The immortal flame of the violet rose

di Evali
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sguardo di rosa, cuore di drago ***
Capitolo 2: *** “Rubbie Rubbie, il ladro del vento tu sei” ***
Capitolo 3: *** La dispersione del branco ***
Capitolo 4: *** Due fuggiasche ai confini del mondo, un prigioniero nella capitale e un giovane scomparso ***
Capitolo 5: *** Approdo nel nuovo continente ***
Capitolo 6: *** I Fantasmi dei Superni ***
Capitolo 7: *** Il Dominatore di materia ***
Capitolo 8: *** "Nulla e nessuno può farsi vanto di essere più temibile del dolce canto di una sirena" ***
Capitolo 9: *** La più grande creazione e opera d’arte ***
Capitolo 10: *** Anima mia, resta umana ***
Capitolo 11: *** Eveline e Aradia ***
Capitolo 12: *** "Trova la tua pace, amore mio" ***
Capitolo 13: *** Libertà a Grande Inverno ***
Capitolo 14: *** Il mondo ideale ***
Capitolo 15: *** L'invito ***
Capitolo 16: *** Alleanze stipulate e bugie rivelate ***
Capitolo 17: *** Il re delle torture ***
Capitolo 18: *** Da pretendenti a concubine ***
Capitolo 19: *** Le figlie del bosco dimenticato ***
Capitolo 20: *** Resurrezione ***
Capitolo 21: *** Sussurri ad Approdo del re ***
Capitolo 22: *** Crude verità ***
Capitolo 23: *** Scontro tra alleati ***
Capitolo 24: *** Qualcosa per cui combattere ***
Capitolo 25: *** Aris ***
Capitolo 26: *** Lo strazio di una madre, il dolore di un figlio, la maledizione di un ragazzo, il valore di una strega (parte 1) ***
Capitolo 27: *** Lo strazio di una madre, il dolore di un figlio, la maledizione di un ragazzo, il valore di una strega (parte 2) ***
Capitolo 28: *** La nuova regina dei sette regni ***
Capitolo 29: *** Il risveglio del Principe ***
Capitolo 30: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 31: *** Rincontri inaspettati ***
Capitolo 32: *** Il drago e la strega ***
Capitolo 33: *** Haylor ***
Capitolo 34: *** "Nulla sfugge a consunzione" ***
Capitolo 35: *** Furia ***
Capitolo 36: *** L'Armata Grigia (parte 1) ***
Capitolo 37: *** L'Armata Grigia (parte 2) ***
Capitolo 38: *** Letali perduti e fragili combattenti ***
Capitolo 39: *** L'inizio dei giochi ***
Capitolo 40: *** Incoronazione ***
Capitolo 41: *** Nel girone del demonio di Qarth ***
Capitolo 42: *** La fine del male originario ***
Capitolo 43: *** L'inganno ***



Capitolo 1
*** Sguardo di rosa, cuore di drago ***


Sguardo di rosa, cuore di drago
 
 Apro gli occhi e lo vedo, esattamente di fianco a me, ancora addormentato. Per qualche motivo mi svegliavo sempre prima io di lui ed ero felice di ciò, perché in tal modo potevo rimanere a guardarlo tutto il tempo che desideravo. Lo avrei guardato per ore e ore. Tuttavia lui non sembrava accorgersene. Poche volte mi scopriva ad osservarlo e quando lo notava, non diceva nulla che potesse farmi capire che fosse consapevole della natura del mio sguardo.
Mi beavo di quei preziosi momenti perchè tutta quella eterea bellezza era sempre troppo sfuggente. Quando era sveglio non la si poteva mai catturare poiché lui stesso era sfuggente anche se non se ne accorgeva. Era sempre in perenne movimento, come una creatura il cui moto non cessa mai, attiva, frenetica e in continua ricerca, in costante superamento dei limiti posti ai mortali. Per questo era difficile catturarlo. Solamente quando dormiva era immobile e raggiungibile. Il suo aspetto e il suo carattere lo rendevano perennemente innalzato rispetto agli altri, e continuava ad essere tale. Tuttavia, il suo viso rilassato permetteva di cristallizzarlo nella propria mente, di provare a metabolizzare quello che gli occhi vedevano, senza rimanerne bruciati. Quelli che solitamente sono fari luminosi che quasi precedono il suo arrivo ogni volta che entra in una stanza, ora sono chiusi e assenti; i capelli corvini e folti si irradiano voluminosi nel cuscino mentre alcuni ciuffi gli coprono piccole parti del viso facendo sembrare la sua pelle ancora più chiara di quanto già non sia; il naso elegante e perfetto così come il resto dei suoi tratti che si sposano perfettamente tra loro, rivelando anche qualcosa di selvaggio e di impetuoso, che affatto stona con la raffinatezza complessiva, anzi, la completa creando un dualismo che contribuisce a renderlo così magnetico e altrettanto inafferrabile e scottante. Poteva essere paragonato ad un diamante d’ossidiana: eterno e capace di ammaliare con un fascino sinistro e inimitabile.
Oh, mio drago. Perché questo sogno non può essere vero invece di essere uno dei tanti che allietano le mie tristi notti?
Ora anche lui ha aperto gli occhi, come svegliato dai miei pensieri. Lascio che la luce di quei cristalli mi invada. Mi sorride ancora assonnato, arricciando lievemente il naso senza volerlo, come fa ogni volta che mi vede.
Riuscirò mai a raggiungerti davvero?
Si avvicina ulteriormente a me e posa una mano sulla mia guancia, stringendomi a sé per risvegliarmi da questa trance e farmi sentire che c’è.
- A cosa stai pensando, mia splendida rosa?
Gli accarezzo la mano e la stringo, come stringo lui a mia volta, sotto le coperte. Forse il suo calore non è fasullo.
- Sto pensando a quanto mi manchi, mio drago. Anche dopo quindici anni, ti sogno ancora, vivido e identico a come eri l’ultima volta che ti ho visto.
- Non è mia intenzione tormentarti.
- Non mi stai tormentando, anzi … mi stai rendendo il dolore più sopportabile.
A ciò, posa le sue labbra calde sulla mia fronte, dandomi un dolce e rassicurante bacio e continuando a parlare in quella posizione, accarezzando la mia pelle con il suo fiato ardente. – Questo non è un sogno, mia regina.
- Lo dici tutte le volte. Ma quando mi sveglierò davvero … il mio letto sarà vuoto. Come sempre.
- Allora fa’ in modo che non lo sia più. – Quest’ultima frase mi ghiaccia le membra come neanche il tocco di un estraneo sarebbe in grado di fare.
Lo stringo a me con più forza e affondo il viso tra il suo collo e il suo petto, respirando il suo odore. – Se provi ancora una volta a dire un’assurdità tale … - dico con la voce ostacolata dal contatto con la sua pelle.
A ciò, lo sento ridere. – Cosa? Cosa faresti se lo dicessi ancora? Non sono stato il primo a dirtelo, né sarò l’ultimo, mia rosa. Sono passati quindici anni oramai. E tu, nonostante ciò, sei ancora una donna bellissima, proprio come la ragazza che ho conosciuto a Fondo delle Pulci. Molti uomini si recherebbero a Grande Inverno all’immediato se sapessero di avere anche solo una minima speranza con te.
- Non voglio sentire altro. Non una parola, Walter – dico stringendolo ancora di più a me, fino a quasi stritolarlo. – Dimmi dove sei e ti raggiungerò.
- Non puoi, mia regina. Nessuno può.
- Nulla è impossibile per Margaery Tyrell. Lo sai bene. Perché mai dovrei lasciarti ad un mondo che non ti ha mai meritato?
Ride ancora, posando le mani sul mio volto e facendolo allontanare dal suo petto. Comincia a baciarmi, incatenandomi a lui e facendomi bramare quel contatto sempre più.
- Il tuo posto è qui, mia regina. Il mio è in un luogo proibito agli esseri umani. Ora apri gli occhi e lasciami andare. Nel prossimo sogno sarò ancora qui, non temere – mi sussurra sulle labbra mentre io cerco di approfondire di più quel bacio, di tenerlo vicino a me, non provando minimamente a resistere.
Poi Margaery aprì gli occhi e lui non c’era.
- Mia signora!! Mia signora, mi spiace svegliarvi così bruscamente ma devo parlarvi! – Era la voce di Septa Idannia quella che udiva oltre la sua porta, accompagnata da energici colpi di nocche su quest’ultima.
- Entrate, Septa Idannia – rispose con la voce ancora impastata dal sonno e intontita da quello splendido sogno.
Quando la Septa fece il suo ingresso nella camera, Margaery notò che era sudata e aveva il fiatone.
- Mia signora, si tratta di nuovo di vostra figlia.
- Che è successo questa volta?
 
- Myranda!! – urlò a gran voce la ragazza salendo la scala che conduceva alla soffitta con un paio di falcate grazie alle sue gambe lunghe. – Myranda!! Lo sai che tanto ti troverò!!
- Eveline! – un’altra voce  si innalzò a chiamarla oltre quella di Septa Idannia. Una voce che la giovane ragazza conosceva bene: quella di sua madre.
- Accidenti … - disse Eveline continuando comunque a cercare la sua amica e scampando senza fatica alle due donne. - Myranda!! Appena ti trovo ti uccido!! – esclamò uscendo dalla finestra della soffitta e cominciando a correre sopra il tetto.
- Eveline! – proseguì imperterrita Margaery.
La ragazza saltò di tetto in tetto fino alla sua meta, la piccola torre dove erano solite rifugiarsi lei e Myranda per non farsi trovare. Appena giunta, entrò dalla minuscola finestrella, con non poca fatica data la ristretta ampiezza dell’entrata, e atterrò sul pavimento freddo. Aveva trovato ciò che cercava: la sua amica Myranda, una ragazzina di tredici anni, dai lunghi capelli biondi, robusta e parecchio alta data l’età che possedeva, era seduta su una delle vecchie sedie, sovrappensiero. Si spaventò e balzò in piedi non appena la vide entrare dalla finestra. - Eve!!
- Per i sette inferi! Che diavolo stai facendo?! – le chiese minacciosa avvicinandosi di più a lei. – Ti ricordo che avevamo un accordo!
- Non ci riesco, Eve! Mi sento troppo in colpa! – rispose la giovane con le lacrime agli occhi. La figlia di Jaime e Brienne era, inaspettatamente, una ragazzina sensibilissima e dolcissima. Eveline era il suo esatto opposto sia fisicamente che caratterialmente. Nonostante ciò, erano sempre state grandi amiche fin da piccole. La più grande le porse la mano guardandola torva e attendendo che le riconsegnasse ciò che le aveva preso, prima di passare alle maniere forti.
 - Sto aspettando. - Ma la più piccola scosse la testa incerta, cercando di evitare i suoi occhi. A ciò, Eveline si avvicinò ancora di più, lentamente e con sguardo mellifluo. – Avanti … vuoi darmelo, Dada? – le chiese chiamandola con il soprannome che usava quando erano piccole e che serviva sempre a farla sciogliere. Difatti, Myranda si arrese e le riconsegnò il sacchetto di cuoio. Eveline lo afferrò e controllò al suo interno impaziente.
- Non dobbiamo più prendere le cose da quella strega che vive nelle foreste! Non promette niente di buono!
- Rilassati, è solo un cristallo con proprietà magiche.
- Appunto! Sei troppo spavalda! E se succedesse qualcosa?? Insomma, lo hai voluto prendere perché nel continente orientale si narra che i cristalli di Vikaenehet guariscano le ferite della mente. Ma se fosse più pericoloso?
- Non è affatto pericoloso, Myranda …
- Eveline!! – la ragazza fu interrotta dalle voci che ancora la stavano richiamando. A quanto pare erano sempre di più.
- Devo andare – disse dirigendosi nuovamente verso la finestrella.
- Mi vuoi lasciare qui da sola?!
- Stanno cercando me, non te. Ci vediamo dopo al solito posto! – le disse infine Eveline salutandola e saltando giù dalla torre. Nessuno si sarebbe mai sognato di fare un salto del genere, ma lei non era come gli altri. Atterrò sopra la sua fidata Abigail, la sua bella e forte puledra bianco panna, un dono di sua zia Daenerys quando era ancora piccola. L’affascinante animale cominciò a correre velocissima sotto gli occhi di tutti, mentre la sua padrona la cavalcava intrepida, sicura e bellissima. – Corri, Abbie!!
Eveline Targaryen aveva quindici anni oramai, ma ne dimostrava almeno diciassette grazie al suo aspetto: era decisamente alta e slanciata, difatti superava già di molto il metro e settanta, caratteristica che la contraddistingueva tra le altre ragazze; il suo corpo era magro e sinuoso, perfettamente proporzionato alla sua statura; la sua pelle era di una tonalità chiara, ma non troppo, poiché tendente lievemente all’ambrato se illuminata dal sole; un altro aspetto che la rendeva meravigliosa agli occhi di tutti era la sua lunghissima cascata di capelli di un riccio grande e morbido e di un nero caldo e tendente al ramato, perennemente legati in un’alta coda di cavallo che le arrivava poco più sù del fondoschiena; i suoi occhi erano i più bizzarri esistenti almeno nel continente occidentale: erano di un viola chiarissimo, tanto chiaro da sembrare di ghiaccio, e, al loro interno, accanto alla pupilla, si irradiavano delle striature dorate; inoltre, questi cambiavano colore poiché, quando il clima era molto freddo, divenivano completamente ghiacciati, mentre, quando era caldo, le striature prendevano il sopravvento rendendoli quasi gialli.
Era una giovane alta, con i lineamenti particolari quanto intriganti, come gli zigomi alti e gli occhi da cerbiatta: Eveline aveva ereditato i tratti eleganti e dalla rara e ricercata bellezza di suo padre, ma anche quelli incantatori di sua madre.
Ella era a tutti gli effetti la figlia legittima della rosa e del drago, poiché, prima che Walter partisse per combattere alla Battaglia Finale, aveva celebrato il suo matrimonio con la sua regina di rose. Era stata una cerimonia molto intima e frettolosa poiché avevano appena scoperto che ella fosse incinta e che la Barriera fosse stata distrutta, dunque che il giovane drago sarebbe dovuto partire al più presto. Ma, nonostante ciò, era stato il giorno più bello delle vite di entrambi, simbolo del coronamento del loro amore così forte seppur veloce e fugace. Era quasi come se la storia si ripetesse.
D’altronde, Walter non avrebbe mai permesso che suo figlio o sua figlia vivessero una vita da bastardi come era stato per lui.
Eveline veniva osservata e ammirata mentre galoppava audace, abile e veloce sul piazzale innevato di Grande Inverno, con i suoi pantaloni in cuoio, i capelli mossi dal vento, il sorriso tagliente e il portamento fiero, simile a quello di una dea. Niente avrebbe potuto scalfirla.
 
Hayden Stark si trovava dentro la sala dei ricevimenti di Grande Inverno, impegnato a prendere accordi con suo padre Jon. Il giovane Hayden era un ragazzo di quattordici anni, ma anche lui più maturo rispetto all’età che possedeva. Egli aveva ereditato i capelli d’argento di sua madre e gli occhi grandi, profondi e neri come la notte di suo padre. Non passava di certo inosservato neanche lui dato il suo aspetto particolare e ricercato.
Padre e figlio voltarono lo sguardo, meno sorpresi di quanto dovessero esserlo, quando uno dei soldati entrò nel salone in compagnia di Septa Idannia e di Eveline. Jon non poté fare a meno di guardare sua nipote con sguardo premuroso come sempre accadeva quando posava gli occhi su di lei, nonostante, in  quella situazione, si richiedesse disciplina da lui.
- Che è successo questa volta? – chiese l’uomo con finta rassegnazione mentre continuava a guardarla con un sorriso accennato.
- Lord Protettore, vostra nipote, lady Eveline, è stata scoperta di nuovo possedere uno degli oggetti classificati come sconosciuti e dal potere ambiguo dalle nuove leggi dei sette regni.
La ragazza spostò infastidita il braccio che il soldato le stava tenendo stretto mentre era a sguardo basso.
A ciò, Jon si avvicinò. – Non è una novità che la mia amata nipote si cimenti in ricerche brillanti e misteriose.
A quelle parole, la giovane alzò i brillanti occhi verso suo zio e gli sorrise. – Zio Jon, io non volevo farci niente di male, lo sai.
- Lady Eveline, in questo momento è con il lord Protettore del Nord che state parlando; non con vostro zio – la rimproverò il soldato.
- Ser Liam, grazie dei vostri servigi, e grazie anche a voi, Septa Idannia. Ora lasciatemi solo con mia nipote – disse Jon attendendo che i due uscissero dalla stanza. Dopo di che, si avvicinò ancora ad Eveline. – Sei andata di nuovo da Tamara La Dormiente? Che cosa hai preso questa volta?
La ragazza, dopo qualche tentennamento, gli porse il sacchetto di cuoio. Jon lo aprì e sgranò gli occhi sorpreso quando si trovò dinnanzi ad un cristallo grezzo ma stupendo, dalle varie tonalità di rosa. – Questo è un cristallo di Vikaenehet?
- Sì.
- Lo vuoi rivendere?? – le chiese Hayden perplesso anch’esso.
- Sei un vero idiota se pensi davvero che io voglia rivenderlo! Sai bene che non li prendo per questo motivo gli oggetti sconosciuti – rispose offesa Eveline ad uno dei suoi più stretti amici di infanzia, nonché suo cugino.
- Li prendi per i tuoi miscugli, lo sappiamo.
- Si dà il caso che, quelli che chiami “miscugli”, abbiano funzionato e anche svariate volte.
- Ed è esattamente per tale motivo che ti permetto sempre di tenerli, mia cara nipote. Mi fido ciecamente di te e, nonostante io non ne capisca nulla in materia, so che ciò che fai è nobile ed estremamente coraggioso. Sono certo che un giorno diventerai un ottimo medico. Anche se con dei metodi parecchio inusuali – le rispose lui riconsegnandole il cristallo. A ciò, la ragazza lo abbracciò felice lasciando andare ogni freno. Quando si staccarono, lo sguardo di Jon era ancora più dolce, ed Eveline avrebbe giurato che fosse anche quasi commosso. – Me lo ricordi molto, sai?
A quelle parole, la ragazza sorrise ancora di più.
- Le ragazze non diventano medici! Soprattutto se creano strane pozioni con ingredienti sconosciuti! – li interruppe Hayden stuzzicandola. Lei sapeva che, nonostante il ragazzo le rivolgesse tali parole scherzando, c’era un fondo di verità in esse per lui. Oramai era avvezza allo scetticismo delle persone che erano intorno a lei, si era abituata persino a quello dei suoi amici. Tuttavia, al suo fianco si trovava sempre qualcuno che credeva ciecamente in lei: suo zio Jon non aveva mai dubitato della sue capacità.
Eveline uscì dal palazzo e ritornò nello spiazzale. Camminò verso Abigail fino a quando non incontrò il piccolo Ruben che si allenava con la spada. Nonostante avesse dodici anni, la sua tecnica di combattimento era invidiata da chiunque. Eveline era certa che sarebbe divenuto un grande guerriero un giorno. Forse il migliore che il mondo avesse mai visto. D’altronde era il figlio di Arya Stark.
- Sei pronta per un duello, cugina?? – gli chiese lui mentre si allontanava dal suo precedente sfidante.
- Ovviamente, cugino – le rispose lei afferrando al volo la spada di legno che lui le aveva lanciato. I due cominciarono a combattere. La tecnica di Eveline era ottima, così come la sua abilità nel cavalcare e nello scappare, eguagliabili al suo vividissimo interesse per i libri di qualsiasi genere e per l’arte della medicina. A volte sua madre si ritrovava addirittura positivamente “impaurita” dalla varietà e quantità di interessi che aveva.
- Sicuro di avere dodici anni, Ruben?
Il ragazzino sorrise come risposta, attaccandola ancora. – Hai saputo delle insurrezioni che stanno avvenendo alla vecchia “Approdo del Re”?
- Sì, ma non è nulla di grave. Zio Jon partirà tra qualche giorno per occuparsene.
- Li ho sentiti mentre parlavano e non credo che sia così innocua la situazione. Forse stanno attendendo, stanno pazientando prima di informarci, per non farci allarmare.
- Ne sei sicuro? Cosa hai udito?
- Mia madre stava parlando con zio Jon e con tuo zio Loras e stavano dicendo che i lord che sono a capo delle città più a Sud stanno già pretendendo il ritorno di un sovrano.
La rabbia di Eveline ribollì nelle sue vene mentre affondava un colpo ancora più energico al suo sfidante. – Quei vermi approfittatori … Non vi è mai stata pace più duratura nei sette regni come in questi ultimi quindici anni in assenza di un regnante assoluto, ed è scritto su tutti i libri di storia. Ogni lord possiede una propria zona, una propria terra e delle persone di cui occuparsi e su cui esercitare il proprio giusto potere. L’unico motivo per il quale vogliono un nuovo re è per il loro guadagno personale, perché non si accontentano di ciò che hanno, per poter aspirare a qualcosa di più alto, proprio come i topi che rosicchiano sempre più, senza mai una fine, fin quando hanno i denti per farlo. Ho letto molti libri su Petyr Baelish e ho udito molte storie su di lui: sono fatti della sua stessa pasta. Sono disgustata.
- Lo so, hai ragione. Ma è a questo punto che entri in gioco tu.
- Io? – chiese la ragazza essendo presa alla sprovvista e perdendo la concentrazione per un attimo, ma riprendendosi immediatamente. – Cosa intendi?
- Intendo dire che tuo padre sarebbe dovuto divenire re dei sette regni. Ora che lui non può più esserlo, tu saresti la pretendente con più diritti a salire su quel trono.
- Non esiste più un trono. Non lo vorrei in ogni caso. Se vogliono instaurare nuovamente un regimo tirannico, facciano pure. Io non ho bisogno di un re, né ho bisogno di esserlo.
- Ecco dove si era cacciata la mia splendida e ribelle rosa viola – li interruppe con la sua inconfondibile voce lady Olenna.
- Nonna, cosa ci fai qui? Il Gran Maestro ha detto che devi riposare …
- Al diavolo il Gran Maestro, mia cara! Quei babbei non possono predire la mia data di morte!
Eveline sorrise alla sua bisnonna, una delle sue più grandi maestre di vita, avvicinandosi a lei. – Cosa c’è, nonna?
- Hai dimenticato che giorno è oggi, bambina mia?
Un velo di amara consapevolezza apparve sul volto della giovane Targaryen. – Oh no …
- Oh sì, invece. Stasera verranno qui a Grande Inverno alcuni dei più influenti lord dei sette regni. Sicuramente si tratterà di balordi e montati che vogliono semplicemente fare colpo su di te. Ma tu, ovviamente, non sei affatto costretta a prendere in considerazione le loro proposte di matrimonio. Ti basterà fare loro gli occhi dolci, far finta di ridere alle loro battute e di essere lusingata dalle loro attenzioni, e questa serata scorrerà liscia come l’olio. Il tempo volerà e in men che non si dica li avrai fuori dai piedi, te l’assicuro! Si tratta solo di una “gentilezza”, un modo per mantenere i rapporti con gli altri lord pacifici.
- Ero convinta che fosse tra almeno altri quattro o cinque giorni il “glorioso banchetto” … ricordami perché devo farlo e perché si sono così sfacciatamente autoinvitati qui a Grande Inverno.
- Cosa vuol dire “perchè”, mia cara?? La risposta è a dir poco ovvia! La motivazione teorica è quella di conoscere la figlia di quello che è stato l’eroe e il condottiero più famoso nella storia dei sette regni, la leggenda vivente che è tuo padre. Quella pratica, invece, proviene direttamente dall’affare che hanno tra le gambe, che guida sempre le azioni e i desideri di ogni uomo: è risaputo in tutti i sette regni che la figlia di Walter Targaryen sia di una bellezza ineguagliabile persino per le donne che abitano oltre il continente occidentale. Hai la fama di essere la ragazza più bella dei sette regni e a ragione! A quanto pare è una caratteristica che vi passate di generazione in generazione dato che tuo padre era l’uomo più bello dei sette regni, e anche suo padre lo era prima di lui. E lo erano davvero, mia cara, te lo conferma una donna che di uomini ne ha visti a valanghe! Inoltre, non sottovalutare neanche la tua mamma: ha fatto cadere ai suoi piedi innumerevoli uomini solo con uno sguardo quando aveva la tua età! Dunque perché ti sorprendi per il tuo “funesto destino” quando avevi tutti i presupposti per divenire una tale divinità già solo all’età di quindici anni?
- Se sapessero cosa faccio nel tempo libero non credo che sarebbero ancora così interessati a me.
- A proposito di ciò, bambina, da ora niente più rintanamenti nel tuo rifugio pieno dei tuoi strani miscugli, niente più gite in biblioteca, niente più combattimenti con la spada con i tuoi cugini, niente più cavalcate folli e spericolare e niente più fughe e corse su tetti e palazzi, almeno fino a domani mattina, quando tutti gli ospiti ripartiranno, intesi??
- Posso gettarmi su una spada per scampare a questo? – chiese la ragazza sconsolata mentre sua nonna la prendeva sotto braccio e la conduceva all’interno delle stanze. – Avanti vieni con me, è ora che io e tua madre ti rendiamo una vera lady per stasera. Li farai impazzire tutti. Ad ogni modo, credo di avere almeno una notizia ad allietare il tuo giovane animo, mia cara.
- Che notizia?
- Oberyn, Ellaria e i maschi mancati che hanno come figlie, verranno a Nord per partecipare al banchetto e coglieranno l’occasione per rimanere qualche giorno.
 
 
Myranda bussò ed entrò dentro la stanza della sua amica, silenziosa nonostante non fosse più nella pelle di assistere al banchetto e di vedere cosa avrebbe indossato e come sarebbe stata acconciata Eveline. Entrando nella stanza si accorse che non vi era la servitù, poiché Margaery e Olenna avevano voluto occuparsi da sole di preparare la ragazza per un’occasione così importante.
La giovane Lannister aveva i folti capelli dorati legati morbidamente in alto, con solo alcuni ciuffi che le circondavano il viso rotondo; e indossava un vestito ocra, stretto, di un tessuto soffice e caldo, ma comunque pregiato. Nonostante fosse una ragazza in carne o “paffutella”, come la definiva Oberyn, quel colore e quel tipo di abito le faceva splendidamente risaltare le forme già prorompenti nonostante la giovane età, e quell’acconciatura rendevano il suo bel viso ancora più grazioso di quanto già non fosse.
- Per tutti gli dei antichi e nuovi! Eve, sei meravigliosa! – esclamò la ragazza guardando incantata la sua amica mentre Margaery si stava occupando della sua acconciatura. – Come hanno fatto a renderti i capelli così lisci?? Non li hai mai avuti in tal modo!
A ciò, Margaery sorrise alla giovane. – Piccola mia, devi sapere che ad Approdo del re si imparavano molti trucchi per modificare i capelli. Esiste un metodo per renderli lisci tramite il calore e il vapore – rispose la Tyrell mentre sistemava le due piccole trecce ai lati del volto di sua figlia, dietro la sua testa, facendole ricongiungere in un'unica treccia a sua volta impuntata tramite una splendida spilla.
- È così raro vedere Eveline con i capelli sciolti! Così sono ancora più lunghi! – esclamò ancora Myranda ponendosi dietro la sua amica per osservarli meglio.
- Ed è esattamente per questo che oggi li lascerà sciolti, così che tutti possano ammirarli per la loro bellezza – aggiunse Margaery.
- Vi prego, smettete di fare commenti sui miei capelli come se io non ci fossi. Mia madre e mia nonna sono state fin troppo accurate oggi per rendermi una “vera lady” - disse rassegnata Eveline.
- Ciò è dato dal fatto che ora hai un corpo da donna, mia cara! – rispose Olenna mentre sembrava stesse cercando qualcosa.
- Ad ogni modo, anche tu sei splendida, Dada. Quel vestito ti dona moltissimo – continuò Eveline ma rivolgendosi solo alla sua amica questa volta.
- Grazie! Mio padre dice che avrebbe preferito qualcosa di meno appariscente e che in questo modo potrei attirare troppi sguardi …
- Non farne una colpa al povero Jaime: i padri sono pur sempre padri, cara! – commentò Olenna ridendo.
A ciò, lo sguardo di Eveline si rabbuiò involontariamente. Margaery notò prontamente quell’espressione. – Non voglio vedere quello sguardo sul volto della mia splendida bambina, Eve. Gli somigli così tanto, che a volte non posso fare a meno di paragonarvi. Dunque non temere, lo hai più vicino di quanto pensi.
- È già la seconda volta in un giorno che mi viene detto – osservò la ragazza stupita.
- È dovuto al fatto che stai crescendo, e man mano che diventi più grande, la somiglianza diviene più evidente. Questa insaziabile curiosità e continua sete di conoscenza non l’hai di certo presa da me.
- Allora forse lui avrebbe apprezzato ciò che faccio, a differenza vostra – rispose la giovane, più pungente di quanto volesse sembrare.
Margaery accolse la provocazione. – Capisco la tua frustrazione quando le persone più grandi e mature di te sono scettiche riguardo i tuoi azzardi, ma devi anche comprendere il nostro stato d’animo, tesoro. Sei una ragazza piena di sogni e di speranze, proprio come lo ero io alla tua età …
- Ma? – la interruppe Eveline capendo dove volesse arrivare.
- … ma spesso le cose non vanno come vorremmo. Questo mondo non è mai stato clemente con le donne. Solo con la propria forza d’animo, furbizia e determinazione si riesce ad andare avanti. Io sono sopravvissuta a tutto ciò che mi è accaduto esattamente in questo modo. Sei una ragazza coraggiosa, bella e intelligente: puoi fare quello che desideri. Ma non devi mai farti illusioni o sperare di poter ottenere tutto quello che ti proponi. Un passo alla volta, niente impulsività e molta scaltrezza e pazienza: questo è il segreto per avere una possibilità di arrivare dove desideri; ed è il consiglio migliore e più sentito che posso darti.
- Lo so, madre, è solo che a volte mi sembra così strano che le persone intorno a me non capiscano quello che voglio fare e perché.
- Semplicemente perché è una novità per loro: non si è mai vista, almeno nel continente occidentale, una ragazza così interessata a delle attività del genere. Soprattutto nel modo in cui lo sei tu. Solitamente sono coloro che vogliono diventare Grandi Maestri e che si trasferiscono alla Cittadella per portare a compimento i loro studi che hanno ambizioni di questo tipo. Forse potresti provare a richiedere di entrare come apprendista alla Cittadella. Magari, anche se sei una donna, ti prenderebbero comunque con loro …
- E per cosa? Per pulire i loro fondoschiena e metterli a letto? O peggio, farmi toccare da loro? E anche se non fosse così, anche se le donne avessero una possibilità di essere prese in considerazione seriamente in quel luogo, non ci andrei mai: ho letto i libri che scrivono e le tecniche che usano e sono arrivata alla conclusione che hanno la mente estremamente chiusa. Non aprono i loro orizzonti, adottano sempre e solo le stesse formule antiche, trite e ritrite da anni! Nessuno di loro prova a proporre qualcosa di nuovo, di più efficace del metodo usuale. Nessuno ha le palle o l’intelligenza per farlo, evidentemente. Ad esempio ci sono un sacco di prodotti, di minerali, di sostanze praticamente sconosciute a loro, che non si sono mai sognati di utilizzare nonostante, se mischiati opportunamente con altri ingredienti, abbiano potenti effetti e facoltà curative. Mi riderebbero in faccia come fanno tutti non appena ne parlo!
Margaery la fece alzare in piedi ammirandola e sorridendo incantata dalla luce che emanava. – Io ho fiducia in te, tesoro. Sempre. L’avrò anche quando nessun’altro l’avrà. Perciò segui la tua strada e non preoccuparti di quello che pensano gli altri. Bene, direi che sei perfetta. Ora possiamo andare a raggiungere i nostri ospiti … ah, che sbadata! Quasi me ne stavo dimenticando! – disse la donna raggiungendo un bauletto che si trovava sopra il camino acceso e prendendo qualcosa al suo interno: si trattava di una splendida rosa viola. Margaery la infilò tra i capelli di sua figlia contemplando il risultato. – Ora sei davvero perfetta.
- Dove hai trovato una rosa di questo colore?
- È un segreto, mio bocciolo – le disse ammiccandole e facendole segno di raggiungerla.
Eveline le sorrise di rimando pensando che, forse, quella serata sarebbe potuta non essere tanto male.
Non appena la giovane Targaryen scese le scalinate che portavano al piano inferiore, i numerosi presenti che si trovavano nel salone ammutolirono e si voltarono a guardarla. Ella indossava un abito lilla, sottile, di un tessuto lucido e delicato, simile alla seta, che le fasciava completamente il seno, il busto e i fianchi, ricadendo poi morbido sulle gambe, lungo fino a farle quasi da strascico. Quel colore spiccava molto su di lei, così come la splendida rosa viola che aveva tra i capelli e che richiamava la tonalità particolare dei suoi occhi. I capelli scuri, lisci e lunghissimi le ricadevano eleganti e impeccabili fino al fondoschiena, sfiorandole le braccia lunghe e ben avvolte dal tessuto sottile fino a metà delle sue mani affusolate; il busto era invece morbidamente circondato da una cintura nera, lo stesso colore dei bordi dell’abito e della collana stretta che le ornava la pelle immacolata del collo, la quale risaltava ancora di più dato che il vestito le lasciava le spalle interamente scoperte.
Eveline era abituata a quegli sguardi, ma mai ne aveva visti così tanti insieme essendo sempre rimasta a Grande Inverno.
I primi che andò a salutare ovviamente furono Oberyn ed Ellaria. I suoi occhi si illuminarono non appena li scorse tra i presenti: era da troppo tempo che non li vedeva.
Eveline buttò le braccia al collo della Vipera Rossa, e anche lui ricambiò quel caloroso abbraccio, proprio come se si trattasse di una delle sue figlie, sotto gli occhi sbigottiti di tutti. – Zio Oberyn! – Eveline lo aveva sempre chiamato in tal modo poiché aveva quel tipo di legame con l’uomo, esattamente al paro degli altri suoi familiari nonostante lo vedesse di meno, dato che lui viveva a Dorne con la sua famiglia.
- Eccola la mia ragazza! Fiorisci sempre più, di anno in anno, e ogni volta che ti rivedo mi lasci sempre più senza fiato.
- Grazie, zio Oberyn, anche tu ti mantieni in forma nonostante l’età – gli disse in tono scherzoso mentre si avvicinava ad Ellaria per salutare anche lei.
In quel momento, il primo lord dei tanti, le si avvicinò cauto e quasi maldestro dinnanzi a lei. – Milady, avrei piacere di presentarmi dinnanzi al vostro cospetto: io sono Lord Hanry Dayne di Stelle al Tramonto. Permettetemi di dirvi che le voci che corrono sulla vostra bellezza non vi rendono affatto giustizia – le disse l’uomo baciandole la mano e inchinandosi a lei, cercando di recuperare un po’ della sua persa spavalderia.
- Vi ringrazio, Lord Dayne. Sono felice di avervi qui a Grande Inverno e spero che il clima non sia troppo angusto per voi e il vostro seguito.
- Niente affatto, lady Eveline. È un immenso piacere per me essere qui presente quest’oggi. Mi permettete di accompagnarvi nelle danze questa sera?
- Ditemi, Lord Dayne, perché avete deciso di venire al banchetto? – chiese la ragazza prendendo tra le mani un calice di vino e cominciando a sorseggiarlo per disperazione, per cercare di non innervosirsi e per distrarsi, nonostante non lo avesse mai assaggiato in vita sua. Il suo sapore era acre e sgradevole inizialmente, ma lo buttò giù ugualmente cercando di non pensarci.
- Ho deciso di venire a farvi visita per onorare la memoria di vostro padre che tanto coraggiosamente ci ha salvati tutti durante la leggendaria Battaglia finale. Al tempo avevo appena cinque anni ma ricordo perfettamente il modo in cui tutti narravano le gesta di colui che era il legittimo erede al trono di spade.
- Dunque immagino non vi offendereste se rifiutassi la vostra gentilissima proposta, milord. Ci sono un’infinità di splendide dame in questa sala che sono sicura sarebbero molto più lusingate di me di ricevere le vostre lodevoli attenzioni. Sono certa che mio padre apprezzerebbe ugualmente la vostra visita. Ora, vogliate scusarmi – disse congedandosi da lui e passando oltre.
 
La serata trascorse in tal modo, con decine di lord e figli di lord che provarono ad approcciarsi alla giovane Targaryen, chi più ricco, chi più povero, chi più giovane, chi più vecchio, chi più avvenente e chi meno, chi appartenente ad una casata più nota, chi minore; tutti con lo scopo di conquistare i favori e le attenzioni della ragazza dalla tanto decantata bellezza, o per potersi vantare di essere riusciti ad avere la figlia del famoso eroe e salvatore di cui narravano le più famose storie e ballate. Tuttavia, tutti furono argutamente rifiutati da Eveline. Ella sembrava bastarsi da sola e non cercare minimamente quel tipo di compagnia maschile, in particolar modo conoscendo i motivi di quell’interesse nei suoi confronti.
Ad un tratto, giunse dinnanzi a lei l’ennesimo figlio di uno dei tanti lord presenti, un ragazzo di bell’aspetto, alto e prestante, dai capelli biondi e i tratti decisi. – Ho saputo che avete fatto strage di cuori questa sera. Sembrano tutti sconvolti dopo essere stati freddamente vinti e respinti da una ragazza di quindici anni.
- Siete l’unico che finora non si è presentato a me inchinandosi, baciandomi la mano e riservandomi parole che farebbero morire per eccesso di zuccheri anche le pietre. State tentando un approccio diverso, lo apprezzo, ma vi avverto che non funzionerà, dunque non fatevi illusioni. Ora potete anche andare.
- Siete così sicura di voi stessa e piena di pregiudizi da credere che qualunque uomo si avvicini a voi lo faccia per il motivo che voi immaginate?
A quelle parole, la ragazza si voltò verso di lui fulminandolo con lo sguardo. – Prima di oggi non avevo alcun pregiudizio e non credevo nulla di tutto ciò. Tuttavia, sembra che questa sera, qualsiasi uomo sia giunto qui con il preciso e unico scopo di strapparmi una promessa di matrimonio. Dunque perdonatemi se parto già prevenuta.
- Avete ragione. È che il vostro vivace cinismo non si vede spesso a Sud. Per questo ne rimangono tutti perplessi. Ad ogni modo, io sono Kaylan Marbrand.
- Mia cara, puoi raggiungermi un momento? – li interruppe lady Olenna attirando l’attenzione di sua nipote.
A ciò, la ragazza si avvicinò a lei. – Qualcosa non va, nonna?
- Bambina mia, non credi che sia il momento di iniziare a ballare? Quel giovanotto non sembra volerti fare strane proposte, magari potresti sfruttarla come una semplice occasione per divertirti e svagarti. Sei giovane, devi danzare e sbizzarrirti ora che la salute te lo permette!
- Non ho bisogno di un uomo per riuscire a divertirmi, nonna. Voglio solo che questa serata termini, e rimanere sola mentre gli altri ballano mi sembra il modo migliore per divertirmi fino a che non finisca.
- Fai come preferisci, cara, ma ricordati che se rimarrai lì da sola, continueranno ad arrivare altri pretendenti che ti infastidiranno ancora fin quando non cederai. Se vedranno che sei già impegnata non ti si avvicineranno più. Magari ballare con quel giovanotto potrebbe essere più sopportabile che parlare con altri, più vecchi e arroganti di lui.
Eveline ci rifletté su e roteò gli occhi al cielo raggiungendo nuovamente il ragazzo che le si era avvicinato poco prima. – Venite, andiamo a ballare – gli disse senza alcun preavviso facendogli segno di seguirla e dirigendosi verso la sala da ballo.
Il giovane, a dir poco sorpreso, la seguì senza dire nulla e cominciò a ballare con lei. - Immagino sia superfluo chiedervi come mai avete deciso di iniziare a ballare.
- Immaginate bene.
- Dato che ora siamo qui, tanto vale continuare la nostra conversazione. È vero che esercitate pratiche magiche?
- È questo che si dice in giro su di me?
- Sono solo alcune voci dispersive. Ero curioso di saperlo.
- Beh, se desiderate così tanto saperlo, sì, svolgo abitualmente rituali per mandare le persone direttamente negli inferi. E funziona sempre – il suo sarcasmo era più pungente di una cruna di aghi infilata in gola.
- Vi ha offeso così tanto ciò che vi ho detto?
- Sì, perché siete tutti uguali: la vostra mente è chiusa e anche essendo ignoranti pretendete di sapere ciò che non conoscete.
- Permettetemi di conoscervi, allora.
- No, non ve lo permetto. La vostra risposta sarebbe uguale a tutte le altre.
- Mettetemi alla prova.
- Se lo desiderate posso anche farlo, tanto sono sicura di aver ragione. Dunque, quello a cui realmente sono interessata sono le arti mediche e curative.
A quelle parole, il ragazzo la guardò con sguardo sconvolto.  – Voi … ? Le arti mediche …?
A ciò, Eveline sorrise amaramente. – Avete visto? Esattamente la reazione che mi aspettavo.
- No, non è come pensate, in realtà … sono solo sorpreso dalla vostra … - ma il ragazzo venne interrotto dall’arrivo del giovane Hayden Stark. – Perdonate, mi concedereste un ballo con la mia amata cugina?
- Certamente – rispose cedendogli la mano di Eveline ancora lievemente scosso.
La giovane Targaryen fece un sospiro di sollievo e accennò un sorriso ad Hayden. – Mi hai salvato. Ti devo un favore.
- Ho notato. Ti ho vista in difficoltà, così ho pensato di venire in tuo aiuto.
- In realtà era lui quello più in difficoltà. Non vedo l’ora che questa serata termini, Den. Sono stanca di essere costretta a parlare con uomini che hanno come unico argomento di conversazione lusinghe esagerate o autocelebrazioni mirate a far colpo ogni qual volta si intrattengono con una donna. Sono tutti così gli uomini del Sud?
- Sei troppo catastrofica. Non sanno come comportarsi con te perché sei diversa dalle dame con cui sono soliti avere a che fare.
- Tu ti stai divertendo, invece?
- Azzarderei a dire di sì. Sono l’unico ragazzo che possiede ancora questa chioma argentata. Come potrei passare inosservato? – scherzò.
- Come darti torto! Chi era la dama con la quale stavi ballando poco fa?
- Delinde Selmy.
- È davvero bella e sembra molto dolce. Esattamente la ragazza adatta a te. Inoltre ti guarda continuamente. Dovresti tornare da lei, Den. Se io non mi diverto, non vuol dire che non debbano divertirsi neanche i miei amati amici e cugini – lo esortò rivolgendogli un sorriso rassicurante.
- Non preoccuparti. Non ti lascio da sola in queste acque colme di squali.
- Sai che sono capace di rendere innocui tutti questi “squali”.
- Strappando loro i denti?
- Non c’è bisogno di essere così violenti e di spendere tutte queste energie. Basta privarli dell’acqua nella quale nuotano.
 
Margaery osservò sua figlia ballare prima con un giovane tra gli ospiti, poi con suo cugino Hayden. Era felice di vederla aprirsi un po’ e provare a divertirsi in maniera diversa. In quel momento, la donna fu raggiunta da una compagnia inaspettata quanto gradita. – È cresciuta moltissimo dall’ultima volta che sono venuta a Grande Inverno.
Margaery si voltò verso quella voce familiare, sorridendo alla donna che stava osservando Eveline accanto a lei. – Kirsten! Alla fine siete riusciti a venire anche voi! Come stanno i gemellini?
Le due donne avevano stretto un forte legame dopo la scomparsa dell’uomo amato da entrambe. Si erano fatte forza insieme nel dolore ed erano riuscite ad andare avanti a modo loro. Tuttavia, Kirsten aveva preferito rimanere a vivere in quella che, da sempre, era stata la sua casa, nella Torre dei Reed, prendendosi cura del vecchio e invalido Howland insieme a suo marito Dheeraj, ex soldato Immacolato, e a Meera.
- Stanno bene. Tra una settimana compiranno sei anni, dunque non li abbiamo portati con noi poiché sono troppo vivaci per sostenere un viaggio che duri più di un’ora.
- Posso immaginare – rispose Margaery scatenando le risa di entrambe.
- Tu come stai?
- Sto bene. Eveline mi invade con la sua vitalità ogni giorno e mi rende sempre più felice e orgogliosa di essere madre. Lei è la mia luce.
- Ne sono certa. Ma scorgo ancora qualcosa di oscuro nei tuoi occhi – le disse Kirsten osservandola. – È passato tanto tempo, amica mia. È stato difficile, tremendamente difficile anche per me … ma non serve a nulla continuare a sperare di rivederlo o di udirlo, da qualche parte, un giorno … perché non provi a darti una seconda opportunità?
- È Eveline la mia seconda opportunità.
- Sai cosa intendo. Ogni donna ha bisogno di un uomo per crescere i suoi figli. Hai bisogno di sentirti amata di nuovo, di un amore che non può essere rimpiazzato da quello dei familiari, degli amici e neanche dei figli, ahimè.
- Credimi, mia cara Kirsten: non ho mai sentito alcun tipo di necessità o bisogno di quel tipo di amore verso qualcun altro dopo che Walter se n’è andato.
In quel momento le due vennero interrotte dal marito di Kirsten. – Mia signora, mi concederesti questo ballo?
- Con piacere. Ti raggiungo tra un momento, caro – gli rispose sorridendogli; poi tornando a rivolgersi alla Tyrell. – Guarda la sala da ballo – le disse con uno scopo ben preciso, il quale fu colto al volo da Margaery: tutte le persone a lei più care stavano ballando con qualcuno, o il loro amato o semplicemente il loro compagno per il breve tempo di quel ballo. Brienne era con suo marito Jaime, Daenerys con Jon, Arya con Gendry, Sam con Gilly, Oberyn con Ellaria, ser Davos con un’arzilla lady più o meno della sua stessa età; e persino i ragazzi avevano trovato un loro compagno per ballare, difatti Sam e Ruben avevano invitato due dame, mentre Myranda e la sua Eveline erano state invitate a loro volta, quest’ultima da Hayden, tra l’altro.
In quell’istante, quasi come se avesse appena udito la loro conversazione, giunse un lord dinnanzi alle due donne. Questo si inchinò al cospetto di entrambe per poi rivolgersi solo alla Tyrell. – Milady, è tutta la sera che sto cercando il coraggio di avvicinarmi a voi. I vostri occhi mi hanno ipnotizzato appena ho messo piede in questa sala. Mi concedereste l’onore di questo ballo? – gli chiese lui porgendole la mano. Margaery lo guardò dapprima intenerita, per poi voltarsi verso la sua amica, la quale le fece ovviamente cenno di accettare.
- Certamente – rispose la regina di rose porgendogli la mano e lasciando che lui la conducesse.
 
Eveline scorse sua madre mentre ballava con uno dei lord. Hayden capì immediatamente che qualcosa doveva averla turbata mentre la conduceva nelle danze. – Eve? Va tutto bene?
- Sì, va tutto bene. È solo che … non l’avevo mai vista ballare con qualcuno. Sono felice che lo stia facendo ma …
- Ma …?
- Non lo so. È tutto sbagliato. Dovrei essere felice per lei ma mi sembra così sbagliato poterla vedere ballare con lui, uno sconosciuto, e non averla mai potuta vedere con mio padre. Mi sembra sbagliato che stia ballando con uno dei tanti tronfi signorotti pieni di sé che sono qui stasera. Non dovrei sentirmi così … - All’improvviso, un’ondata di malinconia mista a rabbia e frustrazione colpì l’animo della giovane Targaryen. Un moto irrazionale che neanche lei riusciva a controllare. – È passato troppo tempo … - sussurrò fermandosi e allontanandosi lentamente da suo cugino.
- Che vuoi dire? Eve, che ti succede?
- È passato troppo tempo dall’ultima volta – disse infine, afferrando i bordi del lungo vestito, alzandoli lo stretto necessario e cominciando a correre via, uscendo dalla sala.
 
- Va bene così, Abigail. Sei stata brava – sussurrò al suo fedele animale accarezzandolo e scendendo, stringendosi dentro la pelliccia che indossava a a causa del clima più gelido. La ragazza si avvicinò alle immense distese di bianco disabitato che erano dinnanzi a sé, guardando nel vuoto, nel buio della notte fonda.
- Ciao, padre. Sono tornata. Sono qui – fece una pausa e si avvicinò ancora. – Sono scappata via all’improvviso, senza dire nulla, perciò ora mi staranno cercando tutti dato che è notte fonda. Sicuramente mi uccideranno non appena mi troveranno – disse accennando un lieve sorriso. – Non so neanche più se è questo il luogo. Suppongo di sì dato che non c’è niente qui. È tutto bianco. Mi sembra di aver impiegato troppe poche ore ad arrivare. Da quanto è che non vengo a parlarti? Un anno? – i suoi occhi lucidi furono sferzati dall’aria gelida. – Mi dispiace non essere tornata per così tanto … Prima venivo qui ogni mese, così come la mamma ha continuato a fare. Ma sai, nell’ultimo anno sono accadute molte cose ed è per questo che mi è stato così difficile tornare da te, padre: ho creato un mio rifugio, una stanza tutta mia, una ex biblioteca che zio Jon ha accettato di riservare per me, per quello che faccio. Sono sempre stata impegnata a fare avanti e indietro per le foreste più sconosciute per trovare fiori, erbe e altri prodotti dalle origini antiche per poter sperimentare e mettere in pratica quello che ho appreso leggendo molti di quei libri che mi piacciono tanto e di cui ti parlavo sempre … quelli che le persone tendono a considerare di meno, ad ignorare, privilegiando sempre i “Grandi tomi scritti dai Grandi Maestri o dai Grandi Eroi, tramandati nei secoli dei secoli affinché i posteri li tramandino a loro volta … “. Sai che non mi sono mai piaciute le tradizioni. - La ragazza si inginocchiò tra la neve, prendendo a sfiorarla con le dita. – Mi mancava parlare con te. È strano perché, se è vero quello che dicono sul fatto che sei diventato una creatura immortale, né viva né morta, vuol dire che tra poco avremo la stessa età. Ed è anche strano, oltre che frustrante, sentirsi dire spesso che ti somiglio, ultimamente, ma non poterti comunque conoscere. - Alzò lo sguardo di nuovo verso quella distesa illimitata e scura e sorrise chiudendo gli occhi, ascoltando solamente la voce del vento. – Io ti sento. Tanti mi prendono per pazza per questo, oltre che per tutto il resto, ma non mi importa. D’altronde, mi hanno detto che a volte prendevano per pazzo anche te. Ad ogni modo, non accadrà più che non verrò per così tanto tempo. Continuerò a tornare ogni mese, promesso – disse infine, rialzandosi in piedi e raggiungendo nuovamente la sua puledra. Ma prima di salirvi, si voltò ancora una volta verso quella distesa. – Io vedo la tua ombra, viandante solitario …
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve a tutti!
Sono tornata con uno spin off come promesso!
Ho assecondato le vostre preferenze (e anche un po’ le mie, lo ammetto) quindi scriverò del futuro prossimo agli eventi accaduti in “The dragon, son of ice” (https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696605&i=1), in particolar modo mi concentrerò sul nuovo personaggio di Eveline Targaryen.
Come con la scorsa fanfiction mi impegnerò a pubblicare ogni capitolo al massimo in una settimana e niente, pero di essere all’altezza delle aspettative e ovviamente sono gradite recensioni!
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** “Rubbie Rubbie, il ladro del vento tu sei” ***


“Rubbie Rubbie, il ladro del vento tu sei”
 
- “Rubbie Rubbie, dove mai ti sarai nascosto?
Rubbie Rubbie, cosa mai tu sei?”
- Il ladro del vento! – esclamò la piccola Eve scattando a sedere accanto a sua zia Arya, la quale stava cullando il suo bambino.
- E come mai proprio il ladro del vento, tesoro? – le chiese la ragazza guardando i suoi occhioni luccicanti incuriosita.
- Perché è un piccolo uragano! Quando passa lui si alza anche il vento, per questo è un ladro di vento, zia!
- D’accordo. E sia! – rispose rivolgendosi di nuovo a suo figlio Ruben, il quale era sul punto di addormentarsi tra le sue braccia. – “Rubbie Rubbie, dove mai ti sarai nascosto?
Rubbie Rubbie, il ladro del vento tu sei
Rubbie Rubbie, nessuno ti può fermare
Gli alberi ti parlano, la neve ti insegue
Ma tu sei troppo veloce, Rubbie Rubbie, non riesco a vederti
Guarda avanti a te, ladro del vento, e non volarti se tu sei più in alto
Gli uragani ci travolgono, Rubbie Rubbie, ma tu sei ancora in piedi
Rubbie Rubbie, dove sarai mai?
Forse ti ho trovato, Rubbie Rubbie
Prendi la mia mano e portami tra il vento.”
 
Si trovava in cima ad un’altissima montagna. Il vento le scompigliava i capelli e della nebbia scura la circondava. Non riusciva a vedere nulla se non una montagna altrettanto alta di fronte a sé. Anche in cima a questa c’era qualcuno. Affilò lo sguardo per vedere meglio nonostante la lontananza e la nebbia.
- Hayden …? – sussurrò. Suo cugino era esattamente di fronte a lei, in piedi in cima al monte dinnanzi al suo. I suoi capelli si erano allungati, sembrava più grande. Il suo sguardo era puro odio. Nei suoi occhi neri non c’era nulla se non una scintilla spaventosa e sinistra.
- Den? Mi riconosci?? – gli chiese questa volta a gran voce per farsi udire da lui.
- È tardi – non riuscì ad udire la sua voce, ma lesse il suo labiale.
- Tardi? Tardi per cosa?
D’improvviso il suo viso e i suoi capelli argentati si macchiarono di sangue scuro. Cominciò a sorridere mentre delle urla atroci si innalzarono intorno a loro.
Eveline era sempre più confusa ma, stranamente, non era spaventata da lui. D’altronde era suo cugino. Era cresciuta con lui.
All’improvviso si accorse che tutte le persone che stavano urlando non erano spaventate da lui, bensì da lei. Le gridavano contro impaurite. Nei loro occhi c’era un terrore che la giovane Targaryen non aveva mai visto.
- Eveline Targaryen ed Hayden Stark … che cosa avete fatto? – chiese una voce lontana ma imponente, accusatoria: una voce che la ragazza non riuscì a riconoscere.
D’improvviso il  monte sotto Hayden crollò e quest’ultimo cadde con lui. Rimase solo lei in piedi. Le voci erano scomparse e quelle persone erano diventate cadaveri. C’era solo silenzio.
Percepì una sensazione vischiosa addosso, così si guardò le mani e le braccia nude: non erano ricoperte di sangue, bensì di un liquido nero.
La ragazza si svegliò sul suo letto ancora scossa dal sogno appena fatto. D’un tratto sentì bussare alla porta della sua stanza. A ciò si infilò completamente sotto le calde coperte, fin sopra i capelli. – Non entrate. Ma, nonostante questo, entrerete ugualmente, Septa Idannia … dunque mi chiedo per quale assurdo motivo continuiate a bussare ogni volta – sbuffò la ragazza con la voce ostacolata dalle coperte.
Come immaginava, la Septa che faceva puntualmente impazzire entrò nella sua stanza.
- Ben svegliata, lady Eveline. Sono venuta per dirvi che, se siete ancora stanca dopo la vostra lunga e faticosa “gita” di stanotte, potete rimandare le lezioni con Maestro Kyron e quelle con me a domani. – Ma Eveline non rispose e rimase con la testa sepolta sotto le coperte. Pensò di volerci rimanere per il resto della sua vita. Era una prospettiva di vita niente male. Septa Idannia attese ancora qualche minuto, poi parlò ancora. – Non volete uscire neanche sapendo che vi ho fatto portare la colazione che comprende delle morbide pagnotte appena sfornate, del latte caldo zuccherato e dei tortini al cacao, proprio come piacciono a voi? – chiese la donna mentre un addetto alla servitù trasportava un carrellino contenente tutto ciò nella stanza, inondandola del profumo di quelle pietanze. A ciò, la ragazza sbucò dalle coperte come risvegliata improvvisamente. – Avete detto anche “tortini al cacao”? – disse scrutando il carrello con occhi scrutatori e non perdendo tempo: afferrò due pagnotte, quattro tortini e una tra le scodelle grandi colme di latte. La Septa la vide cominciare a mangiare e sorrise. Per quanto la facesse continuamente impazzire e fosse così diversa da tutte le ragazze con cui aveva avuto a che fare, non aveva potuto fare a meno di affezionarsi a quella brillante e bizzarra giovane. Tuttavia, dopo quindici anni, la donna ancora non riusciva a spiegarsi come fosse capace di inghiottire tali quantità di cibo senza subirne le conseguenze. Guardandola, l’ultima cosa che qualcuno avrebbe potuto dire era che mangiasse così tanto, dato il suo corpo tonico, snello e dalle curve invidiabili da qualunque donna pienamente formata.
- So bene che non servirà a nulla dirvi, come faccio sempre, di mangiare in maniera più corretta e salutare, dato che non ascoltate mai ciò che dico. Tuttavia, ho sempre il timore che tutto quel cibo possa farvi stare male.
- Vi siete risposta da sola, Septa Idannia – disse Eveline gustandosi il primo tortino. – Ad ogni modo siete stata scorretta avendomi tentata proprio con le mie pietanze preferite. Soprattutto con i tortini al cacao.
- Dunque?
- Assisterò volentieri alle lezioni con Maestro Kyron, mi piacciono. Quelle con voi invece le salto volentieri.
- Proprio come immaginavo – rispose la Septa sconsolata. – Non appena avete finito qui, scendete al piano inferiore: vostra madre vuole parlarvi. La ragazza già immaginò di cosa si trattasse e sospirò rassegnata.
In quel momento, bussò qualcun altro alla porta ancora semiaperta. – Ehi, disertrice, sono io.
Eveline riconobbe la voce di Hayden e sorrise. – Che aspetti ad entrare?
A ciò il ragazzo entrò tranquillamente dentro la stanza.
- Mio signore – disse la Septa inchinandosi a lui con riverenza e uscendo dalla stanza.
- Buongiorno anche a voi, Septa Idannia – le disse il ragazzo sorridendo e dirigendosi poi verso il letto di suo cugina, sedendovi sopra. – Vedo con piacere di essere arrivato esattamente in tempo: non ho ancora fatto colazione – disse Hayden allungando una mano verso il carrellino.
A ciò Eveline gli diede uno schiaffetto sulla mano. – L’hanno portata per me.
- Eve, ci mangerebbero almeno sei persone con tutta questa roba.
- Dunque?
- Non farai sul serio. Lo hai fatto una volta un anno fa. Non ci proverai ancora.
- Appunto. L’ho già fatto.
- Devo ricordarti che sei stata male tutto il giorno?
- Questi sono solo inutili dettagli, “lord Stark” – disse lei terminando il terzo tortino e cominciando a bere il latte. – Mia madre è infuriata, vero?
- Beh, considerando che sua figlia era lontana chilometri da qui a notte fonda, sola, vicino alle terre inesplorate e fuggita da un banchetto del quale era la presenza più richiesta, non è poi così arrabbiata. Mia madre lo sarebbe stata molto di più.
- Motivo in più per non scendere giù. Che ore sono? Mi sembra di aver dormito appena quattro ore.
- Hai dormito appena quattro ore: è quasi l’ora di pranzo. Sei ritornata qui circa alle sette del mattino. Abbie era a dir poco sfinita e anche tu.
- Gli ospiti se ne sono andati?
- Tutti quanti. Ti portano i loro saluti e si rammaricano per la tua imprevista e improvvisa fuga dal banchetto – disse afferrando una pagnotta e mordendola.
- Den! Ti avevo detto di non farlo! Non rubare la mia colazione!
- È uno di quei giorni oggi? Non è passato troppo poco tempo dall’ultima volta che hai sanguinato?
- Se fosse stato così lo avresti capito. Sono molto più irritabile e affamata del solito, dovresti saperlo.
- Allora cos’hai? Perché sei scappata via in quel modo ieri? Lo sai che quel … “Kylan” era il suo nome? Lo hai traumatizzato. È rimasto tutta la sera in una sorta di trance. Voleva provare a rimediare ma non gliene hai dato il tempo dato che te ne sei andata.
- Non so cosa mi è preso. Avevo bisogno di rivederlo.
- “Rivederlo”?
- Hai capito cosa intendo. Era davvero troppo tempo che non andavo da lui, per parlarci e sentire la sua presenza.
- Capisco. Vorrei tornarci anche io. Mio padre e mia madre mi ci hanno portato due volte quando ero più piccolo. Loro continuano ad andarci ogni tanto. Pensi che anche zio Oberyn ci andrà dato che rimarrà qualche giorno qui?
- Non saprei.
- A proposito, dovresti anche trascorrere del tempo con lui. È tornato in particolar modo per te, lo sai. Sei la sua preferita.
- Non sono la sua preferita. Myranda lo è – rispose sorridendo.
- Ma solo perché Myranda da piccola si lasciava strapazzare come un gattino. – A ciò sorrisero entrambi. Poi il giovane Stark continuò. – C’è anche un altro motivo per il quale oggi devi trovare il coraggio di uscire dal letto: Sam.
A quelle parole, la ragazza comprese. – Ha già preso la decisione??
- Sì. Partirà domani. Io e mio padre attenderemo ancora una settimana invece.  
- Partirai?? Cosa vuol dire?? Perché sono sempre l’ultima a venire a conoscenza di tali notizie??
- La situazione a Sud è degenerata e mio padre mi ha chiesto di assisterlo quando partirà per quella che prima era Approdo del Re. Resteremo in quel luogo giusto il tempo necessario per risolvere la questione. Sono felice che si sia fidato di me. Dice che sto diventando un uomo e che ciò mi aiuterà molto nella mia crescita – disse il ragazzo non potendo fare a meno di nascondere il suo sorriso fiero.
A ciò, Eveline si sforzò di sorridergli e di non pensare al fatto che due dei suoi fidati amici di infanzia cresciuti con lei stessero partendo per un periodo di tempo indeterminato. – Sei la persona più in gamba che conosca, Den. La più responsabile e decisa: vedrai che non lo deluderai.
- Lo spero – le disse alzandosi in piedi e dirigendosi verso la porta.
- Ehi, biondo – lo richiamò attendendo che lui si voltasse di nuovo. – Sta’attento. Vedi di ritornare qui tutto intero, intesi? Non voglio venire a salvarti il fondoschiena come al solito ... – gli disse ripensando turbata al sogno di quella notte.
- Non temere: tornerò. Ah, un’altra cosa: ti prego, placa l’entusiasmo di Myranda con una delle tue “pozioni”! Da quando ieri sera ha ballato con quel ser Swann non fa altro che parlare di lui. È tutta la mattina che mi insegue per raccontarmi di lui!
Udendo ciò, Eveline scoppiò in un’aperta risata. – Dovresti esserne felice! Sai bene che Myranda aveva una cotta per te quando eravamo piccoli e solo da poco è riuscita a superarla! Il solo fatto che ieri non sia scoppiata in lacrime quando ti ha visto ballare con lady Delinde Selmy e altre dame, non contando che sia riuscita anche a danzare con qualcun altro e che, come se non bastasse, stamattina te ne parli così a cuore aperto, dovrebbe renderti più che felice, cugino!
A quelle provocazioni Hayden afferrò un tortino e lo lanciò direttamente sulla faccia di Eveline. Il dolce si ruppe e sgretolò sul suo viso lasciandola a bocca aperta. Hayden era sempre composto, dunque era raro vederlo mostrare quel suo lato. – La fanciulla più bella dei sette regni colpita in pieno viso dalla sua stessa debolezza: le torte. Ora la mia giornata ha un senso.
- Eh no, Stark, puoi anche scordarti di uscire da quella porta oggi!
 
 
Eveline scese le scalinate del palazzo raggiungendo il piano inferiore. I capelli legati distrattamente in una disordinata crocchia alta la facevano sembrare ancora più grande.
Bussò alla stanza in cui sapeva sua madre la stesse aspettando e dopo aver ricevuto una risposta alla sua richiesta di entrare, aprì la porta e camminò dinnanzi a sé. Margaery era seduta sulla panca accanto al tavolo, con lo sguardo perso.
- Madre? – le chiese la ragazza sedendosi accanto a lei. – Sei bianca in volto. Il tuo colorito non promette bene.
- E secondo te, di chi è la colpa? – le chiese con la voce ancora rotta.
- Madre … lo sai che sono solita fare cose di questo tipo … fughe, cavalcate spericolate, lunghe gite in luoghi inesplorati …
- Eveline Targaryen … ti rendi davvero conto di ciò che hai fatto?
- Non capisco come mai tu sia così adirata con me … non sono andata in giro a reperire ingredienti per quelle “pozioni” di cui diffidi tanto! Sono andata da lui! Ed era da ben un anno, un intero anno, che non andavo da lui e lo sai bene! Tu sei sempre la prima ad incoraggiarmi ad andarci e sei la prima che fa lo stesso. Dunque perché?
- Hai seriamente il coraggio di chiedermi il perché, Eveline? Non potrei essere più felice di sapere che la mia splendida bambina vada a parlare con l’uomo che amavo, che amo ancora e continuerò ad amare sempre, nonché tuo padre; e sono anche avvezza alle tue fughe, ai tuoi continui azzardi, alla tua curiosità cieca e pronta a metterti nei guai incurante delle conseguenze, e ho sempre cercato di sopportarlo fino ad ora ma … ora non ci riesco più! Sono tua madre e sto invecchiando mentre tu cresci e diventi una donna, e voglio avere la certezza che, un giorno, quando non ci sarò più nemmeno io, tu sia al sicuro! Voglio avere la certezza che starai bene e che saprai badare a te stessa …
A quelle parole, la ragazza si alzò in piedi allontanandosi da sua madre mentre la guardava torva. – … che saprò “badare a me stessa”? Tu pensi che io non sappia badare a me stessa solo perché agisco in una maniera che tu consideri pericolosa e sconsiderata?! Capisco il tuo punto di vista in un certo modo, ma con queste parole mi stai davvero deludendo. Tu sei colei che dovrebbe conoscermi di più al mondo!
- Sei scappata via dirigendoti in un luogo pericoloso, lontano chilometri da qui, a notte fonda, senza dire nulla a nessuno, nel bel mezzo di un banchetto! Ho accettato altre bravate del genere, ma questa … questa è stata eccessiva! Sarebbe potuto venirmi un colpo al cuore … Cosa sarebbe cambiato se fossi andata da lui la mattina seguente, magari avvertendomi prima?? Perché proprio ieri sera durante quel banchetto che stavamo preparando da settimane?
Perché non ti ho vista con lui, ma con qualcuno che non era mio padre. Pensò la ragazza voltandosi dall’altra parte e chiudendo gli occhi per cercare di calmarsi. – Mi dispiace. Non dovevo farlo. Mi è scattato qualcosa dentro quando ti ho vista ballare con uno di quei balordi che non meritava neanche di rivolgerti la parola …
- Che cosa stai dicendo? – le chiese Margaery confusa, interrompendola e alzandosi in piedi per riavvicinarsi a lei, nonostante sua figlia le desse le spalle. – Tesoro, sai bene che quel ballo non avrebbe potuto significare mai niente per me. È stato solo un gesto di gentilezza e nulla di più. Non voglio rendere qualcuno il tuo nuovo padre, al suo posto. Quel ruolo spettava a lui e spetterà sempre solamente a lui …
- … ma non è questo il punto, giusto? – la interruppe Eveline a sua volta. – Si tratta del fatto che non riesci a fidarti di me. Mi vedi ancora come una bambina persa, senza suo padre e quindi senza la giusta guida. Pensi che io sia in tal modo, che abbia determinati interessi, che non soddisfi i requisiti che dovrebbe avere una lady, al contrario tuo, per questo motivo! – esclamò girandosi nuovamente verso di lei e trovandosela inaspettatamente troppo vicina. – Per te non è mai stato difficile, vero? Per te è sempre stato infinitamente semplice sottostare alle direttive che quei nobili senza scrupoli e che vedono noi donne solo come semplici burattini, ti impartivano! Sapevi sempre come raggirarli fingendo che tutto ciò ti piacesse e forse era davvero così!
- Eveline, io non …
- No – la zittì avvicinando ancora di più il viso al suo. – Io non sono come te. Non cercare di scambiare questo con l’essere responsabile e il saper badare a me stessa perché so farlo benissimo – concluse voltandosi di nuovo e allontanandosi da lei, dirigendosi verso la porta.
- Eve, aspet – ma la donna non fece in tempo a raggiungerla che si accasciò a terra cominciando a tossire violentemente.
Accorgendosi di ciò, l’atteggiamento della giovane Targaryen cambiò immediatamente, dimenticò tutto il rancore e la rabbia che provava verso sua madre e si precipitò nuovamente accanto a lei allarmata, accovacciandosi e sorreggendola. – Madre! Mamma!! Lo dicevo che avevi un colorito strano! Me ne ero accorta! Che cos’hai?? Mamma, guardami, calmati, va tutto bene! – le disse prendendole delicatamente il viso intento a tossire violentemente tra le mani, e rassicurandola. La ragazza cercò di verificare i suoi sintomi, di riconoscerli e ciò che stava avendo modo di osservare non la convinceva affatto, anzi, la stava preoccupando ancora di più. – Septa Idannia! Septa Idannia, mi serve aiuto!! – gridò in modo che la donna potesse udirla.
Dopo qualche secondo, la Septa entrò nella stanza e piombò verso le due. – Mia signora! Che succede?? Che succede a vostra madre??
- Sta avendo un violento attacco di tosse e, da quello che ho potuto vedere, tra poco avrà anche un attacco di panico se non la portiamo subito a letto e le diamo qualcosa per calmarla!
- Dobbiamo chiamare il Gran Maestro Richard! – esclamò la donna alzandosi e allontanandosi per andare a chiamare il Gran Maestro.
- È mia madre, Septa Idannia, posso pensarci io! Altre volte ho …
- Lady Eveline, siete ancora una ragazzina! Di certo non avete l’esperienza e le competenze necessarie  per un compito del genere! – la interruppe la donna correndo via.
 
- Si tratta solo si una semplice influenza, non temete – disse il Gran Maestro Richard allontanandosi lievemente da Margaery, la quale era sdraiata sopra il letto, ma cosciente. – Si riprenderà velocemente.
A quelle parole, Septa Idannia, Loras, Olenna e la stessa Margaery sorrisero rassicurati.
- Ma per favore! Parlate seriamente?! – disse Eveline avvicinandosi a lui, parecchio indisposta al contrario degli altri. – Ha quasi avuto un attacco di panico così dal nulla e il suo colorito era di un grigio anormale! Ho sentito il suo battito ed era irregolare a livelli estremi e lo stesso modo in cui tossiva lasciava presupporre a qualcosa di ben al di fuori di una semplice influenza! Sembrava come voler espellere qualcosa, come degli sforzi di vomito ma molto più violenti!
- Lady Eveline, ho fatto i dovuti accertamenti e posso garantirvi che non corre alcun rischio: già da domani sarà in grado di riprendere a compiere tutte le attività quotidiane se assumerà le giuste dosi dell’infuso che vi ho lasciato.
- Allora come avete intenzione di spiegare tali sintomi??
- La spiegazione è molto semplice: ha avuto un principio di attacco di panico poiché tutto lo spavento e l’agitazione che l’hanno immersa questa notte quando voi siete scappata via e stamattina mentre stava discutendo con voi, si sono accumulate e hanno portato a ciò. Dunque, il consiglio che posso darvi è di non farla preoccupare nuovamente in questo modo.
- È quello che ci auguriamo tutti, buon uomo. La mia povera nipote non è l’unica che si è preoccupata in tal maniera – commentò lady Olenna guardando la giovane Targaryen.
- Nonna, gli credi anche tu?? Zio Loras, almeno tu! – disse Eveline rivolgendo lo sguardo a suo zio.
- La tua azione è stata sconsiderata, Eve. Non ho mai visto mia sorella così agitata come lo era questa notte. Non è così assurda la teoria del Gran Maestro. Capisco quanto tu desideri che le tue deduzioni date dai tuoi studi, siano giuste, ma ora stiamo parlando con un Gran Maestro della Cittadella, non con una principiante – rispose l’uomo rammaricato.
- “Principiante”, certo … - ripeté Eveline oramai rassegnata.
- Ad ogni modo, il mio consiglio è di lasciarla sola mentre riposa completamente, senza distrazioni. Più riposerà e più in fretta si riprenderà da questa brutta influenza e da tutta l’ansia accumulata – riprese il Gran Maestro.
- Grazie, Gran Maestro Richard – rispose Margaery riconoscente. 
 
Oberyn scese le scalinate buie e sconnesse, quasi sull’orlo di cadere a pezzi, che conducevano nel rifugio della ragazza che considerava come una figlia.
- Ma dove accidenti ti rintani, raggio di sole? In una cantina dedicata alle torture? – chiese l’uomo parlando tra sé e sé mentre cercava di aprire la botola di legno che gli avrebbe permesso di entrare in quel luogo dall’aspetto per nulla rassicurante. Non appena la aprì e mise piede all’interno, si accorse che la sua gamba penzolava nel vuoto e non fece in tempo a ritirarsi indietro che cadde come un frutto maturo da tre metri di altezza, emettendo un verso sordo non appena il suo fondoschiena si schiantò sul pavimento. – Oh, per tutte le vergini di Dorne! - A ciò, Eveline si accorse della sua presenza, dunque smise di trafficare con alcune ampolle e si avvicinò alla povera Vipera, rimanendo a guardarlo dall’alto, a braccia conserte e facendo uno sforzo immenso per non scoppiare a ridere. – No, non dire nulla! – la bloccò lui cercando di alzarsi in piedi senza emettere altri versi di dolore. La ragazza alzò le mani al cielo rimanendo muta ma senza togliersi quel sorriso divertito dal volto. – Potevi avvertirmi che trascorrevi il tuo tempo in una tana per topi! Una tana molto grande, accessoriata e sofisticata a quanto vedo … - disse l’uomo guardandosi intorno e accorgendosi che si trovava in un salone enorme, ben illuminato e pieno di vari strumenti, pietre, cristalli, ampolle colme di liquidi dalla consistenza e colorazione diversa, centinaia di libri e fogli sparsi, e altre piante ed erbe strane. I diversi e vivaci colori accecavano quasi la vista in quel luogo dall’aspetto così mistico e così piacevole e ipnotico al contempo.
- Ti piace? – gli chiese lei notando lo sguardo curioso dell’uomo mentre ispezionava il suo rifugio. – Zio Jon me l’ha riservata appositamente per non essere disturbata e per avere tutto lo spazio che desideravo in un ambiente più che confortevole. Amo questo luogo! Si trova sotto terra perché è l’unica sala rimasta in piedi quando la terra ha tremato e ha fatto sgretolare tutte le stanze del vecchio palazzo costruito qui, anni e anni fa. Prima era la più grande biblioteca di Grande Inverno.
- Potrà anche essere grande, confortevole e affascinante quanto desideri, ma rimane pur sempre una specie di tana sotterranea. E tu, tu, mia meravigliosa nipote …
- “… non puoi restare rinchiusa qua sotto perché è il peccato più grave di tutti nascondere la tua immensa bellezza, togliendola tanto ingiustamente alla luce del sole che tanto brama di illuminarla …” : stavi per dire questo, vero? Oramai ti conosco troppo bene, zio Oberyn.
- Probabilmente hai ragione. Lo sai cosa facciamo a Dorne quando una donna è particolarmente bella? La poniamo nella stanza più alta di un palazzo, una camera piena di enormi finestre, in ogni parete.
- E poi?
- Poi la ritraiamo in più persone, potendo sfruttare la luce che la illumina pienamente. Eppure a Dorne non abbiamo e non avremo mai una giovane come te … sarebbe troppo poco persino questo per Eveline Targaryen.
- Hai finito di adularmi, zio? – chiese lei sorridendogli ancora divertita dopo essersi avvicinata e avergli dato un bacio sulla guancia per salutarlo.
- Perdonami, tesoro, è solo che non ti vedevo da due anni ormai e ogni volta che torno e ti ritrovo, divieni sempre più splendida e più donna. Devo abituarmi al fatto che la mia bambina stia crescendo e che devo tenere lontano coloro che vorranno accalappiarsela come fosse un trofeo, nonostante tu ne sia già perfettamente capace da sola come ho potuto felicemente constatare ieri sera.
- La cosa buffa è che tu mi stia facendo tutti questi lusinganti complimenti nonostante, in questo momento io indossi una casacca nera, larga e stropicciata sopra i vestiti, e tenga i capelli legati in maniera sfatta come una sorta di vagabonda di strada.
- È la“tenuta” che utilizzi ogni volta che vieni qui? Mi piace molto! Ti dona un aspetto da studiosa impegnata e indipendente.
- E poi, sbaglio o a Dorne non siete così rigidi come a Nord? Alle tua figlie permetti di avere anche più amanti alla volta.
- A Dorne abbiamo usanze differenti. Tuo padre avrebbe voluto che lo facessi. – Dopo quelle parole, ci fu qualche minuto di silenzio tra i due. Fu la Vipera a romperlo prontamente osservando la ragazza trafficare con alcuni unguenti. – Un'altra cosa che non avevo mai visto prima e alla quale dovrò abituarmi, è questo rifugio. Ti si addice molto e sento che qui puoi essere davvero te stessa. Ricordo che l’ultima volta tenevi tutte queste piante strane nella tua cameretta e ogni volta che qualcuno vi entrava c’era un disordine inaudito oltre ad un odore particolarmente penetrante ... – disse massaggiandosi inconsciamente il fondoschiena ancora dolorante; gesto che fu prontamente notato da Eveline.
- Vuoi che ti dia qualcosa da applicarci sopra per lenire il dolore? – chiese lei in tono provocatorio e divertito insieme.
- Avresti potuto avvertirmi. Insomma, vuoi dirmi che tu e tutte le persone che entrano qua dentro, fate un salto di tre metri ogni volta??
- Io sì. Spesso salto da altezze maggiori, zio. Ma per quelli che non ce la fanno, ho anche una scala.
- Togliti quel sorrisetto soddisfatto e derisorio dal volto. Posso riuscire a saltare da quell’altezza; ero solo impreparato! Ad ogni modo … - disse notando solo in quel momento che Myranda fosse presente ma addormentata sopra un lettino. - … quanto tempo fa è crollata?
A quella domanda, la ragazza si voltò verso la sua amica e sorrise intenerita. – Un’ora fa. Fa sempre questa fine ogni volta che sono particolarmente impegnata a realizzare una delle mie medicine o a fare una ricerca particolare.
- Viene sempre qui quando vieni tu?
- Sì. Non mi abbandona mai.
- E riguardo la tua ricerca particolare? Per caso riguarda i sintomi che ha manifestato tua madre questa mattina? – le chiese l’uomo sapendo di toccare un tasto dolente.
- So quello che ho visto e sentito, zio Oberyn, e non si trattava di una semplice influenza o un banale attacco d’ansia. Ne sono certa. Nei libri e nei miei appunti che ho qui, posso trovare una soluzione e scoprire qualcosa in più al riguardo. Sapevo di non potermi fidare dei metodi dei “Grandi Maestri”. Non osservano mai davvero. Sono ciechi farabutti che credono di sapere tutto quando, in realtà, la loro conoscenza è pari a quella di un bambino orfano posto di fronte ai dilemmi che affliggono il cielo e la terra.
- Io sono il primo a credere nella tua forza e nella tua intelligenza, ragazza. Tuttavia, credo che ti farebbe bene staccare un po’ da questa storia di tua madre …
- Cosa intendi?
- Avrai tempo per studiare i suoi sintomi in seguito … ma ora ho trovato qualcos’altro che fa al caso tuo – disse l’uomo accennandole un sorriso furbo e soddisfatto.
- Hai intenzione di rendermene partecipe o devo tirartelo fuori con le pinze, zio? – gli chiese la ragazza impaziente.
- Lo vedrai, nipote, devi solo seguirmi e fidarti. Staremo via per un po’.
Eveline esitò. – Mia madre … non posso lasciarla sola.
- Ha già ripreso a fare tutte le attività quotidiane e sembra stare alla grande. Se dovesse succedere qualcosa ci avvertiranno, perciò non preoccuparti e dai ascolto alla saggia Vipera Rossa. Sono certo che farai scintille nel luogo in cui ti porterò!
 
- Jack, ne abbiamo un altro in arrivo! – esclamò un altro degli uomini della resistenza sorreggendo un suo compagno ferito. Oramai quel capanno stava divenendo sovraffollato e l’aiuto medico era sempre più insufficiente. Jack si guardò intorno per cercare un lettino vuoto ma non c’era più alcun posto libero.
- Appoggialo a terra! – disse al suo amico, mentre correva da una parte all’altra, non sapendo neanche più dove mettere le mani. Se avessero continuato in quel modo, i feriti si sarebbero moltiplicati ancora e sicuramente anche i morti.
- La situazione non è delle migliori qui, non è vero, amico mio? – disse una voce dietro di lui. Jack si voltò e riconobbe la famosa Vipera Rossa che si guardava intorno dubbiosa.
- Oberyn Martell. Come vedete sono parecchio impegnato.
- Lo so, ma sono venuto per portarvi l’aiuto che vi ho promesso – disse l’uomo spostandosi lievemente e dando modo alla giovane Targaryen di farsi avanti.
Jack capì immediatamente di chi si trattasse e rimase a bocca aperta nel ritrovarsela davanti. – Mi prendete in giro?! Cosa ci fa lei qui?? Anche se siete un principe e appartenete ad una prestigiosa casata, ciò non vi autorizza a prendervi gioco di me! Mi avevate promesso un aiuto medico concreto e fruttuoso per l’insurrezione di oggi! Invece ora mi portate la famosa figlia negromante di Walter Targaryen??
- Come mi avete chiamata?! – intervenne la ragazza facendosi avanti senza timore. – Vi aveva promesso un aiuto concreto e lo avrete. Conosco questo tipo di guerriglie e so anche che, in tali situazioni precarie, non si può disporre dell’ausilio di un Maestro, ma ci si deve accontentare di principianti, studiosi delle arti mediche ma non professionisti, esattamente come voi. – A quelle parole, dal volto di Jack sembrò scomparire un po’ dell’orgoglio e della frustrazione che vi erano stati fino a quel momento. – Non sono così sprovveduta, sciocca e ciarlatana come credete, Jack. Sono appassionata delle arti mediche e curative, le pratico autonomamente fin da piccola, utilizzando i miei personali, inusuali, quasi sconosciuti metodi, i quali, nonostante tutto, posso garantirvi che funzionano. Non sono una strega o una pazza. Sono semplicemente una donna di ampie vedute, con la grinta pari a quella di voi uomini e con l’intelligenza per sistemare almeno il necessario questa sciagurata situazione. Se non riuscite comunque a fidarvi di me e a mettere da parte il vostro orgoglio, fate pure, ma io resterò qui ad aiutarvi, che vi piaccia o no. Sbaglio o non avete nulla da perdere, ora come ora? – disse in tono deciso e guardandosi intorno alla fin fine.
A ciò, Oberyn, il quale aveva un sorriso compiaciuto e soddisfatto dalla risposta della sua ragazza, si voltò a guardare Jack con sguardo impaziente e pretenzioso. Quest’ultimo si arrese sbuffando mentre osservava la situazione sempre più critica che lo circondava. – D’accordo! Occupatevi dei feriti meno gravi!
A quel punto Eveline si mise subito all’opera trascinandosi dietro la sacca colma di ampolle e unguenti che aveva portato con sè. Non aveva mai avuto modo di fare esperienze di quel tipo, d’altronde aveva solo quindici anni e nessuno era disposto a darle un minimo di fiducia come medico.
Si avvicinò ad un giovanissimo ragazzo con il braccio ridotto quasi in poltiglia. Pensò che avesse più o meno l’età di Ruben. - Ehi, che sta succedendo qui?
A quella domanda, l’uomo che si stava occupando del braccio del ragazzino la guardò torvo. – Cosa ci fa una donna in un luogo come questo?? Quanti anni avete??
- Questo braccio è da amputare! Non ve ne siete reso conto? Magari qualche ora fa ci sarebbe potuta essere qualche possibilità di salvarlo, ma non ora! Dobbiamo agire subito prima che l’infezione si espanda!
- Chi diavolo vi credete di essere?! – si spazientì l’uomo. – Sto cercando di medicare questo braccio da circa un’ora! Avete udito ciò che vi sto dicendo?! – richiamò la sua attenzione mentre la vedeva cercare una lama abbastanza grande per disinfettarla.
– Ho udito benissimo. Ma io, al contrario vostro, vi sto dicendo che il braccio deve essere amputato al più presto – rispose lei cercando di mantenere la calma e avvicinandosi con l’enorme lama che aveva appena recuperato. Il ragazzino, ormai in preda a forti spasmi, convulsioni e deliri causati dal dolore, le afferrò un braccio con la mano sana e le parlò. – Fallo!! Taglialo via, ti prego!! Non ce la faccio più! – balbettò lui.
- Lo farò … qual è il tuo nome?
- Alfred.
- Lo farò, immediatamente, Alfred. Tieni, bevi questo prima! È un infuso fatto da me, ti aiuterà a sentire meno dolore! – gli disse parlando lentamente in modo che potesse udirla e porgendogli l’ampolla contenente il liquido giallo. Il ragazzo lo inghiottì tutto d’un fiato e chiuse gli occhi attendendo quello che sarebbe comunque stato un atroce dolore. – Dunque, Alfred, ti avverto che non l’ho mai fatto ma ho solamente letto e studiato nei libri questa tecnica – disse lei prendendo un bel respiro e impugnando la lama grande quasi la metà di lei. – Farà male, quindi ti parlerò. Proverò a non farti pensare solo al dolore. Non so se funzionerà, ma vale la pena tentare, no? - Il ragazzino annuì e cercò di rilassarsi. A ciò, Eveline cominciò a tagliare decisa, scacciando via ogni residuo di ansia che avrebbe potuto distrarla. Alfred cominciò ad emettere dei forti versi di dolore, ma molto meno atroci degli urli che avrebbe emesso se non avesse ingerito l’infuso. – Come è successo, Alfred? Chi ti ha ridotto il braccio così? Ehi! Concentrati sulla mia domanda! – lo spronò cercando di distrarlo dal dolore.
- Sono … sono stato spinto! Mentre combattevo sono caduto a terra e … tra la folla e la confusione … le ruote di un carro di grandi dimensioni … lo hanno schiacciato!
A quelle parole, Eveline si voltò nuovamente verso l’uomo che poco prima si stava occupando di lui, fulminandolo letteralmente con lo sguardo. – E voi credevate davvero di poterlo guarire senza tagliarlo …?! Ma avete mai letto un solo libro di pratiche mediche?? – Dopo di che, ritornò a concentrarsi sul suo operato e sul giovane Alfred. – Sai, ho un cugino al quale tengo moltissimo che dovrebbe più o meno avere la tua età. Sei molto giovane, troppo per prendere parte a delle rivolte … cosa è accaduto? Per cosa state lottando?
- Siamo dei … siamo dei braccianti che vengono segretamente sfruttati dai figli del lord che si occupa di questa estesa terra … il lord … il lord viaggia spesso verso Città della Talpa lasciandoci soli in balia dei suoi perfidi figli … loro ci sfruttano fino a farci morire per il freddo e la fatica …
- Ma mio zio Jon, il Protettore del Nord, si adopera ogni giorno per fare in modo che non accadano eventi come questi. Mi sorprende sentire che a Nord si verifichino ancora situazioni di questo tipo …
- Il Nord è grande, mia signora … tutti stimano lord Stark, ma … per quanto sia bravo nel salvaguardare il Nord … qualcosa può sfuggirgli … è un essere umano d’altronde …
- Eveline, Alfred: per te sono Eveline – disse udendo un ultimo urlo sordo del ragazzino e terminando il suo lavoro sufficientemente bene per essere la prima volta. Osservando ciò che aveva appena fatto, Jack e altri medici improvvisati che si stavano occupando di altri feriti, sembrarono ricredersi su di lei.
- Bene, l’ho disinfettato e poi fasciato adeguatamente – disse lei asciugandosi velocemente le mani e le braccia sporche di sangue sulla sua casacca già abbastanza macchiata di altro sangue.
- Vado a prendere del latte di papavero per calmare il dolore – disse l’uomo che si stava occupando di Alfred in precedenza.
- No, senza offesa ma ho qualcosa di meglio del latte di papavero – rispose la ragazza rovistando ancora nel suo sacco e afferrando un’altra ampolla. La ispezionò bene per accertarsi che fosse davvero quella che cercava e si diresse nuovamente verso il ragazzino, il quale era sfinito per il dolore, ma sollevato. – Questo non va bevuto. Te ne spalmerò un po’ sopra la spalla del braccio amputato. Agirà da lì.
- Che cos’è?
- L’ho fatto con un cristallo particolare che si trova solo in dei giacimenti lontani da qui, nei pressi della città di Qarth, ad Essos. L’ho provato sulla mia pelle e posso garantirti che, entro breve, non sentirai più nulla. Neanche un minimo fastidio al braccio.
- Grazie – disse lui accennandole un sorriso riconoscente e stringendole la mano.
 
Trascorsero delle lunghe ore in cui Eveline ebbe modo di dare sfoggio della sua forza, tenacia e brillante intelligenza, guarendo molti dei numerosissimi feriti che venivano trasportati nel luogo. Riuscì a guadagnarsi la fiducia di alcuni uomini che osservarono da vicino le sue giovanissime mani operare, ma anche l’orgogliosa diffidenza di altri, i quali continuavano a guardarla con degli occhi colmi di pregiudizio.
Quando arrivò a fine giornata, giunse anche la parte peggiore; quella che ogni persona desiderosa di adoperarsi in quel mestiere, avrebbe dovuto affrontare prima o poi.
- Ehi, tu, Targaryen, raggiungimi! – la richiamò Jack.
- Solo un secondo: finisco di medicare la gamba del caro Brien e arrivo!
Quando la ragazza raggiunse Jack, notò che si stava occupando di due feriti particolarmente gravi.
- Sei stata molto brava fino ad ora. Per questo ti affido uno di loro. Ha delle gravi contusioni in tutto il corpo e una profonda ferita aperta sull’addome. Ci sono andati giù pesanti con lui. Hai sopportato tutto questo finora, senza battere ciglio e aiutando queste persone più di tutti i miei uomini messi insieme, ma non farti problemi se pensi che quello che vedi in questo istante sia davvero troppo per te: d’altronde, sei pur sempre una donna, oltre ad essere una ragazza di soli quindici anni; una donna che non si è mai trovata sul campo di battaglia e non ha mai visto con i suoi occhi gli orrori che è in grado di compiere la mente umana quando è posta dinnanzi ad un nemico, e che non ha mai sentito il puzzo asfissiante della morte così da vicino.
- Va bene, Jack, posso farlo. Oggi ho visto tanto di quel sangue e ho udito tante di quelle urla, che posso affermare di essere pronta a tutto – rispose decisa Eveline.
- Bene. Dunque lo lascio a te – le disse infine appoggiandole una mano sulla spalla delicata e dirigendosi verso un altro ferito.
La giovane rosa si avvicinò all’uomo che le era stato affidato e si sedette accanto a lui, valutando la situazione e cercando di capire quale sarebbe stata la mossa più saggia da fare. Si trattava di un uomo sulla quarantina, ben piazzato, dalla folta barba e dai capelli castani.
- Ehi, riesci a sentirmi? – lo richiamò lei sperando di riuscire a tenerlo sveglio mentre pensava a come agire. Dopo averci provato altre due o tre volte, l’uomo finalmente reagì, riuscendo a fatica ad aprire gli occhi e a girare il volto verso di lei per guardarla. Si ritrovò improvvisamente avvolto dalla luce gialla dei suoi fari luminosi: il calore dato dal sovraffollamento e dalla conseguente aria consumata, avevano reso l’aria del capannone molto calda, facendo assumere quel colore agli occhi della ragazza. L’uomo si sforzò di accennarle un sorriso. A ciò, lei gli sorrise a sua volta, rincuorata. – Bene, è già un passo avanti. Io mi chiamo Eveline. Qual è il tuo nome?
- … Arthur – fece uno sforzo immenso per far uscire fuori la sua voce.
- Bene, Arthur, ora mi occuperò di te. Però tu dovrai aiutarmi, intesi? Devi rimanere sveglio, devi rimanere con me … puoi farlo? Puoi farlo, Arthur? - L’uomo annuì in risposta. – Bene. Ora parleremo un po’, così ti aiuterò a non addormentarti – aggiunse premendo con gran forza un panno sopra la ferita sull’addome per limitare la fuoriuscita di sangue. Intanto, con l’altra mano, cominciò a rovistare nella sua sacca.
- … sei molto forte … - sussurrò lui percependo la spinta che esercitava la ragazza sulla sua pancia come fosse un pesante macigno.
- Sì, me lo dicono in molti – rispose lei ancora intenta a cercare. – Voglio essere sincera con te, Arthur … - cominciò Eveline afferrando due ampolle e versando il contenuto di una dentro l’altra per poi mischiarle insieme. – Credo che la lama abbia colpito alcuni dei tuoi organi vitali … e questo complica le cose.
- … mi stai dicendo che c’è un’alta probabilità che io muoia?
- Tecnicamente, ma ti prometto che farò di tutto per evitarlo. Purtroppo non ho nulla che abbia un effetto miracoloso qui con me; devo ancora trovarlo, ma posso provare ad intervenire applicando ciò che ho letto molte volte nei libri.
- Guarda il lato positivo, Arthur: morirai accanto ad una bella donna – gli sussurrò l’uomo che era nel lettino affianco a lui, il quale si trovava quasi nelle stesse condizioni.
- Non hai tutti i torti, Joseph … - gli rispose sforzandosi di sorridergli, per poi tornare a guardare Eveline. – Mi ricordi molto mia figlia. Dovrebbe avere più o meno la tua età …
- Ah sì? – rispose lei mentre spargeva i due unguenti che aveva appena mischiato insieme sul suo addome. – E qual è il suo nome?
- Helen.
- È uno splendido nome.
- Uno splendido nome per una splendida ragazza. Lei è a casa che mi aspetta, insieme a mia moglie e agli altri miei due figli.
- Non dovranno attendere ancora molto: ti prometto che ti farò ritornare a casa dalla tua famiglia, Arthur.
- Grazie … - disse lui sorridendole e lasciando che le sue pesanti palpebre si chiudessero per un attimo.
- Bene, ora che ho terminato qui, controllerò più da vicino quali organi sono stati danneggiati e in base a ciò, troverò una soluzione per migliorare la situazione, almeno provvisoriamente. Farà un po’ male, Arthur, ma durerà davvero poco tempo, promesso! Se fosse stata una ferita più piccola e non avesse intaccato i tuoi organi vitali, avrei potuto bruciarla con un ferro rovente. In quel caso, sì, ti avrebbe fatto molto più male se te lo stai chiedendo! Ho provato a farlo prima con uno dei tuoi compagni e ha funzionato. Ad ogni modo, dimmi quando sei pronto, d’accordo?
Ma la ragazza non ricevette alcuna risposta. A ciò si voltò verso il viso dell’uomo e notò che non era più sveglio. – No, no, no, ti avevo detto di rimanere con me! – gli disse smuovendolo e dandogli qualche schiaffetto. – Avanti, Arthur! Sono una signora, non è carino da parte tua ignorarmi. Andiamo! – gli disse sforzandosi di sorridere mentre delle calde lacrime uscivano dai suoi occhi. – Io te l’ho promesso. Ti ho promesso che ti avrei fatto tornare dalla tua famiglia, perciò ora non puoi rovinarmi i piani. Perché io mantengo le mie promesse, Arthur. Posso farcela, devi solo darmi altro tempo e resistere un po’ di più, quindi, per favore, resta sveglio!! – esclamò scrollando un’ultima volta quello che oramai era un cadavere tra le sue mani. Controllò più volte il suo battito cardiaco inesistente, inginocchiandosi poi a terra accanto a lui quando riuscì a rassegnarsi all’idea di non essere riuscita a salvarlo.
 
- Le fiamme della mia ragazza si sono spente? – le chiese improvvisamente Oberyn avvicinandosi a lei. Ormai quasi tutti se ne erano andati. I feriti in via di guarigione erano stati trasportati nelle loro case, mentre i cadaveri stavano per essere prelevati per venire sepolti degnamente. In quel luogo era rimasto solo un nauseante fetore di sangue.
- Dunque è così che ci si sente … ? – chiese lei quasi più a sé stessa che alla Vipera, mentre accarezzava la mano dura e fredda di Arthur, con la testa appoggiata al suo lettino sporco di sangue. – Questa è la sensazione che si prova quando qualcuno muore a causa propria?
- Piccola, oggi ti ho visto fare letteralmente scintille, proprio come mi aspettavo, e se ne sono accorti tutti. Hai solo quindici anni, eppure te li sei mangiati quei farabutti che si improvvisavano medici! Sei fatta per fare questo, e lo dimostra il fatto che hai avuto il sangue freddo di mille uomini messi insieme, riuscendo a salvare molte vite nonostante questa fosse una situazione del tutto nuova per te. Ma dovrai anche abituarti a vedere stroncate milioni di vite davanti ai tuoi occhi se vuoi continuare a farlo. Puoi provare a salvarli, ma se sbagli o fallisci, puoi anche ucciderli, proprio come ti è accaduto oggi con quest’uomo. Se non riesci a prenderti una tale responsabilità, un tale fardello, e a convivere con quest’idea, devi abbandonare i tuoi progetti e dedicarti ad altro. D’altronde sai cavalcare egregiamente, combattere ancora meglio, e muoverti ovunque. Senza contare il fatto che potresti far vergognare molti Maestri di Grande Inverno grazie alla tua fissazione per i libri. Sono davvero molte le cose che puoi fare, ragazza.
Eveline si alzò in piedi continuando a guardare il corpo per poi voltarsi ad osservare i cadaveri ancora sparsi all’interno del capannone. – Hai ragione, zio: è una grande responsabilità. È come se stessimo giocando a fare gli dei, cercando di aggiustare dei corpi rotti, riportandoli allo stato in cui sono stati creati e mettendo le mani all’interno delle loro viscere. Intorno a me vedo solo desolazione, eppure, senza questo, non sarei io.
 
- Dunque è giunto il momento – disse la giovane Targaryen sforzandosi di sorridere a quello che, da sempre, era stato come un fratello maggiore per lei.
- Già. Oramai ho l’età per andarmene via e prendere la mia strada – le disse Sam con un ampio sorriso. – Avanti, non fare quella faccia, rosellina. Non me ne vado via per sempre.
- Lo so bene. E so anche che questo è ciò che hai sempre voluto. Per questo non posso fare a meno di essere immensamente felice per te, fratellone. Sono certa che diventerai un ottimo Gran Maestro. Nonostante io non sopporti gran che i Maestri. Tu sarai l’eccezione ovviamente – gli disse abbracciandolo e venendo ricambiata calorosamente. – Mi raccomando: fa’ attenzione. E scrivi spesso! Mi mancherai da morire.
- Anche tu, Eve. Anche tu. Ti scriverò ogni settimana, promesso. Ma tu devi essere la prima a tenermi aggiornato: zio Oberyn mi ha detto che oggi hai fatto scintille con i feriti di un’insurrezione vicino a Città della Talpa. Continua così e non fermarti anche se chiunque dovesse andarti contro. Ricordati sempre che credo in te.
- Lo so, Sam. Lo terrò a mente – gli disse infine dandogli un bacio sulla guancia per dargli un ultimo saluto e ricacciando in dentro una lacrima sul punto di uscire. Lo vide salire sul carro e allontanarsi sempre di più nella lunga strada innevata, fin quando la sua sagoma non scomparve nel bianco.
Dopo ciò, la ragazza rientrò dentro le stanze di Grande Inverno, ma venne subito richiamata da sua madre prima che potesse raggiungere la sua camera. - Eve, tesoro, raggiungici nella sala principale.
La ragazza obbedì dimenticandosi di tutta la stanchezza accumulata durante la giornata, curiosa e lievemente allarmata.
Fu sorpresa di scoprire che, nella sala principale, illuminata dal caldo e grande focolare, si trovavano tutte le persone con le quali era cresciuta e, di conseguenza, a lei più care: vi erano sua madre, Loras, Olenna, Jon, Daenerys, Jaime, Brienne, Arya, Gendry, Oberyn, Ellaria, Sam, Gilly, Davos, Varys, Ruben, Hayden e Myranda. D’improvviso, non appena entrò, tutti si voltarono a guardarla. I loro sguardi erano troppo placidi e silenziosi, troppo inquieti e turbati.
- Che sta succedendo qui? – chiese ora seriamente preoccupata.
- La situazione alla vecchia Approdo del Re si è aggravata, perciò abbiamo deciso di rendervi partecipi di ciò che sta accadendo a Sud, dato che … - disse Jon prendendo un bel respiro prima di continuare a parlare. - … dato che i principali obiettivi della grande ribellione che sta prendendo velocemente piede potreste essere voi.
- Abbiamo deciso di attendere il tuo ritorno per parlarvene, mia rosa – aggiunse Olenna.
- D’accordo. Ora sono qui. Di che si tratta, zio Jon? – chiese Eveline avvicinandosi sempre più ansiosa di sapere.
- David Crakehall si è rivoltato con l’appoggio di alcuni lord molti influenti, dichiarandosi nuovo re dei sette regni e prendendo sede nella Fortezza Rossa, proprio come ogni sovrano succeduto durante l’era del Trono di Spade. Non voglio mentirvi, ragazzi: la situazione non promette nulla di buono – disse Jon guardandoli in volto tutti e quattro, uno per uno. – Siamo, ma soprattutto siete tutti in pericolo, ad eccezione di Sam, dato che lui è un bastardo e non ha alcuna possibile pretesa sul trono, senza contare che oggi è partito per la Cittadella, e sappiamo tutti che la Cittadella è uno dei luoghi più sicuri dei sette regni. Ma voi … voi siete a rischio considerando le vostre posizioni nel caso di una possibile restaurazione di un regime presieduto da dei regnanti assoluti, proprio come in passato: Myranda, anche se non puoi avere alcuna concreta pretesa al trono, rimani comunque una Lannister, nipote della regina folle Cersei Lannister, dunque pur sempre un personaggio molto scomodo; Ruben, oltre ad essere uno Stark, quindi anche tu soggetto al peso di un nome prestigioso e protagonista di guerre e ribellioni passate, sei anche il figlio del bastardo del defunto re Robert Baratheon, dunque potresti essere doppiamente un bersaglio ambito; Hayden, figliolo, tu sai bene a cosa vai incontro dato che sei il figlio maschio della sorella del defunto principe ereditario Rhaegar Targaryen, e contando che tua madre, un tempo, ha anche tentato di riprendersi il trono di spade per divenire la regina dei sette regni; ma, in particolar modo, tu, Eveline, sei il bottino più ricercato e di prim’ordine tra tutti … - disse Jon guardando bene negli occhi Eveline non appena giunse a parlare di lei, prima di terminare il discorso. - … sei la figlia di quello che era il legittimo erede al Trono di Spade. Tu sei colei che è più in pericolo di tutti ora come ora, in tutti e sette i regni.
 

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Capitolo 3
*** La dispersione del branco ***


La dispersione del branco
 
- Stai lontano da me, Hayden!
- Tu stai lontana da me! Non sembri affatto la seconda più grande!
- Soltanto perché ho corso troppo velocemente in groppa a Spettro??
- Myranda ti ha seguita e pur di starti dietro è caduta e si è ferita!
- Sbaglio o è successa la stessa cosa anche a te con Ruben?? Non è solo mia la colpa!
- Quello è diverso!
I due bambini camminavano a debita distanza l’una dall’altro, affondando impetuosamente i piedini nella neve e dirigendosi verso la stessa direzione mentre continuavano a litigare. Ad un tratto, incontrarono Jaime che stava uscendo in quel momento dalle sue stanze. L’uomo si fermò a guardarli con sguardo divertito e curioso. – Che succede tra voi due?Avete litigato di nuovo?
- Zio Jaime, io non lo sopporto più! – esclamò la piccola Eveline puntando il dito contro suo cugino.
- Che cos’è successo questa volta? – chiese l’uomo.
- Lei mette in pericolo i più piccoli!
- E lui sta facendo tutte queste storie solo perché l’ho battuto in un duello poco fa! – lo accusò lei facendogli una smorfia indignata.
- Non è affatto vero! Tu mi dai sempre contro!
- Va bene, ora direi che può bastare – li interruppe Jaime accovacciandosi per essere alla loro altezza. – Come mai vi siete allontanati dagli altri?
- Sam è il più grande e ha deciso che avremmo dovuto smettere di giocare con loro e andare a parlare con uno di voi grandi, finché non avremmo risolto il nostro litigio – disse Eveline a testa bassa.
- Capisco. Ora siete con me, perciò sarò proprio io a farvi andare d’accordo.
- È impossibile, zio Jaime. Io e lei non potremmo mai andare d’accordo – disse Hayden sconsolato.
- Hayden Stark, lo sai cosa è riuscito a fare tuo zio Jaime nei suoi tempi d’oro, non è vero?
- Sì. Sei stato nominato una delle Spade Bianche a soli sedici anni e hai coraggiosamente ucciso mio nonno, il Re Folle, a diciassette anni, liberando il popolo da quel terribile tiranno – disse prontamente il piccolo Hayden con voce soddisfatta e occhi colmi di ammirazione.
A ciò, l’uomo sorrise. – Dunque pensi che non possa riuscire nella banale impresa di far andare d’accordo voi due, cugini di sangue?- A quella domanda, i due bambini rimasero in silenzio. – Bene, ora farete come vi dico e vedrete che andrà tutto bene: so che nascondino è il gioco preferito di voi tutti, perciò proponete agli altri di fare una delle vostre solite partite, ma, questa volta, voi due varrete come un solo giocatore.
- Questo vuol dire che dovremmo allearci e giocare tutto il tempo a stretto contatto, come se fossimo una sola persona?! – chiese sconvolto il piccolo Stark.
- Esattamente.
- Lei ha i capelli troppo lunghi. Mi rallenterebbe.
- Ma sentilo! Ti ricordo che sono veloce quanto te, e anche di più!
- Soltanto perché sei di un anno più grande di me!
- Ascoltatemi – li interruppe nuovamente l’uomo. - Voi due siete quelli più bravi in questo gioco, no? Dunque per voi sarà facile come bere un bicchier d’acqua vincere insieme. Fidatevi di me e scoprirete che potete benissimo andare d’accordo ed essere affiatati esattamente come lo siete con tutti gli altri, e forse anche di più – disse infine Jaime rialzandosi in piedi e allontanandosi dai due.
I bambini si guardarono tra loro dubbiosi e torvi, restando in silenzio per un po’.
- Dobbiamo fare ciò che ci ha detto zio Jaime – ruppe il silenzio Eveline.
- Lo so.
I due si decisero finalmente a raggiungere nuovamente gli altri bambini per proporre loro l’idea di Jaime e cominciare a giocare. Questa volta era il turno di Sam di chiudere gli occhi e di iniziare a contare.
Eveline ed Hayden iniziarono a correre tra la neve, eccitati e vivaci, come se fosse la prima volta che giocavano a quel gioco che tanto li divertiva.
- Aspettami, Eve! – esclamò Hayden quando si addentrarono in una parte della foresta in cui la neve era molto più alta.
A ciò, Eveline ritornò indietro, gli prese la mano stringendola tra la sua, e riprese a correre insieme a lui.
- Lo vedi che sono più veloce?- disse lei non rallentando mentre vagava con lo sguardo per cercare un buon nascondiglio.
Anche quel giorno nevicava e i silenziosi venti del Nord parlavano loro, figli e creature dell’Inverno. Ad un tratto, la velocità e l’impazienza di Eveline, non la fecero accorgere che era presente una grande buca nel verso in cui si stavano dirigendo. La piccola Targaryen piombò con un piedino in una collinetta di neve che nascondeva il vuoto, perdendo l’equilibrio, sul punto di piombare direttamente nel fondo del buco freddo e gelido. Sarebbe andata così se non fosse stato per Hayden, il quale fece in tempo ad afferrarla per un braccio, tenendola sospesa sul ciglio del buco. Eveline cercò di muoversi per aggrapparsi e risalire, ma la superficie era così ghiacciata e scivolosa da non permetterle di fare nulla. - Non riuscirai a tirarmi sù, Den! Sono più grande di te, sono troppo pesante! Lasciami cadere nel buco e vai a cercare aiuto! Io ti aspetterò!
- Non pensarci neanche! Ce la faccio benissimo! – disse lui convinto, tenendola stretta per il braccio con le due manine, e tirando più forte che potesse, piantando i piedini a terra e stringendo i denti. Proprio come le aveva assicurato, riuscì a tirarla sù e a metterla in salvo. Dopo ciò, lui le porse la mano per ricominciare a correre insieme, sorridendole fiero. – Tu sarai anche la più veloce, ma il più forte sono io.
- Sì, hai ragione - gli disse lei ricambiando il sorriso e afferrando la sua mano.
- Pace fatta?
- Pace fatta – rispose la piccola Targaryen dandogli un bacio sulla guancia felice.
Sam terminò di contare e andò alla ricerca dei quattro bambini, scrutando ogni possibile nascondiglio trovasse nel suo cammino. Solo pochi minuti dopo, Eveline ed Hayden sbucarono fuori dalla tana di castori nella quale si erano nascosti, e corsero scattanti verso l’albero all’inizio della foresta, l’unico avente ormai il compito esclusivo di ascoltare i cinque bambini contare innumerevoli volte.
- “Il lupo è arrivato alla tana”- dissero la parola d’ordine contemporaneamente, battendo la manina nel tronco e vincendo per l’ennesima volta. Ogni volta che giocavano a quel gioco, era sempre uno dei due a vincere, ma, in quell’occasione, lo avevano fatto insieme.
Quando Sam si accorse, come già si aspettava, che avevano vinto, chiese loro di aiutarlo a cercare gli altri due cuccioli.
Trovarono la piccola Myranda nascosta dietro una roccia e, come ogni volta, Sam arrivò prima di lei al tronco per annunciare di averla trovata, nonostante Myranda non rinunciasse mai a provare ad arrivare per prima. Ma era un sogno che non si sarebbe mai realizzato: così piccola e paffutella, faceva fatica a correre velocemente. – Aspettate! Aspettatemi! Oggi ci riuscirò! – esclamò per poi inciampare tra la neve e piombare dritta a terra, con il faccino immerso nella distesa bianca e fredda. – Non è giusto, io ho anche il ginocchio ferito! – si lamentò sul punto di scoppiare in lacrime, credendo che l’avessero lasciata indietro. Ma quando Hayden ed Eveline si accorsero che era caduta, ritornarono a prenderla. La piccola Targaryen la abbracciò aiutandola ad alzarsi, mentre Myranda affondava il visino tra i suoi capelli tirando sù con il naso.
- Ehi Dada, ora puoi anche lasciarmi andare – le sussurrò teneramente Eveline accarezzandole i morbidi riccioli dorati. Ma la bambina si aggrappò ancora di più a lei, come se non volesse staccarsene più. A ciò, la piccola Targaryen guardò Hayden sorridendo sconsolata. Poi le venne in mente un’idea. – Dada? Dada, dato che fai fatica a camminare perché la ferita ti fa male, che ne dici se ti porta in braccio Hayden?
A quelle parole, la piccola Lannister staccò il visino dalla sua spalla e la guardò sorridendo e arrossendo timida mentre di sottecchi lanciava qualche sguardo fugace ad Hayden, il quale era dietro di loro. – Sì, va bene se mi porta lui in braccio.
- Bene!
- Però solo se ci sei anche tu vicino a noi, Eve! Io devo restare sempre con te! – le disse lei preoccupata.
- Ma certo che ci sarò anche io con voi, Dada. Perché ti spaventa così tanto dividerci?
- Perché io sono il tua fatina protettrice, perciò devo proteggerti! – esclamò decisa prima che Hayden la prendesse in braccio e se la caricasse sulle sue spalle.
Ora mancava solamente il più piccolo: Ruben. Nonostante avesse solamente tre anni, era quello che riusciva sempre a trovare i nascondigli più difficili e impossibili da scovare. Difatti, ad ogni partita a nascondino, finivano sempre tutti per cercarlo per quasi ore intere. Era sempre l’ultimo ad essere trovato. C’era solo un modo per riuscire a farlo uscire allo scoperto quando ci si avvicinava abbastanza a lui da essere uditi: cantare la sua canzone. – “Rubbie Rubbie, dove mai ti sarai nascosto?” – cominciò Sam mentre controllava dietro ad un albero.
- “Rubbie Rubbie, il ladro del vento tu sei
Rubbie Rubbie, nessuno ti può fermare
Gli alberi ti parlano, la neve ti insegue” – continuò Hayden provando a guardare in alto, verso i rami degli alberi più bassi.
- “Ma tu sei troppo veloce, Rubbie Rubbie, non riesco a vederti
Guarda avanti a te, ladro del vento, e non volarti se tu sei più in alto
Gli uragani ci travolgono, Rubbie Rubbie, ma tu sei ancora in piedi” – cantò Myranda la quale, nonostante avesse le manine impegnate ad avvolgere il collo di Hayden per tenersi stretta a lui, fece vagare gli occhioni chiari scrutando intorno a sé.
- “Rubbie Rubbie, dove sarai mai?
Forse ti ho trovato, Rubbie Rubbie
Prendi la mia mano e portami tra il vento.” – concluse Eveline intonando l’ultima strofa direttamente dinnanzi al visino di Ruben, il quale uscì allo scoperto sporgendo la testolina colma di lunghi e spettinatissimi capelli color cioccolato, fuori da una collinetta di neve. – Alla fine sono sempre io a trovarti, eh, Rubbie? – gli disse Eveline accarezzandogli i capelli.
Come ogni altra partita, tutto era finito per il meglio e ogni cucciolo si era divertito come fosse la prima volta, con un’unica sconvolgente differenza rispetto al solito: Eveline ed Hayden non erano distanti e imbronciati l’uno con l’altra, ma si tenevano la mano e annunciavano la loro vincita sorridendo insieme e tra di loro. Finalmente avevano trovato la loro dimensione poiché, nonostante le loro differenze e i caratteri opposti, in quel momento sembravano più uniti che mai proprio grazie a ciò, e da quel momento in poi, sarebbe sempre stato così.
 
- Dunque è giunto il momento … - disse Myranda abbassando lo sguardo affranto. – Finalmente visiterai il Sud …
A quelle parole, Hayden le accennò un sorriso per rassicurarla. – Dalle vostre facce sembra che io stia andando alla mia esecuzione. Avanti! Tornerò tra qualche mese.
Eveline non aveva ancora pronunciato alcuna parola.
- Se ne è già andato via Sam, e ora anche tu. Sono lontani i tempi in cui, da piccoli, giurammo agli antichi e nuovi dei che saremmo rimasti sempre insieme. Il branco diviso è debole … - disse Ruben volgendo lo sguardo altrove.
- Come puoi andare? Dopo quello che ci ha detto tuo padre e gli enormi rischi che corriamo tutti noi in questo momento … è inammissibile che tu vada comunque a Sud con zio Jon. Non dovreste partire. Oramai la situazione è irrecuperabile nella vecchia Approdo del Re. Sento che se metterete piede in quel covo di serpi, rischierete ancor di più di non tornare a casa … - si decise finalmente a parlare Eveline, guardandolo afflitta.
- Mio padre è il Protettore del Nord, non può restarsene con le mani in mano in una situazione del genere con tutto il potere che ha. Non è da lui. E neanche da me. Con la sua influenza e il suo aiuto potrebbe sistemare le cose o almeno provarci. E nonostante io sia maggiormente esposto al pericolo a Sud, mio padre non ha cambiato la sua idea riguardo al portarmi con lui. Sono stato io il primo ad offrirmi ugualmente di andare. Se la situazione è davvero così disastrosa potrei essergli molto utile essendo suo figlio ed erede. Servono tutti gli aiuti possibili. Inoltre, partiremo con un immenso esercito composto da soldati Stark e altri guerrieri di nobili casate del Nord che hanno combattuto coraggiosamente durante la Battaglia Finale a proteggerci ventiquattro ore su ventiquattro: staremo bene. Questi farabutti del Sud non hanno idea di che tipo di persone siamo noi, gente del Nord – disse prontamente il ragazzo rassicurando la sua cugina più stretta, la quale, ovviamente, non smise di nutrire forti dubbi a riguardo e di palesare la sua grande preoccupazione, mista a tristezza, per la sua partenza.
- Dunque questo è il nostro saluto finale. La prossima volta che saremo tutti insieme saranno passati mesi e mesi – disse Ruben mentre tutti e quattro si avvicinarono formando un cerchio chiuso, abbracciandosi e inglobandosi in quel modo.
- Già. Che ne dite di un’ultima partita a nascondino prima che Den se ne vada? – propose Myranda attirandosi gli sguardi sorpresi degli altri tre.
- Avremmo dovuto farlo quando c’era ancora anche Sam, a questo punto. Ma non avremmo comunque potuto quando abbiamo salutato lui, dato che i nostri genitori ci avevano richiamati tutti urgentemente per informarci su ciò che sta succedendo a Sud – disse Ruben.
- Già, e poi non siamo un po’ troppo grandi per questo gioco, oramai? – disse Hayden questa volta. Tuttavia, non trascorsero neanche pochi secondi, che i quattro si sorrisero tra loro e presero a correre via nel medesimo istante, sapendo già cosa fare.
- Io sarò la cacciatrice! – esclamò Myranda dirigendosi verso il loro albero per poi chiudere gli occhi e cominciare a contare.
Hayden ed Eveline iniziarono a correre come schegge nella stessa direzione, liberi tra il vento, proprio come quando erano bambini.
Ogni tanto la giovane rosa si voltava per controllare che suo cugino fosse ancora con lei. – Cosa fai, vuoi rubarmi il nascondiglio?
- Lo sai che se siamo insieme otterremo maggiori risultati - le rispose il ragazzo dai capelli d’argento continuando a seguirla.
Tutto andò esattamente come nei nostalgici anni passati, quando erano solamente dei bambini immortali, liberi da ogni vincolo e con le potenzialità di cambiare tutto, come di lasciare che il tempo facesse il suo corso. Figli del Nord, creature diverse quanto simili, chi con lo stesso sangue, chi non, ma sempre indissolubilmente legati da un destino forgiato per loro.
Erano sempre stati loro e sempre lo sarebbero rimasti nonostante lo scorrere inesorabile del tempo e gli eventi funesti che li circondavano.
Soldati, servitù, Septe e Maestri si fermarono a guardarli increduli e nostalgici anch’essi, fino a quando Jon non richiamò suo figlio dicendogli che era ora di andare.
 
Trascorse un’altra settimana dalla partenza di Jon e di Hayden. Una settimana apparentemente placida, fino a quando, un giorno, non accadde qualcosa.
Eveline salì cinque scalini alla volta con delle falcate lunghissime e impetuose. Aveva il cuore che le scalpitava nel petto e il fiato aveva cominciato a mancarle già da parecchi minuti. La ragazza spalancò la porta delle stanze di sua madre piombando accanto alla donna e alle decine di persone che le erano intorno intenti a soccorrerla.
- Mamma!! Sono venuta appena ho potuto!! Che cosa le è successo?!? – chiese allibita mentre stringeva la mano di sua madre, la quale era bianca in volto, tutta sudata e in preda a violenti spasmi. – Mamma, sono qui!! Sono io! Ora ci sono io con te, non temere! Mamma, guardami! – la esortò Eveline mentre la paura e la preoccupazione la stavano mangiando viva. Margaery rivolse a fatica lo sguardo a sua figlia e si sforzò di sorriderle e di stringerle a sua volta la mano, nonostante i violenti tremolii e movimenti involontari del suo corpo. – Mamma, che ti succede?? Perché la tua pelle sta diventando violacea??
- Bambina mia … - sussurrò la Tyrell con un filo di voce mentre Maestri e Septe cercavano in ogni modo di migliorare la situazione.
- Lady Eveline, in questo momento vostra madre ha seriamente bisogno delle nostre cure! Tale visione potrebbe essere scioccante per voi, perciò vi esortiamo a …
- Per tutti gli Inferi dell’oltretomba, avete detto “scioccante”?!? Ho visto e curato con le mie mani uomini in fin di vita, quindi posso sicuramente rimanere accanto a mia madre mentre delira! – esclamò la ragazza continuando a stringere la mano di sua madre mentre la portavano via.
- Vi prego, calmate voi la giovane lady! – richiese uno dei Maestri rivolgendosi a Samwell, il quale era presente nella stanza. L’uomo cercò di trattenere a fatica la ragazza più alta e molto più energica di lui.
- Tesoro, ci penseranno loro a tua madre. Restare qui ti farebbe solo del male! – disse provando a convincerla.
- No, zio Sam, io non la lascio! Avevano detto che era solo un’influenza e un po’ di ansia accumulata, ma io lo sapevo che si trattava di molto altro! Io lo avevo detto, ma nessuno ha voluto ascoltarmi!! Mamma!! – esclamò Eveline liberandosi facilmente dalla presa di Sam e correndo nuovamente verso le persone che stavano portando Margaery in un’altra stanza. Tuttavia, non fece in tempo ad entrare, poiché questi sbarrarono la porta lasciandola fuori. La ragazza diede calci e colpi alla porta per aprirla senza ottenere alcun risultato. Urlò per sfogare la sua rabbia comprimendo le lacrime che si stavano prepotentemente affacciando ai suoi occhi chiari.
A ciò, Arya si avvicinò a lei afferrandola per le spalle con decisione e abbracciandola con altrettanto vigore. La strinse forte a sé inginocchiandosi con lei senza sciogliere l’abbraccio quando sua nipote si accasciò a terra abbandonandosi finalmente ad un pianto liberatorio. Eveline ricambiò artigliando involontariamente le dita sulle spalle di sua zia e urlando con il viso compresso dal suo collo. – Non posso perdere anche lei …
 
Brienne compì con difficoltà l’angusto passaggio che conduceva al rifugio della giovane rosa, aprendo la botola di legno e saltando giù. A sua sorpresa, la donna si ritrovò dinnanzi a molte persone di sua conoscenza. Si accorse che erano quasi tutti giunti in quel luogo per dare sostegno morale e stare vicino ad Eveline in un momento così terribile per lei. La ragazza, tuttavia, sembrava non curarsi di tutte quelle presenze intorno ad essa, troppo indaffarata a trafficare con le sue ampolle.
La donna intravide sua figlia, la quale, come era solita fare, assisteva la giovane rosa con i suoi miscugli come una sorta di aiutante, cercando di trasmetterle il suo supporto come meglio poteva. Oberyn Martell era seduto sopra una delle sporgenze delle pareti dell’enorme stanza, con le gambe a penzoloni. Ellaria e le sue figlie non erano presenti poiché avevano deciso di ripartire per Dorne una settimana prima, mentre la Vipera era intenzionato a permanere più tempo a Grande Inverno. Da tutt’altra parte si trovava ser Davos impegnato a conversare con lady Olenna, mentre, seduta su un lettino, vi era Daenerys intenta ad accarezzare premurosa i capelli lisci di Ruben, il quale sembrava essersi addormentato sdraiato, ma con la testa appoggiata alle gambe della madre dei draghi.
Gli assenti all’appello erano suo marito Jaime, indaffarato a presiedere delle truppe inviate per placare una piccola ribellione avvenuta a Delta delle Acque; Gendry, il quale aveva ricevuto l’ordine imminente di rifornire gli eserciti di nuove ed efficienti armi, forgiandole seguendo precise indicazioni, mentre Arya era appena partita verso le terre sconfinate del Nord per fare visita al giovane drago scomparso; Sam e Gilly, intenti a fornire il loro aiuto ai Maestri che si stavano occupando di Margaery grazie alle loro conoscenze apprese alla Cittadella; e Loras, il quale era l’unico presente nella stanza di Margaery, poiché ritenuto dai Maestri il solo parente in grado di superare la visione della donna in quello stato, dato che Eveline aveva solo quindici anni, mentre Olenna era una donna notevolmente anziana.
- Eve, mia cara, sono venuta per riferirti che tua madre sembra essersi stabilizzata – disse Brienne riferendo le parole di lord Varys e di Septa Idannia.
- Grazie dell’informazione, zia Brienne – rispose calma Eveline senza guardarla. Sembrava non mostrare un minimo di espressione.
A ciò, la donna continuò. – Piccola, so che deve essere davvero frustrante per te, ma i Maestri lo stanno facendo solo per il tuo bene …
- Sciocchezze. Quelle persone non sanno cosa sia meglio per me, zia Brienne. Non sono affatto affidabili. Sapevo fin dall’inizio che avrei dovuto fare tutto da sola. Ora mi sto adoperando per terminare ciò che ho iniziato già due settimane fa: troverò la cura per la malattia di mia madre.
- Ma non sai neanche che tipo di malattia sia … Addirittura i Maestri fanno fatica ad identificarla. Sembra essere molto rara.
- Non importa. Ho potuto osservare meglio i suoi sintomi prima, perciò lo scoprirò e non mi darò pace fino a quel momento – disse decisa continuando a mescolare degli intrugli.
In quel momento, un odore ben familiare arrivò alle narici di Brienne. A ciò, la donna guardò sua figlia. – Myranda, tesoro, credo che la tua torta sia pronta.
- Oh giusto, la torta!! – esclamò la ragazza abbandonando ciò che stava facendo e correndo verso il caminetto. Fin da piccolissima le era sempre piaciuto cucinare e preparare dolci. Era un suo talento innato dato che sapeva cucinare molto meglio di tutti i cuochi presenti a Grande Inverno, preparando dei deliziosissimi dolci dalle ricette inventate da lei, i quali riuscivano a rasserenare gli animi di chiunque li assaggiasse.  La fanciulla tornò da loro con il vassoio in mano, offrendo un pezzo di torta a tutti i presenti. A ciò, Brienne si sedette accanto a Daenerys, osservando il ragazzino che dormiva calmo con la testa appoggiata alle gambe della donna.
- Come mai è crollato in quel modo? – le chiese.
- L’ho trovato già così quando sono arrivata. Dormiva in una posizione improponibile, così mi sono seduta accanto a lui e gli ho appoggiato la testa sopra le mie gambe – rispose la madre dei draghi continuando ad accarezzargli dolcemente i capelli e sorridendo mentre lo guardava. – Si vede che i miei ragazzi mi mancano molto, suppongo – continuò mentre il suo sorriso si velava di nostalgia dopo una settimana dalla partenza di Hayden e di Jon.
- È sfinito dopo il lungo litigio che ha avuto poco fa con suo padre – disse Myranda rispondendo alla domanda che aveva pronunciato sua madre poco prima, mentre le porgeva un pezzo del suo dolce.
- Ultimamente capita molto spesso. Qual è la causa questa volta? – chiese Brienne.
- Zio Gendry è preoccupato per Ruben ma non lo riesce a dimostrare nel modo giusto. C’è tensione tra i due, perciò finiscono sempre per discutere per delle sciocchezze – rispose Eveline questa volta.
Ad un tratto però, l’atmosfera fu sconvolta da forti rumori provenienti dall’esterno. Si udirono urla e scalpitii di zoccoli che correvano e affondavano impetuosamente nella neve.
Oberyn piombò immediatamente in piedi dirigendosi verso la botola sul soffitto. – Sta succedendo qualcosa e  non è nulla di buono. Vado a controllare, ma voi restate qui! – ordinò ad Eveline e a Myranda.
- Oberyn non può andare da solo, se sta davvero accadendo ciò che penso, ha bisogno di quanti più aiuti possibili – asserì ser Davos seguendolo.
- Hai ragione, ser Davos! Verrò anche io – dichiarò Brienne sfoderando la sua spada che portava sempre con sé.
- Drogon ascolta i miei ordini, dunque verrò con voi. Chiunque sia giunto qui in cerca di guai, si renderà conto di aver commesso un grave errore non appena si ritroverà davanti al mio drago! – esclamò Daenerys unendosi a loro.
- Aspettate! Noi cosa facciamo?? – chiese Eveline allarmata.
- Loro sono venuti per voi! Restate qui e non uscite per nessun motivo al mondo, intesi?? Per nessuno, Eveline! Promettimelo! – esclamò Oberyn guardandola dritta negli occhi prima di andarsene. A ciò, la ragazza annuì alla Vipera, per poi abbracciare Myranda, la quale aveva iniziato a tremare. - Occupati di loro – disse infine l’uomo uscendo dalla stanza seguito dagli altri.
- Miei cari, venite qui! – li esortò lady Olenna, l’unica adulta rimasta insieme ai tre ragazzi. Ruben, svegliato improvvisamente da quel trambusto, si unì alle due ragazze e alla donna, abbracciandole.
- Se qualcuno dovesse trovare il passaggio per giungere qua sotto, vi difenderemo io e Eve: siamo molto bravi in questo – disse il ragazzino indicando le due daghe che sporgevano dalla sua cintura e che portava sempre con sé. Eveline lo guardò e annuì cercando di trasmettergli quanta più sicurezza possibile, ma fallendo, tradita dall’ansia e la paura per i suoi cari che la stava divorando. Ruben non distolse mai lo sguardo da quello della giovane rosa, come per rassicurarla e provare ad alleggerire i timori che la invadevano, nonostante anche i suoi non fossero da meno.  
Trascorsero quasi un’ora intera in quello stato e senza ricevere notizie, ma udendo solamente i forti rumori sopra di loro che non promettevano nulla di buono. La loro preoccupazione e inquietudine era oramai giunte alle stelle.
Ad un tratto, videro la botola aprirsi ancora, così Ruben ed Eveline, quasi come fosse un riflesso involontario, afferrarono le daghe preparandosi al peggio. Ma, fortunatamente, dalla botola entrò la madre dei draghi, sconvolta, sporca, affaticata e ferita ad un fianco.
- Zia Daenerys!! – esclamarono i tre ragazzi raggiungendola e aiutandola.
- Dovete andare via, via di qui! Presto! Ci deve essere un passaggio segreto per uscire da qui! – il suo sguardo era a dir poco sconvolto.
- Zia Daenerys, che è successo?!
- Dicci, ti prego!! Che è accaduto agli altri??
A ciò, la donna non riuscì più a trattenere le lacrime e si lasciò andare a dei violenti singhiozzi. – Li hanno presi durante il viaggio!! Li stanno portando ad Approdo del Re, alla vecchia Approdo del Re! Mio figlio e mio marito sono loro prigionieri! - A quelle parole, i tre rimasero sconvolti. – Ora cercano te, Eveline! Cercano la legittima erede al trono e non oso immaginare cosa ti farebbero se ti trovassero! Se vi scovassero tutti e tre sarebbe una tripla vincita per loro! Perciò dovete sbrigarvi ad andare! Non sanno l’esistenza di questo posto ma la scopriranno presto!
- Zia Daenerys, che  fine hanno fatto gli altri?? Mia madre come sta?? Cosa le hanno fatto??
- L’hanno presa in ostaggio ma non le faranno nulla! Li ho sentiti parlare: lei era la moglie di Walter, perciò se ne possono servire. Così come anche io sono importante per loro, dunque non mi uccideranno, per ora. Tuttavia …
- Tuttavia??
- Ser Davos, Brienne, Oberyn e altri soldati stanno provando a combatterli, ma si sono trovati impreparati, perciò la situazione peggiorerà … Sono un esercito numeroso e ora siamo tutti loro prigionieri! Solo per miracolo sono riuscita a venire qui senza farmi vedere da loro …
- E Drogon? Perché non ci ha difesi? – chiese Myranda incredula.
- Gli hanno fatto qualcosa. Non mi risponde, sembra in trance e non ode il mio richiamo! Credo che abbiano trovato un modo per avvelenarlo … queste persone sono attrezzate!
- E gli altri? Mio padre?? Come sta mio padre?? – chiese il ragazzino ripensando al litigio che aveva avuto poco prima con lui.
- Sam e Gilly sono morti. Li hanno uccisi perché non gli servivano … - Dopo aver pronunciato tali parole, le quali avevano lasciato i tre senza fiato e sul punto di scoppiare in lacrime, Daenerys si voltò a guardare Eveline. – Hanno ucciso anche Loras.
- No. Non stai dicendo sul serio!! – urlò la ragazza coprendosi la bocca con le mani per attutire le sue urla.
- Mi dispiace, Eve. Mi dispiace, ragazzi! – dopo di che, la donna guardò Ruben. – Li ho visti mentre entravano nel capannone dove tuo padre forgia le armi. L’ho intravisto mentre cercava di combatterli, ma erano in tanti e … poi non ho visto altro, Ruben, mi dispiace … - la sua voce faceva intendere un finale ben chiaro per Gendry Waters.
Il ragazzino, rimasto completamente impietrito, trovò la forza di parlare. – No. Non lo permetterò. Lui non è morto. Mio padre è ancora vivo e ora io andrò da lui – disse dirigendosi prontamente verso la botola mentre la sua irrazionalità e i suoi sentimenti prendevano il sopravvento.
Ma Eveline, anche se ancora sconvolta, trovò il coraggio di afferrargli il braccio e di bloccarlo prima che potesse commettere quel grave errore. – No, Ruben!! So cosa stai provando ma non posso lasciartelo fare!!
- Eveline ha ragione, Ruben!! Loro vogliono voi tre!! Dovete fuggire via di qui al più presto! – aggiunse Daenerys provando anche lei a trattenerlo, ma rinunciando immediatamente poiché la sua ferita al fianco non le permetteva di fare movimenti azzardati.
- Si tratta di mio padre!! Non lo lascerò morire!! – esclamò il ragazzino liberandosi impetuosamente dalla presa di sua cugina, la quale lo rincorse.
- Non ti lascerò andare!! – esclamò lei provando a bloccarlo di nuovo ma fallendo, poiché egli era riuscito già ad uscire dalla botola.
– Ruben!! – lo richiamò Myranda questa volta, facendo per uscire anche lei per inseguirlo insieme ad Eveline; ma entrambe vennero prontamente bloccate da Daenerys che le trascinò a sé con le uniche forze che le erano rimaste.
– Non potete fare più niente per lui! Dovete andare, ora!!! – esclamò decisa la madre dei draghi. – L’unico luogo in cui sareste al sicuro e avreste una possibilità di non essere trovate è oltre il Mare Stretto! Scappate e andate a Vaes Dothrak!  I Dothraki mi hanno sempre aiutata, mi considerano ancora la loro khaleesi, perciò se direte loro che siete mie nipoti, vi proteggeranno anche con la loro vita!
- E tu cosa farai??
- Verrai con noi??
- Sono ferita, vi rallenterei soltanto!! Andate, io starò bene! – esclamò spingendole.
Solo in quel momento Eveline si ricordò della presenza della bisnonna con loro. – Nonna Olenna!! Vieni, ti aiuto ad alzarti!!
- Non essere sciocca, mia rosa! Sai bene che faccio fatica addirittura a camminare oramai, figurati a correre! Andate e non badate neanche a me!
- Tu non essere sciocca! Io non lascio qui anche te, nonna! – esclamò Eveline tirandola verso di sé per farla alzare.
- Mio fiore, ascoltami – le disse la donna prendendole il viso tra le mani.
- Non mi convincerai! Sei debole e non puoi difenderti da sola! Se non ti uccideranno loro, ti ucciderà la prigionia!!
- Ora presta bene attenzione a ciò che ti dico, testarda di una Targaryen: io credo in te e in ciò che sei. Non ho mai dubitato della mia splendida rosa viola. Farai grandi cose, figlia mia. Non è una questione di destino, poiché ognuno forgia il proprio: si tratta di volontà, e tu, tu, ragazza mia, hai tutta la volontà contenuta in questo mondo! La tua forza e la tua determinazione ci salveranno. Io confiderò in te fin quando non tornerai. In niente ho riposto più fiducia che in questo. Sei una certezza. Sei la mia certezza, mia rosa. Ora va’, e non permettere alle tue potenti fiamme di spegnersi! – la esortò alla fin fine, asciugandole una lacrima con il suo pollice colmo di rughe e tremante, ma dal tocco sempre forte e saldo.
Con grande rammarico e tristezza, Eveline afferrò la mano di Myranda, la quale fece un po’ di resistenza iniziale, ma subito annullata dalla forza fisica superiore della giovane rosa, e la condusse con lei verso un antico e traballante passaggio che conduceva all’esterno dell’antica biblioteca, del quale l’aveva informata tempo prima suo zio Jon.
Le lacrime bollenti attraversarono le guance delle giovani fanciulle, fuggiasche e guerriere, disperse e separate forzatamente dal loro branco. 

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Capitolo 4
*** Due fuggiasche ai confini del mondo, un prigioniero nella capitale e un giovane scomparso ***


Due fuggiasche ai confini del mondo, un prigioniero nella capitale e un giovane scomparso
 
Eveline salì con un unico e forte slancio in groppa alla sua Abigail, aiutando anche la sua amica a montarvi.
- Vai, Abigail, corri!! – l’aveva spronata con un potente colpo di tallone sulla pancia, mentre le lacrime bollenti ancora le rigavano il viso. Myranda si teneva stretta a lei, ma continuando a rivolgere il volto dietro di sé, verso ciò che stavano lasciando.
Le due ragazze cavalcarono più veloce che potessero, per più di tre giorni, finché non raggiunsero il porto in cui sarebbero potute salire su una nave che le avrebbe portate lontane da lì. Non importava dove. Importava solo allontanarsi. Poi avrebbero pensato a come raggiungere Vaes Dothrak.
Quando le due scesero dalla giovane puledra, la stanchezza, la fatica e la fame non si erano fatte ancora sentire, poiché l’agitazione e la preoccupazione che le affliggeva, sconfiggevano tutto il resto.
Il clima si era rinfrescato ancora e aveva ricominciato a nevicare. La giovane Targaryen non aveva avuto il tempo di prendere un mantello con cappuccio che coprisse i loro volti ricercati, né una pelliccia che potesse riscaldarle nel momento in cui la temperatura si fosse inevitabilmente abbassata verso la sera. Il freddo pungente cominciava a farsi sentire nonostante le due fossero cresciute tra il gelido inverno. Eveline si accorse che le delicate mani della giovane Lannister erano immobili e stavano assumendo un colore troppo violaceo.
- Vieni, te le scaldo io, Mi – le disse avvicinandola e portando i due arti ghiacciati vicino alla sua bocca per avvolgerli con il suo respiro caldo. Facendo ciò, la ragazza si guardò intorno diffidente, controllando se qualcuno degli uomini presenti al porto le stesse osservando in una maniera particolare. – Dobbiamo allontanarci da qui.
- E andare dove? Dobbiamo salire su quella nave.
- Lo so, ma non possono vederci così. Sicuramente avranno organizzato delle squadre di ricerca per trovarci, e avranno diffuso la nostra descrizione fisica in tutti e sette i regni con l’ordine di catturarci. Pazienta un po’, appena avremo finito, saliremo su quella nave – le disse cercando di sembrare il più rassicurante possibile, per poi prenderla per mano e portarla con sé, assieme ad Abigail, lontane da occhi indiscreti.
Si addentrarono nella foresta più vicina che trovarono ed Eveline si mise alla ricerca di piante e fiori specifici, mentre la sua amica la attendeva seduta su una roccia, accanto ad un laghetto. Si chiese cosa avesse in mente la giovane rosa, mentre altri pensieri, molto più turbinosi, si facevano strada dentro di lei. Era preoccupata per tutte le persone care che avevano lasciato in pericolo e, in particolare, per sua madre, rimasta a tentare di combatterli. Fortunatamente suo padre era lontano da lì, ma c’era comunque la possibilità che nessuno riuscisse ad avvertirlo in tempo e che ritornasse a Grande Inverno trovando una pessima sorpresa. Ma, in particolar modo, la fanciulla dai capelli color miele, era triste per coloro che erano morti. Le riapparvero in mente i ricordi della dolce Gilly, la quale era sempre stata una seconda madre per lei, fin dai suoi primi istanti di vita. La dolce bruta si era sempre occupata premurosamente di lei quando era neonata, dato che sua madre era spesso impegnata a svolgere i suoi doveri di cavaliere. L’aveva addirittura allattata lei, poiché il seno di Brienne era rimasto arido anche dopo la sua nascita. Gilly era premurosa e gentile con lei, e la consolava continuamente quando era solo una bambina fragile e sensibile, e piangeva continuamente per ogni minima sciocchezza.
Ora, invece, non c’era più. Così come non ci sarebbero più stati neanche Sam, Loras e Gendry. Ripensando a quest’ultimo, la giovane si intristì ancora di più non riuscendo a togliersi dalla testa quell’opprimente senso di colpa per non essere riuscite a portare Ruben con loro. Ora il loro branco era diviso, e anche tutti gli altri rimasti in quel luogo erano in grave pericolo. Per non parlare di Jon ed Hayden … forse, loro erano quelli che se la stavano passando peggio di tutti. Quell’ultima constatazione le fece tanto male, da farla quasi vomitare nelle acque limpide del laghetto.
- Dada, stai bene? – le chiese improvvisamente la sua cara amica, sbucando finalmente da dietro un albero.
- Sì, sì … cos’hai portato? – A quella domanda, Eveline sventolò dinnanzi a lei dei fiori e delle piante con foglie e petali tutti di un vivace rosso cremisi. – Cosa vuoi farci con quelli? – chiese la ragazza già intimorita per la deduzione che stava affiorando nella sua testa.
- I tuoi riccioli d’oro non saranno più riccioli d’oro, cugina – le rispose convinta Eveline cominciando a schiacciare energicamente le foglie e i fiori che aveva recuperato.
- È proprio necessario?
- Sì, Myranda. Non possiamo permettere che ci riconoscano, lo sai.
- Questo vuol dire che anche tu farai qualcosa per cambiare il tuo aspetto?
La giovane Targaryen annuì sorridendole per rassicurarla.
Dopo qualche ora, il mutamento era giunto al termine. Eveline guardò soddisfatta il risultato della sua opera e permise alla sua amica di specchiarsi sulle acque del lago. Quando guardò la sua nuova immagine riflessa, Myranda rimase per un po’ interdetta e incerta. - Non so se mi piace.
- A me piaci molto.
- Ma non sono io.
- Myranda … - richiamò la sua attenzione la giovane rosa posandole delicatamente le mani sulle spalle e ponendosi di fronte a lei. – A volte i cambiamenti sono necessari. E non sempre simboleggiano un mutamento in negativo. Alcune volte danno semplicemente avvio ad una nuova parte della nostra vita, facendoci … crescere.
La sua amica la guardò dritta negli occhi a quelle parole, come per convincersene sempre di più soltanto osservandoli. Erano sempre state insieme, si fidavano l’una dell’altra, perciò avrebbero superato tutto ciò che le avrebbe attese, insieme.
- E tu? Tu cosa cambierai di te? – le chiese curiosa. A ciò, Eveline prese un bel respiro, si alzò in piedi e sfoderò un pugnale. Dopo di che, si affacciò sulla sponda del lago e sciolse la sua lunghissima e scura chioma morbida e folta, lasciando i suoi capelli liberi dai lacci, come raramente accadeva. Restò a guardarli per qualche secondo, come per focalizzare quell’immagine nella sua mente, poi agì. Fu come uno strappo veloce e indolore. Fece passare la lama sottile dietro la sua nuca e tagliò. Squarciò ciò che l’aveva da sempre caratterizzata. Quando ebbe finito, le punte dei suoi capelli le sfioravano il collo, mentre quelli che oramai non le appartenevano più erano stretti tra il suo pugno, ancora corposi ed estremamente ingombranti. La ragazza li lasciò andare dentro l’acqua di quel laghetto, quasi come fosse un rituale solenne, guardandoli affondare. Successivamente, prese la mano della sua amica e si voltò per tornare dalla sua fidata puledra. – Andiamo.
 
Le due salirono sulla nave insieme ad Abigail, la quale fu portata insieme agli altri cavalli, nello spazio appositamente preparato per loro. Le fuggitive osservarono in silenzio la loro terra allontanarsi sempre più, dalla prua.
Improvvisamente, il pensiero di Eveline andò a suo padre. Se solo tu potessi proteggerli, padre. Se solo tu potessi vegliare su di lei. Anche tu hai dovuto affrontare un viaggio di questo tipo, non è vero? Anche tu sei dovuto partire, lasciando la tua terra, la nostra terra, Grande Inverno. Allora dimmi, mi guiderai in questo viaggio? Mi insegnerai a cavarmela e a sopravvivere come hai fatto tu? Mi insegnerai a tornare da loro e a salvarli come sei stato capace di fare quando ancora eri nel mondo dei mortali? Io ti sento, padre. Ti ho sempre ascoltato e sentito accanto a me, perciò parlami. Se solo ci fossi tu, ora sarebbe tutto diverso.
Il flusso di pensieri della giovane rosa fu interrotto da una donna anziana, la quale appoggiò una pesante pelliccia sopra la sua schiena infreddolita e tremante, dopo aver fatto lo stesso anche con Myranda.
- Grazie … - le disse Eveline sorpresa mentre le accennava un sorriso.
- Di nulla, mie care. Stavate letteralmente congelando! Cosa fanno due giovani fanciulle come voi, sole e sperdute, su una nave diretta nel continente orientale? – A quella domanda, il panico invase il volto di Myranda, ma, fortunatamente, la donna non stava guardando lei.
Eveline si riprese velocemente dalla spiazzamento che le aveva causato quella domanda improvvisa, e le rispose prontamente. – Siamo due braccianti sfruttate dal nostro signore. In questi tempi, a Nord, la situazione non è delle migliori.
- Capisco. In particolare dopo tutto quello che sta accadendo a Sud! Avete udito di ciò che è avvenuto a Grande Inverno stamani? –
A tali parole, Eveline cercò di ricacciare indietro il turbamento e di non tradire le sue emozioni. – Sì, è terribile! Per questo io e mia sorella abbiamo ritenuto che fosse meglio andarcene il prima possibile, ora che siamo ancora in tempo, prima che lo scompiglio invada ogni centimetro dei sette regni.
- Già, è la scelta più giusta! Per questo le navi dirette ad Essos sono così piene in questi giorni! Ad ogni modo, io mi chiamo Cara – disse la donna sorridendo e attendendo che anche le due fanciulle si presentassero. Non avevano ancora avuto modo di discutere sulla questione dei nomi, perciò avrebbero dovuto inventarsi qualcosa e in fretta. – Sapete, quando prima ho udito che chiamavi la tua sorellina con l’abbreviativo “Mi”, ho avuto molta nostalgia! Dovete sapere che la mia nipotina si chiama Millie e mi manca molto! Sarebbe una coincidenza alquanto bizzarra se tu ti chiamassi come lei! – esclamò la donna guardando Myranda e abbandonandosi ad una spensierata risata.
- Sì, sarebbe alquanto strano! Ad ogni modo, mia sorella si chiama Mia – disse Eveline sfruttando quello spunto che le era stato dato, mentre la giovane Lannister le riservava un’occhiata nascosta e lievemente sorpresa in positivo.
- Lei, invece, è Amber – aggiunse Myranda senza alcun preavviso, lasciando la giovane rosa inizialmente spiazzata.
- Sono degli splendidi nomi, ragazze! Vi si addicono molto. Sono stata lieta di conoscervi. Ci vediamo nei prossimi giorni – disse infine la donna salutandole e allontanandosi.
- Anche per noi – ricambiò il saluto Eveline, per poi voltarsi verso la sua amica. – Come ti è venuto?
- Ti piace?
- Sì. Molto – rispose la Targaryen realizzandolo solo in quel momento. Successivamente, si voltò di nuovo verso le terre del Nord, sempre più lontane da loro.
- Credi che staranno bene? Tua madre, la mia, Ruben, zia Daenerys, zio Oberyn, ser Davos, tua nonna, lord Varys, Drogon, Spettro? E credi che mio padre e zia Arya riusciranno a sapere di ciò che è accaduto prima di tornare? – le chiese Myranda turbata.
- Possiamo solo sperare. L’unica cosa di cui sono certa è che torneremo e li salveremo. Costi quel che costi. - Trascorsero alcuni secondi di silenzio tra le due, poi Myranda proseguì con un quesito ancora più scottante. – E Hayden? Zio Jon? Pensi che stiano bene? Secondo te … secondo te cosa stanno facendo loro?
Eveline impiegò un po’ più di tempo prima di rispondere a quell’ultima domanda. – Non lo so – disse continuando a rivolgere lo sguardo lontano mentre quell’inquietante sogno ritornava prepotente alla sua mente. Tieni duro, Den. Non farti soggiogare da loro. Presto riuscirò a liberare anche voi.
 
- Mio signore, non sono riuscito a trattenerla! – esclamò uno dei cavalieri Marbrand al ragazzo dal quale prendeva gli ordini, mentre una donna sulla quarantina, alta, formosa e dai tratti esotici, si faceva largo a grandi falcate verso di lui. La sua pelle era estremamente pallida, mentre i suoi lunghi capelli arancioni e mossi si irradiavano prorompenti su quella carnagione lattea. - Dov’è lui?? Voglio vederlo – gli ordinò risoluta.
Ma il ragazzo non si lasciò intimorire. – Hoxana Aemchaar, originaria della famosa città di Qarth, ad Essos, e l’erede del defunto Qyburn, designata da lui personalmente. Non puoi dettare ordini ai cavalieri della guardia personale del nuovo re soltanto per tale motivo.
A quelle parole, la donna scoppiò in una fragorosa risata, avvicinandosi ancora di più a lui con sprezzante sicurezza. - Tu parli a me in questo modo, moccioso?? Ho almeno il doppio dei tuoi anni, tesoro, e devi ancora capire come funziona il mondo. Ti conviene abbassare la testa di fronte a me, dato che la tua casata è divenuta da minore e dimenticata, ad una delle più potenti del reame solamente perché quel verme strisciante senza spina dorsale di tuo padre ha leccato i piedi ai Crakehall fin quando non gli si è prosciugata la lingua. L’unico motivo per il quale siete entrati nella Guardia Reale è la sua capacità di piegarsi e farsi schiacciare e usare a piacimento non appena sente odore di potere! Chissà se tu sei della stessa pasta di chi ti ha messo al mondo, Kylan … a proposito, dov’è? Forse lui è più ragionevole di te!
- Mio padre è impegnato in una spedizione affidatagli dal re, in questo momento, perciò ha lasciato me al comando delle sue truppe rimaste nella Fortezza Rossa e a presiedere la sorveglianza dei prigionieri. Chi ti ha mandata?
- Il re in persona. Ora ti sei convinto a sparire dalla mia vista e a lasciarmi raggiungere il mio prigioniero, prima che ti faccia ingoiare la tua chioma bionda, staccando capello per capello? Lui è la mia cavia, il mio esperimento! Un compito così delicato e di estrema importanza è stato affidato personalmente a me da sua maestà. Preferisci che ritorni indietro e riferisca al re dei sette regni che un cavaliere della sua guardia personale intende ostacolarmi nell’incarico che mi è stato assegnato?
Dinnanzi a tali minacce, il ragazzo non poté fare altro che rimanere in silenzio e farsi da parte. – Ser Sean, accompagnate lady Hoxana dai due prigionieri – pronunciò quelle parole con immensa fatica.
- Ti ringrazio – disse la donna con sguardo soddisfatto, mentre una strana e inquietante luce si accendeva nelle sue iridi d’argento. Cominciò a camminare spedita verso le segrete, fin quando il ragazzo la interruppe di nuovo. - Come intendi attuare i piani che il re ha per Hayden Stark? – gli chiese non riuscendo a nascondere una sorta di apprensione nella voce.
A ciò, la donna si voltò di nuovo verso di lui prima di proseguire, e gli rivolse un sorriso agghiacciante. – Ovviamente con i miei fruttuosi metodi, ser Kylan. 
Non appena la donna entrò dentro la cella in cui erano stati rinchiusi il Protettore del Nord insieme al suo primogenito, richiuse la porta dietro di sé e cominciò a scrutare attentamente Hayden, il quale la guardava a sua volta, ma diffidente.
- Sei solo un ragazzo. Quanti anni avrai, sedici? Quasi mi dispiace doverti sottoporre al mio trattamento – Il giovane Stark non rispose e continuò a guardarla torvo e in silenzio, così come suo padre. – Ad ogni modo, hanno affidato a me la tua custodia e non potrei esserne più felice. Finalmente potrò sbizzarrirmi e dare libero sfogo a tutte le mie tanto agognate sperimentazioni! Finalmente ho un soggetto tutto mio! – esclamò con quella strana luce che invadeva sempre maggiormente i suoi occhi. - Questi capelli d’argento li riconoscerei ovunque: è il biondo Targaryen. Sai, io vivevo ancora a Qarth quando la tua impetuosa madre è venuta ad imporre la sua “sontuosa” presenza in città. Tu le somigli – disse toccandogli i capelli.
- Cosa volete da lui?? – le chiese Jon spazientito.
- Noi vogliamo molto da lui, lord Stark. Vostro figlio è una pedina importante per la realizzazione dei nostri piani. Così come lo è la figlia di Walter Targaryen. Ma, per il momento, lei è come scomparsa, perciò dovremo attuare soltanto la prima parte dei nostri progetti, mentre le sue ricerche continuano. La prima parte comprende esclusivamente vostro figlio.
A quelle parole, Jon ebbe come un tremendo presentimento a stringerli le viscere. Se le sue paure fossero state anche solo in minima parte fondate, sarebbe stato meglio morire in quel momento per lui e per suo figlio. - Hayden, figliolo, qualsiasi cosa ti dicano non ascoltarli! – esclamò Jon beccandosi dalla donna un violento schiaffo che gli fece rivoltare la testa dall’altra parte.
- Che cosa volete?? – chiese il ragazzo spazientendosi a sua volta, dopo ciò.
- Ciò che dovrò fare con te sarà molto semplice, ragazzo: scatenerò la folle scintilla del tuo sangue Targaryen. D’altronde, voi draghi siete tutti così, no? L’unica differenza è che alcuni di voi lo nascondono, altri lo manifestano … in altri ancora rimane latente finché non ricevono il giusto stimolo. Hai metà sangue Targaryen, Hayden, mentre tua cugina ne ha un quarto. Ciò vuol dire che tu ci darai molte più soddisfazioni. Lei ci serve per ben altri motivi – gli disse poi accovacciandosi di fronte a lui e afferrandogli il mento tra le dita. – Dunque? Sei pronto a diventare come tuo nonno, lord Stark?
- Voi siete completamente fuori di senno. Non mi piegherò mai al vostro volere! – affermò il ragazzo senza alcuna esitazione.
- Ne sei sicuro? – disse la donna melliflua rialzandosi in piedi e facendo entrare nella cella anche un cavaliere, il quale cominciò a prendere a calci sullo stomaco il Protettore del Nord, facendogli letteralmente sputare sangue. Tra un colpo e un altro, Jon trovò la forza e la voce di parlare a suo figlio. – Non badare a me, figliolo!! Io starò bene!! Le loro minacce non devono … – ma l’uomo non riuscì a terminare la frase, che un calcio più potente degli altri gli fece vomitare saliva e sangue a terra.
- No, smettetela!! Farò quello che mi chiederete ma non toccate mio padre! – esclamò il ragazzo allarmato.
A ciò, la donna sorrise argutamente e applaudì come in estasi. – Esattamente come immaginavo. Esseri umani: così banalmente attaccati ai sentimenti e ai loro simili da essere infinitamente prevedibili …
 
- Dobbiamo trovare il modo di avvertire Jaime ed Arya … - sussurrò Oberyn a coloro che erano stati disposti accanto a lui, mentre cercava di liberarsi dalle corde strette legate ai polsi.
- Dobbiamo anche trovare il modo di far sopravvivere Brienne … - sussurrò ser Davos non provando minimamente a ribellarsi da quelle corde che stringevano anche sui suoi polsi. – La ferita che le hanno inflitto durante il combattimento non promette nulla di buono … Ci stanno tenendo in vita solamente perchè sperano che possiamo rivelare loro dove sono Eveline e Myranda … Ruben, Daenerys, Margaery, Jaime e Arya gli servono, ma noi no. Non appena constateranno che non diremo loro cosa vogliono sapere, ci uccideranno!
- Calmati, ser Davos, agitarsi non porterà a nulla di buono in una situazione come questa – si intromise lord Varys, che era stato disposto sempre a fianco della Vipera.
- A proposito, Ragno, come mai i tuoi uccellini non ci hanno avvertiti riguardo ad un immenso esercito nemico proveniente da Sud che si stava dirigendo esattamente a Grande Inverno? – gli chiese stizzito il cavaliere delle cipolle.
- Non saprei dirlo neanche io. Queste persone devono conoscere tutto di noi, e devono essersi attrezzati da tempo per riuscire a metterci in trappola. Temo che le mie piccole spie siano state individuate e uccise prima che potessero portarmi la notizia.
- Dov’è lady Olenna? E come hanno intenzione di far sopravvivere Margaery nel frattempo, dato che sembra essere infetta da una malattia sconosciuta?? – intervenne nuovamente la Vipera.
- Stanno sfruttando i Maestri presenti a Grande Inverno. Per tale motivo non ci sposteranno da qui. Rimarranno a Nord perché un viaggio verso Sud aggraverebbe esponenzialmente le condizioni già instabili di Margaery. Inoltre, ho la sensazione che non ci porterebbero a Sud a prescindere da ciò: d’altronde, il nuovo re vuole il controllo anche delle vastissime terre che comprendono tutto il Nord. Non è possibile sottomettere il Nord se non si occupa stabilmente almeno la sua sede principale, nonché Grande Inverno – rispose lord Varys.
- Per ora lady Olenna dovrebbe essere salva: credo che la stiano usando per non far aggravare le condizioni di Margaery. D’altronde è sua nonna e soltanto la sua vicinanza non la sta facendo crollare, data la sua malattia e la consapevolezza di tutto ciò che le sta accadendo intorno – aggiunse ser Davos.
- Dobbiamo raggiungere Ruben. Non oso immaginare che piani abbiano per quel ragazzino – disse Oberyn fremendo e tentando nuovamente e inutilmente di liberarsi da quelle corde.
All’improvviso, la conversazione dei tre fu interrotta da uno dei cavalieri oppressori, il quale piombò nella stanza e afferrò il colletto dell’abito della Vipera, tirandolo a sé con una forza tale da alzarlo da terra. – Sono passati giorni e ancora non vi decidete a parlare. Dunque, ve lo chiedo per l’ultima volta: dove accidenti sono la Targaryen e la Lannister?!
A quell’ennesima domanda, Oberyn sorrise derisorio all’uomo. – E noi, per l’ultima volta, vi ripetiamo che, anche se lo sapessimo, non ve lo diremmo mai, branco di cani rabbiosi! Dunque potete anche ucciderci ora! – gli urlò sputandogli in faccia.
A ciò, l’uomo lo spinse violentemente a terra. – Prima di uccidervi è bene fare un altro tentativo con qualcosa che potrebbe farvi cambiare idea, dato che suppongo lo riteniate peggio della morte … - disse inviperito, richiamando un suo sottoposto, il quale strattonò all’interno della stanza il giovane Ruben. Capendo ciò che avessero intenzione di fare, i tre sbiancarono. – Ci è stato detto che questi ragazzi sono come figli o nipoti per tutti voi. Siete come una grande famiglia, di quelle che non si vedono più da decenni! Uniti come lo foste di sangue! – esclamò l’uomo sferrando un violentissimo schiaffo al ragazzino, ferendolo alla guancia.
- Lui vi serve! – scattò Oberyn furioso da quella visione. Il suo istinto protettivo nei confronti dei suoi cuccioli era uscito allo scoperto. – Non potete toccarlo!
- È vero … tuttavia, il fatto che ci serva vivo, non pregiudica che debba essere tutto intero. Povero moccioso: dopo la morte di suo padre, anche se avesse un’arma in mano, non riuscirebbe a reagire a causa di tutto il dolore che prova! – esclamò sferrandogli un secondo colpo al volto, talmente violento da farlo sbilanciare all’indietro e cadere a terra. Il sangue colava a fiumi dal naso del ragazzino, il quale aveva i polsi legati esattamente come i tre prigionieri a lui cari presenti nella stanza.
- Noi non sappiamo nulla! Non potremmo dirvi dove si trovano neanche se volessimo!! Perciò uccidete noi ma lasciate stare il ragazzo! – esclamò ser Davos questa volta.
- Se lo desiderate tanto, sarà esattamente ciò che farò – disse l’uomo sfoderando una daga e avvicinandosi a loro. Fu l’occasione giusta. Ruben colse l’attimo di distrazione, roteò su sé stesso e scattò contro il soldato colpendolo con la testa e rubandogli l’arma con la bocca. Prima che l’uomo potesse riprendersi, il giovane sputò la daga verso i tre prigionieri, dicendo loro qualcosa in labiale. – Liberatevi e scappate prima che vi uccidano.
- Per tutte gli dei del cielo … è veloce il ragazzo … - sussurrò Oberyn guardandolo con sguardo fiero e nascondendo prontamente la daga sotto il suo fondoschiena.
- Tu, maledetto moccioso …! – esclamò il cavaliere scagliandosi su di lui, ma venendo ancora contrattaccato da Ruben, il quale non esitava a difendersi come meglio sapeva fare, nonostante avesse le mani legate e non possedesse un’arma. Quando l’uomo riuscì nuovamente e faticosamente ad imbrigliarlo, lo trascinò fuori dalla stanza.
Non appena rimasero nuovamente soli, Oberyn parlò ai due. – Attendiamo che ritornino per scappare e portare Ruben e gli altri con noi!
- Possiamo portare solo Ruben. Dobbiamo essere obiettivi, amico mio: Brienne è gravemente ferita, Margaery è malata, lady Olenna non riesce a camminare adeguatamente e Daenerys, per quanto la sua ferita sia nettamente meno grave di quella di Brienne, ci rallenterebbe e non ci permetterebbe di scamparli. Una volta lontani da qui, provvederemo ad aiutarli – disse risoluto lord Varys. Oberyn e Davos avrebbero voluto scagliarsi contro l’eunuco dopo averlo udito, ma dovettero amaramente riconoscere che aveva ragione. Dopo infiniti minuti di silenzio, fu nuovamente la Vipera a rompere il silenzio. – E così sia.
 
Intanto, il giovane Ruben riuscì a rubare un’arma ai soldati e a combattere contro di loro, ferendoli e scatenando la loro ira. Ma erano troppi contro di lui, così riuscirono a sopraffarlo, massacrandolo di schiaffi, calci e pugni. Quando sembrava quasi sul punto di cedere e svenire, uno dei soldati lo prese per il collo sollevandolo da terra.
A ciò, i suoi compagni cercarono di farlo rinsavire. – Lewis, avanti, lascialo, gliene abbiamo date abbastanza … credo che abbia capito …
- Lewis, sai che il re lo vuole vivo … cerca di calmarti.
Ma l’uomo sembrò non udire quelle parole, poiché troppo impegnato a stringere il candido collo del ragazzino e a fissare soddisfatto il suo volto moribondo. – Ne vuoi ancora, bastardo? Ora hai capito chi comanda qui? Vuoi fare la fine che ha fatto tuo padre, eh?! – gli chiese con voce roca stringendo le dita ancora di più. Dopo di che, in uno scatto cieco di furia, il soldato lo lanciò letteralmente contro il tronco dell’Albero Diga, facendogli sbattere violentemente la testa.
- Lewis, idiota, che cosa hai fatto?!? – esclamò uno di loro raggiungendo il corpo adagiato a terra del giovane e abbassandosi sul suo petto per udire il battito del suo cuore. Quando si rialzò in piedi, il suo colorito era divenuto bianco cadaverico. – Ci ucciderà. Il re ci ucciderà se dovesse scoprirlo … - a tali parole, anche gli altri compresero e furono invasi dal terrore.
- Lui gli serviva! Era il figlio di Arya Stark e dell’ultimo discendente Baratheon!! Se scoprisse che lo abbiamo ucciso noi, ci sottoporrà all’esecuzione con la Piramide!! – esclamò un altro di loro tirandosi i  capelli come se volesse strapparli.
- Ti sei assicurato che il suo cuore non batta più?? – gli chiese l’assassino, invaso improvvisamente dai sensi di colpa.
- Vuoi che non sappia riconoscere un ragazzino morto da uno vivo, Lewis?! Ora è tua la responsabilità! Tu l’hai ucciso e tu lo nasconderai! Dovrai portare il corpo dove nessuno può trovarlo e riconoscerlo! Quando avrai fatto ciò, troveremo un moccioso del popolo che gli somiglia e lo istruiremo a dovere per recitare la parte! Muoviti!! – gli ordinò categorico uno dei suoi compagni.
 
Ser Lewis cavalcò per quasi un giorno intero, fin quando non raggiunse la sponda di un fiumiciattolo remoto e nascosto, all’intero di una delle tante foreste presenti a Nord. Il suo cavallo era sfinito, e lui ancora di più, anche a causa della paura che qualcuno potesse scoprire ciò che aveva fatto.
L’uomo scese dal cavallo e prese il corpo del ragazzino, adagiandolo al terreno per poi occuparsi di far abbeverare il suo stallone.
- Volete seppellirlo? – gli chiese improvvisamente una voce suadente e femminile facendo per un attimo accapponare la pelle al soldato. L’uomo si voltò e scorse una bellissima donna dai capelli rossi e coperta da un mantello e un cappuccio dello stesso colore.
A ciò, lui le sorrise compiaciuto squadrandola, mentre il cavallo dei pantaloni gli diveniva sempre più stretto. All’improvviso, la questione del ragazzino gli scivolò addosso come l’acqua. – Sì. È quello che stavo per fare prima di vedere uno splendido fiore come voi, milady. – le disse baciandole la mano.
- Come si chiamava?
- Era solo un membro della mia servitù che ha osato prendersi troppe libertà. Ha avuto ciò che si meritava. Non ricordo neanche il suo nome … - disse spogliandola nuovamente con lo sguardo.
- Che ne direste di gettarlo nel fiume, invece? – gli sussurrò avvicinandosi a lui con fare mellifluo e provocante. – La pelle, a contatto prolungato con l’acqua, perde le sue proprietà. Trascinato dalla corrente, ben presto, il suo viso diverrà sformato. In questo modo non correrete il rischio che lo riconoscano, piuttosto che conservarlo immacolato e coprirlo di terra.
- Come sapete che si tratta di … - le chiese prima di venire interrotto dall’indice della donna, il quale si posò delicatamente sulle sue labbra, mentre lei accorciava ancor di più le distanze.
- Non importa. So chi è, ma non temete: non ho intenzione di dire a qualcuno ciò che avete fatto.
I due cominciarono a baciarsi passionalmente, finché, solo qualche secondo dopo, ser Lewis avvertì delle forti vertigini che gli annebbiarono la mente fino a portarlo allo svenimento.
Quando l’uomo si svegliò, parecchie ore seguenti, e quasi sul punto di morire per congelamento, si accorse che la donna, ma, soprattutto, il ragazzo, erano spariti nel nulla. Lo cercò ovunque, ma non ritrovò più quel cadavere.
 
Erano trascorsi due giorni da quando, grazie a Ruben, Oberyn, ser Davos e lord Varys erano riusciti ad ottenere la daga che avrebbe dato loro una possibilità di liberarsi e scappare. Ma, del ragazzo, non vi era ancora alcuna traccia. L’alba del terzo giorno, udirono delle voci fuori dalla loro stanza e riuscirono a comprendere una verità che li lasciò allibiti.
- Che fine ha fatto il cadavere del moccioso?!? … Cosa significa “scomparso”?? Un morto non può alzarsi e sparire nel nulla! Dobbiamo trovarlo!!
- Credo che sia meglio trovare un sostituto già da ora. Anche se fosse ancora vivo e a piede libero, non si lascerebbe trovare tanto facilmente!
Oberyn era con lo sguardo fisso in un punto nel vuoto, mentre ser Davos e lord Varys continuavano ad aguzzare le orecchie per riuscire a comprendere altre informazioni sul giovane Ruben.
- È il momento – disse improvvisamente il Ragno, rompendo il silenzio. – Dobbiamo muoverci prima che tornino qui e ci uccidano tutti.
La Vipera lo osservò ancora in trance prima di rispondergli. – Lo hanno ucciso per sbaglio, o, almeno, credevano di averlo ucciso. Fortunatamente non è così. È sicuramente riuscito a scappare. Il nostro ragazzo è salvo, me lo sento. Dobbiamo trovarlo.
- Così come dobbiamo trovare Eveline e Myranda – aggiunse ser Davos. – Saremo al sicuro solamente quando sapremo che almeno loro tre non sono stati catturati come è accaduto ad Hayden. A quel punto, avremo qualche speranza di riuscire a combatterli.
- Ser Davos ha ragione – commentò il Ragno.
- Sarà come ai vecchi tempi, mio fidato amico. Trascorreremo di nuovo molto tempo insieme, con l’unica differenza che, questa volta, il nostro compagno di viaggio è più basso, più vecchio e meno carismatico – disse Oberyn facendo riemergere quei ricordi lontani e accennando un sorriso nostalgico al Ragno Tessitore, il quale ricambiò calorosamente con uno dei suoi sempre più frequenti sorrisi sinceri.
- Posso immaginare senza fatica che la mia compagnia non sarà gradita quanto lo era quella di Walter, senza che me lo ricordiate così esplicitamente – si lamentò ser Davos.
I tre, con un po’ di fortuna e sagacia unita dalle loro esperienze passate, riuscirono a scappare via da Grande Inverno, cavalcando verso mete distanti.
- Dove siamo diretti? – chiese il Ragno.
- Conosco solo due persone appartenenti ad una nobile famiglia, che non si alleerebbero mai al nuovo re, che ci aiuterebbero senza riserve nelle nostre ricerche, e che possiedono un esercito abbastanza grande e forte da permetterci di ribellarci e di organizzare una degna resistenza: Theon e Yara Greyjoy.
 
- Tre prigionieri sono riusciti a scappare!! Come è potuto accadere?!? Eravate troppo impegnati a tenere sotto controllo i “pezzi grossi” e a pensare alla sparizione di uno di questi ultimi?! Come il figlio della Stark e del bastardo Baratheon che credevate di aver ucciso?!? – chiese uno dei generali, fuori di sé.
Daenerys aveva il respiro pesante e ascoltava passivamente ciò che quegli oppressori dicevano, fuori dalla stanza nella quale la tenevano prigioniera. Avevano diviso lei e Brienne dagli altri e ora si ritrovava legata, stanca e affaticata, mentre cercava di fare tutto il possibile per tenere sveglia Brienne e per rubarla alla morte come meglio potesse. La ferita al torace della donna era molto grave a differenza del “graffietto” su un fianco che era stato provocato a lei per sbaglio.
- Ehi, Brienne … sembra che alcuni di noi siano riusciti a scappare … non ne sei felice? Brienne? – la smosse delicatamente la madre dei draghi. Per farle intendere che avesse compreso, la donna annuì impercettibilmente. A ciò, Daenerys si rasserenò, per il momento. Ma il suo lieve sorriso durò giusto il tempo di svanire. All’improvviso, si udì una voce gridare gloriosa qualcosa che riuscì a destare persino la donna che combatteva come un cavaliere, nonostante la sua ferita mortale l’avesse quasi immobilizzata. – Abbiamo visite, uomini!! Vedo giungere un altro bottino per noi, in lontananza: sembra che nessuno sia riuscito ad avvertire ser Jaime Lannister in tempo!!
- No. Non può essere vero … - sussurrò Brienne sconvolta e con la voce ridotta ad un sibilo, lasciandosi ricadere a terra, inondata dal dolore dato dalla consapevolezza che anche l’uomo che amava sarebbe stato reso prigioniero da quei vili assassini.
 

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Capitolo 5
*** Approdo nel nuovo continente ***


Approdo nel nuovo continente
 
Jaime venne sbattuto dentro la stanza nel quale erano tenute prigioniere Daenerys e Brienne. L’uomo aveva qualche graffio in volto, ma sembrava stare bene.
- Brienne … - sussurrò sconcertato non appena vide sua moglie in fin di vita accasciata a terra.
- Ja … - annaspò lei, incapace di articolare una parola adeguatamente. Tuttavia, il suo volto smunto e affaticato si illuminò inevitabilmente non appena lo vide avvicinarsi a lei, con lo sguardo preoccupato e premuroso che tanto amava di lui. Lei era stata la prima a conoscere quel suo prezioso sguardo, e custodiva gelosamente nella sua memoria quell’indimenticabile momento in cui lui le aveva inconsapevolmente aperto il suo cuore, mentre era sfinito dalla prigionia, dal suo braccio mozzato ancora sanguinante, stanco di provare odio verso il mondo e di essere trattato come qualcuno che non era. Quel giorno le era svenuto tra le braccia come un bambino, e nessuno avrebbe mai creduto che si trattasse davvero del Jaime Lannister di cui tutti parlavano, se solo lo avesse narrato. Ora, invece, era lei ad annaspare tra le sue braccia, cercando di mettere a fuoco la sua figura, di delinearne i contorni eliminando quella fastidiosa sfocatura. Provava a stringerlo con le poche forze che le erano rimaste. Non era da Brienne di Tarth trovarsi in quello stato. Nessuno era mai riuscito a ridurla in quello stato. Forse solo il suo travagliato parto era stato in grado di avvicinarla alla morte così tanto. A quel pensiero, le ritornò inevitabilmente in mente la loro bambina, la figlia che avevano tanto amorevolmente messo al mondo. – Jai … Jaime … Myranda …
- Myranda cosa? Dov’è la nostra ragazza, Brienne??
- Non temere, Jaime: è riuscita a scappare insieme ad Eveline – lo rassicurò Daenerys rispondendo al posto della donna, capendo che avrebbe fatto una fatica immensa anche nell’articolare una semplice frase.
- A scappare? A scappare dove?? Dove si sono dirette??
- Ho detto loro di fuggire verso il continente orientale, prima di essere catturata. Andranno a Vaes Dothrak: i dothraki mi hanno sempre aiutata e mi considerano ancora una loro fedele amica. Non appena diranno loro chi sono, le aiuteranno in ogni modo. Solo lì sono al sicuro. Oramai, nel continente occidentale, i nostri figli sono le prede più ambite.
- Hayden e Ruben? E tutti gli altri??
- Mio figlio e mio marito sono prigionieri ad Approdo del Re; Sam, Gilly, Gendry e Loras sono morti; di Ruben non vi è più alcuna traccia; Margaery e Olenna sono nell’altra stanza, e, per ora, sono salve, esattamente come noi, dato che gli serviamo. Credo che Varys, Oberyn e Davos siano riusciti a scappare, dato che, poco fa, li ho uditi parlare di alcuni prigionieri riusciti a fuggire. Speravamo che tu ed Arya foste riusciti ad udire la notizia in tempo, prima di tornare qui.
- Dunque Arya non è ancora tornata? Sarebbe dovuta rientrare prima di me … questo vuol dire …
- … che, forse, è riuscita a saperlo in tempo. Per questo non è tornata qui – continuò Daenerys.
- Tu … come stai? I tuoi uomini …? – gli disse Brienne aggrappandosi alle sue braccia e cercando di farsi capire.
- Io sto bene, milady, non preoccuparti – la rassicurò lui cercando di sorriderle e accarezzandole i capelli. – I miei uomini sono stati uccisi o fatti prigionieri dal loro esercito, nettamente superiore e più spietato del nostro – disse con sguardo addolorato. Dopo di che, un dubbio gli velò il volto e riportò l’attenzione sulla madre dei draghi. – Drogon? Lui avrebbe dovuto difenderci tutti.
- Lo hanno avvelenato. Sembra che, dalla loro parte, abbiano qualcuno che ha delle capacità inimmaginabili. Nessuno era mai riuscito ad avvelenare, a toccare, o ad atterrire i miei draghi così facilmente. Ho il sospetto che di mezzo ci sia …
- … la magia? – continuò lui la frase immaginando già cosa tormentasse la donna. Successivamente, si concentrò nuovamente sulla sua amata e provò ad accertarsi delle sue condizioni, controllando la profonda ferita che aveva al torace. Jaime sbiancò quando realizzò che fosse divenuta quasi nera, così come la pelle che vi era intorno. A ciò, cercò di mantenere la calma e di non pensare al fatto che la donna che amava sarebbe andata incontro a morte certa. Se solo Eveline fosse stata con loro, avrebbe avuto un’idea per migliorarla anche essendo già ad una fase di non ritorno. Quella ragazza utilizzava metodi ignoti, perciò sicuramente avrebbe trovato un modo almeno per tenerla in vita più a lungo, nonostante non avesse ricevuto le dovute cure fin dall’inizio. Tornò a concentrarsi sul volto di Brienne, stringendole le mani fredde e sorridendole mentre ricacciava indietro delle lacrime amare. – Milady … sono qui. Ora siamo insieme.
- Sai … sai che odio quando mi chiami in quel modo … - gli rispose la donna accennando un lieve sorriso.
- Vedo con piacere che hai ancora la forza di rimbeccarmi quando utilizzo quell’appellativo con te … - le disse sorridendole ancor più dolcemente. – Ascoltami, Brienne: tu sei forte. Non esiste donna più energica, combattiva e forte di te e lo sai bene. Me lo hai dimostrato più e più volte, e continui a farlo ogni giorno. Vedrai che andrà tutto bene. Te lo prometto. Rimarrò sempre qui con te. Continuerò a stringerti come tu hai sempre fatto con me quando mi sono trovato dinnanzi ad ostacoli insormontabili nel corso della mia vita. Mi hai salvato, Brienne. Solo tu saresti stata in grado di salvare qualcuno come Jaime Lannister. Dunque, non demordere: io non ti abbandonerò, amore mio.
A quelle parole, Brienne sorrise commossa mentre delle calde lacrime bagnavano il suo volto freddo, che nascose nel ventre dell’uomo che amava, stringendogli la mano a sua volta. – Cosa ho fatto per meritarti …? Ho bramato così tanto il tuo amore … che, persino oggi … dopo quindici anni di matrimonio … stento ancora a credere di averlo davvero ottenuto …
I due furono interrotti da uno dei nemici che irruppe nella stanza spalancando la porta. – Jaime Lannister, l’ultimo erede maschio della rinomata casata Lannister, il famoso sterminatore di re, figlio di Tywin Lannister di Castel Granito. Siamo davvero onorati di avervi tra noi – disse sorridendo soddisfatto l’uomo, guardando un suo compagno d’armi.
- Che cosa volete da noi? – chiese Jaime non muovendosi minimamente dalla sua posizione.
- Per il nuovo re dei sette regni siete estremamente importante, Jaime Lannister. Siete talmente prezioso, che ci è stato ordinato di non torcervi un capello. Vi vuole integro e in voi esattamente come siete sempre stato.
- Spiegatevi meglio.
- Il re vi vuole come suo Primo Cavaliere.
A quelle parole, i tre prigionieri si pietrificarono. – Cos’è, uno scherzo?! – chiese incredulo e alterato Jaime.
- Niente affatto: la vostra fama di abilissimo cavaliere, nonostante la mano destra mozzata, di coraggioso guerriero, capace stratega, appartenente ad una famiglia protagonista delle più grandi battaglie avvenute negli ultimi cento anni nel continente occidentale, non solo farebbe acquisire al re David un prestigio inestimabile se diventaste suo Primo Cavaliere, ma gli garantirebbe anche una protezione e una possibilità di vittoria molto alta nel campo di battaglia, grazie alle vostre stimate doti di combattente e generale di guerra. Il re David Crakehall è deciso a convincervi a portarvi dalla sua parte. La prospettiva di avere voi al suo fianco come Primo Cavaliere potrebbe competere solo con la possibilità di rendere tale Rhaegar Targaryen, Walter Targaryen, Arthur Dayne o Ned Stark. Ma, si dà il caso che nessuno di loro sia vivo e vegeto, perciò niente lo potrà far desistere dall’idea di ottenere la vostra fedeltà.
- Cosa vi fa credere che io ceda alle assurde richieste dell’usurpatore che si definisce il “nuovo legittimo re”?? Tutte le persone a me care non sono nelle vostre mani, e quelle che lo sono vi servono quanto me, perciò non potete toccarle.
A tali parole, il soldato, deluso, si avvicinò a Jaime, accovacciandosi accanto a lui. – Non credevo sarebbe stato così arduo convincervi, sterminatore di re. La vostra casata non ha mai avuto una grande considerazione dell’onore, no? Come non l’avete mai avuta neanche voi. Dunque, perché, all’improvviso, vi comportate da uomo d’onore?
A quella provocazione, Jaime cercò di mantenere la compostezza per non mettere le mani addosso all’uomo che gli stava rivolgendo un derisorio ghigno a pochi centimetri dal suo viso. – Non sono mai stato un esemplare uomo d’onore, è vero, ma la mia famiglia è sempre stata la cosa più importante e più preziosa che ho avuto. Non la tradirei mai. Ora, tutte queste persone a cui state facendo del male sono la mia famiglia. Il Nord è la mia famiglia. Inoltre, ho già ucciso un re folle una volta, perciò ormai so riconoscere quali sovrani meritano la mia fedeltà – gli rispose deciso e serio, non accennando ad alcuna esitazione.
A ciò, il soldato nemico, irritato, si rialzò in piedi e guardò il corpo accasciato e piegato di dolore appoggiato a Jaime. – In realtà c’è una persona alla quale tenete molto, sotto il nostro controllo e inutile ai piani del re … tuttavia, il suo destino è già segnato, è praticamente già morta, dunque non possiamo utilizzarla per minacciarvi … Guardate morire dinnanzi ai vostri occhi la vostra adorata moglie, ser Jaime, così, forse, il dolore e la prigionia riuscirà a far cambiare idea al vostro volubile cuore, mentre noi, intanto, cerchiamo la vostra splendida figlia, la quale non andrà molto lontana … - disse infine l’uomo, sferrando un violento calcio alla schiena di Brienne. In seguito a quel gesto e a quelle ultime parole, Jaime non ci vide più dalla rabbia, così, preso da un impeto furioso, si alzò in piedi e si scagliò contro l’uomo, del quale vennero in soccorso i suoi compagni.
- Se provi ancora una volta a toccarla o a toccare mia figlia, io giuro che taglierò quella tua testa marcia via dal tuo collo, facendola rotolare per tutti i sette regni in modo che tutti possano vedere la tua vergogna!!! – gli urlò continuando a picchiarlo e a ribellarsi a tutti gli altri.
- Jaime, fermo! – lo esortò Daenerys mentre uno dei soldati lo atterrò con un colpo in pieno volto.
- Garrick, smettila. Il re lo vuole vivo e in salute! – venne rimproverato l’uomo che lo colpì. Ma Jaime non si arrese e si rialzò in piedi, ancora accecato da quella incontenibile rabbia, scagliandosi nuovamente contro di loro.
- Jaime, fermati!! – ripeté Daenerys alzandosi in piedi questa volta, anche se a fatica, a causa della ferita al fianco. Il suo urlo riuscì ad attirare l’attenzione del Lannister, il quale si voltò lievemente verso di lei dopo essere ripiombato sui suoi nemici. – Jaime, non farlo! Non puoi abbandonarci – le disse la madre dei draghi con sguardo supplichevole ma deciso e fermo. A ciò, Jaime riuscì a calmarsi, a riprendere la ragione, fermandosi e ritornando al suo posto, accanto a Brienne, mentre quegli uomini abbandonavano la stanza e si chiudevano la porta alle spalle.
 
 
Le porte del salone principale del castello della famiglia Greyjoy delle Isole di Ferro, si aprì lasciando entrare i tre ospiti. Oberyn, Varys e Davos erano sfiniti dal lungo viaggio, fortunatamente compiuto senza particolari impedimenti. I tre erano finalmente felici di poter rivedere delle facce amiche.
- Che mi trafigga un fulmine se quello che vedo dinnanzi a me non è Theon Greyjoy! Quanto tempo è passato?? Quindici anni?? – disse Oberyn con il suo solito ghigno, non appena si avvicinò ai tre che li stavano attendendo in piedi dinnanzi ad un trono. Oltre a Theon, vi era sua sorella Yara e una bambina vestita come un ragazzino, la quale aveva uno sguardo a metà tra il sorpreso e il perso nel vuoto. Theon era ormai un uomo, e il suo sguardo era sereno e in pace come non lo era mai stato prima. Non aveva niente a che vedere con la belva spaventata e mutilata che i tre ricordavano.
- Quindici anni e tu sembri avere sempre lo spirito e il corpo di un giovane uomo, Oberyn Martell – gli rispose Theon sorridendo.
- Siete i benvenuti qui – disse Yara questa volta, sorridendo anche lei.
- Regina Yara – risposero i tre mostrando riverenza.
- Abbiamo saputo ciò che è accaduto a Grande Inverno. La situazione nei sette regni sta degenerando drasticamente. Combattendo nella Battaglia Finale con voi e con Walter, credevo che, dopo aver sconfitto gli estranei, avremmo finalmente potuto aspirare alla pace nel continente occidentale. Ma questa pace è durata appena quindici anni – disse afflitta la donna.
- Un concetto come quello della pace è infinitamente evanescente, mia regina – le rispose Varys.
- Ad ogni modo, potrete rimanere qui fin quando vorrete e se avete richieste saremo disposti ad ascoltarle. Vi aiuteremo in ogni modo possibile – intervenne Theon.
- Siamo giunti qui, mio signore, per richiedere il vostro aiuto per salvare i nostri ragazzi, la nostra famiglia e per liberare il Nord. Myranda Lannister, Eveline Targaryen, Hayden Stark, Sam Tarly e Ruben Stark sono come figli per noi. Attualmente, solo uno di loro si trova al sicuro. Siamo riusciti per miracolo a fuggire dalla prigionia e, ora, siamo qui nella speranza che voi possiate impiegare i vostri uomini per cercare le due ragazze e il giovane Ruben in lungo e in largo, in modo da assicurarci che non finiscano nelle mani sbagliate. Per Hayden, per ora, non possiamo fare nulla, dato che sarebbe impossibile cercare di portarlo via sotto il loro naso da Approdo del Re. Soltanto accertandoci che i ragazzi non siano in loro possesso e che non possano usarli ai loro scopi e contro di noi, potremmo poi agire e ribellarci al dominio del nuovo re, per liberare tutti gli altri e l’intero Nord – disse ser Davos.
- Avrei voluto davvero conoscerli prima che accadesse tutto questo – disse tristemente Theon.
- Ti piacerebbero. Li conoscerai, Theon. Loro sono anche la tua famiglia. Sono sempre stati la tua famiglia – gli rispose Oberyn.
- Provvederò immediatamente ad organizzare delle truppe per cercare i tre ragazzi. Dunque, il vostro piano consiste anche nell’organizzare una degna resistenza che ci permetta di arrivare fino a piani alti per combattere come loro pari? – chiese Yara.
- A Nord hanno sede alcune delle casate più antiche e più potenti del continente occidentale, le quali sono state capaci di vincere guerre di immensa portata. Inoltre, non avremo solo l’appoggio del Nord: Dorne è con noi. Ora che sono qui, manderò immediatamente un corvo per avvertire la mia famiglia. Nessuno è soddisfatto del nuovo re, o meglio, del nuovo tiranno, mia regina. Il problema è che nessuno ha il coraggio e la forza di mettersi contro la corona … ma se avessero il giusto appoggio, molti di loro si alleerebbero a noi senza pensarci due volte – rispose Oberyn convinto.
- I vostri progetti sono ambiziosi e io non sono certo una sovrana che si è mai tirata indietro quando si è trovata in situazioni di malcontento e le è stato richiesto di agire. Come non ho mai abbandonato delle persone a me care in difficoltà – disse la donna volgendo uno sguardo premuroso a suo fratello Theon.
- Alle questioni pratiche penseremo più tardi. Ora sarete stanchi, infreddoliti e affamati, perciò seguite la servitù e raggiungete le camere che saranno preparate per voi. Questa sera sarete sfamati a volontà. Inoltre, vorrei presentarvi la piccola Müren Harlaw, la figlia di mia sorella Yara – disse Theon avvicinandosi alla sua nipotina e riservandole uno sguardo dolcissimo mentre lei si accucciava impaurita dietro le sue gambe.
- Non sapevo avessi una figlia, Yara. Avrei dovuto prevederlo dato che ti serve un erede – disse Oberyn accovacciandosi per arrivare all’altezza della bambina e porgendole la mano, attendendo che lei prendesse il coraggio per appoggiare la manina sulla sua. La piccola impiegò un po’ prima di farlo; lo scrutò con curiosità e diffidenza, fin quando non si sporse leggermente dalle gambe di Theon e allungò il braccio. A ciò, Oberyn le prese delicatamente la mano, ma, a quel tocco, lei la ritirò subito indietro, come fosse stata scottata. Dinnanzi alle reazione lievemente confusa della Vipera Rossa, Theon gli fece un triste cenno con il capo ad indicargli di non provare a spingersi oltre con lei. A tal punto, l’uomo le parlò semplicemente. – Onorato di fare la vostra conoscenza, principessina. O, forse, preferite “futura regina delle Isole di Ferro”? – disse provocando un sorriso divertito e lusingato nella piccola.
- Non è lei la futura regina, Oberyn – disse Yara con tranquillità, mentre una balia le porgeva tra le mani un neonato infagottato che fu cullato e maneggiato con maniacale cura dalla donna, la quale lo guardava con gli occhi luminosi e pieni di amore. – Lui, invece, è Blake Harlaw, fratellino di Müren e futuro re delle Isole di Ferro.
I tre rimasero interdetti più per il fatto che la donna avesse pronunciato un’affermazione del genere dinnanzi alla sua primogenita, piuttosto che per la notizia in sé.
- Tesoro, perché non vai insieme a Talìa? – esortò sua nipote Theon, con delicata e devota premura, mentre la piccola si allontanava dispiaciuta dalle sue gambe, facendo come le era stato detto. Quando fu abbastanza lontana, Theon riprese la parola. – Dovete sapere che Müren è affetta da una sorta di strana malattia …
- La sua mente non funziona. Non è come se fosse cieca o storpia. Lo avrei preferito infinitamente, poiché avrebbe comunque avuto una testa funzionante – lo interruppe Yara continuando a cullare dolcemente il suo figlio sano.
- Yara, ti prego … - le disse Theon con voce quasi supplichevole.
- Mi sto forse sbagliando, fratello? I Maestri dicono che non c’è nulla da fare: è nata così e rimarrà sempre così. Non affiderò mai il controllo delle Isole di Ferro ad una stupida affetta da problemi mentali. Hai visto poco fa, Oberyn? Ha persino paura di essere sfiorata. Si lascia toccare solo da Theon.
In quel momento, a ser Davos tornarono inevitabilmente alla luce ricordi riguardo la piccola Shireen.
- Non scambiare la sua diversità per ritardi mentali e menomazioni incurabili!
- Discutere non porterà a nulla, come al solito, Theon. Tu continuerai a difenderla come fosse tua figlia e io continuerò a sostenere che il mio unico vero figlio lo sto tenendo tra le mie braccia in questo momento. Ora, smettiamola di essere così maleducati dinnanzi ai nostri ospiti – rispose composta la donna.
I tre spettatori non avevano osato mettere altra carne al fuoco, difatti si limitarono a non alimentare quella discussione, almeno per il momento. – Il padre dei due? Suppongo ti sia sposata per averli. Gli Harlaw sono un ottima scelta – le disse Oberyn riprendendo la sua solita spigliatezza.
- Ho sposato Darryl Harlaw e li ho avuti entrambi con lui. Tuttavia, subito dopo la nascita di Blake, pochi mesi fa, una terribile malattia lo ha spento. Per quanto io non ami particolarmente giacere con gli uomini, come ben sapete, ho dovuto farlo per garantirmi un erede, e mi ero molto affezionata a Darryl. Era un uomo d’onore e tutto d’un pezzo – disse tristemente la donna.
In quel momento, una delle guardie interruppe la loro conversazione. – Mi regina, abbiamo altre visite.
- Di chi si tratta, ser Cole?
- Chiedono di essere ricevuti i figli di vostro zio Euron, i vostri cugini.
 
 
Il ragazzo si diresse nervosamente verso le segrete della Fortezza Rossa, oramai divenute il rifugio personalizzato di Hoxana Aemchaar. Tutti richiedevano un ruolo definito da lui, ma la sua testa gli diceva di fare altro. Non appena si ritrovò dinnanzi al cavaliere di guardia, questo lo guardò allibito. – Ser Kylan, cosa ci fate qui?
- Lasciatemi passare. Voglio vedere il prigioniero.
- Lady Hoxana mi ha vietato di far entrare chiunque nelle segrete dedicate alle sue sperimentazioni.
- Vi ricordo che io sono un cavaliere della Guardia Reale, ser Gorden. Devo monitorare la situazione.
- Non ho ricevuto alcun ordine del genere.
- Fatemi passare, ser Gorden – gli ordinò nuovamente il ragazzo.
- Nonostante siamo compagni d’armi, ser Kylan, il re mi ha messo al servizio di Hoxana ora, perciò sono costretto a fare uso della violenza se continuerete ad interferire – disse l’uomo allungando la mano per sfoderare la sua spada, ma venendo immediatamente colpito allo stomaco dal ragazzo, il quale lo tramortì e lo lasciò a terra, dirigendosi poi verso le segrete.
Non sapeva neanche lui cosa stava facendo. Era trascorso un mese dalla permanenza di Jon ed Hayden come prigionieri nella capitale, e lui, ogni singolo giorno, aveva sentito come un macigno sullo stomaco che non era stato in grado di farlo respirare. Aveva udito parlare dei metodi inumani di Hoxana, dunque sperava di non essere arrivato troppo tardi e di poter ancora fare qualcosa per aiutare quel povero ragazzo. Anche se non avrebbe potuto liberarlo, almeno sarebbe riuscito ad accertarsi delle sue condizioni e a fare qualcosa, qualsiasi cosa, per migliorare il suo stato. Finalmente arrivò in fondo alle scalinate e il buio lo invase. Si guardò intorno, cercandolo con lo sguardo, ricordando il suo aspetto da quando lo aveva visto quell’unica volta al banchetto a Grande Inverno.
- Hayden? – provò a chiamarlo mentre continuava a brancolare in quel buio pesto. Poi, sbatté contro qualcosa, forse un tavolino, a giudicare dalla spigolosità. Si voltò e quello che vide lo fece completamente sbiancare. Si mise le mani sui capelli e poi davanti alla bocca, non potendo fare a meno di indietreggiare, ma senza riuscire a staccare i suoi occhi da ciò che si trovava davanti. – Per tutti gli dei … per tutti gli dei … - continuò a sussurrare a sé stesso, mentre cercava di prendere coraggio e di avvicinarsi. Nonostante la giovane età, aveva già avuto l’occasione di combattere e di vedere scorrere il sangue sulla lama della sua spada, ma niente, assolutamente nulla, avrebbe retto il confronto con ciò che stava osservando in quel preciso istante. Quali mostri sarebbero stati capaci di tanto? - … Hayden? Riesci a sentirmi …? Sono Kylan …  - ma il ragazzo non fece in tempo a dire altro che alcuni cavalieri raggiunsero le segrete e lo immobilizzarono per condurlo al cospetto del re.
 
Hoxana era in piedi di fianco al sovrano, e guardava il ragazzo con sguardo dispotico e al limite del furioso.
- Vostra maestà, è con tutto il rispetto e la riverenza possibile che mi inchino a voi e vi supplico di togliere a questa donna la custodia del prigioniero! – esclamò Kylan, ancora trattenuto da altri cavalieri.
- Come osi?!? – esclamò la donna scendendo dalla piattaforma e avvicinandosi a lui, fulminandolo con i suoi occhi senza colore. – Tu hai violato i miei spazi, ficcando il naso nei miei esperimenti estremamente delicati e complessi, di cui non riuscirai mai neanche a comprendere il minimo funzionamento! Ora osi anche venire qui e con tutta l’“autorità” che credi di avere, suggerire al re di togliermi ciò che è mio! Lui è mio!
- Non è un oggetto, ma un essere umano!!
-  È il mio esperimento! – gli urlò la donna come se volesse ucciderlo solo con il suo sguardo.
- Ser Colten, che scusa avete per giustificare il comportamento sconsiderato e altamente disdicevole del vostro inquieto figlio? – chiese il re David, un uomo grosso e imponente, dall’aspetto rozzo anche se composto.
- Vostra eccellenza, mio figlio è solo un ragazzo che ancora fa fatica a comprendere quale sia il suo posto. Vi sono sempre stato immensamente fedele fino ad ora, perciò permettetemi di dimostrarvi quanto lo sia ancora, disciplinando mio figlio nella maniera adeguata nel compiere i suoi doveri di Guardia Reale – rispose Colten Marbrand nascondendo la sua immensa frustrazione e vergogna.
- Mi chiedo se io non abbia compiuto un errore nel farlo entrare nella mia Guardia Reale insieme a voi. È un giovane combattente, abile, sveglio e responsabile, ma ve ne sono molti altri come lui. Inoltre, per estirpare l’animo di un ribelle, non basta della semplice disciplina – rispose il re portando prima lo sguardo su Colten, poi su suo figlio Kylan.
- Mio re, vi prego, vi supplico, non continuate quest’atto irriprovevole agli occhi degli dei! Gli esseri umani non possono essere trattati come oggetti o giocattoli per soddisfare i vizi e gli squilibri di mostri come Hoxana! Potete utilizzare altri metodi! Ciò che ho visto in quel luogo … non riuscirò mai a dimenticarlo … quel ragazzo potrebbe essere vostro figlio!
- Kylan, smettila!! – urlò Colten avvicinandosi a suo figlio con il volto deciso e umiliato. – Maestà, in nome della mia piena e annullante fedeltà a voi, vi richiedo di lasciarmi conversare privatamente con mio figlio, prima di ritornare al vostro cospetto.
Il re acconsentì, così i due si allontanarono.
- Padre, ti prego … non posso più continuare a fare finta di niente!
- Chiudi quella bocca e guardami, squilibrato. Fai terminare questo oltraggio alla corona e alla nostra casata. Tutto avrei pensato, tranne che proprio tu saresti stato la mia vergogna dinnanzi al re! Da quando tua madre ci ha lasciati quando avevi solo pochi mesi, io ho sempre provveduto alla tua crescita, rifiutando balie e qualsiasi altro tipo di mezzo che potesse mettere delle distanze tra noi due! Sono sempre stato il tuo solo punto di riferimento e tu il mio più grande motivo di vanto, dunque perché??
- Tu accetti quello che stanno facendo?! – gli chiese il ragazzo sconvolto. – Tu non sai cosa ho visto …
- Io accetterò sempre qualsiasi decisione prenderà il re! Se dovesse decidere di sterminare l’intera popolazione della capitale, lo aiuterei a farlo.
Constatando così schiettamente il totale annullamento di suo padre, il ragazzo rimase interdetto e deluso. – Perché …? Perché lo fai?
- Perché, per andare avanti in questo mondo, bisogna adeguarsi, figlio mio. È una lezione che apprenderai con il tempo.
- Spero di non apprenderla mai.
- Invece accadrà. Ora smettila di peggiorare la tua situazione. Se io mi prenderò tutte le tue colpe, il re punirà me, ma terrà entrambi nella sua Guardia Reale grazie alla mia devozione e sottomissione.
- Che cosa?! No! Padre, non farlo!
- Sei mio figlio: è ovvio che lo farò e continuerò a farlo sempre. Continuerò a prendermi le tue colpe pur di proteggerti, ragazzo. Dunque, più proseguirai nel ribellarti, maggiori saranno le mie sofferenze. Qualsiasi cosa farai, qualsiasi sguardo rivolgerai, qualsiasi parola pronuncerai, graverà su di me. Tienilo bene a mente la prossima volta, prima di agire sconsideratamente – disse l’uomo allontanandosi da suo figlio per ritornare al cospetto del re.
- No, padre, non puoi decidere per me di prenderti le mie colpe … !
Ma Kylan non fece in tempo a bloccarlo, che l’uomo parlò. – Somma imminenza, qualunque sia la punizione riservata a mio figlio per il suo atto sconsiderato, ne pagherò io stesso le conseguenze.
A ciò, il re rimase in silenzio per alcuni secondi, prima di prendere la parola. – Bene. Uomini, legatelo sulla ruota. Patirà un intero pomeriggio sopra di essa.
- No!!! – urlò il ragazzo cercando di ribellarsi dalla presa degli altri cavalieri, ma senza successo.
- Sarò ben lieto di sopportare tale tortura, Vostra Maestà – disse al re, poi rivolse lo sguardo verso Hoxana. – Milady, avete le mie più sentite e sincere scuse da parte di mio figlio. Non accadrà più nulla del genere – aggiunse inchinandosi anche a lei.
- Scusa accettate, ser Colten – rispose la donna, rivolgendo un ghigno soddisfatto a Kylan, il quale si lasciò cadere in ginocchio.
Quando ser Colten fu portato via, Hoxana, prima di andarsene, passò accanto al ragazzo ancora inginocchiato, accovacciandosi di fianco a lui per potergli sussurrare qualcosa all’orecchio. – Ricorda sempre, Kylan, che non potrai mai fare nulla per cambiare qualcosa che è molto più grande di te. Mai. Ricorda anche che non dovrai mai, mai più, provare a toccare i miei “giocattoli”.
 
- Amber, tesoro, tua sorella ti sta cercando sulla prua. Per voi è ora di scendere – disse con premura Cara alla giovane rosa.
- Sì, la raggiungerò tra poco, Cara, grazie!
Era finalmente giunto il momento. Erano sbarcate in un nuovo continente, in un mondo nuovo.
Eveline si affrettò a sistemare le ultime provviste nella sua sacca e ad andare a riprendere Abigail, per poi dirigersi finalmente sulla prua.
- Credo che sia il momento di restituirmi le pellicce, ragazze – constatò divertita Cara, sventolandosi per il caldo.
- Suppongo che dovremmo comprare dei vestiti più leggeri – disse Myranda sorridendo impaziente e osservando curiosa il cielo soleggiato e la terra arida, per la prima volta in vita sua. La reazione della giovane rosa fu quasi identica. – Cambieranno molte cose, oltre ai nostri vestiti, Mia – le rispose continuando ad osservare il cielo luminoso e la nuova terra dinnanzi a loro, mentre accarezzava distrattamente il muso chiaro di Abigail.
Quando finalmente la nave approdò al porto e venne il momento di posare di nuovo i piedi a terra dopo un mese in mare, Myranda si voltò a guardarla. – Ce la faremo? – le chiese. A ciò, anche Eveline si girò verso di lei, le sorrise e le afferrò delicatamente il polso, come per esortarla a seguirla. – Vaes Dothrak ci aspetta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** I Fantasmi dei Superni ***


I Fantasmi dei Superni
 
 
Eveline porse la borraccia colma d’acqua a Myranda, prendendo la sua amica per il braccio e trascinandola con sé per evitare che cadesse a terra sfinita dal clima troppo caldo per loro, e dalla lunga camminata senza soste durata due giorni interi.
- Eve, quanto manca? Non credo di poter resistere ancora.
- Invece dovrai, Dada. Fai un ultimo sforzo. Sono sicura che, a breve, troveremo qualcuno che ci condurrà a Vaes Dothrak. Non possiamo fermarci fin quando non saremo almeno temporaneamente al sicuro – la incoraggiò Eveline tirandola con forza.
Le due camminarono per un’altra ora, fin quando non incontrarono un uomo con la pelle scura e abiti succinti, composti da pelli di animali, aggiunti ad una barba e ad una chioma scure e lunghe. Aveva tutto l’aspetto dei dothraki delle descrizioni accurate di Daenerys. A ciò, Eveline attirò la sua attenzione sperando che capisse almeno qualche parola della lingua comune. Ma, ben presto, si accorse che le sue speranze fossero vane.
L’uomo cominciò a parlare loro in dothraki, ma Eveline gli ripeté di condurla da qualcuno che sapesse parlare la lingua comune.
La giovane rosa capì solo poche parole di ciò che disse, grazie alle fugaci lezioni di lingua dothraki che sua zia Daenerys le aveva dato quando era piccola. Ciò che comprese non era affatto incoraggiante. Constatando che la conversazione non avrebbe portato a nessun risultato, cercò di scavare a fondo nella sua memoria per ricordare il significato di qualche parola o costruzione in quella strana lingua.
Provò impacciatamente a dirgli quel poco che rimembrava. L’uomo sembrò cominciare a capire, ma non era abbastanza. A quel punto, venne in suo aiuto Myranda. La ragazza pronunciò quella che sembrò una frase compiuta in dothraki con inusuale sicurezza. A ciò, Eveline si voltò verso di lei sorpresa.
- Ci ho provato. Credo di ricordare il dothraki meglio di te, dato che zia Daenerys mi ha dato qualche lezione in più – disse sorridendo incerta la giovane Lannister.
L’uomo rivolse loro il gesto di seguirlo, e così fecero. Le condusse in quello che sembrava il suo villaggio, una fiorente terra abitata da coloro che apparivano come selvaggi agli occhi di due abitanti del continente occidentale.
Le donne indossavano dei vestiti spogli, fatti di pelle di animali, e camminavano sicure e spavalde come guerrieri, fermandosi a fissarle diffidenti non appena le due passavano loro dinnanzi. Anche gli uomini andavano in giro quasi nudi, risvegliando nelle due giovani una sorta di senso pudico che le spinse ad evitare di guardarli. Tutti sembravano pronti ad uccidere qualcuno da un momento all’altro, con i loro sguardi infuocati e le loro grosse armi rigorosamente tenute a portata di mano, allacciate alle loro cinture strette, quasi come fossero oggetti preziosi.
Colui che le aveva accolte e condotte nel suo villaggio, attraversò un’imponente arcata composta da due cavalli di pietra ai lati. Fu la conferma definitiva che si trovavano finalmente nella famosa Vaes Dothrak.
Quando entrarono dentro una grande e maestosa tenda rossa, le due si ritrovarono dinnanzi ad un uomo ancora più grosso di quello che le aveva guidate, con una chioma lunga fino al fondo schiena. Questo era seduto su una sedia più grande delle altre presenti nel luogo, e, accanto a lui, vi era una donna vestita diversamente dalle altre che avevano visto nel villaggio, sembrava indossare pelli più pregiate e il suo sguardo trasmetteva una sorta di regalità.
A ciò, il loro accompagnatore sembrò chiamare qualcuno. – Veherek!! – urlò aggiungendo altre parole in dothraki. Dopo qualche minuto, fu raggiunto da un altro guerriero dothraki un po’ più giovane di lui. – Lui. – lo indicò. – Lingua comune. Parla – disse facendosi capire dalle due che emisero un respiro di sollievo. Sembrò intendere anche il nuovo arrivato, difatti, accennò loro un sorriso, mantenendo comunque quell’aria di minacciosa diffidenza che sembrava contraddistinguere il suo popolo. – Da dove venite? – chiese loro con un forte accento dothraki.
- Proveniamo da Grande Inverno, nel continente occidentale. Chiediamo umilmente udienza al vostro khal – rispose Eveline con sicurezza.
- Io sono Veherek, figlio di grande guerriero Djaharro. Uomo che ha accompagnato voi è Adhem, figlio di grande khal Jaqo. Io sarò vostra lingua quando parlate con grande Khal Miroqo e con sua Khaleesi Lhija – disse il ragazzo facendo poi segno loro di seguirlo per condurle al cospetto del khal e della sua khaleesi.
Una volta giunte a pochi metri dall’uomo e dalla donna, le due fecero un educato inchino. – Grande Khal Miroqo e grande Khaleesi Lhija – cominciò Eveline sperando di aver pronunciato correttamente i nomi che aveva udito, mentre Veherek aveva già iniziato a tradurre accanto ai due sovrani. – Io e la mia amica proveniamo dal continente occidentale. Siamo nipoti e protette di una delle vostre vecchie khaleesi, Daenerys Targaryen, moglie di Khal Drogo, colei che ha guidato il vostro popolo oltre il mare stretto alleandosi con suo nipote Walter Targaryen per combattere la Battaglia Finale a Nord, contro gli Estranei. Siamo al vostro cospetto per chiedere il vostro aiuto e la vostra protezione, poiché nel luogo in cui viviamo ci danno la caccia per rapirci e ucciderci. Daenerys ci ha mandato qui in nome della vostra vecchia alleanza, garantendoci la vostra salvaguardia – disse Eveline non mostrando alcuna esitazione, sperando che sua zia non si avesse commesso un errore nel mandarle in quel luogo.
Quando il giovane dothraki terminò di tradurre al khal, quest’ultimo disse qualcosa ad una delle sue guardie, la quale si allontanò dalla tenda.
- Khal Miroqo ha chiamato qualcuno che può provare tue parole – le spiegò Veherek.
Attesero alcuni minuti, finché non entrò nella tenda un uomo molto più maturo rispetto a tutti i presenti. Questo si avvicinò ad Eveline e la guardò dritta negli occhi per alcuni istanti, per poi concentrarsi sul suo aspetto generale. – Sei nipote di famosa khaleesi con pelle e capelli bianchi? – le chiese il nuovo arrivato.
- Sì.
- Ma tu no capelli bianchi o pelle bianca – osservò lui.
- Beh, sono sua nipote, non sua figlia. Mio padre aveva i capelli neri.
- Chi tuo padre?
- Walter Targaryen.
Udendo quel nome, lo sguardo dell’uomo si accese. – Walter Targaryen? Ho conosciuto lui. Ho combattuto con lui. Io sono grande guerriero Qhono e io combattuto in Battaglia Finale – poi l’uomo si avvicinò ancora più a lei, facendola istintivamente indietreggiare. – Tuoi occhi. Assomigliano ai suoi. Tu davvero sua figlia – confermò Qhono. – Tuo nome?
- Mi chiamo Eveline.
Nell’udire tal nome, l’uomo la guardò torvo. – Evin?
- No, “Eveline” – ripeté lei pronunciandolo più lentamente.
- Tuo nome strano e difficile.
– Mia zia Daenerys aveva un nome molto più lungo e complicato. Come riuscivate a pronunciarlo?
- Non chiamavamo tua zia con suo nome. Lei era “khaleesi”. Vuoi chiamiamo anche te “khaleesi”?
- No, no, andrà bene solo “Eve”! – lo rassicurò lei sconsolata.
- Nome tuo padre molto facile. Tu dovresti chiamare come lui – disse l’uomo provocando nelle due ragazze una trattenuta risata divertita. - Tuo nome invece? – chiese rivolgendo l’attenzione a Myranda questa volta.
- Myranda Lannister.
- Come Jaime. Come Tyrion. Loro nomi facili. Invece anche tuo nome difficile, come lei – disse l’uomo ancora più confuso da quella logica che non comprendeva.
- Potete chiamarmi“Mia”! – si affrettò a dire la ragazza.
A ciò, Qhono si rivolse a Khal Miroqo, parlandogli ovviamente in dothraki. Quest’ultimo annuì e parlò per la prima volta alle due ospiti straniere.
- Khal Miroqo dice che Qhono crede voi. Avete la nostra protezione. Ora ancelle vi porteranno in vostre abitazioni – tradusse loro Veherek sorridendo e richiamando due donne.
Eveline e Myranda si guardarono sollevate per aver superato quello che sembrava l’ostacolo più grande del loro lungo viaggio.
Quando le due uscirono dalla tenda accompagnate da Veherek e dalle due ancelle, si accorsero che anche queste ultime avevano cominciato a scrutarle ripetutamente. Notando ciò, il ragazzo prese di nuovo la parola. – Donne dothraki vi guardano molto – disse alle due straniere.
- Già, è normale. Credono che potremmo essere una minaccia alla loro incolumità – gli rispose Eveline.
- No. Loro guardano perché siete molto belle.
- Perché dovrebbero farlo? Anche loro sono belle.
- No. Voi avete pelle chiara. Voi venite da oltre grande mare stretto. Voi avete bellezza più …
Eveline capì che il ragazzo non ricordasse il termine giusto nella lingua comune, così lo aiutò. - … raffinata?
- Sì, raffinata – pronunciò lui con non poca difficoltà, voltandosi, di tanto in tanto, ad osservare la giovane Lannister, intenta a guardarsi intorno curiosa e un po’ intimorita da quel nuovo e bizzarro ambiente.
- Dovremmo vestirci come loro? – chiese rivolgendosi implicitamente ad Eveline. Ma prima che quest’ultima potesse risponderle, una delle ancelle disse qualcosa in dothraki.
- Wanha dice che se volete restare qui, dovete rispettare cultura – tradusse il ragazzo. – Non preoccupare. Abbiamo pelli di capra e di coccodrilli molto belle. Alcune sono lunghe come vostri vestiti – la rassicurò Veherek accennandole un sorriso e capendo cosa realmente preoccupasse Myranda riguardo quel tipo di abbigliamento.
- Grazie – gli rispose lei lievemente imbarazzata. – Queste ragazze non parlano la lingua comune come te? Come potremo farci capire da loro? - aggiunse.
- Wanha e Laarit sanno parlare poco lingua comune. Però capiscono molto. Voi insegnerete loro e a bambini di villaggio a parlare lingua comune – propose il ragazzo.
- Volete imparare la lingua comune? – chiese Eveline rivolgendo uno sguardo fugace alla sua amica. – Myranda è molto brava con i bambini, vero, Dada? Può farlo lei. A patto che voi ci insegnerete a parlare dothraki – propose la giovane Targaryen.
- Buona proposta. E tu? Non insegnerai anche tu a parlare lingua comune?
- Io  avrò altro a cui pensare, Veherek. Mi aspetta un lavoro molto complesso.
A quelle parole, il ragazzo la guardò con sguardo interrogativo.
- Devi sapere che Eve è una grande esperta delle arti mediche – rispose Myranda al suo posto.
- Maga?
- Non maga. Medicine, curare – aggiunse Eveline per fargli capire meglio.
- Maga – continuò imperterrito il ragazzo come se non vi fosse differenza tra le due, in quel luogo.
- Devo trovare a tutti i costi una cura per la grave malattia di mia madre. Morirà se non mi sbrigherò a realizzare una medicina capace di guarirla. Non ho molto tempo. Quando io e Myranda torneremo nella nostra terra, dovrò già possedere il rimedio.
- Dispiace per tua madre – concluse Veherek fermandosi dinnanzi alla tenda dove le due avrebbero alloggiato. – Non disturberà nessuno voi, non preoccupate.
- Grazie, Veherek – rispose Myranda entrando dentro la tenda con le due ancelle. Prima che potesse entrarvi anche Eveline, il ragazzo parlò ancora.
- Se vuoi aiutare tua madre, no troverai risposte se resti qui. – A quelle parole, la giovane rosa si voltò nuovamente verso di lui, in attesa che continuasse. – In nostra cultura guariscono streghe e maghi.
- Nella nostra, invece, non funziona in questo modo. Distinguiamo coloro che fanno prettamente uso della magia, dai Maestri delle arti mediche veri e propri, nonostante io mi consideri di mente molto aperta e non disprezzi le tecniche che implicano componenti misteriche.
- Qual è tua età?
- Ho quasi sedici anni.
Il ragazzo rimase perplesso da tale risposta. – Sono sorpreso, Eve. In nostra cultura quelli che guariscono sono più vecchi. – Ciò generò una risata quasi spensierata nella giovane rosa.
- Vorrà dire che sarò la prima guaritrice così giovane a Vaes Dothrak.
- Dovrai mostrare quello che sai fare – commentò lui sorridendo a sua volta. – Ma, come ho detto, se resti qui non troverai quello che cerchi. Devi allontanare poco da Vaes Dothrak. Devi cercare stregoni e maghi. Loro aiuteranno te a trovare cura per tua madre.
- Allora, se è come dici, dimmi il nome di uno di loro e dove si trova.
- No essere avventata. Sono molto pericolosi. Sei ragazza coraggiosa ma no puoi essere imprudente con quello che non conosci. Se vuoi andare, qualcuno deve accompagnare te.
- Hai ragione, Veherek, ma credo di potermela cavare da sola. Sono stata altre volte a contatto con persone di questo tipo. Inoltre, sono un osso duro nonostante l’età. Dimmi dove andare per trovare le risposte che cerco.
Il giovane dothraki ci rifletté un po’ su, indeciso se dirle ciò che stava per rivelarle. – Stregone più famoso è a quattro ore di cavallo da qui. Lui saprà sicuro come aiutare. Riesce a fare tutto. Suo nome è Silenziatore. Ricorda, però, lui non aiuta tutti. Sceglie lui.
- Grazie, Veherek – disse salutandolo prima di entrare definitivamente nella tenda. – Ah, dimenticavo! – lo richiamò facendolo voltare di nuovo verso di lei. – Ho visto come guardi la mia amica. Se non pensassi che sei un bravo ragazzo, non ti aiuterei, dato che lei è come una sorella per me. Ma sono riuscita ad inquadrarti un po’ e so che ha bisogno di svagarsi un po’ da tutto ciò che ci sta accadendo. Credo che tu potresti aiutarla in questo. Myranda è una ragazza infinitamente dolce e sensibile, Veherek, oltre ad essere ancora molto giovane. Vedrai che, con il tempo, si aprirà e diventerete amici, ma non starle troppo addosso – lo rassicurò accennandogli un sorriso per poi entrare nella tenda.
 
Le ancelle videro che le due avevano lievi ferite e tagli in tutto il corpo, oltre ad essere sfinite per il lungo viaggio compiuto. A ciò, provvidero a preparare un bagno caldo e rilassante per loro.
Mentre una delle due massaggiava delicatamente le spalle di Eveline, le parlò. – Tua pelle. Molto bella – disse trattandola come se stesse maneggiando della porcellana.
- Tu sai parlare la lingua comune? – le chiese stupita la giovane rosa. La ragazza dothraki le fece segno di saperla parlare pochissimo. – Il tuo nome è Wanha, vero?
- Sì.
- Wanha, tu sai qualcosa riguardo un certo Silenziatore?
Non appena la giovane Targaryen pronunciò quel nome, le due ancelle si immobilizzarono come scottate, per poi guardarsi a vicenda. Myranda ed Eveline rimasero sorprese da tale reazione.
- No suo nome.
- Non devo più dire il suo nome?
- Tutti sanno.
- Perché siete così spaventate da lui?
- Pericoloso. Cambia, gioca con forma, con vita.
- È come se fosse un mutaforma? – azzardò Myranda.
- Suo nome Aris, tutti lontani da lui – le ripeté la donna categorica.
- Eveline, che significa? Vuoi andare da questa persona? Sai che ti ho sempre appoggiata indipendentemente dai pazzi squilibrati dai quali volevi dirigerti per reperire gli ingredienti per i tuoi intrugli, ma queste ragazze sembrano davvero spaventate … - le disse Myranda con sguardo preoccupato.
- Infatti questa volta non verrai con me. Andrò da sola. Veherek mi ha detto che qui funziona diversamente. Non esistono Maestri o semplici esperti delle arti mediche, ma solo stregoni o maghi che si occupano di ciò. Non potrò trovare una cura per mia madre a meno che io non mi rivolga ad uno di loro. Sai che sarei disposta a tutto pur di guarirla. Qui non ho neanche il mio rifugio con tutte le mie ampolle, le mie piante o i miei cristalli … Avrei praticamente le mani legate se non mi adeguassi alle usanze e ai ritmi di questo luogo. Vedrai che andrà tutto bene – la rassicurò allungando il braccio verso di lei per afferrarle la mano e stringergliela.
Tuttavia, nello stesso momento in cui le loro dita si sfiorarono, la vista di Myranda si annebbiò e, al posto delle immagini reali di quell’istante, dinnanzi ai suoi occhi comparvero delle visioni che mostravano la giovane rosa legata e in preda ad urli atroci e violenti.
Durò solo alcuni secondi, ma bastarono alla ragazza per farla spaventare ed emettere dei tremiti abbastanza evidenti che smossero l’acqua calda nella quale era immersa, sotto le mani attente dell’altra ancella e al tocco di Eveline.
- Dada? Che ti è successo? – le chiese allarmata la fanciulla.
Myranda, a tale domanda, restò a guardarla in cerca di aria da emettere, riflettendo sulla risposta da darle e decidendo che fosse meglio non dire nulla finché non avrebbe avuto qualche certezza in più riguardo ciò che aveva visto. D’altronde, suo padre glielo diceva sempre che, posta in situazioni di forte agitazione o dopo aver subìto un trauma, la mente gioca brutti scherzi. – Niente, non è stato niente, non preoccuparti. Solo brutti ricordi di sogni fatti le notti scorse.
A ciò, Eveline le strinse ancora la mano per darle il suo sostegno. – Passeranno, Dada. Questi brutti sogni non saranno più così frequenti, vedrai. Presto riceveremo notizie da Grande Inverno e sapremo come stanno i nostri cari.
- Già. Avremo presto loro notizie.
 
 
I figli di Euron Greyjoy percorsero la navata dirigendosi verso la regina Yara.
Si trattava di tre ragazze e di due ragazzini. Ognuno di loro sembrava mostrare reazioni diverse nel ritrovarsi per la prima volta nella nelle Isole di Ferro, sapendo di essere i figli del peggior nemico dei loro cugini di sangue. Colei apparentemente più tranquilla tra i cinque, era la figlia maggiore, una ragazza di ventisei anni, dai lunghi capelli color nocciola, con gli occhi profondi e penetranti di suo padre e un aspetto, seppur non bello per definizione, molto elegante, affascinante e dall’aria quasi intoccabile. Fu proprio lei a parlare anche in nome dei suoi fratelli minori.
- Cugina Yara – disse inchinandosi seguita da tutti gli altri. – È Bridgette Greyjoy che vi parla, figlia maggiore di vostro zio Euron, traditore ed esiliato dalle Isole di Ferro. Permettetemi di presentarvi i miei fratelli e le mie sorelle, mia regina – disse indicando i ragazzi e le ragazze che erano dietro di lei. – Camille Greyjoy, secondogenita; Ireen Greyjoy, terzogenita; Adrian Greyjoy, quartogenito e Wylem Greyjoy, il più piccolo tra noi – disse la ragazza.
- Vi ho accolto senza remore o pregiudizi nonostante le azioni riprovevoli che ha compiuto vostro padre, poiché non sono una regina ingiusta e trovo crudele punire i figli per i peccati dei propri genitori. Tuttavia … - disse Yara alzandosi in piedi e avvicinandosi a loro. - … non pensate di potermi trattare da stupida, poiché non sono neanche questo  - aggiunse rivolgendosi in particolare a Bridgette, la quale resse senza alcuna fatica il suo sguardo diffidente.
- Ed è giusto che sia così, mia regina. Noi e voi non ci conosciamo, non abbiamo nessuna confidenza e alcun legame che possa metterci nella posizione di avanzarvi richieste. Ne siamo ben consapevoli. D’altronde, prima di oggi, voi non eravate neanche a conoscenza della nostra esistenza.
- Dunque? Perché siete qui?
- Nostro padre è morto per un malanno qualche settimana fa, mentre nostra madre è morta durante l’ultimo parto. Siamo rimasti senza una famiglia e, dato che la ragione principale del nostro abissale distacco non esiste più, siamo venuti qui per chiedervi ospitalità nella vostra dimora, quella che sarebbe dovuta essere anche nostra, prima dell’esilio di nostro padre. Non biasimateci, cugina, di certo amavamo nostro padre; lui ci ha sempre trattati con riguardo e come dei figli meritano di essere trattati; tuttavia, riconosciamo i suoi gravi errori e ci troviamo assolutamente d’accordo con la vostra decisione di esiliare lui e la sua famiglia dalle Isole di Ferro. Ma ora, vi chiediamo di mettere da parte i vecchi disguidi di cui noi non facciamo parte, e di accoglierci nella vostra dimora. Magari non sarà possibile provare ad essere una famiglia, ma, almeno, i miei fratelli avranno modo di vivere in un ambiente pacifico e che ricordi loro l’affetto e il calore di una casa – disse solennemente la ragazza.
A quelle parole, Yara guardò Theon e si consultò con lui in privato.
Dopo qualche minuto in cui scambiarono le loro opinioni al riguardo, e nei quali Oberyn, da un angolo remoto del salone, ebbe modo di studiare i nuovi arrivati, Yara ritornò dinnanzi ai cinque. – Come ho detto, non posso condannarvi per i peccati commessi dal vostro crudele padre, assassino del nostro. Inoltre, io e mio fratello leggiamo sincerità nei vostri occhi. Potrete restare qui fin quando vorrete – affermò la donna accennando un contenuto sorriso ai suoi nuovi ospiti. A ciò i ragazzi sorrisero, tutti tranne Bridgette, la quale si limitò ad annuire cordialmente in segno di gratitudine.
- Perdonate l’indiscrezione della mia domanda, cugina Bridgette – aggiunse la regina. – Voi avete già una famiglia? Siete sposata o avete figli?
- No, cugina. Non ho figli e mio marito mi ha rifiutata come moglie a causa dell’impossibilità di dargli eredi – rispose con una freddezza invidiabile.
- Voi e la secondogenita sembrate già donne adulte, cugina. Dunque, suppongo che, anche al tempo della Battaglia Finale e del tradimento di vostro padre, voi foste già state concepite. La domanda mi sorge spontanea: siete sue figlie legittime? E, come mai, a quel tempo, non abbiamo saputo nulla della vostra esistenza?
- Durante la Battaglia Finale e l’esilio di nostro padre io avevo undici anni, mentre Camille quattro. Vi confermo che siamo state concepite da un rapporto illegittimo tra nostro padre e una lady appartenente alla casata Codd. Per questo non avete saputo nulla della nostra esistenza. Tuttavia, una volta cresciute, Euron ha deciso di renderci sue figlie legittime, attribuendoci il rinomato cognome dei Greyjoy, dandoci la possibilità di sposarci con prestigiosi lord e di divenire delle lady la cui mano fosse ambita. Ireen, Adrian e Wylem, invece, sono figli legittimi concepiti dopo la Battaglia Finale, tra il matrimonio di nostro padre e di lady Annabelle Farwynd.
- Capisco. Non intendevo essere inopportuna, lady Bridgette.
- Non lo siete affatto, regina Yara – rispose la ragazza con tranquillità.
- Prima di farvi preparare delle stanze in cui riposarvi dal lungo viaggio affrontato, è bene che voi conosciate qualcuno, cari cugini – aggiunse Theon, prendendo per la prima volta la parola.
 
La piccola Müren si era intrufolata nella stanza di sua madre, come era solita fare, poiché lì si trovava la culla del suo fratellino, il quale giaceva addormentato nel lettino, mentre la balia restava sull’attenti nelle vicinanze. La bambina si sporse sul bordo, poco più basso di lei, per osservarlo meglio. Sorrise nel notare che il neonato aveva aperto gli occhioni semiaddormentati, come ogni volta che lei lo andava a trovare e lo guardava mentre dormiva.
- Ciao, Blake. Sono venuta anche oggi per stare con te. Vuoi che ti aiuti a riaddormentarti? – chiese la bambina allungando la manina verso il suo fratellino con eccessiva cautela. Il pargolo mosse lievemente i piccoli arti mentre riconosceva quell’odore e quella presenza familiare. Müren avvicinò le dita al volto del bambino, ma senza sfiorarlo, terrorizzata dall’idea, anche se desiderosa di farlo e di dargli tutto l’amore che sentiva di volergli trasmettere. Rimase a debita distanza, fin quando il piccolo non le afferrò un dito, tenendolo stretto tra i suoi tenaci e minuscoli ditini. A quell’improvviso contatto, la bambina, presa dal panico, cercò di calmarsi e di prendere un lungo respiro per riuscire a mantenere la sua posizione e non staccarsi da lui.
- Non ti lascerò, Blake. Non ti lascerò fin quando non ti riaddormenterai – gli promise con voce lievemente tremante mentre il neonato continuava a stringere. - Vuoi che ti canti una canzone come faccio sempre, vero? Vediamo … oggi ne ho una nuova – sussurrò schiarendosi piano la voce e chiudendo gli occhi per ricordare le parole. – Il bianco viaggiava in un deserto sconfinato, perso e solo, in cerca degli altri colori – intonò. – Sembrava aver perso la sua strada
Sembrava destinato a quel nulla
Sembrava una domanda irrisolta
Sembrava una nuvola
Poi trovò un altro colore
Gli disse di dirgli quale fosse la strada che doveva seguire
L’altro colore gli disse che avrebbe dovuto rimanere fermo
Fermo per far capire agli altri colori di non essere bianco
Di non essere nulla – terminò la bambina riaprendo gli occhi e accorgendosi che, proprio come accadeva sempre, il suo fratellino si fosse riaddormentato beatamente grazie al suo canto.
- Avete una voce molto bella, principessa – commentò improvvisamente una voce dietro di lei. La piccola scattò e si voltò immediatamente, scossa da quel tono sconosciuto. Ser Davos era rimasto sul ciglio della porta ad ascoltare l’intera canzone e a sciogliersi nell’osservare il sorriso finale della bambina mentre guardava con amore il suo fratellino ancora in fasce dormire beatamente. – Perdonatemi: non era mia intenzione spaventarvi. Sono qui solo perché mi è stato chiesto di venire a chiamarvi: sono giunti dei nuovi ospiti e voi, essendo la primogenita della regina, dovete presentarvi loro - rispose con prudenza l’uomo.
A ciò, Müren, dopo aver appurato l’innocuità di quell’individuo, si diresse verso la porta, sorpassandolo, con l’intento di raggiungere il salone in cui si trovava precedentemente. Ma, prima di farlo, si voltò un’ultima volta verso la culla dove dormiva il neonato. – Sogni d’oro, Blake – gli disse teneramente, per poi raggiungere la sua meta.
 
Non appena la piccola Müren fece il suo ingresso nel salone, gli sguardi dei nuovi arrivati si puntarono su di lei.
- Lei è la principessa Müren Harlaw – la presentò nuovamente Theon.
A ciò, tutti e cinque i figli di Euron si inchinarono rispettosamente a lei, compresa Bridgette, la quale rimase maggiormente concentrata sulla bambina. – È un grande onore conoscervi, Müren. Spero che riusciremo presto a diventare amiche – le disse la ragazza accennandole un premuroso sorriso mentre era ancora inchinata.
- Avete gli occhi del mare in tempesta – disse timidamente la bambina, guardandoli rapita.
A quella risposta, la giovane donna rimase piacevolmente colpita. – E i vostri sono come quelli di una giovane aquila intenta a solcare i cieli, mia principessa – le rispose osservandoli attentamente.
 
 
L’uomo entrò nella Sala dei Mille Troni a passo svelto e chinando il capo per mostrare riverenza.
- Sei arrivato, Rhaz Qarneex – pronunciò uno dei Superni che lo stavano attendendo.
- Sì, Askarx Illeerm. Sono qui per ascoltarvi e adempiere alle vostre indicazioni.
Askarx Illeerm era un uomo dai tratti eleganti, calvo, basso, magro e dagli occhi scuri estremamente grandi e rotondi, ma con un atteggiamento tanto autoritario, da far diventare minuscolo chiunque gli si trovasse vicino. Il suo aspetto contrastava con quello degli altri due Superni che non si dividevano mai da lui, come se fossero tutti e tre una cosa soltanto. Mhunaer Fahros era il più alto e imponente dei tre; egli aveva lo sguardo che “sapeva di marcio”, gli occhi piccoli quasi come fossero solo due fessure e i capelli lunghi e unti. Infine, vi era il più silenzioso, chiamato spesso l’”osservatore”, Niraij Vooxaq, dai tratti apparentemente più giovani dei tre, nonostante colui realmente più giovane fosse Askarx; egli possedeva occhi e capelli chiari accentuati dalla pelle quasi grigiastra.
- Ti è stato comunicato il nostro intento di depredare l’intera banca di Braavos per fare in modo che il nuovo re del continente occidentale si appoggi economicamente a noi, invece che a quei burattini del Dio dei Mille Volti - disse Askarx con il suo abituale tono deciso e pretenzioso.
- Ne sono stato informato e ne ho discusso con i miei compagni. L’opinione di noi Tredici di cui sono portavoce, è di riflettere sulle vostre azioni. Insomma, la nostra città è fiorente ed estremamente ricca, i nostri affari commerciali procedono a gonfie vele, dunque, ci chiediamo che bisogno ci sia di allearci con quei barbari del continente occidentale e … -
- Non ricordiamo di aver richiesto l’opinione di voi Tredici. Voi lo ricordate? – chiese improvvisamente Mhunaer interrompendolo e rivolgendosi agli altri due, i quali gli fecero segno di no.
- Vi rimembriamo, dato che troppo spesso tendete a dimenticarlo, che voi Tredici siete sotto il nostro comando, così come il resto della città di Qarth, Rhaz Qarneex – aggiunse solennemente Niraij.
- Inoltre, in aggiunta a ciò che hanno precisato i miei fedeli compagni, ci terrei a contestare il tuo linguaggio sciatto e sconsiderato: noi non vogliamo certo stipulare un’alleanza con quelle bestie che abitano l’altro continente … noi vogliamo sottometterli a noi, farli dipendere da noi, per poi decidere di tagliare i fondi quando più ci aggrada, in modo da poter controllare e decidere tutte le loro azioni velatamente.
- Perdonatemi, ma fatico a comprendere il motivo del vostro improvviso interesse nei confronti dei regnanti occidentali.
- È ovvio che fatichi a comprendere, Rhaz Qarneex: fai parte dei Tredici. “Godresti” di maggior discredito solo se fossi uno stregone della Casa degli Eterni – rispose con naturale disprezzo Mhunaer.
- Ad ogni modo, il motivo è abbastanza ovvio, Rhaz Qarneex: Hoxana Aemchaar è una cittadina di Qart, nata e cresciuta nella nostra città. Era una perla grezza del nostro popolo, la più preziosa che avevamo. Poi ci ha voltato le spalle senza alcun riguardo, sedotta dal grossolano e precario fascino occidentale, poiché scelta personalmente da quel vecchio dalle manie mostruose per prendere il suo posto. Quella creatura è sempre stata una ribelle, fin da ragazzina. Quei parassiti non possono godere della nostra Hoxana, di un tesoro privato della città di Qarth, senza darci nulla in cambio. Il nostro obiettivo è anche quello di dissuaderla dalla sua scelta, di riprendercela e di vendicarci di lei e di loro – rispose Askarx.
- Ora capisco le vostre ragioni, Superni. Tuttavia, permettetevi di chiedervi come intendete depredare l’intera banca di Braavos. Vorrei ricordarvi che è quasi impossibile anche solo penetrarvi. Se avete pensato di servirvi degli Uomini del Dispiacere per riuscire in ciò, sono più che convinto che neanche loro sarebbero capaci di un’impresa tanto ardua.
- Parli di quelle bambole di legno? Come puoi anche solo pensare che l’idea di servirci di loro abbia sfiorato la nostra mente, Rhaz Qarneex? – chiese Mhunaer più offeso del solito.
- Noi avevamo pensato di ottenere la fedeltà di un nuovo ordine che è nato molto recentemente e che sta acquistando sempre più fama nel continente occidentale – continuò Askarx.
- Hanno cominciato rubando tutti i reperti più segreti e proibiti dell’intera Cittadella, qualche settimana fa. Poi hanno continuato con vari assassinii e altri furti apparentemente impossibili per qualsiasi ladro o assassino che abbia una fama rispettabile. Coloro che sono riusciti a vederli, affermano che hanno i volti coperti con veli grigi e che si muovono così veloci, da rendersi quasi invisibili agli occhi. Dicono che sono come fantasmi che appaiono e scompaiono come un fugace sogno che lascia ricordi sfocati quanto indimenticabili nella mente. Da ciò deriva il nome che hanno attribuito loro, “Fantasmi della Notte”, oltre al fatto che sembra agiscano solo di notte – spiegò Mhunaer. – Vogliamo loro.
- Perdonatemi nuovamente, Superni, ma questi Fantasmi della Notte sono quasi sconosciuti; non sappiamo nemmeno se esistano davvero. Come credete sia possibile individuarli e renderli nostri alleati in un’impresa del genere??
- Fatelo, Rhaz Qarneex. Avete il permesso di servirvi di stregoni e di qualsiasi altro trucco con cui siete soliti divertirvi voi Tredici. Sappiamo bene che riuscite in tutti i vostri insulsi obiettivi grazie alle vostre particolari conoscenze. Questo dovrebbe essere un gioco da ragazzi per voi – aggiunse infine Niraij.
- Sarà fatto, Superni. La città di Qarth è sempre a vostra completa disposizione. 

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Capitolo 7
*** Il Dominatore di materia ***


Il Dominatore di materia
 
 
Oramai erano giorni o settimane che Jaime e Daenerys erano rinchiusi dentro quella stanza buia, con Brienne in fin di vita. Avevano perso la cognizione del tempo.
Jaime era in dormiveglia, seduto, con la testa abbandonata alla parete e con la mano appoggiata distrattamente alla guancia di sua moglie, la quale era rimasta tutto il tempo con la testa sopra le sue gambe.
Non si erano detti una parola dopo l’irruzione dei soldati e la proposta che questi avevano fatto a Jaime riguardo il divenire Primo Cavaliere del nuovo re. Non avevano avuto nulla da dirsi, troppo occupati a soffrire e a temere per le loro vite e per quelle dei loro cari, risucchiati dall’impotenza.
- Credi che stiano bene? – chiese improvvisamente l’uomo, con gli occhi ancora semichiusi e il volto rivolto verso la finestra tappata. A quella domanda, anche la madre dei draghi si risvegliò dal suo torpore e guardò Jaime con sguardo interrogativo. – Mia figlia ed Eveline, intendo. Credi che siano riuscite ad arrivare a Vaes Dothrak?
- Spero di sì. Mi fido dei dothraki. Sono la mia seconda famiglia. Forse loro sono le uniche ad essere davvero al sicuro – rispose Daenerys accennando un sorriso ai limiti del malinconico.
A ciò, Jaime si voltò a guardarla. – Mi dispiace tanto per Hayden e per Jon. Sto pregando gli dei ogni giorno che siano anche loro al sicuro.
- Non c’è bisogno di mentire dinnanzi a me, Jaime. Sono una donna che ha affrontato di tutto nel corso della sua vita e so bene che mio figlio e mio marito sono più a rischio di tutti noi trovandosi ad Approdo – disse amaramente la madre dei draghi, cercando inutilmente di ricacciare indietro le lacrime. – Avrei dovuto impedirgli di andare. Sapevo bene che sarebbe stato pericoloso. Ma Jon era così sicuro di riuscire a risolvere almeno un po’ la situazione ad Approdo. Lui ha sempre avuto questo innato istinto a spingerlo a salvare vite e a porre rimedio ad ogni situazione pericolosa, come se fosse imbattibile. Sapevo che non sarei mai riuscita a convincerlo a non andare. Tuttavia … - disse iniziando a piangere e a singhiozzare. – Avrei almeno dovuto impedirgli di portare Hayden con lui … se lo avessi fatto … forse ora anche mio figlio sarebbe in salvo insieme a Myranda e ad Eveline … per i sette inferi, perché non l’ho fatto?!? Sono rimasta talmente accecata dalla prospettiva di vedere Hayden così soddisfatto e impaziente di fare ciò che ha sempre voluto fare … essere un buon comandante … una guida coraggiosa degna del suo popolo … ho visto il suo sorriso e non ce l’ho fatta ! – esclamò continuando a piangere.
- Ehi … non è colpa tua – le disse l’uomo allungando la mano e appoggiandola sopra quella della madre dei draghi, per poi stringergliela. – Non potevamo sapere cosa sarebbe accaduto. Non darti colpe che non hai.
Trascorsero alcuni minuti in cui Daenerys ebbe modo di calmarsi un po’ grazie anche alla mano del suo compagno di prigionia stretta alla sua.
- Sai … quando Hayden era piccolo diceva di odiare i suoi capelli.
- Sì, lo ricordo – rispose Jaime accennando un sorriso nostalgico.
- Tutte le storie passate che aveva udito sulla casata Targaryen, tutte le crudeltà che avevano commesso coloro che possedevano i nostri capelli, erano penetrate nella sua mente e lo avevano influenzato. Inoltre, era l’unico insieme a me ad averli, e ciò costituiva un motivo di diversità, nonostante nessuno tra i suoi amici e i suoi cugini glielo avesse mai fatto pesare. Veniva sempre riconosciuto subito come Targaryen, non appena veniva visto anche solo da lontano. Ciò lo disturbava. Ricordo che provò innumerevoli volte a tagliarseli da solo, ma ricrescevano sempre, perciò capì che era inutile. Un giorno, quando era nel letto insieme a me e si trovava sul punto di lasciarsi andare al sonno, io glieli accarezzai come ero solita fare mentre lo guardavo addormentarsi ... in quel momento aprì i suoi occhioni neri e mi osservò con uno sguardo differente. “A te piacciono tanto” mi disse. Io gli risposi che li amavo, ma non perché ci identificavano come Targaryen. D’altronde, non era ciò che ci distingueva, poiché esistevano altri membri della stessa famiglia ad esserne privi, come Walter ed Eveline. Gli dissi che li amavo perché erano nostri e io non avrei mai cambiato niente di noi. Dopo quella risposta, il suo visino sembrò realizzare una verità assoluta e tanto agognata. Mi sorrise e richiuse gli occhi rimanendo accanto a me e continuando a lasciarsi accarezzare. Da quel giorno sembrò accettare di avere sangue e altre caratteristiche tipiche dei Targaryen. Accettò la sua stirpe e non ne ebbe più vergogna o repulsione – disse la donna sorridendo mentre le lacrime continuavano a bagnare le sue guance bianche.
- È sempre stato un bambino sveglio ed intelligente – commentò Jaime sorridendo a sua volta. – La mia bambina ha sempre avuto un enorme cotta per lui. Non riesco neanche a ricordare in che periodo le è venuta. Credo sia stato dalla prima volta che lo ha visto, quando era ancora in fasce.
Risero entrambi. – Sì, me ne sono accorta! Credo se ne siano accorti tutti a Grande Inverno. Oh, la dolce Myranda! Ha sempre posseduto una sensibilità che le ho invidiato fin dal primo momento. Quando la tenevo tra le mie braccia, così bella e paffuta, mi ricordo che sorrideva sempre con quella sua purezza ed ingenuità che la rendevano luminosa e rara. Parlava continuamente, raccontandomi di tutto con la massima accuratezza e meraviglia. Come se qualsiasi cosa per lei avesse un valore e possedesse un lato buono. Aveva fiducia nel mondo e credo che sempre la avrà, qualsiasi cosa accada.
- Forse anche troppa – commentò Jaime mentre il suo sorriso assumeva un velo di preoccupazione.
- Cosa intendi?
- Ho sempre cercato di proteggerla da tutto e da tutti, forse eccessivamente. Per questo ora mi resta difficile pensare che è da sola e si sta reggendo con le sue gambe, senza la nostra protezione. Sta diventando una donna, ma non sono mai riuscito a vederla come tale. Per me rimarrà sempre la mia bambina. Ha sempre saputo che possedesse qualcosa del carattere di Myrcella, l’altra mia figlia. Una dolcezza e una purezza pericolose per chiunque non le possieda. Nella mia casata, coloro che hanno mostrato un carattere di questo tipo sono morti molto giovani. Tommen e Myrcella erano solo dei bambini.
- Loro vivevano in un ambiente diverso a quel tempo. Per Myranda non sarà lo stesso.
- Lo so, ora è diverso. Tuttavia, credo che Myranda sia addirittura più a rischio di quanto lo fossero i suoi fratellastri.
- Cosa intendi?
- La sensibilità di Myranda è diversa da quella di Tommen o di Myrcella. Non è semplice ingenuità fanciullesca, plasmabile e instabile, facile da trasformare in qualcos’altro. La sua è un’impostazione mentale, uno stile di vita estraneo alla mia casata, ma più comune a quella della mia amata. Anche se non sembra, negli anni hai potuto constatare anche tu che Brienne è dotata di una dolcezza fuori dal comune, anche se nascosta dietro una corazza di guerriera impossibile da scalfire. Il potere e la condanna di mia figlia stanno in ciò. Per questo ho sempre temuto per lei e ho cercato in tutti i modi di tenerla al sicuro, anche privandole di vivere appieno.
- Questo non è vero, Jaime. Hai fatto ciò che qualsiasi padre che ama la figlia più della sua stessa vita avrebbe fatto. Non incolparti implicitamente per non essere stato un degno padre per gli altri tuoi tre defunti figli, temendo di non poterlo essere neanche questa volta per Myranda. Hai fatto un ottimo lavoro con lei.
A quelle parole, l’uomo sorrise lievemente consolato, per poi voltare di nuovo lo sguardo verso la finestra. – Chi lo avrebbe mai detto?
- Cosa? – gli chiese la donna.
- Che la figlia dell’uomo che ho ucciso e tradito, sarebbe stata la mia spalla su cui piangere in un momento tragico come questo – disse ironicamente Jaime.
- Già … - rispose Daenerys cogliendo l’ironia. – Oramai la fama di Sterminatore di re ti ha reso molto più ambito che deriso.
- Non accetterò mai la proposta che mi hanno fatto – rispose lui risoluto.
- Lo so, Jaime. Ne sono certa. Ad ogni modo, non ho mai avuto l’occasione di dirtelo, ma … non ce l’ho mai avuta con te per quello che hai fatto a mio padre. Insomma, quando ero solo una bambina ho pensato diverse volte, con rabbia e desiderio di vendetta, a ciò che avevi fatto. Ma una volta cresciuta e dopo aver realizzato che tipo di uomo era diventato mio padre … ho smesso di considerarti un assassino infame e vile. Ho iniziato addirittura a nutrire della riconoscenza nei tuoi confronti; perciò grazie, Jaime. Grazie per ciò che hai fatto. Non saremmo qui e non avremmo mai potuto costruirci la vita che desideravamo e una famiglia, se non fosse stato per te e per il tuo coraggio che ti ha spinto a porre fine al regno sanguinario del mostro che era mio padre.
- Non ci saremmo riusciti neanche se Walter non avesse fatto ciò che ha fatto – specificò l’uomo.
- Già. Il mio amato nipote ci ha salvati tutti quindici anni fa, anche se non immaginava di certo che ci saremmo trovati in questa situazione ora.
- È assurdo immaginare che da un uomo tanto crudele, siano stati generati dei figli e dei nipoti tanto diversi da lui.
In quel momento, Daenerys sembrò quasi avere una visione ad occhi aperti. Il suo volto semi sorridente si incupì di colpo e assunse una colorazione quasi cerea. – Vogliono farlo diventare come lui … - sussurrò la donna realizzando con orrore.
- Daenerys? Daenerys, che ti succede? – le chiese l’uomo allarmato.
- Mio figlio. Vogliono renderlo come suo nonno. Vogliono renderlo come mio padre. Vogliono che divenga il nuovo re folle – balbettò lei sconvolta voltandosi verso Jaime e cominciando a tremare. – Lo hanno preso per questo! Non capisci??? Per questo motivo lo volevano!! Vogliono renderlo una sua copia!!! Vogliono trasformare il mio bambino in un mostro sanguinario!!! – urlò cominciando a piangere e a contorcersi su sé stessa. – No no no, non può succedere … non può accadere … è ciò che di peggiore possa avvenire …
- Daenerys, calmati! – esclamò Jaime avvicinandosi a lei e prendendola per la spalle, cercando di farla ragionare. – Hayden è un ragazzo forte. Vedrai che non cederà al loro volere!
- Jaime, tu non capisci!! Lo tortureranno! Hai visto cosa sono stati capaci di fare a Drogon?? Lo hai visto??? E Drogon è un drago imbattibile mentre Hayden è solo un ragazzo!! Utilizzeranno metodi inumani con lui!! Dalla loro parte hanno qualcuno dalla mente e dall’animo ancora più mostruoso di Qyburn! – urlò lei ribellandosi alla presa salda di Jaime e continuando a piangere e a tremare vistosamente.
- Daenerys, non puoi reagire così ora! Devi essere forte! Devi farlo per Hayden e Jon!! Ora dobbiamo sostenerci a vicenda e non cedere, intesi?? Non lasciarmi da solo in questo!!
Improvvisamente, i due furono interrotti da un potente tonfo che fece tremare le pareti del luogo. Entrambi ammutolirono in attesa di sentire altro, per poi udire in lontananza le voci allarmate e gli urli dei soldati che li tenevano prigionieri. Sembravano in difficoltà.
- Che sta succedendo?!?
- Sono arrivati fin qui, comandante!! Coloro che chiamano i “Fantasmi della notte”!! Stanno spargendo terrore in tutto il Nord e ora sono arrivati qui!!
- Dobbiamo fare qualcosa!!
- Uscite all’esterno!! Uscite! Richiamate gli altri all’ordine!
- Ma comandante, se ci aggiungiamo anche noi agli altri cavalieri all’esterno, i prigionieri rimarranno senza protezione!
- Rimarrà la squadra di Ser Lewis a controllarli!! Ora spostiamoci fuori! Non possiamo lasciare che penetrino qui dentro!! Dobbiamo catturar … - ma l’uomo non riuscì a terminare la frase, che ci fu un altro potente tonfo. A ciò, si udirono i passi di parecchi soldati spostarsi all’esterno.
Jaime si buttò più volte sulla porta per sfondarla.
- Jaime, che stai facendo??
- Forse è la nostra occasione per scappare!! Dobbiamo uscire e controllare quanti soldati siano rimasti qui dentro! – esclamò l’uomo gettandosi per la quarta volta, con tutto il suo peso, sulla porta, e riuscendo finalmente a buttarla giù. A quel punto, Jaime si affacciò per valutare la situazione e trovò il corridoio semi vuoto. – Prendo Brienne, dobbiamo provare ad andarcene – disse l’uomo dirigendosi verso sua moglie stesa a terra.
- Jaime, no! – contestò Daenerys affacciandosi a sua volta e facendogli segno che non fosse possibile. – Non sono così ingenui! Ho visto quattro soldati armati fino ai denti a guardia delle porte! L’unica possibilità che ci sta donando questa confusione, è quella di arrivare almeno fino alla stanza in cui tengono Margaery e Olenna! Il corridoio che ci permetterà di raggiungerle è libero. Se arriviamo fino a loro, possiamo controllare in che condizioni sia Margaery, se sia peggiorata o stia meglio! Poi potremmo solo sperare che questi “Fantasmi della notte” creino ancora più trambusto da permetterci di scappare. Se così non fosse, torneremmo qui dentro prima che loro se ne accorgano!
- D’accordo! – le rispose l’uomo caricando sua moglie sulle sue spalle e addentrandosi a gran velocità nel corridoio libero insieme a Daenerys.
Non appena raggiunsero la porta della stanza in cui erano tenute le altre due donne, si accorsero che non era stata chiusa a chiave, dato che né Margaery né Olenna avrebbero potuto provare a scappare. La aprirono e finalmente le rividero.
- Oh, i miei poveri e stanchi occhi cosa vedono! Sicuramente mi stanno ingannando! – esclamò Olenna mentre un sorriso le si dipinse sul volto. – Miei cari! Siete davvero voi! Almeno voi state bene!
- Sì, stiamo bene Olenna! – la rassicurò Daenerys correndo verso di lei e abbracciandola calorosamente.
Intanto Jaime appoggiò Brienne nello spazioso letto, accanto a Margaery, la quale, non appena si accorse dei rumori intorno a lei, riaprì gli occhi lentamente e si sforzò di sorridere loro. – Sto sognando? – sussurrò quasi impercettibilmente. Jaime e Daenerys si accorsero che era peggiorata molto: la sua pelle era quasi completamente violacea e appariva infinitamente debole e stanca. Il Lannister le prese la mano gracile e fredda cercando di riportarla alla realtà. – Margaery, sono Jaime! Ti prego, Margaery, resisti! Fallo per Eveline!
- Eveline! – esclamò la Tyrell come se si fosse improvvisamente risvegliata dopo giorni. – Dov’è la mia bambina?? Dov’è?? Jaime! Jaime, dimmi che sta bene!! – lo supplicò con la voce roca, facendo una fatica immane solo nel cercare di farsi capire.
- Eveline sta bene, Margaery! È riuscita a scappare insieme a Myranda! È salva! Non temere per lei! Presto tornerà da te! Ma tu devi rimanere sveglia per lei! Devi resistere prima del suo ritorno! Lei ha bisogno di te! Sei sua madre! Vedrai che riuscirà a trovare una cura per guarirti! Ma tu devi aspettarla viva, intesi?? Finché lei non tornerà da te!
A quella parole dell’uomo, Margaery sorrise mentre una lacrima le scendeva assumendo la colorazione bizzarra della pelle che solcava. – La mia bambina. La mia bellissima bambina è salva … lei sta tornando da me …
- Sì, Margaery – aggiunse Daenerys sforzandosi di sorriderle anche lei.
Dinnanzi a tale scena, anche l’intrepida Olenna cedette alle lacrime dopo tanto tempo. Notando ciò, la madre dei draghi ritornò accanto a lei e le accarezzò premurosamente una guancia. – Cerca di resistere anche tu, Olenna, intesi?
- Io sono una roccia, ragazza. Nessuno può uccidermi; neanche questi buzzurri. Ma non è per me che sono preoccupata … - disse lasciando intendere ciò che voleva dire.
Tuttavia, i quattro furono interrotti dai soldati che piombarono nella stanza, cacciando via Jaime, Daenerys e Brienne.
- Volevate approfittare per scappare, eh, razza di illusi!? Purtroppo avete fatto male i conti! Siamo ancora qui. Non saranno di certo quei farabutti incappucciati a sconfiggerci! – esclamò uno dei soldati spingendoli fuori a calci. – Dato che avete sfondato la porta della vostra vecchia stanza, siamo costretti a spostarvi in un’altra camera – disse spingendo ancora Jaime e facendo pressione con la mano sulla schiena di Brienne, la quale a sua volta giaceva sulla schiena di suo marito.
A ciò, Jaime si spazientì di nuovo. – Non toccarla! – urlò mentre li urtavano ancora per condurli nella nuova “prigione”.
Non appena furono nuovamente soli e al buio, Daenerys parlò. – Chi credi che siano questi “Fantasmi della notte”??
- Non lo so, ma oggi ci hanno quasi salvato la vita. Potrebbero averli mandati Oberyn, Davos e Varys appositamente per salvarci? – ipotizzò Jaime.
- Non lo so, ma non credo che siano riusciti a mettersi in contatto con una setta del genere. Tuttavia, con Varys ci si può aspettare di tutto.
- Dove credi che siano ora?
- Conoscendo Oberyn, potrebbero essersi temporaneamente rifugiati a Dorne, nonostante non sia molto sicura, così come il resto dei sette regni ora come ora.
- E Arya? Deve avere un piano. Ne sono certo. Arya Stark non è una donna che lascia correre un torto provocato alla sua famiglia in questo modo; in particolar modo se si tratta di suo marito e di suo figlio – disse Jaime con convinzione.
- Già. Spero con tutta me stessa che Ruben stia bene …
 
 
Veherek le aveva detto che avrebbe trovato una tenda rossa in mezzo al deserto, unica e isolata. Non appena l’avrebbe scorta, sarebbe dovuta entrare, poi avrebbe capito da sola cosa fare.
La giovane rosa, reduce da quattro ore di cavalcata in groppa alla sua fidata Abigail, entrò nella tenda, la quale, vista dall’esterno, sembrava molto più piccola. Ben presto si accorse che, per uno strano effetto ottico sicuramente provocato dalla potente magia, quel luogo, in realtà, fosse enorme, uno dei più immensi, strani e suggestivi che avesse mai visto. Attraversò un corridoio illuminato semplicemente da una luce soffusa che variava continuamente di colore e di intensità. La struttura di quella assurda dimora era articolata e complessa, tendente allo sfarzoso e al grottesco, ma non abusandone.
Non appena arrivò alla fine del lungo corridoio, si trovò dinnanzi ad una specie di labirinto.
- Qualcuno non vuole farsi trovare … - sussurrò tra sé e sé osservando le sei direzioni che erano davanti a lei. Compì una scelta casuale e si addentrò nella seconda alla sua destra, ritrovandosi in un corridoio ancora più lungo e dall’aria persino più mistica del precedente. Continuò in tal modo per più ore, ritrovandosi per dieci volte ad un bivio con sempre più direzioni tra cui scegliere. All’undicesimo infinito corridoio che percorreva, la sua pazienza stava cominciando a venire meno, ma non la sua volontà e determinazione di ferro. Era decisa a continuare, anche se avesse dovuto camminare e scegliere delle strade da intraprendere per l’intera giornata.
Ad un tratto, verso la metà del corridoio, la luce soffusa divenne sempre più lieve, fino a lasciarla quasi completamente al buio. La ragazza si fermò non potendo più scorgere il cammino di fronte a sé. Nello stesso istante, udì una voce che sembrava quella di una bambina molto piccola.
- Qual è il tuo nome? – le chiese la voce proveniente da qualche metro di distanza da lei.
- Eveline.
- Ho chiesto qual è il tuo nome, straniera.
- Cos’è che vuoi sapere esattamente?
- "Eveline" non può essere il tuo nome. Non è un nome da strega.
- Il tuo padrone riceve solo le streghe? Non mi è stato detto.
- Qual è il tuo nome?
- Non sono una strega.
- Qual è il tuo nome?
Eveline continuò a non capire, ma oramai si era addentrata troppo per esitare o avere dei ripensamenti, perciò resse il gioco alla bambina che sembrava aver capito benissimo che lei non fosse una strega, ma appariva intenta a metterla alla prova come quell’intero luogo le suggeriva. La giovane rosa si concentrò, cercando di far generare alla sua mente qualche nome adatto alla situazione. Dopo alcuni minuti le rispose. – Aradia. È un nome abbastanza da strega?
La bambina non rispose e si avvicinò a lei; la giovane Targaryen poté percepirlo dal rumore dei suoi passi.
Quando questa accese una fiaccola mostrando finalmente il suo aspetto, Eveline si accorse che non si trattava di una bambina, bensì di una piccolissima nana avente circa il triplo dei suoi anni.
- Il mio nome è Oen. Benvenuta, Aradia. Seguimi, ti condurrò da lui – le disse terminando di percorrere il corridoio, seguita dalla giovane rosa.
La nana la condusse in una sala immensa, la più grande che avesse mai visto, colma di bellissime donne e di uomini dall’aspetto bizzarro, quasi surreale. I fumi rendevano l’atmosfera soffusa e colmavano lo spazio arredato con oggetti strani e che la fanciulla non aveva mai visto. Oppure anche quello era solamente un effetto ottico. Oramai la ragazza non era più certa di nulla. Quel luogo era capace di frantumare le certezze come fossero sottili gusci di uova.
Quando Eveline si ritrovò dinnanzi al famoso Silenziatore di cui aveva sentito parlare, rimase a dir poco sorpresa. Si trattava di un uomo di massimo trent’anni all’apparenza; la sua carnagione era mulatta, ma non scura come quella dei dothraki; la sua statura molto alta; il suo aspetto uno dei più inusuali che avesse mai visto, forse proprio ciò che lo rendeva tanto accattivante; il corpo asciutto e aitante, fasciato da vestiti stravaganti, per lo più scuri e composti da pelli di serpenti e altri rettili; i capelli scuri, e, a renderlo ancora più agghiacciante, erano i suoi occhi dalle iridi di uno scarlatto vivido e più intenso del sangue.
- Sei lo stregone più temuto e famoso di queste terre … mi aspettavo che fossi molto più vecchio – commentò la ragazza senza alcun timore o riverenza verso la famosa figura che gli era davanti.
- E io mi aspettavo fossi più giovane, fiore del Nord – disse lui accovacciandosi dinnanzi alla nana. – Grazie, Oen – le disse dandole un bacio sulle piccole labbra, per poi rialzarsi in piedi e ritornare a concentrarsi sulla sua ospite.
- Sapevi che stavo arrivando?
- “Le fiamme del fiore del Nord, la donna-bambina dal cuore d’acciaio, giungeranno nella tua dimora per chiedere il tuo aiuto” – disse lui dirigendosi verso un altro dei bizzarri presenti. – Ma il tuo corpo non sembra affatto quello di una donna bambina, quanto più di una donna pienamente formata – continuò prendendo una delicata ampolla di vetro dalle mani di costui. – Io vedo tutto ciò che desidero vedere, Aradia.
- “Aris” non è prettamente un nome che sceglierei se fossi uno stregone – lo contestò prontamente lei, notando come l’aveva chiamata.
- Non ti piace? Aris è il mio vero nome – le rispose lui rivolgendole uno sguardo finto offeso.
- Faccio fatica a crederlo. Dunque è per questo che ti fai chiamare con paroloni come “Dominatore di materia”, “Mutaforma” o “Silenziatore”. Forse ora sono solo propensa a credere che tu sia niente più che un ragazzo che si diverte a sfruttare un potere più grande di lui per giocare con le vite e divertirsi in maniera malsana.
- Le apparenze ingannano, fiore del Nord. Io vivo fin dai tempi in cui Aegon il Conquistatore divenne il primo re dei Sette Regni e ho assistito alla costruzione della Barriera di ghiaccio da parte di Bran il Costruttore.
- Fatico a credere anche a questo.
A ciò, l’uomo sorrise e distolse lo sguardo da ciò che stava facendo con quell’ampolla, per riportarlo sulla ragazza. – Tu non credi a troppe cose per riuscire a trovarti davvero qui, Aradia.
- Dunque mi aiuterai? So che scegli tu chi aiutare.
- Sei riuscita a superare la prova per entrare qui quindi meriti almeno di essere ascoltata da me – le rispose continuando ciò che stava facendo.
- E in che modo la prova del “labirinto” senza fine valuterebbe l’idoneità di poter essere ascoltati da te di tutti i tuoi ospiti?
- La “prova del labirinto” ha un funzionamento preciso, fiore del Nord: non c’è una direzione distinta e concreta che conduce nel cuore della mia dimora, poiché tutto questo è solo un’illusione, come hai potuto notare.
- Dunque è solo un gioco snervante?
- I corridoi funzionano come misuratori di sicurezza e di timore. Più la paura e l’incertezza invade l’animo dei miei ospiti mentre percorrono i corridoi immensi e scelgono una delle tante vie che potrebbe essere quella sbagliata … più il mio interesse diminuisce e così le loro possibilità di incontrarmi. Solo in pochi riescono a rimanere saldi e a non venire invasi dall’insicurezza durante il lungo e surreale tragitto. Quando ciò accade, questi si ritrovano improvvisamente catapultati nuovamente all’esterno della “tenda”, in mezzo al deserto. Ho creato questo metodo per garantirmi già un’iniziale scrematura.
- Quindi io sono qui perché ho superato la prova?
- Non hai avuto timore, né ti sei fatta invadere dall’incertezza. Il tuo obiettivo è rimasto ben ancorato alla tua immensa decisione e determinazione. Per questo sei qui. Inoltre, la tua mente è ancora focalizzata nella realtà. Non l’hai mai persa di vista nonostante le visioni che i tuoi occhi ti mostravano. Questo luogo è stato costruito appositamente per frantumare il contatto di ogni individuo con la realtà concreta ed esterna – disse mentre una nebbia fitta invase la giovane rosa.
- Come fai a saper parlare così bene la mia lingua? – gli chiese la ragazza studiandolo e osservandolo diffidente.
A ciò, lui si voltò finalmente verso di lei. – Fai molte domande. Mi sento come fossi io quello ad essere valutato per venire scelto e non viceversa. Non ti fidi delle mie capacità, non è così?
- Per saper soddisfare la richiesta che sto per farti devi avere il potere che dicono tu abbia. Voglio accertarmene. Finora non ho avuto grandi dimostrazioni del tuo immenso potere da stregone, eccetto delle manie di grandezza, gusti sfarzosi e qualche trucchetto che annebbia la mente, i quali non considero validi. Non vuoi mostrarmi cosa sai fare perché prima devi scegliermi e non mi ritieni all’altezza? È così, non è vero?
- Tu cosa ne pensi? Non posso mostrare ciò che all’essere umano è proibito ad ogni giovane, spavalda e pretenziosa ragazza si presenti al mio cospetto. Se davvero non ti fidi delle mie capacità e di ciò che dicono di me, allora puoi andartene e rivolgerti a qualcun altro. Questa terra è colma di streghe e stregoni, perciò avresti l’imbarazzo della scelta, fiore del Nord. Sono sicuro che Helia Ala d’argento gradirebbe molto una tua visita – le disse con il suo indifferente tono pacato.
- Ho scelto te perché mi è stato detto che sei il più potente. Se ciò corrisponde a verità, con te avrei la sicurezza di ottenere ciò che voglio, mentre gli altri potrebbero non riuscirci. Ma non mi fido.
A ciò, l’uomo accennò un altro sorriso e si avvicinò lentamente a lei. La ragazza non indietreggiò, né mostro timore, ma mantenne lo sguardo fisso nel suo non distogliendolo da quegli occhi del color del sangue.
- Ora ti metterò nuovamente alla prova, Aradia, per accertarmi che tu meriti il mio aiuto. Se non la supererai, non ci vedremo mai più e non dovrai continuare a cercarmi.
- In cosa consisterà?
- Ognuno di noi ha un mantra nascosto dentro di sé, un legame latente con uno dei quattro elementi. Ora io porterò alla luce il tuo. Non temere, non soffrirai – le disse dandole un bacio sulla fronte, il quale provocò delle forti vertigini alla ragazza, capaci di farle perdere l’equilibrio e cadere a terra. Quando l’uomo si allontanò di nuovo, lei si rialzò in piedi a fatica, percependo concretamente di avere qualcosa di diverso che, tuttavia, non riusciva ad identificare.
- Hai un corpo forte, quasi più della tua mente, Aradia. Solitamente ciò che ti ho fatto porta ad un temporaneo svenimento – commentò lui osservandola.
- Ed ora? Che succederà?
- Io so qual è l’elemento al quale sei più legata, fiore del Nord. L’ho percepito nel momento in cui ho liberato il tuo mantra. Ma tu no. Dovrai scoprirlo da sola ed imparare ad utilizzare questo legame, ora non più latente, a tuo vantaggio. Non è facile come sembra. Alcuni si fanno risucchiare da questo potere naturale portato alla luce. Molti altri non riescono a scoprirlo, non sono capaci di percepire il loro elemento scorrere nelle vene e di sfruttare i pregi e la potenza che deriva da ciò, rimanendo sospesi nel vuoto, nell’incertezza, poiché la forza e l’entità del legame con il nostro elemento varia da individuo ad individuo. Sta a te dimostrare che sei capace di scoprirlo e di controllarlo. Se non riuscirai in ciò, capirai già autonomamente di non essere pronta e idonea ad addentrarti nell’angusto mondo della stregoneria, Aradia – le disse infine facendole un cenno della mano come saluto e svanendo nel nulla, così come tutto ciò che lo circondava, riportando la giovane rosa in mezzo al deserto, fuori dalla tenda.
 
Myranda aprì gli occhi e si guardò intorno insonnolita, non riconoscendo quel luogo. Poi realizzò di trovarsi nella sua nuova temporanea dimora. La tenda che Khal Miroqo aveva donato loro era comoda, fresca e confortevole, in pieno stile dothraki. La ragazza si mise in piedi, ma si accorse immediatamente di essere nuda, perciò si fiondò nuovamente sotto le leggere coperte del letto, presa da un’involontaria paura che qualcuno potesse averla vista. Poi si accorse che fosse sola in quella tenda, perciò si rilassò. Già, sola. Eveline non era più nel letto accanto al suo. Doveva essersi svegliata all’alba per andare da quel Silenziatore di cui le avevano parlato. La sua intrepida amica era abituata a dirigersi senza il minimo scrupolo verso individui bizzarri e ambigui in vista dei suoi scopi. Non le era mai accaduto nulla grazie alla sua capacità di sapersi difendere e al suo atteggiamento sicuro e incorruttibilmente quieto. La sua tenacia e la sua sicurezza erano sempre state la sua forza, tuttavia, quello era un luogo differente rispetto a Grande Inverno. Le minacce che si trovavano nel continente orientale erano sconosciute a due ragazze del Nord occidentale. Ma Myranda sapeva che non avrebbe potuto fare nulla per persuadere la sua più stretta amica a non andare, dato che, quando si trattava delle persone a lei care e, in particolar modo di sua madre, nulla avrebbe potuto fermarla. La giovane Lannister scese cautamente dal letto coprendosi con il leggero telo e mettendosi alla ricerca di qualcosa da indossare.
In quel momento, una delle due ancelle che avevano assistito lei ed Eveline la sera prima, entrò nella tenda. Quando la vide in piedi, si diresse verso di lei sorridendo. – Per te – le disse porgendole un lungo vestito composto di pelli squamose e solo fasciato in alcuni punti con cintole di pelliccia.
- Per me? – le chiese la ragazza osservandolo sorpresa.
- Regalo di Veherek. Lui promesso. Promesso te abito pelle coccodrillo e capra – rispose la fanciulla sorridendole.
- Grazie. Dopo lo ringrazierò – disse Myranda accennando un sorriso e infilandoselo. – Sai per caso quando è partita la mia amica, Eve?
- Lei andata presto da … - ma l’ancella si fermò prima di pronunciare il nome dello stregone, facendo ricordare a Myranda che non fosse buon auspicio dirlo ad alta voce. – Lei tornare presto. Andare presto per tornare presto – disse semplicemente Wanha.
- Ho capito. Grazie ancora – disse Myranda cercando di abituarsi al suo nuovo abito, per poi uscire finalmente alla luce del sole. I raggi potenti le colpirono gli occhi chiari, tanto che fu costretta a ripararseli con una mano. Si convinse che non si sarebbe mai abituata a quel sole a tal caldo.
Decise di aggirarsi per il villaggio presa dalla curiosità di conoscere quel nuovo luogo. Intravide donne e bambini che camminavano tranquillamente per le strade e che, esattamente come il giorno precedente, la fissavano non appena passava loro accanto. Alcuni bambini intenti a rincorrersi le andarono addosso, ma, fortunatamente, riuscì a rimanere in equilibrio. Uno di loro le esclamò un distratto “scusa” in dothraki continuando a correre. Myranda li osservò allontanarsi e giocare liberi e innocenti proprio come lo erano un tempo lei e il suo amato branco. In quel momento si chiese per l’ennesima volta come stessero i suoi cari amici d’infanzia, oramai come cugini per lei.
I suoi pensieri furono interrotti da una voce familiare. – Piace il villaggio? – le chiese Veherek avvicinandosi a lei. La ragazza alzò la testa per guardarlo in volto facendo un po’ di difficoltà a causa del sole alto in cielo e della statura del ragazzo che superava la sua di più di due teste. – Ciao, Veherek. Sì, mi piace.
- Hai imbarazzo con nuovo abito? – le chiese lui incerto.
- No, assolutamente! È molto bello, grazie per avermelo donato – le disse sorridendo timidamente.
- Già fatto colazione?
- No, in realtà no. Infatti sto morendo di fame.
A quelle parole, il ragazzo si allarmò. – Cosa ti uccide??
- No, non sto morendo davvero, Veherek. È un modo che si usa nel continente occidentale per far capire che si ha molta fame – disse lei rassicurandolo.
- Perdona me. Non conosco così bene lingua comune. Quando tu e Eve insegnerete noi imparerò meglio.
- La sai parlare già molto bene, in realtà. Dovreste essere voi ad insegnarci adeguatamente la vostra lingua. Il nostro dothraki è a dir poco ridicolo! – disse la fanciulla camminando accanto a lui e cercando di seguire il suo passo.
Il giovane la condusse in un luogo in cui si trovavano molti uomini e donne a mangiare animali cotti o crudi, come se si stessero gustando una morbida pagnotta. C’erano fiumi di sangue ovunque e mancò poco che la giovane Lannister non vomitò davanti a tutti.
- Preferisci capra o coniglio? Le donne per colazione mangiano spesso capra o coniglio – le disse il ragazzo.
- Io, in realtà, saprei cucinare … - propose lei ancora disgustata dalle immagini che si presentavano davanti ai suoi occhi. – So preparare dei dolci molto buoni. Tutti amano i miei dolci – disse la ragazza provando a dissuaderlo.
- Dolci? – chiese lui confuso.
- Sì. Mi serve della farina, dello zucchero, delle uova e del latte! Vedrete che vi piacerà! – disse lei sorridendo raggiante.
Quando la ragazza ebbe sfornato abbastanza dolci da sfamare metà villaggio, tutti mangiarono voraci ed estasiati, ringraziandola ripetutamente per aver ampliato le loro papille gustative. Myranda si sentì bene, quasi felice per la prima volta dopo più di un mese.
Ma quella sensazione di completezza non durò neanche un minuto, poiché un dothraki piombò nel luogo in groppa al suo cavallo, esclamando qualcosa verso Veherek. Il giovane ascoltò attentamente tutto ciò che aveva da dirgli, rimanendo in silenzio e incupendosi di parola in parola. Dopo qualche minuto in cui Myranda era rimasta in trepidante attesa, quasi in apnea, il ragazzo si rivolse a lei traducendole tutto ciò che aveva udito. – Sono arrivate notizie di tua famiglia.
A ciò, la fanciulla si alzò in piedi allarmata e impaziente gli si avvicinò. – Come stanno?? Dimmi tutto, Veherek.
- Ragazzo andato a Cittadella è salvo. - Myranda tirò un sospiro di sollievo almeno a quella buona notizia, ma sapeva di non potersi illudere. – Ragazzino Ruben scomparso. Nessuno sa se è vivo o morto.
- Come “scomparso”?? – chiese la giovane desiderando ricevere maggiori spiegazioni.
- Non sappiamo altro.
A tale risposta Myranda cercò di mantenere la calma e di pensare al lato positivo, ossia che potesse essere scappato e fosse in salvo. – Continua.
- Vipera Rossa, Cavaliere delle Cipolle e Ragno Tessitore sono scappati. Non sappiamo dove. – La giovane Lannister non poté fare a meno di esultare a tale notizia. – Arya Stark non è mai tornata. Non c’è traccia di lei. Margaery, madre di Eve, è ancora viva e anche sua nonna.
Tali notizie erano fin troppe belle rispetto a quelle che si aspettava di ricevere Myranda. Per tale motivo attese ancora di udire informazioni su coloro ai quali teneva maggiormente. – E mio padre? È tornato ed è prigioniero anche lui oppure ha ricevuto la notizia in tempo e non è con loro? E mia madre??
Prima di risponderle, Veherek si intristì. – Dispiace, Mia. Ma tuo padre è tornato ed è prigioniero con loro insieme a khaleesi madre dei draghi, a madre di Eve, a nonna di Eve e a tua madre. Lei è ferita.
Myranda dovette sedersi e metabolizzare prima di rispondergli. Trascorso qualche minuto, Veherek si avvicinò a lei preoccupato. – Mia? Stai bene?
- Quanto è grave la sua ferita? – chiese lei alzando lo sguardo su di lui ancora più impaziente.
- Non sappiamo.
- Mia madre è un’ottima combattente e ha la pelle molto dura. Sicuramente sarà solo un graffietto … - disse sforzandosi di sorridere e di auto convincersi. Poi ricordò che Veherek non le aveva ancora fatto ricevere informazioni su una persona molto importante per lei. – Hayden Stark? Il figlio della madre dei draghi e del Protettore del Nord? Avete notizie di lui e di suo padre?
- Non credo tu voglia sapere sue notizie … - disse il ragazzo lasciando presupporre il peggio.
- Parla, Veherek. Ti prego …
- Lui prigioniero ad Approdo.
- Sì, questo lo so …
- Gli stanno facendo qualcosa di molto brutto. Lui è nelle mani di Hoxana Aemchaar. Noi conosciamo lei. Lei è potente maga di Qarth, la più potente e folle. Chiunque è in sue mani diventa suo giocattolo. È capace di tutto.
Myranda si mise le mani davanti alla bocca e cercò di reprimere le lacrime che le stavano per uscire prepotentemente dagli occhi.
- Hayden è forte. Ce la farà. Lo so. Ne sono certa. Scusatemi un attimo … - disse allontanandosi dalla folla di dothraki.
Tuttavia, la giovane Lannister non riuscì a trovare la tranquillità che cercava per riprendersi da tali notizie, poiché accadde di nuovo. Ad un tratto non vide più nulla, la sua visuale si oscurò ed apparvero dinnanzi ai suoi occhi delle immagini così spaventosamente vivide da sembrare reali. Vide una donna che somigliava molto a suo padre, vestita di nero, con uno sguardo e un sorriso agghiaccianti, intenta a bere da un calice di vino, osservando un tempio andare a fuoco da una finestra. Subito dopo, l’ambientazione mutò e vide un nano con i capelli di un colore simile a quello dei suoi, proprio come la donna della visione precedente. Egli era intento a combattere in una violenta battaglia, ma, a causa della sua statura, non riusciva a tenere testa ai suoi avversari, così venne ferito al volto con la lama di una spada, la quale solcò un taglio netto che coprì il suo intero viso.
- Zia Cersei … zio Tyrion … - sussurrò in un breve momento di lucidità. Ma non era finita lì. D’improvviso, la visuale cambiò ancora e si ritrovò nel cuore del Nord, la sua amata casa. Vide un giovane uomo con i lineamenti simili a quelli di Eveline, vestito di nero e pugnalato fatalmente al torace. Di fronte a lui vi era una spaventosa creatura, pugnalata anch’essa dalla stessa lama ghiacciata e inglobata in un abbraccio con lui. La creatura svanì nel nulla sgretolandosi letteralmente e venendo portata via dal vento, mentre il giovane uomo cadde inginocchio dilaniato dal dolore.
- Walter … - sussurrò mentre i suoi occhi pian piano riprendevano visione della realtà circostante. Inizialmente fece fatica a metabolizzare quelle immagini e a distinguerle dalla concretezza in cui si trovava. Essendo caduta a terra durante le visioni, strinse le dita sul terreno arido sotto di sé per aggrapparsi a qualcosa di reale.
Cominciò a tremare, fin quando una voce salvifica fu capace di riportarla in quel mondo e di risvegliarla completamente. – Dada! Dada, sono tornata! Che ti succede?? – le chiese colei che era come una sorella per lei, porgendole la mano e aiutandola ad alzarsi in piedi.
- Eve, sei tornata! – esclamò la giovane Lannister abbracciandola forte. – Sei tutta intera, vero? – le chiese osservandola attentamente per verificare che non ci fosse qualcosa di strano in lei.
Eveline sorrise divertita da quella reazione. – Sto bene, non preoccuparti! Tu, invece? Che ci facevi a terra con quello sguardo perso?
- Ho avuto solo un calo di zuccheri! Sai, con il fatto che ho preparato dolci per tutti, alla fine io non ho toccato cibo!
- Allora sarà meglio andare a sfamarci! Anche io sto morendo di fame e ho proprio voglia di una delle tue deliziose torte! – le rispose la giovane rosa toccandosi tristemente la pancia, la quale stava emettendo dei brontolii.
In quel momento, le raggiunse Veherek. – Bentornata, Eve! Prima di venire a mangiare con noi, ecco anche a te un vestito simile a quelli che indossate voi – la salutò il ragazzo porgendo anche a lei un abito lungo composto di pelli squamose e alcune piccole fasciature di pelliccia.
Eveline lo osservò sorpresa e lievemente divertita. – Grazie, Veherek, è molto bello! Non somiglia esattamente a quelli che indossiamo noi, ma credo proprio che sia meglio questo! – gli disse guardando poi Myranda che ricambiò il suo sorriso divertito. Ma, ad un tratto, la giovane Targaryen avvertì qualcosa di strano sulle sue mani mentre stringevano le pelli con le quali era composto il vestito.
- Vieni, Eve? – le chiese Myranda cominciando a camminare insieme a Veherek e notando che la sua amica non stesse facendo lo stesso.
- Voi cominciate ad avviarvi! Io arrivo tra un attimo! – li rassicurò lei per poi allontanarsi ancora un po’ e osservare cosa stesse succedendo alle sue mani. Da queste sembrava scaturire potere, come se fossero state colpite da un fulmine e il suo sangue stesse ribollendo. Accadde in un attimo. Le sue dita sembrarono letteralmente polverizzare il vestito, il quale sparì nel nulla.
- … maledetto … che cosa mi hai fatto …? – sussurrò la ragazza tra sé e sé esterrefatta per ciò che era appena stata capace di fare.
- Vestito? – le chiese Veherek raggiungendola nuovamente e guardandola confuso nel notare che non avesse più l’abito tra le mani.
- Credo che avrò bisogno di un altro vestito …
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** "Nulla e nessuno può farsi vanto di essere più temibile del dolce canto di una sirena" ***


“Nulla e nessuno può farsi vanto di essere più temibile del dolce canto di una sirena”
 
Askarx camminò guardingo e curioso verso i tre individui con i volti coperti da teli grigi, i quali fasciavano anche i loro corpi, mentre questi rimanevano fermi e impassibili dinnanzi ai potenti Superni di Qarth.
- Per noi è un grande onore avervi qui come nostri ospiti – disse l’uomo avvicinandosi ancora mentre scendeva gli scalini che lo separavano da loro. – Suppongo che voi siate il capo del vostro ordine – continuò rivolgendosi all’individuo che si trovava al centro. – Lasciateci soli con la vostra guida. Noi Superni vogliamo conferire solo con lui … o con lei – precisò Askarx rimanendo con gli occhi fissi su quelli del diretto interessato, nonché l’unica parte del suo corpo scoperta. Le sue iridi erano di un indaco argenteo reso ancora più chiaro da una lievissima patina innaturale. – I vostri occhi … siete ancora in possesso della vista, ma questa sta pian piano svanendo. E riuscite a fare ciò che fate nonostante tutto. Avete i nostri più sentiti complimenti!
- Non prendiamo ordini da voi. Loro restano con me – rispose risoluto l’oggetto d’interesse di Askarx, riportando l’attenzione sull’argomento precedente. La sua voce era completamente distorta dalla pressione degli strati di telo premuti sulla sua bocca; tuttavia, si poteva ben dedurre che fosse maschile.
- Allora ho ragione: siete voi il capo. Dunque, come mai avete portato con voi solo questi due sottoposti lasciando il resto dei vostri discepoli in giro per la mia città? C’entra un legame affettivo?
- Veniamo al dunque – rispose lapidario il fondatore dei Fantasmi della Notte. - Il motivo per il quale richiedete il nostro aiuto riguarda davvero la  distruzione della Banca di Ferro?
- I nostri intermediari vi hanno informato bene – rispose Mhunaer facendosi avanti. – Se vi interessa conoscere i motivi che ci spingono a voler compiere un’azione del genere …
- Non ci interessano minimamente i motivi che vi spingono ad agire. Voi non ci interessate – rispose il Fantasma interrompendolo e ponendo particolare enfasi su quel “voi”, lasciando il più orgoglioso dei Superni senza parole per la prima volta.
- Perdonate il mio compagno. Talvolta il suo ego prende rovinosamente il sopravvento – intervenne il silenzioso Niraij. – Immagino che l’unica informazione di vostro interesse sia quella riguardante il vostro guadagno in tutto ciò.
- Non fateci perdere altro tempo. Noi non scendiamo a patti – gli rispose il Fantasma.
- Ebbene … - continuò Niraij scendendo anch’esso le scalinate per avvicinarsi. – Non solo acquisirete più fama nel continente occidentale …
- Non ci interessa la fama – disse interrompendo anche lui.
- … ma finanzieremo anche tutte le vostre imprese future fornendovi tutto ciò di cui avete bisogno. Sarà un rapporto di pura complicità e non di sottomissione. Noi potenti Superni ci abbasseremo al vostro cospetto … - continuò l’uomo inginocchiandosi ai suoi piedi per poi prendergli la mano e baciarla sotto gli occhi sconvolti di Askarx e di Mhunaer; i quali si sentirono in dovere di fare lo stesso. Mhunaer fu quello che impiegò più tempo ad inginocchiarsi, quasi sudando freddo per scacciare indietro il suo prorompente orgoglio.
Il fondatore dell’ordine ritirò subito la mano dalla presa e dalla bocca di Niraij. – Noi non siamo venuti qui per far diminuire il vostro ego. Vogliamo qualcosa di concreto – cominciò ad esporre la sua idea. – Se il nostro aiuto vi serve davvero, sareste disposti a mettere a disposizione la vostra città come punto d’appoggio e roccaforte ogni qual volta ne avremo bisogno. Inoltre … - continuò facendo presagire che la sua richiesta seguente sarebbe stata la più pretenziosa. – Vogliamo il monopolio di tutte le rotte che intraprende per via mare il nuovo re dei Sette Regni. Le lascerete  a noi e non ne avrete alcun possesso. In tal modo, egli sarà dipendente da voi per quanto riguarda il denaro, e lo sarà da noi per tutto il resto, pur non sapendolo.
- La distruzione della Banca di Braavos non vi garantirà il possesso delle loro rotte …
- No, ma utilizzando il vostro potere coercitivo garantitovi dalla loro dipendenza economica da voi, potrete convincerlo ad accettare nel suo consiglio reale uno dei nostri Fantasmi, spacciandolo per uno dei vostri più promettenti mercanti di Qarth.
- I vostri piani sono molto ambiziosi – commentò Askarx affilando lo sguardo ancora più incuriosito e lasciando trapelare un qualcosa di più umano. – E sia. Ma per poterci fidare l’uno dell’altro e stipulare un’alleanza … è bene almeno conoscere i reciproci volti.
A quelle parole, il suo interlocutore emise un verso che, nonostante attutito dal telo, apparve all’orecchio come un riso di scherno. - Quelle maschere che vedo, colme di superiore riluttanza e magistrale disprezzo, hanno l’intenzione di essere credibili? Se volete conoscere il nostro volto, cominciate prima a mostrare il vostro – concluse dirigendosi verso l’uscita della Sala dei Mille Troni, seguito dai suoi due seguaci.
- Chi ci dice che siete così abili come volete far credere e come dicono?!? Chi ci garantisce che non ci stiamo affidando a dei ciarlatani che non riusciranno mai a distruggere la Banca di Ferro?!? – chiese Mhunaer quasi correndogli dietro.
- Vi siete affidati a noi. Dunque ora è il momento che vi facciate da parte e che restiate a guardare.
 
 
Eveline uscì dalla tenda all’alba, come oramai si era abituata a fare, e raggiunse il villaggio placido e calmo come poteva esserlo solo durante le primissime ore di luce. Erano trascorsi parecchi giorni dal loro arrivo a Vaes Dothrak e lei e Myranda si stavano quasi abituando a quel bizzarro stile di vita: avevano cominciato ad insegnare ai bambini, e anche ai più grandi, la lingua comune, così come loro stavano imparando a parlare più abilmente il dothraki; si dilettavano ad apprendere sempre più informazioni sulla cultura di quel popolo a loro sconosciuto, così come i dothraki avevano iniziato ad amare le loro abitudini, le loro usanze e tutto ciò che le caratterizzava; difatti Myranda aveva persino insegnato alla donne a cucinare dolci. Anche il loro aspetto da belle e giovani fanciulle nord-occidentali aveva scaturito degli effetti sui famosi guerrieri dei quali erano ospiti e protette: Eveline aveva ricevuto alcune proposte di matrimonio anche da uomini molto più maturi di lei; mentre la sua amica era oggetto delle lusinganti attenzioni del più che richiesto Veherek, il quale le stava anche impartendo lezioni di autodifesa. Myranda era sempre stata restia dall’apprendere tecniche di combattimento, ma con lui sembrava essersi aperta, o forse era merito di tutta la situazione in cui si trovavano, la quale stava facendo crescere e cambiare entrambe.
Ogni tanto ricevevano notizie vaghe sulla loro famiglia oramai dispersa per tutto il continente occidentale, ma non erano abbastanza. Tuttavia, si sarebbero dovute accontentare di ciò, almeno finché la situazione non sarebbe mutata. Eveline sapeva di non poter fare nulla di più di ciò che stava cercando di fare per rendersi utile, ma quel costante senso di impotenza non voleva abbandonare. Come erano trascorsi dei giorni dal loro arrivo, altrettanti ne erano passati da quando era andata a far visita allo stregone più potente di quelle terre. Lui l’aveva messa alla prova, ma, da qual giorno, non era accaduto nulla che potesse permetterle anche solo di pensare a come superarla, eccetto l’episodio isolato del vestito e le sporadiche sensazioni bizzarre che percepiva in tutto il suo corpo, le quali non la aiutavano a capire. Null’altro. Nessun contatto, nessun indizio che potesse darle uno spunto da cui partire e su cui lavorare. Niente di niente. Ciò era a dir poco frustrante per la giovane Targaryen, la quale sapeva bene che, se non fosse riuscita a superare quella prova, non avrebbe più potuto rivolgersi al famoso Silenziatore, ma avrebbe dovuto cercare altrove, rischiando di non trovare mai ciò che le serviva per creare l’antidoto alla sconosciuta e degenerante malattia di sua madre in quel luogo dominato solamente dalla magia e dalle arti mistiche, invece che da quelle mediche.
All’inizio ciò l’aveva notevolmente scoraggiata e atterrita, ma, nonostante tutto, era riuscita a riprendersi. Eveline non era mai stata una di quelle bambine che si piangevano addosso, richiudendosi in una spirale di tristezza e di oblio non appena si trovavano dinnanzi ad una difficoltà apparentemente invalicabile. La sua tenacia e la sua aperta creatività erano la sua più grande forza, e anche in quella situazione catastrofica sarebbero prevalse.
Aveva cominciato anche in quel luogo, con le poche risorse che era riuscita a trovare, a praticare la sua arte, ciò che le riusciva meglio, nonostante dovesse ripartire da zero e fosse costretta a procedere molto più lentamente rispetto a come era sempre stata abituata. Era un inizio.
Ma la malattia di sua madre non era la sola preoccupazione della giovane rosa: continuava a chiedersi se i suoi cugini e i suoi zii stessero bene, se sarebbero davvero riusciti a resistere a tutto ciò che stava loro accadendo. Si chiese innumerevoli volte se il sogno che aveva fatto quel giorno lontano, quando era ancora a casa sua, non avesse un fondo di verità.
Den, cosa ti stanno facendo … ? Un nodo alla gola le ottenebrò la mente e il respiro mentre si poneva quella domanda sempre più vivida e più spaventosa nella sua mente. Un terribile presentimento la stava tormentando.
In quel momento, mentre era assorta nei suoi pensieri e seduta a terra nel suo luogo preferito per guardare il sole sorgere, udì una voce accanto a lei.
- Ora deciso? – Quella domanda che non faceva altro che risuonare nella sua mente perennemente da almeno quattro giorni, la scosse negativamente. La fanciulla si voltò verso l’uomo che gliel’aveva posta, un grosso guerriero che aveva imparato a pronunciare solo quelle poche parole nella lingua comune, con l’unico scopo di farsi capire pienamente da lei.
Lo guardò in cagnesco. – Fuqurro, ti ho già detto circa dieci volte che non c’è nulla da decidere: io non ti sposerò. Inoltre, tu devi già sposare Errahi. Quella ragazza è cotta di te, non te ne sei accorto?   
- Ma tu brava a combattere. Tu forte e senza paura. Tu bellissima. Più bella di luna e di sole.
- Dove hai imparato tutte queste parole??
- Pregato Veherek di insegnare.
- Veherek è troppo buono. Ad ogni modo, sono lusingata dai tuoi complimenti, Fuqurro, ma ti ripeto che non ti sposerò. Non ho neanche l’età giusta per una cosa del genere.
- Troppo vecchia?
A quella domanda, la ragazza si voltò verso di lui sconvolta. – No, Fuqurro, non sono troppo vecchia per il matrimonio, ma troppo giovane!
- Non ti ho insegnato parole d’amore in lingua comune per costringerla a sposarti, Fuqurro – lo ammonì Veherek intervenendo nella conversazione. – Vai a cacciare, Fuqurro. Voglio restare con la mia amica ora – gli disse Veherek in tono fin troppo risoluto. A ciò, l’uomo capì e, annuendo, se ne andò lasciandoli soli. Il giovane guerriero si mise seduto accanto ad Eveline.
- Il tuo istinto protettivo nei miei confronti è commovente. Credo che nessuno lo abbia mai avuto con me – gli disse continuando a guardare l’alba.
- Perché?
- Perché non ne ho mai avuto bisogno.
- Ma sei pur sempre una donna. – A tale risposta, la ragazza accennò un sorriso.
- Credo che mio padre lo avrebbe avuto, nonostante la mia capacità di sapermi difendere da sola. D’altronde, ogni padre ha questo istinto verso la propria figlia, no? – pose quella domanda retorica, rimasta sospesa nell’aria, una domanda che non aveva bisogno di una risposta.
- I tuoi occhi sono strani. Ora hanno un colore diverso – disse il ragazzo osservandoli.
- Succede quando cambia il clima e la luce. A volte prevale un colore, talvolta un altro.
- Raccontami di tua famiglia, Eve. - A ciò, la fanciulla si voltò verso di lui con sguardo leggermente scosso. – Mia non parla mai di vostra famiglia. Dice che le fa troppo male.
- Capisco – disse la ragazza accennando un sorriso malinconico e tornando a guardare l’alba. – La nostra famiglia è molto numerosa, è composta da persone con le quali condividiamo legami di sangue, ma, per la maggior parte, è formata da uomini e donne con le quali abbiamo un legame molto più stretto di quello di sangue. Perderei mesi o anni se dovessi descriverteli tutti: ognuno di noi è diverso e ha una sua particolare personalità unica nel suo genere, indistinguibile e senza la quale il branco non sarebbe più lo stesso.
- Allora raccontami solo di voi ragazzi. I “cuccioli”.
- Già – disse lei sorridendo – I cuccioli del branco. Beh, che dire di noi? Siamo sempre stati in cinque, solo noi cinque contro il resto del mondo; figli di famiglie e stirpi diverse, ma più uniti di qualsiasi altro fratello o sorella in questa terra. Il più grande tra noi è Sam, Sam Tarly. Lui ha il carattere mite e sereno di sua madre, ma possiede anche la fine perspicacia e la passione per i libri di suo padre. Sam è sempre stato un modello per tutti noi, il più grande dei cuccioli, la nostra guida. Il più piccolo, invece, l’esatto opposto di Sam, è l’inquieto Ruben, il prodigio bambino, poiché abilissimo con le armi e nel combattimento già da piccolissimo, determinato, deciso e veloce come il vento. D’altronde, non sarebbe il figlio della famosa Arya Stark se non fosse così, no? Però in lui c’è molto di più delle strabilianti abilità combattive di sua madre e dell’interesse per le armi di suo padre. Lui è sempre riuscito a captare cose che gli altri non vedevano, vivendo in un suo mondo, a volte estraneo al nostro. Ha una percezione della realtà affascinante e fuori dal comune. Infine, c’è Hayden. Io e lui siamo complementari. Lo abbiamo realizzato da piccoli, grazie ad un banale gioco che ci ha uniti più di quanto il sangue Targaryen e Stark in comune abbia mai fatto. Il rapporto che ho con lui è diverso da quello che ho con Myranda, ma altrettanto stretto. Il legame che ho con Myranda non è di complementarietà. Ad ogni modo, Hayden ha ereditato sia il senso di responsabilità e il valore di suo padre, sia la decisione, la regalità e la forza di sua madre. Lui non deve chiedere o esprimere i suoi pensieri. A lui basta uno sguardo, un’occhiata per comunicare e trasmettere quello che vuole dire. Tutto ciò che lo compone e lo caratterizza infonde intensità. – Si bloccò per qualche secondo non riuscendo a trattenere un fugace e spensierato sorriso. – Ricordo che anche per questo motivo Myranda è sempre stata cotta di lui. Non preoccuparti: ora credo non lo sia più – lo rassicurò la  ragazza immaginando i dubbi del suo amico.
- Mi dispiace per vostra famiglia. Sembravate molto uniti.
- Lo eravamo. Lo siamo.
- Mi dispiace anche per Silenziatore. È per questo che sei triste questi giorni, vero?
- Lui mi ha messa alla prova. Mi ha sfidata. Ma io non ho saputo vincere. Capita, no? Non è un motivo valido per arrendermi.
- Non hai perso. Quell’uomo è pericoloso, Eve. Forse è un bene che ora tu non puoi più chiedergli aiuto. Potrebbe averti fatto questo incantesimo di proposito per allontanarti da lui e farti arrendere. Per farti impazzire! Lui si diverte anche a fare questo. Molti sono impazziti per colpa sua.
- Lui ha detto che questo potere potrebbe far cadere le persone in un circolo vizioso di dubbi e incertezze, poiché potrebbe non manifestarsi esplicitamente. Il valore della sfida consiste nel constatare se sono davvero pronta per entrare nel mondo della stregoneria, della sua stregoneria. A questo credo. Non sono una sprovveduta, ma neanche una codarda diffidente che preferisce non credere e non provarci neanche pur di non rischiare. Tuttavia, ho provato in ogni modo a comprendere questo potere, a risvegliarlo, ma … il mio mantra legato maggiormente ad uno dei quattro elementi non emerge. Non emerge in alcun modo. Per questo ci ho messo una pietra sopra e ho voltato pagina, per poter andare avanti e non demordere, per poter trovare altri metodi alternativi che mi permetteranno di aiutare concretamente mia madre.
A quelle parole, il ragazzo sembrò fermarsi a riflettere. – Tu sei una Targaryen. Non dovrebbe essere il fuoco elemento di tuo mantra?
- Non è detto, Veherek. Non percepisco alcun legame con il fuoco. Inoltre, io ho un quarto di sangue Targaryen. Questo non restringe affatto il campo.
- La tua tenacia mi ricorda molto una poesia che mia madre mi ripeteva quando ero bambino – disse il giovane spostando anch’esso lo sguardo verso il sole appena sorto. Cominciò a recitargliela in dothraki. Quelle parole suonavano bellissime e affascinanti anche se in una lingua poco conosciuta dalla giovane rosa. Quando Veherek ebbe terminato, gliela tradusse. – Quando Sole si sveglia, Luna e stelle si nascondono.
Nessuno guarda Sole.
Nessuno si rivela a lui.
Nessuno lo tocca e nessuno gli parla.
Nessuno, fino a quando non nascono le nuvole.
Perché le nuvole sfidano la luce, figli di Sole?
Perché schermano i raggi del dio della vita?
 Lo fanno perché lo vogliono tutto per sé?
Lo fanno perché lo amano o perché lo odiano?
Forse le nuvole vogliono solo parlare con lui.
Forse le nuvole vogliono solo chiedergli qual è il suo più grande desiderio.
Forse le nuvole piangono perché Sole ha rivelato loro che il suo più grande desiderio è quello di non scottare più.
Vi furono interi minuti di un sacro e solenne silenzio tra loro. – È bellissima – disse poi Eveline spezzandolo.
In quel momento, il ragazzo strinse la mano della giovane rosa e le rivolse un rassicurante sorriso. – Io credo in te, Eve. Sono sicuro che ce la farai. Non ti abbandonerò.
- Grazie, Veherek. Sei un vero amico.
 
Myranda si ritrovò in piedi dentro una delle camere di Grande Inverno, a lei molto familiare. Tuttavia, in quella stanza vide qualcosa che non aveva mai visto prima: un bambino era steso, apparentemente morto, sotto le pellicce del caldo letto. Il suo volto era dolce e calmo mentre il suo metalupo dormiva beatamente accanto a lui, sorvegliandolo. Fu solo quando vide l’animale, che la ragazza comprese. – Bran Stark …? Sei davvero tu?
All’improvviso il bambino aprì gli occhi e si alzò in piedi. Il suo sguardo era freddo e indifferente mentre poggiava i piedi nudi sul freddo legno. Bran le porse la mano. – Vieni con me, Myranda – le disse.
- Dove mi porterai?
- Nel luogo in cui tu, io e tutti gli altri che sono venuti prima di noi, dobbiamo stare – le rispose semplicemente, mantenendo quello sguardo apatico.
A ciò, Myranda gli diede la mano e lasciò che la guidasse. Non appena giunsero fuori, dinnanzi al soppalco di Grande Inverno, la fanciulla si accorse che il luogo era deserto. Improvvisamente, un corvo con un occhio in più in mezzo alla fronte, volò sopra la sua testa, circondandola, per poi posarsi a qualche metro da loro, verso la strada che conduceva ancora più a Nord, dove si trovavano le terre sconfinate.
Bran continuò a camminare e a seguire quel corvo, fin quando la giovane Lannister non si fermò, scostando la mano dalla sua presa. A ciò, il ragazzino si voltò verso di lei. Non mostrava alcun segno di confusione, di frustrazione o di irritazione. Sembrava solo in attesa, con quel suo sguardo completamente vuoto.
- È stato lui a renderti così?
- Così come?
- Privo di umanità. È stato lui? Conosco la tua storia, Bran Stark. Una storia infinitamente triste che più volte non mi ha fatto chiudere occhio durante la notte. Vuoi che io diventi come te, non è vero?
- Tu sei la prossima, Myranda Lannister. Non lo si può decidere. Veniamo scelti semplicemente. Dovrai venire con me.
- Dove?
- Nessuno si è rifiutato di sottoporsi all’addestramento. Prima o poi dovrai andare. Presto o tardi tutti dobbiamo adempiere al nostro destino. L’estremo Nord sconfinato ti attende.
- Non mi importa se nessuno di “noi” prescelti si è mai rifiutato. Io non verrò con te. Non andrò nel Nord sconfinato.
- Credi che, sottrandoti a ciò, potrai evitare di divenire come me? – le chiese il ragazzino avvicinandosi a lei con passi calmi e calibrati, mantenendo sempre l’inquietante contatto visivo. – Diventiamo tutti così. E non è l’addestramento a Nord a renderci tali: le visioni aumenteranno sempre di più. Arriverai ad un punto in cui non riuscirai più a sopportarlo. Arriverai al capolinea, alla fine della tua sopportazione fisica e mentale dopo aver visto tutte le persone che ami o a te sconosciute, soffrire, morire, combattere, perdere o semplicemente provare emozioni che non sono le tue. Non riuscirai ad immagazzinare tutto ciò che vedrai contro la tua volontà, avendo il potere di mutare il corso della storia, ma sbagliando inevitabilmente, poiché nessuno è capace di cambiare il corso degli eventi, neanche gli dei. A quel punto diventerai un’osservatrice passiva, costretta e sofferente, fantasma di te stessa e della tua vita presente. Un solo essere umano non è capace di contenere le emozioni di milioni di uomini non perdendo la sua anima – le disse con la sua voce neutra, priva di inflessioni.
Myranda osservò a fondo quegli occhi grandi e scuri prima di rispondergli. – Mi dispiace, Bran. Mi dispiace tanto … - disse lasciando che delle calde lacrime bagnassero le sue guance.
- Per cosa? – le chiese il ragazzino assumendo la prima espressione, di quasi sorpresa, da quando lo aveva incontrato.
- Sai … quando era più piccola … piangevo spesso. In realtà lo faccio anche ora, solo non così tanto … lo facevo perché mi permetteva di sentire la mia umanità pulsare forte dentro di me. Le persone intorno a me non riuscivano a spiegarsi perché piangessi così spesso … ora credo di averlo capito. Se questo è davvero il destino che è stato scritto per me … vuol dire che il mio corpo e la mia mente, involontariamente, lo hanno percepito fin dal momento in cui sono venuta al mondo … per questo tutto ciò che mi compone ha sempre fatto in modo, in qualsiasi situazione, di opporsi … la mia anima si è sempre ribellata ricordandomi, con tutta sé stessa, che io sono nata viva, sono nata umana, e che posso rimanerlo. Devo solo volerlo ed essere me stessa. Io posso combatterlo, Bran … e vorrei che ci avessi provato anche tu … - gli disse continuando a dare libero sfogo alle sue lacrime e avvicinandosi a lui ancor di più. Dopo di che, si tolse una collana che portava sempre con sé fin dall’infanzia, un regalo di suo padre, e la porse al ragazzino. Si trattava di un delicato ciondolo con una catenina dorata, decorato con delle piccole farfalle di sottile metallo azzurro. – Sai cos’è questo? – gli chiese chiudendogli le dita fredde per fargli stringere la sua collana. – Questo è un sentimento. Un sentimento materializzato. So bene che questa è solo una visione e che tu sei solo frutto di un’astrazione, Bran Stark, ma non m’importa: voglio che lo tenga tu.
- Speri davvero che con questo tuo dono, io, il Bran della tua astrazione, possa ritornare magicamente a provare delle emozioni umane dopo tutto ciò che ho visto e vissuto?
- Non te l’ho donato per tale motivo, Bran.
- E, allora, perché?
- Zia Arya. Zia Arya un giorno mi ha detto che il tuo colore preferito era l’azzurro – gli rispose semplicemente la fanciulla, accennandogli un sorriso.
Dopo ciò, Myranda aprì gli occhi e si svegliò dentro la solita tenda. Rimase per qualche minuto fissa, con lo sguardo verso l’alto, fin quando non sussurrò qualcosa. – Io riuscirò a contrastarlo, Bran. Lo farò anche per te. Te lo prometto.
Non appena la giovane Lannister mise piede nel villaggio, ancora con la vista annebbiata dal sonno e da quella visione simile ad un sogno che le aveva invaso la mente, si diresse in un luogo, una sorta di gazebo di legno dove sapeva avrebbe trovato la sua amica, oramai sempre più mattiniera.
Eveline era intenta a mischiare energicamente delle erbe e le dava le spalle, ma ciò non le impedì di riconoscerla immediatamente nonostante non l’avesse vista o sentita, quasi come possedesse dei sensi felini. – Buongiorno, Dada. Dormito bene?
Myranda sbadigliò e si sedette distrattamente su una sedia accanto al tavolino pieno di altre piante. – Relativamente. Tu cosa stai facendo? Sei ancora decisa a non rivolgerti a nessun altro stregone e a provare da sola a trovare una cura per tua madre? – le chiese dubbiosa.
- Sì, ne sono convinta. Posso farcela.
- Sei assolutamente sicura di non voler più tentare di scoprire e di far manifestare il potere del tuo mantra?
- Ci ho provato in ogni modo, Mi, e tu lo sai bene. È inutile perdere altro tempo.
- Bungiarno, ragazze – intervenne una voce esterna, ma molto familiare alle due. Aveva fatto il suo ingresso nel gazebo anche una delle donne con la quale avevano legato di più all’interno del villaggio, portando con sé la sua allegria mattutina e genuinità.
Le due fanciulle sorrisero intenerite. – Gjanah, è “buongiorno”, non “bungiarno” - la corresse dolcemente Myranda, per poi guardare incuriosita cosa la donna avesse tra le mani.
- Buongiorno anche a te, Gjanah – le rispose Eveline questa volta, sorridendo e continuando a mescolare.
- Cosa ci hai portato?? – le chiese la giovane Lannister già con uno splendido sorriso pieno di aspettativa ad ornarle il volto e quasi saltellando.
- Io diventare sempre più brava a cucinare dolci grazie a Mia – disse la donna porgendo alla fanciulla il dolce che aveva preparato.
Ella lo annusò e si inebriò le narici risvegliandosi da quel torpore che ancora le stava ottenebrando i sensi. – Oh … sembra ottimo! Sono sicura che questa volta sia venuto ancora meglio della scorsa! Pare che tu abbia messo in pratica i miei consigli!
- Che ingredienti hai usato? – chiese immediatamente la giovane rosa non appena si accorse di aver udito la parola “dolci”.
- Credo che Gjanah abbia usato delle mandorle selvatiche, fragole bianche e bacche d’uva. Lo riconosco dall’odore – azzardò Myranda.
- Amo le fragole bianche! Hanno un sapore che somiglia vagamente a quello del cacao! – esclamò la giovane Targaryen con gli occhi luminosi. – Credo che ne prenderò un pezzo proprio adesso. Ho già fatto colazione qualche ora fa ma sto morendo di nuovo di fame!
- La tua è solo golosità, Eve! E non te ne faremo assaggiare neanche un pezzo se non smetti di trafficare con quelle erbe e ti siedi comodamente e agiatamente con noi! – la ammonì decisa Myranda.
A quell’ordine, Eveline sbuffò, ma riconobbe silenziosamente di aver bisogno di un momento di riposo da quei disastrosi intrugli, perciò si sedette come le era stato detto.
In quell’istante, fecero il loro ingresso nel gazebo aperto anche una quarta e una quinta presenza. Veherek entrò tenendo sulle sue spalle una vivace e splendida bambina. Il ragazzo la fece scendere e questa si diresse immediatamente verso Eveline. – Eve! Eve! Sopra!! – esclamò alzando le piccole braccia e attendendo che la giovane rosa la aiutasse a sedersi sulle sue gambe.
- Lheli, che ci fai qui? – le chiese la fanciulla sorridendole e prendendola in braccio per accontentarla.
- Lheli mi ha pregato di portarla da te. Non sapeva dove fossi. Sai quanto è affezionata a te – le spiegò Veherek ponendo le braccia conserte e avvicinandosi a Myranda.
- Lheli, ora io sto facendo cose da grandi. Capito? Questo … - le disse indicando lo spazio che la circondava. - … è il mio nuovo rifugio.
- Rifugio?
- Sì, rifugio per grandi.
A ciò, la piccola esclamò qualcosa in dothraki scendendo dalle sue gambe e tirandola per un braccio per costringerla a seguirla. Eveline masticava ancora poco il dothraki, ma era in grado di capirlo e di parlarlo molto meglio rispetto a quando era giunta a Vaes Dothrak, perciò la comprese e le rispose in dothraki cercando di pronunciare bene ogni parola.
Le proteste della giovane rosa non servirono a nulla, poiché la bambina possedeva un’energia e una decisione senza eguali. Alla fine, la ragazza si arrese e seguì Lheli fuori dal gazebo, lasciandosi trascinare nel laghetto in cui erano solite farsi il bagno. Eveline gettò la piccola nell’acqua con ancora tutti i vestiti addosso, per poi attendere che ella riemergesse e si vendicasse, spingendo anche lei tra le acque limpide e calde di quella piccola conca illuminata dal sole e circondata dalle urla gioiose e dal travolgente ritmo di vita di quel luogo. I pantaloni stretti fatti di pelle di coccodrillo della giovane Targaryen, si bagnarono e così anche la sua striminzita canotta di pelliccia di lepre. Le due giocarono dentro l’acqua, schizzandosi e indispettendosi per quasi un’intera ora, mentre il tempo sembrava letteralmente volare. Quando entrambe rimasero stremate e percepirono la loro forza venire meno, si accasciarono facendosi cullare dal dolce andamento dell’acqua. Eveline chiuse gli occhi e si sedette sulla terra morbida del fondo, appoggiando il peso sulle sue mani puntate sul terreno bagnato e lasciando che la sua testa cadesse all’indietro, con il volto rivolto verso il sole. Rimase rilassata in quella posizione idilliaca per qualche minuto, ascoltando solo il vento lieve e il suono dolce dell’acqua che si muoveva sotto il tocco giocoso della sua giovane amica. - Qual è l’elemento a cui appartengo? – sussurrò tale domanda più a sé stessa che al cielo, mentre, dalla terra che stringeva tra le sue dita, si innalzavano delle minuscole particelle di sabbiolina che sembravano danzare nell’acqua. – Ad ogni modo, non importa. Non importa se non sono legata a nulla – disse riaprendo i grandi occhi luminosi e osservando pigramente il cielo chiaro.
- Shieraki. – Venne distratta dalla parola pronunciata dalla bambina, la quale stava indicando in alto, provando a non chiudere gli occhi a causa dell’accecante luce del sole. – Voglio shieraki – ripeté mischiando il dothraki con la lingua comune.
- Vuoi shieraki, Lheli? Ora niente shieraki. Ora solo Shekh – le rispose indicando il sole e facendole comprendere che avrebbe dovuto aspettare la notte, come ogni volta, per poter rivedere le sue amate stelle.
Ad un tratto, quella pace surreale nel quale le due si erano rifugiate, fu brutalmente rotta da un urlo disperato da parte di una donna. Ella era sconvolta e parlava talmente veloce, che le due ragazze di Grande Inverno non riuscirono a comprenderla.
- Vieni, Lheli, andiamo a vedere cosa è successo – disse immediatamente la giovane rosa prendendo in braccio la piccola e uscendo dal laghetto.
- Cosa dice, Veherek?? – chiese preoccupata Myranda non appena furono raggiunti anche da Eveline.
- Dice che un bambino è caduto in fiume proibito!
- Cos’è il fiume proibito?? – chiese impaziente la giovane Targaryen.
- È un piccolo fiume che solca i confini del villaggio! Ma è proibito immergersi dentro le sue acque! In queste nuotano pesci maledetti! Sono dei pesci carnivori che con un morso avvelenano la preda e, se muore, si nutrono delle sue carni!
- Ma è terribile! Dobbiamo fare qualcosa!
La donna continuò a chiedere aiuto, così buona parte del villaggio accorse nel luogo in cui stava avvenendo quella che sarebbe potuta diventare una terribile tragedia.
Non appena giunsero nel pressi del corso, Eveline e Myranda presero coscienza di quanto la situazione fosse grave: la sponda del fiume proibito di cui parlavano, era lontana almeno due metri da quella opposta e, nonostante il torrente non fosse profondo, il bambino in questione era molto piccolo, perciò non riusciva a poggiare i piedini sul fondo senza venire immerso dall’acqua, così come non era capace di tenersi a galla e di nuotare. Nessuno sarebbe potuto intervenire senza mettere in pericolo la sua stessa vita, e, anche in quel caso, le possibilità di salvare il piccolo sarebbero state scarse. Non avevano neanche il tempo di pensare ad una soluzione alternativa dato che i “pesci maledetti” avevano già iniziato a morderlo. La situazione peggiorò non appena Lheli riconobbe il piccolo. – Naaro! Naaro!! – urlò scendendo immediatamente dalle braccia di Eveline e cominciando a correre verso il fiume mentre gridava altre frasi in dothraki al bambino.
- Naaro è il fratello di Lheli! – esclamò Veherek sbiancando. Fu in quell’istante che Eveline realizzò con tremenda angoscia cosa stesse per fare la sua giovanissima amica pur di salvare suo fratello. Stava per fare ciò che, in un momento di puro terrore e irrazionalità, avrebbe fatto anche lei per salvare uno qualsiasi dei suoi cugini.
- Lheli, no! Non tuffarti nel fiume!! – le urlò correndole dietro, ma non arrivando in tempo per impedirglielo.
Un misto di paura e orrore invasero la giovane rosa, la quale fu colpita da una forte sensazione di nausea che le provocò quasi un mancamento. Uno dei dothraki riuscì ad afferrarla prima che cadesse a terra, ma, non appena la fanciulla riprese possesso del suo equilibrio, vide qualcosa che la fece quasi svenire completamente. Tutti i dothraki presenti nel luogo erano rimasti impietriti dinnanzi a ciò, così come Myranda e la stessa Eveline, artefice del tutto: l’intero fiume proibito si era letteralmente prosciugato, risucchiato improvvisamente dalla terra sotto di sé. Di conseguenza, i pesci che non erano ancora morti asfissiati, stavano inutilmente combattendo contro la morte, saltellando debolmente sul terreno umido. I due bambini, il più piccola ferito e Lheli più sconvolta per quello che era appena accaduto piuttosto che per il resto della vicenda, giacevano sul fondo bagnato del torrente. Coloro che riuscirono a metabolizzare leggermente più in fretta e a focalizzarsi nuovamente sulla realtà, ebbero l’istinto di prendere il piccolo Naaro e di portarlo subito da una delle guaritrici.
- Eve … sei stata tu … ? – sussurrò Myranda ancora con gli occhi fissi sul letto del fiume prosciugato.
- … terra … - realizzò finalmente la giovane rosa, ancora non credendo ai suoi occhi. Per accertarsi della sua ipotesi, Eveline corse dritta nel fondo in cui giacevano i pesci morenti e toccò uno di loro. Di nuovo quella forza simile alla scintilla di un fulmine invase le sue vene e i suoi arti, diramandosi impazzita. Il pesce si sgretolò nel nulla, divenendo polvere. Ancora non completamente convinta, la fanciulla risalì e afferrò le prime grosse pietre che vide intorno a sè, alzandole e osservando queste rompersi al suo tocco e cadere a terra in centinaia di pezzi. Un’improvvisa paura cieca invase la mente della giovane Targaryen facendola indietreggiare in preda all’orrore. Ma, man mano che i suoi piedi si poggiavano sul terreno arido sotto di sé,  su di esso cominciò a formarsi un’enorme frattura come quelle che facevano rabbrividire gli uomini ogni volta che la terra tremava. La crepa si stava velocemente allargando seguendo i passi di Eveline, facendo tremare il suolo e contribuendo al rischio di formare un pericoloso crepaccio sempre più ampio.
- Non può continuare così!! – esclamò Myranda correndo verso di lei, mentre tutti i dothraki indietreggiavano impauriti e incapaci di realizzare. - Eve! Eve, guardami!! Devi calmarti, Eve!! Calmati!! Stai dividendo la terra in due!! Tu non vuoi questo! Guardami, Eve! Concentrati su di me e calmati … fai un bel respiro … tu puoi fermarti … puoi fermarti quando vuoi … - le ripeté abbassando sempre più il tono di voce per rassicurarla mentre le sue mani erano strette sulle sue spalle. Pian piano, Eveline riuscì a concentrarsi sulla voce della sua più cara amica e a calmarsi, eliminando quell’oscuro e paralizzante terrore che l’aveva invasa non appena aveva preso coscienza della potenza devastante di quel potere.
Non appena la giovane rosa riprese possesso della sua volontà, alzò i suoi occhi decisi e il suo sguardo di fuoco verso Myranda. – Ora ho compreso. Devo ritornare da lui.
 
Il banchetto preparato per l’arrivo dei nuovi ospiti alle Isole di Ferro, venne allestito e organizzato nel migliore dei modi, nonostante il poco tempo a disposizione. Alcuni invitati erano già presenti di fronte all’immensa tavolata, intrattenendosi in delle conversazioni per conoscersi meglio.
Quando Bridgette Greyjoy fece il suo ingresso nel salone tenendo per mano il suo fratellino più piccolo, Oberyn smise di parlare con Theon per concentrarsi su di lei.
Quella ragazza lo aveva attirato fin dal primo momento in cui l’aveva vista, e non solo in senso positivo. C’era qualcosa in ella che lo affascinava e lo spaventava allo stesso tempo, così come accadeva a chiunque posasse lo sguardo su di lei. Ad Oberyn non era mai capitato con nessun altro, di provare tali emozioni unite in un groviglio difficile da identificare. Per questo era deciso ad indagare su di lei e a conoscerla meglio. Chiunque avesse un tale effetto sulle persone meritava il pieno interesse della Vipera Rossa.
La ragazza fece scorrere velocemente le sue portentose iride blu scure vagliando tutta la sala, per poi rivolgere lo sguardo al piccolo Wylem che stringeva ancora la sua mano. – Raggiungi i tuoi fratelli, Wylem. Guarda, sono proprio laggiù – gli disse la ragazza abbassandosi lievemente e indicandogli suo fratello e le due sorelle dall’altra parte della tavolata. Il bambino sorrise e fece come gli era stato detto.
Dopo di che, rimasta sola, la giovane donna spostò immediatamente l’attenzione su una persona in particolare: sua cugina Yara era completamente concentrata ad accarezzare e a sorridere al fagotto che teneva saldamente tra le sue braccia, il quale muoveva la manine energicamente.
Oberyn se ne accorse nel momento in cui si avvicinò a lei di soppiatto. – Milady – la distrasse dalla sua vista. – Permettetemi di presentarmi: sono la Vipera Rossa di Dorne, Oberyn Martell – disse inchinandosi ad ella con la massima riverenza e baciandole la mano.
- Sì, ho sentito parlare di voi, milord – gli rispose in tono pacatamente gentile. – Ho saputo che siete qui per richiedere l’auto di mia cugina, con l’intento di trovare i vostri cari dispersi e prigionieri. Volete organizzare una ribellione. Obiettivi non poco ambiziosi.
- Sì, avete ragione, lady Bridgette. Ma, sapete, io sono sempre stato un uomo dai piani ambiziosi.
- Non ne dubito.
- Voi, invece?
- Temo di non aver ben compreso lo scopo della vostra domanda, mio signore.
- Quali sono i vostri “ambiziosi” piani? D’altronde, tutti ne abbiamo alcuni – disse l’uomo sorridendo naturalmente come era solito fare e prendendo tra le mani un calice di vino rosso.
- Per ora, il mio unico progetto è quello di trovare un posto confortevole per i miei fratelli, sperando che la sofferenza possa gradualmente scivolare via dal loro animo.
- Immagino che neanche la vostra vita sarà stata rosa e fiori. D’altronde, possedere un padre esiliato e nascere con l’appellativo di “bastarda” non deve essere stato facile per voi.
- Tutti affrontiamo una vita a suo modo sventurata, milord. Non esiste alcuna eccezione, nessun “salvato” in questo mondo – rispose lei vaga e lapidaria.
- Nonostante ciò, ognuno di noi può trovare il modo di risollevarsi dalle proprie ceneri … e di risollevare anche altri. Basta solo possedere la forza di volontà giusta – disse sorseggiando l’ultimo goccio del suo vino.
A ciò, la ragazza puntò i tormentati occhi dritti suoi suoi, bucandogli lo sguardo. – Parlate da uomo, mio signore. – Pronunciò quella frase con un tono talmente tagliente e brusco, da far sentire Oberyn quasi in colpa senza alcun motivo apparente. Erano state cinque parole, ma erano valse più di mille.
I due furono improvvisamente interrotti da Yara, la quale li aveva raggiunti al centro della sala reggendo ancora il neonato tra le braccia. – Cugina! Oberyn Martell! Felice che vi stiate ambientando e che stiate approfondendo la vostra conoscenza! – disse la donna riservando loro un gioioso sorriso.
Bridgette e Oberyn le rivolsero un rispettoso inchino prima di risponderle. – Mia regina. Io e i miei fratelli vi ringraziamo ancora per la vostra immensa ospitalità.
- Oh, abbandonate tali formalità! D’altronde, siamo cugine – le rispose rassicurandola. Tuttavia, ad un tratto, si udirono dei singulti che, pian piano, si trasformarono in un pianto disperato proveniente dal piccolo Blake. Yara provò a cullarlo premurosamente e ad accarezzarlo per placarlo. – Oh, mio tesoro, non piangere … la mamma è qui … - Ma il bambino non cessò di lamentarsi. – Perdonatemi, ma mio figlio sembra manifestare già un bel caratterino nonostante i pochi mesi di vita! A volte è impossibile calmarlo. Mi somiglia parecchio! - si scusò la donna sorridendo.
- Permettete? – disse improvvisamente Bridgette, chiedendo umilmente il permesso di tenere tra le sue braccia il principe, manifestando una voce completamente diversa da quella con la quale si esprimeva solitamente, con un tono che assomigliava a quello di una lieve supplica o di un timido desiderio.
- Ma certo – le rispose Yara leggermente sorpresa, porgendole delicatamente il suo secondogenito tra le braccia.
La ragazza lo prese e lo tenne stretto a sé come fosse il tesoro più inestimabile e prezioso del mondo, guardandolo come se si trattasse di un dio in miniatura. Ella lo cullò con un metodo tutto suo, accucciandolo sul suo seno, massaggiandogli la schiena e bisbigliandogli sussurrii dolci e impercettibili. – Ciao, principino … - gli mormorò riservandogli il sorriso più dolce che Oberyn e Yara avessero mai visto, non appena il piccolo smise di lamentarsi e cominciò a lasciarsi coccolare abilmente dalla giovane donna. – Va tutto bene … va tutto bene, Blake … - continuò a sussurrargli amabilmente, accarezzandogli i capelli ancora radi, le guance paffute e baciandogli teneramente la fronte. Era a dir poco magnetico guardarla rifugiarsi in un mondo a parte mentre teneva tra le braccia quel neonato.
- Dove avete imparato? – le chiese improvvisamente Yara risvegliandola da quel dolce idillio. – Avete detto che non potete avere figli, ma sembrate immensamente abile con il mio.
- I miei fratelli, cugina. Li ho cresciuti io. Inoltre, ho svolto diversi lavori come balia quando ero solo una ragazzina – le rispose cercando di riprendere la sua placida compostezza e ridando il pargolo a sua madre, presumendo che Yara lo rivolesse tra le sue braccia.
- Non l’ho mai visto così calmo! Siete una sorta di maga dei neonati, cugina. Potrei avere ancora bisogno di voi le prossime volte che non riuscirò a placare i suoi pianti – le disse guardando il suo bambino soddisfatta.
- Ne sarei felice – rispose Bridgette con un sorriso sincero, un sorriso nel quale Oberyn riuscì a scorgere un velo di malinconia.
- Ora è meglio che io lo porti nella sua culla, nella mia stanza, così potrà riposare mentre noi ci godiamo il banchetto – disse infine la regina congedandosi dai due.
 
Müren era sdraiata nel suo letto, con gli occhi fissi in un punto nel vuoto della sua stanza e intenta ad accarezzare distrattamente una bambola di pezza malconcia.
- Principessa Müren, è ora di provare il vostro vestito – la esortò la balia con un tono vicino all’esasperazione, entrando nella camera.
- Non voglio provare il vestito.
- Ma vostra madre ci ha detto di farvelo provare e di cambiarlo eventualmente, nel caso le misure non siano adatte. Questa sera si terrà un banchetto e voi dovete indossare dei vestiti da principessa.
- Posso provarlo da sola il vestito …
- Principessa Müren … - continuò la donna accovacciandosi per avere il viso all’altezza di quello della bambina. – Prima o poi dovrete superare questa paura di essere toccata … riuscite a capirlo? Vostra madre vuole solo il vostro bene.
- Zio Theon ha già detto alla mamma che non voglio … perché lei non lo ascolta?
- Io non seguo gli ordini di vostro zio Theon, ma della regina, principessa. Ora basta fare i capricci, alzatevi e venite a provarvi il vestito.
- Credo che la principessina abbia il diritto di contestare le richieste di sua madre se queste la mettono  a disagio, milady – intervenne una voce esterna, comparendo sul ciglio della porta. Müren riuscì a riconoscerla e, per qualche motivo, non ne ebbe timore nonostante fosse semisconosciuta. La bambina accennò un sorriso involontario a ser Davos, il quale le ammiccò senza farsi vedere dalla balia.
- Perdonatemi, ser, ma cosa ci fate voi nella camera di Sua Maestà la principessa? – gli chiese infastidita la donna.
- La regina Yara mi ha mandato a prelevare sua figlia immediatamente. Mi ha richiesto di riferirvi di occuparvi del piccolo Blake.
- Non vi credo.
- Non mi riguarda, milady. Io presto attenzione ai fatti e un fatto oggettivo è che io sono l’unico uomo in questa stanza; ciò significa che ho molta più forza fisica di quanta ne possediate voi. La conclusione alla quale potete giungere, è che non riuscirete a trascinarmi via da qui con la forza, impedendomi di eseguire un ordine esplicito della regina. Senza contare che sono un ospite e dubito vogliate essere irrispettosa con uno degli ospiti di Yara Greyjoy proprio nel giorno in cui si terrà il banchetto di benvenuto – le disse ser Davos mostrando un lieve sorriso sicuro.
A ciò, la donna uscì dalla stanza stizzita e irritata, lasciandolo solo con la piccola Müren. – Non è vero che mia madre vi ha ordinato di sostituire Talìa – gli disse la bambina non mascherando il suo sguardo divertito e riconoscente.
- Siete perspicace, principessina – le rispose ser Davos avvicinandosi di qualche passo.
- E voi siete coraggioso. Non è da tutti essere capaci di mentire così spudoratamente disubbidendo ad un ordine di mia madre.
- Beh, ho la mia esperienza alle spalle – le disse sorridendo. – Sembrate molto affezionata a quella bambola. La trovo molto bella.
- So che la trovate orribile, in realtà, esattamente come tutti gli altri. Ma per me rimarrà sempre meravigliosa: è un regalo di mio padre – disse la piccola sorridendo tristemente mentre accarezzava i capelli arancioni e sgualciti della bambolina avente le sembianze di una fanciulla.
- Eravate molto affezionata a lui …
- Lui mi voleva molto bene. Esattamente come zio Theon. Me l’ha regalata quando avevo tre anni. È stato il primo regalo che mi ha fatto. Mi manca molto … - disse mentre delle lacrime le pendevano dagli occhi scuri.
- Finché terrete quella bambola, lui sarà sempre con voi, principessina. Continuamente – la rassicurò ser Davos.
A ciò, la bambina alzò lo sguardo verso di lui, tirando in su con il naso. I suoi occhi a mandorla infinitamente espressivi sembravano volerlo ringraziare. – Si chiama Regan.
- Onorato di fare la vostra conoscenza, lady Regan – disse l’uomo inchinandosi e prendendo la manina di pezza della bambola per baciarla.
Dopo qualche secondo di silenzio, Müren parlò di nuovo con quell’ospite bizzarro e sconosciuto. – Io non voglio che qualcuno mi faccia provare il vestito, ser …
- Davos, principessa.
- … Davos.
- Beh, sono venuto a salvarvi appositamente per tale motivo, perciò non dovete temere – le rispose rivolgendole un altro sorriso rassicurante.
- Davvero?? – gli chiese lei speranzosa e alzandosi in piedi.
- Ora io uscirò dalla stanza ma rimarrò ad aspettarvi qua fuori, mentre voi, con calma e senza fretta, vi proverete il vostro nuovo vestito. Quando avrete finito mi richiamerete e io esprimerò il mio giudizio sull’abito – disse Davos fingendo un’aria da esperto in materia e provocando un breve applauso e una risata cristallina nella piccola di fronte a lui.
 
Il banchetto stava per avere inizio e tutti i presenti attendevano l’arrivo degli unici due assenti: ser Davos e la principessa Müren.
In quei momenti di attesa, Varys ne approfittò per scambiare due parole con lady Bridgette. – Conosco l’uomo che vi ha ripudiata, lady Bridgette – le disse affiancandola ma rimanendo con lo sguardo concentrato su altri elementi della sala.
- Ma davvero? – le rispose lei simulando una finta sorpresa.
- Lord Mick Borrell è sempre stato un uomo dai modi alquanto inadeguati e superficiali, se posso fornire un mio umile giudizio.
- Mi sorprende che voi siate così informato, Ragno Tessitore – continuò lei rimarcando l’ironia.
- Immagino siate stata una moglie fedele e invidiabile per lui. Nonostante io abbia perso molti dei miei uccellini, posseggo ancora la mia efficiente rete di informatori.
- So bene quali siano le informazioni di cui siete venuto a conoscenza, lord Varys.
- Conoscete le mie spie? – chiese l’uomo incuriosito voltandosi a guardarla.
- So come agiscono, perciò mi resta fin troppo facile individuarle. D’altronde, non potrebbe essere diversamente, dato che anche io da bambina svolgevo mansioni simili a quelle dei vostri “uccellini” – gli rispose accennandogli un sorriso derisorio e allontanandosi da lui.
- Lady Greyjoy – la richiamò il Ragno.
- Sì, lord Varys? – rispose lei voltandosi nuovamente verso l’uomo.
- Alcune leggende narrano che questa notte si udirà il canto delle sirene in questi mari. Vi affaccerete alla vostra finestra per ascoltarlo?
A tale domanda, ella sorrise ancora con uno di quei sorrisi che nascondevano un mondo. – L’ho sempre udito, lord Varys. Questa notte non sarà diverso.
Trascorsa un’altra ora, Yara cominciò a spazientirsi. – Dove accidenti è quella ragazzina? – chiese esasperata. – Le farò pagare questo ritardo esagerato.
- Sono sicuro che starà per arrivare, Yara – la placò Theon seduto accanto a lei.
- Mia regina, ci è stato detto che la principessa si trova con ser Davos. Stanno per raggiungere la sala – disse una delle guardie entrando nel salone.
La donna mostrò uno sguardo sorpreso nell’udire tali parole. – Con ser Davos? – chiese con tono lievemente divertito.
- Se è davvero così, non temete, mia regina, ser Davos è fin troppo bravo con ogni bambino esistente su questa terra! – esclamò Oberyn dirigendosi poi accanto al Ragno. – A cosa è dovuto quello sguardo, amico mio? Si tratta di ciò che penso? – le chiese l’uomo guardando in direzione di lady Bridgette, oggetto anche degli sguardi attenti e diffidenti dell’eunuco. – Ti sei fatto un’opinione su di lei? Conosco bene quell’espressione e, solitamente, non promette nulla di buono.
- Una cosa è certa, amico mio – si decise a parlare lord Varys rimanendo sempre con gli occhi fissi sulla giovane donna. – Ciò che è certo, è che nulla e nessuno può farsi vanto di essere più temibile del dolce canto di una sirena – disse semplicemente.
Qualche minuto dopo, si udì un urlo atroce provenire dai piani superiori. Tutti i presenti si allarmarono, Yara e Theon in particolare. I due non fecero in tempo ad uscire dalla sala, che vi piombò all’interno Talìa, con gli occhi stralunati, il volto bianco e il fiato corto.
- Talìa, cos’è accaduto?? – le chiese Yara allarmata raggiungendola.
La donna si inginocchiò a terra afferrando i suoi capelli e tirandoli mentre sembrava stesse per svenire da un momento all’altro. – Mia regina … - sussurrò con la voce roca e rotta. – Il principe Blake è … è morto … è stato trovato privo di vita nella sua culla.
A quella notizia, ogni presente fu invaso da un profondo orrore.
Yara Greyjoy gridò con tutta l’aria che aveva nei polmoni quella sera, facendo tremare le pareti e placando persino i gelidi venti del Nord. Dopo di che, la regina delle Isole di Ferro svenne in preda alla confusione generale.
Nessuno si sarebbe potuto aspettare che, quel giorno, sarebbe avvenuta una tale tragedia compiuta da un atto tanto inumano. Così come nessuno dei presenti avrebbe potuto immaginare che quello fosse solo il preludio. 


 

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Capitolo 9
*** La più grande creazione e opera d’arte ***


La più grande creazione e opera d’arte
 
Jaime prese un pezzo del pane secco che i soldati avevano portato loro la sera prima per la cena e lo avvicinò alla bocca di Brienne, la quale si rifiutava di mangiarlo. – Brienne, per favore … devi aprire la bocca … - la supplicò con voce benevola accarezzandole i capelli. Ma la donna seppellì la testa sulle gambe di suo marito per costringerlo a rinunciare. – Avanti … tesoro, se non ti nutri, farai ancora più fatica a sopravvivere ...
Oramai la ferita della leggendaria guerriera aveva un aspetto raccapricciante. Nessuno degli altri due sapeva come facesse ad essere ancora in vita. Tuttavia, la mente della donna non era forte come il suo corpo: oramai non sapeva più cosa fosse la ragione, mugolava continuamente e delirava di tanto in tanto.
- Jaime … da quanto tempo siamo qui? – gli chiese Daenerys voltando leggermente il viso stanco e smunto verso di lui.
- Un mese? Due mesi? Non lo so … - le rispose abbandonando momentaneamente l’intento di persuadere sua moglie a mangiare.
- Chissà cosa succede là fuori … nel mondo esterno il tempo passa mentre qui dentro … qui dentro rimane sempre uguale – sussurrò la madre dei draghi facendo scorrere delicatamente il dito sulla superficie di legno.
Ad un tratto, la donna sembrò sgranare gli occhi viola e sorridere gioiosamente dopo tanto tempo. Jaime rimase sorpreso da quel cambiamento d’umore improvviso e apparentemente immotivato. – Jon, sei tu … - disse Daenerys con gli occhi lucidi per la commozione, mentre accarezzava il vuoto con la sua mano tremante. A ciò, l’uomo, sconvolto, comprese cosa le stava accadendo. – Daenerys, non c’è Jon davanti a te … siamo soli – provò a dirle con tranquillità mentre lei continuava.
- Ma io lo vedo, Jaime … è proprio qui …
- Daenerys, ti prego. Non puoi abbandonarmi anche tu. Devi restare concentrata sulla realtà, su di me, intesi? Non cominciare a vedere cose che non esistono – le disse avvicinandosi e scuotendola per le spalle con decisione.
A tali parole, la madre dei draghi sembrò risvegliarsi e guardarlo finalmente negli occhi. – Cosa ci sta succedendo? – gli chiese ancora scossa.
In quel momento, i due vennero interrotti da un rumore proveniente dall’esterno. Da quella stanza riuscivano ad udire meglio ciò che accadeva all’entrata di Grande Inverno. Udirono una voce nuova rispetto a quelle che sentivano ogni giorno. Si trattava di una voce autorevole e femminile.
- Ogni volta che ritorno qui, questo luogo è sempre peggio …
- Lady Hoxana Aemchaar, è un onore avervi qui. Tutto è pronto, come avete richiesto. Se preferite riposare prima di procedere, dato il lungo viaggio …
- Non ho compiuto un mese di viaggio per riposarmi, ser. Voglio farlo immediatamente e ritornare ad Approdo del Re il prima possibile. C’è qualcuno che mi attende con impazienza e necessita delle mie cure costantemente nella capitale.
- Siamo tutti al corrente del vostro “impegno”, milady, e dell’importanza di farvi tornare al più presto da lui. Non temete, farò allestire tutto l’occorrente all’istante. Ad ogni modo, credo siate stata informata che sua madre è ancora nostra prigioniera.
- Oh, sono commossa, ser! Siete riusciti a tenervi qualche prigioniero senza farvelo scappare da sotto il naso, i miei complimenti! – gli rispose lei con un tono di scherno misto a disprezzo.
- “Sua madre”? Che vuole dire, Jaime? Si riferisce a me? – chiese allarmata Daenerys guardando l’uomo. – Ha parlato al maschile; inoltre, le uniche madri prigioniere qui siamo io, Brienne e Margaery … Eveline e Myranda sono scappate, non possono essere riusciti a trovarle a Vaes Dothrak, dunque … questo vuol dire che … - continuò la donna realizzando con orrore.
- Calmati, Daenerys, non è il momento di farsi prendere dal panico, ora.
- Ma lei è quella che ha Hayden! Sono sicura che è lei il mostro che lo sta tenendo prigioniero con l’intenzione di farlo diventare come mio padre!
- Questa è solo una tua supposizione! Non è nient’altro che una tua paura inconscia!
- Per quale altro motivo dovrebbero parlare nel modo in cui hanno parlato?! Non ci si riferisce ad un prigioniero con parole come “impegno” che richiede “cure”! Stava parlando di lui come se fosse un esperimento o una cavia! Questa è la conferma alla mia terribile ipotesi!
- … ad ogni modo, devo vedere anche lei. Devo prelevare dei campioni. – Udendo di sfuggita anche quelle parole da parte della nuova voce femminile, Jaime tappò la bocca alla madre dei draghi per riuscire ad ascoltare il seguito.
- Vi conduciamo immediatamente da lei – rispose ser Lewis ad Hoxana.
- Stanno venendo qui! Vuole vedere anche te per qualche motivo! – esclamò Jaime alla sua amica
 - Che venga qui! Che abbia il coraggio e l’insolenza di dirmi cosa sta facendo a mio figlio davanti agli occhi! – urlò Daenerys ribellandosi alla presa dell’uomo.
Dopo qualche minuto, come sospettavano, la porta della stanza in cui erano tenuti prigionieri si aprì rivelando le figure, ai due molto note, di ser Lewis e ser John, i quali scortavano una presenza nuova, una donna dai lunghi e corposi capelli arancioni e dagli occhi quasi bianchi, sicuramente la proprietaria della voce femminile che avevano udito poco prima.
A ciò, Daenerys non perse tempo a scagliarsi su di lei come una furia, accecata dalla rabbia. – Tu sei la causa di tutte le disgrazie che affliggono questo mondo!! Tu, mostro, maledetta, che cosa gli stai facendo?!? – cominciò a dimenarsi per picchiarla, ma venne prontamente trattenuta dai due soldati senza che potesse sfiorarla, proprio come un animale in gabbia.
- A quanto pare qualcuno origlia parecchio da questa stanza … - disse la donna accennando un ghigno alla povera madre dei draghi ancora intenta ad urlare e a scalciare, poi a Jaime.
Non appena i soldati ebbero spinto Daenerys seduta a terra e le ebbero legato mani e piedi, Hoxana si avvicinò a lei con fare misto tra il divertito e il disgustato, accovacciandosi per arrivare alla sua altezza. – Ma guardati … tu non hai niente a che fare con la khaleesi regale e venerata da tutti che si presentò a Qarth anni fa … ora sei solo una povera bestia dominata da istinti animali … cosa è capace di fare un po’ di prigionia! E pensare che Hayden non si comporta così nonostante stia vivendo un’esperienza molto peggiore della tua.
Nell’udire ciò, Daenerys si imbestialì ancor di più, i suoi occhi viola divennero lucidi di follia nera e il suo sguardo odio puro e condensato. – Non pronunciare il suo nome. Non osare pronunciare il nome di mio figlio!!
A ciò, Hoxana la osservò ancor di più, prestando attenzione a quegli occhi e a quello sguardo e accennando un sorriso compiaciuto al contempo. – Ecco. È uscito fuori anche in te, ora. Ciò che vi lega a tuo padre si è manifestato. Accomuna tutti voi Targaryen, a quanto pare, anche se alcuni molto più di altri, non è vero, Daenerys Targaryen? Cosa vorresti farmi in questo preciso istante? Uccidermi? Oh, no, no. Tu vorresti bruciarmi viva e bruceresti anche la mia famiglia e la mia intera città con il tuo drago se potessi, e questo solo per aver messo le mani sopra il tuo amato ragazzo. Quegli occhi che ti vedo ora, stanno pian piano nascendo anche in lui. Ma, a differenza di sua madre, in lui rimarranno eternamente così, proprio come era stato per suo nonno. Appartieni alla stirpe più maledetta dei Targaryen, cara madre dei draghi … e, sfortunatamente, hai trasmesso la stessa maledizione a tuo figlio. Il ramo meno spaventoso è quello che discende da tuo fratello Rhaegar.
- Tu sei una pazza … la folle non sono io, di certo non sono io e tanto meno lo è mio figlio! Questi assurdi pregiudizi che riguardano una discendenza di sangue, utilizzati in una maniera tanto inumana e feroce, ti rendono molto più a animale di quanto lo sia io ora!!
- L’autoconvinzione è molto importante per non cadere in un baratro insormontabile, lo riconosco … Credo che è quello che stia facendo anche lui per riuscire a resistere … si sta aggrappando alla banale convinzione di poter salvare almeno la vita di suo padre in tal modo … sai, è un ragazzo molto forte e interessante.
- Quindi hai anche Jon! Lo stai usando come esca per … – ma, subito dopo aver detto ciò, Daenerys si pietrificò letteralmente. - No … no … no … che vuol dire “resistere”? – All’improvviso cominciò a piangere ai piedi di Hoxana, la quale aveva riacquisito la posizione eretta. – Ti prego … ti prego … farò tutto ciò che vuoi … ti prego, smettila di fargli tutto questo … riportalo da me … ti prego … prendi me al suo posto … io sono la diretta figlia del re folle, ho il sangue interamente Targaryen della stirpe che tu consideri maledetta … prendi me al suo posto, ma lascia andare lui!!
Ma la donna scalciò infastidita le mani della prigioniera dai suoi piedi. - Perché lavorare su un vaso vecchio e vissuto, oramai già formato pienamente, quando posso averne uno nuovo tutto per me, ancora da plasmare e interamente da scolpire? Non temere, “khaleesi”: ne avrò molta cura. Lui è il mio più straordinario e ambizioso esperimento. Non permetterò a nessuno di fargli del male … - le sussurrò accovacciandosi di nuovo e avvicinando ancor di più il viso al suo, asciugandole le lacrime con le dita. - … come potrei non custodirlo come il tesoro più prezioso del mondo? D’altronde, diventerà la più grande creazione ed opera d’arte mai generata da un essere mortale … la migliore che il mondo abbia mai conosciuto, e conoscerà mai … e sarò stata io ad averla creata. Solo e soltanto io.
- … come puoi parlare di creazione … ? Sono io sua madre … - contestò Daenerys con la voce rotta, non avendo la forza e la razionalità di scansarsi dalle carezze velenose della donna.
Questa le sorrise quasi intenerita. – Piccola, dolce figlia dell’insulsa ignoranza mortale … sono io la sua creatrice ora. Tuo figlio non è più tuo. Lui è mio. Non sarà più la persona che conoscevi, non esisterà più. Hayden è morto.
A quelle parole, la Targaryen rimase immobile a fissarla, senza dire una parola o mostrare alcun cenno di vita. Dopo qualche secondo, perse i sensi stremata.
- Daenerys! – si avvicinò a lei Jaime allarmato.
Ma Hoxana non perse tempo e, dopo aver allontanato l’uomo, prelevò il sangue della donna. Mentre si apprestava a compiere un’operazione tanto semplice per lei, il Lannister le parlò. – Credi che avrai vita facile, ma non sarà così. Se non hai paura di lei, la avrai di me. Hayden non è solo suo figlio, ma anche mio nipote. Non abbiamo legami di sangue ad unirci, ma è sempre stato e sempre rimarrà mio nipote – le disse risoluto, senza mostrare un minimo segno di timore.
- È davvero commovente l’intensa storia della vostra numerosa e variegata famiglia, Sterminatore di Re, davvero – gli rispose lei con velato e pungente sarcasmo, non distogliendo l’attenzione dalla vena della donna.
- Non ci arrenderemo così facilmente, Hoxana. Io e la mia famiglia non ci arrenderemo … - continuò l’uomo mentre lei si rialzava e si accingeva ad abbandonare la stanza. – Ce li riprenderemo entrambi. Riuniremo il nostro branco.
A ciò, ella si voltò un’ultima volta verso Jaime, prima di chiudersi la porta alle spalle. -  La tua risolutezza conferma le numerose voci che ho udito su di te, Jaime Lannister; e mi fa comprendere il motivo per il quale il mio re ti voglia così fervidamente al suo fianco. Tuttavia, non credo che tu abbia mai affrontato qualcuno come me, Sterminatore di re – terminò accennandogli un altro sorriso di scherno e chiudendo la porta.
 
 
- Eve, il Silenziatore ti ha detto che, prima di ritornare da lui, devi saper controllare il tuo potere! – cercò di persuaderla Myranda mentre lei preparava il sacco da viaggio.
- So già controllarlo, Mi.
- A me non sembra!
A ciò, la giovane rosa si voltò e guardò il vaso nel quale erano immersi i fiori esotici che Veherek aveva regalato alla sua amica, concentrandosi. Dopo alcuni secondi, questi si spostarono da soli, librandosi in aria e finendo tra le mani della giovane Lannister, sotto la guida di Eveline. In aggiunta, la ragazza guardò intensamente il terreno arido sul quale poggiavano i piedi e incise con la forza del pensiero due precise frasi su di esso: “Sono pronta, Dada. Preparami un dolce per il viaggio.”
Myranda, sconsolata, la guardò contrariata. – Forse sai controllarlo mentre sei in uno stato emotivo sereno, ma quando ti agiti e le tue emozioni prendono il sopravvento no!
- Imparerò – disse avvicinandosi a lei e posandole le mani sopra le spalle, guardandola dall’alto e sorridendole in maniera rassicurante. – Non è il momento che tu ti preoccupi per me, ora. Non c’è qualcuno che ti aspetta? – le chiese gettando un veloce sguardo fuori dalla tenda.
- Non smetterò mai di preoccuparmi per mia sorella. Io veglio su di te.
- Perché sei la mia fatina protettrice? – le chiese abbandonandosi ad una tenera risata. – Ma ora qualcun altro ha bisogno del potere benefico della fatina Lannister – la incoraggiò nuovamente. – Non temere. Per l’ora di cena sarò a casa e mi arrabbierò moltissimo se i dothraki non mi lasceranno almeno un chilo di carne di capra!


Dopo quattro ore di viaggio, la giovane Targaryen scese dalla sua Abigail, proprio come aveva fatto alcuni giorni prima, ed entrò nella tenda.
Questa volta, avendo già superato la prova del labirinto, si ritrovò immediatamente nell’enorme e bizzarra sala principale, popolata nuovamente da decine di creature di difficile categorizzazione.
Eveline superò la folla con decisione, non curandosi degli sguardi perplessi e scontrosi dei presenti. Si diresse verso il centro del salone, dove si trovava la figura mistica e magnetica del proprietario della dimora.
- Aris.
- Aradia – rispose lui al richiamo restando ancora voltato di spalle, intento a maneggiare qualcosa con estrema calma e prestanza.
- Sono pronta. Ho superato la prova.
- Questo è da constatare.
- Accertatene tu stesso, dunque – lo spronò lei sempre più decisa.
- Non mi importa.
- Cosa?!?
- Ho altro da fare, fiore del Nord. Ora vattene.
- Dunque si trattava davvero di un imbroglio? I miei amici avevano ragione? Allora, perché mai avresti perso un po’ del tuo preziosissimo tempo a parlare con me??
- Chiunque superi la prova iniziale ha il diritto di essere ascoltato da me. Nulla di più. Ciò non garantisce anche il mio aiuto – le rispose voltandosi finalmente verso di lei e puntandole i suoi occhi vermigli addosso.
- Quindi suppongo non ti interessi minimamente sapere come riesco a controllare il potere latente che tu hai liberato in me.
- Supponi bene – le disse voltandosi nuovamente verso gli oggetti che stava maneggiando in precedenza.
Un misto di frustrazione e di rabbia si riversò nella giovane donna. – Per colpa tua ho quasi sterminato il villaggio che mi ospita … per colpa tua ho quasi fatto sprofondare decine di persone nel fondo della terra … per poi scoprire che questo non è servito a nulla …
A quelle parole, lo stregone sembrò come risvegliarsi. – Che cosa hai detto? – le chiese girandosi nuovamente nella sua direzione. Ad Eveline sembrò che il suo sguardo avesse assunto un quasi impercettibile velo di interesse, ma si convinse che fosse solo la sua immaginazione.
- Ah, ora vuoi sapere di più?? – A tale domanda, i serpenti che strisciavano sulle spalle e sul busto dell’uomo come fossero una sua seconda pelle, spalancarono la bocca verso di lei, mostrandole i lunghissime e aguzzi denti velenosi. – Si sono manifestati solamente quando ho provato un’emozione estremamente irrazionale, una paura cieca. Ho polverizzato esseri viventi morenti ad un solo tocco, ho sgretolato prodotti diretti della terra solamente tenendoli in mano e ho creato un crepaccio … un enorme crepaccio sul punto di allargarsi sempre più e di inghiottire qualsiasi creatura si trovasse sopra di esso, finché una persona a me molto cara è riuscita a far placare i miei funesti poteri prima che provocassero danni permanenti. Nessuno è morto fortunatamente. Ma ciò che sono riuscita a fare non lo dimenticherò mai – la sua voce era provata anche se pur sempre sicura.
L’uomo continuò a scrutarla con sguardo indecifrabile. – Credi che questo possa convincermi ad aiutarti? – le chiese dopo minuti di interminabile silenzio. – Credi che io, uno come me, possa aiutare una ragazzina viziata e insolente come te? – Eveline strinse i pugni cercando di regolarizzare il respiro, ancora impaurita dalle sua stessa rabbia. – Piccola, sciocca illusa. Tu non troverai mai la cura per la malattia di tua madre. Non riuscirai a guarirla e lo sai bene. Nonostante ciò, ti ostini a cercare un modo per aiutarla, banale mascheramento del tuo profondo senso di colpa e di inettitudine per non essere riuscita a salvare il resto della tua famiglia, per essere scappata al posto loro …
- Smettila … - gli intimò capendo quale fosse il suo meschino intento.
- Perché dovrei? Sai che è la verità. Tua madre morirà proprio come è accaduto a tuo padre e accadrà ad ogni persona che avrà contatti con te nel corso della sua vita. Tutti coloro che ami sono solo ad un passo dalla rovina … questa incertezza ti sta uccidendo, non è vero?
- Smettila!!! – urlò la giovane Targaryen non riuscendo più a trattenersi e sprigionando nuovamente da sé quel terribile potere catastrofico. La terra cominciò a tremare pericolosamente, ogni oggetto precipitò a terra, così come tutti i presenti nella sala, incapaci di mantenere l’equilibrio a causa della terra tremante sotto i piedi e dei numerosi crepacci che si stavano formando. Lo stregone rimase assorto osservando tutto ciò, senza mostrare il minimo segno di paura. Il suo sguardo divenne addirittura sorpreso quando i serpenti che gli strisciavano addosso, si disintegrarono divenendo polvere. Dopo qualche minuto, Eveline fu capace di concentrarsi sulle parole di Myranda, con molto impegno e fatica, ma riuscendo nell’intento e placando quel tremendo potere.
Accertatosi che l’effetto di quel potere fosse svanito, il Silenziatore rimise tutto al suo posto con la forza del pensiero, facendo svanire persino le numerose crepe nel terreno e riportando in vita i suoi serpenti dalla polvere.
- Ora sei soddisfatto … ? – chiese lei inviperita e con il fiatone.
- Non avevo mai visto un mantra capace di far scaturire un potere così catastrofico. Possiedi il dono della distruzione nelle tue mani, fiore del Nord.
- Che cosa vuol dire? – chiese lei riprendendosi da ciò che aveva appena fatto.
- Vedi queste meravigliose creature? – le chiese riferendosi palesemente ai serpenti che avevano tranquillamente ricominciato a strisciare sul suo corpo e allungando un braccio per permettere ad uno di loro di raggiungere la punta del suo dito affusolato.
- Di meraviglioso non vedo nulla in questa sala.
- Questi sono le Luci del tramonto – continuò lui ignorando la risposta che la ragazza gli aveva dato. – Sono dei serpenti molto rari, poiché presentano delle caratteristiche molto particolari.
A quelle parole, la ragazza notò che i loro corpi emettevano delle luci vivaci e a tratti accecanti. – Si illuminano.
- Il loro dorso si illumina di luce propria e viva. Questa, a causa di qualche strano paradosso, raggiunge il culmine della sua luminosità quando tali creature stanno per morire, ossia alla fine della giornata, al tramonto. Vivono un solo giorno.
- Se moriranno tra poche ore, perché li hai riportati in vita?
- Perché loro moriranno quando sarà il momento, perché il corso della loro vita è terminato, e non di certo a causa tua – le rispose lasciando che il suo collo fosse completamente circondato dall’”abbraccio” di uno dei serpenti.
- Qual è il punto?
- È molto semplice, Aradia: riesci a togliere la vita a qualsiasi figlio della terra sul punto di morire. Per ora. Magari, in futuro, riuscirai a farlo anche con tutti quelli nel pieno della loro vitalità.
- “Figlio della terra”? È per questo che ho fatto divenire polvere anche un abito composto di pelli di animali?
- Tutto ciò che è nato dalla terra e che, alla morte, tornerà alla terra, è sotto il tuo dominio. Se solo lo volessi, il tuo potere sarebbe in grado di mettere il mondo sottosopra. Ovviamente non sei una fiaccola perennemente accesa: puoi controllarlo e lo fai anche ora involontariamente. Se non fosse così, sarebbe un bel problema.
- Ne parli come fosse qualcosa di raro.
- Lo è. Il potere della distruzione è temuto quanto ambito. Ti ho già detto che il potere del mantra si manifesta in maniera diversa in ogni individuo. Il tuo legame con la terra permette a te, Aradia, di polverizzare la vita, invece di farla crescere o di curare malattie inflitte dalla terra, per esempio.
- Se ognuno di noi ha un mantra nascosto, vuol dire che ce l’hai anche tu – dedusse la ragazza. A ciò, l’uomo accennò un sorriso neutro mentre un suo braccio perdeva la sua materialità trasformandosi in un arto di fuoco, al contrario dell’altro, divenuto di ghiaccio. – Capisco … tu riesci a dominarli tutti … eppure … se in te c’è qualcosa di umano, deve essercene uno al quale sei più legato degli altri. La regola vale anche per te.
- Tu credi?
- Potrei capirlo solo se tu subissi un attacco inaspettato: in tal caso, l’istinto prevarrebbe e ti difenderesti utilizzando il legame con l’unico elemento che caratterizza il tuo mantra – azzardò la ragazza cominciando a far agitare la terra sotto i suoi piedi.
- Teoria interessante. Facciamo in questo modo, Aradia: se tu riuscirai a scoprire qual è l’elemento del mio vero mantra, avrai il mio aiuto che tanto agogni. Però, ti avverto: è quasi impossibile cogliermi di sorpresa.
- Non mi fido più delle tue promesse – gli rispose allargando un crepaccio sotto di lui, che lo stregone evitò prontamente. Utilizzò tutti e quattro gli elementi per difendersi impassibilmente dai colpi che la ragazza gli indirizzava tramite l’aiuto della terra. Era come fosse un gioco quasi noioso per lui.
Dopo alcuni minuti di attacchi visibilmente previsti dall’uomo, Eveline ebbe un’idea che mise immediatamente in pratica: contro la volontà dell’animale, riuscì a far aprire le fauci ad uno dei serpenti che si trovava sul corpo dello stregone e ad indirizzarlo pericolosamente verso il suo collo. I denti velenosi del rettile si trovavano solo a qualche millimetro di distanza dalla gola del Silenziatore, quando quest’ultimo lo incenerì immediatamente con una fiammata solamente guardandolo.
- Trovato – disse lei cessando i suoi attacchi. – Ora sarà meglio che io tolga il disturbo dato che sembro non essere presa seriamente in questo posto – disse voltandosi e dirigendosi verso l’uscita del salone.
- Sei sicura che il tuo ultimo attacco sia stato davvero inaspettato? – richiamò la sua attenzione facendola nuovamente voltare verso di lui, puntando sulla sua accesa curiosità. A ciò, l’uomo mosse l’indice di una mano in maniera circolare, generando una piccola tromba d’aria alta solo pochi centimetri e soffiando su di essa per allontanarla e farla avvicinare alla giovane rosa, la quale la osservò rapita mentre le girava intorno come un animale curioso, per poi dissolversi nel nulla.
- Dunque mi ero sbagliata. E, sentiamo, come mai mi hai mostrato l’elemento del tuo vero mantra solo mentre me ne stavo andando?
- Perché ho deciso di aiutarti, Aradia. Vedo molto potenziale in te. Sarebbe un peccato non sfruttarlo.
 
 
- Ehi, dì un po’, Lewis … - disse improvvisamente il soldato alzando lo guardo sul suo compagno intento a bere del vino.
- Questo vino sa di piscio … - disse ser Lewis disgustato asciugandosi distrattamente la bocca con la manica della sua armatura. – Questo inverno rende ogni bevanda e tutto il cibo disgustosi … come diavolo fanno a vivere qui?!
- Lewis – richiamò nuovamente l’attenzione il soldato. – Dì un po’, secondo te com’è quella puledra rossa a letto? – gli chiese con sguardo malizioso riferendosi palesemente all’ospite giunta da poco.
- Per tutti gli dei, Clay, sono più di due mesi che non monto una donna! Potresti evitare di ricordarmi che quella puttana di Qarth sia così appetitosa?? Mi si restringono i pantaloni al solo pensiero!
- Se solo la toccassimo ci avvelenerebbe o ci trasformerebbe in uno dei suoi mostri! Meglio togliercela dalla testa …
- Quando mi avevano detto che avremmo occupato Grande Inverno, non ero più nella pelle al solo pensiero che avrei avuto a disposizione tanta carne di qualità! Giovanissime ragazze di nobili origini! Lo immagini?? Immagini come sarebbe potuto essere se la figlia di Walter Targaryen e quella di Jaime Lannister non fossero scappate??
- Il re avrebbe voluto la Targaryen con sé … ma almeno avremmo avuto l’altra! Così come avremmo avuto le loro madri se solo quella puttana bruta non fosse morta, Arya Stark non avesse scoperto in tempo della nostra invasione, Margaery Tyrell non fosse in fin di vita e … - l’uomo si bloccò improvvisamente attirando l’attenzione di ser Lewis.
- Cosa ti prende, Clay? Il freddo ti ha gelato la lingua?
- Ne abbiamo ancora una, mio vecchio furfante!
- Intendi la madre dei draghi??
- Finora abbiamo avuto davanti ai nostri occhi una delle donne più belle dei sette regni, e non ce ne siamo quasi accorti, troppo impegnati a persuadere Jaime Lannister, a farci scappare dei prigionieri, ad occuparci di un ragazzino morto scomparso e di quei dannati Fantasmi della Notte! Non credi sia il momento di gustare di nuovo il dolce sapore delle cosce di una donna?? Della moglie del Protettore del Nord e una Targaryen purosangue, oltretutto! Già riesco a figurarmi nella mia mente la sua morbida pelle bianca immacolata e calda, più bollente delle fiamme che sputano i suoi draghi! - l’uomo aveva gli occhi già liquidi e colmi di eccitazione.
- Frena, amico mio! Quella donna, oltre a rientrare nei piani del sovrano dei sette regni, è stremata dalla prigionia e sembra delirare ultimamente. Sicuro che, facendo ciò che vogliamo farle, non ci muoia tra le braccia? Ho già avuto una pessima esperienza quando ho ucciso involontariamente il figlio di Arya Stark, un bottino molto ambito al re David, e ne pago ancora le conseguenze quando mi addormento ed immediatamente invadono il mio sonno le immagini del re che mi fa subire una delle terribili torture che lo soddisfano tanto e alle quali fa sottoporre chiunque disobbedisca ai suoi ordini! Se quell’uomo dovesse scoprire che ho ucciso quel moccioso, non oso immaginare cosa mi farebbe!
- Andiamo, Lewis! Stai ancora pensando a quella storia?? Il re non scoprirà mai che sei stato tu.
- Ne sei certo?? Io non così tanto dato che il corpo di quel ragazzino è scomparso non appena mi sono risvegliato dallo svenimento provocatomi da una donna che mi aveva appena sedotto!
- Ora non ci pensare! Non faremo nulla di troppo “eccessivo” all’amata Daenerys Targaryen. Ci assicureremo che stia bene – lo rassicurò ser Clay dandogli un’energica pacca sulla spalla e sorridendogli languido.
I due si diressero nella stanza in cui tenevano prigionieri Jaime, Brienne e la madre dei draghi, per prelevare solo quest’ultima, la quale non oppose alcuna resistenza poiché ancora in stato di totale trance dopo la conversazione avuta con Hoxana; al contrario di Jaime, il quale protestò ripetutamente chiedendo loro cosa ne avrebbero fatto della sua amica.  
Per non doverla condividere con altri loro compagni e non far insospettire i comandanti, i due la portarono all’esterno della struttura, uscendo dalle mura di Grande Inverno.
- Tienila ferma, Lewis – ordinò uno dei due uomini all’altro mentre la appoggiava ad un albero.
- Non credo ce ne sia bisogno … sembra quasi morta dentro … - rispose ser Lewis reggendola per la schiena e notando che gli occhi viola della donna fossero persi e vuoti, come se non vedessero realmente ciò che le stavano per fare.
- Meglio così. Sarà più facile! – disse ser Clay strappandole letteralmente via di dosso il vestito oramai sporco e cencioso che ella indossava, e scoprendole le gambe, lasciandole vulnerabili e soggette al vento gelido.
Strinse tra le dita la sua carne bianca e calda beandosi di quella vista e di quel contatto tanto ambito. – Anche sporca e dimagrita … è ancora morbida e desiderabile … deve essere un dono proprio di tutti i Targaryen … quando avrò finito, te la farò assaggiare, Lewis! – disse l’uomo slacciandosi i pantaloni con foga.
- Sbrigati! – gli intimò l’altro guardandosi intorno allarmato mentre continuava a reggerla da dietro.
Daenerys, intanto, sembrava una bambola di pezza priva di qualunque istinto di vitalità e umanità. In quel momento, nella sua mente riecheggiavano assordanti solamente le parole di quella donna: “Tuo figlio non è più tuo … Hayden è morto”. L’avevano lacerata e lasciata senza vita. Quelle l’avevano uccisa veramente. Lo stupro, già subìto in passato, e che la sua carne stava per riassaporare amaramente anche in quell’istante, dopo anni, non era nulla per lei, in confronto a quella atroce consapevolezza che ormai la stava prosciugando.
Hayden era stato la sua più grande conquista, dopo il suo primo figlio perduto, concepito con il suo primo amore, e in seguito alla nascita dei suoi draghi, i quali avevano pienamente colmato il vuoto lasciato da quel bambino mai avuto, ma mai capaci di sostituire un figlio proprio, con il suo stesso sangue e la sua stessa carne. Quando era nato Hayden aveva ottenuto il suo riscatto, la sua ricompensa, ed era esplosa in lacrime non appena aveva osservato per la prima volta quegli occhioni neri e quei capelli argentati così simili ai suoi.
 Se Hayden fosse morto davvero, allora la sua vita avrebbe potuto cessare anche in quel momento.
- Clay … Clay, fermati! – ordinò Lewis bloccando il compagno che era sul punto di penetrare la madre dei draghi.
- Che cosa vuoi, Lewis?? Sei così impaziente di godere del mio stesso piacere?? Ti ho già detto che ce ne sarà anche per te!
- No, idiota! Ho sentito un rumore sospetto! Forse qualcuno si sta avvicinando! Dobbiamo rientrare!
- La paura ti divora vivo, Lewis! – lo schernì Clay scoppiando in una fragorosa risata. – Sei diventato una donzella impaurita da quando per sbaglio hai ucciso quel mocciosetto Stark!
- Clay, per tutti gli dei del cielo, non mi sto burlando di te! Non li senti anche tu?? – gli chiese guardandosi intorno in preda all’agitazione. Poi, una tremenda illuminazione sembrò invadere i suoi occhi. – Clay … dove viene tenuto prigioniero il drago avvelenato da Hoxana …?
- Che ti importa saperlo? D’altronde, è avvelenato come hai detto. Da come ci hanno riferito, è incapace di far del male persino ad una mosca nelle sue condizioni! – Non appena l’uomo pronunciò tale affermazione, fu immediatamente invaso da una fiammata che lo incenerì lì dov’era, lasciando ser Lewis tremante come una foglia e sconvolto mentre strisciava nella neve tentando di allontanarsi, e risvegliando Daenerys dal suo stato morente, al contempo. Drogon era stato capace di emettere un verso sordo che, per quanto fosse meno potente rispetto al solito, riuscì a divenire ben udibile, così come era stato in grado di emettere una debole fiammata nonostante il suo stato di grave paralisi. La vista di sua madre in quelle condizioni e sul punto di subire una tale violazione, lo aveva acceso da dentro e gli aveva fatto trovare la forza necessaria ad agire anche se sedato dal potente veleno di Hoxana. La fortuna della Targaryen era stata quella di essere trasportata esattamente a pochi metri dal luogo in cui era stato incatenato il suo drago, all’insaputa dei due soldati.
- Drogon!! – esclamò lei piangendo di gioia e correndo verso di lui, seminuda e scalza tra la neve, incurante di qualsiasi cosa. Erano mesi che non lo vedeva e che non aveva ricevuto notizie sulle sue condizioni. Ed ora eccolo lì, pronto a difenderla come aveva sempre fatto e come avrebbe continuato a fare.
La donna abbracciò il suo collo incatenato, bagnandolo con le sue lacrime disperate e accarezzandolo dolcemente. – Grazie, Drogon … grazie … - singhiozzò con il volto sepolto sulle sue squame.
Ma il momento idilliaco durò solo qualche secondo, poiché, essendosi accorti dell’accaduto, gli altri soldati piombarono nel luogo e rimasero impietriti dinnanzi al cadavere incenerito di uno di loro e della semicoscienza ritrovata dell’enorme e pericolosissimo drago che era a pochi metri da loro.
- Riprendete la madre dei draghi! – ordinò un soldato.
- No!! Finché rimarrà vicina al drago nessun altro si avvicini!! – contestò il comandante.
Dopo qualche minuto, anche lady Hoxana li raggiunse e guardò la scena incredula.
- Lady Hoxana, che significa tutto ciò??
- Il veleno che gli avete iniettato non avrebbe dovuto paralizzarlo completamente e togliergli ogni capacità di difendersi??
- A quanto pare l’effetto è durato meno del previsto … - rispose irritata la donna. – Nessun problema – aggiunse tirando fuori una semplice freccia dal fodero che trasportava dietro la sua schiena e immergendone la punta dentro una boccetta contenente del liquido scuro. Dopo di che, afferrò l’arco che teneva vicino al fodero e puntò la freccia in direzione del drago.
- Cosa credete di fargli?? Una normale freccia non può perforare le sue carni! – le urlò Daenerys non appena vide l’arma puntata su Drogon.
Incurante di quelle parole, Hoxana scoccò la freccia, la quale colpì la pelle del drago, lacerando le sue squame e inculcandosi al suo interno. Non appena venne colpito, Drogon emise un verso di dolore.
– No!! – gridò Daenerys incredula abbracciandolo ancora.
I soldati erano tutti sconvolti dinnanzi a tale scena.
- Non temete: questo siero che ho creato è molto più potente di quello che gli ho iniettato in precedenza. Ora potete riprendere quello straccio umano che si sta spalmando sopra la creatura e imprigionarla nuovamente – disse con tranquillità Hoxana sorridendo soddisfatta.
- Come … come avete fatto … ? La freccia … quella era una comune freccia …
- Non era una comune freccia, comandante. La sua punta era composta da vetro forgiato con alito di estraneo. Qualsiasi banale arma composta da tale materiale sarebbe capace di lacerare anche la pelle di Balerion Il Terrore Nero se solo fosse ancora in vita.
I soldati rimasero ancora più perplessi nell’udire tali parole. – Come avete fatto ad ottenerlo … ?
A ciò, la donna sorrise gelida e se ne andò, ritornando dentro le mura di Grande Inverno.
 

La città di Braavos appariva una fiaccola enorme se osservata a distanza. L’imponente e misteriosa città sede della Banca di Ferro e degli Assassini Senza Volto, era stata violata irreparabilmente.
La Banca di Braavos era stata distrutta e con lei la reputazione intoccabile e l’onore della città.
Mentre decine e decine di Fantasmi si muovevano scattanti e furtivi nell’immensa struttura oramai completamente invasa dalle fiamme per opera loro, il fondatore dell’ordine appoggiò un piede sopra il ventre di uno dei pochi rappresentanti della Banca rimasti in vita, Tycho Nestoris, sdraiato ai suoi piedi e tremante.
- Chi diavolo siete voi?? Gli Assassini Senza Volto non si sarebbero mai spinti a tanto … – gli chiese incredulo, incapace di alzarsi a causa del piede puntato sulla sua pancia, mentre osservava tutto ciò in cui aveva sempre creduto andare distrutto.
- Difatti noi non siamo gli Assassini Senza Volto – rispose l’individuo roteando il piede e rimanendo con i suoi occhi chiari puntati sull’uomo a terra.
- I vostri corpi e i vostri volti sono coperti … non ho mai udito parlare di voi ... apparite quasi come spettri … mi ucciderai come hai ucciso gli altri miei colleghi con l’incendio??
- Non ti ucciderò, Tycho Nestoris. Resterai qui a guardare la tua vita cadere a pezzi e precipitare rovinosamente – rispose sollevando il piede e dandogli le spalle per andarsene, incurante delle fiamme intorno a lui.
- Perché … ? Perché lo fai … ? Chi sei?? – gli urlò disperato l’uomo richiamando la sua attenzione.
- Sono semplicemente colui che guida gli spettri, Tycho Nestoris. E tu?
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Anima mia, resta umana ***


Anima mia, resta umana
 
Myranda si ritrovò improvvisamente in un luogo che non aveva mai visto. Sembrava una stanza lussuosa di un castello reale. Si guardò intorno meravigliata ed emozionata, curiosa di scoprire dove l’avessero portata le sue visioni questa volta. Dopo qualche secondo in cui si girò intorno estasiata, salterellando e toccando qualche libro appoggiato su un enorme tavolo, si spaventò leggermente quando vide improvvisamente entrare due persone. Uno era un nano con abiti reali e una spilla dorata sul petto. Non ci mise molto a capire chi fosse. L’altro era un ragazzo tozzo e robustino, con un viso placido che esprimeva fiducia e quasi tenerezza.
- Zio Tyrion! – esclamò lei felice di rivederlo in un’altra visione in cui non stesse per morire. La ragazza si girovagò intorno osservandolo, studiandolo attentamente affascinata e incuriosita da lui. Suo padre le aveva narrato molti racconti sul suo eccezionale zio Tyrion, il quale non era meno famoso di Walter o Daenerys Targaryen. Ma non solo per essere la terza testa del drago. Difatti, le sue grandi imprese si estendevano da Approdo del Re, quando aveva guidato coraggiosamente l’esercito Lannister alla Battaglia delle Acque Nere, fino ad Essos, quando era divenuto Primo Cavaliere della madre dei draghi, senza contare il suo importante contributo alla preparazione della Battaglia Finale a Nord. Jaime le aveva sempre parlato moltissimo di lui descrivendolo come un genio incompreso, un uomo molto più uomo di quelli alti il doppio o il triplo di lui e la persona migliore che avesse mai avuto il privilegio di conoscere. Myranda sapeva che suo padre non parlava così solo perché erano sempre stati dei fratelli molto affiatati ed erano cresciuti insieme, ma soprattutto perché lo conosceva meglio di chiunque altro. Anche gli altri suoi zii le parlavano di lui, ma mai quanto Jaime. La ragazza sapeva che, quando suo padre aveva visto Tyrion morire e diventare un estraneo durante la Battaglia Finale, aveva perso un enorme pezzo di cuore.
Dunque, essendo cresciuta con quei numerosi racconti quasi mitici su di lui, Myranda era curiosissima di conoscerlo e di osservarlo da vicino, nonostante lui non avrebbe potuto vederla. Fu immensamente grata a chiunque decidesse la destinazione dei suoi viaggi visionari per averle donato quella splendida opportunità, anche se non sapeva quanto sarebbe durata.
- Dunque, Pod – cominciò il nano sedendo comodamente su una delle sedie del tavolo e appoggiando sopra quest’ultimo un grande tomo.
- Sì, mio signore? – gli chiese il ragazzo con tranquillità.
A ciò, il folletto lo squadrò con uno sguardo misto tra l’incredulo e l’esasperato. – Pod, non credi di aver dimenticato qualcosa?
- Cosa, mio signore?
- Pod … lo sai che quando studio e leggo tomi del genere ho bisogno del mio prezioso nettare. Dove hai lasciato la brocca di vino?? – Nella sua voce non c’era nulla di minaccioso o di prepotente, poiché le sue parole erano perennemente velate di un sottile sarcasmo bonario.
Myranda, fino a quel momento appoggiata con i gomiti sul tavolino, dovette coprirsi immediatamente la bocca per non scoppiare in una fragorosa risata.
- Vado subito a recuperarla, signore!
Dopo ciò, in quel momento, apparve a Myranda la sagoma soffusa di Bran Stark accanto al ciglio della porta. Questa volta era molto più alto, sembrava cresciuto rispetto al sogno in cui le era apparso giorni prima.
- Bran! Questo è l’aspetto che avevi quando sei “morto”? Ma soprattutto, che ci fai qui? La mia immaginazione sta giocando brutti scherzi anche all’interno delle mie visioni? – gli chiese la ragazza raggiungendolo. Tuttavia, prima che lui rispondesse, ella notò che il ragazzino indossava il ciondolo che lei gli aveva regalato nel suo sogno, a mo’ di bracciale. Accorgendosi di quel particolare, un misto di positiva sorpresa la invase e la spinse a rivolgergli un sincero e splendido sorriso. – Hai ancora il mio ciondolo!! Allora non eri solo una proiezione della mia mente quella volta!! Esisti davvero!! Esisti in questa specie di forma spettrale!! E se lo stai indossando ancora vuol dire che ti piace!! – esclamò lei tutta d’un fiato sotto lo sguardo incredulo di Bran, il quale, come se non bastasse, si ritrovò immediatamente invaso dalla gioia invadente della fanciulla che lo abbracciò stringendolo forte a sé.
- Levami le mani di dosso! Spostati, ho detto! – la scansò lui irritato. Ma ciò non bastò a far sparire il sorriso dalle labbra della ragazza. – Hai indovinato, non ero una proiezione della tua mente, così come non lo sono ora. Sono venuto a farti visita nel tuo sogno poiché è mio compito guidarti in questa tua trasformazione in Corvo a tre occhi, essendolo stato prima di te. Dovevo farti capire che saresti dovuta andare a Nord per cominciare il tuo addestramento così come colui che era prima di me ha fatto con me.
- Ma ora sei qui! Come fai ad essere qui?
- Dato che ti rifiuti categoricamente di raggiungere il Nord per addestrarti con me, dovrò adeguarmi io, considerando che, una volta esser stata scelta, non puoi rinunciare al tuo destino.
- Aspetta, aspetta … dunque, mi stai dicendo che tu non sei morto. Sai, io ho sempre saputo che, dopo la Battaglia Finale, il tuo corpo è rimasto in uno stato dormiente e non si è più risvegliato.
- Difatti mi trovo in uno stato intermedio. Per noi Corvi a tre occhi la morte funziona diversamente.
- Ma se puoi addestrarmi raggiungendomi nelle visioni, vuol dire che non c’è bisogno che io vada nelle terre sconfinate del Nord. Allora perché volevi costringermi ad andarci?
- Perché quelli che sono come noi devono restare isolati, non a contatto con gli altri esseri umani. Quando sarà finito l’addestramento, forse, capirai.
- “Forse”?? Questo vuol dire che mi credi?? Ti fidi di me quando affermo che io riuscirò a restare umana?? Dunque, è grazie a ciò che hai deciso di indossare il ciondolo che ti ho donato!
- Finché lo indosserò ricorderò la promessa che mi hai fatto. Ma questo non vuol dire che io mi fidi delle tue parole – ammise lui rimanendo comunque impassibile.
- Sono felice, Bran! Aspetta … se diventerò il Corvo a tre occhi, vuol dire che sono anche io un metamorfo?
- Non sembri essere un metamorfo. Direi che è strano. A meno che i tuoi poteri da metamorfo non si manifestino tra qualche anno in te. Ma ne dubito, dato che in me sono emersi quando ero solo un bambino. Ancora non riesco a capire come possa essere stata scelta una come te …
- Come è possibile che in tomo in cui sono elencate le strategie di battaglia più fruttuose, si parli di ninfe e creature dell’inverno?? – si chiese Tyrion parlando a voce alta mentre sfogliava incredulo le pagine del libro.
Non appena Myranda lo udì in sottofondo, scattò nuovamente verso di lui. – Oh, adoro le creature dell’inverno! – esclamò correndo verso il tavolo ma, nel farlo, come al solito la sua goffaggine emerse, così inciampò sul tappeto e cadde a terra a faccia avanti. Dopo qualche secondo, la fanciulla si voltò di schiena spostando maldestramente tutti i riccioli cremisi che le invadevano il viso e si massaggiò il naso dolorante, per poi lasciarsi andare ad una fragorosa risata ripensando allo scivolone che aveva appena fatto.
Bran continuò a guardarla sorpreso. – Ora capisco davvero perché sei stata scelta, Myranda Lannister. Riuscirà una ragazza composta unicamente di emozioni a rivoluzionare la norma e a divenire un Corvo a tre occhi completamente e meravigliosamente umano?
Myranda, la quale non lo aveva udito bene a causa delle sue stesse risate, si rialzò in piedi e rimise tutto ciò che aveva messo fuori posto esattamente com’era prima, sperando che suo zio Tyrion, concentrato nella lettura, non si fosse accorto del tappeto sotto sopra e del mobiletto di legno spostato. Poi si rivolse nuovamente a Bran. – Che cos’hai detto? Non ti ho sentito bene, scusami.
- No, niente – le rispose.
A ciò, la giovane sorrise di nuovo e riprese posizione accanto a suo zio, appoggiando i gomiti sul tavolo, il viso rotondo sopra i palmi delle sue mani e sventolando i piedi avanti e indietro sotto la sedia. Rimase a guardarlo mentre lui beveva vino, leggeva assorto, commentava ciò che leggeva con il giovane e inesperto Podrick e alternava molto spesso qualche battuta sarcastica e di un certo spessore.
- Potrò viaggiare nelle mie visioni sempre e solo con te?
- Quando sarai in grado, potrai farlo anche da sola, ma ti consiglio di farlo sempre con me. La prima volta che ho provato a viaggiare da solo durante l’addestramento, è accaduto qualcosa di orribile …
- Hai provocato involontariamente la morte di Hodor … - rispose la ragazza con sguardo intristito. – Mi dispiace, Bran … non volevo riportarti alla mente simili ricordi …
- Non fa niente. Oramai non significa più niente per me.
- Pod, qui dice che l’Altofuoco può provocare gli stessi danni che causerebbe una fiammata sputata da un drago di grandi dimensioni! Guarda! Potrebbe essere quello che ci serve per vincere la battaglia contro Stannis Baratheon – disse Tyrion mostrando il tomo al ragazzo.
- Tecnicamente non è proprio così, zio Tyrion. In realtà, tra qualche anno si scoprirà che l’Altofuoco può addirittura provocare più danni del fuoco di drago, avendo una diabolica natura esplosiva … - disse Myranda sovrappensiero.
- Chi è che ha parlato? Pod, hai udito anche tu?? – chiese il nano voltandosi sorpreso.
A ciò, Myranda, perplessa, si tappò la bocca con entrambe le mani istintivamente. – Può sentirmi!! Lui può sentirmi!! Bran, hai visto?? Come …? – gli chiese la ragazza.
- Devi stare molto attenta a questo dettaglio. Anche a me è capitato di commettere il tuo stesso errore. Se desideri ardentemente che qualcuno nelle tue visioni ti senta, questa persona sarà in grado di udirti. Per tale motivo devi sforzarti con tutta te stessa di sopprimere quel desiderio: influenzare il corso della storia è immensamente pericoloso.
La ragazza era piacevolmente colpita. Tuttavia, cercò di contenersi e di assumere uno sguardo quanto più serio possibile. – D’accordo, prometto che non mi farò più udire!
Ma, in quel momento, entrò nella stanza anche una terza presenza. Si trattava di una donna avvenente e dall’aspetto esotico, con dei lunghi capelli neri. – Mio leone ha tempo anche per me? – chiese lei avvicinandosi a Tyrion facendo la finta offesa.
Myranda non sapeva nulla riguardo l’esistenza della traditrice Shae nella vita di suo zio Tyrion, poiché Jaime aveva tralasciato alcuni particolari.
Tuttavia, nonostante non sapesse nulla di quella donna, a Myranda non fece affatto una buona impressione. Le trasmetteva qualcosa di viscido solamente guardandola. – E questa chi è?? – chiese irritata e ponendo le braccia conserte mentre la osservava avvicinarsi a suo zio e baciarlo languidamente.
- Certo che ho tempo per te, Shae. Ma in questi giorni sono davvero impegnato per organizzare al meglio le truppe, per prepararle alla battaglia contro Stannis Baratheon. Sono il Primo Cavaliere del Re; inoltre non posso contare neanche sull’aiuto di mio fratello Jaime o di mia sorella Cersei dato che sono entrambi dispersi. Il tempo stringe, perciò non posso permettermi di farmi distrarre … per quanto l’idea mi alletti … - le rispose accarezzandole la guancia.
- Pensi che anche a tua sorella è accaduto qualcosa?
- Tutti sembrano tranquilli a riguardo, ma a me i conti non tornano … Cersei è via da troppo tempo. Conoscendola, in un momento di irrazionalità, potrebbe essere partita verso il Nord con l’intenzione di salvare Jaime e, nel tragitto, potrebbe essere stata catturata da qualcuno. Ma non ne sono del tutto sicuro. Potrei dare l’allarme per nulla se mi sbagliassi. Inoltre, la sua assenza non è poi così spiacevole …
- Sei troppo preso da affari di tua famiglia, mio leone … un po’ di piacere non guasta mai.
- Non puoi lasciare che questa serpe si avvicini a te, zio Tyrion! Non mi piace per niente! – esclamò Myranda.
- Hai sentito qualcosa, Shae? – chiese Tyrion alla donna voltandosi nuovamente e convincendosi di essere diventato pazzo.
- Non c’è nessuno in questa stanza oltre me, te e Podrick – gli rispose sorpresa Shae.
- Allontanala da te, zio Tyrion! – aggiunse la fanciulla.
- Myranda! – la richiamò Bran con tono di rimprovero.
- L’ho udita di nuovo. Sembra una voce femminile … forse hai ragione, i troppi impegni mi stanno facendo diventare pazzo … - le disse il nano.
A ciò, Shae salì a cavalcioni sopra di lui.
- Scendi subito e vattene, sanguisuga! – esclamò nuovamente la giovane Lannister.
- Myranda!! – Questa volta il tono di Bran era al limite dell’adirato.
La ragazza si voltò verso di lui frustrata. – Bran, sento che quella donna gli farà del male, non posso rimanere a guardar …
- Invece sì che puoi. Io l’ho fatto. L’ho fatto mentre Hodor è divenuto Hodor e l’ho fatto quando mia zia Lyanna è morta dinnanzi ai miei occhi – le rispose secco. – Non puoi prendere iniziative e agire sconsideratamente. Lo imparerai a tue spese – aggiunse categorico.
A quelle parole, Myranda sembrò arrendersi sconsolata e ritornò, nonostante tutto, accanto a suo zio Tyrion, il quale, per la sua gioia, aveva deciso di rinunciare alle avances esplicite della sua donna. – Scusami, Shae … ma ora ho molto lavoro da fare. E poi è pericoloso che ti trovino qui con me … ritorna nella mia stanza.
La donna, questa volta realmente offesa, scese dalle sue gambe e se ne uscì dalla stanza. Myranda accennò un sorriso soddisfatto e si avvicinò ancor di più a sua zio, sedendosi nella sedia accanto alla sua.
Desidera che lui non ti senta, Myranda. Desidera che lui non ti senta … pensò concentrandosi su quelle parole, chiudendo gli occhi, per poi riaprirli e posarli ancora sulla figura del nano intento a leggere il tomo.
- Zio Tyrion … so che tu non puoi udirmi … nonostante io desideri che tu mi oda, devo sopprimere questo desiderio per non combinare i miei abituali casini, i quali, questa volta, potrebbero essere un po’ più gravi del solito, dato il ruolo che sono tenuta ad assumere d’ora in avanti … Ad ogni modo, volevo solo dirti che … io sono tua nipote, zio Tyrion. Sono la figlia di Jaime. So che tu hai sempre tenuto molto a lui, come lui ha sempre tenuto molto a te … e voglio rassicurarti dicendoti che lui starà bene. Sarà felice. Sposerà una donna che lo ama da impazzire e che, probabilmente, sta iniziando a conoscere esattamente in questo momento, disperso con lei tra le lande del Nord. Sì, zio Tyrion, sono una Lannister anche io … i miei capelli sono esattamente come i tuoi … è strano notarlo solo ora … - disse pensierosa osservandoli, mentre stringeva una ciocca dei suoi tinti di cremisi. – Sono cresciuta con il desiderio di conoscerti, zio Tyrion e, ora che il fato mi ha dato la meravigliosa opportunità di conoscerti davvero anche se a tua insaputa … - disse bloccandosi a causa delle lacrime che stavano invadendo i suoi occhioni. - … non mi sembra vero! Vorrei poterti dire tante cose, vorrei poterti raccontare come sono brava a cucinare dolci, quanto io sia affezionata ai miei amati cugini, come sia felice di conoscere così da vicino una nuova cultura come quella dothraki … vorrei potertelo dire sul serio e vorrei che tu potessi ascoltarmi … ma so che è chiedere troppo. Purtroppo soffrirai molto, zio Tyrion, ma sarai anche molto felice … questo … questo te lo prometto! – esclamò abbracciandolo da dietro.
Il nano percepì uno strano calore che gli riscaldò il cuore a quel contatto, ma, questa volta, decise di non farsi domande e di continuare a lasciarsi avvolgere da quell’amore invisibile e sconosciuto mentre attento, seguitava ad esaminare il suo tomo.
Resta umana, Myranda pensò quello che, un tempo, ero stato uno dei più giovani figli di Ned Stark mentre osservava quella scena. Ma non ebbe mai il coraggio di dirlo ad alta voce.
 
 
Erano trascorsi alcuni giorni da quando il famoso Silenziatore aveva deciso che l’avrebbe aiutata a trovare una cura per la malattia di sua madre.
Eveline era immediatamente corsa al villaggio per riferirlo a tutti. Alcuni si mostrarono restii e preoccupati non appena udirono la notizia. Altri furono felici per lei e speravano che lui l’avrebbe davvero aiutata. Myranda si era raccomandata mille volte con lei di fare attenzione, mentre Veherek le aveva mostrato un misto di felicità e di senso di colpa, dato che era stato proprio lui a suggerirle di andare dal Dominatore di materia e che, innegabilmente, sapeva che la sua amica avrebbe corso dei rischi.
Nonostante le reazioni discordanti, la giovane rosa era soddisfatta e decisa come non mai di mettersi all’opera e di potersi rendere utile alla sua famiglia anche se lontana da loro.
Trascorsi cinque giorni, la ragazza ripartì verso la dimora dello stregone.
Non appena vi entrò, lo cercò con lo sguardo girando per lungo e per largo l’immenso salone e imbattendosi nelle bizzarre figure che lo popolavano. Le si avvicinò una donna con delle grandi ali bianche sulla schiena. – Sei in cerca di qualcosa, straniera? – le chiese con sguardo mellifluo.
- Sto cercando il padrone di casa. Di solito lo trovo sempre in mezzo alla sala. Oggi non riesco ad individuarlo. Sapete dove si trova?
- “Di solito”?? Oh, piccola cara, sei venuta qui solamente due volte! Gli umani come te sono fortunati a mettere piede qui dentro una terza volta – le rispose soffiandole del denso fumo in faccia, il quale aveva un odore strano e fece cadere la fanciulla all’indietro, annebbiandole la vista per alcuni secondi e facendola tossire ripetutamente. Quando ella riaprì gli occhi e si rialzò in piedi, la donna era scomparsa. Dopo ciò, fece un’altra ispezione del salone, posando di tanto in tanto gli occhi su quelle creature, incuriosita. Si concentrò maggiormente su delle giovani bambine con dei vermi vivi al posto dei capelli, su sagome di donne di pietra e di sabbia, su un vecchio privo dei bulbi oculari e con la bocca cucita, e su un giovane ragazzo che sembrava avere la pelle di cristallo. Dopo qualche minuto di vagabondaggio nell’enorme salone, individuò una stanza dalla quale provenivano delle luci particolarmente accese. La giovane rosa vi si avvicinò con l’intenzione di entrarvi, fin quando non si trovò dinnanzi alla vecchia nana che aveva incontrato la prima volta, la quale le bloccò la strada irritata. – Non puoi gironzolare dove vuoi qua dentro – le disse ponendo le cortissime braccia conserte.
- Sono felice di vederti anche io, Oen. Ti chiami così, giusto?  – le rispose la giovane rosa accennandole un sorriso e accovacciandosi di fronte a lei. – Sto cercando il tuo padrone, Oen. Sai dirmi dov’è?
- Il mio padrone è nella sala. Non lo vedi?
A ciò, la ragazza si voltò a guardare per l’ennesima volta il salone con sguardo confuso. – Non passa così inosservato. Me ne sarei accorta subito se fosse stato nel salone.
- Sciocca figlia della terra – disse stizzita Oen superandola e dirigendosi verso il centro del salone. Eveline la seguì.
Quando la nana giunse al centro, si fermò dinnanzi ad uno splendido esemplare di serpente di grosse dimensioni. Quando l’animale si accorse della presenza di Eveline, mutò forma e pian piano riprese le sembianze umane del Silenziatore. La giovane rosa rimase perplessa di fronte a quella visione.
- Qualcosa non va, fiore del Nord? – le chiese lui con tranquillità dirigendosi verso una delle strane creature.
Eveline ci mise un po’ per riprendere la facoltà di parlare. – Dunque è vero che sei un mutaforma … ora, confermo che riesco a credere a tutto ciò che mi hanno detto su di te.
- Dovrai aspettare il tuo turno, Aradia. Non vedi la fila che sta attendendo? – le disse indicandole la lunga fila di creature bizzarre.
- D’accordo, attenderò. Non ho fretta – disse facendo per mettersi comodamente seduta su una strana poltroncina lì di fianco.
- No – la bloccò lui puntando il dito nella sua direzione e bruciandole lievemente il fondoschiena per farle evitare di sedersi. La ragazza emise un verso di dolore. – Meglio non sedersi su quello. Ti inghiottirebbe e sputerebbe solo i tuoi bulbi oculari – disse in tono serio. A ciò, ella assunse un’espressione pietrificata. – Rimani in piedi. Non capisco perché voi esseri umani abbiate questo impellente bisogno di sedervi continuamente – aggiunse avvicinandosi ad un uomo dal quale uscivano insetti da ogni buco del corpo. Eveline prese ad osservarlo sempre più incuriosita. Lo stregone, per nulla schifato da ciò che gli era dinnanzi, appoggiò delicatamente una mano sulla fronte del malcapitato. Quest’ultimo si inginocchiò ai suoi piedi come se fosse sotto ipnosi. Dopo qualche minuto in cui sembrava avesse forti convulsioni, gli insetti smisero di uscire dal suo interno e morirono tutti. L’uomo si rialzò in piedi scosso, ma felice. – Se potessi fare qualcosa per sdebitarmi, mio signore …
- Niente ringraziamenti. Dì a tua madre che ora siamo pari – gli disse in tono neutro facendogli segno di andarsene con la mano.
Successivamente, fu il turno di una ragazzina scheletrica. Eveline fu invasa da un brivido freddo non appena la vide.
- Irika. Quanto tempo – le disse lo stregone.
- Avevamo un conto in sospeso noi due, o sbaglio? – gli disse gelida.
- Non mi sembra. Ti sei condannata da sola nel momento in cui hai messo mano nelle mie cose.
- Io sono una potente strega. Io mi nutro dei doni degli esseri umani. Ora guardami come sono ridotta!! – gli urlò strappandosi frammenti di pelle dal viso con le unghie lunghe e incarnite. Poi si voltò improvvisamente verso Eveline, la quale rimase immobile sentendo il suo sguardo agghiacciante puntato addosso. Si avvicinò a lei guardandola con gli occhi colmi di desiderio, un desiderio che non aveva nulla a che fare con quello carnale. – Vuoi donarmi la tua bellezza, ragazza umana? O la tua giovinezza?
- No, non ho nulla per te – le rispose lei indietreggiando.
- Vuoi donarmi l’amore che è nel tuo cuore? O la tua intelligenza? Posso darti molto in cambio, sai? – provò a tentarla afferrandole la mano e portandosela sulla guancia scheletrica.
- Lasciami – le rispose allontanandosi ancor di più.
- Ho sentito le vibrazioni che provengono dalla tua mano. Cerchi una cura. Una cura per la tua mamma malata. Ti darò quella cura in cambio della tua bellezza … farei qualsiasi cosa per ottenerla. Dimmi cosa vuoi che faccia – la supplicò.
- Tu non hai una cura per mia madre … e non ti cederò mai nulla di mio – le disse nuovamente risoluta, cercando di scacciare via quell’orrenda sensazione di fastidio che la vicinanza della ragazzina le provocava.
- Pensi che lui possa dartela, invece?? Non fidarti! Lui è solo un mostro! Qualsiasi cosa lui tocchi diventa maledetta! Sai come mi sono ridotta in questo modo?? Lo sai? Prima che mi accadesse ciò che mi è accaduto, un solo dono di un essere umano mi donava vitalità e mi rafforzava per giorni e giorni … poi, una sera, sono venuta da lui e gli ho chiesto dei consigli per rendermi più forte, per avere più potere di quello che i doni mortali riuscivano a darmi … ma lui mi negò il suo aiuto, così decisi di rubargli qualcosa. Rubai un vaso contenente un metallo magico e potente, fabbricato da lui. Ma non appena provai a toccare il metallo, divenni il mostro che vedi ora, uno scheletro vivente capace solo di elemosinare doni per ricevere minuti in più di vita … Vattene finché sei in tempo!
- Sei stata tu a rubargli qualcosa. Forse ti sei meritata la tua punizione.
- Piccola umana impudente!! – le urlò piombando su di lei come se volesse risucchiarla. A ciò, la ragazza la scagliò via da sé con decisione, colpendola in viso e facendole cadere l’ammasso di pelle putrida che era il suo naso, involontariamente.
- Ti sai difendere, Aradia – commentò il Silenziatore osservando la scena.
La ragazzina strisciò dirigendosi nuovamente verso di lui, lamentandosi in preda a pianti disperati. Si arrampicò sulle gambe dell’uomo arrivando ad artigliargli la schiena con le dita ossute. – Ti prego … ti prego … ho bisogno di nutrirmi … dammi una minima parte del tuo potere … farò qualsiasi cosa tu mi chieda …
- Sono una persona molto paziente, Irika, ma sai che cosa succede quando mi spazientisco – la avvertì lui mentre la ragazzina continuava a salire. Ad un tratto, questa gli afferrò un braccio con forza provando a risucchiare qualcosa. A ciò, lui chiuse gli occhi e si concentrò. Qualche secondo dopo, la ragazzina cadde a terra in preda a spasmi e ad urla atroci, tappandosi le orecchie come se le voci che sentisse nella sua testa provenissero da fuori.
– Smettila!!! Falle smettere!!! Ti prego!!! Non ritornerò più ad infastidirti!!! Lo prometto!!! Ma ti supplico, falle smettere!!! – urlò in lacrime.
Ritenendosi soddisfatto, lo stregone cessò di esercitare il suo potere sulla bambina. – Se tornerai ancora qui … non sarò più così clemente.
Dopo quelle parole, la ragazzina, cercando di riprendersi, ancora frastornata, uscì dal salone.
Eveline si ritrovò immediatamente addosso tutti gli sguardi sprezzanti delle creature che erano ancora in fila. – Non posso sopportare la presenza di un’umana!
- Portatela via dai nostri occhi! - Urlarono come se avessero preso coscienza solo in quel momento che la giovane rosa fosse una donna umana.
- Tenerti in attesa qui agita solo i miei clienti – commentò lo stregone valutando la situazione. – Seguimi – le disse dirigendosi verso una delle altre stanze. Eveline, seguendolo, si accorse che la stava conducendo nello stanzone che emetteva dei bagliori luminosi da dentro, quello che lei aveva notato in precedenza.
- Dove mi stai portando? – chiese poco prima di entrarvi.
Non appena la fanciulla mise piede nel luogo, spalancò gli occhi sorpresa ed estasiata. Per un attimo, le era sembrato di essere tornata di nuovo nel suo mondo: centinaia di contenitori dalle forme strane e ampolle colme di liquidi colorati la circondavano, alcune delle quali emettevano fumi, così come un’infinità di altri oggetti come cristalli luminosi e libri invadevano quella stanza dall’aspetto quasi surreale. La differenza tra il suo rifugio e quella stanza, era che quest’ultima era decisamente la stanza di uno stregone: i liquidi bollivano, emettevano odori e fumi quasi sedanti e capaci di annebbiare la mente, il loro colore era brillante ed eccessivamente vivace, di pigmentazioni non esistenti in natura o ricreabili con ingredienti prelevati dalla terra. Senza contare tutti i restanti bizzarri oggetti dall’origine dubbia e dal fascino difficile da definire.
- Cos’è questo posto?
L’uomo mostrò un’espressione che rivelava una lieve sorpresa nel vederla talmente felice e a sua agio in quella stanza. – Vedo che ti piace molto, fiore del Nord.
- Fin da piccola ho sempre esercitato autonomamente le arti mediche e ricercato erbe sconosciute e oggetti antichi per allargare la mia mente e i miei studi il più possibile … - spiegò mentre girava per la stanza e osservava tutto piacevolmente sorpresa e al minimo dettaglio. – Ciò che vedo è cento volte più estremo e impossibile da credere, rispetto agli elementi che caratterizzano il mio rifugio, ma … in minima parte, mi fa ricordare casa …
- Dunque, immagino avrai già una discreta praticità. Può essere un buon inizio. Questa è la mia stanza di alchimia. Principalmente sono un alchimista.
- Davvero? Ora si spiega tutto ciò che è davanti a me – disse guardandosi intorno ancora estasiata. – Cosa vuoi che faccia qui?
- Nell’attesa, puoi sfogliare quel grande tomo che vedi laggiù. C’è un elenco in cui vi sono annotate tutte le malattie più strane e sconosciute per cui tutti i miei ospiti passati mi hanno chiesto aiuto. Puoi individuare i sintomi della malattia di tua madre tra quelle.
- Lo farò immediatamente! – esclamò andando a prendere il tomo alto la metà di lei e trasportandolo con una certa fatica. – Mi dai anche il permesso di dare un’occhiata in giro …? Posso osservare da vicino qualche cristallo o toccarlo per saggiarne la consistenza?
L’uomo le rivolse un sorriso divertito a tale richiesta. – Temo che la tua eccitazione abbia annebbiato il tuo raziocinio, Aradia. Non dimenticare il luogo in cui ti trovi.
- Non l’ho dimenticato.
- La magia, la stregoneria e tutto ciò che credi le caratterizzino, non sono un gioco o una sfida.
- Allora insegnami.
- Per prima cosa, devi crederci realmente – le disse girandole intorno.
- Quello non è un problema. Tutto ciò che ho visto qui mi ha convinta definitivamente.
- Un concetto come la convinzione è molto più sfuggente ed evanescente di quanto tu creda – le disse prendendo improvvisamente le sembianze di un feroce leone; poi, subito dopo, di un orso bianco; successivamente di un gufo; infine di nuovo di essere umano, ma, questa volta, di una donna. Ella possedeva esattamente ogni cosa di lui, tanto da sembrare la sua sorella gemella o la sua versione al femminile.
- Tutto questo che vedi dinnanzi ai tuoi occhi … potrebbe solo essere frutto della tua immaginazione … della tua folle mente … se è troppo surreale, la mente si rifiuta di credere – le sussurrò la donna all’orecchio con tono mellifluo. Dopo ciò, lo stregone riprese finalmente le sembianze da uomo che aveva sempre avuto da quando lo aveva incontrato.
Eveline dovette riprendere fiato per qualche istante prima di realizzare che tutto ciò fosse reale. Non era ancora abituata al cambio di forma improvviso del Silenziatore. Quando ebbe realizzato, spezzò il silenzio. – Quindi, la forma con la quale ti mostri sempre è solo quella che ti aggrada di più, non quella vera.
- In realtà lo è.
- Come faccio a crederti?
- Dovrai fidarti sulla parola, fiore del Nord. Ad ogni modo, oltre alla totale convinzione, il tuo corpo e la tua mente devono essere entrambi predisposti. L’ultimo elemento essenziale, ma non il meno importante, è lo studio della magia e degli oggetti magici, o meglio, il crearsi una cultura sulla stregoneria.
- Ho sempre amato moltissimo leggere. Non sarà un problema neanche questo. Potrei iniziare a studiare su questi libri ora e almeno capire le funzionalità e tutte le caratteristiche che riguardano gli oggetti presenti in questa stanza – disse sfiorando inconsapevolmente uno dei cristalli, il quale la fece trasformare in una sostanza liquida. A ciò, lo stregone rivolse lo sguardo su di lei e riportò il suo corpo in uno stato solido. La fanciulla si toccò immediatamente la gola, immensamente scossa.
- Succede questo ad essere troppo affrettati, Aradia. Ad ogni modo, c’è qualcos’altro che devi sapere se vuoi realmente intraprendere questa strada – continuò avvicinandosi ad una delle ampolle e sfiorandola con le dita. – La probabilità che tu ceda alla morte non è bassa.
- Cosa intendi dire?
- Se il tuo corpo e la tua mente in realtà non sono predisposti all’uso e all’apprendimento della magia, morirai; se non riesci a resistere e a sopportare alcune magie, scegliendo quelle sbagliate o peggio, se queste rifiutano te, morirai; se non apri la mente nel modo adeguato, morirai ugualmente.
Quelle informazioni lasciarono di stucco la giovane Targaryen. – Quando avevi intenzione di informarmi riguardo un rischio del genere?? – gli chiese leggermente adirata.
- Vuoi o non vuoi salvare tua madre a tutti i costi? – le chiese lui spostandosi su un’altra ampolla e facendo cambiare colore al liquido al suo interno con un solo tocco. A quella domanda, la ragazza rimase in silenzio, punta nel vivo. – Sei  ancora in tempo per decidere.
- Voglio continuare – disse cercando di mostrarsi sicura.
- Bene. Ora che sei al corrente dei rischi che corri, puoi cominciare a fare sul serio.
- Quante persone sono morte dinnanzi a te dopo aver richiesto il tuo aiuto e non essere riuscite a sostenere tutto ciò? – gli chiese improvvisamente la fanciulla.
L’uomo si fermò e si voltò verso di lei. – Molte – le rispose accennandole un sorriso che non lasciava trasparire nulla e dirigendosi verso il retro della stanza.
- Aspetta! Vuoi dirmi che la stanza non è tutta qui?? Cosa c’è qua dietro? – chiese seguendolo e raggiungendo un secondo spazio molto più piccolo e nascosto, nel quale vi era una pentola di enormi dimensioni sopra un fuoco blu. Aris aveva inserito una mano all’interno del grande contenitore in acciaio, perciò la ragazza si affacciò a guardare, curiosa di sapere cosa l’uomo avesse intenzione di fare questa volta.
Ella si accorse che il liquido era di un colore vivo, scarlatto e denso. Rabbrividì. – È sangue … ?
- Sì. Ora, invece, è mercurio – disse lui toccando la superficie del liquido e facendolo divenire di una consistenza completamente diversa e di un colore argenteo. Dopo qualche altro secondo in cui la mano dello stregone continuava ad essere immersa nella sostanza, questa mutò ancora divenendo dorata e splendente.
- Oro fuso … - sussurrò la ragazza affacciandosi per guardarlo più da vicino, non avendone mai visto tanto dal vivo. Attese ancora un po’, e l’oro divenne del colore del ferro, poi del catrame, di un nero più profondo dell’oscurità di una notte senza stelle e appiccicoso più del collante più forte che ella conoscesse.
- Il tuo corpo sceglie il tipo di magia giusta per te. Il mio è sempre stato predisposto a questo. Poi, però, io ho esagerato, ho voluto addentrarmi sempre più nel profondo, dominando magie e stregonerie a cui il mio corpo e la mia mente non erano inclini, volendo e ottenendo sempre più di ciò che avrei potuto avere … per questo sono lo stregone più potente di queste terre: sono quello che si è spinto più oltre.
- Ma tu non sei morto.
- No, ma anche se non dovessi morire, Aradia, maggiormente ti addentrerai in qualcosa a cui la natura non ti ha resa predisposta, qualcosa che non dovresti conoscere e dominare, più umanità perderai. La tua anima diverrà man mano meno umana, un’equa moneta di scambio per un così grande e illimitato potere. D’altronde, qualsiasi azione contro natura richiede un enorme prezzo da pagare – le disse facendo ritornare il liquido sangue, come era allo stato originario.
Nel concentrarsi su quel colore tanto vivo, la giovane rosa si accorse di un particolare che attirò la sua attenzione.
- Il colore del liquido, del sangue di cui hai mutato l’essenza, è lo stesso delle tue iridi. Dunque, prima eri umano e i tuoi occhi non avevano quel colore innaturale. Cos’è successo?
- Non stiamo parlando di me, splendido fiore del Nord. Ora sai cosa ti attende – le disse semplicemente lasciando la stanza e dirigendosi nuovamente verso il salone principale per ricevere i suoi ospiti in fila.
La ragazza rimase per alcuni minuti ancora involontariamente fissa sul liquido all’interno dell’enorme pentola.
Cerca di non morire, Eveline. Non puoi permettertelo. Non morire e … resta umana si disse la giovane Targaryen tra sé e sé.
 
D’altra parte del mondo, un giovane ragazzo con i capelli del color dell’argento, fissò la luna sopra di sé, l’unica luce che riusciva a scorgere nel buio totale in cui era rinchiuso. Respirò a fatica, rivolgendo gli occhi neri sfiniti e semichiusi al cielo. Riuscì solo ad abbozzare un sorriso malinconico al surreale e lontano ricordo della libertà e di qualcosa che non fosse un’incessante e atroce sofferenza per lui.
- Hayden …? Hayden, sei lì? – gli chiese una voce a lui familiare, proveniente dal buio pesto della stanza intorno a lui.
Il ragazzo voltò la testa lentamente e a fatica verso la direzione in cui proveniva quel richiamo. – Sì … sono qui … - sibilò con la voce rotta.
- Resisti, figliolo. Resisti. Sappi che io sono sempre qui anche se mi tengono rinchiuso lontano da te.
Nell’udire quelle parole di suo padre, delle acide lacrime uscirono dai suoi occhi socchiusi. – Vuole … farmi diventare … un mostro … - sussurrò compiendo un immenso sforzo solo nel pronunciare quelle semplici parole.
- Lo so, figlio mio. Ma ti prego, ti prego … resta umano … - lo supplicò Jon lasciandosi andare anch’esso alle lacrime, non riuscendo a vederlo dentro quella cella buia distante metri da lui.
 
Altrettanto lontano da lui, un ragazzino dai capelli scuri appoggiò la testa sulla terra bagnata rimanendo con lo sguardo fisso sulle stelle, sferzato dalle gocce di pioggia.
Un uomo vecchio e incappucciato, mentre correva per sfuggire alla pioggia e al freddo, lo notò da lontano e si avvicinò a  lui accovacciandosi. – Chi sei? – gli chiese.
- Non lo so – rispose il ragazzino mantenendo lo sguardo rivolto al cielo.
- Non ricordi più chi sei? – domandò incredulo il vecchio.
- Non ricordo più nulla …
- Se non rimembri più chi sei stato, potresti provare a ricostruire dei ricordi.
- Non voglio altri ricordi. Rivoglio solo quelli che ho perso.
- Ma tutti gli uomini sono composti di ricordi. Se non hai un’identità, cosa sei?
- Niente.
A ciò, il vecchio si sfilò il telo che lo riparava dalla pioggia e lo utilizzò per coprire il ragazzino sdraiato a terra. Questo si voltò finalmente verso di lui. – Perché lo hai fatto?
- Per aiutarti e perché domani ricorderai questo gesto e saprai di essere ancora umano. Resta umano, ragazzo – gli disse il vecchio rialzandosi in piedi e andandosene.
 
Sam Tarly tenne la fiaccola alta sopra la sua testa, camminando in fretta per i bui corridoi depredati e ancora in preda al caos dopo l’attacco subìto più di un mese prima da quella strana setta che stava acquisendo sempre più fama e che, secondo le voci, era stata persino l’artefice della recentissima distruzione della Banca di Ferro, notizia che aveva sconvolto profondamente ogni abitante dei sette regni e oltre.
Il ragazzo non aveva neanche avuto il tempo di riprendersi dalla scoperta della morte dei suoi genitori e dalla dispersione e dal rapimento di tutto il resto della sua famiglia, che quei ragazzi dai volti coperti, che si muovevano come delle ombre incorporee, avevano invaso la Cittadella, sconvolgendo tutto l’assetto e l’equilibrio di quel luogo sacro e intoccabile, e rubando tutti i libri proibiti e aventi un’inestimabile valore. Oramai quei Fantasmi stavano diventando l’ordine delle imprese impossibili dato che erano riusciti a rendere violabili e mortali luoghi che non lo erano affatto: prima la sua dimora, la Cittadella, e ora la Banca di Ferro.
La maggior parte degli uomini, tra apprendisti come lui e Maestri, erano scappati terrorizzati e in preda alla paura che quei ladri e assassini tornassero.
Lui era uno dei pochi rimasto come guardiano di quell’immensa torre, sede di tutto il sapere dei sette regni.
Il ragazzo entrò cautamente nella stanza e posizionò la fiaccola in modo che potesse illuminare l’ambiente buio. Si avvicinò al letto dove era sdraiato colui al quale era più legato in quel luogo, il suo tutore e modello. Gli prese la mano e gliela strinse guardandolo apprensivo. – Gran Maestro Hatka? – lo richiamò.
A ciò il vecchio si voltò lentamente verso il suo pupillo, sforzandosi di aprire i suoi occhi a mandorla per guardarlo in volto e sorridergli almeno tentando di rassicurarlo. – Ragazzo mio … hai controllato il resto della torre?
- Come ogni sera, Gran Maestro Hatka.
- Gli altri come stanno?
- Siamo sempre di meno, Maestro … ma cerchiamo di spalleggiarci! Voi come vi sentite?
- Non preoccuparti per me, Samwell … il mio unico pensiero ora … è che quel poco che è rimasto di questo preziosissimo luogo sia salvaguardato e che almeno tu, mio caro ragazzo, stia bene … - gli disse accarezzandogli la spalla. – Sei il giovane uomo più brillante e intelligente che conosca, Samwell Tarly … - continuò.
Ma quelle parole fecero capire al ragazzo che il suo Maestro stesse per dire qualcosa che non  voleva sentirsi dire. – No, Gran Maestro! Non permetterò che vi accada nulla! Le medicine che gli altri Maestri hanno lasciato sono molto efficaci!
- Prima o poi la vecchiaia porta via il soffio vitale di chiunque, ragazzo … nessuna medicina ha mai rimediato a ciò …
- Non ditelo, vi prego! Non saprei come continuare a curarmi di questo luogo, della nostra dimora, se voi ve ne andaste, mio Maestro …
- Sono certo che ci riuscirai benissimo anche senza di me … hai immense doti, ragazzo, non dimenticarlo … la tua invidiabile mente ti sarà sempre molto d’aiuto. Applica gli insegnamenti che ti ho impartito e vedrai che andrai molto lontano … - gli disse sorridendogli di nuovo e cominciando a tossire. Sam gli sollevò leggermente la testa e gli fece bere dell’acqua.
- La mia intelligenza basterà? – gli chiese il giovane in apprensione.
- Non si tratta solo di quella, Sam … la tua umanità è altrettanto essenziale.
- È come se percepissi che … per qualche motivo … in questo momento, io sia l’unico ad avere il lusso di non lottare per dover rimanere umano … è una sensazione strana. Forse è dovuta al fatto che non so dove siano i miei cugini e come stiano … io sono sempre stato la loro guida, mi sono sempre occupato di loro essendo il più grande e il più saggio, ma ora … ora il mio sguardo non può raggiungerli più …
- Li raggiungerà ancora, ragazzo … quando meno te lo aspetti riuscirai a ritrovarli … - lo rassicurò stringendogli la mano.
In quel preciso istante, un tonfo simile a quello della notte dell’attacco, colpì la torre. Il tetto e le pareti della stanza tremarono violentemente facendo cadere della polvere e piccoli frammenti di pietre.
- Sam, vai a controllare! – lo esortò il Maestro.
Sam fece come gli era stato detto, uscì dalla stanza, la chiuse a chiave e si diresse a passo svelto verso la fonte dalla quale provenivano quei rumori.
Il suo cuore scalpitava come non mai ma sapeva che doveva essere coraggioso in quel momento …
Prendi un bel respiro, Sam … non pensare al fatto che chiunque sia penetrato nella torre potrebbe ucciderti con una sola mossa … mantieni la calma e rispetta il tuo ruolo di guardiano … si disse giungendo finalmente nell’atrio principale, da dove provenivano i rumori. Ciò che vide lo lasciò sconvolto: coloro che tutti chiamavano Fantasmi erano di nuovo lì, ma, rispetto alla prima volta, non si erano dileguati in meno di un secondo fuggendo come spettri e cospargendo il caos … ora erano calmi, sereni, intenti a guardarsi intorno e ad esplorare tranquillamente il luogo. In quell’istante Sam poté osservarli davvero. Gli apparvero come rare e curiose creature dalle sembianze umane e coperte da capo a piedi con teli grigi che fasciavano minuziosamente il loro corpo.
Dopo un momento di totale ipnosi e trance in cui rimase ad osservarli, prese finalmente coraggio e si fece avanti, sperando che il loro apparente atteggiamento pacato rimanesse tale anche dopo averlo visto. - Si … signori … - balbettò alzando la voce.
Udendolo, tutti si voltarono verso di lui diffidenti. Ma solo uno di loro gli si avvicinò con passo mellifluo. – Allora questo posto non è completamente deserto … eravamo convinti di trovarlo vuoto dopo il nostro attacco – gli disse l’individuo quasi in tono divertito.
Sam prese ad esaminarlo attento, almeno per quel poco che poteva esaminare di lui esposto alla luce esterna. – Qu … questo vuol dire che mi ucciderete? Così come ucciderete i pochi miei compagni che sono rimasti qui?
L’individuo prese a girargli intorno. – Dipende. Se farete i bravi e non farete caso a noi … se non vi opporrete alla nostra presenza e non cercherete di scappare, non vi toccheremo. Se doveste scappare, parlereste e non sarebbe una buona cosa …
Sam non riusciva a capire. – Che cosa intendi dire?
- Intendo dire che, d’ora in poi, alloggeremo qui. Ci serve una roccaforte impensabile e assurda per nasconderci dalle autorità che ci cercano e per pianificare i nostri prossimi attacchi … quale posto migliore di questo?? – gli chiese facendo uno scattante salto lontano da lui e guardandosi ancora intorno. I suoi occhi esprimevano soddisfazione.
- Dunque sei tu che li guidi? Sei GreyShade? - A quell’appellativo, l’individuo si voltò verso di lui con sguardo interrogativo, o almeno, quella era l’impressione che i suoi occhi avevano dato a Sam. – Qualcuno sembra averli uditi chiamarti in questo modo. Le voci corrono – rispose il ragazzo ponendo fine ad ogni suo dubbio e riuscendo a calmare la sua paura. - Ci siamo già visti? – gli chiese poi istintivamente.
A ciò, GreyShade gli si avvicinò nuovamente. Sam si sforzò di non indietreggiare. – Come ti chiami, ragazzo?
- Sam Tarly.
- Se eri qui anche durante il primo attacco, è possibile, Sam Tarly.
- Quando ci avete attaccati la prima volta sono riuscito a malapena a vedere le vostre ombre.
- Non sorprenderti: è questo ciò che siamo. Niente di più.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Eveline e Aradia ***


Eveline e Aradia
 
 
- È stata lei!! Lei!! Quel mostro con quei finti occhioni innocenti!! La sua invidia ha dato i suoi frutti! Non potrebbe essere stato nessun altro! Rinchiudetela!! – urlò Yara Greyjoy in preda al delirio, contro sua figlia, la quale era ferma immobile a pochi metri da lei. Le guardie trattenevano la regina delle Isole di Ferro con fatica, poiché, all’improvviso, sembrava aver assunto tutta la forza di una bestia selvaggia.
Theon, d’altro canto, proteggeva la sua nipotina con il suo stesso corpo, restando in piedi davanti alla piccola e cercando di far ragionare sua sorella.
- Yara, calmati, ti prego!! Non puoi pensare davvero ciò che dici! Müren non farebbe mai una cosa del genere! È solo una bambina e amava il suo fratellino!!
- Non è una bambina, Theon! È un essere che non merita alcuna pietà! Portala via da me!! Portala via!! Voglio solo rimanere nel mio dolore per aver perso il mio unico figlio e punire quella piccola assassina!! – urlò lasciandosi cadere in ginocchio e continuando a dimenarsi mentre le sue lacrime si mischiavano alla sua rabbia.
A ciò, le guardie, costrette ad obbedire alla loro regina, a malincuore si avvicinarono alla principessina, la quale si nascose dietro le gambe di suo zio Theon. – Non oserete … - disse lui di fronte a quegli uomini.
- Mi dispiace, mio signore – rispose uno di loro. – Dobbiamo obbedire agli ordini della regina.
- No, zio Theon … ti prego … non lasciare che mi portino via! – lo supplicò la bambina impaurita.
- Non temere, piccola mia! Troverò il modo di tirarti fuori! – la rassicurò Theon mentre il suo cuore si spezzava in due vedendola mentre quegli uomini la prendevano e la portavano con loro.
Davos osservò l’intera scena profondamente scosso. – Non puoi lasciare che trattino tua nipote in questo modo! – disse avvicinandosi a Theon.
- Troverò il modo di far ragionare mia sorella, ser Davos. Costi quel che costi. Sono il primo a voler proteggere Müren e a soffrire immensamente nel vederla imprigionata. Ma, ora come ora, io non ho alcun potere sullo spaventoso stato emotivo di mia sorella – rispose l’ultimo dei figli di Balon Greyjoy più cupo in viso di quanto lo fosse mai stato.
Dall’altra parte della sala, vi erano i figli di Euron sconvolti e in preda alle lacrime, lady Bridgette più degli altri.
Vedendo quanto sua cugina fosse insofferente e aggressiva alla presa delle guardie che cercavano di calmarla, la ragazza prese coraggio e si avvicinò a lei. – Lasciate che ci pensi io qui … la vostra regina ha appena subìto un trauma tremendo, il peggiore che possa mai accadere ad una donna. Dunque, lasciate che un’altra donna come lei , sangue del suo sangue, se ne occupi – esortò le guardie mentre delle dolorose lacrime continuavano a scendere nelle sue guance nivee.
Oberyn la osservò da lontano, colpito, mentre le guardie lasciavano la presa su Yara per affidarla alle cure della maggiore delle sue cugine.
- Varys … - disse all’amico, il quale si era appena riavvicinato a lui, ma continuando a guardare le due donne allontanarsi. - … sai che sono un uomo molto attento e intuitivo, anche se mai quanto te … tuttavia, dati i sospetti che abbiamo su di lei, credevo di trovare lo sguardo di un serpente viscido e calcolatore sul suo viso … invece, l’unica cosa che riesco a notare ora, mentre si prende cura di una donna distrutta dalla morte di suo figlio, è un dolore accecante … - sussurrò la Vipera Rossa, sorpreso esso stesso delle parole che uscivano dalla sua bocca. – Aiutami a capire, Varys … perché quella ragazza e tutto ciò che sta accadendo, mi stanno confondendo … tu sei un professionista in questo – gli disse infine, voltandosi finalmente a guardarlo.
- L’essere umano è un profondissimo pozzo di mistero, amico mio. Lady Bridgette sembra mostrare molte più sfaccettature di quante ne abbiano molti altri. Dobbiamo restare cauti, altrimenti, la situazione potrebbero complicarsi ancor di più e sfociare in qualcosa di più grande di noi – disse il Ragno spostando lo sguardo sul povero ser Davos, il ritratto della preoccupazione e dell’impotenza in quel momento.
- L’unica cosa di cui sono certo, ora come ora, è che quella povera bambina non merita di restare chiusa dentro una cella. Dobbiamo fare qualcosa al riguardo. Yara deve riprendere il senno. E, se lady Bridgette è davvero l’assassina del piccolo Blake come sospettiamo, subdolamente trascorrerà del tempo con sua cugina per convincerla maggiormente che sua figlia abbia ucciso il suo fratellino. Non possiamo permetterlo – aggiunse Oberyn.
 
Trascorsero alcuni giorni e la piccola Müren venne liberata. La guardia che aprì la sua cella le sorrise facendole cenno di uscire, dandole il permesso. A ciò, la bambina si alzò in piedi timorosa e incredula. – Posso uscire davvero … ? È stato zio Theon a convincere mia mamma?
- No, principessa. È merito di lady Bridgette se ora siete nuovamente in libertà. Ha convinto lei la regina della vostra innocenza – rispose l’uomo con tranquillità, mentre osservava lo sguardo sorpreso della principessina.
Quando questa uscì dalle segrete e ritornò nel salone principale del castello, vide suo zio Theon ad attenderla con un sorriso a settantadue denti.
- Zio Theon!! – esclamò lei sorridendo, correndogli incontro e saltandogli tra le braccia per stringerlo forte. Lui era l’unica persona al mondo che la piccola riuscisse a toccare, e persino ad abbracciare. – Mi sei mancato tanto!
- Anche tu, nipotina mia! Non sai quanto io sia felice di vederti. Sei mancata a tutti! Persino ai nostri nuovi ospiti che ti conoscono appena! In particolare a ser Davos. Più tardi vai a salutare anche lui.
- Va bene – disse lei staccandosi e sorridendogli ancora. Tuttavia, neanche qualche secondo dopo, il suo visino si rabbuiò completamente. – Blake … posso … posso vederlo?
A ciò, anche Theon si intristì nuovamente. – Puoi farlo. Ho pensato che, una volta uscita, avresti voluto dargli un ultimo saluto. Così, con estrema fatica, ho convinto Yara a posticipare le celebrazioni funebri almeno di qualche giorno. È nello stanzino accanto alla tua camera – le disse accennandole un sorriso malinconico.
- Grazie, zio Theon. La mamma? Sta bene? – gli chiese timorosa di udire la risposta.
- No, non sta bene, Müren. Trascorre tutti i giorni chiusa nella sua stanza e accetta solamente le visite di lady Bridgette. Mi duole ammetterlo, ma se ora tu sei qui tra le mie braccia e non più in quella cella fredda e umida, è solo merito suo. Io ho provato a parlarle per convincerla ma non ha voluto vedermi. Mai. Invece, sembra che lady Bridgette sappia prenderla nel verso giusto. Lei è consapevole che tu non avresti mai potuto fare una cosa del genere a tuo fratello, perciò l’ha convinta della tua innocenza. Ma questo non vuol dire che tua madre non sia più adirata con te, bambina mia. Lei non riuscirà mai a vederti come realmente sei, perciò non continuare a sperare e ad incolparti di non essere la figlia che lei avrebbe voluto. Voglio che tu sia felice ugualmente – le disse Theon accarezzandole la guancia. La piccola annuì accennandogli un triste sorriso. – Ora vieni con me: dobbiamo andare nella stanza di lady Bridgette per porgerle i tuoi ringraziamenti per ciò che ha fatto. È buona educazione – le disse alzandosi in piedi e porgendole la mano, la quale venne afferrata da Müren.
Quando i due giunsero dinnanzi alla porta della stanza di Bridgette e bussarono, questa diede loro il permesso di entrare. Non appena Theon e la principessina entrarono, la ragazza sorrise dolcemente a quest’ultima, la quale aveva gli occhi abbassati. – Vi ringrazio per aver convinto mia madre a liberarmi, lady Bridgette – le disse la bambina tutta d’un fiato.
A ciò, la giovane donna si avvicinò a lei e le si accovacciò di fronte. – Non c’è di che, principessa. Purtroppo, il dolore di vostra madre e l’astio che nutre verso di voi, non le ha permesso di ragionare lucidamente. Sono stata messa al corrente di quanto voi eravate legata al piccolo Blake. Ma vostra madre sembrava non essersene accorta ed era convinta  che voi ce l’aveste con lui a causa della sua palese preferenza nei suoi confronti, al punto da escludervi nella linea di successione per privilegiare lui. Yara credeva che tutto ciò potesse influire sulla profonda affezione che voi provavate per vostro fratello. Ma io so che non è così. Voi siete una brava bambina, pura e dagli occhi colmi di una meravigliosa innocenza. Un’innocenza che io ho perso troppo presto … -  quell’ultima frase fu solamente un sussurro mentre i suoi occhi scuri e burrascosi scrutavano docilmente la ragazzina di fronte a lei.
In quel momento, qualcun altro bussò alla porta della stanza, entrando solamente dopo aver ricevuto il permesso.
- Mio signore, sono giunti alcuni lord che chiedono di essere ricevuti dalla regina Yara – disse l’uomo rivolgendosi a Theon.
- D’accordo, arrivo subito – rispose quest’ultimo, per poi spostare nuovamente l’attenzione sulla sua nipotina. – Piccola, ora che tua madre è in queste condizioni, sono io a dovermi occupare di tutte le questioni che riguardano re e regine. Questi giorni sarò molto impegnato, ma ti prometto che troverò sempre del tempo per stare con te, intesi? – le disse dandole un bacio sulla fronte e uscendo dalla stanza, lasciando le due sole.
Dopo averlo visto andare via senza fare in tempo a dirgli nulla, Müren rimase con lo sguardo fisso sulla porta appena richiusa, fin quando la voce di Bridgette non la ridestò. – Dunque, volete che vi accompagni io a dare un ultimo saluto al vostro fratellino prima della sepoltura, dato che vostro zio è impegnato? – le chiese la ragazza. La bambina ci rifletté un attimo su, poi annuì. Voleva vedere Blake il prima possibile. Non poteva attendere un secondo di più, perciò non avrebbe potuto aspettare che il suo amato zio finisse di ricevere coloro che richiedevano il suo aiuto.
La principessina aprì la porta dello stanzino nel quale era tenuto il corpo del neonato. Era molto freddo in  quella stanza. Molto più freddo rispetto al resto della stanze del castello. La piccola si avvicinò alla culla dalla quale si affacciava di solito quando si intrufolava di nascosto nella camera di sua madre per stare con lui e guardarlo addormentarsi. Lo avevano lasciato lì dentro, quasi come se non volessero fargli ancora più male, contaminarlo, strappandolo dalla sua calda e confortevole culla.
Gli occhi castani e a mandorla della piccola si riempirono improvvisamente di lacrime, rendendole quasi difficile vedere ciò che era dinnanzi a lei.
Blake non sembrava morbido e caldo come ogni volta, il suo volto non esprimeva un’immensa vitalità che emergeva anche quando dormiva. No. Questa volta Blake sembrava una bambola. Sembrava più morto della sua bambola Regan. La sua pelle era quasi grigiastra, spenta, scura e non aveva nulla del rosato originario. Müren si rese conto che quel corpicino non aveva nulla di Blake. Né il suo colore, né il suo respiro, né la sua energia, né il suo odore, né il suo rumore. Una tristezza mai provata invase la bambina, la quale sporse il braccio sulla culla e cominciò a muovere la mano a mo’ di carezza, come se lo stesse accarezzando davvero, quando, invece, non lo stava neanche sfiorando. Il suo terrore dei contatti umani la frenava e anche se lei cercava in tutti i modi di scacciarlo e di urlargli di andarsene e di lasciarla in pace, lui continuava ad attanagliarla. Mai come in quel momento avrebbe voluto toccare il suo fratellino. D’altronde, quello era l’ultimo saluto che avrebbe potuto dargli.
- Non riesci a toccarlo – disse Bridgette abbandonando le formalità almeno in un momento toccante come quello. Ella aveva osservato tutto sulla soglia della porta per lasciare il giusto spazio e la giusta intimità alla piccola.
- No … non ci riesco … ma vorrei … vorrei tanto abbracciarlo adesso … prima che lo mettano sotto terra. Lui non deve stare sotto terra – rispose  Müren cominciando a singhiozzare e a tremare.
- Allora, fallo, Müren. Combattilo – la spronò la donna. Tuttavia, la bambina non riusciva ancora a posare la sua mano sulla pelle dura e fredda del suo fratellino. A ciò, Bridgette continuò. – Hanno detto che, probabilmente, è morto soffocato. Qualcuno deve aver premuto il cuscino sul suo viso addormentato, o forse, qualcos’altro. Lui è morto da solo. Tu non eri qui quando è accaduto. Per questo merita che  tu lo tratti come un vero fratello almeno ora che non c’è più. Merita il tuo calore e il tuo affetto fisico e concreto.
In aggiunta a quelle parole, nella testa della principessina si susseguirono improvvisamente le immagini della morte di suo padre, del suo dolore successivo, del suo pentimento per non essere stata in grado neanche di donargli una carezza in tutta la sua vita, prima di perderlo. Non sarebbe dovuto accadere anche con Blake. Questa volta non avrebbe avuto rimpianti. A ciò, con tutta la forza che era in lei, Müren prese per la prima volta in braccio il corpo ormai senza vita del suo fratellino e lo abbracciò, stringendolo a sé e scoppiando in un disperato e liberatorio pianto. – Mi dispiace! Mi dispiace tanto!! Avrei dovuto proteggerti! Perché io sono la più grande! Io ero la più grande!! Avrei dovuto essere la tua guerriera protettrice e avrei dovuto tenere lontano chiunque avesse voluto farti del male! E invece … e invece non sono stata capace neanche di accarezzarti … Saremmo dovuti crescere insieme! Io e te! Ti avrei insegnato a giocare a nascondino, a leggere, a scappare via dal castello senza essere visti da nessuno, a convincere i cuochi a darci i dolcetti durante la notte! E tu … tu mi avresti insegnato a non avere paura dei contatti, degli abbracci e delle carezze …
Nell’osservare quello struggente sfogo della principessina, anche Bridgette non riuscì a trattenersi, cedendo nuovamente alle lacrime.
- Che state facendo qui? – le interruppe improvvisamente Theon, entrando nello stanzino, di ritorno dal suo impegno terminato. La sua voce era di rimprovero implicito nei confronti di sua cugina.
Ella si voltò verso di lui asciugandosi velocemente le due lacrime che le avevano rigato le guance. – Perdonatemi, cugino. Ho accompagnato la principessa a dare un ultimo saluto a suo fratello dato che voleva vederlo al più presto e voi eravate impegnato con gli affari della regina. Spero di non aver arrecato alcuna offesa.
- Nessuna offesa, cugina. Ma preferirei essere io ad assistere mia nipote in un momento così intimo – le rispose serio per poi dirigersi verso Müren e abbracciarla per convincerla a lasciare andare quel corpicino e a riporlo nella sua culla, in attesa di essere sepolto.
 Quando la bambina si calmò e uscì dallo stanzino in compagnia di suo zio Theon, si scontrò per il corridoio con il piccolo Wylem, il quale aveva la sua stessa età. Il più giovane dei figli di Euron Greyjoy era un bambino dai capelli rossi e dallo sguardo furbo e vivace.
- Perdonatemi se vi ho urtata, principessa. Stavo raggiungendo la stanza delle mie sorelle di fretta e non vi ho vista arrivare – le disse in tono colpevole inchinandosi a lei.
A ciò, ella alzò lo sguardo su Theon come per chiedergli aiuto, e lui la guardò divertito per infonderle coraggio.
- Non dovete scusarvi, non mi sono fatta male.
Udendo quelle parole, il bambino, rassicurato, si rimise in posizione eretta. – Non ho avuto l’occasione di dirvi quanto mi dispiaccia per la vostra perdita.
- Grazie, Wylem – rispose semplicemente  Müren imbarazzata.
- Müren, che ne dici di far vedere il castello e la città al nostro ospite? È giunto qui da pochi giorni, sono sicuro che non ha ancora visto quasi nulla delle Isole di Ferro – le disse Theon interrompendoli, guadagnandosi uno  sguardo sorpreso da parte di entrambi.
- Ma zio Theon, i funerali di Blake …
- Non preoccuparti per quello, piccola. Si svolgeranno domani. Oggi goditi la tua ritrovata libertà e il resto della giornata svagandoti un po’ e facendo qualcosa di diverso. Non hai mai nessuno con cui giocare che abbia la tua età qui nel castello. Approfittane. Vai e divertiti – la incoraggiò sorridendole premuroso.
A ciò, il bambino fece la prima mossa e le sorrise entusiasta. – Mi piacerebbe vedere le Isole di Ferro, principessa. Se volete possiamo vestirci da marinai così le persone non vi riconosceranno! A casa mia lo facevo sempre!
- D’accordo … - rispose lei accennandogli un timido sorriso e seguendolo.
 
 
Erano trascorse più di due settimane in cui Eveline non aveva fatto altro che studiare continuamente quei libri dalla grandezza surreale, riguardanti oggetti e formule magiche di magia bianca e nera, integrando la sua già ampia cultura con delle nozioni che non avrebbe mai pensato di apprendere, almeno non in maniera così concisa e specifica.
Aveva cominciato a trascorrere un po’ meno tempo con il popolo dothraki e con Myranda per ritornare quasi ogni giorno nella dimora del Silenziatore in modo da poter riprendere gli studi con sempre maggior determinazione. Quelle conoscenze la affascinavano enormemente, difatti non le pesavano tutte quelle ore di studio, come non le era mai pesato lo studio e la lettura in generale. La sua curiosità le dava modo di interessarsi ad una vasta gamma di materie e di ambiti differenti tra loro.
Quel giorno, come i precedenti, partì la mattina presto per essere di ritorno al villaggio ad un orario accettabile. Affrontò le quattro ore di viaggio in groppa alla sua Abigail ed entrò tranquillamente nel luogo dall’aspetto mistico e lussureggiante.
Non appena entrò, notò la fila di creature bizzarre ancora più lunga del solito, tutti con delle espressioni parecchio snervate. Vide solamente Oen seduta comodamente su una poltrona e intenta a leggere, ma non riuscì a scorgere il padrone di casa. La giovane rosa aveva imparato a riconoscere lo stregone anche quando la sua forma era differente rispetto a quella usuale, grazie ad alcuni piccoli dettagli che si era premurata di notare, come il taglio degli occhi particolare che rimaneva sempre immutato, così come il colore innaturalmente scarlatto delle iridi. Per tale motivo, questa volta, era certa che lui non fosse presente davvero nella dimora. Ciò le risultò strano, così si avvicinò ad Oen prima di dirigersi verso la stanza dell’alchimia per studiare come faceva solitamente. Le creature si voltarono a guardarla all’unisono, quasi come se fosse lei quella strana all’interno del luogo.
- Oen, che sta succedendo qui? Dov’è Aris?
A ciò, la nana si tolse i minuscoli occhialetti da vista e si voltò a guardarla scocciata. – Oggi non è qui.
- Che vuol dire “non è qui”?
- Devo ripetertelo in un’altra lingua, Aradia?
- Era un modo di dire, Oen. Ad ogni modo, mi chiedo quando smetterete di chiamarmi così. Sapete bene che il mio nome è “Eveline”. C’entra qualcosa con la necessità di non rivelare la mia vera identità da umana a queste strane creature? – chiese lei incuriosita.
- In realtà no. La tua identità da strega è differente rispetto a quella umana.
- Ma Aris ha mantenuto il suo nome da umano, o sbaglio?
- Per lui è diverso. E poi, i più non lo chiamano per nome, ma con uno dei suoi tanti soprannomi. Solo tu lo fai.
- Lasciando perdere questo argomento, torniamo alla questione principale: dov’è il tuo padrone? Il motivo per cui queste creature sembrano così nervose e impazienti riguarda la loro estenuante attesa che lui ritorni da un momento all’altro?
- Venire qui per essere ricevuti da lui è una loro scelta. Il mio padrone non deve mostrare riguardi per nessuno. Se devono aspettare, aspetteranno – rispose la nana ritornando a leggere il libro che aveva in mano.
A ciò, Eveline si voltò verso quella fila lunga metri e metri, provando pietà per coloro che erano in attesa. Restò ad osservarli fin quando non si accorse che una di loro stava tossendo violentemente una sostanza densa e bluastra. Quella visione le riportò alla mente una delle tante nozioni che aveva appreso durante i suoi studi. – Vehemkatum – sussurrò tra sé e sé. – Morirà tra meno di un’ora se non viene curata subito a giudicare dallo stato avanzato in cui è! – aggiunse ad alta voce questa volta, rivolgendosi ad Oen.
- Il padrone si occuperà di lei, è compito suo.
- Ma tu non sai quando lui tornerà!
- No, infatti.
- Oen, al diavolo, dobbiamo agire subito! 
- Se tu avessi studiato bene quei libri, Aradia, sapresti che l’avvelenamento per Vehemkatum non conosce rimedi. Il padrone può trovare una soluzione per curarla tramite il suo potere ineguagliabile. Ma noi non possiamo fare nulla per guarirla usando oggetti o formule magiche guaritrici.
- Possiamo provarci … - disse la ragazza cominciando a camminare avanti e indietro assorta. – … se creassimo una pozione utilizzando un ramo di Alkhit, mischiato ad una granella di ossidiana pura …
- Ma l’ossidiana pura provoca vertigini e allucinazioni mortali! – la interruppe prontamente la nana.
- Ho detto solo un pizzico di granella, Oen! Servirebbe solo per calibrare e controbilanciare gli effetti degli altri ingredienti! Lasciami finire! – la esortò ricominciando a pensare. – Successivamente potrei fargli un’incisione sulla gola utilizzando il Sepse per poi richiudere subito il taglio con la Cictar dopo aver estratto il veleno  con la pozione … ah! Dovrei aggiungere anche i cristalli macinati di Isohir al composto di ossidiana pura e rami di Alkhit! – esclamò terminando il suo ragionamento ancora sommersa dai pensieri.
- Sono tutti ingredienti differenti, dagli effetti imprevisti se mischiati e  potenzialmente mortali, Aradia. Se lo farai, ci sarà una grande probabilità che la malata muoia – la avvertì truce Oen alzandosi in piedi sulla poltrona ma non riuscendo comunque ad eguagliare l’altezza della ragazza.
-  È l’unica possibilità che abbiamo! – rispose decisa la giovane rosa afferrando gli occhialetti dalle mani della nana e utilizzandoli per appuntarsi i capelli come era abituata a fare in quei momenti, ma non ottenendo lo stesso risultato che otteneva quando possedeva ancora la sua lunghissima chioma, dovendo invece sopportare dei fastidiosi ciuffi corti che le ricadevano davanti al viso.
- Punto uno: quelli sono i miei occhiali. Punto due: sei davvero pronta a prendere la morte di un essere vivente sulle tue spalle?
- Sì – rispose la fanciulla correndo verso la stanza dell’alchimia e prendendo tutti gli ingredienti che le servivano per trasportarli nella sala principale, mentre la creatura malata, ossia una strana ragazza dall’aspetto di una ninfa, si accasciava a terra, tossendo ancora più violentemente.
- Sembra che avremo molto meno di un’ora … - aggiunse Eveline cercando di non  agitarsi più di quanto già non fosse e di rimanere concentrata. Si mise accanto a lei e cominciò a spezzare i rami, a riempire le ampolle, a macinare i cristalli, a mescolare le granelle e a pulire altri bizzarri utensili. Ora era tornata nel suo mondo, quello che le permetteva di salvare vite e di curare patologie apparentemente incurabili. Questa volta, tuttavia, si sentiva una vera e propria strega mentre maneggiava quegli oggetti ed elementi magici.
Le creature in fila la guardarono ancora più incuriosite.
- Ok, ok, ora calmati, cercherò di migliorare la tua situazione – provò a  rassicurarla Eveline appoggiandole una mano sui capelli, i quali sembravano morbidi petali di rosa sia al tatto che alla vista.
La ragazza fece tutto ciò che si era proposta di fare, sperando di non peggiorare invece la sua situazione, considerando che era la prima volta che maneggiava veri e propri elementi magici e che nessuno le dava la garanzia che le sue supposizioni e i suoi miscugli fossero di aiuto, se non il suo istinto e la sua mente aperta e creativa. Nel momento in cui Eveline effettuò un taglio sulla gola della creatura, questa le vomitò addosso una sostanza indefinita, sporcandole i pantaloni di pelle.
- Va bene, questo non era previsto, ma andiamo avanti – disse mentre prendeva coscienza delle reazioni sconosciute di quella creatura altrettanto misteriosa per lei. Continuò a operare, fin quando non terminò e la giovane ninfa svenne sulle sue gambe. – Almeno è svenuta e non morta – commentò asciugandosi il sudore sulla fronte.
Dopo qualche secondo, si udì un applauso proveniente dal fondo del salone, ma sempre più vicino. A ciò, la ragazza si voltò e si alzò in piedi scossa e con lo sguardo colpevole non appena notò la figura delle stregone che si avvicinava a lei. – Sono sorpreso, Aradia. Hai fatto tutto da sola.
- Stava morendo – si giustificò lei.
- E, forse, l’hai condotta più in fretta verso la morte, o forse no … - disse lui superandola e avvicinandosi alla creatura svenuta a terra per verificare il suo stato. Eveline sudò freddo e sperò con tutta sé stessa sulla veridicità della seconda opzione. Lo stregone si alzò e tornò a guardarla. – A quanto pare ce l’hai fatta, in parte. Il suo stato è stabile. Non l’hai guarita completamente ma hai prolungato la sua vita, donandole delle preziose ore in più. – A quelle parole, Eveline emise un respiro di sollievo, fiera del suo operato. – Hai coraggio e sei molto pratica. Si vede che il tuo ambito è esattamente questo. Mischiando insieme degli ingredienti disparati e inimmaginabili da accomunare, sei riuscita ad arrivare ad una soluzione. Ora puoi aggiungere questa tua scoperta su uno dei libri della stanza dell’alchimia.
- Che cosa significa?
- Significa che puoi scrivere un tuo libro di formule e di cure magiche ad ogni nuova scoperta che fai – le rispose lui con tranquillità.
A ciò, gli occhi della ragazza si accesero di aspettativa e gli rivolse un grande sorriso.
– Frena l’accecante entusiasmo, fiore del Nord: hai ancora un’immensa strada da compiere prima di arrivare al tuo obiettivo.
- Lo so, ne sono consapevole. Ma, dato che il mio studio di tutti i tomi di magia e segreti più oscuri presenti in questa stanza, è già giunto a buon punto … mi chiedevo quando potessi iniziarmi nella pratica …
- La pratica è molto diversa dalla teoria, Aradia. Sono due mondi a parte. Sei sicura di sentirti pronta? La fretta di trovare una cura per la malattia di tua madre non deve spingerti a prendere decisioni affrettate che potrebbero rivelarsi fatali per te – la mise in guardia l’uomo.
- Non sono ingenua come tu credi che sia, Aris. Voglio provare – rispose prendendo coraggio.
- Bene. Non aspettarti un trattamento privilegiato, fiore del Nord.
- Che vuoi dire?
-Voglio dire che sai già che potresti morire da un momento all’altro. Dipende solo da te. Io non interverrò per impedire un tuo decesso.
- Incoraggiante – commentò lei continuando a seguirlo con lo sguardo.
Lo stregone si avvicinò ad una donna tra coloro che erano in fila. Ella possedeva un aspetto quasi surreale per quanto incantevole, indossava un lungo mantello con un cappuccio alzato a coprirle la chioma e reggeva tra le mani delicate una gabbia come quelle in cui si tenevano rinchiusi i piccoli volatili. All’interno della gabbia sembravano esserci tante piccole lucciole o farfalle stranamente luminose, Eveline non seppe distinguerle.
L’uomo le sorrise. – Halma, vuoi avere tu l’onore? – le chiese.
Ella lo guardò ricambiando il sorriso per poi posare lo sguardo agghiacciante sulla ragazza. – Ne sarei onorata, Silenziatore. D’altronde, sono decenni che i miei piccoli non si nutrono di un essere umano vero e proprio – rispose aprendo la gabbia con cura e facendo uscire uno di quegli esserini luminosi e volanti, uno di colore azzurro. La creaturina si avvicinò ad Eveline volandole intorno, la quale la guardò curiosa e affascinata. – È uscito Lachesis, dio del futuro – constatò la donna sorridendo crudelmente. – Confido in te, mio tesoro – disse rivolgendosi ad uno dei suoi semidei rinchiusi nei corpi di farfalle luminose. Dopo qualche secondo, questo prese immediatamente le sembianze di una donna uguale e identica ad Eveline, ma molto più matura. Ella era persino più alta di lei; le sue forme prosperose ed elegantemente provocanti riuscivano ad emergere nonostante il lungo abito nero che indossasse fosse tutt’altro che succinto. Il suo volto era molto più sicuro, possedeva uno sguardo capace di spaventarla e di sviscerarla fino alla parte più profonda della sua anima, caratteristica che riusciva a renderla ancora più seducente di quanto già non fosse, in aggiunta ai lunghi e voluminosi capelli mogano scuro, ai tratti più decisi e definiti, da vera femme fatale mista ad una giustiziera spietata e implacabile. Eveline si sentì tutt’un tratto infinitamente piccola, con il suo corpo seppur molto sviluppato considerati i suoi appena sedici anni, ancora acerbo, privo dello slancio, dell’esperienza, della forma e della sicurezza di quello imponente e prorompente che era di fronte a lei. La guardò sconvolta fin quando la figura dinnanzi a lei non parlò. – Ciao, Eveline.
- Chi … chi sei tu? – sussurrò la ragazza ancora sconvolta.
- Ma come? Non mi riconosci? Io sono Aradia – rispose convinta la donna simulando una sorta di patetica offesa. – Sono ciò che potresti diventare. La versione di una te futura più probabile.
- No … non puoi saperlo.
- Invece sì, Eveline – le disse avvicinandosi sempre più mentre la fanciulla indietreggiava. – Dovrai combattere contro di me, contro il tuo futuro.
- Tu non sei il mio futuro – rispose decisa la giovane rosa continuando ad indietreggiare.
A ciò, la versione matura della Targaryen prese quella più giovane per il collo, sollevandola da terra e guardandola dritta negli occhi. – Sarà fin troppo facile spegnerti per sempre e togliere la luce della vita da quegli occhi ancora troppo innocenti, prima che non lo siano più – le soffiò sulle labbra secca e priva di qualsiasi emozione. 
Cominciò a stringere fino a quando Eveline, in una slancio energico, non le diede un violento calcio sullo stomaco, facendole mollare la presa e cominciando a correre verso l’unico luogo dove sapeva avrebbe potuto trovare qualcosa per evitarle di farsi uccidere seduta stante. Piombò nella stanza dell’alchimia buttando quasi giù la porta nell’impeto della corsa, e si diresse immediatamente nell’enorme tavolo dove erano contenuti migliaia di oggetti e pozioni magiche, cominciando a gettare ampolle su ampolle a terra nello scartare quelle che non le sarebbero state di alcun aiuto e che non sarebbero state in grado di garantirle un combattimento alla pari. Osservò ogni ampolla per neanche due secondi, per poi buttarla a terra facendole fare la fine delle altre, mentre il suo doppione la raggiungeva velocemente. – Trasmutazione no, cambiamento di stato no, contatto con spiriti no! Andiamo! Dove sei?? – si chiese tra sé e sé cercando qualcosa di ben preciso, poco prima di percepire la totale vicinanza della donna e di salire direttamente in piedi sopra il tavolo per scampare da lei. La fanciulla camminò sopra i cristalli e le ampolle, frantumandoli e rompendole pur di allontanarsi da lei e di continuare a cercare ciò che le serviva. Il suo doppione non ebbe problemi a poggiare con decisione un piede con un tacco sopra il tavolino e a salire a sua volta raggiungendola in un batter d’occhio e spingendola violentemente, facendola cadere all’indietro, sopra decine di ampolle, le quali si ruppero tutte in mille pezzi. La giovane Targaryen emise un urlo di dolore percependo la sua pelle candida squarciata dai vetri rotti, i quali erano entrati persino nei suoi polpacci e nelle sue cosce, penetrando la pelle di rettile di cui erano composti i suoi pantaloni. Di nuovo, la versione più matura di lei la sovrastò, afferrandola per le braccia più sottili e spingendola nuovamente giù, prendendo uno dei vetri rotti e appuntiti e puntandolo alla sua gola con lo sguardo più tagliente del vetro stesso. La giovane Targaryen si dimenò con tutte le sue forze e, poco prima che il vetro potesse squarciarle la gola, si rivoltò su sé stessa capovolgendo le posizioni e facendo penetrare il vetro nella spalla del suo doppione, la quale urlò riatterrandola di nuovo in un continuo di aggrovigliamenti, di urla di dolore e di rabbia, di colpi con l’ausilio dei vetri rotti che affondavano nella carne dei loro corpi tanto simili e diversi allo stesso tempo. In un momento di lucidità in cui Eveline riuscì a strisciare via da lei sulla superficie di quel tavolo che sembrava più un campo di battaglia, trovò finalmente ciò che cercava. Senza attendere un secondo di più, afferrò l’ampolla con la mano insanguinata e ne bevve il contenuto giallastro interamente, poco prima che la sé del futuro potesse raggiungerla di nuovo. Si salvò per un pelo, poiché la pozione che donava la capacità di teletrasportarsi aveva avuto un effetto immediato. Sapeva come funzionasse: le sarebbe bastato focalizzarsi su un luogo o su un’idea definita, e sarebbe tempestivamente piombata nel luogo della sua mente, senza alcun preavviso. Tuttavia, quelli non erano spazi fisici, ma fasulli, disabitati da persone reali. Dunque, prima che la donna si scagliasse nuovamente sul suo corpo sdraiato sul tavolo, quest’ultimo assunse la consistenza di una superficie dell’acqua sotto la giovane rosa, la quale fu risucchiata letteralmente dal legno liquido e piombò improvvisamente fuori dalla dimora, in mezzo al deserto. Eveline sapeva anche che la pozione trasportasse anche coloro che si trovavano a pochi metri da lei nel luogo figurato dai suoi pensieri, una controindicazione che sperava di saper affrontare. Quando anche il suo doppione si ritrovò nel deserto con lei, rimase leggermente disorientata, ma ci mise pochissimo a riprendere la solita sicurezza. – Non puoi sfuggirmi, ragazzina. Io ti conosco. Io ti ho vissuta. Io ero te – disse accovacciandosi e appoggiando le mani nella sabbia bollente. Eveline indietreggiò inutilmente, poiché la sabbia sotto di sé cominciò a risucchiarla sempre più, trascinandola più vicina alla sua nemica. – Il mio potere è cento volte maggiore del tuo – continuò mentre la vedeva dimenarsi invano e la aveva sempre più vicina. In quel momento, la giovane rosa immaginò un altro luogo nella sua mente e improvvisamente la sabbia la risucchiò e la catapultò nel fondo di un fiume in piena.
Eveline emerse da quell’acqua gelida, ripulita da tutto il sangue che scorreva dai suoi tagli aperti e nuotò fino alla riva del fiume, risalendo e lasciandosi andare un istante sull’erba bagnata, per riprendere fiato. La giovane rosa capì di trovarsi nel continente occidentale, ma più a Sud rispetto a Grande Inverno, data l’assenza di neve. Probabilmente era nelle Terre dei Fiumi. D’altronde, l’immagine sulla quale si era concentrata in quel momento critico, era sfocata e imprecisa. Non ebbe neanche il tempo di riprendersi dato che fu immediatamente raggiunta dalla sua nemica, la quale la scaraventò contro un albero, coinvolgendola in un combattimento corpo a corpo completamente alla pari. Eveline era sempre stata brava nel combattimento, sia con la spada, che corpo a corpo, e la sua energia, agilità e vitalità giovanile tenevano perfettamente testa all’esperienza e alla forza e decisione maggiore della sé matura. – Io non diventerò mai come te – le disse la giovane Targaryen mentre si difendeva prontamente da un suo colpo.
- Tutto ciò che ami verrà distrutto. Tu verrai distrutta. Eveline non esisterà più. Ci sarò solo io. Io e il mondo che imparerà a credere che non sono gli dei a dover essere temuti … - le disse tirandole i capelli all’indietro e spingendola via da sé.
- Sei solo una mia versione probabile!
- La più certa, bambina – le disse afferrandola nuovamente per il collo, questa volta con entrambe le mani, tirandola sù da terra ed esercitando un suo potere che Eveline aveva imparato a conoscere da poco, ma in maniera molto più catastrofica. La ragazza cominciò a percepire le sue membra sgretolarsi, smuoversi tra loro, sul punto di vaporizzarsi, proprio come aveva visto fare a quei pesci morenti sul fondo del fiume maledetto, al vestito che le aveva donato il suo amico Veherek e ai serpenti del Silenziatore. Quello era un suo potere. Un suo potere estremizzato. Una paura cieca cominciò ad invaderla improvvisamente, una paura dettata più dalla consapevolezza di quello che sarebbe potuta arrivare a fare in futuro piuttosto che dal fatto che stesse per morire polverizzata. – Ora ci credi, non è vero? Lo vedo nei tuoi occhi. Quegli occhi che conosco così bene – disse la donna stringendo ancora di più su quel collo niveo, con il solito sguardo crudele, il quale lasciava intravedere solo un minuscolo sentore di tristezza. Eveline era sicura che solo lei avrebbe potuto accorgersi di un dettaglio del genere, poiché lei era l’unica a conoscersi così bene. Conosceva ogni minimo dettaglio di lei. Era sempre lei in fondo, da qualche parte.
– Chi mi ha reso così … ? – sussurrò la ragazza con la voce roca e ostacolata dalla stretta sulla sua gola.
- Il mondo intorno a te. Proverai a contrastarlo ma non ci riuscirai. Non sei così forte, Eveline. Non è stato capace di contrastarlo tuo padre, e non ne sarai capace neanche tu. Ma la tua sorte sarà molto peggiore di un errare infinito in completa solitudine tra la vita e la morte … Non voglio che tu soffra come ho sofferto io. Non sei costretta a farlo – disse stringendo ancora più forte ed esercitando sempre più potere, al punto che le membra della giovane rosa le fecero talmente male, da farla urlare di dolore. Le rimaneva solo una carta da giocare e avrebbe dovuto farlo bene, poiché la persona che aveva dinnanzi la conosceva da capo a piedi. Avrebbe dovuto essere furba e sfruttare ciò che poteva sembrare il suo svantaggio, ma che, in realtà, era il suo punto di forza: la sua innocenza, inesperienza e umanità.
Pensò al luogo in cui sarebbe voluta essere in quel momento e che le mancava più di qualsiasi altra cosa. Le due si ritrovarono improvvisamente a Grande Inverno, con le gambe immerse nella neve fredda, dinnanzi all’Albero Diga. Eveline approfittò dell’istante di sorpresa e spaesamento del suo doppione, per sferrarle uno schiaffo violento e liberarsi dalla sua presa, per poi posizionarsi dietro di lei e darle dei calci sulle caviglie, i quali la fecero sbilanciare e inginocchiare sulla neve. Non le diede il tempo di rialzarsi, che la inchiodò a terra, nella neve alta, sovrastandola e assestandole un’infinità di colpi tutti di seguito, urlandole addosso e ferendola al volto. Quando la giovane rosa smise, riprendendo fiato, sfinita anch’ella e con le mani ferite e formicolanti, la sua nemica sorrise sotto di lei. – Hai sempre avuto le palle, ragazzina. Ma ora dimmi, come hai fatto?
- Ti conosco, Aradia. Tu sei me. Fin da piccola ho sempre avuto una particolare sensibilità alle caviglie. Quando mi vengono sfiorate, reagisco istintivamente ritirandomi, come se fossi stata colpita – rispose con voce sfinita. - Si tratta di cogliere i piccoli dettagli e di sfruttarli a proprio vantaggio.
A ciò, la donna sotto di essa rise ancora, quasi compiaciuta questa volta. – Sei stata molto brava, te lo concedo. Ad ogni modo, sai che questo giochetto non mi fermerà dall’usare i miei poteri per ucciderti, bambina – disse appoggiando le mani al terreno per cercare di smuoverlo. Tuttavia, non accadde nulla, tanto che la donna, perplessa, riprovò più volte senza ottenere alcun risultato. I suoi poteri sembravano svaniti. – Non capisco … - sussurrò sconvolta.
- Tu sei me, Aradia. Ma non completamente. Sei solo uno specchio di me. Perciò, forse, ho capito il trucchetto – le disse ancora indolenzita ma decisa, non muovendosi da quella posizione. – Sei alimentata dalla mia convinzione: maggiormente credo che tu sia reale, più assumi le vere caratteristiche della futura e probabile me, compresi gli spaventosi poteri che potrei acquisire. Tutto diviene più reale finché continuo a crederlo. Ma tu non sei davvero lei. Tu sei solo Lachesis, il dio del futuro – affermò esercitando il suo potere sulla terra sotto la neve, la quale cominciò a risucchiare il suo doppione. Ella urlò fino a quando, poco prima di venire risucchiata completamente, si ritrasformò nella farfalla luminosa ed azzurra che era inizialmente. La giovane rosa la guardò volare via da lei, ancora scossa e incapace di alzarsi in piedi, desiderando godersi ancora un po’ quella fasulla ma così confortevole aria di casa.
 
 
Sam Tarly era seduto su uno dei tavolini dell’immensa biblioteca della Cittadella, in compagnia dei suoi spaventatissimi pochi compagni ancora rimasti, tutti apprendisti come lui, i quali non facevano altro che seguire attenti e terrorizzati ogni minimo movimento dei ognuno dei Fantasmi che si aggiravano per la sala.
Sam, d’altro canto, era rimasto a studiare il capo dell’ordine, colui con il quale aveva parlato inizialmente, testandone i movimenti, deciso a scoprire la sua identità nonostante la benda sul volto. Per qualche assurdo motivo, pensava di riuscire a scoprirlo anche non guardando il suo viso. Se avesse smascherato la sua identità, quel ragazzo (la forma fisica gli avevano lasciato presupporre che non fosse ancora un uomo), sarebbe stato costretto a collaborare con lui, a patteggiare per farlo rimanere in silenzio. Oppure lo avrebbe semplicemente ucciso pur di non mettere in pericolo la sua identità; d’altronde sarebbe stata la scelta più semplice e lui e i suoi seguaci avevano già ucciso altre persone. Tuttavia, qualcosa nella testa di Sam gli diceva che lui non era un assassino. O almeno, non avrebbe voluto esserlo se non fosse stato necessario uccidere.
Sam cercò di aguzzare le sue orecchie per udire i discorsi di GreyShade e degli altri Fantasmi. Quel poco che fu in grado di sentire, riuscì a fargli prendere un’importante e coraggiosa decisione, qualcosa che l’avrebbe fatto entrare attivamente in quel tortuoso gioco del trono. A ciò, senza attendere un minuto di più, Sam si alzò in piedi avvicinandosi a lui e ignorando bellamente l’ordine di rimanere seduti che era stato dato a lui e ai suoi compagni. – Volete mandare una spia ad Approdo del Re facendola entrare nel consiglio del re – affermò Sam fermandosi a qualche metro da loro e facendogli intendere che avesse udito tutto. Quell’informazione, oltre a fargli capire che avrebbe dovuto agire immediatamente per sfruttare la situazione a suo vantaggio, fece anche aumentare a dismisura la sua curiosità di sapere a che pro GreyShade e i suoi Fantasmi stessero facendo tutto ciò. Perché avevano saccheggiato la Cittadella rubando molti dei libri proibiti? Che cosa avrebbero guadagnato nel distruggere la Banca di Braavos per far entrare una spia ad Approdo? Chi era quell’implacabile ladro e giustiziere che era stato capace di creare un ordine del genere e che aveva l’intenzione di esercitare una tale influenza sul continente occidentale con le proprie calibrate azioni, guadagnandosi degnamente il ruolo di uno dei giocatori principali nelle vicende che si stavano susseguendo nella loro nuova e complessa era? Queste domande non facevano altro che affliggerlo sempre più.
Dopo quello slancio di coraggio improvviso e di ribellione alle regole, i tre Fantasmi che stavano discutendo tra loro, compreso GreyShade, si voltarono verso di lui rimanendo in silenzio. A Sam sembrò di leggere una sorta di sorpresa lievemente divertita negli occhi chiari di colui che occupava i suoi pensieri in quel momento, mentre questo si avvicinava nuovamente a lui. – Che cosa c’è, Sam Tarly? Cosa ti ha spinto ad importi così impavidamente non appena hai udito il nostro piano? – gli chiese rimanendo a braccia conserte e attendendo.
A ciò, Sam fece un grande respiro e parlò. – Mandate me. Posso essere la vostra spia - Gli altri Fantasmi sembrarono ridere divertiti a quella proposta, tranne il loro capo, il quale attendeva ancora che il ragazzo continuasse. – Voi dovete proteggere le vostre identità, giusto? Non potete permettervi di farvi scoprire … io non sono uno di voi, perciò non correreste alcun pericolo se ad Approdo dovessero scoprire la mia vera identità. Mi ucciderebbero, ma voi e tutti i vostri componenti sareste salvi. Potremmo collaborare … d’altronde, mi sembra di aver capito che è molto importante per voi far entrare una spia ad Approdo … – pronunciò quell’ultima frase guadando dritto negli occhi GreyShade, come per fargli capire di aver trovato una sorta di suo punto debole.
Dopo qualche minuto, la guida dei Fantasmi finalmente rispose. – Perché faresti tutto ciò? Perché collaboreresti con noi? Siamo dei ladri e assassini, abbiamo distrutto questa tua dimora e abbiamo ucciso alcuni dei tuoi compagni …
- Ad Approdo del Re è tenuto prigioniero qualcuno di molto importante per me. Hayden Stark è mio cugino, non di sangue, ma è come se lo fosse. Suo padre è sempre stato come un fratello per il mio, ed ora padre e figlio sono nelle grinfie di quegli animali. Perciò è ora che anche io prenda parte a tutto questo e collabori per salvare ciò che rimane della mia famiglia. Il legame che mi tiene stretto a lui oltrepassa l’odio che nutro per voi e per ciò che avete fatto – affermò deciso il giovane Tarly, attendendo il verdetto del suo interlocutore, il quale non smetteva di guardarlo combattuto e incuriosito.
- Ci serve qualcuno che non abbia necessità di non essere smascherato. Qualcuno che non faccia parte del nostro ordine ma che collabori con noi come se ne facesse parte, seguendo dettagliatamente ogni mia indicazione. Ho bisogno della tua assoluta fedeltà per crederti e per affidarti un compito così importante e delicato. Tu sei solo un ragazzo. Non so se saresti credibile come subdolo e navigato mercante di Qarth, al punto da spingere il re a darti la sua fiducia e a farti entrare nel consiglio. Sembri più un impacciato e ingenuo giovane che non farebbe male ad una mosca – affermò GreyShade facendo accendere un minimo scintillio di speranza negli occhi di Sam.
- Imparerò! Imparo molto in fretta, sono molto acculturato e ho una mente brillante e sveglia anche se non sembra! Vi prometto che, in breve tempo, sarò in grado di apprendere tutte le informazioni e le nozioni che mi servono per impersonare alla perfezione il ruolo che mi verrà richiesto! – esclamò il ragazzo cercando di risultare il più convincente possibile.
A ciò, la guida dei Fantasmi si avvicinò ancora a lui. – Ti metterò alla prova, Sam Tarly. Se saprai dimostrarmi la veridicità delle tue parole e io decreterò che ciò basterà, potrai aiutare tuo cugino e divenire la nostra spia – affermò. Successivamente, tirò fuori dalla sua sacca uno dei libri proibiti che era stato rubato durante il loro saccheggiamento, afferrandolo prima istintivamente con la mano sinistra, poi cambiando immediatamente mano e utilizzando la destra per prenderlo e porgerglielo. Sam rimase più scosso nel rendersi conto di quel particolare, piuttosto che per l’atto bizzarro in sé.  – Consideralo un modo per stipulare il nostro patto, Sam Tarly: questo, se non sbaglio, è uno dei vostri libri. Puoi riprenderlo: ormai non ci serve più.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** "Trova la tua pace, amore mio" ***


“Trova la tua pace, amore mio”
 
 
La piccola Müren bussò alla camera di sua madre dopo tanto tempo, timorosa ma anche speranzosa. – Mamma? Sono io … posso entrare? – chiese titubante entrando dalla porta semiaperta.
Era trascorso un giorno da quando era stata liberata di prigione; aveva avuto l’opportunità di dare un ultimo saluto al corpo del suo fratellino, perciò quella mattina si sarebbero finalmente svolti i funerali del defunto futuro re delle Isole di Ferro.
Non appena la principessina entrò nella camera di sua madre, quasi non la riconobbe più: una tremenda puzza di chiuso invadeva quel luogo spazioso, ormai ridotto ad una sorta di topaia, con coperte e altri oggetti sparsi ovunque.
In quel trambusto Yara Greyjoy sembrava tranquilla e silenziosa mentre le dava le spalle, rivolta verso il suo letto e intenta ad allacciarsi gli ultimi bottoni del suo vestito. Müren aveva capito che sua madre si era accorta della sua presenza.
- Cosa ci fai qui? – le chiese la donna con voce neutra, continuando a darle le spalle.
- Sono parecchi giorni che non ci parliamo e … volevo solo dirti che … volevo assicurarmi che tu stessi bene prima del funerale di … - si bloccò prima di pronunciare quel nome, facendo fatica a ricacciare indietro le lacrime al solo pensiero.
Anche sua madre sembrò bloccarsi e smettere di allacciarsi i bottoni prima che la bambina continuasse la frase, ancora troppo debole per udirlo ad alta voce. – Se fosse per me … - disse improvvisamente la regina, voltandosi finalmente verso sua figlia e rivelandole il suo spaventoso sguardo smunto e vuoto, simile a quello di una morta risvegliata dal suo sonno. - … lo terrei accanto a me per il resto dei miei giorni … non sotto terra.
- Neanche io voglio che finisca sotto terra! – esclamò la piccola senza neanche rendersi conto di aver alzato la voce e facendo ancora più fatica a trattenersi dal piangere di nuovo.
A ciò, sua madre la guardò negli occhi per la prima volta dopo giorni. Rimase in silenzio senza dirle nulla. Dopo di che, si sedette sul letto rivolgendo gli occhi al suolo.
- Vedrai che troveremo il colpevole! – disse improvvisamente Müren guadagnandosi uno scatto quasi impercettibile di sua madre. Per un attimo, la bambina temette che si sarebbe alzata in piedi e l’avrebbe cacciata via urlando alle guardie di imprigionarla di nuovo.
- Già … - rispose semplicemente Yara.
In quell’istante, sua figlia si avvicinò a lei e le appoggiò un fiore sulla mano, tentando di mostrarle il suo affetto in qualche modo.
Yara sfiorò quel fiore. – Questo è sempre stato il massimo che sei riuscita a fare … regalarmi oggetti o sorrisi per trasmettermi qualche sorta di emozione umana … - sussurrò gettandolo a terra, rifiutando, come faceva sempre, un ennesimo suo tentativo di comunicazione.
La donna si rialzò e ricominciò ad allacciarsi il vestito dandole le spalle di nuovo. – So che non sei stata tu, Müren. Ma ciò non diminuisce il mio disprezzo nei tuoi confronti. Blake non c’è più, siamo sole ormai. Ognuna di noi dovrà badare a sé stessa per proprio conto e quando io non ci sarò più … - Yara si bloccò un istante prima di continuare. - … si vedrà. Ora vai a prepararti per la celebrazione del funerale di tuo fratello.
 
Durante i funerali del piccolo Blake molti sguardi si incrociarono tra loro fendendo l’aria e testimoniando tutta la tensione che in giro di pochi giorni si era creata tra i protagonisti di quella vicenda: ser Davos guardava la principessina con sguardo addolorato; Varys e Oberyn, invece, fissavano di sottecchi  Bridgette, la quale era accanto alla regina, intenta a consolarla e ad abbracciarla quando questa sembrava avere dei crolli evidenti nell’osservare suo figlio mentre veniva seppellito; le due sorelle Greyjoy, Ireen e Camille, le maggiori dopo Bridgette, sembravano diffidenti nei confronti di tutti; il giovane Adrian aveva uno sguardo perso e concentrato sulla celebrazione; Theon osservava pensieroso sia sua nipote che sua sorella in compagnia di Bridgette. Gli unici ignari ed esterni a tutti quegli sguardi sospetti e indagatori, erano la piccola Müren, la quale, proprio come sua madre, era intenta a trattenersi dal piangere e dall’urlare agli uomini che stavano seppellendo suo fratello di fermarsi e di non lasciarlo in quel luogo buio e lontano dalla luce de sole; e il piccolo Wylem, il quale, in un solo giorno, era divenuto amico stretto della principessina, trovandosi molto in sintonia con lei nonostante il carattere particolare della bambina e le sue evidenti difficoltà a relazionarsi con il mondo e con le persone intorno a sé. Il più giovane dei figli di Euron era accanto alla primogenita di Yara per farle da sostegno e da supporto morale, nonostante non potesse abbracciarla o stringerle la mano.
Poco prima che l’uomo gettasse la terra sulla buca nella quale era stato riposto il piccolo Blake, Müren si fece avanti, avvicinandosi, come se fosse la cosa più naturale del mondo. La piccola sfilò dal suo vestito un fazzolettino giallo limone che aveva realizzato lei stessa per il suo fratellino, per celebrare la sua nascita. Il neonato era solito addormentarsi con le dita intrecciate a quel piccolo dono, il quale, oramai, aveva assunto il suo dolce odore. La principessina avvicinò per l’ultima volta il fazzoletto al volto, e poi lo gettò nella buca. – Tu eri il mio colore, Blake. L’unico colore che permetteva a me, il bianco, di avere uno scopo in questo mondo – disse solennemente mentre una lacrima rigava la sua guancia. Tutti i presenti rimasero colpiti da quel gesto spontaneo quanto puro, e decisero di rispettare quel momento così magico e tragico. Incoraggiata dall’azione di sua figlia, anche Yara si fece avanti. La regina si accovacciò accanto alla buca, depositò un bacio sui polpastrelli della sua mano, per poi poggiarli accanto al terreno, come se quel piccolo segno di affetto potesse ancora raggiungere il suo bambino. – Trova la tua pace, amore mio … - disse la donna rialzandosi e ritornando al suo posto per permettere ai suoi uomini di terminare la celebrazione e di ricoprire per sempre la buca.
Quando il funerale ebbe fine, Wylem guardò la sua amica che era ancora con gli  occhioni fissi sul punto in cui avevano appena seppellito il corpicino. – Sei stata molto forte, Müren – le disse il bambino.
- Perché? – gli chiese lei voltandosi a guardarlo a sua volta.
- Perché hai avuto la forza di lasciarlo andare – le rispose lui accennandole un sorriso.
- Il vostro amico ha ragione, principessina – si intromise ser Davos avvicinandosi ai due.
- Ser Davos – lo salutò la piccola.
- Volevo dirvi che sono felice siate stata liberata, principessa – le comunicò l’uomo rivolgendole uno sguardo dolce e premuroso.
- Grazie, ser Davos. Mi siete mancato anche voi – rispose la bambina donandogli finalmente un lieve sorriso.
- Bene. Oggi cosa farete voi due balordi? – chiese scherzosamente Davos cambiando discorso.
A ciò, Wylem sorrise come risvegliato. – Andremo a caccia di mostri marini! Io e Müren lo abbiamo deciso ieri! – esclamò.
- Ah ma davvero?? Non ho mai visto un mostro marino! Nelle zone da cui provengo non si sono mai visti!
- Sul serio?? – gli chiese sorpresa la bambina, come se l’uomo le avesse rivelato qualcosa di assurdo.
- Posso giurarvelo, miei prodi cacciatori di mostri!
- Allora volete unirvi a noi, ser Davos? – gli propose Wylem.
- Ne sarei onorato – confermò seguendo i due.
Pochi metri più in là, Oberyn attese che Bridgette si congedasse alla regina e rimase sola, per avvicinarsi a lei. – La principessina è una bambina davvero speciale, non credete? – le chiese accostandosele e cercando di fare conversazione.
- Oserei dire unica – rispose la ragazza continuando a non guardarlo, proprio come faceva lui.
- Come sta la regina? Siete la persona che le è più vicina ora come ora, perciò lo chiedo a voi – le disse l’uomo sfacciato come sempre.
Bridgette non cedette al tranello e rimase composta come al suo solito, accennando solo un lievissimo ghigno divertito. – Si riprenderà lentamente. La sto aiutando a superare il lutto. Ho l’impressione che, finché non avrà ottenuto giustizia per la morte di suo figlio, non si darà pace, come è giusto che sia.
- Sono certo che il colpevole si scoverà presto. D’altronde, gli uomini di Yara stanno svolgendo delle indagini accurate. Chiunque sia riuscito a commettere un’atrocità tanto abnorme, verrà scoperto e punito come merita … - le disse in una non poco palese allusione.
Capendolo al volo, Bridgette si voltò finalmente a guardarlo, rispondendogli senza perdere la calma. – Che cosa intendete insinuare esattamente, milord?
A ciò, anche Oberyn si voltò verso di lei e le rivolse un sorriso provocatorio e sfacciato. – Ci andate a letto insieme?
- Come, prego?
- Vi state scopando la regina per dissuaderla dalla verità e convincerla della veridicità di qualsiasi parola esca dalla vostra bocca? – le chiese senza filtri.
A quelle parole, la ragazza ricambiò lo stesso sorriso. – Dunque, se ho compreso bene … credete che io stia approfittando della evidente debolezza della regina per quanto riguarda i rapporti con le persone del suo stesso sesso e dello stato di spaventosa e dolorosa crisi in cui si trova dopo la morte di suo figlio, per portare la situazione a mio vantaggio? La terribile accusa che deriva da questa vostra supposizione è trasparente.
- Esattamente – rispose convinto Oberyn.
A ciò, la ragazza scoppiò in una risata divertita, prima di avvicinarsi maggiormente a lui, abbreviando di molto le distanze tra i loro corpi. – Siete molto creativo, ve lo concedo. Tuttavia, l’idea che mi sono fatta di voi è un po’ diversa … - sussurrò.
- E sarebbe? – chiese la Vipera Rossa reggendo il suo sguardo e cercando di non farsi sopraffare dalla vicinanza con quel corpo.
- Credo che siate voi a volervi infilare dentro il mio letto … mi sbaglio? Credete che non abbia notato come mi guardate? Non sono stupida, principe di Dorne, e mi sento sinceramente offesa se credevate davvero che non me ne fossi accorta. Dunque, è questo che volete dalla prima volta che mi avete vista? Volete avermi? Posso accontentarvi se è questo che desiderate così disperatamente. Sia che soffriate di astinenza data la vostra famosa dipendenza da ogni tipo di piacere carnale, o che proviate un sincero interesse nei miei confronti, posso soddisfare il vostro desiderio. Però sappiate, principe, che a quel punto … avrei vinto io – gli soffiò praticamente sulle labbra, in modo che lui potesse ben percepire il suo fiato caldo e il suo odore dalla fragranza femminile e dall’aroma delicata e provocante nello stesso tempo. La Vipera rimase a guardarla mentre si allontanava da lui, cercando di riprendersi da quel contatto e di risvegliarsi da quell’incantesimo tramite il quale la ragazza sembrava averlo imprigionato.
 
 
I giorni trascorrevano e, oramai, Sam e gli altri apprendisti si erano abituati a quella strana quotidianità in compagnia degli abili ladri dalle identità nascoste.
Sam in particolare, si sentiva sempre più a suo agio nell’approcciarsi con GreyShade, generando in quest’ultimo delle reazioni contrastanti, maggiormente di sorpresa e a volte di sana irritazione.
Il giovane Tarly si stava abilmente adoperando nel suo compito di entrare completamente nella parte di un ricco e viscido mercante di Qarth, studiando ogni libro della Cittadella che potesse aiutarlo ad “addestrarsi” nella complessa arte dell’inganno e della recitazione. Gli era sempre stato detto che,  in tutti i sette regni, coloro che erano considerati i più capaci in tale abilità, fossero Walter Targaryen, Petyr Baelish e Varys. Peccato che il primo fosse diventato una sorta di viandante spettro, il secondo fosse morto e del terzo se ne fossero perse le tracce. Nonostante lui fosse cresciuto in compagnia del famosissimo Ragno Tessitore, non era mai riuscito ad apprendere da lui qualcosa che avesse attinenza con la sua arte di ingannare, soprattutto perché Varys non aveva bisogno di utilizzarla con loro, la sua nuova famiglia. Dunque, non potendo avvalersi dell’aiuto di nessuno dei tre maestri delle menzogne, e non potendo neanche entrare in contatto con nessuno all’infuori della Cittadella senza metterlo in pericolo, avrebbe dovuto accontentarsi dei libri.
Oltretutto, anche un altro problema non sottovalutabile preoccupava Sam: purtroppo, le informazioni che i Grandi Maestri possedevano su Qarth e su altre prestigiose città del continente orientale, erano molto limitate. Per entrare completamente nella parte di un abitante di Qarth gli sarebbe stato necessario un incontro ravvicinato con un vero cittadino di Qarth.
Ma non poteva richiedere neanche quello. Nonostante ciò, il giovane Tarly confidava nella sua intelligenza e velocità di apprendimento, perciò, avrebbe sicuramente trovato una soluzione per superare la prova a cui l’aveva sottoposto il capo dei Fantasmi.
Quella mattina, come ogni altra, Sam si era svegliato all’alba per riprendere la lettura continua dei libri che aveva trovato sull’arte recitativa.
- “Nascita del teatro e dell’intrattenimento nei sette regni”? – disse all’improvviso una voce distorta dal contatto con gli strati di stoffa, ma a lui familiare, leggendo la copertina di uno dei libri sparsi sul tavolino e facendo spaventare il ragazzo troppo intento nella lettura.
- Credo che non riuscirò mai ad abituarmi ai vostri passi felini … - sospirò il giovane Tarly riprendendosi dallo spavento, mentre GreyShade prendeva posto in una sedia dall’altra parte del tavolo, di fronte a lui. 
- Riesci davvero ad apprendere qualcosa tramite questi? – gli chiese la guida dei Fantasmi indicando tutti quei libri in senso dispregiativo.
- Se hai una considerazione così bassa dei libri e della cultura, perché hai richiesto ai componenti del tuo ordine di rubare tutti i libri proibiti contenuti qui? – gli chiese Sam senza alcuna irritazione, ma semplicemente alimentato dalla curiosità.
- Non ho una bassa considerazione dei libri. Ho una pessima considerazione di questi libri – sottolineò GreyShade indicandoli ancora. A ciò, Sam gli rivolse uno sguardo interrogativo. – Non ti sarà di alcun aiuto leggere tomi su tomi che parlano della nascita del teatro, che raccontano le carriere teatrali di alcuni attori apprezzati o che riportano atti degli spettacoli più noti. Stai sprecando il tuo tempo – gli spiegò il ragazzo bendato.
- Ho solo questo a disposizione per superare la prova alla quale mi hai sottoposto e per prepararmi ad interpretare alla perfezione quel ruolo – disse Sam non nascondendo il suo tono preoccupato. – Se non risulterò perfettamente credibile da quelle serpi sospettose di Approdo, mi uccideranno … - aggiunse deglutendo rumorosamente.
A ciò, GreyShade restò ad osservarlo in silenzio. – Hai paura di morire, Sam Tarly. La paura ti divora da dentro. Sembra quasi divorarti da dentro sin dalla tenera età … - dedusse.
Sam alzò nuovamente lo sguardo su di lui. – Il coraggio non è mai stata una delle mie caratteristiche preponderanti … - ammise. – Mio padre non è mai stato coraggioso. Non lo sono neanche io.
- Tuttavia, nonostante la paura ti inghiotta più di quanto faccia con qualsiasi altro essere umano … tu sei comunque disposto a rischiare la morte per salvare tuo cugino … - disse GreyShade guardandolo con uno sguardo in cui Sam riuscì a scorgere una sorta di ammirazione, nonostante il volto coperto. – Dovresti essere fiero di te, Sam Tarly, perché, per tale motivo, sei la persona più coraggiosa che io conosca – concluse la guida dei Fantasmi facendo per alzarsi.
- Dato che questi libri non mi serviranno a nulla … che ne dici di essere tu ad insegnarmi l’arte dell’inganno? – chiese improvvisamente il giovane Tarly lasciando spiazzato l’altro, il quale si bloccò prima di allontanarsi.
- Che cosa intendi?
- Insomma, stai nascondendo così abilmente la tua identità ingannando tutti e risultando così credibile nella tua totale indifferenza e meccanicità … - azzardò Sam, prima di pentirsi di aver osato parlare troppo.
- Come sai che io stia fingendo …? – gli chiese GreyShade in un tono che faceva presupporre che mancasse poco per renderlo completamente furibondo.
- Come lo so? Non è ovvio? Andiamo, uno pseudonimo come “GreyShade” non può essere il tuo vero nome, e fin qui ci arriverebbe anche un pargolo … persino i tuoi compagni sembrano utilizzarlo come fosse tale, perciò forse neanche loro conoscono la tua vera identità … chi riesce a nascondersi in tal modo, deve essere naturalmente un genio della finzione – concluse Sam come fosse un ragionamento logico, ma avendo sempre più dubbi riguardo al modo troppo colloquiale e sfacciato in cui gli stava parlando. Forse avrebbe dovuto tenere per sé quelle considerazioni viste le reazioni esagerate del suo interlocutore.
- Non rivolgerti a me come se mi conoscessi, Sam Tarly. Non è così – concluse infine il capo dei Fantasmi, riprendendo il suo cammino per allontanarsi, ma aggiungendo qualcosa mentre si dirigeva verso un’altra stanza. – Ad ogni modo, avrai l’aiuto che ti serve per provare a calarti degnamente nel ruolo che dovrai interpretare. Ma non sarà il mio – concluse chiudendo la porta dietro di sé.
 
Qualche ora dopo, fecero il loro glorioso ingresso nella Cittadella Askarx, Mhunaer e Niraij, in seguito al lungo viaggio per giungere fino al continente occidentale, mai visitato prima dai tre.
Non appena Sam li vide entrare nella biblioteca con i loro volti tronfi, i loro vestiti esotici che trasudavano esagerato lusso da ogni poro e i loro lineamenti molto lontani dai canoni occidentali, non capì immediatamente cosa stesse esattamente accadendo. L’unica informazione che riuscì a captare subito, fu l’apparente alleanza tra quei tre bizzarri personaggi e i Fantasmi.
GreyShade li ricevette e andò loro incontro.
- Questo luogo è assai distante da tutto ciò che caratterizza la nostra gloriosa città … - cominciò  Askarx guardandosi intorno. – Tuttavia, ammetto che abbia un certo fascino questa vostra nuova roccaforte occidentale. Grazie per averci accolti, mio giovane alleato.
- Spero che il viaggio non sia stato troppo arduo da sopportare per dei topi da castelli come voi, Superni – li salutò pungente il capo dei Fantasmi, facendo loro segno di seguirlo.
Sam non poté credere alle sue orecchie. Aveva solamente e sempre sentito parlare vagamente dei Superni di Qarth. Erano quasi delle figure mitologiche per chi non li avesse mai visti, un po’ come lo erano gli Eterni. Il ragazzo sapeva soltanto che fossero gli uomini più potenti della loro ricchissima e prosperosa città. Ora i pezzi del puzzle cominciavano ad incastrarsi tra loro: con la distruzione della Banca di Ferro, il re David si era naturalmente rivolto a loro come appoggio economico, le voci correvano in fretta. Chi altro avrebbe potuto richiedere un gesto talmente estremo ai Fantasmi senza ottenere un guadagno così grande? Dunque anche loro erano dei giocatori attivi oramai. Sam fece appena in tempo a formulare quei pensieri, che si ritrovò dinnanzi le tre controverse e famose personalità che dominavano la città di Qarth. – Askarx, Mhunaer e Niraij, lui è Sam Tarly, per ora il candidato principale per assumere il ruolo di spia che entrerà nel consiglio del re per far ottenere a noi Fantasmi il monopolio delle rotte della corona.
Ecco cosa ci guadagnano loro … niente da meno si ritrovò a pensare Sam, nuovamente immerso nei suoi ragionamenti prima di ritornare alla realtà grazie alle reazioni dei Superni a tale notizia.
Al contrario dei suoi colleghi, Askarx rimase meravigliato anziché deluso o schifato alla vista del giovane Tarly.
- Si tratta di uno scherzo?! – esclamò Mhunaer con il suo solito tono dispotico. – Non è niente più che un ragazzino!
- Perché avete scelto proprio lui, GreyShade? – chiese Askarx avvicinandosi al giovane Tarly e studiandolo più da vicino.
- È molto più prudente utilizzare qualcuno di esterno al mio ordine, così da non mettere a rischio la vita e l’identità di uno dei miei. Il ragazzo ha coraggio – rispose la guida dei Fantasmi cominciando a guardare Sam nel pronunciare quell’ultima frase. – Si è proposto immediatamente non appena ha udito il nostro piano e senza essere in alcun modo interpellato.
- E perché mai un semplice ragazzo di umili origini dovrebbe voler rischiare tanto? – chiese Askarx continuando a scrutare Sam con un ghigno sul volto.
- Il ragazzo mezzo Targaryen e mezzo Stark che la vostra pupilla di Qarth sta torturando e usando come sua cavia preferita, è suo cugino – rispose prontamente GreyShade.
- Ah davvero? – chiese Askarx rivolgendo uno sguardo di sfida privo di disgusto al giovane Tarly.
– Dunque, ci avete invitato qui per addestrare questo ragazzo ad essere un credibile cittadino della nostra Qarth? – chiese Niraij questa volta.
- E quale sarebbe il nostro guadagno in tutto ciò? Se non sbaglio, la spia serve solamente a voi Fantasmi per ottenere il controllo delle rotte. Noi abbiamo già ciò che vogliamo – aggiunse Askarx allontanandosi da Sam e avvicinandosi a GreyShade.
- Sbaglio o la nostra alleanza comprendeva un paritario rapporto di complicità? – gli rispose prontamente il ragazzo bendato guardandolo dall’alto.
- Dipende da cosa intendete per “complicità”.
- Non tentate di fare i furbi con me, Superni. Ve ne farei pentire amaramente. La nostra alleanza è sciolta se non addestrate il ragazzo. Ecco cosa guadagnate.
Sam rimase a dir poco sorpreso di come i due riuscivano a tenersi abilmente testa. Ai suoi occhi quello appariva come uno scontro tra titani.
- Bene. Sapete farvi valere come al solito, mio giovane alleato. Tuttavia, forse non avete calcolato un elemento più importante dell’immedesimazione in un abitante di Qarth: per entrare completamente nel ruolo e risultare credibile, il ragazzo deve possedere un’eccellente capacità recitativa. Come intendete inculcargliela?
Prima di girare i tacchi e andarsene, GreyShade rispose ancora prontamente. – Non vi ho chiamato qui solo per farlo diventare un cittadino di Qarth modello. Se fosse stato quello il mio unico obiettivo, mi sarebbe bastato rapire uno dei vostri mercanti e servirmi di lui invece di essere costretto a vedere i vostri viscidi volti ogni giorno. Voi tre gli insegnerete anche l’arte dell’indossare una maschera per farla diventare la sua seconda pelle. Vi ho già detto una volta che in questo siete molto bravi, vero? Ora fate ciò che dovete. Io e i miei compagni abbiamo un impegno da portare a termine - Detto ciò, li lasciò soli raggiungendo i suoi seguaci.
Sam notò che Askarx continuava a fissare il ragazzo bendato mentre se ne andava, con uno sguardo che sconfinava il semplice interesse o la viva curiosità. Quando il Superno in questione distolse lo sguardo dopo che il giovane avesse chiuso la porta dietro di sé e si accorse che Sam avesse notato quel dettaglio, gli rivolse un sorriso malizioso. – Siete un ragazzo curioso, non è vero? Ebbene, a Qarth non facciamo molta distinzione tra donne e uomini quando si tratta di piacere. Questa è la prima nozione che apprenderete. Soprattutto se i soggetti in questione sono giovani … - disse l’ometto spiegando il motivo del suo sguardo particolare rivolto alla guida dei Fantasmi.
- Ma è coperto da capo a piedi. Come fate a sapere che sia di vostro gradimento? – quella domanda nacque spontanea nella mente di Sam, così come gli venne stranamente spontaneo porgergliela.
Un altro sorriso ornò il volto del più influente dei Superni. – Non è difficile immaginare come sia sotto quelle bende, ragazzo. Perciò presta attenzione anche tu, poiché, come il giovane fondatore dei Fantasmi attira la mia attenzione, tu potresti attirare quella dei miei due colleghi. Niraij ama quelli leggermente più in carne, proprio come te – gli disse avvicinandosi a lui e guardando i due di soppiatto, mentre questi erano ignari di tutto.
Sam deglutì indietreggiando un po’ inconsciamente. Sarebbe stata una dura convivenza, si ritrovò a pensare il giovane Tarly.
 
Myranda ebbe un’ennesima visione, ritrovandosi in un luogo completamente nuovo. Si guardò intorno riconoscendo una delle stanze di Grande Inverno, la sua amata casa. Tuttavia, questa era completamente spogliata di ogni soprammobile, vuota, buia e impregnata di un odore rivoltante.
- Ma cosa …? – chiese schifata guardandosi ancora intorno, finché il suo sguardo non si posò sulle tre figure che erano sedute a terra, sconvolte dalla prigionia. Si bloccò improvvisamente. Il suo corpo non riuscì a reagire.
- Daenerys, non so più cosa fare … Sono oramai sei giorni che continua a tremare in preda a continue convulsioni. Non so più come aiutarla richiusi in quella stanza e isolati dal mondo! – esclamò Jaime accarezzando la testa tremante di sua moglie, ancora appoggiata al suo ventre.
Daenerys cercò di rassicurarlo. – Vedrai che ce la farà! Brienne ha il corpo più forte di qualsiasi altro guerriero io conosca! Persino dei dothraki, te lo posso garantire! Sono sicura che ce la farà! – esclamò posando una mano su quella dell’uomo ma non riuscendo a calmarlo.
- Bran … ? – chiese improvvisamente la giovane Lannister restando immobile ad osservare quella scena e avendo la forza solo di pronunciare quel nome.
- Sì, Myranda? – le rispose lui comparendo accanto ad ella.
- Questo è il futuro … ?
- No. Questo è il presente. Ciò che vedi dinnanzi a te sta accadendo esattamente in questo preciso istante, dall’altra parte del mondo, a Grande Inverno – rispose il ragazzo.
- No … no, non può essere – sussurrò la fanciulla trovando la forza di avvicinarsi a suo padre e al corpo ormai morente di sua madre, appoggiata su di lui. – Mamma … ?
- Ricorda: desidera che lei non ti senta – la ammonì Bran prima che ella si lasciasse prendere dai suoi forti sentimenti.
La ragazza cercò di fare come lui le aveva detto, ossia la cosa giusta, lo sapeva. Sì. Lo sapeva. Allora, perché era così difficile?
- Papà, mamma … che sta … che sta succedendo? – sussurrò abbracciando stretto Jaime, per poi abbassarsi su di lei e stringere anche il corpo tremante di Brienne. Una stretta che, per quanto colma di calore, i due non riuscirono a percepire, suo padre a causa dell’immensa preoccupazione per sua moglie, e quest’ultima a causa del suo stato di salute critico. – Per tutti gli dei del cielo … mi siete mancati così tanto!! Non potete neanche immaginare quanto mi manchiate!! Ho sperato così tanto che steste bene, di potervi riabbracciare!! Anche se non posso abbracciarvi davvero, sono così felice!! – urlò la fanciulla scoppiando in lacrime e inglobandoli entrambi nel suo abbraccio disperato. Era così difficile continuare a desiderare che loro non la udissero …
Solo dopo un bel po’ di minuti riuscì a mettere da parte la gioia di rivederli dopo mesi, e di rendersi davvero conto di quanto fosse grave la situazione dinnanzi a lei. Jaime cominciò ad alzarsi in piedi e a camminare avanti e indietro per la stanza, come se non fosse più in sé, mentre Daenerys cercava di riprendere il controllo della situazione e di appoggiare la testa di Brienne sul suo grembo questa volta, continuando ad accarezzarla dolcemente come aveva sempre fatto Jaime. – Jaime … Jaime, ha bisogno di te – lo spronò la madre dei draghi.
- No, non posso. Non ce la faccio – rispose lui continuando a camminare avanti e indietro.
Myranda si sdraiò accanto a Brienne accarezzandole la guancia sporca, tremante e quasi scheletrica. – Mamma … mamma, sono qui – disse non riuscendo a resistere al profondo desiderio che sua madre la udisse almeno in punto di morte, per darle il suo ultimo saluto. Non appena la donna riuscì a percepire quel tocco e ad udire quella voce che le mancava così tanto, si calmò improvvisamente. – Brava, mamma … così … brava … io sono qui … non ti lascerò mai, lo sai, vero?
- My … Myranda … - sussurrò con un filo di voce la donna guerriera cercando di accennarle un sorriso colmo di lacrime. Le ultime che le erano rimaste.
- Che sta dicendo? – chiese improvvisamente Jaime.
- Credo che pensi di vedere Myranda … sta parlando con lei – sussurrò Daenerys mentre i suoi occhi viola si facevano lucidi.
- Che cosa …? – chiese l’uomo sconvolto. – Ha cominciato addirittura ad avere allucinazioni … - A ciò, il Lannister si avvicinò nuovamente a sua moglie prendendole il viso tra le mani. – Brienne, non c’è nessuno qui oltre noi tre!! Brienne, riesci a sentirmi?? Myranda non c’è!! Nostra figlia è lontana!! – esclamò in preda al dolore.
- La sento, Jaime!! Ti giuro che riesco ad udirla! – esclamò la donna come risvegliandosi e riuscendo a riacquisire la forza di parlare.
- Non c’è nessuno oltre noi tre!! Non so neanche se riusciremo mai più a rivederla!! – esclamò di nuovo l’uomo trattenendo a stento le lacrime quasi rabbiose. – E ora mi stai lasciando anche tu … - disse lasciandola andare e facendo per rialzarsi ed allontanarsi, prima che sua moglie gli afferrasse il braccio con le poche forze che le erano rimaste.
- No, Jaime, non andare … ti prego … rimani con me … - lo supplicò con quel volto mostruosamente smunto che non sembrava neanche più il suo.
- Non riesco più a vederti così … non posso … - le rispose lui abbassando lo sguardo mentre i capelli oramai lunghi gli coprivano il viso.
- Lo sai che ti amo, vero? Lo sai che ti amo più della mia stessa vita … ? – gli chiese lei non mollando la presa.
- Me lo hai ripetuto innumerevoli volte … - rispose l’uomo accennando un malinconico sorriso e voltandosi finalmente a guardarla di nuovo, arrendendosi.
- Saranno sempre troppe poche … - sussurrò la donna mentre si ristendeva con la testa appoggiata sul ventre di suo marito e lo guardava dal basso allungando un braccio verso l’alto per accarezzargli la guancia ruvida a causa della rasposa  barba.
Myranda si sedette accanto a loro e le strinse la mano libera. – Ti voglio bene, mamma …
- Anche io, mia bellissima bambina – rispose Brienne voltandosi verso quella voce tanto amata e ricambiando la calorosa stretta. Dopo un po’ ritornò a guardare suo marito. – Sai già tutto ciò che provo per te, Jaime. Non c’è alcun bisogno che io lo ripeta – cominciò a dire cercando di alzare la voce per farsi udire per quanto le fosse possibile, e facendo intendere che quelle fossero le sue ultime parole. – Ma voglio comunque dirti ancora una volta che mi sento immensamente fortunata per la vita e per la creatura meravigliosa che mi hai donato …
- Sono io a doverti ringraziare … mi hai salvato, Brienne di Tarth. Non sono pronto a ricominciare un’altra vita senza di te …
- So che ci riuscirai, Jaime. Devi farlo per la nostra splendida donna. Devi ritrovarla e vegliare su di lei anche per me. Tu puoi fare tutto, mio signore. Puoi fare tutto anche senza di me.
- No.
- Invece sì. Sai che l’ho sempre pensato. D’altronde, è uno dei tanti motivi per cui mi sono innamorata di te … Ritrovala, Jaime, e tienitela stretta. Quando tutto questo sarà finito, ritroverete la felicità tu e lei … i miei due tesori più preziosi. – Dopo ciò, Brienne rivolse lo sguardo a Daenerys, la quale era poco distante da loro e la guardava con lo il viso intristito e gli occhi lucidi. – Daenerys, amica mia … ho imparato a conoscerti bene in questi anni, ma, in particolar modo, in questi ultimi mesi … so che sei una donna forte e decisa … resisti. Resisti e sostieni anche il mio uomo se gli dovesse venire in mente di compiere delle pazzie o dovesse crollare … ogni uomo, anche il più coraggioso e indistruttibile, ha bisogno di una degna compagna per affrontare un duro viaggio … questa volta sarai tu la sua compagna di prigionia … sono certa che insieme ce la farete.
- Te lo prometto – la rassicurò la madre dei draghi stringendole la mano per poi baciargliela.
- Trova la tua pace, amore mio … - le sussurrò Jaime abbassandosi e dandole un bacio sulla fronte.
Dopo pochi istanti, Brienne venne colpita da convulsioni più forti rispetto al solito, le quali aumentarono di intensità finché, trascorso un intero minuto, emise il suo ultimo respiro e chiuse definitivamente gli occhi.
- No!!! No!!! Mamma!!! Mamma, rispondimi, ti prego!!! – urlò Myranda gettandosi su di lei e scrollandola più volte per poi spostare la sua attenzione su suo padre, il quale era rimasto fisso e immobile sul cadavere appoggiato al suo ventre. – Papà … papà, resisti almeno tu!! Resisti!!! Non cedere, papà!! – urlò venendo poi trascinata via da Bran quando il danno era già stato fatto: non era riuscita a desiderare che suo padre non la udisse, così lui era stato in grado di sentirla.
- Per tutti gli dei! Myranda!! Myranda, dove sei?? – urlò Jaime risvegliato da quello stato di trance dalle grida di sua figlia e guardandosi intorno speranzoso.
- Jaime, che stai dicendo?? – gli chiese Daenerys prendendolo per le spalle.
- Non la senti anche tu?? Riesci ad udire la sua voce, Daenerys?? È lei!! Myranda è qui!!
- Jaime, smettila, stai delirando!!!
In un ultimo urlo disperato di pianto, prima che Bran potesse trascinarla via definitivamente dalla visione, la fanciulla urlò a suo padre. – Ti troverò, papà!! Se resisterai a tutto questo ti troverò, te lo prometto!!!
- Resisterò, bambina mia!! Stanne certa!! – le rispose sorridendo mentre delle lacrime miste di tristezza e commozione invadevano i suoi occhi chiari. – Myranda?? Myranda, dove sei?? Rispondimi!! Myranda!! Non andartene anche tu!!! – urlò cominciando ad agitarsi non appena la dolce voce di sua figlia non giunse più alle sue orecchie. Daenerys dovette utilizzare tutta la forza fisica che riuscì a far uscire per tenerlo fermo.
- Jaime, basta, basta!! Va tutto bene!! Guardami!! Va tutto bene!! Ce la faremo!! Ce la faremo, insieme!! – lo rassicurò abbracciandolo e inchiodandolo seduto a terra, mentre lui si lasciava andare ad un pianto liberatorio e ricambiava quel disperato abbraccio.
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Libertà a Grande Inverno ***


Libertà a Grande Inverno  
 
Eveline aveva trascorso gli ultimi giorni a fare esperimenti su esperimenti con gli oggetti magici nei quali era immersa nella stanza dell’alchimia, scoprendo varie cure e formule che aveva annotato minuziosamente in un grande tomo, riempendolo quasi tutto. Aveva preso seriamente il consiglio di Aris di trascrivere le nuove scoperte e sperimentare come solo un bravo medico fosse in grado di fare, utilizzando tutto ciò che aveva a disposizione per quanto pericoloso e dagli effetti incontrollabili. D’altronde era  l’attività per la quale era più portata, sentiva di essere nata per fare ciò e non le importava dei pericoli che correva. Difatti, più di una volta il Silenziatore aveva dovuto annullare l’effetto di qualche pozione magica che lei stessa aveva creato.
Tuttavia, dal giorno in cui aveva avuto quell’incontro ravvicinato con la versione futura probabile di sé, o meglio, con il semidio Lachesis, la giovane rosa non faceva altro che pensare a ciò che aveva rischiato, ma soprattutto a cosa sarebbe potuta diventare se non avesse controllato i poteri che avrebbe potuto apprendere negli anni. Era rimasta scossa da quello che le aveva detto la donna, la sé stessa matura, parole velenose che sembravano quasi delle raccapriccianti profezie. Da quel giorno non aveva più rivolto la parola allo stregone, così come anche lui aveva fatto con lei. Giungeva semplicemente lì ogni giorno e si rinchiudeva immediatamente nella stanza dell’alchimia per sperimentare, scoprire e trascrivere.
Quella mattina, Eveline stava preparando una delle sue numerosi pozioni improvvisate, quando nella stanza entrò il Silenziatore.
- Cosa ci fai qui? – gli chiese improvvisamente lei rivolgendogli uno sguardo fugace e continuando a trafficare con le ampolle e i cristalli che stava utilizzando.
L’uomo camminò per la stanza osservando il suo lavoro prima di risponderle. – Stai ancora pensando al tuo incontro con la tua versione futura?
- Sì, sto ancora pensando all’incontro con la mia probabile versione futura.
- Noto anche una sorta di astio nella tua voce, ma non mi sorprende.
- Ah no? – gli chiese la ragazza voltandosi finalmente a guardarlo e smettendo di fare ciò di cui si stava occupando. – E, sentiamo, perché mai non ti sorprende? – disse sarcastica.
- Ti avevo avvertita riguardo ciò che sarebbe successo non appena avresti deciso di intraprendere questa strada, Aradia. Ma, ovviamente, voi umani tendete a sminuire qualsiasi cosa vi venga detta e a continuare a vivere mantenendo la vostra visione del mondo inguaribilmente positiva – le rispose accennandole un sorriso annoiato e appoggiandosi distrattamente ad uno dei banconi.
- Parli come se tu non fossi mai stato umano.
- Se stai cercando un modo per farmi parlare della mia storia, non funzionerà.
- Sarebbe così sbagliato e terribile parlarmene? Insomma, potrei evitare di commettere i tuoi stessi errori, potrei capire dove e come orientarmi in questo mondo che non conosco.
- Se non sei in grado di farlo da sola non meriti di farne parte – le disse secco.
- Non avrai l’ultima parola in questa conversazione, voglio che tu lo sappia! – gli rispose puntandogli il dito contro. Quando si calmò un po’ continuò. – È una reazione umana essere irritati dopo aver rischiato di morire in maniera violenta … - sussurrò appoggiandosi una mano dietro la nuca, con lo sguardo fisso a terra.
- Tuttavia sei riuscita a cavartela. Non è da poco – le disse avvicinandosele. – Questa prova ti è servita per imparare a lottare con le unghie e con i denti per avere salva la vita anche quando ti troverai dinnanzi a situazioni ben più pericolose. Prima o poi bisogna affrontare degli ostacoli sempre maggiori se si vuole vincere contro quello finale. È legge. Perciò non aspettarti di ricevere trattamenti migliori d’ora in poi. Sarà sempre più dura.
- Lo so. Devo solo … devo solo abituarmi a quest’idea. Non voglio né morire, né tanto meno lasciarmi inghiottire e trascinare da tutto questo fino al punto di diventare come … Aradia. O come te …
L’uomo accennò un sorriso divertito a quelle parole. – Sarà molto difficile che tu divenga come me. Dovresti aver vissuto almeno quanto ho vissuto io per sfiorare una possibilità del genere.
- Dunque, non mi racconterai come sei diventato il Silenziatore? Non lo farai mai?
- Un’altra caratteristica che riesce ad urtarmi intensamente … è la vostra curiosità. La tua sorpassa quella di tutti gli umani che ho conosciuto fino ad ora.
- Prima o poi me lo dirai – disse lei accennando un sorriso convinto come per ristipulare la pace tra loro.
- Quando eri a Grande Inverno hai detto che eri solita recarti da una strega che viveva nei boschi lì vicino – disse improvvisamente l’uomo.
- Sì, Tamara La Dormiente! – esclamò la giovane rosa con nostalgia. – Andavo da lei per farmi dare le erbe e gli oggetti dagli effetti curativi. Era parecchio strana, come tutti voi, d’altronde, ma è sempre stata buona con me.
- Ti ha mai parlato di una profezia?
- Una profezia? Non ricordo bene … - rispose la ragazza cercando di rievocare quei momenti. – Ora che ci penso ce ne era una … me ne ha parlato quando ero piccola. Narrava di un’era buia … l’era del tormento, se non ricordo male … in cui sarebbero nati il figlio della follia e la figlia del male … - disse cercando di riportare alla mente le sue parole.
- “Nell’alba più buia dell’era tormento, il figlio della follia e la figlia del male, prima uniti come fratelli, combatteranno tra loro disperdendo disperazione e caos sui sette regni, dando inizio ad una delle epoche più funeste e tremende della storia” – citò Aris guardando diritto avanti a sé.
- Sì! Era proprio questa. Perché me ne hai parlato ora?
- Per riportartela alla mente.
- Perché dovresti voler riportarmela alla mente … ? – gli chiese già immaginando la sua risposta.
A ciò, l’uomo si voltò verso di lei. – Tu credi nelle profezie, Aradia?
- Dipende.
- Da cosa?
- Non credo che il destino non si possa mutare. Sono convinta che ogni nostra azione, ogni nostra scelta determini e crei il nostro futuro, non un trattato già scritto. Ho la certezza che l’inchiostro non sarà mai asciutto – disse fermamente, sostenendo senza fatica il suo sguardo. Aris riuscì a scorgere nei suoi occhi, ora quasi gialli, un fuoco, un ardore e una determinazione che non vedeva da secoli.
- È una prospettiva particolare. Potrebbe divenire dannosa per te a lungo andare.
- Mi stai dicendo che tu hai sempre creduto che anche il tuo destino fosse già scritto?? Eri convinto di esser destinato a vendere la tua anima e a divenire una creatura priva di emozioni?
- È stato tanto tempo fa. All’epoca non sapevo neanche cosa fosse esattamente il destino.
- Ed ora?
- Ci sono dei segreti universali che persino io non sarò mai in grado di conoscere. L’unico consiglio che puoi ricevere da uno come me, un “mostro senza cuore”, è di non dare nulla per scontato. Dinnanzi a me vedo una donna incredibilmente forte e combattiva, con un grande potenziale e decisa a sfruttarlo. È un connubio che potrebbe dare vita a qualcosa di meraviglioso, così come generare un risultato ben diverso e diametralmente opposto – le disse infine aprendo il palmo della mano e facendovi comparire sopra un dolce. – Tieni. Questo è per averti fatto quasi uccidere – concluse appoggiandolo sopra al bancone e andandosene.
 
Quando la giovane rosa fu di ritorno al tramonto al villaggio, trovò Veherek e altri dothraki con i quali aveva stretto un forte legame, appostati dinnanzi alla tenda che condivideva con Myranda. Avevano tutti uno sguardo preoccupato e afflitto.
- Veherek? Che sta succedendo? – gli chiese la fanciulla avvicinandosi.
Il ragazzo le si accostò a sua volta. I suoi occhi da vicino apparivano ancora più addolorati. – Myranda … è successo qualcosa di orribile. Credo che lasci entrare solo te … è disperata, Eve … non sappiamo più cosa fare per calmarla … i singhiozzi non le permettono quasi di respirare per quanto sono violenti.
A ciò, Eveline si pietrificò. Era abituata ai numerosi pianti della sua amica, d’altronde era il suo personale modo per esprimere le sue prorompenti e travolgenti emozioni. Ma non era mai arrivata a tanto. Doveva essere successo qualcosa di davvero grave. Il solo pensiero la fece ribollire dall’interno e preoccupare immensamente: Myranda era come una sorella minore per lei e chiunque l’avesse fatta soffrire anche solo in minima parte, meritava la sua furia più cieca.
- D’accordo, ci penso io … - disse la giovane Targaryen decidendosi ad entrare nella tenda.
La ragazza trovò la giovane Lannister accovacciata a terra, spaventosamente tremante, con i capelli pomposi bagnati dalle lacrime, il volto stravolto e il respiro mozzato dai singhiozzi che la invadevano implacabili. La raggiunse immediatamente. – Ehi, Dada!! Che è successo?? Ti prego, parlami, non riesco a vederti così!!
Percependo l’ansia e la preoccupazione palpabile della sua più cara amica, Myranda alzò il volto arrossato e in preda a deboli convulsioni su di lei. – Eve … Eve … mia madre … mia madre è …
Ad Eveline non servirono altre parole, poiché intese immediatamente. Si portò istintivamente una mano dinnanzi alle labbra aperte e rimase a guardarla, immobile e incapace di muoversi, prima di risponderle e di stringerla forte a sé. – Come lo hai saputo …?
Quella domanda sembrò prendere alla sprovvista la fanciulla, la quale esitò prima di risponderle. – È arrivato il nostro informatore poco fa … lui mi ha dato la notizia.
 
 
Bridgette era appoggiata distrattamente accanto alla finestra della stanza, con indosso solamente la sottile vestaglia di un bianco perlato, la quale non lasciava molto all’immaginazione. La ragazza era incantata a guardare la piccola Müren e il suo fratellino minore intenti a giocare insieme, spensierati e ingenui. Osservò Wylem correre veloce come una scheggia per raggiungere la sua compagna di giochi ed evitarle di cadere rovinosamente a terra, piombando giù dal muretto sopra il quale cercava di rimanere in equilibrio. Ma nel correre era inciampato anche lui, perciò ora erano entrambi a terra, sorridenti e doloranti.
Un sorriso dolce si dipinse nel volto placido della giovane e affascinante donna.
- Che cosa stai facendo? – le chiese improvvisamente una voce proveniente dal letto della stanza, come per esortarla a tornare tra le coperte con lei.
- Li sto osservando giocare … sembra che mio fratello abbia fatto sciogliere e aprire molto tua figlia.
Udendo parlare di Müren, la regina delle Isole di Ferro si rabbuiò nuovamente, ritornando sepolta sotto le coperte. – Non parlarmi di lei.
- Perché no? Sai benissimo che lei non ha alcuna colpa.
- Possiamo evitare l’argomento, Bridgette?? Ti sono molto riconoscente dell’immenso “conforto” che mi stai dando in questi giorni così neri e bui per me, dopo la morte del mio bambino … ne avevo davvero bisogno. Se non ci fossi stata tu, penso che avrei posto fine alla mia vita per il dolore … Tuttavia, voglio evitare di parlare di quella ragazzina quando sono con te. Già il solo vederla mi innervosisce.
- Invece dovresti provare a darle una possibilità, Yara. Dentro di te sai che la merita. Nessuno la merita più di lei. È una bambina meravigliosa, molto sensibile, sveglia ed intelligente. Sono certa che sarà una buonissima regnante.
- Che cosa hai detto?
- Cosa c’è? Vuoi dirmi che stai ancora dubitando riguardo al farle ereditare il tuo titolo e il dominio delle Isole di Ferro?? È la tua primogenita, Yara, nonché legittima erede.
- Il suo cervello non funziona normalmente. Non credo che sia degna a svolgere un ruolo del genere.
Bridgette non rispose e rimase a guardare i due bambini giocare.
Ad un tratto, appannò il vetro della finestra con il suo alito caldo e vi scrisse sopra un nome con il dito.
- Perché tutti sembrano avere una così alta considerazione di lei? Persino tu … - aggiunse Yara.
- Perché il potenziale di una donna non si misura dal modo in cui funziona il suo cervello – rispose secca. – Hai qualcosa di così bello, cugina mia, ma non riesci neanche a rendertene conto … - sussurrò arricciando una ciocca chiara e setosa sul suo indice delicato. – Hai già perso un bellissimo a raro tesoro violentemente e troppo presto …  non commettere l’errore di farti sfuggire anche l’altro senza rendertene conto.
 
 
Jaime udì un assordante tonfo provenire dall’esterno e smuovere l’intera costruzione.
- Daenerys!! Daenerys, svegliati! – esclamò smuovendo con vigore la sua compagna di prigionia per risvegliarla in fretta.
- Che succede …? – chiese la donna ancora stordita dal sonno.
All’improvviso, un altro enorme tonfo fece tremare la stanza, seguito da urla e colpi di spada. – Credi che siano di nuovo loro …? – domandò la madre dei draghi sapendo che Jaime avrebbe capito a chi si stesse riferendo.
- Non lo so … so solo che forse, a breve, questi inferi termineranno – rispose il Lannister cercando di non illudersi troppo.
Altri tonfi, simili a quelli che l’uomo era abituato ad udire nei campi di battaglia, si susseguirono sempre più violenti, così come le urla dei loro oppressori. Daenerys si tappò le orecchie accovacciandosi su sé stessa, mentre Jaime si protese su di lei come per farle scudo e proteggerla.
Dopo quasi un’ora di terrore e incertezza riguardo al loro destino e a cosa stesse capitando fuori da quella stanza, invasi dalla speranza che si trattasse davvero di qualche sorta di salvatore per loro e non di invasori peggiori di quelli che li avevano tenuti prigionieri fino a quel momento, il Lannister e la Targaryen si accorsero che era calato uno spaventoso e improvviso silenzio su Grande Inverno.
Fu Jaime il primo che si decise a reagire. L’uomo fu bloccato dalla stretta presa di Daenerys sul suo polso. – No! E se verrai ucciso non appena metterai piede fuori di qui??
- Dobbiamo controllare cosa è successo, Daenerys. Potrebbe essere la nostra unica occasione – la convinse lui avvicinandosi alla porta e gettandovisi addosso per buttarla giù.
Quando l’uomo uscì fuori guardandosi intorno cauto, notò che la struttura sembrava completamente vuota.
La madre dei draghi lo imitò facendo scattare gli occhi spauriti ovunque riuscisse. – Jaime … - disse ad un tratto, richiamando la sua attenzione per catalizzarla su un punto preciso del corridoio. Delle figure grigie dalle affascinanti movenze feline e silenziose, si aggiravano nel buio, intente a scappare via dopo aver portato a termine il loro compito. I due capirono immediatamente di aver ragione e di non essersi illusi: coloro che chiamavano “Fantasmi della Notte” li avevano salvati. Il Nord era stato liberato da quell’ordine dalle origini misteriose, e i due prigionieri non ne conoscevano neanche il motivo. L’individuo che tutti gli altri seguivano scattò accanto a Jaime superandolo e voltandosi istintivamente a guardarlo per un millesimo di secondo. Altrettanto inconsciamente il Lannister afferrò il braccio della guida dei Fantasmi prima che sparisse dalla sua vista. – Aspetta! – esclamò in quella che sembrò quasi una supplica.
A ciò, l’individuo si voltò verso di lui. – Grazie … - gli sussurrò Jaime continuando a guadare i suoi occhi e dotando quell’unica parola di tutta la riconoscenza che riuscisse ad esprimere.
Il fondatore dei Fantasmi annuì per poi liberarsi facilmente dalla presa e scappare via seguito dai suoi seguaci.
Jaime rimase per un po’ con lo sguardo fisso nel punto in cui aveva visto la sua figura svanire dietro la porta.
- Jaime … che cosa c’è? – gli chiese Daenerys attendendo una qualche reazione da parte sua.
Il suo compagno di prigionia si voltò verso di lei lievemente confuso oltre che scosso da tutta la situazione in sé e per sé e dalla agognata libertà ottenuta. – Io … nulla. Forse mi sono sbagliato … speravo solo di scorgere qualcuno di mia conoscenza in quello sguardo.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Il mondo ideale ***


Il mondo ideale
 
UN ANNO DOPO
 
Myranda si guardò intorno curiosa proprio come se fosse la sua prima visione. Questa volta sembrava trovarsi in una fitta foresta calda e, per qualche assurdo motivo, Bran non era con lei, non l’aveva accompagnata come faceva di solito. Era sola.
Attese che qualcuno comparisse sapendo, oramai, che ogni visione nel quale veniva catapultata era collegata in qualche modo con la sua vita e la sua storia.
Ad un tratto, vide camminare due persone a pochi metri di distanza da lei, così si avvicinò.
Il primo che notò era un ragazzo molto alto che sembrava avere sui vent’anni o poco più. Egli possedeva delle caratteristiche fisiche che non lasciavano ombra di dubbio: era lui. Myranda ne fu certa non appena lo vide più da vicino.
Dietro Walter invece, vi era una donna sulla trentina con i capelli dorati e lunghi fino alle spalle. Quando la guardò in volto, la fanciulla riconobbe immediatamente sua zia Cersei Lannister, quasi come se l’avesse conosciuta tempo addietro.
Li osservò camminare fino a quando non decisero di trovare un posto dove fermarsi prima del tramonto.
 - Fermiamoci qui. Vado a trovare della legna per il fuoco e qualcosa da mangiare – affermò Walter con voce neutra allontanandosi.
Approfittando del fatto che fossero “fermi”, Myranda rimase a scrutarli incuriosita, più da vicino, per scoprire quante più informazioni su quelle due figure che le erano state così ampiamente descritte.
Ma, stranamente, l’approccio che avevano l’una con l’altro e il loro atteggiamento, non le apparvero esattamente come se le aspettava: Walter spiumava dei piccoli uccelli morti e raccoglieva la legna diligente, estremamente silenzioso e con uno sguardo quasi svuotato, mentre Cersei rimaneva seduta manifestando la stessa totale incapacità di pronunciare una sola parola, con gli occhi fissi in un punto indistinto e come fosse in attesa.
Sembrava quasi che si conoscessero da una vita, che avessero instaurato un legame che andava ben oltre quello che le era stato narrato, che ognuno dei due stesse rispettando il dolore dell’altro avendone visto ogni singola cicatrice. Non sembravano odiarsi. Erano semplicemente complici nelle loro sofferenze grazie a qualcosa che li aveva inscindibilmente uniti. Non vi era alcuna regina folle, tiranna e dalla lingua spaventosamente velenosa, così come non vi era alcun abile e coraggioso guerriero, brillante e furbo ladro. Vi erano solo due anime ferite in un modo terribilmente peggiore rispetto a quello che riserverebbe la morte.
Un altro dettaglio che notò Myranda osservandoli attentamente, fu che erano molto smunti. Alla fanciulla venne naturale pensare che un ragazzo della stazza di Walter non avrebbe dovuto essere così magro. Le loro facce scavate e pallide lasciavano presagire qualcosa che spaventò la giovane Lannister. Nonostante ciò, fu sorpresa di constatare come un dettaglio non di poco conto come quello non fosse comunque capace di scalfire la loro bellezza.
Trascorse un’altra ora di silenzio in cui il futuro Corvo a Tre Occhi rimase seduta con i due a guardare ogni loro minimo sguardo o movimento e chiedendosi, al contempo, che fine avesse fatto Bran.
Ad un tratto, Cersei ruppe quell’atmosfera quasi sacra. – Sto riprendendo colore – affermò leggermente sollevata specchiandosi in una pozzanghera lì accanto e continuando a mangiare le succose bacche che aveva in mano.
- Buon per te – rispose semplicemente l’altro, il quale era seduto dall’altra parte del fuoco, non prestandole attenzione e appoggiandosi con la testa su un tronco, provando a chiudere gli occhi.  
A ciò, Cersei lo guardò. – Stiamo riprendendo massa. Se ti specchiassi anche tu te ne renderesti conto. Sono passati solo due giorni da quando siamo scappati dai Bolton, il nostro aspetto non può essere migliorato tanto … sarà merito di queste bacche? Dove le hai raccolte? – chiese mangiandosele con così tanta foga da far presupporre all’osservatrice che non ingerisse del cibo da mesi.
- Da una pianta velenosa. Le ho raccolte appositamente per avvelenarti. Difatti, se fossi stata attenta, ti saresti accorta che io non le ho mangiate – rispose il ragazzo rimanendo con gli occhi chiusi.
A quelle parole, Myranda non poté fare a meno di sorridere.
Cersei non contestò, come fosse ormai abituata al suo pungente sarcasmo. Rivolse invece lo sguardo verso l’orizzonte, osservando assorta tutti i colori che si alternavano in quell’immenso cielo, dal rosso, al rosa, al violetto.
Myranda vide tutte quelle sfumature colorate addensarsi nell’iride verde e vissuta della donna, trovando quella visione quasi surreale.
- Quando ero prigioniera in quella cantina … ogni giorno pensavo che sarei morta lì dentro, con te e tutti quegli sconosciuti, senza avere l’occasione di rivedere la mia famiglia … ogni sera, pensavo ad un saluto differente da rivolgere ai miei figli, a mio padre e a Jaime … - si interruppe accennando un lieve sorriso al ricordo, per poi riprendere. – Ho preso maggiormente coscienza di come la mia vita sia andata in modo completamente diverso rispetto a come la desideravo da ragazza … e non sono riuscita a spiegarmi cosa ho sbagliato … perché non sia riuscita ad ottenere quasi nulla di ciò che volevo inizialmente … del mio immaginario mondo ideale. Così ho cominciato a figurarmi delle vivide immagini nella mente, come dei fulmini svaniti troppo in fretta … : la mia vita era perfetta, io avevo sposato un uomo capace di amarmi come sono, senza secondi fini ed io ero stata capace di donarmi a lui completamente e senza riserve, cedendo all’amore … anche Jaime era felice, sposato con la sua bellissima moglie e i suoi figli … i miei, invece, Tommen, Myrcella e Joffrey, erano anche loro felici, sereni, senza alcun pensiero negativo o dovere ad incombere sulle loro giovani spalle … io ero sempre regina ma sembrava quasi che non lo fossi per quanto la mia vita fosse libera, quieta e pacifica … era tutto perfetto … in quel mondo noi due eravamo semplici conoscenti, a volte sembravamo quasi amici, la tua famiglia era in pace con la mia … – concluse ritornando a guardare Walter. – Il tuo, invece? Come sarebbe il tuo futuro nel tuo mondo ideale?
Il ragazzo ci mise un po’ prima di aprire gli  occhi e di risponderle. – Questa esperienza che abbiamo vissuto insieme non ci rende degli intimi confidenti.
- Manca ancora una settimana prima di arrivare ad Approdo del Re. Dopo ciò che abbiamo vissuto, ci è utile parlare tra di noi anche se ci odiamo. Avanti – lo spronò ancora.
- La “saggia Cersei Lannister” … non avrei mai pensato di vivere così a lungo da poter vedere questo lato di te – rispose lui accennando un amaro sorriso.
Questa volta era il suo turno di essere ammirato da Myranda mentre rispondeva a quella domanda, proprio come era stato per Cersei pochi attimi prima. La ragazza si concentrò su quegli occhi viola che riprendevano vita mentre il giovane rifletteva e cominciava a parlare. – Nel mio mondo ideale … non ci ho mai pensato seriamente. Ma credo che sarei un ragazzo nato da un matrimonio legittimo, non sarei mai stato un peso per nessuno di coloro che mi sarebbero stati accanto … forse avrei viaggiato come uno spirito libero alla continua scoperta, sperimentando diverse arti e specializzandomi in quelle che già pratico … magari avrei avuto una moglie scelta da me, che mi avrebbe amato quanto io avrei amato lei … e avremmo avuto dei figli, degli splendidi  bambini che avrei cresciuto con tutto l’amore che ho nel corpo e per i quali sarei stato sempre, perennemente presente … - A quelle parole, gli occhi di Myranda si fecero inevitabilmente lucidi. - …  oppure avrei intrapreso la strada che avevo in mente fin da quando ero bambino, arruolandomi nei Guardiani della Notte con mio fratello e oltrepassando i confini del mondo per scovare ogni segreto che si cela oltre la Barriera … ma una caratteristica della mia vita attuale che rimarrebbe tale, oltre ogni dubbio, è il legame che ho con i miei fratelli … loro sarebbero miei fratelli in ogni caso, proprio come ora … magari avrei avuto l’occasione di conoscere la mia vera madre, ma loro li avrei voluti sempre con me … inoltre, sì, nel mio mondo ideale noi due non ci saremmo mai incontrati, oppure lo avremmo fatto ma l’unico gesto che avremmo condiviso sarebbe stato un semplice e naturale saluto. Ma questi sono solo i desideri di un bastardo … - concluse lui smuovendo la legna sul fuoco.
- E i miei quelli di una bambina che ha una cieca paura di una stupida profezia …
A ciò, la giovane Lannister appoggiò una mano sopra quella di Walter e un’altra sopra quella di Cersei, e le strinse. – Mi dispiace tanto … mi dispiace di non potervi dare il vostro mondo ideale. Lo meritavate.
 
 
La bambina camminò in mezzo alla fitta foresta. Quell’infinita boscaglia sembrava non finire mai. Le avevano detto di non allontanarsi troppo, ma lei non aveva potuto evitarlo. La curiosità aveva avuto la meglio.
Corse ancora sperando che il vestitino non le si impigliasse tra le foglie e i rami intrecciati.
Non appena giunse alla fine della foresta, rimase immobile a guardare lo spettacolo che le si prospettava dinnanzi.
Un gruppo di danzatori e danzatrici, dai corpo fluenti ed evidentemente predisposti per la danza, ballavano e cantavano in cerchio una strana e ipnotica canzone. In mezzo al cerchio vi era una ragazza seduta con le gambe incrociate. Ella era talmente bella da sembrare una sirena: i capelli neri tendenti al ramato, lunghi e fluenti le scendevano sulle braccia e sulle spalle delicate, fino a raggiungere voluminosi la sua schiena; gli occhi chiusi e il viso rilassato, dai lineamenti incantatori e intagliati con cura; i movimenti sinuosi delle dita affusolate delle mani che sembravano danzare col vento e con i danzatori; il petto non troppo pieno e proporzionato alle linee e alle curve lunghe ed aggraziate del busto magro e dei fianchi; il vestito color melanzana che indossava le calzava morbido addosso e lasciava scoperte le spalle e tutta la schiena mettendo in evidenza la sua pelle di una tonalità candida ma calda, mentre le fasciava completamente le braccia sottili e parte della mani; una corona di fiori colorati risaltava splendidamente sui suoi bellissimi capelli scuri, donandole l’aspetto di una dea a tutti gli effetti. Improvvisamente, la ragazza aprì i grandi occhi mostrando la tonalità brillante e indefinibile delle sue iridi chiare alla bambina, e si alzò in piedi alta ed elegante, cominciando a camminare con una direzione precisa, uscendo dal cerchio e palesando le sue gambe nude e vertiginose, visibili quasi completamente grazie allo spacco alto del vestito. La bambina la seguì con lo sguardo e la vide avvicinarsi al corpo inerme e immobile di un ragazzo. Si accovacciò accanto a lui e gli appoggiò entrambe le mani sul ventre, chiudendo gli occhi e concentrandosi mentre i danzatori continuavano a ballare e a cantare sempre più forte.
- Alak Alak, Itmael Jiadj Milawuhinat Zifarrenne Ohot – pronunciò lei decisa e ad alta voce. Dopo di che, il corpo del ragazzo che appariva come morto, venne interamente ricoperto di uno strato ghiacciato, come fosse un bozzolo leggero. A ciò, la fanciulla si rialzò in piedi e fece qualche passo in avanti. Tuttavia, improvvisamente delle gocce di sangue uscirono dalle sue narici ed ella si accasciò a terra come presa da un malessere, fatto che non fece smettere i danzatori di ballare e cantare con foga ed impeto, come animati dal fuoco. Subito dopo aver trascorso alcuni minuti a contatto con la terra arida sotto di sé, la ragazza sembrò riprendersi completamente e continuò il rituale rialzandosi in piedi, aprendo le braccia e alzando il volto al cielo. – Ihnahida Uma Neratqalamhet Ilalah Herinnaqet Qalhae Qalhae Zifarrenne  Etquqan Uzib Bares Avajon Oethe Malijev!
Ripeté la stessa formula tre o quattro volte urlando al cielo e aumentando sempre  più l’imponenza del suo tono di voce, venendo percossa da deboli spasmi, mentre anche i danzatori aumentavano maggiormente il volume della voce. Dopo quella che sembrò quasi un’eternità, i danzatori cessarono improvvisamente di muoversi e di aprire bocca, accasciandosi a terra seduti e a testa bassa, mentre la ragazza smise di pronunciare quella formula e di guardare il cielo, ritornando ad uno stato apparentemente normale: era calato uno spaventoso silenzio e il rituale sembrava terminato.
La fanciulla ritornò indietro accovacciandosi nuovamente accanto al ragazzo ricoperto da quello strato cristallizzato, e appoggiò una sola mano sopra il suo ventre, mentre entrò a contatto con le labbra sulla sua fronte. Non appena lo fece, lo strato che aveva creato scomparve da quel corpo e, nonostante il colorito ceruleo della sua pelle non mutò e non riprese una tonalità simile a quella dei vivi, il ragazzo spalancò gli occhi sconvolto e si guardò intorno spaurito. I suoi occhi vitrei non lasciarono alla bambina alcun ombra di dubbio: era sicuramente morto.
- Ehi, Dardarro, non avere paura, sono io … - lo rassicurò la ragazza rivolgendogli uno sguardo premuroso e appoggiandogli una mano sulla guancia.
- Eveline …? Pensavo di essere già in inferi che mi avete raccontato tu e Mia … credevo tu fossi dea che accompagna me laggiù – disse lui focalizzando la figura dinnanzi a sé, ancora più confuso e provocando un sorriso divertito e lusingato nella fanciulla. – Che … che è successo …? Ricordo … ricordo che altro guerriero dothraki ha trapassato mio stomaco durante semplice sfida e poi …
- Poi più nulla. Sì, Dardarro, sei morto e io ho assistito alla scena. E, purtroppo, io non ho il potere di riportare in vita  i morti. Però posso fare qualcos’altro – disse cercando di nascondere i suoi occhi lucidi.
A ciò, il ragazzo toccò il suo corpo ancora senza vita, trovandolo spaventosamente duro e freddo, come quello di una statua. Inoltre, percepiva il suo cuore non battere più e il suo respiro assente. – Sono ancora morto, vero? Allora, perché riesco a parlare e a … vedere te?
- È solo uno stato temporaneo. È la prima volta che provo quest’incantesimo. Non pensavo di esserne capace e invece … ma non devi dirlo a nessuno! – si affrettò a raccomandargli la ragazza. – I dothraki ormai mi conoscono come fossi parte del villaggio e anche se raccontassi che è stata la strega Aradia a farti questo, ricollegherebbero e capirebbero che si tratta di me! Questo è un rituale molto pericoloso, che non conosce nessuno, perciò …
- Hai inventato tu?
- Sì. Si preoccuperebbero. Perciò è meglio che non dici nulla e affermi di non sapere cosa sia accaduto.
- Perché dici questo a me? Vuoi dire che tornerò a vivere mia vita a Vaes Dothrak?
- No, Dardarro, purtroppo, come ti ho detto, non posso arrivare a tanto. Sconvolgere gli equilibri della vita e della morte è molto rischioso. Ciò che ho potuto fare, è darti la possibilità, tramite quest’incantesimo, di trascorrere solo altre poche ore con la tua famiglia, così potrai salutarli come si deve, rassicurarli e dire loro quanto li ami. Prima che il sole tramonti, l’effetto svanirà e tu ritornerai un cadavere come tutti gli altri. In questo momento sei ancora un cadavere ma puoi muoverti, vedere, sentire e fare quasi tutto ciò di cui è capace un uomo vivo. È il massimo che posso fare …
- Grazie – disse lui senza neanche lasciarle finire la frase e abbracciandola, beandosi di quel calore che sembrava quasi bollente se a contatto con la sua pelle gelida. – Sei un’amica meravigliosa …
Anche lei lo abbracciò per l’ultima volta per poi vederlo allontanarsi e dirigersi verso Vaes Dothrak. Solo in quel momento la giovane rosa si accorse della bambina che la stava osservando e che, molto probabilmente, aveva assistito all’intero rituale. A ciò, stupita, la ragazza si avvicinò a lei e si accovacciò per essere alla sua altezza. – Ehi, tu. Da dove vieni? – le chiese.
Quando la piccola pronunciò delle parole differenti dalla lingua dothraki, Eveline capì che non avrebbe potuto comprenderla, dunque utilizzò lo stesso trucchetto che usava il Silenziatore: appoggiò un dito sulle labbra della bambina e pronunciò la parola “Diakezis” per fare in modo che ognuna delle due udisse parlare l’altra nella lingua che conosceva.
- Ora ripetimi da dove vieni, piccola.
- Da un villaggio vicino Qarth.
- E qual è il tuo nome?
- Syria. Perciò tu sei tu Aradia, la strega di cui parlano? – chiese la bambina con sguardo speranzoso e gli occhi luminosi.
A ciò, la giovane rosa sorrise intenerita. – Ti rivelo un segreto: Aradia è solo il mio nome da strega. In realtà, mi chiamo Eveline.
- Oh! Quello che hai fatto prima è stato … eccezionale!
- Grazie, Syria, ma, toglimi una curiosità: come sei riuscita ad arrivare qui? – chiese dubbiosa la ragazza.
- Attraversando la foresta – rispose lei indicandogliela.
- Avevo creato appositamente quella foresta per evitare che qualcuno mi raggiungesse … quindi, vuoi dirmi che tu riesci a vederla …?
- Sì – rispose convinta la piccola.
- Syria, sei sicura di non essere una “bambina speciale”? Che so, i tuoi genitori sono persone comuni o hanno qualche potere particolare?
- No, sono normali e lo sono anche io.
A ciò, la giovane Targaryen sorrise e le prese le manine sulle sue. – Io credo che tu sia una bambina speciale, Syria.
- Davvero?
- Davvero – confermò la ragazza.
Dopo qualche secondo, Syria tirò fuori una mela dalla tasca del suo vestitino e la porse alla fanciulla. – Tieni, è per te. Non ho altro. Avevo intenzione di mangiarla mentre camminavo, prima di accorgermi della foresta e di addentrarmi, però adesso voglio che l’abbia tu. Se ti senti stanca puoi mangiarla mentre torni a casa tua.
Eveline la prese rivolgendole uno sguardo dolce e pensando a cosa potesse donarle lei, invece. Quando ebbe deciso, prese nuovamente le manine della bambina e le aprì a conca sopra le sue. – Chiudi gli occhi – le disse.
La bambina ascoltò e mentre lei non poteva vedere, Eveline fece comparire tra le sue mani una splendida rosa viola.  Quando la piccola riaprì gli occhi, si illuminò e sorrise felice nel trovare il fiore. – È meravigliosa! Grazie!
- È un fiore che mi piace molto. Abbine cura, Syria.
Dopo ciò, la bambina la salutò con la mano e fece per dirigersi nuovamente verso la fitta foresta dalla quale era arrivata, prima di voltarsi di nuovo verso la giovane Targaryen. – Io … non credo di riuscire a ritrovare la strada di casa se ritorno in quella foresta … - le disse preoccupata.
- Giusto, hai ragione – affermò Eveline allungando il braccio in direzione della foresta e compiendo un movimento che la fece svanire completamente, riportando l’immagine del paesaggio reale di quelle terre. – Fai buon viaggio, Syria.
- Spero di rincontrarti, Eveline.
 
Al villaggio c’era stata un’emergenza: una donna era gravemente malata e, come ogni volta, Eveline era accorsa per occuparsi di lei e curarla tramite il potere della magia che oramai aveva appreso anche fin troppo estesamente per i gusti di Myranda. La giovane Lannister la osservò di lato mentre consolava la donna e le persone che le erano accanto parlando in dothraki, anche quello appreso oramai come una lingua madre, e appoggiava le mani sopra l’infortunata, pronunciando delle parole incomprensibili e utilizzando dei cristalli che reagivano in maniera particolare al suo tocco. Chi lo avrebbe detto che sarebbe diventata una strega già così famosa? Più di un anno prima, quando vivevano ancora nel continente occidentale, se glielo avessero detto non ci avrebbe mai creduto e forse avrebbe anche pensato che fosse una catastrofe e di aver già perso per sempre la sua più cara amica. Ma ora era tutto differente e la sua mente era molto più aperta. Un sorriso si dipinse nel volto sbocciato della fanciulla destinata a divenire il nuovo Corvo a Tre Occhi: Eveline stava divenendo sempre più esperta, si stava dando duramente da fare, stava addirittura mettendo a rischio la sua vita per aiutare sua madre come solo una condottiera coraggiosa sarebbe stata in grado di fare e la stava informando di tutto ciò, di tutti i pericoli che correva (nonostante, inizialmente, avesse tralasciato i dettagli più pericolosi per non farla preoccupare), rendendola pienamente partecipe della sua vita, dei suoi sentimenti, delle sue paure e di qualsiasi minima cosa la riguardasse, trattandola esattamente come una sorella e la sua più leale confidente. E invece, lei cosa stava facendo? Stava soffrendo in silenzio, svegliandosi nel cuore della notte e andando a piangere fuori dalla tenda per non farsi udire da Eveline, colpa delle continue visioni che la stavano tormentando e di cui era partecipe solo come osservatrice passiva; trovava sempre della banali scuse quando la sua amica si accorgeva che qualcosa non andasse, che fosse troppo triste, giù di morale o avesse appena finito di piangere. Prima o poi se ne sarebbe accorta, oppure lo aveva già fatto. Myranda finalmente riusciva a comprendere per quale motivo i Corvi a Tre Occhi si trasformassero tutti in contenitori privi di anima una volta terminato l’addestramento. Ma lei non si sarebbe arresa. Per una persona terribilmente sensibile come lei, tutto ciò faceva molto male, il doppio o il triplo di quanto ne avrebbe fatto ad una persona qualunque. Ma, nonostante ciò, avrebbe resistito. Solo, non da sola. Avrebbe dovuto raccontare tutto ad Eveline, lo sapeva. Tuttavia, lei aveva già i suoi problemi a cui pensare e non voleva che stesse in pensiero anche per lei. Ma avrebbe dovuto farlo al più presto, in ogni caso, e non solo perché la giovane Targaryen avrebbe potuto aiutarla a sopportare quell’enorme fardello, appoggiandola come avevano sempre fatto a vicenda fin da piccole, ma, soprattutto, perché meritava di sapere. La visione che aveva avuto quel giorno gliene aveva dato la dimostrazione più grande. Per la prima volta, si era ritrovata dinnanzi alle leggendarie figure di sua zia Cersei e di Walter, e aveva avuto modo di conoscerli, anche se per pochissimo. Per tale motivo aveva compreso ancora più profondamente quanto Eveline meritasse di sapere che lei lo aveva visto, così come meritasse di sapere che Walter sarebbe stato un padre meraviglioso per lei, se solo avesse potuto. Forse, se ci fosse stato lui, non sarebbe accaduto nulla di tutto ciò e la sua più cara amica non sarebbe stata costretta a diventare una strega per guarire sua madre, così come Hayden non sarebbe la cavia di una pazza squilibrata, i componenti della loro famiglia morti o prigionieri e il Nord sotto assedio. La fanciulla non sapeva che quel pensiero le sarebbe tornato in mente innumerevoli volte e sempre in maniera più persistente nel corso del suo lungo viaggio.
 
 
- Ser Roy, ci sono novità? – chiese Oberyn speranzoso ad uno dei comandanti delle truppe Greyjoy entrato in quel momento nel salone.
- Sì, mio signore: abbiamo la conferma che anche i Codd, i Botley, i Farwynd e gli Harlaw sono con noi nella ribellione. Ma anche loro vogliono mantenere l’alleanza segreta.
A ciò, Oberyn quasi saltò in aria dalla gioia. Dopo di che, si avvicinò nuovamente al tavolo nel quale avevano predisposto tutte le pedine posizionate sull’enorme mappa dei sette regni, e spostò il sigillo delle ulteriori quattro casate che si sarebbero unite a loro nella ribellione alla corona. – Stiamo ottenendo sempre più consensi! Se andremo avanti così, quel palle mosce di David Crakehall avrà un bel po’ di filo da torcere tra qualche mese!
- Non affrettare i tempi, Martell. Se ci lasciamo prendere dall’entusiasmo, finiremo per non prepararci adeguatamente e con i giusti tempi a ciò che avverrà.  L’ultima volta che è avvenuta una ribellione di tale portata nei sette regni, non è andata a finire molto bene – lo ammonì Theon, osservando attento le pedine alleate.
- Finora abbiamo nove casate alleate, nonostante non siano famiglie così ricche e prestigiose da possedere un esercito come il nostro … - aggiunse Davos, l’ultimo componente presente nel salone e impegnato ad organizzare la ribellione. – Si tratta di casate che in passato erano già state alleate dei Greyjoy. Il problema sarà ricevere il consenso di famiglie che hanno nutrito astio nei vostri confronti in passato …
- Oh, amico mio, non essere sciocco! Tutti i sette regni sono in una situazione di malcontento e non vedono l’ora che Crakehall finisca sottoterra! Inoltre, hai dimenticato l’alleanza del mio popolo, i dorniani! – contestò Oberyn, lievemente offeso da quella mancanza.
- Dimenticate un dettaglio non di poco rilievo, amici miei – intervenne Varys entrando nel salone. – Se la ribellione dovesse andare a buon fine e la nostra famiglia dovesse venire riunita … una volta che David Crakehall sarà spodestato dal trono, credete che sarà tutto finito? Ora che c’è un nuovo trono, non rimarrà inosservato e ignorato a lungo … oramai il sistema antico di successione reale è stato ristabilito e vi saranno nuovi pretendenti. Pare che la famiglia più in vantaggio per prendersi il trono in caso di morte di David, siano i Marbrand. A quanto si dice, sembra che Colten Marbrand sia un fidatissimo alleato, nonché Primo Cavaliere del Re, e suo figlio, il giovane Kylan, viene descritto come uno dei migliori guerrieri dei Sette Regni, addirittura paragonato a Jaime Lannister nei tempi d’oro, a Walter e a Rhaegar Targaryen. Cosa pensate che succeda una volta eliminati i Crakehall?
- … Eveline sarebbe ancora la preda più ambita da uccidere, rimanendo la diretta e legittima erede al trono a causa del suo nome – concluse Davos quasi in trance dopo quell’ultima constatazione.
- Così come Hayden e anche gli altri ragazzi rimarrebbero in percolo nonostante abbiano una parentela meno diretta con gli antichi eredi al trono – aggiunse Oberyn, turbato anche lui.  
- Dobbiamo ristabilire l’impostazione che vi è stata in questi quindici anni di pace dopo la scomparsa di Walter. I sette regni devono continuare a rimanere senza un regnante – concluse Theon, venendo interrotto da una guardia.
- Mio signore, ci sono delle visite. Dei lord richiedono di parlare con la regina per delle incomprensioni riguardanti dei castelli acquisiti. Dico loro che siete pronto a riceverli?
-Sì, ser Milton, dite loro di attend –
- Oh, per tutte le vergini di Dorne, dite a quei ciarlatani inopportuni di tornarsene da dove sono venuti e di lasciarci concludere i nostri progetti, ser Milton! Non so se ve ne siete accorto, ma qui stiamo organizzando una ribellione! – sbottò Oberyn interrompendo bruscamente Theon e facendo allontanare immediatamente il povero soldato.
- Oberyn! Sai bene che mia sorella oramai non è più in grado di regnare ed è divenuta una morta vivente rinchiusa nella sua stanza dopo l’assassinio di mio nipote! Io devo occuparmi dei tutte le questioni che sono di competenza della regina al suo posto! – lo rimproverò Theon.
- Dovresti imparare a rispondere in questo modo, Greyjoy! A Dorne rispondiamo così quando dei guastafeste ci infastidiscono. Questo posto dovrebbe progredire! – si lamentò la Vipera provocando una risata divertita in ser Davos.
Intanto, lady Bridgette era intenta a camminare per i corridoi del palazzo. La ragazza gettò uno sguardo distratto alle porte delle stanze che oltrepassava, fin quando non passò dinnanzi alla stanza da cucito semichiusa e non intravide qualcosa che attirò la sua attenzione. La giovane entrò silenziosamente dentro e si avvicinò allo splendido vestito bianco da sposa, infilato sopra il manichino. Lo sfiorò con le dita sottili, attenta a non rovinarlo, osservando ogni minimo dettaglio e percorrendo la manica di tessuto più leggero e fasciante, poi la spallina, il busto, stretto e la parte velata più volte corrispondente allo strascico. Un’accecante nostalgia la invase e la trasportò in un mondo di ricordi e di trance emotiva.
- Oh, Camille … è arrivato anche il tuo momento, eh, sorella cara? Sono così  felice per te … – sussurrò accennando un sorriso mentre percorreva ancora l’abito con la mano.
Ad interrompere bruscamente quel momento così intimo, fu la voce allegra del suo fratellino più piccolo, il quale sbucò fuori dal mucchio di abiti lì accanto, con il preciso intento di farla spaventare e riuscendo nel suo obiettivo.
Bridgette, caduta con il fondoschiena a terra per lo spavento, guardò Wylem in cagnesco, mentre questo era impegnato a ridere a crepapelle. Dopo qualche secondo, dal mucchio di vestiti sbucò fuori anche  Müren, ma più lentamente e pacatamente rispetto all’amico.
- Che cosa ci fate voi due qui? – chiese Bridgette ancora infastidita, alzandosi in piedi.
- Müren ama tanto cucire e creare vestiti strani per Regan, la sua bambola. Così siamo venuti a caccia di stoffe qui! Non pensavamo che fossi entrata anche tu!
- Così ti è venuta la brillante idea di nasconderti e spaventarmi come facevi sempre quando eravamo a casa,  squilibrato! – le disse lei premurosamente mentre gli scompigliava i capelli.
A quel punto, Müren si alzò in piedi e si diresse verso il vestito da sposa con sguardo estasiato. – Oh! – esclamò guardandolo dal basso con occhi sognanti. – Non l’ho notato appena sono entrata! Dunque sarà questo il vestito da sposa di lady Camille?? È meraviglioso …
Accorgendosi dello sguardo incantato della bambina, Bridgette si rivide in lei e le si accovacciò accanto. – Ti piace? Non vedi l’ora di sposarti anche tu? - A ciò, la principessa arrossì e abbassò lo sguardo senza rispondere. – Eppure non mi sembri tipa da abiti principeschi … - osservò la ragazza dando un’occhiata ai suoi semplici pantaloni.
- Non indosso vestiti così belli perché, altrimenti, che gusto ci sarebbe nello sposarsi con un abito del genere? Sono solo per le occasioni speciali … - rispose la piccola ancora con sguardo perso nella bellezza di quella stoffa bianca. – E tu, lady Bridgette? – chiese improvvisamente alla giovane donna.
- Io, che cosa, principessa?
- Tu hai mai indossato un abito così?
- Oh, sì che lo ha indossato. Era stupenda! Nel palazzo in cui si è sposata, la guardavano tutte le dame, invidiose fino ai capelli per quanto le stesse d’incanto – rispose Wylem ricordando il giorno del matrimonio di sua sorella e risvegliando dei malinconici e dolorosi ricordi in quest’ultima. – A proposito … stai bene? Insomma, Camille si sposa e … tu, nonostante sei la più grande, non hai un marito … o meglio, non lo hai più – continuò Wylem rivolgendole uno sguardo preoccupato. Nonostante quella domanda le fosse stata posta con ingenuità e sana apprensione, Bridgette si innervosì ugualmente per quanto inopportuna e centrata proprio in un punto dolente.
Ma prima che potesse rispondesse a suo fratello, intervenne nuovamente Müren. – Se vuoi, posso cucirtene uno … di vestito da sposa intendo . Se eri davvero così bella e ti piaceva così tanto, potrei farlo. Mi piace cucire i vestiti per le bambole. Tu sei solo una bambola più grande delle altre – propose provocando un sorriso dolce nel volto di Bridgette, il quale svanì subito.
- Sei molto gentile, principessa … ma una lady non può indossare un vestito da sposa se non è lei a sposarsi – le rispose, rivolgendo poi lo sguardo a suo fratello. – E tu? Hai sentito cosa ha detto? Quando ti deciderai a chiedere a questa splendida principessa di ballare con te per darle l’occasione speciale di indossare un bellissimo vestito, Wylem? – gli chiese divertendosi nel notare le gote del suo fratellino divenute bordeaux, per poi uscire dalla stanza e lasciarli soli.
Quando la ragazza terminò di percorrere il corridoio e le scalinate che conducevano all’entrata del salone principale, udì i discorsi degli uomini che vi erano all’interno, restandone stranamente incuriosita:
- Ser Cole, ci sono notizie dal Nord? Le casate che vi ho segnalato hanno accettato le nostre trattative per stipulare l’alleanza? – chiese speranzoso Oberyn.
- Non è stato possibile, mio signore. Non ci è ancora giunta alcuna notizia dal Nord. Da nessuna delle casate segnalate da voi. Sembra quasi che sia divenuto deserto …
A quelle parole, Oberyn sbiancò. – Deserto? Come è possibile? Insomma, è trascorso già un anno da quando quei Fantasmi hanno liberato il Nord dagli oppressori della corona, e noi ne siamo venuti a conoscenza solo grazie agli uccellini di Varys … nessuno lo sa, fortunatamente! Se solo il re lo scoprisse, manderebbe altre truppe ad occuparlo! Nessuno può confermarlo, ma io sono sicuro che sia così, gli uccellini non sbagliano mai, giusto Varys? – si voltò a chiedere conferma al Ragno, il quale annuì senza esitazioni. - Allora … allora, che accidenti è accaduto al Nord??
 
 
Jaime e Daenerys camminarono ancora per un’ora tra la neve ghiacciata e quelle lande desolate. Non sapevano neanche se erano giunti nelle terre inesplorate, quelle in cui si diceva stesse ancora vagando Walter.
Nel ripensarlo, la madre dei draghi quasi sperò di essersi spinta tanto in là, soltanto per potergli parlare di nuovo e sfogarsi con lui, nonostante non avrebbe avuto alcuna testimonianza che lui la stesse ascoltando, come sempre.
- Torniamo indietro, Jaime … non abbiamo ancora trovato nulla …
- No.
- È un intero anno che vaghiamo … abbiamo girato in lungo e in largo … i soldati dei Crakehall hanno raso al suolo tutto. Non riesco quasi a capacitarmi che quei Fantasmi siano riusciti ad ucciderli …
- Dobbiamo tentare. Che fine hanno fatto i lord di queste estese terre??
- Coloro che non si sono alleati con David, ossia quasi nessuno, sono stati uccisi … noi siamo rimasti in vita solo perché gli servivamo!
L’uomo si voltò verso di lei prendendole le spalle e cercando di tranquillizzarla. – Ehi? Riusciremo a trovare qualcuno, d’accordo? Il fatto che per un anno non ce l’abbiamo fatta, non vuol dire che non ce la faremo ora. Inoltre, le provviste stanno finendo, Drogon deve nutrirsi esattamente come noi e abbiamo materialmente bisogno di latte di papavero per far diminuire i dolori di Margaery. Dobbiamo assolutamente trovare qualcuno.
- Quei Fantasmi non possono aiutarci?? Per quale motivo ci hanno liberati se il nostro destino sarebbe stato questo?? Che razza di libertà è?? Guardati intorno, Jaime! Ci siamo solo noi qui! E i poveri contadini che sono rimasti nelle loro case ci chiudono la porta in faccia! Le grandi casate alleate dei Crakehall ci prenderebbero come prigionieri se solo scoprissero che Grande Inverno e le zone circostanti sono state liberate dalle truppe del re! Se solo avessimo un cavallo o potessimo volare con Drogon! Quella strega gli ha iniettato un veleno che lo sta rendendo ancora incapace di muoversi, dopo più di un anno! Mi sento così impotente, incapace di andare fino ad Approdo per liberare Hayden e Jon e farla pagare a quei mostri che stanno torturando mio figlio! Mi manca così tanto!! – esclamò Daenerys fermandosi e lasciandosi prendere dalla debolezza e dalle lacrime.
Jaime si avvicinò a lei e la abbracciò. – Ricordi cosa ci siamo detti all’inizio, quando eravamo ancora loro prigionieri? Saremmo stati forti e ci saremmo sostenuti a vicenda. È quello che stiamo facendo. Rimarremo uniti e affronteremo tutto questo. Anche a me mancano immensamente la mia povera moglie e la mia bambina. Ma, purtroppo, neanche io posso volare fino a Vaes Dothrak in groppa ad un drago e andarmela a riprendere. Dobbiamo restare vigili. Se il re dovesse mandare qualcuno, Hoxana dovesse tornare qui per qualche motivo, saremmo davvero nei guai se rimanessimo solo noi due a vigilare su Grande Inverno. Ci servono rinforzi, in modo da poterli imprigionare o combattere, e non far sapere in nessun modo al re o ai suoi alleati che Grande Inverno e una buona fetta di Nord è libero. Un conto è rispondere ad una lettera da Approdo del Re fingendoci soldati, un conto è affrontare degli uomini armati.
In quel momento, un uomo con stracci al posto di abiti, uscì fuori dalla sua casetta mal ridotta e osservò torvo i due, i quali erano accanto alla sua tenuta. – Chi siete?? Cosa ci fate a casa mia?? – chiese loro minaccioso, puntandogli il forcone contro.
- Padre, che succede? – gli domandò improvvisamente un giovane ragazzo al quale  mancava un braccio, uscendo dalla casa e ammutolendosi non appena li vide.
- Alfred, rientra in casa, figliolo! Qui ci penso io! – esclamò l’uomo, non ancora intenzionato ad abbassare il forcone.
- Non siamo venuti qui per rubare o razziare i vostri possedimenti – lo rassicurò Jaime avvicinandosi lievemente e alzando le mani.
- Allora cosa siete venuti a fare?! Qui non c’è posto per dormire!! Siamo già stretti in questo buco di casa!
- Io sono Jaime Lannister e la donna che è con me è Daenerys Targaryen. Chiediamo solo di parlarvi. Per favore.
- E voi vi aspettate davvero che io creda che due vagabondi malnutriti come voi siano lo Sterminatore di Re e la madre dei draghi?! Quei capelli, la tua donna potrebbe anche esserseli tinti per sembrare lei! Inoltre, potreste anche essere i regnanti dei sette regni, noi non vogliamo guai qui!
A ciò, il ragazzo intervenne nella conversazione mentre osservava i due sconosciuti. – Conoscete Eveline Targaryen?
- Cosa? – chiese Jaime non credendo alle sue orecchie.
- Se siete davvero loro, allora dovreste conoscere Eveline Targaryen. Non siete tutti una famiglia a Grande Inverno? – azzardò il ragazzo.
- Sì, sì, la conosciamo! Lei è come una figlia per noi – gli rispose Daenerys accennandogli un sorriso.
- Bene – rispose lui ricambiando il sorriso e poi rivolgendosi a suo padre, ancora con il forcone in mano. – Padre, lasciamoli entrare. Loro sono la famiglia di Eveline. Glielo leggo negli occhi che la conoscono. Eveline è la ragazza che mi ha salvato la vita amputandomi il braccio più di un anno fa.
A quelle parole di suo figlio, seppur con diffidenza, l’uomo lasciò entrare i due in casa, facendo tornare in loro la speranza di poter ancora trovare un modo per salvare il Nord.
 
 
- Gran Maestro Xavier, quali sono le notizie riguardo le dame di casate auspicabili per divenire pretendenti spose del re David? – chiese il Primo Cavaliere Colten Marbrand, guardando nel lato del tavolo in cui era accomodato il vecchio Gran Maestro.
- Ce ne sono davvero molte, mio signore. Questo è l’elenco che ho stilato. Le più promettenti sono le prime dieci – affermò Xavier con voce arrochita.
- Bene. Darò un’occhiata all’elenco più tardi. Che mi dite di voi, invece, lord Lukell? Avete inviato una lettera alle nostre truppe che hanno occupato Grande Inverno? Come procede la situazione lì?
- Sembra procedere bene, mio signore. Ho ricevuto la risposta questa mattina. Il comandante Trevor ci informa che Margaery Tyrell è sempre in condizioni critiche ma stabili, mentre Jaime Lannister e Daenerys Targaryen sono ancora loro prigionieri; nessuno li ha toccati, proprio come ha richiesto il re. Le mie spie non sono ancora giunte fino a Nord per confermare le sue parole, ma vi prometto che riusciranno presto nell’intento.
In quel momento si udirono delle risa da parte del Gran Maestro Xavier. – Siete completamente inutile nel consiglio, Lukell! Ricordo ancora i bei tempi del Ragno Tessitore! L’eunuco riusciva a far giungere i suoi uccellini fino alle più distanti parti della terra! E voi, invece? Non siete neanche capace di far arrivare le vostre puttane a Nord! Perdete più tempo a curare i vostri lunghi capelli ricci che a cercare delle spie degne di tale nome! Infilatevi la sottana e fatevi un giretto a Fondo delle Pulci già che ci siete!
A quelle parole, lord Lukell sbatté un pugno sulla superficie del tavolo dimostrando la sua plateale frustrazione. – Mi sembra che neanche voi abbiate molto in comune con la descrizione che si ode del vostro predecessore Pycelle! Almeno lui aveva il buon senso di non mostrare la sua natura rozza e bruta dinnanzi agli altri componenti del consiglio come fate voi, e di fingere eleganza e riverenza!
- Non è il momento di comportarsi da ragazzini e di dare inizio ai vostri inutili litigi – li riprese Kylan con voce neutra.
- Ser Kylan ha ragione, signori. Placate i vostri spiriti. Ditemi, ser Kylan, in qualità di lord comandante della Guardia Reale, avete avuto anche modo di informarvi sulle trattative con i lord alleati? – chiese Colten rivolgendosi a suo figlio questa volta.
- L’appoggio del Sud è quasi completamente nostro, non contando poche eccezioni che preferiscono mantenere la neutralità per ora, come Dorne, ad esempio. Anche buona parte del Nord è con noi oramai, mentre la maggioranza delle casate risiedenti nelle Isole di Ferro si sono dichiarate neutre anch’esse.
- Per ora possiamo permetterci di non fare loro pressioni; d’altronde il prestigio del re David Crakehall non fa altro che aumentare di giorno in giorno. Quando sarà il momento che tutti si schierino da una parte precisa, li costringeremo a decidere – rispose Colten per poi rivolgere lo sguardo all’ultimo componente del consiglio. – E voi, Fahraq Uzvet? In qualità di Maestro del Conio e come abile mercante  di Qarth, cosa mi dite delle nostre rotte e, in particolare, della nave partita settimane fa e diretta nella vostra città per prelevare delle armi?
- Vi confermo che la nave è giunta a destinazione, ser Colten. Presto il re avrà il suo carico delle nostre armi di prim’ordine fabbricate dagli Eterni, da utilizzare come meglio aggrada a Sua Maestà.
- Un splendida notizia, Fahraq. Da quando ci siamo appoggiati economicamente alla vostra Qarth e voi siete entrato nel nostro consiglio come Maestro del Conio al posto di lord Jast, i nostri commerci oltremare e il nostro bilancio interno stanno procedendo a gonfie vele. Siete con noi da soli tre mesi e vi siete già guadagnato il nostro totale rispetto, compreso quello del re – disse con un sorriso sincero ser Colten all’interpellato, il quale si guadagnò un’occhiata colma di invidia da parte di lord Lukell.
- Vi ringrazio, mio signore – rispose il Maestro del Conio. Sam oramai si era abituato a quel nuovo nome, a quel nuovo appellativo e persino a quel nuovo aspetto: per assomigliare realmente ad un ricco abitante di Qarth, ogni sera doveva assumere due gocce di un filtro preparato dagli Eterni, capace di schiarirgli naturalmente la pelle; mentre il restante delle modifiche fisiche erano state fatte da lui manualmente, adornando il naso con dei sofisticati orecchini, indossando prestigiosi abiti di seta con perle e lasciando sempre i suoi capelli un po’ unticci; caratteristiche che, fortunatamente, lo facevano sembrare molto più maturo dell’età che possedeva, poiché un mercante così giovane non sarebbe stato affatto credibile. Sam si era addestrato per lunghi mesi con l’aiuto dei Superni a ricoprire quel complesso ruolo e, alla fine, era divenuto uno dei più abili attori dei sette regni, al paro di Walter, Varys e Baelish. Si era abituato a parlare come quegli oziosi e subdoli mercanti di Qarth, dei quali le punte dei capelli valevano più di un macigno d’oro, di cui la puzza di orgoglio e di presunzione si poteva sentire da chilometri di distanza, attaccati ai loro tesori  e all’impeccabile immagine della loro città più di qualsiasi altra cosa al mondo. Questo era il ruolo per il quale si era preparato tanto, al punto da guadagnarsi la fiducia e l’appoggio di GreyShade.  Ora, non gli restava che continuare a recitare, essere cauto e tenere sempre gli occhi aperti cercando di raggiungere in qualche modo il suo obiettivo, ossia scoprire più informazioni su suo cugino Hayden, magari riuscire anche a farlo fuggire insieme a Jon, e, al contempo, fare in modo di contribuire ai piani dei Fantasmi senza far sorgere sospetti su di lui, la parte più ardua. Difatti, Sam sapeva che la nave  del re di cui parlava il Primo Cavaliere, quella partita da Approdo settimane prima e diretta a Qarth, non sarebbe mai tornata a destinazione con il carico di armi previsto. Lo aveva saputo prima di farla partire con il suo personale consenso, informando i Fantasmi per lettera e rivelando loro le coordinate. Questi erano i patti, d’altronde. E anche i Superni sembravano mostrarsi ancora accondiscendenti, dato che i loro fruttuosi guadagni non erano stati ostacolati eccessivamente dai piani di GreyShade e, forse, anche grazie all’interesse per quest’ultimo da parte di Askarx.  
Ad ogni modo, la sua abilità maggiore consisteva proprio in ciò, nel convincere il re e tutto il suo seguito della sua totale innocenza, nonostante più di una persona avrebbe potuto sospettare di lui, lo straniero e nuovo arrivato.
Il giovane Tarly pensava a tutto ciò mentre gli altri componenti del consiglio continuavano a discutere di altre questioni di loro competenza. Ad un tratto, Colten Marbrand emise un verso di dolore e si toccò con la mano la parte del suo volto completamente bendata e ormai sfigurata. A quella sua reazione, Sam notò che Kylan, suo figlio, solitamente sempre diligente e impassibile, ebbe un lieve scatto e guardò suo padre celando la sua preoccupazione. - Ser Colten? State bene? – chiese il ragazzo mantenendo a fatica il suo solito tono neutro.
- Sì, non vi preoccupate – rispose il Primo Cavaliere sorridendo. – Ho solo dimenticato di cambiare l’unguento che il Gran Maestro Xavier mi ha ordinato di applicare ogni giorno – continuò rivolgendo lo sguardo colpevole al vecchio Xavier questa volta.
- Vi sostituisco nel presiedere l’incontro, ser Colten. Potete andare a medicarvi – lo esortò Kylan venendo ascoltato da suo padre, il quale si congedò e abbandonò la sala. A tal punto, Sam rivolse lo sguardo all’erede dei Marbrand, osservandolo come gli era già capitato di fare altre volte. Il giovane Tarly aveva capito che qualcun altro era molto bravo a fingere, esattamente quanto lo era lui. Ma ebbe anche l’impressione che, un tempo, Kylan non fosse così bravo e che ne avesse pagato le amare conseguenze. Era deciso a scoprire qualcosa in più sul giovane Marbrand, poiché la sua mente già sfiorava la possibilità di trovare un alleato in lui.
Riscosso dai suoi pensieri, Sam e gli altri componenti del consiglio, udirono qualcuno discutere animatamente appena fuori dalla sala del consiglio. A ciò, i quattro uscirono e Sam capì che era già stato effettuato il primo attacco da parte dei Fantasmi. All’esterno della sala, difatti, vi era un cavaliere attaccato brutalmente dalla lingua tagliente di lady Hoxana, nonché il suo ostacolo maggiore sia per arrivare ad Hayden, che per conquistare la fiducia della cerchia delle persone fidate al re, dato che la donna era nata e vissuta a Qarth per anni ed era l’unica a poter fiutare da lontano un suo fatale errore nell’interpretare un suo conterraneo.
- Che cosa vuol dire “la nave è stata attaccata e tutto il suo carico è andato perduto”??? – urlò la donna in preda alla rabbia.
- Mia signora, ve l’ho ripetuto: la nave ha subìto un attacco a sorpresa pochi giorni dopo aver lasciato il continente orientale con il carico di armi prelevate da Qarth.
- Non mi interessa delle armi fabbricate da quei ciarlatani degli Eterni! La nave trasportava anche un altro carico prelevato dalla mia città!! Un oggetto che serviva a me per il mio prezioso esperimento!! – sbottò la donna nuovamente. – Come accidenti è potuto accadere?!?
- Non ne abbiamo idea, mia signora. I nostri uomini presenti nella nave sono tutti morti, non vi è alcun sopravvissuto a poter testimoniare l’accaduto. Tuttavia, nessuno di esterno alla corte reale conosceva la rotta della nave, perciò crediamo siano stati dei pirati che navigavano in quelle acque.
- Pirati, ah! – esclamò la donna sorridendo divertita e inviperita al contempo. – Io non credo proprio siano stati pirati! – aggiunse voltandosi verso Sam e guardandolo torvo. Il ragazzo, per quanto perfettamente calato nel ruolo di Fahraq, era estremamente spaventato dallo sguardo di ghiaccio della donna dinnanzi a sé, un po’ come lo era tutta la corte reale.
- Qualcosa vi turba, milady? – non tardò a rispondere il giovane Tarly, mettendo tutta la sua paura da parte. – Io sono il primo ad essere rammaricato della notizia che solo ora sto udendo. Quella nave conteneva delle armi fabbricate nella nostra Qarth, uno scambio che mi avrebbe solamente portato vantaggi – le rispose fulminandola a sua volta.
- Siete qui da soli tre mesi, Fahraq - gli rispose pronunciando il suo nome con singolare lentezza. – Non pretendete di avere la nostra completa fiducia – continuò.
In quel momento, a salvare la situazione di Sam, intervenne ser Colten, il quale scese le scalinate dopo essersi medicato la ferita sfigurante, avendo udito le urla di Hoxana. – Fahraq non ha colpe, lady Hoxana. Il vostro conterraneo ci ha dimostrato più volte la sua lealtà in questi tre mesi, e, come dice lui, questa situazione va solo a suo svantaggio. Perché mai dovrebbe cercare di ostacolare gli scambi tra  Qarth e la corona? – sostenne con decisione l’uomo.
Kylan, intanto, il quale, come gli altri membri del consiglio, stava ascoltando la conversazione passivamente, notò un particolare che attirò la sua attenzione nell’osservare Fahraq ringraziare suo padre per la fiducia mostratagli: le dita della mano destra del mercante, avevano come uno strano tic. Ciò non stava ad indicare nulla di particolare, ma l’erede dei Marbrand continuò a guardare quelle dita incuriosito, fin quando non smisero di tremolare non appena terminò di parlare. Improvvisamente un luccichio di speranza si accese negli occhi del ragazzo, il quale decise di indagare se, come sperava e sospettava, il mercante di Qarth fosse davvero un impostore.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** L'invito ***


L’invito
 
Sam camminò sicuro nella navata che lo avrebbe condotto dinnanzi al trono del re David.
- Maestà, abbiamo cercato Eveline Targaryen in lungo e in largo in ogni angolo dei sette regni per un intero anno. Non c’è traccia della ragazza – disse ser Colten inchinandosi al re.
- Vorrà dire che manderò delle truppe a cercarla ad Essos. Non può essersi volatilizzata nel nulla, qualcuno la sta nascondendo – affermò il re.
- Se permettete, Maestà, è improbabile che la ragazza sia giunta nel continente orientale senza essere stata trovata prima e rimanendo in vita. D’altronde, aveva solo quindici anni quando è scappata, è poco più che una bambina. Dubito che in un luogo ostile e tanto diverso dalla sue gelide lande del Nord, sia riuscita a sopravvivere – affermò lord Lukell avvicinandosi al trono nel quale era seduto il regnante.
- Finché non troverò il suo cadavere non crederò che sia morta. Inoltre, preferisco trovarla viva. Il popolo ancora spera che sia lei, la figlia di Walter Targaryen e la “legittima erede” a prendere il mio trono. Non ho mai dato alcun peso all’opinione del popolo, ma queste continue e fastidiose voci generali che sperano sia una ragazzina a prendere le redini del regno al mio posto, mi fanno ribollire il sangue – detto ciò, il re fece segno a Sam di giungere al suo cospetto. A ciò, il ragazzo obbedì e si inchinò davanti a lui con riverenza.
- Alzatevi, Fahraq – gli ordinò l’imponente regnante.
Egli lo fece. – Vostra Eccellenza. A cosa devo tale onore?
In quel momento, accanto a lui, giunse anche Hoxana, la quale lo guardò di sottecchi congelandolo sul posto, per poi inchinarsi anche lei.
- La nave mai più tornata con il carico di armi e di un altro strumento molto importante per l’ostaggio di lady Hoxana, era un vostro impegno, Fahraq. Potete darmi delle spiegazioni in merito?
- Con mio grande dispiacere, Vostra Maestà, io ne so quanto voi in merito. Ho assolto il mio compito di tesoriere e mercante proprio come ero abituato a fare nella mia amata Qarth, incaricando i vostri uomini di portare a termine il viaggio con l’intero carico. Suppongo sia stata una tremenda fatalità dovuta alla presenza casuale di una nave di pirati in quelle acqu-
- Io credo siano stati i Fantasmi, mio re – lo interruppe bruscamente Hoxana. – D’altronde, non sarebbe strano dato che hanno già portato molto scompiglio nei sette regni da quando hanno fatto la loro comparsa. Il popolo sta cominciando addirittura ad ammirarli e a deificarli – continuò sprezzante la donna.
- Nel caso fossero stati davvero loro … dovrei applicare una taglia sulla testa di quei fuorilegge e pagare profumatamente chiunque riesca a catturarli e a portarli a me. Se si fosse trattato solo di creare un po’ di caos generale li avrei lasciati fare, ma se stanno davvero cospirando contro la corona, appiccherò le loro teste su delle picche sparse in tutta la capitale dopo aver recato loro una morte dolorosa – affermò il re David con tono pacato e sereno.
- Non metto assolutamente in dubbio che la mia brillante conterranea possa aver ragione, Maestà. Ma, se fosse così, come sarebbero riusciti a venire a conoscenza della rotta della nave? Io sono il primo ad essere addolorato per il denaro sprecato a causa di tale funesto evento, per il carico di armi e per lo strumento di lady Hoxana andati perduti, una mercanzia affidata alla mia diligenza e responsabilità. Tuttavia, a meno che non si voglia sospettare la presenza di una spia nella vostra corte, mi vedo costretto a credere all’ipotesi che si sia trattato di un’orrenda casualità – affermò convinto, attendendo che il re effettuasse le sue riflessioni.
- Qualche soldato morto e un carico di armi perduto di certo non graveranno sulle finanze del regno né sull’esito di una guerra. Appenderò comunque una taglia sulla testa di quei Fantasmi, ma non indagherò oltre sulla questione. Se accadrà nuovamente qualcosa di così grave, non lo attribuirò più ad una casualità. Finora siete stato essenziale per noi, Fahraq, così come è stata salvifica l’alleanza stipulata con la vostra città. Mi fido di voi, ma non datemi alcun motivo di dubitare – disse alzandosi in piedi e raggiungendo il ragazzo, sovrastandolo col suo corpo possente. – Dovete sapere che, quando un mio fedele servitore commette un errore, io non lo punisco tramite la morte. Io sono un re clemente, Fahraq – disse avvicinandosi ancora e rimanendo calmo. – Per farlo ritornare sulla retta via gli do una semplice e unica lezione che gli rimarrà impressa per una vita intera – concluse il re rivolgendo uno sguardo fugace al suo Primo Cavaliere, il quale aveva la metà di faccia sfigurata coperta dalla benda.
- La vostra clemenza verrà ricordata nei secoli, Eccellenza – rispose Sam inchinandosi di nuovo con riverenza. – Vi garantisco, sul mio nome e sul mio prestigio, che non avrete mai modo di dubitare di me, Sire – affermò con convinzione.
- Bene – disse infine il re accennandogli un sorriso e ritornando a sedere sul suo trono.
Nel frattempo, Hoxana si allontanò, uscendo dalla sala del trono, contenendo a stento la sua irritazione.
Dopo essersi ripreso  dalle parole agghiaccianti del sovrano, Sam capì che era il momento ideale per seguirla e carpirle qualche informazione. – Aspettate, milady! – la richiamò facendo fatica a tenere il suo passo.
A ciò, ella si voltò, guardandolo dall’alto in basso. – Che cosa volete?
- Volevo ripetervi quanto io sia addolorato per la perdita del vostro strumento.
- Ripetermelo non farà in modo di farmelo avere. Dovrò rimediare alla perdita in altri modi – rispose facendo per voltarsi di nuovo, presa dalla fretta.
- State andando da lui? Per questo avete tanta fretta? – chiese improvvisamente, facendola voltare nuovamente. – Ho tanto udito parlare di voi a Qarth agognando la possibilità di conoscervi di persona un giorno. Si narra di voi come foste una dea creatrice, destinata a rivoluzionare le sorti del mondo. Ora che vi vedo qui dinnanzi a me, avrei voglia di riempirvi di domande per soddisfare la mia curiosità. Ma non ne ho mai l’occasione dato che raramente riesco a vedervi alla luce del giorno. Suppongo siate costantemente impegnata con lui. Si dice che l’esperimento di cui vi state occupando, quando sarà finito, sarà la vostra opera più grande. La creazione che il mondo aspettava di vedere.
- Non sono così cedevole alle lusinghe come vi aspettate, Fahraq. Ma riesco a leggere quella scintilla di curiosità nei vostri occhi e ciò mi provoca una lieve soddisfazione, lo ammetto. Ad ogni modo, se volete sapere qualcosa su di lui, è ancora troppo presto, mio conterraneo. Quando uscirà di nuovo alla luce del sole, tutti avranno modo di vederlo in tutta la sua meraviglia, di ammirare ciò che io ho creato.
- Suppongo, dunque, che tale supremazia rimarrà celata ai nostri occhi ancora a lungo.
- Non sono neanche a metà dell’opera. Il ragazzo necessita ancora di molte cure e attenzioni affinché il risultato finale sia impeccabile.
- Tuttavia, mi sfugge per quale motivo stiate tenendo ancora in vita suo padre. Perché non ucciderlo se vi serve solamente il ragazzo?
- Oh, Fahraq, suo padre ci è molto utile, invece: permette al ragazzo di non lasciarsi morire. Quello sciocco illuso non smetterà mai di rincuorare suo figlio riservandogli sempre e costantemente delle parole di amore e di conforto nonostante non siano fisicamente a contatto; così come il ragazzo non smetterà mai di sperare e di resistere fin quando udirà la voce di suo padre giungere alle sue orecchie. Se non ci fosse stato lui, sarebbe già morto, poichè il suo corpo e la sua mente non avrebbero sopportato il trattamento. Non lo sopporterebbe un uomo adulto, figuriamoci un ragazzo di sedici anni. Agli esseri umani serve qualcosa a cui restare aggrappati per sopravvivere mentre viene strappata via la loro umanità e divengono delle bambole nelle mani di un abile plasmatore – disse la donna sorridendo, per poi allontanarsi e ritornare dal suo esperimento.
Sam rimase senza parole per alcuni istanti, incapace di riprendersi da ciò che aveva appena udito. Avrebbe dovuto tirare Hayden fuori di lì. Qualsiasi prezzo sarebbe costato, lo avrebbe fatto. Qualsiasi.
Il giovane Tarly venne riscosso dai suoi pensieri quando vide l’erede dei Marbrand camminare a pochi metri da lui, seguito da altri soldati della Guardia Reale. Era sempre più convinto che gli servisse un appoggio, un alleato per riuscire in ciò che si era proposto, e se aveva anche solo un briciolo di speranza di trovarne uno, avrebbe dovuto sfruttarla, anche a costo di bruciare la sua copertura. – Ser Kylan! – richiamò la sua attenzione avvicinandosi al ragazzo.
Questo si voltò a guardarlo mantenendo il suo sguardo impassibile. – Posso aiutarvi, Fahraq?
- Avrei bisogno di parlarvi.
- Ora non ho tempo – dichiarò il cavaliere, raggiungendo poi il suo seguito.
A ciò, Sam ritornò nelle sue stanze per schiarirsi le idee e capire come agire. Valutò anche di mandare una lettera a GreyShade per avvertirlo di non effettuare più sabotaggi tanto catastrofici alle imbarcazioni della corona, altrimenti per lui sarebbe diventato sempre più difficile mantenersi la fiducia del re e non venire massacrato tramite una delle terribili torture per le quali il sovrano era ormai divenuto famoso. Senza contare che era sorta anche la questione di Eveline. Il giovane Tarly non sapeva dove fosse la sua amata cugina, così come gli altri, tutti dispersi, eccetto Hayden. Tuttavia, sperava con tutto il cuore che stessero bene e che se la stessero cavando in qualche modo, proprio come stava facendo lui. Presto li avrebbe ritrovati tutti. Ma il re non demordeva ed era deciso a trovare Eveline ad ogni costo, perciò, se la ragazza fosse riuscita davvero a scappare ad Essos e a nascondersi lì, avrebbe dovuto impedire in ogni modo possibile che le truppe del re giungessero nel continente orientale a cercarla. Il problema era capire come. 
Mentre pensava a tutto ciò, camminando avanti e indietro per la sua stanza, si accorse di aver completamente ignorato un messaggio lasciato sopra il tavolino da scrittura, appena entrato. Incuriosito, il ragazzo aprì il pezzo di carta e si pietrificò nel leggerne il contenuto: “So chi siete. Questa sera, a notte inoltrata, nelle segrete.”
 
 
- C’era una volta, una principessa troppo forte ed intelligente per il mondo che la circondava. Il viso della piccola principessa era metà umano e metà di pietra e suo padre la teneva rinchiusa in un castello, isolata da tutti, a causa del suo aspetto, per evitare che qualcuno la vedesse e per proteggerla.
- Dunque anche lei era odiata da tutti per ciò che era … proprio come me … - sussurrò Müren interrompendo inconsciamente il racconto di ser Davos.
- Esatto. Voi due eravate molto simili.
- E poi? Come va avanti il racconto, ser Davos? Cosa accadde alla principessa? – chiese incuriosita la piccola, voltandosi nel letto completamente dal lato in cui era sdraiato il Cavaliere delle Cipolle, accanto a lei.
L’uomo, rivolto verso il soffitto, accennò un sorriso nostalgico e continuò il racconto. – La principessa sognava di poter uscire fuori dalla sua prigione di pietra, di poter parlare e giocare con gli altri bambini e di poter scoprire il mondo, quello che puntualmente leggeva nei numerosi libri che amava. Un giorno, un buffo cavaliere con la testa a forma di ortaggio, incontrò la principessa e divenne suo amico. Lei gli insegnò la maggior parte delle cose che lui sa: gli insegnò a ritornare ad amare, a leggere, a meravigliarsi di ciò che lo circonda, a dire sempre ciò che pensa e a non vergognarsi di ciò che è. La principessa era l’insegnante del buffo cavaliere senza casa e senza meta – proseguì Davos facendo una pausa e continuando a fissare il soffitto della stanza assorto.
A ciò, la piccola seguitò nel guardarlo, sempre più curiosa e in aspettativa. – Che accadde alla principessa e al buffo cavaliere senza casa e senza meta, ser Davos?
- Un giorno, un freddo giorno d’inverno, in cui la neve violenta cadeva a terra e non lasciava tregua agli uomini, la principessa venne fatta uscire dalla sua prigione di pietra. Ella non capiva dove la stessero portando e perché suo padre avesse finalmente deciso di mostrarla al mondo. Era solo felice che lo avesse fatto. Ma la sua gioia si spense non appena comprese quale sarebbe stato il suo destino: degli uomini pazzi e crudeli guidati da suo padre, divenuto anch’egli pazzo e crudele, bramavano la luce che emanava la principessa speciale col volto metà umano e metà di pietra. Sapevano che ella fosse un tesoro prezioso per il mondo, anche fin troppo, perciò erano convinti di potersi dividere quel tesoro tra loro, togliendolo alla natura che l’aveva creata. Il fuoco degli uomini pazzi e crudeli prese la bambina e la portò con sé togliendola alla vita. Ma quegli assassini non riuscirono a prendersi la sua luce, poiché questa si diramò in cielo illuminando solo ogni essere vivente meritevole di riceverla.
A quel finale, la piccola Müren si tirò leggermente su dal materasso, per guardare meglio il volto di ser Davos rivolto al soffitto ed esprimergli il suo disappunto. – E il buffo cavaliere?? Lui dov’era? Erano amici. Lui … lui avrebbe dovuto proteggerla! – esclamò la bambina come se avesse pronunciato le parole più naturali del mondo, guardando allibita ser Davos.
A ciò, quest’ultimo si decise a voltare la testa verso di lei e mostrarle i suoi occhi lucidi. – Già, avrebbe dovuto. Ma lui non c’era. Non era lì per proteggerla e lei è morta per colpa sua.
In quel momento, i due vennero interrotti da una balia che entrò nella camera della principessa. – Maestà, c’è qualcuno che vi aspetta nella sala principale – le disse la donna accennandole un sorriso complice.
A quelle parole, la bambina arrossì di colpo e piombò giù dal letto ringraziando la balia e cominciando a cercare, tra una montagna di vestiti sparsi, un abito in particolare. Dinnanzi a quel bizzarro atteggiamento, Davos la guardò dubbioso. – Principessina? Che succede? C’è qualcosa che devo sapere? – le chiese mentre lei sembrava aver trovato l’abito che cercava. Lo guardò soddisfatta e se lo infilò dopo essersi  tolta i soliti vestiti. – Come sto, secondo te?? – chiese speranzosa all’uomo, che ormai considerava come un fidato amico.
- Proprio come una bellissima principessa ad un ballo regale, altezza – le disse sorridendole dolcemente e facendo sorgere un sorriso gioioso anche nel volto della bambina. – Lo hai cucito tu??
- Sì, molto tempo fa e attendevo solo l’occasione giusta per indossarlo!
- E quest’occasione sarebbe … ?
- Wylem mi ha invitato ad un ballo. Un ballo in cui saremo presenti solo noi due - annunciò abbassando la testa timida, per poi dirigersi velocemente verso la porta. – A dopo, ser Davos e grazie per la storia!
Dopo averlo salutato, scese le scale velocemente stando attenta a non inciampare a causa del lungo vestito che non era abituata ad indossare, e raggiunse il salone vuoto, trovando solo il suo amico ad aspettarla. Il bambino le sorrise con il suo solito bel sorriso contagioso e si avvicinò inchinandosi a lei. Müren ricambiò il sorriso e si inchinò a sua volta, notando subito che anche lui fosse vestito elegante per l’occasione.
Solo nel momento in cui il ragazzino le porse la mano, la principessa prese coscienza di un particolare che aveva completamente tralasciato quando aveva desiderato che lui la invitasse a ballare. – Io … - balbettò lei cominciando a sudare freddo all’idea di prendere quella mano. Wylem sapeva bene che lei aveva problemi con i contatti umani e aveva sempre rispettato questa sua fobia, ma, forse, ora si aspettava che lei facesse un’eccezione, pensò Müren. D’altronde, come avrebbero potuto ballare senza toccarsi? E una volta cresciuta e diventata donna? Come avrebbe potuto indossare un vestito da sposa o andare ad un ballo senza toccare l’uomo che amava? O i suoi futuri figli? Questi pensieri la rabbuiarono improvvisamente e la fecero indietreggiare spaventata.
- Non devi prenderla – si affrettò a rassicurarla Wylem, sorridendole dolcemente come faceva sempre. – La mia mano. Non devi prenderla. Fai solo finta – la incoraggiò.
A quelle parole, Müren si calmò e ricominciò a gioire, accorgendosi di come lui fosse il solo capace di rincuorarla e rasserenarla solamente con uno sguardo. A ciò, la principessa allungò la mano e fece finta di appoggiarla sopra quella del suo cavaliere. Non appena lo fece, Wylem la accompagnò in mezzo al salone e finse di prenderla in vita come avveniva nei balli di corte tra il cavaliere e la sua dama, mentre Müren mimò i suoi gesti sorridendogli felice e iniziando a muoversi seguendo la sua andatura e i suoi passi.
- Il tuo vestito è molto bello – le disse il bambino.
- Sono contenta che ti piaccia! L’ho cucito io. E anche tu stai molto bene.
- Te l’ho sempre detto che sei bravissima a cucire!
Dopo una breve pausa in cui continuarono a ballare e a sorridere, Müren ruppe il silenzio. – È così strano ballare senza musica. Non ho mai ballato con qualcuno.
- E io non ho mai ballato con una principessa. Pensavo di non poterlo neanche sognare.
- Non ti dà fastidio? Insomma … il dover ballare e stare in mia compagnia come fai sempre … ma dovendo costantemente stare attento a non sfiorarmi – chiese la bambina abbassando lo sguardo.
- No, affatto. Perché me lo chiedi?
- Perché io non ho mai avuto amici … gli altri bambini mi prendono in giro, mi ignorano e non vogliono stare con me per questo motivo.
- Gli altri bambini sono solo degli stupidi …
A ciò, la piccola sorrise, immensamente felice di aver trovato qualcuno in grado di accettarla per come fosse.
Oberyn, intanto, si stava dirigendo a passo svelto verso la sala in cui solitamente lui e i suoi compagni si accordavano per le strategie di battaglia, le alleanze e gli trattative. Nel dirigersi lì, attraversò il salone in cui ballavano i due bambini, accorgendosi dei due solo secondariamente. L’uomo, intenerito, rimase in un angolo ad osservarli per un po’ prima di andare, e si rese conto che anche Bridgette li stava guardando in disparte, dall’altro lato della sala, con un sorriso ad ornarle il volto solitamente serio e freddo. La Vipera fece per avvicinarsi a lei facendo attenzione a non disturbare i due, ma l’atmosfera venne bruscamente interrotta da delle guardie intente a trasportare l’altro figlio maschio di Euron Greyjoy incatenato e a testa bassa.
Bridgette, non credendo ai suoi occhi e sgranandoli, si scagliò sulle guardie in cerca di spiegazioni, mostrandosi vulnerabile e umana per la prima volta dinnanzi alla Vipera. – Che accidenti state facendo?! Dove state portando mio fratello?? Adrian, che succede??? – chiese la giovane donna sconvolta.
A ciò, il ragazzo la guardò con sguardo grave. – Ho confessato, Bee. Ho confessato l’omicidio di Blake Harlaw.
A quella rivelazione, sia Oberyn che Bridgette rimasero a dir poco interdetti.
- Che cosa …? – gli chiese con la voce rotta la ragazza provando nuovamente ad avvicinarsi a lui ma venendo bloccata dalle guardie.
- Dobbiamo portarlo nelle prigioni, lady Bridgette. Tenetevi a dovuta distanza.
- A dovuta distanza?? Per i sette venti, è mio fratello!! Non potete impedirmi di avvicinarmi a mio fratello!! Voi non lo porterete da nessuna parte! – urlò cominciando a perdere la ragione, tanto da dover essere trattenuta da Oberyn, il quale si fiondò su di lei bloccando i suoi movimenti da dietro, per evitare che la situazione degenerasse ancora e che le guardie fossero costrette ad utilizzare le maniere forti per allontanarla. Bridgette provò a dimenarsi dalla sua forte presa, muovendosi e ribellandosi come una belva inferocita. – Lasciatemi!!! Non possono portarlo via!!
- Non lo farò fin quando non vi sarete calmata, milady!! Ditemi, cosa avete in quel corpo? L’Altofuoco?? – le chiese cercando di continuare a trattenerla.
In quel momento di caos, piombarono nella sala anche le due sorelle mancanti, raggiungendo incredule le guardie che trasportavano Adrian.
- Vi prego, ser! Tra pochi giorni mi sposerò!! Non imprigionatelo, vi prego!! – li scongiurò Camille con le lacrime agli occhi e poggiando le mani sulle loro braccia.
- Ha confessato l’omicidio del principe, milady. Non possiamo concedergli alcuna grazia.
A ciò, Ireen, la sorella minore tra le tre, si voltò verso Bridgette fulminandola con uno sguardo furioso, uno di quegli sguardi che la Vipera Rossa non vedeva da molto, molto tempo. – Che cosa stai facendo lì?? Fermali!! Fai qualcosa!! Fai qualcosa!! – le urlò scagliandosi su di lei e dando inizio ad una lotta tra sorelle violenta, fatti di schiaffi, strappi di capelli, di vestiti, colpi ben assestati e morsi, sotto lo sguardo incredulo di tutti i presenti. Nonostante Oberyn stesse ancora trattenendo Bridgette, le due non sembravano intenzionate a smettere di massacrarsi a vicenda, in particolar modo Ireen, la quale stava venendo a fatica trattenuta da una delle guardie. Camille urlava alle due sorelle di smettere in lacrime e disperata, mentre gli uomini che trasportavano Adrian ne approfittarono per completare il loro cammino e giungere alle prigioni.
A quel punto, Wylem, ancora sotto shock per tutto ciò che si era trovato dinnanzi, fece per seguire suo fratello, raggiungendo le guardie che lo stravano portando via. Prima che si allontanasse definitivamente dalla sua vista, Müren lo richiamò. – Wylem, aspetta!
- Non posso, Müren! Stanno portando via mio fratello! – le rispose in tono ancora sconvolto, per poi proseguire correndo verso le guardie.
In quel momento, Theon fece il suo ingresso e si avvicinò a sua nipote. Accortasi di lui, la bambina si voltò a guardarlo intristita e addolorata. – Zio Theon … cosa gli faranno?
- Ha confessato, piccola. Ciò vuol dire che a breve verrà programmata la sua esecuzione – rispose Theon con tono deciso.
- Cosa?? No! Wylem ne soffrirà tantissimo!
- È giusto così, Müren. Non vuoi più ottenere giustizia per la morte di tuo fratello? – le chiese lasciandola boccheggiante e con lo sguardo perso.
 
 
Eveline si accertò che  nella tenda non vi fosse nessuno e velocemente prese in mano un frammento di specchio da sotto il suo letto, lo appoggiò sopra il materasso ed afferrò una daga facendo scorrere la lama sul suo avambraccio e provocandosi un lungo taglio.
- Inai Aared Margaery Tyrell – pronunciò tenendo gli occhi chiusi e concentrandosi mentre attendeva che il suo sangue colasse in abbondanza sul frammento. Quando ciò avvenne, lo specchio smise di riflettere ciò che si trovava dinnanzi ad esso, cominciando a cambiare gradualmente, fin quando sulla sua superficie non comparve l’immagine della madre della giovane Targaryen, distesa sul letto e semicosciente a causa della sua malattia. La fanciulla intenerì lo sguardo vedendola e accarezzò dolcemente lo specchio, come se stesse accarezzando la pelle della donna. – Non temere, mamma … ti prometto che andrà tutto bene. Resisti ancora un po’, mamma – sussurrò con la voce spezzata mentre i suoi occhi divenivano lucidi.
- Che stai facendo? – chiese improvvisamente una voce tremendamente familiare alla ragazza. Eveline si voltò di soppiatto e trovò l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento. Myranda si avvicinò alla sua amica velocemente, strappandole dalle mani il frammento di vetro e osservando sconvolta l’immagine di Margaery sdraiata nel letto di una delle stanze di Grande Inverno. La giovane Lannister si pose una mano davanti alla bocca aperta per poi rivolgere lo sguardo nuovamente ad Eveline.
- Posso spiegarti – le disse quest’ultima.
- Tu … tu puoi vedere chiunque tu voglia in qualsiasi parte del mondo si trovi tramite quest’incantesimo??
- Non chiunque io voglia, Myranda. Altrimenti te ne avrei parlato.
- Giusto, mi piacerebbe sapere perché tu non l’abbia fatto! In questo modo avremmo potuto vedere tutti! Avremmo potuto scoprire se Ruben è ancora vivo, avrei potuto accertarmi dello stato di mio padre, avremmo potuto scoprire che accidenti stanno facendo ad Hayden!
- Non ti ho detto nulla perché ti conosco e sapevo avresti reagito in questo modo!
- Da quanto tempo sai farlo??
- Qualche mese … - ammise Eveline, guadagnandosi un’occhiata nuovamente sconvolta da parte di Myranda. - Myranda, credi che se avessi potuto vedere tutti non te lo avrei detto e non mi sarei accertata anche dello stato di tutti gli altri?! Le mie capacità non arrivano a tanto! Anche io voglio sapere come stia tutta la nostra famiglia ma, purtroppo, non ho un potere illimitato!
- Chi riesci a vedere?
- Solo mia madre finora. Credo sia dovuto al fatto che condivide metà del mio stesso sangue – le disse mostrandole il lungo taglio ancora aperto sul braccio.
- Per tutti gli dei, Eve! – esclamò la giovane Lannister avvicinandosi e controllandole la ferita preoccupata.
 – Non è nulla … - la rassicurò Eveline.
- Se compi questo incantesimo già da qualche mese, come ho fatto a non accorgermi delle tue ferite sulle braccia?
- Stando a contatto in maniera più profonda con la terra, le mie ferite guariscono più velocemente.
- Beh, se è così, dì al tuo amico stregone di rivelare anche il mio mantra! – esclamò la fanciulla smorzando l’atmosfera e provocando una risata in entrambe.
- Ho provato a fare lo stesso per vedere altri che hanno il mio stesso sangue, come Hayden. Ma non funziona … ho tentato talmente tante volte … - disse sconsolata la ragazza.
- Non dovevi rischiare tanto. Sono arrabbiata con te perché il tuo coraggio e la tua intraprendenza potrebbero portarti a rischiare troppo, come fai ogni giorno. Ciò che stai facendo non è una cosa da nulla, Eve. Molti esseri umani sono morti prima di completare la trasformazione in stregoni, a detta del Silenziatore. Senza contare che il solo stare quasi ogni giorno a contatto con quello, è di per sé un grande pericolo.
Eveline le prese la mano e la strinse. – Non sono l’unica coraggiosa e che rischia molto qui – le sussurrò sorridendo.
- Io?? Io non faccio nulla, Eve! Mi occupo solo del villaggio. Non affronto situazioni pericolose e che mi mettono alla prova – rispose nervosamente Myranda, trovandosi a disagio nel mentirle così spudoratamente.
- Non è affatto vero, Dada. Forse non te ne accorgi, ma stai crescendo molto. Stai diventando una donna tenace, forte e sicura, ma mantenendo la tua meravigliosa personalità solare ed estremamente sensibile. Ti stai occupando di loro mentre io mi do da fare per trovare una cura per mia madre. Quello che fai non è affatto da poco.
In quel momento, le due vennero interrotte dal piccolo Naaro che entrò nella tenda e richiamò la loro attenzione. Il bambino disse loro in lingua dothraki di tapparsi gli occhi. Le ragazze si rivolsero uno sguardo, poi obbedirono facendosi guidare dal piccolo che, stringendo le loro mani, camminava lentamente. Quando furono condotte fuori dalla tenda e avvertirono il sole cocente scottare sulla loro pelle e sui capelli, ebbero il permesso di aprire gli occhi. Solo a quel punto si resero conto di che giorno fosse. Con tutto ciò a cui avevano dovuto pensare e con la discussione appena avuta, si erano completamente dimenticate che quella data corrispondesse alla loro data di nascita. Per un caso voluto dagli dei erano nate nello stesso giorno dell’anno, anche se a distanza di due anni l’una dall’altra, e ogni festeggiamento per quell’occasione era sempre dedicato ad entrambe. I dothraki avevano preparato dei fastosi festeggiamenti anche lo scorso anno per quell’occasione, ma, in quell’istante, le due ragazze pensarono che si fossero superati: quasi tutti i componenti del villaggio erano presenti, eccetto i guerrieri impegnati a combattere; avevano preparato montagne di cibo sia occidentale che tipico della popolazione dothraki, come succulenta carne di molti animali differenti; le donne cantavano canzoni in dothraki e nella lingua comune danzando felici e coinvolgendole, riempendole di fiori e di semi, fino a quando gli uomini le presero in braccio, tenendole sospese in aria, e le trasportarono nel luogo in cui si sarebbero tenuti altri festeggiamenti.  Oramai erano parte del villaggio, erano loro figlie acquisite e venivano trattate come tali, amate più che mai e maneggiate come dei doni preziosi donati loro dagli dei.
Eveline e Myranda si divertirono immensamente, dimenticandosi quasi per un intero giorno, di tutte le preoccupazioni che le affliggevano: ballarono con i loro amici più stretti tra cui Veherek, giocarono e cantarono con i bambini, mangiarono fino a scoppiare e risero come non avevano mai fatto. Sembrava tutto perfetto.
Alla fine della giornata, quando la notte era già giunta rapida e profonda, le due rimasero sedute nel gazebo di fronte al laghetto, il loro luogo preferito per guardare la luna e le innumerevoli stelle di quel piccolo idillio.
Eveline accarezzava i capelli del piccolo Naaro addormentato sulle sue gambe, mentre Myranda faceva lo stesso con quelli di Lheli, seduta su di lei ma ancora sveglia.
- Nelle porte dell’Elm l’argento ricopriva il cielo.
Nelle porte dell’Elm i bambini volavano insieme alla fate.
Loro reggevano in mano delle primule per riuscire a vederle,
le fate donavano loro l’Aspen per proteggerli dai pericoli del loro coraggio
ed Heather era in mezzo al lago dorato per donare sorrisi.
Ma nelle porte dell’Elm, in realtà, non c’era nessuno
perché il bosco dimenticato aveva perduto le sue figlie.
Loro erano l’Elm – intonò la giovane rosa continuando ad accarezzare i capelli scuri del bambino e a guardare la luna.
Myranda la osservò. – Quando eravamo piccole non cantavi mai. Sei brava – le disse sorridendo.
- Forse sono questi diciassette anni che hanno portato dei cambiamenti in me – rispose Eveline con voce spensierata.
- E questi nuovi quindici anni, invece, che cambiamenti avrebbero portato in me? – chiese pensierosa la giovane Lannister.
- Hai i capelli più chiari – rispose d’istinto Lheli con gli occhi insonnoliti, notando il biondo schiarito della chioma della ragazza, oramai liberata da parecchio del peso della tintura. Myranda le sorrise e continuò ad accarezzarle i capelli.
Eveline, d’altro canto, si immerse nei suoi pensieri nuovamente emergenti, data la fine dei festeggiamenti:
- Come ci sei riuscita? – le aveva chiesto lo stregone.
- Ho messo in pratica le mie conoscenze e ho sperimentato, come faccio sempre – le aveva risposto lei.
- Questo è un incantesimo di tipo potenziale.
- Vuol dire che è uno di quelli che devo evitare di praticare?
- No, puoi continuare se senti di volerlo fare. D’altronde, oramai hai raggiunto sia una certa esperienza che una stimabile fama, fiore del Nord – le rispose l’uomo accennando un sorriso semisoddisfatto.
- Ma? Conosco quello sguardo, Aris – gli disse lei affilando lo sguardo.
- Ma non basterà per riuscire a vedere chiunque abbia il tuo stesso sangue. Di tipo potenziale sta ad indicare la necessità di sacrificare sempre di più per far aumentare il suo potere. In questo particolare caso, se vuoi la possibilità di osservare anche coloro che condividono con te una porzione minore del loro sangue, come i tuoi zii o il tuo cugino carnale, non ti basterà un taglio sul braccio. Dovrai versare litri e litri del tuo sangue.
- Posso provarci comunque … - rispose la ragazza riflettendoci su.
- Non credo che tu possa farcela senza morire dissanguata, Aradia – le disse avvicinandosi. – Piuttosto, perché non hai considerato la possibilità di poter vedere qualcun altro di molto più raggiungibile con qualche goccia di sangue, proprio come tua madre? D’altronde, le persone che condividono metà del tuo sangue sono solo due – disse l’uomo facendola letteralmente sbiancare.
- Mio … mio padre?? Io ... io lo avevo escluso a priori. D’altronde, lui non è propriamente vivo … non funzionerebbe mai.
- Se la sua esistenza continua, puoi vederlo, indipendentemente dal fatto che sia vivo nel vero senso del termine oppure no – le rispose prontamente lo stregone.
Eveline si voltò dall’altro lato stringendosi le mani sulle braccia incrociate in una sorta di abbraccio e facendo trascorrere qualche minuto prima di rispondere e di metabolizzare quella possibilità che la rendeva tanto viva e felice e che la spaventava allo stesso tempo.
- Non sono ancora pronta.
 
- Eve? Eve, ti sei imbambolata? – le chiese Myranda risvegliandola dai suoi pensieri e dal ricordo di quella conversazione.
- Scusami, Dada, sono un po’ sovrappensiero. Ad ogni modo, volevo ripeterti che mi dispiace di non averti detto nulla prima, riguardo l’incantesimo. Avrei dovuto farlo, ma, a volte, per evitare di far soffrire chi amo, tendo a sbagliare e ad agire d’istinto anche se so che quello che faccio è un errore. Mi conosci. Io mi fido totalmente di te, Myranda. Perciò, puoi perdonarmi? D’ora in poi cercherò sempre di dirti tutto. D’altronde, se noi due non ci diciamo ogni cosa, chi dovrebbe farlo?? – le disse la giovane rosa con sguardo accorato e stringendole le mani sulle sue, facendo salire un orribile senso di colpa nello stomaco della sua amica, la quale cominciò a sudare lievemente.
- Eve … devo parlarti di una cosa … - si decise finalmente la fanciulla, spronata anche dal discorso che Eveline le aveva appena fatto.
- Sì? Cosa vuoi dirmi?
- Io … - ma venne interrotta dall’arrivo di Veherek, il quale sbucò come dal nulla dinnanzi a loro, porgendo alle due degli enormi mazzi di fiori.
- Rose viola per Eve … – disse il ragazzo donando il mazzo ad Eveline. - … e gardenie per Mia – disse ponendo il secondo mazzo nel grembo di Myranda, la quale ricevette anche un bacio sulla tempia da parte del giovane dothraki.
- Cosa? Come? Come le hai trovate? Qui non crescono rose viola. Io riesco a crearle artificialmente grazie alla magia – gli disse Eveline dubbiosa ma gioiosa e grata di quel meraviglioso dono da parte dell’amico.
- Anche io ho i miei trucchetti - rispose Veherek ricambiando il sorriso, per poi rivolgere lo sguardo alla giovane Lannister intenta ad annusare le splendide gardenie. – Eve, ti dispiace se la rubo per un po’? – chiese il ragazzo immaginando già la risposta della sua amica.
Questa sorrise complice e li guardò entrambi. – Certamente. Passa un po’ di tempo con la tua dolce dama – lo incoraggiò.
- Eve, sei sicura?
- Dada, siamo state insieme tutta la giornata. E poi ho talmente sonno, che potrei addormentarmi qui da un momento all’altro, proprio come questi due piccoli uragani – rispose accarezzando di nuovo le testoline addormentate dei due fratellini. – Andate.
A ciò, i due si allontanarono e Veherek, tenendola per mano, condusse Myranda in un luogo più appartato, un piccolo spazio al chiaro di luna con un fuocherello acceso. – Veherek … non dovevi – gli disse la fanciulla ancora non riuscendo a nascondere la sua timidezza, nonostante il loro rapporto fosse evoluto molto durante quell’anno.
- Non dirlo. Abbiamo festeggiato insieme agli altri, ma avevo bisogno di trascorrere i tuoi nuovi quindici anni da solo con te, anche per poco – le rispose.
A ciò, la ragazza sorrise ancora e gli si avvicinò guardandolo dal basso. – Sei diventato molto bravo a parlare la lingua comune, lo sai? Sembra quasi che sia la tua lingua madre. Mi piace molto quando la parli. E anche quando parli il dothraki – ammise.
- Ma non sono ancora finite le cose che puoi imparami, milady – disse lui cercando di simulare un inchino in stile occidentale.
Myranda sbarrò gli occhi sorpresa. – Che stai facendo?
- Voglio che mi insegni a ballare. A ballare veramente, come fate nel continente occidentale, nelle corti – rivelò il ragazzo speranzoso.
A quelle parole, la fanciulla sorrise ancora, prese le mani di Veherek e le guidò appoggiandole sul suo fianco e sulla sua schiena come usava fare un cavaliere occidentale con la sua dama, durante un ballo. Dopo di che, posizionò le mani anche lei su di lui e cominciò a muoversi lentamente per permettergli di seguire i suoi passi. Il giovane dothraki impiegò solo qualche secondo per apprendere il meccanismo e guidare egli stesso le danze.
- C’è qualcosa che non sai fare? – gli chiese Myranda simulando una voce finta indispettita. – Penso che tu sia la persona, tra tutte quelle che ho conosciuto, che impara più in fretta.
- Ti senti frustrata? – scherzò lui facendola improvvisamente girare su sé stessa. – Voglio venire in occidente, un giorno. Voglio imparare molto di più – disse con occhi sognanti.
- Sarei felice di portarti a Grande Inverno! – esclamò la ragazza non potendo impedire ai suoi pensieri di ritornare inevitabilmente alla sua amata casa che tanto le mancava. – Sai, Veherek, io sto molto bene qui. Questa è la mia seconda casa oramai.
- Ma?
- Ma non posso fare a meno di sentire una tremenda mancanza della mia vera casa, a Grande Inverno. Vorrei poter tornare …
- Lo so, lo capisco. Però non è ancora il  momento di tornare per te ed Eve. Dovete pazientare ancora un po’.
A quelle parole, la ragazza si intristì. – Quanto dovremo attendere ancora? Insomma, è già trascorso un anno e la situazione sembra solo peggiorata …
- Non è prudente, Myranda. Vi stanno ancora cercando ovunque e se solo vi trovassero, sarebbe la fine per voi! Le voci che arrivano da occidente dicono addirittura che il re ha intenzione di mandare i suoi uomini a cercarvi anche qui ad Essos; perciò dovremo fare più attenzione nei prossimi giorni. Inoltre, Eve deve ancora trovare la cura per la malattia di sua madre. Lei morirà se torna senza averla scoperta.
- Sì, lo so – disse la ragazza pensierosa, guardando verso il cielo stellato, mentre si divideva da lui e si sedevano vicini dinnanzi al fuoco. – A proposito di Eve … mi sembra così strano che non sia circondata da principi e lord che richiedono la sua mano. Insomma, lei è bellissima e non la si può non notare …
- Ti stai chiedendo perché tu ora sei qui con me e lei invece non è con qualcuno che la tratti come la sua dama, per caso? Lei è troppo forte e bella, Mia. Gli uomini dothraki  sono spaventati da lei. Non nel senso che hanno paura di lei; intendo dire che le donne come Eve sono difficili da gestire e da raggiungere. I dothraki vogliono una compagna da poter sottomettere. Lei, invece, dà l’impressione di essere una ragazza che non si sottometterebbe nemmeno agli dei – disse Veherek con naturalezza, mentre con un ramo animava il fuoco.
- Anche tu vuoi una ragazza da poter sottomettere? – chiese improvvisamente Myranda, facendo prendere brutalmente coscienza al giovane di quanto potesse essere mal interpretabile ciò che aveva appena detto.
- No, Myranda, non volevo dire quello …
- Lo so, stavo solo scherzando, sta’ tranquillo – lo rassicurò lei sorridendogli intenerita e sedendosi rivolta verso di lui, più vicina. Il ragazzo la imitò e le si fece più vicino a sua volta.
- Io voglio te perché mi piaci così come sei.
- E come sono? – le chiese lei.
- Qual è il tuo fiore preferito? – le disse rispondendole con un’altra domanda e cominciando a carezzarle delle ciocche di capelli.
- La gardenia, ma questo lo sai. Mi hai anche donato un mazzo di gardenie poco fa – rispose lei incerta.
- E sai perché il tuo fiore preferito è proprio quello? – continuò lui sfiorandola delicatamente, come fosse un cristallo in procinto di rompersi.
- Mi attira e mi piace il suo aspetto. Non c’è un motivo preciso.
- Forse tu non lo sai ma il tuo corpo sotto sotto ne è attirato perché sa.
- Che cosa sa?
- Sa che la gardenia è il fiore dell’intensità e della sensibilità. Il suo significato è molto particolare e pieno di sfaccettature: indica che la persona a cui appartiene vive in un mondo distante dalla realtà, un mondo fatto della materia del sogno; dice che il suo possessore prova sensazioni fortissime, più potenti di quelle che sono capaci di provare tutti gli altri, e che, di fronte alle scelte più importanti, si affida al suo cuore – le sussurrò, mentre Myranda lo guardava incantata da quelle parole, carezzandogli la mano che a sua volta la carezzava.
La giovane Lannister sembrò rendersi conto solo in quel momento di quanto il ragazzo dinnanzi a lei fosse bello. I grandi occhi scuri, i lineamenti sensuali e la pelle color cacao sfumato risaltavano maggiormente dinnanzi al fuoco, il quale metteva in luce ogni suo pregio del viso e del corpo slanciato e scolpito dagli intensi combattimenti. I due estinsero la poca distanza tra loro all’unisono, donandosi un intenso bacio come quelli che si erano già concessi più volte. Si lasciarono andare esplorando i loro corpi con delicatezza e approfondendo sempre maggiormente il contatto tanto desiderato, fin quando Veherek non si staccò leggermente dalla fanciulla. – Mia, ne sei sicura?
- Di cosa? – chiese ancora annebbiata da quelle dolci e passionali sensazioni che invadevano il suo corpo da poco sbocciato.
- Non ci siamo mai spinti così oltre. Sei sicura di voler continuare? – le chiese facendole prendere coscienza solo in quel momento di quanto si fosse avvinghiata a lui spingendolo verso di lei e rendendo il rapporto maggiormente focoso.
- Credo di sì … - rispose Myranda contenendo il fiatone e cercando di calmarsi, per poi prendergli il viso tra le mani e riavvicinarlo a sé con più calma.
In quel momento, l’atmosfera venne completamente interrotta da degli uomini incappucciati che si avvicinarono ai due.
Myranda, ricordando le parole pronunciate da Veherek poco prima, temette che i soldati del re fossero già giunti ad Essos e che fossero riusciti a trovarle. – Che cosa volete? – chiese la giovane Lannister mentre questi continuavano ad avvicinarsi. – Veherek, sono in sei. Tu occupati di quelli a destra e io di quelli a sinistra.
- Certo. Fa’ attenzione – le disse lui lasciandole un’arma e scagliandosi contro alcuni di loro, mentre Myranda cominciò a dare sfoggiò delle sue doti acquisite di combattente con gli sconosciuti rimanenti. Nonostante la statura più bassa, la ragazza si fece valere e li colpì con forza con la spada, riuscendo a reggere loro testa anche corpo a corpo quando la disarmarono. Dopo qualche minuto di violento combattimento, l’abilità e il maggior numero degli sconosciuti prevalse, tanto da permettere loro di immobilizzare la fanciulla. Veherek, nonostante provasse a correrle in soccorso, veniva costantemente attaccato dagli altri tre, i quali gli stavano dando non poco filo da torcere.
- Chi siete?! Non siete occidentali, non combattete come gli occidentali! Dunque, chi accidenti siete?? – chiese la ragazza cercando di liberarsi dalla loro stretta.
In quell’istante, i sei sconosciuti cominciarono a contorcersi e ad alzarsi da terra, rimanendo sospesi in aria mentre Eveline avanzava verso di loro con passo deciso e le braccia alzate.
- Eve, giusto in tempo! – esclamò Myranda raggiungendo la sua amica.
- Lasciaci andare! Ti prego!! – la pregò uno di loro ancora intento a contorcersi per il dolore insieme agli altri.
A ciò, Eveline li fece ricadere a terra e si avvicinò rivolgendo loro uno sguardo fulminante. – Rivelate la vostra identità.
Non appena si furono ripresi, i sei si tolsero il cappuccio mostrando i volti, non molto lontani da quelli occidentali, ma con alcune caratteristiche che li distinguevano nettamente da loro. – Dunque, è vero ciò che dicono della strega chiamata Aradia. Proveniamo da Qarth, mia signora. Gli Eterni e i Superni ci hanno incaricato di invitarvi nella nostra città. La vostra fama è giunta a noi e desiderano incontrarvi.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** Alleanze stipulate e bugie rivelate ***


Alleanze stipulate e bugie rivelate
 
Sam si alzò il cappuccio marrone e afferrò la fiaccola, impaziente ma anche spaventato all’idea di incontrare la persona che aveva scoperto la sua identità. Si era fatto decine di ipotesi durante la giornata, dopo aver letto quel messaggio. Aveva pensato a Xavier, a Lukell e persino a lord Colten. In ogni caso, sarebbe stato pericoloso presentarsi all’incontro, soprattutto perché non sapeva che intenzione avesse l’individuo che aveva scoperto ogni cosa. Sicuramente avrebbe voluto minacciarlo. Nel bel mezzo di tali ragionamenti, Sam non riusciva a capacitarsi di cosa avesse sbagliato, in cosa fosse stato colto in fallo, e nonostante pensasse e ripensasse al suo comportamento recente, non gli venne in mente nulla.
Prima di uscire dalla sua stanza e scendere le scalinate a notte inoltrata, il giovane Tarly decise di portare con sé una daga. Sapeva che quella banale arma non gli sarebbe servita a nulla se si fosse trovato dinnanzi un abile cavaliere armato fino ai denti; tuttavia, non poteva assolutamente rifiutarsi di presentarsi all’incontro. I tempi in cui la paura accecava il suo animo erano terminati.
Scese le scale facendo meno rumore possibile e passando dinnanzi all’entrata sigillata che avrebbe condotto al luogo degli orrori in cui era imprigionato il suo amato cugino, e, forse, anche Jon. Guardò quella porta di sfuggita, consapevole di non poterla aprire in nessun modo possibile, dato che, sotto richiesta di Hoxana, il re aveva rinforzato il portone ai limiti del verosimile, sostituendo le sorveglianza delle sue guardie con un tipo di sicurezza ben maggiore. Tuttavia, il ragazzo non poté fare a meno di udire dei forti lamenti provenire da oltre quella porta sigillata. Erano lamenti che non aveva mai udito durante il giorno. Ciò lo scosse ancora di più, portandolo a figurarsi nuovamente nella mente immagini di Hayden torturato e trattato come la peggiore delle bestie, pensieri che, con il passar del tempo, gli facevano sempre più male. Il giovane Tarly provò ad ignorare quei lamenti e a continuare per la sua strada, restando all’erta per evitare di percorrere corridoi che lo costringessero ad incrociare dei soldati ancora in giro per il palazzo.
Non appena giunse alla meta, prese un bel respiro per prepararsi al momento della verità e alzò la fiaccola per illuminare le segrete vuote e buie. Pensò di dire qualcosa per attirare l’attenzione dell’individuo che gli aveva dato appuntamento in quel luogo, ma preferì attendere che quest’ultimo facesse la prima mossa palesandosi. Se avesse voluto ucciderlo, avrebbe sicuramente rivelato il suo segreto al re invece di incontrarlo di nascosto, dunque poteva almeno tranquillizzarsi sulla possibilità di essere attaccato alle spalle.
Dopo qualche minuto, udì dei passi penetrare il buio e riuscì a scovare una figura incappucciata come lui accendere tre delle fiaccole presenti nelle segrete per permettere loro di avere abbastanza luce. Quando la figura, ancora di spalle, si abbassò il cappuccio mostrando i suoi capelli biondi, Sam lo riconobbe subito, ed ebbe la conferma non appena il ragazzo si voltò verso di lui. Kylan Marbrand, colui che si era proposto di conoscere più approfonditamente per scoprire se fosse stato possibile averlo come alleato, era in piedi di fronte a lui.
- Parlate, ser Kylan – disse Sam avvicinandosi al cavaliere ma rimanendo sull’attenti.
- Non sarebbe stato prudente avvertirvi anche riguardo la mia identità e le mie buone intenzioni sul messaggio, Fahraq – gli disse per rassicurarlo e ponendo l’accento su quel nome che sapeva essere fasullo.
- Cosa credete di sapere, ser? – chiese il giovane Tarly ancora incerto su come avesse fatto l’erede dei Marbrand a smascherare la sua copertura.
- Ho cominciato ad avere dei piccoli sospetti sulla vostra identità. Sospetti che non avrei potuto confermare in nessun modo se non in questo, data la vostra estesa capacità recitativa.
- Anche voi non siete da meno – rispose prontamente Sam, guadagnandosi uno sguardo confuso da parte del suo interlocutore. – Avevo intenzione di parlarvi per scoprire se mi sarei potuto fidare di voi, dato che anche io ho notato delle piccole falle nella vostra maschera da perfetto cavaliere e lord comandante della Guardia Reale. Ma, a quanto pare, sono stato anticipato.
- Ad ogni modo, se aveste ceduto alla mia richiesta e vi foste presentato all’incontro, avrei avuto la certezza di non sbagliarmi.
- Ovviamente. Qualunque uomo sotto una falsa identità avrebbe accettato il vostro invito per non condannarsi a morte da solo. Vi confesso che sono estremamente sollevato che si tratti di voi e di non essermi sbagliato sul vostro conto, ser Kylan.
- Potete stare tranquillo. Non voglio rivelare nulla al re, né a mio padre e ad altra anima viva.
- Dunque i nostri interessi sembrano coincidere.
- Non sono neanche interessato a conoscere chi siete realmente o cosa vi spinga a fingervi un prestigioso mercante di Qarth, se non desiderate rivelarmelo. Voglio solamente capire quali sono le vostre intenzioni e se possiamo stipulare una provvisoria alleanza in questo covo di vipere.
- Anche io sono della stessa opinione, ser Kylan. Tuttavia … ritengo che, se vogliamo iniziare a fidarci l’uno dell’altro, dobbiamo necessariamente rivelarci cosa ci spinga a cercare così determinatamente l’uno l’aiuto dell’altro. – A quell’affermazione, Kylan annuì attendendo che il ragazzo dicesse chi fosse realmente. – Mi chiamo Sam Tarly.
- Tarly? Siete il figlio di Samwell Tarly? Quello che ha dato l’allarme Estranei in tutti i sette regni e che ha preso parte alla Battaglia Finale?
- Proprio lui – rispose il ragazzo ripensando, con un velo di malinconia, alla tragica morte di suo padre. – Vi ho visto al banchetto tenuto a Grande Inverno più di un anno fa, ser Kylan. Avete ballato con mia cugina Eveline. Voi non mi riconoscete a causa del travestimento.
- Cugina?
- Vivevamo tutti a Grande Inverno come una grande famiglia prima che David Crakehall salisse al trono con la forza e la tirannia che lo caratterizzano, rovinando il sistema pacifico ed estesamente profittevole che era stato instaurato nei sette regni in seguito alla Battaglia Finale.
- Dunque, suppongo siate qui per vostro cugino Hayden. Come avete fatto a …?
- Sono un alleato dei Fantasmi della Notte, che a loro volta sono alleati dei Superni – lo interruppe Sam placando ogni suo dubbio.
- Ora si spiega tutto … - rispose il giovane Marbrand appoggiandosi una mano sui capelli, riordinando i numerosi pensieri che si stavano affollando nella sua testa a causa di tutte quelle scoperte.
- Ora sapete per quale motivo riesco ad impersonare così bene un mercante di Qarth e a fare in modo che il travestimento risulti così credibile persino agli occhi di Hoxana.
- Non ne sarei così sicuro. Conosco Hoxana meglio di voi e come avrete avuto modo di appurare in questi pochi mesi, nel corpo di quella donna risiede l’anima di una belva assetata. Non si fida di nessuno. Perciò, per quanto la vostra copertura possa apparire credibile, non abbassate mai la guardia con lei. Mai.
- Per tale motivo devo togliere Hayden dalle sue grinfie. In questi mesi ho cercato di accumulare quante più informazioni potessi su di lui, su cosa gli stesse facendo. Ma non riesco mai neanche ad avvicinarmi alla verità, né tanto meno al luogo in cui lo tiene rinchiuso, senza rischiare di venire scoperto. - A quelle parole, il cavaliere si rabbuiò distogliendo lo sguardo da Sam, gesto che non passò inosservato a quest’ultimo. – Ser Kylan? Voi … voi sapete qualcosa al riguardo? Sapete qualcosa su Hayden … ?
- Io l’ho visto.
A quella risposta, il giovane Tarly si pietrificò. – Come … ?
- Un giorno, più di un anno fa, quando era trascorso solo poco tempo dalla presa di potere di David e dal rapimento di Hayden e Jon, ho approfittato della mia posizione privilegiata, riuscendo per miracolo a penetrare dentro la stanza in cui Hoxana tiene rinchiuso vostro cugino. Non so cosa accidenti mi sia passato per la testa quel giorno … - disse non nascondendo il suo profondo rimorso.
- … che cosa avete visto? Vi prego, parlate.
- Credetemi, Sam. Preferireste non saperlo. Ciò che ho visto in quella stanza continuerà a tormentarmi tutte le notti.
Sam deglutì cercando di riprendersi, per poi focalizzarsi nuovamente sul suo possibile alleato. – Che altro c’è, ser Kylan?
- Cosa intendete?
- Abbiamo appena deciso di raccontarci cosa ci spinge ad agire come agiamo. Ora è il vostro turno. Nel momento in cui ho intravisto una piccola crepa nella vostra maschera da cavaliere e figlio modello, ho supposto che, in passato, vi fosse accaduto qualcosa, e che quel qualcosa riguardasse vostro padre. Mi sbaglio? C’entra con la storia di Hayden? Perché volevate entrare in quella stanza?
A ciò, Kylan si arrese, abbassando ogni difesa. – Non ho mai desiderato una posizione e degli incarichi del genere. È  sempre stato solo mio padre a volerlo. Ha fatto tutto ciò che era in suo potere per far acquisire prestigio alla nostra casata restando sempre accanto a David durante tutta la rivolta e in seguito, come consigliere e fedele amico e sottoposto, in modo che potesse facilmente divenire il suo braccio destro. Ha fatto in modo di garantirci una posizione di prestigio nel nuovo regno ripristinato, una posizione che, alla sua morte, verrà ricoperta da me. Sono la sua speranza per il futuro del nostro nome e sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa pur di proteggere me e il prestigio che con tanta fatica ci ha garantito.
- Qualsiasi cosa compreso farsi sfigurare metà volto? – chiese Sam intuendo dove sfociasse il discorso del cavaliere.
- Tutto questo era divenuto troppo pesante da reggere per me. I folli piani del re David, la sua crudeltà, le tremende richieste che venivano fatte a noi cavalieri della Guardia Reale … senza contare il destino che sarebbe spettato ad Hayden. Quel ragazzo ha solo qualche anno in meno di me e il mio impulsivo istinto che mi urlava da giorni di fare qualcosa è prevalso sulla ragione, spingendomi a fare ciò che ho fatto, violando palesemente delle regole precise e di immensa importanza … - Il ragazzo fece una pausa continuando a guardare un punto nel vuoto, senza incrociare gli occhi di Sam. – Sarei dovuto essere io quello con il volto sfigurato. Non lui. Spettava a me quell’orribile tortura. Mio padre si è sottoposto alla punizione riservata a me, a ciò che io, io e solo io avevo fatto, senza esitazioni. Da quel giorno, ho compreso che, se avessi voluto proteggere l’unica persona importante rimasta nella mia vita, avrei dovuto restare al mio posto e subire, sottostando ai miei incarichi senza battere ciglio.
- Forse vi sembrerà una frase di circostanza e banale da dire, ma io credo che ciò che è accaduto a vostro padre non sia stata colpa vostra. Lui ha già dei piani ben prestabiliti per voi e non riesce a comprendere che il suo volere non corrisponde a quello di suo figlio. Molti padri commettono lo stesso errore. Nel vostro caso, ciò ha avuto un esito molto doloroso date le circostanze in cui vi trovate. Dunque, cosa vi ha spinto a smettere di nascondere le vostre vere intenzioni per salvare vostro padre?
- Se ho un alleato all’interno della cerchia degli stretti sottoposti del re, forse, ho la possibilità di evitare che il re David riduca i sette regni in un circo di bestie da addomesticare tramite le sue torture, senza, tuttavia, nuocere ulteriormente mio padre.
- Sono lieto che abbiate deciso di smettere di nascondervi, ser Kylan – gli disse Sam sorridendogli sinceramente e porgendogli la mano, la quale venne stretta quasi immediatamente.
- Tuttavia, non mi avete ancora rivelato un’informazione, Sam.
- Quale?
- Cosa ci guadagna GreyShade nel sabotare i piani del re? È questo il suo nome, giusto?
- Non lo so per certo neanche io, credetemi.
- Dunque neanche voi conoscete la sua identità? E i Superni? I loro piani coincidono al punto da aver stipulato un’alleanza?
- Non so con certezza cosa passi realmente nella mente di personalità ambigue come i Superni. Tuttavia, da come ho avuto modo di notare, credo che uno di loro nutra un interesse particolare per GreyShade. Un interesse che va oltre il semplice fascino esercitato da un fuorilegge incappucciato.
- Ah, capisco. E lui? Sempre che si tratti di un lui.
- Credo che non se ne sia accorto. Ma, anche se lo sapesse,  non credo proprio che darebbe modo ad Askarx di fantasticare ancora su di lui.
A quelle parole, l’erede dei Marbrand aguzzò lo sguardo e cambiò espressione, come se avesse improvvisamente realizzato qualcos’altro. – Voi lo conoscete. Conoscete l’identità di GreyShade.
A ciò, Sam si pietrificò. – No, affatto. Io non ho idea di chi sia – si affrettò a rispondere.
- Ma certo. Altrimenti, perché vi sareste fidato ciecamente di un ladro e assassino dagli obiettivi sconosciuti e dalle origini misteriose? Non sembrate il tipo di persona così ingenua da affidare la vita ad una personalità del genere senza sapere di chi si tratti ed avere la certezza che potete fidarvi.
- Vi ho già detto che non conosco la sua identità. Cosa vi spinge a credere il contrario?
- Prima ne avete parlato come se lo conosceste.
Arrivati a quel punto, il giovane Tarly si arrese. – Standogli a stretto contatto, ho avuto modo di accorgermi di alcuni dettagli che mi hanno portato a capire chi fosse. Le mie sono solo ipotesi, nonostante io ne sia abbastanza certo, e GreyShade non è a conoscenza di ciò. Ora, non aspettatevi che io vi riveli qualcosa al riguardo.
- Non mi sarei mai permesso.
- Ad ogni modo, devo congratularmi con voi per la vostra perspicacia. Non capita spesso di trovare un cavaliere della vostra età, della vostra posizione e abilità, con una tale acutezza.
- Cosa intendete dire? Non credo siate tanto più adulto di me.
- Difatti siamo all’incirca coetanei, ma non era quello che intendevo dire. Sapete la fama che avevano personalità come la Spada dell’Alba o Jaime Lannister un tempo: si diceva fossero bravi solo a sedurre donne e a trucidare soldati.
Capendo cosa stesse insinuando il giovane Tarly, Kylan gli rivolse uno sguardo fulminante. – Immagino che altri assurdi pregiudizi invadano la vostra mente molto più di quanto ci si aspetti, Sam Tarly. Se non avessi necessità di trovare un alleato, voi sareste l’ultima persona con la quale intratterrei una conversazione.
- Mi spiace di avervi offeso. Riconosco le mie colpe. Tuttavia, credo che voi siate un po’ troppo suscettibile.
- Io suscettibile? Mi stavate dando del …
- Ser Kylan? Ser Kylan, siete qua sotto? – una terza voce interruppe i due, scendendo le scalinate che conducevano alle segrete, una voce che il giovane Marbrand conosceva fin troppo bene.
- Mi ha udito parlare! – sussurrò a Sam indicandogli di nascondersi dietro una delle armi di tortura contenute in quel luogo e attendendo che seguisse alla svelta il suo suggerimento. – Sì, sono qui, lord Colten – rispose ad alta voce per farsi udire, dopo che Sam prese posto dietro una struttura in legno che riproduceva la forma di una piramide.
Ser Colten scese le scalinate con una fiaccola in mano, raggiungendo suo figlio. – Kylan, con chi stavi parlando? – gli chiese facendo prendere coscienza a Sam di quanto il suo tono fosse differente e molto più informale e familiare quando si rivolgeva a suo figlio privatamente.
- Ser Ricard era ubriaco fradicio come al solito, di ritorno da un bordello. È sgattaiolato via di nuovo dall’uscita segreta.
- Dovresti disciplinare con più severità i tuoi uomini, figliolo.
- Finché adempiono al loro incarico con diligenza possono trascorrere le loro notti come vogliono – rispose fermamente il ragazzo.
- Ad ogni modo, ti stavo cercando per dirti che il re ha richiesto con urgenza che delle truppe siano inviate sotto copertura nel continente orientale per cercare Eveline Targaryen. Dato che le spie di Lukell non sono affatto affidabili, ha deciso di optare per un gruppo di soldati scelti. David ci vuole più vigili e accorti che mai in questo momento.
A quelle parole, Sam sbiancò mentre Kylan cercò di mantenere la sua abituale compostezza. – Li ha già fatti salpare?
- No, ma partiranno tra due giorni, all’alba.
- Puoi riferire al re che posso mettere a disposizione i miei uomini per un’impresa del genere. D’altronde, chi è più capace e affidabile dei cavalieri della Guardia Reale?
- Hai ragione, figliolo, il re si fida di te e dei tuoi uomini, hai dato prova di essere il migliore dei combattenti e il più diligente dei comandanti nonostante la giovane età, durante questo ultimo anno. Per questo motivo tu e i tuoi uomini avete bisogno di rimanere qui ad Approdo, al fianco di David.
- Siamo molto numerosi, padre, sai bene che una decina di uomini della Guardia Reale in meno non farebbero differenza. Inoltre, io resterei qui a dirigerli come lord comandante. Il re continuerà ad avere la massima protezione.
- Sì, hai ragione – gli rispose sorridendo orgoglioso. – Dunque, riferirò a Sua Maestà che i tuoi uomini si presterebbero a svolgere questa delicata impresa.
- Certo, padre. Mi servirà solo un giorno per avvertirli e prepararli – rispose Kylan ricambiando il sorriso.
- Bene. Vado a riposare – gli disse dandogli una pacca sulla spalla e rivolgendogli uno sguardo di paterna fierezza che raramente si lasciava sfuggire quando erano in pubblico.
Quando il Primo Cavaliere se ne fu andato, Sam uscì dal suo nascondiglio raggiungendo nuovamente il suo alleato. – Mandare i miei uomini ci permetterà di guadagnare tempo, di sorvegliare la loro posizione e di condurli sulla cattiva strada dato che sono sotto il mio stretto comando – disse Kylan per spigare la sua decisione al giovane Tarly.
- Questo ci aiuterà notevolmente. Potremmo avvertire GreyShade in modo che possa rallentarli – cominciò a dire Sam, distogliendo la mente dalla realtà e  proiettandola già alle parole che avrebbe scritto al capo dei Fantasmi.
- Ehi – lo riscosse il cavaliere afferrandogli un braccio. – Se il vostro amico Fantasma deve aiutarci, ditegli di tenere le mani a posto con i miei uomini. Sono pur sempre i miei uomini e non voglio venire a sapere che sono stati tutti uccisi come è accaduto alla nave inviata da voi a Qarth. Se li rallenterà e ostacolerà, dovrà farlo in maniera diversa, intesi? – gli disse deciso il giovane Marbrand.
- Mi assicurerò che non faccia del male ai vostri uomini, non preoccupatevi. Dunque, come rimaniamo accordati? Siete voi quello che ha trascorso più tempo in questo covo di serpi – gli disse Sam.
- Dovremo incontrarci il minimo indispensabile e sempre mostrando la massima attenzione. La cosa positiva è che le spie di Lukell e degli altri non sono molto valide, al contrario di quelle dei famosi lord Varys e lord Baelish. Altrimenti i nostri incontri sarebbero stati praticamente impossibili da attuare. Tuttavia, dobbiamo comunque rimanere all’erta, soprattutto per Hoxana.
- Se le segrete sono troppo pericolose potremmo darci appuntamento altrove, sempre di notte, tramite un segnale di riconoscimento che ci scambieremo quando ci incroceremo durante il giorno.
- Conosco un luogo poco frequentato dalle guardie in cui potremmo vederci durante la notte. Dovremmo camminare un po’ per arrivarci e superare la zona più malfamata della capitale, ma almeno saremmo al sicuro.
- Bene. Oltre ad impedire che trovino Eveline, sperando che sia davvero al sicuro ad Essos e che Myranda sia con lei, dobbiamo cercare di raccogliere informazioni su Hayden e di fornire ai Fantasmi le indicazioni che servono loro per impedire che le rotte commerciali della corona vadano a buon fine, indebolendo il potere del re gradualmente.
- Penseremo a tutto al prossimo incontro. Ora è meglio che voi ritorniate nelle vostre stanze prima che qualcun altro piombi qui.
- D’accordo. A domani, ser Kylan – gli disse Sam accennandogli un sorriso soddisfatto, alzandosi il cappuccio e voltandogli le spalle per allontanarsi.
- Sam! – lo richiamò il cavaliere. Il ragazzo si voltò nuovamente. – Diffidate di Lukell. Quell’uomo è marcio. Il Gran Maestro Xavier invece ha un animo buono, almeno per quanto sia riuscito a conoscerlo durante questo anno e mezzo – si raccomandò Kylan, ricevendo un cenno d’assenso dal suo alleato, prima di vederlo scomparire dietro le scalinate.
 
 
Jaime bevve interamente il latte caldo offertogli dalla moglie del contadino che li aveva fatti entrare in casa sua sotto la spinta di suo figlio, asciugandosi la barba con la manica degli stracci sporchi che indossava.
Daenerys, invece, preferì gustarsi la bevanda lentamente, assaporando ogni goccia di quel liquido caldo che era arrivata a sognare durante la notte, per quanto ne sentisse la mancanza.
- Ne gradite ancora? – chiese loro la donna timidamente.
- Basta così, Julianne. Hanno ricevuto fin troppa gentilezza da noi – affermò secco l’uomo, mentre continuava a guardarli con diffidenza. – Perché siete qui?
- Come sapete, le truppe alleate alla corona hanno raso al suolo una grande fetta della popolazione risiedente a Nord … – prese la parola Jaime.
- Diteci qualcosa che già non sappiamo – lo interruppe l’uomo.
Il Lannister fece una breve pausa per riordinare le idee e cercare di pensare ad un modo per convincere l’uomo.
- Per un intero anno abbiamo vagato, a piedi, senza cavalli e senza vestiti adatti a camminare tra la neve – intervenne Daenerys interrompendo il ciclo dei suoi pensieri. - Ci hanno tolto tutto. Quando i Fantasmi hanno ucciso quelle bestie e hanno liberato Grande Inverno, credevamo di aver finalmente ottenuto la libertà. Ma è come se fossimo ancora prigionieri – delle lacrime si fecero strada negli occhi chiari della madre dei draghi. – Se qualcuno scoprisse che siamo vivi e liberi dalla prigionia delle truppe del re, ci ucciderebbero. Non possiamo permetterci di farci scoprire, né lasciarci morire di fame e di freddo attendendo un miracolo dal cielo. Abbiamo una donna gravemente malata di cui prenderci cura, un’anziana signora che sta ardentemente combattendo contro la sua vecchiaia e un drago paralizzato e incapace di procurarsi il nutrimento da solo.
A quelle parole, la moglie del contadino raggiunse Daenerys, abbracciandola amichevolmente mentre ella si lasciava andare piangendo sulla sua spalla.
Alfred, intanto, restò a guardare la scena.
- Come è accaduto? – gli chiese improvvisamente Jaime, guardando la fasciatura che copriva la parte in cui mancava il suo arto amputato.
- Una rivolta avvenuta più di un anno fa. Io lavoravo in una tenuta lontana alcuni chilometri da qui. Sono il maggiore, perciò, nonostante non abbia ancora raggiunto l’età adatta, dovevo aiutare la mia famiglia guadagnando il denaro necessario per mantenerci tutti. Eravamo quasi tutti braccianti troppo stanchi e stremati per non reagire alla cattiveria dei signori ai quali apparteneva la terra nella quale lavoravamo strenuamente. Voi non avevate tempo per risolvere delle ingiustizie che coinvolgessero solo dei poveri braccianti, come tanti ce ne sono a Nord – rispose atono il ragazzo, senza alcun tono accusatorio.
- Sappiamo che anche per voi è stata dura – commentò Jaime con sguardo afflitto.
- Ti sbagli, Sterminatore di Re – commentò il padrone di casa alzandosi in piedi e rivolgendogli un ennesimo sguardo accusatorio. – Per noi è stata sempre dura.
A ciò, Jaime fece trascorrere alcuni minuti di silenzio, per poi riprendere la parola. Era la sua occasione per risolvere la situazione disperata in cui si trovavano, forse l’unica che lui e Daenerys avrebbero mai avuto. L’avrebbe sfruttata al meglio, mettendo tutto se stesso in quell’intento. – Come mai hai conservato un così bel ricordo di mia nipote? – chiese rivolgendosi nuovamente al ragazzo grazie al quale erano riusciti a ricevere ospitalità.
- Beh, è ovvio. Eveline mi ha salvato la vita. Credo di non aver mai conosciuto una ragazza così forte e decisa. Nonostante sia una donna, e le donne non riescono mai a fare molta strada in un campo che appartiene esclusivamente agli uomini, era il medico migliore presente in quel capannone. Non ha salvato solo la mia di vita. Lei ha avuto il buon senso e il sangue freddo di agire immediatamente, operando in pochissimo tempo una scelta molto pericolosa  e difficile senza esitare e avendo abbastanza resistenza e calma per entrambi in quel momento in cui credevo che la morte mi stesse strappando via da questo mondo. Lei è riuscita a mettermi a mio agio, ad infondermi coraggio, persino a farmi sorridere mentre mi tagliava via una parte di me. Non è stata solo un’abile medico. Lei è stata gentile – rispose il ragazzo rievocando quei momenti con un sorriso accennato.
A ciò, Jaime lo ricambiò e si alzò avvicinandosi a lui. – La gentilezza viene sempre ripagata – disse semplicemente, provocando finalmente qualcosa nell’animo di Alfred e di suo padre. – Il protettore del Nord, Jon Stark, ha sempre cercato di portare la pace e l’armonia a Nord, per quanto gli fosse possibile. Ma ora è prigioniero nella capitale. Ora ci hanno depredati, distrutti, spogliati di tutto ciò che caratterizzava e rendeva quella che è sempre stata questa splendida terra avvolta nelle braccia dell’inverno. Il Nord è stato reso un deserto senza identità. Se continuiamo a nutrire astio verso di noi, ad incolparci a vicenda di tutti i crimini che abbiamo commesso, la situazione resterà sempre così com’è, anzi, peggiorerà, poiché permetteremmo a quel mostro che ha riesumato un trono che non sarebbe più dovuto esistere, solo per sedervisi sopra, di portarci via quel poco che ci è rimasto: la nostra solidarietà e la nostra forza. Non possiamo permetterglielo. Unendo le nostre forze anche solo per aiutarci a non morire di fame o di freddo, faremo qualcosa che non ci farà pentire di aver agito e, forse, riusciremo a resistere ancora, a dimostrare che non ci siamo arresi. D’altronde, il Nord non dimentica.
Dopo quelle parole, Daenerys, il contadino, sua moglie e suo figlio, rimasero scossi. In seguito ad un breve scambio di sguardi tra figlio e padre, quest’ultimo prese la parola. – Conduceteci a Grande Inverno con voi. Ma vi aiuteremo solamente con le provviste e con le medicine.  
 
 
La giovane Lannister salì di corsa la scalinata della Fortezza Rossa, mentre i suoi corposi capelli color ambra chiaro tanto familiari a quelle mura, si libravano in aria come raggi. Oramai conosceva a memoria quella strada.
Bran non riusciva a tenerle il passo.
- Avanti, lumaca! – gli urlò Myranda sorridendo e continuando a correre. – Chissà perché oggi la Fortezza è così vuota – aggiunse la fanciulla non preoccupandosene troppo. Era troppo felice di rivedere suo fratello. Un fratello che non aveva mai conosciuto, ma che le stava pian piano facendo desiderare di possederne realmente uno. Uno ancora in vita. Nonostante non potesse comunicare con lui, aveva imparato a conoscerlo in silenzio e, forse, in fondo, anche lui sapeva delle sua esistenza, in qualche parte del suo giovane cuore. Forse era la ventesima o ventunesima volta che le visioni portavano Myranda da lui, così come la conducevano da Tyrion, proprio come se volessero darle modo di conoscere una fetta della sua famiglia che non aveva mai avuto modo di incontrare.
- Tommen, sono tornata! – esclamò raggiante, nonostante sapesse che lui non poteva sentirla. Funzionava sempre così. Lei parlava, parlava con loro come se potessero udirla, desiderando, tuttavia, che loro non la sentissero per non cambiare il corso degli eventi e per non farli auto convincere di essere pazzi. Oramai era divenuto automatico per lei. Li aveva visti soffrire, gioire, piangere, avere paura. E lei aveva sofferto, gioito, pianto e avuto paura con loro. Dopo tutto ciò che aveva passato, sarebbe già dovuta divenire una ragazza senz’anima, pensò Bran. Eppure, Myranda sembrava esattamente la stessa sensibilissima fanciulla traboccante di emozioni che aveva conosciuto l’anno precedente, prima che le facesse iniziare l’addestramento.
Myranda giunse finalmente nella stanza di Tommen, come era solita fare, saltellando, senza far caso al diretto interessato, troppo presa a parlargli e felice di essere di nuovo lì. – Sai, Tommen, ho desiderato tanto che le visioni mi riportassero qui da te di nuovo. Lo so che mi ci portano spesso, però stavolta volevo tornare prima del solito perché l’altro giorno ti avevo visto triste. Eri davvero addolorato per tutta la questione di Margaery e di tua madre. Volevo consolarti e rassicurarti, farti capire in qualche modo che io sono qui e che puoi contare su di me come sempre, anche se non puoi vedermi. D’altronde siamo fratelli! – esclamò aprendo gli occhi e posando finalmente lo sguardo sul fratellastro, prendendo pian piano coscienza di cosa stesse accadendo.
Tommen aveva uno sguardo vuoto, perso come non glielo aveva mai visto, e fissava intensamente qualcosa, oltre la finestra del palazzo. Nel vederlo in quello stato, Myranda si rabbuiò improvvisamente. Gli corse incontro e gli si parò davanti preoccupata. – Tommen?? Tommen, che succede?? Cos’hai?? – gli chiese, poi voltandosi a guardare ciò che il giovane leone osservava con tale intensità. La ragazza vide il tempio di Baelor saltare in aria a causa dell’Altofuoco, così come parte della città che lo circondava. Fu solo in quel momento che la giovane realizzò con orrore cosa stesse per accadere.
- No, no, no, no. No. Tommen, no! Ti prego! – esclamò istintivamente, nonostante sapesse bene che non potesse fare nulla per impedirglielo. Il ragazzino camminò lentamente verso la finestra, seguito e smosso dalla sorellastra disperata. – Tommen, se solo potessi sentirmi!! Non puoi farlo!! Io ti voglio bene!! Non sei solo! Pensi di esserlo ma non lo sei! Io sono qui con te e avrei tanto voluto conoscerti prima, fratello mio! Tengo troppo a te per lasciartelo fare! Hai tutta la vita davanti, Tommen!! Ci sono tantissimi posti che vorrei mostrarti! – esclamò imperterrita ponendosi davanti a lui, ma venendo come attraversata dal ragazzino, il quale salì in piedi sopra il ciglio della finestra. Myranda strinse la mano sul suo polpaccio. – Ricordi quando parlasti con il tuo gatto e gli dissi che avresti voluto essere migliore? Quel discorso durò un’ora intera, tu eri particolarmente abbattuto perché eri convinto di avere qualcosa che non andasse. Ora io ti dico che non hai nulla che non va, Tommen. Tu non puoi essere migliore di così. È chi è adatto a regnare ad avere qualcosa di sbagliato. Tu sei il ragazzo più dolce e buono del mondo e sarà proprio quel mondo, il nostro mondo, a perdere qualcosa di prezioso quando tu … quanto tu … Non andare – I singhiozzi presero il sopravvento. Quando il polpaccio scivolò via dalla sua presa e il giovane leone si buttò giù piombando al suolo, Myranda si lasciò cadere a terra, in ginocchio, sfogandosi in un pianto violento.
- Lo sapevi. Sapevi come sarebbero andate le cose. Conosci la storia, Myranda. Eppure, non hai esitato ad affezionarti a lui durante tutte le tue visioni. Sei una stupida – le disse Bran impassibile, mentre la vedeva piangere per l’ennesima volta. – Accade sempre così: ti affezioni, sei felice, poi soffri e finisci col piangere. Sembri non imparare mai.
- Imparare dici?? A cosa servirebbe imparare?? A rendermi come te?? A rendermi come voi?? – gli urlò rialzandosi in piedi e fronteggiandolo, continuando a piangere con rabbia. – Ti ho fatto una promessa, Bran! Ti ho promesso che non sarei mai diventata come te! E sembra che tu non te ne sia dimenticato – disse osservando il ciondolo che il giovane Stark indossava ancora, regalatogli da lei. – Tu speri ancora che io resista, ma, al contempo, provi rabbia nei miei confronti perché mi invidi! Invidi il mio riuscire a stare male! Continuerai ad invidiarmi, Bran, e a sperare, perché io rimarrò così! Continuerò a soffrire, a piangere, a gioire, a spaventarmi, ad infuriarmi! Continuerò sempre, all’infinito, anche se dovessi vedere il mondo crollarmi dinnanzi agli occhi o inghiottire tutti coloro che amo! Voi avete avuto paura di questo. Avete avuto paura di stare male. Per questo ora non provate più niente. Io non ho paura – gli disse infine, lasciando che le ultime lacrime solcassero le sue guance.
 
- Un invito da parte dei Superni e degli Eterni? – chiese tranquillamente lo stregone mentre mutava del ghiaccio in argento liquido.
- Esatto. Che cosa significa? – domandò la ragazza pensierosa.
- Hai dato spettacolo.
- Io non ho dato spettacolo, Aris – disse alzandosi in piedi e avvicinandosi a lui, mentre l’uomo restava concentrato sulla sua opera.
- Stavi per spezzare la terra in due. Vorrei ricordartelo. Inoltre, impari in fretta, mostri di possedere capacità interessanti e ci sono molte spie in queste terre. Somma le cose.
- Perché sembri così tranquillo? Sei sempre tranquillo, ma ora ancora di più.
- Anche io sono stato “invitato” dagli Eterni anni fa.
- Sul serio?? – chiese Eveline sorpresa.
- Loro sono stregoni molto abili e famosi, Aradia. È normale che si sentano minacciati dai poteri di qualcun altro. Sono molto orgogliosi ed egocentrici. Tuttavia, mi incuriosisce il motivo per il quale anche i Superni siano interessati ad una come te. Questo non riesco in nessun modo a spiegarmelo – disse soffiando sull’argento e facendo in modo che il suo fiato lo trasformasse in ferro rovente.
La giovane rosa rimase sconvolta da quell’ultima affermazione. – Ti conosco da più di un anno e non c’è mai, mai stato nulla che non sapessi. Sono sinceramente preoccupata – disse provocando un sorriso nel volto dello stregone.
- C’è sempre una prima volta, Fiore del Nord. Ad ogni modo, gli Eterni sono stati in grado di mettermi in difficoltà, lo ammetto. Ma li ho battuti senza troppa fatica.
- Ma stiamo parlando di te, lo stregone più potente di queste terre, il Mutaforma ultracentenario, il “grande Silenziatore”.
A ciò, l’uomo si voltò finalmente verso di lei. – Credimi quando ti dico che puoi farcela anche tu, Aradia.
- Ci andrò solamente se tu verrai con me. Aris? – gli gironzolò intorno attendendo che le desse la risposta che desiderava.
In risposta, lo stregone si trasformò in una lince. Eveline lo guardò dall’alto indispettita. – Questo è il tuo modo di evitare i problemi? Va bene, va bene, per ora archiviamo il discorso. In ogni caso, di certo non accetterò ora il loro invito. Se vogliono fronteggiarmi davvero, torneranno a cercarmi. Ora ritorno al villaggio, ho del lavoro da fare – concluse facendo per andarsene dalla dimora. – Hai sentito questo rumore? – gli chiese improvvisamente la giovane rosa, prima di andarsene.
A quella domanda, lo stregone volse il muso oltre la ragazza, osservando qualcosa in particolare e facendole intendere la sua solita risposta nonostante non fosse in grado di parlare il linguaggio umano in quella forma: Sta arrivando. Avendo subito inteso, anche Eveline girò lo sguardo, osservando una creaturina deforme dirigersi verso di lei in fretta e furia. Quando le fu abbastanza vicina, ella la pestò con forza, rigirando il piede, sentendola scrocchiare per assicurarsi di averla distrutta completamente, mentre del fumo nero si alzava dal mucchietto di croste smembrate e putride.
- Era il mio giocattolo, strega! – si lamentò Oen correndo verso di lei. – Quando la finirete con questo motivetto?? È per caso una prepotente affermazione di potere?? Oramai persino io l’ho imparato a memoria!
A quelle parole, la giovane Targaryen sorrise radiosa e lanciò un bacio alla nana, uscendo poi dalla dimora. 
 
Quando Eveline rientrò nella sua tenda dopo le abituali quattro ore di cavalcata dalla dimora del Silenziatore, trovò Myranda singhiozzare debolmente, accovacciata su se stessa, quasi come se avesse pianto per ore.
- Myranda? – la chiamò riscuotendola e facendole alzare il volto rosso e gli occhioni gonfi verso di lei, ulteriore conferma che stesse piangendo da ore. – Che succede? – le chiese con sguardo afflitto, lo stesso che mostrava sempre quando la trovava in quello stato, evento che si stava ripetendo con maggiore frequenza negli ultimi mesi.
- Nulla – rispose la fanciulla, asciugandosi le guance con le maniche del suo abito, altro gesto che si ripeteva costantemente. – Ho solo litigato con Veherek.
- Che strano. Appena sono scesa da Abigail, qualche minuto fa, l’ho incontrato e siamo rimasti un po’ a parlare. Mi ha detto che questa mattina eri impaziente di vederlo e di passare del tempo con lui. Ha anche aggiunto che eri talmente di buon umore, da avergli preparato una torta enorme e squisita – le rispose la giovane rosa incrociando le braccia.
Messa con le spalle al muro, Myranda rimase in silenzio, per la prima volta indecisa su cosa dire.
- Dunque, non hai nulla da dire? Nessuna giustificazione alle bugie che mi stai continuando a raccontare da mesi per convincermi che vada tutto bene, che non ti stia accadendo nulla, quando ti trovo praticamente ogni giorno afflitta, tesa o in lacrime? Credi che io non ti conosca abbastanza bene, Myranda?? Siamo cresciute insieme, siamo sempre state insieme! Stavo attendendo solamente che fossi tu a decidere spontaneamente di parlarmene e non sotto mia costrizione! Ma, a quanto pare, dovrò attendere ancora una vita intera prima che tu lo faccia! Avevamo detto di dirci tutto!
A quelle parole, trovandosi dinnanzi gli occhi di cristallo delusi e addolorati di colei che era come una sorella per lei, la giovane Lannister si decise finalmente a parlare. – Diverrò il nuovo Corvo a Tre Occhi, Eve. - A tale notizia pronunciata senza alcun preavviso, Eveline non reagì. – Non te ne ho parlato fino ad ora perché pensavo di poter gestire tutto da sola, senza dover pesare su di te. Ma ora, ho capito che non posso più farlo. In realtà l’ho capito da un bel po’. Soprattutto da quando ho visto qualcuno in particolare nelle mie visioni …
- Che cosa sai dicendo? – la interruppe la fanciulla senza lasciarle terminare la frase. – Che significa che diverrai il nuovo Corvo a Tre Occhi?
- Significa esattamente quello che pensi. Ho cominciato ad avere delle visioni da quando siamo approdate ad Essos. Sono divenute sempre più frequenti e … dolorose. Poi mi è apparso Bran in visione, dicendomi di dover iniziare l’addestramento.
- Bran Stark?
- Esattamente lui.
- Lui non era quello ad essere divenuto gelido e privo di qualsiasi emozione dopo aver abbracciato quel destino?
- Lui e tutti quelli prima di lui – rispose Myranda, facendo impietrire Eveline.
– Ora sono una strega. Posso impedirti di divenire un’entità vuota come loro. Posso fare in modo che venga scelto qualcun altro. E se non ci riesco io, ci riuscirà Aris – disse la giovane rosa avvicinandosi alla sua amica con decisione.
- No, Eve – le rispose l’altra rivolgendole un sorriso premuroso. – Va bene così. Il destino sceglie e, quando lo fa, niente e nessuno può mutare la sua decisione: io diverrò il Corvo a Tre Occhi. Tuttavia, non preoccuparti! Resterò sempre io! Sto resistendo! Forse sarò l’unico Corvo a Tre Occhi a mantenere la sua umanità! – la rassicurò stringendole le braccia con convinzione.
- Forse non è così. Magari si tratta di qualcos’altro. Magari le visioni che hai sono dovute ad una sorta di potere che possiedi. Potrei provare a controllare – controbatté Eveline allontanandosi dall’amica e prendendo a camminare avanti e indietro per la tenda, in preda ai pensieri.
A ciò, Myranda prese un bel respiro e rispose. – Finora, ho visto solo stralci di eventi passati e presenti. Sono riuscita a vedere anche lui, Eve. Ho visto tuo padre quando era ancora in vita.
A quelle parole, Eveline sbiancò e si voltò immediatamente verso di lei, piombandole di nuovo accanto. – Tu lo hai visto?? – le chiese mentre il suo viso si illuminò totalmente. - E com’era?? – domandò invasa dalla commozione, mentre le stringeva le spalle impaziente.
- Esattamente come ce lo hanno sempre descritto. Era forte, deciso, intelligente e scaltro … era anche molto bravo a mentire e a rubare – rispose la ragazza accennando un sorriso nel ricordare quelle visioni. – Credo che gli somigli più di quanto pensi, Eve. Volevo … volevo che lo sapessi. Poterlo vedere al tuo posto, quando tu saresti la prima a dare qualsiasi cosa per poterlo incontrare anche solo per pochi secondi, mi fa sentire male, in colpa, in qualche modo – disse Myranda afflitta.
Quelle parole trafissero in pieno petto Eveline … perché non hai considerato la possibilità di poter vedere qualcun altro di molto più raggiungibile con qualche goccia di sangue, proprio come tua madre? D’altronde, le persone che condividono metà del tuo sangue sono solo due.
La giovane rosa diede nuovamente le spalle alla sua amica, rimanendo in silenzio per alcuni minuti.
- Eve? Tutto bene? – le chiese allarmata Myranda.
- Potrei vederlo ora, in questo istante.
- Cosa?
- L’incantesimo che utilizzo per vedere coma sta mia madre. Posso usarlo anche su di lui. Se solo lo volessi, potrei vedere dov’è e cosa sta facendo in questo momento.
- Dici sul serio?? Eve, ma è fantastico! – esclamò rincuorata la giovane Lannister.
A ciò, Eveline si voltò verso di lei mostrandole le lacrime che raramente solcavano quei diamanti vividi. – Ho paura, Mi. Ho una cieca paura di provare a vederlo … ho paura di scoprire che sia davvero morto … ho paura della verità, di sapere che non è un viandante solitario come tutti dicono, ma semplicemente un cadavere! Ho paura di vedere distrutta la mia speranza di saperlo vivo, seppur distante, ma vivo! Io … devo avere qualcosa a cui aggrapparmi … se non dovessi avere più quel ricordo costruito di lui, non so davvero come potrei reagire … - disse venendo stretta da Myranda in un abbraccio come quelli che solo loro sapevano riservarsi.
Trascorsero alcuni minuti abbracciate in quel modo, fino a quando Eveline non spezzò il silenzio. – Vieni con me – disse prendendole il polso e trascinandola fuori dalla tenda, correndo senza fermarsi finché non giunse dinnanzi al laghetto, esattamente di fronte al sole, nel luogo dove amavano rifugiarsi. – Urliamo insieme.
- Che cosa?
- Urliamo al cielo per dimostrare che non ci arrenderemo e che vinceremo contro di loro. Pronta?
La giovane Lannister annuì e, al segnale dell’amica, liberarono la loro voce gridando a squarciagola come se nessuno potesse udirle, come le creature giovani, splendenti e libere che erano. Urlarono ancora e ancora, fin quando le loro corde vocali non protestarono, facendo uscire dalle loro gole solamente suoni rochi e strozzati.
- È stato …
- Rigenerante.
- D’ora in poi niente più segreti – disse Eveline porgendole il palmo per stipulare la promessa.
- D’ora in poi niente più segreti – confermò Myranda unendo il suo palmo con quello della sua amica per stringere il patto.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** Il re delle torture ***


Il re delle torture
 
- Sei pronta?? – le chiese impaziente, accennandole un sorriso provocatorio.
A ciò, Myranda si sistemò meglio i propri pantaloni, indumento al quale non era ancora affatto avvezza, e afferrò la spada rivolgendole lo sguardo più convinto che riuscì a fare. – Mai stata più pronta.
- Sei sicura di voler usare delle spade vere? – le chiese nuovamente la giovane rosa, facendo roteare abilmente l’arma tra il suo corpo.
- Non farmi cambiare idea, per favore.
- Oh, sta’ tranquilla, Dada: ci andrò piano con te.
A quelle parole, lo sguardo della fanciulla bionda si fece più vispo. – Non troppo però, altrimenti rischiarai di farti battere, strega.
Eveline sorrise all’audacia della sua amica e attese che fosse lei ad attaccarla per prima. – Prima le più giovani.
Intanto, la folla di dothraki che le circondava, facendo comunque attenzione a lasciare alle due abbastanza spazio, urlava incoraggiamenti e non esitava a mostrare il loro eccitamento per quel duello.
Veherek era uno dei pochi che cercava di limitare le manifestazioni palesi di trepidazione.
- E tu, Veherek, per chi parteggi? – gli chiese un altro guerriero dothraki.
- Mi stai chiedendo di scegliere se tifare per la mia più cara amica o per la mia compagna. Mi spiace ma non me la sento di schierarmi – disse alzando le mani in segno di innocenza e accennando un sorriso, per poi riportare lo sguardo sulle due duellanti.
Finalmente Myranda si scagliò contro Eveline con tutta l’audacia e la grinta che aveva in corpo, sferrando uno dei colpi perfetti insegnatole da Veherek per iniziare degnamente.
- Niente male, novellina – le disse la Targaryen parando il colpo prontamente e difendendosi senza fatica, ma trattenendosi.
Il popolo dothraki guardò le fanciulle battersi tra loro creando uno spettacolo di un fascino e di una beltà uniche: che non fossero come le donne dothraki, lo si poteva vedere da chilometri di distanza e ormai lo sapevano fin troppo bene. Ma erano differenti anche nel modo di combattere tra loro, entrambe tanto diverse l’una dall’altra, quanto splendidamente in armonia: Myranda aveva una costituzione più robusta di quella di Eveline, ma quest’ultima, d’altra parte, possedeva molti altri vantaggi in più, oltre al fatto che avesse imparato a combattere da molto più tempo dell’altra. Per questo sapevano che per rendere la sfida pari, la giovane rosa avrebbe dovuto trattenersi almeno un po’.
Myranda capì che i punti di maggior forza di Eveline erano l’elevata altezza capace di torreggiarla, la sua forza, la velocità e la fluidità del suo corpo.
Al contempo, la giovane Lannister aveva imparato dei trucchi che le permettevano di sfruttare i punti forti della sua fisicità, riuscendo a tenere testa alla sua più cara amica.
Le lame cozzavano tra loro imperterrite, tagliando i raggi che le colpivano senza pause, intrepide e frementi di giovane grinta femminea.
- Sei già stanca, Dada?
- Neanche un po’, Eve – rispose Myranda parando il colpo dell’altra con una certa difficoltà, ma rialzandosi in piedi immediatamente.
- Possiamo sempre fare una pausa – propose Eveline sorridendole nuovamente provocatoria.
- Forse sei tu a volerla fare? – la sfidò ancora la bionda, riattaccandola.
- A Grande Inverno non facevo pause con nessuno durante i combattimenti – le rammentò la mora girando su se stessa e disarmandola con un calcio.
- Tranne con chi ti metteva in difficoltà – la corresse Myranda, riuscendo miracolosamente a fare una mossa che disarmò anche l’altra; una mossa che, involontariamente, le sciolse anche i lunghi capelli scuri, facendoli ricadere voluminosi sulla sua schiena e sulle spalle.
- Nessuno mi metteva in difficoltà – continuò Eveline attaccandola corpo a corpo. D’altronde, nessuna delle due voleva terminare lì il combattimento solo perché si erano disarmate. Si stavano divertendo troppo per farlo finire così presto.
- In realtà qualcuno c’era – disse la giovane Lannister sorridendo e rispondendo all’attacco.
Dopo qualche secondo scandito da diversi colpi, la Targaryen sembrò realizzare. – Ruben – disse sorridendo rassegnata e ripensando agli splendidi momenti in cui si batteva con lui.
- La “grande Eveline Targaryen” messa in difficoltà da un ragazzino di dodici anni – la canzonò Myranda.
- Non un ragazzino di dodici qualunque – controbatté Eveline atterrandola e salendole sopra con sguardo divertito e soddisfatto. – Sei stata molto brava, Dada – le disse infine, rialzandosi e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi, decretando la fine del duello.
Myranda la afferrò felice e si rialzò. Fu in quel preciso istante che delle immagini improvvise invasero la mente della fanciulla facendola barcollare e spingendola a tenersi la testa con le mani. A ciò, come d’abitudine oramai, Eveline la aiutò a tenersi a lei, portandola lontano da tutti quegli sguardi allarmati. – Non è niente. Sta avendo solo un calo di zuccheri – rassicurò la folla sorridendo affabilmente.
- Eve, ha di nuovo un calo di zuccheri?? Posso fare qualcosa?? Vuoi che le prenda qualcosa da mangiare? – chiese allarmato Veherek guardando la sua compagna mentre parlava alla Targaryen.
- Sì, Veherek, sarebbe utile se andassi a prenderle del cibo – rispose lei per farlo allontanare.
Non appena anche lui se ne fu andato, la giovane rosa la condusse in un luogo più nascosto, facendola appoggiare ad un muro.
- Dada? Dada, va tutto bene. Sono qui con te, d’accordo? – la rassicurò accarezzandole le spalle e attendendo che la visione terminasse.
Myranda sembrò agitarsi più del solito, fin quando non riaprì gli occhi ritornando a prendere contatto con la realtà. – Eve …?
- Sì, sono qui. Che cosa hai visto?
- È strano. Si tratta di una di quelle occasioni in cui non mi ritrovo materialmente in un luogo preciso, ma visualizzo solo delle immagini e delle parole per pochi secondi. Sono le più dolorose, perché non riesco ad essere né qui, né lì – disse la fanciulla cercando di calmarsi.
- Va tutto bene. L’importante è che sia finita.
- Sono trascorsi due mesi da quando ti ho confessato tutto e non avrei mai potuto prendere una scelta migliore. Mi hai aiutato moltissimo, Eve – la ringraziò Myranda rivolgendole uno di quei sorrisi splendenti e rigeneranti.
- Non devi ringraziarmi, Dada – le rispose ricambiando il sorriso.
- Ad ogni modo … - cominciò la Lannister abbuiandosi di nuovo. - … era tutto confuso, sfocato … ma sono abbastanza sicura di essermi trovata nel corpo di Ruben in quel momento.
- Ruben?? Il nostro Ruben??? E cosa hai visto?? Forse la tua visione potrebbe aiutarci a capire dove è finito! – esclamò Eveline speranzosa.
- Ricordo solo che fosse a Grande Inverno … degli … degli uomini lo stavano picchiando … ha … ha sofferto moltissimo – disse la ragazza non riuscendo più a trattenere le lacrime e sfogandosi.
- Quelle carogne …
- Ricordo una frase precisa, pronunciata da colui che lo stava picchiando a morte: “Ne vuoi ancora, bastardo? Ora hai capito chi comanda qui? Vuoi fare la fine che ha fatto tuo padre, eh?!”. Poi ha stretto. Ha stretto forte sul suo collo e lo ha sbattuto su un tronco in maniera più violenta …
- E poi??
- … il nulla. Non ho sentito più nulla. Si è bloccato tutto all’improvviso. Ma sono abbastanza certa che non sia morto. Per questo è strano. Quando sono dentro il corpo di una persona che muore in una visione, c’è sempre un elemento, come una forza intrinseca, che mi fa capire che è morta. Non si interrompe l’immagine così all’improvviso.
- Cosa può voler dire …?
In quel momento, il viso di Myranda fu come colpito da un’illuminazione. – Ha perso la memoria … sì! È sicuramente così!
- Per tutti gli dei … - disse Eveline appoggiandosi alla parete a sua volta e alzando il volto al cielo.
Nel momento in cui chiuse gli occhi, sentì la sua mano venire stretta da quella della sua amica. – Vedrai, Eve, riusciremo a trovarlo prima o poi. Ne sono sicura.
 
 
Sam varcò la soglia della locanda alla quale era stato invitato da lord Lukell, rendendosi conto troppo tardi della situazione critica nella quale si ritrovasse coinvolto. Quando notò la grande affluenza di splendide donne in pose lussuriose e abiti succinti e sensuali, dei brividi di freddo percorsero la sua schiena.
- Fahraq, amico mio! Venite qui e favorite! – lo esortò lord Lukell accorgendosi della sua presenza, mentre due donne nude e molto formose, entrambe sedute sulle sue gambe, erano strette possessivamente dalle sue mani invadenti.
- Che strano aspetto … - disse quella bionda, voltandosi a guardarlo.
- È un abitante di Qarth, mia cara!! – la informò Lukell ridendo. – Piccola, vieni qui, e metti a suo agio Fahraq – continuò richiamando un’altra delle avvenenti ragazze seminude ed indicandole il nuovo arrivato.
Questa si diresse verso di lui e lo fece sedere, salendogli letteralmente addosso, muovendosi come un felino, con mosse lente e calibrate. Sam si incantò a guardare la sua pelle chiara, i capelli castani e le forme suadenti e sode che si palesavano prepotenti nella sua visuale, inebriandosi del suo odore dolce e speziato. Non riuscì a toccarla, né a guardarla negli occhi per più di un secondo mentre questa gli si avvicinava e mentre la timidezza, il pudore e l’imbarazzo si facevano strada in lui rischiando di far bruciare la sua perfetta copertura.
- Che vi prende, Fahraq? Non siete felice di placare la vostra astinenza? Non mi vorrete far credere che in questi cinque mesi non avete visitato neanche una volta un bordello! – esclamò l’uomo ridendo ancora.
In quel momento, entrarono dentro la locanda i cavalieri della Guardia Reale, attirando l’attenzione di tutte le ragazze.
- Cavalieri! – esclamò esaltata una di loro, fiondandosi dai nuovi clienti, seguita da quasi tutte le altre.
La fanciulla dai capelli rossi sfuggì dalle gambe di Lukell non appena li vide, e quando questo si accorse che si stava alzando anche la bionda, afferrò la presa sui suoi fianchi per impedirglielo. – Tu non vai da nessuna parte – le disse indispettito, mentre osservava tutte quelle creature divine alla completa mercé dei cavalieri. – Ehi, vi sembra il modo?? Sapete bene che io vi pagherei di più di loro, razza di ingrate! – esclamò sempre più irritato.
- Anche l’occhio vuole la sua parte – rispose una di loro guardandolo melliflua da lontano mentre si lasciava abbracciare dalle possenti braccia di un cavaliere.
- Se siete capaci di pronunciare frasi del genere, vuol dire che venite pagate anche troppo … - sussurrò Lukell arrendendosi.
Kylan, come i suoi compagni, venne immediatamente raggiunto da una delle giovani, la ragazza con i capelli rossi che in precedenza era seduta sulle gambe di lord Lukell. Questa cominciò a far vagare ripetutamente le sue mani sul petto del lord comandante della Guardia Reale, coperto dal tessuto delle vesti.
- Venite con me … allieterò la vostra nottata facendovi provare piaceri che vi faranno desiderare di avermi per tutte le notti avvenire – gli sussurrò leccandosi le labbra in maniera provocante e baciandolo sfacciatamente.
Oltre la visuale della donna intenta a sedurlo, il giovane Marbrand, proprio come temeva, notò Sam palesemente in difficoltà con la bellissima ragazza che gli era salita in grembo con tutto il suo peso, comportamento che si stava guadagnando sempre più occhiate sorprese e indagatrici da parte della serpe velenosa che era Lukell, il quale non esitava a commentare ciò che vedeva. – Se non sapessi che siete un ricchissimo mercante di Qarth, penserei quasi che non siete avvezzo a questo genere di divertimenti. Ma ciò non sarebbe possibile … sembrate come intimidito dalla carne femminile. Avanti, toccatela, che aspettate?
Ma Sam continuava a non riuscire a nascondere quel lato pudico di lui, il quale emergeva persino troppo prorompente.
- Mi spiace, milady, ma dovrete trovare qualcun altro – disse gentilmente Kylan scansando la ragazza e appoggiandosi la mano su un fianco come fosse un gesto spontaneo, segnale che venne immediatamente colto da Sam, distante pochi metri da lui. – È tutta per te, ser Dean – concluse il giovane Marbrand indicando ad uno dei suoi uomini la ragazza rimasta offesa dal rifiuto, e dirigendosi conseguentemente verso l’uscita della locanda.
A ciò, Sam attese qualche minuto per non destare sospetti, poi si alzò a sua volta, raggiungendo l’uscita.
Ma Lukell non mancò di notare un dettaglio simile. – Non pensavo aveste tali gusti, Fahraq. Ma, d’altronde, sono io lo sciocco a non averci pensato! D’altronde, le voci che girano sul concetto molto vario che avete a Qarth di piacere a prescindere dal sesso sono chiare – commentò l’uomo, attirando l’attenzione del giovane Tarly in un chiaro riferimento.
A tale supposizione, Sam mantenne la calma come era abituato a fare e gli rivolse un ghigno. – Oh, lord Lukell, i cavalieri come ser Kylan sono fuori dalla mia portata. Preferisco quelli più piccoli. Molto più piccoli. Ora, se vogliate scusarmi, esco a prendere una boccata d’aria per accumulare le energie necessarie alla notte di fuoco che mi attende – disse voltandosi nuovamente per uscire.
- Oh, se è così, ve ne farò portare uno di vostro gradimento, Fahraq! State pur certo che quando tornerete dentro, avrete anche lui oltre a queste splendide dee! – esclamò Lukell con sicurezza.
A tali parole, Sam sbiancò letteralmente, e ringraziò silenziosamente il suo colorito innaturalmente pallido creato artificialmente dai sieri degli Eterni.
Quando il giovane Tarly fu fuori dalla locanda, senza farsi notare cercò con lo sguardo quello che, oramai, era suo alleato da ben due mesi. Aveva colto il loro segnale comune e sapeva che avrebbe scelto il posto più appartato e più sicuro possibile per incontrarlo.
Una volta giunto in un vicolo a qualche metro di distanza dal retro della locanda, lo trovò. Fu proprio il cavaliere a cominciare il discorso. – Sapevo che prima o poi sarebbe successo.
- È così evidente …? – chiese Sam nascondendo la vergogna.
- Che sei vergine? Sì e molto. Chissà perché me lo immaginavo. Il mio istinto mi diceva che le tue eccellenti doti attoriali sarebbero come svanite nel nulla nel momento in cui saresti stato costretto ad approcciarti alla lussuria. L’unico motivo per il quale sono qui è questo. Devi trovare una soluzione, Sam, altrimenti la tua copertura salterà. È inconcepibile che un ricco mercante di Qarth non sappia approcciarsi al sesso. Dovrebbe essere ciò che sai fare meglio e Lukell se ne sta accorgendo. Ci siamo dentro insieme, perciò, se scoprissero chi sei veramente, sarei nei guai anche io.
- So bene cosa intendi e ne sono perfettamente consapevole. Ma è più forte di me. Non riuscirei mai a fingere in questo caso. È l’unica condizione nella quale non ne sarei capace. Cosa dovrei fare?
- Se te ne vai ora, Lukell sospetterà ancora di più. Devi affrontare questa situazione per non destare sospetti. Quando si è in un bordello, il corpo femminile viene considerato come un mero oggetto per dare piacere e null’altro.
- Potresti darmi un aiuto più concreto?
- Cosa dovrei fare?? Vuoi che ti mostri ora come si tocca il corpo di una donna?? – Il viso disperato e speranzoso del giovane Tarly lasciò presagire al cavaliere che la situazione fosse più disastrosa di quanto si aspettasse. – Non abbiamo a disposizione una ragazza che si presti a dare dimostrazione in questo momento, perciò no, non posso darti lezioni pratiche su come toccare il corpo di una donna. Non guardarmi in quel modo, dovrai sbrigartela da solo.
- Vuol dire che te ne stai andando??
- Sì. Sai che i bordelli non mi piacciono affatto.
- E come farò io??
In quel momento, i due dovettero nascondersi maggiormente nel vicolo in cui si trovavano e rimanere muti, poiché avevano notato che si stessero avvicinando uno dei cavalieri, visibilmente alticcio, e una delle ragazze della locanda.
- Vieni qui, dolcezza – disse lui tirandosela addosso con forza, stringendole le natiche con trasporto e baciandola con decisione.
Non appena i due si furono allontanati abbastanza, Sam e Kylan ritornarono a parlare. – Non sarò mai capace di trattare una donna in quel modo … - disse sconsolato il giovane Tarly, fissando il punto in cui prima erano presenti i due.
- Ehi, Sam, ascoltami – disse l’erede dei Marbrand richiamando la sua attenzione e poggiandogli le mani sulle spalle. – Puoi farlo, intesi? Ti basta entrare in una stanza con una o più ragazze e fare le esperienze che ti mancano. Sarebbe già un buon inizio, almeno per non farti sembrare un ragazzino dodicenne non appena un seno si avvicina al tuo viso.
Il ragazzo deglutì annuendo meccanicamente al suo alleato. – C’è un’altra cosa …
- Che altro?
- Lukell, poco fa, ha pensato che ti seguissi perché fossi interessato fisicamente a te. Ovviamente ho smentito le sue supposizioni, ma ciò mi ha portato un altro inghippo: Lukell sta facendo preparare anche un ragazzo per condurmi nelle stanze private. Non riuscirei ad arrivare a tanto, Kylan.
A ciò, il giovane Marbrand si passò una mano tra i capelli pensieroso, facendo trascorrere alcuni secondi prima di rispondergli. – L’importante è che non sospettino della nostra alleanza, come non hanno fatto fino ad ora. Non sarà una nottata al bordello a distruggere ciò che siamo riusciti ad ottenere in due mesi. Per quanto riguarda la questione dell’intrattenere un rapporto con un ragazzo, non lo farai, non ci riusciresti, ma se sarà così, dovrai persuadere il ragazzo a raccontare una versione diversa dei fatti, facendo credere a tutti che sia andata come si aspettano. È rischioso ma è l’unico modo.
- D’accordo … - disse Sam infine, cercando di auto convincersi di portercela fare.
- Allora, io vado. Segui le mie indicazioni e fai attenzione – lo esortò un’ultima volta, prima di allontanarsi definitivamente da quel luogo.
Quando il giovane Tarly rientrò nella locanda, trovò qualcosa che lo paralizzò ancora di più. Un bellissimo bambino dagli occhi di un verde cristallino, dai capelli scuri e la pelle chiara, lo guardava con un’espressione vuota.
- Oh, siete finalmente tornato, Fahraq! Pensavo che voleste trascorrere tutta la notte là fuori! – esclamò Lukell nel rivederlo, mentre continuava a stringere tra le braccia la ragazza bionda. – Questo è per voi. È il più piccolo e il più bello che c’è qui, sia in questa locanda, che nelle altre di tutto Approdo! Per questo costa molto! Ma credo proprio che, con i vostri guadagni, possiate permettervelo! – disse ridendo e dandogli una pacca sulla spalla.
Sam osservò ancora il ragazzino, come paralizzato. – Come ti chiami? – gli chiese d’istinto.
- Tylor, mio signore – rispose gelidamente il bambino.
- Quanti anni hai …? – domandò con timore, divorato dalla paura di udire la risposta.
- Undici, mio signore.
Sam cercò di mantenere la solita compostezza, voltandosi verso Lukell e simulando a fatica uno sguardo allettato. – È di sangue misto?
- Avete buon occhio, Fahraq! Ad ogni modo, è un bastardo. Ma quando è stato abbandonato qui da suo padre, quest’ultimo non ha voluto rivelare il suo cognome per non infangare il nome della sua casata, a detta della proprietaria della locanda. Solo il meglio per il mio caro amico di Qarth! – rispose dandogli un’altra pacca. – Ah, ovviamente ho aggiunto anche la compagnia femminile! Avrete l’imbarazzo della scelta – aggiunse facendo avvicinare a Sam anche una meravigliosa ragazza dalla bellezza esotica. Il giovane Tarly rimase affascinato nel guardare la sua pelle color cioccolato scuro, così diversa dalla sua, e, al contempo, così attraente.
La ragazza e il bambino condussero Sam in una delle stanze private, nella quale era presente uno enorme letto che appariva come spazioso e comodo. Il giovane deglutì per l’ennesima volta mentre la fanciulla lo faceva accomodare nel letto e si avvicinava sensualmente a lui.
Ma prima che i due potessero fare qualsiasi cosa, Sam si rivolse al ragazzino. – Tylor, io non ti toccherò.
Udendo quelle parole così anormali per lui, il piccolo si animò improvvisamente e lo guardò confuso. – Dite sul serio? O si tratta solo di uno scherzo?
- Dico sul serio. Tuttavia, dovrai rimanere in questa stanza per tutta la notte e quando uscirai, dovrai far credere a chiunque che sia accaduto quello che credono sia accaduto. Puoi promettermelo? Ti pagherò ugualmente i soldi che ti devo, ma devi prometterlo.
A ciò, il ragazzino, non credendo alle sue orecchie, sorrise felice come non faceva da tempo. – Grazie, grazie, grazie! Farò come mi avete chiesto!
- E io? Anche io non verrò toccata da voi? – chiese con un briciolo di speranza la ragazza.
- No … voi … voi dovrete svolgere il vostro compito – disse Sam prendendo coraggio ma non riuscendo a nascondere il suo profondo senso di disagio e di colpa. Ma sapeva che era la cosa giusta da fare, proprio come gli aveva suggerito Kylan. Se non avesse fatto delle esperienze in quel campo, sarebbe stato sicuramente smascherato.
A quella reazione così dolce, la fanciulla, intenerita, sorrise e si avvicinò lentamente al giovane Tarly, lasciandogli tutto il tempo possibile per ammirarla a dovere. Sam si concentrò a guardare i suoi splendidi capelli lunghi e riccissimi in un modo in cui quelli delle persone bianche non sarebbero mai potuti essere; osservò le sue curve morbide e accattivanti, quasi ipnotizzanti all’occhio; per poi far scorrere lo sguardo sui seni pieni e corposi, lasciati quasi totalmente scoperti dalla veste arancione e velata che indossava. Ma ciò che aveva guardato fino a quel momento non era nulla, se paragonato all’eccitazione crescente che provò quando si ritrovò l’incantevole volto della fanciulla a pochi centimetri di distanza dal suo: gli occhi grandi e scuri lo scrutavano incuriositi e seducenti, così come lo ammaliavano i tratti particolari tipici del suo popolo, come le labbra grandi e carnosissime e gli zigomi alti. La fanciulla gli soffiò delicatamente sulle labbra per cercare di metterlo a suo agio, notando la palese ed eccessiva agitazione di Sam ad ogni suo minimo movimento. – Rilassatevi … - gli sussurrò sensuale, prendendogli poi delicatamente le mani, e portandosele sui fianchi, per poi farle scorrere giù, sotto il velo, posandole sulle natiche rotonde. La ragazza aveva capito fin da subito che fosse la sua prima esperienza e che avrebbe dovuto guidarlo, poiché sembrava essere molto più a disagio di quanto avrebbe dovuto. – Potete toccarmi … non accadrà nulla di male se lo farete – lo incoraggiò sorridendogli premurosa e accarezzandogli una guancia, attendendo che il giovane facesse la sua prima mossa.
Dopo qualche secondo, Sam si fece avanti non senza timore, posando le mani sui bei seni di lei, palpandoli e tastandoli delicatamente, poi con sempre più trasporto. A ciò, sempre procedendo con estrema lentezza, come se avesse a che fare con un animale spaventato che sarebbe potuto scappare da un momento all’altro, la fanciulla posò la sua mano sul cavallo dei pantaloni, oramai dolorosamente stretto, del suo cliente, cominciando a massaggiare e a muoversi spingendo il bacino avanti e indietro, mentre lui continuava a palpare con una mano uno dei suoi seni, e con l’altra un suo fianco, non riuscendo a mantenere un tono di voce basso nel provare quelle sensazioni idilliache mai sentite prima.
Nel momento in cui Sam alzò troppo la voce, la ragazza lo baciò, coinvolgendolo in un lento e sempre più passionale contatto tra le loro labbra e le loro lingue, che durò per tutto il tempo in cui la loro danza di corpi proseguì.
La mattina seguente, Sam aprì occhi e non poté credere a ciò che vide dalla felicità nel ritrovarsi accanto la meravigliosa creatura che lo aveva completamente stregato. Aveva creduto fosse solo un sogno.
Restò a guardarla dormire sdraiata di fronte a sé, sorridendo per un’ora intera. Non appena anche ella aprì gli occhi scorgendo il suo viso, gli accennò un sorriso insonnolito. – Buongiorno, mio signore. Vi ha soddisfatto la notte appena trascorsa?
- Vi prego, non rivolgetevi a me come se foste stata solo un banale oggetto di piacere. Non è stato così – affermò il ragazzo.
A ciò, la fanciulla sorrise dolcemente e si lasciò accarezzare amorevolmente la guancia. – Non mi era mai capitato di aver a che fare con qualcuno come voi.
- Intendete qualcuno che non possedeva alcuna esperienza sessuale?
- Esatto.
- E vi è piaciuto almeno un po’ …?
- Sì, è stato molto dolce e … diverso – rispose accarezzandogli la guancia a sua volta. – È bello sentirsi amata ogni tanto.
Lui le prese la mano e gliela baciò con una delicatezza quasi esasperante. – Potrò rivedervi?
- Se lo desiderate. Io sono sempre qui.
- Credo si sia fatto tardi … - disse improvvisamente il giovane rendendosi conto del sole alto in cielo che entrava dalla finestra della stanza. – Devo andare … - aggiunse amareggiato. – Quanto vi devo?
- Nulla – rispose lei con tranquillità.
- Vi state prendendo gioco di me?
- Affatto. Veniamo pagate profumatamente, tanto da poterci permettere vestiti di tessuti pregiati e cibo di prima qualità; perciò, quando si presentano clienti di bell’aspetto, particolarmente gentili o che riescono a donarci tanto piacere, possiamo decidere di rifiutare il pagamento – spiegò.
 A quelle parole, Sam le sorrise ancora più raggiante e le lasciò un bacio a fior di labbra. Ma, dopo essersi rivestito e in procinto di andarsene, si voltò verso di lei guardandola mortificato, come se avesse commesso il peccato peggiore del mondo. – Qual è il vostro nome, milady?
Quella domanda spiazzò la fanciulla, tanto da lasciarla senza parole per alcuni secondi. – Nessun cliente mi aveva mai chiesto prima quale fosse il mio nome. Christine. Mi chiamo Christine – disse sorridendo ancora, positivamente sorpresa.
- Ci rivedremo presto, Christine – le disse Sam baciandole la mano e uscendo dalla stanza.
Lukell attese che il giovane Tarly uscisse dalla locanda, per fermare il ragazzino che aveva trascorso la notte con lui, afferrandolo violentemente per un polso e strattonandolo. – Che cosa è successo in quella stanza?? Dimmelo! – gli urlò l’uomo stringendo ancora e provocando una smorfia di dolore nel viso del bambino.
- Ha fatto ciò che fanno tutti gli altri clienti.
- Dunque ti ha stuprato??
- Sì.
- Non sai mentire! Bugiardo! – gli urlò dandogli uno schiaffo talmente violento da farlo cadere a terra.
A quel punto, si accovacciò accanto a lui osservandolo mentre si copriva la guancia ferita con la mano. Nel momento in cui vide entrare nella locanda tre uomini di sua conoscenza, decise di sfruttare la situazione a suo vantaggio. – Tylor, li vedi quei tre omoni grossi e grassi che sono appena entrati? – gli chiese indicandoglieli. A ciò, il bambino si voltò per guardarli. – Vedi, se tu mi dirai la verità, io farò in modo che loro non scelgano te come loro passatempo sessuale. È molto probabile che lo facciano: sono dorniani.
A tali parole, il ragazzino sbiancò completamente.
– Voi … voi avreste il potere di fare una cosa del genere?
- Certo, io li conosco. Te lo prometto.
Dopo qualche secondo di indecisione in cui il piccolo rimase a guardare i tre grossi uomini che avrebbero potuto abusare di lui, si lasciò vincere dalla paura. – Non mi ha fatto niente. Non mi ha toccato neanche con un dito.
Udendo ciò, i sospetti di Lukell sul misterioso Fahraq si rafforzarono. – Grazie, Tylor – disse ghignando, alzandosi in piedi e dirigendosi verso i suoi amici dorniani. – Ehi, signori, avete visto quella bellezza laggiù? – chiese loro indicandoglielo. – Ve lo consiglio vivamente! Dicono valga tutto il denaro in più che spenderete per averlo!
A ciò, i tre si voltarono a guardare Tylor già con gli occhi liquidi di aspettazione. – Avevate promesso!! – urlò il piccolo.
- Mai fidarsi di un Maestro dei Sussurri, ragazzino – gli disse ghignando ancora, per poi rivolgersi nuovamente ai tre clienti prima di andarsene. – Non lo rompete, mi raccomando!
 
Kylan continuò ad udire i forti rumori provenienti dalle stanze del re, come oramai era avvezzo. Toccava a lui fare il turno di guardia in quel momento e, come si aspettava, si udivano molte più urla di dolore che di piacere provenire dalla camera da letto. Dopo circa due ore di guardia, il ragazzo vide la porta spalancarsi e due ragazze ferite e seminude piombargli addosso nella fretta di correre via. – Che succede?? – chiese loro, notando che stessero anche tremando e piangendo.
- Non ce la facciamo … questo è troppo! – esclamò una di loro, correndo poi via per le scalinate della Fortezza Rossa, seguita dall’altra.
A ciò, il giovane Marbrand richiamò l’attenzione del re senza, tuttavia, entrare e violare i suoi spazi. – Maestà? Va tutto bene?
Dopo qualche minuto, il sovrano gli rispose. – Entrate, ser Kylan.
Il cavaliere obbedì entrando e appurando cosa fosse accaduto: i cadaveri di due delle concubine del re giacevano inermi come bambole scomposte, una a terra, l’altra tenuta appesa dallo strumento sessuale e di tortura che probabilmente l’aveva uccisa.
- Quelle due sciocche si sono spaventate così tanto, solo per aver visto le due loro amiche morte, da essere corse via dinnanzi al loro re – gli disse l’uomo camminando per la stanza con solo la casacca bianca addosso e ridendo con una pacatezza che nascondeva  nervosismo. – Non credete sia davvero stupida la paura umana, ser Kylan? – gli chiese avvicinandosi. – Quelle due dementi sono corse via per evitare di morire ora, ma moriranno ugualmente tra qualche giorno per aver abbandonato questa stanza senza il mio consenso – affermò sorridendo e guardandolo negli occhi color miele. – Ora mi chiederete come mai non uso semplicemente delle puttane per divertirmi, invece di prendere solo delle dame come concubine, dato che queste ultime sono meno accondiscendenti e anche più pudiche. Beh, oltre al motivo principale dato dalla mia assoluta repulsione verso quella sporca plebe che abita i vicoli più malfamati di Approdo, amo vedere la volontà umana piegata. Non vi sarebbe alcun gusto nel dominare su un animo già predisposto ad essere dominato – disse allontanandosi e guardando fuori dalla finestra. – Avete mai avuto modo di vedere dal vivo la figlia di Walter Targaryen? – gli chiese all’improvviso, cambiando discorso.
Kylan ricordava bene Eveline Targaryen, d’altronde, aveva ballato con lei. – No, mai – rispose.
A ciò, re David gli si avvicinò di nuovo. - Dicono che sia la fanciulla più bella di tutti i sette regni. Riuscite ad immaginarvela? Di splendide donne ne ho viste a centinaia nel corso della mia vita, perciò non riesco davvero a figurarmi una tale magnificenza nella mia mente senza venirne folgorato – disse mentre il suo sguardo mutava completamente e i suoi occhi prendevano uno consistenza liquida di piacere. – Dicono abbia dei lunghissimi capelli neri con qualche riflesso mogano, dei magnetici occhi chiari e brillanti che cambiano colore in base alla temperatura dell’aria e ai riflessi del sole, un volto con dei lineamenti talmente divini e sublimi, da far desiderare di vendere la propria anima pur di osservarla solo un secondo in più … tutto ciò, unito ad un corpo spettacolare e ad un’indole indomabile e completamente fuori controllo, la rendono la quint’essenza del piacere e provocano reazioni inequivocabili nei pantaloni di ogni uomo al solo osservarla da lontano. E queste sono le descrizioni che hanno dato di lei quando aveva dai dodici ai quindici anni! Vi lascio solo immaginare come possa essere divenuta ora, sempre che sia ancora viva, dopo essere cresciuta e sbocciata ancora – disse ridendo e facendo una breve pausa. – Quando riuscirò a trovarla e l’avrò con me, mi sentirò l’uomo più potente del mondo.
- La rendereste una delle vostre concubine?
- Oh, no! Come potete pensare che io possa dissacrarla?? Non la porrei assolutamente al livello delle sciacquette con le quali mi diverto a giocare. Sarà mia in una maniera totalizzante e innalzante. La tratterei come un gioiello prezioso solamente da ammirare, non mi permetterei nemmeno di sfiorarla – disse chiudendo gli occhi e immaginando per un attimo che il corpo nudo e freddo appeso, appena ucciso da lui, fosse quello della fanciulla che tanto bramasse. Lo sfiorò lievemente con la punta delle dita e con sguardo inquietantemente appagato, fino  a quando non riaprì gli occhi e prese coscienza, deluso, che si trovasse dinnanzi a quella dama morta con le braccia alzate e gli occhi aperti e vitrei. Posò le dita sulle labbra blu e dischiuse del cadavere osservandola quasi ossessivamente. – Sapete, il corpo femminile è estremamente attraente e soddisfacente anche se privo di vita. Sono sicuro che non abbiate mai avuto modo di provare una sensazione del genere, vero, ser Kylan? – chiese il sovrano facendo provare un paralizzante brivido di freddo nella schiena del giovane cavaliere.
- No, Maestà – rispose sperando che la conversazione terminasse lì e che potesse finalmente uscire da quella stanza pervasa dal tanfo stagnante della morte.
- Provate. Vi assicuro che ne varrà la pena. Avanti, baciatela – gli disse indicando il corpo appeso.
Kylan rimase a fissare il re, cercando disperatamente qualcosa che gli permettesse di scampare da quell’orrenda situazione in cui si trovava.
- Cosa c’è, vi schifa, per caso? – insistette David pacatamente.
- Dovrei tornare di guardia, Vostra Maestà. Potrebbe entrare chiunque da un momento all’altro nelle vostre stanze se non ritorno al mio posto.
- Baciate questa donna. È il vostro re che ve lo ordina – gli ordinò serio, senza lasciargli via di scampo.
A ciò, esitando ma combattendo per scacciare via quel profondo senso di disgusto e di rigetto che gli attanagliava le membra, si avvicinò al cadavere della ragazza e stampò un fugace bacio su quelle labbra gelide.
- Oh, ser Kylan, e quello cos’era? Non vorrete farmi credere di non sapere come si fa. Siete nell’età in cui si godono i maggiori piaceri del corpo! Baciatela davvero, come si dovrebbe baciare qualsiasi donna – insistette il re.
Tutto, nel giovane cavaliere, gli stava gridando che era profondamente sbagliato ciò che si trovava costretto a fare, mentre una nausea cieca, che non aveva mai provato prima, stava velocemente risalendo sulla sua gola.
Si avvicinò nuovamente al volto immobile della donna e posò ancora le labbra sulle sue, costringendosi a schiudere la bocca e ad approfondire quel tocco. Percepì altri brividi freddi misti alla nausea risucchiante divorarlo da dentro mentre la sua lingua veniva impregnata da quel sapore acre e acido allo stesso tempo, mentre l’odore fetido misto alla sensazione di marcio invadevano la sua bocca, impegnata a non ritrarsi ripugnata e a continuare, fin quando non avesse ritenuto che quello spettacolo fosse abbastanza per l’essere riprovevole che lo aveva costretto a farlo.
Quando si staccò dal cadavere, quel sapore putrido gli era rimasto dentro, rendendogli ancora più difficoltoso trattenere i conati.
- Perfetto – disse il re guardandolo soddisfatto e allontanandosi di nuovo da lui. – È rigenerante. È davvero rigenerante possedere un tale potere, non trovate? Io ora potrei ordinarvi di toccarla ancora, potrei ordinarvi di fotterla, e voi sareste obbligato a farlo – disse sorridendo. – Ma non vi ordinerò qualcosa del genere: è già tanto che vi abbia permesso di baciarla, considerando quanto io sia estremamente geloso e possessivo nei confronti delle mie concubine. L’unico motivo per cui l’ho fatto, è stato per mettervi nuovamente alla prova, per scoprire se sono riuscito davvero a sottomettervi completamente a me. Se ci sono riuscito con voi, forse potrei realizzare il mio proposito di sottomettere qualsiasi persona presente nei sette regni. – Detto ciò, si avvicinò ancora, fino a ritornare di fronte a lui. – Vi preferisco nettamente a vostro padre. Lui è come una puttana: nato per essere dominato, per farmi da pezza per pulirmi i piedi senza neanche il bisogno che io glielo chieda. Voi, invece, non siete come lui. Voi avete un animo insofferente agli ordini, determinato, tutto d’un pezzo e molto difficile da addomesticare. Per questo è così appagante notare quanto io sia riuscito a rendervi addomesticato, ser Kylan.
 
 
Eveline si svegliò di soprassalto in piena notte, attanagliata da un tremendo dolore allo stomaco. Si alzò dal suo letto cercando di non svegliare Myranda, la quale era profondamente addormentata nel letto accanto, e corse dall’altra parte della tenda, distinta da quella utilizzata per riposare e riservata solamente ai bagni caldi e alla pulizia dei loro corpi. La giovane rosa si piegò su sé stessa reprimendo un forte lamento di dolore e resistendo a denti stretti. Ma non c’era nulla da fare. Il dolore si propagò e divenne sempre più tagliente e focoso, come se le stessero lacerando il ventre da dentro e da fuori. La fanciulla si sedette all’interno della vasca vuota e buttò la testa all’indietro, non riuscendo a vedere nulla poiché il dolore atroce l’aveva temporaneamente accecata. In un attimo di lucidità, la ragazza tentò di liberarsi da quella morsa infilandosi due dita in gola e provando a vomitare, ma non uscì nulla dalla sua bocca se non saliva mista a sangue.
Non riuscì a reprimere un gemito di dolore mentre arpionava le mani ai lati della vasca fino a far sbiancare le nocche e le dita. Gattonò con la vista annebbiata, tastando ciò che aveva dinnanzi, in cerca di una lama o di una qualsiasi superficie tagliente. Quel dolore non la faceva ragionare lucidamente e la stava spingendo a porvi fine in modi estremi. Non appena trovò il frammento tagliente di uno specchio, lo afferrò tanto forte da tagliarsi le dita e, barcollando, uscì dalla tenda per raggiungere un posto più isolato. Si lasciò cadere sulla sabbia, nel buio della notte, accanto al laghetto e parzialmente lontana dalle tende silenziose.
Gridò e gemette dolorante, mentre si squarciava il tessuto leggero del vestito da notte che le fasciava il ventre stretto e riafferrava, tremante, il frammento di vetro. Appoggiò una mano ferita sulla carne inviolata, morbida e delicata della sua pancia che sembrava contenere un vulcano in eruzione al suo interno. Avvicinò cautamente il frammento tagliente al suo ombelico, fin quando non fu interrotta da una vocina a lei familiare, dietro di lei.
- Eve? Che fai? – chiese il piccolo Naaro riconoscendola nonostante ella fosse di spalle.
A ciò, Eveline strinse i pugni sulla sabbia per cercare di non fargli capire che stesse provando quel dolore lacerante e di non urlare ancora. – Naaro … cosa … cosa ci fai qui … a quest’ora? – gli chiese con la voce rotta e non voltandosi.
- Volevo aspettare sveglio mio padre che torna da battaglia. Poi ho sentito tua voce da lontano e sono venuto – disse ingenuamente il bambino avvicinandosi.
Non appena il piccolo fu abbastanza vicino da poter vedere lo stato estremamente sofferente della ragazza, ma, soprattutto, il frammento di vetro che teneva vicino alla sua pancia, sgranò gli occhi e fece altri passi verso la giovane rosa. – Cosa è quello? Che vuoi farci? – le domandò annullando le distanze e sedendosi accanto a lei preoccupato.
La fanciulla si voltò a guardarlo e, tremando, si sforzò di accennargli un sorriso contrito. – Naaro … torna a casa, piccolo … torna a casa e non dire … non dire a nessuno quello che hai visto … sento troppo dolor- disse mentre l’ultima parola si trasformava in un altro atroce lamento e si piangeva ancora su se stessa.
A ciò, il bambino le prese il frammento dalle mani e lo lanciò nel buio, il più lontano possibile. Dopo di che, la abbracciò mentre lei continuava a lamentarsi disperata. - Nelle porte di Elm argento copriva cielo. Nelle porte di Elm bambini volavano con fate – cominciò a cantare mentre le accarezzava i capelli. - Loro tenevano in mani primule per riuscire a vedere, fate donavano loro Aspen per proteggere loro da pericoli di coraggio, ed Heather era in lago dorato per donare sorrisi – continuò il bambino tralasciando alcune parole e scambiando qualche accento, accorgendosi che la ragazza stesse tremando e gemendo sempre meno.
Eveline percepì quel tremendo dolore che pensava l’avrebbe uccisa, svanire pian piano, mano mano che Naaro le cantava la canzone che a sua volta gli aveva cantato, e le dimostrava il suo affetto sincero e incontaminato. - Ma nelle porte di Elm, in realtà, non c’era nessuno; perché bosco dimenticato aveva perduto sue figlie.
In quel momento, la fanciulla si staccò delicatamente dal piccolo e gli sorrise felice. – Allora te la ricordi … pensavo dormissi tra le mie braccia il giorno in cui te l’ho cantata – gli disse accarezzandogli la guancia morbida. – Grazie, Naaro.
- Ora stai meglio?
- Sì, sto meglio.
- Eve?
- Cosa c’è?
- Ma, alla fine, bosco dimenticato ritroverà più sue figlie?
A quella domanda, Eveline sorrise tristemente. – No, Naaro. Le sue figlie sono perdute per sempre.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 18
*** Da pretendenti a concubine ***


 
Da pretendenti a concubine
 
- Accidenti a questo dannato incarico! Cosa passava per la testa a Kylan quando ha deciso di mandare noi dieci?? Poteva scegliere altri cavalieri della Guardia Reale al nostro posto! – esclamò l’uomo pulendosi la sabbia dal volto e dalla barba.
- Questo incarico dovrebbe aumentare il nostro onore e prestigio, se solo riuscissimo a portarlo a termine, Conner … - rispose un altro, il quale teneva il suo passo, ma poco più dietro.
- Dannati siano i prestigi e gli onori! Insomma, prima ci si è messo il naufragio, poi, quando finalmente siamo giunti nel continente orientale, anche i venditori di schiavi! Sono trascorsi tre mesi e abbiamo iniziato solo ora a cercare quella dannata Targaryen! – esclamò un altro dei dieci cavalieri, coprendosi il volto con il velo per proteggersi dalla sabbia.
- Ehi, uomini, fermatevi. Vedete anche voi ciò che vedo io?? – disse il primo della fila, sfoderando la sua spada allarmato.
- Chi diavolo sono … ?
- Sono loro …
Delle sottili figure completamente coperte da fasce grigie, si stavano avvicinando velocemente e ordinatamente a loro, apparendo ai dieci quasi come ombre, a causa della tempesta di sabbia.
Ognuno di loro afferrò la sua spada per combattere quelli che apparivano come gli spietati e famosissimi fuorilegge dell’ordine dei Fantasmi.
Ciò che rassicurò parzialmente i cavalieri, fu lo scarso numero di membri che si trovarono dinnanzi: erano solo in otto.
I dieci uomini cominciarono a scagliarsi contro quelle misteriose figure, senza paura, sicuri delle loro elevate doti combattive.
Ma gli otto Fantasmi svanirono dalla loro visuale come schegge, precipitandosi dietro gli avversari e facendo comprendere loro per quale motivo li chiamassero in quel modo. Non utilizzavano mai delle armi, poiché, grazie alla loro velocità e flessibilità, riuscivano sempre a disarmare qualsiasi nemico, puntando sul combattimento corpo a corpo e, nell’eventualità, procurando anche una morte rapida e netta, inflitta con la stessa tranquillità e facilità con la quale veniva metabolizzata. Anche in quel caso, la vittoria fu in mano ai famosi ladri e assassini.
Dopo averli atterriti tutti quanti, uno dei Fantasmi parlò. – Che ne facciamo di loro? – chiese rivolgendosi a GreyShade, il quale stava fissando i corpi stesi sulla sabbia.
- Sam ci ha chiesto di non ucciderli, ma solo di ostacolarli – rispose impassibile. -  So io cosa farne. Raggiungiamo gli altri ora.
 
 
Il giovane cavaliere fece una smorfia di dolore quando il denso liquido penetrò nella sua ferita aperta.
Il Gran Maestro Xavier continuò a spargerlo con attenzione in tutto il braccio ferito del ragazzo. – È la terza volta che ti ferisci questo braccio in battaglia. Alla quarta non so cos’altro potrei fare per rimettertelo a posto, razza di scapestrato! – disse il vecchio con i suoi abituali modi rudi, dando una forte pacca sulla testa di Kylan.
- Non posso decidere io dove mi colpiranno i nemici – si lamentò lui massaggiandosi la testa.
- Chi erano questa volta?
- Ribellioni in alcune cittadine del Sud. Appartengono a casate che non hanno ancora aderito al regno di David. Non so per quanto ancora pazienterà prima di sopprimerle tutte. Quando succederà, ci verrà chiesto di trucidare anche donne e bambini … - disse il ragazzo non riuscendo a nascondere l’amarezza nella voce.
- La guerra è guerra, ragazzo mio. Ciò che varia da una guerra ad un’altra, sono solo i sovrani che la combattono. Vedrai che il re non arriverà a tanto; saranno le casate che resistono ancora a cedere prima di venire massacrate – gli disse con fare paterno ed esprimendo il suo modo di rassicurarlo dandogli una pacca sul braccio ferito, la quale fece vedere le stelle al giovane.
- Maestro!!
- Ora te lo fascio – rispose semplicemente il vecchio.
Sì, cederanno. E quando lo faranno, diverranno tutte scimmie addomesticate da quella mente insana pensò il ragazzo non appena il dolore diminuì un po’, preferendo non rendere esplicite quelle preoccupazioni.
- Ad ogni modo, non te l’ho mai chiesto finora, ma cosa ne pensi di Fahraq, il mercante di Qarth? – gli chiese improvvisamente il Gran Maestro.
- Avrò parlato con lui sì e no due volte in sei mesi, non contando gli incontri del concilio ristretto. Sembra il solito ricco e ozioso mercante che crede di avere dei motivi di vanto. - A Kylan dispiaceva non poter dire nulla neanche al Gran Maestro Xavier, ma doveva mantenere la loro alleanza segreta, anche con chi credeva di potersi fidare.
- Hai notato che nell’ultimo mese ha trascorso sempre più tempo al bordello? – chiese il vecchio mentre gli fasciava attentamente l’arto.
- Non dovrebbe essere normale per quelli come lui?
- Sì, dovrebbe, ma il fatto strano è che nei mesi precedenti non vi abbia messo piede neanche una volta.
- Deve aver scoperto dei nuovi piaceri nei bordelli di Approdo, forse tipi di piaceri assenti in quelli della sua amata Qarth.
- Forse hai ragione – disse disinteressato Xavier. – Ricordi che tutte le lady di buon partito e pretendenti del re giungeranno oggi pomeriggio?
- Sì, lo ricordo.
- La Fortezza Rossa si riempierà di fanciulle provenienti da tutti i sette regni. Quel verme perverso di Lukell non riuscirà a tenerselo nei pantaloni neanche un secondo!
A quelle parole, Kylan sorrise divertito. – Cercate di tenerlo d’occhio per evitare che ne faccia scappare qualcuna.
- Sarai tu stesso a farlo: sai che dovrai presiedere tu l’incontro e le varie presentazioni, non è vero?
- Cosa? Perché io? Mio padre è il Primo Cavaliere, dovrebbe farlo lui.
- E tu sei il lord comandante della Guardia Reale. Mi sembra strano che tuo padre non ti abbia detto nulla, d’altronde era lui l’incaricato di informarti di questa sostituzione.
- Che è successo a mio padre ..?? – chiese il giovane in tono allarmato.
- Le sue ferite al volto continuano a fargli male. Prima ho dovuto trovare una medicazione più efficace per placargli il dolore. Sembra che, nonostante sia trascorso un anno, la situazione non migliori. - A quelle parole, il ragazzo si rabbuiò completamente. - Smettila di darti colpe e corri a svolgere il tuo compito, figliolo! – esclamò il vecchio riservandogli un’ultima pacca, questa volta sulla spalla.
Non appena Kylan si diresse verso il corridoio che lo avrebbe condotto alla sala del trono, incrociò il suo alleato, il quale stava andando nella sua stessa direzione. A ciò, essendo il corridoio vuoto, ne approfittarono per parlare. – Ieri notte sei stato di nuovo al bordello di lady Kettleback?
- Sì – rispose raggiante Sam.
- Capisco quanto l’euforia del momento possa annebbiarti la mente, ma …
- Io non ho la mente annebbiata – rispose con sicurezza l’altro, capendo cosa intendesse l’amico.
- Non volevo dire ciò che pensi. Dico solo che è la prima volta per te provare emozioni di questo genere e …
- Io credo di provare qualcosa di forte per lei, Kylan – disse il giovane Tarly interrompendolo di nuovo. – Lei è splendida, la creatura più bella, dolce e gentile che io abbia mai conosciuto e non ho intenzione di smettere di vederla, se è questo che intendi.
- Non ti sto chiedendo di smettere di vederla, ma vorrei che tu tenga bene a mente dove sei e cosa stai facendo – rispose il giovane cavaliere bloccando il suo cammino e facendo in modo che si fermasse anche l’altro. – Non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Tienilo bene a mente. Christine è importante per te, lo so, ma fai in modo che non sia così evidente. Fallo anche per lei: se dovessero scoprire chi sei e sapessero che lei è così importante per te, la userebbero per spingerti a confessare informazioni su GreyShade. Depistali in qualche modo, fatti trovare anche in altri bordelli e fingi di essere interessato anche ad altre donne – si raccomandò quasi con sguardo supplicante.
- Lo farò, Kaylan. Lo prometto – lo rassicurò sorridendogli.
Non appena i due raggiunsero la sala del trono, trovarono il re seduto su di esso, in attesa dell’arrivo delle sue pretendenti, affiancato dal Gran Maestro Xavier e da lord Lukell. Hoxana era riuscita ad evitarsi quell’evento con la costante scusa di dover occuparsi del suo amato esperimento umano.
- Sarai tu a presiedere l’incontro? – chiese Sam osservando la sala dinnanzi a sé.
- Sì.
- Che gli dei siano con te!
- Scherza poco, dovrai essere presente anche tu – gli rispose fulminandolo mentre l’altro tratteneva a stento un sorriso divertito.
I due presero le loro postazioni, Sam accanto agli altri consiglieri, mentre Kylan accanto al trono, ma spostato sulla sinistra.
Dopo circa un’ora, entrarono ordinatamente, sfilando una dietro l’altra con elegantissimi vestiti tutti appositamente preparati per l’occasione, le ventitré giovani dame a poter aspirare a divenire pretendenti del re David Crakehall.
Gli uomini presenti non poterono fare a meno di notare che fossero tutte bellissime.
Non può essere lei … si disse l’erede dei Marbrand dentro di sé non appena, tra le tante, riconobbe una sua vecchia conoscenza. La ragazza in questione, con la solita spavalderia che la contraddistingueva e che la rendeva una degna dorniana, sembrava cercare qualcuno con lo sguardo, fin quando non vide a sua volta il giovane cavaliere quando spostò lo sguardo sulla sinistra, e lo salutò allegramente con la mano quasi come se non si trovasse dinnanzi al cospetto del re dei sette regni.
Tutte le  dame si presentarono educatamente al sovrano rivelando il loro nome, la casata di appartenenza e qualche altra informazione che avrebbe potuto far pendere la scelta del re sulla sottoscritta. Dopo due ore in cui non accadde nulla di anormale e tutto procedette secondo i piani, le ventitré fanciulle si congedarono disponendosi in ordine nel salone e attendendo il verdetto di re David, il quale aveva lasciato la sala per decidere altrove.
Proprio come temeva, il giovane Marbrand si ritrovò la sua vecchia amica dinnanzi gli occhi non appena il re se ne andò. Non solo destò l’attenzione di tutte le altre per aver lasciato il suo posto, ma le lasciò tutte interdette quando abbracciò il cavaliere entusiasta e con estrema confidenza. Poi, quasi per dispettoso sfizio, gli rivolse un educato inchino da perfetta lady. – Kylan.
- Lorraine – rispose lui ricambiando l’inchino.
- Sei cresciuto.
- Sei cresciuta anche tu.
- Sapevo di trovarti qui ai piani alti! Sai, si parla molto della fama che avete acquistato tu e tuo padre stando così vicini al re! Cos’hai fatto al braccio?? - domandò notando la fasciatura.
- Niente di grave, una ferita da combattimento.
- Beh, cos’è quel muso lungo?? Non sei felice di vedermi? – gli chiese con la sua solita esuberanza.
- Lorraine, per favore, abbassa la voce e torna al tuo posto. Ora non è il momento di parlare. Se il re dovesse tornare … - le rispose lui guardandosi intorno sospettoso.
- Per gli dei, la carica di lord comandante della Guardia Reale ti ha reso ancora più rigido di quanto ricordassi! Rilassati! – esclamò dandogli una vigorosa pacca sulla spalla.
- Oggi ci state prendendo gusto con queste pacche …
- Perché, chi altro te le ha date?
- Nessuno, lascia stare. Sì sono felice di vederti, però ora torna al tuo posto e mantieni un certo contegno.
- Sai che a volte sembri più noioso della gente del Nord? Insomma, non ci vediamo da sei anni e tu mi tratti così??
- Grazie, oggi sei piena di complimenti.
- Ehi, bamboccio, lo sai che non sarei io se non fossi così impetuosa. D’altronde, sono o non sono la figlia di Arianne Martell?? – chiese con fare volontariamente fiero e orgoglioso, girando su se stessa e provocando un sorriso nel volto dell’amico, in ricordo dei vecchi tempi.
- Oh, ora finalmente ti riconosco! Sei troppo serio, più del solito; sembra quasi che tu sia sotto costante costrizione. Che succede, Kylan?
- Mi conosci troppo bene … - le rispose sospirando sconsolato.
Lorraine Martell, primogenita di Arianne Martell, era una ragazza di diciannove anni molto simile alla madre, e, se possibile, ancora più spavalda, energica, intraprendente e, come tutti i dorniani, completamente fuori da ogni costrizione sociale. Anche l’aspetto era molto simile a quello di sua madre: la sua bellezza era stata tramandata immacolata e variata di qualche tratto grazie alle origini differenti di suo padre, il marito di Arianne; i folti capelli color cioccolato le ricadevano fino alla schiena, la pelle olivastra si ornava splendidamente con le forme prorompenti del suo corpo già maturo e con il magnifico abito color salmone che indossava, mentre gli occhi chiari e a mandorla si stagliavano prepotenti in quel complesso, formando delle splendide finestre grigie su quello sfondo scuro.
- Allora? Non mi dici niente riguardo il fatto che io sia qui?? – lo stuzzicò lei.
- Sono sicuro che tu abbia fatto colpo sul re.
- Sul serio?? Guarda che mi fido, dato che tu dovresti conoscerlo bene essendo il suo braccio destro. Ma perché hai quello sguardo amareggiato? Insomma, diverrei la regina dei sette regni! Ci pensi??
- Lorraine, sul serio, è meglio che la smettiamo di parlare prima che qualcuno possa fraintendere … il re è estremamente geloso delle sue concubine, e tanto più delle sue pretendenti. Te la passeresti molto male se avesse sospetti sul fatto che tu gli sia infedele.
- Sospetti di che genere? – gli chiese lei maliziosa, avvicinandosi ancora di più al suo volto. – Ti riferisci a quello che facevamo nelle camere da letto nel periodo in cui sei rimasto alcuni mesi a Dorne con tuo padre?
- Abbassa la voce, per gli dei! – gli disse tappandole la bocca con la mano e non facendo altro che aumentare le provocazioni della ragazza. – Avevamo tredici e quattordici anni, Lorraine. Eravamo solo ragazzini che volevano provare nuove esperienze e trascorrere l’estate in maniera diversa. Ecco tutto.
- Lo so bene ed è stato molto bello provare quelle “nuove esperienze”. Se non vuoi riprovarle in onore dei vecchi tempi, non importa, me ne farò una ragione. Non sei l’unico bel cavaliere dalla chioma scintillante qua dentro, tesoro, chi ti credi di essere? Ho già intravisto alcuni dei tuoi uomini e sono tutti davvero notevoli. Inoltre, speravo anche in qualche ragazza, sinceramente, con tutte queste bellissime dame che si contendono il trono al fianco del re insieme a me. Insomma, non potranno essere tutte quante restie alle attenzioni di un’altra lady, no?
- Lorraine, non siamo a Dorne, per gli dei del cielo! Siamo ad Approdo del re e il re David non è un tipo che si limita non rivolgerti la parola per una settimana se scopre che riservi le tue attenzioni a qualcun altro al di fuori di lui. Ho visto cosa fa alle ragazze, ho assistito, mi ha costretto anche a … - ma il giovane si bloccò, non riuscendo a terminare la frase.
- Ti ha costretto a fare cosa …? – lo incalzò lei.
- Nulla. Ma fidati di me, Lorraine. Quell’uomo è pericoloso.
- La tua preoccupazione mi commuove, ma ti ricordo che ho affrontato di peggio di un re maniaco e perverso, come mio zio Oberyn quando si sveglia con il piede sbagliato, ad esempio. E poi, il mio ultimo anno di esperienze sessuali mi ha insegnato che non esiste controversia, offesa o gelosia che non possa essere dimenticata tramite i piaceri carnali. Vedrai che quando offrirò al tuo re solo ciò che una dorniana gli può offrire, dimenticherà ogni motivazione che lo spingerà a volermi morta.
- Non ne sarei così sicuro.
- E poi, questa occasione è una sorta di riscatto per me e per la mia famiglia, lo sai – disse la fanciulla acquistando uno sguardo più risoluto.
- Sì lo so.
- Specialmente ora che mia madre è morta.
A quelle parole, il giovane cavaliere sgranò gli occhi. – Cosa? Quando? Come è successo?
- Non hai ancora saputo nulla perché è accaduto abbastanza recentemente e abbiamo voluto tenere la notizia relativamente nascosta. Si è trattato di una malattia. Probabilmente la stessa che ha ucciso Myrcella Baratheon anni fa.
- Mi dispiace tanto …
- Non dispiacerti. Ero molto legata a mia madre, lo eravamo tutti. Ma nessuno meglio di noi sa quanto sia importante rialzarsi dopo una grave perdita. Ne abbiamo subite talmente tante, da essere immuni alle ingiustizie oramai.
- A partire da Elia …
- Esatto. Dopo la morte di mia madre io e le Vipere della Sabbia ci siamo rimboccate le maniche per far ritornare Dorne per lo meno simile alla città viva e unita che era un tempo.
- Dunque è stata tua la decisione di mantenere Dorne neutrale al governo di re David … - disse il ragazzo realizzando solo in quel momento. – E nonostante ciò, hai avuto la faccia tosta di presentarti qui come sua pretendente … sei incorreggibile.
- Ti aspettavi qualcosa di diverso da me? – gli chiese con sguardo furbo, ponendo le braccia conserte, mentre dal suo volto traspariva un’immensa decisione e sicurezza.
- Ad ogni modo, questa alleanza con la corona ha un duplice scopo. Ovviamente la mia Dorne non si sottometterebbe mai ad un governo simile. Ma, forse, c’è un modo per piegare il re usando i nostri metodi. Tutto ciò si avvalora contando che qualcosa bolle in pentola.
- Che vuoi dire?
- Non posso dirtelo qui ed ora. Un’informazione del genere non dovrebbe mai essere pronunciata all’interno della Fortezza Rossa. Contando poi che tu sei il lord comandante della Guardia Reale del re in persona … - gli disse rivolgendogli un sorriso finto diffidente.
- Tutto ciò che stai facendo ti fa onore ma non cercare di voler fare troppo e tutto insieme. Se dovesse andare tutto in fumo … - ma Kylan non fece in tempo a terminare la frase, che il re entrò nuovamente nella sala del trono.
A ciò, Lorraine gli sorrise ammiccandogli, per poi tornare al suo posto e così fece anche lui.
- Mie signore, sono lusingato da ognuna di voi. Vorrei informarvi che ho preso la mia decisione – affermò attendendo prima di continuare e godendosi l’attimo di suspance che stava suscitando in ognuna di loro. – Avendo constatato che nessuna di voi è adatta a divenire mia regina, ma non volendo ugualmente sprecare le vostre gentili proposte e rinunciare alla vostra così accecante e variegata bellezza, ho deciso di prendervi tutte quante come mie personali concubine! Verrete tutte a vivere all’interno della Fortezza Rossa, qui ad Approdo del re – disse fiero della sua scelta. D’altro canto, tutti i presenti, a partire dal Gran Maestro Xavier, a lord Lukell, a Sam, a Kylan e a tutte le dame presenti, rimasero sconvolti.
Non è possibile.
 
 
- Eve, che hai? Sta succedendo di nuovo?? – le chiese allarmata la bionda, vedendola accovacciata su se stessa.
Oramai quel dolore atroce era divenuto quasi sopportabile per la giovane rosa. Oppure era solo una scusa che si ripeteva per auto convincersi a sopportarlo e a non cedere. Si premette la pancia piatta stringendo le dita e conficcandole nella pelle, mentre Myranda cercava di farla calmare.
Aveva scoperto che vi era una soluzione a quel dolore lancinante. In realtà, era stato il piccolo Naaro a scoprirlo, nel momento in cui le aveva cantato la sua canzone e l’aveva cullata tra le sua braccia, proprio come fosse lei la bambina tra i due, riuscendo a farle svanire quella morsa che la stava risucchiando partendo dallo stomaco.
- Eve, respira, respira con me e guardami! – la esortò Myranda inginocchiandosi di fronte a lei e stringendole le braccia per farle sentire la sua presenza. Alcune volte impiegava più tempo ad andarsene, mentre altre, bastava il semplice canto o le parole dolci di una voce familiare a farlo smettere.
In quei momenti di ennesime fitte alla pancia, mentre cercava di seguire lo sguardo e la voce della sua più cara amica, le ritornò in mente quel flashback di un mese prima, esattamente il giorno dopo la prima volta che le era accaduto:
- Tutto qui? – le aveva chiesto lo stregone.
- “Tutto qui”?! Questa è la tua risposta?? Stavo per morire di dolore e per aprirmi la pancia!
- Non mi sorprende una tale reazione da parte del tuo corpo. D’altronde sei umana. Durerà fin quando il tuo corpo umano non si sarà abituato completamente alla magia che si sta appropriando sempre maggiormente della tua essenza. Più potente diventerai, più i dolori aumenteranno di intensità fin quando non sarai completamente avvezza.
- Quanto ci vorrà?
- Considerando che hai un corpo forte e giovane e che stai riuscendo ad acquisire un tipo di magia sempre più dominante, qualche mese.
- Per qualche mese potrei essere costantemente colpita da questi dolori atroci??
- Sì. Ma se resisterai e il tuo corpo riuscirà ad entrare completamente in simbiosi con l’elemento magico, rendendolo una parte inscindibile di te invece che un parassita, a quel punto, potrai considerarti la vincitrice e una strega a tutti gli effetti, Aradia. Il tuo potere non costituirà più un pericolo di morte per te.
A tali parole, essa si pose una mano sulla fronte, sedendosi e metabolizzando. – Posso sopportarlo. Se sono alcuni mesi, posso farcela.
- Bene – le rispose lui accennandole un sorriso e voltandosi, facendo per andarsene dalla stanza.
- Aris … - lo richiamò lei, facendolo fermare. – Anche tu eri umano, giusto? Per diventare come sei ora, quanto … per quanto tempo hai dovuto sopportare questo dolore straziante?
- Quasi un cinquantennio.
La giovane rosa rifletté ancora su quelle parole dello stregone mentre urlava e si contorceva, chiedendosi continuamente, come spesso le accadeva, come avesse fatto quell’uomo a sopportare un cinquantennio di quel supplizio.
Finalmente, dopo dieci minuti, le parole di Myranda sembrarono avere l’effetto sperato e la fanciulla si calmò man mano che la fitta diminuiva di intensità. Regolarizzò il respiro aspettando che il fiatone diminuisse mentre si lasciava andare nel letto, permettendo a Myranda e alle due ancelle di maneggiarla come una bambola.
- Vado a prepararle delle erbe rilassanti – disse Wanha allontanandosi con Laarit.
- È permesso? – chiese improvvisamente una voce familiare, scostando la tenda. Myranda si voltò e sorrise a Veherek, facendogli segno di entrare. – Sono venuto appena ho saputo che le fosse preso di nuovo – disse il ragazzo avvicinandosi al letto nel quale era stesa la giovane Targaryen, ancora con il fiato pesante e gli occhi stravolti. – Come stai, lady acciaio? – le chiese scherzosamente lui, sedendosi sul letto.
Lei gli accennò un sorriso stanco. – Mi sto riprendendo. Tra qualche minuto sarò come nuova.
A ciò, l’amico le prese la mano e gliela baciò, per poi volgere lo sguardo alla sua compagna. – Si è ferita ancora nello stringersi e graffiarsi la pancia con le unghie? – le chiese.
- Non ho controllato, ma probabilmente sì – rispose la bionda.
- Allora vado a prenderle di nuovo l’unguento che ha creato lei e che disinfetta tagli e graffi – disse alzandosi dal letto.
- Non scomodarti, Veherek. Guariranno presto. Sai che se sto a contatto con la terra guarisco più in fretta – lo rassicurò la giovane rosa.
- Niente scuse. Vado a prendere il tuo unguento e lo applicheremo sulle tue ferite – le rispose lui risoluto, uscendo dalla tenda.
- Dannata iperprotettività … - commentò scherzosamente Eveline. – Sembra quasi mio fratello maggiore. 
A ciò, anche Myranda sorrise divertita mentre si sedeva sul letto della sua amica. – Ci tiene molto a te, Eve.
- Sì, me ne sono accorta. Ora basta con quella faccia da mortorio, Dada. Sto bene – affermò la giovane Targaryen intuendo al volo lo stato d’animo della Lannister e ponendosi seduta a gambe incrociate, con le coperte leggere e setose arrotolate intorno al corpo. – Raccontami qualcosa, così non pensi alle assurde preoccupazioni che ti stanno invadendo la testa riguardo il mio stato di salute – affermò decisa, sorridendole.
- Cosa vuoi che ti racconti? – le chiese curiosa.
- Non so, ad esempio come sta andando tra te e lui – propose infarcendo la frase di un lieve tono provocatorio.
A tali parole, Myranda divenne rossa come un pomodoro e volse lo sguardo altrove per non incrociare gli occhi chiari e scrutatori della sua amica. – Va tutto bene tra noi due.
- Definisci “bene”. Dai, Dada, non farti pregare. Sono un’”inferma” e ho bisogno che tu mi svaghi per non pensare al fatto che potrei essere nuovamente colpita dai dolori da un momento all’altro – le disse furbescamente, sfruttando l’ansia e l’istinto protettivo della Lannister.
- Beh … se la metti in questo modo … - cominciò la bionda, venendo poi interrotta da Wanha e Laarit che ritornarono con una ciotola colma di caldo infuso alle erbe per la giovane rosa.
- Grazie, ragazze – rispose e sorrise loro Eveline, prendendo in mano la ciotola e cominciando a soffiare sul liquido bollente, mentre le due ancelle uscivano dalla tenda. – Sto aspettando – incalzò poi rivolgendosi ancora alla sua amica e sorseggiando rumorosamente, apparendole come una figura inquietantemente inquisitoria.
- Non so da dove cominciare …
- Avete fatto … ? –
- No! – esclamò la bionda interrompendola e impedendole di completare la frase, provocandole una reazione divertita. – Non siamo ancora arrivati a quel punto …
- Ma ci siete vicino.
- Già … la prima volta che ci siamo andati così vicino è stata la sera in cui abbiamo compiuto gli anni, qualche mese fa. Poi, in seguito, anche altre volte stavamo per varcare quella soglia, ma …
- Ma …?
- A me lui piace moltissimo, ma, ogni volta, mi fermo un attimo prima. Lui penserà che non voglio, ma non è così. Ho solo tanta paura per mille motivi diversi.
- Che genere di motivi?
- Lui ha sicuramente raggiunto una certa maturità sessuale con le donne del suo villaggio, nonostante la giovane età. Non mi sento abbastanza. Insomma, sono una ragazza di quindici anni, completamente priva di qualsiasi esperienza e nettamente differente dalle esuberanti bellezze dothraki.
- Ma lui ha scelto te, Mi. Ciò ti fa capire che ti preferisce a qualsiasi donna dothraki.
 - Ne sono consapevole, ma … sono comunque insicura – aggiunse ponendosi le mani sul viso e scuotendo la testa. – Non so toccare un uomo. Lui sa sempre accarezzarmi nei punti giusti, mentre io sono una totale frana!
Eveline si lasciò andare ad una risata. – Verrà da sé in quel momento, Myranda! Vedrai che, in quella situazione, saprai anche tu come toccarlo.
- Non so perché sto parlando con te di questi dettagli … insomma, tu hai sempre tenuto alla larga da te tutti i ragazzi che tentavano di corteggiarti, perciò non puoi darmi consigli così specifici, dato che non hai mai avuto esperienze simili.
- In realtà … non è del tutto vero – ammise la Targaryen, accorgendosi che fosse il suo turno di abbassare lo sguardo.
- Cosa vuoi dire … ? – chiese Myranda improvvisamente incuriosita.
- Ricordi Kenney? Il migliore amico di Hayden?
- Intendi il figlio dello stalliere? Il ragazzo morto a sedici anni a causa delle febbri viola? Anzi, no, ricordo che mi avevi detto di aver scoperto la vera causa della sua morte dopo alcuni mesi dal suo decesso. 
- Esatto. Il suo cuore era malato e non andava più bene per il suo corpo. I Maestri si sono sbagliati, come con mia madre – disse pungente. – Ad ogni modo, avevo quattordici anni; io, te, Hayden, Ruben e Sam avevamo cominciato ad andare ogni giorno al suo capanno dopo aver scoperto che fosse gravemente malato. Ricordo ancora quanto stesse male Hayden in quel periodo …
- Già. È stato un duro colpo per tutti noi dato che, nonostante fosse il suo migliore amico, Kenney era sempre dolce e carino con tutti e trascorreva moltissimo tempo anche con noi – commentò la fanciulla bionda intristendosi nel ripensare a quei momenti.
- Uno dei giorni in cui sembrava stare peggio ed essere giunto vicino alla sua fine, a sera inoltrata, Sam ha portato a casa te e Ruben, i più piccoli, mentre io sono rimasta accanto ad Hayden, il quale voleva restare ancora un po’. Quel giorno, Kenney parlò ad Hayden come se stesse per andarsene da un momento all’altro e dandogli una sorta di addio; ma lui non ha voluto udire la fine di quel discorso e, in un attimo di debolezza, è corso via uscendo dal capanno e restando fuori per più di due ore. Ho provato a farlo rientrare, ma lui non ha voluto sentire ragioni, continuava a ripetermi che non riusciva più a vederlo in quello stato, così sono rientrata e sono rimasta io con Kenney. In quel momento, vedendomi dinnanzi a lui con lo sguardo basso e intristito, mi ha sorriso e mi ha preso la mano stringendola. Mi confessò che gli ero sempre piaciuta ma che non aveva mai avuto il coraggio di dirmelo. Persi un battito non appena udii quelle parole, ed è stato il primo e ultimo ragazzo che è riuscito in un’impresa del genere. Non avevo mai pensato a lui in quel modo, nonostante sia pronta ad ammettere che lo avessi guardato spesso, inconsapevolmente. Ma fu la sincerità di quelle parole così dolci e sentite a farmi accorgere davvero di lui. Parole completamente diverse da quelle che mi venivano rivolte da tutti gli altri arroganti e presuntuosi citrulli che avevano provato a corteggiarmi. Non me le disse perché sperava che ricambiassi o perché si aspettasse una qualche reazione da parte mia. Nei suoi occhi stanchi leggevo solamente un malinconico desiderio di fare un’ultima confessione prima di morire per non portarsela con se nel sonno eterno. Il turbine di emozioni che mi ha avvolta in quel momento, mi ha spinta a fare ciò che ho fatto in seguito.
- Che cosa hai fatto?
- Sono salita nel suo letto, mi sono messa sotto le coperte con lui ed è successo. Ho donato il mio corpo a lui e lui lo ha donato a me come se fosse la cosa più naturale del mondo. Eravamo piccoli e totalmente inesperti, ma è stato come innalzarsi al cielo e varcarlo insieme. È stato bellissimo, non immaginavo lo sarebbe stato così tanto. Lui mi ha toccata come se non sapesse fare altro al mondo, come se fosse nato per quello, mentre io ho lasciato che lui imprimesse quel ricordo bene nella sua mente prima di andarsene per sempre e donare a me il compito di custodirlo preziosamente per entrambi. Nessuno lo ha mai saputo eccetto te. Non è stato un dono che gli ho fatto per carità, per pena o per senso di colpa, ma tutt’altro. È stato un mio desiderio, una cosa che ho voluto e basta, che ho fatto consapevolmente e di cui non mi pentirò mai.
Myranda rimase in silenzio a guardarla per alcuni minuti, ancora scossa e piacevolmente colpita da quella rivelazione. – L’ambita Eveline Targaryen, desiderata da lord e principi, si è donata ad un semplice stalliere, l’unico che è riuscito ad averla e senza neanche chiederlo – disse la giovane Lannister sorridendo commossa e compiaciuta al contempo.
- Già – confermò Eveline ricambiando il sorriso e finendo di sorseggiare l’infuso.
 
Il giorno seguente, come ogni altro, Eveline partì all’alba in groppa ad Abigail per recarsi dal Silenziatore.
La mattinata trascorse come tutte le altre, tra pozioni ed esperimenti nella stanza dell’alchimia, e, fortunatamente, sembrava che l’abituale dolore alla pancia la stesse lasciando momentaneamente in pace.
Dopo circa due ore, la giovane rosa raggiunse lo stregone nella stanza principale della dimora e lo osservò mentre riceveva la solita lunga fila di bizzarri clienti, ad uno ad uno, fermandosi ogni tanto a chiacchierare con Oen.
Mentre la nana le stava elencando i nomi di tutte le sue bambole parlanti, la giovane Targaryen fu attirata dalla conversazione di Aris con una delle clienti.
- Cosa abbiamo qui? Un’umana – dedusse immediatamente lo stregone trovandosi dinnanzi una donna di mezza età vestita di stracci, con il fiatone e lo sguardo sconvolto. – Non se ne vedono molti qui nella mia dimora – aggiunse l’uomo scrutandola.
- Sono … sono circa tre giorni che torno in questo posto e provo ad entrare qui … - disse cercando di calibrare il respiro e di non farsi deconcentrare dalle innumerevoli stranezze che si trovava intorno.
- Il labirinto iniziale non può essere superato al primo tentativo da tutti. Alcuni non riescono mai ad entrare qua dentro. Potete ritenervi a vostro modo fortunata di essere riuscita a superarlo dopo tre giorni – le rispose Aris ponendo le braccia conserte e lasciando che i suoi serpenti gli strisciassero intorno al corpo.
- Ho bisogno di un aiuto … l’aiuto di una persona che mi hanno detto avrei potuto trovare qui – disse la donna.
- Siete nel posto giusto. Qual è la vostra richiesta?
- Non siete voi, Silenziatore – gli rispose intimorita dalla sua figura. – Sto cercando la strega che chiamano Aradia – continuò, provocando una reazione profondamente stupita in tutti i presenti, più di tutti nella stessa Eveline.
A ciò, Aris si voltò verso la giovane rosa rivolgendole uno sguardo che ella non si aspettava: le sorrise con palese soddisfazione, fingendo una punta di offesa.
- Vi hanno informato bene, milady – rispose lo stregone, continuando, tuttavia, a guardare Eveline. – Aradia è una mia collaboratrice, nonché allieva. Si trova proprio qui, a pochi metri da voi. Sarete la sua prima cliente.
A tali parole, la donna seguì lo sguardo dell’uomo, il quale la condusse alla diretta interessata, ancora parecchio perplessa. La cliente le si avvicinò di qualche passo e la guardò negli occhi, supplicante. – Vi prego, mia signora, dovete aiutarci …
- Volete … volete una cura per qualche malattia sconosciuta e che non riuscite a curare? Per questa ragione vi siete rivolta a me, invece che al Silenziatore?
- No, niente di tutto questo. Voi avete un fortissimo legame con la terra, non è vero??
- Sì, è così.
- Vi prego, venite con me! Si tratta della mia bambina … dovete … dovete aiutarci, altrimenti saremmo spacciati. Una grave calamità ci ha colpiti e, forse, voi siete la sola capace di evitare che ci distrugga – affermò la donna cercando di non cedere alla lacrime.
- A quanto pare la situazione è più grave di quanto sembri … - sussurrò la giovane Targaryen appoggiandosi con la schiena ad una parete. – Verrò con voi.
- Grazie! Grazie! – esclamò la donna piangendo di gioia e dirigendosi verso l’uscita della dimora.
La fanciulla rifletté tra sé e sé mentre un turbine di emozioni la stava pian piano invadendo, tra gioia, aspettativa e paura. - Hai sentito questo rumore … ? – ripeté quasi sussurrando quel motivetto abituale, quel simpatico gioco tra lei e lo stregone, futile quanto necessario ad infonderle coraggio in un momento come quello.
- Sta arrivando – le diede la solita risposta Aris.
- Che cosa? – chiese la ragazza alzando lo sguardo verso la sua guida, in cerca di risposte.
- La tua battaglia.
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** Le figlie del bosco dimenticato ***


Le figlie del bosco dimenticato
 
Il re se ne andò dalla sala del trono, lasciando tutti i presenti a metabolizzare la notizia.
A ciò, alcune delle dame si avvicinarono all’erede dei Marbrand. – Dobbiamo rivolgerci a voi per intercedere con il re, ser? – gli chiese una di loro cercando di nascondere la preoccupazione nei suoi occhi.
- Sì, milady, ma dovrete avere una valida motivazione, altrimenti Vostra Maestà non vorrà ascoltarvi – rispose neutro il giovane cavaliere.
- Il motivo per il quale vorremmo intercedere con il re riguarda il nostro onore. Per le nostre famiglie è molto importante farci rimanere pure e vergini fino al matrimonio. Perciò … se il re non ha intenzione di sposarci, noi … - disse la dama distogliendo lo sguardo preoccupato e lasciando intendere a Kylan la fine della frase.
- Qual è il vostro consiglio, ser? – chiese improvvisamente un’altra di loro, prendendolo alla sprovvista. – Come pensate reagirebbe Vostra Maestà se alcune di noi rifiutassero di divenire sue concubine? – aggiunse.
A quella domanda, il ragazzo rimase per un po’ in silenzio, facendo intendere alle lady che non avrebbero voluto sapere la risposta. – Dipende dalla vostra casata di appartenenza, da quanto l’alleanza con questa sia importante per i suoi piani – si decise a rispondere.
- Vi prego, siate sincero con noi. Stiamo per decidere se svendere il nostro onore di donne, oppure rischiare la vita per non rinunciarvi. Abbiamo bisogno di sapere – insistette un’altra, abbandonando per un attimo ogni formalità.
Quegli sguardi e quegli occhi così spaventati e innocenti, in attesa del suo aiuto e della sua risposta, formarono una crepa nella corazza così ben costruita dell’erede dei Marbrand, il quale, per la prima volta in quasi due anni, parlò liberamente, lasciando esprimere il suo cuore. - Se volete davvero una mia opinione, mie signore, posso dirvi solamente che la vostra decisione si riduce alla possibilità di morire con onore e a quella di farlo con disonore - disse secco e diretto, osservando le reazioni spaventate delle dame a quelle parole. Non si pentì di averglielo detto. Almeno, ora, avrebbero saputo che sarebbero andate incontro ad una concreta possibilità di morte in ogni caso e avrebbero potuto decidere realmente, consapevoli di cosa le attendesse.
- Grazie – gli disse una di loro con sguardo colmo di gratitudine, seppur ancora scosso.
Il giovane Marbrand non sapeva che, alla fin fine, nonostante le sue parole, tutte si sarebbero comunque aggrappate alla remota possibilità di rimanere in vita, invece che all’onore; vinte dalla paura di disobbedire ad un re andando incontro, seppur mantenendo l’onore, ad un destino sconfitto in ogni caso; spinte dal puro ottimismo di riuscire a convincere il loro re a scegliere se stesse, scartando le altre, tramite la vicinanza e l’intimità del rapporto sessuale e segretamente esaltate dall’idea di ricoprire un ruolo, benché non importante come quello di regina, ad Approdo del re, abitando nel lusso e a stretto contatto con il sovrano dei sette regni.
Giovani ragazze oppresse dal peso della famiglia e dei doveri, troppo pure e ingenue per poter divenire giocatrici e non pedine del gioco del trono nel quale si trovavano inevitabilmente coinvolte.
 
 
- Qual è la tua storia, ragazzo genio? – gli chiese Christine accarezzandogli una guancia, con la testa appoggiata al cuscino di fronte a lui.
- Non sono un genio – le rispose Sam sorridendo e lievemente imbarazzato. – Sarebbe rischioso raccontarti la mia storia, Christine, io …
- Lo so, non preoccuparti. Sono una donna che viene pagata per offrire servizi sessuali ma non sono stupida: ti conosco da più di un mese e mi sono accorta che stai nascondendo la tua vera identità per qualche motivo. Non era mia intenzione farmi raccontare le tue origini se non puoi parlarmene. Volevo solo sapere la tua storia … - disse ingenuamente la fanciulla dalla pelle color cioccolato.
- Beh, in tal caso: tutti dicono che io abbia preso il mio grande interesse per il sapere e la mia apertura intellettiva da mio padre, ma ciò è impossibile.
- Perché?
- Perché mio padre non era il mio vero padre, nonostante io gli somigliassi molto più di quanto avrei dovuto …
- “Era”?
- È morto, e così anche mia madre …
- Mi dispiace …
- Non dispiacerti, ho avuto modo di metabolizzarlo.
- Tua madre invece era la tua madre naturale?
- Sì.
- Cos’è accaduto al tuo padre naturale?
- Si tratta di una storia molto particolare e assurda nell’orrore che suscita nelle persone … diciamo che sono stato un “sopravvissuto”, praticamente l’unico di tutti i miei fratelli naturali. Il mio padre adottivo mi ha salvato. Senza di lui, sarei morto da neonato. Il mio padre biologico era un mostro.
- Poi che accadde?
- Quando il mio padre adottivo salvò me e la mia madre biologica e i due si innamorarono, decisero di crescermi insieme.  Così crebbi amato e istruito come ogni bambino meriterebbe di crescere. Ho avuto una bella vita – concluse accennando un sorriso e ritornando con la mente a quei dolci ricordi.
- Tua madre com’era? – gli chiese improvvisamente mentre la sua curiosità non la lasciava ancora.
- Non era bella come tante lady qui ad Approdo, ma … possedeva una bellezza e una raffinatezza uniche, nonostante non avesse avuto modo di crescere come una dama. Era dolce, gentile e imparava molto in fretta considerando che non fosse mai stata istruita …
- Allora, forse l’hai presa da lei la tua acutezza – rispose la ragazza con naturalezza.
- Già, non ci aveva mai pensato … - rispose lui realizzando solo in quel momento. – Invece, qual è la tua storia?
A quella domanda, la fanciulla si rabbuiò e si voltò dall’altro lato. – Forse dovresti andare ora … potrebbero sospettare se passi troppo tempo qui … con me.
- Posso trascorrere il mio tempo con chi voglio – le rispose abbracciandola da dietro. – Se non ne  vuoi parlare, nessuno ti costringe, Christine.
- Quella che riguarda la mia famiglia è una storia che nessuno vorrebbe sentire. Una storia di continua e persistente schiavitù nel continente orientale. Tra tutti loro, io sono quella che se la passa meglio con il lavoro che sto compiendo qui ad Approdo.
A ciò, Sam le baciò i capelli attendendo che lei si rivoltasse verso di lui e gli posasse un dolce bacio sulle labbra. – Non voglio che, non appena me ne andrò, qualcun altro ti tocchi e lo faccia in un modo in cui nessuna donna meriterebbe di essere toccata. Non voglio che ti facciano del male … - sussurrò tristemente, accarezzandole un fianco con la massima delicatezza.
- Non ti preoccupare, ci sono abituata – gli rispose lei sorridendogli intenerita e dandogli un altro bacio per rassicurarlo. – Ti aspetto domani, al solito orario – aggiunse mentre lo guardava rivestirsi.
- In realtà … - gli rispose Sam finendo di infilarsi la tunica e guardandola malinconico. – Devo cercare di non dare troppo nell’occhio, Christine. A quanto pare, alcuni stanno sospettando che io sia legato sentimentalmente ad una delle ragazze di questo bordello considerata la frequenza con la quale vengo qui. Dobbiamo limitare un po’ gli incontri, ma si tratta di limitarli di poco, non preoccuparti! Inoltre, devo portarli un po’ fuori strada facendo loro credere che passo del tempo anche in altri bordelli – disse aprendo la porta e rimanendo sul ciglio a guardarla negli occhi, preoccupato della sua reazione.
- Non ci lega nulla, Fahraq. Non ho il diritto di dirti quali donne portarti a letto oltre me. Inoltre, io vengo toccata e posseduta da innumerevoli uomini, perciò, sono l’ultima ad avere il diritto di lamentarmi di una cosa come questa … - disse lei cercando di fingere indifferenza, ma non riuscendo ad ingannare Sam.
- Questo non vuol dire nulla, Christine: tu sei costretta a fare ciò che fai – le disse prendendole il volto tra le mani e avvicinandosi. – Prometto che non toccherò nessuna donna oltre te. Sarà solo una finzione e le costringerò a tenere la bocca chiusa.
- Ma in questo modo non sarà più rischioso …?
- No. Troverò un modo per non renderlo rischioso, d’accordo? Hai la mia parola – le garantì, provocando uno splendido e sincero sorriso nel suo volto.
Dopo di che, il giovane Tarly si diresse verso l’uscita del bordello, incrociando proprio l’ ultima persona che avrebbe voluto vedere.
- Fahraq, anche voi qui! Noto con piacere che, da quando vi ho fatto fare un giretto in questo luogo, ci avete preso gusto! – gli disse Lukell dandogli una pacca sulla spalla.
- Ammetto di essermi lasciato un po’ andare ultimamente, lord Lukell, ma chi meglio di voi può capirmi?? Come si può dire di no ai piaceri della carne?
- Avete perfettamente ragione! Sapete, oggi sono venuto qui con le idee ben chiare – gli disse l’uomo inviscidendo lo sguardo. – Ho una voglia tremenda di fottermi la nera, quello splendido esemplare che vi ho fatto provare quella prima sera di un mese fa! Non credete sia una forza della natura??
A quelle parole, Sam si impietrì ma non lo diede a vedere, mantenendo la calma per non cedere alle sue provocazioni e non dargli motivo di dubitare. – Sì, ammetto che avete c’entrato in pieno i miei gusti. Allora vi auguro di godervela finché potete!
- E il ragazzino invece? Vi è piaciuto?? – gli chiese in tono ancora più provocatorio.
- Sì, molto. Ma oggi non ero in vena di quel genere di piacere.
- Girando l’angolo troverete una casa dei piaceri in cui ce ne sono alcuni un po’ più grandi. Potete provarli.
- Sicuramente – gli rispose infine Sam voltandogli le spalle e riuscendo finalmente a levarselo dalla vista.
 
 
Dopo alcuni giorni di viaggio, la giovane rosa si ritrovò nella famosa Volantis, una delle nove Città Libere. Camminando per quell’immensa città, si guardò intorno osservando il Tempio del Signore della Luce, il Lungo Ponte e la Muraglia Nera. Ma qualcosa in quel luogo gli donava un’aria spenta, oscura, molto differente da quella che Eveline si era aspettata di trovare sentendo i vaghi racconti della sua Septa e quelli un po’ più dettagliati di Veherek e degli altri dothraki. Doveva sicuramente essere accaduto qualcosa.
- Rimanete vicina a me, mia signora. – la esortò la donna che aveva richiesto il suo aiuto, facendole distogliere lo sguardo incuriosito da ogni minimo dettaglio di quella città. Ella la condusse in mezzo ad una fitta folla, la quale sembrava radunata dinnanzi ad un palco. Sopra quest’ultimo venne condotta una giovane ragazza incatenata e scortata da quelli che sembravano dei soldati, seguiti da un uomo vestito diversamente, il quale reggeva una fiaccola e sembrava in procinto di parlare.
- Il mio valyriano non è molto buono. Dovrete tradurmi, Sahri – disse Eveline alla donna, prima che l’uomo prendesse la parola.
- Non temete: la lingua comune è molto utilizzata qui a Volantis e in tutte le Città Libere. Non ce ne sarà bisogno – rispose questa, facendo comprendere alla Targaryen come mai fosse capace di parlare così fluidamente la lingua comune.
L’uomo con la fiaccola in mano diede un calcio alla ragazza legata, facendola inginocchiare con il volto rivolto verso la folla. – Miei sudditi, siamo qui riuniti oggi per assistere alla diciassettesima esecuzione al rogo di una di coloro che abbiamo imparato a chiamare “Sorelle dell’Abominio”. L’essere che è qui inginocchiato dinnanzi a voi si è macchiato dei seguenti crimini: uccisione di un membro della sua famiglia, comportamenti che eccedono oltre l’incontrollabile insania e danni fisici a forze dell’ordine. Avete nulla da dire prima di essere bruciata viva, Fleur Ilhanet?  - chiese infine l’uomo alla ragazza inginocchiata, semi spogliata, con il volto stravolto e il capo chino.
Ella rimase in silenzio, così gli uomini la tirarono malamente in piedi e la legarono con forza al palo in mezzo al palco, circondato da mucchi di paglia.
Le corde erano troppo strette sulla pelle parzialmente nuda e piena di segni violacei della fanciulla, Eveline poté notarlo perfettamente.
La giovane rosa ebbe un brivido freddo lungo la schiena quando vide l’uomo che aveva parlato lanciare la fiaccola accesa sul mucchio di paglia, facendolo infuocare completamente.
Le fiamme impiegarono alcuni minuti per raggiungere le gambe della ragazza, e ancora meno a diramarsi lungo tutto il suo corpo e sui suoi lunghi capelli biondo cenere. Le urla furono talmente alte e intense, da dare l’impressione alla Targaryen che i timpani stessero per scoppiarle.
Trascorsi altri minuti che parvero eterni, gli strilli atroci della ragazza si dissolsero divenendo sempre più deboli e sussurrati, fino a svanire completamente, assumendo la stessa consistenza del suo corpo, polvere; mentre il tonfo di bruciato e di cadavere si diffondeva nell’aria insieme alle minuscole particelle grigie svolazzanti.
Eveline ingoiò una lacrima che le era scesa fino alle labbra, restando con la mano aperta e posata sulla sua bocca, per tutto il tempo, non potendo fare a meno di notare con profondo orrore, che la sua reazione non era stata simile a quella del resto della folla: quelle persone sembravano aver assistito ad un tale spettacolo innumerevoli volte, come fosse prassi. La giovane ricordava le parole di quell’uomo sulle già diciassette fanciulle bruciate al rogo, ma qualcosa le diceva che dei visi come quelli che stava guardando in quel momento, degli occhi così indifferenti, non potevano appartenere a degli uomini che avevano osservato solo diciassette volte un essere umano bruciare.
Il fumo nero e denso le stava quasi togliendo il respiro, portandola a tossire ripetutamente mentre la fiamma pian piano si abbassava, dopo aver consumato e risucchiato qualsiasi cosa potesse.
Quando l’ultima scintilla svanì, la folla cominciò a sfoltirsi, ma la maggior parte dei presenti non fecero in tempo ad andarsene, che una ragazzina ancora più giovane di quella appena uccisa, si fece largo tra loro, guadagnandosi gli sguardi spauriti di tutti. Ella aveva i capelli arruffati, di un nero corvino, la pelle chiara e quasi grigiastra, un viso e un corpo magri ai limiti del possibile e camminava come neanche un re avrebbe avuto il coraggio di fare: fiera, determinata, nonostante anch’ella fosse seminuda e coperta da pochi stracci scuri. I suoi occhi e il suo sguardo avrebbero terrorizzato anche un dio per quanto minacciosi e colmi di un qualcosa di indefinibile, coperti da un’ombra spaventosa.
- Che cosa avete fatto, esseri immondi …? Non sapete che Lui vi punirà per tutto questo …?? Lui vi taglierà quelle teste deformi, le carpirà fin dalle loro più profonde radici, lasciando i vostri putridi e molli corpi a terra come vermi, schiacciati dal vostro stesso sudiciume! Lui verrà qui! Verrà qui e vi prenderà tutti!! Riserverà alla feccia un trattamento degno della feccia!! – urlò camminando sempre più spedita e guardando negli occhi ognuno di loro, cominciando a tossire saliva schiumosa. – Tremate!! Tremate!! – urlò ancora più forte mentre degli uomini armati la afferravano con forza, non riuscendo a trattenerla nonostante fossero in tre. Ella si ribellò graffiandoli con forza, mordendo e colpendoli energicamente e inumanamente, fin quando i suoi occhi non si posarono sulla figura della giovane rosa. A quel punto, il suo volto cambiò espressione, divenne quasi spaventato e i suoi occhi si spalancarono mentre puntava il braccio verso di lei. – Sei tu …! Sei tu la causa di tutto!! Sei tu!! – gridò terrorizzata, lasciando Eveline sconvolta e facendo spostare tutta l’attenzione su di lei.
Quando i soldati riuscirono finalmente a portare via la ragazzina, le persone parvero dimenticarsi dell’accaduto e ognuno prese la propria strada, mentre la giovane Targaryen rimase stravolta e fissa in un punto nel vuoto, fino a che la donna che l’aveva condotta a Volantis non la richiamò appoggiandole una mano sulla spalla. – Non temete, mia signora: oramai questa è la norma per noi.
- Non capisco. Perché mi avete portata qui? Che sta succedendo? Perché quella ragazzina mi ha detto quelle parole ..?
- Da alcuni mesi ad oggi, in molte città del continente orientale, giovani ragazze, solitamente non più grandi di sedici anni, hanno cominciato a sviluppare tutte gli stessi aberranti sintomi: tutto inizia con delle assurde visioni, per lo più macabre e orribili, che le spingono a spaventarsi e a reagire in maniera eccessiva; poi iniziano inevitabilmente a credere a ciò che vedono, ma, soprattutto, alle voci che sentono nella loro mente, le quali sembrano dire ad ognuna di loro le stesse cose; difatti, non ve ne è stata una che non abbia affermato che il Signore della Luce è il loro padre e padrone, che lui ha affidato loro un compito di estrema importanza e che devono assolutamente ascoltarlo perché, altrimenti, vi saranno delle terribili conseguenze.
- Più o meno in quali città le ragazze hanno cominciato a manifestare questi comportamenti?
- A Myr, a Pentos, a Braavos, a Meeren, a Yunkai, ad Asshai e qui a Volantis. Unite insieme, sono in tutto quasi cento ragazze, tra cui molte sono già state bruciate.
- Sbaglio o in queste città vi è il culto del Signore della Luce? Se loro dicono di servire lui, perché vengono condannate al rogo?
- Perché non si è mai vista una cosa del genere, mia signora. Tutti pensiamo che stiano mentendo, perché il Signore della Luce non farebbe mai qualcosa del genere. Non si tratta solo di tremende visioni che le portano ad impazzire. Dovete sapere che, se non vengono fermate subito, cominciano a manifestare delle capacità fuori dalla norma … alcuni pensano che le azioni che compiono siano dovute solo all’”orrenda” malattia che le ha colpite e che ha fatto perdere il senno a delle povere creature innocenti e pure, trasformandole in dei mostri capaci di tali atrocità, dunque che nessuna di loro possegga alcun potere sovrannaturale, ma, solamente, creda di averlo.
- Cosa hanno fatto per meritare l’appellativo di “Sorelle dell’Abominio” …?
- Loro … cominciano a far del male a delle persone a loro vicine come i loro familiari … spesso li uccidono in modi … rivoltanti. Ad esempio, la ragazza che è stata bruciata oggi ha appeso il suo fratellino a testa in giù e gli ha tagliato la gola aspettando che morisse dissanguato. Quando i suoi genitori sono tornati a casa, oltre al cadavere del bambino appeso, hanno trovato anche lei accovacciata lì accanto, intenta a mangiare alcuni pezzi del corpo di suo fratello. Altre distruggono la loro intera abitazione con la famiglia all’interno, bruciandola durante la notte; altre ancora si fanno del male da sole o deformano il loro corpo con la violenza offrendosi a degli sconosciuti e portandoli alla pazzia a loro volta. Di racconti come questi ne esistono a decine e decine, tutti ugualmente agghiaccianti.
- Non riesco a crederci … - sussurrò la giovane rosa impietrita. - Qualcuno di loro le ha viste effettuare un qualche tipo di incantesimo o esercitare un potere magico concreto dal vivo?
- No. Per tale motivo si pensa che non siano realmente servitrici di qualche dio maligno, ma che qualcuno le abbia maledette rendendole delle creature prive di umanità e fatalmente pericolose, facendo loro credere di essere simili a delle streghe.
- Tutto ciò è assurdo. Sono davvero rammaricata di questa terrificante situazione che si sta espandendo per le città del continente orientale. Vorrei poter fare qualcosa ma … non credo di possedere le capacità per intervenire su qualcosa di così immenso ed oscuro. Forse, avreste fatto meglio a far venire con voi il Silenziatore. Magari lui sarebbe stato capace di fare qualcosa …
- Vi prego – la interruppe la donna prendendole un polso supplicante. – Noi abbiamo chiesto aiuto a voi per un motivo.
- E quale sarebbe?
- Beh, voi siete una ragazza, una loro coetanea, perciò potete capirle maggiormente. Inoltre, abbiamo sentito parlare delle vostre capacità. Sembra che, nonostante solo da poco siate una strega, siete comunque riuscita a crearvi una fama singolare.
- Una fama non sempre positiva, Sahri … vi ricordo che in un’occasione ho quasi rischiato di fare più danni di quanti ne sarebbe stata capace una catastrofe naturale …
- Da qualche tempo si dice anche che voi siate riuscita a riportare alla vita un morto … è il motivo principale per il quale ho deciso di rivolgermi a voi.
- Syria … - disse la giovane rosa, capendo chi doveva esser stato a spargere una voce simile. – Ad ogni modo, non sono riuscita a riportare un morto alla vita, Sahri. Per riuscire in un’impresa del genere, avete già le sacerdotesse del Dio Rosso, no? Una di loro lo ha fatto con mio zio Jon. Io non ho fatto nulla di speciale. Ho solo dato qualche ora in più ad un cadavere, non riportandolo alla vita, ma permettendogli di godere ancora qualche momento da vivo in più, come un … estraneo? Non è esattamente la stessa cosa, ma lo stato in cui si trovano i corpi una volta che procedo all’applicazione del mio incantesimo, è molto simile a quello di un non-morto. Le differenze principali tra un corpo “risvegliato” dalla morte da me e un non-morto sono fondamentalmente due: la mia magia dura solo poche ore, non permettendo quindi al cadavere di “vivere” arrivando a decomporsi e apparendo come uno scheletro che cammina; inoltre, le persone non perdono il senno e la loro volontà, rimanendo dunque pienamente se stessi.
- È esattamente per tale motivo che siete diversa! Tralasciando il fatto che le sacerdotesse del Signore della Luce non riporterebbero mai in vita delle ragazze che “infangano” il nome del loro dio, loro sono in grado di resuscitare un morto solamente grazie al potere donato loro dal loro Signore e solo se concesso da lui. Donano la loro vita a lui in cambio, così come le persone che subiscono tale trattamento perdono un pezzo di se stesse ad ogni resurrezione alla quale vengono sottoposte. Ogni qualvolta una strega o uno stregone provano a riportare alla vita un uomo autonomamente, senza l’aiuto di un dio che chieda loro qualcosa in cambio, finiscono per dover comunque sacrificare qualcosa, una qualunque cosa che valga il peso di una vita, poiché la natura non è mai tanto generosa quando la si vuole sovvertire. Invece voi avete trovato il modo di non dovervi appoggiare, chiedere, promettere nulla a nessuno per donare un sacro attimo di vita in più ad un essere umano privato di tale privilegio. Voi non perturbate l’ordine e l’equilibrio della natura, ma siete in grado di gestire ciò che avete e che vi viene offerto da questa, ottenendo un risultato che ognuno di noi poveri mortali in questo mondo pagherebbe oro per avere … - disse con la voce rotta dalle lacrime. - … l’opportunità di salutare degnamente, per l’ultima volta, una persona cara … riabbracciarla, tenerla stretta sapendo che non si avrà mai più l’occasione di rifarlo, dirle tutto ciò che non le si ha detto in un’intera vita e farle vivere quelle ultime ore come le più belle … le più irripetibili ed intense …
- Capisco – disse Eveline abbracciandola e realizzando. – Mi avete chiamato per dare quest’opportunità a voi e a vostra figlia. Lei è una di quelle che è stata bruciata al rogo perché ha cominciato a manifestare gli stessi sintomi delle altre.
La donna si lasciò andare ad un lungo pianto, stringendo le vesti della giovane rosa come fossero quelle della sua bambina perduta.
- Portatemi da lei – le disse la Targaryen dopo alcuni minuti in cui aveva continuato ad abbracciarla e ad ascoltarla piangere.
A ciò, la donna si staccò da lei e la guardò con sguardo gioioso e colmo di sincera gratitudine. – Grazie! Grazie, mia signora!! Seguitemi! – esclamò cominciando ad incamminarsi.
- Sahri – la richiamò Eveline, facendola voltare di nuovo verso di lei. – Chiamami Aradia – le disse affabilmente, guadagnandosi un altro sorriso da parte della donna. Dopo di che, la giovane rosa si guardò intorno osservando ancora quelle minuscole particelle di cenere in aria e cercando di non pensare alle bizzarre quanto assurde parole di quella ragazzina. “Sei tu la causa di tutto”.
 
Non appena Sahri aprì la porta della sua umile casa, Eveline scorse un uomo seduto dinnanzi ad un tavolino. Questo, quando la vide entrare, le si inginocchiò dinnanzi, chinando la testa e baciandole la mano. – Voi dovete essere Aradia. Vi ringrazio infinitamente per l’opportunità che ci state concedendo. Non sappiamo davvero come ripagarvi – disse ancora con il capo chino.
- Vi prego, alzatevi – lo esortò lei con voce rassicurante, prendendolo per le spalle e aiutandolo a rimettersi in piedi. Il suo volto era scavato e la barba incolta, caratteristiche che indicavano quanto avesse sofferto per ciò che era accaduto a sua figlia. – Non dovete ripagarmi di nulla – aggiunse accennandogli un sorriso.
A ciò, l’uomo ricambiò il sorriso. – Il mio nome è Aleed. Vado a prendere Leja – disse facendo intendere alla giovane rosa che si riferisse a sua figlia.   
Quando ritornò tenendo in mano un fagotto, Eveline si chiese effettivamente quanto fosse piccola la bambina, fin quando l’uomo non mostrò il contenuto arrotolato dentro il telo, e la fanciulla realizzò rammaricata. – Sahri, Aleed … non posso effettuare l’incantesimo su vostra figlia. Come ho già detto, non è un rito di resurrezione quello che compio, non posso ricostruire un corpo dalla polvere. Se questi sono i soli resti di vostra figlia in seguito al rogo, non posso far in modo che si risvegli. Mi serve un corpo intatto … - disse guardando il mezzo scheletro bruciato, vari pezzi di ossa e un mucchio di polvere.
- Cosa … ?? Non vi è un altro modo?? Vi prego! – la supplicò Sahri abbracciando suo marito.
- Forse un modo ci sarebbe … se solo avessimo un corpo intatto e morto recentemente, potrei provare a trasportare la sua anima su questo, per poi sottoporlo all’incantesimo.
- Ma come possiamo trovare un corpo morto recentemente ora? – chiese Aleed.
In quel preciso istante, i tre vennero interrotti da un gruppo di soldati armati che sfondò la porta dell’abitazione, entrando con violenza.
- Sahri e Aleed Afkaen! Sappiamo che avete rubato i resti del mostro che avevate come figlia in seguito al rogo! – esclamò un giovane soldato avvicinandosi strafottente, per poi volgere lo sguardo sulla giovane Targaryen. – E chi sarebbe questa bellezza indecente?? – chiese leccandosi le labbra e scrutando ogni parte del suo corpo, mangiandosela con gli occhi.
- Chi vi dà il diritto di piombare nelle case della popolazione comune per prelevare dei resti di un cadavere?? Ogni figlio merita di ricevere una degna sepoltura da parte dei suoi genitori – gli rispose decisa Eveline guardandolo schifata e sostenendo il suo sguardo, mentre lui le si avvinava e la torreggiava con la sua altezza.
- Oh, una straniera come immaginavo! Beh, vi informo, dolcezza, che in questa città, le regole sono ben differenti! Quei mostri con i corpi di femmine devono essere bruciati fino all’ultimo osso che li compone, ordine dei triarchi! – disse schiacciando gli ultimi resti del teschio con il piede e provocando un urlo da parte di Sahri. – Inoltre … - aggiunse avvicinandosi ancor di più ad Eveline. – Voi donne siete nate solamente per svolgere due compiti ben precisi: soddisfare gli uomini e fare tutto ciò che gli uomini vi comandano. Se non siete capaci di fare nessuna delle due cose, non meritate di rimanere al mondo – disse scalciando le altre ossa mischiate alle polveri.
- Non pensate neanche di poter provare a toccarmi – gli disse la Targaryen con uno sguardo agghiacciante, notando che il soldato stesse alzando una mano verso di lei.
Egli sorrise. – Oh, non potete chiedermi una cosa del genere dato che ogni parte delle mie membra mi sta gridando di rendervi mia schiava, rinchiudervi nella mia camera da letto per il resto della vostra esistenza e rimanere con voi notte e giorno per fottervi e fare con il vostro meraviglioso corpo qualsiasi cosa mi passi per la mente.
A ciò, Eveline lo colpì allo stomaco con un violento calcio, attendendo poi che anche gli altri tre soldati le si avvicinassero.
- Aradia, fate attenzione! – la esortò preoccupata Sahri, trattenuta da suo marito.
- Non temete – la rassicurò la giovane rosa, poi rivolgendosi agli altri soldati. – Non vi conviene avvicinarvi … - disse loro fulminandoli e alzandone due da terra con i suoi poteri, per farli muovere e colpirli come più le aggradasse, e sbatterli al muro con forza, facendoli svenire. Non le fu difficile disarmare l’ultimo con le sue abilità nel combattimento corpo a corpo, e sfruttare i suoi punti deboli per atterrarlo.
- Tu, serpe …! – esclamò il soldato che l’aveva provocata inizialmente, riprendendosi dal colpo e scagliandosi su di lei.
- Voi siete la specie peggiore che esista su questo mondo … - gli disse la ragazza sferrandogli dei violentissimi colpi in pieno volto, per poi attaccarlo a raffica, con tutta la forza e l’energia che aveva in sè, in vari punti del corpo, riuscendo velocemente a togliergli l’arma dalle mani e ad atterrarlo.
Eveline gli salì sopra a cavalcioni e, dopo avergli sputato addosso, gli parlò di nuovo. – Un bel giorno, sarai tu a ritrovarti sottomesso come una puttana nel peggiore dei bordelli, costretto a venire schiacciato come sterco da noi, noi che siamo brave solo a soddisfare l’ammasso di putridume che compone questo patetico sacco di carne – concluse sferrandogli l’ultimo pugno, il quale lo fece definitivamente svenire.
Quando la giovane rosa si alzò in piedi, riprendendo fiato e osservando i quattro soldati privi di conoscenza stesi a terra, per poi volgere gli occhi ai resti di Leja, prese la sua decisione. Afferrò una delle armi, si avvicinò al giovane soldato che aveva appena massacrato e gli tagliò la gola. – Ora abbiamo un corpo intatto e morto di recente. Andiamo via di qui, così che io possa dare inizio al rito.
 
 
David entrò nelle sue stanze, nelle quali sapeva avrebbe trovato tutte e ventitré le splendide dame di buona famiglia ad aspettarlo, nude e accaldate, proprio come aveva personalmente richiesto.
Non appena mise piede nelle immense stanze da letto, perfettamente agghindate con “strumenti per il piacere sessuale” come amava chiamarli lui, si inebriò della vista di tutto quel ben di dio di sua totale proprietà e in attesa della sua violazione.
La prima che gli si avvicinò, la più spavalda ed evidentemente molto più esperta delle altre, fu una ragazza con la pelle olivastra, i lunghi capelli scuri e gli occhi grigi. David si fermò ad osservare intensamente le sue forme prorompenti e voluttuose, mentre ella sorrideva e si mostrava senza vergogna. – Mio re, il mio nome è Lorraine Martell, nel caso non lo ricordaste. Sono pronta per soddisfarvi e donarvi ogni sorta di piacere possiate anche solo lontanamente immaginare – gli disse con occhi sfacciati e seducenti.
A ciò, David la prese per il braccio e la condusse verso un oggetto a forma di croce, sul quale la appese, legandole braccia e gambe, costrette a rimanere aperte e in posizione di totale sottomissione. La giovane Martell sorrise eccitata da quello strano “gioco” che non aveva mai provato, persino lei.
Dopo averla legata, il re si voltò verso tutte le altre. – Toccatevi tra voi e mantenetevi calde mentre io penso a lei – ordinò semplicemente, sapendo quanta difficoltà avrebbero inizialmente fatto tutte quelle lady perfettamente educate secondo le regole dell’eleganza e della formalità, a lasciarsi andare alla lascivia, specialmente con persone del loro stesso sesso, quasi come fossero puttane di un qualsiasi bordello.
Quando posò nuovamente l’attenzione sulla dorniana, ella sorrise ancora e si leccò le labbra.
- Sembra che con voi non dovrò fare molta fatica … non ho mai provato una dorniana – le disse facendo scorrere le grosse dita sul ventre nudo e piatto della giovane.
- Allora, dopo oggi, non potrete fare a meno di desiderare di avere solamente donne dorniane, credetemi.
- Vi ho vista parlare con il lord comandante della mia Guardia Reale dopo la presentazione … - le disse improvvisamente, sorprendendola.
- Avete visto bene, mio re – rispose lei senza esitazione.
Dopo ciò, David si rivolse ad un’altra delle ragazze. – Voi, venite qui – le disse, poi guardandola avvicinarsi e scrutando il suo corpo come aveva fatto con quello di Lorraine. – Baciatele e leccatele la pancia.
A quella richiesta, la fanciulla guardò il corpo della dorniana intimorita, poi si rivolse al re. – Vostra Maestà, io non … non ho questi gusti.
- Non importa, cara. Ben presto li avrete – le rispose serio, attendendo che ella si avvicinasse con le labbra al ventre della Martell e che iniziasse a vezzeggiarla con la lingua, lievemente disgustata.
A ciò, Lorraine iniziò ad emettere qualche verso e smorfia di piacere.
- Sembravate molto intimi. Che rapporto avete con lui? – continuò David, non intenzionato ad archiviare quell’argomento.
- Io e ser Kylan … alcuni anni fa … abbiamo “approfondito” la nostra amicizia … godendo dei corpi l’uno dell’altra e … dei piaceri carnali che ci siamo donati … - rispose tra un sospiro e l’altro, senza timore.
Improvvisamente, il re infilò alcune dita dentro l’apertura della ragazza, senza alcuna leggerezza, facendole emettere un gridolino di sorpresa misto a dolore, che subito si trasformò in un forte gemito di piacere non appena iniziò a muoverle dentro di lei, con un certo impeto.
- Lui vi piace? – le chiese continuando a muoversi deciso mentre la guardava gemere a pochi centimetri di distanza dal suo viso.
- Chiunque … possegga un bell’aspetto … mi piace … senza distinzioni tra uomini … e donne … dunque sì … - rispose gemendo sempre più forte e cercando di fargli volgere l’attenzione su altro.
- Cessate di nutrire qualsiasi sentimento o attrazione nei suoi confronti. Non rivolgetegli la parola, né guardatelo, così come non farete con nessun altro presente in questa Fortezza e fuori, d’ora in avanti. Ora siete tutte di mia unica e assoluta proprietà, intesi? – le chiese spingendo più forte e facendola tremare per le intense e forti sensazioni che le stava procurando.
- Agli ordini, mio re … - rispose la giovane Martell, con la testa svuotata, sorridendo di appagamento e troppo annebbiata dal piacere per riuscire a pensare lucidamente.
 
 
Erano trascorsi dei mesi di dura tensione da quando Adrian Greyjoy aveva improvvisamente confessato l’omicidio del piccolo Blake Harlow, principe ereditario delle Isole di Ferro, senza alcuna prova ad incolparlo.
In quegli spinosi mesi, Yara era impazzita ancor di più, arrivando al punto di voler giustiziare il ragazzo tramite tremende torture, metodi mai utilizzati e apprezzati da una regina giusta e caritatevole come lei.
Ma l’influenza e l’affetto che nutriva nei confronti della sua cugina e amante, Bridgette Greyjoy, nonché sorella del condannato, l’aveva trattenuta e quasi manovrata grazie al potere che esercitava su di lei.
Oberyn ripensò a tutto ciò che era accaduto e a come la primogenita di Euron avesse impiegato anima e corpo per impedire che il suo amato fratello venisse giustiziato per un crimine che, a sua detta, non aveva commesso.
Il rapporto tra i cinque fratelli appariva bizzarro e pieno di incrinature e questioni lasciate in sospeso: passato il matrimonio di Camille in apparente pace, le tre sorelle avevano cominciato a litigare con una frequenza asfissiante, instaurando dei silenzi spaventosi tra loro, ogniqualvolta non erano in lite. L’unica caratteristica che le accomunava e sulla quale si trovavano d’accordo, era l’innocenza di Adrian e il grande e sincero affetto fraterno che nutrivano per lui, oltre all’accentuato senso di protezione.
Il piccolo Wylem, invece, era l’unico che appariva distaccato dalla faccenda, ma, nonostante continuasse a passare molto tempo con la principessa Müren, sembrava sempre distaccato, con la testa altrove, deciso a voler fare qualcosa per salvare suo fratello ma impotente, anche se fiducioso nell’azione delle sue sorelle.
Numerose volte Oberyn si era consultato con Varys riguardo i sospetti che entrambi nutrivano sull’oscura figura di Bridgette Greyjoy, ma non erano ancora riusciti a trovare un accordo. Servivano loro più informazioni.
La Vipera pensò che non era affatto il momento di trovarsi così coinvolto in una situazione in cui non era neanche un personaggio di secondo piano, considerando che aveva già abbastanza questioni a cui pensare: stava organizzando una ribellione con l’aiuto di Theon e di Davos, sempre più famiglie si stavano segretamente alleando a loro, dunque la guerra era alle porte; doveva risolvere il problema della “scomparsa” di un’intera parte del Nord, la parte in cui era compresa Grande Inverno, nella quale si trovavano ancora alcuni suoi cari; Eveline e Myranda erano dall’altra parte del mondo e non aveva loro notizie da troppo tempo per poter essere certo che fossero ancora vive, così come non ne stava avendo di Hayden, perennemente prigioniero ad Approdo e usato come bambola da esperimenti; Ruben era completamente scomparso, così come Arya, mentre, recentemente, aveva anche avuto notizie contrastanti sul fatto che la Cittadella fosse stata attaccata di nuovo, dunque, che rischiava di non avere più certezze neanche su dove fosse Sam. I suoi piccoli erano sperduti, la sua Dorne in bilico e senza la sua guida, altri suoi cari in pericolo e i loro piani per la rivoluzione sembravano essere giunti ad un capolinea: da quel momento in poi, non sarebbero più potuti tornare indietro, la guerra avrebbe avuto luogo, presto o tardi, e le forze della corona sembravano invincibili se non fosse stato per un unico fattore che stava riuscendo ad indebolirle oltremodo, una meravigliosa mano degli dei che prendeva il nome di “Fantasmi della Notte”. Nonostante non conoscesse nessuno di loro, né li avesse mai visti lontanamente, Oberyn avrebbe voluto donare a quei fuorilegge tutto l’oro del mondo per i miracoli che stavano compiendo.
In poche parole, avrebbe dovuto pensare a tutto, tranne che alla complessa questione che stava invadendo le Isole di Ferro.
Mentre camminava per i corridoi nel quale si trovavano anche le stanze delle tre sorelle Greyjoy, udì alcune delle loro voci parlare, anche se con un tono basso, abbastanza animatamente. A ciò, Oberyn si nascose dietro una porta di una stanza inutilizzata e vuota, iniziando ad origliare i loro discorsi:
- Non stai facendo abbastanza per tirarlo fuori.
- Sto facendo tutto ciò che è in mio potere per tirarlo fuori, Ireen. Ci riuscirò, costi quel che costi.
- La nostra famiglia non doveva essere messa in mezzo! Avremmo dovuto vivere pacificamente con Yara e Theon, qui alle Isole di Ferro! Non era quello che sarebbe dovuto succedere, Bridgette. Tu ci hai sempre protetto, ma ora … sembra che qualsiasi cosa accadrà, qualcuno di noi dovrà essere sacrificato …
- Non dire sciocchezze, Camille. Ora tu hai una famiglia, un marito, vivrai felice e serena, così come accadrà ad Adrian, a Ireen e a Wylem.
- Ti tiri sempre fuori perché è il tuo scopo passare sempre come la vittima, non è vero??
- Ireen, ti prego … non siamo qui per discutere di nuovo …
- Taci, Camille! Non posso rimanere in silenzio ogni volta che nostra sorella mi fa avvelenare il sangue solo aprendo bocca!
- Quello che ho fatto finora non vi ha mai coinvolti. Ho sempre cercato di proteggervi, qualsiasi cosa accadesse, stando attenta e non essendo mai sprovveduta. Ora non sarà differente.
- Hai il coraggio di pronunciare queste parole quando nostro fratello è in prigione, in attesa di essere giustiziato?!?
- Sono trascorsi tre mesi e ancora non lo hanno toccato grazie alla mia influenza su Yara. Solo un altro passo e la convincerò definitivamente che è innocente.
- Perché lo è davvero! Come sai che ci riuscirai?! Lui è ancora in quel buco freddo e buio, Bridgette!!
- Calmati, Ireen … sai che non è colpa di Bridgette … ora stai esagerando.
In quell’istante, Oberyn venne interrotto da delle voci a lui familiari provenienti dal piano inferiore. Si trattava di ser Cole che era tornato per riferirgli notizie, come era abituato a fare. A ciò, la Vipera Rossa rinunciò alla possibilità di scoprire delle informazioni in più sugli intrighi che concernevano quella famiglia, troppo impaziente di udire nuove informazioni riguardo la sua, di famiglia. Ripercorse il corridoio, scendendo poi le scalinate e andando incontro all’uomo.
- Ser Cole, eccomi qui. Ci sono novità??
- Grandi novità, mio signore: abbiamo finalmente ricevuto notizie dal Nord.
- Cosa?? Come??
- Sembra che Jaime Lannister e Daenerys Targaryen siano sani e salvi e siano riusciti miracolosamente a mettersi in contatto con noi.
- Non posso crederci … è una notizia meravigliosa! Dove sono Varys e ser Davos?? Devono saperlo! – esclamò l’uomo facendo già per andarsene per cercare i suoi amici.
- C’è un’altra notizia, mio signore. Viene da Approdo: vostra nipote Lorraine è divenuta una concubina del re David.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Resurrezione ***


Resurrezione
 
 
Aveva girato quasi ogni città nella quale erano nate le “Sorelle dell’Abominio”. Erano trascorsi due mesi, aveva avuto modo di osservare quelle ragazze da vicino, di soffrire con loro, di scoprire più informazioni, ma ancora non era stata in grado di capire cosa stesse accadendo. L’unica cosa che riusciva a pensare, dopo aver assistito a tutto ciò, era a quanta pietà avesse di loro. Si trattava di una pietà che non aveva mai sentito per nessuno, una compassione empatica e struggente, uno di quei sentimenti che un essere umano può provare una sola volta in tutta la sua vita: quelle fanciulle, ragazze normali come lei, con una famiglia, dei progetti, delle emozioni forti e intense, con un sorriso candido come la luce, erano state maledette da qualcuno con un cuore marcio e un’anima infetta. Non erano loro quelle che commettevano le atrocità delle quali venivano incolpate e punite inumanamente, ma la radice nera che era stata posta dentro di loro, un potere tanto forte, da essere capace di portarle alla pazzia, una pazzia disperata e impossibile da immaginare, un dolore inequiparabile a qualsiasi altro. Alla fin fine, quelle giovanissime donne erano felici di bruciare e svanire tra l’ardente calore delle fiamme, poiché tale sofferenza, era sempre nettamente minore rispetto a quella che provavano dentro di loro.
Le aveva viste piangere per notti intere, le aveva viste ferirsi, sanguinare, urlare, raggomitolarsi su se stesse, strapparsi i capelli, strapparsi le unghie e gli occhi, le aveva viste uccidere e commettere atti che avrebbero fatto invidia a qualsiasi tipo di insania contenuta nel mondo. Ma il fattore che aveva fatto capire alla giovane rosa che il suo intervento e interessamento non potesse essere casuale, era la reazione che avevano tutte quante non appena incrociavano il suo sguardo: per qualche ragione, credevano che il Signore della Luce avesse ordinato loro di trovare proprio lei.
C’era qualcosa che non riusciva ancora a comprendere in tutta quella faccenda ed era decisa a scoprirne di più, a non tornare a casa fin quando non avesse risolto quell’oscuro mistero che sembrava coinvolgerla.
Oramai quasi tutte le città di Essos erano a conoscenza di quel tremendo fenomeno dilagante e chiunque possedesse una figlia tremava, così come le donne che temevano di portarne una in grembo.
Il giovane seme femminile si era trasformato nella frutto del male.
In quel frangente, Eveline era rimasta in contatto con il Silenziatore, con Myranda, Veherek e altri dothraki, scoprendo che, a sua volta, anche il khalasar stava iniziando ad allarmarsi per la diffusione di quella terribile “epidemia”.
L’unica certezza che possedeva giunta a quel punto, era che l’ambito medico centrasse ben poco con tutto ciò.
Una volta compiuto il potente rito e aver rischiato di svenire due volte, ma evitandolo grazie all’aiuto del potere della terra, era riuscita a “risvegliare” la piccola Leja, figlia di Sahri e Aleed, poco dopo aver portato a termine un altro incantesimo per trasportare l’anima della bambina nel corpo del giovane uomo. Il corpo aveva ripreso vita, gli occhi morti si erano aperti e avevano guardato sconvolti e spaventati i suoi genitori ed Eveline. Leja aveva solo otto anni quando era stata bruciata viva dalle autorità di Volantis, dopo aver manifestato i primi sintomi delle altre. I suoi genitori gliel’avevano descritta come una bambina dolce, timida e sveglia, una figlia che una madre e un padre avrebbero potuto solamente amare immensamente, prima che cominciasse ad avere le prime allucinazioni. La ragazzina con il corpo da adulto e di sesso differente, come prima reazione ebbe quella di strisciare indietro, di allontanarsi da loro, ancora confusa e, probabilmente, ancora profondamente scossa e dolorante per tutto il dolore provato durante il rogo. La seconda reazione, quella che la giovane rosa temeva maggiormente, fu di rendersi conto che qualcosa non andasse nel suo corpo, così lo toccò e lo guardò, urlando per la sorpresa non appena percepì delle forme completamente diverse dalle sue, tra cui l’addome e il busto duri e impostati, le gambe lunghe e muscolose, così come le braccia, fino ad arrivare ai lineamenti del volto e al profondo taglio ancora fresco sulla gola.
- Che … che mi sta succedendo …? Mamma? Mamma, che cosa sono? Chi sono?? – chiese con voce tremante e gli occhi sbarrati, dalla consistenza quasi di vetro.
A ciò, Sahri non si trattenne più e le corse incontro, abbracciandola e stringendola forte a sé, scoppiando in lacrime. Sentiva e sapeva che era lei, nonostante l’aspetto fisico totalmente opposto. – Mio tesoro! Mio bellissimo tesoro! Non aver paura …! Ci siamo noi qui con te! – la rassicurò guardandola sorridendo e accarezzandole una guancia.
- Che significa … ? Non capisco … non riesco a ricordare bene … sento solo tanto male … tanto caldo … - disse la piccola balbettando e tremando ancora.
- Ora va tutto bene, mio piccolo fiore! Non soffrirai più in questo modo! – aggiunse Aleed raggiungendole e abbracciandola a sua volta con le lacrime agli occhi.
- Lei che che ci fa qui …? – chiese improvvisamente Leja fissando Eveline con uno sguardo strano.
- Leja, tesoro … tu conosci questa ragazza, per caso …? – domandò Sahri perplessa a sua figlia.
- Il mio padrone sa chi è. Il mio padrone mi ripeteva sempre di cercarla, prima che morissi. Voleva che la trovassimo.
- Perché io, Leja? Perché il tuo padrone ti ripeteva di cercarmi? – le chiese d’impulso Eveline.
- Aveva detto che avremmo saputo chi fossi quando ti avremmo trovata. Ma io non capisco … non riesco a capire … so solo che continuo a sentire tanto dolore – disse tornando a rivolgersi a sua madre. – Come avete fatto a farmi rivivere?
- La ragazza che vedi è una strega, il suo nome è Aradia e l’abbiamo chiamata per permetterti di vivere ancora qualche ora con noi … per continuare ad amarti ancora per un po’ … purtroppo non abbiamo potuto farlo con il tuo vecchio corpo, dato che non è rimasto quasi nulla dopo il rogo …
- Va tutto bene, Leja. Nessuno ti farà del male. Ora trascorrerai delle ore in pace qui, con la tua famiglia, poi ti riaddormenterai con tranquillità, e non ti sveglierai più. Nessuno ti toccherà più – la rassicurò Eveline sorridendole intenerita e impietosita.
A ciò, la piccola accennò un sorriso. – Non avrei mai pensato di sentirmi così … ho il terrore di provare ancora quelle cose … di sentire quelle voci … ho desiderato così tanto di morire per smettere di sentire … - disse con lo sguardo fisso nel vuoto e tappandosi inconsciamente le orecchie.
- Lo so, tesoro … siamo rimasti svegli tutte le notti con te, non ricordi? – le disse suo padre accarezzandole i capelli.
Leja abbracciò suo padre, poi provò ad alzarsi, dovendosi reggere ai suoi genitori inizialmente.
- È del tutto normale che tu abbia un forte senso di vertigini. D’altronde, questo è un corpo decisamente più alto rispetto a quello al quale sei abituata, oltre al fatto che sei appena ritornata indietro dalla morte. Lascia che ti aiuti … - la incoraggiò la giovane rosa porgendole una mano.
Leja la afferrò e le sorrise con gli occhi lucidi. – Grazie. Grazie per questa opportunità …
Eveline rimase ferma immobile, con il cuore in subbuglio, in seguito a quelle parole. Si rese conto che era da quando aveva esercitato l’ultima volta l’arte di medico che non provava più quella profonda e rigenerante sensazione di completezza e soddisfazione. Le mancava terribilmente.
- Non c’è di che … - rispose ricambiando il sorriso.
Sembrava stesse andando tutto troppo bene per essere reale. Fu questo il primo pensiero della giovane Targaryen e si rese presto conto che faceva bene a pensarlo.
D’un tratto, senza alcun preavviso, Leja spalancò gli occhi fissando un punto preciso alle spalle di Eveline. Avendo esperienza in ciò, Sahri e Aleed si allarmarono immediatamente. – Tesoro, che succede? Un’altra visione??
- Sopra il ciglio della porta … mamma, li vedi?? Ti prego, dimmi che li vedi.
- Che cosa?
- Gli avvoltoi … sono due … quei due avvoltoi che mi fissano … mamma, mi stanno guardando … - disse la ragazzina tremando e nascondendosi dietro sua madre. – Si avvicineranno … - continuò fissando quel preciso punto sopra la porta con gli occhi sgranati e terrorizzati.
- Leja, piccola, non c’è niente sopra la porta … ti prego, calmati.
Ad un tratto, la bambina urlò e cadde a terra di schiena, cominciando poi a strisciarsi velocemente all’indietro come terrificata da qualcosa che la stava velocemente raggiungendo.
Ciò che seguì sarebbe rimasto sempre impresso nella mente della giovane rosa. La ragazzina cominciò a contorcersi su se stessa, scalciando disperata, urlando e tenendosi con forza la testa, accovacciandosi completamente e gemendo di dolore. – Mi stanno mangiando viva!! Mi stanno mangiando viva!! Aiutatemi, vi prego! Mi stanno strappando i capelli! – gridò iniziando a tirarsi i capelli non molto corti del corpo che la ospitava, esercitando tanta forza da strapparne alcune ciocche.
A ciò, Eveline compì qualche passo verso di lei, ma venne bloccata dalla presa sul polso di Sahri, la quale guardava sua figlia con le lacrime agli occhi. – È pericoloso avvicinarsi in questi momenti … - le spiegò la donna.
Leja, ormai sfinita e stanca di urlare e di difendersi inutilmente da quel nemico invisibile che la stava letteralmente divorando nella sua mente, cominciò ad emettere dei versi rochi, i quali divennero sempre più forti, fin quando non si mise a gattoni emettendo un grido che appariva esattamente come quello di una belva carnivora e incontrollabile.
Alla giovane rosa apparve come se stesse emettendo quei violenti lamenti per allontanare i due avvoltoi che la stavano aggredendo, per spaventarli in qualche modo, per far capire loro di essere più forte.
Quando Leja smise di comportarsi come una bestia feroce sulla difensiva, crollò in lacrime abbracciandosi da sola. – Perché?? Perché non mi lascia in pace??? – chiese non lasciando il tempo ai tre presenti di rendersi conto delle sue intenzioni. Afferrò una sedia, la ruppe, prese uno dei bastoni rotti e appuntiti e se lo infilò più volte nel torace e nel petto, pugnalandosi con una violenza che Eveline non aveva mai visto.
Nel momento in cui il corpo cadde a terra, nuovamente senza vita, Sahri cadde in ginocchio mentre la giovane Targaryen rimase in piedi, immobile, con la testa completamente svuotata.
 
 
Il giovane Marbrand percorse la sala del trono dirigendosi verso i soldati appena tornati per riferire le nuove notizie, ma, nel farlo, si imbatté in un altro gruppo di soldati intenti a trasportare un lettino contenente un cadavere. Un altro cadavere.
A ciò Kylan si fermò accanto a questi. – Un’altra delle ventitré concubine del re? – chiese conoscendo già la risposta.
- Sì, la decima in due mesi – rispose uno.
- Posso? – chiese il ragazzo avvicinando la mano al telo, invaso dalla paura di trovarvi il volto della sua amica sotto.
- Certamente.
Fortunatamente non era lei. Non era ancora lei e dannò se stesso per essere così sollevato nello scorgere il viso di un’altra fanciulla al posto di quello di Lorraine, un’altra vittima di un perverso carnefice.
Rimise giù il telo e continuò per la sua strada, dirigendosi verso gli altri soldati.
Non appena lo videro, questi gli rivolsero un gesto di rispetto. – Lord comandante.
- Avete notizie dei miei uomini?
- Ancora dispersi, lord comandante. Nessuna nuova notizia.
- Grazie – rispose Kylan, poi congedandosi e voltando loro le spalle, mentre il senso di colpa stava cominciando a farsi largo dentro di lui: dei fedeli uomini sotto la sua tutela e il suo comando, ottimi combattenti, amici e cavalieri dall’animo buono nel profondo, si trovavano dispersi in capo al mondo e nelle mani di abilissimi ladri e assassini. Se i Fantasmi avevano mantenuto i patti e non avevano ucciso i suoi uomini come richiesto da Sam, allora per quale motivo era da oltre cinque mesi che non aveva più loro notizie? Perchè GreyShade non riferiva a Sam cosa avesse fatto di loro? Queste domande cominciarono a tormentarlo, facendolo per un attimo distrarre da tutti i suoi doveri.
Nel bel mezzo di quei pensieri, Kylan individuò il suo complice entrare anch’egli nella sala del trono. Senza farsi notare si diresse verso di lui, facendo attenzione agli sguardi di altre presenze nella sala, come soldati e ancelle.
- Fahraq, avete un momento? Dovrei discutere con voi di alcune problematiche riguardanti le vostre imbarcazioni appena salpate da Approdo – disse appoggiandosi una mano sul fianco come erano abituati a fare di consueto.
- Ce ne occuperemo più tardi, ser Kylan – rispose Sam intendendo subito. - Ora dobbiamo preoccuparci di accogliere i Superni qui nella Fortezza Rossa.
- Sono già qui? Il loro arrivo era previsto per il primo pomeriggio.
- A quanto pare sono già qui. Le campane hanno suonato annunciando il loro arrivo appena qualche secondo fa – disse rivolgendogli uno sguardo complice e avviandosi verso il luogo in cui avrebbero accolto i sovrani di Qarth, coloro che, oramai, il giovane Tarly considerava come maestri e che non vedeva da mesi.
Dopo aver attraversato alcuni corridoi, i due raggiunsero la sala nel quale erano già pronti e in attesa, lord Colten, lord Lukell, il Gran Maestro Xavier e Hoxana, posta in mezzo a tutti loro.
- Ben arrivati – li salutò mellifluo Lukell.
In seguito a qualche minuto di aspettazione, Askarx, Mhunaer e Niraij varcarono le porte della Fortezza camminando fieri nonostante fossero in una città straniera, e raggiungendo i sei.
Ovviamente, la prima verso cui si diressero, nonché la più orgogliosa del loro arrivo, fu Hoxana, colei che era considerata il gioiello più prezioso della loro città. Difatti, Askarx, non appena la vide, azzerò le distanze immediatamente rivolgendole un fiero sorriso, inchinandosi, baciandole la mano per poi baciarle anche la fronte. – Mia cara, nostra splendida e brillante figliola. La tua bellezza e il tuo sfavillante ingegno si estendono a chilometri di distanza. Desideravamo così tanto rivederti – le disse lasciando poi il posto agli altri due per contemplarla e salutarla.
- Sono felice anche io di vedervi, Superni. Dovrete raccontarmi per filo e per segno tutto ciò che riguarda la mia amata Qarth a cena, questa sera. La mia meravigliosa città mi manca moltissimo – rispose lei.
- Tuttavia, sappiamo che ti sei ambientata bene anche qui, cara. Ci giunge voce che la mancanza per la tua città natale passi completamente in secondo piano quando trascorri il tuo tempo con il tuo interessante esperimento. Ossia quasi sempre – ribatté Mhunaer, per poi rivolgere lo sguardo a Sam.
- Come non potremmo salutare anche l’altro nostro amato pupillo?? – disse Askarx raggiungendo Sam e abbracciandolo confidenzialmente. – Dovete sapere che questo giovane mercante è quasi nostro pari, signori. Spero lo stiate trattando con il dovuto riguardo – si raccomandò Askarx con il suo solito sguardo viscido e incomprensibile, guardando gli altri presenti.
- Ovviamente. L’aiuto di Fahraq ci è stato fondamentale in questi ultimi mesi. Non vi ringrazieremo mai abbastanza per avercelo concesso, facendolo divenire membro del nostro consiglio – rispose lord Colten con sincera riconoscenza.
- Anche io sono felice di rivedervi, Superni. Spero che Qarth non sia mutata poi molto in questi mesi, dato che sto programmando di ritornarvi al più presto! – esclamò Sam sorridendo.
- In realtà stanno accadendo degli eventi interessanti che stanno coinvolgendo diverse città del continente orientale – rispose Mhunaer.
- Che tipo di eventi? – chiese Hoxana incuriosita.
- Avvenimenti bizzarri, cara, davvero bizzarri e degni di nota e di interesse. Senza contare che nuove personalità stanno acquistando una notevole fama – aggiunse Askarx.
- State davvero solleticando la nostra curiosità, Superni – commentò Sam.
- Una di loro è riuscita persino a stimolare la nostra di curiosità, Fahraq, dunque non sorprenderti. Si tratta di una strega che si fa chiamare Aradia. Sembra aver manifestato dei poteri davvero particolari – rispose Askarx.
- Per tale ragione l’abbiamo convocata al nostro cospetto – aggiunse Niraij.
- Che strano. Deve essere davvero interessante questa Aradia, dato che non avete mai convocato neanche me al vostro cospetto quando vivevo ancora a Qarth. Solitamente, di ciò se ne occupano gli Eterni – disse Hoxana velenosa e tagliente, introducendo pienamente un clima di tensione tra lei e i tre sovrani, un’atmosfera pericolosa ben percepita anche dal resto dei presenti.
- Bene, direi che è giunta l’ora delle presentazioni ufficiali – disse Sam decidendosi a rompere quel silenzio carico di turbamento e rivolgendo lo sguardo ad Hoxana. – A voi l’onore di presentarli, mia signora – le disse educatamente.
A ciò, la donna cominciò. – Miei compagni, vi presento Askarx Illeerm, Mhunaer Fahros e Niraij Vooxaq, i Superni della città di Qarth, nonché miei conterranei e nostri fedeli alleati. - Dopo di che, Hoxana si rivolse ai Superni. – Superni, vi trovate dinnanzi al Primo Cavaliere del re, lord Colten della casa Marbrand; al Maestro dei Sussurri, lord Lukell della casa Butterwell; al Gran Maestro Xavier della casa Rosby e al lord comandante della Guardia Reale, ser Kylan della casa Marbrand – disse indicandoli uno ad uno.
 - Ora che abbiamo concluso le presentazioni, siamo impazienti di conoscere anche il sovrano dei sette regni – disse Niraij.
- Per quello ci sarà tempo, Niraij. Prima di ciò, speravamo che la nostra Hoxana potesse mostrarci qualcosa del suo misterioso lavoro che sta portando a termine nella capitale – disse Askarx con convinzione, attirando la totale attenzione di Kylan e di Sam in particolare.
- Il ragazzo è negato alla vista di chiunque qui ad Approdo del re, miei Superni, persino di Sua Maestà – rispose Hoxana categorica.
- Il ragazzo non può essere visto neanche dal re in persona??
- Assolutamente no. Il mio delicato quanto eccelso esperimento richiede molta attenzione e cura, una diligenza e una costanza che quasi nessuno nel mio settore sarebbe capace di mostrare. Non a caso l’immenso Qyburn mi ha scelta personalmente come sua erede. Proprio come ho sempre fatto, non lascerò che nulla interferisca con i miei progetti.
- Proprio come hai sempre fatto, custodisci ogni tua creazione con estrema e, oserei dire, esagerata gelosia. Sei certa che questo esperimento meriti tutta l’attenzione, l’adorazione e l’aspettazione che gli stai creando intorno? D’altronde, è solo un ragazzo mezzo Targaryen esposto a qualche tortura - ribatté pungente Askarx facendo impietrire tutti, i quali presero coscienza che i Superni fossero gli unici al mondo capaci di mettere in difficoltà e di tenere testa all’impenetrabile e agguerrita Hoxana Aemchaar.
Quest’ultima, in seguito a tali parole, cercando di mantenere i nervi saldi, si avvicinò lentamente ad Askarx osservandolo con uno sguardo capace di far tremare cieli e terra. – Hayden Stark non è un giocattolo da torture, una bambola da sfogo come quelle che piacciono tanto a voi. Lui è un diamante grezzo che sta venendo accuratamente e supremamente levigato da una mano che può essere solo quella di un’artista scelta dagli dei. Lui è il principio. Lui è colui che renderà possibile il miracolo, il mio miracolo. E tenetevi pronti tutti quanti, poiché, quando sarà finito e completo, nessuno riuscirà più a smettere di guardarlo, di tremare o di mostrargli la massima e più umiliante riverenza – disse a pochi millimetri dal viso dell’ometto, torreggiando sulla sua bassa statura, per poi girare i tacchi e dirigersi verso l’uscita della sala.
Sam, completamente impietrito da quelle parole e incapace di reagire, venne abilmente riscosso da Kylan. – Signori, lady Hoxana ha solamente bisogno di schiarirsi le idee. Andrò io a parlare con lei e verrò assistito da Fahraq: le parole di un amico e conterraneo sono le uniche che potrebbero calmarla più in fretta – disse il giovane Marbrand rivolgendosi ai Superni, per poi guardare i suoi compagni del consiglio. – Continuate ad occuparvi di accogliere degnamente i nostri ospiti e di scortarli nei loro alloggi, in attesa del banchetto di questa sera che li presenterà al nostro sovrano – aggiunse ricevendo dei segni d’assenso e dirigendosi compostamente verso la direzione presa da Hoxana, seguito poi da Sam, anche se con un po’ di ritardo.
Non appena imboccarono il corridoio vuoto insieme, allontanandosi dagli altri, Kylan gli parlò. – Che ti prende?
- Perdonami, ma quelle parole pronunciate da Hoxana mi hanno … destabilizzato. Hayden è mio cugino, è la mia famiglia, sono qui per lui, perciò ogni volta che si parla della sua situazione mi … non so cosa mi succede.
- È una reazione umana, Sam. Ma non devi cercare di darlo a vedere, intesi? Ne varrà della tua copertura. Era da molto che non li vedevi, giusto? Sono sempre così aggressivi?
- Non così tanto. GreyShade gli tiene sempre degnamente testa. Con me non hanno mai avuto bisogno di essere taglienti durante l’addestramento. Credo abbiano dei conti in sospeso con Hoxana.
- Hoxana è un predatore feroce, una belva che, se stuzzicata, è capace di sbranare chiunque le sia sottotiro. Dobbiamo tenere ben sott’occhio la situazione finché loro rimarranno qui. Ad ogni modo, hai sentito bene ciò che hanno detto? Questa è la tua occasione per scoprire qualcosa in più su Hayden. Devi sfruttarla in tutto e per tutto e non farti prendere dall’ansia.
- Lo farò, Kylan. Sono consapevole di cosa significhi per me e per noi questa opportunità. Con l’aiuto dei Superni, forse, riuscirò finalmente a dare un senso alla mia permanenza qui, ricavando informazioni su mio cugino, creando qualche crepa alla barriera invalicabile che ha eretto Hoxana intorno a lui - affermò deciso, continuando a camminare e guardando di fronte a sé.
- Esattamente. Oltre a questo, volevo parlarti anche di qualcos’altro.
- Di che si tratta?
- I miei uomini in spedizione ad Essos. Dicono non ci sia più traccia di loro, da mesi sono totalmente dispersi e …
- Dovreste fare più attenzione agli sguardi che avete intorno, voi due. Le persone potrebbero notare che siete particolarmente in sintonia – lo interruppe una voce estranea ai due. I ragazzi si voltarono e videro i tre Superni, i quali li stavano raggiungendo.
- Superni, che ci fate qui? Gli altri non vi hanno scortato …? – chiese Sam confuso.
- Il Primo Cavaliere si è sentito male e il Gran Maestro ha dovuto seguirlo d’urgenza per medicarlo. L’altro li sta assistendo, ma ha detto che sarebbe presto tornato per scortarci.
- Il Primo Cavaliere si è sentito male …? – ripeté Kylan già facendo per ritornare indietro e accertarsi delle condizioni di suo padre.
- Non così in fretta – lo bloccò Askarx afferrandogli un polso.
- Prima avete detto che Lukell vi ha assicurato che sarebbe tornato il prima possibile per scortarvi. Ciò vuol dire che arriverà qui a momenti? Non appena …
- … Non appena si accorgerà che vi abbiamo seguito – disse Mhunaer interrompendo nuovamente Sam, completando la frase.
- Dunque, perché ci avete raggiunto? – chiese il giovane Tarly ancora più confuso.
- Oh, Sam, dobbiamo approfittare delle rare occasioni che abbiamo per consultarci ora che siamo qui. Inoltre … - disse Askarx volgendo poi lo sguardo imperscrutabile sul giovane cavaliere. – Volevamo vedervi entrambi.
In quel momento, Lukell sbucò dal fondo del corridoio, raggiungendoli con il fiatone. – Miei signori, perché non avete atteso che …?
- Noi non siamo individui che amano attendere, lord Lukell – lo interruppe Niraij.
- Volevamo scambiare altre due parole con il nostro pupillo che non vediamo da mesi – aggiunse Askarx, per poi rivolgersi nuovamente a Kylan. – Abbiamo sentito parlare di voi – disse facendo intendere al giovane Marbrand il doppio significato delle sue parole e che Sam avesse effettivamente parlato anche loro della loro alleanza, per lettera. – Mi auguro siate all’altezza di ciò che abbiamo udito e delle nostre aspettative – concluse riuscendo alla perfezione a mascherare il senso di quelle raccomandazioni dinnanzi all’ignaro Lukell.
 
 
Margaery scese le scale che l’avrebbero condotta verso l’uscita, aprì la porta e li vide. La donna sorrise gioiosa rimanendo a guardarli incantata: Walter era in piedi accanto al suo metalupo, intento a tenere d’occhio la piccola Eveline che correva spericolata tra la neve alta. Nonostante quell’immenso tappeto bianco le arrivasse fino ai fianchi, la bambina continuava a correre imperterrita, incurante della fatica e del sudore, mentre i fiocchi le si posavano sui capelli scuri. Ad un tratto, cadde e rotolò, venendo immersa completamente e ritrovandosi la neve gelida in ogni parte del suo corpo e sotto i suoi vestitini una volta alzata. Troppo infreddolita per continuare, corse verso suo padre.
- Padre! La neve mi si è infilata ovunque! – esclamò tirando su con il naso per non starnutire, fiondandosi sulle sue gambe e rimanendovi artigliata come una cozza.
A ciò, Walter sorrise divertito e si accovacciò per essere alla sua altezza. – Lo sai che se continui così ti prenderai un malanno, vero, piccola mia? – le chiese sgrullandole con delicatezza i capelli soffici e i vestiti.
- Mani – ordinò lei sorridendo autoritaria e porgendo le manine gelide e tremanti dinnanzi al viso di suo padre.
- Agli ordini, Maestà – le rispose prendendole tra le sue molto più grandi e stringendole mentre con il suo fiato caldo le scaldava.
- No, padre, io non sono una regina. E neanche una principessa. Non mi importa se tu sei il legittimo erede al trono.
- Non deve importarti chi sono io, poiché potrai essere qualsiasi cosa tu desideri, Eve.
- Qualsiasi?
- Qualsiasi.
- Allora voglio essere un medico. Aiuterò le persone a sconfiggere la morte!
A ciò, Walter sorrise e le accarezzò una guancia. – E così sia. Sono certo che diventerai un brillante medico. La prima donna a prendere a calci i Maestri! Ma ricorda sempre che non dovrai mai essere spaventata dalla morte. Quando ti troverai nella situazione di scegliere … di capire cosa è giusto o sbagliato ... sii furba e pensa a cosa vuoi davvero. Chi sei lo sai già e nulla e nessuno può renderti diversa. Tanto meno la paura della morte. Tu sei la mia stella splendente … la mia via.
- E tu la mia luce, il mio fuoco – rispose lei posando le manine ai lati della sua nuca e infilandogliele tra i capelli, per poi abbracciarlo e venendo stretta forte da lui, inglobata in un solo essere.
Solo dopo quell’intenso abbraccio, i due si resero conto della presenza della Tyrell.
- Madre, sei qui! – esclamò Eveline allontanandosi lievemente dalla stretta di suo padre e indicandola raggiante.
A ciò, anche Walter si voltò verso di lei e le rivolse uno di quei sorrisi che l’avevano disarmata fin dal primo momento. – Dove eri finita, mia regina di rose?
- Oh io … io vi stavo solamente guardando. Amo guardarvi … - rispose con le lacrime agli occhi.
- No, mamma non piangere – le disse la piccola venendo tirata su da Walter, che la prese in braccio e si avvicinò a lei.
- C’è qualcosa che non va? – le chiese poi lui con sguardo preoccupato.
La donna cercò di memorizzare ogni dettaglio di quegli occhi e di quel volto più che potesse, prima di rispondergli. – No, niente! Sto bene. Sto bene se voi due siete con me – disse avvicinandosi a sua volta per stringerli a sé, ma non appena li toccò, i due svanirono, così come svanì tutto Grande Inverno.
Margaery si ritrovò in mezzo ad una distesa bianca e urlò, dannando se stessa per aver provato a toccarli e per non essere riuscita a godere solo un secondo di più della loro presenza. - Ritornate da me! Ritornate!! Vi prego … !
- Noi siamo qui, mia regina – disse quella voce che così ardentemente amava e le mancava.
La donna si girò verso Walter, in piedi ma lontano da lei, che la guardava con sguardo rassicurante. A ciò, ella cominciò a corrergli incontro ma sembrava che, più corresse veloce, e maggiormente lui fosse lontano, così si fermò. – Perché lo hai fatto??? Perché ti sei sacrificato per l’umanità??
- Perché, altrimenti, voi non sareste qui.
- Ma perché tu?? Proprio tu?? Tu saresti dovuto rimanere con me, con noi! Con le persone che ti amano e alle quali hai rovinato la vita sparendo! – urlò buttando fuori tutta la disperazione, la tristezza e la frustrazione che aveva dentro.
- Mamma … - sentì richiamarsi da un’altra voce, estremamente familiare e mancata anch’ella.
Margaery si voltò dall’altra parte e vide sua figlia, lontana quanto Walter.
- Eve … bambina mia … - le disse ponendo una mano di fronte alla bocca e trattenendo le lacrime, non riuscendo a reggere quelle emozioni tutte insieme. – Sono morta per caso? Perché, se davvero la morte fosse così bella, sarei immensamente felice di raggiungerla …
- Non te le permetterò, mamma – le rispose Eveline decisa. – Non ti permetterò di lasciarti morire.
- Ma non ho più neanche te  … se non ho più nemmeno te, come farò ad andare avanti??
- Sta tornando – fu Walter a risponderle questa volta.
- Sto tornando da te – confermò la ragazza. – Molto presto saremo di nuovo insieme e ti porterò la cura che ti guarirà da questo terribile flagello che ti sta facendo soffrire tanto …
- Non mi importa della cura … voglio solo rivederti … voglio solo averti con me fino alla fine, anche se fossi destinata a morire … non mi importerebbe, mio tesoro … ti prego … torna da me ora – la scongiurò cadendo in ginocchio.
- Devi essere forte, Margaery – fu di nuovo Walter a parlarle, rendendole impossibile resistere alla tentazione di alzare nuovamente lo sguardo su di lui. – Devi essere forte per lei.
- Sai … sono passati quasi diciotto anni, ma non ti ho ancora dimenticato. Ricordo perfettamente ogni cosa di te …
- Non è questo il punto, ora …
- Il fatto è che non ci ho neanche provato a dimenticarti. Ma, sono convinta che, anche se ci provassi con tutte le mie forze, non ci riuscirei.
- Margaery, ascoltami ora – le disse con sguardo serio, riuscendo a farsi lievemente più vicino. - Lei è ancora lì, è ancora viva, nostra figlia è là fuori e sta lottando con tutte le sue forze contro questo mondo che sembra proprio non voler accettare la pace. Lei sta lottando per te, per tutte le persone che ama e per se stessa. Sai bene quanto sia forte e tenace, sai che ce la farà. Perciò devi restare in vita per lei. Eveline ha bisogno di te – concluse facendo rendere conto alla Tyrell di quanto finalmente riuscisse ad averlo vicino.
La donna attese qualche minuto prima di rispondergli, rimanendo a guardarlo mentre dava sfogo alle sue lacrime trattenute. – Ed io ne ho di te.
A ciò, Walter le rivolse un sorriso malinconico e sicuro allo stesso tempo. – Io sono sempre stato con voi, mia regina di rose, e sempre vi rimarrò.
- Margaery!! Margaery, mi senti??? – sentì una voce esterna richiamarla, così riaprì gli occhi, appurando che la sua illusione fosse definitivamente svanita.
Intravide un gruppo di persone che conosceva bene, tutti intorno al suo letto, intenti a guardarla con sguardo preoccupato. Tra loro, con sua sorpresa, scorse anche una presenza più vicina delle altre e che non incontrava da tempo. – Kirsten? – le chiese con voce roca, ancora sudata e sconvolta. – Quando sei arrivata?
- Finalmente ti sei svegliata! – esclamò la donna rincuorata, stringendole la mano e tirando un sospiro di sollievo. – Io e la mia famiglia siamo giunti a Grande Inverno solo ieri; è una lunga storia, ma siamo riusciti fino ad ora a scampare dalla furia di quel pazzo che si trova seduto sul trono dei sette regni, nascondendoci nelle Terre dei Fiumi. Siamo in pochi ad essere rimasti vivi e fedeli al Protettore del Nord invece che alla corona, ma non appena abbiamo saputo che anche voi eravate sopravvissuti e che siete riusciti a liberarvi dalle truppe del re, siamo giunti qui il prima possibile. Dheeraj e i gemelli sono di sotto, mentre Meera e Bronn sono qui fuori, in attesa di vederti anche loro, ma dovranno aspettare un po’ dato che questa stanza è fin troppo affollata. Ci sono rimasti solamente pochissimi uomini delle nostre truppe, ma sono sempre meglio di niente nella situazione in cui versiamo. Jaime ha trovato il modo di mettersi in contatto solo con le poche persone di cui vi potete fidare, tra cui noi, grazie all’aiuto di alcuni uccellini di Varys ancora rimasti in vita. Jaime e Daenerys hanno fatto un ottimo lavoro in questi mesi nel radunare quanti più superstiti e ribelli al re possibili, provenienti da tutto il Nord. Abbiamo raggiunto un numero riguardoso considerando che, inizialmente, eravate rimasti solamente voi quattro a Grande Inverno, isolati dal mondo, più Drogon. Questo ci fa capire che il Nord è ancora forte e non si arrende! Insieme, possiamo resistere fino alla fine dei tempi! – disse convinta la donna, stringendole la mano e portandosela accanto alla guancia.
- Non è solo merito nostro – aggiunse Jaime, intervenendo dal fondo della camera. – Alfred, sua madre Julianne e suo padre Isaac, ci hanno aiutato molto fin dall’inizio. Hanno cominciando offrendoci solo qualche provvista che ci ha permesso di sopravvivere, poi si sono definitivamente uniti a noi e alla nostra causa – continuò con convinzione e soddisfazione.
- Chi sono Alfred, Julianne e Isaac? – chiese Margaery.
A ciò, l’entusiasmo di Jaime, di Daenerys e di Kirsten, si spense. – Margaery, ti abbiamo detto mesi fa chi sono. Li hai visti anche molte volte quando sono entrati in camera e ti hanno portato le provviste … - disse Daenerys.
- Non riesco più a distinguere il sogno dalla realtà … scusatemi … questa malattia … sento che mi sta portando via tutto ciò che sono – disse la Tyrell appoggiandosi a fatica una mano sulla fronte tremante.
- Ci siamo spaventati poco fa … - le disse Kirsten.
- Come mai? Che è successo?
- Sei rimasta addormentata, intenta a delirare, per due giorni interi. Jaime e Daenerys hanno detto che lo fai spesso, credi di vedere e di parlare con Eveline, con Walter e con Loras, ma non è mai accaduto che restassi in preda alle allucinazioni per così tanto tempo … credevamo che  … - disse Kirsten non riuscendo a terminare la frase e facendosi forza, distogliendo lo sguardo dalla sua amica per non vederla più in quello stato.
- Mi dispiace … io … non me ne sono neanche accorta.
- Non preoccuparti. Sono contenta che tu sia riuscita a resistere finora. Vedrai, presto Eveline tornerà … sono certa che riuscirà a trovare una cura: tua figlia è una ragazza davvero in gamba – le disse speranzosa.
- Sì, lo so. Io resisterò. Lei tornerà da me. E lo farà anche lui – rispose Margaery fiduciosa, confondendo i presenti.
- Lui chi?
- Walter. Anche lui tornerà da me.
Udendo quel nome, Kirsten abbassò lo sguardo, prendendo la forza per contraddirla. – No, Margaery. Lui non tornerà. Non tornerà più, lo sai. Tornerà Eveline.
- Torneranno entrambi. Ne sono certa – insistette la Tyrell.
- Margaery, ti prego … non puoi continuare a farti del male in questo modo e a credere a tali fantasie! – le rispose alzando la voce, cercando di nascondere anche il suo di dolore.
A ciò, Daenerys, con le lacrime agli occhi ma con decisione, la bloccò dall’aggiungere altro, ponendole una mano sulla spalla. – Lasciale credere ciò che vuole. Questo è un argomento che, nonostante gli anni, scotta ancora e fa incredibilmente male, a tutti noi. A qualcuno più di altri.
Dopo ciò, Jaime uscì dalla stanza dirigendosi verso il piazzale di Grande Inverno.
- Jaime! – lo richiamò il giovane Alfred non appena lo vide.
- Sì, Alfred, dimmi. Ci sono novità?
- Nuovi arrivati a darci man forte! A quanto pare, il Nord è molto più tenace di quanto speravamo! – esclamò il ragazzo entusiasta.
- Bene, è un’ottima notizia!
- Lady Margaery, invece? Come sta? Si è risvegliata?
A quella domanda, Jaime si rabbuiò. – Sì, si è risvegliata, ma temo che possa peggiorare in fretta. Spero vivamente che le ragazze tornino presto e che siano riuscite a trovare una cura.
- Dunque, non le avete ancora detto nulla?
- No. In queste condizioni è meglio che non sappia che anche sua nonna sta morendo.
 
 
Dopo aver ripercorso con la mente l’episodio della piccola Leja, il primissimo che l’aveva coinvolta e che le aveva fatto comprendere la gravità della situazione, la giovane rosa si accorse che Abigail era troppo stanca per continuare il cammino. A ciò, la ragazza si voltò verso l’uomo che si era offerto di accompagnarla verso la sua meta. – Icaar, la mia Abbie è sfinita. Quanto manca?
Udendola, l’uomo, anch’egli in groppa al suo cavallo, si voltò verso di lei. – Siamo quasi arrivati. La fossa comune in cui vengono portati tutti i resti delle ragazze è vicina – rispose.
Aveva deciso di fare una deviazione prima di tornare a casa, a Vaes Dothrak e prendersi il suo tempo di riflettere su tutto ciò che aveva vissuto in quei due mesi: voleva visitare la fossa comune in cui venivano portati tutti i resti delle ragazze bruciate al rogo a causa del tremendo flagello che le aveva colpite, ormai oltre la cinquantina. Eveline avrebbe voluto rendere loro le giuste onoranze funebri, almeno lei, nonostante fossero state buttate come scarti di animali in una banale fossa, al sole. Avrebbe pregato per loro, avrebbe speso del tempo e delle parole per loro, al posto del popolo e delle famiglie alle quali appartenevano. Voleva far sentire loro un po’ di amore e di compassione in seguito a tutto l’odio che avevano ricevuto in vita.
- Eccoci, siamo arrivati. Ad un altro giorno di cammino da qui si trova la città di Qarth – le disse l’uomo, scendendo da cavallo.
- Come mai la fossa è così vicina alla città di Qarth? – chiese la fanciulla, scendendo anch’ella da Abigail.
- Richiesta personale degli Eterni. Nessuno sa perché – le rispose, per poi indicarle l’immensa fossa in lontananza.
A ciò, la giovane rosa si avvicinò e, non appena se la ritrovò dinnanzi e vi guardò all’interno, si rese conto che fosse addirittura più grande e profonda di quanto si aspettasse. Il fetore asfissiante che proveniva da essa era a dir poco insopportabile, mentre l’insieme di resti di numerosissime ossa umane e teschi accatastati tra loro forniva uno spettacolo inumanamente spettrale.
Un soffio di vento scompigliò i lunghi capelli della fanciulla, la quale si avvicinò ancora, incurante dell’odore e del buio profondo che vi era in quel buco immenso. – Mi dispiace, ragazze … - disse inginocchiandosi e ponendo il palmo della mano a terra. Ma prima che la giovane Targaryen potesse dire altro, vide un’altra donna avvicinarsi, in lontananza. Ella era incappucciata e indossava un lungo abito rosso. Il suo sguardo era deciso e gelido.
- Sai chi è quella donna, Icaar? – domandò Eveline restando a guardarla dubbiosa.
- Assolutamente no – affermò lui fissandola a sua volta.
Quando la donna fu abbastanza vicina da affiancare la ragazza dinnanzi alla fossa, si tolse il cappuccio e le parlò. – Fatti da parte, strega – le ordinò impassibile, innalzando le mani e pronunciando una formula in una lingua sconosciuta ad Eveline, ma dallo stile e dall’impostazione impossibili per lei da non riconoscere: stava effettuando un potente rito con l’aiuto ad un dio. Quelle informazioni le fecero immediatamente comprendere di chi si trattasse e cosa stesse facendo.
La situazione appariva a dir poco surreale: una sacerdotessa del Dio della Luce stava effettuando un rituale di resurrezione su delle ragazze che infangavano il nome di quel dio.
- Eve, vai via di lì!! – le urlò Icaar cercando di avvicinarsi, ma ostacolato dalla tempesta di sabbia appena creatasi.
- Che accidenti sta succedendo … ?? – disse d’istinto la giovane rosa, non riuscendo a muoversi dal suo posto e a distaccare gli occhi da ciò che stava vedendo.
La sacerdotessa continuava ad urlare quella formula verso la fossa, con le braccia innalzate e lo sguardo fisso.
Quando ebbe terminato, ciò che si presentò dinnanzi agli occhi della ragazza risultò impossibile da credere, persino dopo aver trascorso più di un anno nella dimora di uno degli stregoni più potenti al mondo,  i suoi occhi non riuscirono a metabolizzare subito quella realtà inimmaginabile: proprio come se stessero rinascendo dopo un secondo parto, quei resti, lentamente, si allungarono, proprio come fosse naturale si riformarono, ricostruendosi perfettamente e geometricamente, riunendosi secondo l’anatomia umana che le fiamme avevano scomposto e distrutto; la carne candida riapparve come riempimento e rinforzamento delle ossa, così come l’insieme di tutti i capelli, il groviglio delle chiome mischiate in una sola fossa, oramai divenuta troppo stretta per il volume moltiplicato delle creature che vi erano contenute, troppo affollata per permettere loro di non intrecciarsi tra loro in un miscuglio di gambe, braccia, busti, teste e capelli in carne ed ossa.
Eveline cadde all’indietro nel momento in cui vide i loro occhi aprirsi, tutti nello stesso istante, come bambole spezzate e poi aggiustate, rotte e poi ricostruite, uccise e poi rinate. Un insieme di stature, di corporature e di colori differenti cominciarono a muoversi insieme, debolmente e meccanicamente come anime in pena e in cerca di aria, si arrampicarono sulle pareti della fossa, riuscendo, dopo parecchi tentativi falliti, a raggiungere l’esterno e la luce del sole.
Nel momento in cui la giovane rosa si ritrovò dinnanzi le decine e decine di fanciulle nude e ritornate indietro dalla morte, capì che non avrebbe più potuto rinunciare allo scoprire cosa stesse accadendo, dal combattere quella che Aris aveva chiamato “la sua battaglia”.
Le risorte, composte in egual maniera da bambine e da ragazze nell’età dello sbocciamento, volsero i loro occhi sgranati e stravolti alla sacerdotessa che le aveva riportate in vita. – Perché …? Perché lo hai fatto?!? Perché ci hai strappato via dalla pace del sonno eterno e ci hai ricondannato alle atroci sofferenze di cui la vita ci ha reso schiave??? – chiese disperata una di loro, lasciandosi cadere in ginocchio e urlando al cielo.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** Sussurri ad Approdo del re ***


 Sussurri ad Approdo del re
 
La giovane dorniana camminò per i corridoi della Fortezza Rossa, giungendo nell’enorme e luminosissima sala del trono. Sembrava esservi parecchio fermento quel giorno, sicuramente per i sempre più frequenti attacchi dei Fantasmi, suppose.
Erano trascorsi già tre mesi e quasi non si riconosceva più: il suo corpo era sfinito, rovinato, consumato dal mostro che non trovava piacere nelle pratiche sessuali, ma nella potenza scaturita dalla mera e totale sottomissione a sé e nella tortura. Ad un tratto, tutti i suoi propostiti, i suoi scaltri piani erano divenuti evanescenti, soppiantati dalla paura della morte che l’affliggeva ogni giorno di più, dal soffocamento mentale, dalla prigione che le era imposta e dall’orrore al quale assisteva costantemente. Non era più la spavalda figlia del sole, era divenuta solo un marionetta senza vita, senza propositi, possibilità e futuro. Si era spenta.
Si guardò intorno meccanicamente, accecata da quella luce mattutina così intensa, alla quale non era più abituata, e individuò dei cavalieri parlare tra loro. In mezzo a loro vide anche lui. Più volte si erano incrociati durante quei mesi, sapendo di non potersi permettere neanche di guardarsi, evitandosi come estranei, nonostante il desiderio di parlarsi era forte in loro. Si rese conto che, in quel momento, faceva ancora più male.
- Quanti danni ci sono stati? – chiese il giovane Marbrand.
- I Fantasmi hanno colpito nuovamente diverse imbarcazioni in mare aperto, sembra abbiano setacciato ogni parte del grande mare che ci divide dal continente orientale pur di colpire la corona. Ingenti carichi di armi sono andati perduti e così anche molti uomini … - disse il soldato, ancora con il fiatone e con lo sguardo afflitto.
- Il re reagirà tremendamente questa volta … I danni sono troppo grandi - rispose Kylan quasi parlando tra sé e sé.
- Oramai è guerra – commentò il vecchio Xavier, comparendo dietro il ragazzo.
- Già – aggiunse Kylan voltandosi. – Potete andare – disse rivolgendosi ai soldati che gli avevano comunicato la notizia.
Troppo preso dai suoi pensieri, si accorse solo in seguito della presenza di Lorraine dall’altra parte della sala. Ella lo guardava con uno sguardo che lo spezzò in due, più di tutti quelli che le aveva visto in volto fino a quel momento, quelle rare volte in cui si erano casualmente incontrati. Non era più lei e lo riuscì a percepire anche da lontano. La sua luce non splendeva più, il suo sguardo era disperato, lacerato e lo guardava come se gli stesse disperatamente chiedendo aiuto, come se fosse stata disposta a raggiungerlo istantaneamente pagandone poi le conseguenze, pur di ricevere un singolo momento di conforto, pur di ricominciare a respirare solo un attimo.
Il re reagirà tremendamente … e si sfogherà sulle ragazze. Cercò di scacciar via quell’orribile pensiero, abbozzò un fugace sorriso alla fanciulla e si voltò verso uno dei suoi uomini. – Ser Wes, andate a chiamare mio padre e riferitegli che dobbiamo discutere della faccenda. Fate il prima possibile – disse poi dileguandosi dalla vista della giovane dorniana e uscendo dalla sala.
 
- Lasciatemi! – esclamò la dama, cercando di ribellarsi dalla presa dell’uomo.
- Non avete ancora capito che è inutile ribellarvi, milady?? – gli rispose lui sorridendogli eccitato e rinsaldando la prese sulle sue braccia.
- Se dovesse scoprirvi a toccarci, vi farebbe morire sotto tortura!!
- Oh, dolcezza, ma sapete bene che voi e le altre fatine non potete aprire bocca al riguardo, dato che, se lo faceste, io riferirei al re che siete state voi depravate a buttarvi addosso a me. E sapete cosa succederebbe poi?? – chiese avvicinandosi maggiormente con il volto sudato a lei mentre dei ricci sfuggivano alla sua acconciatura. La fanciulla spostò il viso disgustata, per non trovarselo così vicino, e lui le infilò una mano tra le cosce cominciando a sfregare lentamente. – Vi appenderebbe tutte quante come bestie macellate! – concluse la frase sospirando e sorridendo.
All’improvviso, lord Lukell si fermò, udendo dei rumori provenire dalle scalinate lì di fianco, rendendosi conto che l’angolo nel quale si era posto con la dama non fosse poi così appartato.
A ciò, la ragazza approfittò del suo attimo di confusione per rifilargli un violento schiaffo e sfuggire alla sua presa, correndo via.
Quando l’uomo riconobbe colei che, ignara, stava scendendo le scalinate, si ricompose e le si parò dinnanzi. – Onorato di vedervi, lady Lorraine.
- Sparite dalla mia vista – lo liquidò lei senza neanche guardarlo, continuando per la sua strada.
- Dove state andando, se mi è lecito chiedervelo?
- Non vi è lecito. Sono stata richiamata pochi minuti fa poiché Sua Maestà ha richiesto di farci trovare tutte preparate nel momento in cui tornerà e raggiungerà le sue stanze, tra un’ora. Dunque, vi consiglio di volatilizzarvi e di non disturbare più me, né alcuna delle altre concubine se non volete subire delle ripercussioni da parte di David in persona. Sapete quanto il re odi attendere – lo zittì nuovamente guardandolo sprezzante.
- Oh, noto con piacere che la meravigliosa tigre ha ancora le sue zanne - rispose lui sorridendole con sguardo liquido.
- Mi fate vomitare.
- Vorrei approfittare di questo momento intimo per farvi una domanda, lady Lorraine – continuò lui seguendola. – Una domanda riguardante il vostro amico, o per meglio dire “amante” di vecchia data e il ricco mercante di Qarth, il nostro Maestro del Conio. - Appena udì ciò, la ragazza si fermò. – Lieto di aver finalmente attirato la vostra attenzione – aggiunse l’uomo sorridendo soddisfatto di aver quasi raggiunto il suo obiettivo.
- Che cosa volete da me?
- Mi chiedevo se voi sapeste qualcosa riguardo quei due considerando il rapporto intimo che avevate con il nostro lord comandante in passato … speravo che lui vi avesse rivelato qualcosa … qualche informazione che sto cercando di raccogliere.
- Come vi permettete di parlare in questo modo di ser Kylan?? A me, oltretutto! Io non so niente sul rapporto che intercorre tra lui e il Maestro del Conio, verme, ma state certo che, anche se lo sapessi, non vi rivelerei mai nulla, neanche sotto tortura! – esclamò sputandogli addosso e ottenendo una reazione violenta da parte di Lukell, il quale la afferrò per il braccio, spazientito.
- Ora statemi bene a sentire, sporca puttana! Non credete di potermi prendere per stupido! In questi ultimi mesi ho notato una certa sintonia tra il vostro amico e il “fedele” Fahraq! Sono molto bravi a nasconderla, è vero, dei grandi professionisti, ma, si dà il caso che a me non sfugga nulla! All’inizio pensavo fosse solo un banale e ridicolo interesse sessuale da parte di Fahraq, ma poi, ho capito di essermi sbagliato e che sotto si nascondesse qualcosa di molto più interessante e profittevole … ! Tutti mi credono uno sciocco, ma sono un grande osservatore.
- E, ditemi, trascorrete così tanto tempo ad osservare gli uomini appartarsi?
- Potete schernirmi quanto volete, ma cosa mi direste se vi rivelassi di potervi far incontrare con ser Kylan avendo la sicurezza che nessuno lo scopra?
Quelle parole la riscossero, ma le bastò un attimo per riprendere il controllo della situazione. - Oh, lord Lukell, non sono stupida quanto voi. So bene che voi non avete capacità simili, nonostante vi vantiate di essere il Maestro dei Sussurri. Inoltre, ho pietà per quelli come voi che mi ritengono così debole da tradire la fiducia di un amico per fini egoistici! Se mai riuscirò a parlare di nuovo con lui, prima che il nostro re spenga completamente la luce che mi rende viva, sarà solo grazie a me e a me soltanto!
A ciò, Lukell, preso dalla rabbia, tentò di darle uno schiaffo, ma i riflessi della giovane furono più veloci, così, dopo averlo evitato, gli diede un forte calcio sugli stinchi.
- Tu, brutta …! – disse l’uomo con la voce arrochita dal dolore, scagliandosi su di lei mentre premeva ancora la mano sul punto dolente.
- Vedo che le abitudini da porco non vi abbandonano mai, Lukell – intervenne una voce esterna, prima che il Maestro dei Sussurri ricambiasse il gesto della dorniana. – State a cuccia, amico mio. Se venite con me, prometto di forare una tenda con una matita, in modo che voi possiate infilare il vostro arnese lì dentro e soddisfarvi ugualmente, senza molestare nessuno – aggiunse il vecchio Xavier con voce ferma, facendo adirare maggiormente l’uomo, il quale abbandonò il luogo, risalendo le scale.
- Tutto bene, milady?
- Sì, grazie, Gran Maestro. So difendermi – gli rispose lei, sicura ma riconoscente.
I due si accorsero troppo tardi di esser stati raggiunti da qualcun altro.
- Siamo felici di avervi finalmente incontrato, lady Lorraine Martell e Gran Maestro Xavier Rosby – intervenne Askarx, avvicinandosi ai due insieme agli altri Superni, pacati e silenziosi come animali striscianti.
Lorraine e Xavier, increduli, si voltarono verso i tre.
- Superni – si affrettò a dire la dorniana, rivolgendo loro un riverente inchino.
- A cosa dobbiamo l’onore di ricevere la vostra attenzione? – chiese il vecchio, facendo lo stesso.
- In questo mese trascorso qui vi abbiamo avuto modo di osservarvi e abbiamo deciso di approfittare di questa occasione per rimescolare la carte in tavola – rispose Mhunaer.
Ancora più perplessi, i due si diedero una fugace occhiata, sperando di trovare nell’altro la spiegazione a quell’assurda situazione.
Vi fu un ambiguo lungo momento di silenzio interrotto solo dai loro cinque impercettibili respiri, gli unici presenti nell’intero corridoio, fin quando, finalmente, Askarx si decise a parlare. – Vi informiamo che ser Kylan Marbrand e colui che dice di chiamarsi Fahraq Uzvet, hanno stipulato un’alleanza contro la corona. Sono alleati dei Fantasmi della Notte e anche nostri – disse l’ometto con voce calma e una naturalezza disarmante, tanto da lasciare i due quasi più sconvolti per il suo atteggiamento, piuttosto che per la scioccante rivelazione improvvisa.
- … Perché state dicendo tutto questo a noi due …? – chiese la ragazza a mezza bocca.
- Come facciamo a credervi? – aggiunse il vecchio Maestro.
- Non vi rimane altro che accertarvene autonomamente – rispose Askarx accennando un sorriso indefinibile, per poi rivolgersi alla giovane dorniana. – Non siete ancora morta. Potete ancora lottare e provare a divenire una giocatrice al gioco del trono. Non arrendetevi con tale facilità – le disse mantenendo la sua voce neutra ma facendo provare un brivido nella schiena di Lorraine, la quale percepì una nota di profonda sincerità nelle parole e nello sguardo sempre vago dell’ometto.
I tre si voltarono senza dire altro, e fecero per andarsene.
- Aspettate! – li richiamò la ragazza, facendoli girare nuovamente. – Non avete ancora risposto alla domanda … : perché proprio noi due??
A ciò, Askarx le rivolse un altro dei suoi sorrisi indefinibili, lasciandoli senza risposta e riprendendo la sua strada, fin quando non sparì in cima alla scalinata insieme agli altri due.
Dopo alcuni minuti di pesantissimo silenzio, Xavier mosse qualche passo e parlò. – Devo andare a parlare con Kylan.
Ma prima che anche il vecchio si dileguasse, Lorraine lo afferrò per un polso con una stretta decisa, facendolo voltare e guardandolo con degli occhi vispi, avendo ritrovato almeno un po’ della vitalità e determinazione che da sempre la caratterizzavano. – Gran Maestro. Se quello che ci è stato detto corrisponde a verità … devo sapere che intenzioni avete. Non permetterò che nuociate a Kylan in qualche modo.
A quelle parole, il vecchio le rivolse un sorriso, colpito dalla forza e dal valore della ragazza. – Ciò che avete detto vi fa onore, milady. Potete stare tranquilla: io sono l’ultima persona che farebbe del male a quel ragazzo. Neanche nel caso in cui avessi da lui la conferma che sta cospirando contro la corona, riuscirei a fare nulla per ostacolarlo, o tanto meno vorrei metterlo in pericolo più di quanto già non lo sia.
- Dunque, suppongo che anche voi nutriate dei sentimenti di insofferenza nei confronti della corona.
- Chi non ne nutre, milady? Ma sono anche abbastanza vecchio e saggio da capire meglio di voi e meglio di Kylan, l’importanza di rimanere al proprio posto, di attendere, di non farsi prendere dalla smania di intervenire per cambiare le cose e di compiere delle scelte azzardate. Andrò a parlargli da amico quale sono, ma non dirò nulla di tutto ciò che abbiamo udito ad anima viva. Suppongo sia quello che farete anche voi, giusto? – rispose Xavier, chiedendo un’ovvia conferma, che non tardò ad arrivare.
- Vi do la mia parola. Io ho la vostra?
- La avete. Credo che ci dovremmo fidare l’uno dell’altra, a questo punto – disse il vecchio riservandole un sorriso fiducioso, anche se velato da una punta di preoccupazione.
- Dovremo – confermò lei rivolgendogli uno sguardo deciso e allontanandosi da lui, dirigendosi nelle camere del re per prepararsi.
 
Xavier, immerso nel turbine di pensieri che ancora non lo volevano abbandonare, varcò a gran passo decine di corridoi dell’immensa Fortezza Rossa, cercando in lungo e in largo il giovane cavaliere, sempre difficile da trovare a causa dei numerosi impegni che lo sommergevano, in qualità di lord comandante della Guardia Reale.
Quando finalmente lo individuò, intento a parlare con suo padre, si avvicinò senza preavviso ai due. – Ser Kylan, devo parlarvi – annunciò senza preamboli, attirando l’attenzione dei due Marbrand.
- Potete attendere che io finisca di discutere dell’attacco dei Fantasmi con il Primo Cavaliere?
- Mi spiace, ma ho bisogno di conferire con voi ora – confermò non distogliendo lo sguardo da lui.
A ciò, i due ignari, sorpresi, si guardarono tra loro. – Non preoccupatevi, ser Kylan. Ne riparleremo più tardi – disse Colten a suo figlio, per poi allontanarsi.
A ciò, il giovane cavaliere seguì il vecchio Maestro, il quale lo condusse in una delle stanze di raduno che sapeva non essere mai utilizzata da nessuno nella Fortezza, avendo la certezza di non essere visti o uditi da occhi indiscreti.
Non appena giunsero nel luogo, Xavier chiuse la porta dietro di sé e si voltò a guardare l’altro.
- Maestro, che ti prende? – chiese il ragazzo, pretendendo spiegazioni.
- Sono stato informato della tua alleanza con il Maestro del Conio – disse secco.
A ciò, Kylan si impietrì ma lo nascose egregiamente. – Io e il tesoriere di Qarth?? Chi ti ha detto una fandonia simile? Sai quante persone qui dentro cercano di infangare e mettere in cattiva luce il nome di altre. Te lo ha detto Lukell?
- No. Sono stati i Superni a farlo.
Quella notizia spiazzò il giovane cavaliere talmente tanto, da tradire le sue reali reazioni. – I Superni ti hanno detto questo??? Non è possibile …
Ciò basto al vecchio per ricevere la conferma che cercava. – Non credo tu ti renda minimamente conto di quanto tu stia rischiando … - cominciò Xavier.
- Oh, ti prego, non farmi la predica! Cosa hai intenzione di fare?? Minacciarmi di terminare la mia alleanza, altrimenti dirai tutto al re??
- Come puoi pensare che sarei capace di fare una cosa del genere ..?
- Non mi posso fidare di nessuno, Xavier. Che cosa sai?
- So che Fahraq non è chi dice di essere e che entrambi siete complici dei Fantasmi e dei Superni stessi. Questo è ciò che so io … e che sa anche Lorraine.
Gli occhi del cavaliere si sgranarono ancora di più. – Anche Lorraine sa tutto??
- Per qualche motivo a me ignoto ci hanno rivelato questa informazione, pur non sapendo come avremmo reagito.
- Devo andare a parlare immediatamente con quei tre – disse deciso il ragazzo, facendo per uscire, ma venendo bloccato dal Maestro.
- Credi sia la cosa più saggia da fare? Parlare con loro dopo ciò che hanno appena fatto? Sei stato molto furbo fino ad ora, ragazzo mio, non cadere in questi banali tranelli proprio ora! – esclamò quasi adirato. – Quegli uomini hanno un piano preciso. Ci hanno rivelato tutto per un motivo, perciò non servirà andare da loro a chiedere spiegazioni. Non conosciamo così bene la gente di Qarth, figliolo.
Kylan sospirò e si pose una mano sulla fronte, calmandosi. – Se qualcuno ostacolerà la mia alleanza con Fahraq, ne risentirà anche quella tra lo stesso Fahraq e i Fantasmi, così come quella tra i Fantasmi e i Superni. Oramai siamo parte di una catena che non può essere spezzata io, Fahraq, i Fantasmi e i Superni. GreyShade è colui che sta mettendo più in difficoltà il potere di David, prima ritenuto invincibile. Se ci sta riuscendo, è in gran parte anche grazie alle informazioni che gli diamo noi. I sette regni non possono permettersi di perdere l’aiuto dei Fantasmi. Senza di loro, saremmo spacciati. Io non permetterò che migliaia di persone vengano brutalmente torturate o, peggio, soggiogate, al volere di quel pazzo. Voglio che sia chiaro, Xavier: io non porrò fine a questa alleanza.
Notando l’immensa determinazione nel suo sguardo, il vecchio capì che non vi sarebbe stato modo di convincerlo a sottrarsi da quel pericolo. – Capisco. Cocciuto come al solito. Non riusciresti a rimanere al tuo posto neanche se facessi mettere mano ad Hoxana in quella testa.
- Sì, ho afferrato il concetto. Dunque, che hai intenzione di fare ora che sai tutto?
- Cercherò di proteggerti e di salvaguardare la vostra alleanza, l’unica cosa che posso fare nella mia posizione. Per quanto riguarda la tua amica?
- Mi fido di Lorraine. Non dirà nulla. Se siamo solo noi a saperlo, possiamo stare tranquilli.
- Non mi azzarderei a dire quella parola, ragazzo. Lukell sembra vicino a scoprire la verità. Quando, poco fa, l’ho trovato intento a minacciare Lorraine per farsi rivelare informazioni su te e Fahraq, mi è parso come ossessionato da questa storia. Inoltre, dobbiamo ringraziare che quella iena di Hoxana sia totalmente assorta dal suo “progetto”, altrimenti ci ritroveremmo con due gatte da pelare, considerando la sua sagacia e l’attenzione che mostra ai singoli dettagli. Ma se Lukell dovesse arrivare alla verità …
- … sarebbe la fine – completò la frase Kylan. – Dovremmo fare ancora più attenzione d’ora in avanti.
- Un’altra cosa: chi è in realtà Fahraq? Che cosa guadagna in tutto ciò?
- Non spetta a me dirtelo, Xavier. Lui è un mio amico, oltre che mio alleato, e mi sento male per lui soltanto pensando al fatto che non sappia ancora niente di tutto ciò che è accaduto nell’ultima ora. Devo informarlo – disse facendo per uscire dalla stanza, ma bloccandosi poco prima di varcare la porta. – Grazie, Xavier.
- Non ringraziarmi, figliolo. Tuo padre lo sa?
- Assolutamente no. Ne morirebbe. A meno che quei tre non abbiano continuato a trotterellare per la Fortezza, spifferando i dettagli della nostra cospirazione a tutta la corte.
 
 
 - Nessuno ci chiede mai di visitare questo luogo. È come una fortezza impenetrabile, isolata dal mondo – la avvertì il soldato, facendole strada con una torcia in mano.
- Le avete rinchiuse tutte qui, lontane dal mondo, perché una sacerdotessa rossa le ha riportate tutte in vita e temete che possa riaccadere se le uccideste nuovamente, giusto? – disse la giovane rosa, senza alcun filtro.
A ciò, il soldato continuò a camminare, ma si voltò verso di lei. – In realtà, non è proprio così … insomma … sono tutti al sicuro se loro sono prigioniere qui.
- Questa è la versione ufficiale che raccontate – controbatté ancora la ragazza.
- Eccoci, siamo qui. In fondo a quel corridoio troverete l’entrata alle celle in cui sono rinchiuse. Non correrete alcun pericolo dato che l’acciaio è il più resistente di tutto il continente, oltre ad essere rafforzato dall’incantesimo di una strega. In più, vi sono sei turni di guardia durante tutto l’arco della giornata, perciò, in ogni momento, sarete sempre tutelata da soldati esperti.
- Quanto tempo ho? – chiese la fanciulla prendendo la torcia.
- Un’ora massimo. Posso farvi una domanda?
- Chiedete.
- Perché siete venuta qui?
- Perché io ero presente il giorno in cui sono state risuscitate dalla sacerdotessa.
A quella rivelazione, l’uomo sgranò gli occhi. – Voi eravate là un mese fa …?? E da quel giorno, che cosa avete fatto fino ad ora?
- Ho messo insieme i pezzi – rispose Eveline allontanandosi dal soldato e solcando il corridoio a grandi falcate.
Non appena la ragazza giunse nell’enorme, buia e fredda stanza in cui erano tenute le celle, si accorse che vi era uno spaventoso silenzio.
Camminò tra le sbarre, facendosi luce per osservare le ragazze e le bambine, tutte con i polsi e le caviglie incatenate, sedute a terra o sdraiate, in condizioni più che pietose.
- Sei arrivata – disse una di loro alzandosi in piedi e avvicinandosi alle sbarre.
Eveline fece qualche passo verso di lei e, man mano che le illuminava il volto, si rese conto che si trattava della fanciulla che le aveva puntato il dito contro alla fine del rogo, il primo giorno in cui era giunta a Volantis.
- La mia presenza non era casuale il giorno in cui siete risorte, giusto? Voi sapete chi sono.
- Sei la figlia del male – rispose una bambina, rotolandosi sul pavimento umido.
- Sono andata dalla sacerdotessa che vi ha riportate in vita e lei mi ha fatto vedere nel fuoco. Il Dio Rosso mi ha mostrato il futuro che crede avverrà. Ho visto voi tutte, serafiche e agghiaccianti, macchine da guerra, marciare contro una donna. Quella donna ero io, o meglio, era Aradia. La mia proiezione futura – disse la giovane Targaryen, cercando di non tradire nessuna emozione e di non riprovare ciò che aveva provato guardando quelle immagini. – Lui vi ha fatto questo per combattermi.
- Esatto, strega. Ci ha maledette donandoci “amabilmente” questo destino che non verrebbe preferito da anima viva neanche se la sola opzione alternativa fosse divenire un estraneo. Tutto, solo per formare un esercito contro di te.
- L’Armata Scarlatta! – esclamò un’altra.
- L’”Armata Scarlatta”? – chiese Eveline, confusa.
- Sì, a quanto pare noi siamo l’arma che gli uomini useranno contro di te. Per il figlio della follia, invece, ce ne sarà un’altra.
- L’Armata Grigia – rispose un’altra ancora.
- L’”Armata Grigia” combatterà contro il figlio della follia? – domandò la Targaryen.
- Non conosci la profezia??
- La conosco. Ma la profezia non parla di alcuna armata; solo dell’era del tormento e dei figli della follia e del male – rispose Eveline, cercando di fare mente locale riguardo la profezia che le aveva riportato alla mente Aris.
- Oh … dunque conosci solo la prima parte della profezia … - intervenne un’altra ragazza.
- “Nell’alba più buia dell’era tormento, il figlio della follia e la figlia del male, prima uniti come fratelli, combatteranno tra loro disperdendo disperazione e caos sui sette regni, dando inizio ad una delle epoche più funeste e tremende della storia …” – recitò un’altra.
- “ … A riportare la fede e la speranza nell’uomo, vi saranno due potenti armate, diverse da qualunque esercito al quale i mortali sono avvezzi: l’Armata Grigia si scaglierà contro il figlio della follia, l’Armata Scarlatta travolgerà la figlia del male.” – completò la profezia Leja.
- Noi siamo l’Armata Scarlatta: un centinaio di ragazzine malate, dalla mente deviata e insana. “Diversa da qualunque esercito” non è proprio la definizione che avrei usato per definirci.
- Dunque lui vi ha chiesto di trovarmi, di studiarmi … per tale motivo vi ha selezionate da città del continente orientale, in modo che foste vicine a me, sapendo che avrei trascorso questi anni qui, come fuggitiva. Tuttavia, non vi ha spinto ad uccidermi … – commentò Eveline.
- Oh, no, non funziona così, tesoro! Il Signore della Luce non può agire e intervenire per cambiare il corso degli eventi e non far avverare le profezie come più gli aggrada, tramite i suoi poteri ultraterreni!
- Anche gli dei hanno una qualche sorta di codice d’onore a quanto pare. Oppure ce lo ha solo lui.
- Non potendo agire direttamente, ha trovato un modo per ostacolarmi in futuro … - ragionò ancora la giovane rosa. – Ma perché dovrebbe voler ostacolare me e il figlio della follia? Sicuramente perché ci guadagnerebbe qualcosa …
- È inutile cercare di capire un dio, Aradia. Perderesti solo tempo – canzonò un’altra.
- Dunque anche voi avete guardato nel fuoco – dedusse Eveline.
- No, nessuna di noi ha guardato nelle fiamme. Non ce ne è mai stato bisogno: colui che ci ha fatto questo, ci ha già mostrato tutte le persone che ucciderete tu e il figlio della follia, ripetute volte, nelle allucinazioni che ci faceva vedere e con cui ci assilla ancora.
- Perché voi?? Delle ragazze così giovani, innocenti, portate sull’orlo della pazzia, uccise e torturate per cosa?? Per combattere una strega? A che pro?? - si chiese la giovane Targaryen, adirata per loro.
- Non lo sappiamo neanche noi … - fu Leja a rispondere di nuovo. – Ci abbiamo pensato tanto mentre eravamo chiuse qui, in questa fortezza …
- Siamo giunte alla conclusione che abbia scelto le persone meno indicate proprio per ottenere un esercito diverso da tutti gli altri …
- Ci ha selezionate tutte nell’età dello sbocciamento, gli anni in cui la vitalità è più accentuata, il vigore e la volontà sprizzano da ogni poro e le emozioni sono più … volubili …
- Vi ha scelte appositamente per farvi impazzire … per plasmarvi con più facilità … poi ha in mente di farvi apprendere delle arti magiche per rendervi ancora più pericolose …  – rifletté la giovane rosa, sempre più frustrata e schifata da quel mostro che chiamavano dio.
- Ci ha torturate mentalmente mostrandoci visioni che un mortale non può sopportare, portandoci sull’orlo della follia, spingendoci a far del male agli altri e a noi stesse, fino a divenire un pericolo per la comunità e ad essere sterminate, bruciate al rogo, per poi venire riportate in vita come bambole, ben coscienti e reduci di tutte le sofferenze affrontate e di tutto il male subìto.
- Questo continuo dolore ci renderà sempre più forti … mentalmente e fisicamente pronte per affrontare …
- … me – la interruppe Eveline, terminando la frase. – O, per lo meno, quello che lui crede diventerò. Dunque, lui aveva previsto anche questo incontro, ora?
- Forse …
- Ciò che odio di più al mondo … - iniziò la giovane rosa, stringendo tra le dita il metallo freddo di una sbarra. - … è che la mia vita venga dominata in questo modo da un destino scritto, da delle profezie, togliendomi la libertà di poter scegliere … - continuò abbassando il volto verso terra. – Dunque … non c’è altro modo: voi tutte combatterete contro di me un giorno. Sarete mie nemiche.
- Sì.
- Lui vi ha fatto questo e voi … voi volete dargliela vinta in tal modo? – chiese alzando il volto e guardandone quante più potesse.
- Noi non abbiamo alcun potere contro di lui.
Trascorsero alcuni minuti di silenzio, fin quando la giovane Targaryen non percepì una violenta fitta allo stomaco, la quale, le fece involontariamente mollare la torcia per portare una mano a stringersi la pancia, piegandosi leggermente.
- Eveline, tutto bene?? – le chiese la piccola Leja, avvicinandosi alle sbarre.
- Sì, sì, va tutto bene – rispose lei recuperando la torcia da terra e rialzandosi in piedi. In realtà non stava bene. Ma, oramai, era come se fosse così: da mesi era avvezza a quel dolore tremendo che la colpiva di tanto in tanto. Avendolo provato così tante volte e avendo sofferto atrocemente all’inizio, poi, pian piano, il suo corpo e la sua mente avevano cominciato ad abituarsi a quel dolore, per quanto terribile. Sembrava naturale. Era arrivata al punto di non dargli neanche peso quando iniziava, capendo, finalmente, come avesse fatto anche Aris a resistere ad un cinquantennio di quel martirio interiore. Sorrise inconsciamente nel ripensare a lui, al maestro al quale doveva tutto ciò che era, e rimase sollevata nel rendersi conto che anche lui, dopo un po’, avesse smesso di percepire così intensamente quel dolore.
Fu in quel momento, quando infilzò le unghie nel suo ventre, ferendolo e non sentendo alcun fastidio mentre lo faceva, che giunse ad una conclusione. – C’è un modo per contrastarlo. – A quella parole, le prigioniere aguzzarono le orecchie. – Lui ha influenza solamente sulla vostra mente. Non può controllare le vostre azioni e dominare completamente la vostra volontà. Potete sopportarlo. Ci vorrà del tempo, molto tempo, ma, alla fine, se resisterete, riuscirete a vincerlo. Arrivate a quel punto, qualsiasi illusione o allucinazione non avrà più alcun effetto su di voi. Gli sarete immuni, proprio come una medicina che agisce neutralizzando l’agente che crea la malattia e lo elimina.
- Non si può cambiare una profezia. Il futuro è già segnato.
- Tutto si può cambiare e finché ognuno di noi sarà dotato del libero arbitrio, niente è già segnato.
A ciò, le ragazze si guardarono tra loro pensierose. – E se non dovessimo riuscirci? Lui è troppo forte.
- Almeno ci avrete provato.
Quando Eveline gettò lo sguardo verso la piccolissima finestrella, unica fonte di luce della stanza, e si rese conto che il sole stesse calando, capì che l’ora che aveva a disposizione fosse quasi terminata. – Io … io devo andare … - disse non riuscendo a capire perché delle bollenti lacrime scendessero veloci sulle sue guance.
- Grazie per essere venuta – le disse colei che le aveva parlato all’inizio, abbozzandole un sorriso.
- Vorrei poter restare ancora  un po’ … vorrei … portarvi tanto buon cibo, suonarvi e cantarvi della musica e … ballare con voi. Vorrei farvi capire quanto ancora avete da perdere … vorrei convincervi a non arrendervi, ragazze. Avete sofferto così tanto e non ve lo meritate. Voi non siete le Sorelle dell’Abominio.  Voi siete delle splendide figlie … figlie dimenticate.
- Non puoi venirci a trovare ancora? – propose Leja.
- Purtroppo devo tornare a casa. Sono stata troppo tempo lontana da Vaes Dothrak, dal villaggio che mi ospita e dalle persone che amo. Loro mi stanno aspettando da tanto. Inoltre, devo continuare a cercare una cura per guarire la grave malattia di mia madre, in modo che io possa tornare da lei, nel luogo in cui sono cresciuta, prima che sia troppo tardi. Non posso farlo se non ritorno dal mio maestro e nella dimora in cui mi sono addestrata. Questi mesi che ho trascorso girando per le vostre città natali e conoscendo la vostra storia, la vostra condanna … mi hanno molto cambiata. Spero vivamente che riuscite a resistere a questo dolore, assimilandolo dentro di voi e non soffrendo più. Non importa se in futuro combatteremo tra noi o no. Solo questo momento importa – disse rivolgendo loro un sorriso sincero e speranzoso, nonostante il suo cuore fosse stretto e velato di malinconia, per essere costretta a lasciarle.
A ciò, la giovane fece per andarsene, attraversando la stanza e superando cella per cella.
- Eveline … - il suo nome pronunciato da una voce che le sembrava stranamente familiare, la riscosse, facendola voltare verso la fonte di quel richiamo. La fanciulla fece luce con la torcia in direzione della cella accanto a lei e lì vi ritrovò una vecchia conoscenza, intenta a stropicciarsi gli occhietti gonfi di sonno, evidentemente appena svegliata.
- Ehi, Syria … sono felice di rivederti – la salutò con voce intenerita, accovacciandosi per essere alla sua altezza e stringendo le dita intorno alle sbarre.
- Anche io sono felice di rivederti. Che fai qui? – le chiese la piccola, guardandola con sguardo sfinito dalle troppe ore di sonno perse e dalle allucinazioni provocatele.
- Sono venuta a trovarti. Sei contenta … ? – le disse riuscendo a trattenere le lacrime.
- Sì, sono contenta. Sai … ho conservato la rosa. La mamma mi diceva sempre che era splendida. La portavo sempre tra i capelli – annunciò con fierezza e nostalgia, immergendo le manine sporche sui capelli scuri e sudici.
- Ah sì? Sono contenta che ti sia piaciuta. Anche io ho conservato la tua mela, sai?
- Sì? Non l’hai più mangiata?
- No, perché sapevo che fosse un tuo regalo così ho fatto un incantesimo per fare in modo che non marcisse. E poi era una bellissima mela!
- Sì, bellissima.  Torni a trovarmi domani?
- Non posso, tesoro … però posso fare un’altra cosa … o meglio, “rifare” – disse infilando le sue mani oltre le sbarre, afferrando quelle della bambina, ponendole a coppa e chiudendo gli occhi in preda alla concentrazione.  Un’altra rosa viola comparve tra le manine di Syria, la quale sgranò gli occhioni stanchi, incredula e felice.
- Me ne hai regalata un’altra! Grazie! Grazie, Eveline!
- Non c’è di che, piccola mia – disse avvicinandosi anche con la bocca e dandole un bacio sulla fronte, per poi raccogliere finalmente la forza di andarsene sotto i ripetuti richiami della guardia che aveva l’incarico di scortarla fuori.
 
 
Myranda si ritrovò dentro un luogo buio, simile ad una prigione, ma molto più accessoriata. Gli strumenti che vedeva intorno a sé le risultarono completamente sconosciuti, oltre che agghiaccianti.
- Dove siamo, Bran? – chiese continuando a guardarsi intorno.
- Lo scoprirai – rispose il ragazzo.
La fanciulla continuò a vagare fin quando il suo sguardo non si posò su qualcuno che non vedeva da troppo tempo. Il respiro le si mozzò, le lacrime piombarono immediatamente ad offuscarle la vista e le mani si fiondarono dinnanzi alla sua bocca. – Hayden …? – riuscì a dire a mezza bocca.
A quel punto, Bran le afferrò un polso, attirando la sua attenzione. – Ricorda, Myranda: non puoi farti udire da lui. Forse questa sarà la prova più difficile da affrontare per te, ma devi essere forte. Hayden non deve sentirti.
- Se mi sentisse … forse – cominciò la fanciulla singhiozzando. - … forse riuscirebbe a resistere meglio alle torture o a qualsiasi cosa gli stiano facendo … Bran …
- Non guardarmi così. Le regole sono regole. Non puoi mutare il corso degli eventi – le rispose secco.
A ciò, Myranda si arrese e ritornò a guardare il ragazzo, raggiungendolo di scatto e cercando di non farsi cedere le gambe. Fortunatamente lo trovò bene, non era eccessivamente magro, stravolto o ferito, eccetto per qualche graffio, delle pesanti occhiaie e i vestiti sporchi. Da ciò, si rese conto che non fosse il presente, ma doveva esser giunta all’inizio della sua prigionia.
Il giovane era seduto a terra, con la schiena appoggiata ad un blocco di marmo e polsi e caviglie legate con delle catene.
- Hayden … per tutti gli dei … non posso credere di averti qui. Mi manchi così tanto che … a volte la tua mancanza è insopportabile … non sai che darei per essere davvero qui … - sussurrò ponendo una mano davanti alla bocca e l’altra ad accarezzargli i capelli, reprimendo le lacrime e il desiderio incessante di farsi udire. Lui sembrava guardare in un punto fisso dinnanzi a sé, più spostato verso il basso. Prima che Myranda potesse trovare la forza di scostare lo sguardo dal ragazzo e posarlo nel punto in cui stava guardando quest’ultimo, si udì una voce. – È inutile che continui a guardarlo: non si sveglierà di qui a breve – disse una voce femminile, entrando nella stanza semibuia.
- Che cosa gli hanno fatto? – chiese Hayden, quando finalmente Myranda si accorse anche della presenza di Jon, steso a terra poco distante, e apparentemente svenuto.
- Continuava a straparlare, a urlare di volerti vedere, così gli hanno dato una bella lezione. Si sveglierà tra qualche ora – disse calciando il corpo con aria di sufficienza e provocando una reazione di malcelato fastidio al ragazzo.
- Lei è quella che ti sta facendo questo? – chiese inconsciamente Myranda continuando a guardare la donna.
- Se io mi lascerò fare tutto ciò che vorrai, senza protestare … lo libererete? – chiese il giovane Stark con ancora un briciolo di speranza.
A ciò, la donna scoppiò in una grassa risata e si avvicinò a lui. – Il tuo valore e la tua bontà d’animo sono invidiabili!
Myranda, d’istinto si strinse più a lui man mano che la donna si avvicinava e si accovacciava dinnanzi a loro.
- In ogni caso, io ti farò ciò che voglio, a prescindere dalla tua reazione. Tuo padre resterà qui per motivarti.
- Motivarmi ?? – chiese spazientito il giovane, ribellandosi istintivamente dalla presa delle catene e avvicinandosi alla donna, ma venendo trattenuto dolorosamente dalla stretta d’acciaio sui polsi feriti.
- Lascia che ti dica una cosa, ragazzo – cominciò Hoxana, ponendosi ad un centimetro dal suo viso e guardandolo con sguardo gelido. – Ora sei di mia esclusiva proprietà. Hai trascorso solo cinque giorni qui, ma sappi che ne trascorrerai ancora tanti, tanti altri, fin quando non avrò terminato. Non sei più Hayden della casata Stark, dimentica questo nome. Ora sei un mio prodotto, un figlio immortale forgiato da una mano mortale.
- Smettila e allontanati da lui! – esclamò istintivamente Myranda stringendosi ancor di più al ragazzo.
- Mi troveranno … mi libereranno prima che succeda. Stanno cercando me e mio padre, si stanno adoperando per …
Un’altra risata lo interruppe bruscamente. -  Credi davvero che continueranno a cercarti??? Ah! Povero ragazzo! La tua famiglia e tutte le persone che ti amano, dopo un po’, cesseranno le tue ricerche. Si stancheranno di cercarvi, non riuscendo a ritrovarvi in nessun modo. Tempo qualche mese, e andranno avanti con le loro vite, dimenticandosi della vostra misera esistenza!
- No! No, Hayden, non darle ascolto! Noi non ci siamo dimenticati di voi! Non potremmo mai farlo!! Mai!! Ci manchi ogni giorno di più, invadi i nostri sogni, invadi i miei … Non ascoltarla, ti prego! Presto ti porteremo via da qui, verremo a prenderti!! Ti prego! – disse disperata, prendendogli il viso tra le mani e abbracciandolo forte.
- Gli uomini si aggrappano all’affetto umano, a ciò che li lega al mondo terreno per resistere e rimanere in vita. Presto capirai che ho ragione … lo capirai quando sarà trascorso più di un anno, tu sarai ancora rinchiuso qui e io sarò l’unica persona che vedrai ogni giorno della tua vita e con la quale potrai comunicare … nessuno è così importante da non essere dimenticato.
- Per gli dei, come vorrei che mi potessi sentire … - sussurrò la fanciulla, affondando il volto colmo di lacrime nella spalla di lui mentre lo stringeva ancora.
Hayden, mantenendo un contatto visivo, seppur debole e afflitto, con la donna, cercò di farsi forza nuovamente. – Se anche dovessero smettere di cercarci … io non cederò mai. Non rinuncerò a me stesso … non mi trasformerò mai in ciò che tu vuoi … resisterò. Resisterò a tutto questo.
- Ah sì? Credi di poter resistere grazie alla tua forza? Allora, ti apro gli occhi, tesoro: il trattamento a cui ti sottoporrò è troppo potente persino per un uomo adulto della stazza di Gregor Clegane. E tu, con i tuoi quattordici anni di vita alle spalle, pensi di riuscire a non soccombere, a non arrenderti, a non lasciarti andare a ciò che hai nel sangue fin dalla tua nascita?
Hayden voltò il viso altrove, appoggiando la testa sulla superficie di marmo. – Cosa mi hai iniettato poco fa? – chiese improvvisamente.
- Niente di cui tu possa comprendere la natura.
- Percepisco come una presenza … una stretta forte che cerca di inglobarmi … - disse attirando l’attenzione della fanciulla, che si distaccò lievemente da lui per guardarlo in volto.
- Mi senti … tu … non senti le mie parole ma percepisci la mia presenza … - sussurrò sorridendo tra le lacrime.
- Stai esercitando troppa forza, mista agli intensi sentimenti che gli stai trasmettendo … - commentò Bran, il quale non fu degnato nemmeno di uno sguardo da Myranda.
- Ah, addirittura allucinazioni! A quanto pare la tua mente è più debole di quanto pensassi – commentò Hoxana. – Ora devo tornare là fuori per un po’, ma non temere: sarò di nuovo qui prima di quanto tu pensi – gli disse baciandogli la fronte e uscendo, lasciandolo solo.
- Myranda, dobbiamo andare – la esortò Bran, dandole il tempo di metabolizzare l’idea. Si rese conto che si stava rammollendo a forza di passare il tempo con quell’esplosione di vita e di dolcezza che era la fanciulla dinnanzi a lui.
 Ella, ancora con le braccia ancorate ad Hayden, di lato, alzò il volto e si avvicinò , facendo combaciare il naso con la sua guancia e con i ciuffi d’argento che gli ricadevano giù, scomposti. Sorrise malinconica, godendosi quel semplice contatto e cercando di cristallizzarlo nella sua mente. – Voglio che tu sappia … che senza di te … io non – si bloccò lasciando la frase a metà, per poi riprendere a parlargli. - Non ti dimenticherò. Qualsiasi cosa accadrà, farò di tutto per venire qui da te e liberarti per riportarti a casa. Ma anche se non dovessi riuscirci, rimarrai sempre nel mio cuore, Hayden. Tornerò. Tornerò qui, nelle mie visioni …
- Myranda, è ora – la richiamò nuovamente Bran.
A ciò, la ragazza, compiendo uno sforzo immenso, si asciugò le lacrime e si alzò in piedi, lasciandolo andare.
Hayden non aveva udito le sue parole, ma sembrava essersi abituato a quel calore che percepiva immergerlo intensamente, facendolo sentire amato e stranamente al sicuro, nonostante si trovasse in quella stanza fredda. Quando se ne sentì privato, tornò ad invaderlo il gelo, così si voltò involontariamente. – Chi … cosa sei …? – chiese.
A quella domanda, Myranda si girò nuovamente a guardarlo e sorrise tristemente. – La piagnucolona bionda innamorata persa di te.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** Crude verità ***


Crude verità
 
 
GreyShade camminò intorno ai prigionieri cominciando a sfilarsi le bende che coprivano il suo volto e il suo corpo, raggiungendo una sensazione di liberazione che pochissime volte riusciva a godersi.
- Dunque – cominciò, mentre il suo volto veniva liberato permettendogli di portarsi indietro i capelli. – Cosa abbiamo qui?
Gli uomini lo fissarono attoniti. – Sei solo un ragazzo … - disse uno di loro, esprimendo anche la grande sorpresa dei compagni nello scoprire che il famoso assassino e capostipite dei Fantasmi non fosse un uomo maturo e vissuto.
- Delusi? – chiese gettando il resto delle bende a terra e tirando fuori un pugnale dai pantaloni, rigirandoselo abilmente fra le mani, provocando negli uomini dei lunghi tremiti di freddo.
- Oh, caro, così li spaventerai – gli disse in tono divertito un altro membro dell’ordine, dalla voce femminile, ma dal corpo e dal volto ancora bendati, così come gli altri.
- Che cosa volete da noi??
- Come ci avete trovati??
Chiesero due di loro, cercando istintivamente di liberarsi dalle catene che li tenevano tutti prigionieri.
GreyShade rise nel guardarli. – Sembra che il vostro valore si sia improvvisamente dissolto nel nulla – disse avvicinandosi ad uno di loro e puntandogli la lama dritta su un occhio, a neanche un millimetro dall’iride. – Dunque? Sono in errore per caso? – chiese nuovamente provocatorio, spostando la lama e infilandola dentro la bocca dell’uomo, puntandola sulla guancia dall’interno. – Preferite rinunciare agli occhi, alle mani, alla lingua, agli arti o che vi sia squarciata la bocca? – chiese in tono serio.
- Vi prego … vi prego … faremo tutto ciò che volete .. – supplicò uno di loro cedendo quasi alle lacrime e guadagnandosi gli sguardi increduli dei compagni.
– Ethan … che stai facendo?
- Sì, Ethan, che stai facendo? – ripeté la domanda GreyShade ma con un tono diverso, cominciando a spostare l’attenzione su di lui.
- Insomma, non siamo stati addestrati per questo! Quando sono divenuto un membro della Guardia Reale non esistevano ancora questi pazzi! Non mi sottoporrò alle loro torture!
- Abbiamo prestato giuramento …!
- Al diavolo il giuramento!
A ciò, la guida dei Fantasmi rise ancora divertito. – Oh, Ethan Ethan … - gli disse come se lo conoscesse da una vita, ponendosi alle sue spalle. – Dovreste dare retta al vostro compagno – aggiunse rivolgendosi agli altri, compiaciuto, e continuando a far volteggiare la sottile arma con estrema maestria.
- Noi … non ci piegheremo! – esclamò uno degli altri, cercando di risultare convincente.
- Non riuscirete a farci fare ciò che volete, illusi!! Noi siamo fedeli alla corona e al re David Crakehall! Torturateci pure quanto volete, ma non otterrete altro che un pugno di sabbia! – gridò convinto un altro, facendo alzare gli occhi al cielo a GreyShade, il quale saltò sopra una roccia e vi si sdraiò sopra, con sguardo annoiato. A ciò, l’uomo continuò. – Noi nutriamo un profondo disprezzo per quelli come voi, scarti dell’umanità che non riescono a trovare il proprio posto nel mondo, perciò si divertono a giocare con la morte e ad infrangere la legge come bambini capricciosi!
- Rey, ora basta … - lo esortò un suo compagno, facendogli capire di non tirare troppo la corda.
- E perché, Harold?? Se non ci hanno ancora uccisi vuol dire che gli serviamo! Questa feccia crede di poterci usare come pre –
- Finito? – gli chiese GreyShade interrompendolo e scendendo dalla roccia con nonchalance.
- Avrai l’età di mio figlio … pensi di potermi fare paura? – continuò l’uomo guardandolo con maggiore strafottenza.
- Non ho bisogno di farti paura – gli rispose calmo e imperscrutabile, mentre i suoi occhi chiari si assottigliavano sempre più.
Avvenne in una frazione di secondo. Gli altri cavalieri non riuscirono quasi a rendersene conto: il ragazzo aveva infilato la lama all’estremità della gola dell’uomo e l’aveva fatta scorrere, sgozzandolo con una precisione spaventosa, ponendo la giusta e moderata pressione nell’infilzare quella carne dura, quasi come fosse quella di un animale. Fiumi di sangue sgorgarono dal profondo taglio, mentre gli occhi dell’uomo si rivoltavano all’indietro e la testa si piegava in modo anormale da una parte.
- Avrebbe dovuto farlo tuo figlio – rispose gelido GreyShade dando un calcetto disinteressato al volto dell’uomo, sprofondato nella sabbia.
Calò un silenzio tombale.
- Vedo che siete diventati tutti improvvisamente timidi, perciò sarò io a prendere nuovamente la parola: purtroppo, ahimè,  mi è stato detto di non uccidervi. Dato ciò, ho deciso di utilizzarvi a mio vantaggio. Questo ammasso di sudiciume che vedete a terra vi servirà da lezione per capire che, nonostante mi sia stato chiesto di risparmiarvi, sarò io a decidere se attenermi al consiglio e rispettare la richiesta. Detto questo, vedete di non inquinare più l’aria che siamo costretti a condividere.
- Se non volessimo sottostare ai vostri comandi nonostante ciò che abbiamo appena visto … ? Ci torturerete …? – si azzardò a chiedere un altro cavaliere, rimanendo con la testa bassa.
A ciò, la guida dei Fantasmi gli si avvicinò e si accovacciò dinnanzi a lui. – Come ti chiami?
- Hennick.
- Ora ti aprirò gli occhi, Hennick: non mi sareste più utili senza dei pezzi di corpo. Non mi serve torturarvi per convincervi a fare ciò che farete – disse con convinzione, per poi rialzarsi in piedi e rivolgersi ad un membro del suo ordine. – Amnesia, mostra loro ciò che vi è nelle fiamme.
 
 
- Avete portato ciò che vi ho chiesto, milady? – chiese Lukell sottovoce, avvicinandosi alla donna.
Questa gli porse un ampolla colma di un liquido giallo. – Non mi ci è voluto molto dato che gli effetti che volete provochi sono molto semplici da ricreare, anche con ingredienti piuttosto comuni – rispose Hoxana guardandolo e assottigliando lo sguardo.
Lukell afferrò l’ampolla, per poi prenderle la mano e baciarla più volte. – Oh, mia signora, le vostre incredibili doti mi lasciano sempre esterrefatto. Prometto che vi ripagherò! – esclamò mentre Hoxana ritirava indietro la mano, schifata.
- A cosa vi serve?
- Ci sono informazioni che non posso rivelare, milady – rispose inchinandosi ancora e voltandosi, facendo per andarsene.
- Per caso riguarda il mio conterraneo Fahraq? – chiese la donna facendo emergere ancora una volta la sua fine perspicacia.
A ciò, Lukell si voltò ancora a guardarla, sorridendole, per poi proseguire per la sua strada e allontanarsi.
Si diresse verso il luogo nel quale aveva chiesto a Fahraq di incontrarsi per discutere di questioni riguardanti i tesori della corona. Erano trascorsi quattro mesi dall’arrivo dei Superni, nonché altri tre mesi in cui non era riuscito ad ottenere alcuna informazione e conferma dei suoi sospetti, neanche dalla puttana di Dorne; dunque avrebbe fatto a modo suo.
Entrò nella sala vuota del consiglio, immerse una punta di freccia nel liquido contenuto nell’ampolla e attese.
- Eccomi, ser Lukell. Di cosa volevate parlarmi? – chiese il giovane entrando nella stanza e avvicinandosi.
- Nulla di particolarmente urgente, amico mio. Tuttavia … - disse avvicinandosi a lui mellifluamente e infilzandogli il collo con la punta di freccia con forza, osservandolo mentre piombava a terra, con una smorfia di dolore mista a sorpresa ad ornargli il volto, toccandosi istintivamente la parte del collo colpita. – Nulla di personale, Fahraq.  È solamente giunto il momento della verità.
 
Sam riaprì gli occhi ritrovandosi nel letto della sua stanza.
- Ben svegliato – gli disse Lukell, seduto accanto al letto, spaventandolo.
- Che cosa … - non riuscì a finire di articolare la frase, poiché la testa aveva cominciato a dolergli insopportabilmente. Si portò una mano sulla fronte e cominciò ad avvertire degli strani sintomi. – Perché mi sento così …?
- Strano? Vi ho iniettato una droga capace di farvi completamente delirare. Comincerete a perdere la ragione, a pensare e a vedere l’inesistente. Non temete: durerà solo pochi minuti. Giusto i necessari per fornirmi le conferme che sto cercando e farmi comprendere chi siete davvero.
- Voglio rivedere i miei cugini … - cominciò Sam assumendo un’espressione afflitta e vicina alle lacrime, rendendo evidenti i potenti effetti della droga.
- Chi sono i vostri cugini?
- Vi prego, Superni … istruitemi … così che io … così che io possa salvare Hayden e tornare a casa … madre? Madre, sei tu? Mi dispiace di non essere riuscito a salvare te e Sam …
- “Sam”? – aguzzò ancor di più le orecchie il viscido Maestro dei Sussurri.
- Anche se non merito di possedere il nome di Tarly … voglio che tu sappia … che ti ho sempre considerato mio padre, Sam … - disse cominciando a piangere.
- Siete il figlio di Samwell Tarly – realizzò Lukell.
- Saresti fiero di me … io e … io e …
-“ Io e”?? – chiese impaziente l’uomo.
- Io e Kylan stiamo facendo un ottimo lavoro … grazie ai Fantasmi … saresti fiero di me, padre … ho anche trovato una compagna meravigliosa … sono sicuro che vi sarebbe piaciuta molto Christine …
- Come immaginavo – disse compiaciuto Lukell allargandosi in un sorriso trionfante ed esaltato.
 
Non poteva fare a meno di pensare che tutti i loro piani erano andati in fumo per colpa sua. Solo e soltanto sua. La sua mente rifiutava di pensare al fatto che non avrebbe potuto evitarlo, anche volendo. Rifiutarsi di incontrare Lukell avrebbe portato quest’ultimo a sospettare ancor di più. Eppure no, era solo colpa sua. Doveva prevederlo, poiché quando si gioca al gioco del trono, bisogna essere abbastanza scaltri, lucidi e attenti, da prevedere l’imprevedibile. Lui era appena divenuto uno sconfitto del gioco del trono. Come lo avrebbe guardato Kylan d’ora in avanti? Con quale faccia si sarebbe presentato dinnanzi al suo amico dopo aver rovinato tutto il loro duro lavoro? E Christine, che espressione gli avrebbe rivolto? Di disprezzo. GreyShade in particolare. Aveva perso ogni possibilità di guadagnarsi la sua fiducia. Lo aveva deluso.
Mentre questi angusti pensieri invadevano la sua mente, camminava a testa bassa accanto a Lukell, la causa dei suoi mali, e non si accorse che quest’ultimo aveva raggiunto la sua destinazione: Kylan si trovava a qualche metro di distanza, sul lato sinistro dell’immensa sala del trono, intento a camminare, diretto da qualche parte.
Fortunatamente la sala era semivuota e i pochi presenti erano troppo impegnati in altre attività per prestare loro attenzione. A ciò, Lukell si avvicinò al giovane Marbrand. – Ser Kylan, stavo cercando proprio voi – gli disse sorridendo e annunciando la sua presenza.
Il giovane cavaliere si voltò e fu sorpreso di vedere Sam accanto all’uomo, specialmente perché il suo amico aveva una pessima cera e sembrava quasi essere reduce di un lutto. – Lord Lukell, Fahraq … cosa …?
- Ho qualcosa da dirvi.
- Dovrete farlo più tardi. Mi stavo dirigendo nelle stanze del re. Sono stato richiamato da Sua Maestà – gli rispose freddamente, voltandosi per continuare per la sua strada, ma Lukell lo sorprese afferrandogli con forza un braccio, impedendogli di allontanarsi.
Lo strinse tanto forte da sembrare che lo volesse stritolare. – So tutto – affermò compiaciuto, rinsaldando la presa.
- Togliete quella mano se non volete ritrovarvi senza un arto – rispose Kylan voltandosi a guardarlo e fulminandolo.
- Il vostro alleato mi ha informato di tutti i vostri piani contro la corona, mio lord comandante – gli disse sorridendo e marcando le ultime parole, ancora intento a non lasciare la presa.
- Di cosa state parlando?
- La vostra maschera di marmo è davvero prodigiosa, ser Kylan, devo favi i miei complimenti. Peccato che qualcuno sia caduto nel mio tranello e mi abbia rivelato tutto ciò che desideravo sapere sotto effetto di droghe somministrategli dal sottoscritto.
Capendo che le parole dell’uomo corrispondessero a realtà e che, oramai, non avessero più alcuna via di scampo, Kylan rivolse lo sguardo al suo amico, ancora di fianco a Lukell. Sam rispose a quell’espressione con un addolorato “mi dispiace” in labiale.
Dopo ciò, il giovane Marbrand tornò a guardare l’uomo intento a stritolargli il braccio. – Che cosa farete ora? – gli chiese mantenendo uno statuario contegno.
- Ovviamente lo dirò a Sua Maestà facendo in modo che vi faccia morire entrambi tra atroci torture, che domande! Ma la morte non sarà la cosa peggiore che vi accadrà, ragazzi miei! Tutti i vostri piani salteranno, così come quelli di sabotaggio di GreyShade e dei Superni! Il re non avrà più alcun nemico ad ostacolarlo e io diverrò il suo braccio destro al posto del vostro paparino, ser! Sì, perché, ovviamente, quando voi morirete, ser Colten non reggerà un solo giorno in questo posto, troppo addolorato dalla perdita del suo amatissimo primogenito nato per eccellere, il brillante futuro della sua casata! Non ci metterò molto a calpestarlo come un insetto. E ce ne sarà anche per voi … - disse voltandosi poi verso Sam. – La vostra meravigliosa puttana che tanto vi fa battere il cuore e restringere il cavallo dei pantaloni, subirà una morte non meno violenta e atroce della vostra!
I volti di Sam e di Kylan erano completamente sbiancati, quasi cerulei.
- Che cosa volete? – chiese Kylan rompendo il lungo silenzio che si era creato.
- Non voglio qualcosa di preciso, ser Kylan. Per impedirmi di mettere a punto un piano che mi porterebbe così tanti vantaggi, dovrete offrirmi qualcosa di davvero, davvero interessante e altrettanto profittevole in cambio. Pensateci. Se sarete capaci di stuzzicare a tal punto il mio interesse, anche se ne dubito fortemente, saprete dove trovarmi.
- Quanto tempo abbiamo?
- Tra una settimana riferirò al re ogni cosa.
- Con solo una settimana di tempo ci state già condannando a morte ora. Non vi farebbe alcuna differenza qualche giorno di attesa in più.
- E sia. Due settimane. Ma solamente perché voglio godere per il maggior tempo possibile dello splendido corpo e delle divine doti della puttana che tanto vi piace – disse rivolgendosi a Sam, poi tornando a guardare il cavaliere. - Vi auguro una buona giornata – disse loro mollando finalmente la presa sul braccio di Kylan e andandosene.
 
 
- Vi ho detto che riuscirò a ripagarvi! Vi prego! – lo supplicò una creatura, inchinandosi ai suoi piedi.
- Ciò che mi state chiedendo è ingestibile per uno come voi – affermò freddo lo stregone.
- Padrone! – lo interruppe Oen accorrendo verso di lui. – Padrone! Dovete venire!
- Perché mi stai interrompendo? – le chiese lui facendo avvicinare un serpente alla nana, la quale inghiottì a vuoto.
- Credetemi, è per un motivo valido! – esclamò Oen non riuscendo a nascondere la sua felicità.
A ciò, lo stregone assottigliò lo sguardo, dubbioso, per poi seguirla e abbandonare la lunga fila che attendeva di essere ricevuta.
- Hai sentito questo rumore? – udì quella voce inconfondibile alle sue spalle, così si voltò, mostrando un accenno di incredulità nel rivederla dopo tutti quei mesi.
La giovane rosa gli sorrise gioiosa e gli si avvicinò.
- Sei tornata – disse lui accennando un sorriso.
- Temevi non tornassi più? – gli chiese allargando le braccia. – L’abbraccio non lo scampi, stregone.
- Evitami smancerie di questo genere, fiore del Nord. Lo sai che –
- Zitto e non fare il solito sbruffone senza sentimenti! – lo interruppe abbracciandolo mentre lui rimaneva fermo immobile sotto la sua stretta, ricambiando solamente con delle piccole pacche sulla schiena della ragazza. - L’hai trovata diversa Vaes Dothrak? – le chiese una volta divisi.
- Sei il primo che rivedo, Aris.
- Sei passata prima qui?
- Sì. Ero di strada – disse ella con naturalezza, accorgendosi poi di Oen che attendeva il suo abbraccio e stringendo anche lei. – Sai, avevi ragione. Era la mia battaglia.
- “Era”?
- Se sono tornata vuol dire che ho fatto la mia parte. Ora non posso fare più niente, se non sperare che le mie care sorelle riescano a seguire il mio consiglio e a resistere, non facendosi più sopraffare. È una lotta contro un dio, ma sono forti: possono farcela.
- Ho l’impressione che mi dovrai narrare ancora molto di ciò che ti è accaduto.
- Già.
- Prima che tu lo faccia, Aradia, è giusto che tu sappia qualcosa – disse l’uomo distogliendo lo sguardo e rimanendo freddo.
Eveline aveva imparato a conoscerlo dopo tutto quel tempo che avevano trascorso insieme. Nonostante Aris non fosse più in grado di provare sentimenti del tutto umani, la fanciulla riusciva a riconoscere nel suo volto delle piccole espressioni, minuscoli dettagli impercettibili per chiunque ma non per lei, che le facevano comprendere quale fosse il suo stato d’animo. Quella movenza stava ad indicare un principio di turbamento in lui.
- Aris, che succede? – gli chiese allarmata, ricordando quanto fosse difficile vederlo mostrare una sensazione come quella.
A ciò, lo stregone tornò a puntare le sue iridi cremisi su di lei. – Ho scoperto che tipo di malattia possiede tua madre – le rispose secco.
- Che cosa …? – chiese lei non riuscendo a metabolizzare del tutto. – Cosa hai scoperto?? Come?? Dimmi tutto ciò che sai.
- Qualche mese fa ho ricevuto una cliente che mostrava esattamente gli stessi sintomi, così l’ho esaminata e sono giunto ad una conclusione. Fortunatamente non è contagiosa.
- A quale conclusione sei giunto …?
- Si tratta di una forma molto rara, non attribuibile a cause esterne. Non esiste alcuna cura, né medica, né magica, per curarla. Tua madre potrebbe continuare a vivere anche per altri due anni se sarà fortunata, ma, alla fine, giungerà inevitabilmente alla morte. Mi dispiace.
La ragazza rimase immobile, ferma, eterea in uno spazio vuoto, senza forma, dopo aver udito tali parole.
 
 
 
Lorraine giunse dinnanzi alla porta delle stanze del re in compagnia delle altre cinque concubine rimaste. Bussò alla porta ma non aprì nessuno.
Dopo qualche minuto, giunse nello stesso luogo anche il giovane Marbrand. I due furono sorpresi di ritrovarsi nello stesso posto. Erano trascorsi tre mesi da quando si erano scambiati quell’unico sguardo nella sala del trono, a metri e metri di distanza. I due finsero di rimanere indifferenti l’una all’altro come erano soliti fare. Kylan bussò a sua volta e, dopo alcuni secondi, le porte si aprirono, ma solo per permettere al Gran Maestro Xavier di uscire.
Il vecchio, trovandoseli entrambi dinnanzi, rimase perplesso. - Che cosa ci fate qui?
- Il re ci ha richiamate per la sua quotidiana sessione di piacere con noi – fu Lorraine la prima a rispondere, a nome di tutte.
A ciò, Xavier spostò lo sguardo sul cavaliere, attendendo che anch’egli rispondesse.
 - Sono stato richiamato da Sua Maestà per discutere di alcune questioni.
- Siete stato richiamato dal re circa un’ora fa – precisò Xavier ponendo l’accento su quelle ultime parole. – Non credete di essere un po’ in ritardo?
- Sono stato … trattenuto – tagliò breve il discorso Kylan, non riuscendo pienamente a nascondere al vecchio il suo stato d’animo afflitto e distratto.
- Ad ogni modo, dovrete attendere tutti qui fuori per un po’ dato che il re ha manifestato un malore poco fa. Gli ho somministrato dei medicinali con del latte di papavero, e gli ho detto di stare a riposo per un po’. Rimarrò qui fuori nel caso si sentisse nuovamente male e dovesse richiamarmi.
Quando il vecchio ebbe detto ciò, calò il silenzio tra loro, una tensione che si poteva scorgere in particolar modo tra i tre.
- Lady Lorraine – ruppe la calma Xavier. – Cosa avete fatto al braccio?
A quella domanda, la ragazza si osservò il braccio nudo, per buona parte cosparso di scuri ematomi viola e neri. – Credo che l’osso abbia subìto dei danni – rispose.
- Perché non siete venuta da me? – le chiese il vecchio, toccando l’arto nei punti feriti e facendo ritrarre la fanciulla, indolenzita dal contatto. – Qui non va bene. Dovete venire con me a medicarvi, prima che peggiori ancora. Cos’è accaduto?
- Quello che accade sempre, Gran Maestro:  il re richiede che vengano soddisfatti tutti i suoi gusti – rispose la ragazza fingendo freddezza.
- Lasciatemi entrare – disse improvvisamente Kylan, volendo uscire da quella situazione il prima possibile.
- Vi ho appena detto che il re deve riposare, giovanotto. Attenderete qui.
Lorraine guardò il ragazzo di sottecchi, rivolgendosi poi al Gran Maestro. – A quanto pare il lord comandante è facilmente impressionabile, Maestro. Forse dovreste lasciarlo entrare.
A ciò, anche Kylan la guardò di sottecchi, ma decise di rimanere in silenzio e non cedere alle provocazioni per non rischiare di addentrarsi in conversazioni pericolose.
Notando l’aumentare della tensione tra i due, Xavier decise che era il momento di porre fine a quella battaglia silenziosa: primariamente si accertò che le altre cinque concubine non prestassero loro la minima attenzione, poi si avvicinò al giovane cavaliere, fino a quando non gli fu tanto vicino da sorreggerlo con le proprie braccia e nascondervisi dietro, dalla vista degli altri presenti. Prima che Kylan potesse chiedere spiegazioni o indietreggiare, il vecchio tirò fuori un pugnale e lo infilzò dritto nella coscia del giovane, il quale assunse una smorfia di dolore e di sorpresa, celando un verso mal trattenuto. Subito Xavier ritirò indietro l’arma, nascondendola nuovamente nella sua lunga casacca.
- Oh, ser Kylan, sembra che la vostra ferita di guerra si sia riaperta – disse in tono allarmato, afferrandogli le braccia e sorreggendolo sul serio, mentre il sangue continuava  a colare a terra a fiumi.
Lorraine, sconvolta da ciò che aveva appena visto, comprese l’intento del Gran Maestro e non poté fare a meno di accennare un sorriso misto di gratitudine e sinceramente divertito per il modo attraverso il quale il vecchio aveva scelto di mettere in atto il suo proposito.
Udendo le parole di Xavier, subito le altre concubine si accorsero della cospicua quantità di sangue che stava colando dalla gamba del giovane cavaliere e sbiancarono. – Oh per gli dei!
- Gran Maestro, portatelo a medicare ! Quella gamba ha bisogno di cure!
- Voi credete? – chiese Xavier fingendo indifferenza e guadagnandosi uno sguardo fulminante da Kaylan, il quale non riusciva più a reggersi in piedi per il dolore.
- Sta morendo dissanguato!  – urlò un’altra di loro, coprendosi gli occhi, sconvolta. – E portate anche Lorraine! Prima avete detto che il suo braccio è in cattive condizioni! – lo esortò la stessa.
- Avete ragione, mie signore. Dunque, milady? Che aspettate a seguirmi e ad aiutarmi a reggerlo? Ovviamente con il braccio sano – disse il vecchio alla dorniana, ponendosi un braccio del cavaliere intorno alla spalla e attendendo che ella facesse lo stesso con l’altro, venendo accontentato pochi istanti dopo.
Quando giunsero nello studio medico di Xavier, i due aiutarono Kylan a sedersi su un lettino. A ciò, il vecchio cominciò a fasciargli la gamba in maniera molto stretta.
- Non la medichi? – gli chiese il ragazzo ancora dolorante.
- Dopo. Intanto devo almeno bloccare la fuoriuscita di sangue. Ne hai già perso abbastanza.
- E di chi è la colpa? Per gli dei, tu e la tua solita “delicatezza”. Avresti potuto colpirmi su un braccio, un fianco, e magari non con un pugnale.
 - Dovresti ringraziarmi,  figliolo. Così è più credibile. Questa fasciatura che bloccherà il sangue vi darà un po’ di tempo per parlare. Avete solo qualche minuto, se vogliamo essere cauti. Dopo di che, lady Lorraine ritornerà insieme alle altre concubine e tu rimarrai qui a farti medicare la gamba – detto ciò, si voltò verso la dorniana. - Non preoccupatevi, milady, poichè il vostro braccio non è ridotto così male da essere necessariamente medicato oggi. Tornate da me domani e vi allevierò un po’ il dolore che vi provoca: per non destare sospetti, è più prudente che voi due usciate da qui in momenti differenti e che voi, milady, torniate prima, proprio perché il vostro braccio richiede attenzioni minori della gamba di Kylan. Ora vi lascio soli – terminò rinforzando la stretta della fasciatura e facendo per dirigersi in un'altra sezione dell’enorme studio.
- Maestro – lo richiamò la ragazza attendendo che si voltasse. – Grazie.
A ciò, il vecchio annuì con la testa accennando un sorriso ai due e sparendo oltre una porticina.
Il cavaliere e la fanciulla rimasero in silenzio per un po’, studiandosi.
- Abbiamo poco tempo – cominciò Kylan, per rompere il ghiaccio.
- Già. Stai bene?
- Sono stato meglio … - rispose lui rimanendo con la schiena appoggiata alla parete per non gravare sulla gamba e guardandosela, accennando poi un sorriso. – Tu stai bene?
La dorniana non rispose e cominciò a guardare fuori dalla finestra. – Cerco di resistere.  Non voglio morire ora. Ho ancora tanti progetti.
- Tu non morirai, Lorraine.
- Ah no? – gli chiese sentendo le lacrime pungergli gli occhi, tornando a guardarlo. - Ci martoria, Kylan. Non vuole il sesso. Vuole la possessione. Vuole vedere delle bambole piegarsi finché non si spezzano. Ama portare i corpi fino al loro limite, vederli cedere sotto il suo potere e ama … ama godere del risultato anche quando le ha private della vita … forse maggiormente quando le ha private della vita.
- Lo so – rispose lui con sguardo afflitto.
- Sono stata forte fino ad ora …
- Sei stata più forte di molte altre.
- Ma io … io credo di non riuscire a resistere ancora a lungo … - disse cedendo alle lacrime. - Ho provato infinite volte a trovare la forza di strozzarlo, di ucciderlo con le mie mani mentre era al culmine del piacere, indebolito, ma lui è troppo grosso … e poi … mi sono resa conto che non è mai indebolito … ha sempre … sempre il coltello dalla parte del manico … io …
- Lorraine …
- Io non ce la faccio più! – urlò azzerando le distante e abbracciandolo, stringendolo forte mentre affondava il viso nel suo petto e si lasciava andare ad un pianto disperato, di cui i forti lamenti erano attutiti dal contatto con i vestiti del ragazzo.
- Ehi … andrà tutto bene … sono qui, Lorraine, sono qui – le disse stringendola a sua volta, accarezzandole i capelli e appoggiando il mento sulla sua testa, continuando a consolarla amabilmente.
Rimasero ancora qualche minuto stretti l’uno all’altra, fin quando la dorniana non riuscì a calmarsi e si staccarono leggermente.
- Mi sei mancato.
- Mi sei mancata anche tu – rispose abbracciandola ancora. – Riuscirò a farti andare via di qui … prima che ti uccida … - le disse.
A ciò, la ragazza si staccò nuovamente da lui per guardarlo negli occhi, incredula. – Credi che riusciremmo a farcela … ? Riusciremmo a fuggire via??
- Tu ci riuscirai.
- Che cosa stai dicendo … ? Tu vieni con me! Non ti lascio solo in questi inferi!
- Lorraine, io non posso.
- Non dirlo neanche. Senza di te non vado.
- Io devo restare qui – le rispose con tono deciso, un tono che non ammetteva repliche.
Ella affilò lo sguardo. – Che è successo?
- Cosa?
- Parla. Non mi inganni. Ti conosco da quando eravamo ragazzini, Kylan. Si tratta di Lukell? Quel maiale ha scoperto qualcosa? – ipotizzò lei.
A ciò, il ragazzo distolse lo sguardo e lo rivolse alla finestra, lasciando emergere il suo stato  d’animo profondamente turbato. – Ha scoperto tutto. Con l’inganno ha drogato Sam e ha avuto le prove della nostra cospirazione e della nostra alleanza con i Fantasmi e con i Superni.
- Quel verme schifoso! Kylan, a maggior ragione devi venire via con me! Se Lukell dovesse dire qualcosa al re …
- … farà uccidere me e Sam, lo so. Ma devo comunque restare qui. Non posso abbandonare mio padre e vivere da fuggitivo, dimenticando tutto ciò che ho fatto fino ad ora per ostacolare David. Se dovrò affrontare la morte lo farò. E poi … ho due settimane di tempo … posso provare a pensare a qualcosa …
- Mi spiace interrompervi, figlioli, ma è ora che lady Lorraine vada – intervenne Xavier rientrando nella stanza. – Per  quanto riguarda Lukell, troveremo una soluzione – affermò deciso il vecchio guardando il giovane cavaliere e facendogli intendere che avesse sentito l’ultima parte della conversazione.
- Allora, io vado – disse la ragazza restando con la mano stretta a quella di Kylan, per poi lasciarla andare e uscire dalla stanza.
 
 
Myranda entrò nella tenda e cominciò a cercare la sua amica. – Eve? Eve, dove sei? – chiese, per poi trovarla sdraiata sulla vasca vuota, con il volto rivolto verso l’alto e il corpo abbandonato.
- Eve, sei ancora qui … è trascorsa una settimana da quando sei tornata … una settimana che hai passato non facendo altro che lasciarti andare così … come se non aspettassi altro che morire … ti prego – la supplicò entrando nel vascone con lei e inginocchiandosi, prendendole la mano. – Rivoglio la mia migliore amica. Non ho desiderato per tutti questi mesi che tornassi, per poi vederti in questo modo … mi fa male.
- Una settimana … una settimana da quando ho scoperto che mia madre è destinata a morire in ogni caso … - rispose con voce roca e sussurrata Eveline, continuando a guardare il soffitto. – Mi hai portato altro cibo? – le chiese poi, finalmente degnandola di uno sguardo.
- No. Hai fatto indigestione due volte a forza di abbuffarti. Devi uscire dalla tenda.
- Non mi importa dell’indigestione. Voglio mangiare.
- Pensi che rimanere a mangiare qui tutto il giorno, senza mai vedere la luce del sole, possa risolvere la situazione??
- Se mangio mi passa la voglia di uccidermi … se non mangio, ci penso continuamente …
- Non devi neanche pensarla una cosa del genere, mi hai capito?? Eve, guardami, per gli dei! – gridò prendendole la faccia tra le mani. – Devi andare avanti! Tu non puoi neanche immaginare quante … quante migliaia di persone muoiono ogni giorno! Quante persone soffrono nonostante non lo meritino … ! - esclamò per poi bloccarsi e rendersi conto di essersi sfogata senza volerlo.
A ciò, Eveline la guardò. – Ne hai viste così tante?
- Sì.
- Eppure sei sempre la solita.
- Eppure sono sempre la solita.
- Sono fiera di te -  le disse abbozzandole un sorriso. – Ma ora lasciami sola se non hai del cibo.
- Se lo vuoi, dovrai uscire alla luce del sole e prendertelo da sola.
- Sarà quello che farò.
- Eve … anche mia madre è morta …
- Ma tu hai ancora tuo padre almeno – la bloccò interrompendola. – Ascolta, Myranda: non cederò così facilmente alla morte o, almeno, sto cercando di non farlo. Tuttavia, nonostante io sappia che esistono una miriade di tragedie peggiori in questo mondo rispetto al rimanere orfani, so anche che ognuno di noi reagisce in maniera diversa. Devi accettare e rispettare la mia reazione.
- Se io l’accettassi … non sarei tua amica.
- Myranda … - si lamentò voltandosi dall’altra parte e rannicchiandosi su se stessa come un gatto.
- Ascolta: tra qualche ora verrà a farci visita un clan nato da poco che si è stabilito in un villaggio non molto lontano da Vaes Dothrak. Hanno viaggiato per due giorni per arrivare oggi, in tempo per la celebrazione della nascita del figlio del khal e della khaleesi. Ci sarà una grande festa. Oramai Khal Miroqo ci considera parte del suo villaggio a tutti gli effetti, perciò ci tiene molto a presentarci ai capi del clan che verrà per assistere alle celebrazioni. Senza contare il fatto che per i dothraki oramai è motivo di vanto avere due fanciulle straniere sotto la loro protezione. Gli ho assicurato che saresti stata presente anche tu e ci tiene molto, così come la khaleesi. In realtà tutti lo sperano … Leja e Naaro non fanno altro  che chiedermi di te e così anche Veherek. Sono mesi che sperano di rivederti. Prometto che quando vorrai ritornare nella tenda non mi opporrò – le assicurò alzando i palmi delle mani. – Sarà divertente. Ti farà svagare un po’.
- Non ho bisogno di divertimento, né di svagarmi.
- Disonorerai il khal e la nostra seconda famiglia. Quella che si è presa cura di noi e ci ha protette fino ad ora – disse la ragazza avvicinandosi al suo orecchio da dietro e facendo furbescamente leva sui punti giusti.
- Per gli dei … - disse la giovane rosa sospirando. – Resterò solo un’ora massimo. E non ho intenzione di sistemarmi.
- Eve, non essere sciocca – le rispose la bionda ridendo. – Non ti lavi, né ti cambi i vestiti da una settimana …
- No.
- Almeno i capelli? Un bel bagno al laghetto?
Alla fin fine Eveline si lasciò lavare da Wanha e da Laarit, arrendendosi alle insistenze della sua amica, facendosi pettinare i capelli, ma rifiutandosi ostinatamente di indossare abiti che mettessero maggiormente in risalto la sua bellezza, nonché vestiti più eleganti per la cultura dothraki. Accettò solamente di indossare dei comodi pantaloni di pelle di rettile e una casacca larga di tessuto cencioso e sottile che non le facesse soffrire il caldo e che le arrivava fino al busto. Myranda, al contrario, indossò un vestitino fattole su misura da una sarta dothraki, un risultato più che notevole persino per una fanciulla abituata agli eleganti abiti occidentali. L’indumento la fasciava nei punti giusti lasciando altro all’immaginazione e i capelli biondi rimasero sciolti e sbarazzini, mentre quelli scuri di Eveline erano appuntati morbidamente in alto.
Quando il clan giunse a Vaes Dothrak con cospicui e costosi doni per il figlio neonato del khal, venne accolto calorosamente dai dothraki.
- Vedi quella signora laggiù? – le chiese Myranda indicandogliela. – Mi hanno detto che è chiamata “La Signora delle danzatrici del cielo” nel suo clan. Ella è famosa in queste terre per addestrare le migliori danzatrici del ventre, rendendole così brave che sembrano quasi essere figlie degli dei.
- Interessante … - rispose Eveline disinteressata.
- Ad ogni modo, fortunatamente questo clan parla molto bene la lingua comune, quindi non avremo problemi. Insomma, so che sappiamo parlare fluidamente il dothraki, ma il loro è un dialetto differente. Oh! Sembra che sia ora che il khal ci presenti ai capi del clan!
- Ma sbaglio o tra loro c’è anche l’addestratrice di danzatrici di cui mi parlavi poco fa?
- Sì, è una dei capi – confermò Myranda facendosi avanti, seguita dalla giovane rosa.
- Miei ospiti – cominciò khal Miroqo rivolgendosi ai capi del clan, i quali, apparvero alle due, simili ai dothraki fisicamente, solo un po’ più bassi. – Ho l’onore di presentarvi le mie due protette: due giovani, splendide e coraggiose donne piene di ottime doti e qualità, provenienti dall’estremo Nord del continente occidentale. I loro nomi sono Eveline Targaryen e Myranda Lannister.
Eveline rimase sorpresa nell’udire quanti dettagli avesse dato loro il khal, rendendo palese la loro identità e non usando neanche nomi falsi; d’altronde,  non sapevano ancora se gli uomini del re fossero giunti nel continente orientale per cercarle. Tuttavia, sapeva che quel clan era molto vicino ai dothraki, come fossero tutti una grande famiglia anche vivendo in villaggi diversi, perciò non avevano di che preoccuparsi.
A ciò, uno dei capi si avvicinò alle due volgendo lo sguardo ad Eveline, incantato. – Meravigliosa … - disse continuando a guardare quella tanto spiazzante bellezza straniera, ricercata persino per gli occidentali, per poi posare lo sguardo su Myranda. – Molto graziosa … - commentò soffermandosi soprattutto ad osservare i raggianti capelli biondi.
- Grazie – rispose la Lannister rivolgendogli un riguardoso inchino.
- Avevamo udito voci riguardo la vostra bellezza – intervenne un altro dei capi avvicinandosi con due oggetti coperti da teli pregiati. – Dunque abbiamo deciso di farvi dei doni che onorino la luce che emanate – continuò scoprendo prima quello a sinistra, il quale si rivelò essere un gigantesco mazzo di grandi fiori molto particolari, tipi che le due non avevano mai visto prima.
- Questo è per voi – disse porgendo l’enorme mazzo profumato a Myranda, il quale lo guardò estasiata e lusingata.
- Per me …?? Sono … sono davvero splendidi  - disse sorridendo e annusandoli.
- Felici che siano di vostro gradimento. Si tratta di vari tipi dello stesso fiore, il “Cencarys notturno”.  È molto raro e simboleggia la purezza e il potere femminile. Si dice che, se curato a dovere e donato alla persona giusta, possa nutrirsi della forza dell’animo di chi lo possiede, risplendendo così di una luce intensa durante la notte. – Dopo tali parole, Myranda ringraziò nuovamente i capi, così che passarono all’altro dono.
- Questo, invece, è per voi – disse l’uomo guardando Eveline e scoprendo il secondo oggetto, ossia un enorme specchio ovale, lucente più del sole e con una meravigliosa e sofisticata cornice scolpita in oro e in argento, con qualche sfumatura di viola. – Qualcuno ci ha detto che vi piace il viola – spiegò l’uomo porgendo ad Eveline il pesante specchio.
- Grazie – rispose semplicemente lei sorpresa, abbozzando un sorriso forzato e non mostrando particolare gioia.
A tal punto, intervenne la khaleesi – “Signora delle danzatrici del cielo”, speravamo che in questo giorno speciale, voi poteste prendere le nostre due principesse sotto la vostra ala e insegnare loro qualcosa riguardo la danza del ventre, in modo che possano danzare per noi questa sera insieme alle vostre ragazze – disse sorridendo alla donna, la quale le rivolse un cenno di rispetto con il capo, per poi avvicinarsi alle due e studiarle.
- Tu sei troppo alta e troppo magra – disse secca ad Eveline.
- Fatemi avvicinare a quel pentolone colmo di carne bollita laggiù e lo farò divenire vuoto in giro di qualche minuto – rispose a tono la giovane rosa.
- Forse tutto il cibo che mangi finisce solo qui – le rispose posando, con naturalezza, le mani suoi suoi seni rotondi e sodi, dalla forma visibile anche da sotto la casacca larga.
- Aspettate, Signora … se quello che dite è vero, non capisco … io mangio molto meno di lei, eppure … - disse Myranda confusa, guardando il suo stesso corpo.
- Tu sei perfetta per essere una mia danzatrice – le rispose la donna toccando i fianchi e il bacino più in carne della bionda, per poi passare alla sua pancia.
A quelle parole, la fanciulla arrossì lievemente lusingata e sorpresa di esser stata scelta, venendo poi presa per mano dalla Signora e condotta via, per venire brevemente istruita riguardo l’arte della danza del ventre.
La sera giunse in fretta e i bambini costrinsero Eveline a restare con loro fino ai festeggiamenti dopo il tramonto, non mollandola neanche un secondo, decisi a recuperare tutti i mesi persi, così come provarono a fare anche i più grandi.
Dopo l’abbondante banchetto, il clan e i dothraki si riunirono tutti insieme per assistere alla danza del ventre delle “danzatrici del cielo”, alle quali era stata aggiunta anche Myranda, per quella sera.
Le ragazze avanzarono in mezzo al grande cerchio di persone sedute con le gambe incrociate, disponendosi intorno al fuoco. Elle erano tutte sensualmente e meravigliosamente in carne, coperte solo lo stretto necessario con dei teli trasparenti e di seta bordeaux. Tra loro, spiccava su tutte Myranda, poiché l’unica presente con la pelle chiara e con molte altre caratteristiche palesemente occidentali.
Le fanciulle cominciarono la danza muovendosi spavalde come leonesse e leggiadre come cigni allo stesso tempo. Anche Myranda si rivelò molto brava e capace di sedurre e tenere il passo delle altre.
Ogni tanto lo sguardo della giovane Lannister si posava sulla sua amica, controllando che fosse ancora lì e felice di constatare che non se ne fosse ancora andata. Eveline rispondeva a quelle occhiate fugaci accennandole un sorriso di incoraggiamento mentre osservava la danza.
- Ehi, lady acciaio – la salutò finalmente anche Veherek, sedendosi accanto a lei. Il ragazzo aveva voluto lasciarle i suoi spazi per l’intera giornata, avendo saputo della scoperta della sua amica riguardo la malattia incurabile di sua madre. Ma, alla fin fine aveva ceduto, scegliendo di provare a parlarle almeno un po’, dopo mesi di lontananza.
- Ehi – lo salutò lei abbozzando un breve sorriso, poi ritornando a guardare la danza.
- Myranda è riuscita a farti uscire.
- Avrebbe continuato fino allo sfinimento se non l’avessi accontentata almeno un po’.
A ciò, il giovane sorrise posando anch’egli lo sguardo sulle danzatrici. – Tu non balli?
- Sono “troppo alta e troppo magra”.
- Non ne sembri così dispiaciuta.
- Lo sarei stata se fossi stata scelta. Ballare non è proprio ciò che vorrei fare in questo momento.
- Già, immagino. Come stai?
- Come dovrei stare. Tu? – capovolse lei la domanda guardandolo.
- Bene, eccetto per il fatto che la mia più cara amica è caduta in una crisi dalla quale forse non riuscirà più ad uscire.
- Non preoccuparti per me, Veherek. Con Myranda, invece? Va tutto bene?
- Ultimamente siamo stati molto concentrati su altro. Lei era costantemente preoccupata per te e anche io …
- Appare molto come una scusa. Se c’è qualcosa che non va dovreste parlarne.
- Sì, lo so – detto ciò, si voltò verso di lei con sguardo deciso. – Lo sai che io ci sarò sempre per te, vero? Puoi parlarmi e sfogarti, se vuoi …
- Lo so, Veherek e ti ringrazio. Davvero – rispose sforzandosi di sorridergli.
Mentre continuava ad osservare quella danza incantatrice, all’improvviso, alla mente della giovane rosa apparvero le immagini di sua madre intenta a danzare con quel lord sconosciuto, quella sera al banchetto, quando ancora nulla era accaduto. Senza alcun motivo, cominciò ad avere la vista annebbiata mentre quelle immagini si alternavano a ripetizione nella sua testa, togliendole il respiro, insieme a quelle della sua fuga per andare a parlare con lui. Cercò di scacciarle ma non ci riuscì, e il calore del falò insieme alla musica alta e a quei corpi che si muovevano ripetitivi, non fecero altro che peggiorare la situazione.
- Devo andarmene di qui – disse all’improvviso alzandosi e dirigendosi verso la tenda, ignorando la voce di Veherek che la richiamava e gli sguardi sorpresi di coloro che l’avevano vista alzarsi di scatto.
Entrò dentro il tendone che condivideva da ormai quasi due anni con Myranda e riprese a respirare, anche se affannosamente.
Una rabbia cieca le risalì fino alla gola. – Non ho mai avuto alcuna possibilità di vederti, non è vero … ? – chiese disillusa, parlando ad alta voce, come se si stesse davvero rivolgendo a suo padre. – Se esisti ancora davvero, come molti credono, perché non ti mostri almeno a me? Chiedo troppo forse? Ma, sai, sono tua figlia quindi posso permettermi di pretendere tanto! – gridò calciando il materasso e lasciandosi cadere a terra, in ginocchio. Trascorsero alcuni minuti di silenzio in cui rimase a testa bassa. – Sono tua figlia … già. Se è vero che sono tua figlia … non dovresti volermi vedere …? – alzò il volto verso l’alto. – Sto perdendo anche lei, padre. Rimarrò senza di te e senza di lei … ho sempre pensato che mi fossi vicino, ho cercato sempre di convincermene, ma ora … ora non ne sono più così certa – concluse appoggiando la testa sul bordo del letto e lasciando uscire le lacrime, mentre il suo volto rimaneva fisso, amaro come le gocce d’acqua che solcavano le sue guance. – Io vorrei solo qualcosa da ricordare … qualcosa a cui aggrapparmi … un tua traccia nella mia dannata memoria. Solo questo.
Trascorsero altri minuti di silenzio, fin quando un luccichio non attirò la sua attenzione. La giovane trovò la forza di alzarsi in piedi e di seguire la luce, finché non giunse nella parte della tenda nella quale Wanha e Laarit avevano appeso il magnifico ed enorme specchio che le era stato donato dai capi del clan. Si fermò ad ammirarlo in ogni suo piccolo dettaglio, sfiorandolo con le dita nel buio della sera, illuminato solo dall’oro e dall’argento. Lo osservò fin quando i suoi occhi non giunsero a guardare la sua immagine riflessa. L’immagine di una giovane donna persa, stanca, vuota. L’immagine fluttuante di una sé che non avrebbe mai voluto vedere. La trovò rivoltante. Così, assecondando quel disprezzo che provava per il suo riflesso, colpì il vetro scintillante con un forte pugno, ferendosi la mano e rompendo in mille e più pezzi lo splendido dono, provocando un rumore assordante e affascinante al contempo. Osservò tutti i pezzi luccicanti piombare al suolo come a rallentatore, mentre alcuni raggiungevano e colpivano anche i suoi piedi.
All’improvviso, un lampo sembrò invadere la sua mente. Afferrò il più grande frammento di vetro rotto che riuscì a trovare, fece cadere una buona quantità di sangue sulla sua superficie, sfruttando la mano colma di tagli sgorganti, e pronunciò la formula. - Inai Aared Walter Targaryen.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 23
*** Scontro tra alleati ***


Scontro tra alleati
 
Eveline piombò nella dimora dello stregone cercando di  trattenere il vistoso fiatone.
A ciò, Oen le rivolse uno sguardo indagatore. – Quanto ci hai messo per venire qui? Dieci minuti di corsa? – chiese sarcastica, sapendo che il minor tempo impiegabile per raggiungere la dimora da Vaes Dothrak fosse di almeno quattro ore a cavallo.
- Due ore e mezzo.
- Come diavolo …? – ma la nana non fece in tempo a finire di formulare la domanda e di mostrare la sua sorpresa, che Eveline si fiondò dal padrone di casa continuando a reggere il grosso frammento di specchio insanguinato in mano.
- Devi aiutarmi!
- È accaduto ciò che penso? – le chiese l’uomo volgendo lo sguardo prima a lei poi al frammento.
- Ho pronunciato la formula e fatto tutto ciò che ho sempre fatto per vedere mia madre riflessa, ma non ha funzionato. Ho pensato che i miei dubbi potevano esser fondati, dunque che mio padre, non essendo tecnicamente in vita, possa essere immune all’incantesimo quindi impossibile da visualizzare. Ma qualcosa mi dice che non è così. Avverto dei segnali: mi sento come risucchiata dallo specchio. Non mi era mai accaduto.
A ciò, lo stregone prese tra le mani il frammento e appoggiò la mano sopra la sua superficie colma di sangue secco. Improvvisamente sgranò gli occhi. – Questo è un potere che va oltre il mio.
- Che vuoi dire?? Quale sorta di potere è capace di superare il tuo??
- Non lo supera, ma è fuori dal mio controllo: tuo padre, divenendo un semi-non morto, ha acquisito gli antichissimi e sconosciuti poteri che appartengono alla maledizione degli estranei. Sta cercando di fare qualcosa.
- Che cosa?
- Non lo so con certezza, ma sembra che … non voglia mostrarsi a te ora. Credo non voglia che tu veda dove si trovi o come sia la sua vita. Tuttavia, sta provando comunque a comunicare con te, dal momento che tu hai cercato di farlo. Ha percepito l’incantesimo, lo ha neutralizzato e te ne ha rindirizzato un altro. Vuole permetterti di vedere qualcosa ma non capisco che cosa … posso provare a sbloccarlo ma non ti garantisco di riuscirci: come ti ho detto, questo tipo di magia è completamente oltre le mie conoscenze.
La giovane rosa annuì speranzosa mentre lo osservava concentrarsi e pronunciare delle formule.
- Ti ha lasciato un messaggio … - disse Aris visualizzandolo nella sua mente.
- Che messaggio??
- “Sapevo che sarebbe successo” – nel momento in cui lo stregone pronunciò ad alta voce quelle parole, entrambi furono catapultati in mezzo alla neve, un’immensa distesa bianca e deserta, nella quale, tuttavia, si riuscivano ad intravedere migliaia di armi e sangue a terra, rimasugli di un’immensa battaglia appena avvenuta.
La giovane rosa si guardò intorno quasi nostalgica per quel clima e quel luogo tanto vicino alla sua casa. Poi, qualcosa attirò la sua attenzione. Un giovane uomo con un mantello nero e inginocchiato sulla neve, con immensa fatica, era intento a sfilarsi un enorme spada ghiacciata dall’addome. Non appena lo vide, Eveline si pietrificò. Era esattamente come lo aveva sempre immaginato e figurato nella sua mente, come se una visione, improvvisamente, avesse preso consistenza divenendo reale e accessibile.
La ragazza non riuscì a gioire per averlo finalmente dinnanzi ai suoi occhi, poiché fu capace solamente di soffrire le stesse pene dell’inferno che stava soffrendo lui mentre provava a spingere via l’arma ghiacciata che gli aveva squarciato lo stomaco e che sembrava gli stesse facendo più male del previsto. Walter strinse i denti e gli occhi provando ad esercitare più forza mentre lei si mise una mano davanti alla bocca lasciandosi cadere inginocchio sulla neve con lui e continuando ad osservarlo fissa, non perdendosi neanche un secondo di quel dolore atroce e inumano che stava patendo.
- Non ci riesco … - sussurrò la giovane rosa percependo le lacrime fredde attraversarle le guance. – Perché mi sta mostrando il momento in cui lo abbiamo perduto …?
Aris si guardò intorno e, capendo la situazione, parlò. – Lui è riuscito a creare questo … è riuscito a renderti come Myranda solo per una volta.
- Ora so cosa prova lei … - bisbigliò Eveline con la voce rotta, allungando una mano per sfiorargli una guancia di suo padre.
- L’unica differenza, è che lui percepisce la tua presenza in ogni caso, ma non riuscirà mai a sentire la tua voce, neanche se desideri che lui ti oda. Appena il dolore che lo sta divorando passerà in secondo piano, si accorgerà di non essere solo. Che strana dimensione …
- Questo … vuol dire che sto cambiando il passato …
- Non è un grande cambiamento dato che, d’ora in poi, sarà comunque destinato a vagare da solo tra le lande del Nord come un fantasma.
- No … - sussurrò di nuovo la ragazza continuando ad osservare suo padre, il quale era riuscito a sfilarsi la spada e si era sdraiato a terra sfinito, con il volto verso il cielo grigio. Anche l’immenso Rhaegal e NightFlame apparivano accanto ai tre, ma Eveline non prestò attenzione nemmeno a loro. - … “Sapevo che sarebbe successo” non è una presupposizione … c’è fin troppa sicurezza in questo messaggio. Tutto ciò è già successo … lo ha già vissuto nel momento in cui è “morto” … per questo sapeva già che sarebbe accaduto … lo ricorda … - continuò Eveline avvicinandosi ancora a Walter e stringendogli la mano gelida.
- Il futuro è già scritto – concluse lo stregone.
- No. Non sempre – lo smentì decisa la ragazza, per poi ritornare a concentrarsi su Walter. – Sono qui, padre … sarei voluta così tanto essere qui in un momento del genere … non meritavi di vivere tutto … questo … da solo. Avrei potuto aiutarti … darti la mia forza, il mio conforto … eri solo un ragazzo … proprio come me. Non meritavamo il tuo sacrificio … non meritavamo di perderti così  – gli disse cercando di contenere i singhiozzi ma non riuscendoci con le lacrime.
In quel momento, il volto privo di emozioni di Walter, ebbe una minima reazione. Volse gli occhi verso la sua mano destra, quella stretta da Eveline. – Chi c’è qui … ? – sussurrò con voce flebile, mentre la trasformazione stava lentamente facendosi strada dentro di lui.
- Sai che sono qui … - disse la ragazza sorridendo istintivamente, stringendo ancora più forte e venendo quasi invasa dal gelo che si impossessava della mano di suo padre. – Chissà se riesci anche a capire chi sono …
- Eveline … ? – azzardò Walter mentre uno stralcio di dubbio si intravedeva nel suo viso spento. Un brivido invase la schiena della giovane rosa, la quale rimase quasi più sorpresa e commossa di udire il suo nome pronunciato da lui, invece di esserlo per il fatto che lui avesse capito si trattasse della sua futura figlia, in qualche modo.
- Allora … sarai davvero una femmina … - sussurrò mentre un sorriso stanco e stremato ornava il suo viso.
- Sì, papà – rispose lei ricambiando istintivamente il sorriso e asciugandosi le lacrime.
- Non so neanche se tua madre ti chiamerà davvero così … - disse voltando di nuovo la sguardo verso il cielo scuro e stringendo la mano su quella di lei. – Ad ogni modo … se sei qui, ci deve essere un motivo, giusto? Non sorprenderti se sembro così sicuro e glaciale, bambina mia … il fatto è che ho smesso di farmi domande. Mi sono accaduti troppi eventi che gli uomini ritenevano impossibili per essere capace di pormi ancora delle domande … e poi … – disse appoggiando una mano sopra il suo addome e percependo lo squarcio rimarginarsi lentamente mentre la forza gli ritornava. - … non so cosa mi stia accadendo. Credevo di star per morire … invece, ora, non so più nulla. Non so cosa diventerò.
- Non importa cosa diventerai, padre – gli rispose portandosi una sua mano sulla guancia. – L’importante è che continuerai ad esistere … anche lontano da me … non importa … voglio sapere che stai bene, che ci sei … di questo ho bisogno.
- Forse sei qui perché qualcosa ti turba così tanto da averti spinta a far uso della magia per riuscire ad incontrarmi – disse alzandosi seduto, prendendo coscienza di cosa stesse diventando e di quale sarebbe dovuto essere il suo destino. – Resterò lontano da voi. Crescerai senza di me. Per questo sei qui? - chiese volgendo lo sguardo verso la sua mano sospesa in aria, stretta da qualcuno di invisibile ai suoi occhi, appoggiata su una guancia che non riusciva a vedere. – Mi dispiace, bambina mia. Ma guardami … non sono né vivo né morto … che vita potrei darvi? Hai bisogno di qualcuno di umano al tuo fianco. Hai bisogno di un padre mortale. So che è difficile da accettare …
- Lo capisco … - rispose Eveline continuando a piangere e a stringere la mano di suo padre contro la sua guancia.
- Sfrutterò questo poco tempo che il fato ci ha donato da trascorrere insieme per dirti un paio di cose – le disse ponendosi di fronte a lei, immaginando di esserlo. – Non dubitare mai della mia presenza. Non farlo mai. Io, d’ora in avanti, veglierò su di voi, su di te, da qui, oltre l’antica Barriera di ghiaccio, dove il mondo conosciuto ha fine e il centro della vita e della magia sconosciuta ha inizio. Se rimarrai senza convinzioni e dovrai credere in qualcosa per continuare a vivere … credi in me. Saprai che stai riponendo fiducia in qualcosa di reale se lo farai, e non in una leggenda raccontata ai bambini. Ora mi hai visto. Sai che sto bene. Sai che rimarrò per sempre un viandante errante e senza meta, ma che non dimenticherò che cosa ho dovuto lasciare. Tu sarai la mia luce quando nascerai. Una luce che non perderò mai di vista.
- So che non puoi sentirmi ma voglio comunque dirti grazie, padre. Lo so. Ora lo so. Ci sei sempre stato e io sono stata solo una stupida a dubitare … sei sempre stato il mio fuoco e sempre lo rimarrai. Il ricordo di te resterà inciso nelle menti e nei cuori di questo mondo finché il sole verrà annebbiato da una nube nera e smetterà di illuminare. Tu sei reale, esisti ed esisterai sempre. Vorrei solo che non fossi completamente solo … ed ora sembro una stupida che parla da sola - disse azzerando le distanze e abbracciandolo, stringendolo con quanta più forza avesse in corpo.
- Ti voglio bene, bambina mia.
- Ti voglio bene anche io – rispose lei rimanendo ancorata alle sue spalle e ritrovandosi, un attimo dopo, nuovamente catapultata nel mondo reale, insieme ad Aris, nella dimora di quest’ultimo.
- Ora sono pronta – disse la giovane rosa riacquistando vita e sorridendo decisa allo stregone.
- Pronta?
- Mi serviva solo la forza, la sua forza, per credere ancora. Salverò mia madre.
- Ti ho detto che per la sua malattia non esiste una cura.
- Mi rimane un’ultima strada da percorrere. Un ultimo tentativo. E, come pattuito, tu verrai con me.
A ciò, Aris comprese. – Vuoi accettare l’invito degli Eterni e dei Superni?
- Partiamo per Qarth domani all’alba. Non ritardare – confermò la ragazza sorridendogli e uscendo dalla dimora.
 
 
Daenerys salutò alcuni degli uomini a guardia delle porte di Grande Inverno e si diresse verso l’esterno.
- Avete bisogno di aiuto con quello, milady? – le chiese gentilmente un cavaliere, riferendosi al carretto colmo di carcasse di capra che la donna stava trasportando.
- No, non preoccupatevi, ce la faccio da sola – rispose sorridendo e allontanandosi, camminando tra la neve senza fatica.
Per lei era un rito ormai andare ogni giorno a dare da mangiare a Drogon, purtroppo ancora paralizzato e incapace di procurarsi il cibo da solo.
La madre dei draghi svoltò nella curva che l’avrebbe condotta al rifugio di Drogon ed emise un urlo quando si accorse che l’animale fosse sparito.
Si fiondò sulle catene spezzate, cercando qualsiasi indizio che potesse farle comprendere cosa fosse accaduto.
Sul punto di farsi prendere dal panico, all’improvviso, udì un boato proveniente da Grande Inverno, seguito da un verso impossibile da non riconoscere, un suono che la fece ritornare a respirare. Corse fuori dal rifugio e guardò in alto, verso il cielo: il suo drago volava libero nei cieli, come oramai non faceva da due anni.
Le lacrime salirono negli occhi chiari della donna mentre continuava a guardarlo ammaliata. – Ce l’hai fatta, Drogon. Sei riuscito a ritornare quello di sempre.
 
 
 
Sarebbe stato ricordato nella storia come “Il massacro delle ventitré concubine”. Già ne cominciavano a parlare a corte, nonostante non fossero tutte ancora morte. Ciò la mandava in bestia. E non perché sperasse di sopravvivere abbastanza per riuscire a fuggire, ma perché erano tutte già divenute un mucchio di bambole senza volto, senza voce e senza una personalità; erano divenute ombre indistinguibili, un mero numero, una metafora. Invece loro erano molto più di questo. Non importava il nome della loro casata e quanto prestigioso fosse. Importava solo chi fossero loro. Ricordava tutti i loro nomi. I nomi importati delle coraggiose e giovani donne che erano state tanto sfortunate da condividere con lei quel funesto destino: Noelle, Alicia, Heather, Joanne, Julie, Stephanie, Rose, Annabelle, Amelia, Lusianne, Cecil, Fleur, Elizabeth, Shaleene, Charlotte, Vivian, Eleonore, Isabella, Diane, Edith e Katherine. Ne erano rimaste solo in due. Lei e Marian. Quest’ultima era appesa ad uno strumento di tortura poco lontana, in preda a degli spasmi di dolore; mentre il re era impegnato ad entrare violentemente in lei, invece, squarciandole le pareti interne dell’organo che la rendeva donna più di ogni altro, come era abituato a fare. Percepì una costola rompersi. Ma non importava, d’altronde, era la norma. Marian stava resistendo al ferro che le stringeva le carni fino a stritolarle, mentre lei stava resistendo al dolore di venire schiacciata e penetrata senza cura da un animale imbizzarrito e tre volte più grosso di lei. Loro due non erano le più forti di tutte. Erano semplicemente quelle più resistenti fisicamente. Sopportando quel dolore che oramai non le faceva neanche più male e immersa in quei pensieri, Lorraine voltò la testa verso Marian, la quale fece lo stesso, stremata e oramai arrivata al capolinea. Le occhiaie nere e i capelli bagnati di sudore, di lotta contro la morte, non riuscivano comunque ad annebbiare la sua bellezza. Le disse qualcosa in labiale: “Resisti almeno tu.” Dopo ciò, la vide chiudere gli occhi lentamente e smettere di combattere e di respirare. Tuttavia, ciò non riuscì più a provocarle l’effetto  che avrebbe dovuto, dato che era troppo abituata a vedere tutte le sue compagne morire una dopo l’altra atrocemente e dinnanzi ai suoi occhi. Era immensamente dura vivere da donna in un mondo come quello.
“Riuscirò a farti andare via di qui prima che ti uccida.” Improvvisamente quelle parole le ritornarono in mente. Era trascorsa una settimana da quando lui, uno dei pochi a possedere la sua fiducia e il suo amore, gliele aveva pronunciate. Tuttavia, oramai non sperava più di poter scappare, di potersi salvare. La speranza l’aveva abbandonata quasi completamente. “Non siete ancora morta. Potete ancora lottare e provare a divenire una giocatrice al gioco del trono” le aveva detto invece, uno dei Superni, da pochi giorni ripartiti verso Qarth. Ma quelle parole, oramai, le apparivano troppe lontane, come un foglio di carta contenente il disegno di una bambina, che finisce nel fuoco, svenendo nel nulla.
Quando David si svuotò per l’ennesima volta dentro di lei, sorrise soddisfatto continuando a respirare pesantemente. Poi si voltò verso Marian. – A quanto pare, dorniana, sei l’ultima rimasta. Ti senti soddisfatta di ciò?
- Sì, mio signore.
- Non credere di avercela fatta perché sei speciale o diversa dalle altre. Hai resistito più di tutte semplicemente perchè, essendo dorniana, dunque maggiormente avvezza a venire violata come una cagna, il tuo corpo è partito avvantaggiato. Inoltre … - le disse sdraiandosi accanto a lei e accarezzandole i capelli. – Avevi ragione riguardo a voi figlie del sole: non a caso sei sempre stata la mia preferita. Una volta provata una donna di Dorne, tutte le altre sembrano pali di legno.
In quel momento qualcuno bussò alla porta talmente forte da spaventarli.
- Chi è che osa disturbarmi durante una sessione con le mie concubine? – chiese il re seccato.
- Mio re, sta accadendo qualcosa di assurdo dentro le mura delle capitale! Dovete venire subito! – esclamò il soldato fuori dalla porta.
A ciò il re si rinfilò la sua vestaglia reale e Lorraine ne approfittò per rimettersi i suoi vestiti più velocemente che poteva.
I due uscirono dalle stanze del sovrano e si diressero verso la sala del trono, per affacciarsi alle finestre che davano su tutta la città.
Un grande trambusto affollava la grande sala, la quale, era stata onorata persino della rara presenza di Hoxana.
Lorraine guardò fuori da una delle grandi finestre e li vide: nove uomini con gli occhi e la bocca coperti dalle bende grigie dei Fantasmi ma con lo stemma della Guardia Reale sul petto, si stavano lentamente avvicinando alla Fortezza Rossa, tutti disposti in perfetto ordine geometrico tra loro. Tutta la folla era in delirio e osservava a debita distanza il conturbante spettacolo messo in mostra dai fuorilegge tanto odiati e ricercati dalla corona, mentre altri cavalieri del re puntavano loro delle armi, rimanendo comunque ad una distanza di sicurezza dai nove, poiché questi camminavano puntandosi un pugnale alla gola. Ma ciò che destava più scalpore, era il fatto che tenessero tutti un braccio nudo alzato in aria, mostrando la sporgente cicatrice provocata loro da un marchio a fuoco, il quale sembrava essere una scritta, tuttavia impossibile da leggere a quella lontananza.
Il giovane Marbrand, anch’egli osservando il tutto da una delle finestre, era sbiancato completamente, avendo subito riconosciuto nove dei dieci uomini sotto il suo comando che aveva mandato nel continente orientale quasi un anno prima, spingendoli nelle fauci dei lupi.
- Quelli sono i vostri uomini, lord comandante – commentò Lukell avvicinandosi a lui. – A quanto pare, non sono poi così valorosi come vengono descritti – continuò tagliente.
Ma il re era quello più furente tra tutti. – Prendeteli! Anche a costo di prenderli morti, prendeteli!! – esclamò mentre il suo viso assumeva un colorito bordeaux.
Dopo alcuni minuti, gli uomini del re, compreso Kylan, riuscirono a catturare i nove e a condurli nella Fortezza Rossa. A ciò, il Gran Maestro Xavier convinse David a farli controllare da lui prima di riceverli e di decidere cosa farne di loro. D’altronde, una visita medica avrebbe chiarito maggiormente cosa fosse accaduto loro dopo essere finiti nelle mani dei Fantasmi.
Mentre sbendava occhi e bocca del primo dei nove, il vecchio si accorse che questo tremava come una foglia e aveva uno sguardo vitreo e fisso.
Kylan, presente anch’egli nello studio, si avvicinò maggiormente all’uomo che conosceva un tempo, trovandolo completamente differente. – Ethan … Ethan, sono io, il vostro lord comandante. Che è successo …? Che cosa vi hanno fatto? – gli chiese il giovane Marbrand cercando di attirare la sua attenzione.
- … non è stata una nostra volontà … - rispose Ethan balbettando e continuando a fissare un punto dinnanzi a lui, mentre Xavier controllava se il suo corpo presentasse lacerazioni. - … avremmo preferito morire piuttosto che tradire il re … ma …
- … ma?
- … ma abbiamo visto nel fuoco. Quando le fiamme ci hanno mostrato cosa accadrà … non potevamo fare altro che obbedire loro … non possiamo ostacolare il fato …
- Che cosa avete visto nelle fiamme??
- Kylan, sono troppo sconvolti per riuscire a risponderti – lo ammonì Xavier controllando cosa ci fosse scritto sul braccio dei malcapitati. – “Se basta prendere una sedia e sedervisi sopra per governare i sette regni, inchinati ad ogni orfano, mendicante e puttana di Approdo del re, usurpatore” – lesse il vecchio, impietrendo insieme al giovane cavaliere.
- Una provocazione al re. Li ha usati tutti come burattini per far aumentare la sua ira … - commentò Kylan nello stesso momento in cui entrò anche Sam nello studio.
Il ragazzo, mortificato, osservò i nove uomini, per poi dirigersi verso il suo amico. – Kylan, mi dispiace tanto. Io gli ho chiesto di risparmiarli … non avrei mai pensato che …
- Effettivamente li ha risparmiati – lo interruppe Kylan. – Ma, in questo caso, sarebbe stata meglio la morte per loro – aggiunse voltandosi verso Sam.
- Ora è inutile cominciare a darsi colpe e a fustigarsi, figliolo, dobbiamo ragionare lucidamente: da come parlano, potremmo riferire al re che sono stati completamente stregati. Non sarebbe difficile farglielo credere. A quel punto, sarebbero salvi da torture e morti tremende – propose Xavier.
- Anche se ci credesse, li ucciderebbe nel peggiore dei modi per sfogare la sua ira – rispose Kylan. – Sono condannati in ogni caso.
- Non è detto – intervenne Sam.
- Hanno marchiata sul braccio la vergogna di David. Sono diventati loro stessi la vergogna di David! – controbatté il giovane Marbrand.
- A meno che non amputi il braccio marchiato a tutti loro. Proporremmo il loro esilio nel continente orientale – disse il vecchio.
- E se non bastasse? E se avessero un’altra parte del corpo marchiata?? – chiese Kylan.
A ciò, Sam, in cerca di una soluzione, si sedette su una sedia che si trovava dietro uno dei nove uomini. Il suo sguardo andò sulla nuca del malcapitato, la quale presentava una piccola cicatrice coperta dai capelli cresciuti. – Maestro? – lo richiamò.
- Sì?
- Hai controllato anche sulla nuca, sotto i capelli? – chiese riavvicinandosi al vecchio e al cavaliere.
- No, quel punto mi è sfuggito – rispose Xavier spostando i capelli dal collo di Ethan e scorgendo un secondo marchio. – “Aspettaci e fai gli onori di casa” – lesse e non fece neanche in tempo a terminare la frase che Kylan scattò verso la porta.
- Stanno venendo qui. Era una trappola per distrarci. Saranno già penetrati nella capitale indisturbati! – esclamò il ragazzo correndo via dallo studio.
Il giovane, non appena giunse nuovamente nella sala del trono, ritrovò ancora più caos di prima e il re, in particolare, sembrava stesse per perdere il senno.
- Hanno osato attaccare la capitale!! Andate a prendere quelle creature maledette!! – urlò indicando fuori dalla finestra, dalla quale si potevano scorgere almeno un centinaio di individui completamente coperti da bende grigie, avanzare decisi come statue di marmo.
- Ser Kylan! Voi siete il miglior cavaliere in mio possesso! Guidate i vostri uomini contro di loro e trucidateli tutti!! – gli ordinò il re.
A ciò, Kylan si inchinò rispettosamente al suo cospetto e annuì.
- Eccellenza, volete che anche io mi metta alla guida dei miei uomini per combattere e difendere la vostra degna corona? – propose Colten, guadagnandosi uno sguardo attonito da parte di suo figlio.
- Ah, come se ce ne fosse bisogno! Loro sono venuti in un centinaio, no?? Sarebbe una vergogna per me mandare contro di loro più di cento dei miei uomini! Ne basterebbero anche di meno! Se sarà necessario, manderò anche voi, ser Colten, ma confido nell’abilità in battaglia di vostro figlio e del resto della Guardia Reale!
A quel punto, intervenne il vecchio Xavier. – Maestà, se mi è consentito, vorrei intervenire nella questione.
- Parlate, Gran Maestro.
- Mi permetto di contestare la vostra decisione, Maestà: volete davvero mandare cento dei vostri migliori uomini contro degli assassini senza pietà che, fino ad ora, hanno sterminato chiunque si sia messo sul loro cammino? Dalle informazioni che ci pervengono, i soggetti che ci ritroviamo come nemici, sono quasi esseri sovrumani per le loro abilità. Nessuno è riuscito a tener loro testa. Se anche questa volta non fosse diverso, perdereste molti dei più valorosi e preziosi cavalieri che avete al vostro comando.
- Che cosa suggerireste di fare, dunque??
- Rifiutarsi di combattere e stabilire degli accordi con loro per distrarli e far credere loro di averci battuti, per poi attaccarli con l’inganno e prenderli come prigionieri.
- Non se ne parla!! Non ho mai optato per le soluzioni dei codardi, vecchio! Preparate i vostri uomini alla battaglia, ser Kylan! – ordinò deciso il re.
- Agli ordini, Maestà – acconsentì nuovamente il giovane Marbrand, per poi dirigersi verso l’uscita della sala del trono, fermandosi prima accanto a suo padre. – Non prendere parte alla battaglia – gli ordinò, facendo poi per andarsene.
- Che stai dicendo, Kylan? Se il re me lo ordinerà, lo farò.
A ciò, il ragazzo si riavvicinò a suo padre. – Non farlo, padre. Non scendere in campo. Promettimelo – insistette dando uno sguardo alla benda che copriva ancora la metà sfigurata e ferita del volto del suo genitore.
- Sai che non posso farlo. Se ce ne sarà bisogno, mi vedrai in prima linea, accanto a te.
- Non ce ne sarà bisogno – rispose determinato, poi riallontanandosi.
- Figliolo – lo richiamò suo padre, facendolo fermare. – Fa’attenzione.
Kylan annuì e abbandonò definitivamente la sala.
 
- La prima formazione resti accanto a me! – esclamò il giovane Marbrand camminando avanti agli altri e sfoderando la sua spada. La prima cosa che pensò, era che fosse il colmo esser costretto a combattere contro coloro che stava aiutando da mesi.
I Fantasmi erano fermi, in attesa, dinnanzi a loro, come avvoltoi.
Nel momento in cui Kylan ordinò di attaccare e corse insieme ai suoi verso gli avversari, questi rimasero ancora immobili, aspettando che si avvicinassero, per poi sfuggire alla loro presa come ombre e scattare a loro volta, provocando già le prime stragi dei meno prudenti e troppo sicuri di vincere.
- Mantenete le vostre posizioni! – esclamò il giovane Marbrand facendo ciò che era abituato a fare e mantenendo la calma mentre la battaglia era appena entrata nel vivo. I soldati della Guardia Reale riuscirono a mantenere alto il nome di guerrieri migliori della corona per un po’, persino contro degli avversari come i Fantasmi.
Kylan dovette sfoderare tutte le sue migliori tecniche e mosse per riuscire a tenere testa a quelle saette inumane, le quali erano state in grado di metterlo in difficoltà.
Dopo un’ora di battaglia, Kylan e GreyShade si trovarono a pochi metri di distanza l’uno dall’altro, nel mezzo del campo. I loro occhi chiari si scrutarono come felini calcolatori, quelli che spiccavano circondati dalle bende della guida dei Fantasmi e quelli lasciati scoperti dall’elmo del lord comandante. Quest’ultimo si chiese come avrebbe agito l’individuo che gli era di fronte: Sam gli aveva detto subito della loro alleanza, lo aveva informato su chi fosse il suo nuovo alleato ed era convinto di esser stato anche descritto fisicamente, soprattutto per farlo riconoscere nel caso si sarebbero ritrovati in una tale situazione. Dunque, teoricamente, GreyShade e i suoi discepoli avrebbero dovuto cercare appositamente di non ucciderlo nel combatterlo, contando anche l’aiuto prezioso che era stato in grado di fornire loro fino a quel momento. Continuarono a guardarsi girando in tondo, piano, quasi si stessero seguendo, rimanendo con le mani strette sulle rispettive armi.
- Sì, so chi sei, se te lo stai chiedendo, lord comandante – si decise a parlare GreyShade non distogliendo lo sguardo. – So quanto sia stato importante il tuo contributo alla nostra causa fino ad ora. Tuttavia … - aggiunse alzando la sua sottile spada e guardandola. – Il mio esercito sta combattendo contro il tuo ora. Perciò non ci servirà trattenerci – disse scattando verso di lui e attaccandolo per primo, facendo capire al cavaliere che lo avrebbe trattato al paro di tutti gli altri uomini della corona.
Kylan, essendo rimasto tutto il tempo all’erta, si difese degnamente da quell’attacco, facendo scontrare la sua spada, ben più grande ma anche più pesante, con quella dell’altro. Seguirono altri tre colpi a regola d’arte, ben orchestrati, calibrati e sventati dai due. GreyShade era riuscito a colpire il fianco del cavaliere con un violento calcio, mentre quest’ultimo aveva avuto successo nell’ardua impresa di provocargli un lungo taglio sulla spalla.
A ciò, GreyShade guardò qualche goccia del suo sangue colare sulle bende, per poi sorridere all’altro, quasi compiaciuto. – Siano ringraziati gli déi: finalmente un avversario decente.
Altri colpi fenderono l’aria densa, già pregna di puzza di sangue, la velocità e la precisione di uno si scontravano con la forza e l’energia dell’altro, instaurando un ritmo serrato, asfissiante, torbido di respiri interrotti e di terra arida alzata, soffocante come il sole che li stava bruciando sempre più da vicino,  desideroso di sciogliere la carne umana. La desolazione si faceva strada intorno a loro, divorando tutto ciò che potesse, stroncando la vita con noncuranza, decorando l’oltretomba di giovinezza.
 
 
Eveline scese da Abigail e così fece Aris con il suo cavallo. Le mura di Qarth erano alte dinnanzi a loro e le porte si aprirono immediatamente, come se, chi fosse all’interno, avesse atteso il loro arrivo fino a quel momento.
La giovane rosa guardò lo stregone come per conferma e lui le fece segno di entrare.
Non appena varcarono le porte, notarono immediatamente lo sfarzo e l’immensa ricchezza di quel tanto decantato luogo. Gli abitanti di Qarth si fermarono a guardare i due ospiti incuriositi, come ammaliati da una calamita.
Non facendo caso alla vita che sembrava essersi interrotta intorno a loro, lo stregone fece strada e i due proseguirono giungendo verso la Casa degli Eterni.
- Sei agitata? – le chiese l’uomo.
- Dovrei esserlo?
- Non serve bussare. Loro sanno – disse Aris non appena furono dinnanzi all’imponente struttura.
In quel momento, un individuo alto, con indosso un‘elegante vestaglia nera, dai capelli lunghi fino al terreno e completamente privo di cornee, aprì loro il portone e sorrise. Eveline dovette fare appello al suo autocontrollo per non fare un passo indietro non appena se lo ritrovò dinnanzi.
- Qualcosa vi turba, splendida fanciulla? Forse sono io? – chiese cordiale allargando il sorriso, nonostante non potesse vederla.
- No, affatto.
- Bene. Lieto che abbiate accettato il nostro invito, grande Aradia – le disse inchinandosi, prendendole la mano e baciandogliela.
- “Grande Aradia”? Che state facendo? – chiese lei ritirando la mano.
- Siete divenuta una strega, ma, sbaglio, o sareste dovuta essere anche la regina dei sette regni? – le chiese facendole intendere che conoscesse la sua identità.
- Non mi importa della discendenza. Non voglio ricoprire quel ruolo e mai lo ricoprirò – rispose decisa.
A ciò, l’uomo voltò lo sguardo verso il Silenziatore. – Sono felice di rivederti, Aris Moorlajne. Che bella sorpresa – lo salutò, attirando maggiormente l’attenzione della ragazza, la quale, per la prima volta, udì il cognome del suo maestro.
- Non era previsto questo ritorno,  Vän. A qualcuno serviva un supporto morale – rispose neutro, riferendosi alla giovane.
- Siete i benvenuti. Prego, entrate – disse loro facendoli entrare nella buia dimora, colma solamente di altri individui tutti uguali a lui.
- Di che incantesimo si tratta? – chiese Eveline osservando tutti i copioni dello stregone che li aveva accolti.
- Nessun incantesimo, cara – le disse appoggiandole delicatamente le mani dietro la schiena per guidarla e indicando uno dei doppioni.
Questo, non appena la vide, mutò forma e assunse le sembianze della giovane rosa. Così fece un altro non appena guardò Aris, con le sembianze di quest’ultimo.
- I miei fidati compagni si divertono ad assumere l’aspetto di chi osservano. Prima avevano tutti il mio perché vedono sempre e solo me qui dentro, a meno che non venga qualche ospite. Simile ad uno dei tuoi trucchetti, non è vero, Aris? – chiese l’Eterno volgendo lo sguardo al Silenziatore, dietro di lui.
- Io non assumo le sembianze di altri individui, Vän – lo corresse l’uomo.
- Perché mi avete invitata? – domandò improvvisamente la ragazza.
- Perché invitiamo tutte le streghe e gli stregoni che attirano il nostro interesse – rispose tranquillamente l’Eterno.
- Perché avrei attirato la vostra attenzione? E perché quando avete mandato i vostri sicari a mandarmi l’”invito”, hanno detto che volevano vedermi anche i Superni?
- Noi Eterni e quelli là sopra non abbiamo nulla a che vedere. Proprio come abbiamo fatto con il vostro accompagnatore molti anni fa, vi sottoporremo ad una prova. Se la supererete, sarete libera e molto più forte di prima.
- Se non la supererò?
A quella domanda, lo stregone sorrise ancora. – Riuscite ad immaginarlo? Cosa potrebbe succedervi? – le chiese ponendo melodrammaticamente le mani dinnanzi alla bocca e venendo imitato da tutti gli altri contemporaneamente.
- Non desidero prostrarmi ai vostri giochetti. Sono qui per un motivo ben preciso.
- Diteci, deliziosa … avete un desiderio.
- Sì.
- Siete nel posto giusto. Qui ogni cosa può diventare reale. L’immaginazione, i tormenti dell’anima, il pensiero astratto, prendono vita. Dipenderà da voi far divenire reale qualcosa di nefasto … o qualcosa di meraviglioso. Qualcuno è riuscito persino a mutare il passato qui dentro … anche se a caro prezzo … - disse avvicinandosi al Silenziatore questa volta.
- Il passato è inchiostro già stampato. Se si provasse a cambiarlo, il mondo si capovolgerebbe  – rispose lei.
 - … e il futuro …
- Ognuno forgia il suo futuro con le proprie mani.
- Ne siete sicura? – chiese come se già sapesse cosa le sarebbe accaduto in futuro.
A quel punto, un flash attraversò la mente della Targaryen. – La fossa delle Sorelle … era vicina a Qarth. Voi avete richiesto che fosse posta accanto a Qarth. Voi eravate d’accordo con la sacerdotessa della luce che le ha riportate in vita … voi sapete della profezia, dell’Armata Scarlatta che combatterà contro di me. State aiutando il Dio Rosso perché avete visto nel fuoco.
- Perché abbiamo visto nel fuoco? – storse il naso aquilino l’Eterno.
- No … altrimenti perché vi divertireste a rischiare di tenermi prigioniera qui, di uccidermi prima che si avveri la profezia …? Voi non lo state aiutando ... voi avete ricevuto qualcosa in cambio da lui pagando con il vostro aiuto, costruendo la fossa, facendo in modo che venissero resuscitate e proteggendo la sacerdotessa da coloro che la cercano per ciò che ha fatto. Ora, però, ve ne state lavando le mani … non vi importa più … - ipotizzò Eveline.
- Ed ora siamo stati accontentati doppiamente! – esclamò l’Eterno alzando le braccia e venendo imitato contemporaneamente dagli altri.
- Non sono venuta qui per farmi imprigionare o uccidere da voi. Non cantate vittoria così presto.
- Mio tesoro, siete tenace, intelligente … Ma non così tanto.
- Aris ce l’ha fatta. Lui è il mio maestro.
A ciò, l’Eterno si avvicinò ancor di più al Silenziatore, ponendosi dietro di lui e sfiorandogli il collo con le unghie lunghe, posando poi una lama appuntita sul suo collo.
Un brivido freddo attraversò in un secondo la schiena di Eveline.
- Maestro … o qualcosa di più? – chiese l’Eterno, spingendo la lama leggermente in profondità e ferendo superficialmente la gola del Silenziatore.
- Non potete farlo … lui può sfuggire alla vostra presa senza che voi ve ne accorgiate – affermò convinta la ragazza.
- Non glielo hai detto? – chiese l’Eterno ad Aris.
- Dentro la Casa degli Eterni, questi possono annullare qualsiasi potere ultraterreno oltre il loro – rivelò il Silenziatore alla giovane rosa, facendole prendere coscienza che sia lui che lei fossero totalmente inermi e indifesi in quella struttura.
- No … non può essere … - disse attonita, muovendo qualche passo verso di lui.
- Ah ah, non se ne parla. Lui viene con me, stellina. Dovrete continuare da sola. D’altronde, la prova è solo per voi.
- No, lasciatelo andare! – esclamò vedendo l’immagine dell’Eterno e di Aris suo prigioniero svanire gradualmente nel nulla. – Non lasciarmi ora – disse ritrovandosi quasi completamente immersa nel buio e fissando le sue iridi in quelle rosse del Silenziatore, il quale fece in tempo a dirle qualcosa prima di venire portato via. – Puoi farcela, fiore del Nord. Puoi farcela benissimo. Anche senza di me.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 24
*** Qualcosa per cui combattere ***


Qualcosa per cui combattere
 
“Svegliati …”
Quella voce. Non riusciva a riconoscerla. Forse era di sua madre, oppure di una dea …  di certo non apparteneva ad una persona viva.
“Alzati in piedi, giovane cavaliere”
Ma per quanto ci provasse, non ci riusciva. La forza non gli era mai mancata, ma ora … ora era diverso. Non percepiva più il suo corpo.
Si chiese se fosse morto. Colei alla quale apparteneva quella voce lo capì e rispose. “Non ancora. Ma se non ti alzi ora, lo sarai. Trova la forza di combattere ancora”
La forza di combattere … per cosa stava combattendo? Per cosa stava mettendo a rischio la sua vita? Provò ancora a trovare quella forza che gli avrebbe permesso di alzarsi … tutto il corpo cominciò a tirare, a pungere e a bruciare di dolore … aveva ricominciato a risentirselo suo per quanto fosse insopportabile … lo sentiva. Tirò ancora quella corda immaginaria e sospesa fin quando non aprì gli occhi e scoprì che il dolore era infinitamente peggiore fuori.
Gli occhi chiari entrarono a contatto con il cielo scuro e la polvere che oscurava il sole debole. La visione era completamente appannata, ma riusciva a sentire bene i rumori. Le urla atroci, quelle che si udivano solamente quando una battaglia era giunta al capolinea, quando la violenza aveva valicato un limite sacro nel campo del massacro. Fece un altro sforzo immane per muovere il suo corpo, urlando di dolore un secondo dopo, scoprendo che le ferite che lo ricoprivano non gli permettevano di farlo. In quel momento ricordò. Era stato GreyShade a ridurlo così. Per la prima volta era stato battuto e reso in fin di vita, oltretutto, da un suo alleato. Il sapore del sangue infondo alla gola lo stava nauseando, ma mai quanto il torbido e penetrante odore di sangue morto e di putrefazione che lo circondava. La terra, appiccicata a lui come fosse una seconda pelle, gli era arrivata persino in bocca, con la sua consistenza granulosa e il sapore amaro.
Si rigirò su se stesso con immensa fatica e con la mano si aggrappò al terreno, per avere un appiglio, ma invece di infilzarsi a terra, le dita si ancorarono ad un corpo morto, uno dei tanti, dei suoi compagni.
Si guardò intorno e si ritrovò completamente circondato da corpi ammucchiati, rigirati innaturalmente, visi immobili, occhi vitrei, carni squarciate e cerulee ricoperte di terra e di sangue secco, affogate nelle loro stesse ferite, ma essendosi fatte valere, avendo combattuto fino alla fine contro un nemico immortale. Sicuramente molto di quel sangue che lo circondava era il suo, nonostante fosse ammassato alle decine di corpi che si incastravano al suo e lo imprigionavano. Urlò di dolore, cercando di sbucare fuori e di tirarsi via di dosso qualche braccio o gamba, mentre la testa gli girava tremendamente e la visione rimaneva perennemente appannata. Cercò di alzare il volto per quanto potesse e di mettere a fuoco, rimanendo sorpreso di scoprire che intorno a lui, solamente in pochissimi stessero ancora combattendo e portando avanti l’estenuante battaglia. Evidentemente aveva prevalso l’orgoglio in David: preferiva perdere cento dei suoi migliori uomini piuttosto che far scendere in campo altre truppe per fronteggiare quel nemico imbattibile. Voleva combattere ad armi pari. Ci avevano provato, ma era andata male. Un sorriso sfinito gli ornò il voltò dolorante nel pensare che, almeno, suo padre non fosse sceso in campo. Sarebbe bastato quel massacro a far prendere coscienza che i Fantasmi della Notte non erano una semplice leggenda popolare, dei ciarlatani che volevano solo attirare l’attenzione, ma tutt’altro.
Trovò la forza di mettersi almeno in ginocchio, respirando a fatica e alzando il viso per urlare e farsi udire, o almeno provarci. – Ritirata …!
 
Erano trascorse tre ore dall’inizio della battaglia e Sam non aveva osato uscire dalle sue stanze per controllare l’andamento dello scontro. Era terrorizzato da ciò che avrebbe potuto vedere se avesse guardato fuori.
Ogni minuto trascorreva come un macigno mentre si figurava tutti i possibili esiti che avrebbe potuto avere quel combattimento. Si ripeté che avrebbe dovuto tranquillizzarsi e che i Fantasmi non sarebbero stati sconfitti, e, al contempo, anche Kylan stesse bene. GreyShade sapeva quale ruolo avesse il ragazzo in tutta la faccenda, perciò avrebbe sicuramente mostrato il dovuto riguardo verso di lui. 
All’improvviso udì dei rumori provenienti dal piano inferiore, un trambusto che lasciava presupporre una conclusione a quelle lunghissime tre ore. Si fiondò verso le scale lasciando le sue stanze e, come aveva immaginato, vide un mucchio di soldati andare avanti e indietro per portare i superstiti all’interno della Fortezza e farli medicare d’urgenza. Sembravano tutti moribondi a causa delle loro gravi ferite aperte, le quali lasciavano scie ovunque mentre venivano trasportati. Quella visione provocò al giovane Tarly un brivido lungo la schiena oltre ad un conato di vomito che rimase lì dov’era.
- Il lord comandante ?? – chiese ad uno dei soldati, non riuscendo a trattenere la preoccupazione nel non aver ancora visto il suo amico e alleato tra i superstiti.
- È stato appena portato nello studio del Gran Maestro Xavier. Le sue condizioni sono gravi – rispose l’uomo.
Sam sbiancò e si diresse a passo svelto verso lo studio del vecchio Maestro, entrando senza bussare e trovando un via vai di soldati e di Maestri.
- Questa stanza è troppo affollata! – esclamò il vecchio Xavier. – Ora che lo avete portato qui, andate via, ci penso io. Maestro Reymon, voi rimanete qui con me per assistermi – disse risoluto Xavier scacciando gli altri presenti.
Non appena ebbe modo di avvicinarsi, Sam rimase esterrefatto: Kylan era sdraiato, privo di sensi, il sangue suo e di altri ricopriva ogni lembo della sua pelle; era stato spogliato dell’armatura e nel torace seminudo erano ben visibili profonde ferite traboccanti di quel liquido rosso che gli stava dando alla testa, tra cui una, la più grossa di tutte, si ergeva poco sopra il petto.
Non seppe per quanto tempo rimase immobile, incapace di udire e di percepire il tempo scorrere, ma si risvegliò da quello stato di shock solo quando provò dolore alla schiena a causa di un colpo rifilatogli dal Maestro, manesco come al solito.
 – Cosa …?
- Il mio assistente ti sta richiamando da un po’. Cosa ci fai ancora qui? – gli chiese con serietà statuaria.
- Io resto  – rispose con decisione.
A ciò, Xavier lo guardò negli occhi, poi li chiuse in segno di rassegnazione. – Puoi restare. Ma ti avverto: quando dovrò infilare le mani dentro il suo corpo per rimetterlo apposto, sperando che non muoia nel frattempo, ti farò portare via da qui con la forza. Le possibilità per lui di farcela sono poche e se hai reagito in questo modo per qualche litro di sangue, non oso immaginare cosa faresti se vedessi ciò che gli succederà. Non sei un cavaliere, non hai mai visto una vera carneficina, perciò posso capirlo.
- Come fai a rimanere così calmo …? – gli chiese d’istinto Sam, con il volto più afflitto che mai, cercando di non guardare ancora il suo amico sdraiato su quel lettino.
- È il mio lavoro – rispose Xavier, poi tornando verso Kylan.
- Ma si tratta di lui … - continuò Sam, non ottenendo una risposta dal Maestro e capendo che, in quella particolare situazione, neanche il monumentale Xavier riusciva a mantenere la sua freddezza ed imperturbabilità.
- GreyShade non avrebbe dovuto fargli del male  … - si lasciò sfuggire adirato, mentre l’altro Maestro era temporaneamente assente.
A ciò, Xavier si voltò nuovamente verso di lui. – Prima cosa, il mio assistente potrebbe tornare da un momento all’altro perciò non lasciarti sfuggire mai più una frase di questo tipo, intesi? Capisco che tu non riesca a rimanere lucido trovandoti dinnanzi agli occhi Kylan in queste condizioni, ma cerca di razionalizzare e di non mandare a monte ogni cosa prima del tempo. Secondariamente, i vostri amici, i “salvatori del reame”, hanno ucciso ottantasei dei migliori uomini della Guardia Reale. Gli unici sopravvissuti, oltre Kylan, sono altri tredici, di cui cinque sono in gravissime condizioni.
- … solo tredici …?
- Sì, esatto. Le vittime dei Fantasmi invece, sono state solo una ventina. Direi che sono resistiti anche troppo e questo solo perché, a differenza di molti altri, questi ragazzi hanno le contropalle, oltre ad essere abili combattenti, motivo che ha spinto il re a sceglierli su tutti, rendendoli ingiustamente vittime. Ringrazia gli dèi che Kylan sia un guerriero come ne esistono pochi a questo mondo, altrimenti sarebbe già sottoterra ed oltre ai sensi di colpa e al dolore, ti ritroveresti anche con un alleato in meno. 
In quel momento, qualcuno bussò alla porta.
- Non lasciar entrare nessuno che non sia il Maestro Reymon – lo ammonì categorico Xavier mentre ritornava ad occuparsi del giovane Marbrand.
A ciò, Sam si diresse verso la porta e un moto di rabbia gli risalì dallo stomaco non appena scorse la figura di Lukell.
- Oh, Fahraq, anche voi qui. Che coincidenza! – disse l’uomo mostrando uno dei migliori finti sorrisi amareggiati del suo repertorio.
- Che cosa volete, Lukell?
- Oh, volevo semplicemente controllare le condizioni del lord comandante, il mio caro amico. Volevo farvi sapere che pregherò per lui d’ora in avanti, fino a quando non si rimetterà. Di certo non desidero vederlo morire in maniera così blanda, quando, tempo una settimana, potrei godermi lo spettacolo in modo molto più profittevole.
- Sparite dalla mia vista ora – rispose Sam chiudendogli la porta in faccia.
 
 
Il lungo corridoio non aveva mai fine dinnanzi a lei. Aveva camminato per ore, ma non faceva altro che incontrare sempre e solo lei.
- Eve, perché sono marcia dentro? – le chiese per l’ennesima volta quella bambina così simile a lei da piccola.
La ignorò ancora, oramai senza provare alcun brivido nel scorgerla, e continuò a camminare.
Trovò ironico che quel luogo nel quale era imprigionata, fosse così simile al labirinto iniziale che aveva percorso e superato per giungere la prima volta alla dimora del Silenziatore.
Forse gli Eterni lo avevano fatto appositamente, capendo quanto fosse intenso il legame che condivideva con lui. Oppure era solo la sua sciocca immaginazione, ancora stravolta e incapace di accettare il fatto che Aris non fosse più accanto a lei. Forse lo aveva addirittura perso. Continuò a ripetersi che lo avrebbe raggiunto di nuovo, se lo sarebbe ripreso, qualsiasi fosse l’intento degli Eterni. Non avrebbe permesso loro di ottenere nulla.
Imboccando un’altra delle tante strade buie tutte uguali tra loro, sbucò in una sala rotonda e vuota, altrettanto oscura. L’unica fonte di illuminazione, era un’ampolla rialzata e posta al centro della stanza, la quale conteneva un liquido dal colore vivace, simile a molti intrugli magici che era abituata a creare. Capì di cosa si trattasse non appena si avvicinò e vi lesse sopra, scritto nel vetro della boccetta, la parola “Cura”. Il fiato le mancò all’improvviso, il battito le aumentò e la gola le divenne arida di saliva da ingoiare. Come aveva immaginato, l’unico luogo nel quale avrebbe potuto ottenere qualcosa che non esisteva, era la Casa degli Eterni. Aveva sentito talmente tante storie su quel luogo, da aver sperato di riuscire a rendere reale il suo desiderio: la cura per la malattia che avrebbe ucciso sua madre. Se non fosse mai stata in grado di crearla, avrebbe comunque trovato il modo di ottenerla, dato che quel luogo era composto dai meandri più nascosti della sua stessa anima. E anche da quelli più spaventosi , ne era consapevole. Ma era pronta a rischiare. Non mirava ad ottenere il dominio del futuro, del passato o un potere illimitato come altri avevano anelato, poi distrutti da quella stessa brama, risucchiati in quel luogo tormentato, o come quei pochi che erano riusciti ad ottenere qualcosa di tanto immenso senza essere vinti dai propri mostri e da quelli degli Eterni. Lei voleva solo quell’intruglio.
Sapeva che non sarebbe stato così facile ma, d’istinto, provò ad avvicinare la mano all’ampolla dinnanzi a lei. Ma quando fu sul punto di sfiorarla, si allargò una grossa crepa sopra il vetro che la componeva, poi accompagnata da altre più piccole. A ciò, la fanciulla allontanò immediatamente la mano, capendo che, se l’avesse presa, si sarebbe rotta tra le sue mani.
Abbandonò per un istante la sala, comprendendo che non fosse ancora il momento, e si avventurò nuovamente in quei corridoi bui.
Trascorse altre ore vagando di nuovo con l’unica compagnia dell’inquietante bambina, fino a quando non percepì una presenza in una delle migliaia stanze che si diramavano nel corridoio, così vi entrò.
Il suo sguardo si illuminò di scatto non appena scorse la figura di suo padre. Le sembrò di trovarsi in un meraviglioso sogno nel poterlo incontrare ancora e accorgersi che, questa volta, per la prima volta, lui potesse finalmente vederla.
Anche lui sorrise mentre la guardava corrergli incontro. – Eveline, sei davvero tu?
- Si, padre! Riesci a vedermi! Non mi sembra vero, io non … - disse non trovando le parole e facendo per abbracciarlo, ma ritirandosi un attimo prima di toccarlo, come scottata da qualcosa nel suo essere che le diceva di non farlo.
- Non posso crederci … sei una donna ormai … io ho perso tutto questo tempo in cui avrei potuto vederti crescere … - le disse mentre il suo volto diveniva velato di tristezza.
Il suo sorriso così bello e triste allo stesso tempo, la colpì dritta al cuore. – No, padre … ti prego, non dire così. So perché lo hai fatto … ora l’ho compreso, per quanto mi faccia stare male ... – rispose trattenendo le lacrime e cercando di rassicurarlo.
- Ma d’ora in avanti sarà diverso.
- Che vuoi dire?
- Posso restare con te. Potremmo recuperare tutto il tempo perso. Posso tornare, Eveline.
- Dici sul serio … ? Come??
- Se tu lo volessi, potremmo rimanere insieme quando uscirai da qui – le disse sorridendole affabile e porgendole la mano.
La ragazza rimase qualche minuto a guardare quella mano.
- Se non ti avessi visto qualche settimana fa, prima di giungere qui ... e non avessi avuto la conferma che esisti, che stai bene e che mi ami … io avrei sicuramente ceduto alla tua richiesta. Lo avrei fatto anche se non sei lui. Lo so che non sei lui. Ma mi manca così tanto, che lo avrei fatto. Mi dispiace, non posso accettare – gli disse decisa ma con gli occhi lucidi.
- Se non prendi la mia mano ora, non mi avrai mai – le rispose lui rimanendo con la mano nella sua direzione.
- Ho preso la mia decisione – confermò poi vedendolo lentamente trasformarsi quasi in una visione, divenire sempre meno definito, meno concreto. Provò a sfiorarlo e si rese conto di star toccando solo aria, fin quando non svanì completamente.
Dopo ciò, Eveline uscì dalla stanza e si sentì richiamata da un’altra direzione, così varcò la soglia di un’altra sala, nella quale vi era sua madre deformata dalla tremenda malattia ma felice di vederla. – Mia rosa! La richiamò sul punto di piangere.
La ragazza le si avvicinò ponendosi una mano dinnanzi alla bocca e guardandola sconvolta, cercando di rimanere salda: ogni frammento della pelle della donna era gonfio e squarciato da infezioni e bolle, frutto di una terribile malattia estremizzata. – Madre …?
- Mia rosa! Prendi la mia mano, amor mio!
Eveline si trattenne dall’afferrarla. – Mamma, quando uscirò di qui, avrò la cura per la tua malattia, non temere … anche se non sei davvero tu, voglio dirtelo ugualmente …
- Se prenderai la mia mano, potrai tornare indietro, al giorno nel quale mi hai lasciata e scegliere di rimanere con me! Forse l’amore non guarisce le malattie ma placa ogni sofferenza dell’anima! Da quando te ne sei andata … da quando mi hai lasciata anche tu … ho desiderato morire … ho compreso che non avrebbe avuto senso continuare a vivere …
- Mamma, ti prego, non dire così …
- Se solo fossi rimasta, avrei vissuto gli ultimi istanti con te, con la mia splendida rosa … ora, invece, morirò sola.
- No, non morirai sola. Tornerò con la cura. Lo giuro sugli antichi dèi e su quelli nuovi!
- E se non ci riuscirai? Se dovessi rimanere intrappolata qui, io morirò sola. E se anche riuscissi, potresti non tornare in tempo! Ti prego, mio tesoro, prendi la mia mano! – la scongiurò avvicinandosi ancora.
- Mamma, non posso … ti prego, smettila … - disse sentendosi bruciare gli occhi colmi di lacrime, ma non cedendo, voltandosi e uscendo dalla stanza mentre Margaery spariva.
Nella terza stanza, invece, trovò la persona che, per qualche motivo, si aspettava di trovare: la sua più cara amica la guardava sorridente mentre delle lacrime solcavano le sue guance rosee.
- Dada, che succede?
- Un’altra visione … è colpa di un’altra visione … ma non preoccuparti, sto bene.
- Mi dispiace tanto, Dada … so quanto questo arduo compito per il quale sei stata scelta, ti pesi e ti faccia soffrire immensamente ...
- Diventerò come loro, Eve … presto diventerò come Bran e come tutti gli altri.
- Che stai dicendo? No, no che non diventerai come loro! Tu ce la farai, Myranda! Io ho fiducia in te! Non perderai te stessa! Sei la donna più umana e forte che io conosca, Myranda. Se dovessi diventare come loro …
- Allora liberami da questo fardello – le disse interrompendola.
- Cosa?
- Prendi la mia mano e fa’ in modo che il destino scelga qualcun altro per divenire il prossimo Corvo a Tre Occhi.
- Io … io non posso farlo. Sono certa che resisterai.
- Parli così solo perché tu non sei stata scelta. Hai potuto decidere autonomamente di divenire una strega, tu hai delineato la tua strada da sola! Perché non vuoi dare quest’opportunità anche a me?? Preferisci salvare tua madre piuttosto che tua sorella, la compagna che ti ha sempre capita, seguita e sostenuta, la persona che è riuscita a farti tornare in te, a fermarti prima che sterminassi un intero villaggio quando stavi creando un varco nel terreno?? Tu non sai cosa si prova!! – urlò inginocchiandosi e piangendo disperata.
La mente, gli occhi e tutto il corpo della giovane rosa cominciavano a cedere e a venire meno dinnanzi a tutto quel dolore, quelle intense emozioni e alle decisioni giuste o sbagliate che stava prendendo. – Myranda … io non posso farlo non perché preferisco salvare mia madre. Non posso farti questo perché sei stata scelta per un motivo e non posso permettermi di cambiare questo … non posso liberarti da questo fardello perché non me lo perdoneresti … perché, per quanto ti faccia stare male, ti ha arricchita, ti ha donato qualcosa che non voglio toglierti. So che non rinunceresti persino a questo … spero che … spero di aver preso la decisione giusta … - disse con la voce rotta, vedendola scomparire.
Quando la giovane varcò la soglia della quarta stanza e vide chi vi fosse all’interno, ebbe il presentimento che, forse, quella scelta sarebbe stata la più ardua di tutte.
- Sono io, vero? – le chiese Hayden abbozzando un sorriso agghiacciante per quanto doloroso. Lui era diverso, esattamente come lo ricordava nel sogno che aveva fatto quella notte di due anni prima: più grande, più alto, il viso e lo sguardo completamente differenti, gli occhi neri vuoti e i capelli argentati sporchi di sangue fresco, così come il volto e i vestiti regali.
Nel guardarlo dopo tutto quel tempo così cambiato, per un attimo, Eveline non riuscì a rispondergli. – Sei tu? – gli chiese d’istinto.
- Sono io il Figlio della Follia di cui parla la profezia, vero?
- Voglio sperare fino all’ultimo che non sia così … - gli rispose la ragazza come risvegliandosi. – Per gli déi … mi manchi così tanto, Den …
- Mi manchi anche tu. O, per lo meno, mi mancavi prima che mi trasformassero in un mostro.
- Che cosa ti stanno facendo, cugino mio?
Lui sorrise ancora e non le rispose a quella domanda. – Combatteremo uno contro l’altra.
- Io non combatterò mai contro di te.
- Ma succederà – disse lui freddo, muovendo qualche passo verso di lei.
- Non potrei mai e poi mai farti del male.
- Ma la profezia dice questo. La Figlia del Male combatterà contro il Figlio della Follia. Che nomi “originali” ci hanno dato …
- Io non sono la Figlia del Male e tu non sei il Figlio della Follia. Sono solo dei nomi insignificanti. Perché dovremmo esserlo? Perché deve andare in questo modo??
- Prendendo la mia mano salveresti milioni di vite – le disse improvvisamente porgendogliela.
- Che vuoi dire?
- Se prenderai la mia mano, io non verrò mai rapito dal re, rimarrò a Grande Inverno insieme a mio padre e non diventerò un mostro. Di conseguenza, la profezia non si adempirà, tu non dovrai combattere contro di me e non ci sporcheremo del sangue di milioni di persone.
Eveline rimase ferma immobile, come colpita da un fulmine, fin quando non la destarono ancora le parole di Hayden. – Se attenderai un altro po’, svanirò.
- Io non posso cambiare il passato, Den. Non posso farlo. Il passato ha reso quelle milioni di persone ciò che sono ora …
- … ma ha reso me un mostro, privandomi di una vita degna di essere vissuta – la interruppe secco.
- Lo farei solo per te … lo farei se non ci fosse in ballo il passato, il presente e il futuro di moltissime altre vite … - disse asciugandosi velocemente le lacrime che avevano preso a solcarle il viso, facendole prendere coscienza di averne versate più in quel poco tempo che stava trascorrendo in quel luogo, che in anni della sua vita. – Posso salvarti da questo destino ugualmente  …
- Se rifiuterai, non sarò mai più lo stesso. Non sarò più tuo cugino Hayden Stark, ma solo il tuo peggior nemico. Vivi con questa certezza e non cercare di cambiarla – affermò scomparendo nel nulla.
- Oh dèi del cielo … - disse inginocchiandosi prima di uscire dalla stanza. – Vi prego … datemi la forza per andare avanti ed affrontare il resto di ciò che mi attende qui …
Infine, giunse nella stanza nella quale si trovavano Sam e Ruben.
Non poté fare a meno di sorridere di gioia non appena li rivide. Tuttavia, loro non erano cresciuti.
- Ehi … ragazzi … - disse tremando di felicità e trattenendosi dall’abbracciare anche loro. – Non avvicinarmi a voi per stringervi è più difficile di quanto credessi … non vedo l’ora di riabbracciarvi …
- Ah sì? – fu Ruben a parlare per primo.
- Certo, Rubbie …
- Non chiamarmi così. Tu e Myranda mi avete abbandonato e siete scappate da sole pur di salvarvi la pelle, lasciandomi in balia dei cani al servizio del re.
- Ruben, quello è il mio rimpianto più grande! Credimi, cugino, ci ho pensato per notti intere e …
- Non avrai più modo di recuperare – la interruppe secco.
- Che cosa … ? Che significa?? Quando tornerò sarete tra le prime persone che vorrò stringere tra le mie braccia. Ucciderò per riavervi con me …!
- Quando ve ne siete andate, pur di far scappare almeno Davos, zio Oberyn e Varys, ho fatto arrabbiare i nostri carcerieri. Mi hanno picchiato come una bestia, fino a quando non mi hanno ucciso. Il mio cadavere è stato gettato in un fiume. Non mi rivedrai mai più, Eve.
A quelle parole, la giovane rosa si pietrificò. – No … no … stai mentendo!
- Perché dovrei? Ti hanno detto che sono scomparso, no? Non sanno se sono vivo o morto. Questa è la conferma.
- No!! Myranda ha visto il momento in cui ti hanno quasi ucciso! Lei ha detto di essere sicura che non sei morto, che probabilmente hai solo perso la memoria …
- Myranda non è ancora un Corvo a Tre Occhi. Myranda può sbagliare. Ti ha detto di non aver visto più nulla dopo il colpo fatale, no? Ti sembra davvero così difficile da credere, cugina? – le chiese calcando l’ultima parola volutamente.
- Lo stesso vale per me, Eveline – intervenne Sam, con lo stesso sguardo sprezzante.
- Anche tu, Sam …?? Come ??
- Mi avete abbandonato a me stesso, lasciandomi alla Cittadella, dando per scontato che lì sarei stato al sicuro … al sicuro! – esclamò ridendo da solo nervosamente. – Mi hanno trovato subito gli uomini del re. Mi hanno ucciso perché sarebbe costata loro troppa fatica tenere a bada anche me …
- No, no, no, non è possibile !! – esclamò Eveline indietreggiando, ponendosi le mani sulla testa, stringendosi i capelli.
Loro si avvicinarono mentre lei si accovacciava su se stessa e continuava a ripetere la stessa frase. – Non è possibile, non è possibile, non è possibile!
- L’egoismo vi ha portate ad abbandonarci entrambi!
- Ora siete le uniche del branco ad avere la possibilità di vivere la vostra vita!
Urlò prima uno, poi l’altro.
- No … no, no, no … - sussurrò lei continuando a stringersi i capelli e affondando il viso tra le gambe piegate.
- Prendi la nostra mano e avrai modo di tornare indietro per salvarci entrambi.
- Non posso cambiare il passato … io non posso … non è giusto … voglio rivedervi … io voglio rivedervi con tutta me stessa … - continuò a farneticare mentre i singhiozzi bloccavano il suo respiro.
I due continuarono ad urlarle contro accuse orribili, fin quando le loro voci non divennero sempre più soffuse, fino a svanire.
Quando non le udì più, Eveline, tremante, alzò di poco il viso accorgendosi che fossero svaniti anche loro. A ciò, si rialzò in piedi e cominciò ad urlare al cielo. – No!!! No!! Tornate qui!! Tornate e continuate ad urlarmi contro!! Così potrò avervi ancora per poco con me!! Mi dispiace!! È tutta colpa mia! – gridò lasciandosi cadere in ginocchio e abbracciandosi da sola, continuando a piangere.
Ma capì che il suo strazio non si sarebbe concluso lì, quando la raggiunsero tutte le persone alle quali teneva e che aveva incontrato nel corso del suo cammino: vide Oberyn insieme al resto della sua grande famiglia di Grande Inverno, Veherek seguito da quella dei dothraki, Leja e Syria insieme alle altre figlie maledette. Tutti quanti la accerchiarono e cominciarono a proporle la loro richiesta contemporaneamente, opprimendola come avvoltoi pronti a divorare la sua carne alla minima esitazione. Li guardò tutti dal basso, venendo quasi inghiottita, fino a quando non penetrò nel cerchio la solita bambina, prendendole la mano timidamente e conducendola fuori dall’accerchiamento, il quale svanì non appena le due ne uscirono.
- Chi sei? Cosa vuoi da me? – le chiese Eveline, ancora stravolta e scossa per ciò che aveva appena subìto. – Ti prego, lasciami sola.
La bambina la osservò dal basso, poi parlò. – Ti rimane ancora un’ultima stanza da visitare.
A quelle parole, la giovane rosa capì immediatamente chi fosse l’ultima tentazione da affrontare, una persona della quale aveva percepito notevolmente l’assenza, tra tutte quelle che amava e che avevano provato a dissuaderla dal suo proposito iniziale.
- Aris. Manca lui …
- Ma prima di portarti da lui, devi seguirmi in un posto, Eve – le disse la bambina prendendole la mano e cominciando a camminare.
 
 
- Com’è andata? – chiese Sam entrando nuovamente nello studio di Xavier, dopo la delicata operazione che quest’ultimo aveva compiuto per tentare di salvare il giovane Marbrand. Come aveva promesso, era uscito dallo studio per non assistere e non rischiare di svenire dopo i primi secondi, nonostante sarebbe voluto rimanere. Tuttavia, aveva avuto modo di sfruttare adeguatamente quelle due ore, riuscendo a combinare un incontro segreto con GreyShade fin quando questo era ancora nelle vicinanze di Approdo, e chiedergli spiegazioni riguardo l’atto insensato che aveva compiuto tentando di uccidere anche Kylan.
Posò lo sguardo sul suo amico e tirò un lieve sospiro di sollievo nel non ritrovarlo nelle inumane condizioni di due ore prima: erano riusciti a ripulirlo di tutto il sangue mischiato alla terra ancorato su di lui, aveva tutte le ferite sul torace e quella sul petto ben fasciate e coperte, e il suo viso privo di sensi, per quanto di un colorito intensamente bianco cadaverico, sembrava assopito tranquillamente, come in un sonno profondo, ma non tanto da renderlo immobile, difatti sembrava respirare regolarmente.
- Ho fatto tutto ciò che potevo. Ora dobbiamo solo sperare e pregare gli dèi. Ad ogni modo, è in dormiveglia. Se sei fortunato riuscirai anche a parlargli.
- D’accordo. Grazie, Xavier, davvero.
- Non devi ringraziarmi, figliolo. La mia professionalità va oltre i legami personali, ma … tengo molto a quel ragazzo, quasi come ad un figlio. Dunque è del tutto normale che io abbia fatto l’impossibile per salvarlo. Ora vado un secondo a parlare con gli altri Maestri. Se c’è qualcosa che non va, non esitare a chiamarmi – gli disse ponendogli la mano sulla spalla, per poi allontanarsi.
A ciò, Sam si sedette accanto al letto, aspettando che Kylan aprisse gli occhi. In quei momenti, mentre osservava le condizioni critiche in cui si trovava il ragazzo, ripensò automaticamente alla conversazione che aveva tenuto poco prima con GreyShade.
- Allora, di cosa volevi parlarmi? Non ho molto tempo – gli disse la guida dei Fantasmi entrando nella casa abbandonata di Fondo delle Pulci.
- È trascorso più di un anno dall’ultima volta che ci siamo visti e io ho sempre riposto la massima fiducia in te, senza mai dubitare dei tuoi piani per indebolire e contrastare la corona. Io mi sono fidato! – esclamò il giovane Tarly, non ricevendo alcuna reazione palpabile dal ragazzo bendato.
- Qual è il punto?
- Qual è il punto, mi chiedi?? Come mi sono adoperato io per aiutarti e avvantaggiarti, lo stesso ha fatto anche Kylan! Abbiamo lavorato sempre insieme, abbiamo rischiato insieme … senza di lui sareste riusciti ad ottenere sì e no la metà dei progressi che avete raggiunto fino ad ora, e che vi hanno permesso di divenire una speranza per il popolo e una minaccia reale per David! Perché lo hai trattato come tutti gli altri cavalieri che hai quasi sterminato, riducendolo in fin di vita?? È questa la considerazione che hai dei tuoi alleati?? Io mi fidavo di te!
Non appena udì l’ultima frase, GreyShade si decise a rispondergli. – Dunque hai deciso di rompere l’alleanza? – gli chiese senza alterarsi. – È una tua decisione, d’altronde.
A quella domanda, Sam si bloccò, come scosso. – No. Non romperò la nostra alleanza. Ma forse perderò un amico importante e tu un alleato prezioso. Volevo solo ricevere chiarimenti al riguardo da te – rispose cercando di mostrarsi atono.
A ciò, GreyShade gli si avvicinò. – Dimmi, Sam Tarly, tu credi di conoscermi, per caso?
- Lo credevo, sì. Ma ora, non ne sono più così sicuro. Tuttavia, resterò con te. Continuerò a rimanere al tuo fianco.
- Ne sono lieto – rispose vacuo. – Ad ogni modo, spero che il lord comandante si rimetterà. È un ottimo combattente e un cavaliere valoroso, oltre ad essere un ottimo alleato. Non so quando ci rivedremo. Questo attacco a sorpresa è servito per affermare la nostra presenza e indebolire l’esercito del re. Ora il Crakehall è intimorito e ci penserà due volte prima di mandare contro di noi un esercito di soli cento uomini, per quanto siano forti, abili e coraggiosi.
- Al re non è andato giù il vostro attacco, il vostro insulto e la perdita che ha subìto: presto invierà le truppe guidate dal Primo Cavaliere a cercarvi per combattervi ancora. L’ho sentito dire da quest’ultimo – rivelò Sam.
- Quell’uomo è più stupido di quanto immaginassi. Ad ogni modo, ci faremo trovare pronti. Ti faremo avere notizie. A presto, Sam – gli disse uscendo dalla casa.
Fu distratto da quei pensieri quando sentì mugolare lievemente e si accorse che Kylan stava pian piano aprendo le palpebre, le quali non riuscivano ancora a mettere a fuoco perfettamente e ad aprirsi al completo.
- Ehi – richiamò la sua attenzione Sam abbozzando un sorriso e cercando di nascondere la malinconia che provava.
- Sam …? – sussurrò l’altro scorgendo la sua figura accanto al letto. – Faccio così paura ? – gli chiese accennando un sorriso stanco.
- Sembri un cadavere che parla – gli rispose Sam cercando di ironizzare. –  Kylan … non sai quanto mi dispiaccia e quanto io sia adirato per quello che è successo … io non riesco a capacitarmi di …
- Sam – lo interruppe il cavaliere appoggiandogli una mano sopra il polso per rassicurarlo. – Non fa niente. Se riuscirò a sopravvivere, mi rimarrà qualche cicatrice e niente di più.
- Non doveva ridurti così! Se non riuscirai a rimetterti … !
- Ha fatto ciò che ha ritenuto giusto.
- Credevo di conoscerlo …
- Evidentemente non è così.
Ci fu una breve pausa, fin quando Sam non gli accennò un altro sorriso, cambiando discorso. – Tuo padre ti è stato accanto per tutta la durata dell’operazione … l’ho visto entrare mentre Xavier ha cominciato e uscire da qui solo quando il re lo ha richiamato. Non appena saprà che ti sei svegliato si fionderà qui.
- Non mi resta difficile crederlo. Sono il suo unico figlio, ripone in me tutte le sue aspirazioni. Ad ogni modo, sai se il re manderà le sue truppe contro i Fantasmi? Immagino che, dopo la perdita di oggi, abbia capito di non poterselo permettere … - disse il ragazzo come fosse scontato.
A ciò, Sam ingoiò a vuoto cercando di non darlo a vedere. Non aveva mai mentito a Kylan, ma, in quel momento, non poteva permettere che avesse altre preoccupazione per la testa. Doveva rimettersi ad ogni costo. – Infatti, hai ragione. Il re ha deciso di non sacrificare più nessuno dei suoi uomini dopo oggi. Tuo padre è al sicuro, per il momento.
- Bene – rispose il cavaliere tranquillizzandosi, per poi agitarsi di scatto e riportare gli occhi su quelli di Sam. – Lorraine. Sam, devi tenerla lontana da qui.
- Cosa?? Kylan, non posso! Avrà sicuramente saputo ciò che ti è successo e vorrà vederti! Potrebbe essere l’ultima occasione che ha per farlo: Xavier ha fatto ciò che ha potuto ma non sei fuori pericolo … potresti non superare la notte.
- Non importa, devi comunque impedirle di venire qui! Promettimelo, Sam.
- Non posso farlo …
- Ti prego. Se qualcuno dovesse vederla venire da me e lo dicesse al re, lui la ucciderebbe per gelosia. Non posso permetterlo. Devi aiutarmi a proteggerla, Sam. Promettimi di tenerla lontana da qui in qualsiasi modo, anche dicendole che sto bene e mi rimetterò presto, se necessario.
- Se dovessi morire, mi sentirei doppiamente un verme per aver perso te e per aver fatto soffrire lei. Ma lo farò. Se pensi che sia necessario a proteggerla …
- Grazie, Sam. Sei un vero amico – gli rispose, poi tossendo e facendo smorfie di dolore.
- Vado a chiamare Xavier.
- No, sto bene …
- Kylan … ? – chiese una terza voce entrando nello studio in quel momento e spalancando gli occhi colmi di gioia nel trovarlo sveglio.
- Padre – lo salutò il ragazzo.
- Figlio mio … queste sono state le ore peggiori della mia vita! – gli disse piombando accanto al letto.
- Vi lascio soli – rispose Sam allontanandosi, rivolgendo un ultimo sguardo di intesa al suo amico e avvicinandosi alla porta, dalla quale era appena rientrato anche Xavier. – Maestro – gli disse avvicinandosi al suo orecchio per non farsi udire dagli altri due. – Ho detto a Kylan che suo padre non combatterà contro i Fantasmi, ma se ora parla con lui …
- Non temere: ho detto a ser Colten che Kylan ha bisogno di riposo in questo momento per avere speranze di ripresa. Sa bene che dovrà evitare di parlargli di guerre e combattimenti – lo interruppe Xavier rassicurandolo.
- Bene.
- Tu occupati della ragazza.
- Cosa?
- Sta arrivando qui. Non è potuta venire prima perché il re l’ha tenuta nel suo letto fino a poco fa per sfogare i suoi dispiaceri. Non avrà fatto altro che cercare di venire a vederlo da quando ha saputo.
- Sì, Kylan mi ha già detto di impedirle di giungere qui.
- Lorraine è una ragazza molto tosta e decisa, figliolo – gli disse Xavier tirando fuori dalla sua veste un pugnale e porgendoglielo.
- Cosa?? A cosa dovrebbe servirmi?? E perché porti con te un pugnale in giro per la Fortezza Rossa??
- Smettila di blaterare e prendilo, per gli dèi: non devi minacciarla realmente, ma falle credere che non hai paura di usarlo. Forse solo questo potrebbe fermarla dallo scavalcarti senza fatica e arrivare lo stesso fino a Kylan.
- Per gli dèi, cosa sono costretto a fare … - sussurrò il ragazzo prendendolo e nascondendolo sotto le sue vesti, per poi uscire dallo studio e attraversare i corridoi per dirigersi verso la sala del trono.
Non appena giunse nell’immensa sala, come temeva, intravide Lorraine attraversarla a passo svelto, in lontananza.
Ella gli andò subito incontro e lui fece lo stesso. – Sei stato da lui?? – gli chiese impaziente.
- Lorraine, non possiamo rimanere a parlare qui, potremmo destare sospetti – la esortò prendendole delicatamente un braccio per condurla altrove.
Ma ella si ribellò alla sua presa decisa e senza fatica. – Non ho tempo per questo, devo vederlo – disse tentando di oltrepassarlo, ma lui si mise sulla sua strada bloccandole il passaggio. – Che cosa stai facendo …?
- Non puoi andare, Lorraine.
- Che cosa vorrebbe dire “non puoi andare”, di grazia?? – chiese cominciando a scaldarsi. – Mi hanno detto che potrebbe morire da un momento all’altro. Voglio vederlo adesso.
- Potrebbe anche essere fuori pericolo da un momento all’altro.
- Sam. Levati di mezzo, ora, prima che passi sopra il tuo cadavere.
- Ti stiamo proteggendo, Lorraine. Non posso permettertelo … - disse il ragazzo mostrandole il pugnale cautamente da sotto la veste, compiendo un’immane fatica nel minacciarla.
Ella spalancò gli occhi nell’accorgersi della minaccia e lo fulminò con le sue iridi chiare, che sembravano quelle di un cielo in tempesta. – Non starai dicendo sul serio …
- Se sarò costretto …
- Ah è così? – chiese ferita. – Ti ha chiesto lui di farlo? – I suoi occhi divennero lucidi mentre si sforzava di sorridere spavalda.
- Lorraine …
- Se non morirà ora, sarò costretta ad assistere comunque alla sua morte tra una settimana, quando quel verme dirà tutto al re e vi farà uccidere entrambi … sempre che “Sua Maestà” non uccida prima me entro quel giorno – sputò tagliente.
Sam si ritrovò senza parole da dire e con un immenso desiderio di infrangere ogni promessa e di condurla immediatamente da Kylan.- Ti prego, Lorraine, torna indietro.
- Credete che io voglia continuare a vivere … a vivere in questo modo. Ma l’unica cosa che mi spaventa ora non è la morte … è solamente l’idea di morire senza aver compiuto qualcosa che dia un senso alla mia banale e futile esistenza …
- Va tutto bene? Milady? Fahraq? – li richiamò Lukell avvicinandosi a loro, mentre ella gli dava le spalle.
- Sì, va tutto bene – gli rispose secco Sam, temendo per la piega che stava prendendo la situazione.
Ella sorrise amaramente come in preda ad una realizzazione. – Se devo morire … allora morirò per un’ottima causa.
Ciò che seguì fu come un flash agli occhi di Sam. Un flash che non avrebbe metabolizzato per giorni, forse mesi. Lorraine, scattando, infilò le mani sotto le sue vesti, afferrò il pugnale che le aveva mostrato, si girò all’improvviso e pugnalò Lukell, rigirando la lama più volte e così furiosamente sul suo stomaco, da ucciderlo dopo pochi secondi, guardandolo mentre cadeva a terra come un sacco di carne calpestato. Dopo di che gli sputò addosso, senza neanche pulirsi le mani sporche di sangue.
A rallentatore, tutti coloro presenti nella sala del trono, tra ancelle, cavalieri, guardie e altri servitori, accorsero dinnanzi agli occhi dei due, rimasti immobili accanto al cadavere: Lorraine con sguardo deciso, soddisfatto quanto perso, e Sam sconvolto ai limiti del possibile.
All’improvviso, mentre le guardie afferravano Lorraine e questa si lasciava maneggiare passivamente, e tutti gli altri presenti cercavano di controllare se lord Lukell fosse del tutto morto, si udì un applauso provenire dal soppalco sopra il quale era posto il trono: re David era appena entrato senza attirare l’attenzione, a causa del trambusto della scena, e avendo compreso cosa fosse accaduto dopo aver scorso Lorraine insanguinata e Lukell morto, aveva cominciato a battere le mani gioioso, quasi come se la sua giornata fosse improvvisamente migliorata dopo ciò.
- Maestà … - si azzardò a chiedergli incredulo uno dei cavalieri presenti.
- Cosa?? Siete sorpresi del fatto che io non sia adirato con la mia concubina favorita?? Che non la voglia morta per aver ucciso un porco traditore che toccava e stuprava le dame di mia proprietà di nascosto e che non sapeva fare altro che divertirsi con le puttane, invece di svolgere il compito di Maestro dei Sussurri di cui era incaricato?? Ah! – esclamò iniziando a ridere di gusto oltre che ad applaudire.
Lorraine era la più perplessa tra i presenti.
Rimasero tutti impietriti fin quando il re non smise di ridere e parlò di nuovo. – Ben fatto, Lorraine della casa Martell. Mi sorprendi sempre e non solo sotto le lenzuola. Questa notte la trascorrerò completamente in tua sublime compagnia! E voi, togliete subito le mani da lei prima che ve le faccia tagliare! – ordinò alle guardie che la stavano ancora trattenendo, avvicinandosi e baciandola passionalmente.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 25
*** Aris ***


Aris
 
- Ecco, ora ti faccio vedere.
- Che cosa vuoi farmi vedere? – chiese Eveline alla bambina.
- Quanto sono marcia dentro – rispose con naturalezza la piccola.
- Tu non sei marcia …
- Invece sì – le rispose convinta legandola su una croce alzata con la forza del pensiero.
Eveline provò a dimenarsi ma i polsi, le caviglie e il ventre erano avvolti da corde troppo strette. I lunghi capelli scuri le sfioravano il petto e le spalle seminude, mentre il busto piatto veniva quasi stritolato, tanto da farle quasi mancare il respiro. Il tessuto del vestito leggero che le avvolgeva i polsi e la pancia venne squarciato e lei urlò di dolore.
- Più ti dimenerai, più stringerà, Aradia – affermò la bambina avvicinandosi.
- … Non chiamarmi così … - rispose Eveline con voce roca.
- Lui può e io no?
- Che cosa vuoi …?
- Voglio che tu capisca cosa sei.
In quel momento, la giovane Targaryen percepì qualcosa risalirgli dalla gola fino alla bocca, una consistenza viscida e viva. A ciò, d’istinto la sputò fuori e il suo viso sbiancò non appena si accorse che fosse un verme. – Cosa … che cosa mi stai facendo?? – chiese dimenandosi ancora e sentendone un altro strisciargli all’interno del setto nasale, fino a quando non uscì anche quello da una narice. – No … no …
- Sei marcia. Siamo marce.
- No …
- Non c’è niente che non sia marcio in noi.
Altri insetti, stavolta più duri, amari da sentire in bocca, si fecero strada dalla sua gola, provocandole un violento conato di vomito. Non avendo mangiato nulla da diverse ore, vomitò solamente saliva, una saliva che, per qualche motivo, era nera, così come le decine di insetti che aveva sputato fuori, tra scarafaggi, cavallette, forbicette, formiche e ragni.  
Un rivolo di saliva nera le colò fino a quel mento che sembrava intagliato.
Ma i veri brividi invasero la giovane rosa non appena percepì uno strano movimento all’interno delle sue parti intime. – No … - sussurrò quasi senza voce, mentre alcuni piccoli ragni uscivano da quel buco così sensibile e cadevano a terra, da sotto il vestito.
- Ora, dimmi, cosa sei, strega? – le chiese la bambina, perforandola con i suoi grandi occhi del ghiaccio più intenso e ravvivato da tanti piccoli filamenti lilla, così simili ai suoi.
Il suo respiro divenne affannoso e il suo corpo diventò preda degli spasmi mentre anche dall’ombelico, un grosso scarafaggio si fece largo con le sue zampette, macchiando la pelle nivea e perforando la stoffa fasciante del vestito anche in quel punto. Le lunghe gambe tremavano, i fianchi si muovevano a scatti, la testa con la voluminosa chioma era scossa a destra e a sinistra, le braccia tiravano squarciando la pelle nei punti stretti, così come le caviglie. Da fuori, sarebbe apparsa come una dea maledetta, rifiutata dal cielo, un mostro dalla bellezza statuaria.
Dentro, invece, si nascondeva solo l’alter ego di una bambina tanto simile a quella che la stava fissando con tanta inquietante innocenza nello sguardo.
- Neanche il rogo purificherebbe ciò che abbiamo dentro.
- Tu rappresenti le mie paure … - sussurrò Eveline con voce rotta, bloccando i suoi spasmi e volgendo il volto verso l’alto, immaginando un cielo.
- No. È per questo motivo che sei ancora qui. Non riesci a comprenderlo – le disse avvicinandosi ancora e slegandola.
La giovane rosa cadde a terra, in ginocchio, ancora incapace di dimenticare l’orrenda sensazione che aveva provato nella sua bocca, nella sua intimità e in tutte le sue interiora.
- Ora è il momento di affrontare l’ultima tentazione – annunciò la piccola. – Ti porterò da lui.
A ciò, Eveline cercò di riacquisire la forza necessaria e si alzò in piedi, seguendo la ragazzina.
Ella la condusse in direzione di una stanza più grande delle altre, uno spazio che sembrava illimitato. Al suo interno, di spalle, riconobbe la figura della sua guida, e dovette contenersi anche in quel momento per non abbracciare neanche lui, reprimendo la felicità di averlo ritrovato dopo aver creduto di averlo perduto. Ma sapeva che non era così. Lui era solo una presenza vacua, come gli altri. Non lo aveva ritrovato davvero.
- Aris ? – lo richiamò come era solita fare.
- Hai sentito questo rumore? – rispose lui, ancora di spalle.
La ragazza sorrise. – Sono io.
Egli si voltò a guardarla mostrandole ancora una volta i suoi tratti nobili, quel volto dai lineamenti così insoliti quanto magnetici, fulminandola con i penetranti occhi cremisi, gli stessi che facevano tremare chiunque incrociasse il suo sguardo.
– Qual è la tua richiesta per me?
- Portandomi qui, hai corso un grosso rischio – le disse avvicinandosi e non perdendo mai il contatto visivo con lei. – Un rischio che si è avverato a causa della tua incoscienza.
- L’ho perso? Ho perso Aris? – gli chiese cercando di capire se stesse mentendo.
- Se lo sono preso come dono. Lo volevano da molto. Lui solo contiene l’intero potere che possiedono tutti gli stregoni di un continente messi insieme. È ad un passo dal divenire un dio – le disse neutro.
- Lo uccideranno per assorbire tutto il suo potere … - dedusse la ragazza in un sussurro. – Ma può sconfiggerli … può sconfiggere gli Eterni. Lo ha già fatto una volta.
- Questa prova non è per lui … è per te, Fiore del Nord. Qui dentro, ogni potere che non sia quello dei padroni di casa, è nullo. - Eveline mosse la testa come per smentire ciò che stava udendo, prima che lui continuasse. – Ciò che ti chiederò ora, non necessiterà che tu debba cambiare il passato o infierire sul futuro … ciò che ti offro è la possibilità di riaverlo con te, ora.
- Vuoi dirmi che se prenderò la tua mano, comunque vadano le cose, riuscirò ad uscire da qui insieme a lui, impedendo che gli Eterni lo prendano con loro e lo …? – chiese, preferendo non terminare la frase.
Aris annuì. – Sei disposta a rinunciare a lui?
- No, non sono disposta a rinunciare a lui.
- Dunque rinunci alla cura per tua madre per poter salvare lui?
- Non sono disposta a rinunciare neanche a mia madre … - disse provando un brivido mentre la mano dello stregone le veniva offerta. La guardò, indecisa fino all’ultimo se afferrarla o no.
- Non c’è tempo per esitare, Fiore del Nord. Lo lascerai morire in questo modo, avendo deciso tu stessa di portarlo con te?
- Ma per favore. Io ho già vissuto abbastanza per ricevere un trattamento del genere da te – intervenne una voce identica a quella dell’Aris che aveva dinnanzi ai suoi occhi, ma proveniente altrove.
- Aris?? Sei tu?? Sei qui?? – chiese la ragazza voltandosi per scorgere la sua figura reale.
- Non cedere a quest’assurda tentazione. Io ho scelto di essere qui di mia volontà, non sono una bambola che puoi portarti dietro come preferisci – aggiunse lo stregone entrando nella stanza nello stesso momento in cui la sua versione tentatrice scomparve nel nulla. – Inoltre, la mia vita è durata fin troppi secoli per essere valutata così importante.
Ella si avvicinò. – Come ho la certezza che sia davvero tu?
Lui le porse le mani, in modo da lasciarla constatare da sé, così la giovane gli strinse i polsi, tastando la consistenza solida delle braccia. Solo a quel punto si decise a parlargli. -  Per me è importante. Ogni vita lo è, per quanto lunga sia stata, se si tratta di una persona che amiamo.
- Non lo è nel momento in cui la nostra esistenza perde ogni scopo.
- Ogni giorno aiuti moltissime creature, e lo fai anche con gli esseri umani, tra cui me. La tua esistenza ha uno scopo.
- Ho distrutto altrettante vite. Non mentire a te stessa – disse cominciando a vagare per la stanza illimitata.
- Come hai fatto a trovarmi? Hanno deciso di lasciarti andare?
- Siamo prigionieri in questo luogo entrambi. Se non riuscirai ad uscire tu, rimarrò qui anche io. Se morirai tu, potrei farlo anche io, dato che siamo dentro una costruzione della tua mente, prima di essere dentro la Casa degli Eterni.
- Come funzionano le regole qui? Gli Eterni possono entrare personalmente qua dentro?
- Non ci sono regole.
Trascorsero alcuni minuti di silenzio tra i due, mentre continuarono a vagare nel vuoto. – Ora mi dirai chi sei? – ruppe il silenzio la giovane rosa.
- Perché sei così ossessionata dal mio passato?
- Perché è quello che determina l’identità di una persona. Se non conosco chi sei stato, non conoscerò mai chi sei realmente.
A quelle parole, lo stregone si fermò, bloccandosi. Eveline notò una sua mano che si strinse a pugno per qualche millesimo di secondo. – È qui che sbagli – le rispose poco dopo. – Il vissuto di un uomo non determina necessariamente chi è nel presente.
- Conosco solo il tuo nome, Aris. Nient’altro. Solo qualche tuo racconto sporadico in cui mi hai rivelato poco e niente. Ti sembra così strano che io voglia sapere qualcosa in più sulla persona che …
- … sulla persona che …? – le fece eco lui. – Hai ceduto ai legami sentimentali, Fiore del Nord.
- Perché, tu no? Io credo che tu sia più umano di quanto pensi. Nonostante tu abbia perso la capacità di provare emozioni reali, sei ancora un uomo. Io l’ho visto.
- Hai sempre creduto di sapere troppo. Fin dalla prima volta in cui ci siamo conosciuti – le disse guardandola negli occhi.
- Due anni fa ero poco più che una bambina. Ho commesso i miei sbagli, ma non mi pentirò mai di aver preso questa strada e di esser andata fino in fondo con te.
- Neanche sapendo che diverrai la piaga più grande di quest’era, Figlia del Male? – le chiese pungente.
- Non me ne pento. So che, se lo voglio, posso tracciare da me la mia strada. Non mi pentirò delle scelte giuste che ho preso per paura che mi porteranno a divenire qualcosa che non sono, qualcosa predetto da una profezia. Se si avvererà … farò in modo di limitare il più possibile i danni. Ma pentirmi … mai.
- Non ti penti di non aver ceduto alle richieste dei tuoi cari?
- Sono umana … è normale che io abbia dei ripensamenti – rispose abbassando gli occhi, ma mantenendo lo sguardo fermo e determinato.
- Avresti potuto riavere tuo padre, trascorrere gli ultimi momenti di tua madre accanto a lei, salvare la tua più cara amica da un ruolo infausto, salvare il tuo amato cugino da ciò che sta diventando, e con lui milioni di vite, o riportare in vita gli altri tuoi cugini.
- Tutte le loro richieste comportavano dei sacrifici troppo grandi …
- Ne sei sicura?
- Stai cercando di mettermi in difficoltà? Non eri tu quello che, poco prima che rimanessi sola, mi ha incoraggiato a mettercela tutta? Ora hai alzato le difese perché sto cercando di invadere la zona di sicurezza? - Il Silenziatore non rispose, mantenendo il suo sguardo imperscrutabile. – Dimmi qualcosa! È davvero così terribile per te constatare di esserti legato a qualcosa o a qualcuno??
- Sbagli anche qui, Aradia. Qualunque sia il tuo destino, che tu muoia ora o sopravviva per altri cento anni, non è mio interesse saperlo.
- Ah sì? – chiese lei creando un pugnale con la forza della mente, sapendo di poterlo fare dato che quel luogo, in parte, era anche di suo dominio. Se lo puntò alla gola.
A ciò, lo stregone sorrise. – Davvero? Pensi sul serio che io creda che tu possa porre fine alla tua vita prima di esser riuscita ad ottenere la cura per guarire tua madre e aver provato a salvare la tua famiglia? Ti credevo molto più intelligente di così.
Ma la ragazza, senza manifestare alcun segno di turbamento, fece lentamente scorrere la lama dalla sua gola, fino a puntarla sul suo basso ventre.
Aris la guardò interrogativo.
- Dimentichi che grazie al contatto con la terra guarisco più in fretta. Pugnalandomi la pancia sicuramente non morirei, ma perderei molto, molto sangue. Inoltre, sono un medico, ricordi? Colpendo un punto preciso, rischierei di non poter mai avere figli – disse mostrando una decisione spaventosa negli occhi, biglie chiare che illuminavano la stanza, puntate su quelle altrettanto abbaglianti dell’uomo. L’espressione di quest’ultimo sembrò finalmente variare, anche se di poco.
- Non lo farai davvero.
- Perché no? Mi conosci e sai che lo farei. Posso continuare comunque ad adoperarmi per ottenere la cura e uscire da questo posto anche dopo un trauma fisico simile – continuò esercitando una particolare pressione nella presa del pugnale, fino a quando la lama non oltrepassò il tessuto arrivando a premere sulla pelle, nella quale si formò un taglio che sfociò in un piccolo rivolo di sangue. La determinazione della giovane rosa non vacillava.
- Fallo – la esortò lui, mascherando la lieve esitazione di poco prima.
- Bene – confermò Eveline allontanando il pugnale di poco dal suo ventre per prendere il giusto slancio. Chiuse gli occhi, prese un bel respiro ed esattamente nel momento in cui si rassegnò all’idea di ritrovarsi con lo stomaco squarciato di lì a poco, percepì una presa ferrea afferrarle il polso per bloccarla ed impedirle di ferirsi. Aprì gli occhi e, come sperava, lo trovò dinnanzi a sé, finalmente con una minima espressione in volto che gli donava un’aria surrealmente strana e luminosa allo stesso tempo. Le bastava. Per la prima volta trovandosi così vicini, lei, rincuorata, lo guardò dal basso e gli rivolse un sorriso capace di smuovere il cielo e le stelle, tanto malinconico quanto felice, impreziosito dal barlume di speranza che rendeva i suoi occhi da cerbiatta così lucidi. – Ora dimmi chi sei.
A ciò, l’espressione allarmata svanì dal volto dello stregone con la stessa velocità con la quale era comparsa ed egli si allontanò di nuovo. – Mia madre proveniva dall’”Isola delle Farfalle”, Naath. Mio padre, invece, era un lord del continente occidentale, al servizio di Aegon il Conquistatore.  Per questo sono un mezzosangue.
- Dunque la tua vita è iniziata sotto il regno di Aegon il Conquistatore. E “Moorlajne”, il tuo cognome?
- Ho il cognome di mia madre. Lui non mi ha riconosciuto.
- Come sei diventato “Il Silenziatore”?
- Quando avevo quattro anni sono stato venduto alla Baia degli Schiavisti. Mi ha comprato un uomo che aveva dei progetti ben precisi per me. Stava effettuando degli scavi in alcuni sotterranei di Meereen per trovare delle pietre preziose antiche e di inestimabile valore. Gli serviva qualcuno di taglia molto piccola per poterlo far penetrare in quei luoghi, bui e minuscoli, impossibili da esplorare per un qualsiasi altro essere umano. Un bambino avrebbe avuto qualche possibilità di riuscita.
- Ma avevi solo quattro anni …
- Cominciai a perdere la vista stando là sotto, trascorrevo quasi venti ore al giorno a scavare in quei buchi colmi di terra. La terra e il buio erano le uniche cose che avevo imparato a conoscere, tanto che cominciarono a prendere vita per me. Un giorno, dopo un anno di ricerche, trovai alcune delle pietre che il mio padrone cercava. Erano grandi, più brillanti del sole stesso e bellissime. Decisi di tenerle con me  invece di dirgli di averle trovate. Le studiai, indagai e cominciai ad addentrarmi nel mondo dell’alchimia e della trasmutazione della materia …
- Aspetta un momento – lo bloccò la giovane rosa guardandolo e assottigliando lo sguardo . – Stai mentendo. - A ciò, lo stregone sorrise, senza risponderle. – Perché lo stai facendo? Voglio la verità – continuò lei.
- D’accordo. La verità risale ai tempi dei Primi Uomini. Ero figlio di un sovrano originario di quella che oggi è la città di Braavos.
- Stai mentendo ancora – lo interruppe nuovamente la ragazza, disorientata. – Perché?
- In realtà sono entrambe verità – rispose lo stregone con naturalezza.
- Che cosa vuoi dire?
- Facciamo un gioco, Fiore del Nord: se scoprirai la risposta al mio indovinello, saprai la verità.
- Ti ascolto.
- Quando le menzogne divengono verità?
Ella si avvicinò a lui cercando di scrutare i suoi occhi e leggervi qualcosa all’interno. – L’unico modo che avrò per saperlo, è vedendo dentro la tua testa.
- Che hai in mente? – chiese incuriosito. – Sai che qui dentro non puoi esercitare alcun potere magico.
- Neanche tu puoi – un guizzò accese i suoi occhi chiari mentre lo disse. – Siamo pari ora. Hai un corpo totalmente umano in questo luogo, dunque posso fare ciò che voglio di te.
- Vuoi provare a sfruttare la tua mente, la tua creatività per trasformare l’astratto in reale, come con la cura per tua madre?
- Lo hai detto anche tu che questo posto non è totalmente controllato da loro. Prima di essere nella Casa degli Eterni, siamo in una costruzione della mia mente. È così che funziona, no? Suppongo che, a meno che io non faccia qualcosa che va contro il loro volere, gli Eterni non si opporrebbero a me.
- Per riuscire in ciò che stai pensando, devi possedere un controllo della mente eccezionale. Devi raggiungere uno stato di equilibrio estremamente elevato tra reale e irreale. Quelli che sono meno avvezzi a ciò, impiegano addirittura mesi cercando di riuscirci. Non è come pensare ad un pugnale e trovarselo tra le mani.
- Ma io ho avuto un ottimo maestro – rispose lei sorridendogli pungente.
- Cosa vuoi tentare di fare?
- Ricreare con il pensiero l’incantesimo che utilizzi tu per distorcere le paure e le immagini nelle menti umane e non, ma servendomene solo per scavare nella tua memoria. D’altronde qui tutto è possibile - disse decisa, chiudendo gli occhi e concentrandosi, cercando di immagazzinare tutta la resistenza, la forza e la stabilità mentale che aveva acquisito in quei due lunghi anni.
Lui continuò ad osservarla con un lieve sguardo di sfida.
Dopo dei minuti che parvero infiniti, Aris si pietrificò, guardandola e sgranando gli occhi. – Ci sei riuscita … - disse cominciando a sentire gli effetti di uno dei suoi incantesimi più dolorosi su se stesso.
Ella riaprì gli occhi, ricominciando a respirare per lo sforzo e lo stato di trance raggiunto, poi riprese il controllo e sorrise dinnanzi al volto spaesato dello stregone. – Mi hai sottovalutata.
A quelle parole, l’uomo riacquisì il suo sguardo abituale, rivolgendole un sorriso abbozzato e soddisfatto. – Non l’ho mai fatto, Aradia – disse alzando le mani.
Eveline, troppo presa dalla gioia per esser riuscita in tale impresa, si accorse solo in seguito del sangue che aveva preso ad uscire dal naso dello stregone, il quale continuava a rimanere impassibile.
- Aspetta un momento … che sta succedendo?
- Non puoi pretendere anche di riuscire totalmente nel tuo intento, Fiore del Nord: non puoi scremare il mio incantesimo come preferisci, eliminando la parte dolorosa.
- Vuoi dire che, inconsapevolmente, sto distorcendo i tuoi ricordi più bui a mio piacimento, ritorcendoteli contro? Sto facendo ciò che facevi tu con quelle creature che vedevo urlare a squarciagola e cadere a terra in preda agli spasmi??
- Esatto. La mente umana non può sopportare uno sforzo esterno del genere e, come hai detto poco fa, il mio corpo qui dentro è pienamente umano, perciò provo quello che proverebbe qualsiasi persona sotto un incantesimo di questo tipo.
- Allora … perché non ti stai contorcendo a terra o urlando di dolore?
- Sono pur sempre il Silenziatore – rispose allargando il sorriso, mentre il sangue continuava a scendere giù dal naso a fiumi, e cominciavano ad intravedersi le prime gocce anche dalle orecchie.
- Devo controllarlo e diminuire gli effetti della parte dolorosa! – esclamò la ragazza dinnanzi all’inquietante visione di cui era causa.
- Concentrati sul tuo intento principale e non pensare al resto – la incoraggiò l’uomo, sentendo le gambe cedergli a causa della resistenza prolungata.
Eveline isolò solamente quelle parole e cominciò a vedere un’immensità di ricordi a lei estranei scorrere dinnanzi ai suoi occhi, mentre lo stregone aveva finalmente smesso di sanguinare. – Ce l’hai fatta anche questa volta – commentò quest’ultimo.
- Li vedo, ma … sono pochi rispetto ai secoli di vita che sostieni di aver vissuto. Me ne aspettavo molti di più … e poi … sembrano soffusi … - disse lei confusa. – Come se dovessero svanire da un momento all’altro.
Aris strinse ancora il pugno della mano nell’udire quelle parole. – Scava ancora più infondo – la incoraggiò.
Ella obbedì e si addentrò ancora più in profondità, fino alle origini. Tuttavia, si accorse che, più si avvicinava agli inizi, meno ricordi trovava. Quando arrivò al principio, non vide più nulla. Solo il vuoto. Il vuoto e una frase. -  “Per avere ciò che volevo ho promesso al sole un pezzo di luna.”
Nell’udirla, gli occhi di Aris si rianimarono improvvisamente e il suo volto assunse un’aria attonita. – Sei arrivata.
- Che vuol dire? – chiese la ragazza, ancora confusa. – Qui non c’è più alcun ricordo … del tuo passato … di come sei diventato ciò che sei … della tua vita umana … - la giovane fece una breve pausa, prima di riprendere. – Prima mi hai chiesto quando le menzogne divengono verità … lo divengono quando si convince se stessi a credere che lo siano … per avere almeno qualcosa a cui aggrapparsi – comprese Eveline, guadagnandosi un'altra espressione da parte dello stregone, questa volta semi addolorata.
- “Per avere ciò che volevo ho promesso al sole un pezzo di luna e alla luna un pezzo di sole, fin quando, volendo spingermi sempre più oltre, loro, in cambio, mi hanno chiesto la mia anima” – disse l’uomo.
- Mi stai dicendo che, man mano che il tuo potere aumentava a dismisura, tu perdevi i tuoi ricordi? Li hai venduti … quelli della tua umanità, dei secoli vissuti, delle persone amate, delle esperienze che ti hanno reso ciò che sei … hai perso te stesso per divenire sempre più potente.
- Per andare contro natura, questa pretende sempre un grande prezzo da pagarle – rispose Aris, guardando altrove. Eveline osservò il suo volto in quel momento e le sembrò più giovane senza la sua sicurezza e imperturbabilità che lo caratterizzavano, solo lo sguardo di un bambino cresciuto troppo in fretta e ignaro di come sia potuto accadere.
- Ogni giorno si prendono dei ricordi.
- Perciò ti dimenticherai anche di me …
- Prima o poi sì.
La ragazza sbiancò. – Ma … ma se rimaniamo insieme … questo non succederà, giusto? Giusto …?
- Aradia … - le disse cercando di rassicurarla e muovendo un passo verso di lei.
- No, non avvicinarti. Non ce la faccio … - disse lei allungando un braccio nella sua direzione per bloccarlo e cercando di metabolizzare il tutto. – Tu non ricordavi neanche il tuo cognome prima di venire qui? Te lo ha ricordato quel Vän, l’Eterno … Tu non sai perché hai quel cognome.
- No, non lo so.
- Perché ti chiamano “Silenziatore”?
- Non lo ricordo.
- Come hai conosciuto Oen?
- Aradia, è inutile. Lo sai che è inutile continuare a pormi domande su domande. Non riprenderò mai ciò che ho perso.
- Non posso più a vedere nella tua mente semivuota, Aris … fa troppo male … che cosa ti hanno lasciato? Dimmelo tu, sii sincero.
- Come hai avuto modo di vedere tu stessa, ho vissuto molti secoli perciò ho molti e svariati ricordi, soltanto perché la mia esistenza si è protratta così a lungo. Quelli a breve termine sono saldi nella mia mente ora, ma, in futuro, diventeranno vacui, fino a svanire … quelli più vecchi è come se non fossero mai esistiti.
- Cosa ti hanno lasciato di quelli più vecchi?
- Il mio nome. Quello mi è rimasto. Ricordo il patto, perciò sono consapevole di dimenticare. Svariati piccoli dettagli … ricordo un costante odore di acqua sporca, come contaminata, che invade le mie narici; a volte appaiono immagini sfocate di volti sfigurati; ricordo che avevo gli occhi verdi prima dell’incidente che li ha resi cremisi, soltanto per un mio riflesso vago allo specchio del passato. Non riesco a ricordare altro.
- Perché hai accettato di venire con me, pur sapendo che saresti potuto morire intrappolato … ? – gli chiese improvvisamente.
Aris tornò a guardarla assumendo un’espressione persa e stanca. – Tu che ne pensi?
- Vuoi morire.
- Ho vissuto fin troppo, perdendo tutto, distruggendo altrettanto. Che senso ha continuare?
Gli occhi di Eveline si velarono nuovamente di lacrime. – Sono stanca di piangere oggi … - disse lasciandosi cadere a terra e sedendosi, appoggiando la schiena ad una parete. Aris la imitò sedendosi accanto a lei. Entrambi volsero il volto verso l’alto, le loro mani si strinsero.
- Ci porterò fuori da qui, Aris. Te lo prometto.
- Ne sono certo, Fiore del Nord.
 
 
Oberyn scese le scalinate del castello diretto verso una meta ben precisa. Erano trascorsi troppi mesi di sotterfugi, bugie, segreti troppo grandi e lui aveva bisogno di sapere la verità. Temeva che quella ribellione che aveva organizzato con tanta premura e che finalmente stava raggiungendo un punto di svolta, non avrebbe mai potuto avere luogo se non avesse svelato quel mistero che negli ultimi tempi aveva reso le Isole di Ferro un luogo desolato e oscuro. E poi, lui stesso sentiva che quella situazione lo stava lentamente logorando.
Oltrepassò le guardie che si trovavano all’entrata delle prigioni sotterranee come se niente fosse, sentendosi richiamare. – Mio signore! Dove state andando?
- Oh, per gli dei, ser Barnet, ser Jensen, datemi tregua e lasciatemi conferire con il prigioniero. Non ci metterò molto – disse loro non disturbandosi a smettere di scendere le scalinate.
Terminò la sua discesa, riconobbe subito la cella desiderata, afferrò una delle fiaccole poste per illuminare le prigioni e raggiunse a passo svelto le sbarre che lo separavano dal soggetto di suo interesse. – Ehi, ragazzo, alzatevi – gli disse diretto, senza alcuna premessa.
Il giovane di appena quindici anni, alzò lo sguardo verso la luce della fiaccola, richiudendo subito gli occhi accecati, nonostante si trattasse di una fonte di illuminazione fioca. Oberyn capì che la sua vista oramai non doveva più essere abituata alla luce. La sua situazione era pessima: i vestiti sporchi e cenciosi avevano assunto un colorito quasi nero, i capelli color nocciola come quelli di sua sorella si erano allungati fino ad oltrepassargli le spalle, il fisico asciutto era reso ancora più magro a causa della fame, lo sguardo appena sveglio appariva come uno di quelli che dormivano non sapendo se fuori fosse giorno o notte. – Siete Oberyn Martell? Non riesco a vedervi bene … - gli chiese il ragazzo impiegando del tempo prima di riuscire ad alzarsi in piedi.
- Accidenti, Adrian … è stata la regina Yara ad ordinare che doveste trascorrere la prigionia in queste condizioni pietose persino per il peggior criminale di Approdo del re?
- Ormai vi sono abituato … che cosa volete? Notizie riguardo il mio processo?
- Nessun processo, ragazzo mio – rispose la Vipera Rossa afferrando uno sgabellino colmo di sterco di topo lì affianco, spostandolo più vicino possibile alle sbarre e sedendovi sopra con naturalezza. – Almeno così mi sembrerà di essere stato più solidale nei vostri confronti. Dunque, ora noi due parleremo per un po’.
- Di cosa volete parlare …?
- Oh, Adrian Greyjoy, è davvero nobile da parte vostra ciò che state facendo … a quanto pare la vostra famiglia è davvero molto unita se siete disposto a prendervi delle gravissime colpe che non avete per salvarla. Vi confermo che vostra sorella Bridgette sta facendo tutto ciò che è in suo potere per rimandare il vostro processo e convincere Yara della vostra innocenza.
- Lo so, viene a trovarmi ogni settimana. Sapevo che avrebbe agito in questo modo … io, mio fratello e le mie sorelle siamo molto legati tra noi … non permetteremmo che qualcuno faccia del male ad uno di noi – disse il ragazzo puntando gli occhi profondi degni del figlio di Euron Greyjoy su quelli del dorniano, manifestando una decisione di ferro.
- Stiamo ancora parlando di Bridgette? Perché state facendo tutto questo per proteggerla?
- Non la sto proteggendo. Come ho già detto, sono stato io ad uccidere il principe Blake. Dunque devo essere io a subire la condanna a morte.
Il ragazzo era furbo. Oberyn pensò che avrebbe dovuto essere più astuto anche lui nel parlargli. Quindici anni e già sembrava tenere testa al temperamento di tutte e tre le sue vulcaniche sorelle messe insieme.
- Se siete stato voi ad assassinare il principino come sostenete, posso sapere qual è stato il movente che vi ha spinto a farlo, se non sono poco opportuno?
- La vedetta. Cos’altro avrebbe dovuto essere? Yara ha esiliato nostro padre dalla sua dimora, umiliandolo. Per questo motivo desideravo vendetta. Ho agito da solo, senza informare nessuna delle mie sorelle dell’atto.
La Vipera sorrise, felice di avere ottenuto uno spunto dal quale partire. – Non sembrava nutriste risentimento per vostra cugina Yara quando siete giunto qui chiedendo ospitalità. Inoltre, io non vi ho domandato se aveste rivelato qualcosa alle vostre sorelle riguardo l’assassinio. Perché avete ritenuto necessario specificarlo?
- Per essere chiaro fin da subito. Le mie sorelle non c’entrano nulla con tutto ciò. Loro vogliono solo salvarmi dall’esecuzione capitale.
- State insistendo fin troppo su questo aspetto. Sedetevi, Adrian: sembra che stiate per crollare da un momento all’altro. Più tardi richiederò che vi sia portato un bicchiere d’acqua,  dato che sembra non beviate da almeno due giorni.
- Non cercate di confondermi … - rispose il giovane Greyjoy stringendo una sbarra tra le nocche e non distogliendo lo sguardo.
- Perché dovrei? Sembrate pienamente in possesso delle vostre facoltà mentali nonostante la condizione pessima nella quale vivete da parecchi mesi. Voglio solo rimanere un po’ qui a parlare con voi. Sono certo che vi faccia piacere dato che le uniche persone che vedete saltuariamente in questo buco sono le vostre sorelle e il vostro fratellino.
- Non mi fa piacere.
- Mi piacciono i ragazzi forti e determinati come voi. Sapete, anche io alla vostra età ero così.
- Non mi risulta così facile crederlo.
- Così mi offendete! Ad ogni modo, la mia compagnia a Dorne e ad Approdo del re, ad esclusione della famiglia reale, è sempre stata molto richiesta. Dunque ora sopporterete alcuni minuti della mia piacevole presenza.
- Se siete venuto qui per ricevere una confessione differente da quella che ho sempre pronunciato da molti mesi a questa parte, potete ritornare da dove siete venuto perché state solamente sprecando il vostro tempo per toglierlo alla vostra preziosa ribellione.
- Oh, mi commuove il vostro interessamento, ma non temete: la mia ribellione è già programmata di tutto punto. Mi serve solo l’appoggio di alcuni alleati e potrò metterla in atto. Ora sono qui per parlare con voi di qualcosa di ben differente. Ditemi, Adrian, tenete a Wylem, vostro fratello? Un ragazzino delizioso, tra l’altro.
- Che è successo a Wylem …?
- No, nulla, la vostra famiglia sta interamente bene eccetto voi, perciò smettete di preoccuparvi inutilmente e fatemi la grazia di rispondermi come se fossi un qualsiasi vostro amico.
- Sì, è ovvio che io tenga immensamente a lui.
- Bene, ora sì che ragioniamo. E vorreste mai sposarvi e procreare dei figli un giorno?
- Che razza di domande sono?
- Rispondete.
- Sì, lo voglio e so che succederà.
- Bene, dunque, essendo giunti a tali conclusioni, come reagireste se, quando vostro figlio sarà ancora in fasce, qualcuno lo ucciderà nel sonno privandolo della possibilità di vivere più di pochi mesi di vita? Forse non reagireste esattamente come vostra cugina Yara, dato che lei era eccessivamente legata al piccolo Blake, ma qualcosa mi dice che non sprizzereste neanche di gioia.
Il ragazzo sbiancò. – Sono cosciente che ciò che ho fatto è inscusabile …
- Rispondete, Adrian.
- Farei giustiziare chiunque sia il colpevole.
- Interessante rivelazione. Anzi, forse no, dato che qualsiasi genitore reagirebbe in questo modo. Sapete, io cerco ogni volta di darmi un contegno in queste occasioni dato che, nonostante le mie tre figlie siano ancora tutte in vita, sento di possederne molti altri ed ognuno di loro è disperso e in pericolo in questo esatto momento: la figlia di mia nipote, Lorraine, è concubina di quell’essere disgustoso che siede sul trono dei sette regni e potrebbe divenire la ventitreesima vittima del massacro da un momento all’altro; la figlia di colui che era il mio più caro amico, Eveline Targaryen, si trova da qualche parte nel continente orientale, da quasi due anni, ad affrontare chissà quali pericoli, così come gli altri figli di coloro che considero la mia famiglia: Hayden Stark è prigioniero della corona e cavia di quel demonio di Hoxana Aemchaar, Myranda Lannister condivide le stesse sorti incerte di Eveline, di Ruben Stark si è persa qualsiasi traccia da quando è scomparso tra le lande selvagge del Nord, così come Sam Tarly, oramai dal destino indefinito anche lui dati i ripetuti attacchi alla Cittadella. Tuttavia, conservo la speranza e non mi arrendo, essendo disposto persino ad organizzare una ribellione per ritrovarli e metterli al sicuro. Ma, se non dovessi arrivare in tempo, e qualcuno di loro dovesse disgraziatamente morire, cercherei il colpevole in lungo e in largo su questa terra, fino a quando non lo avrò trovato e avrò sventolato la sua testa priva di vita al cielo, dovessero volerci cento anni; così come ho fatto per mia sorella Elia. Per tali motivi non mi sento di giudicare la pazzia irrecuperabile nella quale Yara è sprofondata. Ora, giungendo al punto focale della nostra conversazione, Adrian, io credo che voi siate innocente e che vostra sorella Bridgette abbia commesso l’omicidio di Blake Harlow. Ciò che voglio capire in questo momento, e per cui non mi darò pace fino a quando non avrò ottenuto delle risposte da voi, è per quale dannato motivo voi la stiate proteggendo, preferendo morire al suo posto per un crimine che lei ha commesso.
Più di qualche crepa si stava cominciando ad intravedere nello sguardo sicuro del giovane Greyjoy. – Io non vi dirò nulla - disse distogliendo lo sguardo.
- Bene, forse dovrei tentare altre strade data la vostra cieca fedeltà alla vostra famiglia che renderebbe invidiosa persino Cersei Lannister se fosse ancora in vita. Ho imparato ad osservare molto, Adrian, e, in questi ultimi tempi, ho notato degli eventi bizzarri, sempre perennemente causati e decisi da vostra sorella, la quale agisce sempre saggiamente nell’ombra. Difatti, nell’ultimo mese, nonostante il dilagare della depressione e della follia di Yara, sembra che quest’ultima abbia finalmente imparato a considerare la principessa Müren come sua figlia, riservandole un minimo del rispetto che merita come primogenita. Certo, rimane anni luce lontana da un qualsiasi esempio di madre umana, ma almeno è qualcosa. Si è quantomeno affezionata alla principessina. Tutto ciò, grazie alla “benevola” influenza di vostra sorella.
Udendo ciò, Adrian sgranò gli occhi. – Mi state dicendo che … Bridgette ha fatto avvicinare Yara a sua figlia …?
- Sì, sembrate turbato. Il vostro colorito è divenuto ancora più cadaverico di prima. Non pensavo fosse possibile.
Oberyn sapeva che mancava davvero poco per spaccare definitivamente le difese di quel ragazzo. Anche solo una parola giusta sarebbe stata capace di farlo cedere. – Adrian, se avete qualcosa da dire, parlate ora.
Gli occhi velati di una strana paura del ragazzo, fecero nascere nella Vipera Rossa un tremendo presentimento. Sentì che se non si fosse sbrigato, non sarebbe riuscito ad evitare un’altra tragedia. – La principessa Müren è coetanea di vostro fratello, Adrian, oltre ad essere una sua amica stretta, oramai. Ella è una bambina dolce, premurosa e piena di vita, come avete avuto modo di notare durante la vostra permanenza. Diverrà una regnante giusta e sensibile, ciò di cui le Isole di Ferro hanno bisogno in questo momento. Come reagireste se qualcuno dovesse provare a toccare il giovane Wylem, nel pieno della sua crescita ed energia vitale? Come vi sentireste …? – chiese guardando fisso in quegli occhi scuri e burrascosi, avendo la convinzione di aver finalmente centrato nel segno.
- Non posso permettere che accada ancora. Se andrà avanti così, non riuscirà mai a trovare la pace, nemmeno in punto di morte. Devo … dovete salvarla da se stessa.
- Che volete dire con “dovete salvarla da se stessa”?
- Quando per un assassino spietato ma inesistente si perde un figlio tanto a lungo desiderato … una vendetta inspiegabile, ingiustificata, logorante, la più atroce e pericolosa di tutte, si impossessa delle membra di una donna e non ne esce più, divenendo parte integrante del suo essere.
Oberyn impietrì a quelle parole, cominciando pian piano a realizzare. – Cosa state cercando di dirmi, Adrian …?
- Salvate mia sorella dal suo dolore, Oberyn, prima che sia troppo tardi … salvate la principessa Müren.
Non appena udì quelle parole ed ebbe la disarmante conferma che cercava, Oberyn prese a correre, piombando per le scalinate e salendole, saltandone due o tre alla volta.
Fa che non sia troppo tardi …
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 26
*** Lo strazio di una madre, il dolore di un figlio, la maledizione di un ragazzo, il valore di una strega (parte 1) ***


Lo strazio di una madre, il dolore di un figlio, la maledizione di un ragazzo, il valore di una strega
 
PARTE 1
 
 
Eveline si ritrovò improvvisamente in un nuovo luogo. Forse erano trascorse ore, giorni, da quando si trovava nella Casa degli Eterni. Non riusciva più a distinguere la realtà dalla fantasia. Ma ciò che sapeva per certo, era di non trovarsi più nel nero labirinto immagine della sua mente. Ora era spettatrice della vita, dei ricordi di qualcun altro, proprio come Myranda.
Ora ti mostreremo i suoi reali ricordi. Quelli che lui non possiede più e che mai riavrà le disse una voce nella sua mente, probabilmente quella di un Eterno.
- Come fate ad avere voi i suoi ricordi? – chiese d’istinto la giovane rosa.
Perché noi facciamo parte delle sue origini rispose semplicemente la voce, lasciandola nel vago, dandole modo di osservare da sé, come una presenza invisibile e astratta, oltre il tempo.
Si trovava in una casa piccola, sembrava molto accogliente e, al contempo, povera, o meglio, antica.
Due ragazzini erano di spalle, di sessi differenti. Il maschio si voltò verso l’altra, sorridendole mentre puliva i piatti sporchi, e nonostante fosse solo un bambino, Eveline lo riconobbe immediatamente: quei lineamenti belli e inusuali, la pelle mulatta, i folti capelli scuri e un paio di grandi e affilati occhi di un verde limpido. Il colore degli occhi era uno dei pochi dettagli che lui le aveva detto di ricordare della sua infanzia. Non aveva dubbi.
L’altra ragazzina si voltò a sua volta verso Aris e gli sorrise con la stessa dolcezza nello sguardo. Sembravano molto uniti.
Ella possedeva la sua stessa pelle di un bell’olivastro, i capelli di un nero più caldo di quelli di lui, lunghi, ribelli e ondulati, e gli occhi dello stesso taglio ma di un color marrone cacao.
Ridevano ingenui, felici e spensierati. La giovane rosa, involontariamente, cominciò ad invidiarli.
All’improvviso, si introdusse nel quadro idilliaco una donna molto simile alla ragazzina. Il suo sguardo adorante li raggiunse entrambi alle spalle. Diede un tenero bacio sulla schiena prima ad uno, poi all’altra.
- Mamma, abbiamo quasi finito – disse la ragazzina sorridendo anche a lei, accorgendosi della sua presenza.
- Fate con calma – la rassicurò la donna con un sorriso troppo allegro, accarezzandole i lunghi capelli ribelli. Successivamente, pose l’altra mano ad accarezzare anche i capelli del figlio maschio, alternando lo sguardo su entrambi. – I miei bambini. I miei meravigliosi bambini … come posso togliervi gli occhi di dosso?
Quella domanda aveva un non so che di ambiguo e quasi spaventoso agli occhi di Eveline.
La sua inquietudine aumentò quando vide la donna prendere suo figlio per il viso e depositargli un lungo e passionale bacio sulle labbra, ripetendo poi il gesto anche con l’altra.
I due bambini, rimasti interdetti per un attimo dal gesto, si guardarono tra loro, poi ripresero ad asciugare i piatti.
- Vado a procurarmi delle esche per la caccia – disse Aris finendo di sistemare. – Sarò di ritornò entro stasera – aggiunse sorridendo ad entrambe.
- D’accordo. Fa’ attenzione, Aris – si raccomandò la donna.
Eveline lo seguì con lo sguardo, vedendolo uscire di casa.
Improvvisamente, la visione mutò, fuori dalla finestra era giunto il buio della sera inoltrata e il ragazzino tornò in casa, facendo per posare i conigli cacciati e uccisi sul tavolino, ma venendo distratto da strani rumori.
La giovane rosa seguì i suoi occhi curiosi, dirigendosi con lui verso il luogo dal quale proveniva il rumore ambiguo.
Quando giunsero davanti alla porta di una delle stanze da letto e Aris la aprì lentamente, Eveline rimase interdetta quanto lui dinnanzi a ciò che comparve ai suoi occhi: la madre dei due sovrastava la figura della ragazzina completamente spogliata dei suoi abiti e spaventata dal comportamento della donna, la quale era intenta a toccarla nelle sue zone intime. La bambina cercava di allontanarsi mentre le lacrime solcavano le sue guance e i flebili lamenti riempivano la buia stanzetta.
- Mamma, ti prego, smettila …
- Va tutto bene, piccola mia. Va tutto bene. Io sono la tua mamma, non ti farei mai del male. Ciò che sto facendo è normalissimo. Non c’è nulla di sbagliato – la rassicurò con voce calma, continuando a toccarla.
Aris, troppo sbigottito da ciò che stava vedendo, rimase in silenzio, con lo sguardo fisso su quella scena per alcuni secondi, fin quando le due non si accorsero della sua presenza.
- Aris … - lo richiamò sua sorella con voce immensamente sollevata, guardando alle spalle della figura della donna, notandolo.
A ciò, anche la madre si voltò verso di lui e gli sorrise gioiosa. – Ehi, ometto. Stavamo aspettando te. Dai, unisciti a noi, che aspetti? – lo incoraggiò.
- Mamma, Leahn … che state facendo? – chiese ancora sconvolto, non muovendosi dalla sua posizione.
- Qualcosa che tanti genitori con i loro figli fanno, Aris. Qualcosa che vi darà tanto piacere e che vi aiuterà a crescere meglio. Fidati della tua mamma – lo persuase ancora, ma lui continuò a non muoversi. Notando ciò, la donna insistette. – Aris, vieni qui. Non vorrai mica lasciare tua sorella da sola?
Udendo quella domanda, gli occhi del ragazzino incontrarono quelli supplicanti e disperati di sua sorella. A ciò, si diresse verso il letto e quando fu abbastanza vicino, sua madre lo prese per le spalle con forza e lo fece sdraiare accanto a Leahn. – Non temere, figlio mio. Riceverete solo tanto amore d’ora in poi. Un amore che non vi abbandonerà mai. Fidati di me – gli disse provocante, iniziando a baciarlo e a spogliarlo, mentre lui rimaneva immobile, con il volto rivolto verso quello in lacrime di sua sorella.
Ella allungò una mano tremante verso di lui, e Aris la prese, stringendola, dandole tutta la forza che avrebbe potuto infonderle.
Eveline guardò la scena inorridita, ammirando, al contempo, il legame tra i due fratelli. Lo stupro durò per un bel po’, fin quando una quarta presenza entrò in casa e sorprese i tre durante l’atto.
L’uomo, sconvolto da quella visione, disse alla donna di raggiungerlo in cucina, dandole il tempo di rivestirsi.
Non appena furono soli cominciò a inveire contro di lei. – Si può sapere che cosa ti è venuto in mente??
- Cosa trovi di strano in ciò che ho fatto? – chiese lei con naturalezza spaventosa. – Mia madre ha cominciato a farlo con me a quell’età. Perché non dovrei farlo anche io con loro? Sono stata cresciuta così.
- Sono sangue del nostro sangue, Elith! Possibile che tu non riesca a capirlo?? Ciò che hai fatto è sbagliato …
- Chi ha dettato queste leggi? Gli dei che servi ti hanno detto questo? – gli chiese sprezzante.
- Lo so e basta.
- Li hai visti? Hai visto i nostri figli? Sono così belli, giovani e puri. Come puoi non provare alcun desiderio verso di loro? Come puoi? – gli chiese avvicinandosi e prendendogli il mento tra le mani con forza.
- Sì, li ho visti … - rispose lui perdendo la decisione di un attimo prima.
- Nessuno decide cosa è giusto o cosa è sbagliato. Quando ti sei unito a me, avresti dovuto metterlo in conto – affermò con decisione. – Prova una volta … se non vorrai farlo più sarai libero di compiere le tue scelte – disse utilizzando tutto il suo fascino persuasivo e allontanandosi da lui.
Lo sguardo di quell’uomo trasmetteva debolezza e cedimento, Eveline poté vederlo chiaramente e distinguere gli occhi di un marito completamente sottomesso e soggiogato da sua moglie.
Poco dopo, fu costretta a vedere anche l'iniziazione del padre, il quale prese parte perennemente ai continui stupri dei figli, causando un dolore molto maggiore a entrambi. Oramai i due erano succubi della lussuria e della mente malata dei loro genitori, talmente bramosi, da costringerli a sottoporsi a quei rapporti ogni giorno della loro vita durante la loro crescita, per lunghi anni.
Gli anni svolazzarono veloci davanti agli occhi chiari della giovane rosa, come petali di un fiore, evitandole almeno la tortura di vedere quei due bambini impotenti violati innumerevoli volte dai loro genitori. Ciò che riuscì a dedurre vedendo scorrere quegli anni, fu l’intenso e soffocante amore che i due coniugi riservavano alle creature che avevano messo al mondo, facendo loro credere che tutto ciò che stavano subendo fosse nient’altro che la norma.
Improvvisamente, quell’orologio troppo veloce si bloccò in un momento ben preciso. Si ritrovò sempre nella stessa casa e vide Aris entrare dalla porta. Era più alto, i suoi lineamenti erano più maturi, sviluppati, ma non dimostrava più di quattordici o quindici anni. La ragazza notò lo sguardo buio, la luce che aveva visto pochi attimi prima nei suoi occhi, quando era ancora un bambino, si era completamente spenta, lasciando il posto ad una maschera di rassegnazione.
Il ragazzo si accorse che i due genitori lo stavano attendendo dinnanzi al tavolino, perciò si pose di fronte a loro con sguardo interrogativo.
- Che succede?
I due si scambiarono uno sguardo che faceva trasparire uno strano timore, poi si avvicinarono a lui, uno più spostato alla destra e l’altra alla sinistra. Il ragazzo fece scorrere lo sguardo oltre di loro, istintivamente alla ricerca di sua sorella. – Dov’è Leahn?
- Figliolo, tua sorella ha oltrepassato il limite – cominciò suo padre.
- Che cosa intendete dire …?
- Poco fa, quando tu non c’eri, Leahn ha cominciato a lamentarsi e a piangere disperata durante il rapporto …
- Era eccessivamente restia ai nostri tocchi …
- Era arrabbiata per qualcosa …
- … Arrabbiata per cosa …? – bloccò il loro flusso di frasi sconnesse Aris. Eveline notò il suo volto assumere un’espressione allarmata.
I due si guardarono di nuovo, poi la donna proseguì. – Leahn era rimasta incinta, Aris. Tuo padre non  ha mostrato abbastanza attenzione l’ultima volta …
Aris sbiancò.
- Capisci anche tu che una gravidanza avrebbe causato solo problemi, vero, Aris?
- Che cosa le avete fatto …? – chiese lui con gli occhi spalancati e la voce rotta.
- Il bambino sarebbe nato con delle malformazioni essendo inseminato con lo stesso seme dal quale ha avuto origine lei e anche tu … abbiamo cercato di convincerla ad uccidere il bambino prima che fosse troppo tardi …
- Ma tua sorella ha rifiutato, Aris … quella mocciosa cocciuta e ottusa di tua sorella ha rifiutato … dunque …
- Dunque non avevamo scelta …
Aris deglutì, cercando di ritrovare la capacità di parlare, nonostante la voce faticasse ad uscire dalla sua gola. – Dov’è …? Dov’è Leahn?
- Dopo averla uccisa l’abbiamo gettata nel fiume … siamo stati costretti a farlo dato che non la finiva di lamentarsi, di inveire contro di noi, maledicendoci e nascondendo il ventre da noi, rifiutandosi di accettare di fare ciò che sarebbe stato giusto per lei …
- … L’avete … l’avete gettata nel fiume …? – Aris si tenne con le mani al tavolino dietro di lui per reggersi in piedi.
- Sì, lei amava il fiume. I suoi spiriti protettori faranno meno fatica a prendere la sua anima in questo modo.
La donna gli prese il viso tra le mani e gli sorrise. – Non pensi sia meglio così, Aris? Ora ci dedicheremo completamente a te.
- Niente più lamenti di debolezza, niente più fragilità, niente più rischio di inseminazione. Ora ci sei solo tu. È stato meglio così – aggiunse suo padre, prendendo ad accarezzargli amorevolmente il collo.
- Tu lo capisci, vero Aris?
- Lo accetterai, non è vero?
Il ragazzo rimase fermo e immobile, oggetto delle attenzioni esasperate dei genitori, saettando gli occhi sgranati da uno all’altra.
- Aris? – lo richiamò sua madre.
- Sì … - rispose lui forzando un sorriso straziante che angosciò Eveline più di qualsiasi altra visione alla quale aveva assistito. – Sì, lo capisco – confermò rigettando in dentro tutto l’odio e tutto il dolore.
- Sapevo che tu fossi diverso! – esclamò lei baciandolo tanto passionalmente da togliergli il respiro.
- Allora, noi ti aspettiamo nella stanza. Mi raccomando, non tardare troppo – si raccomandò suo padre, dirigendosi verso la famosa stanza in compagnia di sua moglie.
- No, non tarderò … - rispose lui.
Improvvisamente, Eveline si ritrovò a notte fonda dello stesso giorno. Aris, attento a non svegliare i genitori addormentati accanto a lui, si alzò dal letto, afferrò un mantello, tirò su il cappuccio e uscì di casa. Ella lo seguì per le strade nebbiose notturne di quella città sconosciuta, aspettandosi di trovare intorno a sé una qualche sorta di civiltà, sorprendendosi di non vedere nulla in quel luogo senza tempo.
Aris camminò per alcune ore a passo svelto, senza stancarsi mai, fin quando non raggiunse una capanna in mezzo ai boschi e vi entrò.
Eveline notò il delirio nel disordine di quel piccolo spazio poco illuminato e fatiscente, umido e tutt’altro che accogliente. Tra le pentole arrugginite, libri smembrati e bambole di pezza, intravide la sagoma di una vecchia gobba e raggrinzita, avente un viso dolce, ma snaturato dalle rughe inacidite e diffidenti, capaci di farla sembrare perennemente adirata.
Aris si tolse il cappuccio e parlò. – Sei tu La Larva? Quella che fa le magie?
Ella si alzò in piedi e lo osservò sempre con la stessa espressione spigolosa. – Va’ via di qui.
- Ho bisogno del tuo aiuto. Non ho niente da barattare ma prometto che ti ripagherò – disse lui sedendosi e guardandola implorante.
- Sei un ragazzo sordo, per caso?
Aris fece finta di non udirla mentre la sua attenzione venne attirata da alcuni libri rovinati e sbiaditi sparsi tra l’erba umida. Ne prese alcuni e li sfogliò velocemente.
- Sai anche leggere??  - chiese la vecchia spazientita, strappandoglieli dalle mani senza alcuna cura.
- Ho imparato da solo un po’. Ti prego, devi aiutarmi.
- Non ti voglio qui! Non voglio nessuno qui! Voi uomini mi avete già punita abbastanza!! Cosa volete ancora?! Via!! Vattene via!! – urlò mentre gli occhi quasi le uscivano fuori dalle orbite per lo sforzo.
A ciò, Aris, approfittando del fatto che la vecchia stesse tossendo violentemente per la fatica, si sbrigò a strappare alcune pagine che gli interessavano dai libri che aveva prese poco prima e infilandosene una decina sotto il mantello.
- D’accordo, me ne vado – disse poi, uscendo dalla tenda.
La giovane rosa si ritrovò ora nel momento in cui, giunto nuovamente a casa, oramai poco lontani dall’alba, Aris cominciò a sfogliare i fogli rubati e a leggerli con più attenzione, sottolineando e strappando le parti che gli interessavano e quelle che aveva deciso di scartare. Lo vide uscire nuovamente e cercare delle piante, lo vide mescolare, impegnarsi come non mai nonostante stesse facendo qualcosa di completamente nuovo, estraneo alle sue conoscenze. Eveline non poteva leggere la sua mente e sapere di preciso quali fossero le sue intenzioni, ma non le ci volle molto per intenderle. D’altronde, trasparivano da ogni parte di lui: dalla foga con la quale preparava quell’intruglio, dal suo sudore freddo, dalle mani tremanti ma decise e imperterrite, ma, soprattutto, dai suoi occhi colmi di odio e sofferenza insieme. Stava pianificando l’assassinio dei suoi genitori, una succulenta vendetta per tutto ciò che aveva passato ma, soprattutto, per ciò che avevano fatto a sua sorella. Per ucciderli gli sarebbe bastato soffocarli durante il sonno. Ma lui non voleva ucciderli in quel modo. Lui voleva vederli morire tra atroci sofferenze. Per questo aveva deciso di andare da una maga, l’unica che, forse, avrebbe potuto procurargli qualcosa che faceva al caso suo. Ma lei non aveva voluto aiutarlo, perciò ci avrebbe pensato da sé.
Giunta la mattina, Aris fece trovare delle tazze fumanti di the speziato sopra i tavoli, non appena i suoi genitori si alzarono e i le loro pance scalpitarono per riempirsi. Aveva mischiato quello che sperava essere un fatale veleno con il liquido insaporito dalle foglie di the. Li accolse con un sorriso e attese che bevessero. Dopo alcuni lunghissimi secondi, i due cominciarono a toccarsi la gola, a graffiarsela, mentre cercavano di tenersi in piedi e di appoggiarsi ovunque, come meglio potevano. Non riuscivano a tossire, né ad urlare mentre le loro interiora venivano risucchiate da qualcosa di oscuro, un’arma che nemmeno lo stesso Aris avrebbe saputo definire. Vide le loro membra raggrinzirsi, come private del sangue dentro di loro, fin quando, dopo interminabili minuti di orrida sofferenza, i loro corpi scoppiarono letteralmente, le loro viscere piombarono sulle pareti, le loro cornee, i loro capelli, i vestiti e tutto ciò che li componeva, divennero macchiati della poltiglia densa e si scaraventarono ovunque, sporcando anche Aris, il quale osservò tutto con apparente sguardo calmo.
Eveline sapeva che non avrebbe potuto essere calmo. Era pur sempre un ragazzo, un essere umano, un giovane dall’animo buono, perciò, sicuramente, dentro di lui stava avendo luogo una tempestosa tormenta.
Aris trascorse un giorno intero in quella posizione, in quel luogo sudicio e imperniato di un odore nauseante, con gli occhi fissi sui resti dei suoi genitori.
Quando venne la sera, finalmente, Eveline udì bussare alla porta.
Il ragazzo andò ad aprire come se niente fosse, senza temere la reazione di qualsiasi fosse stato il suo ospite. La giovane rosa fu sorpresa di vedere degli uomini con delle tuniche tutte uguali dinnanzi alla porta. I loro sguardi vagarono oltre Aris, notando la mostruosità di ciò che era accaduto all’interno di quella casa. – Qual è il tuo nome, ragazzo?- chiese uno di loro.
- Aris. Chi siete e perché siete qui?
- Non potremmo mai spiegare ad un essere umano la vastità della nostra esistenza, poiché la sua mente smetterebbe di funzionare. “Eterni” è la parola che ci identifica maggiormente. È tutto ciò che possiamo dirti, Aris.
- Abbiamo sentito un richiamo. Quando un potere sconosciuto viene esercitato noi ne percepiamo l’essenza. Il richiamo dell’arma sconosciuta proveniva da qui – disse un altro Eterno.
- Ho fatto una cosa orribile … - disse Aris mentre una lacrima cominciava a rigare il suo volto.
- Che cosa hai fatto?
- Ho ucciso i miei genitori.
- Sei tu il creatore dell’arma sconosciuta? – chiese incredulo uno di loro.
- Ho semplicemente strappato dei fogli da alcuni di libri di magia … ho mischiato insieme degli elementi con degli effetti letali e li ho fatti bere ai miei genitori.
I volti degli Eterni assunsero un’aria sorpresa. – Dunque non sei uno stregone? Non possiedi alcuna conoscenza delle arti magiche?
- Sono solo un ragazzo – confermò Aris, poi voltandosi a guardare nuovamente i resti dei suoi genitori. – Come farò a liberarmi di ciò che ho fatto … ? Come potrò essere perdonato per questo … ? – Fece una breve pausa, poi continuò. - Non riuscivano neanche ad urlare. La loro gola è bruciata per prima, dopo averlo inghiottito. Sono morti in totale silenzio.
- “Silenziatore” – disse uno degli Eterni, attirando l’attenzione del ragazzo ancora in lacrime.
- Cosa …?
- Esiste una tribù che nomina ogni suo componente in base al modo in cui questo uccide. L’arma creata da te dovrebbe chiamarsi in tal modo, se ancora non gli hai dato un nome. Ogni stregone attribuisce un nome alle sue creazioni.
- Ho appena detto di non essere uno stregone …
- Ma lo sarai – disse un altro, avvicinandosi maggiormente al ragazzo. – Sei nato in un’era molto particolare, Aris: tra qualche anno giungerà un conquistatore della stirpe dei padroni dei draghi che siederà su un trono e creerà un regno che sopravvivrà per secoli. Ma tu puoi innalzarti lontano da ogni evento che coinvolgerà questo mondo, estraniandoti.
- Che cosa mi state dicendo …? – chiese il ragazzo, sempre più confuso.
- Per ottenere il perdono o dimenticare ciò che hai fatto, dovrai crescere sempre più, acquisendo un potere che mai avresti immaginato di possedere. Se riuscirai a giungere ad uno stato simile, vivrai in pace. E una volta trovata la tua pace tornerai da noi, i tuoi benefattori, e ci ripagherai della gentilezza donandoci tutto ciò che avrai ottenuto e che ti avrà reso tanto grande.
Aris osservò ancora l’uomo con sguardo perso, rimanendo in silenzio per un po’. – D’accordo – disse infine, non rendendosi neanche conto delle parole appena pronunciate. – Ma prima … ho una cosa importante da fare – disse sorpassandoli, avvicinandosi al prato semideserto dinnanzi alla casa e raccogliendo uno dei pochi fiori rimasti. Dopo di che, Eveline lo seguì fino al fiume lì accanto. Lo vide inginocchiarsi sul ciglio della sponda e appoggiare il fiore raccolto sopra il velo d’acqua gelida, vedendolo trascinare via dalla corrente, proprio come il corpo di sua sorella. – Ti voglio bene, Leahn. Ora siamo liberi e io non ti dimenticherò. Trova la pace, sorella mia – disse mentre i suoi occhi ridivenivano lucidi.
In quell’istante, Eveline acquistò pienamente la consapevolezza che fosse stata una fortuna dimenticare per Aris.
 
 
- Ser Davos – lo richiamò la bambina distraendolo dal vestitino che l’uomo stava cucendo.
Egli si voltò a guardarla. – Sì, principessina?
- Sei diventato molto bravo a cucire – disse guardando l’abito soddisfatta e sedendosi accanto a lui.
- Ho avuto la migliore maestra  - le rispose sorridendole dolcemente come era solito fare.
- Ser Davos? – lo richiamò di nuovo, alzando gli occhioni a mandorla verso di lui.
- Sì?
- Non è stata colpa del buffo cavaliere senza casa e senza meta – disse improvvisamente, riscuotendo il vecchio cuore del Cavaliere delle Cipolle. L’allusività di quella bambina tanto intelligente gli aveva fatto intendere che avesse compreso chi fossero i personaggi della storia che le aveva raccontato e che stesse utilizzando tutto il tatto di cui solo lei era capace per parlargliene. – La principessa è morta a causa della cattiveria delle persone. Ma lui l’aveva già salvata. L’aveva salvata in un modo diverso, perciò non poteva farlo di nuovo – disse con naturalezza, continuando poi a concentrarsi sul vestitino. Tuttavia, quando rialzò lo sguardo su di lui, vide delle lacrime solcare il suo volto barbuto. In quel momento, qualcosa scattò dentro la futura regina delle Isole di Ferro, nei confronti dell’uomo che da mesi le stava facendo da padre e da amico. Si sporse verso di lui e lo abbracciò, sorprendendolo più di quanto lo fosse ella stessa. Davos avrebbe voluto ricambiare quell’improvviso gesto tanto raro per la bambina speciale che aveva dinnanzi, ma aveva paura di rovinare lo splendido momento e non sapeva come avrebbe reagito Müren al tocco di un altro essere umano su di lei, perciò rimase fermo immobile, godendosi il caloroso abbraccio. – Non piangere, buffo cavaliere.
Ma l’istante venne interrotto dalla porta della stanza della principessa, la quale si aprì improvvisamente, rivelando la figura di Bridgette.
A ciò, Müren si staccò da Davos e le sorrise gioviale. – Ciao, Bridgette! Vuoi vedere come sta venendo il vestito che sto creando per te?? – le chiese avvicinandosi.
- Oh, sì, mi farebbe molto piacere … - rispose la giovane donna sforzandosi di sorriderle.
Davos capì immediatamente che ci fosse qualcosa che non andasse in lei. Quella donna tanto affascinante quanto misteriosa e intoccabile negli atteggiamenti, gli sembrò stranamente combattuta. I suoi occhi perennemente decisi e penetranti, ora erano un misto di emozioni che non riuscì a decifrare.
Il suo istinto di protezione prevalse e si manifestò. – Va tutto bene, lady Bridgette? Non avete una bella cera. Se non vi sentite bene è meglio che non stiate a contatto con la principessa – disse alzandosi e cercando di rimanere calmo.
- Stai male, cugina Bridgette? – le chiese Müren dispiaciuta.
- Credo si tratti solo di un’impressione di ser Davos, principessa. In realtà sto benissimo. Sono solo un po’ afflitta a causa della prigionia di mio fratello.
- Sono certa che Adrian uscirà di prigione e mia madre lo risparmierà, non temere. Ora che parlo un po’ più spesso con la mamma la sto convincendo anche io a lasciarlo andare. Wylem dice che non può essere stato lui ad uccidere Blake e io gli credo. Lui è il mio migliore amico. Anche tu sei mia amica, Bridgette – le disse sorridendole incoraggiante.
Ma Davos non si fece ingannare e, con decisione, si pose davanti a Müren, fronteggiando la giovane donna. – Che cosa nascondete dietro i merletti del vostro vestito? – le chiese sospettoso.
- Nulla che vi possa interessare – gli rispose decisa. – Ora, se non vi dispiace, vorrei trascorrere del tempo con la principessa, dato che sono venuta per lei.
- Voi non vi avvicinerete a Sua Maestà – contestò Davos fulminandola.
- Davos, che stai facendo? Bridgette non mi farebbe mai … - ma la frase della piccola rimase in sospeso non appena vide la lama di una daga sfoderata lentamente dalle abili mani della giovane donna.
- Fatevi da parte, ser, se non volete venire assassinato anche voi.
- Sono comunque un testimone perciò mi ucciderete in ogni caso se non mi oppongo a voi.
- Ser Davos … - intervenne Müren sconvolta, facendo saettare gli occhi dalla daga, a Bridgette, a Davos.
A ciò l’uomo si voltò lievemente verso di lei, per rimanere comunque in guardia dinnanzi a Bridgette. – Questa volta non commetterò lo stesso errore, principessa. Ti proteggerò a costo della vita – disse con estrema determinazione.
- Non vi ucciderò se mi lascerete avvicinare alla bambina. Accetterò di venire giustiziata, così che mio fratello sarà salvo, come sarebbe dovuta andare fin dall’inizio. Progettavo di uccidere anche lei fin da subito, ma ora non mi importa più di essere scoperta: sono stanca – disse avvicinandosi ancora all’uomo. – Siete disarmato. Vi conviene farvi da parte se non volete che passi sul vostro cadavere.
- Voi non la toccherete.
In quel preciso istante, lo sguardo di Bridgette, si posò involontariamente su un manichino coperto, infondo alla stanza. Il telo postogli sopra non lo copriva interamente, lasciando intravedere dei veli  bianchi e a strati, data la lunghezza.
- Cos’è quello … ? – chiese improvvisamente la giovane donna, restando con lo sguardo fisso sul manichino poco lontano.
A ciò, Müren seguì il suo sguardo e le rispose. – Il vestito da sposa che avevo preparato per te …
Bridgette camminò lentamente verso il fantoccio coperto e tolse il velo. Quando vide l’abito, si portò una mano dinnanzi alla bocca mentre delle lacrime calde cercavano di fuoriuscire dai suoi occhi, stimolate da ricordi lontani e dalla bellezza di un dono così puro da parte di una creatura tanto dolce e sensibile. L’abito era composto da un corpetto privo di maniche, bianco latte, leggero e velato, cosparso di perle del color dell’avorio, mentre la parte inferiore si diramava in tanti veli sottili e semitrasparenti sovrapposti tra loro, fino ad arrivare a quelle che avrebbero dovuto essere le caviglie.
- Lo hai fatto tu … per me …? – chiese tastandolo con le mani e lasciandosi cadere in ginocchio, sfogandosi in un pianto, cedendo alla debolezza.
In quel momento, piombò nella stanza anche Oberyn con il fiatone e gli occhi stravolti per la corsa e la paura di essere arrivato tardi.
Quando vide Bridgette inginocchiarsi a terra in preda alle lacrime e il pugnale che pian piano scivolava via dalle sue mani, comprese che, fortunatamente, non vi sarebbe stato bisogno del suo aiuto: a quanto sembrava, anche la più gelida dei Greyjoy aveva un cuore.
Müren convinse ser Davos a lasciarla passare, e si avvicinò a Bridgette. Quest’ultima, ancora scossa, si voltò verso di lei provando un forte istinto di abbracciarla. – Mi dispiace, Müren … mi dispiace … mi dispiace per quello che ho fatto a Blake … e per quello che stavo per fare a te …
La bambina le porse un fazzolettino ricamato da lei. – Posso perdonare.
- Dunque il mistero della letale sirena dei mari si è svelato – intervenne Varys entrando nella stanza.
Oberyn, avvicinatosi di soppiatto, sfilò definitivamente la lama dalle mani della giovane donna. – Credo sia il momento di parlare, lady Bridgette. Perché lo avete fatto? Che cosa speravate di ottenere? – le chiese.
A ciò, ella si alzò in piedi posando lo sguardo su ognuno dei presenti, decidendosi un attimo dopo a rivelare l’origine del suo tormento e della lunga serie di omicidi di bambini che aveva messo in atto.
- Anni fa sono andata in sposa a Iwan della casa Saltcliffe. All’inizio il nostro matrimonio era gioioso, nonostante, come tutti i lord e le lady, ci fossimo sposati tramite un’unione combinata. Abbiamo provato innumerevoli volte ad avere figli, ma ogni qualvolta rimanessi incinta, il bambino moriva durante i primi mesi di gravidanza. In tutto persi  sedici bambini – disse lasciando i presenti sconvolti e dovendosi fermare per coprirsi la bocca e trattenere le lacrime al pensiero. - Era divenuto un incubo, così sentimmo un Maestro e lui, dopo avermi visitata, ci disse che non avrei mai potuto avere figli, poiché il mio ventre era inadatto a nutrire una vita. Vedevo tutte le ragazze anche più giovani di me partorire figli continuamente e senza difficoltà, non solo dando eredi ai loro lord, ma godendo del meraviglioso dono di essere madri. Cominciai ad invidiarle maniacalmente. Alcune di loro non sapevano neanche la fortuna che avevano, e non si curavano a dovere dei loro figli. Io e mio marito ci allontanammo sempre più, rinunciando alla prospettiva di avere eredi. Ma una sera, lui tornò ubriaco da un bordello e cominciò a baciarmi e a toccarmi. Non seppi perché glielo permisi. Forse un po’ lo desideravo anche io, dopo tanta freddezza tra noi due. Dopo quella notte, rimasi nuovamente incinta e, inaspettatamente, il bambino sopravvisse ai primi mesi, non mostrando alcuna anomalia, riuscendo ad arrivare fino al momento della nascita. Credo che quel giorno sia stato il migliore della mia vita – disse mentre il flashback si faceva spazio nella sua mente:
- Spingete, mia signora, spingete forte! – la incoraggiò la levatrice, allargandole le gambe nude e sudate ancora di più.
Urlò al cielo provando un dolore lancinante mentre percepiva il buco della sua intimità spaccarsi in due, attanagliata dalla paura che suo figlio nascesse morto.
Urlò ancora e pianse mentre i lunghi capelli zuppi di sudore le si appiccicavano al volto, spostati indietro da una delle sue dame, mentre un’altra la aiutava a rimanere in quella scomoda posizione.
Un ultimo urlo atroce, quello in seguito alla spinta che la distrusse definitivamente, lasciandola senza più alcuna forza. Poi il dolore cominciò ad alleviarsi e udì un pianto.
Non poteva crederci. Era convinta di star vivendo in un sogno. Stava finalmente udendo il pianto di un bambino, del suo bambino.
Ritrovò improvvisamente le forze e alzò la testa per guardare la levatrice, trovandola con un fagottino in mano, lo sguardo intenerito e sollevato. Ella la guardò e le rivolse uno dei più bei sorrisi che aveva mai visto. – Sta bene, mia signora. È un maschietto ed è sano. Un miracolo, mia signora … questo bambino è un miracolo.
Quelle parole le sembrarono surreali. Troppo, per rassicurarla al cento per cento ma abbastanza da elevarla ad uno stato di beatitudine eterna.
Le sorrise ricominciando a piangere, ma per la gioia e non per il dolore, questa volta.
- Datemelo … fatemi tenere in braccio mio figlio … - disse con voce rotta, porgendo le mani deboli e tremanti in avanti.
Non appena lo ebbe tra le mani, gli sembrò la creatura più divina e perfetta che avesse mai visto. – Ehi … benvenuto al mondo, amore mio … - gli disse accarezzandolo, cullandolo e baciandogli la fronte delicata più e più volte. Continuò a ripetersi che fosse reale e che ne avrebbe avuto cura ogni istante della sua vita, sempre, qualsiasi cosa fosse accaduta.
- Si chiamava Malec – continuò a raccontare sorridendo mentre guardava nel vuoto, come immaginandoselo di nuovo dinnanzi a sé. – Cresceva forte e in salute. Era furbo, sveglio e creativo, una gioia e un dono per chiunque gli stesse accanto. Ero molto gelosa di lui, tanto da trascorrere ogni singolo momento in sua compagnia, rifiutando l’aiuto delle balie e alterandomi quando osavano toccarlo o trascorrere del tempo con lui senza il mio permesso. Era diventato lo scopo della mia vita. Mio marito andava a puttane tutto il giorno e io rimanevo ogni secondo insieme a Malec. Così era la nostra vita e non avrei comunque potuto desiderare di meglio, per quanto quel piccolo miracolo fosse capace di riempire completamente le mie giornate.
Era tutto perfetto, fin quando non giunse quel giorno. Aveva solo due anni e mezzo quando è successo.
La tempesta diveniva sempre più forte, i fulmini squarciavano il cielo come cicatrici luminose e i tuoni spaccavano le sue orecchie ogni minuto sempre più. Suo marito era lontano, a compiere i suoi doveri di lord. Il castello era semivuoto, se non per lei, Malec e la servitù.
- Janette, che sta succedendo? Mio figlio si è svegliato a causa del temporale?? – chiese uscendo dalle sue stanze, rivolgendosi ad una delle sue dame.
- No, mia signora, il signorino Malec sta ancora dormendo.
- Andrò da lui. Questa tempesta non mi lascia presagire nulla di buono.
- È solo una violenta tempesta, mia signora. Tendete ad associare ogni violento fenomeno atmosferico alla notte nella quale vostra madre è scappata di casa.
Janette era sua dama da compagnia da quando erano piccole, perciò la conosceva meglio di chiunque altro, persino di suo padre.
- Non è per questo, Janette! Andrò da lui! Tu avvertimi se accade qualcosa di strano! – esclamò sorpassandola e dirigendosi verso le stanze di suo figlio. Aprì la porta e lo trovò addormentato, con il visetto per metà affondato nel cuscino, acciambellato su se stesso come un gattino.
- Malec, tesoro … - lo richiamò accarezzandogli i capelli scompigliati, sorridendogli dolcemente mentre lo vedeva stropicciarsi gli occhi insonnoliti.
- Mamma?
- Come fai a restare addormentato con i tuoni là fuori? Non hai paura?
A ciò, il bambino mise a fuoco e si voltò verso le finestre chiuse, dalle quali si potevano vedere gli intensi lampi e la pioggia mista a grandine scendere giù violentemente. Poi, ritornò a guardare sua madre. – No, non ho paura.
- Il mio bambino coraggioso – rispose Bridgette sorridendo e dandogli un bacio sulla fronte. – La tua mamma invece ha paura. Puoi donarle un po’ del tuo coraggio?
Malec sorrise. – Va bene, mamma.
- Bravo il mio orsacchiotto. Che ne dici se leggiamo una delle tue fiabe dell’orrore preferite? – gli chiese entrando nel letto con lui e mettendoselo in braccio.
- Ma leggiamo sempre le fiabe dell’orrore. Oggi voglio cambiare – disse alzandosi e gattonando sul letto fino ad arrivare al cassetto del comodino lì di fianco, aprendolo e afferrando vari libricini, per poi tornare in braccio a sua madre e cominciare a sfogliarli.
- Allora scegli tu – lo incoraggiò lei appoggiando le labbra sulla sua testolina capelluta, mentre lui rimaneva concentrato a sfogliare vari libricini.
- Questo! – esclamò indicandoglielo soddisfatto.
- “Fiabe di eroi del mare”?
- Sì. Ho visto l’immagine di una piovra gigantesca dentro.
- Vuoi che te lo legga solo per la piovra, vero?
Il piccolo annuì sorridendo e mettendosi comodo, con la testa appoggiata all’altezza delle costole della donna.
- “In una terra lontana, oltre il mare stretto, vi era un’isola circondata da acque maledette e pericolose, colme di creature che solo i più coraggiosi sarebbero stati in grado di affrontare”- lesse mettendo enfasi nella voce come era solita fare. – “Un eroe senza macchia si avventurò tra quelle acque tumultuose con la sua vecchia nave e la sua ciurma. Nessuno di loro sapeva che cosa avrebbero affrontato nei giorni seguenti. L’eroe non lo aveva rivelato loro …”
- Mamma?- la interruppe il bambino, come era solito fare quando lei gli leggeva le fiabe, per porle mille domande.
Ella sorrise nell’udire la prima di quella che sicuramente sarebbe stata una lunga serie di interruzioni. – Sì?
- Perché l’eroe non ha rivelato il pericolo alla sua ciurma?
- Forse perché pensava che, se lo avesse fatto, loro non lo avrebbero più seguito per la troppa paura.
- Ma se sapeva che erano paurosi, perché li ha scelti come ciurma per combattere il pericolo?
- Non lo so, tesoro.
- Io non capisco.
- Magari gli uomini della ciurma non erano paurosi. Magari, semplicemente, non volevano lasciare sole e senza protezione le loro famiglie. Io avrei paura di lasciare te e non poterti più proteggere.
Il bambino si girò verso di lei puntando gli occhioni curiosi sui suoi. – Vuoi dire che non avresti paura di niente oltre che di questo?
- Di niente oltre che di questo – confermò Bridgette con sicurezza. – Sentiamo, tu invece cosa avresti fatto al suo posto, saputello? – gli chiese venendo poi interrotta dal bussare della porta improvviso. Si alzò dal letto dicendo a Malec di rimanere dov’era e andò ad aprire. – Che sta succedendo? – chiese trovandosi Janette con un colorito cadaverico dinnanzi alla porta.
- Mia signora, la tempesta è talmente violenta da aver sfondato le porte del castello. Siamo privi di sicurezza, perciò è di fondamentale importanza che voi e vostro figlio restiate chiusi in camera per ogni evenienza. Non voglio mentirvi: con i banditi che girano di notte da queste parti, rimanere senza alcuna protezione è molto pericoloso. Non uscite fin quando non ve lo diremo noi – si raccomandò, poi congedandosi e andandosene.
Una paura cieca invase Bridgette, facendo aumentare il suo istinto di protezione.
- Che succede? – chiese Malec.
- Nulla, tesoro. Va tutto bene, ci sono io con te.
- Ci stanno attaccando?
- No, no! – si sforzò di sorridergli per non allarmarlo. – Continuiamo la storia?
I due furono sorpresi da forti rumori provenienti di fuori la stanza. La giovane Greyjoy sbiancò completamente, temendo il peggio, così abbracciò suo figlio, stringendolo tra le braccia.
- Dobbiamo fare silenzio. Non possiamo neanche fiatare. Se penseranno che non siamo qui, non entreranno … - sussurrò tappandogli istintivamente la bocca.
- Ero totalmente accecata dalla paura … come non mi era mai successo … forse perché era in gioco qualcosa di così grande come la vita del mio bambino. Ad ogni modo, completamente ignara delle mie azioni istintive, mentre mi sembrava di udire quei rumori sempre più forti e più vicini alla stanza, mentre spingevo con la mano sulla bocca di Malec, mi aiutai con il lenzuolo del letto per tappargliela completamente. Non potevo rischiare che ci sentissero … non potevo rischiare che lui urlasse per lo spavento … - un sorriso amaro si allargò nel suo volto, insieme ad altre lacrime. –  … ma se solo avessi ragionato minimamente … mi sarei resa conto che non ce ne sarebbe stato bisogno: Malec era un bambino intelligente … non avrebbe urlato in ogni caso. Ma non riuscivo a pensare in quel momento … spinsi forte, troppo forte sulla sua bocca con il lenzuolo. I bambini da piccoli sono molto delicati.
- Mia signora! – riconobbe finalmente la voce di Janette dopo quei secondi di nero spavento, così si alzò immediatamente dal letto, mollando la presa sul bambino, senza voltarsi a guardarlo. Giunse alla porta impaziente e aprì, sollevata. – Mia signora, siamo riusciti a ribloccare le porte! Non correte più alcun pericolo.
- E quei rumori di prima?
- A causa della grandine si sono rotti parecchi vetri delle finestre delle stanze adiacenti a questa, provocando un gran trambusto. Non è entrato nessuno, potete stare tranquilla.
Bridgette, rassicurata pienamente, corse nuovamente verso suo figlio. – Orsetto, hai sentito?? Non corriamo più alcun pericolo! Sei stato il più coraggioso, come sempre … - ma la frase le morì in gola non appena lo vide sdraiato sul letto, immobile. – Malec …? – lo richiamò scuotendolo lievemente, poi sempre più forte. – Malec … Malec, tesoro, rispondimi … rispondimi!!
Sembrava un burattino tra le sue mani, molle, inanimato, spento, spezzato. Fu in quel momento, vedendolo in quello stato, che comprese. Guardò il lenzuolo stropicciato nel quale era sdraiato e capì ciò che aveva fatto. – No … no … Janette!! – strillò a squarciagola.
La dama entrò nella stanza, inizialmente confusa. – Che succede, mia signora? Il signorino Malec non sta bene?
- Fallo svegliare!! Trova un modo per svegliare il mio bambino!! – urlò mentre il suo viso si arrossava per lo sforzo.
A ciò, la ragazza si avvicinò, impietrendo non appena vide il piccolo e spinse un pollice sul suo polso. – Mia signora … non c’è battito …
- Non toccarlo!! – urlò Bridgette scacciandola, stringendolo a sé e cullandolo. – Va tutto bene … il mio bambino sta bene … il mio bellissimo bambino è stato tanto coraggioso … il mio miracolo … è qui … è qui con me … sono qui con te …
- Lo avevo soffocato con le mie stesse mani. Sicuramente avrà cercato di ribellarsi dalla mia presa, quella che lo stava uccidendo … ma io non me ne sono neanche accorta. Così ho perduto la mia ragione di vita.
- Il dolore è degenerato e vi ha portata a commettere crimini impronunciabili – intervenne Varys. – I miei uccellini mi hanno informato riguardo alcuni assassinii di bambini più o meno piccoli, ben nascosti e rimasti irrisolti. Se voi non potevate più avere il vostro tesoro più prezioso, allora non potevano neanche gli altri, giusto? L’invidia, la rabbia, il dolore, una vuota vendetta vi hanno divorata, trasformandovi in un’assassina ripugnante. Avete strappato accidentalmente la vita a vostro figlio e l’avete strappata volontariamente ai figli degli altri – continuò il Ragno.
- Ma ora è diverso … qualcosa è cambiato, non è vero? – continuò Oberyn, con sguardo addolorato dalla storia appena udita. – La principessa vi ha cambiata. Vi ha fatto inconsapevolmente capire che le tragedie che state compiendo, le vite che state togliendo, non faranno altro che farvi sentire ancora più sporca e dilaniata. Non vi daranno la vostra vendetta, la vostra soddisfazione, ma, soprattutto, non vi ridaranno indietro Malec.
Varys si avvicinò a lei. – Quanti bambini avete ucciso in tutto?
Bridgette alzò gli occhi distrutti su di lui, reggendo il suo sguardo, cosa che in pochissimi riuscivano a fare. – Non più di quanti io ne abbia persi – disse alzando le mani, in attesa di essere imprigionata.
- Leggo del sincero pentimento nei vostri occhi, milady. Sto vedendo qualcosa che pochissime volte mi è capitato di osservare – rispose il Ragno con serietà solenne.
- È inutile che io ora vi dica quanto sia pentita. Merito di essere punita per il resto della mia vita.
- Liberate Adrian Greyjoy. Abbiamo trovato la reale colpevole dell’omicidio di Blake Harlow – ordinò Oberyn richiamando le guardie.
Quelle parole furono capaci di risvegliare Bridgette, la quale si voltò verso la Vipera e abbozzò involontariamente un lieve e sincero sorriso. – Prima che mi imprigioniate, posso salutarlo …? Non lo abbraccio da mesi.
A ciò, Oberyn si avvicinò a lei. – Adrian possiede tutta la virtù che voi non avete. Non vi meritate un fratello come lui, ne siete consapevole?
- Sì, pienamente.
- Ad ogni modo, non volete prima andare a chiedere alla regina il suo perdono?
La giovane donna spalancò gli occhi. – Il suo perdono …? Non appena lo scoprirà, Yara vorrà vedere la mia testa decomporsi su una picca per il resto dei suoi giorni e farà bene a volerlo.
Oberyn continuò a guardarla serio prima di risponderle. – Lo meritereste. Tuttavia, credo che potreste servirmi per i miei scopi, perciò vi darò modo di riscattarvi, nonostante mi costi concedere questa grazia ad una carnefice di bambini innocenti.
- Dimenticate che non siete voi il regnante delle Isole di Ferro, milord.
- Non mi opporrò alla decisione della regina. Ma se Yara vi risparmiasse, pagherete comunque: ciò che ho intenzione di farvi fare non sarà molto meglio della morte – le disse voltandole le spalle e uscendo dalla stanza, mentre delle guardie entrarono e presero la giovane Greyjoy.
Müren la guardò andare via restando immobile. Davos, rimastole accanto tutto il tempo come un guardiano, si inginocchiò per essere alla sua altezza. – Stai bene?
- Sì. Credo di sì. Anche grazie a te – disse abbracciandolo di nuovo e stringendolo. Questa volta neanche lui si trattenne e ricambiò, spinto dalla paura di perderla provata poco prima. In quel momento entrò nella stanza anche Theon, con il fiatone. – Müren! Müren, ho saputo ora! Come stai, piccola?? – le chiese andandole subito incontro e stringendola anche lui a sé, essendo sempre stato l’unico con il permesso di farlo.
- Sto bene, zio Theon – lo confortò lei sorridendo. – Ora cosa succederà?
- Non lo so, bambina mia. Non lo so.
 
Adrian vide le guardie aprire la cella. – Potete andare. Siete libero.
Quelle parole lo lasciarono perplesso, tanto che ci mise un po’ prima di alzarsi e uscire dalla cella, risalendo le scale dopo tanto tempo senza catene a stringergli i polsi e le caviglie, con le ferite lasciate finalmente all’aria. Non appena uscì dalle prigioni e raggiunse il salone del castello al piano superiore, fu colpito dalla luce del sole troppo chiara e forte, così si coprì gli occhi. Ma non fece in tempo a scoprirli che si ritrovò invaso dagli abbracci di Ireen, Camille e del piccolo Wylem. Gli si fiondarono addosso stringendolo, le prime due piangendo per la gioia e il più piccolo più esultante che mai.
Il giovane Greyjoy sorrise felice, ma non ebbe il tempo di godersi la riunione familiare, che le guardie intervennero nuovamente. – Dovete venire con noi. La regina ha chiesto di voi – gli dissero, facendogli segno di seguirlo.
Il ragazzo percorse i corridoi seguendo gli uomini, fin quando non giunse nelle stanze della regina, pervase da un odore stantio, come quello della morte. Entrò senza fare rumore, quasi in punta di piedi, notando che la stanza fosse già abbastanza affollata. Yara era stesa sull’immenso letto reale, ridotta quasi ad uno scheletro. Müren le era sdraiata accanto e la guardava con espressione afflitta.
Tra la folla di persone, Adrian si accorse anche della presenza di Bridgette, la quale, non appena lo vide, cercò di ribellarsi involontariamente alla presa delle guardie per raggiungerlo e riabbracciarlo, ma gli uomini non la lasciarono andare.
- Fatevi avanti – le ordinò Oberyn, attenendo ad un lato del letto.
La giovane Greyjoy obbedì e si fece avanti, avvicinandosi al letto e guardando sua cugina. – So di non avere alcun diritto di essere qui a rivolgerti la parola, soprattutto per chiedere il tuo perdono, Yara. Ti ho sedotta, ti ho ingannata, ho ucciso tuo figlio e stavo per uccidere anche la tua primogenita. Sono stata ospite nella tua casa, accolta come parte della famiglia, e ho osato rovinare il tuo regno, i tuoi progetti e la tua vita, rendendoti così. Ho ucciso altri bambini oltre Blake, e non mi sarei fermata se non fosse stato per Müren e per il suo “potere speciale”. Se vuoi sapere la ragione per la quale ti ho fatto questo, posso dirti solamente che il dolore atroce dato dalla fatale perdita dell’unico figlio che sono riuscita ad avere, per mano mia, ha invaso ogni parte di me, rendendomi desiderosa di far provare a chiunque la mia stessa sofferenza. Sono un’egoista, una manipolatrice e una tremenda assassina. Dopo averti detto tutto questo, la piena verità, chiedo il tuo perdono – disse inchinandosi umilmente, riuscendo a manifestare il suo disagio e il suo immenso senso di colpa.
Yara la guardò tutto il tempo con quel volto ossuto e ormai incolore. Lasciò trascorrere qualche minuto di attesa per tutti i presenti, fin quando non si decise a parlare con voce roca e stanca. – Adrian … avvicinati, cugino – disse rivolgendo lo sguardo al fondo della stanza per guardarlo.
Il ragazzo, sorpreso tanto quanto gli altri, si avvicinò al letto confuso e lievemente intimorito, inchinandosi poi rispettosamente.
La regina delle Isole di Ferro lo osservò attentamente, notò le ferite, il colorito troppo chiaro, le gote scavate, ma soprattutto, gli ematomi e gli squarci profondi sui polsi e sul collo. Allungò la mano debole per prendere il suo polso con delicatezza e guardarlo meglio, notando la gravità dell’infezione. Si portò l’altra mano dinnanzi alla bocca mentre i suoi occhi si velavano di lacrime, lasciando tutti allibiti. – Io ti ho fatto questo …
- Non … non dovete dispiacervi, mia regina. Pensavate che io avessi ucciso Blake … - cercò di confortarla il ragazzo.
- Quello che ti ho fatto è imperdonabile … sei solo un ragazzo … sei mio cugino … ed io … io … senza neanche accertarmi della veridicità della tua confessione … ho sfogato tutta la mia schifosa ira su di te … su un innocente.
- Cugina …
- Io ti ho fatto frustare ogni giorno, ho ordinato che ti venissero dati solo gli scarti ammuffiti di cibo e solamente ogni due giorni, ho chiesto … ho chiesto alle mie guardie che ti venissero legate le mani e le caviglie con catene, strette fino a ferirti e a fermare la circolazione del tuo sangue … ho chiesto persino che ti venisse fatto lo stesso intorno al collo fin quando non ti avessero visto al limite del soffocamento … hai sofferto tutto questo per mesi e mesi … poi, una volta processato, ti avrei fatto uccidere nel peggiore dei modi, come neanche i ratti vengono massacrati … - disse mentre gli occhi del ragazzo divenivano lucidi insieme a quelli della regina stessa che, dopo essersi svuotati, si riempivano di nuovo come in un ciclo continuo.
Dopo aver detto ciò, gli appoggiò una mano sulla guancia, riuscendo a vedere il suo Blake cresciuto in lui, se solo avesse avuto modo di crescere. – Io non ho il diritto di decidere nulla, dopo quello che ti ho fatto. Perciò sono io a chiedere perdono oggi … chiedo perdono a te, Adrian. Se tu riuscirai a perdonare una creatura squallida come me, allora, anche la tua turpe sorella riceverà la mia grazia, a patto che lasci queste Isole e non vi faccia più ritorno. Sono stanca di punire. Voglio solo morire in pace. Ora come ora, il tuo perdono è ciò che di più grande e bello il mondo possa donarmi.
Perplesso quanto gli altri e toccato da quelle parole, il giovane Greyjoy prese la mano di sua cugina e la strinse. – Non c’è nulla da perdonare, cugina.
 
 
Hayden si ritrovò rinchiuso in uno spazio completamente bianco e lucente. Si guardò intorno ma non vide nulla, solo il vuoto.
Da lontano notò qualcuno avvicinarsi.
Egli era un vecchio magro, con i lineamenti crudeli e spigolosi, i capelli radi e del suo stesso colore, tanto biondi da sembrare bianchi, così come la barba, troppo cresciuta e incolta, le unghie lunghe e appuntite, i vestiti reali e una corona in testa.
- Nonno? Sei tu? – gli chiese il ragazzo vedendolo avvicinarsi sempre di più a lui.
Aerys Targaryen gli sorrise con i suoi denti gialli e i canini fin troppo appuntiti. – Tu sei ciò che ho sempre desiderato. Il mio vero e unico erede, Hayden Targaryen – gli disse appoggiandogli le mani rugose e affusolate come artigli sulle spalle.
Il giovane continuò a non dire nulla, guardandolo semplicemente, prima di decidersi a rispondergli. – Perché io?
- Perché tu sei l’unico Figlio della Follia di questa e delle ere avvenire. A questo non erano destinati né Rhaegar, né Viserys, né tua madre Daenerys. Sugli ultimi due potevo anche riporre le mie speranze, ma non erano abbastanza, perciò si sono persi per strada. Nelle tue vene scorre il vero sangue dell’antica Valyria. Il vero sangue di drago. L’ho sempre saputo dentro di me e, inconsapevolmente, ho sempre atteso il tuo arrivo – disse guardandolo dritto negli occhi, viola contro nero.
- Io, prima, sarei stato l’ultima persona al mondo da designare come tuo successore. Ero gentile, valoroso e puro.
- Anche io lo sono stato. Poi hanno risvegliato il drago – terminò la frase sorridendo, per poi indietreggiare di poco, inchinarsi a lui e porgergli la splendida corona con lo stemma del drago. – Arriverà il momento, mio principe.
Daenerys si risvegliò da quel sogno completamente sudata e con il fiatone. Impiegò alcuni secondi per realizzare di trovarsi ancora a Grande Inverno e che quello che aveva appena avuto fosse solo un tremendo incubo. Riprese fiato cercando di scacciare quei pensieri funesti e di togliersi Hayden dalla testa per riuscire a dormire, nonostante, ormai, fosse divenuto praticamente impossibile per lei.
Nello stesso momento in cui si svegliò e interruppe il sogno la madre dei draghi, fece lo stesso anche Hayden, aprendo gli occhi scuri e immergendoli nuovamente nel buio di quella stanza segregata e umida, oramai divenuta la sua casa. La luce lieve della luna entrò dalla finestrella in alto, fungendo sempre come unica fonte di illuminazione.
Il giovane, da seduto, guardò dinnanzi a sé, nello spazio buio che nascondeva qualcosa che lui conosceva bene. Girò il viso di tre quarti, continuando, tuttavia, a tenere gli occhi fissi su quel punto oscuro, dal quale provenivano respiri profondi. Dopo averlo fissato per un po’ ed essersi fatto fissare, nonostante non riuscisse realmente a distinguerlo, si mosse dalla sua posizione e gli si avvicinò cauto, gattonando lentamente verso di lui.
I loro volti erano a pochi centimetri di distanza ora. – Non credere di essere me soltanto perchè lei ti ha creato con il mio sangue. Stammi lontano, Haylor – gli disse, udendo poi il verso di risposta del drago dinnanzi a lui.  
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 27
*** Lo strazio di una madre, il dolore di un figlio, la maledizione di un ragazzo, il valore di una strega (parte 2) ***


Lo strazio di una madre, il dolore di un figlio, la maledizione di un ragazzo, il valore di una strega
 
PARTE 2
 
Era rannicchiata su se stessa, i capelli che coprivano quasi interamente la sua figura acciambellata.
- Da quanto tempo sono qui? – chiese con voce incolore alla solita bambina.
- Più di un giorno. Arriverà il momento in cui dovrai mangiare, bere e dormire, altrimenti il tuo corpo cederà. Devi sbrigarti ad uscire da qui, Aradia.
- Dov’è Aris? – chiese con la voce ovattata dal contatto delle labbra con le sue ginocchia.
- Sei sola ora. Lui è in un’altra stanza. Una stanza nella quale tu non puoi andare.
La giovane rosa alzò finalmente la testa, gli occhi stanchi, lo sguardo perso, e, improvvisamente, non si ritrovò più nella stanza vuota, di fianco alla bambina. Lei era svanita e l’ambiente che la circondava aveva preso la consistenza di un deserto bianco, con la sabbia bianca come la neve. Forse era davvero neve, oppure no. La toccò con le mani e non riuscì a capirlo. Si alzò e si guardò intorno.
- Sono stanca di tutto questo … devo uscire da qui … - sussurrò.
A qualche metro di distanza apparve qualcuno. Era un bambino molto piccolo, le avrebbe dato circa quattro o cinque anni. I grandi occhioni verdi la guardavano fissa e senza espressione, la sua pelle era olivastra e i capelli neri. Era ancora lui, ma questa volta era molto più piccolo rispetto a come lo aveva visto nei suoi ricordi. Le guance paffute stonavano con l’espressione fredda e distante che aveva nel volto dolce.
- Aris, vieni qui – lo incoraggio sorridendogli e vedendolo avvicinarsi a lei, mentre ella si accovacciava. Quando le fu abbastanza vicino, Eveline lo abbracciò, stringendolo forte e il piccolo appoggiò la testa sulla sua spalla, tra i suoi capelli, ricambiando l’abbraccio. – Va tutto bene, Aris. Ci sono io qui – gli disse dandogli un bacio sulla tempia mentre continuava ad abbracciarlo.
Improvvisamente, intorno a loro, comparvero centinaia di cadaveri putridi, con il viso rivoltato e in posizioni innaturali. A ciò, la giovane rosa prese in braccio il piccolo Aris e si rialzò in piedi, guardandosi intorno senza riuscire a trovare una via di fuga. I corpi continuavano ad aumentare, così chiuse gli occhi e avvicinò il visino del bambino alla sua spalla.
Rimase in quella posizione, fin quando non udì delle voci a lei molto familiari.
- Vecchia Nan, Vecchia Nan! Oggi devi raccontarci la storia che parla del nostro branco! – esclamava il piccolo Hayden.
- Sì, ce lo avevi promesso! – confermava Eveline.
- Tocca a me stare sul posto davanti oggi – questa volta era stato Ruben a parlare.
Le immagini reali di quei ricordi le apparvero dinnanzi agli occhi facendola sorridere nostalgica. Loro cinque erano tutti seduti dinnanzi al fuoco del camino e alla Vecchia Nan. Se avesse allungato la mano, avrebbe potuto toccarli.
- Oggi vi narrerò la storia del vostro branco: Un giorno di molto tempo fa, vi erano cinque lupacchiotti …
- Come i metalupi che trovarono zio Walter, zio Jon, zio Bran e Theon da piccoli quel giorno nel bosco?? – chiese Myranda interrompendola accarezzando poi il pelo morbido di Spettro, sdraiato e addormentato accanto a lei.
- Fai silenzio, Myranda – la rimproverò Sam.
A ciò, la bambina si coprì subito la boccuccia con le manine paffute, facendo smuovere i suoi voluminosi riccioli biondi.
- No, questi lupacchiotti erano diversi dagli altri, poiché ognuno di loro poteva trasformarsi in ciò che più desiderava …
- Il lupacchiotto Hayden si sarebbe trasformato in drago – questa volta fu Ruben ad interromperla.
- Perché io il drago?? Io sono sia lupo, sia drago! – rispose a tono il bambino dai capelli argentati. – Il drago potrebbe farlo Eveline – continuò.
- Ma io sono sia rosa che drago – rispose l’interpellata. – Ruben invece si sarebbe trasformato in lupo o in cervo! Mentre Sam …
- Io mi trasformo in fatina! – esclamò Myranda alzandosi in piedi gioiosa e interrompendo Eveline. A ciò, tutti quanti scoppiarono a ridere.
- Ma Myranda! Secondo quello che abbiamo detto fino ad ora, tu dovresti trasformarti in leonessa! – rispose Sam continuando a ridere.
- In realtà, i lupacchiotti erano destinati a trasformarsi in qualcosa di più degli stemmi delle loro casate … - riprese la parola la Vecchia Nan, riattivando l’attenzione di tutti. – Ognuno di loro avrebbe avuto un ruolo diverso, ma ugualmente essenziale: corvo, ladro, strega, principe, attore.
Quelle parole di quel racconto lontano oramai rimosse, riscossero la giovane rosa nel suo ruolo di osservatrice esterna.
- Tuttavia, la vera natura di ognuno di loro, sarebbe rimasta sempre la stessa: quella di lupacchiotti appartenenti ad un branco unico al mondo, uniti tra loro da un legame che neanche i cieli, il mare, la pioggia, il sole, la luna e il vento avrebbero potuto spezzare.
A quella parole, i cinque bambini si guardarono tra loro e si sorrisero a vicenda, certi che le loro strade non si sarebbero mai divise.
La visione svanì e con essa anche i cadaveri intorno alla giovane rosa.
Ella diede un ultimo abbraccio al piccolo Aris, poi lo ripose a terra, guardandolo negli occhi. – Ho capito cosa devo fare, Aris. Presto saremo fuori di qui – gli promise, poi lasciandolo andare e ritrovandosi nuovamente nella stanza buia e vuota. Piombò fuori cominciando a correre per il corridoio infinito, sentendo come se le forze le stessero ritornando.
- Eve!! – la richiamò chiedendosi dove fosse finita. – Eve, dove sei?? Non voglio cacciarti via di nuovo! – esclamò cercando per ogni stanza che trovava, riuscendo finalmente a scorgerla nella sala più grande: quella che conteneva l’ampolla con la cura per la malattia di sua madre.
La bambina era rannicchiata su se stessa a piangere, in un angolo.
La giovane rosa si sedette accanto a lei e le appoggiò una mano sul ginocchio, vedendola rabbrividire. – Ehi, Eve …
- Stai lontana da me … io sono marcia – rispose continuando a singhiozzare.
- Lo so. Anche io – la rassicurò. – Riusciremo a gestirlo. Te lo prometto.
- Dici sul serio?
- Da quando sono qui dentro non ho fatto altro che fuggire da te, allontanarti da me … ma ho imparato molto in questo poco tempo. Ho capito che non dovevo fare altro che guardare in faccia la realtà, avere la forza e il coraggio di accettare e inglobare a me anche la parte più buia del futuro che ci attende. Ora lo so – le disse abbracciandola e stringendola a sé, sentendola tremare. – Mi dispiace tanto, Eve. Vedrai che andrà tutto bene – le disse, poi allontanandosi da lei, sorridendole ancora e porgendole la mano.
La bambina la prese e, nel momento in cui lo fece, percepì un tornado di adrenalina che non aveva mai provato invaderla completamente, come se stesse nascendo una seconda volta. Si diresse a passo svelto e deciso verso l’ampolla, avvertendo dei piccoli animaletti informi strisciare a terra e aggrapparsi ai suoi piedi per trattenerla e trascinarla con loro, ma ella si liberò da loro e li schiacciò ad uno ad uno. Allungò la mano verso l’ampolla con la crepa ancora presente, e la afferrò senza alcuna paura, constatando con soddisfazione che non si fosse rotta tra le sue mani, come ad indicarle che ora aveva il permesso di renderla reale.
Dopo di che, vide le pareti di quel luogo cominciare a scricchiolare e crollare dietro di lei, mentre ella camminava a passo svelto, senza preoccuparsi di nulla, decisa e imperterrita per la sua strada, con la mano della bambina ancora stretta alla sua. Quando tutta la struttura crollò dietro di lei, si ritrovò finalmente nel mondo reale, con Aris che la stava aspettando accanto all’Eterno che li aveva accolti. Le maschere delle decine di sagome dietro di loro si ruppero, così come il volto di Vän assunse un’espressione contrita e stralunata. Aris, invece, le sorrise fiero. Capì di aver superato la prova e non solo di aver ottenuto la cura per sua madre, ancora stretta tra le sue mani, ma di aver anche acquisito maggior potere, proprio come le era stato detto prima dell’inizio della prova.
- Ce l’hai fatta … - sussurrò l’Eterno guardandola sconvolto.
Ella gli si avvicinò con tutta la sicurezza ritrovata, penetrando il suo sguardo con gli occhi fissi sui suoi, e gli diede un violento schiaffo, tanto forte da farlo cadere a terra ed annaspare sul freddo pavimento.
Dopo ciò gli appoggiò un piede sopra la testa e premette fino a schiacciarla dolorosamente. – Credo che, tutto sommato, io debba ringraziarvi. Ma non lo farò. Non ci rivedrete mai più, Eterni – disse sprezzante, poi togliendo il piede e uscendo da sé dalla Casa degli Eterni, seguita da Aris.
Non appena lo stregone notò che la ragazza si stesse dirigendo verso la Sala dei Mille Troni invece che verso l’uscita della città, si bloccò. – Dove stai andando?
A ciò, Eveline si voltò a guardarlo. – Mi hanno invitata anche i Superni, ricordi? – rispose continuando il suo cammino verso l’imponente struttura.
Quando una guardia la vide avvicinarsi, le andò incontro. - Chi siete voi? Non potete entrare senza essere … - ma prima che potesse terminare la frase, venne scaraventato al muro dai poteri della giovane rosa, la quale proseguì verso le scalinate senza intoppi.
Arrivata in cima, spalancò l’enorme portone ed entrò, sorprendendo i tre Superni. – Eccomi qui – disse semplicemente.
I tre uomini rimasero scossi da tanta sicurezza e imponenza della ragazza di fronte a loro, la quale sembrava già una donna.
Askarx,  riuscito a riprendersi dalla sorpresa di vederla dinnanzi a sè, le si avvicinò. – Dunque siete voi l’Aradia di cui si parla tanto?
- Sono io e sono appena uscita viva dalla Casa degli Eterni, dopo un giorno intero di tortura mentale, perciò non voglio rimanere ancora per molto in questa città maledetta.
- Faremo in fretta – la rassicurò l’ometto sorridendole. – Spero sappiate che noi tre non c’entriamo nulla con quei diabolici stregoni che dominano quella casa.
- Sì, lo so, per questo sono qui da voi ora.
- Non avete deluso le mie aspettative, Aradia. Quando ho sentito parlare di una novella strega nel continente orientale, nient’altro che una giovanissima umana fattasi strada nel mondo della magia, con enormi potenzialità e con uno dei più potenti stregoni del mondo come mentore, avete subito acceso il mio interesse.
- Mi avete fatto chiamare qui solo per lodarmi?
- No – rispose Askarx addolcendo la voce, avvicinandosi di più a lei, guardandola dal basso e allungando la mano per carezzarle la guancia.
Lei, per qualche motivo, non si ritrasse, ma rimase ad osservarlo. – Sono felice che siate venuta, Aradia. Apparite ai miei occhi come una divinità ora e sono sicuro che non ve ne distanziate così tanto. Vivete, Aradia, e fate valere la vostra forza e il vostro valore. Il mondo ne ha bisogno.
- Perché mi dite questo …?
- Perché la donna che sta tenendo prigioniero Hayden Stark, l’ultimo discendente Targaryen a possedere metà del sangue di drago, proviene da questa città e noi la conosciamo bene: credo che voi siate l’unica capace di tenerle testa. Se lei dovesse portare a termine la sua opera, il mondo sprofonderebbe in un oblio più buio e profondo di quello che avrebbero potuto causare i non-morti.
Eveline capì che le parole dell’uomo che aveva dinnanzi erano sincere. Percepì l’esigenza di poggiare la mano sulla sua e di ringraziarlo. – Grazie per avermi accolta. Terrò a mente ciò che avete detto. Addio, Superni.
- Non dite troppo in fretta quella parola. Potremmo rivederci molto presto – la salutò Askarx baciandole la mano e vedendola andarsene.
Quando la giovane rosa raggiunse nuovamente Aris fuori dalla struttura, attraversò la città e ne uscì, montando la sua Abigail e cominciando a cavalcare accanto allo stregone.
– Tornerai a casa ora? – le chiese lui.
- Sì, ma prima di andarmene, c’è un’altra cosa che devo fare. Seguimi.
- Cos’altro hai in mente?
- Conosci una strega che ha rinforzato l’acciaio di una fortezza con un incantesimo negli ultimi mesi?
- Sì – le rispose confuso da quella domanda. – È potente.
- Quanto potente?
Dopo tali parole, Aris si voltò a guardare il volto sicuro e impenetrabile della giovane. – Forse non abbastanza.
A ciò, ella sorrise.
 
 
Il Maestro entrò nella stanza e posò la sua borsa sullo spazioso letto.
- Grazie per i vostri servigi, Maestro. Sapete che potete avere tre delle mie ragazze senza pagarle, dopo la visita – gli disse melliflua lady Kettleback seguendolo.
- Grazie dell’offerta, milady, ma i miei servizi al popolo sono volontari, perciò ora lasciatemi visitare la ragazza – le rispose gentilmente l’uomo, sedendosi sul letto e accennando un sorriso  a Christine, la quale era sdraiata sulle lenzuola e con la schiena appoggiata sulla parete.
- Lady Kettleback ha detto che ti chiami Christine, giusto? – le chiese lui.
- Sì. Volete che mi sfili il vestito?
- Solo all’altezza del ventre, grazie.
La giovane obbedì e tirò su l’abito fino a scoprirsi la pancia lievemente rigonfia.
Il Maestro la tastò abilmente con le dita, poi ritornò con gli occhi su di lei. – È esattamente come pensavi, Christine: aspetti un bambino.
La ragazza sgranò gli occhi, i quali saettarono subito sulla donna che gestiva lei e tutto il bordello. Lady Kettleback sembrava calma e pacata dopo aver udito la notizia. – Può succedere, cara. D’altronde, hai rapporti con dieci o quindici uomini diversi ogni giorno. Con alcuni un po’ più spesso – disse la donna accennandole un sorriso provocatorio e facendole comprendere a chi si stesse riferendo. Anche Christine aveva pensato subito a lui e a come dirglielo. Sperava che quel bambino fosse di Sam, poiché era colui che amava. Ma, anche se lo fosse stato, sarebbe stato meglio far rimanere chiunque nel dubbio.
- Dovrà rimanere a riposo, milady. Se dovesse continuare a praticare il suo lavoro qui nella casa dei piaceri, la salute del bambino potrebbe risentirne – suggerì il Maestro a lady Kettleback.
– Oh, non dite sciocchezze! – esclamò la donna ridendo di gusto, poi rivolgendosi nuovamente a Christine. – Potrai comunque continuare a lavorare durante la gravidanza, esattamente come hanno fatto Randa e Lilian. A loro non è accaduto nulla di male nonostante abbiano lavorato per tutti i nove mesi.
- Ma il bambino di Lilian è nato morto.
- Ma lei sta bene. Dovrai pure dar da mangiare al tuo bambino, no? – chiese fulminandola con lo sguardo e uscendo dalla stanza.
 
 
Le oltre cento ragazze erano stese sulle loro stesse feci, immerse nell’oscurità dell’assenza di ogni luce e dal caldo asfissiante che non veniva bloccato dalle pareti spesse, anzi, sembrava come accentuato. Continuavano a chiedersi fino a quando avrebbero continuato a resistere e se fossero morte di nuovo, ma in quel luogo, sarebbero ritornati a riportarle in vita per fare loro vivere quell’infinita tortura?
Dei rumori cominciarono a divenire sempre più forti, al di fuori della fortezza. Si riscossero tutte quante, chiedendosi che cosa stesse accadendo, fin quando non intravidero una figura a loro familiare camminare nel lungo corridoio che precedeva le loro prigioni.
- Aradia … quei rumori che abbiamo udito … come hai sconfitto le guardie?? – le chiese una di loro non appena entrò.
- Se hai intenzione di tirarci fuori di qui, tutto quello che hai fatto fino ad ora è inutile: il metallo delle celle è rinforzato con un potente incantesimo – disse sconsolata un’altra.
A ciò, Eveline sorrise e allargò le braccia, alzando il volto verso l’alto. Una strana energia uscì sotto forma di polvere densa e nera dalle sue mani, andando poi ad avvolgere ogni strato di metallo delle numerose celle.
Tutte le ragazze osservarono lo spettacolo impietrite, mentre la giovane rosa chiuse gli occhi, strinse i pugni e, nell’esatto momento in cui lo fece, tutte le sbarre si frantumarono completamente, cadendo a terra.
Ella le guardò tutte, nei loro volti felici e allibiti allo stesso tempo. – Siete libere ora. Correte via di qui e nascondetevi nelle foreste disabitate o in qualsiasi altro luogo lontano dalla civiltà. Sono sicura che ci rincontreremo, sorelle mie – disse sorridendo. – Ora andate – disse poi uscendo dalla fortezza e rimettendosi al galoppo.
 
Non appena la giovane rosa e lo stregone giunsero tanto vicini a Vaes Dothrak da poterla vedere da lontano, Aris fece fermare il suo cavallo.
A ciò, Eveline fece lo stesso con Abigail e gli si posizionò accanto. – Cosa c’è?
- Non entro a Vaes Dothrak dei tempi degli antichi Khal.
- Voglio farti conoscere Myranda e la gente del villaggio. Hanno molti pregiudizi su di te, ma sono sicura che cambieranno idea non appena ti conosceranno – le disse sorridente e speranzosa, osservando il suo volto velato da una triste malinconia. – Che ti succede?
- Sei stata molto coraggiosa ieri, alla Casa degli Eterni. Ma lo sei stata di più oggi, quando hai liberato quelle ragazze – le disse voltandosi finalmente a guardarla.
- Volevo farlo da molto – rispose sincera.
- Forse un giorno te le ritroverai contro, pronte a perseguitarti e ad ucciderti.
- Se anche andasse così, non importerebbe. Liberarle credo sia stata la scelta migliore che abbia mai preso – disse guardando rapita l’orizzonte. – Mi mancherà tutto questo … - aggiunse poi voltandosi istintivamente e nuovamente verso di lui. – Ma l’unico e vero motivo che mi sta rendendo l’idea di tornare a casa tanto orribile, è il pensiero di non rivedere te.
- Ce l’hai fatta, Fiore del Nord.
- A fare cosa?
- A divenire chi volevi divenire. Sono fiero di te – le disse poi scendendo dal cavallo e camminando verso un punto impreciso.
A ciò, ella lo imitò e lo seguì di qualche passo. – Dove stai andando?
Aris si fermò e si girò a guardarla, sorridendole ancora con quella malinconia agghiacciante. Non era da lui e la giovane rosa lo capì subito. – Che sta succedendo, Aris …? – chiese avvicinandosi ancora.
Solo in quel momento la ragazza notò che le dita della mano dello stregone stessero assumendo una consistenza strana, quasi immateriale. Un tremendo presentimento si impossessò delle sue membra e la pietrificò. - … che stai facendo …? Rispondimi, ti prego.
- Ho accettato di venire con te ma sapevo che ce l’avresti fatta, Fiore del Nord. Non ho mai avuto alcun dubbio.
- Aris …
- Sapevo che, una volta uscita da lì, non avresti più avuto bisogno del mio aiuto, perciò non avrei avuto più nulla a trattenermi.
- … a trattenerti dal fare cosa …?
- Volevo farlo da tanto, Aradia, ma ho sempre posticipato il giorno per il desiderio di divenire ancora più potente oppure perché, inconsapevolmente, stavo aspettando qualcosa di grande che sapevo sarebbe arrivato. Un tesoro di inestimabile valore che sarebbe stato affidato a me, poiché io lo facessi brillare ancora di più.
Delle calde lacrime cominciarono ad accumularsi sugli occhi chiari della ragazza. – Se porrai fine alla tua vita ora, ti odierò per il resto dei miei giorni, Aris. Per quanto poco possa contare per te il mio odio …
- Conta molto più di quanto pensi.
- Allora smettila. Troveremo il modo di rivederci, te lo prometto. Io mi rifiuto di vivere sapendo che non potrò mai più rivederti!
- Ed io mi rifiuto di vivere ancora in questo modo. Avrei dovuto farlo tanto tempo fa, Aradia, lo sai …
- Per favore … - sussurrò stringendo i pugni fino a ferirsi la pelle con le unghie. – Per favore, non andartene … io ho ancora bisogno di te …
- Il tuo potere è giunto ad un punto in cui aumenterà sempre più grazie solo e soltanto a te.
- Non ho bisogno di te come strega, Aris – gli disse decisa, facendogli capire perfettamente a cosa si stesse riferendo. – Ho bisogno di te come donna.
- Ci sono stati dei momenti che ho trascorso con te, in cui, per la prima volta dopo tanto tempo, ho riprovato il desiderio di amare qualcuno.
- Possiamo ricominciare da questo – disse lei ritrovando un briciolo di speranza e muovendo qualche altro passo verso lo stregone.
- No, la mia esistenza deve terminare, Aradia. Terminerà prima che tu finisca tra tutti i miei ricordi dimenticati. Non permetterò che accada.
- Ho paura che tu possa svanire da un momento all’altro se mi avvicino ancora, Aris. Ma vorrei tanto stringerti a me  …
- Anche io – rispose l’uomo muovendo pochi passi verso di lei e annullando le distanze. Le prese il viso tra le mani e la baciò, sentendola ricambiare e cercare di trattenere le lacrime allo stesso tempo.
- Essere il tuo mentore è stata l’impresa migliore che io abbia mai compiuto – le sussurrò distaccando le labbra di poco da quelle della giovane.
- Hai vissuto secoli, Aris. Lo dici solo perché hai dimenticato molto di tutto il resto … - rispose lei riavvicinandolo e baciandolo ancora.
- So che è così – ribatté lui accarezzandole i capelli. – Lascio il testimone a te, Aradia.
A ciò, la giovane sgranò gli occhi. – Nessuno può sostituirti. Tanto meno io, Aris. Il mio potere non raggiungerà mai lontanamente il tuo.
- Sì, ma sarà comunque in grado di provocare gli stessi effetti, se non maggiori – disse sorridendole ancora, per poi allontanarsi nuovamente, sentendo il suo corpo sul punto di raggiungere l’inconsistenza.
- Aris! – richiamò ancora la sua attenzione Eveline, vedendolo voltarsi e fissandolo dritto nelle sue iridi cremisi. – Si chiamava Leahn …
L’uomo le rivolse uno sguardo interrogativo.
- Era una persona che amavi molto … tua sorella. Cercala nell’oltretomba, così ti ricongiungerai a lei – gli disse asciugandosi le lacrime e sorridendogli speranzosa.
- Non credo ci sia alcun oltretomba per me, Fiore del Nord – le disse mostrandole ancora quel doloroso sorriso e svanendo nel nulla, venendo portato via dal vento.
 
 
- Avevi chiesto di vedermi? – le domandò Veherek sedendosi accanto a lei, di fronte al laghetto.
- Sì – gli rispose Myranda sorridendogli. – Veherek, io …
- No, non dire nulla. So che sei ancora innamorata di lui – le disse continuando a guardare l’orizzonte.
- Cosa … come lo sai …?
- Eve mi aveva detto che da bambina eri innamorata di Hayden, vostro cugino. Da quando ti sei allontanata da me ci ho ripensato e ho sommato le cose.
- In realtà è suo cugino carnale ma non il mio – specificò la ragazza abbassando la testa lievemente imbarazzata. – Non sai quanto mi dispiaccia. Tu mi piaci molto, Veherek, dico sul serio: sei dolce, gentile, intelligente, sensibile, attraente e molto aperto. Ero sicura di aver dimenticato ciò che provavo per lui, ma poi … c’è stato un momento in cui mi è sembrato di rivederlo e quei sentimenti si sono risvegliati in me, più forti di prima. Puoi perdonarmi per averti fatto soffrire? – gli chiese con gli occhi lucidi.
Veherek si voltò a guardarla e le sorrise, poi abbracciandola. – Non preoccuparti, ti considero sempre mia amica e nulla potrà cambiare questo.
- Grazie … - sussurrò stringendosi a lui. – A proposito di Eve, sono quasi due giorni che non si vede, cosa pensi che … - ma quella frase rimase a metà nel momento in cui venne catapultata in un’altra visione.
- Myranda! Myranda, che ti succede?? – la scosse Veherek più volte, vedendo che era divenuta come una bambola inanimata tra le sue braccia e gli occhi spalancati avevano assunto un colore completamente bianco.
La giovane Lannister si ritrovò nuovamente nel covo buio nel quale aveva visto Hayden.
- Mi dispiace che tu debba vedere questo, Myranda – le disse improvvisamente Bran comparendo, con un volto sinceramente dispiaciuto.
- Vedere cosa? – chiese la ragazza confusa, poi udendo delle urla che le spaccarono quasi i timpani. Corse verso l’altro lato della stanza buia e si pietrificò non appena vide Hayden seduto dinnanzi ad un tavolino, in preda a violenti tremori, che cercava di trattenere le urla ma senza successo. Il ragazzo scosse la testa violentemente, poi si afferrò i capelli con le mani e sbatté con la fronte sul tavolino fino a quando non si provocò un profondo taglio sulla tempia.
- Stai cercando di trattenere le urla perché non vuoi darmi la soddisfazione? Bevi ancora – gli ordinò la donna che era accanto a lui.
- Non ce la faccio più … - sussurrò lui tremando e sbattendo ancora la testa sul tavolino.
A ciò, lei gli avvicinò una grossa bacinella. – Dai, da bravo, l’hai quasi finito oramai. Vuoi che tuo padre venga fustigato ancora oggi? Lo sai che stamattina lo hanno frustato perché tu ti sei rifiutato di bere una terza bacinella, Hayden?
A ciò, il ragazzo fece strisciare la mano tremante verso la bacinella semivuota, se la avvicinò alla bocca e bevve tutto il liquido rimanente che era al suo interno. – Per quanto ancora mi farai bere secchi di veleno mortale, dandomi l’antidoto solo quando sto per morire … ? – le chiese lui oramai senza voce, iniziando ad avere scatti nervosi e di dolore sempre più forti.
- Fin quando non avrai sofferto abbastanza gli effetti del veleno sul tuo corpo.
- E fin … fin quando avrò … sofferto abbastanza gli effetti del veleno sul mio … ? – non riuscì a terminare la frase poiché urlò ancora, sempre più forte.
- Va bene, dopo due ore, credo che sia ora dell’antidoto – disse Hoxana.
A ciò, il ragazzo ritrovò un minimo di forza da quelle parole, e allungò la mano per farsi dare la boccetta.
- No, tesoro, questa volta ho messo l’antidoto in un altro posto. Dovrai prenderlo da solo – gli disse sorridendo soddisfatta, prendendo un recipiente più grande colmo di pugnali ben affilati, tutti eretti e fissati dalla parte della punta verso l’esterno. – L’antidoto è qui dentro. Prendilo.
Hayden guardò il recipiente, poi volgendo lo sguardo verso Hoxana, la quale gli confermò che non si stesse prendendo gioco di lui.
A ciò, il giovane, in preda ai dolori atroci, infilò con voracità il braccio nel recipiente, incurante dei tagli sgorganti che le lame gli stavano provocando, e continuò a ferirsi fin quando le sue dita non sbatterono contro l’ampolla infondo al recipiente, la quale venne afferrata immediatamente e portata fuori. Hayden bevve tutto il contenuto dell’ampolla e percepì gli effetti dei veleni che aveva inghiottito alleviarsi. Appoggiò la testa sul tavolino sfinito, mentre il braccio continuava a sanguinare e lui non sentiva nulla se non un lieve e disperato sollievo.
Hoxana lo guardò soddisfatta e si avvicinò al suo orecchio. – Bravo il mio ragazzo: devi rigettare il dolore fisico, disprezzarlo, ignorarlo, fino a quando arriverai al punto in cui niente potrà più farti del male.
Myranda continuava ad urlare, a piangere e a dimenarsi tra le braccia di Veherek, mentre i suoi occhi rimanevano bianchi e il ragazzo non sapeva cosa le stesse accadendo. Finalmente, dopo quasi un’ora, vide le sue iridi ritornare del suo colore naturale e lei risvegliarsi, anche se con sguardo vitreo e ceruleo. – Myranda! Che cosa ti è successo?? Ti prego, parlami!
Ella continuava a rimanere in silenzio, incapace di pronunciare parola.
Solo una voce riuscì a trasportarla nuovamente nel mondo reale:
– Myranda – la richiamò Eveline da dietro di loro.
A ciò, la giovane Lannister si voltò a guardarla, sorpresa di vederla nelle sue stesse condizioni: il suo volto era freddo, spento, arrossato per le tante lacrime versate, sfinito, come se avesse appena attraversato gli inferi e fosse ritornata indietro.
- Eve, che ti succede …?
- E a te? – le rigirò la domanda lei, notando il suo stato quasi peggiore di quello in cui si trovava lei.
- Dove sei stata questi due giorni …? – cambiò discorso la bionda.
- A trovare la cura per mia madre – rispose lei tirandola fuori dalla sacca e mostrandole l’ampolla. – Torniamo a casa, Myranda – aggiunse abbozzandole un sorriso e ravvivando anche il volto  della sua amica.
 
 
Dopo tre settimane di completo riposo in cui le sue ferite si erano lievemente rimarginate, almeno il minimo indispensabile per permettergli di rialzarsi in piedi, il giovane Marbrand spostò le gambe dal letto e le appoggiò a terra, facendo forza sulle braccia per rimettersi in piedi, aiutato da Xavier e da un altro Maestro, i quali lo tenevano per la schiena. – No, faccio da solo – disse loro Kylan, attendendo che si allontanassero.
- È ancora presto. Quando sarai piombato per terra, poi non dare la colpa a me – lo rimproverò Xavier, il quale venne completamente ignorato.
Kylan strinse i denti e si alzò in piedi per la prima volta dopo tanto tempo, cercando di mantenere l’equilibrio e ignorare il dolore che sentiva sul busto.
Mosse qualche passo e cominciò a sfilarsi lentamente la vestaglia bianca, cercando di non toccare e spostare le fasciature sottostanti. – Dove sono i miei vestiti da Guardia Reale? – chiese, vedendo il vecchio porgerglieli un attimo dopo.
- Non capisco perché il re ti abbia richiamato oggi, nonostante sappia che sei in via di guarigione.
- Proprio perché sa che sono in via di guarigione – rispose Kylan infilandosi i pantaloni con qualche difficoltà.
- Sei molto meno pallido di quel giorno, ma non ti reggi ancora in piedi. Non puoi presentarti al cospetto del re in queste condizioni.
- Mi darai uno dei tuoi intrugli per il dolore e starò meglio. Non posso rimanere ancora steso su quel letto, sapendo che là fuori c’è il caos. Mi sto rimettendo e con l’abitudine riuscirò a riprendere il ritmo.
Xavier si avvicinò a lui e gli poggiò una mano sulla spalla, guardandolo serio. – Tieni gli occhi aperti, intesi? Anche se Lukell non c’è più, i pericoli potrebbero comunque giungere da altrove.
- Non temere, Xavier. È quello che ho sempre fatto – disse finendo di allacciarsi l’ultimo bottone, bevendo l’intruglio e dirigendosi verso la porta.
- Xavier – lo richiamò fermandosi accanto all’uscita e guardandolo. – Grazie. Grazie per avermi salvato la vita e per tutto ciò che hai fatto finora – gli disse sorridendo e facendo smuovere un groppo di senso di colpa dentro il vecchio, che lo vide andarsene.
Quando Kylan entrò nella sala del trono, tutti gli sguardi caddero su di lui, sollevati di vederlo di nuovo in forma.
Il grande salone era cosparso di Guardie Reali, mentre il re era seduto sul suo trono, Lorraine in piedi qualche gradino più in basso e Sam alla stessa altezza della dorniana, ma dalla parte opposta. La felicità che provavano i due nel rivederlo era invasa da un tipo di tristezza differente in ognuno dei loro volti. Kylan non ci fece molto caso, chiedendosi piuttosto perché suo padre non fosse al fianco del re, in qualità di Primo Cavaliere. Fece vagare lo sguardo per tutta la sala, cercandolo, prima di giungere al cospetto di David.
Non appena fu dinnanzi al trono, il re venne raggiunto da un’altra guardia, la quale si trattenne nel conferire con lui per un po’.
A ciò, il giovane Marbrand ne approfittò per chiedere notizie di suo padre alle guardie che lo affiancavano. – Ser Kane, dov’è il Primo Cavaliere?
A quella domanda, l’uomo lo guardò sgranando gli occhi. – Intendete vostro padre, ser? Lord Colten?
- Sì, lui. Perché non è qui?Mi è stato riferito che in queste settimane è stato molto impegnato con delle rivolte di poco conto, ma non credo che lo sia così tanto da non essere presente ad una convocazione indetta dal re.
- Vi è stato riferito questo …? – gli chiese il cavaliere guardandolo perplesso.
Un nodo si bloccò nella gola del giovane Marbrand a quelle parole, soprattutto quando intravide Xavier giungere nella sala del trono e guardarlo da lontano.
- Ho avuto contatti quasi solo con il Gran Maestro Xavier in queste tre settimane di ripresa. Parlate, ser Kane … cos’è accaduto a mio padre? – trovò la forza di chiedere.
- Lord Colten è morto combattendo contro i Fantasmi nella battaglia organizzata dal re, ser Kylan. Mi dispiace tanto. L’esito di quel combattimento è stato molto più disastroso di quello guidato da voi, ser.
- … che cosa state dicendo …? – chiese Kylan sbiancando completamente e sentendo le gambe cedere ancor più di prima. Il dolore per aver perso anche l’ultimo suo genitore rimasto in vita cominciò a divorarlo da dentro, insieme alla rabbia per non essere stato avvertito di ciò, ma sapeva di dover mantenere il senno in quel momento, non potendosi permettere errori. Non ora. Non dopo tutto ciò che aveva fatto. Prese un profondo respiro e chiuse la mano a pugno, stringendo più che potesse. – Quando … quando è successo?
- Pochi giorni fa, ser.
- Ha sofferto?
- GreyShade gli ha tagliato la gola quasi immediatamente, quindi fortunatamente no.
 - Il suo corpo?
- È stato portato nella vostra terra, per celebrare i funerali e dargli degna sepoltura.
- Dunque è stato già portato via.
- Sì, ser.
- Grazie, ser Kane.
Qualche secondo dopo, il re rivolse nuovamente l’attenzione sul giovane Marbrand. – Mio fidato e devoto cavaliere, non posso esprimere la mia gioia nel rivedervi in salute. Avvicinatevi – lo incoraggiò, alzandosi dal trono e scendendo le scalinate per avvicinarsi a lui a sua volta.
Kylan si inchinò, ma il re lo prese per le spalle e lo fece rialzare. – Dopo la sfortunata scomparsa di vostro padre e mio Primo Cavaliere, ho preso la mia decisione, lord Kylan della casata Marbrand – disse David, facendo risuonare quell’appellativo così strano alle orecchie di Kylan, troppo abituato a sentirlo su suo padre. – Voi siete colui di cui mi fido di più nella mia corte, dopo vostro padre, perciò, con grande piacere, ho deciso di designare voi come mio nuovo Primo Cavaliere. Inginocchiatevi.
Senza avere neanche il tempo di metabolizzare il tutto, Kylan si inginocchiò, notando gli sguardi altrettanto sorpresi e afflitti di Lorraine, Sam e Xavier che osservavano la scena a qualche metro di distanza. La sala aveva raggiunto un silenzio tombale mentre la lama della spada si poggiava sulla sua spalla e la spilla di Primo Cavaliere gli veniva posta sul petto.
Quei momenti trascorsero incolori e a rallentatore per il giovane cavaliere, troppo vinto, perso e annebbiato da un vuoto colmo di tante sfumature di dolore e di qualcosa che neanche lui sapeva definire, per riuscire a pensare a quale sarebbe stato il senso della prossima battaglia da affrontare.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 28
*** La nuova regina dei sette regni ***


La nuova regina dei sette regni
 
David attraversò la sala del trono respirando a pieni polmoni l’aria fresca della mattinata.
Non appena intravide il suo nuovo Primo Cavaliere da ormai un mese, conversare con il nuovo lord comandante delle Guardie Reali, si avvicinò a lui. – Lord Kylan, avete un momento? – gli chiese raggiante.
A ciò, il giovane Marbrand si congedò dal nuovo lord comandante e si rivolse al re. – Al vostro servizio, sire.
- Finalmente ho deciso come uccidere le nove Guardie Reali che i Fantasmi hanno usato come esca.
- Come intendete farlo, Maestà?
- Taglierò la testa a tutti e nove e farò scrivere a fuoco sulle loro fronti una minaccia rivolta a GreyShade, molto peggio di quella con la quale lui ha cercato di colpirmi. Dopo di che, farò trovare le nove teste a quei fuorilegge, dato che ormai siamo a conoscenza di alcune delle tratte che percorrono – disse con soddisfazione.
- Bene, farò preparare l’esecuzione per domani.
- Mi dispiace che fossero vostri uomini in precedenza, lord Kylan. Ma spero comprendiate … - disse appoggiandogli una mano sulla spalla. - … che vanno fatti dei sacrifici quando si occupa una posizione molto alta. Specie se si è al servizio di un re. Sono certo che voi lo comprendiate meglio di ogni altro.
- Certo – rispose neutro Kylan.
- Inoltre, volevo anche chiedervi di convocare un’assemblea del consiglio per discutere della questione del Nord. Le lettere che ci giungono dalle mie truppe inviate lì quasi due anni fa sono sempre molto rassicuranti, forse fin troppo. Ritengo sia giunta l’ora di inviare qualcuno di mia fiducia per controllare la situazione e accertarsi che stia andando tutto come è scritto nelle lettere. Credo sia giunto anche il momento di decidere cosa farne del famoso Jaime Lannister.
- Non avevate detto di volerlo lasciare in vita per persuaderlo a divenire vostro Primo Cavaliere?
- Prima era così – rispose l’uomo posando gli occhi dritti in quelli del giovane cavaliere. – Avevo deciso di renderlo il mio braccio destro sia per fama, poiché è l’ultimo maschio Lannister rimasto in vita, sia per le sue grandi doti combattive ed esperienze. Ma ultimamente ho realizzato che è un uomo che ha terminato di mostrare tutto ciò che aveva da mostrare. La sua fama e la sua gloria sono giunte al termine, così come la sua età che avanza e che lo avrà reso meno efficiente con la spada, rispetto ad un braccio giovane,  pieno di energia e abilità come voi. Mi avete sorpreso sia durante la prima battaglia contro i Fantasmi, che in tutte le altre contro nemici meno letali ma pur sempre valorosi, senza contare che la vostra fedeltà è andata aumentando sempre più con il tempo trascorso qui. Finché avrò voi, non avrò bisogno di Jaime Lannister come mio Primo Cavaliere.
- Mi lusinga la vostra predilezione per me, Maestà. Tuttavia, se posso darvi un consiglio, Jaime Lannister è una figura conosciuta in tutti i sette regni e oltre, così come il soprannome che lo ha reso noto. Egli è quasi come un pezzo unico che molti pagherebbero per avere, perciò non credo sarebbe saggio ucciderlo – disse Kylan mantenendo il suo tono regale e impassibile.
- Il vostra ragionamento fila, terrò le vostre parole in considerazione, lord Kylan – gli disse sorridendo, poi osservando un’ancella che stava attraversando la sala in quel momento. I suoi occhi assunsero subito una consistenza differente e il giovane Marbrand se ne accorse immediatamente.
- Volete che faccia preparare lady Lorraine nelle vostre stanze per alleviare la vostra stanchezza? – chiese Kylan al suo re.
A quelle parole, David gli rivolse uno sguardo confuso, realizzando solo dopo qualche secondo. - Oh, giusto, la notizia è ancora fresca perciò non ne siete al corrente, ovviamente.
- Quale notizia, Maestà?
- Ho ucciso lady Lorraine questa notte, dunque sono rimasto senza concubine. Dovrei cercarne altre effettivamente – disse pensandoci su, poi continuando. – Vi starete chiedendo come mai io abbia messo fine alla vita di quella meravigliosa delizia di Dorne nonostante mi abbia sempre soddisfatto come nessun altra donna sia mai stata capace di fare, oltre al fatto che ha anche avuto il coraggio e la virilità di togliermi dai piedi quel verme di Lukell. Tuttavia, voi sapete bene quanto la gelosia riesca ad accecarmi … - gli disse avvicinandosi a lui e non distogliendo mai gli occhi dai suoi. - … e con lady Lorraine … avevo costantemente l’impressione che ella guardasse qualcun altro, oltre al suo re.
Quell’allusione più che palese fece scorrere un brivido tra i due, come una piccola scossa. David guardò attentamente la reazione del giovane cavaliere, studiandola al minimo dettaglio.
- Farò preparare l’imbarcazione che spedirà il suo corpo a Dorne, come per le altre ventidue. Nel frattempo, farò in modo di trovarvi altre concubine – rispose Kylan, non tradendo alcuna emozione.
- Bene, voglio che venga seppellita con i giusti riguardi, dato che tenevo molto a lei. Forse troppo, considerando che ho mostrato la massima grazia nell’ucciderla, attendendo che si addormentasse e soffocandola nel sonno con un cuscino – disse infine David abbozzando un altro sorriso e congedandosi dal suo Primo Cavaliere.
In quel momento, Kylan si accorse della presenza di Sam, poco lontano da lui, intento a fingere di ascoltare le parole di un Maestro allievo di Xavier, in realtà solo in attesa dell’ennesima occasione per avvicinarsi a lui.
Il giovane Marbrand, senza degnarlo di uno sguardo, si allontanò, udendo distintamente la voce di Sam congedarsi elegantemente dal Maestro e raggiungerlo.
- Lord Kylan, posso parlarvi? – lo richiamò da dietro, cercando di tenere testa al suo passo spedito.
A ciò, il giovane cavaliere si voltò solo per evitare che qualcuno li vedesse rincorrersi per la sala, nonostante fosse quasi vuota. – Che cosa vuoi? – gli chiese con il solito tono gelido, fermandosi. – Ti ho già detto almeno dieci volte nel corso di questo mese, di starmi lontano.
- Ho udito ciò che ha detto il re, Kylan … questa volta ti ho chiamato solo per dirti che mi dispiace tanto e per sapere come stessi dopo la notizia … Lorraine … Lorraine ci ha salvato la vita, lei era molto importante per te … tu hai fatto di tutto per porre le distanze tra voi, eppure …
- Sì, mi hai detto che ti dispiaceva anche quando è morto mio padre – lo interruppe il cavaliere – E sono stanco di sentirmi dire questa frase ogni volta che muore qualcuno a me caro. Per il resto, ti ho già detto che sono fuori dall’alleanza con GreyShade e i Superni. Sono perfettamente consapevole che il patto non comprendeva che io o mio padre venissimo risparmiati in caso di uno scontro, ma non riesco comunque a continuare ad aiutare quell’uomo dopo aver perso l’unica famiglia che mi rimaneva a causa sua, come non riesco a fare più niente se non svolgere i miei doveri di Primo Cavaliere. Ora vattene e smetti di tentare di parlarmi, perché questa è l’ultima volta che ti presto attenzione.
- Capisco perfettamente la tua decisione e la rispetto. Ma la nostra non era solo un’alleanza, Kylan. Tu sei mio amico, ho cominciato a considerarti tale quasi fin da subito e non ho intenzione di perdere una persona così importante per me – gli disse Sam con sguardo accorato. – Perché stai punendo anche me e la nostra amicizia? Perché stai punendo anche Xavier …? Noi siamo una squadra, a prescindere dall’alleanza con i Fantasmi e i Superni … ci stai punendo per non averti riferito di tuo padre mentre eri in fase di ripresa? Sai che, se lo avessimo fatto, ci sarebbe stato il rischio che avresti impiegato molto più tempo a guarire a causa del tuo stato mentale …
- Sì, lo so, difatti non lo sto facendo per quello. Voglio semplicemente rimanere solo ed essere lasciato in pace.
- Se tuo padre era davvero la tua unica famiglia e combattevi con noi realmente solo ed esclusivamente per lui, perché, anche se ora è morto, stai continuando a temporeggiare, rimanendo al fianco del re e non ponendo fine alla tua vita o scappando via?
Quella domanda scosse lievemente il giovane cavaliere, il quale non rispose.
- Forse, dentro di te, sai che non combattevi solo per lui. Forse sai che hai ancora qualcosa di grande da poter compiere, un ideale da voler seguire a prescindere da tutto. Io qui ho trovato una seconda famiglia, Kylan. Credo che l’abbia trovata anche tu, ma che ancora non riesci ad accettarlo. Non puoi continuare ad isolarti e a sanguinare internamente da solo, reprimendo tutto e respingendo chiunque. Qui ad Approdo, alla corta di David, sarebbe impossibile riuscirci anche per la persona più gelida e distaccata del mondo.
- Se continuiamo a parlare qui, potrebbe arrivare qualcuno e notare che ci stiamo intrattenendo troppo – rispose Kylan, mostrando, tuttavia, una crepa nella sua corazza che Sam riuscì a vedere.
Il giovane Tarly abbozzò un sorriso malinconico prima di rispondergli. – Sì, hai ragione. Ma promettimi che ci penserai.
- Non te lo prometterò.
- Ad ogni modo, quando ho udito la notizia di Lorraine, ho realizzato qualcosa.
- Che altro c’è?
- So che ciò che sto per dirti ti farà ancora più male, ma preferisco che tu lo scopra così, piuttosto che udendolo da qualcun altro: proporrò al re di tenere la morte di Lorraine confinata tra queste mura. Dorne non deve sapere del decesso dell’erede della sua principessa, così come non deve Oberyn. Di conseguenza, il suo corpo non potrà ritornare nella sua terra natia.
- Che stai dicendo?
- Pensaci: se Oberyn e i dorniani in generale scoprissero che il re ha ucciso anche la loro consanguinea e principessa, e che quindi il Massacro delle ventitré concubine sia giunto al termine, non reagirebbero come hanno reagito le altre casate alle quali appartenevano le restanti delle ragazze. Primariamente, perché tutte le altre ventidue appartenevano a casate che avevano già giurato fedeltà a David, dunque impossibilitate a rivoltarsi contro di lui da sole, senza essere appoggiate da altri in una ribellione ben organizzata, per questo …
- … per questo nessuna delle casate di appartenenza delle ventidue vittime ha vendicato la morte della ragazza che ne faceva parte, sì, lo so. Lorraine è stata l’unica che ha avuto la faccia tosta di presentarsi come pretendente del re senza avergli giurato apertamente fedeltà, ma Dorne non fa comunque eccezione: senza potenti appoggi esterni non può rivoltarsi e i dorniani non sono così stupidi da non rendersene conto.
- Tuttavia, sia io che te conosciamo bene il temperamento dei dorniani, io per Oberyn e tu per Lorraine. Sappiamo bene che, in un momento di impulsività, potrebbero commettere qualche fatale errore, qualche pazzia, specialmente se Oberyn scoprisse che la sua amata nipote è stata brutalmente uccisa da quel sadico di David. Lo conosco e so che sposterebbe mare e monti per vendicarsi di lui nel peggiore dei modi. Ho paura di cosa potrebbe accadere se non riuscisse a trattenersi e decidesse di piombare qui ad Approdo con cinquecento uomini al massimo e in cerca di vendetta.
- Non sai neanche dove sia ora la Vipera Rossa, come puoi temere un gesto del genere?
- Si è diffusa la notizia che lui, Davos e Varys siano riusciti a scappare, mentre di mio cugino Ruben non vi è più traccia, come neanche di sua madre Arya. GreyShade mi ha detto che ha liberato il Nord, ma so per certo che loro tre sono riusciti a scappare prima della liberazione, perciò nessuno sa dove siano. Parlando di ciò, dovremo anche trovare una soluzione nel caso in cui David volesse davvero inviare qualcuno di sua fiducia a controllare la situazione al Nord, impedendogli di scoprire che i Fantasmi hanno liberato Grande Inverno – nel dire ciò, Sam si fermò e si corresse da solo. - … intendevo dire “dovrò”.
- Ad ogni modo, come sai che non stiano già organizzando una ribellione? Lorraine mi aveva accennato che ci fosse qualcosa di grande sotto, la prima volta che l’ho rincontrata nella sala del trono.
- Non lo so, non lo aveva considerato. Ma è meglio non rischiare finché non riceverò notizie certe.
- Non puoi impedirle di venire seppellita nella sua terra … non puoi – disse Kylan facendo finalmente fuoriuscire un’inclinazione di voce lievemente agitata e arrabbiata.
- Devo, Kylan. Mi dispiace. Il re accetterà perché riconoscerà il mio ragionamento e sa che non può permettersi di perdere ogni possibilità di ricevere l’appoggio di Dorne per così poco – continuò Sam con sguardo addolorato.
- Ci rincontreremo all’assemblea del concilio ristretto. Fino ad allora, rimanete al vostro posto, Fahraq – disse infine il giovane cavaliere allontanandosi da lui.
 
 
La giovane rosa uscì dalle sue stanze e si spostò a prua della nave, godendo del vento tiepido che le accarezzava i folti capelli sciolti.
“Correte via di qui e nascondetevi nelle foreste disabitate o in qualsiasi altro luogo lontano dalla civiltà. Sono sicura che ci rincontreremo, sorelle mie.”
 “Io, d’ora in avanti, veglierò su di voi, su di te, da qui, oltre l’antica Barriera di ghiaccio, dove il mondo conosciuto ha fine e il centro della vita e della magia sconosciuta ha inizio. Se rimarrai senza convinzioni e dovrai credere in qualcosa per continuare a vivere … credi in me.”
“Sono tua madre e sto invecchiando mentre tu cresci e diventi una donna, e voglio avere la certezza che, un giorno, quando non ci sarò più nemmeno io, tu sia al sicuro! Voglio avere la certezza che starai bene e che saprai badare a te stessa …”
“Se rifiuterai, non sarò mai più lo stesso. Non sarò più tuo cugino Hayden Stark, ma solo il tuo peggior nemico. Vivi con questa certezza e non cercare di cambiarla”
 “Eve!! Calmati!! Stai dividendo la terra in due!! Tu non vuoi questo! Guardami, Eve! Concentrati su di me e calmati … fai un bel respiro … tu puoi fermarti … puoi fermarti quando vuoi …”
“Ora presta bene attenzione a ciò che ti dico, testarda di una Targaryen: io credo in te e in ciò che sei. Non è una questione di destino, poiché ognuno forgia il proprio: si tratta di volontà, e tu, tu, ragazza mia, hai tutta la volontà contenuta in questo mondo! Io confiderò in te fin quando non tornerai. In niente ho riposto più fiducia che in questo. Ora va’, e non permettere alle tue potenti fiamme di spegnersi!”
“Vivete, Aradia, e fate valere la vostra forza e il vostro valore. Il mondo ne ha bisogno.”
“Quando Sole si sveglia, Luna e stelle si nascondono.
Nessuno, fino a quando non nascono le nuvole.
Perché le nuvole sfidano la luce, figli di Sole?
Forse le nuvole piangono perché Sole ha rivelato loro che il suo più grande desiderio è quello di non scottare più.
Tutte quelle parole pronunciatele da bocche diverse, risuonarono nella sua mente come urla assordanti, facendole percepire delle violente vertigini, che la spinsero ad aggrapparsi sul legno della prua, stringendolo, mentre percepiva un invadente potere scorrere in lei e il legno quasi frantumarsi tra le sue mani.
Poi ne risuonò un’altra che si innalzò sulle altre: “Ci sono stati dei momenti che ho trascorso con te, in cui, per la prima volta dopo tanto tempo, ho riprovato il desiderio di amare qualcuno. Ce l’hai fatta, Fiore del Nord. Lascio il testimone a te.
Dopo quelle ultime parole che ancora scottavano come carboni ardenti sulla sua pelle, aprì gli occhi e si accorse di aver completamente sgretolato un consistente pezzo di legno, facendolo divenire cenere sotto il suo tocco.
- Ehi – intervenne quella voce che c’era sempre stata, quella che, oramai, era divenuta essenza della sua salvezza. – Ci sono io qui con te. Ricordati che puoi fermarti quando vuoi – la rassicurò Myranda raggiungendola, ponendo una mano sulla sua e sorridendole dolcemente.
Eveline la strinse e ricambiò il sorriso. – Sì, lo so.
- Cosa è successo? Ti senti strana dopo essere uscita dalla Casa degli Eterni? – le chiese allarmata.
- Un po’. Ma nulla di incontrollabile. Credo che sia dovuto anche al fatto che essendo in mare aperto, è la prima volta che non sono a contatto con la terra da quando sono divenuta strega. Da quando ho sbloccato il mantra è come se la terra mi desse vita continuamente e quando ne sono privata mi sento meno forte.
- Allora credo sia normale. Non hai ancora intenzione di dirmi cosa è accaduto in quel luogo?
 - Te ne parlerò un giorno – la rassicurò Eveline. – Sei contenta di tornare? – le chiese riportando lo sguardo sul mare calmo.
- Sì, molto. Rivedremo la nostra famiglia … io rivedrò mio padre e tu tua madre – disse la bionda con gli occhioni chiari divenuti lucidi.
- Riusciremo anche a ritrovare Ruben, Sam e a liberare Hayden e zio Jon – la rassicurò per quanto riuscisse a fare, la giovane rosa.
- Lo zio Oberyn ci ucciderà – sorrise Myranda al pensiero.
- Perché?
- Lui ci diceva sempre di non allontanarci troppo, che eravamo i suoi cuccioli e che avrebbe ucciso chiunque avesse osato separarci. Quando metteremo piede a casa, ci darà una bella strigliata di orecchie e ci metterà in punizione. A tutti e cinque.
- Sì, sicuramente – rispose Eveline sorridendo al pensiero.
- Ci hanno detto che quei Fantasmi hanno liberato Grande Inverno, ma siamo sicure che sia così? Insomma, e se tornassimo e trovassimo ancora i soldati del re?
- Non sarà così.
- Cosa credi abbiano fatto in tutto questo tempo?
- Credo abbiano organizzato una ribellione. È l’unica cosa che avrebbero potuto fare nella loro situazione.
- Ci avranno cercato …?
- Zia Dae sa dove ci siamo dirette perciò … credo solo che abbiano sperato che tornassimo e che fossimo sane e salve. Nel momento in cui rimetteremo piede nel continente occidentale, dovremo mostrare la massima attenzione nel non farci trovare.
- Già – disse la giovane Lannister sbattendo involontariamente i denti per l’aria più fresca del tramonto, abbracciandosi da sola per scaldarsi lievemente.
- Hai così tanto freddo? – le chiese la mora voltandosi a guardarla.
- Passare dal caldo asfissiante di Vaes Dothrak all’aria fredda che sa di casa, senza avere pellicce o mantelli a scaldarci, non è il massimo. Dovrò riabituarmi – disse la fanciulla sorridendo.
- Vieni qui – le rispose Eveline sorridendole intenerita, allargando le braccia e donandole un po’ di calore con il suo abbraccio.
Dopo qualche minuto rimaste strette e con le teste appoggiate una sull’altra a guardare il tramonto, la giovane rosa parlò di nuovo. – Dada, secondo te cosa vorrebbe dire se qualcuno ti dicesse che una persona è destinata a divenire un ladro o un attore? Intendo, non nel vero senso del termine.
- Cosa intendi?
- Ricordi che la Vecchia Nan, quando eravamo bambini, ci ha narrato la storia del nostro branco e ci ha detto che saremmo destinati a divenire principe, corvo, strega, ladro e attore?
- Vagamente. Non ci ho mai riflettuto perché eravamo piccoli ed era solo una delle tante storie della Vecchia Nan.
- E se lei avesse saputo tutto fin dal principio? Se io sono la strega, tu sei il corvo, Hayden suppongo sia il principe … Rimangono Sam e Ruben.
- Potrei chiederlo a Bran. Forse lui conosce la risposta.
- Lo farai quando ti sarai riposata per bene, fatina. – le disse premurosa prendendola per le spalle e conducendola all’entrata delle camere. – Si sta facendo sempre più buio e freddo, meglio rientrare.
 
 
 
- Vostra Grazia, principessa Arianne, vi sono grato per averci accolti nella vostra splendida terra – disse Colten Marbrand inchinandosi. – Questo è mio figlio Kylan, erede della mia casa.
- Onorato di essere qui, principessa – disse educatamente il giovanissimo ragazzo, inchinandosi anch’egli.
Arianne sorrise gioviale illuminando la sala con i suoi occhi vivaci e percorrendola per avvicinarsi ai suoi due ospiti. – Quanti anni avete, Kylan? – gli chiese sorridendogli.
- Tra poco ne compirò quattordici, mia signora.
- Solo un anno in più della mia Lorraine, dunque. I vostri modi nobili vi fanno sembrare più grande – gli disse affabile, per poi passare a suo padre, mentre tre viperette e una giovanissima principessina si affacciavano curiose da dietro un angolo.
 – A cosa devo il piacere della vostra visita, lord Marbrand? – gli chiese Arianne.
- Ovviamente per leccare il tuo fondoschiena, adorata nipote – fece il suo trionfale ingresso nella sala Oberyn Martell, affiancando sua nipote e rivolgendo uno sguardo di scherno a lord Colten.
- Zio Oberyn, per favore, lascia parlare me – lo ammonì Arianne.
- Perché, non è forse così? Pare che le voci che corrano su di lui siano vere. Insomma, il più grande leccapiedi dei sette regni viene improvvisamente a farci visita a Dorne nonostante non abbia pensato di presentarsi neanche quando sua moglie è morta e ha spedito il suo corpo qui per i funerali – disse la Vipera Rossa incrociando le braccia. – Per quale altro motivo sareste qui se non per persuaderci in qualche modo, Marbrand??
- La mia Agnes era una Dalt ed è cresciuta qui a Dorne. Ella amava questa terra e avrebbe voluto essere seppellita qui, ed è stato ciò che ho fatto nel momento in cui, sfortunatamente, le febbri me l’hanno portata via quando Kylan era ancora in fasce. Ho mandato il suo corpo a Dorne senza giungere di persona ad assistere ai suoi funerali, sono consapevole solo ora di quale grande errore e insulto sia stato nei vostri confronti! Purtroppo ho sempre nutrito troppi pregiudizi nei confronti di Dorne, così …
- … così avete pensato di non onorare neanche la sua memoria a causa di ciò! – esclamò Oberyn interrompendolo e venendo nuovamente ammonito da Arianne.
- Mi rendo conto di aver sbagliato. Tuttavia, sono passati quattordici anni e ora sono un uomo differente. Ho intenzione di onorare la sua memoria visitando ora la sua tomba e facendo fare lo stesso a Kylan. Egli non l’ha mai conosciuta, perciò merita di conoscere almeno il luogo in cui è cresciuta e che conserva ancora una parte di lei. Se ce lo permetterete, trascorreremo l’estate come vostri ospiti, per recuperare in parte ai miei errori. Qui è totalmente opposto ad Ashemark; sono sicuro che a mio figlio farà molto bene cambiare ambiente – disse abbozzando un sorriso speranzoso e appoggiando una mano sulla spalla di Kylan, il quale rimase serio, fin quando la sua attenzione non venne attirata dalle ragazzine nascoste infondo all’entrata del salone, le quali erano molto meno silenziose di ciò che pensavano.
Oberyn fissò ancora con disprezzo e diffidenza lord Colten, per poi spostare l’attenzione su Kylan, guardandolo dall’alto con curiosità. – Spera di non aver preso solo l’aspetto da lei, ma anche tutto il resto, ragazzo – gli disse semplicemente, poi uscendo dalla sala.
- Non fate caso a mio zio, lord Colten. Siete entrambi i benvenuti qui. Potrete rimanere quanto vorrete. Farò preparare delle comode stanze per voi – disse gentilmente Arianne.
 
Kylan aprì la porta che uno dei servitori gli aveva indicato come la camera preparata per lui e rimase allibito quando si ritrovò dinnanzi all’immagine che apparve ai suoi occhi: quattro o cinque ragazzine quasi completamente nude stavano correndo spensierate, come stessero giocando, con altri due ragazzini completamente nudi. Non appena i sette si accorsero dell’invasione, si voltarono verso di lui guardandolo curiosi e interrogativi.
- Tu sei il ragazzo straniero che rimarrà tutta l’estate con noi – affermò subito una ragazzina dai capelli scuri, lunghi e fluenti, contrastati da due occhioni grigio nebbia. – Vuoi unirti a noi?
- Non credevo che la servitù usasse le stanze degli ospiti per dilettarsi in divertimenti sessuali – disse lui confuso e lievemente imbarazzato, cercando di non guardare le nudità della giovani ragazze.
- Noi non siamo la servitù! – rispose offesa la ragazzina che aveva parlato. – Io sono la principessa Lorraine Martell, figlia di Arianne! – disse cercando di assumere un tono autoritario, ma non troppo vanesio.
- Oh – disse Kylan sconvolto. – Non lo sapevo. Comunque mi hanno detto che questa è la mia stanza, principessa. Se i vostri servitori hanno sbagliato nel darmi le indicazioni, vorrà dire che andrò altrove – disse facendo risultare il suo cortese garbo come altezzosità.
- Sì, è questa, biondino; noi usiamo sempre le stanze degli ospiti perché sono più spaziose e meno disturbate. Ma chi si crede di essere questo qui??– chiese Tyene innervosita.
- Solo perché viene dal Nord è convinto di essere superiore – aggiunse Nymeria. – Musi lunghi e corpi ghiacciati. Nel vero senso della parola.
- Quindi è vero che non vi divertite mai? Zio Oberyn dice che per far sorridere gli Stark serve una giornata intera, la pazienza di un dio e una determinazione di ferro – intervenne nuovamente Lorraine.
- Nella parte del Nord da dove vengo io sorridiamo di più, credo.
- A me non sembra.
- Perché siete strani voi – ribatté Kylan sentendo l’irritazione risalirgli in gola, rendendosi conto solo dopo con chi stesse parlando. – Non mi importa se siete una principessa – disse deciso, non capendo perché stesse venendo meno alle buone maniere impartitegli.
- Non devi trattarmi come una principessa quando siamo insieme. Odio quando gli altri lo fanno – gli rispose scendendo dal letto e avvicinandosi per fronteggiarlo.
- Io non rimarrò tutta l’estate qui … dovesse finire il mondo ora, convincerò mio padre a tornare a casa – disse Kylan quasi più a se stesso che a Lorraine.
- Se proprio ci tieni a saperlo, anche tu mi dai sui nervi! Soprattutto quel tuo sguardo perennemente altezzoso! Dovresti rilassarti e divertirti ogni tanto, altrimenti diventerai così insopportabile da essere evitato da tutti e non importerà quanto sarai bello e nobile! E non capisco perché hai fatto quella faccia pietrificata appena ci hai visti! Ad Ashemark, o qualunque sia il posto dal quale provieni, vi proibiscono di vedere le persone nude?
- Non sono altezzoso, è che non mi piace questo posto! Non voglio restare qui, ecco tutto. Soprattutto sapendo che piacesse così tanto a mia madre. Non ha senso rimanere in un luogo che sa tutto di lei quando io non ho mai avuto l’opportunità di conoscerla. Mi da’ fastidio …
- Puoi sempre approfittare per conoscere qualcosa in più di lei …
- E poi … – aggiunse Kylan, facendo finta di non averla udita. - … non ci proibiscono di vedere delle persone nude, ma vi sono comunque delle regole di pudore.
- “Regole di pudore”? Tipo?
- Tipo non mostrare interesse per delle lady al di fuori del matrimonio per non rischiare di disonorarle.
- Disonorarle? Che cosa intendi?
Kylan ci pensò un po’ su. – Ad esempio si disonora una donna quando la si tradisce con un'altra, in particolare dopo il matrimonio.
- Che razza di regole sono? Come fate a vivere così?? – chiese sconvolta Lorraine. – Questo vuol dire che, quando ti sposerai, non potrai stare con nessun altro, oltre lei?
- Sì.
- Mi dispiace per la vita che vivrai a causa delle regole di pudore.
- Se non volete lasciarmi la stanza, andrò via e vi lascerò continuare le vostre pratiche – disse infine il ragazzo voltandosi, stufo di trovarsi in quella situazione.
- E dove credi di andare senza conoscere assolutamente nulla di questo castello e di Dorne? – chiese Lorraine alzando un sopracciglio e ponendo le braccia conserte.
- Troverò un posto.
- Ti perderai dentro il castello. Ci sono un’infinità di stanze qui.
A ciò, il giovane posò di nuovo le iridi color miele su quelle della principessina di Dorne. – Troverò qualcuno che mi aiuterà ad uscire.
- Buona fortuna, allora – rispose lei sfidandolo e attendendo la sua resa.
Kylan impiegò un bel po’, qualche minuto buono, prima di arrendersi e rivolgersi a Lorraine in tono di richiesta. – Potreste accompagnarmi voi, principessa?
Un ghigno soddisfatto si dipinse nel visino della ragazzina, la quale non era ancora soddisfatta. – Mi farebbe molto piacere, Kylan, ma, prima, vorrei che tu me lo chiedessi nel giusto modo: primo, ti ho già detto che odio le formalità, secondo, voglio che tu sia più accondiscendente e umile.
- Vorresti accompagnarmi, Lorraine? – riprovò il giovane, mettendo da parte l’orgoglio.
- Bene, può andare – rispose sorridendo, rivestendosi velocemente e uscendo dalla stanza, facendogli strada.
- Un giorno regnerò su questo posto e riporterò a Dorne l’antica gloria perduta – disse gioiosa e determinata la ragazzina mentre mostrava il maestoso castello a Kylan.
- E come pensi di farlo?
- Stipulando alleanze di pace con i nostri nemici e non piegandomi mai nel caso in cui la diplomazia non bastasse – disse con semplicità, facendo scorgere la forza nei suoi occhi al ragazzino.
Nel momento in cui furono fuori dal castello, Kylan si guardò intorno ammirando la bellezza di quella città.
- È stupenda, vero? – gli chiese lei guardando il suo viso incantato dal panorama. – La odi ancora così tanto?
A quella domanda, Kylan si voltò a guardarla quasi colpevole. – Non intendevo che non fosse bella, prima. È solo tanto diversa da Ashemark.
- Sta’ tranquillo, ho capito cosa intendevi. Allora, dov’è che vuoi andare?- chiese cominciando a camminare all’aria aperta.
- Dove è sepolta mia madre.
A ciò, la principessa gli rivolse uno sguardo sgranato. – Avevi detto che …
- Sì, lo so, ma ho capito che avevi ragione: tanto vale provare a conoscere qualcosa di lei ora che sono qui. Magari potrei recuperare almeno una parte del suo ricordo – disse accennando un sorriso.
Ella sorrise di rimando. – Sono contenta che tu l’abbia capito. Vedrai che sarà una splendida estate.
- Ne dubito, perché tua madre si renderà presto conto che il principe Oberyn ha ragione: mio padre sa fingere molto bene e riesce ad ingraziarsi chiunque con le sue doti persuasive. Quella di mia madre è solo una scusa. In realtà siamo qui perché lui vuole convincere Dorne ad allearsi a David Crakehall quando egli tenterà di ripristinare il vecchio sistema e di salire al trono dei sette regni come usurpatore. Gli serviranno più alleati possibili quando lo farà, e mio padre sarà uno di questi. Sta mettendo insieme un esercito molto variegato e potente per compiacerlo. Io sono solo una scusa per far sembrare questa permanenza nobile e giustificata – disse Kylan con gli occhi velati da un alone di malinconia mista a rassegnazione.
A ciò, Lorraine smise si camminare, facendo fermare anche lui. Dopo di che, gli sorrise.
- Che stai facendo? – le chiese il ragazzo.
- Niente. Semplicemente credo di essere felice che tu sia qui. Il mio obiettivo sarà far cambiare idea anche a te, farti provare nuove esperienze, scoprire nuovi luoghi, cibi, racconti e farti divertire, rendendoti questa estate meravigliosa. Agnes Dalt amava Dorne e lo farai anche tu, Kylan, stanne certo. Perciò ora smetti di pensare a ciò che farà quel miserabile di tua padre, e sappi che lo sto denominando così benevolmente solo per tuo rispetto, perché immagino che tu gli voglia bene avendo vissuto solo con lui finora!
- Non preoccuparti, ho sentito di peggio su di lui – la rassicurò Kylan sorridendo.
- Ad ogni modo, questo è il mio patto.
- Andata – rispose il ragazzo, ma non fece in tempo a porgerle la mano, che ella gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulla bocca per qualche secondo, per poi staccarsi e osservare il suo viso sorpreso.
- Perché hai …?
- Era il modo di stipulare il patto – disse sorridendo con maliziosa naturalezza, per poi voltarsi, ricominciare a camminare e fermarsi di nuovo solo qualche istante dopo. - Era il primo? – gli chiese dubbiosa.
- In realtà, quello no – rispose lui con sincerità.
- Allora non siete poi così rigidi e casti come volete far credere.
Quel flashback del loro primo incontro attraversò la sua mente mentre spargeva dei petali chiari sul viso bianco cadaverico della defunta principessa dorniana. Le accarezzò i capelli e le baciò la fronte, sorridendo dolcemente nel guardarla e ripensare a ciò che avevano vissuto insieme. – Tu mi hai salvato per ben due volte, dolce principessa. Io, invece, non sono stato capace di salvarti neanche una volta – disse lasciando cadere la mano sul fianco, per poi spingere la barca che conteneva lei e l’incaricato a largo, verso il fiume placido, insieme ad altri due uomini. La guardò allontanarsi mentre sapeva che non sarebbe mai giunta nella destinazione che la meritava, nella Dorne che tanto amava, ma sarebbe stata portata nel continente orientale e seppellita lì, lontana da tutto ciò che era e che l’aveva resa la donna meravigliosa che era diventata. – Non merito il tuo perdono. Non merito niente.
Dopo pochi minuti venne raggiunto da alcuni dei suoi uomini, i quali richiedevano la sua attenzione. – Mio signore, perdonate l’interruzione, ma la pretendente del re è giunta nella capitale. Siete voi l’incaricato con il compito di accoglierla e di scortarla.
A ciò, Kylan si voltò sorpreso. – È già qui? Il suo arrivo era previsto per questa sera.
- A quanto pare è in anticipo, mio signore.
Il Primo Cavaliere si diresse verso la nave che trasportava la donna che aveva avuto tanta spavalderia e tanta stupidità nel proporsi come pretendete del re.
Attese di vederla scendere accompagnata dalla servitù e si avvicinò. – Vi do il benvenuto ad Approdo del re, milady. Io sono lord Kylan Marbrand, Primo Cavaliere del re, e spero che il viaggio non sia stato troppo tortuoso per voi. Vi prego di seguirmi, in modo che possa accompagnarvi nella Fortezza Rossa, al cospetto di re David Crakehall, Primo del suo nome.
- Con piacere, lord Marbrand – rispose ella accennando un sorriso di circostanza e seguendolo.
- Spero possiate perdonare il ritardo, ma vi aspettavamo per questa sera.
- Non devo perdonare nulla, mio signore, sono stata sorpresa anche io di essere approdata così presto. Parlatemi un po’ del nostro re, lord Marbrand. Così non sarò del tutto impreparata dinnanzi a lui. D’altronde siete il suo Primo Cavaliere, dovreste conoscere tutto di lui.
La lingua così sciolta e abile della giovane donna colse di sorpresa Kylan, il quale riuscì comunque a tenerle testa. – Il nostre re è un uomo che ama molto le donne e i piaceri carnali, milady, credo che questo lo sappiate già bene.
- Il Massacro delle ventitré concubine, giusto. Vi starete sicuramente chiedendo perché, pur conoscendo il tragico destino riservato a quelle ragazze, originariamente pretendenti, io abbia comunque deciso di tentare di divenire la nuova regina dei sette regni. Ognuno ha le sue motivazioni, lord Marbrand, come voi avete le vostre, io ho le mie.
- Non ho dubbi al riguardo, milady.
- Ama solo le donne? – Quella domanda richiedeva qualcosa in particolare, qualcosa che il giovane cavaliere comprese.
- Sì, solo le donne. Non ha mai mostrato interesse per gli uomini. Come mai mi ponete una tale domanda?
- Ve l’ho detto: per conoscere maggiormente il nostro re e trovarmi preparata – rispose ella accennando un altro sorriso e continuando a percorrere la strada dinnanzi a sé al suo fianco. – Sapete, sono sempre stata incuriosita dalla figura del “Primo Cavaliere”. Da ciò che ho da sempre udito, sembra che abbia più influenza su un re di quanta ne abbia sua moglie.
- Non è sempre detto, milady – rispose garbatamente Kaylan al suo tono velatamente provocatorio.
- Staremo a vedere.
 
La giovane donna camminò con sicurezza nella sala del trono, avvicinandosi al trono nel quale era seduto David e fermandosi poco prima delle scalinate, inchinandosi. – È un onore per me trovarmi al vostro cospetto, Vostra Maestà.
- Alzatevi – le concesse l’uomo studiandola incuriosito mentre ella ritornava in posizione eretta. – Con chi ho il piacere di parlare, mia signora?
- Mi chiamo Bridgette e appartengo alla casata dei Greyjoy. Sono la primogenita del defunto Euron Greyjoy, esiliato dalle Isole di Ferro. Tuttavia, quasi due anni fa, Yara Greyjoy ha riaccolto me e i miei fratelli nella sua casa, ristabilendo i buoni rapporti di un tempo.
- Dunque è lei che vi ha mandato? Cosa spera di ottenere temporeggiando nel giurarmi fedeltà e proponendo sua cugina come mia pretendente?
- Ho deciso di venire di mia volontà, Vostra Maestà. In realtà, conoscendo ciò che avete fatto alle lady che si sono presentate qui come pretendenti, tutti i miei cari hanno cercato di convincermi a non farlo.
- Allora, perché siete qui?
- Sono qui per giurarvi la fedeltà della casata Greyjoy, la quale ha atteso già abbastanza primi di offrirvi i suoi servigi, e per divenire la vostra regina, mio re. Non è una motivazione abbastanza valida per voi?
- Siete così sicura di voi stessa? Siete così certa di non divenire mia concubina e finire morta come le altre? Da cosa deriva la vostra temerarietà, milady? D’altronde, non sembrate neanche una ragazza esattamente nel fiore della sua giovinezza – disse il re sempre più affascinato.
- Mi avete smascherata, Maestà – rispose lei accennando un sorriso indefinibile. – L’altro motivo che mi ha spinta a farmi avanti, è il mio ventre – continuò toccandoselo. – È maledetto, mio re. Non posso avere dei figli, non potrò mai darvi un erede, come non ho potuto darlo al mio precedente marito.
Quelle parole lasciarono basiti tutti i presenti nella sala, a partire da Sam, Xavier, Kylan, fino allo stesso re.
- Continuate – la incoraggiò quest’ultimo.
- Nessuno mi accetterà mai come moglie con una consapevolezza simile. Ma voi non avete bisogno di un erede, giusto? – gli chiese volgendo poi lo sguardo alla porta blindata che nascondeva il più grande segreto dei sette regni. - Fuori dalla capitale si parla molto del vostro prigioniero nascosto agli occhi di tutti. Girano innumerevoli voci sul giovane Stark mezzo Targaryen. Voi avete già il vostro erede, giusto? Cosa ve ne fareste del frutto del vostro seme, quando potete avere un figlio Targaryen?
- Come osate parlare così al vostro re?? – intervenne una delle guardie, venendo subito placata dal gesto della mano di David, il quale era rimasto completamente rapito da lei e dalle sue parole.
- Come fate a saperlo?
- Intuito, mio re. Non credo ci voglia molto a capirlo. Potremmo occuparci del ragazzo insieme, quando sarà pronto ad uscire dall’internamento. Inoltre, credo di possedere le doti giuste per affiancarvi nel vostro glorioso ed estesissimi regno. Questo è tutto ciò che ho da dire. Sono pronta ad udire qualsiasi sarà il vostro responso – disse inchinandosi ancora, per poi rialzarsi immediatamente e fare qualche passo indietro.
- Chi accidenti è quella donna …? – sussurrò Xavier a Sam, allibito da ciò che aveva appena visto e udito.
- Dovrò pensarci un po’ su, lady Bridgette; farò preparare una camera per voi nella Fortezza, in modo che possiate rimanere qui fin quando non avrò preso la mia decisione. Ma tengo ad informarvi già da ora, che mi avete profondamente colpito. Non credo di aver mai conosciuto una donna come voi.
- Ne sono lieta.
 
La notte giunse velocemente e Bridgette prese posto nell’enorme e confortevole letto della stanza che il re aveva fatto preparare per lei.
Non ebbe neanche il tempo di godersi la morbidezza del materasso, che udì bussare alla porta, così si rinfilò la vestaglia di seta leggera e andò ad aprire.
Nell’esatto istante in cui aprì la porta, una mano si aggrappò a quest’ultima e fece forza per farla aprire completamente, rivelando la figura del re in camicia da notte, il quale entrò di scatto e sovrastò Bridgette afferrandole le mani con violenza per tenerla ferma. – Se non potete darmi figli e siete così sicura di voi, immagino che a letto sarete una sorta di creatura ultraterrena! – esclamò provando a baciarla, ma ricevendo un potente calcio nei suoi organi genitali prima che riuscisse ad avvicinarsi alla sua bocca. Il re cadde a terra urlando per il dolore, completamente accasciato e con le mani a coppa sulla parte colpita. – Come … osate …? Ho fatto torturare e … e uccidere per … per molto meno … razza di … - sussurrò con la poca voce che uscì dalle sue corde vocali.
- Voi non mi toccherete, né torturerete, né ucciderete – disse Bridgette sprezzante, accovacciandosi accanto a lui e mettendosi in una posizione che lasciasse volutamente un po’ più scoperto il suo seno. Un ciuffo dei voluminosi capelli color nocciola cadde in mezzo al suo petto perfettamente dotato.
- … il vostro corpo … è divino - sussurrò il re quasi dimenticandosi del dolore che provava, mangiandosela con gli occhi.
- Vi piace? Immagino abbiate avuto centinaia di corpi come il mio tra le vostra lenzuola, così come avrete sicuramente posseduto ragazze con un viso più bello e angelico del mio, ma non è solo questo che intendo offrirvi – disse facendo scivolare una mano sotto la camicia da notte del re e sostituendola con la sua, cominciando a massaggiare in quel punto, provocando un misto di dolore e piacere all’uomo, ancora accovacciato.
- Cosa intendete offrirmi … dunque? – chiese David con la voce arrochita.
- Qualcuno capace di stare al vostro passo, di soddisfarvi non solo sul piano fisico, ma anche mentale, astratto. D’altronde, ora, suppongo che neanche voi potrete più generare dei figli, dopo il colpo che vi ho dato.
- Perché non avete paura di me? – chiese riuscendo finalmente ad alzarsi in piedi. – Odio non riuscire a sottomettere e a piegare qualcuno al mio volere, e quando accade, alla fin fine, riesco sempre ad ottenere ciò che voglio.
La donna tenne testa al suo sguardo, riuscendo a penetrare il volto del re con i suoi occhi scuri e tempestosi, nonostante il buio della stanza. – Con me non accadrà. Non ho paura di voi perché un uragano non può provare paura per una bestia inferocita. Voi avete ucciso e torturato centinaia di uomini e di donne. Ma io ho fatto molto peggio. Io ho assassinato decine di bambini innocenti, di neonati in fasce, non dando loro la possibilità neanche di decidere cosa fare della propria vita. Ho stroncato giovanissime vite con le mie mani, senza farlo fare ad altri. L’ho fatto per egoismo, per puro, spaventoso piacere personale. Per questo non ho paura di voi. Perché non dovrei averne e perché non ho nulla da perdere – gli disse facendolo indietreggiare mentre si avvicinava a lui sempre più, fin quando non lo bloccò con la schiena contro il muro, facendo saettare la sua mano nuovamente nei suoi genitali, prendendo a toccarlo con più violenza mentre non cessava mai il contatto visivo con lui. – Non mi toccherete fin quando non avrete fatto di me la regina dei sette regni. Potreste avere qualsiasi donna a questo mondo … oppure potreste avere me.
L’uomo continuò a guardarla ancora, ammaliato, intimorito e succube nello stesso tempo. – Vi sposerò, mia signora. Farò di voi la mia regina – disse infine.
 
 
Eveline si mosse sotto le coperte, non riuscendo a prendere sonno a causa delle onde che smuovevano tutta la cabina e dei suoi pensieri più rumorosi del mare stesso.
- Allora ve ne andate.
- Ho già salutato tutti al villaggio e ho dovuto fare appello a tutto il mio autocontrollo per non scoppiare in lacrime, soprattutto con Naaro e Lheli. Ma non credo che con te ci riuscirò, Veherek – gli disse abbracciandolo e facendosi stringere da lui.
- Dunque ho fatto bene a consigliarti di andare da lui? Di rivolgerti al Dominatore di materia?
- È stata la cosa migliore che potessi mai fare per me – gli rispose cercando di trattenere ancora le lacrime.
Quando si divisero dall’abbraccio, lui le diede un bacio sulla fronte, poi la guardò negli occhi sorridendo. – Ora, quindi, sei Eveline o Aradia?
- Entrambe.
- Bene, perché mi piacciono tutte e due. Mi mancherai tantissimo …
- Anche tu. Con Myranda com’è andata alla fine?
- Non è andata. Credo che il suo amore per lui non potrà essere soppiantato da nessun altro.
- Mi dispiace.
- Non dispiacerti. L’ho superata – disse sorridendo. – Eve, so che sei diventata ancora più forte ora, che sai badare ancora più a te stessa di quando sapessi già fare quando sei arrivata qui, ma non farti frenare da questo quando avrai bisogno di avere qualcuno accanto. Dato che non ci sarò io, voglio che sia qualcun altro a proteggerti.
- Tu non mi hai mai protetto, Veherek.
- L’ho fatto a modo mio, sai cosa intendo – disse fingendosi offeso e provocando un sorriso in entrambi.
- Sì, ho capito e lo farò, non preoccuparti. Poi ho anche Myranda sempre accanto a me. E non pensare di liberarti di me tanto facilmente! Ci rivedremo presto, sicuramente … – disse cercando di non far notare gli occhi lucidi. – Voi siete diventati la mia seconda famiglia. La famiglia non si abbandona.
- La famiglia non si abbandona – confermò lui. – A proposito di ciò, fate attenzione quando tornerete. Loro non si arrenderanno tanto facilmente. Sai che, se ne hai bisogno, puoi rivolgerti a noi e attraverseremo in men che non si dica il Mare Stretto per continuare a proteggervi e darvi il nostro aiuto.
- Sì, lo so. Lo farò se ce ne sarà bisogno – disse rassicurandolo e accorgendosi che si stesse facendo tardi e che la nave stesse per salpare. – Dunque è il momento … - aggiunse sorridendo malinconica. - … ti auguro di trovare una donna che ti meriti e che sappia renderti felice, Veherek.
- Credo di aver compreso di non averne bisogno, sai? Siamo più simili di quanto pensassi: entrambi liberi e senza la necessità di essere completati da qualcuno – rispose baciandole la mano e salutandola definitivamente.
- Eve? – Myranda sdraiata nel letto accanto al suo, la riscosse da quel ricordo.
- Cosa c’è? – le chiese rigirandosi dal suo lato. – Neanche tu riesci a dormire?
- No. Prima tu – rispose la bionda.
- Pensavo a ciò che mi ha detto Veherek prima di partire, al fatto che i dothraki accorrerebbero in nostro aiuto se solo avessero il dubbio che fossimo in pericolo. Potrebbero essere molto utili durante la ribellione. E poi …
- E poi?
- No, niente.
- Pensavi a lui? Al Silenziatore?
Quella domanda prese la giovane rosa alla sprovvista. – Non esattamente a lui, ma … ultimamente ci penso spesso, sì.
- Tu lo amavi.
Eveline non rispose e il suo sguardo assunse un’espressione addolorata. – Sì.
- Me ne sono accorta già dagli ultimi mesi, sai? Il tuo sguardo era cambiato e non solo per i tuoi poteri acquisiti. Sembrava ci fosse … qualcosa in più. E, a quanto pare, avevo ragione a pensarlo.
- Il suo nome era Aris. Preferisco che lo chiami così.
- D’accordo, “Aris”. Avrei voluto conoscerlo prima che …
- Sì, lo avrei voluto anche io. Mi ha lasciato un compito arduo nel momento in cui ha posto fine alla sua esistenza: ha riposto tutta la sua fiducia in me e nelle mie capacità, ora che un potere come il suo si è estinto.
- Lo ha fatto perché era sicuro di ciò che faceva, Eve. Ha visto chi realmente sei e ha compreso che fossi tu colei alla quale affidare questo compito.
- Tu, invece?
- Pensavo alle mie visioni.
- Ad Hayden?
- Ho cominciato a vedere le sue torture, tutte le sofferenze che ha patito, Eve. Non credo di potercela fare …
- Veherek mi ha accennato qualcosa e ho capito subito. Quando te la sentirai, mi dirai che cosa hai visto, cosa gli stanno facendo, ma, a prescindere da questo, sappi che puoi sempre contare su di me. Ce la farai, Dada. Anche questa volta. Sarà più dura, lo so, perché si tratta di Hayden e tu lo hai sempre amato. Ma sono certa che non perderai la tua umanità se resisterai a questo. Potrebbe essere l’ultima prova per diventare Corvo a Tre Occhi.
- Già … Sai, oltre ad Hayden, stavo pensando anche a Bran.
- Cosa intendi?
- Ultimamente l’ho visto strano. Insomma, è sempre strano, ma siamo riusciti ad instaurare una sorta di legame ad ogni visione. Da un po’ di tempo lo vedo diverso, come se cercasse sempre di dirmi qualcosa, ma non ci riuscisse … - In quel momento, gli occhi di Myranda si fissarono in un punto e assunsero nuovamente la solita consistenza bianca, ad indicare che la sua mente era stata catapultata altrove.
- Myranda? – chiese Eveline alzando la testa dal cuscino e rendendosi conto solo dopo della strana colorazione dell’iride, oramai familiare.
La giovane rosa attese qualche minuto che si risvegliasse, e quando accadde, vide Myranda cercare di riprendere fiato, dunque capì che doveva aver visto qualcosa che l’aveva scossa. – Ehi, Myranda?? Cos’hai visto?
La bionda ci mise qualche secondo a voltare lo sguardo verso di lei, distogliendo gli occhi dal punto fisso nel quale erano pietrificati. – Il Principe si è svegliato.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 29
*** Il risveglio del Principe ***


Il risveglio del Principe
 
- Non capisco perché tu mi stia andando contro in questo modo! – esclamò la madre dei draghi raggiungendo Jaime, il quale le dava le spalle. – Noi due siamo sempre stati insieme, per due interi anni, ci siamo spalleggiati a vicenda e siamo riusciti a creare questo! – continuò indicando parte del popolo del Nord riunito e gli uomini dell’esercito che camminavano sul piazzale di Grande Inverno. – Perché ora non mi stai appoggiando?
- Perché io non sono abituato ad appoggiare chi ha delle idee immensamente stupide, Dae – le rispose l’uomo, voltandosi finalmente a guardarla.
- Se tua figlia fosse al posto del mio e avessi un drago a disposizione, non esiteresti a fare ciò che voglio fare io ora – gli disse sprezzante.
- Davvero? Credi che se fosse Myranda ad essere loro prigioniera e cavia io agirei in questo modo?? Mi credi davvero così insofferente al dolore altrui, Dae?? Stiamo organizzando una ribellione, finalmente siamo riusciti a metterci in contatto anche con Oberyn, Varys e Davos, di conseguenza, con i Greyjoy e i loro alleati, siamo praticamente pronti a dichiarare guerra e abbiamo buone possibilità di riuscita grazie a tutto il lavoro che sono stati in grado di fare i Fantasmi per indebolire l’invincibile esercito di David, oltre ad aver ricevuto anche l’appoggio segreto delle casate alle quali appartenevano le ventidue lady divenute concubine assassinate dal re, ed ora tu te ne esci volendo salire in groppa a Drogon e volare fino ad Approdo per riprenderti Hayden e Jon solo perché il tuo drago si è ripreso??
- Non sappiamo che intenzioni abbia il re con loro! Nel momento in cui daremo inizio ad una guerra, David potrebbe minacciarci tramite mio figlio e mio marito! Finché Hayden e Jon sono tra le loro mani avranno un potere immenso su di noi! Per questo voglio riprenderli prima che sia troppo tardi!
- Hayden sta già venendo torturato da due anni e gli déi solo sanno cos’altro, e il re non ha ingaggiato una donna che è cento volte peggio di Qyburn, facendola giungere da Qarth, per poi ucciderlo come nulla fosse. David vuole Hayden, tutto ciò che avrebbe potuto fargli lo ha già fatto e non può usarlo per minacciarci di ucciderlo!
- Per questo devo salvarlo il prima possibile!! – esclamò Daenerys aggrappandosi alle vesti di Jaime e guardandolo con occhi imploranti e lucidi, distrutti.
- Allora si tratta di questo – comprese lui.
- Più tempo lo lascio nelle loro mani, maggiormente rischierò di perderlo per sempre … ed io non voglio perderlo, per niente al mondo. Ogni giorno che passo lontano da lui, immagino sempre a che sorta di sacrilegi possa sottoporlo quella strega … - sussurrò abbracciandosi da sola e scuotendo la testa. – Non posso aspettare ancora … ora che ho Drogon …
 - Tra poco daremo inizio alla rivoluzione, Dae – la rassicurò lui prendendole le spalle e guardandola negli occhi. – Dobbiamo solo rifinire gli ultimi dettagli,  e poi andremo a riprenderci Hayden e Jon – continuò accennandole il sorriso che sapeva l’avrebbe fatta sicuramente calmare. Erano rimasti insieme per due anni, sorreggendosi e rialzandosi l’uno con l’aiuto dell’altra, divenendo quasi fratelli. Sapeva che nulla avrebbe potuto spezzare la loro complicità. – Se avessimo avuto Walter, avremmo mandato lui e li avrebbe rapiti riportandoli da noi senza fatica e senza farsi scoprire.
- Ma io non sono Walter, purtroppo – disse la donna accennando un sorriso malinconico al pensiero.
- Purtroppo solo lui sarebbe stato capace di farlo. Lui e i Fantasmi … - realizzò il Lannister riflettendoci su.
- Non mi fido di loro, Jaime. Ci avranno anche liberati, ma non sappiamo chi siano e in cosa consistano i loro scopi. Non possiamo fargli una richiesta del genere.
- Già, ma sarebbe una possibilità … - Jaime non riuscì a terminare quel pensiero, che udì una delle guardie richiamarlo a gran voce.
- Mio signore!!
- Ser Doon, che succede??
Ser Doon, non appena si avvicinò e si accorse che anche la madre dei draghi era in compagnia del Lannister, sentì le parole morirgli in gola.
Daenerys lo guardò con aspettativa e capì immediatamente che il cavaliere doveva aver agito in quel modo per un motivo ben preciso. Sbiancò. – Parlate, ser Doon … si tratta … si tratta di Hayden …?
- Ci è … giunta notizia dai nostri informatori che Hayden è stato fatto uscire dalla cella in cui è stato tenuto prigioniero per più di due anni.
 
 
Re David, lady Bridgette, lord Kylan, il Gran Maestro Xavier e Sam, erano fermi e immobili a pochi metri dalla porta blindata, finalmente aperta, della camera degli esperimenti di Hoxana, sede del prigioniero più prezioso del re.
Non riuscivano a credere ai loro occhi, così come non avevano creduto alle loro orecchie non appena Hoxana li aveva convocati, informandoli che era giunto finalmente  il momento di mostrare la sua creazione completata alla luce del sole.
La donna di Qarth era in piedi accanto a lui.
Hayden Stark non sembrava reduce da due anni di prigionia e di tortura, poiché il suo aspetto, oltre ad essere notevolmente cambiato, era anche sereno ed elegante nei suoi vestiti principeschi color avorio indossati alla perfezione, i quali gli donavano un’aria ancora più regale.
Nulla era più lontano dal ragazzino ignaro che avevano rapito: la sua statura era aumentata rendendolo alto poco meno di Kylan, se posti vicini, ma la sua corporatura era più snella ed affilata; la crescita aveva fatto emergere maggiormente i suoi tratti Targaryen, accentuati dai capelli argentei lunghi e ordinati, legati solo parzialmente indietro, mentre il restante della chioma gli ricadeva all’inizio della schiena, fino alle scapole; ma ciò che attirava più l’attenzione non erano i suoi tratti più maturi e taglienti o altri cambiamenti fisici naturali, bensì i suoi occhi neri che stonavano completamente con il restante chiarore, spaventosamente vuoti. Ognuno di loro osservò quegli occhi sentendosi risucchiato da dentro, invaso da un senso di inadeguatezza e di oscurità che lo costrinse a distogliere lo sguardo intimorito. Quegli occhi, specchio profondo della sua anima, erano l’evidente frutto dei cambiamenti che la prigionia e il tremendo processo di trasformazione avevano prodotto in lui, rendendolo qualcosa che non era, l’opera d’arte che Hoxana aveva ottenuto.
Un moto di agitazione incontenibile, di gioia, di dolore, di rabbia e di paura invase Sam come non gli era mai accaduto in vita sua: il motivo per il quale si trovava lì era Hayden, fin dall’inizio. Aveva cercato così tanto di vederlo, di scoprire cosa gli stessero facendo, di tirarlo fuori di lì, senza alcun risultato. E ora che era dinnanzi ai suoi occhi, appariva come uno sconosciuto per lui. Non gli sembrava di riconoscere più nulla dello sguardo dell’Hayden con il quale era cresciuto, e ciò lo spaventò ancor di più. Inoltre, cosa avrebbe fatto ora? Lo avrebbe riconosciuto? O era cambiato a tal punto? La voglia di riabbracciarlo, di stringerlo a sé, stava pervadendo le sue membra fino all’osso, rischiando di farlo scoprire, poiché, quando si trattava della sua famiglia, non riusciva più ad indossare quella maschera immacolata, di farla rimanere intatta. Questa si rompeva al suolo frantumandosi, lasciandolo scoperto, rendendolo nuovamente Sam e non più il ricco e viscido mercante di Qarth.
Gli occhi del giovane Marbrand si spostarono su Sam, eretto accanto a lui, il quale aveva esattamente il volto che si aspettava assumesse dinnanzi a suo cugino: completamente in trance e fisso sulla sua figura come se si trovasse dinnanzi ad uno spettro. Un moto di preoccupazione fece breccia in lui, così, approfittando della concentrazione di tutti riversata solo e unicamente su Hayden, richiamò l’attenzione di Sam, sussurrando. – Ehi, stai bene …?
Il giovane Tarly, inizialmente non rispose, ancora in preda alla fatica di restare a contatto con la realtà, di non far crollare la sua maschera così rovinosamente, di tentare di respirare regolarmente. Poi, dopo qualche secondo, spostò per un attimo gli occhi su Kylan, rispondendo con lo stesso tono di voce sommesso oltre che perso. – Sì. Starò bene. Devo stare bene – disse quasi più a se stesso che al giovane cavaliere.
Finalmente qualcuno prese la parola. – Spero che il risultato sia gradito, Maestà – disse Hoxana con un sorriso enorme ad ornarle il bel volto, non riuscendo a mantenere le distanze da quello che era stato la sua cavia personale per molto tempo, il soggetto perfetto divenuto la sua più immensa creazione. Si posizionò dietro di lui e gli pose le mani sulle spalle, sussurrandogli qualcosa all’orecchio. – Ricorda quello che ci siamo detti, mio caro.
- Il mio nome è Hayden Stark, sono lieto di essere al vostro cospetto, Maestà – disse il ragazzo in tono neutro e rispettoso, accennando un lieve inchino con la testa.
- Non potrei desiderare di meglio: forte, bello e nobile, degno erede e figlio del re dei sette regni – lo sguardo del re brillava di fierezza e di aspettativa mentre si avvicinava al giovane e gli poggiava una mano sulla spalla.
Gli occhi di Hoxana lo fulminarono dinnanzi a tanta confidenza.
- Gli piacerebbe che fosse davvero suo figlio … peccato che dal suo seme nascerebbe solamente lurida feccia - sussurrò con rabbia Sam, stringendo i pugni.
- Ehi, sta’ calmo. Devi controllarti, altrimenti d’ora in avanti sarà una tortura per te – lo spronò Kylan.
- Sembra essere un Targaryen in tutto e per tutto, eccetto che per i suoi occhi … i suoi occhi sono …
- … strazianti – completò la frase Bridgette interrompendo il re e facendosi avanti a sua volta, osservando Hayden addolorata, non riuscendo a riconoscere in lui il ragazzo che Oberyn le aveva tanto descritto. – Che cosa avete fatto a questo povero ragazzo …? – chiese non nascondendo ciò che era evidentemente il suo punto debole: un figlio strappato via alla propria madre e trasformato in qualcosa di inumano, un destino molto peggio della morte. Un figlio come uno di quelli che lei avrebbe potuto uccidere quando era ancora in fasce. Forse Hayden avrebbe preferito essere assassinato da neonato piuttosto che divenire ciò che era diventato, pensò.
- Ciò che era giusto, mia sposa – le rispose il re sorridendole accondiscendente, rivelando implicitamente agli altri quale fosse stata la sua decisione riguardo la proposta della sua pretendente. – Egli è per metà un Targaryen, l’antica e gloriosa stirpe di draghi che hanno sottomesso il mondo. Era giusto risvegliare quella metà.
- Mio re, non sarebbe stato più facile prenderlo come vostro figlio adottivo senza torturarlo per due anni e privarlo di un’anima? – insistette Bridgette.
- Voi non comprendete, mia cara, ma lo farete presto – le disse accarezzandole la guancia. – La stirpe dei draghi ha dato vita a colui che chiamavano il “Re Folle”. Hayden è suo nipote, figlio di sua figlia, stretto discendente del seme della follia di cui questi sette regni, ribelli e incontrollabili, hanno necessariamente bisogno – le spiegò per poi rivolgersi ad Hoxana, la quale continuava a rimanere accanto ad Hayden. – Vi sarò debitore per il resto della mia vita, lady Hoxana. Il vostro nome e la vostra fama verranno conosciuti in tutti e sette i regni ed oltre. Ora il vostro compito è terminato – disse facendo per allontanare il suo figlio adottivo da ella, ma venendo immediatamente bloccato dalla donna, la quale rimase imperterrita al suo fianco.
- Non così in fretta, David – gli rispose con un ghigno sprezzante nel volto.
- Ma avevamo un patto – insistette lui, sul punto di perdere la pazienza.
- Sì, lo avevamo. Io avrei creato per voi ciò che desideravate, compiendo l’impresa più grande della mia vita, ma non abbiamo pattuito che lo avrei lasciato completamente sotto la vostra custodia. Lui è mio e sempre lo rimarrà.
- La vostra disturbante gelosia è totalmente fuori luogo. Lo trattate come se fosse vostro figlio, oppure la vostra possessività è data da altro … che cosa gli facevate, là dentro, oltre a torturarlo? – intervenne nuovamente Bridgette.
A ciò, Hoxana spostò l’attenzione su di lei, rivolgendole uno sguardo vagamente divertito. – Scusate, ripetetemi il vostro nome, perché credo mi sia sfuggito, milady.
- Attento a come parlate, Hoxana. Siete dinnanzi alla futura regina dei sette regni –la ammonì il re.
- Oh, ne sono consapevole, David. L’ho capito poco fa, quando non vi siete disturbato a nasconderlo – gli rispose, per poi ritornare a concentrarsi sull’altra donna, attendendo la sua risposta.
- Bridgette Greyjoy, delle Isole di Ferro.
- Bene, Bridgette, mi sento così generosa da essere disposta a darvi un consiglio: fossi in voi, aspetterei di sapere come funzionano le cose qui prima di dare fiato ai polmoni, poiché Approdo del re è totalmente diversa dalle scogliere nelle quali siete vissuta. Se accusarmi di essere una maniaca di ragazzini è il meglio che riuscite a fare, fareste meglio a sparire dalla mia vista la prossima volta che mi vedete, se non desiderate venire nuovamente calpestata.
- Grazie per l’amichevole consiglio, lady Hoxana, ma non ho bisogno di fare esperienza in questo luogo per capire dei meccanismi che precedono persino la conquista dei sette regni, così come non necessito conoscere voi o questa corte per tenervi testa, non come regina, ma come donna.
I fulmini che scoppiettavano tra le due erano ben visibili a tutti, tanto che gli altri presenti temettero che un eventuale scontro tra loro avrebbe portato alla distruzione delle terre emerse.
- Il vostro bel caratterino mi fa ben sperare che durerete almeno più di qualche mese qui. Tenetevi stretta la pelle, milady, soprattutto nella vostra posizione.
- Lo farò, potete starne certa.
- Tornando a noi e alla vostra spicciola provocazione, non ho tempo di spiegarvi che esiste qualcosa chiamato “creazione artificiale”, così come esistono delle entità chiamate “déi” che alcuni esseri umani intendono soppiantare in quanto a capacità e a creatività, e che l’istinto sessuale e il bisogno carnale non sono gli unici desideri che le donne, e talvolta anche gli uomini, sono in grado di provare. Detto questo, dinnanzi a voi avete qualcosa che, se non foste qui in questo momento per un caso fortuito, non avreste mai e poi mai avuto l’opportunità e la grazia di osservare: una creatura unica, della quale ancora non avete visto praticamente nulla se non il suo aspetto umano e qualche stralcio superficiale della sua essenza e della sua anima strappata attraverso i suoi occhi. E già solo ciò è stato in grado di farvi tremare tutti. Questo, giusto per darvi una vaga e minima idea di ciò che io e soltanto io sono stata e sarò mai in grado di creare. Qualcosa di così prezioso e prodigioso non può che essere maneggiato con totale attenzione e cura, per non rischiare di perdere gli eccezionali progressi ottenuti. Dunque, siete costretti a nominarmi come sua tutrice e a permettermi di rimanere ancora accanto, quanto e come voglio, al vostro “figlio adottivo” e nuovo principe dei sette regni. In tal modo, se dovesse succedergli qualcosa, se la sua mente dovesse perdere il controllo, o peggio, crollare, e la situazione si complicasse in qualsiasi modo possibile, ci sarei io a risistemare tutto e a riportare l’ordine in lui, vero, mio caro? – disse rivolgendosi ad Hayden alla fine.
- Ebbene, è per tale motivo che ella osa tanto e si permette di parlarvi come vostra pari – commentò Bridgette seccata.
- Lei è sempre stata mia pari – rispose il re guardando Hoxana con sguardo di sfida, ma annuendo e accettando la sua proposta.
In quel momento, Hayden posò involontariamente gli occhi sulla figura di Sam, il quale, nonostante l’aspetto più maturo, la pelle più chiara grazie all’intruglio, i capelli e i vestiti differenti e gli orecchini e bracciali che indossava, era sicuro di essere perfettamente riconoscibile per qualcuno che lo avesse conosciuto prima che divenisse una spia, specialmente se si trattava di suo cugino, cresciuto con lui. Sperò di vedere qualcosa nei suoi occhi, una scintilla, una luce che gli facesse capire che ci fosse ancora Hayden là sotto e che si fosse risvegliato anche solo un minimo vedendolo lì, ad Approdo, capendo che non fosse stato completamente solo durante tutto quel tempo. Invece, il nulla che trovò in quegli occhi freddi e desolati non mutò, rendendolo ancora più inquieto e sofferente nel momento in cui gli accennò un sorriso senza rendersene conto ed Hayden, in risposta, si voltò nuovamente verso coloro che gli erano dinnanzi, impassibile, disinteressato.
- Che cosa ne faremo di Jon Stark? – chiese David. – La soluzione più logica sarebbe ucciderlo, dato che saperlo vivo aumenterebbe le speranze nel Nord di riavere il proprio Protettore e di potersi ribellare alla mia autorità.
- Tuttavia, tenerlo in vita aiuterebbe a non agitare le acque più di quanto già lo siano, inoltre il caro Protettore del Nord potrebbe tornarci ancora utile in futuro – intervenne subito Hoxana.
A ciò, David si rivolse ad Hayden. – E tu cosa ne pensi, figlio mio? Ora che sei mio erede, potrai scegliere quali decisioni aiutarmi a prendere, prima di sederti a tua volta su quel trono e regnare come più ti aggraderà.
A quelle parole, il giovane principe lo guardò bucando il suo sguardo con il nero più profondo. – Me lo state chiedendo come re o come uomo? – domandò.
- Come uomo. Puoi chiamarmi “padre” ora – disse David con immensa soddisfazione.
- Non mi riguarda, padre – gli rispose Hayden semplicemente, lasciando di stucco tutti i presenti.
- Vuoi dire che non ti importa delle sorti di colui che, un tempo, era tuo padre? La sua morte o la sua sopravvivenza ti lascerebbero entrambe indifferente?
- Esatto – confermò con tranquillità.
- Bene, dunque vorrà dire che ascolterò il consiglio di lady Hoxana e attenderò – disse sorridendo nuovamente il re.
- Bene, ora che abbiamo terminato di accordarci, puoi seguirmi, Hayden: non vedi un letto da due anni, ti condurrò in quelle che, d’ora in poi, saranno le tue stanze, sempre se lady Hoxana non sia contraria al fatto che una madre conduca suo figlio nelle sue stanze – disse Bridgette, velenosa.
- Quanta libertà dopo una sola notte trascorsa alla corte del re! – rispose la rossa alzando le mani e rivolgendole un sorriso di scherno. – Perché no? È giusto che la futura regina dei sette regni trascorra del tempo con il principe ereditario.
A ciò, Hayden rivolse un sorriso artificioso a Bridgette e la seguì, allontanandosi dagli altri.
- Dovremmo cercare una sposa alla sua altezza ora che ha quasi raggiunto l’età della piena maturità. Non sarà facile trovargli una degna principessa. Oramai io non ho più questa necessità, dato che l’ho trovata e le ho promesso che diverrà mia regina questa notte – disse il re avvicinandosi al suo Primo Cavaliere, mentre continuava a guardare Hayden e Bridgette allontanarsi.
- Dunque avete scelto definitivamente Bridgette Greyjoy – rispose Kylan.
- Questa sera farò l’annuncio riguardo le mie nozze e la designazione del nuovo principe ereditario – confermò David.
- Per quanto riguarda il principe, non credo sia ancora giunto il tempo di trovargli una consorte, Maestà. Vi sono molte questioni di cui dovete occuparvi prima. Sarebbe meglio attendere.
- Credete?
- Ritengo che ve ne dovrete preoccupare quando avremo messo a tacere le varie ribellioni, avremo risolto almeno parzialmente il problema dei Fantasmi ed Hayden si sarà ambientato adeguatamente.
- E come pensate sarà possibile contenere la folla di varie lady da tutti i sette regni non appena avranno saputo chi è il nuovo principe ereditario? – chiese David divertito.
- Non saranno più così tante se comincerà a comportarsi come il Re Folle o peggio, credetemi – rispose sinceramente Kylan.
- Già, avete ragione. Grazie dei vostri consigli, lord Kylan, li terrò a mente – disse infine il re congedandosi.
A ciò, Hoxana si avvicinò al giovane Marbrand con un ghigno stampato in volto. – Sei avanzato di posizione, dunque. Perdonami, ma sono stata così impegnata in questi giorni, da non aver avuto il tempo di farti le condoglianze per la morte di tuo padre, e neanche per quella della tua amichetta di Dorne. So che eravate molto legati.
- Grazie, lo apprezzo molto, Hoxana – le rispose ironicamente lui, fulminandola.
- Purtroppo dobbiamo sempre ricordare che, quando si gioca al gioco del trono, o si vince o si muore. La differenza tra pedine e giocatori, anche se non subito, si vede sempre.
- Aver creato un mostro non vi offre un posto privilegiato in questo gioco, Hoxana – intervenne il vecchio Xavier in difesa del giovane cavaliere. – Fareste bene a tenerlo a mente.
- Giusto, ora hai un altro padre a difenderti– disse la donna voltandosi a guardare Xavier. – Non ho mai affermato il contrario, Gran Maestro – gli rispose sorridendogli provocatoria e lasciandoli soli.
- So che non vuoi vedermi, né che mi avvicini, ma non ho resistito quando ho udito ciò che ha detto – si giustificò Xavier. – Non temere, me ne vado immediatamente – continuò facendo per andarsene.
- Xavier – lo  richiamò Kylan, facendolo voltare nuovamente verso di lui e rivolgendogli un sorriso abbozzato e stanco, ma sincero. – Va tutto bene. Non continuerò ad allontanarti.
A ciò, il vecchio gli sorrise confortato. – Ne sono felice, figliolo.
 
 
- Bran? Bran, dove sei? – chiese la giovane Lannister camminando per il piazzale innevato e vuoto di Grande Inverno, il luogo in cui lei e il giovane Stark si erano conosciuti la prima volta, in visione. – Finalmente ti ho trovato! – esclamò rincuorata scorgendolo di spalle, a pochi metri da lei.
- Bran? – lo richiamò muovendo qualche passo per raggiungerlo, attendendo che dicesse qualcosa. – Perché mi hai richiamata qui?
Quando finalmente il ragazzo si decise a voltarsi, Myranda rimase sconvolta nel notare delle lacrime addolorate attraversare il suo volto.
Fece per avvicinarsi allarmata ma lui la bloccò. – No, non merito la tua compassione – disse categorico, ponendo la mano in avanti. – Né merito il tuo perdono.
- Perdono? Per cosa dovrei perdonarti? – chiese la fanciulla confusa. – È da un po’ che sei strano, Bran. Sto cominciando a preoccuparmi. Sai che puoi dirmi tutto, perciò, ti prego, parlami. Noi siamo amici …
- No!
- Sì, invece! – insistette lei. – Sei importante per me e non mi importa se tu continuerai a sostenere il contrario! Dimmi cosa succede …
- Non posso più accompagnarti. Non posso più addestrarti.
Trascorse qualche secondo di tombale silenzio prima che Myranda metabolizzò e rispose. – Cosa …? Che vuoi dire? Non sarai più con me …?
- Sei pronta. Il tuo addestramento è giunto al termine.
- No … non è vero. Io non sono pronta. Ho ancora molto da imparare – disse muovendo qualche altro flebile passo verso  di lui. – C’è qualcos’altro. Lo vedo nei tuoi occhi. Perché piangi? Non dovresti provare nulla, né tanto meno essere capace di piangere. Allora perché stai piangendo tu, al mio posto?
Le lacrime continuarono a scendere a fiotti sul volto del giovane ragazzo. – Avrei voluto dirtelo prima …
- Dirmi cosa …?
- Tutto ciò che sai … tutto ciò che sanno loro … è una menzogna.
- Di che cosa stai parlando?
- Ho cominciato ad avvertire la necessità di dirlo a qualcuno, di dirlo a te … da quando ho iniziato ad addestrarti e a conoscerti meglio … - sussurrò stringendo involontariamente il ciondolo che ella gli aveva donato e che era abituato a portare sempre con sé. – Hai fatto rinascere qualcosa in me, mi hai fatto osservare cosa significhi provare gioia, dolore, rabbia, paura da sole o tutte insieme … mi hai fatto comprendere che è possibile lottare per questo … ho capito che avrei potuto farlo anche io … se solo ci avessi provato e … se non avessi fatto ciò che ho fatto.
- Cosa potrai mai aver fatto? – chiese la ragazza accennando un sorriso insicuro, quasi più per dare forza a se stessa.
- La cosa peggiore che avrei mai potuto fare, Myranda. Sono stato incosciente, stupido e ingenuo … ho abusato del ruolo che mi era stato affidato, rischiando di trascinare il mondo nell’oscurità più profonda.
- Bran, ti prego, spiegati …
- Sto cercando di dirti che io ero il Re della Notte.
Qualcosa si ruppe all’interno della visione. Myranda sentì i suoi piedi cedere e un rumore come di pezzi di vetro sgretolarsi mentre Grande Inverno, improvvisamente, diveniva priva di qualsiasi connotazione, sfocata, e loro due rimanevano sospesi come nel vuoto. Sapeva che quella doveva essere la proiezione del suo stato d’animo all’interno della visione. Lo sapeva anche se non riusciva più a pensare. – No – rispose semplicemente.
- Cercando di tornare indietro fino alla creazione del primo estraneo, sono rimasto per troppo tempo dentro il suo corpo, fino a divenire lui. La causa di tutti i mali prima di diciotto anni fa.
- Ma … Walter si è sacrificato per uccidere il Re della Notte … così suppongono tutti …
- Suppongono il vero: Walter non c’è più per colpa mia. Sono stato io ad infilzare la lama ghiacciata nel suo addome e lui, pur di sconfiggermi, cogliendomi di sorpresa, è riuscito  a far sprofondare la stessa lama, originariamente di acciaio di Valyria, anche nelle mie viscere … sono stato io … è sempre stata colpa mia … ho ucciso colui che era come un fratello per me … e stavo per uccidere anche il resto dell’umanità.
- Perciò … la tua trance o morte sopraggiunta per ragioni sconosciute …
-  … non è sopraggiunta per ragioni sconosciute … l’uccisione del Re della Notte ha avuto degli effetti permanenti anche nel mio corpo reale … tuttavia, riesco comunque a raggiungere te, anche se non con il mio corpo mortale, nella tua mente … - disse sorridendo amaramente. – Merito tutto il tuo rancore e il tuo disprezzo. Dovrai dirlo  a tutti, spargere la voce per i sette regni e oltre … le persone meritano di sapere chi sia il vero colpevole. Lascia che l’odio di tutti si riversi su di me … l’odio dei miei fratelli, dei miei nipoti, della mia famiglia … rivela loro chi è il vero destinatario di tutta la loro ripugnanza per aver causato la scomparsa di Walter e la morte dei loro cari. Grazie, Myranda. Grazie per avermi permesso di redimermi – le disse lanciandole il ciondolo che gli aveva donato.
La ragazza riuscì a prenderlo al volo nonostante l’uragano di sentimenti che la avvolgevano e che la distoglievano dalle sue capacità fisiche. Lo guardò quasi automaticamente, piccolo e lucente tra le sue mani. – Sono riuscita nel mio intento a quanto pare … quello di renderti nuovamente umano – le parole le uscirono dalle sue labbra senza volerlo, debole ed estranee.
- Già, ce l’hai fatta – confermò Bran con la voce rotta, aspettandosi che ella lo attaccasse in ogni modo possibile, che gli sputasse addosso tutto il suo disprezzo o che, semplicemente, se ne andasse senza dirgli una parola.
Ma nessuna delle tre ipotesi si avverò.
- Un giorno mi hai raccontato che … - cominciò la fanciulla, riprendendo fiato e facendo fatica a parlare. - … quando Meera ti ha salutato, dopo che avevate trascorso anni insieme, nelle lande desolate oltre la Barriera, rischiando la vita, perdendo i vostri cari, e riuscendo a proteggervi l’un l’altra e a raggiungere la salvezza nonostante la vostra situazione pessima … tu non sei stato capace di dirle nulla, se non un “grazie” e che non fossi più Brandon Stark. L’hai ferita, l’hai delusa e l’hai lasciata andare. Ora che il tuo cuore ha ripreso a battere per qualcosa, ora che sei in grado di sentire il dolore … cerca di porre rimedio ai tuoi errori. Almeno in parte. Parti da qualcosa e va’ avanti. Va’ da lei, Bran. Va’ da lei, appari accanto a lei in qualche modo, so che ne sei capace. Dille quello che le avresti dovuto dire quel giorno, anche se lei potrebbe non capire. Fallo. Non so se riuscirò a rivolgerti più la parola, Bran … - disse mentre i singhiozzi si facevano strada nella sua gola, bloccandole la voce. - … ma se facessi almeno questo … per me … ma soprattutto per te … ne sarei molto felice … - disse infine, stringendo il ciondolo tra le sue mani e svanendo dalla visione.
 
 
Il giovane Marbrand continuava a fissare le porte delle stanze del principe, attendendo pazientemente che il ragazzo uscisse, essendo stato incaricato dal re di prelevarlo dalla sua camera di prima mattina e di scortarlo fino alla sala del consiglio.
Dopo circa di dieci minuti di attesa, la porta si aprì rivelando la figura di Hayden gelida e intoccabile come lo era stata il giorno prima, quando lo aveva visto uscire dalla porta blindata dopo due anni, in compagnia di Hoxana.
Mentre si apprestavano a scendere la lunga scalinata, prese ad osservarlo cercando di carpire quante più informazioni possibili. – Siete riuscito a riposare adeguatamente nelle stanze reali, mio principe? – gli chiese rispettosamente, non capendo come fosse possibile non vedere lividi, ferite, occhiaie o altri sintomi o lesioni nella sua pelle che stessero almeno ad indicare minimamente cosa avesse patito per due lunghi anni.
- Sì, decisamente – rispose atono, continuando a guardare le scalinate dinnanzi a sé.
Non appena i due raggiunsero tutti gli altri sottoposti del re più vicini a quest’ultimo, si sedettero sui posti a loro riservati: David a capotavola, aveva posto la sua futura sposa alla sua sinistra ed esigeva suo figlio alla sua destra, mentre Hoxana era ovviamente accomodata nel posto alla destra di quello destinato ad Hayden, e Kylan alla sinistra di Bridgette.
Il giovane Marbrand fu sorpreso di vedere che anche la Greyjoy avesse preso parte alla riunione, dato che, se lei non fosse stata presente come era previsto, a lui sarebbe spettato il posto subito alla sinistra del re.
Non appena i due si sedettero, David cominciò a parlare. – Vi ho convocati qui oggi per discutere della cerimonia di proclamazione del principe ereditario e delle mie nozze, mentre di questioni più complesse parleremo alla prossima assemblea. Ora non voglio rovinare questi splendidi momenti di gioia con preoccupazioni riguardo i Fantasmi, il Nord o altri ribelli – disse sorridendo smagliante, mentre diversi sguardi si alternavano fugaci nella tavolinata, in un’apparenza di quiete. – Prima, tuttavia, voglio onorare il mio figlio adottivo, futuro re dei sette regni, permettendogli di scegliere la pena di morte per le nove Guardie Reali traditrici, rimandata fin troppo. Accantonerò la mia idea per lasciare spazio alla sua nuova proposta – disse guardando fiero alla sua destra. – Dunque, figlio mio, come vorresti porre fine alla vita degli sporchi traditori usati come mezzo per insultare la corona? Esigi utilizzare il fuoco, bruciarli vivi? Oppure preferiresti altro? – chiese sempre più curioso di testare la natura del soggetto che aveva dinnanzi agli occhi.
Lo sguardo di tutti passò ad Hayden, il quale, rimase in silenzio per un po’, non mutando mai la distante e serena espressione del suo viso.
Quando le due biglie intense e  nere come la pece del giovane principe degnarono David di attenzione, rispose con spettrale naturalezza. – Preferirei accantonare la banalità del fuoco.
- Cos’hai in mente?
- L’acqua.
- Volete annegarli? – chiese Kylan.
- Oh, no, non morirebbero per quello – rispose Hayden volgendo lo sguardo sul giovane Marbrand. – Acqua bollente.
Calò un silenzio funereo nella grande sala, mentre gli sguardi di chi aveva inteso benissimo e chi, invece, credeva di aver udito male, si scontravano tra loro, come maschere cerulee.
- Volete bollire quegli uomini, mio principe …? – chiese Bridgette, sapendo già quale fosse la risposta.
- Porli in una piattaforma d’acciaio colma di acqua fredda, la quale si scalderà pian piano grazie ad una fiamma sottostante, e attendere che l’acqua bolla, trucidandoli.
- Eccellente … la mia mente non si sarebbe mai spinta così oltre – gli disse David mentre i suoi occhi brillavano di aspettativa.
 
La piattaforma e tutto ciò che occorreva per la tremenda esecuzione venne fatto preparare per la sera stessa.
Un’atmosfera lugubre e buia calò nella sala dal trono, il luogo preposto per l’attuazione della pena scelta, rispecchiando solo in parte lo stato d’animo di coloro che erano costretti ad osservare l’atroce spettacolo.
I nove malcapitati, spogliati dalle guardie e posti dentro l’enorme piattaforma colma d’acqua, immobili e sfiancati come vermi bianchi, erano ignari di ciò che li attendeva e se ne rimanevano con le teste semischeletriche appoggiate al bordo, con gli occhi socchiusi.
Le guardie presenti nella sala del trono non erano molte, solo le necessarie per fornire un’adeguata protezione ai membri della famiglia reale, e osservavano da lontano l’indescrivibile scena, travolti da uno sconforto senza fondo.
Ma coloro ai quali era destinato forse un destino più cruento dell’orrida morte stessa, erano i membri della corte più stretti al sovrano e al principe, costretti a guardare ogni singolo secondo da vicino, accanto ai reali e al trono: Sam, Kylan, Xavier e Bridgette, con l’eccezione di Hoxana, la quale, assiduamente presente affianco del principe, sembrava compiaciuta di ciò che stava per vedere.
L’acqua cominciò a scaldarsi sempre più come Hayden aveva spiegato. All’inizio, quando il liquido raggiunse una temperatura notevolmente calda ma ancora sopportabile, i nove presero a smuoversi dal loro stato di trance e quiete, emettendo alcuni deboli versi di dolore, poi divenuti sempre più potenti e acuti. Continuarono così per un po’, contorcendosi come rettili colpiti da una scossa ed emettendo suoni quasi non umani.
Poi giunse il peggio. Arrivò nel momento in cui le urla divennero strazianti, i movimenti eccessivamente innaturali, i conati di vomito che sembravano voler espellere gli organi interni, la pelle che diveniva sempre più molle, flaccida, fino a staccarsi dal corpo quando le bolle che partivano dal fondo erano tanto grandi da aver superato la stazza degli uomini stessi.
Xavier, in mezzo al Primo Cavaliere e al tesoriere, pose prima una mano sulla spalla di Kylan, il quale mostrava un’espressione che oltrepassava di molto le definizioni di “distrutta” o “addolorata”, poiché era totalmente persa mentre osservava i suoi uomini che lui aveva condannato involontariamente a quel destino; e un’altra su quella di Sam, il quale alternava lo sguardo tra lo straziante spettacolo e  l’ancora più atroce volto freddo, immobile, calmo e vuoto di Hayden e i suoi occhi fissi sulla scena che sembravano alimentare da soli il calore che rendeva l’acqua incandescente.
 
“Ti scrivo per informarti riguardo ciò che sta accadendo qui da quando sono approdata, Oberyn.
I piani procedono come previsto, sono riuscita a sedurre il re e a farlo divenire schiavo della mia presenza, dipendente da me, in una maniera che va ben oltre la contemplazione fisica.
Continuando così, potrei riuscire, in parte, a fare ciò che ci siamo proposti e di cui mi hai incaricata, conducendolo in strade tortuose a lungo andare, ma che, inizialmente, potrebbero sembrare vincenti; vie talmente ambigue, da rimanere prive di un colpevole da accusare una volta finite di percorrere.
Dico “in parte”, poiché quest’oggi, mi sono resa conto che il motivo principale che ti ha spinto ad affidarti a me per questa impresa e di tentare questa mossa, è forse irrecuperabile.
Ieri, Hoxana Aemchaar ha fatto uscire il tuo amato Hayden dalla cella che lo teneva prigioniero, svelando alla capitale e ben presto a tutti i sette regni, il frutto del suo duro lavoro.
Ricordo perfettamente le descrizioni che mi hai fatto di lui mentre il tuo sguardo si illuminava. Purtroppo, come temevamo, è troppo tardi.
Il desiderio di salvare ciò che di salvabile e suo è rimasto dentro quel ragazzo, mi invade a prescindere dalla tua richiesta e dal compito che mi hai affidato per redimermi.
Oggi ho compreso che tutto va oltre questo ora. L’anima buona, valorosa e allegra di tuo nipote è sepolta in profondità e spero che non sia stata carpita via in tutta la sua interezza, poiché ciò che è rimasto al suo posto apparentemente, è un mostro che ad appena diciassette anni è riuscito a raggiungere la follia che suo nonno aveva maturato solo tardivamente, in età adulta.
Mi dispiace doverti porti tali angustianti notizie, Oberyn; spero che tu riesca a mantenere la tua infallibile speranza nonostante ciò.
La mia non è ancora svanita e farò tutto quello che è in mio potere per condurre nell’oblio l’uomo che gli ha fatto questo e che si fa chiamare “sovrano”, e alla piaga umana con le sembianze di donna che ha osato sovvertire tutto ciò che la natura ha plasmato con tanta dedizione e prudenza.
Sono già riuscita parzialmente ad inquadrare coloro con i quali dovrò confrontarmi all’interno di questa lotta che potrebbe divenire eternamente lunga:  il Primo Cavaliere, Kylan Marbrand, rappresenta un ostacolo da non sottovalutare per arrivare al re, grazie all’immensa fiducia che quest’ultimo nutre nei suoi confronti, difatti egli è giovane ma, nonostante ciò, sembra sapere bene quali mosse utilizzare; il tesoriere, Fahraq Uzvet, proviene da Qarth, come Hoxana, e benché non sia ancora riuscita ad intrattenere una conversazione con lui, le sue origini non lasciano presagire nulla di buono, dunque mi terrò ben in guardia; lo stesso vale per il Gran Maestro Xavier, un vecchio attento e dai comportamenti ambigui, che sembra sapere la sua in ogni circostanza; mentre Hoxana, come ti ho accennato sopra, è persino peggiore di quanto immaginassi, un essere che ha fatto della spregevolezza e dell’istinto titanico il suo stile di vita. Non hanno ancora trovato un sostituto per il Maestro dei Sussurri assassinato poco tempo fa da tua nipote, della quale non vi è apparentemente più traccia.
Presto si svolgeranno le nozze, io diverrò regina dei sette regni e la paura ingloba il mio cuore per la prima volta da quando ho perso il mio prezioso miracolo; poiché io ho assassinato innocenti appena affacciati alla vita con la forza di una belva sanguinaria e la costanza di un non - morto, ma ciò che ho visto questa sera mi ha fatto sentire come la più piccola, candida e debole delle creature a questo mondo.
Ti porgo i miei saluti, sperando che questa lettera ti pervenga al più presto e in massima sicurezza.
                                                                                                                                                                                                                           Bridgette Greyjoy”
 
 

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Capitolo 30
*** Ritorno a casa ***


Ritorno a casa
 
Non appena i loro piedi si posarono sulla terra fredda di casa, fu come ritornare a respirare per le due fanciulle.
- Riesci a crederci? Siamo a casa – sussurrò Myranda, godendosi quella strana sensazione familiare.
- Già – rispose la giovane rosa guardando avanti a sé, portando lo sguardo lontano, già verso Grande Inverno.
 
- Ser Jaime! Ser Jaime! – lo richiamò uno dei suoi sottoposti.
- Eccomi! - rispose lui uscendo dalle stanze fin troppo affollate di Margaery e Olenna, e piombando per le scalinate. – Che succede, ser Doon? Di prima mattina è raro sentire un richiamo di questo tipo.
- Mio signore, due forestiere richiedono di entrare a Grande Inverno.
- Chi sono costoro?
- Due ragazze, mio signore. Hanno preferito non rivelarmi i loro nomi, richiedendo semplicemente di vedere voi e Daenerys. Forse credono che Grande Inverno sia ancora occupata dai soldati del re e vogliono accertarsi che non sia così.
Un brivido freddo attraversò la spina dorsale del Lannister. Sapeva di star solamente illudendosi, poiché non potevano essere loro e gli sembrava di essere stupido soltanto nello sperarlo dopo tutto quel tempo. – Qual è il loro aspetto? – chiese automaticamente.
- Sono incappucciate, ma una di loro sembra essere molto alta, e sono riuscito a scorgere la luce emanata dai suoi occhi persino da sotto il cappuccio, due biglie di ghiaccio screziate di lilla. Mentre l’altra è più bassa, ma il biondo acceso delle ciocche di capelli che sbucavano fuori non passavano di certo inosservate.
Un calore sconosciuto avvolse completamente Jaime, un calore che aveva provato solamente un’altra volta nel corso della sua vita, nonché quando aveva rivisto suo fratello Tyrion  dopo tanto tempo.
Piombò letteralmente infondo alle scale, richiamando al contempo anche Daenerys prima di uscire dalla struttura, alzando la voce più che potesse e raccomandandosi con ser Doon di avvertirla di raggiungerlo nel caso non lo avesse udito. Successivamente, si immerse nella neve della piazza principale  senza neanche infilarsi una pelliccia, incurante del freddo che pungeva addosso, quasi come non lo sentisse minimamente.
Corse fino a farsi mancare il fiato, raggiungendo i cancelli d’entrata e individuando le due figure incappucciate.
Non appena se lo ritrovarono dinnanzi, le due si tolsero il cappuccio mostrando i loro volti familiari e tanto amati.
Aveva sognato centinaia di volte quella scena, allontanandosi sempre più dall’idea che si sarebbe avverata. Ma ora loro erano davvero lì. Non più ragazzine, ma splendide donne.
Jaime camminò a fatica verso di loro, sentendosi le gambe pesanti, temendo che fosse un ennesimo sogno, ma le due gli vennero incontro correndo verso di lui. La prima a saltargli addosso ovviamente fu sua figlia, la sua Myranda.
La ragazza strinse suo padre tra le braccia, annegandolo tra i suoi voluminosi capelli e affondando il viso tra quelli di lui, molto più cresciuti di quanto ricordasse.
Sia padre che figlia scoppiarono in lacrime, mentre lui si inginocchiava tra la neve continuando ad  inglobarla tra le sue braccia, inspirando a fondo il profumo di quella pelle tanto familiare quanto sua.
Non avrebbero più voluto separarsi da quell’abbraccio.
- Te lo avevo detto che sarei tornata da te, papà … te lo avevo detto – disse Myranda tra un singhiozzo e l’altro. – Mi hai aspettata …
- Certo che ti ho aspettata, tesoro mio … ti avrei aspettata anche se il sole fosse divenuto nero lasciando le nostre terre buie e desolate … avrei continuato ad attenderti – le disse distaccandosi lievemente solo per guardarla in volto e sciogliersi ancora di più, notando ogni piccolo cambiamento del suo viso, prendendoglielo tra le mani e accarezzandolo dolcemente. – Ma guardati … la mia meravigliosa fatina bionda … dimmi che sei davvero tu … - aggiunse baciandole la fronte.
- Sono io, papà … non ti lascerò più, te lo prometto – disse accarezzandogli a sua volta le guance ispide di barba e guardandolo con occhi più luminosi che mai.
- Allora eri davvero tu quella che mi parlava il giorno in cui è morta tua madre …?
- Sì, ero davvero io … più tardi … più tardi ti spiegherò come ho fatto, papà – gli rispose sorridendo nuovamente e stringendolo ancora qualche secondo prima di sciogliere l’abbraccio.
Appena diviso da sua figlia, Jaime avanzò verso Eveline e strinse anche lei staccandola da terra, nonostante fosse molto difficile dato che oramai era alta quasi quanto lui.
- Come stai, piccola? – gli chiese il Lannister mentre era ancora abbracciato a lei.
- Bene, zio Jaime. Mi sei mancato da morire …
- Anche tu – rispose l’uomo godendosi ancora un po’ quel contatto, per poi allontanarsi nel momento in cui percepì dei passi sulla neve incerti dietro di lui.
Eveline e Myranda posarono lo sguardo sulla figura di Daenerys a pochi metri da loro, la quale cominciò a sentire dei tremolii in tutto il corpo non appena le vide in carne ed ossa, poco lontane da lei.
Si corsero incontro all’unisono e le due ragazze avvolsero la donna completamente con il loro abbraccio caloroso e travolgente della forza e della vitalità che alla madre dei draghi mancavano da un po’.
- Le mie ragazze!! Le mie ragazze sono tornate … sono riuscita a salvarvi … almeno voi …
- Sì, zia Dae!
- Siamo andate nel continente orientale come ci hai detto tu! I dothraki ci hanno accolte come fossimo loro figlie!
Nell’udire tali parole, la donna si distaccò da loro per guardarle in volto e accarezzarle mentre le lacrime si facevano strada prepotenti nei suoi occhi chiari. – Sapevo … sapevo che lo avrebbero fatto! Come stanno??
- Bene, siamo riuscite ad insegnare la lingua comune e le nostre usanze a tutti loro.
- Senza contare che ora sappiamo parlare perfettamente il dothraki! – disse Myranda facendo sfoggio di una delle più complesse frasi pronunciate in dothraki.
- Oh, per gli dei del cielo, sono così fiera di voi, nipoti! – disse piangendo e abbracciandole ancora mentre un verso molto familiare attirava la loro attenzione.
- Non ci posso credere …! Drogon! – esclamò Eveline distaccandosi da sua zia e osservando la splendida creatura librarsi in cielo sopra di loro e raggiungerle, come se avesse udito il richiamo del ritorno delle due fanciulle.
Myranda fece lo stesso e attese che il drago si posasse a terra e si infiltrasse tra di loro per donare il suo affetto a suo modo, permettendo alle due di accarezzarlo e chiudendo gli occhi mentre le scaglie del suo collo venivano avvolte dal tocco e dall’abbraccio familiare della giovane rosa e della giovane Lannister.
- Qui è tutto uguale a come lo avevamo lasciato … - sussurrò Myranda continuando ad accarezzare il drago.
- … e così diverso allo stesso tempo  - continuò la frase Eveline osservando la folla di facce nuove avvicinarsi e osservare la scena dall’interno della piazza.
- Dovrete raccontarci tutto quanto – cominciò Jaime riavvicinandosi, ancora non riuscendo completamente a credere di avere nuovamente sua figlia e sua nipote a casa.
- E voi dovrete raccontare a noi cosa è accaduto qui – rispose Eveline.
Myranda spostò nuovamente lo sguardo sul volto immensamente felice, quanto stanco e smorto di Daenerys. – Zia Dae … che succede?
- L’ho saputo solo ieri … è una notizia fresca fresca … ma … a quanto pare, hanno fatto uscire Hayden e lo nomineranno principe ereditario. Ha già fatto uccidere nove uomini bollendoli vivi … - disse la madre dei draghi abbassando gli occhi, mostrando uno sguardo affranto al limite del sopportabile, un volto che le due ragazze non le avevano mai visto.
Non appena udì quelle parole, Eveline si voltò di scatto verso Myranda, la quale a sua volta la stava osservando con sguardo vacuo. – Te lo avevo detto … che si sarebbe risvegliato presto - disse la bionda. – Ecco perché sto cominciando a vederlo sempre più spesso.
A tali parole, Jaime e Daenerys affilarono lo sguardo confusi. – Stai cominciando a vedere chi …?
- Ora non c’è tempo per spiegare – cambiò discorso Eveline. – Vi diremo tutto più tardi, ora devo assolutamente vedere mia madre – disse la ragazza frugando nella cintola sotto il cappuccio e mostrando l’ampolla con il liquido giallo all’interno. – L’ho trovata. Posso guarirla.
Jaime e Daenerys sgranarono gli occhi. – L’hai trovata davvero …
- Devi fare presto, tesoro: Margaery è in condizioni sempre più gravi … non sappiamo quanto tempo le sia rimasto.
- Lo so. Dal suo colorito e dalle sue ultime reazioni suppongo che le manchino pochi giorni – rispose la giovane rosa avviandosi verso le stanze del palazzo, superando la piazza.
- Come hai fatto? – chiese Jaime alzando la voce per farsi udire da lei.
A ciò, Eveline si voltò nuovamente a guardarlo. – L’ho vista – rispose per poi riprendere a correre verso la sua meta.
Jaime e Daenerys si rivolsero uno sguardo ancora più sorpreso.
- Anche questo è meglio che ve lo spieghiamo più tardi – li tranquillizzò Myranda accennando loro un sorriso e seguendo la sua amica.
- Forse le nostre ragazze sono cambiate più di quanto credessimo – disse il Lannister.
- Già – rispose la Targaryen.
 
La giovane rosa corse tra quelle scalinate che conosceva così bene e che tanto le erano mancate, superando ogni donna o uomo increduli nel vederla che trovava tra il suo cammino.
Resisti, mamma, resisti. Sono qui.
Tuttavia, non appena giunse dinnanzi alle stanze di sua madre, le trovò vuote.
- Eveline?
Udì quel richiamo proveniente da una voce che aveva già sentito in precedenza, ma non ricordava quando e come. Si voltò e lo riconobbe, rivolgendogli uno sguardo positivamente sorpreso. – Alfred? Cosa ci fai qui?
Il ragazzo, sorpreso quanto lei, si riscosse dal fissarla e le rispose. – Io e la mia famiglia siamo stati i primi a dare supporto a Jaime e a Daenerys per la loro causa, per riunire il Nord. Non pensavo che ti avrei rivista.
- Neanche io. Sono felice di vedere che stai bene – gli disse sorridendogli mentre guardava la parte restante del braccio che lei gli aveva amputato.
- Stai cercando tua madre?
- Sì, sai dirmi dov’è?
- Durante la prigionia l’hanno spostata in un’altra stanza, poi l’abbiamo lasciata lì data la gravità della sua situazione. Seguimi, ti porto da lei – la incoraggiò avviandosi verso un altro corridoio.
La ragazza lo seguì, fin quando non si trovò finalmente dinnanzi alla porta della stanza in cui era tenuta e accudita sua madre.
Entrò, oltrepassando Maestri e altri presenti sconvolti di vederla, e si catapultò accanto al letto, cercando di trattenere le lacrime il più possibile. L’aveva vista più volte attraverso il vetro di uno specchio, ma, in carne ed ossa, era tutta un’altra cosa.
- Mamma!! Mamma, sono io ! Sono tornata!! – esclamò prendendole la mano e baciandogliela ripetutamente.
La donna, udendo quella voce familiare e quel contatto tanto energico all’improvviso, si voltò debolmente verso di lei e schiuse gli occhi.
Le sorrise lievemente. – Un altro splendido sogno in cui rivedo la mia bambina. Un altro splendido sogno prima di morire … è ancora più bella delle volte precedenti …
- Mamma, sono davvero io!! Non stai sognando! Te lo giuro sugli antichi dei e su quelli nuovi, mamma! Sono tornata da te! Sono reale! – esclamò portandosi la sua mano sulla guancia, facendole tastare la consistenza morbida del suo viso e quella setosa dei suoi capelli.
I presenti erano tutti pietrificati dalla scena, compreso Alfred.
Myranda, Jaime e Daenerys entrarono in quel preciso istante.
Non appena Margaery trovò la forza di muovere la mano e saggiò la materialità di quella pelle tanto agognata, impregnata di quel profumo inconfondibile che possedeva sua figlia fin dal giorno in cui l’aveva messa al mondo e l’aveva stretta tra le sue braccia, ritrovandosi immersa da quegli fari luminosi di luce propria troppo intensa per essere solo frutto del suo delirio, mettendo a fuoco quel volto così amato, conosciuto fino al minimo dettaglio e al contempo diverso e più maturo rispetto a come se lo ricordava, spalancò i grandi occhi castani e cominciò a tremare in preda a spasmi di felicità, invasa dalle lacrime che le scesero copiose nel viso magro e ormai viola come fiumi in piena. – La mia bambina … la mia bellissima bambina … sei davvero tu … sei tu … sei tornata da me …!! – le disse sporgendosi più che potesse nonostante le forze avessero completamente abbandonato il suo corpo, compiendo uno sforzo immane per prenderle il volto tra le mani tremanti e portandoselo più vicino, mentre Eveline ricambiava quel sorriso quasi agonizzante per quanto potente, e si avvicinava ancora di più, stringendola a sé con delicatezza, trattenendosi per non farle troppo male a causa del suo stato di salute. – Sapevo che saresti tornata, amore mio!! La mia bambina è diventata una meravigliosa donna ancora più bella e forte di prima … ! – disse la Tyrell tremando in preda ai singhiozzi, invasa da un insieme di emozioni che non stava riuscendo a controllare.
- Mamma, calmati, così ti verrà un attacco d’ansia per la troppa agitazione – la spronò Eveline non riuscendo a crederci neanche lei. La strinse pacatamente ancora un po’, poi tirò fuori dalla sacca l‘ampolla. – Sono stata via molto, mamma, ma alla fine l’ho trovata. Ho trovato la cura che ti guarirà da questo tremendo flagello. Sono qui, mamma. Rimango qui con te – la rassicurò dolcemente, accarezzandole i capelli sudati e posando le labbra sulla sua fronte, baciandola più volte. – Sono qui … non me ne vado – le sussurrò con le labbra ancora a contatto con la sua fronte, mentre Margaery riacquistava la calma e stringeva con forza la sua mano di sua figlia.
Eveline aprì l’ampolla di vetro e fece delicatamente aprire la bocca a sua madre, versando il contenuto all’interno e attendendo che ingoiasse completamente.
La cura non esisteva nel mondo terreno, l’aveva creata lei nella sua mente in una dimensione che, di terreno, non aveva nulla, perciò era convinta avesse funzionato. I suoi intensi e prodigiosi studi di magia di due interi anni glielo confermavano.
- Come … come sappiamo che ha fatto effetto? – chiese Myranda dopo qualche secondo, cercando di non mangiarsi le unghie mentre osservava la scena stretta a suo padre.
A ciò, Eveline pose le mani sopra il volto di sua madre, tanto vicino alla sua pelle quasi da sfiorarla, e chiuse gli occhi, concentrandosi.
Dopo qualche altro secondo, sorrise e riaprì gli occhi. – Sta facendo effetto. Lo percepisco. Tra qualche giorno gli effetti della malattia saranno svaniti completamente, ma dovremmo cominciare a notare piccoli e graduali miglioramenti già da ora. Quando si sarà ripresa la faremo mangiare un bel po’ per riacquistare le forze – disse, mentre le sue parole venivano confermate dal colorito della pelle della Tyrell che si schiariva sempre più, ritornando quasi ad una tonalità normale, mentre ella sbatteva le palpebre lentamente e continuava ad osservare sua figlia estasiata.
- Grazie, amore mio. Non avrei potuto desiderare di meglio che una figlia come te. Dimmi, cosa ho fatto per meritarti? – disse portandosi lentamente la sua mano alla bocca e baciandogliela premurosa.
- Sono io che non ti merito, mamma. Sono stata crudele con te l’ultima volta che siamo riuscite a parlarci. Se ti avessi persa, non avrei potuto mai perdonarmelo. Sarei scesa nell’oltretomba con te e ti avrei ripresa.
- Tesoro mio, sono io che devo scusarmi con te. Tu sei perfetta, non hai nulla da rimproverarti. Fare la madre è il compito più difficile e meraviglioso che esista, per questo spesso si commettono degli errori durante il cammino. Non sono riuscita a capirti quando avrei dovuto farlo. Ma l’importante è che ora tu sia qui.
Quelle parole bastarono per far salire il magone a Myranda, la quale ripensò alla sua sfortunata madre.
- Mi dispiace essere stata lontana per così tanto … averti lasciata sola …
- Sono fiera e felice che tu sia stata lontana da qui! Se fossi riuscita a rimanere accanto a me in qualche modo, averti saputa nel continente occidentale con quel mostro che ti cerca, mi avrebbe fatta rimanere terribilmente in ansia! Dunque, è stato meglio così. Ora il Nord è protetto, perciò tu e Myranda siete al sicuro – detto ciò la abbracciò ancora e prese ad osservarla con più attenzione. – Ti si sono un poi scuriti i capelli? Sono anche più vaporosi, forse è perché li stai portando sciolti, e io non sono abituata a vederti con i capelli sciolti – le disse continuando a guardarla con gli occhi che le brillavano.
- Sì, i riflessi più caldi si sono scuriti con il tempo – rispose la giovane rosa prendendo una sua ciocca tra le mani e osservando i riflessi mogano.
In quel momento, Daenerys si avvicinò a sua nipote e la abbracciò da dietro, stringendola forte , accorgendosi che, oramai, invece di arrivarle alle spalle, le arrivava alle scapole. – Ma quanto sei alta? – le chiese sbuffando fintamente offesa, mentre si girava anche verso Myranda, constatando che oramai anche la bionda avesse raggiunto un’altezza considerevole.
In quel momento, la giovane rosa si guardò distrattamente intorno, accennando un sorriso non appena realizzò qualcosa. – Questa stanza … era quella degli ospiti, che non usava mai nessuno …
- “La stanza maledetta, nemica dei bambini,
la stanza dei fantasmi arrabbiati e dispettosi,
la stanza che terrorizza i cuccioli,
ma aspetta ancora un po’,
aspetta ancora un po’,
poichè il branco tornerà con un dono:
 il cuore di un gigante che la divorerà.” – canticchiò Myranda nostalgica. – Noi cinque, da bambini, non entravamo mai in questa stanza. La evitavamo come un’epidemia. Abbiamo persino inventato questa canzone a lei dedicata!
- La stessa canzoncina che mi sono cantata mentalmente quando mi hanno spostata qui e l’ho riconosciuta, nonostante fossi malata. È stato anche grazie a questo motivetto che avevo in mente, che sono riuscita a farmi forza durante i momenti di delirio peggiore. Eravate così teneri quando la cantavate come fosse un rito, in cerchio, così concentrati! – esclamò Margaery sorridendo a sua volta.
- Avevamo ragione nel pensarlo: la prima vittima sono stata io, quando ci sono entrata la prima volta, ricordate? Feci indigestione non appena misi piede qui dentro, vomitando tutti i dolcetti che avevo rubato dalle cucine – disse Eveline.
- Tu facevi sempre indigestione dopo le abbuffate – la rimbeccò Jaime sorridendo.
- Allora come spieghi tutti gli altri, papà? Dopo Eve, ci siamo andati io e Ruben per nasconderci da Davos che ci stava cercando per sgridarci a causa di una peripezia, e mentre correvamo con la fretta di entrare, siamo piombati in stanza, rotolando su noi stessi e andando a sbattere contro di noi: io mi sono rotta la caviglia e Ruben si è spaccato il labbro – sostenne la tesi Myranda.
- Poi è stato il turno di Sam: dimenticandosi di quello che era successo a noi tre, ci è entrato una volta convinto che Spettro fosse lì dentro, e ha cominciato ad urlare impaurito, scappando via e affermando di aver visto un mostro spaventoso che si dirigeva verso di lui nel buio. Poi è stato il turno di Hayden: siccome si ostinava a non credere alle nostre convinzioni che la stanza fosse maledetta, vi è entrato lui stesso per testarlo: un pezzo di legno del letto a castello si è staccato dalla base e lo ha colpito dritto sul petto, lasciandolo intrappolato per quasi un’ora – aggiunse Eveline.
- Lo ricordo ancora come fosse ieri: Hayden è venuto da me con tutta la camicetta coperta di sangue e io mi sono sentita svenire! Gli è rimasta la cicatrice alla base del collo. Dopo quel giorno, si è convinto anche lui! – esclamò Daenerys sorridendo al ricordo lontano.
- Vi eravate fissati talmente tanto voi cinque, che, per convincervi che questa stanza non fosse maledetta, Loras si è offerto di dormirci per una notte, e non gli è accaduto nulla. Poi, per darvi ulteriore conferma, vi ha dormito Varys la notte seguente, e Arya quella ancora dopo. Ma non è servito a niente: dopo aver constatato che agli adulti non era accaduto nulla di male, vi siete convinti che la stanza odiasse solo i bambini! Così avete inventato questa canzoncina, cantandola continuamente come un rito e in cerchio – sorrise Jaime scuotendo la testa.
- Eravamo davvero convinti di riuscire a trovare il cuore di un gigante – concluse Eveline.
Dopo qualche secondo in cui risero quasi spensierati, Daenerys cambiò argomento. – Non riesco a credere che siate davvero qui …
- Non riusciamo a crederci neanche noi, zia.
- Come hai fatto a trovare la cura? I tuoi studi di medicina sono arrivati a tal punto? – chiese la donna ad Eveline, meravigliata.
La giovane rosa, non sapendo come iniziare il discorso, venne soccorsa da Myranda, la quale rispose al suo posto. – Dovremmo raccontarvi molte cose che ci sono accadute nel continente orientale, zia. Tra queste, vi è anche che Eveline non ha propriamente studiato le arti mediche in questi due anni: è divenuta una strega. La chiamano “Aradia” – disse soddisfatta, guardando la sua amica.
Tutti i presenti rimasero di stucco, Margaery compresa. – Tesoro mio, dice sul serio? E hai … hai sofferto? Come è accaduto? – chiese la Tyrell con un po’ di timore.
Eveline le sorrise per rassicurarla, mentre, tuttavia, le ritornavano in mente i tremendi dolori provati fin dentro le sue viscere per abituarsi a quell’immenso potere estraneo, la sofferenza nel compiere e fronteggiare  incantesimi pericolosi e mortali,  il tormento per aver rischiato di aprire una voragine nel terreno capace di inghiottire centinai di persone, la tortura tremenda degli insetti che nascevano dentro di lei e la divoravano internamente. – L’antidoto non l’ho creato con i miei poteri, in realtà. Non c’è antidoto alla tua malattia nella realtà. L’ho recuperato dalla Casa degli Eterni – disse semplicemente, mentre Daenerys venne profondamente riscossa da quell’informazione.
- Sei stata nella Casa degli Eterni …? Sei riuscita ad uscirne viva …
- Ho superato la prova.
- Anche io vi sono stata. Se non fosse stato grazie ai miei tre draghi, non sarei mai uscita da quel luogo infernale – disse la madre dei draghi cercando di ricacciare indietro quegli orribili ricordi.
- In tutto questo tempo non ho fatto altro che cercare la cura per la malattia della mamma, divenendo qualcosa che non mi sarei mai aspettata di dover diventare per raggiungere il mio obiettivo. All’inizio si trattava solo di questo, ma, poi, ho capito che è stata la strada migliore che avrei mai potuto prendere, a prescindere dalla cura. Non mi pento di nulla, nonostante tutte le conseguenze alle quali ciò potrebbe portare – disse con una decisione e una sicurezza che colpì ognuno di loro.
- Lo stesso posso affermare io – aggiunse Myranda guardandola fiera e venendo ricambiata. – La vostra mancanza non ci ha mai abbandonate, neanche un giorno. Ma ciò che abbiamo vissuto è stato osservato dal sole e dalle stelle e mai e poi mai dovrà essere cancellato.
 
 
- Siete sicuro di voler far venire anche il principe all’incontro con la prigioniera, Sire? – chiese Kylan affiancandolo mentre camminavano.
- Certo, lord Kylan. Lui è mio figlio, mi succederà e voglio trascorrere quanto più tempo possibile in sua compagnia, osservando con i miei occhi ciò che Hoxana è riuscita a fare, mettendolo alla prova – disse David soddisfatto, scortato dal suo Primo Cavaliere e da due guardie reali. - Avete scelto dei valorosi guerrieri per scortarlo e proteggerlo con la loro stessa vita, vero?
- Come guardia personale del principe, ho scelto il Lord Comandante della Guardia Reale, ser William, ser Kane, ser Lian e ser Edwun. I più valorosi della Guardia Reale, superstiti della prima battaglia contro i Fantasmi insieme a me.
- Bene, mi fido di voi, lord Kylan – rispose il re continuando a camminare sorridente e con sicurezza.
Il giovane Marbrand sapeva che il re si fidava ciecamente di lui, tanto da permettergli di scegliere autonomamente la guardia personale del principe Hayden, credendolo sulla parola. Difatti, David non si era mai disturbato tanto per conoscere personalmente tutti o la maggior parte delle guardie e dei cavalieri più valorosi al suo servizio. Ne conosceva i nomi, l’aspetto, ma non si era mai scomodato tanto a testarli maggiormente, eccetto che per alcune eccezioni che erano a contatto con lui ogni giorno a corte, come lo stesso Kylan e suo padre, lo scorso Primo Cavaliere.
- Non mi sembra vero che siamo riusciti finalmente a catturare uno dei Fantasmi. Sembra quasi un benedizione divina …
- … o una trappola – completò la frase Kylan, spegnendo lievemente l’entusiasmo del sovrano. – Se posso permettermi, Maestà, è fin troppo strano per i nostri uomini esser stati capaci di catturare uno di quegli esseri quasi sovrumani quali sono i Fantasmi. Non dobbiamo abbassare la guardia.
- Sì, ne sono consapevole, lord Kylan. Tuttavia, quell’uomo ora è in catene, braccato e tenuto sotto controllo dalla mia efficientissima scorta personale. Dunque, non abbiamo nulla da temere.
- “Quella donna” – lo corresse il giovane cavaliere.
- Cosa?
- Il Fantasma catturato è una donna, Maestà. Gli uomini sono riusciti a capirlo già quando aveva il corpo bendato e ne hanno avuto conferma quando le hanno tolto le bende.
- Bene. Vorrà dire che sarà ancora più appagante vederla piegata al mio cospetto. Parlando di donne, sapete, avrei voluto che anche la mia splendida futura moglie fosse presente al mio fianco, dato che, nonostante la nostra unione non sia ancora consolidata, la considero già come la mia regina. Ma ella era troppo impegnata a organizzare le nostre gloriose nozze che si terranno a breve – disse David sorridendo nuovamente, giungendo finalmente alla sala del trono.
Prese posto nel suo trono e Kylan rimase in piedi al suo fianco, come al solito.
I quattro rimasero in attesa del principe, il quale fece il suo ingresso scortato dagli uomini che il giovane Marbrand aveva nominato poco prima.
- Ben arrivato, figlio mio – lo salutò il re facendogli segno di accomodarsi alla sua destra e venendo accontentato dal giovane.
Poco dopo, venne trasportata la prigioniera, incatenata e trattenuta a dovere, nella sala, al loro cospetto, ma a debita distanza. Per la ragazza era persino difficile distinguere i tratti del viso del sovrano e del principe da quella distanza.
Fu gettata a terra con violenza e costretta a rimanere inginocchiata. Sembrava una normale ragazza popolana, la quale aveva sofferto i giorni di prigionia nelle segrete come qualsiasi altro essere umano, non mostrando alcuna caratteristica che la rendesse associabile a quei tremendi giustizieri e fuorilegge tanto famosi e che avevano provocato tanti danni al regno e all’esercito di David.
- Qual è il vostro nome? – le chiese il re guardandola con un ghigno sprezzante sul volto.
- Amnesia – rispose ella con sicurezza.
A tale risposta, David e alcune guardie risero. – Che razza di nome è? Ditemi un vero nome, se non volete finire torturata e uccisa prima del previsto. Cos’è, GreyShade e i suoi cagnolini hanno dimenticato come si chiamano realmente? – il suo tono era sempre più sdegnoso.
La ragazza continuava a rimanere fissa su di lui, come se le sue parole non la toccassero per nulla. Poi spostò lo sguardo sul principe. – Non sono qui per voi, “mio re” – rispose lei.
Fu una questione di attimi. Nessuno riuscì quasi a vederla per quanto fu veloce. Sfilò tre daghe che teneva nascoste tra le vesti, sicuramente rubate poco prima mentre veniva prelevata dalla cella, compì un movimento fulmineo facendo volteggiare le gambe a trottola, colpendo i due uomini che la tenevano ferma e lasciandoli privi di sensi. Nello stesso attimo, lanciò le tre daghe contemporaneamente in traiettoria verso Hayden, con una precisione e una potenza inumane: le tre lame oltrepassarono le gole dei quattro cavalieri della guardia personale del principe, uccidendoli, andando poi a puntare dritte e irrefrenabili ad Hayden. Ma quest’ultimo, a sorpresa di tutti, fu più veloce di lei: il ragazzo, senza scomporsi minimamente, afferrò una daga con una mano, e l’altra con la rimanente, mentre erano ancora in volo, poco prima che perforassero il suo petto. La terza, diretta invece verso il suo viso, fu schivata con un movimento più che scattante, avendo terminato le mani per afferrarla. La lama della terza daga riuscì solo a procurare un taglietto sanguinante sullo zigomo del giovane principe, per poi andare a schiantarsi sul muro dietro di lui. Ma Hayden non attese altro mezzo secondo, lanciando una delle daghe che aveva afferrato con la stessa forza e mira impeccabile, se non di più, facendola affondare nel ventre della ragazza.
Gli uomini della scorta di David, compreso Kylan, gli unici rimanenti, avevano avuto solamente il tempo di avvicinarsi ancora di più a protezione del re e di allontanarlo dal trono, non essendo riusciti a metabolizzare la morte della scorta del principe in meno di un secondo.
Sembrava il tempo stesse per scorrere in maniera diversa, infinitamente più veloce, non permettendo al pensiero di farsi strada adeguatamente.
Ma proteggere il re era la priorità per coloro che appartenevano alla guardia personale del sovrano, nonostante l’attacco non fosse stato sferrato a quest’ultimo, ma al principe. La situazione era chiara dinnanzi agli occhi del giovane Marbrand: l’obiettivo della ragazza era solo Hayden.
- Portate il re via di qui!! – ordinò Kylan alle due guardie rimaste, già aggrappate a David, altrettanto sconvolto.
- Proteggete il principe! Proteggete il principe! – urlò il Crakehall venendo allontanato dal pericolo.
- Ci penso io! – gli rispose Kylan rimasto solo con i due, avvicinandosi ad Hayden.
- No – gli ordinò il principe in un tono che non ammetteva repliche, non guardandolo neanche. – Faccio io – aggiunse camminando verso la ragazza ferita, la quale stava facendo un’immensa fatica nel rimanere in piedi e nel non cadere in ginocchio nella pozza del suo stesso sangue. Ella lo guardò percorrere i molti metri della sala che li separavano e raggiungerla, fin quando non vi furono pochi centimetri a separarli. Lui la guardò fissa negli occhi, indifferente. – Voleva vedere se siete così invincibili da riuscire ad uccidere persino me? – le chiese, con la seconda daga ancora nella mano.
Ella negò con la testa, sentendo di non riuscire a far uscire la voce dalla sua gola. – Non … non volevo … ucciderti … - riuscì a dire.
Un attimo dopo, Hayden piantò la seconda daga dritta sul suo petto continuando a guardarla negli occhi mentre vedeva la vita abbandonarli e mentre il suo corpo cadeva a terra inanimato.
Kylan, dopo aver assistito alla scena, vide Hayden allontanarsi e uscire dalla sala del trono, mantenendo la calma che non lo aveva mai abbandonato per tutto il tempo.
 
- GreyShade, è arrivata una lettera da Sam – lo richiamò uno dei suoi compagni, raggiungendolo e porgendogliela. – Il principe ha ucciso Amnesia – disse sconvolto l’altro Fantasma, anticipandogli il contenuto della lettera prima che GreyShade terminasse di leggerla. – Non riesco ancora a crederci … i tuoi timori erano fondati … ora abbiamo perso Amnesia … - continuò.
- “… ha afferrato le due daghe in volo e le ha rivolto lo stesso colpo, lanciandogliene una ad una distanza molto ampia, riuscendo comunque a colpirla all’addome, poi gliene ha conficcata un’altra nel petto …” – lesse ad alta voce GreyShade. – Come temevo. – Dopo di che, si rivolse a colui che gli aveva consegnato la lettera. – Amnesia si è offerta di sua spontanea volontà.
- Credi che lui ci rimarrà fedele dopo ciò? – gli chiese un’altra sua compagna. – Insomma, se non erro, Hayden Stark è il cugino di Sam, ha accettato di divenire una nostra spia per lui.
- Nella lettera era palesemente infastidito quando mi chiedeva quale fosse il mio scopo. Mi basterà spiegargli che le mie intenzioni non erano quelle di uccidere suo cugino, ma di scoprire se la mia teoria fosse veritiera.
- E ciò basterà?
- Sì. Rimarrebbe mio alleato in ogni caso.
- Come fai ad esserne così sicuro?
A quella domanda, GreyShade si voltò verso di lei. – Perché ho quasi ucciso il suo amico più fidato e mi è rimasto fedele ugualmente. Per qualche motivo si fida ciecamente di me.
 
- Rimarrai dalla sua parte dopo ciò che ha fatto? – gli chiese il giovane Marbrand camminandogli di fianco.
- Deve ancora rispondere alla mia lettera. Non arriverebbe mai a far catturare una dei suoi per uccidere Hayden … - rispose Sam.
- Se Hayden non fosse stato ciò che è diventato, lo avrebbe ucciso in meno di un quarto di secondo – controbatté Kylan.
- Avrà sicuramente altri piani. Ne sono certo.
- Come fai ad esserne così certo? Perché pensi di sapere chi sia, non è vero? Per tale motivo gli rimarrai fedele qualsiasi cosa faccia, illudendoti di star combattendo per una persona che credi di conoscere.
- Senza di lui non saremmo mai arrivati fino a questo punto. Non avremmo raggiunto neanche la metà dei risultati che abbiamo ottenuto.
- Non tentare di convincermi che sia solo per questo. Io, forse potrei anche passare sopra a tutto ciò che ha fatto, mettendo da parte ogni conflitto emozionale per la causa, perché so che senza i Fantasmi non andremmo molto lontano, ma tu no. Tu lo fai perché pensi di star combattendo per qualcuno in particolare di cui ti fidi – gli disse oltrepassandolo e anticipandolo nell’entrare nella sala del consiglio.
L’assemblea convocata ebbe inizio, e ai presenti sembrava quasi di essere tornati ai vecchi tempi, quando ancora Hayden era solamente un prigioniero e Bridgette non era ancora giunta ad Approdo. Difatti, quest’ultima non era presente a causa dell’organizzazione delle nozze, mentre Hayden era nelle sue stanze, poiché, dopo l’attacco alla sua vita del giorno prima, lo spirito di iperprotettività di David si era acceso nei confronti del suo figlio acquisito, facendogli temere persino che fosse in pericolo se fosse stato presente ad una semplice assemblea del consiglio.
- Il motivo principale per il quale, da settimane, avevo intenzione di convocare questa assemblea con voi tutti miei fidati consiglieri, poi posticipata a causa dei numerosi eventi recenti, è la questione del Nord. Come ho accennato al mio Primo Cavaliere, il mio intento è quello di mandare la persona a me più fidata a Grande Inverno, per controllare se le lettere che ci pervengono a nome dei miei uomini dicano il vero, verificando che la situazione sia realmente sotto controllo – cominciò David, guardandoli in volto uno per uno. – Non è una novità che voi tre, insieme ad Hoxana, siate coloro dei quali mi fido maggiormente.
Xavier, Kylan e Sam non poterono fare a meno di pensare a quanto fosse paradossale udire quelle parole completamente ignare del fatto che loro tre fossero i principali cospiratori contro la corona dopo i Fantasmi.
- Dunque, la mia scelta seguirà una logica di consequenzialità: dato che lord Kylan, colui di cui mi fido di più, non può lasciare il mio fianco essendo il mio Primo Cavaliere, l’incarico perverrà al secondo detentore della mia completa fiducia – continuò il re spostando lo sguardo su Sam, il quale lo guardò sorpreso.
– Vostra Eccellenza, sono davvero lusingato da un compito simile. Non ho mai visitato le lande del Nord avendo trascorso quasi la mia intera vita a Qarth. Ero convinto che la vostra seconda scelta sarebbe stato il Gran Maestro Xavier, ma sono completamente entusiasta di aver appurato che non sia così – disse sorridendo a settantadue denti.
Non si aspettava realmente una simile scelta, e per tale motivo il giovane Tarly non aveva neanche riflettuto su un’ipotesi di quel tipo.
Non voleva andare via da Approdo. Non voleva lasciare Hayden, Christine e Kylan soli ad Approdo. Tuttavia, il desiderio di riabbracciare la sua famiglia lo smosse dall’interno, facendogli provare un calore mai sperimentato. Sapeva solamente che i Fantasmi avessero liberato Grande Inverno, motivo per il quale era rimasto relativamente tranquillo riguardo i suoi familiari rimasti, ma, oltre ciò, non aveva avuto più alcuna loro notizia. Avrebbe tanto desiderato scrivere loro durante tutto quel tempo trascorso ad Approdo, per rassicurarli sulla sua situazione di disperso e chiedere notizie su come se la stessero cavando, ma era già troppo rischioso mettersi in contatto con GreyShade quando era strettamente necessario, perciò non avrebbe mai osato scrivere loro. Inoltre, dalle lettere che pervenivano periodicamente da Grande Inverno, firmate col sigillo delle casate alleate dei Crakehall , aveva capito che, ovviamente, i suoi cari avevano agito d’astuzia, sperando che il re avesse cose più importanti a cui pensare piuttosto che disturbarsi ad accertarsi con maggior sicurezza che il Nord fosse ancora completamente sotto il suo dominio. Infatti, ben più di un anno era stato così, fino a quel momento.
Ringraziò mentalmente tutti gli dèi che le persone di cui il re si fidava di più fossero, in realtà, cospiratrici della corona, lui stesso compreso.  In tal modo, se la scelta fosse ricaduta su un altro tra loro tre, avrebbero comunque potuto trovare un modo per avvertire i suoi cari della visita a sorpresa e trovare una soluzione per gli uomini che, ovviamente, avrebbero accompagnato e scortato il prescelto verso Grande Inverno, i quali avrebbero visto come stessero realmente le cose.
Sì, avrebbero sicuramente trovato una soluzione.
Alla fine dell’assemblea, i quattro uscirono dalla sala.
- Lord Kylan, voglio che Fahraq parta il prima possibile verso il Nord, perciò andate con lui a scegliere gli uomini che lo scorteranno fino a Grande Inverno. Che siano numerosi e intrepidi: non voglio che corra alcun pericolo durante il viaggio – gli ordinò David.
- Ai vostri ordini, Maestà – rispose il giovane Marbrand rivolgendogli il solito lieve inchino di rito e allontanandosi affianco a Sam.
- Vieni, tagliamo per le segrete – disse Kylan avviandosi verso le scalinate che conducevano verso il luogo più nascosto della Fortezza Rossa.
Tuttavia, non appena i due riconobbero le voci di Hayden e di Hoxana provenire dalle segrete, si abbassarono e rimasero nascosti nelle buie scalinate per non farsi scoprire. Al contrario di queste ultime, tutto l’immenso spazio sotterraneo era ben illuminato dalle torce, perciò i due riuscirono a guardare bene sia la donna che il ragazzo.
- Avevi detto che non lo avresti fatto – disse Hayden fulminandola con il gelo dei suoi occhi, decisamente opposto a quello che trasmettevano le iridi di Hoxana.
Questa gli si avvicinò con sguardo finto innocente. – Non ti ho mai detto una cosa del genere, mio caro. Credi che dopo aver realizzato qualcosa di tanto immenso, io debba lasciare le mie due meravigliose creazioni separate? Voi due siete destinati a rimanere insieme. Lui vive solo grazie al tuo respiro e al tuo sangue, Hayden. È un tuo totale prodotto.
- È un tuo prodotto, non mio.
- Tesoro, sapevi che il momento sarebbe arrivato. Non posso tenerlo nascosto per sempre. Dovrai superare il tuo astio.
A ciò, Hayden la fronteggiò avvicinandosele ancor di più, fin quando rimasero solo una manciata di centimetri a separare i loro visi. – L’astio non è esattamente il sentimento giusto che sta nutrendo il mio cuore – le disse con un tono che avrebbe fatto rabbrividire persino un non – morto.
Nel momento in cui Hayden si avvicinò maggiormente alla torcia, a Sam non sfuggì un particolare ben visibile.
- Kylan … - sussurrò con voce quasi impercettibile per quanto bassa. – Ieri ho incrociato Hayden appena accaduto il fatto con Amnesia. Ricordo con perfetta evidenza il taglio rosso e sanguinante che si stagliava sulla pelle chiara del suo zigomo.
- Ad un giorno di distanza, il taglio dovrebbe essere ancora lì, pulito e disinfettato, ma ancora lì, di certo non completamente guarito. Invece sembra sia sparito, come se non fosse stato nemmeno sfiorato – confermò Kylan osservandolo a sua volta. – Mi sembrava troppo strano che dopo due anni di trattamenti inumani e di torture non avesse neanche una minima lesione in corpo. – I due si guardarono tra loro, mentre lo sguardo di Sam era un misto tra l’impietrito e l’addolorato. – Non voglio lasciarlo qui da solo, Kylan.
 
 
Le due fanciulle rimpatriate avevano avuto tutto il giorno per riposarsi dal lungo viaggio, per iniziare a recuperare il tempo perduto con i loro cari, per conoscere la maggior parte dei nuovi arrivati, per salutare coloro che già conoscevano ma che non vedevano da tempo, come Kirsten e Meera,  e per narrare e farsi narrare tutto ciò che fosse accaduto in quei due anni di lontananza, dalla loro parte tralasciando solamente i dettagli che non era necessario loro sapessero.
Inizialmente, Jaime, Daenerys e Margaery erano rimasti sconvolti dai racconti su come la giovane rosa fosse divenuta una strega di tale fama e potenza, della storia delle Figlie dell’Abominio e da una personalità come quella di Aris; così come lo erano stati altrettanto nello scoprire il destino di Corvo a Tre Occhi riservato a Myranda, le sue tremende quanto meravigliose visioni durante l’addestramento, su Tyrion, su Walter e su molti altri, oltre all’incontro e al rapporto con Bran. Tuttavia, la giovane Lannister non aveva ancora rivelato ciò che il giovane Stark le aveva confessato. Non sapeva neanche lei il perché, ma stava attendendo.
Eveline era riuscita a ritagliarsi anche del tempo per visitare il suo vecchio rifugio in cui studiava le arti mediche e preparava i suoi strani quanto miracolosi intrugli, l’amato spazio che lo zio Jon aveva riservato per lei. Era tutto sottosopra, le ampolle distrutte con i liquidi versati a terra e mischiati, le pagine delle pergamene sparse ovunque, così come le erbe e le pietre antiche. Avevo sfiorato solo qualche pagina di quegli antichi libri sui quali trascorreva ore e ore un tempo, sentendo salirgli in gola un’intensa nostalgia e tristezza.
Ora aveva abbandonato quelle pratiche per dedicarsi ad altro, di ben più oscuro.
Verso sera era andata nel Parco degli Dèi, dinnanzi all’Albero Diga, inginocchiandosi e pregando sulle tombe nella neve con sopra incisi i nomi di tutti i suoi familiari caduti, di cui non aveva ancora avuto modo di onorare la memoria. Creò con la magia degli splendidi mazzi per ognuno di loro: uno per lo zio Loras, uno per la zia Brienne, uno per lo zio Sam, un altro per la zia Gilly e l’ultimo per lo zio Gendry.
Poi spostò lo sguardo sulle targhe degli ufficialmente dispersi: Sam, Ruben e Arya. Si soffermò a guardare in particolare questi ultimi due, sentendo una sensazione strana risalirgli alla bocca dello stomaco.
- A volte credo che non sia umanamente possibile il modo in cui mi mancano – l’aveva riscossa Myranda, la quale si era inginocchiata accanto a lei. – I fiori che hai creato sono bellissimi. Abbie dov’è?
- Sta riposando nelle stalle, era sfinita, poverina.
- Cosa stai pensando?
- Nulla di particolare. La scomparsa di Ruben mi turba ancora molto, soprattutto dopo la visione su di lui che hai avuto. Chissà dove sarà ora, senza memoria.
- Magari l’ha riacquistata … magari sta ritornando da noi … magari lo sta facendo anche Sam – disse la bionda accennando un sorriso sognante.
Non appena Eveline si girò finalmente a guardarla notò che aveva gli occhi rossi e gonfi, segnale inconfondibile. – Perché non mi hai raggiunta subito? – le chiese cercando di mostrare tatto come al solito.
- Ho avuto un’altra visione prima.
- Sempre Hayden?
Myranda rimase in silenzio, facendo capire alla giovane rosa che avesse ragione. – Cosa vedi di lui, Dada? Quando me lo dirai? Cosa gli hanno fatto?
- Credimi, non vorresti saperlo. Questa volta l’ho visto solamente dopo la tortura, sfinito e ferito, ma non ho visto il mentre, perciò è stato leggermente più sopportabile. Tuttavia, stavolta non c’era Bran ad affiancarmi e a farmi da sostegno …
- Perché?
- Abbiamo “litigato”, se così si può dire. Ad ogni modo, non dire alla zia Dae delle mie visioni su Hayden. Il suo dolore la sta già uccidendo; una notizia del genere la distruggerebbe totalmente.
- Non preoccuparti, non le diremo nulla.
- Ecco dove eravate – le raggiunse la voce sempre più vicina di Margaery affiancata da Jaime e da Daenerys.
– Il dolore per le loro perdite è sempre forte nonostante il tempo che scorre – esordì la madre dei draghi inginocchiandosi con loro. – Anche per i dispersi.
- Sam è un mistero, essendo sparito dalla Cittadella, è impossibile fare previsioni su dove possa essere o su cosa gli sia accaduto … ma Ruben? Se era morente ed è sparito a pochi chilometri da qui non può essere andato lontano. Nessuno ha mai intravisto un ragazzo con i capelli scuri e le sue caratteristiche, privo di memoria, nelle terre adiacenti a Grande Inverno? – azzardò Eveline.
- Sembra di no … ma noi continuiamo a sperare che stia bene.
- Sembra così strano però … - commentò Myranda. – Di zia Arya, invece? Ancora nessuna notizia?
- No, ed è assurdo non riuscire a trovarla – rispose Jaime.
Eveline ci rifletté un po’ su, distrattamente. – Sapete, ho incontrato i Superni di Qarth dopo essere uscita dalla Casa degli Eterni – disse poco dopo.
- Davvero? Le storie che si dicono su di loro sono vere? – le chiese sua madre.
- In realtà me li immaginavo totalmente diversi – rispose ricordando le strane parole che le aveva rivolto Askarx.
- Da quando abbiamo deciso di seppellire i nostri cari affianco all’Albero Diga? Non ricordo … - disse Myranda.
- Da quando sono morti Spettro e la Vecchia Nan nello stesso giorno – rispose Daenerys. – Eravate piccoli e talmente tristi e sconvolti essendo le prime morti che affrontavate, da aver preteso che entrambi fossero seppelliti davanti all’Albero Diga, in modo da averli più vicini e da poterli salutare con più frequenza.
- Già … - commentò Eveline sorridendo al ricordo.
- Abbiamo inviato una lettera alle Isole di Ferro. Appena Oberyn, Davos e Varys scopriranno che siete tornate, prenderanno la prima nave che salperà verso Grande Inverno, ne sono sicuro – disse Jaime, mentre Eveline lo ascoltava distrattamente e notava solo in quel momento un particolare che prima non aveva attirato la sua attenzione.
- Cos’è quella fossa vuota? Sembra scavata da poco … - disse la giovane rosa osservandola.
A quella domanda, i tre adulti si impietrirono, non ricordando di aver incaricato gli uomini di scavarla prima di scoprire del ritorno delle due ragazze, il quale li aveva fatti dimenticare di tutto il resto.
- Tesoro … - cominciò Margaery posandole dolcemente una mano sulla spalla. – Avremmo voluto dirtelo domani, per non rovinare questa splendida giornata illuminata dal vostro ritorno.
- Dirmi cosa, mamma?
- Olenna non è momentaneamente in una città vicina come ti abbiamo detto … lei è …
- Morta. Stanotte – terminò secco Jaime, per non prolungare ulteriormente il dolore di quella agonizzante confessione.
Eveline sbiancò completamente.
- La nonna stava molto male, tesoro … era davvero vecchia – continuò Margaery con gli occhi lucidi, accarezzandole la guancia.
- Poco prima che tornassi … non ho … non ho avuto neanche il tempo di dirle addio … - sussurrò la giovane rosa alzandosi in piedi e compiendo involontariamente qualche passo indietro. – Io devo … non posso … non posso lasciarla andare via così … devo parlarle un’ultima volta – aggiunse riscuotendosi lievemente e ritornando con lo sguardo sui suoi cari. – Dov’è ora?
- Nelle segrete, in attesa di essere seppellita. Perché? – rispose Daenerys.
Eveline non attese un minuto di più, allontanandosi di corsa e piombando nelle segrete, trattenendo il respiro per quasi tutto il tempo. Le sembrava come se tutto le girasse attorno.
Quando giunse in quel luogo buio e lugubre, vagò in cerca di sua nonna, oltrepassando tutti i sepolcri di pietra, fin quando non la vide: il suo corpo inerme e grigio giaceva su una piccola piattaforma in pietra. Toccò la sua pelle come pronta a frantumarsi, più gelida della neve.
Ora il suo potere era notevolmente aumentato, perciò non sarebbe servito il rituale per fare ciò che aveva intenzione di compiere. Sarebbe bastato solamente appoggiare una mano sopra la sua fronte e pronunciare quelle parole, così da sprigionare l’immenso potere che le sarebbe servito.
Sorrise dolcemente mentre accarezzava con riverenza i capelli bianchissimi della sua amatissima bisnonna. Poi appoggiò le dita lunghe e sottili sulla sua fronte. - Alak Alak, Itmael Jiadj Milawuhinat Zifarrenne Ohot Ihnahida Uma Neratqalamhet Ilalah Herinnaqet Qalhae Qalhae Zifarrenne  Etquqan Uzib Bares Avajon Oethe Malijev.
 
 
 
 
 

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Capitolo 31
*** Rincontri inaspettati ***


Rincontri inaspettati
 
- Per i sette inferi, che accidenti sta succedendo nelle cripte?? – urlò autoritaria la donna, intimorendo tutti i suoi sottoposti, come era solita fare e scendendo da cavallo.
- Non lo sappiamo, mia signora!
- Sono via da nemmeno un giorno e già non sapete dirmi che cosa succede! Sembra che la terra stia tremando! – esclamò sfoderando la sua spada e piombando nelle cripte, senza neanche attendere di vedere Jaime o Daenerys, i quali si sarebbero dovuta occupare della sicurezza della loro casa.
Non appena giunse nel luogo che conteneva tutti i sarcofagi della maggior parte dei caduti della famiglia Stark, trovò una ragazza dai lunghi capelli scuri di spalle. – Ehi, voi! – la richiamò autoritaria, ponendo il braccio e la spada in posizione.
A ciò, la ragazza si voltò mostrando il suo bellissimo volto e i suoi occhi bizzarri. Ella era tranquilla al suo cospetto, non intimorita come gli altri. Era chiaro che la fanciulla non sapesse chi fosse, così come lei era convinta di non averla mai vista. – Chi siete?? Eravate voi la fonte di tale trambusto qua sotto?? State dissacrando le cripte di Grande Inverno?? Rispondete!
- E voi? Sarebbe corretto che vi presentaste per prima – le rispose mantenendo la sua compostezza.
- Lyanna della casata Mormont.
- Eveline Targaryen.
Nell’udire tale nome, Lyanna abbassò istintivamente la spada, più per la sorpresa che per la sicurezza di non trovarsi dinnanzi ad una minaccia. Dopo averla osservata per qualche secondo, si decise a rialzare la spada e a riassumere la posizione di difesa. – E vi aspettate che vi creda?? Sono stata via solo un giorno da Grande Inverno e ieri la figlia di Walter e quella di Jaime non erano tornate da Essos dopo due interi anni di lontananza, dunque mi risulta parecchio inusuale che possano averlo fatto oggi! Il vostro aspetto e i vostri occhi potrebbero ingannare chiunque ma non me, dato che ho imparato a non fidarmi di nessuno! Ditemi chi siete, imbrogliona, o sarò costretta ad utilizzare la lama della mia spada per farvi parlare!
A ciò, la ragazza roteò gli occhi al cielo, contenendo il nervosismo. – Sapete, ne ho incontrate di persone fastidiose, ma nessuna regge il confronto con voi. Dovreste calmarvi un po’ – la esortò.
- Io?? Calmarmi?? – chiese Lyanna scoppiando in una risata divertita e correndo verso di lei, attaccandola.
Ma prima che la Mormont potesse anche solo sfiorarla con la spada, Eveline alzò un dito della mano destra e grazie a quell’unico gesto, riuscì a disarmarla completamente, lasciandola allibita e confusa di fronte a lei.
- Per tutti gli inferi … come accidenti avete fatto?? – le chiese per poi ammutolirsi completamente quando notò una figura rialzarsi da una piattaforma in pietra e sporgersi da dietro la ragazza: l’avevano avvertita che lady Olenna fosse morta la notte precedente, ma ora la stava guardando con i suoi occhi, sveglia, viva, ma con l’incarnato effettivo di una morta. Provò una sensazione che non provava più da quando aveva combattuto nella Battaglia Finale, le gambe le cedettero e cadde a terra svenuta.
- Che sta succedendo qui?? – chiese Jaime raggiungendo le cripte qualche secondo dopo lo svenimento di Lyanna, raggiunto da Margaery, Daenerys e Myranda.
- Non è colpa mia, zio Jaime. Vi sono persone troppo inquiete qui – si giustificò, prima che ognuno di loro potesse notare Olenna seduta e incuriosita che li guardava dalla piattaforma in pietra.
- Beh, che avete tutti da fissare? Insomma, sì, sono vecchia, ma per gli déi, un po’ di rispetto! – esclamò la donna.
- Nonna … - sussurrò Margaery facendo un enorme fatica nel non svenire come Lyanna e nel reggersi da sola con le sue gambe. – Due minuti fa eri morta … - aggiunse tappandosi la bocca con le mani e posando lo sguardo su sua figlia accanto a lei, capendo che fosse opera sua.
- Oh … - rispose Olenna realizzando, osservandosi le mani innaturalmente grigie e accorgendosi di trovarsi seduta su una pietra fredda nelle cripte di Grande Inverno. Troppo scossa da tale constatazione, non fece caso alla figura dinnanzi a lei, di spalle, l’unica che aveva il volto celato dal suo campo visivo. – Beh, significava che il mio momento era giunto … anche se non riesco a capire come posso riuscire a vedervi e a parlarvi … - aggiunse continuando a guardarsi le mani, poi rialzando il volto su sua nipote. – Allora, vieni qui, rosellina … saluta tua nonna a dovere.
Margaery la accontentò e corse ad abbracciarla e a stringerla forte, non avendo potuto farlo la notte precedente a causa della sua grave malattia che la costringeva al letto e al delirio. Eveline si trattenne dal voltarsi verso di lei, rimanendo con i pugni stretti mentre udiva sua madre abbracciarla.
Dopo qualche minuto, Margaery si staccò da sua nonna e si avvicinò a sua figlia accarezzandole la guancia dolcemente. – Grazie, tesoro … - le sussurrò semplicemente all’orecchio, per poi ritornare verso Jaime e Daenerys.
Quando anche Myranda si avvicinò ad Olenna per riabbracciarla, Eveline seppe che la sua bisnonna doveva aver capito che ci fosse qualcosa di diverso oramai: loro due erano tornate e la sua tanto amata pronipote se ne restava di spalle, senza avere il coraggio di voltarsi e di guardarla in faccia mentre anche Myranda ne approfittava per salutarla. Temette che Olenna potesse richiamarla, ma non accadde, poiché la vecchia rosa la conosceva meglio di chiunque altro e aveva deciso di lasciarle tutto il tempo  che voleva. Ogni persona sul quale aveva compiuto quel rituale era ritornata indietro dalla morte spaventata e delirante fino a quando non aveva accettato la situazione appieno riuscendo a calmarsi. Invece la sua bisnonna si era mostrata ancora una volta una fuori classe, reagendo come una vera signora dinnanzi a quella situazione innaturale e drammatica.
- Ora lasciamo loro tutto il tempo necessario – intervenne Jaime esortando le due donne e sua figlia, accennando un sorriso alla giovane rosa, prendendo in braccio Lyanna e uscendo, seguito dalle altre.
Ora erano davvero rimaste sole.
Eveline restò ancora qualche minuto voltata, rendendo l’atmosfera tombalmente silenziosa, fin quando Olenna non si decise a richiamarla, non riuscendo più ad attendere per rivedere la sua meravigliosa giovane donna tornata a casa. – Hai intenzione di rimanere voltata ancora per molto? – le chiese con un tono di voce dolce e sommesso, che non sembrava neanche il suo.
Eveline si abbracciò da sola come se avesse freddo. Poi, finalmente, riuscì a voltarsi per guardarla, mostrandosi a lei. – Ciao, nonna. Sono a casa.
- Non ne avevo dubbi, come ti ho detto due anni fa, prima che tu te ne andassi – le rispose.
La giovane Targaryen non resistette più e si buttò tra le sue braccia, lasciandosi coccolare da lei per lunghi minuti. – Non potevo lasciare che morissi senza dirti addio e parlarti un’ultima volta, nonna … non potevo …
- Non perderò questo prezioso tempo che mi rimane con te per chiederti quali divinità hai tirato giù dal cielo per riportarmi in vita, ma sappi che loro lo faranno appena uscirai da qui. Si sono trattenuti prima perché sanno che è un momento molto delicato per te.  Ti riempiranno di domande, piccola forza della natura – le disse accennandole un sorriso e continuando ad accarezzarle i capelli con delicatezza e riverenza.
- Sì, lo so. Nonna?
- Sì?
- Mi fai una treccia? Come quando ero piccola?
- Certo, mia cara – le rispose.
A ciò, Eveline, non volendo più pensare a nulla e rispondere alle domande di nessuno, si sdraiò sulla pietra fredda e dura e si accoccolò con il viso appoggiato alle gambe di Olenna, lasciando che ella le maneggiasse i capelli con il suo tocco familiare ed immensamente rassicurante. – Sbaglio o quella che ho visto svenuta a terra poco fa era quella frusta sui piedi di Lyanna Mormont?
- Ha detto di chiamarsi così, sì. Ma prima di incontrarla poco fa non sapevo chi fosse.
- Semplicemente l’unica donna nei sette regni che nessuno è mai riuscito a zittire o a rimettere al suo posto, fino ad ora, dato che tu ce l’hai fatta in pochi minuti, mio tesoro. Effettivamente, non era l’unica: sono ancora io ad avere il primato – affermò fiera la vecchia rosa.
- E Cersei dove la lasci? Mi hanno detto che era infinitamente difficile da mettere a tacere.
- Con lei solo tuo padre ci è riuscito!
A ciò, Eveline sorrise. – Giusto. Loro due hanno passato tanto tempo insieme. Dicono che si reggevano bene testa tra loro.
- Tuo padre e Cersei Lannister possedevano un rapporto molto particolare, mia cara. Sarebbe immensamente difficile spiegarlo a parole a qualcuno che non ne è stato testimone.
- Già, immagino.
- Dunque, mia maga d’inverno, cos’altro sei capace di fare con quelle magiche mani di rosa che la tua vacanza ad Essos ha reso tanto potenti?
La fanciulla alzò lo sguardo su di lei dal basso, accennandole un sorriso lucente. – Strega, nonna, sono diventata una strega. Esercito per lo più la magia nera.
- Oh perdona la mia ignoranza, piccina. Ma non credere che sapere questo ti dia la sicurezza che io non mi scateni contro di te quando continui a muoverti come un’ossessa quando ti faccio la treccia, proprio come quando eri bambina! Ma, insomma, Eve, una neonata riuscirebbe a rimanere più ferma di te!
- Scusa! – rispose mortificata Eveline, tuttavia ridendo sotto i baffi mentre la bisnonna la rimproverava. – “Dopo la treccia viene male, bimba fulminante” – continuò rifacendole la bocca.
- Sì, sì, continua a mimare la mia voce, piccola Targaryen impertinente – le rispose dolcemente, sorridendo a sua volta. – Allora? Il tuo corpo e il tuo sguardo dicono  che hai trovato l’amore oltre il Mare Stretto.
A quelle parole, la ragazza si voltò di nuovo a guardare Olenna dal basso. – Come hai fatto a … ?
- Eveline, per gli inferi di tutti …
- Sì, scusa, scusa, sto ferma! – la interruppe Eveline rimettendosi nella posizione precedente.
- Ad ogni modo, una nonna sa sempre tutto, ricordi? Forse anche io ho qualche potere particolare che mi aiuta a percepirlo, chi lo sa! Dunque? Chi è il troppo fortunato che ha avuto l’onore di rubare il cuore della mia meravigliosa rosa viola?
- Ti sarebbe piaciuto, nonna. Sarebbe piaciuto anche alla mamma. Mi chiamava “Fiore del Nord”. Ti ricorda qualcuno? – rispose sorridendo nostalgica.
- Questo ragazzo già mi piace. Ma, ad ogni modo, non credo proprio che sia al tuo livello.
- Oh sì, invece. Mi supera – rispose cominciando inspiegabilmente a parlarne al presente, come se fosse ancora vivo. Olenna sarebbe stata più tranquilla se avesse saputo l’uomo della sua vita vivo e vegeto.
- Mi dispiace di non poterlo conoscere allora … immagino che questa sia una situazione temporanea. D’altronde sento che il mio corpo continua a marcire – dedusse la vecchia rosa accennando un sorriso malinconico e terminando la treccia.
- Già … - rispose Eveline rabbuiandosi. –Lui mi ha insegnato tutto ciò che so. La cosa strana è che tra noi c’è stato niente più che un breve bacio, ma in quell’istante ho provato la sensazione più forte che abbia mai sentito.
- L’amore è questo, bambina mia: qualcosa che, per quanto bizzarro ed ingestibile, sembra sbagliato, e a volte lo è.
- Sì, lo so. Sai, durante questo viaggio, spesso, mi sono sentita così sbagliata, così … dannosa da voler sparire dalla faccia della terra. Mi sono state rivelate profezie che mi riguardano e … - disse, bloccandosi a causa della voce che cominciava ad inclinarsi. Si alzò dalle gambe di Olenna e le si pose di fronte, guardandola intensamente con occhi lucidi e uno sguardo sfinito, disperato quanto terrorizzato e perso. – Ora dimmi, nonna: quanto male vedi in me …?
A ciò, la donna prese delicatamente il viso di sua nipote con le mani fredde, accarezzandoglielo e spostandole dalle guance qualche ciuffo ribellatosi dalla treccia. – Io, dinnanzi a me, vedo una donna che è stata in grado di divenire qualcosa di proibito agli uomini, qualcosa di cui i più hanno paura solamente per principio, pregiudizio o codardia. Vedo una creatura tanto preziosa e delicata, quanto travolgente e indistruttibile. Non c’entra la magia che hai acquisito: io vedo sempre la mia splendida rosa, ma più consapevole e matura. Ti ripeterò fino allo sfinimento che ognuno può forgiare il suo destino e tu, di certo, sei colei che può riuscirci meglio di chiunque altro.
- E se non dovessi riuscirci, invece? Se dovessi deluderti …?
Olenna le sorrise ancora e le asciugò una lacrima che le aveva rigato la guancia. – Tu non mi deluderesti mai, qualsiasi cosa facessi. Voglio che ricordi una cosa, mio dolce tesoro: talvolta siamo capaci di cambiare le cose solamente con un piccolissimo gesto. Se riuscirai a mutare solamente un elemento del funesto futuro che ti spaventa tanto, potrai già considerarti la vincitrice.
- Grazie, nonna … per gli dei del cielo, quanto mi mancherai … - le rispose Eveline accostandosi di più alla mano di Olenna e asciugandosi velocemente le lacrime con i polsi, cercando di riprendersi e di non pensare di doverla lasciare andare. – Allora, tre desideri prima di morire. Sei pronta? – le chiese con sguardo furbo.
A ciò, la vecchia rosa, rincuorata di aver tranquillizzato il suo più grande tesoro, ricambiò lo stesso identico sorriso, facendole ben capire da che ramo della famiglia lo avesse preso. – Tre desideri, eh? Sei sicura di riuscire a fare tutto quello che ti chiedo con la magia?
- Vuoi sfidarmi?
- Dunque – disse pensandoci un po’ su. – Se non dovesse finire bene con questo meraviglioso amore che hai trovato, promettimi che non ti sposerai mai con un dorniano.
- Nonna …! Sii seria.
- D’accordo, d’accordo – rispose ella alzando le mani in segno di innocenza. – Ovviamente lo ero, ma non consumerò uno dei miei tre desideri così, se è questo che vuoi: desidero uno di quei dolcetti che ti preparava Alia la cuoca quando eri piccola. Quelli grossi, rotondi, ripieni con la crema di cacao e le fragoline di bosco tagliate a pezzi sopra.
- Dio quanto mi mancano! – rispose Eveline con occhi sognanti.
- Dato che per quasi tutta la vita mi sono negata questi piccoli piaceri della tavola per non farli accumulare sui fianchi, ora voglio concedermelo! Perché non tutti siamo fortunati come te, signorina, da poterci strafogare e rimanere statuarie!
Eveline rise, ruotò la mano e fece comparire dinnanzi a loro due di quei deliziosi e peccaminosi dolcetti: uno per Olenna e uno per lei.
Quando la vecchia rosa diede il primo morso, entrò in estasi per un paio di minuti, chiudendo gli occhi e non facendo caso al cioccolato che le colava dalla bocca, così come Eveline, la quale non li mangiava oramai da anni.
- Per i sette inferi … questi cosi dovrebbero essere proibiti dagli dei – disse Olenna terminando l’ultimo morso e leccandosi le dita.
- Contenta che tu abbia gradito!
- Ora il secondo: voglio rindossare quei pomposissimi abiti eccessivi e da cerimonia con i quali usavo vestirmi da giovane! E voglio che ne indossi uno anche tu.
- No, nonna, non se ne parla. Io non sono tipa da abiti del genere.
- Questo è il mio desiderio. Osi non esaudirlo?
A ciò, rassegnata, la giovane Targaryen trasformò l’abito sobrio e scuro della sua bisnonna in un coloratissimo, sofisticato e pomposo vestito con lo strascico, facendo poi lo stesso con il suo.
Gli occhi di Olenna si spalancarono e, in quel momento, sembrò quasi solamente una bambina felice dinnanzi agli occhi della nipote. – Non ci posso credere! Me sembra di essere tornata a cinquant’anni fa! – esclamò alzandosi, roteando e trascinando Eveline con sé, facendola volteggiare e ammirandola. – Ovviamente sta molto meglio a te di quanto stesse a me all’epoca! Sembri proprio una principessa.
- Proprio quello che voglio sembrare da una vita – rispose sarcastica la giovane rosa, ma continuando ad assecondare le peripezie di sua nonna.
Dopo aver danzato insieme e volteggiato come se le cripte di Grande Inverno fossero una sala da ballo, le due si sedettero di nuovo.
- Ora è giunto il momento dell’ultimo desiderio.
- Bene. Quello che attendevo di più. Me lo sono lasciato per ultimo appositamente – disse la vecchia rosa prendendo le mani di sua nipote e stringendogliele, per poi guardarla intensamente negli occhi. – Desidero che tu mi prometta che non perderai mai te stessa e che continuerai a lottare, sempre.
Eveline sgranò gli occhi, sentendo nuovamente le lacrime pungerle da dentro. Attese qualche secondo, poi le rispose. – Te lo prometto, nonna.
A quella risposta, Olenna sorrise, per poi spostare lo sguardo prima sugli splendidi abiti da cerimonia che indossavano ancora, poi sui fazzolettini sporchi di cioccolato che avevano usato poco prima per mangiare i dolcetti. – Come può questa essere chiamata “magia nera”? – le chiese, facendo salire un brivido lungo tutta la schiena di sua nipote. – Ora è il momento, mio tesoro: poni termine a questa agonia per te e riportami alla morte – la incoraggiò rivolgendole uno straziante sorriso. – Non sarà di certo qualcosa di banale come la morte a separarci.
 
Videro Eveline rientrare nella sala principale della palazzo di Grande Inverno dopo circa un’ora che l’avevano lasciata nelle cripte.
- Eve! Com’è andata?? Come stai?? – le chiese immediatamente Myranda raggiungendola subito.
- Bene, Dada, grazie.
- Tesoro, ora che le hai detto addio spiegaci cosa è successo là dentro. Abbiamo bisogno di sapere: riesci a riportare in vita i morti? – si affrettò a chiederle Margaery raggiungendola a sua volta.
- No, mamma. L’incantesimo che compio è solo mio e non converte affatto le leggi della natura, puoi stare tranquilla. Ora la nonna è di nuovo morta. Le ho solo donato un’altra ora di vita da “non - morta”.
- Immagino che dovrò abituarmi a ciò che sai fare, d’ora in avanti – le rispose la Tyrell sorridendole fiduciosa.
Jaime e Daenerys rimasti a guardarle in attesa, annuirono.
- Mi scuso per la mia impertinenza, lady Eveline, ma non potevo sapere che eravate davvero voi – intervenne Lyanna Mormont con un bel po’ di aggressività in meno. La giovane rosa la vide avvicinarsi a lei con una busta di ghiaccio premuta sulla tempia.
- Siete scusata. Io mi scuso per aver involontariamente provocato quel bernoccolo, lady Lyanna. Capisco che ciò che avete visto nelle cripte vi ha sconvolta. Tuttavia, vi assicuro che non sono pericolosa e non utilizzerò la mia magia per nuocere in alcun modo al nostro esercito. Lo ritengo scontato ma tengo a precisarlo giusto per precauzione.
- Siete la legittima regina dei sette regni, lady Eveline, non oserei pensare una cosa del genere.
- Vi pregherei di non riferirmi a me come la legittima erede. Non ho mai voluto regnare e mai rivendicherò quel trono.
La conversazione venne interrotta da un cavaliere che piombò nella sala. – Ser Jaime, mio signore, è arrivato un corvo da Approdo del re!
A quelle parole, tutti si pietrificarono. Fu Jaime stesso a rompere il silenzio. – Da Approdo …? Come è possibile? Insomma, solo pochi giorni fa il re ha voluto sapere il resoconto della situazione qui a Nord dalle sue truppe, e noi, come d’abitudine, abbiamo risposto confermando che procede tutto nella norma. Solitamente lascia passare qualche mese prima di richiedere notizie … - disse prendendo la lettera, aprendola e leggendola ad alta voce: - “Non so di preciso quale componente della mia famiglia stia leggendo questa lettera, probabilmente tu, zio Jaime, poiché immagino avrai preso le redini di Grande Inverno dopo essere stati liberati dai Fantasmi.
È Sam Tarly che vi parla, proprio quel Sam Tarly, che voi, sicuramente, considerate disperso. Non ho potuto avvertirvi prima poiché anche ora sto prendendo un grande rischio nell’inviarvi questa lettera in questo covo di serpenti che è Approdo, ma non ho altra scelta.
Vi spiegherò meglio quando sarò giunto lì, tra circa un mese, dato che il giorno in cui vi arriverà questa lettera, partirò.
Per ora posso solamente rassicurarvi, dirvi che sto bene, che non sono un prigioniero, ma una spia. Avrete sicuramente sentito parlare del nuovo maestro del conio del re, proveniente da Qarth, un certo Fahraq Uzvet. Ebbene, ho assunto questa falsa identità con qualche piccolo aiuto da parte dei Fantasmi e dei Superni. Sì, sembra strano, ma siamo tutti dalla stessa parte, accumunati dall’odio per l’inaccettabile dominio dei sette regni di un re come David Crakehall. Sono riuscito ad arrivare dove sono grazie all’aiuto dei miracolosi Fantasmi, promettendo loro di aiutarli ad ostacolare le azioni e i piani del re, ma il reale motivo per il quale mi sono proposto come loro spia e ho lavorato tanto, consisteva solo nel salvare Hayden e nel riunire la nostra famiglia, prima di scoprire che posso fare anche di più per il regno, nella mia posizione. Avrò modo di dirvi tutto quanto con più calma e precisione quando giungerò, ma ora mi preme avvertirvi che il re non si fida più delle lettere che gli pervengono da voi sulla situazione a Nord. Ha deciso di mandare me, la seconda persona di cui si fida di più dopo il Primo Cavaliere, per controllare di persona e riferirgli la realtà dei fatti. Non sussisterebbe alcun problema se giungessi solo, ma, come potrete immaginare, ciò è impossibile. Il re ha predisposto una consistente scorta per accompagnarmi durante il viaggio verso il Nord e sarà quella il nostro problema maggiore. Dobbiamo trovare un modo per non farli parlare, e credo di averlo già trovato con l’aiuto di un altro mio fidato alleato. Ve ne parlerò non appena sarò arrivato; intanto voi preparatevi a dovere per “accogliere” la scorta del re, in modo da riuscire ad imprigionarla con sicurezza.
Non vedo l’ora di riabbracciarvi finalmente, dopo tanto tempo.
Abbiamo davvero molto di cui parlare.
                                                                                Con amore, Sam”
Non appena Jaime rialzò gli occhi dalla lettera, tutti i presenti persero l’uso della parola per un bel po’ di tempo.
 
 
- Possibile che accada tutti oggi?? Che cos’è, gli dèi ci sono contro?? – parlò tra sé seccato il giovane Marbrand, camminando velocemente.
Il giovane Tarly faticava a stargli dietro. – Potresti rallentare, per gli dèi? Ogni tuo passo è una falcata degna di un gigante.
- Scusami ma devo sbrigarmi, non ho tempo. Ad ogni modo, l’idea di cui ti ho parlato potrebbe non funzionare. Non prenderla alla lettera …
- Invece è perfetta. Nella lettera che ho inviato alla mia famiglia ho già accennato di avere un piano. E poi, è l’unica possibilità che abbiamo, perciò dobbiamo tentare.
- Se non funzionasse, dovrò aggiungerla alla collezione delle mie scelte che hanno portato a risultati catastrofici.
- Kylan, anche io rivedo i volti di quei nove uomini che vengono bolliti e scuoiati dinnanzi ai miei occhi ogni notte. Ma non è il momento di incolparci.
- Non lo sto facendo. Se dovessi davvero incolparmi non sarei qui.
In quel momento li raggiunse Xavier. – Cos’è questa agitazione che sento nell’aria? – chiese vacuo, per poi rivolgersi a Sam. – Pronto per partire verso il Nord, ragazzo? Sono qui per salutarti e augurarti buon viaggio. Partirai questa sera, giusto?
- Sì, esatto. Grazie, Xavier.
- Dunque, alla fine come hai deciso di far tacere gli uomini che ti scorteranno? – gli chiese poi il vecchio, andando subito al punto.
- Utilizzando l’idea che mi ha dato Kylan il giorno in cui ne abbiamo discusso tutti e tre.
A quelle parole, Xavier si fermò, guardandolo dubbioso. – È un grande rischio, ragazzo.
- È quello che gli stavo dicendo anche io – aggiunse il giovane cavaliere.
- Fidatevi, funzionerà. È l’idea più sicura che abbiamo avuto, quella che ha maggiori possibilità di andare a buon fine – sostenne nuovamente convinto il giovane Tarly. Dopo di che, sorrise loro. – Mi preme lasciarvi qui in mezzo a questo trambusto, amici miei. Ma tornerò presto.
- Già – rispose Kylan fremendo ancora ma riuscendo a nasconderlo bene, anche se non agli occhi di Sam.
- Sono sicuro che oggi tutti gli incontri andranno bene – lo rassicurò il giovane Tarly. – D’altronde dovrai accogliere solamente il nuovo Maestro dei Sussurri con il suo mercenario, no? Ad accogliere i Superni vi saranno solo lady Bridgette e lady Hoxana, se non sbaglio.
- Scherzi, figliolo? Kylan dovrà accogliere anche Dickon Tarly questa sera – disse il vecchio, beccandosi un’occhiataccia da parte del giovane Marbrand.
Sam guardò confuso prima uno, poi l’altro. – Dickon Tarly? Il fratello di mio padre? Che significa?
- Significa che, come al solito, Xavier non ha un minimo di tatto – rispose Kylan, fulminando nuovamente  il vecchio Maestro.
- Vado a farmi una tazza di latte caldo – li liquidò Xavier per scampare altri sguardi truci.
- Allora? Sta arrivando davvero mio zio Dickon? – domandò nuovamente Sam al giovane cavaliere.
- Non volevo farti preoccupare. D’altronde David ha informato solo me della faccenda. Ed io ho preso l’ennesima delle mie scelte sbagliate dicendolo a Xavier. Gli avevo detto di non dirtelo.
- Posso capirlo. Ma perché David lo ha richiamato qui??
- Ultimamente tuo zio Dickon ha messo insieme un cospicuo esercito, e si pensa che lo abbia fatto per intraprendere seriamente le tue ricerche, considerando che tutti sanno solamente che sei sparito dalla Cittadella. Dato che i Tarly fanno parte delle famiglie che non hanno ancora giurato fedeltà alla corona, scelta ben compresa soprattutto dopo che gli uomini di David non si sono fatti scrupoli nell’uccidere tuo padre e tua madre, il re vorrebbe farsi “perdonare” e comprare il loro sostegno offrendo il suo aiuto per cercarti.
Sam rimase senza parole per alcuni secondi. – Ho saputo che mio zio Dickon è stato molto male per la morte di mio padre … inoltre, lui è venuto a trovarci a Grande Inverno qualche anno fa, perciò mi riconoscerebbe sicuramente se mi vedesse …
- Non preoccuparti, arriverà questa sera e tu partirai per il Nord questa sera. Con un po’ di fortuna non vi incontrerete affatto anche se so che potrebbe farti male saperlo. Ma credo sia meglio che non vi vediate, considerando che avresti dovuto far finta di non conoscerlo e anche lui con te, non appena avrebbe capito che sei diventato uno spia qui ad Approdo.
- E se invece vedermi e sapermi “al sicuro” lo portasse a non prendere affatto in considerazione  l’idea di accettare la proposta del re?
- Sam, tu lo conosci e io no, ma, ad ogni modo, non credo che Dickon accetterebbe di sottomettersi al re anche continuando a crederti disperso.
- Vedermi lo convincerebbe al cento per cento a non sottomettersi, ne sono certo. Tuttavia, non credo che riusciremo ad incontrarci, ahimè ..
Calò un breve silenzio tra i due, interrotto poi da Sam. – Questa sera, quando partirò, sarà tutto nelle tue mani fino al mio ritorno, Kylan.
- Cosa intendi dire?
- Sei il migliore amico che io potessi mai avere: ti affido Christine ed Hayden. Questa è la maggior dimostrazione di fiducia da parte mia – disse accennandogli un sorriso sicuro e riuscendo completamente ad abbattere la corazza che il giovane cavaliere utilizzava oramai come scudo da tutto e da tutti.
- D’accordo. Io … non so cosa dire … mi sento lusingato – gli rispose dopo qualche secondo di silenzio.
- Non devi dire nulla, amico mio. Spero di riuscire a tornare presto e tutto intero. Dovrai andare a controllare Christine di tanto in tanto al bordello, la sua pancia cresce sempre più e anche se manca un po’ al parto, sono costantemente in ansia per lei. Anche se non vi conoscete, lei sa chi sei, le ho parlato di te e sono sicuro che andrete subito d’accordo.
- Va bene, farò come mi hai chiesto. Per Hayden non c’è bisogno che tu mi dica nulla. Starò bene e cercherò di far filare tutto liscio come al solito con l’aiuto di Xavier.
- Tu e Xavier contro Hoxana e Bridgette: non la vedo bene.
- Taci – gli disse accennando un sorriso semi esasperato e allontanandosi da lui, dirigendosi verso il luogo in cui avrebbe dovuto ricevere i nuovi due componenti della corte del re.
- Lord Kylan – lo richiamò una voce che avrebbe preferito non udire.
Si voltò e guardò lady Bridgette con sguardo interrogativo prima di risponderle. – Milady, non dovreste essere ad accogliere i Superni insieme a lady Hoxana? Dovrebbero arrivare a momenti.
- Lo so bene, milord, ma lady Hoxana mi ha avvertita di avere delle faccende da sbrigare con il principe Hayden. A causa della sua assenza, sarete voi ad accogliere i Superni insieme a me.
- Devo ricevere il nuovo Maestro dei Sussurri e il mercenario che lo accompagna in questo momento.
- Potranno attendere, non credete? – gli chiese con l’usuale tono velatamente provocatorio che usava solitamente con lui.
A ciò, il giovane cavaliere cambiò direzione e la seguì, posizionandosi nella sala del trono, spesso utilizzata per ricevere ospiti prestigiosi.
- Voi li conoscete già, perciò vi lascerò completa carta bianca con loro – ruppe il silenzio Bridgette durante l’attesa, comportandosi già come la regina dei sette regni.
- Se lo desiderate, potrete accoglierli interamente voi. Vi rispetteranno se dimostrerete loro che lo meritate.
- Credetemi, lord Kylan, quello che nutro nei vostri confronti non è astio o invidia. Occupate la posizione più alta agli occhi di un sovrano e non ho nulla da ridire al riguardo. Voglio solo capire quali sono i vostri scopi e progetti.
- Sono esattamente gli stessi che avete voi – le rispose accennandole un educato sorriso.
La conversazione venne interrotta dal tanto atteso arrivo dei Superni, sempre uguali all’ultima volta che avevano messo piede nella Fortezza Rossa, mesi prima.
– Quale onore! – li anticipò Askarx in tono sarcastico. – Il re non si è scomodato ad accoglierci neanche questa volta, ma ha mandato il suo oramai braccio destro e anche sinistro, insieme alla sua nuova conquista. Almeno speravamo di vedere anche Hoxana ad attenderci. Dov’è la nostra Hoxana?
- Hoxana è con il principe, miei signori. Non per contraddirvi, ma “nuova conquista” del re non è esattamente la definizione che mi rispecchia attualmente – rispose Bridgette mostrando la massima cordialità.
- Non scomodatevi a presentarvi, Bridgette Greyjoy. Abbiamo udito parlare di voi fino a Qarth: la donna, o meglio, la dea della persuasione, che è stata in grado di rubare il cuore del re e di convincerlo a sposarla. Un’impresa in cui hanno fallito tutte, eccetto voi. Chissà se per il principe sarà ugualmente arduo trovare una consorte degna. A proposito, dov’è? Dove nascondete il prodigioso sangue di drago erede al trono e reduce dalle sperimentazioni? Si può ben dire che siamo giunti nuovamente fino a qui solamente per vedere lui e per Hoxana.
- Già, vogliamo vederlo – insistette Mhunaer.
- Il principe non è un oggetto in esposizione – rispose secco Kylan. – Ora è impegnato, così come il vostro re, perciò dovrete rispettare i tempi dovuti prima di incontrarli.
- Bene – si convinse Askarx guardandolo con rispetto, per poi posare nuovamente gli occhi su Bridgette. – Ero molto curioso di conoscervi, lady Bridgette, così come tutti. Si odono troppe voci che tendono ad assumere consistenza vacua se sommate insieme. Confido che possiate confermare la degna opinione che ci siamo fatti di voi, e che soddisfiate pienamente le aspettative. D’altronde, siete la futura regina dei sette regni, e già il fatto che il re vi lasci conversare liberamente con noi e con lord Kylan dimostra che avete raggiunto enormi risultati con lui – la provocò Askarx con riferimenti più che palesi.
- “Il massacro delle ventitré concubine” è il passato, miei signori. Ho fatto comprendere al mio amato consorte che la gelosia e la possessione sono sentimenti dannosi, ma, soprattutto, indegni, ridicoli e inutili per un sovrano, come per qualsiasi mendicante di Fondo delle Pulci. Ora egli riesce a dosare e a riservare il giusto rispetto ad una donna, ed io ne sono l’esempio lampante – rispose la Greyjoy, mostrando un sorriso sicuro e sereno.
- Se solo una delle povere vittime fosse stata capace di ciò, avrebbe potuto salvarsi la pelle. A proposito: che fine ha fatto la splendida Lorraine? Il re ha messo la sua preferita da parte in favore della sua amatissima consorte? – chiese Askarx sinceramente incuriosito.
- Lady Lorraine …
- Ella è morta. Come le altre – rispose Bridgette interrompendo Kylan, il quale le rivolse uno sguardo a dir poco perplesso alla rivelazione di tale informazione.
Gli occhi dei Superni, invece, divennero delusi e dispiaciuti insieme, mostrando una delle rarissime espressioni reali che avessero mai lasciato trasparire.
- La morte dell’ultima delle ventitré sarebbe dovuta rimanere tra queste mura, signori: non avreste dovuto venirne a conoscenza – disse loro il giovane Marbrand.
- Il Primo Cavaliere dice il vero, miei signori: il mio amato desidera che tale informazione sia appresa solo dai componenti della sua corte. Tuttavia, ho ritenuto innocuo rivelarvelo, poiché sono certa che le vostre bocche saranno mute come sepolcri – spiegò la Greyjoy con una tale calma e mellifluità da far comprendere ai tre, con chiarezza cristallina, di che pasta fosse fatta e quale peso possedessero le parole uscite dalla sua bocca.
 
I due uomini stavano attendendo oramai da più di un’ora di essere ricevuti. Continuarono a guardarsi intorno osservando la sala del consiglio dove era stato chiesto loro di attendere il Primo Cavaliere, il quale era notevolmente in ritardo.
Il più vecchio dei due fece roteare la sua moneta sul tavolino per l’ennesima volta.
- Puoi smetterla? Questo rumorino di metallo sul legno mi sta snervando – lo rimproverò il più giovane.
- Piantala di frignare. In qualche modo dovrò pur far passare il tempo.
Finalmente, dopo quella che era sembrata loro un’eternità, i due videro entrare nella sala  un giovane uomo dai capelli biondi e i vestiti da Primo Cavaliere.
- Perdonate il cospicuo ritardo, signori. Purtroppo vi è stato un contrattempo che mi ha tenuto impegnato fino ad ora – disse loro avvicinandosi al tavolino e sedendosi.
- Non preoccupatevi, lord Kylan. Non abbiamo quasi nemmeno percepito il tempo di attesa in più.
- Bene. Dunque, dato che conoscete già il mio nome e il mio ruolo qui, sono curioso di udire la vostra presentazione, considerando il particolare posto che potrebbe spettarvi all’interno della corte in seguito a questo incontro.
- Io sono Podrick Payne, e lui è il mio mercenario, Bronn.
- I vostri nomi non mi suonano sconosciuti – disse Kylan aguzzando lo sguardo.
- I nostri nomi vi suonano familiari, milord, poiché io era lo scudiero di Tyrion Lannister un tempo, mentre Bronn era il suo mercenario – rispose Podrick con una certa fierezza.
- O meglio, lui era una sorta di mogliettina di Tyrion Lannister, mentre io ero la sua puttana – intervenne Bronn lanciando la monetina distrattamente.
- Non fate caso al comportamento del mio mercenario, lord Kylan, lui ha avuto un infanzia difficile – spiegò Podrick accennando un sorriso rassicurante.
Quelle due figure erano davvero bizzarre agli occhi del giovane Marbrand, il quale li osservò ancora incuriosito. – Bene, Podrick Payne e Bronn, ditemi, cosa vi spinge a voler entrare nella corte reale in qualità di Maestro dei Sussurri e di mercenario di quest’ultimo?
- Ebbene, lord Kylan, abbiamo innumerevoli motivi per poter aspirare ad un incarico simile: entrambi abbiamo viaggiato molto, vissuto esperienze che ci hanno segnato profondamente. Da quando il mio più grande amico, Tyrion, è morto durante la Battaglia Finale, io ho intrapreso un lungo percorso, allontanandomi da tutti coloro che conoscevo e che amavo, prendendomi del tempo per ritrovare la mia strada e per capire quale fosse il posto che mi spettasse dopo tutto ciò che aveva visto con i miei giovanissimi occhi. Non inizierò a raccontarvi tutto ciò che ho vissuto durante questi diciotto anni, ma posso dimostrarvi che ho acquisito le doti necessarie per divenire un ottimo Maestro dei Sussurri: un anno fa sono riuscito a scoprire che voi, lord Kylan, state cospirando contro la corona assieme al maestro del conio, Fahraq, in realtà Sam Tarly, e che avete stretto un’alleanza di cui fanno parte sia i famosi Fantasmi della Notte, che i Superni di Qarth.
Kylan sbiancò, rimanendo immobile e senza aprire bocca dopo ciò che aveva udito.
- Le vostre doti sono davvero ammirevoli – rispose dopo qualche minuto, mentre, nel frattempo, ragionava sul da farsi. – E voi, invece? – chiese poi, spostando l’attenzione su Bronn, il quale gli rivolse uno sguardo volutamente spaesato.
- Io?
- Cosa vi ha portato fino a qui come suo mercenario?
- Ah, nulla di tanto vomitevolmente profondo: mi piaceva una donna, per la prima volta davvero tanto, ma ho fatto un casino con lei, poi è successo un casino anche nei sette regni, perciò, quando ho incontrato una vecchia conoscenza, ho deciso di buttarmi a capofitto e di vedere cosa ha in serbo quel fottuto cielo per me – rispose con semplicità l’uomo.
- Ma non è tutto, milord: nel caso aveste ancora dubbi, vi dirò anche qualcos’altro – aggiunse Podrick. – Sappiamo chi è GreyShade.



 
 
 
 

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Capitolo 32
*** Il drago e la strega ***


Il drago e la strega
 

Quel mese era trascorso meglio di quanto si aspettasse, nonostante l’equilibrio apparente e sottilissimo che si era creato, sembrasse troppo fragile per non essere prossimo ad una rottura catastrofica: erano stati tutti così impegnati, da non riuscire a far emergere palesemente il clima teso che ribolliva sempre più a corte.
Il nuovo Maestro dei Sussurri e il suo mercenario si stavano mostrando dei validi e fruttuosi alleati, capaci di attrarre la fiducia di David, nonostante si stessero ancora ambientando alla nuova realtà e continuassero a battibeccare con Xavier ogni due per due; l’incontro con Dickon Tarly era andato come previsto, poiché, nonostante fosse restio alla proposta del re, l’uomo aveva fatto sfoggio del suo lato diplomatico nascondendo il suo rancore per l’assassinio di suo fratello e promettendo al re che avrebbe riflettuto sulla sua proposta, benché fosse evidente che David non avrebbe potuto comprarlo in tal modo; i preparativi per le nozze del secolo stavano coinvolgendo quasi completamente la futura regina, non togliendole tuttavia il tempo di influire sul re con la sua aura persuasiva, e di tirare fuori gli artigli con Hoxana di tanto in tanto, la quale sembrava sempre più turbata dalla permanenza dei Superni a corte, poiché quelle ambigue figure erano sempre più intente a starle intorno come rapaci in attesa che la loro preda esali l’ultimo respiro per piombarle addosso e divorarla; mentre il principe Hayden, in seguito all’esecuzione che aveva scelto per i nove uomini della Guardia Reale e allo strano episodio in cui era riuscito nell’operazione miracolosa di uccidere uno dei Fantasmi in meno di un secondo, si era guadagnato un appellativo sempre più famoso tra il popolo, qualcosa come “Principe dello Strazio” o “Principe Senza Sangue”, nonostante, durante quel mese, si fosse fatto vedere e sentire sempre meno, divenendo una presenza quasi mitologica per coloro che si trovavano a corte, poiché gli unici che riuscivano a vederlo molto più spesso e non a scorgerlo solamente saltuariamente nella sala del trono, si limitavano ad essere Hoxana, il re e lady Bridgette.
Tutto stava procedendo stabilmente, mentre ognuno svolgeva la sua mansione e si guardava le spalle in agguato, pronto a difendersi da chiunque, poiché abbassare la guardia e cedere anche solo un momento alla tentazione della fiducia, era un errore mortale in un luogo come quello, soprattutto negli ultimi tempi.
Nonostante tutto, il giovane Marbrand non riusciva a togliersi quel ricordo dalla mente, da quella prima conversazione che aveva avuto con i due nuovi membri del consiglio:
- Sappiamo chi è GreyShade – aveva detto l’ex scudiero di Tyrion Lannister.
Era scoppiato un pesante silenzio prima che lui si decidesse a rispondergli. – Siete certi della veridicità di una tale informazione?
- Al cento per cento – aveva confermato il mercenario. – Abbiamo un asso nella manica che, da solo, potrebbe soppiantare tutti gli uccellini di Varys, perciò, finché sarà lui a fornirci le informazioni, saremo sempre sicuri della veridicità delle nostre scoperte – aggiunse convinto.
- All’inizio, quando ancora non avevamo avuto modo di scorgere GreyShade dal vivo e dovevamo basarci solamente sulle voci che si udivano su di lui, eravamo convinti si trattasse di Walter Targaryen.
- Come avrebbe potuto trattarsi di lui? Quell’uomo oramai è una leggenda scritta nei tomi. Non sappiamo neanche se sia vivo o morto – aveva risposto incredulo.
- Noi crediamo esista ancora, come uomo o come non - morto non è certo, ma siamo certi che vaghi nelle lande sconfinate del Nord. Le persone descrivevano il modo in cui si muovevano GreyShade e i suoi seguaci, i movimenti forti e al contempo troppo veloci per essere umani, i corpi slanciati, agili e slegati, dagli scatti misti tra felini e serpentini per quanto ipnotici. Io e Bronn abbiamo visto Walter combattere più volte, e sembrava stessero descrivendo esattamente lui. Credevamo che potesse aver trovato un modo per tornare e per vendicarsi di tutto ciò che i Crakehall e il suo seguito stessero facendo.
- Come abbiamo detto, questo è stato prima di vederlo dal vivo, sfrecciare via dinnanzi ai nostri occhi – intervenne Bronn a sostegno di Podrick. – Nonostante siamo riusciti ad osservarlo solo per pochi secondi, abbiamo capito che non fosse lui: le bende fasciano completamente i corpi dei Fantasmi evidenziandone le forme fisiche, e la struttura corporea di GreyShade, benché non si allontani molto da quella di Walter, è ancora acerba, senza contare la consistente differenza di statura. Un giovane uomo fatto e finito di due metri di altezza non si può confondere con un ragazzo ancora in fase di crescita. Inoltre, l’unica parte del corpo scoperta sono i suoi occhi: anche in quel caso, non si può scambiare un viola Targaryen con una delle tante tonalità di azzurro esistenti.
- Certo,  avrebbe potuto essere comunque lui ed esser riuscito a mutare aspetto, ma se fosse davvero così, perché non assumere direttamente un aspetto completamente opposto al suo per allontanare ogni sospetto, come un corpo da donna? – aggiunse Podrick.
- Dunque non è Walter, ma si muove esattamente come lui – aveva detto il giovane Primo Cavaliere alzandosi in piedi. – Conducetemi da colui che conosce la sua identità e che vi ha informati di ciò.
Si erano addentrati per le strade più povere di Approdo, fino ad avvicinarsi a Fondo delle Pulci. Kylan si era tolto i vestiti da Primo Cavaliere, optando per qualcosa che avrebbe potuto farlo passare più inosservato, senza destare sospetti.
Podrick aveva bussato alla porta di una vecchia e fatiscente casetta, attendendo alcuni secondi.
La porta si aprì, rivelando la figura di un ragazzo di almeno vent’anni, dai capelli scuri e dagli occhi vispi, di un grigio acceso. Li guardò di sottecchi, con sguardo confuso. – Che ci fate qui?
Il suo sguardo virò subito sulla figura nuova e incappucciata, impietrendo: capì subito chi fosse non appena lo guardò in volto, sicuramente dalle descrizioni che aveva udito su di lui, pensò Kylan sentendosi quegli occhi così perplessi puntati contro.
– Siete impazziti? Perché siete venuti con lui?? – aveva sussurrato incredulo e alterato il ragazzo.
- Vuole sapere qualcosa da te, Alain – aveva risposto semplicemente Podrick con voce ferma.
A ciò, il giovane si guardò intorno con sguardo circospetto, notando che nei dintorni vi fossero solamente vecchi mendicanti e qualche prostituta, poi fece loro segno di entrare.
La casetta era piccola e accogliente, e loro si erano subito seduti su alcune delle sedie disposte intorno ad un tavolino.
- Vi ho già detto che non potete venire qui. Dobbiamo incontrarci sempre in luoghi diversi, e soltanto ad orari prestabiliti.
- Era un emergenza, ragazzo – aveva risposto Bronn sporgendosi a salutare una ragazza comparsa da dietro una stanza non appena si era accorta della loro presenza.
Ella aveva un viso dolce e gioviale, nonostante all’erta a causa del viso sconosciuto del Primo Cavaliere.
– Sono felice di vedervi – aveva detto sorridendo a Podrick e a Bronn, poi avvicinandosi ad Alain e stampandogli un intimo e veloce bacio sulle labbra. Sembravano una splendida coppia unita da un amore sincero e intenso nonostante l’estrema povertà in cui vivevano.
- Allora? A cosa è dovuta questa visita così … inconsueta? – aveva chiesto Alain sedendosi anch’egli e guardando Kylan negli occhi.
- I vostri amici mi hanno detto che siete voi il loro informatore. Ho chiesto io di incontrarvi, poiché mi hanno detto che siete sicuro di conoscere per certo l’identità di GreyShade – aveva esordito il giovane cavaliere.
A ciò, la ragazza rivolse uno sguardo lievemente turbato al suo amato.
- Non temere, Erin, so per certo che possiamo fidarci del Primo Cavaliere – l’aveva rassicurata Alain. – Sono stato io a scoprire la sua cospirazione contro la corona, d’altronde.
- Come avete fatto?- si affrettò a chiedere Kylan.
- Siete stati molto bravi a nasconderlo, ma io ho un esperienza navigata nel rubare, nascondermi, udire, scappare e passare inosservato. Non a caso, sono colui che ha salvato la vita a Walter aiutandolo a penetrare nella Fortezza Rossa e a scappare quando è giunto ad Approdo per salvare sua cugina Sansa.
- Voi conoscevate Walter?
Il ragazzo sorrise al ricordo, mentre Erin si poneva dietro di lui, poggiandogli le mani sulle spalle. – Abbiamo avuto il privilegio di conoscerlo entrambi e di trascorrere molto tempo con lui. Ma Alain, tra tutti noi orfani, era quello legato maggiormente a Walter. Era come un fratello maggiore per lui – rispose invasa dai ricordi. – Veniva quasi ogni giorno a Fondo delle Pulci. Ci ha aiutati molto, si è occupato di noi, ci ha insegnato a rubare, a cavarcela da soli, ci ha procurato le medicine per un’epidemia mortale. Se siamo vivi è solo grazie a lui.
Alain annuì sorridendo ancora, poi ritornando con lo sguardo su Kylan. – Ad ogni modo, avete mostrato la massima attenzione, nascondendovi alla perfezione da tutti, ma non da me. Era una sera in cui voi e colui conosciuto come Fahraq siete andati al bordello di lady Kettleback in compagnia dell’ormai defunto Lukell e di altri soldati della Guardia Reale. Erano i tempi in cui eravate ancora Lord Comandante della Guardia Reale. Voi siete uscito, raggiungendo un vicolo nascosto, piuttosto distante dal bordello. È stato in quel momento che vi ho visto e, incuriosito, mi sono nascosto, deciso a scoprire chi stavate aspettando e perché. Vi siete guardato più volte intorno, circospetto, ma non siete riuscito a notarmi grazie alla mia capacità di smettere quasi di respirare in situazioni di necessità. Parecchi minuti dopo, vi ha raggiunto quello che poi ho scoperto essere Sam Tarly, udendo la vostra conversazione, come ho scoperto anche la natura dell’alleanza che vi legava. Per dedurre anche il coinvolgimento dei Superni e di GreyShade mi è bastato fare due più due, nonostante non lo abbiate specificato.
- Ricordo bene quella sera. Dovevo convincere Sam a sembrare viscido e perverso in un ambiente come quello di un bordello, altrimenti la sua copertura sarebbe saltata. Pensavo di essere stato sempre diligentemente attento.
- Non fatevene una colpa: quando si tratta di me, è difficile tenere nascosto qualcosa – rispose semplicemente Alain.
- Ditemi di GreyShade – lo riscosse Kylan.
L’interpellato restò per un po’ fisso nei suoi pensieri, prima di rispondergli. – Ho aiutato anche lui ad entrare e ad uscire da Approdo, proprio come ho fatto con Walter anni fa. Senza il mio aiuto, i Fantasmi non sarebbero riusciti a penetrare ad Approdo indisturbati il giorno in cui hanno usato i nove cavalieri della Guardia Reale per distrarvi, per poi attaccarvi e massacrare quasi tutto il vostro esercito.
Kylan ricordava amaramente quel giorno in cui la vita gli era volata dinnanzi agli occhi in un soffio, ma cercò di ricacciare via quel ricordo dalla memoria, ritornando a concentrarsi sulle parole di Alain.
- I Fantasmi sono degli eroi per noi, per il popolo. Per questo li ho aiutati. Ovviamente GreyShade non mi ha rivelato la sua identità. Anche in quel caso, sono stato io a scoprirla segretamente. D’altronde, non l’ha rivelata nemmeno ai suoi seguaci.
- Mi state dicendo che neanche gli altri Fantasmi sanno chi sia? – chiese il giovane cavaliere incredulo.
- Esatto. Credo che solo una di loro sappia chi sia. Colei dalla quale ho udito pronunciare il suo vero nome. Quel giorno erano nascosti nel nascondiglio che avevo procurato loro in seguito alla battaglia avvenuta. Io non avrei dovuto essere lì a quell’ora, ma mi sono trattenuto, passando inosservato, per raccogliere più informazioni. GreyShade aveva tolto le bende solo dal viso, tuttavia, dalla mia prospettiva, non sono riuscito a scorgere il suo volto, ma solamente i folti capelli scuri. Con lui vi era un altro Fantasma palesemente con il corpo da donna, ma con ancora tutte le bende addosso, persino sul viso. Erano soli poiché gli altri erano nello spazio adiacente, intenti a riposarsi e a curare le ferite. Ella ha cominciato a parlare dei loro piani di sabotaggio, nulla che già non fosse risaputo su di loro, fin quando la conversazione non è sfociata in una lite e la donna, invece di chiamarlo con l’appellativo conosciuto, lo ha chiamato con un altro nome. Era solamente un nome, tanti ragazzi si potrebbero chiamare in tal modo. Tuttavia, ho unito i pezzi, le poche informazioni che già conoscevo, realizzando che quadravano tutti, capendo di esser giunto ad una conclusione e di aver compreso chi fosse il famoso paladino o fuorilegge più ricercato dei sette regni. Quando, poche settimane dopo, ho conosciuto Podrick e Bronn, stringendo un patto di fiducia con loro, ho rivelato di aver scoperto la sua identità.
Non appena era uscito da quella casa, era rimasto turbato e sempre più incredulo riguardo alla scoperta che aveva appena fatto. Ora sapeva chi fosse realmente colui che l’aveva quasi ucciso e che ci era riuscito con suo padre, colui che era stato capace di mettere in difficoltà l’incontrastabile potere di David. Pensò subito che Sam doveva aver dedotto bene convincendosi di aver scoperto chi fosse, benché non sapesse chi Sam credesse fosse GreyShade, dato che aveva sempre preferito non rivelarglielo nonostante la forte amicizia che condividevano da tempo. Sapeva che uno dei motivi per cui Sam aveva deciso di non dirglielo, consisteva nel proteggere sia lui, sia GreyShade a suo modo. Al contempo, il giovane Marbrand non era certo che il suo amico fosse a conoscenza di tutto ciò che concerneva la guida dei Fantasmi, al di là della sua identità. Avrebbe dovuto attendere il suo ritorno dal Nord per parlargliene, ad ogni modo.
Quei ricordi lo avevano travolto talmente tanto, da non essersi accorto di essere finalmente giunto alla meta prefissata: il bordello di lady Kettleback. Un luogo che odiava e che non visitava mai, a meno che non fosse costretto, come in quel caso. Era passato un mese dalla partenza di Sam e sapeva di doverglielo. Doveva conoscere Christine e occuparsi di lei, proprio come il suo amico si era raccomandato. Aveva atteso anche fin troppo, sempre occupato in ben altre faccende, ma quel giorno era riuscito a ricavarsi del tempo per quel favore che gli era stato chiesto dall’amico.
Non appena mise piede nella lussuosa locanda, venne invaso da un penetrante odore di incenso al quale le sue narici non si sarebbero mai abituate. Essendo pieno giorno, non vi era molto affollamento nella sala principale, poiché la maggior parte dei clienti preferiva appartarsi in una stanza privata con le ragazze o i ragazzini piccoli, in base ai gusti.
Non appena la vecchia e arzilla lady Kettleback lo vide varcare la porta della sua locanda, i suoi occhi si illuminarono e gli corse incontro. – Guarda guarda chi abbiamo qui! Il Primo Cavaliere del re è entrato nella mia locanda. È così raro vedervi qui, milord. A cosa devo tale onore?
- Avevo voglia di concedermi del sano piacere anche io, una volta tanto – aveva risposto facendo ciò che gli riusciva meglio oramai, nonché mentire, e sfoderando uno dei suoi sorrisi più cordiali.
- Purtroppo ho solo sette ragazze libere. Ne volevate di più?
- In realtà ne vorrei solo una.
- Oh, non dite sciocchezze! Per una volta che siete qui, pretendo che vi godiate pienamente ciò che la mia locanda può donarvi. Offre la casa ovviamente.
- Non sono solito intrattenermi con più donne insieme, milady. Preferisco concentrare tutta la mia attenzione su una sola, in modo da instaurare un’atmosfera più intima e complice.
- Sono certa che due delle mie ragazze, le migliori di tutto Approdo, vi faranno sicuramente cambiare idea. Ora, purtroppo, sono impegnate, ma quando si libereranno, le condurrò da voi.
- Non ce ne sarà bisogno. Vorrei una ragazza in particolare, se non è già impegnata, milady. Mi hanno detto che il suo nome è Christine.
- Oh – disse la donna affilando lo sguardo mentre lo osservava. – Che coincidenza. La nostra Christine sembra essere la preferita del vostro collega Fahraq. Egli, quando viene qui, chiede quasi sempre e solo di lei. Immagino ve ne abbia parlato così bene da avervi spinto a provarla.
- Sì, esattamente.
- Sapete che è in dolce attesa, non è vero, milord? Nonostante ciò, la nostra splendida Christine è talmente prodigiosa, da riuscire comunque a svolgere giornalmente il suo lavoro, sempre con le dovute cautele per non danneggiare il bambino, ci si intenda.
- Quali sarebbero queste cautele?
- Basta non farle richieste “particolari”, ecco. Per il resto, potete farle tutto quelle che volete.
Kylan le rivolse un altro sorriso gentile, mentre non riusciva a fare a meno di pensare a quanto fossero “utili” quelle “cautele” per non compromettere la gravidanza.
- Sono sicura che la nostra Christine sarà molto felice di soddisfarvi, d’altronde è da molto tempo che non si presta ai servizi di un cliente così bello e di alto rango come voi – gli disse la donna conducendolo al termine delle lunghe scalinate, e bussando ad una delle numerose porte chiuse del corridoio. I rumori che si udivano fuoriuscire da quelle stanze erano a tratti raccapriccianti per quanto alti ed estremi.
- Christine, tesoro, sono io e sono in compagnia. Oggi avrai l’opportunità di soddisfare un nuovo cliente – la avvertì la donna.
- Prego, entrate – si udì la voce soave provenire da dentro la stanza, la quale venne aperta subito dopo dalla Kettleback.
- Di chi si tratta? – chiese la ragazza prima di vedere la sua matrona e il nuovo cliente entrare.
Ella era sdraiata nell’immenso letto semisfatto e indossava un sottile e provocante abito di lino rosa pesca, che esaltava la sua splendida carnagione color cioccolato e il rigonfiamento ben visibile sul suo ventre, il quale non sminuiva minimamente il fascino esotico della giovane donna.
- Il Primo Cavaliere del re in persona, mia cara. Mi raccomando, rendi giustizia all’estesa reputazione della mia locanda – disse infine la matrona, poi uscendo dalla porta e chiudendola dietro di sé.
Kylan attese di udire i passi che scendevano dalle scalinate, poi parlò. – Immagino Sam vi abbia detto che sarei venuto – esordì.
- Sì, mi ha parlato molto di voi.
- Lo stesso ha fatto con me di voi.
 – Potete sedervi – gli disse in tono neutro, ma rimanendo sulla difensiva, indicandogli un punto casuale di quel grande letto che avrebbe potuto contenere otto persone.
- I clienti mostrano il dovuto riguardo verso di voi? Fanno attenzione al bambino?
- Sì, sono sempre gentili e riguardevoli nei miei confronti, da quando la pancia è divenuta visibile – rispose toccandosi il ventre rigonfio e distogliendo lo sguardo. – Non so per quale motivo Sam si affidi così tanto a voi – aggiunse riportando lo sguardo diffidente su di lui. – Il fatto che Sam si fidi di voi non presuppone che mi fidi anche io. Qui dentro ogni giorno entrano decine di cavalieri come voi, giovani uomini che si credono dèi scesi in terra solo per la posizione che ricoprono, e che si permettono di trattarci come oggetti inanimati, venuti al mondo con l’unico scopo di farsi sbattere, picchiare e maneggiare come splendidi animali da addestramento.
- Non mi conoscete, perciò posso giustificare tali pregiudizi. Io non posso dire di averne meno su di voi, dato che, nonostante Sam vi ami e si fidi di voi, io ho sempre diffidato dei vostri scopi e intenti nei suoi confronti. Talvolta l’amore rende ciechi al punto da far divenire invisibile qualcosa che è esattamente dinnanzi agli occhi.
- Dunque perché siete qui? Se credete che io mi stia approfittando di lui per qualche motivo, perché mi state chiedendo se io e il bambino che potrebbe anche non essere suo stiamo bene?
- Perché un amico mi ha chiesto un favore, ed io lo sto rispettando. Inoltre, non ho detto di esser convinto che lo stiate ingannando, ma di non avere abbastanza basi certe che possano permettermi di fidarmi di voi quanto si fida lui.
- Ora che vi ho assicurato che io e il bambino stiamo bene, potete anche andarvene, dunque. Avete compiuto il vostro dovere. Passare del tempo in vostra compagnia mi sta snervando.
- La cosa è reciproca. Ma credo che per voi sia sempre meglio trascorrere del tempo a sputarmi addosso i vostri rancori, piuttosto che vedermi uscire da quella stanza, mentre al mio posto entrerebbe un uomo che vi userebbe come oggetto sessuale per il resto della giornata.
 - “Sputarvi addosso i miei rancori”? Credete che stia facendo questo??
- Credetemi, me ne andrei molto volentieri, ma non posso uscire da questa stanza solo tre minuti dopo esservi entrato, altrimenti la matrona della locanda potrebbe cominciare a nutrire dei sospetti sulla natura della mia visita. Sospetti che voglio evitare in ogni modo di far nascere, altrimenti sarebbero guai seri sia per voi che per Sam.
- Fate ciò che volete, basta che lo facciate in silenzio, dato che vorrei riposare e non sentire più un’altra parola che esce dalla vostra bocca – disse stizzita, infilandosi maggiormente sotto le sottili coperte e appoggiando la testa sul cuscino.
Trascorsero circa dieci minuti in cui battibeccarono due o tre volte, fin quando non udirono bussare alla porta.
Kylan impietrì. – Per i sette inferi …! – bisbigliò cominciando a spogliarsi e facendo segno anche alla ragazza di togliersi il vestito.
- Lord Kylan – lo richiamò lady Kettleback da oltre la porta, bussando nuovamente.
- Sì?? – rispose lui cercando di farsi udire da dentro la stanza, continuando a spogliarsi e lanciando i vestiti a terra, dovunque gli capitasse.
- Mi spiace disturbare la vostra sessione di piacere, ma vi prometto che ne varrà la pena! Posso entrare un momento?
- Cosa c’è di tanto importante da avervi spinto ad interrompermi in un momento così idilliaco …?? – chiese il ragazzo simulando una sorta di fiatone, calciando via anche i pantaloni e afferrando uno dei teli messi a disposizione sopra il letto, legandoselo in vita distrattamente per coprirsi giusto il minimo indispensabile per non aprire la porta completamente nudo.
- Ve lo dirò non appena aprirete! –insistette la donna.
Solo in quel momento il giovane cavaliere si rese conto che Christine stesse facendo difficoltà nel togliersi il vestito a causa del pancione.
- Arrivo subito! Datemi solo il tempo di staccarmi da questa incantevole delizia e di raggiungere la porta! – rispose mentre aiutava la ragazza a sfilarsi il vestito con poca grazia a causa della fretta. – Per gli dei, sbrigatevi … Tirate su le braccia …! – bisbigliò.
- È incastrato tra i capelli …! – sussurrò lei, riuscendo finalmente a toglierselo e a gettarlo a terra, rimanendo nuda.
- Mettete in disordine le coperte e lasciate il corpo leggermente scoperto …! – si raccomandò sempre a bassissima voce Kylan, avviandosi verso la porta mentre si scompigliava i capelli il più possibile.
 - Dunque …? Cosa c’è di tanto urgente? – chiese alla matrona una volta aperta la porta, rendendo il lieve fiatone più credibile e reggendosi il telo intorno ai fianchi.
A ciò, la donna lo osservò, prendendosi anche il tempo per alzare lo sguardo e scrutare la stanza dietro di lui insieme alla ragazza stesa sul letto. Dopo di che, ritornò con lo sguardo sul giovane cavaliere, sorridendogli.
- Perdonate ancora l’interruzione. Come vi avevo promesso, ecco le mie due ragazze migliori. Si sono liberate proprio ora – gli disse indicando le due avvenenti giovani donne dietro di lei, le quali gli sorrisero provocanti.
- Vi avevo detto di volerne solo una – ripeté Kylan mostrando un sorriso palesemente infastidito.
- Ho pensato che sarebbe stato comunque adeguato dirvelo, nel caso aveste cambiato idea.
- Rimarrò solo con Christine – confermò, attendendo che la donna si congedasse e uscisse dalla sua vista seguita dalle altre due.
Chiuse la porta e tirò un sospiro di sollievo. – Fa sempre così? Interrompe i clienti nel bel mezzo della sessione di piacere? Non dovrebbe essere vietato? Se avessi saputo, mi sarei preparato già da prima, in caso di visite a sorpresa.
- Non lo fa sempre, ma talvolta sì. Fate attenzione a lei: è una ficcanaso  ossessionante. Sicuramente, in parte, ci ha interrotti poiché realmente sperava aveste cambiato idea, ma dall’altra, voleva anche accertarsi che foste venuto qui per i giusti motivi, per farvi soddisfare da me.
- Spero abbia creduto a ciò che ha visto – rispose rimanendo concentrando su quel pensiero, restando distrattamente con la schiena nuda appoggiata alla porta.
A ciò, lo sguardo di Christine si posò sui segni bianchi che spiccavano sulla pelle ambrata dell’addome del giovane cavaliere, le cicatrici non troppo lievi che si era dolorosamente procurato solo qualche mese prima. – Sono quelle della battaglia contro i Fantasmi, giusto? Ve le ha inflitte GreyShade – disse improvvisamente la ragazza, riscuotendolo dai suoi pensieri e facendogli capire a cosa si stesse riferendo.
Kylan diede una veloce occhiata al suo stesso addome, poi  rispose. – Sì, devono ancora cicatrizzarsi del tutto. Xavier dice che diventeranno un po’ meno visibili col tempo.
- Mi è sempre piaciuto osservare le cicatrici. Molti miei clienti sono cavalieri o combattenti, perciò negli anni ne ho viste parecchie. In qualche modo mi ricordano le mie, nonostante quelle che incidono me non sono esterne, ma interne. Sam è riuscito a farne scomparire molte – disse accennando un sorriso involontario nel ripensare al suo amato lontano da lei.
Solo in quel momento Kylan realizzò che ella fosse ancora completamente nuda dinnanzi a lui. A ciò, si avvicinò al letto, prese un altro telo, lo aprì e lo posò sulle spalle della fanciulla, coprendo le sue nudità.
- Perché lo avete fatto? – chiese lei sorpresa. – Sapete che sono una puttana. Sono abituata a trovarmi nuda dinnanzi agli uomini. Non è un problema per me.
- Lo so. Ma rimanete comunque una donna – rispose lui, sedendosi nuovamente sul bordo del letto.
- È per tale motivo che vi rivolgete a me in tono formale, come fossi una lady? – gli chiese accennandogli il primo vero sorriso da quando lo aveva visto.
– Non ha fatto lo stesso anche Sam quando vi siete conosciuti? Anche lui ha un grande rispetto per ogni donna.
- Lui non lo ha fatto semplicemente perché ci siamo conosciuti attraverso un’intensa intimità, ma non perché mi considerasse un oggetto, come tutti gli altri. Quel giorno mi stava per svenire tra le braccia – disse ricordando quel momento divertita e intenerita.
- Lui ha visto qualcosa di speciale in voi.
- Così come lo ha visto anche in voi, milord.
Quelle affermazioni sembravano sancire una sorta di pace temporanea tra loro.
- Anche voi avete una donna che amate come io amo Sam? O che ha guarito parte delle vostre cicatrici, come lui ha fatto con le mie? – interruppe il breve silenzio la ragazza, sistemandosi più comoda nel letto.
Quella domanda fece salire un brivido lungo la schiena del giovane cavaliere, il quale sorrise involontariamente prima di rispondere. – Non era la stessa cosa. Ma sì, c’era una ragazza, anche per me. Tutt’ora non so dire che rapporto preciso vi fosse tra noi due. So solo che era una fanciulla davvero fuori dal comune, diametralmente opposta a me. Ci siamo conosciuti quando eravamo solo dei ragazzini. All’inizio non riuscivo proprio a sopportarla, era capace di farmi arrabbiare ad una velocità impressionante, e la cosa era reciproca.
- A quanto pare non sono l’unica, allora.
- Già – rispose, poi abbassando la testa. – Ma ora non c’è più.
- Mi dispiace.
- No, non dovete. Le persone muoiono continuamente, non è una novità – rispose lui acquisendo un tono distante, quasi doloroso da sentire per quanto apparentemente indifferente.
- Seppelliamo l’ascia di guerra, per ora – propose Christine, ponendo nuovamente termine al silenzio creatosi.
- Sono d’accordo. Almeno fino al ritorno di Sam.
- Poi potremo non vederci mai più – aggiunse porgendogli la mano delicata e decorata dai bracciali.
- Poi potremo non vederci mai più – confermò lui stringendogliela.
- Dato che siamo giunti a questa “pace”, devo confessarvi che ho mentito prima – disse la giovane, mostrando i segni rosso violacei sulle braccia che era riuscita bene a nascondere grazie alla sua pelle scura.
- Chi vi ha fatto questo? – chiese Kylan osservandoli per dedurne la gravità.
- Parecchi miei abituali clienti. Il bambino potrebbe essere di ognuno di loro. Mi minacciano chiedendomi chi sia il padre, come se io potessi saperlo, poiché sperano di non divenire padri di un bastardo. Anche lady Kettleback vorrebbe saperlo. Certo, vi sono più probabilità che sia Sam data la frequenza con la quale veniva a farmi visita rispetto agli altri, ma non posso averne la certezza. Non ho detto nulla neanche a lui prima che partisse, perché si preoccupa troppo e tiene immensamente a questo bambino. Continua a ripetermi che farà di tutto per essere un buon padre e dargli una vita degna di essere vissuta, proprio come suo padre Sam si è preso amorevolmente cura di lui, nonostante non fosse un suo genitore biologico – gli spiegò sorridendo con gli occhi lucidi.
- Farò in modo di venire il più frequentemente possibile qui a controllare come state e come si evolve la situazione. Dovrete sempre informarmi quando i vostri clienti vi minacciano, intesi? Se continueranno, ci penserò io a farli smettere.
La ragazza annuì rincuorata.
- D’accordo, ora sarà meglio che vada. Un’ora di sessione di piacere potrebbe bastare a convincere la vostra matrona che sono venuto qui per farmi realmente soddisfare da voi - disse il giovane cavaliere ancora sovrappensiero, dirigendosi verso la porta.
- Lord Kylan – lo richiamò lei, facendolo nuovamente voltare una volta giunto sul ciglio della porta. Il ragazzo non poté fare a meno di notare che ella stesse cercando di comprimere un sorriso divertito. – Se volete evitare sguardi non graditi quando uscirete da questa stanza, fareste meglio a rivestirvi.
 
 
- Tesoro, ne sei davvero sicura? – le chiese Jaime per l’ennesima volta.
Eveline gli sorrise rassicurante. – Te l’ho detto, zio Jaime, io e Drogon da soli basteremo. Non devi far scomodare l’esercito per così poco. Dobbiamo salvaguardare quanti più uomini possibili per la ribellione.
- Ma non sappiamo da quanti uomini sia composta la scorta! Drogon è ancora debole e dato che abbiamo stabilito che non potrà usare il fuoco contro di loro, potresti dover fare la maggior parte del lavoro tu.
- Come potrebbe essere che, trovandosi un drago minaccioso dinnanzi a loro, si arrendono subito. Ma anche se non dovesse essere così, posso farcela, so cavarmela. Neanche immagini cosa sono riuscita ad apprendere in questi due anni. Se non do sfogo alla mia magia in questi casi, quando lo farò? – disse cercando di rassicurarlo ancora, mentre Margaery la guardava in cagnesco a qualche metro di distanza. Avevano appena litigato per quella faccenda, ma sua madre si preoccupava troppo. Anche gli altri avevano i loro timori dato che la giovane rosa aveva deciso di battersi da sola insieme a Drogon contro la scorta armata della corona, la quale sarebbe dovuta giungere a Grande Inverno quello stesso giorno. Ella aveva garantito che sarebbero bastati loro due per catturare e imprigionare tutti quegli uomini.
Jaime la guardava ancora dubbioso mentre Myranda, lontana qualche metro anch’ella, era l’unica che le rivolgeva uno sguardo sicuro e incoraggiante.
- Non vuoi neanche indossare un’armatura? – aveva insistito il Lannister, dando un’altra occhiata al lungo vestito che scendeva morbido sulle belle forme della ragazza, la quale oramai usava indossarlo quasi sempre, in aggiunta ad un pesante mantello di pelliccia per ripararsi e riabituarsi al freddo intenso di Grande Inverno.
Ella rise ancora. – Sto bene così, te l’ho detto – disse abbracciandolo, per poi allontanarsi ed avvicinarsi a Drogon già in posizione, mentre gli altri e molti cavalieri erano in attesa e in all’erta nel caso il drago ed Eveline avessero avuto bisogno di rinforzi, Lyanna Mormont e Meera Reed in prima fila.
La ragazza affondò i piedi nella neve gelida e familiare che le arrivava fino ai polpacci, percependo i piccoli e delicati fiocchi accarezzarle il viso e i capelli lunghi.
Drogon si voltò verso di lei, abbassando il muso per darle modo di accarezzarlo. Ella posò una mano sulle squame accanto alle narici del drago e lo guardò con amore, accostando anche il viso e poggiandolo, fino a far toccare la punta del suo naso alla pelle dura della creatura. Daenerys quasi si commosse nell’osservare quella scena a distanza.
- Andrà tutto bene, Big D. Andrà tutto bene. Siamo insieme. Stavolta non sarai solo tu a proteggermi come quando ero piccola, ma lo faremo entrambi, l’uno con l’altra. Ci sei? – gli sussurrò continuando a guardarlo e a poggiare il naso su di lui, come se potesse realmente risponderle.
Drogon emise un verso un po’ diverso dal solito in risposta. Lo usava spesso quando voleva cercare di farsi comprendere da coloro che amava.
- Bravo il mio ragazzone. Ora, ascoltami bene, Big D: ti ricordi cosa ci siamo detti prima, non è vero? Non udirai nessun “Dracarys” da tua madre, questa volta. Niente fiamme. Ce la caveremo anche senza – lo rassicurò ancora, per poi allontanarsi e mettersi in posizione accanto a lui, soli dinnanzi all’entrata della piazza.
Attesero qualche ora, imperturbabili e sicuri, respirando il gelo del Nord come fosse una ninfa vitale capace di rafforzare i loro poteri sempre più.
Sentirono scorrere quei cristalli di neve attraverso le loro vene.
La neve era un prodotto della terra e i piedi della giovane rosa erano sempre più ancorati ad essa.
Finalmente, poco prima del tramonto, si udirono dei rumori in lontananza che non lasciavano alcun dubbio.
La scorta della corona composta da cinquanta uomini scelti dal Primo Cavaliere del re, si sorpresero nel trovarsi dinnanzi solamente il drago e una ragazza. Evidentemente, i sospetti del sovrano erano fondati e non solo Grande Inverno era libera, ma era persino stata avvertita del loro arrivo da qualcuno. Tuttavia, se lo sapevano, perché mai non vi era nessun esercito ad attenderli, ma solo quelle due bizzarre presenze?
Il comandante della scorta fermò il cavallo, facendo segno di fermarsi anche agli altri. – Chi siete voi? – chiese semplicemente alla ragazza incappucciata.
Ella si avvicinò di qualche passo. – Il mio nome è Aradia. Ma, presto, non avrà alcuna importanza – rispose semplicemente, togliendosi il cappuccio e alzando le braccia al cielo.
Intanto Drogon assumeva una posizione di difesa ed emetteva dei tremendi versi minacciosi che fecero rabbrividire l’intera scorta.
- Atmafheym Atmafheym Ieran. Atmafheym Atmafheym Ieran – disse la giovane rosa al cielo, con ancora le braccia alzate.
In quel momento, tutti i cavalli della scorta e ogni uomo sopra di loro, cominciarono a volteggiare in aria, come foglie trasportate da un vento calmo, galleggiando sospesi.
Ma quell’incantesimo, a lungo termine, li avrebbe quasi uccisi, e lei non voleva e non poteva ucciderli. Eveline l’aveva imparato a sue spese durante i due anni di addestramento sotto la tutela di Aris: niente era senza controindicazioni.
Dopo averli storditi un bel po’ grazie alla sospensione dei loro corpi, li fece ripiombare a terra, sparsi tra la neve come foglie cadute.
- Se vi arrenderete ora, non vi sarà fatto alcun male – li esortò la giovane Targaryen, mentre li guardava rialzarsi faticosamente.
- E noi dovremmo temere una maledetta negromante?? – chiese sprezzante uno di loro, rialzandosi più velocemente degli altri e puntandole una freccia contro, pronto a scoccare.
A ciò, Drogon avanzò di qualche passo, mostrando tremendi segni di rabbia all’insulto e alla minaccia dell’uomo rivolti ad Eveline.
Ma questa stese il braccio verso il drago per fermarlo e calmarlo. – No. Sta’, tranquillo, ci penso io – gli disse attendendo che quell’uomo scoccasse la freccia verso di lei.
Jaime e tutti gli altri, intenti ad osservare la scena dall’interno delle mura, oltre ad essere increduli per le prodigiose capacità della ragazza, non riuscivano a capacitarsi del perché quegli uomini sembravano non avere abbastanza paura di Drogon.
Non appena la freccia spiccò a velocità estrema verso la giovane rosa, questa allungò un braccio dinnanzi a sé, ponendo il palmo della mano dritto e verticale. Fece un gesto che mimava un taglio netto nell’aria con il braccio e la mano, un gesto che fece frantumare il legno della freccia in polvere prima che potesse anche solo avvicinarsi a lei.
L’uomo che l’aveva scoccata boccheggiò perplesso.
Mentre anche tutti gli altri si stavano rialzando in piedi intenti a non arrendersi, ed Eveline stava preparando un altro attacco magico, Daenerys fu l’unica a notare qualcosa, nonostante osservasse il tutto da lontano: uno degli uomini era intento ad afferrare delle frecce particolari, con le punte di un colore e di un materiale diverso da quelle usuali. Delle punte che aveva già visto in mano alla donna che aveva suo figlio e che era riuscita ad avvelenare il suo drago.  Si pietrificò e cominciò a correre verso Eveline. – No!! Eve!! Hoxana ha dato loro le frecce forgiate con il fiato di un estraneo!! Per questo non hanno paura di Drogon!! Possono avvelenarlo e paralizzarlo di nuovo!! Eve!! – urlò facendosi udire dalla nipote, la quale si voltò verso sua zia e visse quel delicatissimo momento a rallentatore: l’uomo possedeva una balestra capace di scoccare decine di frecce al secondo, tutte sicuramente con la punta composta di quel vetro di fiato di estraneo di cui parlava sua zia; Drogon non sarebbe riuscito a volare via in tempo. Lo avrebbero sicuramente colpito.
Non aveva tempo per pensare e per riflettere poiché la balestra era sul punto di iniziare la sua sferzata di colpi, mentre gli altri uomini si stavano velocemente avvicinando a lei.
Non sarebbe voluta arrivare a tanto. Si era ripromessa di non farlo.
In quell’istante di pura irrazionalità aveva agito. Si era lasciata cadere a terra, piombando con forza con le mani e con le ginocchia sul terreno, sprofondando nel tappeto soffice e bianco, un impatto tanto potente da provocarle un colpo di frusta.
In quell’esatto momento, sei o sette grossi e profondi varchi nel terreno si aprirono, facendo precipitare tutti gli uomini della scorta al loro interno. La balestra era ferma, l’uomo non aveva avuto il tempo di farla agire. Drogon era salvo e gli uomini catturati.
Eveline rimase ferma alcuni secondi ad osservare ciò che non si era azzardata a rifare da un bel po’. Si voltò a guardare indietro, verso gli occhi dei suoi cari puntai su di lei, e vide i loro sguardi completamente sorpresi, scossi, temendo di trovare anche della paura in loro. Poi la sua attenzione si posò sulla figura di Myranda, l’unica che l’aveva già osservata fare una cosa del genere, l’unica che la guardava con fierezza, sorridendole rassicurante, ed Eveline lesse perfettamente cosa voleva dirle quello sguardo tanto incoraggiante: Sei riuscita a trattenerti questa volta, e senza il mio aiuto. Sei stata brava.
Difatti i varchi non erano tanto profondi da aver ucciso coloro che erano caduti al loro interno, nonostante fossero alti parecchi metri.
Accennò un sorriso e liberò un sospiro trattenuto a lungo.
Ma quella sensazione non durò molto, poiché l’unico cavaliere della scorta riuscito a scampare agli enormi varchi, aveva approfittato del momento di disorientamento generale per piombare alle spalle della ragazza ancora inginocchiata e colpirla a sorpresa.
Fortunatamente, i riflessi della giovane rosa le permisero di voltarsi di scatto e di lanciargli un colpo alle gambe tanto violento da farlo crollare a terra, consentendole di guadagnare tempo.
Drogon aveva già aperto la bocca e fatto uscire le zanne appuntite, pronto a staccargli la testa seduta stante.
- Calmo, Big D: sono ancora capace di difendermi bene con la spada – gli disse afferrando un pugnale dalla sua cintola, atterrando nuovamente il cavaliere e mettendolo fuori gioco, pugnalandolo abilmente in un punto del corpo che sapeva non gli avrebbe fatto rischiare la vita.
Fu in quel momento che la giovane rosa realizzò qualcosa, con orrore: le sue mani stavano fremendo visibilmente, quasi sfrigolando, mentre i suoi palmi stavano velocemente assumendo un colore nero violaceo.
Poi anche il pugnale divenne immediatamente polvere tra quei palmi tremanti e neri. – No … no … no, non ora … ti prego … - sussurrò stringendo le mani tra loro e avvicinandole al viso, premendo talmente tanto come per comprimerle e farle smettere di tremare, da ferirle con le unghie. Cercò di regolarizzare il respiro, ma quelle mani sembravano non volerne sapere di smettere di polverizzare qualcosa o qualcuno. Sembravano quasi avere vita propria.
- Ma che cosa …
Quella voce amata che non sentiva da troppo tempo, fece placare tutto, persino la fame delle sue mani.
Si voltò a guardare il ragazzo ancora sul suo cavallo che si avvicinava a lei incredulo, rimasto tutto il tempo del combattimento qualche metro più dietro, poiché la scorta gli aveva imposto di farlo, dato che era colui a dover essere protetto e scortato.  
Eveline lesse negli occhi di Sam un profondo stupore, forse più dettato dal fatto di trovarla lì, a Grande Inverno, piuttosto che per i suoi estesi e pericolosi poteri che le aveva visto possedere.
Ella gli sorrise d’istinto, non riuscendo a fare null’altro in quel momento, mentre lo guardava dal basso: - Quanto mi sei mancato.  
 
 
 
 
 

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Capitolo 33
*** Haylor ***


Haylor
 
Il bambino dai capelli del color dell’argento camminava spedito per i corridoi della torre, fin quando non giunse dinnanzi alla porta della stanza maledetta e vi buttò dentro il suo cappottino sporco di terra e di neve con non curanza. Solo dopo si accorse che la luce dentro la stanza fosse accesa.
Il piccolo Hayden, curioso, entrò e intravide la testolina colma di riccioli dorati di Myranda, la quale era sdraiata nel letto.
Non appena la piccola lo vide, le si illuminarono completamente gli occhioni chiari. – Hayden!
- Che fai qui nella stanza maledetta, Myranda? – le chiese stupito.
- Le balie sono arrabbiate con me. Mi stanno cercando perché ho lasciato la mia stanzetta troppo in disordine. Ma, insomma, Eve è anche più disordinata di me! Quindi ho deciso di nascondermi qui per non farmi trovare – rispose abbassando la testa, poi rialzandola subito dopo e sorridendogli radiosa. – Den, tu hai cinque anni, sei grande. Sai leggere, vero? – gli chiese cercando di trovare un modo per farlo rimanere con lei.
- Sì, un po’, perché?
- Mi leggi una delle favole del libricino dei misteri della selva fatata?? – gli chiese speranzosa, sventolando il libricino in alto.
- Io non so leggere bene come i grandi, Mi. Dovresti chiedere a zio Jaime o a zia Brienne.
- Ma loro sono impegnati adesso. Ti prego, Den!
- Va bene – si arrese lui entrando nella stanza e sedendosi sul letto con le gambe incrociate, di fronte a lei.
- Den?
- Sì?
- Io non mi ricordo più perché io te, Ruben, Eve e Sam abbiamo deciso di lasciare i vestiti sporchi nella stanza maledetta, sai?- disse guardando dubbiosa la montagnetta di vestitini per bambini abbandonata accanto alla porta della stanza.
- Abbiamo deciso di farlo perché la stanza maledetta se lo merita. E poi, almeno le balie non ci sgridano per aver sporcato i vestiti se non li vedono. Qui non ci viene mai nessuno – rispose con naturalezza, aprendo il libricino. – Quale storia vuoi? – le chiese.
- Questa – ella gliela indicò con il ditino e si rimise comoda, cominciando a guardarlo mentre leggeva.
- “Storia numero ventiquattro dei misteri della selva fatata.
C’era una volta, vicino al fiumi … al fiumiciattolo della selva, un ragno con cinque zampe, amato da tutti …”
Il bambino si incespicò solo in qualche parola particolarmente difficile da leggere, ma era molto fluente nella lettura, in realtà. Continuò a leggere la storia mentre la piccola Lannister lo ascoltava e lo osservava con un sorriso ad ornarle il faccino rotondo. I suo occhi si posarono in particolar modo sull’ematoma viola che contaminava il nasino fino di Hayden.
- Den? – lo interruppe durante la lettura.
- Che c’è? – le chiese alzando lo sguardo dal libricino e puntando gli occhioni neri su di lei.
- Sai, oggi, quando hai picchiato e detto delle cose cattive all’amico di Kenney, e poi tutti i grandi ti hanno sgridato e messo in punizione per averlo fatto, io ero dalla tua parte – affermò convinta.
A ciò, Hayden accennò un sorriso divertito. – Tu sei dalla mia parte solo perché ti piaccio, Myranda.
A quelle parole, la piccola divenne totalmente rossa come un pomodoro maturo. – Non è per quello che sono dalla tua parte!
- E allora perché?
- Io lo so perché ti sei arrabbiato con lui e sei diventato triste. Non è stato perché lui ti ha rubato la spada di legno come hai detto, ma perché, poco prima, ti ha detto una cosa tanto brutta, una cosa che ti fa sempre stare tanto male. Lui ti ha detto che sei solo il nipote di un folle assassino e che tutti voi draghi siete dei mostri maledetti.
Udendo ciò, Hayden impietrì sorpreso.
- Perché non hai detto la verità ai grandi, Den?
Il bambino distolse lo sguardo. – Perché non avrei comunque dovuto picchiarlo, neanche dopo quello che mi aveva detto. Non avrei dovuto farlo in ogni caso. Sono stato stupido e basta. Il fatto è che, quando mi dicono queste cose o che sono solo un Targaryen, mi innervosisco. Io sono anche uno Stark. Non voglio essere associato al Re folle.
- Tu non sei come lui. Non lo sarai mai. Tu sei buono, sei gentile e stai sempre male quando fai male a qualcuno – gli disse sorridendo.
- Ma tu come facevi a saperlo? Ci hai sentiti? – chiese Hayden ritornando a guardarla.
- No. Ora ti dirò come ho fatto, ma tu non dirlo a nessuno – sussurrò la piccola guardandosi intorno circospetta e facendo scattare a destra e a sinistra i suoi riccioli biondi, per poi avvicinarsi lievemente al bambino. – Me lo hanno detto sei gnometti – affermò con una serietà quasi comica.
A ciò, Hayden non riuscì a trattenere una spontanea risata. – Sul serio??
- Sì! Te lo giuro – confermò Myranda solenne. – Mi sono apparsi. In realtà mi appaiono spesso. Un giorno te li farò conoscere, però loro non si mostrano agli sconosciuti, quindi dovrò trovare un altro modo. Ah, trovato! Potrei disegnarteli!
Hayden rise ancora. – Va bene. Me li disegnerai.
- Den? – lo richiamò nuovamente la piccola, rivolgendogli uno sguardo incerto che fece lievemente allarmare il maschietto.
- Non mi stai per chiedere ancora se da grandi noi due ci sposeremo, vero?
- No! Ti ho promesso che non te lo avrei più chiesto! – esclamò diventando ancora rossa.
- Allora cosa?
- Qual è la cosa che Eve e Sam dicono che sai fare solo tu ma che non mi vogliono rivelare perché dicono che sono troppo piccola e mi spaventerei? Sono troppo curiosa. Me lo dici?
- D’accordo, te la mostrerò – rispose il bambino mostrando un sorriso furbetto che gli fece arricciare lievemente il nasino.
A ciò, si spostò qualche ciuffo biondissimo che gli ricadeva davanti al viso per liberare completamente la visuale, e si coprì gli occhi con le manine.
Myranda attese qualche secondo impaziente, poi vide le mani allontanarsi dal volto di Hayden e mostrarle qualcosa che la fece letteralmente urlare di paura: gli occhi del bambino erano divenuti due palline completamente bianche, prive di iridi, poichè rigirati indietro. Nonostante non potesse vederla, Hayden rise nell’udire l’urlo spaventato di Myranda, accompagnato dal rumore del cuscino che la piccola aveva afferrato per coprirsi gli occhi.
- Toglilo, toglilo, toglilo! Mi fa paura!
Hayden si concesse qualche altro secondo per ridere a crepapelle, poi rigirò gli occhi in una posizione naturale, rassicurando Myranda. – Lo hai voluto tu! Sta’ tranquilla, ora puoi guardare.
Ella abbassò il cuscino dal viso, ritornando a guardarlo. – Perché ci riesci solo tu?? Che strano potere è??Fa troppa paura!!
- Mamma dice che alcune persone ci riescono, non è uno strano potere. Sai una cosa?
- Cosa?
- Credo che tu a volte faccia solo finta di essere fifona – le disse con naturalezza.
- Perché?
- Cioè, se non fai finta, magari non lo sei in realtà, ma non te ne rendi conto. Insomma, ti spaventi per le cose più banali, però, al contempo, non ti sei fatta alcun problema nel nasconderti serenamente nella stanza maledetta che ci ha quasi uccisi.
Myranda vi rifletté un po’ su. – Forse hai ragione. O forse sono coraggiosa perché sono con te ora.
A quelle parole, un altro sorrisino illuminò il viso del bambino. – Allora, suppongo che posso mostrarti ancora il mio strano potere pauroso, e tu non ti spaventerai – disse sapendo che si sarebbe beccato una cuscinata subito dopo.
Il Principe aprì gli occhi ritrovandosi nella sua grande e regale stanza di Approdo del re, non riuscendo a capire come mai quel ricordo lontano avesse popolato i suoi sogni. Che avesse a che fare con la presenza familiare che, ultimamente, sentiva sempre più spesso al suo fianco?
Restò ancora un po’ a fissare il soffitto della camera, mentre i raggi fiochi della mattina entravano dalla finestra e gli illuminavano il viso e le coperte come una carezza delicata.
Percepì ancora quella strana presenza accanto a sé, poi la sentì come allontanarsi.
Dopo qualche minuto, vide alcuni dei fogli che si trovavano sopra il tavolino poco lontano dal letto, svolazzare via apparentemente come mossi dal vento, nonostante non fosse entrato neanche un filo di vento nella stanza.
Il ragazzo si alzò e si avvicinò al tavolino, notando che, su uno dei fogli rimasti, vi fosse un disegno che in precedenza non c’era. Lo prese in mano e si accorse che vi fossero rappresentati sopra sei buffi gnometti. Accennò un lieve sorriso, d’istinto, nonostante non fosse più abituato a sorridere. – Dove sei? – chiese.
 
 
- Dunque stai cercando di dirmi che anche il Primo Cavaliere è dalla nostra parte, figliolo?? – chiese incredulo Jaime.
- Esatto. Siamo diventati una squadra. Ha delle motivazioni valide per andare contro David, mi fido di lui – confermò Sam, osservando l’immensa porzione di stufato che Margaery stava versando nel suo piatto. – Zia Margaery, può bastare – le disse sorridendole.
- Devi mangiare, tesoro. Sei dimagrito – insistette la donna, riempiendo nuovamente il mestolo e versandone ancora.
Eveline, mentre ascoltava i racconti di Sam, continuava a riempirsi il piatto con pietanze diverse, fin quando la sua mano non ricevette uno schiaffetto da parte di sua madre. – Mamma! Perché lo hai fatto?
- Sei un pozzo senza fondo come tuo padre.
- E allora? Lo sono sempre stata! – si lamentò, sempre più confusa.
- Sì, ma oggi devi contenerti, perché questo cibo è per Sam. Lui deve mangiare, lui è dimagrito.
- Con questo vorresti dirmi che io sono ingrassata?
- No, rosellina, tu non ingrassi, né dimagrisci mai, ma cresci soltanto. Invece Sam e Myranda sono dimagriti, quindi lascia mangiare loro e rinuncia all’abbuffamento quotidiano per oggi – rispose Margaery scatenando le risate di tutti a tavola, dando quasi l’impressione di aver nuovamente raggiunto la stessa abituale e familiare ruotine di sempre, prima che accadesse ogni cosa, nonostante non fosse affatto così.
- Che gli déi possano tirarmi dell’acqua in viso per credere a quello che ho udito: i Fantasmi, i Superni, il Primo Cavaliere e mio nipote tutti dalla stessa parte, pronti ad appoggiare la nostra ribellione – disse Jaime. – Giusto qualche giorno fa ci ha contattati anche tuo zio Dickon, con l’intenzione di appoggiare la ribellione in segreto, proprio come le famiglie delle ventidue concubine morte.
Sam sorrise gioioso a tale notizia. – Proprio come speravo. Sono felice di vedere che vi siete dati così tanto da fare.
- Anche i dothraki ci appoggerebbero immediatamente se ne avessimo bisogno. Oramai ci considerano loro figlie – aggiunse Myranda.
- Abbiamo molto di cui parlare, ragazze – disse Sam quasi con gli occhi lucidi, guardando le due cugine.
- Già – rispose Eveline con lo stesso sguardo.
- Noi siamo più sorpresi di ciò che sei riuscito a fare tu! Insomma, una spia dei Fantasmi?? Ti ha addirittura addestrato GreyShade insieme ai Superni. Sei a contatto con l’usurpatore ventiquattro ore su ventiquattro e sei riuscito ad entrare perfettamente nella parte, come fossi un attore nato! – esclamò Margaery guardandolo stupefatta.
-  Invece, per quanto riguarda Hayden, sicuro di avermi detto tutto? – chiese nuovamente Daenerys. – Com’è? Che cosa fa? Come reagisce? – continuò quasi senza prendere respiro tra una domanda e l’altra.
Sam dovette ingoiare un altro groppo in gola. – Sta bene, zia. Ti ho già detto tutto su di lui, davvero: sembra perennemente scosso, ma si vede che è sempre lui e che agisce solo perché costretto. Le torture non hanno avuto l’effetto sperato su uno come lui – mentì spudoratamente di nuovo.
- E Jon invece?
- Lo stanno tenendo prigioniero grazie ad Hayden. Non potrebbero mai uccidere il padre del principe ereditario. 
- Bene, figliolo, ora che è meglio che tu riposi dal lungo viaggio. In seguito ci illustrerai il piano che intendi attuare per il problema della scorta – gli disse Jaime accennandogli un sorriso affettuoso.
- Già, prima di riposare vorrei andare a visitare la tomba dei miei genitori – disse il ragazzo.
- Ti accompagnamo – si proposero immediatamente le due fanciulle.
 
 Sam pose i fiori prima dinnanzi al nome inciso nella pietra di sua madre, e poi di suo padre.
- Mi avete insegnato tanto. Tutto ciò che siete stati, sarà valso sempre. Riposa in pace, madre. Addio, padre – disse rialzandosi in piedi e rimanendo a guardare i fiocchi di nevi che si posavano sulle incisioni, sotto l’Albero Diga, affiancato da Eveline da un lato, e da Myranda dall’altro.
Le due restarono in silenzio, lasciando quel momento solenne solo per lui.
- Dunque, Corvo e Strega – ruppe la calma Sam, guardando prima una, poi l’altra.
- E Attore – aggiunse Myranda guardandolo a sua volta.
- Mancano un Principe e un Ladro, però – disse Eveline rivolgendo lo sguardo lontano, nostalgica.
- La Vecchia Nan aveva sempre ragione a quanto pare – fu di nuovo Sam a parlare, mentre un sorriso accennato ornava il suo volto.
Erano di nuovo insieme dopo tutto ciò che era successo, dopo anni che sembravano millenni. Non erano mai stati tanto diversi, mai così uniti.
- Il famoso piano di cui parlavi in lettera? Puoi svelarcelo ora? – chiese improvvisamente Eveline ponendogli una mano sottobraccio.
- Quando questa sera ne parlerò anche con gli altri, sono sicuro che mi rideranno in faccia. Ma sono certo che voi due non lo farete – le rispose Sam con sicurezza. – L’idea è venuta a Kylan, in realtà, quasi per errore.
Cominciò a narrare loro come fosse andata quel giorno, mentre il ricordo che lo concerneva si faceva strada nella sua mente:
- Si tratta di almeno cinquanta cavalieri scelti tra i più fedeli e valorosi della Guardia Reale. Non c’è un modo, è inutile restare qui a trastullarci, giovanotti – aveva detto loro Xavier comodamente accasciato su una sedia.
- Cosa dovremmo fare allora?? Ucciderli tutti e farci scoprire?! – aveva esclamato Sam nervoso, non riuscendo a trovare pace sulla sua sedia, mentre Kylan camminava avanti e indietro per la stanza e sembrava non ascoltarli.
- Se non volete prestare ascolto alla mia idea riguardo l’attacco di GreyShade a sorpresa durante il tragitto, arrangiatevi da soli – aveva aggiunto il vecchio testardo.
- Desterebbe troppi sospetti, Xavier, non voglio prenderla in considerazione – rispose a tono il giovane Tarly.
- Se ti fingessi morto non desterebbe sospetti.
- Non voglio fingermi morto.
- E allora vai a scaldare il tuo culo fuori dal mio studio, io ho da fare – contestò offeso il vecchio.
- E se provassimo a replicare la tecnica che usano i Senza Volto? – chiese improvvisamente Kylan bloccando la sua marcia avanti e indietro per la stanza, prendendo la parola per la prima volta.
I due lo guardarono sconvolti, non sapendo se cominciare a ridere o a piangere.
- Non guardatemi così, lo so che sembra assurdo, ma lasciatemi spiegare: i Senza Volto uccidono gli uomini per poi usare i loro volti come una sorta di maschera umana, no? E se fosse possibile usare quella maschera umana anche senza sacrificare una vita, scambiando i volti degli uomini della scorta con quelli degli alleati del Nord che saliranno ad Approdo al loro posto? Tu sei stato per diverso tempo alla Cittadella prima di venire qui, Sam – disse rivolgendosi poi solo al diretto interpellato.
- Sì.
- La Cittadella contiene tutti i segreti dei sette regni al suo interno. Sicuramente là dentro vi saranno dei tomi che …
- Sì! – esclamò Sam interrompendolo e realizzando improvvisamente qualcosa. – Ho visto dei tomi che riguardavano le origini dell’antica leggenda dei Senza Volto nella sezione dei libri proibiti! Sono sicuro che al loro interno sia esposto un modo per replicare il “trucco”!
- Perfetto. Devi solo contattare GreyShade e chiedergli di rubarli per te – commentò il giovane Marbrand.
- No, non sarà necessario – rispose Sam riflettendo ancora.
- Cosa vuoi dire, ragazzo? – chiese Xavier.
- Voglio dire che quei tomi sono già stati rubati da GreyShade quando ha saccheggiato la Cittadella.
- Vuoi chiedere l’aiuto dei Fantasmi, dunque? – domandò Myranda.
- Ho già contattato GreyShade prima di partire, chiedendogli di incontrarci vicino a Grande Inverno, per farmi riferire di persona cosa ha appreso da quei libri. Lui mi ha confermato che è possibile replicare la tecnica dei Senza Volto  – disse speranzoso.
- Vuoi dire che incontreremo GreyShade? – chiese Eveline perplessa.
- Se vorrete accompagnarmi. Altrimenti lo incontrerò solo io.
- Certo che ti accompagneremo! – rispose la giovane rosa rinsaldando la presa sul braccio di suo cugino.
- Sapete una cosa, ragazze? Non so come abbia fatto senza di voi fino ad ora – disse il ragazzo stringendole entrambe.
- Non lo sappiamo neanche noi – rispose Myranda stringendolo a sua volta.
- Tuttavia, so che i vostri pensieri sono turbati quanto i miei se non di più … - aggiunse alternando lo sguardo preoccupato tra le due.
- Cosa intendi dire?
- Mi sembrava fin troppo strano che solo zia Dae mi riempisse di domande su Hayden. Mi aspettavo che voi due foste le seconde, subito dopo di lei, a tormentarmi di domande su nostro cugino. Invece non mi avete chiesto nulla. Questo mi ha portato ad un’unica conclusione: Myranda sta andando da Hayden durante le sue visioni, perciò riesce a stargli accanto in qualche modo, e così facendo, lo descrive anche a te, Eve, una volta risvegliata – ipotizzò.
A quella parole, Myranda abbassò lo sguardo semi colpevole e malinconico. – Sto andando autonomamente da lui. Solo da poco mi sono accorta che il mio addestramento ha raggiunto un livello tale da permettermi di andare dove voglio, limitandomi al passato e al presente, per ora. Prima le visioni mi mostravano solo stralci della sua tremenda tortura, di cui non intendo informarti per risparmiarti il dolore, cugino. Adesso, invece, posso decidere da sola la destinazione, così ho provato a visitare Hayden di tanto in tanto, nel presente. Non riesco ancora a rimanere molto, giusto qualche minuto, a volte anche meno. Neanche Bran lo sa. Io e lui non siamo esattamente in buoni rapporti in questo periodo – spiegò la giovane Lannister.
- Se zia Dae dovesse venire a sapere cos’è realmente diventato Den, lei …
- Sì, lo so – rispose Sam addolorato, interrompendo Eveline. – E tu – si rivolse solo a quest’ultima. – Ho notato che qualcosa non andava appena ti ho rivista prima, subito dopo che hai aperto i varchi e vinto il combattimento contro la scorta. Non credere che non me ne sia accorto: tremavi e ti stringevi convulsamente la mano vicino alla bocca. Ti sta succedendo qualcosa, Eve. La padronanza della magia che mi hai detto, e anche mostrato, di aver acquisito in questi anni, forse ti sta sovrastando. Sicura di riuscire ad inglobarla tutta, da sola? – chiese preoccupato.
A ciò, la ragazza lo guardò per un po’, poi gli rivolse uno splendido sorriso dolce, accarezzandogli la guancia. – Mi ero quasi dimenticata cosa volesse dire non poter nascondere neanche uno stralcio di segreto con te.
- Già. Fareste meglio a ricordarlo – disse lui stringendole ancora a sé mentre ognuna appoggiavano la testa sulla spalla che le era vicina.
- L’importante è che valga sempre il giuramento che ci siamo fatti da piccoli – commentò Myranda dopo un po’.
- “I grandi non devono saperlo” – disse Eveline.
- “I grandi non devono saperlo” – confermò Sam.
Dopo di che, i tre udirono la voce di Daenerys in lontananza richiamarli.
Si voltarono all’unisono, mentre alle loro orecchie giungevano delle parole che li avrebbero rallegrati ancor di più: - Ragazzi, presto, accorrete!! Oberyn, Davos e Varys sono tornati a casa!!
 
 
I sei uomini entrarono dentro la stanza, tutti quanti chiedendosi per quale motivo si trovassero lì.
- Prego, sedete – li incoraggiò il Primo Cavaliere, alzando lievemente lo sguardo da alcune carte che stava leggendo.
A ciò, i sei arzilli lord e cavalieri si accomodarono sulle sedie disposte dinnanzi al tavolo di Kylan.
Attesero diversi minuti, fin quando il giovane lord Marbrand non si decise a prestare loro attenzione.
- Possiamo chiedervi perché avete richiesto la nostra presenza, lord Kylan? – domandò uno di loro.
- Vi sono nuovi incarichi per noi? – chiese un altro.
A ciò, il giovane si alzò in piedi ponendosi dinnanzi al tavolo e appoggiandovisi, dritto di fronte a loro. – Non siete qui per questo. Ho saputo che voi sei siete i clienti abituali di una delle ragazze della locanda di lady Kettleback. Una certa Christine.
- Sì, è così – rispose confuso uno di loro. – Le ragazze della locanda di lady Kettleback sono i doni più belli che gli dèi potessero farci.
- Calde come puledre e regali come lady – commentò un altro, scatenando le risa anche dei restanti cinque.
- Sapete che da circa poco più di un mese abbiamo un nuovo Maestro dei Sussurri. Egli svolge egregiamente il suo compito. Per tale motivo sono riuscito a scoprire che si trattasse di voi – disse Kylan con voce composta e seria.
A quelle parole, i sei ammutolirono, lievemente allarmati dal tono e dalle parole del Primo Cavaliere.
- Ora voglio che prestiate bene attenzione a quello che vi dirò – continuò guardandoli negli occhi uno per uno e fulminandoli. – Non dovrete mai più provare ad usare qualsiasi minima forma di violenza su quella ragazza. Dalla vostra bocca non dovrà mai più uscire un’affermazione che ricordi vagamente una minaccia quando sarete con lei. Quando vorrete stare in sua compagnia e godere dei suoi servizi, la tratterete con la massima delicatezza e il più attento riguardo per non nuocere alla sicurezza del bambino. Sono stato chiaro? Fareste meglio a dirmelo se non fosse così, poiché se dovessi trovare ancora anche un solo graffio su di lei, vi spoglierò delle vostre terre e dei vostri averi.
- Non potete farlo! Non ne avete il potere!
- Oh, sì che ne ho il potere. Vi ricordo che sono il Primo Cavaliere del re, il suo braccio destro, e il nostro sovrano tende a fidarsi sempre ciecamente delle mie parole. Mi basterebbe dirgli che avete commesso un qualsiasi reato meritevole di una tale punizione, e la applicherebbe senza neanche verificare – rispose sorridendo e tornandosene seduto dietro il tavolino. – Ah, quasi dimenticavo: se dovessi venire a sapere che avete parlato di questa conversazione ad una qualsiasi forma di vita, vi spoglierò comunque di tutte le vostre terre. Non illudetevi che non lo verrei a sapere, dato che, come ho detto, il nuovo Maestro dei Sussurri sa svolgere magistralmente il suo compito.
 
- Per quale dannato motivo mi avete dovuto accompagnare voi, piattole in gola, piuttosto che lui? – chiese Xavier sistemandosi meglio il cappuccio del mantello trasandato e facendosi spazio tra la folla delle strade più povere di Approdo.
- Perché, nel caso te ne fossi dimenticato, vecchio, il tuo aitante figlioccio è il Primo Cavaliere del re e ha parecchio da fare – rispose Bronn sorpassandolo, con il suo solito cipiglio irriverente.
- Invece voi, giustamente, non facendo altro che trascorrere la giornata a grattarvi il culo, avete deciso di rendervi utili e di guidarmi per i malfamati e labirintici vicoli di Fondo delle Pulci – rispose a tono il vecchio.
- Gran Maestro, vi prego, placate la vostra lingua. Io e Bronn ci sappiamo muovere molto bene per le vie di Fondo delle Pulci senza farci notare, grazie ad Alain, cosa che voi e neanche Kylan potete vantarvi di saper fare. Facciamo trascorrere queste ore che dobbiamo passare insieme in pace e tranquillità – disse Podrick.
- Questo augurio mi ha fatto letteralmente cascare le palle, lord Payne. Farei volentieri ingoiare i miei calzoni al vostro mercenario se solo ne avessi la forza fisica – ribatté Xavier.
- Hai per caso mangiato pane e Hoxana a colazione? - gli chiese Bronn, continuando a muoversi abilmente tra la folla e a non guardarlo. – Non potresti averlo fatto solo perché quella donna non è sboccata come te – aggiunse.
- Eccoci, siamo arrivati nel posto prefissato per incontrarci con Christine – interruppe il battibecco Podrick, accostandosi al vicolo nascosto, non molto lontano dal bordello di lady Kettleback, ma almeno lo stretto necessario.
Attesero qualche minuto, per poi intravedere una figura ugualmente incappucciata avvicinarsi a loro e scoprire il bel volto dalla pelle del colore della terra e dai lineamenti esotici.
- Ora comprendo la fissazione del buon vecchio Sam – disse Bronn rimanendo ad ammirarla per un po’.
- Dov’è Kylan? – chiese la ragazza guardando ad uno ad uno quei tre volti sconosciuti.
- Ha mandato questi due idioti al suo posto, mia cara – le rispose Xavier sorridendole per rassicurarla.
- Io sono Podrick Payne, nuovo Maestro dei Sussurri, e mi ritengo lietissimo di conoscervi – le disse Podrick baciandole la mano educatamente.
Nell’udire quel nome, Christine sgranò gli occhi. – Podrick Payne? Quel Podrick Payne? – domandò sorpresa.
- Cosa intendete dire? Avete udito parlare di me? – chiese l’uomo.
- Nelle locande di Approdo gira una storia che narra dello scudiero di Tyrion Lannister, il quale, parecchi anni fa, è riuscito a soddisfare divinamente le migliori puttane della capitale, come nessuno era mai stato in gradi di fare. Dicono che il suo nome fosse Podrick Payne. Siete davvero voi colui di cui parlano?
A ciò, Podrick divenne paonazzo, mentre Bronn lo spintonò amichevolmente e tutt’altro che delicatamente, sorridendogli sornione. – Se lo ricordano! Si ricordano dei tuoi miracoli a letto, caro il mio Palle d’Oro!
- Posso essere cortesemente informato della natura di questi discorsi che avrei preferito non udire neanche tra mille inverni? – chiese seccato Xavier.
- Oh, non è nulla di importante, Gran Maestro! Sono solo delle assurde storie inventate a puro scopo intrattenitivo! – si affrettò a dire Podrick, ancora color porpora in volto, mentre, intanto, anche il mercenario si presentava alla ragazza.
- Io sono Bronn, dolcezza, e sono il mercenario del dio del sesso che tanto adorna le bocche delle fanciulle delle locande.
- Ed io sono il Gran Maestro Xavier, come sicuramente vi avrà detto Kylan.
- Sì, mi ha detto di voler organizzare questo incontro tra me e voi per farmi visitare e controllare sia le ferite procuratemi, che le condizioni del bambino. Mi ha detto che, secondo lui, queste lacerazioni meritano una vostra occhiata – disse la fanciulla, mostrando le braccia circondate da grandi segni bordeaux.
- Sì, difatti meritano delle medicazioni. Giusto per essere sicuri che non peggiorino e non nuocciano alla vostra salute e a quella del bambino – rispose Xavier osservandole per qualche secondo.
- Però dobbiamo fare presto:  lady Kettleback sarò di ritorno entro breve. Non ho molto tempo.
- Certo, certo, venite con noi – la incoraggiò Podrick facendole segno di rialzarsi il cappuccio e di seguirli. – Ci appoggeremo nella casa del nostro informatore, in modo da non venire visti e disturbati – spiegò poi.
Quando lo strano gruppo giunse dinnanzi alla casa di Alain, Bronn bussò alla porta, e il ragazzo aprì, facendoli entrare.
Alain ed Erin si presentarono a Christine e a Xavier, per poi accompagnare la fanciulla nella loro camera, facendola stendere sul letto.
- Dunque, diamo un’occhiata ai segni che ci sono sulle gambe. Sembrano più preoccupanti di quelli che circondano le braccia – disse Xavier alzandole un po’ il vestito per vedere meglio.
Dopo qualche minuto, tirò fuori dalla sua sacca un’ampolla. – Avevo già previsto qualcosa dai racconti di Kylan, perciò sono venuto attrezzato – spiegò il vecchio prendendo l’ampolla e versandone il contenuto sulle gambe della fanciulla. – Avete delle erbe curative qui? – chiese poi rivolgendosi ad Alain.
- Sì, dovremmo avere qualcosa.
- Prendetele. Basteranno insieme al mio rimedio, ad alleviare il rossore delle lacerazioni – lo esortò il vecchio, vedendolo poi obbedire, uscendo dalla camera.
Dopo di che, guardò in cagnesco Bronn e Pod, i quali compresero che avrebbero fatto meglio ad uscire dalla camera anche loro, e alzò il vestito ancora di più, in modo da scoprire anche il pancione della giovane, rivelando la sua nudità.
Tastò abilmente e delicatamente il ventre gonfio, per poi alzare lo sguardo e sorriderle. – Il bambino sembra stare bene.
Un luminoso  sorriso rincuorato apparve sul volto di Christine, la quale si ritrovò la mano stretta dall’altrettanto giovane e sorridente padrona di casa appena conosciuta. – Sono felice che il bambino stia bene! Come lo chiamerai? – le domandò curiosa Erin.
- Non lo so ancora – rispose Christine sfiorandosi teneramente la pancia. – Anche io desidererei avere una casa come questa – disse poi dandosi un’occhiata intorno.
- Ma è minuscola e quasi cade a pezzi.
- Mi basterebbe – rispose ritornando a guardare la giovane. – Anche voi state pensando di avere un bambino?
- Lo vorremmo, ma … non credo che questa sarebbe la vita che vorrebbe – rispose tristemente Erin.
A ciò, anche lo sguardo di Christine si rabbuiò. – Già … neanche io lo credo …
- Ora smettetela di pensare alla vita che vorrebbero o non vorrebbero i vostri figli, signore: loro saranno felici anche solo di venire al mondo e vedere i vostri visi per la prima volta. Il resto verrà da sé – disse il vecchio.
A ciò, Christine posò lo sguardo su di lui e gli sorrise ancora. – Voi avete mai fatto partorire una donna, Gran Maestro?
- Oh, sì, certo che l’ho fatto.
- Vi piacerebbe far partorire me? – gli chiese con gli occhi che brillavano.
- Ne sarei molto lieto, Christine – rispose lui dopo una breve pausa, accennandole un bel sorriso sincero.
- Mi piacerebbe poter partorire qui. Questa casa mi dà una bella sensazione, come di famiglia – continuò la ragazza. – Sarebbe bello veder nascere mio figlio con tutti voi intorno. Non ho mai avuto qualcosa tanto vicino ad una famiglia come ora.
- Si vede, mia cara – realizzò tristemente il vecchio.
- Ve lo immaginate? Sam sarebbe accanto a me a stringermi la mano mentre cercherebbe di non piangere e vomitare insieme. Kylan invece sarebbe su un lato, a guardare la scena schifato – disse Christine ridendo.
- Io, invece, urlerei con te  per solidarietà, mentre Alain cercherebbe di farmi calmare in ogni modo – aggiunse Erin sorridendo a sua volta.
- Mentre le due piattole diventerebbero bianche in volto e si tratterrebbero dallo svenire a terra come due giovani fanciulle dinnanzi ad una goccia di sangue, guardandomi mentre faccio uscire il pargolo – commentò Xavier divertito a sua volta.
- Credete che succederà presto?
- Potrebbe accadere prima di quanto tu creda, mia cara. Per questo dobbiamo tenere sempre la situazione sotto controllo – rispose il vecchio. – Ora è meglio che io e le piattole andiamo, dato che stiamo già tardando.
- Perché, che succede? – chiese Christine.
- Hoxana ha richiesto un incontro in cui dovranno essere presenti tutti i membri del consiglio e la famiglia reale. Vuole mostrarci qualcosa. E spero vivamente che la sua sorpresa non sia neanche la metà dolorosa quanto vedere quel ragazzo trasformato nel “Principe dello Strazio” da lei.
 
 Bridgette era in attesa che tutti gli altri di cui era richiesta la presenza, giungessero nella segrete per assistere al “dono ” di Hoxana. Un’enorme struttura in legno, come una gabbia, occupava un’ingente quantità di spazio in quel luogo così buio e nascosto, uno dei pochi spazi della Fortezza Rossa che la Greyjoy non aveva ancora mai visitato.
Il giovane Marbrand fu il secondo a scendere le scalinate per recarsi a quell’incontro tanto atteso.
Le si affiancò come di consueto, sapendo che il re avrebbe occupato la postazione tra loro due una volta giunto.
- Lord Kylan, siete riuscito a liberarvi presto dai vostri impegni.
- Ho dovuto spostarli per essere presente a questo incontro.
- I vostri prestigiosi impegni comprendono anche tappare la bocca dei putridi scarafaggi che possono anche vantarsi di essere chiamati cavalieri e che non sanno quale sia il loro posto? – chiese la Greyjoy continuando a fissare la struttura in legno.
A quelle parole, un lieve sentore che la futura regina si riferisse al discorso che aveva tenuto con i sei clienti abituali di Christine quel pomeriggio, scattò nel giovane Primo Cavaliere. – Che cosa intendete dire?
- Intendo dire che i porci che sono sotto il vostro comando, danno troppo fiato agli anfratti che si ritrovano per bocca: non fanno altro che domandarsi come mai Bridgette Greyjoy, una donna né troppo giovane, né estremamente bella, riesca a provocare loro bollenti tremori là sotto soltanto nell’udirne pronunciare il nome. Si chiedono se il nostro re abbia provato la stessa cosa quando mi ha vista e ha deciso improvvisamente di rendermi la sua regina, senza neanche ricevere una qualsiasi sorta di “servizio” da me – rispose voltandosi a guardarlo.
- Non controllo le lingue dei miei sottoposti, mia signora. Loro hanno sempre fatto e detto quello che desideravano. Se proibirò a quegli uomini di dire fandonie su di voi, ciò non vieterà loro di pensarle – rispose calmo. - Dovreste imparare a farvi scivolare addosso eventi del genere, trovandovi ad Approdo.
- Io non mi faccio mai scivolare niente addosso, mio signore.
- Voi due piccioncini, smettetela di stuzzicarvi continuamente e ritrovatevi in una camera da letto. Siete ridicoli – intervenne Hoxana facendo anch’ella il suo ingresso nelle segrete e avvicinandosi agli altri due.
- Che stolto! Ed io che pensavo che la ridicola fossi tu, sempre a scappare dagli ospiti provenienti dalla tua città, ad evitarli come una bambina impaurita dagli incubi notturni – annunciò il suo arrivo anche Xavier con la sua provocazione, seguito da Pod e da Bronn.
- Quale onore giungere nel luogo dell’incontro insieme a colei che ha organizzato il tutto – rincarò la dose Bronn, mettendosi in fila insieme agli altri.
In risposta, Hoxana rivolse a tutti e tre uno sguardo di sufficienza.
Intanto Kylan guardò Xavier di fianco a lui, chiedendogli solo con lo sguardo se la sua “gita” a Fondo delle Pulci fosse andata bene. Il vecchio gli rispose con un’espressione d’intesa rassicurante.
Finalmente anche il re raggiunse le segrete, ponendosi, come previsto, tra il suo Primo Cavaliere e la sua futura regina.
- Ben ritrovata, mia sposa.
- Ben ritrovato, mio re – rispose lei ricambiando il sorriso e il bacio sulle labbra.
- Dov’è mio figlio? – chiese poi David guardandosi intorno e non trovandolo.
- Sarà qui a breve – rispose Hoxana allontanandosi dai presenti e avvicinandosi all’enorme struttura in legno.
- Già, dov’è il principe, lady Hoxana? Sono almeno tre giorni che non vedo mio figlio a causa dei vostri sequestri malati e possessivi. Avete forse pensato di lasciarlo fuori da questo incontro? – le disse Bridgette.
- Oh, niente affatto, mia signora. Se il principe non fosse presente all’incontro di oggi, non potreste vedere la mia sorpresa – rispose Hoxana sorridendo.
- Mentre attendiamo, mio caro, vorrei parlarti di qualcosa – cominciò Bridgette, ponendo una mano delicata sul petto del re.
- Tutto quello che desideri, mia regina.
- Sai, a breve si terranno le gloriose nozze che consolideranno finalmente la nostra unione agli occhi degli déi. Sarà un evento mai visto e accorreranno tutte le famiglie più illustri dei sette regni.
- E non vedo l’ora che accada, mia amata.
- Vedi, caro, a tal proposito, vorrei parlarti dell’alleanza politica che hai intenzione di stipulare con i popoli oltre il Mare Stretto nelle prossime settimane. Non potresti posticipare le trattative a dopo la data del matrimonio?
- Cosa? Ma cara, le alleanze con i popoli di Essos potrebbero garantirci la vittoria in caso di una possibile ribellione e …
- Mio amato, io ho bisogno di te ora, per i preparativi del giorno più importante della nostra vita. Sarà un giorno perfetto, sarà Il giorno perfetto e non permetterò che nulla vada storto. Non credere che io sia così stolta, mio caro: so bene che se le trattative non dovessero avere buon esito, daresti l’ordine ai tuoi uomini di fare una strage, di portare i prigionieri qui e di torturarli, per poi far decidere ad Hayden come ucciderli. Ma io voglio che in questi mesi che rimangono prima delle nozze, la tua mente e quella del mio adorato figlio siano completamente libere da qualsiasi altra questione, che sia motivo di preoccupazione o no. Puoi farlo, per me, mio amato? – gli chiese nuovamente lei, ponendogli le mani intorno al viso.
- D’accordo, lo farò, mia regina. Per te, lo farò – si arrese David sorridendole e protendendosi per un altro bacio.
Intanto, gli altri presenti erano rimasti a dir poco sorpresi da quella conversazione, in particolar modo Kylan, il quale, nonostante fosse esterrefatto, mantenne il controllo non lasciando trapelarlo.
- Oh, non angustiarti tanto – gli disse improvvisamente Hoxana avvicinandosi a lui. – Non è mica colpa di quello che non hai tra le gambe se lei riesce ad esercitare un potere maggiore del tuo su di lui. Non ci saresti riuscito neanche in quel caso: l’arma che utilizza lei è ben diversa da quella usata da ogni donna che può definirsi tale. La sua arma è rara e particolarmente ambita. Un’arma che la farà uccidere prima o poi.
- Non è questo. Sono le sue mosse a confondermi. Posticipare le trattative di alleanza con i popoli di Essos, rischiando di minacciare l’intera riuscita della stipulazione degli accordi, a quale scopo? – domandò il giovane Marbrand, quasi più a sé stesso che ad Hoxana.
- Evidentemente ha dei piani ben precisi la nostra Greyjoy. Forse dovrai rimodellare i tuoi e anche io dovrò farlo con i miei – disse apparentemente indifferente, per poi ritornare a guardare il volto del ragazzo in pieno processo riflessivo e confusionale, sotto la patina di compostezza. – Dovresti rilassarti, tesoro, sei sempre troppo teso e non ti fa bene scervellarti tanto – aggiunse melliflua, poi allontanandosi di nuovo e ritornando accanto alla struttura non appena intravide Hayden scendere le scalinate.
- Mio Principe, non abbiamo ancora avuto occasione di presentarci a dovere, date le vostre prolungate assenze, da quando siamo entrati a far parte del consiglio. Io sono Podrick Payne, il nuovo Maestro dei Sussurri, mentre l’uomo accanto a me è il mio fedele mercenario Bronn – gli disse Podrick avvicinandosi a lui insieme a Bronn non appena terminò di scendere le scale, e inchinandosi con il massimo rispetto.
Solo quando i due si rialzarono dall’inchino notarono la cera particolarmente spenta e troppo bianca del principe. Il ragazzo sembrava non stare affatto bene, come se stesse per svenire da un momento all’altro, ma sapeva nasconderlo egregiamente.
– Mio principe, posso permettermi? La vostra carnagione mi sta un po’ allarmando … siete sicuro di stare bene? – gli chiese Pod temendo che cadesse a terra come una torre crollata proprio dinnanzi a lui e avvicinando istintivamente la mano al suo braccio.
Ma non appena Hayden percepì il suo polso venire sfiorato dalle dita dell’altro, lo ritirò subito indietro e lo incenerì con lo sguardo. – Non osate mai più toccarmi – fece uscire la voce come fosse una lama tagliente, impietrendo Pod e persino Bronn accanto a lui.
Dopo ciò, il ragazzo si avvicinò ad Hoxana e alla struttura in legno, ponendosi di fronte a tutti i presenti.
- Bene, è finalmente giunto il momento – disse Hoxana sorridendo nella direzione di Hayden mentre questo la guardava senza alcuna espressione in volto. – Ora tocca a te, mio caro – gli disse la donna, facendosi lievemente da parte e attendendo che Hayden parlasse, impaziente.
A ciò, il giovane principe si voltò lentamente verso la struttura in legno e la guardò per qualche secondo, come attendendo qualcosa.
Solo dopo interi minuti, parlò. – Haylor, esci fuori – disse quasi in un sussurro.
Udite quelle parole, qualcuno, o meglio, qualcosa, scalciò letteralmente via la parete in legno alta sei metri che lo teneva prigioniero, rivelandosi in tutta la sua maestosità.
Agli occhi degli sconcertati presenti, apparve qualcosa che mai avrebbero creduto di poter vedere: un immenso drago occupava una buona parte delle segrete, una creatura bella, elegante, quanto tremenda, feroce, capace di scatenare brividi freddi soltanto ad uno sguardo fulmineo. In qualche modo, sembrava somigliare incredibilmente ad Hayden, quasi come fossero la stessa cosa: le squame che lo ricoprivano erano di uno splendido bianco titanio, opaco, mentre gli occhi grandi e scuri, che sembravano iniettati d’ebano come quelli del ragazzo, mostravano anche diverse sfumature di ametista scuro, lo stesso che li contornava interamente. Le ali erano estremamente imponenti, segno che sarebbe stato divino nel volo, mentre il muso e lo sguardo erano glaciali, ma brucianti allo stesso tempo, brucianti per qualcuno in particolare: lo stesso Hayden. Il drago si affiancava a lui come se il giovane principe fosse la sua linfa vitale, mentre quest’ultimo rimaneva fermo, impassibile nei suoi confronti, senza neanche guardarlo.
- Vi presento Haylor. Il drago creato da me direttamente dal sangue di un Targaryen e, più precisamente, del principe ereditario. Sono legati indissolubilmente in qualcosa che sfocia oltre il patto di sangue e avrete modo di vedere molto presto i miracoli del mio secondo prodigio, in realtà solamente l’altra faccia della medaglia del primo. Poiché Hayden è Haylor ed Haylor è Hayden. Il drago presta ascolto solo e solamente a lui – annunciò fiera Hoxana, mentre nei suoi occhi svettavano i fuochi degli dèi e del dominio terreno.
I presenti rimasero per parecchi minuti senza fiato, intenti ad osservare la meravigliosa e mostruosa creatura dinnanzi a loro.
- Non è possibile ... – sussurrò Kylan, rompendo il silenzio.
- Quello che i miei occhi vedono non può essere … - lasciò la frase in sospeso Xavier, dopo di lui.
- Sì, è esattamente un drago … - rispose quasi inconsapevolmente Bridgette, allibita ai limiti dell’umano.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 34
*** "Nulla sfugge a consunzione" ***


“Nulla sfugge a consunzione”
 
La ragazza bionda camminò in quel luogo che sembrava un sogno di un folle. Sapeva che ciò che stava facendo era sbagliato, ne era perfettamente consapevole. Eppure, neanche un minimo sentore di pentimento si stava facendo strada nella sua mente.
Era decisa come non lo era mai stata.
Ogni sorta di creatura popolava quella spropositata dimora, insieme a dei fumi soffusi, dall’origine sconosciuta, che sicuramente avrebbero potuto nuocerla o stordirla se non fosse stata solo un’entità di passaggio.
Finalmente, girando per quell’immensa sala popolata dalle figure più strane e antiche celate agli occhi di ogni essere umano, lo intravide: le descrizioni che Eveline le aveva fatto di lui e l’imponenza della sua presenza non lasciavano assolutamente alcun dubbio su chi fosse il padrone di casa.
Eccolo lì colui che aveva l’aspetto di un giovane uomo, e di cui la sua più cara amica si era innamorata: lo stregone più potente e pericoloso di quelle terre era in piedi in mezzo alla sala, eretto nella sua veste lunga e stretta, intento ad operare qualcosa sulla mente di una creatura, mentre i suoi occhi dal taglio che sembrava quasi disegnato e dalle iridi rosso scarlatto, si stagliavano sulla sua pelle mulatta e puntavano sull’oggetto della sua attenzione.
Prese coraggio e lo fece. Violò la regola più importante che permetteva ai Corvi a Tre Occhi di non condurre il mondo nel caos.
- Dominatore di Materia – lo richiamò ad alta voce, liberando finalmente il desiderio di farsi udire, senza trattenersi.
E come previsto, egli la udì. Lo vide voltarsi verso di lei, verso la direzione dalla quale credeva provenisse quella voce, non riuscendo tuttavia a vederla.
- Chi era la fonte di quel richiamo, padrone?? – chiese scossa e spaventata una piccolissima nana, aggrappandosi ai polpacci dello stregone e nascondendovisi.
- Qual è il tuo nome, Corvo a Tre Occhi? – chiese il Silenziatore in tono solenne.
Myranda, rimasta basita da quella deduzione, si fece avanti nonostante lui non potesse vederla. – Come sai chi sono? – gli chiese, essendosi fatta abbastanza vicina da poter distinguere bene ogni caratteristica del suo volto dall’aura tanto intimorente.
Egli accennò un sorriso freddo. – Pochi giorni fa è venuto a visitarmi un altro Corvo a Tre Occhi, oramai so riconoscervi. Buffo che la sua voce fosse palesemente maschile e adulta. Suppongo, dunque, che tu sia un Corvo a Tre Occhi  di una generazione differente, dato che, colui che mi ha fatto visita, è il Corvo del presente.
- In che epoca siamo esattamente? Non sono ancora brava a viaggiare nel tempo con le mie visioni, ho solamente desiderato di venire da te quando ancora eri vivo e vegeto, ma non ho considerato che la tua vita sia durata secoli – disse la ragazza, non rendendosi conto del primo danno compiuto.
- Nell’epoca da cui provieni tu, io sono morto? Sarò riuscito a morire? – chiese lo stregone positivamente incredulo.
Gli aveva inconsapevolmente svelato il suo futuro. Ma quello non era il momento per rimpiangere gli errori commessi, dunque sarebbe andata avanti, imperterrita.- Già, provengo dal futuro. Forse è meglio che non ti dica quanto lontano sia quel futuro.
- Non temere di parlare troppo con me, Corvo, in ogni caso, dimenticherò tutto ciò che mi dirai, prima o poi – disse con un lieve sorriso amaro.
- Beh, se è così, dunque, non mi tratterrò. Il futuro dal quale provengo è contemporaneo al regno di David Crakehall, primo del suo nome.
- Mai sentito. Suppongo tu ti sia allontanata un po’ da quegli anni, dunque. Ora ti trovi durante il regno di Aerys Targaryen, secondo del suo nome.
Myranda sgranò gli occhi. Era finita cinquant’anni indietro: prima che scoppiasse la Ribellione di Robert Baratheon, prima che Rhaegar scappasse con Lyanna, prima che nascesse Walter e chiunque lei conoscesse. Prima che Bran divenisse Corvo a Tre Occhi. Mentre era nel pieno dei suoi pensieri, non si rese conto che lo stregone le avesse soffiato addosso una polvere dal colore indefinibile. Tossì qualche secondo, poi riposò lo sguardo su di lui accorgendosi che, questa volta, egli la guardava negli occhi: era riuscito a renderla visibile. – Un trucchetto che ho scoperto utile anche con l’altro Corvo a Tre Occhi. Trovo fastidioso parlare con qualcuno che non vedo – spiegò lui, poi osservandola impassibile. – Sei molto giovane.
- Dunque l’altro Corvo era molto più maturo di me?
- Sì, molto di più. Dunque, a cosa devo questa visita, Corvo?
- Mi chiamo Myranda, Silenziatore – lo informò lei, cercando di non lasciarsi intimorire dalla sua presenza. Poi ricordò ciò che le aveva detto Eveline qualche mese prima: “Il suo nome era Aris. Preferisco che lo chiami così.” – Aris – si corresse.
A ciò, l’uomo accennò un altro sorriso indefinibile. – Vedo che non ho bisogno di presentarmi anche io. Chi ti ha parlato di me, Myranda?
- Una mia carissima amica, colei che è come una sorella per me. Lei ti conoscerà e si legherà a te. Così come tu ti legherai a lei – disse non riuscendo a non sentirsi lievemente colpevole, cosa che non sfuggì allo stregone.
- Ti ho detto di non temere: tra qualche anno mi sarò dimenticato tutto quello che mi hai detto.
A ciò, Myranda, rincuorata e turbata da quelle parole allo stesso tempo, si decise a porgere la sua richiesta. – Avevo bisogno di vederti. So che a te nulla è impossibile, o quasi. Hai secoli di vita alle spalle. Dunque, credo che solo tu sia in grado di soddisfare la mia impronunciabile richiesta: non riesco ancora a viaggiare nel futuro, perciò voglio vederlo e, inoltre, voglio che mi mostri anche un possibile presente differente dal mio, un presente che condurrebbe ad un futuro diverso da quello al quale io e le persone che amo saremo sicuramente destinati – disse decisa.
Aris lasciò trascorrere qualche secondo di silenzio.
– È pur sempre una richiesta meno ambiziosa di quella che mi ha fatto l’altro Corvo – rispose.
- Qual è stata la sua richiesta? – chiese curiosa.
- Privarlo del destino di Corvo a Tre Occhi che il fato ha scelto per lui, liberandolo dal vostro fardello, il fardello di coloro che sono costretti ad osservare in silenzio come gli dèi, ma senza alcun potere – rispose facendole segno di seguirlo, mentre si avviava verso una stanza in particolare.
Myranda si ritrovò dentro un piccolo spazio all’interno di un’altra saletta, un luogo completamente illuminato dalle luci vivaci dei metalli che fondevano dentro un’enorme pentola. L’odore che si respirava lì dentro era forte quanto ipnotizzante. Si sedette su una sedia dinnanzi ad un tavolino, mentre lo stregone si accomodò su quella di fronte.
- Puoi farlo, dunque? Puoi soddisfare la mia richiesta?- gli chiese speranzosa mentre i getti luminosi dei metalli creavano dei delicati riflessi colorati sul volto dell’uomo.
- Non sono riuscito a soddisfare la richiesta del Corvo a Tre Occhi del mio presente – rispose, facendo già rabbuiare il viso della ragazza bionda. – Ma posso soddisfare la tua – aggiunse, vedendo immediatamente gli occhi chiari della fanciulla brillare di luce propria.
- Per quanto riguarda il vedere con i tuoi occhi il futuro probabile al quale andrai incontro, sarà un po’ più complicato.
- Ossia?
- Non riuscirò a mostrartelo. Potrò vederlo solo io e tu mi farai delle domande a riguardo. Lachesis è molto delicato – rispose prendendo una gabbia piena di farfalle luminose e afferrandone una azzurra per le ali, tirandola fuori, mentre questa cercava di ribellarsi inutilmente dalla sua presa.
- Che cos’è? – chiese la ragazza.
- Il semidio del futuro – rispose con agghiacciante naturalezza l’uomo, nello stesso momento in cui le sue dita schiacciavano l’esserino minuscolo, facendogli emettere un gridolino di dolore. Tuttavia, la sua luce intensa continuò a brillare.
Dopo ciò, Aris se la infilò in bocca masticandola lentamente e poi inghiottendo.
- Hai mangiato il semidio del futuro.
- Rinascerà. Ora comincia a pormi le domande sul futuro che molto probabilmente ti troverai ad affrontare – la esortò chiudendo gli occhi e concentrandosi nel vedere qualcosa che comparve solo nella sua mente.
Myranda vi pensò un po’ su, cercando di comprimere i brividi di agitazione. - Cosa vedi?
- Una distesa deserta, per ora – rispose rimanendo con gli occhi chiusi. – Una distesa piena di polvere. In mezzo ad essa, cammina lentamente una donna procace, con un abito lungo e scuro, una cascata voluminosa di capelli mogano mossi dal vento leggero, e gli occhi di un bizzarro color lilla screziato di giallo.
- Eveline … - non riuscì a fare a meno di sussurrare Myranda. – Vedi altro?
- Si sta avvicinando qualcuno a lei. Un uomo dai lunghi capelli d’argento e dagli occhi neri come la notte. Non si guardano. Camminano solo tra la polvere, ognuno per suo conto.
- Che … che cosa dicono?
Aris attese un po’ prima di rispondere. – “Quando finiremo?”. La donna lo ha chiesto all’uomo. “Quando anche la rabbia cesserà d’esistere” ha risposto lui.
- Cos’altro vedi?
- Due armate composte dagli unici esseri umani rimasti in vita eccetto i due. Un’armata rossa, composta da sole donne, e un’armata grigia.
- Vai più indietro, più verso il mio presente … cosa vedi? Quali eventi condurranno a ciò?
- Non tutto è rivelato alla mia vista.
- Dimmi qualcosa sulle persone che avranno un ruolo, sia esso positivo o negativo, in ciò che accadrà.
- Tre uomini. Sono vestiti come si vestirebbero i Superni, dunque suppongo che lo siano. Loro avranno un ruolo in tutto ciò. Una donna dai capelli color nocciola e gli occhi di tempesta. Anch’ella avrà un’influenza non di poco conto. Un giovane uomo dai capelli biondi e dalle iridi del color del miele. Egli ricoprirà un ruolo decisivo. Se mi stai chiedendo di coloro che saranno indispensabili a contribuire volontariamente o involontariamente alla situazione che si andrà a creare, eccetto i due già citati, sono loro. Tuttavia, distaccata da tutti, vedo una bambina.
- Una bambina?
- Una bambina molto piccola, un fagotto quasi. Ella non ha un volto umano, ma deformato. Lei sembra abbia un compito … differente. Ma non riesco ad individuarlo con precisione – detto ciò, lo stregone lasciò che i suoi occhi scarlatti si posassero nuovamente sulla fanciulla, riaprendoli di scatto.
Myranda, rimasta turbata, restò un po’ in silenzio.
- Ora è il momento della linea temporale diversa – interruppe il flusso dei suoi pensieri Aris. – Sei umana perciò devo avvertirti che sarai un po’ scossa durante il viaggio – aggiunse alzandosi in piedi, avvicinandosi ad un’ampolla e afferrandola. Sparse qualcosa dentro quel liquido, poi lo porse alla ragazza. – Bevi.
Ella obbedì, sapendo che non poteva far altro che fidarsi di lui. Fece una smorfia mentre sentiva scorrere in gola quel sapore strano e sgradevole, dolce e acido insieme. Si fermò per riprendere fiato, accorgendosi che fosse rimasto ancora metà liquido nell’ampolla.
- Tutto quanto – la esortò lo stregone.
- Questo coso fa schifo – rispose lei con la spontaneità che la caratterizzava.
- Se volevi abbeverarti con una buona bibita, saresti dovuta andare altrove, Myranda – le disse riaccomodandosi di fronte a lei.
- A cosa serve questa miscela? – chiese una volta terminato di bere.
- A farti sentire meno dolore.
Myranda impietrì a quelle parole, mentre Aris avvicinava le mani alla sua testa bionda. Pose le dita sulle sue tempie e spinse forte. – Ora guardami negli occhi. Non devi mai interrompere il contatto visivo.
Ella obbedì mentre, pian piano, quegli occhi divennero l’unico elemento nel suo campo visivo, e la sua testa si svuotava. – Che cosa mi stai facendo …? – chiese con la mente completamente annebbiata. – Non avrei dovuto fidarmi di te … - sussurrò in quel momento di irrazionalità.
- Sicura di volerlo ancora fare, Corvo? Farà ancora più male tra poco.
- Sì … sono sicura … - rispose mentre percepiva le dita dello stregone abbandonare le sue tempie, e lo vedeva alzarsi di nuovo per avvicinarsi alla pentola, riempirla di qualcosa, di diversi elementi.
Myranda si alzò a sua volta e gli si avvicinò, osservando il colore che aveva assunto la sostanza densa che bolliva dentro la pentola: lo stesso rosso intenso e vivo delle iridi dell’uomo.
Ad un tratto, egli infilò la mano dentro il liquido con naturalezza, senza emettere alcun verso di dolore. Myranda si aspettò di vedere la pelle di quella mano completamente ustionata una volta fatta riemergere; invece, con sua sorpresa, vide qualcosa che la impressionò ancor di più: l’arto sfrigolava mentre la pelle intorno veniva letteralmente succhiata da dentro, lasciando solo lo scheletro in pochi secondi. Aris osservò lo scheletro della sua mano, poi guardò Myranda, rimasta allibita e schifata. – Vedi?
- Il liquido è corrosivo … - sussurrò lei, mentre, con maggior sorpresa, osservava la mano dell’uomo ricomporsi da sola e ritornare di carne e sangue.  
- Hai le mani come le code delle lucertole – quella frase le uscì da sola dalla bocca, mentre ancora non riusciva a metabolizzare ciò che aveva visto.
Aris accennò un sorriso prima di risponderle. – Questo liquido deve entrare nel tuo organismo.
Ella sgranò gli occhi indietreggiando. – No, io non ho il corpo che si ricompone da solo … non dirai sul serio.
- Vuoi o non vuoi accompagnarmi e vedere con i tuoi occhi la linea temporale differente? – le chiese nuovamente.
A ciò, la fanciulla bionda prese coraggio e si riavvicinò a lui. – Come … ? – ebbe solo il coraggio di chiedere.
- Nel modo meno doloroso possibile. Una volta che sarà dentro il tuo organismo non corroderà più – rispose mentre le sue iridi divenivano allungate come quelle di un rettile e la bocca assumeva una forma innaturale. In pochi secondi, Myranda vide Aris diventare un grosso cobra che si tuffò dentro il liquido corrosivo. Lo vide riemergere qualche istante dopo, ma non ebbe il tempo di realizzare: il serpente saltò sul suo collo e la morse, iniettando la sostanza nel suo metabolismo.
La vista le divenne nera mentre un dolore lacerante partì dal suo collo e si irradiò in tutto il corpo, facendola svenire.
Quando riaprì gli occhi, si ritrovò sopra un albero enorme, molto più imponente del più maestoso dei castelli. Ella era grande quanto un insetto sopra i suoi rami. Questi ultimi erano un’infinità, immensi e lunghissimi, tanto da non riuscire a farle vedere la fine a causa della fittissima nebbia innaturalmente bianca che la circondava. Ognuno di loro formava altre estese ramificazioni.
- Dove siamo? – chiese individuando lo stregone in forma umana a qualche metro da lei.
Egli si guardò intorno, rimanendo impassibile ma mostrando una sorta di indecisione nello sguardo, come se non sapesse quale ramo scegliere. Chiuse gli occhi e Myranda ebbe l’impressione che riuscisse a vedere qualsiasi cosa a lei celata in quel modo.
Quando Aris li riaprì, posò lo sguardo su di lei. – Non so niente della tua storia, Corvo. Ma ho compreso ciò che desideri. Dunque ti porterò nella linea temporale più luminosa e lontana dal futuro che ho visto poco fa – le disse porgendole la mano. Ella la afferrò e si alzò in piedi.
Aris la condusse su uno dei migliaia di rami, camminando dinnanzi a lei per farle da guida. Il ramo era così lungo, da farle stancare i piedi per il troppo cammino, ma non appena varcarono la soglia di luce bianca e intensa che celava la fine della traiettoria, si ritrovò in un luogo completamente diverso.
Era Grande Inverno, ma al contempo non lo era. La casa nella quale era cresciuta era estesamente più maestosa di come lo fosse mai stata: la piazza centrale era stata ampliata dieci volte di più, in modo da poter contenere altri alti e splendidi palazzi, negozi, botteghe, templi, campi da allenamento e da corsa. La torre centrale era la più bella di tutte: raggiungeva un’altezza vertiginosa, era stata ristrutturata alla perfezione, non perdendo, tuttavia, come anche il resto, quella bellezza selvaggia e pura che caratterizzava le costruzioni del Nord. Fuori dalle mura, si estendeva una distesa quasi infinita, meravigliosamente popolata, ricca di civiltà, di vita e di energia, accarezzata dai fiocchi di neve che cadevano dolci e affascinanti.
La ragazza, rimasta ancora estasiata da quella visione, osservò ancora il luogo che la circondava, incantata. Sembrava tutto perfetto.
Poi udì delle voci familiari. Delle voci estremamente familiari.
- Sei lento, Stark!! Sempre troppo lento! – aveva esclamato un ragazzo cavalcando sul suo cavallo ad un’incredibile velocità; egli aveva dei folti capelli scuri, tirati indietro nel modo in cui si usava fare a Nord, con un grande sorriso stampato in quel volto che la bionda riconobbe immediatamente, nonostante gli evidenti cambiamenti della crescita, provando una dolorosa e intensa fitta al petto. Ruben.
Non ebbe il tempo di riprendersi dalla vista dell’amato cugino che non vedeva da anni, poiché subito giunse un’altra voce, l’unica che riusciva a riscaldarle il cuore e a farla tremare a quel modo: un ragazzo dai lunghi capelli d’argento tirati indietro anche lui alla maniera Stark, seguiva Ruben con il suo maestoso cavallo, sorridendo raggiante come non lo aveva mai visto fare. – Sei tu che sei innaturalmente veloce, Baratheon!!
- Tutte scuse le tue! Zio Theon poltrirà all’entrata della capitale se non ci sbrighiamo! – rispose il moro.
Delle lacrime cominciarono a pungere negli occhi verdi della fanciulla: vestiti con quegli abiti da cavalieri e raggianti a quel modo, sembravano dei giovani uomini capaci di compiere imprese eroiche.
- La capitale? Grande Inverno è diventata la capitale in questa linea temporale? – chiese voltandosi verso Aris, vedendolo annuire.
Dopo aver perso di vista i due cavalieri, Myranda e lo stregone si spostarono nuovamente, raggiungendoli.
- Ehi! Come stanno i miei ragazzi?? Per gli dei, crescete troppo in fretta! Diciassette e quindici anni, giusto? – chiese Theon, venendo accolto dai due ragazzi all’entrata della capitale.
- Gli dèi ti hanno graziato, zio Theon! Questa volta hai indovinato la nostra età! – esclamò Hayden sorridendo e abbracciandolo calorosamente.
Quando fu il turno di Ruben, Theon lo guardò con sguardo finto offeso prima di stringerlo, ponendo le braccia conserte. – Tu, tornado inafferrabile, non hai scritto a mia nipote per ben due mesi. Cos’hai da dire a tua discolpa?
- Ho avuto molte cose a cui pensare, zio Theon. Gli obblighi da Lord comandante della Guardia Reale mi hanno completamente assorto. Riferisci alla principessa Müren che risponderò presto alle sue lettere – rispose il ragazzo mortificato.
- Ti ricordo che qui siete in due a ricoprire la carica di Lord comandanti della Guardia Reale, caro il mio giovanotto – disse Theon riferendosi anche ad Hayden.
- Sì, ma comprendilo, zio, io d’altronde non ho una ragazza che mi aspetta a chilometri di distanza – lo giustificò Hayden sorridendo.
- Sarà meglio per te, ragazzo. Mia nipote ha perso la testa per te e spero proprio che anche tu l’abbia persa per lei. Altrimenti, se dovessi farla soffrire, nonostante voglia un gran bene anche a te, te la farò pagare cara. E neanche Arya e Gendry insieme potrebbero fermarmi. Müren è molto sensibile – disse abbracciandolo finalmente.
- È così, non temere – rispose il ragazzo ricambiando l’abbraccio.
Dopo di che, i tre salirono sui loro rispettivi cavalli e si misero in marcia verso la torre.
- Dunque, che notizie riporti dalle Isole di Ferro? – chiese Hayden.
- Nulla di nuovo ora che la pace regna incontrastata nel continente da quasi vent’anni. Tutto procede per il meglio: io e Yara ci stiamo occupando di governare giustamente sul popolo, il piccolo Blake ha ormai tre anni e cresce sempre più in fretta e più vivace, mentre Müren è splendida e sembra sempre più adatta a divenire la futura regina delle Isole di Ferro. Stiamo anche gestendo i rapporti di riappacificazione con nostro zio Euron e con i nostri cugini. Abbiamo ritenuto che fosse il momento adatto. Nella capitale invece, cosa si dice? Immagino avrete ogni giorno nuovi notizie.
- Questa mattina ci è pervenuta una lettera dalla Cittadella: Sam è finalmente divenuto Gran Maestro e l’hanno persino messo a capo della sezione proibita, proprio come desiderava! Nostro cugino ha fatto strada! – esclamò Ruben.
- Siamo immensamente fieri di lui – aggiunse Hayden.
- Ne sono felice! Invece, la tua bella, Hayden? E quel vulcano della principessa Eveline? Ho sentito che è diventata il medico più brillante e richiesto dei sette regni! Come stanno, inoltre, i vostri genitori? Non vedo l’ora di disturbare un po’ i componenti della Guardia Reale – disse Theon ridendo. – Oltretutto, non vedo l’ora di vedere il nuovo arrivato! Un altro nipotino da aggiungere alla lista! E la piccola Ethel?
- Quante domande, zio Theon! Frena un po’, ci stai stordendo.
- Lo so, scusate, ma sono tre anni che non torno qui e sono curioso!
- Ad ogni modo, più tardi avremo modo di parlare di tutto, al banchetto per il tuo bentornato. Ora dobbiamo occuparci di ricevere anche altri ospiti.
- Che ospiti?
- Oggi giungeranno alla capitale anche lord Kylan Marbrand e lady Lorraine Martell. A detta di tutti sembrano una splendida coppia molto affiatata, anche se un po’ bizzarra. Si sono sposati da poco e dopo il matrimonio si sono stabiliti a Dorne. Dato che Lorraine è la nipote dello zio Oberyn, voleva venire a fargli visita, approfittando per conoscere la famiglia reale, poichè ella sa che siamo come una seconda famiglia per Oberyn – rispose Hayden.
La giovane Lannister era sempre più sorpresa da ciò che stava udendo. Ma sentì il cuore straziarsi definitivamente non appena vide i tre oltrepassare le mura e le due figure che si avvicinarono a loro.
- Zio Ruben! Zio Hayden! – esclamò una bella ed energica bambina con un vestitino blu e i capelli rossi come il fuoco, in braccio ad una Myranda Lannister con i capelli raccolti e il vestito meno appariscente rispetto a quello della piccola, ma pur sempre incantevole.
- “Zio”? – chiese Theon, confuso sulle parentele.
- Ci chiama zii anche se siamo suoi cugini perché le viene spontaneo contando la differenza d’età – spiegò Ruben mentre vedeva la piccola scendere dalle braccia di Myranda e fiondarsi in braccio ad Hayden.
- Ehi, ciao, piccolo bocciolo! Ti siamo mancati?? – chiese il giovane dandole un dolce bacio sulla guanciotta paffuta e venendo stretto forte dalle braccine della piccola.
- Sì! Tanto! – rispose lei.
- Ehi, amore, lasciane un po’ anche a me – le disse Myranda in tono scherzoso, mentre la vedeva scendere dalle braccia di Hayden e correre ad assaltare anche Ruben.
A ciò, Myranda ed Hayden si avvicinarono guardandosi come solo due inseparabili innamorati erano in grado di fare. Ella gli avvolse il collo con le braccia, mentre lui le posò le mani sui fianchi, si avvicinarono e si scambiarono un lungo ed intenso bacio che dava l’impressione sarebbe durato in eterno.
Solo la voce di Theon riuscì a farli dividere. – Ehi, piccioncini, non davanti alla bambina – li esortò divertito e intenerito allo stesso tempo.
Myranda, per dispetto, strinse di più la presa su Hayden e rivolse a Theon una linguaccia, per poi andarlo a salutare.
- Chi è lui? – chiese la piccola indicando Theon e nascondendo il visetto tra il collo e i capelli di Ruben.
- Io sono lo zio Theon, Ethel! Quando ti ho vista l’ultima volta eri piccola piccola e avvolta da un fagotto tra la grandi braccia di tuo padre! – le disse l’uomo avvicinandosi e guardandola addolcito.
- Ehi, guarda chi si vede! – esordì raggiungendoli una bellissima donna con una lunga treccia rossa e i vestiti da Guardia Reale.
La Myranda visitatrice non riuscì subito a realizzare chi fosse.
- Hai fatto la brava, amore mio?- chiese la nuova arrivata sporgendosi per accarezzare il visetto ancora nascosto dietro il collo di Ruben.
- Sì, mamma! – esclamò la piccola saltando tra le braccia di sua madre.
- Dovrai conquistarti mia figlia con la stessa tenacia con la quale ti sei fatto perdonare da me, fratello – disse la donna rivolgendosi ancora a Theon mentre teneva in braccio la bambina e gli si avvicinava felice.
- Sei sempre più bella, Sansa Stark. Come è possibile? – le chiese Theon fiondandosi ad abbracciarla calorosamente.
Quando si staccarono, Sansa posò lo sguardo su Hayden, Ruben e Myranda. – Visto quanto sono diventati belli e grandi i nostri nipoti?? – gli chiese inglobandoli tutti e tre in una stretta poderosa. – Peccato che ne manchi una all’appello, come al solito, oltre al più grande, ma per cause di forza maggiore. Non so dove si sia cacciata la “Principessa delle arti mediche” – aggiunse la rossa guardandosi intorno.
- Già, non vedo l’ora di salutare anche lei!
- Andiamo, ti accompagno a salutare gli altri – lo esortò Sansa, ma non facendo in tempo ad incamminarsi, poiché fu raggiunta dal resto dell’imponente Guardia Reale: si ritrovò dinnanzi Arya Stark, Loras Tyrell, Sandor Clegane, Gendry Baratheon, Jaime Lannister, Brienne di Tarth, Podrick Payne e Meera Reed.
La Myranda visitatrice, ancora una volta, non riuscì a credere ai suoi occhi.
- Padre! – esclamò la piccola Ethel scendendo dalle braccia di Sansa e fiondandosi in quelle di Sandor Clegane, il quale la accolse guardandola con un immensamente dolce sguardo paterno, per poi abbracciare e donare un bacio intimo e leggero alla madre della bambina.
- Sandor, la tua ustione è molto migliorata! – esclamò Theon osservando il volto dell’uomo.
- Merito delle operazioni che ha fatto la principessa Eveline sulla mia pelle – rispose felice colui che, un tempo, veniva chiamato “Mastino”.
- Fatemi strapazzare un po’ la piccola Ethel, che già mi manca il mio – disse Meera avvicinandosi alla bambina.
- Forse tuo marito ti ha sentito – commentò Loras vedendo arrivare in quel momento un uomo che sembrava esattamente Bran Stark adulto. Egli non solo camminava, anche se zoppicando, con le sue proprie gambe, ma reggeva anche un neonato infagottato tra le braccia.
- Dimentichi che sono pur sempre il Corvo a Tre Occhi, Loras: io vedo e sento tutto – rispose Bran porgendo il bambino a Meera e baciandola con amore.
La Myranda visitatrice riuscì poco ad udire ciò che dissero dopo, poiché rimasta allibita da tale scoperta: in quella linea temporale, Bran era ancora vivo, dunque era ancora il Corvo a tre Occhi, di conseguenza, lei non lo era mai diventata.
- Bran, fratello, le tue gambe …? Tu riesci a camminare – disse Theon, ancora incredulo.
- I miracoli di Eveline hanno influito anche su di me – rispose l’uomo.
- Theon, tu non hai ancora mai visto Mikel – disse Meera porgendo suo figlio che dormiva beato, tra le braccia di Theon.
- Mi ricorda troppo quando, qualche anno fa, Blake era come lui e si addormentava sempre tra le mie braccia – disse il Greyjoy osservando il visetto rilassato del neonato, per poi porgerlo di nuovo a sua madre dopo qualche minuto.
Dopo ciò, guardò ognuno di loro con nostalgia e gioia allo stesso tempo.
- Che c’è, fratello? Ti stai mettendo nei miei panni e stai forse pensando che sia imbarazzante avere come Lord comandanti tuo figlio e tuo nipote? – interruppe quel silenzio Arya avvicinandosi e donandogli un abbraccio fraterno.
- Mai quanto lo sia avere tuo nipote e il tuo futuro genero come Lord comandanti – contestò Jaime sorridendo.
- Beh, in realtà credo che avere questi due ragazzi come vostri Lord comandanti sia ciò che di migliore avreste mai potuto desiderare: non hanno ancora passato i venti, eppure sono migliori combattenti di tutti voi messi insieme – rispose Theon guardando con fierezza i due. - Dunque? Volete portarmi a vedere anche la portentosa futura regina dei sette regni? – aggiunse poco dopo.
- Ti ci accompagnamo noi due, zio Theon. I nostri sottoposti hanno qualche questione da sbrigare – rispose Hayden.
- Vengo anche io e mi porto Etty, che non vede l’ora di rivedere anche Eve – aggiunse Myranda riprendendo Ethel dalle braccia di Sansa e seguendoli.
A ciò, i cinque si diressero verso una grande struttura che sembrava un misto tra una versione principesca della Cittadella e la dimora di una strega.
Vi erano un’infinita di saloni, tutti adibiti a funzioni differenti, e un immenso, ma pur sempre ordinato, affollamento.
- Non tenere la lama a questa inclinazione, Warren, così sbaglierai l’incisione – corresse un suo allievo Eveline. – No, Arriette, la pietra che stai tenendo in mano è estremamente delicata e non si macina in questo modo, per favore, un po’ di accortezza! – aggiunse dirigendosi a gran velocità verso un’altra allieva.
- Mia principessa.
- Sì, Gayle, dimmi pure. Sii tempestivo però, oggi c’è molto da fare.
- Vi sono delle visite per voi.
- Nuovi pazienti? Vanno inseriti nel reparto gravidanze, in quelle delle malattie infettive, malattie genetiche, malattie degenerative o dei feriti? – chiese la ragazza.
- No, mia principessa, sono dei vostri cari.
A ciò, la fanciulla si diresse nell’atrio principale, ritrovandosi dinnanzi i suoi cugini e a Theon.
Il Greyjoy osservò la statuaria bellezza della principessa, la quale risaltava nonostante indossasse i suoi soliti pantaloni in cuoio e il camice sopra, oltre ai lunghi capelli distrattamente raccolti in una grossa crocchia.
- Vedo che non ti decidi ancora a vestirti da principessa, nipote!
- Neanche morta! – esclamò lei incrociando le braccia al petto e sorridendogli mentre egli le andava incontro. – Allora? Ti piace?? – chiese aprendo le braccia e indicando tutta l’affascinante struttura. – Certo, devo sistemarla un po’, creare altri reparti, però per ora sta andando parecchio bene.
- È perfetta, Eve – disse Theon stringendola a sé.
In quel momento, fece il suo ingresso qualcuno che mai la giovane Lannister spettatrice si sarebbe immaginata di vedere: Veherek raggiunse il gruppo, avvolse un braccio tra la vita di Eveline e la baciò con passione.
- Cosa … cosa ci fa lui qui? Come è possibile? – chiese Myranda, volgendo lo sguardo ad Aris.
- In seguito alla Battaglia Finale, alcune famiglie dothraki hanno deciso di stabilirsi qui, tra cui anche quella di Veherek. In questa linea temporale siete cresciuti insieme e lui ed Eveline si sono innamorati – a quella risposta così esauriente, la fanciulla bionda alzò un sopracciglio sorpreso mentre guardava ancora lo stregone.
Comprendendo le perplessità della ragazza, il Silenziatore riprese la parola, spiegandole. – Io non so niente della tua storia, del luogo in cui vivi, né tanto meno di queste persone. Tuttavia, dato che ti ho condotto io qui, sono come onnisciente in questa linea temporale: vedo tutto ciò che si cela dietro ogni cosa, leggendolo, come fosse un libro aperto.
- Nella linea temporale da cui proveniamo, abbiamo incontrato Veherek a Vaes Dothrak e lui ha provato a conquistare me; è sempre e solo rimasto un grande amico di Eveline – disse Myranda concentrandosi sulla scena che aveva dinnanzi: il ragazzo dothraki abbracciava la sua più cara amica con calore, e la guardava come se fosse la gemma più preziosa al mondo.
- Forse lui ha sempre voluto lei, in realtà – ipotizzò Aris, con la solita fredda inclinazione di voce.
- Se anche fosse così, non mi importerebbe. Il legame che ho con Eveline non potrebbe mai essere minimamente deturpato da qualcosa tanto insignificante come la gelosia, e sarebbe così anche se non ci fosse sempre stato qualcun altro nel mio cuore – rispose la giovane Lannister posando lo sguardo su Hayden. – E se anche lui avesse sempre voluto lei … lei, tuttavia, non voleva lui … lei avrebbe voluto qualcun altro – aggiunse ritornando tristemente a guardare il profilo dello stregone, il quale si voltò a guardarla a sua volta, ignaro del reale significato di quelle parole e del riferimento che lo prendeva in causa.
- Dai, basta, Veherek, lo sai che non mi piacciono le smancerie in pubblico – lo spintonò via scherzosamente Eveline, lanciandogli un bacio di scuse.
- Non credo ai miei occhi – intervenne un’altra voce familiare, camminando verso di loro con la solita eleganza. – La seppia – aggiunse Olenna squadrando Theon come era solita fare con chiunque.
- Nonna! Ma mi senti quando parlo? Insomma, ti ho detto di aspettarmi nel lettino laggiù e di finire di bere gli intrugli che ti ho prescritto di prendere ogni giorno per rallentare il processo di invecchiamento da ormai un anno! – la rimproverò Eveline, mentre Ethel Clegane le si lanciava addosso per dedicare anche a lei la sua sessione di coccole.
- Tra poco torno a finirli, rosellina – rispose, vedendo la piccola dai capelli rossi sporgersi anche verso di lei. – Zia Eve, nonna Olenna! Mi siete mancate anche voi!
- Oh, la mia dolce pagnottina rossa! Che bello sentirsi amati ogni tanto, vedere una bambina che è pronta ad abbracciarti nonostante siate state lontane solo mezza giornata! Mentre invece … - lasciò la frase in sospeso fulminando con lo sguardo Ruben, Myranda ed Hayden. – … voi tre avete assunto questa “simpatica” abitudine di non venirmi più a salutare quando mi vedete, razza di mascalzoni.
A ciò, i tre si fiondarono ad abbracciare Olenna, che li strinse forte a sé.
- Ehi, tu, non pensare che me ne sia dimenticata – disse Eveline guardando Ruben in cagnesco.
- Di cosa?
- Non fare il finto tonto. Mi devi ancora una rivincita a duello che ho deciso di sfruttare tramite la corsa: tra tre giorni, io con Abigail e tu con il tuo stallone nel campo da corsa. Non mancare.
- Ehi, cos’è questo tono pretenzioso, bambina? Tuo cugino somiglia tutto ai due fratelli di Ned Stark mischiati insieme, in versione giovane e selvaggia. Da questi presupposti, dovresti trattarlo come un santo – disse Olenna.
- Sentito tua nonna, Eve? Dovresti trattarmi come un santo – ripeté Ruben sfoderando uno dei più finti e angelici sorrisi che fosse in grado di fare.
- Peccato che sia ciò che c’è di più lontano da un santo – rispose Eveline puntando le braccia sui fianchi, ma non riuscendo a non sorridere sotto lo sguardo fulminante.
- Ad ogni modo, ci sarò – garantì il ragazzo rivolgendo alla cugina un sorriso di sfida che conosceva bene.
- Ora dobbiamo assolutamente andare ad accogliere i nuovi ospiti – riprese la parola Hayden.
- Appena vedete Loras, riferitegli da parte mia che se continuerà a stare dietro a quel maledetto dorniano che si è trasferito nella capitale per lui, si ritroverà senza testa. E ditegli anche che sua nonna gli vuole bene  - si raccomandò Olenna vedendoli allontanarsi.
- Gli altri dove sono? – chiese la Myranda spettatrice impaziente, mentre seguiva i ragazzi insieme ad Aris.
- Daenerys, Samwell, Gilly, Davos, Varys sono i più importanti membri del consiglio. Anche Bran lo è. Jorah, Melisandre e Beric sono partiti alla volta dei mari sconosciuti. Bronn è a Dorne con la donna che ama, una delle vipere, Tyene. Kirsten è a Torre delle Acque Grigie con suo marito e i suoi figli.
- E gli altri ancora? – ma la ragazza fece appena in tempo a terminare la domanda, che giunsero all’interno dell’immensa e maestosa torre ristrutturata, resa una sala del trono dalla regalità delicata e affatto sfarzosa.
Oberyn, con indosso la spilla del Primo Cavaliere del re, fece il suo ingresso nella sala principale, correndo ad abbracciare quella che evidentemente era la sua amata nipote di sangue. – Zio! Quanto tempo!
- La mia bellissima principessa! Quanto mi sei mancata!
- Anche tu! – rispose la fanciulla con i lunghi capelli scuri intrecciati con ricami.
Intanto Oberyn fulminava il giovane uomo biondo rimasto indietro.
Non appena sciolse l’abbraccio con la nipote, si avvicinò a lui, non riuscendo a fare a meno di guardarlo minaccioso e di puntargli il dito contro. – Stai molto attento.
- Lo dici tutte le volte – rispose Kylan.
- Tienilo a mente comunque e non fare il prezioso con me. La mia bambina non si sarebbe dovuta sposare. Mai. Al massimo con un dorniano. Sempre qualcuno di mia conoscenza, però.
- Dai, zio, smettila – lo trascinò via Lorraine premurosa. – Gli fai la stessa ramanzina tutte le volte. Non consumarmelo troppo. Ormai ha iniziato ad odiarti.
- Oh, che novità, tesoro. Mi odia da quando aveva quattordici anni e vi ho beccati sul letto a strusciarvi una sopra l’altro, neanche fosse una questione di vita o di morte – disse Oberyn rivolgendo al ragazzo un’altra occhiata truce.
La Myranda spettatrice non poté fare a meno di sorridere, divertita dallo strano rapporto che vi era tra i tre e tra i due.
In quell’instante, entrarono nella sala anche Jon Stark e Tyrion Lannister.
- Non ci posso credere … - sussurrò la ragazza, facendo uscire le lacrime per l’ennesima volta durante l’ultima ora, sorpresa di vedere la spilla del Primo Cavaliere anche sul petto dei due nuovi arrivati.
- Sono tutti e tre Primi Cavalieri del re? Jon, Tyrion e Oberyn?
- Sì.
- E chi è il re? Margaery si è risposata con qualcun altro e sta regnando in attesa che Eve sia pronta per divenire regina? – chiese.
Ma venne immediatamente risposta dalla figura che fece il suo ingresso nella sala del trono in quel momento: Walter Targaryen, vivo e vegeto, si ergeva nei suoi abiti neri ed eleganti, non troppo sofisticati, poiché non era nella sua natura, ma che, su di lui, risultavano i più nobili e splendidi mai indossati, donandogli un aspetto oltremodo maestoso e magnetico. La corona d’oro e d’argento risaltava sui suoi capelli d’ebano, facendolo apparire come se fosse nato per essere re e per innalzarsi su chiunque.
Myranda lo osservò a lungo, percependo l’istinto di inchinarsi a lui, nonostante nessuno avrebbe potuto vederla. Lo trovò diverso da come lo aveva visto nelle visioni: oltre al fatto che fosse ovviamente più maturo dopo gli anni trascorsi, aveva anche una luce differente nello sguardo, come di realizzazione, di una consapevolezza acquisita, metabolizzata e trasformata in ciò che  di migliore potessero desiderare i sette regni.
- Dovevo immaginarmelo. Solo lui avrebbe potuto trasformare Grande Inverno nella capitale, rendendolo il luogo più splendido e fiorente dei sette regni. Solo lui avrebbe potuto portare la pace e la serenità duratura in tutto il continente in così poco tempo. Solo lui avrebbe potuto scegliere tre Primi Cavalieri e due Lord comandanti, completamente incurante di qualsiasi convenzione – disse la ragazza, continuando a guardarlo mentre scendeva gli scalini raggiante, affianco dell’altrettanto luminosa e sorridente regina Margaery con il suo lungo vestito ramato e un’elegante treccia ad acconciarla.
- Ora capisci cosa è cambiato? Hai compreso per quale motivo tu non sei nata e cresciuta in questa linea temporale? Per colpa di chi e di cosa? – le chiese Aris, lasciando la domanda al vento.
Lorraine e Kylan si inchinarono all’arrivo dei sovrani.
- Niente convenevoli – disse Walter facendo loro segno di alzarsi. – Smettila di torturare questo povero ragazzo, Oberyn – disse rivolgendosi all’amico con un sorriso semi esasperato.
- Padre, madre, domani mi recherò più verso Sud con Abigail per trovare delle gemme e dei cristalli curativi antichi di qualche secolo, oltre che per scoprire qualche traccia di nuova epidemia – intervenne Eveline entrando nel luogo con i capelli sciolti e con un semplice corpetto borgogna al posto del camice bianco, e gli stivali stretti che le arrivavano fino alle ginocchia, attraversando la sala con naturalezza, indomabile, leggiadra, sfacciatamente e inconsapevolmente ammaliatrice allo stesso tempo.
Non appena la videro, i due si inchinarono anche dinnanzi a lei.
- Ah, siete gli ospiti che attendevamo. Ben arrivati – disse la fanciulla sorridendo loro non appena li notò.
Dopo di che, raggiunse a grandi falcate suo padre che le sorrise con lo sguardo più fiero e gioioso che Myranda avesse mai visto.
Nonostante la notevole statura non riusciva a raggiungerlo in altezza, perciò gli saltò al collo, avvolgendolo con le braccia e dandogli due o tre baci sulla guancia. Poi si staccò e riempì di baci anche sua madre.
La giovane Lannister rimase allibita da quanto Eveline somigliasse a suo padre, se posti vicini.
- Perdonatemi, devo fare il giro di saluti anche dei miei tre zii – si scusò la futura regina, rivolgendosi ai due ospiti e accorrendo a salutare prima Jon, poi Oberyn e infine Tyrion, che la strinsero come se non la vedessero tutti i giorni.
In quel momento, tre differenti versi forti e gravi, si stagliarono alle orecchie dei presenti.
- Sono già tornati?? – chiese la madre dei draghi, entrando anch’essa nella sala, nel suo abito d’argento, volgendo gli occhi verso l’alto.
- A quanto pare sì. Che ne dite? – chiese Walter guardando prima Daenerys, poi Tyrion. – Facciamo una cavalcata?
I due annuirono, dirigendosi già verso le scalinate, ma non prima di essersi rispettosamente congedati agli ospiti.
- Vi spiace se ci assentiamo per un po’? – chiese Walter a Kylan e a Lorraine.
- Assolutamente no, Maestà – rispose il giovane Marbrand.
- Siamo giunti qui solamente per godere un po’ di tempo con mio zio e per fare la vostra conoscenza, Sire. Andate pure – aggiunse Lorraine.
- Spero che il tempo che trascorrerete qui possa esservi gradito, dunque. Ci rivedremo questa sera al banchetto – disse il re congedandosi e venendo seguito da Eveline.
- Se non avete mai visto un drago, vi consiglio di venire a vedere – disse loro Margaery, raggiungendo suo marito e sua figlia sulla scalinate, poco dopo.
La Myranda spettatrice raggiunse il culmine della sua incredulità quando uscì dalla fortezza e vide tre splendidi draghi, tutti di una tonalità di colore differente, oltre che di grandezza, atterrare sulla piattaforma innevata.
Walter salì su Rhaegal, Daenerys su Drogon e Tyrion su Viserys. Dopo di che, si librarono in volo solcando i cieli, mostrando uno spettacolo che la giovane Lannister non si sarebbe mai aspettata di avere l’occasione di vedere.
In quel preciso istante, fu catapultata tra la neve gelida, dinnanzi allo Walter di diciotto anni prima, quello che, nella sua linea temporale, si era sacrificato per salvare l’intero continente. Sentì le lacrime gelarsi sulle guance quando lo vide inginocchiato, con quella gigantesca spada ghiacciata conficcata nell’addome, il viso sanguinante in preda ad un dolore lacerante, che poteva sentire persino lei per quanto fosse forte.
Si inginocchiò a sua volta di fronte a lui e gli accarezzò la guancia inumanamente gelida. – Mi dispiace … avresti potuto essere il re migliore degli ultimi secoli. Avresti fatto grandi cose, avresti portato la pace, avresti salvato tante vite … ma ora ne stai salvando di più … - disse trattenendo un violento singhiozzo. – Allora come …? – chiese rivolgendo lo sguardo verso Aris, accanto a lei. – Come è potuto sopravvivere e salvare tutti ugualmente? Come?
- Questo è l’origine di tutto. C’era un modo. Un modo per farlo e per rimanere in vita, senza sacrificare la sua vita – rispose lo stregone. – Ma nella nostra linea temporale, lui ha scelto il sacrificio, senza pensare ad un’alternativa.
Myranda riposò lo sguardo su quel viso in preda agli spasmi e ai gemiti di agonia. – Potrei tornare indietro … potrei tornare indietro e non farlo soffrire in questo modo … potrei tornare indietro e riportarlo da noi, evitando che tutti coloro che amo soffrano come stanno soffrendo ora. Potrei farlo … - sussurrò, per poi vedersi nuovamente catapultare in quell’idilliaca linea temporale.
Rimase lì anche la sera e assistette al banchetto, godendosi quella gioia e riempiendosi dei loro sorrisi felici e liberi da ogni male. Sorrisi nettamente diversi da quelli che era abituata a vedere.
Alla fine del banchetto, la Myranda della linea temporale abbandonò la sala trascinando Eveline con sé fuori, per osservare le stelle.
Anche in quella linea temporale il loro legame era unico e inattaccabile.
Si stesero sulla neve e cominciarono a parlare di tutto, come di niente, ridendo continuamente.
- Ti ricordi che cosa avevamo detto quando eravamo piccole? – chiese Myranda.
- “Noi due siamo stelle distanti ma di uno stesso cielo, che ogni mattina, si ricongiungono insieme, facendo divenire il cielo solo loro” – rispose Eveline. – Come dimenticarlo.
- Già. Quindi domani partirai verso Sud.
- Sì, ma starò via solo un giorno.
- Io, invece vorrei tornare a Nord, nelle terre che un tempo erano oltre la Barriera.
- Sei proprio fissata. Grazie a te abbiamo esplorato quelle terre, hai avuto il coraggio di guidare la squadra e di ristrutturare e fortificare in quelle zone dimenticate dagli dèi, scoprendo anche nuove lingue e leggende. Non ti senti ancora soddisfatta? – le chiese la giovane rosa.
- Non lo so. Sento come un richiamo da quel luogo. Credo che vi sia qualcosa che mi sta attirando.
Udendo le parole della sé stessa di quella linea temporale, la Myranda spettatrice si pietrificò. Nonostante non fosse mai divenuta Corvo a Tre Occhi, percepiva comunque il richiamo verso il luogo in cui si sarebbe dovuta addestrare per divenirlo. Proprio come lo sentiva lei. Per tale motivo ebbe l’impressione che qualcosa non andasse, facendole sorgere dei dubbi sul tornare davvero indietro ed eliminare tutto ciò che aveva vissuto.
- Perché sente questo richiamo dal Nord? – chiese ad Aris.
- Questo non posso saperlo. Forse, sono rimasugli di altre linee temporali che influiscono in lei. Non è impossibile come ipotesi.
- Sente il richiamo che sento io … lei, io … devo diventare Corvo a Tre Occhi. Devo diventarlo in ogni linea temporale.
Poi fu distratta dalle parole delle due. – Hai mai pensato di spingerti fino ad Essos per cercare qualche cura, qualche “arte” differente dalla nostra, per la quale potresti essere portata? – chiese la Myranda sdraiata sulla neve.
Altro brivido freddo.
- Forse ci ho pensato qualche volta – rispose Eveline. – Non so cosa potrei trovare laggiù, ma forse, potrei scoprire qualcosa di grande …
- Potresti trovare l’amore della tua vita – scherzò Myranda dandole una leggera spinta.
- Addirittura? – rise di rimando la giovane rosa. – L’amore della mia vita ad Essos. Sarebbe strano. Ma credo di stare bene così. Mi sta bene stare con Veherek.
- No, non è vero.
Quell’affermazione così decisa lasciò allibite sia Eveline che la Myranda spettatrice.
- Che intendi dire, Dada? Che ti prende?
- Veherek non può bastarti quando potresti trovare qualcuno che vorresti davvero … Veherek è quello adatto forse, ma non è Lui. Non potresti mai amarlo come ameresti Lui, non raggiungerebbe mai neanche un millesimo di quello che è stato Lui per te.
- Che accidenti sta succedendo?? – chiese la Myranda spettatrice allarmata.
- Dobbiamo andare subito via di qui. Tu stai involontariamente avendo influenza sulla Myranda di questa linea temporale. La farai sprofondare nel caos, dobbiamo andare via – disse lo stregone esprimendo la sua urgenza dal tono di voce.
Fu in quel momento di totale confusione che Myranda capì: non poteva togliere ad Eveline il ricordo di Aris. Se qualcuno avesse osato togliere a lei il ricordo di Hayden, avrebbe preferito porre fine alla sua stessa vita. Solo il pensiero la nauseò terribilmente. Dunque, neanche lei poteva farlo ad Eveline. La sua amica aveva bisogno di quel ricordo. Necessitava di ciò che aveva vissuto, così come lo necessitava lei e gli altri.
Pensando a ciò, presa dall’impulsività, si sostituì direttamente alla Myranda di quella linea temporale, spingendola via e ponendosi di fronte ad Eveline nonostante lei non potesse né vederla né sentirla, ignorando i richiami di Aris.
- Eve, ascoltami: io non ti priverò di lui, mi hai sentito? – le disse sorridendo malinconica. – Non ti priverò del ricordo di Aris. Non lo farò mai e poi mai, non temere – concluse baciandole la fronte e raggiungendo nuovamente lo stregone, il quale le afferrò subito il braccio e la portò via da quella realtà.
La giovane Lannister aprì gli occhi ritrovandosi nuovamente tra i fumi intensi e i colori accesi dello stanzino nel quale era svenuta. Si alzò da terra, massaggiandosi la testa, per poi andare lentamente a risedersi sulla sua sedia, di fronte allo stregone già accomodato. Egli la guardò fisso, prima di cominciare a parlare. – Sei tremendamente testarda e determinata – le disse come se non lo intendesse come un complimento.
- Grazie – gli rispose ugualmente lei. – Anche se non potrete mai stare insieme, ho deciso di non togliere ad Eveline il tuo ricordo. Ma, al contempo, se mi figuro nella mia mente gli occhi con i quali Margaery guardava Walter, o lo sguardo con il quale Walter guardava Eveline … mi sento uno schifo. Dimmi, Aris … se avessi la possibilità di cambiare il tuo passato, il destino che ti ha condotto dove sei ora … lo faresti?
A quella domanda, egli rimase un po’ in silenzio, poi sorrise distante. – Non posso saperlo. Non posso saperlo perché non ricordo il mio passato, non ricordo ciò che mi ha condotto a questo destino.
Calò nuovamente il silenzio tra i due, che venne poi interrotto da Aris. – Ad ogni modo, non devi tornare per forza indietro nel tempo e cancellare tutto per cambiare il futuro che ho visto – le disse, riattivando la sua attenzione. Dopo di che, aprì le mani a coppa e fece comparire una pietra molto pesante sul tavolino. – Questa è una delle rocce più dure e resistenti esistenti in natura – spiegò, per poi far fuoriuscire dalla sua mano una potentissima corrente di vento come una tromba d’aria, la quale andò a colpire dritta sulla roccia. In seguito, all’aria si sostituì un getto violentissimo d’acqua, il quale restò puntato sulla pietra per alcuni minuti.
Finito il lavoro, Aris avvicinò la roccia a Myranda, mostrandole la fossetta evidente che si era creata sulla sua superficie.
- Ho fatto piombare sulla roccia una quantità di aria e di acqua equivalente ad un anno intero di continue piogge e trombe d’aria.
- L’acqua e l’aria hanno scalfito la roccia …
- Nulla sfugge a consunzione – disse lo stregone accennando un lieve sorriso.
- Questo che significa?
- Significa che, con le giuste scelte, potresti tranquillamente mutare il destino scritto nella carta. Non è permanente. Nulla è permanente.
La fanciulla rimase profondamente colpita e rincuorata da quelle parole, desiderando ringraziarlo in qualche modo. – Come è possibile che tu sia così potente, ma nessuno ti conosca al di fuori di Essos? – chiese sinceramente curiosa.
- A quanto pare ci sono ancora molte cose che non sai su di me, al contrario di ciò che vuoi far credere, Myranda – rispose rivolgendole uno sguardo a suo modo soddisfatto.
Ella sorrise, per poi tornare a parlare. – Sai, Aris, anche se tu non ricorderai e ora non comprenderai ciò che ti dirò, volevo comunque farti sapere che io non mi dimenticherò di te. E neanche lei lo farà. Questa è una promessa.

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Capitolo 35
*** Furia ***


Furia
 
Non appena la rivide, il tempo sembrò fermarsi.
In lontananza, scorse quella cascata di folti capelli scuri, il mantello pesante che le copriva gli abiti e il corpo alto e slanciato, ancor più di quanto ricordasse. La vide correre verso di lui, con gli occhi da cerbiatta e le iridi grandi e fredde quanto brillanti. Quasi stentò a riconoscerla, ma, al contempo, già a metri e metri di distanza, non ebbe alcun dubbio che si trattasse di lei.
Sembrò che il tempo che avessero trascorso lontani si fosse dilatato esponenzialmente e fosse diventato inesistente, un tutt’uno, come un’esplosione. Vide Varys scagliarsi su Sam e abbracciarlo forte a sé, mentre Davos pensò ad inglobare per prima quel fiore splendente che era divenuta Myranda.
Lui ed Eveline si fermarono uno dinnanzi all’altra a guardarsi, senza toccarsi, mentre gli altri si stringevano e piangevano dalla gioia.
Sentiva la necessità di osservarla, di osservare ogni cambiamento in lei, per concepire davvero l’idea che ella fosse in piedi davanti a sé, sana e salva, ancora più donna e più maestosa di prima.
Gli porse una mano tremante, attendendo che lei la prendesse.
Il contatto con quella pelle fredda, quelle mani intagliate e quelle dita lunghe, che sembravano emettere scosse al solo sfiorarle, lo fece scuotere ancor di più.
Si portò la mano di quella che aveva sempre considerato sua nipote, alla bocca, depositando un dolce e leggero bacio, quasi dal sapore adorante, sulle nocche spigolose e lievemente coperte dal tessuto dell’abito che ella indossava, del quale le maniche arrivavano a coprirle le mani.
- Zio … - sussurrò flebile la sua voce che non udiva da tanto, troppo tempo.
- Eve … - rispose lui avvertendo le proprio gambe cedergli, come fossero divenute di sabbia. Si lasciò cadere in ginocchio sulla neve fredda mentre continuava a stringere quella mano sulla sua guancia come se ciò lo stesse tenendo in vita.
Dinnanzi a quella reazione tanto commovente, Eveline si inginocchiò davanti al dorniano, accarezzandogli i capelli della testa chinata con la mano libera.
- Va tutto bene, zio Oberyn … va tutto bene – gli sussurrò depositandogli un bacio sui capelli.
- Credevo di averti perduta … non sapevo dove fossi finita, se fossi riuscita a raggiungere Essos, se qualcuno ti avesse … - cominciò a parlare sempre con il volto chinato, la voce rotta e la mano ancorata alla sua guancia.
- Lo so, zio. Ma ora sono qui. Sono qui. Guardami – lo incoraggiò alzandogli il viso sempre con l’aiuto dell’arto libero, e quasi imponendogli di fissare le iridi scure velate di lacrime alle sue, chiare e più sgargianti. – Sono felice che tu stia bene …
- Anche io! Anche io, mio bellissimo tesoro! – esclamò l’uomo lasciandosi finalmente andare a quell’intensissima manifestazione di affetto che non era affatto da lui, inglobando Eveline in un abbraccio da togliere il fiato.
- Che gli dèi del cielo mi sentano forte e chiaro: tu non ti allontanerai mai più da me. Mai – disse deciso, affondando il volto tra i capelli mogano e ispirandone il buonissimo profumo familiare.
Dal canto suo, la giovane rosa lo strinse altrettanto forte e rise a quelle parole, cercando di ricacciare in dentro le lacrime.
Dopo essersi goduto adeguatamente la vicinanza e la presenza della ragazza, Oberyn si decise a staccarsi e piombò letteralmente anche sugli altri due giovani, lasciando Eveline agli abbracci di Varys e di Davos.
Passò un braccio intorno alle spalle di Sam e un altro intorno all’esplosione di fili dorati quale era la chioma della giovane Lannister, ancorandosi a loro.
- I miei ragazzi! Solo gli dèi sanno quanto io abbia sofferto nel credere di avervi perduti! Hayden e Ruben … - si lasciò sfuggire, notando gli sguardi afflitti dei due ragazzi non appena si distaccò di poco da loro.
- Abbiamo molto da raccontarci! – esclamò Myranda sorridendo nel pieno della felicità e della commozione.
 
- Mi state dicendo che lady Bridgette Greyjoy è dalla nostra parte?!? Parlate sul serio?? – chiese allibito Sam, guardando ancora una volta i tre, i quali si stavano godendo un pasto caldo seduti dinnanzi all’enorme tavolino che li inglobava tutti.
- Ti abbiamo già detto come sono andate le cose: per ripagare almeno in minima parte l’immensità dei reati da ella compiuti uccidendo tutti quei neonati, compreso il principe Blake, e avendo provato ad uccidere anche la principessa Müren, lady Bridgette ha accettato la proposta di Oberyn di proporsi come pretendente del re David e di sedurlo al punto da condurlo a pendere dalle sue labbra – rispiegò brevemente Varys.
- E dalle sue decisioni, qualunque esse siano! Un compito molto arduo da portare a termine considerando la tragedia del Massacro delle Ventidue Concubine – aggiunse Oberyn ingoiando il boccone che stava masticando.
Nell’udire quelle ultime parole, del sudore freddo cominciò ad invadere la schiena del giovane Tarly. – Ma ci sta comunque riuscendo egregiamente – rispose comunque Sam, cercando di inghiottire a vuoto e di pensare ad un modo per far sapere a suo zio della triste fine che aveva avuto anche la sua nipote di sangue, insieme a tutte le altre malcapitate.
- Tuttavia, mi chiedo come possa reagire quel verme che siede sul trono nel trovarsi, da una parte, la sua concubina preferita unica rimasta in vita, nonché la mia splendida guerriera Martell, e, dall’altra, una Greyjoy dal passato travagliato e dalle origini tanto affascinanti, così come la sua intera persona, da riuscire a sedurre e a far perdere la testa a qualsiasi uomo.  Vi sarà un inevitabile confronto tra le due. Però Bridgette non mi ha ancora accennato nulla su Lorraine sulle lettere che mi ha inviato.
Un altro brivido freddo percosse Sam da capo a piedi. – Se io e Kylan lo avessimo saputo prima, avremmo informato Bridgette di essere dalla stessa parte e non l’avremmo considerata una terribile minaccia per tutto questo tempo. Devo trovare il modo di informare Kylan a riguardo da qui, dato che, sicuramente, staranno trascorrendo il loro tempo a scannarsi tra loro inconsapevolmente senza alcun motivo – commentò ugualmente, non facendo caso a quei brividi lungo la schiena e cercando di concentrarsi su altro.
- E se io avessi saputo che tu e il Marbrand biondo stavate cospirando contro il re, avrei informato Bridgette prima di farla partire per Approdo – commentò Oberyn accennando un sorriso sconsolato. – Tra l’altro, spero davvero che lo spilungone si stia adoperando per proteggere come meglio può la mia Lorraine, dato che, ormai, oltre ad essere divenuto Primo Cavaliere del Re, sembra che David lo tratti quasi come una guida, fidandosi del suo giudizio più di quanto si sia mai fidato di suo padre Colten e di nessun altro. Bridgette continua a ripetermi che lo vede come l’ostacolo più grande per arrivare a David, sulle lettere, oltre a parlarmi di quanto il re ed Hayden … - l’uomo si interruppe ricordandosi della presenza di Daenerys tra loro, la quale lo stava ascoltando attenta. Evitò di tirare fuori l’argomento oramai più scottante di Approdo che portava il nome di Hayden, e riprese a parlare, rivolto a Sam. - Mi spieghi cosa accidenti ha fatto quel ragazzo per divenire un tale pupillo e paladino del Crakehall?
- Si è guadagnato la sua fiducia con fatica e tanta pratica e finzione – spiegò il giovane Tarly.
- Ti sei legato molto a lui, a quanto vedo – commentò Oberyn.
- Sì, oramai è come un fratello per me. Mi sono legato molto anche a tua nipote Lorraine … lei e- … è una ragazza fuori dal comune, davvero. Se non fosse stato per lei, io e Kylan saremmo stati giustiziati per tradimento. Rivedo molto di lei in te, zio.
A quelle parole, Oberyn lo guardò fiero, con gli occhi lucidi e sognanti, cosa che fece sentire Sam ancora più male.
- Mi fido della mia piccola tempesta. Ella sa farsi ben valere e, oltre a ciò, come ho detto, sono sicuro che Kylan stia facendo il suo meglio per proteggerla. Sai, un giorno di quell’estate in cui lui e suo padre si erano stabiliti a Dorne, trovai Lorraine e Kylan abbracciati tra loro, aggrovigliati come fossero una cosa sola, sdraiati sul letto, con i corpi nudi e ancora acerbi illuminati dal sole. Avevo visto altre volte la mia nipotina giacere con qualcuno, nonostante fosse poco più che una bambina, ma mai, mai come quella volta con lui. Non li ho beccati nel fulcro del piacere; tuttavia, entrando nella stanza in quel momento poco dopo il rapporto, così intimo, dolce e tanto intenso da farmi aggrovigliare le viscere, mi sono reso conto che quei due avessero un legame che la maggior parte degli amanti avrebbe dovuto invidiare loro. Io stesso, in quell’istante, li invidiai molto – ammise Oberyn accennando un sorriso e avventurandosi in quel ricordo lontano. – Tralasciando il fatto che, non appena lui si accorse dei miei occhi puntati su di loro, scattò come un grillo cadendo poi a terra insieme alle coperte leggere intrecciate tra le gambe e tra il busto, prendendosi una botta non di poco conto, a giudicare dal tonfo sul pavimento. Non essendo abituati alle reazioni estremamente pudiche della gente del Nord, io e Lorraine siamo rimasti sconvolti a guardarlo. Dopo quell’estate, non l’ho mai più vista guardare qualcuno in quel modo.
- Non sono “reazioni estremamente pudiche”, zio Oberyn! Sono normali! – esclamò Myranda ridendo.
- Siete voi dorniani ad essere un po’ troppo … libertini in determinati ambiti – aggiunse Jaime sorridendo a sua volta.  
- Zio Oberyn – richiamò nuovamente la sua attenzione Sam, finalmente deciso a dirglielo per non illuderlo oltre. Il ragazzo lo guardò negli occhi cercando di reggere quello sguardo. – Tua nipote Lorraine … è morta. Ella è morta come le altre.
Il silenzio tombale calò nella sala.
La Vipera Rossa rimase fisso e in silenzio, tanto immobile da far paura.
Dopo altri interminabili minuti, la voce uscì dalla bocca di Oberyn come estranea a lui. – Come …? – chiese in un tono che non sembrava neanche interrogativo.
- Zio, non credo che sia il caso di … - provò ad intervenire Myranda.
- Non sarà mai peggio del modo in cui è morta mia sorella Elia. Lorraine è stata stuprata da quel verme per mesi e mesi e poi è stata uccisa da lui. Buffo quanto la sua situazione, alla fin fine, sia stata simile a quella di sua zia – rispose il dorniano interrompendo la giovane Lannister. – Parla, Sam – insistette.
- L’ha soffocata. Il modo più dolce utilizzato dal re per uccidere le sue concubine – rispose il giovane Tarly cercando di trovare l’unica nota positiva di quella notizia.
- Lui avrebbe dovuto proteggerla. Il tuo amico avrebbe dovuto salvaguardare la mia … - sputò fuori Oberyn come veleno, mentre i tremori cominciarono ad invaderlo.
- Non è colpa sua, zio, e lo sai. Lui, anche nella sua posizione di Primo Cavaliere del re, non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo, anzi: David era fin troppo geloso di loro due, e Kylan ha sempre cercato in tutti i modi di tenersi a distanza da Lorraine appositamente – disse Sam andando in difesa del giovane Marbrand.
- Non raccontarmi stronzate, Sam! E per quale maledetto motivo Bridgette non mi ha informato della morte di Lorraine sulle lettere??
- Forse perché temeva come avresti reagito, zio – intervenne anche Eveline.
- Oberyn, comprendo il tuo dolore, ma sai che dobbiamo rispettare il piano. So che il tuo spirito vendicativo si sta accendendo esponenzialmente in questo momento, così come quello di Daenerys; tuttavia, proprio come ho detto a lei, dobbiamo rimanere lucidi e attenerci al piano, senza farci prendere dai tormenti personali – cercò di farlo ragionare Jaime.
- Lo so bene, dannato Lannister! Lasciami solo un po’ di tempo! – esclamò il dorniano alzandosi di scatto in piedi, sbattendo la mano sul tavolo e uscendo fuori.
- Vado con lui – esordì poco dopo Varys. – In tanto tempo che abbiamo trascorso insieme, ho finalmente imparato come placare la furia di una Vipera – aggiunse alzandosi in piedi.
- Anche io – commentò Davos, raggiungendo i due.
- Forse dovremmo raggiungerlo anche noi … - disse Eveline.
- No, tesoro. Voi tre dovete andare ad incontrare qualcuno, o sbaglio? – le ricordò Daenerys.
- Andate a preparare le vostre cose e mettetevi in cammino, in modo che possiate tornare prima che faccia buio – li incoraggiò Margaery premurosa.
Avevano avuto il tempo di raccontare ogni cosa anche ai tre nuovi membri della famiglia tornati a casa, così come lo avevano avuto per informare tutti che quel giorno avrebbero incontrato GreyShade per mettere in atto il piano che avrebbe determinato la loro salvezza, l’unico modo per non mandare in frantumi la loro ribellione.
 
Eveline scese la scalinate che conducevano alle prigioni di Grande Inverno.
- Lady Eveline – la salutò una delle guardie rivolgendole un lieve inchino.
- Voglio scambiare due parole con i prigionieri prima di accompagnare mio cugino Sam al suo incontro, ser Doon.
- Certo, lady Eveline.
La giovane rosa si avvicinò alle celle e rivolse lo sguardo agli uomini della scorta del re imprigionati. – Non temete. Non vi uccideremo. Resterete prigionieri qui fino a quando noi lo riterremo necessario.
Detto ciò, fece per andarsene, ma uno di loro, aggrappandosi alle sbarre, le parlò, facendola bloccare: - Quando il nostro re riuscirà a catturarti, brucerai al rogo come il peggiore dei flagelli umani, Aradia.
La fanciulla si voltò a guardarlo e gli si avvicinò.
– Quello che hai fatto al terreno … il trucchetto che hai usato per sconfiggerci e imprigionarci … sei contro natura. L’unico appellativo che meriteresti di possedere, è quello di “Devastatrice”. Tutto ciò che riesci e che potrai mai essere è questo, strega – continuò con in volto una smorfia derisoria e incallita.
Eveline rimase a guardarlo, sentendosi pizzicare le mani. Per placare quella prorompente sensazione, strinse il pugno. – Ciò che hai appena detto non è neanche degno della mia minima considerazione. Goditi la prigionia, “mio signore”.
- Uccidimi, avanti! Questo è quello che vuoi! Scommetto che puoi farlo con uno schiocco di dita! Poni fine alla mia vita, Devastatrice!!
- Credi davvero che accontenterei un verme come te, dandoti la soddisfazione di vedermi esercitare il potere che tanto ti fa rabbrividire sulle tue carni? Non perdo tempo ad uccidere gli insetti. Ci pensano da soli a diventare sterco e a sprofondare, assorbiti nel terreno – rispose mantenendo il suo sguardo nobile ben in vista, accennando un sorriso.
Ma il pizzicore continuava e la sua testa sembrava voler assecondare quel bisogno represso.
“Vieni a me, figlia di Lilith. Lasciati andare alla tua natura. Ascolta il tuo sangue nero che freme.” disse quella voce dentro di sé, destabilizzandola e spingendola a correre fuori dalle prigioni.
Fuori, ad aspettarla, vi erano Sam e Myranda, già pronti e in sella ai loro cavalli. – Eve, sei pronta? – le chiese il giovane Tarly.
- Che ti succede? – aggiunse Myranda, notando il viso sbiancato.
- Nulla. Andiamo.  
Ma i tre vennero interrotti da Oberyn, che si avvicinò lentamente a loro, lo sguardo perso e quasi svuotato. Guardò Eveline, facendole intendere di volersi rivolgere solo a lei.
A ciò, la giovane rosa fece segno agli altri due di cominciare ad incamminarsi. – Vi raggiungo tra poco, ragazzi – disse loro ancora in groppa ad Abigail, per poi guardare suo zio dall’alto. – Mi dispiace tanto per Lorraine, zio Oberyn.
- Non dispiacerti, bambina mia. Starò bene. Lo supererò quando avrò la testa piena di vermi di quel Crakehall tra le mani. Quell’uomo ha i giorni contati e giuro sui sette inferi che se solo prova a toccare Hayden più di quanto non abbia già fatto, la fine che ho in serbo per lui sarà ancor più atroce – disse abbassando la testa, per poi rialzarla a guardare la ragazza. – Eve, tesoro, parlavi sul serio quando hai raccontato del tuo potere di donare delle ore di vita in più a delle persone morte? – le chiese con gli occhi velati di speranza.
A ciò, la giovane si intristì ancor di più per lui, sorridendogli malinconica ma premurosa. – Se sono morti da molto, non posso farlo, zio. Inoltre, temo che nel tuo caso, peggiori il dolore che stai provando – gli rispose. – Ci vediamo al nostro ritorno, zio Oberyn. Sono felice che tu sia qui.
- Anche io, bambina mia, anche io. Non immagini quanto – rispose l’uomo baciandole una mano e guardandola allontanarsi in groppa al suo cavallo.
 
 
- Quello che devo assolutamente comprendere, è come accidenti ha creato un drago dal nulla! – ripeté per la terza volta  Xavier, stringendo troppo forte il polso della ragazza inconsapevolmente.
- Ah .. ! – si lamentò Christine con una smorfia dolorante.
- Scusa, cara – si affrettò a recuperare Xavier non appena se ne accorse.
- Devi misurarle il battito, non romperle il polso. Fa’ attenzione, vecchio – lo esortò Bronn a braccia conserte.
- Rivolgimi ancora una volta la parola mentre sto facendo il mio lavoro e ti sventro, mercenario – rispose a tono il Maestro.
- D’accordo, ora che ne direste di mantenete la calma dato che siete in casa nostra e siete in presenza di una ragazza incinta? – li rimproverò Erin.
- Scusateli, ragazzi – si scusò per loro Pod, rivolgendosi ad Alain e alla sua fidanzata. – Sono come cane a gatto insieme. Non sapete quanto vi siamo grati per aver messo a disposizione la vostra umile abitazione per permetterci di supervisionare la gravidanza di Christine da vicino, senza aver paura di essere scoperti.
- Non dovete ringraziarci di nulla, Pod. Per noi è un piacere aiutarvi – lo rassicurò il ragazzo , poco prima che qualcun altro bussasse alla sua porta.
D’improvviso, tutti si pietrificarono.
- Aspettavate qualcuno? – sibilò Christine impietrita.
- No … Restate dove siete – li esortò Alain, dirigendosi verso la porta e aprendola di pochissimo, trovandosi dinnanzi un individuo incappucciato.
- Chi siete? – gli chiese diffidente.
- Sono io – rispose quella voce che riconobbe, poco prima che le sue mani si scoprissero i capelli biondi e il volto, lasciandoli liberi dal cappuccio.
- Kylan? Presto, entrate – si affrettò a dire il padrone di casa, afferrandolo per un polso e trascinandolo dentro prima che qualcuno lo vedesse.
Non appena il Primo Cavaliere entrò in casa, tutti lo fissarono perplessi, poco prima di tirare un sospiro di sollievo.
- Beh? Cosa sono quegli sguardi? – chiese il giovane cavaliere.
- Kylan?  È  strano vederti qui – rispose Christine felice di vederlo, dato che erano trascorsi parecchi giorni dall’ultima volta che il giovane era riuscito a farle visita.
- Già, solitamente siete sempre impegnato a corte, tanto da non riuscire mai a venire qui a Fondo delle Pulci – aggiunse Alain.
- Mi state facendo passare da altezzoso menefreghista. Vorrei essere presente ai vostri incontri durante i controlli di Christine, ma c’è davvero molto da fare alla Fortezza. In particolar modo ora che è sbucato fuori anche un drago – spiegò Kylan sfilandosi il mantello.
- Ha ragione: ora che Hoxana ha tirato fuori un’altra arma oltre al giovane principe, abbiamo molto da fare noi del consiglio – gli diede man forte Xavier rianimandosi ancora.
- Come stai? – chiese il giovane Marbrand a Christine accovacciandosi accanto al letto nel quale era sdraiata.
- Bene, grazie – rispose lei accennando un sorriso mentre si sfiorava il pancione. – Come sei riuscito a liberarti?
- Il re è assieme a Bridgette. Quando è con lei tutto il mondo attorno a lui svanisce, rendendolo in completa balia della Greyjoy. Ho svolto i miei compiti, perciò mi sono allontanato dalla Fortezza appena ho potuto, dato che ormai è impossibile non imbattersi in Hoxana restando lì dentro. Sembra essere ovunque, quasi avesse dei doppioni: se continuerà così, smaschererà la nostra cospirazione, dunque, se vogliamo approfittare per parlare tra noi di questioni importanti, dobbiamo farlo ora, tra queste mura sicure – rispose Kylan rialzandosi in piedi e rivolgendosi ai suoi compagni membri del consiglio.
- Comincia tu, figliolo – lo  esortò Xavier.
- Xavier, lo so che stai fremendo per parlare: avanti, inizia tu – controbatté Kylan.
- Se proprio insisti: da quali razza di inferi è sbucata fuori quella creatura demoniaca?? Come ha fatto a crearla?? Non c’è una spiegazione che escluda la pratica delle arti magiche in ciò!
- Hoxana non è una strega – rispose Kylan.
- E allora cos’è? Una dea? O è una o è l’altra, perché non credo proprio che abbia nascosto l’ultimo vero uovo di drago agli occhi di tutti per tutto questo tempo – aggiunse Bronn.
- Voi che vivete a corte … avete osservato bene quella creatura? Com’è? – intervenne Alain.
- Che sia un drago vero è fuori da ogni dubbio. La sua maestosità, l’eleganza, i movimenti, i suoi occhi … - disse Podrick.
- Oltre al fatto che, in seguito alle uova schiuse da Daenerys Targaryen, non è più esistito alcun uovo di drago; quella creatura non può provenire da un uovo trovato da Hoxana anche perché è troppo simile ad Hayden – riprese Kylan.
- Oltre alla somiglianza … c’è anche il fattore del legame. In questi giorni, da quando Hoxana ha liberato Haylor e ce lo ha mostrato, facendolo vivere nella Fortezza Rossa …
- … e non ha fatto altro che terrorizzare tutti, da guardie, a dame, a noi … - disse Bronn interrompendo Podrick.
- Tralasciando il timore scaturito alla vista della creatura, stavo dicendo che, quest’ultima, non lascia mai Hayden solo. Lo segue sempre, gli è sempre appiccicata, come se da lui dipendesse la sua vita – riprese Pod.
- Che sia un semplice legame di sangue? – propose Xavier.
- Se fosse un legame di sangue, non dovrebbe essere anche Hayden ugualmente legato a lui? – controbatté Kylan. – Un’altra cosa che ho notato spesso, in questi giorni, è che Hayden sembra molto turbato dalla vicinanza di Haylor. Più il drago gli si avvicina, più lui ne sembra … non spaventato, quanto piuttosto … disgustato. Sembra odiarlo, odiarlo dal profondo del cuore, al punto da non sopportarne la vicinanza, cosa che con Hoxana non accade- concluse il giovane Marbrand.
- Dunque … potrebbe essere che Hoxana tenga in vita Haylor grazie ad Hayden? Come se condividessero il cuore di Hayden? Se fosse così, avrebbe senso che Haylor si senta così legato ad Hayden, mentre Hayden lo consideri solo un parassita che gli sta rubando la linfa vitale – suppose Podrick.
- Tutto questo non ha comunque alcun senso logico: io sono un medico, qualcosa che si avvicina molto a ciò che dovrebbe essere Hoxana, e, nonostante questo, posso affermare con certezza che non vi è alcuna spiegazione medica nelle ipotesi che stiamo formulando – si indignò nuovamente il vecchio Maestro.
- Perché, vi è una spiegazione a ciò che è riuscita a fare ad Hayden, invece?? – chiese Kylan tagliente. – Lasciando da parte il piegamento della sua volontà tramite tortura: ti sei già dimenticato del profondo taglio allo zigomo che gli è completamente guarito da un giorno all’altro?
Scese il silenzio nella casa.
 - Come accidenti riuscite a farvi venire in mente teorie su teorie, mentre io sono giunto all’unica conclusione che voglio restare il più lontano possibile da quell’enorme lucertola che sembra crescere a vista d’occhio? – ruppe la calma Bronn.
- E la futura regina in tutto questo? Avevi detto che non ti fidavi affatto di lei. Non potrebbe avere un ruolo in tutto quello che sta accadendo? – chiese Christine al Primo Cavaliere, ignorando il mercenario.
- Non credo. Non affermo di aver cambiato idea su di lei, ma mi sono accorto che, da quando è comparso Haylor, anche lei si sta comportando esattamente come noi: si nota palesemente che è spaventata, anche se cerca di non darlo a vedere. Non credo che lei c’entri con la storia del drago – spiegò Kylan.
- E i Superni?
- Stanno continuamente addosso ad Hoxana.
- Non potreste provare a parlare con loro? Insomma, Hoxana è cresciuta a Qarth. Potrebbero saperne qualcosa.
- Non se ne parla. Non ci possiamo assolutamente fidare dei Superni. Anche se sapessero qualcosa, non ce lo direbbero o distorcerebbero la verità.
- Cos’è il trambusto qua fuori? – chiese Erin affacciandosi alla finestrella e notando la folla accalcata.
- Tra poco vi sarà l’esecuzione di alcuni ribelli del popolo accanto al campo in cui prima si trovava il Tempio di Baelor – rispose nuovamente il giovane Marbrand.
- Quanti?
- Circa una ventina. Sarà presente tutta la famiglia reale.
- Perché la famiglia reale dovrebbe scomodarsi tanto nell’assistere all’esecuzione di una manciata di ribelli popolani? – chiese Alain.
- Per ostentare il drago anche al popolo, confermando le voci sulla sua esistenza. E per fare sfoggio anche di Hayden.
- Dunque avrete un bel po’ da fare tu e i cavalieri della Guardia Reale – commentò Christine. – Il popolo odia il re, così come è diffidente nei confronti di Bridgette e spaventato da Hayden.
- Il popolo è stanco di vedere teste bionde al trono – intervenne Bronn, in un’esplicita provocazione. – Non per lamentarmi , ma sono più circondato da teste bionde ora, che quando servivo i Lannister, senza offesa, Kylan – continuò il mercenario. – Sembra quasi che tutto si debba ripetere: quasi quarant’anni fa, Aerys Targaryen era seduto sul trono di spade, Rhaegar Targaryen era il principe ereditario e Jaime Lannister era il Primo Cavaliere del re. Coincidenze? Il problema sono le teste bionde.
- Ora che abbiamo chiarito qual è il vero problema che affligge i sette regni grazie a Bronn, possiamo tornare a noi? – proruppe sarcasticamente Xavier, poco prima che qualcun altro bussasse alla porta.
- Stavolta non può essere qualcuno che aderisce alla nostra cospirazione: siamo tutti qui – sibilò Pod.
Alain, proprio come aveva fatto in precedenza, si diresse verso la porta e la aprì cautamente, facendo attenzione a schiuderla solo il minimo necessario.
Dinnanzi a sé, vi trovò una ragazza di sua conoscenza, anch’ella un’orfana cresciuta con lui ed Erin.
– Alain, tu ed Erin dovete aiutarmi! – disse la fanciulla con il volto stravolto e gli occhi sgranati.
- Harlee, che succede?
- Mia sorella! Mia sorella è tra i ribelli condannati alla pena capitale! Tra qualche ora verrà giustiziata  dinnanzi al re e io devo impedirlo!
A quelle parole, il ragazzo sbiancò. Lui e gli altri orfani erano come una famiglia allargata e la morte di uno di loro costituiva la perdita di un familiare.
- Aspetta un secondo … - le rispose, poi ritornando in casa e chiamando Erin.
- Che succede, Alain?
- Harlee ha detto che Jillian è tra i condannati …
- Cosa?! Dobbiamo fare qualcosa!
- Chi è Jillian?  - chiese Podrick.
- Un membro della nostra famiglia. Ci siamo sempre aiutati a vicenda per riuscire a sopravvivere e così continueremo a fare – rispose Alain.
- Dunque? Che intenzioni avete? – chiese Christine.
- Dobbiamo andare da lei. Avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile – disse Erin preparando una piccola casacca.
- Dovreste andarvene anche voi: se Jillian è stata catturata, tutti coloro vicini a lei, potrebbero essere possibili ribelli. Perquisiranno la nostra casa – disse Alain.
- Già, confermo: se siete in stretti rapporti con uno dei condannati, i cavalieri della Guardia Reale piomberanno qui da un momento all’altro per assicurarsi che non siate ribelli anche voi. Se ci trovano qui siamo tutti spacciati – spiegò Kylan.
- Allora che aspettiamo ad andarcene? – chiese Bronn, poco prima che Christine manifestasse delle smorfie di dolore più intense del solito.
La ragazza si toccò il pancione e prese un bel respiro. – Mi fa male … - sussurrò.
- Che sta succedendo, Xavier? Sta partorendo? – chiese Kylan guardandola allarmato.
- Non essere sciocco, figliolo! Questi dolori sono normalissimi ad un certo punto della gravidanza. Se nascesse ora, il piccolo sarebbe prematuro. Quindi non credo proprio che il pargolino sia tanto masochista da voler uscire ora – affermò il vecchio con convinzione, stringendo la mano di Christine e facendole bere un intruglio di erbe per calmarle i dolori.
- Va tutto bene, cara.
A ciò, la ragazza si tranquillizzò e accennò un sorriso.
- Non può camminare in queste condizioni. Resta con lei, figliolo. Possiamo solo sperare che le guardie tardino ad arrivare qui. Quando i suoi dolori si placheranno e il mio intruglio farà effetto, esci immediatamente da questa casa. Portala in braccio se necessario, ma sbrigati – si raccomandò Xavier al giovane Marbrand, rialzandosi in piedi. – Noi intanto andiamocene – disse rivolgendosi agli altri con sguardo turbato.
- Non temere, Xavier: usciremo in tempo da qui. Voi andate! – li rassicurò Kylan, vedendoli uscire dalla casa.
Dopo qualche minuto, Christine sembrava sempre più tranquilla e quasi assopita. Tuttavia, il giovane cavaliere percepì un brutto presentimento proprio alla bocca dello stomaco.
Si avvicinò al letto nel quale era sdraiata Christine, notando che la ragazza stesse sudando freddo in abbondanza mentre sembrava stesse dormendo.
- Christine?? Christine, che ti succede?? – la smosse sempre più allarmato.
- Kylan … credo … credo che … il mio bambino … in realtà … sia masochista … lo sento … lo sento che spinge tanto forte da farmi temere che possa rompere tutto là sotto … vuole uscire di lì … non … - la ragazza si bloccò con l’espressione semi beata e semi esasperata, più delirante che altro, poiché fu colpita da uno spasmo che fece tremare tutto il letto, seguito da un urlo sordo mentre la sua mano stritolava letteralmente quella del Primo Cavaliere.
- No, non posso crederci … non ci posso credere … - sussurrò il giovane Marbrand inginocchiandosi a terra, con una cera quasi peggiore di quella della fanciulla in travaglio.
 
 
Camminò all’interno della stanza buia nella quale era tenuto prigioniero, solo, torturato e disidratato. Camminò fin dove le catene glielo permettevano, compiendo sempre lo stesso identico giro: accanto alla prigione in cui era tenuto suo padre quasi perennemente svenuto a causa dei sonniferi e veleni che gli iniettavano, poi vicino al portone d’uscita sbarrato, un giro intorno al tavolino, poi ritornava al muretto che ormai usava come letto, sedia e tavolo per i pasti, il suo punto di partenza. Lo spazio era ristretto, le mura sempre le stesse, i mattoni sempre più umidi, gocciolanti, grigi e decrepiti, la finestrella in alto, unica fonte di luce, era sempre più lontana da lui. Sapeva a memoria il numero dei ganci delle catene strette ai suoi polsi e alle sue caviglie, per quante volte li aveva contati; conosceva il numero di fori tra ogni mattone; ogni punto in cui gocciolava l’acqua; l’inclinazione di ogni sbarra della cella di Jon; il colore e la profondità di ogni taglio, graffio ed ematoma che svettava sulla sua pelle chiara. Conosceva la puzza dei suoi vestiti, un misto tra sangue marcio e acqua putrida.
Spesso le torture bizzarre e inumane alle quali lo sottoponeva Hoxana, erano tanto destabilizzanti da fargli perdere il controllo del suo corpo, della sua persona e il contatto con la realtà. Per questo gli servivano questi piccoli punti di riferimento per rimanere ancorato al mondo reale. La sua mente giocava troppo spesso brutti scherzi. Ma non erano brutti scherzi di un pazzo delirante, bensì illusioni imposte, razionali. Lui era troppo cosciente, sveglio e arrabbiato per lasciarsi impazzire.
A volte dimenticava com’era fatto il suo viso, così se lo toccava, proprio come un cieco ne tastava la consistenza e ogni minimo dettaglio, ogni rientranza, sporgenza, linea, curva e foro, per accertarsi che fosse ancora suo.
Ogni tanto sentiva anche qualcuno. E no, non era suo padre Jon, non era Hoxana, non era Haylor, non era neanche lui. Era qualcun altro. Una presenza estremamente familiare.
Poi, invece, quando voleva vedere lui, lo faceva comparire, fiero ogni volta di riuscire a crearlo così reale.
 Lui ora era seduto a terra, sul pavimento umido e bagnato, intento a giocare con piccolo rompicapo con il quale si divertiva anche lui da piccolo.
Gli si avvicinò e gli si sedette di fronte, incrociando le gambe e osservandolo impegnarsi. Il suo aspetto era quello di un bambino di un anno o due, nonostante la sua età mentale non corrispondesse a quella dimostrata. Aveva il corpicino tosto e paffuto, la pelle chiara come la sua, gli occhi scuri quasi come i suoi, ma più piccoli e a mandorla, mentre i capelli erano spessi e di un nero caldo che stonava innaturalmente con la carnagione lattea.
Hayden sorrise non appena notò che le sue piccole manine picchiettavano l’oggetto in legno con sdegno, frustrate.
- Devi far diventare ogni lato del cubo dello stesso colore. Così non ci riuscirai mai. Devi muovere ogni fila e ogni colonna con …
- Tu sei sempre stato più intelligente di me – lo interruppe il bambino, alzando lo sguardo su di lui.
- No, non ho mai detto questo.
- Ma lo dico io. Perché mi hai creato dandomi la forma di un bambino così piccolo quando, in realtà, dovrei essere più grande di te?
- Non lo so. Forse perché sei morto appena uscito dal ventre di nostra madre.
- Allora perché la mia mente è come quella di un ragazzo della tua età?
- Forse perché vorrei che tu fossi ancora in vita e che fossi cresciuto. Con me – rispose Hayden.
Il bambino lo guardò per un po’ senza rispondergli, poi riprese la parola. - Cosa vuoi da me, fratello?
- Niente. Voglio solo che tu stia con me.
- Ti sei mai chiesto come mi sarei chiamato?
- Sì, a volte. Nostra madre non ha mai voluto dirmelo.
- Nostra madre mi ha dimenticato.
- No, non è vero.
- Sì, invece! Lo ha fatto quando sono nati i draghi, ma, soprattutto quando sei nato tu.
- Che stai dicendo? Nostra madre ti voleva. Ti voleva proprio come ha voluto me.
- Non ha mai desiderato niente come ha desiderato te. Tu le somigli di più, Hayden.
- Che cosa …?
- Io sarei stato molto più simile a mio padre, Drogo. Sarei stato un dothraki che non sa pensare ad altro che a cavalcare, uccidere e procreare. Un selvaggio. Tu, invece, hai preso ciò che c’è di più bello in entrambi i tuoi genitori: l’arguzia, l’acutezza e la nobiltà dei Targaryen; il coraggio, l’onore e lo spirito combattivo degli Stark.
- Perché dici questo? Come puoi sapere come saresti stato?
- Perché non riesco a risolvere questo maledetto rompicapo!
- Ti aiuterò io.
- Hayden … - ma prima che potesse proseguire, il ragazzo gli afferrò le manine e le strinse tra le sue, guardandolo fisso negli occhi.
– Saremmo cresciuti insieme. Tu mi avresti insegnato a cavalcare in terra come un dio nei cieli e a lottare con il fuoco perenne nelle vene; io ti avrei insegnato il valore, a ragionare con la tua testa e a risolvere questi maledetti rompicapi – disse facendolo finalmente sorridere.
- Ma è troppo tardi, Hayden. Ora tu sei qui e neanche io posso salvarti, fratello – gli disse con il tono e lo sguardo intristito.
- Lo so. Voglio solo che tu stia con me – disse stringendogli ancor di più le mani, per poi continuare. – Sai, avrei preferito fare la tua stessa fine. Sarei voluto nascere morto piuttosto che vivere questo.
Ad un tratto, si levò un rumore da uno degli angoli bui della stanza. I due si voltarono in direzione di quel verso.
– Sta per arrivare Hoxana?- chiese il bambino.
- No, solitamente viene più tardi.
- Si chiederà come mai stai parlando da solo.
- Non sto impazzendo. Ti ho creato io consapevolmente. Non sto svanendo.
- Tu non svanirai, Hayden.
- Io non svanirò.
- Allora cos’era quel rumore? Jon?
- Era Haylor.
- E se invece fosse lei?
Hayden fissò il bambino con sguardo interrogativo. – Tu sai chi è? Tu sai chi è la presenza che sento?
- Lei è qui anche ora. Ti segue sempre. Non vuole lasciarti. Ma tu non puoi vederla né comprendere chi sia. Lei è come un sogno – rispose il bambino.
- Perché lei mi segue?
- Perché in un mondo pieno di meraviglie, lei guarda te, così come in una stanza piena di bellezza, lei continua a guardare te.
Un altro rumore si levò nella stanza, facendo alzare in piedi Hayden , il quale si era già innervosito nel prevedere cosa sarebbe seguito a quel secondo verso. Strinse i pugni fino a ferirsi i palmi.
- Hayden? Non avere paura di Haylor.
- Non ho paura di lui. Lo odio. Lo odio solamente.
- Perché lo odi? Non vuoi essere un drago, Hayden? Tu sei un drago.
- No, non sono un drago, sono un ragazzo. Lo odio perché lui non deve esistere. Non deve esistere.
- Cosa ti ha fatto Hoxana per farlo nascere, fratello?
Hayden strinse i pugni ancora di più. – Non lo voglio qui, non lo voglio vicino a me, non lo voglio! – urlò, vedendo il bambino svanire dinnanzi ai suoi occhi.
- Fratello? Fratello?? Dove sei?? Torna qui!! – urlò comminando convulsamente per la stanza, mentre i versi si facevano sempre più insistenti e una creatura si faceva strada uscendo dal buio dell’angolo nel quale era accucciata. Emerse alla luce della finestrella con il suo collo lungo e le squame bianche illuminate.
- Stai lontano da me, Haylor!! Lasciami in pace!! Vattene via da me! – gli urlò con il viso ad un centimetro dal muso del drago. – Sono arrabbiato, Haylor. Sono  i n f u r i a t o – sibilò il giovane avvicinando le labbra fino a farle sfiorare con le narici della creatura, bucando con i suoi occhi scuri quelli del rettile. – Tu non avrai nient’altro da me. Non avrai più né il mio sangue, né la mia carne, né il mio respiro. Hai avuto troppo e sappi che mi riprenderò tutto quanto. Tutto ciò che sei e che hai di mio ritornerà a me.
 



 

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Capitolo 36
*** L'Armata Grigia (parte 1) ***


L’Armata Grigia (parte 1)
 
Il ragazzino si risvegliò sentendo un inumanamente forte male alla testa. Posò le mani sull’erba bagnata per tirarsi leggermente su dalla posizione sdraiata nella quale era rimasto per chissà quanto tempo. Si toccò la testa, la quale cominciò a pulsargli più forte, poi individuò una donna matura, bellissima e dai capelli rossi, la quale stava riempiendo una brocca d’acqua al fiume dinnanzi a lui.
Inizialmente, non si rese conto di cosa avesse perso.
Non appena notò il mantello rosso che indossava, il giovane ebbe come un lampo. Era come se immaginasse già chi fosse da dei racconti che aveva udito, ma, il fatto assurdo, era che non ricordasse minimamente quei racconti.
- Ti sei svegliato, giovane cervo – lo sorprese ella, voltandosi verso di lui e avvicinandosi con la brocca piena.
- Non ricordo nulla e ho un terribile mal di testa … sono, per caso, morto e tu mi hai riportato in vita, Sacerdotessa Rossa? – le chiese facendole capire che avesse dedotto chi fosse.
Ella gli accennò un sorriso, accovacciandosi di fronte a lui. – Puoi chiamarmi Melisandre. - Detto ciò, rimase in attesa a guardarlo. – Allora non vuoi dirmi il tuo nome?
Quella domanda lo spiazzò più di quanto credesse. O forse, a spiazzarlo, fu il fatto di non conoscere la risposta. – Non dovresti già saperlo? – rispose sviando il discorso. - Perché mi hai portato qui? Che cosa vuoi da me?
- Noto che i racconti che i tuoi familiari ti hanno fornito su di me non sono stati molto positivi per mostrarti già così prevenuto … ma, d’altronde, ne comprendo il motivo – disse versando l’acqua in una bacinella colma di acqua semirossastra, evidentemente contaminata da del sangue.
- I miei familiari non mi hanno raccontato nulla.
Quella risposta allarmò lievemente la donna, la quale si voltò nuovamente a guardarlo. – Dimmi il tuo nome, ragazzo – insistette per scoprire se il dubbio nato in lei fosse fondato.
- Non me lo ricordo. Non ricordo chi sono, come sono fatto e chi siano i miei familiari, né tanto meno la mia storia – confessò infine, riuscendo a far sgranare gli occhi a Melisandre, la quale rimase in silenzio per un po’.
- Come facevi a sapere che fossi una Sacerdotessa Rossa?
- Qualche stralcio di informazione sconosciuta è nella mia memoria, ma non so da dove provenga, né come l’abbia ottenuta – rispose sinceramente lui.
- Dunque c’è ancora speranza che tu recuperi i tuoi ricordi perduti.
- Tu sai chi sono, non è vero? Altrimenti perché ora sarei qui con te?Mi hai tolto tu i ricordi?
- Hai ragione, so chi sei. La tua identità è nota nei sette regni grazie alle stirpi dalle quali discendi. Tua madre è Arya Stark, tuo padre il bastardo di Robert Baratheon. Queste identità ti sono note almeno un po’, da qualche parte nella tua memoria?
- Sì, grosso modo …
- Il tuo nome è Ruben. Ti ho chiesto come ti chiamassi solo per cercare di approcciarmi nel modo più naturale possibile, visto il tuo trauma. Non preoccuparti, non sono stata io a privarti dei tuoi ricordi. Ore fa sei stato picchiato molto violentemente da alcuni soldati dell’attuale re dei sette regni che ti tenevano prigioniero insieme alla tua famiglia nella tua dimora, Grande Inverno. Io ti ho salvato la vita. Quei buzzurri credevano di averti ucciso e stavano per seppellirti. Ci è mancato poco che vi riuscissero davvero. La botta che hai preso alla testa è stata immensamente forte e se non fossi un ragazzo in salute e così resistente, probabilmente saresti morto davvero, invece di aver perso solo la memoria.
- Forse lo avrei preferito.
La donna posò ancora lo sguardo su di lui, il quale appariva completamente perso e distante. – Non devi pensarlo. Ad ognuno di noi viene data una seconda possibilità. E se non fossi riuscita da arrivare in tempo, ti avrei comunque riportato in vita.
A ciò, Ruben la guardò a sua volta. – Già, non hai ancora risposto alla mia domanda: a cosa ti servo?
- Lo scoprirai presto, giovane cervo. Se sarai all’altezza del compito che ho in serbo per te, dimostrandomi di non aver sbagliato ad averti scelto, potrai ottenere tutto ciò che vuoi.
- Cosa potrei mai voler ottenere se sono divenuto un contenitore vuoto? Mi sono stati strappati via i ricordi, il mio passato, la conoscenza, e con essi la mia identità. Non sono più niente ormai – disse cominciando ad alzare la voce e provando ad alzarsi in piedi, ma avvertendo una violentissima fitta ancor più forte alla testa e agli occhi, non appena provò a farlo.
Emise un verso di dolore e ricrollò seduto sull’erba. Ma quando il dolore si fu attenuato e il ragazzino provò a riaprire gli occhi, la sua visuale era divenuta lievemente sfocata. Sbatté le palpebre un bel po’ di volte, sperando che fosse solo una situazione temporanea, ma non funzionò.
Notando quella strana reazione, la sacerdotessa annullò le distanze e gli prese il viso tra le mani, osservando attentamente gli occhi azzurri del giovane. – A quanto pare … potresti dover seguire lo stesso cammino di tua madre … è atrocemente buffo il destino scelto per te …
- Cosa vuoi dire …? Cosa ha a che fare con la mia vista?
- Il colpo deve averti anche provocato un danno permanente alla vista, oltre ad averti privato della memoria. Potresti perderla completamente nel giro di qualche mese. Anche tua madre Arya è rimasta per un lungo periodo senza vista e ha imparato a trasformare ciò in un punto di forza, quando faceva parte dei Senza Volto.
- Non permetterò che mi abbandoni anche la vista – rispose lui scostandosi dalla donna e alzandosi in piedi, ignorando il dolore.
- Ruben, ho visto il tuo futuro nelle fiamme – disse improvvisamente ella prendendogli la mano e facendolo sedere nuovamente di fronte a lei. – Per tale motivo ho deciso di salvarti e di prenderti con me, invece di sprecare le tue potenzialità e farti rimanere prigioniero di quelle bestie. Hai una grande occasione dinnanzi a te, se solo saprai coglierla.
- E tu che ruolo hai in tutto questo, Melisandre?
- Il mio ruolo è sempre quello di accompagnare i grandi e renderli tali, giovane cervo. Ora è il tuo turno.
 
Un mese dopo
- Che cosa hai perso, giovane cervo?? Che cos’hai perso?? – gli urlò Melisandre, dondolando il filo di metallo sospeso tra due piccole colline.
Il ragazzo era già caduto tre volte nel tentativo di rimanere in equilibrio da quell’elevata altezza, rompendosi una gamba e qualche costola.
Nonostante il dolore insopportabile, era salito nuovamente, provando a percorrere quella traiettoria quasi impossibile, la quale richiedeva una postura, un equilibrio, una fermezza e una concentrazione fuori dalla norma. La mano di Melisandre che scuoteva il filo non aiutava, così come il vento che sbatteva sul suo corpo e la vista perennemente sfocata.
Mise un piede davanti all’altro, avvertendo come milioni di aghi conficcarsi nella sua gamba infortunata, in tensione per lo sforzo.
- Tutto! Ho perso tutto! – urlò per farsi sentire da quella distanza.
- Ed ora cosa sei??
Un altro passo e il vento sbilanciò il suo corpo. Tuttavia, riuscì a non cadere. – Uno strumento di vendetta. Ruben non esiste più, ma, al suo posto, è nata la personificazione della sua vendetta e della sua rabbia. Non sono composto di carne e sangue, ma di materia nera. Non sono un ragazzo. Sono il fantasma di una lama.
“Resta umano, ragazzo” quelle parole che un semplice vecchio gi aveva rivolto, destabilizzarono lievemente la sua concentrazione ma le ignorò subito.
- Se non sei umano, se non sei composto di carne e sangue, allora non dovresti pesare come un essere umano! – esclamò ella dondolando sempre più insistentemente il filo, facendolo sbilanciare. – Non dovresti poter cadere! Dovresti essere inconsistente! E come tale, sei nell’aria! Sei nel vento! Nessuno dovrebbe poterti vedere, nessuno dovrebbe poterti sentire poiché scompari nel momenti in cui appari, come fanno gli spettri, amalgamandoti alla notte! Solo tu puoi riuscire a diventare una cosa come questa!
Il ragazzo riuscì a riprendersi dallo sbilanciamento, liberando la mente, svuotandosi completamente, come gli era stato già facilitato.
- Esatto! Questo è quello che intendevo!! Sei veloce e virtuoso nel combattimento, più di qualsiasi cavaliere con il triplo della tua età. Hai un dono, ma non deve limitarsi a questo! Non ti basta per diventare la lama fantasma che avrà un tale potere in questo mondo, che ti permetterà di manovrarlo come un burattino! Devi fare di più, devi ottenere di più!!
Il giovane riuscì a camminare quasi stabilmente su quel precarissimo filo che si muoveva continuamente, l’unico che lo divideva dal vuoto. Passo dopo passo, si sentì divenire inconsistente tanto quanto il filo.
Grazie a ciò, riuscì finalmente a giungere dall’altra parte, poggiando i piedi sulla collina di fronte a quella in cui si trovava Melisandre e da dove era partito.
Ella lo guardò da quella distanza e gli sorrise fiera. – Sarà un addestramento lungo e sfiancante. Ma tu hai già superato la prima tappa. Ed ora, qual è il tuo nome, giovane cervo?
Il ragazzino ci pensò un po’ su, ma rispose quasi subito. – GreyShade.
 
 
- Sicuri che sia una buona idea ritornare laggiù ora? – chiese Pod sistemandosi meglio il cappuccio del suo mantello e riaddentrandosi tra la folla della città con gli altri due.
- Sono trascorse oramai tre ore dalla nostra fuga da Fondo delle Pulci, la famiglia reale ed Haylor sono pronti per attraversare le strade della capitale, ma Kylan non è ancora tornato. Credo sia più che necessario andare a controllare che accidenti gli sia accaduto – rispose Xavier nascondendo sempre stoicamente il suo stato d’animo turbato. – Ho il sospetto che possa essere successo qualcosa sia a lui che a Christine. I soldati della Guardia Reale potrebbero essere piombati a casa di Alain prima che loro avessero il tempo di scappare.
- Se fosse così, a quest’ora i soldati lo avrebbero già portato dinnanzi al re con l’accusa di tradimento – rispose Pod. – Deve essere successo qualcos’altro.
- Non è il momento di fare la donzelletta spaventata, amico mio. Il nostro sovrano necrofilo sta già cominciando ad innervosirsi per questo inaspettato ritardo. Non sta dando di matto solo perché si tratta del suo amato braccio destro, al quale tutto potrebbe perdonare – lo rimproverò Bronn.
- Non mi sto facendo prendere dal panico come una fanciullina, mi sto solo allarmando riguardo all’impressione che la nostra improvvisa triplice assenza potrebbe dare alla corte. Sareste potuti ritornare qui a controllare solamente voi due. Così almeno un membro del consiglio sarebbe rimasto alla Fortezza Rossa.
- Avrebbe insospettito maggiormente il re il fatto che voi due piattole foste separate, dato che ser Bronn è il tuo mercenario, nonché guardia personale – rispose Xavier svoltando finalmente nel vicolo nel quale si trovava l’abitazione di Alain.
- Vista da fuori non sembra che i soldati l’abbiano brutalmente ispezionata come sono soliti fare – osservò Pod.
Xavier bussò più volte, ma nessuno aprì.
– Non sono qui. Per gli dèi del cielo, dove diavolo sono finiti? – chiese Bronn.
- Nella casa c’è una finestrella che si affaccia su un vicoletto solitamente semivuoto – ragionò Pod. – Potrebbero essere scappati da lì per non dare nell’occhio. Magari è successo loro qualcosa in quel vicolo.
- Conducetemi lì – si affrettò a precederlo Xavier.
Quando i tre giunsero nella stradina vuota nel retro della casetta, si guardarono intorno in cerca di qualsiasi indizio.
Il Gran Maestro camminò avanti e indietro sondando qualsiasi dettaglio giungesse alla sua attenzione, fin quando non notò delle gocce di un qualche liquido non ancora asciutte sul terreno secco. Si accovacciò e vi passò le dita sopra, poi annusandole.
- Non è sangue, vero? – chiese Pod allarmato.
- Sì, Podrick, in realtà i nostri due dispersi hanno il piscio al posto del sangue nelle vene – rispose Bronn con sarcasmo. – Lo riconosco fin da qui. Ho combattuto troppi anni della mia vita per scordarmi la puzza di piscio nei campi di battaglia.
- Il mercenario ha ragione: è urina. E le prime macchie provengono dalla finestrella della casa di Alain.
- Ora la domanda sorge spontanea: per quale motivo uno dei nostri due ricercati avrebbe dovuto pisciarsi sotto nell’uscire dalla finestrella della casa? – chiese Bronn.
- Un motivo c’è: la fanciulla è incinta. Le ipotesi sono due: ha a che fare con il parto imminente annullando tutte le mie previsioni sul fatto che quella creaturina rispettasse i giusti tempi, o non riguarda il parto. Spero vivamente si tratti della seconda ipotesi. Ma non ci resta che scoprirlo – disse Xavier indicando ai due la porta nella quale le gocce di urina sembravano esaurirsi.
I tre entrarono cautamente in quello che aveva tutto l’aspetto di essere un vecchio panificio semifatiscente, notando che dietro al bancone all’entrata non vi fosse anima viva, così come all’interno dell’intera bottega.
Non fecero in tempo a darsi un’occhiata intorno, che la loro intrusione venne intercettata da un omino baffuto, basso e tarchiato che si affacciò dal retro del locale e andò loro incontro diffidente. – Chi siete e cosa volete? – chiese l’ometto.
Immediatamente, un’altra e più imponente presenza affiancò lo sconosciuto e lo superò, puntando loro contro un’arma prima di guardarli in volto.
- Ci penso io – disse con la voce stremata, qualche capo d’abbigliamento sbottonato e semitolto, e completamente zuppo di sangue, dal collo ai piedi.
Il giovane cavaliere biondo guardò finalmente i tre nuovi arrivati e abbassò l’arma sgranando gli occhi nel vederli lì, non più di quanto loro rimasero impietriti nel ritrovarlo in quelle condizioni.
- Non avevi questo aspetto neanche quando ti hanno portato da me dopo la prima battaglia contro i Fantasmi … - sussurrò Xavier rompendo il silenzio e facendo un passo verso Kylan. – Che diavolo ti è successo in queste tre ore, figliolo?
Trascorso qualche secondo di silenzio prima di rispondergli, il giovane si appoggiò con la schiena al bancone e guardò l’ometto. – Lui è Frittella, il panettiere di questo panificio. Non sapevamo dove altro nasconderci … non sapevo dove portarla … così lui ci ha fatti entrare e ci ha aiutati …
- Dove portare Christine intendi? Lei dov’è ora? Vi ha aiutati a fare cosa? – chiese Bronn ora seriamente preoccupato anche lui.
- Devo tornare da lei ora … venite con me – disse voltandosi e ritornando nel retro del locale.
I tre e l’ometto lo seguirono, e appena entrati in quelle che sembravano essere le cucine, trovarono, seduta a terra, a gambe ancora aperte, immerse in una pozza di sangue, la giovane ragazza, stremata quanto Kylan.
In braccio ad ella vi era un pargolo di colore mulatto, la testolina già coperta di fili folti e neri, completamente nudo e con il cordone ombelicale ancora attaccato. Ella lo cullava amorevolmente, con gli occhi scuri quasi chiusi, i capelli lunghi bagnati di sudore a attaccati al suo corpo.
- Siete qui anche voi … sapete … è una femminuccia … - sussurrò alzando lievemente il viso e guardandoli. Poi accennò un debole sorriso verso Kylan. – Torna qui – sibilò in quella che sembrò più una supplica.
Egli obbedì e si sedette accanto a lei, stringendole la mano. – Va tutto bene ora.
- Come è potuto accadere …? Gli dèi hanno qualche influenza in tutto ciò? – chiese Pod allibito.
- Potrebbe essere – rispose Xavier non riuscendo a credere alle sue stesse parole come ai suoi occhi.
Pochi secondi dopo, il vecchio Maestro chiese all’ometto una bacinella per sciacquarsi le mani, si tirò su le maniche e controllò la situazione della ragazza e della neonata, tagliando il cordone ombelicale e accertandosi della salute di entrambe.
Kylan rimase accanto a lei imbambolato a fissare un punto dinnanzi a sé.
- Devi riposare ora, Christine. Ti sei sforzata molto, non sono certo delle condizioni dei tuoi organi riproduttivi interni, ma apparentemente e miracolosamente, sembra essere tutto nella norma. Più tardi ti controllerò ancora e nei prossimi giorni ti visiterò sempre più stesso – disse il Gran Maestro con voce confusa e incerta, guardando prima la fanciulla, poi il giovane cavaliere accanto a lei. A ciò, il vecchio si sporse per prendere la piccola dalla braccia di sua madre, ma quest’ultima e sua figlia si tirarono indietro, rimanendo ancorate tra loro.
- Ci penso io. Riesce a stare solo tra le braccia di sua madre o tra le mie – intervenne Kylan prendendola in braccio e avvolgendola con un telo per infagottarla. – Credo che sia merito del fatto che l’ho fatta uscire di lì … - suppose guardando Xavier con sguardo ancora perso e cullandola.
Quando Christine cominciò a riposare sopra uno dei banconi della cucina coperta e ripulita, Frittella fece accomodare Bronn e Pod offrendo loro qualche pagnotta, mentre Xavier pretese di rimanere solo con il giovane Marbrand.
Kylan continuò a cullare la neonata che dormiva serena tra le sue braccia, sotto lo sguardo attento di Xavier, il quale prese ad osservare il viso semisformato della bambina.
- Non sappiamo per quale motivo il suo viso sia così – cominciò a dire Kylan come leggendogli nel pensiero. – Sam e Christine non hanno alcuna malattia, né tanto meno posseggono lo stesso sangue. Quando un bambino nasce con un volto simile senza alcun motivo apparente, tutti pensano che sia una punizione divina. Ma io non lo credo – disse continuando a guardare il suo faccino deturpato calmo e rilassato.
- Kylan … cos’è successo esattamente? Credo che tu sappia fin troppo bene che tu e quel panettiere sareste dovuti esser spacciati nel tentare di far partorire Christine … è a dir poco impossibile che lei sia sopravvissuta e la bambina con ella.
Il giovane impiegò un po’ prima di rispondere, l’espressione più attiva ma ancora prosciugata.
- Ha cominciato ad avere le convulsioni sul letto di Alain ed Erin. Urlava a squarciagola ed era diventata viola in viso. Ha iniziato a dirmi che lo sentiva spingere forte lì sotto, così ho capito che ti sbagliavi e che era il momento … per lo meno la bambina sentiva fosse il momento. Non potevamo uscire dalla porta principale e destare l’attenzione vistosamente, perciò, non appena ho trovato la finestrella che dava su questo vicoletto deserto, l’ho sfondata, ho preso Christine in braccio e l’ho portata con me. Non riuscivo a capire se il liquido che la stava copiosamente bagnando provenisse da lì sotto o no … non sapevo cosa fare … - si bloccò alzando lo sguardo e rivolgendolo a qualche metro, dove si trovava Frittella in compagnia di Pod e Bronn. – Poi mi sono trovato davanti questo panificio. Era l’unico luogo in cui potevamo nasconderci in fretta in una tale situazione di emergenza, perciò sono entrato pronto ad uccidere chiunque vi fosse all’interno e avrebbe opposto resistenza. Mi sono trovato davanti quell’ometto con una pannella sporca di farina addosso e gli occhi sgranati. L’ho minacciato, ma poi ho capito che non ce ne sarebbe stata il bisogno: i suoi occhi trasmettevano bontà e preoccupazione per la condizione di Christine, nonostante avesse riconosciuto la mia identità e quella circostanza apparisse alquanto bizzarra ed equivoca. Ci ha subito condotti nelle cucine per far sedere Christine e capire cosa fare. Avevo completamente perso la speranza, ma lui è riuscito a darmi coraggio con poco: mi ha raccontato di aver passato l’infanzia cucinando frittelle, motivo del suo strano soprannome, prima di incontrare Arya Stark e trascorrere con lei un lungo viaggio fino a Nord. Dopo la Battaglia Finale si era costruito una bella vita vicino a Grande Inverno, aveva il suo panificio, si era fatto una famiglia … poi, in questi ultimi tre anni dall’inizio del regno di David, ha perso tutto. I soldati del re hanno saccheggiato le terre del Nord, ucciso sua moglie e i suoi figli, distrutto la sua bottega e la sua casa. Nonostante tutto ciò, mi ha sorriso incoraggiante e speranzoso e mi ha detto che l’unica cosa importante, è che siamo tutti ancora qui, che abbiamo vinto la Battaglia Finale e l’umanità non sia stata sterminata dai non morti.
- Personalità singolare quel panettiere …
- Già. Ad ogni modo, le sue parole sono riuscite a darmi la forza necessaria per non darmi per vinto. Ho provato ad andare per istinto, ho fatto sfogare Christine, l’ho costretta a spingere nonostante fosse stremata e il dolore la stesse facendo completamente delirare. Frittella ha contribuito a far sì che la sua temperatura non si alzasse troppo, bagnandole costantemente il corpo con un panno pregno d’acqua fresca. Lei ha cominciato a spingere, spingere sempre più forte … ho iniziato a vedere la testa … ma …
- Ma cosa? Kylan …?
- Era violacea – rispose il giovane cavaliere con voce rotta. – Il cordone ombelicale la stava strozzando … gliel’ho … gliel’ho visto stretto al collo minuscolo … in quel momento ho creduto che sarebbe morta. Mi ero praticamente rassegnato all’idea e mentre Christine continuava a stritolarmi il braccio spingendo, cercai di trovare il modo di dirglielo … che era tutto finito … che ormai era tutto inutile e che avremmo dovuto saperlo fin da subito che non ce l’avremmo fatta da soli … c’era un lago di sangue a terra, su di lei … io ero immerso nel suo sangue, tanto di darmi l’impressione di trovarmi in un campo di battaglia.
- Allora come accidenti è possibile …?
- Non lo so, Xavier – disse guardandolo negli occhi finalmente. – Non lo so. So solo ciò che ho visto. Ho deciso che avrei comunque trovato il modo di tirarla fuori di lì, morta o viva, perciò non ho detto nulla a Christine, ma l’ho semplicemente continuata ad esortare a spingere sempre di più. Ho preso la bambina e l’ho accompagnata fuori a ritmo delle sue spinte mentre il sangue continuava ad uscire da lì sotto. Lei … la piccola si è mossa … si è mossa con lievi movimenti da neonata … quei banali movimenti che, per qualche assurdo scherzo del destino, l’hanno liberata dalla stretta sul collo. Ho visto una neonata liberarsi da sola da una stretta mortale sul collo tra le mie mani. L’ho vista riprendere vita, aprire gli occhi, e assumere un colorito nella norma in volto, quel volto deturpato ma comunque il più bello del mondo in un momento come quello. Ha cominciato a piangere e a stringersi a me. Ero ancora sconvolto, ma quando ho realizzato, l’ho messa nelle braccia di sua madre, e lei ha iniziato a cercare il suo contatto.
- Tutto questo non ha alcun senso. Ogni tua parola mi lascia pensare che …
- … che qualcuno ha voluto al mondo questa bambina, e che ci è riuscito in qualche modo. Che sia magia o intervento divino, così è – completò quella deduzione Kylan.
Trascorse qualche secondo di silenzio in cui i due guardarono ancora la piccola.
- I neonati hanno un legame unico con la madre naturale, ma anche con la persona con cui hanno avuto il loro primo contatto venuti al mondo. Non sorprenderti che lei stia così bene con te – ruppe il silenzio il vecchio accennando un sorriso e cercando di metabolizzare tutto l’accaduto. – Sei stato bravo, figliolo. Nessuno avrebbe saputo gestire una circostanza simile in tal modo.
- Il merito è anche di Frittella.
- Credo che ti servisse qualcosa di simile per spingerti a continuare a lottare.
Kylan alzò lo sguardo confuso su di lui. – Che vuoi dire?
- Avevi perso la speranza. Lo vedevo dai tuoi occhi. Avevi perso quella luce che possedevi prima della morte di tuo padre e della tua amica. Lottavi soltanto perché non avresti potuto fare altro. Ora, invece, dopo ciò che hai vissuto qui, in questa stanza, potresti aver ritrovato la tua meta.
- No. Nulla potrà mai farmela ritrovare, a prescindere da ciò che è accaduto oggi. Sì, sono stato testimone e mezzo per il compimento di una qualche sorta di miracolo, ma non sarà un evento ai limiti del sovrannaturale a ridarmi quello che ho perso in questi tre anni – rispose secco.
- Christine lo sa? Del cordone ombelicale che stava per uccidere sua figlia?
- No, non le ho detto nulla.
- Meglio che continui a non saperlo – suggerì il vecchio. – Come si chiama? – chiese poi.
- Dato che l’ho fatta nascere io, Christine avrebbe voluto metterle il mio nome prima di scoprire che fosse una femmina – rispose il giovane accennando un lieve sorriso divertito. – Allora le ha messo il nome di mia madre: Agnes.
- Bellissimo nome per una bambina unica.
- Lo so.
- Strano pensare a quanto il vostro rapporto sia evoluto rispetto a quando vi siete conosciuti. Prima di oggi, sembravate pronti a squartarvi a vicenda da un momento all’altro, per poi leccare le ferite dell’altro l’attimo dopo.
- Non è cambiato più di tanto in realtà: mentre la costringevo a spingere, non ha fatto altro che denigrarmi pesantemente tutto il tempo. Mi ha chiamato vanaglorioso, arrogante, bugiardo, boia. Qualsiasi peggior aggettivo ti passi per la mente, lei me lo ha urlato contro in quel momento.
I due risero di gusto per la prima volta da quasi un’ora.
- Non avrà vita facile con quel volto – disse poi il vecchio Maestro.
- Gliela faremo avere noi. Sam troverà un bel po’ di sorprese al suo ritorno – replicò il cavaliere stringendo ancor più la neonata a sé.
- Ora però devi cambiarti questi vestiti, lavarti via il sangue da capo a piedi e raggiungere la famiglia reale alla Fortezza. David sta attendendo con ansia il tuo arrivo e non si addentrerà nelle strade della capitale senza il suo Primo Cavaliere.
- Già, l’esecuzione pubblica dei ribelli. La velocità con la quale devo passare dalla padella alla brace è a dir poco surreale.
- Andrà bene, figliolo – lo incoraggiò come era solito fare Xavier dandogli una pacca sulla spalla. – La faremo andare bene.
A ciò, Kylan andò a svegliare Christine per porle Agnes tra le braccia e si diresse verso Frittella, Pod e Bronn.
- Grazie per tutto il tuo aiuto, Frittella, e per il tuo silenzio riguardo tutto ciò che hai visto oggi, d’ora in avanti – lo ringraziò il giovane Marbrand. – Non me ne dimenticherò.
- Sono io lieto a voi di avermi fatto prendere parte alla nascita di una splendida vita. Spero di cuore che la vostra cospirazione contro il re porti buoni frutti. Tifo per i Fantasmi da quando sono apparsi e hanno reso David vulnerabile giorno dopo giorno. Ora pregherò anche per voi, perché possiate detronizzare l’usurpatore e vendicare la mia famiglia – disse l’ometto trattenendo a stento le lacrime. – Ho visto l’essenza della morte dritto negli occhi quando ho osservato gli Estranei nel momento in cui tutto sembrava perduto, prima che la tremenda Battaglia Finale giungesse ad un esito positivo. Fin quando non vi troverete dinnanzi ad un nemico come quello, potrete sempre sperare di vincere senza perdere tutto – aggiunse speranzoso.
- Ti sbagli, amico mio – gli rispose Bronn alzandosi in piedi. – Anche io c’ero durante la Battaglia Finale. La pensavo come te, fin quando non sono arrivato ad Approdo e ho messo piede nella Fortezza Rossa, mesi fa: non puoi dire di aver visto l’essenza della morte dritto negli occhi fin quando non ti trovi dinnanzi ad Hayden Stark. Perciò, se tra poco assisterai all’esecuzione pubblica in presenza di tutta la famiglia reale, preparati all’idea che la vedrai sul serio – concluse il mercenario.
 
 
- “Rubbie Rubbie, dove mai ti sarai nascosto?
Rubbie Rubbie, il ladro del vento tu sei
Rubbie Rubbie, nessuno ti può fermare” – canticchiò improvvisamente Eveline mentre i tre salivano la collina coperta di neve per giungere al luogo nel quale avrebbero dovuto incontrare GreyShade.
- Che cosa stai cantando? – le chiese Sam.
- La ricordate? È la canzoncina che cantavamo sempre a Ruben quando non riuscivamo a trovarlo o quando non voleva dormire – rispose nostalgica la ragazza.
- Come potremmo dimenticarla? – disse Myranda sorridendo malinconica. – Come mai ti è venuta in mente proprio ora?
- Non lo so. Forse perché mi manca.
- Manca a tutti. Ma, purtroppo, GreyShade non ha il potere di riportarci anche lui – rispose Sam con un’espressione indefinibile in volto, guardando fisso dinnanzi a sé.
- Com’è? – chiese Myranda.
- Chi?
- GreyShade. Com’è?
- Non sono mai riuscito neanche a scorgere un lembo di pelle sotto quelle bende che indossa costantemente.
- Sam, sai cosa intendo. Perché sembri non volerne parlare?
- Perché credevo di conoscerlo. Mi sono fidato e affidato a lui completamente. Mi ha deluso più di una volta.
- Ma, nonostante tutto, continui a fidarti – concluse Eveline.
- Abbiamo bisogno di lui.
- Sam, ti conosciamo troppo bene. Non è solo questo – ribatté la giovane rosa.
- Eccoci qui – bloccò la conversazione Myranda accorgendosi di aver finalmente raggiunto la cima. – Ma lui non è qui.
- A volte si fa attendere. Potremmo anche dover aspettare ore – disse Sam, sedendosi a terra e mettendosi comodo.
- Grazie di avercelo detto solo ora – rispose Eveline sorridendo sconsolata.
Dopo parecchi minuti in cui rimasero in silenzio ad ascoltare il vento gelido che accarezzava la loro pelle, Sam ruppe quella calma quasi surreale. – “Gli alberi ti parlano, la neve ti insegue
Ma tu sei troppo veloce, Rubbie Rubbie, non riesco a vederti” – canticchiò attirando l’attenzione delle due. –  L’ho cantata in questi tre anni, a volte, quando ero solo. Quasi come se cantarla potesse farlo ritrovare sano e salvo, proprio come un tempo – ammise accennando un sorriso.
- “Guarda avanti a te, ladro del vento, e non volarti se tu sei più in alto
Gli uragani ci travolgono, ma tu sei ancora in piedi
Rubbie Rubbie, dove sarai mai?” – si unì anche Myranda lasciandosi andare e sdraiandosi sulla neve. – È inutile, come allora non riuscivamo a non cantarla tutta ogni volta che qualcuno la iniziava, non riusciamo a lasciarla incompleta neanche ora.
Trascorse quasi un’ora, e finalmente GreyShade e un’altra manciata di Fantasmi li raggiunsero al luogo d’incontro.
I tre ragazzi si erano quasi appisolati, perciò non si accorsero subito dell’arrivo di coloro che stavano aspettando dati i loro passi impercettibili e silenziosi.
Con il pensiero ancora rivolto a quella canzoncina d’infanzia non ancora terminata, Eveline aprì gli occhi lentamente, risvegliandosi e spostando lo sguardo sulla prima figura completamente bendata che trovò dinnanzi a sé.
Un brivido freddo la colpì da capo a piedi nell’osservarlo. – “Forse ti ho trovato, Rubbie Rubbie” – sussurrò.
Non appena udì quella frase sibilata, GreyShade pietrificò sul posto.
 
“Prendi la mia mano e portami tra il vento.”
 
 
La luce del sole cocente del tardo pomeriggio invase il principe.
Vide il popolo di Approdo del re intorno a lui immobilizzarsi e prendere a fissarlo incessantemente.
Riusciva persino quasi a leggere i pensieri che si annidavano nelle loro menti, senza neanche il bisogno di guardarli: “Targaryen. È tornato il regno dei Targaryen.”
Loro lo fissavano come ogni uomo o donna che non hanno mai visto in vita loro un reale della stirpe Targaryen da vicino avrebbero fatto, mentre lui li ignorava, camminando circondato dalle Guardie Reali, consapevole che sarebbe stata la prima e probabilmente ultima volta che David lo avrebbe esposto così da vicino e in bella vista al popolo.
Poi uscì allo scoperto anche Haylor, poco dietro di lui, così quegli sguardi saettarono in un gioco continuo tra il drago e il ragazzo, terrorizzati, agghiacciati e inevitabilmente affascinati insieme.
Poco dopo, anche Bridgette divenne costante oggetto della mira di quelle iridi instancabili, mentre il re era quasi ignorato da elle, al contrario di ciò che accadeva in quelle rarissime occasioni in cui era costretto ad utilizzare le strade comuni per attraversare la capitale  scortato.
In quel mirino di sguardi indagatori rientrarono anche i membri del consiglio, il Primo Cavaliere e Hoxana in particolare, e i Superni, i quali avevano insistito per accompagnare la famiglia reale all’esecuzione.
Il ragazzo percepiva la presenza di Haylor dietro la schiena come un’ombra che resta visibile anche nel buio totale.
- Sappiamo tutti cos’hai fatto. Non li hai creati tu – sussurrò Askarx avvicinandosi ad Hoxana mentre continuava a camminare serenamente.
- Cosa avrei fatto? – chiese sprezzante lei.
- Hai rubato ciò che era già stato ideato, senza successo. L’unico tuo merito è di aver avuto successo in un esperimento provato da altri.
- A cosa ti riferisci esattamente?
- Sala d’Estate. Il giorno dell’incendio, della morte dei sovrani e della nascita di Rhaegar Targaryen.
Hoxana ebbe un solo impercettibile sussulto che tradì la sua reale reazione nascosta sotto una maschera di disgustata superiorità.
- L’incendio è scoppiato perché alcuni alchimisti assoldati dai Targaryen hanno fallito un esperimento che consisteva nel provare a far nascere un drago artificialmente – aggiunse Mhunaer dando man forte al suo compagno e affiancandolo.
- Sei soltanto una stolta ladra esaltata che crede di aver scoperto un continente che già altri hanno esplorato prima di lei. Per creare l’Elisir di lunga vita, non basta prendere dell’acqua e infilarci un colorante dentro. La tua creazione di cui tanto ti vanti, ti si ritorcerà immancabilmente contro. E quando accadrà … di te, non rimarrà nulla – concluse il Superno non staccando gli occhi da Haylor e da Hayden.
- Non volete sapere cosa ho fatto per riuscire in qualcosa in cui i migliori alchimisti dei sette regni del tempo hanno fallito? – chiese con naturalezza la donna, mentre posava distrattamente lo sguardo sulla folla colma di visi smunti e insipidi degli strati più poveri della popolazione.
I tre non risposero, attendendo che ella parlasse.
- Gli alchimisti avevano fatto esperimenti sugli animali. Quando ho trovato i resti e le informazioni che mi servivano su di loro e su quella notte, ho riso per ore dinnanzi alla loro puerilità e inettitudine in materia.
Avevano fatto accoppiare diverse specie di animali: rettili e anfibi, anfibi e mammiferi, uccelli e rettili. Poi avevano fatto esperimenti sull’uovo iniettando sangue, cellule e altre sostanze sconosciute all’organismo innaturale. In seguito all’uscita dal guscio, li hanno nutriti di carne di animali di una delle specie di loro appartenenza o di altre, poi di sangue di membri della stirpe Targaryen volontari, gli stessi che li avevano incaricati di un tale gravoso compito. Quegli uomini erano privi di fantasia e di ingegno. Credo che neanche la motivazione li aiutasse in qualche modo: quando si conducono esperimenti per soldi, il risultato non è mai dei migliori.
Infine, hanno cominciato letteralmente a giocare con il fuoco, constatando che nulla avvantaggiasse la nascita di una creatura anche solo simile a quella desiderata. Ci erano riusciti. Alla fine, ci erano riusciti. Hanno creato un essere quasi di grandezza umana, troppo piccolo, brutto e deforme per essere definito “drago”, ma sicuramente un successo e un grande passo avanti per la ricerca. Neeve era il suo nome. Quel mostro era l’evoluzione: possedeva un’intelligenza superiore a quella degli animali, anche se non comparabile a quella umana, era autosufficiente, indipendente, sapeva quando mostrare aggressività, quando mantenere la calma, quando fidarsi o diffidare di qualcuno. Ma soprattutto, Neeve era in grado di “sputare” fuoco dalle due incavature vuote nelle quali si sarebbero dovuti trovare gli occhi. L’ultimo ostacolo era imparargli a volare. E stavano avendo successo anche in quello. Tutto sembrava procedere nel giusto modo, mentre la creatura cresceva all’ombra del genere umano, fin quando, quella notte, accadde qualcosa.
Il rifugio nel quale era tenuta nascosta dalla famiglia Targaryen era posto esattamente sotto la costruzione che comprendeva tutta Sala d’Estate.
Mentre cercavano di rinforzargli le ali deformate per permettergli di spiccare il volo e reggere il peso del suo corpo, Neeve impazzì dal dolore fisico provato. Si strappò le ali a morsi per poi fare lo stesso con varie parti del corpo, scorticandosi, scannandosi da solo. Non riuscì a controllare il getto di fiamme che uscì dai suoi occhi durante il suo implacabile delirio, così il fuoco incendiò tutto il rifugio, ogni alchimista all’interno d’esso, e si estese a tutta Sala d’Estate. Quella stessa notte, la notte della morte dell’abominio, nacque un Principe Drago.
La natura vuole sempre qualcosa in cambio quando si sovrasta il suo potere con tanta irruenza. Un moneta dello stesso peso e contraria.
Da lontano, si riusciva già a scorgere la ghigliottina preparata per l’esecuzione e i ribelli legati sopra il soppalco. Hoxana si fermò a guardarla per un po’, poi riprese a parlare.
- La stupidità, l’ignoranza e l’incapacità di quegli zotici, è stata inquantificabile. Se osservaste solo per secondo ciò che ho creato io, capireste immediatamente la differenza. In che cosa loro hanno sbagliato?
Neeve era un mostro. Haylor è perfetto.
Gli alchimisti hanno fatto esperimenti su animali. Io ho fatto esperimenti su esemplari umani, la forma di vita più vicina agli dèi esistente al mondo.
Gli animali non li ho neanche toccati. Ho iniziato con i bambini piccoli, orfanelli in piena salute fisica, disposti a tutto pur di qualche pagnotta in cambio per sfamarsi. Dovevo procedere gradualmente e con ordine.
La sofferenza fisica era troppo grande da reggere per loro, morivano tutti in poche ore, ma mi hanno comunque aiutata a raggiungere dei risultati.
Mi serviva un’immensità di cavie da far morire per potermi preparare all’esemplare perfetto, quello che avrei usato per la mia creazione.
Quando re David mi ha chiamata da Qarth poiché Qyburn mi aveva designata come sua sostituta qui ad Approdo prima di morire, scoprii che avrei potuto avere a disposizione un vero sangue Targaryen.
In quel momento ho compreso che non vi sarebbe stato nessuno di più adatto di Hayden.
Sua madre non sarebbe andata bene dato che aveva raggiunto un livello troppo alto di maturità per poter essere completamente plasmata e ricreata daccapo da me. Sua cugina, invece, è solo per un quarto Targaryen, dunque non l’ho neanche presa in considerazione.
Lui era l’esemplare perfetto.
Perciò, dopo anni e anni di preparazione, l’ho avuto e ho vinto la mia sfida personale.
Prima l’ho disumanizzato tramite ogni tipo di tortura fisica con lo scopo di renderlo impassibile al dolore, a qualsiasi stato emozionale e infinitamente più resistente. Poi ho cominciato la mia opera di creazione.
Carne, sangue, mente, sensi, anima. Gli ho tolto tutto per darlo a lui. Ha sofferto. Ha sofferto come non avrebbe mai potuto soffrire nessun altro al mondo. Ma soprattutto, il suo dolore ha raggiunto l’apice quando si è reso definitivamente conto, che sarebbe stato diviso in due. Non è stregoneria. Non ho utilizzato nulla di quello schifezze. Solo componenti chimici e fisici manipolati. Se non avessi impiegato tanto impegno, premura, passione e creatività, non avrei ottenuto un tale meraviglioso risultato.
Hoxana terminò di parlare ai tre quando finalmente raggiunsero il soppalco di seguito alla famiglia reale e a tutta la scorta.
Askarx alzò lo sguardo sulla donna, la quale continuava a camminare serena, maestosa e a testa alta, con le lunghissime e voluminose ciocche del colore vivo delle arance mature illuminate dai raggi del sole, la pelle tanto pallida da far rabbrividire, il corpo curvilineo e l’abito semplice che era in grado di evidenziare le sue forme invidiabili persino alle dame molto più giovani di lei. Pensò che non esistesse mostro più spaventoso al mondo mentre seguiva a guardarla.
- E, questa volta, la natura cosa ha preteso in cambio? Qual è stata la moneta dello stesso peso e contraria? – chiese il Superno.
A ciò, Hoxana si voltò a guardarlo. – Non riesci a vederla da solo? – domandò girando il viso verso il principe Hayden. – Prova a rimanere solo con lui, Askarx. Prova a rimanere solo con lui e a mantenere il contatto visivo senza desiderare di sprofondare sotto terra e di lasciarti morire asfissiato. Allora, la vedrai con chiarezza quella moneta.
 
 
 
 

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Capitolo 37
*** L'Armata Grigia (parte 2) ***


L’Armata Grigia (parte 2)
 
- Che significa …? – sussurrò la voce ovattata a causa delle bende di GreyShade.
- Sono io, GreyShade. Queste sono le mie cugine. Ci eravamo dati appuntamento qui … - rispose Sam confuso, risvegliandosi dal torpore.
Il Fantasma con le curve da donna accanto a GreyShade si voltò verso di lui, dando l’impressione di essere anch’ella abbastanza spaesata dalla sua reazione improvvisa.
Eveline rimase ferma immobile a guardarlo.
Nessuno fu in grado di aprire bocca per alcuni interminabili secondi.
- La frase che hai appena detto … - sibilò il ragazzo alla giovane rosa. – Cos’era …?
A ciò, Eveline si alzò in piedi e gli si avvicinò a piccolissimi passi. - “ … Gli alberi ti parlano, la neve ti insegue
Ma tu sei troppo veloce, Rubbie Rubbie, non riesco a vederti … ”- riprese a cantare la fanciulla, con voce tremante questa volta. – “Gli uragani ci travolgono, ma tu sei ancora in piedi
Rubbie Rubbie, dove sarai mai?” – continuò facendo qualche altro passo verso di lui. – “Forse ti ho trovato. Prendi la mia mano e portami tra il vento”. È la canzone che cantavamo al nostro cugino scomparso da piccoli … sei davvero tu? – chiese in un bisbiglio la ragazza.
GreyShade face un passo indietro dinnanzi a lei, gesto che Sam mai gli aveva visto fare.
- Eveline …? Eveline è il tuo nome … vero? – chiese la guida dell’ordine.
Il Fantasma donna accanto a lui si mostrò ancor più incerta e perplessa nei movimenti, anche se mai sorpresa quanto Sam. Myranda sembrava quasi essere in uno stato di trance.
- Sì … - rispose lei sorridendo e sforzandosi con tutta se stessa di trattenere le lacrime. – Sì, è il mio nome … non ti ricordi più di me? Ruben … Ti prego, dimmi che sei tu …
- Io non me lo ricordo – rispose lui con la voce semi rotta. – Solo adesso io riesco a … - lasciò la frase in sospeso voltandosi per mettere a fuoco anche il volto dell’altra fanciulla e quello di Sam. Rimase con la bocca schiusa e fece un altro passo indietro. I suoi seguaci dietro di lui non lo riconoscevano più.
Improvvisamente, a sorpresa di tutti, la guida dei Fantasmi si sbendò rivelando ai tre la sua identità.
La chioma scura e ribelle degli Stark, domata da dei lacci, i lineamenti del Nord, gli occhi azzurri vispi e taglienti di suo padre, del tipico pervinca Baratheon. I suoi lineamenti erano diventati più definiti, più adulti e graffianti, così come il suo corpo. Ma era sempre lui.
Myranda cadde in ginocchio, con il volto rivolto verso la neve, non riuscendo a sostenere le emozioni derivanti da tale rivelazione.
Eveline sorrise e lasciò che le lacrime le scesero giù leggere e liberatorie. – Ho riconosciuto il passo, i movimenti, tutto di te, nonostante non potessi vederti …
- Ora ricordo … riesco a ricordarmi di voi … - sussurrò Ruben sconcertato e con lo sguardo perso, le bende ancora strette ad avvolgerlo dal collo in giù. – Solo adesso … stanno tornando … stanno tornando solo ora i ricordi.
Eveline fece un altro passo e lo strinse senza pensarci due volte, avvolgendogli le braccia intorno al collo. Lui rimase fermo per tutto il tempo, e solo dopo un minuto abbondante alzò una mano bendata e gliel’appoggiò piano sulla schiena coperta dal mantello. La presa divenne più ferrea, fin quando non la strinse anche lui.
- Per gli dèi … credevo che non ti avrei più rivisto. Avevo accettato l’idea perché speravo fossi lontano da qui, che avessi cambiato identità e più nessuno di quei vermi che stiamo combattendo sarebbe stato in grado di trovarti e farti del male … - sussurrò la ragazza.
- Non ricordo più chi ero, Eve. In questo momento, ricordo solo voi … voi, Hayden e gli altri … mio padre e mia madre. Prima, c’era il vuoto – le rispose.
- Non fa niente. Non fa niente, Rubbie. L’importante è che sei qui. Solo questo.
- Ho pregato così tanto … così tanto … perché succedesse … l’ho sognato, ma non è mai accaduto … ed ora – intervenne Myranda trovando la forza di avvicinarsi. – Non mi sembri neanche reale … - disse porgendogli la mano.
Lui la strinse e accennò un sorriso volontario. – Lo facevamo spesso – disse istintivamente.
- Sì, lo facevamo spesso. Da piccoli. Eravamo i due più piccoli, quindi ci stringevamo le mani di nascosto fino a stritolarle perché eravamo convinti che in questo modo avremmo unito i nostri poteri contro di loro, i tre più grandi del branco che spesso non volevano farci giocare ai giochi più pericolosi – rispose la bionda. – Ora devo piangere.
- Non hai smesso di farlo continuamente.
- No. E mai smetterò – rispose saltandogli anch’ella al collo e sfogandosi in un pianto liberatorio.
Quando anche la Lannister si distaccò dall’abbraccio, Ruben rivolse lo sguardo a Sam. – Tu. Tu sei rimasto con me per tutto questo tempo. Tu lo sapevi? Per questo ti sei sempre fidato ciecamente? Come uno sciocco?
Il ragazzo annuì, accennando un sorriso fiero e sollevato, e avvicinandosi. – L’ho capito dalla prima volta che ti ho visto.
Quel giorno, alla Cittadella, avevo paura di te, ma, al contempo, la convinzione di averti già visto mi tormentava. Quando mi sono proposto di aiutarvi diventando la vostra spia, sconfiggendo per la prima volta la mia paura, non l’ho fatto solo per Hayden, ma anche per te. Sentivo di volerti restare accanto, sentivo che un pezzo della mia famiglia era in te. È stato quando abbiamo stipulato il patto e tu mi hai accettato come tuo alleato che ho capito davvero chi fossi: hai afferrato il libro istintivamente con la mano sinistra, poi me lo hai restituito con la destra. Hai sempre avuto la fissazione di imparare ad usare anche la mano destra, nonostante fossi mancino. Innumerevoli volte ti avevo visto utilizzare involontariamente la sinistra, per poi accorgertene e continuare a fare quello che stavi facendo con la destra.
Tuttavia, tu sembravi trattarmi completamente da estraneo. All’inizio credevo che lo stessi facendo soltanto per nascondere al meglio la tua identità. Pensai che fossi diventato davvero un ottimo attore. Ma quella non era la definizione giusta per te. Iniziai ad accorgermi che qualcosa non andasse e che non avresti potuto fingere così tanta indifferenza e diffidenza nei miei confronti se non ci fosse stato sotto qualcosa. A quel punto, mi scervellai su cosa potesse esserti accaduto per renderti così diverso. Estraneo a me. Mi balenò in mente l’ipotesi che potessi aver perso la memoria ma non avrei mai avuto modo di confermarla, perciò … continuai a seguirti e a fidarmi ciecamente. Lo avrei fatto in ogni caso. E non mi pento di ciò che ho fatto. Non me ne pentirò mai, Ruben. Ho avuto un pezzo della mia famiglia vicino anche se in maniera inconsueta. Mi è bastato per andare avanti – gli disse abbracciandolo a sua volta, finalmente.
- Ho imparato ad apprezzarti, a vedere in te un ottimo alleato, un giovane uomo coraggioso, tenace, intelligente, saggio e fin troppo paziente. Ho imparato a fidarmi di te e a considerarti, a modo mio, un amico, prima di sapere chi fossi realmente, senza ricordarmi nulla di te. Perciò … grazie, Sam – rispose la guida dei Fantasmi riservandogli una stretta maggiore e più intensa.
A ciò, la donna accanto a Ruben si sbendò a sua volta rivelando il suo viso. Una gran quantità di capelli borgogna si liberarono dalla stretta.
I tre ragazzi la osservarono incerti.
- Lei è Melisandre di Asshai – spiegò loro Ruben.
- Melisandre? Quella Melisandre? – chiese perplessa Myranda.
- La sacerdotessa rossa che ha riportato in vita lo zio Jon sotto richiesta di Walter? – domandò Sam.
- Abbiamo molto di cui parlare – confermò il giovane cervo. – Venite, sediamoci.
A ciò, i cinque accesero un falò mentre mentre la manciata di altri Fantasmi che aveva accompagnato la loro guida all’incontro, erano andati a recuperare della legna e del cibo.
Non appena i quattro ragazzi si sedettero intorno al fuoco in compagnia di Melisandre, Ruben cominciò a parlare. – Ora per me è tutto molto confuso. Quando Melisandre mi ha salvato dopo che gli uomini di David mi hanno picchiato a morte, ero quasi in fin di vita, con un danno agli occhi e irreparabili danni cerebrali. Non ricordavo nulla, né chi fossi, né come fossi finito in quella situazione. Lei mi ha rivelato la mia identità e ciò che mi era accaduto. In quel momento, un incommensurabile moto di vendetta si è acceso in me. Non so esattamente cosa mi sia preso, ma il ritrovarmi completamente svuotato e privato di tutto ciò che ero e che caratterizzava il mio nome, mi ha spinto a sfogare tutto il mio rancore, la desolazione e la mia sete di rialzarmi più forte di prima, in qualcosa che non avrei mai immaginato. Non credevo che la portata di ciò che sarei stato in grado di creare e di conquistarmi sarebbe stata tanto estesa e divinizzata. Io volevo solo vendicarmi. Vendicarmi incondizionatamente senza conoscerne il motivo, portare avanti un’impresa indelebile con i miei mezzi e metodi, e non mi importava più di fare del bene o del male per riuscire nell’intento. Avevo perso tutto, così Melisandre ha sfruttato tutto questo dolore e lo ha usato per allenarmi e rendermi uno spettro, un ladro e un assassino capace di fendere l’aria con un respiro e di dissolversi in essa. L’addestramento è stato tremendo e sfiancante. I ricordi non sono mai tornati. Fino ad ora, ho posseduto solo piccoli stralci, conoscenze basilari insite e sepolte nella mia mente senza che io ne conoscessi la fonte. Il mio obiettivo era quello di attaccare direttamente l’usurpatore, colui che mi aveva tolto tutto. Volevo pungerlo nel vivo, dichiarargli guerra e potermi permettere di affrontare questa sfida come suo pari. Così, io e Melisandre abbiamo raccattato alcuni dei tantissimi giovani del Nord rimasti senza famiglia a causa della violenta invasione di David, ragazzi senza più nulla da perdere come me, i quali erano disposti a mettere in gioco la propria vita e i propri principi per entrare nell’ordine. Prima erano decine, poi hanno superato il centinaio. Si sono impegnati tutti assiduamente, alcuni non ce l’hanno fatta, sono deceduti durante l’addestramento, mentre, coloro sono arrivati fino alla fine, sono divenuti Fantasmi a tutti gli effetti. – Nel pronunciare quel nome, Ruben accennò un sorriso. – Questo assurdo appellativo … non avevamo un nome che identificasse il nostro ordine all’inizio. Poi le persone hanno cominciato a chiamarci in tal modo dopo le nostre prime apparizioni, così, è diventata la nostra firma. Ad ogni modo, la mia sete di guerra unita alla mia tecnica di combattimento, ai miei movimenti, il tutto portato all’estremo, disumanizzato e reso lo standard necessario per ogni componente dell’ordine, hanno portato a ciò che abbiamo ora. Siamo sempre stati estremamente prudenti e furbi per riuscire a competere contro un esercito infinitamente superiore al nostro. Alla fine, siamo riusciti a metterlo in difficoltà, a raggiungere innumerevoli traguardi, e persino a divenire un simbolo di libertà per il popolo. Chi lo avrebbe mai detto. Non avrei mai creduto che tanti ragazzi come me potessero condividere le mie idee e fossero disposti a seguirmi senza remore, affidandosi ciecamente alla mia guida, nonostante sapessero che ciò avrebbe potuto condurli alla morte e alla rovina.
Il giovane cervo fece una pausa, poi riprese a parlare.
- Solo ora comprendo l’origine di alcuni miei atteggiamenti inconsci. Quei ricordi sono sempre rimasti sepolti in me, da qualche parte. Ma io non sono mai riuscito a ritrovarli, prima di ora. Ora capisco perché, quando Sam mi parlò di Hayden e del suo desiderio di liberarlo, sentii qualcosa montarmi dentro, come se anche io sentissi che uno dei motivi per i quali stavo organizzando una rivoluzione simile, fosse collegato ad Hayden Stark.
- Non ho mai avuto dubbi su ciò che fossi capace di fare. Anche quando eri bambino, e faticavo nello starti dietro quando correvi, nel raggiungerti … - commentò Eveline. – Anche allora mi rendevo conto di cosa saresti stato in grado di fare se solo lo avessi voluto. Hai sempre avuto la stoffa per essere una guida. Certo, una guida fuori dal comune, con delle idee e dei metodi solo suoi, un comandante solitario e fuori da ogni schema … Ora so che non mi sbagliavo. Non sorprenderti di essere riuscito a farlo, Ruben. Tua madre, fin da bambina, è stata una combattente troppo coraggiosa e pericolosa per ogni creatura vivente che abitasse i sette regni. Tuo padre ha dovuto lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere e, alla fine, solo grazie alla sua tenacia è riuscito a farlo. Tu non saresti potuto essere da meno – concluse la giovane rosa accennando un sorriso fiero e ancora velato di commozione, e appoggiando una mano sopra quella di suo cugino per stringergliela.
- Ora riesco a ricordarli pressappoco … ricordo molte loro caratteristiche anche se non tutte. Ricordo anche la morte di mio padre – rispose il giovane ricambiando la stretta.
- Invece, per quanto riguarda la tua vista? Ora sembri riaverla acquisita – intervenne Myranda.
- Uno dei motivi per i quali ho deciso di saccheggiare la Cittadella riguardava proprio ciò. Mi serviva entrare in possesso di informazioni segrete ai più al più presto, e la questione della mia vista che gradualmente stava scomparendo era una di queste, poiché, nonostante io mi sia allenato a lungo in una condizione di quasi non vedente, non volevo perdere anche quella, e se fosse esistito un solo modo al mondo per evitarlo, si trovava tra i libri della Cittadella. Con i miei occhi pienamente funzionanti sarei stato immensamente avvantaggiato su ogni piano e così è stato: ho trovato un tomo che parlava di alcune tecniche curative antiche a base di erbe utilizzate da alcuni stregoni, rimedi simili a quelli che usavi tu, Eve – rispose guardando la sovra citata. – Grazie a molte cure, attenzioni e impacchi con intrugli di dubbia origine, la mia vista è tornata esattamente come era prima.
- Per quanto riguarda i Superni? – chiese Sam.
- Non vi è nulla da sapere: dovevo stringere un’alleanza con loro per raggiungere i risultati ottenuti, ma sempre alle mie condizioni. Se non le avessero accettate e si fossero permessi di infrangerle, non avrei esitato a porre fine alla loro vita. Fortunatamente, Askarx si è mostrato molto furbo, aperto e disponibile a sottomettersi ad ogni mia proposta.
- Forse anche fin troppo – commentò il giovane Tarly. – Speravo che quei tre conoscessero la tua identità, lavorassero segretamente per qualcuno di nostra fiducia come fa Bridgette Greyjoy. Almeno avremmo avuto una base sulla quale fidarci di loro. Sembrano imprevedibili e si comportano in un modo che potrebbe rivelarsi rischioso – aggiunse Sam esprimendo i suoi dubbi. – Invece, quando Askarx è con te, sembra catalizzarsi su di te, ed essere disposto a tutto pur di averti come suo alleato e non perderti in qualche modo.
- Non so risponderti a questo, cugino.
- Una cosa non mi è ancora chiara: per quale motivo la sacerdotessa rossa ha fatto tutto questo per te? – chiese Myranda guardando la diretta interessata, la quale era rimasta tutto il tempo senza fiatare, osservando Eveline di sottecchi.
A ciò, la donna continuò a fissare la giovane rosa con uno sguardo indefinibile e parlò. – Tu sei Aradia – disse solamente.
Ruben le rivolse uno sguardo interrogativo. - Aradia? Ti riferisci alla strega proveniente da Essos di cui si sta parlando molto ultimamente? – chiese il giovane cervo.
- Sono io, sì – confermò Eveline guadando prima una, poi l’altro.
-  Hanno già cominciato a chiamarti “Devastatrice”. La profezia si sta avverando – continuò Melisandre.
- Quale profezia? – chiese Sam.
- Hai anche già incontrato le componenti dell’Armata Scarlatta. Le giovani e sfortunate Sorelle dell’Abominio. Le altre sacerdotesse mi hanno informata. Sembra che tu nutra simpatia per le tue nemiche.
- Di cosa stai parlando, Melisandre? – domandò Ruben.
Eveline strinse i pugni prima di risponderle. - “Nell’alba più buia dell’era del tormento, il figlio della follia e la figlia del male, prima uniti come fratelli, combatteranno tra loro disperdendo disperazione e caos sui sette regni, dando inizio ad una delle epoche più funeste e tremende della storia …” – cominciò a citare la fanciulla. – “ … A riportare la fede e la speranza nell’uomo, vi saranno due potenti armate, diverse da qualunque esercito al quale i mortali sono avvezzi: l’Armata Grigia si scaglierà contro il figlio della follia, l’Armata Scarlatta travolgerà la figlia del male” – concluse.
- Come avrai oramai ben compreso, quella capeggiata da Ruben è l’Armata Grigia. Sarà lui e il suo ordine a scontrarsi contro Hayden e ad annientarlo - chiarì Melisandre.
A ciò, Ruben si alzò in piedi immediatamente. – Non mi avevi mostrato questo nelle fiamme – disse secco. – Mi hai mentito fino ad ora, per tutto questo tempo. Non mi hai mai parlato della profezia, né dei miei cugini come figli della follia e del male. Mi hai mostrato un futuro diverso.
- Avrei voluto informarti fin da subito. Ma bisogna essere disposti a fare dei sacrifici per la causa.
- Come le tue compagne li hanno fatti con le ragazze innocenti colpite dalla possessione ad Essos? – chiese sprezzante Eveline.
- Se tu l’avessi saputo … - Melisandre continuò a rivolgersi a Ruben, ignorando la giovane rosa. - … non avresti proseguito per la tua strada, quella che il destino ha tracciato per te. Avresti opposto resistenza all’adempimento della profezia che ti ha designato come guida dell’armata che ucciderà Hayden, l’unica speranza dell’umanità contro di lui.
- Posso oppormi anche ora.
- Ormai è tardi, Ruben. Tu sei ciò che sei diventato: una lama, un’ombra, nient’altro.
- Non è mai tardi – intervenne nuovamente Eveline, rivolgendosi prima a Melisandre, poi a Ruben. – Io ne so qualcosa.
- Immagino che anche tu abbia provato ad ingannare il tuo destino, Aradia. Ma la Devastatrice è già troppo potente in te, non è vero? Tutti i tuoi sforzi di cambiare le cose sono stati vani – le disse la sacerdotessa avvicinandosi e appoggiandole una mano sul polso, come se potesse sentirlo.
- Stai tralasciando qualcosa, sacerdotessa – intervenne improvvisamente Myranda. – Noi siamo una squadra. Niente potrà metterci uno contro l’altro. Riavremo Hayden. E quando saremo di nuovo uniti, niente potrà più insinuarsi tra noi. E se non andrà così … beh, io sono il Corvo a Tre Occhi, non dimenticarlo – disse decisa.
A ciò, Melisandre venne attraversata da un lampo di realizzazione. Si avvicinò alla bionda e la guardò fissa negli occhi. – Non lo faresti.
- Chi te ne dà la certezza? Il tuo Signore?
- Sai quanto sia rischioso ed eticamente sbagliato tornare indietro e cancellare tutto.
- “Eticamente sbagliato”? Hai davvero il coraggio di utilizzare un termine simile? Tu?! – si innervosì Myranda. – Sento di doverti dimostrare il dovuto rispetto solo e soltanto perché hai salvato la vita di mio cugino. Ringrazia lui se siamo ancora qui ad ascoltarti malgrado l’acido che esce dalla tua bocca.
- Voi non siete in grado di cambiare le cose. Nessuno di voi – riprese imperterrita Melisandre, guardandoli negli occhi uno per uno.
Vi fu un momento di silenzio, poi interrotto da Ruben. – Invece è possibile – disse avvicinandosi alla sua salvatrice e compagna dell’ordine. – Ti devo la mia vita, Melisandre. Ma questo non significa che mi fiderò nuovamente di te. Ho vissuto nelle tue menzogne per tre anni.
- Non erano tutte menzogne – lo interruppe lei avvicinandosi ancora. – Io ho creduto davvero in te. Quando ho visto con i miei occhi ciò che eri in grado di fare, sapevo che, a prescindere dalla profezia, l’averti addestrato e guidato per renderti tale, fosse la scelta migliore che avessi preso in vita mia.
- Mi hai mentito – insistette il ragazzo. – Ed ora pretendi che io segua la strada che tu hai designato per me fin dall’inizio, combattendo contro i miei cugini. Fin quando esisterà il libero arbitrio, le mie scelte saranno mie e mie soltanto: non ucciderò Hayden, né proverò mai a farlo. Combatterò al fianco di Sam, Eveline e Myranda per riaverlo. Potremmo morire nell’intento ma non importa, perché è quello che voglio, e se almeno avremmo tentato, sapremmo di poter accettare la morte senza rimorsi. La speranza svanisce nel momento in cui si smette di credere che esista – disse deciso, mentre gli altri tre ragazzi lo guardavano con fierezza. – Perciò … non ti caccerò via dal mio ordine solamente perché ti devo la vita. Ora siamo pari. Ti lascio la possibilità di scegliere autonomamente di andartene, o di rimanere, ma rispettando e seguendo ogni mia decisione, senza tentare di intralciarmi minimamente, poiché, se proverai a farlo, ti toglierò la vita con le mie stesse mani – pronunciò quella frase sussurrata, ad un soffio dal viso della donna.
Ella lo guardò immobile, palesemente in guerra con se stessa.
- Mi dispiace per quello che ti ho fatto, Ruben – si decise a parlare dopo qualche minuto. – In qualche modo, erro sempre, nonostante io sia inizialmente certa di fare la cosa giusta. Credo troppo in te e nel nostro ordine per lasciarti ora. Perciò, non proverò ad ostacolarti, ma sappi che, quando tua cugina e tuo cugino diverranno le piaghe più pericolose per il genere umano e tu ti ritroverai in bilico, non sapendo più cosa fare … io sarò al tuo fianco e ti darò la forza necessaria per salvare il salvabile.
- Non sarà necessario – rispose Eveline per lui.
- No, non sarà necessario – le diede man forte Ruben, allontanandosi dalla donna e sedendosi nuovamente accanto al fuoco.
Trascorsero un’altra intera ora a parlare e a raccontare tutto ciò che si erano persi l’uno dell’altro in quei tre anni, mentre Ruben, gradualmente, cominciava a riacquisire molti dei suoi ricordi d’infanzia.
Sapevano che oramai fosse cambiato, ricordi o non ricordi, egli avrebbe sempre avuto un’enorme parte di sé che sarebbe stata solamente proprietà di GreyShade. E, da un lato, era giusto così, poiché ognuno di loro era cambiato, nonostante non in maniera tanto violenta e radicale. D’altra parte, il Ruben che tanto amavano stava riuscendo fuori pian piano, più adulto e consapevole.
- Zia Dae, zia Margaery, mio padre, zio Oberyn, Varys e Davos, saranno felicissimi di rivederti! – esclamò Myranda sorseggiando un infuso che avevano preparato al momento con delle foglie raccolte poco prima.
- Già. Non ricordo ancora tutto di loro, perciò … sarà strano – rispose il ragazzo lievemente turbato. – Non ricordo completamente neanche mia madre.
- Vedrai che riusciremo a trovare Arya. Te lo prometto – gli garantì Eveline stringendogli la mano.
- Anche se la trovassimo, non sono sicuro che le cose ritornerebbero come un tempo. Non mi sento più figlio di nessuno. Con voi, qui, mi sento a casa come non lo sono mai stato, ma … non sono sicuro che con gli altri sarà lo stesso.
- Non importa, Ruben. L’importante è che hai recuperato i ricordi e che sei qui ora – disse Sam.
Il giovane cervo gli accennò un sorriso in risposta, per poi ricomporsi e cambiare argomento. - Ora cominciamo a parlare del motivo reale per cui avete chiesto di incontrarmi: volete replicare la tecnica dei Senza Volto?
- A Kylan è venuta questa folle idea e io ho pensato che non fosse poi così assurda. Quando poi tu mi hai confermato che nei libri che hai rubato dalla Cittadella  ci fosse illustrato il modo per farlo, non riuscivo a crederci – confermò Sam.
- È rischioso, ragazzi – affermò Ruben versandosi altro infuso. – Ma è possibile. Quando ho ordinato ai miei Fantasmi di andare alla Cittadella e rubare i libri proibiti, speravo che sarei anche riuscito a trovare qualcosa di simile. Mi sarebbe stato molto utile nei miei piani contro David.
- Quindi l’hai già sperimentato? – chiese Myranda.
- Ci ho provato, ma ho abbandonato l’idea perché era troppo rischioso, optando per le semplici bende per nascondere la nostra identità.
- Che vuoi dire?
- Il tomo parlava di controindicazioni ma non specificava precisamente quali fossero e quanto potessero essere gravi. Trattandosi di qualcosa che non dovrebbe neanche esistere, un camuffamento della regola originale, è molto invasiva e provoca effetti non di poco conto. I Senza Volto indossano le “maschere umane” solo di coloro che hanno ucciso. Ciò presuppone a prescindere la morte del soggetto di cui si assume le sembianze.
Dopo quella frase, le controindicazioni di quel piano che avevano in mente, furono più o meno chiare ai tre ascoltatori, i quali attesero comunque che Ruben terminasse la spiegazione.
- Replicando la tecnica, seguendo una sorta di rituale descritto sul tomo, che non starò qui a spiegarvi per filo e per segno, si può indossare la maschera umana di una persona ancora viva, solamente per un determinato periodo di tempo. Se si eccede, il proprietario delle sembianze rubate muore.
- All’improvviso?
- Accade con gradualità. Quando ho provato ad assumere le sembianze di un uomo che avevamo fatto prigioniero, ho notato che, più utilizzavo il suo volto, maggiormente lui era stanco, debole e stremato. Infine, superato il limite, è morto. Dipende tutto dalla resistenza fisica di una persona, ma, alla fine, ogni corpo mortale cede dopo un tempo massimo.
- Questo mi ricorda l’incantesimo dei mutaforma che ho appreso da Aris – commentò Eveline. – Era la sua specialità, tanto che, uno dei suoi tanti nomi, era proprio “Mutaforma”. Lui cambiava sembianze in un attimo, senza neanche lasciarti il tempo di osservare i dettagli del suo corpo muoversi, mutare forma, sostanze e consistenza. Quando ho appreso anche io ad utilizzarlo, ho compreso che non fosse così facile come lui lo faceva sembrare, e che, ogni incantesimo tanto potente, possiede sempre un risvolto negativo, un prezzo da pagare: i mutaforma possono mantenere solo per poco le sembianze assunte, poiché, se eccedono, perdono la loro essenza e acquisiscono quella della persona o dell’essere che stanno “possedendo”. Segue lo stesso principio.
- Lezione che ci ha insegnato anche Bran – commentò Myranda.
- Giusto, mi hai appena detto che stai per diventare il Corvo a Tre Occhi, Myranda: non dovresti avere anche tu i poteri di mutaforma come li aveva Bran? – chiese Ruben.
- No, non li ho. Su di me non si sono manifestati. La capacità di mutare forma non è compresa in quelle acquisite per diventare Corvo a Tre Occhi – rispose mentre un lampo di realizzazione sembrava attraversare i suoi occhi.
- Che c’è, Mi? A cosa stai pensando? – le chiese Sam.
- No, niente in particolare. Volevo solo chiederti, Ruben, la “maschera umana” permette anche di far assumere la stessa corporatura del proprietario?
- No. I Senza Volto “indossano” solo il viso del deceduto. Così anche questa tecnica di replicazione permette di assumere solamente i volti.
- Dunque, se decidessimo di mettere in atto questo piano, dovremmo scegliere dei membri del nostro esercito che posseggono la stessa corporatura degli uomini della scorta – commentò Sam.
- Esattamente.
- L’incantesimo dei mutaforma, invece, permette di assumere tutta la forma del proprietario, giusto? Anche il corpo – chiese Sam rivolgendosi ad Eveline questa volta.
- Sì, certo.
- E sei in grado di sottoporre altri a questo incantesimo?
- Sì. Non l’ho mai provato ma so farlo.
- Allora credo di aver trovato la soluzione al nostro problema – riprese Sam. - Per evitare di sterminare la scorta di David nel mettere in pratica la tecnica camuffata dei Senza Volto o di annullare le identità dei nostri uomini con l’incantesimo dei mutaforma, le alterneremo.
Gli altri tre lo guardarono dubbiosi.
- Non è così catastrofica come idea – Ruben fu il primo a commentare.
- Però è pericoloso. Non sappiamo che effetti potrebbe portare alternare la tecnica dei Senza Volto con l’incantesimo dei mutaforma – rifletté preoccupata Myranda. – Tu che ne pensi, Eve? Sei quella che se ne intende di più di magia nera tra noi.
- Possiamo provare ed esercitarci. Se non funzionerà, penseremo ad altro. Per ora, è la strada più sicura per non buttare all’aria tutta la nostra ribellione e farci scoprire, se non l’unica – rispose la giovane rosa.
- Se esistesse un modo per far alternare le due soluzioni automaticamente e senza controindicazioni, sarebbe perfetto – commentò Ruben.
- Sei sempre il più spericolato – disse Myranda.
- La mia spericolatezza mi ha portato fino a qui, cugina – rispose lui accennandole un sorriso, per poi alzarsi in piedi. – Ora è meglio che io cerchi un rifugio per me e i miei Fantasmi.
- In che senso?
- Non tornerai a casa con noi??
- Non credo sia una buona idea – rispose il ragazzo rivolgendo loro un sorriso malinconico e rassicurante insieme. – Al di là dei miei ricordi ritornati a galla, preferisco che la mia identità rimanga ancora nascosta per evitare qualsiasi rischio e non mettere in pericolo nessuno. Sono stato molto prudente fino ad ora, e non posso buttare tutto all’aria ora, che siamo arrivati così vicini alla fine. Per il momento, è meglio che la nostra famiglia non sappia chi sono. Credo sia meglio per tutti. Inoltre … - si bloccò per un attimo guardando il sole intento a nascondersi dietro l’orizzonte. - … non sono ancora pronto.
A ciò, gli altri tre si alzarono in piedi e gli si avvicinarono, ognuno da un lato diverso. Le due ragazze gli strinsero le mani mentre Sam gli appoggiò le sue sulle spalle.
- Siamo con te, GreyShade.
 
 
Christine strinse a sé la neonata con dolcezza, sovrastando con le sue parole, i rumori che si udivano provenire dalle altre stanze della casa del piacere.
Accarezzò i suoi capelli scuri e le diede un bacio sulla fronte troppo alta, per poi guardarle il visino deformato che assomigliava più a quello di un gattino o un orsetto umanizzato, piuttosto che di una bambina.
- Sei bellissima – le sussurrò. – Bellissima – ripeté cullandola ancora, cominciando ad intonare una melodia di una ninnananna.
- Sai, mio nonno era un alchimista, micetta – le raccontò.
- Non l’ho detto a nessuno, nemmeno a tuo padre, il mio amore. E sono sicura che lui sia tuo padre perché anche se nessuno può vederlo, io lo vedo: hai i suoi occhi, le manine tozze ma con le dita lunghe come le sue, le lentiggini lievissime sul naso e sulle guance come le ha lui, del colore della sabbia. Sei sua figlia – disse baciandole la punta del naso, mentre lei sembrava guardarla incuriosita.
- La bocca carnosa e a forma di cuore, insieme alla pelle e alla conformazione fisica sono mie, però. Sei anche mia.
Agnes sembrò quasi udirla e rise di gusto.
- Sai, piccolina, mio nonno era anche un inguaribile romantico. Quando ero un po’ più grande di te, mi narrava sempre una storia per farmi addormentare. Una storia molto triste, ma che amavo:
C’era una volta, nella lontana età dell’alba, una fanciulla appartenente agli antichissimi Figli della Foresta.
Come tutti loro era piccola, di bassa statura, e amava le sue terre, usava la magia e i pugnali di ossidiana per cacciare con i suoi compagni, raccoglieva tutto ciò che la terra offriva loro.
Un giorno, però, le lande occupate dai Figli della Foresta vennero invase da dei guerrieri molto più alti di loro, più maestosi, simili agli dèi, ma anche più feroci: i Primi Uomini.
Molti credono che gli Estranei siano stati creati perché i Figli della Foresta sapevano che avrebbero perso la guerra contro i Primi Uomini, perciò hanno trasformato uno di loro nel Re della Notte, sperando di riuscire a controllarlo.
Poi, è andata diversamente, ma questa, è un’altra storia.
Al contrario, mio nonno la pensava diversamente. Lui era convinto che la nascita degli Estranei fosse dovuta ad un cuore spezzato, ad un amore perduto: la fanciulla, un giorno, si innamorò di uno dei Primi Uomini. I due lasciarono che la passione li travolse, tenendo nascosto il loro segreto ad entrambe le fazioni. Ma il giovane aveva già una promessa tra quelle della sua razza, perciò decise di abbandonare la fanciulla, proibendole di cercarlo ancora. A ciò, ella perse la testa e la perse ancor di più quando scoprì di aspettare un figlio.
Così, un giorno, chiese al giovane di incontrarsi per darsi un ultimo addio. Lui accettò l’invito e si ritrovarono sotto un Albero Diga.
La fanciulla aveva preparato un pugnale capace di fermare il cuore del ragazzo e di trasformarlo in ghiaccio, insieme al suo intero corpo. Dopo averlo congelato e reso inanimato, lo avrebbe forgiato come un fabbro e avrebbe fatto di lui decine e decine di armi di ossidiana, in modo che nessuno avrebbe più ritrovato il suo amore perduto.
Ma quando lo pugnalò a tradimento, la potente magia invase da capo a piedi il giovane uomo, mozzandogli l’aria, ma risvegliando in lui qualcosa di diverso dal respiro vitale. La sua pelle diventò dura, fredda e, prima, cerulea, poi di un blu chiaro a profondo come quello delle lastre di ghiaccio sopra la superficie del mare, ladre del suo colore. Gli occhi erano spenti. Né chiusi, né estirpati, né accecati. Solamente spenti. Così, nacque il Re della Notte.
Ma la storia non finisce qui: per vendicarsi, il Primo Estraneo toccò il ventre della fanciulla infettando il grembo della sua stessa maledizione.
Tuttavia, il bambino era frutto dell’unione di due razze antichissime, sopravvissute, dunque una forza della natura resistente a qualsiasi minaccia, persino all’eterna maledizione della non – morte.
Nonostante ciò, gli dèi non poterono sopportare la dissacrazione derivata dal mescolamento del loro sangue puro, perciò punirono il neonato togliendogli il dono della bellezza, facendolo nascere col viso disumanizzato, ma lasciandogli tutti gli altri: una percezione e una sensibilità smisurate, un’intelligenza fuori dal comune e una forza mentale immortale.
Mio nonno diceva che il bambino di sangue misto dei Figli della Foresta e dei Primi Uomini, nasce una volta ogni dieci generazioni o anche più.
 Era talmente ossessionato da questa storia, che mi ha raccontato di aver scelto lo stesso nome che credeva avesse il “primo bambino impuro” per una sorta di strano animale che stava accudendo: Neeve. Assurdo, vero? Non ho mai capito se fosse vero, ma sicuramente la storia non lo è – concluse ridendo e riempiendo la guancia della bambina di baci.
- Non riesci ad addormentarti nonostante tutte le coccole che ti sto facendo, vero, mia piccola micetta? Ti sei addormentata tra le braccia del tuo salvatore la prima volta, quindi ora non riesci a riprendere sonno senza il suo odore. Questo è un bel problema, perché ora lo zio Kylan è là fuori e potrà venire a farci visita molto raramente. Vedrai che starà bene. Sicuramente starà andando tutto bene, là fuori – sussurrò accarezzandole nuovamente i capelli, pensando all’esecuzione dei ribelli che stava avvenendo in quel momento, a qualche centinaio di metri dalla locanda.
- Quando si udranno le campane suonare, vorrà dire che sarà finita, Agnes: la terra prenderà gli eroi con sé e loro avranno smesso di soffrire. Per sempre.
 
 
 

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Capitolo 38
*** Letali perduti e fragili combattenti ***


Letali perduti e fragili combattenti
 
 
Dopo aver elencato tutti i nomi dei ventisei condannati a morte, la guardia riarrotolò la pergamena e pronunciò le fatidiche parole per accompagnare la marcia che avrebbe condotto i malcapitati verso la ghigliottina.
- Nessun boia, mio signore? – chiese Bridgette al suo promesso, chiedendosi come mai preferisse utilizzare una ghigliottina per l’esecuzione dei processati, piuttosto che il vecchio metodo manuale.
- Perché mai guardare un uomo che compie un taglio impreciso sul collo di un condannato, quando si ha a disposizione un marchingegno letale capace di effettuare un taglio netto e squisitamente preciso, mia regina? – rispose David.
Mentre la carovana di condannati veniva condotta  sul soppalco da una delle guardie, una donna del gruppo alzò lo sguardo verso l’imponente ed elegante creatura ferma immobile e ben visibile ai suoi occhi, per poi farlo scendere verso quello che sarebbe dovuto essere il suo padrone, lì accanto.
Un impeto di coraggio misto a cieca disperazione si impossessò di lei, spingendola a distaccarsi dalla fila e a dirigersi verso il principe.
Immediatamente, delle guardie si mossero per intervenire, ma Hoxana le bloccò. – Fermi. Non vedete che è legata e disarmata? Non può nuocere al nostro futuro re. Dilettiamoci un po’ e ascoltiamo cosa questa anima corrotta ha da dire – si impose con un ghigno divertito in volto.
A ciò, nessuno mosse un dito, e ognuno dei presenti, compresi i popolani giunti ad assistere, rimasero immobili ad osservare la scena.
- Perché …? Perché siete qui?? Per farci rimpiangere ancor di più la mano dello sterminatore di re che ha posto fine alla vita di quel folle di vostro nonno?! Che colpe abbiamo noi nei vostri confronti?? Cosa abbiamo fatto di male per meritarci un altro Targaryen al trono?? Perché vi siate prostrato a questi usurpatori e avete accettato la sorte impostavi da loro?? Non sono gli stessi che hanno assassinato la maggior parte dei vostri familiari e imprigionato i restanti?? Perché ci state facendo questo?! – urlò frustrata e addolorata, avvicinandosi a lui sempre più, tanto da allarmare il drago.
Hayden, rimase a fissarla impassibile, fino a quando non percepì l’agitazione sempre crescente di Haylor dietro di lui.
- Siete solo un ragazzo!! Comportatevi da tale e non assumetevi la responsabilità e la colpa di divenire un tiranno!! Lasciateci in pace!! – continuò oltrepassando la zona di sicurezza e spingendo Haylor ad avvolgere Hayden con una sua ala per proteggerlo, ponendosi dinnanzi a lui.
Nel momento in cui il drago invase il suo spazio vitale, il principe sembrò come percosso da una scossa che spaventò i presenti molto più della creatura che gli si era posta a scudo.
Hayden si ribellò immediatamente dalla presa protettiva del drago e si voltò a guardarlo, fulminandolo. – Haylor, non mi hai obbedito. Ti avevo detto di non avvicinarti troppo a me. Ti avevo detto di starmi lontano il minimo indispensabile a qualsiasi costo. Ma tu non mi hai ascoltato. Brucia le tue ali, dà loro fuoco immediatamente – ordinò gelido.
- Hayden! – protestò Hoxana sconvolta, venendo trattenuta dalle guardie.
Il ragazzo non le prestò attenzione mentre osservava il drago obbedire ai suoi comandi minuziosamente, sputando una fiammata dritta sulle sue possenti ali ed emettendo atroci versi di dolore in seguito.
Ogni presente assistette pietrificato.
- E voi – disse il principe voltandosi a guardare la donna che aveva provocato tutto ciò, dopo aver osservato per abbastanza tempo il suo drago agonizzante. – Non dovevate minacciare la mia sicurezza. Quando viene minacciata, lui diventa estremamente protettivo. Per questo mi ha disobbedito avvicinandosi troppo. A causa vostra è successo.
A ciò, la donna indietreggiò, mentre il ragazzo si avvicinava lentamente a lei, questa volta. Hayden riuscì a scorgere un accennò di un sorriso sotto il sincero timore del suo sguardo, sicuramente dovuto alla vista della creatura immensamente pericolosa che stava bruciando dinnanzi ai suoi occhi.
Ma la speranza non fece in tempo a mettere radici in lei, poiché, in un scatto, il futuro re annullò ogni distanza e le infilò una daga dritta nella sua intima apertura, da sotto, lasciandola letteralmente senza fiato.
- Anche io gioirei se non sapessi nulla, come voi. Ma non avete motivo di farlo: tra qualche ora, purtroppo quel drago sarà come nuovo – le sussurrò ad un soffio dal viso, rigirando la lama in profondità, per poi estrarla improvvisamente.
La donna inspirò ansante, piombando sdraiata a terra e colpita da violenti spasmi di dolore mentre un lago di sangue si allargava intorno a lei.
Lo spettacolo che si presentò agli occhi di tutti, ora, era molto lontano dall’immagine di donna ribelle, valorosa e impavida che era apparsa poco prima: la popolana cominciò ad urlare e a piangere come una bambina, singhiozzando a causa dell’atroce dolore provato e strisciando verso il principe. – U - ccidimi … ti … prego … - balbettò senza più voce, incapace di sopportare ancora un altro secondo quell’agonia.
Il giovane principe non la degnò più di uno sguardo, dirigendosi semplicemente verso la ghigliottina.
A ciò, ella gli strisciò dietro, appoggiando la testa sulla piattaforma di legno autonomamente, attendendo con ansia la fine di quella tremenda sofferenza.
- Siete una donna coraggiosa – le disse Hayden appoggiando la mano sulla leva che avrebbe fatto piombare l’enorme e affilata lama giù, fino al collo della popolana.
Quest’ultima si voltò a guardarlo, mentre il dolore continuava a lacerarla. Lo guardò ancora e ancora, scorgendo solo il suo profilo da quella visuale.  – Tu … tu non sei l’erede del re folle … - disse improvvisamente, cercando di non pronunciare le sue ultime parole balbettando.
Hayden si voltò per guardarla negli occhi. – No, non lo sono.
- Allora, chi sei …?
Trascorse qualche altro eterno secondo di silenzio in cui la risposta tardò ad arrivare. Mentre la brezza arida rimaneva l’unica fonte di lieve rumore, il giovane principe si voltò a guardare i membri della corte e della famiglia reale uno per uno, imperscrutabile. – Hanno fallito – disse infine, tirando giù la leva.
La lama precipitò sul collo della donna, non riuscendo comunque a tagliarla via tutta per qualche motivo, ma solo tre quarti.
David sgranò gli occhi infastidito. – Questa ghigliottina è difettosa! Chi era l’incaricato che doveva occuparsi di farla funzionare??
Mentre il re sbraitava, Hayden calciò via la testa semistaccata dal corpo, facendola rotolare a terra.
Quando più o meno tutti gli interessati riuscirono a riprendersi dallo spettacolo appena avvenuto, il sovrano prese la parola. - Mio figlio ha dato una più che degna morte alla cagna che ha osato minacciarlo, abbassandosi fino al punto di porre fine con le sue mani alla blanda vita di una ribelle immeritevole di un simile privilegio. Ora, mancano ancora tutti gli altri condannati. Purtroppo, la ghigliottina che ho fatto predisporre non sembra soddisfare le aspettative, dunque, ci serve un boia – disse, puntando infine gli occhi sul Bronn. – Ser Bronn. Voi siete un mercenario.
- Sì, maestà – rispose questo.
- Bene. Dato che ritengo la mansione di boia assolutamente indegna per i nobili cavalieri della mia Guardia, e tanto più per un membro della mia famiglia, mi fareste la grazia di pensarci voi? Immagino abbiate tagliato molte teste durante la vostra lunga carriera di mercenario. Di certo, ogni componente della mia corte e persino i miei ospiti venuti da lontano ritengono dissacrante un tale incarico, ma sono certo che per voi non sia così – disse con tagliente convinzione, rivolgendogli un sorriso pretenzioso. – Mi sbaglio?
Bronn si sentì gelare il sangue. Mai, mai in tutta la sua vita, gli era capitato qualcosa di simile, che un re gli ordinasse di fare da boia.
Aveva combattuto innumerevoli battaglie e visto cose che ogni presente quel giorno, non sarebbe neanche riuscito a figurarsi nella mente.
Eppure, stroncare teste dal corpo di più di venti innocenti, tutti di fila e senza sosta, era un’altra questione.
Sapeva di non aver mai posseduto un senso morale. Ma ora, improvvisamente, dopo più di cinquant’anni, sentiva di averne uno.
Senza neanche guardare in faccia il suo fidato compagno di viaggi e di intrighi che gli era perennemente accanto, sapendo di non poterselo permettere dinnanzi ad un comando così specifico e diretto del sovrano, alzò gli occhi verso quest’ultimo e con la massima riverenza gli rispose. – Non vi sbagliate, mio re.
A ciò, Kylan gli si avvicinò mostrandosi impassibile, porgendogli l’affilata spada con la quale avrebbe reciso i capi dei condannati, insieme all’”elmo da boia” bucato solo nelle fessure per gli occhi. Gli sguardi che si scambiarono in quella breve frazione di tempo valsero più di mille parole.
- Qualcosa di specifico che dovrei sapere prima di cominciare, Primo Cavaliere? – gli chiese il mercenario cercando di mantenere la calma e di non tradire alcuna confidenza nei confronti del giovane Marbrand.
- Non una parola mentre esegui. Devi essere veloce, uno dietro l’altro senza pause. Il resto, già lo sai. Ce la farai – gli rispose Kylan, per poi allontanarsi da lui.
A ciò, l’uomo si infilò l’elmo e cominciò ad eseguire.
 
 
Il principe entrò nella biblioteca reale alla ricerca di qualcosa.
Dei passi svelti lo raggiunsero da dietro dopo qualche minuto.
Nel momento in cui Hayden si voltò verso la persona che sapeva averlo seguito, questa lo pugnalò violentemente all’addome, senza alcuna esitazione.
- Ora ti senti meglio? – le chiese atono il ragazzo non mostrando alcuna minima reazione, dando solamente una veloce occhiata alla pozza di sangue che stava creando a terra la profonda lacerazione all’altezza del suo stomaco, per poi riportare lo sguardo sulla sua interlocutrice. – Hai sporcato e rovinato dei pregiati abiti, e creato un lago nel pavimento. Spero sia valso a qualcosa – continuò sedendosi comodamente su una delle sedie poste accanto ai tavolini della biblioteca, dinnanzi a lei, mentre il sangue continuava a sgorgare.
- È stato un gesto impulsivo. Per quello che è accaduto questa pomeriggio con Haylor – rispose Hoxana calmandosi e riappoggiando la mano sul manico della daga sporgente e ben incastrato sulla carne del giovane, con l’intanto di sfilarglielo.
- Togliendolo, mi uscirà il triplo del sangue e sporcherà ancora di più. Lascialo lì dov’è – la bloccò lui prima che potesse farlo.
- Ad ogni modo – riprese la donna. - Non avresti dovuto farlo, caro.
A quelle parole, Hayden fissò i suoi occhi inanimati su di lei. – Non avrei dovuto? – ripeté quella domanda scandendo ogni sillaba in modo sinistro.
- Ricorda sempre, ragazzo mio, chi ti ha creato – disse addolcendo la voce e accovacciandosi dinnanzi alla sedia per guardarlo dal basso. – Tu e lui siete le mie creature. Non puoi fargli ciò che vuoi. Abbiamo stabilito dei patti. E i patti tra una madre e i suoi figli vengono sempre rispettati, mio caro. Non voglio che a nessuno di voi venga fatto del male. Ne morirei – disse con la voce rotta dalle lacrime incastonate nel ghiaccio platinato delle sue iridi. - E preferirei morire in mille altri modi, piuttosto che straziata di dolore di vedervi distrutti o portati via da me – continuò appoggiandogli una mano sulla guancia con riverenza.
- Hai fatto male i conti – rispose il ragazzo dopo lunghissimi attimi di silenzio. – Ed ora, pretendi di rimediare come puoi. Hai dato per scontato che una parte di me staccata dal mio corpo, mi sarebbe stata ben gradita. Volevi creare due gemelli di diversa natura e specie, che possedessero il rapporto di due gemelli vissuti nello stesso grembo per nove mesi e usciti insieme. Eri sicura che fosse reciproco. Questo è stato uno dei tuoi innumerevoli errori di calcolo. Se il sentimento non è ricambiato da uno dei due, se uno considera l’altro una parte irrinunciabile di sé, mentre l’altro lo vede come un parassita … che cosa accade? Avresti dovuto legarlo a te. A te, non a me. Avresti dovuto dividere te stessa in due parti per poter sovrastare e dirigere l’altra a tuo piacimento. Ma lui è me e, di conseguenza, vede solo me. Non ha mai visto te. Mai. Così come non vede gli altri. Perciò, cosa dovrei o non dovrei fare di lui, dipende solo e solamente dal mio arbitrio.
In seguito a tali parole, Hoxana si bloccò, rimanendo fissa su di lui, non riuscendo e non trovando alcuna risposta da dargli.
- Se non lo togliamo, la ferita non si cicatrizzerà. Ormai il lago di sangue è immenso in ogni caso – disse infine la donna, riprendendosi dal suo attimo di debolezza.
A ciò, Hayden afferrò il manico dell’arma che lo perforava e l’estrasse con forza.
La futura regina scelse il momento più sbagliato per fare il suo ingresso nella biblioteca reale.
Bridgette urlò allarmata, prendendo a correre verso i due e controllando la profonda ferita del giovane, mentre fiotti di sangue grondavano giù.
- Per i Sette Inferi!! Che cosa è successo?!? Che cosa vi ha fatto questa iena?! – esclamò esterrefatta.
- Mantenete la calma, milady. Non c’è nulla di cui preoccuparsi – le rispose Hoxana con sufficienza.
Bridgette spostò lo sguardo su Hayden per ricevere un qualche accenno di risposta o reazione da lui. – Va tutto bene, madre – confermò neutro il ragazzo, come se la situazione fosse del tutto normale.
- No, qui non va tutto bene! Guardie! – richiamò la Greyjoy urlando per farsi udire sin fuori la biblioteca.
Immediatamente una delle guardie all’esterno entrò. – Avete chiamato, mia signora??
- Mandate a chiamare Xavier e fatelo venire qui! Ditegli di fare presto!!
- Sarà fatto! – rispose l’uomo avviandosi subito.
- Mi chiedo se siete davvero tanto impressionabile, o se facciate solo finta di non capire – commentò Hoxana seccata.
- Vorrei parlare da sola con mio figlio, lady Hoxana. Me lo permettete? Sono venuta qui per lui – si impose Bridgette riprendendo quel poco della tagliente lucidità che le serviva per contrastare la qarthiana.
- Certamente – rispose quest’ultima non mettendo fine alla loro abituale lotta di sguardi che erano solite mantenere ogniqualvolta si incontravano.
Non appena Hoxana fu uscita dalla biblioteca, Bridgette cercò di trovare il miglior modo possibile per approcciarsi al ragazzo con il quale non aveva ancora mai avuto modo di instaurare una conversazione.
 - Vi stavo cercando. Alcune guardie vi avevano visto entrare qui in seguito all’esecuzione di oggi, perciò vi ho raggiunto – esordì pacata, non riuscendo a distogliere completamente lo sguardo dalla pugnalata sull’addome del suo interlocutore. – Xavier sarà qui a momenti e controllerà quella ferita aperta. Mi chiedo quale sia la sua scusante per avervi fatto questo … - commentò.
- A volte, mi chiedo anche io se facciate finta di non capire – si decise a risponderle Hayden.
- Perché siete venuto nella biblioteca? – cambiò argomento la donna.
- “Origine dei mondi sotterranei”. Se non ricordo male, è questo il titolo del libro. Qualcuno sta cercando di comunicare con me – rispose ricordandosi distrattamente del motivo che lo aveva condotto in quel luogo.
- Comunicare?
- E voi? Perché mi stavate cercando?
I due vennero interrotti dall’arrivo del Gran  Maestro, il quale si precipitò dentro la biblioteca allarmato dall’urgenza di quella chiamata.
Non appena visualizzò il principe zuppo di sangue dall’addome in giù, gli si avvicinò immediatamente.
– Dalla quantità di sangue che avete perso, la lacerazione dovrebbe essersi molto aggravata, considerando la profondità del taglio, Maestà … - spiegò slacciandogli il corsetto per osservare con i suoi occhi la ferita.
Ma, dopo averlo fatto, rimase fermo immobile a fissare la lesione, con lo sguardo perplesso.
- Che vi prende, Gran Maestro? – gli chiese Bridgette.
- Nulla, mia signora. È solo che, la situazione dovrebbe essere molto, molto più grave di quella che sto vedendo … è un fenomeno apparentemente inspiegabile. Ora, sembra addirittura che il sangue non fuoriesca quasi più.
- Avete controllato e fatto il vostro dovere, Gran Maestro – commentò il ragazzo allontanandosi di qualche centimetro, riprendendo posto sulla sedia nel quale si era accomodato precedentemente.
- Quando avete finito qui, venite nel mio studio il prima possibile, mio principe – si raccomandò il vecchio.
- Avete visto anche voi: è già in piena fase di rimarginazione. Per domani sarà quasi completamente guarita.
- Ne ho preso coscienza, Maestà. Tuttavia, non è per far guarire la vostra ferita che vi ho chiesto di venire nel mio studio; bensì, per alleviarne il dolore con del latte di papavero – chiarì Xavier, vedendo lo sguardo di Hayden assumere una sfumatura lievemente sorpresa da quella risposta. – Lady Hoxana potrà anche avervi reso una sorta di creatura immortale, ma, di principio, è assolutamente impossibile privare un essere umano della capacità di provare dolore. Il fatto che non lo dimostriate non significa nulla per me. Venite nel mio studio più tardi – si raccomandò nuovamente, congedandosi poi ai due e uscendo dalla biblioteca.
- Dunque? – riprese il principe rivolgendosi alla Greyjoy. – Vi ascolto.
A ciò, Bridgette accumulò tutto il coraggio che aveva in corpo e gli si sedette di fronte, cercando di trovare la forza e le parole giuste. – Forse sto commettendo l’errore più grande della mia intera vita ora. Ma non mi importa. Non mi importa più perché, più ti vedo, più la mia coscienza mi spinge a fare tutto ciò che è in mio potere per sottrarti a tutto questo, Hayden – cominciò, rivolgendosi a lui informalmente, con uno sguardo ricolmo di sincera preoccupazione. – Non mi trovo qui per qualche losco scopo che coinvolge il riscatto della mia famiglia come molte delle teorie che girano su di me professano. Ti conoscevo già prima di incontrarti, poiché avevo sentito davvero molto parlare di te da qualcuno a te caro. Oberyn Martell mi ha mandata qui ad Approdo, con il solo scopo di aggirare il re e vendicare tutto ciò che quella bestia ci ha portato via. Non si sono dimenticati di te come pensi, Hayden. Voglio che tu lo sappia e spero con tutto il mio cuore che tu creda alle mie parole. Nessuno si è dimenticato di te, anzi … so che tua madre soffre enormemente ogni giorno per la tua mancanza. Tutti i tuoi cari, nessuno escluso, si stanno adoperando per riaverti con loro, per salvarti da questo funesto destino del quale sei caduto vittima. Dovrei continuare a raggirare David come ho fatto fino ad ora, aiutando i Fantasmi e la tua famiglia in silenzio, indossando la mia maschera di seduzione e sagacia. Ma oggi ho deciso di fare un’eccezione. Un’enorme eccezione, venendo qui e raccontandoti tutto. Mi sono lasciata vincere dal desiderio che solo l’animo di una madre può comprendere. Il desiderio di fare qualcosa di realmente concreto per te. E non me ne pento. Qualsiasi cosa accadrà. Se c’è ancora qualcosa di Hayden Stark dentro di te, queste parole potrebbero smuoverti, o semplicemente, allietare un minimo il tuo dolore, se lo stai provando.
Quegli occhi burrascosi dalle penetranti sfumature blu notte, sembravano essere ancor più impressionanti del solito mentre pronunciava quelle parole tanto sentite come mai era solita fare, e riusciva a reggere lo sguardo dell’altro paio di occhi, quelli di fronte a sé e di cui mai nessuno era stato in grado di sopportare la vista così a lungo senza avvertire un buco insostenibile alla bocca dello stomaco, eccetto Hoxana.
Il ragazzo continuò a guardarla, attendendo che ella si arrendesse al suo silenzio o dicesse altro.
- Siete molto stupida nel parlarmene così liberamente – si decise a rispondere infine.
- Già da tempo sarei dovuta venire processata, per poi subire la pena di morte per ciò che ho fatto. Sono pronta a morire da un po’, perciò, preferisco rischiare tutto per salvare te, provando con l’unico modo rimastomi da tentare.
Vi fu un altro attimo di silenzio, rotto poi da Hayden. – Come si chiama?
- Che cosa intendi? – chiese la donna con sguardo confuso.
- Parlate come una madre. Lo avete detto voi stessa. Non potreste mai esservi alleata ad Oberyn Martell rischiando la vostra vita qui, ogni giorno, e maggiormente ora, svelandomi la vostra cospirazione segreta, per un semplice debito. Solo uno stupido non capirebbe che puntate ad una redenzione ben più alta. Come si chiama vostro figlio?
Bridgette si pietrificò, per poi calmarsi dopo qualche secondo, rispondendo alla domanda. – Malek. Si chiamava Malek – specificò. – L’ho ucciso per errore quando aveva quasi tre anni. Salvare te non significa solamente alleviare il senso di colpa che consuma la mia anima da anni, ma far riemergere la mia natura che ho tenuto sepolta per troppo tempo e che solo recentemente ho riscoperto. Nonostante tutto quello che ho visto fino ad ora, da quando Hoxana ti ha liberato dalla prigionia; quando ti guardo, in te riesco ancora vedere tutto quello per cui vorrei che questo mondo continuasse ad esistere, ma, soprattutto, vedo l’oggetto di un amore antico quanto i continenti, Hayden. Tuttavia, devi darmene la possibilità. Devi darmi la possibilità di liberarti da quello che ti è stato fatto, perché se esiste un modo, stai pur certo che lo troverò.
- Vostro figlio avrebbe dovuto sentire queste parole.
- Sì, ne sarebbe stato felice.
- Avreste dovuto scegliere qualcuno di salvabile per questa eroica impresa di redenzione, tuttavia. I combattenti come voi e coloro che vi circondano, sarebbero stati una scelta perfetta. Possedete una fragilità luminosa e antica quanto il sole, che molti vi invidiano, senza che ve ne rendiate conto.
- Hayden … tua madre ti ama tantissimo. Non puoi neanche immaginare il dolore che sta provando in questo momento. 
- Ne sono perfettamente consapevole.
A quelle parole, Bridgette avvertì dei brividi freddi lungo la schiena e capì che ogni suo tentativo sarebbe stato vano. – Mi dispiace di avervi disturbato – si arrese ricominciando ad utilizzare il tono formale, ed alzandosi. – Prima di lasciarvi, tuttavia, vorrei farvi una domanda.
- Vi ascolto.
- Che cosa vuol dire “hanno fallito”? La frase che avete detto questo pomeriggio all’esecuzione, prima di decapitare la ribelle.
- Credo riuscirete a rimanere in vita fino al momento in cui vedrete con i vostri occhi il significato di quella frase – rispose il ragazzo.
A ciò, Bridgette fece per andarsene, ma prima, presa da un casuale moto di realizzazione, si diresse verso uno delle decine di scaffali ricolmi della biblioteca, vagò un po’ con lo sguardo fin quando non individuò il libro di suo interesse. Lo prese e raggiunse nuovamente Hayden.
- Cercavate questo prima, giusto? – gli porse il tomo intitolato “Origine dei mondi sotterranei”.
- Sì.
- Sapevo la collocazione perché mi è capitato di leggerlo qualche settimana fa. Andate nello studio del Gran Maestro più tardi – concluse ripetendogli quel suggerimento e uscendo dalla biblioteca, lasciandolo solo.
A ciò, Hayden aprì il tomo indicatogli da colei che da tempo stava cercando di comunicare con lui in qualsiasi modo esistente. La stessa persona che, dopo aver udito l’intero dialogo appoggiata ad uno degli scaffali, in quel momento si stava mettendo seduta esattamente di fronte a lui, nel posto prima occupato da Bridgette, pestando il sangue oramai secco e appiccicoso sul pavimento.
Hayden notò che, a partire dalla seconda pagina del libro, le pagine seguenti avessero una o più parole specifiche sottolineate, in sequenza.
A ciò, cominciò a leggere solo le parole sottolineate di ogni pagina: “Posso … tornare … indietro … posso … aggiustare … tutto … Quando … leggerai … queste … parole … io … sarò … davanti … a … te”
Giunse il fatidico momento che la giovane Lannister stava aspettando da quando aveva sottolineato quelle parole in quel libro: Hayden alzò lo sguardo dalle pagine e puntò gli occhi dinnanzi a sé, capendo che fosse proprio lì, come ella aveva indicato.
Per un solo, singolo istante, alla fanciulla sembrò che lui potesse vederla davvero.
- È troppo tardi, Myranda – rispose continuando a guardare in quel punto nel vuoto, pronunciando quel nome dopo così tanto tempo.
Le vene della ragazza si gelarono, così come tutte le sue membra. Rimase ferma e immobile, mentre lui si alzava dalla sedia e si avviava verso l’uscita della biblioteca.
Rimasta completamente sola, in quello spazio vuoto e freddo, in quella dimensione desolata e silenziosa come l’alba di un lungo inverno, Myranda, per la prima volta, non riuscì a versare neanche una lacrima.
Quello era il momento in cui, più di tutti, avrebbe voluto urlare al cielo e annegare nelle sue lacrime salate. E, paradossalmente, era l’unico in cui tutto il dolore che stava provando sembrava non volerne proprio sapere di uscire.
Era ancorato dentro, contaminava il sangue, gli organi, la pelle, tutto ciò che la componeva, impigliandosi come un parassita.
Improvvisamente, quella sensazione la turbò sempre più in crescendo, facendole avvertire tutto il corpo pesante, la testa dolorosa e pulsante, il cuore troppo lento. Sentiva che sarebbe potuta morire nel giro di qualche secondo se non avesse fatto qualcosa.
Poi, di getto, un braccio comparse da quel nulla eterno e la avvolse da dietro, cullandola in un delicato ma deciso abbraccio. Uno di quelli che sapevano rilasciare un calore spropositato solamente con uno sfioro.
Myranda, sorpresa più che mai, si voltò verso il proprietario di quel braccio familiare e, come per miracolo, aveva dimenticato tutta la rabbia che provava nei suoi confronti. In realtà, l’aveva dimenticata già da tempo.
Colui che meno di tutti credeva capace di un atto di calore e di affetto, di una dimostrazione umana, ora le stava tendendo una mano salvifica che l’avrebbe salvata dalla caduta nella voragine più profonda, e lei non era mai stata così felice di rivederlo.
Bran le rivolse un sorriso comprensivo, un'altra capacità che Myranda credeva avesse perduto per sempre, e la abbracciò ancora, senza dire nulla.
Entrambi rimasero in silenzio, a stringersi, perché ogni suono, ogni sillaba, ogni parola, in quell’attimo, sarebbero stati completamente, catastroficamente vani.
 
Nel momento  in cui la Greyjoy uscì dalla biblioteca, si appoggiò con la schiena ad una parete lì accanto, cercando di metabolizzare l’accaduto e la “sconfitta”.
- Eccovi qui, nostra futura regina. Come stanno procedendo i preparativi per le nozze? – le chiese improvvisamente Askarx, seguito dagli altri due, sorprendendola.
- Superni … non vi ho udito arrivare. Avete un passo molto delicato – rispose Bridgette osservandoli. – I preparativi per il matrimonio procedono molto lentamente, considerando tutto quello che sta accadendo. Quando si saranno calmate le acque, nulla impedirà a me e al mio amato di celebrare le nostre gloriose nozze.
- Non abbiamo mai avuto modo di parlare noi e voi – fece finalmente udire la sua voce Niraij.
- Ed è davvero un peccato – continuò Mhunaer.
- Vogliamo rimediare? – concluse Askarx.
Capendo che ciò di cui volevano parlarle i Superni non fosse qualcosa di cui poter conversare durante una passeggiata in giardino, Bridgette si ricompose e cominciò a dirigersi verso un luogo nel quale sapeva non vi sarebbero stati occhi o orecchie indiscrete.
- Venite con me – li spronò prima di avviarsi.
Quando furono giunti in una stanza della Fortezza Rossa isolata e mai frequentata, la Greyjoy se sedette, guardando poi i tre qarthiani fare lo stesso.
- Di cosa volete parlarmi?
- Siete perspicace, milady. Permettetemi di farvi i complimenti per lo splendido abito che state indossando. Si intona a meraviglia con la vostra carnagione e crea un sublime contrasto con il particolare colore dei vostri capelli. Un accostamento da fare invidia alle più idolatrate regine di Essos – la lodò Askarx.
- Vi ringrazio, Askarx. Tuttavia, preferirei che arriviate al sodo, se non sono troppo pretenziosa. Oggi è stata una giornata pesante.
- Lo immagino, milady. Vi garantisco che, in seguito a questa chiacchierata, molti dei vostri pesi saranno svaniti e potrete dormire sonni più sereni.
Bridgette gli rivolse uno sguardo confuso, prima che egli continuasse.
- Sappiamo che voi siete stata mandata da Oberyn Martell e che appoggiate la ribellione che si sta progettando a Nord, con sempre maggiori consensi. Per quanto possiate crederci o no, vogliamo informarvi che siamo dalla stessa parte.
- Voi? La principale fonte di armi e di denaro della corona? – chiese incredula e diffidente.
- Sappiamo che avete da poco fatto saltare degli accordi che Sua Maestà aveva preso con alcune popolazioni del continente orientale. Siete scaltra e una spietata quanto affascinante manipolatrice. Ciò che siete in grado di fare, lo fate eccezionalmente bene – si complimentò il superno. – Lentamente e cautamente, state facendo degli enormi passi avanti nel vostro obiettivo di condurre il nostro re nel fallimento più nero. Con il giusto aiuto, sareste in grado di colpirlo talmente forte, da renderlo completamente incapace di rialzarsi. Trovo davvero stupefacente quanti buchi interni presenti questa corte.
- Non sono poi così tanti, miei sagaci adulatori: io, voi e l’appoggio dei Fantasmi e del Nord. Credo di aver oramai compreso che lavorate con i Fantasmi. Senza di loro, non sareste nemmeno riusciti a venire accolti qui ad Approdo come ospiti.
- Dobbiamo molto a loro, vi do pienamente ragione. Ma vi sbagliate riguardo al numero dei cospiratori che si annidano dentro questa Fortezza: ogni singolo componente del consiglio reale è un traditore. Esattamente come voi e noi. Il Primo Cavaliere prima di tutti, insieme al tesoriere ora a Grande Inverno. Perciò dovreste smetterla di sprecare energie a guardarvi le spalle: siamo tutti dalla stessa parte.
- Ciò che dite è impossibile. Dovrei credere che il braccio destro al quale David affiderebbe la vita, il prestigioso tesoriere, il Gran Maestro Xavier, il Maestro dei Sussurri e il suo mercenario, siano tutti cospiratori?
- Credere o non credere alle nostre parole è una vostra decisione. Vorremmo solo facilitarvi il lavoro, considerando che, nella vostra posizione, degli alleati qui dentro vi farebbero molto comodo.
- Mi avete fatta chiamare per questo o c’è altro? – chiese la donna, sempre più confusa a causa di quelle informazioni.
- Non abbiamo richiesto di parlarvi per questo, milady. Com’è andato l’incontro con il principe? – chiese improvvisamente Askarx, toccando un argomento ancora caldo.
- Quel che so, è che non è stato soggiogato completamente da Hoxana come tutti ritengono. Questo pomeriggio lo ha mostrato pubblicamente. Egli possiede una sua volontà, deleteria e distruttiva, ma sua e sua solamente. Sta agendo per suo volere, seguendo i suoi scopi. Vorrei sapervi dire di più, ma temo sarà molto difficile indagare ancora più a fondo su di lui. Perché mi avete posto una domanda simile?
- Quel ragazzo è prezioso.
- Spiegatevi meglio.
- Sono e rimarranno molti i misteri che non riuscirete a svelare, lady Bridgette. Non ponetevi troppe domande. Tutto ciò che possiamo dirvi, è che non desideriamo che gli venga fatto del male più di quello che gli è già stato fatto dalla nostra conterranea. Quest’ultima è il motivo per il quale stiamo conversando ora.
- Hoxana?
- Abbiamo notato come siete in grado di tenerle abilmente e dignitosamente testa. Una capacità che nessuno all’interno di questa corte possiede. Forse vi sembrerà di non scalfirla minimamente, ma noi la conosciamo, e possiamo dirvi con certezza che voi riuscite ad indebolirla. Ella reagisce attaccando come una furente predatrice, e più ritiene il suo avversario dannoso, maggiormente diviene velenosamente aggressiva.
- Cosa volete che faccia? – chiese la Greyjoy arrivando subito al punto. – Considerando da che parte affermate di stare e il modo in cui state continuamente addosso ad Hoxana, suppongo vogliate chiedermi di aiutarvi a contrastarla – dedusse.
- Altra brillante deduzione, milady, ma incorretta: non a contrastarla, ma a sovrastarla. Noi tre, con il vostro prezioso aiuto, vogliamo rovinare Hoxana Aemchaar, polverizzarla, eliminarla. Questo mondo non conoscerà mai più un demonio tanto temibile e degno del suo nome, una volta che cancelleremo ogni traccia della sua presenza da questa terra, poiché, senza di lei, ora non esisterebbe il Principe dello Strazio, così come non esisterebbe un drago che è la sua metà perfetta. Hayden è il male più grande, ma Hoxana è quello originario. Possiamo vincere solo su uno dei due. Siete disposta ad aiutarci, lady Greyjoy? – le chiese infine Askarx sorridendole deciso.
- Certamente.
 
 
- Shh, sta’ buona, frugoletta – sussurrò il giovane Marbrand cullando la neonata, la quale gorgogliava soddisfatta dopo aver consumato il suo pasto a base di latte.
- Credi che ne voglia ancora? – chiese apprensiva Erin versando altro latte sulla ciotolina e afferrando il cucchiaino.
- No, ha già bevuto mezza ciotola. C’è il rischio che vomiti se ne prende di più – le rispose Kylan facendole appoggiare la testolina sulla sua spalla e massaggiandole la schiena.
- Hai già avuto a che fare con i bambini così piccoli? – gli chiese Erin incuriosita dall’approccio tanto naturale che il cavaliere utilizzava con Agnes.
- Sto andando ad istinto – confessò sinceramente lui accennando un sorriso stanco.
In quel momento, qualcuno bussò alla loro porta ed Alain andò ad aprire, sempre con la massima cautela, come era solito fare quando in casa sua stava ospitando uno dei cospiratori della corte reale.  
- Xavier, cosa ci fai qui? – gli chiese riconoscendolo nonostante il buio notturno, e invitandolo ad entrare.
- Ti ho cercato ovunque nella Fortezza Rossa, figliolo, ma non eri né nelle tue stanze, né altrove. Che ci fai qui? – chiese subito il vecchio al giovane Marbrand.
- Christine questa sera non può occuparsi della bambina. Ha molti clienti alla locanda e non riuscirebbe a prestarle le giuste attenzioni. Io sono l’unica persona oltre lei, con la quale Agnes riesce a stare senza piangere a squarciagola ininterrottamente. Riesco a farla addormentare facilmente e a calmarla. Non mi azzarderei mai a portarla nella Fortezza Rossa, neanche nascondendola con la massima cautela nelle mie stanze. Perciò ho deciso di venire a casa di Alain e di Erin, l’unico posto sicuro. Passerò la notte qui e domani all’alba la riporterò alla locanda da Christine – spiegò Kylan, sentendo la piccola lamentarsi lievemente tra le sue braccia. – Volevi dirmi qualcosa?
- Devo darti qualcosa, ragazzo. Avrei dovuto farlo già tempo fa, ma ho preferito attendere l’occasione giusta.
- Quale occasione giusta? – chiese confuso il giovane.
- Quella in cui ne avresti avuto più bisogno – rispose il vecchio porgendogli una lettera e riservandogli un buon sorriso paterno prima di andarsene dalla casa.
Kylan si rigirò la lettera con la mano rimastagli libera e notò che sopra vi fosse scritto il suo stesso nome, con una calligrafia che non fece fatica a riconoscere e che gli provocò un brivido lungo tutta la spina dorsale.
- Credo che andrò a letto – annunciò ai due padroni di casa.
- Fa’ con comodo e se hai bisogno di aiuto con Agnes non esitare a chiamarci. La stanza che abbiamo preparato per te è in fondo al corridoio – gli disse Alain.
- Grazie – rispose accennando un sorriso e dirigendosi verso la stanza.
Non appena entrò, si chiuse la porta dietro di sé, accese una candela per illuminare l’ambiente e posò Agnes sul letto accanto alla parete, assicurandosi che fosse abbastanza calma e sul punto di assopirsi.
A ciò, si sedette sulla sedia dinnanzi al piccolo tavolino nel quale aveva posto la candela, di spalle al letto, lontano solo pochi centimetri da esso.
Aprì la lettera e cominciò a leggere:
“Se stai leggendo questa lettera, vuol dire che, come temo ormai da tempo, non appartengo più a questo mondo, al mondo a cui tu ancora appartieni.
Egoisticamente, vorrei che mi raggiungessi presto se davvero esiste un luogo oltre la morte, come si ostinano a farci credere. Sai che sono sempre stata scettica riguardo argomenti simili. Tu e mia madre eravate coloro che mi rimproveravano più di tutti: lei se ne usciva sempre con un ‘se continuerai sempre a credere solo a ciò che ti è più facile credere, vivrai sempre una vita in bilico in un ponte traballante sopra una voragine’; mentre dalle tue labbra uscivano le parole ‘vorrei possedere tutti i tuoi dubbi per riuscire sempre a vedere la possibilità davanti ai miei occhi, ma so già che non sarei in grado di portare sulle mie spalle il peso di tanta incertezza’ con costanza giornaliera. Ora capisco perché andavate così d’accordo tu e mia madre.
Ma non mi stancavo mai di sentirti dire quelle parole, anzi, al contrario, mi piaceva udirle, anche ogni giorno. Non so neanche io il perché, ma avrei trascorso ore in tua compagnia a parlare di niente, ad osservare Dorne da una finestra, a dormire e persino a litigare con te. D’altronde, non abbiamo fatto nulla di tanto diverso quell’estate che abbiamo trascorso insieme, con qualche piccola ‘aggiunta’ rilevante, certo, ma non in questo contesto. So che ti sembrerà già strano sentirmi parlare così, io, la tigre della sabbia sempre abituata a prendere tutto con leggerezza. Sono stati davvero pochi i momenti della mia vita in cui sono stata costretta a rifuggire la mia natura focosamente positiva e a tratti superficiale, per fare i conti con una realtà che richiedeva un adattamento ben diverso da parte mia. Ed ora, più di tutte le esperienze che ho vissuto in vent’anni, ora sento di non poter adattarmi più di così. Sento di aver oltrepassato un limite che percepisco doloroso, poiché lontano da tutto ciò che sono e in cui ho sempre creduto. E quando mi capita di guardarti, intravederti nella stessa sala in cui sono io, da lontano, riesco a vedere con chiarezza lampante quanto tu sia molto più abile, capace e adatto di me a condurre una vita simile, a resistere e a farti strada in un luogo colmo di veleno, gelo, menzogne, torture, segreti e morte. Ti osservo e in me perviene subito la certezza che, anche se presto me ne andrò, lasciandoti solo, nelle grinfie delle belve affamate, tu sarai comunque benissimo in grado di affrontarle e di vincere su di loro, perché lo eri prima che arrivassi io, e lo sarai anche dopo. Tu sei il vero giocatore in questo gioco mortale, non io. Io non lo sono mai stata, ma va bene così, perché, almeno ho potuto aiutarti, e dare un contributo alla causa.”
Il giovane dovette smettere di leggere per qualche secondo, mentre un sorriso malinconico nasceva nelle sue labbra. Metabolizzò ciò che aveva letto, e trovò la forza di proseguire nonostante i difficili ricordi e i sentimenti scaturiti dalla lettura.
“Sai che non sono tipa di ‘discorsi d’amore’, qualcosa che mi è sempre stato estraneo. Perciò, data la mia inadeguatezza in materia, proverò a dirti ciò che voglio farti sapere, pienamente nel mio stile: questi mesi sono stati infernali per me e mi hanno portata al punto di scrivere una lettera d’addio simile, ad una delle tre persone più importanti della mia vita, temendo di non poterla incontrare ancora per dirglielo dal vivo (sì, la più importante insieme a te e a mia madre, è lo zio Oberyn, e non storcere il naso come so che stai facendo, perché so che, sotto sotto, gli hai voluto bene anche tu, come lui ne ha voluto a te), ma nonostante tutto ciò, non sono stati i peggiori. E non lo sono stati esclusivamente per te e per la speranza che, involontariamente, sei riuscito a darmi.
Poco tempo fa, mi hai promesso che mi avresti portata via di qui, al nostro incontro segreto. Ma già nel momento in cui quelle parole lasciavano la tua bocca, sapevo che non si sarebbero mai avverate. Non mi importava, perché ormai, dentro di me, mi ero rassegnata a ciò a cui inevitabilmente sarei andata incontro. Forse ancora non riuscivo a realizzarlo, ma lo sapevo.
Per questo, proprio come ho fatto alla fine di quell’estate, voglio dirti ‘grazie’.
Grazie perché, quando ho scoperto di aspettare un bambino dal mostro che mi ha ridotta così, qualche settimana fa, invece di essere schifata come è capitato a molte delle altre ventidue ragazze, io riuscivo a sognare ad occhi aperti. Immaginavo di tenere tra le braccia una splendida creatura con gli occhioni luccicanti, i rivoletti di saliva sulle labbra a forma di cuore, e il pianto facile.” A quelle parole, Kylan sorrise, e quasi come se anche lei avesse potuto leggere quelle parole, la neonata dietro di lui emise dei versetti lamentosi, richiamando l’attenzione del giovane, il quale si voltò a guardarla intenerito sia da lei che da ciò che aveva appena letto.
- Dormi, frugoletta – le sussurrò cullandola un po’ con la mano e accarezzandole la pancia, poi riprese a leggere.
“Ed ero felice. Ero felice perché potevo sentirla dentro di me, nonostante fosse poco più grande di un granello di sabbia. Potevo sentirla, e, per la prima volta, ho realizzato che, forse, mi sarebbe piaciuto fare la mamma. Mi sarebbe piaciuto crescere un bambino mio perché avrei voluto che fosse tuo. Non mi sono mai immaginata in una famiglia, con un marito e dei figli, ma appena ho cominciato a pensare a quel bambino come nostro, cresciuto da me e da te, tutto ha iniziato a sembrarmi troppo, troppo bello per essere vero.
Ora la creaturina non c’è più, è esistita il tempo di qualche settimana, solo per donarmi un po’ più di sollievo temporaneo, per creare sogni. Così come non c’è più la mia, non ci sono più neanche quelle delle altre. Riesci ad immaginare quante vite può aver stroncato quell’uomo, oltre le nostre? Se in una madre alberga anche suo figlio, come è possibile calcolare il numero di vite strappate nel momento in cui si uccide una donna?
Quindi, dopo tutto ciò che ho scritto, non biasimarmi se non posso fare a meno di essere egoista e di volerti qui con me, dovunque sarò una volta che la vita avrà lasciato il mio corpo. Mia madre mi avrebbe dato un buffo sul naso come faceva quando ero piccola, per poi dirmi ‘l’egoismo è sano e necessario, mio tesoro, fino a quando tu non sarai l’unica persona a popolare il mondo. A quel punto, potrai iniziare a preoccuparti’. Sapeva sempre cosa dire la splendida e scaltra Arianne Martell. In questo momento, se solo potessi, vorrei chiederle come è possibile che lei mi manchi ogni giorno di più; forse avrebbe una risposta anche a questo.
Ad ogni modo, non prendertela con il povero Xavier, gli ho chiesto io di aspettare prima di consegnarti questa lettera, dopo una mia eventuale morte. Volevo che tu l’avessi al momento giusto, quando avresti creduto di essere giunto al limite e di non riuscire più ad andare avanti, quando il dolore ti avrebbe portato a perderti completamente. Quindi, se la stai leggendo, è perchè sei riuscito ad arrivare fino alla fine, a combattere con le unghie e con i denti, a farti valere e ad ottenere numerose vittorie in vista del tuo obiettivo finale, dimostrando a tutti chi sei realmente e quanto la tua tenacia, la tua intelligenza e la tua astuzia possano condurti oltre. Io l’ho sempre saputo, ma gli altri avevano bisogno di vederlo con i loro occhi, e, soprattutto, tu avevi bisogni di accorgertene, prima di tutti.
Detto ciò, anche se non sono lì con te ora, voglio comunque aiutarti come meglio posso: una notte, mentre era annebbiato dal piacere, David mi ha rivelato di avere alcuni figli bastardi sparsi per Approdo. Se dovesse servirti per guadagnare tempo, sfrutta quest’informazione.
Spero di rivederti presto e tardi al contempo, ‘mio cavaliere dall’armatura splendente’.
Con amore, Lorraine.”
Il giovane Marbrand continuò a guardare il foglio per un po’, alzandosi distrattamente dalla sedia e appoggiando la schiena alla porta, lasciandosi trascinare giù mentre se l’avvicinava al petto. – Grazie, principessa del sole. Ci rivedremo presto.
 
 
 

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Capitolo 39
*** L'inizio dei giochi ***


L’inizio dei giochi
 
Era trascorso un mese da quando avevano incontrato GreyShade e, al contempo, ritrovato il loro perduto e amato cugino.
Le cose sembravano procedere bene, a volte sin troppo: il piano ideato da Sam e dal Primo cavaliere, messo in atto con il prezioso aiuto del sapere proibito di Ruben e della magia di Eveline, stava dando i suoi frutti, e per quanto avessero impiegato tempo e forze per convincere anche tutti gli altri al di fuori del branco, nel tentare un’impresa che sembrava alquanto impossibile all’apparenza, alla fine, anche loro si erano fidati.
Inizialmente era stato arduo anche spronarli a fidarsi ciecamente di GreyShade, il quale, per quanto considerato salvatore del Nord, rimaneva comunque una figura ambigua e imprevedibile per chi non conoscesse la sua identità.
Non poteva negare che facesse male vedere il loro ritrovato cugino venir trattato come uno sconosciuto dai suoi strettissimi familiari, ma questa era stata la sua volontà e loro avevano intenzione di rispettarla fin quando non avesse deciso autonomamente di rivelarsi anche agli altri.
Le “maschere” con le sembianze dei soldati della scorta inviata da David, create utilizzando l’imitazione della tecnica dei Senza Volto, erano state indossate da degli esperti cavalieri scelti tra le truppe di ribelli a Grande Inverno, aventi la stessa corporatura, le stesse abitudini e anche lo stesso tono di voce, giusto per evenienza e per rendere la loro totale immedesimazione più semplice.
In un mese, i cavalieri scelti si erano preparati strenuamente per abituarsi alla loro nuova pelle, ma, soprattutto, per gestire gli effetti del “cambio” rappresentato dal mutamento di forma forzato e controllato dalla magia di Eveline.
Solitamente, dopo dodici ore, i proprietari delle maschere umane cominciavano a svenire uno dopo l’altro, rischiando di pervenire alla morte in poco tempo; ed era a quel punto che avveniva il passaggio al mutaforma.
Il tempo di far riprendere i prigionieri della scorta dall’abuso della maschera umana, era quasi equivalente al limite massimo che i ribelli non avrebbero dovuto superare per mantenersi in  una forma differente: oltre quella soglia, il rischio di restare perennemente intrappolati in un corpo e in una mente diversa, mentre la propria veniva inghiottita, era troppo alto. Dodici ore e dieci ore, erano gli intervalli per i cambi necessari.
La resistenza dei ribelli consisteva nel restare concentrati e costantemente lucidi per non perdere la loro natura prima del tempo stabilito, del passaggio alla maschera umana.
Ruben aveva chiesto loro come mai faticassero tanto solo per non uccidere i soldati del re. Sarebbe bastato loro assassinarli uno per uno, così da poter utilizzare perennemente le loro maschere umane.
Lei, Sam ed Eve avevano compreso che lui avesse oltrepassato già da tempo il confine che delineava quell’etica connaturata tanto preziosa, tenuta stretta come l’oro nei loro grembi, poiché era l’unica rimasta loro.
Lui oramai era oltre, lontano da quel confine, e se si fosse voltato per rivederla, non sarebbe riuscito a scorgerla, così come non avrebbe compreso cosa spingesse loro a non sterminare senza scrupoli tutti gli uomini del re loro prigionieri.
“Queste persone hanno famiglia, figli, progetti, rimpianti, idee, mostri da affrontare ogni giorno, esattamente come noi. Io li conosco bene, ho trascorso con loro anni, fingendo che le mie battaglie corrispondessero alle loro. Per tale motivo non ho bisogno di fingere anche nel ritenerli meritevoli di una vita migliore, di una possibilità per aprire gli occhi e di una morte degna di loro. Non si può fingere, in questo caso” aveva risposto Sam, citando le parole di ser Kylan.
Quest’ultimo aveva avuto modo di conoscerli bene e li aveva “dati in pasto al loro nemico” perché sapeva bene che questo nemico non li avrebbe trattati come animale al macello. Lui si era fidato, aveva fornito il suo aiuto alla ribellione per la milionesima volta, e lo avrebbe fatto ancora, quando si sarebbe fatto trovare pronto, ad Approdo del re, in attesa degli “impostori” per insegnare loro a sua volta, tutto ciò che avrebbero dovuto sapere riguardo le personalità che stavano interpretando, conoscenze che solo lui era in grado di dispensare.
Certo, a volte erano sorti dei problemi, come il potere di Eve che sembrava sempre più intenso e sfuggevole al suo controllo; Oberyn e Varys che, da sagaci e intuitivi osservatori, nutrivano sempre più sospetti sulla reale identità di GreyShade quando lo guardavano e notavano in lui qualcosa di troppo familiare, rendendo impossibile al branco allontanarli in qualsiasi modo dall’ipotesi corretta; le ricadute di Daenerys quando le notizie da Approdo del re giungevano troppo in fretta, e su ogni bocca veniva diffusa la stessa voce: ancora poco tempo, e sarebbe avvenuta l’incoronazione di Bridgette Greyjoy come regina dei sette regni e, di conseguenza, quella del Principe dello Strazio come futuro erede al trono, il quale avrebbe definitivamente assunto il nome di “Hayden Crakehall”. Se non vi fosse stato il tempo di celebrare il matrimonio a causa delle innumerevoli minacce che richiedevano l’attenzione del re, egli avrebbe comunque fatto in modo che le posizioni di sua moglie e di suo figlio fossero affermate e scritte su carta, il prima possibile.
Con tutte quelle riflessioni sugli ultimi giorni che le riempivano la testa, la giovane Lannister si alzò dal letto della sua vecchia stanza di Grande Inverno, dando uno sguardo all’alba che la invadeva di luce attraverso la finestra e dirigendosi verso il bagno.
Si guardò allo specchio, notando la foltissima chioma bionda disastrosa e completamente scompigliata dalle ore di sonno.
C’era un pensiero che non riusciva ad abbandonare la sua mente da qualche settimana, nonostante ella tentasse di scacciarlo in ogni modo.
Eveline, un giorno, mentre provava più volte a perfezionare il suo incantesimo di mutaforma facendo assumere ad uno dei cavalieri sembianze di diverse persone la cui immagine era fissa nei suoi ricordi, aveva mutato quell’uomo in Aris. Myranda lo aveva riconosciuto perfettamente, ma, ovviamente, non lo aveva dato a vedere, poiché nessuno sapeva del suo incontro con lui, nemmeno la sua più cara amica, pensò con rammarico la fanciulla.
Tuttavia, era necessario che nessuno sapesse, neanche lei.
Ma l’idea era comparsa chiara, lucente e pericolosa nella sua mente, solo quando Eveline aveva mutato l’immagine del cavaliere in quella di Walter.
Oltre allo sgomento  generale nello scoprire che la giovane Targaryen avesse visto suo padre in una sorta di visione, e ai sentimenti contrastanti che quell’aspetto provocò nei loro familiari ancora in lutto nel profondo, nella mente della giovane Lannister era nato qualcos’altro. Una prospettiva, una versione di un futuro migliore, un piano di riserva.
Tuttavia, aveva promesso. Aveva promesso, e lei non avrebbe mai infranto quella sacra promessa, perciò, scacciò immediatamente via quel pensiero, cercando di non riflettervi più. Ma questo continuava a tormentarla.
Si sciacquò il viso e scese al piano di sotto, pronta per salutare nuovamente un componente del branco da poco ritrovato insieme ai cavalieri scelti, i quali costituivano la loro più fulgida speranza: Sam sarebbe tornato ad Approdo in qualità di Fahraq, confermando al re che la situazione a Nord fosse nella norma, venendo appoggiato dai soldati della scorta.
Non era facile per loro lasciarlo andare di nuovo, ma, questa volta, sarebbe stato diverso, sapevano che lo avrebbero rivisto presto se tutto fosse proceduto nel modo giusto, nei loro piani, e quel ragazzo tanto brillante e tenace sarebbe stato disposto a spostare le terre emerse per proteggerli, una volta giunto nella capitale, esattamente come aveva sempre fatto.
- Dunque, è il momento, figliolo – disse Jaime abbracciando  Sam con forza.
- Andrà tutto bene, zio Jaime – lo rassicurò il giovane Tarly.
Fu il turno di Daenerys, la quale lo strinse a sé maternamente, per poi sussurrargli all’orecchio. – Mi raccomando, tesoro, fa’ attenzione. E se fosse necessario, dì ad Hayden che sarei pronta ad andarlo a prendere con Drogon pur di portare lui e suo padre via con me.
Sam la strinse a sua volta, passando poi a Margaery, a Oberyn e a tutti gli altri, fino ad arrivare al branco, alle sue amate cugine che lo attendevano, le più difficili da salutare.
- Allora, te ne vai di nuovo – cominciò Eve per smorzare un po’ l’atmosfera malinconica.
- Me ne vado di nuovo. Ma, questa volta, non starò via così tanto. Lascio tutto a te, Eve – le rispose lui ponendole le mani sulle spalle e guardandola con gli occhi scuri fieri e decisi.
Si strinsero forte; poi toccò a Myranda.
- Odio queste cose. Sono stanca dei saluti – disse lei, guardando altrove, e mettendo su un voluto broncio.
Udì Sam ridere dolce, e le sue braccia grandi e protettive avvolgerla calorose. – Non manca molto, fatina bionda. Resisti, d’accordo? Ancora un po’, e sarà tutto finito. Torneremo a correre per le dune innevate come quando eravamo bambini, e a giocare a nascondino.
- Lo faremo – confermò lei fiduciosa, ricambiando l’abbraccio e ricordando nuovamente quell’idea che non voleva abbandonarla.
Sam salì in groppa al suo cavallo rivolendo loro l’ultimo sguardo triste e fiducioso al tempo stesso.
- Porta i nostri saluti a Christine! Dille che non vediamo l’ora di conoscerla! – esclamò Margaery per farsi udire da lui.
- Lo farò senz’altro!
Lo osservarono allontanarsi dalle mura di Grande Inverno, fin quando lui e gli altri cavalieri non divennero solamente delle ombre coperte dalla nebbia ai loro occhi.
Eveline rimase fissa a guardare per un tempo indefinito.
Percepì le mani di Oberyn appoggiarsi alle sue spalle, da dietro, ad un tratto.
- Tutto bene, cara?
- Sì. Ho solo un po’ di pensieri per la testa.
- Tra dodici ore dovrai dare inizio all’incantesimo dei mutaforma a distanza. Devi riposarti, altrimenti le tue forze si prosciugheranno – la incoraggiò premuroso.
Ella si voltò a guardarlo. – Questo è il punto, zio. Sto benissimo. Anche quando devo mantenere attivo l’incantesimo su decine di uomini contemporaneamente, compiendo uno sforzo non di poco conto, invece di indebolirmi, sono sempre più forte. Non percepisco la stanchezza quando uso la magia. Anzi, la sento crescere in me sempre più forte, facendo crescere anche me, con lei.
- Hai paura? – le chiese lui sincero.
- Sto cominciando ad averne.
- Questo è un buon segno, bambina mia. – Dopo un breve silenzio, Oberyn parlò di nuovo. - Ti va di ritornare in quel luogo?
Eveline si voltò ancora, spalancando gli occhi di cristallo. – Quale luogo?
Il dorniano sorrise sghembo. – Sai bene quale. Quello in cui, per la prima volta, hai trovato te stessa, e hai visto il futuro dinnanzi a te – le rispose facendole segno di salire in groppa ad Abigail  per seguirlo.
Quando i due finalmente giunsero nel luogo menzionato da Oberyn, Eveline non poté credere ai suoi occhi.
Scese da Abigail e osservò il tendone predisposto a curare i feriti trovatisi in zona, quello in cui aveva praticato la professione di medico che tanto amava, per la prima volta, poco prima che gli eventi la costringessero a lasciare la sua terra. Vi entrò, notando che fosse molto più vuoto rispetto a come lo ricordasse, dato lo sfoltimento del Nord e il trasferimento della maggior parte delle famiglie alleate alla ribellione a Grande Inverno e in zone circostanti.
Vi erano solamente qualche ragazzino e qualche vecchio vittima di incidenti con l’aratro.
Sorrise nel guardarsi intorno, ricordando quel giorno lontano, la gioia che le aveva donato curare tutte quelle vite con le sue sole forze e i suoi metodi. Libera e indipendente.
Oberyn sorrise a sua volta nel vedere il suo sguardo.
- Non so mai come ringraziarti per tutto ciò che fai per me – disse improvvisamente la ragazza.
- Non serve ringraziarmi. Mi offenderei se lo facessi.
La giovane rosa camminò per i lettini dei feriti, venendo studiata da lontano dai vecchi medici principianti che si occupavano degli infortunati.
La sua mano affusolata si avvicinò al volto di una bambina incosciente e in fin di vita a causa di una brutta ferita gravemente infetta che le macchiava il petto, diramandosi sul collo e sulle braccia.
Le dita fredde sfiorarono il taglio squarciato e bollente, come in una carezza, provocando un brivido nel corpicino della malcapitata.
Nel giro di qualche secondo, le dita della giovane rosa risucchiarono completamente l’infezione, inglobandola e guarendo totalmente la piccola.
La ragazza passò oltre, riflettendo su quanto avrebbe realmente potuto fare ora che possedeva qualcosa che andava ben oltre le arti mediche. Ora che la stregoneria si era impossessata di ogni briciolo della sua essenza, grazie ai potentissimi e accurati insegnamenti di Aris, e alla sua stessa forza d’animo.
Ora che sarebbe potuta andare oltre ogni cosa, ora che avrebbe potuto muovere cieli, terra e mare per quanta forza sentiva scorrerle in corpo.
- A volte mi manca il continente orientale.
- Come mai?
- È radicato nella magia vecchia di secoli e secoli, ogni uomo è libero di praticare le arti qui considerate oscure e corrotte, un continente ricco di vedute anni luce avanti alle nostre. Lì uno dei più potenti stregoni al mondo mi ha insegnato a dominare gli elementi, la materia, la forza vitale, rendendomi capace di padroneggiare incantesimi tanto portentosi da uccidere un essere umano non avvezzo ad una magia di quel tipo. Mi ha resa quella che sono oggi. Qui, invece, viene guardato con sospetto persino un recipiente contenente foglie di Abete bollite.
- Capisco cosa intendi, tesoro. Anche a me manca Dorne, spesso.
- Avrei davvero voluto che vedessi Vaes Dothrak, zio. Appena l’ho vista, la prima volta che io e Dada siamo giunte al villaggio, ho subito pensato che somigliasse a Dorne a suo modo. La ricordo nonostante io ci sia stata quando avevo appena cinque anni. Assolata, libertina, profumata di selvaggio e di natura, proprio come Vaes. Immagino che ti manchino le tue figlie, e anche Ellaria naturalmente. Perché non torni da loro? Anche solo per un po’.
- Non voglio e non posso abbandonarvi ora. Serve il mio aiuto qui. E poi, dopo aver perduto e ritrovato voi ragazzi, non riuscirei a ripartire ancora, buttando all’aria la possibilità di recuperare minimamente il tempo perso – le rispose accarezzandole la guancia.
- Devi ancora accettare l’idea che Sam è ripartito verso Approdo questa mattina, zio Oberyn. Siamo rimaste solo io e Myranda.
- Dunque?
- Hai parlato al maschile. Ma siamo solo io e Myranda quelle con cui trascorrerai il tempo perduto, per ora.
- Non mi riferivo a Sam, difatti. So che, purtroppo, trascorrerà ancora del tempo prima di poter rivedere lui ed Hayden.
- Allora chi …? – chiese la giovane rosa, bloccandosi subito dopo, fissando quel volto convinto con sorpresa. – Ti riferisci a …
- A Ruben, sì. Ho capito che quel famoso assassino fuorilegge è lui, in realtà.
- Come hai fatto? L’hai compreso perché si è tradito in qualche modo, in una delle tante giornate che ha trascorso a Grande Inverno per aiutarci con l’esperimento dei Senza Volto?
- In realtà no, in quello è stato molto bravo, devo ammetterlo. Quel ragazzo mi ha sorpreso sotto molti, molti punti di vista.
Lo sospettavo perché era il mio istinto a suggerirmelo. Ma ne ho avuto la definitiva conferma solo quando ho osservato di nascosto te e lui, mentre vi scontravate in duello come un tempo, circa una settimana fa.
- Perciò, ci hai visti.
- Per tutto il tempo. Ho visto solo due persone scontrarsi in quel modo in vita mia: voi due quando eravate bambini. Due piccole furie, portenti che si isolavano dal mondo come in una cerimonia liturgica, mentre si combattevano. E la sfida aveva quasi sempre lo stesso esito: la vincita di Ruben. Anche la scorsa settimana, dopo anni, le cose non sono cambiate. Ti ha battuta come al solito.
- Sarebbe stato strano il contrario, considerando chi è diventato! – rispose la ragazza sorridendo, sorpresa e lieta di una tale scoperta, allo stesso tempo. Sentiva sulle spalle un peso in meno, nonostante ciò non corrispondesse agli intenti di suo cugino. Difatti, si riprese un attimo dopo, continuando. – Lui non vuole che si sappia, zio. Io, Sam e Myranda dovevamo tenerlo segreto anche a voi. Avremo tempo di spiegarvi tutto quando sarà il momento. Ma, per ora, Ruben non deve sapere che tu sai.
- Lo so, lo avevo dedotto, mia cara. Attenderò fin quando non sarà lui a dirmelo di sua volontà, come dovrebbe essere. Nel frattempo, cercherò di non farmi domande al riguardo. Sarò solamente lieto della “compagnia” di GreyShade con discrezione.
- Grazie – disse lei sinceramente. – Sei il migliore.
- Lo so, lo so, modestamente. Invece, per quanto riguarda la micetta con le visioni?
- Myranda ha molti pensieri per la testa ultimamente, come tutti noi. La trovo spesso assente, poiché in viaggio nelle sue visioni, chissà dove. Ognuno di noi sta affrontando i suoi demoni autonomamente per non appesantirci a vicenda – rispose accennando un amaro sorriso.
- Salve, milady, milord. Voi siete …? – chiese loro un vecchio avvicinatosi, mentre si puliva le mani dal sangue con un panno.
- Oberyn Martell ed Eveline Targaryen – rispose la Vipera con naturalezza.
A ciò, l’uomo sbiancò e rivolse loro un segno di riverenza.
- Non ce ne è bisogno, mio signore – commentò Eveline poggiandogli una mano sulla spalla.
- Sareste dovuta salire voi al trono, mia principessa.
- Gentile signore, non amo che ci si rivolga a me con appellativi simili. “Eveline” andrà benissimo.
- Quell’usurpatore è persino peggiore del Re Folle e dei non – morti. Ci ha distrutti totalmente – disse lasciando emergere la sua sopita disperazione.
- Lo elimineremo, non temete.
- Con tutti i pericoli che si annidano dietro l’angolo, non ne sarei così sicuro, lady Eveline. Pervengono delle voci da Approdo del re, per nulla rassicuranti: oltre all’usurpatore tiranno, alla sua futura moglie dagli intenti ambigui e dalle fauci velenose, al Principe dello Strazio e al suo drago, alla donna qarthiana creatrice di mostri, ai tre viscidi regnanti provenienti anche loro dal continente orientale; giunge voce che persino una creatura peggiore di tutti loro messi insieme, abbia da poco messo piede nei Sette Regni, addirittura qui a Nord, secondo i più. Ella estenderà il suo raggio di annientamento anche su di noi.
- Di chi parlate?
- Di colei che chiamano “La Devastatrice”, la strega Aradia. Non ne avete mai sentito parlare? – chiese il vecchio con voce tremante.
Eveline sbiancò e tolse d’istinto la mano dalla spalla dell’uomo prima che egli continuasse. - Sì, anche io ho avuto la stessa reazione quando ne sono venuto a conoscenza, milady. Si dice che ella sia diventata ciò che è nelle lontane terre del continente orientale, che abbia accresciuto il suo potere a livelli inumani lì, e che ora sia intenzionata a divorare i Sette regni con la sua magia oscura, fino a farne rimanere solo la polvere. Sembra sia la sua specialità.
- Che specialità? – chiese Oberyn, non riuscendo a nascondere completamente la voce infastidita.
- Quella di ridurre tutto ciò che proviene dalla terra in polvere. E quella di farla tremare, la terra, fino a spaccarla. Preferirei trovarmi dinnanzi all’usurpatore tiranno in persona piuttosto che di fronte a lei.
- Deve essere terribile … - sussurrò Eveline con un filo di voce, guardando l’uomo dritto negli occhi.
A ciò, lo sguardo del vecchio andò distrattamente alla bambina stesa sul lettino di fianco a loro. – Oh! Non credo a ciò che vedo! La ferita di questa fanciullina era davvero in pessime condizioni poco fa! Come avete fatto a guarirla?? – chiese incredulo alla giovane rosa.
Oberyn, durante quegli infiniti secondi di silenzio, temette che sua nipote potesse  scatenare l’inferno in terra, o peggio, crollare svenuta.
Ma Eveline accumulò tutta la buona forza di volontà che aveva in corpo, per essere capace di guardare in volto quell’uomo ancora una volta, e rispondere alla sua domanda. – Sono un medico, mio signore.
Il suo tono di voce sembrava quasi bruciare a contatto con i timpani, corroso e rotto dall’interno.
- Se volete scusarci, buon uomo, ora io e mia nipote dovremmo congedarci – si affrettò a dire il dorniano, appoggiando le mani alle spalle della Targaryen e conducendola fuori dal tendone, di nuovo a contatto con l’aria gelida dell’inverno inoltrato.
- Non ce la faccio. Devo andare via di qui – si affrettò a dire la ragazza.
Ma Oberyn la prese per le spalle e la tenne ferma dinnanzi a te. – Tu non sei lei, mi hai capito?? Hai pieno possesso delle tue capacità, del tuo volere e sei padrona del tuo futuro!
- Non sarò mai padrona del mio futuro. Sono una linea tracciata da qualcuno, un nome su una lista. Finora, tutto quello che ho fatto mi ha avvicinata a lei. Pensavo di averla combattuta, di averla vinta. Invece, non è così. Qualsiasi cosa faccia, lei c’è sempre ed è sempre più vicina a me. Io non cederò mai a lei, ma non servirà a nulla poiché, più mi opporrò, maggiormente diverrò lei, in qualche modo contorto. Perciò, accadrà. Non so come ma accadrà. Dovrete armarvi contro di me, tenervi pronti a combattermi.
- Smettila di dire fandonie!! Ora ascoltami bene: noi non potremmo mai combattere contro di te. Mai. Mi hai sentito, Eveline? – le disse avvicinando maggiormente il viso al suo.
A ciò, ella gli accennò un doloroso e disilluso sorriso. – Non sarete voi a farlo. C’è un altro esercito pronto a combattermi. Un esercito forgiato con la stessa materia della quale sono stata forgiata io.
 
 
La giovane Lannister arrivò in cima alla duna innevata, cercando di continuare a camminare nonostante l’impellente vento gelido che soffiava nella direzione contraria alla sua.
Finalmente intravide la struttura in legno abbandonata e coperta con spessi teloni per non far entrare il freddo.
Bussò alla porta e attese che le aprissero.
Dopo qualche secondo di troppo, uno dei Fantasmi aprì la porta.
- Sono Myranda – lo rassicurò lei scostandosi lievemente il cappuccio che la riparava dal freddo.
A ciò, il Fantasma le fece segno di entrare.
- Lui è nel salone più grande – le disse semplicemente il ragazzo, abbandonando l’ingresso, certo che ella avrebbe saputo trovare da sola la stanza indicata.
La fanciulla si fece strada da sé e raggiunse il salone centrale della struttura, quello dotato di un immenso falò il suo interno, capace di riscaldare l’ambiente quasi fino a rendere la temperatura tiepida.
Ruben era accanto al fuoco, lo animava con dei robusti rami.
Il suo corpo era coperto dalle bende mentre il viso era lasciato scoperto.
Myranda sorrise e si avvicinò, sapendo che lui avesse già capito che ella si trovasse lì, nonostante non si fosse ancora voltato.
- Vorrei almeno due metri di quelle spesse bende di feltro che sei riuscito a procurarti per il clima nordico. Me le avvolgerei intorno al corpo anche io e sono certa che mi riscalderebbero molto più di quanto riesca a fare questa pelliccia d’orso – esordì annunciando la sua già nota presenza, avvicinandosi a lui.
Ruben sorrise non distogliendo lo sguardo dal falò. – Non riesci a dormire, Mi?
- Avevo voglia di venire a trovarti – rispose la giovane Lannister sedendosi su un tronco levigato posto in orizzontale, usato come panca.
Egli la raggiunse, sedendo accanto a lei.
- L’ultima volta che ho visto Bran, qualche settimana fa, lui mi ha detto che sono pronta – cominciò Myranda, con lo sguardo fisso nel vuoto.
- Non lo rivedrai mai più? – le domandò il ragazzo, capendo a cosa si riferisse.
- Non lo so. So solo che mi sento vuota senza lui a guidarmi. Sento di sbagliare in ogni singolo momento. Non so cosa fare.
- Sei il nuovo Corvo a Tre Occhi, Myranda. Sai sempre cosa fare, anche se non te ne rendi conto.
- Dovresti esserlo tu. Sembra che tu abbia vissuto una vita intera e che abbia acquisito tutta la sapienza del mondo.
Egli rise a tali parole. – Non sarei portato per un compito simile. Sono adatto a fare altro.
- Sul serio, vorrei avere la tua perspicacia, la tua scaltrezza, la tua sicurezza. Non hai mai preso una decisione sbagliata.
- Di decisioni sbagliate ne ho prese molte.
- Ma nessuna che non ti abbia condotto più vicino al tuo obiettivo e al nostro: annientare David Crakehall.
- A quale prezzo? – le chiese voltandosi a guardarla per la prima volta. – Un prezzo che tu riesci a comprendere e a vedere molto meglio di quanto riesca a fare io – continuò rivoltandosi verso il falò.
Ella restò a guardarlo, ancora immersa nei suoi pensieri. – Sai cosa mi ha detto prima di andarsene? – gli domandò.
- Che cosa?
- Che ha ottenuto il perdono di Meera, come gli avevo ordinato di fare. In qualche modo, è riuscito a farle sentire la sua presenza, credo nello stesso modo in cui io riesco a farmi percepire da Hayden, e le ha chiesto scusa. Lei lo ha perdonato. E gli ha confessato di averlo sempre amato. Ma gli ha anche rivelato che ora ama qualcun altro. Lui sembrava sinceramente felice per lei. Felice e leggero come non l’avevo mai visto. Mi ha fatto bene vederlo così – disse accennando un sorriso al ricordo. – Gli ho anche parlato di una mia idea – aggiunse poco dopo.
- Quale idea?
- Un piano alternativo che solamente io posso mettere in pratica, se gli eventi dovessero prendere una piega irreparabile. Ha preso forma nella mia mente quando ho visto Eveline mutare la forma di uno dei cavalieri in quella di Walter.
Ruben, a ciò, sembrò realizzare e si voltò nuovamente a guardarla, di scatto.
- Bran mi ha detto che, se dovessi decidere di metterla in pratica, vorrà essere presente anche lui, perciò tornerà, per un motivo in particolare.
L’ho fatto ritornare ad amare, Ruben. E ce l’ho fatta, perché io per prima, ho amato a dismisura.
Non credevo sarebbe stato così naturale e doloroso amare qualcuno a tal punto – continuò la fanciulla.
- Bran o Hayden?
Ella sorrise ancora, tristemente. – Hayden. Ciò che provo per Bran non è quel tipo di amore, non lo è mai stato.
- Lo so bene.
- No, non puoi sapere anche questo. Non conoscevi il legame che univa me e Bran prima che te lo raccontassi io.
- L’ho sempre saputo ugualmente.
- Perché?
- Perché Hayden è sempre stato l’unico fin da quando ne ho memoria – le rispose con semplicità.
A ciò, Myranda distolse lo sguardo da suo cugino e lo fissò sul falò. – Tu hai mai amato qualcuno in questi anni?
- No. Non avrei mai potuto anche se avessi voluto. Sono stato troppo occupato a dirigere un ordine di ladri, assassini e cospiratori contro la corona, seguendo e vedendo sempre e solo il mio obiettivo e nient’altro. Ma, oltre questo, non avrei potuto dal momento che ho perduto la capacità di amare prima di acquisirla.
Trascorse qualche minuto di silenzio tra i due, poi spezzato da Myranda. – Invece l’hai acquisita. Io lo ricordo: quando avevi sei anni, tu e la figlioletta di quella contadinella che lavorava come cuoca nelle nostre cucine, non facevate altro che andare in giro mano per la mano scambiandovi baci di tanto in tanto.
Il giovane cervo rise divertito. – Ero un bambino di sei anni, Myranda. E lei raccontava continuamente fiabe sugli argomenti che più mi interessavano. Quello era l’amore per me all’epoca.
- Forse hai ragione – rispose ella ridendo divertita a sua volta.
- Nella linea temporale che ho visitato io lo eri, però – riprese a parlare dopo qualche minuto, sorridendo raggiante al ricordo.
- Quale linea temporale?
- Ho visitato una linea temporale alternativa alla nostra insieme ad Aris, lo stregone che ha insegnato ad Eve tutto ciò che sa, l’uomo che amava. Sono tornata nel passato per incontrarlo e fargli una richiesta, e lui mi ha portato in una linea temporale differente dalla mia – nel pronunciare quelle parole, Myranda si rese conto di averlo finalmente rivelato a qualcuno.
- Com’era?
- Tutto meraviglioso. Grande Inverno era la capitale dei Sette Regni, era fiorente, luminosa, ma sempre la nostra amata casa fredda e placida. Walter era re dei Sette Regni, zia Sansa e zio Tyrion erano vivi, così come mia madre, tuo padre e tutti coloro che sono morti in questi ultimi quattro anni. Eveline possedeva un’imponente ed enorme struttura adibita ad ogni tipo di cura per le persone bisognose, era un medico fantastico e stimato da tutti. Sam era Gran Maestro della Cittadella. Io … io ero un’esploratrice delle terre ignote dell’estremo Nord. Hayden era lord comandante della Guardia Reale. Eravamo fidanzati.
Tu, invece, eri lord comandante della Guardia Reale come Hayden ed eri vicino ad un fidanzamento ufficiale con la principessa Müren Harlaw delle Isole di Ferro. Avevo subito pensato che sareste stati una coppia bizzarra ma splendida e scoppiettante, nonostante io non conoscessi la principessa. Quando ho visitato quella linea temporale non ti avevo ancora rincontrato, perciò sono rimasta ancora più colpita quando ti ho visto: sembravi così felice, completo e …
- Smettila, Myranda – la interruppe il ragazzo improvvisamente, lasciandola scossa. Egli puntò gli occhi chiari e decisi su quelli di lei, prima di continuare a parlare. – La realtà che hai visto era idilliaca ma non era la nostra. Io non ero GreyShade, tu non eri il Corvo a Tre Occhi. Nessuno di noi sarebbe quello che è ora. Ciò che hai intenzione di fare per risolvere le cose, corrisponde a fingere di vivere una vita nostra in un universo fittizio. Sarebbe persino peggiore di ciò che Melisandre voleva farmi diventare, quasi riuscendoci. Non puoi salvarci in questo modo perché non ci salveresti, anzi, ci condanneresti ad essere qualcun altro, rinnegandoci visceralmente e senza possibilità di rimettere a posto le cose e di ritrovare ciò che eravamo. Quelle sono altre persone, Myranda. Noi siamo qui. Siamo qui, ad un passo dalla ribellione, con le carte ancora tra le mani. Abbiamo la possibilità di salvarci senza ricorrere a mezzi simili. Presto arriverà il momento di trovarci faccia a faccia con i nostri terrori più nascosti, di regolare i conti e di rimettere ordine nei Sette Regni e nelle nostre vite. Dobbiamo rimanere concentrati in questo intento e puntarvi tutto.
- E se, nonostante tutto, dovesse finire male?
- Non finirà male. Non esiste neanche la possibilità che finisca male.
In seguito a quelle parole, ella pose le mani sulle sue e gliele strinse, liberando le lacrime incastonate fino a quel momento tra le sue iridi verdi. L’aveva convinta. Lui l’aveva finalmente convinta ad abbandonare quell’idea. Avrebbero lottato e avrebbero certamente e categoricamente vinto.
 
 
 
Il giovane cavaliere scese dal suo cavallo, prese il piccolo sacco che si era portato dietro e si avvicinò ad una casa in legno. Bussò, attendendo che lo facessero entrare prima di togliersi il cappuccio.
- Oh, ser Kylan, siete voi – lo salutò una donna dallo sguardo cordiale e dal volto scarno sulla cinquantina, aprendo la porta e riconoscendolo subito nonostante il volto semicoperto. – Siete di nuovo qui per visitare Talilah? – gli chiese mentre lo vedeva entrare e togliersi il mantello.
- Sì, Aleena. È occupata?
- Non la vedo da un po’, mio signore. Non aveva clienti a quest’ora,  perciò, forse è in giro. Dovrei andare a cercarla. Intanto, se volete, potete restare un po’ con Caspar. Quel bambino è un vero tesoro: nonostante Talilah non sia con lui, riesce a fare il bravo anche quando sono altri a badare a lui.
- “Altri”? Chi è che si trova con Caspar ora, Aleena?
- Qualche ora fa è venuta una donna a fare loro visita. Non mi ha detto il suo nome, ma aveva un aspetto particolare, forse originario di Essos.
Non appena udì quelle parole, senza dire altro alla donna, il giovane Marbrand si fiondò per le scalinate che lo avrebbero condotto nel piano di sotto, dove si trovava l’atrio adibito agli ospiti.
Giunto alla fine della scalinata, capì che la sua supposizione fosse esatta.
- Buongiorno, ser Kylan – lo salutò provocatoria Hoxana facendo scendere il piccolo Caspar dalle sue gambe. – Va’ a salutare il tuo benefattore personale, Caspar – lo incoraggiò la donna.
Il bambino paffuto, non appena vide Kylan, fece per andargli incontro, prendendo a camminare impacciatamente, ma cadendo all’indietro nel tragitto, sbattendo il di dietro a terra.
- Oh, povero piccolo. Non credi sia un po’ troppo grassottello? Oltre ad essere notevolmente stupido. Ha tre anni e non riesce ancora a camminare come si deve, aggiunto al non saper pronunciare nulla che vada oltre termini banali e balbettii. Sono d’accordo sul fatto che non possa crescere come un perfetto piccolo re dei Sette Regni qui in questo buco che fatico a chiamare bordello, senza avere la possibilità di imparare a leggere o a scrivere o avere anche solo modo di percorrere tragitti differenti da questi stretti corridoi di legno consumato. Tuttavia, credo debba essere menomato di natura, perché così è un tantino eccessivo. Non riuscirei a figurarmelo su un trono né tra quindici anni, né tre trenta – disse guardando il fanciullino disgustata.
- Che cosa vuoi, Hoxana? – le chiese Kylan irritato, giungendo subito al punto.
- Che cosa voglio? Te lo spiego subito, caro – rispose avvicinandosi a lui con sicurezza. – Finché si trattava di osservarti mentre giocavi a fare la spia e a cospirare contro quel bufalo sadico e pervertito, ho finto di non accorgermi di cosa stesse accadendo a corte, era piacevole e, oltretutto, ciò andava solo a mio vantaggio. Ma ora … vederti nutrire e prenderti cura di questo mostriciattolo troglodita mentre qualche ridicola intenzione di fargli prendere il posto di Hayden annebbia la tua mente a tal punto … dinnanzi a questo non posso proprio non intervenire, caro il mio Primo Cavaliere.
- Cosa intendi quando dici che la nostra cospirazione contro David vada a tuo vantaggio?
- Sono ad Approdo al fianco del re esattamente da quanto lo sei tu, perciò era abbastanza ovvio che io sapessi dell’esistenza di questo piccolo bastardo – rispose ella sviando la domanda. - Figlio del sovrano David Crakehall e di lady Esme Yronwood quando ella era ancora una sua concubina, prima di rimanere incinta e di scappare via con la coda tra le gambe, tornando alla sua amata e calda dimora, ma senza prima lasciare qui il suo peso morto. Il nostro re, tra i suoi “affascinanti” feticismi, possiede anche quello di non voler giacere con le puttane, ma solo con le giovani di buona famiglia, e la libertina Esme non poteva certo permettersi di tornare a casa con un bastardo del re tra le mani, perciò lo ha lasciato in questo bordello come un sacco di patate, affidandolo ad una puttana chiamata Talilah. Povero piccolo Caspar – disse la donna accovacciandosi e fingendo un’espressione dispiaciuta mentre accarezzava i capelli del bambino intento a gattonare. – Come biasimare il tuo pessimo stato, piccolino? Cosa sarebbe potuto mai venire fuori da un Crakehall e una Yronwood? – continuò rialzandosi in piedi e riportando lo sguardo su Kylan. – Fin quando questo esserino fosse rimasto ignorato da chiunque, rinchiuso in questa locanda nella periferia più esterna di Approdo, non mi avrebbe arrecato alcun fastidio. Perciò, è colpa tua se io sono qui, Kylan. Della tua curiosità, della tua spavalderia e della tua cieca speranza.
Sai, mi sorprende la non curanza con la quale ti sei assentato a corte per venire a rimpinzare di cibo questo piccolo bastardo. Siete stati così accuratamente scaltri e attenti fino ad ora, tu e la tua combriccola di traditori, talmente bravi da credere che io non avessi capito nulla. Avete i miei più sinceri complimenti, lo ammetto. Ma non avreste dovuto aspirare a tanto: non sarete mai così bravi da ingannare me.
- Se hai sempre saputo tutto quanto, fin dall’inizio, perché? Perché non smascherarci davanti al re? Voi due avevate un patto …
- Quel patto non ha più valore già da tempo – lo interruppe ella. – Quel futile patto che gli fa ridicolmente credere che io gli rimanga fedele, è stato solo una farsa per convincerlo a finanziare la mia opera. Illuderlo che avrebbe avuto Hayden totalmente in mano sua non appena io avessi terminato di renderlo come lui e io desideravamo che divenisse; fargli credere di potermi usare semplicemente come mezzo per raggiungere i suoi obiettivi e poi tenermi docile al suo fianco come alleata obbediente, mentre lui avrebbe fatto ciò che più lo avrebbe aggradato con la mia creazione, con i Sette Regni, con i suoi sottoposti e con tutto ciò che la sua visuale ristretta sarebbe riuscita ad individuare, era solo una delle più false menzogne. Non mi sarei mai potuta abbassare a tanto.
- Posso capirlo, ma non comprendo il motivo per cui lasciare che noi cospiratori scatenassimo una guerra. Perché se sai come stiamo agendo, sai anche che stiamo scatenando una guerra. La guerra coinvolgerà anche Hayden. Perché mai dovresti permettere che qualcosa possa nuocergli?
A ciò, ella sorrise e gli si avvicinò ancora. – Semplicemente perché nulla può nuocergli. Non vi è nessuna minima probabilità che voi vinciate questa guerra.
Io voglio che si scateni.
Il mio desiderio più ambizioso, è che la creatura ultraterrena che ho forgiato, dimostri al mondo di cosa è capace, esibendosi totalmente e sottomettendo chiunque osi non riconoscere la sua grandezza o sottostare al suo reame.
Voglio la guerra perché so che la mia arma divina trionferà e voi tutti riceverete la vostra tremenda umiliazione dinnanzi a lui. La sua gloria è anche la mia. Mi fomenta e mi eleva al cielo.
È immortale, Kylan. Faresti meglio a non dimenticarlo mai – concluse in un sussurro magnetico.
- Mio signore, mia signora. Desiderate godere dei piaceri della locanda? – li interruppe improvvisamente Aleena avendoli visti tanto vicini, non appena scese le scalinate.
- Oh, ma certo. Non aspettavamo altro. Fateci strada – le rispose Hoxana rivolgendole un agghiacciante sorriso.
- Darice, accompagna i nostri ospiti in una delle camere – disse la donna spronando una delle altre ragazze che l’avevano raggiunta.
- Certo, mia signora – rispose ella alla proprietaria della locanda, per poi rivolgersi ai due. – Seguitemi – li incoraggiò sorridente.
Hoxana afferrò il polso di Kylan con una mano e quello del bambino con l’altra, cominciando poi a camminare. – Spero non sia un problema se portiamo anche il bambino con noi. Inoltre, se non ti dispiace, ragazzina, vorremmo andare in una stanza specifica. Ne ho già usufruito poco fa.
Kylan la guardò confuso, mentre la fanciulla annuì lievemente perplessa dalla situazione. – Certo, mia signora. Fate strada voi, dunque, e scegliete la stanza che preferite per intrattenerci – rispose lasciando che la superasse.
Oltrepassato il corridoio, Hoxana si fermò davanti alla camera numero ventisette. Dopo di che, aprì la porta  mostrando l’orrendo spettacolo agli occhi dei tre.
La giovane prostituta urlò di terrore e svenne a terra, mentre Kylan rimase fisso e bianco in volto a guardare il cadavere della donna di sua conoscenza steso sul letto, con caviglie e polsi legati alle spalliere, la pancia sventrata e gli occhi rivoltati indietro. Il piccolo Caspar osservò immobile il corpo, senza capire del tutto cosa stesse accadendo intorno a lui.
- Mi dispiace che il piccolo demente debba assistere ad uno spettacolo tanto truce. D’altronde, la povera Talilah gli ha fatto da madre fino ad ora. Se solo il suo cervello fosse capace di elaborare qualche informazione, sarebbe un vero trauma per lui – commentò il suo operato la qarthiana, ponendo le braccia conserte. - Il bambino viene con me. Che questo ti serva da lezione, Kylan, per non cercare più di provocare la mia pazienza – continuò stringendo la manina del bambino e camminando verso il giovane cavaliere. – Perché se cercherai ancora questo mocciosetto, sventrerò l’altra di cui tanto ti curi – sibilò ad un soffio dal suo viso.
Dopo qualche secondo di silenzio, in cui Hoxana fece per andarsene, Kylan riprese la parola. – Hai ragione, Hoxana. Sono stato sin troppo sconsiderato nell’assentarmi per venire qui in alcuni momenti poco cospicui.
Tali parole attirarono l’attenzione della donna, la quale si voltò nuovamente verso di lui, arrestando il suo cammino.
- Tu sai che, quando spodesteremo David dal trono e lo uccideremo, se anche Hayden dovesse morire, sarei io il prossimo in linea di successione, senza contare l’esistenza di Caspar, vero? – le chiese riavvicinandosi a lei. – Dunque, ora ti faccio una domanda: per quale motivo sarei venuto a cercare il bastardo del re per nutrirlo e accudirlo, se l’obiettivo di noi ribelli fosse stato quello di eliminare il re e il principe, considerando che, senza il bastardo, sarei sicuramente re dopo la nostra vittoria?
- Che cosa stai cercando di dirmi?
- Semplicemente, perché il nostro obiettivo non è solo quello di fare in modo che due persone come David ed Hayden non regnino mai sui Sette Regni, ma quello di ridurre in cenere quel trono, ponendo fine all’era dei reami definitivamente, come si era cercato di fare quasi vent’anni fa, dopo la vittoria contro i non – morti. Questo è il nostro intento – disse rispondendo alla sua domanda da solo e continuando a guardarla fisso. – Allora, ti starai chiedendo per quale assurdo motivo io sia venuto a cercare questo bambino.
- Non provare a giocare al mio stesso gioco – gli intimò lei.
- Anche a questo secondo quesito, c’è una risposta semplice: una distrazione. Mi serviva come distrazione. E ha funzionato, a quanto pare: mi hai rivelato tutti i tuoi intenti, tutto ciò che sai e che ti riguarda, esattamente come volevo.
Fu solo in quel momento che Hoxana cominciò ad assumere un’espressione mista tra l’orrore, il fermento e il timore. – Ho ucciso quella donna. E sarei pronta ad uccidere questo bambino, perciò spiegati meglio.
- La donna era una condannata a morte per frode e assassinio. L’ho convinta a farlo. Ottima attrice, non credi?
- E questo moccioso??
- Figlio di popolani. Ed ora che il suo compito qui è finito, lo riporto dai suoi genitori – disse tirando via la manina del fanciullino dalla presa di Hoxana, e prendendola lui. – Avevo già avvertito Aleena preventivamente, incitandola a comportarsi normalmente. La vera Talilah e il vero Caspar sono in un luogo sicuro e vi resteranno d’ora in poi, nel caso ti dovesse prendere una malsana voglia di uccidere qualche bambino bastardo, di tanto in tanto. Se ne sono occupati Bronn e Pod. Non a caso quest’ultimo è il Maestro dei Sussurri.
- Come hai fatto a sapere che ti avrei seguito, e che proprio oggi sarei giunta qui prima di te?
- Sempre opera di Podrick.
- E che io sapessi del bastardo?
- Lo hai detto tu poco fa, non avresti potuto non saperlo.
A ciò, la donna, fremendo di sopita rabbia gli si avvicinò di più fulminando i suoi occhi. – Come facevi a sapere che io non avessi mai visto in volto la puttana e il bastardo?
Questa volta, fu il turno del giovane Marbrand di sorridere. – Dimentichi un dettaglio fondamentale, Hoxana, qualcosa che, nella tua posizione, faresti meglio a non sottovalutare:  io ti conosco bene, perché, come hai sottolineato poco fa, vivo in questo inferno esattamente da quando hai cominciato a viverci anche tu. So che sei solita informarti su ciò che ti interessa, ma, finché non diviene un problema che ritieni necessiti del tuo intervento e della tua attenzione, non agisci di persona, ma lo tralasci, posticipandolo in vista del momento giusto. Non lo definirei un azzardo, né istinto, semplicemente una mia vecchia deduzione che si è rivelata vera e utile.
Noi potremmo anche non riuscire ad ingannare te, Hoxana.
Ma, unendo le forze, siamo riusciti a mentirti.
Questa guerra sarà alla pari.
Detto ciò, lasciò la locanda portando il piccolo popolano via con sé.



 

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Capitolo 40
*** Incoronazione ***


Incoronazione
 
Era trascorso un mese dalla partenza di Sam, un mese da quando aveva iniziato ad esercitare il suo potere di mutaforma a distanza, sugli uomini che avrebbero fatto in modo di far proseguire la loro opera di preparazione all’imminente guerra, un mese da quando un uomo ignaro della sua identità le aveva detto che avrebbe preferito venir torturato e ucciso dall’attuale peggiore dei mali dei Sette Regni, piuttosto che trovarsi dinnanzi a lei.
La fanciulla poggiò le mani nude sulla neve fredda, attirando a sé quanta più energia possibile dalla terra sottostante.
Il vento violento indice di una tempesta di neve imminente, le tolse il cappuccio lasciandole i capelli in balia dell’aria e dei fiocchi di neve.
Ella si rialzò in piedi e fece qualche passo in avanti, posizionandosi sotto l’Albero Diga. Si sdraiò a terra, con il volto rivolto verso la chioma di foglie cremisi sopra di lei, come se quella visione potesse infonderle il coraggio di fare ciò che stava per fare.
- Non ho la forza e la saggezza che avevi tu, Aris. Non l’avrò mai. Per questo ho bisogno di risposte. Senza di te, devo trovarle altrove – sussurrò alzando il braccio fasciato dal tessuto nero perlato, rivolgendolo verso l’alto, come se potesse toccare le foglie.
- Ti amo ancora – disse infine.
Dopo di che, avendo finalmente trovato il coraggio necessario, si rialzò in piedi e raggiunse una foce in cima ad un’altura, un luogo idilliaco che lei e i suoi cugini si divertivano a visitare da piccoli.
Avevano sempre sognato di farsi il bagno in quella meravigliosa acqua zampillante, ma era sempre troppo freddo per riuscire ad entrarvi.
La giovane rosa, raggiunta l’altura, formò come una bolla invisibile e insonorizzata intorno a sé, per non essere vista e disturbata.
In seguito, sui palmi delle sue mani apparvero due sorgenti di calore rosse, prodotte autonomamente dalla sua magia. Immerse i palmi a pelo d’acqua e, nel giro di qualche secondo, quest’ultima divenne calda, fumante.
A ciò, la ragazza si spogliò dei suoi abiti, prima del vestito, poi del mantello e per ultimi degli stivali che la circondavano sin sopra il ginocchio.
Rimasta completamente nuda, infilò un piede dentro l’acqua, poi l’altro, fin quando il suo intero corpo sinuoso non venne totalmente inglobato da quel liquido trasparente caldo e dolce, che sembrava cullarla amorevolmente come solo un amante esperto avrebbe saputo fare.
Tirò fuori dalla sua sacca abbandonata sul bordo innevato, una delle ampolle che aveva portato con sé, contenente una polvere color salmone.
Aprì la boccetta e sparse la polvere nell’acqua intorno a sé.
- Ali Khait Ali Khait Mater Suspiriorum De Profundis Maleficarum – pronunciò concentrandosi  sulle sue parole e sprigionando il suo potere nel liquido impregnato della polvere, il quale cominciò a produrre delle grosse bolle sotto il suo tocco.
- Ali Khait Ali Khait Mater Lacrimarum De Profundis Maleficarum – continuò alzando la voce, percependo il suo corpo contorcersi in acqua.
- Ali Khait Ali Khait Mater … ! – urlò, fermandosi un attimo prima di pronunciare l’ultimo nome.
Quell’ultimo nome la stava frenando. D’altronde, i libri di magia che aveva letto erano chiari. Chiamare l’ultima di loro, avrebbe significato non tornare più indietro. Ma, oramai aveva cominciato, e le altre due stavano attendendo la fine del rituale, perciò, faticosamente ma con decisione, proseguì, terminando il richiamo. - … Mater Tenebrarum … De Profundis … Maleficarum.
Il suo corpo si contorse ancor di più, mentre l’acqua cominciò a muoversi con furore, fino a formare delle onde sulla superficie.
Finalmente, dopo degli istanti che le parvero senza tempo, comparvero.
All’inizio le sembrarono più essenze che corpi materiali, fatte di nebbia nera e di cenere. Poi, dopo un po’, si eressero sopra la superficie dell’acqua, volteggianti, ma con dei corpi che, ad occhio, erano della stessa consistenza di quelli umani.
La prima, la più matura, indossava uno scialle sottile e lunghissimo, che le faceva da strascico, il suo volto era serafico come una maschera di cera, gli occhi imperscrutabili. Il suo sguardo trasmetteva solo angoscia e rassegnazione.
La seconda, la mezzana, era eccezionalmente bella, molto più delle altre due, e le gemme spente incastonate nei suoi occhi, erano costantemente lucide, iridi colme di acqua che faticava ad uscire, rendendole ancor più intense e surreali. Il suo viso era la personificazione della tristezza.
E poi c’era l’ultima, la più terribile, la più giovane.  I capelli come ragnatele color pece, i lineamenti taglienti, l’espressione di pura crudeltà era visibile in ogni elemento che componeva le sue membra. Sarebbe riuscita a descriverla solo in un modo: terribilmente affamata di odio e di orrore.
- Perché ci hai evocate, figliola? – chiese la voce grave e risonante della Mater Suspiriorum.
- Lei vuole conoscere che cosa le riserverà la sua natura in evoluzione, Suspiria – le rispose la Mater Lacrimarum, osservando la giovane rosa con l’afflizione disarmante incarnata nel suo bel volto, la voce flebile come il brusio di una ninfa.
- Prendi già le sue difese, Lacrima. Questa mortale non è degna di un briciolo del nostro tempo – esordì il tono crudo e secco della Mater Tenebrarum.
- Aspettate! Lasciatemi spiegare, Madri del Dolore – trovò la forza di parlare Eveline, facendo un passo in avanti, smuovendo lievemente l’acqua.
- Per riuscire ad evocarci, una strega deve essere in possesso di un potere e di un animo che si allontanano da quelli mortali, avvicinandosi pericolosamente a quelli divini. Dunque, ti ascoltiamo – rispose la maggiore.
- Aris. Aris mi ha detto che vi ha evocate una volta, nel corso della sua esistenza. Ho pensato di provarci anche io. Siete … siete a conoscenza della profezia che coinvolge me e il Principe dello Strazio, Madri del Dolore?
Una risata truce e gutturale si innalzò dalla più giovane. – Aris era l’eccezione per eccellenza, uno dei più potenti prodigi di questa terra. E tu, tu, misera, ti sei sentita fomentata dall’idea di evocarci, perché lui lo ha fatto prima di te?? Non voglio continuare ad udire una sola parola.
- Acquieta gli spiriti, Tenebra – la esortò calma la mezzana.
- Sì, siamo a conoscenza della profezia che coinvolge te e il Principe dello Strazio, Aradia – rispose la Mater Suspiriorum alla domanda che Eveline aveva rivolto loro poco prima. – Qual è la tua richiesta?
- Voglio solo sapere da voi se è possibile che la profezia non si avveri. Voglio sapere se posso ancora cambiarla.
- Buffo che tu chieda alle tre cause e fautrici del dolore e del male nel mondo, di dirti se è possibile che tale nefasta profezia non si adempia – commentò la più giovane e tremenda, nuovamente.
- In nome di Lilith, madre suprema di noi tutte, io, Mater Suspiriorum, garantisco a te, Aradia, che qualcosa della profezia succitata, è stato già cambiato da te; e chiedo a te, sorella mia, di parlare con saggezza e discernimento dinnanzi ad una mortale – disse la maggiore, rivolgendosi prima ad Eveline, e poi alla Mater Tenebrarum.
- Ho già cambiato qualcosa … - sussurrò la fanciulla basita, guardando un punto nel vuoto, quasi più a se stessa, che alle tre.
- Ma non illuderti, Figlia del Male – l’ammonì la più bella, con l’abituale voce flebile e rotta, e il viso dolorosamente avvilito. – Non sarà facile per te scorgere quel piccolo dettaglio che hai deviato. Tutto il resto accadrà esattamente come è detto e scritto. Un mutamento simile è come una singola lettera differente all’interno di uno scritto di mille pagine: può sconvolgere il senso del libro intero, o può semplicemente lasciare tutto invariato.
- Vi ringrazio per il vostro tempo e la sapienza che avete scelto di dispensarmi, Madri – disse infine Eveline rispettosamente, rivolgendo loro un breve inchino.
Ma prima che rialzasse lo sguardo, la peggiore dei mali dell’umanità se ne era già andata, lasciando sole le altre due.
- Ora che ti sei messa in contatto con noi, nostra sorella andrà a dirglielo – commentò la Mater Lacrimarum.
- Dirlo a chi? – domandò la giovane rosa confusa.
- Non devi mai abbassare la guardia, Aradia – si raccomandò la mezzana avvicinandosi a lei.
- Dobbiamo andare, Lacrima – l’ammonì la maggiore.
- Va’ prima di me, sorella mia. Ti raggiungerò subito dopo – la spronò, sentendola svanire dietro di sé.
A ciò, la Mater Lacrimarum alzò ancora le sue gemme spente e lucide per guardare la mortale, accennando un sorriso straziato. – Magma.
- Cosa?
- Quando il fuoco brucia la terra, la roccia, questa si trasforma in magma. Nero – le disse prendendole una mano, versandole dentro della polvere nera e richiudendogliela. – Abbi fiducia.
- Perché … perché sembra che tu sia dalla mia parte, Mater Lacrimarum? Insomma … voi tre siete le Madri del Dolore. Non dovreste desiderare che prevalgano loro? Quelli che vorrebbero che la funesta profezia si adempisse e che ne seguisse il caos? – le chiese la giovane Targaryen, timorosa di udire la risposta.
Un altro sorriso amaro e distrutto apparve sul volto etereo della Mater. – Ci sono forme e forme di male, Aradia. Tenebra ne predilige una alla quale sono insofferente.
Tu sei la forma di male che io preferisco – concluse dissolvendosi esattamente come le altre due prima di lei, lasciando Eveline sola in mezzo alla foce.
 
 
La qarthiana raggiunse le segrete della Fortezza Rossa, tenendo in mano la torcia che avrebbe usato per accendere anche le altre.
Non appena terminò di illuminare il luogo, la Mater di ogni più atroce dolore al mondo, si materializzò dinnanzi ai suoi occhi.
A ciò, Hoxana si prostrò dinnanzi a lei. – Mater Tenebrarum, la tua devota servitrice ti ascolta.
- “Devota servitrice”? – ripeté la Mater sorridendo. – Oh, tu sei molto più di questo, sorella – le disse poggiandole le mani sulle spalle e facendola alzare, riservandole un’intimità che gli altri mortali non potevano neanche lontanamente immaginare.
Hoxana la guardò sorpresa non appena udì l’appellativo che le aveva riservato.
- Collaboriamo insieme da anni, e tu, Hoxana Aemchaar, hai superato ogni mia più utopica aspettativa – le disse fiera, con la sua voce aspramente imponente. – Perciò meriti di essere considerata mia sorella, più di quanto lo meritino quelle vere.
- Ciò che dici mi riempie il cuore come nulla al mondo sarebbe in grado di fare.
- Non vi è alcun bisogno che tu menta, sorella – rispose sorridendo ancora, con quel cipiglio che avrebbe potuto racchiudere ogni crudeltà del mondo terreno e ultraterreno. – Non c’è nulla che riempia più il tuo cuore della tua rigogliosa opera d’arte. Lo so bene.
Ad ogni modo, sono venuta a farti visita per informarti di qualcosa che ritengo debba essere posto alla tua attenzione, per far in modo che i nostri piani si realizzino senza alcun intoppo.
- Ti ascolto con attenzione, sorella.
- La oramai famosa Aradia è riuscita ad evocarci questa mattina.
- Cosa?? – alzò la voce la qarthiana furiosa e sconvolta.
- Hai sentito bene.
- Il suo potere arriva a tal punto?? Fino ad ora ho sottovalutato la figura di questa “Devastatrice” che oramai è sulla bocca di tutti??
- Il tuo errore è stato proprio considerarla solo una figura. Oggi ho preso coscienza che il suo potere ha raggiunto vette alte e concrete.
Per questo, ritengo di doverti anche informare di qualcosa che prima non ritenevo così degno di menzione: ella è Eveline della casa Targaryen. La figlia del vero erede al trono scomparso.
La seconda notizia lasciò Hoxana ancora più scioccata della prima. – Mi stai dicendo … che la potentissima strega di cui parlano tutti è la fanciulla che David brama di catturare più di qualsiasi altro al mondo?
- Esatto – confermò Tenebra sorridendo ancora. – Questo dovrebbe aiutarti parecchio.
- Già. Ti ringrazio per avermene informata, sorella – rifletté la qarthiana.
- Non ringraziarmi. Era mio dovere rendertene partecipe se vogliamo che i nostri intenti divengano realtà al più presto.
Il caos deve sorgere su queste terre in questo modo, mentre su altre, sorgerà in altri modi, sempre e solo stabiliti da me.
- Devo affrontare ed eliminare quella donna. Se il suo potere arriva a tanto, ad ogni costo, la ridurrò in poltiglia per gli uccelli.
- Per questo motivo mi piaci, sorella – disse la Mater avvicinandosi. – Perché nonostante tu sia lontana da tutto ciò che riguarda la magia, riesci comunque ad eguagliare ogni risultato che questa domina, anzi, ad eclissarlo. Tu sconvolgi, plasmi, distruggi e crei la natura e la materia a tuo piacimento, senza il bisogno di poteri esterni ai tuoi. Tu sei il futuro di questo mondo, Hoxana.
- Tutto quello che sto facendo, sorella, è dovuto a questo. Ho sempre saputo che ci spettasse qualcosa di più di mulini a vento, carri trainati da bestie, torce e candele, latte di papavero e troni di spade, sin da bambina. Ma ne ho avuto la conferma totale solo quando tu sei apparsa a me. Quello è stato il primo istante, in tutta la mia vita, in cui ho capito di non essere sola, di non star sbagliando, di star perseguendo la strada giusta. È stato quando mi hai rivelato il futuro dell’umanità nei secoli avvenire, e mi hai detto che, un giorno, le città saranno dominate dal ferro; che sorgeranno marchingegni tanto prodigiosi, da sostituire l’azione dell’uomo in tutto e per tutto, nei trasporti, nel commercio, nella vita di tutti i giorni, grazie a degli ingranaggi che ora vanno oltre ogni nostra comprensione, e a qualcosa di tanto semplice come il vapore; che saremo in grado di comunicare a distanza senza l’aiuto dei corvi, di mezzi fisici, ma tramite delle forze invisibili all’occhio umano; che scopriremo l’origine delle cose e la supereremo sostituendo ogni elemento naturale con il nostro artificio; che creeremo una luce ancor più forte di quella del sole, anzi, diversi tipi di luci che sorgeranno da ampolle di vetro; e persino che saremo in grado di visitare i cieli e di scoprire che tutto ciò che conosciamo riguardo l’universo, è sbagliato. Io voglio arrivare a vederlo con i miei occhi. Voglio toccarlo con mano, voglio essere io a creare tutto ciò, spazzando via ogni stralcio di questa società primitiva in cui mi ritrovo a vivere. Per tale motivo farò in modo che nessuno arrivi anche solo ad essere in grado di mettermi i bastoni tra le ruote.
- Oh, mia brillante collaboratrice – le rispose Tenebra accarezzandole una guancia con un tocco che avrebbe potuto sterminare un’intera razza se solo avesse voluto. – Tu sei nata nell’epoca sbagliata. E ciò, mi rattrista davvero molto.
Tu sei la precorritrice di coloro che, un giorno, metteranno insieme pezzi di cadaveri formando un uomo, e gli doneranno il respiro vitale, o di quelli che creeranno dal nulla la mente umana dentro un corpo fatto di ferro; anzi, li hai già raggiunti.
Ma la tua azione, il tuo contributo alla mia causa, non serve per permetterti di assistere a un tale divino e portentoso cambiamento. Tu sei solo un mezzo e una causa. Il più potente dei mezzi e delle cause insieme. Perciò rallegrati di questo, sorella. È più di quanto qualsiasi mortale possa mai sperare – disse voltandole le spalle.
- Ma se tu mi donerai la vita eterna, sorella … io potrò vederlo … potrò esserne partecipe in prima persona … se io ti farò ottenere ciò che vuoi … se io farò precipitare questi sette regni nel caos che meritano – controbatté la qarthiana speranzosa, richiamandola a sé.
A ciò, la Mater si voltò nuovamente a guardarla, riavvicinandosi.
Ella le afferrò il mento con le dita lunghe, magre e le unghie appuntite. – Io ho fatto eruttare vulcani sterminando popolazioni millenarie. Io ho smosso l’oceano immergendo continenti interi. Io ho fatto tremare il centro della terra, inghiottendo tutto ciò che vi era stato edificato sopra da voi mortali. Io ho agitato i cieli, il vento, facendogli prendere la forma di un vortice letale e mortale per ogni essenza materiale. Io ho ucciso divinità col solo pretesto di zittirle e acquietare le mie orecchie. Io non ho passato, non ho presente e non ho futuro. E tu, tu, donna nata e cresciuta, composta di carne, sangue e ossa … mi stai chiedendo di donarti ciò che a nessuno ho mai donato.
Hoxana non si ritrasse da quel tocco mortifero, ma non poté neanche fare a meno di provare dei violenti brividi freddi che le invasero tutte le membra, come non le era mai accaduto. Non rispose, attendendo che la peggiore delle Mater proseguisse.
- Sarò io a decidere, alla fine, quando ciò che voglio sarà compiuto, cosa donarti o no – concluse.
Nello stesso momento, le due si accorsero di una terza presenza, ferma a metà delle scalinate, intenta ad osservarle.
Tenebra si voltò a guardare il nuovo arrivato e gli sorrise. – Hayden – lo salutò.
- Mater – ricambiò il saluto lui neutro.
Dopo ciò, la Mater Tenebrarum si dissolse, e Hoxana afferrò un foglio di pergamena e una delle torce in fretta e furia, dirigendosi verso le scalinate.
- Questa attesa alla guerra si sta dilungando troppo. Faciliterò un po’ le cose ai tuoi familiari – disse la qarthiana al giovane fermo nelle scalinate, superandolo.
 
 
Sam superò le porte della capitale, sorpassando le vie più malfamate della popolazione, fino ad arrivare alla Fortezza Rossa.
Durante i giorni di viaggio, il piano dell’alternanza tra la tecnica dei Senza volto e la magia dei mutaforma mantenuta da Eveline, sembrava non aver dato alcun tipo di problema, perciò era tranquillo a riguardo.
Gli unici fattori che lo preoccupavano concernevano la “recitazione” degli uomini nei ruoli che avrebbero dovuto interpretare, ma a quello avrebbe pensato Kylan, una volta rincontrato.
Nutriva un’immensa fiducia nel suo amico, ed era certo che, mentre era via, aveva fatto un ottimo lavoro, mantenendo anche la promessa di occuparsi della sua Christine. Non vedeva l’ora di rivedere anche lei. Quella giovane che era stata in grado di rubargli il cuore in poche settimane e di donargli un figlio che non sapeva ancora se fosse nato o no. Purtroppo non aveva avuto modo di mettersi in contatto con loro mentre era a Nord, per cercare di non destare alcun sospetto, perciò era ignaro di tutto ciò che era accaduto mentre era stato assente, così come non aveva avuto modo di informare Kylan che lui e Bridgette fossero dalla stessa parte. Sperava che non fosse troppo tardi per riferirglielo.
L’ultimo fattore che stava creando in lui una sorta di timorosa aspettativa, era la cerimonia d’incoronazione di Bridgette che sarebbe avvenuta il giorno stesso. Sperava che tutto sarebbe proceduto senza intoppi, trattandosi di una cerimonia pubblica.
Scese dal suo cavallo, dirigendosi verso le porte della Fortezza, seguito dai suoi uomini.
- Fahraq Uzvet, tesoriere della corona – si annunciò agli uomini di guardia alle porte.
Questi diedero un’occhiata svelta a lui e alla scorta dietro di esso, poi risposero. – Bentornato nella capitale, Fahraq. Il Primo Cavaliere vi attende nella sala dei ricevimenti.
- Grazie.
A ciò, il giovane Tarly entrò nella Fortezza e si diresse verso la sala indicata, gli uomini dietro di lui cercarono di rimanere impassibili nonostante non avessero mai visto la capitale, né tanto meno fossero mai entrati nella Fortezza Rossa.
Non appena entrò, Sam non poté fare a meno di sorridere, ma prima si guardò intorno cauto.
- Non temere, la sala è vuota e non entrerà nessuno se non sotto mio ordine –lo rassicurò da lontano il Primo Cavaliere.
- Sembra passata un’eternità, amico mio – gli disse Sam senza attendere un minuto di più per abbracciarlo calorosamente.
- Già – rispose Kylan accennando un sorriso mentre ricambiava. – Ti sei perso parecchie cose, straniero. Sono felice che tu sia di nuovo qui.
- Strano a dirsi, ma anche io.
- Com’è andata a Nord, con la tua famiglia? – gli chiese poi il giovane Marbrand staccandosi dall’abbraccio.
- Anche io ho parecchio di cui informarti, Kylan – rispose Sam sorridendo al ricordo.
- Avremo modo di dirci tutto, dopo l’incoronazione di questo pomeriggio – aggiunse il biondo posandogli una mano sulla spalla, per poi alzare lo sguardo oltre l’amico e osservare i cinquanta uomini che apparivano esattamente come quelli che conosceva e che aveva appositamente mandato a Nord a tale scopo.
Li squadrò uno per uno, rivolgendosi poi a Sam. – Dunque sono loro.
- Sì, ma il piano iniziale è un po’ mutato, a causa di alcune conoscenze che ancora non possedevamo quando lo abbiamo ideato: per non uccidere i tuoi uomini, dobbiamo necessariamente alternare la tecnica replicata dei Senza Volto con un incantesimo di  mutaforma esercitato a distanza da Eveline – confermò l’altro.
A ciò, Kylan si voltò a guardarlo sorpreso. – Tua cugina è tornata a casa??
- Sì. Tutti i miei cugini. Eccetto colui che oggi diverrà ufficialmente futuro re dei sette regni, naturalmente – rispose il Tarly accennando un sorriso tra il felice e l’amaro. – Ma avremo modo di parlarne meglio.
- D’accordo – riprese Kylan tornando a guardare gli uomini. – So che ciò che vi trovate a fare è inusuale. Io non vi conosco e voi non conoscete me, ma combattiamo per la stessa causa, e siete tenuti ad interpretare la parte di coloro che mi conoscono da anni, di coloro che io conosco da anni. Vi aiuterò in questo, non temete. Come avrete già dedotto, io sono Kylan della casata Marbrand, Primo Cavaliere del re. Per far funzionare la cosa, dovrete essere molto cauti e mostrare sempre, necessariamente, la massima attenzione, in ogni mossa che farete, specialmente nella vostra posizione. Approdo de re è diverso da qualsiasi luogo voi siate abituati a conoscere. Siete in un covo di serpi velenose, scaltre e affamate. Ognuno qui è un possibile bersaglio da abbattere, eccetto coloro dei quali avete la certezza di potervi fidare. Occhi aperti. Sempre.
Gli uomini annuirono cercando di mostrare una certa sicurezza.
- Passeremo del tempo insieme appena mi sarà possibile, del tempo in cui io vi istruirò sulle personalità che state interpretando. Il re non conosce bene i cavalieri che combattono per lui, eccetto coloro che gli sono a stretto contatto, ma gli stessi cavalieri, invece, conoscono bene i loro compagni d’arme. È da loro che dovete guardarvi. Nel frattempo, cercate di mantenere un profilo basso e di evitare di avere contatti con gli altri cavalieri, sempre con la massima discrezione.
Intanto, ne approfitto per darvi alcune informazioni generali e infarinature che farete bene a tenere bene a mente: il re non ama che posiate anche solo gli occhi su qualcosa di sua proprietà, in questo caso, dovrete evitare di avere contatti troppo diretti con la futura regina, dato che, al momento, lei sembra essere l’unica che catalizzi tutta la sua attenzione e che lo spinga a non procurarsi delle concubine nel tempo libero. Lady Bridgette Greyjoy non ama che il re sia troppo geloso nei suoi confronti, è stata in grado di fargli allentare un po’ la corda, ma voi fareste comunque meglio a non rischiare in ogni caso. Ad ogni evento formale, informale, privato o pubblico come l’incoronazione che si terrà questo pomeriggio, dovrete mostrare il massimo distacco ed trattenere qualsiasi reazione esplicita dinnanzi a ciò che vi troverete dinnanzi: preparatevi a vedere cose che vi svuoteranno completamente e che vi faranno seccare il sangue.
Ultime indicazioni di prima importanza: per nessun motivo date modo ad Hoxana Aemchaar di avvicinarsi a voi o anche solo di spostare la sua attenzione su di voi, specialmente se in relazione al principe Hayden e al suo drago.
Riguardo questi ultimi due, potrebbe venirvi chiesto di scortare anche il principe, tra tutti, considerando che siete tra i migliori cavalieri dell’esercito della corona. Oltre a dover far valere la vostra abilità ed efficienza, quando vi trovate in compagnia del principe, non osate assolutamente nulla. Non guardatelo troppo, non toccatelo se non è assolutamente necessario, non rivoltegli parola se non siete costretti a farlo, così come con il drago. Né Hayden, né Haylor dovranno attirare troppo il vostro interesse, intesi?
- Intesi – risposero all’unisono.
- Bene – concluse, per poi spostare lo sguardo su Sam. – Prima dell’incoronazione, voglio mostrarti qualcosa. Prendi il tuo mantello e seguimi – lo esortò.
Poco dopo, Sam si ritrovò in direzione di Fondo delle Pulci, diretti verso un luogo che il ragazzo non stava riconoscendo.
Non appena Kylan bussò alla porta di una delle piccole abitazioni semifatiscenti del luogo, questa si aprì rivelando la figura di un giovane uomo dai capelli scuri e gli occhi grigi.
Il giovane guardò prima Kylan, poi spostò lo sguardo su di lui, realizzando qualcosa e facendoli entrare.
- Sembri davvero uno di quei qarthiani – affermò quello che sembrava essere il padrone di casa osservandolo una volta che furono dentro, mentre Kylan si toglieva tranquillamente cappuccio e mantello. – Mi chiamo Alain – aggiunse poi lo sconosciuto, porgendogli la mano.
Sam spostò lo sguardo confuso su Kylan.
- Tranquillo, qui siamo al sicuro – lo rassicurò il cavaliere.
A ciò, Sam si spogliò del mantello a sua volta e strinse la mano. – Sam. Sam Tarly.
- Io sono Erin – si presentò all’improvviso una ragazza, piombando nella stanza e porgendogli la mano anch’ella.
- Alain ed Erin sono due fidati informatori.
- Informatori di chi, esattamente? – chiese il ragazzo, ma Kylan non fece in tempo a rispondere, che qualcun altro fece il suo ingresso nella stanza, da una delle altre stanzette.
- Insomma, la sto cullando da un’ora e venti minuti almeno, ma la fagottina sembra non volerne sapere di appisolarsi se non intravede le sue amate ciocche bionde da stringere. Ho provato di tutto, anche a cantare. Insomma, io che canto, non so se rendo l’idea, ragazzi. Mi manca da tentare solo una danza del ventre e poi le avrò provate tutte – esordì il nuovo arrivato, cullando una neonata vispa, in salute, con la pelle mulatta, i capelli scuri e metà del visino semideformato, tra le braccia. La bambina rideva di gusto e sembrava non volerne sapere di dormire senza le braccia familiari con le quali ormai era abituata.
Non appena l’uomo alzò la testa dalla piccola, si rese conto di essere fissato dai quattro, individuò Kylan tra le nuove presenze, e osservò con circospezione l’altro. – Da quanto tempo sei arrivato, Marbrand? Potevi venire in camera a farla addormentare invece di farmi dannare. Il giovanotto dalla pelle cadaverica e gli orecchini in posti improbabili sarebbe chi penso io … ?
- Voi siete … ser Bronn, per caso?? – chiese Sam incredulo, ricordando vagamente quel viso da mascalzone intravisto una o due volte quando era bambino, nelle rare occasioni in cui Meera e altri amici di famiglia venivano a visitare Grande Inverno.
- In carne ed ossa. E tu dovresti essere il giovane Sam Tarly travestito da demonio di Qarth. Sei cresciuto, per gli dèi! – rispose il mercenario.
- Lascia, dalla a me – intervenne Kylan avvicinandosi all’uomo e prendendole la piccola dalle braccia, la quale si accucciò subito sul suo petto non appena entrò in contatto con lui.
Non appena vide la scena, a Sam salì un presentimento. – Chi è questa bambina …?
A ciò, tutti i presenti si guardarono tra loro, prima che Kylan rispondesse alla domanda accennando un sorriso. – Il suo nome è Agnes.
- Come tua madre.
- L’ho fatta nascere io. Lei è tua figlia, Sam – gli confermò il giovane Marbrand.
- È tua figlia ed è un miracolo vivente – aggiunse Erin.
- Non ci posso credere … - sibilò il ragazzo incredulo, con gli occhi lucidi  e fissi sul volto semi sformato della piccolina, il quale passava in secondo piano al suo sguardo vivace e ai suoi occhioni enormi.
Ella lo guardò con diffidenza, aggrappandosi con le manine ai vestiti di Kylan, il quale la porse all’amico.
Ma la neonata cominciò a piangere non appena le braccia sconosciute di Sam la inglobarono, così la riprese il cavaliere. – Vedrai che andrà meglio – lo rassicurò quest’ultimo. – Ha solo bisogno di abituarsi. Non ha mai visto suo padre, non ti conosce.
- Sì, ha solo bisogno di abituarsi, non temere: magari quando compirà vent’anni vorrà stare tra le tue braccia – commentò Bronn con il suo solito sgradito umorismo.
- Taci, Bronn – lo zittì Kylan.
- Che c’è? Volevo solo dire che la pulzella sa’ già da ora cosa vuole e come lo vuole. Sarà una tosta da grande.
- Mi spiegate per quale accidenti di motivo ho ritrovato la mia stessa figlia tra le braccia di questo imbecille appena sono entrato in questa casa? – chiese Sam lievemente frustrato. – Ma soprattutto che ci fa lui qui ad Approdo, e dove sono Christine e Xavier?
- Sono parte attiva della cospirazione contro la corona nel ruolo di mercenario del Maestro dei Sussurri del re, nonché quel palle mosce di Podrick – rispose Bronn.
- Podrick? Intendi dire Podrick Payne? Ho solo udito parlare di lui. Nessuno ha avuto sue notizie da parecchi anni.
- Ma appena sei partito è ricomparso, in compagnia di Bronn, dimostrando di essere un ottimo alleato e un eccellente Maestro dei Sussurri, secondo solo a al famoso Ragno Tessitore – spiegò Kylan.
- Avevi ragione, mi sono perso molto, a quanto vedo – sussurrò Sam cercando di metabolizzare.
- Xavier e Pod sono alla Fortezza Rossa – aggiunse il cavaliere.
- Mentre Christine arriverà a momenti. Non appena ha saputo del tuo arrivo oggi, è andata in visibilio – lo informò Erin.
Qualche istante dopo, qualcuno bussò con vigore alla porta della casa.
Alain non fece neanche in tempo ad aprire, che Christine piombò dentro con il fiatone. – Dov’è?! – esclamò riprendendosi dalla corsa.
Quando alzò lo sguardo e vide il suo amato dinnanzi a lei, che la guardava con quegli occhi scuri che tanto amava, lucidi e più grandi del solito, gli saltò tra le braccia, baciandolo con passione e gioia mal contenuta. – Sei qui … sei davvero tornato da me … - sussurrò staccandosi e prendendogli il viso tra le mani, facendo toccare i loro nasi.
- Sì, mia dolce compagna … sono tornato da te – le confermò non stancandosi mai di guardarla, stringendole i fianchi e baciandola di nuovo.
- L’hai vista? Hai visto quanto è bella? Ti somiglia ... – gli disse la giovane donna, posando lo sguardo su sua figlia in braccio al cavaliere.
- Somiglia di più a te … e non potrei esserne più felice – aggiunse Sam guardando la sua amata prendere la piccola tra le sue braccia e avvicinarsi a lui, cullandogliela in mezzo al suo abbraccio.
- Ciao, Agnes. Il tuo papà è qui – sussurrò lui baciandole la fronte.
Mentre osservava fiero il suo amico ricongiungersi alla sua famiglia, Kylan fece segno a Bronn di andare.
- Ve ne andate già? – chiese all’improvviso Sam vedendoli rinfilarsi il mantello.
- Tu puoi restare ancora un po’, ma io io devo ultimare gli ultimi preparativi per l’incoronazione. Sarà tra poche ore. Ci vediamo più tardi alla Fortezza – lo salutò, facendo poi un cenno anche agli altri e uscendo dalla casa, seguito da Bronn.
 
 
 
Bridgette udì qualcuno bussare alla porta delle sue stanze mentre si pettinava la chioma fluente dinnanzi allo specchio.
- Avanti, entra pure, Therese – disse continuando a pettinarsi.
- Forse manco di un pizzico di femminilità per essere lei – rispose una voce maschile che ella conosceva bene e di cui non attendeva la visita.
Si voltò sorpresa verso il re e gli sorrise. – Oh sei tu! Ero convinta fosse una delle mie ancelle. Doveva venire per acconciarmi per l’incoronazione – spiegò alzandosi in piedi e avvicinandosi a lui.
- Avresti preferito fosse lei? – le chiese l’uomo con del timore sincero ad adombrargli il volto barbuto.
- Assolutamente no. Anzi, ti sono grata per la piacevole sorpresa – lo rassicurò poggiandogli le mani sulle guance, avvicinandolo a sé e donandogli un bacio lento.
Egli le posò le mani rudi all’altezza del costato coperto dal tessuto di seta sottile, con la massima delicatezza, e quando si staccarono, la osservò facendo scorrere gli  occhi dal naso, alle guance, agli occhi, al mento, fino ad arrivare alla chioma folta, setosa e di un colore più bello dell’ambra stessa poiché illuminato dai raggi del sole fuori dalla finestra.
- Non ti serve acconciarti: sei perfetta così – sussurrò adorante.
 Ella sorrise. – I tuoi occhi sono accecati dall’amore, caro.
- La mia vista non è mai stata così accurata, credimi – le disse accarezzandole alcune ciocche. – Non ho mai toccato, guardato o trattato una donna come tocco, guardo e tratto te. Non ho mai conosciuto una donna come te e mai avrei mai sperato che esistesse una creatura simile. Vivevo nell’ombra prima di conoscerti, e solo dopo questi ultimi mesi, sento che la mia vita è davvero completa – disse con un tono debole, sussurrato, calmo, molto differente da quello autorevole che utilizzava solitamente.
Ella lo scrutò in silenzio mentre egli continuava ad accarezzarle i fili d’ambra.
– Non potrei esserne più felice e appagata, mio amore.
Tuttavia, percepisco il tuo animo turbato. C’è qualcosa che vuoi dirmi?
- No, non sono turbato, anzi … sono solo immensamente felice che, tra poche ore, tu sarai ufficialmente la mia regina – le disse inginocchiandosi e appoggiandole la testa sul ventre, circondandole morbidamente la vita con le braccia.
A ciò, ella prese ad accarezzargli i capelli. – Anche io lo sono. Specialmente perché è una tappa più vicina alle nostre nozze. Quando ci sposeremo, sarò tua completamente, corpo e anima.
- Non potrei venerare il tuo corpo più di quanto io già non faccia, ma, nonostante ciò, venero di più ciò che vi si cela all’interno. Non mi era mai capitato: non bramo il giorno del nostro matrimonio per possedere il tuo corpo, ma solo perché voglio che tutto il mondo sappia quale meraviglia ho la fortuna di avere al mio fianco.
- David … mi stai lusingando sin troppo.
- Non è mai troppo.
Sai, ultimamente,  sto riflettendo su molte decisioni che ho preso finora – cominciò rialzandosi e sedendosi sul maestoso letto a baldacchino della sua futura sposa. Ella lo raggiunse e gli si accomodò accanto.
- Credo che il motivo principale che mi abbia spinto a farlo, è stato il tuo arrivo. Poi, c’è stato il risveglio di Hayden, che ha contribuito anch’esso. Così una serie di eventi avvenire.
Quando ero solo un bambino, mio padre non faceva che ripetermi che la forza di un uomo si misurasse dal timore che gli altri nutrissero nei suoi confronti. “I favori, la gloria, il potere, si ottengono con nulla di diverso dalla lama di una spada”. Egli forgiava i suoi uomini su questo criterio sconfiggendo i suoi nemici uno ad uno con una ferocia e un ardore senza pari. Quando morì avevo diciotto anni. Mi fece promettere che avrei smosso mari e monti per ristabilire il vecchio regime. Sette regni diversi non potevano governarsi da soli. Necessitavano di un’influente e intrepida personalità  che non nutrisse alcun timore di governare con la spietatezza che un popolo tanto turbolento meritava.
Egli era un grande comandante. Come io non lo sarò mai – continuò nostalgico. – Quando ero con lui, mi sembrava sempre di essere troppo debole, buono, inadatto.
Invece, da qualche tempo, sento di aver ecceduto nell’altro verso, nonostante, per tutta la mia vita, io abbia creduto che non esistesse un limite da oltrepassare nel divenire grandi uomini.
- Tuo padre non ti ha mai insegnato a distinguere la differenza tra un “uomo grande” e un “uomo potente”.
E non hai neanche avuto una madre che ti aiutasse ad affinare il tuo giudizio nella visione delle cose, che ti insegnasse a distinguere anche il grigio, oltre al bianco e al nero.
Io non ho mai voluto essere una grande donna. La mia seconda madre diceva sempre a me e alle mie sorelle che, un giorno, saremmo diventate donne potenti, ma mai grandi. La grandezza è un’aspirazione troppo lontana, qualcosa che non possiamo permetterci.
Lei lo diceva a noi, ma nella sua voce riuscivo chiaramente ad intendere una brama repressa da anni, un desiderio incallito e marcio di diventare qualcosa che non sarebbe mai potuta essere. Per colmare quell’insoddisfazione, disilludeva noi. Tipico.
Ma l’ambizione non è mai stata nei miei, di desideri.
Tu vuoi essere potente perché credi che voglia dire essere grande, gli uomini bramano la ricchezza perché vogliono ottenere la fama, le donne desiderano la bellezza e la giovinezza perché credono che in tal modo verranno amate.
Tutto porta a qualcosa, ogni causa è mascherata da effetto, ed io sono sempre stata immune a simili tipi di inganni.
Volevo solo una cosa e quando l’ho avuta, l’ho distrutta.
L’unica brama alla quale io abbia mai ceduto, mi ha lasciato vuota, avvelenata, senza vita.
Questo è stato il più grande errore che io abbia mai compiuto.
Dovresti smettere di alimentare i tuoi desideri, perché, alla fine, ti ritroverai svuotato anche tu – gli disse accarezzandogli la guancia rasposa.
Egli la prese e gliela baciò con lentezza. – Cosa farei senza di te? Sento che se tu dovessi abbandonarmi un domani, la mia vita finirebbe.
In questo momento mi sento fragile come non mi sono mai sentito.
Sto cominciando a chiedermi se la mia corte, se i miei uomini mi siano davvero fedeli, se, in realtà, non siano tutti traditori che vorrebbero solamente vedermi morto e che farebbero bene a volerlo. Proprio come è accaduto al Re Folle.
Io cosa ho fatto per loro fino ad ora? Cosa ho fatto per spingerli a combattere per me?
- Ti riferisci a qualcuno in particolare?
- Le persone di cui mi fido di più a questo mondo e alle quali affiderei la mia vita senza neanche pensarci, siete tu e ser Kylan.
Lui è al mio fianco da anni, mi assiste in ogni istante della mia vita con lealtà e grande diligenza, mi ha sempre consigliato saggiamente e ha combattuto e rischiato la vita per me in battaglia, sotto mio ordine.
Io, fino ad ora, non ho fatto altro che torturarlo mentalmente, prima trattando suo padre come uno straccio per pulirmi i piedi, poi piegando la sua volontà al mio, di volere, con degli ordini dissacranti, e, infine, testando la sua resistenza e fedeltà tramite il dolore e la perdita dei suoi affetti.
È questo che dovrebbe fare un re con un uomo tanto valoroso?
- Sono certa che egli sa quel che fa e se ha deciso di rimanerti profondamente fedele fino ad ora, ha sicuramente visto qualcosa in te che lo spinge a restare al tuo fianco.
- Ha quasi l’età per essere mio figlio, ma è sempre dieci passi avanti a me, perciò lo vedo come un fratello. Come accadrebbe con te, sento che, se lui dovesse voltarmi le spalle, ciò mi ucciderebbe.
- Non succederà. Non temere, caro.
- Sai, fin dall’inizio del mio regno, desideravo un figlio acquisito, un giovane Targaryen, sangue della stirpe prediletta e spirito di un re nato per esserlo, che rispecchiasse totalmente il mio ideale.
Ma ora che l’ho avuto, che Hoxana lo ha creato per me, sento di aver rubato qualcosa di prezioso a qualcuno. Quando lo guardo, provo soddisfazione, ma, al contempo, sento anche un immenso senso di colpa montarmi dentro. Sono arrivato al punto di desiderare che lui ritorni com’era un tempo, prima che Hoxana facesse ciò che gli ha fatto sotto mio comando. Mi illudo che lui sia normale – La guardò come se cercasse una sorta di consolazione da parte sua. – Mi sono reso conto che c’è qualcosa che non va. Ho sbagliato.
- Non ritornerà più il ragazzo che hai fatto rapire, David. Sì, hai sbagliato – gli disse accennando un sorriso amaro.
- Le tue parole dure … stanno guarendo le mie ferite in qualche modo – sussurrò baciandola. – Non ho mai mostrato la mia debolezza a nessuno.
- Potrai mostrarmi la tua debolezza tutte le volte che vuoi e io saprò accoglierla. Gli uomini che hanno l’audacia di piangere dinnanzi alla loro fragilità, sono degni di tutto l’amore e la dedizione di una donna.
- Oh, mia sposa, ti giuro che cambierò. Migliorerò, lo farò per te e per i miei fedeli, facendomi guidare dal tuo immenso giudizio – la supplicò come ad una madre, con voce instabile e appoggiando nuovamente la testa sul suo ventre.
Di fronte a tanta cieca e sofferente devozione, Bridgette rimase perplessa, riuscendo anche a provare un briciolo di compassione per quel bambino cresciuto senza la rassicurante presenza di una figura materna, oppresso da una natura vile e da un padre della più bassa specie di uomo.
- Perdona la mia stoltezza e inadeguatezza, mia eccelsa, ed io farò in modo che tu avrai tutto ciò che tu possa desiderare, finché morte non ci separi.
- E le tue brame nei confronti di Eveline Targaryen? Che mi dici di lei? – gli sussurrò ella tirandolo su.
- Mi sono dimenticato di lei nell’istante in cui tu mi hai rivolto la parola, mia regina – rispose senza alcuna ombra di dubbio.
- Bene. Se è così, dunque, ritira l’ordine di cattura nei suoi confronti – colse la palla al balzo la Greyjoy.
- Mia sposa, l’ordine di cattura serve più per evitare che ella possa aspirare a riprendere il trono che le spetta …
- È risaputo che ella non ha mai voluto regnare. Non ti ruberà il tuo trono, né il popolo la spingerà a volerlo. I suoi diritti di regnare si riducono a quelli di suo padre: Walter non ha mai sfiorato questo trono, di conseguenza, a lei non spetta nulla. Se la vuoi ancora nonostante le premesse, ciò vuol dire che la tua fissazione nei suoi confronti brucia ancora in te, viva come non mai, al contrario di ciò che affermi.
- Ritirerò l’ordine di cattura, se ciò servirà a dimostrarti che dico il vero e che quella ragazza non suscita più alcun tipo di interesse in me – affermò deciso.
- Bene – disse lei sorridendo e ripagandolo con un altro bacio. – Ora è quasi giunto il momento, mio amato: attendimi seduto su quel trono, e mi vedrai arrivare per raggiungere il tuo fianco.
 
 
Quando il momento finalmente giunse, osservò da dietro le quinte l’immensa platea composta dalle più prestigiose famiglie che alloggiavano nella capitale, sugli spalti, in sua attesa.
La decisione di far svolgere la cerimonia nell’arena edificata nel luogo in cui un tempo ergeva il maestoso Tempio di Baelor poi distrutto da Cersei Lannister, era stata condivisa di comune accordo.
Riusciva a scorgere alcuni visi da lì sotto, tutti con l’attenzione catapultata verso il centro dell’arena che avrebbe ospitato la sua incoronazione ufficiale.
Rifletté sugli eventi delle ultime ore, degli ultimi mesi, ma, in particolare sulla conversazione che aveva intrattenuto con i Superni, associata a quella dello stesso pomeriggio con David.
I fatti che avrebbero dovuto seguire, erano chiari, limpidi dinnanzi ai suoi occhi specchio del mare in tempesta.
Era sola in quello spazio di pochi metri, all’ombra dal sole cocente e dagli sguardi di tutti, in attesa del cavaliere che avrebbe dovuto scortarla oltre l’entrata dell’arena.
Dopo qualche altro minuto, venne affiancata dal giovane Marbrand.
- Sarete voi a scortarmi? – gli chiese continuando a guardare fissa dinnanzi a sé.
- Mi è stato richiesto personalmente dal re, milady.
- I palchi sono colmi anche di nobili provenienti da lontano, giunti qui appositamente per questo evento. Non mi aspettavo un affollamento simile.
- I più vecchi dicono che non si vedeva tanta gente tutta insieme dal Torneo di Harrenhal – confermò Kylan.
- Non ne riesco a comprendere il motivo, per quanto mi sforzi.
- Non hanno avuto una regina dei Sette Regni dalla morte di Cersei Lannister vent’anni fa. I sudditi vogliono conoscere quella che sarà la loro regnante d’ora in avanti.
Ella si voltò a guardarlo e lui fece lo stesso.
- Siete pronta? – le chiese porgendole il braccio.
La giovane donna rispose poggiandovi la mano e aggrappandovisi come era consuetudine.
Cominciarono a camminare in avanti, verso l’ingresso dell’arena.
- Loro hanno un piano ben preciso in mente. Mi hanno detto tutto – gli comunicò ella.
- “Loro”?
- Immagino che il vostro amico non abbia avuto ancora il tempo di dirvi nulla. Combattiamo per la stessa fazione, perciò sarà meglio che la smettiamo di scuoiarci a vicenda. Credo di aver ricevuto la conferma definitiva alle loro parole quando il mio futuro sposo mi ha rivelato cosa vi ha fatto, ser Kylan.
- I Superni non sono propriamente nostri alleati. Lo sono solo quando sono invischiati interessi finanziari.
- Credo vi convenga tenerveli stretti ugualmente. GreyShade ha bisogno di loro. Noi tutti, abbiamo bisogno di loro.
Se io, voi e gli altri seguiremo le loro indicazioni, Hoxana non costituirà più una piaga per questo mondo.
- Hoxana non è il tassello più in alto. Lei è un problema secondario.
- Una predisposizione ottima quella di puntare all’apice. Ma non vi affaticate in questo, poiché non avete nulla a cui puntare. Lo avete già raggiunto.
I due si fermarono a qualche centimetro dall’ingresso. Un altro passo, e i raggi accecanti che illuminavano l’arena li avrebbero invasi.
- Abbattere l’apice sarà più facile di quanto avessi mai sperato – continuò la Greyjoy prima di avanzare. – Io e te siamo i suoi talloni d’Achille. Noi due siamo gli unici a possedere il potere di distruggerlo. E credimi, dopo averlo scoperto, dopo ciò che ho udito da lui, in un altro universo, mi addolorerebbe esserlo.
Tieni in mente il potere che abbiamo, perché non potrebbe farlo nessun altro all’infuori di noi. Né GreyShade, né Hoxana, né Hayden, né Samwell, né i Superni, né Eveline Targaryen, né gli altri ribelli. Nessun altro – concluse guardandolo dritto negli occhi e varcando la soglia che l’avrebbe resa esposta a centinaia di persone esultanti.
Camminò da sola, in mezzo a quel deserto di terra dura e arida, guardando solamente fissa dinnanzi a sé: David, seduto sul gradito più alto della platea, un trono fatto su misura per lui, le sorrideva più raggiante che mai; alla sua destra il principe Hayden era seduto accostato dal maestoso drago dal manto avorio; gli altri componenti del consiglio disposti ai lati, innalzati rispetto al restante della folla: Sam, Xavier, Podrick, Bronn. Una sola grande figura tra loro era assente con costernante evidenza, lasciando il fianco di Hayden vuoto della slanciata presenza dalla chioma vermiglia e le iridi di titanio.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 41
*** Nel girone del demonio di Qarth ***


Nel girone del demonio di Qarth
 
Il Gran Maestro poggiò lo strumento a forma di piccola ventosa sul petto nudo del ragazzo, ascoltando il suo battito cardiaco tramite il tubicino di cui teneva l’apice attaccato al suo orecchio.
- Battito regolare – commentò il vecchio non ricevendo alcuna risposta dal principe seduto sul lettino del suo studio.
Dopo di che, ripose l’aggeggio sul tavolino e premette due dita sulla parte più alta della gola del giovane, appena sotto la mandibola, prendendo a contare mentalmente.
Passato circa un minuto, tolse le dita e parlò di nuovo. – Temperatura nella norma – disse osservando il ragazzo che continuava a rimanere in silenzio, prima di continuare. – Sembrate in ottima forma, mio principe.
- Lo sono.
- Spero capiate il motivo per il quale preferisco sottoporvi a periodici esami medici: vorrei tenere la salute del nostro futuro re sotto controllo. 
- La devozione che mostrate per la vostra professione è ammirevole – commentò il ragazzo in un modo che fece immediatamente intendere al vecchio che avesse ben compreso la reale curiosità che egli provava per il suo innaturale stato fisico.  
- Permettetemi di esporvi la mia più sincera sorpresa nel constatare che siete perfettamente in salute, ma, soprattutto, nel notare  che apparite così … lucido – terminò la frase con qualche secondo di pausa, mentre Hayden si stava rinfilando il corsetto senza aver ancora lasciato il lettino.
- Siete lucido come io non lo sono mai stato in settant’anni. Siete più lucido della maggior parte dei più brillanti studiosi e dei più capaci cavalieri che io abbia mai conosciuto. Ciò mi lascia alquanto perplesso. Credevo che dopo anni di sovrumana prigionia e sopraffazione mentale e fisica, la vostra mente, la vostra volontà, il vostro intelletto, fossero quantomeno annebbiati, se non soggiogati. Invece sembrate perfettamente consapevole, attento, “in voi”. È come … - continuò bloccandosi e perseguendo nel guardarlo mentre il giovane attendeva che terminasse la frase. - … come se foste in attesa.
A ciò, dopo circa mezz’ora in cui si trovava nel suo studio, per la prima volta, lo sguardo di Hayden si animò un minimo, come raramente accadeva. – Dopo anni rinchiuso in quel buco ho imparato ad essere molto paziente, Gran Maestro.
- Permettete un ultimo controllo?
Il principe tacque, dunque acconsentendo.
Xavier afferrò la candela che era sul tavolino e si avvicinò di più a lui, poggiando un dito sopra e un altro sotto la palpebra di uno stesso occhio, per aprirglielo leggermente di più e avere modo di osservare quell’iride di ossidiana glaciale e spenta capace di bucare l’animo ad un solo sguardo, avvicinando la fiammella della candela e scrutando meglio quella voragine senza fondo. 
Dopo qualche secondo, si riallontanò riponendo la candela al suo posto. – Avete degli occhi davvero belli, molto particolari. Sono vostri, non è vero? Sottoposta a particolari condizioni, l’iride può anche mutare di poco il suo colore naturale.
- Sono miei. Sono sempre stati di questo colore. Per nulla differente dalla pupilla all’interno. Da bambino credevo che mia madre li avesse macchiati d’inchiostro per errore tenendomi tra le braccia da neonato, mentre era intenta a scrivere una lettera.
- Tuttavia, oltre al colore, ciò che mi ha davvero spinto a porvi una domanda simile, consiste nel fatto che sembrano inanimati nel senso anatomico del termine. In parole povere: sembra che qualcuno abbia cavato via i vostri e vi abbia posto questi.
A tale constatazione, il giovane rimase nuovamente positivamente sorpreso, e, stavolta, lo diede a vedere lievemente di più. – Potete arrivarci da solo, a quanto vedo – commentò attendendo che il vecchio formulasse un’altra ipotesi.
Xavier divenne più serio, capendo che fosse sulla giusta strada, quella che lo avrebbe sicuramente portato a scoprire un’altra nefasta verità. – Ma se dite che possedete questi occhi fin dalla nascita … ciò vuol dire che … Hoxana ha cavato i vostri occhi e poi ve li ha rimessi nelle orbite? Si è … pentita di averlo fatto …? – suppose facendo persino fatica a pronunciare quelle parole.
- Avete mai cavato gli occhi ad un paziente? Per motivi medici? – gli chiese Hayden con naturalezza, invece di fornirgli dei chiarimenti.
- No. Ho solo assistito. L’ho visto fare ad un Gran Maestro quando ero ancora un ragazzo, uno studioso apprendista alla Cittadella. La cornea del paziente era completamente sfondata a causa di un incidente.
- Com’è stato?
- Egli è svenuto a neanche metà dell’atto. Non è servito a nulla imbottirlo di latte di papavero e di altri calmanti per il dolore. È quasi morto.
- Hoxana è ossessionata dai miei occhi – disse Hayden accontentandolo. – Li amava talmente tanto, da decidere di staccarmeli di dosso per tenerseli per sé, o per metterli su Haylor, trovandone degli altri per me.
Poi, quando li ha avuti tra le mani, privati dello scintillio che ogni occhio umano possiede quando il proprietario è in vita, di quella luce invisibile che li illumina nel momento in cui sono inglobati ad un corpo, se ne è pentita. Non li trovava più meravigliosi, ma mediocri, capendo che le piacevano solo quando erano ancora miei. Così me li ha rinfilati dentro.
- Ma, dopo averli tolti una volta, non hanno più riacquistato quello scintillio vitale – terminò il vecchio, deducendone da solo il finale. - Per gli dèi del cielo, mio principe. Come fate ad essere ancora qui?
- Come avete detto poco fa, sono in attesa. La stessa attesa che mi ha permesso di sopravvivere lucidamente – concluse il ragazzo alzandosi in piedi, riallacciandosi i bottoni sul busto e uscendo dalla studio.
 
Dopo circa dieci minuti da quando Hayden aveva lasciato lo studio, Xavier udì bussare alla porta.
Riconobbe chi fosse dal suo sbattere le nocche sul legno, conoscendolo tanto accuratamente.
- Che cosa ti turba, figliolo? – gli chiese aprendo la porta.
- Hoxana vuole incontrarci tutti nelle segrete. Ora – gli rispose il Primo Cavaliere lasciando trasparire una nota nervosa nella voce.
- “Tutti”?
- Tutti – ripeté Kylan facendo intendere al vecchio Maestro che si stesse riferendo a tutti i cospiratori.
- Ti raggiungo tra un momento.
 
Pod e Bronn furono gli ultimi a scendere le scale delle segrete e a raggiungere tutti gli altri.
Hoxana li attendeva con sguardo fiero e velenoso.
- Bene, ora che l’allegra combriccola è al completo, posso informarvi riguardo ciò che vi attenderà d’ora in poi.
- Parla, Hoxana. Impiegheranno poco ad accorgersi dell’assenza dei membri più importanti della corte – la spronò Bridgette infastidita.
- Ci vorrà poco, mia regina – ribatté la rossa acida. – Nulla mi costringe ad avvertirvi riguardo ciò che accadrà a breve. Tuttavia, stavolta ho deciso di agire allo scoperto, sia per la soddisfazione che i vostri visi di cera mi procureranno, sia per giocare ad armi pari: ho inviato una lettera a Grande Inverno.
Dopo quella prima affermazione, i presenti sbiancarono.
- Ho scritto ai ribelli che se non consegneranno Eveline Targaryen spontaneamente al re, i loro amati familiari e amici Samwell Tarly, Bridgette Greyjoy, Podrick Payne e ser Bronn di Blackwater verranno smascherati dinnanzi al sovrano, il quale non avrà alcuna pietà per il loro infame tradimento – li informò la qarthiana facendo appena in tempo a terminare l’ultima frase, che uno schiaffo violento quanto quello di un uomo addestrato le fece voltare la testa completamente nel lato opposto, riuscendo anche a sbilanciarla.
Ma ella prese a ridere, pulendosi il sangue che le era cominciato a colare dalle labbra e rigirandosi. – Sei un vero portento, Greyjoy!
Bridgette fece per sganciargliene un altro, ma Sam la fermò poggiandole la mano sul braccio. – No, Bridgette. È quello che vuole – le disse.
– Che cosa ti è saltato in mente?! – recuperò con le parole la futura regina dei sette regni. – La ragazza ti ha fatto uno smacco troppo difficile da digerire, Hoxana?? Cos’è, all’improvviso, hai paura delle streghe??
A ciò, la qarthiana le si avvicinò fulminandola. – Quella sporca cagna che pretende di spaccare la terra in due dopo aver imparato due formule magiche, non può niente contro di me.
- Il fatto che ti bruci il culo perché le persone hanno cominciato a parlare di lei, non riguarda la nostra cospirazione – commentò Bronn particolarmente seccato.
- La nostra cospirazione che, tra l’altro, avvantaggia anche te, se non erro – si riagganciò a lui Podrick.
Un’altra risata gloriosa si innalzò dalla rossa. – Miei arditi compagni! Sono delusa e impietosita dai vostri blandi tentativi di mantenere il controllo e aggrapparvi a qualcosa che non sia la paura che vi sta divorando vivi! – esclamò guardandoli uno per uno. – Sono certa che la valorosa Eveline farà la cosa giusta, pur di non vedere i suoi cari sterminati a causa sua.
- Sei disgustosa – commentò Xavier crudo, all’improvviso, attirando l’attenzione di tutti.
- Lo prendo come un complimento da parte tua, mio Gran Maestro – rispose Hoxana, per poi posare lo sguardo sull’unico che non aveva ancora pronunciato parola da quando ella aveva divulgato la notizia che li aveva tanto allibiti. Kylan la guardava con un’espressione indecifrabile.
- E tu non dici niente, raggio di sole? – gli chiese ella avvicinandosi. - Non ti domandi perché io abbia deciso di salvarti il culo, scegliendo di non rivelare il tuo coinvolgimento nella cospirazione al re, in caso di rifiuto da parte di Eveline di acconsentire ai miei accordi?
- Vuoi usarmi – dedusse lui.
- Anche, perciò rilassati, tesoro, poiché avrai la testa attaccata al collo ancora per un bel po’.
Sai, non mi è piaciuto affatto quello scherzetto con il bastardo Crakehall, tempo fa. Mi hai fatta innervosire e adirare parecchio. La punizione peggiore l’avrai tu quando osserverai impotente i tuoi fedeli amici e alleati trucidati nelle modalità peggiori che più aggraderanno la natura perversa del re, senza che tu possa reagire, opporti, o fare qualsiasi cosa per impedirlo. 
Abbiamo cominciato insieme e finiremo insieme.
 Inoltre sì, ti userò per persuadere David come più mi aggrada, considerando che pende dalle tue labbra e da quelle della puttana infanticida. Lo condurrai a fare ciò che io comanderò e se non lo farai, l'unico padre che ti rimane morirà di una morte lenta e violenta – disse rivolgendo poi lo sguardo al vecchio Maestro.
In seguito, voltò loro le spalle, dirigendosi verso le scalinate. – I giochi sono appena iniziati, amici miei: vincete o morite – concluse prendendo a salire le scale, lasciandoli soli nelle segrete.
Dopo qualche minuto di silenzio generale, il giovane Marbrand prese la parola. – La conosco e non manterrà la promessa: svelerà il vostro tradimento a David sia che Eveline si consegni, sia che non lo faccia – li avvertì.
- Ma Eveline non lo sa – commentò Pod.
- E sicuramente deciderà di consegnarsi pur di non metterci in pericolo. Conosco bene mia cugina – aggiunse Sam.
- Ci rimane un’unica alternativa: dobbiamo affrettare i tempi. Uccideremo il demonio di Qarth prima che sveli il nostro tradimento a David e che Eveline giunga ad Approdo del re – disse categorica la Greyjoy.
- Ucciderla? Con chi stavi programmando di uccidere quel pandemonio genocida con le sembianze da donna?? – le chiese Bronn esprimendo la sorpresa di quasi tutti i presenti.
- I Superni mi hanno detto di avere un piano per ucciderla da molto tempo. Stanno attendendo solo il momento giusto e hanno chiesto la mia collaborazione che, ovviamente, non ho negato.
- Per quale accidenti di motivo finiamo sempre per parlare di quei maledetti qarthiani?? Siamo circondati! – commentò il mercenario.
- Potrebbe funzionare – intervenne Kylan, guadagnandosi delle occhiate dubbiose dagli altri. – Io sono il primo a diffidare di loro, ma, devo ammettere, che non abbiamo molte alternative. Loro sono pur sempre nostri alleati, o meglio, dei Fantasmi, nella teoria. GreyShade non può perdere tutti questi alleati interni alla corte in una sola volta. Inoltre, anche se mi costa ammetterlo, tutto ciò che hanno fatto finora, per quanto discutibile, è andato a nostro vantaggio: hanno rivelato a Lorraine e a Xavier che io e Sam fossimo cospiratori della corona, e, non a caso, loro sono sempre stati degli amici fidati che hanno giovato alla causa, Lorraine uccidendo Lukell prima che svelasse il nostro tradimento a David, e Xavier aiutandoci in ogni modo possibile sin d’ora; ed ora si sono affidati a Bridgette per avere un vantaggio su Hoxana, la quale è dalla nostra stessa parte, fin dall’inizio.
- Effettivamente, riflettendoci, i Superni conoscono Hoxana fin dalla sua giovinezza, dato che ella l’ha trascorsa a Qarth. Sanno quali sono i suoi punti deboli, riescono a metterla in difficoltà – lo sostenne Sam.
- Anche se questi Superni avessero la chiave per uccidere Hoxana, non dobbiamo dimenticarci che ciò richiederebbe un enorme impegno da parte nostra. Stiamo parlando di una donna come non ne sono mai esistite: più potente di una strega, con delle conoscenze che farebbero invidia ad una divinità, notevolmente forte, scaltra, attenta e, soprattutto, crudele. Ella è quasi impossibile da avvicinare e da condurre in trappola. Perciò, se vogliamo davvero provare ad ingannare il demonio e cancellare la sua traccia dalla faccia della terra, avremo bisogno di tutto l’aiuto e la concentrazione possibile. Se siamo realmente disposti a rischiare la vita nel tentativo, prima ancora che questa guerra abbia davvero avuto inizio, io sono il primo ad essere con voi – parlò con sicurezza Pod.
- Dirò ai Superni di incontrarci in un posto sicuro più tardi – confermò decisa la Greyjoy.
- Non ce ne è bisogno, mia cara – intervenne una voce melliflua dalle scalinate.
Askarx, Mhunaer e Niraij li avevano raggiunti nelle segrete, silenziosi come animali striscianti, come al solito.
- Ci chiedevamo dove foste finiti – continuò Askarx finendo di scendere le scale e avvicinandosi a loro.
- “Coloro che apparivano al solo venire nominati”, benvenuti – li accolse Bronn, non riuscendo a rinunciare completamente al suo sarcasmo neanche in momenti come quelli.
- Nessuno viene nelle segrete di giorno. Possiamo rimanere qui ad accordarci, per il momento – li informò Sam.
- Sappiamo della lettera di Hoxana – ruppe il ghiaccio Mhunaer.
- Deduco che abbiate deciso di affidarvi a noi nell’uccidere la nostra compatriota, considerando come stiano le cose. La nostra splendida Bridgette deve avervi informati riguardo il nostro intento – aggiunse Askarx.
- La splendida ci ha accennato qualcosa, sì – rispose Xavier. – Ma vorremo qualche dettaglio in più da voi, cortesemente – continuò il vecchio.
- Abbiamo un asso nella manica – non fece attendere la risposta Niraij.
- Ma, prima, dobbiamo valutare adeguatamente gli strumenti che abbiamo in linea generale. Se vogliamo collaborare in ciò, siamo disposti ad udire le vostre considerazioni. Prego, parlate – li incoraggiò Askarx.
Tuttavia, prima che qualcuno potesse prendere la parola, si udì un suono proveniente dall’esterno, un avvertimento molto difficile da confondere, in particolare per il Primo Cavaliere.
- Stanno attaccando la capitale! – esclamò il giovane Marbrand.
- I Fantasmi? – chiese Bridgette.
- No, la situazione non è tanto grave, ma neanche trascurabile. Si tratta sicuramente di un gruppo di ribelli che minacciano di attaccare la capitale da circa un mese, sostenitori dei Fantasmi. Devo andare in prima linea con i miei uomini – spiegò Kylan affrettandosi nel raggiungere le scalinate.
- Io dovrò essere presente per curare i feriti – commentò Xavier facendo lo stesso.
A ciò, Askarx si voltò a guardare Sam. – Va’ anche tu, caro allievo. Sappiamo che due persone che ti sono molto a cuore vivono proprio dove si sta tenendo l’attacco alla capitale. Raggiungi la tua famiglia – lo incoraggiò il Superno mostrando una punta di sincero affetto nella voce.
- Grazie, miei maestri! – li ringraziò accorato il giovane Tarly, seguendo gli altri due.
- Saremo costretti a fare a meno della vostra presenza quando metteremo in atto il piano per uccidere Hoxana – disse loro Mhunaer guardandoli mentre risalivano le scale.
A quelle parole, Kylan si fermò e lo guardò a sua volta. – Se doveste averne bisogno, per qualsiasi cosa, non esitate ad includerci quando procederete – rispose.
Bridgette annuì e i tre uscirono definitivamente dalle segrete.
Dopo qualche attimo di silenzio, la Greyjoy prese la parola. – L’unico modo per distruggerla è colpire ciò a cui tiene di più al mondo.
- L’unico a cui tiene: Hayden – specificò Pod.
- Ma toccare il ragazzo è fuori discussione – disse Bronn.
- Potremmo comunque farle credere di averlo assassinato – propose Askarx.
- Con la collaborazione di Hayden, farle credere una cosa simile sarebbe un gioco da ragazzi – intervenne Bridgette. – Ma non possiamo coinvolgerlo per nessun motivo al mondo. Hayden è imprevedibile e rischieremmo di morire nel peggiore dei modi possibili ancora prima di aver cominciato.
- È inevitabile: dobbiamo agire senza l’intervento del principe – confermò Niraij.
- Forse alcune conoscenze che sono riuscito ad ottenere grazie al mio lungo addestramento per divenire un valido Maestro dei Sussurri, potranno essere utili – disse Pod.
- Vi ascoltiamo – gli rispose Mhunaer.
- Ho avuto modo di udire alcune conversazioni private tra Hoxana ed Hayden, grazie alle quali, ho scoperto un’informazione molto interessante. Come ben sapete, sia Hayden che Haylor sono immortali. Non esiste un modo per uccidere Hayden, tuttavia, uno per uccidere Haylor c’è: uccidere Hayden.
- Ciò ci riporta al punto di partenza – commentò Mhunaer seccato.
- Seguite il mio ragionamento, ve ne prego: se Hayden muore, Haylor muore di conseguenza, al cento per cento. Non è molto difficile da credere, se vi riflettete su: Haylor è nato dagli “scarti” di Hayden, esiste grazie a lui e il loro sangue è indissolubilmente legato. Ma, mentre Haylor dipende totalmente da Hayden, per Hayden non è lo stesso.
- Qual è il punto? – chiese Bronn confuso.
- Che se troviamo il modo di farle credere, dunque mostrarle, Haylor morto, Hoxana avrà la sicurezza insindacabile che sia morto anche Hayden, dato che non esiste altro modo per assassinare Haylor. Non avrebbe bisogno di vedere il corpo di Hayden come dimostrazione, lo saprebbe e basta. Conclusione: non coinvolgeremmo Hayden – dedusse Bridgette.
- Ma coinvolgeremmo un drago, per gli inferi in terra! – imprecò Bronn.
- Credetemi, ser Bronn: ritengo sia molto meglio rischiare di coinvolgere il drago piuttosto che il suo padrone – commentò Askarx.
- Ma rimane ugualmente il quesito maggiore: come dovremmo far apparire un drago immortale morto davanti ai suoi occhi, rendendolo credibile? Potrebbe esserci utile la magia degli Eterni. Nonostante non siamo esattamente in buoni rapporti con i più famosi e potenti stregoni della nostra città, potremmo comunque provare ad affidarci alla loro magia – propose Niraij.
- Senza offesa, mio signore, ma credo che neanche i vostri Eterni siano in grado di arrivare a tanto. Tuttavia, fortunatamente, io potrei esservi nuovamente utile – riprese la parola Pod. – Sono riuscito a scoprire come Hoxana sia stata in grado di avvelenare e paralizzare un drago della stazza di Drogon: alito di estraneo. Un tipo di magia che supera persino le conoscenze degli stregoni della vostra Qarth.
- Come possiamo procurarcelo?? – chiese Bridgette.
- Non servirà affaticarci troppo: lo abbiamo già – rispose Bronn con un ghigno soddisfatto in volto. – Siamo riusciti a rubarlo dalla “stanza degli orrori” di Hoxana.
- Siete pieni di risorse, miei diletti – commentò meravigliato Askarx.
- Ma siamo certi che funzioni su una creatura immortale? – domandò la Greyjoy.
- Io ero presente durante la Battaglia Finale, compagni – disse Pod. – Ho visto un drago trasformarsi in un non – morto dinnanzi ai miei occhi. Anche dopo che la battaglia più famosa degli ultimi secoli si è conclusa, sono rimasto nell’estremo Nord per cercare indizi, per studiare più da vicino ciò che era realmente accaduto e che era infinitamente superiore ad ogni conoscenza umana.
Ho analizzato il liquido nel quale è stato infuso l’alito di estraneo e ho realizzato che, se somministrato a dosi molto abbondanti, sarebbe in grado di provocare lo stesso effetto che era capace di generare l’arma impugnata dal Re della Notte: rendere un drago un non – morto. Quel potere è impossibile da contrastare, persino per le tecniche utilizzate da una come Hoxana. Se non ucciderà Haylor, almeno lo metterà fuori gioco per un po’, rendendogli impossibile rigenerarsi – concluse il Maestro dei Sussurri.
- Come ci avviciniamo ad Haylor senza che Hayden lo sappia dato che quel drago gli sta continuamente alle calcagna? – chiese Bronn.
- Di quello me ne occupo io. Troverò un modo – disse Bridgette assumendosene la responsabilità.
- Tutto ciò potrebbe non bastare per ingannare Hoxana – riprese a parlare Askarx. – Per essere sicuri di abbassarle ogni difesa e di renderla totalmente inerme, serviamo noi.
- Oltre ciò, rimane un consistente ostacolo: Hayden non può morire. Come giustificheremmo la morte di Hayden, che a sua volta ha provocato quella di Haylor? – domandò Pod.
- Noi Superni abbiamo avuto modo di parlare con i genitori di Hoxana e di informarci riguardo la sua infanzia e adolescenza – aggiunse Mhunaer. – Ci hanno detto che, da una certa età in poi, quando era ragazza, l’hanno scorta parlare con qualcuno, in camera sua. All’inizio credevano parlasse da sola date le manie strane della loro figlia, ma, poi, quando ella ha iniziato ad uscire di casa e a raggiungere i luoghi più remoti della città pur di parlare con quella “presenza”, hanno capito che si trattava di qualcuno o di qualcosa di reale – concluse il Superno.
- Avete mai udito parlare delle tre Madri del Dolore? – si riagganciò Askarx.
- No, mai – rispose Bridgette.
- Sono tre figure mitologiche che appartengono maggiormente al credo popolare, utilizzate per lo più per spaventare i bambini e convincerli a comportarsi bene in cambio di sonni tranquilli. Si dice siano la causa di tutti i mali del mondo. Abbiamo avuto modo di farci una cultura su queste tre divinità, appartenenti alle streghe originarie: la Mater Suspiriorum, la maggiore, portatrice di angoscia e di disperazione; la Mater Lacrimarum, la più bella, causa di tutta la tristezza e di ogni lacrima versata ; infine la Mater Tenebrarum, la più giovane e tremenda, fautrice del male peggiore al mondo.
Se loro dovessero smettere di esistere, secondo il credo, la terra sarebbe colma solamente di pace, gioia e felicità – spiegò il maggiore dei Superni.
- Da ciò che hanno udito i suoi genitori, sembra che una di loro, la Mater Tenebrarum, abbia fatto delle promesse alquanto inusuali ad Hoxana. Propositi riguardanti un futuro lontano – aggiunse Niraij.
- Nello studiare tutto ciò che concerne le tre Madri del Dolore, abbiamo scoperto che esse, talvolta, si appropriano di corpi umani per agire sul mondo. Hoxana, a quanto sappiamo, ne è a conoscenza. Tuttavia, elle si mostrano nella loro vera essenza solo a chi desiderano, a chi lo merita, o a coloro che possiedono un potere tanto grande da essere capaci di evocarle nella loro reale forma divina. Nei primi due casi, quando qualcuno non è più degno di vederle nella loro natura pura, cominciando a mostrarsi ad esso solo tramite sembianze umane, corporee, possedendo corpi a loro scelta, disonorando l’essere umano che ha perduto la loro “grazia” – terminò Mhunaer.
- Tutto ciò servirà per giustificare la morte di Hayden, dunque – ragionò Pod. - Solo una divinità può assassinare un immortale – concluse.
- Le faremo credere di aver perso il favore della Mater Tenebrarum, la quale, per punirla, le ha strappato via la sua più grande opera – affermò Bridgette con convinzione.
- Partendo da tali presupposti, noi tre possediamo tutte le conoscenze necessarie per mettere in atto un ambizioso piano che servirà a darle il colpo fatale e, al contempo, a giustificare la morte di Hayden. Vi chiediamo solo di fidarvi di noi. Lo vedrete con i vostri occhi quando verrà il momento, se avremo successo nella parte più sostanziosa che lo precederà. A tal riguardo, il vostro contributo è essenziale per lasciarla indifesa nelle nostre mani: saggio Podrick e valoroso Bronn, voi occupatevi del drago; Bridgette, cara, tu ti occuperai del drago e di attirare Hoxana in trappola, di metterla in difficoltà come sempre ti riesce eccelsamente.
- Sarà fatto.
- Siamo con voi, Superni.
 
 
 
La giovane Lannister si lasciò cadere sulla poltrona sperando che i forti dolori alla testa che non le lasciavano mai tregua ultimamente, si calmassero almeno un minimo.
Si fissò a guardare il fuoco del camino della vecchia stanza di Grande Inverno nella quale la Vecchia Nan era solita raccontare a lei e ai suoi cugini le sue storie.
- Myranda! – si sentì chiamare con vigore da una voce familiare che fece un po’ di fatica a mettere a fuoco.
Alzò i suoi bagliori verdi verso l’alto e si accorse che Davos la stava guardando preoccupato.
- Sì? Che succede?
- Ti sto chiamando da due minuti interi. Tutto bene, piccola?
- Sì, sì, sto bene. Credo solo di aver viaggiato troppo per oggi.
- Come sta succedendo sempre più spesso, a quanto vedo – le disse lui porgendole un infuso caldo e continuando a guardarla con sincera apprensione.
- Grazie – gli rispose lei accennandogli un sorriso e prendendo la tazza in mano. – Non devi preoccuparti, Davos: da quando ho imparato a viaggiare nelle mie visioni da sola, senza le direttive di Bran, sto cercando di rendermi utile il più possibile. Sto scandagliando nel passato tutto ciò che potrebbe esserci d’aiuto, ma, finora, non ho trovato molto. Ho provato anche a viaggiare spazialmente, nel presente, ma, sembra che ogni volta che io sfori il limite tra passato e presente, ciò mi prosciughi le forze e la concentrazione. Non riesco a resistere più di un’ora al giorno ad Approdo del re, per esempio. Le tempie mi bruciano e sento come se il mio corpo si dissolvesse, perdendo materialità.
- Non sono un esperto al riguardo, ma credo proprio che ciò accada perché stai eccedendo. C’è un equilibrio a tutto, bambolina. Trascorri troppo tempo nell’“altra dimensione”. Estraniarti dalla realtà non ti fa bene. Rischierai di rimanere di là, o peggio di abituarti a com’è là, diventando indifferente e asettica come è accaduto agli altri prima di te.
Myranda bevve un sorso dell’infuso e sorrise tra sè. – È quello che ci preparavi sempre anni fa. L’infuso per farci dormire senza brutti sogni.
- Esatto. Ad ogni modo, Myranda, mi prometti che cercherai di restare più tra noi? Non voglio vederti svanire da un momento all’altro …
- Devo aiutare in qualche modo, Davos, io che ne ho la capacità. Magari ora sta succedendo qualcosa che dobbiamo sapere ad Approdo, ed io me lo sto perdendo perché sono qui, debole e … inutile – disse frustrata, stringendo le dita sulla tazza.
- Servi maggiormente in forze e in te, piccola – le garantì l’uomo avvicinandosi a lei e stringendole la mano sulla sua. – Dunque, me lo prometti?
- Promesso – rispose la fanciulla accennandogli un dolce sorriso.
- Allora, come ti sembrano Müren e gli altri Greyjoy? – chiese il Cavaliere delle cipolle non avendo ancora avuto modo di porgere quella domanda alle sue nipoti dall’arrivo piuttosto recente delle truppe Greyjoy a Grande Inverno.
- Sembrano in gamba – rispose lei. – So che ti sei molto legato alla giovane principessa.
- Sì. Ella è stata in grado di togliermi di dosso il fardello che mi opprimeva da vent’anni, quello di non aver salvato Shireen. Me la ricorda moltissimo: una mente brillante e famelica, una sensibilità oltre la norma, ma costretta all’isolamento a causa di una natura che è stata crudele con lei. Ma ora, ha ottenuto la sua rivincita ed è riuscita ad emergere come merita. Sono fiero di lei e di voi, di tutto ciò che avete ottenuto e affrontato mentre eravamo lontani. Non vedevo l’ora che vi conosceste.
- Sono contenta che ella abbia avuto te, Davos. Hai un cuore puro e immenso come pochi uomini al mondo. È stata molto fortunata – gli disse sorridendogli.
A ciò, l’uomo avvicinò la mano ancora stretta della giovane alla sua guancia, baciandole il palmo.
- Mi piacerebbe conoscere anche la tanto decantata Bridgette – continuò Myranda. - Le sue sorelle Camille e Ireen non fanno altro che parlare di lei. I due maschi, Adrian e Wylem, sono molto intelligenti e anche cortesi, per ciò che ho avuto modo di notare. Theon è esattamente come ce lo avete sempre descritto: ha una volontà di ferro e una finezza di spirito guadagnata grazie alle innumerevoli disgrazie che ha vissuto. Mi rammarico che Yara non sia più in grado di viaggiare a causa del suo stato di salute.
- Purtroppo la morte di Blake l’ha completamente distrutta. Non credo si riprenderà mai.
In quel momento, i due vennero brutalmente interrotti dal richiamo allarmato di una delle guardie.
- Lady Myranda, ser Davos, la vostra presenza è urgentemente richiesta nel salone principale!
 
Eveline era seduta, con la testa chinata su una lettera.
Il suo sguardo era ciò che di più afflitto la giovane Lannister avesse mai visto al mondo.
- Non se ne parla!! – esclamò Oberyn ad Ireen Greyjoy non appena Myranda e Davos entrarono nel salone.
- Non lascerò morire mia sorella in questo modo!! – aveva replicato adirata la ragazza.
- Ed io non consegnerò mia figlia a quella maledetta bestia! – aveva ribattuto Margaery contro la Greyjoy.
- Nostra sorella è già tra le braccia di quella bestia! E la sta gestendo benissimo! – aveva dato man forte Camille alla sua consanguinea.
- Ora ascoltatemi bene, mie care fanciulle: anche io nutro un sincero affetto per Bridgette, non ho deciso di mandarla ad Approdo a fare ciò che egregiamente sta facendo per farla uccidere, ma avevo comunque messo in conto una tale possibilità. Inoltre, Sam è mio nipote, perciò sto andando contro anche ai miei affetti! – riprese Oberyn.
- Qui sono in ballo i vostri nipoti, Oberyn Martell, ma forse vi state dimenticando che Bridgette è nostra sorella!!
- Ed Eveline e Sam sono come figli per noi! Non permettetevi di insinuare che il legame che ci lega ai componenti della nostra famiglia sia inferiore al vostro! - era intervenuta con decisione Daenerys.
- Basta – aveva interrotto la faida la voce ferma di colei che era l’oggetto della discussione. Aveva staccato gli occhi dalla lettera e si era alzata in piedi, camminando e affiancando il tavolo. – Non parlate come se io non fossi presente – aggiunse.
- Qualcuno sarebbe così gentile da spiegarci che cosa sta succedendo?! - esclamò Davos richiamando l’attenzione di tutti su di sé, e facendo prendere loro coscienza che anche lui e la giovane Lannister erano entrati nel salone.
- Poco fa è giunta una lettera proveniente da Approdo – aveva risposto Varys a nome di tutti.
Myranda non gli fece neanche finire la spiegazione, che si fiondò sulla lettera abbandonata da Eveline sul tavolo, prendendo a leggerla.
Il suo volto dal bel colorito vivo e roseo divenne ceruleo, non appena terminò la lettura. – Non è possibile … - sussurrò. – Da quando il mostro che ha torturato Hayden sa della cospirazione …? Perché agisce solo ora?? – chiese sconvolta, più a se stessa che agli altri.
- Non lo sappiamo, tesoro. Sappiamo solo che sta giocando al suo gioco e vuole Eveline ad Approdo, altrimenti farà trucidare per tradimento i nomi che ha citato – le rispose Jaime.
- Se non procediamo con ordine e buon senso, non giungeremo mai ad una conclusione unanime – era improvvisamente intervenuto Adrian.
- Sono d’accordo col ragazzo – lo aveva sostenuto Varys.
- Mettendo da parte i nostri affetti e pensando solo alla nostra ribellione, dobbiamo ricordare che voi, Eveline Targaryen, siete la legittima erede al trono, figlia di Walter e l’unica che il popolo sosterrebbe nel caso in cui riuscissimo a detronizzare l’usurpatore e fosse necessario che un altro regnante governi sui sette regni temporaneamente, per ristabilire l’ordine. Se vi consegnassimo a David, lui vi ucciderebbe, troncando la dinastia. A quel punto, rimarrebbe Hayden, ma … - si bloccò il Greyjoy, cercando di trovare le parole giuste. - … oggettivamente, non sappiamo se riusciremo a riavere Hayden senza il Principe dello Strazio.
Conclusione: se accettassimo l’accordo e consegnassimo Eveline, perderemmo ogni possibilità di unificare il popolo mettendo fine ad una stirpe di eredi al trono antica di secoli.
- Adrian, si tratta di Bridgette!! Da che parte stai?! – gli inveì contro Ireen.
- Io amo nostra sorella esattamente quanto la ami tu, ma sto considerando i dati oggettivi, Ireen!
- Dobbiamo anche mettere in conto un altro fattore: lady Aemchaar potrebbe anche non rispettare il patto una volta ottenuto ciò che vuole, smascherando ugualmente il tradimento dei cospiratori che tanto ci sono a cuore. Non abbiamo la certezza che non ci stia ingannando tutti – li interruppe Varys.
- Se vogliamo esaminare i fatti nudi e crudi senza implicazioni affettive, faremo bene anche a considerare l’altra possibilità: se lasciassimo morire quattro dei più preziosi cospiratori interni alla corte, cosa accadrebbe? - diede la sua opinione Theon.
- GreyShade perderebbe degli agganci molto importanti. A quel punto, non potremmo più prendere tempo e saremmo costretti ad agire subito – concluse Müren il ragionamento di Theon. – Entrambe le ipotesi hanno altrettanti pro e contro.
- Hai ragione, mia principessa. Tuttavia, la lettera non fa il nome del Primo Cavaliere – osservò Davos leggendo e rileggendo il testo della carta. – Lui è dalla nostra parte, no? Non credo si tratti di una dimenticanza da parte di Hoxana. Se ella non lo smaschererà, continueremmo comunque ad avere lui come tramite e spia interna alla corte, in grado di comunicare informazioni essenziali ai Fantasmi e di condurre David esattamente dove ne abbiamo bisogno – aggiunse.
- Effettivamente, è strano che non faccia anche il nome di Kylan – rifletté Oberyn. – Che abbia scoperto l’identità di tutti coloro implicati nella cospirazione tranne la sua? Inoltre, i cospiratori sanno di tutto ciò? Come si stanno comportando al riguardo?
- Posso parlare? – chiese Eveline attirando l’attenzione su di sé.
- Tesoro, tutto bene? Queste sono le ore in cui devi tenere attivo l’incantesimo dei mutaforma sugli uomini della scorta, giusto? Sarai sfinita, siediti – la incoraggiò Margaery allarmata, poggiandole una mano sulla spalla.
- Sto bene, mamma – le rispose, per poi rivolgersi a tutti i presenti. – Mettendo da parte anche le considerazioni pratiche e i risvolti bellici: stiamo decidendo se sacrificare la vita di quattro persone o quella di una sola persona, miei fedeli familiari, amici e alleati. Voi avete detto che io sono la legittima erede al trono, per il mio sangue. Ma che consistenza avrebbero le vostre parole se io decidessi di non consegnarmi al re in questa situazione? Che genere di pretesa o diritto posso vantare di regnare in più di un uomo come David Crakehall? Questo è il vostro metro di giudizio? Il mio sangue?
- Tu non ti muoverai di qui, Eveline – le impose Oberyn categorico.
- Chi me lo sta ordinando? – lo affrontò la giovane rosa con durezza. - Neanche mio padre potrebbe esercitare un tale potere su di me, considerando che non sono più una bambina. Quindi, di certo non puoi permetterti tu, di farlo.   
- Sono io ad ordinartelo, nipote – le comandò Jaime. – Dato che mi trovo ad occupare la carica di comandante e generale di tutte le truppe unite alla ribellione, ho la facoltà di rimandare questa decisione a domani mattina, quando saremo tutti più calmi e riposati.
Detto ciò, la riunione terminò, e ognuno raggiunse le sue stanze.
 
Quando il cielo aveva assunto la tonalità più scura della nottata e fu certa che tutti fossero assopiti in un sonno profondo, la giovane Targaryen rubò quanti più viveri poté dalle cucine, e uscì dalla torre, raggiungendo Abigail nelle stalle e cominciando a camminare al suo fianco verso i cancelli di Grande Inverno, sacco in spalla e mantello a celare la sua figura.
Ma, non appena raggiunse le porte, trovò una figura fin troppo familiare ad attenderla.
Eveline accennò un sorriso di consapevolezza nel raggiungerla.
- Mi conosci troppo bene, Dada.
Temevo che ti avrei trovata qui.
Lasciami passare.
- Dovrai passare sul mio cadavere, Eveline – le rispose la bionda, con le braccia conserte e lo sguardo più sicuro e intenso che le avesse mai visto.
- Sai che posso farti addormentare e riportarti nella tua camera con un semplice schiocco di dita seduta stante, vero? – la minacciò la mora.
- Non lo farai?
- Come lo sai?
- Perché tu non sei così.
A ciò, la giovane rosa sospirò e posò lo sguardo sulla neve a terra. - Dada, posso atterrarti anche corpo a corpo, lo sai. Perché sei ancora qui? Andrò comunque, con o senza il tuo consenso.
- Zia Margaery ne soffrirà terribilmente.
- Lo so.
- Non puoi farci questo!! – urlò la Lannister.
- Myranda, abbassa la voce …
- Voglio che mi sentano tutti! Così ci raggiungeranno, ti trascineranno nella tua stanza, ti chiuderanno dentro e butteranno via la chiave per non farti più compiere sciocchezze simili! Sei una codarda!! Credi che questa sia la soluzione ma non lo è!
- Myranda … - la richiamò cercando di avvicinarsi a lei, ma ella la spintonò via. Cominciò a tirarle calci e pugni, mentre l’aria gelida notturna entrava nella sua gola tra un ansito e l’altro, ghiacciandole il respiro.
Alla fine, stanca dell’assenza di reazioni di Eveline, si lasciò andare contro di lei, e la più grande la abbracciò, stringendola a sé, poggiandole il mento sopra la testa boccolosa e carezzandole dolcemente la voluminosa chioma bionda.
La più piccola prese a piangere, stringendola a sua volta.
- Andrà tutto bene. Voi riavrete Sam. Mentre Ireen, Camille, Wylem, Adrian e Müren riavranno Bridgette. Tutto andrà per il meglio.
- Ho già perso mia madre ed Hayden … - disse Myranda tra un singhiozzo e l’altro. – Non posso perdere anche te …
- Ma tu non mi perderai, perché sei la mia fatina protettrice – sussurrò baciandole la testa più volte.
- Sì, lo sono … - rispose in un sibilo la Lannister stritolandola a sé fino a farle quasi male.
- Ti prometto … - le disse l’altra prendendole il viso e ponendolo esattamente di fronte al suo. - … che quando rivedrò Hayden lo riporterò indietro. Lo farò tornare da voi, costi quel che costi.
Myranda scoppiò nuovamente in lacrime, cercando di asciugarsele tutte subito dopo.
- Lo sai che c’è un altro modo. Puoi usare l’incantesimo dei mutaforma. Puoi mandare me con le tue sembianze. Ti scongiuro, Eve, manda me, non andare tu …
A quelle parole, la giovane Targaryen la osservò cercando di memorizzare ogni dettaglio di quel volto che le sarebbe mancato più di qualsiasi altro, e le sorrise ancora una volta, forse l’ultima, dolcemente, accarezzandole la guancia.
- Grazie di tutto, Myranda.
Dopo ciò, Eveline attraversò i cancelli e prese a camminare tra il bianco della neve e della nebbia dispersa nel buio, accanto ad Abigail.
- Nelle porte dell’Elm l’argento ricopre il cielo – cominciò ad intonare guardando dritta dinnanzi a sé, sottovoce ma con decisione, come fosse un canto da combattimento.
- Nelle porte dell’Elm i bambini volano insieme alla fate.
Ma nelle porte dell’Elm, in realtà, non c’è nessuno
perché il bosco dimenticato ha perduto le sue figlie.
 
 
 
 

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Capitolo 42
*** La fine del male originario ***


La fine del male originario
 
L’immagine di fronte a sé era totalmente sfocata, tanto da non riuscire a distinguerne i contorni.
La donna cercò di aprire di più le palpebre affaticate ma non vi riuscì.
Tuttavia, nonostante i suoi occhi si stessero spegnendo eternamente, insieme al suo corpo, fu in grado di scorgere una figura stagliata sulla sua visuale, intenta ad avvicinarsi lentamente a lei.  Riconobbe subito quei lunghi capelli troppo chiari per essere definiti biondi.
- Hay … - sussurrò non riuscendo a terminare di pronunciare quel nome, le corde vocali ormai definitivamente andate. – Sei … vivo … - aggiunse in un sibilo poco più che impercettibile.
A ciò, vide il ragazzo, oramai con il viso ad un soffio dal suo, annuire calmo.
Lui le posò una mano delicata sulla guancia fredda, accarezzandola.
- Sei … vivo … - ripeté la donna non riuscendo a non provare un moto di felicità provenirle da dentro nell’averlo potuto rivedere vivo ancora una volta, dinnanzi a lei, nonostante le circostanze.
Il ragazzo le fece segno di non parlare e le accennò un lieve sorriso, mentre la sua mano a contatto con la guancia della donna si bagnava di sangue, quasi dello stesso colore delle folte ciocche che le cadevano in avanti, nascondendo la sua pelle innaturalmente pallida.
- Ho desiderato così tante volte – disse il principe non completando la frase, lasciando la morente in attesa del continuo, prima che la morte la trascinasse definitivamente con sé.
- Ho desiderato così tante volte vederti morire, nel peggiore dei modi, con tutto me stesso, tanto ardentemente, da essere disposto a vendermi l’anima in cambio.
Il tono di voce del giovane era spaventosamente calmo mentre continuava a guardarla ad un millimetro dal suo volto, con la mano sempre più zuppa di sangue colato dalla ferita della donna.
- Ma ora … ora, ciò mi resta totalmente indifferente.
Concluse baciandole la fronte mentre ella emetteva il suo ultimo respiro.
 
- QUATTRO ORE PRIMA -
 
- Dunque, siamo totalmente certi che il re non torni prima del previsto? – chiese Pod camminando a fianco alla futura regina nella sala del trono.
- Conosco David, è partito questa mattina e di certo non tornerà prima di domani: quando si tratta dei Fantasmi esce di sé e non vuole sentire ragioni. Questa storia di GreyShade lo sta divorando dall’interno. Si è messo in testa che vuole trovarlo in prima persona per avere l’ebbrezza di vederlo catturato davanti ai suoi occhi, e non cesserà questa opera di ricerca estenuante fin quando non lo avrà trovato. Ha iniziato oggi ad unirsi ai gruppi di ricerca, dagli tempo una settimana massimo, e si renderà conto che non può andare avanti così, facendo stancare le sue truppe a questi ritmi e per nulla – rispose Bridgette.
- Siamo fortunati ad avere tutta la struttura a nostra disposizione. Kylan ha fatto un ottimo lavoro incaricando di rimanere a sorveglianza della Fortezza Rossa appositamente i soldati del Nord sotto le mentite spoglie degli uomini più prodigiosi a suo servizio. Ciò non ha destato alcun sospetto in Sua Maestà, lasciandoci completamente campo libero di agire come vogliamo per mettere a frutto il nostro piano. Abbiamo atteso un’occasione del genere per settimane, e finalmente si è presentata – disse Pod fiducioso.
- Calma, Payne. La Fortezza è quasi a nostra completa disposizione, considerando che Hayden sta dormendo nelle sue stanze e Hoxana è nel suo studio. Inoltre, hai ragione, è quasi trascorso un mese da quando stiamo organizzando il piano e attendendo l’occasione giusta: spero che Eveline Targaryen non sia già sulla strada per Approdo.
- Non pensiamo a questo ora, milady, poiché, se tutto andrà per il meglio oggi, riusciremo a trovare il modo di avvertirla in tempo anche se dovesse aver quasi raggiunto la capitale.
Peccato che Kylan non sia qui con noi per darci man forte oggi, avrebbe potuto darci un aiuto prezioso.
- È il Primo cavaliere, è condannato a rimanere sempre vicino a David – gli rispose la Greyjoy, venendo interrotta da una terza voce.
- Il Crakehall lo tiene incollato a sé come una calamita, non lo molla un secondo, che i numi aiutino il mio povero ragazzo! – si elevò la voce di Xavier, il quale uscì in quel momento dalle sue stanze, raggiungendo i due.
- Gran Maestro, sei con noi oggi? – gli chiese Pod.
- Sì, per mia disgrazia. Ma non credo che potrò esservi molto d’aiuto.
- Dov’è Sam? – chiese Bridgette guardandosi intorno.
- Oggi non sarà dei nostri: dato che i suoi doveri da membro del consiglio non lo obbligano qui e che il suo contributo nel piano non è fondamentale, ha deciso di rimanere a Fondo delle Pulci, per passare del tempo prezioso con sua figlia e con Christine – spiegò Pod.
- Ed ecco la cospirazione delle meraviglie quasi al completo!! – esclamò Bronn a gran voce, annunciando la sua entrata nella Sala del Trono al fianco di alcuni tra soldati del Nord sotto mentite spoglie, facendo già pentire Xavier di aver messo piede fuori dal letto quella mattina.
- Chi manca?? Solo il gagliardo fusto biondo, il neo padre di famiglia con l’identità confusa, e i tre profeti spettri dell’al di là?? – chiese scorgendo ad uno ad uno i presenti, per poi guardarsi intorno, prima di urlare letteralmente. – Mi sentite, tronfi bastardi lassù?!?! Non sono ancora morto per vostra sfortuna, ed ora vi parlo urlando come un animale niente meno che dalla Fortezza Rossa!!! Baciatemi il culo dall’alto dei cieli, carogne!!! – urlò a gran voce, facendo risuonare l’eco potente per tutta la sala, rivolgendosi non poco velatamente a qualche divinità, sotto gli sguardi allibiti di tutti.
- Oh cielo misericordioso … Per tutte le dannate Arpie che popolano gli Inferi nei quali spero di finire piuttosto che udirti ancora una volta urlare come un rapace scuoiato, vedi di cucirti quella maledetta fogna, prima che ti infili un ago in culo! – esclamò il vecchio Maestro togliendosi una scarpa e lanciandola con tutta la violenza possibile dritta in faccia al mercenario.
- Bronn, ma sei ubriaco? – gli chiese sinceramente curiosa Bridgette, oltre che perplessa. – Hayden è quattro piano di sopra, mentre Hoxana è ad un piano sotterraneo. Datti un contegno.
- Onestamente, io, durante il sonno, non sento neanche il sussurro di una donna sdraiata nel mio stesso letto, poi, se il ragazzo ha i sensi amplificati è un'altra storia. E poi, Hoxana è troppo immersa nel suo universo parallelo di Mater, esperimenti e cavie umane, per prestare la minima attenzione a me. Ad ogni modo, mi tratterrò, non temete. Dovevo farlo come liberazione, per provare l’ebbrezza del dominio della Fortezza Rossa. Chissà come si sono sentiti Walter, Oberyn e Varys nel vivere per mesi e mesi rinchiusi in questo posto vuoto, completamente soli.
- Ti ricordo che la riuscita di questo piano determinerà anche la nostra sopravvivenza, Bronn. Cerchiamo di rimanere concentrati, per cortesia – gli impose Pod.
- Sono a vostra completa disposizione, mente, corpo ed anima – lo rassicurò mantenendo il suo tono di lieve sarcasmo. – Ho la sensazione che andrà tutto per il meglio, miei prodi compagni.
- Lady Bridgette, il migliore arciere tra noi è pronto per mettere in atto il vostro piano di debilitazione del drago – disse improvvisamente uno dei soldati vicino a Bronn.
- Esattamente, tu avevi il compito di occuparti della parte che comprendeva la debilitazione di Haylor. Che cosa hai architettato? – chiese Pod, rivolgendosi anch’esso alla Greyjoy.
- Bene, fategli attendere il mio segnale – rispose ella al soldato, per poi tornare a guardare Pod. – Ho escogitato un modo per mandare Haylor in confusione, in modo che uno dei soldati si metta in posizione a distanza nel momento in cui il drago sarà fortemente disorientato e spaesato, per poi colpirlo con la freccia inzuppata nel liquido concentrato estratto dall’alito di estraneo.
- Mia signora, siete sicura di volervi avvicinare tanto al drago per occuparvi della parte più pericolosa? Può farlo uno dei nostri. Siamo soldati esperti – le disse l’uomo cortesemente.
- So quello che faccio, ser. Solo io so come debilitarlo. Ho i miei metodi. Inoltre, serve che Haylor sia calmo e privo di sospetti quando sarà debilitato. Devo potermi avvicinare parecchio alla bestia senza che questa sospetti che io sia un pericolo per Hayden. Ora si trova davanti alle stanze di Hayden, per sorvegliarle, come al solito. Lui mi ha vista altre volte, sa che non ho mai avuto intenzione di nuocere ad Hayden, e questo è già un punto a mio vantaggio. Se riuscirò a farlo restare sereno, potrò avvicinarmi abbastanza e agire.
- Perché non volete che il nostro  arciere lo colpisca fin da subito in una posizione strategicamente nascosta, senza che voi lo disabilitiate prima?
- Perché i sensi di un drago sono molto più sviluppati, specialmente di un drago simile. Non sappiamo quali siano le sue reali caratteristiche e capacità, essendo un totale prodotto artificiale. Se percepisse di essere puntato o preso di mira anche a distanza, il piano sfumerebbe. L’arciere deve posizionarsi solamente dopo che io avrò agito. Intesi?
Il soldato annuì.
- Buona fortuna, Bridgette Greyjoy. Noi tutti ti seguiremo a distanza – esordì Askarx facendo la sua comparsa insieme agli altri Superni nella Sala del trono.
Ella rivolse loro un sorriso incoraggiante, per poi assumere un’aria tranquilla e disinteressata, fingendo egregiamente come era stata abituata a fare da sempre, cominciando a salire le quattro rampe di scale che la separavano da Haylor.
Il coraggio non mancava di certo alla primogenita di Euron Greyjoy, i presenti lo sapevano bene. Ella stava andando a rischiare la vita camminando tranquilla e spavalda come una divinità guerriera, mentre il suo smisurato fascino non faceva altro che aumentare.
Non appena raggiunse il piano nel quale si trovava il drago, avvistandolo sull’attenti dinnanzi alla porta della stanza di Hayden, camminò elegantemente verso la stanza riservata alla scrittura e alla lettura delle epistole, lasciando abilmente la porta aperta, in modo che Haylor potesse udire ogni rumore che emetteva, così da poter controllare le sue azioni.
Si mise seduta comodamente, scrisse qualcosa su una pergamena, la arrotolò con tutta la calma del mondo, poi si rialzò e uscì dalla stanza con la pergamena con sé.
La donna si avvicinò quietamente alla stanza di Hayden, dunque anche ad Haylor che continuava a guardarla apparentemente pacato.
- Hayden, tesoro …? Sono io, ho scritto la lettera che mi avevi chiesto. Vuoi leggerla per controllare che vada bene prima che richiami il corvo per inviarla? – chiese bussando piano alla porta, mantenendo un tono basso.
Ma nel momento in cui la Greyjoy avvicinò la mano alla maniglia, manifestando l’intenzione di aprire la porta nonostante l’assenza di risposta del principe, Haylor abbassò lentamente il muso verso di lei, avvicinandosi per osservarla meglio o per farle capire di andarsene.
A quel punto, agì.
La donna stappò con un rapido e unico gesto la boccettina che teneva nascosta nella tasca interna dell’abito, e la lanciò direttamente nelle iridi d’ebano e d’ametista della creatura, la quale, accecata, cominciò ad emettere versi spaventosi e ad agitarsi come un’ossessa.
Quello era il segnale.
Bridgette sapeva che, nonostante avesse accecato, e quindi gravemente disorientato Haylor, il drago non si sarebbe fermato a ciò, provando comunque ad attaccarla tramite l’uso dell’olfatto per individuarla.
Difatti, la Greyjoy, dopo aver lanciato il liquido, non esitò un solo istante a fiondarsi letteralmente per le scalinate, con il drago alle calcagna, il quale, cieco, infuriato e con la sua imponente massa, precipitò per la rampa facendola crollare completamente per i sottostanti due piani, e la giovane donna con lui.
Haylor si schiantò su uno degli enormi saloni vuoti predisposti per ricevere gli ospiti, e Bridgette poco lontana da lui, fortunatamente viva e vegeta anche se un po’ ammaccata: tramite accorgimenti astuti, ad esempio aggrappandosi alle ringhiere prima che franassero, facendosi scudo da sola e cadendo nei punti giusti, era riuscita ad evitare sia di rimanere incastrata sotto le macerie delle scalinate, sia di piombare a peso morto da due piani di altezza, scampando alla morte.
Cercando di rialzarsi in piedi nonostante le sbucciature ai polsi, alle ginocchia e in altre zone in cui il sui abito si era lacerato, la Greyjoy si voltò verso Haylor, il quale, ancora accecato e delirante nelle sue urla, si era già rialzato in piedi, cercando di individuarla, senza molto successo.
Fu in quel momento che la freccia dalla punta intersa di alito di estraneo concentrato scoccò dall’arco dell’arciere posizionato a distanza, colpendo le squame color titanio della bestia, ma senza riuscire a penetrarle.
In quell’istante, Bridgette e tutti gli altri realizzarono di aver fatto male i calcoli: se l’alito di estraneo era riuscito a perforare le squame di Drogon, ciò non voleva dire che sarebbe accaduto lo stesso con quelle di Haylor. Perché Haylor non era una creatura normale.
A ciò, i soldati e gli altri cospiratori, si mossero per accorrere in aiuto di Bridgette rimasta sola con Haylor, senza un piano preciso, ma prima che mettessero piede nella sala, la furbizia della giovane donna aveva già fatto il suo corso: la Greyjoy individuò una ferita sulla pancia del drago, provocata da un pezzo di legno di una ringhiera conficcato nelle carni, già squarciate e traboccanti di sangue purpureo che si faceva strada tra il bianco bellissimo e opaco delle squame, creando un contrasto unico, solitamente visibile solo nei più maestosi dipinti.
A quel punto, senza esitare un solo secondo, mentre il drago continuava a delirare senza vista, sputando fiamme di tanto in tanto, che andavano dissolvendosi nell’aria, la futura regina raccolse la freccia caduta a terra e corse verso il ventre della creatura, semi schiacciato contro il pavimento.
- Rischierà di rimanere schiacciata!! – esclamò Bronn nervoso, facendo per correre verso di lei, ma venendo fermato da un gesto della mano di Askarx, il quale, non avendo staccato gli occhi nemmeno per un secondo dall’intrepida tempesta dai capelli di sabbia, continuò a guardarla completamente fiducioso. – Ce la può fare – disse risoluto.
Ella corse facendosi scivolare sotto la pancia del drago e infilzò la freccia nella ferita aperta con tutta la forza che possedeva, conficcandola interamente dentro il corpo dell’animale, nonostante non fosse necessario. La spinse tutta dentro stringendo i denti con un’aggressività senza eguali.
Dopo qualche secondo, Haylor cadde lateralmente apparentemente senza vita.
Ora, quella visuale aveva davvero assunto i caratteri di un quadro dipinto da mani divine: la luce del sole entrava placida dalla finestra laterale, illuminando tutta l’imponente sala, ma, soprattutto, puntava sul grande corpo della creatura morente dall’eleganza senza pari anche in quello stato, distesa a terra, con le ali spiegate, e il sangue che contaminava il bianco accecante della sua pelle, mentre la giovane donna era ancora sdraiata di schiena, accanto al drago, con il corpo da ninfa e l’abito lungo di un cobalto scuro strappato in diversi punti, la folta e voluminosa chioma sparsa a terra che assumeva la forma delle onde di un mare mosso.
Xavier, i Superni, Bronn, Pod e i soldati corsero da lei per accertare le sue condizioni e quelle del drago.
Bridgette, dal canto suo, si alzò in posizione seduta, voltando lo sguardo verso Haylor, allungando una mano per toccarlo. Non erano dure come la roccia come le aveva immaginate quelle squame, bensì lisce e gradevoli al tatto. – È bellissimo … - sussurrò continuando a guardarlo e ad accarezzarlo.
- Cos’era quell’intruglio che hai usato per accecarlo? – le chiese improvvisamente Pod porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
A ciò, ella la afferrò e si rimise in piedi, rispondendogli mentre continuava a guardare la creatura. – Un veleno molto potente.
- Come lo hai reperito?
- L’ho usato in passato per uccidere dei bambini – rispose lei voltandosi a guardarlo.
Dopo qualche attimo di silenzio, Pod parlò ancora. – Sei molto abile. Sono rimasto sorpreso.
- Da piccola io facevo parte dei tanti uccellini che solitamente aiutano voi Maestri dei Sussurri per i vostri comodi – altra risposta decisa che spiazzò Pod.
- Quando si uccidono dei bambini bisogna avere molta pazienza – continuò accarezzando ancora il drago. – Sembra più facile togliere la vita a delle creature tanto giovani, ma, in realtà, è più complesso. Loro hanno un’energia dentro che supera milioni di volte la nostra: non si arrendono subito, lottano, il loro corpo e la loro mente lottano fino alla fine. Si muovono continuamente, strillano e piangono sino a che non spirano, per ricordarti che non hai mai fatto cosa più difficile al mondo, di ucciderli. Se non hai la giusta pazienza, forzando la mano, accompagnandoli nella morte istante per istante, con decisione, fino all’ultimo secondo,  loro sopravvivono, e vincono.
Pod giurò di non aver mai visto in vita sua sguardo più doloroso di quello che ora avvolgeva il viso della Greyjoy, facendogli anche comprendere come mai avesse insistito tanto e fino all’ultimo con Haylor, fermandosi solamente quando lo aveva visto disteso e immobile. Sicuramente tutta quella assurda situazione le aveva fatto riaffiorare alla sua memoria quei ricordi che aveva tanto provato a seppellire.
- Ma il passato è passato – intervenne nel discorso Askarx, posando una mano rassicurante sulla spalla di Bridgette.
- Dovremo giustificare tutto questo trambusto al re quando ritornerà - osservò uno dei soldati guardando le due scalinate completamente crollate e distrutte.
- Dovremo anche  giustificare questo – aggiunse Bronn alzando un braccio della futura regina, solo uno degli arti colmi di contusioni.
- A quello ci penso io – intervenne Xavier.
- Tutto ciò non è importante ora – richiamò l’attenzione la Greyjoy. – La prima parte del piano è riuscita, d’accordo, ma manca ancora quella più ardua. Presto, andate! Hoxana avrà sentito il tumulto e a breve sarà qui! – si impose la donna, vedendoli eseguire le sue indicazioni, rimanendo sola in mezzo alla sala, mentre i Superni si presero solo qualche secondo per guardarla concordi sul loro intervento, prima di seguire gli altri.
Dopo alcuni minuti che parvero eterni, si udì il tonfo di una porta sigillata aprirsi.
Hoxana percorse tre rampe di scale di corsa, fino a quando non giunse nella sala in cui si trovavano Bridgette ed Haylor, ed impietrì accanto alla porta.
Davanti ai suoi occhi apparve Bridgette semi sdraiata a terra, con i vestiti strappati, ferita e in lacrime, mentre, esattamente accanto a lei, svettava imponente e in mezzo alla sala, il corpo immobile di una delle sue due migliori creazioni. Accanto a lui una pozza di sangue e le due rampe di scale dei piani superiori crollate.
La qarthiana impiegò un bel po’ per ritrovare la facoltà di muovere i muscoli e, senza aver ancora razionalizzato l’immagine dinnanzi a sé, per cominciare a camminare verso i due. – Che diavolo è successo qui?!? – chiese con gli occhi fissi sul drago.
- Te lo stai chiedendo davvero, dannata iena?! – le urlò contro Bridgette in lacrime, cercando di rialzarsi in piedi.
Hoxana la guardò sconvolta. – Che cosa è successo, Greyjoy? Rispondimi!!! Perché il mio drago è a terra???
- È morto, dannato demonio!! – le rispose alzandosi finalmente in piedi.
- Che diamine stai blaterando?? Lui non può morire – disse Hoxana sorridendo fiduciosa, quasi impietosita dallo stato in cui versava la futura regina, avvicinandosi ad Haylor e appoggiando una mano sotto al muso accasciato, per sentire il suo battito.
Un urlo atroce e inumano invase l’intera sala, rimbombando fino all’esterno, non appena la donna si accorse che la creatura non mostrasse più alcun singolo segno di vita.
- Lui non può morire … lui non può morire!!! – strillò ancora, indietreggiando. – L’unico modo per ucciderlo … è uccidere anche Hayden. Ed Hayden non può morire. L’ho creato immortale appositamente perché niente e nessuno potesse portarmelo via … - disse a scatti, con gli occhi sgranati e stralunati, le iridi chiarissime fisse e vuote, la voce rotta e irriconoscibile.
L’avevano finalmente punta sul vivo.
- Se è davvero così, puoi star sicura che li hai perduti entrambi davvero, maledetta … - disse Bridgette tra un singhiozzo e l’altro, il viso ancora più addolorato e la voce che non voleva uscirle dalla gola, ad indicazione che ciò che stava per dire, la stava facendo soffrire smisuratamente.
Hoxana restò in attesa che parlasse.
- Ero nella stanza dedicata agli scambi epistolari, vicino alla camera di Hayden e … ad un tratto, ho udito un rumore provenire dalla sua stanza … - la voce sempre più spezzata dalle lacrime. – Sono corsa a controllare e … ho trovato i tre ratti tuoi consanguinei radunati intorno al letto di Hayden … l’hanno ucciso nel sonno.
- No …
- … Mi sono fiondata su di lui, e il suo corpo era freddo e duro come il marmo, gli occhi aperti e vitrei … - disse scoppiando di nuovo in lacrime e coprendosi il viso.
- No … nessun essere umano sarebbe mai in grado di ucciderlo … l’ho creato immune. L’ho creato immortale.
- Oh, ma non erano umani … non erano davvero loro … mi hanno guardata e uno di loro ha parlato. Ha detto di essere la fonte di ogni dolore presente a questo mondo. Ha detto di aver preso le sembianze dei Superni insieme alle sue due sorelle. Ha detto che tu le conosci. Le conosci bene. Ha detto che hanno deciso di togliertelo e che, il vostro patto, è sciolto …
La qarthiana gelò completamente.
- Tu hai ucciso quel povero ragazzo … ! Qualsiasi cosa tu abbia fatto a quelle creature ultraterrene, si è rivoltato contro di te, serpe!! Hayden non meritava tutto questo!!
- Devo vederlo – disse in un soffio Hoxana dirigendosi verso le scalinate crollate, che le ostacolavano il cammino.
- Davanti a te c’è Haylor morto, Hoxana!! Se quello che hai detto poco fa è vero, dovrebbe più che bastarti come certezza! Il drago è crollato morto poco dopo che quei mostri hanno ucciso Hayden! Appena sono uscita dalla stanza e mi sono avvicinata, è piombato giù dalle scalinate, distruggendole completamente e trascinando me con lui nella caduta! Ora sei soddisfatta?? Sei soddisfatta di ciò che hai fatto??? – le urlò contro.
- Sta’ zitta!!! – rispose la qarthiana spingendola selvaggiamente a terra e afferrandosi le ciocche rosse con le dita, stringendole e tirandole, mentre respirava ansante.
L’avevano disarmata. Ora, era il momento di attaccarla definitivamente.
Trascorse qualche minuto in cui lo stato di delirio di Hoxana sembrava solamente aumentare.
- Che cosa hanno detto …? – chiese a bassissima voce. – Che cos’altro ti hanno detto, riguardo al patto …?
- Che riguardava un progetto futuro, un’epoca chiamata “Età del Ferro”.
Un altro colpo al cuore colpì Hoxana in pieno, la quale indietreggiò ancora, volgendo gli occhi spaventosi, spalancati e fissi sulla Greyjoy.
- È colpa tua!! – urlò Bridgette rialzandosi in piedi e avvicinandosi ad ella come una predatrice affamata.
La qarthiana si abbassò a terra, con la testa tra le mani e lo sguardo perso.
- Alzati, “sorella” – il tono di scherno e arido come una roccia nel deserto, era ben riconoscibile e capace di far accapponare la pelle alla rossa, nonostante la voce fosse ben diversa, maschile, ed appartenente ad un ometto che conosceva bene.
Askarx, Mhunaer e Niraij fecero il loro ingresso nella sala, camminando decisi come le tre dee che Hoxana credeva avessero preso possesso di quei corpi.
- Perché vi mostrate a me così …? Che torto ti ho causato, sorella??? Perché mi hai portato via ciò che era divenuto lo scopo e il fondamento della mia vita??? Che ne è del nostro patto, Mater Tenebrarum?!? – alzò la voce contro i tre. – Non puoi essere davvero tu! – esclamò contro Askarx.
A ciò, per darle ulteriore conferma, i volti dei tre cominciarono a cambiare consistenza e sembianze continuamente, come in uno spettacolo stregonesco e conturbante, disabilitando sia Hoxana dinnanzi a loro, che Bridgette che li guardava a distanza.
Tutti e tre contemporaneamente, continuavano a cambiare volto rimanendo immobili e sorridendo, esattamente come avrebbero fatto degli Uomini Senza Volto togliendosi continuamente maschere umane su maschere umane, ma loro riuscivano nell’intento senza l’uso delle mani.
Alternavano visi di bambini, vecchi, ragazzi, fanciulle, donne e uomini di ogni provenienza ed ed età, fin quando il terribile sipario non terminò.
- Ora, credi alle mie parole, Hoxana Aemchaar? Noi possiamo essere chi vogliamo e assumere le sembianze di qualsiasi essere umano, lo sai bene – le disse Askarx avvicinandosi.
- Perché continui a farci perdere la pazienza? – gli diede man forte Mhunaer.
Hoxana cadde nuovamente in ginocchio, fissandoli senza più ricordare come respirare.
- Perché me lo hai portato via, Mater Tenebrarum? Perché …? – ebbe solo la forza di chiedere, in un sibilo spezzato. – Io ero la tua promessa … io ero la tua servitrice più fedele …
A ciò, Askarx si avvicinò ancora ad essa, le spostò qualche invadente ciocca di capelli che le copriva l’orecchio e le sussurrò al suo interno. – Sei andata troppo oltre, Hoxana. Hai superato il limite. Quale dea ha bisogno di una servitrice irriverente? Il progresso del mondo avrà luogo anche senza di te e dei tuoi assurdi esperimenti blasfemi. Non vedrai nulla di ciò che ti ho promesso avverrà. Ricordalo. La sofferenza genera sofferenza. Il dolore dolore. Ed io, mia cara, non ho mai desiderato una sola volta, qualcosa di diverso dal vederti sprofondare nell’eterna e cieca disperazione – terminò dandole il colpo di grazia tramite quelle parole, e riallontanandosi.
- Ti offriamo l’unico e solo privilegio che meriti: quello di porre fine alla tua vita autonomamente. Oramai, non ti è rimasto più nulla.
A ciò, con le lacrime che per la prima volta solcavano il suo viso di pietra, Hoxana, con le mani tremanti, afferrò l’arma che i tre le porsero.
Ma non ebbe il tempo di usarla che Bridgette la raggiunse, nuovamente, le si pose davanti e la pugnalò al ventre senza attendere un secondo in più, guardandola negli occhi mentre la sua bocca si spalancava di dolore e sorpresa, incapace di emettere suoni.
- Non merita un simile privilegio – affermò secca la Greyjoy, affondando ancor di più la lama nell’addome della qarthiana, vedendola precipitare a terra e sbattere forte la fronte nel pavimento gelido, provocandosi una ferita sanguinante accanto all’attaccatura dei capelli.
Fu solo in quel momento, che Hayden fece il suo ingresso all’interno della sala, lasciando i presenti sorpresi, spingendoli e fargli largo durante il suo lento cammino verso la causa di tutte le sue disgrazie.
Non appena il ragazzo la raggiunse e questa, con le ultime forze rimastele, riuscì a stento a manifestare la sua ultima gioia nello scoprirlo ancora vivo insieme alla frustrazione nell’essere morta invano e ingannata, lui le andò tanto vicino da far sfiorare i loro due volti, pronunciandole delle parole che Bridgette e i Superni non dimenticarono mai.
Hoxana non le avrebbe dimenticate neanche dopo la morte.
- Ho desiderato così tante volte vederti morire, nel peggiore dei modi, con tutto me stesso, tanto ardentemente, da essere disposto a vendermi l’anima in cambio.
Ma ora … ora, ciò mi resta totalmente indifferente.
Dopo di che, le diede un bacio sulla fronte e si rialzò in piedi, distogliendo l’attenzione da lei, mentre ella spirava.
Calò il silenzio totale nella sala.
- Hayden … - si azzardò a richiamarlo Bridgette.
-Avete coraggio, devo ammetterlo – disse il principe posando lo sguardo sul corpo steso di Haylor. – Coraggio e perfidia.
- Questo era l’unico modo che ci permettesse di ucciderla senza sacrificare vite – intervenne Askarx.
- L’unico? – gli rispose Hayden volgendo le sue biglie d’ossidiana su di lui. – Non avrebbe abboccato al veleno sciolto dentro un bicchiere d’acqua, ma una freccia scoccata a distanza quando meno se l’aspettava, mentre era distratta, l’avrebbe per lo meno ferita e lasciata a vostra disposizione per assassinarla, nonostante, probabilmente, non sareste sopravvissuti tutti.
Quello che avete fatto è diabolico. Diabolica vendetta – continuò il giovane.
In quel momento, fecero il loro ingresso nella sala anche tutti gli altri alleati, i quali, non appena individuarono Hayden lì in mezzo, si premurarono di restare a debita distanza.
- Mio principe, intendete dire al re ciò che è accaduto o manterrete il segreto? – gli chiese con riverenza Xavier.
- Il destino delle vostre vite è totalmente irrilevante per me. Potreste morire o continuare la vostra recita, ciò non mi recherebbe alcuna sorta di vantaggio o svantaggio attualmente – annunciò il principe, facendo intendere loro implicitamente, che non avrebbe rivelato la verità al re, dato che era una questione che non lo toccava minimamente.
- Tuttavia, nonostante la gioia derivata dalla riuscita del nostro piano, un dubbio mi sta tartassando la mente: Hoxana aveva davvero un accordo con questa Mater Tenebrarum. Abbiamo assassinato la stretta complice di una divinità. Ella cosa ne farà di noi quando lo scoprirà? – chiese Pod.
- La Mater Tenebrarum non vi farà nulla – rispose Hayden.
- Ne siete sicuro? – gli chiese Xavier.
- Ella scalpita e gioisce fremente come un’ossessa quando sente anche solo l’odore di violenza, malignità, morte e guerra. Quest’atto verso una sua vicina sottoposta non la smuoverà di molto. Se ne troverà un’altra – aggiunse il giovane avvicinandosi ad Haylor, guardandolo.
A ciò, Bridgette gli si avvicinò a sua volta. – Ora che la creatura non c’è più, non avrai costantemente la sua ombra a seguirti dovunque andrai – gli disse.
- Oh, l’avrò ancora. L’avrò sempre – rispose il ragazzo, lasciando i presenti confusi.
- Ma il drago non dà più segni di vita … - intervenne Mhunaer.
- Credete? Toccatelo – li spronò Hayden.
A tali parole, Bridgette poggiò la mano sulle squame di Haylor, sgranando gli occhi sconvolta. – Il battito è debolissimo, ma c’è … è ritornato … - sussurrò, dando conferma delle parole di Hayden a tutti gli altri.
- Come è possibile?? Qualche minuto fa il suo cuore non batteva più!
- Succede sempre così quando inizia la fase di resurrezione – spiegò il principe. – Lui muore solo se muoio io.
Niente può cambiare questo. Nemmeno la magia di un estraneo – concluse lasciandoli allibiti e dirigendosi verso l’uscita della sala.
- Non temere, Bridgette: Haylor attacca qualcuno solo se sono io a dirgli di farlo o se nuoce alla mia salute, non certo per vendetta – disse Hayden già prevedendo lo sguardo pietrificato e allarmato della Greyjoy anche senza averlo visto, per poi uscire definitivamente dal salone.
A ciò, i presenti rimasero immobili nelle loro posizioni per qualche minuto, incapaci di metabolizzare, fino a quando Xavier, il primo a riprendersi, non li esortò ad uscire dalla sala e a portare il  cadavere di Hoxana con loro.
Mentre camminavano per i corridoi, Askarx prese la parola. – Dunque, ecco cosa diremo: Haylor ha perso il controllo e si è scagliato contro Hoxana credendo che ella volesse nuocere ad Hayden, di conseguenza, nell’inseguirla, si è gettato sulle due rampe di scale distruggendole, per poi sventrare Hoxana, la quale è irriconoscibile, motivo per cui mostreremo al re solo la sua testa, mentre il restante del corpo lo getteremo nelle fiamme.
Gli altri annuirono, mostrando il loro consenso.
Poco dopo, Bridgette porse quella domanda che le era rimasta in cima alla gola da quando si era ritrovata dinnanzi la scena più sconvolgente e accaponante che avesse mai visto, poco prima. – Askarx, come avete fatto a cambiare le sembianze dei vostri volti così realisticamente e a ritmo serrato, davanti a me e ad Hoxana?
A ciò, il Superno accennò un sorriso. – Vi avevamo detto di essere capaci di dominare dei trucchi che ci sarebbero stati molto utili.
- Trucchi provenienti da dove …? – domandò Pod, desideroso di conoscere la risposta quanto tutti gli altri, se non di più.
- La Casa del Bianco e del Nero di Braavos, dimora degli Uomini Senza Volto.
 
 
- TRE SETTIMANE PRIMA -
 
- Cosa vuol dire “è scappata durante la notte”?!? – urlò Margaery sequestrando in fretta e in furia un cavallo ad uno dei cavalieri presenti e salendovi sopra con una velocità ed una leggiadria che non le appartenevano più da anni. Sembrava improvvisamente tornata una diciottenne.
- Zia Margaery, cosa stai facendo?!? – le urlò Myranda seguendola.
- Vado a riprendermi mia figlia!! Cosa credi che stia facendo??
- Frena, donna e attendimi, vengo con te!! – le diede man forte Oberyn salendo su un altro cavallo e superandola.
- Credete che non ci abbia pensato anche io,  quando l’ho lasciata andare?!? – gridò Myranda per cercare di fermarli, riuscendo ad ottenere la loro attenzione.
- Possiamo ancora raggiungerla, se è scappata ieri notte è ancora vicina – le disse la Tyrell.
- Non capite che non vuole farsi né trovare né raggiungere?? Si sarà sicuramente resa invisibile con un incantesimo per evitarlo, l’ho vista farlo in passato – spiegò la giovane Lannister venendo stretta a sé e sostenuta da Jaime, il quale prese la parola.
- Possiamo calmare gli animi per un secondo? Non credete sia meglio fermarci a pensare e riflettere sul da farsi?
- David la userà per attirare me – annunciò la sua presenza GreyShade raggiungendoli in mezzo alla piazza di Grande Inverno.
Tutti gli sguardi si posarono sul famoso ragazzo bendato.
- Che cosa hai detto? – gli chiese Daenerys.
- David ha organizzato un’opera di ricerca serrata ed estenuante per trovarmi, è diventato completamente ossessionato. Non appena Eveline arriverà ad Approdo la userà per ricattare me – spiegò la guida dei Fantasmi allontanandosi immediatamente da loro.
- GreyShade! – lo richiamò Myranda.
- Ruben! – fece lo stesso Oberyn, involontariamente, cercando di raggiungerlo, rendendosi conto solo dopo di cosa avesse fatto.
Tutti sbiancarono sul posto, e l’oggetto dei richiami arrestò il suo cammino, ma continuando a dare le spalle ai presenti, senza voltarsi.
- Zio Oberyn … che cosa …? – gli chiese Myranda sconvolta, chiedendogli spiegazioni con lo sguardo, scoprendo solo in quel momento che anche lui conoscesse l’identità del fuorilegge.
- Mi dispiace, Myranda … - disse continuando a guardare il ragazzo bendato che gli dava le spalle. – Anche loro meritano di sapere – aggiunse semplicemente.
- Che accidenti vuol dire …? – trovò il coraggio di sussurrare Margaery.
- Che diavolo sta succedendo?? – domandò più agitato Jaime, temendo di aver capito male.
- Frenate un secondo! Pretendo delle spiegazioni …! – si agitò a sua volta Daenerys.
- Devo andare – disse semplicemente il giovane cervo senza scomporsi.
Ma Davos lo raggiunse di corsa, avvicinandosi molto a lui, allungando una mano tremante e posandogliela sulla spalla. – Aspetta, ti prego! che significa …? Che significa ciò che ha detto Oberyn …?
A ciò, il ragazzo si voltò verso Davos e, improvvisamente, per l’uomo quelle iridi color zaffiro divennero estremamente familiari.
- Non c’è tempo ora – gli rispose solamente, sfuggendo dal suo tocco e quasi volatilizzandosi dinnanzi ai suoi occhi e a quelli degli altri, lasciandoli confusi, stravolti e con l’amaro in bocca.  
 
 
 
 

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Capitolo 43
*** L'inganno ***


L’inganno
 
- Accendi la fiamma, Sam.
Il giovane Tarly fece come la futura regina dei sette regni gli aveva detto, bruciando cautamente il corpo senza testa della qarthiana nelle segrete della Fortezza Rossa, occupata solo da loro due.
Ad un tratto, dei passi lenti e leggiadri attirarono la loro attenzione, dei passi che non potevano certo appartenere ai cavalieri della scorta, né a nessun altro dei loro complici, essendo tutti uomini adulti. Il pensiero che potessero appartenere ai Superni non sfiorò neanche la loro mente: i tre qarthiani erano troppo silenziosi, tanto da non provocare alcun rumore udibile.
Si pietrificarono, troppo tardi per poter reagire in qualsiasi modo che non fosse voltarsi verso la fonte di quei passi provenienti dalle scalinate.
- Therese …? – sussurrò Bridgette fissando la sua ancella favorita ai piedi delle scalinate, la quale, a sua volta, osservava incredula e bianca in volto il macabro spettacolo davanti ai suoi occhi: un corpo femminile che stava lentamente bruciando tra le fiamme accese dal tesoriere del re, assistito dalla futura regina. I dubbi della donna riguardanti l’appartenenza di quel corpo, vennero sfatati nel momento in cui i suoi occhi caddero sul sacco accanto ai due, dal quale sbucavano delle vaporose ciocche rosso fuoco. Non le ci volle molte per immaginare con orrore quale fosse il contenuto di quel sacco. - Mia signora …? – sibilò la giovane serva con un filo di voce.
- Therese … non avevo ordinato a te e alle altre ancelle e dame di occuparvi del mio vestito di nozze oggi? La prestigiosa bottega raccomandatami è appena fuori la capitale. Come avete fatto ad essere già di ritorno? – chiese cauta la Greyjoy avvicinandosi lievemente, cercando di mantenere la calma e di rivolgersi con il solito tono di voce alla sua ancella.
- Abbiamo terminato prima, mia signora … - rispose Therese indietreggiando istintivamente, non avendo il coraggio di guardare negli occhi la sua signora. - … le septe hanno fatto in fretta, poiché sono riuscite a recuperare delle pregiate stoffe da Essos che non avevano previsto di riuscire a comprare. L’abito è pronto …
Tremava visibilmente, come se non vedesse l’ora di scappare via da loro due.
Capendo di dover andare in aiuto di Bridgette, Sam intervenne muovendo anch’egli qualche passo verso l’ancella, superando la Greyjoy. – Therese, abbiamo avuto modo di conversare una o due volte io e voi, ricordate? – le domandò gentile.
- Sì, Fahraq. Lo ricordo – rispose ancora visibilmente intimorita.
- Mi avete detto di essere stata amica della defunta principessa Lorraine quando eravate ancora a Dorne, giusto? –
Ella annuì.
- Avete conosciuto anche lord Kylan in quel periodo, prima che entrasse a far parte della corte del re, o ricordo male?
- Non ricordate male.
- Therese – disse rivolgendosi a lei più intimamente e avvicinandosi ancora con fare calmo e rassicurante. – Noi non vogliamo farti del male. Sai anche tu quanto Hoxana fosse dannosa per l’incolumità del principe, del re e della tua futura regina. Hai visto cosa è stata capace di fare al principe Hayden.
Abbiamo solamente fatto ciò che andava fatto.
Anche Lorraine era dalla nostra, e ha lottato per la causa fino alla morte, proteggendoci. Kylan sta facendo esattamente lo stesso e potrai domandarglielo tu stessa non appena tornerà nella capitale. Siamo tutti dalla stessa parte, Therese.
La giovane serva lo guardò negli occhi, cercando di scorgervi dentro qualcosa che potesse rassicurarla davvero, spingendola a non provare quell’intensa paura che le stava attorcigliando le viscere.
Quelle parole sembravano averla convinta almeno momentaneamente a non rivelare ciò che aveva visto in quelle segrete.
- Lady Hoxana … - cominciò, bloccandosi nel notare lo sguardo di Bridgette poco più dietro rispetto a quello del suo interlocutore. – com’è morta?
- Tutto ciò che ti serve sapere, è che è stata sventrata da Haylor, Therese – intervenne Bridgette ponendosi di fronte a lei, affianco a Sam.
- Therese? Possiamo contare su di te, dunque?- le chiese conferma il Tarly.
L’ancella annuì con sicurezza, per poi rivolgersi solo alla sua signora. – Mia regina, vado nella vostra stanza a prepararvi un bagno caldo – disse congedandosi e risalendo le scale.
Non appena rimasero nuovamente soli, Sam posò gli occhi sul pugno stretto della giovane Greyjoy. – Non vi è stato alcun bisogno di ucciderla per non farla parlare, Bridgette. Hai fatto bene a fidarti e a lasciar fare a me.
- Non avrei mai agito tanto sconsideratamente, Samwell.
- Ne sono certo.
 
“Il dono che vi porgo, mio re, costituisce il segno di pace più sincero che avrei mai potuto presentare al vostro cospetto.
Se state leggendo questa lettera, vuol dire che sono già stata assassinata da degli individui che entrambi conosciamo fin troppo bene e per quanto me ne compianga, è un’eventualità che ho previsto già da tempo.
Tra noi non vi è mai stato un rapporto di complicità privo di velenosa rivalità, entrambi ne siamo ben consapevoli. Tuttavia, mai in me è sorto il vago desiderio di tradire la vostra fiducia o i patti che abbiamo stipulato e di cui nessuno, eccetto noi due, è davvero a conoscenza. La nostra promessa riguardante il figlio prediletto con metà sangue di drago, il futuro re che entrambi auspicavamo a vedere seduto su un nuovo trono di spade, costruito sulle ceneri di quello vecchio, e ancora più duraturo di quest’ultimo.
Mai l’idea di violare tali patti ha attraversato la mia volontà, David, e se vi fidate abbastanza di me, in cuor vostro, sapete anche voi che è così.
Non so che menzogna vi abbiano raccontato riguardante la mia improvvisa e fatale scomparsa, poiché ciò dipenderà dal modo che avranno trovato per riuscire ad assassinarmi. Ebbene, avendolo previsto, come vi ho già detto, ho deciso di ricorrere a dei metodi preventivi per far in modo che questa lettera vi venga consegnata, insieme al dono annesso, anche dopo la mia morte.
Se vi state chiedendo chi mi volesse morta e perché, credo che alla prima domanda possiate dedurre autonomamente la risposta, mentre, per la seconda, avrete bisogno di una mia illuminazione: le persone a voi più vicine e verso le quali riponete maggior fiducia, sapevano di esser state scoperte nell’atto di perpetuare la più ingiuriosa delle cospirazioni contro la corona. Bridgette Greyjoy, Samwell Tarly sotto le mentite spoglie di Fahraq Uzvet, Podrick Payne e Bronn di Blackwater, sono dei traditori. E non appena li ho smascherati, si sono adoperati per eliminarmi, facendovi credere che si sia trattato di un incidente.
Avrei trovato il modo di consegnarli alla giustizia, al vostro cospetto, e di farvi credere alle mie accuse nonostante si trattasse della mia parola contro quella di quattro persone alle quali affidereste la vostra vita, e loro sapevano che vi sarei riuscita.
Tuttavia, non ho rinunciato ad ottenere la mia vendetta contro di loro, e la possibilità di distruggere questo flagello che pende sulla vostra testa e su quella di Hayden.
Nel sacchetto di pezza che vi ho lasciato, troverete un’ampolla. Al suo interno, si trova un potente siero che ho ultimato recentemente, un veleno che costringe chiunque lo beva a pronunciare solo parole veritiere, nel momento in cui gli verranno poste delle domande. L’effetto è immediato, e la durata può variare da una manciata di minuti, ad un’ora intera, in base al metabolismo di colui o colei che lo assumerà.
Tuttavia, nonostante io non sia lì con voi mentre leggete questa lettera, posso sentire sin d’ora la vostra malafede verso le mie parole, a dispetto dell'evidenza  della mia sincerità, dotata di una trasparenza che non mi appartiene. Dunque, vi incoraggio a provare il siero su una vita a voi insignificante, qualcuno che sapete per certo nascondere degli innocui segreti dal contenuto a voi noto. A quel punto, saprete se sto mentendo o se ho detto il vero, e vi convincerete a provarlo sui quattro individui che vi ho menzionato, per appurare, nuovamente, quanta verità vi sia in questa lettera d’addio.
Poche gocce per ognuno e saprete con certezza di chi potrete fidarvi e di chi no, ma ricordate: non può essere usato più di una volta sulla stessa persona, poiché alla seconda somministrazione, l’organismo lo rigetterebbe, non portandovi ad alcun risultato ulteriore.
Detto questo, dubito che sentirete molto la mia mancanza, mio re.
Vi abituerete presto alla mia assenza, ma non farete lo stesso con ciò che ho lasciato dietro di me.
Vi auguro di regnare il più a lungo possibile e di schiacciare definitivamente tutti i nemici che minacciano la vostra sovranità.
E ricordate sempre: l’incolumità di Hayden viene prima di tutto. Annientate chiunque osi minacciare la sua vita e il suo diritto di sedere su quel trono. Fatelo al mio posto, David, poiché, ora che io non sono più al vostro fianco, avrete il doppio del lavoro da fare.
                                                                       Vostra, Hoxana Aemchaar”
 
David rilesse la lettera mentre attendeva che la persona che aveva convocato nelle sue stanza bussasse alla sua porta.
Alle sue orecchie giunse il rumore delle nocche sbattute delicatamente sulla superficie dura.
- Prego, entra, Manila – la incoraggiò sereno.
L’ancella entrò nelle stanze del sovrano mostrando uno sguardo rispettoso e prostrandosi ai suoi piedi.
- Alzati, Manila – la incoraggiò David.
- Desiderate, mio re?
La giovane donna era bionda, alta e ben proporzionata. La bocca piccola, rossa e carnosa svettava su quel viso splendido e leggiadro.
Tuttavia, per un motivo che aveva imparato a metabolizzare, David non provò alcun desiderio sessuale nei suoi confronti. Mesi addietro avrebbe considerato ciò neanche lontanamente possibile, mentre, ora, si ritrovava con il cuore in procinto di frantumarsi, stretto in pugno e incatenato alla donna più affascinante, luminosa, intelligente e scaltra che avesse mai avuto l’onore di incontrare. La stessa donna che sperava ancora di vedere seduta su quel trono, accanto a lui, nel prossimo futuro. Ed ora, il volto di ogni donna che vedeva era quello di Bridgette, e ciò avrebbe costituito il peggiore dei problemi se avesse constatato che le parole di Hoxana fossero ben fondate.
- Bevi un sorso di questo, Manila – la incoraggiò porgendole l’ampolla.
Ella fece come le era stato ordinato, cercando di nascondere la sua titubanza dinnanzi al sovrano, mandando giù un sorso del liquido giallognolo, per poi riappoggiare il recipiente ancora pieno sul tavolino.
- Bene, Manila. Ora voglio che tu risponda ad alcune domande che ti porgerò.
- Certo, Maestà.
- Intrattieni dei rapporti sessuali con qualcuno, all’interno della corte?
- Sì, mio re, con cinque persone in tutto.
- Lo sapevo. Mi è stato rivelato da qualcuno che ti ha vista gemere senza ritegno mentre cinque cavalieri della mia Guardia Reale ti sbattevano con non troppa leggerezza vicino alle prigioni. In momenti diversi, fortunatamente – disse David con un pizzico di ironia, continuando a guardarla curioso. – Loro sanno che ti diverti anche con altri loro compagni, o ognuno pensa di essere l’unico per te?
- Ognuno di loro pensa che mi lasci fottere solo da lui – rispose la serva senza un briciolo di pudore, facendo comprendere al sovrano quanti freni inibitori bloccasse quel siero. Tuttavia, decise di sperimentare i suoi effetti fino in fondo, per essere sicuro al cento per cento di potersi attendere una verità nuda e cruda.
- Voglio che mi dici qualcosa che già non mi è stato spifferato da voci di corridoio, Manila. Qualcosa di molto intimo. Qualcosa che rischierebbe di mettere in pericolo te o altre delle tue amiche che tanto amano aprire le loro cosce umide ai miei uomini – le disse avvicinandosi a lei.
- Mi sono lasciata toccare da Lukell più volte quando era ancora in vita, poiché mi aveva promesso di riuscire a farmi assumere una posizione più rilevante a corte. Odio servire a corte e non poter godere in prima persona di tanti agi. Molte altre ancelle si lasciano fottere per questi motivi, come me.
Saremmo disposte ad uccidere se ciò ci permettesse con sicurezza di poter divenire pretendenti del principe Hayden, nonostante Hoxana lo abbia reso un folle sanguinario.
- Se diveniste mie pretendenti, potreste divenire regine molto prima – disse David, ponendo quella domanda implicita, curioso di sapere come mai quella serva avesse escluso a priori una possibilità a cui avrebbe potuto auspicare in un tempo molto più breve.
A ciò, ella lo guardò negli occhi senza paura, né la ben che minima riverenza. – Voi uccidete ogni donna vi capita tra le mani. Nessuna di noi vorrebbe mai sposare un perverso animale aberrante come voi, nonostante siate re. – Detto ciò, Manila non lasciò a David il tempo di rispondere, poiché divenne evidente che un’improvvisa urgenza di rivelare tutte le verità che potessero in qualche modo comprometterla, si fosse impossessata di lei da quando le era stato richiesto dal suo interlocutore. – E se mai dovessi riuscire a sposare il principe ereditario, sarei ben felice di farmi fottere da lui, ma continuerei comunque ad aprire le mie “cosce umide” a tutti i cavalieri che mi rivolgeranno uno sguardo di troppo, perché questo è quello che mi piace fare.
A ciò, David sgranò gli occhi, avendo la certezza che il siero lasciato dalla sua defunta socia provocasse realmente gli effetti descritti da lei.
- Grazie, Manila, mi sei stata molto d’aiuto. Torna nelle tue stanze, ben presto manderò i miei uomini per imprigionare te e le altre ancelle che hanno in proposito gli stessi piani.
- Perché, mio re? Ho fatto qualcosa di male?? Ho solo risposto alle domande che mi avete fatto. Io … - La ragazza sembrava improvvisamente sconvolta dalle parole che aveva appena pronunciato. – Vi prego, vi prego, Maestà …
Mentre la serva continuava a supplicare il suo irremovibile sovrano, una spettatrice silenziosa aveva fissato l’intera scena da dietro la porta socchiusa della stanza, tremando di pausa, temendo che il re avrebbe potuto ritenere anche lei colpevole di quei crimini o, peggio, che egli avrebbe utilizzato quel siero anche su di lei, riuscendo così a scoprire il segreto molto più importante che stava nascondendo da qualche giorno e che già le pesava come un macigno sullo stomaco.
Si allontanò dalla porta delle stanze del re con i brividi freddi che non la smettevano di invadere il suo corpo, attraversando due corridoi, fin quando non incrociò le tre presenze più ambigue e oscure di Approdo.
- Correte da qualche parte, Therese? – le chiese mellifluo Askarx avvicinandosele.
- No … no, io sto solo andando dalla mia regina. Ad adempiere ai miei doveri … - rispose balbettando.
Askarx la fissò con sguardo calmo per un tempo indefinito.
- Stai sudando come un bestia pronta al macello, serva – commentò Mhunaer.
- Mi sorprendo che il nostro promettente allievo abbia lasciato in vita una come te, dopo che hai visto ciò che hai visto, Therese. Non saresti neanche capace di mentire sul pasto che hai consumato a pranzo senza sentirti in colpa, è evidente. Non riusciresti mai a tenere la bocca chiusa, poiché il peso di un tale segreto ti consumerebbe. Consideralo un atto di clemenza, cara – le disse Askarx trascinandola in una stanza vicina con una velocità impareggiabile e spezzandole l’osso del collo, senza neanche darle  il tempo di metabolizzare cosa le stesse accadendo.
Il corpo dell’ancella piombò a terra con un tonfo, assumendo una posizione innaturale.
- Non era necessario! – esclamò Sam entrando improvvisamente nella stanza, accorgendosi di ciò che stava avvenendo in quel corridoio vuoto. – L’avevo convinta a rimanere in silenzio! Non era necessario, Askarx! – insistette il giovane Tarly.
- Sei stato molto imprudente nel ritenere che quest’animo tanto debole e pieghevole potesse essere risparmiato dopo che i suoi occhi hanno immagazzinato delle informazioni tanto pericolose.
In quell’istante, un’altra presenza entrò nella stanza, curandosi di richiudersi cautamente la porta alle spalle.
- L’avete uccisa voi ed ora dovete occuparvi del corpo. Voglio il cadavere fuori dalla Fortezza Rossa entro un’ora – disse Kylan riconoscendo il corpo della sua conoscente di vecchia data.
- Sono lieto di scoprire che è rimasto qualcuno capace di ragionare nel modo giusto. La visione di tanti corpi di giovani donne morte vi ha reso cinico al punto giusto, lord Kylan – commentò Askarx.
A ciò, il Primo cavaliere gli si avvicinò con uno sguardo nero, imperando su di lui con la sua altezza. – Non confondete il cinismo con la sete di morte. Conoscevo la donna che ora si trova senza vita ai nostri piedi, e avrebbe preferito sopportare il fardello di un peso troppo grande per lei piuttosto che mettere in pericolo qualcuno pronunciando una parola di troppo.
La sua morte non era necessaria.
Ho smesso di oppormi alle vostre decisioni o a tentare di comprenderle, perché so che ciò non servirebbe a nulla, arrivati a questo punto. Siamo dentro questa cospirazione insieme e vi rimarremo fino a quando i nostri corpi non saranno appesi alle porte della capitale, ma io continuerò a non fidarmi di voi, e così sempre sarà.
Perciò, ora, prendetevi le responsabilità delle vostre azioni e liberatevi del cadavere prima che qualcuno possa accorgersi di movimenti sospetti.
- Attento, lord Marbrand: siete intelligente, ma camminate sul bordo di un precipizio. Non lasciate che il senso di giustizia, la morale o la bontà annebbino la vostra scaltrezza. Troppi valorosi uomini abbiamo perso tempo addietro, a causa di virtù d’animo che questo mondo non richiede – rispose il Superno assumendo un tono grave, ma pur sempre contenuto.
In quel momento, Sam sembrò realizzare qualcosa, uno sguardo al quale gli altri presenti non diedero peso.
- I preparativi per il banchetto pre nuziale posticipato sono quasi ultimati. Sbrigatevi – concluse il Primo cavaliere uscendo dalla stanza.
 
I commensali consumavano tutte le portate del banchetto in tranquillità, conversando tra loro amichevolmente, e mostrandosi gioviali al festeggiamento delle prossime nozze del sovrano dei sette regni e della sua promessa, le quali avrebbero avuto luogo la settimana seguente e che avrebbero ospitato più di duemila invitati. Erano stati costretti a posticipare il banchetto pre nuziale a causa della morte improvvisa di Hoxana, frutto di un fatale incidente con Haylor, a detta della futura regina e degli altri membri del consiglio presenti quel giorno. Il re aveva deciso di commemorare la sua defunta protetta con una settimana di silenzio, durante la quale erano stati organizzati tutti gli onori funebri dovuti al prestigio e alla fedeltà della qarthiana. Ed ora, tutti i componenti della corte reale, sembravano godersi in pace e serenità gli ultimi momenti di intimo svago prima del grande evento che avrebbe occupato totalmente le loro giornate per almeno una settimana, invadendo la capitale di nuove presenze. Per tale motivo era nata l’idea di quel banchetto pre nuziale: per dare modo alle persone più vicine al sovrano di riprendere fiato e di allietarsi in un’atmosfera confidenziale.
Hayden era l’unico rimasto in quasi totale silenzio, consumando il suo pasto in tranquillità, mentre Haylor lo sorvegliava da fuori la porta della sala, comodamente acciambellato.
Alcune serve trasportarono i vassoi contenenti le ultime portate del banchetto. Il re si soffermò a guardare quattro di loro in particolare, nonché coloro che posarono i piatti dinnanzi a Bridgette, Fahraq , Bronn e Podrick.
Nessuno vi fece particolare caso, essendo impegnati a conversare tra loro.
- Bene, miei diletti – si alzò sul posto David battendo una forchetta sul suo calice per attirare l’attenzione di tutti, interrompendo il consumo dell’ultima portata. – Richiedo la vostra attenzione per un minuto.
L’unico che si rese conto di quanto l’apparente tranquillità del re in realtà nascondesse una gravità, un dolore e un peso capaci di turbarlo come nulla era mai stato in grado di fare, fu colui che lo conosceva da più a lungo degli altri, e che aveva trascorso con egli molto più tempo. Kylan, seduto alla sua destra, lo osservò dubbioso mentre prendeva la parola e li guardava tutti con uno sguardo sinceramente amorevole.
- Vorrei approfittare di questo momento per ringraziare di cuore ognuno di voi, miei fedeli membri del consiglio, amici e collaboratori. Così come voglio ringraziare mio figlio e la mia meravigliosa sposa. – A quelle parole, Bridgette, seduta alla sua sinistra, gli strinse la mano ed egli ricambiò la stretta guardandola. – Non ce l’avrei mai fatta senza di voi. Mi avete sempre sostenuto, appoggiato, consigliato e ripreso, rimanendo al mio fianco nei momenti più luminosi, così come in quelli più bui. Vi devo la vita. Per tale motivo, spero che continuerete a rimanere al mio fianco, poiché non potrei desiderare di meglio che voi, miei prediletti. Sono stato un uomo molto fortunato, fin troppo.
Facciamo un ultimo brindisi: alla nostra prosperità, ad un regno guidato non solo dal suo sovrano, ma da ogni valoroso componente che lo affianca – disse alzando il calice di vino, seguito da tutti gli altri.
 - Ma prima di terminare questo agognato banchetto, vorrei porre ad alcuni di voi delle domande.
Un tremendo presentimento si impossessò dell’animo dei cospiratori.
Il re si rivolse a Podrick per primo. – Com’è morta Hoxana?
Il silenzio invase l’intera sala, mentre Podrick si accingeva a rispondere in totale serenità. – L’abbiamo uccisa noi cospiratori con un ingegnoso stratagemma: Bridgette ha attirato il drago e l’ha momentaneamente ucciso, facendo credere ad Hoxana che fosse morto anche Hayden. Ella è caduta nell’inganno, così l’abbiamo attirata in una trappola che ci ha permesso di metterla in un angolo e di ucciderla a sangue freddo. I Superni sono stati essenziali in ciò.
David, sgomento da quell’ultima rivelazione riguardo i Superni, i quali non erano citati nella lettera di Hoxana, si voltò verso le sedie sulle quali, poco prima, erano seduti. Ma i tre sembravano essersi volatilizzati.
- Guardie, andate a cercarli! – esclamò, per poi ritornare con l’attenzione su Podrick.
Kylan e Xavier osservarono d’istinto l’ultima pietanza della cena lasciata a metà davanti a loro: un piatto colmo di varia frutta fresca, e in mezzo una salsa dolce che splendidamente si accompagnava al sapore della frutta. La specialità del cuoco. Gli occhi d’ambra del Primo cavaliere scattarono automaticamente verso la salsa. Tuttavia, accorgendosi che gli altri quattro cospiratori sembravano non rendersi conto minimamente di cosa stesse loro accadendo, capì di non aver assunto quel veleno che ora stava sottomettendo la volontà dei suoi alleati: Hoxana aveva mantenuto la parola anche da morta, e non solo l’aveva mantenuta sul rivelare la loro cospirazione al re, ma anche sull’omettere il suo nome, escludendolo dal tradimento. Il giovane guardò Xavier seduto di fronte a sé, e il vecchio sembrò star avendo gli stessi esatti pensieri.
- Perché l’avete uccisa?
- Perché ci ha minacciati di rivelarvi che fossimo cospiratori.
- Grazie, Podrick. – A ciò, lo sguardo del re passò a Bronn. – Dimmi, Bronn: tra i cavalieri rimasti a sorvegliare la Fortezza Rossa il giorno in cui avete ucciso Hoxana, quanti di loro vi hanno aiutato a perpetuare l’assassinio e sostengono la causa con voi?
- Tutti.
- Guardie – David si rivolse agli uomini rimasti a sorvegliare la sala. – Prendete anche loro – ordinò, vedendoli eseguire immediatamente, per poi tornare a rivolgersi ai sospettati.
– Fahraq, giungo a te: chi sei? Hai fatto in modo di tornare a Nord come mio garante per aiutare i ribelli? Qual è la reale situazione nelle terre del Nord?
- La mia vera identità corrisponde a quella di Samwell Tarly, orfano di Samwell e Gilly Tarly. Ho assunto queste sembianze con l’aiuto dei Superni e di GreyShade per entrare a far parte della vostra corte e riuscire a liberare mio cugino Hayden, fallendo.
Lo sguardo di David andò istintivamente al suo figlio acquisito, il quale osservava il tutto in silenzio, per poi tornare su Sam.
- Tuttavia, sono comunque riuscito nell’intento di aiutare notevolmente i Fantasmi nella causa. Quando ho fatto in modo che voi mi mandaste a Nord come vostro garante, la mia intenzione era quella di rivedere la mia famiglia e di fornire un aiuto più da vicino alla ribellione, della quale Grande Inverno è il centro pulsante. Ed ora non potete fare più nulla per risolvere questo inconveniente: ormai non avete più abbastanza uomini per combatterli poiché, gli stessi nobili che prima erano vostri alleati, stanno cospirando alle vostre spalle insieme alla ribellione, spinti da motivazioni che non farete fatica ad immaginare: avete sequestrato le loro terre, dimezzato il loro esercito, prosciugato il loro denaro per costringerli a giurarvi fedeltà, annullando ogni resistenza con la forza; ma, soprattutto, avete ucciso le loro figlie, disonorandole prima, e torturandole a morte come animali poi, per il solo vostro perverso piacere.
Avete perso l’opportunità di essere il sovrano più potente e temuto degli ultimi anni, eguagliato solo da Cersei Lannister, per delle insane e raccapriccianti manie da camera da letto – disse con decisione il giovane Tarly.
David rimase in silenzio per un po’, guardandolo.
Fu solo dopo alcuni minuti, che si voltò alla sua sinistra, guardando la sua amata dall’alto, cercando una domanda da farle, ma non riuscendo a dirle nulla. Aveva già scoperto con certezza che fosse una cospiratrice, perciò avrebbe potuto chiederle il perché si fosse unita alla ribellione, considerando che la sua casata era rimasta neutra e isolata dalle vicende che stavano sottomettendo i sette regni al suo nuovo dominatore, non ricevendo alcun trattamento oppressivo. Ma scoprì che non gli interessava, poiché la stretta che aveva allo stomaco ogni volta che posava le iridi scure su quei capelli color nocciola lunghi e setosi che le ricadevano sul viso dai lineamenti definiti, ma soprattutto, quando incrociava quegli occhi tanto belli e conturbanti quanto un urgano che inghiotte il mare mosso; lo stava esasperando come sempre, facendogli agognare anche solo una sua lieve carezza, di legarla indissolubilmente a sé e di vederla al suo fianco per il resto della sua vita, con una corona ad ornarle il capo, la quale non avrebbe mai brillato la metà della sua proprietaria.
Si risedette per guardarla negli occhi ed essere alla sua altezza. La necessità di toccarle la guancia chiara era impellente e compì uno sforzo inumano per trattenerla. – Bridgette Greyjoy.
- Sì, mio re?
- Cosa provi per me? – le domandò solamente.
Ella lo guardò per alcuni interminabili secondi. – Compassione, tristezza, rabbia. Una volta, ho anche provato una punta di affetto.
- Avresti mai potuto innamorarti di me? Se non fossimo in questa situazione, se io non ricoprissi il ruolo che mi trovo a ricoprire … in un'altra vita, saresti mai stata capace di amarmi?
- Ti avrei voluto bene, David, in un'altra vita. Ti avrei voluto bene se mi avessi dato un bambino mio e mi avessi amata come mi ami ora. Ma no, non sarei stata in grado di amarti.
Percepii le lacrime premere per uscire dai suoi occhi dopo almeno vent’anni che non gli accadeva, tanto da aver dimenticato cosa si provasse.
- Lord Kylan – lo richiamò con quello che sembrò quasi un sussurro, continuando a guardare la Greyjoy. – Prendete i quattro traditori e imprigionateli.
A ciò, il giovane Marbrand si alzò dal suo posto e si avvicinò a Bridgette, facendola alzare, afferrandole i polsi e portandoli dietro la sua schiena, nel momento in cui alcuni dei cavalieri andati in cerca dei Superni tornarono a mani vuote e si adoperarono per catturare anche gli altri tre cospiratori.
Solo in quel momento i traditori sembrarono risvegliarsi dal loro stato di trance apparente, mostrando uno sguardo incredulo e totalmente spaesato.
- È opera di Hoxana, non è vero?? Non puoi fidarti di lei, David, specialmente da morta, quando ha anche l’avvantaggiante di potersi fingere vittima! – tentò di farlo ragionare Bridgette, evitando di tentare di dimenarsi inutilmente. – Quella donna ci odiava, e odiava me, in particolar modo, lo sai bene! Chissà cosa vi è dentro quel veleno che ti ha incoraggiato ad utilizzare su di noi! Sarebbe stata capace di qualsiasi cosa pur di vederci morti! David …
Bronn tentò inutilmente di dimenarsi, mentre Pod si lasciò trasportare, con sguardo cupo, osservando i vani tentativi di Bridgette.
- Sei l’unica donna che abbia mai amato, Bridgette. Ed è esattamente per tale motivo che meriti più di chiunque altro di essere sbattuta in quella cella e di subire la mia giustizia. Mi hai ferito più di tutti – le disse con voce addolorata e rotta, mentre vedeva Kylan portarla via dalla sua vista.
- Hayden! Hayden, ti prego, ascoltami almeno ora, cugino, poiché non so se riuscirò a rivederti di nuovo! – esclamò Sam destreggiandosi in un uno slancio disperato verso il principe, trascinando la guardia che lo stava trattenendo con sé, poiché una forza che non credeva di possedere lo stava invadendo da capo a piedi, un’energia alimentata dalla disperazione ultima. – So che sei ancora lì, Hayden!! Lo so per certo, altrimenti perché non avresti rivelato nulla al re riguardo la mia vera identità?? Ti prego, cugino, torna in te e ribellati! Non permettere che quel mostro ti renda ciò che desidera! Sappi che ho tentato di tutto, Hayden, di tutto!! Lo giuro sugli antichi dèi e su quelli nuovi!! Mi dispiace di non esserci riuscito … mi dispiace di non aver fatto abbastanza …
Haylor si era già alzato dalla sua posizione, pronta ad attaccare Sam se si fosse sporto ancora, ma la guardia lo tirò indietro per non farlo avvicinare troppo al principe, il quale era rimasto ad ascoltarlo con un’espressione illeggibile in volto.
 
Si accinse a raggiungere le stanze del re a notte inoltrata, sapendo che quel momento sarebbe giunto.
Dopo quello che in futuro sarebbe stato conosciuto come il “Banchetto dei traditori”, il re aveva richiesto che alcune dame di compagnia si prestassero ai suoi bisogni ed alleviassero il suo dolore con il loro bel corpo, fatto che non accadeva da prima dell’arrivo di Bridgette Greyjoy. La donna lo aveva cambiato, ed ora che ella era rinchiusa in una cella buia in attesa della giustizia del re, quest’ultimo sarebbe ritornato quello di una volta, un patetico sacco di carne mosso solamente da un insano istinto di potenza mascherato in tirannia, e dai più bassi impulsi animaleschi e deviati che un essere umano potesse mai possedere, con l’aggravante di una cieca disperazione come matrice.
Il Primo cavaliere sapeva che quella notte il re lo avrebbe richiamato, forse perché sperava di trovare del conforto nella persona di cui si fidava più al mondo, forse perché voleva essere rassicurato, forse per sfogo, o forse perché la paura di venire tradito anche da lui non lo lasciava in pace.
Il Primo cavaliere non sapeva per quale specifico motivo lo avesse richiamato, ma sapeva che sarebbe successo.
Ora sapeva di essere completamente solo e di dover essere più prudente che mai, ma, per qualche strana ragione, ciò non lo preoccupava. I suoi amici e alleati erano rinchiusi in un buco lontano dalla luce del sole, ma ciò lo turbava meno di quanto avrebbe temuto, poiché oramai avevano avuto modo di abituarsi all’idea di poter marcire in una cella o venire giustiziati pur di appoggiare la ribellione. Non era rassegnazione quella che sentiva, ma fiducia, poiché sapeva esattamente cosa fare e come andasse fatto.
Bussò alla porta del sovrano, udendo quei familiari rumori che non sentiva più da mesi, fuori dalla sua porta: urla trattenute, gemiti di dolore.
Quando egli gli diede il permesso di entrare, ritrovò il solito spettacolo conturbante, immerso nel buio della stanza, illuminata solo da una luce soffusa proveniente da una candela sul comodino accanto al letto.
Tre fanciulle ansimanti e sfinite erano sparse sul letto enorme, sfatto e bagnato, forse di umori o forse di sudore, misto a sangue. Altre due erano a terra, vicine a degli strumenti sessuali, apparentemente svenute.
Ma per quanto il giovane si guardasse intorno, non riusciva ad individuare la figura imponente del sovrano.
Non appena richiuse la porta della stanza dietro di sé, udì la voce di David provenire da dietro il maestoso letto.
- È stata colei che ha aiutato GreyShade più di tutti. Ora, solo ora mi rendo conto di tutto ciò che mi ha spinto a fare con la sua persuasione: ha fatto saltare i patti con le popolazioni di Essos con cui avevo stretto delle alleanze; mi ha incoraggiato a non acquistare più le armi letali e sconosciute dal continente orientale, facendomi credere che sarebbe stato meglio affidarsi ai buoni vecchi metodi; ha distolto la mia attenzione da molte questioni riguardanti la diplomazia, la politica e l’amministrazione del mio regno, spingendomi a ‘rilassare la mia mente da tanto inutile affaticamento’; mi ha persino convinto a non sopprimere più le varie ribellioni fuori dalla capitale. Come può una sola donna avermi plasmato tanto … ? – disse a voce bassa, roca e colma di disperazione. – Tu mi hai messo in guardia da lei, inizialmente. Ma io non ti ho ascoltato. Poi hai smesso di diffidare di lei, perché ti sei reso conto che mi sarei sempre fidato ciecamente delle tue parole, ma non se quelle parole riguardavano Bridgette.
A ciò, il giovane seguì il suono della sua voce e lo ritrovò seduto a terra, con la schiena poggiata al fondo del letto, e le testa abbandonata tra le ginocchia piegate. L’unico indumento che indossava era una vestaglia putrida quanto le lenzuola del letto.
- … e se non fosse stato per Hoxana, io non mi sarei accorto di nulla – concluse con voce quasi divertita. – Tuttavia, non è riuscita a deviarmi dal mio obiettivo primario e di maggior importanza: catturare GreyShade. Tutto è partito da quel demonio. Se non fosse stato per lui, ora la donna che amo non sarebbe accusata di tradimento e non mi ritroverei in una situazione di netto svantaggio contro i ribelli, pur essendo il sovrano dei sette regni. Non mi fermerò fino a quando non lo avrò trovato e gli avrò fatto pagare per tutto ciò che mi ha fatto.
David si voltò a guardarlo solo in quel momento, dal basso, per poi trovare la forza di alzarsi in piedi.
Una delle ragazze sdraiate sul letto tossì visibilmente affaticata, attirando l’attenzione dei due. – Non ho giaciuto con nessuna donna da quando l’ho conosciuta. Ho atteso con piacere di toccarla e di farla mia, fino al giorno delle nostre nozze. È strano perché, su ogni viso femminile che incontro vedo il suo, mentre ora, sui loro visi non vedo lei. Non la vedo perché le sto trattando come bestie, mentre non avrei mai osato fare del male a lei …
- Perché mi hai mandato a chiamare, David? – gli chiese improvvisamente Kylan interrompendo quel flusso di parole.
A ciò, il re lo guardò, rivolgendosi però alle ragazze presenti nella stanza. – Uscite.
Le tre sdraiate sul letto riuscirono a coprirsi con il lenzuolo e ad alzarsi per uscire dalla stanza, mentre le due semicoscienti a terra non furono in grado di fare lo stesso, così il re non insistette e parlò come se non vi fossero.
- Ti ho visto combattere per me, contro GreyShade, fino a ridurti in fin di vita – cominciò avvicinandosi di un passo. – Mi hai sempre guidato e consigliato con saggezza, servendomi meglio di quanto avrei mai potuto richiedere o desiderare. – Fece un’altra pausa. – Hoxana non ha fatto il tuo nome, ed io non dubiterei mai della tua fedeltà.
Tuttavia, un buon re, un re saggio e scrupoloso, avrebbe versato il siero anche nella porzione riservata a te, per metterti alla prova ed esserne totalmente sicuro.
- Un buon re avrebbe posto le domande giuste ai sospettati per scoprire se anche io fossi un traditore – aggiunse il giovane Marbrand in tono neutro. – Ma non hai fatto neanche quello.
- Dovresti fuggire, Kylan, andare via dalla corte – gli disse avvicinandosi, con una maschera di tristezza ad adombrargli totalmente il volto. – Allontanarti da me, prima che possa farti ancora del male, come ho fatto a tutti coloro che mi erano vicini e che hanno deciso di tradirmi. Non voglio che anche tu arrivi a voltarmi le spalle, non potrei sopportarlo.
- Non potresti sopportare che io arrivi a tradirti, o semplicemente, vuoi che me ne vada perché hai paura di scoprire che sono già un traditore come gli altri? – il suo sguardo era serio e inamovibile mentre non distaccava mai gli occhi dai suoi.
- Ho sfigurato tuo padre. E se lui non si fosse offerto al tuo posto, avrei sfigurato te …
- Non hai risposto alla domanda.
- So che dovrei usare il siero anche su di te, ma non voglio farlo … - la sua voce era divenuta una lamentela distorta dalla sofferenza.
- C’è un modo migliore – rispose il giovane sfilandosi la spada dall’elsa sul fianco, e porgendola al sovrano, il quale la prese con le mani tremanti, guardandolo sconvolto.
- Che cosa significa …?
A ciò, Kylan fece rinforzare la presa sul manico al re, poi prese la lama e se l’appoggiò alla base del collo. – È il modo più veloce per liberarti di un presunto traditore, senza dover perdere tempo e usare il siero per scoprirlo – rispose tranquillo.
- No. No, non posso. Tu sei ciò che vi è di più vicino ad un figlio per me …
Ma il ragazzo lo costrinse  a trattenere la lama premuta sul suo collo, andandogli incontro. – Oppure potresti pensare alla circostanza in cui ci troviamo – disse rinforzando la prese sulla lama.
- Hai la mano sulla spada. Potresti rivoltare le posizioni – constatò il sovrano.
- Sono il tuo Primo cavaliere, non ho mai riportato una sconfitta, tranne contro GreyShade. L’ultima persona che era riuscita a disarmarmi prima di lui, è stato il mio maestro spadaccino quando avevo dodici anni. E tu, David? Quand’è stata l’ultima volta che ti hanno disarmato? – gli chiese senza fermarsi, avanzando e costringendolo ad indietreggiare.
Il re deglutì a vuoto.
- Potrei rivoltare le posizioni in qualsiasi momento se lo volessi, senza che tu possa avere il tempo di accorgertene, sgozzandoti e incolpando loro due per il tuo assassinio – disse indicando le fanciulle semicoscienti a terra. – Sarebbe la parola del Primo cavaliere contro quella di due dame di corte suppliziate da te. Secondo te a chi crederebbero?
Ho avuto l’opportunità di trucidarti un milione di volte, in una delle innumerevoli occasioni in cui eravamo soli, chiusi in una stanza, lontani da occhi indiscreti. Avrei potuto porre fine a tutte le sofferenze del popolo ribelle, avrei garantito la vittoria a GreyShade immediatamente e senza alcuno sforzo.
Eppure … - lasciò la frase in sospeso, nel momento in cui il re fu costretto a sedersi sul letto, essendo finito lo spazio per indietreggiare.
- Eppure … non l’hai mai fatto – sussurrò David abbassando la spada dal collo del suo Primo cavaliere, facendola cadere a terra.
- Tienila pure con te, se continui a non fidarti, nonostante l’evidenza.
Ma ricorda sempre che se volessi davvero ucciderti, sarebbe un tentativo a dir poco inutile e imbarazzante da parte tua impugnarla e puntarmela contro, perché riuscirei comunque nell’intento senza alcuna difficoltà.
Senza neanche riflettervi su, il re gliela restituì, si rialzò in piedi e gli poggiò una mano sulla spalla affabilmente. – Perdonami per aver dubitato. Potrai mai perdonarmi per tutto ciò che ti ho fatto … ?
- Smettila di chiedere perdono. Un buon re non si piangerebbe addosso ad ogni sua colpevolezza – gli disse mentre le due ragazze presenti in stanza, avendo ripreso totalmente coscienza, si alzarono in piedi, sebbene traballanti e sanguinanti, e si avvicinarono ai due. – Maestà, abbiamo adempiuto alla vostra richiesta. Possiamo andare … ? – chiesero supplicanti.
Ma il re sembrò quasi non accorgersi di loro, così rispose il giovane Marbrand al suo posto. – Aspettatemi fuori, vi accompagnerò dal Gran Maestro Xavier.
A ciò, le due obbedirono, impazienti di uscire da quella stanza, richiudendosi la porta dietro di loro.
- Grazie – disse con sentita sincerità il re, accennando un sorriso, prima di vedere il suo Primo cavaliere voltarsi e dirigersi verso la porta a sua volta.
- Kylan – lo richiamò nel momento in cui aprì la porta e si arrestò nell’udirlo. - Saresti un ottimo re. Molto migliore di me.
- Buonanotte, Maestà – gli rispose il giovane dopo qualche secondo di silenzio, rivolgendogli un debole sorriso e abbandonando la stanza.
 
La mattina seguente, quando il sole cocente della capitale non era ancora sorto imponente e spietato, le guardie dinnanzi alla Fortezza Rossa individuarono una figura incappucciata avvicinarsi a loro.
- Miei signori – la sua voce maschile era melliflua e insinuante come acqua che si infiltra dentro spiragli nascosti.
- Identificatevi – gli ordinò uno dei cavalieri in tono diffidente.
A ciò, egli si tolse il cappuccio, mostrando il suo volto tondo e calvo, ornato da un sorriso educato. – Riferite semplicemente “Ragno Tessitore” a Vostra Maestà. Credo dovrebbe bastare.  
 
 
 
 
 

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