Through the Night

di Vavi_14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***



Capitolo 1
*** I ***


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I


"Tonight, I’ll send the glow of a firefly
to somewhere
Near your window
I hope it’s a good dream"
Through the Night, IU

 
 








Jungkook si lancia a peso morto sul materasso del proprio letto, abbandonandosi e lasciando sciogliere completamente la tensione di ogni singolo muscolo del corpo che in quel momento duole e prega per un po’ di riposo. È sdraiato a pancia sotto e i gomiti quasi non lo reggono più, tanta è la stanchezza post concerto. L’adrenalina procura ancora al suo cuore qualche battito di troppo ma le palpebre sembrano cedere subito dopo aver mandato quel messaggio su kakaotalk. Sta quasi per lasciare via libera a Morfeo, quando la vibrazione del cellulare sul palmo della mano lo fa sobbalzare. Il suo cervello impiega un secondo ad inviare impulsi elettrici al resto del corpo; gli basta vedere quel nasino un po’ arricciato ammiccare verso di lui assieme alla scritta “videochiamata” per relegare il sonno ad un bisogno secondario.
«Noona» sussurra, mettendosi a gambe incrociate e stropicciandosi entrambi gli occhi. «Che ci fai sveglia a quest’ora?»
Vede la lunga coda di Jieun muoversi un poco, mentre la ragazza dall’altra parte del display scuote dolcemente la testa. «Ho anch’io il mio bel da fare, Jeon».
Jungkook a quel punto le sorride, soffocando uno sbadiglio.
«Preferisci chiudere? Forse è meglio sentirsi domani» azzarda allora lei, cogliendo la stanchezza negli occhi lucidi di Jungkook.
«No, no – si affretta a ribattere lui –voglio vederti».
Jieun lascia passare qualche istante, prima di rispondere. «Per me possiamo anche rimanere così tutta la notte» azzarda, mantenendo lo sguardo fisso verso l’obiettivo di fronte a lei.
La replica di Jungkook non arriva subito, perché entrambi sanno che, dietro alla frase di Jieun, si nascondono nottate intere trascorse a parlare del nulla pur di mantenere il più a lungo possibile un contatto visivo l’uno con l’altro. Ma ad ogni minuto trascorso, l’immagine trasmessa dietro il display sembrava sempre più distante e le parole pronunciate divenivano degli echi lontani solo vagamente udibili. Quasi d’improvviso tutto cominciava a far male e uno dei due finiva sempre per riagganciare con una scusa. Di solito, spesso si trattava di Jungkook.
«Com’è andata stasera? Devo prepararmi a leggere di qualche fan collassata per colpa tua?»
Lui vorrebbe non ridere a quella battuta travestita da provocazione, invece lo fa. «Tutta la galleria, noona».
«Addirittura».
Troppo stanchi per continuare a punzecchiarsi, lasciano di nuovo che sia il silenzio a parlare per loro. Jieun porge a Jungkook la visione del proprio profilo gentile, mentre controlla velocemente la sveglia elettronica sul comodino.
«Tra qualche ora ho un photoshoot, credo starò fuori fino a sera».
«Ma quel pigiama che hai è nuovo? Non l’ho mai visto».
Jieun si piega in avanti, mostrando un’espressione contrariata. «Accidenti, io ti parlo della mia giornata e tu pensi al pigiama» borbotta, fingendosi offesa.
«Noona, mi hai già detto ieri del photoshoot, lo ricordavo».
«Oh». Stavolta Jieun rilassa le spalle, sbuffando appena. «Scusa Jungkook, deve essermi passato di mente».
«È perché stai invecchiando».
«Jeon, fai poco lo spiritoso, altrimenti questo pigiama sarà l’unica cosa che vedrai le prossime sere che trascorreremo insieme».
«Aish!» Jungkook si copre il volto con una mano, cadendo di schiena sul materasso. «Sei crudele».
«E tu sei teatrale».
«Comunque non mi hai detto se il pigiama è nuovo».
«Ti interessa così tanto?»
«Se davvero hai intenzione di tenerlo, sì».
«Altrimenti?»
Jungkook ammutolisce; la piega che ha preso il discorso lo sta mettendo un tantino in imbarazzo.
«Immaginavo» ribatte lei, ridacchiando alla sua mancata risposta.
Non sanno nemmeno loro perché si ostinano a proseguire sulla scia di quello scambio di battute nonsense; probabilmente è anche l’ora tarda a giocare brutti scherzi.
«In ogni caso non è un pigiama, è una maglia che mi è stata regalata ad un fansign. La misura però è troppo grande, così ho deciso di usarla per dormire. Ha un unicorno enorme qui davanti, guarda che bello».
Ma, a dire la verità, l’unica cosa che Jungkook riesce a vedere sono le gambe nude di Jieun proprio sotto l’orlo della lunga maglietta rosa.
«Tu non stai guardando l’unicorno, vero?» si riprende infatti lei, sollevando il cellulare e tornando ad inquadrare il proprio viso.
«N-no noona. Cioè sì, è 
un bellissimo unicorno. Il più bello che abbia mai visto, dico sul serio».
«Quanto sei scemo».
In quel preciso istante Jungkook sente qualcuno bussare con le nocche alla porta della propria camera e, senza nemmeno poter dire “avanti” si ritrova Taehyung e Jimin di fianco nel giro di un millisecondo.
«Ehi, non ho detto che potevate entra-»
«Tu non aspetti il permesso per imbucarti in camera mia e di Hoseok hyung» ribatte Jimin senza prestare troppa attenzione alle parole del più piccolo.
«Te l’avevo detto che stava parlando con Jieun noona! Ehiiii ciaaaoooo!»
Taehyung è alla sinistra di Jungkook ed ha praticamente occupato tutta la visuale con la sua testa, mentre anche Jimin, alla destra del maknae, cerca di salutare Jieun con la mano, senza però fare troppo rumore.
«Ehilà, ragazzi». Jieun regala loro un sorriso aperto per poi intimare a Taehyung di abbassare la voce, vista l’ora tarda.
«Allora, quand’è che vieni a vedere un concerto? Lo sapevi che oggi ci saremmo esibiti a Seoul, potevi passare!»
«Mi spiace Taehyungie, sono davvero impegnata ultimamente».
«Ma tu sei sempre impegnata, noona!» piagnucola Taehyung, mentre Jungkook tenta invano di riprendere il controllo sull’obiettivo dell’iphone.
«Senti chi parla! Quant’è che non vi vedo, ah? Mi mancate!» ammette lei, lasciando trapelare un po’ di nostalgia dal timbro di voce.
«Ah, quindi ti mancano loro, non io
Jungkook viene bonariamente preso in giro dalle risate degli altri tre, anche se ben presto lascia agli hyung campo libero, tanto sa che è inutile insistere quando quei due si coalizzano. D’altronde, anche Jieun sembra divertirsi a metterci del proprio e non appena Taehyung cerca di sfilare a Jungkook il telefono di mano per portarlo chissà dove, il più piccolo decide di prendere di nuovo in mano la situazione, onde evitare che lo hyung faccia il giro del dormitorio per trovare gli altri membri e improvvisare una conversazione di gruppo. Tra l’altro, è sicuro che Yoongi e Jin dormano da un pezzo; per quanto riguarda Hoseok, se Jimin non è in camera solitamente aspetta il suo ritorno per spegnere le luci, mentre Namjoon aveva detto di voler registrare una breve live nonostante l’ora tarda.
Jimin capisce che Jungkook vuole restare solo e lo accontenta scompigliandogli i capelli, accogliendo il bacio soffiato di Jieun con un sorriso talmente aperto che i suoi piccoli occhi a mandorla quasi scompaiono, divenendo due adorabili mezzelune. Si porta via anche Taehyung trascinandolo per un braccio e augurando a Jungkook una splendida nottata.
Quando il maknae richiude la porta alle proprie spalle sono già le quattro passate. Cerca di non pensare al fatto che ha la sveglia tra due ore e mezza esatte.
«Jungkook, andiamo a dormire». Sente la voce stanca di Jieun provenire dal microfono del telefono come un sussurro.
«Non ne ho più molta voglia, adesso». La risposta arriva con un sospiro, mentre il ragazzo ricade sulla morbida poltrona nera e rossa che lo accompagna ormai da mesi durante le partite a Overwatch o le ore trascorse davanti al PC e alla tastiera musicale, mentre tenta costantemente di migliorarsi dando vita a qualcosa di nuovo. Il sonno Jungkook lo sente arrivare almeno tre volte più intenso di prima, ma l’idea di dover chiudere la chiamata con Jieun, coricarsi ed alzarsi di nuovo qualche istante dopo non lo alletta nemmeno un po’.
«Jungkookie, è la seconda volta che passi la notte in bianco. Non farmi preoccupare. E poi vuoi che le tue fan ti vedano con due occhiaie fino al pavimento e pensino ti sia successo qualcosa di irreparabile?»
Jungkook sospira alla velata ironia delle parole di Jieun, poi nega con la testa scostando con un gesto secco le lenzuola da sotto il materasso e ci si infagotta dentro, tenendo ancora il telefono – ormai sull’orlo dell’ebollizione – stretto nella mano destra.
«Buonanotte, Jeon. Ci sentiamo presto. Mangia».
«Appena ho tempo mangio, promesso».
«Jeon Jungkook!»
«Tu smetti la tua dieta e io prometto di non saltare più nessun pasto».
«Sai che non dipende da me».
«Nemmeno da me».
Jungkook, a volte, preferisce allenarsi un’ora in più, invece che rifocillare lo stomaco, questo Jieun lo sa bene. Ma sa anche che non è la sola ad avere forti restrizioni sul cibo, specialmente durante le apparizioni promozionali a seguito di un comeback. Si limita a chiudere gi occhi per poi riaprirli, stavolta decisa a dargli una buonanotte che sia più augurio e meno predica.
«Sappi che sto imparando a cucinare un ramen talmente buono che, dopo averlo mangiato, vedere quelli istantanei ti farà salire le lacrime agli occhi».
«Più buono del mio? Non credo».
«Vedrai».
«Noona, se stanotte sognerò tagliolini e carne di maiale sarà colpa tua».
«Dormi bene, Jungkookie. E pensami ogni tanto».
Lui esita un poco, prima di replicare. «Più di così è impossibile».
Jieun gli sorride dolcemente e, dopo aver avvicinato le proprie labbra all’obiettivo, coprendolo per intero con uno schiocco, chiude la chiamata.
 









 
 
 
 



Buonsalve.
Se siete arrivati fin qui, vi chiedo altri due minuti del vostro tempo da dedicare alle note. Innanzitutto: grazie per non esservi fermati al banner (e ne approfitto per ringraziare anche bridgetvonblanche dei preziosi consigli in merito <3). 
Come penso avrete capito, in questa raccolta ci sarà una ship ben definita, e so già che con questo potrei precluderne la lettura a molte non-shipper. Però… se siete anche un tantinino interessate/i, provate ad andare avanti, magari non vi sembrerà poi così male. In fondo non voglio convertire nessuno, semplicemente proporre la mia visione di una possibile relazione tra IDOL. I capitoli sono volutamente corti; intendo proporre delle “scene” veloci ma, per quanto possibile, significative. Non so ancora se darò poi dei riferimenti cronologici precisi, in ogni caso collocate pure il tutto in un tempo recente, anche perché Jieun è più grande di Jungkook di quattro anni (e non mi sembrava il caso di farli interagire quando lui ne aveva appena quindici XD). Niente, in realtà non ho molto altro da dire, spero che questo piccolo progetto possa aver seguito, in modo che riusciate a capire man mano come intendo procedere. Per ora, ciò che si sa è che tutti i membri sono al corrente della loro relazione, la quale è già abbastanza stabile da un po’…  sarà comunque mia premura inserire più in là anche qualche flashback. Darò poi alcune informazioni più precise andando avanti (la questione non è per niente facile XD).

Ringrazio chiunque mi abbia dato una possibilità e vi mando un abbraccione, sperando di potervi ritrovare (anche solo come lettori silenziosi – ma ricordatevi che le recensioni sono cosa preziosa e graditissima XD) al prossimo capitolo.

PS. La frase nel banner (e, in questo caso, anche la citazione del capitolo) è un verso di “Throught the night”, la canzone di IU dalla quale ho preso il titolo per la raccolta.


Bye ~


Vavi

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Capitolo 2
*** II ***


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II
 

“I can’t get used to you not being here
I feel like something is missing
I just want to be together with you always”
For you, BTS










 
Jieun scende i gradini sul retro del palco per tornare nel backstage, dopo una delle perfomance più emozionanti e faticose che abbia mai vissuto. C’è chi, nella platea e tra le gradinate, grida ancora il suo nome a pieni polmoni; tanti flash luminosi lampeggiano nell’auditorium ormai buio, come a voler racchiudere nel proprio bagliore l’indescrivibile energia di quella voce soave e potente, sprigionata da un corpo tanto minuto quanto grazioso. Jieun si sente a casa quand’è sul palco; le piace parlare con i suoi fan, interagire assieme a loro il più possibile, renderli i protagonisti di un evento che loro stessi, attraverso l’amore e il supporto, hanno reso possibile. Mentre ringrazia i membri dello staff, la voce ancora rotta dall’emozione, Jieun non dimentica di esprimere la propria riconoscenza anche ai truccatori, ai tecnici del suono e dei microfoni, che con lei hanno sempre una pazienza infinita; ancora è difficile, per Jieun, abituarsi a portare scatolette metalliche agganciate ai vestiti, fili che le si imbrigliano ovunque durante le perfomance e microfoni che stringono le orecchie e inglobano il capo fino a farlo dolere. Difficile, per lei, riuscire a completare una canzone senza aver combinato qualche guaio sul fronte tecnico.

Si lascia asciugare il sudore e beve un goccio d’acqua, mentre parla tranquillamente con il manager dello spettacolo appena finito, quando un ragazzo alto e magro le si avvicina, sussurrandole di fare attenzione nel rientrare in camerino, perché pare che un suo fan impazzito sia riuscito ad eludere la sorveglianza raggiungendo le sale del backstage. Jieun guarda il suo manager, un po’ preoccupata, e lui le assicura che si premurerà di accompagnarla personalmente nella sua stanza per rinfrescarsi, onde evitare brutte sorprese lungo il cammino. Giunta ormai a pochi metri dalla porta sulla quale è appeso un cartellino con il suo nome, l’uomo si allontana da lei con un cenno del capo e la ragazza fa per abbassare la maniglia, quando si sente inglobare da dietro in un abbraccio stritolante. D’istinto, Jieun strizza gli occhi e lancia un urlo spaventato, coprendosi la testa con entrambe le braccia. Quando l’assalitore si allontana, qualche membro dello staff si è già avvicinato per controllare la situazione, mentre Jieun ha ancora le palpebre chiuse e il respiro affannato. Prima che possa realizzare veramente la situazione, si sente di nuovo avvolgere in un abbraccio, questa volta più dolce, ed è in quel momento che un odore molto familiare le sfiora le narici, facendole sbarrare gli occhi. Solo allora mette a fuoco un cappellino nero con due anelli ai lati, qualche ciuffo di capelli scuro sotto la visiera, una mascherina, anch’essa nera, leggermente calata sul naso e tre piccole rughe d’espressione che accompagnano un taglio d’occhi a mandorla piegati all’insù, in un’espressione ridente.
«J-Jungkook?» Jieun fatica a credere alle sue stesse parole, e forse lo spavento le ha fatto perdere il lume della ragione, ma non confonderebbe quello sguardo con nessun altro al mondo.
Adesso può sentire chiaramente la risata genuina del ragazzo che le sta davanti – e quella degli altri membri dello staff, proprio dietro di lei.
«Sei… sei impazzito? Mi hai spaventata a morte».
Il ragazzo abbassa finalmente il tessuto che gli copre parte del volto e prende le mani della ragazza tra le sue. «Non ti facevo così fifona, noona» è il suo saluto, mentre ringrazia tacitamente il manager di Jieun, il quale si allontana assieme agli altri solo dopo essersi accertato che tutto rimanga sotto controllo.
«Vi siete messi d’accordo, vero? Lui lo sapeva» sbotta lei, riferendosi all’uomo che poco prima l’aveva allertata di un presunto fan infiltratosi nel retro del palco. «Questa me la paga» sibila tra i denti con aria poco minacciosa, spostando alcune ciocche di capelli dietro la schiena.
Jungkook, ora che è rimasto solo con lei, si sente decisamente più rilassato. È grato al manager per avergli permesso quella sorpresa, ma sentire gli sguardi di tutti puntati su di loro non lo ha messo per niente a suo agio.
«E così hai visto il concerto?» Jieun finalmente lo guarda, cercando di nascondere al meglio la gioia che prova nel poterlo rivedere così, all’improvviso, dopo un lungo periodo trascorso lontani l’uno dall’altra. «Sei proprio un irresponsabile». Vorrebbe essere arrabbiata con lui, perché ha rischiato troppo per farle quella sorpresa, ma non sa se in quel momento l’espressione del suo volto sia il reale specchio del suo stato d’animo.
Jungkook si toglie il cappello, scuotendo la testa per smuovere i capelli e farli tornare al proprio posto. «L’ho visto e non me ne pento» dichiara, seguendola subito dopo all’interno del camerino.
Lei gli fa cenno di sedersi su un divano in pelle vicino allo specchio. «Sai quante fan potrebbero averti fotografato di nascosto, vero?»
«E che importa, sono anche io un tuo grande fan dopotutto. Ti preoccupi troppo».
«Sei tu a preoccuparti poco, Jungkook. Mi meraviglio che te l’abbiano lasciato fare… Namjoon era d’accordo?».
«Sì, a patto che il tutto fosse strettamente organizzato dai nostri manager. Da solo non me l’avrebbe mai permesso».
«Grazie al cielo c’è una persona responsabile nel tuo gruppo».
«Ehi!» Jungkook le lancia con poca forza un cuscino rosso che si è trovato dietro la schiena e Jieun lo prende al volo, ridacchiando. «Con questo vuoi dire che di me non ci si può fidare?»
Lei restituisce il guanciale al mittente, stavolta tirandolo con più foga. «Voglio dire che sei imprevedibile e un giorno mi farai prendere un colpo». Ma è anche questo che amo di te, aggiunge nella sua testa, quando Jungkook mette su un adorabile broncio degno del più ridicolo degli agyo. Al ché Jieun si alza e gli stritola una guancia con due dita, prima di posarvi sopra un leggero schiocco. Istintivamente, le sue labbra si spostano per cercare quelle di Jungkook, già schiuse e talmente vicine da costituire un invito irresistibile, ma invece di assecondare quel desiderio, Jieun gli bacia la punta del naso, lasciandovi sopra un leggero alone rosso.
«Quanto puoi restare, Jeon?»
Una domanda che racchiude in sé il motivo di quel contatto negato, troppe volte già assecondato e sempre più difficile da trattenere. È come un impulso che ogni volta si fortifica; più lo si alimenta e più lui continua a chiedere.
Jungkook sospira pesantemente, gettando un’occhiata al suo orologio. «Altri cinque minuti».
Le loro iridi si incrociano per un secondo e nella mente di entrambi irrompe l’idea malsana di ignorare quel beffardo limite temporale, fregarsene delle conseguenze e sfruttare ogni singolo istante del pochissimo tempo rimasto per assorbire in modo quasi viscerale e disperato tutto ciò che dell’altro ne costituisce l’essenza, in modo da poterlo ricordare vividamente una volta lontani. Ma è questione di un attimo e le loro iridi si rimpiccioliscono, i battiti si regolarizzano e gli sguardi si discostano, cercando velocemente un altro appiglio.
«Credo di avere un’idea» sussurra allora Jieun, voltandosi a recuperare delle confezioni in carta stagnola su una mensola lì accanto. «Zuppa di riso e frittura di mare. Dividiamo?»
Il più piccolo osserva stancamente i contenitori sollevati dalla ragazza, ma ben presto un buon profumo di pesce gli solletica le narici e, visto che anche quella sera non ha cenato, decide che tutto sommato non è un compromesso da buttar via.
Un po’ a malincuore si alza, raggiungendo Jieun. «Andata».
















 
 
 
 

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Capitolo 3
*** III ***


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I


"It may be a little dangerous but I’m very sweet
I’m here to save you, I’m here to ruin you"
Pied Piper, BTS









 
 
Jungkook saluta il nuovo giorno stiracchiando le braccia fuori dalle coperte, scostandole poco dopo con un gesto secco che le fa arrotolare in modo scomposto ai piedi del materasso. Si passa due mani sul volto, stropicciando la frangia scura, e rotola su un fianco con l’intenzione di mettersi a sedere e poi alzarsi, ma prima che possa rendersene conto ecco che il pavimento della sua stanza è a pochi centimetri dal suo naso e un rumore sordo ha appena annunciato lo scontro del fianco destro con il suolo.
Mugugna un lamento in una lingua sconosciuta, piuttosto interdetto per esser letteralmente precipitato giù dal letto senza un reale motivo. La testa gli pulsa come se qualcuno la stesse trapanando dall’interno ed ha come la sensazione di non possedere più un briciolo d’energia in corpo. Eppure, pensa Jungkook, ormai sono settimane che mantiene lo stesso ritmo nel provare, il suo fisico è da tempo assuefatto a quel modo di vivere e gestire la fatica.
Con uno sforzo immane si dà uno slancio e finalmente solleva la schiena da terra, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Poi, il suo cervello mette in moto i neuroni, fa un collegamento ed è questione di un secondo perché Jungkook sia di nuovo sdraiato a terra, con le mani nei capelli.
Certo, ormai otto ore di danza sono la norma, ma quelle due ore extra di attività fisica la sera prima, di certo non le aveva previste.
Perché preoccuparsi, si era detto, un piccolo strappo alla regola non avrebbe poi fatto molta differenza. Dopotutto, i giorni trascorsi con Jieun cominciavano ad essere un privilegio raro, ed uno come Jeon Jungkook che genere di problemi avrebbe potuto avere per qualche ora di sonno persa nel nome di una giusta, anzi giustissima, causa?
Sospira e gli viene da ridere, perché davvero non ricorda quand’è stata l’ultima volta in cui si è sentito così a pezzi. Tra l’altro, non ha idea di come poter spiegare agli altri il motivo di quell’improvvisa astenia. In verità, il sospiro che si lascia sfuggire sembra annunciare l’inizio d’una crisi di nervi, ma la situazione ha decisamente un che di ilare, per cui, quando Hoseok entra in stanza, lo trova abbandonato sulla moquette della camera intento a sogghignare in modo quasi masochistico della propria stupidità.
«Jungkook-ah, che fai lì per terra? Tra poco dobbiamo essere in agenzia». Il più grande cerca di non dare troppo peso alla scena cui sta assistendo, dopotutto da Jungkook ci si può aspettare di tutto – come quando aveva bussato alle sei di mattina per svegliarlo e, nell’aprire la porta, lo aveva trovato con gli occhi arrossati puntati sullo schermo del computer a giocare ad Overwatch, ancora un’ultima partita prima del “risveglio” – però il maknae sembra davvero strano e i minuti di ritardo aumentano ogni secondo perso a parlare.
«So… sono pronto tra due minuti, hyung. Cinque. Cinque minuti».
Hoseok alza un sopracciglio, oltre la perplessità sta iniziando anche a preoccuparsi. Di lì a qualche istante, pure Jimin appare sulla soglia della porta e la sua reazione nel vedere Jungkook tranquillamente sdraiato sul pavimento è pressappoco la stessa.
«Ma che diamine… Jungkook-shi, ti muovi? Per caso ha bevuto ieri sera?» L’ultima domanda la pone ad Hoseok con una punta d’ironia nella voce, ma visto lo stato catatonico in cui si trova il più piccolo, un leggero dubbio si sta facendo strada nella sua mente, e pure in quella del più grande.
«Non lo so, ieri sera… è stato fuori con Jieun, no?»
Quando Hoseok guarda Jimin, ed entrambi sembrano improvvisamente prendere consapevolezza della situazione, concludendo nella loro testa che no, l’alcool non c’entra assolutamente nulla, Jungkook si solleva finalmente sui propri piedi e, senza aggiungere altro, scatta come un fulmine in direzione del bagno, costringendo i due hyungs ad aprirsi per farlo passare.  Si lancia sul lavandino con l’unico obiettivo di lavare la faccia con acqua tepida e sapone, sicuro che basti quello per svegliarlo completamente, quando di nuovo viene interrotto da Hoseok, il quale sventola il suo iphone dicendogli che Jieun lo sta chiamando.
Ottimo tempismo, noona.
Ringrazia lo hyung in modo frettoloso e si chiude la porta alle spalle, asciugando il volto e rispondendo contemporaneamente alla chiamata.
«Noona buongiorno, scusa ma sono in ritardo non posso parlare adesso ci sentiamo più tardi ok?» Pronuncia tutto d’un fiato e sta quasi per riattaccare senza attendere la risposta, ma la voce di Jieun lo trattiene. «Ehi Jeon, tutto bene?»
Incredibile come quel semplice timbro di voce riesca sempre, da solo, ad infondergli un senso di beatitudine. Tuttavia, il ritardo è ritardo. Sospira stancamente, lasciandosi scappare un sorriso sghembo.
«Morirò giovane, noona».
«Che?»
«Giovane ma felice».
«Jungkook, sei ubriaco di prima mattina?»
«Bevo solo dopo i concerti, lo sai».
«D’accordo, allora perché stai delirando?»
Il più piccolo si guarda allo specchio, pettinando con le dita i ciuffi di capelli che gli ricadono sulla fronte. Forse sarebbe meglio evitare di raccontare la disavventura mattutina, d’altronde ormai sono arrivati ad un livello di confidenza per il quale Jungkook è sicuro che Jieun capisca la situazione senza prendersi gioco di lui.
«Sono caduto dal letto, prima. Non riuscivo nemmeno ad alzarmi. Se non riesco a sostenere le prove di oggi pomeriggio sono fottuto».
Seguono trenta secondi di silenzio assoluto, dopodiché Jungkook sente chiaramente il principio di una risata provenire dal microfono del cellulare e, sebbene non sia direttamente visibile all’esterno, è sicuro di esser arrossito fino alla punta dei piedi perché sente il proprio volto andare in fiamme. Vorrebbe tanto rimproverarla per quella reazione, ma Jieun ha una risata talmente contagiosa che alla fine, senza volerlo, si trova a sorridere pure lui.
«Che ci trovi di tanto divertente» sbotta poi col tono un po’ arrogante e imbronciato, cercando di recuperare quel poco orgoglio che gli è rimasto da difendere. L’unico effetto che riesce ad ottenere, ovviamente, è l’opposto di quanto avrebbe desiderato.
«Scusa Jungkook» afferma Jieun, lasciandosi sfuggire ancora qualche singhiozzo argentino, «è il modo in cui lo hai detto».
Omette di aggiungere, ovviamente, che anche lei ha avuto qualche problema a svegliarsi quella mattina, dopo quasi tre ore trascorse ad appannare i vetri della sua macchina assieme a lui.
«Mi stai prendendo in giro».
«Affatto» replica convinta, e in quel momento vorrebbe tanto abbracciarlo, ne sente già la mancanza.
«Ho i crampi alle gambe noona, è una cosa seria». E li ha davvero, non che non ci sia abituato. Il tono che usa però è volutamente lamentoso; visto che c’è, tanto vale farsi coccolare un po’.
Jieun infatti si lascia scappare un «Oh» piuttosto preoccupato e gli raccomanda di usare quella crema erboristica che gli ha regalato l’ultima volta - appositamente per i dolori muscolari - senza dimenticarsi di elogiare le proprietà salvifiche del potassio contenuto nelle banane, che ovviamente a Jungkook non piacciono. Lui conferma tranquillizzandola e sorride. Dopotutto anche Jieun ha il suo punto debole.
«Fammi sapere se arrivi tutto intero a fine giornata, Jungkookie. Non sforzarti troppo, se senti che non ce la fai-».
«Noona… tranquilla».
Sono passati quasi dieci minuti ormai, è ora di staccare.
«Quand’è che ci rivediamo?» domanda in ultimo lei, una nota di speranza nella voce.
Anche quella di Jungkook sembra cambiare intonazione e farsi più lieve. Entrambi hanno davanti a loro settimane intense di promozioni ed esibizioni in live.
«Presto». Non la sente replicare, così lo fa lui. «Il più presto possibile».
«Prometti?»
«…Prometto». 















 

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Capitolo 4
*** IV ***


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IV


"Each word you say, each laugh
They have such big meanings to me

Even your smallest glances
Even your lonely back is a difficult promise to me
"
 
Meaning of you, IU







 


«Sicuro che vada bene?»
Jieun volta il capo di tre quarti per incontrare lo sguardo di Jungkook, dietro di lei. È seduta sulle sue ginocchia, i piedi poggiati su quelli di lui – perché a terra non arrivano – entrambi appostati sulla morbida poltrona rossa e nera, ormai fedele compagna di giochi, sconfitte e vittorie del più piccolo. Davanti c’è lo schermo del computer bello grande, quasi intimidatorio. Jieun sorride quando Jungkook annuisce tranquillo e torna con il cursore sulla finestra che le permetterà di sciogliere un Eroe con il quale iniziare la sua prima partita a Overwatch.
«Ma io non so nemmeno da dove cominciare. Quale dovrei prendere?» Scorre distrattamente le immagini dei personaggi cercandone uno che le ispiri fiducia. Nemmeno si premura di leggerne le abilità, tanto sa già che in ogni caso si tratterà di una disfatta su tutta la linea. I videogiochi sembrano avere una sorta di beffarda antipatia per Lee Jieun. O forse è lei ad averli sempre trattati con noncuranza; in ogni caso, non si era mai posta il problema – prima di frequentare Jungkook, chiaramente.
«Dipende se preferisci attaccare o rimanere in difesa» spiega lui, chiudendo nel suo palmo le nocche di Jieun per guidarla nella scelta. «Forse per te sarebbe meglio prenderne uno di supporto, almeno non dovrai stare sempre in prima li-»
«Questa, voglio lei!»
Jieun indica con enfasi la sagoma di un’avvenente ragazza dalla pelle blu, sulla quale Jungkook ha appena puntato la freccia. «Sembra fortissima!»
Lui ride divertito ai commenti di Jieun, perché in quel frangente sembra proprio una bambina alle prese con la sua prima partita ai videogiochi. Gli fa talmente tanta tenerezza che lascerebbe perdere tutto solo per poterle torturare le labbra con mille baci, ma Jieun ora sembra davvero presa e in fondo anche lui muore dalla voglia di vederla in azione.
«Ottima scelta, noona – ammette piuttosto soddisfatto, scostandole i capelli da una spalla per potervi appoggiare il mento, rendendo così più nitida la propria visuale dello schermo – ma non è facile giocare con Widomaker. Sicura di voler provare?»
«È deciso». Jieun clicca sul tasto per confermare e una schermata di caricamento annuncia finalmente l’inizio della sua prima missione.
«Ricordati che stai giocando in squadra, perciò ogni componente può esserti d’aiuto, così come tu potrai aiutare loro se ce ne sarà bisogno. Non perdere tempo in scontri inutili e punta dritta a raggiungere l’obiettivo».
«Jungkookie, com’è che si sparava!? Mi sono dimenticata di nuovo».
«Tasto sinistro del mouse. Con la “R” ricarichi le munizioni. Ti conviene rimanere a distanza, Wido ha un’arma a lungo raggio».
Jieun quasi sobbalza sulle gambe di Jungkook quando la mappa di gioco comincia a prender forma davanti ai suoi occhi. È tutto talmente colorato e ingarbugliato che, inizialmente, si spaventa perfino nel vedere un enorme fucile sulla metà destra dello schermo. Che poi è quello del suo personaggio, ovviamente.
«Non ce la farò mai» espira sconsolata, al ché lui decide di incoraggiarla poggiando le labbra sul suo collo, lasciandovi un piccolo bacio. Lei chiude gli occhi per un istante, giusto il tempo di assaporare quel brivido appena accennato che le ha attraversato la schiena. Pessima idea, visto che, nel frattempo, qualcuno al di là dello schermo ha deciso di approfittare della situazione per avventarsi sul suo povero personaggio.
«Jieunni! Attenta!» Jungkook è velocissimo e riesce ad appropriarsi dei comandi, rispondendo all’attacco e capovoltando la situazione a proprio favore. Riporta Widomaker in una posizione favorevole, in modo che Jieun possa riprendere il gioco senza troppe difficoltà.
Stavolta, l’espressione della ragazza è concentrata, tanto che una leggera ruga d’espressione si forma tra le sopracciglia sottili e le labbra si serrano decise, nascondendo quel velo di rossetto color cremisi che indossa.
«Non distrarmi» soffia fuori, mentre ce la sta mettendo davvero tutta per avanzare senza essere messa subito KO.
Jungkook sorride e solleva le mani in segno d’innocenza, mentre la sente agitarsi sulle proprie gambe, alzando e abbassando il capo come se quel gesto riuscisse a farle individuare meglio gli avversari. Non le ricorda che basta muovere il mouse per aggiustare l’inquadratura, è troppo divertente vederla così impacciata, per una volta.
Tutto procede quasi senza intoppi, fin quando Jungkook le posiziona due morbide cuffie sulle orecchie, con tanto di microfono incorporato; lei si lascia sfuggire un lamento che sembra una protesta, poi inveisce contro qualcuno che l’ha presa di striscio e un attimo dopo sembra già essersi scordata della nuova aggiunta tecnologica, ma ecco che un urlo assordante le fa strizzare un occhio e perdere la presa sul mouse.

«NOONA,  CHE STAI FACENDO?! QUELLA E' LA DIREZIONE SBAGLIATA!»

Jungkook riesce a sentire la voce di Taehyung dall’altra parte delle cuffie anche senza averle indossate.
«Che cavolo urli Tae, accidenti a te!» Jieun gesticola da sola, come se avesse davvero Taehyung davanti. «Sto seguendo la linea, no?» domanda, indicando il percorso con un dito.
«LA STAI SEGUENDO DAL VERSO SBAGLIATO!!»
Jungkook ha letteralmente affondato la testa tra i capelli di Jieun, soffocando le troppe risate sul caldo maglioncino color indaco di lei.
«Oh, davvero?!»
Jieun spalanca gli occhi, atterrita da quella rivelazione. «Do… dove devo andare allora?»
«Fai dietrofront e segui me, sono quella con la tutina blu e le cuffie alle orecchie».
«Carina» commenta lei, ridacchiando.
«NON SCHERZARE, QUI RISCHIAMO DI PERDERE LA PARTITA!»
A quelle parole Jungkook sembra risorgere dalle proprie ceneri; la parola “perdere” risveglia nel suo corpo un qualche tipo di reazione spontanea di rifiuto.
«Noona – propone allora, con cautela – vuoi che ti aiuti?»
«Faccio da sola!» sbotta lei con la lingua tra i denti, più decisa che mai ad avere la meglio su quei due ragazzi malfidati.  Lui decide di assecondarla e se ne rimane zitto fin quando un avversario, apparentemente distratto, appare preciso all’interno del mirino di Widomaker. Si permette allora di darle qualche consiglio riguardo l’uso dell’arma e, al suo segnale, Jieun spara il suo primo colpo, determinando la disfatta immediata del nemico. Non ha nemmeno il tempo di rendersene conto, che si trova sollevata in aria, stretta per la vita da due mani forti e dalla presa sicura, mentre un sonoro “HEADSHOT!”proveniente dalle labbra di Jungkook riempie la stanza col suo fragore.
Lei si aggrappa d’istinto alle sue spalle, pregandolo, tra le risate, di metterla giù, altrimenti rischieranno davvero di perdere la partita. Quello che succede dopo è questione di un attimo: la visuale di gioco si appanna, un’esclamazione drammatica di Taehyung le trapana di nuovo i timpani e un avviso sullo schermo annuncia che il suo personaggio è appena dipartito.
«No…» Sussurra sconsolata lei. «No dai…» Clicca ripetutamente con la freccia del mouse sullo schermo del computer, sperando che succeda qualcosa, ma tutto è come congelato: sembra che non ci sia più nulla da fare. Almeno per il momento.
«Noona, tra un po’ torna in vita, tranquilla».
«Torna in vita?!» Jieun si gira verso Jungkook, in piedi accanto a lei, e aggrotta le sopracciglia, ancora scossa per quella vittoria così inaspettata stroncata troppo prematuramente da una brutta sconfitta.
Lui annuisce, scostandole dal viso alcune ciocche ribelli, mosse e un po’ scompigliate dalla troppa frenesia del gioco. «Ma nel frattempo la tua squadra dovrà fare a meno di te».
Jieun ride, sconsolata. «Beh, non sarà una grande perdita». Proprio mentre è sul punto di togliersi le cuffie, la voce di Taehyung fuoriesce nuovamente in tutta la sua potenza dagli altoparlanti.
«Un colpo dritto alla testa dell’avversario e poi KO nel giro di una decina di secondi. Complimenti, non è da tutti».
Jungkook avvicina una cuffia al proprio orecchio per poter ascoltare meglio.
«Lo so che sei lì Jungkook-sshi. Ora vedi di prendere quel mouse e continua la partita con Widomaker».
Il più piccolo guarda l’eroina, una delle sue preferite, e pensa che sono poche le volte in cui si è lasciato sopraffare assieme a lei. Le scritte lampeggianti catturano il suo sguardo, quasi lo incatenano in una strana ipnosi, ma presto il volto di Jieun ritorna nel suo campo visivo ed il timido spuntare di una fossetta sulla guancia sinistra di Jungkook, annuncia che lui ha fatto la sua scelta.
«Non credo che continuerò
».
«Come, che vuol dire…? Non puoi mica lasciare tutto così! Avanti…».
«Mi spiace». Capisci, hyung.
Dopo un breve momento di pausa, Taehyung decide di chiudere il collegamento audio all’improvviso, per poi chiamare Jungkook sul cellulare.
«NOONA, GLI HAI MANDATO IN PAPPA IL CERVELLO!» bercia a metà tra l’esaurito e il divertito, quando il più piccolo risponde, mettendo il vivavoce. «LO SAI CHE ALLE QUATTRO DI NOTTE VIENE DA ME A CHIEDERMI SE POSSO GIOCARE UNA PARTITA CON LUI, SI’? E ORA ABBANDONA COSI’ IL CAMPO DI BATTAGLIA!»
Jungkook allontana lo sguardo da quello di Jieun, un po’ imbarazzato per l’esclamazione del suo hyung. Lei  ride e alza le spalle. «Diciamo allora che sono in debito con te, Tae. Dopotutto è colpa mia se Wido è andata».
«Ho già in mente qualcosa per fartelo scontare».
«Tipo?»
«Tipo che la prossima volta vieni in camera mia a giocare».
«Camera tua?» chiede scettica Jieun, lanciando un’occhiata divertita a Jungkook. «Namjoon non ne sarà molto felice».
«Oh lui è sempre chiuso nel suo studio, non ci sono problemi».
«Andata allora» accorda lei, anche se entrambi sanno già che quella “prossima volta”, non avrà a breve né un giorno, né un’ora.
«Non chiedi il permesso a Jungkook?» domanda poi Taehyung prima di staccare, quasi cinguettando e rendendo il tutto abbastanza ridicolo.
Ma Jieun non si lascia di certo intimidire. «E perché dovrei chiedergli il permesso? Se mi hai invitato in camera tua, sarebbe piuttosto scortese rifiutare, giusto?» replica più sicura che mai e Jungkook incrocia le braccia, fingendo una punta di gelosia alla quale non crede nemmeno lui. Di certo non se si tratta di Taehyung.
«Grande» E detto questo, i minuti sul display del cellulare si interrompono, mostrando di nuovo la schermata Home dell’Iphone.
Jieun ha ancora un’espressione allegra sul volto, ma basta appena un’occhiata all’orologio per smorzare subito l’entusiasmo di entrambi.
«Sono le due e mezza» annuncia lei, con tono piatto. «Devo andare».
Jungkook le afferra prontamente un polso. «Perché non… resti? Solo per stasera».
Gli occhi a mandorla di Jieun, nel sentire quella richiesta, diventano grandi e lucidi, le labbra si schiudono nel tentativo di replicare, forse intenzionate a dare una risposta positiva, ma un sospiro segna già la presa di consapevolezza più dolorosa, ricordandole, beffarda, che sarebbe troppo rischioso scegliere di lasciare il dormitorio la mattina, ignorando le disposizioni del suo manager e quelle del manager di Jungkook. A volte, pensa Jieun, vorrebbe possedere quel pizzico di incoscienza in più per provare a cambiare le cose, a volte invece si convince che, se non fosse lei a mostrare fermezza, probabilmente Jungkook e le sue idee impulsive riuscirebbero sempre ad avere la meglio.
«Vorrei tanto».
Lascia da parte i soliti bonari rimproveri per il poco senso di responsabilità e dice a Jungkook le cose come stanno. Lui la tira a sé, e le braccia di Jieun vanno a circondargli la vita, mentre il capo della ragazza si adagia all’altezza del suo cuore, con gli occhi chiusi e l’orecchio teso ad ascoltare quei battiti così poco regolari. Si sente quasi mozzare il respiro - Jungkook non scherza quando la stringe in quegli abbracci - ma lei non si lamenta mai, perché anche così le sembra di non essergli mai abbastanza vicina.
«Verrà un giorno in cui non ti lascerò andare» sussurra lui, e c’è davvero tanta determinazione in ciò che dice.
Lei sorride, espirando a pieni polmoni il profumo delicato che emana la maglia nera di lui. «Spero arrivi presto».
 

 
 
 
 












******************************
 
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Chiedo perdono ad eventuali giocatori di Overwatch; ciò che avete letto è frutto della mia SCARSISSIMA conoscenza in materia, per cui spero possiate passarci sopra. XD Widomaker è stato Jk a nominarla, per cui ho scelto lei.
E ora mi dileguo perchè sto rovinando l'atmosfera<3

Vavi

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Capitolo 5
*** V ***


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V


"Still young and not knowing much about love
But I know what’s the most beautiful to me
Filling up my thumping heart"


Christmas Day, Jimin&Jungkook








 


Il silenzio avvolge i loro corpi come un gelido abbraccio.
Avanzano lentamente, mano nella mano, le dita intrecciate e la pelle nuda screpolata dal fretto; nessun guanto ad impedire il contatto tra le loro epidermidi, ma un cappellino in lana protegge le orecchie di lei, un cappuccio nero, imbottito di piuma d’oca, quelle di lui. Le labbra lasciano uscire aria calda contro una mascherina nera, impedendo alla punta del naso di congelarsi. I tacchi spessi affondano un poco nella neve, mentre le suole resistenti delle Timberland imprimono sul manto soffice il segno del loro breve passaggio. La strada è deserta: l’ora tarda permette ai due intrepidi ragazzi di passeggiare tranquillamente, sfidando il freddo rigido dell’inverno. Nell’aria, l’eco dei loro respiri si infrange sulle alte mura cementate dei palazzi e riverbera come un bagliore nelle loro iridi, mentre si scambiano sguardi fugaci per poi tornare a fissare il suolo e la strada scivolosa dinanzi a loro.
Il cuore di Jieun batte all’impazzata, provocando vibrazioni impercettibili sulla lana del cardigan che indossa. Jungkook la tiene stretta, quasi avesse timore di vederla sparire da un momento all’altro. È un azzardo, quello di uscire assieme, senza nessuno al loro seguito. Forse ha paura, Jieun, eppure non si è mai sentita così bene in tutta la sua vita. Di Jungkook riesce a scorgere solo gli occhi grandi e allungati, e in quel momento è tutto ciò di cui ha bisogno per esser certa che anche lui percepisce la stessa- incosciente- adrenalina scorrergli nelle vene. Rinforza un poco la presa e lui si volta a guardarla, fermandosi all’improvviso.  Il volto del ragazzo è illuminato a intermittenza dalle luci di Natale di un bar li accanto, mentre i minuscoli fiocchi di neve continuano la loro discesa verso terra, imbiancando le maniche e le spalle dei loro cappotti.
«Jungkook… dovremmo rientrare».
Il sussurro di Jieun è flebile quasi quanto i cristalli di ghiaccio che le stanno impregnando il berretto.
Un’altra pausa e la ragazza riesce a scorge nell’espressione di lui un sorriso accennato.
«Già».
Eppure rimangono lì, a pochi centimetri di distanza, ancora legati da un intreccio ferreo di dita- il vento che sferza  la loro determinazione con la stessa pericolosità di una lama affilata.
Dal locale alle loro spalle arriva, ovattata, una melodia piacevole, calda – dai ritmi latini – forse un po’ fuori luogo per quel periodo dell’anno, eppure sembra infondere buon umore e donare vitalità nonostante il tempo avverso. Jieun sente un fruscio all’altezza dei propri piedi e, abbassando lo sguardo, scorge quelli di Jungkook spostarsi a destra e a sinistra ritmicamente, seguendo le note della canzone. È un movimento accennato, quasi timido, ma non appena Jieun decide di farsi coinvolgere, ecco che anche i loro corpi seguono il ritmo in un dolce oscillare che diventa più allegro quando sentono arrivare il ritornello e Jieun si ritrova a girare su se stessa, seguendo il movimento del braccio di Jungkook. Ora lo sente chiaramente ridere e canticchiare a bocca chiusa, mentre anche lei continua a tenere il ritmo imitando i passi di lui e assecondando qualche giravolta di troppo che le fa inevitabilmente perdere l’equilibrio, determinando uno scontro diretto del suo fondoschiena con il terreno gelido.
Jungkook, invece di aiutarla, scoppia a ridere, e Jieun non ci pensa due volte ad appallottolare un po’ di neve per poi scagliargliela sul petto senza alcuna pietà.
«Ma insomma, dov’è finita la galanteria?» sbotta lei, mentre lui è ancora occupato a ridere nonostante Jieun lo abbia appena colpito. A quel punto, la ragazza decide di far leva sulle proprie gambe e, una volta ristabilito l’equilibrio, prende di nuovo un po’ di neve tra le mani, stavolta mirando la schiena di Jungkook, si china di nuovo e ne lancia un’altra, ancora e ancora colpendolo in ogni punto che le capita sottomano.
«Adesso vedremo-».
Una sul ginocchio, proprio dove Jungkook ha quello strappo nel jeans.
«- chi sarà il prossimo a finire per terra».
Una all’altezza del collo, schivata per un pelo, perché con tutte quelle risate l’equilibrio comincia a mancargli. Ride anche lei e si avvicina pericolosamente con un ultimo colpo in canna, ma Jungkook le blocca il polso prima che possa ricevere una palla di neve in piena faccia. Mentre scatta per salvarsi la pelle, però, la punta della Timberland sinistra si infossa in un cumulo troppo alto e Jungkook sente il proprio corpo sbilanciarsi all’indietro; invece di usare le braccia per evitare la caduta, tiene ancora il polso di Jieun stretto a sé, così da trascinare anche lei – di nuovo – sul manto di neve morbido. Stavolta, però, è lui a sentire il freddo infiltrarsi nel tessuto dei pantaloni, perché il suo corpo funge da scudo per Jieun, atterrata proprio con le mani sul suo petto. Il cappuccio imbottito, nella caduta, le ha coperto il berretto in lana, e ora Jungkook può vederle solo le labbra e i piccoli denti bianchi, meravigliosamente scoperti e brillanti grazie al manto di neve che riflette la luce dei lampioni. Sono ancora del tutto soli – se non si considera l’esigua clientela di quel bar dai gusti musicali occidentali.
«Uno pari» soffia Jieun, avvicinando il proprio volto a quello di lui e scorgendo, nella penombra, la dentatura un po’ sporgente di Jungkook accennare un sorriso.
«A-ha. Due a uno. Sei caduta di nuovo».
Prima che Jieun possa rispondergli per le rime, lui sente il cellulare vibrargli vicino la coscia e si lascia scappare un sospiro fin troppo rumoroso. Jieun sta per scansarsi, in modo che  possa recuperarlo dalla tasca, ma in quel momento percepisce anche lei la vibrazione del proprio, all’interno del giacchetto. Si guardano per un istante che pare un’eternità, indecisi sul da farsi, fin quando, inaspettatamente, è Jieun a decidere per entrambi.
«Se aspettano cinque minuti non succede niente, no?»
La conferma di Jungkook arriva quando lui, poggiandole entrambe le mani sulle guance, la guida lentamente verso le proprie labbra, che si schiudono accogliendo quelle fredde di lei in un bacio nascosto dalle pellicce dei loro cappotti, umido e reso più intimo dal veloce intreccio delle loro lingue e dei loro respiri, che si mischiano l’uno nell’altro, rendendo quella danza più ardente di quanto, normalmente, sia permesso fare in un luogo pubblico.
«Se Namjoon hyung mi sgriderà, dirò che sei stata tu a trattenermi».
Le loro bocche si allontanano per riprendere fiato, nello stesso momento in cui due nuvole di vapore prendono forma assieme ai loro sussurri.
«Certo. Contro la tua volontà».
Il cellulare di Jieun riprende a vibrare e, poco dopo, anche quello di Jungkook si illumina, annunciando l’arrivo di un messaggio su Kakaotalk.
Lei sta ancora sorridendo, quando decide di dar adito all’accusa di Jungkook – visto che ormai è stata fatta. «Ancora cinque minuti?»
Lui vorrebbe annuire subito, ma Jieun lo sente muoversi in modo strano. Sembra leggermente in imbarazzo, quando le risponde.
«Sì noona, ma non qui. Mi si è congelato il sedere».

 
 
 
 
 
 










 

Uhm, se a qualcuno interessasse quale canzone “latina” avevo in mente, si tratta di Echame la culpa, di Luis Fonsi e Demi Lovato. Ma qualsiasi altra va bene. XD
Volevo augurare una buonanotte alle ARMYS che stasera rimarranno sveglie per vedere gli Awards. Io sono vecchia, per cui rimanderò alla mattinata o alla sera – perché il dovere chiama.
Fangirlate un po’ anche per me♥ Ma non troppo, che è tardi e i vicini sentono. 
 
Vavi

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Capitolo 6
*** VI ***


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VI


"Everything is for you
Everything is alright
Even if there is no answer
Everything is inside your smile"


For you, BTS










 

 
 
I minuti sembrano volare e il nervosismo aumenta seguendo il trascorrere del tempo, mentre Jieun stropiccia i bordi della pagina del libro che sta leggendo. Tiene una montatura leggera calata sul naso, i capelli raccolti in una mezza coda improvvisata e la frangia corta ricade sulle sopracciglia, facendola sembrare molto più giovane della sua età.

Jieun è freddolosa, e nonostante i riscaldamenti della sua camera d’albergo siano al massimo, se ne sta imbacuccata fino alle ginocchia dentro una felpa nera troppo grande per lei, ma le gambe sono ancora fasciate dalle calze in pizzo dell’esibizione di quel pomeriggio.

Distende i piedi, muovendo le dita, e sistema meglio la schiena sul cuscino, che ha poggiato alla spalliera del letto per stare più comoda, per poi lasciar ricadere lo sguardo sulle lancette dell’orologio – le due e mezza.

Ha il telefono attaccato all’orecchio da circa mezz’ora, ma di Jungkook nemmeno l’ombra. Sono due giorni che manca al loro consueto appuntamento serale; non una chiamata per avvertire, né un messaggio per comunicarle che sta bene, due giorni di quasi assoluto silenzio. Jieun non controlla gli aggiornamenti su Twitter della loro pagina web, né naviga su Youtube per tenersi aggiornata. A volte si è permessa una sbirciatina nel fan cafè, ma solitamente aspetta sempre che sia Jungkook a contattarla, mettendola al corrente delle ultime novità.

«Avanti… rispondi».
Comincia ad essere un po’ impaziente dopo l’ennesima chiamata a vuoto, anche se sa che dovrebbe calmarsi. Volendo stilare una lista dei possibili motivi per i quali Jungkook non ha mantenuto la sua promessa, almeno due terzi sarebbero di carattere lavorativo, e non includerebbero ipotesi catastrofiche; eppure la preoccupazione c’è, anche se lieve, e probabilmente sarà causa per Jieun di un sonno poco piacevole.
Proprio quando sta per riagganciare, finalmente sente una voce dall’altro capo del telefono.
«Pronto».
Jieun quasi sobbalza, facendo piegare le molle del letto, ma è un attimo e già si è ricomposta: Jungkook non inizia mai una conversazione telematica con Pronto. Di solito la chiama noona, o usa il suo nome se è particolarmente di fretta, altrimenti la saluta con frasi incomprensibili, o ancora si scusa perché c’è rumore e non riesce a sentirla come vorrebbe. Insomma, nulla di tanto convenzionale come un semplice e normalissimo Pronto.
«Jimin?»
Anche se è quasi un sussurro, Jieun spera di aver riconosciuto il timbro.
«Sì», conferma lui, e a lei sembra quasi di vederlo sorridere.
«Squillava da molto, così ho risposto io».
«Mi spiace, vi ho svegliati?»
Jimin scuote la testa e lancia un’occhiata ad Hoseok, ancora immerso nella visione del loro ultimo rehersal, accuratamente filmato e documentato da lui stesso. A guardarlo così, sembrerebbe sul punto di cadere tra le braccia di Morfeo da un momento all’altro.
Jieun, dall’altro capo del telefono, sente una pausa più lunga del solito. «Jimin-sshi?»
«Scusa, noona. Tranquilla, non dormivamo ancora. E Jungkook sta bene, non preoccuparti».
In quel preciso istante, il cuore di Jieun conta un battito in più, per poi tornare alla sua normale frequenza, rilasciando nelle terminazioni nervose un’inaspettata sensazione di calma e benessere. La conferma di Jimin non fa altro che ricordarle quanto si stesse preoccupando inutilmente, nonostante il suo corpo le abbia appena comunicato che ne aveva davvero bisogno.
«Ha avuto molto da fare in questi giorni» aggiunge Jimin, cautamente. «Credo stia lavorando a qualcosa, la notte scorsa non ha nemmeno dormito».
«Capisco» risponde Jieun, comprensiva. Non sa se le dispiace di più per aver pensato – anche solo minimamente – a qualcosa di diverso, oppure per il fatto che Jimin si sia sentito in dovere di rispondere al posto di Jungkook per tranquillizzarla.
«Pensavo te ne avesse parlato».
Jieun alza le spalle, accennando un sorriso stanco. «Non parla mai di queste cose con me, Jimin». E va bene così.
In fondo è un’introversione genuina, quella che Jungkook manifesta quando è in gioco il suo lavoro. Jieun la considera una professionalità un po’ scaramantica; d’altronde quello che ha detto a Jimin è vero solo per metà. Jungkook spesso racconta, ma lo fa solo quando si sente pronto – quando è sicuro al cento per cento del risultato. Jieun, ovviamente, ha sempre rispettato ogni sua decisione, perché sa che da lui può aspettarsi lo stesso tipo di supporto.
«In verità non ha detto niente a nessuno. Credo che solo Namjoon hyung sappia di cosa si tratta, per ora».
Lei annuisce e può considerare archiviato l’argomento. «Tu perché sei ancora sveglio? Domani avete le prove, no?»
«Aspetta».
Jieun sente un suono fastidioso rimbombarle nel timpano – forse Jimin ha premuto qualche tasto - e, d’stinto, allontana il telefono dall’orecchio. Invece di trovare lo scorrimento dei minuti sul display, però, scorge nella penombra, dall’altra parte dello schermo, la sagoma sfocata di Jimin. Lo riconosce dai folti capelli biondi e dalle labbra piene, davanti alle quali il ragazzo ha alzato un dito per intimare a Jieun di non fare rumore. A quel punto l’immagine cambia, rivelando un Hoseok sdraiato sul proprio letto con una mano sollevata per aria, intento a salutarla silenziosamente. Lei risponde accogliendolo con un sorriso a denti scoperti, mentre mima con le labbra un “Ciao Hoseok”, dopodiché l’inquadratura varia un’altra volta, mostrando a Jieun un ragazzo vestito con pantaloncini corti e maglia bianca, intento a dormire beatamente su un letto che, ahimè, non è il suo. Jungkook ha i capelli un po’ scombinati, spostati da un lato, e la bocca socchiusa, dalla quale scende un minuscolo rivolo di saliva che Jieun non può vedere.
«Ora capisci perché sono ancora sveglio?»
Jimin si siede accanto a Jungkook e inquadra entrambi con la self camera. «Dice che il suo letto è scomodo».
Jieun ridacchia, quell’immagine è davvero troppo tenera da sostenere senza farsi emotivamente coinvolgere. L’innegabile stazza di Jungkook sembra improvvisamente piccola, tra le pieghe di quel copriletto un po’ sgualcito. Anche se, in effetti, a stento Jimin ha trovato un  angolo libero per potersi accomodare lì di fianco.
 «Tutto pur di non ammettere che vuole compagnia» rivela lei, e Jimin le sorride in risposta, permettendosi di indugiare qualche istante sul volto tremendamente esausto del compagno più piccolo.
«Ma non avrà freddo, così?»
La domanda le è uscita spontanea e in quel momento vorrebbe tanto mordersi la lingua. Il senso di colpa aumenta a dismisura quando Jimin decide di assecondare i suoi timori, piuttosto che preoccuparsi di non avere più il proprio giaciglio a disposizione per riposare. Lo sente muoversi e la telecamera traballa, poi l’immagine si ferma – Jimin ha poggiato il telefono sul materasso - un rumore di qualcosa che struscia contro i bordi del cellulare e finalmente la visuale torna ad essere nitida: ora Jungkook ha una coperta in pile tirata fino alle spalle.
«Così dovrebbe andare» dichiara soddisfatto, sistemando il plaid in modo che non lasci al freddo i piedi.
Jieun poggia il mento sul palmo della propria mano, scuotendo il capo. «Qualche volta dovresti provare a dirgli di no. Ha scelto lui di dormire da solo, dopotutto».
Hoseok anche dice qualcosa, probabilmente sta confermando le parole di Jieun.
«Mi dispiace svegliarlo» è la giustificazione di Jimin.
«E ora tu dove dormi?» chiede bonaria lei, mentre Hoseok sta ridendo sommessamente.
«Va da Taehyung» lo sente rispondere al posto di JImin, mentre quest’ultimo aggrotta le sopracciglia.
«Aish, potresti farmi tu un po’ di spazio». Jieun è sicura di aver sentito il satoori di Busan fare a botte con quello di Seoul.
«Io non voglio dormire con te» ribatte semplicemente Hoseok, continuando a prenderlo in giro. «E poi Taehyung ha il letto più grande».
«Taehyung-sshi dà i calci. E soffoca. L’ultima volta che mi sono addormentato vicino a lui ho rischiato di morire».
Jieun può vedere solo Jimin e Jungkook ancora immerso nel mondo dei sogni, ma sente chiaramente lo sghignazzare sommesso di Hoseok, lì accanto. Si toglie gli occhiali, poggiandoli sul comodino; mentre gli altri due parlavano, lei si è concessa qualche attimo per rimirare quell’ingrato del suo ragazzo, perché in fondo le basta anche vederlo così, abbandonato sul letto di Jimin, e sa già che il giorno dopo non sarà nemmeno in grado di tenergli il broncio per un tempo superiore ai dieci minuti.
«Se Taehyung mi caccia, vengo da te» conclude Jimin, riportando l’inquadratura solo su se stesso e beccandosi un grugno contrariato da Hoseok, che a giudicare dal fruscio di lenzuola si è girato dall’altra parte, accettando passivamente il verdetto del compagno, che a quanto pare non sembra voler ammettere risposte negative.
«Jimin, vai a dormire» gli dice lei dolcemente, e lui torna a guardare l’obiettivo.
«Ora vado. Vuoi che domani dica a Jungkook-»
«No» Jieun lo interrompe prima che possa finire la frase. «Va bene così, Jimin. Grazie». Lo sguardo perplesso di Jimin viene presto rimpiazzato da uno più comprensivo. «Grazie davvero» rincara lei, e sul serio non sa più come esprimere gratitudine verso quel ragazzo che ha così tanta premura nei confronti di Jungkook e verso il legame che loro due condividono. Lui riesce solo ad annuire, forse c’è un accenno di timidezza in quel gesto, poi le dà la buonanotte, chiudendo la video chiamata.
Jieun si ritrova a guardare il muro bianco davanti a sé, con il cellulare ancora stretto tra le mani, abbandonato sulle gambe già infagottate nel caldo piumino. Strizza gli occhi mentre stende le braccia verso l’alto, lasciando che uno sbadiglio annunci l’arrivo imminente di Morfeo. Sta per spegnere la luce e assecondare i bisogni fisiologici del suo corpo, quando il telefono si illumina nuovamente. Stavolta il numero che appare è quello di Jimin, accompagnato da un selfie un po’ buio in cui il suo volto pulito spicca in primo piano, lasciando intravedere, sullo sfondo, quello completamente abbandonato al sonno di Jungkook.
«Ancora non dormi!» sussurra Jieun guardando il display, come se quel rimprovero potesse arrivare direttamente a Jimin. Scuote la testa, anche se fa fatica a trattenere un sorriso, e si rintana sotto le spesse coperte con tutto il cellulare, chiudendo gli occhi e lasciando, finalmente, che mente e corpo riposino tranquilli.




















 

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Capitolo 7
*** VII ***


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VII


"Should we start talking about something else?
Should we kiss so we can’t say anything?"


Good day, IU







 

«A quante ragazze hai promesso questa passeggiata, Jeon?»
I granelli di sabbia fresca massaggiano i piedi di Jieun, mentre sfiora il manto dorato con passi traballanti, tenendo entrambe le scarpe nella mano destra e pendendo un poco di lato, verso Jungkook, quando – di tanto in tanto – il suo equilibrio viene disturbato dal terreno instabile.
Lui le afferra un braccio, giusto un momento prima di vederla ruzzolare per terra. Adora il modo in cui si ricompone, pretendendo che non sia successo nulla – lo sguardo sempre puntato in avanti, verso una meta inesistente che entrambi si ostinano a voler raggiungere. Sorride a testa bassa, in modo che Jieun non possa vederlo.
«La domanda giusta è ‘Quante ragazze hai portato a fare questa passeggiata, Jeon’?» ribatte lui, scimmiottando pateticamente la voce di lei. Jieun gli dà una spinta e Jungkook finge di sbilanciarsi, ma ci vuole poco perché l’ espressione di lei si tramuti in qualcosa che non ha più nulla a che vedere con l’intento provocatorio di poco prima. Inspira lentamente, lasciando che la salsedine le inebri il petto, dissolvendo le polveri inquinanti di Seoul; anche scavando a lungo nella memoria, Jieun fatica a ricordare l’ultima volta che ha potuto osservare il mare da così vicino, senza qualcuno che le sistemasse i capelli, o le dicesse come inclinare il mento per sembrare più magra. In quel momento, Jieun può lasciare che le ciocche ribelli le disturbino la visuale, può inciampare, persino cadere ed essere un po’ goffa - potrebbe anche correre, se volesse, o gridare, o ancora immergere le dita nell’acqua fredda, perché l’unica persona che le è accanto, in quel momento, non la giudicherebbe in ogni caso, qualunque azione impulsiva o maledettamente normale decidesse di intraprendere.
«Quindi sono la prima».
Jungkook viene bloccato dal corpo di Jieun, che gli si para davanti arrestandone la camminata. Lei lo guarda da sotto in su, forse è in bilico sulle punte dei piedi, negli occhi ha un guizzo furbo e dolce allo stesso tempo.
«D-direi proprio di sì» biascica lui, sorpreso da quella vicinanza inaspettata. È buffo come certi pensieri gli passino per la testa nei momenti meno opportuni, eppure ancora non riesce a capacitarsi del fatto che, davanti a sé, ha non solo la donna dei suoi desideri, ma un vero modello di vita, un’artista che ammira e che con tutto sé stesso ha supportato da quando era un giovane adolescente. In quell’istante – quando non c’è nessun altro all’infuori di loro – per lui è semplicemente Jieun, ma se prova ad andare al di là di quegli occhi dal taglio allungato che ora lo stanno guardando – a Jungkook vengono quasi le vertigini, e tempo e spazio perdono la loro cognizione, divenendo un confine evanescente tra sogno e realtà.
«Terra chiama Jungkookie!»
Scuote la testa quando si accorge della mano di Jieun che si muove da una parte all’altra, cercando di riportarlo alla realtà. Si massaggia la nuca, mal celando un inevitabile imbarazzo.
«Continuiamo a camminare?» replica, incerto.
Lei non si sorprende e lascia svanire quel momento di timidezza tornando a passeggiare al suo fianco, con aria tranquilla. Non è la prima volta che Jungkook la guarda come se la vedesse per la prima volta, e Jieun – anche se raramente lo lascia intendere – va letteralmente pazza per questo suo ingenuo modo di approcciarsi a lei.
Lui prosegue senza aggiungere altro; porge una mano a Jieun e lei l’afferra- in fondo non c’è davvero nulla che manchi, a Jungkook basta poterla avere vicina per sentire il proprio cuore colmo fino a scoppiare – eppure percepisce qualcosa nello stomaco, una sensazione di vuoto che odia con tutto se stesso, perché sta cercando di rovinargli un pomeriggio speciale, forse il più bello di tutta la sua giovinezza.
«Noona» azzarda, poiché forse è solo condividendola, che Jungkook potrà dare un nome a quella strana inquietudine. Jieun rallenta l’andatura e volta il capo nella sua direzione, segno che lo sta ascoltando.
«Io… sono felice».
 Stavolta è lei a fermarsi, proprio in concomitanza di quell’ultima ammissione, così semplice e al contempo così difficile da tirar fuori – Jieun lo sa, che Jungkook e le emozioni sono un enigma tanto affascinante quanto intricato. Agisce senza pensare e gli lascia una carezza tra i capelli, costringendolo ad arrestare di nuovo il passo. Indugia più del dovuto, facendo scorrere le dita tra i deboli nodi intrecciati dal vento, per poi scostargli la frangia dal volto e sorridergli sinceramente.
«Anch’io sono felice, Jungkook. Ma c’è qualcos’altro che vuoi dirmi, vero?»
Lui chiude gli occhi e le lascia un bacio sul palmo della mano, allontanandola poi dal proprio volto per chiuderla tra le sue.
«La felicità non dovrebbe essere condivisa? Perché dobbiamo tenerla per noi, come se fosse sbagliata?»
Il diaframma di Jieun si abbassa in un sospiro triste. «Lo sai perché, non essere testardo».
«A te sta bene così?»
«Sì, fin tanto che sono con te. Non ho bisogno dell’approvazione di nessuno».
«Non è di approvazione che stiamo parlando, ma di poter essere liberi di vivere la propria vita».
Jieun scuote lievemente la testa. «Dobbiamo apprezzare ciò che ci viene concesso, lo sai anche tu. Non ho detto che sia giusto, semplicemente è questo lo stato delle cose».
«Beh, lo stato delle cose fa schifo».
La cocciutaggine di Jungkook piega le labbra di Jieun in un sorriso dolce. Non gli dice che ha ragione perché Jungkook sa perfettamente di averla, eppure sente che in fondo – se si cerca davvero con zelo – un pizzico di fortuna è stata loro concessa, perché non a tutti gli idol è permesso  frequentarsi di nascosto, per giunta con l’appoggio dei propri manager.
«Sto scrivendo una canzone, Jungkookie».
Il cambio di argomento è in realtà solo un’illusione. «Volevo fosse una sorpresa, ma vista la situazione preferisco parlartene ora. Ci vorrà qualche mese ancora, o poco più, e se verrà approvata ho intenzione di chiedere al manager di poterla cantare assieme a te. Non ti assicuro niente però, probabilmente preferirebbe che stessimo lontani, almeno davanti alle telecam-».
Lui non ha bisogno di sentire altro per poterla stringere a sé, mentre sul suo volto – ben nascosto dalle iridi di Jieun – sta già nascendo un sorriso silenzioso, talmente aperto da ridurre gli occhi a due piccole fessure. Con la guancia schiacciata sul petto di Jungkook e le braccia esili congelate sui propri fianchi dalla presa ferrea del ragazzo, Jieun esita un poco prima di palare ancora.
«Jungkookie, non voglio che ti crei false aspetta-».
Le labbra del ragazzo arrivano come un fulmine a sigillare le sue, e nell’aumentare la pressione del bacio, Jieun comprende che quello è un modo gentile per chiederle di non rovinare tutto; in fondo, è stata lei - giusto un istante prima - a dirgli di imparare ad apprezzare le piccole cose, e a Jungkook, in quel momento, basta sapere che Jieun, mentre scriverà quella canzone, penserà a lui – a loro due assieme – a IU e a Jeon Jungkook dei BTS come due voci che, finalmente, si uniscono in una sola. Consapevole o meno, Jieun ha appena – quasi – realizzato uno dei sogni più grandi del suo ragazzo; in verità, quella di poter avere Jieun per sé, Jungkook l’aveva sempre considerata solo una mera utopia, troppo azzardata persino per i suoi sogni più segreti, ma all’opportunità di poter duettare con lei non aveva mai davvero rinunciato. E ora, sebbene Jungkook abbia già avuto più di quanto avrebbe mai potuto sperare, sente di poter arrivare a toccare il cielo e ancora più su, dove solo Jieun ha il potere di farlo volare.
Ancora succube della violenta scarica d’adrenalina provocatagli da quella notizia, Jungkook allontana il proprio volto da quello della ragazza, tenendole entrambe le mani ben strette nelle proprie.
«Entriamo in acqua, noona».
«In… in acqua?»
Jieun deve ancora riprendersi dal bacio che Jungkook le ha appena regalato, e il modo in cui aggrotta le sopracciglia, perplessa – le labbra ancora leggermente gonfie - fa ridere il ragazzo di gusto.
«Jungkook, siamo in Primavera, l’acqua è gelata».
Le dispiace dover smontare tutto il suo entusiasmo, ma alle volte sembra che le ghiandole surrenali di Jungkook producano una carica esplosiva che nemmeno tre persone riuscirebbero a tenere sotto controllo. D’altronde, le pare quasi di poter sentire quelle scosse elettriche di positività irrorare le vene di Jungkook e poi, tramite osmosi, attaccare senza ritegno anche le proprie. La luce che vede nei suoi occhi, grandi e spalancati come quelli di un bambino, di certo non l’aiuta a ragionare.
«Non avremo la possibilità di tornare a Busan d’estate».
«Se ci vedessero i nostri manager-».
«Ma non ci vedranno».
«Tu sei pazzo, Jungkook».
Prima che Jieun provi ancora a farlo desistere, lui l’afferra da sotto le ginocchia con un avambraccio, cingendole la vita con l’altro, per poi tenerla ben stretta a sé.
«Pensa che noia se non lo fossi. Sei pronta?»
Piega il ginocchio destro e spinge indietro la gamba sinistra, pronto a lanciarsi tra le onde del mare al segnale di Jieun. Lei stringe la presa, circondandogli il collo con le braccia e nascondendo il volto nell’incavo tra il suo mento e la clavicola.
«Non ti azzardare a lasciarmi» sussurra poi, provocandogli un leggero solletico sulla pelle.
«O morirò congelata».
«Moriremo congelati insieme».
«Odio il tuo macabro romanticismo, Jungkookie».
Di nuovo una risata a denti scoperti, poi la partenza. A tradimento.




















Buonsalve a tutti.
Chiedo perdono per la lunghissima assenza, ma sto ancora cercando di smaltire i duecento chili messi su con i pasti delle feste. Volevo provare ad aggiornare anche l'altra raccolta prima del nuovo anno, ma credo di dover rinunciare. Spero che questo capitolo sia valso l'attesa (almeno un pochino) - ci ho messo tre giorni a scriverlo e ancora non riesco a trovargli un senso LOL. Abbiate pietà di me. Vi voglio bene <3

Colgo l'occasione per augurare un buon anno a tutti voi! :)

V
avi

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Capitolo 8
*** VIII ***


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VIII


"I miss you
When I say that
I miss you more
Even though I’m looking at your photo
I still miss you
Time is so cruel
"

Spring Day, BTS






 
«Jungkook-sshi, vieni di là a vedere un film? È quello che ha scaricato ieri Taehyungie».
Jimin parla a voce bassa anche se non c’è nessuno che sta dormendo nei dintorni. La camera del maknae è immersa nella penombra di una luce bluastra, frutto del riverbero di smartphone e monitor del computer. Sul desktop c’è una finestra di registrazione aperta, la luce rossa del microfono elettronico è ancora accesa. Gli occhi grandi e stanchi di Jungkook si perdono navigando in pagine Internet di cui ignora il contenuto, i polpastrelli delle dita scorrono sullo schermo sensibile, cliccano e sfogliano senza davvero sapere ciò che stanno facendo.
«Non mi va, hyung».
Un braccio dietro la nuca e l’altro teso a sorreggere il telefono, Jungkook è sdraiato sul proprio letto, indosso ha la stessa tuta del giorno prima, forse ha cambiato la maglia, Jimin non può dirlo con certezza, vista la monocromia che popola il suo armadio.
«Perché no? Non eri stato tu ad insistere affinché lo guardassimo insieme?»
«Non lo so. Non ne ho voglia adesso».
Il tono di Jungkook è semplicemente stanco – quasi specchio di una tacita rassegnazione tenuta nascosta tramite risposte vaghe e fin troppo dirette.  Jimin lascia che la luce del corridoio illumini indirettamente il volto del compagno, allargando lo spiraglio dal quale affaccia la propria testa.
«Che hai, Jungkook?»
«Non lo so».
«Non lo sai o non ti va di parlarne?»
«Non lo s-»
«Aish, piantala».
Senza aspettare che sia lui a chiederglielo, Jimin decide di chiudersi la porta alle spalle, raggiungendo la poltrona rossa accanto alla struttura rialzata del letto di Jungkook, per poi accomodarvisi sopra.
«È morbida» commenta sorpreso, testando lo schienale e facendo un giro su sé stesso.
Allunga una mano verso l’alto, arrivando ad afferrargli un lembo dei pantaloni; Jungkook, per tutta risposta, si volta a pancia sotto, liberandosi al contempo dalla presa di Jimin.
Non è raro che il più piccolo preferisca ritagliarsi dei momenti per sé, e il più grande non è solito disturbarlo, né forzarlo a stare con gli altri, però quella nota amara che ha percepito nelle parole di Jungkook gli ha suggerito che stavolta è diverso, non è solo stanchezza o irascibilità.
«Hyung lascia stare, non sono in vena». Di parlare, intende.
«Quando mai sei in vena, Jungkookie?»
Uno sbuffo contrariato arriva alle orecchie di Jimin, che però non demorde.
«È un po’ che sei strano. Più strano del solito».
«Cioè?» la domanda di Jungkook tarda qualche secondo, ma pare lievemente più accesa rispetto al resto delle risposte che ha dato.
«A volte sembra che tu non ci sia. Anche in sala prove, sei distratto, ieri hai sbagliato due volte durante la coreografia». In realtà avrebbe volentieri fatto a meno di dirglielo, ma visto lo stato misterioso in cui verte il più piccolo, forse è meglio palesargli la situazione in modo che capisca la necessità di esternare i suoi problemi.
«Lo so, io… sono solo stanco».
«Tutti siamo stanchi, Jungkook. Hai ballato con un’ora di sonno dopo tre giorni trascorsi senza poter nemmeno vedere l’ombra del letto, hai cantato quando avevi la gola in fiamme; non puoi usare questa scusa, non tu».
Il silenzio che segue fa pentire Jimin dell’irruenza che, erroneamente, Jungkook potrebbe aver dedotto dalle sue parole. L’ultima cosa che desidera è rimproverarlo.
«Non posso aiutarti se non mi dici qual è il problema» aggiunge, aggrappandosi con entrambe le mani alle inferriate tramite cui può scorgere la sagoma scura di Jungkook. In piedi accanto a lui, riesce a captare ancora meglio l’espressione assente e lievemente turbata che il più piccolo ha dipinta sul volto.
«Un momento prima sei euforico, quello dopo ti eclissi ed è impossibile comunicare con te. Cosa stai cercando di combattere?»
«Immagino che un ‘non lo so’ come risposta non sia contemplato, a questo punto».
«Immagini bene».
Si tira su con la schiena, incrociando le gambe e abbandonando  il cellulare sul materasso. Ancora non ricambia l’occhiata preoccupata di Jimin, ma sembra voler finalmente stabilire un contatto.
«Ho paura che questa cosa possa avere delle conseguenze negative su di me, hyung. Su di noi, come gruppo. Non è la cosa stessa ad essere il problema, solo… temo possa diventarlo».
«Fammi capire bene» ricapitola Jimin, gesticolando con una mano. «Ti stai preoccupando per qualcosa che potenzialmente potrebbe essere un problema, ma in realtà non lo è?»
«Sì, più o meno».
Jimin non sa se essere più spaventato o affascinato dallo strambo modo di ragionare del più piccolo. In verità, non lo credeva una persona propensa a porsi tutti questi vincoli senza che il motivo di tale comportamento fosse realmente serio o accertato.
«Ok Jungkook, posso sapere di cosa stiamo parlando? C’entra qualcosa Jieun?»
All’ultima parola di Jimin, il più piccolo ha un sussulto. Possibile che gli ci sia voluto meno di un minuto per arrivare a snocciolare la questione senza nemmeno girarci attorno?

«È solo che… mi manca, hyung».

La straordinaria semplicità con la quale Jungkook ammette finalmente il vero cruccio che lo sta divorando, finisce inevitabilmente per far sorridere Jimin. Quell’accenno di tristezza che ha percepito nelle parole del più piccolo gli ha provocato una leggera morsa allo stomaco.
«Sarebbe strano il contrario, Jungkookie» lo rassicura, e la sua voce è una carezza dolce, che l’altro percepisce in tutta la sua spontaneità.
«Sì, ma… questa cosa mi sta sfuggendo di mano. Ho la nausea».
«Credo sia normale».
«Sto male, hyung».
«Ho capito Jungkook, stai tranquillo».
«Come faccio a stare tranquillo se-».
«Adesso ascoltami».
Il più piccolo fa una fatica immane per fermarsi, proprio ora che aveva trovato il coraggio di aprirsi con Jimin.
«Stai entrando in un loop senza uscita. Se ti convinci che le conseguenze di questa mancanza finiranno per ripercuotersi su di noi, non farai altro che peggiorare la situazione. Quello che stai vivendo non è strano, né necessariamente negativo. Devi solo accettarlo».
«Accettarlo?»
«Pensa a te e a lei, Jungkook. È una situazione che puoi gestire, se ti concentri su ciò che siete. Magari continuerà a far male, ma rimuginarci non è la soluzione, tantomeno chiudersi dentro una stanza per paura di contagiare chi ti sta intorno. Affrontalo, invece».
«E se non ci riesco?»
«Devi».
Stavolta, le iridi di Jungkook si appigliano a quelle del più grande in una disperata ricerca d’aiuto.
«Non c’è bisogno che ti dica io quanto tieni a Jieun, vero?»
Il più piccolo scuote energicamente la testa e, quasi senza pensarci, afferra di nuovo il cellulare, ricercando la conversazione con lei su KakaoTalk.
«Scrivile, o chiamala, quando ne senti la mancanza».
«Lo faccio già».
«Forse non abbastanza».
Con quest’ultima affermazione, Jimin si alza sulle punte per scompigliare i capelli di un Jungkook ancora dubbioso, ma gli basta vederlo picchiettare le dita sui tasti e premere invio per riuscire ad individuare un’espressione più rilassata distendergli la fronte. Fa per allontanarsi, quando Jungkook parla di nuovo.
«Hyung, ho ancora la nausea».
Jimin scuote la testa e gli fa un cenno in direzione del corridoio.
«Ti aspetto di là. Taehyungie ci avrà dati per dispersi».
 
 
 



In quello stesso momento, in un luogo il cui fuso dista troppe ore da quello della Corea del Sud, il volto assonnato di una ragazza risplende, mentre contempla due piccole, grandi parole sullo schermo del proprio cellulare.


Bogo sipda.
 
 
 

















 
BOGO SIPDAAAAAAA!
Il suono era troppo bello per tradurlo in italiano.
Chiedo scusa se ho tralasciato un po’ Jieun, ma sapete che prima o poi vi tocca questo genere di capitoli. Anche se indirettamente, mi piaceva l’idea di affrontare questa tematica, facendo sì che Jungkook la condividesse con qualcuno del gruppo (chissà chi! XD).
Come sempre, spero abbiate apprezzato♥
Buon week end-prima-della-fine-delle-vacanze. PIANGO.

Un bacio!

Vavi

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Capitolo 9
*** IX ***


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IX


"The road to home, still there’s a long way to go

I have no umbrella, it seems like I’ll only catch a cold

If I have you on this road leading to that place

Although I’ll get wet, still it’s good"
 

Raindrop, IU







 

Lo stato di confusione che segue un concerto è difficile da spiegare a parole. L’adrenalina, ancora in circolo, scioglie lentamente la sua morsa, lasciando il posto ad una lieve assuefazione, simile ad una bolla ovattata nella quale riecheggiano cori e urla instancabili e ombre e luci si susseguono in un pericoloso spettacolo psichedelico. Le orecchie fischiano, il fiato comincia a mancare e i muscoli scaricano la tensione accumulata provocando dolore e crampi. Le ginocchia vorrebbero cedere, le palpebre ricadere su sé stesse pregando riposo, ma il cuore è leggero e la felicità pervade l’animo come un’indescrivibile forza motrice, prevaricando sul resto.
Quando Jungkook riprende contatto con la realtà è seduto su una sedia, con la schiena rilasciata e la testa piegata all’indietro, mentre una ragazza dal volto tondo e i capelli a caschetto gli asciuga la fronte madida di sudore, scostando alcune ciocche di capelli affinché non si impiglino nella carta. Seokjin, in piedi accanto a lui, sembra davvero esausto, ma i suoi movimenti sono frenetici: desidera cambiarsi quanto prima per poter tornare in dormitorio a riposarsi e festeggiare con gli altri membri. Namjoon e Hoseok  hanno già tolto la giacca e sottostanno senza protestare alle cure professionali delle loro hairstylist. Fa appena in tempo ad accorgersi della schiena di Jimin, china sul proprio cellulare, che in un baleno scatta seduto, spaventando la ragazza dello staff - alla quale riserva delle timide scuse chinando il capo - per poi agguantare il suo telefono da sopra un tavolino e constatare che sì, ha ricevuto dei messaggi, ma non dalla persona che in quel momento avrebbe dovuto essere proprio davanti a lui, magari con abiti buffi che ne camuffassero le fattezze, eppure sempre bella in quel suo sorriso dolce da far crollare anche il muro d’orgoglio più solido dell’universo.
Le spalle si chiudono a quell’inaspettata scoperta e le sopracciglia disegnano una curva d’inquietudine che penetra sottopelle. Senza nemmeno pensarci. Jungkook compone il numero; ha solo qualche minuto, ma se lo farà bastare.
«Noona». Due squilli e la voce di Jieun gli arriva alle orecchie, provocando un sussulto di troppo nel diaframma. «Dove sei?» cerca di mantenere la calma, scandendo bene le parole affinché lei non percepisca la sua preoccupazione.
«Jungkook» è la risposta, una punta di incertezza nella voce che non lascia presagire nulla di buono. «Ti avrei chiamato io, ho avuto un contrattempo».
«Non sei venuta al concerto?»
Un appuntamento nel backstage concordato da più di un mese, approvato e finalmente organizzato con l’aiuto di entrambi i manager. Un’unica e attesa certezza andata in frantumi in meno di una manciata di secondi.
«Sono venuta, avevo preso anche posto quando mi hanno contattata e sono dovuta scappare. Ho un aereo tra due ore, Jungkook, non ho potuto far nulla».
Niente di nuovo o irreparabile, se non fosse che quello è il loro ultimo concerto a Seoul prima del tour e quindi un’occasione rara – forse l’unica -  per potersi salutare in vista di un periodo in cui le schedule dei Bangtan si sarebbero riempite fino a scoppiare.
«Potevi almeno passare nel backstage, per avvertirmi».
Si sente un sospiro lieve all’altro capo del telefono. «Non potevo disturbarti prima dell’esibizione, lo sai meglio di me. Avresti perso la concentrazione e-»
«Non mi hai nemmeno chiamato».
«Jungkook… per favore. Cerca di capire».
Namjoon gli lancia un’occhiata mentre sta ancora parlando con Jimin e Jungkook si premura di distendere l’espressione del viso non appena se ne accorge.
«Come pensi che ti saresti sentito durante il concerto, se avessi saputo che non c’ero più? Prova ad essere razionale, per una volta».
Segue un istante di silenzio, in cui Jungkook pondera bene le parole da usare, visto che non è solo e non vuole destare inutili allarmismi. Intorno a lui, però, il rumore dei passi e il chiacchiericcio del camerino nascondono ai più anche un timbro sensibilmente instabile, così che in quell’istante possa dire ciò che davvero gli passa per la testa.
«Come pensi che mi senta adesso, invece?» parte dalle sue labbra come un sussurro, ma arriva a Jieun con la stessa irruenza di urlo straziante.
Hoseok ha il busto rivolto verso Jungkook, non vuole disturbarlo ma gli fa capire che a breve dovranno farsi trovare fuori dall’edificio. Lui annuisce debolmente alzandosi in piedi, ancora in attesa di una risposta che non è nemmeno sicuro di voler sentire.
«Ho fatto ciò che ritenevo giusto, per il ruolo che abbiamo e per la professionalità che contraddistingue entrambi».
«Suona come una giustificazione che i nostri manager apprezzerebbero».
«Non credere che a me non faccia male, Jungkook!»
All’esclamazione inaspettata di Jieun, medio e indice tentano di calmare inutilmente due tempie pulsanti, mentre scorge il leader mimare un due con le mani; minuti preziosi che ha guadagnato soltanto per permettere al maknae di finire quella conversazione senza dover attaccare in modo forzato.
«Perché ogni volta rendi tutto così difficile, eh? Perché non puoi semplicemente accettare che questo è l’unico modo, per noi?»
«Hai aspettato che ti chiamassi io, quando potevi farlo tu, dopo il concerto».
«Accidenti Jungkookie, possibile che tu non riesca a vedere oltre il singolo episodio? Si tratta di una questione che prescinde l’appuntamento di oggi. Anche se è tanto ciò che ci viene richiesto, dobbiamo imparare a conviverci, in qualche modo».
Ogni parola pronunciata da Jieun suona così dannatamente giusta, e Jungkook, in cuor suo, sa di aver sfoggiato un’immaturità che forse non gli si confà, ma la mancanza è qualcosa che ha imparato a sperimentare sentendola arrivare con l’impeto di un tornado e, nonostante i tentativi, conviverci diventa ogni giorno più arduo. Il raziocinio lo aiuta a non perdersi, ma il cuore fatica ad adattarsi, rinchiuso all’interno di schemi fabbricati a misura di idol. Jungkook non è incosciente, eppure i suoi freni inibitori vanno in panne quando c’è in ballo qualcosa di veramente importante. Forse è solo una via di mezzo che sta cercando; districarsi in una situazione che gli sta stretta e uscirne indenne assieme a lei. D’altronde sarebbe più semplice continuare a fare il testardo rimarcando quanto sia rimasto deluso da quel cambiamento improvviso di rotta – perché di certo non può dirle che il pensiero di rivederla continuava a disturbarlo in momenti della giornata poco opportuni.
«Me lo dici tutti i giorni, noona». Sembra che l’inquietudine abbia allentato le redini, cedendo il posto alla tristezza.
«E continuerò a farlo, magari prima o poi entrerà in quella testa caparbia che ti ritrovi».
«E se io non volessi accettarlo?»
«Sarebbe molto da te. Ma questo non cambia le cose».
«Così come non cambia il fatto che avresti potuto almeno chiamarmi».
Un sospiro rassegnato, l’ennesimo. «Senti Jeon, non puoi semplicemente dire che ti sono mancata e basta?» Parrebbe la resa, almeno da parte di Jieun.
Ancora qualche secondo di attesa.
«No».
«Detesto quando fai così».
«Devo andare».
Ed è la verità, ma il timbro con cui lo ammette è totalmente diverso da prima. Se Jieun fosse lì davanti a lui, probabilmente avrebbe già ceduto. Il silenzio della ragazza, tuttavia, lo fa vacillare di nuovo.
«Avverti quando arrivi». Non è una domanda e nemmeno una frase imperativa; ormai anche le sue difese sono quasi totalmente esaurite. Eppure non si esime dal lanciare un’ultima frecciatina. «Sempre che la cosa non ti sia di troppo disturbo».
«JUNGKOOK!»
«D’accordo… d’accordo. Buon viaggio, noona». È appena uscito all’aperto e ha già le mani congelate. Il tepore dell’abitacolo a pochi metri da lui assume improvvisamente una connotazione salvifica. «E comunque non c’è bisogno che io te le dica, certe cose».
Jieun non risponde subito, ma sa esattamente a cosa si riferisce. «No, certo che no» replica con ironia, e capisce finalmente che la tensione si è allentata quando sente la risata debole di Jungkook dall’altra parte.
«Namjoon hyung sta per uccidermi».
«Vai, vai, sbrigati!» adesso è lei a ridere. «A presto testone».
«A presto, Jieunni».
 

 
 

 


















 
Image and video hosting by TinyPicBuonsalve… risorgo dalle ceneri, ancora più stanca e snervata di prima. Scusate davvero ma gli impegni di quest’anno mi stanno prosciugando T_T. Vorrei tanto aggiornare anche l’altra raccolta, solo che al momento avevo voglia di scrivere questo, per cui ho approfittato della temporanea ispirazione XD.
Parlando del capitolo, spero abbiate ben compreso le motivazioni di entrambe le parti.  :)
Un bacio grande a tutti voi,

Vavi

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Capitolo 10
*** X ***


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X


"I want to hold you one more time before you disappear

Ah, crystal flies high wherever it goes

Hey, there’s nothing else I want, I just want to feel a little more

Can I touch your heart?"

Crystal Snow, BTS







 
Se non altro, pensa Jungkook, una volta resosi conto di star borbottando con sé stesso da più di quindici minuti – probabilmente con le palpebre congelate e le iridi fisse verso un punto indefinito del muro – avere una camera singola lo ha salvato più di una volta dal sembrare completamente uscito di senno davanti ai suoi sei compagni. Non che Jungkook si possa definire una persona straordinariamente ordinaria, ma da quando i suoi neuroni sono partiti per un viaggio di non ritorno lungo la tangente chiamata Lee Jieun, forse i momenti imbarazzanti da tenere per sé hanno avuto un aumento consistente rispetto agli anni passati.
Fatto sta che, nell’ultima mezz’ora, ha usato il suo preziosissimo tempo per rimuginare su una questione spinosa che ha richiesto, da parte sua, massima concentrazione e coscienza di sè. Ora si morde l’interno del labbro, facendo comparire una fossetta, e sospira sconsolato come se alla fine non fosse riuscito a concludere un bel niente. Si alza, con l’espressione di chi sta per andare al patibolo, dirigendosi come un automa verso la stanza di Namjoon. Sa che Taehyung, ad una porta di distanza da loro, si è trasferito da Hoseok giusto qualche ora fa, perciò Jungkook può approfittare della rara presenza del leader in dormitorio per condividere il motivo di cotanto malessere interiore.
Batte le nocche sulla porta in modo nervoso e apre la porta ancor prima che Namjoon gli abbia concesso di entrare. Si blocca a metà, perché sa di aver agito d’impulso, procedendo a passo incerto solo quando il leader lo invita esplicitamente a non rimanere impalato sulla soglia come un salame. Jungkook ingoia la saliva che non ha più, si siede al bordo di un puff che trova lì accanto e, con entrambe le mani sulle ginocchia, tira su il mento, facendo del proprio meglio per mantenere il contatto visivo con Namjoon, che lo guarda da sotto in su attraverso una curiosa montatura rossa, decisamente troppo fine ed elegante per appartenere a lui.
«Che è successo?»
Non vuole essere catastrofico, ma la cera di Jungkook sembra preannunciare un’apocalisse, per cui Namjoon crede sia meglio prepararsi al peggio.
«Oh non… non è successo niente, hyung».
Jungkook scuote la testa, per poi piombare nuovamente in un silenzio tombale. Se fosse da solo, ora, si schiafferebbe una manata in fronte, ma di quelle che lasciano il segno. Insomma, è andato lì per parlare o per fare da arredamento?
«Cioè sì, avrei, ecco… bisogno di una cosa».
Namjoon è immobile. Sta ancora sondando il terreno per capire se la questione è veramente seria oppure il maknae lo sta mettendo in allerta più del necessario.
«Ok. Cosa ti serve?»
Meglio smorzare un po’ la tensione e mostrarsi aperti al dialogo, pensa il leader. In realtà, quella domanda schietta e dannatamente naturale  finisce per mandare il cervello di Jungkook completamente in pappa. Per un istante – un solo e assurdo momento – il più piccolo pensa di scusarsi e fare dietrofront, tornando da dove è venuto con la testa bassa e cercare un’altra soluzione che non preveda il confronto diretto con gli altri ragazzi. Poi però gli tornano alla memoria quegli interminabili minuti che ha trascorso formulando invano la tanta agognata risposta ai suoi problemi, e decide che condividerli è l’unica alternativa rimastagli prima di piombare in una crisi nevrotica.
Namjoon, intanto, solleva il portatile dalle proprie gambe, intenzionato a sedersi al bordo del letto di fronte a Jungkook, ma il caso vuole che – in quel preciso attimo – il maknae decide finalmente di rivelare l’arcano mistero.
«Preservativi, hyung. Mi servirebbero dei preservativi».
L’annuncio è accompagnato da un sonoro BUM, che segnala lo scontro del piede di Namjoon contro il comodino lì accanto. Il povero malcapitato nasconde come può l’agonia della botta, aggrappandosi d’impulso alla zona colpita con la mano destra e provocando nel movimento- suo malgrado- la caduta del proprio telefono, delle cuffiette e del caricabatterie del portatile sul pavimento. Tutto avviene in una frazione di secondo talmente ridotta che a stento Jungkook riesce a capacitarsi di ciò che è appena successo. Non sa se deve chiedergli come sta o fuggire via da lì prima che Namjoon possa anche solo pensare di rispondere alla sua imbarazzatissima confessione. 
D’altronde, se il leader gli scoppiasse a ridere in faccia, rimproverandolo per aver anche solo pensato ad una simile stupidaggine quando ben altre priorità gravavano sul gruppo, Jungkook di certo non lo avrebbe biasimato. Lui per primo ha relegato quella innocua necessità come l’ultimo dei suoi problemi; lo ha fatto nel mese corrente, in quello precedente e in quello prima ancora, e così via per gli ultimi - quanti mesi erano, poi? Non se lo ricorda nemmeno più. 
«Beh Jungkookie, mi spiace deluderti ma credo di aver finito la scorta, sai com’è».
A stento si accorge che Namjoon ha parlato – con un occhio socchiuso, ancora sofferente per il colpo al piede – e impiega un secondo di troppo a realizzare che nelle sue parole c’è ovviamente della palese ironia.
«Oh». Se osservasse sé stesso da fuori, Jungkook farebbe fatica a riconoscersi, in quello stato. Suvvia, Namjoon sta solo cercando di smorzare la tensione… dovrebbe essergliene grato.
«Intendevo che non posso andare a prenderli io…».
«Certo che no».
«… e quindi non ho idea di come fare, hyung».
L’ultima volta, per un caso fortuito, era riuscito ad averli tramite suo fratello Jihyun – durante una di quelle rarissime visite a Busan, ma da allora concerti, tour, photoshoots e preparativi per il nuovo album si erano susseguiti senza dargli un attimo di respiro, impedendogli di metter anche solo un piede fuori dal dormitorio se non per questioni strettamente lavorative. Gli incontri con Jieun c’erano stati, ma di rado e sempre più fugaci, quasi evanescenti nel loro perdersi tra le nubi della memoria. Jungkook un giorno aveva confessato a Jieun, con il tono più serio e preoccupato di cui era capace, che gli sembrava di essersi dimenticato il sapore e la consistenza delle sue labbra. E la questione sarebbe stata davvero argomento di conversazione se solo Jieun non l’avesse accolta con una dolcissima e sincera risata, seguita da un qualcosa che, lì per lì, era sembrato a Jungkook somigliare molto alla parola saranghae; al che lui aveva biascicato qualche scusa, dicendole che doveva esser andato fuori di testa, per poi chiudere la chiamata con la solita fretta che lo contraddistingueva.
La cosa certa, comunque, era che per nessuna ragione Jeon Jungkook avrebbe potuto girovagare per Seoul alla ricerca di un distributore automatico, né tantomeno entrare in una farmacia di periferia,  bardato dalla testa ai piedi, per chiedere una confezione di preservativi. Perché magari sarebbero potuti passar sopra ad una sua foto assieme a Jieun, ma alla notizia che sì, anche a Jungkook funzionavano gli ormoni – e da molto tempo ormai – a quella molte delle sue fan non avrebbero di certo retto il colpo. 
Namjoon, nel frattempo, sta ancora cercando di collegare la persona che ha davanti alla richiesta d’aiuto che gli è stata appena fatta. Nonostante abbia sempre creduto che, in barba al carattere introverso e riservato, Jungkook sarebbe stato il primo di loro a fidanzarsi, collegare lui e i preservativi in un pensiero unico gli risulta ancora piuttosto insolito.
«Temo dovrai aspettare l’anno nuovo, Jungkook. Al momento non sono in contatto con qualcuno di diverso da voi o il personale dello staff. Dopo le vacanze di Natale potremmo pensare di mandare una persona fidata a prenderli».
Il più piccolo si sbriga ad annuire, in quanto comprende perfettamente la situazione. Li stanno mettendo alle strette, come spesso succede durante il periodo natalizio; nonostante se lo aspettasse, vivere quella pressione senza Jieun gli era sembrato meno opprimente. Ora che c’è lei, invece, pare pesargli dieci volte di più.
«Comunque se tu lo chiedessi a Bang Si-hyuk-nim, sono sicuro ti accontenterebbe».
Nemmeno finisce di parlare che Jungkook nega ripetutamente con la testa, facendo scoppiare a ridere il più grande. In effetti il loro manager è sempre molto attento alle loro esigenze e forse – un po’ per evitare guai- sarebbe andato incontro anche all’insolita richiesta del maknae del gruppo. Jungkook, però, preferirebbe andare in astinenza, piuttosto che prendere in considerazione quella possibilità.
«Aspetterò, hyung».
Si congeda da Namjoon con un lieve sorriso di ringraziamento, al quale l’altro risponde con un cenno del capo, recuperando al contempo il portatile lì accanto.
«Quanto ci hai messo a deciderti a venire da me, Jungkook-sshi? Se solo me lo avessi detto prima».
Il più piccolo si ferma sul posto e si volta nuovamente a guardare il leader, prima di lasciare la camera.
«Un po’, hyung» confessa, alzando le spalle. 
Namjoon si toglie gli occhiali, aprendo lo schermo del computer. «Un po’ quanto?»
Jungkook esita per un istante. È già molto grato a Namjoon per il fatto che se ne sia interessato, perciò non vorrebbe dover entrare necessariamente nei particolari.
«Due mesi, circa».
«Aish!» Namjoon manda la testa all’indietro, serrando i denti, per poi guardare Jungkook a metà tra il comprensivo e l’esasperato. «Capisco che tu possa non vedere in me il consulente migliore per questo genere di cose ma insomma, ci conosciamo abbastanza da poterne parlare senza vergogna se ce n’è bisogno, ti pare?»
Il tono del più grande è confortante, ma la conferma che Jungkook concede con un cenno della testa rimane ancora poco convinta. Si allontana a testa bassa così com’è entrato, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandosi sfuggire, poco dopo esser uscito, un lungo sospiro liberatorio, come se avesse trascorso i minuti precedenti a trattenere il fiato.



La solita chiamata di Jieun arriva all’una mezza puntuale e Jungkook la mette in vivavoce mentre finisce di sistemare almeno il letto, affinché possa sdraiarvisi sopra; al pavimento di cianfrusaglie sparse sotto i suoi piedi penserà in un altro momento. Certo, forse se avesse uno studio tutto suo sarebbe più facile trovare posto ad alcune cose; o magari farebbe lo stesso.
«Insomma pare che tra meno di due settimane avrò qualche ora libera per venire da te. Ma si tratta di tempo centellinato, come sempre».
«Mh-hm».
Jungkook è ancora troppo pensieroso per potersi godere al meglio la conversazione con Jieun. Vorrebbe relegare la questione affrontata con Namjoon in un luogo molto piccolo e possibilmente sperduto della sua testa, ma inevitabilmente pensa a come dovrà dirlo a lei, se a breve dovesse capitare l’occasione, e seppur certo che Jieun lo rimprovererebbe anche solo per essersi fatto dei problemi a parlargliene, non gli sembra per nulla facile trovare il giusto modo.
«Jungkook, sei su un altro pianeta come tuo solito? Ti lascio dormire dai, ne parliamo domani».
«No, aspetta noona. Non riattaccare».
Egoisticamente, anche se dovesse star muto tutto il tempo senza sapere cosa dire, vuole sentire la voce di lei nella sua stanza, far sì che le pareti ne assorbano il timbro e glielo inviino riproducendolo fedelmente nei momenti in cui gli impegni vietano loro anche quell’unica telefonata notturna.
«D’accordo. Cosa vuoi fare, allora? Avremmo due ore, non di più».
Per due persone i cui incontri hanno cadenza regolare, trovare qualcosa da fare in un lasso di tempo determinato risulta solitamente abbastanza semplice, ma dopo mesi di lontananza, Jungkook non ha davvero la minima idea di quale sia la risposta più adeguata da dare a Jieun. Due ore non bastano, e forse nemmeno due anni basterebbero per colmare quel terribile vuoto che sente quando, proprio dopo averla rivista, se ne deve subito separare. Comunque, visto lo stato delle cose, almeno un’opzione la può scartare.
«Andiamo all’Han River. Se è bel tempo prendiamo le bici, facciamo un giro lì».
«All’Han River?»
Jungkook fatica a capire se Jieun sia entusiasta, sorpresa o semplicemente spiazzata.
«Non ti va?»
«N-no, cioè sì, certo che mi va. Solo che, ecco… pensavo volessi stare un po’ in tranquillità. È tanto che non ci vediamo. All’Han River è pieno di gente, lo sai meglio di me. Ti va di rischiare?»
«Vivo per il rischio».
«Certo». Jieun ridacchia, ancora un po’ incerta. «Sul serio Jeon, che fine a fatto il ‘a che serve il letto, quando c’è il tavolo della cucina’ del nostro ultimo incontro?».
Jungkook afferra di scatto il suo Iphone per disattivare il vivavoce. «M-ma che dici noona, quando mai ho detto una cosa del genere?» tende l’orecchio nonostante abbia la porta chiusa a chiave, nel caso ci fosse qualcuno a gironzolare nei paraggi.
«Devo ricordarti la scena?»
«No!»
«Evidentemente eri poco presente a te stesso, Jeon».
Jungkook si siede sul letto, calciando via prima una scarpa, poi un’altra. «In ogni caso, non mi pare che questa assenza ti abbia turbata, Jieunni».
«Sei diventato proprio insolente» ribatte lei, ridendo assieme a lui. «Prima non mi rispondevi così. Ti preferivo timido e riservato».
In verità, se Jieun potesse percepire ad occhio nudo l’imbarazzo che Jungkook prova ogni volta che la vede, come se si trattasse davvero della prima, forse non penserebbe che ci sia stato un cambiamento in lui. D’altronde, Jungkook ricorda bene quanto fosse difficile, i primi tempi, starle vicino senza rischiare un infarto prematuro, figuriamoci azzardare risposte del genere.
«Comunque è un'ottima idea» continua lei, stavolta più seria. «Andiamo all’Han River. Tra l’altro ho cambiato taglio di capelli, il che va a nostro favore».
«Cioè?»
«Li ho tagliati»
«Tagliati quanto?!»
Sembra buffo, ma Jungkook adora i capelli di Jieun come poche altre cose al mondo. Lei sospira e parla come se stesse per decretare ufficialmente la fine della loro storia.
«Fino alle spalle… anche un po’ più corti».
«Yah! Perché?!»
«Perché chi si occupa della mia immagine ha voluto così. Sembra che in questo modo io possa sembrare un po’ più adulta».
Il silenzio dall’altra parte della cornetta fa preoccupare la ragazza.
«Jungkookie? Ti sei arrabbiato? Lo sai che non dipende da me».
Ancora nessun suono arriva alle orecchie di Jieun. «Dai non fare così, se ti sembro troppo vecchia devi dirmelo, eh?»
A quel punto, finalmente, la risata di Jungkook spezza quello strano momento di tensione che si era creato. «Tanto sarai sempre più vecchia di me, noona».
«Più grande» rettifica lei, un po’ stizzita per aver ricevuto quell’unica risposta dopo tutta quell’attesa. 
«Comunque sono arrabbiato, sì. Perché hai tagliato i capelli e perché tanto sarai più bella di prima».
Stavolta è Jieun ad ammutolire e Jungkook ne approfitta per sancire il loro accordo.
«Mi sono stancato di aspettare, noona. Quanti giorni mancano?»
«Non essere impaziente, appena ho la certezza te lo faccio sapere. Nel frattempo, usa le ore notturne per dormire e non per giocare».
«Registro anche».
«Di notte si dorme».
«In quale utopica vita?»
«Per favore, riposa almeno qualche ora. Jimin mi ha detto che sei quasi svenuto durante le ultime prove. Mi sono preoccupata».
«Che cavolo, gli avevo detto di non parlar-»
«Dormi, testone. Fino a domani mattina».
Jungkook si stiracchia con il braccio libero e lascia sfuggire uno sbadiglio, poi, senza nemmeno accorgersene, ha appena il tempo per socchiudere le palpebre ed è già in un sonno profondo, con il cellulare ancora attaccato all’orecchio e la chiamata di Jieun aperta. Lei può sentirlo chiaramente respirare nel microfono del telefono e si concede qualche attimo per immaginare quell’emissione flebile più vicino di quanto in realtà non sia.

«Dormi tranquillo, Jungkook. Hai qualcuno che ti ama davvero».


























Image and video hosting by TinyPicQuesto capitolo se ne stava relegato nel mio PC da un mesetto circa. Almeno la prima parte. Ieri ho trovato il coraggio di ritirarlo fuori e completarlo. Mi sono divertita a scriverlo, e poi io mi affeziono sempre a tutto ciò che butto “su carta”, perciò eccovelo.
È anche più lungo del previsto XD

Un abbraccione enorme,

Vavi


 

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Capitolo 11
*** XI ***


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XI


"Don’t leave me
I believe, start running
No ending… you’re my heartbeat
No matter what, rain falls
No matter what, darkness erases
I’ll definitely save you
You are not alone
"

Don' Leave me, BTS










 
Non appena Jungkook fa pressione sulla maniglia della Jeep e apre lo sportello, capisce immediatamente il perché era stato invitato ad entrare in quella macchina da solo. Dapprima il suo sguardo si era posato sulle spalle ampie e coperte da una giacca nera dell’autista, al quale aveva fatto un breve inchino, ma poi aveva spostato le iridi sul sedile posteriore e per poco non aveva sbattuto la testa contro il tettuccio della macchina per la sorpresa.
Jieun se ne stava tranquillamente seduta accanto a lui, i capelli corti le cui punte nere viravano leggermente all’insù erano coperti da un berretto beige in tinta con la blusa morbida che indossava. Trattiene un sorriso nell’accorgersi della reazione di Jungkook, quasi rimane tutta d’un pezzo quando lui, finalmente, decide di poggiare la schiena al sedile e prendere posto. Ha la bocca ancora spalancata nel momento in cui Jieun inizia a rompere il ghiaccio.
«Ciao».
«Noona» è il solito saluto di Jungkook. Il suo corpo è tutto un groviglio di emozioni e non ha ancora deciso quale mostrare apertamente. Manda giù la saliva e schiude di nuovo le labbra per parlare ma non gli viene in mente nulla di appropriato da dire a parte noona.
«So che non è esattamente il prototipo di un appuntamento romantico, ma è tutto ciò che sono riuscita ad ottenere. Quindi fattelo andare bene, Jeon». L’eloquio è tranquillo, sul volto un’espressione serena. All’ennesimo silenzio di Jungkook, l’autista si alza all’improvviso e fa per uscire; Jieun gli dice che non è necessario, ma lui insiste replicando che non vi è alcun problema, così la ragazza ringrazia e attende che la porta dell’abitacolo venga richiusa per lasciarli finalmente soli.
«Hai perso la lingua, Jungkookie? Fa vedere». Jieun gli si avvicina, poggiando due dita sul labbro inferiore di Jungkook, che sporge lievemente per lasciarvi sopra un bacio a stampo. Lui non fa in tempo a ricambiarlo, perché lei si è già allontanata, stavolta ha un sorriso timido dipinto in volto e un sospiro lieve le smuove il petto.
«N-noona» di nuovo, se Jieun si spazientirà e deciderà di lasciarlo in macchina solo come un allocco Jungkook non la biasimerà. «Scusa è che… non ti aspettavo».
Un bel rischio quello di intrufolarsi in uno dei veicoli deputati al trasporto dei Bangtan, Jieun lo sapeva bene; forse stare vicino a Jungkook aveva tirato fuori quel suo lato sprezzante del pericolo che non credeva di avere.
«Tra poco mi porteranno via di peso» scherza lei, accennando al fatto che, come sempre, il tempo a loro disposizione scorre più velocemente di quanto dovrebbe.
«Come stai?» gli chiede lui, finalmente ricambiando lo sguardo. Anche se nell’aria c’è ancora un po’ d’imbarazzo, come ogni volta che non si vedono per tanto tempo, Jungkook intreccia istintivamente le dita con quelle di Jieun, mentre attende la risposta.
«Sto bene. Ma ho sonno». Lei appoggia il capo sulla spalla di Jungkook mentre con il pollice gli carezza le dita che la stanno stringendo. Cosa darebbe per poter dormire con lui anche solo una volta. Le basterebbe mezz’ora di riposo accanto a Jungkook per ricaricare una settimana intensa di lavoro. Purtroppo però quel desiderio è destinato, almeno per il momento, a rimanere una grande utopia. Hanno a mala pena il tempo per riposare da soli nel loro letto, figuriamoci pensare di farlo assieme.
«Domani hai quella cena?» chiede lui, drizzando la testa ma mantenendo la presa nella mano di lei. «Con il cast di Moon Lovers».
Jieun tira su il capo e lo guarda con occhi sbarrati. «Che c’è?» si difende lui, preso alla sprovvista da quella reazione.
«Jungkook, è la quarta volta nel giro di una settimana che mi fai la stessa domanda. Non è da te» constata lei, con le sopracciglia un po’ arricciate. Rimane a guardare Jungkook mentre volta per un istante il capo dal lato opposto e si gratta la nuca. Scorge persino un movimento sospetto con la lingua, il classico che annuncia un moto di fastidio in arrivo.
«Si può sapere che ti prende?» gli chiede chinandosi verso di lui e cercando il suo sguardo.
«Niente» la liquida subito, scuotendo il capo e cercando di tornare a mantenere un contatto visivo. Peccato che il tentativo non sia per niente convincente.
«Ti da fastidio che io vada a questa cena?»
«Cosa?!» Jungkook si sente come se fosse stato appena ferito nell’orgoglio con una lama avvelenata. «E perché dovrebbe? È una cena di lavoro, giusto?»
«E anche se fosse solo di piacere?»
«Farebbe lo stesso».
La prontezza con la quale risponde non va di pari passo con lo sguardo di nuovo perso nella penombra dell’abitacolo.
«Allora perché fai così?» insiste Jieun, voltandogli il mento dalla sua parte. La minuscola resistenza di Jungkook le dà l’ultima conferma. «Sei geloso». Si risponde da sola mollando la presa e incrociando le braccia. Non che fosse poi così difficile da capire, ma l’idea le fa tenerezza e la diverte al contempo.
«Sei geloso!» ripete di nuovo, questa volta puntandogli un dito contro, che Jungkook le mordicchia facendola ridere.
«Stai viaggiando troppo».
«Sei tu quello che si è fatto un film su una cena, Jeon».
«Sei tu quella che ha baciato il tipo con cui va a cenare».
«A-HA!» Jieun salta sul sedile, mollandogli una pacca su una spalla senza smettere di ridere. «Non è colpa mia se segui ogni drama che interpreto» è la giustificazione poco sensata che tira fuori in quel momento, perché tanto sarebbe stato inutile specificare che non era compito suo quello di scrivere la sceneggiatura.
«Dovresti esserne felice» continua lui, tanto per imboccare un binario che gli permetta in qualche modo di sviare l’argomento.
«Non se poi reagisci così. I ragazzi e le ragazze del cast sono tutti miei cari amici. Non c’era nemmeno bisogno che te lo dicessi».
«Infatti non te l’ho chiesto».
«Fai pure l’offeso adesso» si lamenta Jieun, dandogli una spintarella. Anche se poco prima Jungkook ha ammesso apertamente qual’era il suo cruccio, non è facile per lui affrontarlo in modo così diretto. Non sa nemmeno per quale motivo prova quel sentimento verso determinate persone e non altre; dopotutto Jieun è costantemente circondata da persone di sesso maschile, l’80% dei suoi fan sono uomini, e molti anche più grandi di lui. Magari c’entra un po’ il fatto che vorrebbe esserci lui a quella cena assieme a lei, e sapere che al suo posto avrà una determinata compagnia, con uomini al suo fianco senz’altro più affascinanti della stragrande maggioranza dei suoi fan, non lo fa stare del tutto tranquillo.
«Avanti, Jeon. Che dovrei dire io con tutte quelle vecchie bacucche che ti sbavano dietro?»
«Vecchie bacucche?
«Pensi di avere solo fan giovani? EHI! Mi hai guardato quando hai detto vecchia bacucca!»
«Beh ma che c’entra?!»
«Mi hai implicitamente dato della vecchia».
«Cos-?» gli arrivano una raffica di pugni poco convinti dai quali si para semplicemente con una mano.
«Noona, dai, basta. Lo sai che ti amo anche se sei vecchia».
«Hai… hai appena detto che mi ami?» Bastano due parole dal suono quasi estraneo per Jungkook ad interrompere l’affannoso attacco di Jieun. È rimasta con le nocche chiuse a mezz’aria e una’insolita luce negli occhi.
«No che non l’ho detto». Ma basta una replica dell’altro a distruggere in un nanosecondo tutta l’atmosfera.
«Sì che l’hai detto!»
«Ho detto che sei vecchia!»
«Ti odio».
La risposta di Jungkook, stavolta, è una mano dietro la nuca di lei che la guida fino alle sue labbra per potervi lasciare quel tocco delicato che prima non aveva potuto ricambiare. Nella foga del gesto, il cappello di Jieun cade sotto al sedile e la pressione insistente delle labbra di Jungkook sulle sue la costringe a schiuderle per assaporarlo quell’unica – e ultima – volta prima dell’imminente saluto. Lui le tiene entrambi i lati del viso con le mani in un gesto dolce, come se, nonostante il desiderio, non volesse andare oltre il contatto con la sua bocca. Sobbalzano entrambi quando sentono un ticchettio sul finestrino anteriore e una voce profonda chiamare il nome di Jieun e intimarle di uscire.
Lei si allontana lentamente ma lui le rapisce di nuovo le labbra in un bacio veloce, poi la guarda in modo insistente e pretende che lei ricambi. Jieun gli lascia un impronta di rossetto sulla fronte.
«Devo andare, testone». Sorride al sospiro rassegnato di Jungkook, che se la vede praticamente portar via da uno dei suoi manager mentre la invita poco gentilmente, dopo aver recuperato il berretto, a lasciare l’abitacolo.
 
 
 
 

 
 
 
 











NHAIDGgIBGISB non so davvero da dove cominciare.
Iniziamo dalle SCUSE. So che in questo periodo sono praticamente sparita, ma ho un’altra tesi da preparare e una mole di lavoro che non mi permette di dedicare alla scrittura il tempo che vorrei. Non è l’ispirazione che manca: avete presente quando vi piazzate davanti al pc decise a buttar giù qualcosa ma nello stesso istante vi vengono in mente altre 18326381 robe che avete da fare? Ecco, questa è più o meno la mia situazione. Diciamo pure che non ho la concentrazione necessaria. È un po’ che vorrei aggiornare anche di là ma ho bisogno di tempo e di avere la mente libera. Vi prego di pazientare ancora un pochino.

AidGGIDudub IL TOUR DEI BANGTAN dove ovviamente non c’è l’Italia. Siete anche voi tra le “fortunate” che non possono permettersi di andare a vederli altrove? Voglio piangere.

IL COMEBACK. NON.SONO.PSICOLOGICAMENTE.PRONTA.

IL CAPITOLO. Non me ne vogliate, spero che sia all’altezza dei precedenti. Nulla di impegnativo, come sempre. Almeno li ho fatti incontrare no? Per chi non conoscesse Moon Lovers ve ne consiglio caldamente la visione. Anche se Jieun si bacia con un altro LOL.

Un abbraccio grande, mi mancate!♥
 
Vavi
 
 

 

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Capitolo 12
*** XII ***


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XII


"You gave me the best of me
so you'll give you the best of you"


Magic Shop, BTS









 
«Chiudi gli occhi».
La mano gentile di Jieun fa scorrere una fascia rossa sulla fronte di Jungkook sino a tirare indietro le spesse ciocche nere. Lui è seduto su uno sgabello basso accanto al lavabo del bagno, lei gli è di fronte, in piedi, mentre traffica nella propria pochette alla ricerca di un batuffolo d’ovatta, sopra al quale lascia cadere qualche goccia di fresco tonico struccante.
«Che roba-?»
«Chiudi gli occhi, ho detto» lo rimprovera lei, dopo averlo beccato a sbirciare. «Il fatto che voi uomini vi leviate il trucco lavandovi col sapone non significa che quello sia l’unico modo per farlo».
Jungkook ha un piccolo sussulto quando sente il cotone carezzargli il naso, ma impiega poco ad abituarsi alla sensazione e subito si lascia sfregare gli occhi e il resto del viso da quella crema così leggera. Jieun è attenta a non tralasciare nemmeno un angolo di pelle, e ad un tratto cambia batuffolo, raccogliendo l’ultimo velo di fondotinta che copre il volto giovane di Jungkook. Un piccolo alone rosso vicino al naso comincia ad apparire, finalmente libero dalla costrizione dei cosmetici, e qualche piccola imperfezione fa capolino su una pelle già di per sé molto curata.
«L’acne è migliorata tantissimo» constata lei, invitandolo a sciacquarsi il viso con l’acqua. Jungkook schiaffa con poca grazia il getto freddo sul proprio volto, beccandosi un’occhiata esasperata da parte di Jieun, la quale lo prende per un braccio e lo rimette subito a sedere, appropriandosi dell’asciugamano prima che possa farlo lui.
«Noona, so asciugarmi la faccia da solo».
«Ma che bravo» lo canzona lei ridendo e ignorandolo allo stesso tempo, mentre tampona con gentilezza il tessuto ruvido, quasi assorbendo una ad una le gocce d’acqua depositatesi sulla pelle di Jungkook. Conoscendolo, avrebbe dato una strofinata veloce irritando l’epidermide senza nemmeno rendersene conto. Lui sbuffa, non ha apprezzato quella presa in giro, dopotutto ne va della sua autonomia personale, ma Jieun non ammette repliche di sorta e si fa perdonare con un veloce bacio sulla fronte.
«Quale crema usi solitamente per il viso?»
Jungkook indica un barattolo bianco poggiato su un davanzale assieme ad altre migliaia di cianfrusaglie – probabilmente non sue. «Quella là».
Jieun l’afferra e se la rigira tra le mani, dando una rapida occhiata agli ingredienti, poi ne prende un po’ con un dito e la distribuisce sul palmo della propria mano. L’odora, lasciandosi sfuggire un gemito di approvazione, dopodiché sistema di nuovo la fascia rossa sul capo di Jungkook in modo che nessun capello sfugga alla sua presa. È parecchio buffo a vederlo con le ciocche per aria e quella striscia fluorescente di Jieun  - con un simpatico fiorellino applicato sopra – tra i capelli.
«Scommetto che l’hai presa solo per il profumo» dice poi, puntellando il naso di Jungkook con una noce di crema. Lui si tira leggermente indietro, inarcando le sopracciglia.
«Non è vero, mi sono fatto consigliare dalle noona dello staff».
Jieun sorride, cominciando a distribuire la sostanza su tutto il viso. «Ti conoscono bene allora».
Il tocco di Jieun sembra quasi voler sfiorare la pelle il minimo indispensabile. Si aiuta con entrambe le mani, facendo compiere ai polpastrelli movimenti circolari molto simili ad un massaggio, tant’è che Jungkook non apre bocca per tutta la durata di quel trattamento speciale, almeno fin quando Jieun si accorge di un respiro più lento provenire dalle sue labbra e, nello stesso momento, è costretta a sorreggergli il mento con una mano, mentre con l’altra finisce di distribuire il resto della crema fino a farla assorbire del tutto. Non è la prima volta che Jungkook si addormenta all’improvviso quando sono insieme e già gli viene da ridere pensando alla reazione che avrà quando riaprirà gli occhi e, come sempre, si sentirà tremendamente in colpa per essersi lasciato andare in sua presenza.
Qualche istante dopo, infatti, Jungkook sbarra le palpebre e rivolge lo sguardo stanco verso l’alto, ad incrociare quello di Jieun, che ancora gli tiene il mento alzato e risponde all’occhiata con un sorriso dolce. Sembra così fragile in quel momento, che se solo non lo conoscesse le parrebbe impossibile pensare alle peripezie che quello stesso ragazzo, ora abbandonato completamente a lei, ha mostrato ai suoi fan qualche ora prima, sul palco. Stavolta non ha nemmeno la forza per chiederle scusa, semplicemente si lascia cullare da quelle mani sapienti, mentre un sospiro lascia finalmente spazio alla resa.
«Sei davvero stanco».
Le sembra un’osservazione stupida lì per lì, eppure Jieun sa che, se potesse, assorbirebbe tutta quella spossatezza facendola sua e permettendo così a Jungkook di esibirsi al massimo della forma il giorno successivo. Tanto sa che, suo malgrado, Jeon Jungkook lo farà lo stesso, chiedendo al proprio corpo molto più di quanto questo gli possa effettivamente concedere. Certo, anche lei ha sperimentato – e più di una volta – quell’estrema fragilità che invade le membra dopo una perfomance particolarmente faticosa, ma quella sera le sue attenzioni sono rivolte completamente al ragazzo davanti a lei, che lotta con tutto sé stesso per tenere gli occhi aperti e il volto dritto, e che probabilmente sta soffrendo per crampi e dolori in ogni parte del corpo.
«Mi dispiace che tu debba vedermi così».
Già gli faceva male mostrarsi in quello stato davanti ai suoi hyungs, che ormai lo conoscevano da una vita, figuriamoci far trasparire quelli che lui soleva chiamare “limiti” anche alla presenza di Jieun. A Jungkook piaceva sempre darsi traguardi impossibili, perché spesso riusciva anche nelle situazioni più impensabili a superare sé stesso, ma quando questo non accadeva, a volte, era difficile rialzarsi e ricominciare. Anche se spesso faceva sembrare tutto facile, i momenti di debolezza non gli erano mai mancati, solo che affrontarli da solo era decisamente più facile che doversi  esporre con lei.
Jieun scuote la testa,togliendogli la fascia dai capelli e passandogli le dita tra le ciocche per sistemarle.
«Dispiace a me di poter fare così poco per te, Jungkook».
La reazione del ragazzo arriva inaspettata, ma forte e chiara: Jungkook avvolge i fianchi di Jieun con entrambe le braccia, tirandola a sé e facendo adagiare il capo sul suo ventre, come se null’altro potesse trasmetterle la sua infinita gratitudine meglio di quell’abbraccio. Lei gli carezza i capelli, intenerita, e si lascia stringere finché è lui stesso ad allentare la presa, per poi alzarsi finalmente sulle proprie gambe e sovrastare la ragazza di parecchi centimetri. «Sarà meglio liberare il bagno» dice poi, tirandole dietro un orecchio una ciocca di capelli corti.
Ma la risposta non è quella che Jungkook si  era immaginato. «Già, perché me la sto facendo sotto!» replica una voce al di là della porta ed entrambi si svoltano di scatto, sorpresi dal fatto che ci fosse realmente qualcuno lì dietro.
«Da quanto sei lì, hyung?» Jungkook ha riconosciuto la voce di Taehyung e sta per andare ad aprire la porta. Si trova di fronte un compagno dalle braccia incrociate e lo sguardo fintamente crucciato. «Da poco» risponde alzando le spalle, mal celando un mezzo ghigno da chi la sa lunga.
Jieun si sbriga a mettere apposto le sue cose, un po’ in imbarazzo.
«Potevi bussare» lo rimbecca Jungkook mentre l’altro fa il suo ingresso in bagno ancora prima che i due ragazzi abbiano lasciato la stanza. «Non volevo disturbar-» ma non riesce a completare la frase perché gli arriva la pochette di Jieun, fortunatamente ancora mezza vuota, dritta tra capo e collo.
«Ma insomma Taehyungie, non ci si slacciano i pantaloni davanti ad una ragazza!» lo rimbecca riferendosi al bottone dei suoi jeans, già allentato e pronto per far seguire anche la zip in men che non si dica.
Jungkook sogghigna tra i denti e prende Jieun per un polso.
«Ma insomma, mica è colpa mia se non vi sbrigate a uscire».
«Bifolco!» rincara lei, mollandogli una pacca su una spalla prima che Jungkook la tiri definitivamente fuori dal bagno, sotto le risate sommesse di Taehyung.
 

 
 
 
 



















A volte ritornano. Esaurite, ma ritornano.

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Capitolo 13
*** XIII ***


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XIII



My eyes keep going to that white face
Why don’t I even get sick of you?
When you slightly smile at me, I really go crazy
How can you be so pretty baby?

Peach, IU


 

 
 
 
«Quelle non ti basteranno, sai».
Tre sottili rughe d’espressione accompagnano la dolce curva degli occhi a mandorla di Jungkook, piegati all’insù in un’espressione che il sorriso aperto – dagli incisivi un po’ sporgenti – definisce oltremodo radiosa. Sente il dito della ragazza sfiorare la fossetta sinistra sulla sua guancia e indugiarvi qualche istante, prima di ritirarsi con estrema lentezza e lasciare il posto ad un broncio poco credibile.
Nonostante sul volto di lei sia percepibile una nota di disappunto, lui non smette di saturare l’atmosfera circostante col buonumore; sa di essere in ritardo, per l’ennesima volta, ma in casa c’è un buon profumo di pollo fritto e c’è lei, ci sono quei capelli color ebano, ora non più tanto lunghi, che raramente può vedere sciolti e morbidi sulle spalle, privi d’ogni costrizione; c’è la felpa nera col cappuccio, una delle sue preferite, ora indosso ad un corpo che non può riempirla nemmeno per metà. L’odore e le spezie della cucina si mischiano alla fragranza frizzante della pelle candida di lei in una ricetta inusuale da capogiro.
«Dovrebbero essere illegali» borbotta la ragazza, alludendo ancora una volta alle irresistibili concavità che appaiono ai lati del volto di Jungkook, mentre si lascia abbracciare – stritolare – da due braccia che la circondano togliendole il fiato. Dovrebbe, anzi, vorrebbe, essere tremendamente arrabbiata con lui, perché non l’ha avvertita nemmeno stavolta e perché ha fatto raffreddare le alette che ha preparato qualche minuto prima pensando intensamente a quanto sarebbero potute piacergli. Si lascia scappare un sospiro rassegnato, perché tanto Jungkook è fatto così, per poi abbandonare il viso sul suo petto e stringere le proprie braccia attorno ad una vita forse troppo esile, sorridendo a sua volta nel portare l’orecchio ad udire un tum-tum frenetico e incessante.
Restano così per un po’, intrecciati in un groviglio che già da solo dice tanto. Ormai, dopo mesi, non lamentano più la mancanza dell’altro ad alta voce, perché farlo sembra solo peggiorare le cose; basta la complicità di sguardi, la sincronia di respiri, una carezza tra i capelli che trasuda desiderio, labbra che si incontrano per brevi ma ripetuti baci e quasi sembra non ci sia più nulla da dirsi. Almeno finché un brontolio sinistro non ricorda in modo beffardo a Jungkook che sono passate dodici ore da quando ha assaporato l’ultimo boccone di cibo.
«Non dirmi che anche oggi hai saltato il pranzo» lo rimprovera lei, scostandosi solo per guardarlo negli occhi. Lui ricambia colpevole, alzando le spalle.
«Mi è passato di mente» cerca di giustificarsi, e Jieun scuote la testa, a metà tra l’incredulo e l’esasperato. Come può un essere umano dimenticare di nutrirsi?
«Se non fosse per me e Seokjin a quest’ora saresti morto» dichiara, calcando ironicamente la tragicità della cosa, voltandogli poi le spalle per raggiungere l’open space che ospita soggiorno e cucina. Lui la segue zampettando, quasi investendola per arrivare primo al ripiano dove Jieun ha adagiato il piatto con la cena per entrambi.
«Ti è passato di mente, ma stai morendo di fame» lo stuzzica, offrendogli un’aletta di pollo croccante che Jungkook addenta come se si trattasse del suo ultimo pasto sulla Terra. Lo sente mugugnare di piacere senza ritegno mentre gusta quel secondo così invitante, che gli solletica il palato regalandogli un viaggio di sola andata per il Paradiso.
«Oh noona» bisbiglia mentre ancora mastica la carne tenera, e si porta una mano al cuore strizzando gli occhi, come per dire che la bontà di quel pollo non è esprimibile attraverso il linguaggio verbale.
Lei stavolta ride di gusto, Jungkook sa essere piuttosto teatrale, e cerca di sfilargli di mano il pezzo di carne restante, provocando inevitabilmente una reazione disperata da parte di lui – che in quel momento, probabilmente, farebbe pazzie pur di finirsela per intero senza condividerla con nessuno.
«Ma noona, prenditene un’altra!» cantilena, alzando poi il braccio verso l’alto in modo che lei non possa arrivarci. Jieun si alza sulle punte e fa di tutto per raggiungere la meta – a volte anche lei si permette di infastidirlo un po’ - ma Jungkook la sovrasta di parecchi centimetri e, approfittando delle labbra di lei così straordinariamente vicine, blocca quella lotta giocosa regalandole un bacio unto e incredibilmente saporito. Jieun spalanca gli occhi, sorpresa da quel gesto, ma non esita a ricambiarlo assaporando l’aroma di ciò che ha cucinato proprio sulla lingua e sulle labbra bagnate di Jungkook.
«Ehi» dice lui scostandosi, un po’ imbarazzato. «È me che vuoi mangiare oppure il pollo?»
Lei sorride e gli sistema la montatura tonda che Jungkook porta morbida sul naso. «Entrambi».
«Allora ho come la sensazione che la cena si raffredderà ancora di più» le soffia lui a pochi centimetri dal volto.
Ma Jieun sembra quasi rinsavire all’improvviso e risponde frapponendo un indice tra le sue labbra e quelle di Jungkook.
«Ah no, ci ho messo un’ora a cucinare, tu ora fili a tavola» lo rigira per poi poterlo spingere da dietro la schiena al luogo designato, ma quando entrambi lo raggiungono a mo di trenino, Jieun sobbalza non appena intravede il vassoio con le alette.
«Cavolo! Mi sono scordata di metterci la spezia piccante! Aspetta a mangiar-»
Troppo tardi, perché ovviamente Jungkook si è già appropriato di un’aletta bella grossa, regalando a Jieun, dopo il primo morso, un sonoro bacio con lo schiocco, ungendole completamente la guancia sinistra.
«Sono buonissime anche così!» biascica tra un boccone e l’altro, ungendole, poco dopo, anche la destra.
Lei ride, allontanandolo con una spintarella. «La vuoi smettere di imbrattarmi di olio?»
«Ho fame!» si difende lui, guardandola di malavoglia mentre sequestra letteralmente il pollo per poterne ultimare la preparazione.
E pensare che Jieun se lo ricorda come fosse ieri, il Jungkook di qualche anno prima: per convincerlo a salire da lei aveva impiegato talmente tanto tempo che stava per abbandonare definitivamente le speranze. Gli sembra ieri quando la guardava timidamente trafficare in cucina, indeciso se parlarle o meno, tutto chiuso in se stesso, lo sguardo puntato su quelle Timberland più grandi di lui, e il ciuffo sempre liscio e tirato fin sotto le sopracciglia, a proteggere un ragazzo troppo introverso per fare il primo passo.
Ora invece è lì, che saltella da una parte all’altra intralciandole i preparativi per la cena e sprizzando energie da ogni poro pur avendo affrontato ore ed ore di allenamento ininterrotto.
«Ne prendo un’altra, eh» azzarda, mentre ruba l’ennesima aletta dal vassoio e Jieun si trattiene dal picchiargli la cucchiarella sul sedere. Si lascia scappare un sospiro e poi, finalmente, le serve in entrambi i piatti.
«Certo, ora sono la metà» commenta sarcastica, visto che Jungkook ha ben pensato di spazzolarsi l’altra metà del pasto ancora prima che Jieun potesse ultimarne la preparazione.
«Vorrà dire che finiremo prima e potremo continuare l’altra parte della serata».
«Non ci sarà nessuna altra parte se non ti siedi subito a tavola, Jeon Jungkook».
«Aish» È come se l’adrenalina gli scorresse ancora in corpo, ha i piedi e le gambe che si muovono in modo frenetico e non vogliono saperne di prendere un po’ di riposo. Tuttavia, l’affermazione di Jieun lo convince senza troppa difficoltà e ben presto si ritrova seduto accanto a lei.
«Buon appetito allora» esclama quasi, staccando le bacchette l’una dall’altra.
Jieun annuisce, congiungendo le mani. «Buon appetito».
 

 
 
 
 
 
 
 
 
Sono stata indecisa fino all’ultimo sul buon appetito, perché so che in Corea si usano due espressioni diverse per dirlo e per rispondere, e che sostanzialmente si ringrazia chi ha preparato il pasto, ma mi sembrava stonasse col testo lasciarle in lingua originale e così mi sono permessa di italianizzare il tutto. Perdonatemi questa piccola licenza.








 

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Capitolo 14
*** XIV ***


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XIV



Close the door now
When I’m with you, I’m in utopia
 
Euphoria, Jungkook







 
È strano aprire gli occhi e svegliarsi in un letto che non sia il suo. Dopotutto, da quando stanno insieme, quella è la prima volta che riescono a trascorrere un'intera nottata l'uno accanto all'altra. Jungkook ha impiegato mezz'ora a trovare parcheggio vicino l'appartamento di Jieun, spendendo altri quaranta minuti per depistare un fotografo che aveva tutta l'aria di averlo preso di mira. In fondo le volte in cui decideva di uscire da solo si potevano contare sulle dita di una mano e certamente l'idea di seguire un idol che, molto coraggiosamente, si era inoltrato nel mondo esterno senza alcun tipo di scorta, doveva certo costituire materiale allettante per le affamate sasaeng che tanto amavano stalkerarlo. Una volta se le era ritrovate perfino al bagno di una caffetteria ed era stato costretto a chieder loro, cercando di sembrare il meno infastidito possibile, di lasciargli almeno quel minimo di privacy alla quale ogni persona normale avrebbe diritto. Quando era tornato in sala aveva fatto un breve cenno con la testa a Jimin ed entrambi avevano lasciato il locale senza nemmeno aver consumato le loro bevande. Assieme a Jieun, comunque, le cose si complicavano. Spesso si erano ritrovati a correre per le strade, tentando di confondersi tra la folla che popolava i marciapiedi delle trafficate vie di Seoul, e sebbene in un primo momento tutto sembrasse quasi assumere i connotati di un'insolita fuga d'amore, col passare del tempo quel continuo fuggire aveva cominciato a divenire un peso.
Dopo aver varcato la soglia di casa, comunque – alle dieci passate – Jungkook aveva assunto l'espressione più tranquilla di cui era capace, scusandosi per il ritardo e omettendo di specificarne la causa, pensando che sarebbe stato inutile rovinare la serata facendo preoccupare anche Jieun più del dovuto. In fondo quelle poche ore libere che era riuscito a guadagnare rappresentavano per loro l'unica occasione di poter trascorrere del tempo insieme in vista del loro prossimo anniversario, la cui data cadeva proprio in occasione di una cerimonia alla quale entrambi avrebbero dovuto partecipare, presumibilmente ignorandosi al pari di due perfetti sconosciuti, come ormai avevano imparato a fare davanti ai fan.
 
Quando Jieun apre gli occhi, percepisce un lieve solletico alla schiena e due braccia ben strette attorno ai propri fianchi. Buffo come le affermazioni di Taehyung ed Hoseok sul modo scomposto e fin troppo stravaccato di dormire del più piccolo del gruppo si capovolgano completamente quand'è assieme a lei. Invece di occupare gran parte del letto, come spesso fa in camera sua o in quella degli hyung, Jungkook ha il capo infossato nella schiena di Jieun, il naso a contatto con la pelle calda di lei, quasi raggomitolato su se stesso e aggrappato al corpo della ragazza come se temesse di vederla allontanarsi da un momento all'altro. Jieun volta solo la testa e sorride lievemente, carezzandogli i capelli spettinati.
«Vado a scaldare un po' di latte» sussurra, ma non riceve risposta. Si muove piano, posando il palmo della propria mano su quella di Jungkook, con l'intenzione di spostarla, ma nell'esatto momento in cui fa una leggera pressione, la stretta del più piccolo diviene ancora più salda, impedendo a Jieun qualsiasi movimento che non sia l'alzarsi e abbassarsi del diaframma. La ragazza si lascia scappare un sospiro. «Allora sei sveglio» gli intima, scostandogli una ciocca castana dal viso per saggiare la verità della propria affermazione.
Jungkook, nonostante gli occhi chiusi, viene tradito da una fossetta appena accennata che annuncia la nascita di un piccolo sorriso.
«Cosa te lo fa pensare» mormora, strofinando il naso sull'epidermide di lei.
Jieun lo sente muoversi e poco dopo percepisce il suo mento sulla propria spalla. Adesso, se solo si voltasse di nuovo, avrebbe le labbra del ragazzo a pochi centimetri dalle proprie.
«Tra un'ora hai le prove, testone. Non puoi allenarti senza aver fatto colazione».
«Quali prove?»
Jieun ignora completamente la faccia tosta del più piccolo, recuperando una spazzola viola dal proprio comodino, decisa a sciogliere quei fastidiosissimi nodi notturni che avevano reso i suoi capelli un'imbarazzante massa indefinita. Prima che riesca anche solo ad avvicinarla al cuoio capelluto, però, vede Jungkook tirarsi su a sedere, il busto rivolto verso di lei.
«Posso farlo io?» chiede, con gli occhi spalancati e un'espressione che non ha nulla a che fare con quella assonnata di poco prima.
Jieun rimane a guardarlo per un istante, quasi folgorata da quel celato entusiasmo che Jungkook nasconde dietro un palmo aperto, sul quale lei, poco dopo, deposita lentamente la spazzola. Gli sorride in risposta quando scorge le labbra di Jungkook aprirsi per lasciar intravedere la familiare dentatura un po' sporgente. Osservandolo così, se non fosse per quel lenzuolo scivolatogli sui fianchi che lascia intravedere un corpo fin troppo adulto, Jungkook sembrerebbe in tutto e per tutto un bambino al quale è stato appena consegnato il suo gioco preferito. Jieun gi dà la schiena, raccomandandosi di fare attenzione a non tirarle troppo i capelli. Lui non lo sa, ma è stato appena incaricato di un compito piuttosto difficile, che spesso la ragazza non lascia fare nemmeno alle proprie hairstylist.
Le reticenze di Jieun si dissolvono quando percepisce i dentini della spazzola carezzargli gentilmente la pelle e le dita di Jungkook ancorarsi alle ciocche superiori, tenendole ben strette, in modo da poter insistere sullo scioglimento dei nodi sottostanti. Probabilmente la cura che sta riponendo in quei semplici gesti non è la stessa che mostrerebbe verso i propri, di capelli, e se solo Jieun potesse vedere l'espressione incredibilmente attenta e concentrata che si è appena dipinta sul volto del più piccolo, di sicuro si pentirebbe per aver dubitato di lui.
«Finito!» lo sente esclamare con tono soddisfatto qualche minuto dopo e, anche se non vuole dargli subito troppa soddisfazione, gli regala un veloce bacio sulle labbra come meritato ringraziamento. «Ho vinto un posto d'onore nel tuo staff?» domanda allora lui, con quella solita espressione da chi sa di aver appena fatto un buon lavoro.
Lei gli scompiglia velocemente la frangia castana che gli copre parte della visuale.
«Hai vinto un bicchiere di latte e una tazza di cereali. Contento?»
Jungkook replica con uno sbuffo poco sentito, ma prima che riesca a formulare una risposta adeguata per esprimere il suo disappunto, ecco che quasi sobbalza sul posto, come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa. Jieun lo guarda dubbiosa mentre rovista tra le lenzuola, sotto il cuscino e sul pavimento, tormentandosi la nuca e mugugnando cose che la ragazza non riesce a sentire. Trascorsi cinque minuti. Jungkook rilascia le braccia sui propri fianchi in segno di resa.
«Ma insomma, si può sapere dove cavolo sono i miei-»
«Cercavi questi?»
Un'impercettibile nota d'imbarazzo si dipinge sul volto del più piccolo quando riconosce i propri boxer scuri dondolare a destra e a sinistra nella mano di Jieun. Per poco manca la presa, quando lei glieli lancia sul petto.
«Molto divertente» borbotta  infilandoseli, con lo sguardo basso.
Jieun incrocia le braccia, cercando di trattenersi dal ridere. «Oh sì. Molto» rincara.
Una volta indossata anche la maglietta Jungkook inizia a frugare nella propria tracolla, depositata su una sedia accanto al letto, e proprio nel momento in cui Jieun ha messo le ciabatte per andare in cucina - già coperta da una felpa scura che Jungkook aveva lasciato da lei una sera del mese precedente, il ragazzo riemerge con un oggetto di forma quadrata stretto tra le dita.
«Noona» la chiama, impedendole così di lasciare la stanza. «Volevo... chiederti una cosa».
Il tono serio che usa fa bloccare Jieun sul posto. Da dov'è ora, non ha una visuale abbastanza chiara da poter capire la natura di ciò che Jungkook sta gelosamente custodendo nelle proprie mani.
«A dire la verità, è da un po' che volevo parlartene, solo che...» interrompe la frase per trovare il coraggio di rivolgere il proprio sguardo direttamente nelle iridi della ragazza. Lei gli si avvicina lentamente, invogliandolo a continuare.
«Beh ecco, diciamo che forse mi vergognavo».
Jieun comprende che quella confessione deve essergli costata parecchio, così fa un altro passo verso di lui e a quel punto riconosce l'immagine in copertina, i colori e l’inconfondibile scritta “IU”. Ciò che sta tenendo tra le mani Jungkook non è altro che un suo cd.
«Mi faresti un autografo?»
Alza la testa, spostando lo sguardo dall'oggetto al volto di Jungkook, apre la bocca per dire qualcosa ma lo stupore è talmente tanto che non un singolo suono fuoriesce dalle sue labbra. Rimangono in silenzio l'uno davanti all'altra, finchè Jieun rilassa i muscoli del petto, come se fino a quel momento avesse trattenuto il respiro. Nasconde una risata nervosa quanto intenerita dietro la propria mano, per poi tornare a rivolgere le proprie attenzioni al ragazzo. Oltre ad essere stata colta totalmente impreparata da quella richiesta, Jieun vorrebbe dirgli che è davvero insolito pensare che dopo averla baciata e accarezzata su ogni parte del corpo appena qualche ora prima, Jungkook si vergogni di chiederle un autografo.
«È il mio primo cd» continua lui, porgendoglielo. «Lo comprai con la paghetta dei miei».
Lei cerca di resistere all'impulso di stritolarlo in un abbraccio ed afferra l'oggetto con delicatezza, voltandogli le spalle per andare a recuperare una penna.
«Sei incredibile, Jeon» è l'unica cosa che riesce a dire prima di accomodarsi sul bordo del letto e vedere il ragazzo fare lo stesso. La tenerezza e il carico d'aspettativa che ha negli occhi mentre la osserva con quella stilografica in mano, rischiano di far comparire un leggero rossore sulle guance di Jieun, la quale tenta di ignorarlo rivolgendo i propri pensieri alla dedica che dovrà fargli.
Sfoglia distrattamente le pagine del photoshoot, non le è mai piaciuto troppo rivedersi negli scatti. «Ce n'è qualcuna che preferisci?»
Gli occhi di Jungkook scorrono veloci sulle immagini, fin quando non compare quella fotografia che amava così tanto da bambino. Esita un poco ma poi la indica timidamente con un dito, senza aggiungere altro. Vede Jieun poggiare la punta della penna sul foglio e sente il suo cuore, di riflesso, aumentare qualche battito. Non sa spiegarsi nemmeno lui il perché di quella reazione fisiologica, dopotutto poteva sembrare un gesto di poco conto, se paragonato a quello che avevano vissuto insieme negli ultimi mesi, eppure Jungkook teneva a quel cd come fosse il vero inizio del suo legame speciale con la musica e, in un certo senso, con Jieun.
A Jeon Jeongguk, la vede scrivere, ti ringrazio per aver creduto in me. Per favore, rimani sempre te stesso, mangia tanto e sii felice. Alza gli occhi al cielo, aspettandosi qualche altra raccomandazione, magari sulle poche ore di sonno. Sorridi più che puoi, canta col cuore e non aver mai paura di amare. Ammutolito, la guarda mentre completa il tutto firmando con un elegante tua Lee Jieun, per poi sorridere al post scriptum: dimenticavo, ottimi gusti musicali.
«Hai coperto tutta l'immagine» gli sussurra con tono lamentoso nell'orecchio, tanto per sciogliere un po' quel velato imbarazzo che ancora prova nel veder finalmente palesarsi il suo sogno di adolescente.
«Che razza di ingrato» commenta lei ridacchiando e scostandolo da sé, sperando finalmente di poter raggiungere la cucina indisturbata, ma com'era prevedibile Jungkook la afferra da dietro prima che possa varcare la soglia della camera, bloccandole le braccia in una ferrea stretta. Lo sente mormorare un timido grazie contro la pelle del suo collo, poi la lascia andare e fugge in direzione del corridoio come se stesse per gareggiare in una competizione sportiva di corsa.
«Lo scaldo io il latte» urla dalla cucina, accendendo il fornello. «Tu lo fai troppo bollente, noona».
Jieun si passa una mano sul volto, lasciandosi scappare l'ennesimo sospiro.
Eh sì. Era proprio un ingrato.
 
 
 









 
Toh, chi si rivede (direte voi). Ebbene, non so quando, non so come, ma prima o poi torno.
Attendendo con ansia che Jungkook rilasci la full cover di Ending scene, così, per illudermi un altro po’ su questa ship, vi mando un bacione grande e vi chiedo scusa se questo capitolo non vi sarà sembrato all’altezza dei precedenti, ma credo di essere parecchio arrugginita.
Anyway, buon anno a tutti! <3

Vavi

 

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Capitolo 15
*** XV ***


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XV


I tightly close my two eyes and cast a spell
You and I, there’s only a little bit left
I don’t know when or what time
 
You & I, IU
 


 

A zazziella





 
 
Jieun quell’espressione la conosceva dannatamente bene.
Le labbra un po' tirate a trattenere un sorriso, gli occhi bassi ma ridenti, perché quelle tre piccole rughe mimiche non le avevano mai mentito. Jeon Jungkook era letteralmente un libro aperto di cui ogni lineamento raccontava un’emozione. Ora ci si poteva leggere gioia, euforia, adrenalina e anche un pizzico di… colpevolezza.
«Che hai combinato?»
Le esce spontaneo chiederglielo, perché la faccia è proprio quella di un bambino che ha appena trasgredito qualche regola. E dire che doveva esserci abituata; da quando lo conosceva, Jungkook di regole ne aveva ignorate parecchie. Ma ciò che più la stupisce e le toglie del tutto ogni ragionevole facoltà mentale volta ad insistere è il modo in cui lui la guarda. Trionfante, quasi, innamorato – certo -, così entusiasta che l’abbraccia senza nemmeno risponderle, stritolandola come lui solo sapeva fare, fino a toglierle il respiro ma fermandosi sempre un istante prima che fosse lei a dovergli chiedere di allentare la presa.
«Vuoi rispond-» ma nemmeno stavolta Jieun riesce a finire, perché la parola le viene tolta dalle labbra di Jungkook che premono sulle sue, assorbendo qualsivoglia dubbio o rimprovero lei stesse cercando di sciorinargli addosso. Su quello l’aveva sempre avuta vinta. Le parole con Jungkook servivano a poco, a meno che non fossero in musica, o all’interno di una canzone. Altrimenti, il disgraziato, preferiva comunicare in tutt’altro modo.
«D’accordo» cerca di imporsi Jieun, uscendo a fatica da quel contatto ed afferrandolo per entrambe le spalle, in un illusorio tentativo di tenerlo fermo e far sì che la ascoltasse. «Adesso mi dici cos’è successo».
«Solo se prometti di non arrabbiarti».
Ed ecco che le supposizioni di Jieun prendevano vita in meno di un istante. Si concede qualche secondo per osservarlo e, mentalmente, pensa che se fosse possibile arrabbiarsi davanti a quelle fossette e quel sorriso, lei lo avrebbe fatto di sicuro, mettendoci tutto l’impegno del mondo, ma proprio non crede di esserne capace. Ovviamente, si guarda bene dal dirlo a Jungkook, accompagnando la risposta con un incrocio di braccia che vorrebbe sembrare minaccioso. «Dipende, Jeon».
Avrebbero dovuto vedersi alle cinque nell’alloggio di Jieun, ma Jungkook l’aveva chiamata parlando di un contrattempo che, suo malgrado, avrebbe fatto slittare l’incontro di circa quaranta minuti, scusandosi frettolosamente – e quindi in modo abbastanza sospetto – e dicendole che poi le avrebbe spiegato di persona.
«Potrei aver fatto qualcosa di avventato».
«Non mi dire».
Era inutile farsi prendere dal panico quando si trattava di Jungkook. L’esperienza l’aveva ben forgiata e preparata anche all’impensabile.
«Ma lo rifarei, se tornassi indietro».
«Ne sono certa» continua ad assecondarlo Jieun, nella speranza che si decida a vuotare il sacco. «Vuoi dirmi di che si tratta o -»
«Un tatuaggio».
La ragazza, suo malgrado, si ritrova ad alzare un sopracciglio. Un tatuaggio, aveva detto. Considerando il fatto che ne aveva già più di una quindicina, e tutti ben evidenti, le viene spontaneo chiedersi perché la notizia avrebbe dovuto stupirla o farla arrabbiare. In verità, Jieun è contraria a tutto quell’inchiostro sulla pelle, ma non si è mai azzardata a dirglielo, perché per quanto visceralmente lo ami, Jungkook ed il suo corpo non sono di sua proprietà. E poi, ogni tanto, mentre lui dorme, si diverte a tracciare col dito quelle linee, facendo slalom tra i colori e i disegni, anche se non lo ammetterebbe mai. Insomma, che non fosse esattamente la fan numero uno dei suoi tatuaggi, Jungkook l’aveva capito da un pezzo, ma finché quei segni lo rendevano felice e – come lui gli aveva detto – contribuivano ad imprimere nell’epidermide la sua storia, non c’era niente che Jieun potesse o volesse fare per convincerlo del contrario. Quindi, perché diamine un nuovo tatuaggio avrebbe dovuto destare in lei emozioni diverse rispetto a tutti gli altri che già aveva? A meno che…
«Jeon Jungkook».
Nome e cognome. Occhi spalancati in procinto, finalmente, di realizzare il perché di quel comportamento così inusuale. «Non avrai fatto quello che penso».
Ora che Jieun sembra aver intuito la situazione, Jungkook si sente lievemente in imbarazzo, ma cerca di nasconderlo al meglio possibile, perché deve continuare a farsi vedere determinato e convinto della sua scelta.
«Non mi sono tatuato la tua faccia, noona, stai tranquilla».
Il cuore di Jieun perde un battito. L’affermazione era talmente assurda da avere un che di ilare, peccato che proprio non riesca a ridere.
Con Jungook non si poteva scartare nessuna ipotesi.
«Voglio ben sperare. Perché non hai fasciature sul braccio?»
«Perché mi sono tatuato da un’altra parte».
Et voilà, la seconda notizia. Ancora doveva scoprire cosa diavolo si fosse fatto tracciare sotto la pelle, ma se l’avesse ben inglobato all’interno dell’armonia di disegni che già possedeva, l’eventuale trauma sarebbe stato meno irruento. Invece no. Ovviamente, Jungkook aveva cambiato posto, nonostante le avesse detto che avrebbe riempito il braccio e poi, probabilmente, si sarebbe fermato. Si volta, dandole la schiena e togliendosi la maglia. Proprio in mezzo alle scapole capeggiava una striscia di pellicola trasparente, tenuta attaccata alla bell’e meglio da uno spesso strato di crema sottostante. S’intravedevano dei caratteri neri, grassetti. Jieun ha entrambe le mani a coprirle la bocca, anche se non ha ancora letto cosa c’è scritto: il tutto era davvero molto evidente, considerando che aveva scelto un posto completamente sgombro da altri tatuaggi.
«Jungkook»
«Dai, togli la pellicola» la incoraggia, quasi impaziente.
Lei obbedisce, ma si accorge di star trattenendo il respiro solo quando riesce a vedere nitidamente i caratteri. Erano in coreano. Nessun nome. Nessuna iniziale. Nessuna data. Grazie al cielo, non era stato così avventato. La scritta diceva “너랑나”, ovvero “Tu ed io”. Molto generica, ad un una prima occhiata, ma non per loro. Jungkook, infatti, si gira verso di lei e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, inizia a cantare. La trova con le labbra leggermente schiuse, in procinto di dirgli chissà cosa, “Sei pazzo”, forse,  “Che diavolo ti è saltato in testa“ o “Ti amo”, magari, che differenza avrebbe fatto? Così, dopo aver provato inutilmente a respingerlo e farlo smettere si lascia trascinare pure lei, ritrovandosi a cantare con lui, le loro labbra così vicine da sfiorarsi, almeno finché non è Jungkook a distanziarsi un poco.
«La mia canzone preferita del mio primo album della mia artista preferita» è la spiegazione buffa che le dà tutta d’un fiato, tenendole il viso tra le mani. Quello stesso disco che, mesi e mesi prima, si era fatto autografare proprio da lei, coronando il suo sogno di adolescente.«Non dici niente?» la incalza poi, quasi provocatorio.
Dove diamine era finita quella nota d’imbarazzo e colpevolezza che aveva mostrato poco prima, si chiede Jieun. Durata meno di un battito di ciglia e volatilizzatasi con altrettanta velocità, si risponde.
«Non è così visibile» aggiunge lui, anche se non suona molto come una giustificazione.
Jieun sospira. «No, non lo è per niente».
«Avrei potuto farlo sul petto!»
«Avresti potuto fartelo in fronte» replica subito lei, seguendo l’assurda scia di quel discorso.
Jungkook si dà una manata in faccia. «Aish, non ci ho pensato».
A quel punto Jieun lo costringe a voltarsi di nuovo, nascondendo un mezzo sorriso. «E’ meglio coprirlo, o si infetterà» si limita a commentare, ma Jungkook non si è lasciato sfuggire lo sguardo lucido che aveva cercato di nascondere con quel gesto, e il soffice bacio che gli lascia proprio sotto al quel nuovo, importante tassello del puzzle che lentamente sta componendo il suo corpo, a lui basta e avanza come risposta.















 







******************************
Torno dopo anni, secoli, eoni. L'adorazione per queste due talentuose personcine prese singolarmente nelle realtà, e in coppia nella finzione, non è mai svanito, nonostante il tempo che ho fatto trascorrere per approdare di nuovo su questi lidi. In fondo è una raccolta e non ha mai avuto chissà quale fitta trama. Sto cercando di giustificarmi. In ogni caso, nella mia testa, e parzialmente anche su Word, c'è già una conclusione scritta, ma non so quando avrò coraggio e modo di pubblicarla.
Nel frattempo ringrazio chiunque mi stia ancora seguendo ed eventuali nuovi "avventurieri". Perdonate la mia incostanza. Spero che questo capitolo possa non risultare troppo al di sotto dei precedenti.
E' dedicato ad un'amica, grazie alla quale ho ritrovato la voglia e l'ispirazione per scrivere di nuovo di loro.
Ps. Ho rifatto anche il banner, perchè EFP mi aveva cancellato quello vecchio. Ora dovrei avere la pazienza di reinserirlo in tutti i capitoli.

Un abbraccio,

Vavi

 

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Capitolo 16
*** XVI ***


 
 




XVI



We laugh together, we cry together
These simple feelings were everything I had
 
Still with you, Jungkook









 
«Quello lo mangi?» chiede Seokjin, indicando l’ultimo pezzetto di carne presente ancora nel piatto di Jungkook. Dato che stava banchettando con i suoi soldi, pensava di meritare almeno una degna conclusione del pasto ricevendo l’onore dell’ultimo boccone. Per tutta risposta, il più piccolo afferra lo straccetto di manzo con le bacchette e, lentamente, lo avvicina alle labbra già schiuse dello hyung, ma proprio prima che quest’ultimo possa addentarlo, gli fa fare un fulmineo dietrofront per poi mangiarlo lui con la stessa foga di un ipotetico ultimo pasto sulla faccia della Terra.
«Ingrato e pure ingordo» commenta piccato il maggiore, ignorando le risate sommesse di Hoseok. «Domani mattina avrai la faccia a palla, per quanto ti sei strafogato».
Jimin si sente in dovere di partecipare alla conversazione, anche se un po' gli dispiace contraddire lo hyung.
«Stanotte lo smaltirà in flessioni, non temere».
«Aish e sta un po' zitto» lo rimbecca subito l’altro, mentre finge di non aver visto l’espressione schifosamente soddisfatta e compiaciuta di Jungkook.
Taehyung, seduto accanto a lui, gli lancia un’occhiata tra il perplesso e il divertito.
«Sempre se non vomita prima».
«Se proprio devi, dalla parte di Taehyung, grazie» commenta Yoongi con nochalance, stravaccato all’altro lato del maknae.
Jungkook fa appena in tempo a sentire l’inizio di una debole protesta da parte del diretto interessato che il suo cellulare comincia a vibrare. Quando legge il mittente della chiamata ha ancora la voce di Taehyung in un orecchio e quella di Yoongi nell’altro. Con suo estremo stupore, si tratta di Jieun: la credeva a lavoro, visto che gli aveva anticipato quanto sarebbe stata occupata con la registrazione del suo ultimo disco, e anche se Jungkook era un po' preoccupato – negli ultimi giorni l’aveva sentita parecchio giù di corda, forse anche influenzata  – lei gli aveva promesso che l’avrebbe chiamato appena terminate le sessioni in studio e che non sarebbe dovuto stare in pensiero. Quindi, suo malgrado, Jungkook era preparato ad almeno quarantotto ore di silenzio. Sapeva quanto era impegnativo avere delle schedule serrate: talvolta il tempo non bastava nemmeno per mangiare, perciò avrebbe rispettato i suoi impegni e atteso con pazienza di ricevere sue notizie. "Troppo presto" si ritrova quindi a mormorare tra i denti, accorgendosi appena di averlo detto ad alta voce.
«Eh?!» domanda infatti Taehyung con tono stralunato, probabilmente ancora preso dalla conversazione sull’eventuale indigestione del più piccolo, mentre in Jungkook inizia a crescere, con sempre maggior insistenza, un brutto ed indesiderato presentimento. In altre circostanze sarebbe stato contento di rispondere ad una sua chiamata mentre era insieme a tutti gli altri; in fondo capitava sempre più di rado che riuscissero a conciliare i loro impegni con del tempo libero, eppure adesso vorrebbe essere solo, nella sua stanza, lontano da tutti e tutto, con la voce della ragazza nelle cuffiette. Fa un mezzo sospiro, e proprio quando Namjoon ha iniziato ad accorgersi che qualcosa non quadra, risponde al telefono.
«Noona?»
«Ciao, Jungkook». Una pausa. Forse Jieun si stava prendendo del tempo per elaborare la confusione e il rumore di stoviglie dall’altra parte del telefono. «Ti disturbo?»
Il timbro è flebile ed instabile. Stanchezza, forse. Suo malgrado, quasi come attirato da quell’attenzione che sentiva su di sé, Jungkook alza lo sguardo verso il leader che tacitamente, con discrezione, gli domanda attraverso lo sguardo cosa sta accadendo. Il problema è che Jungkook ancora non lo sa.
«N-no, certo che no. Sono a pranzo con gli hyung. Ma posso uscire un attimo, avevamo quasi finito».
«Oh». Un’altra pausa. «Mi spiace. Possiamo risentirci».
«Noona, che succede?»
In quel momento, anche gli altri ragazzi, seppur cercando di non farlo sentire al centro dell’attenzione, abbassano istintivamente il tono di voce, stupiti dalla piega che stava prendendo quella conversazione telefonica.
«N-niente, è solo che…»
Basta una lieve esitazione nel timbro di Jieun, che si abbassa fino a divenire quasi impercettibile, per far suonare un campanello di allarme nel cervello di Jungkook. Senza dire nulla si alza, fa un cenno agli hyung giusto per comunicare che sarebbe tornato subito, e si allontana in direzione dell’uscita a passo concitato. Non appena è fuori si guarda intorno, appurando che, per sua fortuna, c’è ben poca gente nei pressi del locale. Nel frattempo, però, Jieun ha smesso di parlare e ciò che sente provenire dall’altoparlante è un suono che gli fa letteralmente attorcigliare lo stomaco su sé stesso: l’accenno di un pianto. 
«Jieunni, parlami. Per favore» Si sforza di chiederglielo senza sembrare in evidente apprensione. 
«Scusa. Scusa Jungkook. Non avrei dovuto disturbarti, sul serio. Sono una stupida».
«Ma che stai dicendo? Di qualsiasi cosa si tratti, hai fatto bene a chiamarmi. Voglio aiutarti».
Un altro singhiozzo.
«Non puoi».
Ricevere un pugno sullo stomaco sarebbe stato meno doloroso. Prima che possa controbattere, sente due o tre colpi di tosse ed una leggera soffiata di naso. Dall’ultima volta che si erano parlati al telefono, la salute della ragazza sembrava nettamente peggiorata. Pensare che potesse registrare in quelle condizioni era al limite dell’impossibile perfino per uno come Jungkook.

«Allora dimmi cosa posso fare».
«E’ solo che…sono stanca». Un altro colpo di tosse. «Molto». La sente ammettere con voce incrinata e si ritrova a cambiare posizione per cercare di arginare l’agitazione, sempre più preoccupato dalla piega che stava prendendo quella telefonata. Ha un interrogativo, scontato e banale, che però tiene per sé (“Perché diavolo non ti lasciano andare a casa?”): se la ragazza avesse potuto rimandare i suoi impegni, di sicuro lo avrebbe fatto. Se avesse avuto una soluzione per preservarsi da quell’estenuante sofferenza, sarebbe stata sotto le coperte con una bella tazza di tè caldo tra le mani. Invece stava parlando con lui, tra le lacrime, incapace perfino di spiegargli cosa la tormentava.
«Mi spiace tanto» riesce solo a rispondere Jungkook, odiandosi per non aver trovato una risposta più soddisfacente. Sentirla  così vulnerabile gli faceva venir voglia di prendere a pugni qualcosa.
«Non so cosa ho pensato» riprende lei. «Mi sentivo sopraffatta… e forse… volevo sentire la tua voce. Sì, volevo… sentirmi meno sola».
«Ti stanno supportando adeguatamente?»
Jieun annuisce come se il ragazzo fosse lì davanti a lei, pulendosi il naso con un fazzoletto. «Sono tutti molto gentili, Jungkookie, ma lo sai come funziona».
Il minore sospira.
«Sì. La macchina non si ferma».
«Non si può rimanere indietro» continua Jieun, con fatalità.
«Nessuno aspetta».
«Nemmeno se cadi».
Jungkook guarda in basso.
«Nemmeno se cadi» ripete, quasi come un mantra.
«Sto facendo deprimere anche te».
«No, affatto» si sbriga a contraddirla lui, stupito da quella constatazione. «Penso che tu sia solo molto stanca, noona. Me lo hai detto prima. Se non ti senti in forma è normale che anche il tuo umore ne risenta».
«Hai ragione. Sai cosa potrebbe tirarmi su di morale?»
Jungkook esita. «Una barzelletta?»
Jieun sospira sconsolata dall’altra parte ma Jungkook sente finalmente un accenno di risata. «Certo. Era esattamente quello a cui stavo pensando» lo canzona in modo ironico.
«Lo sapevo. Sono bravissimo a leggere nel pensiero».
«E sei bravo anche a raccontare barzellette?»
«Non molto. Ma se vuoi ti passo Jin hyung, lui è un esperto».
«Meglio evitare. Se rido troppo, mi torna la tosse».
«Non c’è pericolo. Ho detto che le sa raccontare, non che sono divertenti».
Jieun ridacchia e, proprio come aveva preannunciato, si ritrova di nuovo a tossire. Jungkook, a questo punto, non sa se deve sentirsi in colpa oppure sollevato per averle restituito un po' di positività.

«Per favore, non allarmare gli altri».
«Cosa dovrei dire?»
«Che volevo parlare un po'».
Jungkook sospira.
«Va bene. Ma non ci crederà nessuno». Era un’autentica frana nel raccontare balle. Ce la metteva tutta, ma sembrava che la verità fosse impressa caratteri di fuoco proprio nei suoi occhi, che lui lo volesse o meno.
«Jimin mi ha mandato un messaggio di incoraggiamento ieri. Ti prego, ringrazialo da parte mia. Non sono riuscita a rispondergli. E oggi chiamo te in questo stato. Sono un disastro, Jungkookie».
«Smettila di parlare, o ti brucerà la gola».
Jieun accoglie quel goffo tentativo di interrompere le proprie autocommiserazioni con un altro sorriso. Si sentiva già molto meglio.
«Non sei affatto un disastro, noona. Sei la persona più altruista, dolce, premurosa, tenace, lunatica, testarda, fifona - » interrompe la frase a metà perché sente Jieun protestare.
«Ehi! Avevi iniziato bene, poi che è successo?»
Adesso è Jungkook a ridere, chiaramente soddisfatto del proprio elenco, ma lei lo segue subito dopo, mormorando un flebile “Il solito scemo”, prima di ricevere un richiamo che la invita a rientrare in sala prove. Al che il più piccolo si ricompone, tornando per un attimo serio.
«Voglio sapere come stai. Non a registrazioni finite. Lo voglio sapere stasera».
«Va bene Jeon, c’è nient’altro che vuoi?» domanda retorica lei, visto il tono abbastanza perentorio che aveva usato il ragazzo.
Jungkook sembra rendersi conto solo in quel momento di come ha posto la questione e la cosa lo fa sentire abbastanza in imbarazzo.
«Ehm no, va bene così» replica, facendo di nuovo ridere la ragazza. 
«A stasera, allora» accorda lei infine.
Jungkook lancia un’occhiata all’interno del locale. Gli hyung stanno parlando tra loro, ma ha come la sensazione che abbiano da poco distolto lo sguardo da lui. La bugia che aveva promesso a Jieun di provare a raccontare non avrebbe retto nemmeno mezzo secondo.

Esita qualche istante prima di replicare, non vuole sembrare di nuovo sgarbato, ma deve esserne certo: «Chiamami».
«Ti chiamo, testone» lo rassicura dolcemente lei. «Grazie».
 









 
 

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