About Music

di Soul Mancini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Deserto ***
Capitolo 2: *** In fumo ***



Capitolo 1
*** Deserto ***


ReggaeFamily

Question! - System Of A Down



Deserto



Cammino, un passo dietro l'altro, senza un ritmo. Le mie gambe si muovono veloci, quasi a voler fuggire dai miei stessi pensieri.
Il sole splende nel cielo, irreale, incapace di scaldare l'aria gelida di gennaio.
La strada si srotola davanti a me, deserta; l'unica mia compagnia sono le auto parcheggiate e le poche foglie secche che, sopravvissute all'inverno, arrancano sul marciapiede trasportate dal vento.
Mi sento proprio come una foglia: in balia degli eventi.
Auricolari alle orecchie; la musica rimbalza sulla mia anima senza scalfirla. Non può niente contro il fiume impetuoso dei miei pensieri.
Ho sbagliato tutto anche stavolta. Non mi dovrei sorprendere: io stessa sono uno sbaglio.
Chissà cosa si aspetta la gente da me. Dovrei essere una ragazza sorridente, allegra, gentile e aperta; forse è proprio così che tutti mi vorrebbero.
Invece sono una povera stronza asociale. Chiusa, riservata, scontrosa, glaciale. Diciamo pure apatica.
Diciamo pure sola.
Cammino ancora, nel freddo di gennaio. La strada è deserta.
Il mio cuore è deserto.
Una voce vellutata mi sussurra all'orecchio. Forse la dovrei ascoltare, o forse dovrei solo strappare via le cuffie e stare a contemplare il silenzio.
No. Non ne posso più del silenzio. Meglio riempirlo con qualcosa di bello, con qualcosa che non sono io.
Ma nonostante tutto si va avanti. La vita è bella. Le cose miglioreranno.
Almeno cosi dicono.
La canzone che sto ascoltando è bellissima. È una delle mie preferite. Si chiama Question!, e si adatta perfettamente al mio attuale stato d'animo. Anche io ho tante domande che mi turbinano nella mente. Domande che non hanno una risposta, o magari quest'ultima sarebbe troppo sgradevole, quindi è meglio far finta di non averla.
Scendo dal marciapiede e mi accingo ad attraversare la strada. Non ho controllato se ci sono delle macchine in arrivo, ma non importa: la strada è deserta.

Il mio cuore è deserto.
Mi trovo proprio al centro della via, quando lo sento. Un rombo che si fa sempre più vicino.
Il cuore sobbalza.
I piedi tentano di staccarsi dall'asfalto, per portarmi via da lì.
Il panico mi assale.
Gli occhi sono sbarrati.
Ma non faccio in tempo a urlare, a muovere un passo, a realizzare ciò che sta accadendo.
Un colpo, come un'esplosione, mi scaraventa in aria.
Poi più niente.

Era un'auto. Un'auto oltre il limite di velocità. Ed è scappata.
Sto per morire, lo so. Sto morendo. Come faccio a saperlo? È una sensazione, una consapevolezza.
I sensi sono annebbiati.
C'è qualcosa di viscoso che si frappone tra il mio corpo e la superficie gelida. Ha un odore forte, metallico.
È caldo, mi culla. Mi invita a lasciarmi andare, sussurra alla mia anima di scappare, volare via.
Quella canzone ancora è udibile. È lontana, ovattata, ma la riconosco chiaramente.
È Question!.
Deve andremo quando moriremo? Lo sto per scoprire.
Ormai non c'è più nulla da fare. Le sensazioni sono talmente offuscate che non provo neanche dolore.
Poi apro gli occhi. O almeno cosi mi pare. E la vedo.
È una sagoma dai tratti sfocati e poco definiti, che si è chinata su di me. È avvolta da un alone opalescente, quasi come fosse un angelo.
Ma non lo è. Per un istante riesco a visualizzare il suo volto: paffuto, dai lineamenti comuni. Si tratta di un uomo sulla quarantina, con capelli e barba scuri.
La sagoma mi tende una mano. Mi vuole aiutare.
È un'allucinazione, tra qualche istante se ne andrà e tutto finirà.
Chiudo gli occhi.

Non voglio morire, non voglio” sibilo, o almeno questa è la mia intenzione.

È davvero curioso. Qualche secondo fa speravo in un evento catastrofico che mi portasse via da me stessa, che ponesse fine alla mia inutile esistenza.

Ora che quest'evento è arrivato, mi sto aggrappando con le unghie e con i denti alla vita, sto lottando disperatamente per non lasciarmi sopraffare dalla debolezza.

Non voglio, non voglio! Salvami!”
All'improvviso sotto di me sento il vuoto e per un istante mi convinco di star volando via per davvero.
Ci impiego qualche secondo a realizzare che a sorreggermi sono due braccia forti.
Nonostante il mio corpo sia totalmente intorpidito, mi rendo conto che qualcuno mi stringe al suo petto. Qualcuno di forte, robusto, capace di infondermi sicurezza e calore.
Lottando contro me stessa, apro gli occhi per l'ultima volta. E davanti a me c'è sempre quel viso, dall'espressione tesa e preoccupata ma allo stesso tempo dolce.

Non lasciarmi morire.”

Lui sorride e mi stringe più forte.

Anche io vorrei sorridere. Di lui mi fido, a lui mi affido.
E mi lascio andare, facendomi cullare da quel dolce calore che sa di casa. Che dà sicurezza.
Che mi condurrà al buio eterno.

Luci al neon; questa è la prima cosa che vedo non appena socchiudo leggermente gli occhi.

Le ho sempre odiate, quelle luci.

Sono viva. Non mi sento tanto viva, ma lo sono.

Avverto la superficie morbida di un materasso sotto il mio corpo.

Poi l'ingessatura alle gambe e una fascia al braccio sinistro.

Poi il dolore lancinante alla testa, che percorre tutta la colonna vertebrale.

E infine l'aria attorno, impregnata di odori e di caldo artificiale.

Ma sono viva, e sono felice di esserlo.

Non riesco a frenare le lacrime.

Un contatto improvviso mi fa sobbalzare. Con non poca fatica, sposto lo sguardo: una mano grande e calda ha afferrato la mia e la stringe con fare rassicurante. Non riesco a ricambiare la stretta, ma sono davvero felice di quel gesto che mi dà una scarica di energia positiva.

Sposto ancora lo sguardo finché i miei occhi non si fermano su un viso.

È il proprietario della mano che stringe la mia.

È colui che mi ha salvato. Ha un'espressione serena, i suoi occhi brillano.

Allora non mi hai lasciato morire.

Non meriti di morire.

È la prima volta che lo sento parlare e rimango sorpresa dalla sua voce. È abbastanza sottile, chiara, dalle note dolci.

Mi stringe la mano finché non mi riaddormento, stavolta con un senso di pace nel petto.


Mi raccontano che sono stata trovata da un passante. Ero sul ciglio della strada, a ridosso del marciapiede, e sanguinavo. Avevo perso i sensi.

Ma qualcosa non torna.

Io sono stata catapultata al centro della strada, non ero sul bordo” protesto.

Mi spiegano che effettivamente il punto in cui mi trovavo non è esattamente quello della caduta: ci sono importanti tracce di sangue in mezzo alla via.

Potresti esserti spostata poco prima di svenire, nel tentativo di salvarti dalle altre auto” ipotizza un'infermiera dai capelli biondi.

No, io so com'è avvenuto. E so anche chi è stato il passante che mi ha salvato. Si tratta di un uomo sui quarant'anni, dai capelli corti e la barba curata. È robusto, forte... mi ha sollevato dall'asfalto e mi ha portato al sicuro!” esclamo, ricordando quella specie di angelo.

L'infermiera scuote la testa con un leggero sorriso sulle labbra. “Si trattava di una ragazza sui ventisette anni, e ti ha trovato già in quella posizione. Adesso riposa, dopo tutto sarà più chiaro.”

Lei pensa che io sia pazza, vero?”

No, assolutamente! Può capitare, dopo un trauma del genere, di ricordare cose che non sono accadute.”

Sospiro profondamente. Non sono pazza, io quel calore e quel contatto li ho sentiti davvero. Quella voce l'ho sentita davvero.

Questa tizia non capisce niente. Poco importa, sono abituata a sentirmi dare della strana.

Con il braccio sano, afferro il mio cellulare. Gli auricolari sono ancora collegati, ma quello destro si è sfasciato.

Mentre l'infermiera ancora è nella stanza e forse sta cercando di dirmi qualcosa, faccio partire la canzone intrappolata nel lettore musicale.

È sempre quella. È sempre Question!.

Non sono pazza.

Faccio vagare lo sguardo per la stanza e subito qualcosa attira la mia attenzione. Si tratta di una figura, immobile, poggiata allo stipite della porta. Nel punto della camera più in penombra.

È lui. Indossa un paio di jeans scuri e una maglietta nera a maniche corte. Tiene le braccia incrociate sul petto e il capo leggermente inclinato da un lato.

I suoi occhi svegli e scuri mi scrutano con curiosità e attenzione. I lineamenti sono distesi.

Non sorride, ma i suoi occhi sì.

Increspo le labbra, ricambiando quel gesto. È il minimo che posso fare, per l'unica persona in grado di riportarmi alla vita, in tutti i sensi.



♫ ♫ ♫



Ciao ragazzi ^^

Come già specificato nella presentazione, questa raccolta nasce da un mio contest, ovvero About Music, e da esso prende il titolo. Si trattava proprio di un concorso di song-fic; siccome ultimamente ho l'abitudine di immaginare i brani che ascolto come colonne sonore di storie e racconti, eccomi qui :)

Questa è stata scritta di getto, senza un vero filo logico e senza una vera attinenza col testo della canzone. Era pronta già da un po', ma non ho avuto un attimo di tempo per proporvela XD si può considerare Sovrannaturale o Nonsense, ma in questa raccolta troverete ogni genere ;)

Ne approfitto per ringraziare tutti i partecipanti del mio contest, che mi hanno ispirato con le loro opere per questo esperimento, e chiunque giungerà fin qui! Non garantisco nessuna regolarità con gli aggiornamenti, lascerò solo che l'ispirazione bussi alla mia porta quando le andrà di farlo :3

Alla prossima!!!



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Capitolo 2
*** In fumo ***


ReggaeFamily

TERZA CLASSIFICATA al contest “Ramm-Eros (Amore&Rammstein) indetto da fiore di girasole sul forum di EFP.


Sconsigliata a un pubblico troppo sensibile.


La storia è divisa in due parti, entrambe basate su una canzone diversa. Troverete il link per l'ascolto e la traduzione del testo all'inizio di ognuna delle due parti.




In fumo



Feuer Frei! - Rammstein

Ho utilizzato questa traduzione




L'osservai, le narici impregnate dall'odore acre della cenere: i suoi capelli castano chiaro, appena bruciati sulle punte, incorniciavano il suo bellissimo viso. Fuliggine grigia era posata sulla sua pelle bianca, gli occhi neri erano spalancati e trasudavano insana serenità, le labbra increspate in un lieve sorriso soddisfatto.

Il tipico sorriso di un bambino che viene elogiato dopo aver svolto un compito nel migliore dei modi.

Era bellissimo, il mio Caleb.

Ci era ricascato e per questo avrei dovuto odiarlo, ma proprio non ci riuscivo. Quando lui mi rivolgeva quelle occhiate così passionali, così infuocate, io non potevo fare a meno di amarlo ancora e ancora, desiderare che mi posasse quelle labbra sottili e dolci ovunque, che incendiasse il mio corpo con un semplice tocco.

Caleb strinse forte la canna del suo fucile tra le mani, per poi scaraventarlo a terra. “Oggi non mi servirà” mormorò, poi mi attirò a sé e mi baciò con impeto.

Attorno a noi c'era la desolazione: tutto era stato demolito dalle fiamme, tutto era nero e grigio. Un filo di fumo ancora si levava da qualche cumulo di cenere; se la polvere da sparo dell'arma ai nostri piedi vi fosse entrata in contatto, avrebbe generato un'altra esplosione, un altro incendio. La nostra fine.

Ma non avevo paura. Stretta a Caleb, con le sue mani che si insinuavano sotto la mia felpa, non potevo avere paura.

Io lo amavo, lui mi amava, lo sapevo. Gli piaceva distruggere ogni cosa, ma non avrebbe mai distrutto me.

Non avresti dovuto” biascicai, mentre cercavo di riprendere fiato a seguito di un lungo bacio.

Era così bello, Ethel! Sentivo le fiamme a un centimetro dalla mia pelle, quasi ardevo vivo... e quella luce, oh, quella luce così calda che tingeva tutto di rosso!” soffiò lui sulle mie labbra. Potevo chiaramente vedere i suoi occhi brillare, come se le sue iridi scure come la notte avessero intrappolato un barlume di quelle fiamme.

Stavo impazzendo dal desiderio. Sollevai la sua maglia logora e sformata e aggredii il suo petto, tempestandolo di baci roventi. “Così la cura non serve a niente, amore.”

Caleb mi strinse ancora più forte a sé, desideroso di sentire il mio corpo ancora più vicino al suo, e tra un gemito e l'altro esalò: “Al diavolo la cura e lo psichiatra. La mia cura sei tu, la mia cura è il fuoco. Il mio fuoco sei tu”.

E dimmi” lo provocai, aderendo al suo petto nudo, “è questa la sensazione che provi quando dai vita a un incendio?”

Sentivo chiaramente la sua eccitazione premere contro di me e mi sentivo appagata, soddisfatta, desiderata.

Caleb mi strappò di dosso la felpa grigia e il reggiseno nero, poi si avventò su di me con urgenza.

Non potevo fare a meno di ridacchiare maliziosamente, mi divertiva vederlo così impaziente. Qualche volta però mi lasciavo sfuggire delle smorfie di dolore, quando le labbra del mio uomo si posavano su qualche ustione ancora in via di guarigione. Sul seno, sui fianchi, sulle spalle: erano ovunque.

Caleb non le aveva fatte apposta, lui era così dolce e protettivo nei miei confronti. Chiunque l'avrebbe chiamato masochismo, io lo chiamavo amore.


Getadelt wird wer Schmerzen kennt
vom Feuer das die Haut verbrennt
Ich werf ein Licht
in mein Gesicht
Ein heißer Schrei
Feuer frei!

Bäng bäng


Presto ci ritrovammo a terra, a rotolare tra la cenere e scalciare via il fucile. Qualche scheggia di legno carbonizzato pungeva la mia pelle, ma io cercai di ignorare il dolore.

Anche gli ultimi indumenti volarono via. Mi ritrovai a gridare di piacere quando la mano di Caleb scivolò tra le mie gambe.

Forse era vero: il nostro rapporto poteva apparire strano ed essere additato come qualcosa di malato e morboso. Ma in fondo cosa c'era di male? Sentimenti come l'amore erano considerati nobili e giusti; perché noi dovevamo passare per due mostri?

Liberai la mente da ogni pensiero e mi aggrappai alle ampie spalle di Caleb mentre lui si faceva strada in me con impeto. Gridavo e mi dimenavo senza controllo, lui faceva lo stesso. Attorno a noi regnava il silenzio, come se il mondo intero da giorni fosse in lutto per quell'angolo andato letteralmente in fumo.

All'interno del mio corpo invece aveva preso vita un incendio che mi stava divorando. Caleb era così bravo ad appiccare incendi, ovunque andasse riusciva a lasciare un segno del suo passaggio. Era proprio quello che stava facendo in quel momento in me: mi marchiava, mi possedeva.

Caleb... ti amo, nonostante tutto” riuscii ad articolare, prima che un'ultima ondata di piacere mi invadesse completamente.


Geadelt ist wer Schmerzen kennt
vom Feuer das in Lust verbrennt
Ein Funkenstoß
in ihren Schoß
Ein heißer Schrei
Feuer frei!

Bäng bäng
Feuer frei!


Cominciai a rilassarmi mentre il mio uomo si lasciava a sua volta travolgere da un'ultima scossa. Presi dei profondi respiri e la polvere grigiastra attorno a me si impastò nelle mie narici.

Caleb si sdraiò accanto a me e mi strinse in un dolce abbraccio. Mi accoccolai al suo petto e presi ad accarezzargli un braccio.

Ti amo anche io. Grazie, perché mi stai accanto nonostante tutto” sussurrò, la voce incrinata dalla commozione.

Sollevai lo sguardo verso il suo viso e mi accorsi che due lacrime erano scivolate lungo le sue guance. Asciugai quelle calde gocce salate con le mie labbra e presi a cullare Caleb, come una mamma farebbe con un figlio.

Non avrei dovuto, Ethel, non dovevo. La cura, dovevo seguire la cura. Ora è tutto andato a puttane” continuò a farneticare contro la mia spalla.

Non dire così, amore. Ricominceremo tutto da capo, lo faremo insieme. Guarirai, ne sono sicura” lo rassicurai, carezzandogli la schiena con fare protettivo.

Non era la prima volta che capitava: Caleb si lasciava spesso andare al pianto dopo aver dato fuoco a qualcosa, nel momento in cui si rendeva conto di esserci ricascato. Per lui non era facile, così gli stavo accanto e lo supportavo sempre.

In quei momenti mi ricordava se stesso da bambino, quel dolce bimbo che conobbi ormai una ventina di anni prima. Era sempre stato un soggetto difficile, o almeno così veniva denominato: non cercava mai la compagnia dei suoi coetanei, perdeva i suoi enormi occhi neri nel vuoto. Ed era affascinato da tutto ciò che riguardava il fuoco, solo la vista delle fiamme riusciva a stampargli in faccia un sorriso felice e a donare un po' di vita a quel suo sguardo vacuo. Le sue mani erano sempre bruciate; e mentre lingue di fuoco lambivano il suo corpo ancora acerbo, Caleb si allontanava sempre più dal mondo.

Io inizialmente ero ancora una bambina normale, lo guardavo da lontano mentre giocavo con le mie amichette. Non ricordo di preciso quando decisi di avvicinarmi a lui, di farmi completamente ammaliare dai suoi modi così dolci e dalla maestria con cui padroneggiava il fuoco. Nel primo periodo lo definivo un piromane, poi decisi di lasciar perdere le definizioni e chiamarlo semplicemente Caleb.

Da allora gli ero sempre stata accanto.

Lo consideravano un criminale, un teppista, un pericolo pubblico, un pazzo, e forse avevano ragione: bruciò case, boschi, capannoni abbandonati. Due persone rimasero intrappolate in un incendio da lui causato e persero la vita, altre due vennero colpite dal proiettile di una sua arma, una delle tante che collezionava.

Io gli consigliavo di andare da uno psicologo o uno psichiatra, magari una terapia avrebbe potuto aiutarlo. Dopo anni di insistenze decise di darmi retta; ma da quando aveva cominciato la cura, nulla era cambiato.


Gefährlich ist wer Schmerzen kennt
vom Feuer das den Geist verbrennt
Bäng bäng
Gefährlich das gebrannte Kind
mit Feuer das vom Leben trennt
Ein heißer Schrei
Bäng bäng
Feuer frei!


Perché mi ami?” domandò Caleb disperato, asciugandosi le lacrime con una mano e tirando su col naso.

Perché sì. Credo in te, so che ce la puoi fare, e io voglio essere parte del tuo successo” replicai con fermezza.

Mi ami così tanto che mi sposeresti?”

Ma certo!”

Caleb si tirò a sedere e cominciò a raccattare i suoi vestiti, poi mi porse i miei mentre ancora stavo supina a terra. Si immobilizzò per un attimo e fece scorrere il suo sguardo sul mio corpo nudo. “Oh, Ethel, mi sento un uomo così fortunato ad averti accanto. Sei tanto forte e paziente!”

Non potei trattenere un sorriso. Mi sollevai e gli gettai le braccia al collo, ripetendogli quando lo amassi.

Ci rivestimmo in fretta e io mi aggrappai al suo braccio. In quel momento mi sentivo la più bella e felice delle principesse, non riuscivo a pensare a niente di negativo.

Hai visto com'è grigio il cielo? Tra poco inizierà a piovere” osservò Caleb, gli occhi rivolti alla coltre di nubi scure che ci sovrastava.

Speriamo sia così. La pioggia laverà via tutto questo e noi potremo ricominciare, come se nulla fosse successo.” Sorrisi entusiasta mentre accennavo al piazzale che ci stavamo lasciando alle spalle, dove solo tre giorni prima avevano regnato le fiamme.

Ricominceremo. E ti sposerò” affermò lui in tono sicuro.

Con la coda dell'occhio perlustrai per l'ennesima volta i suoi lineamenti delicati, il suo volto da eterno bambino, i capelli arruffati e ingrigiti dalla polvere.

Lo amavo. E lo avrei sposato.


Dein Glück
ist nicht mein Glück
ist mein Unglück

Bäng bäng
Feuer frei!






Du Hast - Rammstein

Ho utilizzato questa traduzione




Un abito bianco le fasciava il corpo dalle forme sinuose, evidenziava quei seni che amavo tanto. Dall'altezza della vita si srotolava fino al pavimento una pomposa gonna, talmente candida che pareva brillare di luce propria.

Il viso grazioso era velato da un trucco sobrio, che faceva risaltare i suoi meravigliosi occhi color ghiaccio, mentre i capelli castano scuro erano raccolti in un'intricata crocchia e impreziositi da qualche perla bianca.

Tra le mani stringeva un mazzo di fiori; camminava disinvolta verso l'altare, con un'eleganza e una grazia che non avevo mai visto in nessun'altra ragazza.

Era semplicemente bellissima, ancora non riuscivo a credere che presto sarebbe stata la mia donna per sempre.

Sfilò solo per me, dato che la piccola chiesa in cui ci trovavamo era deserta, a eccezione di noi due e il sacerdote che aveva accettato di sposarci. Non avevamo invitato nessuno al nostro matrimonio perché sapevamo che nessuno avrebbe accettato, ma non ci importava: volevamo compiere quel gesto per noi stessi, non per far piacere a qualcun altro.

Ethel... sei bellissima” mormorai quando la ragazza mi fu accanto.

Lei mi rivolse un'occhiata insolita, indecifrabile. Non trasmetteva lo stesso calore di sempre, pareva quasi apatica.

Non ci feci troppo caso e continuai a contemplarla in attesa che il prete cominciasse a recitare il classico discorso che si tiene a ogni matrimonio. Ethel pareva quasi brillare alla luce del sole che, alto nel cielo, filtrava da un finestrone alla nostra destra. La immaginai completamente ricoperta da fiamme guizzanti e il cuore mi balzò nel petto per l'emozione, ma mi costrinsi a ricacciare indietro quei pensieri: stavo facendo la cura, non potevo.

Sei pronta?” le sussurrai, profondamente commosso.

Lei non rispose, si limitò a rimanere immobile con lo sguardo fisso davanti a sé.

Non l'avevo mai vista così, ma mi dissi che probabilmente l'agitazione le stava giocando dei brutti scherzi.

Andava tutto bene, presto sarebbe stata ufficialmente mia.


Du hast mich
Du hast mich gefragt
Du hast mich gefragt
Du hast mich gefragt und ich hab nichts gesagt


Ascoltai le parole del prete come se tutto ciò fosse lontano da me, come se ancora dovessi assimilare ciò che mi stava succedendo.

Strinsi la mano di Ethel e lei non reagì, non ricambiò il gesto.

La mia Ethel, la mia adorata Ethel, l'unica che mi aveva sempre amato e sostenuto nei momenti più difficili. Solo lei si lasciava catturare dalla mia stessa passione e si lasciava infuocare dal mio corpo ogni volta che ne avevo voglia. Solo lei mi stava accanto quando giocavo col fuoco e accettava di ardere insieme a me, senza lasciarsi sfuggire nemmeno un gemito di dolore. Solo lei mi stava vicino quando mi pentivo, quando trasgredivo alle regole della cura.

Io non sarei mai guarito, lo sapeva.

Lei sarebbe stata sempre con me, lo sapevo.

Ripetemmo insieme le parole che il prete ci suggeriva. Io lo feci con profonda commozione, sentendo dentro di me ogni singola parola e credendoci fino in fondo.

E infine il momento tanto atteso arrivò, con così tanta semplicità che per un attimo mi destabilizzò.

L'ometto che ci stava di fronte pose la fatidica domanda: “Vuoi tu, Caleb Coward, prendere la signorina Ethel Hyde come tua legittima sposa?”.


Willst du bis der Tod euch scheidet
treu ihr sein für alle Tage?


Esitai un secondo, cercando di trattenere una lacrima che già da qualche minuto spingeva per sgorgare all'esterno.

Avrei tanto voluto guardare Ethel negli occhi mentre pronunciavo quella sillaba che avrebbe cambiato per sempre le nostre vite, ma non ne ebbi il coraggio. Mi sentii un po' in colpa, ma non potevo farci niente, ero una persona estremamente sensibile ed emotiva.

Schiusi le labbra, pronto a parlare, ma un movimento brusco alla mia destra mi fece sobbalzare.

Ethel aveva liberato la mano dalla mia stretta e si era scostata di qualche passo da me, rischiando di inciampare sui gradini dell'altare. Lanciò un grido che riecheggiò tra le pareti del grande ambiente: “No!”.


Nein!


Un brivido percorse il mio corpo e pensai seriamente di star per svenire.

Ebbi finalmente il coraggio di sollevare lo sguardo su di lei: gli occhi di Ethel, colmi di un inspiegabile odio, erano puntati su di me. Quei due cerchi di ghiaccio, gelidi, sembravano voler scandagliare la mia anima fino alle viscere.

Che succede?” le chiesi con titubanza, come se potessi sbagliare qualcosa anche nel porre quella domanda.

Lei in tutta risposta scoppiò a ridere fragorosamente. Era una risata vacua, impregnata di follia, che si allontanava del tutto da un suono umano. Quella non era più lei.

Signorina Hyde...” cercò di intervenire il sacerdote, ma io gli intimai di stare al suo posto con un'occhiata truce.

Mossi qualche passo in direzione della ragazza e riuscii ad afferrarla per le spalle. “Si può sapere cosa sta succedendo?” sibilai.

La paura e l'emozione cominciavano a lasciare il posto alla rabbia. Perché non mi rispondeva e non mi dava delle spiegazioni?

Lei si divincolò subito dalla mia stretta senza smettere di ridere, poi scese di fretta i gradini e lanciò il bouquet di fiori ai miei piedi.

Perfino il ticchettio dei suoi tacchi sul pavimento riuscì a irritarmi.

Ethel, non ho voglia di scherzare.”

Lo so bene, ne sono testimone. Mi hai distrutto, sei contento? Mi hai annientato, hai fatto di me il tuo giocattolo, mi hai incluso nella tua pazzia. Tu non mi ami, tu mi possiedi e basta. Mi odi, stronzo, dillo che mi odi!” strillò isterica, risalendo i gradini e prendendo furiosamente a calci ciò che rimaneva del suo mazzo di fiori.

Sentivo di star perdendo il controllo. In momenti come quello volevo il fuoco, volevo che divorasse per sempre quella fottuta chiesa, il sacerdote, me ed Ethel.


Du
Du hast
Du hast mich


Mi voltai e sferrai un calcio nello stomaco al prete con tutta la forza che avevo. Lo vidi sbarrare gli occhi in preda al terrore prima di perdere i sensi e rovinare a terra. Estrassi un accendino dalla tasca e feci scattare la pietrina; feci in modo che la fiamma bruciasse i miei polpastrelli e gridai con rabbia.

Ethel balzò all'indietro e si scaraventò contro una panca di legno, sbattendoci volutamente e ripetutamente la testa. Una serie di sinistri tonfi si diffuse tutt'attorno, ma dalle labbra della ragazza non usciva un gemito di dolore. Anzi, continuava a ridere, la voce sempre più stridula. “Guardami, Caleb, guardami! Riesco a distruggermi anche da sola, non ho bisogno del tuo aiuto! Non ho bisogno delle tue fiamme del cazzo, anzi, sai che ti dico? Quelle non mi fanno più effetto, hanno già arso tutto dentro di me. Contento?”

Per un attimo incrociai i suoi occhi e li trovai scintillanti di qualcosa che non avevo mai visto prima: pazzia. Ethel sembrava non vedere più niente attorno a sé, un demone sconosciuto stava agendo per lei.

E questo mi mandava ancora di più su tutte le furie.

Mi precipitai verso la panca su cui lei si trovava, facendo nuovamente scattare la pietrina. Lei prontamente si alzò e fuggì verso l'uscita della chiesa. Un rivolo di sangue le colava tra i capelli, sul collo, fino a raggiungere il candido vestito.

Ma a me non importava più di lei. Avevo bisogno di sentire il fuoco tutto attorno a me.

Avvicinai la fiammella al legno lucido e scuro della panca, laddove qualche goccia rossa si era andata a posare; quando questa cominciò a carbonizzarsi e qualche lingua gialla si innalzò in aria, sentii subito quella familiare ed elettrizzante sensazione di euforia che tanto mi era mancata. Non potei fare a meno di scoppiare a ridere e quasi abbracciai il legno ardente di fronte a me.

Mi resi appena conto dello stridio di gomme sulla via di ciottoli al di fuori della chiesa, accompagnato dal rombo di un motore.

Quando vidi il fuoco divampare e diffondersi da una panca all'altra, ero talmente felice ed emozionato che scoppiai a piangere. Il fuoco si faceva sempre più alto, quasi toccava il soffitto, e l'aria tutt'intorno si era fatta rovente.

In quel momento decisi che sì, quel giorno avrei consacrato l'unione più importante della mia vita, quella con il mio unico amore: il fuoco.

Così, quando constatai che l'incendio si era fatto abbastanza grande, mi lanciai tra le fiamme con un liberatorio grido di gioia. Proprio in quel momento sentii l'esplosione dei vetri causata dall'accumulo di eccessivo calore.

Non provai alcun dolore, fu come ricevere una scarica elettrica. Mentre quell'intensa luce arancione mi avvolgeva e lambiva ogni centimetro della mia pelle, mi sentii veramente vivo per la prima volta.


Du hast mich



Il cadavere di Ethel venne rinvenuto qualche giorno dopo, tra le lamiere deformate di un'auto carbonizzata. L'utilitaria aveva preso fuoco a seguito di un violento scontro contro un albero.



♫ ♫ ♫



Stavolta non so bene cosa aggiungere. Voglio solo ringraziare la mitica fiore di girasole per aver indetto questo contest e avermi dato la possibilità di sperimentare.

Una piccola nota: non sono sicura di aver attribuito ai testi delle due canzoni il giusto significato, quindi mi perdonino i Rammstein (e i loro fan) se ho commesso qualche piccolo errore di interpretazione... ma appena li ho letti non ho potuto fare a meno di costruirci attorno questa storia.

E ovviamente grazie a voi, lettori, che mi supportate e avete deciso di dare un'occhiata anche al capitolo precedente :3

Grazie ancora a tutti e alla prossima! ♥



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