più di tre secondi per prendere delle tenaglie dai jeans e usarle. L’interno era completamente buio, non c’erano altri suoni oltre a qualche miagolio e i loro passi. Stiles andò spedito verso il mobiletto dove era sicuro di aver visto quello che cercavano e per fortuna non si era sbagliato. L’etichetta diceva Uva dell’Ebro. Anni tre e mezzo.

“Credi che vada bene lo stesso? Quel libro diceva chiaramente tre anni. Il mezzo non c’era.”

“Credo che dobbiamo farcela andare bene, non saprei dove prenderne un’altra e non ho proprio modo di andare in Spagna e aspettare anche tre anni” rispose Seth.

“Oh, ma davvero? Sai, lo so anche io che siamo bloccati nel tempo e nello spazio! Ma sono io quello che deve fare questa cosa e preferirei uscirne vivo.”

Razionalmente Stiles sapeva che forse erano solamente entrambi troppo nervosi, ma quel ragazzo lo stava irritando sempre di più. Voleva solo essere sicuro di non peggiorare la situazione. Seth si appoggiò con la schiena al tavolo in metallo al centro della stanza, guardandolo.

“Stiles, lo so che non sappiamo a cosa andiamo in contro e che, alterando anche gli ingredienti, magari andrà ancora peggio, ma io non ho ancora trovato una soluzione alternativa. E nemmeno tu. Se vuoi tirarti indietro, bene, dillo ora. Troverò qualcun altro.”

Stiles si passò una mano tra i capelli, afferrò il vasetto di vetro e lo buttò nello zaino.

“Prendiamo le altre cose e andiamo via, domani penseremo al resto, ok?” chiese cominciando ad aprire le altre dispense.

Seth trovò subito l’Artemisia, Stiles non ci mise molto per trovare le altre due cose. Uscirono in fretta dato che i gatti cominciavano ad agitarsi e ritornarono alla villetta fatata. Si fermarono sul vialetto, Stiles già pronto per rimettere in moto la Jeep, quando gli arrivò una telefonata.

“Sì? Pronto?”

“Stiles? Sono la mamma di Lydia.”

Stiles aveva completamente dimenticato che lei non sapeva, che per la signora Martin sua figlia era probabilmente sparita da quello che, sempre per lei, era solo il giorno prima.

“Sono io. Mi dica.” Rispose pensando già ad una scusa.

“Lydia è uscita ieri sera, ma non è ancora tornata. Sto per denunciare la scomparsa, ma volevo prima chiedere se ne sai qualcosa” disse la donna preoccupata.

“Oh, ha ragione, Lydia si è dimenticata di avvisarla del pigiama party che ha fatto da me! Dice che tornerà tra qualche ora e che può andare a dormire tranquilla!” mentì.

“Non puoi passarmela?”

“Vorrei davvero, ma è in bagno da almeno mezz’ora. Sa com’è, si deve fare bella!”

“Oh, va bene. Dille di chiudere bene i cancelli quando torna. Ciao, Stiles.”

La donna mise giù senza dargli nemmeno tempo di salutare. Stiles alzò un sopracciglio verso Seth che lo guardava ghignando.

“Che cosa c’è?” chiese.

“Niente, è che sei un bugiardo professionista, comincio a preoccuparmi.”

“E per cosa? Ti sto mentendo su qualcosa, secondo te?”

“Mh, non so. Ma credo che siamo pari, nemmeno tu ti fidi di me.”

“Non credo di aver tentato di nasconderlo. Nemmeno ti conosco” disse Stiles azionando l’auto.

“Hai ragione” sorrise Seth allungando una mano per scompigliargli i capelli, “ma avremo modo per farlo.”

Stiles si bloccò e lo guardò male. “Cominciamo ora. Toccami di nuovo in questo modo e ti taglio le mani.”

Seth si allontanò, ma poi si rigirò per aggiungere qualcosa. “Vuoi che ti tocchi in altri modi?”

Stiles si sentì quasi un ringhio in gola. Scott stava avendo una brutta influenza su di lui con il suo essere lupo. Non rispose, mise la retromarcia e si diresse verso casa. Avrebbe chiamato suo padre e poi avrebbe cercato di dormire. L’indomani lo aspettava un nuovo giorno passato.

 

 

*Le caratteristiche dell’Aatxe sono prese da Wikipedia e altre fonti. Quest’ultima è di mia invenzione.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 

Stiles si svegliò quella mattina urlando. Urlando a squarciagola. Una sensazione di freddo improvvisa e quella ancora più brutta di essere stato svegliato bruscamente. Aveva capito chi fosse stato a togliergli le coperte di dosso nell’esatto momento in cui aveva sentito la sua risata.

“Porco cazzo, SETH!” urlò lanciando  il cuscino, mancandolo.

Il ragazzo incriminato era, invece, quasi piegato per le risate, ancora un lembo del piumone in una mano.

“E ci credo che sei vergine! Hai le mutande di Superman!” disse continuando a ridere.

Stiles gli tirò con forza le coperte dalle mani, coprendosi.

“Cosa diavolo ci fai qui? E perché non impari ad usare la porta? Tutti io li devo incontrare gli incivili?” continuò ad urlare afferrando un pantalone di una tuta ai piedi del letto e infilandoselo da sotto le coperte.

“Ero venuto a darti una notizia molto, molto negativa, ma non ho resistito dallo svegliarti.”

Stiles si alzò, passandosi una mano sugli occhi, sentendosi ancora troppo addormentato. Chi diavolo portava brutte notizie accompagnandole con scherzi?

“Spara.”

“Hai presente tutte le cose che abbiamo preso ieri dal veterinario?” chiese il ragazzo sedendosi alla scrivania e facendosi serio.

“Sì, ero lì.”

“Bene, anche loro sono lì. A casa mia non c’è più nulla. Il loop temporale le ha riportate al loro posto, anche se siamo stati noi a prenderle” spiegò Seth.

“Come il tuo libro. Perché non ci abbiamo pensato? E ora?” chiese Stiles cercando il cellulare tra i vestiti del giorno prima che, ovviamente, non c’erano e il telefono era sempre sul comodino.

Seth si alzò, guardando fuori dalla finestra, gli occhi chiusi e le mani in tasca.

“Abbiamo due alternative” disse alzando due dita, “primo: agiamo di notte come ieri, cerchiamo anche gli altri due ingredienti, non ci addormentiamo e facciamo tutto in un giorno. Secondo: ora andiamo allo studio, riprendiamo le tre cose, torniamo qui, prendiamo le altre due ed evochiamo il nostro nuovo amico.”

Stiles ci pensò. Deaton sembrava davvero una persona capace di ucciderti in tre secondi netti con una delle sue polverine, non era una mossa astuta soffiargliele da sotto il naso, ma solo una delle due soluzioni sembrava logicamente plausibile.

“Non sappiamo quanto ci vorrà per compiere tutto il rituale e se sarà faticoso. Non possiamo rischiare di farlo quando abbiamo sonno” disse sospirando rassegnato.

“Bene” rispose Seth dirigendosi verso le scale, “metti il tuo mantello, Superman, ti aspetto di sotto!”. Stiles non fece in tempo a prendere il cuscino dal pavimento e rilanciarglielo dietro.

 

Stiles si vestì in fretta e uscirono di casa pensando già a come fare per distrarre Deaton. Seth aveva seriamente preso in considerazione l’idea di stordire il druido, dato che non avevano trovato altre soluzioni, quando Stiles frenò all’improvviso inchiodando al centro della strada.

“Ho un’idea!” esclamò battendo le mani sul volante e ignorando la vecchietta che dall’altro lato della strada lo stava indicando riempiendoli probabilmente di insulti. “Scendi e prendi quel cane” aggiunse spingendo Seth fuori dall’auto, spalmandoglisi addosso per aprire la portiera del lato passeggero e indicando un cucciolo seduto sul marciapiede alla loro destra, ma il ragazzo lo fulminò con lo sguardo.

“Scendo e faccio cosa? E non toccarmi più così” gli disse freddo.

“Vuoi che ti tocchi in altri modi?” gli fece il verso Stiles, ricordando la loro conversazione della sera prima. Solo che il biondo insisteva a guardarlo truce, quindi si spiegò. “Deaton è ufficialmente un veterinario, no?” chiese retorico, “quindi se gli diciamo che abbiamo inavvertitamente investito quel cucciolo, dovrà controllarlo e, mentre io gli indico dove l’abbiamo urtato, tu prendi tutto quello che devi prendere. Sono un genio, lo so.”

Seth ancora una mano sulla maniglia della portiera per richiuderla, si girò con quello che probabilmente era il suo sguardo da Sei davvero idiota o lo fai apposta?

“Io prendo il cane e io prendo le cose dalle dispense. Tu cosa fai, di preciso?” chiese alzando anche un sopracciglio scettico facendo Sorridere Stiles soddisfatto. Stava per cedere.

“Distraggo  il nemico” disse, per poi aggiungere “e l’idea è mia, va a prendere quel cane e assicurati che abbia le zampe pulite, ci tengo alla mia bimba.” Solo che Seth ancora non si decideva a fare quello che era necessario facesse.

“Mettiamo il  caso che io lo prenda. Come giustifichiamo il fatto che eravamo in auto insieme, eh, genio?” chiese.

“Tu eri depresso per tua sorella ed eri venuto a chiedermi se avessi novità e io ti ho portato a fare colazione fuori.”

“Tu sei deficiente, lasciatelo dire.”

Stiles non si arrabbiò. La scusa era davvero assurda, ma avrebbe vinto.

“Hai altre idee? Dille pure.” Colpo di grazia. 1-0 per Stiles.

 

Il cucciolo, un meticcio nero col muso bianco che somigliava ad un piccolo lupo secondo la fervida immaginazione di Stiles, ma solo ad un orso spelacchiato per Seth, era fortunatamente pulito e anche abbastanza docile. Seth trascorse i restanti minuti in auto cercando di tenerlo fermo usando solo le dita, evitando il più possibile di toccarlo, ma per fortuna lo studio veterinario era vicino.

Stiles entrò per primo, indossando la sua maschera di bugiardo, tenendo il cagnolino tra le braccia cercando di non stringerlo, ma senza far notare che fosse quasi iperattivo. Caratteristica probabilmente poco comune tra gli animali quasi investiti da una Jeep. Deaton uscì dalla stanzetta dietro il bancone, lo sguardo stupito al vedere i due ragazzi.

“Cosa succede?” chiese.

“Era per strada. Cioè era sul marciapiede e all’improvviso…Non lo so…” Rispose Stiles sfoderando il suo repertorio di “ragazzo disperato che balbetta”, cercando di trattenersi dal tirare un calcio al ragazzo alla sua destra che stava, chiaramente, trattenendo le risate.

“Venite con me sul retro, lo controlliamo” disse l’uomo precedendoli.

Stiles, rimasto un po’ indietro, si rivolse a Seth parlando tra i denti. “Prova di nuovo a ridere mentre cerco di non farci uccidere e ti cavo gli occhi” disse minaccioso. Minaccioso fino a quando il cane non si sporse a leccare una guancia al biondo. Seth si scostò disgustato seguendo il veterinario lasciando dietro di sé uno Stiles con le lacrime agli occhi che lo seguì pochi secondi dopo.

“Stiles, mettilo qui sul ripiano e cerca di tenerlo fermo, gli devo esaminare l’addome.”

Stiles fece come detto e lanciò un’occhiata a Seth da sopra la spalla dell’uomo. Doveva cominciare a prendere quello che gli serviva e quello era il momento giusto.

Il cane, quando Deaton cominciò a toccargli l’addome e poi le zampe, sembrò calmarsi e si accoccolo contro le mani di Stiles strofinandovi contro il muso bianco. Non sembrava per niente infastidito, anzi, chiuse addirittura gli occhi e facendolo intenerire. Se lui era un bugiardo  nato, quel cane non sapeva proprio come fingersi scosso. Sobbalzò quindi quando l’emissario cominciò a parlare.

“Sembra stare bene, non ci sono rigonfiamenti e non ha nulla di rotto. Ma dimmi, Stiles” e Stiles sapeva che era la domanda che temeva, “perché voi due ragazzi eravate insieme?” Appunto.

Deaton continuò a tenere lo sguardo verso l’animale, accarezzandolo dietro alle orecchie. Stiles vide, con la coda dell’occhio, Seth alzare le braccia al cielo esultante e fare versi poco crini dietro la schiena dell’uomo. Probabilmente era riuscito a prendere quello che serviva.

“Vedi, Deaton, stamattina mi sono svegliato mentre lui bussava alla mia porta. Gli ho aperto e, beh, era molto triste. Sai, la faccenda di sua sorella. E, niente, gli volevo offrire una cioccolata, ma questo batuffolo ci si è praticamente buttato davanti.”

Una scusa patetica, Stiles lo sapeva e lo sapeva anche Seth che aveva smesso di esaltarsi e aveva preso a guardarlo con uno sguardo scettico dall’altro lato della stanza.

“Capisco. Beh, il cucciolo sta bene, ma immagino sia un randagio. Dovrete portarlo al canile, io non posso tenerlo” disse l’uomo avvicinandosi al lavandino per pulirsi le mani.

“Canile? Non lo possiamo mettere dove l’abbiamo trovato?” esclamò Seth.

“E cioè nel bel mezzo della carreggiata?” chiese l’uomo.

“No, possiamo spostarlo sul marciapie-“

“Lo porteremo al canile” lo interruppe Stiles, prendendo il cane tra le braccia cercando di non svegliarlo e afferrando anche Seth per un braccio. “Grazie, Deaton!” esclamò uscendo dall’edificio senza aspettare un saluto.

Saliti in macchina e messo il cucciolo sul sedile posteriore, Stiles si rivolse al ragazzo sul sedile del passeggero.

“Fatto quello che dovevi fare?”

“Avevi dubbi?” chiese quello ghignando.

“Bene, ora rimettiamo quel cane al suo posto e andiamo a finire questa pazzia.”

“E il canile?” chiese Seth.

“Abbiamo tempo per il canile?”

 

Lasciare il cane dove l’avevano trovato fu molto facile, bastò aprire lo sportello che quello saltò via. Stiles si ripromise che, se in futuro l’avrebbe rivisto, gli avrebbe comprato da mangiare e l’avrebbe davvero portato al canile per farlo adottare. Sii stava sentendo davvero una cattiva persona.

Si diressero verso casa di Seth e in mezz’ora avevano trovato anche gli altri due elementi necessari all’evocazione: un pezzo di stoffa rosso e un oggetto d’oro. Il primo era una maglietta del padrone di casa, il secondo un bracciale di sua sorella.

“Mi ucciderà quando la salveremo. Lei ama questo affare” aveva detto il ragazzo mentre avvolgeva il bracciale nella stoffa rossa.

Il procedimento non era molto difficile, ma la cosa che preoccupava Stiles era che doveva essere completamente solo. Il luogo che avevano scelto era una piccola radura nella riserva, raggiungibile anche a piedi da dove erano in quel momento. Stiles doveva pensare alla figura dell’Aatxe rappresentato sul libro e compiere tutti i passaggi necessari. Seth si era offerto di accompagnarlo fino al limitare della riserva, a Stiles aveva afferrato gli oggetti e si era avviato salutandolo con un cenno della mano passando per la porta sul retro.

“Cerca di tornare vivo!” gli urlò Seth dall’uscio. Stiles gli fece solo un brutto gesto con la mano sinistra senza nemmeno girarsi e proseguì il cammino.

La radura era davvero vicina, ci mise poco più di cinque minuti per raggiungerla. Era circondata da alti alberi che Stiles non conosceva e c’era un leggero vento freddo. Stile si mise giusto al centro e cominciò a disporre gli elementi come scritto sul libro.

Il bracciale, avvolto nel panno rosso, come dono allo spirito del toro, ai suoi piedi. L’uva dell’Ebro essiccata doveva essere disposta dietro di lui in modo da formare una lettera, la A. il sorbo, invece, doveva formargli un cerchio intorno e per fortuna Stiles aveva fatto quella cosa già più di una volta. Infine la cenere di Artemisia dovette spargersela sulle mani. Conclusa la preparazione, stiles prese un profondo respiro e chiuse gli occhi. Cercò di figurarsi l’immagine che aveva visto poco fa: un grande toro rosso, gli occhi infuocati e la coda stranamente lunga. Appena la figura gli si formò dietro le palpebre, Stiles non sentì più nulla. La natura sembrava essersi azzittita e questo lo spaventò a morte. Cercò di aprire gli occhi, ma non ci riuscì e la cosa lo condusse velocemente in uno stato acuto di panico fino a quando non sentì una voce.

“Non capisco  perché mi risveglio sempre tra le piante. Non mi piace la natura.”

Stiles, finalmente, riuscì a spalancare gli occhi, cercando contemporaneamente di riprendere il controllo del suo respiro. Di fronte a lui, a meno di due metri, c’era un uomo, anzi, un ragazzo. Aveva i capelli innaturalmente rosso fuoco, non arancioni come chi li ha dalla nascita, gli occhi neri ed era vestito in modo un po’ strano. Stiles pensò al suo libro di storia medioevale, dovevano essere abiti di quel periodo.

“Salve, voi sareste?” chiese avanzando.

Stiles fece un passo indietro, poi si ricordò del sorbo e rimase fermo. Magari funzionava anche con lui.

“Stiles. Sei l’Aatxe?” chiese.

“A molti piace definirmi così. Voi siete? Oltre ad essere un maleducato, s’intende.”

“Sono Stiles Stilinski e ho bisogno del tuo aiuto” rispose Stiles stizzito.

L’Aatxe avanzò e, ovviamente, sorpassò la striscia di sorbo. Stiles cercò di spostarsi, ma la sua presa intorno alla sua testa fu più veloce. Gliela afferrò con entrambe le mani.

Stiles si sentì per un momento vuoto. Come se tutto ciò che aveva nella testa fosse sparito, poi quello strano essere lo lasciò andare e riprese a pensare. E cominciò ad avere anche un forte mal di testa.

“Se volete che io aiuti i vostri amici, messere, dovete darmi qualcosa in cambio” disse allontanandosi e passeggiando piano.

“Mi hai letto nel pensiero?” sbottò Stiles.

“Si, è una delle mie capacità. Allora?”

“Cosa devo fare?” chiese il ragazzo.

“Dovete prima accettare, poi avrete spiegazioni” rispose lo spirito enigmatico.

Stiles non ci pensò nemmeno un secondo. “Qualsiasi cosa. Accetto. Ma smettila di parlarmi in questo modo antico.”

Il ragazzo dai capelli rossi rise, poi gli si avvicinò di nuovo, a pochi centimetri dal viso. Stiles cominciò a tremare seriamente per la paura.

“La tua purezza” disse solo e Stiles no poté fare altro che annuire.

“Bene” disse quello, “portami dal tuo amico imparentato con la fata, allora.”

 

Seth era seduto sulle scale del portico sul retro quando Stiles sbucò dagli alberi seguito sicuramente da quello strano essere. Sapeva che era dietro di lui, ma non si era girato e non avevano parlato.

Il biondo si alzò e gli corse in contro. Stiles si sentì osservato fin dentro l’anima quando gli prese il viso tra le mani e gli chiese “stai bene, vero?”

Annuì e indicò un punto imprecisato dietro di sé. “Lui è il toro, credo abbia bisogno di abiti” disse con tono stanco.

Seth gli rivolse uno sguardo interrogativo. “Lui?” chiese.

Stiles si girò e rimase senza fiato. Non c’era più un ragazzo, ma una ragazza alta, formosa e con abiti adatti al secolo in cui erano, forse solo un po’ troppo succinti. L’unico elemento in comune con il ragazzo di poco prima erano i capelli rossi, questa volta lunghi fino a metà schiena.

“Benissimo” sbottò Stiles mentre lei disse “Ciao, è un piacere conoscerti” allungando una mano verso Seth.

Stiles camminò verso la casa, al limite di un esaurimento nervoso. Si sedette su una poltrona nella grande biblioteca e aspettò di essere raggiunto dagli altri due. Seth si appoggiò con le braccia incrociate e un’espressione contratta contro un tavolo; quella che ora era una ragazza, invece, continuò a passeggiare tranquilla guardandosi intorno.

“Allora? Ci può aiutare?” esordì il biondo guardando Stiles. Stiles che annuì semplicemente.

“E cosa ti ha chiesto di fare in cambio? Se stai così, deve esserci un motivo.”

“Non importa cosa dovrò fare, lui…lei, chiunque sia, ci aiuterà, questa è la cosa importante” rispose schietto.

La ragazza si fermò di fianco a Seth, appoggiandogli la testa su una spalla con fare lascivo. “Vuoi un aiutino anche tu? Te lo darei volentieri” disse quasi sospirando. Il ragazzo, però, si scosto con un’espressione che Stiles, se non fosse stato di un umore nero, avrebbe deriso. Era tra il disgusto e l’imbarazzo.

“Bene. Dato che puoi aiutarci, fallo. Riporta mia sorella a casa.”

“Oh, non ho idea di dove siano i vostri amici scomparsi” rispose lei saltando sul tavolo e sedendovisi sopra accavallando le gambe. “Non posso mettermi in contatto con loro, in realtà non sento nemmeno la loro presenza, quindi mi è praticamente impossibile.”

Stiles si alzò di scatto, furioso. “Cosa? Hai detto che ci avresti aiutato! Mi hai fatto accettare le tue condizioni e non puoi fare nulla?!” urlò agitando le mani in aria. Lei scese dal tavolo e gli si avvicinò, mettendogli poi un dito sotto al mento.

“Dolcezza, ascoltami bene. Se ti rivolgi di nuovo a me in questo modo, giuro che mi prendo quello che mi hai promesso qui. Senza che tu possa impedirmelo, quindi lasciami spiegare, ok?” e, senza aspettare una risposta, riprese a camminare e a spiegare.

“Non posso entrare nelle testoline di tua sorella o del tuo Vero Alpha, ma posso fare altro. Mi piacerebbe esplorare la mente di quel bel ragazzone dagli occhi verdi che può esservi di aiuto con i suoi bei libri.”

Stiles si risedette. Derek gli avrebbe aperto definitivamente la gola con i denti, se avesse lasciato che uno spirito malvagio gli entrasse nella testa. E, in più, essendoci passato in prima persona, non voleva che qualcuno avesse qualcosa in testa che non fossero i propri pensieri. Stava per dire a Seth di rispedire quella specie di sgualdrina con le corna da dove era venuta, ma lui lo anticipò.

“Sta parlando di Derek, giusto? Anche tu avevi pensato a lui quando ti parlai dell’Aatxe.”

Ed era vero, era la prima soluzione che era balzata nella mente di Stiles, ma ci aveva già ripensato.

“Non se ne parla. Non entrerai nella sua testa, non entrerai nella testa di nessuno” disse duro. “Puoi prendere sembianze totalmente umane, esci di qui e portaci Derek” aggiunse.

Seth gli si avvicinò, si abbassò sulle ginocchia per essere al suo livello. “Ascoltami, Stiles. Ammesso che Derek sia vicino, c’è la possibilità che nel portarlo qui passi un giorno e noi non sappiamo cosa potrebbe succedere. Se questa qui scompare? Poi cosa faremo?”

“E il tuo Derek al momento è a New York” aggiunse la rossa.

Stiles si sentiva combattuto. Da un lato avrebbe accettato senza pensarci, ma dall’altro come poteva fare una cosa del genere proprio a Derek? Come poteva permettere che un essere come quello che aveva davanti entrasse nei più reconditi antri della sua mente? Decise di prendere tempo.

“Spiegami come avverrebbe questo processo, poi prenderò una decisione” disse all’indirizzo dello spirito.

“Potreste darmi da mangi-“

“Non ti diamo nulla. L’hai sentito? Spiega!” la interruppe Seth afferrandola per una spalla e facendola sedere su una poltrona. E a lei uscì letteralmente del fumo dal naso mentre parlò con una voce che non aveva nulla di umano. Profonda, come se venisse diritta dal terreno.

“Non osate mai più rivolgervi a me in questo modo.”

Due secondi dopo sorrideva di nuovo e aveva di nuovo un’espressione serena. Stiles sperimentò ancora una volta cosa significasse tremare di paura e, forse, anche Seth.

“Il processo è lungo e complicato” cominciò lei, “non posso collegarmi con il vostro lupo, entrargli nella testa e dirgli ‘Ciao, cerca di tornare a Beacon Hills’, crederebbe di essere impazzito e credo che qui nessuno voglia far perdere la testa a nessuno.” Continuò mentre con le lunghe dita si intrecciava i capelli, “Cominceremo dai sogni. Quando sarò certa che Derek Hale sarà dormendo, gli parlerò. Lo farò più notti e farò di tutto per convincerlo che quello a cui sta dando ascolto non è solo un sogno. Dal momento in cui mi crederà, sarà lui a chiedermi di dimostrargli che posso parlargli anche da sveglio e, tutti insieme, troveremo una soluzione per farvi avere i vostri libri.”

“Se puoi uscire dalla città, gli possiamo chiedere di venire ai confini e di portarci quello che ci serve?” chiese Seth trasudando speranza.

“Forse. O forse no, chi lo sa. Nessuno di voi sa cosa c’è oltre la città e, francamente, non lo so nemmeno io.”

Seth girò il collo per poter guardare Stiles. Stiles che si sentì il suo sguardo carico di aspettativa addosso. Non avevano un’altra alternativa, nessuno aveva ancora trovato una soluzione e lui si sentiva sempre più impotente.

“Entra nei suoi sogni, ma se la cosa comincerà a fargli male, smetterai all’istante” ordinò.

La ragazza si alzò e camminò fino a posizionarsi dietro le sedie su cui Stiles e Seth erano seduti, nessuno dei due ragazzi si girò per seguire i suoi movimenti. Lo fecero solo quando sentirono entrambi una mano su una spalla. Seth sobbalzò leggermente, Stiles rimase letteralmente pietrificato.

“Ai tuoi ordini, mio signore” disse quella che non era più la voce di una ragazza. E non ne aveva nemmeno l’aspetto. Erano la voce e il corpo di Derek Hale.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Stiles saltò dalla poltrona e cadde rovinosamente sul pavimento inciampando su un piede di Seth che era scattato allo stesso modo. Alzò la testa verso quello che era a tutti gli effetti il corpo di Derek. Stessi capelli, stessa faccia, stessi occhi verdi. Solo due erano i segni che dimostravano che quello non era il vero Derek: la sua espressione troppo rilassata e il fatto che indossasse la giacca che Stiles solo due giorni prima aveva visto abbandonata al loft.

“Vi spaventa così tanto vedere la sua faccia? Eppure l’ho fatto uguale uguale a come appare nei tuoi ricordi” chiese l’Aatxe.

Stiles si rialzò afferrando una mano che Seth gli aveva allungato.

“Preferirei che tu non prendessi le sembianze di persone che conosco” disse, “e immagino che per lui valga la stessa richiesta” aggiunse indicando il ragazzo biondo che annuì.

L’Aatxe annuì e una nuvola rossa gli aleggiò intorno. Quando sparì con un soffio di vento nato dal nulla, aveva di nuovo un aspetto femminile. Era una ragazza di massimo vent’anni, non molto alta e con gli occhi dello stesso colore di quelli di Seth, forse solo un po’ più umanamente blu. I capelli ancora una volta del colore del fuoco.

“Così vi vado bene?”

Stiles stava per rispondere, ma Seth lo interruppe. “Benissimo. Ora, quando ci farai vedere se sei davvero capace di entrare nella testa di Hale?” chiese.

“Beh, se è a New York, tra poco dovrebbe andare a dormire, no? Sono tre ore avanti” aggiunse Stiles.

L’evocazione dello spirito sembrava essere avvenuta in meno di dieci minuti, ma Il ragazzo si era reso conto del cielo buio fuori dalle finestre e del fatto che, sicuramente, aveva impiegato un po’ di tempo per chiamare l’Aatxe.

“Mi serve concentrazione per capire se la mente del mannaro è ancora sveglia. Nel caso non lo fosse, agirò” spiegò la ragazza per poi aggiungere “Ah, dimenticavo. Il mio nome è Artemisia, chiamatemi Misia quando sono donna. Artemis, da uomo”.

“Bene, Misia” disse Stiles, “concentrati come e quanto vuoi, noi aspettiamo”.

Lo spirito annuì e si abbassò per sedersi sul pavimento. Aveva le gambe incrociate e i palmi delle mani aperti e a contatto con la superficie, gli occhi chiusi e le labbra dischiuse. Sembrava dicesse qualcosa, ma Stiles non cercò nemmeno di applicarsi, sembrava un’altra lingua, probabilmente spagnolo date le sue origini. Il silenzio si prolungò per svariati minuti, ma la ragazza era rimasta immobile per tutto il tempo. Stiles si concesse di distogliere lo sguardo dalla sua figura e di spostarlo su quella di Seth. Il ragazzo era appoggiato con la schiena contro una scrivania, le dita strette al bordo e lo sguardo verso Stiles. Non parlarono, nessuno dei due avrebbe rischiato di far deconcentrare lo spirito durante quel processo, ma Stiles capì che Seth gli stava dicendo un “Andrà bene” quando lo vide fare un sorriso sghembo in sua direzione seguito da un occhiolino. Il gesto gli fece alzare gli occhi al cielo, ma Stiles non ebbe il tempo di pensarci perché la ragazza urlò.

“Ci sono! Ci sono! Il lupo si è appena addormentato!”

Stiles si sentì per un attimo mancare il respiro. Il fatto che quell’essere fosse entrato nella testa di Derek lo destabilizzava, ma in quel momento era un’altra cosa a scuoterlo. Aveva suo padre, aveva Melissa, ma non era la stessa cosa. Stiles si rese conto di sentirsi tremendamente solo in quella situazione. Per quanto i due adulti fossero a conoscenza di tutta la faccenda del sovrannaturale, non era la stessa cosa dell’avere al suo fianco i suoi amici, Derek compreso. E in quel momento, mentre lui si sentiva solo, quello che aveva le sembianze di una ragazza era in contatto con una delle poche persone di cui si fidava e di cui sentiva davvero di avere bisogno. I suoi amici erano scomparsi, non avevano potuto rintracciarli nemmeno per vie magiche, ma Derek c’era. Era a New York ed era possibile parlare con lui, seppur in modi non convenzionali. Oltre che dalla solitudine, la mente di Stiles, il suo cuore e il suo stomaco furono invasi da una sensazione di puro e semplice sollievo.

“E ora? Cosa fai?” chiese Seth interrompendo i pensieri di Stiles che riportò l’attenzione al mondo circostante.

“Posso apparirgli in sonno con le sembianze che ho ora e dirgli che siete in pericolo qui.”

“Non ci crederà. Lo crederà un sogno comune” mormorò Stiles abbattuto.

“Sì” rispose la donna, “ma noi insisteremo. Chi è che sogna sempre la stessa sconosciuta per più notti? Nessuno” affermò sicura.

Stiles rifletté e arrivò alla conclusione che sì, aveva ragione lei. Se fosse apparsa nei sogni di Derek per molte volte consecutive, lui si sarebbe prima o poi posto qualche domanda e, se proprio fosse stato ancora scettico riguardo a quello strano collegamento, di sicuro sarebbe andato a controllare Beacon Hills con i suoi oc-

I pensieri di Stiles si interruppero quando una scena gli si formò nella mente. “Devi dire a Derek che siamo in pericolo, ma che non può tornare qui! Non può assolutamente venire qui a portarci i libri!” urlò agitato.

Seth gli si avvicinò, lo sguardo interrogativo. “Ma sei impazzito? E come pensi che possa aiutarci? Perché non potrebbe raggiungerci?” chiese.

Stiles gli mise le mani sulle spalle, quasi scuotendolo. “Pensa Seth! Qui sono spariti gli essere sovrannaturali. Cosa pensi potrebbe succedere a Derek se si avvicinasse alla città? Potrebbe sparire e con lui sparirebbe anche la nostra unica speranza al momento. Non possiamo permettercelo” spiegò.

Seth si scrollò le sue mani di dosso, irritato, prima di rispondere. “E cosa consigli? Dopo che crederà alla nostra storia, gli chiediamo di leggerci in qualche modo i libri?”

“Non lo so, Seth, ma ci penseremo” disse, poi si rivolse all’Aatxe “cominciamo. Dopo penseremo a come fare. Collegati con lui e digli che abbiamo un problema, ma di non muoversi da New York. Digli pure che gli altri sono spariti, magari farà qualche ricerca”.

La ragazza si risistemò nella posizione che aveva assunto prima e richiuse gli occhi. In un primo momento non successe nulla, come prima, ma poi qualcosa cambiò. Stiles cominciò a sentire caldo, molto caldo, e forse era lo stesso per Seth che aveva preso a farsi aria con una mano. Misia cominciò a parlare con una voce non sua.

“Beacon Hills non mi riguarda. Se la caveranno come sempre. Va via!” disse la voce di Derek.

Stiles cominciò a sentirsi debole e cercò di appoggiarsi alla parete dietro di sé, Seth gli si avvicinò trascinandosi la gamba zoppa.

“Cosa ti succede?” chiese il biondo.

“Mi sento stanco. Tu no?”

“Si” rispose Seth, “ma tu stai tremando” aggiunse spostando freneticamente lo sguardo dal suo viso alle mani.

Stiles si portò una mano davanti agli occhi e notò che era la verità. Stava tremando senza nemmeno accorgersene.

“Cosa significa che c’è solo Stiles?” di nuovo la voce di Derek, questa volta di un tono più alta.

“Stiles?” Seth urlò. Stiles si girò a guardarlo confuso. Sentiva freddo, non più caldo, ma non gli importava, Misia stava ancora parlando.

“Passato. Presente. Futuro. Passato. Presente. Futuro.”

La ragazza andò avanti con quella litania pronunciata con la voce di Derek per un po’. Quando smise, Stiles vide tutto buio e si lasciò cadere.

 

“Stiles?”

La voce di Seth sembrava lontana, un sottofondo che si confondeva con il rimbombo delle parole di Derek. Stiles ci mise un po’ collegare il cervello ai propri occhi e aprirli.

“Finalmente. Stai bene? Vuoi bere?”

“Sto bene, sto bene” rispose cercando di alzarsi, ma un mano al centro del petto glielo impedì.

“Tu ora resti fermo e mi dici cosa ti è successo. Eri bianco, borbottavi cose senza senso e poi sei svenuto” gli impose Seth sedendoglisi affianco sul letto.

Letto? Quella non era più la biblioteca. Era una camera da letto dal soffitto alto. Le pareti tutte bianche, ricoperte da foto di paesaggi naturali. Stiles cercò di fare un punto della situazione e di mettere in ordine i propri pensieri, ma Seth sembrava impaziente.

“Allora? Me lo dici?”

“Non so cosa sia successo di preciso” cominciò Stiles. “Sentivo molto caldo, poi ho sentito freddo e mi sono sentito stanco. Anche tu mi hai detto di sentirti stanco.”

Seth si passò una mano sul viso asciugandosi una patina di sudore dalla fronte. “Sì, è vero, ma per qualche attimo. Tu tremavi tutto e poi io non ho provato fredd-“ cercò di capirci qualcosa, ma Misia lo interruppe. Stiles non l’aveva vista, ma era dall’altro lato del letto, appoggiata ad una finestra.

“Tu hai provato solo caldo perché l’ho provocato io. La stanza è diventata calda. Lui ha sentito anche il freddo perché ha sentito anche quello che stava succedendo.”

“Spiegati meglio” le chiese Stiles facendo leva sulle braccia per guardarla.

“Praticamente hai sentito la temperatura del sogno di Derek Hale. Era un ambiente innevato” disse lei passeggiando nella stanza.

“E perché io si e Seth no?”

“Perché mi hai evocata tu, immagino. Come se fossimo legati. Solo che non mi spiego il tuo svenimento. Di solito la si avverte come una sensazione minima, che fa da sfondo alla realtà. Tu hai avuto una reazione  spropositata, ma non so dirti perché.”

Stiles si lasciò cadere di peso sul cuscino portandosi le mani a coprirsi il viso. “Perché sono il solito sfigato, ecco perché” disse con tono rassegnato.

 

Quando sentì di potersi alzare, e quando Seth glielo permise, era ormai passata la mezzanotte. Stiles scese al piano di sotto per controllare il cellulare e richiamò suo padre, aveva trovato tre chiamate perse.

“Ehi pa’” esordì con tono calmo.

“Stiles, dove diavolo sei? Ti sembra il caso di non rispondere?” chiese lo sceriffo alterato.

“Scusa, papà, mi ero perso tra le ricerche e ho perso il senso del tempo” cercò di spiegare.

“Va bene, hai novità, comunque? Deaton mi ha di nuovo cacciato dallo studio e ai confini è tutto tranquillo.”

“No, nulla. Sei a casa?”

“Torno tra poco. Torna anche tu, non puoi perdere il sonno, Stiles” disse suo padre con un ono molto più calmo.

“Sì, ora chiudo tutto e vengo a dormire” e chiuse la telefonata.

Stiles si guardò intorno e notò che gli altri due non erano più nella biblioteca, quindi uscì nel corridoio. Sentì le voci e le seguì. Seth e Misia erano in quella che sembrava la cucina di un ristorante. Enorme, un lungo tavolo al centro e una cucina con così tanti elettrodomestici che Stiles si chiese cosa fossero alcuni di essi.

“Novità?” chiese Seth vedendolo entrare. Il ragazzo era intendo a guardare nel frigo, tenendo lo sportello aperto, una mano nel fianco e un’espressione corrucciata.

“Nulla” spiegò Stiles, “cosa state facendo?” chiese.

Seth afferrò qualcosa e chiuse il frigorifero.

“Ti va una bistecca?” chiese sventolando la confezione di carne. Misia alzò un pollice in alto per accettare l’offerta, Stiles si sedette sullo sgabello libero al bancone e annuì. A casa sua non c’era sicuramene niente, almeno poteva riempirsi lo stomaco prima di tornarci.

Mentre le bistecche cuocevano sulla piastra, l’Aatxe si spostò al fianco di Stiles circondandogli le spalle con un braccio.

“Che rapporto hai con quel Derek Hale?” chiese facendo girare il ragazzo con un sopracciglio inarcao e lo sguardo interrogativo.

“Intendo” spiegò lei, “lo conosci da molto? Come mai avete scelto di contattare lui e non…” sembrò pensarci su, “ah, si, sua sorella  Cora?”

Stiles non ci aveva pensato. In raltà gli era venuto spontaneo. Non vedeva e non sentiva Derek da quando era partito, mentre aveva ancora rapporti con Cora, la sentiva spesso e si mandavano almeno un messaggio al giorno. In realtà sarebbe stato anche più logico, Cora doveva essersi accorta di qualcosa se erano ormaigiorni che non si sentivano.

“Non lo so” rispose, per poi aggiungere “immagino sia perché è più grande di lei e più pronto alle emergenze e alle catastrofi. Ci ha sempre aiutati.”

“E perché hai una stratosferica cotta per lui” aggiunse Seth mettendogli un piatto davanti.

Stiles lo guardò male. “Cosa? Ma Se non lo vedo da anni e non ci siamo mai sopportati.”

“Non è una risposta che nega la cotta. Può piacerti anche se ti ringhia contro e, per come ne parli, per me è così” spiegò il ragazzo sedendoglisi di fronte e cominciando a fare la carne a pezzettini.

“Ti assicuro che non è così, puoi non credermi” e sentendo una risata mal trattenuta da parte della ragazza aggiunse “potete non credermi entrambi, ma è la verità”.

“E va bene. Ora mangiate, io vado a sdraiarmi su quel bellissimo letto su cui ti abbiamo buttato prima” disse Misia alzandosi e dirigendosi al piano di sopra.

 

Rimasti soli, i due ragazzi mangiarono in silenzio e in silenzio riposero i piatti nella lavastoviglie. Stiles stava per salutare e andarsene, ma poi ci ripensò e si rivolse a Seth che si era riseduto con una birra davanti.

“Ti va di dormire con me?” chiese. La risposta che ricevette fu un ghigno che era tutto fuorché poco malizioso, quindi si affrettò a correggersi sventolando le mani come se volesse cancellare la domanda. “No! Non in quel senso! Intendo, vuoi dormire a casa mia? Non so quanto possa essere una buona cosa dormire con un toro millenario sotto lo stessoo tetto, potrebbe farti del male. Questo intendevo!”

Seth scoppiò a ridere, sicuramente per prenderlo in giro. “Tranquillo, credo di riuscire a cavarmela. E se proprio volesse farmi del male, gli basterebbe materializzarsi a casa tua e dubito potrei farci qualcosa comunque.”

Beh, aveva ragione. “Giusto” disse Stiles, “allora prendo la mia roba e vado a casa, papà mi starà aspettando”.

“Aspetta” lo fermò l’altro facendolo girare, “stai bene, vero? Cioè, prima sembravi stare davvero male fisicamente e poi tutta la storia di entrare nella testa di un tuo amico e hai perso tutti gli altri…”.

Seth non era mai sembrato un ragazzo che aveva passato da poco l’adolescenza fino a quel momento. Stiles sorrise, forse quasi teneramente dato lo sguardo disgustato che gli rivolse il biondo.

“Sto come te che senti la mancanza di tua sorella. Ce la faremo” disse speranzoso, poi uscì dalla cucina, prese il suo zaino e si diresse verso casa.

 

 

Ciao a tutti! Lo so, il capitolo è più breve del solito, ma ho dovuto pubblicarlo quasi in fretta e vi devo spiegare il perché. Non aggiornerò per un po’, so che non è la prima volta che mi prendo una pausa, ma, per problemi di salute, mi è impossibile non farlo ancora una volta e mi dispiace. Dovrò subire un’operazione, credo tra una settimana, e poi non so quanto durerà la convalescenza. Cercherò di scrivere, perché mi fa stare bene, ma dubito di riuscire ad aggiornare questa storia con la stessa frequenza di ora. La concluderò, lo prometto, perché ci tengo tanto e nella mia testa è già conclusa.

Scusatemi ancora, a presto!

Blu.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 

 

Stiles si svegliò l’ennesimo giorno osservando le buste di patatine sulla scrivania e si passò una mano sugli occhi, esasperato. La sera prima aveva chiacchierato con suo padre che aveva avuto modo di osservare più di lui la città. Gli aveva raccontato di come fosse frustrante passeggiare per la città e incrociare qualcuno incontrato anche il giorno precedente ed avere sempre le stesse conversazioni; di quanto si sentisse stupido ad andare in centrale ogni mattina e non poter usare tutte le forze a sua disposizione per cercare di risolvere quella situazione. Stiles aveva fatto una camomilla ad entrambi ed erano andati a dormire. L’unica nota positiva era stata quella di poter lasciare le tazze nel lavandino, il giorno dopo sarebbero ritornate al loro posto.

Quando scese in cucina suo padre già non c’era. Quel giorno si era svegliato più tardi del solito Stiles, ma non si sentì in colpa, aveva un umore nero e non riusciva nemmeno a spiegarsi il perché. Forse stava semplicemente per scoppiare a causa di quella situazione che cominciava a farsi insostenibile. Prese le chiavi della Jeep per andare a casa di Seth, quando sentì il campanello suonare.

Dall’altro lato della porta d’ingresso c’era Melissa McCall con le lacrime agli occhi. Stiles si spostò per farla entrare, allarmato come non mai.

“Cosa…cosa succede?”

La donna si sedette sul divano, cercando di riprendere a respirare regolarmente.

“Tuo padre?”

Stiles si sedette passando una bottiglina di acqua alla donna. “Credo sia in centrale o in giro. Devo chiamarlo? È successo qualcosa di grave?”

“Guarda cos’ho trovato” rispose la donna passando qualcosa a Stiles. Qualcosa che subito riconobbe: il cellulare di Scott.

“Dove…come…dove l’hai trovato? Lui mi ha mandato un messaggio da qui prima di scomparire nel nulla.”

“Era nella tasca dei suoi jeans. Nel cesto dei panni sporchi. Quei pantaloni Scott li ha tolti il pomeriggio prima di uscire con Kira, dev’essersi dimenticato il cellulare nella tasca e poi è uscito” spiegò la donna asciugandosi le lacrime dalle guance.

Stiles osserò l’oggetto. Era spento, non c’era nulla di strano, solo un cellulare spento. Se lo rigirò tra le mani, poi diede voce ai suoi dubbi. “Mi ha mandato il messaggio. Ha scritto lui Nemeton, cioè sul mio cellulare c’era il suo nome. Com’è possibile che sia sempre stato nei jeans? Come ha fatto ad inviarlo se invece era con Kira chissà dove?”

“Ho chiamato i signori Yukimura e mi hanno confermato ancora una volta che Scott è passato a prenderla quella sera. Nemmeno loro riescono a spiegarsi questa cosa. Non lo so, Stiles. Non so dov’è mio figlio e questa cosa diventa sempre più assurda.”

Stiles si alzò non riuscendo più a stare seduto. Vedere la mamma di Scott in quelle condizioni era straziante. Quella donna era come una sua seconda madre, gli aveva disinfettato le ginocchia sbucciate e gli faceva i biscotti al caramello quando aveva otto anni. Era tutto troppo pesante. Prese la decisione in meno di tre secondi.

“Sto facendo qualcosa per trovarlo. Non lo sa nessuno, ma lo sto facendo” disse sicuro, anche se sicuro non lo era per niente. La donna alzò lo sguardo su di lui, ma non aveva l’espressione che Stiles si sarebbe aspettato. Sembrava furiosa.

“Stiles, in che guai ti sei cacciato? Perché hai nascosto questa cosa a tutti?” chiese, alzandosi a sua volta.

“Non è nulla di pericoloso, ma hoo preferito non dirlo e preferirei che non si sapesse, che soprattutto non lo sapesse Deaton” cercò di spiegare.

“Non deve saperlo l’uomo che sta cercando di capire qualcosa sulla sparizione di mio figlio e i suoi amici?” chiese la donna alzando il tono di voce.

“Melissa, ti assicuro che non mi sono cacciato in uno dei miei pasticci. Puoi dirlo anche a papà o, se vuoi, lo faccio io, ma non deve saperlo lui. Ti prego.”

La donna sembrò davvero combattuta, poi si risedette e annuì. “A tu padre lo diremo, non mentiremo anche a lui” disse, poi aggiunse “che cos’hai in mente?”

Stiles scelse bene le parole da usare. Non voleva mentire, ma non avrebbe nemmeno rivelato tutto quello che era successo e che sarebbe successo.

“C’è una persona che può aiutarci a metterci in contatto con Derek. Ci vorrà tempo perché lo farà per gradi, ma ci sta già provando” cominciò a spiegare.

“Chi è?” chiese la donna, interessata.

“Si chiama Artemisia e ha…qualche potere sovrannaturale, ma a quanto pare non sparisce nel nulla. Ha contatti con Seth, per questo è qui.”

“Il fratello di Ana? La fata?”

“Sì” rispose Stiles, “ma lui è umano. Ha solo avuto l’idea e abbiamo deciso di non dirlo al dottor Deaton perché è sempre così chiuso con i suoi metodi e pensiamo che usare due strade, sia sempre meglio che tentare da un solo fronte. Anche perché lui non ci rende partecipe delle sua ricerche, si rifiuta anche di vedere papà”.

“Sì, me l’ha detto. Ok, ora cerco tuo padre e gli spiego tutto. So che mi stai nascondendo la parte pericolosa e non credo minimamente ai due fronti e tutte quelle frottole, ti conosco, Stiles” disse Melissa. “Ma mi fido anche di te e so che sai quello che fai, anche se lo fai con incoscienza. Per quanto ci sarà possibile, ti aiuteremo. Quando ci fai incontrare questa persona?”

A Stiles cominciarono a sudare le mani. Avrebbe dovuto prima parlare con Misia, o Artemis, per chiedere di mantenere sempre lo stesso aspetto davanti ai due adulti e di non fare assolutamente riferimento al suo essere uno spirito millenario col corpo di un toro che chiede di ricevere la purezza altrui.

“Tu va da papà, io vado da Seth e poi ci vediamo qui. Va bene?”

La donna annuì e, dopo avergli sfiorato la guancia con una carezza, uscì dalla casa. Stiles si sedette sul divano, il cellulare di Scott tra le mani. Se lo infilò in tasca e uscì a sua volta, seguito da tutte le domande senza risposta.

Convincere Misia a mantenere un aspetto da ragazza acqua e sapone, di vent’anni e di non fare nulla di stravagante fu abbastanza semplice, ma calmare Seth richiese qualche forza in più. Il ragazzo era furioso e Stiles sapeva di aver tradito la sua fiducia, solo che non aveva avuto scelta. Avevano discusso per almeno quindici minuti prima di prendere una pausa, respirare e riprendere a discutere.

“Come faccio a fidarmi di te, ora?” urlò il biondo.

“Come hai fatto fino a questo momento” ribatté Stiles, “cioè non facendolo. Credi che non sappia che ti aspetti sempre che io combini qualche guaio?”

“E a quanto pare ho ragione! Cavolo, ora dobbiamo mentire a Deaton, a tuo padre e quella donna e nel frattempo ritrovare mia sorella e contattare telepaticamente il tuo ragazzo?”

“Il mio cosa? E comunque papà e Melissa sono persone tranquille, non saranno di intralcio, vogliono solo vedere con i loro occhi che non ho a che fare con dei mostri!”

“Facciamo in fretta, poi dobbiamo riprovare a ricontattare la tua cotta.”

“Seth, smettila” rispose Stiles in modo duro seguendolo fuori di casa, seguito a sua volta da Misia.

“Tu lasci che gente si impicci nel nostro piano, io mi prendo la libertà di fare battutine su quanto tu sia cotto di Derek Hale.”

“Non sai nemmeno di cosa stai parlando.”

Il viaggio in auto fu per fortuna breve e silenzioso. Stiles, se fosse stata aggiunta una sola parola, sarebbe esploso. Seth quel giorno si stava comportando come un bambino. Arrivarono a casa Stilinski e parcheggiarono la Jeep dietro l’auto di ordinanza dello sceriffo che era già lì; Stiles fece un respiro profondo, poi inserì le chiavi nella porta ed entrò seguito dagli altri due.

Melissa era seduta sul divano, suo padre, invece, passeggiava avanti e indietro nel salotto, ma si bloccò appena i tre fecero il loro ingresso. Stiles si preparò psicologicamente alla ramanzina che non tardò ad arrivare.

“Mai una volta che tu lasci fare agli altri! Mai una volta che ti metti lì, seduto, ad aspettare che altri si occupino di cose più grandi di te” esordì l’uomo.

Stiles prese posto di fianco alla mamma di Scott, gli altri due rimasero sull’uscio della stanza.

“Papà, lo so che ho sbagliato a nasconderti tutto, ma lo sai che penso sempre di proteggerti.”

“Dovrebbe essere mio il compito di proteggere te, non il contrario!” urlò l’uomo in risposta, sedendosi sulla poltrona e portandosi le mani tra i capelli.

“Non è detto che non possiamo farlo entrambi” rispose Stiles, poi aggiunse “ormai è fatta. Seth lo conosci, lei è Misia, la ragazza che ci sta aiutando con questa storia”.

La ragazza fece un passo avanti, agitando timida la mano in segno di saluto. Se non l’avesse vista prima, Stiles davvero avrebbe creduto alla storia della ragazzina timida.

“Come vi sta aiutando?” si intromise Melissa nella discussione.

Questa volta fu Seth a spiegare, anticipando Stiles.

“Misia è mia amica da tempo. Lei ha la capacità di mettersi in contatto telepaticamente con le persona, a qualsiasi distanza esse siano, quindi le abbiamo chiesto di trovare Derek Hale e di contattarlo.”

“E ci siete riusciti?” chiese lo sceriffo.

“No” rispose la ragazza, “cioè, sì, ma lui non mi crede. Sono entrata nei suoi sogni, ma lui li crede, appunto sogni”.

“E come pensate di fare?”

Stiles ascoltò in silenzio la conversazione tra i due adulti e l’Aatxe. La ragazza spiegò a grandi linee quella che era la verità, sorvolando sul suo essere uno spirito e sul prezzo che Stiles avrebbe dovuto pagare quando lei glielo avrebbe chiesto. Lo sceriffo e Melissa sembrarono accettare la cosa, probabilmente considerandola poco pericolosa in confronto a tutto quello che avevano affrontato i loro figli in passato, e acconsentirono, seppur con riluttanza, a mantenere il segreto con l’Emissario.

“Sei un’estranea, ma John ed io ti stiamo praticamente affidando i nostri figli” disse la signora McCall, “spero che tu sia la soluzione che stavamo cercando”.

“Lo spero anche io” rispose Misia, “questi ragazzi sono simpatici e mi dispiacerebbe se si facessero del male” concluse con un sorrisino che, fortunatamente, solo Stiles reputò inquietante.

Qualche minuto dopo, Stiles accompagnò suo padre alla porta, dato che doveva ritornare in centrale. L’uomo gli si avvicinò, abbracciandolo goffamente. “Lo so che ormai sei un uomo, ma sarò sempre preoccupato per te, Stiles, sta attento” gli disse sciogliendo la stretta e uscendo di casa. Anche Melissa andò via poco dopo, lasciando i tre ragazzi di nuovo soli.

“Anche questa è fatta” sbuffò Stiles lasciandosi sprofondare nel divano accanto a Mis-

“E ORA PERCHé SEI DI NUOVO UN RAGAZZO?” urlò spaventato, alzandosi di scatto. Seduto sul sofà c’era un ragazzo alto, molto muscoloso, con uno sguardo duro e i soliti capelli rosso fuoco.

“Sono stato per troppo tempo una ragazzina indifesa, lasciami essere un possente umano per un po’” gli rispose incrociando le grosse braccia al petto.

Stiles si girò nella direzione di Seth, che se ne stava appoggiato sotto l’arco con un ghigno sul volto.

“E tu non eri quello incazzato? Cosa ridi, eh? Questo qui mi farà venire un infarto, prima o poi” gli disse puntandogli un indice contro. Seth non rispose, si staccò dal muro e si avvicinò agli altri due.

“Che ore sono a New York?” chiese cambiando discorso. Stiles prese il cellulare dalla tasca per controllare e “sono le sei di sera, è ancora presto” rispose.

“Bene, allora io vado a fare un giro” si intromise Artemis alzandosi e avviandosi alla porta di ingresso.

“Vado con lui” lo seguì Seth sventolando una mano in aria per salutare. Stiles non ebbe nemmeno il tempo di ribattere, che i due erano già usciti.

Sperò vivamente che né suo padre né la mamma di Scott li vedessero insieme, perché vedere due persone con quello strano colore di capelli in un solo giorno, sarebbe stato abbastanza strano, poi salì in camera sua per  trovare qualcosa da fare nell’attesa della sera. Mise inutilmente a posto la stanza e il suo bagno, giocò meno di mezz’ora con i videogiochi annoiandosi per l’assenza di Scott e infine, annoiato a morte, prese le chiavi della Jeep ed uscì di casa. Guidò per la città, senza una meta, per almeno mezz’ora, fino a quando non si guardò meglio intorno e notò con sorpresa dov’era finito. Il grande palazzo grigio e disabitato gli si stagliava sulla sinistra. Le grosse vetrate gli avevano sempre messo timore da fuori, ma viste dall’interno davano quella luce che tanto mancava a quel posto. Parcheggiò sovrappensiero e con lo stesso stato d’animo entrò nell’edificio salendo all’ultimo piano. Il Grande portellone in ferro era aperto, come l’ultima volta e con una leggera spinta Stiles riuscì a farlo scorrere quel tanto che gli bastò per entrare. L’ambiente era uguale a come l’aveva lasciato giorni prima,  ovviamente. Stiles si prese la libertà di avvicinarsi al divano e di sedersi sulla fredda pelle nera. Rabbrividì, ma non si scostò, quello sbalzo di temperatura lo fece sentire quasi più vivo di come si era sentito negli ultimi giorni. Stette lì per qualche minuto, a guardare il grosso buco sulla parete di fronte a sé, e forse si appisolò anche per qualche momento, perché quando il verso di un uccello lo fece sobbalzare, era semi sdraiato e stava anche cominciando a sbavare. Si alzò e continuò a passeggiare nell’ambiente spoglio fino a raggiungere l’ampia vetrata. Sarebbe uscito sul balcone, ma un elemento nel suo campi visivo gli fece cambiare direzione. Salì lentamente i gradini della scala a chiocciola e si ritrovò per la seconda volta in vita sua in quella che era la camera da letto di Derek. Gattonò sul materasso per raggiungerne la parte opposta e aprì le ante dell’armadio. Anche lì era tutto uguale, la giacca di pelle nera era ancora ordinatamente appesa.

Non fu quella a far venire al ragazzo un crampo allo stomaco, o almeno non lo fu direttamente. Giorni prima non gli era successo, forse a causa della fretta non ci aveva fatto caso, ma questa volta si, ed era stato quasi doloroso. L’odore di Derek era uscito dal mobile investendolo quasi come se fosse stata un’onda materiale. Un’onda di odori che Stiles non aveva mai distinto da altri, ma che ora gli ricordavano il ragazzo. Non si era mai soffermato a riconoscere gli odori delle persone, tantomeno quello di Derek Hale, ma a quanto pareva lo riconosceva bene. Non riusciva a descriverlo, ma era qualcosa di familiare. Istintivamente afferrò l’indumento appeso e se lo portò al naso. L’odore era lì, ancora più forte e ancora più reale. Stiles promise a se stesso di non rivelare mai ad anima viva di aver versato una sola solitaria lacrima con il naso affondato nella giacca di pelle di Derek Hale, ma la indossò comunque e riscese al piano di sotto.

Gli stava larga, probabilmente sembrava anche ridicolo, ma non gliene importava. Si sedette sul divano e si lasciò aprofondare ancora una volta, circondato da quell’odore. Non riusciva a spiegare perché lo facesse sentire così bene, forse perché era l’unico segno tangibile del fatto che lui esisteva, che era reale, che lo erano anche gli altri, nonostante fossero spariti.

Passò un’ora prima che Stiles riuscisse a togliersi quella calda giacca dalle spalle e uscisse dal loft. Avrebbe voluto portarla con sé, ma sarebbe durata solo poche ore. Si ripromise anche di andare in quella sottospecie di casa ogni volta che ne avrebbe avuto bisogno.

Stiles guidò fino casa di Seth e parcheggiò nel vialetto osservando il ragazzo dalla finestra aperta. Erano le otto di sera, a New York erano le undici, Derek sarebbe potuto essere già addormentato. Suonò il campanello e ad aprirgli la porta fu una nuova versione di Misia, questa volta più adulta e molto, molto più formosa. I capelli sempre rossi.

“Salve, umano!” trillò la ragazza.

“Ehi. Vedo che oggi sei molto volubile” le disse scherzando.

“Già. Ma tra poco cambio, queste tette pesano, non lo credevo” rispose lei pensierosa.

Seth li raggiunse, per poi precederli nella biblioteca, facendo solo un cenno di saluto, per poi parlare a raffica.

“Stiles, siediti sul divano, io starò affianco a te. Questa volta non saremo impreparati, se ti sentirai male. E la cosa è probabile. Misia, tu mettiti dove vuoi e controlla se Derek dorme.”

Stiles obbedì guardando stranito il ragazzo, ma senza ribattere; Seth gli si mise di fianco ed entrambi si zittirono guardando la ragazza che si sedeva ad occhi chiusi sul pavimento.

Due minuti dopo li riaprì. “Dorme. È ancora a New York e credo ci sia qualcuno con lui nel letto, ma non capisco di chi si tratta.”

Stiles si irrigidì senza nemmeno capirne il motivo, ma non ebbe nemmeno tempo di pensarci perché Misia parlò ancora.

“Se siete pronti, comincio. Gli dico sempre le cose della scorsa volta?” chiese.

Stiles ci pensò, la volta precedente avevano fatto un buco nell’acqua. Avevano fatto parlare Derek con una sconosciuta che gli diceva cose poco chiare, dovevano fare di più.

“Misia, lui nel sogno vede le sembianze che hai ora, giusto?” chiese alla ragazza che annuì.

“Quindi se tu prendessi le mie sembianze, lui vedrebbe me?”

Seth si girò di scatto verso di lui. “Cosa vuoi fare?”

“Derek mi conosce, magari penserà solo che mi sta stranamente sognando, ma è comunque qualcosa che lo colpirebbe di più. Magari crede davvero che sono io, che con qualche strano incantesimo gli entro nei sogni. Mi ucciderà, ma possiamo provarci, no?”

I due ragazzi volsero lo sguardo all’Aatxe che annuì ancora una volta. “Chiudete gli occhi” disse e loro obbedirono.

Stiles sentì un leggero venticello, poi una voce gli chiese di riaprire gli occhi. La sua voce.

Un suo clone, con gli stessi vestiti addosso, era seduto sul pavimento ai suoi piedi. Alla sua destra Seth stava tossendo.

“Porco cazzo, siete in due!” esclamò il biondo.

Stiles gli diede una leggera spallata poi si rivolse… all’altro Stiles.

“Gli parlerai come se fossi io. Spiegagli la situazione e digli ancora una volta di non muoversi da dov’è ora. Che ci servono i suoi libri e le informazioni sul Nemeton. Insisti sul fatto che sono davvero io, muoviti come me, fa come meglio credi.”

Il fino Stiles annuì e richiuse gli occhi; i due ragazzi tacquero ancora una volta.

La stessa sensazione di caldo della prima volta investì Stiles, non trovandolo impreparato. Seth, al suo fianco, gli appoggiò una mano sul ginocchio che aveva cominciato a battere frenetico.

“Mi hai insegnato tu a capire se sto davvero sognando.”

La voce di Derek fece sobbalzare entrambi. Stiles sapeva a cosa si riferiva, la storia del contare le dita, in sogno sono sempre più di cinque.

“Se hai cinque dita alla mano, non vuol dire che sei reale” ancora la voce di Derek.

La sensazione di caldo mutò improvvisamente facendo crollare Stiles contro lo schienale del divano. Di nuovo freddo, freddo gelido che gli entrava nelle ossa. Stiles chiuse gli occhi concentrandosi sulla voce di Derek, mentre sentiva le mani di Set intorno al suo viso.

“Come faccio a sapere che sei tu? Sto solo sognando, va via!” Questa volta il ragazzo stava urlando.

Stiles sperò vivamente che l’Aatxe lo sentisse, doveva sentirlo e dare quella prova a Derek.

“Digli-digli che può andare al-alla Columbia lì a New York e-e controllare che ho-ho rifiutato di iscrivermi. Non-non lo sa nessuno ed-ed è reale.”

Tutto quello che Stiles sentì in risposta fu la voce di Derek che diceva “Controllerò, se è vero ti aiuterò”, poi fu tutto buio ancora una volta.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Salve! Spero abbiate passato un buon Natale.
Chiedo scusa perchè questo capitolo è più breve del solito, ma altrimenti avrei aggiornato l'anno prossimo.

Questo capitolo è tutto per Mic, che ha la febbre e me lo chiedeva da un po'. Spero tu possa perdonarmi per l'ulteriore ansia <3





Quando si risvegli
ò, Stiles era sullo stesso divano su cui aveva perso conoscenza. Aprì piano gli occhi, aspettandosi di trovare luca, ma era tutto in penombra. L'unica cosa che riusciva a vedere era Seth seduto ad una scrivania poco più in là, su cui era appoggiata l'unica lampada accesa.  

“Che ore sono?” chiese, con una voce particolarmente gracchiante.  

Seth rispose senza nemmeno alzare lo sguardo dal libro che stava leggendo. “Le tre di notte. E prima che tu cominci a sclerare, ho avvisato io tuo padre. Gli ho detto che avresti dormito qui.” 

Stiles annuì, anche se il biondo non l'avrebbe visto, e si fece forza sulle braccia per alzarsi a sedere, sgranchendosi il collo.  

“Misia?” 

“Artemis. È uscito mentre era un ragazzino di quindici anni con i bermuda. Non è ancora tor-“ 

“ECCOMI!” 

I due ragazzi saltarono in piedi all'unisono. Stiles si spostò dietro una sedia, Seth tirò fuori un pugnale dagli scarponi e lo lanciò verso la finestra che affacciava sulla strada. Entrambi tirarono un sospiro di sollievo vedendo che si trattava solo di un giovane ragazzo. Con i soliti capelli rossi.  

“CAVOLO! MI STAVA PER VENIRE UN INFARTO!” urlò Stiles sprofondando di nuovo nel divano.  

Il ragazzino mise un broncio e gli si avvicinò reggendo una scatola rettangolare.  

“Scusami, ti avevo anche portato la colazione” disse mostrandone il contenuto. Il profumo di dolci investì Stiles che sentì il proprio stomaco brontolare sonoramente.  

“E va bene, dai qui!” 

 

Dopo la colazione erano ricaduti in un silenzio confortevole. Stiles si era rilassato ed era in uno stato quasi di dormi-veglia; Seth era andato a fare una doccia, poi si era rimesso seduto ed aveva immerso di nuovo il naso nei libri; Artemis si stava probabilmente divertendo a fare qualsiasi cosa stesse facendo con dei bastoncini di legno.  

Qualche ora dopo, quando il sole era già alto, Stiles si rialzò per cercare il proprio cellulare, ma l’Aatxe gli afferrò una caviglia appena gli passò di fianco.  

“Hai bisogno di qualcosa?” chiese l’umano, ma quegli lo strattonò fino a quando non gli si sedette di fianco.  

“Chiudi gli occhi” ordinò e Stiles che, mentre notava al limite del suo campo visivo Seth alzarsi e avvicinarsi, obbedì.  

Li riaprì quando sentì un leggero colpetto sulla fronte, ritrovandosi seduto davanti ad una copia di sé.  

“Co-cosa succede?” chiese spaesato.  

La sua copia gli sorrise, quasi ghignò. “Tengo sempre sotto controllo Derek Hale e ho appena avvertito che si è addormentato.” 

“Addormentato? Non è mattina lì?” chiese Seth avvicinandosi ancora, mettendosi alle spalle di Stiles, quello vero.  

“Sì, ma credo l’abbia fatto di proposito, per mettersi in contatto con te, Stiles. Cioè con me” spiegò lo spirito.  

Stiles si agitò sul posto, sudando i palmi delle mani. 

L’Aatxe chiuse gli occhi e i due ragazzi, che ormai conoscevano il processo, fecero lo stesso.  

La solita sensazione di caldo arrivò subito, seguita subito dalla voce di Derek che usciva dalle labbra dell’altro Stiles. 

“Hai davvero disdetto l'iscrizione alla Columbia.” 

Stiles annuì per istinto, come se la domanda fosse davvero rivolta a lui. 

“Potresti essere qualcuno che ha informazioni su Stiles.” 

A questo non ci aveva pensato, anche se ora pensava fosse logico che Derek non si fidasse. 

“Digli che sono stato l'unico ad avvicinarmi quando…quando il suo loft era allagato” ribatté Stiles e rimase in silenzio almeno un minuto aspettando la risposta di Derek, mentre il solito freddo cominciava a farsi sempre più pungente.  

“Quali libri vi servono?” chiese la voce di Derek e Stiles poté vedere solo il passaggio di un foglietto da Seth ad Artemis, poi crollò ancora una volta.  

 

“Ben svegliato, principessa. Questa volta sono passati solo dieci minuti!” trillò una voce femminile nelle orecchie di Stiles. Il ragazzo riaprì gli occhi: Era ancora sul pavimento, al suo fianco c'era una vecchietta con i capelli rossi. 

“Seth?” chiese.  

“Sono qui, sono qui” rispose il ragazzo entrando in stanza. “Mentre ti riprendevi ho fatto dei toast. Tanto ormai so che non muori.” 

Stiles gli lanciò un foglio che era di fianco a lui sul pavimento, poi si rialzò e mangiarono insieme.  

 

Per Quella sera avevano deciso di non contattare di nuovo Derek, Seth aveva detto a Stiles che il lupo aveva chiesto almeno un giorno intero per trovare i volumi e un altro giorno per leggere e memorizzare le informazioni da passare poi a Stiles nei sogni. Gli aveva anche detto qualcosa tipo “Poi mi spieghi cosa diavolo ti è passato per la testa per farti mollare il college prima di iniziare” e Stiles si era anche un po’ arrabbiato, perché Derek Hale non aveva proprio voce in capitolo in quella storia.  

Una volta salutati i due ragazzi, cioè un ragazzo e una vecchietta, stiles era tornato a casa e aveva cenato con suo padre. Lo sceriffo non aveva fatto domande, gli aveva solo chiesto se stesse bene e poi aveva aggiornato suo figlio sull'assenza di novità.  

Tornato in camera, Stiles aveva preso il cellulare e aveva iniziato a sfogliare la galleria delle immagini. Non aveva molte foto dei suoi amici, soprattutto di Elìas e di Greta, ma quelle poche che aveva, le conservava come tesori.  

La prima che gli capitò ritraeva lui e la donna. L'aveva scattata Scott perché Stiles voleva capire se anche lei avesse qualcosa negli occhi chr le impedisse di essere fotografata. Il risultato era stato, invece, una semplice foto di due persone sedute sul Nemeton. Greta guardava nell’obiettivo, perché Scott l’aveva chiamata per farla girate, mentre Stiles guardava lei sorridendo. Non era nulla di particolare, ma a lui piaceva un sacco. Era primavera, Greta aveva dei fiori intrecciati nei capelli e altre intorno ai polsi. Aveva fatto una corona di fiori anche a Stiles che l'aveva portata sulla testa, fieramente, per tutto il pomeriggio, ignorando le occhiatacce di Lydia e i sorrisini di Scott. L'aveva anche durante lo scatto.  

La seconda foto era con Scott ed Elìas, a casa McCall. Avevano già appurato che gli occhi del ragazzo potevano essere fotografati, ma quella prova era stata eliminata perché Elìas aveva minacciato di far bruciare quell'aggeggio infernale se quella sua immagine con gli occhi a passa non fosse stata eliminata. Quella che fece sorridere Stiles, invece, l’aveva scattata Lydia per “dimostrare al mezzo vampiro che è anche un mezzo adolescente”. Erano seduti tutti e tre ai piedi del divano: Stiles sgranocchiava patatine, Scott reggeva un joystick con sguardo afflitto, mentre Elìas aveva un pugno alzato al cielo nell'atto di esultare per la partita vinta. Aveva supplicato, poi, Lydia di eliminare anche quella oscenità, ma lei non si era fatta convincere nemmeno sotto minaccia. Lui le aveva detto “affonderò i miei canini nel tuo collo di cera e i miei artigli nel tuo cuore malvagio”, ma lei aveva fatto spallucce e aveva continuato a leggere.  

Stiles passò in rassegna altre foto, ce n’era anche una di Cora Hale, che lei gli aveva mandato dal Gran canyon e una di suo padre che si cucinava degli hamburger di tacchino. Un vero evento da immortalare. Un’altra, invece, lo aveva spinto a zoomarla. Era di tre anni prima ed era stata scattata al loft di Derek. Ritraeva lui e Lydia sul divano, l’aveva scattata Stiles stesso e stava facendo una linguaccia allo schermo mentre la ragazza sorrideva radiosa. Quello che aveva catturato l'attenzione di Stiles, però l, era sullo sfondo. Di spalle, rivolto verso l’ampia vetrata, c'era il padrone di casa con le braccia conserte. Si vedeva poco, era quasi jn ombra, ma era lui. Gli si vedeva appena il viso, di profilo e illuminato lievemente dalla luce della luna.  

Stiles si addormentò guardando quella immagine. Gli dava quel senso di protezione e di familiarità che solo la giacca di pelle del soggetto, inconsapevole, della foto gli aveva dato.  

 

Il giorno dopo Stiles si risvegliò cadendo dal letto. Cadendo dal letto, con la faccia sul pavimento. Cadendo dal letto, con la faccia sul pavimento, dopo essere stato spinto da qualcuno.  

“SETH!” 

“Ehi, splendore!” lo salutò il ragazzo mentre si accomodava sul suo caldo giaciglio.  

“Cosa diavolo vuoi?!” urlò Stiles cercando di rialzarsi e inciampando sui propri piedi.  

“Ucciderti” rispose il biondo sorridendo, come se gli avesse offerto della cioccolata.  

Stiles finalmente riuscì a prendere controllo delle proprie articolazioni e ad alzarsi, guardando l'altro come se fosse impazzito.  

“Ah, e di grazia, non potevi farlo mentre dormivo?” chiese sarcastico, massaggiandosi la guancia battuta per terra.  

“Oh, no” rispose, “devo vederti soffrire nel più atroce dei modi” continuò con la stessa espressione angelica.  

Stiles afferrò dei pantaloni e una maglia dal mobile e si diresse verso il bagno, per nulla impressionato. 

“Bene. Allora aspetta pure la doccia, così profum-“ ma non riuscì a finire la frase perché Seth l'aveva afferrato e spinto verso la finestra.  

“Non fai nessuna doccia, finché non mi liberi di quell'essere malvagio!” urlò indicando un punto sul bordo della strada.  

Stiles mise a fuoco l'intera zona, poi capì a cosa si stava riferendo il biondo.  

“È-“ 

“Sì. Sì, Stiles. È” lo interruppe furioso.  

“L'hai ritrovato?” chiese, cercando di non ridere.  

Seth lo lasciò andare e si sedette teatralmente sulla sedia.  

“Ritrovato? Io? È stato lui a trovare me! Stamattina mi stavo preparando la colazione e sentivo grattare alla porta. Ho preso il fucile e il pugn-“ 

“Oh, accogli bene gli ospiti” rise Stiles beccandosi una penna contro.  

Taci! E comunque ho aperto la porta e lui era lì. Si è seduto e mi guardava. Quando ho richiuso la porta ha ripreso a grattare e, come vedi, mi segue ovunque!” 

Stiles si rigirò di nuovo verso la strada. Il cucciolo, quello nero col musetto bianco che avevano portato insieme da Deaton come diversivo, se ne stava seduto mentre scodinzolava e si guardava intorno.  

“Dai, Seth! C'è qualcuno che ti ama! È tener-“ 

“Stilinski. Continua quella frase e ti apro la testa e faccio mangiare il tuo cervello a quella bestia.” 

Stiles non si lasciò scalfire dalla minaccia, ma si avviò di nuovo verso il bagno.  

“Vado a fare la doccia, poi andiamo a comprare una cuccia per il tuo nuovo amic-“ 

Sperò vivamente che quello che era impattato contro la porta del bagno non fosse nulla di importante.  

 

Dopo la doccia e una brevissima colazione mentre Seth batteva il piede a ritmo contro il pavimento, Stiles era uscito con lui di casa. Il cucciolo aveva preso a correre allegro verso di loro, fermandosi ai piedi del biondo.  

“Vedi? Si appiccica” aveva detto, ma Stiles aveva solo riso di gusto, avviandosi verso lo studio di Deaton. Durante la colazione aveva deciso con Seth che sarebbero passati dal veterinario per chiedere informazioni: Se non l'avessero fatto, sarebbe stato troppo strano, soprattutto perché sarebbero risultati poco interessati al destino dei loro amici.  

Per fortuna l'uomo non li scacciò come aveva fatto con lo sceriffo i giorni precedenti, ma comunque non diede ai due nessuna nuova informazione. L'unica cosa era che orma era certo di non riuscire a contattare in nessun modo qualsiasi altra creatura fuori da Beacon Hills.  

Quando uscirono dallo studio, Stiles sentì Seth sbuffare. Il cucciolo era ancora lì e li aspettava seduto.  

“Quando gli darai un nome?” chiese ridendo. 

“Ah, ridi?” chiese il ragazzo. “Allora si chiama Stiles” aggiunse poi ghignando.  

“Non sono per niente offeso. È un cucciolo tenerissimo quanto me” rispose Stiles con fare di sufficienza. Seth borbottò qualcosa che suonò come un “Certo, quando dormi”, poi si avviarono, sempre affiancati dal cane, verso casa del biondo.  

Ad accoglierli fu una splendida ragazza dai lineamenti asiatici, sempre rossa, e con un kimono nero ed elegante.  

“Salve, Misia!” salutò Stiles.  

“Salve, Stiles. Avete adottato un cucciolo?” chiese la donna.  

Seth sorpassò entrambi sbuffando, mentre Stiles rispose. “Nah, si è solo affezionato a Seth e lo segue da stamattina, ma lui lo odia.” 

“Buon per lui che per domani avrà dimenticato di essersi affezionato alla persona sbagliata” rispose Misia mentre si dirigeva in cucina.  

Stiles rimase nell'ingresso, con occhi spalancati e il respiro mozzato, a fissare il cane.  




Spero vi sia piaciuto.
Vi auguro un 2017 pieno zeppo di tutto ciò che desiderate e, soprattutto, pieno di felicità.

Blu.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Questo capitolo è per Michela. Che mi spinge a scrivere, nonostante io le procuri solo ansia.

 

Buona lettura!

 

 

Il cane, seduto sulle zampe, fissò Stiles di rimando mentre il ragazzo si abbassava sulle ginocchia per mettersi al suo livello.

“Ti ricordi di Seth?” chiese, “sei qui perché ti sei ricordato di averci visti l’altro giorno?”

Ovviamente il cucciolo continuò a scodinzolare felice, guardando Stiles e con la lingua penzoloni fuori dalla bocca.

“Ora, oltre ad essere il ragazzo che balla coi lupi, sei anche quello che parla con i cani?” la voce di Seth arrivò squillante dall’interno. Stiles accarezzò la testa dell’animale, facendolo entrare in cucina dietro di lui.

Seth gli rivolse uno sguardo interrogativo, mentre Stiles si abbassava ad afferrare il cucciolo per poi alzarglielo davanti alla faccia.

“Stiles, sei inquietante e devi allontanare quella bestia da me e dalla mia cucina” ringhiò quasi, ma il ragazzo continuo ad avvicinare il cane al suo volto. Cane che aveva preso ad abbaiare felice.

“Seth, guarda il cane e pensa.”

“Stiles, posa il cane e torna in te.”

Stiles appoggiò di nuovo l’animale sul pavimento, lasciandolo camminare libero. Lui fece solo qualche passo, fino a raggiungere le gambe di Seth e strusciarvicisi contro come se fosse un gatto che faceva le fusa.

“Pensa, Seth.”

Il biondo alternò lo sguardo tra il cane e Stiles almeno tre volte, poi guardò Misia che era entrata nella stanza, poi di nuovo il cane.

“Ma porca puttana!” esclamò infine.

“Esatto!” alzò i pugni al cielo Stiles, “e questo sai cosa significa, caro piccolo Seth?”

“Stiles, non fare l’inquietante. Significa che un cane non ha perso la memoria, quindi?”

“Quiiiindi” si avvicinò Stiles prendendogli il viso tra le mani e stringendogli le guance, “quindi gli animali non dimenticano!”

Seth si staccò da quel contatto spingendolo via.

“Non mi toccare e dimmi cosa diavolo sta passando in quello strano cervello!”

“Che animale è Derek Hale, Seth?” sorrise Stiles.

“Un lupo mannaro. Quindi?”

“Lupo. Animale!” fece ovvio.

“Animale, ma anche Scott lo è ed è scomparso. Non puoi far venire il tuo amore qui, Stiles” rispose quello con lo stesso tono, ma Stiles sorrise, uno dei suoi sorrisi più inquietanti e gli si mise a qualche centimetro dal volto.

“Ed è qui che ti sbagli. Derek è un lupo mannaro. Un vero, verissimo lupo mannaro!”

Seth lo guardò con occhi spalancati e, mentre Misia fece una specie di applauso entusiasta dicendo che magari potevano provarci, il biondo raggiunse il bancone e si lasciò andare su uno degli sgabelli. Stiles gli si avvicinò, stranito da quella reazione. Avevano una speranza, piccola, sì, ma una speranza. Dovevano solo dirlo a Derek e pregare che lui accettasse e che, nel caso lo facesse, non scomparisse appena varcato il confine di Beacon Hills. Ora cosa gli stava prendendo? Perché anche uno spirito millenario esultava e lui invece se ne stava seduto, con il capo abbassato e la testa tra le mani?

“Seth…?” provò ad avvicinarsi titubante.

“Non ci avevo pensato. Sono un idiota, non avevo calcolato questa opzione.”

Stiles gli poggiò una mano su un braccio. “Non fa nulla. Non sapevi nemmeno di Derek, lo sa solo il branco.”

“Non mi riferivo a lui, ma agli animali, dovevo pensarci” continuò a dire sembrando fuori di sé, ma alzandosi subito dopo, con lo sguardo risoluto fisso in quello di Stiles.

“Scusa, ma…ma ho una speranza di rivedere Ana e…e mi sono lasciato andare. Quando contattiamo il tuo lupo?”

Stiles si riscosse, stordito da quel cambio di atteggiamento, e gli sorrise, per poi ritornare serio.

“E smettila di dire che Derek è il mio ragazzo. E non è nemmeno il mio lupo!”

Seth lo sorpassò senza nemmeno rispondergli, afferrando il braccio di Misia e dirigendosi verso la biblioteca. Stiles li seguì.

“Toro, contatta il lupo” ordinò Seth, ricevendo un sopracciglio inarcato da parte di Stiles che si era seduto su un tappeto di fianco al cucciolo.

“Stiles, alzati.”

“Parli con me o con il cane?” gli chiese il ragazza, ma Seth gli afferrò un braccio obbligandolo a rialzarsi.

“Lei deve contattare Derek, io sono quello che sviene, perché mi strattoni?”

“Perché devi spiegarle cosa dirgli. Dubito che un mannaro che nasconde il suo essere lupo, possa accettare facilmente una cosa del genere rischiando, tra l’altro, di venire risucchiato chissà dove da una pianta mezza morta” spiegò.

Misia si mise subito in posizione, chiudendo gli occhi. “Derek è sveglio, ma posso osare e entrare nella sua mente” disse continuando a tenere le palpebre calate.

Stiles ci pensò qualche attimo. Aveva paura, fin troppa. Rischiava di perdere Derek nel caso lui avesse accettato e rischiava di litigarci e non ricevere più il suo aiuto nel caso contrario. Non voleva assolutamente metterlo in pericolo, ma doveva almeno provarci, ne valeva della vita di tante altre persone e Derek avrebbe capito. Forse, però, era proprio questo che lo spaventava, che Derek avrebbe capito e avrebbe accettato. Era sempre stato in prima linea per aiutare il branco e di sicuro non si sarebbe tirato indietro questa volta, ma non c’erano altre vie di fuga.

“Digli che i miei amici sono tutto ciò che, oltre a papà, mi è rimasto. Che Melissa ha solo Scott e che sta malissimo. Che stiamo tutti male. Piangi pure, se è necessario, ma cerca di convincerlo” sentenziò con gli occhi lucidi e la voce rotta.

Misia fece segno con una mano di fare silenzio, poi i due ragazzi chiusero gli occhi e, quando li riaprirono, c’era un altro Stiles nella biblioteca. Una sensazione di calore avvolse Stiles, come sempre. Passò almeno un minuto prima di sentire la voce di Derek.

“Tu sei pazzo.” Stiles annuì a quelle parole. Sì, sapeva di esserlo.

Il cane gli si accucciò di fianco quando prese a tremare e la voce di Derek rimbombò più alta nella stanza. “In forma di lupo?! Non ci penso nemmeno!”

Stiles affondò la mano nel pelo del cucciolo, cercando di rilassarsi, di non lasciarsi andare e cercare di ascoltare tutta la conversazione questa volta

“Mi stai paragonando ad un cane, Stilinski?” questa volta il tono era più…più da Derek. Così da Derek che Stiles sorride impercettibilmente, rilassandosi appena.

“Stiles, vi posso aiutare anche senza trasformarmi” una preghiera quasi. Irrealizzabile, purtroppo e Misia doveva averglielo spiegato e doveva aver già cominciato a sfoderare la carta della pietà.

“Lo so che siete il mio branco, ma… la trasformazione non so nemmeno se riesco a controllarla.”

“Sì, Stiles, ovvio che vi voglio aiutare!” questa era rabbia e Stiles rispose istintivamente.

“E allora perché non mi dimostri che ci sei? Che non sei sparito anche tu? Aiutaci, Derek!” urlò, sentendo poi la presa di Seth sul suo braccio, per dirgli di tacere. Misia doveva aver ripetuto le stesse parole, data la risposta urlata ed esasperata di Derek.

“Sono poco oltre i confini di Beacon Hills, deficiente! Credi che davvero, nonostante i dubbi, io fossi rimasto lontano da quel posto lasciandoti da solo? Ma ragioni quando parli?!”

E, ancora una volta, Stiles fu avvolto dal buio.

 

Ancora buio. Stiles era sicuro di aver aperto gli occhi, ma era tutto buio e stava cominciando a farsi prendere dal panico. Era su un letto, questo era certo, perché era morbido, sentiva le lenzuola e ora sentiva chiaramente il pavimento su cui era rotolato.

Una luce lo accecò all’improvviso.

“Tre ore? Davvero? Credevo stessi migliorando.” Seth avanzò nella camera da letto sorreggendo un bicchiere di quello che sembrava essere succo di frutta.

Stiles si rialzò, risedendosi sul materasso.

“Derek?” chiese, interessandosi poco di quanto fosse rimasto senza sensi.

“Misia ci ha parlato per altri pochi minuti dopo la tua scenata e la sua shoccante rivelazione che, a quanto pare, il tuo cuore non ha retto e ti ha fatto svenire come una donzella in pericolo.”

Stiles quasi ringhiò. “Seth, Derek?”

“Avete preso appuntamento per...” guardò l’orologio, “tra quindici minuti in realtà. Cominciavo a pensare di dover mandare l’Aatxe con la tua faccia e farlo inciampare ogni tre passi”.

Stiels si alzò di scatto, dovendo tenersi la tesa tra le mani per il movimento troppo brusco che gli aveva causato un capogiro. “Dove dobbiamo vederci? Hai fatto qualche ricerca? È in pericolo?”

“Calma, calma. Non sappiamo se succederà qualcosa e anche Derek lo sa. Comunque viene al confine di Beacon Hills dalla parte della radura. Credo dovremmo avvia-“ ma Stiles era già sulle scale, pronto per salire in auto.

Il viaggio fu breve, in cinque minuti, ignorando ogni segnale stradale, i due ragazzi furono nel luogo stabilito per l’incontro. Ormai era buio, il silenzio era interrotto solo dal verso di qualche animale in lontananza e cominciava a fare anche un po’ freddo. Scesero dalla Jeep e si avviarono al confine, impossibilitati dall’andare oltre, il paesaggio davanti sembrava sempre lo stesso nonostante loro avanzassero. Si sedettero, quindi, contro il tronco di un albero e aspettarono che l’ora arrivasse.

L’ora era arrivata, erano passati anche altri quindici minuti, ma di Derek nessun segno. La cosa cominciò a far angosciare Stiles; Seth aveva iniziato, invece, a fare avanti e indietro, agitato. Un rumore fece saltare entrambi per lo spavento e si girarono verso la direzione da cui era provenuto.

Rosso. Stiles vide solo rosso, sia per la rabbia e sia perché quella ragazza aveva davvero troppi capelli.

“Misia! Punto primo: dovevi restare a casa. Punto secondo: avvisa!” le urlò avvicinandosi a lei.

La ragazza sembròò davvero dispiaciuta, ma Stiles continuò ad urlarle contro, causa anche la sua frustrazione, fino a quando non sentì qualcosa contro il ginocchio e si girò di scatto.

“E no! Anche il cane n-“ le parole gli morirono in gola.

Nero. Un grosso lupo nero gli stava battendo con il muso contro una gamba, per richiamare la sua attenzione. Il ragazzo, però, sembrava essersi bloccato. Riuscì solo ad alzare lo sguardo verso Seth che aveva mormorato qualcosa che era sembrato un “e la principessa fu salvata dalla bestia”, poi si lasciò cadere sulle ginocchia.

Legare le braccia intorno al collo di quel grosso animale che avrebbe spaventato chiunque fu del tutto spontaneo. Così come lo fu lasciarsi andare ad un pianto liberatorio contro il suo pelo.

“Lo so, lo so” disse tra i singhiozzi, “dopo mi potrai sbranare, ma lasciami essere un attimo sentimentale, Sourwolf”.

Derek rimase fermo, Stiles era sicuro che lo stesse facendo più per altruismo che per altro, fino a quando lui non si calmò e si staccò di qualche centimetro, per guardarlo negli occhi.

“Ce l’hai davvero fatta” fu quasi un sussurro, ma Derek doveva averlo sentito, perché sbuffò dal naso. Stiles lo interpretò come un “avevi dubbi?” e quindi si rialzò sorridendo.

“Derek, loro sono Seth e Misia” disse indicando i due ragazzi. “Credo di doverti qualche spiegazione.”

 

Le spiegazioni del piano durarono più del previsto. Stiles mandò un messaggio a suo padre per dirgli che avrebbe fatto tardi, poi ritornò nella biblioteca di Seth. Derek era seduto sul divano, il muso sul bracciolo: aveva perso la sua posa da lupo serio dopo un’ora di racconti. Seth era ad una scrivania due libri aperti davanti, la testa appoggiata sul legno e lo sguardo stanco. Misia, invece, era seduta sul pavimento, che leggeva qualcosa.

Si erano accorti solo dopo le presentazioni della sacca che Derek teneva legata intorno al corpo. Dentro c’erano i libri che Deaton aveva detto a Stiles di cercare il primo giorno. Avevano cominciato a sfogliare qualche pagina, ma erano tutti troppo stanchi e il fatto che alcune cose fossero scritte in lingue sconosciute non aiutava.

Stiles si risedette sul divano, di fianco al lupo nero e sbuffò stanco. Derek si girò verso di lui, Stiles avrebbe giurato di averlo visto alzare un sopracciglio.

“Ragazzi, dobbiamo dormire” disse buttando il capo contro lo schienale del divano.

Seth mugugno qualcosa, aveva un tono affermativo, Misia si alzò avviandosi verso le scale, Derek continuò a guardarlo.

“Seth?” Altro verso incomprensibile.

“Se mi accascio qui, ti dispiace?”

“Stiles, taci e dormi dove vuoi o ti ammazzo” rispose il ragazzo senza nemmeno muoversi.

Un ringhio rimbombò nella stanza. Stiles si girò verso Derek che si era messo in una specie di posizione d’attacco e mostrava le zanne in direzione del biondo.

“Tranquillo, Sourwolf” gli disse cominciando a sdraiarsi sul divano, “Seth in fondo mi vuole bene” concluse chiudendo gli occhi e sentendo Derek muoversi. Era ormai quasi nel mondo dei sogni quando sentì qualcosa di caldo che gli si appoggiava sui piedi. Forse stava già sognando.

 

Ringhi. Anzi, no, ringhi e… qualcuno stava abbaiando? Stiles si svegliò malissimo, non gli piaceva svegliarsi in situazioni rumorose. Si asciugò la saliva dal mento, sperando che nessuno se ne fosse accorto e si stropicciò un occhio aprendolo appena. Quel gesto bastò per mostrargli la scena che si stava svolgendo al centro della biblioteca e che lo fece scattare a sedere.

Dal lato destro c’era Derek, zanne in mostra e occhi blu; a sinistra c’era il cane, quello che si era affezionato a Seth, che abbaiava senza sosta saltellando, ma senza avvicinarsi al lupo. Al centro c’era Seth: braccia incrociate, espressione scocciata e un sopracciglio che si inarcò in direzione di Stiles.

“Stiles, prenditi il tuo lupo e il tuo cane. Se cominciano anche a marcare il territorio, ti uccido.”

Stiles scoppiò a ridere rumorosamente. “Non ho un lupo e tantomeno un cane. Quello è tuo, gli hai dato anche un nome!”

“Si chiama come te ed è fastidioso come te. Magari vi capite” rispose il ragazzo uscendo dalla stanza, non prima di dire “se si azzarda a seguirmi, bloccalo!”

Ma il cane era già sulla scia di Seth, scodinzolando. Stiles rivolse il suo sguardo a Derek che ora se ne stava seduto composto, come se non fosse successo nulla.

“Ti prometto che questa storia di te che ringhi ad un cucciolo di cane non la dimenticherò mai.”

Derek gli ringhiò così forte che Stiles riprese a ridere. Si sentiva bene quella mattina, stava cominciando a pensare che ora, con Derek lì, le cose sarebbero andate finalmente bene.

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 

Buona lettura!

 

 

Stiles si rese conto di aver dimenticato di avvisare suo padre della presenza di Derek solo quando l’uomo bussò alla porta di casa di Seth. Quando se lo ritrovò davanti doveva avere un’espressione davvero strana, dato che suo padre gli chiese più volte se stesse bene. Dovette capire anche il motivo dell’espressione del figlio da solo, quando mise piede in caso e un lupo nero gli si avvicinò e alzò il muso come per salutarlo.

“Papà, ti ricordi di Derek Hale, vero?”

Ma forse lo sceriffo non era davvero pronto ad una rivelazione del genere, dato il mutismo che seguì le parole di Stiles per almeno un minuto. Il primo a muoversi fu proprio il lupo, che fece un paio di passi verso John, mettendosi davanti a Stiles tra di loro, e gli afferrò una gamba dei pantaloni tra le zanne, trascinandolo verso la biblioteca. Nello stesso momento, Seth scese le scale e si avvicinò a Stiles.

“Il tuo lupo sta già giocando con tuo padre?” sussurrò, ma Stiles gli diede una gomitata nelle costole, senza pentirsene quando sentì il lamento uscire dalle labbra del biondo.

Stiles impiegò almeno un’ora per spiegare a suo padre cosa ci facesse lì Derek e come fosse arrivato lì e cosa avevano scoperto dai libri che aveva portato con sé, omettendo qualcosa qui e lì. Lo sceriffo si passò un paio di volte le mani tra i capelli, si alzò per camminare avanti e indietro nella stanza e chiese fin troppe spiegazioni, ma alla fine si risedette, di fianco allo Stiles cane che si era acciambellato sul divano, e parlò accarezzando il cucciolo.

“Lui è Derek Hale che è entrato qui da lupo, rischiando di farsi rapire dal Nemeton; ha portato con sé i libri di sua madre e non può tornare umano. Dio, Stiles!”

A risponde allo sceriffo fu, stranamente, Seth.

“Signore, come le abbiamo detto l'altro giorno, stiamo cercando di fare di tutto, nei limiti del possibile, per riportare qui le persone scomparse. Sappiamo che tutto le suona assurdo, ma avere questi volumi potrebbe aiutarci davvero. Ci sono alcuni rituali che potrebbero riportare qui Scott e gli altri, dobbiamo solo studiarli a fondo.”

Lo sceriffo sembrò pensarci su, poi fece la domanda che Stiles stava aspettando.

“Lo diremo questo a Deaton?” chiese indicando Derek sull'altro divano.

Stiles non ne aveva ancora parlato con Seth. Ma il suo sguardo era molto eloquente.

“Papà, credo che potremmo dirglielo se funziona. Non credo la prenderebbe bene se gli dicessimo che ci siamo immischiati nei suoi affari da druido e poi nemmeno ci riuscissimo” spiegò per poi aggiungere con il suo migliore sguardo da cucciolo “ti fidi di me?”

 

Quando suo padre se ne andò, Stiles si accasciò sul divano di fianco a Seth, mentre il cane cercava di farsi spazio tra loro due.

“Odio questa bestia!” sbuffò il biondo mentre il cucciolo gli si stava sistemando addosso.

“Dai, lui ti adora” sorrise Stiles, per poi guardarsi intorno. “Misia dov-“

“ECCOMI!” urlò una ragazza alta, magra, rossa e con una pelle di porcellana scendendo le scale. Le urla, però, sembravano aver infastidito Stiles cane e anche Derek, che avevano preso a ringhiare all’unisono verso quel rumore molesto.

“Ehi, ehi, calma cuccioli” trillò la ragazza passando una mano sulla testa di Derek e innervosendolo ancora di più. Stiles decise che doveva intervenire, prima che il lupo sbranasse il toro.

“Misia, ti cercavamo per chiederti di tradurci quel passo del libro sul rituale.”

“Certo!”

La ragazza si sedette alla scrivania su cui era aperto il volume e sembrò immergersi nella lettura. Avevano trovato quel paragrafo la sera prima, l'aveva trovato Seth, ma era troppo stanco e aveva detto a tutti di aver forse trovato qualcosa solo quella mattina. Era scritto in una qualche lingua antica, forse qualche parola era anche in latino, ma mentre stavano cercando di capirne qualcosa era arrivato lo sceriffo.

Di fianco al paragrafo era disegnato un grosso albero, il Nemeton, dato che almeno quella parola erano riusciti a capirla e, alla sua base era seduto un lupo, come se gli stesse facendo la guardia. Il lupo aveva poi, tra le zampe, delle catene, ma non gli erano avvolte intorno alle zampe.

Stiles stava passeggiando, guardando i titoli dei numerosissimi libri sugli alti scaffali, quando Misia cominciò a leggere ad alta voce.

“Uno il tronco

Uno il padrone.

Uno il servo

Uno il custode.

Dalla forza trae forza, dalla protezione prende protezione.

Se manca una o manca l'altra, il tronco attua la sua ribellione.”

Stiles pensò, ancora rapito da quelle parole, che erano ancora più complicate delle predizioni di Greta, ma Seth lo distrasse dai suoi pensieri.

“Io non sopporto gli indovinelli. Cosa cazzo significa? Non c'è altro?”

“Sì, spiega qualcosina. Continuo?” chiese Misia, che continuò la lettura dopo un cenno di assenso dei tre.

Il Nemeton necessita dei suoi custodi, i lupi che hanno sempre vissuto nel territorio che l’albero protegge”

 

Stiles guardò istintivamente verso Derek. Il lupo, però, era concentrato sull’Aatxe.

“Quando i suoi custodi abbandonano la…terra, il Nemeton perde forza e protezione. I custodi sono servi dell'albero, ma non sono incatenati ad esso. Accettano le conseguenze del loro allontanamento. Il Nemeton cercherà nuova forza e nuova protezione. Ecco! Qui parla dei vostri amici. Cioè di chi viene rapito!

Ogni essere sovrannaturale è fonte di forza, solo i membri della famiglia protettrice, però, sono custodi. Il Nemeton cercherà di attrarre verso di sé più forza possibile, fino a quando un custode non tornerà.”

“E poi?” chiese Stiles che ormai fremeva quasi. Se tutto era come aveva capito, un custode era tornato. Derek era lì.

“E poi parla del rituale. Un custode per una forza, dice.”

“Nel senso che con Derek qui, possiamo portare indietro una delle persone scomparse?” questa volta i dubbi erano di Seth.

“Sì, sembra sia così.”

Stiles si sentì sollevato e guardò di nuovo Derek, ma ebbe una specie di illuminazione.

“Quindi Derek può trasformarsi? E, soprattutto, ci servono altri Hale per portare tutti indietro. Ma…ma c’è solo Cora.”

Il ringhio di Derek ruppe il silenzio appena Stiles fece il nome di sua sorella. Ed aveva ragione, il ragazzo sapeva che Derek non avrebbe mai messo in pericolo sua sorella.

“C’è anche Peter, ma non sappiamo dove sia” suggerì quindi.

“Qui parla anche dei casi in cui i custodi siano morti o se siano in numero inferiore rispetto alla forza.”

Stiles si risedette, Seth fece segno a Misia di proseguire.

Solo una forza che è allo stesso tempo distruttrice e protettrice può ricompensare il Nemeton. Solo una protezione che è forza pura, può ricompensare il Nemeton. In ogni famiglia di custodi succede una volta ogni due generazioni.”

E cosa sarebbe?” chiese Seth dando voce ai pensieri di Stiles.

“Non lo dice, ma c'è un'altra illustrazione” rispose Misia girando il libro verso di loro. Derek si avvicinò e per poco non ringhiò di nuovo, ma Stiles non ne capiva il motivo.

L'immagine rappresentava di nuovo il Nemeton, solo che ai suoi piedi questa volta non c’era il lupo dell'altra figura, ma due esseri umani che si stringevano una mano, mentre l'altra la tenevano appoggiata sul tronco. Le catene c’erano ancora e come prima non erano chiuse, ma avvolgevano i piedi di entrambe le persone.

Stiles non sapeva cosa pensare. Non c’erano altre descrizioni, nessuna spiegazione a quelle parole e a quella immagine. Forse bastavano Derek e Cora e il loro legame fraterno? Forse dovevano perdere le speranze? Anche gli altri sembravano sommersi da quei dubbi, tranne Derek che aveva preso a camminare avanti e indietro sul tappeto. A Stiles sembrò preoccupato, nonostante non potesse parlare, la sua espressione era molto eloquente. Poteva vedere le sopracciglia aggrottate come se fosse il Derek umano.

Quella situazione era complicata, molto, ma dovevano tentare a riportare almeno qualcuno indietro e sperare che il Nemeton non attirasse altri esseri sovrannaturali.

“Misia, come possiamo portare qualcuno indietro?” chiese quindi.

“Ecco qui. Praticamente dobbiamo andare lì con uno dei custodi ritornato in patria, farsi riconoscere versando il sangue sul tronc-“

“SANGUE?” perché doveva esserci sempre qualcosa di macabro e doloroso?

“Si, piccolo Stiles, sangue. In questo caso sangue suo, suppongo” indicò Derek che si era fermato di nuovo, e sembrava… deciso.

“Okay, prima di dissanguare qualcuno, mi dite quanto sangue serve?” chiese Stiles quasi nel panico.

Misia abbassò di nuovo lo sguardo verso il volume e Stiles aspettò appoggiando i gomiti sulle ginocchia e tenendosi il capo tra le mani. Gli faceva schifo la vista del sangue; finché si trattava dei film splatter andava bene, ma se era quello di persone che conosceva, se doveva assistere anche alla scena, proprio non andava bene.

Un colpo al ginocchio gli fece rialzare la testa. Derek gli si era seduto davanti, guardandolo fisso negli occhi, mentre, al limite del suo campo visivo, vide Seth avvicinarsi a Misia.

“Sourwolf, no.”

Derek gli diede un altro colpo al ginocchio, ringhiando appena senza mostrare le zanne.

“So che ti sacrificheresti, ma no. Non ti dissanguerai!” continuò guardandolo fisso.

Derek fece un altro passo, colpendolo con il muso sulla fronte questa volta.

“Ehi, mi fai male!” si lamentò massaggiandosi la parte colpita. Gli sembrò vedere Derek alzare un sopracciglio. Forse se lo era immaginato, ma sapeva cosa voleva dire.

“Hai ragione, lo farei anch'io, ma…No, non lo fara-“

“Basta piccioncini, nessuno perderà litri di sangue!” lo interruppe Seth. “Qui non parla di fiumi rossi, credo basti una goccia sul tronco o qualcosa del genere, basta che testimoni che quello lì” indicò Derek “sia un Hale, un custode e tutte quelle cose lì. Riavremo qualcuno indietro”.

Stiles appoggiò testa contro lo schienale, sentendosi sollevato, anche solo un po'. Poi si alzò, con un nuovo spirito e si rivolse a tutti.

“Andiamo a fare il culo al Nemeton, allora e riprendiamoci uno dei nostri amici!”

Gli unici ad esultare con lui furono il cane e Misia, ma non si aspettava nulla di diverso. Seth, però si sedette sul tavolo.

“Io resto qui.”

“Cosa? E se tornasse tua sorella?” chiese Stiles avvicinandosi.

“E se non fosse lei? Se fosse uno dei tuoi amici o qualcuno che non conosciamo?” chiese. “Andate voi due, Stiles, io non riuscirei a vedervi gioire o a vedere che non si tratta di Ana. Non credo sarete in peric-“

Stiles si spinse fin troppo istintivamente ad abbracciarlo, pentendosene il secondo dopo, ma rimase stupito quando Seth appoggiò la testa sulla sua spalla e ricambiò la stretta.

“Sarò felice per te se sarà uno dei tuoi amici.”

“E io ti porterò subito Ana qui, se sarà lei.”

 

Nonostante fosse stato imbarazzante sciogliere quell'abbraccio, Stiles si era sentito bene dopo aver compiuto quel gesto. Avevano gli stessi problemi lui e Seth in quel momento ed erano due ragazzi cresciuti in fretta. Riuscì anche a scherzarci prima di uscire di casa, lasciandogli l'altro Stiles a fare la guardia.

Lui, Misia e Derek arrivarono al Nemeton in dieci minuti. Nulla era cambiato in quel posto, era ancjey uguale ai disegni del libro, solo che il tronco era tagliato alla base. Si avvicinarono, Stiles tra i due e Derek che camminava sicuro davanti. Quando il lupo raggiunse il tronco, si girò verso di loro, intimandogli coon lo sguardo di .fermarsi e si sedette di fronte al Nemeton.

Stiles non ebbe nemmeno il tempo di chiedergli cosa avesse intenzione di fare, non ne avevano nemmeno parlato, ma Derek aprì la bocca, affondando le zanne su una delle zampe anteriori. Stiles fece un passo verso di lui, ma Misia gli afferrò un braccio trattenendolo.

Derek allungò la zampa appoggiandola sul tronco e Stiles poté vedere una macchia rosso scuro sporcare il legno. Il cuore prese a martellargli furiosamente nel petto, ma gli si bloccò insieme al respiro quando una luce avvolse Derek e il Nemeton.

Non riusciva a vedere nulla, faceva male agli occhi ed era troppo bianca, ma durò pochi secondi. Stiles si rese conto di aver urlato forte il nome di Derek solo quando sentì la gola bruciare appena la luce si spense.

Sul Nemeton, sdraiato, c'era un corpo che Stiles non riuscì a riconoscere a distanza, ma sull'erba c'era Derek acciambellato che si leccava una zampa.

Questa volta Misia non riuscì a trattenerlo e Stiles in poche falcate raggiunse il lupo, abbassandosi alla sua altezza per controllare la ferita. Non era profonda e quasi non sanguinava più, ma si strappò comunque un pezzo di camicia per avvolgergliela intorno. Derek, stranamente docile, lo lasciò fare fino a quando la stoffa non fu ben stretta, poi Stiles alzò lo sguardo verso di lui.

“Bravo, Sourwolf, ma la prossima volta avvisa. Fa un ringhio, scrivi con la zampa sul terreno, ma non morderti all'improvviso, okay?”

Derek, in tutta risposta, gli ringhiò a un centimetro dal naso, facendolo sorridere.

“Cos’è questo posto? Dov'è finito il mio letto con il baldacchino? Non ero in campeggio!”

Stiles si bloccò con il sorriso sulle labbra e si rialzò guardando la persona che ora era seduta al centro del tronco tagliato. Si lanciò forse con troppo entusiasmo, sbattendo con le ginocchia contro la corteccia e facendosi male, ma se ne fregò.

“Bentornato, mezzo lupo!” urlò stringendo Elìas che si lamentò per quella stranezza.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Mi dispiace enormemente per l’altrettanto enorme ritardo, non me lo perdonerò mai!

Spero di avervi ripagato l’attesa almeno in minima parte e vi chiedo scusa anche per i probabili errori, è stato corretto in fretta, perché avevo pochissimo tempo per finire il capitolo e pubblicarlo.

Buona lettura!

 

 

Stiles aiutò Elìas a scendere dal Nemeton anche se lui sbraitava di non averne bisogno e lo affiancò fino a quando non lo vide seduto comodo sul divano di casa di Seth. Seth che se ne stava appoggiato con i fianchi al bancone della cucina quando Stiles lo raggiunse, lasciando gli altri in biblioteca.

“Stai bene?” gli chiese bloccandosi ad un metro da lui.

Seth non rispose, tenendo lo sguardo basso. Stiles avanzò di un altro passo, abbassandosi per guardare il viso del ragazzo da dotto il ciuffo biondo che gli ricopriva gli occhi. Seth sbuffò, sembrando infastidito da quella insistenza, ma non si spostò, alzò solo la testa.

“C’erano probabilità più basse che fosse lei, no? I tuoi amici sono di più.”

Stiles annuì in risposta, infilandosi le mani in tasca e dondolando in silenzio sul posto. Stava per abbracciare di nuovo quel ragazzo che gli sembrava tanto fragile, quando qualcosa gli toccò le gambe.

“Ehi, Derek, cosa succede?” chiese sivolgendosi al lupo nero che, in risposta, si girò andando di nuovo verso la biblioteca. Stiles lo seguì, seguito a sua volta da Seth e dal cane che nel frattempo si era acciambellato ai piedi del biondo, e si sedette di fianco ad Elìas.

“Questa fanciulla mi ha detto cosa sta succedendo. Confermi?” chiese il mezzo lupo. Stiles annuì.

“Quindi io non ho dormito, ma sono stto in qualche posto sconosciuto?”

Stiles annuì ancora una volta.

“Non ricordi nulla? Nemmeno di aver sognato qualcosa?” chiese Seth, avvicinandosi, ma tenendo un tono calmo.

“No. Cioè, ricordo di aver sognato un posto bianco, totalmente bianco, ma nient’altro”, spiegò Elìas, mettendosi comodo sul divano, appoggiando i piedi sul grembo di Stiles, che, a sua volta, si era già girato verso Derek, guardandolo fisso negli occhi. Il grosso lupo nero fece un cenno, un breve cenno di assenso. Stiles sapeva che si erano capiti: il posto che aveva visto il suo amico era il Nemeton, lo stesso posto in cui era rimasto intrappolato Stiles quando era stato posseduto dal Nemeton. Aveva raccontato a Derek di quello che lui credeva fosse un sogno solo un anno dopo la fine di quegli avvenimenti, mentre era al loft aspettando che Scott passasse a prenderlo perché la Jeep aveva deciso di lasciarlo a piedi e pioveva a dirotto. Derek lo aveva ascoltato, con espressione seria, poi gli aveva detto che anche lui aveva sognato un posto del genere una volta, solo una volta, la notte dopo aver lasciato Paige lì. Erano arrivati alla colclusione che quello fosse il modo in cui il Neeton si  era deciso di presentarsi a loro, ma nulla di più e non ne avevano più parlato.

Stiles non aveva idea se ora, dopo il racconto di Elìas, quel post fosse ancora una semplice proiezione mentale e i suoi amici fossero in qualche altro luogo fisico in pericolo, o se quel luogo asettico esistesse davvero. Avevano un solo modo per scoprirlo e Stiles si meravoglio per non averci pensato prima. Guardò ancora una volta Derek che si era seduto all’altro lato della stanza, lo vide annuire ancora e, consapevole che il lupo avesse capito, parlò.

“Dobbiamo scendere sotto il Nemeton. So che dovrebbe essere tutto distrutto, ma dobbiamo almeno provarci e controllare che i corpi di tutti non siano lì.”

“Andiamo” esclamò Seth, afferrando un braccio di Stiles, ma quast’ultimo fu praticamente sbalzato via, mentre Elìas sbatteva il sedere contro il pavimento, da un Derek ringhiante. Stiles osservò sbalordito la scena: Elìas che si guardava intorno per capire cosa fosse successo; l’Aatxe che accarezzava distrattamente il cane, come se non gli interessasse l’origine del trambusto; e Derek con tutte e quattro le zampe su Seth, che gli ringhiava a mezzo centimetro dalla faccia.

“Stiles! Riprenditi il tuo lupo, porca puttana!” urlò il biondo, cercando di spostare il peso del lupo dal suo stomaco, ma con scarsi risultati.

Stiles si riscosse, cercando di capire cosa fosse successo e richiamando Derek, ma tutto quello che ottenne fu un ringhio rivolto anche nella sua direzione.

“Okay, okay, forse ho capito” disse alzando le mani in segno di pace, “Derek, non vuoi che ci avventuriamo lì sotto senza essere preparati, senza essere dei grossi lupi come te e tutto il resto?” chiese, ricevendo in risposta unn altro ringhio, probabilmente per il tono da presa in giro. Derek sembrò poi calmarsi, come se stesse pensando, poi liberò Seth dal suo peso, spostandosi verso Stiles, mettendosi esattamente davanti al ragazzo e dandogli le spalle. Un ringhio ancora più forte salì dalla sua gola, ma Stiles davvero non capiva cosa volesse dire.

“Stiles, da lupo, ti spiego” esordì Elìas, rialzandosi e battendo le mani sui vestiti per ripulirsi. “Il lupo, sta cercando semplicemente di dirti che noi possiamo fare quello che ci pare, ma tu non vai da nessuna parte. È in posizione di difesa, non vuole che tu ti metta in pericolo. Prova a fare un passo e potrebbe staccarti una mano.”

Stiles abbassò lo sguardo verso Derek, trovandolo ancora nella stessa posizione e sentendo ancora il profondo e continuo ringhio. Guardò poi Seth, che aveva un’espressione tra il divertito e l’inorridito e provò a fare un passo nella sua direzione. Mai mossa fu più stupida, perché, senza nemmeno rendersene conto, aveva sbattuto il sedere sul pavimento, ritrovandosi Derek addosso e un ringhio assordante nelle orecchie.

“Cristo, Sourwolf! Così mi fai male! Come credi che possiamo aiutare i nostri amici, eh? Cosa faccio? Mando solo Seth e quel toro magico a trovarli? Io resto qui a ricamare aspettando il loro ritorno?!”

Altro ringhio.

“Okay, capisco che magari da lupo tu abbia istinti di protezione più sviluppati, che forse mi senti ancora parte del tuo branco, ma devo trovare Scott, Lydia, kira e tutti gli altri. Ti prego” cercò di chiedere in tono diverso.

Sembrò funzionare, perché il ringhio si abbassò lentamente, trasformandosi quasi in un uggiolio, fino a quando il lupo smise anche di mostrare i denti e si abbassò…sdraiandosi su Stiles. Stiles che si pietrificò non appena sentì il muso del lupo nella piega del suo collo.

“Dio, siete così-“ cominciò Misia, ma Seth la interruppe “disgustosi!”.

Il contatto durò solo qualche secondo, Derek si rialzò, si avvicinò ad uno scaffale ed indicò un libro con una zampa, guardando poi Elìas. Forse il mezzo lupo gli stava simpatico, pensò Stiles.

Metodi di difesa contro il sovrannaturale. Parte uno” lesse, portando il libro a Stiles che nel frattempo si era rialzato. “Credo che voglia che lo legga tu, umano.”

“Sul serio, Derek? Credi che io non sappia già tutto quello che devo sapere? Ho passato mooolto tempo con Deaton e mi sono anche allenato mentre non c’er-“ iniziò a dire, puntandogli un indice contro, ma il lupo con un balzo gli fu addosso, puntando diritto al suo collo con le fauci aperte. Solo che Stiles se lo aspettava e, prima che riuscisse ad avvicinare le zanne alla sua giugulare, afferrò qualcosa dalla tasca, buttandolo sul muso del lupo. Derek si bloccò immediatamente, arretrando velocemente e rifugiandosi dietro uno scaffale. Stiles si spaventò, non gli aveva lanciato nulla di così nocivo, voleva solo dimostrargli che sapeva cavarsela.

“Va’ da lui, giovane uomano” gli ordinò Elìas, scuotendolo.

Il ragazzo raggiunse Derek, trovandolo acciambellato su se stesso, con la coda sugli occhi.

“Passerà tra un minuto, non pensavo facesse così male, scusa” disse accovacciandosi all’altezza del lupo che non diede segno di volersi muovere. Gli aveva solo offuscato la vista con una specie di strozzalupo non mortalmente velenosa, Derek avrebbe dovuto vedere annebbiato per un po’, serviva per distrarre il nemico e scappare; Stiles non pensava avrebbe potuto reagire in quel modo. Dopo qualche secondo, Derek si decise a spostare la coda e ad alzare lo sguardo verso di lui, uno sguardo…ferito. Stiles non avrebbe saputo descriverlo in altor modo: Derek sembrava triste, deluso anche, ma non capiva perché. Si azzardò ad allungare una mano fino a sfiorare il pelo sulla sua testa, senza fare movimenti bruschi e facendogli capire di non avere nulla tra le mani, anche se Derek saeva sicuramente che non voleva fargli del male. Rimase qualche secondo fermo con la mano affondata nel folto pelo, poi, come un flash, gli vennero in mente delle parole pronunciate da Peter anni prima.

“…ci dissero che non poterono scappare dalle fiamme perché i cacciatori avevano lanciato dello strozzalupo che li aveva momentaneamente accecati. Io, per fortuna, ero vicino all’ingresso.”

“Cazzo! Mi-mi dispiace. Mi dispiace, Derek!” Mormorò, sull’orlo delle lacrime, avvicinandosi ancora di più e avvolgendo il lupo tra le sua braccia. Sentì Derek irrigidirsi e rilassarsi dopo un minuto, avvertendo poi la sua morbida coda avvolgergli un fianco, come se stesse ricambianco l’abbraccio.

“Non volevo farti vivere quello che hanno vissuto loro, ma solo dimostrarti che ce la posso fare, che possiamo farcela insieme, senza che io rimanga dietro le quinte” gli disse avvicinandosi ad un suo orecchio. Derek, in risposta, ringhiò piano, per poi annuire impercettibilmente.

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Il piano fu preparato in tre ore.

Il primo a scendere sotto il Nemeton, se l’entrata fosse stata ancora libera, sarebbe stato, ovviamente, Derek. Dopo di lui ci sarebbe stata Misia, anzi, Artemis, con le sembianze di un omone muscoloso che aveva mostrato a tutti senza preavviso come suo solito. Dopo di lui, ci sarebbe stato Elìas che non ne aveva voluto sapere di rimanere a casa, seguito da Stiles e a chiudere la fila ci sarebbe stato Seth che avrebbe segnato la strada con del gesso rosso, per sapere come fare epr tornare indietro. Si era inizialmente rifiutato quando Stiles gli aveva detto “Tu sarai il nostro Pollicino”, ma poi aveva capito e accettato dicendo al ragazzo “Devo per forza farlo io, tu sbaglieresti e ci faresti rimanere lì sotto fino alla fine dei nostri giorni”.

Decisero che sarebbero partiti il giorno dopo, in mattinata e dopo aver riposato, quindi ognuno aveva annuito e si erano divisi. Elìas aveva detto di voler tornare a casa sua, di voler fare un bagno nella sua vasca con idromassaggio e nessuno si era sentito di vietarglielo. Solo Stiles gli aveva detto di chiamare prima di mettersi a letto, giusto per sapere se era tutto okay. Misia era uscita, con le sembianze di una ragazza alta, ovviamente rossa, e poco vestita. Derek era seduto fuori la porta di ingresso, immerso in chissa quali pensieri e scrutava il buio. Stiles aveva chiamato suo padre, gli aveva detto che si sarebbero visti la sera dopo per raccontargli le ultime novità, ma che era troppoo stanco per farlo in quel momento, poi aveva chiuso la telefonata e si era seduto in cucina, sullo sgabello di fianco a Seth che reggeva una tazza fumante.

“Non riesci a dormire?” gli chiese. La risposta fu un laconico “Mh”, che però non diede soddisfazione al ragazzo.

“La troveremo, Seth, te lo prometto. Proveremo a fare di nuovo quello che abbiamo fato stamattina e tornerà come ha fatto Elìas.”

Il biondo annuì, con poca convinzione, per poi poggiare la tazza sul bancone e girarsi verso Stiles.

“Non sarà così” affermò con tono quasi rassegnato.

“Perché?” chiese il figlio dello sceriffo.

“La ferita di Derek non si è chiusa ancora del tutto” spiegò. “Non l’hai notato?” aggiunse poi allo sguardo stranito di Stiles che fece segno di no col capo.

“Ovvio, quando lo guardi cerca di sembrare il grande lupo forte, ma ogni tano se lalecca ancora” spiegò ancora, ma Stiles si stava già alzando per uscire sul portico, ma il biondo lo afferrò. “Lascialo stare, non vorrebbe che tu lo sapessi, vuole proteggerti. E poi sono convinto che sta solo impiegando più tempo, ma sta guarendo. Non sta perdendo sangue sul mio parquet e la ferita era profonda.”

Stiles si risedette. Seth aveva ragione, Derek aveva perso sanggue quella mattina e ora non ne vedeva in giro, ma aveva comunque una ferita che doveva essere curata.

“Resta qui, Stiles.”

Stiles guardò Seth, guardò il suo sguardo quasi implorante, sofferente, e si arrese. Avrebbe sicuramente parlato con Derek a riguardo, preoccupandosi di rimproverarlo per quell’atteggiamento da stupido, ma ora c’era qualcun altro che sembrava stare molto peggio. Annuì piano, afferrando la teiera e versando dell’altra tisana nella tazza di fronte al biondo, per poi berne un lungo sorso.

“Ehi! Quella è la mia tazza, che schifo!” disse oltraggiato il ragazzo, ma Stiles ocntinuò a sorseggiare la bevanda calda, chiudendo anche gli occhi. “Stilinski, posa subito la mia tazza!”

“Tieni” disse, allungando la tazza ormai vuota al ragazzo che in tutta risposta gli fece una linguaccia poco matura. Stiles scoppiò in una risata, alla vista dell’espressione buffa, allungandosi e abbracciando il ragazzo di fronte a sé, fregandosene del suo rapporto con il contatto umano e delle sue spinte per allontanarsi. Lo abbracciò fino a quando Seth non si rilassò e, titubante, gli cinse le spalle con entrambe le braccia. Lo fece piano, senza stringere, ma per Stiles era giàun grande passo in avanti. Rimasero in quella posizione solo per pochi sencondi, fino a quando il biondo si alzò, mormorò un “Vado a letto che domani abbiamo da fare” e si avviò verso le scale, seguito dal cane che gli trottorellò dietro. Stiles osservò l’arco di ingresso della cucina per qualche secondo, perso nei pensieri, fino a quando non entrò il grosso lupo nero.

“Ehi, Sourwolf” lo accolse, scendendo dallo sgabello e avvicinandoglisi.

Derek avanzò fino a trovarsi di fronte ai suoi piedi, alzando lo sguardo nel suo, rimanendo fermo. Stiles lo fissò per almeno un minuto, senza pensare, guardando solo i suoi occhi verdi, i suoi occhi da umano. Si riscosse solo quando il lupo avanzò ancora, alzando una zampa su una sua gamba e uggiolando piano. Solo in quel momento Stiles si accorse di essere scosso dai singhiozzi e si abbassò sulle ginocchia.

Abbracciò Derek in modo disperato, affondando il volto nel suo pelo, tirando su col naso e non riuscendo a calmarsi. Sentiva il muso di Derek muoversi come se lo stesse accarezzando, come se volesse confortarlo in qualche modo.

“Pe-perché ci succedono semrpe queste cose brutte, Derek?” chiese, senza ottenere risposta, ma senza nemmeno pretenderla. A Derek erano accadute cose ben peggiori senza motivazioni logiche.

Si beò di quel conforto e di quel calore a lungo, inginocchiato sul pavimento freddo, con le ginocchia indolenzite. Si lasciò cullare dal respiro calmo del lupo fino a regolarne iil suo sullo stesso ritmo, fino a quando i singhiozzi scemarono e anche Derek sembrò camlare le sue carezze. Alzò il viso solo quando lo richiamò un ringhio; guardò il lupo negli occhi e questi gli afferrò un lembo della t-shirt. Stiles lo seguì, rialzandosi, si lasciò afferrare i jeans tra i denti e si lasciò condurre, trrovandosi di fronte alla sua Jeep.

“Sì, andiamo a casa” disse, aprendo lo sportello e lasciando balzare Derek su quello del passeggero.

 

Casa Stilinski era immersa nel buio, lo sceriffo doveva essere ancora a lavoro e Stiles fece le scale fino alla sua camera senza accendere nemmeno al luce, seguito da Derek. Si lasciò cadere sul letto come un peso morto, aspettandosi di sentire il lupo sdraiarsi al suo fianco, ma nulla si mosse. Alzò quindi la testa dal cuscino, trovandolo sulla soglia della porta, come se stesse facendo ancora la guardia.

“Salta su, Derek, devi dormire anche tu” gli disse, battendo una mano sul materasso.

Derek, dopo un secondo di titubanza, avanzò piano, come se gli stesse dando la possibilità di cambiare idea, ma Stiles si spostò facendogli spazio, girandosi su un fianco. Derek balzò elegantemente sul letto, stendendosi al suo fianco e girando il muso verso di lui, come fosse in attesa.

“Oh, al diavolo!” esclamò Stiles a se stesso, prima di farsi avanti e abbracciare il lupo, abbracciare Derek, e rilassarsi finalmente e dormire un sonno senza sogni.

 

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Quando si svegliò il mattino seguente, Stiles si sentiva  riposato come mai gli era successo prima. Non aveva dolori, non si era svegliato durante la notte e non aveva avuto incubi. Aveva riposat-

“SMETTILA DI RINGHIARE E FACCI ENTRARE!”

Ma ogni cosa bella aveva una fine. Quella che arrivò da corridoio era la voce di Seth, quello che ringhiava era Derek, quello che uggiolava era il cane e lo sbuffo era sicuramente Elìas.

Stiles guardò la sveglia e saltò dal letto spalancando la porta e ritrovandosi tutti davanti.

“Cazzo, ma è tardissimo!” urlò, facendo tacere momentaneamente tutti.

“Già” rispose Seth, “ma il tuo lupo ci ha vietato di svegliarti! Stavi facendo il bello addormentato! Ora muovi il culo, vestiti e scendi!”.

Stiles si rifiutò di continuare ad assistere a quel teatrino, si chiuse in bagno e ne uscì due minuti dopo, vestito e profumato. Gli altri erano già in giardino, pronti.

“Eccomi, chi viene con me?”

“Io e il lupo, loro due prendono la macchina del vampiro” spiegò Seth, aprendo la portiera del sedile passeggero della Jeep e sedendosi. Stiles aprì la sua, lasciando entrare Derek che, ne era sicuro, aveva sbattuto la sua coda sul naso di Seth di proposito, ma nessuno disse nulla e decise di tacere a sua volta.

Quesa volta impiegarono poco a trovare il Nemeton e riuscirono ad arrivarci anche con le auto, pargheggiandole poco lontano, in caso ne avessero avuto bisogno per scappare.

Stiles aveva preso con sé tutte le sue erbe e qualche pugnale, anche se qusti preferiva non usarli, non ne era ancora propriamente capace, e aveva passato qualche bustina piena di strane sostanze anche a Seth, dicendogli che in caso di pericolo non gli serviva sapere cosa fossero, doveva lanciarle in aria e scappare.

Quando tutto fu pronto, si avvicinarono al tronco, cercando, e trovandola subito con l’aiuto del fiuto di Derek, la piccola entrata scavata nel terreno. Derek si girò aguardarlo, ignorando gli altri presenti e, quando Stiles annuì, avanzò per primo, abbassandosi e sgusciando dentro la buca. Stiles, dopo aver visto gli altri due abbassarsi e strisciare, fece lo stesso, accovacciandosi e sentendo, poco prima di sparire totalmente nel buio, una presa sulla cavglia sinistra. Una stretta leggera seguita da un “Ci sono”, come se Seth volesse rassicurarlo. Appena anche il suo piede fu dentro, Stiles si sentì come sulle montagne russe, scivolando velocemente e senza freni verso il vuoto, sbattendo poi con la faccia su qualcosa di morbido.

“Giovane umani, mi stai schiacciando il fondoschiena, spostati!” sentì urlare Elìas.

Stiles rotolò su se stesso e, prima di lasciarsi prendere dal panico, una torcia si accese, subito dopo un tonfo.

“vedo che sono l’unico genio che ha pensato di accendere la luce!” esclamò Seth, scrollandosi la terra dai pantaloni.

Stiles stava per rispondergli che stava sol ocercando di riprendersi dal tunnel della morte, ma qualcosa contro le sue ginocchia gli fece abbassare lo sguardo. Derek gli stava battendo il muso contro le gambe.

“Nemmeno un graffio, Sourwolf” lo rassicurò Stiles, capendo subito cosa stesse cercando di chiedergli e vedendolo tornare alla testa di quella strana spedizione, non dopo avergli lanciato un altro sguardo, illuminando gli occhi di blu, per vedere nel buio davanti a sé.

Stiles non pensava che quella specie di sotterraneo potesse esser così grande: stavano camminando già da almeno dieci minuti e per il momento avvano visto solo radici, qualche insetto e tanta polvere. Stava per girarsi verso seth per chiedergli se avessero fatto una cazzata, ma si ritrovò frenato dalla schiena di Elìas che si era bloccato a sua volta colpendo Artemis.

“Cosa succede? C’è qualcosa?” chiese Seth, sporgendosi in avanti per riuscire a vedere qualcosa, ma tutto quello che si vedeva era una luce. La classica luce in fondo al tunnel che quasi fece ridere istericamente Stiles, solo che non ne ebbe tempo. Un rumore assordante invase il piccolo spazio.

Tutto quello che Stiles sentì oltre a quello fu un ringhio di Derek e la presa delle braccia di Seth intorno ai suoi fianchi, prima che tutto diventasse buio e perdesse i sensi.

---

Caldo. Stiles cercò di riaprire gli occhi, ma tutto ciò che sentiva era caldo.

Mosse una mano e, a quel movimento, si sentì sballottato a destra e sinistra, come fosse su una barca nel mare in tempesta. Non che avesse mai provato quella sensazione, ma doveva essere così.

Riuscì ad aprire gli occhi quando sentì la voce di Seth, che doveva essere vicino.

“Cazzo, Stilinski, perché ti deve sempre andare peggio di tutti?”

Stiles aprì finalmente gli occhi solo per dirgli che non lo sapeva, ma rimase zitto.

La barca era in realtà un letto, il mare era il materasso che veniva mosso, la tempesta erano Seth, Derek ed Elìas sdraiati intorno a lui che erano scattati al suo movimento.

“Co-cosa è successo?” chiese, spostando le braccia e lasciando, senza pensare a quello che stava succedendo, che Derek gli si sdraiasse praticamente addosso e abbassando poi le mani nel suo pelo.

Fu Elìas a rispondere.

“Non lo sappiamo, umano. Ci siamo svegliati tutti  nel giardino della bellissima casa del tuo amico, fratello della fata, e tu dormivi ancora. Ci hai fatto prendere un bello spavento, non farlo più!”

Stiles abbassò lo sguardo a quel rimprovero, incontrando lo sguardo di Derek, che sembrava rilassato e poi guardando Seth.

“Non guardarmi così, cucciolo, ha ragione. E non cominciare con la raffica di domande, non sappiamo cosa sia successo e nemmeno il toro lo sa. Crediamo solo che il Nemeton ci abbia scacciati.”

Stiles annuì, sentendosi ancora stanco.

“Riposa” continuò Seth, “io vado di sotto a cominciare le ricerche. Vieni con me, vampiro?”

“Sono anche mezzo mannaro!” urlò Elìas, seguendolo. Perdeva la calma solo in quei casi, quando qualcuno lo definiva in modo errato.

Quando si chiusero la porta alle loro spalle, Stiles chiuse gli occhi, desiderando dormire ancora.

“Sto bene” mormorò a Derek che non si era mosso. “Tu stai bene?” gli chiese, poi.

“Sto bene”, sentì nella sua testa, detto dalla voce di Derek, ma ormai stava già dormendo.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Sono passati quasi tre anni, lo so. Così come so che probabilmente più nessuno si aspettasse un aggiornamento o che ricordasse l'esistenza di questa storia. Anche io che l'ho scritta ho dovuto rileggerla e ricordarla, ho dovuto spulciare chat su chat per trovare conversazioni a riguardo e capire come volessi portarla avanti. Sono tornata dopo tre anni perché, nel primo capitolo, avevo promesso che l'avrei conclusa e voglio farlo. Non ricordavo quasi nulla, mi sono innamorata di nuovo dei personaggi e ho dovuto fare altre ricerche, ma ce l'ho fatta e ho scritto un altro capitolo. Non vi prometto che la finirò a breve, perchè la vita potrebbe mettersi di mezzo di nuovo e allontanarmi di nuovo dalla scrittura, ma vi prometto ancora che la finirò. Ne vado fiera, nonostante tutto e mi piace tanto quello che la mia testa ha partorito anni fa.
Spero che la me di oggi possa essere ancora all'altezza.  Ah, mi trovate su Wattpad come Blu992.

Buona lettura! 


Quando si svegliò, Stiles si sentiva ancora a pezzi, ma non più così stanco da non riuscire ad alzarsi. Si rese subito conto di non avere più Derek appoggiato addosso, perché aveva freddo, quindi si stiracchiò e aprì gli occhi. Fuori era buio, dalla finestra entrava solo la luce del lampione acceso in strada e un flebile luce invece illuminava l’ingresso dalla stanza, dal corridoio. Stiles si mise a sedere, guardandosi intorno e cercando di capire se avesse la forza di alzarsi, senza svenire di nuovo. Una volta appurato che sì, poteva farcela, scesa dal letto e raggiunse gli altri in biblioteca.
Seth era seduto alla scrivania, come al solito, col naso immerso nei libri; Artemis, ora un ragazzino di almeno tredici anni, era sdraiato sul tappeto, mentre faceva fare vola vola al cane, mentre Derek, accucciato sul divano, si era di scatto girato verso di lui appena aveva messo piede nella stanza. Stiles fece qualche passo, ma due dettagli catturarono la sua attenzione: Derek sembrava aver cosrò, aveva il respiro corto, mentre Seth era troppo rigido sulla sedia e teneva una mano ben piantata su un grosso volume, come se volesse che non fosse spostato da lì.
“Cosa mi state nascondendo?” chiese, sedendosi di fianco a Derek. Senti chiaramente Seth sbuffare e alzarsi, mentre il cane, scappando dalle mani di Artemis, gli trotterellava dietro come sempre.
“Mai pensato di fare l’investigatore, Sherlock?” chiese Seth, sedendoglisi di fianco, reggendo qualcosa tra le mani.
“Cos’è quella?” chiese Stiles.
“Mentre facevi il bell’addormentato” cominciò a spiegare il biondo, “il tuo lupo mi ha fatto capire con ringhi vari che voleva un modo per parlare, dato che tu lo capisci, ma noi no. Quindi ho rubato un album da disegno dalla stanza di mia sorella che, per inciso, mi ammazzerà, e stavamo facendo le prove”.
Stiles prese i fogli dalle mani di Seth, analizzando ciò che c’era scritto. Erano lettere tremolanti, scritte con vernice rossa. Sul primo foglio c’era solo una grande A, sul secondo, c’era scritto…
“E perché Derek ti ha dato del deficiente?” chiese, ridendo.
“Sei sicuro fosse rivolto a me? Magari voleva che tu lo leggessi appena svegl-“
Un ringhio di Derek lo interruppe.
“Okay, okay, sto zitto” mise le mani davanti Seth.
Stiles continuò a sfogliare quelle prove, fino a quando qualcuno non suonò il campanello. Seth andò ad aprire, facendo entrare un Elìas dall’aspetto fin troppo disordinato per i suoi standard.
“Ho fatto un sogno orribile!” esordì il mezzo lupo, entrando nella biblioteca. “Umano, c’eri tu e c’era Greta. Lei aveva qual suo bellissimo abito floreale blu, e parlava, ma io non udivo parola. Lo stesso tu, eri di fronte a lei e volevi avanzare, andarle vicino, ma sembravi immobile. Io volevo aiutarvi, ma era come non avessi corpo. Poi è apparso lui in piedi, tra di voi” disse, indicando Seth.
“E cosa ha fatto?” incalzò Stiles.
“Ha detto Manca ancora del tempo, ci sono cose da concludere. E mi sono svegliato” concluse Elìas, lasciandosi cadere drammaticamente su una poltrona. Artemis gli si avvicinò, mettendosi alle sue spalle e cominciando a passargli le dita tra i capelli in disordine. Stiles si girò verso Seth.
“Ehi” gli disse il ragazzo. “Non penserai mica che sia io il pericolo!”
Stiles stava per rispondergli, ma sentì Derek scuotergli una gamba e afferrare l’album da disegno con la bocca. Stiles glielo lasciò prendere, e seguì i suoi movimenti, mentre andava alla scrivania e Seth si alzava, per mettergli di fianco, a terra, un piattino pieno di vernice rossa. Derek intinse una zampa nella vernice, poi cominciò a scrivere.
Monitorare i sogni.
Poi aggiunse.
Di tutti.  
“Io non ricordo mai cosa sogno” disse Stiles.
“Io sì. A volte sono quasi cosciente!” si intromise Artemis, con voce squillante.
Derek gli ringhiò contro, mentre Stiles, interpretando i suoi pensieri gli disse “dei tuoi sogni ci interessa poco”.
Derek scrisse ancora.
Nemeton.
“Nemeton?” chiese Seth. “In che senso?” chiese, mentre Stiles si alzava dicendo “No, Derek!”.
Derek lo guardò e Stiles avrebbe potuto giurare di vederlo alzare un sopracciglio come per chiedergli Hai un’alternativa?
“Derek vuole tornare al Nemeton e sanguinare di nuovo là sopra per vedere se funziona e ci ridà indietro qualcun altro” tradusse per gli altri quella loro conversazione muta.
“Una nuova gita?” esclamò Artemis, ignorato da tutti.
“Potremmo provare” disse, invece Seth, pensieroso.
“No che non potremmo, Derek si è fatto male!” puntualizzò Stiles, ma Derek gli afferrò i jeans tra i denti, spingendolo ad abbassarsi sulle ginocchia. Stiles obbedì, poi il lupo gli mostrò la zampa che si era ferito, completamente guarita.
“Lo so che guarisci, ma non mi va che tu ti faccia mal- e non guardarmi così! Non rimarrò qui!”
Stiles sentì Seth dire qualcosa che suonò molto come Imbarazzante, poi si rivolse proprio al ragazzo.
“Non hai trovato nient’altro? Nessuna alternativa?”
Il biondo fece no con la testa e Stiles afflosciò le spalle, arreso.
“Lo faremo domattina, ora ce ne andiamo a casa” sentenziò, facendo un cenno col capo a Derek, indicandogli di seguirlo fuori.
“Stiles!” lo chiamò Elìas, uscendo dalla casa di Seth, mentre loro erano quasi in auto. Il mezzo vampiro si affrettò a raggiungerli.
“Che succede, Elìas?”
“Volevo solo dirti che ti ringrazio per quello che hai fatto per me e per quello che stai cercando di fare per tutti gli altri. Sei un giovane coraggioso e con tanti valori importanti” disse serio.
Stiles, imbarazzato, borbottò qualcosa che suonò come un Siete miei amici ed è giusto così, poi salutò e si infilò in macchina. Derek era già sul sedile del passeggero che lo guardava.
“Lo so che stai ridendo, Sourwolf. Smettila!”.
 
Il mattino seguente, quando sentì delle voci concitate arrivare dal piano di sotto, Stiles sapeva già chi ci avrebbe trovato. Seth era seduto al tavolo della cucina, Misia (una donna sui cinquanta, vestita elegante e con i capelli rossi raccolti in una treccia che scendeva morbida sulla spalla sinistra) era seduta al suo fianco, il cane era tra le gambe di Seth che abbaiava ad un Derek, sull’uscio della stanza, completamente impassibile.
“Seth, fa tacere il tuo cane” disse, entrando e afferrando tre tazze e due ciotole più grandi.
“Non è il mio cane!” ci tenne a puntualizzare il biondo, mentre reggeva la tazza che Stiles gli aveva messo davanti, versandogli del latte.
“Grazie, piccolo tenero essere umano!” lo ringraziò Misia, carezzandogli una guancia. Stiles si scostò come scottato. “Non toccarmi” ordinò.
La donna abbassò il viso, cominciando a bere, mentre Stiles si abbassò, appoggiando le due ciotole sul pavimento. Quella più grande davanti a Derek.
“Scusa, Sourwolf, stasera ti do della carne, promesso” disse, affondando per un attimo una mano nel suo pelo folto.
Quando finirono di fare colazione e Stiles si ritenne abbastanza sveglio da poter uscire, si avviarono in macchina, per poter raggiungere il Nemeton; Elìas gli aveva scritto che li avrebbe raggiunti lì.
Trovare il Nemeton fu semplicissimo: stavano camminando da meno di cinque minuti, quando Seth lo aveva scorto dietro dei rami.
Si erano quindi avvicinati e Derek stava già per accostarglisi, ma Stiles si era abbassato alla sua altezza per parlargli.
“Basta una goccia, lupone, non esagerare, okay? E se non funziona, non riprovarci” disse.
Derek, in risposta, gli mise la zampa sul ginocchio. Stiles la strinse un momento, poi lo lasciò andare e si affiancò a Seth. Il biondo, visibilmente in ansia, stava battendo un piede sul terreno. Stiles agì ancora di istinto, per dare conforto al ragazzo e forse a se stesso, gli prese una mano e la strinse forte.
“Se non è lei?” chiese il ragazzo.
“Se torna qualcuno, ma non è Ana, ci riproveremo tra due giorni, okay?” gli disse, sorridendogli incoraggiandolo. Seth annuì e Stiles rivolse lo sgardo a Derek che era arrivato al tronco tagliato. Stiles lo vide affondare le zanne di nuovo in una zampa e appoggiarla sul legno, ma non successe nulla. Nessun bagliore come la volta precedente. Ci aveva creduto, ci aveva sperato, ma sapeva che così sarebbe stato troppo facile.
“Okay, troveremo un altro mo-“ disse, ma si bloccò quando Derek si azzannò di nuovo la zampa, in un modo decisamente più aggressivo.
“FERMO, DEREK!” urlò, muovendosi in avanti, ma le braccia di Seth lo bloccarono, stringendolo.
“Lasciami andare, che quello si ammazza da sol-“ urlò divincolandosi, ma zittendosi appena un bagliore avvolse Derek e il Nemeton. Stiles cominciò a sentire caldo, un caldo troppo soffocante. Sentiva ancora le braccia di Seth stringerlo, ma era tutto bianco intorno a sé.
Stiles! Sentì nella propria testa, l’urlo della voce di Derek. Poi più nulla.
 
Stiles pensò di essere davvero stufo di perdere conoscenza nei momenti più importanti e fondamentali. Riaprì gli occhi, sapendo già di essere disteso sul solito letto a casa di Seth e di avere su di sé Derek. Affondò le dita nel suo pelo, stringendolo forse un po’ troppo forte. Anche Derek doveva essersi addormentato, perché lo vide sbadigliare, prima di puntare gli occhi nei suoi. Stiles vide che era palesemente preoccupato.
“Sto bene” gli disse. “Vorrei solo sapere perché continuo a svenire. Anche Seth è umano, ma sta sempre benone.”
Derek gli batté il muso contro una guancia, facendogliela voltare verso la finestra.
“Oh” disse Stiles stupito. Seth era lì, acciambellato su una poltrona, addormentato. Stiles seguì con lo sguardo la sua mano e vide che era intrecciata nei capelli biondi di una ragazza seduta ai suoi pedi, su un pouff, addormentata anche lei. Poté vedere quanto fosse bella, nonostante la poca luce. I capelli biondi quasi risplendevano, aveva labbra carnose rosa e delle lunghe ciglia. La sua pelle era quasi dello stesso colore della luna e sembrava fatta di porcellana. Aveva una mano sotto una guancia e le unghie erano colorate di un acceso azzurro, lo stesso azzurro del suo vestito.
Stiles sorrise, sollevato, nonostante non fosse tornato Scott, o Lydia, o Greta.
“Dimmi che ha pianto di felicità, così potrò prenderlo in giro” disse a Derek che sbuffò piano, come se avesse sorriso. Stiles si accoccolò di nuovo contro il pelo del lupo, che si mise comodo al suo fianco, lasciandosi stringere.
“Andrà tutto bene” disse, sia a se stesso che all’altro, continuando ad accarezzarlo piano. Era rilassante, morbido e caldo, non riusciva a farne a meno e a Derek non sembrava dispiacere per niente. Si rilassò di nuovo, sentendo la stanchezza di nuovo piombargli addosso, avrebbe aspettato il mattino seguente per chiedere cosa si fosse perso durante l’intera giornata e per capire perché impiegava sempre più tempo per riprendersi. Sbadigliò e sentì il sonno cullarlo, così come la voce di Derek che disse, nella sua testa Farò di tutto per salvarvi.
Quando Stiles si svegliò, la luce del sole entrava dalle finestre e qualcuno stava spolverando la libreria di frotne al letto.
“Ana?” chiese e la ragazza si girò. Aveva anche gli occhi dello stesso azzurro dello smalto.
“Ciao Stiles, ben svegliato” gli sorrise lei, avvicinandosi al letto. “Ho preparato la colazione per tutti e stavo mettendo un po’ in ordine, anche se Seth mi ha spiegato del loop temporale, ma volevo tenermi un po’ impegnata.”
Stiles le sorrise di rimando, alzandosi e afferrando il cellulare. “Seth mi ha detto di dirti che ha avvisato lui tuo padre e che puoi raggiungerlo in cucina.”
Stiles annuì. “Come stai?” le chiese.
“Sto bene. Ho già parlato con gli altri ieri, appena sono tornata. Non ricordo nulla, solo una frase che mi rimbombava in testa, con la voce di un’altra donna.”
“Quale frase?” chiese Stiles, improvvisamente più sveglio.
“Potere. Vita. Derivano da chi ha potere e vita oltre la natura, sopra di essa. Coloro che sono oltre Madre Natura, saranno fonte di vita per chi è solo. Il Custode avrà la chiave, ma solo se riconoscerà le parole del proprio cuore.”
Stiles riconobbe subito le parole di Greta, quelle che aveva trovato nel suo appartamento il primo giorno.
“Mi hanno detto che è ciò che aveva predetto la Sibilla” disse Ana. “Vai da loro, ci stanno già ragionando da ieri.”
Stiles scese di corsa le scale, arrivando in cucina. La tavola era strapiena di cibo, soprattutto dolci. Seth stava sorridendo, passando un pezzo di pane al cane, accovacciato ai suoi piedi.
“Vedo che il ritorno di tua sorella ti ha reso umano” lo prese in giro Stiles entrando nella stanza. Il biondo gli rivolse un’occhiataccia, ma divertita. Stiles attraversò la stanza fino ad arrivare a Derek, accucciato in disparte.
“Ehi, lupone” gli disse, accovacciandoglisi di fianco. Derek alzò la testa, sbadigliando e Stiles sorrise.
“Stai bene?” chiese e Derek gli indicò col muso l’album da disegno. C’erano tantissime parole, come se Derek avesse partecipato ad una lunga conversazione. Forse era solo stanco. Si alzò in piedi, rivolgendosi a Seth.
“Ana mi ha detto della profezia di Greta. Avete novità?” chiese.
“Ovviamente no, ma stavamo aspettando la bella addormentata che si svegliasse e avesse una delle sue intuizioni geniali.”
Stiles afferrò un biscotto al cioccolato e glielo tirò contro. Senza pentirsene.

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