The Truth Behind The Blossom

di Emadiam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 - Non hai salutato Temari? ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 - Offre la casa ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 - Offrimi la cena ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 - Mi piacciono i fiori ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 - Dimmelo tu ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 - Ma chi? ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 - Non tornerà indietro ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 - Ti sei divertita? ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 - Grazie, sensei ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 - Meglio così ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 - Non hai salutato Temari? ***


Questa storia è la continuazione della fanfiction SENSE, scritta (sotto il frettoloso e abbandonato pseudonimo di Hikari Yuka) con la mia carissima amica Yuki Delleran e da lei qui pubblicata, perciò è pressoché indispensabile che si legga prima quella di questa. Il talento di Yuki per la scrittura ha fatto uscire la mia passione latente, perfezionandola. Perciò, se ho cominciato a scrivere, lo devo a lei. Visitate la sua pagina, perché le sue opere meritano davvero di essere lette.
Ho inoltre scoperto, con mia somma deliziosa sorpresa, che SENSE è una delle storie selezionate dal sito. La cosa mi riempie di orgoglio.
L'ambientazione è sempre nel lasso dei tre anni che passano tra la prima serie e lo Shippuden.


Ho scritto BLOSSOM nel 2006. Ok, leggere questa data mi ha sconvolta un po', son passati appena 11 anni... Ad ogni modo è stata ispirata da una mossa speciale vista in un videogioco di Naruto, quindi, pian piano, ho sviluppato l'intera storia, che, anticipo già, continuerà in un'altra fanfiction. Devo premettere, come vi accorgerete, che io amo in modo viscerale la differenza di età e il rapporto sensei-studente/essa.

Ciò detto, spero che la storia vi piaccia anche se non siete fan dei protagonisti. Se vi fa piacere, lasciate un commento. Buona lettura! ^_^
Disclaimer: All rights reserved.

Si ringrazia di cuore:
- I Police per la canzone ispiratrice.
- Come sempre Haku per la pazienza.
- Come sempre Xelina  per il sostegno e lo spunto per i personaggi di contorno.
- Tutti coloro che hanno letto e riletto questa storia fino alla sua ultima messa a punto senza mai mandarmi a ca#@re! Grazie amici!




The Truth Behind The Blossom
(Every Little Thing She Does Is Magic)
(- Police -)

Giglio bianco – Fascino, Bellezza, Verginità, Purezza
Rosa rossa – Passione d’amore
Garofano bianco – Fedeltà, Dolcezza, Amore puro
Ciclamino – Saluti, Rassegnazione, Addio
Giunchiglia – Affetto, Desiderio per affetto ricambiato
Giacinto porpora – Perdono, Dolore, Dispiacere
 

Quando raggiunsero la sala grande all’ingresso dell’ospedale, Ino e Sakura salutarono cordialmente Kurenai, seduta con una rivista in mano in paziente attesa di Kiba. «Buongiorno!»
«Buongiorno a voi, ragazze. Tutto bene?»
Le due amiche assentirono.
«Grazie per la chiacchierata di ieri» aggiunse Ino.
Kurenai annuì. «È stato un piacere. Quando vuoi… Allora, Sakura-kun, Naruto Uzumaki se n’è andato?»
Sakura chinò la testa. «Jiraya-sama ha deciso di allenarlo personalmente…»
Ino le sorrise con dolcezza. «Tornerà presto, vedrai. Un giorno tutto sarà come prima.»
La ragazza la guardò con gratitudine. Sapeva a cosa si riferiva il tutto di Ino.
L’amica cambiò discorso. «Per il prossimo Esame di Selezione dei Chūnin mi allenerà mio padre. Ha promesso di insegnarmi una nuova tecnica.»
«Ino, è fantastico!»
La reazione entusiastica di Sakura sorprese Ino che aprì la bocca per ribattere.
«Sakura-chan!» proruppe un sorridente Rock Lee correndo loro incontro.
La ragazza si ritrasse istintivamente non appena il giovane le fu di fronte. Sapeva che non era colpa sua e in fondo le dispiaceva anche, ma non poteva farci niente, la faccia di quel ragazzo le faceva sempre un po’ senso.
«Ehi, Lee» chiamò una voce alle sue spalle.
Appena il ragazzo si voltò, il suo viso venne colpito in pieno dal pugno poderoso del suo maestro.
«Non gridare in ospedale!» lo ammonì Gai.
«Sì, sensei!» rispose Lee sull’attenti.
«Gai, guarda che così fai ancora più chiasso» osservò Kurenai posando il giornale sul tavolino.
Ino e Sakura si lanciarono un’occhiata perplessa prima di scoppiare a ridere.
«Insomma! Cos’è questo baccano?» La quinta Hokage comparve da dietro l’angolo, seguita da Kiba Inuzuka e Neji Hyūga. Ino si bloccò all’istante.
«Stai bene? Sei diventata rossa, non avrai la febbre?» chiese Sakura posandole una mano sulla fronte.
Ino tornò alla realtà. Kurenai si alzò andando incontro al suo allievo. «Allora, Kiba, come andiamo?»
Tsunade sorrise. «Si è ripreso completamente. Con qualche giorno di allenamento può riprendere le missioni. Quanto al giovane Hyūga» aggiunse rivolta a Gai, «puoi stare tranquillo. L’importante è che per i primi giorni non si stanchi troppo, va bene?»
Neji annuì prima di lanciare uno sguardo fugace a Ino, il cui rossore stava tutt’altro che diminuendo.
«Ino!»
La ragazza si voltò sorridendo a Chōji e Shikamaru, seguiti da un assonnatissimo Asuma. «Buongiorno!»
«Ino, non urlare, ho mal di testa» brontolò Shikamaru.
«Non farci caso» intervenne Chōji con la bocca occupata da un lecca-lecca. «È di cattivo umore da quando quelli della Sabbia se ne sono andati stamattina.»
«Aaaah, non hai salutato Temari?»
«L’avevo già fatto ieri sera» borbottò il ragazzo in tono quasi seccato. Mentre pensava alla nottata precedente, Shikamaru arrossì lievemente.
«Che faccia, amico mio» esordì intanto Gai rivolto all'altro maestro.
Asuma rispose con un sonoro sbadiglio. «Sì, la notte scorsa non sono riuscito a chiudere occhio.»
«A proposito della notte scorsa, Shikamaru» proseguì Ino stuzzicandolo, «spero almeno tu abbia salutato Temari come si deve, conoscendoti…»
«A proposito della notte scorsa,» ripeté il ragazzo punto sul vivo «mi risulta che anche tu ti sia data da fare
Ino e Neji trasalirono colti in flagrante; Asuma sgranò gli occhi sbalordito; a Chōji per poco non cadde il lecca-lecca; Kiba, Sakura e Lee inarcarono le sopracciglia incuriositi; Gai, Tsunade e Kurenai osservarono la scena con leggero disagio. Shikamaru per primo si stupì del proprio tono. Ino si portò le mani alla bocca. «Come…? Tu… hai sentito…?»
«O-ohi…» balbettò Asuma.
«No, ecco…» Shikamaru parlò quasi sottovoce, non sapendo come rimediare.
«Ah… ehm… Chōji!» intervenne Sakura, dopo un'occhiata a Ino. «Ti sei rimesso completamente, vedo. Finalmente oggi puoi tornare a casa.»
«Già!» sorrise Chōji con il lecca-lecca di nuovo in bocca.
Gai si rivolse ai suoi allievi. «Direi che è ora di andare.»
I ragazzi annuirono. Quando Neji gli passò di fianco, Shikamaru fece per parlare, ma il ragazzo lo anticipò rassicurandolo. «Va tutto bene.»
Il ragazzo col codino tornò a guardare Ino, che si limitò a fissarlo con le guance ancora rosa.
«Kurenai-sensei, andiamo anche noi? Non sopporto di stare ancora qua dentro!» esclamò Kiba.
«Grazie di tutto, Tsunade-sama» salutò Kurenai guidando l'allievo all'uscita.
Chōji li seguì con lo sguardo. «Nemmeno io sopporto più questo posto. Vieni?» domandò al compagno.
Shikamaru lanciò un’occhiata a Tsunade, la quale gli sorrise e si rivolse ad Asuma. «Come ho detto alla ragazza della Sabbia, concedo le dimissioni dall’ospedale a patto che non si compiano sforzi per qualche giorno» disse la donna riferendosi al trio.
Il maestro annuì, mentre Shikamaru e Chōji s’inchinarono rispettosamente a Tsunade, precedendolo all’uscita.
«Ino-kun» la fermò la Hokage, «presta attenzione a non compiere movimenti bruschi, mi raccomando. La ferita al costato non è del tutto guarita.» La donna posò una mano sulla spalla di Sakura. «Vogliamo andare anche noi?»
Ino squadrò l’amica con sospetto. «Haruno Sakura, che cosa mi stai nascondendo?»
La ragazza sorrise facendo la lingua. «Segreto!»
«Ah, a proposito» aggiunse Tsunade notando il volto di Ino, «puoi togliere la medicazione.»
La ragazza si portò la mano alla guancia e toccò il cerotto. Se n’era dimenticata. Fece per toglierlo, ma il maestro l’anticipò. «Ecco qua.»
«Aaaaaaah! Finalmente il mio bellissimo viso è tornato come prima!» squillò con occhi brillanti di felicità.
Sakura la guardò di sottecchi. «Noto con piacere che, nonostante tutto, non hai perso la tua modestia.»
«Invidiosa!»
L’amica le sorrise e Ino ricambiò. Quei discorsi erano ormai detti più per abitudine che per convinzione. In un certo senso era il loro modo di salutarsi o ringraziarsi.
«Sarai tu a invidiarmi, maial-Ino!»
La biondina alzò il pugno. «Ripetilo, se hai il coraggio!»
«Buone, bambine. Andiamo, Sakura-kun» la esortò Tsunade.
«Sì, Hokage-sama.»
Ino strinse i denti osservando l’amica-rivale andare via con la Hokage. «Non permetterò che diventi più forte di me, nemmeno se sarà Hokage-sama in persona ad allenarti» pensò a voce alta.
«Brava» le sorrise Asuma. I suoi occhi s’incupirono quando le sfiorò la cicatrice sullo zigomo. «Mi dispiace, Ino. Non sarebbe mai dovuto accadere.»
La ragazza percepì un vuoto nello stomaco incrociando gli occhi del maestro. L’uomo dischiuse le labbra, ma la voce di Shikamaru riecheggiò nel corridoio. «Asuma! Chōji ha fame!»

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Capitolo 2
*** Cap. 2 - Offre la casa ***


«Sarutobi-san! Che sorpresa!» esclamò Inoichi Yamanaka quando Asuma entrò nel negozio.
«Buongiorno» salutò l’insegnante.
«Credo che mia figlia sia di sopra, vado a chiamarla.»
«No, non…» si affrettò a fermarlo Asuma, ma l’uomo era già sparito nel retro.
L’aria era invasa dai profumi delle innumerevoli piante del negozio. Il maestro si guardò intorno e si chinò a osservare dei gigli bianchi. Fu talmente assorto dai pensieri che quei fiori gli portarono alla mente da non sentire nemmeno il tintinnio della campanella della porta che si apriva.
«Buongiorno, sensei!» salutò allegramente Ino alle sue spalle.
Asuma si girò di scatto. «Ciao.»
«Non saranno i miei fiori preferiti» commentò lei chinandosi accanto all’uomo, «ma li trovo bellissimi.»
Nonostante tutte le fragranze nel negozio, si distingueva perfettamente il profumo della ragazza.
«Ehi! Allora sei qui. Ti stavo cercando di sopra» disse Inoichi sbucando dal retro.
«Scusa, papà, sono appena tornata. Non posso aiutarti in negozio, però, devo prepararmi per stasera» spiegò Ino andandogli incontro.
«Sei una lavativa.»
«Oggi ho il giorno libero, ordine di Hokage-sama, devo riposare.»
«Guarda che andando in giro tutto il tempo non ti riposi mica.» L’uomo posò una mano sulla testa della figlia, rivolgendosi al maestro. «Non ti dispiace se la tengo a casa domani, vero? Vorrei si allenasse un po’ nella tecnica nuova.»
Asuma assentì.
«Stasera andrai alla festa con Kurenai-sensei?» chiese tranquillamente Ino intuendo che il maestro volesse comprare dei fiori. «Posso consigliarti questi…»
«Fai pure» rispose distrattamente Asuma. «Io di fiori non me ne intendo.»
«Ino, le rose!» intervenne Inoichi.
«Come sei antiquato, papà!»
L’uomo si strinse nelle spalle. «Il linguaggio dei fiori non è certo una moda.»
«Lo so» rispose ridendo la ragazza, «ma voglio mettere anche questi.»
Prese delicatamente tre rose rosse e le abbinò a sei garofani bianchi. Ino alzò gli occhi e vide il maestro accarezzare i fiori rosso scuro di una piantina alla sua destra.
«Ciclamini. Tanto belli quanto tristi» sorrise porgendo all’uomo il mazzo completato. «Sono i fiori dell’addio.»
Asuma osservò i ciclamini in silenzio per un secondo ancora, poi prese i fiori dalle mani dell’allieva e fissò lo sguardo sui garofani. «Sarebbero questi i tuoi fiori preferiti?»
«No» rispose solo Ino. «Offre la casa.»
«Grazie» disse istintivamente Asuma.
«Grazie a te, Sarutobi-san,» salutò Inoichi «per tutto quello che hai fatto per mia figlia, per averla salvata.»
Mentre annuì con un semplice «dovere», l'uomo guardò Ino, ignorando il crescente disagio di chi sente la coscienza sorprendentemente sporca.
«Buona fortuna per stasera, sensei!» aggiunse lei. 

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Capitolo 3
*** Cap. 3 - Offrimi la cena ***


Asuma andò in giro senza meta per Konoha, la testa tanto piena di pensieri da iniziare a girargli. Il vento si stava alzando prepotentemente e il maestro, ritrovandosi chissà come chissà perché nel cortile deserto davanti all’accademia ninja e con un imprevisto mazzo di fiori in mano, estrasse una sigaretta con qualche difficoltà. Alzando lo sguardo all’insegna della scuola, gli tornò in mente il giorno in cui gli vennero assegnati i figli di Nara, Yamanaka e Akimichi. Sorrise nel rivedere gli allievi tossire fino alle lacrime per il fumo della sua sigaretta. Ripensò agli allenamenti, alle prime missioni e all’anno e mezzo passato insieme ai ragazzi.
Spostò gli occhi al cielo. Il sole era quasi completamente tramontato e lui si rese conto che dovevano essere passate non meno di due ore da quando si era chiuso alle spalle la porta del negozio di Inoichi. Non era andato là per comprare fiori e non aveva alcun appuntamento quella sera. Tanto meno con Kurenai. Si era ritrovato in quel negozio persino per caso. Forse.
Fissò le rose che teneva in mano.
«Salve, Asuma!»
L’uomo distolse lo sguardo dai fiori e alzò gli occhi davanti a sé. «Oh, sei tu.»
«Accidenti, amico mio, modera l’entusiasmo…» ironizzò Gai Maito. «Strano posto per un appuntamento» aggiunse con espressione interrogativa notando i fiori.
«Ah, questi. Te li cedo, regalali a chi vuoi» disse Asuma senza emozione.
Gai lo guardò perplesso. «Si può sapere che ci fai in un posto simile mentre il resto del villaggio è in festa?»
«Potrei farti la stessa domanda» rispose Asuma.
Quando l’amico gli mise in braccio il mazzo di rose senza dire una parola, il maestro preferì non indagare, limitandosi a fissarlo con crescente preoccupazione. «Io mi sono imbattuto in una scia di sigarette appena iniziate disseminate per la strada… Tutto bene?»
Asuma osservò la sigaretta che stringeva tra le dita. Non l’aveva ancora accesa. «No.»
Gai guardò l’amico e i fiori che si era ritrovato in mano.
«Non per giudicarti, Asuma, ma riconoscerai che questa situazione non è del tutto… come dire… normale. Che cavolo stai combinando?»
«Non so di cosa tu stia parlando» rispose il maestro estraendo il pacchetto per rimettere via la sigaretta.
«Sai benissimo di cosa sto parlando. Ti ho notato, in ospedale, sia ieri che stamattina. Perciò te lo richiedo» rispose severamente Gai. «Che cavolo stai combinando?»
Il cielo si era coperto di grosse nuvole nere con aria da temporale, che sarebbe scoppiato probabilmente entro poche ore. Il vento stava gradualmente aumentando. E lui proprio non riusciva a fumare.
«Gai…» disse fissando il pacchetto che aveva in mano «…cosa devo fare?»
In tutta risposta, Gai sfoderò un brillante sorriso.
«Offrimi la cena, per cominciare. A pancia piena si ragiona meglio!»

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Capitolo 4
*** Cap. 4 - Mi piacciono i fiori ***


Anko assaporò i suoi amati dolcetti appena comprati nel chiosco.
«Lì fanno i dango più buoni che io abbia mai mangiato! Ne vuoi uno?»
«No, grazie» rispose in tono nervoso Kurenai.
«Oh, andiamo, sei ancora arrabbiata perché ti ho costretta a venire? O perché ti ho conciata così? Guarda che quest’azzurro ti sta benissimo.»
Kurenai scosse la testa. «Il tuo kimono non c’entra. Non ho voglia di stare in mezzo a tutta questa gente, stasera» disse guardandosi intorno.
«Konoha non ha mai avuto bisogno come in questo momento di un matsuri per tirarsi un po’ su di morale» ammise Anko a fil di voce.
Il centro di Konoha era tutto risate, colori e luccichii. Decine di persone in kimono e yukata passeggiavano tranquillamente godendosi quel momento di allegria. Lungo i bordi delle strade e dei vicoli erano disposti chioschi e bancarelle di ogni tipo: da quelli gastronomici a quelli della pesca col retino dei pesci rossi. C’era persino un teatrino dei burattini per i più piccoli, che tra urla e risate stavano incoraggiando una bambola-rana gigante in procinto di sconfiggere un serpentone di pezza che torreggiava minaccioso sul villaggio disegnato nel fondale.
«Ma che simpatia» disse Anko con un’occhiataccia al teatrino inghiottendo l’ultimo dolce. Poi si rivolse all’amica stranamente silenziosa che continuava nervosamente a guardarsi intorno. «Un ryo per ogni tuo pensiero.»
«Cosa?»
«Sei preoccupata per qualcosa, si vede lontano un miglio.»
Kurenai sospirò. «Più credi di conoscere una persona, meno questa finisce di stupirti.»
«Cos’ha combinato questa volta Asuma-kun?»
«Chi ha detto che sto parlando di lui, scusa?»
«Se mi hai risposto così in fretta dev’essere lui per forza» constatò tranquillamente Anko. «Allora, che c’è?»
Kurenai s’incupì. «Non ne sono del tutto sicura, ma… credo sia…» si bloccò non riuscendo a proseguire. Finire la frase le faceva quasi paura.
«Innamorato di un’altra?» la prese in giro Anko, ma dal silenzio dell’amica, la donna capì di aver colto nel segno. «Starai scherzando! Andiamo, Kure-chan, non può essere! Voi…!»
«Noi non stiamo insieme» la interruppe la ragazza. «Lui non è innamorato di me ed io non lo sono di lui. Siamo solo buoni…»
«…amici. Ecco perché ti stai impegnando tanto accuratamente a non incontrarlo, certo» ironizzò Anko. «Toh, parli del diavolo…»
Asuma e Gai erano fermi davanti a una bancarella di omamori e altri gingilli da regalo. Anko prese sottobraccio Kurenai costringendola a seguirla.
«Che stai facendo!?» urlò sottovoce Kurenai tentando di divincolarsi.
«Vado a veder fruttare il lavoro di oggi. Non ho sprecato due ore del mio tempo per agghindarti così inutilmente… Ehi, ragazzi!»
«Oh, ciao An-chan! Kurenai-chan» rispose Gai. Ritrovatoseli in mano, il maestro approfittò dell’occasione per porgere i fiori ad Anko. «Per te.»
La donna sospirò.
«Non ti arrendi proprio mai, eh?»
«An-chan, per una volta potresti anche accontentarlo, poverino» commentò Kurenai alle spalle dell’amica.
Al sorriso di Anko che sembrava piuttosto un “ti uccido”, si alternò quello di Kurenai che pareva un “te la sei cercata”.
«Davvero romantico. Se ti piacciono tanto te li regalo» rispose la donna afferrando le rose dalle mani di Gai e mettendole tra quelle di Kurenai.
Gai si coprì gli occhi col braccio scoppiando in un pianto a dirotto molto poco veritiero.
Asuma alzò un sopracciglio. «Non hai un minimo di orgoglio, amico mio. Non è la prima volta che ti fai trattare così da lei. Ormai dovresti esserci abituato.»
A quell’affermazione, Gai si ricompose all’istante, sfoderando verso la donna il pollice in su e un sorriso lucente. «Come vuoi, dolcezza. Tanto prima o poi cederai, lo so.»
«Come no» rispose Anko estenuata.
L’uomo le si chinò accanto all’orecchio. «Batterò anche Morino.»
Anko trasalì, arrossendo violentemente. Furente, aveva già alzato il pugno contro Gai, quando l’attenzione di questi venne attirata da qualcos’altro.
«Guarda chi c’è!»
Asuma si voltò. Ino aveva appena girato l’angolo insieme a Neji Hyūga e ridevano a crepapelle.
«Hanno l’aria di divertirsi molto quei due. Fortuna che Neji non doveva stancarsi tr…» Gai non riuscì a finire la frase, sconvolto dalla scena. Il suo imperscrutabile allievo aveva appena baciato l’allieva bionda di Asuma. Cominciò a balbettare freneticamente, non sentendo la voce di Asuma sovrapporsi alla sua.
«Ohi, ohi!»
«Gai.»
«MA…!!!» esclamò Gai allibito.
Ino e Neji s’incamminarono mano nella mano nella loro direzione, le risate affievolite in due luminosi sorrisi. Quando li vide, Ino capì che probabilmente i maestri li avevano visti e, arrossendo, lasciò la mano di Neji.
«Voi due!» esordì Gai.
«E lasciali in pace, Gai, non fare il rompiscatole!» sbottò Anko. «Ino-chan, sei molto carina» disse facendole l’occhiolino.
La ragazza fece un lieve inchino, stringendosi nel suo kimono cremisi. «Grazie.» Poi, notando i fiori in mano a Kurenai, rivolse un sorriso radioso al proprio maestro e alla donna. «Spero ti siano piaciuti, Kurenai-sensei!»
«Gai-sensei» salutò il giovane Hyūga passandogli accanto e proseguendo tranquillamente la passeggiata con Ino, riprendendole la mano sotto lo sguardo contrariato del maestro.
«Allora è questo a cui si riferiva il figlio di Nara stamattina» Gai guardò Asuma in cerca di sostegno. Solo che l’amico non stava avendo alcun tipo di reazione. Non aveva neppure seguito con lo sguardo i due allievi quando gli passarono accanto superandoli.
«Gai, allora... i fiori...» disse Anko disorientata dalle parole di Ino, ma prima di terminare la frase venne distratta da un tonfo sordo.
Le rose erano cadute di mano a Kurenai, che indietreggiò di qualche passo, voltò le spalle a tutti e se ne andò senza dire una parola, strappandosi quello stupido fiore da quella stupida acconciatura che Anko s’era tanto impegnata a fare.
«E-ehi, Kure-chan!» Anko lanciò un’occhiata incerta prima ad Asuma poi a Gai, che si limitò a ricambiarle lo stesso sguardo confuso, e corse dietro all’amica.
Gai fissò Asuma per diversi secondi, in assoluto silenzio, senza che questi compisse il minimo movimento. Si chinò a raccogliere il mazzo di fiori, osservandoli per la terza volta. Almeno adesso una teoria ce l’aveva.
Si voltò verso l’anziana venditrice che aveva nolente assistito alla scena e le porse garbatamente le rose.
«Mi piacciono i fiori» ringraziò la donna. «Mi ricordano che in quest’epoca di guerre il mondo non smette di dare cose meravigliose. Mi riempiono il cuore di serenità. Quindi, se proprio li dovete buttare,» concluse mettendoli sul banco «almeno qui daranno vita alla mia bancarella.»
Gai ricambiò il sorriso alla vecchietta, prima di voltarsi verso l’amico, sempre più preoccupato.
Davvero, cosa stai combinando, Asuma?




Nota: Matsuri è la caratteristica sagra di paese in Giappone.

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Capitolo 5
*** Cap. 5 - Dimmelo tu ***


Gai posò sul tavolo il bicchierino di saké. «Prima di pensare a cosa devi fare, concentrati su che cosa vuoi
Asuma accarezzò distrattamente la bottiglia di liquore con un sorriso amaro.  «Cosa voglio…»
«Credo sia il caso di chiederti cosa senti seriamente per lei, e sai a chi mi riferisco» aggiunse Gai alzando le braccia dal bancone per far posto alla ciotola che gli stavano servendo. «Grazie.»
«Non so che dire. È una mia allieva, tutto qui. Cosa dovrei sentire?»
«Dimmelo tu. Io ti ho chiesto cosa senti, non cosa devi sentire secondo la morale comune» precisò l’amico soffiando sul cibo bollente.
Asuma non voleva pensare ai sentimenti, non voleva fomentarli in alcun modo, e la buttò sul ridere. «Probabilmente mi arresterebbero.»
«No, questo non succederebbe. Prima ti ammazzerei io, poi suo padre, e ho il sospetto che anche Neji avrebbe da ridire. Non farebbero in tempo a sbatterti dentro.»
Il maestro rigirò il saké nel bicchiere. «Non so neanche quand’è cominciata…»
«Mmmmh… Peccomehabedoio…» biascicò Gai inghiottendo rumorosamente i soba «questa missione ha solo portato alla luce il tuo naturale istinto protettivo.»
Asuma trangugiò il liquore d’un fiato.
«Ha tua aiieva è stata torturata... slurp... e tu non ehi lì per impedillo. Tutti i ninja in gherra... slurp... hischiano di essere cattuhati e tohturati. Glom. Aaah... Stai solo fraintendendo la natura di quello che provi» sospirò Gai sfregandosi la pancia con gran soddisfazione.
Asuma fremette di rabbia. Le vesti di Akatsuki. Un coprifronte della Roccia sfregiato. E un braccio spezzato. Un’immagine si era fossilizzata nella sua mente. Ino immobilizzata a terra con quel lurido animale sopra di lei pronto a torturarla di nuovo. O peggio. Kurenai gli aveva assicurato che non era successo, ma lui non era mai riuscito a scacciare l’orrore di una probabile violenza carnale dalla testa. Asuma strinse il bicchiere con tanta forza da incrinarlo. La sola consolazione a cui si poteva aggrappare era di essere in ogni caso arrivato in tempo.
A quel gesto, Gai si accorse della bottiglia di saké vuota.
«O magari no. Non hai mangiato niente, Asuma…» constatò riportando l’amico alla realtà.
«Non ho fame.»
Gai lasciò i soldi delle consumazioni sul tavolo.
«Allora andiamo» disse ripensando al conto di un locale distrutto da un Lee completamente ubriaco.

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Capitolo 6
*** Cap. 6 - Ma chi? ***


«Ce la faccio, davvero. Neji! E se ci vedesse qualcuno?» chiese imbarazzata Ino ai piedi di un’abitazione a tre piani.
«L’ho scelto un po’ isolato apposta per evitare i rompiscatole» le sorrise il ragazzo prendendola in braccio. «Tieniti.»
Con un paio di balzi saltò sulla prima tettoia appena sotto i davanzali delle finestre del secondo piano e la seconda sotto quelle del terzo piano della casa. Un ultimo salto e furono sul tetto.
«Che ne pensi?» chiese Neji posando a terra la compagna.
Ino spalancò gli occhi. «Ma è bellissimo!»
Le luci della festa del villaggio illuminavano tutto Konoha. La ragazza si sedette accanto a lui.
Neji la osservò. Ino sembrava distante miglia.
«Qualsiasi cosa sia, sentiti libera di parlarmene.»
«Questi occhi vedono sempre tutto, eh?» disse lei accarezzandogli la guancia con le dita.
Neji si stupì del gesto, ma gli fece piacere.
«Non è la prima volta stasera che ti vedo assorta nei tuoi pensieri, tutto qui.»
«Ti ringrazio» gli sorrise Ino.
Il ragazzo ricambiò il sorriso. «Ho una cosa per te. Non so quanto potrai apprezzarla, date le circostanze, però…» Le porse una giunchiglia. Ino prese delicatamente il fiore tra le dita e lo osservò a lungo senza dire nulla. Neji iniziò a pensare che non fosse stata un’idea felice regalare un fiore a chi ne aveva un negozio pieno.
«È il regalo più bello che io abbia mai ricevuto» lo guardò lei con gli occhi lucidi. «Grazie…»
«Mi dispiace per queste nuvole. Con le stelle sarebbe stato perfetto» constatò Neji.
«Per me è perfetto così.» Ino appoggiò la testa alla spalla del ragazzo, il quale sentì inumidirsi la maglietta.
«Sono un disastro» sorrise lui. «Ogni volta che ci vediamo finisco per farti piangere.»
Ino rise e gli tirò una testata scherzosa contro la spalla. «Sciocco… Non credo di essere mai stata meglio.»
Neji accostò a sua volta la testa a quella della ragazza e rimasero in silenzio ad ammirare il panorama. Nel cielo si potevano intravedere le nuvole illuminate dai primi silenziosi lampi.
Non credo di essere mai stata meglio.’ Era vero, lo sentiva. Ma allora cos’era quel senso di oppressione? Perché si sentiva il cuore in trappola? Era quella la sensazione che si sentiva quando si amava qualcuno? E allora perché non era stato così con Shikamaru?
D’un tratto il ragazzo si staccò, attirato da qualcosa in strada. Un membro del clan Hyūga stava andando incontro a Gai, appena uscito da un locale con Asuma.
«Gai-sensei! Neji-kun è con voi?»
Neji sospirò.
«Non ti preoccupare» lo rassicurò Ino.
Il giovane accennò a prenderla nuovamente in braccio per farla scendere.
«Non pensarci nemmeno, stavolta faccio da sola, ci sono anche i maestri!»
Neji si strinse nelle spalle. «Oggi ti ho baciata davanti a loro, non mi sembra un grosso problema se ti porto in braccio.»
Ino scosse la testa sorridendo.
«Bene, fatti male allora» rispose seccato voltandole le spalle per avvicinarsi al bordo del tetto.
«Neji.»
«Devo andare.»
«Grazie della serata. Sono stata bene.»
«Anch’io» le sorrise il ragazzo. Poi guardò in basso mostrandosi all’uomo che lo stava cercando. «Sono qui!» disse balzando giù.
«Che ci facevi sul tetto?» chiese Gai perplesso dall’apparizione dell’allievo.
«Neji-kun, scusa, ma Hiashi-sama mi ha mandato a chiamarti» spiegò l’uomo della famiglia Hyūga.
Il giovane annuì e lo seguì senza chiedere spiegazioni. Gai spalancò gli occhi nel vedere Ino scendere sulla tettoia più in basso. Asuma la tenne per i fianchi per aiutarla a scendere.
«Poi? Nessun altro?» rimproverò Gai alzando un sopracciglio, con le braccia incrociate al petto e gli occhi fissi sul tetto.
«Eravamo soli» rispose Ino mentre Asuma la posava a terra. «Grazie, sensei…»
Prima che qualcuno potesse aggiungere una parola, Sakura sbucò da dietro l’angolo.
«Oh, Ino!»
«Ciao, Sakura!» sorrise la ragazza. «Sei sola?»
«Ero in giro con Hinata-chan quando è arrivato un suo familiare e se l’è portata via dicendo che suo padre aveva bisogno. Riunione di famiglia, credo» spiegò l’amica. «Ino, ma stai bene?» chiese guardandola con attenzione.
«Passeggiatina serale sui tetti?» sbottò sarcastico Gai.
Asuma lo zittì con uno sguardo.
«Sì, hanno chiamato anche Neji. È appena andato via» lo ignorò a sua volta Ino.
«Be', allora continuiamo il giro insieme?» propose Sakura.
Ino annuì e le ragazze salutarono i due uomini, che le osservarono sparire dietro l’angolo.
«Non posso credere che proprio tu li difenda» sbottò Gai ancora accigliato. «In quanto loro insegnanti, abbiamo anche il dovere di evitare che si appartino sui tetti delle case.»
Asuma si mise una sigaretta tra le labbra e accese un fiammifero. «Ha pianto» disse guardando il fuoco tra le sue dita.
«Ma chi?»
«Quando l’ho aiutata a scendere aveva gli occhi rossi» spiegò Asuma. La fiamma stava allegramente consumando il legnetto sotto i suoi occhi. Tornò alla realtà quando il fuoco gli scottò la punta delle dita. Lasciò cadere il fiammifero bruciato, sospirò irritato e rimise la sigaretta nel pacchetto. «Maledizione…»
L’amico lo fissò a lungo e trasse un profondo respiro.
«Segui il consiglio di un amico» concluse infine Gai, andandosene. «Se decidi di continuare sarà meglio che qualcosa da dire la trovi alla svelta, perché Kurenai non sarà l’unica a cui dovrai una spiegazione.»

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Capitolo 7
*** Cap. 7 - Non tornerà indietro ***


«Ehi, tu! Portamene ancora!»
Il cameriere si affrettò a raggiungere il tavolo delle due donne dall’altra parte del locale con la terza bottiglia di saké.
«Anko, guarda che quella che dovrebbe bere per non pensare sono io» constatò Kurenai.
«Non sei la prima ad avere subìto una delusione d’amore, tesoro» rispose Anko con le guance rosse dall’alcol. «E poi non è detto, ancora non sai quali siano le sue intenzioni. Anche se può sembrarlo, Asuma-kun non è poi così stupido.»
«Che vuol dire quel “anche se può sembrarlo”?!» avvampò Kurenai.
«Non t’agitare» cantilenò Anko versandosi da bere. «Era tanto per dire.»
In quel momento, un jōnin con calzamaglia verde e scaldamuscoli arancioni fece il suo ingresso diretto al bancone.
«Ehi, Gai-kun!» lo salutò Kurenai facendogli cenno di unirsi a loro.
«Sei solo?» gli chiese Anko.
Gai le si accomodò di fronte annuendo.
«Scusate, devo andare un attimo al bagno» si alzò Kurenai con espressione che diceva “Guarda che ci devo andare davvero in bagno”, procurandosi ugualmente un’occhiataccia da parte di Anko.
«Quanto ne hai bevuto?» domandò Gai sollevando una delle due bottiglie vuote di liquore.
«Non sono affari tuoi» rispose Anko. «Complimenti per i fiori di stasera, comunque» aggiunse in tono sarcastico.
Gai la guardò negli occhi. «Non li ho comprati io, è vero. Ma, fiori o no, le mie intenzioni restano sempre le stesse.»
«Anche la mia risposta» tagliò corto lei bevendo il resto del bicchiere. Afferrò la bottiglia per riempirlo, ma Gai la fermò.
«Anko… Se non ti ha ancora uccisa di fatto, ti sta avvelenando lentamente. Non permettere a quell’uomo di lasciarti annientare dal ricordo di quello che ha e non ha fatto. Comunque non tornerà indietro.»
SBAM
CRASH
In una frazione di secondo, Anko si avventò su Gai sferrandogli un destro poderoso in pieno volto e rovesciando tutto ciò che si trovava sul tavolo.
«Tu…» sibilò afferrandolo per il collo della tuta. «Che-ne-sai-tu-di-cosa-provo-io
«Anko, sei impazzita?» gridò Kurenai precipitandosi al tavolo, ma la donna non la sentì.
«Cosa ne sai tu di quello che ho passato
«Molto più di quanto immagini, bellezza» confessò Gai con un fil di voce. «Non sottovalutare mai l’attenzione di un innamorato…»
«Anko, per amor del cielo, lascialo!» disse Kurenai e questa volta l’amica sembrò prestarle ascolto.
Anko si rimise a sedere, mentre Gai si rialzò toccandosi la guancia.
«Ragazzi, che botta…»
«Ma cosa le hai detto per farla arrabbiare così?» sussurrò Kurenai.
«La verità fa sempre male» sorrise Gai scuotendo la testa. «Kurenai-chan, per l’altra cosa non ti preoccupare. Andrà tutto a posto.»
Kurenai lo seguì con gli occhi uscire dal locale e riversò sull’amica uno sguardo furibondo.
«Allora?»
«Allora cosa?»
«Dovevi fargli le tue scuse. Ti pare il modo di reagire in pubblico?» domandò Kurenai mentre cercava di riordinare il tavolo.
«Tu non sai cos’è successo.»
«Non ha importanza» rispose secca Kurenai. «Che razza di jōnin sei se non ti sai nemmeno controllare alle provocazioni di un tuo amico?»  
«Senti chi parla. Non sono io quella che stasera è scappata per paura di affrontare il suo non fidanzato
Kurenai s’irrigidì, continuando a raccogliere gli ultimi cocci in silenzio.
«Scusa» chiese Anko.
L’amica scosse la testa. «Non fa niente, hai ragione… Anko, sarò indiscreta, ma mi domando che tipo di storia tu abbia vissuto… Non mi dirai che anche tu sei stata piantata in asso?»
A quelle parole, la mente di Anko fu attraversata da un vortice di immagini: pelle bianca, occhi dorati da rettile, lisci capelli neri e un sorriso e uno sguardo tanto malvagi quanto ammaliatori. Si portò la mano alla spalla sinistra.
«La mia situazione è un po’ diversa dalla tua.»

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Capitolo 8
*** Cap. 8 - Ti sei divertita? ***


Nonostante non avesse dormito la notte precedente, Asuma non ne sentì l’esigenza nemmeno in quel momento e non tornò a casa. La sua mente non si era mai fermata mezzo secondo. Si sentiva la testa talmente piena da avere la sensazione che gli sarebbe scoppiata da un momento all’altro. Camminò a caso per tutto il villaggio, immerso nei suoi pensieri. Quando iniziò a piovere, la maggior parte della gente se ne andò in fretta e ben presto il silenzio tornò sovrano. Quel temporale fu un sollievo; lo scrosciare della pioggia copriva ogni altro rumore e sembrò lavargli via qualche preoccupazione. Era decisamente rilassante. Si accorse di essere tornato allo stesso punto in cui Gai l’aveva lasciato. Estrasse nuovamente un fiammifero, deciso a fumarsi la sigaretta che teneva ancora spenta tra le labbra, ma la sua attenzione venne attirata da un rumore. Alzò gli occhi e la sigaretta gli cadde di bocca. «Scendi da lì, è pericoloso!»


«Accidenti… Sono tornata!» disse Ino scrollandosi di dosso più acqua che poté.
«Ino! Per un pelo, è appena scoppiato un acquazzone» la accolse Inoichi.
«Sì, me ne sono accorta!»
«Ti sei divertita?»
Ino sorrise. «Molto. Tu e la mamma non siete venuti alla festa?»
«Siamo stati poco. Abbiamo solo fatto un giro. Su, ora va’ a fare il bagno o ti prenderai un raffreddore. Poi subito a dormire, domani ti aspetta un duro allenamento!»
«Buonanotte, papà!» salutò Ino.
Uscita dal bagno, si lasciò cadere sul letto. Era ancora euforica dalla serata e non si sarebbe addormentata presto. Con la mente rivisse l’appuntamento con Neji.
«Ah!» Ino balzò in piedi, le mani alla bocca. La giunchiglia! Si guardò intorno, ma non la vide. Si sforzò di ricordare. Dove poteva esserle caduta?
Afferrò dall’armadio il suo solito vestito. Dalla fretta non si legò nemmeno i capelli. Aprì la finestra della stanza. Il temporale era molto forte e suo padre non le avrebbe permesso di uscire per cercare un fiore di cui il negozio abbondava. Non avrebbe capito.
Con qualche difficoltà per via del bagnato, Ino scavalcò il davanzale e si arrampicò sul tetto. Saltando da una casa all’altra per fare prima, raggiunse infatti in pochi minuti l’edificio sul quale era salita con Neji.
Senza kimono è davvero facile’ sorrise tra sé.
Si guardò intorno, ma non c’era niente. Col cuore in gola, si sporse da ogni lato del tetto per vedere se il fiore non fosse caduto a terra, magari spinto dal vento, ed eccolo lì. La giunchiglia era scivolata sulla prima tettoia, qualche metro più in basso.
«Scendi da lì, è pericoloso!»
A quella voce, Ino trasalì e perse l’equilibrio, scivolando sulle tegole bagnate.

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Capitolo 9
*** Cap. 9 - Grazie, sensei ***


«Stai bene?»
Ino riaprì gli occhi e si rese conto di essere caduta rovinosamente addosso ad Asuma. Fece per alzarsi, ma non riuscì a muoversi.
«Se… sensei…»
L’uomo aveva afferrato la ragazza nella caduta, tenendole una mano dietro la nuca per evitare di farle sbattere la testa a terra, e non l’aveva ancora lasciata. Appena se ne accorse, tolse immediatamente le mani. Seguì un interminabile istante in cui l’allieva e il maestro si guardarono.
«Non posso alzarmi se non ti sposti» disse piano l’uomo.
La ragazza sussultò, ma quando tentò di alzarsi, crollò a sedere tenendosi la caviglia con espressione dolorante.
«Ti sei fatta male?»
«Devo aver preso una storta.»
L’uomo si tolse la giacca e le coprì la testa. «Ti accompagno in ospedale» disse accingendosi a prenderla in braccio.
«Oh, no, io… io non credo ce ne sia bisogno, non è così grave, davvero… la fascerò a casa.»
Asuma la fissò per qualche secondo. «Sei sicura?»
Ino annuì.
«Come vuoi» concluse sollevandola. «Andiamo, ti porto a casa.»
«Ah…»
«Cosa c’è?»
«Ecco io… ero tornata qui perché mi era caduta una cosa e…»
«Dove?» chiese il maestro.
La ragazza indicò la tettoia.
«La prendo io.»
«No!» lo fermò Ino. «Ah… scusa, ci penso io.» Si vergognava troppo a dire di essere tornata lì sotto il temporale solo per prendere un fiore, considerando che a casa ne aveva a disposizione quanti ne volesse. Ma Asuma si limitò a guardarla senza fare domande.
«D'accordo» disse sollevandola per la vita. «Così ci arrivi?»
«Ci sono quasi…» rispose Ino allungando le braccia sulle tegole. Il top si sollevò di pochi centimetri e ad Asuma si bloccò il respiro. Attraverso le bende bagnate che le avvolgevano i fianchi, intravide la medicazione sul profondo taglio all’altezza delle costole. Per la seconda volta quella sera, represse l’istinto di andare a cercare quel dannato bastardo e ammazzarlo.
«Fatto!» Ino afferrò la preziosa giunchiglia e se la portò al petto, sospirando di sollievo.
L’uomo la posò a terra e, anche quando vide la ragazza mettersi in tasca il fiore, non disse nulla a riguardo. Si voltò, chinandosi. Dopo che lei gli ebbe cinto le spalle con le braccia, le sollevò le gambe da sotto i popliti e si alzò.
«Adesso possiamo andare?» le chiese.
Ino annuì. Asuma camminava mentre lei sentiva la pioggia ticchettare sulla giacca ormai fradicia dell’uomo che le riparava la testa. Per un po’ nessuno dei due parlò, finché, d’un tratto, Ino appoggiò la tempia alla schiena del maestro, bisbigliando le parole contro la maglia dell’uomo.
«Io… sto bene con Neji.»
«Come?» Asuma ruotò impercettibilmente il viso, credendo di aver capito male.
«Niente.» Ino dubitò di averlo detto più a sé a stessa che al maestro. «Sensei, non è andata bene con la maestra Kurenai, vero?»
«E tu che ne sai?»
«Non vi ho mai visti… da soli, stasera» rispose piano la ragazza. «E ho visto i fiori alla bancarella degli omamori…»
«Non è qualcosa di cui tu ti debba preoccupare, al momento.»
Asuma la sentì abbandonarsi interamente contro la sua schiena. Inspirò silenziosamente, quasi a voler prendere tempo, e ad Ino parve che il cuore del maestro avesse accelerato i battiti.
«Temo di averla fatta piangere.» Seguì una lunga pausa, in cui l’uomo sentì un crescente disagio e l’istinto di liberarsene immediatamente. «Credo di…» mormorò d’impulso. «Io… ho preso una sbandata per un’altra persona.»
Ino s’irrigidì.
«Mi sa che non verrò mai ricambiato, comunque» concluse in fretta. 'Idiota! Cosa le vai a raccontare?!?'
«Perché?» domandò la ragazza con voce più acuta di quanto volesse.
Il maestro fece per guardarla per un attimo con la coda dell’occhio, senza voltarsi. «Sembra che lei voglia già bene a qualcun altro» rispose greve.
«E questo… ehm… altro… non ti piace?»
«Neanche un po’.»
Inconsciamente, Ino si strinse di più al maestro, continuando a tenere la guancia incollata alla schiena di lui. Asuma percepiva fin troppo distintamente il ritmo concitato del respiro di lei e si appellò a tutta la propria volontà per smettere all'istante di farci caso. Il suo disagio fu alleviato dopo pochi secondi, quando riconobbe il quartiere in cui abitavano gli Yamanaka.
Finalmente, svoltato l’ultimo angolo, si fermò. «Siamo arrivati.»
Ino alzò lo sguardo e, ignorando la riluttanza nel lasciare l’uomo in quel momento, scese. Fece un passo malfermo e fissò perplessa la porta di casa.
«Ce la fai?»
«I miei mi credono a dormire…»
Asuma le rivolse un’espressione tra lo spiazzato e il divertito. «Immagino sia quella la tua camera. Tieniti.» Dopo averla presa in braccio, saltò agilmente sul davanzale della finestra aperta e la posò a terra aiutandola a tenersi su un piede solo. «Fàsciati quella caviglia e mettici del ghiaccio.»
«Grazie di tutto» assentì Ino restituendogli la giacca.
Il maestro rispose con un verso muto. Rimettendosela, Asuma notò l’interno della stanza della ragazza. «È quello che indossavi stasera?» chiese indicando il kimono cremisi appeso all’anta dell’armadio.
Lei annuì silenziosamente.
Asuma estrasse una sigaretta dalla tasca, senza guardare l’allieva. «Ti stava bene.»
Ino lo osservò accendere il fiammifero. «Tu fumi troppo, sensei. In quanto jōnin dovresti avere più cura della tua salute...»
«Finché fumo, Ino, va tutto bene
Finalmente il maestro la guardò e lei approfittò di quel movimento per baciarlo di sorpresa sulla guancia. «Buonanotte, sensei.»
Asuma si scottò per la seconda volta la punta delle dita col fuoco del fiammifero.
«Buonanotte» le rispose, osservandola staccarsi dal davanzale di un passo. Con in bocca la sigaretta spenta, balzò a terra.
«Asuma-sensei!»
Lui alzò gli occhi e lei gli sorrise dolcemente. «Neji è una bella persona. Sono sicura che ti piacerà, un giorno.»

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Capitolo 10
*** Cap. 10 - Meglio così ***


Asuma rimase immobile in mezzo alla strada per una decina di minuti a fissare il vetro della finestra ormai chiusa dietro cui era sparita la sua allieva. Non si accorse che aveva smesso di piovere. Una mano gli si posò sulla spalla.
«Ma non eri andato a casa?» disse Asuma voltandosi. «Che cos’hai fatto?» chiese notando il livido sotto lo zigomo dell’amico.
Gai si strinse nelle spalle. «Impeto femminile. Ci sono donne a cui faccio un certo effetto, che ci vuoi fare.»
Asuma si tolse dalle labbra la sigaretta, rigirandosela tra le dita.
«E tu che ci fai qui?» chiese Gai osservando il negozio degli Yamanaka.
«Stavo riflettendo.»
«Amico mio, sono due giorni che rifletti. Non credi sia ora di andare un po’ a dormire, invece?» constatò Gai.
«Sono due giorni che non fumo» precisò Asuma, prima di scuotere la testa, ridendo. «E mi ha detto che fumo troppo...»
L'amico lo osservò rimettersi in bocca la sigaretta.
«Gai, mi serve un altro negozio di fiori.»

 
Il cielo limpido si rifletteva sulle pozzanghere e la gente del villaggio vociava allegramente per la strada. Ino stava sorridendo, ma non per il sole che brillava, né per la vista di Kurenai che camminava stringendo in mano un giacinto color porpora, quasi intonato ai suoi occhi. Non credeva che la maestra sapesse cosa volesse dire quel fiore in realtà.
Meglio così’ Ino guardò il fiore di ciclamino che aveva trovato sul davanzale poco prima e che ora teneva tra le dita. Si avvicinò alla scrivania, lo immerse nello stretto vasetto di vetro accanto alla giunchiglia e rimase ad ammirarli in silenzio. Le venne in mente di aver fatto un sogno, quella notte, che proprio non riusciva a ricordare, ma le era rimasta una strana sensazione. Si concentrò sul fiore regalatole da Neji. La giunchiglia aveva un significato ben preciso e se il ragazzo l’aveva scelta, allora voleva qualcosa da lei. Ino la sfiorò con le dita, chiedendosi perché, se stava tanto bene quand’era con lui e nutriva per lui un affetto sincero, le riusciva tanto difficile riconoscere e ammettere di ricambiarlo come lui certamente desiderava e meritava… Sua madre le ripeteva sempre che nulla accadeva per caso, perciò, se ci avesse tenuto davvero, non avrebbe perso il regalo di Neji quella notte. Così, se l’aveva dimenticato, c’era un motivo …
«Ino!» gridò una voce dal piano di sotto.
«Sono sveglia, mamma!»
«Sbrigati! Papà è già fuori che t’aspetta per l’allenamento!»
«L’avevo scordato!» esclamò la ragazza e fece per precipitarsi verso le scale, ma la caviglia glielo impedì. Zoppicò fino alla porta, pensando invano a una scusa credibile per giustificare la storta presa quando i genitori la credevano a letto.
Oltrepassata la soglia si voltò di nuovo verso i due doni più belli e tristi, pensò, che avesse mai ricevuto.

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