The dragon, son of ice

di Evali
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Walter ***
Capitolo 2: *** Reali a Grande Inverno ***
Capitolo 3: *** Preparativi, sorprese e domande in sospeso ***
Capitolo 4: *** Spiacevoli scoperte ***
Capitolo 5: *** Il Lord di Grande Inverno ***
Capitolo 6: *** Rapimento ***
Capitolo 7: *** Il bastardo e la regina ***
Capitolo 8: *** Contrattempi ***
Capitolo 9: *** Gli inferi dei Bolton ***
Capitolo 10: *** Salvataggio ***
Capitolo 11: *** Le lacrime del drago, dei lupi e della leonessa ***
Capitolo 12: *** Scomoda libertà ***
Capitolo 13: *** Le imprecisioni dei colori ***
Capitolo 14: *** Il drago e la regina di rose ***
Capitolo 15: *** Giustizia privata ***
Capitolo 16: *** Il drago e la Montagna ***
Capitolo 17: *** Due fratelli e un sogno perduto ***
Capitolo 18: *** Scintille alla Barriera ***
Capitolo 19: *** Fuoco e sangue ***
Capitolo 20: *** La danza del drago ***
Capitolo 21: *** Il Nord non dimentica ***
Capitolo 22: *** Draghi a Nord ***
Capitolo 23: *** L'Evocatore ***
Capitolo 24: *** Una sola anima divisa in tre ***
Capitolo 25: *** “Non un eroe, ma un fuggiasco, mio Principe Promesso” ***
Capitolo 26: *** La fine di un'era ***



Capitolo 1
*** Walter ***


Walter
Ned Stark salì gli scalini della Torre della Gioia di corsa, con ancora il sapore del sangue in bocca.
Sentiva che se non si fosse sbrigato, l’avrebbe persa per sempre.
Non appena varcò la soglia della porta in cui si trovava sua sorella, il suo volto sbiancò. Lyanna, la sua piccola ed energica Lyanna, era sdraiata, inerme, su un letto, coperta dal sangue.
- Lyanna! – disse il ragazzo accovacciandosi accanto a lei e prendendole delicatamente una mano, cercando di trattenere le lacrime. La fanciulla aprì gli occhi con grande difficoltà e, non appena lo vide, gli sorrise, come se si trovasse dinnanzi ad una splendida visione.
- Ned … sei qui.
- Non ti lascerò più, Lyanna. Andrà tutto bene.
- Ascoltami, Ned. Prima che mi succeda qualcosa, devi sapere ciò che ho da dirti – cercò di articolare quelle frasi a gran fatica, intervallata dai singhiozzi. I suoi occhi erano lucidi e limpidi come sempre.
- Ti ascolto.
- Tu devi proteggerlo, Ned. Fa’ in modo che sia tuo figlio. Nessuno deve sapere o lo uccideranno. Uccideranno il mio bambino, mio e di Rhaegar, perché è figlio legittimo del ghiaccio e del fuoco. Amalo come lo avremmo amato noi, Ned, amalo come solo tu sei in grado di fare e rendilo felice.
- Lyanna, cosa stai … -
- Avrei voluto vedere un’ultima volta il suo sorriso e ricevere una sua carezza, Ned. Invece gli dei ci stanno punendo per ciò che abbiamo fatto. Me lo hanno portato via, non permettere che mi portino via anche nostro figlio. Sono contenta che tu sia qui, Ned - In quel momento, una donna vestita da balia appoggiò tra le braccia del ragazzo un neonato in lacrime. – Promettimelo, Ned. Promettimelo.
Ned guardò il piccolo tra le sue braccia, poi posò nuovamente lo sguardo sulla sua giovanissima sorella. Non se ne sarebbe andata. Sarebbe stata lei a prendersi cura di suo figlio. Sarebbe andato tutto per il meglio e l’avrebbe salvata come non era stato capace di fare con Brandon e suo padre.
- Promettimelo, Ned – ripeté lei cercando di stringere la mano del suo amato fratello con le poche forze che le erano rimaste.
- Te lo prometto, Lya – le rispose sempre più vicino all’orribile consapevolezza che lei non sarebbe sopravvissuta qualsiasi cosa avesse fatto per evitarlo. – Ti prego, non lasciarmi – le disse lasciando libero sfogo alle lacrime quando i suoi occhi si chiusero definitivamente. Nonostante la trance in cui il giovane Stark piombò dopo aver visto sua sorella spegnersi, riuscì ad accorgersi di qualcosa. Percepì come una presenza stranamente familiare alle sue spalle, proprio come gli era capitato un attimo prima, appena fuori dalla torre, quando una giovane voce dai contorni sfocati e quasi impercettibili aveva esclamato “padre!” richiamandolo. Il suo stato di annebbiamento totale avrebbe persistito per ore se non fosse stato come magicamente risvegliato da quella rassicurante presenza.
Il bambino appena venuto alla luce, continuava a piangere vigoroso e bisognoso di attenzioni, degno figlio di Lyanna Stark. Fortunatamente, pensò Ned, ha i capelli neri. Non sarebbe stato difficile nasconderlo, grazie a ciò. Ma la sua gioia svanì di colpo non appena il pargolo aprì i grandi occhioni. Sapeva bene che non si poteva distinguere il colore esatto degli occhi di un bambino nei suoi primi istanti di vita. Tuttavia, in quegli occhi, si potevano scorgere già dei luminosi filamenti viola. Ciò poteva significare solamente che, una volta cresciuto, quei due fari sarebbero stati ancora più brillanti e impossibili da non notare. Occhi Targaryen. In quel momento, Ned si rese conto che quel bambino fosse Stark quanto Targaryen, e che non sarebbe stato così facile nascondere ciò che la natura aveva reso così evidente. D’improvviso, un lampo attraversò la sua mente. Viola come gli occhi dei Dayne. Quel bambino sarebbe stato figlio suo e di Ashara Dayne, la ragazza che, fin dal primo istante, gli aveva mozzato il respiro. Nessun sospetto si sarebbe fatto strada per un bastardo nato da due ragazzi incoscienti, visibilmente attratti l’uno dall’altra prima che il destino li separasse. Ma il loro non era amore. Non era l’amore immortale di Rhaegar e Lyanna. Quel bambino era frutto di quell’amore, pericoloso quanto straordinario, celato per paura che il suo potere potesse essere troppo devastante. Ma il mondo non l’avrebbe mai saputo. Walter Snow sarebbe stato un bastardo del Nord come molti altri.
 
SEDICI ANNI DOPO
- Sto ancora aspettando la mia spada forgiata su misura, Jon!
- Aspetta e spera! Non è ancora detta l’ultima parola! Oggi mi prenderò la mia rivincita grazie al mio rilancio!
- Stai giocando con il fuoco, fratello! – disse Walter con il suo solito sorriso furbo e provocatorio. Ned guardava i due ragazzi combattere dal soppalco, routine che mai avrebbe voluto spezzare. Osservarli divertirsi e comportarsi come due metà complementari l’uno per l’altro era sempre un’immensa gioia per il Lord di Grande Inverno. Tanto diversi quanto uniti erano i giovani cugini, erroneamente ritenuti fratelli. Osservò suo nipote sempre più sorpreso di quanto stesse crescendo velocemente. I suoi capelli lunghi fino a metà collo, si muovevano durante il combattimento, folti, corposi, neri come la pece e lisci al contrario di quelli di Jon. La sua pelle era addirittura più chiara di quella del cugino, mentre i suoi grandi occhi, ammalianti e magnetici, spiccavano da lontano come due biglie splendenti, focosi e vivaci, di un viola acceso e con diverse sfumature al loro interno. Il naso fine ed elegante come tutto il suo viso e il suo corpo. La raffinatezza mista all’irruenza dei suoi nobili tratti, lo rendevano una creatura rara e degna di interesse da parte di chiunque avesse il privilegio di conoscerlo, più di quanto potessero esserlo Rhaegar e Lyanna. Tutti lo osservavano con ammirazione, invidia e incanto grazie alle sue movenze, delicate e prorompenti allo stesso tempo, un misto affascinante così come il suo sguardo smaliziato e irriverente che nascondeva una ricercatezza insita e naturale. Sembrava che non ci fosse mai stata innocenza in lui, poiché il suo carattere carismatico dalla fine intelligenza, lo facevano apparire più grande e vissuto di quanto realmente fosse, oltre alla sua più che invidiabile statura: quasi un metro e novanta ancora in fase di piena crescita, esattamente come suo padre. Un giovane e bellissimo ragazzo così pieno di vita, di energia e di sogni da realizzare, non era mai stato facile da far passare inosservato. Dovunque andasse, attirava l’attenzione e gli sguardi di tutti. Jon era molto diverso da lui. Il sangue del Nord, puro e incontaminato scorreva nelle sue vene. L’erede di Grande Inverno non era neanche lontanamente travolgente e ipnotizzante quanto Walter, ma i suoi occhi e il suo animo erano penetranti, dalla profondità e forza note a chiunque incrociasse il suo sguardo. Molti si fermavano a guardare gli intensi combattimenti tra i due giovani oltre Ned; ad esempio la sua fedele e amata moglie Catelyn Tully, la sua figlioletta Arya insieme agli altri due minori Bran e Rickon. Spesso anche la maggior parte della servitù, dei maestri e soldati riservavano loro un’occhiata interessata . La maggior parte degli incontri veniva vinta dal minore dei due, Walter, il quale avrebbe potuto tener testa anche a qualche Ser di Approdo del re se ne avesse avuto l’occasione, grazie ai suoi movimenti fluidi, decisi, spericolati e cadenzati. Tuttavia, Jon riusciva sempre a tenergli testa egregiamente nonostante la sua bassa statura resa ancora più evidente dinnanzi all’immenso slancio dell’altro. Grazie alla sua tecnica tenace, alla difesa forte e all’attacco resistente, riusciva a prolungare l’incontro fin quando non erano entrambi sfiniti e stremati, prosciugati dalle loro forze.
- Ieri erano cinque incontri di seguito da vincere, mentre oggi otto. Sei sicuro di non voler mollare, Stark? Sembri palesemente in difficoltà – gli disse Walter sorridendogli di nuovo.
- Continuerò a reggere il confronto, Snow – rispose Jon.
Ned continuò ad osservarli con un sorriso accennato in volto mentre Cat gli si avvicinò. – Nonostante il tuo sorriso da padre fiero e orgoglioso, qualcosa mi dice che non sei sereno, mio Lord. Quali pensieri ti affliggono?
- È sempre più alto. Troppo alto.
- Hai paura che qualcuno possa sospettare qualcosa? – le chiese Cat altrettanto preoccupata osservando anch’essa suo nipote e suo figlio sfidarsi. Non appena tornato a Grande Inverno con un neonato tra le braccia, Ned aveva raccontato a sua moglie ogni cosa. Si fidava cecamente di lei e sapeva che avrebbe saputo mantenere il segreto egregiamente con chiunque. Era il loro segreto. Grazie a tale scoperta, Cat si comportò sempre amorevolmente con suo nipote, amandolo esattamente come un figlio e suscitando l’ammirazione di tutte le altre lady che avevano saputo del presunto tradimento del protettore del Nord e che avevano potuto vedere Cat non nutrire nessun rancore verso quel bastardo. Tuttavia non avrebbero potuto destare troppi sospetti togliendogli l’appellativo di “Snow” e riconoscendolo pienamente come Stark nonostante volessero, poiché il ragazzo doveva sembrare pur sempre un bastardo; di conseguenza, la Lady di Grande Inverno non avrebbe potuto permetterlo. Walter avrebbe dovuto sopportare il fardello di tutti i bastardi e lo avrebbe fatto per tutta la vita.
- Ashara era alta ma non così tanto. Forse mi lascio solo prendere troppo dai suoi tratti sempre più particolari ed esotici, come al solito.
- Siamo al sicuro qui, Ned. Ashara era una donna dalla bellezza disarmante e ciò è noto a tutti. Come era anche nota la tua attrazione nei suoi confronti.
- Percepisco una punta di irritazione nella tua voce, mia lady – le disse Ned riservandole uno dei suoi rari sorrisi. Cat sorrise a sua volta ma non accennò a smettere di guardare i due ragazzi sotto di loro.
- Lei è il passato e so che non l’hai mai amata, lei era prima che ci fossi io. Questo mi basta. Tuttavia, c’è qualcos’altro che mi preoccupa, Ned.
- Parlamene.
- Hai sentito i discorsi che fanno Jon e Walter? Fin da piccoli hanno sempre avuto questa ossessione per i Guardiani della Notte e il mondo oltre la Barriera che ci separa dal Nord selvaggio e ribelle. Ho la sensazione che vogliano unirsi alla Confraternita, Ned. È da un po’ che ho questo sospetto. Cosa pensi di fare a riguardo? Jon rinuncerebbe al suo titolo, ai suoi doveri di Lord di Grande Inverno e di tutto il Nord. Nostro figlio, Ned, si unirebbe ad una Confraternita piena di uomini che rischiano la vita ogni giorno. Per non parlare di Walter. Lui è il legittimo erede al Trono di Spade. Se le cose dovessero mettersi male, lui sarebbe la speranza per i Sette Regni. Sarebbe un re meraviglioso e abbiamo promesso a Lyanna di proteggerlo. Non voglio che i nostri ragazzi muoiano alla Barriera.
Suo marito ci mise un po’ prima di rispondere. Dopo qualche minuto, con lo sguardo velato da evidente tristezza rispose. – A Jon non posso impedire di prendere le sue scelte. Ha diciotto anni, Cat, è in grado di sapere ciò che vuole e, per quanto io desideri che cambi idea, non posso oppormi. D’altronde, anche se combattesse una guerra qui o a Sud, sarebbe in costante pericolo di morte come tutti i guerrieri e i Lord che si rispettino. Senza contare che mio fratello Benjen è sopravvissuto fino ad ora ed è conosciuto come uno dei confratelli più famosi, coraggiosi e d’ispirazione della storia. Ci sarà lui a badare al nostro ragazzo. Per quanto riguarda Walter, invece, non posso permettergli di andare. Come hai appena detto, la sua sicurezza non riguarda solo la nostra affezione nei suoi confronti. Bran diventerebbe Protettore del Nord al posto di Jon, se quest’ultimo si arruolasse nei Guardiani. Invece, se dovesse accadere qualcosa a Walter, i Sette Regni non ce lo perdonerebbero mai, così come mia sorella e Rhaegar.
Ned non si era di certo dimenticato quella frase uscita dalla bocca di sua sorella prima di morire: “è il figlio legittimo del ghiaccio e del fuoco”. Ciò poteva dire soltanto che lei e Rhaegar avevano convalidato la loro unione tramite un matrimonio e che Walter fosse ancora più prezioso di quello che potesse immaginare.
 
- Cercavo una complice nelle fredde e desolate terre del Nord, ah! Eccola qui! – disse Walter prendendo Arya di peso e caricandola sulle sue spalle come un sacco di patate mentre continuava a camminare affiancato da Jon.
- Ehi, lasciami, Walt! Sarò la tua complice come sempre ma mettimi giù! – disse Arya dimenandosi ma sorridendo divertita.
- D’accordo, ora ti illustro il mio articolato piano, mia salvatrice.
- Ma sono i guerrieri che salvano le damigelle, non viceversa.
- E chi mai ti ha detto tale fandonia, mio guerriero? Lo sappiamo tutti che la damigella in pericolo qui non sei tu, o sbaglio?
- Non sbagli! – esclamò la piccola felice di tale appellativo.
- Bene, ora, vai da Ser Rodrik e digli che ho badato io ai cavalli come mi aveva chiesto.
-Non lo hai fatto, vero? Cosa hai in mente? Lo sai che controllerà.
- I cavalli non hanno bisogno di tutte queste premure eccessive secondo me.
- Non vorrai quasi ucciderti cavalcandoli sempre più spericolato come l’altra volta, vero?
- Stavolta porterò anche voi con me – le sussurrò il ragazzo all’orecchio facendola gioire e saltellare per aria.
- Non uccidere i nostri fratelli, per favore – gli disse Jon rivolgendogli un sorriso sconsolato mentre Arya si allontanava velocemente e urlava all’altro suo fratello di non fare il noioso e andare con loro condividendo il cavallo. Arya era sempre stata più legata a Jon rispetto agli altri suoi fratelli, d’altronde loro due erano “gli Stark più Stark di tutti gli Stark mai esistiti” come ripetevano i loro genitori. D’altra parte, Brandon e Rickon, invece, erano molto più legati a Walter. Sansa era la più distaccata tra tutti, nonostante fosse degna anche lei delle premure dei suoi fratelli e di sua sorella. Nel complesso, tutti e sei i fratelli Stark erano profondamente legati tra loro come solo dei figli del Nord potevano esserlo.
- In quale missione suicida ti vuoi cacciare stavolta, fratello? – gli chiese Jon afferrando una pagnotta e porgendogliene una.
- Nah, di cosa stai parlando? So perfettamente quello che faccio e, guarda caso, non mi beccano mai – gli rispose affilando lo sguardo e sorridendogli.
- Sì, è vero e non so come ci riesci ma prima o poi succederà. Sai, penso che Bran l’abbia presa da te questa abitudine di arrampicarsi ovunque.
- Io non mi arrampico, Jon. Io corro, salto, cavalco, combatto …
- … menti.
- A volte sì, ma solo a fin di bene!
- Come quando da piccoli hai fatto in modo che i cuochi nelle cucine cucinassero solo dolci per due settimane intere? O come quando hai evitato le lezioni dei maestri per giorni senza che nessuno dubitasse delle tue bugie? O come quando hai rubato i cavalli dei Ser, i libri segreti dei maestri, le armi della fornitura dell’esercito o i vestiti da professione delle septe?
- Quanto erano strani quei vestiti. Davvero pessimi. I loro capelli dovevano essere liberati da quei fardelli inutili.
- E la maggior parte delle volte non sei stato scoperto. Come? A volte penso che saresti capace di ingannare gli dei e questi non se ne accorgerebbero.
- Jon Stark, l’arte della recitazione e dell’immedesimazione sono qualcosa che tutti dovrebbero apprendere e dovrebbe essere esercitata con la stessa facilità con la quale i serpenti cambiano la pelle. Sai, a volte, potresti risultare un po’ noioso – disse il ragazzo cominciando a trafficare con delle uova.
- Le cucine a quest’ora sono deserte.
- Il nostro rifugio segreto.
- Mi mancherà tutto questo.
- Lo so, mancherà anche a me. Ma ormai abbiamo preso la nostra decisione.
- Lo sai che quando saremo Confratelli non potrai più esercitare le tue discutibili “doti”, vero?
- E chi lo dice?
- Ad ogni modo, dovremmo dirglielo il più presto possibile.
- Già. Vedrai, andrà tutto bene.
Jon e Walter ricordavano bene quando da piccoli leggevano appassionati le storie sui coraggiosi e intrepidi Guardiani della Notte, guerrieri spesso ignorati da coloro che vivevano a Sud. Si narravano tra le genti del Nord, storie, fomentate dai racconti della vecchia Nan e sviscerate più attentamente da Maestro Luwin; storie che facevano rabbrividire quanto eccitare i giovani ragazzini intrepidi e pieni di sogni. Erano rimasti entrambi affascinati da tutto ciò che si diceva sul compito dei valorosi Guardiani della Notte, su ciò che si nascondeva a Nord della Barriera. Loro sapevano che non esisteva a Nord il concetto di leggenda. Il desiderio di unirsi alla Confraternita era cresciuto sempre più negli anni in loro, nonostante ciò significasse abbandonare per sempre la possibilità di creare una famiglia propria e, per Jon, di rinunciare al suo titolo e a tutto ciò che comportava. Sapevano che alla Barriera avrebbero trovato ciò che cercavano.
 
Se tra i fratelli Stark c’era un legame profondo e indissolubile, lo stesso non poteva dirsi del loro rapporto con il protetto di Lord Stark, il giovane Theon Greyjoy. Nessuno di loro sopportava l’aria arrogante e strafottente del ragazzo palesemente troppo pieno di sé. Quel giorno, più di ogni altro, Walter si trovò sul punto di volerlo colpire con una freccia per farlo tacere definitivamente, per la gioia di tutti. Ser Rodrik prese con sé alcuni soldati e due dei giovani Stark insieme a Walter e Theon, sotto ordine di Ned per condurre una veloce perlustrazione di un bosco poco lontano da Grande Inverno. Mentre Walter guidava il cavallo che trasportava il piccolo Bran, udirono la voce di Theon richiamare la loro attenzione. – Ehi, venite a vedere!!
I tre ragazzi richiamati si avvicinarono al luogo in cui li stava aspettando il giovane Greyjoy e rimasero interdetti.
- Non è possibile … Sono metalupi. Non si vedevano da anni qui a Nord – disse Jon rimanendo a fissare i cuccioli che tremavano accanto al cadavere della madre morta. Walter sorrise e, senza pensarci due volte, si avvicinò ai lupacchiotti afferrandoli. – Sono meravigliosi … che coincidenza, è proprio il simbolo della casata Stark! Sapete cosa vuol dire?? Che li terremo tutti, ognuno per ogni figlio Stark.
- Ma nostro padre …
- Nostro padre ce li farà tenere sicuramente o lo costringeremo con la forza – si affrettò a rispondere Walter. A tali parole, sul volto di Bran si allargò un meraviglioso sorriso eccitato e afferrò i cuccioli che il ragazzo gli porse, facendosi aiutare da Jon e da Theon.
Sembravano essere tutti di colore diverso, solo un particolare li accomunava: avevano tutti gli occhi neri come la pece. Uno di loro era interamente di un color grigio chiaro e Bran sembrò innamorarsene immediatamente; un altro era interamente bianco con chiazze ocra, grigie e bianche; un altro ancora era semplicemente chiazzato bianco e grigio; ve ne era poi uno completamente bianco e l’ultimo tutto nero.
- Ne sono cinque e noi siamo sei – disse ingenuamente il piccolo Bran.
- Cinque bastano. Gli Stark sono cinque, no? – rispose tranquillamente Walter come se ciò non lo toccasse. Tuttavia, dopo qualche secondo, si accorse di un ulteriore lupacchiotto, il quale si era avvicinato alla sua gamba. – Non lo avevo visto. Che strano. Doveva essere rimasto più appartato, lontano dagli altri.
Il cucciolo aveva la pelliccia di un marrone ramato che a tratti appariva quasi rosso. Non appena lo prese in braccio, Walter si sorprese di scoprire che fosse l’unico con gli occhi differenti dagli altri, poiché possedeva due iridi viola. Un viola più scuro dei suoi, ma ciò non lo bloccò dal sorridere inconsciamente mentre lo osservava.
- L’unico diverso dagli altri. Questo è tuo, Snow – disse Theon con il suo solito ghigno nonostante sapesse che Walter avesse la capacità di farglielo sparire in un attimo.
- Brillante affermazione, Theon, sul serio. Queste constatazioni così logicamente complesse di solito non sono da te. Ah, dimenticavo, ho visto un verme particolarmente pigmentato prima vicino ad un albero. Quello puoi prenderlo tu.
 
Ned accarezzò una rosa blu sopra il davanzale del camino, immerso tra i ricordi dolorosi quanto necessari. Abituarsi a tali assenze non sarebbe mai stato facile.
- Perso in mondi lontani, padre? – lo interruppe improvvisamente Walter entrando nella stanza e sorridendogli curioso. – A cosa stavi pensando? – gli chiese il giovane sedendosi su un letto, venendo poi raggiunto da Ned, il quale si sedette di fronte a lui.
- A tua madre.
- Com’era?
- Era selvaggia. Uno spirito libero che cavalcava solitario e impertinente, incurante verso qualunque cosa la ostacolasse. Aveva uno spirito forte, energico, raggiante, capace di annebbiare qualsiasi altra lady le si avvicinasse, nonostante lei non fosse affatto una lady. Quando i suoi lunghi capelli si libravano in aria mentre combatteva come un cavaliere, tutti riuscivano a vedere la sua forza, il fascino della sua anima rara, capace di far innamorare di lei persino un principe.
- Ashara era così? – gli chiese stupito Walter risvegliandolo da quel sogno.
- Sì, lei era così.
Vorrei poterti parlare anche di tuo padre, Walter. Il tuo vero padre. Meriteresti di sapere anche di lui, dell’uomo straordinario e grande che è stato. Di quelli che nascono ogni dieci generazioni per avvolgere il mondo della propria luce e poi scomparire nel nulla troppo presto, lasciando un vuoto incolmabile e tante domande senza risposta. Loro erano i tuoi genitori, ragazzo mio. Tu sei figlio di un amore destinato ad essere cantato nelle ballate nei secoli dei secoli, scoperto troppo tardi e condannato a rimanere incompreso. Non sei il frutto di uno sbaglio di due ragazzi inesperti o di un semplice desiderio carnale. Non meriteresti questa menzogna.
 
Cat sistemò i lettini di Bran e Rickon rispolverando vecchi ricordi e oggetti ormai dimenticati. In un piccolo cassetto ritrovò un carillon. Ritrovò QUEL carillon. Lei ne possedeva molti e li utilizzava per calmare i suoi bambini e proteggerli con le dolci note di una musica soave. Ma quel carillon aveva un storia più interessante degli altri. Narrava la storia dell’isola in mezzo al mare, lontana da qualsiasi luogo conosciuto e abitato, la quale ospitava solamente un uomo composto per metà di pietra. L’uomo parlava al mare, chiedendogli quando qualcuno sarebbe giunto da lui per non farlo più sentire solo. Ma nessuno giunse mai sulla piccola isola dell’uomo di pietra perché era troppo lontana. Molti ricordi invasero la mente di Cat che sorrise come una bambina. Quando Walter aveva solo un anno di vita, si ammalò di una brutta malattia e rimase in bilico tra la vita e la morte per giorni. Lei pregò gli dei ogni notte per fare in modo che non glielo portassero via. Mentre rimaneva per giorni accanto alla sua culla, apriva quel carillon e lo lasciava accanto al piccolo, facendo suonare quella melodia splendida a ripetizione per ore e giorni. Quando, finalmente, quel bambino dagli occhi viola guarì dalle sue pene e le rivolse uno dei suoi splendidi sorrisi, non poté esserne più felice. Walter ascoltò talmente tanto quella melodia durante la sua infermità, che i giorni seguenti volle riascoltarla più volte fino ad arrivare al punto di non riuscire ad addormentarsi senza udirla. Era sempre stato un bambino sveglio, anche troppo sveglio per la sua età, vivace, allegro, energico come un uragano che trascinava via chiunque gli fosse accanto. Se lo ricordava perfettamente quando passava ore a saltare sul letto facendo capriole e facendosi male ripetutamente per passare da un letto ad un altro; lo ricordava quando rideva di gusto fino alle lacrime quando lei gli faceva il solletico e desiderasse che quella piacevole tortura durasse per sempre. Lo ricordava quando le raccontava infinite storie sui suoi amati Guardiani della Notte o su come aveva corso per tutto il perimetro di Grande Inverno non stancandosi mai finché non percepiva un sapore amaro in gola e una strana nausea. A volte passava ore a raccontare storie inventate da lui, aggiungendo descrizioni su descrizioni proprio come un cantore di storie e amava farlo anche quando lei gli pettinava i folti capelli che crescevano sempre troppo in fretta, e lui, al contrario dei suoi fratelli, lo permetteva perché gli erano sempre state strette le convenzioni.
La promessa fatta a Lyanna e la reale identità di Walter, non erano i motivi che la spingevano a proteggerlo. Era sempre stato un figlio per lei, al paro di tutti gli altri, e come ogni madre, avrebbe dato la vita per continuare a vederlo sorridere. Lady Stark fu scossa da quei pensieri non appena udì dei battiti sulla porta.
- Avanti, entrate.
- Lady Stark, è giunto un corvo da Approdo del Re, è per vostro marito ma in questo momento è impegnato e ci ha lasciato detto di consegnare a voi eventuali messaggi.
- Certo, porgetemi il messaggio, Ser Rodrik.
 L’uomo fece come gli era stato detto e la donna lesse il messaggio. Doveva andare assolutamente ad avvertire suo marito: Re Robert Baratheon sarebbe arrivato a Grande Inverno insieme alla sua famiglia.




Note:
Premettendo che amo Jon Snow, non intendo sostituirlo. La scelta di creare questo nuovo personaggio è dettata dal fatto che ho sempre visto Jon come completamente Stark e non ho mai approvato il fatto che fosse figlio del ghiaccio e del fuoco, dato che, per me, lui, rimarrà sempre e solo ghiaccio. Ho cercato di immaginare come sarebbe davvero dovuto essere il figlio di Rhaegar e Lyanna e a come sarebbero andate le cose se Jon fosse stato il legittimo figlio di Ned Stark (come l'ho sempre visto io) e il ruolo del bastardo dalle origini sconosciute lo avesse avuto qualcun altro. La fanfiction sarà composta da un numero, per ora, indefinito di capitoli e proverò ad aggiornare ogni settimana :)

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Reali a Grande Inverno ***


Reali a Grande Inverno
 
- Rickon! Rickon, dove sei?? – continuò a chiamarlo Cat disperata. Era un giorno intero che lo stava cercando disperatamente, ma di lui nessuna traccia. Inoltre, come se non bastasse, il giorno seguente sarebbe giunta la famiglia reale a Grande Inverno.
- Lady Stark, è arrivato con corvo con un messaggio da parte di Lord Reed – disse Maestro Luwin raggiungendola. Una strana sensazione che non presupponeva nulla di buono invase la donna, la quale lesse il messaggio velocemente e per poco non cadde a terra svenuta.
 
- Che significa “Rickon è con i Reed”?? – chiese Ned a sua moglie allibito.
- Si è infilato nel carro che stava trasportando Walter ieri e non ci siamo accorti di nulla. Sai quanto sia legato a lui, Ned, non mi preoccupa se stia bene o no perché so che si prenderanno tutti cura di lui, in particolare Walter, ma cosa pensi di fare con Robert?? La presenza di tutti i tuoi figli legittimi è d’obbligo dinnanzi al re. Capisco che Robert sia un tuo amico di vecchia data, ma sarebbe disonorevole per la nostra casata se …
- Lo sostituiremo con un altro bambino. Non abbiamo altra alternativa – intervenne Jon. – Prenderemo in prestito un bambino da una famiglia del popolo, sono sicuro che capiranno. Lo istruiremo il minimo necessario e presenteremo lui al posto di Rickon. Credo che il re non si farà troppe domande, di certo non inizierà a farle ad un bambino di quattro anni. Non conosce il suo volto, sa solo che esiste. Alla fin fine non è un problema così grande.
Ned sospirò appoggiando la testa sulle sue mani per qualche minuto, poi si decise a rispondere. – E sia.
 
Walter salutò Ser Rodrik ed Elian, esortando anche Rickon a farlo, e si diresse verso il castello di Howland Reed in compagnia dei due animaletti che avrebbe dovuto tenere a bada in quelle settimane.
Le dame lo accolsero sorridenti, riconoscendolo e mostrando il massimo rispetto come sempre mentre lo condussero dal loro Lord, il quale era come uno zio per il ragazzo. Howland era l’unico presente nel momento in cui Ned uscì dalla Torre della Gioia con un neonato tra le braccia, dunque era il solo a conoscere la realtà dei fatti insieme a Catelyn.
Non appena l’uomo vide il ragazzo varcare la porta dello stanzone in cui si trovava, rimase sorpreso di quanto fosse cresciuto. Non lo vedeva da due anni solamente, ma sembrava che ne fossero passati almeno quattro. Sembrava sempre più grande della sua reale età. Fu ancora più sorpreso di vedere accanto a Walter un lupo dai tratti particolari e un bambino di appena quattro anni. Quei capelli rossi gli ricordarono qualcosa.
- Walter, figliolo. Sei il benvenuto come sempre – gli disse andandogli incontro e abbracciandolo con fare paterno.
- Grazie, Howland. Come avrai notato, sono in allegra compagnia – disse leggermente a disagio volgendo lo sguardo verso il ragazzino che si guardava intorno curioso, poi verso il suo metalupo. – Questo è il mio metalupo, ne abbiamo trovati sei qualche settimana fa, in una foresta poco lontana da casa, così abbiamo deciso di tenerli per ognuno di noi sei fratelli.
- Lo stemma della casata Stark è un metalupo, perciò siete stati fortunati. Sembra che gli dei abbiano voluto farvi uno splendido regalo. Non sarà assolutamente un problema tenerlo nel castello. D’altronde, come ben sai, Meera e Jojen adorano gli animali.
Il viso del ragazzo si illuminò udendo ciò, poi ritornò di nuovo a disagio quando rivolse nuovamente lo sguardo al suo fratellino. – Per quanto riguarda questo piccolo tornado, invece, si tratta niente meno che di Rickon Stark, il più piccolo dei miei fratelli. Sfortunatamente si è infilato nel carro che mi ha portato qui senza farsi vedere e ci siamo accorti troppo tardi che lui fosse con noi. Ho necessità di inviare il prima possibile un corvo a mio padre per avvertirlo, immagino che saranno già preoccupati per lui. Spero che non crei problemi la sua presenza, sono abituato a tenerlo bene a bada, perciò farò in modo che non recherà alcun fastidio. Domani la famiglia reale giungerà a Grande Inverno e tutti i figli di Lord Stark dovrebbero essere presenti al cospetto del re al suo arrivo, per questo ho pensato anche di farlo rimandare indietro, ma non arriverebbe mai in tempo.
Howland guardò il piccolo sorpreso dell’assurdo accaduto, poi gli sorrise e rispose. – Tuo fratello ha ereditato la sua spavalderia da te, Walter. Non vi sarà nessun problema nella sua permanenza, ci prenderemo cura di tutti e tre. Ora vai a sistemare le tue cose nella tua camera e accorri a salutare Kirsten e i miei figli, saranno molto felici di vedere che sei già qui. Sono fuori come al solito. Mia moglie la incontrerai questa sera a cena. Farò subito inviare un corvo a Grande Inverno per avvertirli della “fuga” del piccolo Rickon  – lo congedò l’uomo.
Walter fece come gli era stato detto e uscì fuori dal castello. Amava quel luogo. Si estendeva un’immensa distesa di erba di un verde brillante di fronte a lui. Amava anche l’atmosfera cupa di Grande Inverno, ma quello era un piccolo angolo di paradiso per chi fosse abituato a vivere a Nord. Mentre respirava l’aria nuova e guardava il cielo mentre Rickon si faceva trasportare in groppa a NightFlame poco lontano da lui, udì raggiungerlo una voce che conosceva fin troppo bene.
- Walter!!! Sei qui!! – urlò la giovane Meera felice di vederlo e correndogli incontro per poi buttarsi addosso a lui e abbracciarlo. Come nelle altre occasioni, lui la tirò su di parecchi centimetri da terra come era solito fare con Arya, data la bassa statura della ragazza. Jojen era più distaccato di sua sorella, ma era percepibile che fosse felice anche lui del suo arrivo. Non appena Walter riuscì ad avere una visuale dai folti capelli di Meera che gli coprivano gli occhi, notò anche una terza persona di cui aveva sentito molto la mancanza: la giovane Kirsten Granclad, la protetta della famiglia Reed, facente parte di una casata minore. Il volto della ragazza si illuminò alla sua vista e rimase a guardarlo tutto il tempo aspettando che fosse il suo turno per abbracciarlo. Il bentornato di Kirsten fu meno caloroso di quello di Meera, ma ugualmente profondo. Percepirono una sorta di imbarazzo tra i due, un imbarazzo che era rimasto celato da tempo quando erano ancora bambini innocenti e privi di pensieri di tal genere. I tre lo guardarono concentrati a captare i cambiamenti  del ragazzo in quei due anni che non si erano visti, mentre lui fece altrettanto con loro. Meera aveva un anno meno di lui, non sembrava molto cresciuta in altezza e di corporatura, ma, d’altronde, Walter sapeva bene che la sua amica aveva sempre posseduto un corpo più da ragazzo che da ragazza. Il suo volto, tuttavia, era diverso, così come i suoi capelli più lunghi. Jojen, un ragazzino di dodici anni ormai, aveva i lineamenti del viso più maturi della sua reale età, e sembrava più grande anche grazie alle sue movenze. Nonostante ciò, era rimasto esile, ma per quello ci sarebbe stato ancora molto tempo. Kirsten, infine, aveva la sua stessa età ed era sempre stata molto graziosa fin da piccolissima; la crescita non faceva altro che renderla sempre più bella. Era molto femminile, a differenza di Meera, aveva una delicatezza naturale che la caratterizzava e rendeva i tratti del suo viso difficilmente dimenticabili e armoniosi anche quando era sporca di fango, arrabbiata o con i capelli in disordine. Il suo corpo era cambiato molto in quegli anni e le sue forme erano sinuose così come le sue curve ormai corrispondenti a quelle di una donna. I suoi capelli color nocciola si erano allungati e ora li teneva legati quasi come una lady.
- Credo che non ti vedrò mai con i capelli più corti di così dato che ti crescono ad una velocità innaturale! E non è giusto che ogni volta che ti vedo sei due spanne più alto della volta precedente, mentre io rimango sempre così piccola! – esclamò Meera dandogli un colpetto sulla spalla.
 
Il re giunse a Grande Inverno insieme a sua moglie Cersei Lannister, ai fratelli di quest’ultima e ai loro figli Joffrey, Myrcella e Tommen. Il re ovviamente non si accorse dello scambio del più piccolo degli Stark con un semplice figlio di contadini chiamato Eric e istruito al ruolo a dovere. Robert e Ned si comportarono fin da subito come se gli anni passati lontani l’uno dall’altro non fossero esistiti. Robert salutò con rispetto Cat, si concentrò più degli altri sul primogenito Jon, molto simile a Ned e, già solo per questo particolare, lo prese in simpatia. Passò alla giovane Sansa, una bocciolo che stava velocemente sbocciando in tutta la sua bellezza, notando gli sguardi tra la ragazza e il suo primogenito Joffrey. Disse qualche parola divertita alla piccola Arya la quale, ad un primo sguardo, gli sembrò un ragazzino. Restò poco concentrato su Bran e ancora meno sul giovanissimo sostituto di Rickon. Non degnò Theon Greyjoy neanche di uno sguardo non appena lo vide. Subito, tutti i componenti della famiglia Stark si accorsero che le voci sulla famiglia Lannister fossero ben fondate. Cersei era una donna dalla bellezza folgorante, quasi più della sua altezzosità, la quale traspariva solamente dai semplici sguardi che ella lanciava. Era molto differente dalla dolce e umile Cat. Il gemello della regina, Jaime Lannister, era un cavaliere  bello quanto sua sorella e dall’apparenza intoccabile. Infine, vi era il nano, fratello minore dei due, anche soprannominato “folletto”. Tyrion Lannister aveva uno sguardo esperto su tutto ciò che lo circondava, nonostante fosse conosciuto per lo più per le sue due più grandi passioni: il sesso e il vino.
Sembrò procedere tutto a gonfie vele, dal primo incontro, fino alla sera, in cui era stato organizzato minuziosamente da Cat uno sfarzoso banchetto, di quelli che piacevano al re. Robert era un uomo dedito principalmente all’alcool e alle prostitute, ma, diversamente da Tyrion, non era dotato della particolare sagacia che contraddistingueva il nano di Castel Granito. 
Nella sua vita solo una persona era riuscita a guadagnarsi il primato su queste due attività nei pensieri di Robert quando era ancora in vita: Lyanna Stark. Non a caso, il re volle andare a visitare immediatamente le segrete di Grande Inverno per omaggiare la tomba della sua promessa sposa perduta.
- L’hai rinchiusa qua giù. Lei si merita di essere baciata dalla luce del sole anche da morta – disse al suo amico Ned mentre guardava la raffigurazione in pietra della ragazza.
- Questa era la sua casa, Robert.
- Quel dannato principe Targaryen …
- Lo so, Robert. Lo ripeti ogni volta. Ormai è morto, hai sfondato il suo petto e il suo sangue si è disperso in quelle acque.
- L’avrei resa felice. L’amavo più di qualsiasi altra cosa al mondo. L’avrei amata più di quanto tu ami Cat.
- L’amore tra me e Cat è nato con il tempo. Non è stato un colpo di fulmine come il tuo quando hai visto per la prima volta mia sorella.
- Già e sembrate ancora due piccioncini alla prima cotta. Dimmi, quando non ti sei fatto scrupoli a farti la bella Dayne, l’amavi già? – gli chiese Robert divertito. Un brivido percorse la schiena di Ned. – Andiamo, Ned! Non fare il solito lupo glaciale, è solo che non riesco ad immaginare “l’onorevole Lord Stark” tradire sua moglie per una donna che gli ha provocato dei tremiti nelle mutande piuttosto che nel cuore. A proposito, dov’è il tuo bastardo?
- Si trova dai Reed.
- Il vecchio Howland, lo ricordo bene! Non lo vedo da una vita! E perché mai lo avresti cacciato via?
- È disonorevole presentare un bastardo al cospetto del …
- Oh, Ned, ancora con questa storia! Lo sai che non me ne importerebbe un accidenti! Ora che ci penso, è l’unico dei tuoi figli che non ho visto neanche una volta. Sai, ora sono un po’ curioso. Dicono che non sia per niente simile a te. Avrà preso tutto da sua madre immagino! – disse Robert ridendo rumorosamente come era solito fare.
Parlarono a lungo nelle cripte di Grande Inverno. Ned sapeva bene perché il re fosse venuto a Nord dopo tutti quegli anni. O, almeno, poteva immaginarlo. La morte del primo cavaliere del re, Jon Arryn, aveva portato molto scompiglio, in particolar modo nella Valle degli Arryn. Non a caso, Lysa, moglie del defunto Jon e sorella di Cat, la sera precedente aveva inviato loro un messaggio che insinuava qualcosa di pericoloso. Il gioco del trono stava ricominciando. Alla fine di quella chiacchierata, la richiesta che Ned attendeva, arrivò e lui non poté far altro che accettare, spinto anche dal messaggio ricevuto la sera prima.
 
- Ehi, granchietto, se continui a tenere l’arco in quel modo ti farai parecchio male – disse Walter al suo fratellino raggiungendolo e aiutandolo a posizionare meglio l’arco tra le due manine. Rickon puntava la freccia quasi più alta di lui, verso il bersaglio disegnato su una grande quercia a pochi metri di distanza. NightFlame era sdraiato beatamente appoggiato all’altra parte del tronco godendosi il leggero venticello che ispirava una tranquillità surreale. Kirsten era seduta ad osservare il ragazzo e il suo fratellino anch’essa appoggiata al tronco. Questa volta indossava un paio di comodi pantaloni, adatti per stare all’aperto, tra la natura.
- Mi sembra così strano che anche tuo fratello sia qui. Non lo ricordo per niente. D’altronde aveva solo due anni l’ultima volta che sono venuta a Grande Inverno. Come stanno i tuoi fratelli?
- Stanno tutti bene e sono esattamente come li ricordi. Solo più grandi.
- Meera e Jojen come ti sono sembrati, invece? Cambiati?
- Non quanto mi aspettassi, in realtà. A proposito, da quanto sono a caccia?
- Circa un’ora. Non preoccuparti, torneranno tra un’altra ora. Ci mettono di più perché si lasciano prendere la mano.
Ci fu una pausa di qualche minuto tra i due, in cui Rickon provò a scoccare la freccia fallendo.
- Riprova, granchietto.
- Come mai questo nomignolo?
- Perché ha i capelli rossi e non fa altro che muoversi continuamente – disse lui lasciando che il bambino prendesse mano con il nuovo arco e sdraiandosi accanto alla ragazza.
- Ricordi quando da piccoli dicevamo che non ci saremmo mai sposati? Continuavamo a ripetere che non era per noi – disse lei con un sorriso nostalgico.
- Certo che lo ricordo.
- Ora, invece, cosa ne pensi?
Lo sguardo del ragazzo si ridestò verso di lei sorpreso e dubbioso. – Sei stata promessa a qualcuno?
- No, no, fortunatamente ancora no! Ma ultimamente ci ho pensato. Al matrimonio, intendo. Tante ragazze della mia età vengono promesse a Lord che neanche conoscono.
- E?
- Vorrei che non accadesse, ancora. So che, crescendo dovrei essere cambiata e aver assunto più gli atteggiamenti di una lady. Ma non riuscirei ad accettarlo in ogni caso, per lo meno non ancora. Per quanto riguarda te, invece?
- Io sono un bastardo. Nessuno combinerebbe mai un matrimonio con me. E poi, lo sai che voglio prendere il nero.
- Hai deciso definitivamente che ti unirai alla Confraternita?! – chiese la ragazza voltandosi verso di lui allarmata.
- Sì, ma mio padre non me lo permette. E non guardarmi come se ti avessi appena detto di voler diventare un estraneo.
- Ci sono molti pericoli a Nord della Barriera. Hai sempre avuto questa tendenza al brivido, ma non dovresti prendere alla leggera una cosa del genere.
- Oh andiamo, non ti sembra un po’ asfissiante essere delimitati da una barriera che ci divide da una buona parte del mondo?
- Asfissiante? I sette regni non sono abbastanza per te? Sei sempre rimasto confinato a Nord. Se proprio desideri esplorare territori sconosciuti puoi solcare i mari e dirigerti ad Est.
- Non c’è niente di interessante lì. Per lo meno che interessi a me.
- Sei un folle. Un folle che crede a leggende narrate da una vecchia pazza come Nan. Sei un folle, suicida, ossessionato. Nonostante tutto, sono contenta che tu sia qui.
- Anche io. Mi è mancato questo posto. Nonostante sia ancora infastidito dal disprezzo di mio padre che lo ha spinto ad allontanarmi solo perché non vuole presentare un bastardo davanti al suo migliore amico, il re. Ma sono comunque contento di essere qui.
- Walt, lo sai come è fatto tuo padre. Per lui l’onore viene prima di tutto. Dovresti conoscerlo meglio di chiunque altro. A proposito, perché la famiglia reale è giunta a Grande Inverno?
- Jon Arryn è morto. È stato un duro colpo sia per mio padre che per Robert dato che era una figura paterna per loro. Mio padre pensa sia venuto per chiedergli di diventare il nuovo primo cavaliere del re.
- Ma in questo modo tu e tutta la tua famiglia dovreste trasferirvi a Sud …
- Lo so. Difatti è l’ultima cosa che vorrei. Le storie che sento su Approdo del Re mi fanno passare ancora di più la voglia di andare anche solo in visita in quel covo di vipere. Tuttavia, uno Stark deve sempre rimanere a Grande Inverno. Dato che Jon prenderà il nero, dovrebbe restare Bran. Forse è per questo che mio padre ha insistito così tanto per farmi rimanere a casa. Se partissero tutti, Bran non potrebbe rimanere da solo, avrebbe bisogno di qualcuno che resti con lui a guidarlo.  
- Non sei curioso di conoscere di più sulle tue origini? Se non sbaglio tua madre ha vissuto la maggior parte della sua vita alla corte del principe. Non era la dama della principessa?
- So già tutto quello che devo sapere su di lei.
I due rimasero in silenzio a guardare il piccolo Rickon prendere la mira e rimanere secoli in quella posizione come se più passasse il tempo, maggiori fossero le possibilità di centrare il bersaglio.
- Rickon, dovresti scoccare ora. Quella posizione è scomoda per la freccia. Dovresti darle un po’ di tregua. Se aspetti un altro po’ si farà buio.
- Solo un attimo … - rispose il bambino non accennando a muoversi. Walter sorrise sconsolato.
- Pensi mai a quello che abbiamo fatto due anni fa, quando eravamo a Grande Inverno? Come è successo?
Quella domanda improvvisa lo lasciò di stucco, tanto che si voltò subito verso di lei. – Siamo scivolati e siamo caduti – rispose semplicemente il ragazzo.
- Sì, però poi abbiamo continuato.
- Ti ha turbata tanto? Non siamo andati così oltre.
 - Per essere stato un bacio, è durato molto.
- Non mi piace quello di cui state parlando – disse Rickon raggiungendoli in quel momento.
- Sarà meglio andare a cercare Jojen e Meera! – disse la ragazza rossa fino alla punta dei capelli ed evitando lo sguardo del bambino, mentre Walter era piegato a terra dalle risate.
 
Quello che vide Bran lo lasciò interdetto. Non poteva credere di trovarsi davanti a Ser Jaime Lannister e a sua sorella la regina. Stavano facendo qualcosa che solitamente facevano solo gli amanti. Lui si era arrampicato su quella torre, come era solito fare, perché si divertiva ad arrampicarsi, era qualcosa che lo allietava in qualche modo. Mai avrebbe immaginato di trovarsi davanti a tale visione. Fu una questione di attimi. I due colpevoli si accorsero della sua presenza, Ser Jaime lo afferrò per i vestiti non permettendogli di scappare, si scambiò alcune parole con sua sorella e lo spinse giù dalla torre. Quella caduta mai l’avrebbe dimenticata. Delle immagini si susseguirono nella sua mente mentre il suo corpo precipitava e il suo metalupo non faceva altro che richiamarlo come se volesse parlargli o urlare per salvarlo. Sembrò durare un’eternità. Poi, improvvisamente, il vuoto.
 
Tutta la famiglia Stark era radunata attorno al letto del piccolo Bran in sospeso tra la vita e la morte. Cat era accovacciata su di lui con la testa immersa nelle pellicce che lo coprivano. Sansa versava delle lacrime che asciugava con il suo fazzoletto ricamato. Arya era seduta immobile con il viso che rivelava un misto di frustrazione, rabbia e tristezza. Ned era in piedi accanto alla porta a fissare suo figlio. Jon aveva lo sguardo annebbiato come se fosse in trance. Rimasero ore in quello stato, fin quando qualcuno ruppe il silenzio. - Dobbiamo avvertire Walter - sentenziò Jon. – Lui è quello più legato a Bran, merita di saperlo.
- Nessuno invierà un corvo a nessuno – disse solenne Ned.
Jon stava perdendo la pazienza come poche volte gli capitava. – Bran potrebbe morire da un momento all’altro! Merita di vedere suo fratello forse per l’ultima volta e di lasciargli un saluto come tutti noi! Padre, che ti prende??
- Walter non dovrà sapere nulla prima che il re avrà lasciato Grande Inverno. Conoscendolo, se lo sapesse, anche se dovessero legarlo nella sua camera, troverebbe il modo di liberarsi, di prendere un cavallo e tornare immediatamente qui da solo.
- Perché ti preme così tanto tenerlo lontano dal re?! Il tuo onore supera per caso l’amore verso la tua famiglia?!?
- Attento, Jon. Sei quasi un uomo ormai, ma rimango sempre tuo padre.
Jon guardò suo padre confuso e arrabbiato, ma preferì rimanere in silenzio, capendo che non ci sarebbe stato modo per convincerlo. - Cosa dovremmo fare ora? Rimanere qui ad aspettare senza fare nulla? – aggiunse il ragazzo.
- Pregate gli dei per vostro fratello, ne avremo bisogno. Ora lasciate vostra madre sola con Bran – rispose Lord Stark. I suoi figli obbedirono, ma quando anche Jon stava per varcare la porta e uscire dalla stanza, Cat lo richiamò. – Jon, aspetta! Rimani qui ancora un po’ … - aveva il volto rigato dalle lacrime e il viso distrutto. Jon non aveva mai visto sua madre in quello stato. Il ragazzo la raggiunse e si sedette accanto a lei. La donna prese le mani del suo primogenito tra le sue e le strinse. – Jon … se lui, se tuo fratello dovesse …
- Ce la farà, madre!
- Se dovesse andarsene per sempre e tu partissi per andare alla Barriera … io… io come farò? Come riuscirò a sopravvivere?? – la voce della donna era spezzata dalle lacrime ed era colma di un dolore che Jon poté percepire più forte di qualsiasi altro sentimento avesse mai avuto modo di provare. Non seppe cosa risponderle, ma sapeva benissimo cosa sua madre intendesse. Non poté far altro che abbracciarla e stringerla a sé mentre lei si lasciava andare ad un pianto disperato aggrappata a lui con le poche forze che aveva in corpo.
- Madre …
- Non lasciarmi anche tu, Jon … ti prego …
 
- Sei lenta!! – le urlò Walter per farsi sentire da quella distanza mentre correva nell’enorme distesa d’erba diretto verso la foresta circostante.
- Non è colpa mia se ho le gambe lunghe la metà delle tue!!
- Ma sei più leggera!
- Aspetta che ti raggiunga e ti farò vedere io! – gli disse infine Meera mentre cercava di stargli dietro e lo sentiva ridere.
I due ragazzi si addentrarono nella foresta scavalcando massi ed evitando alberi, fin quando non si fermarono dietro una roccia, esattamente a qualche metro da un cervo. Meera prese il suo arco e puntò la freccia verso la sua preda.
- Questa è mia. Già lo sa di essere mia.
- Stai facendo tremare troppo la mano. Sii più decisa nella presa. Sei troppo impaziente di colpirlo e non ti stai concentrando abbastanza.
- Sono concentratissima – disse lei prendendo un bel respiro. Walter la osservò con uno dei suoi soliti sorrisi smaliziati. Quando la ragazza finalmente scoccò la freccia, prese il cervo in pieno, il quale cadde a terra. Meera saltò di felicità uscendo allo scoperto.
- E brava la mia cacciatrice! Sei migliorata!
- Ti aspettavi forse diversamente?
- Niente affatto – rispose lui alzando le mani in segno di innocenza.
- Sei stata fantastica, Meera! – esclamò Kirsten dopo averli raggiunti tenendo Rickon in braccio.
- Grazie, grazie a tutti! – disse la ragazza inchinandosi.
- Dov’è Jojen? – chiese Walter.
- Dovrebbe essere rimasto con NightFlame. Strano che il tuo metalupo non ti abbia seguito come fa sempre – disse Kirsten.
- Probabilmente non lo ha fatto perché è con Jojen. Avanti, vieni – disse Meera afferrando Walter per un polso e conducendolo con lei verso l’uscita della foresta. Il ragazzo inizialmente non capì quell’affermazione, almeno fin quando non si trovò davanti al giovane Jojen che sembrava stesse parlando o avendo un contatto con il suo metalupo.
- Che gli è successo? – chiese Walter osservandolo. – Lo vedo cambiato …
- Dice che un certo corvo a tre occhi gli ha conferito il dono della visione dell’oltre. Sarebbe una specie di potere profetico. Ora è circondato sempre da un’aura mistica e quasi spettrale. All’inizio mi sono preoccupata, poi ci ho fatto l’abitudine. In fondo è sempre mio fratello.
Walter si avvicinò al ragazzino affascinato, cercando di non fare rumore per non disturbarlo. Si sedette accanto a lui e lo guardò mentre faceva qualcosa alla mente del suo metalupo.
- Walter Snow, sei così affascinato da queste cose da metamorfi? – gli chiese Kirsten divertita.
- Silenzio. Non disturbarlo – disse solamente lui. Le due ragazze risero a bassa voce per l’assurda situazione in cui si trovavano.
Dopo qualche minuto, Jojen si risvegliò dalla sua trance e per poco non si spaventò trovandosi il suo amico che lo guardava a distanza così ravvicinata. – Che cosa hai visto? – gli chiese sinceramente incuriosito. Jojen si alzò in piedi dirigendosi verso il castello, cercando di evitare le domande del ragazzo, ma Walter lo seguì.
 – Niente di cui possa renderti partecipe.
- Avanti, non puoi dirmi proprio nulla? Come mai?
- Perché non è ora che tu sappia, ancora. Ad ogni modo, il tuo metalupo è davvero speciale. Tienitelo stretto. Lui è parte di te, la metà della tua anima.
- Lo farò.
- Bran come sta? – gli chiese improvvisamente il misterioso ragazzino fermandosi e voltandosi a guardarlo.
- Bene. Molto bene. Probabilmente lo avreste visto di persona se fosse riuscito a salire nel carro in tempo insieme a Rickon.
- I tuoi fratelli tengono molto a te – commento Meera udendo tali parole.
- Il rapporto che ho con Bran è molto stretto, come avrete già notato. A volte percepisco come se mi stesse vicino anche se non è presente. Già sento la sua mancanza nonostante abbia passato qui solo una settimana, come la sento anche di Jon in ugual maniera.
- Bran sarà sempre con te anche se non sarà presente fisicamente. Lui sarà ovunque. Lui sarà chiunque. E veglierà su di te. Finché ci sarà il suo terzo occhio su di te, potrai sentirti al sicuro, Walter – gli disse infine Jojen voltandosi di nuovo e continuando a camminare verso il castello, lasciando tutti gli altri interdetti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Preparativi, sorprese e domande in sospeso ***


Preparativi, sorprese e domande in sospeso

 
- Nymeria!! Nymeria, vieni qui!! Da brava! Ehi, Walt, dove stai andando?? Hai già deciso un nome per il tuo metalupo?? – gli chiese la ragazzina spostando l’attenzione dalla sua lupacchiotta a suo cugino.
- Non ancora, Arya, ma deciderò presto. Hai visto Jon?
- No, ma lo stavo cercando anche io per coccolare Spettro!
- Allora, non appena lo troverò, ti farò un segno – le disse sorridendole e scompigliandole i capelli. Il ragazzo si diresse verso casa sua passando per il cortile, quando incrociò la sua amica Ross, la bella giovane che lavorava in una casa del piacere poco lontana da lì.
- Ehilà, chi si vede!
- Ciao Ross, sono di fretta.
- Mi liquidi così?? Sai, un uccellino mi ha detto che vuoi entrare nei Guardiani della Notte. Se posso darti la mia opinione, uno come te è decisamente sprecato nella Confraternita. Sono sicura che non sono l’unica a pensarlo, bel bastardo. Gli uomini che sorvegliano la Barriera sono burberi, privi di vitalità e interesse. Sono stata con alcuni di loro, sai? Non penserai mica che siano fedeli al loro giuramento di castità, vero? – gli disse sorridendogli provocatoria come al solito.
- So bene che non sono fedeli al voto di castità, mia innocente amica.
- Perché prima di andare laggiù non vieni a trovarmi almeno una volta? Sai, io e le mie compagne siamo stanche dei grassi, vecchi, oziosi Lord che vengono alla locanda.
- Ma avete anche Theon, non è uno svago ideale per voi fanciulle?
- Ah, il Greyjoy. Dì un po’, l’hai zittito malamente di nuovo, oggi? Era più irritabile del solito a letto.
- Tappare la bocca di Theon Greyjoy è il mio passatempo preferito. Ad ogni modo, hai visto Jon?
- Prima è passato di qui, penso ti stia cercando anche lui.
- Grazie Ross.
Il ragazzo entrò dentro le fredde stanze degli alloggi e incrociò Jon.
- Ehi, ce l’hai fatta. Ho già detto a nostro padre che vogliamo parlargli – gli disse Jon.
I due ragazzi esposero il loro desiderio di unirsi alla Confraternita a Lord Stark che li guardò severo per tutto il tempo in cui i due gli esponevano le loro motivazioni. Quando ebbero finito, lui attese del tempo guardando fuori dalla finestra della stanza, poi parlò. – Jon, tu sei l’erede di Grande Inverno e di tutto il Nord. Ne sei davvero sicuro? Sei disposto a rinunciare a …
- Sì, lo sono, padre.
Vedendo la fermezza e la risolutezza del suo ragazzo, Ned non poté far altro che accettare passivamente la sua decisione.
- Dunque, hai la mia approvazione. Non vorrei mai che tu andassi, ma sei un uomo ormai. Puoi scegliere da solo. - Lo sguardo di Jon si illuminò. – Per quanto riguarda Walter, invece, tu non andrai.
A quelle parole, l’espressione dei due cugini si rabbuiò improvvisamente.
- Come? Parli sul serio, padre? Perché?? Io non dovrò rinunciare ad alcun titolo al contrario di Jon e …
- La mia decisione è definitiva. Jon ha diciotto anni, può scegliere da sé per quanto non approvi le sue decisioni. Tu sei ancora troppo giovane per prendere una scelta del genere. Ti serve del tempo per riflettere. Mi servi qui a Nord, Walter. Se dovesse accadermi qualcosa e Bran dovesse divenire Lord di Grande Inverno e Protettore del Nord prima del tempo, avrà bisogno di una guida, di qualcuno che amministri le sue decisioni e lo aiuti ad adempiere a questo incarico. In tal modo, avrai del tempo per rifletterci su, figliolo. Ma, per ora, ti voglio qui. - Il viso di Walter sembrava quasi privo di qualsiasi emozione per quanto sconvolto. – Inoltre, vi devo informare di alcune novità. Tra qualche settimana il re con sua moglie e i suoi figli verranno in visita a Grande Inverno. Robert è un mio amico di vecchia data come ben sapete e ha delle questioni importanti di cui parlarmi. - Detto ciò, Ned rivolse lo sguardo di nuovo a Walter. – Andrai a stare dai nostri fedeli amici Reed finché la famiglia reale non se ne sarà tornata ad Approdo del Re.
Dopo quell’ultima frase, nello sguardo di Walter prese possesso un sorriso amaro quanto colmo di delusione.
- Giusto. Ti vergogni così tanto di me, del bastardo che non hai mai voluto, da cacciarmi via pur di non arrecare “disonore” alla casata con la mia presenza di fronte al re. Però non mi vuoi far arruolare nella Confraternita perché “ti servo qui”- le sue parole erano affilate come quelle di un serpente. Il ragazzo si alzò dal suo posto e uscì dalla stanza sbattendo la porta dietro le sue spalle. Per la prima volta, Jon rivolse a suo padre uno sguardo severo e accusatore.
- Perché hai parlato in tal modo, padre? – gli chiese uscendo anch’esso dalla stanza e raggiungendo suo cugino. - Walt! Walter, aspetta!! Non so perché nostro padre abbia parlato così, non sai quanto mi dispiace, vorrei poter …
- Jon, lasciami solo. Ora voglio rimanere solo – gli disse semplicemente. Il ragazzo capì e soddisfò il desiderio di suo cugino. Jon continuò a chiedersi come mai suo padre non avesse approvato anche la scelta di suo fratello di prendere il nero. La spiegazione che gli aveva fornito appariva strana e senza fondamento. Per il momento, scelse di non farsi domande, decidendo che lo stato d’animo di suo fratello era la cosa più importante, così come la sua lenta e travagliata rassegnazione nel dover vivere quello che era il loro sogno fin da bambini, da solo e senza il suo compagno di vita.

Walter, come era solito fare quando voleva rimanere solo, aveva optato per nascondersi nel giardino dell’Albero Diga. Sapeva che avrebbe dovuto farsene una ragione come era sempre riuscito a rassegnarsi senza fatica quando si rendeva conto che uno dei suoi desideri fosse impossibile da realizzare; ma, questa volta, sarebbe stato diverso. La Confraternita era il sogno suo e di Jon da sempre. Nessuno avrebbe potuto infrangerlo. Neanche suo padre. Cercò di rassicurarsi pensando che, non appena sarebbe stato di qualche anno più grande come lo era Jon, suo padre se ne sarebbe fatto una ragione e l’avrebbe lasciato andare, reputandolo capace di decidere da sé della sua vita.
In quel delicato momento, in cui l’aria soffiava scompigliandogli i capelli e sembrava che al mondo non esistesse più alcun suono, sopraggiunse qualcuno, i cui i passi non erano più leggeri di quelli di un grosso cinghiale. Walter capì subito di chi si trattasse e accennò un sorriso voltandosi verso l’amico che si era appena seduto accanto a lui.
- Ehi, Hodor. Che cosa stavi facendo qui in giro?
- Hodor.
- Sì, lo so che dovrei saperlo e che è scontato, ma ogni volta spero che tu faccia qualcosa di diverso dal contare le farfalle che si posano sui rami dell’Albero Diga. Tipo farti un bagno nel laghetto. So che l’acqua è fredda ma è una sensazione a dir poco idilliaca.
- Hodor? – gli chiese il gentile omone guardandolo preoccupato.
- No, Hodor, non va tutto bene.
- Hodor?
- Mio padre si comporta in un modo che non comprendo. E sembra che, per ora, non potrò vedere realizzarsi il mio sogno.
- Hodor …
- Non essere dispiaciuto. Pensavo di esserci abituato, ma, evidentemente, non è così. Forse pretendo troppo. D’altronde sono sempre stato trattato come un vero componente della famiglia mentre moltissimi altri bastardi non vengono nemmeno riconosciuti dai loro genitori.
- Hodor.
- Grazie, Hodor. È sempre rincuorante parlare con te – gli disse il ragazzo sorridendogli dolcemente mentre Hodor gli appoggiava una mano sopra la testa premurosamente.
- Hodor! – saltò quasi l’omone indicando qualcosa.
- Per gli dei, Hodor, così mi spaventi! Che cosa hai visto? – gli chiese Walter volgendo lo sguardo verso la stessa direzione in cui stava puntando il dito Hodor. Si accorse che, accanto all’Albero Diga, stava camminando un lupacchiotto con la pelliccia rossiccia. Il ragazzo sorrise nel constatare che fosse il suo. In quel momento, si ricordò che doveva ancora dargli un nome. Bran era esattamente come lui per quanto riguardava decisioni di quel tipo: ci metteva una vita a decidere un nome ideale da dare a qualcuno o a qualcosa; difatti, erano gli unici due a non aver ancora scelto come chiamare i propri metalupi. I due ragazzi non si accorsero che si stava facendo buio man mano che il tempo passasse.
- Hodor.
- Sì, lo sto guardando, Hodor. Il suo pelo al buio sembra rosso fuoco. Che strano … - disse Walter affascinato mentre osservava quello splendido animale dagli occhi che brillavano più delle stelle sopra di loro. – Ho appena deciso quale sarà il suo nome.

Le settimane trascorsero e i preparativi per l’arrivo di Sua Maestà procedevano a gonfie vele.
- Sei ancora convinto di farlo andare, Ned? Lo sai che idea si sarà fatto al riguardo, non è vero? – gli chiese Cat tra una pausa e l’altra durante le direttive che impartiva alle dame e ai capo sala nel grande salone da pranzo.
- Non voglio che lo veda, Cat. So che non si farebbe più di tante domande su di lui, Robert non è mai stato un uomo attento e disposto al ragionamento. La menzogna riguardo Ashara è molto credibile, ma presentare davanti ai suoi occhi quello che, in realtà, è il figlio di colui che ha odiato di più in questa terra e che non esiterebbe a uccidere nel peggiore dei modi, mi crea un certo disagio e timore. Preferisco che pensi che mi vergogno di lui e che sia al sicuro dagli occhi di Robert. I Reed lo hanno sempre trattato con molta premura, si troverà bene con loro durante queste settimane che verranno.

La giovane Sansa si spaventò a morte quando vide i suoi fratelli maggiori quasi sfondare la porta della sua camera, richiudendosela frettolosamente alle spalle.
- Per tutti gli dei, che diavolo state facendo?! – esclamò indignata trattenendosi dal lanciare loro un cuscino. Nonostante la giovane età, cercava sempre, come meglio poteva, di comportarsi come una buona lady, proprio come lo era stata sua madre prima di lei. – Non si entra in questo modo nella stanza di una signora!
- Oh, ci scusi tanto, milady! – la prese in giro Walter. – Purtroppo necessitiamo di un nascondiglio provvisorio dalla furia di quel tornado nero che è il metalupo di Rickon. Ha fiutato qualcosa in noi che lo ha fatto imbizzarrire come un cavallo e ora sembra abbastanza minaccioso nei nostri confronti. Per gli dei, queste creature crescono a vista d’occhio e quello di Rickon è quasi il doppio degli altri.
- Forse dovreste lavarvi, così non impazzirebbe – rispose la ragazzina acida e ridendo sotto i baffi.
- Noi siamo sempre profumati di rose d’inverno come quelle che tu non fai altro che portare tra i capelli – contestò Walter avvicinandosi mentre Jon si lasciava cadere sul letto di Sansa.
- Jon! Giuro che se sei anche solo sporco di polvere e il mio letto si dovesse …
- Rilassati, sorellina – la bloccò Walter facendola rimanere seduta. – Ora ti pettino i capelli.
- Ti ricordo che ci scambiamo solo pochissimi anni noi due. E poi, è compito delle dame pettinarmi i capelli.
- Sei comunque più piccola – le rispose ignorandola e cominciando a pettinarle i lunghi capelli rossi. Trascorsero minuti di silenzio in cui la corazza di Sansa sembrò cedere all’amore che in fondo provava per i suoi fratelli più grandi.
- Quando ve ne andrete voi due?
- Io attenderò l’arrivo e la ripartenza della famiglia reale per andare alla Barriera. Tranquilla, Sansa, avremo un sacco di tempo da passare insieme prima di salutarci -  stavolta fu Jon a risponderle, confortandola. – Invece Walter partirà tra poco per andare dai Reed.
Sansa si bloccò a quelle parole, e guardò il riflesso di Walter sullo specchio, rammaricata.
- Non temere, ci rivedremo tra qualche settimana. Da’ una certa soddisfazione vedere il tuo cuore di ghiaccio sciogliersi – le disse lui sorridendole divertito e continuando a pettinarle i capelli.
- Quindi l’attacco di Cagnaccio era solo una scusa per salutarmi? Gli altri li hai già salutati?
- Ovviamente. D’altronde, tu sei quella a cui tengo di meno – affermò Walter sorridendo con naturalezza e beccandosi un lieve calcio offeso da sua sorella, prima che lo abbracciasse e lui le desse un bacio sulla fronte. – Fai la brava. Vedrai, quel fastidioso scarafaggio del principe Joffrey cadrà ai tuoi piedi. Ma spero che tu rinsavisca prima che ciò accada.
- Stai rovinando un bel momento facendomi salire istinti che non si addicono per niente ad una lady ma più ad una come Arya, perciò sbrigati ad andare, fratellone.
Ora che aveva salutato anche sua sorella Sansa, dopo essersi preso un abbraccio strettissimo da parte di Arya e aver dovuto evitare che Bran e Rickon  cedessero alle lacrime per non volersi separare da lui, si diresse verso Cat, la quale, gli riservò un dolce abbraccio e delle parole più premurose del solito. Il carro in cui era presente Ser Rodrick e un uomo che non aveva mai visto, lo attendeva davanti all’atrio, mentre NightFlame, il suo metalupo, stava aspettando che lui salisse nel carro per poi raggiungerlo prima di fare qualsiasi movimento. Con il tempo aveva scoperto che quello splendido animale seguiva ogni sua minima mossa, proprio come i suoi fratelli facevano con i loro padroni, ma NightFlame sembrava essere la sua ombra più di quanto facessero gli altri. Ogni metalupo aveva delle proprie caratteristiche che sembravano rispecchiare la persona alla quale appartenevano. Il suo era attento, instancabile e dalla inaspettata intelligenza. Walter si fermò vicino al carro, di fronte a Jon e osservò suo padre che li guardava da lontano. Non lo aveva salutato e non se ne pentiva dato che, inconsciamente, non riusciva ancora a parlargli senza mostrare acidità nei suoi confronti.
- Sono contento che tu abbia deciso di aspettare il mio ritorno per partire verso la Barriera. Non avrei sopportato di salutarti ora per poi non rivederti per mesi e mesi, Stark – disse Walter rivolgendogli un sorriso infinitamente malinconico.
- Non avrei mai potuto fare altrimenti, Snow – disse Jon stringendolo forte a sé, come se quella fosse stata l’ultima volta che avrebbe visto colui verso il quale era sempre stato inseparabile.
Dopo quel lungo abbraccio, Walter finalmente salì sul carro, il quale partì allontanandosi sempre più da Grande Inverno.

Trascorsero ore silenziose dalla partenza, quando l’uomo che Walter non aveva mai visto, ruppe il silenzio. – Sono Elian Nollan. Sto viaggiando con voi perché Ser Rodrik deve condurmi alla Cittadella dopo che avrà lasciato voi dai Reed. Dovrò incominciare il mio percorso per diventare Maestro – disse soddisfatto l’uomo. Walter capì subito che doveva piacergli molto parlare e che si fosse trattenuto fino a quel momento.
- Lieto di fare la vostra conoscenza. Io sono Walter Snow, anche se suppongo lo sappiate già.
- Il vostro lupo è una creatura dalla bellezza rara – disse incantato l’uomo mentre osservava NightFlame dormire beato. Walter non poté fare a meno di accennare un sorriso.
- Potete toccarlo, se volete.
- Sul serio??
- Certo. L’importante è che siate delicato, ha il sonno molto leggero.
L’uomo non se lo fece ripetere due volte e, prendendo un gran respiro, allungò la mano verso l’animale, sfiorando il morbidissimo pelo ramato. Dopo aver preso confidenza e aver accarezzato il metalupo per minuti interi, l’uomo si voltò verso Walter e lo osservò studiandolo.
- Posso dirvi qualcosa che occupa la mia mente da quando vi ho visto? – Walter lo guardò incuriosito attendendo che lui continuasse. – Io ho visto un Targaryen dal vivo una volta. Ho visto anche un Dayne dal vivo. Ciò che mi risulta è che il colore dei vostri occhi sia molto più simile a quello che caratterizza la casata Targaryen piuttosto della casata Dayne. Siete sicuro che vostro padre non vi abbia avuto da una donna Targaryen invece che da lady Ashara Dayne?
Walter sorrise sorpreso dalla sfacciataggine di quell’uomo all’apparenza così timido. – Magari la regina Rhaella ha trovato il tempo di intrattenersi in deliziosi passatempi con mio padre quando non era impegnata a badare a suo figlio Viserys, a placare l’ira folle di suo marito o a preoccuparsi della guerra che aveva scatenato il suo primogenito – gli rispose divertito da quell’assurda supposizione.  
- Leggi troppi libri sulle leggende Targaryen, Elian. Dovresti dilettarti in letture più profittevoli – lo schernì persino il silenzioso Ser Rodrik.
Dopo qualche altra ora, si udì uno strano rumore provenire dalla parte posteriore del carro.
- Ser Rodrick, cosa o chi altro avete portato con noi nel carro? – chiese Walter contrariato mentre osservava il telo che copriva la parte posteriore muoversi. Elian rabbrividì.
- Nessuno, mio signore.
- A me non sembra – rispose Walter raggiungendo il telo e spostandolo delicatamente per scoprire cosa ci fosse sotto. Non seppe se scoppiare a ridere, ad urlare o rimanere fermo immobile chiedendo agli dei che significato avesse tutto ciò. Il quarto ospite del carro era il suo selvaggio e inquieto fratellino Rickon.
- Non posso crederci. Non posso crederci … - continuò a ripetere.
- Chi c’è?
- Cosa sta succedendo, mio signore??
Ser Rodrik ed Elian era impazienti mentre Walter stava cercando inutilmente di ragionare sul da farsi. Il suo fratellino più piccolo si stava stropicciando gli occhi gonfi di sonno. Doveva essersi svegliato in quel momento, motivo per il quale non si erano accorti della sua presenza durante tutte quelle ore di viaggio.
- Per tutti gli dei, perché a me?
- Walt? – richiamò la sua attenzione Rickon ancora in preda agli sbadigli.
- Rickon, che diavolo ci fai qui?! Dovrai darmi una spiegazione accettabile.
- Non volevo che te ne andassi! Anche Bran voleva salire con me ma non ha fatto in tempo! Altrimenti ora ci saremmo tutti e due! Ti prego, non ti arrabbiare e portami con te!
Perfetto. I suoi due fratelli più piccoli lo stavano per seguire persino dai Reed e doveva solo ringraziare gli dei che almeno Bran non fosse riuscito a salire nel carro. L’assenza di un bambino di quattro anni sarebbe stata infinitamente più facile da nascondere o da ingannare con un sostituto, al contrario di quella di due bambini, tra cui uno addirittura di otto anni. Perché era quella la realtà dei fatti: oramai erano troppo lontani e non potevano più tornare indietro. Sapeva che Bran fosse molto più intelligente di così nonostante la sua giovane età, sapeva che conoscesse bene l’importanza della presenza di tutti i figli di Lord Stark davanti al re. Tuttavia, sembrava che lui fosse la sua debolezza. Bran sembrava perso senza di lui, il suo fratellastro.
Ser Rodrik, non appena udì quel nome e quella vocina, fermò immediatamente il carro e si voltò verso do loro, bianco in volto.
- Mio signore! Cosa ci fate … - non riusciva neanche a parlare il poverino.
- Cagnaccio non è con te – constatò Walter.
- Non potevo portarlo, avrebbe fatto troppo rumore!
- E non ti è dispiaciuto lasciarlo solo? Lo sai che ti segue sempre!
- Sì che mi dispiace, infatti quando tornerò non lo lascerò più solo! Ma non potevo non salire!
- Cagnaccio è già aggressivo quando ci sei tu con lui; senza di te, per loro sarà impossibile tenerlo a bada. Senza contare la reazione che avranno quando scopriranno che tu non ci sei – disse Walter massaggiandosi le tempie e cercando di mantenere la calma. Sapeva bene perché Rickon lo avesse seguito. Lui era l’unico in grado di calmare quel bambino dall’animo perennemente inquieto e impetuoso, perciò non sarebbe stato difficile badare a lui da solo in quelle settimane, dato che trascorrevano già molto tempo insieme.
- Che facciamo, mio signore? Dobbiamo avvertire vostro padre e …
- Quando saremo giunti dai Reed lo avvertiremo.
- Quindi intendete portarlo con voi?!
- Ormai è troppo tardi per riportarlo indietro, Ser Rodrik. Quando saremo arrivati, penseremo ad una soluzione.
Quando vide il suo fratellino abbassare lo sguardo da cane bastonato e attendere che lui lo rimproverasse mentre i capelli rossi e ribelli gli ricadevano davanti agli occhi, non riuscì più a trattenere un sorriso divertito. D’altronde, il suo granchietto ora era lì con lui, dunque una parte dei suoi fratelli gli sarebbe stata accanto per tutto il tempo. Inoltre, la malefatta di Rickon, simile ai guai che era solito combinare lui (anche se orchestrati molto più abilmente) non poté non provocargli una sorta di strano orgoglio sotto sotto. A Grande Inverno tutti si sarebbero disperati per un bambino di appena quattro anni. Non appena il piccolo Rickon si accorse che suo fratello, in realtà, stesse sorridendo, prese a farlo anche lui, rincuorato.
- No, non farlo, non sorridere. Solo io posso farlo perché sono grande e non ho colpe – gli disse con fare autoritario, cercando di trattenere un altro sorriso.
Ser Rodrik riprese a guidare il carro turbato, mentre il giovanissimo Stark si mise a dormire accanto a NightFlame, utilizzando la sua pancia come cuscino, mentre Walter gli accarezzava i capelli. Al futuro avrebbe pensato solo quando sarebbe stato il momento.

 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Spiacevoli scoperte ***


Spiacevoli scoperte
 
Walter stava leggendo uno dei libri che Howland Reed aveva lasciato in camera sua pensando che potessero piacergli. Era notte fonda ormai, ma non riusciva a prendere sonno, così si legò i capelli più ingombranti in un codino dietro la testa e cominciò a sfogliarne alcuni. Li aveva già letti, perciò doveva solo decidere quale rileggere. Ad un tratto, udì bussare alla porta della sua camera. Si chiese chi fosse a quell’ora e andò ad aprire. Il ragazzo si trovò davanti a Kirsten in vestaglia da notte. Ella abbassò lo sguardo. – Non riesco a dormire.
Lui sorrise provocatorio. – Qualcosa mi dice che potevi trovare una scusa migliore.
- Piantala – disse la giovane entrando nella stanza del ragazzo. – Domani te ne andrai e chissà quando ci rivedremo. Forse tra altri due anni. Volevo salutarti.
- Potevi farlo anche domani – si divertiva a stuzzicarla e a vedere il suo sguardo fulminarlo.
Kirsten teneva i capelli liscissimi che le arrivavano fino al fondoschiena, completamente sciolti. Si sedette sul letto di lui e guardò la luna piena fuori dalla finestra. La sua pelle ambrata veniva illuminata delicatamente dalla luna, come se solo quella fievole luce avrebbe potuto farle male.
- Secondo te che peso ha la bellezza in questo mondo? – chiese improvvisamente. Il ragazzo aveva ricominciato ad abituarsi alle domande esistenziali improvvise della sua amica.
- La bellezza è sopravvalutata ed è relativa – disse sedendosi accanto a lei.
- Cosa intendi?
- Una volta ho visto un vecchio camminare sotto la pioggia, gettare a terra il suo bastone e aprire le braccia per accogliere l’acqua che lo graffiava scendendo impetuosa dal cielo. Alzò lo sguardo e aprì la bocca come un bambino per assaggiarla. Pensai che fosse una delle cose più belle che avessi mai visto. Il suo sguardo, le sue gambe che improvvisamente sembravano non essere più tremanti, ma salde …
- Ora capisco. Penso che tu abbia ragione.
I due rimasero in silenzio a guardare la luna per alcuni minuti, poi la ragazza parlò di nuovo. – Non voglio che tu ti trasferisca a Sud. Non voglio che tu vada alla Barriera. E non voglio neanche che tu torni a Grande Inverno. Mi sono riabituata ad averti qui e, ogni volta, la separazione è sempre più dolorosa.
- Mi dispiace.
I due si voltarono a guardarsi. Rimasero a fissarsi a lungo senza dire una parola. Si avvicinarono nello stesso momento e le loro labbra si sfiorarono. I loro respiri si fusero e ciò fece scaturire nei due come una sorta di bisogno imminente. Improvvisamente si incollarono l’uno all’altra baciandosi con sempre più foga. I loro baci bagnati e passionali, simili a quelli che si erano dati due anni prima, rimbombavano nella stanza. Le loro mani si cercavano e si toccavano senza timore. Kirsten era molto più spavalda rispetto alla prima volta che tra loro era avvenuto quel tipo di contatto, quando Walter era stato più intraprendente di lei. Il ragazzo rimase piacevolmente colpito da ciò, tanto che sorrise più volte sulle labbra della ragazza.
- Perché ridi?
- Non lo so.
- Lo fai sembrare un gioco.
- E non lo è?
- Va bene se è un gioco. Ma, ti prego, non fargli avere il sapore di un addio.
- Hai la mia parola.
I due continuarono ancora e ancora cominciando a spogliarsi l’un l’altra e ad avere sempre maggior contatto con la pelle e il calore dell’altro. Di carne e sangue erano composti i due corpi che bruciavano dentro mentre l’energia vitale scorreva in loro, giovane, forte e travolgente. Si catapultarono sdraiati sul letto, Walter la sovrastava mentre stavano finendo di spogliarsi ma, all’improvviso, lui si allontanò dalla ragazza guardandola in volto.
- Ne sei sicura?
- Sì. Se è con te va bene.
La luna era spettatrice della danza di due bellissimi ragazzi, una danza provocata dai loro corpi che si muovevano sinuosi e incoscienti, soffocando sorrisi e gemiti tra di loro ad un ritmo immortale.
 
- Quando ero solo una bambina e i miei genitori erano appena morti, rimasi sola seduta nel fango a piangere sperando che le lacrime ad un tratto smettessero di cadere perché avevo paura di annegarci dentro. Poi sei arrivato tu. Non ti avevo mai visto prima e tu non avevi mai visto me. Ti sei avvicinato e mi hai rivolto quel sorriso furbo che avrebbe potuto trasmettere più di mille parole. Ti accovacciasti di fronte a me guardandomi piangere. Io mi sentii lievemente a disagio di fronte ai tuoi occhioni scrutatori e, dopo un po’, smisi di piangere. Tu mi chiesi perché avessi smesso e mi dicesti che avrei dovuto continuare perché le lacrime prendono tutte le sofferenze e le portano via con sé quando escono dagli occhi, così noi rimaniamo senza più ferite. Erano parole di un bambino di sei anni, ma rimangono tutt’ora le più vere che abbia mai sentito – disse Kirsten guardando un punto nel vuoto dal letto in cui era sdraiata e tracciando distrattamente dei cerchi con le dita intorno all’ombelico del ragazzo al quale era abbracciata.
- In realtà ero giunto a quella conclusione qualche giorno prima di incontrarti. Avrei voluto farti stare meglio incoraggiandoti a lasciar uscire fuori tutto ciò che ti faceva stare male. Poi, quando avresti sorriso, avrei capito che potevo tranquillizzarmi e proporti di venire a giocare con me – disse Walter accennando un sorriso e fissandosi anche lui in un punto nel vuoto mentre le accarezzava i capelli sottilissimi come quelli di una bambina. – I tuoi capelli hanno sempre avuto un profumo dolce. Si sente anche da lontano per quanto intenso. Sembra quasi odore di miele mischiato a camomilla – le disse.
- Sai che anche tu hai un odore caratteristico?
- Sul serio?
- Sì, ma è molto lieve perciò si sente solamente standoti a stretto contatto. Come ora. Ma è strano, non saprei definirlo a parole. Posso dirti solo che è un buon profumo e mi piace. – Rimasero un po’ in silenzio, poi fu di nuovo lei a parlare. - Raccontami una storia. Da piccolo ne raccontavi così tante – lo incoraggiò la ragazza.
Lui ci pensò un po’, poi si decise a parlare. – Una volta ho fatto un sogno, che sembrava quasi narrato tramite una canzone:
C’era una donna in mezzo alla stanza enorme
Una stanza così grande, da non riuscire a vederne i confini
Le farfalle volavano nella stanza
Nel tetto erano dipinti dei rami di alberi maestosi e rampicanti
Il pavimento divenne acqua e la donna vi si specchiò
Nello specchio d’acqua vide pipistrelli al posto di farfalle
Vide serpenti dipinti al posto di rami
E vide sé stessa ma non era lei
Era una donna vecchia con le sembianze di un mostro
Il mostro era senza volto e aveva tanti volti insieme
Delle crepe comparvero sull’acqua
Lo specchio d’acqua si ruppe e lei cadde giù.
 
Il giorno seguente, Walter salutò anche Howland, sua moglie, Meera e Jojen prima di ripartire. Quelle settimane erano state una boccata d’aria fresca per spezzare la solita routine, nonostante non gli dispiacesse quella routine. Tuttavia, ancora non era a conoscenza di cosa gli sarebbe aspettato, tornando a casa sua. Non sapeva che quella quiete d’animo era destinata a svanire più in fretta di una folata di vento.
 
Arya e Sansa attesero l’arrivo di Walter e di Rickon per salutarli prima di raggiungere Ned e la famiglia reale. Dopo la caduta di Bran, Lord Stark decise di lasciare sua moglie accanto al giovanissimo figlio in attesa del suo risveglio e, di conseguenza, di portare con sé solo le due figlie femmine. Rickon sarebbe stato troppo piccolo per separarlo da sua madre per un periodo di tempo non definito.
Non appena il carro che trasportava Walter e Rickon arrivò a Grande Inverno, Arya corse incontro al suo fratello maggiore senza dargli neanche il tempo di scendere. Gli saltò addosso e affondò il viso nella sua spalla.
- Ehi, piano, mio guerriero! – disse lui stringendola forte e capendo immediatamente per quale motivo le due ragazze li stessero aspettando per salutarli. Capì che le sue supposizioni dovevano essere veritiere ma si chiese come mai non fossero lì con loro anche Bran e Cat. Forse suo padre aveva deciso davvero di far rimanere il suo fratellino a Grande Inverno in assenza di altri Stark. Per il momento non vi fece caso e si concentrò completamente sulla sua sorellina.
Dopo qualche minuto, i due si staccarono e Walter si accovacciò di fronte a lei per essere alla sua stessa altezza. Arya aveva il volto rosso e rigato da decine di lacrime, sicuramente perché, poco prima, doveva aver salutato Jon, immaginò il ragazzo. I suoi occhi si fecero nuovamente lucidi, al che, Walter cercò di non farla piangere ancora.
- Ehi, ehi, hai già versato abbastanza lacrime per Jon. Non serve farlo anche per me, d’accordo? Lo so che ti dico sempre di sfogarti e piangere quando ne hai bisogno, ma così ti prosciugherai – le disse sorridendole dolcemente e scompigliandole i capelli. La bambina sorrise a quelle parole. – Cos’è quella spada?
- Me l’ha data Jon. L’ha fatta forgiare per me, così potrò diventare una vera guerriera anche se sarò ad Approdo del Re.
- Bene perché non vedo l’ora di rincontrarti e duellare con te, mio guerriero. Diventerai una spadaccina che farà vergognare tutti i cavalieri dei sette regni!
 – le disse abbracciandola un’ultima volta e dandole un bacio sulla fronte. Dopo di che, Sansa, la quale aveva appena salutato Rickon, si diresse verso di lui, scambiandosi di posto con la sorella.
- Dunque? Con questo “principe dorato”? – le chiese lui ponendo le braccia conserte e rivolgendole un sorriso furbo. La ragazza sorrise di rimando e divenne rossa come un pomodoro.
- Sembra che ci sposeremo e che diventerò la nuova regina dei sette regni.
Walter rimase interdetto. Si immaginava che potesse capitare anche una cosa del genere, ma sentirselo dire era tutta un’altra storia. Si rese conto che vi erano stati molti cambiamenti in quelle settimane, cambiamenti che avrebbero rivoluzionato la sua intera vita. Un’ombra comparve nel viso del ragazzo: non aveva paura per il ruolo che sua sorella avrebbe dovuto assumere, quanto più per il suo matrimonio con quel ragazzino Lannister descritto da tutte le voci che correvano su di lui e che lo ritraevano come insolente, capriccioso, violento e dall’atteggiamento sfociante nell’insania.
- Cos’è quella faccia? Sentirai così tanto la mia mancanza? – gli chiese Sansa notando lo sguardo del fratello. Lui le accennò un sorriso per nascondere quel timore e le rispose cercando di simulare una voce tranquilla.
- Non scherziamo! Sono il primo a fare un grande uso dell’ironia, ma questo è troppo! – disse beccandosi uno dei soliti colpetti offesi da parte di sua sorella. I due si abbracciarono e Walter le sussurrò qualcosa. – Se prova a farti star male, giuro sugli antichi dei e su quelli nuovi che quel principe si ritroverà senza testa.
- Walt! Non scherzare!
- Tu tienilo a mente.
- In ogni caso, mi mancherai molto.
- Anche tu, Sansa. Prenditi anche cura di Arya e … e anche di nostro padre.
- Lo farò.
- A proposito, dov’è?
- La famiglia reale sta sostando in un accampamento provvisorio poco lontano da qui, mentre nostro padre e il re sono rimasti accanto alla carrozza per parlare da soli. La carrozza è molto più vicina dell’accampamento. Se vuoi, puoi andare a salutare anche lui …
Walter fece uno sguardo contrariato dinnanzi a quella proposta. Preferì cambiare argomento. – Vi ha lasciato portare Lady e Nymeria?
- Certo! Non potremmo mai lasciarle qui! – rispose felice la ragazza. I due furono interrotti dall’arrivo di Jon, così Walter diede un ultimo saluto a Sansa e si diresse verso di lui. Suo fratello aveva uno sguardo che non gli aveva mai visto. Lo stava guardando amareggiato invece di essere felice di rivederlo. Sembrava quasi che si sentisse in colpa e male per lui.
- Jon, che è successo?? Perché non ci sono anche Bran e Cat a salutarci?
A quella domanda, Jon sembrò annebbiarsi ancor di più.
- Walter, fratello, vieni con me. Devo mostrarti qualcosa – gli disse solamente. Jon lo stava conducendo verso la stanza di Bran e già da ciò, Walter capì che qualcosa non andasse. Non appena entrarono, la cera del ragazzo divenne grigio pallido e si pietrificò completamente quando udì le parole di suo cugino. – Bran è caduto da una torre qualche giorno fa. Si trova in questo stato da quel giorno. Non sappiamo se si sveglierà. I curatori hanno detto che possiamo solo affidarci agli dei. Mi dispiace tanto, fratello. Avrei tanto voluto dirtelo e mandarti un corvo senza il consenso di nostro padre ma mi avrebbe scoperto … ho provato in ogni modo a convincerlo ma non c’è stato verso – disse il ragazzo con la voce spezzata e appoggiando una mano sulla spalla di Walter, temendo che potesse cadere a terra e frantumarsi da un momento all’altro. Rimase a fissare Bran steso come se fosse morto mentre Cat aveva alzato lo sguardo afflitto dal letto di suo figlio, dirigendolo verso di lui. Sembrava chiedergli perdono anche lei in silenzio. Una serie di pensieri si susseguirono nella mente di Walter in quell’istante in cui il mondo gli era completamente crollato addosso: se fosse salito in tempo su quel carro, se solo fosse venuto con me insieme a Rickon, tutto questo non sarebbe successo. Lui è estremamente bravo ad arrampicarsi, dunque non poteva essere accaduto davvero. Bran, stava morendo sul serio? Suo fratello lo stava davvero lasciando o era solo un incubo?
Poi un pensiero attraversò la sua mente facendolo risvegliare all’istante: Suo padre non gli aveva detto nulla. Suo padre sarebbe stato pronto a lasciar morire Bran senza farglielo vedere neanche un’ultima volta solo per non mostrare il suo bastardo al re.
Il suo viso divenne una maschera di odio, furia e qualcosa di indistinto per quanto terrificante. Walter uscì dalla stanza di Bran senza dire una parola e prese a correre più veloce che potesse. La sua meta era ben precisa. La rabbia che sentiva ribollergli dentro lo faceva correre ancor più veloce del solito. E di solito lui correva molto, molto veloce. Aveva cominciato a ridere, ridere forte e nervosamente per sfogare tutto ciò che provava. In poco tempo, intravide la carrozza vicino alla quale si trovava re Robert e lui. Suo padre. Riprese a correre verso di loro fin quando Ned non lo intravide da lontano e si raggelò rivolgendogli uno sguardo confuso. Non gli diede tempo di dire nulla. Gli corse incontro e lo colpì con il pugno più forte che avesse mai sganciato in vita sua, facendolo cadere a terra e rompendogli il naso. Re Robert era sconvolto. Dopo di che, senza dirgli una parola, si voltò verso il re. – Vostra maestà – disse facendo un breve inchino ma privo di qualsiasi riverenza. Fu in quel momento che Robert capì di chi si trattasse, grazie al colore inconfondibile di quegli occhi, e che comprese anche che il ragazzo si fosse inchinato non per educazione o rispetto, ma per fare semplicemente un dispetto a suo padre. Dal suo sguardo traspariva disgusto, rabbia e odio nei confronti di Ned. Quest’ultimo e Robert rimasero a guardarlo andare via e allontanarsi da loro.
- Per tutti gli dei, Ned. Il tuo bastardo ha le palle – disse il re ancora esterrefatto.
 
- Mi mancherai. Non immagini quanto – disse Jon sorridendo tristemente all’idea di salutarlo e non poterlo più rivedere per mesi. Erano trascorsi due giorni dal ritorno di Walter e dalla sua orribile scoperta. Il ragazzo di fronte a lui si sforzò di sorridere. Ma Jon lo conosceva troppo bene. È già a pezzi per Bran. Ed ora me ne sto andando anche io. Jon si sentì terribilmente in colpa in quel momento. Non voleva lasciarlo, in particolare in quella delicata situazione. Sarebbe voluto essere presente anche lui quando Bran si fosse risvegliato. Se Bran si fosse risvegliato … ma non poteva chiedere a suo zio Benjen e agli altri guardiani che lo avrebbero accompagnato di aspettare ancora per lui. Avevano già rimandato di molto la partenza.
- Non combinare troppi casini senza di me che ti tengo d’occhio.
- E tu non far impazzire tutto Grande Inverno senza me a darti un contegno, fratellino – rimarcò quell’ultima parola sorridendo. Spettro e NightFlame li guardavano dal basso silenziosi.
- Non avrei mai pensato di vederti partire senza di me.
- Già, neanche io. Vedrai che tra qualche anno nostro padre ti lascerà arruolare. Io rimarrò lì a tenerti un posto al caldo. Questa è solo una situazione temporanea, non temere – cercò di rassicurarlo. Walter guardò l’orizzonte accennando un amaro sorriso e provò con tutto sé stesso a credere a quelle parole, fallendo.
- Goditi la vista in cima alla Barriera anche per me, Stark. E vedi di non farti uccidere o ti verrò a cercare, ti riporterò in vita e ti ucciderò di nuovo.
- Hai la mia parola, Snow – disse infine Jon. I due si abbracciarono e rimasero stretti l’uno all’altro per quella che sembrò un’eternità. Quando si allontanarono, Jon notò sua madre che lo guardava dal soppalco. Non lasciava mai la stanza di Bran ed era uscita solo per vederlo partire, nonostante si fossero salutati un attimo prima. Cat aveva lo sguardo perso e distrutto mentre lo guardava allontanarsi a cavallo. Jon le accennò un sorriso e le fece un ultimo cenno di saluto con la mano. Quando Jon fu abbastanza lontano da sparire completamente dalla vista di Cat, la donna si lasciò andare ad un pianto disperato.
 
- Ti ricordi quando ti sei arrampicato per la prima volta e sei caduto perché non eri ancora esperto? Fortunatamente ti ho preso al volo, altrimenti avresti fatto una brutta fine. Che strana ironia – disse Walter seduto accanto al letto con la testa appoggiata sul materasso. Il ragazzo parlava sempre a Bran al contrario di Cat, la quale, la maggior parte delle volte, rimaneva a guardarlo come se potesse svegliarsi da un momento all’altro.  Sembrava che i due si dessero il cambio. Passavano la maggior parte del tempo nella camera del bambino e quando uno dei due doveva mettere qualcosa nello stomaco o dormire o soddisfare qualsiasi altro bisogno, si davano il cambio. Rickon spesso rimaneva con loro, ma quando non ce la faceva più, usciva a giocare con Cagnaccio, il quale non era avvezzo a passare molto tempo tranquillo dentro una stanza. NightFlame e il metalupo di Bran dormivano uno accanto all’altro vegliando sui loro padroni.
Jon scriveva quasi ogni giorno a Walter chiedendo notizie di Bran, raccontagli di come stesse andando il viaggio per andare alla Barriera, di quanto facesse molto più freddo e di che uomo bizzarro fosse Tyrion Lannister. Walter ricordava quello strano nano. Era dotato di un’intelligenza e una conoscenza intimorenti, senza dubbio. Ricordava di quando, il giorno stesso in cui suo fratello e tutta la combriccola erano partiti per la Barriera insieme al “folletto”, poche ore prima della partenza, aveva tenuto una breve conversazione con quel Lannister totalmente diverso dalle descrizioni che aveva udito su tutti gli altri componenti della sua stessa casata. “Non dimenticare chi sei, perché il mondo non lo dimenticherà.” Quella frase aveva un significato molto più complesso di quello che traspariva e Walter lo sapeva bene.
 
Una sera, Walter si stese sul letto di Rickon, pochi metri distante da quello di Bran, e rimase a guardare il soffitto. Aveva parlato tutto il pomeriggio al suo fratellino e gli era quasi sembrato che lui riuscisse a sentirlo.
I metalupi erano fuori dalla stanza per cacciare, mentre Cat era stata richiamata da Maestro Luwin per sbrigare delle faccende. In quel momento, entrò nella stanza il piccolo Rickon.
- Ehi, granchietto – lo salutò Walter mentre lo vedeva raggiungerlo e stendersi sul letto abbracciato a lui.
- Sei stanco, Walt? Perché non dormi?
- Stavo cercando di farmi venire sonno.
- Si sente la tua mancanza a Grande Inverno. Fuori dalla stanza intendo. Come si sente anche di Arya, di Jon, di nostro padre e di Bran … Sansa restava sempre chiusa in casa con la septa perciò non si sente la sua mancanza.
Walter sorrise. In quel momento entrò anche Cat nella stanza e restò intenerita da quella scena. Era molto stanca anche lei, perciò si lasciò andare nel letto insieme al suo figlioletto e al ragazzo che aveva cresciuto e amato come se lo fosse.
- Fatemi spazio voi due.
- Non sono esattamente così esile da poter entrare in questo minuscolo letto insieme a voi due – disse Walter accennando un sorriso contrariato alla donna, ma provando ugualmente a farle spazio dalla parte opposta a quella in cui si trovava Rickon. I tre parlarono un po’, poi si addormentarono in quel modo, talmente sfiniti e stremati da riuscire a rimanere in quelle scomode posizioni.  
Ad un tratto, però, Walter si ridestò svegliato da un rumore. Anche lui, come il suo metalupo, aveva il sonno leggero fortunatamente. Scattò in piedi quando vide che, dalla finestra, era appena entrato un uomo con una daga in mano. Una daga che sembrava molto costosa. L’uomo fece per avvicinarsi al letto di Bran, ma Walter non glielo permise e gli si buttò addosso. Scossi dal rumore, si svegliarono anche Cat e Rickon. La prima, sconvolta e spaventata, stava per andare in suo soccorso, ma Walter la bloccò.  – Rimani con Rickon! Qui ci penso io! – disse il ragazzo deciso. Era nettamente più alto di quell’uomo, ma, in quel momento, non possedeva alcun arma mentre lui sì. Doveva cercare di disarmarlo. Tuttavia, quel sicario era più abile di quanto si aspettasse. Cominciarono a scagliarsi l’uno contro l’altro, Walter lo bloccò a terra ma l’uomo riuscì a procurargli un taglio su uno zigomo con la daga. Il ragazzo rimase imperterrito sopra di lui per bloccarlo, cercando di prendergli la daga. Il sicario si muoveva come un ossesso, ma la velocità e l’abilità di Walter erano ineguagliabili, al punto che, come gli ripetevano spesso, avrebbe potuto dare inizio ad una prosperosa carriera come ladro e crearsi anche una certa fama. Riuscì, dunque, a rubargli la daga e la puntò  al collo dell’uomo, il quale raggelò.
- Chi ti ha mandato?! Rispondi, verme!! – ma la voglia di ucciderlo con le proprie mani stava prevalendo sul buon senso. Tuttavia, nel momento in cui stette per tagliargli la gola, Cat urlò credendo che Walter fosse stato pugnalato, avendo notato tutto il sangue che stava colando intorno ai due, ed essendo essi di spalle alla donna. Walter fu distratto per un secondo da quell’urlo improvviso, e il sicario ne approfittò per riprendersi la daga. Prima che l’uomo potesse impugnarla contro Walter, i due metalupi piombarono nella stanza e gli saltarono addosso uccidendolo e difendendo i loro padroni. Walter rimase fermo immobile osservando la scena, mentre Cat tappava gli occhi a Rickon. I tre rimasero fermi in quelle posizioni, ancora sconvolti, per un po’. Poi, Cat si accorse del taglio sul volto del ragazzo (causa della pozza di sangue a terra) e andò subito a chiamare soccorso.
 
- Non puoi tenere le redini del cavallo in questo modo, Rickon, non dovrebbero darti il permesso di cavalcare senza averti prima …
- Theon, non molestare mio fratello o ti faccio passare la voglia di dare fiato a quella bocca che ha l’unico scopo di irritare qualsiasi essere del creato – gli disse Walter mentre cercava di seguire le orme di un animale, a pochi metri da loro. Ormai era trascorso un mese dalla caduta di Bran e, dopo il tentato assassinio del bambino, Cat e Walter decisero di respirare un po’ d’aria e ricominciare ad uscire di tanto in tanto, rassicurati dalla costante presenza del metalupo di Bran accanto a lui, il quale lo avrebbe protetto da qualsiasi pericolo. Tutta la servitù, i maestri e i Ser, furono rincuorati di rivedere i loro volti in giro per Grande Inverno come una volta. Quella mattina, Walter aveva deciso di provare a far cavalcare Rickon portandolo con sé mentre lui girava e ispezionava la foresta in cui avevano trovato i loro metalupi tempo prima. Si era aggiunto anche Theon a loro, e Walter non avrebbe potuto essere più invogliato a lasciar perdere quei piani solo per la presenza snervante del Greyjoy. Alla fine, tuttavia, pensò che aveva bisogno di stare di nuovo un po’ a contatto con la natura selvaggia e di far fare a Rickon qualcosa di diverso. Inoltre, gli mancava zittire malamente Theon Greyjoy ad ogni parola che pronunciasse, era come una sorta di elisir rigenerante per lui. Theon, come al solito, provò a controbatterlo, e come ogni volta, fallì miseramente. – Perdonami, Snow, vuoi provare a impartire tu lezioni su come cavalcare a tuo fratello Rickon? Oppure quel taglio al volto non ti permette neanche di muovere la faccia per parlare, eccetto in casi eccezionali, come per insultare me?
- Oh, mio povero Theon … cos’è tutta questa frustrazione? Non ti funziona più qualcosa là sotto e hai optato per conquistare le tue amichette con il potere di un bel viso? Forse è per questo che stai cercando miseramente di deridere chi ha un viso più bello del tuo muso da seppia arenata? Per invidia? Credo che faresti meglio a trovare una soluzione differente, caro amico.
In quel momento Ser Rodrik sbucò correndo verso Walter. L’uomo non riusciva neanche a parlare a causa del suo fiatone.
- Ser Rodrik, qual buon vento? –
- Vostro fratello Bran si è svegliato. 

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Capitolo 5
*** Il Lord di Grande Inverno ***


IL Lord di Grande Inverno
 
- Raccontaci ancora una storia, vecchia Nan! – la esortò convinto il piccolo Walter mentre Jon era ancora sconvolto dal racconto precedente. I due bambini, di quattro e sei anni, richiedevano sempre nuovi racconti, incuranti di quanto questi avrebbero potuto spaventarli. Tuttavia, ogni volta, finivano sempre abbracciati tra loro tremanti di paura. Ma non si facevano mai scoraggiare da ciò. La vecchia donna si fece convincere come al solito e iniziò a parlare mentre Walter prendeva bene posto nuovamente sul letto accanto a Jon. - D'accordo, ma, questa volta, non vi racconterò una storia che vi farà rabbrividire. Vi racconterò qualcosa che vi farà rattristare. Una storia molto triste. – I due erano curiosi come non mai. – Vi narrerò del fiume che divenne rosso come un rubino. C'era una volta, non molto tempo fa, un giovane principe che tutti ammiravano e amavano. Il principe andò in battaglia indossando la sua bellissima armatura nera con degli splendidi rubini incastonati nel petto. I suoi lunghi capelli d'argento sbucavano fuori dal suo maestoso elmo così come anche i suoi occhi erano visibili dalle aperture sul davanti. I suoi occhi erano esattamente come i tuoi, Walter. Solo un po’ più scuri e non così luminosi. – Il bambino si sorprese di ciò. – Difatti quegli occhi erano tristi. Erano sempre stati tristi. Il principe affrontò un violento avversario, metà uomo metà cervo. L'avversario aveva un desiderio così intenso di uccidere il principe d’argento, che le sue armi divennero magiche, alimentate dal suo stesso odio. Il valoroso principe combatté con tutte le sue forze, ma, presto, capì che il suo valore non poteva nulla contro la furia dell'uomo cervo. Dopo un estenuante e lunghissimo combattimento in cui il principe aveva cercato di resistere il più possibile per cambiare il suo funesto destino, l'enorme martello dell'uomo cervo si schiantò nel suo petto con una forza sovrumana. Il colpo fu talmente forte, che lo si udì a chilometri di distanza, così come l'urlo di dolore del giovane principe, il quale cadde all'indietro vedendo i rubini che prima erano sulla sua armatura, volare via come tante piccole stelle rosse, e cadere nelle acque del fiume in cui si trovavano. L'elmo era volato via anch'esso e il principe rimase galleggiante circondato dai rubini, rossi esattamente come il suo sangue con il quale stava macchiando quelle acque. L’argento dei suoi capelli si mischiava con quel rosso così vivo mentre il suo volto era rivolto da un lato. L’acqua sembrava cullarlo per fargli provare meno dolore, premurosa come una madre. In quegli istanti, il principe trovò la forza di sorridere, un sorriso amaro e atroce così come il dolore che stava provando al petto. Gli occhi del principe, pian piano, persero la loro luce e si spensero rimanendo aperti, fissi verso un punto indefinito all'orizzonte. Fu così che il fiume nel quale il principe morì, divenne rosso come un rubino.
Walter si destò improvvisamente da quel bizzarro sogno, il quale gli aveva fatto rivivere un ricordo della sua infanzia. Si chiese perché, tra tutte le storie che la vecchia Nan gli raccontava, avesse sognato proprio quella. Ci pensò per un po’, poi fu destato da qualcosa di ben più importante: il caos che si era creato intorno a lui da quella maledetta partenza di suo padre e delle sue sorelle verso Approdo del Re. Erano trascorsi ormai mesi da quel giorno, e non aveva neanche potuto godersi il risveglio di Bran, a causa del susseguirsi così frenetico degli eventi che erano accaduti. Lui aveva insinuato il dubbio in Cat che Bran non fosse caduto dalla torre, bensì che fosse stato spinto da qualcuno: conosceva bene suo fratello e sapeva che, essendosi arrampicato più volte in quella torre, per quanto alta, era sempre riuscito a non cadere e a destreggiarsi bene su di essa. Lo aveva pensato fin da subito ma non aveva detto nulla prima del risveglio del piccolo, poiché la sua mente era completamente occupata dalla paura e dalla preoccupazione che Bran morisse. Cat gli aveva dato ragione e avevano indagato a riguardo, giungendo alla conclusione che il capello dorato trovato da Cat dentro la torre, fosse della regina Cersei Lannister, mentre la daga utilizzata dal sicario, fosse troppo costosa per non essere associata alla ricchezza nota di quella stessa casata. I conti riportavano: Bran aveva visto qualcosa che non doveva vedere ma sembrava non ricordarsi nulla dei momenti precedenti alla caduta. Inoltre, quei rifiuti umani, lo avevano reso storpio. Walter non sarebbe mai passato sopra a ciò. Gliel’avrebbe fatta pagare loro, ad ogni costo.
Da lì in poi, era accaduto tutto troppo in fretta: Cat si era recata ad Approdo del Re per parlare di tutto ciò a suo padre, il quale aveva fatto ulteriori ricerche e aveva scoperto qualcosa di davvero pericoloso. Nel frattempo, re Robert era morto apparentemente durante una battuta di caccia. Ma Walter aveva già inquadrato la famiglia Lannister dopo tutti quegli eventi, ed era fermamente convinto che non fosse stato un cinghiale ad uccidere il re. Ma l'onorevole Ned Stark agiva sempre, appunto, per onore  e mai con sagacia e scaltrezza come invece era solito fare Walter, dunque si era tagliato le gambe da solo inviando una lettera a Stannis Baratheon, fratello del re, a sfavore del nuovo re Joffrey, succeduto a suo “padre”. Ciò aveva lo aveva fatto imprigionare etichettato come “traditore della corona”. Intanto, come se non bastasse, Cat aveva provveduto a catturare il fratello sbagliato dei Lannister e a portarlo al cospetto di suo sorella per fare giustizia. Fin da subito, Tyrion gli era parso come una persona diversa dai suoi fratelli e incapace di far uccidere un bambino di otto anni. Per lo meno, questo diceva il suo istinto e, di solito, il suo istinto aveva ragione. Ad ogni modo, Tyrion, grazie alla sua furbizia, era riuscito a liberarsi dalla furia di sua zia Lysa che lo voleva morto a prescindere essendo un Lannister. Ora, suo padre era imprigionato ad Approdo con un'accusa di tradimento e Cat aveva radunato un esercito composto dalle truppe Stark e dai suoi alleati, compresi i Tully, la sua casata di provenienza, per reclamare il rilascio di suo marito, pronta a far scoppiare anche una guerra se necessario. Walter aveva già capito l'andazzo della faccenda quando era stato informato dell'”incidente” accaduto durante il viaggio per Approdo, del quale era stata vittima, ingiustamente, la povera Lady, il metalupo di Sansa. Tutti erano preoccupati per le giovani Stark ora “prigioniere” ad Approdo del Re, in particolare Walter, il quale sapeva bene il potere in più che avrebbero avuto i Lannister con le due ragazzine tra le loro mani.
In tutto ciò, Grande Inverno non sarebbe potuto rimanere senza un lord ad amministrarlo, dunque, essendo Bran troppo piccolo e bisognoso di una guida efficiente, i Lord del Nord alleati alla casata Stark, si erano ritrovati tutti d'accordo sul nominare lui stesso il lord di Grande Inverno provvisorio. Dunque, per quanto Walter volesse combattere nell'esercito Stark per partecipare alla liberazione di suo padre e delle sue sorelle, si trovava impotente a riguardo, con un importante ruolo sulle spalle, il più importante che avesse mai avuto. “Una persona in più non fa la differenza in un esercito. E poi, il Nord ha bisogno ora più che mai di una guida.” gli aveva detto Cat prima di partire per affiancare e rassicurare le truppe pronte alla guerra, tramite la sua presenza. Walter sapeva bene che sarebbe stato Jon a ricoprire quel ruolo se solo non avesse preso il nero rinunciando ai suoi titoli. Jon sembrava trovarsi bene nella Confraternita e, a volte, Walter invidiava il suo straniamento da tutto ciò che stava accadendo. Sapeva che suo fratello non doveva passarsela bene nel sapere che stava scoppiando una guerra, che la sua famiglia fosse in pericolo e che lui non potesse fare nulla per aiutare. Tuttavia, non poteva fare a meno di pensare che lui fosse lontano, alla Barriera, il confine del mondo, il luogo in cui niente di ciò che è più a Sud è importante.
Walter, anche quella mattina, si svegliò presto per amministrare tutte le faccende che gravavano su un Lord Protettore del Nord. Non gli pesava quel ruolo, difatti, al contrario di ciò che si aspettasse, ci si trovava a suo agio e riusciva a svolgerlo egregiamente, come tutti si immaginavano. Tuttavia, sentiva di poter fare di più, in quel momento in cui la sua famiglia era divisa e decisamente in pericolo. Gli unici svaghi che aveva, erano i suoi amati fratellini Bran e Rickon, la caccia con il suo metalupo, le sfide con la spada con i Ser rimasti a Grande Inverno (le quali non erano assolutamente comparabili con quelle che faceva con Jon, ma almeno erano qualcosa) e zittire Theon. Ovviamente l’ultima attività era quella che preferiva. La sua ferita sullo zigomo era ormai guarita e al posto di essa, vi era rimasta una lievissima striscia bianca. Ogni volta che si guardava allo specchio e la notava, si ricordava di aver combattuto per la vita di qualcuno che amava e ciò lo rendeva più fiero che mai di possedere quel segno. Cat era tornata momentaneamente a Grande Inverno per passare un po' di tempo con i suoi figli, perciò, quella mattina, se la ritrovò davanti non appena mise piede nella sala dei ricevimenti. Fu sorpreso di vederla sveglia a quell'ora e lei, non appena lo vide, si illuminò e gli sorrise. – Walter, figlio mio. Non dovresti alzarti sempre così presto, hai bisogno di dormire anche tu.
- Da che pulpito. Che ci fai già sveglia? – le chiese avvicinandosi e sedendosi sul grande tavolo di fronte a lei, cominciando a sfogliare alcune carte.
- Hai almeno fatto colazione? Non è da te non farla.
- Tutte queste occupazioni che devo svolgere a volte mi distolgono dal resto. Inoltre, Lady Stark, nessuno vi ha insegnato che è maleducazione rispondere ad una domanda con un'altra domanda?
Cat fu felice di constatare che la sua voglia di scherzare non lo avesse abbandonato, anche in una situazione di stress e tensione come quella in cui si trovavano. – Stanotte non sono riuscita a prendere bene sonno, mio Lord.
- Colpa dei letti poco confortevoli, milady?
- No, mio Lord, i letti sono sempre comodi e di mio gradimento. Ciò che rende il mio sonno inquieto sono gli incubi.
Walter alzò lo sguardo verso di lei, distogliendolo dalle carte. – Mi rattrista.
- Non preoccuparti, caro – disse stringendogli la mano e sorridendogli premurosa – Mi preoccupo più per lo stato mentale dei miei figli in un clima del genere, piuttosto che di me stessa. Ti sono state scaricate addosso moltissime responsabilità all’improvviso e sei ancora solo un ragazzo. Mi chiedo se tu stia bene come vuoi far credere.
- Non temere. Sì, devo occuparmi di molte faccende ora, ma sono meno di quanto mi sarei aspettato – disse accennandole un sorriso per rassicurarla. Dopo qualche minuto di silenzio, Walter parlò di nuovo. – Mi chiedo come mai tu sia così buona con me.
Quella frase spiazzò la donna, facendole salire un brivido di freddo su per la schiena. – Cosa intendi?
- Sai bene cosa intendo. Sono il figlio di un'altra donna. Una donna con la quale tuo marito ti ha tradita dopo un matrimonio consumato e aver già avuto un figlio da te. Sono un bastardo. I bastardi non vengono mai trattati in questo modo dalle loro matrigne. Me lo sono sempre chiesto ma non sono mai riuscito a darmi una risposta.
- Walter, io … - il piccolo Rickon salvò Cat da quella pericolosa conversazione, piombando nella stanza e correndo verso di lei.
- Rickon! – disse lei sorridendogli, prendendolo in braccio e posizionandolo sulle sue gambe. - Che ci fai sveglio così presto anche tu??
- A quanto pare, oggi è la giornata dei risvegli anticipati – disse Walter scompigliando i capelli del suo fratellino.
- Non ci sei mai qui, mamma. Ora che sei tornata voglio passare più tempo con te!
- Oh, il mio piccolo ometto dolce! Anche io voglio trascorrere più tempo possibile con voi! Dimmi, stai facendo il bravo con Walter in queste settimane?
- Io faccio sempre il bravo con Walter. Lui è il mio spirito guida, non solo mio fratello.
Walter rimase piacevolmente sorpreso da quella definizione.
 
- Mio Lord, la nostra terra è continuamente soggetta a inondazioni. Il fiume in piena a causa delle piogge, distrugge tutto ciò lo circonda. La nostra gente è stata fortemente decimata, decine e decine di donne e bambini sono rimasti senza casa mentre tutti gli altri sono morti. Non sappiamo più cosa fare – disse il Lord inginocchiandosi di fronte a lui con le lacrime agli occhi.
- Lord Hansel, sono profondamente dispiaciuto per le vostre perdite, vi porto gli omaggi e le sincere condoglianze da parte di tutto Grande Inverno.
Attualmente non abbiamo i fondi per offrirvi la forza lavoro necessaria a costruire una degna e sicura irrigazione in pochi giorni, essendo anche la maggior parte degli uomini impegnati nella guerra. Tuttavia, per evitare altre stragi nel frattempo, faremo condurre la vostra famiglia e tutti i superstiti qui a Grande Inverno.
Le persone presenti nella sala rimasero interdette, compreso Maestro Luwin, il quale si avvicinò a Walter e gli sussurrò le sue perplessità. – Mio signore, dove intendete sistemare tutta quella gente?
- La guerra sta impegnando la maggior parte dei nostri uomini, dunque Grande Inverno si è svuotata. È un luogo grande e spazioso, vi ospiteranno le famiglie degli uomini del nostro esercito partiti per sostenere la guerra e la nostra causa – disse lui ad alta voce rispondendo anche a Maestro Luwin. – Inoltre, se non ci dovesse essere abbastanza spazio qui, la vostra gente verrà inviata a stare dalle famiglie degli altri Lord nostri alleati, nelle loro terre.
- Grazie, grazie, mio signore, grazie! – disse l'uomo cedendo alle lacrime.
- Non dovete ringraziarmi, Lord. Se è tutto, avete il permesso di andare – disse infine Walter.
Uno dei Lord presenti quel giorno per il ricevimento, si avvicinò a Cat continuando a guardare il ragazzo. – Abbiamo scelto bene nel nominarlo Lord di Grande Inverno. Certo, non avremmo avuto altra scelta, ma siamo stati tutti felici fin da subito davanti alla prospettiva di sottostare alla protezione e alla guida di Walter. Non parla come un ragazzo di diciassette anni. Sapevamo di essere in buone mani grazie alla sua fama che lo precede in tutto il Nord. Ha gestito anche la mia richiesta in maniera eccellente. Eravamo ugualmente al sicuro con vostro marito come Lord Protettore del Nord e non sto insinuando che il vostro primogenito Jon non sarebbe stato adatto al ruolo ma …
- Capisco cosa intendete dire, Lord. Difatti sono sempre più orgogliosa di lui – disse Cat convinta e piena di gioia in volto.
- Mia signora! – disse Ser Rodrik accorrendo verso di lei.
- Ser Rodrik, che succede?
- Ci sono notizie da Approdo del Re: domani ci sarà il processo di Lord Stark.
 
Le notizie arrivarono in fretta. Anche fin troppo in fretta: la testa dell’ex primo cavaliere del re, Lord Eddard Stark, signore di Grande Inverno e Protettore del Nord, era appesa su una picca insieme a molte altre ad Approdo.
Walter corse, corse più lontano che potesse. Nemmeno l’Albero Diga sarebbe bastato in quel momento. Aveva bisogno di andare lontano, di sfogarsi, di urlare. Appena non ce la fece più per mancanza di fiato, cadde in ginocchio e urlò al cielo. L’urlo più forte che avesse mai emesso. L’urlo più disperato. Si era ritrovato in un campo immenso completamente isolato, ma non si accorse di dove fosse. Iniziò a lasciarsi andare alle lacrime colpendo il terreno con le sue mani. Non l’aveva neanche salutato. L’ultima cosa che ricordava di lui, era il suo naso rotto dopo il colpo che lui stesso gli aveva sferrato. Era furioso in quel momento. Non avrebbe mai pensato che la situazione potesse aggravarsi a tal punto. Si aspettava complicazioni, ma non di questo genere. Lui era suo padre, aveva sempre cercato di proteggerlo, lo aveva sempre trattato come suo figlio legittimo nonostante non lo fosse. L’aveva sempre fatto sentire amato e a casa. E lui non aveva fatto altro che evitarlo e non rivolgergli la parola gli ultimi giorni che lo aveva visto. Non poteva perdonarselo.
La pioggia accompagnò le sue lacrime, scendendo giù da quel cielo da sempre grigio e bianco. Alzò gli occhi verso l’alto cercando di tenerli aperti nonostante le gocce di pioggia. Mi dispiace.
 
Cat, come al solito, aveva passato tutto il giorno nel Parco degli Dei. Erano trascorsi dieci giorni dalla morte di Ned e gli eserciti alleati e pronti alla guerra, erano fermi ad aspettare qualche ordine, senza capire se agire o no. Walter sapeva che Cat non sarebbe potuta andare avanti così, e ora toccava a lui essere forte per entrambi. O meglio, per tutti e cinque, dato che Jon continuava a inviargli lettere disperato. Avrebbe voluto scappare e raggiungerli all’istante, ma Walter l’aveva esortato a non farlo, altrimenti sarebbe stato considerato un disertore e avrebbe subìto la pena di morte. Jon doveva rimanere a Castello Nero. Forse lì, sarebbe stato anche più al sicuro rispetto a loro. Bran non l’aveva presa bene ma lui cercava in ogni modo di farlo svagare. Rickon sembrava non rendersi realmente conto di ciò che accadeva intorno a lui, perciò gli bastava una qualsiasi distrazione per ritornare il bambino allegro e iperattivo di sempre. Tuttavia, un unico pensiero aveva assillato la mente di Walter in quei dieci giorni: non si trattava della guerra che avrebbero inevitabilmente cominciato contro i Lannister, bensì delle sue due sorelle. Non faceva altro che pensare ad Arya e Sansa ancora nelle mani di quei dannati leoni, per lo più, ora, anche con Ned morto. Voleva a tutti i costi liberarle prima di iniziare qualsiasi guerra, altrimenti ci avrebbero rimesso solo loro. I Lannister avevano troppo potere sugli Stark con in mano le due ragazze. Doveva assolutamente trovare un modo per liberarle prima che fosse troppo tardi, ma ciò comportava lasciare Grande Inverno e i suoi doveri. Onore o famiglia? Senza contare che avrebbe dovuto lasciare Bran ad amministrare il Nord da solo sotto consiglio di Maestro Luwin e Ser Rodrik; in più badare a Rickon. Oltre ad aver bisogno di una figura più grande che li guidasse e li sostenesse, sapeva bene quanto i due fratellini fossero legati a lui, come lui lo era a loro. Rickon lo aveva addirittura seguito da Howland Reed mesi prima. Ciò avrebbe costituito un bel problema. In quella situazione così delicata, sarebbe stato utile che quel pesce lesso di Theon fosse più una figura fraterna per i suoi fratellini, piuttosto che una palla al piede come era sempre stato. A tutto ciò, avrebbe pensato in seguito; in quel momento doveva solo trovare il modo di far rinsavire Cat per portare avanti la guerra che avevano cominciato. Gli impegni che lo obbligavano come Lord di Grande Inverno e i suoi pensieri di salvare le sue sorelle potevano aspettare. “Una persona in più non fa la differenza in un esercito …” ripensò a quelle parole di Cat. “… ma una sola persona ad Approdo del Re, sì.” aggiunse lui.
 
Cat era inginocchiata davanti all’Albero Diga, l’unico che aveva avuto modo di vederla in quei giorni. Per l’ennesima volta pregò gli dei, finché non fu destata da un rumore di passi dietro di sé. Riconosceva quell’andamento, lo avrebbe riconosciuto tra mille. Walter si inginocchiò accanto a lei, guardando anch’esso l’imponente albero.
- La sua faccia inquieta tutte le persone che vengono a Nord per la prima volta, ma non ne comprendo il motivo: insomma, è una faccia normale.
Cat accennò un sorriso a quelle parole. - Mi dispiace di avervi trascurati questi giorni.
- Ne hai tutto il diritto.
- Come stanno Bran e Rickon? E come stai tu?
- Bran ci pensa ancora, ma sto trovando dei modi innovativi di distrarlo e tenerlo impegnato, tipo insegnargli a fare i dolci. Si sta rendendo conto che il suo handicap lo limita meno di quanto si aspettasse. Rickon non capisce realmente  quello che sta accadendo. Io … sto bene. Provo ad andare avanti. Ed è quello che dovresti provare a fare anche tu.
- Non ci riesco … credimi, non ce la faccio, Walt. Ned era la mia roccia, lui era tutto ciò che avevo oltre i miei figli … - disse lasciandosi andare ad un pianto liberatorio, l’ennesimo. Walter la abbracciò stringendola forte a sé e ascoltò il suo pianto per quasi un’ora. L’intera parte destra della maglia del ragazzo era completamente bagnata data la quantità di lacrime che Cat aveva versato sulla sua spalla.
- Andrà tutto bene. Ce la faremo. Ma dobbiamo resistere. Distruggerci corpo e anima è il loro piano. Non accontentiamoli. Noi siamo gli Stark di Grande Inverno, siamo lupi, gente del Nord. E il Nord non viene sottomesso da nessuno. Il Nord non dimentica. Ci servi anche tu, Cat. Edmure sta solo aspettando te. Siamo tutti preoccupati per te. - Edmure Tully, fratello di Catelyn, fin da subito, quando Ned era stato imprigionato, aveva preso la questione a cuore aiutando in ogni modo sua sorella a radunare tutti gli alleati degli Stark per dare inizio ad una guerra, la guerra del Nord. Era stato lui a prendere il comando di tutti gli eserciti in assenza di un comandante Stark.  – Potrebbe continuare la guerra che abbiamo iniziato anche ora, senza di te ad assisterlo, ma non lo sta facendo, sta pazientando solo perché è preoccupato per te e ti rispetta tantissimo. Rispetta il tuo lutto. Ma ora devi reagire. Devi farlo per lui. Fallo per Ned. Fallo per Sansa e Arya. Fallo per Bran e Rickon. Fallo per Jon. Fallo per me.
La donna alzò il viso dalla sua spalla e lo guardò negli occhi. Lo guardò per un po’, poi si rialzò in piedi. – Sono pronta.
 
 
Cat partì di nuovo, dirigendosi verso la sua terra natale, Delta delle Acque, dove l’immenso esercito radunato si era rifugiato.
Walter la guardò dalla finestra mentre si allontanava. Un sorriso malinconico ornava il suo volto. Il suo piano era pronto e mancava solo metterlo in atto.
Il ragazzo si diresse verso la stanza di Bran e bussò alla porta. Quando il suo fratellino gli diede il permesso di entrare, Walter lo trovò sul suo letto mentre aveva lo sguardo puntato verso la finestra. Si sentiva immensamente in colpa per quello che stava per dirgli. Aveva anche pensato di portare i suoi fratelli con sé, ma sarebbe stato troppo rischioso. A Grande Inverno sarebbero stati al sicuro e lui sarebbe tornato il più presto possibile. L’incidente di Bran lo aveva reso più triste e silenzioso a causa della sua impossibilità di arrampicarsi come faceva sempre, o correre, cavalcare, o semplicemente camminare. Ora era storpio. Inoltre, suo padre era morto. Appena avrebbe saputo che, oltre a sua madre e a Jon, anche il fratello al quale era sempre stato più legato lo avrebbe lasciato, sarebbe crollato. Ma Walter non lo avrebbe permesso. Appena Bran lo vide entrare, gli accennò un sorriso. Non riusciva a non sorridergli, neanche in quello stato mentale.
- Ehi! – gli disse posizionandosi sotto le coperte con lui.
- Walt, non entriamo in due.
- Non importa.
- Hai avuto tanti ricevimenti oggi?
- No, niente di particolarmente impegnativo. Tu, come te la sei cavata? Sei andato a fare un giro con Hodor e Osha?
Era stato un bene trovare quella bruta e risparmiarla qualche settimana prima, in modo da avere la sua fedeltà, per quanto potesse essere duratura. Ma Walter aveva capito che lei avesse un cuore buono e che fosse così aggressiva solo per ciò che aveva vissuto. Se si fosse arruolato come guardiano, avrebbe avuto a che fare quasi ogni giorno con persone come lei. Tuttavia, ancora non riusciva a spiegarsi il perché i Guardiani della Notte volessero combattere i bruti.
Ad ogni modo, lei era una brava ragazza e ci sapeva fare con i bambini. Sembrava avere un certo feeling con Bran in particolare.
- No, sono rimasto ad ascoltare le storie della vecchia Nan. Mi piacciono sempre di più.
- Come ti capisco! Bei tempi quelli! Tempi in cui io e Jon avevamo solo convincere la vecchia Nan a raccontarci storie per tutta la notte come unica preoccupazione. Ad ogni modo, volevo parlarti di qualcosa, Bran, qualcosa di serio. E so che tu, più di chiunque altro, puoi capirmi. Ci siamo sempre capiti al volo noi due. Anche questa volta sono sicuro che sarà così. Dovrai essere forte, fratellino. E so bene quanto tu lo sia più di ogni altro.
Bran si voltò verso di lui guardandolo lievemente allarmato. – Dimmi di cosa si tratta. Mi stai spaventando.
Walter gli accennò un sorriso. – Sai bene quanto sia pericoloso in tempo di guerra lasciare Arya e Sansa ad Approdo del Re, nelle mani di quegli esseri disumani. Non oso neanche immaginare cosa stiano facendo loro. Finché le nostre sorelle saranno con quei mostri, si troveranno costantemente in pericolo di vita e loro avranno sempre più potere su di noi. Potrebbero obbligarci a fare cose che non vogliamo o a metterci l’uno contro l’altro se hanno Arya e Sansa come ostaggi. Sai cosa significa questo, vero?
- Che stai per compiere una pazzia e stai per andare a salvarle, dico bene? Ti conosco troppo, fratellone.
- Già, a quanto pare. Non sai quanto mi sia costata cara questa scelta. Se fosse per me, io non abbandonerei mai te e Rickon. Ma mi trovo costretto se non voglio che la nostra famiglia crolli a pezzi da un momento all’altro. Dovrai essere forte e coraggioso come non mai. Dovrai essere un uomo. Accidenti, come vorrei non doverti dire cose del genere. Mai avrei voluto farti crescere prima del tempo. Io mi fido di te, Bran. Ti lascio in mano le redini di Grande Inverno fin quando non sarò tornato con le nostre sorelle e cercherò di farlo il prima possibile. Maestro Luwin e Ser Rodrik ti aiuteranno in tutto ciò di cui avrai bisogno. Prenditi cura di Rickon. E non dubitare, né mollare mai, intesi?
- Quanti altri sanno del tuo piano?
- L’ho detto oggi a Maestro Luwin e a Ser Rodrik e li ho convinti che è la cosa giusta da fare, nonostante i loro tentativi di persuadermi a restare. Mi hanno promesso che ti saranno sempre accanto.
- So perché vuoi farlo, Walt. Ti capisco e mi fido di te come di nessun altro ma… ho comunque paura. Non conosci Approdo del Re, non ci sei mai stato. Cosa pensi di fare per riuscire a liberarle da solo?
- Oh, di questo non devi preoccuparti. Sai bene che potrei essere il ladro migliore del mondo se solo lo volessi. So mentire, so combattere, so muovermi bene, sono veloce, attento e scaltro. Questo è tutto ciò che mi serve. Vedrai che ce la farò. - Gli occhi di Bran divennero lucidi ma si sforzò di sorridergli. – Oh, no, Bran, ti prego non farlo. Se dovesse uscire solo una lacrima dai tuoi occhi, sarebbe un buon motivo che mi convincerebbe a buttare tutto all’aria e a cambiare idea. Mi costa già molto doverti dire quello che ti sto dicendo, fratello mio – gli disse stringendolo forte a sé e dandogli un bacio sulla fronte. Bran si sforzò con tutto sé stesso di non far uscire quella lacrima, perché sapeva che sarebbe stata la cosa giusta da fare lasciarlo andare.
- So che ce la farai, Walt. E neanche io deluderò la tua fiducia, te lo prometto.
Walter lo abbracciò di nuovo. Dovette costringersi con la forza a sciogliere quell’abbraccio. Stava facendo ciò che doveva fare, lo sapeva. Ma era comunque infinitamente dura andarsene sapendo ciò che stava lasciando.
Si alzò in piedi rivolgendo al suo fratello un ultimo sorriso e uscendo dalla stanza con l’obiettivo stampato a fuoco nella sua mente, di tornare il prima possibile proprio come aveva promesso.
Il ragazzo entrò nella stanza di Cat sapendo che Rickon la notte precedente si fosse addormentato lì, accanto a sua madre. Il bambino stava ancora dormendo, essendo ancora mattina, e cercò in tutti i modi di non svegliarlo.
- Ciao, granchietto. Ci vediamo presto – gli disse dandogli un bacio sui capelli ribelli e rossi e uscendo.
 
Osha udì un rumore provenire dalla porta della stanza che era stata riservata per lei e si spaventò. Quando vide una figura molto alta, coperta da un mantello e un cappuccio nero, entrare, capì subito di chi si trattasse. Walter si tolse il cappuccio e la salutò.
- Ciao, Osha.
- Mio signore – si inginocchiò lei con la massima riverenza e il capo chino.
- Non serve tutto questo, Osha, alzati. - La ragazza obbedì e lo guardò dal basso della sua statura, aspettando degli ordini. – Sto per partire, Osha. Lascerò Grande Inverno per andare a prendere le mie sorelle e riportarle a casa.
- Il mio signore se ne vuole andare? Ho il dovere di venire con te, io …
- No, Osha – la interruppe lui. – Il compito che ti lascio, di estrema importanza, è di prenderti cura dei miei fratelli. Sta’ loro vicino più che puoi e proteggili se dovesse essere necessario. Sei una bruta, so che sai difenderti bene. Ti chiedo solo questo.
A quelle parole, la ragazza si inginocchiò nuovamente, gli prese la mano e la baciò per mostrare ancora più riverenza. – Grazie per la fiducia che mi stai dando, mio signore.
- Ti ho già detto che non ce ne è bisogno, Osha. Io e te siamo allo stesso livello, intesi? So che mi devi la vita per averti risparmiata quando stavi per derubarci e rapire i miei fratelli, ma qui non si tratta di fedeltà. So bene che sei una brava ragazza e che il tuo cuore è puro. Vuoi bene a Bran e Rickon e li stai trattando come fossero tuoi fratelli. – Lui si avvicinò ancora di più per guardarla bene negli occhi. – So che farai ciò che dovrai fare. Ma voglio comunque la tua parola, Osha.
- Hai la mia parola, mio signore. Ti auguro buon viaggio e spero che riuscirai nel tuo intento.
- Lo spero anche io – disse infine lui salutandola e uscendo dalla stanza.
Ora gli spettava l’ultimo saluto. Forse quello più difficile. NightFlame, il quale lo aveva seguito fino a quel momento, si fermò non appena lo fece il suo padrone. Walter si accovacciò guardandolo negli occhi. Il suo metalupo fortunatamente era diventato sempre più obbediente, perciò sperò che gli desse ascolto anche questa volta, nonostante sarebbe stato il doppio più arduo mostrargli obbedienza in quel caso. Il Viola contro viola dei loro occhi si scontrò. Walter gli sorrise e lo abbracciò affondando il viso nel pelo morbido. Quando sciolse l’abbraccio gli parlò. - Mi mancherai tanto, amico mio. Ti prometto che tornerò presto ma tu dovrai fare una cosa per me. – NightFlame inclinò la testa di lato come se avesse capito ciò che lui gli dicesse e lo stesse incoraggiando a continuare. – Dovrai rimanere qui ad aspettarmi fin quando non tornerò. Puoi farlo?
Il metalupo rimase a guardarlo, così Walter provò ad alzarsi controllando le sue reazioni. Quando vide che l’animale rimase ad osservarlo, provò a muovere un passo per allontanarsi. Quando mosse il secondo passo, NightFlame reagì e si incamminò per andare verso di lui.
- No, NightFlame, devi restare qui. Non puoi seguirmi. Mi hai capito? Non venire con me. Devo andare da solo. Se ti portassi con me, mi riconoscerebbero: chi altri possiede un metalupo oltre ai figli di Ned Stark? Inoltre tu non saresti al sicuro in un posto come quello. Sei un animale del Nord. Devi rimanere qui. Tornerò da te, te lo prometto. Ma devi obbedirmi e rimanere qui dove sei mentre io mi allontanerò.
Walter attese un po’prima di rialzarsi e riprovare ad allontanarsi. Guardò il suo metalupo negli occhi sperando di leggervi dentro che avesse capito e che lo avrebbe ascoltato. Dopo qualche minuto, si rialzò e fece per incamminarsi. Questa volta, NightFlame non si mosse e lo guardò allontanarsi fino a quando non sparì dalla sua vista.
Walter sorrise mentre camminava, pensando a quanto fosse intelligente e comprensivo il suo metalupo. Il ragazzo si rialzò il cappuccio e guardò avanti a sé, verso la strada che avrebbe dovuto percorrere, verso il viaggio che avrebbe dovuto affrontare per raggiungere il suo obiettivo. Cercò di non pensare agli occhi lucidi di Bran e si convinse di aver compiuto la scelta giusta. Una scelta che avrebbe cambiato il destino dei sette regni a sua insaputa.


 

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Capitolo 6
*** Rapimento ***


Rapimento
 
- Vostra maestà, ne siete sicura?
Cersei avrebbe solo voluto che quel beota tenesse la bocca chiusa. Le dava il voltastomaco. Chiunque le dava il voltastomaco. Anche il cavaliere più valoroso, la dama più bella e pura, le davano il voltastomaco. L’unico che riusciva a non provocarle quel senso di nausea, era suo fratello Jaime. Lui e i figli che lui le aveva dato. Ed ora, Jaime non c’era più. Quegli sporchi lupi del Nord lo avevano rapito, avevano osato mettere le mani sul suo leone senza macchia come fosse una semplice pecorella. Perché si era fatto prendere? Perché?? Questo Cersei non riusciva proprio a spiegarselo. Lui era sempre stato il più forte in battaglia, il più inarrestabile. Come era potuto accadere? Una lupa aveva vinto un drago una volta. Ed ora, i lupi stavano vincendo i leoni. Cosa diavolo avevano di speciale quei lupi?
Ma queste non erano domande di cui le interessava la risposta. L’unica certezza che la regina possedeva e che le interessava possedere, era che la sua famiglia stesse bene. E se Jaime non era con loro, al sicuro, non sarebbe potuto essere così. Dunque doveva cercarlo, prima che fosse troppo tardi. Doveva ritrovare l’amore della sua vita, colui per il quale avrebbe sterminato il mondo e che avrebbe sterminato il mondo per lei. Loro erano una cosa sola, una sola anima e sempre sarebbe stato così. Per questo doveva mettere a rischio la sua vita per trovarlo e per riportarlo a casa. Nessuno si sarebbe adoperato per ritrovarlo come avrebbe fatto lei. La guerra era più importante. Ormai aveva preso la sua decisione. Aveva atteso anche troppo, stando con le mani in mano, che suo fratello si liberasse da solo. Ma non era accaduto. Era già trascorsa più di una settimana dal suo rapimento e ben cinque giorni dalla morte di Ned Stark. Suo figlio aveva deciso di non ascoltarla sul mandare Ned alla Barriera invece di condannarlo a morte. Suo figlio Joffrey era sempre cresciuto sotto i suoi insegnamenti e, anche grazie ad essi, era divenuto ciò che era. “Mai fidarsi di nessuno. Solo la nostra famiglia è importante. Nient’altro.”Non poteva fargliene una colpa e di certo non poteva negare di aver provato un po’ di piacere vedendo la testa di quel lupo staccarsi dal suo collo. Aveva persino avuto abbastanza tempo per torturare Sansa Stark anche dopo la morte di suo padre. Quella selvaggia della sua figlia più piccola purtroppo era scappata. Senza una delle Stark avrebbero avuto meno potere nelle loro mani. Tuttavia, non c’era tempo di spendersi in ricerche inutili quando Jaime era prigioniero a Nord: per lei era ora di andare. Suo figlio se la stava cavando bene con il suo regno e sarebbe tornata in tempo per evitare che tutte le serpi velenose e i ratti di Approdo del Re gli entrassero in testa. I suoi figli erano la sua priorità, ma non con Jaime lontano. Aveva già lasciato detto che si sarebbe assentata per un po’ per delle questioni importanti e Joffrey, ovviamente, le aveva dato il suo consenso. Sarebbe partita con quattro cappe dorate a salvaguardare la sua vita e la sua identità durante il viaggio. Non avrebbe potuto portarsene di più con sé, altrimenti avrebbero attirato troppo l’attenzione. Così come non potevano utilizzare i loro soliti abiti. Avevano ben provveduto ai migliori cavalli, alle provviste e ai vestiti popolani. Odiava indossare quegli stracci ma non avrebbe potuto fare altrimenti. Ora, era tutto pronto per il viaggio. La cappa dorata di fronte a lei stava ancora attendendo una sua risposta.
- Sono sempre sicura di quello che faccio, Ser. Ora muoviamoci.
 
Erano trascorse quasi due settimane dalla partenza di Walter. Bran si stava quasi abituando a quel ritmo sfiancante per un bambino storpio come lui. Certo, Ser Rodrik e Maestro Luwin lo aiutavano con le questioni da Lord di Grande Inverno e con Rickon. Senza contare che Estate (il suo metalupo), Hodor e Osha, cercavano sempre di farlo svagare il più possibile appena potevano. Tuttavia, Bran era preoccupato per la sua famiglia: era preoccupato per sua madre, era preoccupato per Sansa e Arya, ma, in particolar modo, era preoccupato per suo fratello Walter. Il viaggio che aveva intrapreso era oltremodo rischioso. Sapeva che il coraggio di certo non mancava a suo fratello, ma, a volte, ne possedeva anche troppo. Aveva trascorso molto tempo davanti all’Albero Diga pregando gli dei per lui, per sua madre e per le sue sorelle. Sperava che gli dei gli dessero ascolto.
Quella mattina, Bran udì un rumore strano, diverso dal solito. Nel sonno riuscì a distinguere il suono di urla e cozzare di spade. Il bambino si destò di colpo guardando fuori dalla finestra e accorgendosi che il suo udito non sbagliava. Qualcuno stava assaltando Grande Inverno.
Maestro Luwin piombò immediatamente nella stanza sua e di Rickon insieme ad Hodor.
- Mio signore, presto! Non c’è tempo! – disse il vecchio mentre Hodor lo prendeva in braccio frettolosamente. Osha entrò subito dopo afferrando Rickon e scappando insieme a loro. Non appena uscirono dall’abitazione, si ritrovarono accerchiati da soldati con indosso lo stemma dei Greyjoy. Davanti a loro si fece strada Theon. Il ragazzo aveva un ghigno soddisfatto sul volto, ancora più strafottente del solito.
- Bene bene, “fratelli miei”. Sono desolato, ma non avete via di scampo. Ora Grande Inverno è nelle mani dei Greyjoy; è in mano mia.
- Theon, perché?? Stavi progettando tutto ciò da quanto tempo oramai?? Ned Stark ti ha sempre trattato con riguardo e mai come un prigioniero! – gli disse a gran voce Maestro Luwin.
- Non mi serve riguardo, vecchio! Non sono mai stato libero di essere me stesso qui! Non sono mai potuto essere un vero Greyjoy!
- Tuo padre ti ha buttato via come fossi spazzatura, permettendo che fossi reso “prigioniero” qui, l’hai forse dimenticato, Theon? – gli chiese Bran pungente.
- Tappati quella bocca, Bran! Ora sono io il capo qui! L’unica cosa di cui mi rammarico immensamente, è di non aver organizzato prima tutto questo! Prima che quello spaccone di tuo fratello partisse chissà dove lasciandoti qui da solo e abbandonando la sua gente! Che bel fratello che hai, Bran, eh? E pensare che era il tuo preferito!
- Non parlare così di Walter. Non sarai mai neanche un quarto di ciò che è lui!
- Lo difendi anche ora che ti ha lasciato qui da solo con tutto il peso addosso. Non potevo aspettarmi nulla di diverso. D’altronde lui è sempre stato quello bello e intelligente, Jon era quello valoroso, mentre io? Io cos’ero?? Solo uno stupido ragazzino incapace e straniero!
- Questo è stato perché tu sei voluto essere così e lo sai!
- Ad ogni modo, ciò che desideravo di più, era vederlo spaesato, per la prima volta in vita sua impotente, davanti ad un esercito contro di lui. Avrei voluto godermi la sua faccia senza quel sorriso superiore, le sue ginocchia piegate di fronte a me e il suo sguardo finalmente privo di quella sua dannata voglia di scherzare! Invece è scappato prima, ahimè! Sembra che dovremmo andare a cercarlo! Dimmi, Bran: dov’è il tuo caro fratello?
Theon non poteva sapere nulla della missione di salvataggio di Walter. Nessuno doveva saperlo. E, a prescindere, non avrebbero dovuto sapere dove fosse, altrimenti Walter sarebbe stato catturato, dato che ora Grande Inverno era sotto assedio dei Greyjoy.
- Se pensi che ti dirò dov’è, puoi anche attendere una vita, Theon – disse solenne il bambino.
Il ragazzo digrignò quasi i denti. – Ah, è così, dunque? Vorrà dire che, per ora, rinuncerò a questa enorme soddisfazione e mi godrò la mia conquista!
- Ehi, non penso che sia una buona idea lasciare che quel ragazzo rimanga a piede libero – disse uno dei soldati afferrando Theon per la spalla. Quegli uomini non riuscivano a rivolgersi a lui con l’appellativo di “signore” o con riverenza. Per loro, Theon era solo un ragazzino che giocava a fare il grande. Tuttavia, per il momento, avrebbero dovuto sottostare a lui dato che era merito suo se erano riusciti a conquistare Grande Inverno. Erano stati gli ordini del loro re, Balon Greyjoy.
Theon guardò storto l’uomo. – È solo un bastardo. Che problemi potrebbe recarci?
- Molti, dalle voci che corrono su di lui. E poi è sempre uno Stark a piede libero.
- Lo troveremo! A suo tempo!
- Perché non convinci il moccioso a rivelartelo? Sono sicuro che cederebbe. Oppure, vuoi dirmi che, sotto sotto, sei affezionato agli Stark? – lo sfidò l’uomo. Theon non rispose e sogghignò innervosito di nuovo.
- Dico semplicemente che non è saggio rischiare di uccidere due figli di Ned Stark come se niente fosse. Sono preziosi per noi e, finché li avremo, avremo anche il potere. Convincerò il bambino a dirmi dove si trova suo fratello in seguito. Per ora, manderò degli uomini a cercarlo nei dintorni. Dubito che lo troveranno dato che è partito da quasi due settimane, ma vale la pena provare. Intanto, rinchiudete i giovani Stark in casa loro e sorvegliateli!
 
Walter si trovava in una taverna sulla strada. Erano trascorsi, precisamente, sedici giorni da quando si era messo in cammino, tuttavia, aveva percorso meno strada di quanta ne avrebbe fatta a cavallo. Per essere discreto e non attirare l’attenzione, aveva deciso di non portarne uno con sé. Ma non era stato quello il motivo del suo largo ritardo. Andare a piedi e a passo svelto l’avrebbe fatto ritardare solo di qualche giorno rispetto al mese che avrebbe impiegato andando a cavallo. Era stata una terribile febbre a rallentarlo. Era stato costretto a fermarsi alcuni giorni in una taverna per riprendersi. Non poteva permettersi di richiedere delle cure e di venire aiutato, poiché non poteva rischiare che qualcuno lo riconoscesse. I suoi occhi erano sempre stati un problema. Degli occhi che nessun altro possedeva, un colore che si aveva l’opportunità di vedere solamente se si entrava in contatto con un membro di casate note e antichissime. A Nord, era sicuro di essere il solo a possedere degli occhi del genere, dunque, avrebbe dovuto fare molta attenzione. Motivo per il quale, senza le medicine adeguate, aveva impiegato più tempo per ritornare in salute. Una volta ripreso abbastanza da continuare il viaggio, si era rimesso in cammino. Dopo quattro giorni di marcia ininterrotta, si era di nuovo fermato in una taverna sulla strada per mettere qualcosa nello stomaco e ripartire subito dopo. Una donna gli servì un brodo di carne caldo. Decise che ne avrebbe presi almeno altri tre per rinforzarsi ma, soprattutto, per scaldarsi dal freddo. Era sempre stato abituato al freddo, tuttavia, aveva vissuto un solo vero inverno nel corso della sua vita ed era molto piccolo per ricordarselo pienamente. La lunga estate stava giungendo al termine e, come diceva sempre suo padre, “L’inverno sta arrivando”. Sul suo viso comparve un sorriso amaro nel ripensare al suo sventurato padre.
Walter continuò a bere il suo brodo con il cappuccio nero tirato su, fin quando non sentì qualcosa che attirò la sua attenzione: - Hai udito di ciò che è accaduto a Grande Inverno?
- Intendi dell’attacco a sorpresa dei Greyjoy? Per tutti gli dei, senza Ned Stark quel luogo è diventato un campo da guerra! Non immaginavo potesse accadere una cosa simile!
- Ora che i soldati Stark con i loro alleati, sono impegnati nella guerra, il figlio di Balon Greyjoy cresciuto con gli Stark, ha approfittato per permettere ai suoi di prendere Grande Inverno! Anche se il bastardo fosse rimasto lì come Lord protettore, non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo essendo uno solo contro un esercito. Il loro destino era già segnato.
- Dunque chi è rimasto a Grande Inverno?
- Solo i due figli minori di Ned Stark: il moccioso storpio e il più piccolo.
- Cosa vogliono quei dannati Greyjoy qui a Nord?!
Walter non udì più il resto della conversazione dei due uomini al bancone lì accanto, poiché era perso nei suoi pensieri turbinosi. La prima cosa a cui pensò, fu di tornare a casa il più presto possibile. Non importava se non avrebbe potuto fare nulla contro un esercito, avrebbe comunque trovato il modo di spaccare la faccia di Theon. E sarebbe potuto stare vicino ai suoi fratelli anche in prigionia. Il ragazzo si alzò dal suo posto e uscì dalla locanda in preda alle sue forti emozioni, ma, una volta fuori, non poté fare a meno di udire e vedere qualcos’altro.
- Mia regina, è pericoloso rimettersi in marcia ora, è prevista una forte nevicata.
- Vi ho detto di non chiamarmi in questo modo con delle persone nei paraggi, idiota! Siamo in viaggio da tre settimane e ancora non avete compreso un concetto così basilare.
Non appena Walter udì la parola “regina”, si pietrificò. Capì che le voci dovevano provenire dal retro della locanda, così, con le sue solite movenze scattanti e silenziose, si nascose dietro l’angolo che si affacciava ai conversanti. Osservò la scena e vide quattro uomini che sembravano armati e ben impostati nonostante l’abbigliamento da popolani, e una donna con un cappuccio come il suo sopra la testa. Riuscì a scorgere il suo profilo e alcuni ciuffi dei lunghi capelli dorati che sbucavano fuori dal mantello. I suoi occhi erano verdi e sembrava molto bella. Walter non l’aveva mai vista dal vivo, ma non ci mise molto a capire che fosse davvero la famosa e odiata regina Cersei Lannister, la persona che avrebbe voluto uccidere nel peggiore dei modi dopo gli eventi degli ultimi mesi. Continuò ad udire per un po’ la loro conversazione e capì che la donna fosse “scappata” in incognito da Approdo del Re per cercare il suo amato gemello Jaime, prigioniero dell’esercito del Nord. Walter non sapeva che Ser Jaime fosse loro prigioniero e non doveva saperlo neanche Cat quando era ancora con lui, dato che non lo aveva informato. Un’idea balenò nella sua mente in un secondo. Ciò che doveva fare era chiaro davanti a lui. Se avesse avuto la regina Cersei Lannister in mano sua, fare una scambio con le sue sorelle sarebbe stato molto più semplice ed efficace. Aveva un’occasione che non poteva perdere davanti a lui e, se lo avesse fatto, non se lo sarebbe mai perdonato: prendere in ostaggio la seconda persona più importante dei sette regni per usarla a proprio vantaggio.
Tuttavia, ciò avrebbe significato rinunciare a tornare a Grande Inverno dai suoi fratelli. Sapeva bene che quei due uomini nella taverna avevano ragione e che lui solo non avrebbe potuto nulla contro l’esercito Greyjoy, e non sarebbe stato neanche facile come ad Approdo del Re, sgattaiolare dentro senza farsi notare considerando che Grande Inverno era molto più piccola e che quei soldati aspettavano solo il suo ritorno per catturarlo. Sapeva che un prigioniero Stark in più avrebbe fatto molto comodo a Theon. Sapeva che in gabbia non avrebbe potuto fare nulla per aiutare la sua famiglia. E sapeva anche che Theon non avrebbe fatto mai del male a Bran e a Rickon. Nonostante tutto, dopo aver passato una vita a Grande Inverno, si era affezionato a loro. Theon di certo era un irritante, esaltato, stupido ragazzino, ma non era crudele. Bran e Rickon sarebbero stati al sicuro anche se prigionieri. In quel momento dannò sé stesso per qualsiasi decisione avesse preso e lasciò che il buon senso vincesse sui suoi sentimenti. Mise la mano sull’impugnatura della spada che aveva portato con sé, insieme a due daghe, e attese il momento propizio. Dopo aver finito di dire qualcos’altro alla regina, due degli uomini si allontanarono da lei. Non appena girarono l’angolo, se lo ritrovarono davanti, ma non ebbero il tempo di reagire perché Walter li atterrì ferendoli e lasciandoli fuori gioco, per il momento. L’effetto sorpresa era stato a suo favore, ma sarebbe riuscito a battere altri due cavalieri, da solo e in uno scontro aperto? Non appena i due ser rimasti con la regina udirono dei rumori, si allarmarono. – Restate qui – le disse uno di loro mentre, insieme al suo compagno, si mosse per andare a controllare. Fu in quel momento che Walter uscì allo scoperto e che iniziò un combattimento a colpì di spada con i due. Si era allenato innumerevoli volte in quel modo, ma combattere davvero per la prima volta, era tutta un’altra storia. Si sentiva vivo, rinvigorito, come se fosse nel suo elemento. I cavalieri erano in due ed erano molto bravi ma Walter era veloce, più giovane, più alto ed energico. La sua tecnica stava dando i suoi frutti.
Intanto, Cersei non seppe cosa fare per quanto la situazione la prese alla sprovvista. Ci mise un po’ a riuscire a reagire e, quando uscì dalla trance, cominciò a correre via, verso il luogo in cui avevano lasciato i cavalli. Walter ferì i due cavalieri lasciandoli privi di sensi e prese a rincorrerla raggiungendola in qualche secondo, senza neanche sforzarsi, data la differenza di velocità tra i due. Lui le saltò addosso per bloccarla a terra e la imbavagliò velocemente per non farla urlare, legandole anche le mani dietro la schiena mentre lei provava in tutti i modi a ribellarsi. Non fu facile tenerla ferma a terra anche bloccandola con il suo peso, poichè sembrava una iena assetata di sangue.
- Lasciami!!! Allontanati da me!!! – urlò la donna continuando a muoversi come un’ossessa mentre lui la imbavagliava. In quel momento, il cappuccio del ragazzo cadde all’indietro e lei riuscì a vedere meglio il suo viso rimasto scoperto. I suoi lineamenti erano rari e particolari, tratti che lei non era affatto abituata a vedere ma che, al contempo, le ricordavano inspiegabilmente qualcosa. Qualcosa di lontano e vago. I suoi occhi, in particolare, erano davvero inusuali. Cersei non si accorse di essersi distratta per un attimo ed essersi ribellata alla sua presa con meno forza, tanto che quel ragazzo era riuscito a legarle le mani dietro la schiena. Lui la alzò in piedi con forza e violenza, trascinandola con sé in mezzo alla foresta per non attirare troppo l’attenzione e allontanarsi dalla locanda e dagli uomini che aveva lasciato feriti davanti ad essa. Quelle ferite li avrebbero rallentati notevolmente, tanto da lasciargli il tempo di scappare con la regina senza lasciare tracce. I quattro non avrebbero saputo dove cercarla.
Cersei puntò i piedi a terra per impedirgli di trascinarla e per ostacolarlo, ma fu tutto inutile: era palese che fosse un ragazzo di diciotto/vent’anni, ma, nonostante ciò, la sovrastava notevolmente in altezza e forza più dei cavalieri che l’avevano accompagnata durante tutto il viaggio. Lei, per un momento, temette che lui la prendesse in braccio e se la caricasse in spalla pur di sbrigarsi. Invece, semplicemente continuò a trascinarla nonostante lei puntasse i piedi sul terreno. Era la prima volta che Cersei leggeva un tale odio e disprezzo negli occhi di qualcuno che la guardava. Quel ragazzo sembrava odiarla intensamente, tanto da provare disgusto persino nel toccarla. Solitamente era lei quella che guardava le persone in quel modo, che provava tali emozioni ed era convinta di essere l’unica.
Non appena i due ebbero camminato per un po’ e si addentrarono nella foresta, abbastanza lontani dalla locanda, Walter si fermò e la sbatté violentemente di schiena contro il tronco di un albero, senza nessun riguardo sul fatto che si trattasse di una donna. Cersei emise un grugnito di dolore soffocato dal panno, mentre lui continuava a guardarla schifato.
- Se urlerai qui, nessuno ti sentirà, ma, nonostante ciò, ho voglia di lasciarti imbavagliata ancora un po’ pur di non ascoltare la tua voce. Sei un essere ripugnante, Cersei Lannister. Forse persino più ripugnante di tuo figlio.
La donna lo guardava profondamente scossa e timorosa, tanto che Walter si sentì estremamente soddisfatto di averla in pugno. Era immensamente gratificante vedere quella spocchiosa e altezzosa donna che credeva di essere una dea scesa in terra insieme alla sua famiglia, palesemente in difficoltà e impaurita. Walter ebbe voglia di ascoltare anche le sue parole di pura incredulità e frustrazione, così decise di toglierle il panno dalla bocca per un attimo per poi rimetterglielo poco dopo. Non appena ne ebbe l’occasione, Cersei gli urlò contro. – Chi sei tu e cosa vuoi da me?!?
- Oh, prova ad indovinare, “mia regina”. Chi mai potrebbe volerti morta? Ah, giusto, la lista è più lunga di quanto immaginassi!
- Non sei un popolano, non lo sembri! Chi sei?!
- Per il mio aspetto? Queste sono deduzioni abbastanza spicciole, prova a sforzarti un po’ di più. - La donna lo guardò meglio e una rivelazione attraversò la sua mente: il ragazzo di fronte a lei doveva essere il bastardo di Ned Stark  e Ashara Dayne. Appena giunta a Nord, aveva udito che quel giovane avesse gli occhi e la bellezza di sua madre. Walter capì dal suo sguardo, che Cersei doveva aver compreso. – Ora ci sei arrivata?
- Che cosa vuoi da me, dannato bastardo?!
Walter scoppiò a ridere udendo quello che voleva essere un insulto. Dopo aver riso abbastanza, le diede una ginocchiata nello stomaco facendola urlare e piegare a terra. Mentre la donna era piegata e dolorante, Walter si accovacciò di fronte a lei. – Pensavo fossi più creativa. Ad ogni modo, Cersei Lannister, non mi importa di chi tu sia e di quale titolo ricopri: nessuno alza la voce con me e mi parla con quel tono, in particolar modo se a farlo è qualcuno che dovrebbe solo marcire nel tartaro più buio e profondo. Dunque, non provare mai più a rispondermi in quel modo o ne avrai ancora e ancora finché non riterrò di essere soddisfatto. Solitamente faccio molta attenzione a riservare maniere molto diverse alle donne, rispetto agli uomini ma, nel tuo caso, ogni legge, regola o convenzione va a farsi fottere: non avrò alcun riguardo nei tuoi confronti, Cersei. Meriteresti solo di soffrire le pene dell’inferno, ma cercherò di trattenermi dall’ucciderti dato che mi servi. Ora tu verrai con me ad Approdo del Re così che io possa scambiarti con le mie sorelle che avete preso molto amorevolmente in ostaggio, prima che possiate ucciderle come avete fatto con mio padre! Ricorda che percorreremo sempre strade isolate e tu, da sola, non puoi nulla contro di me.
- Non era mia intenzione che Ned morisse …
Ma prima che lei poté finire di parlare, Walter le sputò addosso. – Non ci provare. Non parlare di lui. Non pronunciare il suo nome. Lo hai cresciuto tu quel mostro. Lo hai messo tu sul trono. Non pensare che sia così stupido, ignobile iena. - Walter si alzò in piedi guardandola mentre lei, offesa e furibonda, si asciugava lo sputo che l’aveva colpita sul naso. – Ora che ci penso, sarebbe meglio evitare che tu sia così riconoscibile. Non so che distorta idea hai del travestimento, ma non basta togliersi uno stretto corpetto ed infilarsi uno straccio per sembrare una popolana quando tutti i sette regni conoscono il tuo volto e i tuoi “lunghissimi capelli d’oro”.
Il ragazzo afferrò uno delle daghe che aveva con sé e si avvicinò. Cersei cominciò a spaventarsi di nuovo vedendolo avvicinarsi, così lui la immobilizzò. Ci mise un attimo.
- Fatto – disse lui rialzandosi e sventolandole la lunga chioma di capelli biondi tagliati, davanti agli occhi. La regina sbiancò.
- Che cosa hai fatto???
- Oh rilassati, bocciolo, penso che tu stia meglio così – disse sorridendo soddisfatto del risultato e della sua reazione.
Cersei era senza fiato mentre toccava ancora incredula i suoi capelli, oramai ridotti ad un orribile e impreciso caschetto. Alcune ciocche erano più lunghe, mentre altre molto più corte. Le sue mani tremavano mentre il suo sguardo lo fulminava come non aveva mai fulminato nessuno. Lo avrebbe ucciso nel peggiore dei modi una volta libera. Perché sarebbe riuscita a liberarsi. Quello sputo, quelle parole, ciò che le stava facendo, nessuno aveva mai osato tanto.
La donna si alzò in piedi aggrappandosi al tronco, ancora dolorante per il colpo ricevuto poco prima. Walter la lasciò fare divertito e curioso delle sue intenzioni preannunciate da quello sguardo d’odio profondo. Sembrava una bambina viziata e capricciosa alla quale era stato negato un giocattolo.
- Tu … spavaldo moccioso … sporco lupo …
Ma Walter non le diede il tempo di continuare e di avvicinarsi a lui, che la spinse di nuovo violentemente contro il tronco puntandole la daga alla gola.
- Prova a dire un’altra parola …
- Non puoi uccidermi. Ti servo.
A ciò, il ragazzo fece scorrere la lama su tutta la mascella della donna provocandole un lungo taglio sanguinante. – Non tentarmi – le sussurrò allontanandosi di nuovo mentre lei cadde a terra in ginocchio toccandosi la ferita che continuava a sanguinare.
- Mi hai ferita!!
- Rilassati, è solo un po’ di sangue. Solo un assaggio di quello che potrebbe succederti se mi fai arrabbiare, “mia regina”. E non svenire per quel taglietto! Dobbiamo sbrigarci e non ho certo voglia di portarti in braccio. Camminerai da sola. Ah, dimenticavo! – disse lui accovacciandosi di nuovo di fronte a Cersei, afferrando un po’ di terra e spalmandogliela sul volto e sul collo mentre lei tentava inutilmente di sottrarsi. – Bene, adesso sembri proprio una popolana! Ora, muoviti e cammina.
 

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Capitolo 7
*** Il bastardo e la regina ***


Il bastardo e la regina
 
Cersei stava camminando da otto ore ininterrottamente oramai. Non aveva mai camminato tanto in vita sua. I suoi piedi erano pieni di vesciche, le sue gambe tremavano per il freddo e la fatica, mentre le sue mani erano quasi inamovibili per l’aria gelida e per la corda che aveva stretta intorno ai polsi. Il lungo taglio sulla mascella aveva smesso di sanguinare da parecchio e il sangue colato si era seccato su tutto il suo collo e le sue mani. Si sentiva sporca, lurida, stanca come non lo era mai stata e dolorante. Quello stato quasi le fece dimenticare tutto l’odio che provava in quel momento verso il suo rapitore.
- Perché … perché non hai portato un cavallo con te?
- Avrebbe attirato di più l’attenzione. E poi, mi piace camminare – le rispose il ragazzo, il quale sembrava non mostrare alcuna fatica. A Cersei faceva innervosire ogni cosa di lui, a partire dalla sua voce.
- Non ti fermi mai a mangiare o a dormire … ?
- Non è ancora buio e abbiamo già mangiato otto ore fa.
- Cosa pensi di fare, eh? Vuoi presentarti ad Approdo del Re con una prigioniera, superare tutti i cavalieri e la guardia reale, andare al cospetto di mio figlio e dirgli “Salve, sono …” – Cersei si bloccò accorgendosi che non conosceva ancora il suo nome. O, se lo aveva udito da qualche parte, di certo non lo ricordava.
Walter capì subito prima che lei chiedesse, e le rispose. – Non ti serve saperlo. Ad ogni modo, sei rimasta in silenzio fino ad ora, potresti gentilmente continuare a tenere la bocca chiusa? Sentirti parlare mi fa venire ancor più voglia di ucciderti. Non credo che riuscirei a trattenermi questa volta.
- Io ho bisogno di riposarmi ... – la voce di Cersei non riusciva ad esprimere cosa provasse, né a risultare autoritaria come al solito a causa del suo stato e del suo fiato corto.
- No, invece. Avete solo bisogno di più esercizio fisico, “vostra altezza”, altrimenti non riuscirete mai a fare due passi senza avere il fiatone.
- Ti piace scherzare …
- E a te piace irritare.
- Che cosa vuoi in cambio per farmi sedere e riposare?
- Tra due ore sarà buio e appoggerai il tuo fondoschiena su una roccia e dormirai come un gattino fino a domani mattina! Non prima.
- Vuoi dire che dormiremo in mezzo alla foresta?!
- Mi ritieni sul serio così stupido, “mia regina”? Pensi che non sappia che sfrutteresti la prima occasione per cercare di scappare se ci fermassimo in una locanda?? Allora è vero al 110% quello che dicono su di te! Su quanto ti ritieni superiore al resto del genere umano considerando tutti, all’infuori dei membri della tua famiglia, degli animali con la capacità cognitiva di un lombrico. Non temere, ci fermeremo in una taverna in futuro, ma ai miei tempi e ai miei metodi.
Quel ragazzo la stava facendo impazzire di rabbia ogni secondo di più. Cersei pensò di essere diventata viola in viso a causa dell’immenso sforzo per non urlare e saltargli addosso per strappargli le membra con le sue stesse mani. Ma doveva guardare in faccia alla realtà per quanto le costasse: era una donna, sempre abituata ad essere protetta dagli altri, prigioniera di un giovane prestante, atletico e astuto. Non avrebbe avuto via di scampo se non avesse pensato ad un piano sensato per liberarsi da lui. All’improvviso, la scelta di essere partita di casa per cercare suo fratello nelle sperdute e fredde lande del Nord, le parve l’idea peggiore che avesse mai avuto. Lei non compiva mai scelte così stupide. Solo una cosa poteva farla ragionare in maniera tanto sconsiderata: l’amore. Quando si trattava di Jaime e dei suoi figli perdeva la ragione. D’altronde, anche Jaime era come lei e aveva compiuto scelte profondamente insensate a causa dell’amore che nutriva nei suoi confronti, come, ad esempio, spingere il moccioso Stark giù dalla torre. Quella era stata l’azione più folle e stupida che lui avrebbe potuto mai compiere. Anche perché, quel bambino, non era morto, ma si era risvegliato. Solo in quel momento, alla donna venne in mente che il suo rapitore fosse il fratello di Bran Stark. Per come la stava trattando, forse aveva addirittura capito che la colpa della caduta del suo fratellino fosse sua e di Jaime. Decise di togliersi il dubbio. – Come sta il ragazzino storpio? Non è tuo fratello? – a quella domanda, Cersei vide il ragazzo bloccarsi e smettere di camminare. Essendo dietro di lui, non poteva vedere la sua espressione, ma, da quella reazione, capì che i suoi dubbi fossero fondati.
- Mio fratello sta bene. Meglio di quanto pensi e di quanto speri, Cersei.
- Che cosa intendi dire?
- Che cosa intendo dire? – rigirò lui la domanda voltandosi verso la donna. Aveva un odio negli occhi che la spaventò. Più di quanto lo fece la sua seguente risata nervosa. – Sei uno spasso!! Davvero, penso di non aver mai provato tante emozioni tutte insieme, come il prurito nelle mie mani, il mio corpo che si muove da solo per impugnare un’arma, l’odio che mi si riversa nelle vene e che ha bisogno di uscire in qualche modo … dimmi, regina, ti piace così tanto soffrire ed essere maltrattata? O ti piace semplicemente provocare?? Perché lo sai che, in questa situazione, le due cose vanno di pari passo, vero? – le chiese avvicinandosi e scegliendo nuovamente lo stomaco della donna come obiettivo. Le diede un calcio in quel punto e lei si piegò a terra dolorante. – Vuoi sapere cosa mi ha detto mio fratello una volta sveglio, regina? Mi ha detto di portare i suoi saluti a te e al tuo caro fratello, o amante, o puttana, se preferisci.
- Ricorda ciò che ha visto?
- Non serve che ricordi ciò che ha visto per sapere una cosa del genere. Tutti i sette regni ne sono a conoscenza. Forse, però, i sette regni non sapevano che tutti i tre bellissimi principini fossero dei bastardi concepiti tramite incesto. Dunque, quando mio padre lo ha scoperto, ha dovuto pagarne le conseguenze. Tutto questo, perché tu, povera vittima della situazione, volevi solo farti tuo fratello in santa pace. - Cersei rimase in silenzio ritenendo che tenere la bocca chiusa fosse la scelta giusta in quel momento. Lo stomaco le faceva male e sarebbe stato ancora più difficoltoso continuare a camminare in quelle condizioni. – Non mi importa se non riesci a camminare. Ora ti rialzerai in piedi e mi seguirai come hai fatto fino ad ora, fin quando non si farà buio, anche a costo di trascinarti. Ricorda che lo hai voluto tu, “mia regina”: ti avevo avvertita su quanto la mia pazienza fosse precaria davanti a qualcuno che ha rovinato la mia famiglia – le disse infine voltandosi nuovamente e continuando a camminare.
 
Walter legò la corda che stringeva sulle mani della donna, attorno al tronco accanto al quale avrebbero dormito quella notte, dopo di che,  prese un ramo e fece per accendere il fuoco. I venti erano sempre più gelidi, in particolar modo di notte. Lui non soffriva il freddo più di tanto, ma la regina era visibilmente e fastidiosamente tremante. Walter si stava quasi abituando al rumore dei denti di Cersei che sbattevano tra loro.
- Per gli dei, da voi a Sud non c’è mai un po’ di vento?? Cos’è, vi fate anche portare l’acqua dal Nord perché  tutti i laghi sono prosciugati?
- Tu … tu non hai idea … di quanto questo luogo sia detestabile per chi proviene da Sud! Sei … solo un ragazzo che ha trascorso tutta la sua vita tra i lupi … e che non sa neanche cosa sia il sole … - Cersei si sforzò di articolare delle frasi senza sbattere i denti continuamente.
- Non penso che sarebbe così dura per me sopravvivere al sole di Approdo del Re. Preferisco di gran lunga crescere tra i lupi – disse lanciandole uno dei teli che si era portato. – Non puoi morire di freddo prima dello scambio, Lannister – aggiunse commentando quel gesto e ricominciando a sfregare. Finalmente il fuoco attecchì e Walter poté andare raccogliere delle erbe per preparare una zuppa.
Cersei si sentiva meglio con il telo a scaldarla parzialmente da quel freddo pungente e con le gambe a riposo anche se in una posizione decisamente scomoda, dato che era seduta su una roccia. Walter era di fronte a lei, dall’altra parte del fuoco, ed aveva lo sguardo fisso nelle fiamme. Cersei non seppe come mai fu sincera con lui in quel momento; probabilmente perché ciò andava solo a suo vantaggio. – Una delle due tue sorelle, quelle che vuoi salvare, la più piccola e pestifera, è scappata. Non sappiamo né dove sia, né se sia viva o morta.
Il ragazzo non sembrò mostrarle reazioni esagerate a quella verità; probabilmente non le credeva, dedusse Cersei.
- Su quali basi dovrei credere a quello che dici?
- Su nessuna.
- Bene. Se anche stessi dicendo il vero, Arya potrebbe essere nascosta a Fondo delle pulci o in qualsiasi altro posto lì ad Approdo del Re. Inoltre, ho comunque un’altra sorella nelle vostre grinfie, la quale starà attraversando le pene dell’inferno.
- Sai, mio figlio non è così male come marito.
- Sai, alla Barriera non è poi così freddo.
Quella sua ironia pungente dava sempre tremendamente fastidio alla donna.
- Ad ogni modo, qual è il tuo brillante piano??
- Lo vedrai.
- Non ci hai ancora pensato? Tu sei partito da casa tua, dirigendoti in un luogo che non conosci come Approdo del Re, da solo, senza neanche avere un piano preciso??
- So bene quello che devo fare e come devo farlo, Lannister. Non sono così sprovveduto. Devo solo ridefinire con più precisione come attuare il tutto – le disse deciso puntandole quegli occhi viola, che sembravano buttar fuori fiamme, sui suoi.
Trascorse qualche minuto, poi Cersei parlò di nuovo. – Dov’è il tuo mostriciattolo? Non ne avete uno ognuno?
Walter capì che la donna si stesse riferendo al suo metalupo.
- È al sicuro. In un luogo in cui non può essere ucciso senza pietà da gente come te.
- Mi dispiace per il lupo di tua sorella.
- Oh, sono commosso! Dì un po’, non ti stanchi mai di mostrare sempre perennemente quel ghigno nascosto dietro quel falso e insopportabile sorrisino?
- Bisogna sopravvivere in qualche modo a corte.
- Giusto. Un leone preferisce uccidere subito tutti i suoi possibili nemici prima di vederli trasformarsi in tali, o in amici, tanto è lo stesso, vero?
-  Un leone dovrebbe difendersi da qualsiasi possibile minaccia reale, non farsi perseguitare da assurde profezie di morte predette da una vecchia decrepita – Cersei parlò senza neanche pensare. Distolse lo sguardo dal punto nel vuoto in cui stava guardando, per vedere la reazione del ragazzo.
- Chi dovrebbe ucciderti secondo questa misteriosa profezia?
- Di certo non tu. E non perché lo dice la profezia, ma perché non morirò mai in questo luogo desolato e dimenticato dagli dei, lontano dalla mia famiglia e nelle grinfie di un pazzo squilibrato.
- Ah, giusto. Quasi dimenticavo che il pazzo squilibrato sono io tra noi due.
Vuoi sapere qual è l’unica cosa che trovo affascinante di te, Cersei Lannister? La tua totale assenza di empatia. Sul serio, non pensavo potesse esistere al mondo una persona capace di pensare sempre, continuamente, ininterrottamente solo ed esclusivamente a sé stessa.
- Mi importa solo di me e della mia famiglia …
- No, non è vero. A te importa della tua famiglia solo per te stessa. In funzione di te stessa. Se non avessi loro, rimarresti sola al mondo.
- Tu non sai niente di me.
- Hai ragione. So quello che mi basta e che mi serve sapere – disse infine lui versandosi altra zuppa calda.
- Perché non eri a Grande Inverno quando siamo venuti in visita?
- Mio padre considerava l’onore più importante di qualsiasi altra cosa. Nonostante fosse in stretti rapporti con il re, non avrebbe mai mostrato un figlio bastardo al suo cospetto. Mio padre faceva molte cose che non condividevo affatto. Ma era la persona migliore che io abbia mai conosciuto.
- Lo so. L’ho sempre pensato anche io.
Si sorpresero entrambi nell’appurare che Ned fosse l’unico argomento su cui fossero d’accordo.
Ad un tratto, si udirono dei rumori tra il buio della foresta e Cersei si voltò di colpo. Walter non disse nulla, rimanendo calmo e senza allarmarsi.
- Forse qualcuno è qui nei paraggi …
- Non sperarci: i quattro cavalieri che ti accompagnavano rimarranno inattivi per un po’ a causa delle loro ferite.
- E quando guariranno cosa pensi faranno?
- Proveranno a cercarti. Ma noi saremo già lontani e loro non sapranno da dove iniziare.
- Daranno l’allarme, lo sai, vero?
- Non lo faranno. Tu lo conosci tuo figlio, vero, “mia regina”? Sai bene cosa farebbe loro se scoprisse che non ti hanno protetta come dovevano durante il viaggio, e che qualcuno ti ha rapita. Anche uno stupido lo saprebbe – disse lui tirando fuori una delle due daghe che aveva per sistemare un po’ di legna.
- Vedo che l’hai già ripulita dal mio sangue – disse lei guardando l’arma.
- Oh, sei ancora arrabbiata per quello?? Quello non è niente, “mia regina”. Assaporerai molto di peggio di questa “inoffensiva” daga. Devo dire che mi trovo bene nell’usarle: sono pratiche, sottili, veloci … a Grande Inverno non abbiamo daghe visivamente come le vostre, ma l’effetto finale è lo stesso.
- “Visivamente come le nostre”?
- Sì, come quella che tu e il tuo gemello avete dato al sicario che è venuto ad uccidere mio fratello nel sonno.
- Non capisco ...
- Provi di nuovo la strategia della ragazza innocente? Andiamo, Cersei, hai appurato che non funziona.
- Non so davvero di cosa tu stia parlando.
- D’accordo. Farò finta di non aver sentito prima che ricominci a ribollirmi il sangue dalla voglia di ucciderti ora. Sogni d’oro, “vostra maestà” – disse infine lui sdraiandosi a terra e coprendosi con i teli dal freddo.
 
Cersei doveva trovare un modo per fuggire il prima possibile. L’avrebbe ucciso e sarebbe scappata via, ritornando ad Approdo del Re da sola. Se non avesse pensato subito a qualcosa per ingannare quel ragazzo, forse non ci sarebbero state altre occasioni. Era decisa a giocarsi il tutto e per tutto, anche a costo di rischiare di venire uccisa. Scelse di tentare qualcosa che avrebbe ingannato qualsiasi uomo, anche il più scaltro. Fin da piccola le era sempre stato ripetuto che l’uomo ha le sue armi, ma anche la donna le ha. E lei ne aveva sempre fatto un largo e cospicuo uso di quelle armi che madre natura le aveva donato. Nessun uomo nei sette regni sarebbe stato capace di resisterle e nessuno mai l’aveva rifiutata. Anche in quel caso, non sarebbe stato differente. Anche in condizioni come quelle, con degli stracci addosso e sporca, il suo fascino avrebbe dato i suoi frutti. Oramai era notte fonda, il fuoco era spento e, ovviamente, le armi e tutto ciò che poteva servirle per spezzare quelle corde o per ucciderlo, erano troppo lontane. Tuttavia, nonostante anche il ragazzo fosse sdraiato distante da lei, era comunque più vicino. Cersei provò a tirare la corda, che la teneva legata al tronco, più forte che poteva, fino a provocarsi delle lacerazioni sui polsi, pur di riuscire ad allungarla un po’. Dopo una buona mezz’ora, la corda divenne più lunga di qualche centimetro, una lunghezza che, tuttavia, le permise di avvicinarsi un po’ a lui. Spavaldamente si infilò anche lei sotto il telo che lo copriva e accostò il suo corpo fino a farlo toccare con la schiena del ragazzo, avvolgendolo in un delicato abbraccio da dietro.
La prima sensazione che provò Walter, fu di disgusto profondo. La prima reazione fu quella di alzarsi e allontanarsi di scatto schifato, ma decise di pazientare un po’ solo per avere una soddisfazione molto più grande in seguito. - Che stai facendo? – le chiese.
- Stavo morendo di freddo. Avevo bisogno di un po’ di calore.
- Non sembravi soffrire il freddo con il telo.
- Così è molto meglio. - Cersei cominciò ad accarezzargli l’addome, attendendo per scendere un po’ più in giù. – Quanti anni hai?
- Meno di quanti tu creda.
- Non penso che tu sia inesperto. So quanto mi odi, ma non dirmi di non averci pensato nemmeno per un secondo quando mi hai vista. Io ci ho pensato quando ti ho visto. Sarebbe difficile per qualsiasi donna non pensare a nulla del genere vedendoti.
- Penso che Ser Jaime ti soddisfi già abbastanza, o sbaglio?
- Non c’è solo lui nella mia vita. I piaceri sono una cosa differente – disse sfregando il volto sul suo collo e tra i suoi capelli, in modo che potesse percepire le sue parole in aliti caldi.
- Nessuno ti ha mai rifiutata, suppongo.
- Nessuno. In fondo siamo simili: non possiamo resisterci l’un l’altro. C’è una profonda attrazione tra noi da quando ci siamo incontrati e non possiamo vincerla – disse lei provando a scendere giù con la mano. Walter la bloccò e lei prontamente salì con tutto il peso del corpo sopra di lui. I loro visi erano a pochi centimetri di distanza. - Non ti chiedo di dimenticare quello che ho fatto alla tua famiglia. Non ti chiedo di perdonare i peccati che ho commesso. Quello che potrebbe succedere ora è separato dalle questioni che ci portano ad odiarci. Io desidero te e tu desideri me. È così semplice.
- Quindi non hai mai amato nessuno all’infuori di tuo fratello.
- Amore mai. C’è stato un periodo della mia vita in cui sarei voluta essere capace di amare qualcuno all’infuori di lui. Sarei voluta essere come le altre ragazze, pronte a svenire tra le braccia di un qualsiasi lord o cavaliere dall’armatura splendente. C’è stato un momento in cui avrei voluto dedicarmi all’uomo a cui ero promessa e potergli donare tutto l’amore che sarei riuscita a dargli. Forse, per un solo istante, guardando quell’uomo, ho creduto davvero di potermi innamorare di lui. Ho creduto di poterlo guardare come ho sempre guardato Jaime, o meglio, come non ho mai guardato Jaime: libera di poterlo conoscere e conquistarlo, senza sicurezza e senza familiarità.
- Ma non ci sei riuscita.
- Le cose non sono andate come volevo andassero – disse lei quasi risvegliandosi e rifocalizzandosi sul suo obiettivo iniziale . – Ora tu sei qui. Possiamo dimenticare tutto questo. Puoi farmelo dimenticare. Puoi toccarmi e io posso toccare te. Ma sarebbe un po’ difficile per me con queste corde ai polsi … puoi slegarmi solo per un attimo e ricevere un piacere tale, che ti basterà per una vita intera …
 Finalmente arrivarono le parole che lui voleva sentire, al che, sorrise. C’era qualcosa di strano in quel sorriso e Cersei lo capì subito, allarmandosi ma non dandolo a vedere.
- Che discorso commovente. A quanti altri lo hai raccontato? Quanti lord, re, principi, o chissà, anche principesse, hai sedotto così? Sei così sicura di te stessa e dei tuoi mezzi, povera piccola Cersei. Devono essere l’unica tua certezza e sicurezza. Mi dispiace deluderti ma, tu hai creduto davvero che potessi ingannarmi così? Credi davvero che io potrei mai toccarti o farmi toccare da te? Che potrei fare determinati pensieri su una come te? Oh, come immaginavo, sei prevedibile e come stai facendo da tutto il giorno, mi hai sottovalutato. Ora te lo ripeterò un’altra volta e voglio che ti entri bene in mente: non c’è donna al mondo che mi dia più ribrezzo di te e l’unica sensazione che provo standoti vicino e guardandoti, è un intenso desiderio di tagliarti la gola. Non provare mai più ad avvicinarti a me, schifosa serpe – disse scrollandosela immediatamente di dosso come fosse un insetto.
Cersei rimase immobile mentre un misto di sentimenti si accumulavano violentemente dentro di lei: una cieca rabbia che non aveva mai provato in vita sua, un odio viscerale per quell’individuo, una voglia pazza di sentirlo urlare e vederlo morire per mano sua nel peggiore dei modi … Si propose un nuovo obiettivo e giurò di raggiungerlo a qualsiasi costo: far soffrire quel ragazzo nella maniera peggiore che potesse e farlo morire nello stesso modo. La donna cominciò ad urlare, a muoversi e a ribellarsi convulsamente come aveva fatto quando lui l’aveva catturata. Gli saltò addosso isterica, ma lui le tenne testa nonostante l’effetto sorpresa. La spinse violentemente a terra mentre cercava di tenerla ferma e lei sbatté la testa contro un masso, svenendo. Walter, per un attimo, credette che fosse morta e il suo cuore già stava cominciando a gioirne, al contrario della sua testa. Sentì il battito della donna con le dita e capì che era solamente svenuta. La sua parte irrazionale stava gridando talmente forte dentro di lui, che gli fece afferrare la daga quasi inconsapevolmente per puntargliela alla gola. Desiderava così tanto uccidere quella fonte di disgrazie, quell’impersonificazione del male, che quasi si spaventò da solo.
Respira, Walter, respira. Non puoi farlo. Pensa ad Arya e Sansa, pensa ad Arya e Sansa. Pensa a loro. Non puoi fare loro una cosa del genere. Ora calmati e rimetti a posto la daga.
 
Il mattino seguente, mentre Walter stava riempiendo la sua sacca, udì dei rumori. Sembrava averli uditi anche Cersei, dunque si fiondò immediatamente sulla donna prima che questa potesse urlare a squarciagola. Walter si nascose dietro un albero con lei e le tappò la bocca più forte che potesse. Ma Cersei gli morse un dito con violenza, così il ragazzo le diede l’ennesima ginocchiata sullo stomaco per farla placare. Funzionò, tuttavia, Walter si accorse che non avrebbero potuto evitare di incrociare quegli uomini che stavano passando per la loro strada, così decise di smettere di nascondersi. Imbavagliò Cersei in modo che non potesse parlare e la strattonò con la corda che le imprigionava i polsi, andando avanti per la sua strada.
- Ehi, voi! Conoscete una locanda nelle vicinanze? – gli chiese uno degli uomini che guidava il carro. Walter si accorse che ne erano in molti. Gli parve quasi una strana setta o compagnia sconosciuta. Cersei cercava in ogni modo di urlare e richiamare la loro attenzione anche se imbavagliata. La donna sapeva che il suo rapitore l’aveva resa irriconoscibile tagliandole i capelli e sporcandole il viso, aggiungendo ciò ai vestiti da popolana ai quali aveva pensato già lei. Senza contare che la spossatezza e il freddo avevano un effetto pessimo sulla sua pelle e sul suo aspetto. Poteva sembrare qualsiasi cosa, ma neanche lontanamente una regina. Per tale motivo doveva trovare un modo per farsi ascoltare da loro anche se imbavagliata e impossibilitata a parlare. Nonostante ciò, Walter rispose con naturalezza. – Ce ne è una ad un giorno di cammino da qui.
- Vi ringrazio. Chi è la donna che è con voi? Sembra disperata.
- È una ladra che ho beccato mentre stava per rubarmi dei cavalli. La sto portando con me per ricevere giustizia. Non fa altro che lamentarsi – disse lui strattonandola ancora. Alcuni degli uomini risero divertiti, compreso quello con il quale aveva parlato. Ad un tratto, gli si avvicinò un uomo che sembrava aver attraversato le pene del tartaro ed esserne uscito illeso. Si allontanò dai suoi compagni e si diresse verso di lui. Walter notò che possedeva molte profonde cicatrici oltre la benda che gli copriva un occhio. L’uomo gli abbassò il cappuccio e lo guardò. – I vostri occhi non si vedono spesso da queste parti. Credo di non aver mai visto degli occhi così a Nord.
- Provengo da Essos, mio signore. Sono stato mandato qui dal lord che servo per sbrigare alcune faccende per suo conto. Questa è la prima volta che visito il Nord. Devo dire che è un luogo alquanto misterioso e calmo rispetto a ciò a cui sono abituato – disse Walter con convinzione. Cersei si stupì di quanto fosse bravo a mentire.
- È proprio questo il fascino del Nord, ragazzo: la serenità che emana nasconde qualcosa di spaventoso. Qualcosa che uno straniero non può comprendere. Ad ogni modo, io sono Beric, mentre l’uomo con cui avete parlato prima, è Thoros. Facciamo parte della Fratellanza Senza Vessilli.
- Io sono Evan – disse Walter accennando riverenza.
Ad un tratto, Beric si accorse che il giovane che avevano preso con loro da poco, stava fissando, non poco palesemente, la ladra che era con quel ragazzo. Beric sorrise e gli diede una pacca sulla testa.
- Evan, perdonate il nostro Gendry. Dovrebbe avere più o meno la vostra età, perciò potete capirlo. Non riesce a tenere gli occhi a posto neanche con la sacerdotessa Melisandre – disse Beric indicando la donna vestita di rosso che stava viaggiando con loro. Gendry abbassò immediatamente lo sguardo imporporato di vergogna.
– Fino a qualche giorno fa, l’unica donna che era abituato a vedere, era una ragazzina vestita da maschio! Povero ragazzo! – commentò Thoros divertito.
Walter sorrise a Gendry. – Sai, anche la mia sorellina amava travestirsi da ragazzo! – disse quasi pensando ad alta voce mentre i ricordi di Arya si facevano strada nella sua mente.
- Ad ogni modo, grazie per la vostra disponibilità e vi auguro che possiate ricevere giustizia per il furto arrecatovi! – gli disse Beric rimettendosi in marcia insieme agli altri.
- Nessun disturbo, miei signori! Auguro anche a voi di trovare ciò che cercate! – rispose lui. Nel camminare l’uno nella direzione opposta all’altra, le mani di Walter e della sacerdotessa rossa si sfiorarono. Lei si bloccò all’improvviso e si voltò verso di lui afferrandogli il polso per richiamare la sua attenzione su di sé.
- Tu.
- Cosa vi turba, milady? – le chiese lui confuso.
- Tu non sei chi dici di essere. - Walter si raggelò e pensò che, in qualche modo, la donna dovesse aver capito chi fosse e che volesse avvertire i suoi compagni di viaggio. – Tu non sei chi credi di essere. – A quella seconda affermazione, Walter si tranquillizzò, capendo che quella della donna, doveva essere una sorta di profezia o di capacità di vedere dentro di lui. Per un attimo, gli sembrò di rivivere il momento in cui Jojen gli aveva detto che non fosse ancora ora per lui di sapere. Cosa volevano dire tutti quanti? Cosa avrebbe dovuto sapere su sé stesso che ancora non gli fosse già noto?
La donna sembrava sconvolta mentre lo guardava. Walter fu invaso dalla curiosità di sapere cosa avesse visto la sacerdotessa, notando quell’assurda reazione. - Cosa avete visto … ?
Melisandre era ancora in trance e si stava domandando se non avesse interpretato male i piani del Signore della Luce seguendo Stannis invece che qualcun altro, come quel ragazzo. Decise che, per il momento, avrebbe lasciato le cose come stavano. Se il Signore della Luce avesse voluto farle capire che stava sbagliando, lo avrebbe fatto.
- C’è il fuoco dentro di te – gli disse semplicemente voltandogli le spalle e tornando ad unirsi alla sua compagnia.
 

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Capitolo 8
*** Contrattempi ***


Contrattempi
 
Walter si stava godendo il suo bagno in quello splendido lago che aveva trovato. Finalmente si stava ripulendo di tutto ciò che una vita vagabonda e allo stato brado aveva lasciato. Oramai erano trascorse due settimane dal rapimento di Cersei e un mese da quando era partito da Grande Inverno. Non avevano incontrato contrattempi e, se avessero continuato così, sarebbero arrivati ad Approdo del Re in poco più di una settimana.
Walter aveva permesso anche a Cersei di farsi un bagno in quel lago. Ovviamente, dopo le aveva sporcato nuovamente il viso e il collo di terra, ma, almeno il suo corpo sarebbe stato pulito. Riconosceva l’estrema importanza dell’igiene in quelle condizioni, considerando anche che, la donna, non gli sembrava essere in forma da qualche giorno. Walter sapeva che, provenendo dal Sud, Cersei sarebbe stata maggiormente colpita dal vento sempre più gelido del Nord e più a rischio di contrarre malattie e patologie diffuse in quelle zone fredde. Fortunatamente, più si spostavano verso Sud, più il clima era mite e caldo. Tuttavia, Walter non sapeva se ciò sarebbe bastato. Si costrinse ad eliminare tutte le preoccupazioni dalla sua mente almeno in quel momento in cui l’acqua cullava il suo corpo e leniva le sue ferite. Guardò il suo riflesso nello specchio limpido, accorgendosi che fosse rimasto invariato. Sapeva che in un mese non poteva essere cambiato molto, ma, per qualche assurdo motivo che non riusciva a spiegarsi, si aspettava di trovarsi diverso. Forse l’improvvisa lontananza prolungata da quella che da sempre era stata la sua casa, lo faceva sentire differente, più grande. Si abbandonò all’indietro, appoggiando la testa sulla superficie trasparente e rivolgendo gli occhi al sole parzialmente coperto dalle nuvole. Il Sud era sempre più vicino.
 
Cersei entrò nella locanda seguendo il suo rapitore. Le dava fastidio non conoscere ancora il suo nome dopo tutto quel tempo che avevano trascorso insieme, anche se controvoglia. Era sempre stata abituata ad essere lei quella che sapeva più del dovuto. Invece, in quel momento, non conosceva neanche il nome di colui che le stava facendo vivere le pene dell’inferno e che aveva quasi tentato di ucciderla.
Altre volte avevano alloggiato su una locanda e Cersei aveva compreso chiaramente di non poter fare nulla per farsi riconoscere. La prima volta che erano entrati in una taverna, quel ragazzo non l’aveva neanche imbavagliata e Cersei aveva subito pensato che non fosse da lui un gesto così stupido. Ad ogni modo, aveva colto l’occasione al volo e aveva iniziato ad urlare, davanti a tutti i presenti, di essere la regina dei sette regni, la madre del nuovo re. La reazione di tutti quegli stupidi buzzurri le aveva fatto capire perché il ragazzo non si fosse disturbato ad imbavagliarla: qualsiasi cosa avesse detto o fatto, non l’avrebbero riconosciuta, poiché tutto era contro di lei, dall’aspetto, all’assurda situazione in cui si trovava.
Anche in quell’occasione, come nelle altre, lui era serenamente entrato nella locanda senza imbavagliarla e reggendo solamente la corda che la legava ai polsi, fornendo la scusa della “ladra di cavalli” ai più curiosi.
- Salve, una stanza per due con letti separati.
- Certamente. Cosa vi porto da mangiare o da bere?
- Qualcosa di solido e sostanzioso. Va bene tutto.
Erano giorni che Walter non faceva un pasto decente dato che, a volte, la caccia e la pesca in quelle zone, non andavano bene come sperava.
I due si sedettero su uno dei tavoli vuoti, accanto ad un altro tavolo occupato da un uomo e una donna.
- Hai udito dell’esecuzione dei due giovani Stark rimasti a Grande Inverno? Sembra che quei dannati Greyjoy li abbiano bruciati vivi. Povere creature! – disse l’uomo. Udendo quelle parole, Walter si pietrificò, divenendo bianco cadaverico in volto. Cersei notò quel cambiamento e fu sorpresa di vederlo per la prima volta tremante come una foglia e inerme.
- Che stai dicendo?! Non è andata così, fortunatamente – gli rispose la donna.
- Cosa intendi? – gli chiese lui.
La giovane si guardò intorno e si avvicinò di più all’uomo per non farsi udire. – Dicono che siano stati visti i due giovani Stark dirigersi a Nord insieme a alla bruta che hanno preso come servitrice, all’uomo ritardato e ai giovani figli di Howland Reed. Theon Greyjoy era troppo affezionato agli Stark per ucciderli! Ha preso due contadinelli dal popolo, li ha uccisi e ha bruciato i loro corpi facendo credere ai suoi uomini che fossero i due giovani Stark e accaparrarsi i favori dell’esercito!
- Effettivamente, tutto ciò ha un senso. Se quei due bambini stanno andando a Nord, staranno sicuramente raggiungendo il loro fratello arruolato nei Guardiani della Notte. Inoltre, se non sbaglio, i Reed sono in strettissimi rapporti con la famiglia Stark.
Walter ritrovò la forza di respirare non appena udì ciò che disse la donna. Sapeva che fosse vera la seconda versione dei fatti, ne era certo. Non poteva essere più fiero di Jojen e Meera per quello che stavano facendo. Era davvero legato a quei due ragazzi e loro sapevano bene quanto fossero importanti Bran e Rickon per lui. Li stavano salvando pur conoscendoli appena e stavano compiendo un viaggio verso la Barriera per condurli da Jon. Quando sarebbe tornato, li avrebbe ringraziati a dovere. Ed era ugualmente fiero di Hodor  e di Osha che avevano mantenuto la promessa ed erano rimasti con loro nonostante tutto. In quel momento, solo un dubbio invase la sua mente: perché Kirsten non era con loro? Quei tre non si separavano mai ed erano sempre stati insieme. Un moto di preoccupazione per la sua amica si impossessò di lui. Sapeva bene che, oramai, la giovane Kirsten non era più solo un’amica per lui e il modo in cui si erano uniti ancor più profondamente l’ultima volta che si erano visti, contribuiva a renderlo ancora più in pensiero. Inoltre, la sua preoccupazione si divise tra lei e NightFlame. Il suo metalupo era una parte di lui, della sua anima, come gli aveva detto Jojen, e aveva paura che fosse rimasto a Grande Inverno con i Greyjoy pur di aspettarlo. Si augurò con tutto sé stesso che fosse scappato seguendo i suoi fratellini Estate e Cagnaccio insieme ai loro padroncini.
- Penso di non aver mai visto un colorito cambiare tonalità così in fretta e visibilmente. Un secondo fa, sembrava stessi per morire, ora, invece, sorridi come un bambino. Fai parecchia paura – commentò Cersei seduta di fronte a lui. Walter si ricordò in quel momento dove si trovasse, con chi e perché. Prima che potesse risponderle zittendola, la donna tossì violentemente come stava cominciando ad accadere sempre più spesso negli ultimi giorni, attirando l’attenzione di tutti i presenti nel locale.  Quando smise di tossire ininterrottamente, dopo due minuti interi, riprese fiato. Finalmente la donna al bancone servì loro il “cibo solido” che Walter aveva ordinato, composto da un’anatra arrostita, un abbondante pasticcio di verdure e due pagnotte.
- Se desiderate, posso portarvi un brodo caldo per calmare la tosse – disse la donna rivolgendosi a Cersei.
- Sì, grazie – rispose lei con la voce ancora rauca.
Walter capì che sarebbero rimasti in quella locanda più del previsto: i sintomi di una possibile malattia di Cersei erano sempre più evidenti, e lui non poteva permettere che lei morisse prima di scambiarla con le sue sorelle. Non se ne sarebbero andati via di lì finché non avrebbe avuto la certezza che lei non fosse in pericolo di vita.
Quella stessa notte, trascorsa nei comodi letti della locanda, Cersei non smise mai di tossire e di vomitare per il consistente sforzo della sua gola.
Walter non riuscì più a migliorare la situazione solamente con brodi caldi o coperte in più, così decise di rivolgersi ai proprietari della locanda, i quali gli diedero dei rimedi di erbe che possedevano in vista di emergenze e fecero chiamare un medico in un villaggio nelle vicinanze.
 
Cersei era stesa su uno dei letti con la bocca secca e semichiusa, gli occhi socchiusi anch’essi, i capelli appiccicati di sudore, il respiro affannoso e le mani tremanti. Il colorito del suo viso era grigiastro e sembrava avesse perso addirittura parecchi chili rispetto a cinque giorni prima, quando erano giunti in quella locanda e il suo stato di salute aveva cominciato a peggiorare. Il ragazzo era seduto su una sedia a pochi metri da lei con le braccia conserte e lo sguardo assorto. Cersei sapeva bene che lui la stava accudendo controvoglia, costretto dall’importante ruolo che lei avrebbe dovuto avere nel suo piano di salvataggio,  e che, l’unico motivo per il quale sembrava preoccupato, corrispondeva alla paura di non riuscire a portare a termine il suo obiettivo nel caso lei fosse morta. Tuttavia, sicuramente a causa di quella terribile malattia che la stava facendo delirare, si sentiva stranamente rassicurata dalle cure di quel ragazzo. Erano trascorsi molti anni da quando si era ammalata in forma così grave. L’ultima volta era stato quando era ancora una bambina e ricordava sua madre che la cullava per tentare di non farle pensare al dolore. Quella cura forzata non poteva essere più diversa di quella sincera e premurosa della sua madre deceduta e, di certo, non era ciò di cui avesse bisogno. Tuttavia, se lui se ne fosse andato via in quel momento, Cersei era convinta che sarebbe morta davvero.
- Perché … perché non hai chiamato prima un medico …? – gli chiese Cersei sforzandosi di alzare la sua voce a più di un sussurro, ma fallendo.
- L’ho chiamato tre giorni fa, quando ho constatato che neanche le medicine abituali avevano affetto su di te. Arriverà oggi, dopo tre giorni di cammino dal suo villaggio. Non te lo ricordi? - La donna non rispose e cambiò posizione. – Ad ogni modo, devi sforzarti di mangiare, stai deperendo sempre di più – il suo tono era secco e perentorio.
- E se non volessi? Cosa farai, mi imboccherai a forza?
- Dovrò farlo se sarà necessario.
In quel momento bussò qualcuno alla porta e Walter scattò in piedi per andare ad aprire.
- Salve, sono Cedric Bleckmane. Sono qui per visitare la donna che è con voi – disse lo sconosciuto. Si trattava di un uomo di mezza età, alto di statura e dalla costituzione quasi scheletrica.
- Prego, entrate. Io sono Evan e lei è Anne.
Si era inventato il primo nome che gli era venuto in mente per utilizzarlo nel chiamarla di fronte ai proprietari della locanda e dinnanzi a qualsiasi altro sconosciuto.
Il medico visitò Cersei, la quale stava dando chiari sintomi di delirio.
- Queste convulsioni non fanno presumere nulla di buono – disse l’uomo una volta terminati tutti gli accertamenti.
- Che cosa significa? La sua malattia si può curare?
- Si tratta di una patologia troppo complessa per essere analizzata da uno studioso alle prime armi come me. Serve un professionista. A cinque  o sei giorni di cammino da qui, verso Ovest, si trova la tenuta del Maestro Estor. Lui è famoso da queste parti. Pratica le arti della medicina fin da quando era solo un bambino e riesce ad occuparsi anche dei casi più gravi. Forse, se la portate da lui, ha qualche speranza – gli disse l’uomo con lo sguardo afflitto.
Walter avrebbe dovuto camminare il più velocemente possibile, caricandola sulla sue spalle, verso quel luogo, per sei giorni interi, senza sapere se lei sarebbe sopravvissuta in quelle condizioni. Delle lunghe e sfinenti giornate si prospettavano dinnanzi a lui.
 
I sei giorni trascorsero lenti e asfissianti, proprio come aveva previsto.
Cersei era una donna adulta e, per quanto fosse dimagrita, il suo peso non era esiguo. In quei momenti, gli avrebbe fatto infinitamente comodo un Hodor portatile. Pur di arrivare in tempo, camminò anche di notte e l’unico fattore positivo per Cersei, oltre al costante riposo, e forse anche l’unico che riuscì a tenerla in vita, fu il calore che il corpo del ragazzo emanava stando lei sempre a contatto con la sua schiena.
- Guarda cosa mi tocca fare per rimediare agli errori che tu e la tua famiglia avete commesso … - disse Walter il sesto giorno, sul punto di crollare a terra per lo sfinimento.
Cersei, che era in costante dormiveglia e con la testa appoggiata sulla sua spalla, gli rispose. – Se non fosse stato per te … non mi sarei mai ammalata … Ora non sarei in fin di vita.
- Non ti conviene parlare, Lannister, quando sei in totale torto.
- Non ce la fai più … moriremo entrambi in mezzo a questa foresta …
- Non siamo in una foresta. E no, non morirò, io salverò Sansa ed Arya e tornerò a Grande Inverno dalla mia famiglia …
- Credimi … non c’è persona che voglia tornare dalla mia famiglia e dai miei figli più di me, ma … guarda in faccia alla realtà … stai crollando anche tu.
- Tu non mi conosci, Lannister … io non mollo così facilmente. - Finalmente Walter scorse in lontananza quella che sembrava una tenuta con persone, case, luci che ricordavano quelle di un luogo abitato. – Ci siamo! – disse affrettando il passo per quanto gli fosse possibile. Le sue forze stavano venendo meno dopo quasi una settimana senza cibo, riposo e in totale sforzo per trasportare la donna. Il suo corpo cedette a pochi metri dai cancelli d’ingresso.
 
Walter aprì gli occhi e si ritrovò steso sotto le coperte, in un comodo divano, dinnanzi ad un camino con il fuoco acceso. Sbatté un po’ le palpebre e si guardò lentamente intorno, ancora frastornato. Una donna di una certa età era accanto a lui e stava strizzando un panno pieno d’acqua. Quando questa si accorse che era sveglio, gli sorrise e gli strofinò delicatamente il panno tiepido sul viso e sul collo.
- Dove mi trovo?
- Ti trovi nella casa di Maestro Estor. Io sono sua moglie. In molti vengono qui per richiedere il nostro aiuto, ma nessuno in queste condizioni e con tale urgenza – la voce della donna era calma e sembrava priva di qualsiasi turbamento.
- Non sono io ad avere bisogno di cure. Dov’è la donna che era con me?
- Sta meglio – gli rispose un uomo anziano ma dal portamento arzillo, dalla corporatura tozza, in carne e con una folta barba grigia. Anche lui sorrideva premurosamente come se al mondo non esistessero pene. Walter capì che doveva essere lui il famoso Maestro Estor. L’ometto gli indicò Cersei, la quale era stesa su un letto poco lontano da loro, coperta e accudita da tre ragazze. – La tua amica è molto malata. Comprendo il motivo per il quale ti hanno detto di rivolgerti a me, ragazzo. Di solito sono io che mi occupo di casi come questo. Ha contratto una grave infezione aggravata dalle precarie condizioni di vagabondaggio. Una volta isolato ed eliminato l’agente patogeno, comincerà a stare sempre meglio e potrete rimettervi in cammino.
- Grazie. Grazie infinite. Ad ogni modo, non è una mia amica. È una mia prigioniera. Mi ha rubato dei cavalli e la sto portando con me verso Sud per ricevere giustizia.
- Allora è molto nobile da parte tua preoccuparti per la salute di una ladra – gli disse la donna.
- Non è preoccupazione la mia, mia signora. Semplicemente, voglio ricevere ciò che mi è stato tolto e ho bisogno di lei in vita per questo. La questione è molto più complessa di quanto sembri – rispose semplicemente.
- Ti prego, chiamami Iris. Tutti coloro che vengono da noi a chiederci aiuto sono come nostri figli. Figli che hanno bisogno di una guida.
- D’accordo. Vi ringrazio ancora. Io sono Evan.
- Non sembri provenire da Nord – gli disse il Maestro questa volta, avvicinandosi a lui.
- Difatti provengo da oltre il mare stretto.
- Le terre orientali! I miei genitori venivano da lì! Tuttavia, io sono nato e cresciuto nel continente occidentale al contrario loro.
Walter ringraziò gli dei di ciò, altrimenti, quell’uomo avrebbe sicuramente capito che lui non proveniva da Essos dato che nel continente orientale avevano un accento e degli usi differenti dai loro, riconoscibili solo dai conterranei.
- Maestro Estor, io non ho abbastanza denaro con me per ripagare le tue cure – ammise Walter rammaricato.
- Non importa, mio caro ragazzo! Potrai ripagarmi in altri modi. Prima che la tua prigioniera si riprenda del tutto, trascorreranno dalle tre alle quattro settimane. In questo periodo di tempo potresti aiutarci con i lavori nei campi e nella fattoria. La nostra tenuta ha sempre bisogno di un paio di giovani braccia come le tue!
- Accetto volentieri. Se è in questo modo che posso ripagare tutta la vostra gentilezza, mi metterò a vostra completa disposizione – disse cercando di alzarsi ma venendo bloccato dall’uomo.
- Inizierai solamente quando ti sarai ripreso.
- Ma io sto bene.
- Capisco quanto il tuo corpo sia forte e resistente, ragazzo, l’ho notato. Tuttavia, questo non significa che puoi ignorare i segnali che ti manda, poiché mostra sintomi di denutrizione, forte affaticamento e prolungata assenza di riposo. Non appena sarai nel pieno delle tue forze, potrai renderti utile. Fino ad allora, lascia che qualcuno si prenda cura di te. Ora, bando alle ciance, la cena è pronta e tu e la tua prigioniera avete bisogno di mangiare e molto!
A Walter parvero secoli che non riceveva un tale calore. Eppure, quando era con la sua famiglia, con tutta la sua famiglia, una sicurezza e una premura simile a quella, lo avvolgeva continuamente. Sembravano trascorsi anni da quei momenti tanto semplici quanto eterni. Nonostante, dopo la morte di suo padre, la situazione non sarebbe più potuta tornare quella che era, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per riunire la sua famiglia come un tempo e ricreare quel calore. Sarebbe ritornato tutto al suo posto.
Walter sapeva che anche un solo mese poteva essere fatale per le sue sorelle, ma sapeva anche che non avrebbe potuto fare altrimenti. Non poteva lasciare la regina libera e continuare il suo viaggio da solo, poiché avrebbe avuto molte meno possibilità di riportare Arya e Sansa via da Approdo del Re in vita. Lei gli serviva. E se voleva usarla, doveva attendere che si riprendesse completamente per continuare il viaggio e non rischiare che si riammalasse e morisse durante il tragitto.
In quel momento, qualcuno bussò alla porta della casa e il Maestro andò ad aprire. Walter intravide un ragazzo entrare e fermarsi a parlare con lui.
- Maestro, porto notizie da Nord e da Sud.
- Parla pure, Owen.
- Da Castello Nero arrivano richieste di trasferimento di altre nostre medicine.
Appena udì ciò, un accenno di sorriso comparve sul volto di Walter. Jon continuava a mancargli molto ed era sicuro che per lui fosse lo stesso. In quel momento, gli rivenne in mente il sogno che condivideva da sempre con suo fratello. Le cose non erano affatto andate come si aspettavano. Tuttavia, se Ned gli avesse permesso di arruolarsi insieme a Jon, cosa ne sarebbe stato di Grande Inverno? Cosa ne sarebbe stato di Sansa e Arya? In quell’istante, realizzò qualcosa che lo sorprese più di quanto avesse mai immaginato: il suo destino non era quello di divenire un Guardiano della Notte. Non lo era mai stato. Quello era il destino di Jon, il quale sarebbe diventato un valoroso e famoso ranger, ne era sicuro. Ma gli dei avevano in serbo altro per lui.
- Invece da Sud? Ci sono novità da Approdo del Re?
- Ora che Tyrion è Primo Cavaliere del re, si sta occupando più da vicino di ciò che riguarda il reame e le condizioni in cui versa, così ha richiesto personalmente tutti i rimedi e le medicine possibili per ogni tipo di grave patologia. Il popolo ne ha bisogno, specialmente coloro che abitano a Fondo delle Pulci. Ha detto che pagherà personalmente qualsiasi cifra richiederai.
- Tyrion Lannister è un brav’uomo. Molto diverso dai reali ai quali sono abituato. In ogni caso, gli serviranno tutte queste medicine anche per fare in modo che tutto l’esercito della corona sia al massimo delle forze al momento della battaglia contro Stannis Baratheon alla quale si stanno preparando.
- Sì, sembra che si stia occupando anche degli eserciti a causa dell’assenza di suo fratello Jaime. Anche se, fonti attendibili ci dicono che Catelyn Tully lo abbia liberato qualche giorno fa con la speranza che lasci andare le sue due figlie, incaricando la sua nuova servitrice Brienne di Tarth, di scortarlo fino ad Approdo del Re e di trovare il suo figliastro, il bastardo degli Stark fuggito da Grande Inverno per motivi sconosciuti.
Cat era sempre la solita ottimista e speranzosa, pensò Walter. Qualcuno della pasta di Jaime Lannister non poteva mantenere una promessa del genere, neanche se scortato e minacciato da qualcuno. Una volta arrivato ad Approdo del Re, sarebbe stato intoccabile. Si chiese anche se Cat conoscesse la ragione per la quale lui avesse lasciato Grande Inverno. Non sapeva se Bran avesse avuto il tempo o no di informarla dei suoi piani. Certo, meno persone l’avrebbero saputo, meglio sarebbe stato, ma almeno Cat doveva essere avvertita, per non farla preoccupare inutilmente. Ad ogni modo, anche se Cat fosse venuta a conoscenza del suo piano per salvare le sue sorelle, da buona madre, sarebbe stato da lei disapprovare le sue scelte ritenendole folli e pericolose, proprio come faceva sempre quando era piccolo ed era pronto a fare qualcosa di azzardato e spericolato. Dunque, non era difficile credere che avesse mandato qualcuno di fidato a cercarlo per riportarlo indietro, insieme a Sansa e ad Arya. Walter guardò Cersei in quel momento, per controllare se si fosse accorta di ciò che il ragazzo avesse detto e, a quanto pare, lo aveva udito. Il viso della donna esprimeva una delle espressioni di stupore più palesi che fosse in grado di fare in quelle condizioni. Walter non seppe decretare se fosse più sorpresa per aver udito di suo fratello Tyrion divenuto Primo Cavaliere di suo figlio, della battaglia incombente contro Stannis, o della liberazione del suo amato gemello.
Ad ogni modo, Walter fu lieto di essere venuto a conoscenza della notizia riguardante Tyrion. Con lui come braccio destro di quel viziato, capriccioso e sanguinario del re, forse sarebbe stato più semplice effettuare lo scambio. Tyrion era una persona ragionevole e sapeva influenzare anche gli altri con il suo modo di pensare. Forse ci sarebbe riuscito anche con Joffrey, capendo la situazione e mettendosi nei suoi panni. Sperò di non sbagliarsi e chiuse gli occhi lasciando che tutti i suoi sensi trovassero finalmente il meritato riposo.
 
Walter si riprese in fretta e sembrava lo stesse facendo, anche se con infinita lentezza, anche Cersei. Il ragazzo aveva iniziato a lavorare nella tenuta del Maestro facendosi ben volere da tutti e ritrovando una rassicurante armonia in quell’atmosfera così familiare. Sapeva che avrebbe dovuto attendere che Cersei si rimettesse in forze, così sfruttò quel tempo come meglio poteva per aiutare l’uomo che era stato così gentile con lui. Con il tempo comprese che Maestro Estor aveva una grande fama non soltanto per le sue efficaci tecniche curative e conoscenze in materia, ma anche per il suo atteggiamento e il suo calore verso il prossimo. Fungeva da padre di tutti coloro che si rivolgevano a lui e che vivevano sotto la sua protezione. Un uomo del genere non poteva essere malvoluto da nessuno o, per lo meno, questo fu ciò che credeva Walter.
 
Era trascorso ormai un mese dalla loro permanenza nella tenuta e Cersei sembrava essersi ripresa quasi completamente. Walter avrebbe atteso ancora qualche giorno e poi sarebbe ripartito con lei verso Approdo del Re. O, almeno, questi erano i suoi piani iniziali.
Quel giorno accadde qualcosa di davvero inaspettato. Walter stava cavalcando per monitorare la situazione dei pascoli a distanza, quando vide, in lontananza, un esercito sfondare i cancelli. I loro cavalli corsero ovunque travolgendo raccolti, persone e animali. Lo stemma sulla loro bandiera era un uomo scuoiato. 

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Capitolo 9
*** Gli inferi dei Bolton ***


Gli inferi dei Bolton
 
Walter insieme a tutti gli uomini e le donne sopravvissuti e che lavoravano nella tenuta del Maestro Estor, furono condotti dentro la casa di quest’ultimo dai soldati Bolton. Quegli uomini erano violenti in maniera inaudita. Non appena Walter fu spinto dentro la casa, si ritrovò dinnanzi al cadavere del Maestro: i suoi occhi erano vitrei e spalancati e aveva una spada conficcata dietro al collo, uscente dalla bocca. Anche sua moglie Iris era stata uccisa in maniera atroce accanto a lui.
- Che cosa avete fatto?! – disse Walter furibondo mentre continuava a fissare il cadavere dell’uomo così buono e gentile che l’aveva fatto sentire a casa in quel mese.
- Il nostro signore aveva un conto in sospeso con questo vecchio! Non è riuscito a curare la malattia di una persona a lui molto cara. Abbiamo solamente fatto ciò che lui ci ha ordinato! Ora questo posto è nostro! – rispose uno dei soldati sorridendo soddisfatto. Walter si ribellò dalla presa degli uomini che lo tenevano fermo, e si scagliò contro quel soldato, ma prima che potesse fargli qualsiasi cosa, fu bloccato di nuovo.
- Cosa sei, un serpente?? Questo qui dovete tenerlo fermo in più uomini! – comandò il soldato ai suoi compagni mentre si avvicinava a Walter. – Cosa pensavi di fare, eh?? Il mio signore ha scuoiato uomini per molto meno! – gli urlò dandogli un violento schiaffo sul volto. Anche Cersei era tra i tanti prigionieri che erano stati condotti nella casa, e, non appena assistette alla scena, provò una grande soddisfazione nel vedere quel ragazzo finalmente assoggettato a qualcuno. In quel momento, un altro dei soldati si avvicinò a Walter – Io ti ho già visto – disse l’uomo guardandolo.
- Non credo – disse Walter secco.
- Non hai un volto così confondibile con altri. Sono sicuro di averti visto da qualche parte ma non ricordo dove – il soldato fu interrotto dal loro comandante, uno dei bracci destri di Roose Bolton, il quale piombò nella stanza. Era un uomo alto e possente. - Li avete presi tutti?
- Sì, comandante, gli altri sono morti durante il saccheggiamento.
- Bene. Sono più di quanto immaginassi … dobbiamo trovare un posto dove imprigionarli.
- Volete lasciarli in vita?
- Certo, ser Joel. Tutta questa forza lavoro può farci molto comodo per occuparci dell’ immensa terra che possedeva il vecchio Estor. Questi estesissimi campi erano sprecati nelle sue mani. Ora che è tutto nostro, la sfrutteremo al meglio ed edificheremo castelli e altre costruzioni per renderlo un luogo migliore di un semplice pezzo di terra pieno di animali, prima dell’arrivo del nostro signore.
- E volete utilizzare queste persone come forza lavoro per realizzare le costruzioni?
- Ovviamente.
- Ma la maggior parte di loro saranno contadini.
- Tutti imparano a fare qualcosa sotto tortura, ser Joel – rispose il comandante con un ghigno soddisfatto in volto.
- Volete impiegare nei lavori anche le donne e i bambini?
- Non siate sciocco, ser. Le donne ci serviranno per ben altri motivi.
A quelle parole, tutti i soldati risero già con gli sguardi illanguiditi. Cersei si pietrificò intendendo immediatamente cosa le sarebbe successo di lì a poco. Non poteva sopportare quel pensiero, così cominciò a ribellarsi dalla presa dei soldati e a muoversi istericamente urlando. – Lasciatemi!! Lasciatemi andare!! Non provate a toccarmi, luridi maiali!! Io sono la regina dei sette regni Cersei Lannister e vi farò uccidere tutti!!
I due soldati che la tenevano ferma scoppiarono in una fragorosa risata.
- George, hai udito?!? La puttana crede di essere la regina!
- Sì che ho sentito, Frederick! Ma non potrebbe mai esserlo perché la regina si scopa solo suo fratello! Invece questa calda puledra sembra volere che la scopiamo noi, non è vero, tesoro?? – rispose l’uomo afferrandola con più forza e avvicinandola maggiormente a sé. – Vuoi essere tu la prima? – a quelle parole, Cersei capì di essersi tagliata le gambe da sola. Prima che quegli uomini potessero prenderla con la forza e trascinarla altrove per montarla come un animale, istintivamente si voltò verso Walter. Lui lesse nella sua espressione qualcosa in più oltre all’odio e alla rabbia. In quello sguardo vide anche una disperata richiesta di aiuto, come se gli stesse chiedendo di fare qualcosa. Quello sguardo durò un secondo, poi Cersei venne trascinata via dalla sua vista. Walter non capì perché avesse rivolto quello sguardo proprio a lui. Forse perché era la persona che conosceva di più e con la quale aveva trascorso più tempo tra tutti quegli sconosciuti, forse perché si aspettava di trovare una sorta di pietà in lui dopo tutto quello che aveva passato a causa sua, o forse per una sorta di istinto inconscio.
- Rinchiudeteli tutti nelle cantine. È l’unico luogo che assomigli più ad una prigione in questo posto – disse il comandante distogliendolo dai suoi pensieri.
- Ma sono troppi, non sappiamo se entreranno tutti nelle cantine.
- Ciò dovrebbe importarci? Sono forse nostri ospiti? Siamo noi gli unici che abbiamo il diritto di stare comodi qui. Loro ora sono nostri schiavi.
 
La situazione nelle cantine era a livelli più che disumani. Quegli spazi piccoli, stretti, bui e umidi avrebbe dovuto contenerli tutti quanti. L’affollamento era asfissiante oltre ogni immaginazione.
Le donne erano state richiamate a gruppi dai soldati per motivazioni ovvie. Quando queste venivano riportate nelle cantine dopo l’atto, sembravano private della loro anima. Cersei fu trattenuta più del previsto, ma quando, dopo ore e ore, fu condotta anch’essa nelle cantine insieme agli altri, la prima cosa che fece, fu individuare la figura di Walter tra la folla. Non appena lo vide, gli corse incontro e si gettò su di lui con tutta la furia che aveva in corpo. - Ora siamo allo stesso livello!! Ora hai delle catene che ti trattengono proprio come le ho io e non puoi bloccare così abilmente i miei movimenti eh, demonio?! Ora cosa farai?!?! – gli urlò stando a cavalcioni su di lui mentre lo picchiava e lui cercava di parare i colpi come meglio potesse con quelle catene ai polsi. – Lo sai cosa mi hanno fatto?!? Lo sai cosa diavolo mi hanno fatto?!?! Puoi comprenderlo?!?! Oh, no che non puoi!! Non potrai mai finché un bisonte peloso non ti sfonderà il culo con il suo viscido arnese!!
Il ragazzo riuscì a levarsela di dosso e a rialzarsi. – Oh, ma che brava! Solo questo sai fare, vero?!?! Incolpare qualcuno per le tue disgrazie e non incolpare mai te stessa per il male che infliggi tu!! Mi stai dando la colpa perché sei stata stuprata?!? Sì, è colpa mia! Sei stata stuprata a causa mia perché io ti ho rapita e ti rapirei altre mille volte pur di salvare la mia famiglia ed è quello che farò!! – le urlò mentre lei si scagliava ancora contro di lui piangendo per la rabbia e gridando come una iena.
– Perché non mi lasci in pace?!?! Perché?? Perché hai rovinato la mia vita?!? Sarai tu a ridarmi ciò che ho perduto?!?
- E tu ridarai a me ciò che io ho perduto, invece?!? - controbatté  lui respingendo i suoi colpi.
- Io ti ucciderò!! Io ti strapperò gli arti e gli organi uno ad uno e ti guarderò marcire ogni giorno, fino a quando di te rimarrà solo la polvere! Fosse l’ultima cosa che farò!
- Bene, non mi aspettavo niente di diverso da una piaga dell’umanità come te! - Cersei continuava a versare lacrime di odio e dolore mentre si scagliava su di lui sempre più fomentata. – Sembri una bambina. Una bambina che, abituata ad avere sempre tutto ciò che vuole e a fare ugualmente i capricci, per la prima volta prova cosa sia il vero dolore e per la prima volta piange versando delle lacrime vere.
- Tu ti ergi continuamente come un dio sceso in terra, guardando chiunque dall’alto della tua audacia e della tua astuzia credendo di poter ottenere quello che vuoi solo alzando un sopracciglio!! Ma non sarà sempre così!! Assaggerai anche tu il vero tormento un giorno e scoprirai di non essere invincibile!
- Sì, accadrà, ma non sarai tu a farmelo scoprire!! Ora sai di essere umana, “vostra maestà”, e se quello che vuoi è che ti dica che nessuna donna meriterebbe di essere stuprata a prescindere da ciò che ha fatto, te lo dirò. Ma ti dirò anche che nessun bambino al mondo meriterebbe di essere privato della sua vita, privato della sua crescita, a prescindere da ciò che ha visto!
I prigionieri che erano intorno a loro li guardavano sconvolti, non capendo cosa stesse succedendo tra i due e a cosa si stessero riferendo. Finalmente alcuni di loro decisero di intervenire e di dividerli.
 
La prima settimana trascorse lentamente e atrocemente per tutti i prigionieri. Nonostante lavorassero tutto il giorno arduamente per realizzare le costruzioni che il comandante aveva previsto, venivano picchiati e maltrattati continuamente da quei soldati, quasi solo per il loro gusto personale. Alcuni dei prigionieri, già al termine della settimana, non ce la facevano più ed erano fisicamente stremati. Nessuno era abituato a quel ritmo sfiancante e a quelle torture, senza contare che non venivano neanche nutriti adeguatamente ed erano costretti a dormire ammassati tra loro, in un buco stretto e pieno di topi. Sembrava che i soldati Bolton provassero piacere nel vederli morire di fatica o nello scuoiarli per i motivi più futili. D’altronde, erano in tanti, perciò potevano permettersi di dimezzarli a piacimento.
In soli sette giorni, un quarto dei prigionieri morirono, i più deboli per la stremante routine, mentre i più incontinenti, per aver azzardato mosse ritenute troppo irrispettose o per aver tentato inutilmente di scappare. Questi ultimi venivano scuoiati vivi e poi appesi a testa in giù su dei pali infuocati sparsi per i campi. Nessuno di loro aveva mai visto qualcosa di tanto agghiacciante.
Le cause di morte variavano un po’ per le donne, le quali, invece di essere utilizzate nei lavori, erano continuamente soggette a violenti stupri.
L’alba del settimo giorno, Walter fu condotto fuori dalla cantine insieme agli altri prigionieri per ricominciare i lavori. Salirono la scalinata e uscirono come al solito dalla porta principale della casa. Ad un tratto, prima che potesse varcare l’entrata, Walter udì la voce familiare di un soldato che sembrava stesse richiamando lui.
- Ehi, tu, ragazzo. - Walter si voltò e riconobbe l’uomo che una settimana prima aveva affermato di averlo già visto. – Conducetelo da me – disse ai suoi compagni che stavano scortando la folla fuori dall’abitazione. – Uscite pure, lasciatelo qui fin quando non vi richiamerò – ordinò, e loro obbedirono.
Non appena tutta la folla fu fuori insieme ai soldati, questi si chiusero la porta alla spalle. In quella stanza, corrispondente all’entrata, erano rimasti solo Walter, in piedi e con le mani incatenate, l’uomo seduto comodamente su una sedia e una giovane ragazza sulle sue gambe, completamente nuda e con diverse ferite ed escoriazioni sulla sua pelle, testimoni di tutta la violenza a cui era stata soggetta. La ragazza aveva ancora le lacrime agli occhi mentre era seduta sulle gambe del soldato, ma sembrava non riuscire più a provare dolore dopo essere stata trattata come una bambola. Walter cercò di non guardare le ferite della giovane e attese che l’uomo gli parlasse.
- Dov’è che ti ho già visto? Ci ho pensato molto in questi giorni ma non riesco a ricordare. Dove affermi di provenire?
- Da Essos.
- Non sono mai stato nel continente orientale, perciò non penso proprio di averti visto lì – disse alzandosi in piedi e avvicinandosi a lui per osservarlo meglio. Dopo qualche secondo, uno velo di consapevolezza comparve nello sguardo del soldato e Walter si pietrificò. – Oh, ora ricordo! Qualche anno fa, quando ero solo un ragazzo, mio padre serviva gli Stark e lo avevo accompagnato a Grande Inverno per essere ricevuto da Ned. Lì vidi i figli del protettore del Nord e uno di quelli attirò la mia attenzione perché non sembrava affatto il figlioletto di un uomo come Eddard. Poi mi dissero che tra quei bambini c’era anche un bastardo, allora compresi. Quel mocciosetto aveva gli occhi esattamente come i tuoi.
Walter cercò di mantenere la calma e di non tradire nessuna emozione. Prima di rispondere, fu distratto dalla visione dietro l’uomo: la ragazza rimasta seduta su quella sedia, sembrava aver ritrovato un po’ delle sue forze e stava afferrando una bottiglia vuota di vetro lasciata sopra il tavolino. Walter capì cosa volesse fare, e cercò di dissuaderla con lo sguardo per quanto gli fosse possibile dinnanzi a quell’uomo che aveva la sua attenzione su di lui. Sapeva che, se uno dei soldati fosse entrato nella stanza in quel momento e l’avesse vista tentare di uccidere un loro compagno, l’avrebbero torturata e scuoiata viva. Ma negli occhi della ragazza non c’era più nulla che potesse fargli capire che volesse continuare a vivere dopo quello che le era stato fatto. Era animata solo da un'unica emozione: il desiderio di vendetta.
- Vi state sbagliando. Non sono io – rispose Walter al soldato cercando di farlo rimanere focalizzato su di lui, sperando che non si voltasse. Sapeva che ormai non poteva fare più niente per negare l’evidenza: quell’uomo si ricordava di lui e se avesse rivelato chi fosse ai suoi compagni, sarebbe accaduto il peggio.
- Non mi sto sbagliando. Il bastardo degli Stark è scappato di casa circa due mesi fa e sembra che nessuno sappia dove fosse diretto. Tutto torna. I Greyjoy ti stanno cercando, lo sai, Snow? Se ti consegnassimo a loro, sicuramente ci ripagherebbero a dovere! Devo informare i miei compagni … - ma prima che potesse terminare la frase, la ragazza spaccò la bottiglia sul tavolo, rompendola, e conficcò un grosso vetro rotto e appuntito sulla gola dell’uomo, immediatamente. Un fiotto di sangue uscì dal suo collo mentre lui precipitava a terra, spirava e annaspava guardandoli torvo. Morì quasi subito.
- Che cosa hai fatto …?! – le chiese Walter. – Ora ti uccideranno!
- Non mi importa …
Improvvisamente un gruppo di soldati piombò in casa e si fiondò sulla ragazza, la quale aveva ancora il vetro rotto e insanguinato stretto in mano. – Questa puttana l’ha ucciso!! Ero fuori quando è accaduto, ma ho visto tutto dalla finestra! Non ho fatto in tempo ad arrivare prima che accadesse! Prendetela!
Quella notte, Walter fu costretto a guardare l’ennesimo corpo bruciare scuoiato a testa in giù. Il corpo di quella ragazza che, inconsapevolmente, lo aveva salvato.
 
La stessa notte, Cersei era sdraiata nel letto di uno degli uomini che l’aveva stuprata quel giorno. Oramai, si era abituata a quel trattamento. Il suo corpo sembrava essere avvezzo a ciò. Tuttavia, avrebbe preferito mille volte dormire in quella umida cantina ammassata agli altri, piuttosto che in quel comodo letto tra le braccia di quelle bestie. Avrebbe preferito lavorare tutto il giorno da mattina a sera come i prigionieri uomini, piuttosto che subire quello che stava subendo. Cersei ripensò ai suoi figli, a Jaime e a tutta la sua famiglia. Ripensò a tutta la sua vita, come se potesse passarle davanti agli occhi in un secondo. Ora sapeva cosa volesse dire soffrire davvero, quel ragazzo aveva ragione. Forse aveva sempre avuto ragione su tutto ma lei non voleva ascoltarlo, come da piccola non voleva ascoltare Maggy La Rana quando le aveva predetto l’esito della sua vita. Lei era una donna fiera, forte, spietata ed egoista. Lei era una leonessa e lo sarebbe sempre stata. Allora, come mai stava piangendo? Perché stava versando quelle lacrime che non era mai stata capace di versare, neanche quando la sua amata madre era morta? Cosa la stava rendendo così debole? Era per tutto ciò che le stava accadendo? O era colpa di quel giovane demonio che l’aveva rapita? No, nessuno poteva prendersi il merito di aver reso debole lei, Cersei Lannister. Niente e nessuno sarebbe riuscito a cambiarla.
 
Il giorno seguente, il sole stava tramontando ed era quasi giunta l’ora della fine dei lavori mentre Walter stava trasportando i mattoni per continuare la costruzione di uno dei castelli. Ad un tratto, il ragazzo udì dei lamenti provenire da un capanno. In quel momento in cui i soldati intorno a lui erano occupati a picchiare altri prigionieri caduti a terra stremati, si avvicinò di soppiatto al capanno, osservando cosa vi accadeva all’interno. Walter si era trattenuto fino a quel momento. Aveva capito fin da subito che, se voleva sopravvivere a quegli inferi, e salvare le sue sorelle per poi tornare dai suoi fratelli, avrebbe dovuto utilizzare tutto l’autocontrollo e la furbizia che possedeva. Sarebbe dovuto rimanere sottomesso e obbediente, senza ribellarsi né provare a fuggire se non fosse stato sicuro al cento per cento di riuscire nell’impresa. Tutti coloro che avevano provato a fare ciò, erano morti orribilmente. Sapeva di essere l’unico lì dentro ad avere qualche possibilità di liberarli grazie al modo in cui riusciva a muoversi e a ciò che era sempre  stato in grado di fare a Grande Inverno. Ma doveva essere ugualmente prudente con quegli uomini che si divertivano a scuoiare le persone in base al loro umore temporaneo. Avrebbe elaborato un piano impeccabile e avrebbe trovato il momento propizio ma, fino ad allora, avrebbe dovuto sopportare tutto il male che vedeva davanti ai suoi occhi, che veniva procurato a lui e a quelle povere persone innocenti, senza battere ciglio. Lo sfinimento e il deperimento fisico non erano un problema per Walter, poiché il suo corpo resisteva ancora bene. Il problema era resistere anche a ciò che si presentava davanti a lui. Nel momento in cui si ritrovò dinnanzi a quella scena, tutti i suoi buoni propositi mantenuti fino a quel momento e tutto il suo controllo, vennero meno. In quel capanno, vi era un grosso soldato che stava violentemente cercando di stuprare una bambina. La bambina sembrava molto piccola. Ella si lamentava e piangeva mentre con le sue fragili manine provava a difendersi inutilmente. Sicuramente le aveva già rotto qualche osso nonostante non avesse ancora iniziato a stuprarla, dato che aveva gli arti coperti di ematomi. Lui la stringeva forte come se volesse stritolarla e le intimò di stare zitta mentre scopriva il suo membro lungo la metà del braccio della bambina. Se l’avesse lasciato fare, l’avrebbe uccisa. Quella creaturina sarebbe morta lentamente e orribilmente. Walter non poteva più sopportare quella visione e, invaso da una ferocia senza eguali, afferrò uno dei mattoni e lo lanciò in testa all’uomo che cadde a terra stordito. Continuò a colpirlo con quel mattone fin quando il volto del soldato non fu completamente sfigurato, divenuto un ammasso di carne smembrata e lacerata grondante di sangue denso e rosso. La bambina stava guardando la scena sconvolta. Mentre Walter continuava, come se non riuscisse a fermarsi, a colpire l’uomo con quel mattone, i soldati lo raggiunsero e lo catturarono portandolo al cospetto del comandante.
I prigionieri erano tutti presenti in quel momento, in attesa di essere scortati nelle cantine per trovare riposo e Walter era tra loro.
- Comandante, questo è il prigioniero che ha ucciso ser Oswald – disse uno dei soldati trascinando Walter davanti all’uomo.
- Sai cosa ti aspetta, ora, non è vero, ragazzo insolente? – gli disse il comandante avvicinandosi a lui. Era solo qualche centimetro più alto di Walter. Quest’ultimo non rispose. – Meriti una tremenda tortura e un’esecuzione atroce e dolorosa. Tuttavia, avrai solo la prima – disse l’uomo guadagnandosi gli sguardi interrogativi dei suoi compagni.
- Non intendete ucciderlo?
- Non possiamo farlo, per ora. Il suo corpo è giovane, forte e resistente, più di tutti gli altri, i quali sembrano già decrepiti! Lui da solo lavora più di dieci altri prigionieri e sta portando avanti i progetti delle costruzioni velocemente e diligentemente. Fin quando continuerà a mantenere questo ritmo, rimarrà una grande risorsa. In ogni caso, merita una lezione. Una tremenda lezione che gli faccia capire chi comanda qui e che gli farà passare le voglia di ribellarsi alle autorità – decretò il comandante. Dopo di che, si rivolse di nuovo a Walter. – Vedrai, ragazzo. Assaporerai le pene dei sette inferi questa notte. Delle pene che non sono presenti neanche tra i peggiori timori della mente mortale – disse ad alta voce, facendo in modo che anche tutti gli altri prigionieri lo udissero, come monito.
Walter venne trascinato via da due dei soldati, dinnanzi a tutti gli altri.
- Cosa gli farete? – chiese improvvisamente Cersei ai soldati mentre lo guardava allontanarsi.
- Qualcosa che non dimenticherà mai, dolcezza.
 
Walter fu condotto in un covo buio, illuminato solo da alcune torce. Quel luogo aveva un aura spettrale ed era infinitamente grande. Dinnanzi a loro, comparve un vecchio con gli occhi grandi e sporgenti e l’aspetto di un cadavere che avesse ripreso vita per quanto magro e grigio di carnagione.
- Te ne abbiamo portato un altro, Osmond! Anche stasera potrai divertirti! Un unico accorgimento, vecchio: fallo soffrire come solo tu sai fare ma non ucciderlo – gli dissero i soldati uscendo dal covo e chiudendo la porta dietro di loro. Quello fu il momento in cui Walter provò, per la prima volta in vita sua, il vero terrore. Il vecchio gli girò intorno osservandolo.
- Bene. Carne giovane. Carne fresca. Carne immacolata, suppongo. Una carne che non ha mai assaporato le vere sofferenze. Oggi dovrò ingegnarmi: ho l’ordine di farti soffrire come tutti quelli che ho ucciso sotto tortura fino ad ora, ma non posso porre fine alla tua vita. Devo fermarmi prima. Odio lasciare i lavori a metà. Nonostante ciò, troverò qualcosa che farà al caso nostro.
La voce del vecchio era rauca e quasi sussurrata. Il suo sguardo sembrava velato di una sadica eccitazione dinnanzi alla prospettiva di torturare qualcuno. Walter rimase fermo immobile, attendendo in agonia quella pena che si era rassegnato a sopportare.
Il vecchio chiamò a sé due uomini di grande stazza nascosti nell’ombra e vestiti da boia. - Legatelo sopra la tavola dentro la “botte”.
Gli uomini fecero come era stato chiesto loro e lo legarono sopra la superficie di una tavola di legno. La “botte” dentro la quale si trovava la tavola, non era altro che un’incavatura rotonda del diametro di almeno tre metri delimitata da pareti di legno. Walter immaginò che fosse costruita per essere riempita da qualcosa. Gli uomini gli avevano legato i due polsi e le due caviglie, e le quattro corde gli distendevano gli arti, andando a ricongiungersi verso le estremità delle pareti in legno. Si trattava di un marchingegno diabolico quanto geniale, poiché Walter realizzò con orrore cosa gli avrebbero fatto. Quattro uomini si posizionarono alle estremità dove fuoriuscivano le quattro corde e cominciarono a tirare allungandogli braccia e gambe. Walter cercò di non urlare, ma fu impossibile. Percepiva le sue ossa come spezzarsi ogni secondo di più mentre l’aria faticava ad uscire dalla sua bocca.
- Non tirate troppo forte. Questa agonia deve durare tutta la notte e deve resistere anche all’apnea e all’assideramento – disse il vecchio.
Walter non poté credere alle sue orecchie. Sperò che il dolore gli avesse fatto udire male, ma capì che non doveva essere così quando Osmond riempì lentamente l’incavatura con dell’acqua gelida, piena di frammenti di ghiaccio ancora solidi. Il gelo cominciò ad impossessarsi di tutto il suo corpo, facendolo tremare intensamente. Quando il liquido gelido lo coprì completamente impedendogli di respirare, si sentì quasi scottare la pelle per quanto freddo provasse.
Fu quasi come un ritmo, una danza che durò per tutta la notte: ogni minuto, gli uomini alzavano la tavola per dargli modo di riprendere aria fuori dall’acqua per qualche secondo, poi lo riemergevano nuovamente tirando le corde e i suoi arti legati ad esse, sempre di più, ma non eccedendo per non farlo morire. Il dolore delle ossa che gli venivano quasi strappate via, si alternava a quello del gelo che divorava il suo corpo, privato del suo naturale calore, e dei suoi polmoni che cercavano disperatamente di urlare e di trovare aria per riuscire a respirare, contemporaneamente. I soldati avevano ragione: quella notte non se la sarebbe mai più dimenticata.
 
Trascorsero mesi come prigionieri dei Bolton, ma, nonostante ciò, Walter e Cersei ce la stavano mettendo tutta per continuare a sopravvivere.
Dopo quella tremenda notte di torture, Walter si ritrovò con le ossa delle braccia e delle gambe dislocate, ma riuscì a guarire dopo qualche tempo. Il ragazzo, grazie ai suoi movimenti quasi felini, veloci e silenziosi e alla sua capacità di adattarsi ad ogni situazione e di ingannare chiunque, era riuscito a far sopravvivere per più tempo molti dei prigionieri, rubando grandi quantità di cibo dalle cucine ogni notte, senza mai farsi scoprire. Tuttavia, ciò non era servito a salvarli dalla furia dei soldati Bolton, i quali continuavano a praticare esecuzioni come se fosse una sorta di svago. Preferivano sempre sacrificare i soggetti più deboli e meno profittevoli durante i lavori, perciò Walter si ritrovava salvo grazie alla sua resistenza e al suo corpo ancora giovane ed energico, il quale riusciva ad ottenere ottimi risultati dopo le estenuanti ore di lavoro giornaliere. Lo stesso valeva per Cersei, anche se per motivazioni differenti: le donne più brutte venivano scelte per le esecuzioni, poiché le più belle erano preferibili per le attività alle quali erano costrette e soggette.
Dopo cinque mesi, avevano portato a termine la costruzione di quasi tre castelli, ma Walter non era ancora riuscito ad ideare e mettere in pratica un piano sicuro per scappare insieme ai pochi sopravvissuti. I suoi compagni di prigionia si fidavano di lui e sapevano che li avrebbe portati in salvo solamente quando gli si fosse presentata l’occasione adatta, la quale avrebbe garantito il successo certo, senza rischiare altri inutili spargimenti di sangue conseguenti ad un fallimento.
La fatidica occasione si presentò quando una delle ragazze ritornate nella cantina dopo uno dei soliti stupri, rivelò loro di aver udito che, entro pochi giorni, la maggior parte dei soldati Bolton sarebbero partiti verso Nord su richiesta di Lord Roose per attaccare Grande Inverno e cacciare i Greyjoy. Walter ebbe un attimo di trance rendendosi conto che la situazione a Grande Inverno sarebbe andata di male in peggio. Non sarebbe stato facile per lui e la sua famiglia, riappropriarsi della loro terra. Tuttavia, ora la sua priorità era di portarli tutti in salvo. Fortunatamente Bran e Rickon non erano più a Grande Inverno, perciò loro erano fuori pericolo. Quando avrebbe liberato Arya e Sansa si sarebbero rifugiati a Delta delle Acque o a Castello Nero prima di trovare il modo di riprendersi la loro dimora.
I soldati partiti avrebbero impiegato settimane prima di tornare: era la loro occasione. Tuttavia, la ragazza li mise in guardia in merito ad un’altra informazione udita da quell’uomo: prima della partenza dei soldati, il figlio bastardo di Roose, Ramsey, sarebbe giunto lì per stimare il lavoro compiuto dalle truppe di suo padre sulla terra rubata al povero Maestro Estor. Sarebbe rimasto una o due notti, poi sarebbe ripartito portandosi dietro i soldati necessari per l’assalto a Grande Inverno. Si diceva che Ramsey Snow, fosse addirittura peggio di suo padre in quanto a violenza e a sadismo, dunque, avrebbero dovuto mostrare la massima prudenza.
In quei pochi giorni, Walter elaborò un piano sicuro per riuscire a scappare una volta che la maggioranza dei soldati fossero partiti verso Nord. Ci sarebbero state molte più falle nella sicurezza ed era proprio ciò che serviva loro. Mentre spiegava le sue intenzioni ai suoi compagni di prigionia, nelle cantine, Cersei ascoltava attentamente insieme agli altri. Una volta terminata la spiegazione, Walter si avvicinò a lei.
- Sfrutterai quest’occasione per scappare anche tu?
- So che non posso sfuggirti, Snow. Troveresti il modo di riprendermi e di portarmi ad Approdo del Re per scambiarmi con le tue amate sorelle. Ad ogni modo, è quella casa mia e la mia meta.
- Vuol dire che smetterai di opporti e verrai con me di tua spontanea volontà?
- Di mia spontanea volontà mai. Ma non riuscirei a scappare da te, ad ogni modo. Sei tu quello che rischia la vita andando ad Approdo del Re. Faranno di tutto per ucciderti e per riprendermi. Nella migliore delle ipotesi accetteranno di ridarti le tue sorelle, ma non ti perdoneranno mai per ciò che mi hai fatto. Comunque vada, la situazione gioverebbe me.
- Già.
- Ad ogni modo, questo piano che hai ideato merita i miei complimenti. Dì un po’, cosa ti insegnavano a Grande Inverno? L’arte dell’inganno? Potresti battere a mani basse Varys o quel viscido di Baelish, e sei solo un ragazzo. Se un giorno dovessi decidere di sfruttare queste doti per la fazione dei “cattivi”, invece che per quella dei “buoni”, potresti unirti a loro.
- Sto bene dove sto.
 
Ramsey Snow fu accolto con il massimo degli onori anche essendo un bastardo, poiché Roose non aveva altri figli maschi e, molto probabilmente, avrebbe preso lui il posto di suo padre in successione.
I pochi prigionieri rimasti furono posti in fila al suo cospetto, in modo che il ragazzo potesse studiarli e osservarli. Walter notò che, all’apparenza, Ramsey sembrava un ragazzo normale, non molto alto, con i capelli scuri e gli occhi chiari. Tuttavia, ad uno sguardo più approfondito, Ramsey avrebbe potuto far accapponare la pelle anche ad un estraneo: i suoi occhi esprimevano un insano sadismo che non era nulla in confronto a quello del vecchio che lo aveva torturato mesi prima. Sembrava l’incarnazione del male ogni volta che un ghigno compiaciuto e divertito ornava il suo volto.
- Quanti ne avete uccisi in queste settimane? – chiese Ramsey.
- Non sappiamo il numero preciso, mio signore. Sono rimasti circa un decimo di quelli che erano inizialmente.
- Bene. Ora mi divertirò un po’ anche io se me lo permettete, Ser – disse il ragazzo sorridendo di nuovo e soffermandosi a guardare Walter. – Ditemi quali sono quelli meno utili, comandante – continuò Ramsey. L’uomo interpellato ne indicò cinque, ormai in condizioni fisiche precarie. Quegli uomini avrebbero finalmente trovato la libertà dopo mesi di atroci sofferenze, se solo fossero riusciti a sopravvivere altri quattro giorni. Walter sperò ardentemente che quel ragazzo decidesse di trovare altri passatempi invece di uccidere persone innocenti appena arrivato. Ma l’accecante insania nei suoi occhi parlava chiaro.
I cinque uomini furono scuoiati personalmente da Ramsey dinnanzi ai loro compagni di prigionia, in quello che sembrò quasi un macabro rito solenne. Il ragazzo li appese a testa in giù e con cura nei pali a forma di croce e diede loro fuoco. I suoi occhi di ghiaccio avevano brillato per tutto il tempo. Walter riuscì a rimanere impassibile solamente grazie alla forza dell’abitudine: in quei mesi aveva assistito ad atrocità difficili da intendere e da immaginare per qualsiasi mente umana e le aveva anche vissute sulla propria pelle. Tuttavia, la sua anima non si sarebbe mai potuta abituare a tale orrore. Riusciva solamente a nasconderlo bene.
Mentre guardava quei corpi bruciare, nella sua testa continuò a ripetersi che, entro pochi giorni, sarebbero fuggiti via per sempre da quegli inferi.
 
 

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Capitolo 10
*** Salvataggio ***


Salvataggio
 
Il piano di fuga aveva funzionato, fortunatamente. Finalmente, dopo cinque mesi di prigionia, erano liberi. I pochi sopravvissuti riusciti a scappare con lui, ringraziarono infinitamente Walter e presero ognuno la loro strada. Dovevano sbrigarsi ad allontanarsi dalla tenuta prima che i pochi soldati rimasti li avrebbero ritrovati.
Quella settimana che mancava a Walter e Cersei per raggiungere finalmente Approdo del Re, trascorse placida e senza intoppi. L’atmosfera tra i due era leggermente cambiata in seguito a ciò che avevano vissuto.
Mentre Cersei camminava dietro di lui, notò un particolare.
- I tuoi capelli. Sono cresciuti, mentre i miei non sono tornati come erano prima che me li tranciassi.
- Che oltraggio, “vostra maestà”! Il vostro rapitore ha i capelli più lunghi dei vostri ora!
- Come vorrei che la prigionia ti avesse anche fatto passare la voglia di scherzare.
- “Anche”?
- Siamo diversi entrambi. Ma tu lo sembri molto di più. – A quelle parole, Walter temette la fatidica domanda che non tardò ad arrivare. – Che cosa ti hanno fatto quella notte?
- Mi hanno torturato.
- Ti ho chiesto che cosa ti hanno fatto. Ho visto come stavi dopo, quando ti hanno riportato nelle cantine all’alba. Apparivi, più che morto, svuotato. Ma non sembri mostrare cicatrici.
- Cos’è, vuoi prendere spunto da loro?
- Non sono il mostro tale che ti sei figurato nella tua mente.
- Mi hanno legato le braccia e le gambe. Poi, hanno cominciato a tirare. Tiravano sempre più forte. Mi hanno immerso nell’acqua ghiacciata mentre continuavano a tirare. Non potevo evitare di urlare, ma uscivano solo bolle dalla mia bocca ed entrava l’acqua gelida. Ad un tratto, ho cominciato a credere che mi si fossero completamente ghiacciati i polmoni e anche tutti gli altri organi. Dopo qualche ora, non sentivo più la necessità di urlare. Era come se il mio corpo non fosse più il mio. Le mie braccia e le mie gambe potevo vederle ma non le sentivo, non so se per il ghiaccio o per il dolore. Ero come una bambola legata su una tavola, immersa e fatta riemergere continuamente ma senza reazioni. Non riuscivo a respirare neanche quando mi tiravano fuori – disse lui senza lasciar trasparire nulla di quel dolore passato. Continuava a guardare un punto fisso dinnanzi a sé, con il volto privo di emozione. Lo sguardo che aveva da quando aveva lasciato quel luogo, lo faceva sembrare ancora più grande di come appariva in precedenza, poiché era come se avesse vissuto una vita intera, invece che solamente diciassette anni. Cersei rimase in silenzio.
- Ricresceranno.
- Cosa? – chiese la donna.
- I tuoi capelli.
Ad un tratto, Walter udì dei nitriti in lontananza e si fermò.
- Perché ti sei fermato?
- Zitta – le disse tentando di ascoltare ancora quei rumori e avvicinandosi alla fonte, di soppiatto. – Ora faremo ciò di cui, teoricamente, sei accusata, “Anne”: ruberemo un cavallo.
 
Approdo del Re era dinnanzi a loro. Cersei non poté evitare di rimanere incantata a fissare casa sua. Le era mancata terribilmente.
I due, durante la prigionia, erano riusciti a venire a conoscenza di quasi tutti gli eventi più importanti accaduti in quei mesi: la vincita della Battaglia delle Acque Nere da parte della corona grazie all’intervento improvviso di Tywin Lannister, il quale era divenuto il nuovo Primo Cavaliere del re; l’annullamento del fidanzamento tra quest’ultimo e Sansa, la quale era andata in matrimonio a Tyrion, mentre Joffrey si sarebbe presto sposato con Margaery della casa Tyrell; i vari trattati di pace stipulati con la famiglia di quella che sarebbe divenuta la futura regina dei sette regni, dato che, in precedenza, si era alleata al fratello minore del defunto re, Renly, nella sua ribellione. Walter aveva avuto la conferma che Arya non fosse più nelle loro grinfie dato che nessuno ne parlava e aveva anche udito più volte dai soldati Bolton, che ad Approdo non avessero idea di dove fosse. Sarebbe stato difficile ritrovarla non avendo alcun indizio su dove cominciare a cercarla, ma avrebbe pensato anche a quello a suo tempo. Erano venuti a conoscenza anche della situazione a Nord: gli Stark stavano vincendo la guerra e niente al mondo avrebbe potuto far gioire Walter più di quella notizia. Le truppe guidate dal fratello di Cat avevano solamente bisogno di ottenere il permesso per attraversare le torri dei Frey e avevano stipulato accordi per riceverlo. Walter non aveva udito bene in cosa consistessero quegli accordi, ma era sicuro che sarebbe andato tutto a buon fine se avessero continuato così. Infine, Grande Inverno era caduta nelle mani di quegli animali dei Bolton e sarebbe stato difficile avere a che fare nuovamente con loro.
Walter osservò quel luogo dinnanzi a sé, così estremamente diverso da ciò che era sempre abituato a vedere: troppo affollato, troppo caotico e troppo, troppo caldo.
Il piano che aveva in mente era ben chiaro ma doveva studiare meglio la situazione e la città che si trovava davanti a lui. Sarebbe stato facile perdersi in quel labirinto, in particolar modo se non vi aveva mai messo piede. Ma il ragazzo non demorse e si concentrò valutando la situazione che gli si prospettava. Il suo obiettivo era la Fortezza Rossa, nella quale si trovava il re, ma, prima, doveva avere la certezza che quest’ultimo fosse davvero al suo interno in quel momento. Ci doveva essere un passaggio alternativo per entrare, una scorciatoia che gli avrebbe fatto evitare le guardie, ma non sarebbe stato facile trovarla. Una volta riusciti ad entrare, sarebbero solo dovuti arrivare a piedi alla Fortezza Rossa, passando inosservati, e riuscire ad imbucarsi di nascosto.
Walter coprì il volto di Cersei con un telo simile a quelli usati per ripararsi dalle tempeste di sabbia, lasciandole scoperti solo gli occhi, e lo stesso fece con il suo. I polsi della donna erano sempre legati, ma aveva fatto in modo che il telo coprisse quel dettaglio mentre la reggeva per un braccio per non farla allontanare da sé. L’aveva anche imbavagliata sotto il telo, per sicurezza, nel caso le fossero venute in mente “brillanti” idee.
Walter riuscì a trovare un modo scaltro anche se rischioso, di evitare le Cappe Dorate all’entrata di Approdo del Re e, una volta messo piede nella città, si addentrò tra la folla di popolani, osservando i vari soggetti che gli si presentavano dinnanzi. Non appena notò un ragazzino molto abile nel correre, rubare e nascondersi, lo fermò offrendogli del denaro in cambio della sua guida più esperta verso le strade della città, fino alla Fortezza Rossa. Il ragazzino non se lo fece ripetere due volte e li condusse attraverso i vicoli più malfamati di Fondo delle Pulci per farli arrivare più in fretta e indisturbati alla loro meta.
- Per entrare nella Fortezza senza essere visto, puoi usare solo i sotterranei. Ma io non ci ho mai provato. Dovrai farlo da solo – gli disse il ragazzino una volta giunti dinnanzi all’imponente costruzione.
- Grazie – gli rispose Walter offrendogli del denaro in più rispetto a quello che gli aveva promesso – Sfruttalo bene, mi raccomando.
- Lo farò, signore! – dopo di che, il ragazzino corse via dalla sua vista.
Walter riuscì ad intrufolarsi nei sotterranei abilmente e velocemente, portando Cersei con sé, la quale non era così veloce e delicata nei movimenti. La donna, essendo imbavagliata, poté esprimergli tutto il suo disprezzo solo con i suoi occhi.
- Sì, Cersei, sei caduta quattro volte per entrare qui e ora il tuo ginocchio sta sanguinando, me ne sono accorto e non ho intenzione di fermarmi per questo motivo, come già immaginerai, quindi … – disse il ragazzo, ma fu bloccato dalla visione di qualcosa che lo lasciò a bocca aperta: nei sotterranei della Fortezza Rossa erano presenti numerosi teschi enormi che sembravano appartenere a creature di cui Walter aveva sentito parlare solo nei racconti della vecchia Nan. Draghi, pensò immediatamente. Sapeva bene che quello non fosse il momento di rimanere estasiati a fissare qualcosa, ma fu come se il suo corpo e la sua mente fossero scollegati in quell’istante. Il ragazzo si avvicinò ad uno dei teschi e lo osservò da vicino sfiorandolo appena con le dita. Dopo qualche minuto, si destò a forza da quell’attimo di trance, riportando la sua mente all’ordine e focalizzata verso il suo obiettivo.
 
 
- Quanto diavolo ci sta mettendo mio nonno?! – chiese Joffrey sempre più impaziente mentre picchiettava la sua gamba accavallata sullo spigolo del tavolo.
- Il Primo Cavaliere ha dei doveri, Maestà. Sarà qui appena …
- Non mi importa dei suoi doveri! Io sono il re!! – urlò il ragazzino interrompendo Lord Varys.
Tyrion era sempre più stufo dei capricci di suo nipote e non vedeva l’ora di ritornare nella sua stanza, dalla sua Shae, l’unica via di fuga che aveva da quei doveri che lo tormentavano. Prima, tuttavia, sarebbe passato a controllare come stesse Sansa. Quella ragazzina lo preoccupava, poiché era ogni giorno più cupa e infelice, nonostante avesse finalmente trovato un’amica in Margaery Tyrell. 
Erano seduti nella sala del consiglio da circa un’ora, in attesa del Primo Cavaliere e del Gran Maestro Pycelle, gli unici due che mancavano all’appello, per dare inizio al convegno. Di certo, per Tyrion, Ditocorto, il Ragno e quell’insetto fastidioso di suo nipote, non erano esattamente le compagnie ideali per ammazzare l’attesa. Il nano si versò un altro bicchiere di vino rosso per disperazione.
In quell’istante, un rumore attirò l’attenzione dei quattro. Pochi secondi dopo, la porta della sala del consiglio, improvvisamente si aprì e si richiuse immediatamente. Erano entrate due figure incappucciate dentro la stanza, che lasciarono sbigottiti e allarmati i presenti, in particolare il re. – Chi siete voi?!! Chi diavolo siete?!?! Chiamerò le guardie!!
- Fossi in voi non lo farei, Maestà – disse Walter da sotto il telo che gli copriva il viso. Al diavolo, pensò. Anche se si fosse coperto il volto, sarebbero comunque riusciti a vedere il colore dei suoi occhi, elemento che lo avrebbe fatto riconoscere ovunque. Inoltre, Cersei ormai conosceva ogni dettaglio del suo aspetto e, una volta liberata, l’avrebbe reso noto a tutti. Di conseguenza a quei pensieri, Walter si tolse il telo dal volto, lasciandolo completamente scoperto.
- Walter Snow – disse immediatamente Tyrion identificandolo. Avrebbe riconosciuto quel ragazzo tra milioni. Ricordava ogni cosa di lui, come fosse stampata a fuoco nella sua mente, nonostante ci avesse scambiato solo poche parole.
- È un piacere rivedervi, Lord Tyrion – gli disse Walter accennandogli un sorriso sincero.
- Anche per me – gli rispose il folletto ricambiando il sorriso. Gli altri tre presenti nella sala erano ancora più confusi di prima.
- Che cosa diavolo volete?!?! Come vi permettete?!? – continuò Joffrey.
- Voglio che liberiate mia sorella Sansa.
Tutti presero coscienza di chi fosse quello sconosciuto mentre Joffrey scoppiò in una fragorosa risata che durò alcuni minuti, prima di rispondere. – Cosa esattamente vi fa pensare che potremmo consegnarvela?
Walter sorrise provocatorio di nuovo e scoprì anche il volto di Cersei dal velo, puntandole una daga alla gola.
- Lo penso perché, altrimenti, ucciderò vostra madre proprio qui, dinnanzi ai vostri occhi.
L’espressione di tutti i presenti mutò e sgranarono gli occhi sconvolti.
- Come … come … come avete fatto a sequestrare mia madre?!?!  - gli urlò Joffrey dirigendosi verso di lui, ma non appena gli fu a qualche metro di distanza, Walter premette la daga sulla gola della donna, facendole uscire un piccolo rivolo di sangue.
- Attento, “mio re”. Se farete un altro passo, per la vostra amata madre sarà la fine. Non sottovalutatemi come ha fatto lei.
Joffrey si fermò lì dov’era nonostante fosse sul punto di scoppiare ad urlare mentre le sue vene pulsavano in superficie e il suo viso aveva assunto una colorazione bordeaux. Lord Varys e Tyrion si alzarono e lo riportarono seduto al suo posto, con la massima prudenza. – Sarebbe meglio ascoltarlo e fare ciò che dice, Maestà, prima che possa far del male a vostra madre – aggiunse cautamente Varys.
- Ora – continuò Walter – uno di voi si affaccerà a questa porta e richiamerà l’attenzione di una delle ancelle che sono qua fuori. Dopo di che, le dirà, con un tono di voce più neutro possibile, di prelevare Sansa Stark dalle sue stanze e di portarla qui.
Udite quelle parole, fu Tyrion che si alzò dal suo posto e si diresse verso la porta con tutta la prudenza possibile. Il nano la aprì solo di poco e si affacciò chiamando l’ancella più vicina. Questa si avvicinò immediatamente a lui. – Al vostro servizio, mio Lord.
- Ho bisogno di vedere mia moglie. Potresti prelevarla dalle sue stanze e condurla da me?
- Sarà fatto, mio signore – disse lei dirigendosi verso le scale.
Tyrion richiuse la porta e andò a riposizionarsi nella sedia che aveva lasciato.
Dopo qualche minuto di attesa, qualcuno bussò.
- Entra pure, mia lady – disse Tyrion, immaginando già di chi si trattasse.
Quando la porta si aprì, la giovane Sansa entrò e rimase a dir poco a bocca aperta.
- Walter … - disse con le lacrime agli occhi appena lo vide dinnanzi a sé, sul punto di correre verso di lui e saltargli addosso.
- Ciao, Sansa – gli disse lui sorridendole con lo stesso sguardo e la stessa felicità di lei nel rivederla, ma facendole capire che non fosse quello il momento per determinate dimostrazioni di affetto, dato che aveva ancora una daga puntata alla gola di Cersei Lannister e quattro persone davanti a lui, le quali aspettavano solo un suo momento di debolezza per coglierlo in fallo. – Per quello ci sarà tempo – le disse semplicemente porgendole il telo che poco prima copriva il volto di Cersei – Mettilo.
La ragazza fece come suo fratello le aveva detto senza fare domande. Walter attese che sua sorella terminasse, poi rivolse lo sguardo nuovamente ai quattro uomini nella stanza, senza smettere di puntare la daga sulla gola di Cersei. Joffrey lo stava letteralmente fulminando con lo sguardo. – Ti farò uccidere in un modo tanto feroce, che le generazioni future ricorderanno la tua morte come la peggiore mai avvenuta nei sette regni!
- Questa frase, o una simile, l’ho udita davvero un’infinità di volte mentre ero in viaggio con vostra madre. Non avete un briciolo di fantasia voi due – rispose Walter al re, sorridendogli di nuovo derisorio. Dopo di che, lasciò andare Cersei e uscì dalla sala mentre Joffrey urlava a squarciagola richiamando l’attenzione delle Cappe Dorate.
Prima che potessero allontanarsi dalla sala, Walter e Sansa furono raggiunti da una gran quantità di soldati. Walter non aveva abbastanza tempo per pensare a qualcosa di sensato e sicuro da fare per scampare, non era neanche certo che esistesse un’opzione del genere in quelle circostanze, perciò optò per le vie di fuga più audaci e sconsiderate, quelle più adatte a lui sostanzialmente.
- Sali sulla mia schiena!! – ordinò a Sansa; ella obbedì e Walter si diresse verso l’unico lato che non era stato ancora occupato dalle Cappe Dorate nella Fortezza Rossa, raggiungendo un’ampia finestra. A quel punto, Sansa realizzò con orrore cosa suo fratello volesse fare. –Walter, ti prego no!!
- Tieniti forte.
- Walter, ci farai uccidere!
- Sono mai morto quando lo facevo a casa?
- No, ma a Grande Inverno non c’erano torri così alte, quindi … - Sansa non riuscì a terminare la frase poiché suo fratello saltò da quella finestra. Mentre Walter stava prendendo la rincorsa, aveva individuato un carro che, tuttavia, era lontano dalla torre. Nonostante ciò, il ragazzo diede una spinta tale in quel salto, in modo da poter atterrare su quel carro vuoto e abbandonato. La strategia di aver fatto salire sua sorella sulla sua schiena per attutirle il colpo, aveva funzionato, ma, al contempo, avendo saltato da un’altezza considerevole, il carro si ruppe con l’impatto e Walter si ferì ad una gamba. Il dolore gli faceva presagire una distorsione o peggio, una rottura dell’osso, ma in quel momento non gli importava. Afferrò sua sorella per il polso e cominciò a correre immergendosi tra la folla di popolani, zoppicando.
- Come fai a correre veloce anche con la gamba in quelle condizioni?!
- Non parlare, Sansa, corri e veloce!
- Sai che non sono mai stata brava in questo! Non ce la faremo mai!
- Sì, che ce la faremo.
Le Cappe Dorate si immersero nella folla poco dopo di loro e il re diede l’allarme su tutto Approdo, ordinando di catturare i due fuggitivi incappucciati. Walter sapeva che il problema più grande sarebbe stato riuscire a sviare di nuovo i soldati all’entrata della città, come era stato in grado di fare poco prima, quando non era ancora ricercato e inseguito da tutto Approdo del Re. All’improvviso, mentre correva, percepì una mano afferrargli la manica e affiancarlo. Walter si voltò e riconobbe il ragazzino di poco prima, il quale gli fece segno di seguirlo. Lui gli avrebbe mostrato l’agognata scorciatoia o strada nascosta per uscire da quel luogo, evitando chiunque li stesse inseguendo. Impiegarono molto più tempo ad attraversare quel percorso, ma, alla fine, riuscirono a raggiungere la foresta in cui Walter aveva preventivamente legato il cavallo rubato pochi giorni prima per l’occasione. I due salirono sull’animale e cominciarono a cavalcare più veloce che potessero, fin quando, Walter non udì il rumore di altri zoccoli al galoppo, non molto lontani da loro. Sapeva bene che, se avessero continuato così, non avrebbero avuto abbastanza tempo per seminarli. Se voleva che almeno uno di loro due avesse una speranza di fuggire, doveva fare qualcosa. Il ragazzo fece fermare il cavallo e scese giù.
- Walter! Che stai facendo?! – gli chiese sconvolta sua sorella.
- Non andare a Grande Inverno, per nessun motivo al mondo! Vai a Delta delle Acque, da tuo nonno, lì Cat ti verrà a prendere, oppure vai a Castello Nero da Jon!!
- Walter, che stai dicendo?! Ci andremo insieme!
- Ci prenderanno entrambi se non li trattengo! Sai quanto sono bravo a combattere, me la caverò e ti raggiungerò! Ora vai!
- Walter, no!
- Sansa, giurami che non ti fermerai a Grande Inverno, giurami che non gli passerai neanche vicino, giurami che ti terrai lontana dai Bolton e che farai come ti ho detto!
Sansa fu sorpresa di quante volte suo fratello le stesse ripetendo di evitare i Bolton. – Te lo giuro, ma tu vieni con me, ti prego!
- Ti voglio bene, Sansa. Ora vai! – le disse sorridendole e dando una pacca al cavallo per farlo ricominciare a cavalcare.
- Walter!!
Ma la voce di Sansa andò sfumando man mano che si allontanava da lui. Il ragazzo la guardò sparire tra gli alberi, poi si voltò verso i soldati che ormai l’avevano quasi raggiunto. Doveva trattenerli abbastanza da darle tempo di seminarli il minimo indispensabile per non essere trovata. Avrebbe dovuto sviarli, così si allontanò da quella direzione e li attirò in un altro punto della foresta. Aveva paura che con la gamba ridotta in quel modo, non avrebbe potuto distrarli quanto gli servisse. No, avrebbe assolutamente trovato una soluzione anche a quello. Walter si arrampicò su un albero non appena lì sentì vicini. I primi che lo raggiunsero, erano in tre e, non appena li individuò a distanza, prese un bel respiro e lanciò le sue due daghe nelle loro direzioni. Riuscì a colpire uno di loro nello sterno uccidendolo, mentre l’altro rimase ferito gravemente. L’ultimo fu distratto da quell’attacco a sorpresa, perciò Walter approfittò per saltare giù dall’albero, esattamente sul suo cavallo, e colpirlo. Avendo a disposizione un cavallo, il ragazzo decise di proseguire in tale direzione, differente da quella percorsa da Sansa, attirando i restanti soldati ancora più lontano. Questa volta, venne raggiunto da più Cappe Dorate, ma, fortunatamente, era già trascorso il tempo necessario da permettere a Sansa di seminarli e a lui di deviarli dalla sua traiettoria, perciò non sarebbe dovuto resistere a lungo. Provò ugualmente a fronteggiare quelle dieci Cappe Dorate che lo avevano circondato con i loro cavalli. La sua abile tecnica con la spada gli permise di tenergli testa per un po’, poi la quantità ebbe la meglio e lo catturarono.
- Tu! Si può sapere chi diavolo sei per riuscire a tenerci testa, ragazzo?! – gli chiese adirato uno di loro avvinandosi mentre i suoi compagni lo tenevano fermo.
- Evidentemente non siete così abili come volete far credere – rispose Walter beccandosi un colpo in pieno volto.
- Il tuo nome?
Giusto. Ora non avrebbe più dovuto mentire riguardo la sua identità. Tyrion, Cersei e tutti gli altri in quella stanza lo avevano visto, sapevano chi fosse. Dunque, niente più segreti.
- Walter Snow.
- Walter Snow, sei accusato di rapimento, di cospirazione contro la corona e di tradimento. Verrai processato e giustiziato secondo la giurisdizione di re Joffrey Baratheon – gli disse l’uomo. – Portatelo via. 
 

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Capitolo 11
*** Le lacrime del drago, dei lupi e della leonessa ***


Le lacrime del drago, dei lupi e della leonessa
 
Cersei si rigirò nel suo letto senza prendere sonno. Le Cappe Dorate erano riuscite a catturarlo. Tuttavia, aveva liberato sua sorella Sansa, ed era ciò che lui voleva, quindi aveva vinto lui. Cersei sapeva che questo gli sarebbe bastato e che non gli sarebbe importato se ci avrebbe rimesso la vita. Non sarebbe importato nulla a Walter. Alla donna risultava bizzarro chiamarlo in quel modo, con il suo vero nome. Per mesi non glielo aveva rivelato e per lei era sempre stato il bastardo Stark che si faceva chiamare “Evan”. Ora invece aveva un nome, un’identità. Alla fine, aveva mantenuto la promessa e l’aveva lasciata andare non appena gli era stata riconsegnata Sansa. Oramai, la loro convivenza forzata era conclusa e lei era a casa sua. Tuttavia, non si sentiva ancora in pace. Il pensiero che lo avessero catturato e che lui fosse ancora lì, ad Approdo del Re, era fisso nella sua mente e non la lasciava dormire. Quel giorno, poco dopo la cattura del ragazzo, era anche ritornato suo fratello Jaime. Era stata infinitamente felice di rivederlo, ma il loro rincontro dopo mesi passati lontani l’uno dall’altra, non era stato come se lo aspettava. Lui era cambiato. E Jaime, affermava lo stesso di lei. Erano cambiati entrambi, forse troppo. Ma l’importante era che, ora, erano finalmente insieme, lei, Jaime, Joffrey, Myrcella e Tommen. Insieme sarebbero riusciti a risolvere qualsiasi problema.
 
Walter fu condotto da due Cappe Dorate al cospetto di re Joffrey, nella sala del trono. Questa era vuota, eccetto per alcuni dei consiglieri del re e Cersei, seduta accanto a suo figlio. Erano gli stessi che erano presenti il giorno prima nella sala del consiglio, dove era accaduto il tutto. Mancava solo Tyrion all’appello. Il ragazzo fu spinto malamente dinnanzi al re, il quale lo guardò dall’alto del suo trono.
- Quante diavolo di possibilità aveva di scappare?!? – chiese Joffrey adirato ad una delle due Cappe.
- Vostra maestà, questo ragazzo è un fuoriclasse, è silenzioso e scattante …
- Non voglio ascoltare le vostre scuse!!! È a dir poco inammissibile che una sola persona sia riuscita a penetrare dentro la Fortezza trascinandosi dietro la regina reggente come prigioniera, e che, come se non bastasse, vi sia sfuggita via senza fatica portandosi dietro Sansa Stark!!
- Senza contare, mio re, che il ragazzo sarebbe riuscito tranquillamente a fuggire insieme a sua sorella se solo non fosse incappato in un infortunio alla gamba. Ritengo che l’utilità delle Cappe Dorate si stia riducendo sempre di più, dovreste sostituirle con cavalieri più preparati – affermò Ditocorto.
- L’avete trovata?? Dove diavolo è quella puttana Stark?! – scattò Joffrey rivolgendosi nuovamente ad una delle Cappe.
- Al sicuro, in un luogo in cui non potrete più neanche sfiorarla con i vostri artigli velenosi – rispose improvvisamente Walter rivolgendogli uno sguardo di fuoco e sprezzante. A quelle parole, uno dei due uomini che lo tenevano fermo, gli diede un forte colpo sulla gamba infortunata, facendolo urlare e cadere in ginocchio. Dopo di che, gli tirò i capelli all’indietro per fargli alzare il volto verso l’alto, di nuovo verso il re.
- Cosa intendete fargli, vostra maestà? – chiese l’uomo rispettosamente.
- Devo ancora decidere quale tortura riservargli. Ce sono così tante che devo ancora sperimentare! Quale cavia migliore di uno sporco Stark che ha anche rapito e quasi ucciso mia madre?? La morte sotto tortura è la peggiore e più umiliante di tutte.
- Se posso esprimere il mio umile pensiero, Somma Eccellenza, ritengo che non sia una saggia decisione aggravare ulteriormente i rapporti già travagliati con la famiglia Stark. Come ben sapete, il loro esercito è in netto vantaggio per il momento, e se venissero a sapere che un figlio, seppur bastardo, del defunto Protettore del Nord, è stato giustiziato, la situazione diverrebbe irrecuperabile – disse Lord Varys avvicinandosi al re.
Joffrey si ritrovò fremente d’ira. Un’ira che divampava nonostante, inutilmente, qualcuno cercasse di placarla.
- Che decida la regina reggente, dunque! – sbottò stufo il re. – Mia madre è colei che ha sofferto di più della crudeltà di quella feccia, essendo stata rapita e tenuta in ostaggio per mesi da lui! Sono certo che deciderà la pena più giusta e soddisfacente!
Cersei fu presa alla sprovvista. Per tutto il tempo, si era sentita come se stesse sognando nel ritrovarsi finalmente dalla parte del potere e non della prigioniera, come si era oramai abituata. Si sentiva finalmente sé stessa, tuttavia, si sorprese di non provare alcun desiderio di fare al suo rapitore tutto ciò che si era ripromessa di fargli. Percepiva di volersi vendicare amaramente ma, al contempo, non riusciva a vederlo trattato in quel modo, non desiderava che marcisse in una cella o che morisse giustiziato. Forse, quello era solamente uno stato temporaneo dovuto a tutto ciò che aveva passato. Ad ogni modo, non riuscì a rispondere a quella richiesta, dunque rimase in silenzio. Joffrey era sconvolto: sia sua madre, che suo zio Jaime, sembravano due persone diverse dopo il periodo di prigionia. Non erano più quelli che conosceva, e ciò lo destabilizzò molto più della presenza di quel bastardo tanto indisponente nei suoi confronti e della perdita di controllo su Sansa Stark.
- Ah, è così?? Mia madre non riesce a decidere poiché qualsiasi pena sarebbe troppo scialba per un individuo simile?! Bene! Vorrà dire che la scelta spetterà a me, come è giusto che sia!
- Eccellenza, suggerisco di rimandare tale impegnativa decisione di qualche giorno: vi ricordo che i preparativi per il vostro matrimonio con lady Margaery sono giunti quasi al termine, domani arriveranno gli ospiti più importanti per partecipare alla cerimonia, tra cui il principe Doran Martell. Sono sicuro che a mente lucida e fredda, dopo tutte le celebrazioni, sarete in grado di prendere una decisione molto più proficua sul destino del bastardo Stark.
- Avete ragione, Lord Varys. La mia bellissima sposa e il mio glorioso matrimonio mi aspettano! Ad ogni modo, si tratterebbe solo di scegliere quale tortura riservargli per porre fine alla sua insulsa vita nel più ignobile dei modi! – esclamò Joffrey ritrovando il sorriso. – Nel frattempo, rinchiudetelo nelle prigioni!
- Sarà fatto – disse una delle Cappe.
- Vostra Maestà, vorrei mettervi al corrente di un altro possibile pericolo: se il popolo sapesse che il bastardo di Ned Stark è riuscito a giungere fin qui e a liberare l’unica Stark nelle nostre mani, da solo, l’immagine della corona ne risentirebbe. Ciò potrebbe incoraggiare altre casate a ribellarsi al potere, credendo di poter ingannare il re senza troppa fatica, proprio come ha fatto questo ragazzo.
- Dunque, cosa suggerireste di fare, Lord Varys? – gli chiese Joffrey riconoscendo il ragionamento del suo consigliere.
- Se Vostra Somma Imminenza lo consente, proporrei di riferire a chiunque non sia stato presente ieri nella sala del consiglio insieme a noi e a chi altro non conosca ancora l’aspetto e l’identità del ragazzo, che si tratta di una spia sconosciuta, alleata del Nord, ma dalle origini e dal passato oscuro; in modo da poter attribuire la colpa di tale mancanza da parte della corona, alle capacità ignote dell’individuo in questione. D’altronde, gli unici ad aver visto il bastardo e a sapere che si tratta di lui, siamo noi consiglieri, ad esclusione del Gran Maestro Pycelle, voi, vostra madre, vostro zio Tyrion e le Cappe Dorate che lo hanno catturato. Dobbiamo solo chiedere a questi pochi individui di mantenere il segreto. E se Sansa Stark dovesse tornare viva e vegeta dalla sua famiglia e raccontare la verità, sarebbe la sua parola contro quella della corona. Ovviamente il popolo crederà al suo re.
- E sia. Nessuno dovrà sapere che si tratta del bastardo di Ned Stark. Il traditore e rapitore che è penetrato nella Fortezza e ha liberato Sansa Stark, sarà semplicemente un mercenario dalle origini sconosciute per chiunque altro.
 
- Qual è il titolo di questa splendida canzone? – chiese Cat a Roose Bolton, rimanendo incantata nell’ascoltare la meravigliosa melodia che l’orchestra aveva cominciato a suonare nell’imponente sala in cui, a breve, si sarebbe celebrato il matrimonio di suo fratello con una delle figlie di Walder Frey.
- “Le Piogge di Castamere”, mia signora.
- Come mai questo nome?
- Venne scritta per celebrare la vittoria di Tywin Lannister contro la casata ribelle dei Reyne, sradicata senza pietà dal Lord di Castel Granito.
Cat si sorprese di quella spiegazione. La donna si chiese come mai Lord Walder Frey avesse deciso di far suonare proprio quella melodia al matrimonio che stipulava l’alleanza tra le loro due casate, considerando che, proprio in quel momento, stavano combattendo una guerra contro i Lannister. Decise di non farsi ulteriori domande e si diresse verso il suo amato fratello, il quale, radioso, attendeva l’inizio della cerimonia e l’arrivo della sua sposa.
- Ti piace davvero tanto la lady che Lord Walder ha scelto per te, non è vero, fratello? – gli chiese Cat distogliendolo dalle sue fantasie e sorridendogli premurosamente.
- Non appena l’ho vista oggi, il mio cuore ha smesso di battere, Cat. Non mi aspettavo di certo una tale bellezza dalle figlie di Walder. Sono sicuro che nascerà un sincero amore tra noi due. Almeno lo spero.
- Ma sentiti! Cerca solo di non spaventare quella povera ragazza, Edmure. Per lei deve essere tutto nuovo e sembra molto giovane. Quanti anni ha?
- Diciassette anni.
- L’età di Walter – disse improvvisamente Cat pensando ad alta voce e sorridendo malinconicamente.
- So che ti mancano molto, sorella mia. Vedrai che, non appena la guerra sarà terminata, riuniremo di nuovo tutta la tua famiglia. Oltretutto, la fedele Brienne dovrebbe già essere giunta ad Approdo del Re e aver ripreso Sansa. Vedrai che troverà anche Arya e Walter. Per quanto riguarda Bran e Rickon, sono convinto al cento per cento che siano ancora vivi. Si odono molte voci in giro e se si trovano davvero con i Reed, saranno certamente al sicuro. Inoltre, Jon acquista sempre più fama come ranger. Vedrai che darà filo da torcere a chiunque si metterà contro di lui, esattamente come suo padre Ned.
A Cat salirono delle lacrime agli occhi nell’udire quelle parole rassicuranti di suo fratello, riguardo i suoi figli lontani da lei, che le mancavano più che mai.
- Sì. Hai ragione. Sono al sicuro. - Suo fratello le diede un delicato bacio sulla fronte per rassicurarla ancor di più. – Edmure, pensi che abbia sbagliato a rifiutare di sposare uno dei figli di Lord Frey?? Insomma, il modo migliore per stipulare un’alleanza con loro e ottenere il permesso di attraversare le torri, era tramite un matrimonio, ma, ovviamente, essendo Jon un confratello, Walter un bastardo, Sansa sposata a Tyrion Lannister, Bran, Arya e Rickon tutti e tre dispersi oltre che troppo piccoli perchè io potessi permettere una cosa del genere; l’unica Stark disponibile per un matrimonio con uno dei suoi figli e la più profittevole, sarei stata io. Posso ancora avere dei bambini e con questa scelta avrei reso onore a tutta la Casa Frey, oltre che allo stesso Walder e …
- Cat – la bloccò lui appoggiandole le mani sulle spalle per attirare la sua attenzione. Doveva essere delicato con lei, poiché era forte dentro, ma era sempre stata come un leggiadro fiore sensibile a qualsiasi minimo tocco, esternamente. – Hai fatto la scelta giusta. Abbiamo fatto la scelta giusta. Non avresti potuto risposarti così presto dopo la morte di Ned. Il tuo cuore è ancora spezzato e ci vorrà un bel po’ prima che possa ritornare com’era. Amavi infinitamente tuo marito e, probabilmente, non riuscirai mai più ad amare qualcuno in questo modo. Io sono tuo fratello, un Tully purosangue, colui che sta portando avanti questa guerra. Per Walder è altrettanto onorevole dare in sposa una delle sue figlie a me. Non devi assolutamente sentirti in colpa, sorella mia.
Cat si lasciò cullare nuovamente dalle sue parole, nonostante i suoi timori non svanirono. Tuttavia, decise di non pensarci e di godersi la cerimonia.
Non appena la sposa attraversò l’enorme salone, posizionandosi accanto ad Edmure, la musica si placò e Lord Frey cominciò a parlare. Cat si accorse subito che quel discorso stesse prendendo una piega strana. Non sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco. Mai nessuno avrebbe potuto immaginarlo. Prima che se ne rendesse conto, la donna si ritrovò immersa in una carneficina. Tra tutto quel sangue, sprofondata nella peggiore disperazione, Cat tentò l’ultima opzione che le era rimasta, la più stupida e la più dolorosa: afferrò la giovane moglie del crudele Lord Frey e gli parlò, o meglio, gli urlò contro. – Lord Frey, perché ci state facendo questo?!?
- Mi chiedete perché?? Avete davvero il coraggio di pormi questa domanda dopo che avete rifiutato di far sposare i miei figli con i vostri, ognuno con una scusa differente?? Avete rifiutato persino di rendere voi stessa disposta al matrimonio, soltanto perché vostro marito è morto e ora volete cucirvela per sentirvi meglio con voi stessa!
- Non erano quelle le mie intenzioni!! Vi prego!! Vi supplico, Lord Frey, è una donna d’onore che vi parla! Prendete me, ma lasciate andare mio fratello! Lui è la mia famiglia! – lo supplicò, poi rivolgendo lo sguardo a suo fratello Edmure, il quale la guardava in trance a pochi metri di distanza. – Edmure, ti prego, vai! Per favore!! Trovali per me! Trova i miei ragazzi, Edmure, e vendica Ned! Vivi per me e crescili per me! Salvati!! Edmure, per favore!!
- Nessuno di voi uscirà da questa sala – decretò Walder Frey. A quel punto, Cat raccolse tutte le ultime forze che le erano rimaste e strinse la gola della ragazzina insieme alla daga puntata su di essa.
- Giuro sul mio onore di Tully, giuro sul mio onore di Stark, che se non lascerai andare mio fratello, ucciderò tua moglie!!
Sul volto del vecchio si stampò un ghigno divertito e aspettò a risponderle, quasi come volesse farla permanere in quella vana speranza ancora un po’. – Me ne troverò un’altra – concluse. Quelle parole segnarono la fine per la forte e coraggiosa donna dalla chioma rossa. In quel momento, capì che sarebbe terminato tutto. In quell’istante, davanti ai suoi occhi, comparvero loro, le ragioni della sua felicità e della sua stessa vita: le urla gioiose di Rickon, il suo cibo, il suo nutrimento; il linguaggio nascosto di Bran, la sua terra, il suo punto fermo; le smorfie e gli sguardi di Arya, la sua pioggia impetuosa e avvolgente; la voce soave e delicata di Sansa, il suo fiore bellissimo e dal profumo lenitivo; gli occhi dalla profondità viva e quasi surreale di Walter, il suo fuoco eterno e vitale; e il raro quanto immenso sorriso di Jon, il suo ghiaccio, la sua neve che dava vita al Nord stesso.
- Cat … - udendo quella voce a lei tanto cara e familiare, si voltò verso suo fratello, con le lacrime che fluivano via dalle sue guance come cascate. – Non piangere, Cat. Andrà tutto bene … - Edmure l’aveva sempre consolata, protetta e rassicurata fin da piccola e lo stava facendo anche in punto di morte. Una delle sue colonne portanti, quella che mai avrebbe pensato sarebbe potuta crollare, ora era in piedi a pochi metri da lei mentre Roose Bolton gli si avvicinava e gli sussurrava “I Lannister vi portano i loro saluti” pugnalandolo allo stomaco.
Cat tirò fuori dalla sua gola un urlo talmente atroce, che i presenti temettero potesse essere udito a chilometri di distanza. Uno di quei rari urli che la vecchia Nan avrebbe chiamato “aliti di distruzione eterna”. Mentre quel tremendo dolore usciva dalla bocca spalancata della donna, questa tagliò la gola della ragazzina che aveva tra le braccia. Qualche secondo dopo, la vita dello splendido e forte fiore rosso delle terre dei fiumi, fu recisa via, forse più per porre fine a quell’incessante urlo che stava facendo tremare le pareti di tutta la torre. Catelyn Tully cadde a terra, nel lago di sangue che sgorgava dalla sua gola, rimanendo con gli occhi fissi sul cadavere di suo fratello.
“Ma ora le piogge piangono nella sua sala,
senza nessuno a udire quel pianto.
Sì, ora una madre piange nella sua sala,
senza che i suoi cuccioli possano udire quel pianto.”
 
Walter era seduto sul pavimento freddo e umido della cella, con la schiena appoggiata al muro e il volto rivolto da un lato, con gli occhi spenti e fissi in una delle fiaccole accese. Ad un tratto, il ragazzo udì il rumore di alcuni passi che si avvicinavano. Pensò che gli stessero per portare la cena, dato che aveva trascorso già tre giorni in cella e più o meno ricordava gli orari in cui gli lasciavano i pasti. Capì che si stava sbagliando, quando una figura incappucciata comparve al di là delle sbarre. Non avrebbe mai immaginato che sotto quel cappuccio potesse esserci Cersei Lannister. Walter le accennò un sorriso amaro e derisorio. – Cosa ci fai qui? Sei venuta per il gusto di vedermi finalmente dalla parte del prigioniero? Deve essere davvero soddisfacente per te, anche se non abbastanza, immagino. O sei qui per ricordarmi che tra qualche giorno attuerai la tua tanto agognata vendetta, proprio come avevi promesso?
- Sono qui per darti delle notizie – disse la donna seria. A ciò, Walter preferì alzarsi in piedi e avvicinarsi alle sbarre per udire meglio ciò che avesse da dire.
- La tua gamba è peggiorata molto – gli disse lei notando quel particolare mentre il ragazzo si avvicinava.
- Senza le dovute cure è normale che peggiori. Dunque? Cosa vuoi?
- Ieri notte è successo qualcosa. Catelyn Stark con suo fratello e tutto l’esercito Stark, sono stati uccisi dai Frey in casa di questi ultimi durante la celebrazione del matrimonio che avrebbe stipulato la loro alleanza – disse lei tutto d’un fiato. Walter sembrò non metabolizzare subito. Rimase alcuni secondi fisso su Cersei come se sperasse di aver capito male. Poi, quando prese coscienza, il suo sguardo cambiò completamente e si svuotò.
Cat. Catelyn Stark. La donna che era esattamente come una madre per lui; la madre che non aveva mai avuto. Colei che lo aveva amato e venerato come un figlio legittimo. La donna forte che gli aveva insegnato molto di ciò che sapeva; la stessa che, da piccolo, credeva fosse indistruttibile. Era morta. Era morta lontano da lui e non avrebbe potuto fare nulla. Era morta lontana dai suoi figli e dalla sua famiglia. Era stata tradita. E con lei era svanita ogni possibilità di vincere la guerra e vendicare suo padre e ogni malvagità che era stata inflitta agli Stark. Era tutto finito. L’esercito non esisteva più. Sembrava un incubo, qualcosa di surreale. Il Nord non dimentica. Il Nord non avrebbe mai dimenticato.
- Come? – chiese improvvisamente il ragazzo ridestandosi da quei pensieri.
- Cat non voleva dare in matrimonio nessuno dei suoi figli ai figli di Walder Frey. Non era disposta neanche a mettersi a disposizione lei stessa. Dunque, gli aveva offerto suo fratello, l’erede di Casa Tully, sperando che potesse valere quanto uno Stark. Così, Lord Frey si è alleato con noi e ha teso un’imboscata a tutto l’esercito Stark al matrimonio, d’accordo con mio padre.
- Quindi è di nuovo colpa vostra. Siete sempre voi – disse Walter cercando di trattenere una risata nervosa mentre stringeva il metallo delle sbarre tra i suoi pugni.
- Ho pensato che fosse giusto che tu lo sapessi – gli disse Cersei non staccando gli occhi dai suoi.
- No, tu non fai mai qualcosa perché pensi sia giusto farla! Qual è il vero motivo per cui me l’hai detto, Cersei?? Perché sei qui?? Tu desideravi vedermi crollare davanti ai tuoi occhi dopo l’ennesima disgrazia che tu e la tua famiglia avete arrecato alla mia!! Si tratta di questo, vero?! Tu provi un malsano gusto in questo!! Ti diverte immensamente! Bene! Ora, immagino tu sia soddisfatta. Starai sprizzando di gioia nel vedermi così.
- Che tu ci creda o no, non sono qui per questo. Sono venuta semplicemente per darti la notizia.
- Se prima ti odiavo al punto di volerti uccidere con le mie mani, ora vorrei farti morire tramite tremende sofferenze. Le stesse sofferenze che voi Lannister avete fatto provare a noi. Anzi, anche di più. Fin quando non mi riterrei soddisfatto – disse allontanandosi da lei e dando un fortissimo colpo alla parete con le nocche, provocandosi delle profonde lesioni. Poi ne diede un altro e un altro ancora.
- Walter. Hai intenzione di morire prima che ci pensi mio figlio a farlo? Vuoi morire in questo buco, uccidendoti con le tue mani?
- Sta’ zitta!! Non parlarmi!! Non parlarmi mai più, non venire qui, non guardarmi negli occhi, non pronunciare il mio nome, né quello di alcun componente della mia famiglia in mia presenza!! – le urlò avvicinandosi di nuovo. – Vattene via da qui. Meriti solo disprezzo e odio, Cersei Lannister. Hai sempre meritato solo quello. Solo la tua famiglia riesce ad amarti. Se cerchi un amore diverso, l’amore di qualcun altro, faresti meglio a metterti l’anima in pace perché non avrai mai niente da nessuno. Prega solo che il tuo veleno si fermi prima di uccidere anche te. - Cersei rimase in silenzio a quelle parole. Improvvisamente, non sapeva più cosa dire. Si sentiva inerme di fronte a tanto dolore, per la prima volta. – Che cosa ci fai ancora qui? Vattene via, iena!!! – le urlò così forte e violentemente da convincerla ad ascoltarlo. Cersei si tirò su il cappuccio e se ne andò.
Quando la donna fu fuori dalla sua vista, Walter si lasciò andare ad un pianto disperato, un pianto sconosciuto ad uno come lui. Si accovacciò su sé stesso e affondò la testa tra le gambe tremanti, coprendosi il volto con le mani insanguinate. Quella notte, le lacrime del drago si udirono anche fuori dalle prigioni in cui era tenuto incatenato.
 
Gli invitati erano già quasi tutti seduti alle proprie postazioni. Il re sembrava più rilassato del solito mentre la sua consorte gli riservava attenzioni che qualsiasi Lord avrebbe desiderato da una donna. Margaery era bellissima nel suo splendido abito e nella sua acconciatura ricercata, tanto da attirare gli sguardi di tutti gli uomini e i ragazzi presenti al banchetto. La cerimonia era andata come previsto e, ora, i due, erano re e regina dei sette regni.
Anche Cersei risaltava nella sua bellezza quel giorno, ma mai quanto Margaery, la quale annebbiava tutte le dame.
- Regina reggente – Cersei fu distratta dall’uomo che le si avvicinò rivolgendole quel saluto e facendole un breve inchino.
- Principe Oberyn – rispose lei, quasi non guardandolo neanche.
- Cerimonia fantastica, devo dire. Vi faccio i complimenti per vostro figlio e per sua moglie. Una ragazza davvero affascinante e incantevole. – Era classico di Oberyn lanciare continuamente frecciatine di quel genere.
- Sì, deliziosa.
- Volevo dirvi nuovamente che mi dispiace per vostra figlia Myrcella. Fa sempre male l’abbandono improvviso e forzato dei proprio figli. Ma, prima o poi, tutti devono crescere. A Dorne ci prenderemo di certo cura di lei.
Cersei non aveva ancora smesso di pensare alla partenza della sua splendida bambina, avvenuta il giorno precedente. Non sopportava l’idea che sua figlia potesse essere tra le mani di quelle dannate vipere. Era stata costretta a cederla per una stupida alleanza con i dorniani, voluta da suo fratello Tyrion. Cersei aveva trovato un motivo in più per odiare a morte quel folletto. La donna spostò lo sguardo su di lui, il quale era seduto alla sinistra di suo figlio. Gli lanciò l’ennesima occhiata fulminante che il nano notò, così come tutte le altre.
- Perdonatemi, principe Oberyn. Dovrei parlare con mio fratello Jaime – disse Cersei congedandosi da quell’uomo fastidioso e avvicinandosi al suo gemello, una compagnia certamente migliore.
- La donna che Catelyn Stark ha incaricato di portarti fino ad Approdo, dov’è?
- Se ne è andata. Ha seguito Sansa Stark con la speranza di trovarla prima che qualcuno possa farle del male. Forse, in questo modo riuscirà anche a trovare il suo fratellastro e sua sorella.
Cersei si ricordò in quel momento che neanche Jaime conosceva la vera identità di colui che aveva liberato Sansa e che in quel momento era rinchiuso nelle prigioni di Approdo. In ogni caso, se la donna era stata incaricata da Catelyn Stark, di trovare anche Walter, anche se avesse saputo la verità, non sarebbe rimasta ad Approdo del Re con la speranza di liberarlo miracolosamente: ormai il destino del ragazzo era segnato.
- Immagino che se Sansa Stark non fosse riuscita a scappare prima, tu non le avresti mai permesso di portarsela via come Catelyn Stark ti ha chiesto di fare – affermò Cersei, come se la risposta fosse scontata. Tuttavia, suo fratello non rispose e continuò a guardare la folla di invitati che si godevano l’immenso banchetto. – Com’è che si chiama? Brienne di Tarth? Sembrava così impacciata quando si è presentata a me. Mi è apparsa più con le sembianze di un uomo, che di donna. Povera creatura, la natura non è stata così benevola con lei.
- Al contrario del tuo rapitore, invece. Quei pochi che l’hanno visto in volto, affermano che sia un ragazzo di una bellezza strabiliante – disse Jaime con un tono pungente; lo stesso che aveva utilizzato Cersei poco prima.
- Cosa stai insinuando?
- Nulla.
- Dopo aver trascorso sei mesi come sua prigioniera, dopo tutto quello che mi ha fatto, non desidero altro che mio figlio lo punisca come meriti e che soffra terribilmente davanti ai miei occhi. Mi offende che tu possa pensare diversamente.
- Non ne dubito. Ma non è passata inosservata la tua visita notturna di tre giorni fa.
- Gli ho detto di ciò che era accaduto alla sua famiglia solamente per vederlo distrutto e piegato in una morsa di dolore. Di certo non gli ho mai salvato la vita, come, invece, tu hai fatto con “l’innocente e indifesa” Brienne – concluse Cersei stizzita allontanandosi da lui.
Finalmente, era arrivato il momento clou del banchetto: la parte d’intrattenimento e il taglio della torta. Due occasioni che il re aveva appositamente e accuratamente preparato per la totale denigrazione del suo odiato zio Tyrion. L’intrattenimento si basava su uno spettacolo di nani che impersonavano i diversi re e lord della varie casate con i loro stemmi. Vi erano i Targaryen, i Baratheon, i Lannister e gli Stark. Alla fine del molesto spettacolino, il nano che impersonava la casata Baratheon, vinse su tutti gli altri. Tutti i presenti si sforzarono di sorridere dopo quella tremenda performance, ma non fu un’impresa facile. Persino Margaery, la quale riusciva sempre a trovare qualcosa di buono nel suo crudele consorte, non riuscì a mostrare apprezzamento.
Dopo di che, arrivò il momento del taglio della torta, preceduto da un altro raccapricciante spettacolo per gli invitati: Lord Tyrion venne trattato come il peggiore degli schiavi da Joffrey, il quale gli richiese più volte di servirgli del vino, umiliandolo svariatamente anche versandogli lo stesso liquido rosso sopra la testa. Margaery cercò di far cessare quella tremenda tortura per il nano, spronando suo marito a tagliare insieme a lei la splendida torta che era appena giunta al loro cospetto. Joffrey, come al solito, si fece distrarre dai modi e dalle parole dolci della bella Tyrell e tagliò la torta alquanto atrocemente con una spada, uccidendo anche alcune delle colombe che erano state poste all’interno del dolce, pronte a volare via una volta consumato. Dopo di che, il re afferrò il calice di vino che aveva ordinato nuovamente a suo zio di riempirgli, e bevve tutto d’un fiato. Inizialmente sembrò andare tutto nella norma, almeno fino a che Joffrey non cominciò a tossire violentemente. Il ragazzo dalla chioma dorata stava quasi perdendo l’equilibrio mentre tossiva con tal violenza.
In quel momento, a Cersei cadde il mondo addosso. Non poteva essere. Non poteva essere vero. La donna si alzò immediatamente dal suo posto, iniziando a correre verso il suo primogenito, spingendo via la regina Margaery e fiondandosi su di lui. Joffrey si accasciò a terra, con la testa appoggiata sulle sue gambe, sotto lo scompiglio generale di tutti. Jaime si fece spazio tra la folla e si fiondò anche lui accanto ai due. Il re faticava a respirare, aveva il viso completamente viola, con le vene in superficie, gli occhi divenuti da verdi a bordeaux e il sangue che sgorgava a fiumi dal naso e dalla bocca. Quella visione fu troppo per Cersei. Il suo bambino. Il suo bambino stava morendo. Avevano osato far del male al suo leone, quello a cui teneva di più. Un pezzo del suo cuore sarebbe crollato se fosse successo davvero, o forse, tutto il suo cuore. Nessuno avrebbe potuto toccare la sua famiglia. Nessuno avrebbe potuto fare del male al suo Joffrey.
- Mio tesoro, ti prego non lasciarmi!! Non lasciarmi!! – urlò la regina reggente continuando ad accarezzare la chioma bionda di suo figlio e piangendo e singhiozzando, indifesa come una bambina. Prima che il suo leone potesse spirare, alzò il braccio indicando suo zio Tyrion, il quale, ancora sconvolto, aveva ancora il calice svuotato dal nipote tra le mani. In quel momento, ogni cosa fu chiara a Cersei. Tutto il suo odio verso quel mostro di suo fratello si stava concretizzando e stava finalmente trovando il suo sfogo.
- Prendetelo! Prendetelo!! Prendetelo!!! Lo voglio morto!!! – urlò la donna mentre i cavalieri della Guardia Reale afferravano il folletto e lo portavano via. – Joffrey, Joffrey, ti prego, rispondimi, figlio mio!! – continuò a dire lei accarezzando la pelle viola e fredda del ragazzo e accovacciandosi su di lui, lasciando che le sue lacrime si mischiassero a quel sangue contaminato eternamente.

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Capitolo 12
*** Scomoda libertà ***


Scomoda libertà
 
Walter si era addormentato con la testa appoggiata allo spigolo della fredda parete. Ad un tratto, dei forti rumori lo destarono. Dei soldati si stavano chiaramente avvicinando alla sua cella. Ciò non lo sorprese quanto riuscì a farlo la vista di Tyrion Lannister ammanettato, pochi istanti dopo. I soldati aprirono la sua cella e vi gettarono violentemente all’interno il folletto, il quale rotolò fino a sbattere contro la parete.
- C’è posto per entrambi! – esclamò uno degli uomini con un sorriso di scherno. Dopo di che, i cavalieri se ne andarono lasciandoli soli. Walter ancora non riuscì a credere ai suoi occhi. Era talmente perplesso, che quasi non gli venne spontaneo alzarsi per aiutare il povero nano. Cercò di riprendersi velocemente dalla sorpresa e si diresse verso di lui, dandogli una mano a tirarsi su e a sedersi.
- Mai mi sarei aspettato una cosa del genere.
- Neanche io, Snow, neanche io, credimi.
- Cosa può aver mai fatto uno del tuo rango per essere stato incriminato senza che l’influenza della tua ricca e imponente casata possa far nulla per impedirlo?
- Mio nipote, il re Joffrey, è morto questo pomeriggio, durante il suo banchetto nuziale. Sembra che qualcuno abbia versato del veleno nel suo calice. - Tyrion si sarebbe aspettato di vedere Walter sprizzare di gioia dopo quella notizia; tuttavia, il ragazzo non mostrò alcuna reazione palese, ma soltanto un accenno di un lieve sorriso. – Non è esattamente ciò che immaginavo figurandomi la tua espressione una volta saputa la notizia riguardante la morte dell’assassino di tuo padre e, presto, anche il tuo.
- In questo momento, non sono in vena di manifestazioni di gioia, considerando il quadro generale.
- Già – rispose Tyrion, ricordandosi solo in quel momento delle recenti “Nozze Rosse”, come erano state soprannominate. – Mi dispiace infinitamente per la tua famiglia e il vostro esercito. Voglio che tu sappia che non ero assolutamente d’accordo con i piani di mio …
- Lo so. Non preoccuparti. So bene quanto tu sia diverso dal resto della tua famiglia. Il mio istinto non mente mai. Ad ogni modo, come mai hanno accusato te per la morte del re?
- Mi ha “torturato” pubblicamente e subdolamente davanti a tutti i presenti, costringendomi a versargli ripetutamente del vino. Non solo ho una motivazione validissima per volerlo morto, ma sono anche quello più “accusabile” considerando il contesto e il fatto che abbia cominciato a risentire dei sintomi del veleno dopo aver bevuto dal calice che io gli avevo riempito.
- E sei stato tu?
- Vorrei essere stato io. Lo avrei voluto davvero.
- Allora basterà dimostrarlo. Non possono condannarti sulla base di queste supposizioni. Non ci sono prove concrete.
- Si vede che sei arrivato da poco ad Approdo del Re, mio giovane amico. Non si tratta solo di supposizioni. Qui ci sono degli intrighi che tu neanche puoi immaginare e spero che mai te ne troverai protagonista, per il tuo bene. La mia famiglia, con l’eccezione di mio fratello Jaime, mi odia. Sono il mostro che ha ucciso Lady Joanna Lannister. Non sono degno di vivere e di portare il nome della mia casata. Mio padre e mia sorella cercavano solo un pretesto per farmi uccidere – disse Tyrion amaramente. Walter percepì come una sfinita rassegnazione nella sua voce. – Toglimi una curiosità – riprese improvvisamente il nano, cambiando discorso. – Come diavolo sei riuscito a fare ciò che hai fatto quando hai liberato tua sorella? Hai sicuramente delle conoscenze ai piani alti per essere stato in grado di penetrare indisturbato in una città come Approdo del Re ed esserne quasi uscito vivo. Magari i Tyrell?
Walter sorrise divertito da quelle supposizioni. – So che è difficile da credere, ma ho fatto tutto da solo. Mi ha aiutato solo un ragazzino che ho trovato a Fondo delle Pulci, con i vicoli più tortuosi della città.
Tyrion continuava a guardarlo sorpreso, indeciso se credergli o no. Ma sentiva che poteva fidarsi di quel ragazzo. – Notevole. Davvero notevole. Così come lo è il fatto che tu sia riuscito a rapire mia sorella e a portartela dietro come ostaggio per sei mesi senza cedere alla tentazione di ucciderla. Come diavolo hai fatto??
I due cedettero alle risate. – Non lo so neanche io. Ho un autocontrollo che non mi aspettavo di possedere.
- È stato molto nobile da parte tua venire fin qui per salvare tua sorella, sapendo che, quasi sicuramente, ci avresti potuto rimettere la vita. È stato sconsiderato, ma nobile. A tal proposito, voglio che tu sappia che non l’ho sfiorata neanche con un dito e …
- Posso immaginare anche questo – lo bloccò Walter rassicurandolo con lo sguardo.
- Bene, ora ci troviamo qui entrambi. Con una condanna sulle spalle e in attesa di morte certa.
- Già. Una situazione alquanto paradossale.
- Nonostante tutto, sei stato molto fortunato: scamperai tutte le atroci torture che ti avrebbe sicuramente riservato il mio diabolico nipote. Tommen è solo un dolce e ingenuo ragazzino come tanti, dunque morirai con una semplice, e a suo modo indolore, esecuzione.
- Non è una grande rassicurazione, in realtà. Ho sofferto torture ben peggiori di quelle che mi avrebbe riservato Joffrey.
- È davvero un peccato che tu debba morire in questo modo, Walter Snow.
- Neanche tu dovresti morire così, Tyrion Lannister.
- Sai, altre volte mi sono ritrovato in una situazione del genere: accusato per un crimine che non ho commesso e processato e condannato a morte per questo.
- Come da Lysa Arryn.
- In quel caso, sono riuscito a salvarmi la pelle grazie alla richiesta di un processo per combattimento. Io, ovviamente, non sono nella posizione di poter combattere alla pari con un uomo. Tuttavia, in quell’occasione trovai qualcuno che lo fece al mio posto.
- Amo altre arti, molto più di quella del combattimento. Tuttavia, devo ammettere che, in alcuni casi, è la più utile di tutte.
- Sai anche combattere? E come te la cavi?
- A Grande Inverno dicevano che ero bravo. E sembra che lo sia anche qui, dato che mi sono beccato un colpo in faccia da una delle Cappe Dorate per questo.
- Potresti valutare di scagionarti tramite un processo per combattimento, proprio come ho fatto io. Non avresti neanche bisogno di richiedere qualcuno che combatta per te. Puoi farlo tu stesso.
- Qualcosa mi dice che tentare di aver salva la vita per vie oneste, in questo posto, non sia una delle scelte migliori.
- Cosa hai intenzione di fare? – gli chiese curioso il folletto.
- Lo vedrai. Ci farò uscire da qui.
 
Lord Varys si aggirò per i corridoi della Fortezza Rossa. Era sera inoltrata e l’eunuco intravide la regina reggente, appena uscita dal luogo in cui era tenuta la salma del suo defunto primogenito. Il viso della donna era rigato da decine di lacrime. Nonostante il suo stato, a Cersei non passò inosservata la presenza del Ragno Tessitore. - Lord Varys.
- Mia regina. Vi reco ancora le mie più sincere condoglianze per la  tremenda perdita.
Ormai Cersei sapeva capire quando Varys avesse in mente qualcosa, nonostante il suo sguardo costantemente mellifluo e il sorriso falso sul volto.
- Dove state andando?
Varys si voltò verso di lei, arrestando il suo cammino. - Devo sbrigare alcune faccende, mia regina. – In quel momento, fu come se gli sguardi e i pensieri dei due, entrarono in sintonia e, senza dire nulla, fu come se già avessero compreso cosa passasse per la mente dell’altro. - Qualcosa vi turba in particolare? Se posso fare qualsiasi cosa, chiedete pure.
- Voi eravate nella sala del consiglio quel giorno. Avete visto in volto il bastardo di Ned Stark.
- La vostra memoria non vi inganna, Maestà.
Un presentimento tormentava la mente di Cersei in quel momento. Avrebbe dovuto accertarsi se fosse solo tale. – Che idea vi siete fatto su di lui? Perché avete suggerito a mio figlio di nascondere la sua identità a tutto il reame?
Varys sorrise alla donna, con uno di quei sorrisi che poteva esprimere tutto e niente. In cuor suo sapeva che, per la prima volta, i loro piani, forse, avrebbero combaciato.  – Quell’individuo ha attirato il mio interesse, mia regina. Vorrei scoprire di più su di lui.
- Scoprire di più? Quali segreti può nascondere un ragazzo del Nord nato da un rapporto illegittimo?
- Secondo informazioni note, dovrebbe essere figlio di Ned Stark e di Lady Ashara Dayne. Come ben sapete, sono vissuto qui a corte per molto molto tempo, mia regina; da prima dello scoppio della ribellione di Robert.
- Anche io, Lord Varys. Qual è il punto?
- Ne sono consapevole. Tuttavia, io sono portato a notare dettagli che, solitamente, passano inosservati alla maggior parte dei più esperti osservatori. Mi accorgo di particolari che potrebbero sembrare futili, ma che, in realtà, sono fondamentali per la costruzione di un puzzle. – Oramai Cersei aveva imparato a decifrare il linguaggio enigmatico di Varys. – Ho osservato molto, mia regina, e ho notato dettagli che voi, forse, avete tralasciato. Conoscevo Lady Ashara Dayne come conoscevo molti altri uomini e donne che vivevano a corte. Ci sono delle caratteristiche di Walter Snow che mi hanno fatto sorgere alcune domande, alle quali intendo dare risposta – Cersei non riuscì bene ad intendere i dubbi che tartassavano il complesso individuo che le era di fronte; tuttavia, ciò bastò per farle comprendere le sue intenzioni future. L’eunuco si avvicinò maggiormente a lei e continuò. – Sono convinto, avendo avuto modo di osservare anche voi, che, per questa volta, i nostri obiettivi corrispondano tra loro, anche se per motivazioni differenti – disse infine il Ragno, rivolgendole un riverente inchino e congedandosi da lei, mentre lo sguardo di Cersei continuava a seguirlo, prendendo pian piano coscienza di cosa avesse davvero intenzione di fare.
 
Quella notte, Walter illustrò il suo piano di fuga a Tyrion, il quale si sorprese ancor di più di come il ragazzo fosse convinto di riuscire ad attuarlo.
- C’è un’unica falla in questo ingegnoso piano: la tua gamba è in gravi condizioni e non ti porterà molto lontano. Inoltre, anche di notte Approdo è tempestata di Cappe Dorate e soldati in ogni dove. Anche di più rispetto a prima, dopo quello che hai fatto qualche giorno fa. Questi due fattori, sommati tra loro, ti renderanno quasi impossibile farcela. E lo renderanno impossibile anche a me.
- Lo so’, ma devo rischiare.
- Ami il rischio, lo capisco. Forse è dovuto anche alla tua età, ma sono convinto di non aver mai conosciuto nessun ragazzo avere una tale incuranza verso il pericolo e la morte. Mi spaventi e mi piaci allo stesso tempo. In molte occasioni, ciò potrebbe salvarti ma, prima o poi, finirà per ucciderti.
- Non morirò senza averci provato. Se sei con me, hai alcune possibilità di farcela ma non molte, non te lo nego.
Tyrion rifletté un po’ prima di rispondere. – Se andassi da solo, la probabilità di una tua riuscita si alzerebbe. – Il nano interpretò il silenzio di Walter a quell’affermazione, come una conferma. – Io non sono capace di correre, tanto meno di correre ad una velocità comparabile alla tua. Ti rallenterei soltanto. Se devo decidere tra un fallimento sicuro per entrambi e una qualche possibilità di riuscita solo per te, opto per la seconda.
- Ma Tyrion …
- Questa è la mia decisione. Hai ancora tutta la vita davanti e molto da dimostrare a questo mondo, Walter. È giusto così. - Il ragazzo intuì, dal tono del nano, che non ammetteva repliche. Avrebbe voluto convincerlo a cambiare idea, ma sapeva che sarebbe stato inutile. - Buona fortuna, Snow.
- Anche a te, Lannister.
Detto ciò, i due attesero il momento propizio. Walter sapeva bene che i soldati a guardia delle prigioni si tenevano sempre ad una distanza di sicurezza dalle celle. Per nessun motivo si avvicinavano, poiché conoscevano bene gli intenti dei prigionieri. Un giorno, aveva udito un uomo provare ad attirare una delle guardie iniziandogli a parlare di una puttana dalle notevoli doti con la quale aveva intrattenuto dei rapporti. Un altro aveva finto di sentirsi male, ma nessuna di queste tecniche aveva funzionato. Sarebbe servito qualcosa di ben più elaborato per eludere la sorveglianza di Approdo del Re.
Il ragazzo, come tutti gli altri giorni, attese che arrivasse l’uomo designato a servire i pasti. Quella sera, avrebbe portato ben due scodelle, una per lui e una per Tyrion. Non appena l’uomo infilò le mani tra le sbarre per appoggiarle a terra, Walter, con un movimento scattante, afferrò una delle forchette riposte dentro una scodella, e la infilò dritta nella mano dell’uomo, il quale urlò di dolore. La vittima non poteva neanche ritirare via l’arto ferito, poiché Walter reggeva stretta la posata che aveva trapassato la sua carne, costringendolo a rimanere con il braccio all’interno della cella.
- Mi dispiace, ma questa brodaglia che mi servite sempre è incandescente. Non è corretto tentare di ustionare la lingua dei prigionieri ad ogni pasto. Ma, se te lo stai chiedendo, non ti ho infilato una forchetta nella mano per questo motivo questa sera; tuttavia ci tenevo comunque a fartelo sapere. Così, forse, in futuro, migliorerete il servizio – disse Walter infilando l’altra forchetta nell’altra mano dell’uomo, anch’essa bloccata dentro la cella. Questo urlò ancora più forte di prima per il dolore. Udendo quelle continue grida, i soldati si avvicinarono solo per controllare, ma, non appena videro uno degli incaricati di portare i pasti ferito, dolorante e costretto con le braccia dentro una delle celle, andarono in suo soccorso, raggiungendolo. Quando furono abbastanza vicini, Walter, prontamente, afferrò le due scodelle piene di zuppa bollente, e versò quest’ultima negli occhi dei tre soldati, cogliendo l’occasione per tirare uno di loro ancora più vicino alle sbarre, rubare le chiavi, aprire la cella e tramortirli velocemente grazie alla loro vista ancora annebbiata. Il ragazzo rubò le loro armi e rivolse un ultimo saluto a Tyrion, dirigendosi verso l’uscita delle prigioni, prima che si avvicinassero altre guardie. Non appena fu fuori da quel luogo buio, impiegando più tempo del previsto a causa della sua gamba in condizioni pessime, si ritrovò finalmente sotto la luce lunare, ma si rese conto che lo stessero inseguendo; così cercò immediatamente una via sicura dove poter inoltrarsi, ma venne improvvisamente bloccato dalla mano di un uomo incappucciato. Walter, come riflesso involontario, fece per colpirlo, dunque egli si sbrigò a togliersi il cappuccio e a rassicurarlo. - Per tutti gli dei, placate le vostre furenti energie, sono qui per aiutarvi! – esclamò. Walter si sorprese di riconoscere in lui Lord Varys, uno dei consiglieri del re.
- Cosa ci fate voi qui?!
- Non c’è tempo per questo. Venite con me, vi porterò in un posto in cui né le guardie delle prigioni, né altri cavalieri, potranno trovarvi – gli disse in fretta rinfilandosi il cappuccio e facendogli segno di seguirlo. Non appena Varys imboccò un vicolo stretto e nascosto, il ragazzo dietro di lui lo afferrò per il polso e gli fece sbattere la schiena contro la parete di uno spigolo più in ombra degli altri, ponendosi di fronte a lui. - Dove mi state portando?
- Non c’è tempo per questo, mio impetuoso amico. Vi spiegherò tutto quando saremo giunti a destinazione.
- Da quando voi e io siamo amici?? Devo essermi perso qualche passaggio.
- Ho a cuore la vostra incolumità, Walter. Avevo già in mente io stesso un’articolata strategia per farvi uscire dalle prigioni questa notte, ma, a quanto pare, siete un ragazzo pieno di risorse, ancor più di quanto immaginassi.
- Dato che avevate in programma di liberare me, perché non farlo anche con Lord Tyrion? Lui non ha la vostra stima?
- Lord Tyrion è una delle persone che io stimo di più al mondo, ma, purtroppo, non posso donargli la libertà: un nano è molto difficile da nascondere in una città come questa, specialmente se si tratta di Tyrion Lannister. Non servirebbe a nulla farlo scappare per poi lasciare che venga catturato di nuovo.
- Mi state dicendo che intendete nascondere me, invece?? – il ragazzo si lasciò andare ad una breve risata sconvolta. – Io me ne andrò via di qui! Non resterò un minuto di più in questa città maledetta!
- Come intendete superare tutte le guardie poste in ogni angolo di Approdo, a partire dalle Cappe Dorate? Ci siete riuscito una volta, ma non ce la farete una seconda, considerando che ora siete un ricercato, che la sorveglianza è raddoppiata appositamente a causa vostra e per evitare che si ripetano situazioni come queste, e che avete una gamba che, se non viene curata ora, sarà destinata all’amputazione. - Walter era una persona ragionevole e la sua razionalità gli faceva riconoscere in pieno la veridicità delle parole e delle conclusioni dell’eunuco. – Si tratta solo di una situazione temporanea. Quando starete meglio e quando troveremo un modo per eludere la sorveglianza maniacale posta nella città, potrete andarvene. Ma, per il momento, siete costretto a temporeggiare. Persino io, il Ragno Tessitore, colui che possiede spie fin oltre i sette regni, non sono riuscito a farvi scappare prima a causa della sorveglianza esagerata che ha organizzato re Joffrey.
- Anche se voleste nascondermi, ci sono persone che conoscono il mio volto …
- Ciò non costituisce un problema. Sarà una delle prime cose di cui mi occuperò.
- Che cosa intendete … ?
- Non dovete preoccuparvene. Ora, per l’amor del cielo, seguitemi prima che i soldati penetrino anche qui – concluse Varys riprendendo a camminare fugacemente, facendosi seguire da Walter.
Il Ragno aveva ragionato molto sul luogo dove avrebbe potuto nascondere quel ragazzo. Gli serviva un nascondiglio che non destasse sospetti ma che, al contempo, non includesse rinchiudere Walter in un buco senza finestre, come una seconda cella. A quel punto, non sarebbe servito a nulla quel salvataggio, dato che Tommen era un ragazzino dall’animo buono, perciò avrebbe anche potuto decidere di farlo permanere in prigione a vita, invece di ucciderlo, con i giusti consigli. Gli serviva un luogo in cui il ragazzo fosse a suo modo libero, un luogo in cui il Ragno avrebbe potuto studiarlo per scoprire di più su di lui, tenerlo sotto controllo senza farsi notare. Dopo vari ripensamenti, Varys giunse alla sua conclusione, ma sapeva che non sarebbe affatto piaciuta a Walter.
I due si fermarono davanti ad una delle porte di un vicolo e Varys bussò.
Dopo qualche secondo, Petyr Baelish aprì la porta, mostrando una delle espressioni più sincere e stupite che avesse mai rivolto a qualcuno in vita sua.
- Varys … cosa ci fai qui e come mai ti stai portando dietro il bastardo di Ned Stark?? Non dovrebbe trovarsi dentro una cella?
- Sono alla tua porta per chiedere umilmente il tuo aiuto, amico mio – rispose Varys serio. – Ma ora facci entrare prima che i soldati ci raggiungano. Quando saremo dentro e al sicuro, ti spiegherò tutto quanto.
Walter udì degli strani rumori provenire dall’interno della casa. Non fu difficile distinguere la natura di quei suoni.
Ditocorto fece entrare i due e li condusse in una stanza vuota, lontana da occhi indiscreti.
- Le mie ragazze e i miei ragazzi sono tutti impegnati con i loro clienti, dunque nessuno ci udirà.
A quelle parole, Walter capì di non essersi sbagliato.
- Sono obbligato a chiederti un enorme favore, Petyr. Necessito un nascondiglio per il ragazzo e questo è il luogo più sicuro in cui nasconderlo.
- Che cosa?! – esclamò Walter incredulo.
Baelish si fermò a guardarlo per un attimo, poi si rivolse nuovamente a Varys. – Esteriormente è perfettamente credibile, d’altronde io offro bellezze ricercate e fuori dagli schemi ai miei clienti. Per questo vengono tutti da me. Tuttavia, ho dei dubbi sulla sua indole. – Poi Ditocorto ritornò a guardare Walter. – Rilassati, lavorare nel mio bordello è un opportunità che molti uomini vorrebbero: i soldi non mancano mai e si presentano spesso donne molto belle, essendo frequentato per lo più da nobili.
- È solo un nascondiglio, niente più che un camuffamento. Il ragazzo non prenderà mai parte alle perverse attività che si svolgono nella tua casa dei piaceri. Non sarà costretto a fare nulla che lui non voglia fare. Deve solo sembrare che sia così, dall’esterno, in modo da non far sorgere sospetti su di lui né al popolo e né ai nobili e ai piani alti. È una situazione temporanea, finché la sua gamba non si sarà ripresa e finché non riuscirò a trovare un modo per farlo fuggire da qui in sicurezza, nonostante la stretta e ossessiva sorveglianza di cui ora è dotata Approdo del Re, la quale aumenterà non appena si spargerà la voce che è scappato. I soldati tempesteranno persino i vicoli più malfamati di Fondo delle Pulci pur di trovarlo. Dobbiamo attendere che la situazione si plachi un po’.
- Questa idea è ingegnosa. Non vi sarebbe neanche il problema di dover trovare una scusa credibile alle mie puttane riguardo l’arrivo improvviso di una nuova presenza e sul perché si nasconda semplicemente qui, senza lavorare: finché vengono profumatamente pagati, non fanno domande. Dunque, potrei offrirti il mio generoso aiuto, Lord Varys. Tuttavia, non mi hai ancora detto quale sia il mio guadagno in tutto ciò.
- Attendevo il momento in cui me lo avresti chiesto. Ebbene, dimentichi, amico mio, che il soggetto in questione era molto caro alla tua amata e defunta Cat. - Nell’udire quel nome, lo sguardo di Ditocorto mutò completamente. – Nonostante fosse un figlio illegittimo di suo marito, lo amava esattamente come se fosse uscito dal proprio grembo; dettaglio interessante, non trovi? - Ditocorto sapeva che Varys avesse ragione. Quel Ragno aveva sempre saputo quali tasti toccare con lui. Era in grado di persuaderlo e maneggiarlo e ciò lo infastidiva. Senza contare che, quel ragazzo, aveva rovinato i suoi piani di rapire Sansa e portarla con sé dopo la morte di Joffrey. Solo per tale motivo, avrebbe meritato il suo odio. – Inoltre, ciò è in linea anche con gli interessi della regina reggente. Io ho piani ben differenti per il ragazzo, ma sembra che lei abbia dei conti in sospeso con lui. Farle credere di aiutarla nei suoi intenti, non potrebbe far altro che giovarti, non credi?
Quelle parole insinuarono un dubbio in Walter, ma, per il momento, preferì ignorarlo.
Baelish si ritrovò costretto dal suo eterno amore per la donna che aveva perduto e dai suoi ambiziosi interessi. Sicuramente, ciò l’avrebbe aiutato ad ottenere dei risultati in futuro, poteva sempre sfruttare la situazione a suo vantaggio, così, per il momento, decise di rinunciare ai suoi piani già rovinati riguardanti la giovane Sansa, e di concentrarsi sul compito che gli era stato assegnato. - Bene, dunque è deciso – rispose finalmente Ditocorto, accennando un sorriso sornione.
Invece a Walter non andava affatto bene. Quei due avevano l’aria di essere dei calcolatori e degli ingannatori nati, ma non avrebbero dovuto sottovalutarlo. Anche lui era sempre stato bravo in questo e di certo non era così ingenuo da credere alle loro parole. Riconosceva che l’eunuco avesse ragione, ma non poteva restare in quel luogo. Aveva sempre odiato quel tipo di luoghi. Anche se si sarebbe trattato solo di permanere lì passivamente, magari trascorrendo tutto il tempo a mangiare e dormire, non poteva rimanere con le mani in mano in quella città. Non era mai stato il suo forte pazientare sapendo che avrebbe potuto fare qualcosa e rendersi utile. La sua famiglia aveva bisogno di lui ed era rimasto fin troppo tempo in quel torrido covo di ratti. Non gli importava se la sua gamba lo avrebbe intralciato e sarebbe peggiorata a dismisura, non gli importava se la sorveglianza non aspettava altro di trovare un ragazzo pronto a scappare dalla città: lui doveva fare qualcosa. Avrebbe rischiato, oppure avrebbe temporeggiato un po’ in un altro luogo nascosto, ma non lì. Non in una casa del piacere, a contatto ventiquattro ore su ventiquattro con un viscido ruffiano e con l’altro ad osservarlo da lontano, mentre Cersei aveva tutto il tempo per scegliere cosa fare di lui, sapendo dove trovarlo. Decise che il giorno seguente sarebbe fuggito via e avrebbe fatto a modo suo.
 
Cersei, quella mattina, fu richiamata da suo padre. Oramai l’allarme della fuga del suo misterioso rapitore e salvatore della giovane Stark, si era sparso per tutto Approdo del Re. La donna bussò alla porta e suo padre le diede il permesso di entrare. Neanche alzò lo sguardo per guardarla, essendo impegnato a consultare alcune scartoffie. Il giorno prima suo figlio era morto, e lui non si era neanche disturbato per dirle che gli dispiaceva. Classico di Tywin Lannister.
- Mi avete fatto chiamare?
- Sì, siediti. – La donna obbedì e attese che suo padre le prestasse un minimo di attenzione. – Siete in pochi ad aver visto il volto di quel ragazzo qui ad Approdo del Re. Tu sei quella che ci ha trascorso più tempo, perciò potrai fornirmi una descrizione più dettagliata di lui per dare inizio alle ricerche – le disse l’uomo non spostando il volto da quelle carte. Cersei sapeva cosa avrebbe dovuto fare, ma scelse di non farlo, per seguire i suoi piani, già avvantaggiati dalle azioni di Varys. Ora che Tommen era al potere, avrebbe dettato lei le regole del gioco.
- Volete una sua descrizione?
- La più fedele che riesci a farmi.
- È un ragazzo di statura medio/bassa, occhi e capelli scuri, nessun segno particolare.
- Abbiamo centinaia di uomini che possiedono tali caratteristiche ad Approdo del Re. Sicura che sia tutto qui?
- Mai stata più sicura.
 
Il vecchio medico terminò di fasciargli accuratamente la gamba, poi gli parlò di nuovo. – Non dovete attendere così tanto per curare delle ferite del genere. Se aveste aspettato un altro giorno prima di chiamare un medico, avreste perso completamente l’arto.
- Sono stato un po’ impegnato per chiamare un medico … - gli rispose Walter con un sarcasmo che solo lui poteva comprendere in quel momento.
- Mi raccomando, pulite e disinfettate la ferita ogni giorno con l’unguento che vi ho lasciato e limitate gli sforzi al minimo. Vi consiglio di rimanere a letto per almeno una settimana.
- Grazie infinite per la vostra disponibilità. Quanto vi devo per ripagare le vostre cure ad uno dei miei ragazzi? – gli chiese gentilmente Ditocorto avvicinandosi ai due.
- Oh, non siate sciocco, Lord Baelish, mi è bastata la splendida nottata che ho trascorso con una delle vostre ragazze, l’altra notte! Qual era il suo nome? Lilian!
- Allora, vorrà dire che riserverò Lilian solo per voi ogni volta che deciderete di deliziarci con la vostra visita – gli rispose Baelish sorridendo. Walter alzò gli occhi al cielo schifato. Non vedeva già l’ora di lasciare quel luogo. Oramai era mattina inoltrata, dunque avrebbe aspettato il pomeriggio per andarsene. Il ragazzo non fece in tempo a formulare il pensiero mentre il medico usciva dalla casa, che un’altra figura, questa volta incappucciata, entrò. Ella si abbassò il cappuccio e Walter si accorse che era proprio colei che non voleva vedere. Cersei gli riservò un sorriso derisorio, poi si rivolse a Ditocorto, il quale le fece un riverente inchino.
- Lord Baelish, lasciateci soli. – L’uomo obbedì e si chiuse la porta della stanza dietro.
- Come va la gamba? – gli chiese lei notando la fasciatura appena fatta.
- Sei venuta a dirmi quanto tu sia felice di vedermi fingere di essere una delle puttane di Baelish?
- Devo ammettere che è piuttosto appagante vedere uno Stark, un ragazzo del Nord, luogo in cui l’onore è tutto, anche solo far finita di prostrarsi ad una situazione del genere. Comunque, Lord Varys mi ha detto che eri qui.
- Non per molto, ancora.
- Hai intenzione di fuggire? E, dimmi, come pensi di fare con la gamba in quello stato e centinaia di cavalieri armati che ti cercano in ogni dove?
- Giusto, esistono delle persone che conoscono il mio aspetto. Siete stati bravi ad accordarvi tutti, devo ammetterlo, vi faccio i miei complimenti: tu, Varys e Baelish siete d’accordo, Tyrion è in prigione e Joffrey è morto. A proposito, sono davvero davvero felice che quel piccolo mostro dalla chioma dorata sia morto dolorosamente, volevo che tu lo sapessi! Ad ogni modo, avete tralasciato un piccolo particolare: anche alcune delle Cappe Dorate e delle guardie carcerarie hanno visto il mio aspetto. Se non sbaglio, sono sei uomini in tutto, pronti a riconoscermi se solo dovessero mettere piede in questo bordello.
Udendo quelle parole su suo figlio, Cersei dovette usare tutto il suo autocontrollo per non ucciderlo lì, seduta stante. – Ascoltami bene, maledetto cane bastardo: tu non ti muoverai di qui perché, se lo farai, riferirò a mio padre dove ti trovi e ti sbatteranno di nuovo a marcire in quella cella! Inoltre, non temere per tutti gli inutili insettini che potrebbero riconoscerti: Lord Varys ha già provveduto a farli fuori tutti e sei.
Walter rimase sconvolto a quell’ultima affermazione. – Che cosa ha fatto … ? Ha fatto uccidere sei uomini a sangue freddo soltanto per nascondere la mia identità?? Ma che diavolo avete in quelle perfide menti?!? Che cosa avete che non va??
- Oh, ti prego. Non fare tante storie per una sciocchezza come questa.
- Voi siete pazzi … siete tutti pazzi … dunque era vero: anche Varys è completamente sotto il tuo controllo e non ha assolutamente intenzione di lasciarmi uscire di qui quando riuscirò ad eludere la sorveglianza. Sono tutte tue pedine. Allora, dimmi cosa vuoi da me, dimmi in cosa consiste la tua tanto attesa vendetta, Cersei Lannister, e finiamola qui.
- Che gusto ci sarebbe se finisse tutto ora? Mi hai tenuta sei mesi in ostaggio. Ora tocca a me farti soffrire a modo mio. Così imparerai a non metterti contro ad una regina. È già davvero molto soddisfacente vedere un lupo selvaggio in gabbia, rinchiuso tra tanta lascivia e tra tanto sudiciume. Ora, ho tutto il tempo per riflettere su qualcosa che possa rendermi davvero appagata pienamente e riscattarmi per questi sei mesi.
- Dì pure a tuo padre dove mi trovo e fammi riportare in cella. La prigione e questo bordello sono la stessa cosa per me.
- Ricordati, mio giovane lupo, che ho il potere di sussurrare al mio adorato figlio Tommen, ora re dei sette regni e molto più accondiscendente di suo fratello, di farti uccidere proprio come era stato previsto all’inizio. Da morto non potresti più aiutare la tua amata famigliola e cercare la tua pestifera sorellina. Non ci avevi ancora pensato, vero? Mi avevi detto di essere certo che quel piccolo scarafaggio di Arya Stark fosse ancora qui ad Approdo del Re, nascosta a Fondo delle Pulci. Chissà, magari la vana speranza di poter trovare una ragazzina morta, potrà aiutarti a vivere queste giornate che trascorreranno molto noiose per te.
A quelle parole, Walter si alzò in piedi e le sputò di nuovo dritto in volto, proprio come aveva fatto il giorno in cui l’aveva incontrata per la prima volta e rapita. Lei lo disgustava più che mai e si pentì amaramente di non averla uccisa quando ne aveva l’occasione, anche se ciò avrebbe significato perdere la possibilità di liberare Sansa. – Ti avevo detto di non pronunciare il nome di nessun componente della mia famiglia con quella lurida bocca marcia davanti a me – le disse guardandola dall’alto. Cersei, questa volta, si asciugò il volto con nonchalance e gli rivolse un altro sorriso carico d’odio e di provocazione, rialzandosi il cappuccio e uscendo dalla casa. 

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Capitolo 13
*** Le imprecisioni dei colori ***


Le imprecisioni dei colori
 
Cersei se ne era appena andata e Petyr Baelish condusse Walter in una stanza. Questa era bella e spaziosa, aveva grandi finestre e tende di seta, mobili pregiati e un grande letto con lenzuola altrettanto care. A Grande Inverno non aveva mai vissuto in tale lusso.
- Questa sarà la tua stanza. Di qualsiasi cosa avrai bisogno, puoi chiamarmi, dato che, in questi giorni, dovrai tenere la gamba a riposo …
- So badare a me stesso – disse secco Walter interrompendolo.
Ditocorto incassò e continuò a parlare. – Ti ho fatto preparare un bagno nell’altra stanza.
- Cos’è, Varys ti ha detto di trattarmi come un principe per farmi passare la voglia di andarmene, come se le loro minacce non bastassero?
A ciò, Baelish accennò uno dei suoi soliti sorrisi melliflui. – So che dopo gli ultimi sei mesi e, in particolare, dopo gli ultimi giorni, non sarai più abituato alle comodità e ad avere una stanza tua, ma questo trattamento lo riservo a tutti i miei ragazzi e le mie ragazze. Questa fiorente attività mi permette di …
- Sì, lo so, posso immaginarlo. Il denaro utilizzato per comprare queste tende potrebbe sfamare un’intera popolazione – disse Walter amaramente, guardandosi intorno ed esplorando la camera. Ad un tratto, notò dei vestiti puliti e ripiegati sopra il letto. – Cosa sono quelli? Io continuerò ad indossare i miei vestiti, voglio che sia chiaro.
Baelish sorrise di nuovo. –Non so che idea tu ti sia fatto della mia casa dei piaceri, ma non faccio indossare dei cartellini di riconoscimento o dei vestiti appositi a coloro che lavorano per me, come fossero animali. I loro abiti sono perfettamente nella norma. Quelli sono dei semplici pantaloni e una canotta, puoi controllare tu stesso.
Walter continuò a rivolgergli uno sguardo affilato, poi si sedette sul letto lasciando riposare la gamba.
- Come devo chiamarti davanti agli altri?
- Va bene “Evan” – gli rispose il ragazzo.
- Ad ogni modo, se delle clienti ti vedessero e dovessero chiedermi di te, quale scusa vuoi che utilizzi?
A quella domanda, Walter lo fulminò con lo sguardo. – Oh, sono certo che sicuramente sarai in grado di inventarti qualcosa, dato che sei il “genio dell’inganno”, se non vuoi che tutti i tuoi clienti scappino e la tua fiorente attività fallisca: quando voglio so essere spaventoso, puoi chiedere conferma a Cersei.
- Non ne dubito – gli rispose Baelish notando la scintilla nei suoi occhi e preferendo lasciarlo solo.
Walter ebbe appena il tempo di finire un bagno e rilassarsi dalla fatica accumulata in quei giorni, che alcuni cavalieri fecero irruzione nella casa dei piaceri. Il sangue del ragazzo si gelò in quel momento.
- Salve, amici miei! Alcuni dei vostri visi li ho già visti qui dentro – li accolse calorosamente Ditocorto.
- Lord Baelish, siamo qui per controllare se uno dei ragazzi del vostro bordello corrisponda alla descrizione che ci è stata fornita del fuggitivo.
- Non credo che troverete ciò che cercate qui, Ser; ma, come desiderate, vi farò condurre tutti i miei ragazzi.
Walter si mise in fila davanti ai soldati, insieme ad altri cinque giovani. Cercò di rimanere calmo mentre un cavaliere li squadrava ad uno ad uno.
- Nessuno di loro corrisponde – disse infine. – Quelli di statura medio/bassa hanno i capelli o gli occhi chiari. I restanti sono di alta statura.
- Dobbiamo anche controllare se hanno una ferita alla gamba – si intromise un altro.
- Se la descrizione fisica è differente, non serve controllare la ferita.
Tuttavia, il soldato intervenuto non fu soddisfatto e, notando la postura della gamba di Walter, si avvicinò a lui, sospettoso. – Cos’hai fatto alla gamba? – gli chiese. Ma, prima che il ragazzo potesse rispondere, l’altro cavaliere gli si avvicinò, rimproverandolo. – Ser Maxwell, per caso non avete notato che è alto quasi due metri e non corrisponde in nulla alla descrizione fatta dalla regina reggente, se non per i capelli?? Smettetela di infastidire questi ragazzi.
Dopo di che, i soldati se ne andarono, ringraziando Petyr Baelish per la sua disponibilità. Quest’ultimo attese che tutti fossero usciti, poi si avvicinò immediatamente a Walter. – Per evitare altre situazioni come questa, sarebbe meglio che ascoltassi il medico e cominciassi a rimanere a riposo per almeno una settimana, se non vogliamo che quella gamba ci intralci ancora.
 
Cersei era di nuovo di fronte alla salma di suo figlio. Guardava il suo piccolo leone con la pelle ormai grigia e spenta.
- Ti ricordo che abbiamo anche un altro figlio, Cersei. Un figlio che ora è re dei sette regni e ha bisogno di noi più che mai – le disse Jaime affiancandosi a lei all’improvviso.
- Ti ricordo che era anche tuo figlio – disse la donna inacidita.
- Ce l’hai ancora con me per quello che è successo tre giorni fa, poco dopo la sua morte?
- Mi hai praticamente stuprata.
- Addirittura?
- Non dovevamo farlo davanti al suo cadavere. No, Jaime. Sei stato irrispettoso e crudele.
- Non sono proprio gli aggettivi che utilizzerei. Li conserverei più per il nostro defunto figlio.
A quelle parole, Cersei si voltò verso di lui e gli diede un violento schiaffo sul volto. – Non osare parlare più di mio figlio in questo modo – gli disse andandosene e lasciandolo solo. Uscendo da quella sala della Fortezza Rossa, incrociò nuovamente Varys, il quale si inchinò a lei. - Mia regina.
- Lord Varys. Siete stato con mio figlio? Come sta Tommen?
- Abbiamo avuto una riunione del consiglio esattamente poco fa. È molto triste e spaventato ma mi sono occupato di rassicurarlo come meglio ho potuto, non temete.
- Bene, grazie – gli disse lei sinceramente. Tommen le mancava molto, ma, in quei giorni, aveva avuto troppe cose a cui pensare, tra cui la morte del suo Joffrey e la questione riguardante Walter. Non appena il ragazzo le ritornò in mente, cercò di scacciare il pensiero di lui e ricominciò a concentrarsi sull’ultimo dei suoi figli. – La regina Margaery si è già rapportata con Tommen?
- Sì. Sembra che ci sappia fare con i ragazzini così giovani. È una donna piena di sorprese. Sono sicuro che vostro figlio si troverà molto bene con lei; difatti, da come ho potuto notare, Tommen appare già molto affezionato a sua moglie.
No, ciò non poteva permetterlo. Cersei avrebbe rimediato subito. Non le andava affatto bene che qualcun altro oltre lei potesse esercitare un certo potere sui suoi figli. In particolare se si trattava di quella puttana Tyrell con la faccia d’angelo. – Per quanto riguarda il processo di mio fratello, invece? – chiese Cersei, cambiando argomento di nuovo e cercando di scacciare anche quel pensiero.
- Sapete quanto a vostro padre non piaccia lasciare le cose a metà; dunque, ha deciso di rimandare il processo di Lord Tyrion fino al ritrovamento del vostro rapitore – Cersei sapeva che Varys utilizzava quei termini discreti per precauzione, in caso fossero stati visti o uditi da occhi o orecchie di troppo.
- Sappiamo bene entrambi che mio padre non troverà mai il mio rapitore, Lord Varys. È inutile che posticipi il processo di mio fratello. Sono sicura che Tyrion sfrutterebbe questo tempo che ha a disposizione per scamparsela come al suo solito – disse Cersei inquieta, non desiderando altro che vedere quel mostriciattolo morire.
- Già, sappiamo entrambi che Tywin non troverà mai il ragazzo. A meno che, quest’ultimo non provi a lasciare la città in ogni caso. A quel punto, pensate di mantenere la vostra parola? – Cersei sapeva a cosa Varys si riferisse. La stava palesemente mettendo alla prova. Il giorno prima, la donna era andata alla casa dei piaceri di Baelish e aveva detto a Walter che, se avesse tentato di scappare via, lo avrebbe consegnato alle autorità e avrebbe detto a Tommen di metterlo a morte. Il Ragno aveva degli uccellini davvero ovunque, doveva immaginarselo. Varys era intenzionato a scoprire quali fossero i veri piani di Cersei per Walter, dato che, ora, ne era interessato anche lui. La donna pensò a cosa rispondergli, ma, in quel momento, si rese conto di non conoscere neanche lei stessa la verità al riguardo. L’unica cosa che sapeva, era che lo voleva vivo e che non avrebbe permesso che qualcuno lo uccidesse al posto suo o prima che lei avesse ottenuto ciò che desiderava. Ma, in realtà, cosa voleva? La sua vendetta? Voleva che soffrisse davanti ai suoi occhi? Voleva assaporare il suo dolore e saziarsene? Una parte di sé desiderava ciò, mentre l’altra, non ne era più così certa. Il Ragno le stava implicitamente chiedendo quali fossero le sue intenzioni future per lui; d’altronde, quel ragazzo non sarebbe potuto rimanere mesi e mesi nascosto in quel bordello. Sapevano entrambi che si sarebbe ribellato non appena avrebbe potuto, quando la situazione glielo avrebbe permesso. Dunque, doveva trovare al più presto un  modo per trattenerlo ad Approdo finché non avrebbe capito cosa volesse davvero da lui. Era certa che, per il momento, Walter non sarebbe fuggito, sfidando così le sue minacce e rischiando nuovamente la morte; non era affatto uno stupido, non lo era mai stato. Tuttavia, quel lupo irrequieto non sarebbe rimasto calmo e accondiscendente ancora a lungo. Sentiva il richiamo del Nord e della sua famiglia.
- Ovviamente manterrei la mia parola, Lord Varys – mentì Cersei. A ciò, il Ragno le rivolse uno dei suoi soliti sorrisi incomprensibili e si inchinò di nuovo, congedandosi. Ora, per la regina reggente, sarebbe arrivato il momento di pensare anche al nuovo re e di salvaguardarlo da chiunque potesse portarglielo via.
 
Walter aveva trascorso tre giorni dentro la sua camera, tanto lussuosa da fargli venire la nausea, con la gamba a riposo. Nonostante fosse uscito poche volte dalla stanza, aveva già compreso l’andazzo generale e i ritmi di quel riprovevole luogo: per lo più le donne, soprattutto in su con gli anni, erano clienti dei ragazzi, mentre lo stesso avveniva per le ragazze, ma con gli uomini vecchi. Erano visibilmente tutti lord e lady con soldi da spendere come e quando volessero e una vita troppo noiosa e monotona. Non riusciva più a rimanere in quel posto, circondato da quelle persone, da quei rumori e da quegli sguardi; e, come se non bastasse, costretto a rimanere immobile a letto, “attività” che non gli riusciva mai bene. Già sull’orlo di una crisi nervosa, il quarto giorno, Walter decise di uscire fuori e farsi un giro per la città, e, in particolare, a Fondo delle Pulci, dove aveva una minima possibilità di trovare Arya.
Il ragazzo prese un mantello e si alzò il cappuccio dirigendosi verso la porta d’ingresso.
- Dove stai andando? – lo interruppe Ditocorto prima che potesse aprire il portone.
Walter si voltò verso l’uomo. – Esco.
- È proprio contro la tua indole rispettare le regole, non è vero? Hai trascorso appena tre giorni a riposo.
- Non ho bisogno di una guardia carceraria anche qui. Gli accordi che hai stipulato con il tuo socio non comprendono che tu mi tenga chiuso qua dentro senza lasciarmi uscire a respirare un po’ d’aria.
- Non capisco come abbia fatto Cat a riuscire a crescere uno con la tua indole. Lei era troppo calma e pacifica per essere in grado di tenere a bada un figlio del genere.
- Giusto: conoscevi Cat – disse il ragazzo provando a non rabbuiarsi al solo pensiero. Notò che anche Ditocorto aveva cercato di farlo, riuscendo molto meglio di lui nell’intento.
- Eravamo buoni amici, grandi amici. La conoscevo da quando era solo una ragazzina. Ma, per quanto fosse un’anima dolce e sensibile, ancora non riesco a spiegarmi come mai non ti abbia trattato come ogni sposa legittima tratterebbe un bastardo di suo marito. Questo rimane un mistero per me. E Cat è sempre stata l’unica persona che non ha mai avuto misteri per me.
- Me lo sono chiesto anche io, più e più volte. Non sono mai riuscito a darmi una spiegazione.
- Ad ogni modo, chiunque sia stato a cuore a Cat, sta a cuore anche a me.
- Oh, per favore, risparmiamela! Potrai ingannare chi vuoi con i tuoi giochetti, ma non me. Ho già capito che tipo sei. Così come il Ragno.
- Ti sbagli, siamo molto diversi io e Lord Varys.
- Non da quello che mi è parso. In ogni caso, ho anche sentito parlare di te e non propriamente bene, nonostante Cat avesse sempre una parola di riguardo per il suo “fedele amico Petyr”.
- Ned mi ha sempre visto come una minaccia per qualche assurdo motivo …
- O tu vedevi lui come una minaccia?
- Ero felice quando tuo padre e Cat si sono sposati. Era un uomo buono e giusto, dedito all’onore. L’amava e questo mi ha sempre reso tranquillo.
Un dubbio balenò nella mente di Walter riguardo l’uomo, ma preferì accantonarlo, per il momento. In quell’istante, voleva solo allontanarsi da lui per la strana sensazione di viscido che sentiva in cima allo stomaco ogni volta che gli rivolgeva la parola. Il ragazzo voltò le spalle a Petyr Baelish e uscì dalla porta d’ingresso.
Finalmente poteva respirare un po’ d’aria che non fosse quella sudicia e consumata di quella casa. Si addentrò nei primi vicoli che gli capitavano d’innanzi e percorse la strada. Fondo delle Pulci era un luogo molto affollato e la miseria dilagava come acqua in un torrente. Walter fu sconvolto nel notare tanta sofferenza, tanta povertà, come in vita sua non ne aveva mai vista. A Nord non era così. Suo padre aveva fatto in modo che tutta la popolazione godesse più meno dello stesso stile di vita relativamente agiato. Voleva fare qualcosa per aiutarli, per aiutare quella povera gente. Le sue perplessità lo spingevano a chiedersi come mai, nella città del re, potesse esservi una situazione così disastrosa: decine e decine di bambini orfani chiedevano l’elemosina in mezzo alla strada o rubavano dalle tasche dei passanti; vecchi malati e decrepiti dormivano a terra abbandonati a sé stessi; un’infinta varietà di donne, ragazze e bambine, mettevano a disposizione il loro corpo pubblicamente, fermando ogni uomo che incontravano con la speranza che potessero essere sbattute contro un muro e poi ripagate di qualche spicciolo. Aveva percorso solo pochi metri e già sette di loro avevano tentato di fermarlo. Walter non aveva nulla da dare a quella povera gente e a quei bambini; né oro, né oggetti di valore. Era semplicemente un fuggiasco in una città straniera e, le ultime monete che gli erano rimaste, le aveva offerte a quel ragazzino che l’aveva aiutato ad entrare nella Fortezza Rossa e ad uscire dalla città. Cercò il volto di Arya tra quella folla, ma, per il momento, di lei non vi era nessuna traccia.
Il ragazzo si accovacciò accanto ad un vecchio, il quale stava dando da bere al suo cane morente, e accarezzò l’animale. Il suo pelo era morbido ma molto debole e rado. - Come si chiama? – chiese Walter accennando un sorriso al vecchio mentre continuava ad accarezzare il cane.
- Jada – gli rispose l’uomo positivamente sorpreso che qualcuno gli si fosse avvicinato con buone intenzioni.
- È bellissima – commentò il ragazzo mentre il suo sorriso si velava di tristezza.
Ad un tratto, si accorse che un bambino nascosto dietro un angolo, lo stava osservando. Così, volse lo sguardo verso di lui, ma, non appena lo fece, il piccolo corse via. Walter rimase sorpreso da tale reazione. Dopo qualche secondo, intravide anche un altro ragazzino poco distante, ma, questa volta, il suo volto era familiare: si rese conto che si trattava dello stesso che lo aveva aiutato quel giorno. Quando anche il bambino posò lo sguardo su di lui, nonostante indossasse il cappuccio, lo riconobbe, gli sorrise e alzò la mano per salutarlo. A ciò, Walter ricambiò il saluto, si rialzò in piedi e si diresse verso di lui. - Ehi.
- Ciao, signore! Qual è il tuo nome? Non quello che usi per finta, ma quello vero.  – Quel ragazzino aveva ovviamente capito che Walter fosse un ricercato e che si stesse nascondendo sotto una falsa identità per non essere trovato.
- Walter. Ma non chiamarmi così; ora mi devo far chiamare “Evan”. Tu, invece, come ti chiami?
- Alain.
- Alain, non ti ringrazierò mai abbastanza per quello che hai fatto per me.
- Eppure non sei riuscito a fuggire – disse il bambino, quasi come se fosse colpa sua.
- Ma se non fosse stato per te, non ce l’avrei mai fatta a far scappare mia sorella; quindi grazie ancora. - In quel momento, Walter vide di nuovo il ragazzino che era scappato poco prima.
- Qualcosa non va? – gli chiese Alain notando il suo sguardo perso.
- No, niente, è che ho l’impressione che qualcuno mi stia osservando …
- Intendi il bambino che è appena scappato? Lui è uno degli uccellini di Lord Varys. Quella laggiù, invece, è di Lord Baelish, mentre quell’altro della regina reggente.
- “Uccellini”?
- Sì, qui ad Approdo del Re li chiamiamo così. Loro prendono noi orfani dalla strada e ci danno il compito di spiare chi vogliono.
- E anche tu sei uno di loro?
- No, non faccio queste cose.
Walter fu rassicurato da ciò. - Vivi qui?
- La mia tana è in fondo ad una via – disse il bambino indicando un punto lontano.
- “Tana”? Non hai una casa?
- Sono un orfano e mi guadagno da vivere rubando in giro. Qui facciamo tutti così.
- Capisco.
- Cosa hai fatto alla gamba? – gli chiese notando che zoppicava.
- Ho fatto un salto un po’ pericoloso e mi sono ferito mentre scappavo.
- Dov’è il tuo nascondiglio ora?
- È un po’ distante da qui. Non dirai a nessuno che mi hai visto, vero?
- Hai la mia parola.
Walter sorrise al bambino, il quale gli ricordava molto i suoi due fratellini piccoli che gli mancavano da morire. In quel momento, ripensò a loro e sperò che stessero bene, ma fu interretto dalla mano del ragazzino che lo strinse al polso e lo trascinò con sé. Aveva più forza di quanto immaginasse.
- Ehi, dove mi stai portando?
- Oggi è uno dei giorni in cui arriva la nostra principessa! Vieni con me, così la vedrai anche tu! – disse lui entusiasta mentre si faceva spazio tra la folla.
- La “vostra principessa”?
- Sì, la nostra principessa!
Walter non capì cosa quel ragazzino intendesse fino a che, da lontano, non intravide una carrozza fermarsi. Gli sembrò una delle carrozze reali, ma si convinse di essersi sbagliato. Comprese che aveva inteso il vero, quando vide una ragazza con bellissimi abiti e una corona in testa, scendere dal mezzo. Ella si tolse la corona e la porse alla sua dama che l’aveva accompagnata. Non si volle far aiutare per scendere, per non sporcarsi le scarpe o i vestiti pregiati. Camminò tranquillamente nel fango e nella terra, con il sorriso in volto, il quale si allargò ancora di più non appena notò la solita folla di bambini che era lì per lei.
- Ciao, miei piccoli angioletti! Mi siete mancati così tanto! – disse accovacciandosi, allargando le braccia e aspettando che si buttassero su di lei per abbracciarla, cercando di contenerne il più possibile. Quegli orfani erano sudici e sporchi, ma Margaery sembrava felice di stringerli a sé e di sporcarsi come loro. Era come se si convincesse di sopportare un po’ del loro dolore per alleggerirli. Era la prima volta che Walter vedeva la nuova regina e fu piacevolmente sorpreso di constatare che le poche voci che aveva udito su di lei e sulla sua bontà, fossero vere. Ma non si sarebbe mai aspettato che fosse una ragazza con un cuore così grande e vicino al suo popolo. Forse i sette regni avevano una speranza con Margaery come regnante, pensò il ragazzo. Il suo sguardo sembrava puro e sincero, ma, allo stesso tempo, sicuro, brillante e forte.
Vi era una folla di gente composta da persone adulte e bambini, tra cui anche Walter e Alain, ad osservare la regina, la quale era circondata da un cerchio di orfani.
- Non vedo! Non riesco a vedere niente! – esclamò una bambina più piccola degli altri, accanto a Walter. Notandola, il ragazzo la prese in braccio e se la mise sopra le spalle. La piccola appoggiò comodamente il mento sopra la sua testa e le manine sui suoi capelli.
La regina aprì un libro e cominciò a leggere una storia, lasciando che un bambino si sedesse sulle sue gambe. Il racconto narrava di una fanciulla sola e dispersa in un bosco pieno di creature dalle origini antichissime. Ella era una ninfa dei boschi, perciò non era spaventata, ma, ad un tratto, quando scorse un uomo immobile a pochi metri da sé, tremò di paura. Quell’uomo aveva la pelle e gli occhi blu; ma non un blu vivo e lucente, bensì spento, come il colorito che prende la pelle quando diviene morta. La ninfa si avvicinò e lo chiamò, ma lui non riusciva ad udirla. Lei percepì che vi era stata un’anima dentro quell’essere, un tempo, ma che ora, non vi era più nulla. I venti della barriera avevano soffiato, e quando ciò avveniva, significava solo una cosa: l’Inverno stava arrivando.
Walter rimase perplesso da quel racconto e nell’udire di nuovo, dopo tanto tempo, il motto della sua casata. – Estranei … - sussurrò il ragazzo pensando ad alta voce.
- Che cosa hai detto? – gli chiese la bambina che era seduta sopra le sue spalle, affacciandosi da un lato del suo viso.
- No, niente – le rispose lui sorridendole dolcemente.
 
Quel pomeriggio lo trascorse così, esplorando la vita a Fondo delle Pulci, conoscendo il piccolo Alain e ascoltando le storie della “principessa dei bambini”. Quando Walter ritornò nel bordello, dopo alcune ore, entrando, si scontrò con una delle ragazze.
- Oh, perdonami! – le disse, controllando che stesse bene.
- No, non fa niente! Tu sei nuovo qui? – gli chiese immediatamente lei. Walter stette per risponderle, quando, guardandola, si accorse di un particolare. Il suo aspetto appariva nella norma: era una bellezza esotica; di statura medio/bassa; di corporatura minuta e non molto curvilinea; di carnagione mulatta; con i capelli lunghissimi, riccissimi e di un colore tra il mogano e il cioccolato; il viso rotondo, simile a quello di una bambolina e i grandi occhioni di colore diverso fra loro, tra cui uno scuro come l’ossidiana e l’altro quasi giallo per quanto chiaro. Tuttavia, il particolare che notò il ragazzo fu un altro: gli occhi della giovane erano velati di una patina trasparente. In quel momento realizzò.
- Come hai fatto a …?
- A capire che sei nuovo anche non riuscendo a vederti? Hai un odore diverso da quelli che ho sentito finora. Quando si è ciechi, gli altri sensi si sviluppano molto più del normale. - Walter non aveva mai avuto a che fare con una persona cieca, perciò non sapeva assolutamente come comportarsi con lei. Si trovava in alto mare e, nonostante avesse udito più volte parlare di quanto i sensi dei non vedenti fossero sviluppati, non si sarebbe mai immaginato che potessero esserlo fino a quel punto. – Qual è il tuo nome? – continuò lei.
- Evan – rispose lui.
- Non vuoi dirmelo, eh? Non fa niente …
Walter era sconvolto. Solitamente era bravissimo nel mentire; nessuno smascherava le sue bugie. Eppure, quella ragazza lo aveva appena fatto. – No, no, non è che non voglia dirtelo! È che non posso … mi chiedo come tu abbia fatto a capire che stavo mentendo. Solitamente sono bravo in questo, o, almeno, è quello che pensavo fino ad un attimo fa.
- Te l’ho detto che gli altri sensi che ho sono molto più potenti di quelli di tutte le altre persone. Riesco sempre a capire quando qualcuno mente. – Dunque, pensò il ragazzo, sarebbe stato impossibile tenerle nascosta la sua identità. Sarebbe stato impossibile addirittura avere qualsiasi segreto con lei.
- Quindi, ogni altra bugia che ti dirò, verrà scovata da te.
- Esatto.
- In tal caso … : sono qui solo perché mi sto nascondendo sotto una falsa identità. Non lavoro davvero in questo bordello. Non posso dirti altro.
- Va bene così, non importa! Ti trovi in una posizione scomoda, non voglio in nessun modo forzarti – gli ripose lei mostrando un sorriso dolce e luminoso. – Io sono Rebeccah.
- Walter. Ma dovrai chiamarmi “Evan” – si raccomandò lui stringendole la mano.
- Non preoccuparti con me, puoi fidarti. - Era la seconda volta in un giorno che rivelava il suo vero nome a qualcuno e ciò non doveva promettere nulla di buono. Tuttavia, era stato costretto in entrambi i casi e, per qualche motivo, dentro di sé, sentiva di poter stare tranquillo. – Ora, però, devo toccarti il viso.
- Perché?
- Così posso vederti anche io come tu vedi me. Quelli che non hanno la vista lo fanno sempre non appena conoscono qualcuno, è come se fosse un rituale.
Walter si sentì impacciato per non essere a conoscenza di nozioni del genere e si abbassò con il volto per darle la possibilità di toccarlo. La ragazza si soffermò su ogni minimo dettaglio, a partire dagli zigomi, passando per gli occhi, il mento, la fronte, il naso, le mascelle, i capelli … tutto sembrava una sorpresa per lei, una continua scoperta. I suoi polpastrelli erano leggeri ed esperti, e li muoveva come se dovesse scolpire una statua. Walter fu colpito da quella che gli sembrò una strana danza delle mani sul suo viso e dall’espressività viva e trasparente della ragazza. Dopo qualche minuto, Rebeccah allontanò le mani dal suo volto e gli sorrise. – Hai dei bellissimi lineamenti.
- Grazie. Sono rimasto colpito da questa cosa che riesci a fare. Io non sarei mai capace di … - vivere in questo modo. Ma, ovviamente, non lo disse ad alta voce. Quella che gli si trovava di fronte, era una ragazza radiosa, solare e dolcissima e lui non riusciva a non ammirarla per ciò. Non voleva assolutamente rattristarla o offenderla in qualche modo con pensieri del genere.
- Dopo un po’ ci si abitua.
- Quindi non sei nata così?
- Sono nata in un’isoletta ancora più a Sud di qui, vicino Dorne. Da piccola la mia vista era impeccabile. Ciò che fa più male quando ci penso, è che ricordo tutto, ogni cosa, ogni forma, ogni colore: il bianco argenteo della sabbia; l’azzurro limpido del mare di giorno, e il blu che assumeva di notte; l’indaco del cielo; l’ambrato e il rosa della pelle; il rosso delle guance dei bambini; il porpora del tramonto; il bianco immacolato delle nuvole; il nero del manto dei cavalli che possedeva la mia famiglia; il verde smeraldo degli occhi del mio fratellino; il giallo acceso del pasticcio di uova caldo cotto da mia madre … quei colori erano così vivi e brillanti! Poi, un giorno, sono caduta da una scogliera e sono rimasta incosciente per settimane, tanto che i miei genitori temevano che non mi sarei più risvegliata. Quando ho riaperto gli occhi, era diventato tutto nero. Tutti quei colori erano svaniti – disse lei con le lacrime incastonate tra le ciglia. Walter, in quel momento, si accorse che quella ragazza doveva avere una visione distorta: per lui i colori non erano mai stati così vividi e perfetti. Guardò fuori dalla finestra e vide soltanto figure che camminavano sul terreno, figure dai toni spenti, come se ogni colore tendesse al grigio. Le nuvole non erano mai state così immacolate per lui, il cielo mai così splendente, le guance dei bambini mai così rosse. Tutto era composto da una sfumatura di altre sfumature che tendevano a perdersi, ad assuefarsi con il vento. Nulla era perfetto in quel mondo tanto crudele; tantomeno potevano esserlo i colori che lo macchiavano. – Non rimpiangerli così tanto: se potessi vedere con i miei occhi, ti accorgeresti che la perfezione che ricordi, non è reale. A volte, anche io preferirei non vedere affatto. 

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Capitolo 14
*** Il drago e la regina di rose ***


 
Il drago e la regina di rose
 
Walter spalmò un altro strato di burro sopra la fetta di pane mentre Rebeccah era in attesa, seduta accanto a lui.
- Hai finito? Sono almeno cinque minuti che sto aspettando – lo ribeccò la ragazza impaziente, bevendo l’ennesimo sorso di spremuta.
- Le “ricette tradizionali” hanno bisogno di tempo, Beccah. Non puoi avere fretta.
- Sentirselo dire dalla persona meno paziente al mondo fa uno strano effetto – sorrise lei. – Allora, vuoi almeno accennarmi in cosa consiste questa “famosa ricetta” inventata da te e da tuo fratello??
- Io e Jon, fin da quando eravamo piccoli, spalmavamo infiniti strati di burro e di marmellata sopra le pagnotte. Vinceva chi arrivava a più strati senza far cadere a terra la torre di burro e marmellata.
- E poi la mangiavate?!
- Certo.
- Ma è disgustoso!
- Vedrai che ti piacerà – le disse ammirando il suo lavoro finito e porgendole la fetta di pane con delicatezza.
Era trascorsa ormai una settimana da quando i due si erano conosciuti, e da quel giorno, la loro amicizia si erano consolidata sempre di più. Rebeccah aveva vent’anni, ma per Walter, era come una sorella più piccola. Per la ragazza era un miracolo aver trovato finalmente qualcuno con cui potesse parlare, un amico con cui passare il tempo dentro un luogo che, pian piano, le toglieva sempre più pezzi d’anima. Lei si era fidata, e fin da subito gli aveva raccontato il suo passato, il come fosse finita lì a causa del fallimento dell’attività della sua famiglia, la quale era divenuta troppo povera per mantenere due figli; nonostante lui non potesse dirle nulla sulla sua storia. Gli altri ragazzi e ragazze che lavoravano al bordello erano, per lo più, superficiali e attaccati alle cose materiali. Per questo si erano trovati così bene l’uno con l’altra e trascorrevano la maggior parte del loro tempo insieme, quando Rebeccah non era impegnata con i suoi clienti e quando Walter non era in giro a Fondo delle Pulci.
- Mi stavo chiedendo … - disse la ragazza mentre addentava l’altissima fetta di pane – perchè non hai cambiato il tuo aspetto per non farti riconoscere se ti stai nascondendo? Insomma, sarebbe più facile e meno rischioso. Potevi farti crescere la barba, tingerti i capelli o tagliarli.
- Non servirebbe a nulla, credimi: delle persone hanno già provveduto ad “eliminare” tutti quelli che avrebbero potuto riconoscermi – rispose Walter amaramente.
- Tra qualche giorno compirai diciotto anni, giusto? – chiese lei cambiando discorso e capendo che quell’argomento doveva affliggerlo.
- Me lo stai ripetendo da tre giorni, da quando lo hai scoperto.
- Potremmo preparare qualcosa di buono e nuovo da mangiare! Poi potremmo visitare qualche luogo diverso di Approdo del Re, invece che rimanere qui o a Fondo delle Pulci! Vedrai, sarà una giornata splendida! Quando ero a casa mia, con la mia famiglia, ogni volta che uno di noi compiva gli anni, andavamo tutti insieme a fare un giro a cavallo, visitando posti nuovi, per tutta la giornata!
Walter la guardò sorridere ed entusiasmarsi e sorrise di rimando, contagiato dalla sua radiosità. Tuttavia, in quel momento, Petyr Baelish bussò alla porta della stanza di Walter e, dopo il permesso dei due, entrò. – Rebeccah, mia cara, Lord Rupert è qui per te. Sai quanto odio che i miei clienti attendino. Sbrigati a scendere – disse viscido, richiudendosi la porta alle spalle. Il viso della ragazza si rabbuiò completamente, ma, come al solito, cercò di non darlo a vedere davanti a Walter.
- Volevo almeno finire la mia colazione ma, a quanto pare, non ne avrò modo … mi raccomando, finisci tu di mangiare anche la mia parte, so che ne sei capace! – esclamò rialzandosi e sorridendogli.
- Lord Rupert non era uno di quelli che … l’altra volta non ti ha …? – le chiese lui preoccupato.
- Non fa niente, Walter, va bene. Sono abituata a questo, come ben sai. Goditi il tuo giro a Fondo delle Pulci e non sforzare troppo la gamba. Ci vediamo più tardi!
- Stai attenta … - fu solo in grado di dirle lui mentre la guardava uscire dalla sua stanza. Quella ragazza era così fragile e così forte, al tempo stesso, che Walter a volte non riusciva a spiegarsi come potesse sopportare tutto ciò. Trascorrendo del tempo in quel bordello, aveva compreso quanto fosse dura per coloro che lavoravano al suo interno. Molti clienti erano violenti e, spesso, avevano richieste strane che dovevano sempre essere soddisfatte dalla ragazza o dal ragazzo che avevano scelto. Mentre alcuni riuscivano ad abituarsi a ciò, per altri, come Rebeccah, non era così semplice, perciò per questi ultimi doveva essere un vero incubo.
 
Walter bussò di nuovo alla porticina della “tana” del suo giovane amico. Finalmente qualcuno gli aprì. – Oh, sei tu, mio caro! Scusami se non ti ho sentito subito, i bambini fanno molta confusione! Entra pure! – gli occhi della donna si illuminarono nel vederlo. Oramai, Walter era come un fratello maggiore per il giovane Alain e trascorreva molto tempo nella loro tana, facendo svagare e divertire anche gli altri orfani.
- Buongiorno, Dana – le sorrise il ragazzo, abbassandosi per riuscire ad entrare nella porticina. Dana era una donna sui cinquant’anni, un’arzilla “mamma” di quasi tutti gli orfani di Fondo delle Pulci. Si prendeva cura di loro da sempre e desiderava solo il meglio per quei bambini.
- Mi raccomando, caro, non abbassarti il cappuccio quando sei qui in giro, altrimenti attireresti troppo l’attenzione!
- Sì, me lo dici sempre, non preoccuparti, Dana – la rassicurò lui dandole un bacio sulla guancia. – Dov’è Alain?
- Evan!! – esclamò una delle bambine, correndogli incontro non appena lo vide.
- Ehi, Aida! – la salutò il ragazzo prendendola in braccio insieme ad altri due.
- Ci sai proprio fare con i bambini – disse Dana guardando la tenera scena.
- Mi piacciono; inoltre ho dei fratellini piccoli, perciò sono pratico.
- I miei “cuccioli” mi hanno detto che stai insegnando loro delle tecniche per rubare – lo rimbeccò la donna facendo la finta offesa.
- Esattamente, devono conoscere le regole base per riuscire a rubare come si deve! Dana, mi stupisce che tu non abbia addestrato bene i tuoi bambini! – scherzò lui.
- E da dove verrebbe tutta questa esperienza nel campo?
- Piccoli giochi e scherzi che mi divertivo a fare da piccolo … e anche da più grande.
La donna perse la speranza lascandosi intenerire ancora di più.
- Evan, finalmente sei venuto! Andiamo, oggi abbiamo molto da fare! – esclamò Alain sbucando da un angolo con la sua chioma castana e i suoi occhi grigi e vispi.
 
- Dunque, ascoltami bene, Erin – disse Walter accovacciandosi e mettendosi alla stessa altezza della ragazzina. – Dovrai fare esattamente ciò che ti dico: salta sopra il tendone del bancone delle arance, distrai il venditore facendogli credere che vuoi rubarle tu, così darai il tempo agli altri di nascondersi sotto il banco, riempire un cesto di arance e scappare via. Dovrai distrarlo il tempo necessario.
- Come?
- Sii creativa, l’improvvisazione è la scelta migliore in questi casi! Ora va’ – la incoraggiò. La ragazzina sorrise decisa e cominciò a correre verso la bancarella di arance. Walter rimase ad osservare l’intera scena concentrato, fin quando tutti i bambini corsero via con il cesto pieno. Erin, per distrarlo, aveva rubato la sottospecie di “parrucchino” fatto da peli di topo, che il venditore indossava.
- Hai visto?! Sono stata brava?? – gli chiese lei soddisfatta, sventolando il disgustoso ammasso di peli sporchi. Walter non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere. Fece appena in tempo a spronare i suoi “allievi” a correre via prima che l’uomo si accorgesse di tutto.
Mentre i piccoli si gustavano le succose arance, offrendole anche a coloro che stavano chiedendo l’elemosina lì di fianco, Walter fu richiamato da qualcuno. Il ragazzo si voltò verso un uomo con un cappuccio molto ingombrante a coprirgli il volto, il quale, gli fece segno di avvicinarsi.
- Bambini, torno subito – disse lui raggiungendo quell’individuo che preferì accostarsi in una bottega di un vicolo semivuoto. Dopo di che, Lord Varys si tolse il cappuccio. - È un piacere rivedervi, mio giovane amico.
- Cosa ci fate voi qui? – gli chiese il ragazzo seccato.
- Sarebbe troppo pretendere un po’ di riconoscenza da voi?
- Decisamente.
- Lo immaginavo – disse Varys ridendo. – Ma sappiate che, per quanto possa valere la mia parola per voi, io non sto appoggiando i piani della regina reggente. Vi sto proteggendo esclusivamente per il vostro benessere. Ci tenevo a chiarire ciò.
- Bene, ora che siete in pace con voi stesso, se non vi dispiace, ritorno dai bambini – disse Walter voltando le spalle al Ragno e facendo per allontanarsi.
- Mi ricordate molto qualcuno – disse improvvisamente Varys, attirando di nuovo l’attenzione del ragazzo, il quale si fermò e si voltò di nuovo verso di lui. – Vi ho osservato in questi giorni, come avrete immaginato. Anche il principe Rhaegar Targaryen si infilava un mantello con un cappuccio e passava molto del suo tempo per i vicoli più malfamati di Fondo delle Pulci, facendo continue e cospicue donazioni agli orfanotrofi. Gli piaceva sentirsi vicino al suo popolo. E quando si mischiava tra i popolani, il suo aspetto attirava molto l’attenzione nonostante indossasse il cappuccio, proprio come succede a voi.
- Ah sì, il principe drago. Ho sentito sempre parlare molto bene di lui. Un uomo straordinario, se non per il fatto che ha rapito e stuprato mia zia.
- Non credo che le cose siano andate in tal modo, avendo conosciuto personalmente il principe, ma queste sono solo mie umili supposizioni infondate, d’altronde – disse Varys avvicinandosi ancora a Walter e osservandolo. - Non avete proprio nulla di Ned Stark.
- Me lo hanno già detto.
- E vi hanno anche detto che somigliate un po’ a vostra zia Lyanna, piuttosto? Si tratta di piccoli sguardi, qualcosa nel vostro atteggiamento e i vostri capelli folti e neri.
- Conoscevate così bene anche mia zia?
- No, ma l’ho osservata molto – concluse il Ragno rinfilandosi il cappuccio. – Spero di conversare nuovamente con voi molto presto, Walter – dopo di che, si allontanò da lui.
 
Quando Walter ritornò dai bambini che aveva lasciato soli, scoprì che era appena giunta anche la regina Margaery. In quella settimana l’aveva vista altre tre volte, dunque ormai conosceva la frequenza delle sue visite al popolo. Non appena la ragazza scese dalla carrozza, un bambino, con movimenti scattanti, le sfilò un braccialetto di perle dal polso, sotto lo sguardo incredulo della dama e del cocchiere. Tuttavia, il bambino non scappò via con il bottino, ma sorrise a Margaery e gli porse il braccialetto che le aveva appena rubato. – Principessa, avete visto come sono bravo a rubare?? Siamo diventati tutti più bravi da quando Evan è con noi! Ora non abbiamo più fame come prima! Ma non temete: voi siete la nostra principessa, non ruberemo mai e poi mai a voi! – A quelle parole, la maggior parte delle persone che avevano assistito alla scena si pietrificarono, compreso Walter, preso in causa, poco lontano da lì: d’altronde, il piccolo aveva pur sempre rubato, anche se per gioco, alla regina dei sette regni, oltre ad aver affermato di esser divenuto un ladro migliore.
L’unica a sorridere dolcemente invece di pietrificarsi, dopo un momento iniziale di stupore, fu proprio Margaery, la quale si abbassò per stare alla stessa altezza del bambino, e gli riconsegnò il braccialetto che gli aveva appena ridato. – Puoi tenerlo tu. A me non serve – gli disse baciandogli la fronte.
- Ne siete sicura???
- Ovviamente! Sono certa che non mi stesse neanche bene! – lo rassicurò lei.
- Vostra maestà, volete che chiami le guardie?! Insistete sempre per non portarle con voi ogni volta che venite qui a Fondo delle Pulci, ma oggi è stato commesso un reato grave! La vostra vita è stata messa in pericolo! – esclamò il cocchiere allarmato avvicinandosi a lei.
- “La mia vita è stata messa in pericolo”? E come, esattamente, sarebbe accaduto ciò? Perché un innocuo bambino mi ha fatto un ingenuo scherzo?
- Non credo che questo furfantello sia così innocuo, Maestà, dato che ha affermato di essere un ladruncolo. Magari, la prossima volta potrebbe rubare sul serio! – esclamò l’uomo afferrando il bambino per il braccio e strattonandolo.
- Vi prego, cessate questo ingiusto maltrattamento. Questo ragazzino non mi ha arrecato nessuna offesa – si impose decisa la regina.
Ma quando Walter udì i lamenti del piccolo, non riuscì più a trattenersi, così si fece avanti, avvicinandosi. – Non sapevo che fosse divenuto un reato non lasciarsi morire di fame – disse provocatorio dirigendosi verso il cocchiere e fulminandolo mentre lo sovrastava in altezza.
- Questo ragazzino è con voi??
- Sì, è con me e non ha fatto nulla di male, perciò vi esorto a lasciarlo andare.
- Siete un ragazzo parecchio impertinente! – esclamò irritato e offeso l’uomo sfoderando la sua arma e puntandogliela addosso.
- Se osate fare del male ad uno dei due, vi farò processare e sbattere in prigione! – esclamò spazientita Margaery.
- Ma, mia regina …
- Niente ma. Lasciate andare il ragazzo e anche il bambino. - A ciò, l’uomo rinfoderò la spada e risalì sulla carrozza, al suo posto. - Perdonate l’impulsività del mio cocchiere. A volte, in questo posto, viene sopravvalutato il concetto di “sangue reale, dimenticando che siamo tutti esseri umani meritevoli dello stesso rispetto.
Walter si sorprese che la regina gli stesse addirittura chiedendo perdono per l’accaduto. Dopo di che, Margaery si rivolse al bambino. – Tutto bene, piccolo?
- Sì, sto bene, principessa – rispose sorridendo e correndo via, raggiungendo i suoi amici.
- Saprete già chi io sia, ma, perdonatemi, non mi abituerò mai alle vecchie formalità e abitudini: io sono Margaery – disse la ragazza accennandogli un sorriso. La regina era alta, carismatica, intelligente e sicura di sé, quanto dolce e gentile, e ciò riusciva a trasparire anche all’esterno. Solitamente era Walter quello che quasi intimoriva per la sua presenza ma, in quell’unico caso, i due se la battevano alla pari.
- Io sono Evan. È un piacere conoscervi.
- Anche per me. Sapete, vi ho notato durante le ultime mie visite qui a Fondo delle Pulci. Siete da poco in questa città?
La ragazza era più attenta e perspicace di quanto credesse.
- Sì, sono arrivato da poco – rispose lui ricambiando sinceramente quel sorriso.
- Vi dispiace se continuiamo la nostra conversazione seduti da qualche parte? Queste scarpe sono scomodissime – disse con uno sguardo tra il sofferente e il divertito. A ciò, Walter la condusse in un muretto lì vicino e si sedettero entrambi. – Aspettate … avete detto “Evan”?? – chiese lei rivolgendogli un’espressione di realizzazione. – Dunque siete voi il nuovo “allenatore” dei piccoli orfani?
- Proprio io, in carne ed ossa.
Il viso di Margaery era ornato da un sorriso divertito. - Sono felice che qualcuno si stia prendendo cura di loro. Io cerco di fare quello che posso ma …
- Fate già molto per quei bambini, credetemi – la rassicurò lui.
- E quando non li “allenate” nell’arte della truffa, cosa siete solito fare?
Walter sperò che quella domanda non arrivasse mai; invece, eccola lì. Nonostante fosse stato anche più contento del previsto nel conoscere Margaery, preferì non averla mai incontrata soltanto per non doverle rispondere a quella maledetta domanda. Devo dire ad una regina che lavoro in una casa dei piaceri. Ma cosa è andato storto nella mia vita per arrivare a questo momento? si chiese esasperato mentre la ragazza attendeva la sua risposta.
- Io lavoro nel bordello di Lord Baelish. – Walter si costrinse a non guardare la faccia di lei in quel momento, ma dovette farlo: sembrava sorpresa sì, ma meno di quanto si immaginasse. Almeno il suo sguardo non era deluso o imbarazzato.
- Oh … capisco. Beh, non c’è niente di male: d’altronde ognuno deve utilizzare le sue doti e i suoi doni come meglio può per andare avanti – disse la regina.
- Sì, infatti – la voce di Walter era un misto di amara ironia e disagio.
- Se lavorate lì, allora sicuramente vi sarà capitato di vedere mio fratello Loras.
- Frequenta il bordello?
- Sì. I suoi capelli sono lunghi ma un po’ meno dei vostri e ha dei gusti un po’ inusuali per un uomo.
- Ah, sì, dovrei averlo visto una o due volte – gli rispose lui capendo cosa intendesse dire.
- A volte è difficile per noi due adempiere ai nostri incarichi ora che siamo ad Approdo del Re e abbiamo molte più responsabilità.
- Immagino lo sia per voi, in particolar modo, dato che siete la regina dei sette regni.
- Già. – Nonostante stesse parlando di argomenti angusti per lei, lo sguardo di Margaery non mostrava alcun segno di debolezza. Era brava a dissimulare le emozioni, esattamente come lui. – Sono ancora in lutto per la morte di mio marito, il re Joffrey, ma, ora che sto conoscendo anche il piccolo Tommen, vi confesso che le cose sono molto più facili. – Stava ammettendo che quel tiranno dispotico e sanguinario del suo, ormai, ex marito, non era facile da trattare, neanche per una donna dal carisma noto come lei. Da alcuni era considerata un’astuta calcolatrice, scaltra quanto subdola, poiché riusciva sempre ad adattarsi ad ogni situazione, senza mostrare alcuna debolezza. Ma per Walter era semplicemente una ragazza dalla mente brillante, molto brava a nascondere le sue paure. L’umanità e la bontà di Margaery erano palesi a chiunque avesse degli occhi con cui guardare, e solo gli stupidi e gli invidiosi potevano credere che stesse solamente fingendo. - Ora, lasciatemi indovinare: a meno che non siate un parente alla lontana dei Targaryen, quegli occhi e quei tratti mi lasciano presupporre che non siete di qui. Dunque, vediamo … provenite da oltre il mare stretto, da qualche lontana città sconosciuta? 
- Indovinato.
- E come siete finito da Essos alla casa dei piaceri di Lord Baelish ad Approdo del Re??
- È una lunga storia, mia regina.
- Chiamatemi Margaery, vi prego.
Il Ragno Tessitore era rimasto nell’ombra, ancora incappucciato, ad osservare il tutto.
- L’avresti mai detto? Che il Nord si sarebbe incontrato con il Sud di nuovo? – disse improvvisamente un altro uomo incappucciato affiancandosi a lui mentre osservava anch’esso i due. Varys riconobbe la voce del suo eterno nemico, Petyr Baelish.
- Ti riferisci a Rhaegar Targaryen e a Lyanna Stark?
- È accaduto in questo modo anche vent’anni fa, giusto? La ragazza del Nord ha incontrato per caso il ragazzo del Sud ed è scoccata una scintilla tanto letale, da dare inizio ad una guerra. Solo che, in quella situazione, i ruoli erano invertiti. Andiamo, amico mio: sappiamo entrambi che la versione del rapimento e dello stupro è quanto di più falso e poco attendibile esista al mondo, una menzogna che poteva essere diffusa solo da uno come Robert Baratheon. Abbiamo visto entrambi quegli sguardi tra i due, quegli sfiori di mani delicati e nascosti durante i balli e i banchetti. Hanno visto tutti gli occhi della giovane lupa nel momento in cui il principe drago le ha donato la Corona di rose d’Amore e di Bellezza dopo aver vinto il torneo di Harrenhal.  Ma nessuno ha voluto prestare attenzione a dei dettagli così evidenti. Non lo stai vedendo anche tu, ora? Non li vedi i loro occhi? Già da questo primo incontro, i loro corpi, i loro sguardi, tutta la loro essenza si sta abituando a non fare a meno della persona che hanno di fronte. Sono rapiti, incantati, ammaliati dalla presenza dell’altro. Si stanno piano piano drogando di queste emozioni che diverranno sempre più intense, proprio come è accaduto ai due amanti sfortunati che noi tutti conosciamo. Chissà, forse scoppierà un’altra guerra a causa loro. – Mentre ascoltava quelle parole, Varys continuava ad osservare Margaery e Walter parlarsi, guardarsi e sorridersi, l’una accanto all’altro. – La maledizione dell’amore tra il drago e la regina di rose.
Non appena il Ragno udì quella frase e la parola “drago” in essa, si allarmò. Cercò di non darlo a vedere; con Petyr non poteva permettersi errori di nessun tipo. – “Drago”? – chiese, convinto che Ditocorto si stesse riferendo ai due ragazzi che erano di fronte a loro.
- Sì, Rhaegar e Lyanna – confermò Baelish.
Varys si maledì da solo per aver mostrato quel minimo segnale di paura velata; come aveva fatto a dimenticare che Lyanna Stark, dopo che le era stata donata la corona di rose blu da Rhaegar al torneo, era divenuta anche la “regina di rose” nella bocca dei più? Il timore che qualcun altro, e in particolare Petyr Baelish, potesse scoprire le origini del ragazzo, le quali erano sempre più chiare davanti ai suoi occhi; e l’associazione spontanea alla rosa dorata dello stemma della Tyrell dinnanzi a lui, lo aveva fatto vacillare e sicuramente Ditocorto se ne era accorto: non si sarebbe dovuto permettere altri errori.
 
Ad un tratto, Alain interruppe i due attirando l’attenzione di Walter. – Evan! Facciamo la gara di corsa?? È arrivato il momento!  - lo esortò il ragazzino afferrandolo per il polso e tirandolo verso di sé come al solito.
- Non posso ora, Alain, non vedi? Non è da gentiluomini lasciare una ragazza da sola.
Margaery fu felice che non si fosse riferito a lei con l’appellativo di “regina”.
- Ma se non ci insegni tu, non daremo il massimo! Sei stato tu a dirci che la velocità è molto importante quando si ruba!
A ciò, Margaery guardò il ragazzo con uno sguardo sorpreso e divertito. Per quanto la regina fosse di mente aperta, questa volta Walter era lievemente in imbarazzo.
- Non potete tirarvi indietro, Evan! Non avete sentito, Alain? È vostro dovere continuare ad allenare i vostri piccoli allievi! – lo esortò lei.
- Lo faccio solo perché hanno fame e …
- Non dovete giustificarvi con me. So perché lo state facendo e vorrei che continuaste a farlo. E poi, poco fa non ho detto che ognuno deve utilizzare, e in questo caso anche insegnare, le doti che ha?? – gli disse lei ammiccandogli.
- E voi?
- Io verrò con voi ovviamente! È offensivo da parte vostra sottovalutarmi solo perché sono una donna!
- Non l’ho mai fatto e non comincerò a farlo ora – le rispose lui ripensando ad Arya e Meera. Walter si alzò in piedi e le porse la mano, così Margaery la afferrò e fece lo stesso.
- Quindi correrete anche voi con noi, principessa??? – gli chiese incredulo il bambino.
- Certo!
- Ma il vostro vestito e le vostre scarpe … - continuò Alain dando una dubbiosa occhiata al suo abbigliamento.
- Le scarpe le toglierò e il vestito lo tirerò su mentre correrò.
Sia il bambino che il ragazzo erano piacevolmente sorpresi. Walter la condusse, insieme agli orfani, nel vicolo semivuoto in cui di solito facevano le gare di corsa.
- Dunque, la gara si svolge a coppie e consiste nel correre il più veloce possibile per tutto il vicolo, fino a sbucare dall’altra parte. Tuttavia, permettetemi di dire che non è leale da parte vostra gareggiare contro dei bambini – le disse Walter accennandole un sorriso provocatorio.
- Quindi voi non gareggiate mai contro di loro??
- No, io sono solo il loro “allenatore”.
- Allora gareggiate tra voi due! Siete entrambi grandi quindi va bene! Sarete voi la prima coppia! – propose una bambina.
- Ma Evan ha la gamba ferita!  – contestò un altro.
- Sì, ma anche con la ferita corre come una scheggia! Dovete sapere, principessa, che Evan è la persona più veloce che io abbia mai conosciuto! – esclamò Alain ricordandosi del giorno in cui l’aveva aiutato a liberare Sansa.
- Ah sì? Dunque, ora che il vostro allenatore ha la gamba in queste condizioni, dovremmo essere alla pari, giusto? – disse Margaery rivolgendo a Walter uno sguardo smaliziato. – O, per caso, avete paura che io possa battervi?
Walter aveva capito che la ragazza sapeva dove andare a parare.
- Allora mettiamoci in posizione – disse semplicemente lui ricambiando lo sguardo. Margaery rispose togliendosi le scarpe e alzando i lembi troppo lunghi del vestito con le mani mentre si preparava alla partenza. Non appena Alain diede il via, i due cominciarono a correre.
 
Quando Walter tornò alla casa dei piaceri, il sole era già tramontato. Avrebbe preferito ritornare prima per controllare che Rebeccah stesse bene, ma aveva perso la concezione del tempo dopo che aveva incontrato la regina, e lo stesso era stato per quest’ultima.
Non appena rientrò, decise di salire le scale che portavano al piano superiore e bussare alla porta della stanza della sua amica per stare tranquillo. Bussò una, due e tre volte ma nessuno rispose; così decise di entrare senza permesso e, come temeva, la trovò rannicchiata sul suo materasso, tremendamente tremante e scossa dai singhiozzi. Ma il ragazzo inorridì quando notò una macchia di sangue sulla parte del vestito che corrispondeva al fondoschiena della giovane. Non si erano mai spinti fino a quel punto.
- Rebeccah … - le disse fiondandosi accanto a lei e smuovendola con la mano. La ragazza ci mise un po’ a calmare i singhiozzi e a capire di chi si trattasse, per quanto fosse scossa. Non appena riconobbe il suo tocco delicato e gentile e la sua voce, si rasserenò.
- Walt … sei tu … sei tornato. Non tornavi, così sono venuta qui e …
- Mi dispiace, mi dispiace tanto! Che cosa ti ha fatto??
La ragazza non riusciva a placare i suoi singhiozzi e a parlare bene, ma si sforzò di rispondergli. – Lord Rupert questa volta non ha esagerato; ma … poi … quando lui è andato via … ne è arrivato un altro che mi ha tenuto fino ad un’ora fa e …
- Tu sei in queste condizioni da un’ora??
- Sì …
- Ditocorto ti ha fatta vedere da un medico?
- Lo sai che lui non chiama medici per queste cose … dice che è normale e che ha visto di molto peggio … - A quelle parole, il ragazzo fece per alzarsi per andare a picchiare Petyr Baelish e costringerlo a chiamare un medico, ma Rebeccah lo afferrò per il polso e lo bloccò. – No! Ti prego, non farlo … resta con me, per favore …
- Ma non puoi rimanere così …
- Il sangue ha smesso di uscire qualche minuto fa … tra poco starò meglio. Ti prego … - lo supplicò lei scoppiando in lacrime e sfogando tutto il suo dolore. Walter la abbracciò come faceva sempre e le accarezzò i folti ricci rassicurandola. – Va tutto bene, Beccah. Ci sono io qui con te. Non devi preoccuparti …
La ragazza lo strinse e urlò disperata contro il suo petto mentre le lacrime continuavano a scendere. Quella storia si ripeteva ogni due giorni, più o meno, e Walter si era abituato a ciò. Ma non riusciva più a vederla soffrire così. Avrebbe voluto fare qualcosa per lei, salvarla da quell’inferno, ma cosa avrebbe potuto fare? Fuggire e portarla con lui, togliendole la possibilità di guadagnare grandi somme di denaro per la sua famiglia in difficoltà? La sua vita era troppo dura per una dolce ragazza cieca come lei. Era grato almeno di riuscire sempre a calmarla dopo ciò che le facevano. Quelle notti dormivano insieme come due bambini accoccolati, lui le sussurrava parole rassicuranti, le faceva sentire la sua presenza, la abbracciava e poi cantava per lei. La ragazza si rilassava completamente e si lasciava cullare e coccolare, fin quando il dolore fisico e mentale non svaniva completamente. Non aveva mai scoperto di saper cantare fin quando non gli aveva chiesto lei di farlo, durante uno di quei momenti di crisi. Era solito narrare storie, ma cantare sarebbe stata una novità per lui. Aveva provato ad intonare delle parole impacciatamente su sua richiesta, e aveva appurato che Rebeccah amava la sua voce e il suo modo di cantare. Anche quella notte, Walter rimase lì con lei, sdraiato su quel letto macchiato di sangue, mentre Rebeccah era stretta a lui, con il viso devastato dalle lacrime appoggiato al suo petto. Oramai era abituato alla sensazione di singhiozzi sul suo petto, che pian piano si affievolivano fino a sparire del tutto.
- Grazie, Walter. Grazie.
- Non devi ringraziarmi – le disse dandole un bacio sulla fronte e riprendendo ad accarezzarle la schiena. Quella sera, le cantò una canzone che narrava di un lupo e della sua stella. Il lupo aveva sempre inseguito una stella, un’unica stella tra le miliardi presenti nel cielo. Era convinto che se avesse continuato ad inseguirla, l’avrebbe raggiunta. Gli anni passarono e il lupo invecchiò e morì. Ma, nel momento in cui i suoi occhi si chiusero, qualcuno glieli fece riaprire: in quel momento la vide davanti a sé, più bella e splendente che mai. La stella gli disse che in quella vita non erano potuti stare insieme, ma in quella precedente lo erano stati ed ora erano legati per sempre. La stella gli promise che, in una delle vite future, si sarebbero di nuovo riuniti e se ne andò lasciandolo riposare nel sonno della morte.
Rebeccah era rivolta inconsciamente verso la luna fuori dalla finestra mentre ascoltava quello splendido canto.
- Riusciremo mai ad essere liberi? – gli chiese la ragazza quando Walter terminò.
- Sì, lo saremo. Te lo prometto – disse lui. Aveva preso la sua decisione: l’avrebbe portata via di lì. Avrebbe trovato il posto adatto a lei, un luogo che potesse darle l’amore e la felicità che quella ragazza meritava.
Quando constatò che Rebeccah dormisse profondamente, Walter fece attenzione a non svegliarla e scese al piano inferiore, intenzionato a trovare Ditocorto. Lo vide nella sua stanza ed entrò immediatamente.
- Non si bussa più?
- Devi smetterla di trattarli come giocattoli!! Lo sai che cosa le hanno fatto oggi quei sudici maiali?? Di questo passo, entro qualche settimana la uccideranno! Mi stai ascoltando?!
- Un po’ di sangue è più che normale dopo qualche richiesta particolare. Passa tutto entro qualche giorno, non angustiarti troppo per la tua amica.
Walter cominciò a non vederci più dalla rabbia. – Dì ai tuoi clienti di stare alla larga da lei per un po’ o di andarci piano, sempre che siano capaci di tenerselo nei pantaloni non appena si trovano di fronte ad una donna! Altrimenti, puoi avvertirli che glielo taglierò.  Stai pur certo che lo farò davvero!
- Dirò loro che è cagionevole di salute e di non farle richieste troppo strane. È il massimo che posso fare.
Walter sentiva che quella sera non avrebbe trovato sfogo alla sua rabbia. All’improvviso, sul tavolino della stanza dell’uomo, trovò una daga dall’impugnatura semplice e non troppo appariscente. In quel momento, un flash attraversò la sua mente: quando era ancora a Grande Inverno e stavano indagando sul sicario mandato per uccidere Bran, Cat era andata ad Approdo del Re e lì aveva scoperto che Petyr Baelish avesse venduto la famosa e costosa daga utilizzata dall’uomo, a Tyrion Lannister. O, almeno, così lui aveva affermato. Ciò aveva conseguentemente spinto Cat ad accusare e rapire Tyrion.
- La daga che Catelyn ti ha mostrato quando è venuta ad Approdo del Re, poco prima che mio padre morisse … - A quelle parole del ragazzo, Ditocorto si ridestò. – Hai affermato di aver venduto quella daga a Tyrion …
- Esattamente.
- Ma se non è stato Tyrion a mandare il sicario, dovevano sicuramente essere stati Cersei e Jaime, essendo stati scoperti con le mani nel sacco da mio fratello …
- È la soluzione più logica. Sappiamo tutti che …
- Ma quando ho rapito Cersei … - lo interruppe Walter afferrando distrattamente quella normale daga e avvicinandosi all’uomo. – … lei sembrava sorpresa quando le ho parlato del sicario mandato da lei e dal suo gemello per uccidere Bran. Ormai so riconoscere quando Cersei mente e posso affermare per certo che, in quel momento, stava dicendo la verità ed era sinceramente sorpresa. – Walter puntò l’arma sulla gola di Ditocorto, continuando. – Tutto questo mi porta ad un dilemma: chi ha mandato quell’uomo ad uccidere mio fratello se non sono stati né Jaime e Cersei, né Tyrion?
Baelish deglutì cercando di non scomporsi. In quel momento, pensò di essere davvero spacciato, per la prima volta in vita sua. Quel ragazzo lo aveva scoperto. Era troppo perspicace e aveva sbagliato a sottovalutarlo, come era solito fare con tutti gli altri. Avrebbe dovuto mostrare la massima attenzione con lui, esattamente come faceva sempre con Varys. – Hai qualcosa da dire, Petyr Baelish, per difenderti dall’accusa di aver tentato di uccidere Brandon Stark? – gli chiese Walter abbassandosi a pochi centimetri dal suo viso, con un tono che metteva i brividi.
- Sono stata io a mandare quel sicario. Ditocorto può essere accusato di innumerevoli crimini, ma non di questo – disse Cersei Lannister entrando nella casa e nella stanza.
Walter si voltò verso di lei incredulo. – Che cosa??
- Ti sono sembrata sincera perché sono brava a mentire, Walter. Almeno una volta, sono riuscita ad ingannarti. Sai bene che io e Jaime avevamo molti più motivi di lui per volere quel ragazzino morto. Puoi continuare a credere ciò che hai sempre creduto, perché è la verità.
Non appena Walter abbassò la daga, Baelish si toccò la gola e Cersei gli rivolse uno sguardo che l’uomo intese perfettamente. Ho mentito e ti ho salvato, questa volta, viscido verme. Ma non succederà di nuovo. 

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Capitolo 15
*** Giustizia privata ***


Giustizia privata
 
Cersei e Walter si guardarono negli occhi mentre quest’ultimo abbassava l’arma dalla gola di Baelish.
Walter non era convinto della spiegazione e dell’intervento della donna, non lo convinceva tutta quella situazione in generale. Tuttavia, decise che avrebbe calmato i suoi bollenti spiriti e avrebbe atteso ancora un po’. Gli serviva più tempo per indagare su Ditocorto. Era sicuro che quell’uomo nascondesse più segreti di quanto credesse.
- Sono qui per proferire con Lord Baelish, ma sembra che non abbia scelto la notte adatta dato che, appena entrata in questo sudicio luogo, mi sono ritrovata una tale scena davanti agli occhi – disse la regina reggente.
- Tolgo il disturbo, allora. Con permesso – rispose provocatoriamente il ragazzo uscendo dalla stanza e lasciandoli soli. Petyr non sapeva ancora cosa dire mentre Cersei lo guardava.
- Sono in debito con voi, mia regina.
- Ora che ho scoperto i vostri sotterfugi per metterci gli Stark contro e far scoppiare una guerra, e che vi ho anche difeso nonostante tutto, sì, siete in debito con me. Ovviamente sono stata costretta a farlo se non voglio che l’ingegnoso piano di trattenere il ragazzo qui e nasconderlo in questo bordello vada in fumo. Altrimenti avrei esultato guardandolo mentre vi uccideva, e anche molto. Quindi vedete di non farvi scoprire ancora da lui, perché la prossima volta non sarò io a fermarlo. Ho trascorso sei mesi con Walter, Lord Baelish, e posso assicurarvi che, oltre ad essere estremamente scaltro, quando vuole, sa essere anche molto pericoloso. Vedete di non rischiare di mandare nuovamente all’aria tutti i miei piani – disse la donna fulminandolo, prima di uscire dalla stanza e andare a richiamare Walter. Cersei si accorse che il ragazzo si stava dirigendo verso la sua camera. – Non ho ancora finito con te – lo bloccò. Al che, Walter si voltò verso di lei, seccato, e la raggiunse.
- Cosa vuoi?
- Non pensavo ti piacessero le puttane. Ti facevo di gusti più fini. - Il ragazzo non capì di cosa la donna stesse parlando e la guardò interrogativo. – Proprio come Varys e Baelish, anche io ho spie ovunque, bastardo. Non pensare che non sappia del tuo idilliaco pomeriggio con la puttana Tyrell. Quella donna non solo è riuscita ad abbindolare i miei due figli, ma ora anche tu. Tu che ti faresti uccidere piuttosto che farti ingannare e imbambolare da qualcuno. Mi chiedo come nessuno riesca ad accorgersi di cosa ci sia davvero dietro la sua facciata da “buona e amorevole regina” soltanto per un bel faccino, per lo più insulso e insipido.
- Fai così con tutte le donne più belle e più giovani di te? O hai un particolare astio solo verso di lei perché è una regina migliore di te e sta riuscendo in tutto ciò in cui tu hai fallito?
Ditocorto, ascoltando ciò a qualche metro di distanza, temette che Cersei potesse saltargli addosso e strozzarlo con le sue mani in quell’istante per quanto avesse detto. Ma la regina, come al solito quando si trattava di lui, si trattenne. – Se lei fosse davvero migliore di me in qualcosa, non sarebbe assolutamente com’è ora.
- Mia regina – intervenne Baelish. – Non credo sia molto prudente farvi vedere mentre passate nel mio bordello più del tempo necessario. Conoscete bene le voci che stanno girando tra i piani alti e anche tra quelli più bassi.
- Quali voci? – chiese curioso Walter.
- Sì, ne sono bene a conoscenza, Lord Baelish, dato che sia mio padre che mio fratello mi hanno chiesto delucidazioni al riguardo. Sarà una delle prime cose di cui mi dovrò occupare. Sono abituata ai pettegolezzi su di me, ma non lascerò che la gente creda una cosa del genere – disse la donna. Il ragazzo era ancora in attesa che i due lo informassero sulla faccenda.
- Da quando la regina reggente è stata vista nel mio bordello e, in particolare, è stata vista mentre parlava con te qui, sta girando la voce che Cersei Lannister abbia un amante nella mia casa dei piaceri, un giovane e bell’amante dagli occhi viola e dai capelli neri. Inoltre, alcuni ragazzi e ragazze che lavorano qui, sono convinti che il vero motivo per il quale tu non lavori pur vivendo nel bordello, è che, essendo l’amante della regina reggente, lei ti voglia solo per sé e ti abbia proibito di avere altri clienti.
A quelle parole, Walter scoppiò in una fragorosa risata che durò alcuni minuti. Rise così tanto, che le lacrime uscirono dai suoi occhi.
- Provvederò presto a cucire le bocche di chi diffonde tali fandonie ma, si può sapere cos’è che ti diverte così tanto? – gli chiese inacidita.
- No, è che il solo pensiero di te e me in una veste del genere è davvero assurdo! Non riesco a smettere, scusatemi.
- Sei una carogna. La tua maleducazione non ha limiti.
- Davanti a te non esiste più alcun concetto di maleducazione.
- D’accordo, direi che per stanotte può bastare – si intromise Ditocorto cercando di calmare le acque.
- Sì, Lord Baelish. Sarà meglio che me ne vada via di qui prima di peggiorare ancora la situazione – disse la donna lanciando uno sguardo d’odio a Walter e andandosene.
- Se fossi stato un'altra persona, ti avrebbe fatto decapitare solo per quella risata. Che cosa le hai fatto? – chiese Ditocorto al ragazzo.
- L’ho trattata male. Male come nessuno l’ha mai trattata.
Petyr cominciò a pensare che, forse, per quella donna, la logica funzionava al contrario e quanto più si era crudeli con lei, tanto meno sarebbe stata irascibile.
 
Rebeccah piombò sul letto di Walter e lo svegliò. – Ehi, dormiglione! – la sua voce era gioiosa. – Mancano solo due giorni – gli sussurrò avvicinandosi al suo orecchio. Ma Walter era ancora più addormentato che sveglio, così si girò dall’altra parte. – Voglio che tu sappia che ho preparato una sorpresa per te!
- Beccah … che ore sono? Lasciami dormire …
- Hai ragione, è più presto del solito, ma, siccome ho un cliente presto oggi, dobbiamo sbrigarci a fare colazione insieme prima che arrivi. Ho già preparato tutto! Anche la torre di burro e marmellata! - Il ragazzo si mise il cuscino sopra la faccia in risposta. – Volevo anche farti una domanda: per caso c’entri qualcosa con il fatto che, in questa ultima settimana, da quel giorno in cui uno dei miei clienti ha esagerato più del solito, non ho avuto richieste strane da loro e sono stati tutti piuttosto “docili” con me? - Walter non le rispose e mugugnò soltanto, ancora con gli occhi chiusi. – Lo sapevo che eri stato tu! – concluse lei felice, dandogli un bacio sulla guancia e levandogli la coperta per incoraggiarlo ad alzarsi.
Era trascorsa un’altra settimana e le cose non erano cambiate poi molto: Walter era sempre più legato ai bambini di Fondo delle Pulci, e ad Alain in particolare; la sua amicizia con Rebeccah era sempre più stretta, mentre tra lui e Margaery stava nascendo uno splendido rapporto, forse destinato a diventare qualcosa di più se solo fosse stato possibile. Di Arya, invece, non c’era alcuna traccia nonostante l’avesse cercata in ogni angolo di Fondo delle Pulci.
Ogni giorno che passava, Walter sospettava maggiormente di Ditocorto, ma si trovava puntualmente con le mani legate per mancanza di prove necessarie.
Nonostante si fosse abituato a quel ritmo e alla vita a Fondo delle Pulci, Walter sapeva quale fosse il suo dovere, non aveva dimenticato la sua casa e la sua famiglia, e stava solo attendendo il momento giusto per andarsene. La sua gamba stava migliorando sempre più, perciò aveva smesso di essere un problema, quanto piuttosto, lo era la sorveglianza maniacale ad Approdo del Re, la quale non solo non sembrava essere diminuita affatto, ma era addirittura più ossessiva. A Tywin Lannister non andava affatto bene di non essere riuscito ancora a trovare il misterioso rapitore di sua figlia, colui che aveva sfidato la corona e liberato senza fatica l’unica Stark nelle loro mani; inoltre, voleva anche risolvere presto quella faccenda, dato che attendeva anch’esso il processo del mostro di suo figlio. Dunque, aveva incaricato altre truppe in più di sorvegliare la città, controllare le case e ogni vicolo più nascosto di Approdo del Re. Finché la situazione sarebbe rimasta tale, Walter non aveva alcuna speranza di fuggire, neanche con le abilità che possedeva. Si trovava in un circolo vizioso e sapeva che, se non avesse fatto nulla, sarebbe rimasto costretto in quel luogo ancora per molto. Doveva spezzare quel circolo e fare qualcosa, ma come? Doveva trovare un modo nonostante non ci fossero vie di fuga, e lo avrebbe trovato. Anche se fosse stata un’impresa impossibile, non gli importava. Ci sarebbe riuscito e avrebbe anche portato Rebeccah con sé. A Nord c’era un mondo totalmente diverso da Approdo del Re e lì sarebbe stata sicuramente meglio. Avrebbe potuto trovare un lavoro rispettabile che le permettesse di guadagnare abbastanza denaro da mandare alla sua famiglia.
Quella mattina, non appena terminò di fare colazione con la sua amica, andò a Fondo delle Pulci, come al solito, ed entrò dentro la “tana”.
- Ciao Dana.
- Ehi! I bambini ti stanno aspettando. E c’è anche qualcun altro che ti sta aspettando – disse la donna con sguardo furbo. Walter sorrise notandolo.
- Cos’è quell’espressione?
- No, nulla, semplicemente, mi sono accorta che, da quando ti ha conosciuto, la regina sta passando molto più tempo qui a Fondo delle Pulci.
- Ha sempre trascorso del tempo qui, con i bambini e il suo popolo.
- Prima veniva due o tre volte alla settimana; ora quasi tutti i giorni. Non pensare che sia cieca, ragazzo. Riesco a vedere i suoi occhi quando ti guarda e i tuoi quando guardi lei.
- Stai viaggiando troppo con la fantasia, Dana. Amiamo la compagnia l’uno dell’altra, tutto qui.
- Oramai sei come un figlio per me, Evan, e amo la nostra nuova regina, perciò non potrei essere più felice se tra di voi sbocciasse un sentimento come l’amore. Ma ciò non può accadere, mio caro. Ricorda: lei è una reale, mentre tu sei un ragazzo dalle umili origini.
- Lo so bene.
Walter uscì fuori dalla tana insieme ad Alain e, da lontano, scorse Margaery seduta su un muretto, con una bambina a sua volta seduta sulle sue gambe. La ragazza era talmente impegnata a raccontarle qualcosa, che non si accorse del loro arrivo. - … così sono inciampata su quel vestito e sono rotolata per tutta la scalinata sotto gli occhi increduli e imbarazzati della mia intera famiglia e dei lord che erano giunti ad Alto Giardino per il mio decimo compleanno!
- Un ottimo modo per approcciarsi a degli sconosciuti, direi – commentò Walter.
A ciò, Margaery si accorse della sua presenza e gli sorrise raggiante. - Ehi, siete qui , voi due.
- Keira, scendi subito dalla gambe della principessa e vieni con me. Ti ricordo che mi avevi promesso che mi avresti aiutato a badare ai gemellini ieri e invece non l’hai fatto – disse il bambino offeso alla sua amica.
- Mi sono dimenticata! Scusami!
- Sei perdonata, ma vieni ora ad aiutarmi. Dana ci ha chiesto di farlo anche oggi. Dice che dobbiamo diventare responsabili.
- Va bene – rispose Keira scendendo dalle gambe della regina e incamminandosi con Alain.
- Crescono in fretta – commentò Margaery guardandoli allontanarsi.
- Già. Alain sta cominciando a saper scrivere, leggere e a fare i calcoli. Ho provato ad insegnare qualcosa anche agli altri, ma lui sembra essere l’unico che apprende un po’ di più.
- Già, sono cresciuti con la mentalità che per sopravvivere non serve essere acculturati, purtroppo.
I due iniziarono a camminare parlando del più e del meno.
Vorrei poterti dire che non vado a letto con decine di donne o uomini al giorno per soldi, come tu credi e come sono costretto a farti credere, Margaery. Voi vi siete fidati totalmente di me e mi avete dato così tanto, raccontandomi tutto di voi e della vostra storia, mentre io non posso fare altrettanto. Sono costretto a mentirvi. Non conosci neanche il mio nome.
- Ehi, Evan? – richiamò la sua attenzione la ragazza accorgendosi che lui non la stava ascoltando. – Ho l’impressione che oggi tu sia un po’ distratto e come, tormentato, da qualcosa – gli disse preoccupata.
- No, non è niente, non fare caso al mio malumore mattutino. Oggi mi sono svegliato prima del solito – le disse sorridendole per rassicurarla.
- Anche io faccio così.
- Così come?
- Quando non voglio che gli altri, che le persone a cui tengo, si preoccupino per me, o che capiscano cosa ho dentro – disse lei accennandogli un sorriso triste.
- Ti capita mai di sentirti in trappola? Come se non potessi fare nulla per cambiare le cose anche se ne hai il potere?
- Ogni giorno. Credo di essere abituata a questa sensazione.
- Io invece no. Non sono abituato a questo. Sono sempre riuscito a smuovere le acque, ad agire anche quando il mondo me lo proibiva. Ora è come se fossi bloccato, in gabbia e questa cosa mi sta uccidendo pian piano.
A quelle parole, la ragazza gli prese la mano e gliela strinse cercando di condividere un po’ di quel dolore che vedeva nel suo sguardo e che sembrava affliggerlo, proprio come faceva abbracciando i bambini. A ciò, Walter accennò un sorriso.
- Devi sapere che, quando eravamo piccoli, io e Loras ci stringevamo le mani tra noi ogni volta che ad uno dei due succedeva qualcosa di brutto. Lo facevamo perché eravamo convinti che, in tal modo, avremmo potuto condividere il dolore e alleggerire chi dei due era stato ferito. Come puoi vedere, è un’abitudine che mi è rimasta.
- E funzionava?
- Noi credevamo di sì. E lo credo ancora. L’importante è che qualcuno ci creda. Finché la mente è convinta che il profumo di un fiore faccia smettere un bambino di piangere, quel fiore ne sarà capace. - Ma era pericoloso quello che stavano facendo. Quelle mani strette potevano sembrare qualcosa di innocuo se fossero stati bambini o fratelli. Ma la gente osservava e vedeva che, nel loro caso, vi era un’energia rara e preziosa in tale contatto. – Ho come l’impressione che potrei non vederti più da un momento all’altro. Che sensazione bizzarra! Forse è solo paura. Quando si trova qualcuno che è simile a noi, con cui si è in grado di essere sé stessi senza nascondersi, qualcuno che ci fa sentire per la prima volta diversi soltanto con la sua semplice presenza, penso che sia normale avere paura di perderlo con la stessa facilità con la quale lo si è trovato – disse la regina spostando lo sguardo altrove. Oh, Margaery, perché sei sempre così intuitiva? Perché sei sempre un passo avanti agli altri? Vorrei che non lo fossi, per evitarti tante sofferenze. Vorrei avere più tempo da passare con te. Una settimana è troppo poco per scoprire cosa si nasconde dentro una persona. In particolar modo se si tratta di un’anima complessa come la tua o la mia. Perdonami se me ne andrò via, Margaery.
Ad un tratto, i due furono interrotti da un urlo atroce. Si fiondarono verso la “tana”, da dove proveniva quel grido. Vi era una folla immensa in quel piccolo buco che fungeva da casa, ma i due riuscirono a farsi spazio. Non appena si trovarono dinnanzi a quella visione, Margaery si coprì la bocca per non urlare e Walter rimase fermo immobile, incapace di fare qualsiasi cosa: Dana piangeva e urlava tenendo tra le sue braccia il cadavere della piccola Aida.
- Era solo una semplice febbre!! Doveva essere solo una febbre!! – continuò a dire la donna disperata mentre scostava i capelli sottili e sudati dalla fronte della piccola. – L’epidemia me l’ha portata via! Questo dannato flagello degli dei! E mi porterà via anche gli altri!
In quel momento, Walter si accorse anche di Alain, il quale era inginocchiato accanto alle due, con lo sguardo fisso e vuoto e con un colorito di pelle spaventoso. Il ragazzo si fiondò accanto a lui e lo abbracciò stringendolo forte. Ma il bambino lo scostò. – No. Non farlo. Aida era la mia sorellina. Lo capisci?!? Era l’unica sorella che avevo!! E adesso non c’è più!! La mamma … la mamma mi aveva detto di prendermi cura di lei!!
- Lo so, ma non è colpa tua! – gli disse Walter prendendolo per le spalle.
- Perché non possiamo rubare anche le medicine, eh?! Perché non ci hai insegnato a rubare anche quelle?? I potenti non ci danno nulla! E noi siamo costretti a morire come bestie per delle assurde malattie! L’epidemia ci ucciderà tutti e a quel punto??? A cosa saranno servite le tue lezioni per insegnarci a rubare?! – gli esclamò il bambino fuori di sé correndo via. Walter, in quel momento, non fu capace né di reagire, né di rispondergli. Rimase lì fermo a terra. Non si possono rubare le medicine. E non si possono rubare neanche i bambini. Altrimenti vi porterei via tutti con me. Ma sarebbe troppo rischioso. Non ci riuscirei mai. Di nuovo quella sensazione: perché non posso imparare ad abituarmi a non poter reagire, proprio come sei riuscita a fare tu, Margaery?
In quel momento, la regina si inginocchiò accanto a Dana, chiedendole tacitamente il permesso di tenere in braccio il piccolo cadavere mentre una lacrima bagnava la sua guancia. Se la ricordava quella bambina, l’aveva tenuta in braccio alcune volte. Era bellissima e piena di vita. – Se fosse per me … Se fosse per me, farei circolare gratuitamente le medicine ovunque, ma il consiglio non sarebbe mai d’accordo con me. Ho provato a parlare a Tommen in passato e per quanto lui sia consenziente, il consiglio e il primo cavaliere esercitano un potere troppo grande su di lui. Non posso fare nulla anche essendo la persona più importante dei sette regni. Perdonatemi … - disse Margaery afflitta mentre continuava a guardare il visino spento di Aida.
 
Walter rientrò dentro il bordello ancora scosso e, tale dettaglio, non passò inosservato a Ditocorto, il quale sfruttò subito la situazione. - Com’è andata oggi la tua giornata? – gli chiese non appena mise piede dentro la casa.
- Non sono in vena.
- L’epidemia sta dilagando a Fondo delle Pulci, non è vero?
- Non prenderei la cosa così alla leggera se fossi in te: potrebbero ammalarsi anche i tuoi uccellini che ti riportano sempre tutte queste notizie.
- A volte non possiamo fare niente per aiutare le persone che amiamo, Walter. In altre occasioni, invece, sì.
Walter si voltò verso di lui, capendo che stava per proporgli qualcosa che sicuramente lo avrebbe fatto innervosire. – E allora dimmi, dio dell’inganno, cosa potrei mai fare per aiutare quella povera gente?
- Sai bene cosa potresti fare. Come già sai, qui vengono solo nobili con le tasche colme d’oro. Talmente tanto da far rabbrividire. Sai, ci sono delle belle signore che …
- Non ci provare! Gli altri potranno anche prostrarsi ai tuoi giochetti ma io no! Non farò mai e poi mai una cosa del genere!
- Non metteresti da parte il tuo orgoglio e la tua dignità per aiutare quei bambini? Allora nel tuo animo c’è molto più del Nord di quanto immaginassi – disse l’uomo sorridendogli mellifluo e chiudendosi in una delle stanze. Walter non prese neanche in considerazione un’idea del genere. Ma non poteva neanche sopportare di vedere tutte le persone a cui teneva morire in quel modo. Poteva fare qualcos’altro per avere quel denaro, il quale sarebbe bastato per comprare una gran quantità di medicinali. E sapeva anche cosa. Ora, avrebbe fatto davvero a modo suo.
Sapeva che quel pomeriggio sarebbero arrivate tre lady, clienti fisse di uno dei ragazzi del bordello. Sapeva anche che lo sommergevano d’oro ogni volta per le sue prestazioni, quindi avevano con sé sacchetti colmi di denaro.
Gli sarebbe bastato sorridere loro, imbambolarle per un po’ e rubare uno dei sacchetti. E fu così che andò. Quando arrivarono, aprì lui la porta del bordello per la prima volta, si mostrò seducente presentandosi loro, e mentre le tre ridevano come oche ringalluzzite sperando che quel giorno anche lui le avrebbe intrattenute, si avvicinò ad una e, di soppiatto, le rubò uno dei sacchetti. Non appena ebbe il bottino tra le sue mani, le salutò, scusandosi per l’”improvviso contrattempo”e se ne andò.
Dana, udendo bussare alla porta, andò ad aprire, e fu felice di rivederlo.
- Mio caro, ti conviene non entrare così spesso qui nella “tana”, potresti essere contagiato. Potremmo esserlo tutti, difatti ho fatto uscire tutti i bambini. Solo Alain è rimasto per restare accanto al corpo della sua sorellina. Vuole starle vicino ancora per un po’. Perdonalo per prima, lui ti vuole bene proprio come ad un fratello, sono certa che non intendesse assolutamente …
- Dana ti ho portato qualcosa – la interruppe lui levandosi il cappuccio e tirando fuori il sacchetto colmo d’oro. Era grande quanto una mano intera e la donna non poté credere ai suoi occhi; tanto che cominciò a tremare.
- Non pensavo che sarei vissuta abbastanza in vita mia, da poter vedere tanto denaro …
- Con questo potrete comprare molti medicinali. Poi, se non dovessero comunque bastare, si possono ricreare grazie alla componenti o diluire.
- Dove hai …? Come hai fatto …?
- Il bordello …
- Capisco. Non dire altro – disse lei abbracciandolo con le lacrime agli occhi. – Grazie. Grazie. Non so come avremmo fatto senza di te, Evan. Gli dei ti hanno mandato, ne sono sicura.
Lui le sorrise e ricambiò l’abbraccio.
Quando il ragazzo ritornò nella casa dei piaceri, lo accolse nuovamente Lord Baelish. Ma, questa volta, l’uomo sembrava irritato. – Hai fatto un bel giro, Walter? Sei andato a portare l’oro che hai rubato ai tuoi amici?
- Non capisco cos’è tutto quest’astio. Insomma, non penso che lady … qual è il suo nome? Marianne? Non penso che si sia lamentata di qualcosa. Immagino che se ne sarà accorta e lo avrà detto distrattamente, credendo che le sia caduto per strada.
- Infatti è andata proprio così. Fortunatamente è una donna infinitamente ricca e ha affermato che, d’ora in poi, pagherà anche di più del solito.
- Allora cos’è che ti turba? Donne del genere sono facili da intendere e da ingannare. Non ci vuole né un genio, né arguzia.
- Ad ogni modo, non amo che si rubi nella mia casa dei piaceri.
- Tranquillo, non rimarrò ancora per molto qui, quindi non succederà più. Ho già rubato tutto l’oro di cui avevo bisogno.
Quelle parole innervosirono ancora di più Lord Baelish, il quale, decise di dirgli qualcosa che avrebbe potuto trasformare quello sguardo soddisfatto, in qualcos’altro. – Ti consiglio di aspettare per andare dalla tua amica: si sta intrattenendo con un cliente, uno di quelli fissi. Lord Rupert è talmente ossessionato dalla dolce Rebeccah, che non ha voluto neanche ascoltare il mio avvertimento di non esagerare con lei o attendere qualche settimana prima di …
Walter non lo fece neanche finire di parlare che piombò sulle scale, salendo al piano di sopra. Bussò alla porta della camera di Rebeccah aspettandosi di udire degli urli atroci da fuori, dato ciò che stava succedendo là dentro. Ma non sentì nulla. Nessun urlo e neanche alcun lamento. L’unico suono che riusciva ad udire, era quello costante della molla del materasso.
- Rebeccah! – la chiamò provando ad aprire la porta, ma questa era chiusa dall’interno. Allora ci si gettò sopra più e più volte per buttarla giù, e dopo la quinta spallata, la porta cedette e il ragazzo entrò.
Ciò che temeva si era avverato. Mentre saliva quelle maledette scale, sperava di sbagliarsi, sperava con tutto il cuore che le sue paure fossero infondate, ma il suo istinto non mentiva mai. Walter si ritrovò dinnanzi alla scena più raccapricciante che avesse mai visto in vita sua e rimase immobile per alcuni secondi, incapace di realizzare: Rebeccah era un corpo immobile, senza vita e nudo sopra quel letto, il quale era un bagno di sangue; e un uomo grasso e sudato, nudo anch’esso, la teneva stretta per i fianchi delicati e per le braccia, come se la volesse stritolare con quelle mani grosse e rozze, spingendosi dentro di lei e ansimando, mentre il materasso continuava a cigolare.
Walter piombò verso l’uomo con tutta la furia che aveva, e lo colpì facendolo cadere a terra. - Che cosa hai fatto …?! – ma, prima di fargli qualsiasi cosa, si fiondò accanto alla sua amica, prendendola tra le braccia e smuovendola più e più volte. – Rebeccah! Rebeccah, per favore, rispondimi! Rispondimi! Lo so che sei ancora qui! Beccah, ti prego, sono io, ora ci sono io, apri quei maledetti occhi! - Ma la ragazza rimase immobile. Il suo corpo era freddo e la sua pelle dura. Le sue gambe snelle erano una distesa di sangue secco, colato dalle sue parti intime. Walter accarezzò il suo viso rotondo appoggiando la sua fronte a quella di lei e sperando di poter sentire qualcosa, anche una minima reazione. – Avanti … non puoi andartene così … mancava così poco … ti avrei portata via, Beccah, perché non hai aspettato ancora un po’? – le chiese abbracciandola e stringendola forte a sé mentre accarezzava i suoi capelli ricci. – Mi dispiace. Non arrivo mai in tempo. Questa volta non basterà che ti abbracci, che dorma accanto a te o che ti canti una canzone, vero? – le chiese accennando un sorriso amaro e stringendola ancora più forte. Dopo di che, le diede l’ennesimo bacio sulla fronte e la riappoggiò sul materasso con delicatezza. L’uomo era rimasto a terra fissando tutta la scena sconvolto.
- Non ti eri accorto che stessi scopando un cadavere? Dimmi, da quanto tempo ti stai scopando un cadavere …?
- Io … io non lo sapevo … - era un ammasso di carne putrida che tremava come una foglia dopo essersi reso conto di aver ucciso una ragazza.
- No, che non lo sapevi, come potevi? Eri così preso a fotterla come una capra … - gli disse voltandosi verso di lui e guardandolo con un’espressione agghiacciante.
- Mi dispiace, mi dispiace tanto! Che vuoi farmi? – gli chiese terrorizzato rialzandosi in piedi a fatica e indietreggiando mentre Walter si avvicinava.
- Non voglio neanche toccarti per ucciderti. Mi fai troppo schifo – rispose il ragazzo dandogli un calcio e facendolo cadere dalla finestra che si trovava dietro di lui. Essendo al terzo piano, con l’impatto, lord Rupert morì.
 
- Ma che bella sorpresa, amore mio! – gli disse Ellaria baciandolo passionalmente. – Saranno settimane che non mi porti qui! Sto aspettando da un po’!
- Perdonami, mia signora, ho avuto delle cose da fare come ben sai! – le rispose Oberyn ricambiando il bacio ed entrando dentro la casa dei piaceri di Petyr Baelish.
- Principe Oberyn, che piacere rivedervi!
- Lord Baelish, anche per me è un piacere essere di nuovo qui!
- Cos’è questo mortorio? – chiese Ellaria notando l’inusuale silenzio tombale nel luogo.
- A causa del tragico incidente che è avvenuto ieri, milady. Non so se ne siete al corrente, ma un mio cliente, Lord Rupert Arween, mentre si trovava all’apice del piacere con una delle mie ragazze, distrattamente è caduto dalla finestra, morendo.
- Che morte orrenda! E la ragazza? Sarà sconvolta!
- Morta anche lei. Vedendo la scena, il suo cuore ha ceduto, povera fanciulla!
- Una storia tragica, senz’altro, ma ora, passiamo al dunque: cosa avete da offrirci quest’oggi? – chiese Oberyn cambiando discorso.
- Tutto ciò che desiderate, principe! Sapete che in questo luogo ce ne è per tutti i gusti.
- E ogni volta che vengo qui sono sempre soddisfatti in pieno! – esclamò l’uomo, rivolgendosi poi alla sua donna. – Dunque, mia signora? Stavolta facciamo numero pari o dispari?
- Sono più per il pari oggi – disse lei già con lo sguardo languido.
- Allora, portateci quattro ragazze e quattro ragazzi, Lord Baelish! – disse convinto Oberyn.
Mentre vedeva la sua donna intrattenersi con una delle ragazze, lui era nudo sopra una dei ragazzi e si godeva quel sacro momento di piacere. Ad un tratto, tuttavia, il principe udì dei rumori simili a quelli di una lama che si schiantava su una superficie, in lontananza. Erano suoni lievi per quanto distanti, ma ciò non vietò alla sua curiosità di farsi avanti.
- Perdonatemi miei intrattenitori e mie intrattenitrici, e perdonami anche tu, mia signora; non ci metterò molto. Ho solo udito un rumore che mi ha incuriosito – disse Oberyn rivestendosi velocemente e baciando la mano di Ellaria impegnata in altre allettanti attività.
- Mio principe, non ti bastano questi otto? – gli chiese lei alzando distrattamente il viso dal seno di una ragazza. Oberyn le sorrise e uscì dalla grande stanza, ascoltando quei rumori per capire da dove provenissero. Quando l’uomo, salendo qualche rampa di scale, capì che la fonte dovesse trovarsi in una sorta di soffitta in cima alla casa, la raggiunse e aprì la vecchia porta impolverata scoprendo che era molto lontana dal lusso estremo delle stanze di quel bordello. Dentro quello spazio grande e abbandonato, vi trovò un ragazzo che stava lanciando anche cinque pugnali contemporaneamente, colpendo oggetti diversi, tra cui varie bottiglie di vetro vuote, con una precisione e una foga, al tempo stesso, disarmanti. Era veloce, preciso e scattante nei movimenti, nonostante si percepisse anche da lontano che una furia cieca lo stesse divorando da dentro. Non mancava neanche un colpo e man mano aumentava la difficoltà. Sembrava un elegante animale impazzito rinchiuso in uno spazio troppo piccolo. Il principe, dopo che lo ebbe osservato per un po’, affascinato dai suoi movimenti, decise di annunciare la sua presenza. - Perché mai Petyr Baelish ci ha offerto dei banali bronzi per intrattenerci, quando aveva l’oro rinchiuso quassù? Siete decisamente sprecato in una soffitta.
Non appena udì quelle parole dell’intruso sconosciuto, Walter si voltò e gli lanciò uno dei pugnali che aveva tra le mani, facendolo colpire esattamente il punto della parete dietro l’uomo che era un millimetro sopra la sua testa. Oberyn rimase inizialmente paralizzato dal gesto improvviso.
- Andatevene – la sua voce era un concentrato di rabbia.
- D’accordo, sono partito con il piede sbagliato, non era mia intenzione farvi innervosire. Io sono il principe Oberyn Martell di Dorne. - Il ragazzo non gli rispose e ricominciò a lanciare pugnali. – Siete sempre così bravo, oppure soltanto quando volete uccidere qualcuno?
- Non voglio uccidere qualcuno. Vorrei sterminare un’intera specie.
- Per caso la ragazza che è morta ieri era vostra amica? Questo spiegherebbe il dolore che sfogate in rabbia.
- Non osate parlare di lei – gli disse Walter avvicinandosi e puntandogli un pugnale alla gola.
A ciò, Oberyn alzò le mani in segno di innocenza. – Non credete sia meglio sfogarvi con un duellante in carne ed ossa in un combattimento vero? Permettete? Se siete bravo con la spada quanto lo siete con i pugnali, ho trovato pane per i miei denti.
- Avete pagato per ben altro oggi venendo qui. Ritornate giù, principe, il vostro tempo sta terminando.
- Preferisco un altro tipo di intrattenimento – disse Oberyn afferrando due delle vecchie spade abbandonate a terra e porgendone una a Walter. – So che lo volete. L’odio che leggo nei vostri occhi non può essere placato da qualche coltello.
A ciò, il ragazzo afferrò finalmente la spada, dopo tanto tempo che non ne impugnava una. Gli mancava terribilmente quella sensazione. – Sono un po’ arrugginito. Ma avete ragione, ho troppo bisogno di sfogarmi per rifiutare una proposta del genere – disse Walter attaccando per primo. Oberyn era incredibilmente abile nel combattimento ma, nonostante ciò, gli fu molto difficile tenergli testa. La tecnica del principe era decisa e schietta, ma quella del ragazzo di fronte a lui, era precisa, audace, implacabile, scattante, elegante ed estremamente veloce. Sembrava un tornado mentre più volte aveva rischiato di ucciderlo davvero e di disarmarlo, e nei suoi occhi viola sembravano fuoriuscire vere e proprie fiamme. Oberyn non sapeva se fosse così imbattibile grazie anche alla sua rabbia, ma era certo che il suo modo di muoversi fosse qualcosa di raro ed impressionante. In alcuni momenti, gli ricordava qualcuno, ma non riusciva a focalizzare chi nella sua mente. Dopo circa trenta minuti di combattimento asfissiante, Oberyn venne disarmato e alzò le mani al cielo in segno di resa. Walter accennò un sorriso soddisfatto per la vittoria e per essersi in parte sfogato.
- E voi sareste arrugginito?? – chiese con un sorriso sconvolto il principe ancora con il fiatone. – Siete agghiacciante. Capisco che avete dalla vostra parte l’energia travolgente della giovinezza, ma io dalla mia ho l’esperienza! A tratti mi ricordate qualcosa che ho già visto, ma non ricordo cosa di preciso. Quell’eleganza … - Oberyn si concentrò per riportare alla mente immagini lontane nel tempo.
- Quanto mi mancava … - sussurrò Walter sfiorando la lama della spada con le dita.
- Ad ogni modo, se mi date la possibilità di avere una rivincita, proverò a tenervi testa sul serio questa volta. Ma cercate di non farmi a pezzetti: vorrei ritornare intero dalla mia signora e non posso morire prima di aver assistito al processo di Tyrion Lannister domani. Non mi perderei per nulla al mondo un evento del genere!
- Cosa avete detto? – gli chiese Walter confuso.
- Riguardo al processo?
- Tywin Lannister non aveva affermato di voler rimandare il processo di suo figlio fin quando non avesse trovato il rapitore di Cersei alleato del Nord?
- Lo aveva detto, sì, ma ha cambiato idea giusto due giorni fa: dato che di quel ragazzo sembra non esserci traccia, ha deciso di far processare comunque suo figlio. Quell’uomo lo vuole davvero morto quel povero folletto! Ovviamente, nel frattempo e anche dopo, le ricerche continueranno e la sorveglianza non farà che aumentare sempre di più, finché non lo troverà.
In quel momento, un’idea balenò nella mente di Walter. Forse era l’idea più folle che avesse mai avuto. Ma, d’altronde, lui non aveva mai avuto un’idea sana e tutte le imprese spregiudicatamente temerarie che si proponeva di compiere, gli erano riuscite. Era la sua occasione e, di certo, non se la sarebbe lasciata sfuggire. Per niente al mondo.
 
Cersei entrò dentro la sala del consiglio trovandosi davanti a tutti i consiglieri del re sovrappensiero, a suo figlio con lo sguardo spaesato, mentre suo padre camminava avanti e indietro con una certa agitazione.
- Che sta succedendo? – chiese la donna.
A ciò, Tywin le porse un messaggio. – È arrivato questa mattina. Proviene da Castello Nero. – Cersei prese il messaggio e lesse velocemente, pietrificandosi ad ogni parola. – Sansa Stark è arrivata a Castello Nero dove si trova suo fratello, lord comandante dei Guardiani della Notte e primogenito di Ned Stark. Rivogliono il loro fratellastro. Se non glielo ridiamo noi, hanno detto che se lo verranno a prendere loro – disse Tywin guardando sua figlia leggere il messaggio. – Ho chiesto spiegazioni a Varys e a Baelish, gli unici insieme a te, che fossero presenti il giorno della liberazione di Sansa nella sala, e che non siano morti o in prigione. Mi hanno detto che Joffrey aveva dato il comando di far sapere a chiunque non conoscesse già la verità, che il tuo rapitore fosse un individuo dalle origini sconosciute e non il fottuto bastardo di Ned Stark. Non posso darvi la colpa essendo stato un ordine del re e poiché, a ragione, credevate che fosse la cosa giusta, ma mi volete spiegare perché diavolo non mi avete informato di ciò almeno quando Joffrey è morto?! Abbiamo un membro della famiglia Stark qui ad Approdo del Re ed essendo il Primo Cavaliere, non credi che avrei dovuto esserne a conoscenza, Cersei Lannister?? – il tono di suo padre era più autoritario del solito. – Ma ora non è il momento della tirata di orecchie, dato che abbiamo un problema ben più importante di tutti gli altri: non sappiamo dove accidenti sia quel ragazzo. Di conseguenza, anche se volessimo, non possiamo consegnarglielo. Come se non bastasse, tutto ciò accade il giorno prima del processo di Tyrion. Mi sto seriamente convincendo che gli dei si siano rivoltati contro la nostra famiglia.
 
Era notte fonda e Tyrion stava dormendo nel freddo e umido pavimento della cella. Il nano si destò udendo un rumore di passi avvicinarsi. Scorse una figura molto alta e incappucciata al di là della cella. Non appena l’individuo si tolse il cappuccio, Tyrion rimase piacevolmente sorpreso. - Walter? Sei tu? Ultimamente la mia vista si è un po’ appannata essendo abituata a questa continua luce soffusa – disse il nano avvicinandosi alla sbarre per guardarlo meglio.
- Sì, Tyrion. Sono io.
- Cosa ci fai qui ad Approdo?? Se sei ancora tutto intero vuol dire che non ti hanno catturato, ma allora perché non sei scappato??
-  È una lunga storia, amico mio, ma lo farò presto. E tu mi aiuterai in questo, come io aiuterò te.
- Temo di non poterti essere di grande aiuto qui dentro, senza contare che, da domani, sostanzialmente, potrò già essere dichiarato un uomo morto.
- Mi aiuterai proprio grazie a questo: ricordi quando mi hai parlato del processo per combattimento?
- Sì, certo.
- Combatterò per te, Tyrion Lannister. E, se vincerò, in cambio, oltre alla tua libertà, voglio anche la mia. 

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Capitolo 16
*** Il drago e la Montagna ***


Il drago e la Montagna
 
- Richiedo un processo per combattimento! – esclamò Tyrion Lannister al suo processo, dopo il suo immenso discorso liberatorio. Tutti i presenti rimasero interdetti.
- E chi intendi scegliere come cavaliere che combatterà per te? – gli chiese quasi divertito suo padre.
- Non è un cavaliere. È il figlio bastardo di Ned Stark, Walter Snow.
A quelle parole, la folla dei presenti rimase ancora più sconvolta, mentre Cersei si alzò in piedi. – Sì, “amici miei”… - disse Tyrion rivolgendosi a tutte le persone sedute nella sala, dietro di lui - … qui nella capitale abbiamo uno Stark. È stato lui a rapire mia sorella e a salvare la sua di sorella, Sansa Stark. Il re ve lo ha tenuto nascosto, mentendovi e dicendovi che fosse uno straniero dalle origini sconosciute. Quest’oggi, io lo rendo pubblico, in modo che tutti sappiano chi è, perché è qui, che combatterà per me e quali sono le sue condizioni.
Udendo ciò, Oberyn collegò i pezzi e avendo sentito, in passato, che Ned Stark avesse avuto un bastardo da Ashara Dayne, gli fu tutto chiaro e sorrise piacevolmente sorpreso.
- Richiede addirittura delle condizioni?? – chiese Cersei con una voce divertita e innervosita nello stesso tempo.
- Le sue condizioni comprendono che, se dovesse vincere, voi lo lascereste andare via da Approdo del Re come una persona libera.
Cersei scoppiò in una fragorosa risata.
- Il ragazzo pensa di essere nella posizione di avanzar richieste? – disse Tywin accennando un mezzo sorriso anche lui.
- Cosa c’è, padre? Temete per caso di subire un’ulteriore umiliazione da lui? Temete che il Nord possa vincere contro il Sud pubblicamente?
- Questi giochetti non funzionano, Tyrion.
- Sapete benissimo che, se rifiutaste, dimostrereste di avere paura di quel ragazzo. Ammettereste la sua vincita, di nuovo, come quando ha liberato Sansa sotto ai vostri occhi. Dimostrereste di avere paura di un semplice bastardo del Nord. Se siete così certo di vincere, perché non accettate? Se siete così certo che lui morirà durante il duello contro il vostro campione, perché esitare? In fondo sarebbe un modo ancora più umiliante e doloroso per farlo morire, proprio come avevate previsto all’inizio, prima che fuggisse. Se non accetterete di lasciarlo libero in caso di vincita, lui non combatterà e rimarrà nascosto. Non lo avete trovato fino ad ora, come potete affermare di riuscire a trovarlo in futuro? Non sareste mai in grado di prenderlo e di assicurarlo alla giustizia. Siete sicuro che il vostro campione lo batterà, giusto? Allora, non vi rimane che acconsentire alle sue condizioni e guardarlo morire sotto i vostri occhi. Otterreste due piccioni con una fava, dato che, in tal caso, morirei anche io. Non era quello che volevate fin dall’inizio?
Cersei capì che Walter aveva tirato fuori tutta la scaltrezza e l’arguzia di cui era capace e li aveva incastrati proprio come polli. Quel ragazzo, ancora una volta, gliel’aveva fatta sotto il naso. Cersei non poteva permettere che ciò accadesse. Se avesse duellato sarebbe potuta andare in due modi: o sarebbe morto, e non era quello che lei voleva; oppure avrebbe vinto e sarebbe scappato via, e non avrebbe voluto neanche questo. Si trovava con le spalle al muro e sapeva già quale sarebbe stata la risposta di suo padre a tali provocazioni.
- E sia. Tra cinque giorni si svolgerà il duello che decreterà il vincitore del processo per combattimento. Walter Snow si sfiderà con Ser Gregor Clegane. L’incontro è concluso – decretò Tywin, non lasciando ai presenti neanche il tempo di metabolizzare la notizia. Cersei si aspettava anche la decisione di suo padre riguardante lo sfidante. La donna si avvicinò a lui mentre tutti stavano lasciando la sala. – Padre, non potete farlo.
- Rilassati. Sai bene che contro Ser Gregor Clegane qualsiasi uomo verrebbe inesorabilmente sconfitto.
- E intendete piegarvi in questo modo?
- Non mi sto piegando, anzi: avrei mostrato debolezza se non avessi accettato la proposta di quel lupo bastardo. In questo modo avremo la sua morte assicurata senza doverci disturbare a trovarlo. Cos’è che ti turba, esattamente? – La donna non rispose a quella domanda. Tywin la scrutò con uno sguardo indagatore. – Non pensare che non mi sia accorto che la descrizione che mi hai dato di quel ragazzo non corrisponde affatto a lui. Mi sono informato sull’aspetto del bastardo di Ned Stark.
- Ho dovuto farlo perché, altrimenti, avreste avuto sospetti sulla sua vera identità.
- Sembra quasi che tu non voglia che muoia – disse infine suo padre voltandole le spalle e abbandonando la sala.
 
Oberyn si presentò nuovamente al bordello il giorno dopo il processo, chiedendo esplicitamente di vedere Walter Snow. Oramai la notizia si era sparsa ovunque, perciò Ditocorto non si sorprese che il principe dorniano sapesse chi fosse davvero il ragazzo che stava nascondendo al bordello.
Oberyn bussò alla porta della sua stanza e Walter gli diede il permesso di entrare aspettandosi che fosse Ditocorto.
- Voi? Cosa ci fate di nuovo qui?
- Quando ho realizzato chi eravate, ieri, al processo, e ho inteso ciò che avete intenzione di fare, grazie alle parole di Tyrion, sono rimasto perplesso. Quanti anni avete? Venti o poco più?
- Da oggi diciotto.
- Nonostante ciò, penso che abbiate le palle e le potenzialità per battere la Montagna. – Poi l’uomo si avvicinò di più a lui, concentrato. – Ashara aveva gli occhi diversi. Erano di un viola più chiaro, con qualche sfumatura di ametista.
- Non mi avete ancora detto perché siete qui.
- Dovete sapere che, se Tyrion avesse comunque deciso di optare per un processo per combattimento, anche senza la vostra proposta, mi sarei offerto io di combattere per lui contro la Montagna.
- Non pensavo che aveste così a cuore Tyrion.
- Non lo avrei fatto per lui. Sospettavo che avrebbero scelto Gregor Clegane come loro campione. Non so se conoscete la atroce storia della mia sfortunata sorella.
- Ho udito qualcosa al riguardo.
- Quel mostro ha stuprato Elia, l’ha uccisa a sangue freddo e ha ucciso anche i suoi figli, quando quell’infame di suo marito Rhaegar se la stava spassando con vostra zia! Penso di essere stato il solo ad aver sempre provato dei sentimenti così negativi nei confronti di quel drago, e, a quanto pare, facevo bene. Ho un gran conto in sospeso con la Montagna. Per questo mi assicurerò che voi siate pronto per batterlo e ucciderlo.
- Avete intenzione di allenarmi? – gli chiese Walter con sguardo sfrontato e quasi divertito.
- Vi sentite già così pronto?? Non credo che vi farebbe male un po’ di allenamento in questi quattro giorni prima del duello. Per quanto siate forte e veloce, Ser Gregor è una vera e propria macchina da guerra. Voi siete solo un ragazzo e …
- Non mi sono mai considerato tale e non comincerò a farlo ora.
- Bene. Questo è lo spirito che volevo vedere in voi! Ora sbrigatevi e raggiungetemi nella soffitta!
 
Oramai mancava solo un giorno al duello ed era arrivato il momento degli addii. Sia che avrebbe perso, sia che avrebbe vinto, non avrebbe più rivisto quelle persone che in poco tempo erano divenute a lui tanto care. Oberyn aveva trascorso ogni giorno al bordello per tenere Walter in allenamento in vista del grande duello. Le cose erano cambiate molto, ma oramai, il ragazzo si stava abituando ai cambiamenti repentini. Tuttavia, ciò non aveva permesso che la quotidianità con Beccah spezzata così brutalmente, non gli mancasse terribilmente. Ma, ormai, le cose erano andate in un modo, e non avrebbe potuto far nulla per tornare indietro e cambiarle. Come non poteva ritornare indietro per salvare Cat e tutto l’esercito Stark, per impedire la morte di suo padre e per trattenere quest’ultimo e le sue sorelle dal partire per Approdo del Re. Walter aveva imparato a guardare avanti, non per dimenticare tutto quello che gli era stato fatto, ma per trovare un modo per riscattare e ripagare tutto quel male.
Il ragazzo si infilò il solito mantello tirando su il cappuccio e si avviò, per l’ultima volta, verso Fondo delle Pulci.
Bussò alla “tana” e, questa volta, Dana gli aprì immediatamente. Gli occhi chiari della donna si velarono di lacrime mentre lo guardava sulla soglia, consapevole di quello a cui sarebbe andato incontro il giorno seguente. Lui le sorrise cercando di rassicurarla e di nascondere la sua malinconia. - Ehi, Dana. Non puoi piangere appena mi vedi.
- Il tuo nome è Walter, giusto?
- Sì.
- Mi mancherai, ragazzo mio – disse lei fiondandosi su di lui e stringendolo forte a sé come se stesse per perderlo, per perdere un figlio. – Queste settimane con te qui, sono state le più belle e intense per me e per i bambini … ci mancherai infinitamente.
- Anche voi mi mancherete. Mi mancherete tantissimo.
Dopo qualche minuto, la donna si decise a staccarsi da lui e si asciugò le lacrime che scendevano copiose sul suo viso.
- Stai facendo un ottimo lavoro con loro, Dana. Lo hai sempre fatto. So che continuerai ad essere la madre che non hanno mai avuto.
- Lo spero … Ho comprato le medicine con il denaro che mi hai portato. Funzionano.
- Ne sono felice. Addio, Dana - disse infine accennandole un ultimo sorriso e uscendo dalla porticina. Non appena fu fuori dalla tana, si trovò Alain dinnanzi a sé, come se lo stesse aspettando. Il ragazzino cercava di nascondere un’espressione triste, mostrandone una più intrepida, più adulta.
- Ehi. Ora puoi finalmente chiamarmi con il mio vero nome e smettere di fingere di non sapere chi sono davanti agli altri – gli disse Walter accovacciandosi per mettersi alla sua stessa altezza.
- Ce la farai. Lo so che ce la farai. Ho visto cosa sei capace di fare – gli disse sicuro il bambino guardandolo negli occhi. Walter rimase sorpreso di fronte a tale sicurezza. Neanche lui era certo di farcela. Invece Alain sembrava riporre completa fiducia nelle sue potenzialità, come aveva sempre fatto.
- Ci proverò.
- Devi tornare a casa perché la tua famiglia ha bisogno di te. I tuoi fratellini ti aspettano – disse cercando di mantenere la voce ferma. Si vedeva che stava facendo un’immensa fatica a non cedere alla debolezza. Walter gli sorrise dolcemente mentre gli prese le spalle.
- Tu sei come me. Devi essere sempre forte per occuparti di tutti gli altri, di tutti quelli a cui vuoi bene che non sono forti quanto te. Perché vuoi farlo. E so che ne sei capace. So che ti prenderai cura di loro e che sarai abbastanza forte. Non ti arrenderai, non è da te. E anche senza le mie stupide lezioni e il mio aiuto, ce la farai benissimo.
- Mi piaceva avere un fratello – disse il bambino smettendo di resistere e lasciando che qualche lacrima scendesse giù. Walter lo abbracciò e lo strinse forte.
- Non ti dimenticherò, Alain.
- Neanche io, Walter. Anche se sarai lontano. Perché sarai lontano, dalla tua famiglia e non morirai domani.
A quelle parole, Walter sorrise ancora, trovando sempre più difficile sciogliere quell’abbraccio. Quando lo fece, il bambino gli indicò un punto. – Lei è arrivata un’ora fa. Sperava di trovarti subito. È laggiù, sta giocando con alcuni orfani.
- D’accordo. Cerca di prenderti cura anche di lei, Alain. Sembra la donna più forte e indipendente del mondo, e lo è, ma anche lei ha bisogno di qualcuno che la protegga.
- Lo farò – lo rassicurò il bambino dandogli un ultimo saluto con la mano e andandosene. Walter lo guardò andare via, poi si diresse verso il punto che gli aveva indicato per l’ultimo addio e, forse, anche il più doloroso. Il ragazzo vide la regina mentre aiutava un ragazzino a prendere dell’acqua da un pozzo e ogni tanto lo schizzava per indispettirlo ingenuamente. Non appena ella si accorse di lui, il suo sguardo cambiò e si intristì nonostante era palesemente felice di vederlo. La ragazza si allontanò dai bambini e lo raggiunse. - Dobbiamo parlare di molte cose, non è vero? – gli chiese lei.
- Già. Vieni, camminiamo un po’. - I due cominciarono a camminare per i vicoli di Fondo delle Pulci. – Mi dispiace per non averti potuto dire nulla su di me.
- Non devi scusarti. Capisco in pieno. Non oso pensare cosa stessi passando. Rinchiuso in te stesso, senza la possibilità di poterne parlare con qualcuno. Posso solo immaginare come ti sentissi. Avrei voluto essere una persona con cui confidarti, ma comprendo bene il motivo per il quale non l’hai fatto.
- Ora sai che il mio nome non è Evan, che sono un bastardo, che sono il figlio di Ned Stark, che vengo dal Nord e che sono io il rapitore di Cersei, “colui che ha svergognato e umiliato la corona” liberando Sansa.
- Sai, ho cominciato a provare simpatia verso quel ragazzo ricercato dalle origini sconosciute di cui tutti parlavano, soltanto perché aveva liberato Sansa. Ho stretto un forte legame con tua sorella quando era qui. Soffriva molto e aveva bisogno di un’amica, come ne avevo bisogno anche io. È una ragazza dolce, sensibile e intelligente. Non vedevo l’ora che qualcuno potesse mettere fine al suo tormento e liberarla, affinché potesse tornare a casa sua, il Nord che tanto le mancava.
Walter rimase piacevolmente sorpreso da ciò. Non poteva immaginare che sua sorella e Margaery fossero diventate amiche.
- Ne sono felice. Quando sono scappato di prigione, Lord Varys mi ha fatto nascondere al bordello di Ditocorto. Dopo varie minacce da parte di Cersei e l’alta probabilità di essere catturato di nuovo se solo avessi provato a fuggire, ho deciso di sfruttare quel tempo che avevo come potevo. E mi sono pian piano abituato a questa vita. Quello del bordello era solo un camuffamento. Non ho mai lavorato lì e mai lo avrei fatto, neanche sotto tortura.
- Ne sono felice e rincuorata – ammise lei. – Cosa vuole ancora Cersei da te?
- Non lo so’. Non so cosa aspettarmi da quella donna, ma spero che, quando sarò abbastanza lontano da qui, si dimenticherà di me. Fai molta attenzione a lei, Margaery. So di cosa è capace e sembra odiarti più di quanto odi gli altri.
- Lo so bene, ma posso vantarmi di saperle tenere elegantemente e degnamente testa – disse lei accennando un sorriso.
- Non avevo dubbi. Mi chiedo come fai a vivere in questo posto senza cadere in un esaurimento.
- Sono abituata ad ambienti del genere. Molti pensano che per riuscire a vivere qui bisogna diventare come loro, ma non è realmente così. Basta sapersi adattare ed essere capaci di prendere tutto ciò che ci capita, che vediamo e che udiamo, nel giusto modo, senza per forza dover cambiare la nostra natura.
- Sì, hai ragione, lo penso anche io. Avrei voluto che avessimo più tempo.
- Anche io. Da quando ho cominciato a venire tutti i giorni qui, Tommen ha iniziato a farmi domande su domande e ho dovuto mentirgli, trovando banali scuse. Gli voglio molto bene e voglio salvaguardarlo da quello che potrebbe diventare stando qui e con l’influenza di sua madre, ma il mio cuore non apparterrà mai a lui – disse la ragazza malinconicamente.
- Sono certo che arriverà l’uomo che riuscirà a meritarti. E sarà molto fortunato.
- Ti prego, non dire così. Non migliori le cose …
- Entro qualche tempo riusciremo a dimenticarci l’uno dell’altra. Succede così quando due persone sono costrette a separarsi. La vita, ad ogni modo, va avanti.
- Già. E tu riuscirai a trovare una donna degna di starti accanto?
- Non ne ho così bisogno.
- Neanche io ho così bisogno di un uomo. - I due sorrisero sommessamente e tacquero per un po’. Fu la regina a rompere il silenzio. – Percepisco come se ti fosse successo qualcosa. Ho imparato a leggere i tuoi occhi e li vedo velati da un sentimento che prima non scorgevo. È normale che siano tristi, esattamente come i miei, in un momento del genere, ma non sembra trattarsi di questo …
- È che … sono successe tante cose da quando sono qui e … cinque  giorni fa è morta una persona alla quale tenevo molto nel bordello. Era una delle persone migliori che abbia mai conosciuto e vederla morire in quel modo, sapendo che potevo evitarlo, come avrei potuto evitare tante altre morti, è stato … lacerante. Grazie a lei, grazie a te, grazie ad Alain, agli altri bambini e a Dana, sono felice di essere venuto ad Approdo del Re ed essere rimasto imprigionato qui. Voi siete gli unici motivi per i quali non mi pento del mio tempo trascorso in questo luogo simile ad una sorta di inferno per me.
- Mi dispiace tanto per la tua amica. E mi dispiace che tu te ne vada lontano anche se è ciò che vuoi e che è giusto. Mi auguro che tu domani vinca quel duello, Walter, lo spero con tutto il cuore e pregherò per te affinché ciò avvenga e tu possa essere libero, come meriti di essere.
- Grazie, Margaery. Dunque, questo è un addio – disse lui, stavolta indeciso su come comportarsi. Perciò, dopo qualche secondo, si decise e la abbracciò. La ragazza ricambiò calorosamente quell’abbraccio seppellendo il viso nel suo petto. Quando si staccarono, Walter le diede un semplice bacio sulla guancia. – Sarebbe troppo doloroso fare altrimenti, perciò è meglio limitarsi a questo – le sussurrò mentre si allontanava dal suo viso.
- Sì, sarebbe troppo doloroso … - confermò lei – ma soffrirò volentieri – aggiunse la ragazza prendendogli il viso tra le mani, spingendolo giù e baciandolo, dimostrando la sua solita audacia. Fu un bacio dal sapore dolceamaro, breve e sfuggente per limitare le ferite, ma sofferto perché tanto atteso e desiderato, bramato come un mercenario bramava un baule colmo di lingotti d’oro e disperato per la consapevolezza e il peso dell’addio che portava con sé. Le labbra dei due ragazzi erano morbide a contatto tra loro, fredde e calde allo stesso tempo, quanto energiche e smaniose di avere di più, ma bloccate, e lontane le une dalle altre troppo presto e troppo in fretta. I due si sorrisero un’ultima volta e, con grande fatica, le loro mani si divisero, lasciandosi andare.
Non appena il ragazzo si allontanò da Margaery, intravide, in un angolo, un uomo incappucciato che lo stava guardando come per attirare la sua attenzione, e lo riconobbe subito; così si avvicinò. - Volevate dirmi addio anche voi, Lord Varys? – gli chiese in tono divertito.
- Non mi aspettavo che avreste compiuto una scelta simile. Mi colpite sempre di più, Walter. Siete una creatura complessa, una creatura che non mi sarebbe dispiaciuto studiare un po’ di più.
- È arrivato finalmente il momento che aspettavate.
- A cosa vi riferite?
- Il momento in cui vi ringrazio.
- Ora vi fidate di me?
- Non del tutto, ma se non fosse stato per voi, sarei probabilmente stato catturato una volta scappato di prigione.
- Mi dispiace avervi dovuto costringere a permanere in un luogo tanto inopportuno e inadatto a voi, oltretutto con un elemento come Lord Baelish.
- La prossima volta che lo rincontrerò, spero di avere prove a sufficienza per incastrarlo e consegnarlo alla giustizia. Mi auguro di non scoprire qualcosa di compromettente anche su di voi, amico mio – gli disse infine Walter, appoggiando una mano sulla sua spalla mentre gli accennava un sorriso sincero, e andandosene successivamente. Varys, contento di tale appellativo, lo guardò svoltare in un vicolo e allontanarsi dalla sua visuale. – Spero di rivederti presto e di poter vegliare su di te anche a distanza, Walter. Quando ci rivedremo, ti dirò chi sei.
 
Giunse finalmente l’agognato giorno del duello. In molti erano presenti per quell’evento, nell’arena, tra cui alcune famiglie delle più importanti presenti ad Approdo, come il principe Oberyn Martell insieme ad Ellaria. L’uomo era uno dei più impazienti. Non vedeva l’ora di vedere l’assassino di sua sorella ricevere finalmente ciò che si meritava, nonostante non fosse lui ad infliggergli quella pena. Il re e la regina erano seduti nel posto d’onore, dove la visuale del combattimento sarebbe stata più confortevole. Margaery cercò di non lasciar trasparire alcun emozione per quel che stava per accadere, ma le fu infinitamente difficile questa volta, trattandosi di Walter. Cersei, la quale era seduta di lato, accanto a suo padre e a Jaime, stava provando a fare la stessa cosa, nonostante i suoi sentimenti fossero differenti nei confronti del ragazzo. La donna sapeva che, comunque fosse andato a finire il duello, sarebbe stata una disfatta per lei e non riusciva a rimanere tranquilla, tanto che Jaime se ne accorse. Tyrion era tenuto incatenato, ad un lato dell’arena, anche lui nervoso e in trepidante attesa.
Walter era appena entrato nello spazio circolare. Per la prima volta in vita sua, indossava una vera armatura che Oberyn gli era riuscito a procurare e che l’aveva costretto ad indossare. Si sentiva strano dentro quell’ammasso di metallo, più pesante e meno veloce, ma si convinse che si sarebbe abituato anche a quello. Per uno che possedeva come punti di forza l’agilità e la velocità nel combattimento, non era il massimo indossare un’armatura, ma Oberyn si era appellato alla sua maggiore esperienza e lo aveva convinto che un duello senza armatura contro un avversario come Clegane, avrebbe decretato la sua sconfitta fin da subito, così lo aveva ascoltato. Tuttavia, aveva deciso di non indossare almeno l’elmo per essere libero nella vista e nei movimenti almeno di quella parte del corpo. Ser Gregor Clegane, colui che chiamavano la “Montagna”, era uno dei pochi che superava Walter in altezza. L’uomo appariva quasi come una creatura sovrumana per quanto grosso e dalla corporatura estremamente possente. Era giudicato uno dei migliori cavalieri dei sette regni insieme a suo fratello Sandor, a Jaime Lannister e a Loras Tyrell. Walter poteva vedere il ghigno di scherno sotto l’elmo della Montagna mentre lo guardava, convinto di riuscire a uccidere con uno schiocco di dita un ragazzo che non era neanche un cavaliere. Tutti sarebbero stati intimoriti da quella bestia dalle sembianze umane, ma Walter non lo era in quel momento. Si sentiva leggero, come se non avesse nulla da perdere e tutto da vendicare. Walter guardò il suo avversario con uno sguardo vuoto e gelido. Non appena udì il suono che dava inizio al duello, Ser Gregor si avvicinò a lui sferrando il primo colpo con la spada, il quale fu parato prontamente da Walter. La rabbia sfavillava dai suoi occhi come fuoco e tutti riuscirono ad accorgersene. I due cominciarono a fare sul serio e Walter fu quello che attaccò ripetutamente, mettendo in difficoltà Clegane con i suoi colpi decisi e la sua immensa velocità, la quale, nonostante fosse frenata dall’armatura, era sempre infinitamente maggiore di quella dell’avversario che puntava, piuttosto, sulla potenza fisica. Tywin si accorse che il ragazzo era molto più abile con la spada di quanto si aspettasse, e così anche Jaime. I due erano opposti l’uno all’altro, sia come tecnica di combattimento, che fisicamente, perciò il duello si prospettò molto più intenso di quanto avessero previsto tutti. Mentre combatteva, gli sembrava di non essere più lui, non riusciva a trattenersi, a pensare, ragionare, per quanto fosse arrabbiato. La furia che sentiva dentro oscurava tutto e, di ciò, si accorsero Cersei e Margaery che lo conoscevano meglio.
- Sei agile, forte e veloce, ma questo non ti salverà. Non è abbastanza! – gli urlò la Montagna scagliandosi contro di lui con tutta la forza che aveva in corpo e prendendolo alla sprovvista. Lo aveva imprigionato a terra con il peso del suo corpo e lo stava praticamente schiacciando. Il cuore di Margaery era sul punto di scoppiare, mentre Cersei ebbe un violento sussulto che non passò inosservato. Oberyn e Tyrion temevano il peggio.
– Il felino è in gabbia ora, eh?! – gli urlò soddisfatto Clegane mentre recuperava la sua arma per finirlo. Il ragazzo cercava in tutti i modi di ribellarsi e di muoversi sotto quel peso enorme, ma era immobilizzato e l’armatura che aveva addosso di certo non aiutava. In quell’instante che non durò neanche un secondo, nella mente di Walter comparvero tutti i loro visi. I volti delle persone che aveva perso o che erano state ferite a causa di quel mondo ingiusto e di quei mostri contro cui stava combattendo, rappresentati dall’ammasso di carne che gli era addosso. Vide il volto grigio e spento di Rebeccah, vide la rabbia negli occhi di Alain e la tristezza in quelli di Dana, vide il sorriso malinconico di suo padre, vide il volto spaventato di Sansa, vide Bran steso su quel letto in bilico tra la vita e la morte, vide la disperazione nel viso di Cat, e vide le lacrime in quello di Arya. C’erano solo loro nella sua testa in quel momento, e tutto cominciò ad avere un senso. Mentre la Montagna stava per affondare la lama della spada su di lui, Walter, con uno scatto quasi impercettibile, gli diede una testata immensamente forte. Questa provocò una ferita sulla fronte di entrambi e fece sbilanciare Ser Gregor per un istante che diede il tempo al ragazzo di divincolarsi velocemente dalla sua presa e dargli un violento calcio sulla mandibola facendolo piombare a terra. Mentre l’uomo si riprendeva dal colpo, Walter ebbe il tempo di alzarsi e di strapparsi letteralmente via di dosso l’armatura, la quale gli copriva tutto il torace e metà dei pantaloni. Il ragazzo rimase solo con la maglia di tela bianca che gli scendeva larga sul busto, indumento che si usava mettere sotto l’armatura, e in semplici pantaloni. Sputò a terra il sangue che gli si era accumulato in bocca e recuperò la sua arma dirigendosi verso il suo avversario. Se il popolo libero combatteva senza armatura, perché avrebbe dovuto farlo lui?
- Ora sì che si ragiona – disse finalmente libero di mostrare a tutti la sua vera e fulminea velocità, il suo reale modo di combattere, dinamico, incessante e inimitabilmente audace, un misto tra la rapidità e l’impeto energico di un felino e la flessuosità di un animale strisciante. Il tutto era accentuato da quel sentimento (sempre che si potesse chiamare così) che aveva preso il sopravvento su di lui. La furia e la rabbia che scorrevano vigorose nelle sue vene pulsanti, l’odio che lo nutriva come una droga alimentandolo come un carburante tossico. Era visibile da chilometri di distanza che qualcosa era scoppiato dentro di lui, scatenato dalla visione di quei visi e da tutta la sofferenza che aveva vissuto, subito, visto e sopportato. Non aveva più un cuore in quel momento. Non aveva più niente dentro, e ciò sembrò far esitare persino il suo invincibile avversario, oltre che far salire un brivido freddo sulla schiena degli spettatori.
- Avanti, vieni qui … sono solo dei graffietti … - sussurrò Walter con voce atona, ma facendosi comunque udire da Ser Gregor. Il ragazzo gli aveva appena sferrato degli attacchi che lo avevano messo in seria difficoltà e lo avevano ferito ad entrambe le gambe. Tuttavia, la Montagna non si arrese e attaccò di nuovo, ma Walter compì un movimento deciso e scattante con la spada, il quale lo fece ripiombare a terra.
- Così non mi diverto. Alzati – gli intimò sempre con lo stesso tono di voce. Clegane, sempre più irritato, si rialzò in piedi e gli si gettò contro con tutta la sua furia e la sua forza. Walter attese che gli fosse abbastanza vicino, evitò facilmente l’attacco e, con la stessa disinvoltura, gli trapassò la pancia con la spada. La fece andare fino in fondo, fin quando la lama non sparì completamente dentro quelle carni, sbucando dalla schiena dell’uomo. Compì ciò guardandolo negli occhi tutto il tempo. Ser Gregor cadde in ginocchio ai suoi piedi, cercando comunque di non piombare sdraiato a terra e resistendo al dolore immenso che stava provando. Walter attese qualche minuto, poi gli sfilò via la spada come se si trattasse di uno stuzzicadenti conficcato in una pagnotta, lasciando che il fiume di sangue sgorgasse via dalla pancia dell’uomo.
– Non è ancora finita! – gli urlò la Montagna mentre con le mani cercava inutilmente di limitare la fuoriuscita del sangue. Ma Walter udì a malapena, poiché era andato a recuperare la lancia che aveva abbandonato al confine dell’arena all’inizio. Il ragazzo raggiunse di nuovo il suo avversario e gli conficcò la lama dell’arma che aveva appena ripreso, con tanta forza, da farla entrare all’inizio gola, fino a farla sbucare dall’occhio sinistro dell’uomo, dandogli il colpo di grazia. Il sangue di Clegane aveva schizzato sul suo viso, ma lui non si era né mosso per evitarlo, né si era infastidito per ciò.
In quel momento, Oberyn si alzò in piedi dal suo posto esultando come un bambino e urlando la vendetta di sua sorella; Tyrion stava quasi piangendo dalla gioia, mentre Margaery dovette impiegare tutte le sue forze per non urlare di felicità e sorridere, limitandosi ad un impercettibile respiro di sollievo. Cersei, invece, non era ancora tranquilla e la sua agitazione non faceva che aumentare sapendo quello che sarebbe accaduto di lì a breve. Tywin non era più in sé per la perplessità e la rabbia che albergava in lui. Il Nord aveva battuto il Sud.
Walter non si accorse né degli applausi, né delle voci o delle presenze intorno a sé. Non c’era più nessuno lì, se non lui e l’uomo che aveva appena ucciso a sangue freddo. I suoi occhi erano ancora colmi di quel fuoco freddo e privo d’anima, tanto che sentì la necessità di percepire addosso a sé quel sangue che aveva fatto scorrere, frutto della sua vendetta e del suo sfogo insaziabile. Fece ciò tramite un gesto che lasciò ancora più sconvolti i presenti: pulì il copioso sangue presente sulla lama della sua spada addosso alla sua maglia di telo bianco, facendo scorrere entrambi i lati del metallo sporco sul suo addome. Il tessuto leggero e chiaro si macchiò con il rosso scuro e vivido di quel liquido denso mentre lui sorrideva soddisfatto e appagato.
A risvegliarlo da quello stato di vuoto interiore, fu Tyrion, il quale era stato liberato e si era fiondato nell’arena, richiamando la sua attenzione, avendo capito che ci fosse qualcosa che non andasse in lui, proprio come lo avevano inteso tutti gli altri. - Walter … ? Walter, ce l’hai fatta. Ce l’abbiamo fatta! – esclamò prendendolo per un polso e smuovendolo.
A ciò, Walter sembrò risvegliarsi da quella apparente trance e lo guardò sorridendogli. – Sei libero, Tyrion. Siamo liberi – disse volgendo poi l’attenzione verso le guardie che delimitavano l’arena: queste si erano fatte largo per dare loro la possibilità di andarsene. Erano davvero liberi. Walter si asciugò il sangue dal viso con la manica della maglia e rivolse lo sguardo agli spettatori nella fila davanti, prima di andarsene. Accennò un sorriso sincero e malinconico a Margaery, la quale aveva gli occhi lucidi e luminosi come non mai e che ricambiò quello splendido sorriso. Poi rivolse lo sguardo a Cersei. La donna si era addirittura alzata in piedi, sotto lo sguardo di tutti, e aveva un’espressione più che furibonda. – Non osare … - gli disse fulminandolo sul posto.
- Questa volta è un vero addio, Cersei Lannister – le disse voltandole le spalle e cominciando a camminare per uscire dall’arena e dalla città, con Tyrion al suo fianco.
- Non osare andartene dal mio cospetto!!! Non osare, Walter!!! Torna qui!!! Me la pagherai!!! Io giuro che me la pagherai!!! – urlò con tutta la voce che aveva in gola, venendo trattenuta dalla Guardia Reale mentre tutti la guardavano come se fosse pazza.
 
- Dunque le nostre strade si dividono, Snow – gli disse Tyrion, non appena arrivarono all’uscita della città.
- Ci rivedremo, Lannister.
- Non ti ringrazierò mai abbastanza per quello che hai fatto.
- Non devi ringraziarmi.
- Ora dove andrai?
- C’è una nave che sta salpando per il Nord in questo momento.
- Giusto, che domande!
- Tu, invece?
- Deciderò in viaggio. A scoprire nuovi mondi, suppongo!
- Buon viaggio, amico mio.
- Anche a te. Ti direi frasi del tipo “che gli dei ti proteggano”, ma tu sei l’ultima persona che ha bisogno di protezione o di un dio – gli disse infine il folletto stringendogli la mano e allontanandosi da lui.
Walter si diresse verso la nave, assaporando finalmente l’aria di libertà e salì, rimanendo ad osservare il cielo e il mare sulla prua.
- Dove sei diretto, ragazzo? Il Nord è molto grande – gli disse un vecchio, avvicinandosi a lui.
- Alla Barriera – rispose accennando un sorriso e continuando ad osservare le onde.
 
- Per la confraternita! – urlò Olly conficcando l’ultima pugnalata sul torace di Jon. Il ragazzo lo guardò con gli occhi profondi e scuri che sempre lo avevano contraddistinto, divenuti liquidi, vicini alla morte. Quando il ragazzino tolse il pugnale, il lord comandante dei Guardiani della Notte cadde a terra, tra la neve fredda, con lo guardo rivolto verso il cielo e i fiocchi di neve che si posavano sul suo viso e sul suo corpo lievi e freschi. Jon percepì l’alito vitale abbandonarlo pian piano, proprio come la neve che si posava sul terreno lenta. Ripensò alla sua vita, a tutte le azioni che aveva compiuto e a tutte le persone che avrebbe voluto rivedere prima che arrivasse quel momento. Poi attese, attese che il suo cuore smettesse di battere e che i suoi occhi perdessero la loro luce, rimanendo aperti, rivolti verso quel cielo perennemente grigio. Nel momento esatto in cui la morte avvolse Jon Stark; Walter Snow, ancora dall’altra parte del mondo, appena salpato con la nave che lo avrebbe portato da lui, sentì un forte dolore al petto. Una fitta atroce che lo fece piegare a terra e quasi urlare. Accorgendosi di ciò, degli uomini a prua come lui, accorsero per controllare che stesse bene e lo aiutarono a rialzarsi in piedi. – Che succede, ragazzo?
- Ti senti bene?? – gli chiesero sorreggendolo.
Walter aveva uno sguardo spaesato e teneva ancora la mano stretta al petto. – Sì … credo di stare bene. C’è stato un attimo in cui credo che il mio cuore abbia smesso di battere …
 
 
 
 
 
 
Note:
Sì, ho anticipato gli eventi avvenuti alla Barriera di circa un’intera stagione, comprimendoli praticamente. Questa modifica servirà ai fini di trama e, in futuro, vi accorgerete che anche altri eventi non seguono la temporalità della serie e dei libri, sempre per mia necessità narrativa. Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
 
 

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Capitolo 17
*** Due fratelli e un sogno perduto ***


Due fratelli e un sogno perduto

 

Non era più abituato a quel freddo pungente. Gli era mancato terribilmente per tutti quei mesi. Ora, l’inverno era alle porte, dunque, oltre ad essere quasi giunto alla Barriera, c’era anche un’altra ragione per cui sentisse anche più freddo del solito. Non era mai stato alla Barriera, nonostante fosse stato il suo sogno fin da bambino. Per la prima volta in vita sua l’avrebbe vista dal vivo, avrebbe provato sulla sua pelle la sensazione di guardare giù, oltre il mondo conosciuto, colpito dall’aria ghiacciata e penetrante sulla pelle. Tutto ciò lo rendeva agitato e impaziente, oltre al fatto che avrebbe rivisto finalmente Jon e Sansa.
Le porte di Castello Nero si aprirono davanti ai suoi occhi, e i guardiani annunciarono una visita. Walter scese dal suo cavallo guardandosi intorno curioso. Aveva solamente udito racconti su racconti di quegli uomini vestiti in nero, estraniati dal mondo. E ora, Jon era uno di loro, mentre lui no perché il suo destino era un altro. Una ventata di malinconia lo colpì insieme alla nostalgia dei tempi in cui poteva ancora permettersi di sognare, e alla meraviglia di poter finalmente esplorare quel luogo. Il ragazzo si accorse che, oltre ai confratelli, erano presenti anche degli uomini e delle donne vestiti con pellicce di orsi e di altri animali. Lo fissavano diffidenti e spaesati e, inizialmente, non capì chi fossero e perché si trovassero a Castello Nero.

Dopo qualche minuto, finalmente vide qualcuno a lui familiare in lontananza. Sansa stava correndo verso di lui con le lacrime agli occhi. I due si abbracciarono e Walter la alzò da terra nello stringerla a sé. Si accorse che era diventata ancora più alta. Affondò il viso in quei lunghi capelli rossi che sapevano tanto di casa, e lei fece lo stesso con i suoi.
- Pensavo che ti avrebbero ucciso … ho avuto tanta paura! Abbiamo anche mandato un messaggio a Tywin minacciandolo per fare in modo che ti riconsegnasse a noi. Temevo che fosse troppo tardi … Lady Brienne mi ha trovata a metà strada e mi ha assistita sempre, ma lei aveva il compito di trovare anche te … ha scoperto troppo tardi che tu fossi ad Approdo e … - gli disse Sansa con la voce rotta.
- Ehi, ehi, ora sono qui, va bene? Va tutto bene ora che siamo insieme – la rassicurò sorridendole mentre la rimetteva giù e e le accarezzava il viso. – Dov’è Jon? – chiese impaziente di rincontrare colui che non vedeva da più tempo e al quale era più legato. Non appena pronunciò quel nome, il viso di Sansa si annebbiò di colpo. Solo in quel momento Walter notò che il volto di sua sorella sembrava fin troppo stanco e scavato. Come se non avesse dormito e mangiato da giorni. – Sansa? Che è successo? – chiese in apprensione.
Ella abbassò il viso mentre i suoi occhi si velarono di lacrime di tristezza, questa volta. – Jon è morto, Walter.
Il ragazzo si pietrificò all’istante.
Non poteva essere. Lui no. Sarebbe stato capace di sopportare la morte di chiunque, ormai, ma non la sua. Non quella di Jon. Jon non poteva andarsene.
- Non è vero. Lui non è morto – disse convinto. Sansa lo prese per il polso in modo da guidarlo per portarlo con sé.
Walter si ritrovò dentro un castello pieno di stanze, fin quando non entrarono in una di queste. Due dei guardiani, tra cui anche Edd, uno dei più vicini amici di Jon, dovettero controllare che stesse bene dopo che ebbe visto. Si ritrovò dinnanzi ad un tavolo coperto da un telo, il quale sembrava nascondere un corpo. Il ragazzo era rimasto fisso immobile a guardarlo per diversi minuti, sulla soglia della porta.
- Vi consiglio di non alzare il telo. Per quanto abbiamo cercato di mantenere il corpo più intatto possibile grazie al clima gelido di questo luogo e a diverse tecniche messe appunto da alcuni esperti in materia, non penso che sarebbe un bello spettacolo per voi vedere il cadavere grigio e spento di vostro fratello, ormai da un mese in quello stato. Mi hanno detto che eravate molto legati voi due. Ciò dimostra la vostra reazione in questo momento … - gli disse un uomo sulla cinquantina avvicinandosi a lui. Ma Walter non gli prestò un minimo di attenzione, ancora con gli occhi fissi su quel tavolino. A ciò, lo sconosciuto gli porse la mano, la quale era priva di alcune falangi. – Io sono Ser Davos Seaworth. È un piacere per me conoscervi. Oramai siete divenuto famoso.
Walter, con immensa fatica, distolse lo sguardo dal tavolo e si voltò verso l’uomo, stringendogli la mano, con sguardo apatico. – Famoso …?
- Siete colui che ha sconfitto la Montagna. Non sarà difficile dimenticarsi di voi dato che avete svergognato la corona due volte e avete anche liberato Tyrion Lannister, oltre a voi stesso, grazie a quel duello. Soprattutto perché siete solo un ragazzo.
- Come … ?
- Come dite?
- Come è successo?
Capendo a cosa si riferisse Walter, Davos cercò di spiegargli in breve tutto ciò che era accaduto in quei lunghi mesi, fino ad arrivare alla morte di Jon. Gli raccontò di chi fosse lui e dell’arrivo di Stannis Baratheon in aiuto dei Guardiani della Notte dopo la battaglia avvenuta a Castello Nero contro i bruti. Gli narrò di come Jon fosse divenuto lord comandante di comune accordo e di come, in poco tempo, sia riuscito a farsi benvolere e stimare da tutti. Gli rese note tutte le sue imprese, tra cui, la più importante, l’abbattimento di tutti i pregiudizi e i contrasti che vi erano da secoli contro i bruti, in favore dell’unione e della solidarietà per combattere un nemico più grande. Dunque, arrivò al racconto dell’esistenza e del ritorno degli estranei e di come Jon li avesse combattuti ad Aspra Dimora poco prima di essere tradito da alcuni suoi confratelli e pugnalato in un’imboscata, il mese precedente. Non si dimenticò neanche di tralasciare altri dettagli importanti, come il fatto che Stannis e il suo esercito fossero morti combattendo i Bolton, che di suo zio Benjen non vi era più nessuna traccia, e che i traditori ora fossero rinchiusi nelle prigioni di Castello Nero, in attesa di essere giustiziati. Ser Davos si aspettava che il ragazzo non gli credesse riguardo agli estranei, proprio come facevano tutti non appena gliene parlava. Invece, la sua reazione al riguardo fu completamente diversa. - Gli estranei esistono. Dunque tutto ciò in cui ho creduto in tutta la mia vita è sempre stato vero … non posso crederci – disse Walter facendo qualche passo indietro e quasi perdendo la concezione del tempo e dello spazio per la sorpresa. Il suo stato d’animo era un misto tra la soddisfazione nello scoprire di aver sempre avuto ragione, nonostante il mondo intero ritenesse quelle solo assurde storie per spaventare i bambini, e la paura che quelle creature avevano sempre esercitato sulla sua mente, oltre ad un sano fascino fanciullesco.
- Se solo mi fossi accorta dell’inganno, che alcuni dei confratelli stessero tramando contro di lui … tutto questo non sarebbe successo … mentre lo uccidevano io dormivo beata nella mia stanza … - disse improvvisamente Sansa, la quale era rimasta tutto il tempo di fianco a lui, mentre un fiume di lacrime le bagnava le guance.
A ciò, Walter riportò l’attenzione sulla questione principale e strinse di nuovo sua sorella a sé. - Non darti la colpa anche di questo, Sansa. – Mentre le rassicurava con quelle parole, Walter rivolse nuovamente lo sguardo a Ser Davos, uno sguardo che aveva ripreso un barlume di vita e di speranza non appena aveva udito una precisa frase uscire dalla bocca del Cavaliere delle Cipolle. – Avete tenuto il suo corpo intatto per tutto questo tempo. Non lo avete seppellito. Questo può voler dire solo una cosa: c’è un modo per salvarlo.
Davos rimase sorpreso. – Avete capito che vostro fratello è morto?
- Sì, ma se non ci fosse più alcuna speranza sarebbe già sepolto e avreste nominato un altro lord comandante.
- Mi sorprende la vostra apertura mentale e con quanta facilità riuscite a credere all’esistenza di creature come gli estranei o che ci sia una speranza per riportare un morto in vita.
- Io sono la persona con la mente più aperta del mondo in materia, Ser Davos, forse anche troppo. Dunque?
L’uomo fece un sospiro rassegnato ed espose l’assurda idea al ragazzo. – Dopo la battaglia tra i Ramsey Bolton e Stannis, e la sconfitta di quest’ultimo, la sacerdotessa Melisandre di Asshai, la quale, proprio come me, era una sua servitrice, è ritornata qui a Castello Nero con la coda tra le gambe. Afferma di essersi sbagliata riguardo un certo “principe promesso”. Credeva che fosse Stannis ma non lo era. L’unico motivo per il quale è tornata qui, è che non sapeva dove altro andare …
- Ho udito già il suo nome … - lo interruppe Walter ricordandosi del suo incontro con la donna sulla strada per andare ad Approdo del Re. – Non è una strega? Può riportarlo in vita!
- Frenate, ragazzo … lei ha già riportato in vita qualcuno, quindi, sì, può farlo. Dunque speravamo che potesse riuscirci anche con Jon ma … lei si ostina a rifiutarsi perché dice che lui non è il “principe promesso” … Dice che non riesce a vederlo nel fuoco … che non avrà un ruolo predominante nella battaglia finale … - disse Davos, come se le parole che uscissero dalla sua bocca non fossero altro che assurde storie immaginarie. D’altronde, tutto ciò che diceva quella donna gli era sempre sembrato tale.
- Le parlerò io – disse deciso Walter dirigendosi subito verso la porta.
- Cosa intendete fare? – gli chiese Ser Davos afferrandogli un polso per bloccarlo.
- Farei qualsiasi cosa per riportare in vita Jon – disse convinto il ragazzo.

Melisandre era seduta su una sedia dinnanzi al fuoco. Osservava quelle fiamme afflitta, come se non avesse più uno scopo, fin quando non fu come risvegliata dal rumore della porta cigolante. Era convinta che si trattasse di Ser Davos, piombato nella stanza per riempirla di discorsi volti a farla sentire ancora più in colpa di quanto già non si sentisse.
- Ci rincontriamo, sacerdotessa. – Ma quella voce non era di Ser Davos. La donna si voltò immediatamente e sgranò gli occhi non appena lo vide. Si alzò dalla sedia e si avvicinò a Walter, prendendogli una mano e stringendola tra le sue, impaziente.

 – Sei tu! Avevo ragione! Avevo visto bene! Non sapevo dove fossi, né chi fossi o come ritrovarti quando ho scoperto di essermi sempre sbagliata. Ti prego, non dirmi che sei solo una visione della mia mente … - gli disse la donna quasi come se stesse delirando.
Walter era un misto di sorpresa e strano timore. Allontanò la mano dalla sua presa e la guardò confuso. – Non riesco a comprendervi.
- Nelle fiamme ho visto. Il Signore della Luce mi ha mostrato che Stannis Baratheon non è il Principe che è stato promesso dalla profezia, il quale riporterà la luce in questo mondo.
Walter non era mai diffidente verso le profezie, gli eventi o le creature che tutti giudicavano strane e frutto di fantasie, ma, in quel momento, la donna appariva davvero come fosse in pieno delirio.
- Questo Principe promesso di cui parlate, sarei io … ?
- Ne sono sicura. E ora che ti ho trovato, sono certa che il mio compito non è ancora terminato – disse lei sorridendo.
- E “il fuoco dentro di me”? Ricordate questa frase? – gli chiese lui pretendendo spiegazioni non appena gli rivenne in mente.
- Non saprei dirlo neanche io con certezza. Quando ti ho toccato quel giorno, e quando ti tocco anche ora, sento che dentro di te ribolle il fuoco di un drago.
- Cos’è, una metafora?
- Non lo so’. Talvolta il Signore della Luce non mi mostra un’intera verità, ma solo brandelli di essa.
- Io non so cosa stiate dicendo, non so se sono davvero quello che credete che io sia, ma non sono qui per questo. – A ciò, la donna lo guardò con sguardo interrogativo. – Voglio che riportiate in vita mio fratello Jon. E non uscirò da questa stanza fin quando la vostra risposta non sarà affermativa.
Udendo quelle parole, Melisandre collegò tutti i pezzi. – Dunque tu sei il fratello bastardo di Jon Stark? Quel Walter Snow di cui lui parlava sempre e che, dopo il duello contro la Montagna, è sulla bocca di tutti?
- Avete già svolto rituali del genere; ne sono stato informato.
- Non puoi farmi una richiesta tale – rispose lei voltandosi ed evitando il suo sguardo.
- Perché?
- Se fossi morto tu ti avrei riportato in vita immediatamente. Ma lui non è una presenza fondamentale nei piani del Signore della Luce.
- E l’uomo che avete riportato in vita invece lo è??
- Beric Dondarrion ha un compito ben preciso nella battaglia finale.
- Intendete quella contro gli estranei?
- Esatto.
Walter prese un bel respiro e si massaggiò le tempie per trovare le parole giuste da dire e metabolizzare tutta quella nuova situazione. Era stato uno shock vero e proprio passare da processi, duelli e cospirazioni nella capitale, ad estranei e rituali di resurrezione ai confini del mondo abitato.
- Ascoltatemi, per favore. Io potrò anche essere il Principe di cui parlate e forse avrò davvero un ruolo fondamentale nella battaglia finale, e porterò “la luce in questo mondo” proprio come il vostro Signore vi ha detto; io non posso saperlo. Tuttavia, come posso essere importante io, lo è anche mio fratello. Ser Davos mi ha detto cosa è stato capace di fare Jon in nemmeno due anni. E molti dei miracoli che è riuscito a compiere li avrete visti con i vostri occhi, immagino. Mi è stato detto che ha salvato innumerevoli vite. Lui è il primo, il primo dopo secoli e secoli, che è riuscito a riunirci con il popolo libero. Ha eliminato ogni discordia, prendendo decisioni coraggiose, scelte che lo hanno portato alla morte. Mi sono sempre chiesto perché mai combattessimo contro delle persone che non ci hanno fatto nulla, soltanto perché sono nate dalla parte sbagliata della Barriera. E lui è stato in grado di portare a termine quello che nella mia mente era solo un vago pensiero. Ha cambiato le cose, ha avuto il coraggio di andare contro corrente perché era giusto farlo e non ha avuto paura di trovarsi i suoi confratelli contro. Ha combattuto ad Aspra Dimora mettendo a rischio la sua vita per la sua gente, per il Nord. Jon è il miglior lord comandante dei Guardiani della Notte che il mondo abbia mai avuto; ed è una delle persone più coraggiose, tenaci e giuste che esistano. – Nel parlare si mise di fronte alla donna, la quale si decise a guardarlo. – Magari Jon non è nei piani del Signore della Luce come lo sono io … ma lui farà grandi cose. Il Nord ha ancora bisogno di lui, Grande Inverno ha bisogno di lui, il popolo libero ha bisogno di lui. Io ho bisogno di lui. Non è questa una motivazione valida per compiere quel rituale?
Melisandre rimase a fissare quegli occhi che le stavano chiedendo qualcosa in maniera così accorata. Sapeva quanto quel ragazzo avesse ragione su Jon. Ma se il Signore della Luce non reputava importante qualcuno per un compito deciso e previsto da Lui, non lo avrebbe riportato in vita. Non avrebbe avuto senso compiere quel rituale.
- È inutile che cerchi di convincere me. Parla con Lui. Sei il Principe promesso, perciò, forse, ti ascolterà.
- Cosa dovrei fare?! Non conosco il tuo Signore, non ho mai creduto i lui. Come potrei parlargli? E lui come potrebbe ascoltarmi?
- Guarda le fiamme – gli disse lei guidandolo più vicino al camino e restandogli accanto. – Concentrati su di esse. Ora, parla, cosciente che il Signore ti ascolterà e ti risponderà.
Il ragazzo fece come la sacerdotessa gli aveva detto e rimase a guardare le fiamme. Fu attratto da quelle scintille che sembravano scavare nella sua anima per metterlo a nudo. Ebbe davvero la percezione che qualcuno lo ascoltasse; che il fuoco volesse mostrarsi realmente a lui come essenza viva e come dio. Dunque, cominciò a parlare, incapace di distogliere lo sguardo da quel rosso vivo. – Io sono qui davanti a voi per farvi una richiesta. Se sono davvero chi voi credete che io sia, ascoltatemi. C’è un uomo che è andato incontro alla morte troppo presto. Un uomo che ha lasciato ancora molti conti in sospeso. Quest’uomo ha avuto un ruolo importante nello scoprire dell’esistenza dei nemici che dovremo affrontare nella battaglia finale. Senza di lui, forse staremmo ancora brancolando nel buio. Forse voi non avete bisogno di lui, ma molti vostri figli ne hanno, compreso me. Sono qui per chiedervi questo. Per dargli un’altra possibilità per dimostrarvi che ha un ruolo ben preciso, anche se non nei vostri piani.
Dopo qualche secondo di silenzio, Walter avvicinò la mano nelle fiamme sotto gli occhi increduli di Melisandre. – Che cosa fai?? Così ti brucerai!

- Mi ha detto di avvicinare la mano per sapere la sua risposta … - rispose Walter ancora ipnotizzato mentre immergeva quasi tutto l’avambraccio nel fuoco. La donna si aspettò delle urla atroci, invece il ragazzo non emise alcun lamento a quel contatto. Non era riuscita a dire più nulla per quanto fosse rimasta sconvolta dinnanzi a quella scena, mentre Walter era ancora in trance, dunque incapace di esprimere la sua sorpresa. Quando tolse l’arto dalle fiamme, queste si spensero all’improvviso e Walter si risvegliò da quello stato. La sacerdotessa si affrettò a controllare il suo braccio, ma non vi era neanche la minima scottatura. Lui fece lo stesso, poi guardò Melisandre in cerca di spiegazioni. – È una cosa che succede anche a voi? Il vostro Signore vi rende immune al calore delle fiamme quando vi dice di immergervi in esse?
- No. Non l’ha mai fatto e non mi ha mai chiesto di immergere una parte del corpo nel fuoco per avere una risposta – affermò lei ancora con gli occhi sgranati. I due non capirono come ciò che era appena accaduto potesse esser stato possibile. Non riuscirono a darsi alcuna spiegazione.
- Ad ogni modo, mi ha dato il suo permesso. Potrai fare il rituale su Jon – disse il ragazzo spezzando il silenzio.

Melisandre compì il rituale sul corpo del giovane lord comandante. Attorno ad essa vi erano alcuni guardiani, un bruto chiamato Tormound, Ser Davos, Sansa e Walter. Trascorsero delle ore, ma Jon non dava alcun segno di vita. Divenne notte fonda, così i presenti cominciarono ad andare nelle loro camere, rassegnati all’idea che fosse morto per sempre. Solo Sansa e Walter rimasero seduti a guardarlo. La ragazza si addormentò con la testa appoggiata alla spalla di suo fratello; fin quando lui non si accorse che stava tremando per il freddo, così la svegliò. – Sansa? Vai a letto, Sansa. Qui rimango io.
- Sei sicuro?
- Sì, avanti, vai. Ti verrò a chiamare se succederà qualcosa.
- Va bene. Buonanotte – gli disse dandogli un bacio sulla guancia e uscendo anche lei dalla stanza.

Trascorse un’altra ora e Walter si lasciò vincere dal sonno, addormentandosi con le testa appoggiata sulla parete dietro di lui. Mentre era in dormiveglia, sentì come un respiro improvviso e pesante in lontananza. Uno di quelli che si udivano quando qualcuno emergeva improvvisamente dall’acqua dopo aver passato molto tempo in apnea o dopo una corsa sfinente. Walter aprì gli occhi e si ritrovò suo fratello Jon seduto sul tavolino, con gli occhi sgranati, che lo fissava. – Walter … ? Sei tu? Sei davvero tu?
Il ragazzo ci mise un po’ a capire che non stesse sognando e, quando se ne accorse, sorrise con uno di quei sorrisi che pensava di aver ormai seppellito. – Sì, sono io, fratello.

Jon fece salire suo fratello dentro la cabina che portava in cima alla Barriera. Era quasi più emozionato lui rispetto a Walter. I due si ritrovarono dentro quel piccolo quadrato di legno che saliva sempre più su.
- La tua prima volta in cima alla Barriera … non potevo perdermela assolutamente. Vedrai, ti piacerà molto – gli disse Jon sorridendogli. Non si era ancora abituato alla sua presenza lì e a vederlo indossare mantelli e pellicce così pesanti. Trovare suo fratello ad aspettarlo era stato il modo migliore per risvegliarsi dopo un lungo sonno come la morte. C’erano ancora molte domande da porsi e a cui rispondere. Ma quello non era il momento. In quell’istante, lui avrebbe mostrato a Walter la Barriera e i due avrebbero avuto l’illusione che il loro sogno perduto di quando erano bambini, si fosse realizzato, proprio come volevano. Niente morti, niente intrighi, niente tradimenti, niente partenze: solo due fratelli in cima alla parete di ghiaccio che delimitava il mondo.
- Ne sono certo – rispose Walter accennandogli un sorriso.
- Lo sai che dovrai raccontarmi tutto quanto prima o poi, vero? Non mi basta ciò che ho udito dire su di te.
- Anche tu dovrai farlo. Ser Davos è stato esauriente ma voglio che me ne parli tu. Sei diventato lord comandante, hai riunito i bruti e hai combattuto gli estranei. Ti lascio solo un attimo e mi diventi un eroe?
- Vogliamo parlare di te? Hai rapito la regina, hai liberato Sansa da solo, sei riuscito a penetrare ad Approdo e a non farti mai uccidere per quasi un mese, hai ucciso la Montagna e liberato Tyrion Lannister e sei anche stato in grado di farti liberare fregando tutti quanti. Sei un dio o cos’altro? – gli chiese Jon piacevolmente stupito. I due risero tra di loro come erano soliti fare. In quel momento, Spettro ebbe un sussulto, capendo che erano quasi arrivati in cima. Walter lo guardò nostalgico e lo accarezzò, ripensando al suo NightFlame.
- NightFlame che fine ha fatto? – gli chiese Jon quasi leggendogli nella mente.
- Gli ho chiesto di aspettarmi a Grande Inverno fino al mio ritorno. Spero vivamente che se ne sia andato via di lì.
- Se gli hai chiesto di aspettarti, vedrai che sarà ancora lì. Sai quanto ti è fedele.
- No – disse categorico Walter, come se fosse stato scottato. – Non è rimasto insieme a quei mostri.
- Parli come se avessi conosciuto i Bolton. Sansa, quando è tornata, mi ha detto che ti sei raccomandato ossessivamente con lei sul non fermarsi per nessuna ragione dai Bolton. È solo una mia impressione?
- Sono stato loro prigioniero per cinque mesi. I peggiori della mia vita. Ho visto cose, Jon, che ad Approdo del Re o in qualsiasi altra parte del mondo, non vedrai mai e poi mai. Non sono esseri umani.
Jon preferì non approfondire l’argomento per il momento, capendo, come riusciva sempre a fare, che non fosse l’occasione adatta, ma che, forse, lo sarebbe stata in seguito. – Hai qualche notizia su Bran, Rickon o Arya?
- So ciò che sai anche tu. Bran e Rickon sono con Jojen e Meera, mentre, per quanto riguarda Arya, l’ho cercata per tutto Approdo del Re ma non l’ho trovata. Tuttavia, sono certo che sia viva da qualche parte …
I due giunsero finalmente in cima. Jon volse subito lo sguardo verso il viso di suo fratello, per godersi la sua espressione.
La vista dalla Barriera era esattamente come se la immaginava, se non addirittura migliore. Il vento gelido gli sferzava il viso e i capelli mentre lui era in piedi, vicino al cielo, tra due mondi. Si chiese come sarebbe stato godere di quella vista ogni giorno e far parte di quella realtà. Ma decise di non pensarci troppo e di non rimuginare nuovamente su quel sogno lontano e mai dimenticato.
- Allora? – gli chiese Jon.
Walter respirò a pieni polmoni e chiuse gli occhi. – Fa venire voglia di trascorrere il resto della vita così.
- Lo so’. È una sensazione alla quale, oramai, mi sono abituato. Sai, non è troppo tardi per arruolarti.
- Non è ciò che la vita aveva in serbo per me. L’ho capito solo dopo. Questa strada era la tua.
- Già, ma ora non più.
Walter si voltò verso di lui con sguardo interrogativo. – Lascerai la confraternita?
- Ho vissuto molte esperienze qui. Ho fatto tutto ciò che potevo fare. I miei stessi confratelli mi hanno tradito. Ora è tempo che continui a servire il Nord, la mia gente, ma altrove. Ci riprenderemo Grande Inverno. Non infrangerò il mio giuramento: d’altronde, sono morto.
Walter notò la decisione in quegli occhi scuri e immensamente profondi che gli erano tanto mancati. Capì che era ciò che voleva e che era giusto per lui solo da quello sguardo.
- Davvero non c’è nulla dopo?
- Il vuoto totale.
- I bruti, invece? È stato facile avere a che fare con loro? – gli chiese Walter cambiando discorso.
Jon sorrise a quella domanda. – All’inizio no. Poi mi hanno conquistato. In particolare una di loro. Si chiamava Ygritte ed era baciata dal fuoco. Credo di averla amata come non amerò più nessuna donna.
- Ti sono sempre piaciute le rosse. Sentivo che il tuo primo amore sarebbe stato proprio una rossa. Com’era?
- Ti sarebbe piaciuta molto. Spesso aveva un atteggiamento simile al tuo. Un caratterino niente male. Purtroppo è morta nella battaglia a Castello Nero. Tu, invece? C’è stata qualcuna?
Walter sorrise di rimando a quella domanda, ripensando alla rosa che aveva dovuto abbandonare tra i ratti, ma che riusciva a divorarseli tutti senza fatica. – Sì. Ma non c’è stato neanche il tempo di innamorarsi. L’ho persa con la stessa velocità con la quale l’ho trovata.
- Forse ciò che ci contraddistingue davvero come fratelli è la sfortuna in amore.
- Forse hai ragione.
- Non ti ringrazierò mai abbastanza per aver convinto Melisandre a fare ciò che ha fatto.
- Ho udito troppi ringraziamenti in questo ultimo periodo. Ad ogni modo, sai che avrei fatto qualsiasi cosa pur di farti tornare. Avevamo una strega in casa, perché non sfruttarla? Inoltre, ho scoperto anche che avere un posto privilegiato nella classifica del Signore della Luce porta a molti privilegi.
- Mi sento rincuorato: temevo che la tua ironia fosse svanita.
- Quello mai. Equivarrebbe a dire che non abbiamo più la terra sotto i piedi. - Passarono alcuni minuti che i due trascorsero ancora a guardare il panorama, in silenzio. - Sai, nel momento in cui sei morto … credo di aver sentito qualcosa. Come se una parte di me se ne fosse andata via con te in quel momento. Il mio cuore ha smesso di battere per alcuni attimi e sono crollato a terra – disse Walter spezzando il silenzio.
Jon rimase perplesso e rifletté sull’accaduto prima di rispondere. – Una volta nostro padre mi ha detto che, in passato, la famiglia Stark aveva avuto dei metamorfi nei suoi componenti.
- Intendi quelli che riescono ad entrare nel corpo di altri?
- Sì. Molti dicono che siano solo leggende e fantasie ma, dopo la scoperta riguardo gli estranei, oramai più nulla appare come una fantasia davanti ai miei occhi. Potrebbe essere che …?
- … che io e te siamo metamorfi ma non lo abbiamo mai saputo. Oppure abbiamo solo qualche potere dei veri metamorfi, qualche connessione tra noi grazie al nostro forte legame. Magari anche tutti i nostri fratelli e sorelle sono metamorfi o hanno capacità simili.
In quel momento, Edd li interruppe sbucando dalla cabina. – Lord comandante, è arrivato il momento dell’esecuzione dei traditori.
- Arriviamo subito, Edd – gli rispose Jon.
- Ti senti pronto? – gli chiese Walter cercando di leggere i suoi occhi.
- L’ho fatto altre volte. Non sarà diverso – rispose il ragazzo nascondendo un certo tremore nello sguardo.
Prima di dirigersi verso la cabina, Jon si voltò ancora verso suo fratello e lo abbracciò di nuovo, quasi per constatare nuovamente che fosse reale. – Sono contento che tu sia qui, fratello.
- Non volo via, tranquillo. Saremo insieme questa volta, proprio come è sempre stato.

Cersei era seduta sul suo letto mentre sorseggiava l’ennesimo calice di vino rosso. Era un’abitudine che aveva preso da poco, quella di bere vino per calmare lo stress che le divorava il corpo. Forse gliel’aveva trasmessa quel pozzo senza fondo del suo defunto marito Robert. In quel momento, Jaime bussò ed entrò nella stanza. Sembrava che qualcosa lo irritasse dalla sua camminata. - Hai intenzione di rimanere qui tutto il giorno anche oggi? Da quando si è svolto il duello e il bastardo Stark se ne è andato, non fai altro che trascorrere le giornate in questo modo. Nostro figlio ha bisogno di te, Cersei. Stai facendo finta di non udire le voci che stanno prendendo sempre più credito??
- Quali voci?
- Quelle riguardanti te e lui. Da quando si è scoperto che quello che tutti credevano il tuo misterioso amante, fosse il tuo rapitore e il figlio bastardo di Ned Stark, la gente si è automaticamente convinta che voi due foste d’accordo dall’inizio, che lui ti abbia soggiogata, e tu abbia finto di essere sua prigioniera, mettendo su tutta questa messinscena con lui, perché è sempre stato il tuo amante, fin da subito. Tutti lo credono perché non sarebbe così strano che la regina reggente si sia scelta un amante più giovane e più bello di Robert … e di me. Hai intenzione di fare qualcosa al riguardo, Cersei?
- Cos’è, ti senti offeso nell’animo? Leggo una nota di umiliazione nella tua voce?
- Dovrei sentirmi così? Dovrei sentirmi tradito, Cersei? Dimmelo perché ormai non so più a cosa credere.
La donna terminò il suo calice di vino e si voltò a guardarlo. – Se tu credi a questi pettegolezzi non è affar mio, Jaime. Dovresti conoscermi meglio di chiunque altro. Io ora ho altri pensieri per la testa.
- Tipo?
- Trovare un modo per fotterlo come lui ha fottuto noi.
- Vuoi riprenderlo? Ormai è libero ed è anche molto lontano da qui.
- Voglio fargliela pagare per tutto quello che ci ha fatto … che mi ha fatto. Ho ancora molti conti in sospeso con lui. Non lo lascerò andare via così.
- La tua sembra una sorta di ossessione, Cersei. Come pensi di fare per riportarlo qui? Vuoi rapirlo??
- Troverò un modo. So solo che lo riprenderò e mi vendicherò su di lui ben presto.
In quel momento, una delle Guardie reali piombò nella stanza. – Ser Jaime, Vostra Maestà … vostro padre è stato appena ritrovato morto, ucciso da una balestra! 

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Capitolo 18
*** Scintille alla Barriera ***


Scintille alla Barriera
 
Erano ormai trascorsi mesi dal suo arrivo a Castello Nero e gli sembrava quasi di trovarsi in una sorta di deja vu. Come quando Cat gli aveva lasciato le redini di Grande Inverno e lo aveva investito della carica di Protettore del Nord, anche se non ufficialmente, ora si ritrovava ad adempiere alle cariche di lord comandante dei Guardiani della Notte pur non essendolo: Jon aveva dichiarato che la sua guardia, oramai, era conclusa ed era partito con Sansa e Ser Davos per convincere i vari lord del Nord a giurare nuovamente fedeltà agli Stark per combattere con loro nella battaglia contro Ramsey Bolton per riprendersi Grande Inverno. La presenza di Walter non era necessaria dato che era solo un bastardo ed erano già presenti due figli legittimi degli Stark a presiedere gli incontri con i vari lord. La scelta della battaglia era stata la più logica dato che serviva loro una base d’appoggio più sicura di Castello Nero e più alleati per prepararsi alla guerra vera e propria, ossia quella contro gli estranei; inoltre, Grande Inverno era la loro casa. Dunque, Walter era rimasto a capo dei guardiani, dei Bruti e dei cavalieri dei lord alleati, i quali giungevano a Castello Nero dopo aver deciso di appoggiare la loro causa. Non arrivavano in molti data l’ormai inesistente credibilità che aveva assunto l’esercito Stark dopo ciò che era accaduto alle Nozze Rosse. Walter aveva il compito di addestrarli ed esercitarsi a sua volta con quei cavalieri, oltre che di dirigere e preparare tutto ciò che occorreva per l’imminente battaglia. Era cosciente di saper svolgere bene quel ruolo particolare, lo aveva già provato quasi due anni prima e sapeva cavarsela egregiamente nonostante la giovane età. I guardiani, i bruti e gli altri cavalieri delle casate alleate si erano abituati alla sua presenza come comandante o lord protettore, comunque lo volessero chiamare. Gli mostravano un rispetto che tutti sembravano riservargli e ciò lo rendeva felice. Certo, come al solito, non amava rimanere fermo a dirigere senza agire, ma, in quel caso, era proprio quello che gli serviva dato tutto ciò che aveva passato ad Approdo del Re e per arrivarci.
- Mio signore, ne sono arrivati altri! – esclamò Edd entrando nella biblioteca e interrompendo il suo dialogo con Maestro Aemon.
- Bene, lasciateli entrare. Arriverò immediatamente ad accoglierli – gli rispose Walter felice che stessero giungendo nuovi alleati.
Il ragazzo era fermo ad attendere che dalle porte spalancate entrassero i nuovi arrivati. La prima a farsi strada in groppa al suo cavallo, fu una ragazzina dall’aria alquanto minacciosa, seguita dal suo esercito. La giovane scese dal cavallo dinnanzi a lui, rivolgendogli il suo sguardo intimorente.
- Benvenuta a Castello Nero, lady Lyanna Mormont. Siamo onorati di accogliervi qui. Come ben sapete, non possiamo ospitarvi tutti nel castello, ma ho fatto preparare dei rifugi sicuri e protetti a Città della Talpa, ad un giorno da qui. Voi, con alcuni vostri principali sottoposti, ovviamente potete rimanere nel castello in modo da riuscire ad accordarci sulle strategie di battaglia.
La bambina lo scrutò dal basso prima di rispondergli. – Vi occupate voi di tutto ciò?
- Sì, milady.
- Sareste dovuto venire voi a persuadere le casate alleate del Nord a combattere per gli Stark, invece che i vostri fratelli. Sembrate molto portato in questo.
- Io sono solo un bastardo, lady Mormont. E poi, il mio posto è qui. Qualcuno dovrà pur occuparsi di dirigere questo posto, il quale sta diventando sempre più affollato – le rispose lui prontamente accennandole un sorriso. Quella ragazzina le piaceva; era furba, agguerrita, sapeva quel che voleva e gli ricordava la sua Arya.
- Non avete tutti i torti. Chi ci accompagnerà nei vostri alloggi?
- Il mio fidato braccio destro Edd insieme a Tormound, vi condurranno nelle camere che abbiamo fatto sistemare per voi – concluse abbassandosi e baciandole cortesemente una mano. Dopo di che, la piccola, in compagnia di altri dieci uomini, seguì Edd e Tormound verso il Castello. Walter li vide allontanarsi mentre Melisandre si avvicinava nuovamente a lui. Quella donna non faceva altro che stargli tra i piedi tutto il tempo da quando era giunto alla Barriera, e ciò non lo entusiasmava per niente. Aveva cercato di allontanarla ma, a quanto pare, essere il Principe promesso comportava anche questo. La donna gli mise una mano sul fianco e guardò anch’essa i nuovi arrivati che si allontanavano.
- Che cosa ci fai qui?
- Ero curiosa di vederla.
- Puoi inventarti delle scuse migliori.
- Da alcuni giorni volevo parlarti di qualcosa. Ma tu non fai altro che evitarmi.
- Non ti sto evitando, Melisandre; io ho dei doveri se non te ne fossi accorta. E il fatto che tu ti comporti con me come se mi stessi corteggiando o come se fossi mia madre (ancora devo capirlo) non mi aiuta. Io non sono Stannis. Se eri la sua ombra quando credevi fosse il Principe, non significa che ora devi essere anche la mia.
La donna rimase in silenzio e accennò un sorriso prima di parlare a sua volta. – Perdonami se ti ho infastidito. Ad ogni modo, ciò di cui ti volevo parlare non riguarda né la profezia, né il Signore della Luce.
- Sono tutt’orecchie.
- Ho riflettuto su quello che è successo il giorno in cui sei arrivato qui e hai convinto il Signore della Luce a darti il permesso di fare il rituale su Jon. Da quando il tuo braccio non è bruciato nel fuoco, un pensiero ha iniziato a farsi strada nella mia mente. Si tratta di un’ipotesi che, sommata a ciò che sono riuscita a percepire toccandoti e ad alcune tue caratteristiche fisiche, potrebbe essere attendibile. Ma, ovviamente, appena te la dirò mi prenderai per pazza. Proprio come farebbero tutti.
A ciò Walter si voltò a guardarla. – Parla.
- Hai mai pensato che Ned Stark possa averti mentito sulle tue origini?
- Perché avrebbe dovuto farlo?
- Potrebbe aver avuto i suoi motivi. Se tu scoprissi di essere qualcuno di diverso da quello che hai sempre creduto, come ti comporteresti?
- Che razza di domanda è? Non capisco dove tu voglia arrivare. Non capisco dove tutti vogliate arrivare. Anche il Ragno, quando ero ad Approdo del Re, non faceva altro che farmi discorsi ambigui riguardo i miei tratti somatici e la mia somiglianza con persone di sua conoscenza.
- Il Ragno? Intendi Lord Varys?
- Proprio lui.
Quella fu la conferma che Melisandre cercava. – Quello che penso da un po’, è che tu possa non essere figlio di Ned Stark. Bensì di sua sorella e di Rhaegar Targaryen.
Walter dovette sforzarsi per non cominciare a ridere e non finire più davanti alla faccia della donna. – Cosa esattamente ti farebbe affermare una cosa del genere?? Sono davvero curioso!
- I tuoi tratti sono troppo delicati ed eleganti per non essere associati ad una stirpe come quella Targaryen. Oltre al fatto che i tuoi occhi parlano chiaro. Sai bene di non possedere caratteristiche proprie degli uomini del Nord. Non ne possiedi praticamente nessuna. Il fuoco che sento dentro di te e la tua immunità alle fiamme sono delle prove schiaccianti.
- Tu hai mai conosciuto Ashara Dayne?
- No, mai.
- Allora non puoi affermare una cosa del genere, non avendo mai conosciuto la mia vera madre. Quello che dici è impossibile.
- E perché dovrebbe esserlo?
Walter stette per risponderle a tono ma, prima di aprire bocca, si rese conto che non sapeva come replicare. Era una delle rare volte in cui si ritrovava incapace di contestare. Il discorso della donna filava anche fin troppo liscio ma lui si rifiutava categoricamente di credere ad una cosa del genere. Non poteva essere. Per innumerevoli motivi.
Notando la sua esitazione, Melisandre sorrise. – Se dovesse essere davvero così, ciò cambierebbe tutto. Diventeresti ancora più famoso e ricercato di quanto non sei già, ma per ben altri motivi. Significherebbe stravolgere tutte le convinzioni che ruotano nei sette regni da quasi vent’anni. Vorrebbe dire che il trono di spade avrebbe un altro degno e inarrestabile pretendente. Sarà meglio tenerlo segreto. Proprio come ha fatto Eddard Stark fino ad ora.
- Per gli dei, smettila. Smettila di comportarti come se sapessi tutto, se conoscessi i segreti del mondo intero con un paio di deduzioni! Ci vuole ben altro per poter affermare di avere ragione. Il Signore della Luce potrebbe aver reso le fiamme innocue dato che mi ha chiesto esplicitamente di immergervi il braccio; i Dayne hanno sempre avuto gli occhi viola; “il fuoco che ho dentro” non sappiamo a cosa corrisponda e potrebbe anche trattarsi di qualcosa di molto più astratto per quanto ne siamo poco informati e per quanto il Signore della Luce ci lascia intendere. E poi, perché non ti avrebbe detto nulla di esplicito su tutta questa questione della mia discendenza dato che sono il suo “Principe promesso”?? Ti avrebbe informata lui stesso senza lasciarti fare da sola infinite supposizioni. Perciò smettila di asserire e dichiarare certe delle tue creative supposizioni. Io ho ben altro da fare – le rispose voltandole le spalle e allontanandosi.
- Mio signore, è arrivato un messaggero! – disse a gran voce un altro dei guardiani, il quale era di guardia. Walter si voltò nuovamente verso le porte di Castello Nero e diede il via libera per far entrare l’uomo. Erano tutti sull’attenti, pronti ad aspettarsi qualsiasi cosa. Il messaggero entrò e venne prontamente catturato.
- Chi vi manda? – gli chiese subito Walter avvicinandosi.
- Il mio signore Lord Ramsey Bolton ha qualcosa da mostrarvi – disse lo sconosciuto con un ghigno sul viso e sventolando un grosso sacco che sembrava contenere un oggetto pesante. I guardiani che lo stavano tenendo fermo glielo strapparono dalle mani e lo aprirono facendo cadere tra la neve il contenuto. Walter si paralizzò non appena vide la testa mozzata di Cagnaccio piombare tra la neve.
- Rickon … non è possibile … - sussurrò il ragazzo lasciando che i suoi pensieri fluissero all’esterno.
- Walter … - gli disse Tormound appoggiandogli una mano sulla spalla per risvegliarlo da quello stato.
- Come?? Come?!?! – disse Walter gettandosi sull’uomo in un attimo di irrazionalità e tirandolo su da terra mentre lo stringeva per la pelliccia. Tormound e un altro guardiano dovettero trattenerlo per farlo calmare.
- Godetevi la lettera – disse semplicemente il messaggero porgendogli una pergamena.
 
- C’è scritto che si sta “divertendo” con lui. Ci sta comunicando, con  il suo “delicato” linguaggio da macellaio che ha come unico scopo nella vita il giocare con la carne umana come un bambino si divertirebbe con scarti di cibo, che se non ci sbrighiamo a combatterli, lo truciderà come un animale. Nostro fratello, Jon! Rickon!! – disse Walter camminando avanti e indietro per la stanza come un cavallo imbizzarrito. Jon stava finendo di leggere la lettera che il messaggero aveva portato sei giorni prima alla Barriera, insieme alla testa di Cagnaccio.
- Come è possibile?? Come fanno ad averlo? Dice che gli Umber ci hanno tradito, ma Rickon non doveva trovarsi con Bran, Meera e Jojen? Dunque che fine hanno fatto questi ultimi tre? – si chiese Jon, esprimendo i suoi dubbi ad alta voce mentre passava la pergamena a Sansa, così che anche lei potesse leggerla. – Quando parla di portarci anche la testa di un'altra “bestia Stark” se non ci sbrighiamo, si riferisce a NightFlame?
- Sicuramente. Come temevo è ancora lì ad aspettarmi. Jon, tu non capisci. Nessuno di voi può capire. Se Rickon è con Ramsey, con quel Ramsey … non possiamo aspettare di avere abbastanza alleati per la battaglia e sperare di riprendercelo solo a quel punto! Lui non lo lascerà mai andare! Lo ucciderà e lo farà al più presto e nel peggiore dei modi! Ho visto cosa fa e cosa fanno i suoi uomini! L’ho provato sulla mia pelle e non permetterò che mio fratello subisca la stessa sorte!
- Walter … - lo richiamò Jon prendendogli le spalle e cercando di calmarlo. – So che per te è ancora più dura … tu eri quello che teneva di più a Rickon. Ma non possiamo agire sconsideratamente. Dobbiamo attendere di avere più alleati …
- Potrebbero volerci mesi, Jon – lo interruppe Walter. – Non puoi sul serio pensare di avere una speranza di riprenderlo vivo se non agiamo ora, e sai che non parlo di agire onestamente. Tu sei quello che agisce onestamente. Io no.
- Conosco quegli occhi, fratello. Sono gli stessi occhi che sicuramente avrai avuto quando hai deciso di partire per Approdo del Re da solo per liberare le nostre sorelle, e sono gli stessi che hai sempre quando vuoi fare qualcosa di immensamente spericolato e pericoloso, ma che, puntualmente, ti riesce sempre perché, sì, sei un fuoriclasse, Walter, ma prima o poi potrebbe andarti male. Dovresti provare ad avere un po’ di prudenza una volta ogni tanto. Tu stesso hai detto che non ritorneresti mai e poi mai da quelle bestie, a meno che non si tratti di affrontarli sul campo di battaglia, come farai, al mio fianco. Non puoi pensare quello che davvero penso tu abbia in mente. Tu non ti intrufolerai a Grande Inverno da solo e non ruberai Rickon a Ramsey Bolton.
- Sai bene che ci riuscirei, Jon. Ce l’ho fatta ad Approdo del Re, la capitale, un luogo a me sconosciuto, la città più protetta dei sette regni, la sede del re. Eppure, ho rubato e liberato Sansa sotto i loro occhi. Farlo a casa nostra sarebbe un gioco da ragazzi. Conosco Grande Inverno come le mie tasche e l’ho già fatto innumerevoli volte. Inoltre NightFlame mi aiuterà! Lui è come me, mi conosce e sa come agisco. Riuscirei a liberare entrambi. Io devo …
- No, Walter! Grande Inverno è molto più piccola di Approdo del Re ed è colma di soldati Bolton in ogni angolo! Hanno guardie persino nelle stalle! Ci è stato detto che Ramsey ha dei cani addestrati personalmente da lui, ai quali basta udire solo un verso del loro padrone per sbranare senza pietà ed esitazione chiunque lui voglia! Tu sei il primo a confermare ciò che dico e che ha provato le peggiori torture sul suo corpo a causa dei Bolton! Se ti trovano i cani, ti prendono le guardie o, peggio, ti scoverà lui?? Sai meglio di chiunque altro che Ramsey non ti sbatterebbe in una cella come hanno fatto ad Approdo in quel caso! Questa volta non puoi farlo! Mi fido di te più di chiunque altro, fratello, ma non lascerò che tu cada di nuovo nelle grinfie di quella bestia con le sembianze di un uomo! – disse Jon categorico.
- Allora rinuncia già da ora all’idea di riavere Rickon vivo.
- Meglio avere un fratello morto, piuttosto che due – concluse infine il ragazzo, poi rivolgendosi a Brienne. – Lady Brienne, mia madre ti ha dato il compito di proteggere tutti i suoi figli, compreso Walter anche se non ha il suo stesso sangue, giusto?
- Sì, mio signore – confermò la donna.
- Bene. D’ora in avanti, fino al ritorno mio e di Sansa, resterai qui a tenere d’occhio Walter, invece di accompagnarci. Ci penso io a mia sorella; la mia protezione le basta. Walter ha bisogno di qualcuno che lo tenga a bada ed eviti che commetta pazzie. Qui a Castello Nero c’è un immenso bisogno di lui e non deve assolutamente prendere iniziative suicide. È un compito di vitale importanza, Brienne. Puoi farlo?
- Ovviamente, mio signore – rispose la donna.
- Jon, non posso lasciare morire così Rickon!! Non posso!
- Mi dispiace, Walter. Questa è la mia decisione. Ti prometto che farò tutto ciò che è in mio potere per salvarlo.
 
Cersei Lannister si godette il suo calice di vino osservando il tempio di Baelor andare a fuoco. Finalmente aveva ottenuto una parte di ciò che voleva: la sua agognata vendetta nei confronti del dannato Alto Passero e della puttana Tyrell. Entrambi le avevano rovinato la vita in modi diversi. Tuttavia, non si sentiva completa. Mancava ancora qualcuno da spuntare sulla lista delle sue vendette. Mancava la persona più importante. Quella che l’aveva cambiata, così come aveva cambiato la sua vita e il corso degli eventi. Era arrivata alla conclusione di non sentirsi completa senza di lui, senza quel fuoco di rabbia che le bruciava dentro ogni volta che lo vedeva. Ogni essere umano si sarebbe sentito incompleto in assenza di un degno rivale, senza qualcosa al quale aspirare, senza qualcuno di abbastanza difficile quanto prezioso da poter distruggere. Lui non era un rivale come tanti. Lui era l’unico che Cersei non voleva uccidere per quanto la facesse sentire potente averlo in pugno e poter mirare alla prospettiva di controllarlo, di incatenarlo a sé. Era stanca dei soliti giochetti, era stanca dei soliti intrighi, era stanca di farsi del male da sola, di dover soffrire a causa di fastidiosi insetti come quelli che stavano bruciando proprio in quel momento nel tempio. Quel ragazzo non era come loro. Non era simile a nessuno di coloro che Cersei aveva conosciuto. Era un essere a sé, capace di realizzare tutto ciò che voleva e di ottenere qualsiasi cosa con la stessa facilità con la quale sbatteva le ciglia. Aveva capito che la più grande aspirazione a cui poteva mirare, era di programmare il modo di batterlo, di vendicarsi di lui mentre lo teneva prigioniero, nascosto al mondo e privato dei suoi desideri. Presto avrebbe ottenuto ciò che voleva. Presto lo avrebbe riportato ad Approdo del Re e avrebbe avuto la parte mancante di sé, ciò che le serviva per sentirsi completa. Presto pensò sorridendo ancora.
 
Walter entrò dentro la stanza del castello destinata al lord comandante, utilizzata da lui in quei mesi, e vi trovò Brienne. Il ragazzo accennò un sorriso misto tra il malinconico e il finto sorpreso. – Prima avevo una donna che mi seguiva come un segugio facendomi da ombra. Ora ne ho due, a quanto vedo. Mi stavate aspettando?
- Volevo controllare il vostro stato emotivo, signore – rispose Brienne.
- E volevate farlo anche oggi a pranzo, stamattina appena mi sono svegliato e poco fa mentre allenavo delle nuove reclute? Oppure mi state semplicemente controllando come si fa con i bambini quando sono in punizione?
- Vostro fratello vuole solo proteggervi, mio signore.
- Sono la persona che ha meno bisogno di protezione in questo mondo, lady Brienne. E mio fratello vuole proteggere tutti.
- Mi dispiace che vi sentiate in prigione.
- Non mi ci sento. Capisco le sue ragioni ma sono troppo preoccupato per il mio fratellino – disse lui sedendosi sul tavolino.
- Volevo cogliere questa occasione per scusarmi con voi, mio signore.
- Per cosa?
- Catelyn vi voleva molto bene, proprio come ad un figlio. Mi ha chiesto di trovarvi dopo che siete scappato, oltre a liberare Sansa e Arya. Voleva che riportassi a casa tutti e tre. Io, quando sono arrivata ad Approdo del Re con Ser Jaime, non sapevo che foste voi ad aver liberato Sansa. Mi sono preoccupata di proteggere lei fino ad ora, senza tornare indietro a recuperarvi. L’ho portata qui e sono rimasta con lei.
- Davvero vi state scusando per questo?? Avete fatto ciò che era più giusto, Brienne. Non potevate liberarmi dalle prigioni di Approdo del Re. È stato più logico e profittevole rimanere qui a proteggere Sansa nonostante fosse già al sicuro con Jon. Mia sorella ha bisogno di continua protezione. Non angustiatevi per motivazioni che non esistono.
- Grazie, mio signore.
- Ad ogni modo, se volessi scappare via da qui non potreste fermarmi neanche voi, nonostante mi stiate appiccicata ventiquattro ore al giorno. Me ne sto fermo e buono per ora, solo perché sto cercando di rispettare il volere di Jon – le disse sorridendo irrisorio.
- Non sottovalutatemi, mio signore – gli rispose lei ricambiando il sorriso.
- E voi non sottovalutate me, milady.
- Io ho ucciso il Mastino, voi suo fratello la Montagna. Dunque, sono forse l’unica persona che può davvero mettervi in difficoltà e impedirvi di scappare qui, mio signore.
- Forse avete ragione. Sapete, il modo migliore per vincere qualcuno, è mostrargli quanto si sbaglia a sottovalutarvi. Con i Lannister, per lo meno, è stato così.
- Lo so bene, mio signore. Aver ucciso i due combattenti migliori dei sette regni non è l’unica cosa che ci accomuna: abbiamo entrambi viaggiato a lungo con due Lannister come prigionieri – disse Brienne con una nota di amarezza nella voce.
A ciò, Walter la guardò. – Già. Ma non credo che i risultati siano stati gli stessi, o sbaglio? – le chiese il ragazzo notando il suo sguardo nostalgico.
- No, non è come pensate. Io ero la prima ad essere diffidente nei confronti di Ser Jaime Lannister, ma … credo che il viaggio che abbiamo compiuto insieme e tutto ciò che abbiamo passato, in qualche modo, lo abbiano cambiato. Ho intravisto una sofferenza e una bontà in lui che non avrei mai immaginato di scorgere. Lui ha rischiato la sua vita per salvarmi da un orso di sua spontanea volontà. L’uomo che credono sia, non sarebbe capace di un’azione del genere.
- Provate qualcosa per lui.
- Vi sbagliate.
- Non temete, non c’è nulla di male. Non ho mai conosciuto Jaime, ma credo a quello che dite. Per me e Cersei non è stato affatto lo stesso, invece. È una donna orribile e sempre lo rimarrà. L’ho odiata fin dal primo momento che l’ho vista e l’ho catturata e ora, quell’odio, non è altro che accresciuto in me. Abbiamo vissuto e sofferto molto insieme, ma ciò non l’ha cambiata. In qualche maniera credo che lo sia, ma non come dovrebbe e non come è riuscito a fare suo fratello. Il suo animo è nero. È destinato ad essere nero e sempre lo rimarrà – disse lui restando fisso nel fuoco che scoppiettava nel camino.
- Io credo che voi l’abbiate cambiata molto, piuttosto che il viaggio. Ho avuto modo di scambiare solo poche parole con la regina reggente prima di ripartire alla ricerca di Sansa, e ho visto qualcosa in lei che ho visto anche negli occhi di Jaime dopo il nostro viaggio. Lei era appena tornata da quello che aveva compiuto con voi ed era come se fossero simili: cambiati perennemente sia da quello che hanno vissuto ma, nel caso di Cersei, molto di più dalla persona con la quale l’hanno vissuto. Magari il suo cambiamento non è positivo o come quello di suo fratello, ma avete certamente lasciato la vostra indelebile impronta.
- Non credo che dovrei essere fiero di una cosa del genere.
- Ad ogni modo, ora non vi sta più cercando o tormentando.
- Sembra di no. Le ultime notizie che giungono da Approdo riportano che sia immischiata con una strana setta chiamata “Alto Passero”. Niente di più.
In quel momento qualcuno bussò alla porta. - Entrate – disse Walter.
Non appena il guardiano entrò nella stanza, lanciò una freccia sul torace di Brienne con una balestra e puntò l’arma immediatamente su Walter, il quale alzò le mani sconvolto. – Non provare a muoverti o ti uccido – disse l’uomo.
- Hank, perché lo hai fatto? Da quanto ci tradisci?? Per chi lavori??
- Mi dispiace, mio signore, ma i Lannister pagano sempre i propri debiti – gli rispose l’uomo sorridendo sornione mentre due soldati Lannister vestiti da guardiani entrarono nella stanza legando e incappucciando Walter per portarlo via con loro.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** Fuoco e sangue ***


Fuoco e sangue
 
- Che cosa vuol dire “è stato rapito”?? L’hanno riportato in quell’inferno di Approdo del Re?? Cosa vuole ancora Cersei da lui?!? – Jon era letteralmente fuori di sé mentre poneva tali quesiti a lady Brienne, la quale era stesa su un letto, con la sua ferita al torace fasciata e ancora molto dolorante.
- Mi dispiace, mio signore! Mi dispiace tanto! Appena la porta si è aperta mi hanno colpita subito e non ho potuto fare nulla! Io avevo il compito di stargli accanto, di tenerlo d’occhio! Sembra che tutte le persone che io debba proteggere facciano una fine orrenda! – esclamò la donna quasi in lacrime.
- No, Brienne, non è colpa tua. Perdona l’irruenza di mio fratello. Poche sono le cose che fanno infuriare Jon in tal modo e, una di queste, è il male che viene fatto alla sua famiglia – la rassicurò Sansa cercando di mostrarle un sorriso. Anche lei era afflitta e infinitamente preoccupata, ma non poteva permettere che Brienne si desse colpe non sue. Quella donna le era stata vicina per molto tempo e l’aveva aiutata immensamente.
- Devo andare a riprenderlo. Ora che non ho neanche più un giuramento da infrangere marcerò verso Approdo del Re e …
- Jon – lo interruppe Sansa con sguardo serio. – Ora stiamo per combattere un’altra battaglia.
- Sansa? Parli sul serio? Si tratta di Walter …
- Appunto perché si tratta di lui non riesci a ragionare razionalmente, come invece fai sempre, Jon. Non possiamo abbandonare tutto in questo modo dopo aver convinto i lord del Nord a combattere per noi nella battaglia per riprenderci Grande Inverno. Sai quanto è importante questa battaglia. Ci serve casa nostra. Ci spetta di diritto. Inoltre, quel mostro ha Rickon. Walter se l’è cavata per un mese ad Approdo del Re. Un altro, al suo posto, ci avrebbe rimesso la pelle il primo giorno o la prima settimana. Inoltre, Cersei non l’ha voluto di nuovo con sé per ucciderlo. La conosco e se non l’ha ucciso in quel mese che era lì, non lo ucciderà neanche ora. Non so cosa possa volere da lui, ma se lo ha lei, possiamo star certi che è ancora vivo. Per quanto mi costi ammetterlo, lui può aspettare. Ma Grande Inverno, Ramsey e Rickon no. Devi fare la scelta giusta, Jon. In cuor tuo sai che ho ragione.
Jon vide negli occhi di Sansa una decisione e una forza tali da farla sembrare molto più grande di quanto non fosse. Sua sorella era cresciuta moltissimo. Tutto ciò che le era accaduto ad Approdo del Re l’aveva fatta divenire una donna forte, tenace, astuta e decisa. Niente l’avrebbe fermata. Jon sapeva che aveva ragione. Ma il suo cuore gli diceva di fare altro. Il suo cuore lo stava supplicando di salvare colui che aveva più vicino al mondo, con il quale aveva trascorso una vita intera e che era stato capace addirittura di salvarlo dalla morte. E ora lui non poteva neanche salvarlo da una banale regina. Ma Jon era un lupo del Nord e doveva fare ciò che era giusto. Non poteva mettere la sua famiglia o il suo cuore al primo posto. Avrebbe fatto esattamente come suo padre, prestando fede alla parola data e combattendo la battaglia contro Ramsey Bolton per riprendersi Grande Inverno. Poi avrebbe pensato a Walter. L’unica cosa in cui poteva sperare nel frattempo, era che Sansa avesse ragione sulle intenzioni Cersei, anche se ciò non era ugualmente in grado di rassicurarlo, dato che, anche se non lo voleva morto, sicuramente lo aveva rapito per un motivo preciso, e quando si trattava dei Lannister non si poteva mai stare tranquilli. Inoltre, per quanto potesse essere una magra consolazione, Melisandre era partita verso Approdo del Re per trovare il modo di salvarlo. Forse aveva un piano e avrebbe radunato i suoi alleati della Fratellanza Senza Vessilli. O almeno, questo era ciò che sperava. Perdonami, fratello. Dovrai attendere ancora il mio arrivo. Cerca di resistere e di tirare fuori le unghie e i denti come hai sempre fatto, fino ad allora.
 
Cersei si ritrovò in mezzo ad una distesa grigia composta di gas e aria. Non assomigliava a nessuno dei luoghi che conosceva. Le appariva solo come un deserto grigio, simile ad una sorta di tartaro dove solo le anime più nere alloggiavano. Si guardò intorno spaesata quando, ad un tratto, dinnanzi ai suoi occhi comparve sua madre. Gli occhi di Cersei si riempirono di lacrime dopo tanto tempo e le corse incontro proprio come faceva quando era bambina. - Madre! Madre! Mi mancate così tanto! – le disse abbracciandola.
La donna le sorrise malinconicamente e, accarezzandole le guance premurosamente, le sussurrò qualcosa. – Cersei, che cosa hai fatto …?
- Madre … cosa intendete? – le chiese confusa. Ad un tratto, a richiamare l’attenzione della regina reggente fu un’altra figura. Quella di un uomo grosso con la pancia orribilmente squarciata. Cersei sbiancò non appena lo vide. – Robert …?
- Ora hai raggiunto ciò che volevi, dannata Lannister? Sei riuscita a portare quegli schifosi bastardi che spacciavi per miei figli, al trono al mio posto? – la sua voce era tagliente mentre il suo ghigno corrispondeva allo stesso che aveva sempre in vita pur essendo più macabro. – Allora? Ora sei felice?
Cersei riprese la calma e cercò di non balbettare. – Te lo meritavi. Non sei mai stato all’altezza di quel trono. Né del mio amore e di quello di nessun altro. Non meritavi dei figli tuoi, né alcun che da me, lurido porco.
Robert sfoggiò una delle sue solite rumorose risate prima di risponderle. – Tu mi hai ucciso solo per una tua sciocca frustrazione, Lannister. Come fanno tutti quelli della tua famiglia. Uccidete le persone per degli insulsi capricci. Non è vero?? Non ti ho mai amata né degnata di alcuna attenzione. Nel mio cuore c’è sempre stata solo lei. Se avessi potuto, avresti ucciso lei, o mi sbaglio, Cersei? Prima ti ha fregata portandoti via Rhaegar Targaryen, poi, ha rubato anche il mio amore. L’amore che spettava a te. Puoi considerarti anche sua assassina nonostante Lyanna, fortunatamente, sia morta non per mano tua!
- Sta’ zitto! – gli urlò Cersei con tutto il fiato che aveva in corpo. Dopo di che, accanto a Robert, comparve Ned Stark, il quale aveva un taglio orribile che gli squarciava tutto il collo segnando una circonferenza perfetta. Egli aveva il solito sguardo burbero e serio, ma più malinconico. – A cosa è servito, Cersei? La mia morte a cosa è servita?
- Non era necessaria. Ma tu sei stato stupido. Non mi hai ascoltato. Joffrey non doveva ucciderti ma tu non dovevi tradirlo.
- Tuo figlio era un bastardo. Non era il legittimo erede al trono. Io ho fatto ciò che era giusto fare e tu mi ammiravi per questo. Non pensare che non lo sapessi. Mi ammiravi per il mio onore e la mia fedeltà. Allora perché? Perché hai permesso una cosa del genere? Io avevo una famiglia da mantenere. Una splendida famiglia che attendeva il mio ritorno.
- Non doveva andare così.
In quel momento, accanto a Ned, apparve anche sua moglie Cat, la quale aveva anch’essa la gola tagliata, ma solo da parte a parte. – Invece la mia? Hai avuto il coraggio di togliere a dei bambini un padre e di uccidere anche la loro madre? Senza di me li hai resi orfani. Senza una casa e un punto di riferimento. Noi volevamo solo la nostra vendetta e la nostra giustizia – disse ciò con le lacrime agli occhi, lacrime che sembravano bruciarle le guance.
- Non è stata una mia decisione. Una guerra è una guerra e … - ma non fece in tempo a terminare la frase, che si materializzò anche la figura del suo adorato leone, il suo defunto primogenito, il quale possedeva ancora il volto e le vene viola e in superficie a causa del veleno.
- Ti sono mancato, madre?
- Joffrey! Mio tesoro! Certo! Mi manchi ogni giorno di più e …
- Ti sono mancato anche quando ti sei fatta fottere dal tuo fratello gemello, o meglio, da mio padre, dinnanzi al mio cadavere ancora fresco? O anche quando ti siedi sul mio trono?
- No, Joffrey, non dire così, ti prego!
- Mi hai reso un bastardo agli occhi di tutti e mi hai tenuta nascosta l’identità del mio vero padre mentendomi dal primo momento. Mi chiedo se tu sia mai stata una vera madre per me.
- Joffrey … - ma fu interrotta di nuovo dall’arrivo di suo padre, con il torace sfondato dai colpi di balestra.
- Guardami, figlia mia. Così è come avresti sempre voluto vedermi?
- Padre … che cosa state dicendo?
- Tu mi hai aizzato Tyrion contro. Mi hai sempre spinto ad odiarlo come lo odiavi tu. Per questo ha ingaggiato degli uomini per uccidermi dopo essersene andato insieme al bastardo Stark.
- Padre, non è affatto vero, io ... – questa volta comparve la sua bellissima Myrcella, con la pelle consumata da ferite e bolle.
- Perché lo hai fatto, madre? Perché hai lasciato che lo facessero? Che mi portassero via?
- Piccola mia, io non ho mai voluto che ti portassero via da me!
- Ma glielo hai lasciato fare. Mi hai uccisa tu, madre. Solo tu.
- No! La malattia ti ha uccisa! Si è trattata di un’orrenda fatalità!
- Mi ha uccisa una malattia presente solo a Dorne. Sono morta perché hai lasciato che mi portassero via, che mi usassero come merce di scambio come una capra.
- No, Myrcella, anche tu no!
Fu il turno della giovane Margaery con delle bruciature che le coprivano la maggior parte del corpo. – Invece qual era la mia colpa? Essere una regina migliore di te? Una regnante buona e giusta con i suoi sudditi? Oppure mi attribuisci la colpa dell’amore che i tuoi figli nutrivano nei miei confronti? Pensi che io li abbia sedotti e portati via da te? O tu non eri abbastanza per loro? Oh, no, non è niente di tutto ciò. Tu mi hai uccisa perché sono riuscita a conquistare il cuore dell’uomo per il quale sei ossessionata. Lui sarebbe stato mio e io sarei stata sua se solo ne avessimo avuto la possibilità. Questa è la vera ragione che ti ha spinta a darmi fuoco in quel tempio, non è vero? – le disse la ragazza con il volto spento e uno sguardo d’odio.
- Ti sbagli … ti sbagli! – Cersei aveva iniziato a tremare. Tutte quelle figure cominciavano ad intimorirla davvero. O forse, la intimoriva quello che rappresentavano. Dopo di che, apparve anche l’ultimo dei suoi figli al suo cospetto. Il suo sguardo era triste e deluso proprio come quello di un bambino. – Me l’hai portata via. Io l’amavo. Mi hai lasciato solo, privo di coloro che amavo. Eri così egoista da volermi solo per te? Da volermi togliere tutto solo per i tuoi desideri? Non provi neanche un po’ di disagio a sedere sul trono che è ancora caldo del mio calore?
- Tommen, mi dispiace. Io non volevo. Non avrei mai immaginato … - sussurrò inginocchiandosi e portandosi le mani al volto. Voleva piangere, urlare e smettere di tremare ma non ci riusciva. Infine lo vide. Non apparve dal nulla come gli altri ma lo vide sbucare dalla nebbia, avvicinarsi lentamente a lei, calmo e rilassato. Cersei si rialzò in piedi e sgranò gli occhi mentre Walter si avvicinava a lei con un sorriso che sembrava finto per quanto docile. Il ragazzo si avvicinò ancora e le appoggiò le mani sulla guance, guardandola dall’alto premurosamente. Da ciò Cersei capì che c’era qualcosa che non andava in lui. Non poteva essere lui.
- No. No, tu non puoi essere qui. Tu non sei morto. Non sei morto … - la sua voce tremava immensamente, fino ad arrivare al punto di balbettare.
- Hai così paura che io muoia? – le chiese sorridendole ancora.
- Non dovresti essere qui anche tu …
- Perché non vuoi che io muoia, Cersei? Perché vuoi vedermi vivo? Cosa vuoi da me? Se non vuoi vedermi morto, dovresti lasciarmi andare. Dovresti smetterla di tormentarmi e di cercarmi. Altrimenti, rischierai di fare del male anche a me come lo hai fatto a loro. Come lo hai fatto alle persone a te care. Dunque si tratta di questo? Anche io faccio parte di coloro che ti sono a cuore. Hai finito per cadere in quella trappola in cui mai saresti voluta cadere. Cosa senti per me oltre all’odio? – disse tutto ciò con voce piatta e docile mentre quell’inquietante sorriso vuoto ornava il suo bel viso. Cersei non riuscì a ribellarsi e a staccare gli occhi dai suoi. Si sentiva estremamente debole circondata da tutte quelle persone che la incolpavano e di fronte a lui. Così cercò l’aiuto di sua madre. Quella che, da sempre, era la sua salvezza. Cersei corse verso la donna e si inginocchiò ai suoi piedi. – Madre! Vi prego, madre, aiutatemi!
- Perché dovrei, Cersei? Dopo tutto quello che hai fatto a tutti loro, come potrei amarti? – le disse con sguardo vacuo. Cersei si rialzò in piedi indietreggiando e inorridendo. Dopo di che, aprì gli occhi e si svegliò, balzando dal letto e respirando con il fiatone. Si rese conto di trovarsi nel solito letto della sua stanza e di essere tutta sudata. Quel sogno l’aveva sconvolta come niente in vita sua era stato capace di fare. Si sentiva debole e vulnerabile e ciò non le piaceva. In quel momento, qualcuno bussò alla sua porta. Cersei cercò di darsi un contegno, di limitare il suo fiatone e si infilò una vestaglia. – Sì?
Una cappa dorata aprì la porta. – Vostra Maestà, gli uomini hanno appena fatto ritorno da Nord. Hanno il bottino. – Non appena udì l’uomo pronunciare quelle parole, un sorriso sollevato e soddisfatto si fece largo sul volto stravolto di Cersei.
- Bene. Rinchiudetelo dove vi ho comandato. Andrò da lui immediatamente.
 
Walter era stato letteralmente incatenato in quella stanza buia e umida, la quale somigliava ad una prigione nonostante fosse più grande. Gli avevano legato i polsi con delle catene strette, tirate su e fissate sulle estremità delle pareti, in modo che le sue braccia rimanessero alzate e immobilizzate. Era rimasto in quella posizione per neanche un’ora e già sentiva dolore alle spalle. Ad un tratto, la porta della stanza si aprì ed entrò la persona che si aspettava di incontrare ma che meno avrebbe voluto vedere. Cersei lo guardò e si avvicinò un po’ a lui. – Vedo che ti hanno dato dei vestiti. Non avresti potuto rimanere qui con quelle pellicce. Tuo padre sembrava non volersele mai togliere.
- Mi hai portato fin qui per parlarmi di abbigliamento? Dov’è Tommen? Come lo hai convinto a rapirmi??
Cersei accennò un sorriso tra il divertito e il malinconico a quelle parole. – A Nord non arrivano nemmeno le notizie principali della capitale? Siete talmente confinati da estraniarvi davvero dal mondo?
- Ho trascorso l’ultimo mese incappucciato e legato, rinchiuso nella stiva di una nave. Come pensi possano essere giunti alle mie orecchie i pettegolezzi di Approdo del Re??
- Tommen è morto da settimane. Ora sono io la regina.
Walter sgranò gli occhi incredulo. Si aspettava di vederla molto più distrutta  per la morte del terzo dei suoi figli. – Come è successo …?
- Si è suicidato. Si è gettato dalla finestra più alta della Fortezza Rossa.
- Era solo un ragazzino … era tuo figlio. Perché non mi sembri così turbata?
- Non puoi sapere quando io sia o non sia turbata. Non pensare di conoscermi così bene – gli disse avvicinandosi ancora. – Quindi non sai neanche il resto …
- Quale resto?
La donna si allontanò un po’ da lui per precauzione, nonostante, per il momento, lo avesse fatto legare appositamente per evitare che la aggredisse o la uccidesse. D’altronde, quello che stava per dirgli, lo avrebbe fatto infuriare più di quanto già non fosse. – La tua donna non c’è più. Ho dato fuoco al tempio di Baelor con lei dentro, tutta la sua famiglia, l’Alto Passero e decine di altre persone – fu come uno strappo veloce e indolore per lei. – Margaery Tyrell è morta bruciata e ho goduto come non mai mentre guardavo il tempio andare a fuoco con lei dentro – detto ciò, si voltò di nuovo verso il ragazzo per osservare la sua reazione. Lui la stava guardando. Tuttavia i suoi occhi erano completamente vuoti. Sembrava una bambola priva di espressione. Restarono alcuni minuti in quello stato, in silenzio, mentre Cersei lo studiava, cercando di prevedere cosa avrebbe fatto. Dopo circa dieci minuti, Walter parlò. – Che cosa vuoi? Non mi hai fatto torturare quando ne avevi l’occasione, non mi hai ucciso o fatto del male quando ne avevi l’occasione. Dunque, che cosa vuoi da me, Cersei Lannister? Cosa cerchi esattamente? Un giocattolo che possa colmare la tua vuota vita priva d’anima? Vuoi un oggetto sessuale, un amante, una persona che ti tenga compagnia quando ti senti sola, un bambola da poter torturare e veder soffrire quando più ne hai voglia o una persona da usare con lo scopo di farti auto convincere di avere ancora un’anima? Cosa cerchi esattamente da me?
A quelle parole, alla donna ritornò in mente il sogno fatto quella notte e, d’improvviso, ricominciò a tremare e a sentirsi debole ed esposta. – Ti senti così migliore di me? Pensi di essere dalla parte dei buoni, del giusto. Ma anche la tua anima è nera. Ognuno fa quello che può per salvare sé stesso e la sua famiglia. Non esiste giusto o sbagliato finché il fine è quello. Tu hai ucciso per questo. Come ho ucciso io. Quando hai tolto la vita a Ser Gregor Clegane, non ho visto alcuna bontà in te. Eri una creatura alimentata solo da rabbia e odio. Lì è venuto fuori il vero te stesso.
- Quello non ero io.
- Oh sì che eri tu. Quella tua parte è sempre stata nascosta dentro di te perché soppressa continuamente dalla tua facciata da ragazzo onesto e valoroso. Tu non sei così. Tu sei nato per essere un ladro, è quello che sai fare meglio. Sei nato per ingannare e per mentire mille volte meglio di quanto riescano a fare gli attori nei palchi. Sei un bugiardo e un ribelle, incapace di piegarsi e di prestare ascolto agli altri. Sei stato baciato dalla natura con dei doni che sai utilizzare egregiamente e a tuo piacimento, plasmandoli e incastrandoli tra loro come meglio ti serve nelle varie situazioni. Tu sei un plasmatore, un dirottatore, un creatore. Potresti fare ciò che vuoi e sottomettere il mondo ma ti poni degli inutili freni. Se solo sfruttassi a pieno le tue capacità, raggiungeresti una fama inaudita, al punto di diventare una leggenda. Tu non sei nato per essere buono, onesto, valoroso come gli eroi. Tu sei nato per essere scaltro, irrefrenabile, spietato come i “cattivi”. Tu sei nato per essere un assassino. Quando lo uccidevi, godevi nell’infilzargli il torace come se fosse composto di piume, sorridevi nel trapassargli la testa, eri in estasi mentre sentivi il suo sangue sul tuo corpo e continuavi a spalmartelo addosso. Quella è stata la tua vera liberazione. Il tuo modo di combattere rispecchia il tuo vero “io”: disinibito, senza regole, dalle movenze sciolte e che si adattano a qualsiasi situazione come fosse una seconda pelle. Dovresti lasciarti andare, Walter. Solo in questo modo troverai la tua strada e ti sentirai pienamente realizzato – nel parlargli si era avvicinata sempre di più e, in quel momento aveva posato una mano sul suo collo. La sua debolezza stava prevalendo.
- Noi due non abbiamo niente di simile. Se speri in qualche modo di trovare una redenzione sentendoti più vicina a me e dicendomi tutto questo, non funzionerà. Hai perso tutto. Ogni cosa a te cara. E non la riavrai mai. Ma ora che hai finalmente me, ti stai auto convincendo che questo basti. Non basterà, Cersei. Hai perso anche Jaime. Lo hai perso da diverso tempo. Lui ha trovato la sua strada quando ha compiuto quel viaggio con Brienne. E sei certa di averla trovata anche tu quando hai viaggiato con me. Invece non è così. Tu non sei capace di cambiare. Non sei capace di trovare la tua strada. Sei destinata a vagare sola, persa e dannata in una distesa isolata e vuota fin quando i tuoi piedi non sanguineranno e i tuoi mostri interiori non ti divoreranno come gli avvoltoi divorano le carni logore delle bestie abbandonate a loro stesse.
A quelle parole del ragazzo, pronunciate con sguardo vuoto e con indifferenza, Cersei si sentì ancora più debole. Tuttavia, avevano fatto risvegliare una tale rabbia in lei, da farle ignorare qualsiasi altro sentimento che la stava invadendo. Si avvicinò ancora di più a lui e gli afferrò violentemente le mascelle con una mano per fargli rivolgere lo sguardo verso il basso, per portarlo ancora più vicino al suo. Voleva accertarsi che la stesse guardando dritta negli occhi mentre pronunciava quelle parole. – Vuoi sapere perché sei qui? Vuoi davvero saperlo? Sei qui perché questa è la tua condanna. Rimarrai qui con me e varcheremo le porte degli inferi insieme io e te. Con o senza il tuo consenso. Noi due siamo complementari. Non possiamo vivere l’uno senza l’altra, non possiamo sopravvivere senza farci del male a vicenda. Dobbiamo stare vicini per sentirci completi e realizzati. Che vita sarebbe senza vedere l’altro soffrire per merito nostro? Che vita sarebbe ignorare il bisogno di superare i nostri limiti grazie all’altro? Questo è lo scopo che abbiamo, Walter. Dunque, ti farò del male, molto male, finché tu non deciderai di inchinarti e di sottometterti a me.
- A quel punto mi lascerai libero?       
Cersei scoppiò in una risata inquietante e divertita. – Certo che no! Hai udito cosa ho appena detto?? Quando lo farai, saprò che mi sei fedele e che sarai disposto a fare tutto ciò che vorrò, come e quando te lo chiederò, secondo i miei desideri, perciò, se preferisci, potrò darti una camera bella e lussuosa dove alloggiare qui nella Fortezza Rossa, proprio come quella che avevi nel bordello di lord Baelish, e magari ti porterò anche una puttanella come quella con cui trascorrevi tutto il tempo prima che morisse malamente durante uno stupro – gli disse portandogli ancora più giù il viso e posando le sue labbra sulle sue con foga. Non era un bacio nella norma. Era un gesto impulsivo, animale, un istinto di rabbia. Walter la morse talmente forte da ferirle il labbro facendola allontanare di scatto ed emettere un verso di dolore. La donna si toccò la ferita e accennò un sorriso derisorio. – Scommetto che non avrai più voglia di usare i denti, né nessun’altra parte del corpo, dopo la prima tortura che sopporterai. E ne verranno sempre di più e ogni volta maggiormente dure e dolorose fin quando non otterrò ciò che vorrò e ti prostrerai a me. Non vorrei farti soffrire così tanto, in realtà, ma a volte vanno prese scelte estreme per raggiungere i nostri obiettivi. È il modo più facile e veloce – disse infine sorridendo di nuovo e uscendo dalla stanza.
 
Jaime percorse il corridoio della Fortezza che portava alla sala del trono, per assistere a ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco. Ad un tratto, intravide Oberyn Martell andare nella sua stessa direzione.
- Principe Oberyn.
- Potete chiamarmi “lord Oberyn”, Ser Jaime. Mio fratello Doran è il principe di Dorne. Io sono divenuto uno dei consiglieri del re oramai – disse l’uomo sorridendo fiero.
- Già, me ne dimentico sempre.
- Avete idea di ciò che ha intenzione di fare vostra sorella con quel ragazzo?
- Mi ha accennato qualcosa.
- Non vedo il vostro sguardo sereno, Ser Jaime. In realtà, non lo vedo mai sereno.
- Cosa intendete dire?
- Che questo non è più il vostro posto. - Udendo quelle parole, Jaime si fermò e guardò il suo interlocutore confuso. Non appena Oberyn se ne accorse, si fermò anche lui. – Dunque? Cosa vi sorprende tanto in ciò che ho detto? Sapete bene cosa è giusto e cosa è sbagliato. Sapete distinguerlo con più chiarezza dopo essere tornato dalla prigionia a Nord. Vostra sorella è pazza. Sta impazzendo sempre più. Oramai, tutti i sette regni hanno paura di lei e non si rivoltano solo perché temono che possa dar fuoco anche a loro. Ha sterminato i Tyrell con l’altofuoco e … aspettate! Non ha fatto lo stesso il re folle? “Bruciateli tutti”. Voi siete quello che può ricordarlo meglio di chiunque altro o sbaglio?  Inoltre ha provocato anche la morte del vostro figlio minore, il re Tommen. Oltre al fatto che sta tormentando ancora quel ragazzo. Sapete quello che vuole fargli e sapete anche che lui non lo merita. Sapete quello che ha fatto a tutti e che sta facendo al regno. Eppure non agite. Rimanete fermo qui al suo fianco nonostante il vostro posto, oramai, sia altrove – sputò fuori tutte quelle parole come se fosse la cosa più naturale del mondo e come se non si trovasse dinnanzi alla persona più vicina alla regina.
Jaime era rimasto senza fiato. – Non dovreste parlare così della regina, nella Fortezza Rossa e dinnanzi a me – fu capace solo di dire, dopo qualche minuto, deglutendo.
Oberyn sorrise ancora e gli si avvicinò. – Ah sì? Dovrei davvero temere che asseconderete le sue pazzie e gli riferirete tutto ciò facendomi subire una morte atroce e ingiuriosa senza alcun motivo? Voi non siete così, Ser Jaime. Pensate a ciò che vi ho detto e prendete la vostra scelta – gli disse infine voltandogli le spalle e continuando a percorrere il corridoio verso la sala del trono.
 
Tutti coloro che dovevano essere presenti, si trovavano alla sala del trono. Cersei era seduta sul trono di spade, mentre Jaime era in piedi alla sua destra. Accanto a lui e sull’altro lato del trono, disposti in ordine casuale, vi erano i consiglieri della regina tra cui lord Varys, lord Baelish e Oberyn. Poco più distante si trovava il primo Cavaliere del Regina, Qyburn, insieme alla sua ultima creazione, una creatura che aveva il corpo di Ser Gregor Clegane ma che, oramai, non lo era più.  Dinnanzi al trono, poco più sotto, vi erano i componenti della Guardia Reale, i quali reggevano dei prigionieri vestiti di sacchi marroni e con una particolare cicatrice sulla fronte. Erano circa in dieci. Finalmente arrivarono anche altre guardie, le quali stavano portando Walter. Cersei gli sorrise irrisoria non appena lo vide. – Bene. Ora che siamo tutti qui, possiamo dare inizio allo spettacolo di oggi. Per prima cosa, finiremo ciò che ho iniziato. Questi seguaci dell’Alto Passero superstiti, sono riusciti a scampare all’esplosione del tempio di Baelor. Voglio vedere morti tutti voi vermi schifosi, perciò ora vi spetterà ciò che siete riusciti inutilmente ad evitare la prima volta. - Non appena udirono quelle parole della regina, quegli uomini cominciarono a tremare. – Ciò servirà anche per far vedere da vicino al traditore della corona, in che modo la sua puttana Tyrell è morta, tra atroci dolori. Sì, miei fedeli servitori: se non ne eravate a conoscenza, quella che era la regina dei sette regni e che tutti amavano e veneravano, mentre mio figlio la aspettava impaziente nel suo letto nuziale, se la spassava con il bastardo di Ned Stark. Ora, lui osserverà questi uomini bruciare. Li guarderà da vicino così da poter udire in lontananza anche le urla della sua amata – disse lei continuando a guardare Walter mentre lui non la degnava neanche di uno sguardo. – Ma lo spettacolo non finisce qui. Sarebbe troppo insulso altrimenti. Dopo l’esecuzione dei superstiti, assisteremo ad un altro entusiasmante combattimento proprio come quello avvenuto mesi fa nel duello tra il bastardo e la Montagna. I combattenti saranno esattamente gli stessi. Ci sarà soltanto una piccola modifica al tutto: ora, Ser Gregor Clegane non può morire. Perciò, per quanto ti impegnerai, Walter, non riuscirai mai ad ucciderlo e il duello non terminerà finché non sarò io ad ordinarlo. Ovviamente, Ser Gregor ha l’ordine di non ucciderti, ma solo di atterrirti e colpirti anche dopo che sarai piombato a terra, sfinito, senza più forze e inzuppato nello stesso sangue delle tue ferite.
- Cersei … - le disse Jaime intervenendo. – Non pensi che sia esagerato?
Lei non alzò neanche lo sguardo verso di lui per rispondergli. – Non utilizzo mai quel termine, Jaime. Lo sai – gli disse zittendolo. Dopo di che, fece segno agli uomini della Guardia Reale di dare inizio allo “spettacolo”. Al che, i soldati avvicinarono i seguaci superstiti dinnanzi al trono e accesero delle torce.
- No! No! Maestà, vi supplichiamo!! Saremo fedeli a voi per il resto della nostra vita!
- Rinnegheremo il nostro credo! Vi prego! – urlarono disperati.
- Non vorrai farlo sul serio?! Ti stanno implorando di perdonarli! – le disse Walter volgendo finalmente lo sguardo su di lei. Il ragazzo era stato posizionato dalle guardie molto vicino ai condannati, in modo che potesse vedere meglio quegli uomini bruciare e urlare davanti ai suoi occhi. I soldati lo tenevano stretto con le catene legate ai suoi polsi, ma lui si muoveva così velocemente e abilmente da metterli in difficoltà.
Con un sorriso accennato e un segno della mano, la regina diede il permesso alle guardie di bruciare il primo superstite, poi il secondo e così via.
- No!! – urlò sconvolto Walter ribellandosi ancora di più a quella presa mentre vedeva quei poveri uomini urlare atrocemente e la loro carne che si staccava dalle ossa, consumata dalle fiamme. Le vittime deambulavano avanti e indietro come tante torce impazzite mentre la loro voce si bloccava in gola. Poi, accadde qualcosa. Uno dei seguaci che correva come una belva impazzita nella sala del trono mentre il fuoco lo consumava, si fiondò, in cerca di una sorta di aiuto o come istinto involontario, sulle prime figure che vide vicine ad esso, le quali non stavano subendo quel supplizio. Notando l’uomo che si dirigeva verso di loro correndo, le guardie che stavano tenendo fermo Walter si spaventarono e istintivamente scapparono via da lì. Cersei non fece in tempo ad alzarsi in piedi, ad urlare o a fare qualsiasi altra cosa, come non ci riuscì nessun altro del presenti, poiché, in un istante, l’alta fiamma che stava bruciando l’uomo piombato su Walter, si era estesa anche a quest’ultimo. Ora anche lui stava prendendo fuoco insieme agli altri.
- Fate qualcosa!! Fate qualcosa!!! – urlò la donna alzandosi in piedi e guardando la scena inorridita. Ma tutti i presenti erano fermi immobili, troppo sconvolti per riuscire a muoversi. Le Guardie Reali non avrebbero più potuto fare nulla: il danno era fatto. Walter sarebbe morto insieme agli altri. L’ho ucciso. L’ho ucciso io. Non può essere. Non doveva andare così. Il mio sogno non si sta avverando. Anche questo è un incubo. Non è reale … continuò a ripetersi la donna mentre fissava la figura di Walter sovrastata dalle fiamme. Tuttavia, mentre tutti gli altri sembravano spegnersi e accasciarsi a terra morti, dopo un po’, Walter continuava a restare in piedi. Trascorsero interi minuti e il solo rimasto ancora nella stessa posizione, tra le vittime, era lui. Quando il fuoco che stava bruciando il ragazzo si consumò, rimasero tutti a bocca aperta: lui era in piedi, dinnanzi al trono, tremante, con lo sguardo sconvolto e vitreo, ma vivo. I suoi vestiti si erano consumati, ma lui no. Il suo corpo era immacolato e nudo davanti a loro, privo di qualsiasi scottatura o di qualsiasi ustione. Walter cadde in ginocchio poiché le sue gambe non riuscivano più a reggerlo e il suo cervello sembrava essersi spento.
Come era possibile? si chiesero tutti, eccetto lord Varys. D’un tratto, ogni cosa fu chiara e limpida come l’acqua nella mente di ogni presente. Ogni tassello stava giungendo al suo posto. Tutto era divenuto spaventosamente ovvio. Dinnanzi ai loro occhi c’era un drago. Un vero drago.
- Dategli dei vestiti e riportatelo via … – disse Cersei con la voce tremante e ancora sconvolta come non lo era mai stata in vita sua.
 
Walter non aveva più detto una parola, non aveva più pensato, non aveva più fatto nulla da quando lo avevano rinchiuso di nuovo in quella stanza buia. Stavolta non lo avevano incatenato. Era seduto a terra, con le ginocchia piegate e le braccia che le circondavano come se inconsciamente cercasse ancora una sorta di appiglio. Come se ancora si sentisse vivo. Aveva preso fuoco. Era sicuro che le fiamme lo avrebbero divorato. Non vedeva più nulla e ancora la sua vista non era tornata normale. Solo un calore insopportabile ma non lacerante. Gli aveva fatto male, ma non più di una lunga doccia con l’acqua troppo calda. Ma non era quello il problema. Il problema era ciò che aveva provato e temuto. Ciò che gli avevano fatto, che lei gli aveva fatto. Si sentiva fragile come una foglia, esposto come un neonato, ferito e squartato dall’interno come un oggetto senza vita, privato di ogni istinto che lo rendeva umano. Avrebbe voluto urlare o piangere ma non ne era capace. Come non ci era riuscito mentre le fiamme lo avvolgevano, non ci riusciva ora. Non si rendeva conto di cosa comportasse ciò che era accaduto, di chi realmente fosse. Non era importante. Nulla era importante. Era perso, solo, morto anche con il cuore che batteva e il respiro che fuoriusciva dalla sua bocca. Forse non sarebbe più tornato quello che era e sarebbe rimasto appeso tra la vita e la morte, in quello stato vegetativo. Tuttavia, ad un tratto, percepì qualcosa che riuscì a destarlo anche solo di poco e a fargli prendere un minimo di coscienza. Non sapeva cosa o chi fosse, ma gli trasmetteva un calore familiare, un amore che tanto gli mancava e di cui aveva immensamente bisogno in quel momento. Senza che quella presenza gli disse nulla, riuscì a riconoscerlo. Inconsciamente, senza neanche accorgersene, Walter pronunciò il suo nome. – Bran … ? – la sua voce usciva sussurrata, come consumata. La presenza sembrò trasmettergli qualcosa, un messaggio preciso che solo lui poteva capire poiché solo i fratelli potevano intendersi in tal modo, nonostante non lo fossero di sangue. Walter riuscì a comprenderlo in qualche modo che solo la natura conosceva. Si sentì improvvisamente rassicurato e un po’ più umano. – Grazie, Bran … grazie per essere qui … - la sua voce era rotta e scostante ma la presenza lo capì perfettamente. D’improvviso, Walter percepì come qualcosa che lo avvolgeva da dietro le spalle. Il ragazzo trovò il coraggio di sorridere e si lasciò abbracciare e consolare ancora mentre una lacrima, finalmente, riuscì a liberarsi da quel buco nero e senza fine.
Quella notte, mentre Walter dormiva sul freddo pavimento, udì un rumore che lo destò. Era riuscito a riprendersi quasi completamente con l’aiuto della presenza di Bran, così aveva trovato conforto nel sonno. Il ragazzo osservò la porta della sua stanza, la fonte del rumore, fino a che questa non si spalancò rivelando la figura di Oberyn Martell.
- Dobbiamo fare presto – lo esortò l’uomo mentre si guardava intorno attento. – Sono riuscito a sbarazzarmi dei soldati di guardia a questa stanza, ma non abbiamo molto tempo.
Walter si alzò in piedi e lo guardò confuso. – Perché lo fai?
A quella domanda, Oberyn gli sorrise divertito. – Hai davvero il coraggio di chiedermelo?? Hai ucciso l’uomo che ha rovinato la mia famiglia. Mi hai fatto raggiungere la vendetta che cercavo da una vita, anche se involontariamente. Sarò sempre in debito con te per questo. Non far caso al fatto che ora la Montagna sembri vivo e vegeto. Non lo è. Non c’è più Ser Gregor Clegane dietro quell’armatura, ma una creatura a sé. Inoltre, tu mi piaci. Mi piace il tuo modo di agire e di pensare. A differenza di tuo padre. Lui lo odiavo, come ti ho già detto. E non solo perché ha abbandonato e umiliato mia sorella. Ma non mi sorprende: d’altronde, i draghi non sono tutti uguali, no? 

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Capitolo 20
*** La danza del drago ***


La danza del drago
 
Cersei stava sorseggiando il suo calice di vino nella sua stanza, affacciata alla finestra che dava su tutta la città. Era l’alba e il cielo aveva un colore meraviglioso. Il colore che amava di più. Ad un tratto, la donna udì il rumore della porta che si apriva. Nessuno aveva bussato, così capì. - Non mi sorprende che tu sia qui – disse restando rivolta verso la finestra.
- Sembra quasi che te lo aspettassi.
- Chi è stato a farti fuggire? Lord Varys o la Vipera?
- Oberyn. Non abbiamo incontrato molte resistenze dato che Jaime è fuggito …
- ... stanotte – continuò la frase lei. – Lo so. Ser Gregor Clegane?
- Oberyn lo ha rinchiuso nelle prigioni.
- Quindi, in poche parole, nessuno vi ha fermati – concluse facendo ondeggiare il liquido rosso nel suo calice e soffermandosi a guardare una nuvola avente una forma strana. - Immagino che vi sarete occupati dei soldati di guardia e nessuno ti ha visto entrare perché sei molto veloce ed estremamente silenzioso. Prima che si accorgano che sei qui passerà molto tempo.  - Walter si avvicinò di qualche passo, rimanendo comunque a distanza da lei, data l’ampiezza notevole della stanza. – Dunque sei un drago. Il prezioso figlio illegittimo di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark. Il figlio della leggenda, dell’amore proibito quanto travolgente tra il ghiaccio il fuoco. Forse, dentro di me, l’ho sempre saputo. Eri una creatura troppo particolare e complessa ai miei occhi per essere un semplice bastardo come tanti. Un’anima degna di essere studiata e capace di attrarre anche i cuori più freddi, proprio come il mio. Ora che ci penso, ci sono delle tue caratteristiche che me lo ricordano molto. Ma molte altre no, sono solo tue. Non so se saresti un buon regnante. Come ti ho già detto, secondo me tu non sei fatto per fare questo, ma ben altro. Qualcosa che nessun altro è capace di fare. Immagino sarà stato uno shock per te quanto per me … - continuò lei.
- Pensi che io ti sia grato per questo? Per avermi fatto scoprire chi sono bruciandomi vivo?
- Sai bene che è stato un incidente e che non avrei mai e poi mai voluto che accadesse. Non ti ho mai voluto morto, Walter. Mai una volta in tutta la mia vita. Forse neanche subito dopo che mi hai rapita, quando ho provato a sedurti per ucciderti, in realtà ti volevo davvero morto.
- Perché? Cosa dice la profezia sulla tua morte?
Quella domanda la destabilizzò più di qualsiasi altra cosa che le aveva detto nel giro di quei due giorni. Fu come una doccia fredda e acida improvvisa e letale. Lei sapeva. Sapeva che il momento era arrivato. Lo aveva realizzato solo quella notte e, forse, lo stava anche cominciando ad accettare. O forse no. Non avrebbe mai potuto accettare una cosa del genere. D’altronde, chi mai avrebbe potuto accettare di venire ucciso? Di certo non una fiera leonessa come lei. Tuttavia, negli ultimi giorni aveva preso coscienza di alcune cose. Aveva capito di meritarselo ed era stato sia lui a farglielo capire, che tutte le persone alle quali aveva fatto del male. Prima o poi tutti fanno i conti con i loro errori. Prima o poi tutti cominciano ad avere una coscienza. O si muore prima che ciò accada, o si vive abbastanza a lungo da provare questo scottante e lacerante rimorso. Lui doveva aver capito. Doveva aver già capito tutto e ciò non la sorprese, dato che quel ragazzo era sempre un passo avanti a lei e a tutti gli altri, in qualsiasi cosa. Udì i suoi passi silenziosi che si avvicinavano, ma il viso di Cersei era ancora rivolto al paesaggio.
- Dunque eccoci qui, insieme, isolati dal resto del mondo, proprio come due anni fa – gli rispose decidendo di ignorare quella domanda.
- Cosa senti?
- Sento molte cose. Ma più di tutti, percepisco il tuo odio verso di me. Quello sovrasta ogni cosa e immerge questa stanza. Avverto il tuo odio per aver spinto Bran giù da quella torre; per aver provocato la morte dell’uomo che ti ha cresciuto e che credevi tuo padre avendo generato un mostro come figlio e avendolo portato al trono al posto di Robert; per aver fatto soffrire Sansa e aver fatto scappare Arya; per non aver evitato che la mia famiglia sterminasse tutto l’esercito Stark insieme a colei che era come una madre per te; per averti imprigionato qui; per averti riportato qui; per aver bruciato viva la donna che amavi e per aver bruciato vivo te, anche se involontariamente. Tutto questo ti ha portato qui e io non l’ho affatto evitato – dopo aver pronunciato quelle parole, finalmente, si voltò verso di lui e appoggiò il calice sul tavolino lì di fianco. I loro occhi si incontrarono e non erano mai stati così vicini quanto lontani. – Forse ci sarebbe potuto essere un destino diverso per noi. Ci pensi mai? Magari avremmo potuto incontrarci in altre circostanze e forse non ci saremmo neanche scomodati a voltarci per prestarci attenzione l’un l’altra. E avremmo proseguito la nostra vita. Ma non rimpiango di averti conosciuto così bene. Probabilmente sono la persona che ti conosce meglio in questo mondo, Walter. E sono fiera di questo perché, come ti ho già detto, noi due siamo complementari.
- Hai ragione: tu sei la persona che mi conosce di più al mondo. Come io conosco te meglio di chiunque altro. Ricordi le parole che ci disse quel soldato Bolton quando eravamo in prigionia e ci stava trascinando fuori dalle cantine, il giorno prima che fuggissimo?
- Sì: “le persone che guardano la morte in faccia insieme sono vincolate da un legame più forte dell’amore: quello della morte” – gli rispose accennando un amaro sorriso e distogliendo di nuovo lo sguardo.
Il ragazzo si avvicinò ancora, fino a che solo qualche passo lo separava da lei. – Che cosa diceva la profezia? – le chiese nuovamente azzerando quasi completamente quella poca distanza. Cersei non volle rispondere. Si impose di resistere ancora un po’, di aggrapparsi a qualcosa pur di non lasciar andare la presa. Si impose di aggrapparsi alla vita.
Dopo qualche minuto, la regina si arrese e alzò lo sguardo per guardarlo nuovamente negli occhi e pronunciare quelle fatidiche parole. Le parole che l’avrebbero condannata. – “E quando sarai annegata nelle tue stesse lacrime, colui che più odi ed ami al mondo, ti strapperà via il tuo respiro vitale guardandoti dritta negli occhi.” – gli disse con la voce tremante.
A quel punto, Walter le accennò un sorriso colmo d’odio, tirò fuori un pugnale e glielo conficcò nel torace con forza mentre il viola dei suoi occhi bucava il verde di quelli di Cersei. – Visto? Non è stato così difficile. Ora potrai raggiungere la desolazione che ti attende, “mia regina”. Non aspettarmi – le sussurrò all’orecchio mentre estraeva il pugnale. L’ultima cosa che la leonessa vide fu il suo volto, mentre cadeva a terra, il sangue continuava a sgorgare fuori dal suo corpo e la vita la abbandonava per sempre.
 
Walter uscì con tranquillità dalla stanza della regina e si diresse verso la sala del trono. In quel momento, alcune Guardie Reali piombarono dinnanzi a lui, confuse. – Il prigioniero è riuscito a scappare!
- Dov’è la regina!
- Proteggiamo la regina! – dissero allarmati.
A ciò, Walter fu raggiunto nuovamente da Oberyn. I due si rivolsero uno sguardo d’intesa e cominciarono a combattere le Guardie Reali in due. Nonostante si stessero battendo contro dieci cavalieri esperti, i due riuscirono a tenergli testa egregiamente grazie alla loro invidiabile tecnica. L’esperienza e la grinta di Oberyn insieme all’impressionante velocità e agilità di Walter, ebbero la meglio. I due riposero le loro spade nel fodero e si guardarono di nuovo.
- Ce ne sono rimasti altri nella Fortezza Rossa? – chiese Walter.
- Non sembra. Gli altri insieme alle Cappe Dorate si trovano all’esterno, per il momento – rispose il principe dorniano. – Lo hai fatto sul serio? – gli chiese poi, guardandolo impaziente.
- Sì – rispose Walter capendo a cosa si riferisse.
A quella risposta, nel viso di Oberyn si allargò un sorriso fiero e appagato.
- Sapevo che saresti stato tu a farlo. Dovevi essere per forza tu. Per gli dei, ragazzo, hai diciannove anni e hai già cambiato il mondo. Io alla mia età non sono riuscito a raggiungere neanche la metà degli obiettivi che mi ero prefisso. E com’è stato?
- Liberatorio – rispose Walter guardandolo con uno sguardo che rivelava qualcosa di nuovo, di diverso. Come una sorta di consapevole indifferenza mista a malinconia.
- Ora cosa hai intenzione di fare? Potresti essere un pretendente al trono. Saresti l’erede più legittimo ora che la regina è morta. Immagino che non ti importi e che tu voglia solo tornare nel tuo amato Nord, ma i sette regni hanno bisogno di una guida come la tua, dopo secoli di regnanti indegni ad un ruolo del genere. Dovresti rifletterci …
- La penso esattamente come lord Oberyn, amico mio. Tuttavia, mi sento in dovere di avvertirti riguardo alle conseguenze: Daenerys Targaryen, tua zia, è in rotta verso Approdo del Re, dalle terre orientali. Ella ha tre draghi ed è decisa a riprendersi il trono di spade. Tyrion è con lei e sembra avere anche altri potenti alleati dalle voci che mi sono giunte. Ad ogni modo, la situazione cambierebbe completamente se la ragazza scoprisse della tua esistenza. Nessuno è a conoscenza della morte della regina avvenuta qualche minuto fa. Tu hai più diritti di lei di sedere su quel trono essendo il figlio del defunto primogenito del Re Folle, nonché principe ereditario – li interrupe Varys entrando silenziosamente nella sala del trono e avvicinandosi ai due.
- Come fate a sapere già della morte della regina? I vostri uccellini erano anche dentro la sua stanza quando Walter l’ha uccisa?
- Sono passato davanti alla stanza e ho visto il corpo. Dovremmo rimuoverlo, altrimenti comincerà a puzzare. E poi, conosco bene il nostro amico in comune, lord Oberyn, e immaginavo che voi lo avreste liberato e che, una volta libero, avrebbe posto fine alla vita della nostra regina, come prima azione – rispose pacatamente il Ragno. Poi si rivolse a Walter accennandogli uno dei suoi rarissimi sorrisi sinceri, il quale aveva persino qualcosa di paterno. – Sospettavo di chi fossi realmente fin da subito, come avrai oramai immaginato. Ti ho aiutato a fuggire e ti ho protetto come meglio ho potuto poiché sapevo già. Non ho avuto modo di dirti la verità prima che tornassi a Nord. Perdonami per questo, amico mio. Non avresti dovuto scoprirlo in un modo tanto atroce. Oltre allo shock naturale, suppongo che tu abbia sentito parecchio dolore. D’altronde, hai metà sangue Targaryen e metà Stark.
Walter lo guardò e ricambiò il sorriso accennato. – Sì, non è stato affatto piacevole. Ad ogni modo, devo ancora prendere bene coscienza di tale scoperta, lord Varys. Sono accadute molte cose troppo in fretta e, ora, mi ritrovo senza più un’identità e delle certezze. Non nutro rancore verso di te: hai fatto ciò che ritenevi giusto – poi si rivolse ad entrambi. – Per quanto riguarda la questione del trono, non ho mai voluto né neanche lontanamente immaginato di poter essere un re. So che i sette regni hanno bisogno di una guida sicura ma, per quanto nutriate tutta questa fiducia in me, non sono sicuro di essere la persona adatta. Potrei anche provarci, ma se questa Daenerys dovesse essere la regnante di cui abbiamo bisogno, lascerei che lei faccia quello che deve. In ogni caso, non è questo l’importante ora. Trovo inutile discutere su chi sarà il nuovo re o la nuova regina del trono di spade, quando non abbiamo neanche la certezza che esisterà ancora un trono dopo la battaglia finale.
- “Battaglia finale”? – gli chiese incerto Oberyn.
- A Nord si trova una minaccia ben più pericolosa e terrificante di un’insulsa battaglia per sedersi su una sedia d’acciaio. Quando sono arrivato alla Barriera, da mio fratello, ho preso coscienza di ciò; e per quanto possa sembrare qualcosa di assurdo e difficile da credere per voi uomini del Sud, è la realtà. Ed è una realtà molto peggiore di quella che riuscite a figurarvi nelle vostre menti. Gli estranei sono tornati e stanno marciando verso la Barriera, decisi a sterminarci. L’inverno sta arrivando e noi dobbiamo combatterlo. Ci servono quanti più aiuti possibili per questa battaglia, perciò l’intervento di mia zia e dei suoi draghi è necessario. Attenderò che verrà ad Approdo del Re e la convincerò ad allearsi con noi. Forse la mia parentela con lei la persuaderà maggiormente a fidarsi.
- Nel frattempo? Come pensi di comportarti? Prima che Daenerys giunga qui, trascorreranno ancora delle settimane, forse mesi. Non appena il mondo scoprirà che la regina è stata uccisa, si muoverà per cercare un colpevole, un capro espiatorio. Scoppierà una rivoluzione. Non puoi rimanere nella capitale ad attendere la madre dei draghi – gli disse Oberyn, esprimendo le sue perplessità.
- Ho già in mente cosa fare, Oberyn. Non temere – gli rispose con una sicurezza tale da farlo apparire un uomo con un'esperienza già navigata. – Chi è rimasto qui nella Fortezza Rossa?
- Qyburn e noi tre. Queste Guardie Reali che abbiamo battuto poco fa erano le ultime presenti nella torre, ci basta portarle nelle prigioni così che quelle ancora vive si ritroveranno imprigionate non appena riprenderanno conoscenza; Cersei ha cacciato via tutte le dame di corte qualche tempo fa;  Jaime Lannister è scappato questa notte verso una direzione sconosciuta: credo che il mio discorso di ieri gli abbia fatto aprire gli occhi definitivamente; Petyr Baelish è al suo bordello mentre la Montagna è imprigionato anch’esso.
- Bene. Prendi Qyburn e imprigiona anche lui. Dopo di che, sbarreremo completamente tutte le porte della Fortezza Rossa in modo che nessun altro potrà più entrare, oltre a noi tre. Dovremo rimanere gli unici a sapere della morte della regina. Come dovremo rimanere gli unici anche a sapere della mia vera identità e di quello che è successo ieri in questa sala, fin quando sarà il momento.
- Di ciò non preoccuparti: fortunatamente i soldati che erano presenti nella sala sono gli stessi che abbiamo tramortito poc’anzi. Una volta rinchiusi nelle prigioni non potranno raccontarlo a nessuno. Lo stesso vale per Qyburn e la Montagna. Jaime Lannister è lontano ormai, si è lasciato questo posto alle spalle e non cercherà di metterci i bastoni tra le ruote rivelando in giro ciò che ha visto. L’unico problema è Ditocorto – disse Oberyn.
- Parlerò io con Petyr. Troveremo un accordo su questo – commentò Varys, continuando poi a parlare per esprimere le sue perplessità. – Tuttavia non capisco. Cosa intendi fare con le Cappe e le Guardie Reali che chiederanno di entrare nella Fortezza Rossa per proteggere la regina, ricevere gli ordini o riportarle notizie? Inoltre anche il popolo comincerebbe ad insospettirsi non avendo più notizie di Cersei. La situazione risulterebbe alquanto ambigua. Comprendo quanto tu voglia evitare tanto caos per la sua morte, ma ho dei forti dubbi a riguardo. Prima o poi lo scoprirebbero comunque. Ciò vorrebbe anche dire che Daenerys con tutto il suo esercito e i suoi draghi marcerebbero nella capitale con il piede di guerra, credendo che ci sia ancora una regina da spodestare.
- Fidatevi di me. Cersei trascorreva già la maggior parte del suo tempo qua dentro, conoscendola. Dunque non sarà strano spargere una voce riguardante una sua crisi e nuova fissazione per la quale non vuole più farsi vedere da nessuno. Anche il Re Folle aveva una mania del genere. Avrebbe anche la scusante che l’unica persona a lei cara e che le era ancora vicina, è scappata via abbandonandola. Le Cappe e le Guardie avrebbero da ridire all’inizio, ma non si azzarderebbero mai a non adempiere a degli ordini della regina dopo che hanno visto cosa è capace di fare. Accetterebbero la situazione in silenzio e si adeguerebbero. Eseguirebbero gli ordini che verranno loro imposti come hanno sempre fatto, anche non ricevendoli personalmente.
- “Eseguiranno gli ordini”? Vuoi dire che hai intenzione di prendere le veci di Cersei e dare degli ordini fingendoti lei? – gli chiese Oberyn sempre più sorpreso.
- Ho delle questioni in sospeso e delle cose che devo fare qui. E dato che ora mi trovo in questo luogo, le sbrigherò come meglio potrò prima di fare ritorno a Nord. Voi due farete da portavoce della “regina”. Tutti scopriranno la verità solo quando io tornerò a Nord per prepararmi alla battaglia finale, portandomi dietro quanti più alleati possibili. A quel punto i sette regni si troveranno senza un regnante ma non sarà importante. È arrivato il momento di cambiare un po’ le regole. Questo posto è stato abituato da troppo tempo ad avere un regnante che li “governi”. Quando, in realtà, il re e la regina non governano assolutamente nulla. Semmai lo fanno i consiglieri. Il Nord è un luogo a sé in cui l’influenza dei regnanti non giunge quasi per niente. La gente del Nord fa fatica persino a ricordare i loro nomi. Ogni terra ha un lord  che la guida e coloro che vi abitano sentono parlare dei regnanti solo quando sta per avvenire una battaglia importante o quando sono chiamati a combatterla. Non metto in dubbio l’importanza di tale ruolo ma sono convinto che, per quanto breve, un periodo senza un regnante che li governi tutti possa servire alle persone che abitano i sette regni.
Varys e Oberyn si guardarono tra loro spiazzati, poi seri, capendo che avrebbero solamente potuto fidarsi delle parole di quel ragazzo che li aveva colpiti tanto e su cui avevano puntato fin da subito. Se il suo piano avesse funzionato, sarebbe stata un’ulteriore eccezionale vittoria.
Non appena i due uomini lo lasciarono solo nella sala, uno diretto verso il laboratorio di Qyburn e l’altro intento a sbarrare tutte le entrate, Walter si guardò intorno. In quel momento si sentì immensamente piccolo, da solo in quell'enorme salone di fronte a quel trono. Il suo sguardo vagò curioso in ogni angolo, inconsciamente in cerca di qualcosa. Forse stava cercando una caratteristica, anche un minimo elemento che potesse farlo sentire a casa dato che quella avrebbe dovuto essere la sua casa se le cose fossero andate diversamente. Cercò una connessione, un legame con la famiglia reale che aveva vissuto lì, e che era la sua vera famiglia. Ma rimase fermo immobile capendo che sì, quello era il luogo dal quale proveniva, ma era suo proprio quanto lo era il Nord, la casa in cui era cresciuto. Per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentì in pace, completo anche se svuotato perché era solo con la sua solitudine ma libero di scegliere e di prendere in mano le sorti della sua vita come davvero voleva.
 
Oberyn aveva trasportato tutti gli uomini delle Guardie Reali che lui e Walter avevano tramortito, dentro le celle nei sotterranei così come i pochi altri che erano ancora presenti nella Fortezza Rossa. Dopo di che, piombò nel laboratorio del vecchio Qyburn, conoscendo oramai le sue abitudini, e rinchiuse anche lui. Mancava solo una cosa da fare. Un unico piccolo conto in sospeso, il quale era già stato per la maggior parte saldato, ma non completamente. Oberyn era un uomo tutto d’un pezzo e non sarebbe stato soddisfatto finché una questione non fosse stata risolta completamente. Dunque avrebbe fatto ciò che doveva. Il luogo in cui era riuscito a rinchiudere il “nuovo” Ser Gregor Clegane, era distante dalle altre celle. Si trattava di uno stanzone che Qyburn utilizzava spesso come secondo laboratorio. Il cadavere vivente era rimasto prigioniero lì, cercando in tutti i modi di fuggire ma non riuscendoci. Quando Oberyn arrivò finalmente dinnanzi alla porta sbarrata di quello stanzone reggendo in mano una torcia accesa per farsi luce in quel luogo buio, diede un violento calcio al portone e attese di udire qualche rumore in risposta. Come immaginava, il bestione che era al suo interno fu come risvegliato da quel rumore, dopo ore e ore di silenzio, e ricominciò a buttarsi contro l’uscita per riuscire ad aprirla. Dopo l’ennesima rincorsa che la Montagna prese per gettarsi ancora sulla porta, Oberyn, a sorpresa, la aprì così che l’uomo cadesse a terra fuori dal laboratorio, in quell’ultimo salto. Non attese oltre. Non appena se lo trovò ai suoi piedi, non gli lasciò il tempo di rialzarsi e di ucciderlo nel peggiore dei modi, che gli gettò addosso la sua torcia accesa, guardandolo bruciare davanti ai suoi occhi.
- Sei morto mesi fa, “amico mio”. Ho già avuto la mia vendetta durante quel duello. Ora sono in pace e non serve che esista una bestia peggiore di te, al tuo posto. È ora che tu raggiunga il luogo che ti spetta.
 
Alain stava dormendo profondamente in un angolino nella sua tana, quando fu svegliato da un gran clamore che proveniva dall’esterno. Il ragazzino si alzò e uscì di corsa per controllare cosa stesse succedendo, portandosi dietro anche gli altri orfani. Una gran folla stava piangendo e urlando di gioia a Fondo delle Pulci, e tutto ciò perché le Cappe Dorate stavano camminando tra loro e distribuendo vestiti pregiati, sacchi di ottimo cibo e monete d’oro. Nessuno riusciva a credere ai suoi occhi. Alain credette che fosse uno scherzo, un gioco di pessimo gusto, così chiese ad una ragazza che si trovava di fianco a lui cosa stesse accadendo. – Ehi! Cosa stanno facendo??
- La regina Cersei è come impazzita, ma stavolta in senso positivo! Si è rinchiusa nella Fortezza Rossa e ha ordinato ai soldati di distribuire per tutto Approdo del Re oro, vestiti nuovi, cibo a volontà e ogni sorta di beni di cui abbiamo bisogno! Ha messo a disposizione i soldati per noi, per servirci e per richiedere loro qualsiasi cosa ci serva! È un sogno! Gli dei ci hanno ascoltato! Una cosa del genere non accadeva da secoli! – gli rispose la ragazza con le lacrime agli occhi e reggendo tra le mani un cesto colmo di pagnotte grosse e dorate e di frutti vari e coloratissimi. Il popolo era in delirio mentre i soldati eseguivano passivamente gli ordini chiedendosi perché fosse stato ordinato loro qualcosa di così assurdo e surreale.
 
Walter camminò per il corridoio che conduceva alla sala del trono, mentre una folle quanto splendida idea gli frullava in testa. Non appena raggiunse la sala, trovò lord Varys, il quale sembrava attenderlo. L’uomo era seduto sulle scalinate dinnanzi al trono e, non appena lo vide, gli sorrise e gli fece segno di avvicinarsi. Walter si sedette accanto a lui.
- Ti sei già dato da fare. Mi aspettavo qualcosa del genere da te, ma non un’azione così estrema per quanto meravigliosamente giusta. Quando ho riferito ai soldati che la regina aveva ordinato di distribuire qualsiasi bene e viveri a tutto il popolo, mettendosi al servizio di ognuno di loro, sono tutti sbiancati. Penso di non aver mai visto tanti uomini cambiare colorito così facilmente. Ammetto che è stato appagante e divertente. Tuttavia, sai bene che un ordine del genere non passerà così inosservato, soprattutto se proviene da una donna che, solo qualche settimana fa, ha bruciato un intero tempio pieno di persone innocenti.
- Non mi importa se si insospettiranno. Volevo farlo e l’ho fatto. Non hanno prove per dimostrare nulla. Inoltre, se e quando le avranno, io sarò già lontano da qui. Intanto, finché ne ho la possibilità, farò ciò che deve essere fatto senza mezzi termini.
Quelle parole e quella decisione colpirono ulteriormente Varys che si ritrovò a guardarlo con ammirazione, come non gli succedeva da anni con qualcuno.
- Non vuoi sapere nulla sui tuoi veri genitori? Su quello che hai scoperto appena due giorni fa? Non sei curioso? – gli chiese il Ragno cambiando discorso.
- Ho sentito tante storie su di loro. Ma, a quanto pare, molte di quelle non erano vere. Non riesco ancora completamente a credere di essere figlio loro. È come se il mio corpo si rifiutasse di rinnegare tutto quello che sono stato fino ad ora. Io sono un ragazzo del Nord, ho vissuto a Nord, mi hanno cresciuto gli uomini del Nord. Nonostante ciò, forse, dentro di me, ho sempre saputo di avere qualcosa di diverso: il mio corpo, il mio viso, il mio carattere e la mia visione del mondo singolare, oltre al fatto che tutto ciò che ho vissuto mi ha portato fino a qui. Già la strega rossa, quando ero alla Barriera, ha provato ad ipotizzare una cosa del genere e anche se sembrava aver ragione, mi sono rifiutato di crederci. Il rogo di Cersei nel quale sono accidentalmente capitato, è stata la prova schiacciante. Io non ho mai avuto alte prospettive per me, lord Varys. Io sono sempre stato un bastardo, al quale niente era dovuto, a differenza dei suoi fratelli figli legittimi. Non potevo ereditare niente o essere un buon pretendente per nessuna lady a causa della mia condizione. Eppure sono vissuto bene lo stesso, riuscendo a fare molto di più di ciò che hanno fatto i lord e gli uomini illustri che ho incontrato. Forse rimarrò sempre “il bastardo del Nord”, nonostante tutto. Inoltre, se il mio vero padre era sposato con Elia Martell, rimango pur sempre un bastardo – disse accennando un sorriso quasi divertito a quell’ultima constatazione.
- Posso solo immaginare come ti senta, Walter. Non deve essere facile scoprire di essere il figlio della coppia di amanti più famosa, amata e odiata dei sette regni. Eddard Stark ti ha tenuta nascosta la verità per proteggerti da re Robert per motivi alquanto espliciti, e so che non lo stai affatto biasimando per questo. Non ti ha detto nulla per salvaguardarti, suppongo, come avrei fatto anche io al suo posto. Magari stava aspettando che raggiungessi l’età giusta per parlartene.
- Nonostante ciò, l’ha comunque detto a Cat. Per questo lei era così buona con me e mi ha sempre trattato come fossi un suo vero figlio. Mi ha permesso di avere un’infanzia e una vita normale e ricca di amore, molto più di quanto spetti ad un bastardo … - disse il ragazzo guardando un punto lontano, con nostalgia.
- Nessuno sa come sia potuto accadere. Gli unici testimoni dello sbocciare di tale pericoloso amore, sono stati gli stessi Rhaegar e Lyanna, e forse qualche fidata guardia della famiglia reale. Ma per chiunque volesse guardare, si poteva bene scorgere quel sentimento prendere il sopravvento in loro. Era qualcosa di discreto, non palese, ma che è andato via via crescendo sempre più. Tuo padre non ha saputo opporsi a quel sentimento. Rhaegar Targaryen era un uomo dall’animo forte e diligente, che sapeva bene quale fosse il suo posto e i suoi doveri, per quanto gli fosse difficile adempierli. Non gli piaceva l’ambiente di corte, l’atmosfera che si crea intorno ad ogni famiglia reale. Ti sorprende che neanche tu sia così entusiasmato alla prospettiva di poter essere re? Lui era un artista, un musicista, dedito alle arti del canto, della musica, della poesia. Gli riusciva bene regnare e combattere, poiché ogni cosa gli riusciva bene, ma non era ciò che più amava fare. Ogni persona del reame lodava Rhaegar e conserva un buon ricordo di lui, eccetto poche eccezioni. Possedeva un carisma e un’intelligenza capace di conquistare chiunque. E tu non hai nulla da invidiargli, anzi … - Varys fece una pausa in cerca delle parole giuste. A ciò, Walter si voltò verso di lui in attesa di udirlo proseguire e di scoprire cosa venisse dopo quell’ “anzi”. – Credo che tu sia meglio di lui.
- Perché lo pensi?
- Posso vantarmi di conoscerti, amico mio e credo che, quando sarà il momento, tu sarai capace e avrai la forza necessaria per compiere la scelta giusta, a differenza sua.
- Ehi, siamo in tre in questa enorme torre e voi due vi appartate da soli a spettegolare?? Questa è un’offesa  – li interruppe Oberyn sbucando nella sala del trono e raggiungendoli mentre sorrideva sghembo. – Ad ogni modo, non dare retta al Ragno, Walter. Tu non sei come Rhaegar. Io sono stato l’unico che non si è lasciato abbindolare da lui perciò puoi credere alle mie parole. Certo, la tua spiazzante avvenenza eguaglia la sua e non mente, ma dentro di te risiede un fuoco ardente che lui non aveva. Quell’uomo era … qual è il termine giusto? Direi “fiacco”. Riusciva a trasmettermi una tristezza assurda soltanto parlando. Perciò sono sicuro che la tua incontenibile e travolgente indole provenga da Lyanna. Ma comprendo anche come mai, fino ad ora, quasi nessuno abbia mai sospettato che tu fossi figlio loro: non sei una loro copia, tu sei tu, e la maggior parte delle tue caratteristiche spiccanti non derivano da alcuno dei tuoi genitori. Questo è ciò che ti rende diverso, non la tua vera identità. Fregatene di quella – disse Oberyn mettendosi seduto accanto a loro.
Walter sorrise a quelle parole. Dopo di che, approfittò di quel momento per esporre loro la sua idea. – Ho deciso di organizzare un maestoso ed imponente ballo in maschera qui nella Fortezza Rossa.
I due restarono ancora una volta sconvolti a quelle parole. – A quanto pare non hai ancora deciso di smettere di stupirci.
- Dobbiamo riscattare la popolazione di Approdo del Re e trasmettere un messaggio ben preciso: non esiste alcun criterio di superiorità. Chiunque ha il diritto di fare ciò che vuole e di partecipare ad un ballo in grande stile. Non solo i nobili e i componenti delle casate più importanti. D’altronde dobbiamo trovare un modo per passare il tempo qui. Perché non sfruttare la nostra momentanea posizione? Inoltre non ho mai partecipato ad un ballo. Tanto meno ad un ballo nella corte reale. Tutti avranno la possibilità di parteciparvi, di godere dell’ottima musica, di ballare nella sala del trono e di mangiare ogni portata cucinata minuziosamente dalla servitù.
- Quale servitù? Sono tutti chiusi fuori dalla Fortezza Rossa.
- Per questa occasione potranno entrare tutti. Dobbiamo richiamare i migliori musicisti, cuochi, servitori pratici di eventi del genere ed esperti di balli. Ritengo di avere stile e intuito ma non abbastanza per organizzare il tutto, perciò dobbiamo attrezzarci.
- Vuoi richiamarli in nome della regina? Vuoi organizzare un ballo che sarà preparato dalla regina ma in cui non sarà presente la regina stessa?
- Sì. Ormai tutti hanno capito che Cersei sia fuori di sé, perciò questa sarà un’ulteriore conferma. La servitù ingaggiata verrà pagata dunque non porgerà domande invadenti quando non vedrà mai la regina interagire con loro per i preparativi, ma solo i suoi fidati consiglieri. La gente del popolo sarà felice e non si interrogherà troppo, pensando a sfruttare e a godersi questo momentaneo periodo di pace e felicità. Inoltre, ve l’ho già detto: finché sono qui voglio sbizzarrirmi e fare a modo mio. Bisogna solo spargere la voce.
- E tu? Tu come farai? Ormai hai acquisito una certa fama dopo tutto quello che è accaduto.
- Proprio per questo sarà in maschera. In questo modo eviteremo rischi inutili. Allora?
- È un rischio – disse Varys.
- Sei troppo spericolato – aggiunse Oberyn.
- Lo sono sempre. Ma funziona ogni volta.
- Non è mia abitudine farmi trascinare in queste idee folli, tuttavia …
- Sarebbe più facile convincere a restare vergini tutte le donne di Dorne piuttosto che dirti di no, per gli dei! – disse Oberyn, interrompendo Varys e rispondendo anche per lui. – Inoltre ho proprio voglia di ballare con qualche bella popolana! – aggiunse sorridendo.
 
Il giorno del famoso quanto inaspettato e assurdo ballo in maschera aperto a tutti, giunse velocemente e se ne udì parlare fin oltre la capitale. I preparativi erano tutti ultimati e gli organizzatori e la servitù chiamati per tale compito, avevano svolto un ottimo lavoro complessivo. A sera inoltrata, i primi ospiti cominciarono a giungere nelle Fortezza, per la prima volta non sorvegliata e aperta a tutti. Non si riusciva a distinguere chi fossero i popolani e chi no, poiché tutti indossavano bellissimi vestiti pregiati distribuiti indistintamente tra la popolazione. Per l’occasione, ogni donna, uomo o bambino avevano richiesto ai soldati di procurargli una maschera o qualcuno che li truccasse e acconciasse degnamente. Erano tutti uguali e di pari diritti. Si potevano riconoscere i popolani solamente dai loro visi sorpresi come quelli dei bambini nel guardarsi intorno, e nella loro difficoltà nel camminare con scarpe scomode e nell’indossare abiti pregiati. Tutti si accomodarono indistintamente e a piacimento sulle grandi tavolate disposte nella sala, abbellita con splendidi candelabri. I musicisti suonavano vari strumenti tra cui l’arpa, la quale donava all’atmosfera un’eleganza e una ricercatezza esemplari. L’atmosfera era magica e faceva sorgere in chi aveva già partecipato a balli del genere, una nostalgia senza eguali.
Anche Walter si era vestito in maniera ricercata ed elegante, così come tutti. La sua maschera stilizzata gli copriva metà volto, fino al naso. Era la prima volta in tutta la sua vita che indossava quegli indumenti e sicuramente li trovava scomodi, in particolar modo le scarpe e il corsetto troppo stretto.
- Ringrazio gli dei che indossi una maschera, altrimenti ti si sarebbero accollate tutte le donne presenti. Sarebbe stato frustrante per me. Non che sia molto diverso anche con quella indosso – gli disse Oberyn avvicinandosi a lui e mostrandosi disinvolto nel muoversi nonostante i vestiti pregiati e scomodi.
- O peggio, mi avrebbero riconosciuto. Gli occhi non sono così evidenti vero?
- No, non temere. La maschera è troppo spessa, inoltre il colore è distorto da quei leggeri veli che coprono i buchi.
- Ad ogni modo, come fate ad indossare questa roba? Non riesco quasi a muovermi. Persino i pantaloni sono stretti.
- Non mi resta difficile crederlo. È tutta questione di pratica! Anche per me è stato traumatico la prima volta. E poi, non vedi? Tutti i popolani fanno fatica ad indossarli, esattamente come te – gli disse indicandogli la maggior parte dei presenti. – Nonostante tutto, hai fatto un ottimo lavoro. Devo complimentarmi ancora. Ne sarà valsa la pena organizzare questo ballo. Credo che passerà alla storia. Vedere tutti i loro visi quasi in lacrime per la sorpresa è a dir poco emozionante – ammise la Vipera. – Ad ogni modo, è venuto anche Baelish. Sai cosa vuol dire?
- Sì.
- Non basterà questa maschera per nasconderti da lui. Ti conosce fin troppo bene fisicamente.
- Lo so.
- Dunque farà due più due e …
- Ne sono perfettamente consapevole, Oberyn. Ed era proprio quello che volevo – disse Walter accennando un sorriso che nascondeva qualcosa. Il principe dorniano gli rivolse uno sguardo interrogativo e confuso. A ciò, il ragazzo si voltò verso di lui e gli mise le mani sulle spalle per rassicurarlo. – Non temere, amico mio. Ora va’, rilassati e goditi la serata.
 
La cena trascorse placida e tranquilla immersa in tale atmosfera rasserenante e quasi surreale. Dopo di che, finalmente giunse il momento dei balli. I popolani erano molto impacciati ma si poteva dedurre che si fossero esercitati per l’occasione, provando ad imparare i passi più famosi dei balli di corte. Walter aveva già individuato Alain, Dana e altri orfani di sua conoscenza durante la cena. Si era dovuto trattenere per non correre loro incontro e abbracciarli. Ma ora era la sua occasione. Poteva vedere i loro visi felici e sereni mentre ballavano. A lui sarebbe bastato solo questo. Rimase nascosto in un angolo distante mentre osservava gli altri ballare, tutte quelle facce sorridenti liete e finalmente felici quanto piene, invece che smunte e spente a causa della povertà e della carestia. Il ragazzo ammirò il frutto della sua opera e, dopo tanto tempo, si sentì bene, pienamente soddisfatto, felice perché lo era quella gente.
Anche Oberyn sembrava aver accalappiato qualche preda. Varys, invece, restava anch’esso in disparte con un’espressione che assomigliava ad un sorriso ad ornargli il volto.
Dopo circa sei canzoni, Dana smise di ballare, sfinita ma gioiosa, intenta a riprendersi dal dolore di quelle scarpe scomode. La donna si appoggiò ad una parete iniziando ad osservare i suoi orfani divertirsi e continuare dilettarsi nella danza. In quel momento lo notò. Lo riconobbe subito nonostante la maschera e i vestiti eleganti. L’altezza, i capelli, la postura. Era lui, senza alcun dubbio. Lo vide appoggiato su una parete che delimitava un angolo, a qualche metro da lei, intento ad osservare la gente ballare. A ciò, si avvicinò al ragazzo e gli rivolse un impacciato inchino per mantenere le apparenze, certa che anche lui l’avrebbe riconosciuta. Non appena se la ritrovò davanti, Walter capì.
- Non avete intenzione di chiedermi un ballo, mio signore?
Il ragazzo era indeciso se sottostare al gioco oppure no, rifiutando e restando in disparte, ma i sentimenti ebbero la meglio su di lui, così le sorrise complice, si inchinò e le prese la mano, conducendola nel mezzo della sala e uscendo finalmente allo scoperto.
- La vostra maschera è meravigliosa, milady, così come lo siete voi – le disse lui poggiandole una mano dietro la schiena e conducendola nelle danze.
- Voi non siete da meno, mio signore. Devo dire che non avrei mai immaginato di vedervi indossare vestiti del genere. - Risero sommessamente entrambi, senza farsi notare troppo e continuando a ballare. – Immagino sia inutile chiederti se questo è merito tuo o no, o come tu sia finito di nuovo qui, Walter – gli disse la donna mettendo fine a quel divertente gioco di ruoli.
- È una storia lunga, Dana. Ma ti ringrazio per la discrezione. Come avrai capito, non posso mostrare il mio viso e farmi riconoscere.
- Sì, non temere. Ad ogni modo, come stai? Ci sei mancato molto.
- Non so esattamente come sto in questo momento, in realtà. Cerco di sopravvivere e di fare ciò che ritengo giusto.
- Ti riferisci alla tragedia del tempio di Baelor? Posso solo immaginare quanto sia stata dura per te scoprire ciò che è accaduto. Tu eri molto legato alla regina di rose, Walter. Per i ragazzi è stato un vero trauma non vederla più a Fondo delle Pulci, senza il suo bellissimo sorriso a scaldare il cuore dei bambini – disse malinconicamente la donna, ricordando a Walter anche quella tragedia che aveva recentemente colpito il suo cuore.
- Già, anche per quello. Voi, invece? Come state?
- Molto bene. Dopo quello che hai fatto è cambiato tutto. Saresti un ottimo re, Walter. Forse il migliore dell’ultimo millennio. Non sappiamo davvero più come ringraziarti. Alain e gli altri non fanno altro che parlare di te. L’unica cosa che possiamo fare è pregare e sperare che tu sia al sicuro, ragazzo mio.
- Non dovete ringraziarmi, Dana. Farei qualsiasi cosa per voi. L’unico modo per ripagarmi è vivere la vostra vita al meglio.
I due fecero appena in tempo a darsi l’ultimo saluto con quelle parole, che arrivò il momento del cambio di accompagnatore e accompagnatrice, così si ritrovarono separati. Walter capitò con una ragazza che possedeva una maschera molto più elaborata di lui, la quale le copriva l’intero volto. I capelli erano acconciati in una pettinatura particolare e, trovandosela così vicina, non la riconobbe dato che non aveva la possibilità di osservare bene la sua corporatura da quell’angolazione. Tuttavia il suo profumo gli era molto familiare. Ella invece, lo riconobbe immediatamente e rimase a bocca aperta nel ritrovarselo davanti. Si affrettò a togliersi la maschera mentre ballavano ancora, così che anche lui potesse capire chi fosse. Walter fu quasi sul punto di fermarsi e smettere di ballare non appena scoprì che si trattava della sua amica dall’inizio dei tempi, Kirsten.
- Cosa ci fai qui ad Approdo del Re?
- È la prima cosa che hai da dirmi? Quanto è passato? Altri due anni? O tre? – gli chiese lei trattenendo le lacrime e sorridendogli felice. – Vieni, smettiamo di ballare e andiamo laggiù per parlare meglio …
- No, non posso farlo. Devo continuare a ballare. Non posso farmi riconoscere qui, Kirsten. Forse avrò modo di spiegarti, un giorno. – la interruppe lui. A quelle parole, la ragazza si rabbuiò ma capì le ragioni del suo amico e fece come lui le aveva detto. D’altronde, lei era una delle persone che era in grado di capirlo di più al mondo. Anche a Walter pianse il cuore per non poterla salutare a dovere, dopo tutto quel tempo. Anche lui voleva abbracciarla, ma non poteva permettersi di dare nell’occhio o di mostrare di conoscere qualcuno in particolare, per fare in modo che nulla conducesse a lui quella sera.
- D’accordo. Sono così sorpresa di trovarti qui. Ho udito quello che hai fatto qui ad Approdo del Re, del duello, del rapimento di Cersei e della liberazione di Sansa. Non potevo crederci quando narravano tutto questo su di te.
- Non sarai mai sorpresa come lo sono io nel rivederti in questo luogo. Sei sparita subito dopo che i Greyjoy hanno invaso Grande Inverno.
- Sono successe molte cose dalla morte di tuo padre, Walt. Howland ha mandato Meera e Jojen a trovare Bran e Rickon per aiutarli e salvarli non appena ha saputo dei Greyjoy. Dopo di che, Theon ha inviato i suoi uomini a cercarti in ogni dove a Nord, e anche a casa nostra. Ci hanno attaccati, hanno ferito Howland, ucciso Jyana e rapito me. Da lì sono seguiti una serie di eventi che mi hanno portata qui. Mi hanno venduta a dei bordelli al Sud, fino a che non mi hanno comprata qui ad Approdo del Re. Fortunatamente ora sono libera grazie ad una donna che si sta prendendo cura di me e mi ha presa a lavorare per lei in una bottega di cucito. Non ho notizie di tutti gli altri. Quando ho scoperto che fossi anche tu ad Approdo del Re era troppo tardi e te ne eri già andato dopo aver ucciso Ser Gregor Clegane.
- Mi dispiace tanto. Dunque anche tu hai subito tali abusi.
- Non dispiacerti per me. All’inizio è stata dura, ma, in seguito, mi sono abituata ed è diventato quasi naturale prestarmi a determinati servizi. Volevo solo sopravvivere, resistere per rivedere ancora le persone che amavo. Tu ti sei nascosto in un bordello mentre eri qui, non è vero? Per questo sembri così afflitto quando parlo di questo argomento?
- Ho visto cosa fanno alcuni clienti. Ho assistito alla morte di una mia cara amica. Lei è stata estremamente sfortunata.
- Mi dispiace, Walt. Il tuo sguardo è molto diverso, sai? Tu sei diverso.
- Siamo cambiati entrambi.
- Sì, ma sembra che tu abbia attraversato gli inferi. Vedo una luce che prima non c’era nei tuoi occhi nascosti da quella maschera. Una malinconia strana e agghiacciante che spegne il tuo sguardo. Non so di preciso cosa tu abbia vissuto. Posso basarmi solo su cosa ho udito. Sicuramente avrai sofferto come nessun altro e mi fa male solo il pensiero. Ma sappi che io sono qui e puoi parlarmi.
- Sono così felice di averti rincontrata, Kirsten.
- Anche io.
- Sbaglio o sei migliorata nel ballo? – le chiese lui cambiando discorso e sorridendole provocatorio.
- Non sbagli! Mi sono allenata solo per questa occasione. E vedo che anche tu sei molto più esperto!
- Lo sono sempre stato. È qualcosa che ho nel sangue.
- Ad ogni modo, hai raggiunto i due metri?
- Non lo so.
- Credo proprio di sì. Ogni volta che ci rincontriamo è sempre così. Ci perdiamo continuamente, ma ci ritroviamo sempre e ci scopriamo diversi da come ci eravamo lasciati.
- Sei stata il mio primo amore, Kirsten; oltre ad essere una delle mie più care amiche. Potrebbero passare millenni, ma mai ti dimenticherò.
La ragazza lo guardò con uno sguardo interrogativo mentre roteava su sé stessa e gli ritornava accanto. – Questo vuol dire che non potrà più esserci quello che c’è stato quella notte tra di noi?
Walter le sorrise malinconicamente mentre la sua ormai perduta regina di rose gli ritornava alla mente. In quella serata troppe volte gliel’avevano ricordata  - No, Kirsten. Ho incontrato qualcuno che si è letteralmente appropriato del mio cuore. Un’anima completamente affine alla mia. Mai ritroverò una come lei. L’ho persa, ma non credo che il suo posto verrà preso tanto facilmente.
- Ho capito. L’hai trovata. Dentro di me sapevo che sarebbe arrivato questo momento. Spero di riuscire a trovarlo anche io, un giorno, Walt. Anche se, come hai già detto, il primo amore non si scorda mai.
I due erano talmente concentrati su di loro, da non essersi accorti di essere rimasti gli unici a ballare in mezzo all’enorme salone. Tutti gli altri ospiti avevano fatto loro largo rapiti dall’alchimia che vi era tra i due ragazzi, dai loro movimenti e dalla loro bellezza, nonostante le maschere ne celassero una parte. Walter indossava uno splendido corsetto bianco con eleganti decorazioni argentate, mentre le scarpe e i pantaloni erano bianchi anch’essi. Quel colore risaltava su di lui , mettendo in evidenza la sua figura slanciata ed essendo in contrasto con i folti capelli neri come la pece. Il ragazzo, per l’occasione, aveva legato i ciuffi più invadenti in un piccolo codino dietro la testa, lasciando ricadere tutti gli altri giù fino alle scapole. Kirsten, invece, indossava un meraviglioso abito che metteva in risalto la sua figura snella ma formosa, dalle curve eleganti e sinuose, stretto a partire dalla lieve scollatura sul petto, fino in vita, mentre più sciolto sulle gambe. Era un tessuto leggero di un color verde smeraldo, il quale le lasciava scoperte le belle spalle mentre alcuni ciuffi dei lunghi capelli di un castano chiarissimo che sfuggivano dall’articolata acconciatura alta, cadevano ondulati fino alla fine della schiena.
Non appena i due si accorsero che tutti li stavano guardando, dunque di aver fallito nell’intento di non attirare l’attenzione su di loro, smisero di danzare, si inchinarono educatamente l’uno di fronte all’altra e si spostarono altrove, raggiungendo gli altri ospiti.
 
Quando la nottata terminò e la maggior parte degli ospiti se ne fu andata, Kirsten, una delle poche ancora rimaste, notò che Walter stava conversando in disparte con alcune delle ragazze e dei ragazzi più belli tra gli ospiti. Sembrava avere qualcosa in mente, ma la fanciulla, anche volendo, non riuscì ad immaginarsi di cosa si trattasse. Quando Walter si allontanò dal gruppetto con il quale si era appartato, si diresse verso lord Varys. – Varys, non permettere a Baelish di andarsene. Digli che la regina ha chiesto di vedere soltanto lui. – Il Ragno si sorprese di tale richiesta e lo guardò come per richiedere spiegazioni. – Capirai tutto domani mattina, non temere. Fa’ in modo che anche Oberyn non faccia domande per ora, e se ne vada a letto.
- Come desideri – acconsentì il Ragno con un accenno di curiosità nello sguardo.
Dopo essersi allontanato anche da lord Varys, Walter notò che Kirsten non se ne era ancora andata. Così, facendo attenzione a quei pochi sguardi indiscreti rimasti, si avvicinò alla ragazza. – Ehi, pensavo che te ne fossi già andata.
- Sì, dovrei, volevo darti un ultimo saluto.
- Se vuoi puoi restare ancora un po’.
- Cosa?
- Ho in serbo qualcosa più tardi. Se rimarrai lo vedrai.
La ragazza annuì e rimase in piedi nella sala, mentre lo vedeva allontanarsi.
 

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Capitolo 21
*** Il Nord non dimentica ***


Il Nord non dimentica
 
Petyr Baelish camminò nella sala del trono ormai buia e sgomberata da tutti i tavoli, gli abbellimenti e i palchi per i musicisti. Vi erano rimasti soltanto due candelabri accesi accanto al trono, i quali donavano una luce soffusa a quell’enorme salone. Non sapeva esattamente cosa aspettarsi ma aveva molti sospetti riguardo tutto ciò che stava accadendo. L’uomo giunse dinnanzi al trono e attese. Come immaginava non si presentò la regina, ma un ragazzo che conosceva fin troppo bene. Walter restò in piedi accanto al trono e gli sorrise in una maniera agghiacciante, guardandolo dall’alto.
-  Sospettavo che ci fosse il tuo zampino dietro tutto questo. Che fine ha fatto la regina? L’hai uccisa o solo imprigionata? – gli chiese Baelish sorridendo mellifluo, ma rivelando un po’ di timore nella voce. Walter, dal canto suo, scese qualche scalino, avvicinandosi un po’senza togliersi dal volto quello strano sorriso. Non rispose, così fu nuovamente Ditocorto a rompere il silenzio. -  Ad ogni modo, è stato un ballo a dir poco splendido. Un’idea fantastica quella di renderlo libero e aperto a tutti, proprio da te …
- Perché pensi di essere qui, lord Baelish? – gli chiese finalmente Walter interrompendolo.
- Perchè vuoi minacciarmi? – osò l’uomo.
A ciò, Walter rise ancora. – Ricordi la questione della daga? Quella che avevamo lasciato in sospeso per colpa della nostra “amata” regina.
- Certo.
- Beh, sono giunto ad una conclusione.
- E quale sarebbe?
- Dimmela tu, lord Baelish. Hai la possibilità di confessare i tuoi peccati. Tutti quanti. Siamo solo io e te – disse pacatamente il ragazzo.
- Non ho nulla da confessare – rispose l’uomo accennando il suo solito sorriso e cercando di mantenere la calma.
- Come immaginavo. Dunque dovrò essere io ad umiliarti qui in questa sala. Ho ragionato su alcune cose e sono arrivato a delle precise conclusioni, oltre a quella che già avevo e che ti accusava di aver pagato un sicario per uccidere Bran facendo ricadere la colpa sui Lannister. Dimmi, lord Baelish, perché fai tutto questo? Per il potere? Per la gloria? Per la fama? O per ottenere l’amore di chi ami? E dimmi, ora che sai che potrei essere un pericoloso pretendente al trono di spade, vorresti fare fuori anche me come hai fatto con Ned e con suo fratello Brandon?
- Di cosa stai parlando? Brandon è morto ucciso dal Re Folle mentre Ned …
- Però loro non li hai uccisi per avere il trono – lo interruppe di nuovo Walter. – La loro unica colpa era quella di esserti di intralcio per raggiungere il cuore della tua amata Cat. La donna dei tuoi sogni, ma che mai e poi mai sarebbe stata tua.
Ditocorto deglutì impercettibilmente cercando di mantenere la compostezza e capendo che la situazione stava prendendo una piega strana. – Stai letteralmente delirando, ragazzo.
- Sai cosa, teoricamente, ci accomunerebbe? La capacità di manovrare le menti e ottenere ciò che vogliamo senza muovere un dito. L’arte della finzione e dell’inganno. Tuttavia, credo che tu sia molto più bravo di me a dirigere i giochi da dietro le quinte e a muovere tutte le marionette, oltre che più subdolo. So che sei riuscito a fare in modo di uccidere le persone che ti ho elencato e molte altre soltanto con questo immortale potere. Sei stato molto bravo e molto furbo. Nessuno sospetterebbe mai di un innocuo consigliere che si occupa di denaro e apparentemente solo buono a far muovere bene i fianchi alle puttane – disse Walter applaudendo.
- Cosa pensi di fare ora? Vuoi uccidermi … ? – chiese Petyr già pronto ad allarmarsi. Non sarebbe dovuto cadere in quella trappola, ma non avrebbe neanche potuto rischiare di rifiutare di adempiere ad un comando di Cersei, se fosse stata davvero lei. Non poteva averne la certezza e ora si ritrovava in quella scomoda situazione. Era da solo con un ragazzo furbo, vendicativo, che aveva ucciso già altre volte e che lo aveva completamente smascherato. Era davvero spacciato, per la prima volta in tutta la sua vita. Delle grosse gocce di freddo sudore cominciarono a colargli sulla fronte e sulla nuca. Tuttavia, quella domanda sembrava aver quasi divertito il ragazzo che era qualche gradino più in alto di lui.
- Oh, Petyr, non spetta solo a me un compito del genere. Sai, ci sono altre persone che tu hai fatto soffrire immensamente e che meriterebbero il privilegio di mettere fine alla tua insulsa vita. Delle persone che da anni e anni sfrutti, trattandole come animali e lasciandole private di anima e, talvolta, anche della vita stessa – disse il ragazzo mentre decine di ragazze e di ragazzi sbucarono al suo fianco con dei pugnali stretti tra le mani. Baelish sbiancò e per poco non cadde a terra inciampando quando riconobbe nei loro volti le sue fedeli puttane che vedeva ogni giorno nel suo bordello. C’erano tutti. I loro sguardi rivelavano qualcosa di spaventoso, una frustrazione e un desiderio che non gli aveva mai visto. Ora era lui ad essere alla loro mercé. - Ora avete l’occasione di riscattare tutto il male che quest’uomo vi ha fatto, ragazzi e ragazze. Ho vissuto con voi ma non ho provato i vostri dolori. Non ho provato sulla mia pelle gli abusi che vi vengono fatti e che quest’uomo permette e non fa altro che consentire come foste bestie condannate al macello. Siete sempre stati i suoi giocattoli, le sue galline dalle uova d’oro. Ora avete l’opportunità di mettere fine a tutto ciò e di vendicarvi di questo verme – disse Walter mentre li vedeva avvicinarsi all’uomo, il quale indietreggiava spaventato e annaspava guardandolo supplichevole.
- Fermali … fermali, ti prego … posso ripagare tutti i peccati che ho arrecato alla tua famiglia, Walter … per favore …
Ma Walter era impassibile. Lo guardò mentre quella folla di ragazze e ragazzi lo assaltavano e lo accoltellavano tutti insieme facendolo gridare a squarciagola per il dolore. Solo dopo si accorse che Kirsten era rimasta accanto a lui e non li aveva raggiunti. La sua amica stava guardando la scena con sguardo sconvolto.
– So che non è stato lui a venderti e a fare in modo che abusassero di te. Ma lui è uno di quelli. Uno dei peggiori, te lo posso garantire. Questo potrebbe servirti a liberare un po’ del tuo dolore e a trovare una sorta di riscatto. A te la scelta – le disse porgendole un pugnale e attendendo che ella prendesse la sua decisione. La ragazza continuò ad osservare quella scena raccapricciante ancora per un po’, con le lacrime agli occhi miste di rabbia, rancore e dolore, fino a quando non afferrò il pugnale, decisa, e raggiunse gli altri, dando il suo contributo alla morte del più subdolo e pericoloso giocatore del trono. Walter continuò a guardare a qualche metro di distanza, finché non avanzò alcuni passi, scendendo gli scalini e avvicinandosi. A ciò, la folla di ragazzi e ragazze capì che doveva farsi da parte, lasciando spazio solo a lui. Walter torreggiò su Ditocorto, il quale era in ginocchio di fronte a lui, grondante di sangue da ogni sgorgo di pugnalata e in preda agli spasmi. Il ragazzo si accovacciò per essere alla sua stessa altezza e lo guardò negli occhi. – Questo è per tutta la mia famiglia. Ed è anche per lei, per Rebeccah. Nessuno può mettersi contro il Nord, lord Baelish. Potremmo anche rimanere in silenzio e subire passivamente tutto il veleno che ci costringete ad inghiottire, ma mai dimenticheremo. Mai ci arrenderemo. Mai perdoneremo. I lupi non muoiono mai davvero, Petyr. Il Nord non dimentica – disse infine conficcandogli l’ultima pugnalata, la quale mise fine alla sua vita.
 
Arya Stark si tolse il volto di Walder Frey dal suo e si guardò intorno, osservando impassibile tutti i Frey morti di fronte a lei, per mano sua. Finalmente si sentì completa. Dopo aver assaporato ancora un po’ quella spettacolare sensazione, la ragazza si voltò verso la giovanissima moglie del defunto Walder e le parlò con voce impassibile. – Quando le persone ti chiederanno cosa è accaduto qui, dì loro che il Nord non dimentica. Dì loro che l’inverno è arrivato per la casata Frey.
 
Daenerys Targaryen, in groppa al suo Drogon, era pronta a penetrare ad Approdo del Re con la forza, combattendo l’esercito della corona con le sue immense forze armate composte da Immacolati, Dothraki, Greyjoy, Tyrell e tre draghi. Aveva tutte le carte per vincere e lo avrebbe fatto, spodestando finalmente l’usurpatrice Lannister e riprendendosi il trono che le spettava. Niente sarebbe andato storto. La ragazza, sotto consiglio del suo Primo Cavaliere Tyrion, aveva ordinato al suo esercito e ai suoi alleati di attenderla nascosti fuori dalla città. Lei sarebbe penetrata a sorpresa con i suoi draghi direttamente nella Fortezza Rossa, per annunciare il suo arrivo e provare a contrattare con Cersei prima di rilegare tutto a fuoco e sangue e uccidere migliaia di persone innocenti, nonostante sapesse che la regina Lannister non fosse predisposta a scendere a patti. Tyrion gliel’aveva descritta molto bene e ne aveva altrettanto sentito parlare. Non ci sarebbe potuto essere alcun modo alternativo per riprendersi il trono spodestandola. Era certa che i suoi soldati la stavano già attendendo per combatterla. Il cuore della giovane Targaryen martellava nella sua gola mentre impaziente e sicura di sé e dei suoi figli, fissava la Fortezza Rossa che si faceva sempre più vicina, mentre la popolazione sotto di lei la guardava con sguardi a dir poco sconvolti. Era naturale, non avevano mai visto dei draghi.
Daenerys scese dal suo Drogon, non appena questo posò le zampe a terra, accanto ai suoi due fratelli. Erano dinnanzi all’imponente costruzione, tuttavia, al contrario di ciò che la madre dei draghi si aspettava, non vi erano Guardie Reali o altri soldati ad attenderla e pronti a difendere la loro regina da eventuali attacchi. Gli unici cavalieri che erano disposti davanti alle porte della Fortezza Rossa, sembravano quasi guardarla docilmente. I loro sguardi erano innocui. – Prego, vostra grazia. Entrate pure. La regina vi attende – le dissero aprendole le porte e lasciandole libero il passaggio. Daenerys non poteva credere ai suoi occhi, così si convinse fosse uno scherzo di cattivo gusto o un piano di quella serpe Lannister.
- Che significa? La vostra regina ha compreso con chi ha a che fare? I miei draghi possono darle un assaggio, altrimenti.
- Vi garantiamo che non avete di che preoccuparvi. La nostra regina ci ha ordinato di accogliervi al meglio e di lasciarvi entrare nella Fortezza senza opporre alcuna resistenza.
Daenerys, ancora insicura su come agire, guardò i suoi figli dietro di lei, sempre in attesa che la loro madre comandasse loro cosa fare.
- Vi ricordo che ho tre draghi che potrebbero bruciare tutto Approdo del Re non appena udiranno una mia sola e unica parola. Se dovesse succedermi qualcosa là dentro o qualcuno dovesse toccarmi anche solo con un dito, mi udiranno in ogni caso, e la capitale verrà rasa al suolo.
- La nostra regina ci ha ordinato di dirvi che non dovete preoccuparvi. Ha intenzione di parlarvi civilmente e pacificamente – insistette un altro dei soldati, attendendo che la ragazza entrasse.
Finalmente Daenerys si decise ad entrare e le porte vennero richiuse non appena fu dentro. Si accorse che non vi era nessuno a scortarla, né una dama, né una guardia, né nessun altro. Mentre saliva gli scalini parzialmente illuminati da dei candelabri, quel luogo le parve più come un grande e immenso castello abbandonato, piuttosto che la sede reale. Sembrava non esservi anima viva o alcun rumore che lasciasse presupporre alla presenza di qualcuno. Quando ebbe salito tutto i gradini, si ritrovò dinnanzi all’entrata della sala del trono. Questa era ampia e imponente proprio come se la immaginava, tuttavia, vuota, come tutto il resto, se non per una presenza che riuscì ad individuare davanti al trono. Così la ragazza si avvicinò e riuscì ad accorgersi che erano in tre. Alla destra vi era un uomo calvo dall’espressione troppa calma, mentre alla sinistra un altro individuo di mezza età dalla carnagione scura, i capelli neri e il sorriso sornione. Ma ad attirare la sua attenzione fu quello al centro. Era un ragazzo molto alto, dalla presenza prorompente e dallo sguardo tagliente e magnetico. La caratteristica che la attirò maggiormente di lui, furono i suoi occhi. Quel colore non poteva essere casuale, pensò la madre dei draghi. Le era fin troppo familiare tra i ranghi della sua nota famiglia. – Chi siete voi? Dov’è la regina Cersei? – le venne da chiedere come primo quesito.
A ciò, il ragazzo le accennò un sorriso e le si avvicinò di qualche passo prima di risponderle. – Benvenuta ad Approdo del Re, Daenerys Targaryen.
- Cosa significa tutto questo? Non riesco a capire …
- Immagino che sia abbastanza difficile da credere per te, ma Cersei Lannister è morta. Non vi è nessuna regina da spodestare. Come non vi è alcun re o alcuna regina a regnare sui sette regni in questo momento – le rispose Walter con tranquillità.
Il viso della ragazza era sempre più sconvolto. – Chi siete voi? – gli chiese nuovamente, pretendendo una risposta questa volta.
Walter esitò prima di risponderle, ancora incerto se fosse la cosa giusta rivelarglielo così all’improvviso. – Mi chiamo Walter e sono tuo nipote. Il figlio di Rhaegar – disse aspettandosi qualsiasi reazione da parte sua, tra cui, la più accreditata, era quella che gli scoppiasse a ridere in faccia. Invece, la ragazza, prendendo coraggio, si avvicinò molto a lui e cominciò ad osservarlo per riuscire a scrutare ogni minima caratteristica del suo aspetto, con sguardo indagatore, curioso ed interessato. Nei suoi occhi c’era serietà ma vi si poteva scorgere anche uno strano sentimento, come una sorta di speranza timorosa. Ella si prese tutto il tempo che le serviva per guardarlo a dovere, cercando di intravedere Rhaegar in lui, nonostante sapesse che sarebbe stato impossibile farlo: lei non aveva mai avuto l’opportunità e la fortuna di conoscere o anche solo incontrare il maggiore dei suoi fratelli, colui di cui parlavano tutti e al quale qualcuno l’aveva paragonata positivamente, rendendola più fiera che mai di essere associata a lui. Non avrebbe potuto riconoscere Rhaegar in lui semplicemente perché lei non aveva conosciuto Rhaegar. Tuttavia, sapeva bene che quegli occhi non mentivano. Le sarebbero bastati solo quelli come prova schiacciante che avesse detto il vero. Erano grandi, luminosi e un po’ più chiari dei suoi. Il colore che emanavano variava dal viola intenso, a qualche sfumatura di lilla che si schiariva sempre più in delle striature che si aprivano in tutta l’iride. Solo all’interno, più vicino alla pupilla, si potevano notare anche alcune punte più scure di indaco.
- Io non … non riesco a crederci … - sussurrò la ragazza con la voce rotta, continuando a guardare ancora quegli occhi.
- Non pretendo che tu ci creda ora, ma …
- No, ti sbagli, io ci credo. Ma non riesco a capacitarmene … non sono … non sono l’unica al mondo. Non sono l’unica Targaryen rimasta in questo mondo … e tu … tu sei tutto ciò che mi resta di lui … - disse Daenerys mentre i suoi occhi divennero lucidi. Walter rimase perplesso da quella reazione totalmente inaspettata. – Come è possibile?
- L’ho scoperto solo pochi mesi fa. Si tratta di una notizia nuova per te quanto per me. Sono stato bruciato vivo e non sono morto. Le fiamme si sono spente sul mio corpo come se fosse fatto di ghiaccio. Nessuna ustione, nessuna ferita o cicatrice. Niente di niente. Allora ho compreso che ciò che altri sospettavano, fosse vero. Rhaegar e Lyanna hanno avuto un figlio prima di morire. Ho sempre creduto di essere figlio di Ned Stark, invece ora non so più chi realmente sono – parlava con un velo di impassibilità sul volto, la quale mascherava un dolore senza eguali ma oramai seppellito.
- Sei il legittimo erede al trono. E sei mio nipote – disse prontamente lei.
- Non aspiro a quel trono. Puoi prenderlo se vuoi. L’unica cosa di cui mi importa, ora come ora, è la battaglia che dovremo combattere a Nord.
- Quale battaglia?
- So che è difficile da credere ma ti prego di fidarti delle mie parole: i non morti stanno marciando verso la Barriera costruita da Bran il Costruttore. Quando l’avranno oltrepassata, noi mortali, uomini vivi di carne e sangue, non avremo più scampo. Se non li combattiamo e non li sconfiggiamo, il ghiaccio perenne invaderà i sette regni e non ci sarà più vita in questo mondo. Ci serve il tuo aiuto, Daenerys. Il tuo e quello dei tuoi draghi.  Ad ogni modo, tutte le Guardie Reali, le Cappe Dorate e qualsiasi altro soldato Lannister sono sotto il mio comando indirettamente, dato che ho ucciso la regina e nessuno ne è a conoscenza eccetto i due uomini che stai vedendo a me affiancati. Stavo attendendo il tuo arrivo prima di tornare a Nord e prepararmi per la Battaglia. Fa’ pure entrare nella capitale le tue truppe e quelle dei tuoi alleati: ho fatto allestire dei luoghi confortevoli in cui albergare per tutti quanti. Parleremo meglio del tutto in seguito, con più calma. Immagino che tu sia parecchio scossa dopo tali rivelazioni e che non fosse ciò che ti aspettavi giungendo qui ad Approdo del Re, ma guarda il lato positivo: non vi sarà alcuna battaglia tra due regine e risparmierai la vita di migliaia di vite innocenti. Non credo sia da poco.
 
Gli Immacolati, i Dothraki insieme all’esercito Greyjoy e a quello Tyrell, penetrarono nella città indisturbati, proprio come Walter aveva garantito. Ciò destò ancora più sospetti nell’esercito della corona, il quale, tuttavia, si limitò nuovamente ad eseguire gli ordini senza fare domande. Tutti presero coscienza di ciò che stava accadendo, parlarono molto e Walter conobbe un’infinità di persone, oltre a rivederne qualcuna già di sua conoscenza. Non appena il ragazzo rincontrò Tyrion, i due si salutarono calorosamente e conversarono proprio come vecchi amici. Il nano salutò nuovamente anche lord Varys e Oberyn, uomini dei quali si era sempre fidato, nonostante tutto. Quando Walter conobbe anche la regina dell’esercito Greyjoy, Yara, arrivò anche il tasto dolente. Theon era con lei in uno stato pressoché irriconoscibile. Sembrava aver perduto la sua anima e sé stesso, svuotato di tutto ciò che lo rendeva tale. Non appena Walter lo vide, Theon quasi si nascose alla sua vista, temendo per la sua salute fisica. Un moto di rabbia salì fino alla testa di Walter, il quale si diresse verso di lui e gli sganciò un pugno in faccia talmente forte, da essere equiparabile a quello con il quale aveva “salutato” Ned anni prima, quando stava per partire per Approdo del Re. Il ragazzo cadde a terra dolorante, coprendosi immediatamente il naso per cercare di limitare la fuoriuscita abbondante di sangue. A tale scena, tutti i presenti nella sala del trono, oramai affollata, ammutolirono. Si udì soltanto la voce indisposta di Yara, la quale si avvicinò ai due andando in difesa del fratello. – Ehi! Potrai anche essere il legittimo erede al trono, ma nessuno tratta mio fratello in questo modo! Si può sapere che diavolo ti è preso?!
Ma Walter non le prestò il minimo ascolto, rivolgendosi a Theon, il quale era ancora a terra tremante come un cucciolo indifeso, di fronte a lui. Non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia. – Con che coraggio? Con che coraggio ti presenti dinnanzi a me, Theon Greyjoy? – il suo tono era freddo, distante e agghiacciante. – Rispondi.
- Mi dispiace!! Mi dispiace, Walter!! Non avrei mai dovuto tradirvi!! Sono stato uno stolto, un traditore e ho meritato tutto quello che mi è accaduto!! Ti prego, perdonami!! Accetta il mio perdono!! Non avrei mai dovuto!!! Voi eravate la mia famiglia!! – urlò il ragazzo scoppiando a piangere e strisciando ai piedi di Walter. Disse tutto ciò in preda a violenti singhiozzi, inchinandosi e abbracciando i suoi piedi. Walter rimase a dir poco basito. Capì che quello non era più il Theon che conosceva, e quasi gli mancò, per quanto fosse stupido, altezzoso e irritante. Avrebbe preferito ritrovarsi davanti quel Theon piuttosto che il mezzo animale strisciante che aveva dinnanzi. Non era neanche sicuro che fosse ancora un essere umano. A ciò, di fronte a tale scena, intervenne Yara, la quale provò a spiegare la situazione con il viso contrito dal dolore nel vedere suo fratello ridotto in quel modo. – Quando Ramsey Bolton ha conquistato Grande Inverno, lo ha preso come ostaggio, o meglio, come animale domestico. – Non appena udì quel nome, Walter sbiancò. Si trattava di nuovo di lui. Ogni volta che udiva quel nome, tutte le torture subite gli ritornavano alla mente e quell’orribile senso di annegamento, freddo agghiacciante misto al dolore insopportabile di essere tirato fino a spezzarsi in tanti piccoli pezzettini, riaffioravano prepotenti. Cercò di ricacciare indietro quei pensieri mentre Yara sembrava voler continuare il racconto. – Gli ha fatto di tutto. Qualsiasi cosa che non dovrebbe venir fatta ad un essere umano, Theon l’ha subìta. Lo ha persino mutilato. Ora mio fratello non è più un uomo oltre a non essere quasi più umano. Ha ritrovato un briciolo della sua umanità durante la battaglia di Ramsey contro Stannis Baratheon. Lì è riuscito a scappare, avendo finalmente il coraggio di rinnegare Reek, ossia il nome che Ramsey aveva scelto per lui, per provare a ritrovare Theon. Ma è ancora molto indietro nella strada che lo porterà a ritrovare sé stesso. È venuto immediatamente da me dopo essere scappato e io, ovviamente, l’ho riaccolto. Non è più la persona che era in passato perciò, qualsiasi cosa lui ti abbia fatto prima di divenire Reek, dimenticala, ti prego.
Walter comprese perché quel Theon sembrasse così diverso e si trovò d’accordo con Yara. Non poteva condannarlo per i peccati che aveva commesso in precedenza. Avrebbe dovuto incolpare Theon per quelli, non la persona che si trovava in quel momento ai suoi piedi, sommersa dalle lacrime e dal sangue. Gli fece male vederlo così. – Ho sempre immaginato cosa ti avrei fatto, come te l’avrei fatta pagare per averci traditi in casa nostra, dopo tutto quello che mio … Ned … - disse correggendosi prima di sbagliare nel nominarlo - … ti ha dato. Volevo farti provare quello che hai fatto passare a Bran e a Rickon. Invece, ora, non riesco a non sentire pietà per te. È parecchio ironico. Mai e poi mai avrei pensato che potesse accadere. Alzati – gli disse abbassandosi, prendendolo per le spalle e aiutandolo ad alzarsi, facendolo staccare dai suoi piedi. – Non posso perdonare te per quei peccati. Quando avrai ritrovato Theon, se mai lo ritroverai e mi auguro di sì, sarà con lui che farò i conti e solo a quel punto potrai scusarti con me e cercare di redimerti – gli disse infine guardandolo negli occhi, poi lasciando la presa e allontanandosi.
Per Walter giunse anche il momento di conoscere qualcuno che credeva erroneamente non sapesse neanche della sua esistenza. Lui era molto agitato, quanto afflitto sapendo di doversi presentare a lei. Lady Olenna Tyrell, un’anziana signora vispa e intelligente, nonché degna nonna della sua defunta regina di rose, era in piedi di fronte a lui, intenta a scrutarlo con il suo sguardo sveglio e attento, il quale diceva tutto e niente, ancora prima di porgergli la mano per fare la sua conoscenza. Walter gliela prese e gliela baciò come era educazione fare con ogni lady. Riuscì a nascondere bene la sua agitazione nell’incontrarla, così come era solito fare con ogni cosa. – Lady Olenna, sono onorato di fare la vostra conoscenza.
- Anche io, mio caro. Finalmente, oserei dire! - A quelle parole, il ragazzo rimase sorpreso, faticando a capire a cosa si riferisse. Non appena notò il suo sguardo perplesso, la donna si lasciò andare ad una genuina risata prima di rispondergli. – Non mi rivolgete quell’espressione spaesata e inconsapevole, ragazzo mio, non vi si addice. Ho udito molto parlare di voi dalla mia adorata nipote. Ne siete sorpreso?
- In realtà sì. Non pensavo che …
- E devo dire che rendete assolutamente giustizia alle sue accurate descrizioni. Non lo credevo possibile; mi ero convinta che il modo in cui vi vedesse fosse dato in parte dai suoi occhi innamorati. Sapete, nessuno mai era riuscito a conquistare il giovane cuore di mia nipote. Non che lei non avesse provato ad aprirsi, anzi. Tuttavia, quasi tutti erano intimoriti da lei, dalla sua sagacia, dal suo atteggiamento fuori dal comune e sfrontato anche se pur sempre elegante e rispettoso. Mi ha sempre ricordato me quando avevo la sua età. Mi evitavano tutti nonostante fossero affascinati da me! Tuttavia, voi non avete avuto paura di lei, ma tutto il contrario. Immagino sia perché anche voi intimorite chi vi sta accanto. La vostra sola presenza rivela una sicurezza, un’audacia e un’intelligenza che farebbero vergognare anche un re. Sono felice che, prima di morire, lei abbia trovato qualcuno che l’ha meritata davvero, e credetemi, questo è il più bel complimento che qualcuno possa farvi, detto da me. Con voi avrebbe avuto la felicità che meritava – Nel dire quelle parole, gli occhi di Olenna non divennero lucidi; si vedeva che era una donna che non cedeva facilmente alle lacrime, tuttavia si velarono di una tristezza immensa e lacerante. Lady Olenna era riuscita ad inquadrarlo solamente guardandolo per qualche secondo. Buon sangue non mente pensò il ragazzo accennandole un sorriso malinconico ma che rivelava anche la sua vera natura, quella intrepida che riusciva a zittire chiunque soltanto con uno sguardo. Era come se volesse aprirsi a lei nonostante non la conoscesse, donandole lo stesso sorriso che non era affatto cambiato rispetto a quello furbo che rivolgeva a tutti quando era bambino. D’altronde, lei era tutto ciò che gli era rimasto di Margaery. – Mi manca molto nonostante abbiamo trascorso poco più di una settimana insieme, limitando i nostri incontri a fugaci conversazioni a Fondo delle Pulci. Vostra nipote è stata uno splendido fiore che ha illuminato il mio campo secco e deserto in quel particolare periodo. Perciò sono davvero lusingato di udirvi dire tutto ciò. Non avrei potuto chiedere di meglio. Mai nessuna donna riuscirà a prendere il suo posto.
- Oh, suvvia, non dite sciocchezze! Per quanto amassi la mia Margaery, non potete rinchiudervi in una gabbia e buttare via la chiave condannando ogni povera donna che poserà lo sguardo su di voi. Sono certa che ce ne sarebbero molte che farebbero la fila e tra loro riuscirete a trovarne un’altra in grado di meritarvi davvero, per quanto potrà non essere facile. Non precludetevi la possibilità di essere felice perché gli dei hanno voluto essere così crudeli con lei. Ora siete come un nipote per me e devo e voglio pensare al vostro benessere. Nessuno potrà impedirmelo. Inoltre, io mi sono alleata alla madre dei draghi e sono giunta qui solamente per porre fine alla vita di quel demonio di una Lannister che l’ha uccisa. Invece, voi con le vostre palle quadrate non mi avete lasciato il tempo di farlo perché l’avete già vendicata. Vi sarò grata a vita per questo. Non lo direi mai a nessuno, ma con voi farò un’eccezione: sarei felice di servirvi come re dei sette regni. E, per l’amor del cielo, diamoci del “tu”; Margaery lo avrebbe voluto! – gli disse infine sorridendogli spavalda e amorevole.
- Grazie, lady Olenna. Sono certo che noi due andremo molto d’accordo – le rispose ricambiando il sorriso.
Anche Oberyn aveva richiamato il suo esercito di Dorne ad Approdo, convincendo Doran ad allearsi con il Nord per combattere la Battaglia Finale. Erano mesi che non vedeva la sua splendida signora ed era impaziente di poterla riassaporare. Fortunatamente i dorniani giunsero nella capitale poco dopo Daenerys, ed Ellaria corse letteralmente incontro alla sua amata Vipera Rossa. – Mio amore! Non riuscivo più a starti lontano! La compagnia delle dame di corte e dei cavalieri dorniani non eguaglia minimamente la tua!
- Sono felice che tu abbia trovato il modo di svagarti in mia assenza, mia signora. Ora siamo di nuovo insieme, finalmente – le rispose sincero lui sciogliendo l’abbraccio.
- Vedo che anche tu non hai perso tempo! – gli disse la donna rivolgendo uno sguardo che Oberyn conosceva fin troppo bene, a Walter, il quale si stava intrattenendo con Daenerys. – Siete rimasti chiusi qui dentro, da soli, per mesi … ora comprendo perché hai deciso di farlo. Hai dei gusti sempre più che ottimi, mio amore!
- Questa volta ti sbagli, mia signora: non lo sto seguendo per quello. Il ragazzo è molto restio a questo genere di cose. Penso che mi spezzerebbe un braccio se solo osassi fargli una proposta del genere, ahimè!
- Quanta bellezza sprecata! Invece sua zia? Vedo che anche lei non scherza! Dici che sarebbe più predisposta?
- Vorresti provare a sedurre una regina? Sei sempre più audace, mia signora! – disse Oberyn come per congratularsi, baciandola con trasporto e passione. Dopo di che, anche le sue Vipere della Sabbia lo raggiunsero e lo abbracciarono.
Quando Walter si trovò dinnanzi alla popolazione Dothraki, fu una delle rare volte nella sua vita in cui si trovò impacciato. Aveva trascorso mesi in compagnia dei bruti alla Barriera, ad occuparsi dei preparativi per la battaglia contro Ramsey, e aveva preso confidenza con loro. I Dothraki somigliavano ai bruti per molti versi, ma per altri no.
- Lui è Qhono, un guerriero dothraki e mio fedele amico. Sta imparando meglio a parlare la lingua comune, perciò per ora ti tradurrò quello che dice – disse Daenerys a Walter sorridendo e affiancandosi all’uomo grosso e impostato al quale si stava riferendo. I due si scambiarono qualche parola in lingua dothraki, poi Daenerys si rivolse di nuovo a Walter. – Ha richiesto uno spazio all’aperto e indisturbato in cui il suo popolo possa trascorrere del tempo. I guerrieri dothraki dimostrano il loro valore sfidandosi tra loro e mettendosi alla prova. Il vincitore taglia i capelli al perdente per mostrare a tutti la sua debolezza. La lunghezza della chioma determina la forza e l’abilità nel combattimento dei guerrieri dothraki.
- Affascinante – commentò Walter.
- Inoltre, durante le loro celebrazioni, spesso vi sono parecchie uccisioni e accoppiamenti pubblici. Anche a questo servirebbe uno spazio adeguatamente indisturbato finché rimarremo qui – aggiunse la madre dei draghi.
- Ma guarda, lo stesso modo in cui vi accoppiate voi a Dorne – disse Walter sapendo che Oberyn gli era accanto e lo avrebbe udito.
- Oggi ci siamo svegliati nervosi? – gli chiese la Vipera accennando uno dei suoi soliti sorrisi.
- Ad ogni modo, contavo sul fatto che saremmo ripartiti da Approdo per dirigerci a Nord il prima possibile, non appena avremmo disposto le trattative. Tuttavia, se il vostro popolo necessita ugualmente di un luogo del genere anche per pochi giorni, provvederò assolutamente a disporvelo – disse Walter cercando di scandire bene le parole per farsi capire dal guerriero dothraki.
Ma la sorpresa più grande per Walter, fu l’approccio con gli Immacolati. A quegli uomini era stato tolto tutto, esattamente come era stato fatto a Theon, con la differenza che loro lo avevano accettato ed ora erano privati di sé stessi. Walter conobbe il comandante dell’esercito degli Immacolati, chiamato con l’appellativo di “Verme Grigio”, un uomo dall’aria malinconica e spenta, proprio come il resto dei suoi compagni. Tuttavia, con il suo sguardo che non si lasciava sfuggire nulla, Walter notò che l’unica persona con la quale quell’uomo sembrava assumere uno sguardo più umano, quasi dolce, era la dama di Daenerys, la bella Missandei.
 
Oramai era sera inoltrata e dopo una rasserenante cena in cui tutti avevano avuto l’opportunità di conoscersi meglio, Walter era uscito fuori, in uno dei più grandi terrazzi della Fortezza Rossa. Guardò il cielo stellato sopra di lui, riportando alla mente ricordi lontani.
- Questo luogo era esattamente come me lo aspettavo – disse Daenerys raggiungendolo e posizionandosi accanto a lui.
- Ho saputo che è da un’intera  vita che stai cercando di tornare. Deve essere frustrante per te essere qui e scoprire che tutto ciò in cui credevi potrebbe scomparire da un momento all’altro.
- Sai, durante la mia vita ho affrontato innumerevoli ostacoli, riuscendo a rialzarmi sempre in piedi. Sono stata venduta, disonorata, stuprata, svergognata, insultata, tradita … e l’unica cosa che mi ha permesso di superare tutto è stata la fede in me stessa. Oramai mi resta difficile fidarmi. D’altronde l’unico componente della mia famiglia che avevo accanto, quando era ancora in vita, non ha fatto altro che trattarmi come un animale. Ora che ho trovato te non so più a cosa pensare e come comportarmi. Posso scorgere qualcosa in te che mi spinge a fidarmi e a seguirti totalmente e ciecamente. Forse è un tuo dono. Oppure è dato da ciò che hai vissuto. Perciò dimmi, Walter, tu che cosa hai vissuto, invece? – gli chiese voltandosi verso di lui.
Il ragazzo ci mise un po’ prima di risponderle. All’improvviso, tutte le immagini di scorci della sua vita vissuti negli ultimi anni gli passarono dinnanzi alla mente tutti insieme, come un fulmine, una pugnalata nel petto. Ma ora, tutto quel dolore si era trasformato in qualcosa di diverso. – Credo di essere morto più di una volta nel corso della mia vita: quando sono stato avvolto dalle fiamme e metà del mio sangue non è bastato per non rendermi un vegetale subito dopo quel dolore; quando il mio cuore si è fermato per qualche secondo, poiché legato indissolubilmente a quello di mio fratello pugnalato a morte; e anche quando sono stato completamente avvolto dal ghiaccio mentre tutti i miei arti si smembravano come rami spezzati togliendomi la capacità di respirare. Ho attraversato interi deserti di dolore, Daenerys. Eppure sono qui. Sono diverso ma sono qui. E ciò che mi ha permesso di sopportare tutto, sono state le piccole cose, solo le più piccole: guardare una bambina che usa uno straccio come vestito e comincia a ballare come se non fosse capace di fare altro, in mezzo ad un mercato di frutta; il ricordo dei sorrisi, quelli accennati e proprio per questo più indelebili, dei miei fratelli e delle persone che mi hanno cresciuto, del Nord in generale, il mio amato Nord che è speciale proprio perché riesce a regalarmi momenti unici fatti di corse in mezzo alla neve, con la bocca aperta per cercare di inghiottire più fiocchi possibili e silenzi sacri tra una pausa da una leggenda narrata davanti al fuoco e un’altra; una regina che getta via le sue scarpe pregiate solo per poter partecipare ad una gara di corsa con dei bambini; la sensazione di una mano delicata e fredda che tocca ed esplora curiosa il mio viso, insegnandomi che quando si hanno gli occhi chiusi, si possono distinguere i colori in altri modi; il vento che mi si fionda contro quando corro o cavalco; i colpi e i lividi sulla pelle dopo una battuta di caccia, un gioco, una diavoleria finita male o un inseguimento con i miei fratelli e le mie sorelle … Per questo combatto. Potrò anche rimanere svuotato ma continuerò a combattere affinché questi immortali e preziosi momenti di esistenza non svaniscano nel nulla, risucchiati via dalla morte, dalla disumanità e dal gelo.
La ragazza rimase a guardarlo, ma i due furono interrotti dall’arrivo di Drogon, il quale si appoggiò con tutto il suo peso direttamente sulla spaziosa terrazza, accanto a sua madre. Daenerys osservò la reazione di Walter a quell’”ospite” inaspettato mentre con il dorso della mano accarezzava il suo drago. Walter lo guardò sorpreso e affascinato ma per niente intimorito. – Sono meravigliosi.
- Fai molta attenzione con lui; è abituato ad ascoltare solo me e … - ma la ragazza non fece in tempo a terminare la frase, che Drogon, senza preavviso, si voltò verso Walter e avvicinò il muso a lui. Daenerys era sul punto di allarmarsi, quando, all’improvviso, il ragazzo allungò il braccio e sfiorò delicatamente la pelle squamosa del drago. Quest’ultimo non si ritrasse a lui, ma, al contrario, si avvicinò ancora come ipnotizzato e desideroso di essere accarezzato ancora. Walter sembrava sorpreso quanto lei, ma continuò a toccarlo delicatamente, guardandolo negli occhi e provando una sensazione che mai aveva percepito prima. Si sentiva completo e rigenerato, come se quell’animale gli stesse trasmettendo il suo fuoco e la sua forza, e lui stesse facendo lo stesso. La madre dei draghi si avvicinò e guardò suo nipote ancora perplessa. – Io pensavo di essere l’unica per loro. Ma ora … ora che ci penso sono in tre. Non dovrebbe essere una prerogativa solo mia quella di guidarli. Tu hai il mio stesso sangue, loro lo sentono … - sussurrò, poi facendo una pausa e continuando ad osservare gli occhi calmi e pacifici del suo Drogon sotto il tocco di Walter. – Combatterò per te. Combatterò per il Nord. Lo faremo insieme – si decise la ragazza. A quelle parole, Walter si voltò di scatto verso di lei. Rimasero per un po’ a guardarsi tra di loro, poi lui avvicinò la sua mano a quella di Daenerys, la quale stava accarezzando la pelle di Drogon poco distante dalla sua, e gliela posò sopra stringendogliela e accennandole un sorriso sincero e quasi commosso. – Grazie, Daenerys.
Quell’atmosfera quasi familiare creatasi, fu interrotta dall’arrivo di Varys. – Perdonatemi, miei signori, ma c’è una persona che richiede di entrare nella capitale, Walter. I soldati mi hanno chiesto se la regina le permette di entrare.
- Di chi si tratta? – gli chiese il ragazzo.
- Melisandre di Asshai.
Udendo quel nome, Walter rivolse al Ragno un sorriso quasi esasperato. – C’è anche qualcun altro che ha intenzione di venire ad Approdo del Re oggi?     

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Capitolo 22
*** Draghi a Nord ***


Draghi a Nord
 
Tutti i soldati della corona, tra cui Cappe Dorate, Guardie Reali e tutto l’esercito Lannister, furono convocati nel Campo di Baelor, ossia nell’enorme spazio lasciato vuoto in memoria della tragedia del Tempio di Baelor, dove risiedeva l’antica costruzione prima di venire rasa al suolo dall’altofuoco. Walter aveva fatto ripulire tutto e aveva consacrato quel luogo nell’eterno silenzio e rispetto. Era abbastanza grande per ospitare tutte le truppe, le quali, si ritrovarono dinnanzi ad un individuo che potevano ben riconoscere e alla famosa madre dei draghi, penetrata in città pochi giorni prima insieme ai suoi alleati. Il primo che prese la parola dinnanzi a tutti quegli sguardi diffidenti e curiosi, fu lo stesso Walter. – Alcuni giorni fa è arrivato un corvo ed ha portato questo – disse alzando la mano al cielo per mostrare il pezzo di carta e permettendo a tutte le file di soldati di passarselo tra loro per leggerne il contenuto. – Proviene dalla Cittadella. A quanto pare, i Grandi Maestri hanno lanciato un allarme a tutti e sette i regni. Come potete constatare, nel messaggio c’è scritto qualcosa di ben preciso: tutti gli uomini che sappiano utilizzare le armi, che si tratti scudieri, di cavalieri, di arcieri o solamente di chi lo pratica per passatempo, sono chiamati a combattere a Nord contro la minaccia degli estranei, i quali si stanno avvicinando sempre più alla Barriera. Siete tutti chiamati a lasciare da parte la casata o il lord che servite, per allearvi insieme contro il pericolo imminente della morte.
- Dov’è la regina Cersei? – chiese improvvisamente uno dei soldati.
- Già, che fine ha fatto la nostra regina?
- Perché ci state parlando voi??
- La vostra regina è morta – rispose Walter.
- Allora siete un assassino! Un usurpatore!! – esclamò il primo di tanti, sfoderando la spada, poco prima di ricordarsi che accanto a Walter e alla madre dei draghi vi fosse un drago dall’aspetto alquanto minaccioso che li osservava come se li volesse incenerire all’istante.
- Ritengo che sia dovere che loro sappiano qualcosa di alquanto fondamentale, Walter: state parlando al legittimo erede del trono di spade. Avete davanti il figlio del principe Rhaegar Targaryen. Non un usurpatore come la regina che servivate! – esclamò la ragazza lanciando a quegli uomini uno sguardo di fuoco.
- L’unica prova che abbiamo di quello che dite, sono i suoi occhi?? – chiese uno dei cavalieri con tono strafottente. – Inoltre, noi abbiamo già giurato fedeltà ad una regina.
- Ad una regina morta – commentò di nuovo Daenerys. – Se non avete intenzione di seguirci a Nord per combattere la Battaglia Finale, avrete modo di provare cosa significa non essere un Targaryen e prendere fuoco.
- No – disse prontamente Walter voltandosi verso di lei.
La ragazza lo guardò confusa. – Ma Walter, devono imparare che non ci facciamo trattare come farabutti, né che ci lasciamo mettere i piedi sopra. È l’unico modo …
- Non è l’unico modo. Te lo garantisco – disse lui poggiando la mano sopra la sua e accennandole un sorriso per rassicurarla. Poi si voltò di nuovo verso le truppe. – Non rischierò di certo di prendere fuoco di nuovo solo per dimostrarvi chi sono e per convincervi a scegliere me come nuovo “re” da seguire, ora che la vostra regina è morta. Tuttavia vi faccio presente che l’unica Lannister, e l’unica reale, rimasta al vostro comando era Cersei. Ora che è morta, non avete nessuno da proteggere e da cui dipendere. È vero, avete qualcuno da vendicare, ma nessuno che vi sta ordinando di farlo. Siete le truppe Lannister e della corona, giusto? Come potete agire e prendere qualsiasi decisione se non ci sono né Lannister, né reali che ve lo comandano? Lord Tyrion si è alleato alla madre dei draghi, la valorosa Daenerys; mentre ser Jaime è fuggito rinnegando la sua fede alla corona. Tutti gli altri sono morti: Tommen, Myrcella, Joffrey, Tywin … Dunque, ora, chi avete intenzione di servire? Volete rimanere anime errabonde e diventare mercenari o volete combattere per una giusta causa? Prima che arrivasse quel messaggio dalla Cittadella, mi chiedevo come vi avrei convinto ad allearvi a me e al Nord; ma ora ho un aiuto in più, una prova in più grazie a questo messaggio. Ciò che dicono i Maestri viene sempre seguito ed è sempre ritenuto vero, a prescindere da ciò che affermino coloro dai quali dipendete. Perciò, a prescindere da chi io sia, a prescindere dal fatto che potete credere o no che io sia il figlio del principe Rhaegar, c’è qualcosa di più importante. Ci sono dei fatti che dimostrano che il motivo per il quale voglio che vi alleiate a me, non è nulla da poco. Non si tratta di seguire un re legittimo o no, si tratta di sconfiggere la morte e di evitare che i sette regni divengano una deserta distesa di ghiaccio e che le vostre mogli e i vostri figli siano trasformati in degli essere privi di vita e di anima in breve tempo. Dunque, qual è la vostra decisione? Nessuno verrà incenerito se rifiuterete – affermò Walter osservandoli tutti e bucando i loro volti con il suo sguardo.
I cavalieri si guardarono tutti tra loro, si scambiarono sguardi intimoriti, alcuni dubbiosi, altri decisi. Dopo qualche minuto, uno di loro, scelto come portavoce di tutti, si avvicinò di qualche passo a Walter. – Combatteremo con il Nord.
- Bene. Le carrozze sono tutte pronte – poi si voltò verso Daenerys e le sorrise. – Mettiamoci in marcia.
 
NightFlame era sdraiato sulla neve insieme a Spettro. Jon, che passava di lì, li notò e sorrise avvicinandosi. Il ragazzo si accovacciò e accarezzò il pelo prima di uno, poi dell’altro. – Finalmente l’inverno è arrivato, ragazzi.
Jon continuò ad accarezzarli, fin quando NightFlame, improvvisamente, come risvegliato da un lungo sogno, scattò in piedi e cominciò a correre, allontanandosi da Grande Inverno. Jon lo guardò sconvolto e provò a richiamarlo. Non si è mai allontanato da Grande Inverno pur di aspettarlo … non sarà che …? pensò il ragazzo continuando a guardare il metalupo che si allontanava.
 
Walter stava camminando affianco a Daenerys. Oramai i loro piedi sprofondavano nella neve. Walter sorrise guardando le impronte che lasciavano e constatando che erano vicini, oramai. L’inverno è finalmente arrivato, Ned. Pensò nostalgico. Intanto, Daenerys, accanto a lui, si stringeva sempre più nella sua pelliccia fatta su misura, emettendo delle nuvolette di aria condensata ogni volta che respirava. – Sei certo che sia sicuro approdare direttamente a Grande Inverno, nella tua vecchia casa? Non vi erano i Bolton pochi mesi fa?
- Le notizie che ho ricevuto riguardo la battaglia tra Jon e Ramsey erano chiare. Mio cugino ha vinto la battaglia e si è ripreso casa nostra, proprio come speravo. Non potrei essere più fiero di lui. Perciò non temere: incontreremo solo nostri alleati a Grande Inverno.
- Bene.
Walter si voltò verso di lei con sguardo divertito. In quel momento, così bassa e infagottata, le sembrava quasi una bambina indifesa, invece che la splendida regina coraggiosa e sicura di sé come appariva di solito. Le appoggiò una mano sulla testa e le scompigliò i capelli.
- Cosa stai facendo?? – gli chiese lei sconvolta.
- No niente, ho l’impressione che non ti abituerai facilmente a questo clima.
- Tu non hai pellicce addosso. Sei vestito più pesante rispetto ad Approdo, certo, ma io non mi azzarderei mai ad andare in giro così.
- Io sono abituato a questo clima, zia. Nonostante sia più freddo di quanto ricordassi. D’altronde, l’inverno è arrivato.
- Ti ho già detto di non chiamarmi così. Sono un anno più giovane di te e quell’appellativo mi dà la sensazione di essere … vecchia. Ad ogni modo, noi donne soffriamo più il freddo. Abbiamo un corpo diverso da quello di voi uomini – la madre dei draghi non fece neanche in tempo a terminare la frase, che l’amica d’infanzia di suo nipote, si affacciò dalla finestra della carrozza, poco più avanti di loro, voltandosi verso Walter. La ragazza sorrise e, con un salto elegante e spericolato al tempo stesso, saltò fuori dalla finestrella, piombando con gli stivaletti nella neve fredda. Ella indossava solo un vestito, che per quanto di tessuto pesante, non era affatto paragonabile all’ammasso di pellicce che ricopriva Daenerys. A ciò, Walter guardò il suo sguardo sorpreso, e si lasciò andare ad una risata. – Cosa dicevi? Riguardo alla corporatura più sensibile al freddo di voi donne?
Kirsten si avvicinò a lui, leggiadra e sicura anche tra la neve. – Sei emozionato?? – gli chiese la ragazza raggiante. Si vedeva che era palesemente felice di tornare a casa dopo tutto quel tempo. Nonostante Grande Inverno non era il luogo in cui era cresciuta, era comunque sede di tanti ricordi. Il Nord era casa sua, come per Walter.
- Un bel po’ – le rispose lui accennandole un sorriso.
- Walt … Walt, cos’è quella cosa laggiù che si sta avvicinando? Sta ululando … con la nebbia non si vede bene, ma forse, azzarderei a dire che è NightFlame … - sussurrò Kirsten fissando quella presenza che si stava avvicinando a loro sempre più velocemente. I suoi occhi viola emettevano una luce che si poteva scorgere anche a metri di distanza.
Walter quasi si pietrificò non appena prese coscienza. Cominciò a correre per andare incontro all’altra metà della sua anima, abbandonata da tanto tempo. Il metalupo saltò letteralmente addosso al suo padrone. Oramai era grande quasi quanto un cavallo di piccole dimensioni, perciò riuscì ad atterrare Walter facendolo piombare sdraiato sulla neve mentre lo sovrastava e gli si strisciava addosso per dimostrargli il suo affetto.
- Sei qui … sei vivo … mi hai aspettato. Non puoi neanche immaginare quanto tu mi sia mancato, NightFlame … - gli disse Walter provando almeno a mettersi in ginocchio e abbracciando il suo metalupo, stringendolo più che potesse, affondando il viso, le mani, le braccia e il petto nel lungo e morbido pelo rossiccio. – Sei stato bravissimo, NightFlame. Ora sono a casa. Non ti lascerò più, te lo prometto – gli disse sorridendogli con gli occhi lucidi e prendendo il muso del suo metalupo tra le mani, avvicinandolo al suo e sfiorandolo con il naso, mentre lo fissava dritto negli occhi luminosi. Di nuovo viola contro viola.
Kirsten cedette alle lacrime osservando quella scena. Daenerys, Tyrion, Oberyn, Varys e altri  che conoscevano direttamente Walter, rimasero a fissarli, ammirando e rispettando quel legame immortale e quel momento di sacra riunione.
Il fatto che NightFlame l’avesse raggiunto, gli fece capire che fossero sempre più vicini a casa sua. Non appena tutte le truppe di tutte quelle casate diverse e di provenienze differenti, giunsero dinnanzi alle porte di Grande Inverno, i soldati posti di guardia spalancarono gli occhi. Walter si perse per un attimo ad osservare fiero e appagato la bandiera con il metalupo della casata Stark che si ergeva visibile e mossa dal vento dalle mura. Dopo di che, si fece avanti. – Dite al lord di Grande Inverno, Jon Stark, che Walter è dinnanzi alle porte.
- Per “Walter” intendete quello che pensiamo?? Walter Snow, il bastardo di Ned Stark?? – chiesero attoniti.
Walter sorrise ricordando tale appellativo. – Sì, proprio lui.
 
Non appena Walter si fece strada insieme al massimo di persone che riuscivano ad entrare a Grande Inverno, si ritrovò dinnanzi ad un Jon che gli stava riservando uno dei sorrisi più grandi che avesse mai rivolto a qualcuno. I due si abbracciarono calorosamente di nuovo, così come accadde con Sansa, la quale gli corse nuovamente incontro per stringerlo forte.
- Vi presento Daenerys Targaryen, la madre dei draghi. Ho portato giusto un po’ di alleati, quelli che sono riuscito a raccattare per combattere la Battaglia Finale. Il messaggio della Cittadella ha aiutato molto. Sono sicuro che ne arriveranno molti altri da tutti i sette regni. Tuttavia, non credo che entrino tutti qui … dobbiamo sistemarli e spargerli per tutto il Nord, creando più basi operative.
Jon e Sansa erano sconvolti mentre scorgevano tutte le truppe e le carrozze che erano rimaste fuori dalle mura per assenza di spazio. – Tu vieni rapito da Castello Nero e torni a Grande Inverno con l’esercito misto più grande che sia mai esistito, composto non solo da truppe di casate differenti, ma anche di guerrieri provenienti dal continente orientale, nonché con colei che sta per riconquistare il trono di spade, e mi parli di “giusto un po’ di alleati”?? Dovrai spiegarci tutto ciò che è accaduto ad Approdo del Re, fratello. Hai superato letteralmente te stesso. E la regina Cersei? – disse Jon.
A ciò Walter gli accennò un sorriso irrisorio. – Dovrò raccontarvi molte cose, ragazzi.
- Walt, ci sono delle persone che devi vedere. Non sei tornato solo tu in questi giorni … - gli disse improvvisamente Sansa, allargando ancor di più il suo sorriso. A quelle parole, Walter le rivolse uno sguardo interrogativo. Non riuscì subito a realizzare, fin quando non la vide. Sbucò esattamente da dove, da piccola, si nascondeva per scoccare le frecce al posto di Bran, quando era quest’ultimo ad allenarsi. Era cresciuta, era più alta, anche se rimasta sempre di statura bassa. Ma ciò che lo colpì fu il suo sguardo, i suoi occhi, il suo volto, la sua postura. Erano diversi. Sembrava esser divenuta la padrona del mondo a giudicare dagli occhi scuri e decisi, da quel portamento elegante e che rivelava un ardore che non aveva mai visto. La sua guerriera era tornata. E stavolta, lo era davvero. I due si avvicinarono lentamente, non riuscendo a corrersi incontro come quando erano bambini. La sorpresa era troppo grande e non erano più abituati a tutte quelle emozioni. Si presero il tempo di studiarsi a vicenda, di osservare tutti i cambiamenti dell’altro mentre erano sempre più vicini. Quando soltanto poco meno di un metro li divideva, scattarono entrambi avventandosi l’una sull’altro. Walter si abbassò per poterla stringere meglio a sé e Arya affondò il viso nella sua spalla e nei suoi capelli mentre con le braccia gli aveva circondato fermamente il collo.
- Sapevo che eri viva. Ne ero certo. Non ho mai avuto dubbi … - le sussurrò Walter ancora abbracciato a lei. La ragazza non rispose, continuando a godersi quel momento che tanto le stava scaldando il cuore. Quando sciolsero l’abbraccio Walter le appoggiò le mani ai lati del volto e le sorrise felice e radioso come non faceva da molto tempo. – Ho girato i sette regni per cercarti. Ed ora, eccoti qui.
- Ho mantenuto la promessa: sono diventata una vera guerriera. Ora potremo sfidarci, fratello mio. Perdonami per non essermi fatta trovare. Ho viaggiato a lungo per intraprendere la mia strada. Non mi pento di niente. Ma mi sei mancato terribilmente. Mi siete mancati tutti – disse Arya con voce malinconica ma felice.
- Ora siamo di nuovo insieme. Nessuno potrà dividerci – le disse abbracciandola di nuovo. Non voleva staccarsene più per paura di perderla ancora.
Quando i due si allontanarono definitivamente, Walter si rivolse a tutti e tre i suoi cugini. – Di Bran ci sono notizie? E Rickon? Lo avete liberato, non è vero? – chiese ricordandosi i due fratellini ai quali era più legato dopo Jon. A quella domanda, i ragazzi si guardarono tra loro e lasciarono nuovamente a Jon il compito di rivelare le cattive notizie. – Walt, Bran è tornato. Ma non sarà come te lo aspetti. Per quanto riguarda Rickon … beh, quando abbiamo vinto la battaglia contro i Bolton è stata una soddisfazione enorme. Tutti i lord del Nord prima alleati agli Stark, hanno deciso di aiutarci e allearsi a noi dopo che ti hanno rapito. Il tuo rapimento da parte di Cersei deve aver fatto scattare qualcosa in loro, un sentimento di fedeltà che oramai avevano sepolto. Ci era stato fatto del male, ci è stato tolto quasi tutto tramite delle ingiustizie. Hanno ritenuto giusto aiutarci a riprendere ciò che era nostro. Ora, prima di tutto, voglio rassicurarti dicendoti che quei mostri disumani sono morti quasi tutti. Sono stato io stesso ad uccidere Ramsey tramite decine e decine di colpi al volto, fin quando non ha esalato l’ultimo respiro. L’ho vendicato. Così come ho vendicato te.
- Cosa vuol dire che lo hai vendicato …?
- Walt … Rickon è morto durante la battaglia tramite un’astuta strategia di Ramsey. Fortunatamente la freccia ha trafitto subito il suo cuore mentre correva verso di me, dunque non ha sofferto.
Udendo quelle parole, Walter fu invaso da un insieme di emozioni tutte contemporaneamente. Da una parte la gioia di sapere che anche Bran, oltre ad Arya, stesse bene e fosse tornato, gli aveva riempito il cuore, ma, d’altra parte, la notizia della morte di Rickon lo stava svuotando di nuovo.
- Dov’è Bran … ? – fu capace solo di chiedere cominciando a fissare un punto nel vuoto di fronte a sé.
- È nel Parco degli Dei. Trascorre la maggior parte del tempo lì.
Senza dire nulla, Walter si diresse verso il Parco degli Dei. Aveva affrontato la morte di molte persone a lui care. Forse talmente tante, da essere divenuto impassibile ad un evento come la morte di qualcuno di caro, temette. Non era riuscito a piangere o a disperarsi. Semplicemente si sentiva svuotato. Di nuovo. E di più delle altre volte. Ora metabolizzava il dolore in maniera diversa, certo, ma pur sempre dolore lacerante rimaneva.
Walter trovò Bran seduto su una specie di sedia di legno con le rotelle, esattamente sotto l’Albero Diga. Un sorriso si allargò sul suo volto nonostante la notizia che aveva appena ricevuto. Era troppo tempo che non vedeva Bran. Quel ragazzino gli era mancato esattamente come l’aria. Mentre si dirigeva verso di lui, sempre seguito da NightFlame, Walter notò che non c’era Estate accanto a Bran.
- Bran … - gli sussurrò avvicinandosi e stringendo forte anche lui. Questo ricambiò con una stretta debole e con un sorriso strano, il quale rivelava una sforzo sovrumano di riuscire a crearlo. Forse, solo per lui Bran avrebbe potuto fare uno sforzo del genere. Walter notò che era cresciuto molto ma, in particolar modo, avvertì che era cambiato indissolubilmente. Il suo sguardo non era come quello di Arya, sicuro, intrepido e intimorente; ma neanche come quello di Theon, simile a quello di un animale tremante piuttosto che di un uomo. Lo sguardo di Bran era semplicemente raggelante. Proprio come il ghiaccio. E fu questo che spaventò di più Walter.
- Bran … che ti succede?
- Sono felice di vederti, Walt – disse con uno sguardo quasi impassibile.
- Anche io e non sai quanto. Ma sembra che ti sia successo qualcosa. Cos’è successo, Bran? Parlamene.
- Sono un metamorfo.
- Lo so. Poco dopo aver preso fuoco nella sala del trono, quando mi hanno rinchiuso di nuovo in quella stanza, mi hai raggiunto. Se non fosse stato per te, sarei morto lì, Bran. Credo di avere qualche potere del genere anche io dato che quando hanno ucciso Jon, ho percepito come se uccidessero anche me.
- Io non sono solo un metamorfo. Sono divenuto il Corvo a Tre Occhi. Vedo e sento tutto in qualsiasi momento, sarò dovunque e sono stato chiunque.
Udendo ciò, a Walter rivennero in mente le parole di Jojen quel giorno, poco dopo essere entrato in contatto con NightFlame.
- Questo non c’era nei racconti della Vecchia Nan. Ma forse c’era nei libri di leggende che leggevamo sempre io e Jon anni fa. Mi è familiare.
- Non puoi comprendere, Walter. Nessuno può comprendere.
- Allora spiegamelo. Sono tuo fratello. Mi hai sempre detto tutto.
- Non sono tuo fratello.
 A ciò, Walter capì. – Giusto, tu sai chi sono. È vero, non lo sono ma è come se lo fossi.
- Ciò che devi sapere, è che non sei un bastardo del principe ereditario. Sei il legittimo erede. Quello vero. Rhaegar ha annullato il suo matrimonio con Elia Martell prima che tu nascessi, e ha sposato tua madre, Lyanna.
Walter rimase per un attimo interdetto a quella notizia, ma solo per qualche secondo. – Dunque?
- Dovevi saperlo.
- Non mi importa di questo, Bran! Per gli dei, guardami! – esclamò ottenendo finalmente l’attenzione di suo cugino e quegli occhi indifferenti puntati addosso. - Perché? Perché sembra che tu non provi più niente?? Perché non sembri più umano?? Mi fa male, troppo male vederti così svuotato. Che fine ha fatto mio fratello?? Magari potrai ingannare gli altri, ma non me, lo sai! Ti tormenterò fin quando non troverò Bran, nascosto là dentro, da qualche parte! Tutti sono cambiati! Io sono cambiato, Arya è cambiata, Sansa e Jon sono cambiati. È normale, fa parte della vita. Siamo tutti diventati un po’ più indifferenti a causa del dolore che abbiamo subìto, ma siamo rimasti noi stessi! Non puoi perdere te stesso! Non lo permetterò!
A quelle parole, Bran sembrò avere un tremolio, un sintomo di coscienza propria che non aveva da tempo, e che solo Walter era stato in grado di risvegliargli con le sue parole e la sua impetuosità. Gli occhi del ragazzino si accesero per un momento quando gli rispose. – Tu non capisci! Sono tutti morti a causa mia! Tutti! Jojen, Hodor, Osha, Estate, persino maestro Luwin e ser Rodrick quando io avrei potuto evitarlo! Sono morti perché ero un bambino stolto che non capiva l’importanza del suo compito, e le persone intorno a me hanno fatto di tutto per proteggermi pur di farmi adempiere il mio destino! Un destino già scritto nella carta per me! Non sai cosa voglia dire avere un tale peso sulle spalle. Non lo sai. Inoltre, sai perché Hodor è divenuto Hodor?? Non c’entra nessun ritardo mentale, no! Wylis è divenuto Hodor da bambino a causa di un mio viaggio temporale andato a finire male! Ho rovinato l’intera vita di un uomo per un banale errore dato dalle mie emozioni umane! Per questo non posso più permettermi di provare delle emozioni, Walt. Quindi smettila di chiedermelo.
- Non puoi portare questo peso da solo. Nessuno può. Lasciati aiutare, Bran. Io posso farlo.
- No, non puoi. Bran non c’è più oramai. Esiste solo il Corvo a Tre Occhi. Dimenticati di tuo cugino.
- Quando? Quando hai perso la capacità di provare emozioni?
- Ho cominciato a farlo dopo aver provocato la morte di Hodor, in una caverna, circa un anno fa.
- Allora ho ragione. Non è vero che hai perso completamente te stesso. Sono trascorsi solo pochi mesi da quella notte. Quella in cui sei rimasto tutto il tempo con me, anche se non fisicamente, e in cui mi hai fatto rendere conto di essere ancora vivo.
- Tu cambierai la storia dell’umanità, Walter. Non potevo permettere che ti perdessi dopo quello che ti era stato fatto.
- Oh no, non ho percepito solo un banale tentativo di salvare le sorti dell’umanità quella notte. Quello che mi hai dato è stato un amore fraterno tanto grande da essere capace di risvegliarmi. L’ho sentito forte e chiaro.
- Mi dispiace – disse semplicemente il ragazzino, ritornando impassibile. A ciò, Walter restò ad osservarlo ancora qualche minuto, poi si decise a lasciarlo solo e ad andarsene dal Parco degli Dei.
 
Quando raggiunse nuovamente tutte le persone che aveva lasciato quando si era diretto verso il parco, notò che tutti stavano cominciando a conoscersi tra loro. Non riusciva ad essere felice e a pensare al futuro dopo quello che era accaduto. Aveva perso entrambi i suoi fratellini, d’altronde.
Il suo sguardo afflitto si fermò su qualcosa, o meglio qualcuno, che riuscì a rallegrarlo minimamente. A qualche metro da lui vi era Kirsten, con il viso cosparso di lacrime, la quale stava abbracciando Meera. Quando le due terminarono di abbracciarsi e di narrare ciò che era accaduto loro in quegli anni, si accorsero della sua presenza. Il volto di Meera si illuminò come sempre quando vedeva il suo amico e gli corse incontro abbracciando anche lui. - Ehi! Sei tornato anche tu!
- Sì, Meera. Sono felice che tu sia qui. Grazie per tutto quello che hai fatto per loro e per Bran in particolare. Te ne sarò eternamente grato, amica mia.
- So che non è più lo stesso, Walt. Io ho visto il suo cambiamento da vicino. È stato straziante tutto ciò che ci è accaduto, come lo è stato vederlo cambiare in tal modo. Gli sono stata sempre accanto in questi anni e lui … lui sembra quasi non ricordarsi di me a volte …
- Mi dispiace tanto per Jojen. E anche per tua madre.
- Già, ne abbiamo affrontate tante. Ma sono contenta che, nonostante tutto, siamo di nuovo insieme. Magari possiamo fare una battuta di caccia, solo noi due, come ai vecchi tempi – gli disse lei cercando di tirargli un po’ sù il morale e sforzandosi di sorridergli.
- Ne sarei davvero felice.
 
Walter andò nei sotterranei, camminando in quel luogo buio e triste, illuminato solo da alcune torce. Si soffermò a guardare la tomba di suo zio Ned, poi della sua vera madre Lyanna, prima di raggiungere il suo obiettivo. Non appena giunse dinnanzi alla sagoma in pietra del suo fratellino Rickon, si fermò e la guardò appoggiandogli una mano sopra.
- Ehi, granchietto – gli disse accennandogli un sorriso e facendo una pausa. – Sono tornato, alla fine. Anche se troppo tardi. Ti ho portato molta nuova gente da conoscere. Ora Grande Inverno è affollata, non come quando vivevamo tutti qui, insieme, come una famiglia, prima che accadesse tutto ciò che è accaduto. Avrei voluto rimanerti accanto e vederti crescere, proprio come mi ero previsto di fare. Ero convinto che sarei tornato in tempo, che avrei salvato Arya e Sansa e poi sarei tornato riunendo di nuovo tutta la nostra famiglia. Che bambino stupido che ero, vero? Me ne rendo conto solo adesso. Io sono sempre convinto di arrivare in tempo, ma non ci riesco mai. Forse, se fossi rimasto, le cose sarebbero andate diversamente e tu saresti ancora qui a sorridermi con il tuo sorriso sghembo e i tuoi capelli rossi e scompigliati. Forse se Cersei non mi avesse rapito nuovamente … sarei riuscito a salvarti almeno quella volta … perché … perché la cosa più grave … è che non ti ho neanche salutato. Non ti ho neanche svegliato per salutarti … - disse le ultime parole con voce rotta e ricacciando indietro le lacrime che prepotenti si stavano facendo strada nei suoi occhi, dopo tanto tempo. Pensava di non esserne più capace. Invece, evidentemente lo era ancora. Trascorsero alcuni minuti in cui rimase in silenzio, intento a guardare verso il basso. Poi alzò di nuovo gli occhi verso quel volto di pietra. – Ti ricordi quella volta in cui mi sei venuto a svegliare nel cuore della notte con il tuo sguardo vispo anche alle quattro del mattino, e mi hai condotto verso la stalla, dove avevi nascosto una civetta che avevi catturato? Era in fin di vita e mi avevi  chiesto di guarirla perché eri convinto che io riuscissi a farlo in qualche modo, perché io riuscivo a fare tutto, secondo te. Però ti sbagliavi. Io non riesco a fare tutto. Ora, per esempio, non so cosa fare. Perciò, ti prego, Rickon, dimmi cosa dovrei fare … - disse lasciandosi andare ai singhiozzi e cadendo in ginocchio. – Non so più chi sono … non so più chi dovrei essere e cosa dovrei fare … tutto quello che sapevo era una bugia e ora mi ritrovo a combattere una battaglia in cui dovrei essere la chiave per salvare le sorti del mondo … ma io non so cosa devo fare per riuscirci … aiutami, Rickon … ti prego …
 
Quando Walter rivelò alla sua famiglia chi fosse, ma soprattutto, quando rivelò a tutti di essere il legittimo erede a tutti gli effetti, non ebbero bisogno di maggiori conferme oltre alla preveggenza di Bran e ai documenti trovati alla Cittadella dal fedele amico di Jon, Samwell Tarly. Jon, Arya e Sansa rimasero basiti di scoprire le vere origini di colui che avevano sempre creduto loro fratello di sangue, ma il modo in cui lo vedevano non cambiò affatto. Erano ancora più fieri di lui. La stessa Daenerys non sembrò nutrire alcuna ostilità verso il vero erede del trono di spade, già sapendo che la questione si sarebbe decisa e risolta una volta terminata la Battaglia Finale. Inoltre, sarebbe stata felice se fosse stato lui a prendere il trono e a divenire re. Nonostante avesse trascorso poco tempo con lui, stava imparando a conoscerlo e ogni volta si sorprendeva sempre di più di che persona straordinaria fosse. Le stava involontariamente insegnando dei valori che lei sentiva di aver perduto, facendola prendere coscienza di poter aspirare a qualcosa di meglio piuttosto che ad un banale trono d’acciaio, solamente perché posseduto anni prima dalla sua famiglia. Aveva compiuto un viaggio che l’aveva resa quello che era e che l’aveva fatta crescere moltissimo, dandole modo di salvare la vita di migliaia di persone e di allargare i suoi orizzonti. Solo ciò bastava per renderla un’eroina apprezzata a stimata. Non aveva bisogno di altri meriti e riconoscimenti se non l’amore delle persone a lei care. Soprattutto ora che aveva ritrovato una famiglia grazie a Walter. I due erano molti diversi, ma proprio per questo riuscivano ad avere un’alchimia unica nello stesso modo in cui riuscivano a pizzicarsi sempre tra loro.
Nei primi giorni, tutti ebbero modo di abituarsi alla nuova strana situazione, come anche alla presenza di quelle tre affascinanti quanto spaventose creature che erano i draghi, tra le gelide terre del Nord.
Walter scoprì che Jaime era stato accolto a Nord nonostante i suoi precedenti, e aveva offerto il suo aiuto come alleato. Egli era in stretti rapporti con lady Brienne (nonostante il suo scudiero Podrick continuasse a restarle attaccato come una calamita), la quale, appena rivide Walter, non fece altro che scusarsi decine e decine di volte con lui come era solita fare ogni volta che cause di forza maggiore le impedivano di adempiere al suo dovere. Il fidato mercenario di ser Jaime, Bronn, il quale si ritrovò subito in sintonia con Walter in quanto a sarcasmo, aveva deciso di seguirlo. Quando Tyrion aveva rivisto il suo amato fratello, era stato come vedere dei pezzi di una famiglia sull’orlo di un precipizio, ricostruita. I leoni c’erano ancora. Mai si sarebbero estinti. Ed ora collaboravano con i lupi, con i draghi e con moltissime altre casate. Walter aveva avuto l’occasione di esercitarsi con la spada con Jaime e di appurare la sua abilità nel combattimento nonostante l’assenza della mano destra. Si aspettava che la loro conversazione una volta essersi presentati ufficialmente sarebbe stata “Sono ser Jaime Lannister, ho spinto vostro cugino giù da una torre rendendolo storpio, ma me ne pento” e “Sono Walter Targaryen, ho ucciso vostra sorella e amante pugnalandola a morte ma non me ne pento”. Invece, fortunatamente, non ci fu tutto l’imbarazzo che si aspettava. Ser  Jaime era un uomo nuovo, diverso, pentito dei suoi sbagli e che riconosceva di aver seguito ciecamente sua sorella per troppo tempo, accecato da qualcosa che somigliava all’amore.
Walter rincontrò nuovamente ser Davos, Lyanna Mormont e altri lord del Nord che aveva conosciuto durante i mesi che aveva trascorso alla Barriera. Rivide anche Gendry Waters, il ragazzo che aveva visto insieme alla Fratellanza Senza Vessilli quando era in viaggio per Approdo del Re. Scoprì che anche lui aveva un’articolata storia alle spalle. Anche i membri della Fratellanza, riuniti finalmente a Melisandre, erano a Grande Inverno e con loro, per qualche assurdo motivo, c’era anche Sandor Clegane, il Mastino e fratello della Montagna, erroneamente ritenuto morto da tutti. Poi ebbe l’occasione di conoscere anche Samwell Tarly insieme alla sua compagna bruta Gilly e al suo figlioccio Sam. Quel ragazzo goffo ma dalla mente brillante aveva anche il merito di aver spronato e convinto i Maestri della Cittadella ad inviare in tutti i sette regni l’allarme per l’arrivo degli estranei. Infine, giunse anche Jorah Mormont a Grande Inverno, riunendosi alla sua regina dopo tanto tempo, finalmente guarito dal terribile Morbo Grigio.
Il puzzle si stava ricomponendo ed ora, erano tutti nello stesso luogo, per la stessa causa, con gli stessi fini. Avvennero degli incontri ai quali mai si sarebbe immaginato di assistere, come mai avrebbe pensato di vedere Oberyn Martell indossare una pelliccia e soffrire così tanto il freddo, facendo i capricci come un bambino, o i Dothraki essere addirittura disposti a coprirsi e restare ore davanti ai focolari senza muoversi pur di non soffrire quel clima per loro estremo. Con i giorni, cominciarono a giungere anche le altre truppe delle casate mancanti, da tutti i sette regni, grazie al messaggio proveniente dalla Cittadella. Neanche tutto il Nord sarebbe bastato per contenere un tale affollamento. Walter, Jon e Daenerys si ritrovarono a dover spartire tutta la popolazione dei sette regni in precise basi posizionate per tutto il Nord. Ogni base sarebbe stata diretta e comandata da un esperto stratega e comandante.
Trascorse una settimana mentre accoglievano sempre più ospiti a Grande Inverno, assegnando loro delle postazioni provvisorie, decidendo chi avrebbe alloggiato in una determinata zona e quali fossero i comandanti da assegnare alle varie truppe miste nelle varie basi scelte. L’aiuto di Tyrion e di Varys fu fondamentale in tutto ciò. Vennero assistiti anche da Oberyn, da Davos, da Yara, da Olenna e da lord di altre casate. Gli unici svaghi, i quali rappresentavano una ventata di aria fresca paragonati a tutto il lavoro giornaliero che avevano da fare, erano i soliti allenamenti sotto il soppalco. Walter aveva sfidato innumerevoli avversari tra cui il Mastino, lady Brienne, ser Jaime, nuovamente Oberyn, Beric Dondarrion, Yara Greyjoy e molti altri. Così come altrettanti sfidanti si dilettavano nell’arte del combattimento tra loro. L’unica che non aveva ancora avuto l’onore di sfidare era la sua amata cugina Arya, la quale stava attendendo il momento giusto. Walter sarebbe stato disposto ad attendere con ansia il momento in cui lei gli avrebbe davvero mostrato di cosa fosse capace, anche se fossero trascorsi millenni. Tuttavia, il momento e il combattimento migliore, rimanevano sempre quelli contro Jon. Erano anni che le loro due lame non si scontravano di nuovo, anni in cui le loro tecniche di combattimento erano migliorate molto. Fu come ritornare a respirare per loro quando il ghiaccio di uno e il fuoco dell’altro si rincontrarono, uniti da un legame indelebile. Quello era il momento solo loro, l’unica risposta ai dilemmi che li circondavano. Lo avevano sempre fatto e lo avrebbero continuato a fare lì, in quel luogo, dove tutto era iniziato.
 
Dopo quella prima movimentata settimana, la quale era stata capace di togliere le energie addirittura ad uno come Walter, dato che lui era quello che si era dato più da fare essendo il più portato per il comando e le strategie, quest’ultimo venne richiamato all’alba, ancora più presto del solito, dalle guardie all’entrata. Immaginò che si trattasse delle truppe di un’altra casata giunta a Nord che chiedevano di entrare, come al solito, così, impiegando un bel po’ prima di trovare la forza di alzarsi dal letto, si alzò in piedi, si sistemò almeno un minimo per rendersi presentabile e si diresse all’esterno. Non appena uscì dalle sue stanze, incontrò una delle guardie. – Mio signore, ci sono due sconosciuti che chiedono di entrare.
- Sono solo in due?
- Solo in due – confermò la guardia. A quel punto, Walter capì che, stavolta, non doveva trattarsi di un lord giunto con il suo esercito. C’era sicuramente qualcosa di strano in ciò, perciò sarebbe stato meglio non fidarsi. In quel momento, Walter fu raggiunto da Jon. Essendo il lord di Grande Inverno ovviamente le guardie avevano richiamato anche lui. - Fratello, che succede? – gli chiese il ragazzo.
- Due sconosciuti chiedono di entrare.
C’erano solo loro due e le guardie all’esterno della costruzione. A quell’ora, Grande Inverno era completamente vuota, tanto da far quasi rimbombare le voci dei due cugini.
- Chi affermano di essere? – chiese Walter cercando di captare più informazioni sui forestieri.
- Una dei due è una donna e ha detto di essere la “regina di rose”. Mi ha chiesto di riferirvelo. Era sicura che avreste capito.
Non appena udì quella tre parole, Walter si pietrificò. 

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Capitolo 23
*** L'Evocatore ***


L’Evocatore
 
Walter si precipitò letteralmente verso l’entrata di Grande Inverno sotto gli occhi increduli di Jon e delle due guardie. Un magone di enormi dimensioni gli era salito fino al petto ed era anche stato capace di dargli un nome in quel frangente: speranza. Una speranza tanto grande da surclassare ogni cosa, una speranza che non aveva mai provato in vita sua.
Non è lei. Non può essere lei continuò a ripetersi mentre correva, per non illudersi, per non ricadere in una disperazione ancora più grande nel caso non fosse stata davvero chi voleva che fosse. Lei è morta. La mia anima affine è morta in quel tempio.
 Finalmente arrivò dinnanzi alle porte d'entrata. Ella si tolse il cappuccio così che potesse vederla. Era proprio lei. La stessa donna che aveva rapito il suo cuore. La stessa con la quale avrebbe voluto trascorrere il resto dei suoi giorni. Margaery Tyrell lo guardava con un sorriso talmente bello ed emozionato da esser quasi capace di sciogliere ghiacciai. Gli occhi della ragazza erano grandi e brillanti di commozione. Walter rimase in piedi a qualche metro da lei, fissandola incredulo e cercando di convincersi che non stesse sognando e non fosse impazzito. Ella lo capì, difatti fu la prima a rompere il silenzio. – Ciao, Walter. Sono io. Sono davvero io – gli disse sorridendo ancora, come per rassicurarlo e dimostrargli di essere reale.
A quelle parole, Walter cadde in ginocchio sulla neve, rivolgendo lo sguardo a terra e stringendo la neve nei suoi pugni. Margaery, preoccupata e ormai impaziente di raggiungerlo, mosse qualche passo verso di lui, prima che Walter la bloccasse. – No – disse fermamente, con lo sguardo ancora rivolto a terra, prima che la ragazza annullasse la distanza che li separava. La giovane Tyrell era sempre più confusa; tuttavia, dopo qualche secondo, Walter scattò in piedi, si precipitò verso di lei e la strinse forte a sé. Ella fece lo stesso, finalmente libera di sfogare la sua immensa gioia nel poter avere tra le sue braccia colui che amava. Aveva atteso tanto prima di rivederlo e quella distanza le era sembrata asfissiante, persino per una donna come lei, abituata ad affrontare qualsiasi tipo di pena con coraggio e senza alcuna fatica o esitazione. In quel momento un’energia fulminante scaturiva dai loro corpi, avvinghiati come fossero una cosa sola, troppo impegnati a percepire la presenza l'una dell'altro per reagire in altri modi, per porre delle domande, per cercare di comprendere. E come una reazione chimica naturale, subito dopo il disperato quanto intenso abbraccio, era venuto qualcos’altro. I loro visi si erano letteralmente avventati l'uno sull’altro e le loro bocche, impazienti di entrare in contatto tra loro, diedero inizio ad una danza passionale e disarmante per quanto meravigliosa e necessaria. Fu un bacio nettamente differente dal primo che si erano dati, un tocco fugace, sublime e doloroso quanto bellissimo. Un bacio che sapeva di addio. Questo, invece, era tutt'altro. Era pieno d’amore, di un'esigenza cieca, di una fame tanto sofferta, di un desiderio per troppo tempo nascosto, di una mancanza ingiustamente prolungata, di una voglia di scoprire, esplorare sempre di più l'uno dell'altra interamente e pienamente. Margaery aveva le mani strette tra i capelli del giovane drago, trascinandolo sempre più in giù, verso di lei, per tenerlo ancorato a sé, mentre lui, con le sue dita lunghe e affusolate le teneva stretto il bel volto incorniciato dai folti e morbidi boccoli scuri oramai intrecciati tra i suoi palmi. Erano entrambi troppo presi da quell'intensissimo bacio, da non rendersi conto che Grande Inverno fosse divenuto un po’ più affollato rispetto a qualche attimo prima. Accorgendosi che ci fosse qualcosa di strano alle porte, anche altri si erano svegliati e si erano recati all'esterno delle abitazioni, tra cui Tyrion, Oberyn, Varys e Daenerys.
- Per quanto possa essere uno spettacolo di indiscutibile bellezza, dobbiamo rimanere qui a fissarli? Non sarebbe meglio dire ai due amanti di raggiungere una camera prima di passare alla prossima tappa? – ruppe l'atmosfera Oberyn.
- Se ti azzardi ad interromperli ti uccido – lo ammonì Jon categorico.
Intanto, Walter e Margaery trovarono la forza di far allontanare le loro labbra, rimanendo comunque con i nasi in contatto. – Come? – le chiese semplicemente lui.
- Avevo capito che ci fosse qualcosa che non andasse già prima che gli altri realizzassero, ma l’Alto Passero non voleva ascoltarmi e anche quando tutti i presenti nel tempio si sono ribellati, quel pazzo ha fatto bloccare tutte le uscite. Solamente nell’ultimo istante, per nostra fortuna, un seguace della setta, preso dal panico, ha permesso a me e a Loras di uscire, non facendo tuttavia in tempo a far scappare anche altri oltre noi. Nel momento in cui io e mio fratello siamo usciti, il tempio è esploso e siamo stati scaraventati a metri e metri di distanza a causa dell’impatto, riportando ferite più o meno gravi. Se fossimo usciti un secondo più tardi, saremmo morti con loro, con tutta quella povera gente, vittima di un fanatico religioso e di una regina tiranna e dispotica. Saremmo morti proprio come è toccato a nostro padre … È stato orribile. Ma ora siamo qui, sani e salvi. Abbiamo avuto del tempo per elaborare e superare il lutto e il trauma subìto. Ci siamo nascosti in una casetta di popolani, i quali ci hanno accolti a braccia aperte, ricordando la mia generosità verso i bambini. Non potevano parlare né dire nulla riguardo la nostra sopravvivenza: io e Loras avevamo troppa paura che Cersei ci avrebbe scoperti. Nessuno doveva saperlo. Poi ho udito che tu eri di nuovo ad Approdo del Re, della morte di Cersei e della lettera giunta dalla Cittadella: non dovevo più rimanere nascosta. Avevamo l’occasione di essere di nuovo liberi e avrei potuto starti accanto, finalmente.
- Per una volta, gli dei sono stati clementi con me. Anche fin troppo – le sussurrò lui ancora con le mani appoggiate sulle sue guance e il viso ad un soffio dal suo. – Pensavo che non ti avrei più rivista. Ero convinto che fossi morta in quel modo così atroce … mi ero rassegnato all’idea di averti persa, proprio come ho perso tanti sogni, tante speranze, tante persone che amavo molto. Invece, questa volta non è stato così e non riesco ancora a crederci, Margaery … non riesco a credere che tu sia qui davanti a me.
Ella gli sorrise, di nuovo con quello splendido sorriso rassicurante e capace di esprimere una gioia senza eguali. Dopo di che, gli diede un altro bacio ma a fior di labbra, delicato e allo stesso tempo intraprendente, proprio come il suo carattere. – D’ora in avanti avrai modo di prenderne coscienza pienamente. Potrai accorgerti che sono davvero qui e che, ora, niente può impedirci di fare ciò che vogliamo e di essere ciò che siamo. Né i pregiudizi, né il rango, né re o regine … siamo liberi, Walter. Niente più nomi falsi, niente più nascondigli per parlare cercando di evitare gli occhi indiscreti di chiunque intorno a noi, niente più sguardi fugaci, niente più addii. Niente di di tutto ciò. D’ora in poi saremo solo la regina di rose e …
- … e il bastardo - continuò la frase lui.
-  … e il drago – lo corresse lei facendogli intendere che sapesse.
- La mia anima è ancora quella di un bastardo.
- Com’è stato scoprirlo? Immagino non facile …
Walter le sorrise per rassicurarla. – Lo sto cominciando a metabolizzare.
I due furono interrotti da un palese e forzato schiarimento di voce che li fece accorgere della presenza di Oberyn e di tutti gli altri intorno a loro. – Scusate l’intrusione ma, cortesemente, milady, volete spiegare qualcosa anche a noi riguardo la vostra improvvisa visita direttamente dall’oltretomba?
- Penso che tu abbia udito già abbastanza, Oberyn. Da quanto tempo sei qui? – gli chiese Walter in tono provocatorio.
L’uomo alzò le mani in segno di discolpa. – Volevo solo che ci rendeste un po’ partecipi, tutto qui!
- Vieni, ti faccio conoscere anche gli altri. Sicuramente tu e Loras vorrete fare una bella sorpresa a vostra nonna – disse Walter rivolgendo di nuovo l’attenzione alla sua amata.
- Dunque l’hai conosciuta. Ti prego, perdonala per essere … così com’è.
- Io la venero proprio perché è così com’è, mia signora – le disse guidandola verso gli altri.
 
I loro corpi impegnati a spogliarsi con dolcezza, intenti a pregustarsi ogni singolo attimo di quel momento eterno, lasciavano scariche elettriche quando entravano in contatto. Ogni loro gesto era lento quanto focoso, intriso di una passionalità unica e intima. Si stringevano e si accarezzavano, le mani si rincorrevano come stregate dalla presenza dell’altro, dalla prospettiva di potersi sfiorare, baciare, avvolgere pienamente. Il calore della pelle calda di Walter e della presenza totalizzante del suo corpo sopra il suo era qualcosa di sublime per lei, così come lo erano per lui i movimenti energici del corpo formoso e sensuale della giovane rosa. Era una gara di sguardi la loro, una sfida a sedursi a vicenda e a resistere finché non sarebbe stato l’altro a cedere. Loro potevano permetterselo. Erano infinitamente bravi ad ipnotizzare le persone, a farle cadere ai loro piedi con una parola o un’occhiata. La loro dote era un dono unico e inestimabile, un dono molto sottovalutato quanto estremamente desiderato. Non si trattava solo del bell’aspetto, poiché su quello la natura era stata infinitamente generosa con loro, ma lo era stata anche con altri. Si trattava della capacità di attrarre a sé la folla, di imporre la propria presenza anche restando in silenzio, di spingere gli altri ad ammirarli, a guardare solo loro, a seguire solo loro, a venerarli come si farebbe con degli dei. Avrebbero potuto utilizzare questo dono a proprio vantaggio, danneggiando le povere vittime ammaliate. Ma questo non era ciò a cui aspiravano. Sapevano entrambi quando e come usare tale capacità in caso di necessità, e lo avrebbero fatto solo a tempo debito e con i giusti freni. D’altronde lo avevano già fatto. Ma ora, in quel preciso istante, potevano tirare fuori il meglio di loro stessi senza temere di farsi del male, poiché entrambi possedevano lo stesso potere. Sarebbe stata una battaglia alla pari. Sarebbero potuti essere loro stessi l’uno con l’altra, proprio come non lo erano mai stati con nessun altro. Si fidavano l’una dell’altro, talmente tanto da spogliarsi completamente, da abbassare ogni difesa e da cedere all’amore e al desiderio incondizionato. Potevano giocare.
Margaery possedeva una fisicità ed una bellezza estatica agli occhi di qualsiasi uomo: snella quanto curvilinea, alta, morbida e  soda nei punti giusti, con le gambe lunghe e bellissime, così come il ventre stretto. La sua lunga cascata di capelli castani folti e boccolosi insieme al suo splendido viso sempre ornato da uno sguardo furbo e intrigante, le labbra a forma di cuore, gli occhi grandi da cerbiatta e il naso fine e sempre rivolto leggermente all’insù, le donavano un aspetto ancora più caratteristico e affascinante di quanto già non fosse. Una meravigliosa creatura quasi inumana per quanto bella, seducente e accattivante. Ella era sdraiata sullo spazioso letto, dinnanzi a lui, nuda, intenta a mostrarsi e ad osservarlo. Ma il ragazzo di fronte a lei non era da meno. Walter possedeva un volto e un corpo tra quelli ritenuti solo da venerare, da ammirare da lontano senza toccare, proprio come le statue scolpite con tanta cura e destrezza. Ma, al contrario di quei corpi immobili e impressi nella pietra, lui era dotato di un dinamismo che sapeva essere immensamente provocante. Le sue fattezze avevano un’eleganza fuori dal comune, una mascolinità accentuata ma non pesante; partendo dalle spalle larghe, dai muscoli del petto e dell’addome tonici e definiti, dalla vita stretta, alle gambe ben equilibrate al grande slancio del suo corpo. Il suo viso si sposava egregiamente al tutto: i folti capelli neri che gli ricadevano sulla schiena contrastavano con la pelle chiara e con le grandi biglie che aveva come occhi, fari vividi di un viola acceso; il naso fine; gli zigomi alti; lo sguardo sicuro e affilato. Tutto ciò contribuiva a renderlo estremamente vicino a quell’ideale che gli esseri umani chiamavano “perfezione” e al quale non si sarebbero mai sognati di aspirare.
Non chiusero occhio quella notte, troppo impegnati a conoscersi, a scoprirsi e ad esplorarsi come due tesori rimasti nascosti da sempre nelle profondità della terra. Si persero ad ascoltare le varie tonalità della loro voce, i loro sospiri e sorrisi soffocati; a scoprire i loro profumi e i loro sapori; a toccare la loro pelle imparando a riconoscere ogni movimento e ogni reazione.
La mattina seguente Margaery si svegliò prima di Walter e, sdraiata accanto a lui, cominciò ad osservarlo mentre dormiva. Quando il giovane drago sbatté un po’ le palpebre muovendosi lievemente e dando segni di risveglio, la ragazza non fece nulla per nasconderlo, così lui si accorse di quegli occhi curiosi puntati addosso.
- Ti piace tanto guardarmi.
- E a te piace tanto toccarmi. In particolar modo il bacino e la schiena, da quello che ho potuto appurare. Cos’hanno di tanto interessante quelle parti ai tuoi occhi? – gli chiese con leggera malizia mista ad interesse avvicinandosi al volto di Walter. – Ben svegliato, mio drago – aggiunse dandogli un bacio a fior di labbra.
- Oh, per gli dei … - sussurrò lui ancora con il tono basso dal sonno mentre un sorriso divertito ornava il suo volto.
- Che c’è? Non ti piace l’appellativo con il quale ti ho appena chiamato?
- Detto da te risulta sublime, ma è un po’ … troppo appariscente per me.
Udendo quell’aggettivo, anche Margaery si lasciò andare ad una risata. – Non pensavo che potessi rimanere turbato da una cosa come questa – lo stuzzicò.
- Ad ogni modo, mi piace tutto di te, ma in particolare quella parte – le rispose lui ricordandosi della domanda postagli in precedenza.
- E ciò è dato da una ragione precisa?
- Nessuna ragione in particolare. Mentre toccavo la tua schiena mi sono accorto che hai un fianco un po’ più sporgente da una parte. Che ti è successo?
 Margaery rimase piacevolmente colpita da quella constatazione. – Nessuno se ne era mai accorto. Quando ero bambina sono caduta da cavallo mentre inseguivo i miei fratelli. Fortunatamente Loras mi ha trovata in tempo e mi ha subito riportata a casa, facendomi medicare. Ho colpito le ossa del bacino e da quel giorno ho questo piccolo “segno particolare”.
- Sei molto legata a tuo fratello.
- Sono legata ad ognuno dei miei fratelli, ma Loras ha un posto particolare nel mio cuore. Quando eravamo piccoli siamo stati sempre noi due a proteggerci a vicenda. Continueremo a farlo sempre perché è come una legge per noi. Per questo non potevo lasciare che l’Alto Passero me lo portasse via. Ora quella cicatrice sulla fronte ha marchiato per sempre il suo volto così come la sua esistenza. Lui vorrebbe togliersi la vita per questo, ma io non glielo permetterò. L’importante è che lui sia vivo e che stia bene. Rimarrà sempre il mio Loras per me.
- Raccontami ancora della tua vita ad Alto Giardino, prima che fossi promessa a Renly Baratheon. Voglio sapere tutto di te.
- Sono io quella a voler sapere, mio audace fuggiasco con il cuore ancora di un bastardo. Ora è il mio turno – disse lei accarezzandogli  una guancia, poi posando la stessa mano delicatamente su un punto preciso della pelle del giovane drago. Le sue dita stavano sfiorando una piccola cicatrice accanto ad una costola. – Anche tu hai qualche “segno particolare”. Sai, sono una buona osservatrice.
Walter le sorrise prima di narrarle come se la fosse procurata. – Qualche anno fa, io e Jon avevamo l’abitudine di dilettarci nell’arte degli arcieri. Un giorno decidemmo di insegnare anche a Bran come usare arco e frecce. Lui era sempre con noi, perciò aveva cominciato a mostrare interesse all’attività vedendoci praticarla. Ma Bran non era propriamente portato per quell’arte. Per quanto riguardava le arrampicate, nessuno mai avrebbe potuto batterlo, ma, in compenso, non sarebbe mai potuto divenire un arciere! Difatti, durante una delle tante prove che gli abbiamo fatto fare, con un tiro Bran ha deviato talmente tanto la traiettoria nella quale avrebbe dovuto scoccare la freccia, che mi ha colpito di striscio. Aveva cinque anni all’epoca, ed è letteralmente svenuto sul posto appena ha constatato cosa aveva appena fatto! Jon invece è sbiancato non appena ha visto tutto quel sangue che macchiava la mia casacca. Quel giorno rimarrà nella storia.
- Anche tu sei molto legato a loro.
- Immensamente.
- Cos’è successo a Bran? Perché dicono non provi più alcun sentimento?
- Gli dei hanno scelto un destino funesto per lui. Non li perdonerò mai per questo – disse Walter rabbuiandosi. A ciò, Margaery posò di nuovo una mano sulla sua guancia e gli rivolse uno splendido sorriso. Erano entrambi l’uno di fronte all’altra, sdraiati e con i corpi quasi completamente a contatto tra loro. Non percepivano affatto il freddo dell’inverno che diveniva sempre più intenso all’esterno, poiché, nonostante la loro nudità, le pellicce li coprivano e il loro calore corporeo li riscaldava più di quanto facessero le coperte. Il ragazzo le cinse i fianchi ricambiando quel sorriso.
- Vedrai. Avremo tanto tempo per raccontarci ogni cosa di noi e del nostro passato. Avremo tanto tempo per conoscerci e per scoprirci ancora, ancora e ancora – gli disse Margaery.
- Hai ragione. La cosa strana è che mi sembra di conoscerti già da una vita intera.
- Ti sei chiesto se è possibile innamorarsi di qualcuno in una sola settimana?
- Dunque, mi stai dicendo che mi ami, mia regina di rose?
- Non ho mai amato nessuno prima d’ora. Se quello che provo per te non fosse amore, non so come altro potrei chiamarlo. Dunque sì, posso dire di esserne certa – gli confermò continuando ad accarezzargli la guancia e attendendo una qualche risposta da parte sua. A ciò, lui le rivolse un sorriso tanto incondizionatamente felice da esser capace di sgretolare montagne, dopo di che le prese la mano sulla sua guancia avvicinandosela di più alla bocca e baciandola. Infine annullò la distanza che li separava regalandole un bacio caldo, intenso e da lasciare senza fiato per ricambiare in maniera altrettanto dolce e sincera la dichiarazione d’amore che lei gli aveva appena fatto.
 
Trascorse circa un mese dall’arrivo di Walter e dell’enorme esercito a Grande Inverno. Finalmente tutte le casate dei sette regni erano giunte a Nord mettendo a disposizione il loro esercito, dunque tutti quanti avevano assunto la loro postazione in ciascuna base d’appoggio decisa da Walter e da Jon con l’aiuto dei loro fidati amici.
Jon, essendo lord di Grande Inverno, era rimasto a capo di quest’ultimo insieme alle truppe degli Stark e ai lord del Nord, i quali avevano già combattuto con lui la battaglia contro Ramsey. Tyrion, invece, era stato messo al comando della base di Forte Terrore (sede dei Bolton prima della loro sconfitta nella battaglia contro gli Stark),  a capo dei lord risiedenti ad Approdo e nelle terre del Sud circostanti. A Yara ovviamente era stata lasciata la zona delle Isole di Ferro, e si era spartita le popolazioni del centro e del sud rimaste con la base assegnata a Walter e corrispondente all’Incollatura, più precisamente a Torre delle Acque Grigie, roccaforte dei Reed. L’ultima base era quella situata alla Barriera, con sede a Castello Nero, in cui si trovavano tutti i Guardiani e i Bruti e guidata da Edd e da Tormound. Bran sentiva la necessità di rimanere accanto all’Albero Diga a Grande Inverno, dunque era rimasto lì e lo stesso aveva fatto Arya. Sansa, invece, aveva seguito Walter. Lady Brienne ovviamente le era rimasta accanto rinunciando, per il suo onore, alla possibilità di seguire ser Jaime, il quale aveva giustamente scelto di far parte della base sottoposta a suo fratello Tyrion. Sotto il comando e la protezione del giovane drago, oltre a Sansa e a Brienne, vi erano anche Daenerys (insieme a ser Jorah, ai suoi Dothraki e gli Immacolati), Oberyn e i dorniani, lord Varys, Melisandre e la Fratellanza Senza Vessilli, i Tyrell e ovviamente i Reed compresa Kirsten, oltre a molti altri lord ancora semisconosciuti per il giovane drago.
 
Quella mattina, come ogni altra, Walter si era alzato all’alba per discutere delle questioni importanti volte alla preparazione della Battaglia Finale.
- Euron Greyjoy sembra non essere più una minaccia, mio signore. Lui e gli atri Greyjoy ribelli speravano in un’alleanza con la corona per spodestare Yara, ma, data la morte della regina e lo sfaldamento dell’esercito della corona grazie a questa temporanea situazione, non ha più alcun possibile alleato: oramai sono tutti a Nord, compresa sua nipote. Non gli rimane altro che arrendersi e accettare le conseguenze delle sue azioni – spiegò lord Varys.
- Resterà nascosto un altro po’, ma prima o poi emergerà. Si tratta di una questione che devono risolvere tra loro. L’importante è che non ci metta in nessun modo i bastoni tra le ruote – commentò Walter.
- Per quanto riguarda il comando tuo e di Jon di addestrare anche la popolazione, sia uomini che donne e bambini, al combattimento, tutte le basi sparse al Nord ne stanno prendendo atto. La situazione sembra andare a gonfie vele.
- Bene. Temevo sarebbero stati restii su questo punto. D’altronde mai nel continente occidentale siamo stati costretti a far impugnare le armi a delle bambine.
- Invece sembra che tutti abbiano capito la gravità della situazione – commentò Oberyn.
Walter sapeva che i cavalieri sotto il suo comando stavano già addestrando pazientemente la popolazione a combattere. Meera era quella che si occupava dei più piccoli. Tuttavia, non era certo che il comando sarebbe stato accolto bene anche dagli altri lord nelle altre basi. Era rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire che le sue preoccupazioni fossero infondate.
- Per quanto riguarda i giacimenti di vetro di drago a Roccia del Drago? – chiese Walter.
- Ho mandato i miei Immacolati a Roccia del Drago per estrarli. Verranno distribuiti in tutto il Nord proprio come avevi detto di fare – rispose Daenerys.
- Invece vi siete assicurati che Melisandre di Asshai abbia lasciato il Nord?
- Sì, mio signore. Hai ordinato il suo esilio e ci siamo assicurati che lasciasse queste terre. La Fratellanza, invece, è rimasta qui.
Walter era rimasto a dir poco sconvolto quando aveva scoperto cosa avesse fatto quella donna. Il giorno prima gli era giunta una lettera da parte di Jon, da Grande Inverno, che lo avvertiva riguardo i peccati commessi dalla Sacerdotessa Rossa, in particolar modo di quello che coinvolgeva il terribile rogo in cui era morta la principessina Shireen Baratheon. Tale scoperta era stata fatta dal povero ser Davos, il quale era a dir poco disperato e adirato, essendo stato profondamente legato a quella ragazzina. Nonostante Melisandre avesse il grandissimo merito di aver riportato Jon in vita, Walter non la esaltava affatto al di sopra del bene e del male, così come non la perdonava per i delitti imperdonabili che aveva compiuto in onore del Signore della Luce. Dunque non aveva esitato a cacciarla via, ad esiliarla per sempre dal Nord.
 Rimasero a discutere su altre questioni di secondaria importanza fino a tarda mattinata, dopo di che uscirono tutti dalla sala delle riunioni.
Non appena Walter mise piede fuori dal castello, guardò oltre l’immenso prato e, sedute e occupate a chiacchierare beate e sorridenti su una panchina, intravide le due amiche perse e poi ritrovate, la sua regina di rose e sua cugina Sansa. Sorrise nell’osservare quella scena, fin quando non udì un rumore proveniente da uno dei primi alberi nella foresta lì accanto. Walter si avvicinò a quel fruscio e a quel vociare. – Lim, scendi giù da quell’albero! Te lo ripeto, i soldati non ti faranno nulla di male! Ci penserà Meera ad insegnarti! E non devi avere paura neanche di lei solo perché a volte fa una faccia cattiva quando i bambini non la ascoltano! – esclamò Kirsten esasperata, tentando di arrampicarsi sull’alto albero.
- No! Non voglio! Quelle lame mi fanno paura! – protestò la bambina accucciandosi sempre di più al ramo nel quale era seduta.
- Ma non userà quelle per insegnarti a difenderti! Ci saranno solo spade di legno, come bastoni, promesso! Avanti, Lim, scendi!
- Oh, Kirsten, non sei mai stata brava a convincere le persone! – la provocò Walter guardando la scena con un ghigno divertito. A ciò, Kirsten si accorse di lui e gli accennò un sorriso che trasmetteva tutta la sua esasperazione. A quel punto Walter le fece segno con la mano di lasciare fare a lui, poi guardò la bambina. – Ciao Lim! Io sono Walter.
- Ciao – rispose timida e diffidente la bambina.
- Sono sicuro che vorresti conoscere qualcuno – gli disse lui poi voltandosi e richiamando il suo metalupo. – NightFlame! Vieni qui, bello! - Udendo quelle parole, l’animale si fiondò accanto a lui, entrando nel campo visivo della piccola, la quale sgranò gli occhi felice. - Vuoi farci un giro, Lim? – le chiese il giovane drago. La bambina annuì più e più volte. – Allora dovrai scendere giù da quel ramo e ascoltare Kirsten, d’accordo? – la piccola annuì di nuovo e scese velocemente gettandosi tra il pelo morbido del metalupo , il quale era nettamente più alto di lei.
Non appena Lim si allontanò in compagnia dell’animale, Kirsten si rivolse al suo amico. – Così non è leale.
- Ho mai utilizzato metodi leali? - le chiese lui provocatorio.
- Allora grazie.
Quando uscirono dalla foresta, gli occhi dei due si posarono sulle due ragazze che stavano chiacchierando sulla panchina e che Walter aveva notato in precedenza. – Sembra una donna in gamba – disse Kirsten osservando seria Margaery.
- Ci hai parlato?
- Una volta circa due giorni fa.
- E?
- L’ho messa in guardia sul fatto che tu scalci continuamente mentre dormi – disse ciò con una tale naturalezza, che Walter ci mise un po’ per realizzare e per voltarsi incredulo verso di lei.
- Kirsten. – non c’era rimprovero nella sua voce, ma solamente una velata richiesta di spiegazioni.
- Oh, avanti, non ho detto niente di eccessivamente strano.
- Ti conosco e so che non gliel’avresti detto se non avessi voluto provocarla.
- E allora? Cosa c’è di male in un po’ di sana provocazione? – i due furono interrotti dall’arrivo improvviso della diretta interessata. Margaery sorrise al suo amato mentre gli porgeva la mano.
- Hai terminato l’incontro con gli altri, mio signore?
- Sì, appena poco fa – le rispose  ricambiando il sorriso. Dopo di che, la giovane rosa si voltò verso Kirsten e rivolse anche a lei un bel sorriso privo malizia.
- Sono lieta di vedervi, Kirsten.
- Anche io, lady Margaery.
- Avevo giusto intenzione di invitarvi a passeggiare con me e con lady Sansa più tardi. Vi unirete a noi?
- Vi ringrazio ma no, non credo sia opportuno.
- Opportuno? Per caso vi ho arrecato qualche offesa? Se fosse così vi chiedo scusa, devo averlo fatto inconsapevolmente.
- L’unica offesa che mi state arrecando è questo continuo atteggiamento buonista e questa facciata da amica. Io e Walter siamo cresciuti insieme, abbiamo cominciato a scambiarci le prime effusioni quando avevamo dodici anni. Dunque non biasimatemi se non fingo che sia tutto rosa e fiori e di non provare il minimo fastidio nel vedervi con lui in casa mia, questo luogo in cui abbiamo trascorso molti momenti importanti, dato che provo ancora dei sentimenti nei confronti del succitato – rispose risoluta.
- D’accordo, credo che ora sia meglio calmarci. Essendo donna anche io, so bene cosa succede quando una nostra conversazione che sta precipitando, non viene placata per tempo – si intromise Daenerys avvicinandosi.
- Non temete, tolgo il disturbo, ho dei bambini a cui devo insegnare a combattere – disse Kirsten allontanandosi.
- Ha un bel caratterino quella ragazza – commentò Daenerys quando Kirsten fu abbastanza lontana.
- Non capisco, Walter. Non so come si sente, ma posso provare a comprendere il suo stato d’animo. Però io sto cercando in tutti i modi di parlarle e di conoscerla; so che è un’amica importante per te – gli disse Margaery preoccupata.
- Voi due non potete capire: è una ragazza del Nord. Ad ogni modo, non temere, Margaery, dalle un po’ di tempo – la rassicurò dandole un bacio a stampo sulle labbra, poi rivolgendosi di nuovo ad entrambe. – Lo sapete cosa ci spetta ora, non è vero?
Le due compresero immediatamente. Difatti, un’ora dopo si ritrovarono vestite da uomini insieme a Sansa. Sembravano delle povere schiave in attesa del patibolo. Sapevano che chiunque in tutti i sette regni avrebbe pregato e pagato oro per avere come maestri d’armi niente meno che Walter Targaryen, Oberyn Martell, Sandor Clegane, Beric Dondarrion, Jorah Mormont, le Vipere della Sabbia e Brienne di Tarth. All’appello sarebbe dovuto essere presente anche Loras Tyrell, uno dei migliori combattenti del continente occidentale, ma il ragazzo era ancora troppo scosso per partecipare e relazionarsi con delle nuove conoscenze.
Ovviamente era stata tutta un’idea di Oberyn quella di insegnare essi stessi l’arte della guerra alle “loro donne” invece di lasciarle addestrare da dei “semplici cavalieri” come accadeva con tutti gli altri. Walter aveva trovato il tutto piuttosto assurdo; d’altronde ogni idea di Oberyn lo era. Tuttavia, non era così male passare il tempo libero dai numerosi impegni da sbrigare, in maniera così produttiva e anche piuttosto intrigante. Il giovane drago lasciava che fosse la Vipera Rossa a dirigere i giochi dato che si trattava di una sua trovata.
- Dunque, eccoci di nuovo qui, mie splendide signore! Questa è la nostra seconda lezione e devo ammettere che non mi abituerò mai a vedervi vestite in tal modo – disse Oberyn con un pizzico di malizia, beccandosi un’occhiataccia da parte di Walter, giusto per ricordargli che una delle tre dame era sua cugina, un’altra sua zia e l’altra ancora la sua amata. – Ma bando alle ciance e cominciamo! Oggi il nostro allenamento consisterà nella formazione di coppie miste tra “istruttori” e allieve, in modo che possiate imparare più velocemente confrontandovi direttamente con uno dei migliori combattenti dei sette regni! Ora, a turno, ognuna di voi sceglierà il maestro con cui vorrà battersi. Cominciamo dalla meravigliosa lady Sansa Stark – disse Oberyn rivolgendo lo sguardo alla ragazza, la quale era non poco impacciata in quella situazione. Sansa neanche ci pensò sù e disse subito il nome di Walter. Egli le sorrise e le porse la mano per farla avvicinare. Dopo di che, anche le altre presero la loro scelta: Daenerys optò per il suo fidato ser Jorah, mentre Margaery per una delle Vipere della Sabbia.
Ogni coppia cominciò un combattimento isolato. Sansa, maldestra come non mai con quei vestiti da uomo, alzò in aria la spada di legno con l’intenzione di impugnarla. Walter non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere vedendo tale scena. Fu in quel momento che emerse di nuovo, dopo tanto tempo, l’animo da ragazzina permalosa di Sansa, quello più infantile e meno serio, meno influenzato da tutte le sofferenze che aveva vissuto. Mise il broncio offesa e utilizzò la spada come bastone per dare dei colpi a Walter, il quale non voleva decidersi a smettere di ridere. - Ok, ok, la finisco! Te lo giuro sugli antichi dei! – gli assicurò lui alzando le braccia in segno di resa e provando a trattenersi. Non appena riuscì a ritornare serio, le mostrò come impugnare l’arma. – Non devi reggerla come se fosse un pezzo di sterco o un cadavere. Devi maneggiarla con convinzione, senza timore di quello che può fare a te o ad altri. Ricordi come facevamo io e Jon?
- Sì, lo ricordo ma riprodurlo non è affatto la stessa cosa.
- Tranquilla, Sansa, non è difficile. Ci metti un po’ a capire, ma una volta che riesci diventi la migliore. Ricordi, no? – la incoraggiò lui rivolgendole un sorriso sincero.
- Se imparo a combattere posso uccidere uno di quei mostri?
- Potrai farlo. Ora concentrati su di me e non ridere.
- Non sto ridendo. Sei tu quello che sta ridendo.
- Hai ragione.
- Ho ancora una spada di legno in mano, Walter, e posso comunque usarla in qualche modo. Ci tengo a ricordartelo.
- Sì, lo so, perdonami, ora sono serio.
Dopo circa un’ora in cui Walter riuscì persino a far sferrare un colpo deciso a sua sorella e ad insegnarle a pararne uno, i soldati di guardia li interruppero e annunciarono una visita inaspettata. Il giovane drago non riuscì quasi a credere ai suoi occhi dalla felicità quando vide arrivare Arya verso di lui. – Ho interrotto qualcosa, ragazzi? – chiese la giovane lupa guardando tutti gli altri divertita.
- Una sorta di allenamento. Sei sempre la benvenuta qui, mia guerriera – le disse Walter raggiungendola insieme a Sansa, la quale la abbracciò.
- Sono a dir poco sorpresa di vederti vestita così, sorella! – esclamò Arya osservando l’abbigliamento della giovane.
- Sto provando ad imparare …
- Bene, bene, sembra che io mi ritrovi sempre più circondato da splendide fanciulle da quando sono qui! – le interruppe Oberyn rivolgendo uno sguardo curioso e intrigato sull’altra giovane Stark appena giunta. A ciò, Walter si avvicinò a lui con il volto ornato da un sorriso dei più agghiaccianti che avesse mai rivolto a qualcuno. – Se provi solo a rivolgere la parola o a sfiorare con un dito mia cugina, lo sai cosa ti aspetta, Oberyn. Lo sai. Devo dirtelo anche per Arya? O ti basta, dato che ho già dovuto minacciarti riguardo Sansa, Daenerys, Kirsten e Meera? Fortunatamente per Margaery non è stato necessario dato che il tuo minuscolo pizzico che fatico a chiamare “pudore”, ti ha almeno fatto intendere che non sarebbe stato il caso mostrare interesse per lei. Ma non pensare che con le altre tu possa prenderti certe libertà. Ti spezzo in due.
- Oh, andiamo, amico mio! Che razza di considerazione hai di me per essere così protettivo nei confronti delle tue amiche e familiari??
- La giusta considerazione, Oberyn – gli rispose Walter poi rivolgendosi a Brienne. – Lady Brienne, controllalo e riferisci tutto a me.
- Ovviamente, mio signore – rispose la donna.
- Ricorda: ti spezzo in due ma solo dopo averti reso un eunuco – lo minacciò nuovamente Walter mentre ritornava verso la sua amata cugina.
- È giunto il momento – gli disse lei semplicemente. Ma bastarono quelle parole per far intendere a Walter, il quale le lanciò un sorriso orgoglioso e di sfida. – Perdonatemi. Ho qualcosa da sbrigare con mia cugina – si congedò il giovane drago facendo segno ad Arya di seguirlo.
I due erano in mezzo all’enorme prato, dunque avevano tutto lo spazio che desideravano. Doveva essere tutto perfetto per quel momento tanto atteso, per il compimento di una promessa lontana.
- Allora? Sei pronta?
- Dovrei chiederlo io a te, fratello – rispose lei rivolgendogli un sorriso affilato e facendo roteare Ago su di sé ad una velocità estrema.
- Non attendevo altro – le disse attaccandola per primo. Lei lo aveva osservato innumerevoli volte combattere contro Jon quando era piccola, dunque sapeva quale fosse il suo stile di combattimento, quali i suoi punti deboli e quelli di forza.
Arya parò prontamente il colpo e iniziò a camminare circolarmente intorno a lui, guardandolo con un sorriso accennato. Appariva davvero come la padrona del mondo in quel momento. Walter non si scompose e la seguì con lo sguardo. Quando iniziarono a darci dentro, lui capì che Arya aveva uno stile molto simile al suo ed era stata la prima con la quale avesse combattuto a possedere uno stile così somigliante a quello che da sempre lo caratterizzava: era delicata, scattante, quasi invisibile per quanto veloce, abilissima e agile come una contorsionista. L’unica differenza era che lei era un po’ più selvaggia. Dopo un po’, Walter arrivò al punto di riuscire a fatica a tenerle testa. - Chi ti ha insegnato?
- Nessuno.
- Cosa hai vissuto? Voglio sapere.
- Dovresti concentrarti a combattere.
- Avverto come se tu abbia perso te stessa, sorella mia, e come se tu fossi riuscita a ritrovarti, nonostante tutto.
- Conosci gli Assassini Senza Volto?
- Ho letto di loro.
- Ho toccato il fondo e sono diventata Nessuno. Poi sono riuscita a risalire e a comprendere quale fosse il mio scopo. Sono riuscita a capire chi sono davvero e quale fosse il mio posto. Ho rincontrato Nymeria, ma non è voluta venire con me. Anche lei, proprio come me, ha trovato la sua strada. Non è più un’anima errante. Quando ho ucciso Walder Frey e vendicato la nostra famiglia, ho capito quale fosse la via che dovevo seguire, Walter.
- Quando si arriva ad oltrepassare livelli del genere si giunge anche a non esser più capaci di distinguere il bene dal male.
- “Il bene e il male non esistono finché ci sarà qualcosa da scegliere”. Eri tu a dirlo, no? Ad ogni modo, non preoccuparti: so quali sono i limiti da non valicare.
- Sono fiero di te.
- E tu? Tu hai trovato il tuo cammino da seguire? – gli chiese infine atterrandolo con un movimento fulmineo e puntandogli la lama sottilissima alla gola. Il ragazzo la guardò sorpreso dal basso, forse più per la domanda che per essere stato battuto.
- E se fossi destinato a rimanere un’anima errante? Un fuggiasco?
- Dovrai capirlo da solo – gli disse sorridendogli di nuovo e porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. – Ho aspettato tanto per battermi con te per la nostra promessa e perché sapevo che saresti stato l’unico che avesse una possibilità di battermi. Sapevo di avere ragione.
- Questo vuol dire che ti sei già battuta con tutti gli altri? Con Jon, Brienne, ser Sandor …?
- Sì. Mancavi solo tu.
- E sei riuscita a battere anche me.
- Finora sono stata l’unica che ti ha sconfitto?
- Ora che ci penso, sì. E posso affermare di non poter essere più onorato di così per esser stato sconfitto da te – le disse sorridendole fiero mentre la ammirava.
Quel momento idilliaco fu interrotto bruscamente dal suono assordante di un corno. Un rumore talmente forte da costringere i due cugini ad accovacciarsi per terra e a coprirsi le orecchie. Quel suono durò alcuni secondi, placandosi poi improvvisamente, e lasciando spazio ad un altro atroce rumore. Un urlo, questa volta. Un urlo di un drago. 

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Capitolo 24
*** Una sola anima divisa in tre ***


Una sola anima divisa in tre
 
Walter riuscì a ritornare lucido dopo quel momento di scompiglio iniziale, in cui i suoi timpani gli erano quasi scoppiati e ora fischiavano in maniera violenta, isolandolo dal mondo e dal resto dei rumori circostanti. Avrebbe quasi giurato che gli stessero sanguinando. Arya ci mise un po’ di più a riprendersi. Walter si avvicinò immediatamente a lei, provando a parlarle nonostante non udisse la sua stessa voce. – Tutto bene? Arya? Mi senti?
La ragazza era rimasta con le orecchie tappate e con lo sguardo dolorante. – Arya, torna con me, dobbiamo scoprire cosa è successo, dobbiamo raggiungere gli altri – provò a pronunciare un’altra frase con successo, ottenendo l’effetto sperato; difatti sua cugina annuì e si alzò facendosi aiutare da lui per raggiungere nuovamente i loro amici.
Non appena giunsero da Oberyn e gli altri, questi erano nelle loro stesse condizioni. Solo Daenerys aveva uno sguardo diverso, come letteralmente agghiacciato e in preda al panico. Walter la scosse richiamandola, ma lei non rispose. Solo dopo alcuni secondi si voltò verso di lui. Il suo volto era di un colorito bianco cadaverico. – I miei draghi … quello era l’urlo di Drogon … l’ho riconosciuto … Walt …
- No, non temere, sta bene, stanno tutti bene. Dobbiamo solo andare a vedere cosa è successo – la rassicurò prendendola per le spalle, poi rivolgendosi agli altri. – Cercate di riprendervi tutti quanti, dobbiamo dare l’allarme in tutta la base e capire cosa è successo – aggiunse poi rivolgendosi al resto del gruppo. – Brienne, occupati di Sansa. Oberyn, pensa a Margaery. A Daenerys ci penso io – disse capendo che sua zia aveva estremamente bisogno di lui in quel momento.
Di conseguenza guardò Arya. La ragazza capì subito lo sguardo del cugino rispondendo prontamente. – Io so badare da sola a me stessa.
- Non avevo dubbi – le rispose lui sorridendole. Dopo di che, si diressero verso la Torre sede della casata Reed. I draghi erano soliti volare in tutto il territorio dell’Incollatura, ma, quando facevano ritorno, si dilettavano nel volare intorno alla torre. Già dall’esterno si poteva notare che Drogon fosse atterrato sulla parte più alta della torre e che si trovasse lì in quel momento. Walter e gli altri salirono fino alla spaziosissima cima della torre, quasi completamente circondata da una nebbia bianca e densa simile alle nuvole, per quanto alta. Con grande sorpresa, trovarono un’unica persona in compagnia della possente creatura: Missandei, l’ancella di Daenerys. Ella aveva uno sguardo strano e reggeva tra le mani la punta di un grande e meraviglioso corno nero fasciato con intarsi di oro rosso e di acciaio di Valyria. Era lungo quasi due metri. Walter, da quella distanza, riuscì a scorgere dei geroglifici valyriani incisi sopra la superficie dello strumento, dunque capì immediatamente di cosa si trattasse, allarmandosi. Non sapeva leggere il valyriano, ma era certo che fosse quella la lingua, avendo riconosciuto i segni presenti in alcuni libri che aveva letto e di interesse comune. - State indietro! – ordinò categorico a tutta la sua combriccola. I componenti non riuscirono a capire come mai Walter fosse improvvisamente sbiancato e avesse assunto un’aria così spaventata. Non era affatto normale vederlo così.
- Walter, che sta succedendo? – chiese Arya guardandolo sconvolta e cercando di capire cosa stesse accadendo.
- Non può essere … non pensavo potesse esistere davvero … se è davvero quello che penso, e se da esso scaturisce davvero il potere che si narra … siamo tutti spacciati in questo preciso istante.
Alcuni, da quelle parole, riuscirono a fare due più due, osservando il particolarissimo strumento tra le mani della ragazza di Naath in piedi e a pochi metri da loro, la quale li guardava con un ghigno nel volto che non le si addiceva. Anche Daenerys sembrava aver capito fin da subito. Lo sguardo della madre dei draghi era ancora più vitreo rispetto a prima. – Missandei … perché? Da quanto? Io mi fidavo di te … ti ho salvata … ti ho salvata dalla schiavitù.
- Mi dispiace, Khaleesi. Non dovresti fidarti così in fretta di coloro che ti sono accanto solo perché credi di averli salvati. La fedeltà non si compra in questo modo – le disse schiettamente e freddamente quella che credeva essere sua amica e che le era rimasta accanto per anni. 
- Come è possibile?? Credevo si trattasse di una leggenda! – esclamò Oberyn.
- Dunque sei un’alleata di Euron – dedusse Walter. – Come avete fatto a trovare il corno? Come siete riusciti a portarlo qui e a tenerlo nascosto? Come hai fatto ad accordarti con lui in tutto questo tempo? Qual è il tuo scopo? Ma soprattutto: come puoi averlo suonato e non essere morta? Per riuscire ad ottenere il potere dell’Evocatore di Draghi bisogna diventarne il proprietario tramite un patto di sangue. Tutto questo non ha senso – continuò Walter.
- Cosa ne volete sapere voi dell’antica magia che regna nel continente orientale e di cosa io sia capace? Nel luogo da cui provengo la magia si pratica con la stessa frequenza con la quale si preparano i pasti. Ci sono dei misteri che voi, branco di buzzurri, non potrete mai capire. Tutto ciò che dovete sapere è che Euron con il suo esercito, sarà qui molto presto e che grazie all’aiuto dell’Evocatore, conquisterà tutti i sette regni in poco tempo dato che, a quanto pare, quasi tutti i sette regni sono qui a Nord. Avete le mani completamente legate, amici miei: qualsiasi cosa proverete a fare, vi farò incenerire da questa splendida bestia – rispose prontamente Missandei. Drogon era dietro di lei, pronto a difenderla e ad adempiere prontamente ad ogni suo ordine. Aveva una luce strana negli occhi, come una scintilla rossa innaturale, sintomo che fosse in qualche modo stregato. Vederlo in quello stato fu il colpo di grazia per Daenerys. A tal punto, ser Jorah si rivolse a lei. – Mia Khaleesi, sicuramente Rhaegal e Viserion verranno a salvarti non appena percepiranno che sei in pericolo. Ricordi a Meeren durante i Grandi Giochi?
- Dimentichi un dettaglio fondamentale, ser Jorah: è stato Drogon a venirmi a salvare in quell’occasione. È sempre Drogon quello che percepisce quando sono in pericolo e che viene prontamente a salvarmi. Non che non abbia un legame anche con gli altri miei due figli, ma non è lo stesso che ho con Drogon. È come se fossi legata a lui tramite il mio sangue. Io sento lui e lui sente me anche quando siamo lontani. Se Viserion e Rhaegal non sono stati attirati dall’Evocatore, dato che si dice che lo strumento possa controllare un drago alla volta, vuol dire che ora saranno lontani e non si accorgeranno mai che io sono in pericolo. Non possono salvarci – rispose Daenerys sempre più turbata in volto.
- Ora passiamo al dunque: Walter Targaryen. Il figlio del principe Rhaegar Targaryen e di Lyanna Stark. Il legittimo erede al trono. L’individuo più astuto e letale di tutti i sette regni. Fino a qualche mese fa eri sconosciuto a chiunque, mentre ora sei l’uomo più famoso del continente occidentale. La tua fama si estende addirittura fino ad Essos. Sei un avversario davvero temibile e ci stai dando parecchi problemi. Per questo io e Euron abbiamo convenuto che saresti dovuto essere il primo da uccidere – decretò Missandei.
- No!! – Margaery fu la prima a ribellarsi e ad opporsi, ma venne prontamente trattenuta da Oberyn.
- Non credo sia il caso, mia signora, a meno che non vogliate finire incenerita – le disse la Vipera Rossa. Anche lui era visibilmente preoccupato e ansioso per il suo amico, ma, a differenza di Maergery, riusciva a mantenere il suo sangue freddo.
- Dato che voi Targaryen sembrate mostrare una certa resistenza alle fiamme in alcune occasioni, credo di poter trovare un altro modo per ucciderti: Drogon, divora quest’uomo – ordinò Missandei indicando Walter.
A quel comando tutti cominciarono ad entrare nel panico.
- Drogon, ti prego! Ascoltami! Non puoi farlo! Drogon, sono io! Sono tua madre!! Ti prego!! Guardami … – Daenerys camminò verso di lui e gli rivolse tali parole disperata e con le lacrime agli occhi. La paura di perdere anche l’ultimo pezzo della sua famiglia appena ritrovata la stava lacerando, oltre alla vista del suo figlio più caro controllato forzatamente da qualcun altro.
Walter pensò subito che fosse davvero la fine questa volta. In troppe occasioni aveva scampato la morte grazie alla sua astuzia, alla sua forza o al suo sangue. Ma ora non poteva fare davvero nulla. Niente avrebbe potuto salvarlo. Era completamente impotente di fronte a della magia di tale portata. Cercò di pensare a qualcosa, a qualsiasi cosa ma non vi riuscì. L’unica cosa che fu in grado di fare mentre quel drago si avvicinava, fu girarsi verso quelle persone a lui così care, desiderando che fossero presenti davvero tutte le persone che amava, e sorridere loro con uno di quei sorrisi che lui era sempre capace di simulare alla perfezione, per rassicurarli per quanto gli fosse possibile. – Non azzardatevi a fare nulla di avventato. Andrà tutto bene, non temete – disse loro, poi voltandosi verso quell’enorme e minacciosa creatura. In quel momento udì anche gli atroci ululati del suo NightFlame, il quale stava letteralmente assaltando la porta chiusa che conduceva alla cima della torre in cui si trovavano. Aveva prontamente pensato di sigillare a chiave la porta una volta entrati, proprio per evitare che il suo metalupo si trovasse in pericolo dato che sarebbe stato disposto a difenderlo anche contro un drago. Aveva previsto che sarebbe potuta accadere una cosa del genere e non poteva permetterlo. I metalupi avrebbero difeso i loro padroni anche a costo di scontrarsi contro gli dei in persona. Sorrise tristemente nell’ascoltare anche i suoi forti ululati lontani che si mischiavano alle proteste e ai pianti delle persone che erano dietro di lui. Ma, un attimo prima che Walter venisse divorato da Drogon, con una violenza e una tempestività che mai nessuno avrebbe immaginato, preceduto da un urlo assordante, giunse un altro dei tre draghi, il quale piombò sulla cima della torre facendo scudo a Walter con il suo stesso corpo. Erano rimasti tutti sconvolti dinnanzi a quella visione, il giovane drago in primis, il quale era caduto a terra a causa dell’improvvisa venuta di Rhaegal. Il drago gli era quasi atterrato addosso per quanto si era avvicinato a lui. Si chiese perché lo avesse fatto, come avesse capito che lui era in pericolo. Proprio lui tra tutti quanti. Rhaegal era lontano, non poteva né averlo udito, né visto. Allora come? E perché lo stava difendendo battendosi contro suo fratello e rischiando la sua stessa vita? Drogon si era letteralmente gettato violentemente addosso a Rhaegal, il quale stava difendendo Walter con tutte le sue forze. Nonostante Drogon fosse più grande e possente, Rhaegal gli teneva testa egregiamente con la sua velocità e agilità. Stava avvenendo una vera e propria lotta all’ultimo sangue tra i due draghi sulla cima dell’immensa torre. Tutti osservavano la scena letteralmente impietriti. Missandei non aveva messo in conto il fatto che il corno potesse controllare solo un drago alla volta e che il drago cavalcato dalla Khaleesi non era l’unico ostacolo che avesse. La ragazza non poteva neanche immaginare che Rhaegal corresse immediatamente in soccorso di Walter non appena lui sarebbe stato in pericolo, percependo ciò a distanza, quasi come se si trattasse della sua stessa vita, proprio come faceva Drogon quando era Daenerys a trovarsi in difficoltà.
Drogon era letteralmente accecato, privato di una propria volontà, sotto effetto di un incantesimo potentissimo: in quel momento Daenerys non era più nulla per lui.
Walter invece era ancora a terra, sconvolto e fisso sul drago che stava combattendo con le unghie e con i denti per difenderlo, e che stava anche venendo ferito ripetutamente per causa sua. Non aveva mai avuto un contatto diretto con Rhaegal. Era successo solamente con Drogon. Per tale motivo, in quel momento, non poté fare a meno di concentrarsi a guardarlo e nel notare quanto fosse meraviglioso quel drago dall’andatura più elegante e dalle scaglie striate di un verde acceso e vivo.
In un singolo momento di lucidità da ciò che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi, Walter realizzò qualcosa. Se andranno avanti così, questa lotta terminerà solamente quando uno dei due draghi morirà, ucciso da suo fratello. Devo fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Fu a quel punto che, in un momento in cui Drogon non era addosso a Rhaegal, Walter salì sopra quest’ultimo. – Andiamo Rhaegal! Vai via di qui o ti ucciderà … - gli sussurrò appoggiando una mano sopra le squame del possente collo, sperando che il drago riuscisse a capirlo. In quel preciso istante i due percepirono una forte connessione tra loro. Walter si sorprese della commozione che riuscì a provare solamente toccandolo. Sentiva qualcosa di familiare in lui, estremamente familiare, come se fossero stati divisi dalla nascita. Come se fosse nato per cavalcare quel drago e per essere un tutt’uno con lui. Non era lo stesso che aveva provato toccando Drogon. Era un’energia nettamente superiore, intensa, una connessione fisica e mentale. Non poté fare a meno di pensare che suo padre, il suo vero padre, che, non a caso, portava lo stesso nome di quel drago, stesse in qualche modo cercando di comunicare con lui, di trasmettergli tutto ciò che non aveva potuto e non era mai stato in grado di trasmettergli, svanito troppo presto dal mondo dei mortali. Fu una sensazione unica che lo fece isolare dal mondo. Non appena Rhaegal percepì quella sublime connessione con il suo padrone, del quale possedeva la stessa anima, ebbe la sicurezza e la spinta necessaria per prendere il volo, sapendolo al sicuro sulla sua schiena. Volare in groppa ad un drago non poteva essere paragonato a nient’altro al mondo. Era una sensazione che mai un essere umano avrebbe potuto dimenticare durante la sua esistenza. Fu in quel momento, per la prima volta, che si sentì un vero Targaryen. Ora la sua identità era chiara davanti a lui: era ghiaccio quanto fuoco perché ora le sue vene erano infiammate da vere e proprie fiamme. Le sentiva dentro di sé come se fossero un elisir, come si trovasse sotto effetto di uno splendido incantesimo. Erano lui e il suo drago. Lui e la parte della sua famiglia che non aveva mai conosciuto in vent’anni. Neanche il getto d’aria fredda tra i capelli era riuscito a diminuire quel calore che sentiva salirgli da dentro e scorrergli addosso. Non aveva paura di volare, di trovarsi a metri e metri da terra, di cadere giù o di essere colpito: si fidava ciecamente di quel drago.
- Se te ne andrai ora, ucciderò i tuoi amici!! – gli urlò più forte che potesse Missandei mentre lo vedeva spiccare il volo. Fu proprio la sua voce a riportarlo alla realtà. Walter si trovava in volo con il suo drago, ma ora? Cosa avrebbe fatto per risolvere la situazione catastrofica che si era creata? Non poteva assolutamente lasciare i suoi amici soli nelle mani di quella traditrice. Non lo avrebbe mai fatto, neanche se fossero stati spacciati. Sarebbe rimasto con loro. L’unico modo per risolvere tutta questa situazione è ucciderla, dato che è la proprietaria dell’Evocatore. In tal modo Drogon sarebbe libero e non più schiavo di quel tremendo incantesimo. Ma come? Sarebbe stato impossibile ucciderla con la protezione di Drogon. O forse no? Il giovane drago scartò tutte le idee che gli erano venute in mente decidendo che sarebbe stato meglio atterrare da quel volo e pensare a qualcosa in seguito, dopo essersi assicurato che coloro che aveva lasciato stessero bene. – Rhaegal, grazie per quello che hai fatto … ma ora dobbiamo tornare giù. Riesci a capirmi? – Il drago sembrò intendere perfettamente ciò che Walter disse.
Dopo qualche minuto rimasti in attesa, Oberyn e gli altri videro ritornare Walter in groppa a Rhaegal.  Non appena il ragazzo scese, il drago gli si posizionò davanti, di nuovo in sua difesa. Fu a quel punto che Walter cominciò a parlare. – Non li hai uccisi.
- Sei tornato subito. Inoltre, l’unico urgente da uccidere eri tu. Gli altri potrebbero ancora servirmi in qualche modo. Altrimenti, se si ribelleranno, li uccideremo.
- Io non credo. Il motivo per cui non vuoi ucciderli risiede nella tua coscienza. A quanto pare ne hai ancora una, Missandei di Naath. Non sei così gelida come vuoi far credere. Cercherai di risparmiare vite finché potrai e finché non sarà Euron a ordinartelo direttamente, o sbaglio? Ovviamente io sono l’eccezione. Ma, si dà il caso, che tu non possa uccidere neanche me dato che rischieresti di far morire il drago che controlli, durante il combattimento con suo fratello, pronto a dare la vita per proteggermi. Hai visto come stava andando prima, no?
- Potrei comunque risuonare il corno e diventare la padrona di un altro dei due draghi rimasti.
- E come pensi di proteggere te stessa da noi nel momento in cui Drogon sarà morto e tu non avrai ancora suonato il corno? Non sei così stupida, Missandei.
- Per ora la tua vita è risparmiata. Vi rinchiuderò tutti nelle segrete finché Euron con il suo esercito non arriverà a Nord facendo una bella sorpresa a tutti i vostri amici al comando delle altre basi.
I tredici furono condotti nelle segrete sotto la Torre, imprigionati insieme a Rhaegal, il quale era rimasto accanto a Walter per paura che si trovasse di nuovo in pericolo di vita. Stavolta anche NightFlame era riuscito a raggiungerlo.
Dopo un giorno intero trascorso in quel luogo, l’ansia e la preoccupazione di tutti stava crescendo alle stelle.
- Se solo potessi uscire di qui sgozzerei quella puttana traditrice con le mie stesse mani e non ci impiegherei neanche un fottuto secondo! – esclamò la giovane Tyene Sand.
- E come pensi di riuscirci mentre un drago ti incenerisce? – le rispose a tono Arya.
- È frustrante rimanere ad attendere la nostra fine qui mentre nessuno di quelli che sono là fuori è a conoscenza di tutto ciò che sta accadendo – disse Brienne questa volta.
Walter si sedette accanto a Daenerys, la quale era rimasta isolata e seduta a terra nella stessa posizione per tutto il tempo. Non voleva neanche la presenza di ser Jorah accanto a sé. Nonostante ciò, non scacciò Walter.
- Ehi. Come ti senti?
- Il mio drago non è neanche più in grado di riconoscermi. Il figlio che ho visto nascere e crescere in questi anni sta letteralmente venendo torturato mentalmente. Come pensi che stia? – gli disse parlandogli finalmente. Poi il suo sguardo si posò su Rhaegal e fu in grado persino di accennare un sorriso. – Nonostante ciò, non posso fare a meno di essere felice per te.
- Felice per me? Per cosa?
- Ora ho la conferma che tu sia la seconda testa del drago. Conosci l’antica profezia, vero? Mio fratello e tuo padre, Rhaegar, ne era letteralmente ossessionato. Ma, in particolar modo, sono felice che tu abbia realmente capito chi sei … e che Rhaegal abbia finalmente trovato l’altra parte della sua anima. Ora sei davvero come me. Puoi capire come mi sento e cosa voglia dire essere un Targaryen e avere un tale legame con il proprio drago. Un’anima divisa in due corpi.
- In tre – la corresse lui. La ragazza inizialmente non capì, poi notò il metalupo sdraiato accanto a Walter, il quale fissava intensamente Rhaegal a pochi metri di distanza, così realizzò.
- Giusto, in tre. D’altronde sei fuoco e ghiaccio. Sai, ho l’impressione che NightFlame sia geloso di Rhaegal. Non lo sta guardando in maniera rassicurante. – A quelle parole i due sorrisero divertiti.
- Ad ogni modo, sono a conoscenza di quella profezia. Chi credi sia la terza testa, a questo punto? Chi è colui che condivide l’anima con Viserion?
- Non lo so. Ma sono certa che ben presto lo scopriremo. Questo vuol dire che non siamo gli unici due Targaryen rimasti al mondo.
- Già. Sai, è stato strano essere salvati da lui. È già la seconda volta che la metà del mio sangue Targaryen mi salva la vita. Quando sono salito su di lui è stato come se Rhaegar provasse a comunicare con me.
A ciò Daenerys si voltò verso di lui ancora una volta. – I draghi sono delle creature magiche e molto antiche, perciò è normale che sia accaduta una cosa del genere. D’altronde, Rhaegar era un Targaryen, dunque è comprensibile che lui tenti di comunicare con te attraverso il drago. A volte è parso anche a me di sentirlo e di sentire addirittura mia madre.
- Io la mia non riuscirò mai a raggiungerla, invece. Non potrò mai comunicare con lei in qualche modo. È morta e la sua essenza è svanita con lei, spargendosi nelle lande gelide del Nord.
- Dunque questa è la fine. Almeno tu morirai accanto alla donna che ami – disse la madre dei draghi spostando lo sguardo su Margaery, la quale si era appisolata a qualche metro di distanza. Sorrise anche Walter nel guardarla.
- Sì, hai ragione. Ma anche tu morirai con l’uomo che ami, o forse non è così? – le chiese Walter spostando lo sguardo su ser Jorah.
- La storia che ho avuto con ser Jorah è lunga e frastagliata. Lui mi ama immensamente e anche io credo di amarlo. Tuttavia, non so se il mio cuore sia completamente devoto a lui.
- Forse perché una parte del tuo cuore è rimasta a Grande Inverno con Jon? – le chiese con tranquillità mentre la ragazza si voltava verso di lui sconvolta.
- Che stai dicendo??
- Dico solo che mi è parso che, in quella settimana in cui siamo rimasti a Grande Inverno, i vostri occhi si siano incrociati più volte e non in maniera del tutto innocente, ecco.
- Avrò scambiato massimo due parole con tuo cugino. È troppo freddo, silenzioso e basso per me. – A quelle parole fu Walter che si voltò verso di lei affilando lo sguardo. – Parli sul serio? Lo dici perché lo hai sempre visto accanto a me o perché sei abituata ad avere dei colossi come amanti? Jon non è così basso. Per quanto riguarda il parlare ci sarà tempo, invece. Io e Margaery ci siamo innamorati quasi in una sola settimana. Non sappiamo se questo sarà un amore che durerà per sempre. Nessuno può saperlo. Ma non dobbiamo precluderci delle strade per questo. Forse non vinceremo mai la Battaglia Finale contro gli Estranei e magari, tra poco tempo, diverremo tutti dei pezzi di ghiaccio privi di anima. Dunque ora non è il momento di aspettare o di tirarsi indietro per paura che le cose non vadano come vorremmo. Il tuo cuore è molto unito a quello di ser Jorah, ma non sai se è quello che davvero vuoi. Non ti resta che scoprirlo.
- Da quando sei diventato il mio consulente in amore?
- Dovrò pur preoccuparmi della felicità di mia zia – le rispose provocandola e beccandosi un calcio sul piede.
- Ad ogni modo, non ce ne sarà il tempo. Nessuno di noi ha più tempo … - disse con lo sguardo malinconico e quasi rassegnato.
- Credi davvero che accetterei di morire per una sciocchezza del genere? Se saranno gli estranei ad uccidermi lo accetterò, ma non un montato che crede di conquistare il mondo solo perché ha trovato uno degli strumenti più pericolosi e ambiti dei sette regni, né tanto meno da una serpe che crede di essere furba e di poterla fare franca con così poco. Perciò togliti quell’espressione da condannata a morte dal volto che non si addice alla chioma platinata. Avevo un piano fin da subito.
- E perché non l’hai detto?!
- Perché non so se funzionerà. Inoltre, quando credi di star per morire parli in maniera diversa, a cuore aperto.
- Dovresti smettere di chiederti perché le persone hanno voglia di ucciderti. Ad ogni modo, qual è la tua idea?
- Ovviamente riuscirei ad uscire da queste segrete in un batter d’occhio. Ho fatto molto di peggio.
- E perché non ci hai fatti ancora uscire?
- Perché non servirebbe a nulla uscire di qui senza avere un piano preciso per ucciderla.
- Se fosse possibile lo farei io con le mie stesse mani.
- Frena i bollenti spiriti, “Non- bruciata e Distruttrice di Catene” – pronunciò quegli ultimi nomi simulando una finta solennità, proprio come si divertiva a chiamarla di solito. – Posso capire quanto tu voglia vendicarti di lei, ma non so se riuscirò a fare in modo che sia tu ad ucciderla. Credo di aver un po’ inquadrato quella ragazza.
- Dunque?
- Perché credi che abbia suonato il corno proprio adesso, prima che Euron venisse a Nord?
- Per fare in modo che quando approdi qui, non abbia alcun ostacolo da affrontare avendo un drago dalla sua parte.
- Sì, ma per quanto potrebbe resistere una sola donna, anche se protetta da un drago, contro migliaia di cavalieri che abitano questa zona? Credo che avrebbe dovuto mandare un segnale ad Euron molto prima di suonare il corno, in modo da farlo venire a Nord non appena lei fosse diventata la padrona del drago e questi avrebbero avuto la strada spianata. Infatti, essendo furba, è stato proprio quello che ci ha detto per evitare che ci ribellassimo e prendessimo iniziative per cercare di ucciderla. Tuttavia, gli uccellini di Varys non hanno rivelato alcuno spostamento da parte della flotta dei Greyjoy. Il che non ha senso. Perché suonare il corno e non avvertirli se è loro alleata come dice? Credo che lei li stia tradendo proprio come ha fatto con te. D’altronde, chi ce l’ha nel sangue questa necessità di voltare faccia e cambiare alleanza continuamente, continuerà a farlo fino alla fine dei suoi giorni. Ciò che non si aspettava, è che un altro drago oltre Drogon avesse un simile rapporto con un essere umano, proprio come tu e lui. Questo l’ha completamente spiazzata, l’ho letto nei suoi occhi. Sa di essere in pericolo perché non ha avvertito i Greyjoy come promesso, tradendoli, e ha il terrore che i suoi piani, direi molto ingenui e stupidi, di poter farla franca da sola solo perché ha un drago dalla sua parte e perché noi crediamo che stia arrivando un esercito nemico, stiano andando in fumo dato che anche noi abbiamo un drago e che non sa con chi ha a che fare: io sono la persona più spericolata dei sette regni; perciò se il suo asso nella manica è utilizzare la paura che Drogon fa scaturire negli uomini, ha già perso in partenza.
- Walter, non puoi provare ad ucciderla mettendoti contro Drogon. Neanche Rhaegal riuscirebbe a tenergli testa per molto tempo. E se anche riuscisse, sarebbe comunque un enorme rischio.
- Sì, sarebbe un rischio.
- Inoltre, potrebbero anche essere tutte tue fantasie mentali. Non è detto che le tue deduzioni siano vere.
- Sì, è vero.
- Ma mi fido di te. Ciecamente. Non so se è normale che mi fidi così tanto.
A ciò lui le sorrise, si alzò e le porse la mano per aiutarla ad alzarsi.
- Riavrai il tuo Drogon, te lo prometto.
 
Missandei stava camminando in mezzo all’immenso prato dinnanzi al castello, affiancata da Drogon e guardandosi intorno diffidente. Oramai anche altri lord sotto il controllo di Walter, compreso lord Varys, avevano preso coscienza di cosa stava accadendo e non osavano avvicinarsi ad ella, vivendo una situazione di implicita prigionia.
Missandei cadde a terra spaventata quando, all’improvviso, Rhaegal saltò violentemente addosso a Drogon, scaraventandolo a metri di distanza e ricominciando un altro combattimento corpo a corpo. Dopo di che, la ragazza si ritrovò circondata a cerchio dai tredici che aveva rinchiuso due giorni prima nelle segrete. Li guardò incredula e allarmata si rialzò voltandosi su sé stessa mentre il cerchio si stringeva sempre di più impedendole di scappare. Tutti quanti possedevano un’arma tra le loro mani.
- Come …?? Come avete fatto a scappare?? – chiese spaventata, poi rivolgendosi a Drogon che stava ancora combattendo ferocemente contro suo fratello. – Drogon, inceneriscili!! Drogon!!
A quel punto, Drogon sembrò avere la meglio su Rhaegal ferendolo profondamente e facendolo urlare atrocemente. Fu a tal punto che Walter si allarmò e fece quasi per attuare il piano B che includeva Meera, la quale era posizionata su un altissimo piano della torre ed era pronta a scoccare una freccia in quella direzione, cercando di colpire Missandei e uccidendola a distanza. Ma, per quanto il giovane drago si fidasse della tecnica ammirevole della sua amica, le probabilità che lei centrasse il colpo mortale da quella distanza necessaria a non farla individuare da Drogon e con tutti i soggetti che erano implicati sulla scena accanto all’obiettivo, non erano alte. Ma Rhaegal era davvero in pericolo, così come lo sarebbero stati tutti i suoi amici se non fossero scappati immediatamente via da lì nel caso Drogon avesse avuto davvero la meglio e avrebbe di nuovo potuto proteggere la sua nuova padrona. Ma prima che Walter avvertisse tutti di passare all’idea di scorta, si udì un altro urlo proveniente dal cielo, come di risposta a quello disperato di Rhaegal. Tutti rimasero impietriti quando videro arrivare Viserion come un fulmine e gettarsi su Drogon in difesa del fratello ferito. Nessuno si sarebbe aspettato una svolta del genere. Ora erano in due contro uno, perciò le probabilità che riuscissero a tenerlo occupato il tempo di necessario ad uccidere Missandei si erano alzate esponenzialmente. A ciò, oramai Missandei sapeva di essere spacciata mentre il cerchio si stringeva sempre di più su di sé. Daenerys fece un passo verso di lei con una daga stretta tra le mani, ma fu bloccata improvvisamente da Walter, il quale le fece segno di aspettare, avvicinandosi lui maggiormente e per primo alla traditrice. – Dimmi come hai fatto a non morire pur suonando il corno – le disse. Gli altri rimasero perplessi a tale domanda del giovane drago.
- Perché dovrei? Tanto mi ucciderete comunque.
- Morirai in maniera più veloce se me lo dirai. Altrimenti la tua morte sarà lenta e dolorosa – la minacciò con una freddezza agghiacciante mentre le puntava una daga alla gola. Lei tremò a quello sguardo e a tale minaccia, arrendendosi al suo volere. – Gli antichi maestri di Naath. Per questo motivo Euron si è rivolto a me. Se ti rivolgerai a loro avrai la risposta.
- È tutta tua, Dae – disse Walter dopo aver udito ciò, lasciando che la madre dei draghi avesse la vendetta che meritava.
La ragazza la colpì al ventre guardandola negli occhi. – Forse ho sbagliato a pensare di averti salvata. Forse ho sbagliato a pensare che questo bastasse per farmi guadagnare la tua fedeltà e il tuo affetto. Forse ho sbagliato a non capire che, in realtà, ti piacesse rimanere una schiava maltrattata e sfruttata. Ma tu mi hai voltato le spalle. Hai cercato di portarmi via il tesoro più grande che ho. Questa è la pugnalata più dolorosa che in tutta la mia vita io abbia mai ricevuto.
- Non ti è tutto dovuto, “mia regina”. Non dare mai per scontato ciò che hai avendo la presunzione e l’ingenuità di credere che tutto il mondo si inchinerebbe al tuo cospetto senza esitare. Devi ancora crescere molto e comprendere che non sei nessuno e che in molti preferirebbero sputarti in faccia piuttosto che inchinarsi a te se non avessi tre draghi alle tua spalle – le rispose la ragazza di Naath spirando, mentre fiotti di sangue le colavano fuori dalla bocca. Grosse lacrime uscirono dai grandi occhi di Daenerys mentre un moto di una rabbia cieca saliva dentro di lei portandola a spingere ancora di più la lama dentro la pancia della sua vecchia amica e confidente.
Non appena il cuore di Missandei cessò di battere, anche Drogon smise di lottare contro i suoi fratelli, riprendendosi dagli effetti subìti dalla devastante magia che l’aveva reso prigioniero. Daenerys non attese un secondo di più per correre da lui e constatare che fosse ritornato in sé.
– Ora cosa accadrà? – chiese improvvisamente Oberyn.
- Faremo sapere ad Euron che il suo piano è fallito dato che la sua alleata lo ha tradito, e che, non appena approderà a Nord, troverà un esercito formato da quasi tutti i cavalieri dei sette regni ad attenderlo. Credo che, a quel punto, non avrà più tanta voglia di giocare a fare il re del mondo e capirà che ha sbagliato a fidarsi di Missandei di Naath – rispose Walter. Successivamente il ragazzo si avvicinò a Rhaegal, posando delicatamente le mani sulle sue ferite. – Sono meno profonde di quanto pensassi, fortunatamente. Mi dispiace tanto che hai dovuto soffrire così, Rhaegal. Ci hai salvati. Mi hai salvato. Non ti sarò mai abbastanza riconoscente per questo. Vedrai, guarirai molto presto. Te lo prometto.
 
 
- Cosa ne facciamo di questo, mio signore? Intendete distruggerlo? – gli chiese uno de cavalieri presenti insieme a lui e a Margaery sulla cima della Torre, riferendosi all’imponente Evocatore di Draghi.
- No. Portatelo nelle segrete – rispose Walter guardandolo serio mentre lo portavano via.
- Perché vuoi tenerlo? E perché hai voluto sapere come suonarlo senza perdere la vita? Non ha già causato abbastanza guai? – gli chiese incuriosita la sua regina di rose.
- Se durante la Battaglia Finale io, Daenerys o la terza testa del drago, dovessimo essere trasformati in estranei, i nostri draghi resterebbero al nostro comando volgendosi in nemici degli esseri umani. Non possiamo permetterlo. Nel caso accadesse una cosa del genere, uno di voi dovrà utilizzare ancora quel corno, divenire il suo proprietario in modo da poter riportare i draghi a difesa del giusto esercito.
- Non accadrà – disse decisa Margaery.
- Dobbiamo considerare tutte le possibilità …
- Walter, taci – lo interruppe lei guardandolo negli occhi seria e stringendogli forte una mano. A ciò anche lui la guardò e le sorrise.
- Mio signore, è giunto un corvo con questa lettera per te poco fa – disse lord Varys sbucando dalla scalinata e porgendogli il foglio arrotolato. Walter lesse il contenuto rimanendo attonito.
- Che c’è scritto, mio signore? – gli chiese Margaery.
- Proviene da Forte Terrore. È Tyrion. È lui la terza testa del drago. 

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Capitolo 25
*** “Non un eroe, ma un fuggiasco, mio Principe Promesso” ***


“Non un eroe, ma un fuggiasco, mio Principe Promesso”
 
Questa volta era lui a trovarsi all’interno dell’enorme e imponente salone. Non riusciva a scorgere i confini di quell’immenso luogo, completamente vuoto, solo per lui. L’unico rumore udibile in quell’eterno silenzio, era una soave e lontana melodia. Una melodia che non riusciva a riconoscere. Cominciò a guardarsi intorno per poi accorgersi che, anche questa volta, proprio come nel sogno di quella donna sconosciuta, il pavimento sotto di lui era divenuto uno specchio d’acqua. Si specchiò su di esso vedendo la sua immagine riflessa, perfetta, impeccabile, fedele a quella che ricordava. Si accovacciò e sfiorò con le lunghe dita il suo volto riflesso, come per tastarne le emozioni, le reazioni e i cambiamenti delle esperienze e del tempo, che ancora non era stato in grado di assimilare. Improvvisamente, la sua carnagione divenne più chiara, arrivò ad una tonalità mista tra il cereo e il livido. Le labbra assunsero una colorazione bluastra mentre la luce che da sempre scaturiva dai suoi occhi chiari, divenne di un viola ghiacciato, ancora e ancora più chiaro. Questa, tuttavia, non aveva smesso di brillare.
Comparve anche un’evidente cicatrice che partiva da un lato della bocca, fino a solcare l’intero mento in una linea bianca e nitida. Infine, i suoi vestiti divennero coperti da un imponente mantello nero con un cappuccio, come quelli che era solito indossare spesso per non farsi riconoscere e di cui aveva fatto largo uso in quegli ultimi anni per salvarsi la vita. I folti e lunghi capelli neri come la pece, insieme al mantello dello stesso colore, contrastavano ancora di più con il nuovo colorito che aveva assunto la sua pelle, in modo da farlo sembrare quasi una creatura inumana. Gli parve l’aspetto che avrebbe dovuto assumere la carnagione dei morti, tuttavia non vi erano rughe o altre imperfezioni nel suo volto, ancora giovane, eccetto per la cicatrice. La sua bellezza e la sua giovinezza erano rimaste immutate; erano solo più macabre, al punto da dare i brividi. Pensò subito che ciò avrebbe significato che sarebbe morto a breve, sicuramente nella Battaglia Finale. Tuttavia, appena le dita toccarono la superficie dello specchio d’acqua, questa produsse delle onde che si irradiarono fino a far svanire l’immagine riflessa e a far sgretolare lo specchio insieme alle pareti che circondavano l’immenso salone.
- Oh, Walter, sei sempre stato fin troppo creativo e melodrammatico quando si tratta di sogni – commentò una voce giovane e lontana, che Walter non riuscì a riconoscere.
- Chi parla?
A quella domanda, gli si avvicinò una giovane ragazza, metà adulta e metà bambina, dai capelli esattamente uguali ai suoi, se non poco più lunghi e più mossi. Anche il colore della pelle era simile, prima che il suo aspetto mutasse in una specie di non - morto, dopo essersi riflesso in quello specchio d’acqua. Ella era notevolmente più bassa di lui, gli occhi vispi grandi, rotondi e di un azzurro così chiaro da sembrare ghiaccio. Il suo viso era di una forma rotonda seppur non molto visibile grazie ai suoi tratti già molto somiglianti a quelli di una donna, come il mento leggermente più allungato. Le sue guance erano colorite e il suo sguardo, furbo e pieno di vita, riusciva a far accendere una scintilla di interesse verso di lei, una ragazza dall’aspetto apparentemente così fragile e di porcellana ma, al contempo, altrettanto vivace e intrigante, traboccante di un fascino selvaggio e inarrestabile. Si accorse solo dopo averla osservata un po’ che il suo volto era simile a quello di Arya. Quando la fanciulla sorrise in maniera sfuggente, alzando una delle due folte sopracciglia, socchiudendo gli occhi e affilando lo sguardo, la riconobbe. Lord Varys aveva ragione: magari il suo aspetto non aveva nulla di davvero concreto che lo accomunasse a lei, ma alcune delle sue espressioni erano esattamente uguali alle sue.
- Non aver paura, figlio mio. Non aver paura della tua mente e di quello che puoi fare. Riusciresti a conquistare il cielo e la terra se solo lo volessi.
- Lyanna … ? – le chiese incredulo. – Sei davvero tu?
Lei gli sorrise di nuovo. – Sì, figlio mio. Ti chiederai come sia possibile dato che io ho sedici anni e tu venti, ma capirai che l’unico modo che avevo per comunicare con te e farti comprendere che anche se non mi hai mai vista, io sono sempre stata accanto a te fin dal primo giorno in cui i tuoi occhi si sono aperti su questo mondo, era invadere uno dei tuoi complessi e intricati sogni. Ma ti spiegherò tutto in seguito, quando ti avrò condotto altrove, dato che ora queste pareti ci stanno crollando addosso grazie alla tua incontenibilità: questo enorme salone di cui non si intravedono i confini è splendido ma continua ancora a rimanere troppo stretto per te, non è vero? Riesci a riempirlo pur essendo da solo – gli disse afferrandogli la mano e facendolo uscire, come teletrasportandolo altrove. Ora Walter si ritrovava in cima alla Barriera. Guardò lo splendido panorama sotto di sé, poi si voltò di nuovo verso Lyanna, ancora con la mano stretta alla sua.
- Perché siamo qui?
- Fin da bambino hai sempre voluto arrivare ai confini del mondo e sorpassarli. Questo, per te, era il confine del mondo. Perciò volevi arruolarti. Per riuscire ad andare sempre più oltre, arrivando a scoprire mondi celati agli occhi dei mortali, perché non ti sarebbe mai bastato quello che già gli altri conoscevano. Pensavi che non lo sapessi? Ti ho visto, Walter. Ti ho visto sempre. Ora è la tua occasione. Puoi sorpassare questi confini a cui hai sempre aspirato ma che gli eventi della tua vita ti hanno impedito di oltrepassare. Puoi arrivare fin dove vuoi, fin dove agli esseri umani non è dato giungere proprio come un fuggiasco solitario e libero dal mondo intero, errando e disperdendo la tua luce, in modo che qualcun altro sia in grado di trovarne qualche pezzo se mai dovesse percorrere anche solo una parte della strada che hai tracciato tu.
- Intendi durante la Battaglia Finale? Ho un peso sulle spalle che non riuscirò mai a portare. Non posso dare loro quello che pretendono da me: io non sono un eroe. Non lo sono mai stato. Anche questo sogno me ne sta dando ulteriormente prova: sarà un caso che al posto di un’”armatura scintillante” io indossi un nero e lungo mantello di quelli usati per nascondersi?
- No, non sei un eroe. Ma loro non hanno bisogno di un eroe. Loro hanno bisogno di te. Hanno bisogno che tu li guidi, tu, macchiato di tutti i tuoi peccati, con la tua indole da trasgressore nei confronti delle regole, indipendente e contorto, come solo tu sei, mio viandante solitario.
- Perché dovrebbero aver bisogno di me? Per una stupida profezia? Chi sono io per prendermi la responsabilità della vita di tante persone? Chi sono io per essere il Principe Promesso, il legittimo erede al Trono di Spade, una delle tre teste del drago e il figlio del ghiaccio e del fuoco? Ci sono così tante persone che lo meriterebbero più di me. Jon, ad esempio.
- Tuo padre, l’amore della mia vita, aveva tutto l’aspetto, l’atteggiamento e l’indole di un eroe senza macchia. Eppure ha vissuto e ha compiuto azioni tutt’altro che eroiche. Dunque, perché pensi di non essere la persona giusta? Perché non sei come tutte le persone immaginano sia il loro salvatore? Perché parte della tua anima è oscura e la tua mente troppo oltre i limiti? Proprio questo ti rende adatto. Proprio questo ti rende più vicino agli dei. Proprio questo ti rende l’unico al mondo capace di compiere un’impresa del genere.
- Mio padre, già … so che sta provando a comunicare con me tramite Rhaegal, ma non per questo l’ho perdonato. Sono ancora arrabbiato con lui. Lo sarò sempre.
Lyanna sorrise malinconicamente a quelle parole, continuando a guardare il volto di suo figlio, rivolto verso il paesaggio oltre la Barriera. – Abbiamo sbagliato. Ma se non lo avessimo fatto, ora non ci saresti tu. Non era sua intenzione scatenare una guerra e far morire tante persone per nulla. Come non è mai stata nostra intenzione far in modo che tu, per tutta la vita, credessi di essere qualcuno che non sei, crescendo senza i tuoi veri genitori.
- Non è colpa tua. Lui era il principe, lui era colui che avrebbe potuto evitare tutto ciò che è accaduto. E non credo proprio che fosse così stupido da non aver previsto di poter morire per mano di Robert durante la Battaglia del Tridente e che tu potessi perdere la vita a causa del parto. Dicono tutti che dovrei averla presa da lui tutta la mia intelligenza, ma a me non sembra. Non fraintendermi, madre, io sono felice di essere ciò che sono. Sono felice di essere cresciuto dove e come sono stato cresciuto, di aver avuto i genitori che ho avuto, di aver avuto la famiglia che mi ha così tanto amato e di aver vissuto tutte le esperienze che ho vissuto con loro e grazie a loro. Ma un uomo non può rovinare la vita di tante persone solo per una stupida profezia e per l’amore di una donna.
- Non è facile capire le sue decisioni. Come ti ho detto, le sue azioni sono state quanto di meno eroico esista al mondo. Rhaegar sapeva ciò che faceva e si è preso la responsabilità di tutte le scelte che ha preso, per quanto potessero essere dannose per chiunque, compreso per sé stesso. A volte la mente agisce da sé, e noi non possiamo far altro che assecondarla. Questo dovresti saperlo bene, Walter.
Il giovane drago rimase in silenzio a quelle parole. Sua madre aveva ragione, non poteva condannare suo padre per le scelte sbagliate di cui le persone lo incolpavano senza averlo nemmeno conosciuto. Ma la radice della sua rabbia nei suoi confronti non riusciva ancora a svanire nonostante tutto. Forse era semplicemente arrabbiato con il mondo e con gli dei, niente più.
In quel momento, esattamente dietro di sé, Walter individuò anche altre persone. Questa volta, erano visi a lui ben familiari: vi era il suo amato padre adottivo, Ned, insieme alla dolce Cat, e a seguire Rickon, Bran, Arya, Sansa e Jon. Avevano tutti uno sguardo fiero e orgoglioso di lui.
- Mi manchi, padre … - sussurrò Walter avvicinandosi a Ned e abbracciandolo. – Con te era tutto più facile. Come vorrei che fossi ancora al mio fianco.
- Io sono al tuo fianco, Walter. Lo sono sempre. Avere timore ti rende umano. Non vergognarti mai di quello che sei e non dubitare mai delle tue capacità. Tu sei opposto a me, e non potrei esserne più felice, ma non dimenticare mai la forza che ti ho insegnato ad avere.
- Mai, padre. Non lo farò mai.
Poi Walter si rivolse anche a Cat e a Rickon, abbracciandoli entrambi insieme. – Ehi … voi due. Cosa darei per dormire ancora in un letto striminzito con voi due insieme. Sarei disposto a perdere l’uso della schiena.
- Siamo fieri di te, Walter. Non immagini quanto – gli disse Cat.
- Non abbiamo mai potuto dirtelo, ma è la verità. Non avrei potuto desiderare un fratello migliore – fu Rickon a parlare questa volta.
Successivamente, dietro di loro, comparvero anche tutte le persone che aveva incontrato durante il suo viaggio, sia vive che morte, e quelle che tutt’ora erano rimaste al suo fianco e stava proteggendo. Erano in tantissimi. Sorrise vedendo anche il volto della sua dolce e sfortunata amica Rebeccah, mentre il suo sguardo divenne fulminante quando i suoi occhi incrociarono di nuovo quelli di Cersei. Ovviamente la donna non perse l’occasione per parlargli. – Ricorda, Walter: quando avrai finito qui, ti aspetto negli Inferi. Ti ho tenuto un posto al caldo.
- Spero che tu abbia trovato la tua “pace” eterna, mia compagna di viaggio – non esitò a risponderle.
Ad un tratto, tra tutti loro, si fece largo qualcun altro, qualcuno di non propriamente umano e che Walter non aveva mai visto, ma solamente udito racconti su racconti a riguardo. Il Re della Notte si avvicinò a lui lentamente e silenzioso come il vento. Tuttavia il giovane drago stranamente non era spaventato da quella presenza. Quando quella creatura si ritrovò con il volto solo a pochi centimetri dal suo, aprì la bocca e disse qualcosa. Ma non uscì nessun suono. Solo aria. Walter riuscì a leggere il labiale e a comprendere ciò che il suo eterno nemico gli aveva detto. “Quando arriverà il momento, quando abbraccerai le mie terre sconfinate … a quel punto non ti lascerò più andare.” Un brivido corse lungo la schiena del giovane drago che continuò a fissarlo nei suoi occhi vuoti. Dopo ciò, svanirono tutti nuovamente, compreso il Re della Notte. Erano rimasti di nuovo solamente lui e Lyanna. O almeno, era quello che pensava prima di vedere un uomo comparire come una strana presenza e avvicinarsi a lui. Non lo aveva mai visto ma lo riconobbe immediatamente. Aveva qualche anno in più di lui; eguagliava perfettamente la sua elevata statura; i suoi capelli erano lunghi e quasi bianchi per quanto biondi; i suoi vestiti eleganti come quelli che il giovane drago aveva indossato al ballo in maschera, ma di colore rosso e nero; la sua pelle molto chiara, quasi d’avorio; mentre gli occhi erano di un viola profondo e penetrante, ma più scuro del suo. Era vero quello che dicevano: la sola presenza di Rhaegar Targaryen intimoriva, così come la sua, da sempre. Forse era proprio quella caratteristica che li accomunava maggiormente, pensò Walter, non appena se lo ritrovò faccia a faccia. Rimasero in silenzio ad osservarsi, a scrutare i loro occhi così simili ma così diversi. – Cos’è che vuoi dirmi?
Rhaegar rimase a guardarlo ma non rispose. Un sorriso malinconico ma anche fiero e commosso nello stesso tempo, si allargò nel suo volto che sembrava quasi intagliato. Dopo ciò, con la stessa discrezione e velocità con la quale era apparso appena qualche minuto prima, svanì nel nulla.
- Ti amo come solo una madre può amare il proprio figlio, Walter. Di un amore che non ho mai provato in vita mia, totalizzante e immenso come il paesaggio che vedi di fronte a te – era di nuovo la voce di Lyanna che si avvicinava a lui. Il giovane drago si voltò verso di lei e osservò i suoi meravigliosi occhi pieni di vita e di sentimento. – Trova la tua strada e seguila, viaggiando libero e immortale, mio Principe – gli disse accarezzandogli una guancia e facendolo svegliare da quell’intenso sogno. Walter aprì gli occhi, confuso e frastornato, ritrovandosi nel suo letto nella sua solita stanza dentro la Torre dei Reed, affianco alla sua regina di rose. Gli capitava spesso di fare dei sogni contorti e strani, ma mai quanto quello che gli aveva occupato la mente per tutta la notte appena passata.
Qualcuno bussò ripetutamente alla porta risvegliandolo da quello stato confusionale.
- Entrate – rispose, attendendo che uno dei suoi uomini entrasse per esporgli ciò che aveva da dire.
- Mio signore, Tyrion Lannister è arrivato.
 
- Come lo hai scoperto? – gli chiese Daenerys, la quale era sconvolta quanto lui.
- Bran Stark – disse semplicemente posando lo sguardo su Walter, il quale si voltò immediatamente a guardarlo non appena udì quel nome. – Lui mi ha … detto ogni cosa. Tuo cugino è un metamorfo, Walter … dice di essere un certo “Corvo a Tre Occhi” e qualsiasi cosa sia, è difficile non credergli. È riuscito a convincermi di dire il vero sulle mie origini. Ho sempre avuto una strana sensazione riguardo la mia vera identità. Sentivo che l’astio che mio padre nutriva nei miei confronti non era provocato solamente dal ribrezzo che il mio aspetto gli generava. C’era qualcosa di più. Inoltre … - questa volta si voltò per rivolgersi alla madre dei draghi - … nelle segrete in cui tu, Daenerys, hai rinchiuso Rhaegal e Viserion … ho avuto un approccio con loro. Con quest’ultimo, in particolare. Mi sono sentito strano, è stata una sensazione a dir poco … surreale. Come se mi sentissi in qualche modo legato a lui … e questo mi succede ogni volta che li vedo. Per quanto sembrino stupidi, non posso ignorare questi segnali … così come non posso ignorare le parole di Brandon Stark. - Tyrion sembrava perplesso, confuso, quasi spaventato. Era raro vedere il folletto, solitamente sicuro di sé e colmo di arguzia quasi sprezzante, in quello stato annebbiato. Scoprire di non essere quello che si aveva creduto per una vita intera faceva questo effetto, Walter lo capiva meglio di chiunque altro.
- Dunque tua madre, Joanna Lannister, ha avuto dei rapporti con Aerys Targaryen, il Re Folle, nonché mio nonno e padre di Dae. Questo ti renderebbe mio zio e suo fratello – concluse Walter involontariamente divertito da quella constatazione. – Bran ti ha detto altro su come sia accaduto, su chi sapesse e sul perché nessuno ti abbia rivelato la tua identità?
- Mia madre, Aerys e Tywin sapevano – rispose il folletto. – Si è trattato di uno stupro … - aggiunse più afflitto di quanto dovesse essere. – E il motivo per il quale Tywin non mi abbia rivelato nulla, penso sia abbastanza chiaro …
- Hai già fatto la prova del fuoco? – gli chiese improvvisamente Daenerys.
- No e preferirei non farla … - rispose sinceramente il nano.
- Difatti non te lo consiglio – commentò prontamente Walter.
- E per quale motivo Bran avrebbe dovuto rivelare solo ora un’informazione così importante? – chiese la madre dei draghi. – Siamo a Nord da più di un mese ormai.
- Voleva attendere il momento giusto. Forse il momento giusto per lui era quando anche io avrei scoperto di essere effettivamente la seconda testa del drago della profezia. E, per qualche motivo, ha ritenuto che fosse meglio che io lo scoprissi da solo, durante il tradimento di Missandei – rispose Walter ragionandoci sù.
I tre rimasero in silenzio per un tempo che sembrò un’eternità, da soli, in quella stanza vuota.
- Bene, benvenuto in famiglia – ruppe il silenzio Walter, cercando di tranquillizzare il povero nano, ancora frastornato per la recente scoperta. Sia Daenerys che Walter avevano già uno stretto legame con Tyrion, perciò sarebbe stato molto più facile per loro trattarlo da vero membro della famiglia, rispetto all’approccio da completi sconosciuti che avevano avuto inizialmente la madre dei draghi e il giovane drago tra di loro.
Anche Daenerys gli sorrise felice. - È una notizia meravigliosa, Tyrion. Strana ma meravigliosa – disse la ragazza.
- Ora sono anche un bastardo oltre che un nano. Due in un solo uomo: non potrei chiedere di meglio – ironizzò tristemente il folletto.
- Io ho vissuto un’intera vita da bastardo e c’è molto di peggio, puoi credermi. Inoltre, sei leone e drago. Suona molto più accattivante di ciò che siamo noi due messi insieme – contestò Walter porgendogli la mano. Tyrion gliela strinse per poi baciare quella di Daenerys. – Non potrei desiderare un parente migliore di te, oserei dire. Saremo una famiglia strana, ma molto invidiata, ve lo garantisco – aggiunse il giovane drago.
- Ora è il momento che tu ti approcci definitivamente con Viserion. Forse crederai che sia una proposta un po’ azzardata ma potresti provare a volare con lui, cavalcandolo - disse la ragazza.
- Credo sia un po’ presto per questo … - rispose Tyrion.
- Oh, andiamo, Lannister, lo so bene che non vedi l’ora, in realtà. Non hai fretta, giusto? – lo incoraggiò Walter.
- Ho lasciato il comando a Jaime finché sono via.
- Dunque non c’è alcun problema.
 
I tre si ritrovarono sulla cima della torre insieme ai tre draghi. Walter e Daenerys si fermarono ad osservare Tyrion approcciarsi a Viserion, per la prima volta consapevole. Fu un momento magico. Il viso dell’uomo si illuminò completamente, sollevato da ogni turbamento e trasportato in un'altra dimensione, da solo con il suo drago: era davvero lui la terza testa. D’improvviso, tuttavia, Tyrion si allontanò da Viserion, turbato in volto. – Io non posso … non ne sono all’altezza – disse rifugiandosi su un angolo e guardando il panorama per distrarsi. I due lo raggiunsero.
- Che succede? Che vuol dire che non sei all’altezza? È per quello che penso? – gli chiese il giovane drago, provando ad immaginare come si sentisse.
- Voi due siete nati da un rapporto scaturito dall’amore. Siete stati desiderati e voluti. Io, invece, sono stato generato dalla violenza e dall’abuso … non si tratta solamente dell’essere un bastardo … è molto di più. Si tratta di rimanere comunque un mostro odiato e indesiderato. Questo è il mio destino e lo rimarrà sempre. Per quanto metà del mio sangue sia Targaryen, mi sento indegno di cavalcare un drago. Una creatura così merita qualcuno di degno. Sono sempre rimasto affascinato dai draghi. Forse è anche per questo che non mi sento all’altezza. Non ero destinato ad essere la terza testa del drago. È capitato involontariamente. Magari voi due potrete pensare che sono solo sciocchi capricci da ragazzino insicuro e che siano inadeguati ad uno come me, ma … sono pensieri che non fanno altro che tormentarmi.
- Hai parlato con Jaime di tutto ciò? – gli chiese subito Walter.
- Sì. Perché questa domanda?
- Lui è l’unico ancora in vita che può testimoniare come stesse tua madre e cosa pensasse mentre era incinta di te. Cosa ti ha detto?
- Lui è mio fratello. Mi vuole bene. Dunque è normale che abbia provato a farmi stare meglio fin quanto ha potuto, mentendomi. Mi ha detto che mia madre era gioiosa e felice in attesa del nuovo figlio che aveva in grembo.
- Sono sicuro che, a dispetto di tutto, tua madre ti voleva e ti desiderava. Ti avrebbe amato come ha amato Cersei e Jaime. È umano che tu ti senta in questo modo, Tyrion. Ne hai passate tante, sei stato disprezzato e trattato come un animale, e ora, questo ti sembra surreale. Lo capisco. Ma lascia che Viserion smentisca queste sensazioni che provi dentro di te. Dagli una possibilità – lo incoraggiò il giovane drago.
- Se ora sono qui, se sono diventata ciò che sono e sono stata in grado di salvare così tante vite, è stato anche grazie a te, Tyrion. Tu sei stato il mio braccio destro, la mia spalla su cui piangere quando ne avevo più bisogno. Tu sei stato una delle cose migliori che mi sia mai capitata. Un amico e un consigliere come te dovrebbe essere invidiato da ogni lord o regnante e conteso fin oltre il Mare Stretto. Hai un cuore grande e buono e una mente brillante ed estremamente sveglia. Meriti questo e molto altro, fratello mio – gli disse Daenerys sorridendogli sincera.
Dopo quelle incoraggianti parole, Tyrion si decise finalmente, dirigendosi nuovamente verso l’imponente Viserion, che lo stava aspettando. Discretamente provò a salirgli sulla schiena facilitato dai movimenti del drago, atti a farlo arrampicare agevolmente. Quando fu in groppa alla creatura, un moto di agitazione mista ad adrenalina prese possesso di lui. Viserion spiccò il volo mentre Tyrion cercava di abituarsi e di metabolizzare la nuova meravigliosa e rigenerante sensazione. Walter lo guardo sorridendo, ricordando come, solo pochi giorni prima, anche lui avesse provato le stesse identiche emozioni. Vedendolo volare lontano e in quel modo, anche Daenerys fu invogliata, così si diresse verso il suo Drogon salendogli in groppa. – Avanti, Walt! Vieni anche tu! Proviamo a volare tutti e tre insieme! Guarda: Rhaegal è già in posizione.
- Magari un’altra volta. Devo ancora riprendermi dalla prima cavalcata – rispose il giovane drago.
- Se non ci raggiungi entro pochi minuti, torno a prenderti con Drogon! Volerai comunque ma non sarai seduto comodamente sopra una schiena di drago, e ti garantisco che non è così piacevole! – lo ricattò lei divertita, prendendo il volo con il possente drago nero.
Dopo di che, Rhaegal si voltò a guardarlo. Walter avrebbe giurato di aver visto quasi uno sguardo truce nei suoi occhi. – Rhaegal, non cominciare anche tu! Devi ancora guarire dalle tue ferite, lo hai dimenticato? Se cadiamo entrambi muori tu e muoio io. – Tuttavia il drago continuò a fissarlo insistentemente con quegli occhi penetranti. – Non è un bene che tu sia spericolato quanto me. Ma soprattutto che tu sia bravo a persuadere quanto me. Ok, va bene, mi hai beccato, io lo farei comunque. Lo dicevo solo per te, per farti guarire. Ma se insisti tanto, allora andiamo … - si arrese salendo per la seconda volta sopra di lui e assaporando il brivido del volo tra il vento e le nuvole, della connessione con una parte della sua anima e del sangue che ribolle come riscaldato da un’energia immortale.
 
Walter entrò dentro la stanza in cui riposava il capostipite della casata Reed. Howland non si era più ripreso dalle ferite che gli erano state arrecate dai Greyjoy. Oramai i medici non potevano fare più nulla per lui, e avevano solamente consigliato di affidarlo al “volere degli dei”. Non era più riuscito ad alzarsi dal letto da quel giorno.
- Volevi vedermi, Howland? – gli chiese il giovane drago, cercando di non addolorarsi troppo nel vedere colui che era come un familiare stretto per lui, in quello stato. Evitava di andarlo a trovare spesso nella sua stanza, poiché odiava vederlo così. L’uomo si accorse della presenza di Walter e, a fatica, voltò il capo verso di lui, sforzandosi di sorridere e di aprire gli occhi stanchi maggiormente. Alzò la mano magra e smunta facendogli segno di avvicinarsi. Walter si sedette accanto al materasso attendendo che lord Reed gli parlasse.
- Ho qualcosa da darti, Walter … - sussurrò l’uomo indicandogli un angolo della stanza coperto da un mobile imponente. Il giovane drago spostò il mobile e trovò un oggetto coperto da un telo rosso. Tolse il telo e scoprì che si trattava di una grossa e splendida spada. Si poteva dedurre che fosse in acciaio di Valyria dalla strana consistenza e dall’inusuale colore della lama. In cima all’elegante impugnatura vi era scolpito, da un lato il capo di un metalupo, e dall’altro quello di un drago.
- Che significa? – chiese il giovane drago tornando accanto ad Howland con la spada in mano. – Sembra in acciaio di Valyria ma non può essere … Maestro Luwin ci ha fatto studiare i membri delle casate che tutt’ora posseggono una spada in acciaio di Valyria … - continuò attendendo delle spiegazioni.
- Ned Stark mi ha detto di dartela quando sarebbe stato il momento. Temeva che gli fosse accaduto qualcosa prima di riuscire a fartela avere, perciò l’ha affidata a me. Ora è il momento giusto.
Walter sgranò gli occhi udendo quelle parole. – Questo vuol dire che tu sapevi? Sapevi ogni cosa fin dall’inizio come lui …?
- Io ero l’unico a sapere insieme a tuo zio Ned e a Cat, figliolo. Io ero presente quel giorno alla Torre della Gioia, quando il mio fedele amico è uscito dalla Torre con un neonato tra le braccia … Ho sempre mantenuto questo segreto inestimabile, fino ad ora. Quella spada di acciaio di Valyria è un dono che Ned ha ricevuto in giovane età. Non è registrata nelle pergamene della Cittadella. È come se fosse una spada fantasma. Voleva che la avessi tu. Per questo ha fatto scolpire il muso di un drago dietro a quello del metalupo. Sapeva che avresti fatto grandi cose un giorno. Era certo che saresti divenuto il nuovo re del Trono di Spade. Questo … questo è il suo dono per te.
- Non so se lo merito … non so se ne sono all’altezza.
- Non è un premio di merito o un augurio a farne un uso degno di un dio, ragazzo mio. È solo un dono di un padre a suo figlio. Qualcosa che ti servirà a ricordarti di lui, per farti tenere a mente a chi appartieni e chi sei realmente. “Fuoco quanto ghiaccio scorrono in lui. Non deve mai dimenticare che sarà sempre e comunque parte integrante del Nord. Ha l’anima di uno Stark”. Queste sono state le sue parole. Ned ti voleva davvero molto bene, figliolo. Ti amava come un figlio e questo lo sai. Accetta il suo dono e custodiscilo in modo che tu possa ricordare sempre chi è stato il tuo vero padre.
Walter restò ad osservare la meravigliosa arma che brillava tra le sue mani, ascoltando quelle commoventi e rassicuranti parole. Un cumulo di tristezza e di fierezza si condensarono nel suo stomaco.
- Grazie, Howland. Farò ciò che mi hai detto. Non lo dimenticherò mai.
 
 Margaery era stesa dentro l’incavatura del piccolo laghetto, riempito di sali e oli rilassanti, godendosi quell’attimo di quiete a contatto con la natura e ascoltando il rumore del vento. Era entrata in una trance idilliaca, fin quando non udì una voce che aveva il potere di attirarla e risvegliarla come nessun’altra. Proprio la voce che avrebbe voluto sentire.
- Non hai paura che qualche guardone sbuchi da dietro un albero?
La donna accennò un sorriso restando ancora con gli occhi chiusi. – Il mio drago ha paura che qualcuno possa guardare ciò che solo lui dovrebbe vedere? – gli chiese lei provocandolo, aprendo un occhio e guardandolo avvicinarsi lentamente.
Walter alzò le mani al cielo ricambiando lo sguardo. – Non sono nessuno per impedire alla mia regina di rose di fare ciò che desidera.
- Speravo che mi raggiungessi. Dunque? Stai forse aspettando che mi inginocchi a te per farti entrare in acqua? – gli chiese lanciando uno sguardo fugace ai suoi vestiti che ancora lo coprivano. A ciò Walter le sorrise ancora e si sedette sull’erba accanto a lei invece di entrare nel laghetto. – Qualcosa ti turba, mio signore? La scoperta riguardo Tyrion, il tuo nuovo e stretto parente di sangue? O il sogno che stanotte ti ha reso così irrequieto nel sonno? Oppure si tratta della tua visita al povero lord Reed appena avvenuta? Perché ti ha chiamato così all’improvviso nella sua stanza?
- Non ti sfugge proprio niente, eh? – le chiese sorpreso positivamente. Ogni giorno che trascorrevano assieme e ad amplificare la loro conoscenza reciproca, il loro amore aumentava sempre di più verso l’altro, così anche la loro alchimia. – Ho saputo che, quando ero con Howland poco fa, mentre ti allenavi hai avuto un malore. Solitamente la tua resistenza e la tua salute sono di ferro, perciò che è successo?  E ora come ti senti?
- Nulla di preoccupante. L’unica cosa di cui avevo bisogno era un bagno caldo all’aria aperta come questo. Ora che l’ho avuto sto molto meglio. Ma, sbaglio, o stavamo parlando di te poco fa? Parlami, amore mio. Sono tua amica e confidente prima di essere la tua amata.
- Non voglio farti preoccupare per delle assurde sciocchezze. – A ciò, Margaery si spostò, allontanandosi da lui e appoggiandosi con la schiena alla parte opposta del laghetto. - Qualcosa mi dice che finché non parlerò, me lo farai pesare in ogni modo – disse lui rialzandosi in piedi.
- Credo che tu abbia bisogno di questi sali rilassanti per sciogliere la tensione e parlare più apertamente con me …
- Mia regina, non farò il bagno in delle acque colme di oli profumati e dalla fragranza floreale … - ma Walter non fece neanche in tempo a terminare la frase che Margaery fece cadere pesantemente una gamba sopra l’acqua, generando abbastanza schizzi necessari a bagnare completamente il giovane drago a pochi metri da lei. Oramai i suoi vestiti erano zuppi e lui con loro, dalla testa ai piedi. Guardò la ragazza con finto sguardo truce.
- Oramai la fragranza floreale sta già penetrando nella tua pelle e venendo assorbita dalle tue vene, uccidendo la tua virilità. Mi dispiace, mio signore: ora non hai più scuse – gli disse irrisoria e soddisfatta del lavoro fatto.
A ciò, Walter si arrese ed entrò nel laghetto senza neanche perdere tempo a levarsi i vestiti. – Contenta? – le chiese raggiungendola e donandole un caldo bacio sulle labbra.
- Per metà. Non lo sarò completamente fin quando non avrai parlato – gli rispose avvicinandosi con il suo corpo nudo.
- Il sogno di stanotte mi è sembrato quasi una premonizione. Altre volte mi è sembrato di fare sogni che mi sono apparsi come anticipatori di un futuro prossimo o lontano. Ma questo … questo era diverso.
- Cosa ti ha turbato tanto di questo sogno?
- C’era mia madre, la mia vera madre, così come il mio vero padre. C’eravate anche tutti voi e molti altri, persino coloro che hanno perso la vita. Poi mi ha raggiunto il Re della Notte. L’ho visto in volto e non ho abbassato lo sguardo. Lui mi ha detto una cosa strana. Mi ha detto che, una volta che sarò giunto nei territori oltre la Barriera, non mi lascerà più andare. Anche mia madre, Lyanna, continuava a ripetermi qualcosa che mi ha fatto pensare molto … continuava a dirmi che devo trovare la mia strada e che sono destinato ad errare nella terra dei mortali come un viandante immortale … io non so cosa in realtà volesse dirmi, Margaery …
La ragazza intravide il suo turbamento oltre il velo dei suoi occhi limpidi e burrascosi. A ciò, gli prese il viso tra le mani delicatamente ma con decisione e lo guardò dritto in quei fari accesi. – Ehi, non fare brutti scherzi, intesi? Non pensare e non interpretare delle parole udite in un sogno. Ora siamo qui, nella realtà, e abbiamo tutto ciò che ci serve per vincere questa Battaglia. Inoltre io ho bisogno di te. Hai colto questa rosa e ora la terrai con te.
- Non lascerei questa rosa per niente al mondo … - le sussurrò aiutandola a sistemarsi meglio sopra di lui e seguendo il ritmo dei suoi baci lenti.
- Se ne è aggiunto anche un altro di motivo tra i tanti per i quali non puoi lasciare questa rosa … - gli sussurrò la giovane avvicinandosi al suo orecchio. Dopo di che, gli afferrò dolcemente una mano e la guidò sul suo ventre piatto. L’espressione di Walter mutò improvvisamente e cominciò a guardarla fissa nei suoi occhi. – Non posso crederci … dici sul serio??
- Per questo ho avuto un malore prima: molto presto ci sarà anche uno splendido bambino o una meravigliosa bambina che avrà bisogno delle tue e delle mie attenzioni … - gli rispose sorridendogli felice. Nel volto del giovane drago si allargò un sorriso immenso e raggiante;  difatti non perse tempo a capovolgere le posizioni e ad inglobare la sua regina in un abbraccio totalizzante e a baciarla in modo tanto intenso e passionale, da scaldare l’atmosfera all’immediato, mentre lei ricambiava in maniera altrettanto energica e cercava di togliergli di dosso quegli ingombranti vestiti. Tuttavia, quell’intimo e idilliaco momento fu interrotto da un altro suono, sempre di un corno, ma, questa volta, molto diverso rispetto all’assordante rumore dell’Evocatore. Era un suono lontano, disperso nel vento, ma ugualmente penetrante e profondo, quasi come se, a causa di esso, la terra si stesse lentamente dividendo a metà.

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Capitolo 26
*** La fine di un'era ***


La fine di un’era
 
Il corno di Joramun aveva funzionato e ora, la Barriera eretta da secoli e secoli da Bran Il Costruttore, non esisteva più. Non era altro che particelle di ghiaccio disperse nel vento. Nessuno sapeva che fossero proprio gli estranei ad essere in possesso dell’antichissimo corno usato da Joramun, un re oltre la Barriera, per risvegliare i Giganti della Terra e sconfiggere il Re della Notte. Le leggende riguardo la presunta capacità del magico corno di frantumare la Barriera, non erano mai state appurate, fino a quel momento. Oramai, Castello Nero non esisteva più. Così come non esisteva più la Confraternita dei Guardiani della Notte. Il suono del corno, il crollo della Barriera e l’invasione di milioni di estranei, erano stati tutti eventi totalmente improvvisi e inaspettati, tanto da far trovare i Bruti e i Guardiani che si trovavano a Castello Nero non abbastanza preparati ad affrontarli. Tormound, Edd e tutti coloro facenti parte della base che aveva sede a Castello Nero, erano morti. O meglio, erano divenuti come loro.
Oramai uno spesso strato di neve, alto quasi un metro, copriva le immense distese di quasi tutto il Nord. Il cielo nevicava perennemente scatenando anche delle violente tempeste di neve: non vi era più distinzione tra terre sconfinate e del popolo libero, e il Nord appartenente al continente occidentale, e non solo perché  la Barriera era crollata. Sembrava come se, da quando gli estranei avessero oltrepassato il confine, l’Inverno fosse arrivato davvero.
Tutto l’esercito dei non-morti, capeggiato dal Re della Notte, stava avanzando imperterrito sempre più a Sud, sterminando i piccoli villaggi che incontrava nel cammino. Poco prima che raggiungessero Grande Inverno, tuttavia, accadde qualcosa. Si udì un rumore imponente e minaccioso, capace di fendere l’aria. Un attimo dopo, un drago si librò in cielo incenerendo centinaia di estranei con la sua potente fiamma. A guidare l’affascinante creatura vi era Walter. Il suo sguardo era agguerrito e sicuro di sé mentre capeggiava una parte della sua anima, come se fosse egli stesso che guidasse la tecnica di volo dell’animale. Il Re della Notte non staccò mai lo sguardo da lui, anche quando si intravidero altri due draghi librarsi in cielo dietro di lui, uno guidato da Daenerys e l’altro da Tyrion, le altre due teste del drago.
I tre riuscirono ad eliminare molti non-morti con le sole fiamme dei loro draghi, dando così il tempo a tutto l’immenso esercito composto da quasi tutti i componenti dei sette regni, guerrieri e non, comprese donne e giovanissimi ragazzi e ragazze, di avanzare e farsi spazio nella formazione prevista per la Battaglia. I comandanti predisposti in primissima linea erano Jon, Arya, Jaime, Brienne, il Mastino, Yara, Davos, Loras, Oberyn, Beric, Jorah, Verme Grigio e Qhono. La loro parola valeva quanto quella di Walter, Daenerys e Tyrion, al momento impegnati sopra i loro draghi. A capo degli arcieri, invece, posizionati in una postazione strategica e a debita distanza, vi erano Meera e Bronn.
Nonostante la loro ottima organizzazione preventiva, il Re della Notte sapeva bene che il crollo della Barriera era stato una vera sorpresa per loro, e che non avrebbero potuto avere il tempo necessario per prepararsi al meglio.
Nonostante ciò, Walter sembrava sfidarlo con il suo sguardo di fuoco, ogni secondo che passava, non distogliendo mai gli occhi dal suo nemico per eccellenza, nonostante la distanza, proprio come faceva quest’ultimo.
Arrivò il momento in cui anche l’esercito dei vivi cominciò a combattere agguerritamente con le armi di vetro di drago forgiate impeccabilmente da Gendry. Tuttavia, i tre Targaryen non avevano messo in conto qualcosa. Daenerys vide sfrecciare nella sua direzione una lancia ghiacciata, prontamente schivata da Drogon, il quale, tuttavia, si agitò notevolmente. La ragazza, sconvolta, lanciò uno sguardo preoccupato prima in direzione di Walter, poi di Tyrion, entrambi poco distanti da lei.
Il Re della Notte aveva tirato fuori il suo asso nella manica. Ora sarebbero davvero iniziati i giochi. Sarebbe stato fin  troppo facile sterminare l’immenso esercito dei non-morti con le fiamme dei tre draghi. In diversi punti strategici disseminati a distanza nell’esteso terreno innevato, vi erano posizionati degli estranei incaricati di lanciare a ripetizione delle lance magiche, puntando in direzione dei tre draghi che si stavano librando in cielo. La nebbia e la neve coprivano parzialmente la visuale rendendo difficile distinguere tra l’immensa folla di non-morti coloro che stavano lanciando le lance e da dove lo stessero facendo. I tre videro arrivare molte lance nelle loro direzioni e cominciarono a schivarle. A causa di ciò, Viserion, Rhaegal e Drogon smisero di sputare fuoco, facendo aumentare l’affluenza di estranei che si scagliavano sull’esercito dei vivi che combatteva a terra.
- Walter!!! Dobbiamo scendere o moriremo e i draghi con noi! – urlò Daenerys per farsi udire dal giovane drago mentre Drogon schivava un'altra delle numerose lance.
Walter riconobbe che avere un drago contro come non-morto sarebbe stato peggio di qualsiasi altro estraneo. Le lance erano troppe e troppo precise, dunque non potevano permettersi di rimanere ancora in aria, nel mirino dei capaci lanciatori non-morti. Confidava in Meera sull’individuarli e poterli colpire a distanza con le frecce di vetro di drago. Ma la ragazza sembrava non averli ancora scovati e colpiti, dunque non potevano fare altro che combattere da terra e far rimanere i draghi al sicuro.
- Tyrion, vattene insieme a Viserion! Non sei abbastanza abile per un combattimento da terra contro di loro!! – esclamò Walter verso suo zio prima di atterrare con Rhaegal.
- Sono utile qui! Anche solo come comandante!!
- Vattene, ora!! – gli ordinò perentorio scendendo da Rhaegal.
- Walt! – lo richiamò Jon raggiungendolo non appena fu a terra. – Ne ho uccisi alcuni e sono riuscito a scoprire qualcosa! Quando ho eliminato uno di loro che era in gruppo, anche gli altri che erano intorno a lui sono morti!
Un velo di consapevolezza invase gli occhi chiari del giovane drago. – Questo vuol dire che se eliminiamo il Re della Notte … - dedusse voltandosi a guardare il succitato a distanza - … muoiono tutti. – Dopo aver detto ciò, si voltò di nuovo verso suo cugino. – Rimani accanto alla tua formazione, cerca di non allontanarti troppo dalla postazione se non è strettamente necessario.
- Che cosa hai intenzione di fare, Walt?
Walter, prima di rispondergli, posò una mano sul muso di Rhaegal, come per trasmettergli il suo volere senza l’uso delle parole. Il drago sembrò capire poiché, prontamente, si alzò in volo e si allontanò da quel luogo. – Riuscirò ad arrivare a lui – rispose a suo cugino, sfoderando la sua spada di acciaio di Valyria e gettandosi verso gli estranei senza rispettare alcuna formazione. Non aveva ancora avuto tempo di dargli un nome. Non aveva mai avuto una spada tutta sua e un’arma di quel calibro meritava di certo di essere riconosciuta. O forse no. Forse era proprio la sua assenza di identità che la rendeva unica e indistinguibile tra tutte le altre. Quella era la “spada fantasma” e, per qualche motivo, la sentiva adeguata a lui più che mai in quel momento e durante quella grandiosa Battaglia. Non aveva mai affrontato faccia a faccia quelle creature di cui aveva tanto letto, ma Jon gli aveva spiegato alcune cose. Le armi normali, che non fossero di vetro di drago, non uccidevano gli estranei ma se li si colpiva abbastanza forte, li si poteva spezzare letteralmente a pezzi essendo corpi in stato di decomposizione. O almeno era quello che pensava prima di colpire violentemente uno di loro, il primo estraneo con cui ebbe modo di fronteggiarsi, e scoprire di poterli letteralmente sgretolare in tante piccole particelle di ghiaccio, grandi come granelli di polvere, non appena lo vide frantumarsi davanti ai suoi occhi. Dunque, anche l’acciaio di Valyria poteva distruggerli? Quello non era il momento giusto per quel tipo di domande e per studiare una risposta esauriente; contava solo quello che poteva fare all’immediato. Walter si concentrò completamente sulla sua spada e si fiondò tra l’orda di non-morti da solo, in un attacco che appariva suicida in tutti i sensi. Gli altri combattenti lo osservavano increduli, preoccupati per lui e sconvolti dalla sua audacia e spericolatezza che sfociava nettamente in totale indifferenza nei confronti della morte. Walter non indossava l’armatura, fino alla fine non l’avrebbe indossata perché non lo aveva mai fatto, non ne aveva mai avuto bisogno e non era il modo in cui combatteva. Era libero da ogni impedimento nei movimenti, vestito con un abito nero e coperto da un mantello dello stesso colore, proprio come quello che indossava nel sogno che aveva fatto pochi giorni prima. Forse lo aveva interpretato come un segno, o forse il suo inconscio aveva deciso di indossarlo perché lo riteneva giusto dopo tutto ciò che in quel sogno gli era stato detto. I suoi movimenti al massimo dell’agilità e della velocità misti alla sua indole agguerrita e violenta più che mai in quel momento, gli permettevano di fare scintille tra quelle creature. Era deciso a raggiungere il Re della Notte e ad ucciderlo. E sembrava si stesse avvicinando molto nonostante stesse combattendo completamente da solo decine e decine di non-morti che si scagliavano su di lui. Appariva come una macchina da guerra senza freni né limiti.
- Walter!! Vai via da lì!! - Udì quella voce familiare da lontano, ma aveva la visuale coperta dai non-morti che si stavano schiantando su di lui, non riuscendo a vedere di chi si trattasse. Forse era Daenerys. In ogni caso non importava. L’avrebbe raggiunto. Ad ogni costo.
Ad un tratto, vide comparire di fianco a lui, schiena contro schiena, Arya. In qualche modo lo aveva raggiunto fino a quel punto, superando l’orda di estranei. – Ora devi spiegarmi come diavolo fai – disse semplicemente lei cominciando a combatterli al suo fianco.
- Sono lenti. Troppo lenti. Essendo morti i loro riflessi sono nettamente inferiori a quelli umani – rispose semplicemente il giovane drago, felice e preoccupato al contempo per il fatto che sua cugina l’avesse raggiunto mettendosi così a rischio. – Dovevi mantenere la tua postazione. Sei uno dei comandanti.
- Sto bene qui, grazie per il pensiero, lord “chiunque è troppo lento per me”. Vuoi arrivare a lui? Ti aiuterò a farlo così avrai meno possibilità di suicidarti durante il tragitto – rispose prontamente la ragazza.
In quel momento riuscì a raggiungerli anche Jon. Se la situazione fosse stata differente, sarebbe stata una scena commovente. Ma non potevano neanche permettersi di pensarlo in quel momento.
- Tu che scusa hai per aver lasciato la tua postazione, fratello? – gli chiese Walter riuscendo ad accennare un sorriso anche mentre tre non- morti si scagliavano su di lui.
- Abbiamo molti altri validissimi comandanti che stanno guidando l’esercito. Non lascio mio fratello tra l’orda di non-morti mentre cerca di salvarci tutti. Quando lo avrai raggiunto e lo avrai ucciso, tutto questo sarà finito. E io sarò con te a guardarti le spalle – gli rispose Jon mentre erano tutti e tre schiena contro schiena a combattere con tutte le loro forze. Insieme come un tempo ma più vicini di quanto non fossero mai stati.
Ma i tre non poterono fare a meno di bloccarsi quando udirono l’urlo atroce di uno dei tre draghi. Il sangue si gelò nelle vene di Walter. L’attimo di debolezza gli costò caro, dato che uno degli estranei approfittò del momento di confusione e agitò la lunga spada ghiacciata nella sua direzione con l’intento di decapitarlo. Ma, nonostante la distrazione, i riflessi di Walter erano sempre più che ottimi, difatti riuscì a schivare il colpo il minimo indispensabile per non rimanerne ucciso, ma non per non rimanerne ferito: l’arma gli provocò una profonda ferita che partiva dal lato della bocca, fino ad arrivare sotto il mento. Il giovane drago si toccò la parte lesa e grondante di sangue constatando, con uno strano magone che gli saliva dallo stomaco, che era la stessa nella quale aveva una cicatrice in quel sogno.
I tre riuscirono miracolosamente ad uscire dalla folla di non-morti grazie all’urlo di drago che aveva distratto anche questi ultimi. Raggiunsero nuovamente i loro compagni constatando con orrore cosa fosse accaduto e stesse ancora accadendo. Si trovarono dinnanzi ad un Tyrion che stava subendo la trasformazione da umano ad estraneo: la sua pelle stava pian piano assumendo un colore bluastro mentre i suoi occhi, da spenti, cominciarono ad assumere una tonalità azzurra inumana, poi più scura, fino a diventare blu. A quanto pare il folletto non aveva ascoltato il giovane drago e aveva deciso di rimanere nel campo di battaglia per dare il suo contributo almeno in maniera indiretta, impartendo ordini ed entrando nel vivo della battaglia solo se necessario, proprio come aveva fatto durante la Battaglia delle Acque Nere. Ma, proprio come accadde in quella situazione, il nano venne colpito. Questa volta, tuttavia, non riuscì a scamparsela con una cicatrice a sfigurargli il volto. Questa volta il colpo gli era costato la vita. Scelta stupida e coraggiosa. Una scelta non da Tyrion, ma, d’altronde, lui era anche questo: riusciva a mantenere la giusta freddezza e lucidità sempre, tranne quando si trovava dinnanzi allo spettacolo che includeva tutte le persone alle quali teneva di più rischiare di morire. In quei casi, il suo inconscio lo spingeva ad unirsi a loro, ad aiutarli e, se non fosse stato possibile, a morire con loro.
Non era stato l’unica vittima da quando avevano cominciato la Battaglia. Ma Tyrion era Tyrion. Tyrion era la terza testa del drago e uno dei tre Targaryen rimasti al mondo. Tyrion era il folletto di Castel Granito, colui sempre sfuggito alla morte, l’uomo più saggio e più furbo del continente occidentale.
Ma non avevano il tempo per soffrire. Non avevano tempo per metabolizzare e restare soli con il loro dolore. Il tempo non era qualcosa che potevano permettersi di sprecare. Nessuno avrebbe avuto un tale sangue freddo, ma, oramai, Walter aveva imparato ad averlo.
 
Ero entrato nel Castello velocemente, con l’agitazione che scuoteva il mio intero corpo. In quella stanza vi era Tyrion, il quale stava intensamente conversando con alcuni generali. - Potete andare – disse congedandoli. Non appena furono usciti tutti dalla sala si voltò verso di me.
- Era il corno di Joramun. Ne sono convinto – dissi camminando freneticamente come in cerca di qualcosa.
- Ne sei sicuro? Quel corno è sempre stato una leggenda fino ad ora.
- Hai il coraggio di dubitare ancora delle presunte “leggende” che abbiamo udito da bambini dopo tutto quello che è accaduto? – Non volevo rispondergli in modo tanto brusco, ma l’ansia si stava impossessando del mio corpo, così come il peso della responsabilità di tante vite. Ma Tyrion lo capì. Capì immediatamente.
- Ho avvertito i generali della mia base incaricando Jaime di preparare tutte le truppe e di dirigersi più a Nord. Hai già dato l’allarme?
- Sì, ma devo organizzare anche …
- Walter, ora calmati, non puoi dirigere e guidare la tua base in queste condizioni … comprendo come ti senti. Anche io ho provato le stesse emozioni quando ero Primo Cavaliere del Re durante il regno di Joffrey e avevo la responsabilità di tante vite addosso poiché avevo l’arduo compito di proteggerli da un tiranno pazzo e suscettibile. Lo stesso ho provato quando Daenerys mi ha dato tanta fiducia da affidarmi la sua ultima conquista, la città di Meeren. La paura di fallire era tanta.
- Io ho compiuto molte imprese nel corso della mia vita, più di quante un giovane di vent’anni dovrebbe compiere. Ma in ognuna io ero responsabile della mia sola vita e al massimo di quella dei componenti della mia famiglia o di una ristretta cerchia di persone come alcuni prigionieri o un gruppo di bambini. Non mi è stata mai data tanta fiducia, tanta responsabilità. Ho sempre agito come meglio ho creduto perché sapevo di essere il solo a pagare le conseguenze dei miei errori e dei miei sbagli. Ho un metodo di agire folle e incurante del pericolo.
- Eppure non hai mai fallito. La tua intelligenza e la tua raffinata astuzia ti hanno permesso di guidare e di salvare molte vite. Sarai il comandante più inusuale e controverso dei sette regni, ma sei anche il migliore che sia mai esistito da secoli. Hai cambiato il modo di vedere le cose, la storia, le autorità, le paure e le leggende. Non potrei immaginare nessun altro di diverso su quel trono, ragazzo mio.
- Ti prego, non ti ci mettere anche tu …
Tyrion sorrise a quelle parole avvicinandosi ancora a me. – So bene che potrebbe non esistere più alcun trono tra qualche giorno … ma fammi essere poetico almeno per l’ultima volta. Non fare il guastafeste, non ti si addice – disse sorridendo ancora, cercando di trovare quella sua solita ironia che mai lo abbandonava, anche in quella particolare situazione. – Quando mi hai salvato grazie a quel duello, ho subito capito dove saresti arrivato, fino a che punto ti saresti spinto. E già in quella cella, o forse già durante la nostra prima conversazione avuta a Grande Inverno, ho desiderato seguirti e affiancarti. Ora che ho scoperto di essere tuo zio, non potrei considerarmi più fortunato di così. Ho lo stesso sangue della donna che già da molto tempo addietro ho cominciato a considerare una sorella, una vera sorella, come quella che non ho mai avuto; e dell’uomo al quale avrei affidato la vita già dalla prima volta in cui ho posato lo sguardo su di lui, quando era solo un sedicenne infuriato con il mondo per non poter aiutare il suo fratellino in bilico tra la vita e la morte.
Quelle parole riuscirono a farmi dimenticare la situazione precaria in cui ci trovavamo, l’urgenza che mi premeva nelle vene come veleno letale. Gli occhi e lo sguardo sincero di Tyrion mi fecero desiderare di averlo sempre al mio fianco, mi fecero desiderare di non trovarmi in quella situazione e di non voler avere la costante paura di perderlo nel campo di battaglia. Sapevo che quelle sarebbero potute essere le nostre ultime parole sentite e intime scambiate tra di noi, ma non volevo pensare ad una tale possibilità. No, non dovevo pensarci. Avrei protetto tutti. Sarei sicuramente riuscito a proteggere tutti.
 
- Dov’è l’Evocatore? – chiese rompendo il silenzio che si era creato tra quella cerchia di persone più strette che aveva smesso di combattere con gli altri, troppo presi a metabolizzare la grave perdita. Grave soprattutto perché Viserion, ora, era dalla parte degli estranei pur non essendo stato colpito dalla lancia. Finché fosse rimasto indissolubilmente legato all’altra parte della sua anima, sarebbe stato sotto il suo comando. Questo era l’unico motivo per il quale anche gli estranei si erano momentaneamente placati. L’unica voce, l’unico urlo di dolore in quel silenzio agghiacciante, era quello di Jaime. - Tyrion!! Tyrion, no!!! Fratello mio!! – Jaime si sarebbe scagliato su di lui, incurante del fatto che oramai suo fratello non esistesse più e che, al suo posto, ci fosse una creatura che non avrebbe esitato ad ucciderlo e a renderlo uguale a lui. Ma lady Brienne lo stava trattenendo prontamente con tutte le sue forze, facendo un’immensa fatica nonostante fosse più alta e più robusta di lui. Ser Jaime sembrava una bestia imbizzarrita.
- Ser Jaime, ti prego!! Torna in te!! Tyrion non c’è più ormai! – esclamò la donna cercando di trattenere ancora a sé l’uomo che amava.
Quando Walter porse quella domanda all’improvviso, gli altri sembrarono svegliarsi da una strana trance. Fu Daenerys la prima a rispondergli, ancora scossa da ciò che era appena accaduto. – Walter, non vorrai usarlo … sai che non abbiamo avuto tempo di informarci adeguatamente sugli antichi maestri di Naath. Abbiamo scoperto solo delle informazioni lacunose e non sappiamo se siano vere o false. Non abbiamo alcuna certezza che il rituale funzioni e che il suonatore del corno non morirà una volta averlo fatto!
- Proprio per questo sarò io a suonarlo. Non abbiamo altra scelta e non abbiamo tempo. Non possiamo permettere che Viserion ascolti Tyrion e sia dalla parte degli estranei!
- Ma potresti morire!
- Meglio perdere me piuttosto che uno dei draghi!
Ma Walter non fece in tempo a suonare il corno, che una lancia colpì Viserion facendolo schiantare a terra e uccidendolo. Era l’unico dei draghi ancora rimasto nel campo a causa di ciò che era accaduto a Tyrion, dunque era l’unico ancora pienamente nel mirino dei lanciatori non-morti. Oramai, l’Evocatore non sarebbe servito a nulla: Viserion sarebbe divenuto pienamente un estraneo.
-  No!!! – l’urlo della madre dei draghi fu atroce e immenso, mentre si accovacciava a terra tra la neve e piangeva guardando uno dei suoi figli senza vita sprofondare tra la distesa di ghiaccio. Rimasero in silenzio a guardare il rituale con il quale il Re della Notte trasformò il povero Viserion in non-morto. Non appena il drago aprì i suoi fari blu, si alzò in volo cavalcato dal Re della Notte, cominciando a sputare delle fiamme ghiacciate capaci di uccidere con la stessa intensità di quelle usuali. Soltanto con quella fiamma Viserion stava facendo un sacco di vittime tra l’esercito dei vivi.
- Meera!! Punta la balestra su Viserion!! Mirate su di lui e colpitelo!! - comandò Walter alla sua amica, la quale fece come gli era stato detto.
- Sei un mostro!! Come puoi fare una cosa del genere?!! – gli urlò Daenerys fuori di sé e scagliandosi su di lui con una ferocia mai avuta.
Il giovane drago la bloccò prontamente ponendo il viso alla sua stessa altezza. – Dae, guardami!! Dobbiamo farlo!! Non avrei mai voluto ma dobbiamo!!
- Come fai a reagire in questo modo?! Come puoi non possedere un cuore?!? Ero convinta che lo avessi ma non hai niente dentro!! Tyrion è morto e anche Viserion!! Ed è come se non te ne importasse nulla!!
- Vorrei che non me ne importasse nulla in questo momento, per riuscire ad essere lucido e a salvarci!! Lo vorrei davvero tanto, credimi!! Ma non posso permettermi di distrarmi! Stiamo morendo, Daenerys! Stiamo morendo tutti! Vuoi continuare a vivere?? Vuoi avere dei figli e vederli crescere?!? Vuoi tornare di nuovo ad amare un uomo con tutta te stessa?!? Lo vuoi?!? – le chiese con il volto distrutto e deciso allo stesso tempo. La ragazza rimase in silenzio a guardarlo. – Devo essere forte per tutti. Perciò perdonami – le disse infine abbracciandola e stringendola forte, per poi ritornare in prima linea e guidare l’esercito.
 
- Resterai qui al sicuro. Non puoi prendere parte alla Battaglia ora che nostro figlio cresce dentro di te – gli dissi dandole un bacio sulla fronte e tenendola stretta a me.
- Vorrei poter essere lì al tuo fianco. Non mi sento sicura nel rimanere qui, distante da te mentre tu rischi la vita. Ci siamo già persi una volta, mio drago – mi disse stringendo le dita sulla mia schiena.
- Non posso prometterti che tornerò. Odio fare promesse che non sono sicuro di mantenere.
- “Un uomo in mezzo ad una distesa bianca,
cammina cammina e mai si stanca,
tiene gli occhi chiusi per non spezzare in mille pezzi il cielo
e non parla per non ridurre la terra in un velo;
il viandante non ha voce,
il viandante non respira,
perché quando parla nuoce
e quando vive il mondo attira;
hanno provato ad averlo le stelle
ma non erano abbastanza belle,
ha provato ad averlo il mare
ma non era abbastanza grande da poterlo inglobare,
ha provato ad averlo il vento
e ci sarebbe riuscito se al suo passaggio non si fosse spento.
Il viandante è metà uomo e metà bambino,
il viandante ha scelto da solo il suo destino,
il viandante è un leggenda o forse un’astratta essenza,
perché nessuno l’ha visto ma tutti sentono la sua assenza.”
Non appena terminò di cantare, mi resi conto che era esattamente quella la melodia che sentii all’inizio del sogno. – È la canzone che cantavi sempre ai bambini di Fondo delle Pulci – le dissi accennando un malinconico e turbato sorriso.
- Era la loro preferita – disse allontanando il viso dal mio petto e guardandomi con quegli occhi magnetici. – Torna dalla tua regina, mio re. Ti aspetterò anche millenni se sarà necessario. Ti aspetteremo – disse toccandosi la pancia. – Sento che sarà una splendida bambina alta, con i capelli folti e neri, gli occhi grandi, gli zigomi alti, le rientranze nelle guance, e magari avrà anche il vizio di torturarsi i capelli quando è nervosa, di arricciare involontariamente il naso quando è improvvisamente felice e di mimare le parole con gesti strani ogni volta che pensa di non riuscire ad esprimersi come vuole.
- Praticamente una mia copia ma al femminile.
- Esattamente.
- E se invece la nostra bambina avesse dei meravigliosi occhi da cerbiatta, dei morbidissimi capelli castani, il nasino all’insù e l’abitudine di dormire anche in piedi quando è stanca e di simulare decine di voci diverse con una velocità disarmante quando si rivolge a dei bambini o ad animali?
- Preferisco la mia ipotesi.
- Ti rendi conto che se dovessimo avere un maschio, nostro figlio crescerà per tutta la vita con problemi di autostima quando scoprirà che entrambi avremmo voluto una bambina? – le chiesi divertito.
- Invece non li avrà, perché il nostro Dunstan non scoprirà mai che avremmo preferito una bambina. Lo ameremo così tanto, da non fargli neanche venire in mente una tale possibilità.
- Dunstan? – gli chiesi con sguardo misto tra il divertito e il contrariato.
- Non ti piace? Voglio essere chiara con te, mio drago: io sceglierò il nome. – La guardai ancora con quello sguardo dubbioso, così cedette. – Posso concederti solo una cosa: puoi scegliere il suo nome se sarà femmina. Ma, se sarà un maschio, non dovrai più obiettare su “Dunstan”.
- Accetto.
- Allora? Ci hai già pensato?
Ci riflettei ancora un po’ prima di risponderle. – Eveline.
- Come mai questa scelta?
- Mi piace molto – le risposi semplicemente abbassandomi e donandole un ultimo bacio prima di salutarla. Non avrei più voluto dividermi da lei. L’unica cosa che mi rassicurava, era che fosse al sicuro. Almeno lei. – Ti amo, mia regina di rose. Ti amerò sempre.
 
- Ritirata!! State indietro!! – urlò il giovane drago rivolgendosi all’esercito ancora impegnato a combattere contro i non-morti mentre una buona parte veniva decimata dal fuoco di Viserion. – Così moriremo tutti in  breve tempo … - sussurrò mentre cercava di ragionare razionalmente. Tuttavia, i suoi pensieri si annullarono non appena si ritrovò dinnanzi ad un non-morto in particolare. Un non-morto che conosceva e anche molto bene. Lo avrebbe riconosciuto ovunque. Hodor si scagliò su di lui ferocemente. Quello che una volta era il dolce e innocente Hodor, ebbe il vantaggio della confusione e della sorpresa mista a dolore negli occhi del giovane drago. Riuscì ad atterrarlo mentre Walter lo guardava esterrefatto.
 
- Ehi! Ehi tu! Come ti chiami? – chiesi all’omone gigantesco che mi ero trovato di fronte. Tutti i bambini della mia età sarebbero rimasti spaventati nel vederlo, ma io no. Non lo ero affatto.
- Hodor – mi rispose intimidito nonostante gli arrivassi poco più su delle ginocchia, e solo perché ero il più alto della famiglia.
- Io ho tre anni. Tu?
All’improvviso vidi Jon avvicinarsi a me. – Walt, è inutile. Hodor sa pronunciare solo la parola “Hodor”. Non riesce a parlare come noi – mi disse mio fratello cercando di farmi capire che stessi parlando con un uomo che aveva un ritardo mentale. – Dai, sbrigati, sai che la Vecchia Nan non ha pazienza, non ci aspetterà ancora per molto! – mi esortò allontanandosi di corsa.
- Arrivo tra poco! – gli risposi. Poi mi rivolsi di nuovo all’omone avvicinandomi. Lui indietreggiò intimorito.
– Hodor!
- Non voglio farti male! Ma ti chiami davvero Hodor?
- Hodor.
- D’accordo – dissi mettendomi seduto sulla neve a gambe incrociate ed esortandolo a sedersi di fronte a me. Lui fece come gli avevo indicato e rimase a guardarmi.
- Hodor.
- Ora proverò a decifrare la tua lingua anche se non la conosco. Amo decifrare lingue sconosciute! Facciamo una prova: cosa hai mangiato oggi a colazione, Hodor?
- Hodor – rispose sorridendo e più a suo agio questa volta.
- Uova e pesce?? Io amo le uova e il pesce! Anche se preferisco le pagnotte con la marmellata. Con una montagna di marmellata. La mia preferita è quella di lamponi. La tua?
- Hodor! – stava letteralmente sorridendo felice ora.
- Mele?! Non lo avrei mai detto! Secondo me sei una persona golosa come me e alle persone golose piacciono più i frutti rossi e succosi! Cosa ti piace fare, invece?
- Hodor – rispose indicandomi i rami dell’Albero Diga poco distante da noi.
- Conti le farfalle che si posano sui rami dell’Albero Diga?? Non l’ho mai fatto!! Sono troppo basso perché sono piccolo! Per questo non vedo mai farfalle da quaggiù! Se mi prendi in braccio e mi fai salire sul tuo collo posso vederle anche io! – dissi alzandomi in piedi.
- Hodor!! –rispose felice lui prendendomi in braccio e posandomi sopra le sue spalle.
- … cinque, sei, sette, otto … Ne ho contate sei gialle, due rosa, quattro blu e otto rosse!! – esclamai stupefatto dalla bellezza di quelle piccole farfalle e di poter vedere il mondo da quella altezza. Era tutto più bello e si potevano osservare e notare un’infinità di particolari in più. - Non vorrei mai più scendere giù da qui, Hodor.
- Hodor?
- Perché sono altissimo! Non è bello essere piccoli e bassi! Mio padre dice che quando crescerò diventerò alto come te e forse anche di più! Perché già ora sono più alto di Jon nonostante lui abbia cinque anni mentre io tre. Spero di diventare grande presto per poter essere alto come te, Hodor!
- Hodor – disse felice mentre posava le mani sulle mie gambe per mettermi giù.
- No, non farmi scendere! – esclamai bloccandolo.
- Hodor?
- Sì, lo so che Jon mi aspetta con la Vecchia Nan, ma lui può attendere. Passo tutto il giorno insieme a lui mentre oggi ho incontrato te per la prima volta!
- Hodor?
- Non dovresti neanche chiederlo, Hodor! È ovvio che siamo amici ora!
 
- Hodor … - sussurrò il giovane drago schivando a malapena i colpi del suo vecchio amico. Aveva affrontato molte ardue prove nel corso della sua vita, ma questa … questa era la peggiore. Trovò miracolosamente il coraggio di fronteggiarlo, soltanto perché udì in lontananza le urla del suo esercito, delle persone che doveva proteggere, mentre morivano.
L’omone, oramai con la pelle di cristallo, smembrata in più punti, gli andò addosso con tutta la sua forza. Walter aveva già provato quella sensazione con la Montagna. Ser Gregor era addirittura più grosso e forzuto di Hodor. Ma ora era tutto diverso. L’Hodor non-morto combatteva senz’anima. Chiunque combattesse senz’anima non era più umano ed era mille volte più forte, un po’ come lo era stato lui durante quel duello infernale. Quando aveva combattuto contro la Montagna lo aveva fatto accecato dall’ira e dalla rabbia, annullato da tutto ciò che aveva subìto. Lo aveva ucciso atrocemente e a sangue freddo. Negli occhi di Hodor leggeva la stessa cosa ora: il vuoto.
Quest’ultimo gli saltò addosso, facendolo sprofondare completamente nella neve gelida. Non vedeva e non sentiva nulla. Tuttavia, forse le torture di Ramsey erano servite a qualcosa. Aveva già provato quella sensazione di ghiaccio e gelo intorno a tutto il suo corpo, ad intorpidirgli le ossa, gli arti, gli organi, a ghiacciargli il sangue, a spegnere il suo fuoco vitale e ad impedirgli di respirare. Lo aveva già vissuto per un’intera notte ed era stato capace di uscirne vivo. Lo avrebbe fatto anche ora. Riuscì a muoversi velocemente nonostante fosse circondato dalla neve, anticipando senza fatica i goffi seppur feroci movimenti di Hodor. Lo ritirò fuori da quell’oblio bianco e capovolse le posizioni, ponendosi sopra di lui. Non lo guardò negli occhi. Chiuse quei fari lucidi e distrutti da ciò che stava per fare, lasciando che le lacrime piombassero giù mentre affondava la lama della sua spada fantasma nella carni già morte di Hodor. Non appena lo udì smettere di emettere quel verso simile ad un urlo muto che accumunava i non-morti, e percepì che avesse cessato di muoversi sotto di lui, riaprì gli occhi e lo guardò. Riuscì ad abbracciarlo prima che diventasse polvere di ghiaccio. Lo strinse forte finché non si sgretolò tra le sue braccia. – Mi dispiace. Mi dispiace tanto …
Il giovane drago non ebbe neanche il tempo di riprendersi che si ritrovò davanti ad un’altra scena dolorosa.
 
Le porte di Grande Inverno si aprirono ed io entrai velocemente. La prima cosa che avrei fatto sarebbe stata raggiungere Jon e accertarmi di come stesse. Mio cugino era la priorità in quel momento, nonostante la situazione più che precaria in cui ci trovavamo: Castello Nero, quella che era stata la sua casa negli ultimi anni, era stato distrutto, così come tutti i Guardiani della Notte, compresi quelli rimasti a lui fedeli, come il leale Edd. Per non parlare dei Bruti che lui aveva salvato: morti anche loro.
Jon mi venne incontro prima che potessi raggiungerlo. Era distrutto, come temevo. Anche lui, proprio come me, aveva visto morire davanti ai suoi occhi molte delle persone a cui teneva, ma ora era diverso.
- Jon, mi dispiace tanto …
- Walt … io non so se posso farcela. Ho già combattuto una volta contro gli estranei ma non mi sono mai trovato ad affrontare qualcuno che già conoscevo. Mai. Edd … Edd è stato con me per tutti e cinque questi ultimi anni, si è arruolato insieme a me! È sempre, sempre rimasto al mio fianco! E Tormound! Ho combattuto le battaglie più importanti della mia vita al suo fianco, è stato il primo bruto a darmi fiducia dopo Ygritte ed è grazie a lui che sono riuscito ad arrivare dove sono ora!! Non credo di farcela, Walter!
- Jon, guardami: dobbiamo farlo per le persone che ci hanno dato fiducia fino ad ora. Dobbiamo farlo per il Nord e per il Sud. Dobbiamo farlo per tutti i sette regni. Non so se posso riuscire a farcela da solo senza di te. Sarà la cosa più difficile che faremo in tutta la nostra vita. Ma dobbiamo – gli dissi. Lui annuì ancora addolorato e ci abbracciammo come facevamo un tempo.
- Sono con te, fratello. Sempre.
 
Davanti ai suoi occhi, a qualche metro da lui, c’era Jon. Fermo e immobile. Il suo sguardo era in trance mentre vedeva avvicinarsi a lui un gruppo di Bruti e di Guardiani, tra cui anche Edd e Tormound. Fece male allo stesso giovane drago vederli in quello stato, anche se mai come aver visto Hodor, dato che aveva trascorso mesi al loro fianco. Dunque poté comprendere quanto potesse essere più dura per Jon. Il ragazzo alzò la spada di vetro di drago contro di loro, ma combattendo passivamente e al minimo delle sue capacità. Se fosse andato avanti così non ce l’avrebbe fatta. Walter non esitò a raggiungerlo e a difenderlo, combattendoli al suo posto mentre l’altro cercava di riprendersi.
- Jon! – lo richiamò mentre li affrontava. – Jon, alzati!!
- Non posso combatterli, fratello …
Ma la distrazione di Walter gli costò nuovamente, dato che riuscirono ad immobilizzarlo. Oramai per lui era la fine: una lama ghiacciata lo stava per colpire al torace. Preferì voltare lo sguardo altrove e non guardarla mentre lo perforava da parte a parte. Ma quella lama non arrivò mai a sfiorarlo. Non appena Jon lo aveva visto in pericolo, era riuscito a sopportare tutto quel dolore che sentiva e che gli provocava vedere tutte quelle persone a lui care in quello stato. Uccise Edd e altri urlando letteralmente dal dolore, dando tempo al giovane drago di rialzarsi in piedi, di liberarsi e di uccidere i rimanenti, tra cui Tormound. Una volta che ebbero sterminato quel gruppetto, Jon cadde a terra in ginocchio. Walter lo raggiunse inginocchiandosi con lui. – Ehi … va tutto bene. Insieme, ricordi? Lo abbiamo fatto insieme.
- Fratello … ora che abbiamo ucciso delle persone a noi care … ora siamo diventati mostri come loro? – gli chiese Jon alzando lo sguardo su di lui e facendo cadere la sua arma tra la neve, non riuscendo più a reggerla dato che le sue mani tremavano come foglie.
- Ora riesci ad alzarti? Riusciresti ad ucciderli ancora? Riesci a desiderare di continuare a vivere?
- No …
A quella risposta, Walter gli strinse amorevolmente la spalla e gli accennò un triste sorriso. – Allora il mostro sono solo io.
 
Una fiammata blu si avvicinò talmente tanto ai due cugini da farli piombare a metri di distanza, facendoli schiantare tra la neve. Walter, catapultato di nuovo nella realtà, decise di passare nuovamente ai suoi metodi rischiosi, gli unici in grado di funzionare in una situazione come quella. Fu in quel momento, forse, che capì davvero perché fosse stato scelto proprio lui.
- Rhaegal!! – urlò a squarciagola attirando l’attenzione di alcuni componenti del suo esercito che stavano combattendo nelle vicinanze.
- Che vuoi fare?! – gli chiese Jon allarmato.
- Mi serve un’esca. Moriremo tutti a breve a causa di quelle fiamme blu a meno che non uccidiamo Viserion, ma sembra che Meera e Bronn non riescano a colpirlo con la balestra costruita appositamente! Serve qualcosa che distragga Viserion tanto da permettere a Meera e a Bronn di colpirlo mortalmente e che lo faccia smettere di sputare fiamme blu sul nostro esercito. Saremo io e Rhaegal l’esca!
- Tu sei un folle! Se la fiamma blu dovesse colpirvi morirete! Devo inoltre ricordati che c’è il Re della Notte alla guida di Viserion??
- È l’unica cosa che posso fare – rispose correndo verso il suo drago che era appena atterrato sulla neve morbida, accanto a loro.
Accorgendosi del tutto, Daenerys si avvicinò a loro perplessa e confusa. - Walt, che stai facendo?!
- So cosa stai per fare, Dae, ma non chiamare Drogon! Non abbiamo bisogno di mettere due draghi a rischio; basta una sola esca! I lanciatori non-morti ricominceranno a puntare Rhaegal non appena lo vedranno di nuovo in volo, perciò rimani quaggiù a combattere e non preoccuparti per noi! Avverti Meera riguardo il piano e in fretta! – le disse salendo sul suo drago e spiccando il volo.
- Bene, amico mio. Ora dovrai affrontare il volo più arduo della tua vita. Sei pronto? – chiese Walter facendo aderire di più il suo corpo al dorso di Rhaegal mentre l’aria gelida sferzava i suoi capelli. I lanciatori avevano già ricominciato a mirarlo ma, fortunatamente, questa volta gli arcieri erano riusciti ad individuarli e ad ucciderli, tutti tranne uno, il quale continuò a puntarlo. Rhaegal schivava prontamente e, nel frattempo, sputava anche fuoco sugli estranei sotto di lui. Intanto, Meera, da lontano, fece segno a Walter di aver compreso il suo piano e si tenne pronta con il balestrone insieme a Bronn. Non appena Rhaegal si trovò dinnanzi a quello che, un tempo, era suo fratello, sputò la sua fiamma rossa contro quella blu di Viserion, facendo in modo che entrambe si annullassero a vicenda. Il Re della Notte fissò nuovamente il suo sguardo su quello di Walter, quasi come se lo stesse aspettando. Rhaegal continuò a provocare Viserion sputandogli fuoco addosso, non lasciandogli modo di replicare o di fare altro, così incominciò la battaglia tra i due draghi.
Dopo un tempo che parve un’eternità, finalmente Meera e Bronn riuscirono a prendere una mira impeccabile e a colpire Viserion con l’enorme freccia con la punta composta di vetro di drago, distruggendolo e facendolo sgretolare in milioni di pezzi. Il Re della Notte cadde in un punto indefinito nella neve a metri e metri di distanza sotto di lui.
Walter atterrò con Rhaegal. Il giovane si rese conto che, nonostante fosse finalmente riuscito ad abbattere Viserion, ora il suo esercito era fortemente decimato in confronto a quello ancora numerosissimo dei non-morti. Se prima vigeva una situazione di quasi parità numerica, ora vi era una disparità disarmante dato che tutti quelli colpiti e uccisi dalla fiamma blu, venivano poi trasformati in non-morti. Ma ciò che attirò l’attenzione del giovane drago fu qualcos’altro.
- Walter!!! – gridò a squarciagola Arya richiamando la sua attenzione. Con la nebbia e la tempesta di neve che si era alzata, Walter non riusciva a vedere dove si trovasse sua cugina. Provò ad individuarla cercando di capire da dove provenisse la sua voce.
- Arya!! Dove sei?!? – urlò correndo tra la neve e la tempesta. Quando si avvicinò di più a lei, riuscì a vederli: Arya era accerchiata ma se la stava cavando bene, così anche Jon. Ma entrambi erano preoccupati per altro: a qualche metro da loro, vi era Sansa, accerchiata nello stesso modo e rimasta senza protezione. La ragazza se l’era cavata bene nel combattimento fino a quel momento; ma quando la disparità numerica si era fatta sentire notevolmente e si era ritrovata accerchiata, protetta solamente da Jon e da Arya contro decine e decine di estranei che si scagliavano su di loro, la situazione era mutata. I due erano troppo impegnati a non farsi uccidere per riuscire proteggerla, così, nell’orlo della disperazione, lo avevano chiamato, sperando che li avesse sentiti e li avesse raggiunti in tempo. Walter non esitò un solo secondo a farsi tutta la strada che lo divideva ancora da loro di corsa, sfrecciando più veloce che potesse, come era di sua specialità.
- Sto arrivando!! Sto arrivando, Sansa!! Resisti!!! – le gridò sperando che ella potesse udirlo nella situazione critica in cui si trovava. La giovane Stark alzò coraggiosamente la spada di vetro di drago contro uno degli estranei che la stava attaccando, provando a fronteggiarlo. Riusciva a tenere testa a tre di loro insieme, ma non a dieci contemporaneamente. Nei suoi occhi chiari già si intravide il velo della consapevolezza e della rassegnazione. Uno dei non-morti la afferrò per la gola proprio nel momento in cui Walter stava per raggiungerla. – No!!! – urlò a squarciagola il giovane drago provando a correre ancora più velocemente mentre la milza gli stava per esplodere.
Ella fece appena in tempo a voltarsi verso di lui, a guardarlo correre nella sua direzione. – Non incolparti, fratello mio … - disse spirando mentre quelle dita scheletriche si stringevano sul suo bianco collo. – Mi hai già salvato la vita una volta … ti sarò per sempre grata per questo. Ti voglio bene, Walter – disse infine emettendo un ultimo respiro e cadendo inerme nelle mani di quelle creature che la divorarono letteralmente.
Walter cadde a terra in ginocchio guardandoli. L’aveva raggiunta finalmente. Ma era arrivato troppo tardi, come al solito.
 
Uscii dalla Torre dei Reed andando a sbirciare nel nascondiglio in cui Sansa si esercitava continuamente con la spada, cercando imperterrita di migliorarsi in quei pochi giorni in cui tutto sarebbe potuto accadere. Era una ragazza determinata e sapeva che avrebbe potuto farcela. Restai a guardarla per un po’ mentre colpiva ferocemente un fantoccio, sfogando tutta la sua rabbia. A tratti, sembrava quasi una guerriera navigata. I suoi occhi la facevano sembrare tale. Sapevo che le battaglie che aveva combattuto non erano quelle che avevano come protagonisti spade affilate e soldati. Erano battaglie ben diverse. E anche lei ne era uscita vittoriosa. Aveva esattamente il mio sangue.
- Sei migliorata tantissimo – le dissi annunciando la mia presenza e applaudendole. – Vedo che hai messo in pratica i miei insegnamenti degli ultimi giorni.
- Come hai fatto a scoprire il mio nascondiglio?
- Conosco questo luogo come le mie tasche dato che Ned mi mandava dai Reed ogni qual volta temeva giungesse qualcuno che potesse avere sospetti su di me a Grande Inverno, fingendo di farlo perché si vergognava di mostrare il suo bastardo. Inoltre, so che ti piacciono i posti piccoli, stretti e silenziosi. Ho fatto due più due.
Sansa perse la speranza e si lasciò cadere seduta a terra comodamente, per una volta senza la paura che il vestito lasciasse intravedere parti del suo corpo non opportune da mostrare. Aveva scoperto uno degli aspetti positivi dell’indossare i pantaloni.
- Eh no, milady, ora che sono qui voglio che tu mi faccia vedere cosa sai fare – gli dissi guardandola dall’alto e porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi. Ella mi guardò affilando lo sguardo, si sistemò meglio la lunga treccia di capelli rossi dietro la schiena e mi afferrò la mano, alzandosi in piedi. Presi un bastone tra la scorta di legna lì di fianco e cominciai ad attaccarla per primo. Lei rispose prontamente, così le lasciai il giusto spazio per permetterle di mostrarmi le sue capacità e la sua acquistata sicurezza. - Sei brava, sorellina.
- Lo dici solo per non scoraggiarmi.
- Ho mai rinunciato a prenderti in giro quando ne avevo l’occasione?
- Ora è diverso. Noi siamo diversi.
- Non per questo perderei l’occasione di indispettirti.
- Sei incorreggibile – mi rispose affondando con più forza la “lama” sulla mia. – Credo di non averti mai ringraziato abbastanza.
- Per cosa?
- Per avermi salvata. Tutto ciò che hai vissuto ad Approdo del Re, tutto ciò che Cersei ti ha fatto … lo hai vissuto a causa mia. Per portarmi in salvo da quei mostri e per evitare di farmi crescere ancora con loro. Dandomi modo di riscattarmi. Non so cosa sarebbe accaduto se non fossi venuto a salvarmi. Non oso immaginarlo. Perciò grazie, Walt. Nessuno ti deve la vita più di me, perciò vorrei essere in grado di ricambiare il favore.
La guardai con una sguardo misto tra il felice, l’interrogativo e il divertito. – Mi stai trattando da damigella in pericolo, milady? Sai che nessuno ha meno bisogno di protezione di me.
- Ti sbagli. A volte è proprio chi ha meno bisogno di protezione a necessitarla realmente – rispose parando un altro colpo e sferrandomene uno deciso mentre si avvicinava.
- Se vuoi provare a proteggermi durante la Battaglia Finale, non potrei esserne più onorato, Sansa. Ma voglio che tu sappia che tu rimarrai sempre mia sorella e sarei disposto a dare la vita per te. È mio dovere proteggere la mia sorellina da chiunque e da qualsiasi cosa. Lo farei sempre con piacere – le risposi attaccandola di nuovo e attendendo la sua reazione.
- Attento, fratello: vedi di continuare a comportarti da gentiluomo con me, altrimenti potrei cambiare idea sul fatto di volerti proteggere.
 
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Era stanco di vedere i componenti della sua famiglia decimati. Non lo avrebbe più sopportato.
Non appena Jon e Arya riuscirono a liberarsi dai non-morti che li stavano attaccando, si fiondarono sui resti di Sansa e distrussero gli estranei che l’avevano uccisa, come se con ciò potessero riportarla in vita. Come se servisse a qualcosa. Il giovane drago rimase in ginocchio a terra e cominciò a guardarsi intorno. Le immagini che lo circondavano gli apparvero a rallentatore. Oramai, non avrebbe potuto fare più nulla per salvarli. Non c’era via di scampo. Anche se Viserion era morto, si erano già preparati altri lanciatori non-morti per colpire il prossimo drago che avessero visto in volo, in modo da averne un altro e togliendo loro ogni possibilità di utilizzare il fuoco di quelle creature per distruggerli. Erano così tanti i lanciatori, che sarebbe stato impossibile per Drogon e per Rhaegal evitarli. Dunque avrebbero dovuto sterminarli con le uniche loro forze rimaste. Ma da un esercito di milioni di vivi, erano rimasti in poche centinaia, contro migliaia e migliaia di estranei. Non ce l’avrebbero mai fatta.
In quel momento, come se potesse percepire il suo stato d’animo, fu raggiunto da NightFlame, il quale aveva combattuto coraggiosamente al fianco di Spettro fino a quell’istante. Gli era rimasto lontano poiché lo stesso giovane drago glielo aveva ordinato, chiedendogli di proteggere chi ne aveva più bisogno durante quella Battaglia. Walter posò una mano sopra il suo pelo morbido, quasi come fosse un riflesso involontario. Fu in quel momento che, come un fulmine a ciel sereno, giunse Oberyn a scuoterlo e a cercare di rinsavirlo. L’uomo si accovacciò di fronte a lui e gli scrollò ripetutamente le spalle, seriamente preoccupato. – Ehi, Targaryen! Ti ho seguito fino ad ora e continuerò a seguirti perciò vedi di riprenderti! Walter!!
- Occupati di loro, Oberyn. Proteggili. Jon non può farlo da solo. Tu sei la persona di cui mi fido di più al mondo dopo di lui. Dovrete occuparvi di tutti, insieme. Sei un uomo molto migliore di quello che credi di essere, amico mio. Non dimenticherò mai ciò che hai fatto per me. Li affido a te e a lui – disse accennandogli un sorriso quasi privo di espressione e alzandosi in piedi, facendo per allontanarsi.
La Vipera Rossa non comprese le sue parole e cercò di fermarlo. – Che significa?? Non puoi lasciarci! Non puoi lasciarmi da solo ad occuparmi di tutto questo! Senza di te, questo mondo è destinato alla rovina, Walter! Ti prego … rimani con me …
- Il mondo andrà avanti anche senza di me, Oberyn. Ma sarò io a permettere che ciò avvenga – rispose allontanandosi definitivamente. Si diresse verso il Re della Notte, allontanandosi da lui. L’ultima speranza che aveva per salvare la piccola parte dell’umanità rimasta ancora in vita, era ucciderlo. Costasse ciò che costasse, lui lo avrebbe fatto. Per questo aveva parlato così ad Oberyn. Non poteva dargli illusioni sul fatto che fosse tornato. Non lo sapeva. E nel caso non ce l’avesse fatta, lui e Jon si sarebbero occupati delle persone a lui care.
Mentre il giovane drago si allontanava dal resto dell’esercito rimasto, oramai accerchiato dai non-morti, Drogon piombò accanto alla sua padrona, percependo che fosse davvero spacciata questa volta, e tentando l’unica opzione rimanente. Cominciò a sputare fuoco in cerchio intorno a tutti i superstiti dell’esercito dei vivi, formando un cerchio infuocato a circondarli e invalicabile per gli estranei. Rhaegal si unì a lui tenendo la fiamma viva e accesa. Tuttavia, i draghi non avrebbero potuto tenerla attiva per molto ancora. Prima o poi, la tempesta di neve l’avrebbe spenta.
Dopo qualche minuto che Drogon e Rhaegal stavano sputando fiamme ai confini del cerchio, Daenerys si guardò intorno in cerca di qualcuno. – Dov’è Walter?? – chiese. A ciò, anche Jon e gli altri si accorsero della sua assenza.
- Walter non è dentro al cerchio. Si è diretto verso il Re della Notte. Possiamo solo sperare che quel ragazzo più furbo di un dio, riesca nel suo intento – disse Oberyn con sguardo più afflitto che speranzoso.
Walter guardò da lontano il cerchio di fuoco, quasi accecato dalla potenza e dalla grandezza di quella fiamma.
 
Appena giunto a Grande Inverno, dopo essermi assicurato dello stato di Jon, ho organizzato i piani per la Battaglia Finale. Gli ultimi e più veloci da attuare. Non eravamo ancora del tutto pronti, ma a causa del crollo della Barriera distrutta dal corno di Joramun, avremmo dovuto improvvisare. Avevamo messo in atto il piano per riunirci tutti e organizzare le postazioni e l’attacco. Dopo di che, con grande coraggio, mi diressi verso il Parco degli Dei, per salutare l’ultima persona a me cara e che non avrebbe partecipato alla Battaglia Finale. Intravidi Bran sempre nella stessa posizione, di fronte all’Albero Diga, seduto sopra la sedia con le rotelle. Lo raggiunsi e, con mia sorpresa, notai che le sue guance erano rigate da delle lacrime, sinonimo che un cuore ce l’aveva ancora. Ce l’aveva eccome.
- Bran … che succede?
- Sei venuto per salutarmi. Addio, cugino.
- Perché stai piangendo?- Ma lui non rispose. – Bran? Forse morirò dopo questa Battaglia. E forse tu già lo sai. Magari sai già che non morirò perciò hai un motivo in meno per salutarmi, oppure sai che morirò ma, nonostante tutto, non vuoi comunque mostrarmi di avere alcun sentimento. Ma ti prego … se devi dirmi qualcosa, qualsiasi cosa … fallo ora.
Ci furono altri lunghi minuti di silenzio tra noi in cui io attesi, rimanendo a guardare la superficie placida del laghetto mentre veniva lievemente smossa dai fiocchi di neve che si posavano su di essa.
- Ho fatto una cosa terribile, Walter … - disse con la voce rotta, all’improvviso.
- Che cosa, Bran? Parlamene …
- Qualcosa di davvero terribile … e non posso più tornare indietro … perché non me ne è mai stata data l’occasione. Non ho mai avuto una seconda possibilità … la possibilità di rimediare … ed ora, ora il mondo è in questa situazione a causa mia …
- Di cosa stai parlando? – gli chiesi sempre più confuso.
Lui attese altri minuti prima di rispondermi. – Sono stato punito prima di aver compiuto qualsiasi errore. Sono stato punito con questo orrendo fardello, con queste visioni, con queste capacità. Non le ho sapute gestire. Ero troppo piccolo per saperlo fare. Ero troppo piccolo per affrontare tutto questo.
- Bran, io …
- So già come andrà a finire la Battaglia Finale – mi disse interrompendomi. – Se non fossi così, se ora fossi Brandon Stark … ti direi che ti voglio bene, Walter. E che, forse, per quanto ci provi,non smetterò mai di considerarti mio fratello.
 
Il giovane drago camminò ancora fin quando non  raggiunse finalmente la piccola collina coperta di neve in cui si trovava da solo il Re della Notte.
Quando gli fu a qualche metro di distanza, Walter sfoderò la spada fantasma e attaccò la creatura. Questa, tuttavia, invece di parare il colpo con la sua spada, lo fece con la mano, afferrando l’arma e stringendola così forte da strapparla via dalle mani di Walter e rendendola completamente ghiacciata. Ora era divenuta la sua arma. La sua magia aveva contaminato completamente il potere dell’acciaio di Valyria. O forse no. Il giovane drago non poteva saperlo. Il Re della Notte si voltò verso di lui e gli si avvicinò ancora e ancora, fin quando non furono definitivamente faccia a faccia. Walter lo guardò negli occhi, come in cerca di qualcosa, rivedendo in lui dei particolari estremamente familiari ora che lo osservava da quella ristretta distanza. La creatura restò ad osservarlo negli occhi a sua volta. Il vuoto contro la luce. Il ghiaccio contro le fiamme viola. All’improvviso alzò lentamente una mano posandola sul collo del giovane drago. Il contatto con quel pezzo di ghiaccio generò un brivido sulla pelle di Walter, il quale, non avendo altre armi, non poteva fare nulla per impedirglielo. Tuttavia, il Re della Notte non strinse  l’arto sul suo collo, ma lo appoggiò solamente, quasi come volesse solo sentire il suo respiro, la vita che scorreva dentro di lui. La parte di pelle toccata e bagnata in parte dal sangue secco colato dalla ferita sul mento del giovane drago,  stava pian piano divenendo sempre più spenta e tendente al bluastro. Il Re della Notte spostò la mano dopo qualche secondo, lasciando che la pelle di Walter ritornasse di un colorito naturale. Quest’ultimo era rimasto ad osservarlo tutto quel tempo e aveva compreso solamente quando la creatura aveva tolto la mano dal suo collo. Un velo di tremenda consapevolezza, atroce quanto una pugnalata in pieno petto, comparve sul suo volto. Finalmente sapeva quale fosse la verità. E, forse, avrebbe preferito rimanerne all’oscuro.
- Bran …? Sei tu …? – gli chiese in un sussurrò mentre continuava a scrutare i suoi occhi e il suo viso. – È questa la cosa terribile che hai fatto? Quella senza alcun rimedio? - Il Re della Notte non disse nulla e continuò a guardarlo come per confermare la sua deduzione. – Come è accaduto? Sei tornato indietro nel tempo nel momento in cui è nato il primo estraneo, nonché Re della Notte? Sei entrato dentro di lui? Perché sei entrato nel suo corpo? Per impedirgli di divenire il Re della Notte e per evitare la nascita della minaccia di tutti i non-morti? Per salvarci tutti? È così? Però qualcosa è andato storto a quanto pare … sei rimasto troppo tempo nel suo corpo, così una parte di te è rimasta lì rendendoti il Re della Notte e facendoti perdere la ragione. Sei sempre stato tu …
Anche se quella creatura non poteva rispondergli, Walter comprese di aver ragione. Oramai il dolore faceva parte di lui. Lo aveva metabolizzato così tante volte, che ora, ogni volta che lo provava nuovamente, nonostante fosse sempre più forte, non soffriva più così tanto.
Improvvisamente, il Re della Notte avvicinò la spada fantasma che aveva appena trasformato in una delle sue armi, al giovane drago, puntandogliela sull’addome. Walter visse quei momenti a rallentatore. “Credo che tu sia meglio di lui poichè, quando sarà il momento, tu sarai capace e avrai la forza necessaria per compiere la scelta giusta, a differenza sua”. Quelle parole di lord Varys risuonarono nella sua mente come campane assordanti. Percepì il dolore atroce della lama ghiacciata che gli perforava le carni e, con le ultime forze che aveva, rimase in piedi e lo prese per le spalle. – È questo che hai visto nelle tue visioni, non è vero, Bran? Finivano in questo modo, immagino. Ma non devi fermarti alle apparenze: mi conosci e sai bene che non mi fermerei dinnanzi a nulla … - disse sforzandosi di far uscire la voce dalla sua gola e di ricacciare indietro il dolore agghiacciante che stava provando. Dopo di che, spinto più dalla sua immensa determinazione che dalla forza fisica rimastagli, lo spinse improvvisamente verso di sè, cogliendolo di sorpresa. La spada perforò anche l’addome del Re della Notte, entrando dal manico e arrivando fino alla lama man mano che Walter lo spingeva a sé, quasi come volesse inglobarlo in un abbraccio mentre poneva fine alla sua esistenza. Quando i loro corpi furono attaccati tra loro e la lama sembrava esser entrata contemporaneamente dentro entrambi, il giovane drago lo abbracciò, oramai con le mani tremanti e sul punto di cedere. – Addio, fratello – gli sussurrò all’orecchio sperando che la sua teoria fosse giusta e che l’acciaio di Valyria avesse conservato un po’ del suo potere originario nonostante fosse stata contaminata dalla magia del Re della Notte. E fu felice di constatare che aveva ragione. La creatura si sgretolò in minuscoli pezzi di ghiaccio tra le sue braccia, trasportati via dal vento, proprio come era stato con Hodor.
Il giovane drago emise un forte verso di dolore accasciandosi a terra, sconvolto da quelle intensissime e violenti fitte che dal punto in cui si trovava la spada conficcata, si irradiavano in tutto il suo corpo, paralizzandolo. Cominciò a respirare affannosamente mentre stringeva la neve sotto di lui nelle sue mani chiuse a pugno e alternava i faticosi respiri ai versi di dolore. Faceva addirittura più male della tortura che aveva subìto dai Bolton. Il giovane drago non sapeva se, dato che la spada fantasma aveva mantenuto un po’ del suo potere originario derivato dall’acciaio di Valyria e abbastanza da uccidere il Re della Notte, avesse avuto la magia necessaria a trasformarlo completamente in estraneo. Se fosse stato così, sarebbe dovuto sparire come tutti gli altri. In quel momento, fu raggiunto sia da Rhaegal che da NightFlame. I due lo affiancarono come per dargli sostegno.
- Ehi … ragazzi … - sussurrò a fatica scorgendoli. Quando riuscì finalmente a sfilarsi via la spada dall’addome, si sdraiò sulla neve, sfinito e attendendo in silenzio la sua fine, la sua trasformazione, o qualsiasi cosa fosse avvenuta.
Ma non fu la fine a colpirlo, né una completa trasformazione in estraneo. Improvvisamente non percepì più il freddo della neve sotto di sé, essendo divenuto della stessa temperatura. Tuttavia, le sue forze ritornarono pienamente.
 
La fiamma oramai si stava quasi spegnendo, Drogon e Rhaegal era sfiniti. Daenerys e gli altri capirono che fosse davvero la fine, dunque cominciarono a rivolgere gli ultimi saluti alle persone a loro care, a stringersi le mani per l’ultima volta. Ma, ad un tratto, da oltre la debole fiamma che li circondava ancora, videro tutti i non-morti sparire nello stesso preciso istante, a migliaia. Quando la fiamma cessò di esistere, i supersiti rimasti nel cerchio si guardarono intorno non credendo ai loro occhi per la gioia: la guerra era terminata e loro ce l’avevano fatta.
Dopo l’incredulità e la felicità dilagante iniziale, si diffuse tra i superstiti la consapevolezza che l’unico motivo per il quale gli estranei fossero spariti tutti contemporaneamente cessando di esistere, fosse grazie all’eliminazione del Re della Notte da parte di Walter. Fu a quel punto che cominciarono a cercarlo, ovunque, in lungo e in largo, per chilometri. Ma del giovane drago non vi era più alcuna traccia.
- Se ne è andato … - sussurrò Jon dopo averlo cercato per ore.
- Non è possibile che sia morto … dobbiamo cercare ancora! – esclamò Daenerys senza alcuna intenzione di arrendersi o perdere le speranze.
- Non è morto. Io e lui siamo legati e percepisco ancora la sua presenza. Se fosse morto, avrei sentito dolore e il mio cuore si sarebbe fermato per alcuni secondi, proprio come è accaduto a lui quando sono stato io a morire. Forse, semplicemente, ci ha lasciati. Ha ritenuto che fosse meglio così – concluse alla fine, quasi come fosse in trance.
Daenerys notò che non vi era più traccia né di NightFlame, né di Rhaegal, il quale se ne era uscito dal cerchio di fuoco poco dopo che i non-morti erano scomparsi. – Forse hai ragione. E Rhaegal e NightFlame l’hanno seguito. La sua anima è ancora tutta intera al loro fianco.
 
Dopo la Battaglia Finale erano avvenuti molti cambiamenti, i più grandi che i sette regni avessero mai visto. La popolazione era un decimo rispetto a quella che era in precedenza, ma ora erano finalmente liberi. La terra era pronta per essere ripopolata senza più minacce e con un nuova e differente percezione della vita. Tutto ciò grazie a Walter Targaryen, il figlio del ghiaccio e del fuoco e legittimo erede al trono di spade. Il principe migliore che i sette regni avessero mai potuto desiderare, ma mai divenuto davvero principe. Dopo tutto ciò che era accaduto, dopo tutto ciò che Walter aveva fatto per cambiare il continente occidentale, anche se involontariamente; ma soprattutto dopo la sua morte, la morte dell’unico legittimo erede meritevole di sedere sul trono dei sette regni, tutti i maggiori lord rimasti ancora in vita, avevano preso una scelta di comune accordo: il trono di spade, forgiato secoli prima con le mille spade che si arresero ad Aegon il Conquistatore durante la guerra di conquista, e fuse poi insieme da Balerion Il Terrore Nero, venne fuso nuovamente facendo ritornare il metallo al suo stato di natura. Come era stato forgiato, ora, il trono di spade non esisteva più, come non esisteva più alcun regnante a regnare sui sette regni.
Anche tutte le persone più care al giovane drago pian piano riuscirono a superare il dolore e ad andare avanti con la loro vita, ricostruendola in pace e in felicità, nonostante la sua assenza continuava ancora a farsi sentire. Avrebbe sempre continuato a farsi sentire.
Jon rimase nella sua carica di Protettore del Nord e, pian piano, il suo legame con la madre dei draghi si rafforzò sempre di più, fino a che non sfociò in amore, inizialmente ostacolato dalla disapprovazione di Drogon; Jaime e Brienne, già incerti sui sentimenti che provavano l’una verso l’altro prima della Battaglia, eliminarono ogni barriera tra loro e si sposarono; la giovane Arya, dopo i numerosi tentativi del suo vecchio amico Gendry di conquistarla, sembrava cominciare a cedere alle sue lusinghe; Sam e Gilly si presero cura del piccolo Sam, coronando il loro sogno d’amore con il matrimonio; Sandor Clegane e la Fratellanza Senza Vessilli partirono alla ricerca di nuovi mondi da scoprire, oltre il continente occidentale, in compagnia di Jorah Mormont; Bronn sembrò cominciare a dimostrare un fervente interesse verso la giovane Meera, la quale divenne sua cara amica; Oberyn, Ellaria e le loro figlie ritrovarono una serenità che mai avevano posseduto; lord Varys cominciò a servire Jon e Daenerys a Nord; Theon e Yara regnarono insieme sulle Isole di Ferro, e quest’ultima aiutò suo fratello a ritrovare la sua persa umanità; persino gli Immacolati riuscirono a ritrovare la loro umanità dopo ciò che avevano passato, mentre i Dothraki tornarono ad Essos con una nuova consapevolezza e una conoscenza più ampia del mondo; la bella Kirsten, dopo aver sofferto per molto tempo della perdita del giovane drago, era riuscita a trovare l’amore in un soldato immacolato; Ser Davos era divenuto il nuovo nonno di tutti i bambini che vivevano a Grande Inverno; Bran Stark, invece, sembrava come essere completamente uscito dal suo corpo dopo la Battaglia Finale, lasciandolo a mero contenitore vuoto; mentre Loras e Olenna aiutarono Margaery a crescere la splendida bambina che nacque dalla sua unione con Walter, la piccola Eveline.
 
- Vecchia Nan, Vecchia Nan! Raccontaci una storia!! – esclamò il vivacissimo Ruben, figlio di Arya e Gendry.
- Voglio una storia di paura! – disse Myranda, l’intrepida figlioletta di Brienne e Jaime.
- Calmi tutti! Propongo di far scegliere la storia al più grande tra noi! – disse Hayden, figlio di Daenerys e Jon, alzandosi in piedi. – E dato che il più grande tra noi sono io …
- Non sei tu il più grande! Il più grande è Sam e la seconda più grande è Eveline! – contestò prontamente Myranda.
- Sì, ma Sam ora non c’è dato che sua madre Gilly si è presa un brutto raffreddore e deve occuparsi di lei; come non c’è neanche Eve, che è andata a prenderci da mangiare nelle cucine …
- Chi è che non ci sarebbe? – lo interruppe Eveline sbucando dalla porta con in mano un vassoio quasi più grande di lei, contenente degli infusi caldi per tutti. La bambina fece una smorfia ad Hayden e, dopo aver posato il vassoio, si rivolse a Davos, il quale era in piedi a pochi metri da loro. – Ser Davos, è vero che se deve decidere il più grande tra noi, dovrei essere io a scegliere la storia? – gli chiese con la sua vocina sicura e intraprendente.
Il vecchio Davos gli sorrise divertito e annuì. A ciò, Eveline si sedette accanto ai suoi amichetti, di fronte al fuoco, e si rivolse alla Vecchia Nan. – Voglio che mi parli di mio padre, Vecchia Nan. C’è una leggenda famosissima che parla di lui, ma non ce l’hai mai raccontata perché la mamma temeva che fossi troppo piccola per ascoltarla. Ora ho cinque anni: sono abbastanza grande.
A quelle parole, ser Davos aguzzò le orecchie e intervenne. – Non credo sia il caso di ascoltarla se la tua mamma preferisce che tu sia più grande per parlartene, Eve.
- Ma vogliamo sentirla tutti!
- Sì, esatto! Si tratta di nostro zio!
- Avanti, Vecchia Nan!
Esclamarono gli altri bambini andando in difesa della loro amica.
- D’accordo – li placò la Vecchia Nan non prestando ascolto alle parole di ser Davos. – Oggi vi narrerò la storia del viandante fantasma, metà lupo e metà drago, metà ghiaccio e metà fuoco. Pochi anni fa, esattamente qui a Grande Inverno, viveva un bambino che, proprio come voi, amava farsi narrare tantissime storie da me fino a tarda notte, insieme al suo fratellino Jon. Il suo nome era Walter. - La Vecchia Nan continuò a narrare per un’ora intera, ma i bambini quasi non se ne accorsero, poiché la storia del fuggiasco fantasma li aveva rapiti completamente. - Dopo quel giorno, del giovane drago non si trovò più alcuna traccia, poiché era divenuto un viandante fantasma – disse la vecchia donna arrivando alla conclusione della sua storia. – Ancora oggi, si dice che, se ci si addentra nelle terre sconfinate che prima si trovavano oltre la Barriera di ghiaccio di Bran Il Costruttore, si può udire il verso di un drago e poi quello di un metalupo, il suo Rhaegal e il suo NightFlame che lo accompagnano nel suo errare. Se si seguono i versi di questi animali, alcuni dicono che si può riuscire persino a vederlo, con il suo lungo mantello nero, la sua alta statura, i suoi lunghi capelli neri e i suoi occhi che brillano come diamanti viola tra la nebbia. Ma solo se si è fortunati, molto fortunati, lo si riesce a scorgere da lontano. Poiché la strada che lui segue è troppo ardua ed estesa per i mortali. Questa è la storia del fuggiasco fantasma.
 
Margaery si addentrò nelle terre deserte e sconfinate prima appartenute ai territori oltre la Barriera, tenendo la sua piccola Eveline per mano. Ancora non vi era stato modo di edificare delle costruzioni in quelle zone dato che il clima era troppo rigido durante il lungo inverno.
- “Un uomo in mezzo ad una distesa bianca,
cammina cammina e mai si stanca,
tiene gli occhi chiusi per non spezzare in mille pezzi il cielo
e non parla per non ridurre la terra in un velo;
il viandante non ha voce,
il viandante non respira,
perché quando parla nuoce
e quando vive il mondo attira;
hanno provato ad averlo le stelle
ma non erano abbastanza belle,
ha provato ad averlo il mare
ma non era abbastanza grande da poterlo inglobare,
ha provato ad averlo il vento
e ci sarebbe riuscito se al suo passaggio non si fosse spento,
hanno provato ad averlo i non-morti
ma non erano abbastanza forti.
Il viandante è metà uomo e metà bambino,
il viandante ha scelto da solo il suo destino,
il viandante è metà fuoco e metà ghiaccio,
il viandante non è più legato da alcun laccio,
il viandante non è né una leggenda, né un’astratta essenza,
perché anche chi non l’ha visto percepisce la sua presenza.” – cantò la giovane donna camminando tra la neve fredda di quelle terre deserte come era solita fare quando era sola. La bambina aveva ascoltato l’intera canzone così come ascoltava il vento con la speranza di udire il verso del drago o del metalupo. I suoi occhi vagliavano curiosi e vivaci fin dove potessero vedere. – Dato che ora conosci la sua storia, ti ho portata qui.
- Ci vieni spesso, madre?
- Sì, molto spesso. Me lo fa sentire più vicino a me. Alcune volte è come se riuscissi davvero a sentirlo, come se volesse parlarmi o avvicinarsi … così chiudo gli occhi e me lo immagino davanti a me, come se avessi ancora la fortuna di poterlo vedere, di poter ancora stringere il mio drago.
Le due rimasero a lungo ad osservare l’orizzonte, fin quando non calò il sole, così Margaery esortò la sua bambina ad avviarsi nuovamente verso Grande Inverno, verso casa. Eveline seguì la sua mamma, finché uno strano suono non attirò la sua attenzione. Era stato lievissimo, ma per un orecchio delicato e attento come il suo era stato ben chiaro. – Aspetta, madre! – esclamò la bambina lasciando la mano della donna e correndo nuovamente verso l’immensa distesa di neve. – Credo sia qui, anzi ne sono sicura! Mio padre è qui da qualche parte. Forse … forse se restiamo un altro po’ riusciremo a vederlo!
A ciò, Margaery accennò un malinconico sorriso alla sua bambina, raggiungendola. – Mio tesoro … innumerevoli volte ho creduto di udirlo anche io e altrettante sono rimasta qui ad aspettare delle ore in più, sperando di riuscire a trovarlo. Ma non è mai successo. Dunque torniamo a casa, prima che quel pozzo senza fondo della piccola Myranda finisca tutta la cena e non lasci nulla per noi – le disse prendendole di nuovo la manina tra la sua e conducendola via, mentre ella la seguiva non troppo convinta e girando di tanto in tanto lo sguardo verso la deserta distesa di neve.
Intanto, in piedi, sopra un piccolo monte poco lontano da lì, si ergeva un individuo coperto da un lungo mantello nero e con il cappuccio tirato su. Aveva scelto quel luogo poiché era abbastanza nascosto, così che nessuno sarebbe riuscito a vederlo a meno che non si fosse addentrato di più in quella vastissima distesa. Non poteva permettersi di essere visto. La sua pelle era cerea, quasi di granito, i suoi occhi viola luminosi e chiarissimi, mentre i suoi capelli corvini lunghi e folti, erano mossi lievemente dal vento. L’unica imperfezione che rendeva il suo volto diverso da quello di una statua scolpita, era una bianca cicatrice che partiva dal lato della bocca e arrivava fin sotto il mento. La spada fantasma che lo aveva reso quello che era, si trovava ancora nel suo fodero, sul suo fianco, divenuta sua compagna di viaggio e parte di sé. Il giovane uomo osservò le due donne che amava allontanarsi e ritornare verso Grande Inverno: la sua amata e sua figlia. Come tutte le altre volte, osservava Margaery da lassù quando veniva in quel luogo nella speranza di rivederlo. Restava ad osservare il dolore di lei, misto al suo, e cercava di trasmettergli la sua forza, il coraggio di andare avanti. Cercava di farle sentire la sua presenza in qualche modo. Ma non era mai venuta in compagnia di Eveline prima d’ora. Finalmente aveva potuto vedere per la prima volta la splendida creatura che avevano messo al mondo: la cosa più bella che avesse mai visto. Non appena la piccola comparve nel suo campo visivo, il suo cuore ancora umano scalpitò, facendogli provare ancora alcuni stralci di dolore, ormai sepolto da tempo e privato della capacità di fargli del male: il dolore non poteva far del male ad un essere privo di vita, ad un morto, ad un fantasma o a qualsiasi cosa esattamente fosse il “viandante fantasma” di cui narravano le storie e parlavano tutti. Forse era semplicemente diventato un’ombra in carne ed ossa. Un’ombra libera da tutto e da tutti, privata della sua vita e destinata per sempre a vagare in solitudine con le altre due parti della sua anima non più umana.
Sorrise mentre osservava la sua bambina tornare indietro, speranzosa di scorgerlo in qualche modo, e non poté far altro che pensare che l’avrebbe vista crescere di anno in anno, così come avrebbe visto invecchiare Margaery ogni qual volta fosse tornata in quel luogo nella cieca speranza di riuscire a vederlo; mentre lui sarebbe rimasto per sempre giovane, immutato, immortale, poiché privo di vita.
- Il viandante riesce a vedervi,
il viandante riesce a sentirvi …
Smettete di cercarlo, mie principesse  
poiché le sue iridi in voi sono riflesse – disse Walter accennando un debole sorriso e posando la mano sul muso del suo drago, per poi sfiorare il dorso di NightFlame. – Andiamo. Abbiamo ancora molti luoghi da esplorare – disse infine voltandosi e percorrendo la sua strada, verso l’orizzonte, verso i veri confini del mondo come una creatura eterna anche se terrena.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Sono arrivata alla conclusione di questa fanfiction ahimè e mi era balenata un’idea in testa già mentre scrivevo uno degli scorsi capitoli: essendo un’amante degli spin off, ho deciso di scriverne uno o due e ho pensato di chiedere consiglio a voi, basandomi sui vostri gusti espressi! Quindi adesso vi metterò la lista delle mie idee per gli spin off, così che possiate stilare una top three di quelle che vorreste leggere di più e scrivermele qui sotto accompagnate ad una piccola recensione se volete! Se non avrò abbastanza pareri per giungere ad una preferenza,  sceglierò comunque una di quelle che avete votato, oppure andrà a piacere mio! Spero che la fanfiction vi sia piaciuta e che il finale non vi abbia angosciato troppo!
Ecco la lista:
•       Rhaegar e Lyanna
•       Episodi sulla vita di Walter con i bambini a Fondo delle Pulci
•       Episodi sulla vita di Walter e gli altri Stark da bambini
•       Il passato di Rebeccah
•       Il passato di Kirsten e i Reed
•       Episodi del viaggio di Walter e Cersei per arrivare ad Approdo del Re
•       Walter e Margaery (prima e dopo il rincontro)
•       Episodi sulla vita futura di Eveline (https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3720040&i=1)

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