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Autore: Viridi    29/01/2018    0 recensioni
Dalla ricerca di un tesoro perduto verrà riscoperto un antico regno.
Prodi avventurieri dovranno percorrere un viaggio fisico e spirituale attraverso lande ghiacciate, distese di sabbia rovente e boschi dalle tonalità smeraldine.
Un'avventura in cui desiderio di ricchezza e senso comune si scontrano duramente provocando un'adirata lotta nelle mente dei personaggi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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An Unusual Hero
 
Capitolo 1
I Due tagliagole
 
“Zur diamine la vuoi smettere di soffiare in quella stupida cannuccia, vorrei dormire, dannato diavolo”.
Questo era il consueto buongiorno fra i due tagliagole Zur, folle scienziato discendente da una più che povera casata di diavoli, e Darg, vecchio nano scorbutico amante delle asce, specialmente se conficcate nel cranio di qualche orco.
Ora su come questi due disagiati si siano incontrati non mi soffermerò in quanto loro sono solo l’inizio di ciò che sarà la storia di un giovane uomo, temuto perfino dai più antichi demoni e talmente abituato alla morte da averci stretto un patto, ormai ben consolidato.
Tuttavia, le notizie sono più liete per i nostri due mascalzoni, infatti stanno aspettando un carico pieno zeppo di oro, proveniente dalle più grandi miniere Drow e diretto a non so quale città importante dell’Ovest.
Ora ovviamente vi starete chiedendo chi sia io, certo è più che naturale, tuttavia mi dispiace annunciarvi che io sono Nessuno, sono il mezzo, lo strumento, lo sporco attrezzo tramite il quale voi, miei più cari lettori, potrete conoscere gesta, imprese, salvataggi, risate e pianti, delusioni e morte dei nostri eroi, che scopriremo piano piano, lungo la via maestra.
“Darg! Darg! Eccolo, sta arrivando” “trainato da sette cavalli bianchi come da previsione” disse Zur trattenendo una sua tipica e folle risata, il piano era semplice, i nostri beniamini dovevano saltare sul trasporto, rubarne il carico e poi scendere senza farsi minimamente vedere. Il sole era circa a mezzodì sulle aride pianure del deserto delle Speranze, “Al mio tre saltiamo, intesi Zur? Dobbiamo recuperare ed andarcene, nessuna azione avventata”.
“Uno! Due! TRE!”, l’atterraggio fu qualcosa di simile ad un grosso peso lasciato cadere dalla cima dell’albero maestro di un veliero, il peso di Darg, fra “muscoli” e equipaggiamento aveva sfondato il tetto del convoglio, cosa ancora più buffa Zur era saltato sopra al compagno, facendolo incastrare ancora di più nella struttura del trasporto; Tutto tace, eppure con quel tonfo anche i morti sarebbero ritornati a parlare, ma tutto tace, il convoglio prosegue senza neppure un ordine di controllo da parte del cocchiere.
La cosa puzzava ai due mercenari, che notarono ben presto come vi fossero soltanto cadaveri a custodire quell’oro, non vi fosse nessuna guardia da beffeggiare, o schiaffeggiare vista la riuscita ipotetica del piano, ma non era il primo cadavere su cui i due posavano lo sguardo, quindi presero l’oro, scaricarono i morti e legarono loro un piccolo cartello con sopra scritto qualche insulto in nanico o qualche scarabocchio, sinceramente era tutto incomprensibile.
“Che ti avevo detto vecchio mio, ce l’abbiamo fatta, siamo ricchi, siamo ricchi!, niente più luride topaie come spazio per la notte, no, ora solo donne e camere di lusso, con comodi letti di seta aracnidea e ricchi pasti a base di prelibatezze”, disse Darg fra grosse risate al compagno mentre correvano portando a spasso il baule appena rubato, riparati da occhi indiscreti dietro una rupe tentarono invano per ore di accedere al contenuto rubato, ma nulla, nessuna ascia e nessuna pozione o acido fecero anche solo vibrare quella serratura.
La disperazione era prossima, le corna di Zur tremavano come foglie al vento e Darg aveva occhi crepati da sottilissime linee rosse, ora penso fosse il secondo giorno di tentativi che abbandonarono l’impresa, se non che videro un carro passare, ovviamente con minacce non poco assurde depredarono il povero contadino del mezzo e si avviarono a Gathös, primo villaggio selvaggio dopo il valico delle montagne che circondano il deserto; Il viaggiò durò circa due giorni, all’alba del terzo smontarono dal mezzo e, trascinandosi il pesante baule, si diressero di gran filata dal fabbro. Scocciato dalla fretta l’anziano nano dietro la forgia prese a martellare vigorosamente il baule finchè un rumore metallico non segnò la rottura del martello dal fabbro utilizzato, furibondo cacciò fuori i due lanciando insieme a qualche malaugurio anche il baule, e fu qui che agli occhi dei nostri protagonisti apparve il fatto, l’avvenimento più assurdo, il baule ad ogni colpo ricevuto si era rimpicciolito, infatti ora era delle dimensioni di un cofanetto per le gioie.
Stanchi e infastiditi i due si ritirarono nella locanda a bere, affittando anche l’ultima stanza, accettando di condividerla con un terzo uomo.
La serata trascorse tranquilla, Zur come di consueto vomitò dopo il quarto sorso di idromele mentre Darg svuotò la cantina del proprietario, saliti in stanza trovarono il camino acceso e una figura vestita interamente di nero intenta a fumare un po’ di erba pipa proveniente dall’Ovest, terra dal quale, guardando i lineamenti, proveniva anche il giovane; Darg decise di sedersi nella poltrona di fronte e fumare assieme a lui, tuttavia dopo qualche battuta a cui non vi fu nessuna risposta decise di stendersi a dormire, e fu proprio in questo momento che la searata prese una piega inaspettata.
La domanda venne pronunciata dal ragazzo, una voce fredda e altrettanto rotta, come a dimostrare un pianto lungo fatto al capezzale del proprio amante, inoltre i lunghi capelli neri e il pallidume aumentavano il tono triste di questo giovane occidentale, le parole furono veloci e taglienti come lame, “Non siete ancora riusciti ad aprirlo eh?”, Darg sbiancò e divenne quasi trasparente quando vide che la sua ascia e il resto del suo equipaggiamento erano stati gettati nel fuoco, e lo stesso valeva per i possedimenti del fedele compagno, erano in svantaggio, impreparati ed inoltre ubriachi fradici, le seguenti parole furono decisive, ma forse non nel senso desiderato, “Attento giovanotto, non conviene mettersi fra noi e il nostro bottino, o rischi di rovinarti l’acconciatura”. Ora io non so se fosse l’alcol o la furia a muovere la lingua del nano, ma con un serpentino scatto il giovane gli era di fronte, costretto ad abbassarsi per guardarlo negli occhi e una frazione di secondo dopo costretto a pulirsi il colletto della giacca dal sangue sputato dal nano, causato da un pugno ben assestato nello stomaco.
Lo scontro proseguì con altri due saettanti pugni che ruppero rispettivamente naso e zigomi del nano facendogli perdere i sensi; nel frattempo il trambusto ha risvegliato bruscamente Zur che capendo velocemente la situazione si getta contro il nemico, impugnando il pugnale, essendo molto agile riesce a ferirlo sulla mano, tuttavia poco dopo sente di non riuscire a muoversi e sollevando lo sguardo vede il giovane con un braccio disteso in avanti e la  mano aperta, ad ogni movimento delle dita Zur sente una vertebra fratturarsi, il dolore è atroce e ad un certo punto bianco, il dolore svanisce, assieme al resto della stanza.
Una volta risvegliato Darg si trova legato assieme al corpo esanime dell’amico ad un mobile, davanti a loro vi è il giovane che impugnando la sua spada colpisce con forza il baule, il contatto produce un’onda d’urto che spedisce il ragazzo contro la parete e fa ribaltare i nostri due compagni, liberandoli.
Da un lato abbiamo il giovane in nero dall’altro abbiamo Darg su tutte le furie, corrono, mettono contemporaneamente le mani sul baule tuttavia l’agilità del giovane ha la meglio e Darg viene messo alle strette, finché il ragazzo si rimette in piedi, si sistema gli abiti e sentenzia, “Siete abbastanza forti per essere miei alleati, vi propongo un lavoro, aiutatemi ad aprire questo baule e vi prometto che tutto quello che vi è all’interno è vostro eccetto un anello, quella sarà la mia unica pretesa, allora ci state?” concluse porgendo la mano al nano, che stordito e scioccato nota il cadavere del suo amico, piccole lacrime bagnano i suoi occhi, si getta a terra affianco a lui, cullandogli il cranio che purtroppo esprime solo freddezza e morte, il giovane a quel punto si china e concentrando dell’energia nei palmi delle mani afferra il cranio di Zur e poco dopo, il diavolo tossisce riaprendo gli occhi.
“Diamine ragazzo, come ci sei riuscito?”, “ero un brillante guaritore” disse in tono secco il ragazzo, “qual è il tuo nome ragazzina?” cantilenò con tono ironico Zur, ovviamente non tardò ad arrivare la gomitata che fece fuoriuscire un rivolo di sangue dalla guancia del tagliagole, “il mio nome è Viridi, diavoletto” ribadì con tono seccato il ragazzo, “ora, a meno che non vogliate rimanere qui a sprecare tempo, io vorrei partire alla volta di Taldor, un villaggio a qualche giorno di cammino da qui”. Preparati gli zaini da viaggio il trio si dirige dal fabbro per acquistare equipaggiamenti migliori, dovendo ricomprare l’intero arsenale i due tagliagole iniziarono a discutere fra loro su quale modello di ascia spacchi meglio le ossa che compongono il cranio oppure quale pozione corroda di più le eventuali armi nemiche, la discussione proseguì per svariati minuti inglobando anche il fabbro che subito si accese come un falò, “No No No, voi non ne capite nulla di asce, la migliore è quella fatta in metallo con fibre di cristallo, lavorata poi a caldo sopra alla lava”, “Proprio non concepisco come sia possibile che tu non sia ancora stato cacciato per incompetenza, lo sanno tutti che le asce con lama dritta rinforzata con l’oro e poi affilata a freddo sia ciò che più si può auspicare da quel genere di armi”, “E poi non parliamo di come la tua bottega sia sfornita di qualsiasi tipo di pozione base, andiamo tutti hanno almeno qualche ampolla di acido draconico o di distillato di morte vivente, è inconcepibile che tu non ne abbia nemmeno una goccia”, passarono almeno due ore all’interno dell’atrio di quella bottega finchè, sfinito e profondamente irritato, Viridi lanciò al fabbro qualche moneta d’oro e prese l’ascia, qualche ampolla e una corda che erano state posate sul bancone durante la lunga discussione, usciti risalirono sul carro rubato e partirono.
 
 
   
 
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