An Unusual Hero

di Viridi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Proemio ***
Capitolo 2: *** Fuochi nell'Oscurità ***
Capitolo 3: *** Grinfie di Pietra ***
Capitolo 4: *** Eroe e Amico ***



Capitolo 1
*** Proemio ***


An Unusual Hero
 
Capitolo 1
I Due tagliagole
 
“Zur diamine la vuoi smettere di soffiare in quella stupida cannuccia, vorrei dormire, dannato diavolo”.
Questo era il consueto buongiorno fra i due tagliagole Zur, folle scienziato discendente da una più che povera casata di diavoli, e Darg, vecchio nano scorbutico amante delle asce, specialmente se conficcate nel cranio di qualche orco.
Ora su come questi due disagiati si siano incontrati non mi soffermerò in quanto loro sono solo l’inizio di ciò che sarà la storia di un giovane uomo, temuto perfino dai più antichi demoni e talmente abituato alla morte da averci stretto un patto, ormai ben consolidato.
Tuttavia, le notizie sono più liete per i nostri due mascalzoni, infatti stanno aspettando un carico pieno zeppo di oro, proveniente dalle più grandi miniere Drow e diretto a non so quale città importante dell’Ovest.
Ora ovviamente vi starete chiedendo chi sia io, certo è più che naturale, tuttavia mi dispiace annunciarvi che io sono Nessuno, sono il mezzo, lo strumento, lo sporco attrezzo tramite il quale voi, miei più cari lettori, potrete conoscere gesta, imprese, salvataggi, risate e pianti, delusioni e morte dei nostri eroi, che scopriremo piano piano, lungo la via maestra.
“Darg! Darg! Eccolo, sta arrivando” “trainato da sette cavalli bianchi come da previsione” disse Zur trattenendo una sua tipica e folle risata, il piano era semplice, i nostri beniamini dovevano saltare sul trasporto, rubarne il carico e poi scendere senza farsi minimamente vedere. Il sole era circa a mezzodì sulle aride pianure del deserto delle Speranze, “Al mio tre saltiamo, intesi Zur? Dobbiamo recuperare ed andarcene, nessuna azione avventata”.
“Uno! Due! TRE!”, l’atterraggio fu qualcosa di simile ad un grosso peso lasciato cadere dalla cima dell’albero maestro di un veliero, il peso di Darg, fra “muscoli” e equipaggiamento aveva sfondato il tetto del convoglio, cosa ancora più buffa Zur era saltato sopra al compagno, facendolo incastrare ancora di più nella struttura del trasporto; Tutto tace, eppure con quel tonfo anche i morti sarebbero ritornati a parlare, ma tutto tace, il convoglio prosegue senza neppure un ordine di controllo da parte del cocchiere.
La cosa puzzava ai due mercenari, che notarono ben presto come vi fossero soltanto cadaveri a custodire quell’oro, non vi fosse nessuna guardia da beffeggiare, o schiaffeggiare vista la riuscita ipotetica del piano, ma non era il primo cadavere su cui i due posavano lo sguardo, quindi presero l’oro, scaricarono i morti e legarono loro un piccolo cartello con sopra scritto qualche insulto in nanico o qualche scarabocchio, sinceramente era tutto incomprensibile.
“Che ti avevo detto vecchio mio, ce l’abbiamo fatta, siamo ricchi, siamo ricchi!, niente più luride topaie come spazio per la notte, no, ora solo donne e camere di lusso, con comodi letti di seta aracnidea e ricchi pasti a base di prelibatezze”, disse Darg fra grosse risate al compagno mentre correvano portando a spasso il baule appena rubato, riparati da occhi indiscreti dietro una rupe tentarono invano per ore di accedere al contenuto rubato, ma nulla, nessuna ascia e nessuna pozione o acido fecero anche solo vibrare quella serratura.
La disperazione era prossima, le corna di Zur tremavano come foglie al vento e Darg aveva occhi crepati da sottilissime linee rosse, ora penso fosse il secondo giorno di tentativi che abbandonarono l’impresa, se non che videro un carro passare, ovviamente con minacce non poco assurde depredarono il povero contadino del mezzo e si avviarono a Gathös, primo villaggio selvaggio dopo il valico delle montagne che circondano il deserto; Il viaggiò durò circa due giorni, all’alba del terzo smontarono dal mezzo e, trascinandosi il pesante baule, si diressero di gran filata dal fabbro. Scocciato dalla fretta l’anziano nano dietro la forgia prese a martellare vigorosamente il baule finchè un rumore metallico non segnò la rottura del martello dal fabbro utilizzato, furibondo cacciò fuori i due lanciando insieme a qualche malaugurio anche il baule, e fu qui che agli occhi dei nostri protagonisti apparve il fatto, l’avvenimento più assurdo, il baule ad ogni colpo ricevuto si era rimpicciolito, infatti ora era delle dimensioni di un cofanetto per le gioie.
Stanchi e infastiditi i due si ritirarono nella locanda a bere, affittando anche l’ultima stanza, accettando di condividerla con un terzo uomo.
La serata trascorse tranquilla, Zur come di consueto vomitò dopo il quarto sorso di idromele mentre Darg svuotò la cantina del proprietario, saliti in stanza trovarono il camino acceso e una figura vestita interamente di nero intenta a fumare un po’ di erba pipa proveniente dall’Ovest, terra dal quale, guardando i lineamenti, proveniva anche il giovane; Darg decise di sedersi nella poltrona di fronte e fumare assieme a lui, tuttavia dopo qualche battuta a cui non vi fu nessuna risposta decise di stendersi a dormire, e fu proprio in questo momento che la searata prese una piega inaspettata.
La domanda venne pronunciata dal ragazzo, una voce fredda e altrettanto rotta, come a dimostrare un pianto lungo fatto al capezzale del proprio amante, inoltre i lunghi capelli neri e il pallidume aumentavano il tono triste di questo giovane occidentale, le parole furono veloci e taglienti come lame, “Non siete ancora riusciti ad aprirlo eh?”, Darg sbiancò e divenne quasi trasparente quando vide che la sua ascia e il resto del suo equipaggiamento erano stati gettati nel fuoco, e lo stesso valeva per i possedimenti del fedele compagno, erano in svantaggio, impreparati ed inoltre ubriachi fradici, le seguenti parole furono decisive, ma forse non nel senso desiderato, “Attento giovanotto, non conviene mettersi fra noi e il nostro bottino, o rischi di rovinarti l’acconciatura”. Ora io non so se fosse l’alcol o la furia a muovere la lingua del nano, ma con un serpentino scatto il giovane gli era di fronte, costretto ad abbassarsi per guardarlo negli occhi e una frazione di secondo dopo costretto a pulirsi il colletto della giacca dal sangue sputato dal nano, causato da un pugno ben assestato nello stomaco.
Lo scontro proseguì con altri due saettanti pugni che ruppero rispettivamente naso e zigomi del nano facendogli perdere i sensi; nel frattempo il trambusto ha risvegliato bruscamente Zur che capendo velocemente la situazione si getta contro il nemico, impugnando il pugnale, essendo molto agile riesce a ferirlo sulla mano, tuttavia poco dopo sente di non riuscire a muoversi e sollevando lo sguardo vede il giovane con un braccio disteso in avanti e la  mano aperta, ad ogni movimento delle dita Zur sente una vertebra fratturarsi, il dolore è atroce e ad un certo punto bianco, il dolore svanisce, assieme al resto della stanza.
Una volta risvegliato Darg si trova legato assieme al corpo esanime dell’amico ad un mobile, davanti a loro vi è il giovane che impugnando la sua spada colpisce con forza il baule, il contatto produce un’onda d’urto che spedisce il ragazzo contro la parete e fa ribaltare i nostri due compagni, liberandoli.
Da un lato abbiamo il giovane in nero dall’altro abbiamo Darg su tutte le furie, corrono, mettono contemporaneamente le mani sul baule tuttavia l’agilità del giovane ha la meglio e Darg viene messo alle strette, finché il ragazzo si rimette in piedi, si sistema gli abiti e sentenzia, “Siete abbastanza forti per essere miei alleati, vi propongo un lavoro, aiutatemi ad aprire questo baule e vi prometto che tutto quello che vi è all’interno è vostro eccetto un anello, quella sarà la mia unica pretesa, allora ci state?” concluse porgendo la mano al nano, che stordito e scioccato nota il cadavere del suo amico, piccole lacrime bagnano i suoi occhi, si getta a terra affianco a lui, cullandogli il cranio che purtroppo esprime solo freddezza e morte, il giovane a quel punto si china e concentrando dell’energia nei palmi delle mani afferra il cranio di Zur e poco dopo, il diavolo tossisce riaprendo gli occhi.
“Diamine ragazzo, come ci sei riuscito?”, “ero un brillante guaritore” disse in tono secco il ragazzo, “qual è il tuo nome ragazzina?” cantilenò con tono ironico Zur, ovviamente non tardò ad arrivare la gomitata che fece fuoriuscire un rivolo di sangue dalla guancia del tagliagole, “il mio nome è Viridi, diavoletto” ribadì con tono seccato il ragazzo, “ora, a meno che non vogliate rimanere qui a sprecare tempo, io vorrei partire alla volta di Taldor, un villaggio a qualche giorno di cammino da qui”. Preparati gli zaini da viaggio il trio si dirige dal fabbro per acquistare equipaggiamenti migliori, dovendo ricomprare l’intero arsenale i due tagliagole iniziarono a discutere fra loro su quale modello di ascia spacchi meglio le ossa che compongono il cranio oppure quale pozione corroda di più le eventuali armi nemiche, la discussione proseguì per svariati minuti inglobando anche il fabbro che subito si accese come un falò, “No No No, voi non ne capite nulla di asce, la migliore è quella fatta in metallo con fibre di cristallo, lavorata poi a caldo sopra alla lava”, “Proprio non concepisco come sia possibile che tu non sia ancora stato cacciato per incompetenza, lo sanno tutti che le asce con lama dritta rinforzata con l’oro e poi affilata a freddo sia ciò che più si può auspicare da quel genere di armi”, “E poi non parliamo di come la tua bottega sia sfornita di qualsiasi tipo di pozione base, andiamo tutti hanno almeno qualche ampolla di acido draconico o di distillato di morte vivente, è inconcepibile che tu non ne abbia nemmeno una goccia”, passarono almeno due ore all’interno dell’atrio di quella bottega finchè, sfinito e profondamente irritato, Viridi lanciò al fabbro qualche moneta d’oro e prese l’ascia, qualche ampolla e una corda che erano state posate sul bancone durante la lunga discussione, usciti risalirono sul carro rubato e partirono.
 
 

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Capitolo 2
*** Fuochi nell'Oscurità ***


Capitolo 2
Fuochi nell’oscurità
 
Era passato da poco il mezzogiorno quando i nostri avventurieri decisero di fermarsi all’ombra di una grossa quercia. Sgranchite le gambe decisero di mangiare una porzione delle provviste e mentre stavano consumando il misero pasto videro, al di là della strada, fra gli alberi, un luccichio, come quello prodotto dal vetro sotto i raggi del sole.
Attirati dalla strana luce, Zur e Darg, decisero di andare a vedere da cosa fosse provocata, accordandosi con il ragazzo che sarebbe rimasto a fare la guardia al forziere e al carro; Raccolte le armi attraversarono la strada e si addentrarono nel bosco, proseguirono per una decina di minuti seguendo il bagliore, tuttavia giunsero ad una radura, le chiome degli alberi si aprirono e la luce del sole illuminò il volto dei due che tuttavia persero di vista il luccichio, “Diamine Zur non vedo più nulla, cerchiamo per terra, magari c’è qualche lama o meglio ancora qualche moneta” disse Darg con tono speranzoso.
Passarono circa mezz’ora a controllare minuziosamente il terreno quando Zur gridò, “Abbassati! Freccia in arrivo!”, le gambe del nano ahimè non furono abbastanza leste e venne colpito alla spalla sinistra, abbassandosi poi di colpo, sopra le loro teste fischiavano frecce da tutte le direzioni, una colpì il diavolo alla mano e Darg venne colpito ulteriormente alla gamba destra.
Cessato il fuoco i due alzarono guardinghi il naso dal terreno e scoprirono, a loro malincuore, di essere circondati da alte figure incappucciate da un manto color legno, vennero fatti prigionieri e scortati lungo un sentiero di loro esclusiva conoscenza attraverso il bosco sino ad un piccolo campo, in cui vennero disarmati e lasciati ad un palo.
 
Viridi, passati solamente dieci minuti dalla loro partenza decise di salire sul carro e ripartire, giungendo così all’imbrunire a Taldor. Lasciato il carro fuori città decise di colpire ulteriormente il baule in modo tale da renderlo grande quanto il palmo della sua mano, così facendo lo potè occultare nella sua bisaccia potendo così lasciare gli ingombranti bagagli appartenenti ai due furfanti, si diresse poi alla taverna, ordinò la cena e si mise ad ascoltare i poveri contadini che parlottavano davanti e dietro il suo tavolo: “sono tempi duri Tom, i raccolti sono scarsi e quei dannati sacerdoti continuano a esigere più che ricche offerte!”, “lo so bene Al, proprio oggi sono passati alla mia fattoria per prendere quel poco che avevamo raccolto durante la primavera”.
Il discorso poi continuò a lungo finché la porta della locanda non sbatté facendo tremare il liquido nel boccale del nostro giovane, entrò un uomo alto, con addosso una veste color legno, portava sulla schiena una faretra tuttavia al suo interno non vi erano frecce e non portava con sé nessun arco. L’uomo chiese con tono burbero un boccale di idromele, prese la bevanda e si sedette nel tavolo alle spalle di Viridi, il brusio riprese e la conversazione dei due poveri contadini si fece più interessante, “eccone uno, maledetti bastardi, inoltre ho sentito dire che catturano gli sventurati nei boschi per renderli servi del loro antico “Dio”, qualunque sia il suo nome”, “assurdo Tom, e con che coraggio vengono poi a proclamare il senso d’unione quando richiedono i nostri raccolti”, “servirebbe qualcuno che gli desse una bella lezione” concluse Tom, e in quel momento un’idea balenò nella mente dei due uomini, dopo un’occhiata d’intesa dissero con un coro sommesso: “sta notte finalmente riavremo i nostri viveri.”, detto ciò i due fecero scontrare i boccali, bevvero di gran gusto e uscirono dalla locanda.
Ancora oggi non so spiegarmi cosa convinse Viridi quel giorno, in quanto di norma l’egoismo ha sempre mosso le sue azioni, tuttavia in quel preciso istante decise che avrebbe seguito i contadini, pensando che i suoi due compagni di viaggio siano stati catturati dai commilitoni dell’uomo alle sue spalle. Finì di mangiare, si alzò e guardando fugacemente il nuovo nemico uscì dalla locanda, una volta all’esterno tuttavia si accorse che i pover’uomini che aveva intenzione di seguire erano ben più di due, sembrava quasi che l’intero villaggio si fosse radunato armato di zappe, vanghe e qualche spada arrugginita per estirpare coloro che recavano fastidio.
Vista la confusione non fu difficile per Viridi infiltrarsi nella folla senza destare particolare attenzione, la prima vittima della folla fu l’uomo dentro la locanda che venne trascinato fuori per i capelli, legato alla mangiatoia dei capelli adiacente all’entrata e fu martoriato di colpi, finché al terreno fangoso non si mischiò il suo sangue, rendendo tutta l’area attorno allo sventurato una poltiglia rossastra maleodorante.
Lo spettacolo macabro tuttavia non fece altro che innervosire il nostro protagonista, che desiderava ripartire al più presto, con i suoi compagni; la folla si avviò verso la foresta ed una volta giunti alla sua soglia spensero le torce e si fecero silenziosi come ratti, non si vedeva praticamente nulla e gli alberi parevano grinzosi mostri che allungavano i loro artigli verso il manipolo di rivoltosi, alcuni fuggirono per la paura, in totale rimasero soltanto in undici.
La luna era alta nel cielo quando giunsero ad una radura, esattamente quella in cui furono catturati i due manigoldi, le frecce per terra resero l’animo della folla ancora più incerto e impaurito, non ebbero il tempo di rifletterci su che una manciata di frecce furono scagliate tramortendo coloro che erano in prima fila nell’avanzata, rapido Viridi sguainò la spada deviando una freccia diretta a lui, partì lo scontro.
I pochi rimasti si ripararono dietro i grossi tronchi che circondavano la radura, e videro, tutti intorno a loro, accendersi svariate fiaccole dal colore arancione intenso, un mare di fuochi nell’oscurità che si avvicinava sempre più ai rimasugli della folla, tuttavia non abbattendosi, il nostro ragazzo, conficcò la spada nel tronco e la usò come appiglio per arrampicarsi sull’albero e vide dall’alto il massacro tramite il fuoco dei pochi rimasti, rimase fermo, in silenzio, non gli interessava dei morti sottostanti, lui doveva semplicemente non essere visto.
Rimase nascosto nelle chiome degli alberi fino all’alba, momento in cui si accorse che ogni traccia degli assassini della notte appena conclusa era svanita, scese e subito sentì una voce morente che chiedeva aiuto, “aiutami ragazzo, ti prego, aiutami a tornare dalla mia famiglia”, era Tom, il vecchio della locanda, era accanto al cadavere del suo ormai deceduto amico Al, aveva perso l’uso delle gambe per via delle eccessive scottature, ma Viridi non aveva tempo da sprecare, era già l’alba e lui ancora non aveva trovato i suoi amici, così, con sommo disinteresse, conficcò la lama nel cuore del vecchio, ponendo così fine alle sofferenze.
Riuscendo a capire la direzione da cui hanno tirato le frecce si mise in cammino lungo quella direzione, passarono circa due ore in cui vagò per la foresta, quando, verso le prime ore del pomeriggio, sentì in lontananza delle urla di dolore, sembrava stessero torturando qualcuno, accelerò il passo giungendo all’accampamento dei monaci, rimase nascosto dietro una tenda e vide alcuni uomini incappucciati torturare Zur, un suo corno era spezzato e da esso colavano fiotti di sangue nero su tutto il suo viso, le urla infatti, provenivano proprio da lui, al contrario Darg è legato ancora al palo, è malconcio, il viso presenta diversi tagli e dalla fronte gli colano svariati rivoli di sangue.
Erano cinque uomini, visibili dalla posizione di Viridi, confidando nelle sue abilità e non volendo perdere altro tempo saltò fuori dal suo nascondiglio lanciando la spada nel centro della schiena dell’uomo a lui più vicino, tutti si girarono distogliendo l’attenzione dal diavolo, Viridi, che aveva entrambe le braccia tese in avanti con i palmi spalancati, ruppe la spina dorsale e il collo ad altri due che erano i più vicini a Zur, e rimasero due contro uno, dopo aver schivato il montante del primo riuscì ad assestare una ginocchiata che fece piegare in due uno dei due monaci tuttavia un pugno lo colpì diretto nel retro della nuca facendolo barcollare in avanti, fu in quel momento che Darg, dopo essersi liberato sfruttando la confusione, prese una grossa pietra e colpì a morte il monaco che aveva colpito Viridi ed infine insieme uccisero l’ultimo rimasto.
Stanchi si accasciarono al fianco del diavolo che aveva perso i sensi e, senza riuscire ad impedirlo, crollarono in un profondo sonno.
 
 
 

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Capitolo 3
*** Grinfie di Pietra ***


Capitolo 3
Grinfie di Pietra
 
Fu Zur il primo a svegliarsi, o meglio, riprese conoscenza, il sole era prossimo al tramonto e si accinse a svegliare i suoi due compagni, rimanendo stupito nel ripensare a cosa Viridi avesse fatto per salvarli.
Gli altri due si svegliarono di soprassalto credendo di essere caduti nelle mani nemiche; dopo essersi accorti che non vi erano altri nemici oltre a quelli uccisi precedentemente si alzarono e il giovane medicò il corno del diavolo, era ferito gravemente e aveva perso molto sangue, essendo lui una creatura adulta il corno non ricrescerà, la ferita lo accompagnerà fino alla fine dei suoi lunghi giorni. Darg era messo meglio, qualche taglio e tumefazione sul viso, ma ne sarebbe uscito con qualche cicatrice; era ormai calato da poco il sole quando finirono di esplorare l’accampamento riuscendo a recuperare l’equipaggiamento dei due mercenari e Viridi prese con sé arco e faretra di uno dei monaci, poi tutti e tre indossarono la mantella color legno. Dalla mantella di uno dei monaci cadde un piccolo pezzo di pergamena, sopra vi era disegnata la foresta con svariati sentieri che la attraversarono, riconobbero quello che dalla radura giunge all’accampamento, ma notarono come proseguendo verso Nord dal punto ove si trovavano si giungeva ad una zona contrassegnata con una croce latina dorata.
Essendo ormai buio decisero però di tornare al villaggio, per riposare ed esplorare il giorno seguente la zona indicata sulla mappa, non fu difficile uscire dalla foresta seguendo uno dei sentieri tracciati dai monaci e giunti di nuovamente a Gathös si riposarono alla locanda; l’intero paese era in trambusto a causa della strage avvenuta nel bosco, molte donne erano corse in chiesa a pregare gli Dei ed i pochi uomini rimasti stavano facendo la fila innanzi alla catapecchia, sfruttata da un fabbro come bottega, per acquistare una qualche arma con cui proteggere sé stessi e la propria famiglia.
La notte fu tranquilla per i nostri avventurieri e, giunto il mattino e la colazione, discussero sul da farsi, “Io dico che dovremmo andare il più lontano possibile da questo dannato posto e quei dannati monaci” disse Zur con la voce tremante, “Calma Zur, ce la siamo vista brutta, ma ora ne siamo usciti, e gli Dei solo sanno quali tesori reconditi potrebbero trovarsi nella zona indicata dalla mappa” rispose Darg, “Concordo con te, avendovi salvato la vita siete in debito con me, e il mio istinto dice che in quell’area potrebbero esserci tesori per voi, e forse un modo per aprire il forziere” disse con voce calma e autoritaria Viridi estraendo dalla bisaccia l’ormai piccolo baule, “cosa diavolo è successo, ricordo fosse piccolo ma non grande quanto un cranio di un infante, perché lo hai colpito ancora?” chiese con tono stizzito Darg, “gli zaini erano ingombranti e molto pesanti, mi sono diretto qui dopo pochi minuti dalla vostra partenza, e quelle borse erano inutilmente pesanti”, il tono altezzoso e calmo del giovane fece innervosire tutti e due i tagliagole, che, tuttavia, finirono di fare colazione ed andarono a prepararsi, prima di salire la rampa di scale però Viridi disse loro, “equipaggiatevi come se doveste andare in guerra, non sappiamo chi ci aspetta nella foresta”; questo aumentò la tensione che già dominava l’animo dei due e che ora, era sprofondato in un abisso d’inquietudine.
Il sole si stava approcciando a salire nel centro del cielo quando, tutti perfettamente preparati, i nostri avventurieri si incamminarono; passarono circa un paio d’ore quando giunsero al punto indicato sulla mappa, durante l’attraversamento della foresta non furono attaccati tuttavia Viridi percepì sin dal primo momento come un paio d’occhi che li spiassero. Davanti a loro vi era il fianco di una montagna, erano giunti all’estremo Ovest della foresta, partendo dal villaggio, e qui la foresta era fiancheggiata dalla catena montuosa del Rheiwest, una vecchia serie di vette ormai deteriorate dalle intemperie e dai secoli; tuttavia, nel fianco vi era scavata l’entrata di una grotta e due uomini ne presidiavano l’entrata.
“Ne vedo solamente due, e sono armati solamente con una lancia, direi di creare un diversivo per distrarli e poi colpirli alle spalle” sussurrò Viridi ai suoi compagni, “concordo, lasciate fare a me, ho avuto un’idea, al mio segnale voi colpiteli” disse sottovoce Zur, il quale strisciò fuori dalle fronde e gridò qualcosa nella sua lingua natia, a me sconosciuta. Successivamente all’urlo, lanciò una piccola provetta contenente un liquido color ambra che, una volta a contatto con il viso di una delle due guardie la accecò; proprio in quel momento fischiarono due frecce dai cespugli che colpirono la guardia ancora vedente al collo, infine zur colpì l’altro monaco, finendolo.
“Ottimo lavoro ragazzina, ora vediamo cosa si trova all’interno di questa grotta” disse con tono ironico il nano che, con camminata altezzosa, scansò Viridi ed entro nella caverna; un buio tunnel si dilungava innanzi a loro, non vi era nemmeno una flebile torcia ad illuminare la via, ma ciò non spaventò i nostri avventurieri che, rompendo una freccia e immergendola in una piccola fiala d’olio, appartenente a Zur, e sfregandola contro la parete di roccia, produssero un piccolo lume.
Non so dirvi per quanto tempo i tre camminarono lungo il tunnel, so solo che ad un certo punto giunsero alla fine, le pareti del tunnel si allargarono e davanti ai tre si aprì un grosso salone.
Erano stanchi, affamati e decisamente ansiosi di illuminare i propri occhi con la luce del sole per cui si fiondarono al centro del salone ove vi era un piccolo cerchio di luce filtrata da una piccola finestra posta sulla parete sinistra della stanza, Darg e Zur rimasero in quel punto per svariati minuti, “ehi, voi due, spostatevi da lì, non sappiamo cosa o chi ci sia in questa caverna, stare nel mezzo di una stanza nell’unico punto illuminato mi sembra un suicidio”, “calmati ragazzina, ora ci spostiamo”, “ho fame e sono stanco, accampiamoci qui per riposare, proprio lì nell’angolo” disse infine il diavolo indicando l’angolo fra l’entrata della stanza e la parete sinistra.
Allestito il piccolo accampamento decisero di fare dei turni di guardia, il primo fu Viridi, che, dopo aver mangiato qualche pezzo di pane, si alzò e esplorò sommariamente il salone, era una stanza grande, dall’alto soffitto arcato. Vi erano due porte: una sulla parete destra, dalla quale usciva un maleodorante fetore, ed una sulla parete opposta all’entrata in cui vi era una porta in legno lavorato. Finita la piccola ricognizione si sedette e attese; passarono diverse ore, la luce proveniente dalla finestra era sparita lasciando posto alla flebile luce delle stelle, la stanza ora era nella penombra, un rumore, come di serpenti che strisciano sulla roccia, si diffuse in tutta la stanza, Viridi scattò in piedi brandendo la spada e tirando un calcio a Darg per svegliarlo.
Rimase immobile, guardandosi attorno e putando la spada nelle varie direzioni, era stranamente impaurito, come se sapesse quale male albergava nelle profondità di quelle montagne; la fronte era perlata di sudore e i muscoli vibravano ad ogni minimo fruscio.
“mostratevi chiunque voi siate” disse con voce fintamente sicura il giovane, nel frattempo i due compagni si erano alzati ed ora erano tutti e tre spalla contro spalla, ognuno puntando una direzione diversa ed imbracciando con ardore le rispettive armi.
Un fischio, una freccia venne scoccata da un punto ignoto della stanza, si conficcò innanzi ai piedi del nano che subito si girò, altre frecce partirono da diversi punti del salone, i nostri tre sventurati si sparsero per la stanza, lo scontro incominciò.
Dal soffitto scesero lungo le pareti sei monaci armati di sciabole ed uno, più grosso e corazzato, entrò dalla apertura nella parete destra, l’armatura era sporca di sangue e portava con sé il tanfo sentito prima da Viridi; proprio quest’ultimo fu il primo che con u abile scatto in avanti si avventò su un monaco incominciando un duello feroce al quale poi si unì un secondo avversario. Alle spalle del giovane si trovavano Darg e il monaco corazzato impegnati in un arduo duello in cui le forze erano alla pari, il nemico menava poderosi fendenti con il randello brandito nella mano sinistra e parava i colpi dell’ascia del nano con un grosso scudo rotondo di cuoio, infine vi era Zur intento a destreggiarsi fra tre avversari, cercando di evitare il cadavere del monaco appena ucciso.
Viridi riuscì ad eliminare uno dei due assalitori tagliandogli la gola con un lesto fendente orizzontale, ma nel farlo era stato ferito alla gamba destra dall’altro avversario che ora aveva la meglio su di lui, essendo alle strette decise di liberarsi dalla presa effettuata dal nemico e, tendendo il braccio in avanti con la mano chiusa a pugno bloccò il respiro del suo avversario facendolo soffocare. Darg era riuscito a rompere in due lo scudo del corazzato, e con un colpo ben piazzato tranciò di netto le gambe al nemico, che cadendo lo colpì con un ultimo fendente facendolo sbattere contro la parete; nel mentre Zur era riuscito ad eliminare tramite una pozza acida, creata tramite le sue pozioni, due dei suoi tre avversari, ma aveva esaurito le pozioni altamente nocive, usate per uccidere, quindi menava fendenti casuali con un piccolo stiletto che aveva con se per precauzione, tuttavia, non essendo molto abile nell’usarlo, venne ferito prima alla mano e poi al braccio, stava per ricevere il colpo di grazia quando, con estrema precisione, Viridi lanciò la sua spada, conficcandola nel fianco dell’assalitore.
Stremati sentirono diversi voci provenire dal corridoio celato dalla porta in legno, recuperarono quel che potevano dall’accampamento e si inoltrarono in fretta e furia nell’apertura sulla parete destra del salone, giunsero ad una piccola stanza e, una volta all’interno, sbarrarono l’entrata chiudendo il grosso portone e barricandolo con una panca che misero di traverso sotto la trave che faceva da serratura; puntarono le armi verso la porta e tutto tacque, il vociare cessò e vi furono diversi minuti di intenso silenzio finché non si udì uno straziante, e acuto, urlo, proveniente da un corridoio che trovava l’inizio nella stanza ove i nostri protagonisti si erano barricati, una creatura si avvicinava a pesanti passi, tutto trema, arriva!. 

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Capitolo 4
*** Eroe e Amico ***


Capitolo 4
Eroe e Amico 
 
Erano in trappola.
Non sapevano esattamente cosa li aspettasse, o meglio cosa li stesse cacciando, avevano udito l’urlo ed erano spaventati; “muoviamoci a lasciare questa stanza, lungo quel corridoio muovetevi!”
disse con voce autoritaria Darg. Tutti e tre corsero lungo il corridoio giungendo ad una rampa di scale che scendeva ulteriormente nelle profondità della terra, la scala era ben intagliata nella roccia, vi erano torce su tutti i lati e in fondo si apriva una piccola apertura nella roccia dalla quale si accedeva ad una stanza adibita ai rituali; le pareti erano decorate da strane costruzioni in ferro, nessuna rappresentava qualcosa di a me riconoscibile, eccetto una, un grosso ragno, con undici zampe e due occhi rossi realizzati con dei rubini, giaceva sopra ad un piedistallo nell’angolo destro della sala.
Di fronte all’entrata vi era però uno strapiombo, i muri terminavano abbassandosi lungo una diagonale arrivando a livello del suolo, per poi lasciare spazio al nero del burrone, un piccolo ponte tibetano dalle corde sgualcite collegava le due parti del burrone, sotto di lui una distesa di fuoco liquido scorreva similmente ad un fiume illuminando la voragine. Sentirono un altro urlo, più forte ma anche più profondo, più simile ad un ruggito provocato da una profonda furia; senza alternative i nostri protagonisti dovettero incamminarsi sul ponte, il primo fu Zur che, incurante del pericolo, saltellò sulle assi giungendo rapidamente dall’altro lato, Viridi lo seguì ma passando sopra ad una tavola usurata la ruppe, scivolando ed incastrandosi con una gamba nel vuoto bloccata dalle corde attorcigliate lungo il polpaccio. Annaspava nel vano tentativo di risalire, ma ad ogni movimento la situazione diveniva sempre più critica, Darg, ricordandosi ciò che il giovane fece per salvarli, si fece coraggio e corse in suo aiuto, giunto vicino al ragazzo lo tirò su riuscendo a liberarlo dalla morsa ma non vi fu tempo per esultare.
La terra, il ponte, l’intera caverna prese a tremare, come scossa da un poderoso fendente.
Sotto i nostri eroi, nel fiume di lava, qualcosa si mosse, un dosso di dimensioni sempre maggiori si innalzava dal livello della distesa incandescente; iniziarono a delinearsi le spalle sormontate da un paio d’ali simili a quelle di un pipistrello di dimensioni notevoli, le braccia, muscolose e coperte di vene, erano scure come le ali e ricoperte da lievi scaglie trasparenti, le mani erano grosse sormontate da lunghi artigli; ai polsi vi erano due grossi bracciali di ferro dai quali pendevano due catene spezzate.
La creatura sollevò il volto verso l’alto vedendo Viridi e il nano, che, paralizzati dalla paura, rimasero immobili; aveva un volto cupo e mostruoso, lunghi capelli neri sporchi e aggrovigliati, inzuppati in quello che sembrava un liquido gelatinoso, due grosse zanne sporgevano dalla sua bocca ed infine due occhi rosso sangue, che brillando illuminavano lo scuro viso del mostro.
“Muovetevi, dobbiamo andarcene, non saremmo mai dovuti venire qui!” gridò Zur in preda alla disperazione, ma i suoi compagni erano immobili, fissavano la creatura negli occhi finché quest’ultima non emise un ferale urlo che fece risvegliare il nano e il giovane; si alzarono e barcollando fecero un passo quando la bestia, dandosi la spinta con le ali, saltò sul lato del burrone ove si trovava l’apertura dalla quale erano giunti i tre avventurieri.
Nelle vene non scorreva sangue, un liquido simile alla lava percorreva i sottili canali del suo corpo, ed in quel momento stava ribollendo per la rabbia o per lo sforzo appena compiuto; distese un braccio aprendo la mano e una piccola sfera di fuoco si creò sopra al suo palmo, chiuse poi la mano e, muovendola velocemente verso il basso, creò una lunga spada di fuoco. Mosse un passo verso il ponte e incominciò ad attraversarlo, ma era troppo pesante così decise di sfruttare il volo; Viridi che, dopo essersi ripreso e aver ritrovato la sua tipica freddezza, necessaria in situazioni critiche come questa, sapeva esattamente che quella creatura andava abbattuta.
Estrasse la spada, e, concentrando tutta l’energia rimastagli, creò intorno a sé un’aura dal colore dorato, due segni circolari color sangue apparvero sui suoi polsi e il contorno degli occhi si colorò della medesima tonalità; spiccò un salto inumano giungendo all’altezza del mostro e riuscendo a conficcare la sua spada nel braccio sinistro del nemico. Stupita la creatura vide il suo avversario riatterrare nel lato opposto del burrone, accanto al diavolo che guardava scioccato la scena;
dopo esseri tolto la lama dal braccio la lanciò nella lava, la quale non perse tempo a divorare l’arma. L’espressione di Viridi era blanda, non esprimeva nessuna emozione, tuttavia una grande furia si percepiva dall’aura che lo circondava, come quella che ci assale prima di uno scontro, un pericoloso miscuglio di adrenalina e rabbia, forse repressa per troppo tempo; il demone menò un fendente cercando di colpire il giovane che abilmente saltò e atterrò sulla mano che brandiva l’arma, dopodiché corse lungo tutto il braccio saltando, all’altezza della spalla, in cima al cranio.
Alzò le mani verso l’alto, sopra alla propria testa, e poi, accompagnando con un vigoroso urlo, le fece ricadere, facendo aderire con forza i palmi alla testa del mostro, quest’ultimo accusò il colpo perdendo significativamente quota. Cercava disperatamente di togliersi il piccolo omuncolo che sovrastava la sua testa, tuttavia Viridi era agile e non desiderava altro che eliminare la mostruosa creatura, lo scontro proseguì per diversi minuti, Darg nel mentre era giunto alla fine del ponte e si era affiancato a Zur, stupefatti dalla potenza con cui il giovane teneva testa a quella che il nano riconobbe come un Morgad, un antico demone nato dal fuoco, doveva essere il Dio venerato dai monaci, e probabilmente dopo averci attaccato hanno completato un rituale per liberarlo dalla prigionia. Non ebbero tempo di pensare a ciò in quanto il demone cadde sopra allo spiazzo che crollò sotto il suo peso, il giovane abilmente saltò giù dal cranio ma questa volta il nemico fu furbo, riuscì ad afferrargli una gamba e lo sbatté al suolo; crepe sempre più profonde si diramavano nello spiazzo ove avveniva lo scontro, “scappate, mettetevi in salvo” tuonò Viridi ai due mercenari che tuttavia si scambiarono un’occhiata ed, estraendo le armi, corsero verso il demone che nel frattempo era appeso solamente con le braccia al lato del burrone, “hai ancora il baule ragazzina, non pensare che rinunceremo facilmente a quel tesoro, ora vedi di fare del tuo meglio ed eliminiamo questo dannato mostro!” disse Darg con tono ironico, i tre quindi si avventarono sul mostro riuscendo a ferirlo gravemente, ma la presa non cedeva finché a Zur non venne in mente un piano, “ascoltatemi, ho con me un grosso esplosivo, farebbe ricadere il mostro nel fiume ma al contempo farebbe crollare l’intera grotta, voi correte all’uscita, io fermerò la creatura”, “Zur non fare l’eroe, siamo compagni io e te, non posso uscire se non al tuo fianco”, “lo sapevo che in fondo a quel cuore nanico vi era della dolcezza, ma è l’unico modo, vedete di aprire quel dannato forziere e di godervi le ricchezze, cedo a te, Darg la mia parte”, finita la frase spinse via il nano, Viridi lo raggiunse con un salto, in quanto nella lotta era salito di nuovo sul cranio del mostro, estrasse una grossa ampolla di vetro, pronunciò alcune parole nella sua lingua natia e lanciò il contenitore contro la faccia del demone.
Una grossa esplosione irruppe nella caverna, il demone cadde e con lui anche Zur, questa, fu la fine di Zur il diavolo mercenario, con un’azione eroica, rimediando ai torti fatti in una lunga vita da scellerato.
Il nano e Viridi uscirono poi dalla caverna, ritrovandosi fuori dalla montagna, di nuovo circondati dal verde e dal silenzio, un silenzio quasi assordante; il giovane, al quale erano spariti i segni color sangue, era disteso a terra stremato. Darg era in ginocchio fissando l’apertura nella montagna, amare lacrime rigavano il volto del guerriero, fra le mani stringeva con ferocia l’ascia, come a voler tornare nella caverna a recuperare l’amico, ma semplicemente si distese a terra, continuando il suo pianto silente.
Quando si svegliarono erano passate circa tre ore, dopo aver mangiato il rimanente delle provviste, notarono che attraverso i vari tunnel avevano oltrepassato la catena montuosa, quindi, almeno che non volessero rientrare nella grotta o scalare vette ben più alte di un gigante, il nostro duo dovrà cambiare meta, attraversando la foresta che li circondava puntando l’ago della bussola a Nord-Est.
Prima di rimettersi in cammino tuttavia Darg, con estremo stupore di Viridi, incise su di un pezzo di corteccia una scritta nella lingua runica antica, tradizionale del suo popolo, e vi scrisse “Nel buio della caverna giace Zur, diavolo, scienziato e amico, che cadde per salvarmi la vita”.
Appoggiò poi il messaggio contro la parete roccia e ci conficcò il pugnale di Zur, che nel combattimento contro il demone cadde e fu raccolto dal nano.
Si girarono, voltando le spalle alle montagne, e incamminandosi nella foresta non scambiarono nemmeno una parola, l’unico rumore era quello dei passi sulle foglie secche che coprivano il terreno; camminarono circa mezz’ora quando giunsero ad un bivio, l’ombra stava calando, quindi decisero di accamparsi, per riflettere sul da farsi.
Via Est o Via Ovest?

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