Le Cose Che Non Ti Ho Detto

di Emadiam
(/viewuser.php?uid=49800)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 2x01. L’uomo che vuole. ***
Capitolo 2: *** 2x02. L’uomo che sorride. ***
Capitolo 3: *** 2x03. L’uomo che contempla. ***
Capitolo 4: *** 2x04. L’uomo e l’illusione. ***
Capitolo 5: *** 2x05. L’uomo amato. ***
Capitolo 6: *** 2x06. L'uomo che urla. ***
Capitolo 7: *** 2x07. L'uomo libero. ***
Capitolo 8: *** 2x08. L'uomo in silenzio. ***



Capitolo 1
*** 2x01. L’uomo che vuole. ***


“Al ristorante, Alfred osservò Drummond sedersi di fronte a lui. Quando si guardarono, gli screzi passati si dileguarono in un istante. Aveva finito di aspettare. Da quella serata tutto sarebbe stato diverso e avrebbero vissuto per sempre innamorati, felici e contenti.” Fine.

T__T
 
Invece no. Purtroppo, la mia pignoleria m’impone di scrivere cose con un senso compiuto che siano credibili all’interno della storia originale, perciò farò la seria. Approfitterò per inserire questa premessa molto lunga in questo capitolo molto corto.
 
Questa storia, scritta nella soggettiva di Alfred, è contemporanea alla fanfiction “Le cose che vorrei dirti”, scritta nella soggettiva di Edward. I numeri dei capitoli si riferiscono alle puntate della serie tv, poiché le scene descritte corrispondono a quanto si verifica in ogni episodio.
 
Scrivendo, sono emerse le numerose, grandi incongruenze presenti nella sceneggiatura della serie. Non mi riferisco alla vera età dei personaggi realmente esistiti, dopotutto certi adattamenti diventano alle volte un’esigenza di narrazione. Mi riferisco invece allo scorrere del tempo nella relazione tra Alfred ed Edward rispetto al tempo che passa nei fatti che accadono durante le puntate. A conti fatti trascorrono circa tre anni fra la 2x01 e la 2x08 (basti pensare alla nascita della prole regale), mentre la relazione tra Alfred ed Edward sembra si svolga nell’arco di tre o quattro mesi. Ora, succedono cose, tra loro, che m’impediscono di convincermi che questi due impieghino tre anni solamente per darsi un bacio, perciò ci ho messo del mio, sempre nel rispetto della credibilità.
 
Mi sono soffermata a lungo a studiare possibili compromessi anche tra la finzione della serie rispetto agli eventi storici documentati. Ho fatto del mio meglio per conciliare tutto quanto, inserendo magari scene da me inventate per dare plausibili giustificazioni a ciò che accade.
Qui riporto alcune note:
  1. Tra la puntata 2x01, ambientata un mese dopo la nascita di Victoria, e la puntata 2x04, quando nasce Albert, trascorre un anno.
  2. Tra l’episodio 2x05 e l’episodio 2x06 trascorre un altro anno, visto che alla fine del 2x05 Victoria è incinta e il 2x06 comincia col battesimo di Alice. Alice nasce circa un anno e mezzo dopo Albert, inoltre, alla fine della puntata 2x07, Alice sembra avere passato l’anno di età.
  3. I dialoghi riportati sono una selezione tra quelli originali e quelli adattati nella versione italiana, nei quali, talvolta, ho corretto qualche imprecisione.
 
Buona lettura!

 
 

2x01. L’uomo che vuole.
 
 
La cerimonia per il battesimo della principessa Victoria. Devo ancora discuterne con Sua Maestà. Sarà occupata? Vi incrocio nello studio della sovrana mentre uscite. «Drummond.» Vi limitate a fissarmi, come se vi tratteneste dal parlare. Che cosa volete dirmi, signor Drummond? Ve ne andate rivolgendomi un lieve cenno del capo. Probabilmente siete solamente infastidito da una risposta della regina? Peccato non essere arrivato prima per poter assistere, il più delle volte trovo l’arguzia di sua maestà istruttiva e piuttosto divertente. Ripenso al vostro modo di guardarmi, come se voleste qualcosa da me. Ora sono incuriosito dal vostro comportamento. Cosa mai vorrete, signor Drummond?

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2x02. L’uomo che sorride. ***


2x02. L’uomo che sorride.
 
 
«Dovremmo fare una soirée. Qui a palazzo, per queste menti straordinarie. Che ne pensate, Sir Robert?»
Il primo ministro vede di buon grado la proposta di Sua Maestà. Prendo in braccio il piccolo Dash e mi avvicino per intervenire alla conversazione. Il principe è talmente stupefatto dei progressi compiuti dal signor Babbage e Lady Lovelace in campo matematico da aver coinvolto nel proprio entusiasmo anche la regina.
«Ma dovremmo aggiungere altri talenti, per bilanciare gli scienziati. Lord Alfred?»
Rifletto meno di un secondo. «Forse… la Taglioni vorrà danzare per noi.» La regina sembra soddisfatta.
«Sì, meraviglioso. E voi sceglierete gli scienziati, signor Drummond.»
«Con piacere, mia signora.»
Dunque, voi ed io siamo pienamente responsabili di quest’evento, Drummond. Dal vostro sorriso, sembrate alquanto compiaciuto della cosa. Penso che dovreste sorridere più spesso. Alzo di nuovo gli occhi e vi sorrido di rimando, lievemente disorientato. Perché mi sorridete a quel modo, signor Drummond?
 
 
***
 
 
E’ una soirée culturale ben riuscita, bisogna prenderne atto. Marie Taglioni sta danzando leggera come la farfalla che rappresenta. Mi lascio trasportare dalle note del pianoforte e mi trovo di nuovo a guardarvi, la vostra nuca e le vostra schiena, in effetti, dato che siete seduto una fila davanti a me. Mi accade spesso, ultimamente, di guardare nella vostra direzione. Più tardi vi presenterò il signor Holdrige, Drummond. Sono certo troverete il suo Otello toccante come l’ho trovato io quando assistetti allo spettacolo teatrale qualche tempo fa.
 
 
***
 
 
L’aria della sera in terrazza è sempre rigenerante. Siamo rientrati solo ora da Brocket Hall. Mi sono meritato un buon sigaro. O forse no, dato che questo fiammifero non vuole sapere di accendersi. Vedo un’ombra e alzo gli occhi. Drummond. Vi avvicinate.
«La regina è tornata? Ho dei documenti da parte del primo ministro.»
Non sareste qui se non sapeste già che la sovrana si trova nel palazzo. «Sì, è tornata.» E mi accorgo che per l’appunto siete qui, anziché nello studio della regina. Avvertirei ancor più soggezione se non trovassi qualcos’altro da dire. «E’ stata una giornata pesante.» Sono costretto a voltarvi le spalle per nascondere un sorriso spontaneo, ma reputo concluso il nostro piacevole incontro fortuito. Devo ricredermi quando vi avvicinate estraendo qualcosa dalla tasca.
«Questo potrebbe aiutare.»
Un rapido gesto e create un’intensa fiamma. Ne rimango molto colpito. «Siete molto bene attrezzato.» Il mio sigaro si accende immediatamente.
«Non vado da nessuna parte senza il mio acciarino.»
Ancora una volta mi sorridete e mi guardate come se voleste dire qualcosa. Malgrado ciò, vi congedate in un inchino. E mi ritrovo a pensare che abbiate veramente un sorriso bellissimo. Noto come mi guardate, Drummond, eppure sono assalito dal dubbio di fraintendervi. Alle volte siete imperscrutabile. Quali sono le vostre intenzioni, Drummond?

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2x03. L’uomo che contempla. ***


2x03. L’uomo che contempla.
 
 
Assistere al battibecco tra la regina e il primo ministro è piuttosto spassoso, nonostante il problema sollevato sulle importazioni di seta scadente a basso costo dal continente sia relativamente grave. Comprendo le ragioni di Sua Maestà che desidera difendere gli interessi dei tessitori inglesi. Sorrido divertito all’ultima risposta della regina a Sir Robert e mi restituite l’occhiata con un fare contenuto.
«Mi chiedevo, mia signora, se posso darvi un consiglio, come principale componente dell’alta società, se voi rendeste noto che indossate solo seta di Spitalfields…»
Trovo talmente considerevole la vostra intuizione da non poter esimermi dal sostenerla. «E’ vero, mia signora. Se doveste presiedere a un evento al quale a tutti gli invitati fosse richiesto di indossarla… be’, questo, penso, porterebbe la questione all’attenzione del pubblico più di qualunque altra cosa.»
La regina è compiaciuta, ma l’obiezione del primo ministro è logica. Le classi meno abbienti mal interpreterebbero questo sfarzoso ballo. Dunque, come altro risolvere la spinosa faccenda?
«Se io facessi parte delle classi inferiori, biasimerei il primo ministro, che promuove le leggi sul grano che rendono il pane troppo caro.»
Mi fa piacere che la risposta di Sua Maestà a Sir Robert stia divertendo persino voi, Drummond.
 
 
***
 
 
La visita guidata alla tomba di Edward III è interessante, ma non quanto voi, Drummond, che mi lusingate, e al contempo intimidite, se vi voltate a guardarmi contenendo a fatica il vostro bel sorriso. Non mi curo del sussulto avuto dal mio cuore mentre attendete che gli altri proseguano per affiancarvi a me e continuare insieme la lezione di storia di Planché.
 
 
***
 
 
Guardo gli invitati e la vostra idea mi sta piacendo ogni momento di più. Certo, questo costume da cavaliere dona molto più alla vostra alta figura che alla mia. Non vi nascondo un largo sorriso. So che non amate particolarmente danzare, tuttavia vi state rivelando un ballerino piuttosto capace.
 
 
***
 
 
Drummond, siete scomparso dalla festa e vi ritrovo ad ammirare uno dei quadri esposti in corridoio. Mi costringo a non soffermarmi ulteriormente sul vostro profilo. La vostra espressione è tanto assorta da ispirarmi i versi di Keats.
«“Oh, che cosa ti tormenta, armato cavaliere, solo e pallido errante?” Perché non siete di là a deliziar le damigelle?»
«Non lo so, Lord Alfred… Voi perché?»
Mi accorgo solo ora di essere caduto nella vostra trappola. Sapete bene, perché. Da quanto siete qui ad aspettare che io vi raggiungessi, Drummond? Piuttosto astuto, ve lo riconosco, ma non vi concederò soddisfazione. Questa volta sono io a lasciarvi senza rispondervi.
 
 
***
 
 
Sono davanti al dipinto che contemplavate la sera del ballo. Mi avete lanciato l’esca, Drummond, e sono contento di essere caduto nella vostra rete. Altrettanto mi auguro di essere riuscito anch’io nel mio intento di tenervi sulle spine. La dama ritratta mi restituisce uno sguardo d’intesa. “Io so.” Riesco perfino ad udire il suo pensiero. “Sarò custode di quanto accaduto fra voi.” Come vorrei che questa mia illusione fosse realtà. La sola cosa che riesco a scorgere ora nei suoi occhi è il riflesso della mia ingenuità e, d’un tratto, il suo viso mi appare canzonatorio. “Siete solo uno sciocco, Alfred.” Ripercorro con la mente il tempo trascorso insieme a voi e sorrido. No, non sono uno sciocco. Il principe Ernest dovrebbe oramai aver preso congedo dalla signorina Coke. Le proporrò di suonare in duetto un allegro, o un vivace, magari. Alzo di nuovo lo sguardo sulla tela. Non vi leggo supponenza, in essa, né comprensione. Non vi leggo più nulla. Semplicemente, è solo un quadro.
 
 
***
 
 
Dovrei ringraziare il Primo Ministro per questa nuova occasione di stare con voi, oggi? Dalle vostre spiegazioni riesco realmente a capire quanto sia stato violento l’incendio avvenuto sei anni fa.
«Prego.»
Richiamato dalla voce del principe che sta abbandonando la visita, vi trattengo dal seguirlo. Nell’uomo che sta porgendo i propri omaggi al principe contemplando il soffitto a cassettoni di Westminster Hall riconosco a fatica Lord Melbourne. Perdonatemi, Drummond, se vi impedisco di avvicinarvi ulteriormente. «Penso che dovremmo…» Il visconte Lamb mi sembra invecchiato troppo velocemente dall’ultima volta che l’ho visto. Immediatamente i miei pensieri si volgono alla regina.
«Vorrei aver costruito qualcosa. Aver lasciato un segno in questo Paese.»
Sembra che il solo parlare costi a Lord Melbourne un enorme sforzo.
«Ma eravate Primo Ministro.»
«Oh, qualsiasi sciocco può fare il primo ministro, ma… lasciarsi dietro una cosa bella… una cosa come questa… qualcosa che le persone ammireranno nei secoli futuri è… qualcosa per cui vale la pena vivere.»
Le parole di Lord Melbourne sembrano toccare anche il principe.
«Ho l’impressione che siate molto malinconico, Lord Melbourne.»
«Malinconico? Sì. Suppongo di sì.»
«Vi prego, perdonate se lo chiedo, ma… siete in salute?»
«No. Non posso dire sì, signore. Non posso dire di sì.»

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 2x04. L’uomo e l’illusione. ***


2x04. L’uomo e l’illusione.
 
 
Terminati i preparativi per il ritorno del principe a Coburgo, posso gustarmi un buon sigaro sul terrazzino. Mi fermo. «Drummond.» Questa volta mi state aspettando apertamente. «Cosa vi porta in quest’angolo del palazzo?» Sono piacevolmente sorpreso che le vostre intenzioni stiano divenendo tanto schiette.
«Che giorno triste per il principe. Chissà se la regina l’accompagnerà al funerale?»
«Mm. Credo di no. La regina è un po’ stanca dopo il parto.»
«Credevo fosse felice di aver assicurato l’erede.»
Sorrido mentre aspiro una boccata di fumo. «Presumo che noi non capiremo mai il gentil sesso, non è vero?» Vi guardo per qualche secondo, pervaso da un’inaspettata tranquillità. Quindi, niente più maschere, Drummond. Appoggio il fianco al parapetto, fumando con calma. Mi accarezza l’idea di poter invitarvi a cena. Prima o poi. Le nubi striano il cielo con allettanti tonalità di grigio. Atmosfera deliziosa per una cavalcata insieme in Hyde Park. Vi lancio un’occhiata fugace, per poi tornare a guardare la verde distesa del parco sottostante. Inspiro. Una dolce brezza si leva a mitigare il calore che sento in viso. Oggi non vi proporrò né l’una né l’altra.
 
 
***
 
 
Sono preoccupato per la regina. Non presta alcun interesse alle vostre parole, né all’importante opera compiuta dall’architetto Brunel che sta per essere inaugurata. Ricambio la perplessità nell’occhiata rivoltami da Peel.
«Vorrete presenziare ad un evento di tale importanza per la nazione, mia signora.»
«Io… Io non posso.»
La regina sembra svuotata di ogni facoltà.
«Forse dovreste dare un’occhiata a questo, mia signora.»
Il vostro modellino sembra riuscire nell’intento, la regina è incuriosita.
«Che fanno tutte quelle persone là sotto?»
«Stanno passeggiando sotto l’acqua, mia signora.»
Avete destato la sua attenzione, caro Drummond.
«Bene.»
Alzo lo sguardo per lodare il vostro risultato.
«Lo terrò. Comunque… non posso intervenire.»
La guardo ritornare mestamente nella sua inettitudine. Non c’è nulla che io possa dire per aiutare voi e il primo ministro a persuaderla.
 
 
***
 
 
Non vi è traccia di provocazione nel silenzio fra di noi, adesso; il suo unico significato rappresenta solamente la serenità che la reciproca compagnia ci offre. Voi ed io, qui seduti, finalmente indisturbati. Contemplo il vostro sguardo perso nel fuoco. «E’ un peccato che nessuno si sia voluto unire a noi.» E’ compiacenza quella sul vostro viso?
«Di cosa parleremo?»
Ponete un’interessante questione. Sollevo il mio calice verso di voi, prima di portarlo alle labbra, udendo dei passi avvicinarsi in sottofondo.
«Oh, scusatemi.»
Mi alzo di riflesso quando la signorina Coke irrompe nel salotto.
«Credo di aver lasciato qui i miei spartiti di Chopin.»
«No, signorina Coke.» In un movimento involontario, indico la sedia che avete lasciato libera. «Prego, perché non…» ‘ve ne andate, subito’ «vi unite a noi?» Mi lascio cadere sulla sedia. Sono seccato. Ad averli tra le mani, li getterei nel fuoco, i suoi spartiti di Chopin.
«Nessuna notizia da Coburgo?»
«No.» Non tento nemmeno di mascherare la frustrazione che provo.
«Mi domando come il principe Ernest affronti la sua nuova vita da duca.»
«Mi auguro meglio del padre.» Sto diventando cinico. E’ il caso che io beva un altro sorso per calmarmi, prima di sconfinare nella maleducazione.
«Suppongo dovrà trovarsi una sposa.» Noto la tristezza sul suo viso e inspiro a fondo, considerando quanto nulla m’importi del principe Ernest. Fisso gli occhi nel vuoto davanti a me, rassegnato. Mi disincanto con un cenno del capo e termino il mio bicchiere in un colpo solo. Oramai è andata persa.
 
 
***
 
 
Arrivo al circolo di umore particolarmente allegro. Rifletto su una mia possibile visita a mio padre in parlamento, più tardi. Con un po’ di fortuna dovrei incontrarvi. Magari v’inviterò a cenare insieme per recuperare l’occasione sfumata dell’altra volta. Siete proprio voi che state uscendo dalla porta d’ingresso? Sono piacevolmente stupito, la sorte mi assiste.
«Ah, Drummond! Non sapevo foste uno dei membri.» Perché avete quest’espressione?
«Non lo sono. Dovevo vedere il marchese di Lothian.»
La vostra voce ha un che di allarmante, Drummond. «E’ un vostro amico?»
«Sta per diventare mio suocero.»
Mi occorre un secondo per rendermi conto di cosa stiate affermando. «Siete fidanzato.» Pronunciarlo a voce alta mi toglie il respiro. Mi sforzo di sembrare lieto per voi, ma inizio a sentire un peso nel petto e il violento bisogno di andarmene. Subito. «Posso farvi le mie… congratulazioni?» Persino queste parole mi sembrano macigni sul ventre. «Con permesso.» Mi allontano rapidamente. Entro in fretta nell’atrio e mi appoggio al primo mobile che incontro, con una mano sullo stomaco. Ho bisogno di sedermi. Ordino un whisky senza neanche togliermi il soprabito.
 
 
***
 
 
Cerco di non guardarvi, con il solo risultato di apparire particolarmente attratto dalle mie scarpe. Quest’inaugurazione è forse l’evento più importante per il progresso di Londra e io non faccio che pensare a voi. Da quanto, Drummond? Da quanto tempo vi siete preso gioco di me? Non m’inchino neppure ad omaggiare la regina quand’ella scende dalla carrozza. Una parte di me tenta comunque di giustificarvi. Ho chiuso la vostra lettera nel cassetto del mio scrittoio senza nemmeno aprire la busta. Non voglio leggere le vostre scuse.
«Il signor Brunel vi aspetta, mia signora.»
Il mio cuore sussulta al suono della vostra voce. Continuo a osservare il terreno mentre voi e Peel scortate la regina all’ingresso della galleria. Quando alzo gli occhi, guardo la regina addentrarsi nel tunnel accanto a Marc Brunel. Vorrei che mi parlaste. Poi rifletto e non sono sicuro di voler stare ad ascoltarvi. Dopotutto, cosa cambierebbe? Sono decisamente irritato dall’incoerenza che sto manifestando in questi giorni.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 2x05. L’uomo amato. ***


2x05. L’uomo amato.
 
 
«Lord Alfred, vi ho fatto chiamare per dirvi che rimanderò la mia uscita nel pomeriggio. Sir Robert Peel ha chiesto di vedermi immediatamente. Lui e il signor Drummond dovrebbero arrivare a minuti.»
Non so che espressione io abbia, ma so di star fissando la regina.
«In tal caso, mia signora, chiedo il permesso di ritirarmi.»
La regina mi osserva per qualche secondo. «Ma certo, Lord Alfred.»
Mi licenzio con un lieve inchino e m’incammino a passo più sostenuto del solito. Avverto la necessità di uscire dal palazzo, quando sento avvicinarsi delle voci lungo uno dei corridoi. Di Sir Peel e vostra. Accelero la mia andatura venendovi incontro.
«Louis Philippe ha ottenuto un incontro, ieri.»
«E’ suo figlio Antoine, duca di Montpensier, che mi preoccupa.»
«Infatti, signore.»
Alzo gli occhi su Peel e lo saluto con un cenno del capo. «Buongiorno, Sir Robert.»
«Lord Alfred.»
Non posso esimermi dal guardarvi, seppur con una breve occhiata. Mi concentro su quanto udito allo scopo di astenermi dal pensare a voi. Mi domando quale urgenza riguardante i reali di Francia possa coinvolgere il governo inglese.
 
 
***
 
 
Appunto sul taccuino le direttive della regina sul prossimo viaggio in Francia.
«Ah, verrà con noi anche il signor Drummond. A quanto pare Robert Peel ritiene che io non sappia gestire un colloquio con il sovrano di un altro stato senza scatenare una guerra.»
«Non credo sia così, mia signora. Drummond è abile nel parlamentare…» Parlo prima ancora di rendermene conto. Sto sorridendo? «Perdonatemi.»
«Non serve, Lord Alfred. Ascolto sempre volentieri il vostro giudizio. E presumo che in fondo conosciate il signor Drummond meglio di me.»
«Sì. Immagino di sì.»
Ma non si può mai dire di conoscere del tutto una persona, vero, Drummond? Ed io, qui, ancora a difendervi. La prospettiva di dover trascorrere le prossime settimane con voi, di vedervi tutti i giorni, è… Devo organizzare i preparativi.
 
 
***
 
 
 “Or io vo' dirti
cosa che in mente collocar ben devi:
breve corso a te pur resta di vita:
già t'incalza la Parca, e tu cadrai
sotto la destra dell'invitto Achille.
Disse e spirò. Disciolta dalle membra
scese l'alma a Pluton la sua piangendo
sorte infelice e la perduta insieme
fortezza e gioventù.

Termino gli ultimi versi del Libro Decimosesto e chiudo il volume. Mi dirigo al parapetto con lo sguardo immerso nell’infinito del mare. Non so dove siate, né m’interesso di scoprirlo. E’ per questo che ho scelto Omero come compagno di viaggio. L’aria salmastra mi solletica le narici, mentre rivivo con la memoria le sensazioni che proverò come ogni volta nei capitoli successivi. Volgo lo sguardo a prua. Siamo arrivati in Francia.
 
 
***
 
 
Ad occhi bassi, vedo la soggezione dell’occhiata che mi rivolge la signorina Coke. Il disagio creato dall’audace saluto alla regina da parte del suo regale cugino francese è quasi palpabile. Quando rialzo lo sguardo, la sovrana sembra più divertita che offesa. Sorrido, guardandola. Ma certo, probabilmente è così che dev’essere.
 
 
***
 
 
Speravo che la signorina Coke sedesse di fianco alla duchessa. Non importa. Mi obbligo a prestare particolare interesse alla campagna francese che sfila oltre il vetro della carrozza. Non vi è necessità di fare conversazione.
«Un bacio su tutt’e due le guance…»
Naturalmente la duchessa di Buccleuch non la pensa a modo mio.
«… come se fosse una semplice lavandaia!»
«Penso che sia l’usanza francese. Non è così, Lord Alfred?»
Dunque è così che volete gestire la cosa? Comportarvi fingendo che tutto sia normale? «Non saprei.» Il mio tono altero è certamente coerente con il modo in cui sostengo il vostro sguardo. Provo un’inaspettata soddisfazione all’espressione di rassegnazione e disappunto che mi rivolgete prima di tornare a guardare dal finestrino. Sì, sono compiaciuto. E divertito.
«E pensare che ho promesso a tua madre di badare a te. Ed eccoci qua, a Sodoma e Gomorra! Questo Paese non conosce pudore.»
Il protratto bofonchiare della duchessa sui viziosi costumi francesi è quanto mai comico e ricambiate di buon grado la mia occhiata sorridente.
 
 
***
 
 
«Lord Alfred, avete notato che tutte le signore hanno il volto dipinto?»
«Sì, signore, penso che abbiate ragione.» A quanto pare, nemmeno il principe approva le usanze del posto.
«E’ sorprendente, non è vero?»
«I francesi la pensano in modo diverso a riguardo, signore.»
Date ad intendere di non disdegnare queste singolarità francesi. Sbaglio, Drummond? Anche in carrozza le avete motivate alla duchessa. D’altronde io le trovo spiritose quanto voi.
«Sì, penso che persino il re possa…» Indico Louis Philippe in modo piuttosto eloquente.
«Son altesse le prince Ernest, Duc de Sax-Cobourg.»
Il re si alza a salutare il principe Ernest. Sono sorpreso quanto il principe di vedere suo fratello maggiore qui e non posso evitare di lanciarvi uno sguardo perplesso.
 
 
***
 
 
La conversazione con i prìncipi di Coburgo s’interrompe al sopraggiungere del re. Dopo aver porto le proprie condoglianze per la morte del duca, accenna a quanto sia importante per lui assicurare al figlio una vita più semplice della propria, quando viene annunciata la regina Victoria. Si è imbellettata il viso come le dame francesi.
«Siete davvero voi, Victoria?»
Non sono sicuro di come rispondere all’occhiata elegante che il principe Ernest ha appena rivolto a voi e me in cerca di condiscendenza.
 «Per un momento ho creduto di essere tornato a Parigi.»
Immagino sia il suo modo di esprimere un grande complimento. In ogni caso, per quanto insolita, è innegabile che la regina sia davvero molto bella.
 
 
***
 
 
La cena a Château d’Eu è stravagante quanto il resto. Tutti quei volti coperti da tovaglioli bianchi mentre si assaporano i cosiddetti ortolans offrono all’atmosfera un aspetto inquietante, ma al momento del dessert la cena riassume la grandiosità della pasticceria francese. Le croquembouches al caramello che prendono posto sulla tavola meritano il plauso di tutti i commensali e mi hanno reso indubbiamente più loquace con voi. «Guardate che splendore.» Gli applausi scemano e i miei occhi tornano alla piramide di bigné. «E’ un peccato che la duchessa si sia ritirata con l’emicrania.»
«Credo l’avrebbe considerata opera del diavolo.»
«Bene,» rispondo alla signorina Coke completamente catturato dai bignè «sono pronto a cedere alla tentazione. E voi, Drummond?» Ho sentito la mancanza di quei secondi di silenzio che trascorrono quando ponderate le parole.
«Rifiutare tale creazione credo che possa causare un incidente diplomatico.»
Mi porto il calice alle labbra, ingoiando in parte la mia ilarità assieme al vino.
 
 
***
 
 
Stiamo opinando la bellissima Fête Champêtre quando noto il principe, solo e spaesato. Perdonate se v’interrompo, Drummond. Non posso ignorare il suo disagio nel trovarsi in mezzo a questa ostentata ospitalità francese. Forse, se indirizzassi il suo interesse sulla natura circostante…
«Ah!» Allargo le braccia con fare volontariamente plateale. «Non è affascinante, signore? So quanto amiate le foreste.»
«Questa non è affatto una foresta, Lord Alfred. E’ più simile a un boudoir.»
«Be’, il vostro francese sta migliorando, signore, devo ammetterlo.»
Il principe mi fissa un istante prima di sorridere divertito.
 
 
***
 
 
«No, no, no!»
Mi volto verso la poderosa voce della duchessa di Buccleuch, in palese difficoltà linguistica con uno dei valletti.
«Una tazza di tè e del pane tostato!»
Mi scuso con il principe Antoine vedendomi costretto ad andare in aiuto del povero ragazzo, che si sforza di persuaderla nel mangiare. «Duchessa.»
«Oh, Lord Alfred, grazie al cielo! Volete dire a quest’uomo che chiedo solo una tazza di tè e del pane tostato, non questi… cibi stranieri?»
Traduco volentieri il desiderio della duchessa.
«Mia cara duchessa, vi assicuro che il pane è fresco!»
La donna sposta gli occhi dal principe Antoine alla piccola baguette davanti a sé.
«Ma ha una forma così particolare!»
Drummond, vi state perdendo una scena molto simpatica. Comincio a pensare che la regina abbia avuto ragione a costringere la duchessa ad accompagnarla qui, rende il viaggio notevolmente più allegro.
 
 
***
 
 
Il principe Albert sembra persuaso dal mio consiglio di concentrarsi su un argomento che lo appassiona come spunto di conversazione con il principe Antoine.
«Mi chiedevo se poteste spiegarmi come viene fatto il governo a ceduo.»
«Magari, se facciamo una passeggiata incontreremo lo charbonnier. Lui vi dirà quanto spesso tagliamo gli alberi.»
Il principe Albert annuisce con la solita serietà, ma so che è rallegrato dalla proposta del principe Antoine.
«Suivez moi.»
Arretro di un passo. «Après vous.» Sono alquanto soddisfatto del risultato dei miei piani diplomatici tra i due principi. Mentre c’incamminiamo dietro al duca di Montpensier, il principe Ernest si unisce al nostro gruppo. E’ difficile tenere il passo impaziente del principe Albert. Mi piacerebbe soffermarmi maggiormente ad ammirare tutto questo verde, insieme a voi. I principi si fermano. Il principe Albert sta guardando rapito davanti a sé. Seguo il suo sguardo mentre egli comincia a spogliarsi davanti allo sconcerto di Montpensier.
«Endlich etwas reales.»
«Che cosa state facendo?»
«Vado a fare una nuotata.»
«Ma prenderete freddo e vi bagnerete. Non è civile.»
«Esattamente.»
Il principe Albert s’incammina in fretta e vi ricambio un’occhiata interrogativa. Poi lo vedo: un laghetto formato dal quattro piccole cascate. Un angolo di paradiso nel bel mezzo del bosco, vero, Drummond?
«Andiamo?»
Come? Sposto gli occhi da voi al laghetto. Al diavolo.
«Certo, perché no?»
Ci spogliamo in fretta e ci tuffiamo. Comprendo il senso di libertà che ha provato il principe. Suo fratello non tarda molto a raggiungerci, ma oramai io vedo solo voi. Edward. Se ora vi baciassi che faccia fareste?
 
 
***
 
 
Alzo gli occhi dal mio diario, distratto dalla voce del principe Ernest in corridoio.
«Nemmeno voi siete riuscito a resistere al richiamo della douce nuit
Il principe ha un tono sfrontatamente allusivo.
«Non riuscivo a prendere sonno, Altezza.»
Fisso la porta, sentendo le mie gote avvampare. Drummond.
«L’aria di Francia è fatta per la notte. Potreste approfittarne anche voi.»
Odo il fischiettare del principe allontanarsi e pochi passi arrestarsi dietro la mia porta. Mi avvicino senza rumore, appoggiando la mano all’uscio e la fronte al dorso della mano. Cerco di rallentare il mio respiro ansioso, come se foste in grado di percepirlo. Non riesco a staccare gli occhi dalla maniglia, che vedo abbassarsi. E poi risollevarsi. Un fruscio sul legno e i passi proseguono. Alzo le dita verso la maniglia. In fondo al cuore avrei voluto foste entrato. Mi domando se richiamarvi indietro. Chiudo a chiave per dissuadere me stesso dal raggiungervi.
 
 
***
 
 
Dopo aver fumato un sigaro insieme, prendo posto su una panchina ed apro il mio volume. Prima di immergermi nella conclusione del Libro Ventesimoprimo, vi osservo in controluce estrarre dalla tasca interna penna e taccuino. La vostra figura, alta e scura, è avvolta dal sole di ponente. I marinai urlano ordini e si affaccendano per la nave, distogliendomi dalla mia eterea visione. Mi concentro dunque su Omero e non mi curo più dello scorrere dei minuti.
Ma memore il Pelìde
dell'amato compagno, in nuovo pianto
scioglieasi, né serrar poteagli il sonno,
di tutte cure domator, le ciglia.

Inspiro lentamente. Ho letto questi capitoli numerose volte nella mia vita, eppure mi scuotono tuttora nel profondo.
 
 
***
 
 
Questo soggiorno è durato troppo poco. Scaccio il desiderio di prendervi la mano focalizzando un punto imprecisato fuori dalla carrozza che ci riporta a Londra. Sono così forti in me le emozioni delle ultime settimane da non poter smettere di sorridere.
«Mi manca la Francia.»
Anche a me.
«A me no.»
La mia mente è talmente immersa negli ultimi ricordi da non prestare più attenzione alle parole della duchessa in risposta alla nipote.
«… io non amo i francesi. In fondo, non sono… rispettabili» la odo concludere.
Rispettabili. «E voi, Drummond? Cosa ne pensate?» Non ho idea di quale possa essere la vostra espressione al momento.
«Sono d’accordo con la duchessa. Il viaggio è stato elegante, ma… non del tutto rispettabile.»
Drummond, se fossimo soli… Mi schiarisco la gola.
 
 
***
 
 
Ascolto con orgoglio il conciliabolo positivo che i sovrani hanno avuto con Louis Philippe. Sono convinto che il viaggio in Francia abbia fatto bene a tutti, soprattutto al principe. E’ doveroso per me levare il calice in suo onore. «A Sua Altezza Reale.»
«A Sua Altezza Reale!»
Bevo e ricambio il vostro sguardo d’intesa.
«Vi siamo molto grati, signore. Il Paese non può permettersi un’altra guerra con la Francia.»
«Pensate che saremmo giunti a tanto? Louis Philippe è molto affabile.»
«Ne sono certo, mia signora, ma il suo Paese non lo è» ribatte Sir Robert. «Hanno fatto una rivoluzione, possono farne un’altra. E, quando un re è sotto pressione, il modo più facile per unire il popolo è trovare un nemico comune.»
Con un verso muto, la duchessa di Buccleuch interrompe la conversazione tra la regina e il primo ministro.
«Volevate dire qualcosa, Duchessa?»
«Stavo pensando quanto sia piacevole mangiare di nuovo cibi inglesi!»
La schiettezza della duchessa diverte anche la regina.
«Siete troppo all’antica. Ho trovato il cibo squisito.»
«Non è cibo onesto.»
Mi volto incuriosito verso la duchessa.
«Tutto è ricoperto da salse! Chissà cosa c’è sotto? Preferisco un bel piatto di montone bollito e rape.»
Dopotutto, è un modo interessante di vedere la cosa.





Nota:
Alfred in nave legge l’Iliade. Ho inserito questo particolare per la frase di Edward nella puntata 2x07 “Ho notato che leggevate l’Iliade, sulla nave.”. L’episodio 2x05 è il solo dove si veda una nave e, considerando nel 2x07 le carrozze e le guardie che le scortano, ho ritenuto che Victoria & Co. abbiano raggiunto la Scozia via terra, anziché imbarcarsi a Londra costeggiando l’Inghilterra.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 2x06. L'uomo che urla. ***


2x06. L’uomo che urla.
 
 
Neanche fosse stata presagita dal sermone del vescovo la volta scorsa, leggo sui giornali della terribile carestia che sta piegando il popolo irlandese. Mi dirigo in terrazza per fumare. Ogni volta che sono qui ed accendo un fiammifero, ricordo quella sera in cui mi avete mostrato l’efficienza del vostro acciarino da tasca. Volgo lo sguardo sulla costruzione di Westminster. Avrete un bel daffare in Parlamento. In effetti da qualche mese vi si vede di rado a palazzo. Mi chiedo quanto spesso riusciate ad incontrare la vostra fidanzata. L’avete mai veduta, in realtà? Certo che l’avrete veduta. Dopo tanto tempo, sarete anche rimasto da solo con lei numerose volte. Che tipo è, Edward? Vi piace? Forse l’amate? Prima che la mia mente si prenda la libertà di creare fastidiose fantasticherie, un valletto mi raggiunge porgendomi la posta. Ditemi che è vostra. Rigiro la busta. Una lettera da Harriet. Mi risponderà in merito al mio messaggio circa il ritorno del principe Ernest a palazzo. Apro il foglio e la mia delusione si trasforma dopo poche righe in sconcerto. Oh, mia cara amica, quanto mi dispiace… E’ bene che io avverta la regina. La incrocio dopo pochi minuti in corridoio. «Vostra Maestà, avete ricevuto la notizia?»
«Che notizia?»
«Sutherland è morto.»
«Come?»
«Un incidente di caccia.»
«Povera Harriet. Le chiederò di venire a palazzo.»
Mi accomiato con un inchino. In una simile circostanza, non saprei proprio dire fino a che punto potrebbe esserle gradita la presenza del Duca di Coburgo qui.
 
 
***
 
 
Voi. Qui. Solo. Mi sento un fanciullo la mattina di Natale. «Drummond! Non sapevo che foste a palazzo.» Possibile che l’intensità con la quale vi ho pensato abbia avuto effetti così utili?
«Avevo dei documenti per la regina da parte del primo ministro.»
Soltanto davanti al vostro sorriso mi accorgo di quanto abbia avuto nostalgia di voi.
«Dovrei andare, c’è un dibattito sulla questione irlandese.»
«Sì, la regina non parla d’altro.» Voglio abbracciarvi.
«Il primo ministro fa quello che può!»
Perché vi risentite?
«Non può modificare la sua politica perché la regina ha letto delle lettere sul Times.»
Ma che andate dicendo, Edward? «Gli irlandesi muoiono di fame.»
«Allora dovrebbe metter mano alla sua borsa! Le donne sono così… dannatamente emotive.»
«Donne come la vostra fidanzata?» Voi ve ne intendete, nevvero? Non criticate la regina in quanto donna paragonandola a lei.
«Insiste col voler fissare una data proprio nel mezzo della sessione.»
Ah sì? Non me ne importa nulla di quello che lei vuole o non vuole.
«Mi dispiace. Non v’interessa certo parlarne.»
Occhi determinati, i vostri. E troppo penetranti per non provare soggezione. Non capite niente, Edward…
«Devo andare al dibattito, ora.»
Sul serio? Non… avete nient’altro da dire?
«Arrivederci, Alfred.»
Vi guardo salire la scala e sparire dietro l’angolo col cuore frusto di amarezza. Rammento a me stesso dove io sia e lascio in fretta il corridoio. Ho voglia di urlare. Come ha fatto a finire così? “Fissare una data”. Queste parole mi rimbombano nel cranio come un martello sull’incudine. Ho bisogno di un sigaro. E di un whisky. Meglio due. “Arrivederci, Alfred”. Mi serve aria. Mi appoggio al parapetto del terrazzino con una mano, portandomi l’altra al braccio opposto. E’ come se sentissi bruciare la parte su cui la vostra mano si è posata salutandomi. Stringo le dita sulla ringhiera. Mi avete toccato. E avete omesso il “Lord”.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 2x07. L'uomo libero. ***


2x07. L’uomo libero.
 
 
L’estate è alle porte. E’ una buona giornata per una passeggiata a cavallo, anche se di scorta alla carrozza della regina. Una brezza fresca muove le bandiere ai lati della via. I passanti salutano la sovrana. Mi piace vedere come tutti si fermino al nostro passaggio.
«Sta’ giù!»
Accorro dal principe Albert, ricurvo con la regina nel centro della carrozza.
«Albert! Ma che fai?»
«C’era un uomo, forse un ragazzo. Puntava una pistola.»
«Andate! Andate!» Com’è possibile che non mi sia accorto di nulla? Mi affretto nella direzione indicata dal principe. «Controllate la folla!»
«State indietro! Muovetevi!»
Inutili gli ordini delle altre guardie, il colpevole si è già dileguato. L’uscita del giorno seguente pianificata dalla regina col primo ministro per stanare l’attentatore è servita allo scopo. Nessun ferito, fortunatamente, William Bean è stato arrestato, ma la regina ora è sotto stretta sorveglianza. Sir Robert ha imposto un plotone di guardie persino nelle sue passeggiate nei giardini del palazzo. Mi domando quanto resisterà sua maestà prima di soffocare.
 
 
***
 
 
Entro nella sala al fianco di Harriet, preceduto dalla duchessa di Buccleuch e dalla signorina Coke.
«Signore. Lord Alfred.»
Drummond. Ricambio il saluto del primo ministro con un cenno, mentre egli si rivolge ad Harriet.
«Duchessa, le mie condoglianze per la vostra perdita.»
«Vi ringrazio, Sir Peel.»
Il dolore nella voce di Harriet è ancora forte, così la invito ad accomodarsi con un gesto della mano. Saluto gli altri presenti e mi siedo, facendo il possibile per evitare di guardarvi. E’ naturale che la regina abbia chiamato anche voi e il primo ministro per il suo annuncio. Dopo pochi minuti, a me parsi un’eternità, la regina fa il suo ingresso assieme al principe e la sala si alza in piedi. Non guardatemi, Edward.
«Sir Robert.»
«Mia signora.»
«Visto che non sopporto di vivere in una fortezza militare qui a Londra, ho deciso di andare altrove.»
Come sospettavo.
«Andremo nel continente, mia signora?»
Lancio un’occhiata di disapprovazione alla duchessa di Buccleuch, mentre la regina congela il proprio sorriso in modo molto diplomatico.
«No.»
«Non… in Irlanda?»
Abbasso lo sguardo per i continui commenti fuori luogo dell’anziana guardarobiera.
«No, duchessa. Andremo in un posto che persino voi approvereste. In Scozia.»
«Tornerete in tempo per l’apertura del Parlamento, mia signora.»
«Conosco i miei doveri, Primo Ministro.»
«Non vedo l’ora di sentire le famose cornamuse.»
L’entusiasmo di Lehzen viene smorzato immediatamente dal principe Albert.
«Ma non vorrete certo lasciare il vostro incarico, baronessa.»
«Magari la prossima volta, Lehzen, quando i bambini saranno più grandi.»
«Come volete, Maestà.»
Povera baronessa. Prima la Francia e ora la Scozia. Deve sentirsi messa da parte da quando il principe ha preso posto nel cuore della giovane sovrana che lei stessa ha cresciuto.
«Verrete con noi questa volta, Sir Robert?»
«Temo di no, Maestà. I miei impegni politici, al momento, non mi consentono di allontanarmi da Londra.»
«Capisco. In tal caso, signor Drummond, anche in quest’occasione siete più che benvenuto, se desiderate unirvi a noi.»
Con le mani dietro la schiena e lo sguardo al pavimento, serro le dita attorno all’altro polso senza neppure accorgermene.
«Sarà un onore, Maestà.»
«Lord Alfred, se avete la compiacenza di seguirmi nello studio, definiremo i dettagli.»
«Certamente, Maestà.» M’incammino dietro la regina fissando gli occhi sulla sua nuca.
«Duchessa, in quest’occasione voi e vostra nipote Wilhelmina mi accompagnerete. Ovviamente, Lord Alfred, voi siete il primo della lista.»
M’inchino con riconoscenza.
«Ci sarà anche il principe Ernest. Oh, Harriet, spero che vogliate venire con noi. Sono certa che questo viaggio sarà una distrazione al vostro lutto.»
Leggo la titubanza negli occhi della duchessa, che si lascia persuadere dall’espressione accorata della regina. Si sforza di sorridere.
«Lo sarà senz’altro, Maestà.»
 
 
***
 
 
Come mai ogni viaggio comincia con voi ed io in carrozza che guardiamo la campagna senza rivolgerci la parola? La mia mente immagina i prossimi giorni insieme a voi e mi prefiggo di divenire più cordiale di ora. Abbiamo varcato il confine scozzese da parecchio, suppongo che Blair Atholl non sia molto lontano.
«Mi congratulo per il vostro fidanzamento, signor Drummond.»
Il mio spirito socievole viene cancellato con una parola dalla signorina Coke e i miei occhi saettano su di voi.
«Florence e io siamo vecchie amiche. E’ una fanciulla adorabile e così raffinata.»
Un vero tesoro. Torno a fissare il paesaggio per trattenere inutilmente il sarcasmo sul mio viso.
«Ha molte virtù.»
Già. Proprio da sposare. Non fate il modesto, Drummond.
«Le mie felicitazioni. Spero che sia bella quanto piena di talento.»
Affermazione interessante, quella del principe Ernest. Sono curioso di ascoltare la vostra opinione.
«Penso sia considerata di… bell’aspetto.»
Wow.
«Oh, voi inglesi. Credo che se vedeste Cleopatra fare il bagno nel latte d’asina, arrossendo direste: oh, penso sia considerata di bell’aspetto.»
Vi lancio un’ultima occhiata sentendovi ridere alla battuta del principe, cosciente di aver appena rispedito i miei propositi di cortesia in Inghilterra. Non riesco a non biasimarvi. Finalmente arrivati. Il castello di Blair è più grande di quanto mi aspettassi.
 
 
***
 
 
Mentre il principe Albert racconta al duca di Atholl le piacevoli impressioni sulla natura del Paese, io decido di focalizzare la mia attenzione interamente sulla cena, anziché su voi. Il Collops al whisky è delizioso, per tanto la cosa mi riesce senza difficoltà, finché quasi rovesciate il vostro bicchiere. Harriet si preoccupa con la sua innata delicatezza, io scelgo di disinteressarmi della vostra goffaggine e voi mi rivolgete uno dei vostri incantevoli sorrisi. Osservo distrattamente gli ingredienti dolci che vengono riposti sulla tavola dai camerieri. Sapete essere terribilmente sleale, Edward. Lord Murray spiega come, secondo i propri gusti, comporre il Cranachan. I sovrani sembrano comprensibilmente affascinati dall’usanza. Personalmente, penso che rispecchi pienamente lo spirito della Scozia. Persino a Harriet è tornato il sorriso. A cena ultimata, scopro che sigari e brandy inglese sono stati rimpiazzati dal medico poeta William Beattie e dal suo poema, appositamente composto per festeggiare il solstizio d’estate. Mi accomodo accanto al principe Ernest con ben disposta curiosità, ma è solo per la grottesca interpretazione del signor Beattie che resisto all’immediato torpore calato fra i presenti. Oramai anch’io comincio a chiedermi con una certa apprensione quanto sia lungo questo poema. Mi concedo un sorso di whisky dalla mia riserva tascabile. Nonostante i miei tentativi di trovare un lato apprezzabile all’interpretazione di questo monologo, non posso fare a meno di desiderare che termini seduta stante. Mentre il duca di Coburgo mi batte la mano sulla spalla prima di alzarsi e lasciare la sala, l’opera sembra aver raggiunto l’apice della drammaticità.
«…segnali oscuri
nel mare e nell’oceano
annunziarono imminenti e terribili
pericoli alla ciurma!»
Scoppio a ridere, abbandonando ogni buona creanza. Ne prendo coscienza perché vi siete voltato a guardarmi. Con fasullo contegno, abbasso gli occhi sulla mia fiaschetta per neanche un secondo, prima di ricambiare la vostra espressione divertita.
«Nubi in movimento
si radunarono e si condensarono
e nell’infida oscurità crebbero.»
Il principe Albert comincia ad applaudire, approfittando della pausa interpretativa del medico, seguito dalla regina e poi da tutti gli spettatori. Ripongo il whisky nella tasca interna e mi alzo ad applaudire, sinceramente. L’impegno e la passione del povero Beattie meritano certamente di più della mia risata incontrollata.
 
 
***
 
 
«Il fiume Garry, signore. La miglior pesca con la mosca del Paese.»
Mentre il duca di Atholl porge la canna da pesca al principe, io non riesco a smettere di guardarmi intorno. Il fiume, gli alberi, voi. «Oh, signorina Coke.» Lei mi si avvicina e voi vi allontanate, trovando poco lontano un angolo per pescare.
«Voi non pescate?»
«Ammetto che quest’attività non rientri fra le mie passioni, signorina Coke. Per il momento, lascerò agli altri gentiluomini il piacere di dedicarvisi.»
«Vogliamo sederci, nell’attesa?»
Il principe sta insegnando alla regina come lanciare la lenza, quando aiuto la signorina Coke a prendere posto sulla grossa roccia lì accanto. In un baleno, la mia attenzione viene ghermita dalla visione che mi si para davanti.
«Oh, Lord Alfred, non è uno scenario sublime?»
Scuoto il capo, perché non potrei essere più d’accordo con lei. «Paradisiaco.» Sono sedotto da ogni vostro movimento mentre vi cimentate nella pesca. Potrei stare a guardarvi per ore.
 
 
***
 
 
Il momento di far ritorno arriva fin troppo presto. Siedo in carrozza con Lord Murray, il quale non sembra tranquillo all’idea che i sovrani ci seguano a cavallo. Non passa molto tempo prima che la nebbia offuschi il paesaggio all’esterno.
«Fermate la carrozza! Fermi!»
Scendo dalla carrozza osservando preoccupato il duca conferire con una delle guardie.
«La regina e il principe si sono smarriti.»
«Non saranno molto distanti.» Dopotutto, erano dietro di noi fino a poco fa. Scruto il sentiero fra i boschi.
«Come può essere accaduto? Ho preso ogni precauzione. Sta sopraggiungendo la nebbia, non dovevo perdere di vista la regina.»
«Credo, Duca, che non dovremmo aspettare a cercarli. Lord Alfred.»
Vi seguo senza indugio, udendo il duca impartire ordini per formare le squadre di ricerca. Mi auguro di cuore di ritrovarli quanto prima e incolumi. I miei occhi cercano tra gli alberi un movimento che possa ricondurmi ai sovrani. Cosa guardate, Drummond? Vi raggiungo sul ciglio di un dirupo, senza notare nulla di anomalo, per fortuna.
«Se cadessimo, ci troverebbero dopo mesi.»
Non so bene come interpretare la vostra osservazione. «Sembrate molto calmo, alla prospettiva.» Avevo intenzione di buttarla sul ridere, ma il vostro viso si rabbuia.
«Mi preoccupa di più tornare a Londra.»
Non posso. «Davvero?» Non posso sopprimere il rimprovero nella mia voce quando mi rammentate continuamente di lei, quando vi mostrate così vittima degli eventi fingendo che per voi siano infausti. Vi guardo abbassare gli occhi e risalire di un passo sul sentiero.
«Ho notato che leggevate l’Iliade, sulla nave.»
D’accordo, Edward, cambiamo discorso. «Non in lingua originale, purtroppo.» Guardo il bosco, senza vederlo. «Trovo la morte di Patroclo molto toccante.»
«Sì. Fin dove si spinge Achille per onorare il suo amico.»
Fisso il vuoto. Comincio a realizzare ciò che intendete dirmi. «Credete fossero amici?»
«Non saprei come altro chiamarli.»
Ma certo. Mi sforzo di sorridervi. Vi batto la mano sul braccio, proseguendo la perlustrazione. Sta bene, Edward. Così sia. Amici. Forse per la mia reazione bendisposta, forse per la situazione incresciosa in cui ci stiamo trovando, forse per l’aria scozzese, siete diventato improvvisamente loquace. Dal tono delle vostre parole, è evidente che avreste voluto confidarvi con me da lungo tempo. Vi osservo e rifletto, mentre camminate davanti a me. Un matrimonio combinato, lo sapevo già.
«Anche se detestassi Florence, la mia famiglia non lo considererebbe un ostacolo.»
«Ed è così? Non vi piace?»
«No. No, anzi, mi sta molto a cuore, ma… non credo che potrò mai…»
«Amarla?» Vi fermate seduta stante a guardarmi. Vi rivolgo un sorriso rassicurante. Siamo amici, Edward. Siate libero di rispondere. Voi annuite, io sospiro. Rassegnazione o sollievo? «Sarebbe meglio… tornare indietro.»
 
 
***
 
 
Il fratello minore è sperduto nella campagna scozzese; come riesce il principe Ernest a rimanere così calmo? Sono preoccupato, dovrei essere con i sovrani. Sta per calare la notte, mi auguro di cuore che la regina e il principe abbiano trovato un riparo.
«Che incompetenza! Ma come si può smarrire una regina? Con me non sarebbe capitato.»
Naturalmente, duchessa. Con voi non sarebbe capitato.
«Dovevo impedire alla regina e al principe di lasciarci.»
«Dovevate sì!»
Ora basta. «Non è colpa vostra, Drummond. Nessuno, nemmeno voi, Duchessa, può fermare la regina quando decide una cosa.»
«Le avrei chiesto di essere ragionevole.»
Esasperante, testarda donna. Come può non capire quanto già vi sentiate anche troppo responsabile?
«Dio solo sa dove siano ora! Magari in fondo a qualche fosso, o chissà dove, con il collo spezzato!»
Guardo Harriet correre fuori dal salotto, certamente col ricordo del marito infelicemente impresso nella mente. Vecchia gazza di Bucchleuch, il suo gracchiare infausto non potrebbe essere più egoista.
 
 
***
 
 
Si è fatto buio e nessuno è rientrato. Il duca passeggia nervosamente nell’atrio davanti al camino.
«Non c’è traccia di loro.»
Scambio con voi uno sguardo angustiato.
«Duca.»
Sono sorpreso dal vostro tono austero.
«Credo sia mio dovere informare il primo ministro.»
Un momento. Faccio un passo avanti, invitando alla calma. «Forse dovremmo… attendere l’alba.» Non tutto è perduto, ancora.
 
 
***
 
 
Avete ricominciato a camminare avanti e indietro, rifiutando ripetutamente il mio invito a sedervi al mio posto davanti al camino per riposare almeno qualche minuto. Alzo gli occhi su di voi quando vi voltate a guardarmi. Lascio ricadere il braccio teso sul bracciolo e annuisco. Fuori sta albeggiando, ormai non c’è molto che si possa fare. Mi raddrizzo sulla poltrona mentre svegliate il duca.
«Cos..? Li avete…?»
L’espressione di Lord Murray alla vostra muta risposta ricorda quella di un uomo innocente appena condannato all’impiccagione.
 
 
***
 
 
Noto dal vetro una guardia galoppare verso il castello e raggiungere il duca correndo.
«Signore! Li abbiamo trovati. Nella capanna di un fattore. Sono entrambi illesi e in salute, signore!»
«Oh, grazie a Dio.»
Qualunque altra cosa stia dicendo il duca, le mie orecchie sono già lontane. Salgo le scale, trovandovi meditabondo in salotto. Ricambio il vostro sguardo interrogativo con un gran sorriso. «Sono salvi!» Vi lanciate in un abbraccio del tutto inaspettato e la tensione accumulata svanisce appena le mie braccia cingono la vostra schiena. Sono felice per i sovrani, ma sono felice anche per voi. Sciogliete la stretta, mi guardate e il vostro volto irrigidisce, in evidente imbarazzo.
«Bene.»
Ricorrendo a una compostezza palesemente forzata, mi battete la mano sulla spalla ed io posso solo imitarvi, con gli occhi fissi nei vostri. Credo di aver smesso di respirare… e credo che il mio viso stia colorendo quanto il vostro.
 
 
***
 
 
Il corpo di guardia degli Atholl Highlanders è già schierato ai lati dell’ingresso. I sovrani arrivano con la carrozza del duca. Nell’attenderli, mi sono volutamente fermato sul gradino dietro di voi. «Per una volta sono più alto di voi, Drummond.» Mi guardate col vostro bel sorriso. Mentre la regina e il duca rientrano al castello, alle mie spalle si avvia un applauso che si estende a tutti i presenti. Tutto è bene quel che finisce bene.
 
 
***
 
 
«Brodie, vi è piaciuta la Scozia?»
«Sì, signore. Ho trovato gli scozzesi piuttosto allegri.»
Aggrotto la fronte, annodandomi il fazzoletto. «Non avete conosciuto il famoso medico poeta William Beattie.»
«Non ho avuto il piacere, signore.»
«Vi auguro di non averlo mai, Brodie. Io temo dovremo subire i suoi monologhi anche quest’ultima sera.» Guardo nello specchio il giovane valletto porgermi la giacca.
«Forse no, signore. Ecco, signore, se non lo sapete, le guardie e la servitù organizzeranno una festa con musica e balli.»
Questo è molto interessante.
«E whisky e birra.»
Scoppio a ridere. «D’accordo, Brodie, mi avevate già convinto alla parola festa. Dove si terrà?» Il valletto si affaccia alla finestra puntando il dito.
«Proprio là, signore.»
Vedo un gruppo di persone allestire tavoli con bicchieri e caraffe in giardino. Dev’essere bello, con tanti alberi intorno. Mi ripropongo di parlarvene immediatamente, ma a quanto pare non ce n’è bisogno. Vi vedo parlare con una delle guardie con lo sguardo rivolto ai preparativi. Dal vostro sorriso affermerei che abbiamo la medesima intenzione.
 
 
***
 
 
Appena odo la cornamusa mi sovviene il dottor Beattie. Improvvisamente sono avvolto da una potente avversione a questa sala, così resto immobile a guardare la regina e il suo seguito andare incontro al loro destino, con la ferma intenzione di risparmiarlo anche a voi. «Sapete, Drummond, credo che ci divertiremmo di più con la servitù.» Vi osservo con piacere prendere la decisione più veloce della storia. «Dopo di voi.» Batto la mano sulle vostre spalle in uno slancio di confidenza, assolutamente premeditato. Il suono dei violini invade i corridoi nell’ala della servitù e già mi viene voglia di danzare. Scoppio a ridere quando, appena avvicinati, venite rapito da una fanciulla per il ballo. Accetto il bicchiere offertomi da Brodie.
«Non vi pentirete di essere venuto, signore.»
«Oh, non ho alcun dubbio in proposito, amico mio.» Ammicco al valletto per tornare con gli occhi su di voi.
«Venite a ballare!»
Mi lascio trascinare da una giovane in mezzo al cerchio. La danza cambia continuamente, ma la musica non s’interrompe mai. Mi rendo presto conto che non è necessario conoscere i passi, è sufficiente seguire il ritmo. E’ una festa meravigliosa. Vi guardo ballare ancora mentre mi concedo un minimo di ristoro. Vi avvicinate e vi porgo da bere con un brindisi. Bevo d’un fiato desiderando mentalmente di ballare solamente con voi. Vengo esaudito appena ripongo il bicchiere, nel momento in cui mi prendete la mano per riprendere insieme a danzare.
 
 
***
 
 
Camminiamo per i giardini senza dire una parola. Basta ciò che sto pensando a rendermi la gola arida. Mi accingo a sorseggiare la mia scorta tascabile, però mi rubate la fiaschetta di mano per bere. Stendo il braccio per reclamare il mio liquore. «Vorrei un goccio di quel whisky.» Vi voltate brevemente per restituirmelo e vi fermate sulla sponda a rimirare il laghetto. Darei qualsiasi cosa per sapere cosa vi sta passando per la mente. Vi raggiungo senza sapere bene cosa fare. Vorrei esternarvi ciò che provo, Edward, ma ho paura di dirlo ad alta voce… Sento i vostri occhi su di me. Mi prendo un secondo o due prima di parlare, piano, senza sorridere. «Le sere di mezza estate sono incantevoli, non credete?» Vi osservo, in silenzio, smarrito nell’intensità di questi occhi castani che mi scrutano. Voglio baciare quelle labbra. Devo. Espiro. Voglio le vostre labbra, voglio voi, vo… Mi afferrate la spalla e mi bloccate il respiro premendo la vostra bocca sulla mia. Cos’era? Vi guardo, in attesa d… Stavolta ricambio il bacio, rendendolo un po’ più duraturo. Ho il whisky ancora in mano, ma allungo l’altra sulla vostra nuca, mentre rafforzate la presa sulla mia spalla, baciandoci un’altra volta ancora. Stringendoci. Volendoci. Curvo la schiena sotto la pressione del vostro bacio. Mi volete come vi voglio io. Allontano penosamente le mie labbra, accostando la mia fronte alla vostra. Non oso aprire gli occhi, mentre penso mille cose sbagliate, con il timore di svegliarmi da un mero sogno. No… E’ accaduto davvero. Questo viso accoccolato al mio è reale. E’ successo, finalmente. Ondeggio la testa contro la vostra tempia, rinsaldando la mano dietro al vostro collo. Alzo gli occhi per un istante, accolto dal vostro meraviglioso sincero sorriso. Devo tenervi stretto a me il più che mi sia possibile. Non posso staccarmi, ora. Non voglio. Ho la sensazione che, facendolo, andrebbe tutto in frantumi. Voglio baciarvi di nuovo. Edward…
 
 
***
 
 
Il castello di Blair si prepara per la notte. Percorro il lungo corridoio in silenzio, camminando accanto a voi. Non c’è nulla che io o voi potremmo dire. Vedo con la mente le mie prossime ore, so perfettamente cosa farò. Mi girerò nel letto con gli occhi spalancati senza la minima possibilità di lasciarmi placidamente cogliere dal sonno. Vi lancio un’occhiata furtiva, sentendomi arrossire al ricordo di quanto successo questa sera. Vorrei prendervi la mano. Il duca di Coburgo ci precede, diretto alla propria camera. Quando torno ad essere finalmente solo con voi, siete già arrivato davanti alla vostra porta. «Buona notte.» Prima di poter compiere un secondo passo verso la mia camera, sento tirarmi per il polso e, in un attimo, mi ritrovo nella vostra stanza, di fronte a voi. M’invitate con un cenno a non far rumore e odo dei passi in corridoio fermarsi dietro un’altra porta. Tengo gli occhi fissi nei vostri con animo straordinariamente calmo, mentre vi portate la mia mano sul cuore, guardandola con un coraggioso sorriso.
«Perdonatemi. Perdonatemi, ma ho paura di lasciarvi, questa sera.»
Vi guardo, respirando lentamente. Nei miei gesti non vi è premeditazione, nonostante sia pienamente conscio delle mie azioni. Chiudo la porta a chiave e passo le dita sotto la vostra marsina, che scivola verso il basso, lungo le vostre braccia. Torno a guardarvi negli occhi quando allungate la vostra mano sul mio collo, attirandomi a voi. E’ un bacio davvero lungo. Mi sospingete all’indietro in un continuo sfregare di stoffe, finché non resta più nulla a produrre fruscii, a parte le vostre lenzuola sotto di me.
 
 
***
 
 
Avete ravvivato il fuoco nel camino, ma ormai la stanza è immersa per la maggior parte nel buio. Le candele vanno via via esaurendosi, una dopo l’altra. Soffermate le dita sulla mia spalla e sorrido. L’avete notata. «Successe al primo anno di Accademia. Fu la mia prima missione, mi salvai per miracolo, sapete…» M’interrompo al vostro sguardo atterrito.
«Parlate sul serio?»
Rido, tranquillizzandovi. «No, vi sto prendendo in giro. Quando avevo nove anni mio fratello maggiore mi sfiorò col suo spadino durante una severa lezione di scherma.» Vi chinate a baciare la mia cicatrice, provocandomi un sottile tremito.
«Non faccio che pensare agli attentati alla regina. La vostra vita è a repentaglio ogni giorno.»
«La vostra no?» Non considerate bene le cose, Edward. Mi giro sulla schiena col braccio piegato dietro la nuca. «La carriera che vi siete scelto non vi esenta dai medesimi rischi.» Vi tirate indietro osservandomi con attenzione.
«E’ differente.»
«E in che modo? Entrambi difendiamo un ideale e combattiamo per ciò che riteniamo giusto.» Ho assunto un tono più severo del voluto. Abbassate lo sguardo e la voce.
«Non è la stessa cosa…»
Che nostalgia vi sovviene, all’improvviso? Carezzo il vostro bel viso con tutta la delicatezza di cui sono capace. Dovete farvene una ragione. «E’ il mio lavoro.» Premete la mia mano contro la vostra guancia, eppure non mi guardate ancora.
«Lo so. Abbiate cura di voi, Alfred.»
Mi sento smarrito nelle vostre affettuose parole. E’ amore, Edward? Risollevate lo sguardo e scruto a lungo i vostri onesti, brillanti occhi scuri. «Credo che impazzirei se vi accadesse qualcosa.» Il vostro sorriso s’illumina di colpo.
«Mettereste a ferro e fuoco la città come Achille nel vostro libro preferito?»
Sollevo un sopracciglio, teneramente divertito. «Non è il mio libro preferito. Comunque, potrei commettere qualche avventatezza.» Girate il viso per baciarmi la mano che stringete ancora alla vostra guancia, parlando in un bisbiglio.
«Non fate nulla.»
Resto in silenzio, accorgendomi della confessione che sembra dibattersi per uscire dalle vostre labbra.
«Può apparirvi tremendamente sciocco, ma, alle volte, immaginerei di poter prendere il vostro posto pur di dispensarvi dal pericolo.»
Inarco il collo scoppiando a ridere. Quale assurdità! Sdrammatizzo assumendo un tono fiero e plateale. «“Che dicesti, o Patròclo?
Il cor mi rode acerba doglia
in pensando che rapirmi il mio
un mio pari s'ardisce, e del concesso
premio spogliarmi prepotente.”» Levate scherzosamente gli occhi al soffitto.
«Ah, i militari e il loro onore!»
La vostra affermazione mi sorprende. «Che cosa sarebbe un uomo se il suo onore e la sua rispettabilità venissero meno?»
Scorgo una luce di malizia nel vostro sguardo, mentre mi cingete il fianco. «Non credo che ciò che stiamo facendo qui sarebbe considerato poi così rispettabile.»
Avvicino le mie labbra alle vostre, scivolando docilmente nel tepore del vostro abbraccio. «Honi soit qui mal y pense.»
 
 
***
 
 
E’ mattino, dunque. Saluto il principe Ernest con un cenno, vedendovi entrare nel salone. Ridimensiono il mio entusiasmo per la presenza del principe. Mi avvicino a grandi passi, aprendo le braccia. E’… inevitabile. «Si torna a Londra.»
«Si torna a Londra.»
Percepisco le mie stesse rassegnazione e amarezza nella vostra voce. Ho la bocca dischiusa, ma non trovo alcun che da aggiungere. Non riesco a staccare gli occhi da voi neppure all’ingresso di Harriett e della signorina Coke.
«A qualcuno di voi andrebbe d’imparare a suonare la cornamusa con me? Vorrei far tesoro di questi ultimi momenti in Scozia.»
«Anch’io, signorina Coke.»
Vi guardo qualche istante, prima di cederle il passo. «Dopo di voi.»
Non riesco a rifiutarvi un largo sorriso per questa inattesa occasione di stare ancora un poco insieme a voi.
 
 
 
 
 
Note:

1. Murray è la famiglia insignita del titolo di Duca di Atholl, in Scozia.
2. Collops e Cranachan sono due piatti tipici scozzesi: il primo a base di carne, il secondo è un dolce a base di frutta.
3. Un peana è un poema epico dedicato ad Apollo.
4. Alfred definisce la Duchessa di Bucchleuch una gazza. Le gazze sono, nella superstizione popolare inglese, simboli di malaugurio, un po' come da noi alcuni ritengono lo siano corvi, cornacchie e/o gufi (povere stupende bestiole).
5. La cicatrice di Alfred è una mia invenzione a scopo narrativo.
6. “Honi soit qui mal y pense” è il motto del corpo militare del Royal Regiment Horse Guards, di cui Alfred fa parte. Di derivazione anglo-normanna, significa “Vergogna (disonore) su colui che ne pensa male”.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 2x08. L'uomo in silenzio. ***


2x08. L’uomo in silenzio.
 
 
So che tarderete, eppure la mia impazienza è tale da arrivare in anticipo. Aspetto. Ora come ora, potrei aspettarvi tutta la vita. Accarezzo distrattamente i fiori a centro tavola. Torno con la mente al pensiero della signorina Coke sulla parabola di Davide e Jonathan. “Non sapevo che la Bibbia potesse essere tanto dolce.” Non posso che darle ragione. Mi domando se anche il mio amore per voi sia superiore a quello per una donna. Non vi ho mai riflettuto in questi termini. Credo che sia un paragone insensato, dopotutto. In fondo, ogni amore è unico, altrimenti non dovrebbe definirsi tale. Un giorno potrei chiedervi la vostra opinione in merito. La vostra mano sulla schiena mi distrae dalla naturalezza con la quale ho appena pensato a voi in termini di amore.
«Domando scusa.»
Vi guardo prendere posto e affrettarvi a sistemare il tovagliolo sulle gambe. Sorrido e vi imito, con molta più calma.
«Il dibattito sulle leggi del grano andrà avanti per giorni. Le belle addormentate sui nostri banchi si sono svegliate. E non sono contente.»
«So che mio padre e i suoi amici pensano che l’abrogazione sarà la fine della nostra civiltà.»
«Con tutto il rispetto, i giorni in cui uomini come vostro padre governano il Paese stanno per finire.»
Vi osservo con attenzione, pensando che almeno uno di noi due debba ricorrere a un minimo di diplomazia. Siete così appassionato nelle vostre idee politiche. «Be’… povero papà.» Mi compiaccio di avervi riportato il sorriso.
«Ma non parliamo di politica.»
«No.» Alzo la mano per fermare il cameriere. «Ostriche e Champagne!» Il primo appuntamento è una cosa speciale.
«C’è qualcosa che devo dirvi.»
Lo immaginavo. Manterrò un tono amichevole e pacato per celarvi quanto il mio cuore si stia facendo piccolo. «Avete fissato la data, vero? Del matrimonio.» State riflettendo sulla risposta o non trovate la forza di ammetterlo? Va tutto bene, non fatevi inutili scrupoli.
«Ho deciso di rompere il fidanzamento.»
Oh, non dite sciocchezze. «Perché? Lei sembra una moglie ammirevole per un uomo con delle prospettive.» Leggo allarmismo nel vostro sguardo. Eppure è così che deve andare.
«Penso che voi, più di tutti, dobbiate capire perché non sia possibile.»
«Non sia possibile. Come siete drammatico, Drummond.» Mi rendo conto da solo di aver esagerato. Sto riversando su di voi la mia pena e ottengo solamente di spaventarvi.
«Dopo la Scozia? Mi sembra quanto meno corretto.»
E’ arrivato lo Champagne. Vi guardo con espressione serena, vedendo la vostra apprensione tramutare in collera. Osservo il mio calice riempirsi cercando le parole migliori per farvi comprendere la situazione. Il cameriere depone la bottiglia nel ghiaccio e si allontana. Mi porto il vino alle labbra, parlando con inusuale cautela. «Un politico di successo deve avere una moglie. E voi, a breve, sarete un politico di successo, Drummond, lo so. Farete la differenza nel mondo, ma non potete gettar via tutto per una… indiscrezione.»
«Una indiscrezione
Abbasso lo sguardo sul bicchiere. Non era mia intenzione ferirvi, ma è così che la vedrebbe il mondo. Fisso rigidamente gli occhi nei vostri. Dovete accettare la cosa. «Non posso farvi rischiare la carriera.»
«Questo sicuramente spetta a me deciderlo!»
«Non state ragionando lucidamente, Drummond.»
«Signori, le vostre ostriche.»
Ho capito che questo infelice tempismo ha messo fine alla serata ancor prima che vi alzaste.
«Mi accorgo di non avere appetito.»
I vostri passi svelti si allontanano alle mie spalle e mando indietro il vassoio con un cenno. Lascio il tempo alla mia mente di riorganizzare i fatti e al vostro sdegno di placarsi. Comprenderete la giustezza delle mie argomentazioni, Edward, ne sono certo.
 
 
***
 
 
Nei due cavalieri in lontananza, ho riconosciuto il primo ministro solo perché subito ho riconosciuto voi. E’ stata piuttosto una sorpresa, non mi sarei mai aspettato di vedervi. Non ancora, almeno. Seguo il principe avvicinarsi e salutare entrambi. Vedo il vostro sguardo adirato, non che vi sforziate di nasconderlo, certo. Mi rincresce constatare che il tempo trascorso non vi abbia reso più giudizioso.
«Ho sentito che non si è votato, ieri sera.»
Mi concentro sulla conversazione tra il principe e Sir Peel. Sua Altezza mi ha raccontato quanto accaduto a Westminster.
«No, signore. L’atmosfera alla camera, dopo che siete andato via, era piuttosto brutta, ma penso che la campanella suonerà stasera.»
«Lord Melbourne una volta mi disse che la camera dei comuni non avrebbe accettato volentieri un principe tedesco.»
«Noi membri del parlamento siamo… gelosi della nostra indipendenza, signore.»
Rifletto sull’affermazione di Sir Robert.
«Chiedo scusa se vi ho reso tutto più difficile. Non era mia intenzione.»
«Lo so, signore.»
Inspiro, sostenendo il vostro sguardo austero. Molto bene. Sia come volete.
 
 
***
 
 
I fiori al centro del tavolo sono gli stessi dell'altra volta e comincio ad accarezzarli sovrappensiero, come quella sera, tentando di ammansire la mia agitazione. Ripenso al valletto, in piedi alle mie spalle poche ore fa, in attesa, mentre io non sapevo nemmeno come iniziare la mia lettera. Una volta intinto il pennino nel calamaio, le parole sono affiorate sulla carta. Avevate ragione a ribattere come io non abbia diritto di dirvi cosa fare della vostra vita. In ogni caso, dovremmo riprendere questa cena. Non sono certo che abbiate accettato, ma vi aspetterò comunque. Vi aspetterò, Edward. Non voglio che pensiate neanche per un attimo che, per me, ciò che abbiamo avuto sia di secondaria importanza. Non dovete dubitare del mio affetto per voi.
 
 
***
 
 
Fingo di ascoltare le note della signorina Coke, appoggiato al pianoforte, solamente per avere qualcosa da fare. Non voglio pensare a voi, tanto meno a me stesso, solo, al ristorante, in attesa. Nessun messaggio, nessuna giustificazione, nessuna scusa. Mi convinco che fosse semplicemente un momento sfortunato per via della votazione, ma sono logorato dal pensiero che siate ancora in collera con me. Sarà questa la causa del malessere di cui sono prigioniero da ieri sera…
«Lord Alfred, volete accompagnarmi al salotto Ambra? Non mi sento molto sicura sulle scale.»
«Posso accompagnarvi io, zia.»
«No, preferisco Lord Alfred.»
 Mi affianco alla duchessa di Buccleuch porgendole il gomito, incamminandoci.
«Spero che vi sentiate in forze, Lord Alfred.»
«Perché, duchessa? Volete che vi porti in braccio?»
«Temo davvero… che troverete difficile sopportarlo.»
Osservo il biglietto che la donna mi sta porgendo, preoccupato per il tono grave nella sua voce. Spiego il foglio in fretta. Cosa mai potrebbe riguardarmi dei suoi affari? Scorro gli occhi sulla carta e le parole mutano presto in scarabocchi d’inchiostro. Mi sento soffocare. Io non capisco…
«Fate un bel respiro.»
L’aria mi provoca una fitta al petto. Fisso la lettera con la vista annebbiata. Cosa…
«Adesso… un altro.»
Il mio cuore sta smettendo di battere. Non so... Mi gira la testa.
«Ecco, prendete un po’ di questo.»
Obbedisco per la terza volta e bevo il liquore. Mi placa la nausea, ma sto ancora tremando.
«Sono vecchia, ma non cieca.»
Alzo gli occhi sulla duchessa come se la vedessi per la prima volta.
«So cos’era per voi. Ora, vi suggerisco di andare in camera a ricomporvi e, ricordate, al funerale le persone più addolorate saranno la madre e la sua fidanzata.»
Funerale. Questa parola mi rimbomba nella testa. Credo di annuire. Sto prendendo coscienza di... Oh, Dio... Vi prego, Dio. Fate ch’io mi svegli…

 
***
 
 
Il cielo di Charlton si è rannuvolato. Un po’ di pioggia non sarà sufficiente a rimandarmi a Londra, Edward. Appoggiata alla pietra tombale da tre giorni, la corona di fiori che era adagiata sul tuo feretro comincia a sfiorire. Quel rigido legno nero sulla mia spalla è stata l’ultima occasione concessami di averti fra le braccia. Ho ascoltato con grande irritazione il reverendo parlare di te, come se ti conoscesse. Perché ai funerali si elencano solamente le qualità? Nessun riferimento a quanto tu fossi avventato, appassionato, ostinato, sfacciato. Almeno con me. Ora ne sorrido. Persino queste caratteristiche mi appaiono come pregi. La figlia di Lothian è scoppiata in singhiozzi appena il predicatore ha menzionato il vostro matrimonio. Magari quel vecchio in abito nero ti conosceva veramente. Osservo qualche secondo i muri di pietra grigia, le volte, le vetrate colorate… Saint Luke era la tua chiesa, dopotutto. Ti avrà conosciuto sin da quando eri piccolo. Lo sto invidiando, sai? Mi chiedo che tipo di bambino tu fossi stato. Impulsivo e testardo come da adulto? Devo confessarti di non aver prestato molta attenzione alla funzione. Ho passato tutto il tempo a pensarti, invece. E’ stato l’unico modo che mi sia venuto in mente per assolvere il comando della duchessa di Buccleuch: “al funerale le persone più addolorate saranno la madre e la sua fidanzata”. Una goccia mi scivola sul viso e non sta piovendo. Malgrado ciò, alzo lo sguardo alle nuvole e sento gli occhi bruciare. Conservo ancora il fazzoletto della signorina Coke nel taschino. Ho scordato di restituirglielo. Asciugo le lacrime che non riesco ad arrestare. Ma oggi mi è permesso piangerti, Edward… Il nostro ultimo incontro fu segnato dall’incomprensione. Scambierei metà della mia vita per avere un minuto ancora con te e poter dirti che mi dispiace, baciarti un’ultima volta, vederti sorridere. Il giorno prima del funerale, ho incontrato Sir Robert. Era straziato dal senso di colpa, ma ha voluto parlarmi dell’attentato, “perché voi eravate suo buon amico”. Mi ha raccontato i fatti, incluse le tue ultime parole, anche se non vi ha attribuito minimamente l’importanza che esse hanno avuto per me. Solo in seguito mi sono reso conto di quanto quell'uomo debba sentirsi responsabile e, probabilmente, voleva soltanto qualcuno che lo biasimasse in tua vece. Ma io non sono certo nella posizione di rimproverare qualcuno, né tu lo avresti mai incolpato. Mi passo nuovamente il fazzoletto sulle guance. La signorina Coke me l’ha prestato dopo che, finita la messa, le ho chiesto di presentarmi la tua fidanzata. Ti domando perdono. Tutt’ora mi riesce difficile accettare queste due parole. Aveva il cuore in pezzi, povera ragazza, doveva amarti molto. Mi ha riferito quanto spesso le parlavi di me. Che impertinente sapevi essere. Nemmeno al tuo funerale hai smesso di sbalordirmi. Io… sono furibondo con te, Edward. Mi hai sedotto, per poi lasciarmi in questo modo. Mi porto alle labbra la punta delle dita. Rivivrei ogni secondo, insieme a te. Trasferisco il bacio sulla lapide. Avevi intenzione di raggiungermi, quella sera… Mi manchi immensamente. Con te…
«Lord Paget.»
Ricaccio le lacrime in gola e volgo lo sguardo verso la voce femminile. «Signorina Kerr.» M’inchino. Si sforza di sorridere e vedo i suoi occhi inumidirsi. Deposita altri fiori sulla tua tomba. Non riesco a dirle nulla. Restiamo in silenzio a guardare il tuo nome inciso nella pietra. Poi apre la borsetta, nera come il suo abito da lutto.
«Più tardi avrei chiesto a Wilhelmina di consegnarvelo. Ho supposto che vi avrebbe fatto piacere averlo in suo ricordo.»
Allunga la mano verso la mia.
«Di certo ne farete un uso migliore di quanto farei io.»
La guardo piangere, silenziosamente, con gli occhi rivolti alla tua lapide. Il tuo acciarino da tasca. «Un pensiero gentile. Vi ringrazio.»
«Sarebbe bello, per me, parlare di lui con qualcuno che gli era vicino, quando il tempo avrà lenito almeno in parte il nostro dolore. Venite a trovarmi qualche volta, Lord Alfred, se vi fa piacere.»
M’inchino lentamente. «Signorina Florence.» Lei annuisce dolcemente ed io mi allontano, nel percepire le mie lacrime venire dolorosamente richiamate dalle sue. Salgo in carrozza, riponendo nel taschino il fazzoletto della signorina Coke. Appena arriverò a palazzo, dovrò farglielo riavere. Rigiro il tuo acciarino nel pugno, vi poso sopra le labbra e chiudo gli occhi. Te lo dissi, quella notte: “impazzirei se ti accadesse qualcosa.” Alle volte, temo di poter perdere il senno, in effetti. Sento il braccio destro indolenzito, probabilmente dovrei allentare un poco la fascia da lutto. La celo sotto la camicia, anche per gelosia verso la mia sofferenza, così intima, Edward, così violenta da spezzarmi. E' per questo che ogni giorno allaccio più stretta questa stoffa nera attorno al mio braccio, per impedirmi di andare in frantumi. La tua assenza è lacerante. Con te è morta una parte di me. Vi è un guscio vuoto nel mio cuore. Eppure io, ancora, vivo. Nulla si è fermato, ed è profondamente ingiusto. Il sole sorge ogni mattina e tramonta ogni sera, con o senza te, riducendo la tua esistenza a qualcosa priva di qualsiasi significato. La vita mi travolge senza compassione alcuna; spinge e preme, come se lottasse incessantemente contro il mio volere, rammentandomi continuamente di esistere, perché il mondo, indifferente, sta andando ugualmente avanti. E non vi è cosa che io trovi più spaventosa. Stringo le dita, aggrappandomi a quest’oggetto con tutto me stesso. Una nuova lacrima mi solletica la guancia, mentre il mio patema urla al mondo che no, tu sei esistito e sei stato ineluttabilmente parte di esso, nonché del mio essere. La tua vita ha perfezionato la mia con sfumature a me tanto ignote quanto necessarie. Forse, spero solo che tu possa sentirmi e conoscere in qualche modo queste cose, che mai potrò dirti più.
 




 
 
Note:
Kerr è il nome della famiglia che detiene il titolo scozzese di Marchese di Lothian. Benché nessuno dei papabili marchesi realmente esistiti (per la precisione VI, VII e VIII marchese) abbia avuto una figlia di nome Florence, o abbia avuto una figlia dell’età di Florence, o abbia avuto egli stesso l’età (o finanche che fosse vissuto) per avere una figlia dell’età di Florence nel 1843, ho mantenuto il cognome vero della famiglia dell’ipotetico marchese.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  Emadiam
- 2018 -

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3749135