L'amore non è un gioco

di Zamia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Confessione e Supposizioni ***
Capitolo 3: *** Dubbi ***
Capitolo 4: *** Rivelazione ***
Capitolo 5: *** Scoperta ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


Premessa dell'autrice:

La storia che leggerete consta di pochi capitoli che raccontano un altro dei possibili modi in cui i nostri due eroi scoprono le reciproche identità e si confessano il reciproco amore. Immagino che gli eventi si svolgano un annetto o due dopo gli aventi raccontati al principio della stagione 2 e pertanto con i protagonisti un pochino più grandicelli e maturi rispetto a quelli che conosciamo. Mi sono sforzata tuttavia di mantenerli il più possibile adeguati al contesto e conformi alla descrizione caratteriale che si fa di loro nella serie. Mi auguro possa piacere a voi come a me è piaciuto scriverla e spero possiate farmi sapere che ne pensate.

 

Incontro

 

Era una notte d'estate, tersa e fresca. Le stelle rendevano luminoso un cielo, per il resto, scuro come la pece. La luna calante tramontava all'orizzonte assumendo sfumature rossastre. Il tetto che li ospitava permetteva loro di scandagliare tutta la città dall'alto, tanto si ergeva sulle case circostanti.

Erano in una delle ronde notturne resesi necessarie per controllare “il Gufo”.
Da quando il preside Damocles aveva deciso di aiutare la popolazione di Parigi vestendo i panni di un supereroe, ogni tanto capitava di doverlo vigilare.
Per fortuna succedeva abbastanza di rado, almeno non così spesso come era successo molti mesi prima quando erano stati costretti a fare doppi e tripli turni per seguirlo continuamente. Adesso aveva imparato a non mettersi troppo nei guai e riusciva a tenersi lontano da avventure troppo pericolose.

Aiutava i vecchini ad attraversare la strada, chiamava i pompieri in caso di gattini arrampicati sugli alberi, portava le buste della spesa alle signore che uscivano dai negozi con troppi pacchi in mano.

Qualche volta però si metteva ancora nei pasticci.

Marinette e Adrien capivano che aveva qualcosa in mente dalla fretta con cui faceva allontanare gli allievi dalla scuola e dallo sguardo misterioso con cui si guardava intorno mentre chiudeva il portone dell'edificio scolastico.

In quelle circostanze sapevano che stava per seguire piste più grandi di lui.

Una volta, ad esempio, aveva provato a sventare un furto ad una tabaccheria e lo avevano trovato legato come un salame insieme al proprietario. Un' altra volta ancora si era preso un pugno in pieno viso per essere intervenuto a dirimere un contrasto tra due automobilisti.

Questa volta, però, Ladybug e Chat Noir si erano allarmati inutilmente ed erano rimasti appollaiati sul tetto a guardare il preside giocare ad un nuovo videogioco assai rumoroso, che in casa gli impedivano di utilizzare. Lo avevano seguito per un po', poi lo avevano visto sedersi su una panchina al parco ad armeggiare con un aggeggio elettronico.
Quando si erano avveduti del fatto che il preside non facesse nulla di pericoloso per l'incolumità sua e dei suoi concittadini, tranquillizzati, avevano deciso di tornare a casa a dormire.

Chat Noir era stato silenzioso tutta la sera. Nessuna delle sue pessime battute era stata rivolta alla coccinella e il suo sguardo verde era più liquido del solito.

Al momento di salutarsi Ladybug non resistette e gli chiese cosa avesse.
"Tutto bene" rispose lui accennando un sorriso. Ma era un sorriso ben lontano dal mostrare serenità.
"Che succede gattino, un tuo rivale ti ha mangiato la lingua? So come funziona tra voi felini quando dovete marcare il territorio!" disse lei sperando di strappargli una risata.
Ma questa volta non lo vide neppure inarcare i lati delle labbra. Era estremamente serio.

"Non t mo più Ladybug" disse con tono di voce cosi basso che la metà a delle parole fu incomprensibile alla sua interlocutrice.

"Che hai detto? Sei davvero strano stasera" constatò Ladybug.

"Ho detto che non ti amo più!" rispose aumentando il volume della voce.

"Per smettere di amarmi avresti dovuto prima cominciare a farlo, non ti pare?" ribatté giocosa la coccinella, spingendogli sul naso con il dito, convinta che lui stesse per prepararle uno dei suoi brutti tiri.

“Dico sul serio, insettina e dovresti sapere bene che ti amavo. Te l'avrò fatto capire in mille modi diversi."

"Non so di che parli, gattone, qualche battuta a doppio senso e fingere di baciarmi allungando il muso non mi sembrano certo dichiarazioni d'amore" rispose Ladybug che cominciava ad essere confusa.

Nella stessa sera, allo stesso momento stava ricevendo una dichiarazione d'amore e anche una smentita della medesima dichiarazione.

Eppure quelle parole la ferivano. Non aveva visto o non aveva voluto vedere quanto i sentimenti di Chat fossero forti e lo aveva deluso e allontanato.
E in effetti, a pensarci adesso, erano parecchi giorni che quel gattino era mogio mogio e particolarmente professionale. Niente battute, niente chiacchiere inutili. Dritto al sodo durante le loro missioni. E lei stava imparando ad apprezzarlo molto di più cosi silenzioso e misterioso.

Ma questa era un'altra storia.

Adesso lui le stava parlando di sè e una buona partner – un'amica, osava pensare, considerata la reciproca fiducia che li spingeva a mettere la propria vita nelle mani l'uno dell'altro - doveva aiutarlo a chiarirsi e metterlo a suo agio. Ne andava anche del loro lavoro di supereroi.

"Ne vogliamo parlare, Chat?" e si avvicinò materna a lui. "Perché hai sentito il bisogno di chiarirmi questa cosa?" lo incalzò.
Pensava che fosse davvero strano che se ne fosse uscito adesso con questa affermazione così diretta sulle sue emozioni.

"Pensavo che fosse giusto che lo sapessi, cosi magari puoi sentirti più tranquilla a starmi accanto. Lo so che ti ho messo spesso in imbarazzo" rispose con un tono di voce diverso dal solito.
Ladybug pensò che questa inflessione nella voce le ricordava qualcuno ma in quel momento non avrebbe saputo dire chi.

"Come mai sono cambiati i tuoi sentimenti?" ebbe poi il coraggio di domandargli.

"E me lo chiedi?" il tono del gatto nero era aspro "non hai fatto altro che rifiutarmi, dare poco peso alle mie parole, prendermi poco sul serio, persino come eroe".

"Mi dispiace, avevo sottovalutato i tuoi sentimenti e per il resto sai come la penso. Senza di te sarei perduta! sei il miglior compagno di avventure che si possa desiderare. Siamo una squadra io e te!".

Lui non parve neanche ascoltarla mentre parlava.
"Comunque non è per questo che i miei sentimenti sono mutati, Ladybug" aggiunse l'eroe in nero guardandola fisso negli occhi.

 

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Capitolo 2
*** Confessione e Supposizioni ***


Confessione e Supposizioni
 
 
Maledetto gattaccio, dove voleva arrivare? Ladybug continuava ad interrogarsi sull'opportunità di una discussione di tal genere e soprattutto sul fatto che avrebbe potuto generare anche degli effetti indesiderati. Potevano litigare, finire col non parlarsi più, odiarsi e vedere trionfare Papillon. Se ci fosse stata Tikki, le avrebbe detto che doveva mettere un freno alle sue emozioni ed essere meno catastrofista. Stavano solo chiarendosi così che nessun equivoco potesse frapporsi fra loro. In fondo lui si stava comportando in maniera coraggiosa e probabilmente lo faceva solo per il bene della loro squadra.
Più sereni uguale più affiatati.
 
Dopo qualche altro minuto di interminabile silenzio, Chat Noir riprese a parlare:
"Ero convinto che ciò che provavo per te fosse amore, ma mi sono accorto che non si può provare vero amore per una persona che neanche si conosce. Io non so chi sei, e non parlo della tua identità. Non so chi sei dentro, so che sei leale e coraggiosa ma non so se preferisci i biscotti o il formaggio, Jagged Stone o XY , se ti piace più la scherma o il pattinaggio. Non conosco di te le cose più banali ma che mi sono accorto sono le più importanti."
 
"Lo capisco Chat, ma è normale che sia cosi. Noi viviamo insieme avventure emozionanti, ci fidiamo l'uno dell'altro e ci capiamo con uno sguardo ma questo non significa conoscersi. Pensavo che te ne rendessi conto perciò non ho mai preso suo serio le tue avances"
 
"Sei sempre stata un passo più avanti di me" disse lui, mesto come la coccinella non l'aveva mai visto prima.
 
Poi Ladybug lo vide tirarsi le ginocchia al petto e poggiare la fronte sulle braccia incrociate intorno alle gambe.
"C'è dell'altro, vero?" osò chiedere la ragazza, col cuore in frantumi al vederlo cosi giù di morale.

"Adesso so cosa vuol dire davvero essere innamorato. Ma continuo a non essere ricambiato. Sono davvero sfortunato." aveva alzato appena il volto e aveva abbozzato un sorriso nel pronunciare l'ultima frase.
Ladybug gli poggiò una mano sulla spalla e gli chiese se avesse voglia di raccontarle cosa provasse.
"Ho una bella cotta per una mia compagna di scuola" a parlarne sembrava rinato. "Capelli scuri, grossi occhioni azzurri, dolcissima ma determinata e con uno splendido profumo. Ci divertiamo quando stiamo insieme e, non so come spiegartelo, sono felice quando lei è felice anche se io non c'entro niente con la sua gioia."
A Ladybug, in realtà, non avrebbe dovuto spiegare proprio niente. Lei sapeva esattamente cosa si provasse a vedere le proprie emozioni e le proprie scelte dipendere da quelle di qualcun altro. Si ricordava bene di quando una volta aveva deciso di partecipare alla festa di Chloè solo perché ci andava anche Adrien o di quando aveva ferito il suo amico Max pur di trovarsi fianco a fianco con il suo amato.
E sapeva altrettanto bene cosa significasse amare senza essere a sua volta riamata.
Ma non era il momento di pensare ad Adrien.
Ora si stava parlando di Chat e avrebbe dovuto solo ascoltarlo perché cosi fanno i buoni amici.
 
Seduti fianco a fianco guardavano entrambi di fronte a sé con lo sguardo perso nel vuoto. Le luci soffuse della città facevano loro compagnia e rendevano meno buia quella notte diventata buia per ben altri motivi. Si era alzato un leggero venticello che scompigliava loro i capelli mentre il sonno cominciava a rendere le palpebre pesanti.
 
"E' ora di andare a casa, Ladybug o i nostri genitori ci daranno per dispersi" esordì il gatto spezzando il silenzio pesantissimo che si era creato tra loro.
Ma Ladybug non aveva intenzione di chiudere lì quella discussione. Sentiva che le mancava qualcosa. Aveva bisogno di capire e di sapere di più. Non comprendeva da cosa nascesse questo bisogno ma le sembrava che dall'indomani niente sarebbe stato più come prima se non avesse sviscerato quella situazione. C'era nel suo inconscio qualcosa che la tratteneva,  una inaccettabile curiosità di conoscere le caratteristiche della ragazza che aveva rubato il cuore al suo gattone.
 
Il suo gattone? Anche questo pensiero uscito dai meandri della mente fu per lei inaccettabile.
E lo coprì con una domanda a bruciapelo.
 
"Ma glielo hai detto? Voglio dire..le hai confessato i tuoi sentimenti?"
"No di certo! Perché dovrei farlo?per espormi ad un plateale rifiuto?"
"Come fai ad essere così certo che lei non contraccambi il tuo affetto? Sai per certo che ama qualcun altro? O che non trova niente di interessante in te? Sei davvero irritante a volte, ma non sei poi così male!"
Non si faceva capace di dove avesse trovato la faccia tosta di rivolgersi in quei termini al suo amico, proprio lei che non riusciva neanche a parlare in maniera sensata al ragazzo che le aveva rubato il cuore: lei che alla sola idea di chiedergli di andare al cinema insieme ad altri amici, si sentiva tremare le gambe e mai e poi mai ci aveva provato a parlargli sinceramente.
Lei che una sola volta aveva provato a tendergli una trappola aiutata dalle sue compagne di classe per poter mangiare un gelato insieme e quando ovviamente niente era andato secondo i piani aveva provato imbarazzo a ripensarci per un mese intero!
 
Chat Noir ruppe la linearità dei pensieri di lei:
"Coccinella, così non mi aiuti! La verità è che penso di non essere alla sua altezza... Marinette è una ragazza fantastica. È piena di talento e di determinazione. Sa cosa vuole e come fare ad ottenerlo. I suoi amici, i nostri intendo, farebbero di tutto per lei. Li ho visti combattere per salvarla da una situazione difficile e li ho visti tralasciare tutti i loro impegni pur di organizzarle una festa di compleanno degna di lei."
"Ma...Ma...Marinette? " chiese balbettando Ladybug

"Anche il suo nome è bellissimo, non trovi?" rispose il gatto che ormai si era fatto coraggio e aveva colto l'invito della sua collega a chiacchierare dei suoi problemi amorosi.

"E che scuola frequentate tu e Marinette?" chiese Ladybug

"Non ti aspetterai che te lo dica, insettina. Le nostre identità devono rimanere segrete! Me lo dici sempre."

"Hai ragione, scusa" tornò sui suoi passi la coccinella ma proseguì con le sue domande

"E quando ti sei accorto di essere innamorato di lei?"

L'eroina di Parigi voleva avere più informazioni. C'erano centinaia di Marinette in città eppure questa coincidenza l'aveva messa in allarme. Se la Marinette di cui parlava Chat Noir era lei voleva dire che lui era un suo compagno di scuola, ma chi?
Scorse col pensiero tutti potenziali Chat della sua classe: poteva essere Max o Kim o Nathaniel, non certo Ivan che invece fisicamente era troppo diverso. Certo avrebbe potuto essere anche Adrien ma a questa eventualità non aveva mai pensato seriamente. Quando una volta Alya le aveva prospettato questa possibilità era scoppiata a ridere. Era impossibile. Adrien è molto meglio di Chat: più bello, più dolce, più intelligente, meno sfrontato...
 O forse quello che descriveva era l'Adrien della sua testa. Poteva anche quello reale nascondere dei segreti e una personalità molto più sfaccettata di quella che gli attribuiva con superficialità lei?
 Comunque stava andando troppo oltre con le congetture. Non era lei quella Marinette e se pure lo fosse stata la scuola era cosi grande che di ragazzi in gamba in grado di sostenere il ruolo di eroe ce ne erano tanti.
 
Il gatto proseguì con il suo racconto: "Non so quando mi sono ritrovato innamorato di lei. È successo in maniera graduale. All'inizio la trovavo strana, troppo timida e impacciata, poi ho scoperto che aveva risorse insospettabili. Un grande talento e una grande forza di volontà. È estremamente creativa e ha la capacità di mettersi sempre a disposizione degli altri rimanendo fedele a se stessa e alle sue idee."
 
OK! Ora Ladybug sapeva che non si stava parlando di lei: quel quadro fatto dal giovane riportava l'immagine di una persona quasi perfetta in una maniera tale che lei o meglio la lei Marinette, di certo non poteva apparire alle persone che la circondavano.
Chat Noir continuò ancora per un pò a raccontare delle esperienze e delle sensazioni che l'avevano condotto a provare ciò che provava.
E raccontò di un torneo di videogiochi e dell'imbarazzo provato durante gli allenamenti nello sfiorare la mano della sua amica.
"Mi è sembrato di toccare un tizzone ardente" aveva aggiunto.
Le raccontò di un lento ballato insieme e del dolce profumo dei capelli di lei e della sensazione di benessere che aveva provato nel tenere poggiato il viso di lei sul suo petto. Le parlò della urgenza, mai provata prima, di donarle qualcosa di proprio per sapere che avrebbe pensato a lui ogni volta che avrebbe stretto tra le mani quel regalo.
Non è che era stato tutto così evidente sin dall'inizio.
Così poco abituato ad avere amici pensava che anche di questo fosse fatta l'amicizia.  In quei momenti stava bene, benissimo, si sentiva sereno e completo. Sapeva di non aver bisogno d'altro. Ma per lui quello non era amore.
Era da relativamente poco che aveva cominciato a dare il giusto peso alle emozioni che gli venivano da quelle interazioni con la sua compagna di classe.
 
L'amore, prima, per lui, era stato piuttosto quello struggimento che gli faceva provare Ladybug, quel tira e molla continuo, quell'assurdo desiderio che succedesse qualcosa di male perché potesse trasformarsi e correre ad incontrarla anche solo per vederla. Le bastava vederla per stare bene all'inizio.
Poi aveva cominciato a desiderare altro, una presenza più costante, un bisogno di condivisione.

"Ed è stato lí, coccinella, che ho capito che per me non potevi essere altro che una collega. Una splendida, intelligente e divertente collega ma niente più di questo. Ho bisogno di qualcuno con cui divertirmi e condividere le mie passioni, qualcuno a cui poggiarmi quando sono deluso da tutti e da tutto, qualcuno per cui essere il punto fisso: lo scoglio a cui ci si può aggrappare quando si sta per annegare, qualcuno di cui ammirare lo sguardo ogni volta che ne ho voglia, solo spostando la mia testolina a guardare il banco dietro il mio."

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Capitolo 3
*** Dubbi ***


 

Dubbi

 

Marinette ormai non aveva dubbi, Chat Noir era Adrien. La storia che lui raccontava era anche la sua. Le sensazioni di completezza che lui descriveva le provava ogni volta che riusciva a passare del tempo con lui. Troppe coincidenze, troppi accadimenti in comune. Non poteva trattarsi altro che del suo amato, amatissimo Adrien.

Ma ora, cosa avrebbe fatto? Come avrebbe potuto affrontare questa situazione? Le tremavano le gambe alla sola idea che lì accanto ci potesse essere Adrien.

Ma ancora non voleva crederci. Quei due erano così diversi! E le sue interazioni con loro erano state sempre così differenti!

E come guardando un film, le passarono davanti agli occhi tutte le scene dei suoi contatti con Chat Noir, le strette, i vis a vis, quell'unico bacio dato per motivi di 'servizio' ma che comunque un pochino l'aveva turbata.

Ma le venivano in mente anche i momenti in cui, nei panni di Ladybug, c'era da mettere in salvo Adrien, e lei lo aveva protetto ed accudito con fare materno, quasi come fosse un fanciullo indifeso e ora si sentiva enormemente stupida a pensare che quello stesso fanciullo indifeso aveva salvato la vita più volte a Marinette e alla stessa Ladybug.

Come poteva essere stata cosi cieca?

Eppure non si rammaricava di non aver riconosciuto Adrien in Chat ma di aver sottovalutato il suo amato.

Lo aveva sempre visto nella sua forma idealizzata, perfetto, semplice, educato e mai si era occupata di capire se lui era più di quello che lei vedesse.

Ma lo era!

Era un giovane uomo coraggioso, capace di affrontare situazioni di stress estremo, una persona leale a cui si poteva affidare la propria vita, ma anche un ragazzo divertente, capace di battutine sarcastiche sottili e talvolta parecchio esasperanti.

 

Non era stata una buona amica per Adrien e meno che mai una buona innamorata. L'amore è una cosa più seria che confondersi per uno sguardo o per una mano poggiata sulla spalla, se non si sa dietro quello sguardo e dietro quel gesto chi c'è.

E si sentiva ridicola per tutte le volte che, con i suoi stupidi balbettii, aveva sprecato l'occasione di conoscerlo meglio. Aveva buttato via il tempo e l'opportunità per sentirlo parlare, raccontare, gioire o preoccuparsi.

Era stata estremamente egoista, non solo trattando sempre con sufficienza Chat ma anche e soprattutto relegando Adrien al ruolo di una bella foto da ammirare, appesa alla parete.

Era lei che non meritava lui e non viceversa.

 

Doveva dirgli qualcosa, ma cosa e in che modo?

 

"Sei sicuro che questa Marinette sia degna di te?" gli disse all'improvviso, freddandolo.

"Non potrebbe essere una ragazza egoista, superficiale che neanche si prende la briga di conoscerti? Come ha fatto a non accorgersi di tanto amore? Come ha fatto a non vedere quanta tenerezza c'è nella tua voce quando parli con lei? Credo che sia solo una persona estremamente egocentrica! Tutta rivolta a se stessa e per niente preoccupata dei bisogni degli altri! Se fossi in te, una cosi la lascerei perdere!"

 

Ma che stava facendo? Si remava contro? O voleva capire fino a che punto si spingesse l'affetto del ragazzo?

O forse era solo onesta con se stessa e sapeva di essere stata davvero cieca.

 

"Un ritratto del genere non le rende giustizia, mi dispiace Ladybug. Banalmente è una ragazza semplice e per niente maliziosa. Non è affatto egoista e lo dimostrano i suoi comportamenti quotidiani. E voglio utilizzare tutto il tempo che ho per migliorarmi e rendermi degno di lei anche se tu pensi che dovrei lasciarla perdere". rispose e poi rimase a guardarla per un po'.

Aveva gli occhi stranamente lucidi e sembrava immersa in chissà quali grevi pensieri.

 

Lui d'altro canto non stava meglio. La coccinella gli aveva messo una pulce nella orecchio.

Poteva esserci qualcosa che gli sfuggiva?

Quelle parole lo avevano turbato. Perché Ladybug voleva allontanarlo così spudoratamente da Marinette?

Rimase lì ancora in silenzio ma non era più intenzionato ad andarsene e non voleva che lo facesse lei. Sentiva ancora bisogno di chiarimento.

Allora, le chiese dolcemente se poteva rimanere ancora un po' con lui.

 

 

****

Angolo dell'autrice: Su, su, ancora un po' di pazienza. Nel frattempo godiamoci le riflessioni di Marinette/Ladybug e la confusione di Chat. E ricordiamoci sempre che sono due stupidini!(lo dico affettuosamente!!;-)). E che prima di rendere chiari e maturi i loro sentimenti hanno bisogno ancora di un po' di tempo.

A presto!

 

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Capitolo 4
*** Rivelazione ***


Rivelazione

 

Il preside Damocles stava alzandosi dalla panchina e si stava avviando a casa con in mano il suo fastidioso videogioco. Il tintinnio del gioco, in lontananza, li aveva accompagnati per tutta la serata. Ora lasciava spazio ad un silenzio profondo, interrotto raramente da passi umani e dal rombo di qualche automobile.

Ormai era davvero tardi.

L'aria era diventata freschetta; un brivido di freddo percorse la schiena di Ladybug, e non solo per il venticello che continuava a soffiare su di loro, ma per il tono dolce e al tempo stesso perentorio con cui Chat Noir le aveva chiesto di rimanere.

Anche lei, comunque, non voleva allontanarsi.

Stava pensando e ripensando all'opportunità di rivelargli la verità sulla sua identità ma provava vergogna mista a timore. Era certa che l'avrebbe perso per sempre. Lui le stava confessando di amare Marinette ma cosa avrebbe provato a scoprire che la ragazza in tutina a pois di fronte a lui, proprio quella che lui non amava più, era la stessa persona?
Sarebbe rimasto interdetto, confuso e sicuramente avrebbe chiesto spazio e tempo per riflettere.

Lei, d'altronde, era davvero pronta ad amare Adrien in tutta la sua complessità?

Certo l'idea di perdere Chat, quando lui aveva confessato di amare un'altra persona, l'aveva colpita più di quanto si sarebbe aspettata, facendole prendere coscienza, in qualche modo, anche dei sentimenti di profondo affetto che nutriva per lui.
L'aveva dato per scontato fino ad ora e ne aveva sottovalutato il fascino, tutta presa dalla sua cotta stratosferica per l'immagine di Adrien costruita a tavolino dalla sua mente.

Eppure si dava delle attenuanti.

I suoi sentimenti erano profondi e sinceri per entrambe le due personalità dell'amato. Aveva sempre provato fiducia e stima per Chat Noir; lo considerava schietto e simpatico e anche quando esagerava un po', quegli atteggiamenti la divertivano e mai l'avevano realmente infastidita. Di Adrien, poi, adorava la gentilezza, la galanteria, il bel visino, ma anche quell'aura di mistero che lo circondava, quel non capire ogni volta cosa davvero provava, permettendole di sognare e fantasticare.

E mentre, seduta accanto a lui, faceva chiarezza sui propri sentimenti, cercando di spazzare via la confusione e i dubbi dei primi istanti di questa scoperta, sentì un sussurro superare il rombo di una moto che passava nella solitaria traversa dove erano appollaiati.

Era Chat che si lasciò scappare un “Con le tue riflessioni su Marinette, mi stai confondendo”.

Nel frattempo in una grossa sala scura con riverberi di luce violastra e una ampia finestra con al centro il simbolo stilizzato di una farfalla, un uomo arrabbiato e deluso preparava il campo per rendere malvagia la sua prossima vittima. Migliaia di farfalle bianche gli svolazzavano intorno.
"Piccole akuma, sento i sentimenti di un giovane innamorato, deluso, confuso, turbato ma anche la rabbia di un'anima eroica e fiera che ha perso le sue già poche sicurezze."

A quel punto permise ad una farfalla bianca di poggiarsi nel palmo della sua mano, la coprì delicatamente con l'altra mano e declamò il solito mantra:

"Vai piccola akuma e oscura il suo cuore".

La farfalla diventata scura, piena del magico potere di ridurre chiunque al servizio dell'oscura figura che l'aveva lasciata libera, si direzionò verso un foro aperto nella enorme vetrata e, rapida, si avviò sui tetti di Parigi alla ricerca della sua vittima.

Chat Noir aveva lo sguardo rivolto alle tegole ramate del tetto, sembrava contarle ad una ad una e la coccinella gli stava accanto,carezzandogli dolcemente la schiena. Non sapeva cosa dirgli e rimaneva in attesa che il collega continuasse il suo sfogo. Indugiavano entrambi, incantati ciascuno a modo suo a sentire il profumo della notte, quel misto di umido e brina; ciascuno immaginando quale fosse la cosa giusta da fare a quel punto.

Ladybug sentì, all'improvviso, come una leggera variazione nel flusso dell'aria che si spostava intorno a loro. Diversa dal vento che finora li aveva carezzati. Era una percezione confusa rispetto alla quale i suoi sensi si erano subito drizzati. Alzò repentinamente lo sguardo dal suo compagno e la vide a mezz'aria.

Vide la piccola akuma svolazzare rapida verso di loro.
Verso il gatto nero.

Chat Noir non aveva neanche notato il movimento della sua collega tanto si era rannicchiato ancora più su se stesso, la testa poggiata sulle gambe, il naso infilato nello stretto spazio tra le due ginocchia, gli occhi chiusi, nell'animo un peso come un bolla d'aria densa, ferma al centro del petto. Si godeva, però, le carezze della coccinella, che non si erano interrotte neppure quando la sua attenzione si era rivolta a tutt'altro.

Per Ladybug non fu subito chiaro in che maniera avesse dovuto affrontare quella situazione ma certo non sarebbe rimasta con le mani in mano. Non avrebbe permesso a nessuno di fare ancora del male al suo amico, alla persona alla quale teneva più della sua stessa vita.

Doveva combattere con Chat akumizzato, doveva con il suo Yo-Yo acchiappare la farfalla prima che lo colpisse e purificarla, doveva fare in modo che lui si spostasse da lí, doveva, doveva...

E invece come un'illuminazione arrivò la risposta ai suoi dubbi..non doveva fare nulla di tutto quello a cui aveva pensato: doveva solo essere se stessa e seguire il suo cuore.

****

Angolo dell’autrice: siamo in dirittura d’arrivo per questa breve storia. Col prossimo capitolo si scoprirà che vorranno fare i nostri eroi delle loro esistenze. Spero che finora la storia vi sia piaciuta e vi abbia incuriosito. Ho anche già corretto qualche errore/svista dei capitoli precedenti, sperando che così siano più godibili. Se ne trovate altri, ditemelo.

Grazie a tutti per leggere, commentare, seguire.

 

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Capitolo 5
*** Scoperta ***


Scoperta

 
E per essere se stessa intendeva esattamente essere se stessa...senza maschera!
L'akuma si avvicinava a Chat Noir e la sua azione fu repentina.  "Tikki trasformami!"
 
Un lampo di luce fece sobbalzare Chat Noir che alzò lo sguardo e si trovò di fronte Marinette.
Il piccolo kwami rosso si rifugiò nella borsetta della sua portatrice. Percepì all'istante la delicatezza del momento e capì che non era il caso di interferire in alcun modo.
 
Marinette non aveva il coraggio di guardare Chat Noir negli occhi ma aveva un buon alibi: controllare la farfalla scura che, come se fosse sbattuta contro un vetro senza avvedersene, arrivò vicinissima a lui e poi cambiò la sua rotta.
Marinette era riuscita nel suo intento. L’umore del suo amico era cambiato rapidamente.
 
Chat fissò Marinette per qualche istante e poi seguendo lo sguardo della sua amata vide l'akuma che tornava sui suoi passi. Tirò un sospiro di sollievo.
 
Lontano, un urlo di rabbia si sentì echeggiare nella grossa stanza scura. Un urlo di frustrazione più che altro, perché -  dannazione - il problema degli eroi è che sono troppo ...eroici!!! Era sfumata un'altra occasione di avere i miraculous della fortuna e della sfortuna. La migliore occasione che Papillon finora avesse immaginato.
 
Il gatto tornò a fissare Marinette e sorrise, e lei vide sul suo volto un sorriso che mai aveva visto sul viso del suo collega nè su quello del suo compagno di classe.
Era uno strano ghigno di soddisfazione che non tradiva alcuna sorpresa.
 
"Allora? Sono io la tua Marinette?" chiese imbarazzata la ragazza, col viso che le si imporporava di più ad ogni parola.
 
"Certo che sei tu!" le si avvicinò il gatto che nel frattempo si era sollevato in piedi e la guardava dall'alto della sua maggiore statura. “E anche tu sai chi sono, giusto?"
 
"Credo si di....di si credo...si credo di....uffa, si!" concluse infine Marinette portandosi una mano alla fronte.
 
La giovane era confusa e preoccupata.
Si domandava perché lui non fosse sobbalzato alla scoperta e perché ora si avvicinasse a lei così repentinamente.
In maniera automatica fece un passo indietro come a difendersi da qualcosa che potesse farle male.
 
"Perché vuoi allontanarmi? Ti giuro che ci metterò buona volontà per farmi amare da te. Sono disposto a cambiare, a essere come tu mi vorrai..." ma non finì la frase perché la mano della ragazza gli tappò il muso.
 
“Perché non ti trasformi?” biascicò, raccogliendo quel briciolo di coraggio che le era rimasto e continuando a guardarlo di sottecchi.
 
"Perché solo con questa maschera posso trovare il coraggio di dirti quello che voglio dirti, anche se tu non hai voglia di ascoltarlo né da me né da Adrien".
 
"Cosa ti fa pensare che io non voglia ascoltarti?" ebbe l'ardire di chiedergli Marinette, annegando questa volta col suo sguardo negli occhi felini dell'amico.
 
"Quello che mi hai detto prima. Il fatto che, nelle vesti di Ladybug, volevi in qualche modo mettere in cattiva luce Marinette ai miei occhi"
 
"Sono stata una stupida e mi dispiace per questo! Parlandoti male di Marinette, convincendoti che Ladybug fosse gelosa, ti ho confuso e perciò ti ho messo a rischio. L'akuma ti avrebbe trasformato in un mostro. Sono stata una bambina. Mi potrai perdonare? non volevo..” la ragazza parlò a raffica.
 
Chat Noir non le diede il tempo di terminare: “non ero confuso perché pensavo che Ladybug fosse gelosa, ero confuso perché Marinette parlava male di se stessa e sono convinto che l'unico motivo per cui tu possa aver detto quelle cose era perché, non solo non volevi le attenzioni di Chat ma neppure quelle di Adrien e cercavi così di allontanarmi da te. Se non è così, ti prego, dimmelo adesso!” il suo tono divenne mieloso.
 
“no, cioè si, cioè... non dirmi bugie! tu non potevi sapere che Ladybug era Marinette!”
 
“Non lo sapevo per certo ma, a dirti il vero, lo immaginavo già da un po' e più di tutto lo speravo...e dovevo pur trovare il modo di fartelo confessare senza costringerti...diciamo che avevo costruito un piano perfetto per fartelo ammettere ...”
 
“Maledetto gattaccio, vuol dire che tutto quello che hai detto era solo una messinscena per farmi svelare la mia identità? Ti rendi conto che hai messo a rischio tutti e due? Se Papillon si fosse impadronito dei nostri miraculous, come avremmo potuto più difendere la città?” Marinette cominciò a picchiargli con le mani sul petto con le lacrime che le rigavano il viso.
 
“Ma sei davvero una stupidina, allora!” le disse mettendole una mano tra i capelli “una adorabile ma stupida insettina...è tutto vero ciò che ti ho detto. L'unica cosa che non era prevista era l'akuma. Non avevo calcolato che tu, che Marinette, potesse rifiutarmi. Ero certo che anche tu provassi qualcosa per me, ma che fossi troppo timida e imbranata per confessarlo..ed io sono pur sempre un gattaccio presuntuoso, no? Come potevo sopportare che non mi amassi?
Se non ti fossi trasformata dandomi un segno così evidente di apertura, credo che avresti dovuto sfidarmi..”. Il gatto abbassò gli occhi, vergognandosi per quell’atto di superbia.
 
“Non avresti il coraggio di parlarmi così se non avessi la tua maschera da spaccone! È per questo che non vuoi trasformarti, vero?” Marinette era furiosa.
Senza la sua, di maschera, si sentiva esposta, nuda e incapace di controbattere al suo prendersi gioco di lei.
 
“Voglio che mi dici la verità, principessa! Provi qualcosa per questo gatto? Si o no?”
 
“Trasformati!” gli urlò “voglio guardarti negli occhi..quelli veri”.
 
“Comincerai a balbettare, lo so già!”
 
“Trasformati!!” ripeté, sempre più determinata ad affrontare una volta per tutte questa scomoda situazione.
 
Chat le diede un bacio sui capelli e fece due passi indietro.
“Plagg, trasformami!” lo sentì dire e in quella notte scura, quel bagliore verdastro le fece strizzare gli occhi. In un istante si trovò davanti in tutto il suo splendore il ragazzo di cui era innamorata e che, a voler essere precisi, le aveva appena confessato di amarla.
 
O quello era Chat e adesso Adrien si sarebbe rimangiato tutto: stava solo scherzando e adesso lui se ne sarebbe andato e non avrebbero mai avuto tre figli, un cane, un criceto...e lei adorava i criceti! Si, aveva ragione lui, adesso avrebbe cominciato a balbettare e blaterare cose senza senso e lui avrebbe solo pensato che lei era davvero ma davvero stupida e...
 
Adrien, per quei brevi istanti in cui lei era rimasta incantata a guardarlo trasformarsi con un'espressione stupita e impaurita sul viso, fu intento a infilarsi Plagg dentro la camicia chiedendogli, se per favore, almeno per il momento non gli imponesse di cacciare fuori il solito, puzzolente camembert.
Poi, quasi come se avesse letto nel pensiero di lei i dubbi e le paure, le si avvicinò di nuovo e le poggiò le mani sulle spalle scendendo col viso alla sua altezza.
Era il solo modo che conosceva per provare a tranquillizzarla.
 
“Allora, milady, ricambi o no i sentimenti di questo povero ragazzo che è anche lo stesso meraviglioso gatto di prima? Mi potrai amare per quello che sono?” e poi sollevandosi di nuovo, continuò, sorridendo: “Devi rispondere si o no, quindi, non c'è rischio che balbetti”.
 
Marinette gli si avvicinò di più, si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò sulle labbra.
Lui, questa volta, era davvero sorpreso dall'ardire della sua bella e le rivolse uno sguardo interrogativo.

“Non volevo correre il rischio di balbettare” spiegò lei. “E si, sono pronta ad amare anche la parte più irritante di te, ma solo se la releghi alle tue trasformazioni.”
 
“Se pensi che io sia irritante aspetta di conoscere il mio kwami.” concluse Adrien mentre cercava di tenere a bada Plagg che faceva capolino dalla sua camicia per reclamare finalmente il suo meritato formaggio.

“Sciocchi ragazzini, vi siete accorti di che ora è? tornate a casa a dormire e datemi un maledetto pezzo di camembert.” decretò, infatti, Plagg con la sua voce stridula parlando ancora da sotto la camicia.
 
“Prendi il tuo pezzo di formaggio e preparati a trasformarmi” gli disse teneramente Adrien porgendogli la sua ricarica di energia, “devo accompagnare a casa la mia fidanzata!” proseguì, accorgendosi appena che a quelle parole le gote di Marinette erano andate in fiamme.
 
“Ma non può trasformarsi lei e portare a casa te?” urlò di nuovo il kwami dal suo cantuccio, con la bocca piena di cremoso formaggio.
 
“Sei davvero maleducato” intervenne a quel punto Tikki, sentendosi tirare in ballo, ma la sua vocina non era adirata, tradiva piuttosto una leggera soddisfazione per tutto ciò che stava succedendo.
 
“Ho capito” disse infine Marinette sicura che il suo kwami avesse già sbocconcellato un biscotto.
Lanciò uno sguardo ad Adrien e contemporaneamente chiesero ai loro kwami di trasformarli.
 
“Per stanotte torniamo a casa separatamente. E’ già molto tardi e abbiamo bisogno di dormire e riprenderci dalle emozioni di oggi. Dopo una bella dormita, domani saremo pronti a riorganizzare le nostre esistenze e ad affrontare tutte le difficoltà che verranno. Credo che Adrien potrà sopportare quella imbranata di Marinette e Ladybug ce la farà a tenere a bada quello spaccone di Chat. Che ne pensi? Io dico che ce la possiamo fare. Siamo pur sempre due supereroi...siamo Ladybug e Chat Noir, no?”
 
“Chat Noir e Ladybug, vorrai dire, milady!” puntualizzò il gatto dandole un colpetto sul naso con le dita. “Per questa volta ti accontento e si fa come dici tu! Ma se vuoi che andiamo d'accordo, qualche volta dovrai far finta di far comandare un po' anche me!”.
 
E dopo un cenno della testa e un occhiolino della coccinella e un bacio soffiato dal palmo della mano da parte del gatto, la notte li vide saltare via tra i palazzi della città più romantica del mondo, felici come non erano mai stati prima.

Angolo dell'autrice:
Siamo giunti al termine di questo breve ma, spero, intenso racconto. A me è piaciuto immaginare che i due protagonisti arrivino molto lentamente ad apprezzarsi davvero. Sono giovani e insicuri e questa lunga chiacchierata è servita loro per scoprire tutte le carte così da poter far luce sui loro sentimenti: gelosia, paura di affrontarsi, dubbi rispetto alle debolezze dell'altro. 
Ora, però, sono sicuri del loro reciproco amore anche se ancora titubanti nell'affrontarlo senza remore. Devono dormirci su!!
e così  possono dare spazio a noi per immaginare tanti altri possibili futuri....
fatemi sapere se questa conclusione vi ha soddifatto e grazie a tutti per avermi seguito fino alla fine!

 

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