Kiss me on the mouth and set me free.

di StewyT
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Do you walk in the valley of kings? ***
Capitolo 2: *** You get me so high. ***
Capitolo 3: *** This is my world. ***
Capitolo 4: *** Heart on fire. ***
Capitolo 5: *** War of hearts. ***
Capitolo 6: *** One day, baby, we will be. ***
Capitolo 7: *** Stay with me. ***
Capitolo 8: *** Bittersweet ***
Capitolo 9: *** Red Wedding. ***
Capitolo 10: *** Everything will be okay in the end. If it’s not okay, it’s not the end. ***



Capitolo 1
*** Do you walk in the valley of kings? ***


Do you walk in the valley of Kings?

Ci aveva riflettuto a lungo prima di accettare la proposta di quell’uomo.
Conosceva Robert Lightwood da ben quindici anni, ormai, e lo disprezzava sempre allo stesso modo sebbene non fosse più il principe di Scozia ma il Grande e solo Re di Scozia accompagnato dalla sua bellissima quanto fredda moglie Maryse. Ancora non riusciva a capire come quei due potessero stare assieme e fingere di amarsi da così tanti anni. Ad ogni modo la sua antipatia nei confronti di Re Robert non derivava dall’antipatia per la regina, né tantomeno per quella verso i due figli - che all’epoca in cui era stato nel ricco castello dei Lightwood avevano poco meno di dieci anni ciascuno – che neanche ricordava esistessero; quell’antipatia veniva da un luogo molto più profondo.
Quindici anni prima, quando pressappoco ventenne aveva seguito Re Asmodeo, suo padre, in quelle verdi e desolate lande scozzesi, Robert Lightwood era sposato da ben dieci anni eppure intratteneva già smoderate relazioni con altre donne, tra cui Camille Belcourt. La donna di cui Magnus si era innamorato. La donna con cui Robert aveva complottato alle sue spalle. La donna da cui era stato salvato grazie all’intervento di Jocelyn, migliore amica della allora principessa Lightwood, incinta ormai da più di otto mesi di quella che sarebbe diventata la sua intelligente e caparbia consigliera, Clary. Era stata Jocelyn con i suoi occhi verdi pieni di lacrime e i capelli rossi come il sangue che le macchiava l’elegante abito verde, a pregarlo di portare via quella bambina appena nata, di farla crescere in un mondo che non fosse sporco e corrotto come quello in cui aveva vissuto lei; di tenerla il più lontano possibile da suo padre Valentine, traditore della patria, e di farla crescere con sani principi e valori. E Magnus così aveva fatto. Aveva portato la neonata e vivace bambina con sé, nascondendola tra le braccia di una serva, e una volta morto il padre l’aveva cresciuta come se fosse stata sua figlia per poi diventarle amico. L’unica vera amica che avesse mai avuto a parte sua madre.
E in quel momento, mentre veniva sballonzolato da una parte all’altra della carrozza e il freddo pungente di quel maledetto posto già oltrepassava gli strati di pura seta che lo rivestivano, si stava domandando perché allora, ci fosse tornato.
Si era ripromesso che non lo avrebbe mai fatto. Allora perché ci stava tornando?
Forse per cercare Camille e sposarla, avverando finalmente il sogno di quando aveva vent’anni?
Sorrise da solo, scuotendo la testa contrariato; ovviamente non era quella la risposta.
Non era mai stato un ragazzo ingenuo, neanche a vent’anni, e non si sarebbe certo fatto distruggere nuovamente la vita da quella maledetta quanto bella donna solo per un sentimento chiamato amore, diventato ormai così traslucido da potersi considerare dissolto!
Certo, se si fosse ritrovato l’ammaliante bionda nuda avanti agli occhi, con quei suoi setosi capelli d’oro, quegli occhi tanto chiari da sconvolgergli i pensieri, il seno prosperoso e sodo a richiamare tutti i suoi vecchi pensieri, forse sarebbe andato oltre uno sguardo ed un sorriso ammaliante, ma non ci sarebbe mai più stato qualcosa che andasse al di là del fattore fisico tra lui e la Belcourt.
Se lo era giurato e quella volta avrebbe rispettato il suo giuramento.
“Come ti senti?” gli chiese Clary, al che distolse lo sguardo dalle proprie scarpe dorate e lo portò in quello verde della ragazza; avanti a quegli occhi lucidi non riuscì a fare altro che sorridere. La ragazza aveva solo quindici anni eppure era così cresciuta, così consapevole del mondo, così uguale a sua madre.
“Come uno che sta per conoscere la sua futura sposa” rispose lui, ridacchiando.
Sapeva che non avrebbe sposato Isabelle Sophie Lightwood solo perché in un certo senso glielo stava ordinando Re Robert; lui, Re Magnus, non gli doveva niente. Era pura curiosità la sua. Si stava chiedendo, dal momento in cui l’ambasciatore scozzese gli aveva riportato la proposta del Lightwood, come fosse fatta quella ragazzina che a stento ricordava. Aveva gli stessi occhi blu e profondi di suo padre?  E la stessa chioma nera e lucente con l’incarnato bianco come porcellana di sua madre? 
E il carattere timido ma forte che ricercava in tutti i suoi amanti?
In quel caso ci avrebbe seriamente pensato su un attimo prima di rispondere con un secco “no” e ritornarsene nelle sue calde e magiche terre.
Clary al suo fianco rise e circondò un dito con un ricciolo della sua lunga chioma “sono curiosa” disse guardando dalla finestrella della carrozza “Mi sembra così freddo questo posto” sussurrò poggiando una mano sul vetro. Pensava che si sarebbe sentita a casa, in un certo senso, non appena sarebbero sbarcati su quelle terre. Eppure non era stato affatto così, anzi. Casa sua era la corte di Magnus, doveva riconoscerlo.
Eppure voleva cercare sua madre, doveva farlo. Doveva conoscere le proprie origini sebbene alla fine sarebbe tornata con Magnus tra l’oro e il caldo dell’Indonesia. Ma doveva prima sapere quel nome che tanto gelosamente Magnus custodiva. Aveva persino provato ad estorcerglielo dalla bocca facendolo ubriacare o peggio ancora facendogli inalare le sue erbe preferite, ma nulla di quello era mai servito: tutto quello che era uscito dalle labbra del suo Re era stato un “Non posso dirtelo, me l’ha fatto giurare” e poche cose per Magnus erano serie e sacre quanto i giuramenti fatti ad amici cari e sua madre era un’amica cara.
Sapeva poche cose di lei: che Magnus le era estremamente grato, che le somigliava molto, che era stata la migliore amica della regina, che aveva vissuto a corte per tutta la sua vita e che era morta dandola alla luce.
“Oh Biscottino” rise Magnus “Queste lande sono davvero fredde; ma si trova sempre qualcuno che riscalda alla grande. Come riscaldano gli scozzesi, nessuno” le fece un occhiolino e rise, seguito a ruota da lei, che tutto pensava tranne che a qualcuno che potesse riscaldarla, ma la mente di Magnus volava e girava sempre e solo attorno ad affascinanti ragazzi e ragazze. Come faceva a non stancarsi mai?
Finalmente gli occhi verdi dell’uomo ricaddero sulla finestrella della carrozza e si fecero trasportare tra il verde e l’azzurro del mare e il grigio del cielo che si univano in un’unica macchia indistinta tra i colori degli abiti di Camille, nella sua mente; aveva amato così profondamente quella donna e lei lo aveva mandato in pezzi con così tanta nonchalance! Non la amava più, eppure era così maledettamente curioso di sapere che fine avesse fatto.
Avanti ai suoi occhi l’enorme castello grigio diventava sempre più grande, così come il disgusto che lo divorava; perché dovevano avere dei posti così alti, trascurati, grigi e tristi?
Gli mancava già la sua corte con le mura bianche ricoperte di piante rampicanti e guglie d’oro, i suoi giardini colorati da tulipani rossi e arancio, le sue ancelle allegre rivestite di ogni colore riconosciuto.
Gli venne da piangere quando la carrozza si fermò e tutto quello che riuscì a vedere fu un’enorme distesa di prato verde che circondava un castello composto da alte torri con poche finestre, ed immaginò già quella che sarebbe diventata la sua vita se avesse accettato di sposare la dolce e sensibile Isabelle.
Sentì nitrire i cavalli e poi un uomo interamente vestito di blu gli aprì la porta e fece un inchino togliendosi il cappello – anch’esso blu- con una piuma alta in cima, e poi si fece da parte per farlo passare; Magnus chiuse gli occhi, prese un grande respiro e quando l’aria fresca e pulita di quel posto gli entrò nei polmoni al posto dell’aria calda e speziata di casa sua, si ricordò che poteva farcela: era forte.
Scese quindi dalla carrozza e poi si girò, dando una mano a Clary che scese a sua volta, guardandosi quasi meravigliata di vedere tanto verde e tanto vuoto in un unico posto.
L’uomo vestito di blu gli indicò un piccolo ponticello e gli disse che una volta arrivati lì avrebbero trovato la famiglia regale ad aspettarli. Magnus non vedeva l’ora. Era talmente eccitato all’idea di rivedere Robert Lightwood che piuttosto avrebbe preferito rifare la strada a ritroso e gettarsi di sua spontanea volontà nei mari ghiacciati della Scozia. Invece lo seguì, prendendo sotto braccio Clary, con le gambe che tremavano ad entrambi, e le mani già più fredde, proprio come i loro cuori.
Ad aspettarli nel grande giardino, seduti su eleganti poltrone di vimini – anche esse grigie! Era tutto così dannatamente verde e azzurro e grigio in quel maledetto posto- c’erano cinque adulti ed un bambino; l’ambasciatore si avvicinò all’allegra famigliola, si inchinò e li annunciò, dopodiché fece un altro inchino verso la famiglia regale e poi una verso loro due. Clary si inchinò leggermente, Magnus gli sorrise freddo.
Prese un altro grande respiro e finalmente volse lo sguardo verso le cinque persone  e il bambino seduti al tavolo. Il primo ad alzarsi fu Re Robert, seguito poi da sua moglie, da un meravigliosamente attraente uomo dagli scuri capelli neri, la chiara pelle bianca distesa su due rosee gote e dei profondi occhi blu – odiava l’azzurro, ma non c’era nulla di più bello di un bel paio di occhi blu o azzurri adornati con meravigliosi e lucenti capelli neri – e poi fu la volta dell’unica ragazza seduta al tavolo e quindi la sensuale – e tutt’altro timida- Isabelle Sophie Lightwood, sua promessa sposa, seguita dall’unico ragazzo biondo della famiglia che fece un inchino verso Clary, e per ultimo toccò al piccolo bambino dagli enormi occhi blu simili al fratello più grande.
Magnus si avvicinò a Robert, distogliendo finalmente l’attenzione dal ragazzo dagli occhi blu che lo fissava a sua volta, e gli allungò una mano. “È un piacere averti qui, Re Magnus” esordì quello, ma entrambi sapevano che era tutt’altro che un piacere. Né tantomeno un “Per me è un onore, Re Robet” cosa altrettanto falsa e frivola che gli uscì dalle labbra. Dopodiché fu il turno di inchinarsi e baciare la mano di Maryse Lightwood; era invecchiata eppure era sempre semplicemente bella con quei due occhi blu ad illuminare un viso altrimenti troppo chiari, e la crocchia di capelli neri raccolti per metà.
Quando i saluti furono fatti fu il turno di presentare a Magnus la famiglia regale e quello fu un vero piacere; non tanto per la ragazza e il ragazzo biondo, ma per quella meraviglia con le guance rosse che lo fissava da quando era arrivato.
“Loro sono i miei figli” esordì Robert, indicando prima Isabelle come era giusto che fosse “Lei è Isabelle Lightwood” disse, con un sorriso sulle labbra.
Magnus la guardò e restò incantato dalla sua bellezza; era davvero uguale a sua madre quando era più giovane, sebbene avesse ereditato qualche tratto meno gentile come le labbra più pronunciate, dal viso del padre e avesse degli enormi occhi neri al posto di quelli profondi e blu della madre.
“Incantato, Principessa Isabelle” disse Magnus inchinandosi per baciarle poi la mano, dopodiché risollevò lo sguardo nel suo e ci lesse tanto divertimento ed un pizzico di malizia, ma anche paura e desolazione.
“Piacere mio, Re Magnus” rispose lei, piegando le labbra colorate di rosso su un sorriso bianco ed elegante ma per nulla timido come lo aveva immaginato.
“Avrete tempo per conoscervi poi” si intromise Robert “Suppongo che Re Magnus sia stanco quindi potresti accompagnarlo a vedere le sue stanze!” sorrise leggermente alla figlia che si fece avanti, ma Magnus non prese la sua mano, restando al suo posto “Sono stanco ma non abbastanza da rimandare le presentazioni” sorrise sarcasticamente e allungò una mano verso il ragazzo dagli occhi blu, dannatamente curioso di conoscere la sua voce ed il suo nome. Quello lo guardò dritto negli occhi e fece scorrere poi lo sguardo lungo tutta la sua figura a partire dagli occhi per poi scendere sulle labbra, sul petto elegantemente rivestito da una tunica d’oro intarsiata con ghirigori rossi, e poi sui pantaloni abbastanza aderenti da rendere visibile la mascolinità dell’uomo che sorrise immaginando le mani di quel ragazzo al posto dei suoi occhi; gli sarebbe piaciuto essere percorso da quelle mani grandi che aveva sciolte lungo i fianchi, o ancora meglio di quella lingua che stava passando sul labbro inferiore. Avrebbe preferito essere accompagnato da lui in camera piuttosto che da Isabelle, in effetti. Sebbene Isabelle fosse bellissima. Quel ragazzo aveva qualcosa che lo stregava e gli faceva pensare che si sarebbe piegato per avverare qualsiasi sua volontà.
“Alexander Gideon Lightwood” grugnì suo padre, al che il ragazzo dagli occhi blu di cui aveva appena conosciuto il nome, batté le palpebre un paio di volte e poi allungò una mano verso la sua – sebbene darsi la mano non era un’usanza così amata lì in Scozia- e balbettò qualcosa come “Benvenuto” che alle orecchie di Magnus suonò come un ‘sono meglio nudo’. Ma era ovviamente colpa della sua mente perversa che già stava calcolando l’angolazione migliore per riuscire a baciare quelle labbra naturalmente rosse e torturate da quei denti bianchi come il latte che affiorarono quando Alexander fece un mezzo sorriso imbarazzato.
Fu quando Magnus gli sorrise ed Alexander assunse tutte le colorazioni di rosso conosciute al momento che Magnus capì che la ragazza che aveva immaginato di trovare, con grandi occhi blu, lucenti capelli neri, pelle bianca e gote rosse, dal carattere forte nascosto dietro un velo di timidezza, non era altro che un ragazzo: Alexander Gideon Lightwood gli aveva appena rapito il cuore.
Era appena arrivato in quella desolata landa eppure aveva già trovato qualcuno che gli avrebbe riscaldato e protetto il cuore dal freddo gelido che rivestiva quelle colline verdi.
Quel momento sembrò durare all’eterno; la mano di quel giovane principe era così grande ma così morbida e gentile da fargli immaginare quanto sarebbe stato bello essere sfiorato con quelle dita lunghe e flessuose, e dovette metterci tutto sé stesso per staccare la mano dalla sua quando il ragazzo biondo tossì leggermente e si inchinò verso Clary presentandosi come Jace Lightwood seguito dal bambino più piccolo che sorrise alla rossa e poi a lui – ma il suo sguardo era ancora rapito dagli occhi blu del fratello maggiore -  presentandosi come Max Lightwood.
Quando allontanò lo sguardo dal suo sentì il peso del mondo sulle proprie spalle e improvvisamente si sentì stanco e spossato e fu invaso dall’idea di sdraiarsi sul letto e dichiarare il suo amore per il principe Alexander con le parole migliori che avesse mai usato in vita sua, conscio del fatto che Clary, stesa al suo fianco, lo avrebbe preso in giro fino a farlo morire dal ridere. Sì, era proprio quello che ci voleva.
Tossì leggermente guardando con distrazione il biondo che sorrideva sornione e poggiò lo sguardo sul suo bel principe, non curandosi minimamente del sorrisetto divertito sulle labbra della promessa sposa e il cipiglio infastidito sul viso di Robert e Maryse Lightwood.
“Credo di essere davvero stanco” disse con voce profondamente roca che fece arrossire ancora di più le guance del bruno che aveva avanti “Mi piacerebbe visitare le mie stanze, se non è un disturbo, Re Robert” chiese con un falso sorriso gentile, allungando già un braccio verso Clary e l’altro verso Isabelle che però non lo prese “Re Magnus, spero che non sia un problema se mi ritiro anche io non le mie stanze” socchiuse gli occhi “Non mi sento molto bene e non mi sembrerebbe giusto annoiarvi lungo il percorso” girò il viso verso suo fratello e a Magnus venne leggermente da ridere, capendo esattamente dove Isabelle voleva andare a parare. Quella donna era un diavolo e già la adorava: sarebbero diventati ottimi amici.
Robert la guardò con disappunto e Maryse scosse la testa come per maledirsi per non essere riuscita ad educare la figlia nell’arte di essere una buona promessa sposa, eppure la ragazza dalle grosse labbra rosse non fece una piega, anzi, ritornò a sorridere verso Magnus e Clary ed indicò Alexander, stringendo una mano a Magnus “Alec ti dispiacerebbe accompagnare il Re alle sue camere? Tu conosci la storia del castello molto meglio di me e sicuramente in questo momento sarai una compagnia migliore di me”.
Alec, così lo aveva chiamato, che fino a quel momento era rimasto con le braccia stese lungo i fianchi e gli occhi in quelli di Magnus, arrossì ma annuì irrigidendosi tutto e anche quello fece sorridere il Re che si sentì tutt’altro che offeso dalla proposta di Isabelle.
“Buon riposo, allora, mia dolce Isabelle” sussurrò con voce melliflua Magnus abbassandosi a baciarle la mano “Spero di rivederla a cena” le sorrise e guardò i genitori “Grazie per il meraviglioso benvenuto”.
Restò fermo ed in silenzio fino a quando Alec non si ricordò di doverlo accompagnare, quindi con un leggero colpo di tosse si diresse avanti al Re per fargli strada, seguito dal biondo che aveva dichiarato un
“Io accompagnerò la signorina Clarissa, se non è un problema” seguito da un sorriso di Magnus e due enormi schiocche rosse su viso di Clary. Così i quattro si allontanarono diretti verso le loro rispettive camere.
 
Il castello era enorme, solo per seguire il percorso che li avrebbe portati dentro impiegarono circa cinque minuti e non era neanche chissà quanto piacevole camminare sotto quel cielo grigio, circondati da quel verde spiccante e quel vento gelido; camminare al fianco del Principe però era tutt’altro che sgradevole.
Lo guardò attentamente mentre gli camminava un paio di passi dietro e si congratulò con sé stesso per gli ottimi gusti. Era leggermente più basso di lui, ma quell’ atteggiamento regale che lo portava ad avere petto in fuori e pancia in dentro lo faceva sembrare ancora più statuario ed imponente; le spalle larghe rivestite da quel tessuto blu che faceva risaltare la sua pelle e i suoi splendenti occhi, gli facevano venire un mucchio di idee su quanto sarebbe stato fantastico strappare via quella camiciola bianca che si intravedeva oltre la pesante giacca. Per non parlare dei pantaloni aderenti che mostravano alla perfezione un sedere sodo e rotondo che andava a stimolare le sue più perverse fantasie.
Ad un certo punto quando il bruno si fermò di colpo e si girò, si ritrovò esattamente tra le sue braccia; troppo distratto dal suo fisico statuario, infatti, non si era accorto di quel brusco cambio di rotta e dunque aveva rischiato di cadere ma il suo prode cavaliere lo aveva salvato!
Alec gli sostenne le braccia per qualche secondo, con le guance in fiamme e le mani rigide, poi ad un tratto lo lasciò andare come se si fosse bruciato e distolse lo sguardo dal suo.
“Attenzione, Re Magnus” fu tutto quello che disse prima di girarsi dal lato opposto e ritornare a guardare avanti. “Non vorrei farmi male proprio durante questo interessantissimo giro di perlustrazione” sorrise lui, guardandosi attorno.
Il principe Alexander non parve rilassarsi, ma si schiarì la voce e prese a parlare, incantando Magnus con quel suo tono delicato ma la voce leggermente roca; si chiese come sarebbe stata quella voce durante un orgasmo. Sorrise al solo pensiero di vederlo godere. Poi però si maledisse mentalmente e tornò a seguire le parole che uscivano veloci dalle labbra del giovane.
“Si narra che attorno al 580 St.Columba, il monaco irlandese che per primo diffuse il cristianesimo tra i Pitti e che fondò il monastero sull’Isola di Iona, stesse viaggiando alla volta di Inverness per recarsi al castello di Bridei, figlio di Maelchon, un Re dei Pitti. Mentre passava nei pressi del Glen Urquhart a Loch Ness, venne urgentemente chiamato nella residenza di un anziano nobiluomo Pitto di nome Emchath, che era in punto di morte e desiderava essere battezzato. Columba non si limitò a battezzare solo Emchath, ma anche tutta la sua famiglia e benedì tutti i suoi possedimenti.” Parlava, parlava, parlava, senza mai prendersi una pausa.
Magnus rivide in quell’elegante uomo il ragazzino che poteva essere una volta: sempre ligio alle regole, attento a non disturbare nessuno, dedito allo studio. Sempre più convinto dell’idea di non piacersi.
Alec gli dava quell’impressione: sembrava non piacersi affatto, crogiolarsi nell’ombra dei fratelli, nel silenzio dell’ignoto e delle bugie.
Chissà se fingeva anche di provare interesse per le donne. O se aveva mai manifestato interesse per qualcuno. O se quelle dolci labbra erano mai state violate da quelle di qualcun altro.
“Mi- mi dispiace essere noioso” si interruppe ad un certo punto il giovane, notando che lo sguardo di Magnus faceva tutt’altro che soffermarsi sui dettagli che gli indicava o sulla storia che gli raccontava.
“Non sei- non è affatto noioso principe Lightwood. La sua voce mi sta facendo galleggiare tra le acque del lago di loch-ness, tra le antiche pareti di questa fortezza, sul dorso dei cavalli che un tempo hanno portato qui il Santo…” si interruppe, sconfitto dal fatto che non lo stava ascoltando affatto e in quel modo glielo stava dimostrando. Alec però sorrise leggermente “Columba” disse, abbassando lo sguardo sul pavimento di pietra illuminato da torce disposte qui e lì, ad intervalli regolari, tra i soldati che restavano immobili nelle loro armature lucenti. “Conosce il mostro di Loch-Ness, Re Magnus?”.
Magnus distolse lo sguardo dalle figure dei soldati e lo guardò, sorridendo.
“Non ho mai avuto il piacere, o forse dovrei dire il dispiacere, di vederlo dal vivo” rispose, camminando più lentamente. Voleva che quel viaggio durasse in eterno.
“Beh alcune testimonianze dichiarano che fu proprio ai tempi di Columba che iniziò a essere avvistato il mostro di Loch Ness!” rise, divertito e a Magnus brillarono gli occhi: quel sorriso era delizioso.
Luminoso e caldo, elegante ma maledettamente sexy.
“Mi scuso per il mio entusiasmo” disse rosso in viso “Mi interessa tanto la leggenda del mostro, in venticinque anni di vita non sono ancora stato capace di vederlo” rise leggermente e poi scosse la testa.
“Oh Alexander non si scusi. E sorrida! Ha un sorriso bellissimo” gli sorrise a sua volta e decise di non distogliere lo sguardo dalla sua bellissima figura che si fermava, lo guardava un attimo e poi velocemente allontanava lo sguardo prendendo a camminare più velocemente.
“Quando Columba raggiunse la riva del fiume, vide che stavano seppellendo un pover’uomo; i seppellitori dissero che, mentre stava nuotando, l’uomo venne preso e selvaggiamente morso da una bestia acquatica Mentre tutti inorridivano, Columba alzò le mani e ordinò alla bestia “Non toccare l’uomo; Vattene, e in fretta!”. Ovviamente, il mostro obbedì al monaco e l’uomo fu salvo.” Raccontò il giovane imitando persino la voce di quel Columba che non aveva mai sentito nominare prima. Certo che ne sapeva davvero tanto!
Alec si fermò, questa volta rallentando per dargli un preavviso.
“Siamo arrivati alla vostra camera, Re Magnus” disse girandosi verso una imponente porta di legno con rifiniture in oro. Quell’oro non sarebbe mai stato bello e lucente come quello del suo palazzo, mai.
Il re si dispiacque non poco di essere già arrivato; gli sarebbe piaciuto stare ancora per qualche istante in compagnia del principe.
“È un peccato” disse, guardandolo “È stato molto interessante sentire la sua spiegazione, ma non mi ha ancora raccontato di tutte le battaglie che si sono svolte in questo castello, di tutti i matrimoni e le feste…” Alec boccheggiò, e sorrise leggermente “Potrei- potrei raccontarle di più, Re Magnus” quelle guanciotte rosse erano quanto di più bello avesse mai visto “Con piacere” rispose lui.
“Ma ora sicuramente vorrà riposare, quindi potremmo riprendere in un altro momento”.
Oh, tutto quello che voleva era essere seguito da lui in camera, ma non lo disse; era troppo presto, non voleva farlo scappare. Quindi sorrise e annuì “Grazie, Principe” disse vedendolo allontanare verso camera sua. Doveva scoprire dove fosse. E non vedeva l’ora di rincontrarlo a cena.
Contava i minuti che lo separavano dal loro prossimo incontro.
 
La camera era grande, regale, elegante e confortevole, ma non era camera sua – con quel bellissimo balcone in marmo che dava sul mare in lontananza ed un enorme giardino fiorito a pochi metri di distanza; quelle tende dorate di velo a nascondere leggermente il panorama, tutti i doppi cuscini sparsi sull’enorme letto alto e comodo. Ah gli mancava già il suo letto -.
Si guardò attorno e prima ancora di cercare di capire come fosse fatta la camera indirizzò lo sguardo verso i due grandi bauli che si era portato dietro; era un Re, doveva pur sempre avere le sue pretese.
Quando fu tranquillo di non aver perso i suoi averi lungo il mare, fece un giro su sé stesso e posò gli occhi sul pavimento di pietra uguale a quella delle pareti illuminate da più torce attaccate al muro e una grande ruota luminosa sotto il soffitto, anch’esso di pietra grigia levigata. Al posto del suo balcone di marmo c’era una grande finestra alta con un balcone in comune con altre camere – quella di Clary, forse? -.
Non uscì dalla finestra ma vi si avvicinò per guardare il panorama e quasi restò senza fiato; quel posto era orribile con tutto quell’azzurro e quel verde, ma in quel momento, con il cielo scuro e la luna che si rifletteva nel lago attorno il castello, era quanto di più bello esistesse. A parte Alexander. Lui era meglio.
Si avvicinò al letto e vi ci sedette, constatando che gli scozzesi dormivano su letti alti e morbidi quasi quanto il suo, quindi sollevato decise di andare a fare un bel bagno caldo; si spogliò velocemente e decise cosa avrebbe indossato per cena: un completo verde acceso che avrebbe fatto giustizia ai suoi occhi verde dorati, con un grosso scollo sul petto che avrebbe –forse- fatto arrossire Alec. E non voleva altro.
Si avvicinò alla vasca di marmo al centro della camera, con i suoi piedini dorati a forma di leone, la riempì con l’acqua ancora bollente contenuta nelle brocche d’oro – non avendo assolutamente voglia di chiamare qualche servo per farsi aiutare- e così lentamente ci si immerse, lasciandosi andare ai suoi pensieri e al divertimento che girava attorno ad un solo argomento: la sua nuova ossessione per il bel tenebroso principe.
 
Clary, in un bellissimo vestito verde con delle foglie intarsiate in azzurro sui bordi della gonna e in vita, bussò alla porta di camera sua e Magnus rise ritrovandosela avanti in un vestito così tanto simile al suo, così simile a quello che aveva sua madre quindici anni prima quando gliel’aveva affidata. Le scendeva morbido lungo le curve poco delineate, rendendola ancora più elegante e dolce. Non era ancora una donna come sua madre, forse, ma era sul punto di diventarlo.
“Biscottino” si chiuse la porta della camera alle spalle “Così tutti crederanno che vestiamo tutti sempre dello stesso colore in Indonesia” Clary rise e gli strinse una mano “O che tutti abbiamo tanto buon gusto” gli fece un occhiolino e prese un grande respiro, concentrandosi sulle pareti, il pavimento, il volto degli uomini in armatura: tutto quello era stato già vissuto da sua madre. Aveva già camminato lei tra quelle pareti, aveva già calpestato quei pavimenti, visto quegli uomini, mangiato nella sala in cui stavano per entrare, dormito in quei letti, forse persino nel suo stesso letto. Stava vivendo lì dove aveva vissuto lei, eppure non sapeva neanche quale fosse il suo nome. Doveva scoprirlo a tutti i costi, o avrebbe dimenticato chi era.
Magnus le strinse la mano leggermente e prese a guardarla attentamente “Cosa c’è che non va?” le chiese, rallentando. Lei scosse la testa, come se non ci fosse stato nulla, ma Magnus la conosceva, quindi cercò di distrarla. “Come è andata la visita guidata col biondino? La mia visita è stata molto interessante” le fece un occhiolino e lei rise “Gli hai già fatto vedere quanto sei depravato?” chiese, dandogli una spintarella.
“Oh no, ho lasciato parlare solo lui. Anche se non ha parlato di altro che di questo maledetto castello. E il biondo?” chiese, nuovamente.
“Jace è… particolare” fu tutto quello che disse, dopodichè Magnus la prese sotto braccio e assieme fecero il loro regale ingresso nella grande sala da pranzo, senza neanche avvisare gli ambasciatori del loro arrivo.
Magnus spinse la porta di legno ed oro che divideva il corridoio dalla sala e portandosi dentro Clary vi entrò, sculettando a destra e sinistra, con un enorme sorriso sulle labbra e gli occhi puntati verso il centro delle sue attenzioni: Alexander Lightwood, già seduto al suo posto, lo guardava a bocca aperta.
Re Magnus scrutò il viso di tutti i presenti prima di sedersi lì dove Re Robert gli stava indicando: all’altro capo del tavolo, a buona distanza da lui e buona vicinanza ad Alexander; con Clary seduta alla sua sinistra, Isabelle alla sua destra ed Alec esattamente al fianco della sorella.
Isabelle, con le labbra colorate di un vinaccio scuro, nel suo bel vestito nero con i ricami rossi e un bellissimo ciondolo di cristallo rosso che le pendeva sulla scollatura, mettendo ben in evidenza il seno prorompente, gli sorrise e lui ricambiò, baciandole la mano.
“Site bellissima, mia principessa” si complimentò prima di sedersi al suo posto e tornare a guardare Alexander che lo guardava sua volta, chiuso nel suo mutismo.
Robert batté le mani due volte e uno stormo di uomini vestiti con degli stupidi pantaloncini a sbuffo con delle orrende calzamaglie bianche come la camicia che indossavano sotto un gilet dello stesso vomitevole colore dei pantaloncini, si avvicinò con le mani ricolme di piatti d’argento pieno di cibo fino all’orlo;
 Magnus odiava persino il cibo di quel posto. Dovette farsi forza per mangiare e non vomitare.
Dovette farsi forza anche per non alzarsi e dichiarare di essere stanco, per quanto era poco di compagnia quel gruppo disomogeneo di persone sedute al tavolo. C’era Alexander da guardare, ed era assolutamente una bella visione, ma ad un certo punto persino la sua perversa fantasia si arrestava se il bel principe che aveva avanti non faceva che guardarlo di tanto in tanto, quando distoglieva lo sguardo, per finire a non rivolgergli per nulla la parola.
Mai serata era stata così noiosa; se non fosse stata per Clary ed Isabelle che ogni tanto gli rivolgevano la parola con qualche battutina, si sarebbe volentieri alzato e gettato dalla finestra nel lago ghiacciato; magari avrebbe avuto la fortuna di incontrare il misterioso mostro ed essere divorato.
La cena stava grazie a Dio per volgere al termine e lui non aveva fatto altro che guardarsi attorno, quindi aveva ben notato il modo in cui Jace Lightwood guardava e parlava con Clary: così vicino, con quel sorriso ebete e quegli occhi luminosi. La stessa espressione che avrebbe voluto vedere sul viso di Alec il muto.
Aveva notato anche il petto di Isabelle sollevarsi un po’ di più quando al tavolo si avvicinava uno dei ragazzi vestiti di oro che a differenza degli altri non aveva i capelli raccolti con qualche colla strana, ma dei favolosi riccioli ribelli, e due grandi occhi che si soffermavano un po’ troppo a lungo sulla sua figura.
“A quanto pare qualcuno di molto biondo e molto carino sembra interessato a qualcuna molto rossa e carina” ridacchiò, sussurrando a Clary che arrossì di colpo.
“Oh parli proprio tu!” sussurrò lei a sua volta “Tu che non togli occhi da occhi blu!”.
Magnus rise, facendo il finto offeso “Suvvia, non puoi farmi passare per un pedofilo! Non guarderei mai Max! È solo un bambino!”.
Clary lo guardò di traverso e poi gli diede uno schiaffo sul braccio “Sai a chi mi riferivo” sbuffò, pulendosi poi le labbra. “E comunque il tuo bel principe azzurro non sembra molto interessato. Non fa che guardarti stranito” girò il coltello nella piaga, sorridendo maligna.
“Tu dici? Per me quello è desiderio” rise facendole un occhiolino prima di alzarsi in piedi.
“Se mi scusate sono estremamente stanco, ho bisogno di ritirarmi” disse ad alta voce prima di inchinarsi avanti ad Isabelle, baciarle la mano e sorriderle “Buonanotte, mia Isabelle” le sussurrò all’orecchio “E buonanotte anche a lei, Principe Alexander” gli fece un occhiolino, che lo fece arrossire, dopodiché salutò Robert e Maryse con un cenno del capo e si avviò verso la porta di legno ed oro che fu aperta per lui dal ragazzo che aveva gironzolato per tutta la sera attorno ad Isabelle.
Si fermò per qualche secondo fuori la porta, cercando di lasciare tutta la tensione nervosa in quel posto; odiava portarsela dietro in camera, rischiava di non riuscire a dormire. Dopodiché si avviò verso la camera.
Il problema di quei castelli maledetti era fondamentalmente la loro grandezza: erano labirinti.
Ogni parte uguale a sé stessa e Magnus ogni volta finiva per perdersi nell’intrico di corridoio, tra le luci soffuse, la luna che si vedeva a malapena dalle strette finestre nei corridoi, e gli omoni con le loro grandi spade fissi ad osservarlo. Quando sentì dei passi dietro di lui accelerò il passo: era un uomo coraggioso, ma non aveva voglia di combattere o fare altro, voleva solo andare a letto, dunque non voleva rischiare di cadere in spiacevoli incontri, ma dopo po’ sentì i passi diventare più veloci e riconobbe la voce che lo chiamò.
“Re Magnus!” diceva calma e lenta, sebbene roca come nel pomeriggio. Alexander.
Sorrise tra sé e sé, voltandosi “Principe Alexander” gli sorrise “Noto con piacere che ha riavuto la sua adorabile voce” Alec lo affiancò, con le guance rosse.
“Come?” chiese, titubante, al che Magnus scosse la testa.
“Credevo di averla deluso in qualche modo, mio Principe” sussurrò “Non mi ha rivolto parola per tutta la sera!”.
Alec sorrise leggermente “Non sono uno che parla molto” disse facendo spallucce “Non mi ha deluso, anzi..” sorrise ancora “Sono felice di aver capito che le è piaciuta la mia spiegazione sul castello” era imbarazzato da morire, la sua voce tremava e non stava dicendo davvero qualcosa di sensato.
Magnus aveva perso la testa. Gli si sarebbe voluto fiondare tra le braccia e baciarlo fino a far diventare quelle adorabili labbra rosse e gonfie.
“Mi è corso dietro solo perché voleva spiegarmi altro del castello?” scherzò “Perché al momento..” non avrebbe rifiutato del tempo con lui, non di certo, ma non aveva intenzione di passare del tempo ad ascoltare le sue storielle sul castello. Era stanco. Voleva dormire. O fare l’amore con lui.
Era stanco per qualsiasi altra attività.
“In realtà…” Alec rise, parve divertito. “Stavo semplicemente tornando nelle mie camere” disse indicando la il corridoio. “Oh, andate nella mia direzione?” chiese Magnus compiaciuto. Lo avrebbe incontrato molto spesso.
“Avente notato il balcone in comune con un’altra camera?” domandò, titubante. Magnus annuì col sorriso pronto. Oh, avrebbero fatto scintille loro due.
“Beh l’altra camera è la mia” fu tutto quello che disse, cadendo poi nel silenzio più assoluto mentre il Re già iniziava a pensare dei modi per sorprenderlo nei momenti più assurdi e vederlo nelle situazioni più strane.
Magari mentre dormiva, o mentre faceva il bagno, o mentre studiava qualche leggenda su quel vecchio castello.
Quella sì che era stata una gran bella notizia.
“Molto bene” sorrise il Re “Allora domani mattina forse ci incontreremo osservando l’alba” disse, arrivato alla sua porta. Avrebbe voluto concludere la serata con un’altra frase più simile a ‘domattina ci sveglieremo guardando l’alba assieme e rifaremo ancora una volta l’amore’. Ma non era il caso.
Lo avrebbe ucciso dicendogli quelle parole, ne era certo. Doveva andarci piano con Alexander.
“Io…” Fece per dire il bruno ma poi si bloccò “Buona notte Re Magnus” disse invece proseguendo verso il corridoio. Magnus sorrise guardandogli il sedere. Oh, sarebbe stata una notte fantastica nei suoi sogni.


Spazio autrice.
Ebbene, quando ho sospeso Lost in Memories vi avevo detto che stavo lavorando ad un nuovo progetto e questo è il progetto che ha assorbito la mia mente fino alle 19.35! Ho appena finito di scrivere questa nuova storia quindi ho deciso di postarla!
Come ho già detto è già finita quindi - ammesso che vi piaccia - posterò quasi regolarmente un capitolo a settimana.
Fatemi sapere cosa ne pensate!

StewyT~
 

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Capitolo 2
*** You get me so high. ***


You get me so high.
 
La mattinata era stata fin troppo noiosa per Re Magnus; tra chiacchiere inutili con Robert e Maryse per decidere come e quando sarebbe stato celebrato il matrimonio – e soprattutto il contratto matrimoniale che in pratica avrebbe reso Magnus schiavo dei Lightwood a vita – visite di tessitori, sarti e venditori di pregiati tessuti tanto brutti quanto pesanti, e il solito silenzioso pranzo a base di pesce e verdure varie.
La verità era che quindici giorni passati in quell’inferno erano fin troppi; era ancora dell’idea di voler ingannare quanto più possibile Robert e soprattutto voler avere quante più informazioni possibili su Camille prima di andare via, certo, ma quello era un sacrificio troppo grande
L’unico motivo per cui al mattino continuava a svegliarsi, vestirsi bene e presentarsi ai vari appuntamenti era sempre e solo lui: Alexander Gideon Lightwood.
Il principe Alec era giorno dopo giorno più bello; di solito Magnus si annoiava molto presto delle persone, soprattutto quando quelle persone non gli davano neanche spago con cui giocare, ma quella situazione era totalmente diversa. Non si annoiava mai di guardare di nascosto quel ragazzo, o di sorridergli quando lo beccava ad osservarlo per scambio, o ancora, sentirlo parlare di quel maledetto castello ogni sera al ritorno verso le loro rispettive camere. Certo, ogni notte la voglia di invitarlo a restare in camera sua aumentava sempre di più, ma stava resistendo. Poteva farcela.
Per quanto riguardava Isabelle, la sua promessa sposa, tutto andava a gonfie vele tra loro; quindici giorni sono così pochi per conoscere davvero qualcuno, eppure con lei aveva proprio quell’impressione.
Gli sembrava di conoscerla da tempo e di aver appreso giorno dopo giorno qualcosa di prezioso da lei.
Proprio perché ormai la conosceva troppo bene, però, era ancora più sicuro della sua iniziale scelta di non volerla sposare – e anche se non ne avevano parlato era assolutamente certo del fatto che lei fosse più che d’accordo –. Suo fratello aveva contribuito a quella scelta, certo; anche perché se quindici giorni sono pochi per conoscere qualcuno e diventargli amica, altrettanto pochi sono per conoscerlo qualcuno ed innamorarsene follemente, ma con Alec non era successo. Con Alec era nato tutto all’improvviso, dal primo momento che i loro occhi si erano scontrati e avevano deciso di innamorarsi. Perché lo sapeva, anche Alec non gli era indifferente. Altrimenti perché trovava ogni sera una scusa per accompagnarlo in camera e parlargli, dopo aver passato una giornata intera ad ignorarlo?
Certo, quella non era una cosa molto carina da fare, ma Alexander aveva molto da nascondere ai suoi genitori e forse quello era l’unico modo che vedeva per farlo.
D’altronde in Scozia non erano certo avanti e aperti come nel suo regno. Che peccato.
Il sole ormai stava per calare ma questo non spaventava Re Magnus e la sua promessa sposa dal salire su un cavallo ben sellato e girovagare per i boschi attorno al castello; Isabelle gli aveva promesso che lo avrebbe portato nel suo posto preferito tempo prima e quello era stato il primo momento disponibile per accettare il suo invito, quindi non se ne sarebbe di certo tirato indietro.
E dunque, eccolo in quel momento, ad osservare il cielo azzurro diventare più scuro e fare da sfondo ad una bellissima Isabelle con un bellissimo abito rosso a fasciarle la vita e mettere in risalto il prosperoso seno, con una lunga treccia nera a sottolineare la bellezza della sua morbida schiena, e le labbra rosse inarcate su un adorabile sorriso. Il tutto mentre era intenta a parlare con quel ragazzo che ormai notava spesso a cena; i ricci ribelli castani lasciati scivolare sul viso, con i suoi abiti più comodi – dei pantaloni di pelle ed una blusa bianca – e il sorriso più grande che avesse mai visto fare a qualcuno.
Si nascose dietro un albero, anche se non voleva ovviamente spiare, e sorrise a sua volta; quei due erano il ritratto dell’amore. Sembravano così legati uno all’altra, così sinceri, così felici.
Stette dietro l’albero fino a quando non li vide scambiarsi un bacio veloce – frutto di un ‘errore’ di Simon, il ragazzo, che si sporse senza che Isabelle se ne accorgesse, e quindi madre dell’ira di Isabelle che lo spinse via subito dopo aver ricambiato il bacio, con due enormi schiocche rosse sul viso. -.
Magnus per evitare qualsiasi litigio ne sarebbe potuto venir fuori, uscì dal suo nascondiglio e poggiando le mani dietro la schiena assunse la sua aria più annoiata; prese a camminare come se nulla forse, e si fermò al fianco di Isabelle come se fosse stato sorpreso di trovarla lì, avanti alla stalla.
“Re Magnus!” esordì lei; la voce ricca di apprensione, il viso rosso come non mai.
In quel momento somigliava così tanto a suo fratello Alexander, sebbene la sua ingenuità non fosse neanche un decimo di quella del fratello.
“Principessa Isabelle. Simon” salutò con un leggero inchino verso la ragazza e un sorriso al ragazzo.
“Siamo pronti per la nostra cavalcata?”.
Simon lo guardò di traverso – era forse gelosia quella? – e balbettò qualcosa come “Sì, Re Magnus” che però risuonò più come un “spero tu ti rompa una gamba, Re Magnus”, o almeno questo fu quello che percepì il cervello del Re che sorrise soddisfatto e si allungò per dare una pacca sulla spalla al ragazzo.
Prese quindi il cavallo nero con la sella di pelle bianca che gli passo Simon e allontanandolo leggermente vi ci salì sopra abilmente. Isabelle fu invece aiutata da Simon e Magnus era certo che lo avesse fatto per stringergli la mano più che per reale necessità.
“Tranquillo, Simon” disse Magnus sorridendo prima di dare un leggero colpo al cavallo per farlo partire “Nessuno cercherà di rubarti la tua Principessa!”.
Simon quasi non si strozzò con la sua stessa saliva, Isabelle che pensò di poter morire da un momento all’altro, diede un piccolo colpo al suo cavallo Meliorn e partì, girandosi indietro per gridare un “Allora, Magnus Bane, vi farete battere da una donna?” seguito da una risata di Magnus che partì subito dopo.
 
Il cavallo di Isabelle andava veloce, quasi come se chi lo stava cavalcando volesse allontanarsi il più possibile da qualcosa, ma Isabelle gli urlò un “Fate presto! Sta per avvicinarsi il crepuscolo, Magnus! La radura dove voglio portarvi è più bella al crepuscolo” che per un momento fece dimenticare al Re quello che pensava riguardo all’allontanarsi. Si mosse più velocemente contro il cavallo che come se fosse stato programmato solo per farlo prese a correre più veloce fino a quando Magnus non fu al fianco di Isabelle che lo guardò con un grosso sorriso e due occhi pieni di aspettative “Vi piacerà, ne sono certa, Re Magnus”.
Magnus le sorrise “Tutto quello che vuoi, Isabelle. Ma ti ho già di non chiamarmi Re e di darmi del tuo, te ne prego” Isabelle rise “Allora d’ora in poi per te sono solo Izzy. E fa presto!” gli fece un occhiolino e riprese a correre nuovamente, veloce come il vento; con la treccia scompigliata dalla quale fuggivano capelli selvaggi che volavano nel vento.
Era bellissima.
Così come – anche se gli costava ammetterlo – era bellissimo il cielo indaco costellato di nuvole bianche e una enorme sfera di fuoco che diventava sempre più scura, momento dopo momento.
Così come il vento freddo che soffiava e scompigliava i capelli del re inebriandolo però del profumo dei fiori sparsi sull’erba verde e delle foglie vive che svolazzavano sugli alberi.
Ormai erano fuori dal castello –certo, non fuori dalle proprietà del Re – e Magnus riusciva quasi a sentire quella pesantezza che riusciva a trasmettergli Re Robert con un solo sguardo. Era orribile.
Si domandava come facessero i quattro figli di quell’uomo a sopportarlo, a non diventare pazzi, a non desiderare di scappare. Forse lo facevano.
Alec a volte gli dava quell’impressione; quando lo guardava a cena o quando era vicino a suo padre, sembrava boccheggiare in cerca d’aria, cercare una scappatoia, un modo per allontanarsi da quello che Robert lo forzava ad essere. Sangue del suo sangue. Suo successore altro trono. Futuro erede della sua corona. Quanto peso sulle spalle doveva avere quel ragazzo.
Magnus si risvegliò dai suoi pensieri solo quando fu Isabelle a urlargli di fermarsi e lui lo fece, aprendo poi gli occhi su quello che la principessa gli stava mostrando.
Avanti ai loro occhi si apriva lo spettacolo più emozionante e vello che avesse mai visto o persino desiderato di vedere in quel posto dimenticato dagli dei.
Avanti ai suoi occhi si stagliava un’enorme vallata costeggiata da un infinito insieme di alberi dagli enormi rami che si abbracciavano verso l’alto in un intrico di foglie. Come braccia che cercavano di tirare un albero verso l’altro. Come se quegli alberi non fossero stati in grado di vivere da soli ma per farlo avessero avuto bisogno l’uno dell’altro.
Dietro quell’intrico di tralci era possibile vedere il cielo al crepuscolo: blu, rosso, rosa, azzurro.
Colori mischiati a formare qualcosa di ancora più incantevole del solito, con il sole enorme e radioso a dare un’aura di caldo arancione su tutto. Come se stesse osservando e amando quegli alberi.
“WoW” fu tutto quello che disse Magnus fermando il suo cavallo. Sentì Isabelle ridere.
La seguì quando scese dal suo cavallo e fece come aveva fatto lei, lo legò ad un albero solitario che sembrava essere stato messo lì solo per vegliare sull’intrico che aveva avanti e soffrire perché lui non ne faceva parte.
Seguì Isabelle in silenzio, guardando la sua gonna oscillare avanti e dietro, vino al centro esatto di quella meravigliosa galleria naturale, e rise quando la vide sedersi a terra; non si aspettava certo da una elegante e tanto attenta al suo aspetto fisico che si sedesse sull’erba già leggermente bagnata di rugiada per osservare il crepuscolo!
Pensò un secondo ai suoi bellissimi pantaloni di seta arancio prima di decidere che potevano sacrificarsi pur di star seduto al fianco di quell’adorabile donna, per sentire la sua storia; quindi prese un grosso respiro e poi le si sedette accanto, toccandole gentilmente una mano. Isabelle si girò verso di lui e gli sorrise.
“Allora, ti piace?” chiese con gli occhi neri luminosi e Magnus annuì, non riuscendo a staccare occhio dalla meraviglia della natura che aveva avanti. “Questi colori…” disse, sorridendo “Mi ricordano tutto quello che amo” sussurrò, decidendo poi di sdraiarsi con la schiena sul prato; l’odore forte dei fiori bianchi ad addolcirgli il momento, il sole a renderlo più caldo, Isabelle a renderlo speciale.
“Quindi” disse “Questo è il tuo posto preferito solo perché è l’unica cosa bella che avete in queste lande congelate?” chiese, curioso. Sentì Isabelle ridere di gusto e la vide scuotere la testa.
“Mi ha portata qui Alec per la prima volta” confessò “Aveva quindici anni, io ne avevo un paio di meno. Qui mi ha svelato i suoi più profondi segreti” sussurrò “Mi ha reso davvero partecipe della sua vita. E qui io ho fatto altrettanto con lui”. Concluse il discorso stendendosi al fianco di Magnus, i gomiti che si sfioravano, i pensieri che girovagavano verso la stessa medesima persona: Alexander.
Isabelle doveva amarlo moltissimo; il legame tra loro due era così forte da essere evidente e palpabile.
Era felice che entrambi avessero qualcuno su cui contare per scappare via da Robert.
Aveva avuto un padre opprimente, uno di quelli che lo voleva a sua immagine e somiglianza e sapeva quanto potesse far soffrire non essere la sua prima scelta. Lui non lo era mai stato.
E lui era stato da solo a combattere contro la sua potenza e la sua forza, ma aveva vinto.
“Questi sono faggi” Isabelle interruppe il silenzio che si era creato e Magnus ne fu estremamente felice, visto la direzione che stavano intraprendendo i suoi pensieri.
“Ricordo ancora la prima volta che Alec mi ha parlato dei faggi” rise “Lo ha fatto come incipit per la sua confessione” scosse la testa e Magnus la osservò sorridere al ricordo “Il Faggio ci insegna ad essere liberi, ad andare oltre le limitazioni delle nostre idee e delle nostre credenze. Ci insegna ad aprirci agli altri, ad accoglierli, ma anche a rispettare noi stessi e i nostri confini. Il Faggio ci fa guardare indietro alle nostre radici e poi ci chiede di alzare gli occhi al cielo e volare verso la nostra vita, verso la nostra storia, finalmente liberi.” Citò a memoria. “Aveva iniziato proprio in quel periodo ad appassionarsi alla natura e al significato di tutto quello che ci circonda. Mi raccontò tante di quelle leggende sul faggio. Ma non le ricordo. Ricordo solo le sue parole e quello che mi spinsero a fare. Aveva ragione, non possediamo altro che la nostra libertà nella vita; è infinita, così come il cielo, così come le possibilità che potremmo vedere se alzassimo un secondo lo sguardo verso l’alto”.
Magnus annuì a quelle parole e le sfiorò nuovamente una mano “Siete delle persone meravigliose” sussurrò. “Alexander è l’essere più interessante che abbia mai conosciuto. E tu, tu Isabelle, meriti tutte le cose belle che la vita possa darti e l’amore è una di quelle. Non scappare dall’amore solo perché temi il giudizio di tuo padre” affermò.
“Sei innamorata, Isabelle? O lo sei mai stata?” chiese, sommessamente. Isabelle arrossì e allontanò lo sguardo, come se volesse allontanarsi a sua volta, ma non rispose.
“Alec mi ha parlato di questa radura” ammise allora il Re, poi “Ma non credevo di trovarla bella come me la descriveva” sorrise leggermente imbarazzato dalla sua poca fede “E mi ha detto anche che il faggio è l’albero dei desideri o almeno così dicono le leggende. Isabelle, aiutami a far avverare i vostri desideri”. E con vostri intendeva i suoi e quelli di suo fratello; perché per quanto li conosceva in quel momento di due cose era certo: Isabelle voleva Simon e Alec voleva la libertà dalle sue bugie.
Isabelle si morse il labbro inferiore, le guance rosse e un sorriso imbarazzato.
“Spero che tu abbia capito che puoi contare su di me per qualsiasi cosa” le disse, in fine, chiudendo gli occhi per rilassarsi al suono degli uccellini che volavano a nascondersi nei loro nidi, e del vento che suonava tra le fronde.
“Lo so” sentì dire ad Isabelle “E te ne ringrazio”.
Avrebbe davvero fatto di tutto per le persone a cui voleva bene e Isabelle ormai era una di quelle, seppur si fosse intromessa così velocemente nella sua vita; a quanto pareva quello era un tratto distintivo dei Lightwood. Avrebbe fatto di tutto per aiutare lei e suo fratello e non solo perché temeva di potersi seriamente innamorare di Alexander.
 
Il ritorno al castello non fu pieno di confessioni come la sosta nella radura, ma fu altrettanto piacevole e divertente; Magnus riusciva ad essere sé stesso e divertirsi con Isabelle, così come gli era successo poche volte nella sua vita e tutte solo con Clary che aveva cresciuto, Raphael e Ragnor con cui era cresciuto e Catarina, la dottoressa del suo castello che era stata assunta come tale ed era finita per diventare la migliore amica del Re che si trovava spesso nel suo ambulatorio inventandosi i dolori più strani.
Il rientro al castello non era stato gradevole come il resto del pomeriggio; Robert non gli piaceva, quella era le verità. E trovarselo avanti in ogni momento della sua giornata non era la sua cosa preferita.
Il tutto peggiorava se ogni volta che lo vedeva leggeva nel suo sguardo apprensione e aspettativa, come se lui fosse stato lì per dovergli qualcosa e non per sua – stupida – scelta.
Anche quel pomeriggio il suo sguardo non fece eccezione, né tantomeno le sue inutili domande e il suo atteggiamento; a migliorare la situazione c’era stato Alexander che in quel momento con le braccia incrociate e lo sguardo indagatore – o forse infastidito? – gli era sembrato l’esatta copia di suo padre, a parte venti anni in meno e fisico mozzafiato in più.
Era stato fastidioso rientrare dalla cavalcata con Isabelle sotto braccio - entrambi ancora ridenti per qualche battuta che Magnus avevano fatto – e ritrovarsi i due Lightwood ad aspettarli quasi all’entrata del castello; Robert con le braccia dietro la schiena, Alec con le braccia incrociate al petto.
Magnus aveva sbuffato e alzato gli occhi al cielo – voleva vedere Alec quanto più possibile, certo, ma non in quelle condizioni. Non gli serviva una copia di Robert che gli desse il tormento peggio del Robert originale – e aveva salutato entrambi con un cenno del capo “La cavalcata è stata favolosa” aveva detto “Ma a quanto pare i faggi non hanno avverato i miei desideri” aveva poi borbottato, facendo ridere di gusto Isabelle e aggrottare le sopracciglia di Alec. “Ora se mi scusate sono estremamente stanco, ho bisogno di ritirarmi”.
Robert, che odiava non poter parlare e sputare quello che pensava ogni secondo, sbuffò guardandolo mentre si abbassava per dare un bacio sulla guancia alla ragazza e poi andava via, seguito dallo sguardo di Isabelle ed Alec. Dunque aveva dato una pacca sulla spalla del figlio e dopo aver guardato Isabelle si era allontanato a sua volta. Alec, che intanto non aveva spostato lo sguardo dal punto in cui aveva visto Magnus allontanarsi, era arrossito da testa a piedi quando Isabelle si era poggiata alla spalla, sorridendogli nell’orecchio ed esordendo un “Magnus è così dannatamente bello, intelligente e sexy. Credo saprebbe soddisfare ogni tuo desiderio” prima di scappare via a sua volta. Quella era una congiura contro di lui, ne era certo.
Il rientro in camera invece fu eccezionale: Clary gli aveva preparato una vasca piena d’acqua calda con i suoi aromi preferiti: sandalo e cannella migliorati con un’enorme quantità di schiuma arancio, e lo stava spettando con la sua vestaglia di seta preferita; era certo che avesse qualcosa da dirgli ma non era stata quella la prima cosa che gli aveva chiesto. Le aveva dato un bacio sulla guancia, si era tolto via le scarpe e poi i pantaloni e la camicia, entrando nella vasca ancora con le mutande – che aveva gettato via non appena era stato abbastanza coperto dalla schiuma per non scandalizzare la piccola Clary, che ogni volta rideva delle premure, tenendo a ricordargli che non era di certo la prima volta che vedeva un uomo nudo e che in più non sarebbe mai riuscita a guardare suo fratello con occhio critico. E anche per quel motivo non riusciva mai a ritrarlo in una delle sue incantevoli opere-.
Non appena fu completamente immerso nell’acqua calda che gli sciolse e rilassò i muscoli, si sentì nuovamente in grado di poter guardare Clary con il suo miglior sguardo indagatore e puntarle un dito contro, chiedendole un “Cosa mi nascondi?” al quale Clary arrossì come poche altre volte in vita sua.
“Io…” sussurrò la ragazza abbassando lo sguardo a terra prima di riprendere a parlare.
“Io in questi giorni sono diventata molto amica di Jace e…” la vide mordersi l’interno della guancia, quello poteva voler dire solo una cosa: Clarissa voleva nascondergli qualcosa ma non ci riusciva.
“Mi piace. È un bravo ragazzo oltre che un principe. Può sembrare eccentrico e presuntuoso ma giuro che non lo è. Ha una storia difficile alle spalle. Ha un passato pesante e oscuro che per certi versi somiglia molto al mio. So che ha qualche anno in più a me ma mi fido di lui, Mag” sbuffò “E mi fido di lui quando dice che vuole aiutarmi a trovare mia madre. So che non vuoi aprire l’argomento e quindi non ti chiederò informazioni, non ti pregherò di dirmi cose che non so, non più. Lo giuro. Ma voglio trovarla e vorrei che tu mi dicessi che per te va bene. Perché lei è mia madre ma sei stato tu a crescermi e non vorrei mai fare qualcosa che ti facesse stare male”.
Magnus si morse il labbro inferiore –ricordando troppo tardi che quella era un’abitudine di Alec, non sua -  e annuì, desiderando fortemente di uscire da quella vasca ed abbracciarla. Dunque prese la vestaglia che Clary aveva poggiato a terra poco prima e provò a nascondersi quanto meglio uscendo dalla vasca, per poi legarsela alla vita ed inginocchiandosi ancora grondante d’acqua ai piedi di Clary, che lo guardò con gli occhi ricolmi di lacrime sebbene non fosse molto avvezza al pianto.
“Clarissa” sussurrò lui, prendendole il mento, un piccolo sorriso ad increspargli le labbra.
“Ho giurato due cose a tua madre: la prima è che ti avrei cresciuta con tutto l’amore possibile, piena di speranze, desideri e positività; in un mondo pieno di magia e possibilità, lontano al male che ti avrebbe divorata qui. Piena di virtù ed ideali. La seconda cosa è che non ti avrei mai dovuto parlare di lei; non voleva che scoprissi il suo nome per tenerti quanto più possibile lontano da tuo padre. Avrò anche mantenuto la prima parte della promessa, ma ho quasi disobbedito alla seconda parte portandoti qui con me. Il problema è che per uno cresciuto senza madre e sa cosa si provi, è facile mettersi nei tuoi panni. Tua madre aveva ragione a volerti proteggere ma non a voler cancellare le tue origini. Ebbene qui ci sono le tue origini ma non c’è altro per te. Sei libera di conoscerle, di conoscere il nome di tua madre e di cercare il modo per conoscerla almeno un po’. Non disobbedirò alla promessa di non dirti il suo nome ma da oggi in poi sei libera di fare quello che preferisci. Vai!” lasciò il suo mento solo per portare entrambe le mani sulle sue e stringerle forte “Ti voglio bene, mia piccola Clarissa” le sussurrò e Clary scoppiò a piangere abbracciandolo.
“Anche io” rispose, schiacciando il viso sulla sua vestaglia di seta “Sono fortunata”.
E lo era. Ma anche Magnus era stato fortunato ad aver avuto la possibilità di poter crescere e conoscere una tale persona speciale.
Era stato meno fortunato invece ad aver accettato l’invito in quelle maledette terre e se ne accorse per l’ennesima volta quando dovette accantonare l’idea di trascorrere tutta la serata con Clary sul suo letto di oro a guardare il cielo pieno di stelle dalle sue finestre di marmo, con due piatti di riso e cocco grattugiato e due freschi dawet tra le mani, per doversi rivestire di tutto punto e presenziare all’ennesima cena a base di carne e chissà quali altre porcherie tipiche di quel maledetto posto.
 
La cena come al solito era stata noiosa ma era stata migliorata di tanto in tanto dalle battutine di Clary, quel Jace biondo maledetto e Isabelle. Era stato bello, inoltre, spiare gli sguardi che si lanciavano Isabelle e Simon; non riusciva a capire come riuscissero a stare così lontani quei due quando erano nella stessa stanza, eppure l’elettricità che li legava era forte e palpabile, la sentiva sotto la sua stessa pelle.
Alec. Ci avrebbe voluto stendere un velo pietoso su Alec. Lui era muto. Costantemente muto. Mangiava.
Ascoltava le parole inutili di Robert. Mangiava. Guardava di sottecchi Magnus quando lui faceva finta di essere distratto. E così aveva continuato anche quella benedetta sera; non lo aveva visto per quasi tutto il giorno quindi si era aspettato almeno un cenno, un sorriso, un qualcosa da parte sua.
Ma evidentemente aveva avuto ragione Clary alla loro prima cena: Alec non era affatto interessato.
Forse lo odiava, anzi; lo vedeva come una minaccia. Come colui arrivato a corte per potarsi via sua sorella.
Peccato che tutto quello che avrebbe voluto portare via sarebbe stata la sua verginità.
Quella sera non si era alzato per primo dal tavolo; sebbene avesse avuto molta voglia di parlare con Alec non voleva che lo seguisse e gli parlasse per i due minuti del tragitto verso camera sua.
Preferiva non parlargli affatto, anche perché avrebbe potuto dirgli davvero poche cose carine, era infastidito.
Aveva dunque aspettato che occhi blu si alzasse, con Isabelle sottobraccio, e lasciasse la camera; dopodiché si era alzato a sua volta e si era avviato verso la grande biblioteca che Clary gli aveva consigliato di visitare.
Odiava con tutto sé stesso quel posto, l’oscurità che circolava in quel castello, la costante presenza di persone in armatura con delle enormi lance tra le braccia, pronte per essere infilzate nella carne calda di qualcuno, ma c’erano posti di quel castello in grado di togliergli il respiro. Posti come la biblioteca.
Era enorme, con le pareti piene di libri, con un soppalco che portava a due corridoi pieni di libri, interrotti solo da un enorme rosone sulla parete – decisamente gotico – da splendenti colori che al buio della notte sembravano più scuri e profondi. Delle poltrone di pelle erano sparsi qui e lì per la sala, e il centro era occupato da un tavolo massiccio ricolmo di libri mezzi aperti.
Magnus si ritrovò ad immaginare un piccolo Alec ed una piccola Isabelle intenti a studiare tra quei libri, un piccolo principino felice di poter respirare l’odore caldo e forte dei libri, concentrato a sapere quanto più possibile su quel castello costruito centinaia di anni prima.
Sorrise sedendosi su una delle poltrone e chiudendo gli occhi, giusto perché stare tra tutti quei libri, con l’odore di polvere e pagine a stuzzicargli le narici, con la luce lunare che entrava dal rosone e quella calda delle candele lungo il soffitto, lo rilassavano oltremodo.
Gli mancava il suono delle onde calme, il calore del sole, l’odore del cocco, ma quel posto riusciva a rilassarlo quasi quanto casa sua; doveva ringraziare Clary, aveva appena trovato il suo rifugio.
Aprì gli occhi quando sentì un fruscio di vento contro la guancia e un respiro sorpreso, e a sua volta sorpreso provò a sorridere a chi si trovava avanti: Alec.
Il ragazzo lo guardava a bocca leggermente aperta, le guance rosse come i boccioli di fiori più belli che avesse visto in Indonesia, gli occhi lucidi.
“Io- Mi dispiace di averti svegliato Re Magnus. Sono venuto solo..”.
Magnus scosse la testa divertito “Non mi hai svegliato. E questa è casa tua, non devi darmi spiegazioni” si sedette meglio sulla sedia, accavallando le gambe “E smettila di chiamarmi Re Magnus, ormai ci conosciamo, no?”.
Alec arrossì ancora di più e annuì “È che ‘Re Magnus’ ti sta così bene. È vigoroso e maestoso come te..” disse, mordendosi subito dopo la lingua per quello che aveva detto “Perdonami..” sussurrò, dando uno schiaffetto sulla copertina di cuoio che aveva tra le mani. Magnus rise e scosse la testa.
Gli avrebbe dimostrato con piacere il suo vigore se solo fosse stato possibile, ma non lo era; si era completamente sbagliato su Alexander. Dunque non fece altro che ignorare quello che aveva appena detto, ed indicare il libro che Alec aveva tra le mani.
“Sogno di una notte di mezza estate” disse con un grosso sorriso sulle labbra.
Alec annuì sedendosi su una delle sedie attorno al tavolo. Quello era un buon segno, no?
Il principe era disposto a trascorrere qualcosa che non fosse un minuto e mezzo con lui – e per di più magari senza parlare di quel maledetto castello -  o si sbagliava?
“È la decima volta che la rileggo” sorrise imbarazzato mostrandogli leggermente le pagine consunte.
“Mi diverte! Ma mi fa anche riflettere e sperare. Se la storia di Ermia e Lisandro è finita bene forse anche la mia può finire bene”.
Magnus lo guardò e gli venne voglia di abbracciarlo, ma restò lì al suo posto.
“Ermia ha avuto il coraggio di essere sé stessa e disobbedire a suo padre, però. È scappata con Lisandro pur di non sposare Demetrio come le aveva ordinato Egeo. Tu lo faresti? Saresti in grado di andare contro tuo padre pur di affermare te stesso?”.
Anche lui aveva amato profondamente quella commedia; gli aveva dato un altro punto di vista, gli aveva fatto capire che se voleva poteva diventare quello che voleva: proprio come Ermia era riuscita a sposare chi amava lui poteva essere chi amava.
Alec lo guardò di traverso e poi chiuse gli occhi, quasi stesse riflettendo sui segreti del mondo.
“Ermia ha avuto Lisandro dalla sua. La natura dalla sua. È stata aiutata dalle fate, dai folletti e dagli elfi, però” fu quello che disse, invece. Facendo quasi sorridere Alec.
“Beh più che aiutata direi danneggiata, in parte. Ma sì, non era sola contro suo padre. Tu credi di essere solo?” chiese, curioso.
“Io non sono in lotta con mio padre” esordì lui, le guance rosse e gli occhi bassi.
“Forse sei in lotta con te stesso, allora?!” chiese Magnus, guardandolo dritto negli occhi, ma Alec scosse la testa. “Forse dovrei andare a letto” sbottò Alec alzandosi in piedi, le braccia stese lungo i fianchi, lo sguardo scosso.
Magnus sorrise, ma per nulla divertito. “Certo. Dimostri proprio di essere un’Ermia moderna, Alexander” fu quello che disse tornando a chiudere gli occhi, pensando di vederlo andare via, ma sentì la sedia strusciare a terra, un movimento d’aria avanti al suo viso e un’altra sedia essere spostata, dunque aprì gli occhi e si ritrovò Alec proprio seduto di fronte. Si morse l’interno della guancia per non sorridere.
“Io non lotto con me stesso” fu quello che disse.
“Ho avuto il piacere di guardare questa meravigliosa opera al Globe quindici anni fa e sono davvero certo che sia stata scritta per far ridere chi la guardava, non per far rattristare, Alexander. Stavo solo cercando di comunicare con te, non volevo offenderti”.
Alec annuì e portò una mano tra i capelli facendo quel gesto che mandava il cervello del re in escandescenza.
“Sei stato al Globe…?” chiese curioso, gli occhi scintillanti di genuina interesse.
Magnus sorrise, riconoscendo in Alec un bambino, in quel momento; forse era vero, non lottava contro sé stesso, forse semplicemente non si conosceva ancora. Non sapeva ancora cosa voleva e come lo voleva.
Non sapeva ancora che era possibile non essere manipolato da Robert. Anche lui lo aveva scoperto tardi.
“Oh certo, Alexander. Esattamente quindici anni fa, quando seguii mio padre qui in Scozia per degli affari con tuo nonno” sorrise, chiudendo gli occhi per ricordare quei momenti, ma in particolar modo il viaggio verso Londra che aveva intrapreso con Camille; i baci che si erano scambiati lungo la via, l’entusiasmo di un giovane che amava davvero per la prima volta; la curiosità del vedere quello di cui tutti parlavano al fianco della donna che amava. L’amore. Una cosa di cui tutti parlavano. Quelli erano stati bei momenti.
“Ricordo quel periodo come uno dei più belli della mia vita. È stato qui che ho conosciuto una delle persone che più ho amato e più mi ha fatto soffrire in tutta la mia vita; è stata lei a convincermi a scappare per andare a Londra a guardare questa meravigliosa opera di Shakespeare e io l’ho fatto e ho riso da morire quando al teatro mi sono riconosciuto in Ermia. Ero scappato da mio padre con la donna che amavo verso luoghi sconosciuti. Oh Londra era stupenda! Con tutti quei colori, tutta quella vita, tutta quella cultura!
E quanto ho amato questa commedia? La bravura degli attori! Oh Richard Burbage. Alexandere quello è stato uno dei primi uomini di cui mi sia mai invaghito. Ricordo di aver fantasticato tutta la sera con Camille sui suoi addominali. Capelli neri, occhi blu, labbra gonfie, mascella squadrata; me ne ero innamorato.
Ma sfortunatamente avevo già qualcuno e a quanto pareva non ero proprio il suo tipo” si fermò per ridere un secondo e guardare l’espressione leggermente shockata sul viso di Alec che però lo guardava sognante.
“E William? Oh Dio lui era l’essere più sexy che avessi mai conosciuto, dopo l’eterno dannato Marlowe!
Kit aveva quella sensualità del bello e dannato, Will invece aveva un’anima pura la si leggeva nei suoi occhi. Non so chi preferisco tra i due anche se forse dovrei preferire Kit perché la sera dopo lo spettacolo, ha provato a portarmi a letto! *nella realtà Christopher Marlowe era già morto. Sappiamo che la data del suo decesso risale al 1593 mentre l’opera è stata scritta nel 1595 ed inscenata nel 1596! Perdonatemi per questa licenza poetica ma Marlowe è una di quelle persone che renderei immortali. A proposito, tutto il discorso si incentra praticamente sulla serie Will, correte a guardarla se non lo avete fatto* 
È stato così difficile dover rifiutare quegli occhioni blu! Oh Dio, Alexander. Quello è stato il periodo migliore della mia vita. Quanto vorrei poter tornare a Londra a rivedere qualche opera di Shakespeare al Globe!
E quanto mi piacerebbe poter parlare di nuovo con William!”.
Magnus gettò la testa sul bracciolo della poltrona, conscio di aver parlato forse, troppo; eppure Alec non era andato via, anzi. Gli sembrava ancora più curioso e desideroso.
“Mi piacerebbe…” disse schiarendosi poi la voce “Mi piacerebbe così tanto poter andare a Londra. Non sono mai stato al Globe e non ho mai visto un’opera di Shakespeare al teatro!”.
Magnus lo guardò sorridendo “Sei un principe, puoi fare qualsiasi cosa tu voglia”.
Vide Alec scuotere la testa e grattarsi il sopracciglio inciso da una leggera cicatrice che rendeva il suo sguardo ancor più sexy.
“Sono un principe scozzese. La Scozia e l’Inghilterra sono in continua lotta dunque dovrò per sempre desiderare andare a Londra dal momento che non potrò mai metterci piede” sbuffò, quasi, e Magnus annuì ricordandosi in quel momento il motivo per il quale era finito lì.
“Il tutto solo per una stupida maledetta religione e un Dio che non sappiamo neanche se esiste”.
Era rosso dalla rabbia, o forse dall’imbarazzo. Fatto stava che era ancora più sexy.
Se Magnus quindici anni prima aveva desiderato poter fare l’amore con Burbage nel modo più appassionato che conoscesse per una notte, quindici anni dopo stava desiderando di poter fare l’amore con un altro ragazzo dai capelli neri e gli occhi blu. L’unica differenza stava nel fatto che con Alec non gli sarebbe bastata una notte, ne era certo. Alec lo voleva al suo fianco per la vita.
“Tu non credi in Dio?” fu quello che chiese, cercando di allontanare l’immagine di Alec nudo seduto sulle sue gambe con la bocca spalancata per il piacere.
“No se il Dio che tutti venerano è lo stesso per cui continuano a morire centinaia di innocenti”.
Che anima pura poteva essere Alexander?
Magnus sorrise pensando che Alec era una brava persona. Una di quelle che meritano il meglio dalla vita.
“Sembri avercela molto con la guerra…” constatò Magnus, guardandolo dritto negli occhi; per forse la prima vera volta il principe sostenne il suo sguardo e annuì.
“Contro la guerra e la morte inutile di giovani della mia età costretti ad indossare delle armature e lanciare spade e lance nella pelle di qualche altro giovane della mia età costretto a morire lontano dalla sua patria e dalla sua famiglia. Vorrei che tutto questo non fosse vero..”.
Magnus annuì “Sei una brava persona” disse alzandosi dalla poltrona per avvicinarglisi.
“E mi piacciono le brave persone!” sussurrò poggiando una mano sulla spalla di Alec che non si ritrasse ma voltò lo sguardo altrove. Stava per morire, ne era certo.
“Che ne dici di andare a fare una passeggiata al lago, Alexander? Non me lo hai ancora mostrato…”.
E avrebbe voluto chiedergli di mostrargli anche altro ma il suo buonsenso lo aveva fermato, fortunatamente.
Vide il giovane principe boccheggiare e quasi riuscì ad immaginare la lotta che stava avvenendo nel suo meraviglioso cervellino: il volere di suo padre contro il suo stesso volere. Chi avrebbe avuto la meglio?
“Io..” aprì la bocca, era tentennante, quasi deluso da quello che stava per dire.
“Io non posso” sbuffò.
Aveva vinto Robert. Come sempre.
Magnus annuì sconfitto e allontanò la mano da Alec che si girò immediatamente verso di lui come se avesse intuito la delusione di Magnus. Magnus abbassò lo sguardo e sbuffò conscio del fatto che poteva essere attratto fino alla morte da Alec ma lui non ricambiava o quanto meno se ricambiava si costringeva a non farlo perché essere attratto da lui sarebbe stata una delusione per l’immagine che suo padre si era creato di lui.
“Magnus” balbettò Alec allungando una mano sul suo braccio per fermarlo “Mi piacerebbe” disse sorridendogli. Puntò lo sguardo nel suo. Quegli occhi blu sarebbero stati in grado di salvare il mondo.
“Ma domani dovremo svegliarci entrambi all’alba, abbiamo la battuta di caccia in tuo onore, ricordi?”.
Magnus lo guardò e annuì; non era certo che quello fosse il vero motivo del rifiuto ma voleva fingere di crederlo, dunque sorrise.
“La battuta di caccia in mio onore, giusto” rise scuotendo la testa “Quale onore vedere dei poveri animali uccisi in mio nome, no? Sentirli soffrire sapendo che quelle ferite gli sono state fatte in mio onore” sbuffò e si massaggiò le tempie “Preferirei decisamente andare a fare quella passeggiata assieme. Ma la battuta di caccia in mio onore e non sarebbe carino non presentarmi. Anche se noi non faremo comunque qualcosa di carino domani” alzò le spalle e si passò una mano tra i capelli lunghi fino al collo.
Alec rise e annuì “Odio farlo anche io” concordò “E quindi domani proverò a sbagliare quanto più colpi possibili in tuo onore Re Magnus”. Magnus lo guardò ridere e si unì a lui.
Era così cristallina e pura la sua risata. Voleva baciarlo. Voleva farci l’amore. Voleva amarlo.
“Buonanotte Alexander” disse.
Per l’ennesima volta reprimeva i suoi impulsi; sarebbe scoppiato in quel modo.
Si allontanò con le mani dietro la schiena e la testa piena di Alexander verso la notte; amava fare passeggiate all’aria fresca – gelata in quel caso – gli schiariva sempre le idee.
Eppure anche alla fine di quella passeggiata tutte le sue idee convergevano verso un’unica idea: Alexander.


Spazio autrice.
Eeeeeehilà gente! Come va la vita? Vi avevo promesso che avrei aggiornato ogni settimana ma così non è stato: mea culpa. Perdonatemi, davvero.
Purtroppo non ho tempo per fare assolutamente nulla in questo periodo. Spero che almeno questo capitolo abbia ripagato l'attesa.
Nada, vi auguro un feliciiiiiissimo Natale e in caso non aggiornassi in tempo, anche un felice Capodanno!
A presto!
StewyT~

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Capitolo 3
*** This is my world. ***



This is my world
 
Magnus si svegliò all’alba – come chiunque avrebbe dovuto partecipare a quella maledetta battuta di caccia- e se c’era una cosa che davvero odiava fare quella era svegliarsi all’alba; di paragonabile solo c’era solo non aver tempo per la sua routine giornaliera e in quel meraviglioso giorno sbocciato solo per rovinargli l’umore, ovviamente, dovevano unirsi due delle cose che più odiava al modo per creare un’apoteosi del male.
Il cielo fuori dalla finestra era grigio – come in ogni altra maledetta giornata- e già pieno di nuvoloni che sperava non sarebbero scoppiati in lacrime; poteva sopportare di alzarsi presto e non poter fare la sua solita routine ma non poteva sopportare di alzarsi presto, non poter fare la sua solita routine e finire per bagnare persino i suoi abiti, la sua pelle e i suoi capelli con quella pioggia fredda e grigia.
Si sporse leggermente dalla finestra e guardò verso quella della camera di Alec; affacciato a prendere una boccata d’aria c’era il ragazzo nella sua mise da notte: pantaloni larghi neri dall’aspetto molto comodo ed una camicia enorme sbottonata. Era così dannatamente sexy. Aprì la finestra e buttò la testa fuori – non avendo il coraggio di uscire completamente, dal momento che non indossava altro che i suoi migliori pantaloni di seta per dormire (aveva preteso fosse lasciato il camino perennemente acceso in camera sua)-.
Quel cielo era grigio. Grigio come tutto in quell’orribile posto. Tranne gli occhi di Alexander.
Quei meravigliosi occhi che si puntarono nei suoi non appena il giovane principe si fu accorto della sua presenza, finendo così per arrossire. Magnus gli sorrise e alzò una mano in gesto di saluto.
“Buongiorno Principe” lo salutò e poi poggiò la testa sulla mano, come se gli fosse pesata; in realtà era il cuore a pesargli e per quello non poteva farci molto.
“Buongiorno Re Magnus! Come hai trascorso la notte?”.
Come è andata? Decisamente bene considerato che tutto quello che ho fatto è stato sognare di baciarti, spogliarti lentamente e affondare nel tuo corpo caldo e delicato.
“Deliziosa, grazie. E la tua?”.
Vide Alec arrossire e distogliere leggermente lo sguardo; che avesse fatto lo stesso sogno?
“Pronto alla caccia in tuo onore?” chiese invece di rispondere ridacchiando al ricordo dell’espressione del Re la sera prima, quando gli aveva ricordato l’evento.
“E tu sei pronto a sbagliare tutti i colpi?” chiese lui, al che il sorriso di Alec si allargò ancora di più.
“Quasi” rispose indicando poi la porta “Vado a vestirmi, non sarebbe appropriato venire così…”.
“Potresti venire anche nudo” borbottò lui, al che Alec rosso in volto domandò un “Cosa?” e Magnus sperò di riuscire a non ridergli in faccia “Non mi sembrerebbe carino venire nudo” disse entrando poi dentro per chiudersi la finestra alle spalle e scoppiare a ridere. Alexander era un essere così puro.
 
Erano esattamente le otto del mattino quando Magnus uscì dal portone del castello per raggiungere tutti gli altri che lo stavano aspettando in giardino; qualcuno già in sella al cavallo – Alexader, con la sua maestosa postura stringeva le briglie di un cavallo dal manto nero e gli occhi blu come i suoi – qualcun altro che girovagava con le mani dietro la schiena, qualcuno ancora che non riusciva a riconoscere.
A prendere parte alla caccia oltre a Robert ed Alec Lightwood ci sarebbero stati i consiglieri di Robert, l’insegnante di arti combattive di Alexander, il contabile del Re, il Cardinale che avrebbe celebrato il suo matrimonio con Isabelle, il più ricco e famoso mercante di tessuti della Scozia – che ovviamente avrebbe consigliato le sete migliori per lui e i velluti più eleganti per Isabelle – ed un altro mucchio di persone che non riusciva a riconoscere; alcuni con dei cani legati al braccio, altri intenti a parlare tra loro con ni fucili già pronti.
“Buongiorno Re Robert. Perdonate il mio imperdonabile silenzio, ve ne prego” fu tutto quello che disse aggiustandosi il suo cappello a falde larghe nero per poi avvicinarsi al suo cavallo – era un caso che fosse vicino a quello di Alec? -. Robert lo guardò contrariato – tutti gli altri si inchinarono – e sbuffò un “Tranquillo c’è qualcuno che ritarda più di te Re Magnus. Credo proprio che sarete una coppia perfetta”.
Magnus era troppo addormentato per cercare di capire cosa intendesse scrivere tra le righe quindi fece spallucce e si appoggiò al suo cavallo bianco iniziando a pensare ad Isabelle, Clary, Maryse e tutte le altre donne di corte; cosa avrebbero fatto in quella giornata? Non gli interessava granchè, le avrebbe volentieri seguite pur di non fare quello che stava per andare a fare.
E il biondino? Che fine aveva fatto Jace? Perché non era lì ad accompagnarli?
Perché Jace poteva tirarsene indietro e lui, il sommo Re Magnus Bane doveva andarci?
Era ancora intento ad immaginare quello che avrebbero fatto tutti i fortunati rimasti al castello quando dal portone del castello uscì la donna più bella che avesse visto in vita sua, probabilmente, e fu in quel momento che capì quello che Robert aveva cercato di dirgli; Isabelle era perfetta per lui.
Se solo lei non fosse stata innamorata di un altro e lui perdutamente innamorato di suo fratello.
Sorrise, felice all’idea che non sarebbe stato solo – certo, c’era pur sempre Alec ma non sapeva perché eppure continuava a pensare che non avrebbe esattamente rispettato la promessa che gli aveva fatto- e che Isabelle avrebbe almeno in parte alleviato il suo dolore.
La Principessa passò sotto tutti gli sguardi straniti degli uomini di corte nei suoi pantaloni stretti di pelle e la sua giacca da cavallerizza rossa, un sorriso sulle labbra e un fucile sulla spalla.
“Re Magnus” gli sorrise dandogli un bacio sulla guancia prima di salire sull’ultimo cavallo sellato, dopodichè Robert batté le mani annunciando che erano pronti a partire e da un grosso portone di legno uscì Simon seguito da altri due ragazzi; Magnus sorrise guardando il modo in cui Simon ed Isabelle si guardarono.
Quella in fondo forse sarebbe stata una bella giornata.
 
Ecco quell’idea era precisamente scemata nel nulla.
Non era stata per nulla una bella giornata. Per metà mattinata e tutto il pomeriggio –saltando persino il pranzo- erano corsi dietro a lepri, conigli e quant’altro facile da trovare e colpire e quella cosa lo faceva rabbrividire quasi quanto il sangue che sgorgava dai buchi che quei poveri animali si ritrovavano sulla schiena, nel collo, nella testa. La ferita peggiore – quella che gli aveva fatto rischiare di svenire- era stata presa da un povero – e adorabile – coniglio bianco che si era beccato una pallottola al centro del piede dunque si era accasciato nel suo stesso sangue, uno squittio forte e force simile ad un fischio –per avvisare tutti gli altri compagni- ad uscirgli dal piccolo musino rosa, gli occhi liquidi dal dolore, le orecchie accasciate.
Magnus scese da cavallo intendo ad avvicinarsi e prendere il coniglio tra le braccia per provare ad estrargli il proiettile ma poco dopo che gli si fu avvicinato qualcun –Robert- sparò tre colpi, ognuno diretto in un punto diverso: la testa, il collo, la pancia. E fu in quel momento che a Magnus venne da girarsi e puntargli il fucile alla fronte. Invece si girò solamente con gli occhi lucidi e il viso disgustato.
“Stava soffrendo, stava per morire, che bisogno c’era di sparargli altri tre colpi?” urlò scuotendo la testa prima di salire nuovamente sul suo cavallo “Questa caccia vi sta trasformando nei veri animali a cui si dovrebbe dare la caccia” fu quello che disse prima che Re Robert potesse aprire la bocca, dunque si allontanò nel bosco cercando di stare più lontano possibile dagli altri sebbene il cielo stesse iniziando a diventare più scuro.
La caccia continuò ancora, però, e con cadenza ritmata altri colpi ed altri squittii lamentosi gli arrivavano alle orecchie e gli facevano venire voglia di tapparsele, piegarsi in avanti e nascondere la testa nelle ginocchia così come faceva ogni volta in cui Asmodeo adirato si presentava puntuale in camera sua con una frusta tra le mani ed un sorriso sulle labbra. “Ti aiuteranno a diventare più forte” gli diceva ogni volta prima di colpirlo forte e lui piangeva dunque il padre colpiva più forte e lui urlava e quel demone continuava imperterrito fino a quando Magnus restava muto. E l’urlo di quegli animali era così simile al suo urlo.
“Magnus” sobbalzò quando qualcuno gli poggiò una mano sulla spalla e si tranquillizzò appena quando vide che era Alec fermo a guardarlo con quei suoi occhi blu intrinsechi di preoccupazione.
“Tutto bene?” gli chiese stringendogli la spalla più forte e lui annuì non avendo per nulla voglia di trasportarlo nei brutti meandri della sua vita.
“Odio il sangue” disse e poco dopo una piccola lepre veloce come il vento passò avanti ai loro occhi; Magnus guardò Alec e la indicò, sorridendogli triste “Avanti, vai. Sparala in testa e rendi tuo padre fiero” sbottò chiudendosi poi nel silenzio più atroce. Ma Alec non si mosse e la sua presa non si fece più morbida.
Prese il fucile, lo piantò a terra e sparò un colpo che fece saltare in aria un cannone di terra marrone; qualcuno fischiò e Alec sorrise a Magnus “Non posso fermare gli altri” sussurrò accarezzandogli velocemente una guancia prima di riportare la mano sulla briglia “Ma almeno posso cercare di non spargere altro sangue, no?”. Il re annuì e tornò a guardare avanti. Si era innamorato. Perdutamente.
Dopo poco dagli alberi spuntò Isabelle sorridente “Sapevo che eri stato tu” diede una pacca sulla spalla del fratello “Questa è la tua tecnica per far credere a papà che li spari” rise e lo indicò “Fa così da quando ha quanto, dodici anni? Ha ucciso un solo coniglio in tutta la sua vita” disse rivolta verso Magnus “E suppongo si fidi abbastanza di te per mostrarti il suo trucchetto”. Alec arrossì e Magnus sorrise leggermente, al che Isabelle gli si avvicinò “Stai bene?” chiese e lui annuì “Solo…”.
Alec guardò Isabelle, Isabelle guardò Alec e dopo poco arrivò Simon che guardò a sua volta Isabelle e poi Alec, Magnus alzò un sopracciglio chiedendo implicitamente cosa stesse succedendo, quali informazioni segrete quei due si stessero scambiando con i loro sguardi imperterriti ma fu Isabelle a parlare dopo poco girando il cavallo verso Simon “Alec porta Magnus via di qui, dirò a papà che state accompagnando me al lago perché è lì che vado quando penso di essere sul punto di avere un brutto malore” fece un occhiolino ad Alec che annuì e poi passò vicino a Magnus dandogli un bacio sulla guancia per poi allontanarsi seguita da Simon.
Magnus che nel frattempo aveva capito davvero poco di quello che stava succedendo si allungò per afferrare il braccio del principe che si voltò verso di lui con un piccolo sorriso sulle labbra.
“Non devi farlo, puoi tornare alla caccia. Sto bene” e Alec alzò gli occhi al cielo prima di stringere la sua mano nella propria “Odio cacciare. Non hai sentito Izzy? Non ho mai ucciso durante la caccia e non ho intenzione di iniziare quindi perché continuare a perdere tempo?”.
Magnus annuì e gli sorrise grato “Quindi mi riaccompagni a casa e  mi rimbocchi le coperte?” chiese divertito ed Alec scosse la testa “Ti porto nel mio mondo” gli disse e poi gli fece un occhiolino.
“Tieni il tempo, se ci riesci”. Lo sfidò divertito, poi diede un piccolo colpetto al cavallo e prese a correre, verso mete a lui sconosciute. Magnus rise e lo imitò, raggiungendolo subito dopo eppure non appena riusciva ad arrivare vicino al suo cavallo Alec si allontanava più veloce di prima e ancora di più e ancora di più e ancora di più riuscendo quasi a diventare veloce come la luce e Magnus non riusciva mai a raggiungerlo davvero né a capire dove si trovasse; se lo avesse perso non sarebbe più stato in grado di ritornare vivo al castello, lo sapeva. Ma sapeva anche che Alec non gli avrebbe mai permesso di perdersi.
 
 Magnus non sapeva per quanto tempo avevano corso ma gli sembrò un tempo infinito.
Quando arrivarono lì dove Alec aveva deciso di andare il cielo era più scuro di prima, virava quasi verso un azzurro rosato ed era incantevole così come il posto che gli si presentava avanti agli occhi; una foresta enorme con alberi giganti e il sole rosso. Il punto focale di quel posto era un grande ponte – che all’apparenza sembrava tutt’altro che stabile- di legno sospeso nel nulla –o meglio su un ruscello che non riusciva a capire da dove venisse e dove arrivasse – che dal punto in cui erano loro arrivava su un'altra piccola montagnola coperta completamente da alberi scuri che rendevano impossibile vedere cosa ci fosse al di là. Magnus odiava la Scozia, certo, ma Isabelle ed Alec gli stavano mostrando dei posti talmente incantati che non avrebbe mai pensato potessero esistere; i boschi che aleggiavano nella sua mente da bambino quando sua madre gli raccontava le storie di principi e principesse che aveva appreso quando abitava in Scozia – sua madre infatti era scozzese e sfortunatamente si era innamorata di un affascinante uomo indonesiano scoprendo solo in secondo momento della sua importanza in Indonesia e della sua sfacciata cattiveria nei confronti di ogni essere umano, persino quelli che pensava di amare-.
Si guardò attorno prima di alzare lo sguardo verso il cielo e guardare come l’azzurro si tuffasse alla perfezione nel verde degli alberi giganti ma ancora meglio negli occhi azzurri di Alec, confondendosi.
“Allora?” chiese il Principe sorridendogli “Sei pronto?”.
Magnus alzò un sopracciglio e gli sorrise a sua volta “Pensavo che mi avresti deluso e invece questo posto è meraviglioso; questo ponte è così poetico ed è così poetica l’idea di non sapere cosa possa esserci al di là.
C’è vita? Ci sono sogni? C’è il mondo delle fiabe che ci raccontavano da piccoli? Oh non possiamo saperlo…”.
Alec si mosse leggermente in avanti e il suo cavallo glielo portò più vicino “Magnus…” rise, appoggiandogli una mano sulla spalla “Non è questo il posto che volevo farti vedere…”.
Magnus alzò un sopracciglio, sorpreso “Ah no? E allora perché siamo qui…?”. Vide Alec ridere di nuovo ed indicare con lo sguardo l’esile ponte “Il posto che voglio farti vedere è al di là del ponte!”.
E il Re sperò di poter essere colpito da una meteora e morire in quello stesso istante; come poteva dirgli la verità? Guardò il ponte e già immagino quanto sarebbe stato traballante e quanta voglia di vomitare gli avrebbe fatto salire. Poi guardò Alec, lo sguardo pieno di aspettative e un grosso sorriso sulle labbra.
“Oh non posso” si decise a dire “Vuoi davvero farmi attraversare quel coso di corda e legna?” scosse la testa, piagnucolando “Sei impazzito, Alexander?” rise di frustrazione “Io…” scosse la testa e la buttò poi sul collo del cavallo che nitrì facendolo saltare sul posto. Quando alzò la testa Alec era lì che lo guardava come se si stesse godendo lo spettacolo della migliore drama queen al mondo; un braccio a sostenergli la testa, lo sguardo divertito negli occhi e una mano sulla spalla di Magnus “Non te ne pentirai, giuro” fu tutto quello che disse prima di scendere dal proprio cavallo e legarlo all’albero più vicino al ponte.
Magnus era sempre fermo lì a guardarlo muoversi, con la speranza che lo guardasse e ridesse dicendogli che era solo uno scherzo. Ma non era uno scherzo. E nonostante gli avesse detto che era terrorizzato oltremodo dall’altezza e dalle cos traballanti Alec riuscì a convincerlo a fare quel maledetto ponte della morte.
Pensava forse di adorare ed essersi innamorato di quel ragazzo? Oh affatto. Lo odiava. In quel momento lo odiava.
E dunque eccolo lì mentre con il corpo che tremava senza riuscire a fermarsi provava a mettere un piede sull’asse di legno che aveva avanti mentre lo sguardo ricadeva sul sedere tondo di Alexander che lo precedeva; quel ragazzo lo voleva morto, ne era certo. Era mai possibile che nel giorno in cui aveva deciso di fargli fare quella maledetta cosa aveva anche deciso di mettere dei pantaloni di pelle attillati che non lasciavano nulla all’immaginazione?
“Magnus, come va?” sentì la voce divertita di Alec richiamarlo alla realtà e quando alzò lo sguardo dal sedere di Alec si ritrovò a guardare il nulla più assoluto che c’era giù la scala quindi si maledisse in tutte le lingue del mondo “Non rivolgermi la parola” sbottò “E non ricordami che sono su questo coso, se mi concentro su qualcosa che non sia la mia morte forse riesco ad arrivare vivo dall’altro lato” Alec scoppiò a ridere e la scala di legno si mosse di più facendo traballare di più anche Magnus che si aggrappò con tale forza alle corde laterali da graffiarsi il palmo destro – palmo che ore dopo Alec avrebbe baciato, facendolo sentire in paradiso -.
“Concentrati su qualcosa che non sia l’altezza” disse. “Tipo cosa?” rispose lui.
“Me. Concentrati sulla mia figura.”.
A Magnus venne da ridere; lo stava facendo, eccome se non lo stava facendo.
“Credimi, non riesco a guardare altro che il tuo sedere” disse provocando l’arresto di Alec contro cui andò a sbattere. Ecco, non avrebbe dovuto dirlo. “Scusa” sbuffò “Scherzavo. Ma bloccati di nuovo così e giuro che farò in modo da farti cadere giù, Alexander” disse tra i denti.
Alec annuì e in silenzio riprese il cammino; Magnus riprese a muovere piedi traballanti verso assi di legno traballanti. Gli sembrava di camminare da ore. Si sentiva teso e dolorante.
“Vai così che stai andando benissimo”. Lo confortò Alec.
Ma non era vero, erano a mala pena a dieci strette maledette travi di legno dall’inizio della scala.
 
Finalmente dopo un tempo che gli sembrò infinito Magnus vide avanti ai suoi occhi l’ultimo asse, Alec lo aveva già oltrepassato ma stagliava immobile avanti alla scala per aggrappare la mano di Magnus che quando arrivò su terra ferma gli si buttò tra le braccia – anche se avrebbe voluto ucciderlo- più per la stanchezza e la voglia di essere sostenuto da qualcuno che per malizia.
Alec non se lo aspettava di certo. Dunque si ritrovarono entrambi a terra.
Alec sotto Magnus, con le guance rosse e i capelli scompigliati scoppiò a ridere; Magnus sopra di Alec con gli occhi ancora pieni di panico e una forte voglia di vomitare ed ucciderlo buttò la testa sulla sua spalla e restò in quella posizione per un tempo indefinito che ad Alec, che continuava a stringerlo senza farglielo notare, sembrò piccolissimo.
Finalmente quando si fu ripreso Magnus si alzò in piedi e diede una mano anche al principe, rendendosi conto subito dopo quello che era successo: per la prima volta era stato tenuto tra le braccia dal suo bellissimo principe tutto capelli neri e occhi blu, e la tenerezza di quel gesto lo fece desistere dalla voglia di ucciderlo.
Altra cosa che lo fece desistere era tutto quello che lo circondava: non aveva mai visto qualcosa di simile.
Per l’ennesima volta la Scozia che tanto odiava lo stava sorprendendo.
Il cielo era un po’ più scuro, quasi sul blu e le prime stelle iniziavano a spuntare; l’erba tutt’attorno era molto più chiara rispetto a quella del castello, gli sembrava di essere finito in una radura incantata.
La cosa più bella erano le centinaia di  migliaia di fiorellini bianchi e rosa pallido sparsi sull’erba verde chiara; finalmente poteva vedere altro oltre quella maledetta erba.
Per un attimo gli sembrò di essere tornato nel meraviglioso giardino di casa con il suo palazzo bianco ed oro alle spalle e io fiorellini bianchi a solleticargli i piedi.
Quello era davvero un pizzo sperduto del mondo: quella montagna si stagliava alta ed enorme sul nulla più assoluto mostrando al di là delle sue sponde un castello, probabilmente il castello dei Lightwood che comunque non sarebbe stato in grado di distinguere da qualsiasi altro, il sole sempre più piccolo e la luna sempre più grande e sotto lo spettacolo meraviglioso di un enorme lago dalle acque trasparenti in cui si tuffava un fiume che nasceva da una montagna esattamente di fronte quella su cui erano loro.
Magnus vide Alec avvicinarsi al bordo della montagna e sedersi mettendo i piedi nel vuoto. Era pazzo.
“Avanti, vieni!” rise Alec girandosi nella sua direzione. Magnus scosse la testa avvicinandosi leggermente per sedersi in un punto in cui era ben lontano dal bordo. Si sentiva al sicuro quindi incrociò le gambe e si stese per rivolgere lo sguardo al bellissimo cielo che li circondava.
“Questo è il tuo posto preferito…” sussurrò Magnus guardandolo e Alec annuì girandosi leggermente in modo da poterlo guardare a sua volta “Da quando sono venuto a caccia la prima volta” rise “Odiavo la caccia ma mio padre voleva coinvolgermi in quel meraviglioso modo per regalare dolore gratuitamente quindi ero obbligato a seguirlo e la prima volta stavo provando a scappare da tutto ritrovandomi dall’altro lato del ponte con il pensiero fisso di potercela fare. Se potevo uccidere un innocente potevo anche saltellare su quella scala e infatti ce la feci e il mondo da quest’altro lato mi sembrava molto più bello” sospirò indicando il castello “Mi sembrava tutto così lontano. Qui potevo essere me stesso, non dovevo essere necessariamente il principe Alexander Gideon Lightwood. Potevo essere Alec. Quello che ama la lettura, la poesia, Shakespeare, il cielo, i laghi, le leggende e la storia ma anche l’arte del combattimento e la politica. Tutto tranne la guerra e quello che mio padre continua a volermi imporre” sbuffò stendendosi sull’erba come Magnus; erano quasi alla stessa altezza, Alec arrivava sotto la sua spalla e lui era così tanto tentato da circondarlo e abbracciarlo – questa volta volontariamente e consciamente-.
“Così ho deciso di tornarci ogni volta” concluse chiudendo gli occhi.
Magnus capiva perfettamente come poteva sentirsi; sebbene suo padre fosse morto ormai da anni era stato anche lui oppresso allo stesso modo da piccolo; obbligato a fare qualcosa che non gli piaceva, obbligato ad essere qualcuno che non gli piaceva, ma ora non doveva più farlo. E non voleva che Alec arrivasse al suo livello, a scoppiare, prima di decidere chi voleva essere senza l’imposizione di suo padre; non voleva che Alec arrivasse al punto di sperare nella sua morte per ottenere la libertà.
Gli sfiorò qualche ciocca di capelli e poi si alzò leggermente girandosi su un fianco; Alec lo imitò e così i loro occhi furono esattamente alla stessa altezza, così come le labbra e Magnus non riusciva a distogliere gli occhi da quelle labbra ma non poteva. Non poteva baciarlo se non lo voleva anche Alec. Non voleva essere un altro uomo ad averlo costretto nella sua vita.
“Cosa vuoi essere da grande?” sentì uscire dalle proprie labbra per poi sorridere leggermente; che razza di domanda era quella? Quel ragazzo riusciva a scombussolarlo così tanto!
Alec sbatté gli occhi un paio di volte e poi rise, scuotendo la testa “Non lo so” rispose poi sbuffando, ritornando a poggiare la testa a terra “So solo cosa non voglio essere” si morse il labbro inferiore “Ad esempio non voglio essere Re di Scozia. Non voglio sposare qualcuno che non amo solo perché lo decide mio padre. Non voglio crescere i miei figli come ha fatto lui. Non voglio vedere mia sorella soffrire. Non voglio che Jace sia trattato diversamente da me solo perché non è figlio di mio padre.” Si prese un secondo di silenzio e poi sorrise “Voglio solo essere felice, Magnus. È troppo da chiedere?”.
Ah se la felicità di Alexander fosse dipesa da lui, avrebbe fatto di tutto per dargliela.
 
Non sarebbe mai voluto andare via da quel posto; principalmente perché aveva il terrore di dover rifare la strada all’inverso, ma quando finalmente si ritrovò con Alec sulla strada del castello si sentì più tranquillo; era mortalmente affamato e aveva sonno e non c’era nulla al mondo che desiderasse più di un bagno caldo.
Erano poco lontani dai boschi del castello quando da lontano Magnus vide Isabelle poggiata ad un albero, tra le braccia di un ragazzo che stava baciando. Quel ragazzo era Simon, ci avrebbe scommesso la propria vita, ed entrambi erano la visione più dolce e adorabile che avesse mai visto.
Nell’esatto momento in cui vide la testa inclinata di Isabelle in modo che i capelli ricadessero sul volto di Simon per nasconderlo mentre si baciavano, Magnus pensò di dover fare qualcosa per quei due ragazzi; meritavano la felicità e se lui poteva dargli una mano a raggiungerla perché non provarci?
Alec lo tirò indietro, sperando che non avesse visto nulla, e si strinse forte alla sua spalla, sorridendogli “Magnus..” sussurrò spostandosi in modo da essere occhi negli occhi “Oggi…” aveva le guance rosse mentre Magnus aveva dolore alle guance per lo sforzo di trattenere la risata che gli aleggiava sulle labbra.
“Grazie per avermi seguito ed esserti fidato di me” disse sorridendogli “E per avermi ascoltato” sospirò
“E per avermi ascoltato. Ho apprezzato, davvero…” tossì per farsi sentire da Isabelle e Magnus scoppiò a ridere non riuscendo più a trattenersi; Alec quindi lo guardò stranito e arrossendo ancora di più allontanò la mano dalla sua spalla e riprese le briglie del cavallo per allontanarsi verso il castello.
Quando Magnus rivide Isabelle era da sola e Alec le stava dicendo qualcosa che le stava facendo morire il grosso sorriso che aveva sulle labbra. Non gli piaceva essere causa di dispiacere per quei due ragazzi.
 
Aveva bisogno di riflettere, di stare in silenzio ed in pace e aveva sperimentato ormai che l’unico posto in cui poteva trovare serenità come a casa propria era la biblioteca, quindi non appena fu entrato nel castello andrò dritto verso la camera piena di polverosi libri, ma quando aprì la porta si ritrovò uno spiacevole spettacolo avanti agli occhi; Clary era poggiata alla spalla di Jace che leggeva qualcosa ad alta voce ma non poteva immaginare cosa dal momento che si era interrotto non appena aveva sentito la porta aprirsi.
Sbuffò e lo indicò “Da quando ti fai coinvolgere da stupidi biondini attraenti?” chiese e Jace rise guardando le guance rosse di Clary “Grazie per il complimento ma non sto facendo altro che aiutarla a trovare sua madre” fece spallucce “A proposito perché non le dici tu il suo nome così ci eviti tutta questa fatica inutile?”. Clary ormai diventata del colore dei suoi capelli gli diede un colpo sulla testa, facendolo ridere e Magnus la incenerì con lo sguardo “Perché per me le promesse valgono più di qualsiasi altra cosa” fu quello che disse ritornando verso la porta “Divertiti Clarissa. E ricorda che tua madre cercava di scappare esattamente da questo ambiente”.
Si chiuse velocemente le spalle e intraprese la direzione della propria camera non curante di Clary che gli correva dietro chiedendogli di aspettarlo; fu persino tentato di sbatterle la porta in faccia una volta arrivato in camera sua, ma era troppo buono per farlo, dunque la lasciò socchiusa, entrò e si tolse le scarpe; si avvicinò al camino per prendere una grossa bacina di acqua riscaldata e buttarla nella vasca al centro della stanza,  vicino alla quale prendeva posto la sua vestaglia di sera preferita.
Sentì Clary arrivare alla sua porta non appena iniziò a spogliarsi e sapeva che non sarebbe entrata per almeno cinque minuti, necessitando di tempo per preparare il proprio discorso, dunque si immerse in acqua e mosse velocemente le mani per creare quanta più schiuma possibile.
Per quando Clary fu entrata in camera Magnus era già nel pieno del rilassamento, quindi la guardò infastidito, con gli occhi socchiusi e un sorriso scocciato sulle labbra.
“Ti stai prendendo una cotta per quel tipo. E quel tipo somiglia troppo a tuo padre per farti bene”.
Clary spalancò la bocca e scosse la testa “Non so se somigli a mio padre dal momento che non lo conosco” disse sedendosi sul letto di Magnus “Ma so che non mi sto prendendo nessuna cotta” e invece sì, le sue guance troppo rosse e il cuore troppo veloce lo stavano urlando “E che tutto quello che sto facendo è cercare il nome di mia madre e Jace mi sta aiutando” scosse le spalle “Cosa che tu…”.
Si interruppe allo sguardo gelido di Magnus “Io non ho mai fatto?” Magnus le indicò un dito contro “Sto cercando di mantenere una promessa, Clarissa. E se crescerti non è abbastanza sinonimo di aiutarti come sta facendo quel ragazzino non lo so. Ma so solo che non mi aspettavo questo comportamento da te. Non mi aspettavo di poter essere spaventato da te e in questo momento lo sono”.
“Magnus” si lamentò Clary “Non- Jace conosce bene Maryse e sa che da giovane scriveva dei diari che ora sono nascosti tra tutti quei libri e dobbiamo trovarli. Non sta nascendo nulla tra me e Jace…”.
“Clary” Magnus la interruppe “Il problema non è quello che potrebbe nascere tra te e quel finto biondo, anzi.” Si massaggiò le tempie. “Ah no? E quale allora?”.
Magnus prese un grosso respiro e poggiò la testa allo schienale della vasca chiudendo gli occhi.
Il problema era Valentine ecco quale. Se avesse saputo dell’esistenza di Clary, della sua presenza in Scozia avrebbe messo a rischio tutto quello per cui lui aveva lottato con sua madre.
“Girati” sbuffò e Clary ordinò; dunque si alzò e si coprì con la propria vestaglia verde, posizionandosi avanti ai suoi occhi “Vuoi che ti dica il suo nome?” chiese “Vuoi che non mantenga questa promessa? Sono disposto a farlo ma tu devi fare a me una promessa in cambio” Clary scosse la testa “Non voglio” disse cercando di trattenere le lacrime; sapeva quanto valevano le promesse per lui e sapeva che lo avrebbe fatto soffrire e non poteva farlo. “Ti prometterò qualsiasi cosa tu voglia ma non voglio che tu finisca per non mantenere la tua promessa”.
Magnus sorrise e aprì la bocca per dire qualcosa ma Clary non avrebbe mai saputo cosa perché qualcuno aveva aperto la porta: Alexander restava a bocca aperta aggrappandosi alla porta.
Magnus alzò un sopracciglio in segno di domanda, Alec guardava la scena con guance rosse e Clary rise “Okay temo di dover andare via, non vorrei mai interrompere un appuntamento..”.
“Non è un appuntamento” rise Magnus “È piuttosto sorprendente vedere Alexander qui…” gli fece cenno di entrare e poi diede un bacio a Clary “Domani dovrai dirmi tutto” le disse e lei annuì, abbracciandolo.
Quando Alec e Magnus furono soli il principe notò che era pressappoco nudo con quella vestaglia verde bagnata a contornargli il corpo e arrossì mortalmente.
“Allora” sorrise Magnus con malizia “Cosa ti porta nelle mie camera Principe Alec?” gli fece un occhiolino e si avvicinò allo specchio vicino la vasca per scompigliarsi i capelli.
Alec alzò il vassoio che aveva tra le mani e glielo mostrò “La- la ce-cena” balbettò.
“Cena?” chiese Magnus e Alec annuì “Te la sei persa perché sei venuto con me sulla cima e pensavo avessi fame…” Magnus rise. “Oh quanta premura Principe” fece segno di poggiarla su un piccolo tavolino avanti al letto “Se permetti vorrei vestirmi” si indicò “Sono leggermente bagnato” rise “Poi possiamo cenare assieme se ti va” e Alec annuì girandosi dall’altro lato.
“Oh certo, puoi anche restare qui mentre mi vesto, non ci sono problemi…” rise sciogliendo il fiocco che teneva su la sua vestaglia per poi asciugarsi il tutto mentre Alec fissava un quadro sul letto che mostrava un bellissimo volto di donna elegante dalle grosse labbra rosse e pensava a quanto sarebbe potuto essere bello il corpo di Magnus nudo. Era così dannatamente tentato dall’idea di girarsi e guardarlo e poi dirgli che quello che voleva essere da grande era essere suo amante. Ma non lo fece.
Magnus mise i suoi pantaloni di seta puliti –oro come le scaglie nei suoi occhi- e ovviamente null’altro, quindi si avvicinò ad Alec nel modo più silenzioso possibile e fece aderire il corpo al suo, poggiando la testa nell’incavo del suo collo per sussurrargli all’orecchio un “Ecco, ora sono tutto suo” e sarebbe davvero voluto essere tutto suo.
Alec deglutì a fatica pensando di poter morire per autocombustione, ma si girò nuovamente verso Magnus e quando se lo ritrovò praticamente attaccato pensò di essere davvero morto, ma poi il Re si allontanò ridendo e prendendo il vassoio portato da Alec si stese sul letto guardandolo con un sopracciglio alzato.
“Allora, vieni?” chiese e Alec annuì, sedendosi al suo fianco.
Era andato lì per parlargli di Isabelle: perché non lo aveva ancora fatto?
Magnus prese un pezzo di focaccia coperto di formaggio e sorseggiò un po’ di vino mentre Alec si torturava le dita fino a quando il Re non alzò gli occhi al cielo e gli puntò un dito contro.
“Dimmi quello che eri venuto a dire, avanti…”.
Al che il principe divenne di tutte le tonalità di rosso esistenti.
“È che so quello che hai visto prima e… Isabelle è una brava persona, Magnus. Non voglio le succeda nulla di male. Saprà essere una buona moglie, posso assicurartelo. Non è innamorata di Simon. È solo ingenua e…” sbuffò, massaggiandosi le tempie ma Magnus ancora una volta lo colse alla sprovvista scoppiando a ridere.
“Isabelle è innamorata di Simon, Alec. Ma non è questo il motivo per cui non la sposerò…”.
“Cosa?” chiese di colpo Alec, stupefatto. “Perché non vuoi?”.
“Perché non la amo. La adoro, le voglio bene, ma non sono innamorato di lei e perché voglio vederla felice. Lo merita. Perché dovrebbe sposare me se ama un altro? E se posso aiutarla a sposare chi ama?” gli sorrise “Vedi, Alexander, io voglio bene a tua sorella e non farei mai del male a chi amo. Ora che ti ho tranquillizzato, puoi anche tornare alle tue cose. Di sicuro hai tanto da fare” gli sorrise e prese un altro sorso di vino, ma Alec ancora rosso in volto scosse la testa “Mi stai cacciando?” chiese con voce tremante e Magnus rise “Ti sto dicendo che non devi preoccuparti perché tengo tua sorella quindi non devi cercare di impressionarmi per fare in modo che io non dica niente..”.
Alec annuì “E se io non fossi qui per impressionarti?” domandò e Magnus rise.
“E per cosa, allora?”.
Il principe scrollò le spalle “Perché mi va…”. Le loro mani si sfiorarono ed entrambi sentirono una scarica di elettricità attraversarli fino al cuore. Magnus annuì. “Se ti va puoi restare” disse prendendo un altro boccone di pane ed indicandolo a lui “E puoi anche mangiare”.
Alec sorrise e mangiò. Mangiarono entrambi in silenzio pensando a quello che avrebbero voluto fare a quanta voglia di sbattere via quel vassoio e baciarsi avessero ma nessuno dei due lo fece.
Quando ebbero finito Alec si stese sul letto e Magnus lo guardò sorpreso, non se lo sarebbe mai aspettato; lo vide mettersi su un fianco e poggiare la testa su un comito per guardarlo meglio e si incantò per quanto fosse bello. Ma fortunatamente le sue parole lo fecero svegliare.
“Sono sempre io a parlarti di questo posto eppure puoi vederlo con i tuoi occhi. A me piacerebbe conoscere qualcosa sul tuo castello. Ti va di parlarmene…?” chiese titubante e Magnus annuì sorridendogli.
“Ti piacerebbe” disse poggiandosi a sua volta su un gomito; le loro gambe si sfioravano e i loro occhi stavano facendo quanto di più simile all’amore.
“Ci sono tante leggende sulla mia reggia, sai?” sorrise “E credo che le ameresti tutte. Qualche volta potrei raccontartene qualcuna…” Alec annuì sorridendo “E come è fatto?” chiese.
“Il mio popolo non è combattivo come il vostro. Il mio regno è tranquillo e felice ma soprattutto ricco. LA persona più povera del mio regno potrebbe vivere di rendita qui. Le ricchezze non fanno la felicità, certo; l’amore, il sentirsi bene con sé, la famiglia fanno la felicità,  ma le ricchezze possono contribuire positivamente e se posso aiutare tutti ad essere più felici perché no?” sorrise “Nel mio regno non esiste odi, non lo permetto. Non sono un Re che impone, sono un re gentile a detta di molti, che pretende solo una cosa: rispetto e amore verso tutti. Alla corte di Magnus chiunque può amare chiunque” disse centrando in pieno il cuore di Alec che perse un battito “Chiunque può amare chiunque?” chiese curioso e lui annuì “Non devi amare qualcuno solo perché te lo impongono e non puoi non amare qualcuno solo perché ti impongono di non farlo. E queste stupide regole sociali del dover sposare solo uno di un livello pari al tuo non è per nulla rispettata. Qualsiasi uomo può amare qualsiasi donna o uomo che preferisca e qualsiasi donna può amare qualsiasi uomo o donna che preferisca. Chiamano il mio regno il regno dell’amore” Magnus sospirò e si poggiò meglio su cuscino “Ah il mio bellissimo palazzo bianco ed oro pieno di camere dorate e veli leggeri che volano ai piccoli sbuffi di vento che permettono di vedere il mare e la sabbia in lontananza! Ah il mio piccolo paradiso! Quanto mi manca”.
Magnus parlò e parlò e parlò ancora, si fermò solo quando vide Alec ormai addormentato e gli venne da sorridere; quella era stata in assoluto la sera più bella da quando aveva messo piede in Scozia e Alec era la visione più bella che avesse mai potuto vedere; immaginò di potersi svegliare al suo fianco il giorno dopo e fu invaso da una felicità elettrica che gli fece venire voglia di baciarlo ma non lo fece.
Ricordò a sé stesso che non avrebbe fatto come Robert imponendogli qualcosa; dunque alzò le coperte del letto e gliele stese addosso, spense la candela che aveva sul comò, l’unica cosa rimasta ad illuminare la camera, e si stese a sua volta. Chiuse gli occhi e sorrise: riusciva a sentire perfettamente la presenza di quel bellissimo principe azzurro nel suo letto; riusciva a sentire quanto vicino fosse, quanto vicino fosse la felicità, e sperò che nella notte Alec gli si avvicinasse di più e lo abbracciasse.
Quello sarebbe stato raggiungere davvero la felicità.


Spazio autrice.
Non mi sembrava giusto dover concludere il 2017 senza Malec (dal momento che gli altri anni minimo ho scritto una ff natalizia e quest'anno invece proprio nulla..) quindi visto che non ho avuto idee carine per una OS a teme natalizio, posto il terzo capitolo di Kiss me, sperando che vi possa dare un po' di gioia in questo giorno piovosissimo (da me sta cadendo il mondo!). Ne approfitto per augurarvi un felicissimo 2018 (pieno di Malec - al solo pensiero che dovremo aspettare marzo per rivederli mi uccide- e senza pali - a meno che il palo in questione non sia un certo Daddarione, in quel caso, Daddarione a tutti!), pieno di gioie e fortuna (magari anche con la nuova capacità di mangiare senza ingrassare?), di boni (un Daddiarione o un Harry a testa?) e amore (Malec, sia chiaro!).
Grazie per aver passato un altro folle anno assieme a me e alle mie folli idee, è stato divertente e spero di poterlo ripetere in questo 2018 e in tutti gli anni a venire e ora le smetto di parlare del futuro che già mi sale l'ansia.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
A presto!
StewyT~


Giusto perchè a Capodanno siamo tutti più buoni, vi lascio un mini spoiler.
“Scusa io-” aveva alzato gli occhi al cielo e aveva scosso la testa “Non pensavo..”.
Magnus rise “Vuoi unirti?” chiese alzando un bicchiere di vino come per brindare e Alec aprì la bocca, boccheggiando in cerca d’aria. “Io…”. Magnus scoppiò a ridere “Scherzavo” disse facendogli segno di girarsi ma Alec non lo fece. “Allora, non vuoi che esca dalla vasca?” rise e Alec scosse la testa “So che ami i bagni caldi” si sedette sul grosso letto prendendo tutte le forze che aveva in corpo per non spogliarsi e spingersi in acqua con quel meraviglioso uomo che lo guardava con i suoi enormi occhi verdi.
“Non vedo perché dovresti rinunciarci solo perché sono qui” sorrise e si stese sul letto come ormai era abituato a fare; lo raggiungeva sempre dopo cena, anche solo per restare qualche minuto in silenzio in sua compagnia, con l’unico suono dei loro respiri sincronizzati.
“Perché sei qui, Alexander?” e con qui intendeva nella sua vita.
Perché piano piano aveva deciso di entrarci con forza per non andare più via?
“Stavo per farti la stessa domanda” rispose lui prendendo coraggio “Non hai mai avuto intenzione di sposare Izzy” disse e lo guardò con sfida.
“No” confermò Magnus.
“Allora perché sei venuto qui?”.

 

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Capitolo 4
*** Heart on fire. ***


Heart on fire.
 
Era ormai passata una settimana dal mattino in cui Magnus si svegliò nello stesso letto di Alec, eppure continuava a sentire il suo odore addosso come se non avesse fatto più di dieci bagni caldi da quel giorno.
Era stato uno dei momenti più belli vissuti da quando era arrivato in quel posto infernale; il Re si era svegliato per primo non ancora conscio di avere Alec alle coste, eppure sentiva uno strano calore e delle braccia stringerlo. Si accorse solo dopo un paio di minuti che non le stava sognando: c’erano davvero.
Alec, addormentato – e ancora più bello del solito se possibile- lo stava stringendo e dormiva con la guancia incollata alla sua spalla: era adorabile.
Fu decisamente complicato staccarsi dalla sua presa ferrea e calda e fu adorabile sentirlo mugugnare un “no” seguito da una presa più forte e un “resta ancora qui, dai” concluso con un enorme sorriso sul suo volto ancora mezzo addormentato; il problema si presentò quando Alec si sveglio e si ritrovò Magnus tra le braccia.
La sua reazione fu a dir poco comica, il Re dovette davvero sforzarsi per non scoppiare a ridere avanti alla sua espressione terrorizzata e il suo volto paonazzo. Fu altrettanto difficile fargli capire che non c’era stato assolutamente la notte precedente e che si era addormentato mentre lui gli parlava del suo regno.
“Ne sei….” Certo? Si chiese da solo lui, completando la domanda di Alec, quindi si alzò dal letto e si avvicinò allo specchio provando ad aggiustare quel nido per uccelli che si ritrovava al posto dei capelli.
“Sì, insomma, sai, io non ricordo di…” vide Alec mordersi il labbro inferiore e nascondere la testa tra le mani e in quel momento non riuscì a non ridere e avvicinarglisi per poggiare le mani sulle sue spalle e portare i loro sguardi alla stessa altezza. “Alexander” sussurrò prendendogli il viso tra le mani “sei ancora casto e puro” disse ridendo e Alec arrossì ancora di più.
“Non è…” sbuffò e alzò gli occhi al cielo “smettila di scherzare, Re Magnus!” sbottò e Magnus annuì.
“Tutto quello che vuoi principe Alexander, ma non è successo assolutamente nulla, altrimenti te lo ricorderesti” gli fece un occhiolino “Ora che ne dici di andare a colazione? Sto morendo di fame” Alec scosse la testa e guardò fuori dalla finestra; l’ora della colazione era passata da un pezzo!
“Tra poco si pranza” sbuffò massaggiandosi le tempie “Io vado…” Magnus annuì e gli indicò la porta   “Grazie per la compagnia, Principe Alexander!”.
Alec si fermò un attimo alla porta e si girò per guardare la sua figura slanciata che si accingeva a riempire il bacino d’acqua calda e poi toglieva via i pantaloni; si morse il labbro inferiore e scosse la testa.
Magnus fece il suo bagno usuale, si vestì e scese a pranzo dove fu accolto con la stessa indifferenza di tutte le altre volte. E così come tutte le altre volte il pranzo trascorse in silenzio, solo con qualche sguardo lanciato quando Magnus era distratto – così pensava Alec, almeno-.
Ma dopo il pranzo Alec lo raggiunse e andarono assieme in biblioteca e il giorno dopo a fare una passeggiata e il giorno dopo lessero assieme qualche passo di Sogno di una notte di mezza estate.
E così la settimana trascorse: Alec lo ignorava in pubblico e quando erano soli lo cercava, cercava qualsiasi contatto, qualsiasi sorriso, qualsiasi sguardo.
Isabelle continuava a vedere Simon di nascosto e la cosa disturbava sempre di più Magnus che si arrovellava il cervello per cercare una soluzione al loro problema senza avergliene fatto ancora parola.
Clary continuava a zampettare dietro Jace, o forse era Jace a zampettare dietro di lei, e continuavano a fare ricerche e passare sempre più tempo assieme. Magnus forse ne era geloso ma non aveva molto spazio libero per pensarci, a dire il vero.
 
Era passata una settimana ed Isabelle cavalcava al suo fianco con la stessa regalità ed eleganza di quando erano andati a caccia; la situazione era leggermente diversa in quel momento.
La principessa guardava di sottecchi il re e il re guardava di sottecchi la principessa: entrambi si nascondevano qualcosa.
Avevano camminato per gran parte del pomeriggio in silenzio ma entrambi avevano qualcosa che gli divorava la gola e nessuno dei due era il tipo da tenerselo dentro, di solito; restava solo da stabilire chi avrebbe parlato per primo. Nonostante ogni tipo di scommessa potrebbe puntare su Magnus la prima a parlare fu Isabelle; il capo girato verso Magnus, la schiena dritta rinchiusa in un bustino di pizzo viola, i capelli raccolti con dei boccoli neri ricadenti  sul viso, un sorriso sadico sulle labbra.
“Ti piace mio fratello?” fu la sua domanda e Magnus si morse l’interno della guancia per non scoppiare a ridere – inutilmente, perché Isabelle si arrestò improvvisamente con il proprio cavallo e gli puntò un dito contro, divertita. Aveva un grosso sorriso che le andava da un orecchio all’altro-.
“Sei venuto qui per sposare me e invece ti innamori di mio fratello! Oh quale sventura! Povera me!” recitò come le migliori delle attrici di drammi e Magnus rise scuotendo la testa, ma Izzy ad un certo punto si fece seria e puntò lo sguardo nel suo. “Sii serio, Mag” sbuffò “ti piace mio fratello?” chiese nuovamente e Magnus fece spallucce.
“Sii seria” rispose quindi lui “Sei innamorata di Simon Lewis?”.
La reazione di Isabelle fu strana e gli fece quasi venire voglia di prenderla a sberle: prima arrossì – e in quel momento era così simile a suo fratello – e poi scoppiò a ridere.
“Dello stalliere?” chiese con le lacrime agli occhi e Magnus sapeva che erano lacrime di rabbia, ne era certo.
Magnus strinse più forte le briglie di Indo, così aveva chiamato il suo cavallo ormai, e scosse la testa.
“Isabelle…” ma lei non volle sentire scuse. Rise e diede un piccolo colpetto al cavallo, correndo veloce come se avesse avuto qualcosa da cui allontanarsi. Magnus la fece fare: sarebbe tornata.
E quando lo fece lo trovò seduto sull’erba, le braccia a sostenergli la lesta, lo sguardo rivolto verso il cielo.
“Come hai fatto?” chiese lei, sedendosi al suo fianco. Magnus sorrise “E tu come hai fatto?” rispose a sua volta e finalmente vide Isabelle ridere di nuovo.
“Quindi è così? Ti piace mio fratello?” e Magnus alzò gli occhi al cielo “Non lo ammetterò fino a quando tu non ammetterai di amare Simon!”.
“Dall’età di quindici anni, okay? Lo amo. E mi dispiace Magnus ma io...” sbuffò e nascose il viso tra le mani “Io lo amo e non posso sposarti. Non volevo trarti in tutto questo. E so che Simon è uno stalliere e non potremo mai avere un futuro, mio padre non vorrà mai, mia madre mi farà sentire una sgualdrina come fa ogni volta che mi guarda e Alec si sentirà deluso” Magnus la fermò strappandole le mani dal viso per puntare lo sguardo nel suo “Alec non è deluso. Alec tenta di proteggerti, ti ama. E anche io ti amo, certo non come dovrei farlo per sposarti” rise “Non ho mai avuto intenzione di sposarti Izzy. Sei adorabile e sono fortunato ad averti nella mia vita ma ti vedo solo come un’amica”.
Entrambi si guardarono per un secondo e poi scoppiarono a ridere, finendo per abbracciarsi.
“Non sono mai venuto qui per sposarti se vuoi sapere proprio la verità. Ma quando ho visto tuo fratello ogni minima idea di poterlo fare è scomparsa. È stato amore a prima vista per me, credo”.
“Quindi ti piace!” rise lei battendo le mani “ti piace piace!”.
“Piace piace?” chiese lui alzando le sopracciglia “Cioè…?” Isabelle alzò gli occhi al cielo e gli diede una pacca sulla spalla “Lo baceresti e ci faresti l’amore?” chiese curiosa e lui scosse la testa “Tuo fratello è troppo puro per fare questo tipo di porcherie con me” rise.
“Cioè non lo hai ancora baciato?” chiese esasperata e  Magnus annuì “Sei un deficiente!” disse puntandogli un dito contro. “Ehi, principessa, ricordati che sono il tuo Re” scherzò e lei gli diede un’altra pacca.
“Mio fratello non farà mai il primo passo ma posso giurarci quello che è vuoi che è cotto quanto te, da quando sei arrivato è così dannatamente strano e ti ha detto alcuni dei suoi segreti più grandi! Ti ha persino portato alla cima. Avanti!” sbuffò “Dobbiamo trovare una soluzione” disse stendendosi con la schiena sul prato.
“Già” ammise lui “Ne serve anche una per te e Simon. Ci sto pensando da quando vi ho visti baciarvi, okay forse da prima” gesticolò con la mano come se volesse allontanare qualcosa, qualche idea forse “Ma non ho ancora ottenuto alcun risultato” Isabelle gli sorrise e gli strinse una mano.
“Non so come….” Magnus ricambiò il sorriso “Izzy non devi sentirti in colpa, okay? Il diritto di amare chiunque tu voglia amare così come tuo fratello. Gli ho raccontato che nel mio regno funziona leggermente diversamente da qui. Da noi sposiamo chi amiamo non chi ci darebbe profitto. E se tu ami Simon devi sposare Simon. Io amo l’idea dell’amore e farò sempre di tutto per aiutare l’amore vero” le fece un occhiolino “Ma voglio che Simon mi aiuti….” Si morse il labbro inferiore e vide Isabelle alzarsi di scatto a sedere con uno sguardo interessato.
“Vuoi che parli lui con Alec? Io credo che sarebbe meglio se lo facessi tu, sai…”.
Magnus scosse la testa “Non è per Alec” sospirò “Devo trovare la persona per cui sono venuto qui” confessò. “La madre di Clary?” chiese lei e lui si ritrovò a scuotere nuovamente la testa “Camille Belcourt” le aveva già parlato di quella donna, di quanto fosse contata per lui, di quello che avesse significato.
“Camille….?” Restò a bocca aperta, le guance rosse di chi si trova in difficolta “Io non capisco” ammise Isabelle scuotendo la testa “Hai detto di provare qualcosa per mio fratello” e Magnus annuì “Ma tuo fratello non c’entra nulla con la storia con Camille” affermò lui.
“Quindi cerchi Camille, se la trovi e lei ti rivuole fate la pace, altrimenti cerchi di prenderti mio fratello?” aveva gli occhi ardenti di rabbia e la cosa fece sorridere Magnus; avrebbe voluto una sorella come lei.
“Voglio solo sapere che fine abbia fatto e parlarle. Devo sapere perché mi ha tradito in quel modo altrimenti penso che non riuscirò mai a fidarmi davvero di qualcuno…”.
“Ma di Alec ti fidi?” chiese lei e Magnus annuì “Temo che Alec non saprebbe far del male ad una mosca, di lui mi fido” ammise lui “Ma voglio sapere come sta Camille. Chiedi a Simon di indagare, te ne prego, Isabelle!”.
Isabelle sospirò “Se farai del male a mio fratello ti estrarrò le budella e te le torcerò attorno al collo, siamo chiari?” chiese e lui rise “Alec è così fortunato ad averti” disse allora lui abbracciandola.
“Ti giuro che farò quanto in mio potere per aiutarti” le promise “E che proverò a parlare con Alec anche se confido davvero poco nel suo interesse o quantomeno nella sua voglia di avermi attorno.” Sbuffò “Tuo fratello tiene troppo all’idea che vostro padre ha di lui per decidere di rincorrere la felicità” disse e lei sorrise “Tutto quello a cui io e mio fratello teniamo davvero è la felicità” gli promise e poi si alzò, diretta verso il suo cavallo. Magnus la seguì e in testa non aveva altro che mille idee per cercare una soluzione.
 
****
Clary lo guardava di traverso e lui era seduto sul suo letto, le mani sotto il mento, il cervello rivolto altrove.
“Ma mi stai ascoltando?” sbuffò. “Certo” rispose lui. Ma no, non la stava ascoltando per nulla. Affatto.
Tutto quello che stava pensando era trovare una soluzione.
Forse poteva aiutare Isabelle e Simon a scappare? O forse poteva comprare la sua libertà!
Ma no, in nessuno dei due casi Robert lo avrebbe accettato: non avrebbe mai permesso quell’unione!
“Ah davvero? Allora cosa ho detto?” chiese lei sorridendo e Magnus si nascose il viso tra le mani.
“Qualcosa su quanto sia favoloso Jace e su quanto ti stia aiutando, sicuramente” rise divertito ma Clary non sembrava ugualmente divertita. Anzi. “Affatto” urlò “Ti stavo dicendo che abbiamo trovato un nome, forse, Magnus! Un nome” disse “E forse questo nome mi aiuterà a conoscere quello di mia madre”.
Magnus la guardò così felice ed entusiasta dopo così tanto tempo e le sorrise.
“È fantastico!” sorrise a sua volta, seppur la preoccupazione che quel nome corrispondesse a quello di Valentine si faceva sempre più forte.
“E quale sarebbe?” chiese in preda all’ansia. Clary lo capì ma fece finta di nulla. “Lucian” rispose.
“Non abbiamo ancora un cognome ma sappiamo che esattamente sedici anni fa lavorava qui ed è andato via praticamente pochi giorni dopo la mia data di nascita. Questo dicono i libri contabili di questo posto” sorrise “Ora cercheremo questo nome anche nei diari di Maryse magari corrisponde anche ad un cognome? Senza un cognome non potremo mai cercarlo…”.
Magnus si morse il labbro inferiore. Lucian Graymark. Lo conosceva. E lui aveva conosciuto bene Jocelyn.
Ma poteva dirglielo? Dirle quel nome equivaleva a non mantenere la promessa?
Clary si alzò e gli diede un bacio su una guancia “Vado a fare un bagno caldo” gli sorrise.
“Ti voglio bene, Mag”.
Stava per andare via ma Magnus si alzò in piedi a sua volta e le sbarrò la strada: doveva farlo.
Aveva promesso a Jocelyn che l’avrebbe promessa e Lucian era l’unico ancora in grado di tenerla quanto più lontano possibile da Valentine.
“Graymark” disse stringendole il polso “Il cognome di Lucian è Graymark” le sorrise “È tutto quello che so”.
Non ebbe il tempo di dire altro, Clary gli stava inzuppando la scamiciata di seta blu con le sue adorabili lacrime e gli stava bloccando i polmoni con la sua presa piccola ma forte.
“Non so…” iniziò a dire lei, Magnus la strattonò leggermente e la guardò negli occhi.
“Non devi ringraziarmi”.
Se non poteva ancora aiutare Isabelle forse poteva farlo già con la sua Clarissa, no?
 
****
 
Subito dopo cena Magnus si era rifugiato in camera sua e aveva provato a sciogliere tutti i muscoli intorpiditi con uno dei suoi tanto amati bagni caldi; mentre era ancora nella vasca la porta della camera si era spalancata e da essa era entrato Alec che non appena lo aveva notato lì nella vasca da bagno aveva assunto tutte le tonalità di rosso esistenti
“Scusa io-” aveva alzato gli occhi al cielo e aveva scosso la testa “Non pensavo..”.
Magnus rise “Vuoi unirti?” chiese alzando un bicchiere di vino come per brindare e Alec aprì la bocca, boccheggiando in cerca d’aria. “Io…”. Magnus scoppiò a ridere “Scherzavo” disse facendogli segno di girarsi ma Alec non lo fece. “Allora, non vuoi che esca dalla vasca?” rise e Alec scosse la testa “So che ami i bagni caldi” si sedette sul grosso letto prendendo tutte le forze che aveva in corpo per non spogliarsi e spingersi in acqua con quel meraviglioso uomo che lo guardava con i suoi enormi occhi verdi.
“Non vedo perché dovresti rinunciarci solo perché sono qui” sorrise e si stese sul letto come ormai era abituato a fare; lo raggiungeva sempre dopo cena, anche solo per restare qualche minuto in silenzio in sua compagnia, con l’unico suono dei loro respiri sincronizzati.
“Perché sei qui, Alexander?” e con qui intendeva nella sua vita.
Perché piano piano aveva deciso di entrarci con forza per non andare più via?
“Stavo per farti la stessa domanda” rispose lui prendendo coraggio “Non hai mai avuto intenzione di sposare Izzy” disse e lo guardò con sfida.
“No” confermò Magnus.
“Allora perché sei venuto qui?”.
Voleva davvero parlare della sua ex fidanzata con Alec? Oh no che non voleva.
“Sono venuto qui per cercare qualcuno…” sospirò dopo un po’ che i loro sguardi continuavano ad intrecciarsi.
“Chi?” chiese Alec, un grosso groppo sullo stomaco.
“Camille Belcourt” rispose “Una delle donne che ho più amato in vita mia”.
Alec sbatté le palpebre un paio di volte e poi annuì “Me ne hai parlato” disse quasi con la voglia di scappare via da quella camera. Era stato uno sciocco a credere di poter interessare al Re.
Era stato uno sciocco ad innamorarsi di lui.
“Sei qui per lei, quindi?” chiese, nuovamente. Gli occhi velati di lacrime.
“Sono venuto qui per lei. Simon mi sta aiutando a cercarla” disse “Voglio sapere che fine abbia fatto”.
‘Strano’ , pensò Alec ‘perché mia sorella mi ha proprio detto che ti piaccio piaccio’.
Invece annuì. “E perché?” chiese.
“Perché voglio sapere il motivo del suo tradimento. Non riesco più a fidarmi di nessuno a causa sua” fu tutto quello che disse e per un paio di minuti la camera cadde in silenzio.
Alec ora era nuovamente seduto e lo guardava fisso, Magnus aveva poggiato la testa sul bordo della vasca, gli occhi chiusi, la voglia di chiedere ad Alec perché fosse così tanto interessato.
Ma il primo a rompere il silenzio fu proprio il principe.
“La ami?” chiese e Magnus scoppiò a ridere, più per il nervosismo che per ilarità.
“Amare” sussurrò. “L’amore è un concetto troppo astratto e complicato per poterlo spiegare” disse e Alec scosse la testa “Se la cerchi è perché hai bisogno di lei, no?” disse curioso.
“No” rispose lui “È perché ha qualcosa di mio” e non intendeva il suo cuore, quello era già di Alec.
“Cosa?” chiese Alec e Magnus alzò gli occhi al cielo “Non ti credevo così curioso”.
“Non volevo sembrarti indiscreto” sbottò Alec “Ma credevo che fossimo amici, ormai”.
Più che amici a dire il vero.
“Un gioiello per me molto importante. Era di mia madre” confessò Magnus aprendo leggermente lo sguardo per guardarlo “Soddisfatto, ora?”.
Alec si leccò le labbra “Quindi non la ami più?” chiese nuovamente e Magnus rise di nuovo.
“Te lo ripeto, Alexander. L’amore è una cosa complicata per essere definita così su due piedi” scosse la testa “Cosa potremmo dire che è l’amore?” domando sbuffando “Quello che provi tu per tuo fratello Jace?” Alec aprì la bocca per controbattere, le guance rosse e gli occhi serrati.
“Io” sbuffò “Io non sono innamorato di Jace” ammise per la prima volta.
E a dire il vero lo aveva capito solo di recente; da quando il Re Magnus era arrivato a corte, da quando lo aveva stregato con i suoi meravigliosi e strani occhi verdi macchiati d’oro, da quando lo aveva fatto ridere la prima volta, da quando lo aveva sognato la prima volta, da quando si era svegliato con una prepotente erezione dopo averlo sognato più e più volte, da quando aveva capito che quello che provava per Jace era affetto mentre quello che man mano aveva iniziato a provare per il Re era stato simpatia, interessa, voglia di conoscere, amore. Forse quello era amore. Ma anche in quel caso era stato uno stupido.
Perché finiva sempre per innamorarsi di qualcuno che non lo avrebbe mai ricambiato?
“Ah attenzione” Magnus rise puntandogli un dito contro “Ho detto che lo ami, non che ne sei innamorato e sono due cose completamente diverse. Esistono molteplici forme d’amore! Ami anche tua sorella. E solo quando capirai che ami Jace nello stesso identico modo in cui ami Isabelle sarai finalmente libero di vedere chi ti sta davvero avanti”.
Come te? Avrebbe voluto chiedere Alec ma non lo fece.
“Beh l’ho capito molto tempo fa” disse Alec “Ma so anche di non poter amare chi vorrei”.
Si alzò dal letto intento a voler andare via e Magnus glielo avrebbe lasciato fare, ma non prima di avergli tirato e stretto il polso per farlo abbassare leggermente e dirgli “Puoi amare chiunque tu voglia”.
Dopodiché Alec fu andato.
Il principe si chiuse la porta alle spalle e si morse il polso stretto prima da Magnus per urlare tutto quello che aveva dentro. Non poteva amare chiunque volesse. E non solo perché Robert glielo avrebbe impedito.
Come uno stupido si era innamorato in solo un mese di quell’uomo, forse si era innamorato di lui non appena lo aveva visto, a dire il vero. Fatto restava che Re Magnus non lo amava e non poteva amarlo.
Altrettanto velocemente di come era uscito da camera di Magnus entrò in camera di Isabelle con le guance rosse di rabbia “Ama un’altra” disse e Isabelle sbuffò dandogli uno schiaffo dietro la testa “No” disse ma lui non volle ascoltarla. Non fece altro che stendersi al suo fianco sotto le sue coperte e cercare il suo conforto mentre lei provava a fargli capire che gli piaceva e non era una cosa strana.
Alec aveva iniziato a lottare contro sé stesso dall’età di quindici anni, quando per la prima volta aveva baciato una ragazzina e aveva capito di non essere come gli altri e di non volere quello che volevano gli altri ragazzi della sua età; lui non sognava di baciare labbra dolci e delicate ma labbra forti e ruvide, quelle di un uomo.
Isabelle gli era sempre stata vicina, aveva sempre provato a fargli capire che lei lo avrebbe amato comunque, che non cambiava nulla. Se fosse stato felice con un uomo, una donna o qualsiasi altra cosa lei sarebbe stata felice. Lo aveva visto crollare tante volte, troppe volte, e non gli avrebbe permesso di crollare di nuovo. Non quella volta. Non senza un vero e valido motivo.
Magnus poteva renderlo felice.
E se nel regno di Magnus era vero che chiunque poteva amare chiunque, Isabelle doveva convincerlo a lasciarsi andare a quell’uomo. Ad andare via con lui. A farsi trasportare dall’amore.
Magari sarebbe potuta andare via anche lei con Simon assieme a Magnus ed Alec.
Forse finalmente avrebbero potuto raggiungere entrambi la felicità che sognavano da bambini.
E avrebbero potuto farlo assieme.

 

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Capitolo 5
*** War of hearts. ***



War of hearts.
 
 
Alec era andato via all’alba da camera sua e Simon ne era entrato poco dopo portandole la colazione a letto come faceva ogni volta che poteva; era così adorabile con i suoi enormi occhi e i suoi capelli ricci.
La cosa più bella, quella che l’aveva fatta innamorare, però, era quel grande e genuino sorriso spontaneo che gli spuntava sulle labbra ogni qualvolta i loro occhi si sfiorassero anche solo da lontano.
Lo amava. Lo amava. Eccome se lo amava. Solo che non poteva sposarlo e non perché fosse lei a non volerlo.
Suo padre non lo avrebbe mai permesso. La principessa di Scozia sposata con un garzone! Mai.
Ma lei lo amava e se Magnus diceva che poteva aiutarla allora forse poteva davvero farlo.
Magnus non regalava bugie vuote per quello che aveva potuto conoscerlo.
Da quando aveva conosciuto Simon aveva pianto tante volte a dire il vero.
E non perché avesse vergogna di lui: Simon era quanto di meglio al mondo, era tutto quello di buono che aveva. Simon era la sua anima gemella, non avrebbe mai potuto pensare ad un mondo od una vita senza di lui. E da quando era arrivato Magnus che sorrideva ogni volta che li guardava – se ne era accorta ma non aveva trovato un modo per sviare le sue idee-  e le proponeva modi per aiutarli aveva iniziato a sorridere di più perché aveva iniziato a pensare che forse avrebbero avuto qualche possibilità.
Forse tutte le lacrime che aveva versato in passato erano state inutili: Magnus forse le avrebbe potuto regalare un po’ di felicità. Adorava Magnus. Ma Magnus era lo stesso uomo che aveva fatto piangere suo fratello per tutta la notte, sebbene non avesse capito ancora per quale motivo.
Sentì un leggero movimento alle sue spalle e si rigirò nelle braccia di Simon che aveva smesso di baciarle delicatamente il collo. “Finalmente ti sei ricordata di me” scherzò lui abbracciandola; la testa della principessa era incassata nel collo dello stalliere, i capelli di lei ricadevano sul petto di lui e le mani erano intrecciate. Bianco e nero. Amore.
“Scusa” mormorò lei tirandogli una ciocca di capelli per abbassarselo più vicino e dargli un bacio leggero sulle labbra. “Pensavo a Magnus”. Simon si irrigidì e quasi riuscì a vedere una scintilla di fastidio nei suoi occhi. “Sa di noi” sussurrò. E quella che era stata rabbia negli occhi del ragazzo improvvisamente si tramutò in paura, la paura più profonda e nera. “Ci denuncerà a tuo padre?” chiese e poteva proprio sentire il suo corpo più rigido e duro, persino più freddo e distaccato. Sorrise. Aveva paura di perderla.
“Ci aiuterà” disse sorridendo e Simon alzò confuso un sopracciglio “Ci aiuterà…?”.
Isabelle annuì e lo baciò di nuovo “Non ci amiamo, non vogliamo sposarci. Sa che amo te e lui si è innamorato di…” si morse il labbro inferiore indecisa se dire o meno quel nome; Simon sapeva tutto di lei e di conseguenza sapeva tutto anche di Alec, il principe dopo anni e anni di lotte aveva capito di potersi fidare di lui, dunque aveva deciso di non ucciderlo quando Simon aveva perspicacemente capito di non avere le donne in comune. Ma dirglielo in quel modo sarebbe stato un tradimento verso suo fratello?
“Alec?” concluse lui e lei arrossì leggermente. Simon li conosceva troppo bene. Annuì.
“Quindi?” riprese lui e Isabelle sorrise “Possiamo essere tutti felici” fece spallucce e Simon buttò la testa sul cuscino, sbuffando. “Izzy, amore” le strinse maggiormente una spalla “Ricordi che siamo nella realtà, vero?” le diede un pizzicotto sulla guancia “E che tu sei una principessa mentre la cosa più fine che io abbia mai fatto  è stata lavare una forchetta d’oro?”. Isabelle scoppiò a ridere e annuì.
“Lo ricordo. Ma tu ricordi di chi stiamo parlando? Magnus Bane. È l’uomo più ricco al mondo, forse. E solo perché gli altri non sanno ancora che L’Indonesia è così ricca e potente non vuol dire che Magnus debba necessariamente decidere di acconsentire alle assurde richieste di mio padre”.
Simon annuì, comprendendo. “E quindi cosa proponi? Di ucciderlo e prenderci i suoi averi?”.
Isabelle scosse la testa “Non so ancora cosa ci proporrà, ma Magnus mi vuole bene e sa che per vedermi felice devo avere te quindi troverà un modo. Mi fido di lui”.
Simon sospirò.
“Se ti fidi tu dovrò farlo anche io, suppongo…”.
Izzy rise “Dovrai e in più… Magnus mi ha chiesto di aiutarlo con un certo affare…”.
Alec aveva nominato Camille qualche volta quella notte quindi era maledettamente tentata a non accennare a quel benedetto nome, ma lo fece. “Dovresti aiutarlo con una cosa” ripeté e lui annuì.
“Ho capito” sorrise dandole un bacio sotto la mascella “Se vuoi dirmi cosa…?”.
“Dovresti aiutarlo a trovare la sua ex”.
Simon alzò un sopracciglio “Ma mi hai appena detto che ama Alec….”.
“Beh è complicato” gesticolò Isabelle “Non la ama più ma vuole riprendersi una cosa sua, un gioiello appartenente a sua madre che ha regalato a Camille in segno del suo amore”.
Simon si morse l’interno della guancia e annuì “Sarà fatto” disse e poi si abbassò sulle sue labbra.
“Ripetimi il nome” le sussurrò all’orecchio prima di scendere a farle il solletico nell’incavo del collo.
“Non ti azzardare” lo minacciò lei “Ora finisci quello che hai iniziato” si aggrappò ai suoi capelli e guidò la sua testa verso il seno, sospirando “Il suo nome è CamilleBelcourt” ansimò “Ma hai tempo per cercarla”.
Simon rise sadicamente e poi le morse un capezzolo facendola gemere. Lo amava.
 
*^*^*^*^*^*^*
Magnus aveva appena aperto gli occhi a causa della luce solare quando qualcuno bussò la porta.
Amava il sole ma non in quel posto; in Scozia sembrava più smorzato e meno vivo. Meno sole.
Si alzò sbuffando; odiava essere disturbato di prima mattina, sperava quantomeno che al di là della porta ci fosse Alec con i suoi bellissimi occhi blu ed una tazza di thè tra le mani.
Si trascinò verso la porta chiudendosi la vestaglia sul ventre e poi aprì la aprì.
Purtroppo – e non perché non la amasse – fuori la porta c’era Isabelle con i bellissimi capelli neri sciolti su una scollatura da far impazzire il mondo e le labbra rosse inarcate su un sorriso tutt’altro che felice.
“Buongiorno bellezza” mormorò Magnus facendosi di lato per farla entrare; sembrava una furia quella ragazza. Il modo in cui entrò e si chiuse la porta alle spalle spingendolo poi leggermente non faceva presagire proprio un bel quarto d’ora.
“Cosa hai detto a mio fratello per ridurlo in quello stato?” sbottò lei dandogli un’altra spinta che lo fece traballare e poi cadere sul letto a gambe in aria; rise e si mise più comodo, con le braccia sotto la testa.
“Cosa?” chiese confuso, cercando di ricordare a quando risalisse l’ultima volta in cui ci aveva parlato e sorrise maliziosamente quando gli venne in mente che l’ultima volta era stata la sera precedente; Alec era andato a chiedergli perché avesse deciso di partire per la Scozia e lui gli aveva parlato di Camille.
Ma no, non poteva essere geloso perché credeva di essersi creato false aspettative, giusto?
“Cosa hai detto a mio fratello la scorsa notte?” ripeté Izzy “È venuto in camera mia distrutto” sbuffò
“E non sapevo più come consolarlo! Che cosa gli hai detto, per l’angelo?” urlò leggermente e lui sorrise di nuovo, amava quel modo di dire. O forse lo amava solo perché era felice. Gli piaceva quello che stava accadendo.
“Perché?” chiese gongolante e Isabelle alzò gli occhi al cielo.
“La smetti di sorridere così tanto compiaciuto?” soffiò e Magnus si morse l’interno della guancia per non sorridere. “Abbiamo parlato di Camille” ammise “Era infastidito?” chiese e Isabelle alzò gli occhi al cielo, odiava dover fare quello a suo fratello ma se non avesse parlato lei non si sarebbe mai smossa quella situazione.
“Ha sbuffato tutta la notte perché gli piace” si risparmiò i tanti ‘mi sono innamorato’ “Qualcuno che non potrà mai ricambiare e tu pensi lo stesso. Quando deciderete di chiarirvi per una buona volta?” alzò le mani al cielo e Magnus si alzò di scatto per abbracciarla e stamparle un bacio sulla fronte.
“Mi dispiace Izzy ma ho da fare” la spinse fuori la porta “Grazie per l’informazione, è stata davvero utile” Sapeva che in quel giorno della settimana Alec restava chiuso ore e ore nella sua camera ad esercitarsi perché spesso aveva rifiutato una passeggiata, avendo appuntamento con il maestro. Sapeva anche che il maestro era fuori città, essendo partito subito dopo la battuta di caccia.
“Credo di dover chiedere a tuo fratello ripetizioni di arti combattive” le fece un occhiolino e Isabelle rise, capendo che finalmente uno dei due si sarebbe mosso nella giusta direzione.
“Divertitevi, allora” gli fece un occhiolino “Ma fa del male a mio fratello e sei morto, Re Magnus”.
Magnus le mandò un bacio con la mano e chiuse la porta.
Voleva fare di tutto ad Alec, tranne fargli del male. Non gli avrebbe mai fatto del male. Mai.
*^*^*^*^*
Clary guardò Jace, i suoi capelli lunghi ad incorniciargli il viso, gli occhi dorati concentrati su una calligrafia troppo imperfetta per essere leggibile, le mani sotto la testa.
“Ti piace quello che vedi?” si sentì dire ad un certo punto e poi arrossì talmente tanto violentemente da riuscire a sentire il proprio cuore battere e le orecchie ronzargli.
“Sai” continuò il biondo “Posso sempre accontentarti dandoti la mia versione integrale” lo osservò leccarsi l’indice per poi sfogliare la pagina e sorridere nuovamente “E penso che non ti dispiacerebbe”.
Alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Quel ragazzo era così dannatamente pieno di sé!
“E comunque se magari cercassi anche tu forse riusciremmo a finire prima” borbottò e Clary sbuffò.
“Ho finito la mia parte di ricerca tempo fa. Sei troppo lento JaceHerdonale” mormorò poggiando la testa sui gomiti “E non ho trovato molto di più rispetto a quello che sapevamo. Compare un nome femminile in tutto. È Jocelyn e basta. Senza cognome. Senza provenienza. Senza nulla. È citata con Luke, però” riprese il segno che aveva messo per quella frase “Ecco! ‘Luke è così gentile con noi ragazze; non sembra neanche essere cresciuto nello stesso posto di Robert e Valentine! Robert è più freddo e strafottente, quasi non gli interessasse nulla di noi. Valentine invece è gentile e carino solo con chi vuole ma resta comunque il più interessante con i suoi capelli biondi bianchi e i suoi bellissimi occhi verdi. Credo che Valentine e Luke siano innamorati della stessa donna: Jocelyn.  Forse a Robert piaccio più io. Ma comprenderei se anche a lui piacesse più lei. I suoi lunghi capelli rossi la fanno sembrare una fiamma, una di quelle capaci di illuminare anche i percorsi più bui come la mia vita’ WoW la giovane Maryse era proprio una grande scrittrice” sospirò. “Ma non ci ha detto nulla di interessante su questa Jocelyn a parte quei maledetti capelli rossi! L’unico indizio che abbiamo è Luke. Credi che Luke possa essere…”.
Jace la interruppe “Sì. Luke è decisamente Lucian! Dobbiamo trovare più informazioni su di lui. È il nostro punto di partenza, Clary”.  Per un attimo le venne l’idea di urlargli contro un ‘non pronunciare il mio nome’, ma non lo fece, chiuse la bocca e cercò di tapparsi anche mentalmente le orecchie, solo perché quelle labbra pronunciavano il suo nome come nessuno lo aveva fatto prima e lei non voleva che lo facessero.
“LucianGraymark” sospirò “Credi che possa essere mio padre?” domandò e Jace scosse la testa “Non lo so” ammise “Ma noi stiamo cercando tua madre, no?” le sorrise e non riuscì a non farsi contagiare.
“Tutto quello che sappiamo è che l’unica altra donna conosciuta da Lucian, a parte MAryse e mi auguro proprio che non sia lei mia madre, sia quella Jocelyn” fece spallucce “Che nome strano”.
Clary vide Jace alzarsi dalla sua sedia ed avvicinarglisi velocemente per prendere il suo viso tra le mani e portarlo a pochi centimetri dal suo. Ecco in quel modo i loro occhi erano proprio dritti gli uni negli altri e la cosa era così imbarazzante ma anche così eccitante. Si sentì arrossire ma sapeva che delle goccioline di sudore avrebbero iniziato a comparire presto sulla sua fronte sfumata di lentiggini e quello non aveva nulla di carino. Perché le altre erano sempre così delicate e adorabili mentre arrossivano?
“Clarissa” sussurrò Jace e Clary ne fu certa, una parte del suo cuore esplose ed una parte del suo cervello andò a farsi benedire. La vicinanza di Jace, il modo in cui pronunciava il suo nome, i suoi occhi.
Si sentiva stordita.
“Mi capisci, Clary?” chiese nuovamente “Jocelyn! Deve essere lei! Ti somiglia maledettamente! Dobbiamo trovare subito Lucian. È lui l’uomo che cerchiamo. Ci condurrà lui a tua madre, Clarissa” ripeté e lei sbatté gli occhi un paio di volte, confusa.
“Non hai nulla da dire?” chiese lui sentendo il proprio entusiasmo cadere.
“Non pronunciare il mio modo in quel nome” fu tutto quello che disse prima di sentirsi la persona più stupida sul pianeta. “Come?” chiese Jace e Clary desiderò poter morire “Come se fosse il nome più bello che avessi mai sentito” disse mordendosi il labbro inferiore e Jace sorrise.
“Tu sei la persona più bella che abbia mai visto” le disse e Clary dovette fare forza per alzarsi di scatto e allontanarsi. “Dobbiamo trovare Lucian” disse prima di chiudersi la porta alle spalle.
Jace era pericoloso e lei non era approdata in Scozia per cercare pericolo; l’unica cosa che voleva trovare era sua madre.
 
*^*^*^*
Magnus prese il respiro preparatorio più grande che avesse mai preso in vita propria e poi spalancò la porta della camera di Alec. Aveva sperato per qualche secondo di non trovarlo. A differenza di quanto chiunque lo conoscesse potesse pensare, era terrorizzato di poter essere rifiutato e da qualche parte nel suo cuore sapeva che Alec lo avrebbe fatto; che avrebbe trattenuto il suo cuore tra le mani e poi lo avrebbe premuto fino a farlo dissanguare. Eppure era pronto a cederglielo di sua spontanea volontà.
Sorrise ritrovandosi il bel principe mezzo nudo con un arco più grande di lui tra le mani; era quanto di più bello avesse mai visto, ne era certo. Alto, statuario, con dei pantaloni attillati alle gambe – a mostrargli il suo sodissimo didietro – una schiena nuda liscia e muscolosa, le scapole alte e pronunciate, le spalle massicce ma eleganti, il collo alto ricoperto di ciocche di capelli neri troppo lunghe, le braccia flesse sull’arco, pronte a far scattare la freccia e farla finire al centro del tabellone che aveva avanti o nel centro del suo petto.
Quello spettacolo era troppo per la sua fragile salute, ci avrebbe scommesso tutti i suoi migliori vestiti.
“Lo Sapevo” disse quando notò che Alec non si era ancora accorto della sua presenza.
“Sapevo che la tua arte preferita fosse il tiro con l’arco”.
Vide Alec immobilizzarsi per qualche secondo e poi si ritrovò avanti agli occhi la visione più bella di sempre: i capelli neri sudati cadevano in ciocche disordinate sul suo viso, lo sguardo blu era acceso, le labbra rosse come le guance e gran parte del viso, piccole goccioline di sudore scendevano lente dal collo al petto e dal petto agli addominali pronunciati. Quanto avrebbe voluto farlo suo in quel momento. Proprio su quel pavimento.
“Ma-Magnus” borbottò lui lasciando cadere l’arco al proprio lato “Che ci fai qui?” era rosso e imbarazzato, ma il Re riusciva a sentire l’elettricità nel suo corpo, la sentiva: era forte e lo attirava verso di lui, e lui doveva fare una grande forza per non cedere.
“Se disturbo vado via” disse, un piccolo sorriso malizioso sulle labbra. Alec scosse la testa.
“Ero venuto a chiederti se ti va di rispolverare le mie arti combattive” fece spallucce “È da parecchio che ormai non mi esercito. L’ultima volta è stata quando come te ero ancora un principe. E avevo una cotta assurda per il mio maestro. A mia discolpa posso dire che era bellissimo” rise leggermente “Giuro di non approfittarmi di te come feci con lui”. E giurò di poter leggere nello sguardo di Alec un “Approfitta pure”, ma forse era solo la sua fantasia ad essere diventata troppo fervida.
“Ah” Alec alzò gli occhi al cielo e scosse la testa “Non sono un bravo maestro” scrollò le spalle “Potremmo chiedere a Jace di aiutarti, lui sicuramente è migliore di me nelle arti combattive” Magnus rise e si girò su sé stesso, trovando l’arsenale con il quale era solito allenarsi il Principe proprio vicino la porta, dunque velocemente prese due spade di legno e ne avvicinò una ad Alec “Non ci credo” disse scuotendo la testa, ma Alec alzò gli occhi al cielo e respinse la spada “Dovresti” sbottò portandosi entrambi le mani alle tempie.
“Me lo dimostri?” chiese il Re dandogli nuovamente una delle due spade dal lato dell’elsa “Avanti, avrai mica paura?” sapeva di non avere chance con quel ragazzo a meno che non lo provocasse.
Le provocazioni erano sempre fruttuose. E anche in quel caso lo furono.
Il viso di Alec si contorse in un’espressione divertita, la mano destra si allungò a tirare la spada che un secondo dopo stava già brandendo contro Magnus che con prontissimi riflessi riuscì a deragliare il colpo verso destra approfittando del momento di smarrimento di Alec per avvicinarglisi e toccarlo con la spada “Ops, forse avevi ragione a proposito di Jace” rise e vide Alec alzare con forza la spada per bloccare un secondo colpo e respingerlo facendolo arretrare verso la parete per poi toccarlo “O forse no?” chiese sorridendo, al che Magnus alzò nuovamente la spada. Uno brandiva l’altro schivava, uno schivava l’altro brandiva. Sembravano essere immersi in una danza tanto elegante quanto sensuale con i due corpi flessuosi che si muovevano velocemente lasciandosi dietro scintille ogni qualvolta si sfiorassero anche di poco. “Questo è tutto quello che sai fare?” chiese Magnus ad Alec e lui sbuffò, mettendo più forza nella mano destra, lo vide concentrarsi su tutto il proprio corpo e poi assestare un colpo che il Re riuscì a schivare facilmente. “Da quando sai combattere così?” chiese Alec sorpreso, allontanandosi leggermente. “Non immaginavo che fossi così bravo”. Magnus rise scuotendo la testa “E come credevi che mantenessi vivo il mio regno?”. “Con amore e accettazione?” lo prese in giro Alec e Magnus rise “Certo, ma amore e accettazione non mi permettono di estendere i miei confini e di difendere la mia gente dagli approfittatori come tuo padre. Credi che non si sarebbe fatto scrupoli ad invadermi per rubarmi ricchezze ed esercito se non avesse avuto paura di me e delle mie forze?” gli fece un occhiolino e Alec lo guardò a bocca aperta.
Voleva baciarlo. Invece tutto quello che riusciva a fare era ammirarlo da lontano.
Si allontanò leggermente e quando l’altro meno se lo aspettava, affondò nuovamente e quella volta non fu fermato: Magnus cadde a terra, completamente disteso e divertito, la spada lontana dalle sue mani. Due erano le opzioni. Fare una battuta sul modo in cui lo aveva steso o spingerselo addosso. E la seconda gli sembrava molto più allettante. Dunque afferrò la spada di Alec – che non allentò la propria presa- e la tirò verso di sé fino a quando il corpo di Alec non fu adagiato sul suo, e fu in quel momento che si rese conto di non provare solo una semplice attrazione.
In ogni minuscolo punto in cui i loro corpi si sfioravano venivano a crearsi mille scintille capaci di incendiargli anima e cuore e l’unico modo per placare quel fuoco che lo bruciava era afferrare Alec e farlo suo. I loro occhi si scrutavano e andavano veloci dalle labbra alle pupille: così veloci da perdersi gli uni negli altri. Alec era seduto sul bacino di Magnus, aveva le mani sulle sue spalle e Magnus aveva le mani sui suoi fianchi. Le sentiva formicolare quasi come se non gli bastasse quel poco di pelle che riuscivano a toccare. Avrebbe voluto avere il potere di avvolgerlo completamente tra le proprie mani, di possederlo totalmente.
Voleva baciarlo e subito; sarebbe impazzito se non lo avesse fatto. Voleva che Alec lo ricambiasse.
Alzò leggermente la testa e la avvicinò alla sua, ma fu Alec a completare la distanza che li separava e poggiare le labbra sulle sue; in un primo momento Magnus ne fu sorpreso, neanche ci credeva; ma quando si accorse di star veramente baciando Alec, tutto prese vita. I suoi occhi riuscirono a metterlo a fuoco meglio, le sue mani riuscirono a sentire meglio il contatto con il suo corpo, il suo bacino riuscì a sentire perfettamente la frizione che Alec creava muovendosi più freneticamente verso le labbra di Magnus.
E Magnus stava vivendo il momento più bello di tutta la sua vita; sebbene le labbra che lo stavano baciando fossero incerte e poco esperte, quello era il bacio migliore di sempre. Quelle labbra calde, morbide e languide gli stavano provocando i brividi. Alec gli morse leggermente il labbro inferiore per prendere aria, i loro occhi si scontrarono, e poi riprese a baciarlo perché quella era la cosa giusta che il cuore gli diceva di fare, perché quella era la cosa più giusta che avesse fatto in vita sua, perché quella che avevano iniziato era stata una guerra tra due cuori e Alec non voleva essere l’unico a tirarsi indietro da quella battaglia, per una volta nella vita non voleva comportarsi da vigliacco.
Si aggrappò di più al Re, stringendo i capelli dietro la sua nuca e Magnus a sua volta si aggrappò alle spalle di Alec, annaspando per ricevere aria ma senza la forza di potersi allontanare, con la paura di mettere fine a tutto quello, perché non avrebbe mai voluto fermare quel momento.
Ma qualcuno spalancò la porta e in men che non si dica Magnus si ritrovò a baciare e stringere l’aria; Alec, infatti, non appena sentì la porta cigolare, rotolò sulla propria schiena e si ritrovò al fianco di Magnus.
Aveva gli occhi lucidi, le guance rosse e le mani sudate, eppure non rimpiangeva ancora quello che aveva fatto.
Dall’altra parte della porta stagliava Jace, i capelli biondi scombinati, gli occhi lucidi e le guance rosse; doveva c’entrare Clary, immaginò Magnus. E infatti lo sentì pronunciare un “Mi sono innamorato, Alec!” seguito da un “Re Magnus? Alec?” e un risolino divertito. Alec guardò Magnus e si morse il labbro inferiore.
“Re Magnus” balbettò “Grazie per avermi aiutato…” borbottò imbarazzato e il Re capì che gli stava chiedendo sotto mentite spoglie di andare via. Dunque annuì con l’amaro in bocca, si alzò e andò via facendo proprio quello che aveva sperato di non dover fare: sentirsi deluso.
 
*^*^*^*^*
La cosa che più lo infastidiva non era che lo avesse cacciato, no quello poteva capirlo; era sicuramente imbarazzante per lui essere colto dal fratello mentre baciava un altro uomo. Quello che gli dava fastidio era la distanza che aveva impresso in quelle parole. La freddezza che aveva sentito nella sua voce e visto nei suoi occhi. Quel “Re Magnus” pronunciato come non aveva mai fatto prima. Quel modo di guardare furtivamente la porta mentre lo ringraziava. Il modo in cui era rotolato via dal suo corpo.
Perché lo aveva baciato se non aveva voluto farlo?
Passò la cena immerso nei propri pensieri, lontano da tutti e da tutto, distogliendo gli occhi da Alec che invece cercava il suo sguardo, fuggendo dalle parole di Clary che voleva aggiornarlo e da quelle di Isabelle che voleva dargli novità sul caso di Camille. Continuava a pensare che forse Izzy si era sbagliata, lui stesso lo aveva fatto: Alec aveva solo voglia di provare a baciare qualcuno e lo aveva fatto, dunque non ci sarebbe mai stato altro. Si alzò chiedendo scusa e si avviò per primo in camera, sperando che a nessuno venisse l’idea di disturbarlo proprio in quel momento. Aveva un forte mal di testa e non voleva fare altro che dormire, ma non appena provò a chiudersi la porta alle spalle, un piede si inserì tra la porta e lui, era Alec.
Sbuffò e provò a ripetersi di stare calmo, che non sarebbe successo nulla. Alec gli avrebbe detto che non provava nulla e tutto si sarebbe concluso in fretta, così lui sarebbe stato in grado di poter stabilire la data di partenza per ritornare alla propria corte e intavolare il piano che aveva promesso ad Isabelle.
Alec chiuse la porta e vi si poggiò contro, Magnus fece finta che non ci fosse e tolse via le proprie scarpe e poi la striscia di seta blu che portava al collo, fece per sbottonare anche il camicione di seta blu intarsiato di oro ma la voce di Alec interruppe il flusso di pensieri che aveva in mente.
“Mi dispiace” sussurrò e Magnus sperava si riferisse al modo freddo in cui si era comportato ma sapeva che stava parlando di quel bacio. Non ci sarebbe dovuto essere.
“Per cosa?” chiese Magnus “Per essere stato te stesso un minuto prima e aver deciso di rinnegarti subito dopo?” alzò un sopracciglio e si girò verso di lui. Alec lo guardava quasi come se lo odiasse, eppure forse in quel momento il più arrabbiato dei due era Magnus.
“Non mi stavo rinnegando” provò a dire ma il Re lo interruppe.
“Non mi piace chi mente, Alexander. Quindi prima di peggiorare le cose, grazie per avermi aiutato” disse puntando lo sguardo verso la porta. “Questo non è giusto, però” sbottò Alec “Non potevo lasciare che Jace lo scoprisse, capisci?” Magnus rise “No, non capisco” scosse le spalle “E non ho intenzione di capire, non ora”. Alec si passò entrambe le mani sul viso e sbuffò, avvicinandoglisi.
“Non è normale, capisci? Non è normale quello che provo per te, Magnus…” sussurrò, stringendogli una spalla, Magnus lo guardò sconfitto “Perché non dovrebbe esserlo, Alexander?”.
“Perché dovrei amare una donna” gemette Alec “E invece…”. Non poteva dirgli che invece amava lui, vero?
“E invece?” chiese Magnus. “E invece non riesco a guardarle neanche le donne” concluse.
“Non sono mai stato attratto da nessuno prima, ma non appena ho posato gli occhi su di te, Magnus, ho desiderato di poter essere creta tra le tue mani. E oggi mentre ti baciavo mi sentivo creta, mi stavi modellando. Ma non puoi modellarmi come vorrei. Non puoi modellarmi facendomi sentire normale perché non lo sono e perché mio padre non lo accetterà mai, quindi dovrò mettere da parte quello che vorrei e sposare una donna, avere dei figli e diventare Re di Scozia. Forse un giorno potrò aver bisogno di te e solo quel giorno forse sarò in grado di spiegarti quello che sto provando in questo momento, ma non posso ora. Non posso provarlo. Devo reprimerlo, non è normale” disse quasi con le lacrime agli occhi e al Re venne una tremenda voglia di abbracciarlo. Non lo fece, ma gli accarezzò una guancia.
“Alexander” sussurrò, guardandolo “Non è mai anormale provare qualcosa, per chiunque tu la provi” le parole gli uscivano veloci dalle labbra, non avrebbe voluto fare altro che trascinarlo in Indonesia, lì dove avrebbe potuto essere sé stesso. “Vorrei aiutarti a capire che non devi sentirti in dovere di essere chi non sei solo per far felice tuo padre. È la tua vita, devi decidere tu chi essere. Sei il principe di Scozia, e allora? Crescere tra le mura di questo castello pieno di storia e leggende non ti ha insegnato nulla sul coraggio?
Ci vuole più coraggio ad amarsi che a rinnegarsi” gli disse prendendo il suo viso tra le mani e Alec rise, triste.
“Mi dispiace” ripeté “Non avrei dovuto farlo” sussurrò ma un secondo dopo lo stava di nuovo tirando verso di sé. Le mani strette dietro il suo collo quasi gli stesse imponendo di non spostarsi, la frequenza cardiaca sempre più alta, la voglia di restare tra quelle braccia per sempre.
Magnus lo strinse, sperando di non sentirsi dire quello che immaginava: che quello era il loro ultimo bacio.
Come avrebbe fatto a resistergli una volta conosciuto il suo sapore, il suo calore, il suo cuore?
Non avrebbe mai voluto lasciarlo andare ma Alec si allontanò, lo guardò con le lacrime agli occhi e gli strinse il viso tra le proprie mani “Non sono mai stato coraggioso” mormorò e poi si allontanò velocemente, senza dargli il tempo di aggiungere altro.
Magnus si guardò attorno: cosa gli restava da fare se non scappare via da quel posto?
Aveva perso quella battaglia di cuori, non gli restava che ritirarsi.

 

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Capitolo 6
*** One day, baby, we will be. ***


One day, baby, we will be.
Clary guardava quell’uomo dai grandi occhi azzurri con le lacrime che gli colavano sulle guance, incredula e scossa da quello che le stava dicendo. Jace sostava qualche passo dietro di lei, le spalle che si toccavano di tanto in tano, lo sentiva freddo e cinico. Stava provando ad alzare quel muro di forza che nei giorni Clary era riuscita a demolire perché uno dei due doveva dare coraggio all’altra. Il biondo la guardava così piccola e fragile eppure così tanto piena di forza, la grande voglia di stringerla tra le proprie braccia.
Lucian Graymark la guardava dalla sua grande altezza con i capelli brizzolati e gli occhi azzurri liquidi, la voce roca di lacrime, il cuore di chi non aveva potuto amare chi avrebbe voluto amare.
“Era fidanzata con il mio migliore amico” sussurrò “Ma io la amavo e l’ho aiutata a nascondersi da Valentine. Magnus Bane ci ha aiutati, è stato da subito gentile con tua madre perché lei è stata gentile con lui. Nessuno fa nulla per niente ma Magnus Bane ti ha portata con lui e ti ha cresciuta solo in nome di quella donna che gli aveva fatto scoprire un inganno, nulla di più. Tua madre deve la tua vita a lui”.
Clary annuì, sentendo subito il bisogno di dover abbracciare quell’uomo nella cui voce riusciva a sentire il rimorso di chi crede di non aver fatto a sufficienza.
“Le aveva promesso di non dirmi mai il suo nome…” sussurrò lei trattenendo altre lacrime e Lucian annuì.
“Temeva che decidendo di venire qui potessi incappare nella rete di tuo padre” si massaggiò le tempie “Ma hai scampato questo pericolo per il momento. ValentineMorgenstern, tuo padre, è stato un traditore. Ha tradito la corona e ora serve l’Inghilterra. È anche per questo in parte che Robert ha intenzione di muovere guerra all’Inghilterra e vuole necessariamente vincerla. Per dimostrare al nostro amico d’adolescenza chi comanda davvero” scosse la testa “Ma entrambi hanno perso il percorso della retta via”.
Jace strinse una spalla a Clary e la invogliò a fare quella domanda che le premeva le labbra stringendole forte la mano stesa lungo i fianchi; lei lo guardò e si tranquillizzò ritrovandosi quei piccoli profondi pozzi di miele e quel leggero sorriso sul suo viso.
“Lucian, lei chi è e dove è?” chiese, finalmente, ma l’espressione che vide sul viso dell’uomo le fece venire nuovamente voglia di piangere. Lucian arretrò di qualche passo fino a sedersi su una sedia di legno, si portò entrambe le mani agli occhi e scosse la testa “Speravo di non dovertelo mai dire” gemette stringendo nei palmi il bordo del tavolo al quale era seduto. “Il suo nome era Jocelyn Fairchild. Era la donna più fiera e forte che avessi mai conosciuto. Mi innamorai subito di lei e lei mi abbandonò subito dopo di aver capito di amarmi, che quel bambino che portava in grembo sarebbe dovuto essere mio e non di quell’uomo che l’aveva condotta alla morte”. E così aveva ritrovato sua madre ma lei non c’era più. Sua madre era morta.
Clary sentì il mondo girarle attorno, vide le stoviglie di porcellana cadere dalla mensola di legno che si scardinava dal muro, vide la sedia volare in aria portandosi dietro Lucian, vide il tavolo alzarsi e colpire direttamente Jace in pieno viso: tutto le girava vorticosamente attorno e lei aveva solo voglia di vomitare.
“Mi dispiace Clarissa” sussurrò Lucian “Vorrei che fosse andata diversamente”.
Ma lei già non stava più ascoltando: correva più velocemente di quanto avesse mai fatto in vita propria.
Sentiva il vento schiaffeggiarla, i capelli volare in aria e i vestiti attaccarglisi alla pelle a causa della pioggia che scendeva imperterrita da grossi nuvoloni sulla sua testa.
Jace la guardò andare via preoccupato dal fatto che potesse perdersi tra le stradine della cittadina o peggio ancora percorsi fangosi della foresta ma Lucian lo fermò e lo pregò di darle una lettera scritta sua madre quando si fosse calmata; il biondo annuì e lo ringraziò, dopodiché corse più veloce del vento pronto a riacciuffare Clary tra le proprie braccia.
 
*^*^*^*^*^*
 
Isabelle seduta sul suo letto lo guardava con disapprovazione come se fosse stato lui a cacciare il fratello l’ultima volta da camera propria, come se avesse voluto far accadere lui quello che era successo.
Ma di sicuro non era stato lui a chiedergli di evitarlo per una settimana; era da troppo ormai che Alec non gli rivolgeva neanche uno sguardo. All’inizio aveva provato a provocarlo guardandolo, parlandogli persino in pubblico, seguendolo, ma poi si era arreso. Non si può rincorrere per sempre qualcuno che non vuole essere raggiunto e Alec non voleva affatto essere raggiunto da lui. Dunque lo aveva lasciato a sé stesso e si era dedicato al motivo per il quale aveva davvero deciso di arrivare in quelle maledette lande fredde che rischiavano di gelargli persino il cuore. Fortunatamente a riscaldarglielo di tanto in tanto c’era Isabelle che aveva iniziato a trascorrere più tempo del dovuto, forse, con lui. Tanto da far lamentare persino di Robert!
Non erano ancora arrivati ad una conclusione per la sua situazione con Simon, ma a breve il ragazzo sarebbe partito per un paesino molto vicino dove era stata avvistata l’ultima volta Camille con la speranza di poterla trovare e poter riavere da lei quello che gli apparteneva.
La ragazza lo guardava dal basso e scuoteva la testa, lui la guardava frastornata, non riuscendo a capire quello di cui lo accusava.
“Quindi davvero decidi di arrenderti?” chiese per l’ennesima volta e Magnus si alzò dalla propria sedia per avvicinarla, un vasetto di cristallo tra le mani contenete un siero all’oro proveniente direttamente dal suo regno; quanto gli mancava, non vedeva l’ora di partire e tornare a sentire la sensazione di calore regalata dal sole, il fresco elargito dal mare e l’odore di cocco che si sprigionava ovunque.
“Prendine un po’ e saggiane la consistenza, mia Isabelle” disse con voce seducente il Re, ma lei scosse la testa infastidita “Non mi incanterai con un po’ d’oro, Magnus”. Magnus alzò gli occhi al cielo e si avvicinò nuovamente al mobile da toletta d’oro che si era portato direttamente dall’Indonesia; aprì un piccolo scrigno poggiato sulla tavoletta e vi fece scivolare le dita dentro fino a quando non fu soddisfatto del risultato e dunque le si avvicinò nuovamente “Ne sei proprio certa, mia cara?” chiese nuovamente mostrandole un paio di orecchini d’oro bianco con delle pietre rosse incastonante a goccia che le sarebbero stati benissimo valorizzando la sua mascella pronunciata e le labbra che portava sempre rosse.
“Avanti, ti stanno d’incanto” le sussurrò mettendogliene uno ed alzando un piccolo specchio per farle ammirare quel capolavoro rosso e oro che andavano a creare con il suo incarnato.
“Potresti salutare così il tuo Simon prima della partenza: con solo questi pendenti addosso” le sorrise e Isabelle arrossì leggermente, divertita. Quindi gli prese l’altro orecchino dalla mano e se lo mise, poi si alzò di scatto e incrociò le braccia al petto “Grazie per questo meraviglioso dono, mio Re” rise “Ma non mi distrarrai dal mio discorso” gli puntò un dito contro “Vuoi davvero arrenderti così?” Magnus sbuffò e aprì la bocca per rispondere, ma un paggio vestito di tutto punto aprì la porta di camera e li avvisò che stava per essere servita la cena, dunque Magnus rallegrato lo seguì e Isabelle minacciandolo che lo avrebbe pressato fino a quando non gli avrebbe fatto cambiare idea, gli andò dietro.
 
*^*^*^*^*
Magnus sorrise fintamente ad una battuta di Robert, e ritornò ad osservare in silenzio il proprio piatto, poi a parlare con Isabelle e a ridacchiare su Simon che faceva di tutto per non arrossire, essendosi accorto che parlavano di lui, ed infine si chiuse in una piccola bolla privata con Clary che due giorni prima aveva scoperto finalmente il nome della madre ma era venuta anche a conoscenza della sua morte; Magnus era dispiaciuto, soffriva vedendola sofferente. Avrebbe voluto avere la forza di poterla aiutare, di poter servire a qualcosa, ma non sapeva cosa fare. La sua mente era annebbiata, non riusciva a pensare ad altro che salpare sulla nave e arrivare lontano da quel posto, lontano da Alexander che quella sera aveva deciso di tornare a perforargli l’anima con i suoi due occhi blu notte. Magnus bevve un sorso di vino e strinse una mano di Clary “Credo” disse facendo finta di ignorare il principe “Di essere d’accordo con Jace per la prima ed ultima volta” Jace rise e alzò un bicchiere come per brindare alla sua salute “Dovresti aprire quella lettera, Clarissa” la accarezzò con più dolcezza e si avvicinò al suo viso “Devi farlo” le diede un bacio e alla fine esausto dagli sguardi di Alec, dalla voglia che sentiva nascergli dal petto e dalla sua stessa voglia di ignorarlo, si alzò da tavola chiedendo ancora una volta le sue scuse, diede un bacio sulla guancia di Isabelle e si ritirò in camera. Sentì dei passi dietro le spalle ma fece finta di nulla, prese a camminare più veloce, quasi sentiva il cuore salirgli in gola, si ritrovò a correre e a sbattersi la porta alle spalle: era al sicuro.
Si guardò allo specchio e sbuffò non riconoscendosi nell’immagine di un uomo senza coraggio che provava a scappare da qualcun altro, forse stava semplicemente scappando dall’ennesima delusione che non avrebbe potuto sopportare. Isabelle gli chiedeva come poteva farlo, la sua risposta al momento, era che doveva farlo. Era arrivato ad un certo traguardo della sua vita: quello in cui si capisce che chiunque ami verrà comunque dopo di te, dunque dovrai fare sempre di tutto per preservare prima te e poi gli altri.
Un po’ di sano egoismo serve per difenderti e salvarti, e il suo egoismo consisteva nel fare i suoi bagagli.
Si tolse il manto di pelliccia regalatogli da Isabelle e lo poggiò sulla sedia avanti la toeletta, sbuffò e si avvicinò ad uno dei grandi bauli ormai vuoti, dunque aprì l’armadio che aveva ormai riempito di sui vestiti ed iniziò a prenderli uno ad uno; era così esageratamente geloso delle sue stoffe da preferire piegarle di sua mano piuttosto che lasciarlo fare a qualcuno. L’unica altra persona a cui dava la possibilità di toccare i suoi vestiti era Catarina. Sbuffò piegando dei pantaloni di seta, lasciandosi trasportare da quel loro colore azzurrino proprio come quello degli occhi di quella fantastica donna dalla pelle scura e gli occhi azzurri come il cielo che ormai non vedeva da troppo tempo. Gli mancava. Così come gli mancavano Raphael e Ragnor, i suoi più grandi e stupidi amici. Chissà cosa avrebbero pensato della brutta situazione in cui si trovava?
Posò nel baule più grande il pantalone che aveva appena piegato, dunque prese la lunga casacca azzurra intarsiata di pietre rosse e blu e la piegò allo stesso modo e la posò. Quando si girò verso l’armadio per prendere un altro indumento scorse con la coda dell’occhio Alec poggiato alla porta, le gote rosse e il petto ansimante. Magnus alzò gli occhi al cielo e si massaggiò le tempie.
“Di cosa ha bisogno, principe Alexander?” chiese scocciato rigirandosi nuovamente verso il baule per posare una veste lunga e rossa come la tinta che spesso colorava le labbra di Isabelle.
“È vero…?” chiese Alec puntando un dito contro il baule. Magnus alzò un sopracciglio “Che sono un Re ordinato che odia schiavizzare? Certo” sbottò prendendo dei pantaloni neri di velluto, quelli che aveva dovuto commissionare in quel posto orribile per poter sopravvivere ai giorni più gelati e alle cavalcate più fredde. “No, che vuoi andare via!” borbottò Alec allontanandosi dalla porta per avvicinarglisi.
Magnus lo guardò come se fosse stato un estraneo, cosa che non era più da tempo, ormai.
“Prima o poi sarebbe dovuto succedere, no? Che non avessi intenzione di sposare sua sorella la principessa lo aveva capito già, Principe Alexander, no?”.
Alec deglutì a fatica sentendosi un groppo sullo stomaco: odiava la freddezza con cui gli stava parlando.
Aveva sbagliato, si era comportato da stupido ragazzino egoista, ma perché non riusciva a comprendere che si sentiva sbagliato? Che si odiava e quello era solo l’ennesimo modo per punirsi? Perché quella volta non lo capiva neanche Isabelle?
Allungò una mano verso la spalla di Magnus che si mosse agilmente per scacciarla via senza preoccuparsi di risultare scontroso, quindi la lasciò cadere in aria. “Cosa stai facendo?” chiese, ma di sicuro non si riferiva ai bauli. “Riempio i bauli” rispose ovviamente il Re facendo spallucce. “Perché?” chiese dunque Alec, Magnus lo guardò di traverso e alzò gli occhi al cielo così come aveva imparato da lui.
“Perché non mi piace schiavizzare chi lavora per me e perché sono estremamente geloso dei miei capi d’abbigliamento, non voglio che nessuno li tocchi”. Alec si leccò le labbra e scosse la testa.
“Puoi almeno…” si morse l’interno della guancia. Cosa? Considerarlo? Poteva davvero chiedergli di considerarlo dopo averlo baciato, essere scappato via ed averlo ignorato fino a quel momento?
“Isabelle ha bisogno del tuo aiuto” gracchiò, quindi. Ma in realtà tra i due era lui quello a necessitare Magnus. “Non andrò via di qui prima di averla aiutata” rispose lui “D’altronde richiede parecchio tempo preparare tutto per un viaggio così lungo, quindi troverò il modo di aiutarla”.
Alec annuì. “E me? Aiuterai anche me?” chiese. Magnus lo guardò per un secondo, deglutì obbligandosi a non guardargli gli occhi, a non cedere. Ma lo fece. Lo guardò e desiderò di baciarlo.
“Non posso aiutare chi non vuole essere aiutato” sospirò prendendo una sciarpa di seta color sabbia, quanto gli mancava quel colore, la sensazione di calore bollente sotto i piedi.
Vide Alec sbattere le ante del suo armadio e strappargli la fascia dalle mani per poi girare il suo volto verso il proprio “Puoi almeno considerarmi?” gli urlò contro, Magnus scosse la testa.
“Credevo avessimo smesso di considerarci qualche giorno fa, no?” ribattette incrociando le braccia al petto, non sapendo cosa farsene e in parte per la voglia di tenerle lontane da Alec che gli stava accarezzando una guancia. “Mi dispiace” provò a dire il bruno ma Magnus scosse la testa “E non rifilarmi il solto mi dispiace” disse forzando Alec ad allontanarsi. Non gli piaceva quella situazione. Alec sembrava esattamente l’Alec di qualche giorno prima, quello che lo aveva baciato eliminando la distanza tra le loro labbra, ma era qualcun altro, non era più lui. Quell’Alec era esistito solo in pochi momenti: solo quando gli aveva parlato del castello, solo quando lo aveva portato in giro in perlustrazione, solo quando era andato a fare una passeggiata con lui, solo quando lo aveva portato nel suo posto preferito, solo quando lo aveva baciato.
E poi? E poi era scomparso. E lui non aveva bisogno di qualcuno che scomparisse dalla sua vita velocemente così come era arrivato. Doveva proteggersi.
“Magnus” mormorò Alec prendendogli un braccio con forza, quella volta non lo strattonò via, si girò e lo guardò curioso di quello che avrebbe avuto da dirgli. “Non andare via” lo implorò, quasi. Magnus rise e scosse la testa “Perché non dovrei farlo? Non ho motivo per restare qui e il mio regno ha bisogno di me” si leccò il labbro inferiore “E a dire il vero ho bisogno anche io del mio regno” disse facendo spallucce.
Alec deglutì le lacrime e lo trattenne con più forza “Io però ho bisogno di te” disse, quasi piangendo.
Le lacrime gli punsero di nuovo gli occhi all’espressione divertita ma anche piena di rabbia di Magnus che fece per allontanarsi, ma non glielo permise. Si spinse sulle sue labbra e quella volta non gli avrebbe detto che gli dispiaceva, affatto.
Magnus però lo allontanò con forza, lo spinse leggermente e mise una grande distanza tra loro, lo guardò come aspettandosi l’ennesima scusa ma non arrivò.
“Non puoi fare così” gli disse puntandogli un dito contro “Non puoi sconvolgere tutti i miei piani”.
E non intendeva solo quelli legati alla sua partenza, tutt’altro. Si riferiva anche alla promessa di non amare più nessuno che come aveva fatto anni prima in quello stesso posto.
“Anche tu hai sconvolto i miei, però” sussurrò Alec avvicinandoglisi nuovamente “Avevo pianificato di non innamorarmi mai nella mia fredda e cinica vita e invece sei arrivato tu e hai distrutto il muro di indifferenza che mi ero costruito attorno”. Magnus lo guardò a bocca aperta, deciso a mandarlo via.
Ma come poteva fare? Quel ragazzo lo rendeva nervoso, eccitato, felice, innamorato.
“Non ci si innamora in così poco tempo, Alexander” asserì burbero Magnus, ma Alec gli prese la mano e dunque il Re le guardò intrecciarsi in un insieme di caramello e bianco latte che si sposavano a meraviglia: due mani morbie, lunghe ed eleganti che si muovevano assieme, stringendosi ed amandosi.
“Allora io sono stato fortunato” sussurrò talmente vicino che Magnus riusciva a distinguere le pagliuzze nere nei suoi occhi “Perché sono maledettamente innamorato di te, Magnus Bane e non ti lascerò andare via. Non ora, almeno” bisbigliò quasi sulle sue labbra. “Dovrò andare via prima o poi, Alexander e cosa faremo allora? Ci crogioleremo nei ricordi? Preferisco non averne piuttosto che piangerci su” disse lui, cercando di restare freddo, ma Alec sorrise “Un Re molto saggio una volta mi ha detto che ci vuole molto più coraggio ad amarsi che a rinnegarsi, Magnus. Credo che dovremmo provare ad amarci, non lo pensi anche tu?” mormorò e Magnus sospirò, ormai conscio di aver perso quella piccola battaglia.
Dunque si abbandonò tra quelle braccia che lo strinsero e plasmarono come vetro caldo, tra quelle labbra che lo arroventarono come ferro cocente che viene modellato a formare la migliore spada esistente al mondo, da quegli occhi capaci di penetrargli nell’anima e renderla diversa.
In fondo, Magnus, era sempre stato quello più disposto tra i due ad amare, dunque, perché tirarsi indietro?
*^*^*^*^*
 
Ti prego, mia amata bambina, non pensare che non ti abbia amata a sufficienza.
Ti amo, ti ho amata per tutti questi lunghi nove mesi e non so se riuscirò a vederti, ma se dovesse andare qualcosa storto e dovessimo perderci, voglio che tu sappia che sono andata avanti solo per te, che sei la ragione della mia vita, che ti amo, Clarissa. Ti amo più di qualsiasi cosa abbia mai amato.
Questo mondo è corrotto per questo ti prego di andare via, di non restare, di non tornare; stai alla larga dalla Scozia, dalla famiglia Reale e da tutto quello che la riguarda. Spero che tuo padre non ti trovi mai.
Ti amerò sempre, e ti augurerò sempre tutto il bene di questo universo.
Mamma.
 
Clary rilesse nuovamente quelle parole così distanti eppure così vicine; immaginò quasi per un momento una donna che le somigliava, con delle lunghe trecce rosse che ricadevano sulle spalle, tante lentiggini sul volto chiaro, gli occhi verdi come due prati, restare seduta alla sua scrivania e versare su quel piccolo foglio bianco tutte le sue paure, i suoi desideri, il suo amore. Aveva sempre sperato di conoscere sua madre, di poter essere amata e capire perché avesse deciso di abbandonarla. Al momento capiva il perché e la ringraziava, ma non riusciva a capire perché gli Dei, Dio o qualsiasi altra entità esistente avesse dovuto portargliela via così presto, prima che lei avesse persino emesso il suo primo vagito.
Non dovrebbe avere forse, il diritto di sentire il calore delle braccia materne ogni neonato appena messo al mondo?
Provò ad asciugarsi le guance ma copiose lacrime continuavano a scenderle e lei non sapeva come fermarle: era triste, si sentiva vuota, come se avesse avuto un mulinello nel petto che continuava a girare deprivandola dell’aria, del battito cardiaco, di tutto.
Sentì un familiare calore alle sue spalle ma non si voltò, piuttosto provò ad asciugarsi di nuovo le lacrime, ma Jace, la fonte del familiare calore, le voltò con delicatezza il volto verso il suo e avvicinò le labbra al suo viso; con dolcezza le poggiò prima sulle lacrime cadute sulle guance, poi su entrambi gli occhi ed in fine lentamente, molto lentamente, scese sulle sue labbra. Era così vicino che le sarebbe bastato respirare a bocca aperta per baciarlo, ma Clary preferì restare immobile e guardarlo negli occhi, perché quegli occhi luminosi con il sole la rendevano più tranquilla, calmavano quel mare in tempesta che aveva dentro, quell’odio che le faceva venire voglia di cercare Valentine ed ucciderlo con le sue mani.
Jace la guardò negli occhi, poi le guardò le labbra e le sorrise; come a dargli il permesso Clary sorrise a sua volta e dunque il biondo eliminò completamente la distanza e la baciò.
Fu un bacio casto e dolce, uno di quelli che Clary non si sarebbe mai aspettata di ricevere da quel fiero principe. Fu un bacio restauratore che le fece capire che forse poteva ancora capire cosa fosse davvero l’amore. Che forse Jace si era insinuato sul suo percorso per un motivo e forse quel motivo non era unicamente farle ritrovare la madre. Forse il motivo era legato al suo cuore.
Forse Jace avrebbe potuto farle conoscere davvero il suo cuore.
 
*^*^*^*
 
Isabelle sorrise quando Simon si chiuse la porta alle spalle, si alzò dal letto e gli si avvicinò, prendendolo per le spalle “È tutto pronto?” chiese, ansiosa. Simon annuì, leccandosi e labbra. Il cavallo era stato sellato, all’alba sarebbe partito, ma prima avrebbe passato la notte con lei, stringendola tra le sue braccia.
Assaporò il calore ed il tepore del passare un’altra notte con lei e sorrise a sua volta felice.
“Il cavallo è pronto” rise, accarezzando le mani lisce di Isabelle sulle sue spalle.
“E tu?” chiese lei ridacchiando, al che fece scendere lentamente le sue dolci mani lungo le sue spalle e poi sul suo sedere sodo, Simon rise buttando la testa indietro, sulla sua spalla, e Isabelle colse la palla al balzo per mordicchiargli il lobo dell’orecchio e sussurrargli che lo voleva.
Simon si voltò lentamente nel cerchio delle sue braccia e si abbassò per baciarla, lei quindi portò le mani sulla camicia di Simon e disfece il fiocco che gliela legava al collo, dunque la alzò e con il suo aiuto gliela sfilò, dopodiché la fece cader sul pavimento; passò poi con tocco sicuro ai pantaloni, sbottonando prima la cintura di cuoio e poi il fiocco che li teneva su, per poi farli scendere lungo le cosce assieme alle lunghe mutande bianche che portava; Simon rise quando Isabelle si inginocchiò e se lo avvicinò, poggiando le labbra sul basso ventre. Quelle labbra erano come fuoco, capaci di incendiarlo completamente, di trasformarlo in cenere, di farlo impazzire. “Izzy” sussurrò alzandola leggermente per poi spingerla delicatamente contro il proprio petto. Isabelle rise, notando nei suoi gesti una forte urgenza; Simon aveva iniziato a staccare filo dopo filo il vestito blu scuro che portava quella sera, e quando finalmente se ne fu liberata fu il turno di quell’orribile bustino che contribuiva a renderle la vita più complicata ma anche il seno molto più alto. Simon prese a staccare bottone dopo bottone con le mani tremanti e a lasciare lunghe scie di baci sul suo collo candido, macchiato solo da qualche succhiotto lasciato la notte scorsa.
“Ti amo, Isabelle” le sussurrò all’orecchio e lei sorrise, girandosi finalmente nuda; lo abbracciò, facendo aderire i seni sodi al petto caldo di Simon. “Anche io, Simon” gli lasciò un bacio sulla guancia “Non amerò mai nessuno come amo te” disse e Simon le diede un pizzicotto, sorridendo “E non ce ne sarà bisogno perché Magnus ci aiuterà a stare per sempre assieme” Isabelle annuì e gli diede un bacio a stampo, Simon la guardò quasi deluso ma anche divertito mentre si allontanava e saltava, completamente nuda, sul letto; si poggiò ai cuscini lasciando cadere la testa sulle braccia e lo guardò, con quelle lunghe ciglia nere che rendevano il suo sguardo ancora più ammaliante “A proposito di Magnus, questi sono il suo regalo per noi” gli mostrò gli orecchini che aveva all’orecchio “Apprezzi?” chiese ridendo “Mi ha detto esplicitamente di non indossare altro oltre a questi e così saresti stato felice” Simon scoppiò a ridere e salì a carponi sul letto “Magnus mi sta sempre più simpatico” sussurrò posizionandosi tra le sue gambe-
Le alzò la gamba destra e prese a lasciare piccoli morsetti sul suo inguine, Isabelle gemette ma lo issò su con forza, portando il viso all’altezza del suo “Simon” sussurrò prendendo il suo viso tra le mani
“Devi promettermi che farai attenzione” disse con voce apprensiva e sguardo liquido, quasi stesse per piangere “Che non ti butterai irrazionalmente in questa cosa come fai sempre” gli diede un bacio a stampo “E che penserai a me” altro bacio “Al fatto che ora abbiamo un futuro assicurato” altro bacio “E che devi tornare da me, ci siamo intesi?”. Simon le sorrise e asciugò le lacrime silenziose che gli erano scese sulle labbra, poi la baciò e la strinse tra le proprie braccia “Ci siamo intesi, amore mio” le disse e Isabelle sorrise spingendolo poi sul letto “Bene” mormorò “E ora dimmi arrivederci nel modo migliore che conosci” Simon rise e le permise di sedersi a cavalcioni su di lui, il suo membro che sfiorava le sue cosce, il seno di lei che sfiorava il suo petto solleticandolo, le labbra di lei che iniziavano a torturargli il collo mentre le sue mani iniziavano a torturare i capezzoli già turgidi di lei .
“Amo dirti arrivederci in questo modo” gemette lei, buttando la testa all’indietro quando Simon scese con le mani lungo i suoi fianchi e la prese con forza, entrandole dentro. Isabelle socchiuse gli occhi e lo guardò mentre con le guance rosse sorrideva, iniziando a muoversi dentro di lei.
“Oh Isabelle” mormorò lui, sentendo il suo calore avvolgerlo, dunque Isabelle prese a muoversi con movimenti uguali e contrari ai suoi, portandoli entrambi a gemere ed abbracciarsi, amandosi.
“Un giorno” sussurrò Simon stringendola e spingendo più forte, facendola quasi piangere dal piacere
“Ti sposerò, mia Isabelle” Izzy rise e gli tirò una ciocca di capelli, annuendo.
Un giorno sarebbero stati liberi di amarsi liberamente, senza vincoli o paure.

 

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Capitolo 7
*** Stay with me. ***


Stay with me.

 
Magnus si strofinò le mani soddisfatto, guardando la tavola che aveva imbandito in camera propria, e sorrise ancora di più quando dalla porta entrò Alec con le guance rosse e gli occhi luminosi.
“Allora? Perché mi hai avvisato di non mangiare troppo a cena?” chiese chiudendosi la porta alle spalle; il fatto che ormai entrasse e uscisse da camera sua in quel modo così spavaldo gli piaceva, quasi come se lo avesse completamente accettato nella sua vita e non ne avesse più minimamente paura.
“Perché” rispose lui alzandosi dal cuscino intarsiato d’oro su cui era seduto per avvicinarglisi e porsi alle sue spalle “HO una sorpresa per te” gli sussurrò all’orecchio tirando fuori dalla tasca dei pantaloni color pergamena una fascia di seta nera che usò per coprirgli gli occhi “E arriva direttamente dal mio regno” gli diede un bacio sulla guancia. Alec restò fermo rigido e con le dita tremanti si toccò la benda che non gli permetteva di vedere dove stesse mettendo i piedi “Ed era necessario bendarmi?” domandò inciampando nei suoi stessi piedi “Oh sì” rispose divertito Magnus spingendolo leggermente sul cuscino sui cui prima era seduto lui “Sto per farti assaggiare delle delizie indonesiane, se ne indovinerai qualcuna potrai avermi tutto per te questa notte” gli sussurrò facendo scendere l’indice dalle sue labbra al suo petto, dove diede poi un colpetto “E se invece non dovessi indovinare nulla non sarai il benvenuto nelle mie camere per i prossimi giorni” Alec deglutì e scosse la testa, spingendosi in avanti per attirare Magnus più vicino.
“Non mi piace questo gioco” sbuffò “Non voglio giocare” provò a togliersi la benda facendo ridere il Re che con forza gliela rimise sugli occhi “Scherzavo” disse inginocchiandosi avanti a lui “Potrai dormire qui” gli diede un leggero bacio a stampo e Alec sorrise contro le sue labbra “Allora accetto la proposta” si morse il labbro inferiore e prese un grosso respiro “Anche perché sto morendo di fame”. E Magnus lo accontentò.
Il primo piatto che gli portò alle labbra era uno dei suoi preferiti; lo aveva fatto preparare a Raji, uno dei più fedeli uomini che si era portato dal Regno e poteva confermare dopo aver assaggiato i suoi piatti, anche un ottimo cuoco. Forse una volta tornato a casa avrebbe potuto decidere di spogliarlo delle sue armi e dirigerlo in cucina, lì dove avrebbe creato dei piccoli tesori.
Magnus prese un piccolo involtino dal tavolo, ne prese un morso lasciandosi sfuggire un gemito e poi lo avvicinò alle labbra di Alec che ne leccò prima un pezzetto e poi lo accettò volentieri, sentendosi la bocca ricca di sapori mai assaggiati prima, sconosciuti ma non per questo meno buoni di quanto fossero per le papille gustative già abituate di Magnus. 
“Dio!” sbottò Alec leccandosi le labbra “Che diavolo era?” prese le mani di Magnus e le strinse alle sue “Ne voglio ancora!” Magnus rise scuotendo la testa “Solo se indovini cos’è” disse prendendone già un altro da mordere e avvicinare poi alle sue labbra “Non ne ho idea” Ammise “Ma se tutto quello che mangiate è così delizioso non capisco come tu non sia diventato un grosso ciccione urlante” rise prendendo felicemente quello che Magnus gli offriva e masticandolo in fretta. Magnus gli si avvicinò e poggiò le labbra sulle sue, facendolo sorridere divertito “E questo cos’è?” chiese Alec stringendo nei pugni la camicia di Magnus “Mi piace tanto!” Magnus gli diede un pizzicotto “Quello di prima era un Lumpia, quello che hai appena assaggiato invece è Re Magnus, l’essere più sexy dell’universo” rise Magnus. “Ne voglio ancora” fece per togliersi la benda e avvicinarglisi ma Magnus lo allontanò “Dove credi di andare?” gli diede una leggera spinta e poi si allontanò nuovamente per bere da un bicchiere di cristallo un liquido sconosciuto e poi abbassarsi sulle sue labbra e baciarlo; Alec assaporò un gusto simile al vino ma così diverso dal vino!
“Cos’era?” sussurrò contro Magnus “Vino di palma” rispose lui allungandosi a prendere poi un pezzetto di mango, un frutto giallo come il sole dal sapore particolare che esplose in bocca ad Alec come una bomba dolce a tratti frizzante e a tratti leggermente acida facendogli esordire un “wow” che fece ridere divertito Magnus; Alec avrebbe amato il suo regno, ne era certo. E quella non era affatto un’opera di convincimento per trascinarlo via, assolutamente.
“Mango” sussurrò contro il suo collo, dandogli un altro pezzettino; e mentre Alec masticava lui prendeva a dare piccoli baci sotto l’orecchio, sul collo e poi lentamente arrivò al pomo d’Adamo che si abbassava e alzava velocemente quando Alec deglutiva, facendogli venire una grande voglia di morderlo.
“Mi distrai” mormorò occhi blu quando Magnus gli allungò un piccolo pallino dall’aria molto soffice, ricco di zucchero di canna “Oh vedremo” rispose lui leccandogli un po’ di zucchero caduto dalla torta.
“Questo è un dolce tipico” sussurrò stringendo i suoi capelli nel pugno “Putri Ayu e ti avviso che perderai la testa” rise quando Alec gemette qualcosa che sembrava un ‘Ancora’ quindi lo accontentò dandogli un altro pezzo di torta di farina e cocco; sapeva che Alec avrebbe apprezzato il cocco, così fresco e dolce ma allo stesso tempo consistente e delizioso “E ti avviso” sussurrò allungando la sua sapiente lingua sul labbro inferiore sporco di zucchero “Che se vorrai averne altro dovrai seguirmi in Indonesia” Alec sorrise deglutendo il boccone che gli era stato dato e si allungò leggermente in avanti per tirarsi Magnus addosso, diventando quasi pazzo a causa di quelle labbra che si muovevano sensuali lungo le sue labbra, lungo il suo collo, lungo la sua camicia sempre più aperta. Poi il Re si allontanò leggermente, segno che stava per fargli assaggiare qualcosa di nuovo, qualcosa che gli fece davvero perdere i sensi: un liquido biancastro dal sapore spettacolare. “Questo è latte di cocco” gli sussurro prendendone poi a sua volta un goccio.
“Ed è il paradiso degli Indonesiani” Alec lo deglutì “E capisco bene perché” sussurrò con voce roca.
“Resta un’ultima cosa” gli promise il Re alzandosi per avvicinarsi ad uno scrigno d’oro in cui erano conservate delle palline scure “Ed è la più preziosa della serata. Quando voi poveri Scozzesi e il mondo intero scoprirete questi chicchetti, desidererete vendere la vostra povera anima per averli” promise, avvicinandogliene poi uno alle labbra. Alec lo accolse, allungando poi una mano verso quella di Magnus, in modo da non farla allontanare, dunque prese a succhiare leggermente il pollice e l’indice che tenevano fermi il chicco scuro. Magnus chiuse gli occhi, pensando che non sarebbe assolutamente sopravvissuto a quella serata, al suo pomo d’Adamo, ai suoi movimenti sexy, al suo petto scoperto, al suo collo muscoloso, alle sue dannate labbra e a quella lingua che gli stavano dando più piacere di quanto avesse fatto qualsiasi altro essere umano, deliziando altre parti del suo corpo.
“Kopi Luwak” gemette il Re “È questo il suo nome, se te lo stessi chiedendo” Alec rise e lasciò andare le sue dita, masticando poi il chicco duro, dalla consistenza amara ma il retrogusto dolce come poche altre cose aveva assaggiato prima. “Lo amo” disse Alec, sorridendo per poi allungarsi a Magnus e baciarlo “E anche te”. Magnus rise e ricambiò il bacio. Quanto amava quell’essere umano.
“E questo, invece” sussurrò Magnus, quando non riuscì più a respirare, sciogliendogli la benda “Invece è l’oro nero” prese una fava scura “Si chiama Theobroma cacao e proviene direttamente dalle Americhe” si roteò la fava tra le mani e Alec la guardò estasiato “Dalle Americhe?” chiese e lui annuì, sorridendo 
“Un regalo di un mio amante e da quando le conosco non le faccio più mancare alla reggia” gli fece un occhiolino e Alec pensò già di odiare quella pallina maledetta solo perché era associabile a qualche suo amante. Si allungò verso le dita di Magnus e le avvolse nuovamente con le proprie labbra, se qualcosa doveva essere associato a qualche amante, quello doveva essere lui. Lo guardò dritto negli occhi e sorrise leggermente vedendolo arrossire. Magnus Bane, Re del mondo, arrossito solo per due labbra?
Si spinse le dita più a fondo, quasi arrivando a farsi toccare la gola, e le succhiò leggermente, ottenendo in risultato un sapore amaro ma delizioso e profondo, denso e unico. Aveva ragione, quelle fave erano paradisiache. Magnus si leccò le labbra e scosse la testa, Alec rise vedendo che le sue labbra avevano sortito l’effetto desiderato nei pantaloni del re: non era l’unico ad essere maledettamente eccitato, dunque.
Fu Magnus ad interrompere il contatto, conscio del fatto che se Alec avesse continuato ancora non gli avrebbe più potuto dare la possibilità di tirarsi indietro e sapeva che nonostante entrambi lo volessero per Alec era ancora troppo presto; era ancora troppo indeciso su chi essere, su come essere, su dove voler essere. Non poteva chiedergli di fare l’amore e sebbene Alec sembrava molto propenso ad un eventuale sì, non aveva assolutamente intenzione di farlo, dunque doveva allontanarlo subito o sarebbero andati ben oltre il dormire abbracciati come era successo negli ultimi giorni.
Quando la mano di Alec finì esattamente sulla sua erezione, strappandogli un gemito, Magnus si alzò immediatamente, portandosi la mano che Alec aveva tenuto stretto dietro la schiena; Alec rise alzandosi a sua volta per avvicinarglisi. Forse il suo precedente amante non aveva avuto torto, il Theobroma cacao era davvero afrodisiaco. Ma non doveva. Non doveva guardare il petto glabro di Alec né tantomeno i suoi pantaloni gonfi o i suoi occhi. Deglutì. Che maledetta idea gli era saltata in mente quella sera!
Alec lo raggiunse e lo abbracciò, stringendogli il collo; un grosso sorriso sulle labbra.
“È stata la cena migliore della mia vita” disse contro le sue labbra.
Che dannata fine aveva fatto il ragazzo timido e adorabile che era stato il Principe Alexander? Chi lo aveva fatto impossessare da un demone del sesso? 
“Lo spero bene” rispose deglutendo “Ma, mio Caro principe, non sei riuscito ad indovinare nulla di quello che ti ho fatto assaggiare” gli rispose, dandogli un bacio a stampo “Dunque dovrai tornare nelle tue stanze” Alec rise scuotendo la testa “Avevi detto che sarei potuto restare comunque” rispose dandogli un bacio sulla mascella “Avanti…”. Magnus deglutì chiudendo gli occhi. “Forse tutto questo cibo esotico ti ha annebbiato la mente, Alexander e non voglio che possa succedere qualcosa che non vuoi davvero, mhm?” Alec alzò gli occhi al cielo “Tuto quello che è successo lo volevo” fece scorrere una mano lungo il suo collo, il suo petto e poi cercò l’entrata dei suoi pantaloni, spingendoci la mano dentro. “Oh Dei” sussurrò Magnus gettando la testa alla porta “Ti ha davvero fatto male questo cibo. Mai più cibo indonesiano per te, Alexander” rise Magnus allontanandolo nuovamente. Alec lo guardò, le guance rosse, quel poco di coraggio che aveva trovato sepolto nuovamente tra strati di imbarazzo.
“Io non capisco” asserì, portandosi le mani dietro la schiena “Non mi vuoi…?” chiese, titubante e Magnus rise scuotendo la testa “Ti voglio più di quanto voglia qualsiasi altra cosa ma provo molto per te e non voglio sia solo sesso” ‘e ho paura che tu al momento voglia solo conoscere il sesso, sai com’è, sono il tuo primo uomo, sei costretto a far finta di non conoscermi, non potremo mai avere un futuro e altre cose simili’.
Alec deglutì e scosse la testa “Non è solo sesso” sussurrò allungandosi per dargli un bacio sulle labbra 
“Ma se non credi sia ancora il momento….” Gli sorrise “Forse hai ragione tu” annuì e lo abbracciò.
“Devo andare via o posso dormire qui?” chiese, stringendolo forte e Magnus sorrise.
Era così dannatamente adorabile, come poteva non esserne innamorato?
“Ad una sola condizione” sussurrò stringendolo a sua volta “Non mi provocherai o non so cosa potrei fare” Alec scoppiò a ridere, felice dell’effetto che gli sortiva e annuì. “Lo prometto” gli disse dandogli un bacio sulla guancia per poi allontanarsi e togliere completamente la camicia, le scarpe e i pantaloni di velluto, restando solo in mutande – degli stupidi calzoncini bianchi che Magnus trovava orribili! – andando a stendersi sul letto, sotto la pelliccia posta sul letto del Re.
“E comunque” disse poggiando le mani sotto la testa “Se tutto è così buono in Indonesia, mi sa che dovrò seguirti quando andrai via”.
Magnus lo guardò ridere, catturato dalla sua bellezza, e sperò che facesse sul serio.
 
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Il cielo fuori il balcone sembrava essere diventato l’inferno in terra: era rosso come il sangue e invece che goccioline colavano forti tuoni e lampi, illuminando la camera quasi come se fosse stato giorno.
Ancora una volta Alec stava dormendo con Magnus, ormai sembrava indispensabile dormire uno nelle braccia dell’altro: la consapevolezza che da un giorno all’altro non avrebbero più potuto farlo li uccideva, dunque rubavano qualsiasi momento per stare assieme. E se l’unico momento era di notte, per dormire assieme, allora quel momento sarebbe stato perfetto. 
Un forte lampo sembrò cadere direttamente sul balcone della camera, seguito da un boato che fece svegliare tutti nel palazzo, compreso Magnus che saltò a sedere non appena si accorse del temporale.
Se c’era una cosa da cui era terrorizzato, quella era il temporale. Aveva brutti ricordi di quelle orribili tempeste. In Indonesia non erano usuali, ma quando arrivavano erano terrificanti, capaci di distruggere alberi, ville, case e persino persone; ne aveva sempre avuto paura, sin da piccolo quando ogni volta che vedeva un lampo urlava e piangeva e riusciva a calmarsi solo quando si ritrovava tra le braccia calde e dolci di sua madre. Poi sua madre era morta e non era rimasto più nessuno a consolarlo, dunque Magnus già a nove anni aveva dovuto imparare a curarsi da solo, a non aver paura, ad abbracciarsi da solo quando i fulmini arrivavano e colpivano le sue finestre, facendo volare le tende di camera sua.
Aveva paura, non era mai riuscito a sconfiggere quella paura, e ogni volta, anche a trentacinque anni con un regno sulle spalle ed una vita meravigliosa avanti, anche un solo fulmine lo faceva ricadere in quelle notti orribili dopo la morte della madre, quando le lacrime non smettevano di cessare.
Si allontanò leggermente da Alec e si girò di lato, dandogli la schiena, stringendo talmente tanto la coperta da farsi diventare le nocche bianche, ed improvvisamente calde lacrime iniziarono a colargli giù dalle guance. Odiava, odiava, odiava farlo, non avere la forza di smettere e dimenticare.
Eppure quella dannata notte gli stava di nuovo avanti agli occhi: sua madre morta, bruciata su un rogo, il temporale forte, le sue calde lacrime, suo padre che lo aveva scoperto a piangere e lo aveva punito con trenta frustate sulla schiena perché un uomo non deve mai piangere.
Cos’era lui?
“Magnus?” la voce di Alec roca e calda lo fece arrossire. Cosa gli avrebbe detto ora?
Sentì le sue mani calde dietro la schiena e sperò che non gli chiedesse di girarsi, non lo fece, invece lo abbracciò forte, spingendoselo più vicino “Cosa succede?” sussurrò al suo orecchio.
Si lasciò trasportare tra quelle braccia morbide e forti e per un attimo ricordò l’abbraccio di sua madre, che lo proteggeva da tutto e tutti: Alec lo stava proteggendo come nessun altro prima di lei.
“Cosa succede?” chiese nuovamente, e finalmente lui si girò, incassando la testa nell’incavo del suo collo.
“Ho paura dei temporali” ammise, roco “Mi ricordano brutte memorie”. Alec sorrise dolcemente e allontanò il viso dal suo collo, per portarlo sul suo stesso cuscino e guardarlo negli occhi.
“Parlamene” chiese, e Magnus scosse la testa, imbarazzato; ma lo sguardo lucido di Alec, la sua presa, le sue labbra inarcate su un sorriso tranquillo e la sua voglia di sapere e conoscerlo lo fecero ritornare indietro con la mente, seppur le sue mani calde lo facevano restare abbastanza le presente, da non cadere nel baratro nero del passato. 
“Da oggi in poi” sussurrò Alec quando Magnus ebbe finito “ti abbraccerò talmente stretto durante ogni temporale, che la tua paura scomparirà assieme ai brutti ricordi” gli diede un bacio sull’angolo delle labbra, e sorrise. “Ci siamo spiegati?” Magnus sorrise e in cambio gli diede un bacio sulla fronte, facendosi abbracciare forte quasi da fargli mancare il respiro. Quanto lo amava.
 
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Il sole splendeva alto, per quanto alto potesse essere in quel maledetto posto, dividendosi in piccoli caldi raggi che scendevano direttamente sulla pelle del suo uomo preferito al mondo che puntava l’arco contro un grosso albero, tutto concentrato ed imbronciato; l’espressione che assumeva quando si concentrava era adorabilmente dolce e carina! Magnus si guardò attorno e quando fu certo che non ci fosse nessuno, il più silenziosamente possibile per non distrarlo gli si avvicinò e si fermò a qualche passo di distanza. 
Lo guardò prendere una nuova freccia, incoccarla, prendere la mira e scoccarla, la lingua sul labbro inferiore, gli occhi stretti in due fessure. Guardò la freccia fendere l’aria ed arrivare proprio dove Alec aveva voluto: centro.
Magnus quindi preso dall’entusiasmo gli si avvicino, battendo le mani: un secondo prima aveva urlato un “wow” e un secondo dopo gli era arrivato un pugno diretto sulla mascella che doleva come se gli fosse stata spaccata in due. Alec, restava avanti a lui con gli occhi sgranati di meraviglia e terrore, le mani attorno alla bocca e le guance rosse come non le aveva mai viste. “Che diavolo!” urlò il Re, tenendosi il viso tra le mani “Alexander se volevi lasciarmi bastava dirmelo con gentilezza” sbottò, sentendo le lacrime arrivargli agli occhi. Alec staccò finalmente le mani dalla bocca e le portò sulle spalle del Re.
“Diavolo! Mi dispiace, Magnus! Perdonami, io non.. ero concentrato, non mi aspettavo che ci fossi tu, pensavo fosse Jace!” sbottò imbarazzato e allarmato di avergli fatto male. Magnus rise leggermente.
“E scherzate così tu e Jace? Uno spaventa e l’altro tira a botte? Che dolore! Hai un gancio destro formidabile” si massaggiò leggermente la mascella e sbuffò “Non ti farò più sorprese!” Dichiarò mettendo un finto muso. “Mi dispiace, Magnus!” urlò, quasi, spaventato Alec. “Ti ho fatto male?” prese la sua mano con delicatezza e la spostò “Fammi vedere” abbassò lo sguardo e vide la mascella leggermente più rossa.
“Sono un idiota” sbuffò “Perdonami, davvero. Perdonami, perdonami, perdonami” ripeteva fino a quando Magnus non gli mise una mano sulla bocca, zittendolo “Se la smetti di dire che ti dispiace” sussurrò “E se ti farai perdonare nel modo più adatto.” Rise maligno e Alec arrossì, non avendo alcuna idea, se non quella di…
“Certo” disse sorridendo prendendogli il viso stretto tra le mani per iniziare a lasciare piccoli baci sparsi ovunque, fino ad arrivare alla mascella arrossata. Magnus sorrise e giurò a sé stesso che si sarebbe fatto dare tutti i pugni del mondo pur di ricevere quei piccoli tocchi di fuoco che gli incendiavano anche l’anima.
 
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Alec scese dal cavallo e diede una mano a Magnus a fare lo stesso; il Re era stato bendato e costretto a salire sullo stesso cavallo di Alec che gli si era seduto dietro e lo aveva abbracciato durante tutto il viaggio.
Il migliore della sua vita. Il giovane principe gli diede un bacio sulla guancia e poi finalmente lo liberò dalla benda e Magnus sperò di non star piangendo. Si trovavano nuovamente al ponte e lui non aveva alcuna intenzione di attraversarlo di nuovo. “No” dunque disse scuotendo la testa “No, Alexander” ma lui rise e iniziò ad incamminarsi, lasciandolo lì da solo; lui allora sbuffò e gli urlò che lo odiava, Alec invece rise e gli disse un “Mi ami, invece” e ci aveva azzeccato, lo amava davvero. “Se mi ami dimostramelo” gli urlò contro di nuovo “Vieni qui e sarò tuo per tutta la mia vita” gli promise, una volta arrivato dall’altra parte del ponte, aprendo le braccia come a volerlo abbracciare “Avanti!” rise “Mi ami o no?”. 
Magnus sbuffò e alzò gli occhi al cielo, e stringendosi forte ai due lati del ponte, iniziò ad attraversarlo.
Pezzo dopo pezzo, tortura dopo tortura che stava pensando per quel bellissimo ragazzo dagli occhi blu, finalmente arrivò dall’altro lato e fu accolto dall’abbraccio più grande che Alec gli avesse mai dato travolgendo entrambi sull’erba bagnata.
Lo ricambiò, lasciando la testa nell’incavo del suo collo, lì stesi assieme il mondo sembrava più piccolo.
“Ti ho detto tante volte che sono innamorato di te” mormorò Alec, con le guance rosse “Ma tu non mi hai mai detto che sei, insomma lo sai, innamorato di me….” Magnus rise divertito, alzando la testa per guardarlo negli occhi “Quella non era una prova sufficiente? Ho attraversato da solo una delle mie più grandi paure per te” Alec rise, incerto. “Davvero sei innamorato di me?”. Magnus sorrise, pensando che l’unico modo in cui avrebbe potuto dirgli che lo era sarebbe stato anche il più semplice, dunque si abbassò sulle sue labbra e lo baciò come non aveva ancora mai fatto: gli occhi puntati nei suoi, le mani ai lati della sua testa, la lingua dolce e profonda nella sua bocca, quasi ci stesse imprimendo con la forza le famose cinque letterine. Si allontanò leggermente solo quando entrambi sentirono fame d’aria.
Gli sorrise, con gli occhi lucidi “Allora, questa va bene come risposta?” Alec sorrise e gli si avvicinò nuovamente “Dovresti ripetermela per convincermi del tutto!”. 
Lo baciò ancora. E ancora. E ancora. E ancora.
 
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Magnus era sveglio e lo guardava dormire, la luce della luna che penetrava oltre la tenda di velluto gli finiva direttamente sul volto, bagnandolo d’argento e rendendolo ancora più bello. 
Come avrebbe fatto quando sarebbe dovuto andare via? Non poteva immaginare di non vedere più quegli occhi…
“Alexander?” sussurrò al suo orecchio, dandogli un pizzicotto sul petto nudo “Alexander, svegliati, ti prego”.
Alec aprì di soprassalto gli occhi, guardandolo spaventato. Si guardò attorno come per capire cosa fosse successo, se ci fosse un temporale o altro che lo spaventasse ma non c’era nulla.
“Cosa succede?” chiese con gli occhi velati di sonno e i capelli scompigliati, Magnus sorrise guardandolo: era così adorabilmente bello con quelle schiocche rosse, quei capelli spettinati e quegli occhi.
“Volevo guardare i tuoi occhi” sussurrò Magnus “Dal momento che quando andrò via non potrò più farlo voglio approfittarne ora, ogni volta che ne ho voglia” sussurrò, gli occhi liquidi. Non sapeva perché stesse pensando proprio quello, quella notte. Sapeva solo che si stava avvicinando la data delle sue nozze con Isabelle e dopo aver rifiutato la sua mano sarebbe dovuto andare via dunque si avvicinava anche il giorno della sua partenza.
Alec lo guardò e gli sorrise, avvicinandoglisi “Non devi partire” sussurrò contro le sue labbra, Magnus gli diede un bacio sulla fronte e sospirò “E invece devo e voglio. Mi manca la mia terra. Ma mi mancherai di più tu, non so come farò. Ormai praticamente non faccio nulla senza pensarti, Alexander” buttò la testa indietro e si nascose il viso tra le mani “Come faremo?” mormorò scuotendo la testa.
Si era cacciato in una situazione molto più grande di lui, lo sapeva. Non avrebbe dovuto innamorarsi in quel modo di Alec, passare tutto quel tempo con Alec, diventare parte di Alec e lasciare che lui diventasse parte di sé stesso.
“In qualche modo faremo” rispose lui voltando il viso verso di sé “Perché ti ho scelto e ti sceglierei sempre, sempre, sempre. Senza pause, dubbi o paure. Ti sceglierei di nuovo in un battito d’ali. Sceglierò sempre te, D’accordo? Troveremo un modo”.
Magnus si ritrovò una guancia bagnata, colpa di una lacrima solitaria che però aleggiava anche sul volto di Alec, assieme ad un sorriso dolce. “Troveremo un modo” ridisse Alec e lui annuì.
“Troveremo un modo perché anche io sceglierei sempre te”.
Avrebbero trovato un modo.
 
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Tutto era stato organizzato nei minimi particolari sebbene non avessero avuto l’aiuto di Simon; lui ed Izzy si erano dovuti nascondere da tutti e non era stato facile, ma soprattutto non era stato facile stare riuscire a fare tutti senza Alec che li aveva cercati per mezza mattinata senza ottenere risultati e non avendoli visti neanche a pranzo si era recato in camera di Magnus che non c’era, dunque in camera di sua sorella anch’essa assente e dunque era ritornato sconfitto in camera propria.
Le cose con Magnus andavano così dannatamente bene che pregava qualsiasi Dio esistente che potessero restare in quel modo per sempre, che Magnus potesse restare lì ad abbracciarlo la notte per sempre.
Eppure lui sentiva il forte impulso di andare oltre. Amava Magnus, ne era dannatamente innamorato e non voleva assolutamente rischiare di vederlo andare via da un momento all’altro senza aver avuto neanche la possibilità di poterlo amare tutto, in ogni modo possibile, con tutto il suo corpo oltre che con il suo cuore.
Voleva fare l’amore con Magnus e lo voleva dannatamente, così dannatamente da non riuscire a fare altro che pensare al suo corpo, le sue labbra, i suoi occhi e le sue mani che lo sfioravano delicate e dolci.
Non riusciva ad esercitarsi senza pensare a Magnus nudo sotto il suo corpo, o a dormire senza pensare a Magnus che lo stringeva da dietro a petto nudo o peggio ancora non riusciva più neanche ad ignorarlo ogni volta che lo vedeva in luogo pubblico: rischiava di morire ogni volta che cenavano o pranzavano perché lo guardava per troppo incantandosi e quindi quando suo padre lo richiamava lui per il novanta percento delle volte non sapeva neanche di cosa avesse parlato fino a qualche minuto prima.
Sbuffò e buttò la testa sul cuscino.
“Allora sei sicura che gli piacerà?” chiese per l’ennesima volta Magnus ad una Isabelle esasperata che portò entrambe le mani alle tempie. “Magnus” sbottò “PUOI PORTARLO OVUNQUE TU VOGLIA, l’importante è che ci sia tu, lo capisci?” Magnus annuì e le sorrise. “L’ho capito. Ma credi che gli piacerà?” Isabelle sbuffò e aprì velocemente la porta di camera propria frapponendosi tra Magnus e l’entrata “Sì” sbottò chiudendola velocemente e con un grosso tonfo che fece saltare il Re sul posto.
Era vero, probabilmente era stato stressante stargli dietro tutto il giorno e organizzare tutto in quel modo, lo sapeva, era perfettino e rompiscatole quando ci teneva a qualcosa, ma di lì a trattarlo in quel modo…
Si rabbuiò, ma non fece in tempo a bussare per dirgliene quattro che la ragazza aprì nuovamente la porta e lo tirò dentro, stringendolo in un forte abbraccio.
“Andrà tutto bene, gli piacerà e sarà favoloso, okay?” sussurrò contro la sua spalla ma lui sbuffò.
“È che non so se è troppo presto o se si sente forzato. Dannazione avrei dovuto lasciar decidere a lui…”.
Izzy gli prese il viso tra le mani e lo guardò con tutto il nero profondo che riempiva i suoi occhi, sorridendogli. “È pronto, ti vuole tanto quanto tu vuoi lui e ti ama, Magnus. Non fa altro che ripetermelo e a tratti è sfiancante quanto te quando organizzi cose quindi vi prego, amatemi e lasciatemi libera” Magnus rise e annuì “Spero che vada davvero…” “Bene” lo interruppe lei “Andrà più che bene, anzi. Sarà un sogno!”. Il re annuì e la strinse in un altro abbraccio prima di allontanarsi da camera sua e avviarsi verso quella di Alec con una forte morsa d’ansia che gli stringeva lo stomaco tenendolo in pugno.
E se Alec non fosse stato in camera o non avesse voluto saltare la cena?
Izzy aveva trovato una scusa persino per quello! Magnus avrebbe accompagnato lei ed Alec al lago dove avrebbero passato assieme una delle loro ultime sere prima del matrimonio e invece mentre lei se ne sarebbe stata in camera in pace a leggere, probabilmente, loro due sarebbero stati al lago a baciarsi.
Bussò piano alla porta, sperando che Alec ci fosse ma anche che non ci fosse. Non sapeva cosa sperare.
Alec invece aprì la porta e gli sorrise, gli occhi spalancati e blu a guardarlo curioso. “Dove sei stato?” chiese spostandosi di lato per farlo entrare ma lui scosse la testa “Ti va se te lo spiego lungo la strada?” domandò al che Alec alzò un sopracciglio. “Strada?” annuì. “HO bisogno del tuo aiuto, Alexander. Mi aiuterai?” provò a sembrare più turbato possibile per convincerlo a seguire ed in un primo tratto Alec davvero gli credette quindi non disse altro, prese il mantello più caldo e lo seguì giù per le scale del castello, verso la stalla e due cavalli già ben sellati, e poi ancora verso una scorciatoia che gli aveva mostrato lui per arrivare al lago Loch Ness e quindi mille paure e pensieri si impossessarono di lui, ma un grosso sorriso felice lo riempì quando vide tante piccole lanterne poggiate sull’erba verde ad illuminare e rendere ancora più spettacolare quello specchio lucido e trasparente dal quale non sarebbe uscito mai alcun mostro.
Il sole era ormai andato via da parecchio, il cielo era già folto di stelle lucide ma non faceva freddo come spesso faceva, anzi; la fortuna era dalla loro parte quella sera. C’era un piccolo fuoco acceso non molto lontano dalle rive del lago e una coperta di pesante pelliccia nera era stesa sull’erba già bagnata di rugiada. 
Alec guardò tutto con gli occhi lucidi e non appena scesero dal cavallo tutto quello che riuscì a fare fu saltare tra le braccia di Magnus e abbracciarlo forte. Magnus sospirò sollevato, avendo capito che la sorpresa era riuscita alla grande, e ricambiò l’abbraccio sorridendo soddisfatto.
“Ti piace?” gli sussurrò all’orecchio e Alec in cambio rispose con un “Ti amo” che gli riempì il cuore più di quanto avesse fatto mi nessun altro al mondo.
Si sedettero vicino al fuoco, mangiarono pane e formaggio – a detta di Izzy era la cosa preferita di Alec- e bevvero vino di palma che tanto aveva amato qualche giorno prima, parlarono di quanto fosse bello il cielo, Alec gli indicò tutte le costellazioni che conosceva e gli disse che un giorno avrebbe scoperto una stella che avrebbe avuto esattamente il suo nome: Magnus Bane. Magnus sorrise e gli rispose che gli bastava sentirlo pronunciare dalle sue labbra e tutto sarebbe stato perfetto in eterno.
Poi Alec lo baciò. Lo baciò con la speranza che Magnus non lo fermasse quella volta. Con il desiderio che ricambiasse allo stesso modo, che volesse fare l’amore, che volesse finalmente insegnargli ad amare in modo completo e fiero come solo lui poteva saper fare. 
E Magnus lo fece; ricambiò quel bacio più forte e passionale di qualsiasi altro bacio ci fosse mai stato tra loro e accolse la presa di Alec che fece di tutto per metterselo addosso, dunque si sedette a cavalcioni su di lui, poggiando le gambe ai lati delle sue, il petto schiacciato contro il suo e i fianchi contro i suoi.
Alec sorrise scostandogli con un movimento lento ed estremamente sensuale i capelli dal collo per prendere a lasciare piccoli baci sotto l’orecchio, lungo la mandibola per scendere poi sul collo e percorrerlo completamente prima di ritornare indietro e baciarlo nuovamente, il tutto mentre Magnus si lasciava andare al fuoco che gli ardeva dentro corrodendolo. Aveva voglia di spogliarlo, di baciare il suo corpo, di affondare in lui, di essere tutt’uno con lui.
Lasciò le sue labbra e Alec si preoccupò in un primo momento, ma poi lo tirò giù e lo fece stendere sotto di lui; poggiò le gambe ai lati delle sue ed iniziò a sbottonare la scamiciata bianca lasciando piccole scie di fuoco lungo tutto il suo corpo. Gli strinse i capelli mentre scendeva con la lingua a torturare i suoi capezzoli già rossi e turgidi mentre Alec gli stringeva con mani sempre più certe i glutei e spingeva i fianchi verso i suoi, dando dannazione eterna alle loro erezioni. Gemevano talmente forte da essere rudi alle loro stesse orecchie, ma si desideravano da troppo tempo per riuscire a fare le cose con calma e considerazione; erano soli in quel momento, nessuno li avrebbe visti o sentiti e null’altro gli interessava.
Magnus gli sbottonò i pantaloni di velluto e poi iniziò a scendere verso il suo inguine mentre con le mani continuava a torturare i suoi capezzoli, il tutto mentre Alec cercava di slacciare via anche i pantaloni di velluto blu scuro di Magnus che gemeva al solo contatto delle sue dita fresche.
Quando finalmente entrambi furono liberi da tutti gli indumenti Magnus sorrise al viso completamente rosso – di eccitazione, non di imbarazzo- di Alec che con le labbra aperte sussurrava il suo nome e agognava le sue carezze; scese dunque con la bocca dall’addome al suo membro duro e rosso e facendo urlare di sorpresa Alec lo accolse completamente nel calore della sua bocca, prendendo a muoversi lentamente.
Quelle per Alec erano sensazioni sconosciute che non avrebbe neanche mai sperato di poter conoscere, il modo in cui Magnus lo stava plasmando, facendolo sciogliere completamente tra le proprie mani, lo mandava in estasi. Forse poteva iniziare a credere in un Dio. Il suo Dio Magnus. 
Gemette che lo amava, che non voleva lasciarlo andare via, che era quanto di più bello avesse avuto in vita sua e Magnus sembrava apprezzare quei piccoli lamenti perché aumentava sempre di più il ritmo facendolo quindi urlare più veloce e poi venne e Magnus sorrise soddisfatto perché dargli piacere era stata la cosa più appagante della sua intera esistenza; guardarlo con gli occhi socchiusi, le labbra aperte e la testa gettata all’indietro, lo eccitava talmente tanto che pensò di poter morire per autocombustione da un momento all’altro. Salì nuovamente a baciargli le labbra e mentre lo faceva una mano di Alec si mosse delicatamente lungo il suo petto e si allungò fino al suo membro, lasciandolo piangere quasi di gioia.
La mano di Alec era incerta, morbida e calda, così dannatamente sensuale e agognata che gli bastò meno di quanto avesse previsto per venire, esausto, mentre le loro bocche si intrecciavano ancora per una volta.
Continuarono con baci e carezze fino a quando entrambi non furono nuovamente pronti per andare oltre; Alec sentiva l’ansi scorrergli nelle vene ma non aveva paura di non riuscire a dare a Magnus quello che voleva o peggio di non ottenere quello che sperava avrebbe ottenuto dal sesso, anzi; il Re gli aveva già dimostrato quanto fosse appagante, quanto fosse bello ed unico essere amati.
Aveva una dannata paura che Magnus potesse tirarsi indietro. Cosa avrebbe fatto, poi?
Magnus era incredibilmente spaventato all’idea di fare sesso con Alec, non perché non fosse convinto di lui o di quanto provasse per lui, ma per il contrario. Sapeva quanto lo amava e sapeva quanto per Alec potesse contare essere amato a quel modo: ma era davvero pronto o lo stava facendo solo per lui?
Ci fu un solo istante in cui Magnus pensò che fosse troppo presto, dunque si allontanò leggermente tornando a guardarlo in quegli occhi lucidi che si riempirono di lacrime quando sentì il corpo del Re leggermente più distante. 
“Alexander…” mormorò Magnus accarezzandogli una guancia “Non dobbiamo se non te la senti, d’accordo? Possiamo amarci e darci piacere anche in altri modi, te l’ho dimostrato” ed ecco che Alec temette di poter scoppiare a piangere da un momento all’altro.
“Non mi vuoi?” domandò, la voce quasi spezzata dalle lacrime. 
“Più di quanto immagini” rispose serio Magnus, e allora il giovane occhi blu gli prese il viso tra le mani e lo guardò serio. “Perché continui a pensare che io non mi senta pronto?” sussurrò dandogli un bacio a stampa “Aspetto questo momento da quando ci siamo baciati la prima volta, Magnus. Ti desidero e desidero fare l’amore con te, sentirmi tutt’uno con te, scoprire cos’è davvero l’amore. Non riesco a fare altro senza immaginarti nudo sul mio corpo. E tu continui a pensare che io non ti voglia abbastanza” si prese un piccolo secondo di pausa, alzò gli occhi al cielo scuro su di loro e quasi gli venne da ridere all’idea di star facendo l’amore lì all’aperto avanti a tutti, dove chiunque avrebbero potuti vederli.
SI era nascosto per così tanto tempo e invece in quel momento si stava mostrando completamente, con tutti i suoi timori, le sue speranze e le sue passioni.
“Pensi che non ti ami abbastanza?” domandò, dopo un po’. E Magnus scosse la testa, stringendogli una mano attorno ai fianchi. “No” mormorò “Ma voglio che tu sappia che se hai bisogno di tempo…” Alec sbuffò e si avventò sulle sue labbra, scaraventandolo di schiena sulla coperta, salendogli poi in braccio a cavalcioni; il Re sorrise contro le sue labbra e lo strinse in un forte abbraccio “Non ho bisogno di tempo” sussurrò Alec quando entrambi furono a corti di aria “Ho bisogno di te”.
 Magnus annuì e tornò a baciarlo e a perdersi nei suoi occhi, nel suo tocco e nella forza del suo corpo.
Fecero l’amore e fu bellissimo.

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Capitolo 8
*** Bittersweet ***


Bittersweet.
 
Isabelle gli aveva chiesto di raggiungerla subito in camera sua dopo pranzo, e dunque eccolo verso la strada promessa. Il castello era deserto: tutti erano concentrati sul matrimonio che si sarebbe svolto entro due giorni, tutti tranne lo sposo, la sposa e il fratello della sposa, gli unici a sapere che non ci sarebbe stato alcun matrimonio.
Aveva visto Clary uscire prima di tutti dalla sala da pranzo e Jace seguirla: poteva giurarci su, quel ragazzo si era preso una grande cotta per Clarissa e Clarissa lo ricambiava alla grande.
Aveva temuto di poterla perdere portandola con sé ma aveva accettato quell’idea, mentre la vedeva seduta al fianco di Jace quell’idea si trasformava lentamente in qualcosa di concreto: Clary sarebbe rimasta con Jace in Scozia, poteva scommetterci tu tutto il prossimo carico di Thobroma Cacao e persino la sua stessa testa.
Alec si era trasferito come al solito in camera sua per gli allenamenti del pomeriggio; a dire il vero aveva provato a seguirlo ma lui gli aveva detto che Isabelle lo stava aspettando e che probabilmente si trattava di Camille quindi doveva assolutamente andare a trovarla quanto prima, dunque lui gli aveva dato un bacio a stampo nel buio dei corridoi e si era incamminato verso la propria ala.
E dunque eccolo avanti alla porta di Isabelle indeciso se bussare o meno perché indeciso se sapere o meno.
E se Camille si fosse rifatta una vita? Era ovvio e normale e la aveva amata follemente proprio per la sua perspicace capacità di andare avanti nonostante tutto, di affrontare tutta, di uscire sempre vincente da qualsiasi combattimento, di dare fuoco a tutto e restarne indenne.
E se invece non si fosse rifatta una vita e fosse rimasta sola ad aspettarlo? Non sarebbe stato assolutamente da lei, eppure lui avrebbe dovuto pensare se tornare o meno da lei.
Forse prima di mettere piede in Scozia la risposta sarebbe stata sì, sì e ancora sì. Ma dopo Alec?
Dopo anche solo il primo sguardo scambiato con Alec la risposta era tramutata in un certo, deciso, No.
Aveva amato Camille ma era il passato. Amava Alec e lo amava sopra qualsiasi altra cosa, non lo avrebbe lasciato andare per nulla al mondo.
Dunque, perché era così tanto ossessionato dal sapere che fine avesse fatto Camille?
“Hai intenzione di restare lì per sempre?” Avanti aveva Isabelle che gli schioccava le dita avanti agli occhi, sorridendo. La guardò ed abbassò subito lo sguardo: stava facendo un torto ad Alec cercando Camille?
Anche se lui sapeva quello che stava facendo ed era andato lì in Scozia unicamente per quello?
“Avanti, entra!” lui annuì e sempre a testa basta, cosa che non era abituato a fare, entrò in camera e andò dritto verso il letto come se le sue gambe non fossero state più grado di sopportarlo.
“Magnus va tutto bene?” chiese lei inginocchiandosi ai suoi piedi, gli occhi scuri di preoccupazione.
La risposta era: no. Sentiva che qualcosa era andata per il verso storto. Che nonostante la bella notizia che aveva da dare ad Isabelle e Simon per lui ci fossero solo brutte notizie.
“Dimmi quello per cui sono qui, Isabelle” sussurrò, in risposta.
Non sapeva perché quel grosso buco nero gli si stava riaprendo nel petto: era grande esattamente come la prima volta, quella in cui Camille lo aveva tradito.
“Simon è tornato” sussurrò, allora lei, alzandosi a sedere al suo fianco.
“Ha trovato Camille?” chiese Magnus, il cuore frenetico e le mani tremanti.
“No” rispose Isabelle guardandolo fisso negli occhi “Ha trovato la sua tomba…”.
Forse sarebbe potuta essere più cauta nel dargli quella notizia perché poteva scommetterci, il suo cuore aveva fatto crack. Si era spezzato in due. Anche se non provava più niente per quella donna, fu come perdere tutti i loro ricordi. Lei non esisteva più.
“È…. Morta?” borbottò confuso, gli occhi velati di lacrime. Non piangeva dal giorno in cui l’aveva scoperta.
“Mi dispiace” disse Isabelle ma nei suoi occhi notò una scintilla di rabbia.
“Come?” chiese, la voce tremante a causa delle lacrime.
“Uccisa dalla principessa Maureen, figlia del Re Luigi” mormorò alzandosi leggermente per poi avvicinarsi allo specchio e ripetere nuovamente un “Mi dispiace”.
Magnus restò muto, le guance rigate di lacrime che aveva scoperto di avere ancora nonostante tutto.
Passò del tempo interminabile, il silenzio era assordante e le spalle curve di rabbia di Isabelle ancora di più.
Stava per scoppiare, Magnus ormai la conosceva abbastanza per saperlo.
E infatti un secondo dopo la ragazza si girò, le braccia incrociate sul petto e gli occhi lucidi di rabbia.
“Mangus tu ami Alexander?” disse talmente velocemente che fece quasi fatica a comprenderla.
Un leggero moto di nervosismo gli scosse lo stomaco ma lo ingoiò di nuovo; avrebbe potuto dirle che non le era dato sapere ma sarebbe stato una bugia: era sua sorella, aveva ogni diritto di sapere, di capire se Magnus lo avrebbe fatto soffrire. La risposta era tanto semplice quanto ovvia: avrebbe preferito soffrire in prima persona piuttosto che fare del male ad Alec. Alec era diventato il suo tutto.
“Perché mi fai questa domanda?”. Aveva imparato da tempo ad aggirare domande con altre domande.
“Vi conoscete da troppo poco per amarvi davvero e tu mi sembri ancora così preso da Camille…”.
Magnus annuì e sorrise leggermente “Quanti anni ci hai messo per innamorarti di Simon?” chiese, quindi.
“Giorni” rispose dunque lei e il sorriso di Magnus si allargò ancora di più.
“A me ci sono voluti esattamente due minuti per innamorarmi follemente di tuo fratello e non ho intenzione di farlo soffrire, se è quello che vuoi sapere. Amavo Camille ma non la amo più e non soffro più per quello che è successo. Avrei solo preferito una fine più dignitosa per lei, ma forse il Karma esiste e quello che fai ti ritorna, no? Suppongo si possa mettere in questi termini”.
Sospirò. Isabelle lo guardò e per la prima volta da quando era entrato in camera sua ci vide un po’ di comprensione in quei due profondi pozzi neri.
“Dov’è Simon?” chiese per spezzare il silenzio “Ora tocca a me fare la mia parte”.
Isabelle deglutì e gli si avvicinò “Magnus non volevo…” sbuffò, massaggiandosi le tempie come se non sapesse dire quello che voleva dire e il Re sorrise, alzandosi per abbracciarla “Lo so” le sussurrò all’orecchio “E vorrei che qualcuno si preoccupasse per me come tu fai per tuo fratello, Isabelle”.
Furono interrotti da Simon che come per magia, dopo essere stato invocato, si presentò alla porta con un pacco di velluto nero tra le mani.
“Re Magnus! Principessa Isabelle!” esordì, facendo scoppiare a ridere Magnus che gli si avvicinò per dargli una pacca sulla spalla “Per te sono solo Magnus e Isabelle. Perché chiamarla principessa se puoi chiamarla ‘amore mio’ ?” gli fece un occhiolino e Simon rise, allungandogli la scatola.
“È tutto ciò che resta di Camille?” domandò, sapendo già cosa vi avrebbe trovato al suo interno.
Simon annuì mentre lui si accingeva ad aprirla e guardare con occhi ricolmi di lacrime quella specie di goccia rossa lucida e splendente. La collana di sua madre. Gliel’aveva affidata prima di morire.
‘Cedila solo a chi ami’ gli aveva fatto promettere, e lui lo aveva fatto. Forse lo aveva ceduto alla persona sbagliata. Di certo ora non poteva darlo ad Alec anche se probabilmente vederlo nudo, rivestito solo da quel meraviglioso gioiello, avrebbe risvegliato i suoi più bollenti spiriti. Isabelle poteva essere una buona alternativa però, no? Sarebbe stata anche benissimo con gli orecchini rossi che le aveva regalato.
Guardò i due ragazzi sorridersi dolcemente, con lo sguardo pieno di voglia di baciarsi, e si sentì quasi di troppo. Si girò nuovamente verso Simon, con lo scatolo di velluto tra le mani e glielo cedette, sorridendogli.
“Fanne buon uso” disse.
Simon guardò il pacco e poi Magnus e di nuovo il pacco e poi Magnus ed infine Isabelle che lo guardò a sua volta titubante. “Io non capisco…”.
Magnus rise “Posso darti un consiglio, se vuoi. Il collo di Isabelle sarebbe decisamente un buon uso” si girò verso Izzy e le sorrise “Mia madre mi ha chiesto di cederlo a qualcuno che amavo davvero e credo che se lo regalassi ad Alec non ne sarebbe molto felice. E tu sei sua sorella oltre che una delle persone a cui tengo di più al mondo, quindi…” fece spallucce “Non è tutto” disse alzando le mani, fermando le proteste dei due ragazzi. “Vi avevo promesso che vi avrei aiutati ebbene ho una sola idea che possa fare al caso nostro ma posso assicurarvi che è un’idea fantastica!”.
Isabelle e Simon si lanciarono uno sguardo metà spaventato, metà curioso che lo incitò a parlare, dunque sorrise tra sé e sé.
“Sono il Re di uno dei paesi più ricchi al mondo e posseggo l’esercito più vasto attualmente esistente. È tanta roba per un uomo solo, non credete? A volte trovo grandi difficoltà a gestire tutto. Cedere qualcosa a qualcuno che amo e di cui mi fido, per una buona ragione avrebbe dei vantaggi anche per me. E ovviamente io sarei disponibile sempre e comunque per tutto, per rimettere in sesto l’esercito o che so, convincere chi risiede nelle vostre terre a darvi quello che vi spetta” si fermò, incrociando le braccia al petto e sorrise, divertito dall’espressione sul viso dei due fidanzati che ora si stavano stringendo le mani.
“Credo di non aver capito. Sono serio questa volta” sbottò Simon con le guance rosse.
Isabelle sgranò gli occhi e puntò l’indice contro Magnus “Tu” iniziò “Vuoi cedere a noi una parte dei tuoi beni?” domandò incredula.
“In realtà li cederei a Simon che poi sposandoti li cederebbe anche a te, certo. Sì. Voglio cedere una parte dei miei beni a voi, a chi altrimenti? Non vedo altro modo per rendere felice tuo padre di questa unione, Isabelle. Vuole il mio esercito al completo e i miei beni e per averli deve accettarvi altrimenti potrà avere solo metà del mio esercito e non credo gli basterebbe per iniziare una sfrenata conquista del mondo.” Fece spallucce “Ovviamente dobbiamo velocizzare la cosa quindi dovremmo fare tutto entro domani. Ci vedremo nelle segrete, Simon firmerà le carte che sta preparando ora Raji, con cui accetterà la mia eredità, io firmerò accettando di donargliela e poi dopo vi sposerete e Robert sarà spacciato. L’amore vincerà” rise vittorioso, come se tutto fosse già stato imbandito, come se fosse stato sicuro della risposta positiva dei due ragazzi che ancora si guardavano increduli.
“Allora temo che non mi darete una vera risposta ora. Mi sembrate leggermente shockati o sbaglio?”.
Simon annuì, gli occhi dilatati e le guance rosse. Isabelle lasciò la sua mano e gli si fiondò tra le braccia, le lacrime che le rigavano il viso, le mani strette dietro il suo collo. “Grazie” fu capace di dire solo quello.
Ma quell’abbraccio per Magnus valeva molto di più.
 
*^*^*^*^*
 
Avevano ormai trovato sua madre ma Clary aveva sempre quella costante voglia di passare il proprio tempo con quel ragazzo dai capelli biondi, come se il suo corpo la spingesse continuamente a stare al suo fianco.
Aveva provato a girare alla larga subito dopo quel bacio tra le foglie e le lacrime, ma non ci era riuscita: per un motivo o un altro, si ritrovava sempre a gironzolare attorno a Jace o peggio ad essere circondata da Jace.
Il sole era calato, la cena era finita, l’aria fresca la attirava dunque aveva annuito alla richiesta di Jace e lo aveva seguito fuori dopo essersi coperta con una pesante pelliccia che Magnus le aveva regalato in occasione del viaggio in Scozia. Jace le camminava vicino silenziosamente eppure le sembrava di poter sentire i suoi pensieri, il peso delle sue idee, delle sue voglie. Aveva voglia anche lei di baciarlo.
Una dannata voglia. E sapeva cosa volesse dire. Lei si stava innamorando di quel dannato ragazzo e non poteva farlo: sua madre la voleva lontano da quel posto e lei stava iniziando a fare di tutto per restarci.
Si stava comportando come una persona ingrata verso chi l’aveva messa al mondo e chi l’aveva cresciuta.
Ma quei maledetti occhi color oro la incantavano e quei capelli biondi più scuri di giorno e chiari come l’argento di notte, la stavano confondendo. Per non parlare di quel sorriso scoperto. E di quel viso angelico.
“Ti piace quel che vedi?” chiese Jace, ridendo. Lo chiedeva di continuo. Era così egocentrico.
“Preferisco l’Indonesia a dire il vero” fece spallucce, e Jace inclinò la testa all’indietro, un grosso sorriso divertito sulle labbra. “E io ti piaccio, Clary? O preferisci L’indonesia?” chiese, quindi. E lei arrossì.
Poteva mentirgli, dirgli che non era come sembrava, che non gli piaceva. Ma i suoi occhi dicevano il contrario.
“Tu mi piaci” sbottò Jace, ficcandosi le mani in tasca come se fosse in imbarazzo “E sarebbe spiacevole se non mi ricambiassi. Tutte le ragazze a corte mi desiderano e io desidero solo te. Sarebbe un cattivo scherzo, no?” Clary rise e annuì. “Mi dispiace per le ragazze che ti desiderano ma mi sa che dovrai accontentarti di piacere a loro” fece spallucce e continuò dritta per la sua strada, ridendo quando si accorse che JAce si era fermato qualche passo indietro e la stava guardando a bocca aperta.
“Cosa, Principe Herondale, la mia risposta non è stata soddisfacente?” non si accorse di quello che stava per accadere, quando accadde fu troppo tardi. Jace si era mosso talmente tanto velocemente che non era stata in grado di fermarlo ma comunque probabilmente non l’avrebbe fatto lo stesso.
Si lasciò avvolgere dalle sue braccia e baciare dalle sue labbra calde e morbide che si muovevano con vigore assieme alle sue, facendo danzare le loro lingue e i loro cuori.
Fu bello come la prima volta: dolce, delicato ma anche frenetico. Ne avevano voglia entrambi.
Clary però non aveva voglia di sentire quello che avrebbe seguito quel bacio.
Quel: “Mi piaci, Clary. Anzi forse di più. Quando sono con te mi sento bene. Quando sono con te so di essere innamorato. Dimmi che provi lo stesso. Dimmi che si disposta a stare con me. Posso venire con te o puoi stare tu qui, ma dimmi che non sono l’unico a provare qualcosa…”.
Non era pronta, per nulla. Non sapeva cosa dire. Sapeva solo che non avrebbe mai voluto lasciarlo accadere.
Che voleva dimenticare tutto. Che forse aveva avuto ragione Magnus: non sarebbe dovuta andare in Scozia, il paese dal quale sua madre stava scappando prima di morire.
Non disse nulla, lasciò cadere le sue mani in aria, lo guardò un secondo e poi scappò via.
Forse l’unico modo per rendere fiera sua madre era scappare.
 
*^*^*^*^*^*
 
La porta si aprì leggermente e lui non disse nulla quando vide entrare in camera Alec.
Gli sorrise solamente.
Era bello come il sole, elegante come la luna, magnifico come il cielo di notte, limpido come quello del giorno.
Lo guardava sorridendo a sua volta, si avvicinò lentamente alla vasca e si poggiò al bordo, sedendosi così vicino a Magnus, la testa poggiata sul bordo della vasca, l’acqua caldissima arricchita dagli odori più svariati.
“Tutto bene?” gli chiese Alec, accarezzandogli una guancia; Magnus poggiò il viso in quella grande e delicata mano e sorrise “Ora che ci sei tu andrà sempre tutto bene” sussurrò. “Ti amo, Alexander”.
Aveva il forte bisogno di dirglielo da quando lo aveva visto allontanarsi verso camera sua; per una volta, l’ultima, aveva preferito il passato al presente. Ma non sarebbe mai più avvenuto.
Alec sorrise, ma era strano. Era triste. Sapeva di Camille.
“Hai parlato con Isabelle?” chiese dunque lui e Alec annuì, arrossendo leggermente.
“Non riuscirò mai a ringraziarti abbastanza per quello che fai, Magnus. Le stai salvando la vita. Anzi la stai salvando ad entrambi” Magnus sorrise “Lo faccio perché le voglio bene, perché ti amo e perché credo follemente nell’idea dell’amore. Ma lo sai che dovrà venire con me se tuo padre non accetterà Simon, vero? Altrimenti rischierà di essere rinchiusa in qualche monastero e Simon rischierà la ghigliottina.” Sospirò, chiudendo gli occhi. “Non ho avuto il coraggio di dirglielo. Erano così felici. Ma è questo quello che accadrà se tuo padre non li accetterà e loro decideranno di restare comunque”.
Alec prese un grosso respiro e annuì “Verranno” disse chiudendo a sua volta gli occhi.
“Lo dici come se già sapessi che tuo padre non li accetterà” borbottò accigliato il Re e Alec annuì.
“È perché lo so. Dirà che può andare dove le pare, purché non si rifaccia mai più viva qui”.
“E tu saresti disposto a farlo?” chiese Magnus “A lasciare tutto per amore?”.
Alec alzò gli occhi al cielo “Isabelle non è me” fu tutto quello che disse alzandosi dalla vasca.
“E comunque Isabelle mi ha detto anche di Camille, spero non sia un problema” disse e Magnus riconobbe nervosismo e gelosia in quella voce; normalmente ne sarebbe stato eccitato, ma era stanco.
Stanco di soffrire e pensare a lei.
“No” rispose solo.
“Stai male” controbattette Alec, quindi. Ma Magnus non rispose.
“Tu come staresti se una persona che hai amato morisse da un momento all’altro?”.
“Non lo so” rispose Alec irritato “Ho amato solo te” fece spallucce. “L’hai amata? Sicuro di non dover parlare al presente? Sicuro di non amarla più?”.
Magnus si massaggiò le tempie, capendo dove stava andando a parare.
“Non la amo, Alec. Posso assicurarti che amo solo te. È da tanto che non la amo più. È da tanto che non amavo più nessuno. Credevo di aver perso questa capacità ma sei arrivato tu e mi hai dimostrato il contrario. Lei è il passato, tu sei il presente e se vorrai il mio futuro. Non posso e non voglio cancellare il passato ma posso assicurarti che tutto il resto è tuo”.
“Tu sei quello che il passato ti ha fatto diventare, però. Sei frutto del passato, sei frutto di Camille”.
Magnus annuì “Sono frutto di quello che quella relazione malata mi ha dato. Stai amando quello che sono diventato non quello che sono sempre stato e non sappiamo se avresti amato quel Magnus così come non sappiamo come sarebbe andata se fossi stato con Camille. Abbiamo un mare di possibilità, Alexander, ma possiamo sceglierne solo una e non sapremo mai come sarebbe andata con le altre”.
Alec lo fermò, le guance rosse e gli occhi lucidi “Sai cosa? Mi sento come se mi avessi buttato in quel mare di possibilità ma io non so nuotare, Magnus. Annegherò e non so come risalire a galla. Quindi non parlarmi di possibilità. Non parlarmi di cose che non posso capire. Non ho avuto relazioni, non ho altro che te e tu invece hai avuto tante altre persone, hai conosciuto tanti altri amori, sei stato così tante persone e sei stato con così tante persone e io non conoscerò mai tutto quello che sei stato e hai fatto. E mi sto chiedendo se…”.
Magnus sbuffò, alzò gli occhi nei suoi “Se?” domandò “Se mi ami abbastanza? Se io ti amo abbastanza? Ti sto dando tutto quello che potrei darti, ti sto dimostrando in ogni modo in cui posso dimostrartelo. Ti sto facendo capire che ormai sono disposto persino a mettere da parte me stesso per te e tu continui a fregarti di quello che ti metto su un piatto d’argento per riflettere solo su quello che tu vuoi pensare. Allora mi chiedo, sei davvero disposto ad avere qualcosa con me?”.
Alec lo guardò, aveva già visto Magnus arrabbiato ma nessuna delle altre volte si era arrabbiato fino alle lacrime, fino a dubitare di lui a quel modo. Ma era stato lui il primo a dubitare.
Scosse la testa sentendosi uno stupido; prese a spogliarsi velocemente sotto lo sguardo confuso di Magnus e ancora, si infilò nella vasca, mettendosi tra le gambe del Re in modo da poterlo guardare fisso negli occhi.
L’acqua calda lo rilassava, gli faceva quasi scaricare tutte le cose che si era portato dietro per tutto il giorno, ma quegli occhi verde dorati facevano molto di più: lo facevano sentire vivo.
“Abbiamo troppo poco tempo per sprecarlo a litigare” sussurrò Alec baciando via le lacrime dal viso di Magnus “E ti amo troppo per vederti ridotto in questo stato. Dimmi cosa devo fare per renderti felice!”.
Magnus sorrise leggermente, gli accarezzò una guancia e gli tirò via una ciocca di capelli scendendo poi con la mano dal collo al petto dove si fermò. Il suo cuore batteva così regolarmente da tranquillizzarlo.
“Seguimi” sussurrò “Vieni con me in Indonesia, regna con me, diventa il mio Re, amami per sempre” e il potere che stavano liberando quei bellissimo occhi lo avrebbe convinto a fare di tutto, ne era certo.
Si abbassò sulle sue labbra e le catturò, sorridendo.
“Ti amo” disse abbracciandolo “Ma non so fino a che punto questo sia possibile” scosse la testa “Sono l’erede al trono…”.
Magnus sospirò “Una volta mi hai detto di volere la felicità dal futuro. Quel trono non ti renderà felice. Io sì. E avrai il mio trono. Potremo avere dei bambini, crescere dei piccoli marmocchi presi dalla strada. Renderli principi felici. Potremmo rendere noi dei Re felici” ogni parola era seguita da una carezza, uno sguardo o un sorriso sognante. Alec sorrise contro la sua spalla pensando a quanto sarebbe stato bello.
Non voleva altro dalla vita.
“Alexander” mormorò “Posso darti la felicità!”.
Alec annuì “Me la stai già dando” sussurrò.
“Puoi seguire me e tua sorella allora. Cosa altro ti resta qui?” chiese, curioso.
“Jace” rispose Alec “Resta Jace. Non posso lasciarlo qui”.
Magnus alzò gli occhi al cielo “Porteremo con noi anche Jace che sta facendo la corte alla mia pel di carota preferita, se vorrà venire”.
Alec scoppiò a ridere e poggiò la fronte alla sua “Mi hai sconvolto la vita, Magnus Bane”.
Magnus lo baciò felice, eppure sapeva che tutta quella situazione non sarebbe andata a finire come avrebbe desiderato; Robert avrebbe rovinato tutto. Ecco perché quella sensazione agrodolce che gli si era insinuata sotto la pelle non voleva lasciarlo solo. Forse non tutto sarebbe andato come desideravano.

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Capitolo 9
*** Red Wedding. ***


Red Wedding.
 
Ci fu un attimo in cui si pentì di quello che stava per fare: davvero stava per seguire Magnus in camera sua?
Il Re aprì la porta e si ritrovò in un intrico di oro e specchi ancora più grande della camera di Izzy e cosa peggiore, più piena della camera di Izzy.
Lo seguì in silenzio domandandosi cosa stesse facendo la sua fidanzata ed iniziando ad immaginare quanto meravigliosa sarebbe stata vestita per la cerimonia. Non vedeva l’ora di poterla guardare per innamorarsi ancora una volta.
Magnus aprì un armadio e lo spinse sul letto dicendogli qualcosa che lui non stava ascoltando davvero, perdendosi nei ricordi, nel suo primo incontro con Isabelle in biblioteca – posto in cui lui non si sarebbe dovuto trovare -. Lei era già così bella a quindici anni! Quei lunghi capelli neri e quelle labbra rosse come il fuoco la facevano spiccare su tutto, persino su quelle pareti piene di libri maestosi che lui non si sarebbe mai potuto permettere! Inizialmente aveva pensato che fosse una ragazzetta antipatica e snob come qualsiasi principessa fosse mai esistita e invece era rimasta lì a guardarlo affascinata e gli aveva sorriso dicendogli che poteva continuare a leggere il libro se voleva: lei non ne avrebbe fatto parola con nessuno, a patto che lui acconsentisse a parlare di quelle meravigliose pagine che aveva amato assieme a lei.
Simon, rosso come un pomodoro, aveva annuito timidamente e aveva provato a tornare a leggere ma non ci era riuscito: quella incantevole principessa gli si era seduta avanti e lui non riusciva a distogliere gli occhi da lei. E così continuava ad essere. Non riusciva a staccare gli occhi da lei neanche per un solo secondo.
“Va bene, Sigismund?” chiese Magnus, Simon neanche ci fece caso quindi il Re gli schioccò due dita avanti agli occhi. “Diceva a me, Re Magnus?” chiese alzandosi velocemente dal letto sul quale Magnus lo aveva fatto sedere; dunque si beccò uno scappellotto dietro la testa seguito da un “Quante volte devo dirti che mi chiamo Magnus e non Re Magnus?” e due giacche alzate, una blu e l’altra rossa “Avanti, decidi quale vuoi”.
Simon guardò una e poi l’altra e poi tornò a guardarne prima una e poi l’altra e ancora fino a quando Magnus non sbuffò e abbassò entrambe.
“Insomma Sammael vuoi sposarti o no?” sbuffò “Di là hai la donna più bella sul pianeta che ti aspetta, cosa stai attendendo? Che ti piombi una giacca dal cielo?”.
Aprì la bocca per rispondere ma grazie a Dio la porta fu spalancata da un Alec sorridente, per la prima volta.
Aveva pensato per tanto tempo che il Principe lo odiasse; in fondo lui era solo uno stalliere che si era innamorato di qualcuno a cui non avrebbe mai neanche osato desiderare di avvicinarsi! Si sarebbe odiato a sua volta se fosse stato il fratello di Isabelle, insomma non lo aveva mai biasimato. E invece poi con il tempo aveva capito che Alec non lo odiava ma provava a proteggere in ogni modo possibile sua sorella e un po’ lo invidiava, anche, perché era riuscito a trovare qualcuno da amare che lo ricambiasse con la stessa forza con cui la amava lui, cosa che Alec pensava non gli sarebbe mai successa.
Vide lo sguardo dolce che Alec e Magnus si scambiarono e sorrise leggermente: Alec si sbagliava.
“Quale preferisci?” chiese Magnus mostrando le due giacche ad Alec e lui rise leggermente “Isabelle sarà in rosso se ti interessa saperlo” disse andando a sedersi al fianco di Simon che alzò gli occhi al cielo: e giacca rossa sarebbe stata!
 
*^*^*^*^*
 
Non ci era mai stato sotto i sotterranei ma era sempre stato curioso di vederli; li aveva sempre immaginati come ei cunicoli bui illuminati qui e lì da qualche torcia e in effetti era così, ma quell’unica cella disposta per il loro matrimonio era la camera più elegante che avesse mai visto in vita propria: la mano di Magnus era più che visibile nelle tante candele poggiate a terra e mezz’aria, nei piccoli boquet di rose bianche e rosse sparse qui e lì, nei drappeggi rossi poggiati su quello che in epoca medievale forse era stato un tavolo da sacrificio mentre in quel momento sarebbe stato il loro altare con tanto di croce posizionata dietro il posto che spettava a Magnus.
In realtà credeva che avrebbe già trovato Isabelle pronta a prendergli la mano e dirgli che sì, voleva sposarlo, e invece si ritrovò avanti un tipo dai tratti orientali come quelli di Magnus, che lo guardava come a dirgli di muoversi ad avvicinarglisi.
“Lui è Raji” disse il Re “Il mio tutto fare” rise leggermente dando una pacca sulla spalla all’uomo che rispose alla battuta con un sorrisino tirato “E ora è qui per presenziare al cedimento delle terre se sei disposto ad accettarle” Simon annuì. Magnus gli aveva già spiegato tutto, non doveva fare che prendere tra le mani quella penna imbevuta di inchiostro e firmare. Doveva solo scriverci Simon Lewis e sarebbe stato abbastanza ricco da poter vivere per sempre di rendita al fianco di Isabelle.
E sarebbe stato degno di Isabelle. Guardò un attimo il sorriso di Alec che in quel momento gli ricordò spudoratamente quello della sorella e sospirò: Isabelle gli aveva sempre detto che era stato sempre degno di lei, che non era vero che se la meritava di meno perché era solo un garzone.
Da quel momento in poi sarebbe stato vero.
Magnus si abbassò, prese la penna e firmò tre volte su tre carte diverse, poi gliela passò; la guardò per un secondo, indeciso se firmare davvero o meno. Stava davvero per firmare un foglio che lo rendeva possidente di terre di cui non conosceva neanche l’esistenza?
Guardò Magnus ed Alec e deglutì pesantemente, preso dalla voglia di scappare via, e invece si inginocchiò e firmò lì dove aveva firmato l’altro. Alzò lo sguardo spaventato su Raji che ora gli sorrideva e gli allungava una mano che strinse con incertezza. Raji piegò la pergamena che avevano firmato e si allontanò verso la porta della cella e poi verso il corridoio illuminato dal quale sbucò il principe Jace che gli fece un occhiolino.
Prese un grosso respiro e Magnus rise “Allora, come ti senti?” Simon deglutì e guardò Alec, lui lo capiva, ne era certo. Riusciva a leggerlo in quello sguardo blu divertito ma anche preoccupato.
“Sto per vomitare” rispose lui e nello stesso istante entrò nella cella Clary con i suoi rossi capelli a fare da tappeto alla donna più bella che fosse mai esistita, la donna che stava per sposare.
La guardò e si sentì ancora una volta l’uomo più fortunato sul pianeta. Isabelle avanzava nella cella con un grosso sorriso sulle labbra ad illuminare il viso vivo e felice scoperto da quei capelli lisci come la seta raccolti in un toppo alto sul quale poggiava una coroncina di oro rosso come la collana che portava al petto messa a posta per mettere in evidenza il prosperoso decolté grazie al pendente rosso che le aveva donato Magnus.
Isabelle si avvicinò fino a quando non gli fu avanti. La prese per mano e si girò poi verso Magnus che sorrise ad entrambi. La strinse forte, sentì il suo calore riscaldargli la mano ed ogni remora scomparve: nulla contava più dell’averla al suo fianco. Magnus iniziò a parlare, a dire cose, ad elargire su quanto fosse importante l’amore e quanto loro fossero un esempio di vero amore, ma non lo ascoltò davvero.
Non capì molto, almeno non fino a quando Isabelle non si girò felice verso di lui e lo baciò con trasporto, stringendoselo contro. Si erano baciati così tante volte eppure tutte quelle volte erano una diverse dalle altre; quella volta per esempio, ci sentiva ardore e felicità ma anche vittoria in quel meraviglioso bacio che sanciva, finalmente, la loro unione.
Isabelle era davvero diventata sua moglie.
 
*^*^*^*
Clary non aveva mai visto un matrimonio prima, certo aveva sempre pensato che sarebbe stato dolce e romantico ed emozionante ma di lì a piangere così tanto per un bacio!
Certo era in un momento un po’ destabilizzante; guardava Jace e pensava che forse l’idea dell’amore le piaceva. Forse era JAce a piacerle. Poi però guardava Magnus e lo vedeva così preso in quello che faceva, così felice, così appassionato agli altri: lui l’aveva cresciuta. Non poteva pensare di restare in Scozia solo per Jace. Eppure ogni volta che gli stava vicino sentiva quella scossa elettrica in tutta colonna vertebrale facendole venire voglia di aggrapparsi a lui per non lasciarlo mai più; anche in quel momento mentre camminavano sfiorandosi le mani le venne voglia di stringerlo a sé e dirgli tutto. Ma non lo fece.
Continuò in silenzio fino a quando non fu il biondo ad allungare la mano e stringere la sua così dolcemente da farle quasi pensare che si stesse immaginando tutto, dunque abbassò lo sguardo e vide che effettivamente le loro mani erano unite a formare un intreccio elegante e forte.
Forse il loro rapporto sarebbe potuto essere così forte da andare contro tutti i suoi timori?
Restarono in silenzio per altri dieci minuti, poi raggiunsero un piccolo spiazzato d’erba fresca su cui JAce si sedette trascinandola giù; gli cadde quasi tra le braccia, finendo con la testa sulla sua spalla.
“Scusa” disse lei con le guance rosse quasi quanto i capelli, ma Jace fece per tirarsela ancora più vicino.
“Jace…” mormorò lei quando ormai la distanza tra le loro labbra fu riconducibile ad una linea talmente sottile da permettere a stento all’aria di passarvici.
“Clary” sussurrò lui poggiando una mano a coppa sotto la sua mascella: la conteneva talmente bene che per un attimo si chiese come sarebbe stato poggiare il suo cuore tra quelle due mani calde.
“Devo confessarti una cosa” alzò lo sguardo nel suo e si ritrovò ad osservare due piccoli soli caldi e scoppiettanti: la cosa più bella che avesse mai visto. “Tra poco partirai ma io non voglio che tu vada via. Mi hai conosciuto, se c’è una cosa su cui Alec ha ragione quella è che non mi interessa nulla di chi mi circonda e meno che non sia qualcuno che amo estremamente come lui o Izzy o te.”.
Clary lo guardò a bocca aperta e mormorò un confuso “Me?”.
Jace dunque sorrise e annuì “Sembri così dannatamente delicata e invece si così forte e tenace da essere stata capace di rubare persino il mio cuore. Mi sono innamorato di te Clarissa e farei di tutto per chi amo. Ti prego di darmi la possibilità di dimostrartelo. Dammi una possibilità!”.
Clary spalancò ancora di più la bocca se possibile. Aveva una sola risposta in mente: sì.
Poi però penso all’espressione di Magnus, alla lettera di sua madre, a tutti quegli ‘Scappa da qui’ e tutti i no che Magnus le aveva rifilato prima di accettare che andasse con lui in Scozia: aveva provato a proteggerla in ogni modo possibile e lei invece si era innamorata di Jace, l’unico uomo al mondo che non avrebbe mai dovuto amare; lei si era innamorata di quel paese che la faceva sentire al suo posto nonostante il freddo che le scorticava la pelle. Lei si era innamorata dell’idea della vita che avrebbe potuto avere lì
Avrebbe voluto rispondere ‘Sono innamorata anche io e voglio restare qui con te per sempre’ e invece si alzò di scatto e senza dire nulla prese a correre, lasciando Jace a bocca aperta e talmente deluso da non considerare neanche l’idea di alzarsi e seguirla.
*^*^*^*^*
 
Magnus si chiuse la porta alle spalle e sorrise ad Alec che gli si buttò tra le braccia non appena furono di nuovo soli; era così bello vederlo allegro e felice eppure il solo pensiero che il giorno dopo avrebbe dovuto dirgli forse addio per sempre lo terrorizzava a morte. Era ormai diventato dipendente da quell’uomo, come avrebbe fatto a lasciarlo andare via?
Alec stracciò con forza la sua camicia e sorrise, vedendolo a petto nudo.
“Mi mancherà la tua bellezza” sussurrò abbracciandolo “E anche la tua pelle calda e liscia” gli lasciò un bacio sulle labbra e poi con delicatezza scese sul collo per non fargli vedere gli occhi pieni di lacrime.
Erano un paio di notti che ormai passava il proprio tempo sveglio ad osservare Magnus per imprimerselo bene nella mente e ricordarlo per sempre come il periodo più bello di tutta la sua vita. Non avrebbe mai voluto che finisse tutto in quel modo, ma cosa poteva farci? Non poteva davvero seguirlo, non poteva abbandonare la sua vita per un sogno d’amore.
“Allora vieni con me” mormorò Magnus staccandosi leggermente da lui per guardarlo negli occhi “Vieni con me e non dovrai più piangere o sentirti fuori posto! Vieni con me e la notte non dovrai più restare sveglio per guardarmi mentre fingo di dormire nell’attesa che ti addormenti a tua volta per poterti guardare e pensare a quanto sia stato fortunato ad averti” Alec alzò lo sguardo lucido nel suo e scosse la testa “Io sono stato fortunato” disse deglutendo le lacrime. “E puoi ancora esserlo, allora!” provò a convincerlo ancora una volta Magnus. “Puoi scegliere me”. Ma non si trattava di scegliere tra suo padre e Magnus, vero?
Si trattava di scegliere chi voleva essere: il prossimo Re infelice o un nessuno estremamente felice?
“Devo scegliere me” mormorò Alec, pentendosi subito dopo delle sue parole quando Magnus bruscamente si allontanò da lui per spogliarsi ed infilarsi sotto le lenzuola “Pensavo che avessi fatto questo fino ad ora” disse, massaggiandosi le tempie. “Non ho voglia di litigare, Alexander”. Alec si morse il labbro inferiore e si sedette sul letto ma Magnus per allontanarlo incrociò le braccia sul petto “Sono stanco”.
Alec sospirò “Non volevo dire quello” scosse la testa “Intendevo dire che devo decidere chi voglio essere”.
Magnus scosse la testa “E chi vuoi essere?” chiese, poggiando la testa allo schienale del letto.
“Una persona felice, Magnus” rispose dunque Alec togliendosi i vestiti per raggiungerlo sotto le pesanti coperte di pelliccia. “E io ti rendo felice?” domandò Magnus tirandoselo più vicino e sorridendo quando Alec annuì e gli prese il viso tra le mani “Sei la mia felicità” mormorò Alec “Ma non so se…” ‘se mio padre accetterà’. Magnus annuì “Ho un modo per far sì che tuo padre accetti” gli alzò il viso con un indice “Devi solo fidarti di me, mhm?” Alec annuì. “Mi fido di te, ma non…” chiuse gli occhi abbracciandolo più forte, la testa sul suo petto, il suo cuore che gli martellava nelle orecchie. “Non?” domandò Magnus.
“Non voglio discutere di questo ora. Voglio solo ringraziarti” mormorò allungandosi leggermente per lasciare un bacio all’angolo del suo labbro. “Per cosa?” sorrise Magnus “Non ho ancora fatto nulla!”.
“E invece sei stato capace di rendere non una ma tre persone felici! Hai dato a mia sorella e Simon quello che meritavano e hai dato a me una cosa che non pensavo avrei mai avuto: l’amore” Magnus scosse la testa, zittito per la prima volta in vita sua. Non sapeva cosa dirgli dunque catturò le sue labbra e lo abbracciò: avrebbe fatto di tutto per renderlo felice, anche minacciare suo padre.
Lo strinse forte a sé e sperò che quella non sarebbe stata la loro ultima notte; sperò che sarebbe stata l’ennesima di tante altre, di tanti altri baci e abbracci e orgasmi e felicità.
Perché anche lui come Alec, da piccolo aveva sempre sperato di poter essere un uomo felice da grande e Alec, il suo Alexander, lo rendeva felice.

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Capitolo 10
*** Everything will be okay in the end. If it’s not okay, it’s not the end. ***


Everything will be okay in the end.
If it’s not okay, it’s not the end.

 
Robert sedeva dritto sul suo trono, l’enorme corona intarsiata di pietre blu gli spiccava sulla testa nera facendo risaltare anche i suoi occhi blu; erano come quelli di Alec ma più accigliati, meno puri: gli occhi di chi era stato capace di fare di tutto per ottenere quello che voleva. Un po’ in quello si somigliavano, pensò Magnus. Lui aveva sempre lottato in ogni modo per vincere. Guardò Isabelle al proprio fianco e pensò che sì, si somigliavano davvero: avrebbe lottato anche quella volta.
Isabelle gli strinse forte una mano. Riusciva quasi a sentire la paura che le scorreva nelle vene. La stessa che provava anche se in condizioni diverse. Magnus non aveva paura per sé stesso ma per Alec.
E se Robert non avesse accettato il figlio, come l’avrebbe presa?
Robert lo guardò ancora una volta e poi scoppiò a ridere. Gli venne voglia di prenderlo a pugni.
“Credi davvero che lascerò andare così la cosa?” il suo sguardo scocciato ricadeva su Isabelle e poi Simon con le mani incrociate, su le dita di entrambi spiccava un cerchio di oro massiccio, regalo personale di Alec.
Magnus gli si avvicinò svogliatamente e gli mostrò il documento firmato da sé stesso e Simon.
“Se vuoi tutto il mio esercito e un contributo da parte di tutte le mie terre dovrai lasciare andare così la cosa, Robert. Simon possiede metà del mio esercito e una gran parte delle mie terre” gli avvicinò nuovamente il documento che quella volta gli fu strappato dalle mani. Robert aveva le guance rosse di rabbia, Maryse si era alzata ed era andata via nel momento stesso in cui Magnus aveva detto che non avrebbe sposato Isabelle perché era una donna già sposata. Aveva visto la ragazza crollare e frantumarsi in centinaia di pezzettini, eppure era rimasta ferma al suo fianco, la mano stretta in quella di Simon.
Robert alzò lo sguardo su Magnus e scosse la testa “Non erano questi i patti” Magnus rise leggermente; non avrebbe lasciato di certo a lui la parte migliore!
“Ora i patti sono cambiati. Dovrai accettare il loro matrimonio e quello di Alec con me”.
Non appena terminò la frase un silenzio tombale cadde su tutta la sala, Isabelle si girò verso di lui con un grosso sorriso sulle labbra, Alec con le guance rosse e gli occhi ancora più pieni di rabbia, a Robert cadde il documento dalle mani, dunque Magnus si abbassò per raccoglierlo e tornare poi a sedersi sulla sedia di fronte al trono.
Guardò Alec e capì dalla sua espressione che non aveva fatto la migliore delle uscite, guardò Robert e capì che non gli interessava, avrebbe lottato.
“Cosa?” mormorò quando si fu ripreso dallo shock il Re. “Cosa vuol dire?” Magnus scrollò le spalle, vide Alec deglutire e Isabelle stringersi più vicino a Simon che si era fatto piccolo piccolo.
“Quello che hai capito. Voglio Alec. O Alec o nulla”. Robert spalancò la bocca per dire qualcosa e guardò il figlio “Cosa vuol dire, Alexander?” Alec scosse la testa, non riusciva a parlare. “Lo vuoi?” domandò alzandosi di scatto dal trono “Vuoi questa cosa disumana?” indicò Magnus “Vuoi questa cosa o il tuo regno?”. A Robert non interessava chi piacesse ad Alec, il problema fondamentalmente non stava nella sua sessualità ma nel fatto che il giovane potesse decidere una strada diversa rispetto a quella che gli aveva spianato lui. Un giorno Michael, il suo migliore amico, gli aveva confessato di pensare di amarlo, lui non aveva detto nulla ma si era allontanato completamente da lui e quando Michael fu ormai andato via, fu troppo tardi per gridargli di restare. Michael era morto. Non lo odiava perché lo amava, ma perché aveva deciso di fare qualcosa senza il suo benestare e Alec, che somigliava così tanto al suo migliore amico, si stava comportando nello stesso esatto modo.
“Alexander” tuonò Robert avvicinandosi talmente tanto ad Alec da far scontrare le loro iridi blu “Cosa vuoi?” domandò in tono brusco. Magnus lo guardò per qualche secondo, Alec si girò verso di lui con le gote rosse e gli occhi lucidi di lacrime, scosse la testa ma non disse nulla. Per lui era già una risposta.
Si era illuso dalle parole che gli aveva detto anche la notte precedente, di poter avere un’opportunità vera con lui, ma tutto era iniziato e sarebbe finito in quel castello. Non gli avrebbe dato altro tempo.
Si alzò di scatto e senza guardarsi dietro si allontanò a grandi falcate. Aveva aiutato Isabelle e Simon; loro due avevano già una carrozza pronta: Raji li avrebbe accompagnati al porto dove sarebbero saliti sulla nave e lo avrebbero aspettato. Li avrebbe raggiunti, inizialmente aveva pensato di farlo con Alec, e poi sarebbero partiti. Alec non ci sarebbe stato, ma il resto sarebbe andato esattamente allo stesso modo a meno che non si sarebbe tirata indietro anche Isabelle.
Si avviò velocemente in camera proprio e lungo la strada ordinò ad un ragazzo alto e magro che gironzolava sempre con Simon di fargli arrivare Raji in camera quanto prima possibile, poi si chiuse la porta alle spalle con un tonfo e si scaraventò sui bagli quasi del tutto pronti.
Ebbe poco tempo per pensare a quello che era davvero accaduto prima che Alec spalancasse con forza la porta di camera, entrando come un uragano, ancora una volta, nella sua vita.
“Che ti è saltato in mente?” urlò avvicinandosi velocemente a Magnus; lo fronteggiava, Alec era leggermente più basso. La giusta altezza per guardarlo negli occhi e mostrargli tutto quello che aveva dentro. Ansia, paura, ribellione, desiderio, rabbia. Lo capiva. Non avrebbe dovuto farlo, forse, così come lui non avrebbe dovuto tacere. Diceva di amarlo e invece non lo faceva affatto. Non lo dimostrava.
“So solo cosa non voglio essere. Ad esempio non voglio essere Re di Scozia. Non voglio sposare qualcuno che non amo solo perché lo decide mio padre. Non voglio crescere i miei figli come ha fatto lui. Non voglio vedere mia sorella soffrire. Non voglio che Jace sia trattato diversamente da me solo perché non è figlio di mio padre. Voglio solo essere felice. È troppo da chiedere?” disse d’un fiato, ripetendo le parole che gli aveva detto tempo prima. Un tempo migliore.
Alec spalancò la bocca e gli strinse la spalla ancora più forte, come se fosse sul punto di imprimergli qualcosa sulla pelle: odio?
“Non avevi il diritto di dirlo a mio padre! Era una mia scelta! Dovevo farlo io! Non sei nessuno Magnus. Non se il mio padrone, né il mio Re! Non devo stare ai tuoi ordini. Perché diavolo lo hai fatto? Credevo mi amassi!”. Magnus rise amaramente “E io credevo che tu amassi me” scosse le spalle “Ma entrambi ci sbagliavamo a quanto pare. Io non lo voglio uno senza coraggio. Ma tu dal primo momento hai messo in chiaro le cose, sono stato io quello che si è illuso”.
I loro occhi si scontravano e si lanciavano scintille, entrambi delusi come solo chi si ama davvero.
“Non dovevi scegliere per me! Hai scelto che dovevo venire con te, mi hai trattato come un trofeo! Il segno della vittoria contro mio padre! Hai deciso così, senza dirmi nulla, senza consultarmi, senza neanche pensare un attimo a me, Magnus. Questo lo consideri amore?”.
Magnus lo guardò con le lacrime agli occhi capendo di aver sbagliato, forse; ma il fine per cui lo aveva fatto restava unicamente quello: voleva rendere Alec felice. Restare lì lo avrebbe ucciso così come stava uccidendo lui. Tutto gli stava intossicando l’anima. Le parole di Alec, il modo di comportarsi di Alec, la mancata risposta di Alec che in realtà voleva dire tutto: No. Un semplice freddo No.
Vuoi Magnus? No. Cosa preferisci tra lui e il tuo trono? Voglio il trono.
 Prese velocemente il manto di pelliccia poggiato sulla poltrona e si allontanò da Alec che provò a fermarlo; solo quando fu fuori la porta si girò nuovamente indietro, un indice contro il principe, la voce incrinata dal pianto.
 “Mi hai detto che ti ho dato una cosa che non pensavi avresti mai avuto: l’amore. Vero?” urlò “Vero? Perché lo hai appena distrutto Alexander Gideon Lightwood. Resta qui con tuo padre. Renditi l’uomo infelice che desidera e prova a plasmare da quando sei nato! Sposa una dannata donna che ti darà dei figli solo grazie ai ricordi che ho lasciato nella tua mente, crescili, sii infelice e pensami mentre cercherai il tuo ultimo respiro perché questa è la tua ultima occasione di vedermi. Impara cos’è l’amore prima di professarlo tanto liberamente”. Lo guardò un’ultima volta cercando di tenere impressa la sua bellezza anche se in quel momento lo stava odiando come poche altre volte: occhi blu rossi, guance rigate di lacrime, espressione triste. Quello era l’Alec che avrebbe vissuto in Scozia. Lo spettro del vero Alec.
Non voleva lasciarlo lì, non poteva permettergli di ridursi in quel modo. Ma aveva provato a salvarlo e non ci era riuscito, dunque non c’era altro da fare che arrendersi. Sospirò, ingoiando un ‘ti amo’ e si avviò fuori, verso le camere di Raji che non si era ancora fatto vivo.
Fu troppo tardi quando Alec piangendo si gettò fuori dalla camera urlando il suo nome: si era già addentrato nei corridoi.
Ed era già stato preso.
I corridoi non gli erano mai sembrati così tristi; sperò che Raji non fosse già andato a preparare una carrozza per due. Doveva assolutamente unirsi, doveva andare via il prima possibile da quel posto.
Stava camminando distratto quando successe tutto improvvisamente: si ritrovò una mano avanti la bocca, delle dure braccia attorno al petto, a tenerlo stretto in modo che non potesse scappare.
“Re Robert ti saluta” mormorò la voce al suo orecchio, e poi non vide più nulla.
 
*^*^*^*^*^^*
Simon aprì gli occhi, completamente frastornato. Non riusciva a capire dove si trovasse, come avesse fatto ad arrivare lì, cosa stesse succedendo. Ricordava solo che era in corridoio per cercare Magnus quando qualcuno lo aveva preso da dietro, coprendogli la bocca e gli aveva detto che Re Robert lo salutava, prima di colpirlo in testa. Isabelle! Se lui era lì che fine aveva fatto Isabelle? Era lì per essere giustiziato?
Re Robert avrebbe davvero mostrato la sua morte a tutti solo perché aveva osato innamorarsi di sua figlia?
Si massaggiò la tempia dolorante e poi con difficoltà si alzò, si avvicinò all’unica torcia disponibile in quel camerone e si girò attorno, arrivando a capire dove si trovava. Vide un corpo steso a terra, si avvicinò leggermente e la torcia gli cadde la terra, riuscendo a non spegnersi per fortuna divina.
Magnus era steso a terra, come se fosse stato morto, con la fronte cosparsa di sangue.
Era finito in quella dannata situazione a causa sua? Magnus non aveva fatto che aiutarlo e lui se lo era trascinato lì giù?
Si abbassò sulle ginocchia e prese a scuotergli la spalla fino a quando il Re non aprì lo sguardo e i loro occhi si incontrarono, increduli.
“Sei vivo, Magnus” tremò la sua voce quando si buttò tra le sue braccia; il re incredulo ricambiò l’abbraccio.
“Dove siamo?” chiese confuso, un mal di testa lancinante, gli occhi non abituati all’oscurità.
“Nelle segrete” mormorò Simon. “Siamo sotto il lago di Noch-Less” indicò le sbarre di ferro in cui erano rinchiusi “Re Robert ha fatto costruire queste prigioni dieci anni fa, ci tiene chiunque voglia giustiziare, pensando che morire dopo aver subito le peggiori torture a causa della paura per il mostro, possa essere il miglior modo cruento per far morire qualcuno”.
Magnus deglutì e poggiò la testa al muro “che si sbrighi a provare ad uccidermi” mormorò “Alec sarà presto Re Scozzese” e lo intendeva davvero; non appena fosse riuscito ad uscire da quel posto maledetto avrebbe ucciso Robert con le sue stesse mani. Era un pacifista nato. Ma gli avrebbe strappato le budella.
Piano. Lentamente. Lo avrebbe fatto morire con la consapevolezza di aver sbagliato tutto nella sua vita.
Ore prima si era sbagliato pensando di poter somigliare a Robert: lui era troppo stupido per somigliargli.
 
*^*^*^^*
 
Alec si chiuse la porta di camera alle spalle, le guance ancora calde di lacrime.
Aveva cercato Magnus ovunque ma non aveva ottenuto alcun risultato e aveva l’orribile ansia che fosse andato via davvero lasciandolo lì, da solo, con l’unico ricordo dell’ultima volta che avevano litigato e lui gli aveva dimostrato di non tenerci davvero. La verità era che lo amava. Non poteva fare a meno di lui.
Era andato da lui per dirgli che non avrebbe accettato quel comportamento di nuovo, che era libero di fare le proprie scelte, che non aveva bisogno di qualcun altro che lo ossessionasse e decidesse al suo posto come Robert, ma nonostante quello sarebbe andato con lui perché non poteva vivere più senza di lui, ormai. Non bene. E invece lo aveva lasciato andare via. Lo aveva lasciato fraintendere le sue parole, non gli aveva permesso di concludere, di sfogarsi e poi abbracciarlo dicendogli che lo amava per quello che aveva appena fatto. Lo aveva lasciato andare e la sua paura più grande in quel momento era che non lo avrebbe mai più rivisto. Come sarebbe andato avanti?
Si sedette sul letto, la testa tra le mani, le lacrime che continuavano a scendere.
Non seppe esattamente per quanto tempo si ritrovò in quel modo, forse tutta la notte dal momento che la camera era illuminata a giorno. Seppe solo che quando fu sveglio e qualcuno spalancò la porta di camera si alzò in piedi, sussurrando un “Magnus!” lasciato aleggiare poi in aria perché no, non era Magnus. Era Isabelle che lo guardava con gli occhi colmi di lacrime.
“Simon” mormorò lei “Simon è scomparso. Sto temendo per la sua vita, Alec! Non è tornato a dormire, mi ha lasciato da sola! Non lo avrebbe mai fatto! Era solo uscito per cercare Magnus. Non lo ha trovato! Dove sono, Alec? Dove sono? Dimmi che Magnus è in camera sua e Simon è con lui, ti prego!” Alec si alzò immediatamente dal letto, la testa colta da un forte capogiro. Si mantenne alla tenda blu del baldacchino.
Si sentiva senza forze. Non aveva linfa vitale per fare nulla se non guardare la sorella a bocca aperta.
“Cosa….?” Sussurrò, ancora non capendo quello che stava succedendo.
“Magnus, Alec! Dove è Magnus?”.
Gli occhi di Alec si dilatarono, tutto il sangue che gli circolava nel cuore salì verso il cervello: Magnus era uscito di camera la sera precedente e non ci era più tornato. Se Isabelle era ancora lì non aveva potuto partire, quindi dove era?
In un secondo fu fuori la porta della camera di Magnus, urlava prepotentemente il suo nome ma la porta non fu mai aperta e lui si ritrovò accasciato lì, su sé stesso, a piangere per l’ennesima volta, Isabelle seduta ai suoi piedi con il viso sepolto sulla sua spalla. Due anime distrutte. Robert era riuscito a distruggerli.
“Cosa credi….” Provò a chiedere Izzy ma negli occhi di Alec non vide altro che puro terrore.
Conoscevano suo padre, sapevano di cosa fosse capace. Se aveva Simon e Magnus non sarebbe stato facile liberarli, riaverli indietro, o almeno riaverli prima che potesse accadergli la cosa peggiore.
“Non possono essere morti” mormorò Alec “Magnus non mi farebbe mai questo! Non potrebbe morire dopo aver litigato! Non potrebbe abbandonarmi in questo modo” piangeva ancora, come la femminuccia che suo padre lo aveva sempre accusato di essere, eppure non gli interessava. Smise di piangere, asciugandosi le lacrime, unicamente per sé stesso. Perché doveva avere la mente lucida per vendicarsi, per trovare un modo per salvare Magnus e Simon e scappare. Dovevano scappare immediatamente assieme altrimenti Robert gli avrebbe rovinato la vita per sempre.
“Dobbiamo trovarli” disse alzando sé stesso e la sorella “glielo dobbiamo”.
E lo dovevano a loro stessi.
 *^*^*^*^^*
 
Alec andava dietro e avanti in camera di Jace, la testa sepolta tra le braccia; Isabelle era seduta sul grande letto coperto da velluto nero, gli occhi chiusi lasciati ad immaginare chissà cosa.
Quando finalmente la porta si aprì e ne entrarono Clary e Jace, gli sembrò essere passata una vita.
Erano due giorni che li cercavano, ormai! Jace ed Alec avevano setacciato ogni cunicolo nascosto, ogni buco o cella in cui sarebbero potuti essere, ma non avevano trovato nulla. Isabelle e Clary invece avevano cercato in biblioteca mappe del castello e racconti –sembrati dell’orrore- vecchi e stravecchi; racconti che Alec conosceva ma voleva cercare di non immaginare perché tutto gli sembrava meglio dei sotterranei, tutto.
E invece quella era la loro ultima possibilità: Simon e Magnus dovevano trovarsi nei sotterranei, quelli costruiti per spaventare i prigionieri con il mostro di LochNess tanto da farli impazzire e morire in agonia.
Oh sarebbe riuscito a trovarlo prima che gli sarebbe successo.
 
*^*^*^*^
 
Magnus si alzò da terra; aveva il viso ancora incrostato di sangue, aveva fame, si sentiva dannatamente debole; solo due giorni di digiuno assoluto già si sentiva più fiacco.
Gli facevano male le ossa, i muscoli e persino la pelle là dove era attaccato quella maledetta catena di ferro che lo teneva imprigionato in quella maledetta cella con quella orribile parete di doppio diamante.
Gli faceva male la testa tanto l’aveva sbattuta contro il muro; a causa di tutti i pensieri che lo stavano inondando da ormai tempo illimitato. Non riusciva neanche a capire da quanto tempo si trovassero in quel posto; di una cosa era certo: Robert non voleva giustiziarli pubblicamente.
Era passato troppo per una parata in cui avrebbe tagliato la testa ad entrambi per poi infilarla su un paletto di legno e portarla in giro per la città.
Si avvicinò alla grossa parete di diamante, così trasparente su un mare così profondo e scuro.
Odiava quel posto, odiava quella dannata Scozia, ancora una volta si era fatto distruggere la vita non solo da Camille ma anche dall’amore. Alexander. Dannato Alexander!
Socchiuse gli occhi solo per qualche secondo, il tempo di rivedere come se fosse tornato indietro il percorso che avevano compiuto; lo sguardo timido che Alec continuava a lanciargli dall’inizio, il sorriso puro che lo aveva fatto innamorare, le guance rosse e dolci, ogni volta che avevano fatto l’amore e si era sentito un po’ più aggiustato rispetto a prima, un po’ più giusto. Non ci sarebbero più state quelle volte, indipendentemente da quella cella. Anche se ne fosse uscito vivo, Alec aveva già scelto Robert, non sarebbe mai ritornato indietro; non lo avrebbe mai seguito in Scozia. E il suo cuore era di nuovo ridotto a brandelli.
Quando aprì gli occhi fu troppo presto: no avrebbe dovuto ancora aprirli.
Avanti a lui un grosso serpente lungo centinaia di metri strisciava sull’acqua scura aprendola a malapena; era illuminato solo dalla piccola torcia vicino la parete ma quando lo guardò con i suoi grandi occhi vitrei e perfidi Magnus fu sicuro di essere stato sul punto di morire. Aveva visto tante cose spaventose in vita sua, ma nulla poteva equiparare quella figura sottile ma enorme con una bocca gigante ripiena di sottili aghi scuri che Magnus immaginò nella propria pelle.
“SIMON!” urlò, saltando indietro quando quello si avvicinò alla parete e ruggì, facendola tremare assieme a tutta la cella. Simon si svegliò di colpo, non per l’urlo del suo compagno di sventura quanto per quel suono disumano e forte che gli entrò fino a dentro le ossa. Saltò in piedi e senza rendersene conto, non appena i suoi occhi registrarono la presenza del mostro, si avvinghiò a Magnus per tirarlo indietro, come se tirandolo potesse salvarlo da morte certa. Durò tutto troppo poco perché quando il mostro si fu allontanato entrambi pensarono di aver avuto qualche allucinazione. La prima cosa che pensò Magnus, però, fu Alec.
“Chissà se Alec avesse avuto paura” e in realtà credeva proprio di no; Alec non era codardo come pensava di essere.
Fu un secondo: un attimo prima in quella cella c’erano solo lui, Simon e la paura del mostro, e un attimo dopo un grosso boato aveva fatto comparire Alec e Isabelle seguiti da Jace e Clary, comparsi così dal nulla come discesi dal paradiso. I loro angeli erano andati lì a salvarli.
Vide Isabelle correre veloce come la luce tra le braccia di Simon e sorrise: quello era vero amore.
Eppure un millesimo di secondo dopo si ritrovò stretto anche lui tra le braccia di qualcuno: Alec.
Alec lo stringeva forte, piangendo, la testa incassata nel suo collo.
“Credevo non ti avrei mai più rivisto” mormorò contro di lui. Era tentato, dannatamente tentato dal ricambiare l’abbraccio. Ne aveva follemente bisogno, ma non poteva. Era in quella situazione a causa sua. Alec lo aveva distrutto e avrebbe continuato a farlo, non poteva fidarsi di lui.
“Ti amo, Magnus” sussurrò lui allontanandosi leggermente per prendergli il viso tra le mani; Mangus si accorse di star piangendo solo quando le labbra calde del ragazzo asciugarono via le lacrime.
“Non farlo mai più. Non andare più via” disse, ancora. Ma Magnus scosse la testa, prendendo coraggio.
Non poteva far credere ad Alec che tutto andasse bene. Tra loro era finita e lui sarebbe ritornato nel suo regno non appena avesse messo piede fuori da quell’inferno e avrebbe fatto di tutto per distruggere Robert, e se quello voleva dire distruggere Alec, avrebbe fatto anche quello.
“Magnus?” mormorò Alec e lui lo spinse leggermente via, il sangue sciolto con le lacrime, le grosse occhiaie illuminate da quel poco di luce che permettevano, ad Alec, di capire quello che in quei due giorni aveva passato. Aveva rischiato la morte, ci era stato così tanto vicino e tutto a causa sua.
“SE mi ami, perché mi hai lasciato, Alec?” fu tutto quello che uscì dalle labbra secche e screpolate del Re che ora sembrava tutto tranne che un maestoso re vestito di oro. Alec deglutì, le lacrime che scorrevano abbondanti perché si sentiva una nullità. Un puntino di nulla nel tutto.
“Sono un codardo, lo hai sempre saputo” mormorò e non voleva giustificarsi, assolutamente.
Stava cercando un modo per ammettere a Magnus di aver sbagliato così come lo aveva appena fatto con sé stesso.
“Questo” si indicò, puntando il dito contro la ferita sulla fronte, sul viso smorto e gli occhi pieni di terrore
“È quello che mi ha fatto tuo padre” deglutì le lacrime “E questo è quello in cui mi hai trasformato in parte anche tu, Alexander. Un mostro assetato di vendetta. E se dovrò coinvolgere anche te in questa vendetta lo farò. Il sangue di tuo padre scorrerà ai miei piedi” fremette.
Non prestò attenzione ad Isabelle che abbracciava felice Simon, a Clary e Jace che ormai erano andati via, né tantomeno al cuore distrutto di Alec, tanto ce ne erano due di cuori distrutti in quella camera.
Filò dritto, con gli occhi bassi, nell’angolino in cui era stato seduto per quei due giorni, e finalmente si lasciò andare chiudendo gli occhi. Tutto era quasi finito.
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Il cielo sulla radura era scuro ma pieno di stelle luminose, si riflettevano tutte una ad una negli occhi di Jace e i polmoni di Clary le chiedevano aiuto: avevano bisogno di respirare.
“Cosa?” chiese lui infilandosi le mani in tasca per fermare la pulsione che lo spingeva a prendere le mani della ragazza tra le proprie. “Tu credi tanto nell’amore, vero?” chiese Clary, con le guance rosse.
Jace rise “L’amore è troppo da spiegare ed è persino troppo da pensare. Non so in cosa credo” deglutì e ritornò a guardare avanti sebbene il suo cervello non volesse vedere altro che quella bellissima ragazza dai capelli rossi come il suo cuore.
“Io non so se ci credo” mormorò lei, infilando una mano nella tasca di lui “Ma penso di averlo conosciuto durante questo viaggio” finalmente trovò le lunghe dita di un suonatore di piano e le strinse “Credo di essermi innamorata di te, Jace. E mi dispiace per essere scappata e per essere così poco coraggiosa! Non so cosa farò, non so se ritornerò a casa o resterò qui, ma dovevi saperlo. Dovevi sapere di essere ricambiato!”.
Mai parole così semplici furono altrettanto dirette e belle.
Jace non ci pensò su due volte: la baciò.
 
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Una forte luce gli inondò gli occhi, facendolo svegliare di colpo. Si sentiva frastornato, come se si fosse appena svegliato da un sogno e invece sapeva che tutto era stato reale.
Conosceva bene quell’odore e il calore che aveva vicino: Alec.
E infatti eccolo lì, fisso sul proprio gomito a guardarlo, gli occhi lucidi e le labbra verso il basso.
Magnus non fu cosciente di essersi spostato leggermente più lontano ma l’espressione di puro terrore che vide negli occhi di Alec lo fece sentire in colpa, anche se non ne aveva nessuna di colpa.
“Magnus…” provò a dire il ragazzo allungando una mano verso il suo viso; quella volta Magnus provò a non muoversi, ma chiuse gli occhi quando le dita del giovane lo sfiorarono “Mi dispiace” mormorò ancora e lui annuì. Poteva capirlo. Ma poteva perdonarlo?
“Io ti amo, ti amo davvero, Magnus. Non so come spiegartelo. Non so come dimostrartelo. So solo che quando Isabelle ha bussato alla mia porta e mi ha detto che non trovava Simon sono andato nel panico. Mio padre poteva farvi di tutto, poteva uccidervi. E io non sarei sopravvissuto alla tua morte. Sono stati due giorni orribili per te, lo immagino. Ma giuro che ho fatto di tutto per trovarti quanto prima possibile”.
Magnus annuì, le lacrime agli occhi. Voleva andare via da lì.
“Voglio tornare a casa mia, Alexander”. Alec annuì.
“Raji sta programmando tutto, stasera la nave partirà” gli disse e sorrise leggermente “Va bene?”.
Magnus sospirò. Sarebbe andato via da quell’inferno.
“Non darò le mie truppe a tuo padre ma Simon può fare quello che vuole delle sue” disse e Alec alzò gli occhi al cielo “Non me ne frega nulla delle tue truppe a dire il vero”.
Magnus sorrise leggermente “Ah no?” e Alec scosse la testa.
“Mi interessa di te. Come stai, Magnus?”. Non sapeva rispondere.
Distrutto, forse. Ma anche pieno di speranza in quel momento in cui i loro occhi si scontravano; speranze che sarebbero andate distrutte, lo sapeva.
“Non ero venuto per litigare” mormorò “Ero venuto a dirti che sarei partito con te, Magnus. Volevo solo che tu lo sapessi” Magnus sorrise amaramente “E invece avevi scelto tuo padre, Alec. Ma al momento non ti biasimo, anche se non ti capisco davvero. Non so come…” Non finì la frase. Alec lo stava baciando.
Con un trasporto diverso dal solito, con più dolcezza ma anche più forza e trasporto.
‘Ti amo’ gli stavano sussurrando quelle labbra e lui gli credeva.
 
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La nave era pronta; lui, Simon e Isabelle anche! I Bagagli erano stati portati al loro posto nella stiva, i marinai stavano programmando le ultime cose, i soldati stavano ideando un piano di risposta qualora fossero stati attaccati. E lui era lì, per l’ennesima volta, con lo sguardo puntato in quello di Robert; le vene piene del fuoco della vendetta. Simon ed Isabelle erano al suo fianco. Alec si trovava qualche passo dietro di lui. Non era pronto a dirgli addio, sapeva che avrebbe dovuto farlo da un momento all’altro, ma non esistevano parole per farlo. Neanche una. Come si può lasciare qualcuno che si ama oltremodo?
“Sai benissimo quello a cui sei andato in contro prendendomi come prigioniero” esordì Magnus con la sua area maestosa a Robert, seduto con quell’aria indifferente che sapeva essere solo una maschera.
“Non ti muoverò guerra” continuò, Robert sembrò sospirare di sollievo e Magnus rise leggermente: se si aspettava che tutto sarebbe finito in quel modo si sbagliava alla grande.
“Ma puoi scordarti il mio esercito e le mie terre, Robert. Simon può fare quello che vuole dei suoi beni ma i miei non li avrai mai e se l’Inghilterra dovesse avere bisogno di me non ci penserei su due volte ad allearmi con loro e distruggerti” rise, vittorioso.
Robert si mosse a disagio sul trono. “Questo è l’amore che provi per mio figlio?”.
Fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Si girò leggermente e guardò Alec che con una postura rigida guardava avanti a sé, pensando chissà cosa. Le parole per dirgli addio?
“Do il mio amore solo a chi lo merita” rispose e sentire lo sguardo di fuoco del ragazzo sulla sua figura fu come ricevere altri dieci di quegli schiaffi. Non voleva ferirlo, ma non poteva fare altrimenti.
“Tuo figlio non ha nulla a che fare con questa storia ma se per distruggere dovessi distruggere anche lui non ci penserei su. Lui non ci ha pensato su due volte”.
Alec abbassò la testa, le guance rosse e le mani strette a pugno; fu Isabelle ad allontanarsi da Simon per affiancare Magnus e afferrargli una spalla. “Ore è troppo, Magnus” gli disse “Quello che c’è tra te e mio padre non riguarda affatto mio fratello”. Magnus annuì “Ed infatti sarò sempre aperto per tuo fratello” si girò verso Alec ma i suoi occhi non erano raggiungibili. “Il mio cuore lo sarà sempre per lui ma il mio regno non lo sarà mai per la Scozia” sorrise leggermente “Ovviamente tu e Simon…” fu Simon ad interromperlo, come a chiedergli di smetterla con quella orribile ripetizione.
“Il mio esercito non è altro che tuo, dunque seguirà il tuo esercito, Magnus. La Scozia dovrà fare a meno di noi”. E sì, quella era la sua vendetta per tutte le volte che era dovuto tornare da Isabelle ricoperto di lividi, per tutte le volte che Robert gli aveva assegnato di proposito compiti che non gli spettavano solo per privarlo del tempo che avrebbe potuto trascorrere con sua figlia perché poteva scommetterci la propria vita: Robert era un uomo intelligente e aveva saputo di lui ed Izzy dal primo momento così come aveva sempre saputo dell’orientamento sessuale di Alec. Semplicemente non gli era mai interessato perché aveva un proprio piano e lo avrebbe fatto seguire ad ogni costo. Poi però era arrivato Magnus e quel costo si era trasformato nel suo regno e Simon non avrebbe fatto nulla per aiutarlo a tenerselo, non quella volta.
Guardò Isabelle come a chiederle il consenso; lei fu la prima ad allontanarsi dopo aver guardato suo padre e sua madre negli occhi. Non si aspettava di certo una parola da parte di Robert, ma Maryse! Sua madre!
La donna che l’aveva messa al mondo la guardava con disgusto, i suoi occhi le urlavano contro che se avesse potuto tornare indietro per evitare di averla, lo avrebbe fatto senza pensarci su troppo.
Fu seguita da Simon che non si guardò indietro un attimo. Jace e Clary erano lì, invece, immobili.
Magnus ci avrebbe scommesso la corona: loro non sarebbero più usciti dalla sala del trono, anzi, un giorno si sarebbero seduti su quel trono. Clary, la sua Clarissa regina. Quel giorno, forse, la sua aperta guerra contro la Scozia sarebbe cessata. Ma fino a quel giorno aveva ancora tutti i diritti di odiare quel posto.
Stava per girare le spalle a Robert ed andare via quando Alec fece un passo avanti, ritrovandosi qualche metro avanti a lui come ad interporsi tra lui e Robert e lo guardò in segno di sfida; gli occhi lucidi puntati in quelli altrettanto blu del padre.
“Non sono mai stato quello che avresti voluto e neanche questa volta lo sarò. Ho sempre provato a cambiare a diventare quello che voi volevate, quello di cui avevate bisogno. Quando è arrivato Jace mi sono sentito più tranquillo, quando è arrivato Max ho capito che non correvo più nessun pericolo. Non ho mai desiderato essere Re ma soprattutto non lo desidero in questo momento perché non esiste nulla che io odi più della guerra e della violenza e diventare Re di una nazione così violenta ucciderebbe la mia anima. Quindi sì, padre, hai Jace. Lui sarà un ottimo Re. E se non vorrai lui avrai Max. Spero solo che non intossicherai anche la sua anima perché no se lo merita” fece un passo indietro, non diede tempo al padre di parlare, quella volta si rivolse a sua madre “Jace mi ha detto di aver letto i tuoi diari, non eri così prima. Cosa ti ha trasformato nella donna fredda e cinica che permette ai suoi figli di autodistruggersi?” scosse la testa “Odiate pure Magnus ma lui è stato la nostra salvezza. Quindi sì, Re Robert, se dovessi rispondere alla domanda ‘Preferisci lui al tuo trono’, la risposta sarebbe sì. Puoi tenerti la Scozia e le tue maledette aspettative”.
Si girò e senza guardarsi un attimo indietro, con spalle più larghe e alte di mai prima, si allontanò fuori dalla porta.
Spettava solo a lui andarsene, quindi? Sorrise divertito “Guardati le spalle, Robert” concluse, allontanandosi poi a sua volta.
 
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Non ci credeva. Era arrivato il momento di andare via e la cosa migliore era che aveva guadagnato tre persone adorabili che sarebbero rimaste per sempre al suo fianco. Aveva perso Clary ma c’è sempre un prezzo da pagare per la felicità. E Alec, aggrappato ai suoi fianchi in quel momento, era la sua felicità.
Guardò la nave quasi pronta per salpare, Isabelle che baciava dolcemente Simon, Alec che si guardava avanti.
“Sei sempre in tempo per-” provò a dire ma Alec lo interruppe con un bacio; aveva ormai imparato che quello era l’unico modo per farlo. “Sono sempre in tempo per cercare la mia felicità, sì” rispose sorridendo contro le sue labbra “E sono pronto a salpare verso quest’ultima”. Magnus stava per abbassarsi sulle sue labbra ma Jace, il maledetto biondo, li interruppe per la seconda volta. Prima o poi si sarebbe vendicato.
Si girarono, il biondo risplendeva in una luce di pura gioia stretto tra le braccia di Clary.
“Già ti odio perché hai rubato la mia Clarissa, potresti almeno non interromperci ogni volta?”.
Jace scoppi a ridere “E tu ti stai portando via i miei fratelli e il mio scudiero preferito, cosa dovrei dirti?” Simon rise “Dovresti ringraziarlo perché finalmente avrai un cavallo sellato bene?” Jace rise scuotendo la testa. Era felice di aver trovato Clary, da quando l’aveva visto gli sembrava di aver trovato una direzione per la propria vita, ma perdere Alec e Isabelle e persino Simon gli sembrava la cosa peggiore al mondo.
“Non ci vedremo spesso, vero?” chiese, diretto ad Isabelle che sorrise “Verrai a trovarci per l’incoronazione di Alec, no?” fece un occhiolino e Clary rise “Già si parla di matrimonio?”.
Raji si avvicinò, poggiando una mano sulla spalla di Magnus “La nave è pronta per salpare” gli disse e improvvisamente un nodo gli attorcigliò lo stomaco e non perché stava per lasciare quel posto orribile, anzi.
Aveva paura, però. Paure per la sua bambina, quella che aveva cresciuto e avrebbe intrapreso una vita totalmente diversa da quella che aveva progettato per lei, ma ne era felice.
Era felice della donna in cui si stava trasformando.
“Okay, è arrivato il momento di salutarci” disse quindi, e tirò Clary leggermente più lontano, dando spazio anche ai tre fratelli di salutarsi bene; vide Isabelle stringere forte Jace e poi Jace stringere forte Alec, finendo chissà come per piangere tra le sue braccia mentre Isabelle piangeva tra le braccia di Simon.
“Non ce la farò senza di voi” mormorò Jace, dando finalmente sfogo alle sue insicurezze “Come andrò avanti senza te, Alec?” chiese. Non ascoltò la risposta.
Clary lo guardava pieno di aspettative e lui davvero non sapeva cosa dirle per soddisfarle.
“Non so cosa dire, Clarissa. So solo che se vuoi sei ancora in tempo per venire a casa…”.
Clary scosse la testa e gli strinse una mano “Questa è casa mia, lo sappiamo entrambi”.
Magnus annuì, anche se l’ansia gli stava divorando l’anima. “Sono fiero di te, Clary. Stai diventando la donna forte e ribelle con un gran buon cuore e una forte voglia di diventare che speravo di aver cresciuto. Non avrei potuto avere figlia migliore” e forse non avrebbe dovuto dirlo perché si ritrovò a piangere assieme a lei stretti in un abbraccio da togliere il fiato. Ma si sarebbero rivisti presto, lo sentiva nel cuore.
Ancora con le guance bagnate si allontanò dalla rossa, diede una pacca sulla spalla di Jace e si avvicinò all’enorme nave di legno che prendeva posto alla sponda del Lago Loch Ness, il lago della tortura.
Isabelle e Simon furono i primi a salire. Magnus li vede, la postura felice ma anche ansiosa di chi sta per iniziare una nuova vita.
Era il suo turno, e la cosa che gli fece venire da piangere fu che a differenza di quando era partito per arrivare in Scozia, aveva la mano sinistra calda: Alec lo prese per mano, stringendolo, come a dirgli che era lì, pronto ad affrontare quella nuova avventura assieme, pronto a vivere con lui ogni tipo di vita il destino gli avrebbe riservato.
Salirono lentamente, sentirono il peso di tutto quello che era avvenuto piantarsi a terra mentre loro la lasciavano, quella terra; pronti ad allontanarsi verso il loro futuro, verso qualsiasi cosa sarebbero andati in contro. Quella volta però non lo avrebbe fatto da solo.
La nave partì lentamente, lasciandosi dietro tanto ma portandosi avanti ancora di più; Magnus vide il castello di Scozia farsi sempre più piccolo fino a scomparire e il loro futuro invece stagliarsi avanti fino a farsi sempre più grande e visibile. Non sapeva cosa ne sarebbe stata della sua vita con Alec, ma poteva immaginare che sarebbe stata magnifica. Una folata di vento scompigliò i capelli di occhi blu, sorrise aggiustandoglieli. Il peso delle ventate di aria nuova!
“Sei pronto?” gli chiese, lasciando un bacio sulla sua guancia. Alec gli sorrise, con quel sorriso che gli illuminava il volto e gli occhi e irrimediabilmente finiva per riscaldare l’anima a Magnus.
“Sono pronto a tutto!”.
Siate affamate, siate folli!
Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro.
Non rimanete intrappolati nei sogni che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca l vostra voce interiore. E, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra anima: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorreste essere. Tutto il resto è secondario.
 

Spazio autrice.
E DUUUUUNQUE anche questo lungo viaggio in Scozia è finito! Devo dire che ho amato la Scozia con i suoi paesaggi verdi e mostri nascosti sott'acqua o sul trono.
So che vi ho dato tanto tanto tanto angst fino alla fine, ma as always nelle mie storie, se non c'è un finale felice non c'è finale eheheh
Nada, spero che la storia vi sia piaciuta e che il finale sia stato all'altezza di tutto questo popo di cose successe.

A presto, spero(?)!
StewyT~

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