Paradis' Days

di Lady Snape
(/viewuser.php?uid=3110)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il racconto della Bestia ***
Capitolo 2: *** Determinazione ***
Capitolo 3: *** Sulle coste di Paradis ***
Capitolo 4: *** Fratelli diversi ***
Capitolo 5: *** Segreto di famiglia ***
Capitolo 6: *** Sangue reale ***
Capitolo 7: *** Frammenti ***
Capitolo 8: *** Sull'acqua ***



Capitolo 1
*** Il racconto della Bestia ***


AVVISO SPOILER
Questa fanfiction nasce dopo aver letto il capitolo 102 del manga, quindi se non siete in pari, sconsiglio la lettura. Ho riempito a modo mio il buco narrativo che è sorto a questo punto della trama originale. Siete avvisati!
 



Capitolo 1 – Il racconto della Bestia

 
La stanza degli interrogatori era spoglia e fredda. Un tavolo, due sedie e nulla più. Lo specchio era finto, permetteva a chi era dall’altro lato della parete di vedere esattamente cosa stesse accadendo in quella camera e si potevano ascoltare le conversazioni, tramite un interfono sistemato in alto.
 
Zeke era seduto su una delle sedie, la schiena appoggiata alla spalliera, le mani in tasca e uno sguardo molto poco rassicurante dietro le lenti da vista. Sapeva che quel momento della giornata sarebbe stato inevitabile, ma a farlo incazzare era dover raccontare di quella sonora sconfitta ancora una volta. L’esercito voleva e doveva sapere e lui non poteva esimersi da rispondere alle domande che gli sarebbero state poste; che poi affidassero il compito a quella donna era solo un’aggravante: non si fidavano della loro lealtà e lei era una specialista in interrogatori, difficile riuscire a mentire e farla franca. Da quello che sapeva, qualcuno ci aveva provato ed era finita male. Era un cane da guardia efficace e svolgeva il suo compito egregiamente, purtroppo. Comunque sia, era in ritardo. Guardò il suo orologio ancora una volta, poi si rassegnò.
 
Non aveva nemmeno finito di formulare questo pensiero, che la porta si aprì lentamente e Talia Swan apparve nella sua candida uniforme della marina militare. Aveva lo sguardo basso, non salutò neppure e chiuse la porta alle sue spalle con molta calma. Lanciò il cappello con malagrazia sul tavolo.
 
«Scusa per il ritardo, ma in questo posto sono tutti decisi a rompere le palle per ogni stronzata» disse accomodandosi e sbottonando la giacca dell’uniforme. Aprì il taccuino che si era portata dietro, sfilò la penna dall’elastico e scrisse in cima alla pagina la data e l’ora di quella infausta giornata. Sospirò e sollevò lo sguardo per la prima volta verso il Titano Bestia, che nel frattempo si era seduto più compostamente possibile e aveva spinto gli occhiali su per il naso.
 
«Ti sei ripreso dalle ferite vedo, eri ancora un po’ dolorante quando sei arrivato a Liberio.» ammise, dopo averlo squadrato ben bene.
 
«Me la sono vista brutta e possiamo dire che l’operazione è stata un disastro.» Zeke lo disse quasi con tono di sfida: aveva scritto un lungo rapporto in merito ed era stato anche punito abbastanza, considerando che avevano perso Berthold, che altro volevano? Che chiedesse scusa in ginocchio?
 
«Ci aspettavamo tutti di avere un Titano in più, non uno in meno, ma ho letto i rapporti e ci sono alcuni punti che vorrei chiarire di persona. Mi hanno affidato la valutazione dei rischi per il lancio di un’operazione su larga scala e devo sapere quanto più possibile. Ho parlato con Reiner ieri, che mi ha raccontato del loro livello tecnologico per filo e per segno e avevo sentito anche Berthold, ma ho l’impressione che quello sia molto relativo: se ti hanno messo al tappeto, possono essere anche all’età della pietra quanto ad armamenti, ma hanno ottimi soldati.»
 
Zeke annuì. Sì, avevano ottimi soldati, accanto a un sacco di altri che non valevano l’uniforme che indossavano.
 
«Ah, dimenticavo, so che è fastidioso, ma ti pregherei di mettere le mani sul tavolo, palmi verso l’alto e polsi scoperti.»
 
Questo era uno dei metodi che usava per capire se gli stesse mentendo. Era in grado di percepire cambiamenti del suo battito cardiaco, valutava la frequenza del suo respiro, sudorazione e altre evidenze fisiche che palesavano le bugie e che non erano controllabili dalla volontà. Lo conosceva abbastanza per sapere che non avrebbe mai distolto lo sguardo e non sarebbe di certo arrossito, roba da ragazzini che ciucciavano ancora il latte. Obbedì senza fare storie e trattenne un sospiro: non avrebbe palesato insofferenza, ma la situazione lo infastidiva parecchio.
 
«Non mi interessa avere ulteriori informazioni sul piano che avevi elaborato, voglio informazioni sui loro soldati. È grazie a loro se vi hanno messo al muro.» disse secca, prima che Zeke ripetesse quello che era già scritto nei rapporti e che lei aveva letto più e più volte. Aveva senso, dopotutto. Lui era sicuro che Reiner avesse raccontato tutto e lui li conosceva meglio, ne conosceva le capacità «Voglio le tue impressioni, voglio che mi dia la tua opinione da veterano.»
 
Zeke comprese benissimo la sua richiesta.
«Tu vuoi che ti parli di Eren e di Levi, suppongo. Beh, Eren è stato totalmente plagiato dal padre, senza che nessuno potesse mettere un freno alla follia di quei dannati demoni. Gli ho promesso che saremmo tornati a salvarlo ed è quello che intendo fare, prima o poi, è quello che sei stata chiamata a progettare, da quello che ho capito.» Talia annuì «Il problema è aggirare il vero mostro di tutta quanta la loro banda: Levi. Pare non abbia un cognome, da quello che hanno riferito Reiner e Berthold, ma ne sono più che sicuro: quello è un Ackerman, nessun’altro sarebbe stato capace di combattere in quella maniera, trucidare tutti i miei giganti ed arrivare a me. Non mi ha solo ridotto in uno stato davvero pietoso, mi ha anche inseguito quando sono riuscito a limitare i danni, grazie all’intervento di Pieck. Non si stanca mai, non ne ha mai abbastanza, è un vero mostro, un demonio che deve essere eliminato, così da mettere fine a quella stirpe maledetta.»
 
La sua voce si era fatta man mano più concitata e alla fine era diventata quasi un ringhio. Era odio profondo il suo, lo detestava oltre ogni limite e, dedusse Talia, ne aveva anche un po’ paura, come non ne aveva mai avuta prima, nonostante avesse affrontato più di una guerra, in condizioni spesso estreme.
 
Talia scarabocchiò qualcosa sul suo taccuino, che Zeke non riuscì a capire. Gli fece qualche domanda su come gli era sembrato il loro equipaggiamento: era stato merito suo se erano riusciti ad avere un campione dell’attrezzatura tridimensionale. Gli altri due avevano descritto quanto più minuziosamente il congegno, ma non erano molto bravi in questo genere di cose, visto che la persona scelta per memorizzare certe informazioni era stata Marcel, ma era morto prima di arrivare alle mura, ormai cinque anni prima.
 
«Credo tu abbia ragione, Zeke» disse dopo qualche minuto di silenzio «se non riusciamo a bloccare Levi e l’altra Ackerman, Mikasa, non possiamo pensare di arrivare ad Eren: quei due lo proteggeranno, suppongo. Penserò a qualcosa.» concluse, chiudendo il suo taccuino e recuperando il cappello. Fece un cenno di saluto al Titano Bestia e si congedarono.
 
Zeke uscì dopo che Talia fu andata via. A dirla tutta non aveva troppa fiducia in lei. Sembrava sempre troppo ambigua, era di quelli che sorrideva a tutti, quei sorrisi di circostanza, quella gentilezza di facciata che faceva venire i brividi. Che sapesse, non aveva grandi amici tra i suoi commilitoni e si era trovata a collaborare con l’esercito pur facendo parte della marina militare, solo per quella sua capacita inquietante di riuscire a scavare nella mente delle persone. Era stata in grado di fargli recuperare i ricordi di suoi due predecessori e qualcosa del terzo e addirittura del quarto, andando indietro nel tempo di poco più di cinquant’anni. Probabilmente si era occupata anche di tortura, sapendo come fare male: per diletto, diceva lei, aveva voluto studiare quel tanto che basta di medicina per sapere “dove mettere le mani”.
 
 ______________________________________________________________

Grazie per essere arrivati in fondo!
Spero che l’introduzione del mio personaggio originale vi sia piaciuto. Nasce per mettere un po’ d’ordine nella trama che sicuramente Isayama chiarirà prossimamente. Sono convinta che ci rivelerà chi è la talpa che aiuta i nostri eroi dall’interno.
Detto questo, spero di passare un po’ di tempo con tutti voi e, se la storia andrà bene, ne avrei di cose da pubblicare con questo personaggio e sui miei preferiti: Hanji, Armin e Levi.

A presto!

Lady Snape

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Determinazione ***


Capitolo 2 – Determinazione
 
Era domenica mattina e come ogni domenica Talia Swan si recò all’Isola Bianca. Era la proprietà di suo padre, una sorta di piccola isoletta al largo del continente e a metà strada da Paradis. Tutti consideravano il vecchio colonnello Swan un pazzo a vivere così vicino al covo dei demoni, specie dopo quello che era successo al Titano Bestia e dopo che gli attacchi degli ultimi anni, progettati con l’aiuto di sua figlia, erano falliti uno dopo l’altro: le corazzate inviate in diverse missioni erano state affondate, senza lasciare alcun superstite in vita.

Talia attraccò la sua piccola imbarcazione a vela al molo in legno sul lato sud dell’isola e si diresse verso quella che era la grande villa, ormai deserta, che suo padre aveva acquistato prima che nascesse. Arrivò facilmente all’ingresso principale, che aveva sull’architrave il vecchio stemma della famiglia che l’aveva fatta costruire: il nome si era perso nel tempo per gli abitanti di Marley, considerando che doveva avere almeno un paio di secoli e che quelli erano stati anni parecchio bui, ma quelle due ali incrociate avevano sempre affascinato l’anziano genitore e aveva raccontato a tutti che gli ricordavano il suo cognome, ragione per cui alla fine aveva accettato di pagare un prezzo fin troppo alto per un palazzo all’epoca in completo abbandono.

Talia aprì il portone e attraversò il lungo salone di ingresso per arrivare al salotto, dove sapeva attenderla lui con il pranzo, freddo, pronto per essere consumato. La domenica i domestici non erano in casa, come succedeva anche la sera dal tramonto in poi, per un’abitudine del vecchio alla solitudine, che si rivelava essere molto utile perché così erano liberi di discutere di quello che pareva loro, senza orecchie indiscrete tra i piedi.
 
«Non sono in ritardo, vero?» chiese all’uomo seduto in poltrona, una pipa puzzolente in bocca e un bicchiere di vino già a metà.
 
«Mmh» mormorò lui, spostando appena i suoi occhi blu, simili a quelli di sua figlia, fissi sulla finestra.
 
Talia si sedette alla poltrona di fronte a lui. Prese il suo piatto e iniziò a gustarsi quello che la vecchia cuoca di famiglia aveva preparato per l’occasione. L’uomo la squadrò, prima di lasciare la pipa sul tavolinetto tra di loro e sorseggiare ancora del vino.

«Ho sentito che l’operazione è fallita ancora» esordì, conoscendo lo sguardo a dir poco incazzato di sua figlia: emanava saette e, se fosse stato possibile, sarebbe stato letale. Che fosse furiosa per l’incapacità della marina?
 
«Era prevedibile, era fatta per fallire» ammise seccatamente. Posò il piatto e bevve un lungo sorso dal proprio bicchiere «Questa volta non ho messo becco, non mi interessa se muoiono tutti: hanno di nuovo selezionato dei ragazzini per ereditare i Titani, imbottendo la loro testa di fesserie, hanno dichiarato guerra alla Nazione Orientale e continuano a voler tentare delle invasioni, sottovalutando gli abitanti di Paradis e ignorando i trattati di non belligeranza. Che si fottano!» il povero bicchiere venne sbattuto sul tavolo con malagrazia, rovesciando parte del contenuto.
 
«Ci stai ancora pensando? Sai che è una follia» il colonnello era preoccupato, conosceva le intenzioni di sua figlia e questa premessa non fece che alimentare il suo cruccio in merito. Anni prima, dopo aver interrogato Zeke Jaeger, era tornata a casa galvanizzata per aver avuto la conferma dell’esistenza di due Ackerman: lei voleva conoscerli, vederli, parlare con loro e voleva mettere fine all’esistenza dei Titani; non sopportava che persone venissero trasformate e ridotte a larve di sé stesse e non sopportava che dei bambini venissero usati per combattere. Reiner era tornato decisamente traumatizzato da tutta quanta l’avventura durata cinque anni, tanto da aver sviluppato una doppia personalità, Annie era dispersa, Berthold morto e Zeke era l’unico a non aver manifestato follie, forse perché pazzo lo era da tempo. Gli altri ragazzi che erano diventati Titani manifestavano tutta una serie di traumi che non sarebbe stato possibile sanare e questo la mandava su tutte le furie.
 
«Io devo andare lì, devo provare a trovare una soluzione con loro. Meritano di sapere come stanno le cose, meritano di dire la propria e, fosse per me, eliminerei i ghetti di qua e di là del mare: che senso ha cercare di punire generazioni di eldiani per quello che è successo ormai più di cento anni fa? Non mi pare che Marley sia nella posizione di fare tanto la dura e pura: ha fatto anche peggio.»
 
«Questo è vero e sai che sono venuto fuori dall’esercito anche per la piega che avevano preso le cose, ma uccidere i Titani non eliminerà il loro potere, nasceranno di nuovo, si incarneranno ancora. È senza fine.» era un’amara verità.
 
«Ne siamo sicuri? Marley non ha mai cercato informazioni per bloccare anche il ciclo delle reincarnazioni o eliminare del tutto questi poteri, congelarli, bloccarli. È anche probabile che la soluzione sia nella Coordinata, nei suoi ricordi, ma dovrei interrogarla, aiutarla a tirare fuori quelle memorie del passato ed è questa un’altra ragione che mi impone di tentare, visto che è il mio mestiere e magari sono abbastanza fortunata.» Talia doveva arrivare a Paradis, riuscire a conquistare la loro fiducia e provare a trovare una soluzione a tutto questo. Le probabilità di riuscirci erano scarse, ma valeva la pena tentare o morire nel tentativo.

Preferì non dirlo a suo padre, ma Zeke stava caldeggiando un’invasione con tutti i crismi, che comprendeva un attacco massiccio con i Titani, per ora troppo impegnati al fronte per poter mettere fine alla questione Paradis. La sua era anche una lotta contro il tempo, non ne aveva molto a disposizione prima di iniziare a deperire lentamente e pareva essere diventata una questione personale, che necessitava di essere risolta al più presto.
 
Fu con questo spirito che Talia, il lunedì successivo, si recò nell’ufficio del suo diretto comandante, per provare a ottenere il permesso di partecipare alla prossima operazione militare per conquistare la costa di Paradis. Non sarebbe stato certo facile, visto che il suo ruolo negli ultimi anni era legato a doppio filo con i Titani: riusciva ad empatizzare con loro, come nessuno era mai riuscito a fare, capiva cosa pensavano e come pensavano e, nonostante fosse dell’esercito marleyano, loro si fidavano di lei. La sola eccezione era Zeke, o meglio, con lui non riusciva davvero ad avere una grande intesa, era un rapporto completamente di facciata, per quanto l’uomo fosse impenetrabile sotto certi punti di vista, non osava mentirle, conscio delle sue capacità, capacità che stava man mano considerando assurde e che gli ricordavano qualcuno, ma non capiva chi. La guardava con sospetto e Talia pensava che avesse tutte le ragioni per farlo.
 
Ci volle un po’ e la parlantina di Talia fu miele nelle orecchie del suo superiore e per convincere il comandante e, a dirla tutta, scelse anche la via della seduzione: alla fine gli uomini erano tutti uguali, no? Potevano essere anche dei grandi eroi, coprire posizioni elevate, essere ammirati da tutti, ma una camicia, fosse anche di taglio militare, un po’ sbottonata, del pizzo che si intravedeva appena e toccarsi continuamente quei capelli rossi come il sangue, aveva avuto il suo effetto. Bastavano promesse tacite di qualcosa che non sarebbe mai avvenuto, considerando che sarebbe pure stata disposta a scoparselo quel buono a nulla, e si poteva convincere quasi chiunque a fare qualsiasi cosa. Doveva partire per Paradis e niente e nessuno l’avrebbe fermata. Beh, poi ufficialmente la giustificazione per la sua partenza sarebbe stata la sua capacità di raccogliere ed elaborare dati utili, ma quella valeva solo per i rapporti ufficiali.  
 
 
 ___________________________________________________

Grazie per aver letto anche questo capitolo!
Beh, dovevo ancora farvi capire qualche cosetta in più della mia Talia, prima di poterla mandare in azione. E’ spregiudicata ed è pronta ad andare oltre quello che sia lecito, non ha più tante remore nemmeno a veder morire gente che con il suo intervento magari avrebbe potuto salvarsi, è ormai al punto in cui accetta la morte di pochi per salvarne tanti.
Fatemi sapere se preferite un aggiornamento settimanale o bisettimanale: i capitoli sono tutti pronti, vanno solo ritoccati. Ho fatto in passato l’errore di iniziare a pubblicare senza che la storia fosse finita e non si ripeterà più!

A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sulle coste di Paradis ***


Capitolo 3 – Sulle coste di Paradis
 
Talia scrutava l’orizzonte con il suo binocolo. Come era prevedibile, la situazione non era delle migliori. Due corazzate erano state già abbattute. Andare fin lì senza avere a disposizione dei Titani per combattere era un vero suicidio. Non importa quante armi si portavano dietro: in pochissimi anni gli abitanti di Paradis erano riusciti a produrre un gran numero di armamenti in grado di contrastarli. La natura ricca di quell’isola li avvantaggiava su quel piano, bastava avere qualche mente eccelsa in grado di studiare i rottami che di certo venivano prelevati dopo le battaglie, rielaborarli e magari migliorarli. Non solo, il Titano d’Attacco e il Colossale erano in prima linea e il Colossale era micidiale: le corazzate esplodevano come fuochi d’artificio a contatto con la sua incandescenza.
 
Gli uomini a bordo con lei stavano per andare in panico, ne odorava la paura, ne avvertiva i gesti nervosi. Quanto a lei, stava quasi per commettere un suicidio, ma si sentiva assurdamente tranquilla, visto che non era disposta più a vivere nella menzogna.

Scrutò ancora il campo di battaglia con il suo binocolo ed ebbe un sussulto quando apparvero. Marley si era portata dietro un piccolo gruppo di eldiani da trasformare in giganti puri all’occorrenza e la corazzata che li aveva a bordo li liberò prima di venire distrutta. Fu in quel momento che apparvero i due Ackerman: non ci volle molto a riconoscerli, rispondevano esattamente alle descrizioni di Reiner e di Zeke. Erano veloci e con una forza che trascendeva l’umano. La ragazza, Mikasa, riuscì a squarciare di netto la testa di un gigante con un colpo solo, utilizzando delle lance esplosive, probabilmente la tecnologia che avevano sviluppato contro il Titano Corazzato. Era estremamente rapida, anche perché bisognava darsela a gambe subito, per non essere coinvolti nell’esplosione. Poi, ecco lui, Levi, il suo obiettivo della giornata. Se le sue informazioni erano corrette, lui era il più alto in grado in quel gruppo di soldati ed era lui che doveva convincere.
 
Certo, Levi faceva davvero paura. Utilizzava le lame e no, non aveva bisogno di avere esplosivi, perché lui faceva davvero esplodere le membra ciclopiche di quei giganti che osavano attaccarlo. Rapido nei movimenti, con una velocità di rotazione che sconfinava nell’alieno. Di certo era facilitato dalla sua bassa statura, che lo rendeva più leggero e agile, anche se, sospettava, non era poi così esile come potesse sembrare ad una rapida occhiata, vista la portata di quei fendenti.
 
Era arrivato il momento. Talia era abbastanza vicina alla costa da poterla raggiungere a nuoto. Lasciò il binocolo cadere senza preoccuparsi e si diede un’occhiata intorno: il panico aveva preso il sopravvento e nessuno si preoccupava degli altri, se fossero vivi, morti o se stessero per tradire la patria. Poco male, sarebbero tutti passati a miglior vita nel giro di poco tempo. Salì sul parapetto, si tolse il cappello e si tuffò.
 
L’acqua era fredda e i vestiti le si incollarono addosso. Preferì nuotare sott’acqua per quanto possibile, sperando di riuscire ad evitare i proiettili e il caos che si stava scatenando in superficie. Vedeva le scie di bolle d’aria lasciate dalle pallottole che piovevano dal cielo. Il mare aveva assunto un colore rosato, a causa del fuoco che si stava propagando in superficie e del sangue che stava macchiando l’acqua. Non riuscì a evitare di essere colpita di striscio ad una gamba, ma emerse senza farsi notare, attendendo dietro ad un rottame al sicuro che si calmasse un po’ la situazione.
 
Quando si sentirono solo flebili lamenti di soldati agonizzanti e i Titani erano tornati nella loro forma umana, decise che era il momento adatto per emergere dall’acqua e arrivare alla costa sabbiosa. Non aveva scelta, la zona era pericolosamente scoperta e avrebbero potuto spararle senza che avesse avuto il tempo di dire ‘a’.
 
«FERMI!» urlò con le mani in alto, quando inevitabilmente fu notata, l’acqua che le colava di dosso che faceva un gran rumore. Aveva l’intera armeria a loro disposizione puntata addosso «Ho bisogno di parlare con il Capitano Levi, ho una proposta da farvi, è importante!»
 
Due della squadra non smisero di rivolgere a lei i loro fucili, mentre gli altri si lanciarono sguardi interrogativi, affinché qualcuno prendesse una decisione, valutando se potessero fidarsi di quella donna, che probabilmente voleva solo evitare una morte stupida.
 
«Non facciamo prigionieri» a intervenire era stato proprio Levi, che avanzò sulla spiaggia, ancora fumante per il sangue dei giganti che lentamente evaporava, donandogli un aspetto decisamente sinistro, nonostante il sole di mezzogiorno. Talia si trovò finalmente a capire cosa intendesse Zeke con le sue descrizioni e con il suo terrore dipinto in fondo allo sguardo: quegli occhi chiari che emergevano dalla maschera di sangue, i capelli neri e le lame luride tra le mani creavano un’immagine davvero spaventosa.
 
«Ne sono consapevole, ma siete totalmente all’oscuro di quello che accade dall’altra parte del mare e, credetemi, ora iniziate per davvero ad essere in pericolo.» Talia cercò di guardarlo negli occhi, ma dovette sforzarsi parecchio e non mostrare di essere intimorita dalla sua presenza.
 
Levi non si mosse di un millimetro, aspettava che proseguisse, evidentemente, forse indeciso se decapitarla sul posto, dopo che avesse finito di sproloquiare o forse anche prima, e se quello che avesse da dire fosse stato a suo parere utile.
 
«So che non avete trovato un solo ufficiale in vita e che non avete trovato nemmeno una mappa dei territori, oltre la vostra isola. Gli ufficiali si suicidano appena il pericolo diventa palese e sono gli unici ad avere chiaro il piano d’attacco. Quanto alle mappe, meno informazioni riuscivate ad avere, meglio era per tutti, per cui non erano presenti a bordo. Io vi offro entrambe le cose.» era riuscita ad attrarre l’attenzione di tutti con queste parole: la fissavano in attesa di conoscere il resto.
 
«Sono il Capitano di Vascello Talia Swan, lavoro a stretto contatto con i Titani, faccio parte dell’unità speciale che li gestisce, conosco tutto quello che vi serve sapere per batterli e, nascoste sotto la mia giacca, ho tutte le mappe che possono esservi utili, mappe dei territori di Marley, ma non soltanto di quelli.»
 
A questo punto Levi fece cenno a un soldato alto, con i capelli chiari di verificare che le mappe ci fossero davvero, ma allo stesso tempo si mise in guardia con le sue lame. Da quello che sapevano, poteva anche essere un Titano.
 
Jean, questo era il nome del soldato e Talia lo sapeva benissimo, grazie alle informazioni di Reiner, le sbottonò la giacca e, messa una mano dietro la sua schiena, rinvenne un plico impermeabile sigillato. Lo passò a quello che la donna riconobbe come Armin Arlert e che aveva gli inconfondibili segni della trasformazione intorno agli occhi. Era lui il Titano Colossale.
 
«Sembrano autentiche» disse questi, sfogliandole con gli occhi azzurri illuminati da una vorace curiosità. Rivolse lo sguardo verso il suo capitano, sperando che potessero raccogliere altre informazioni da quella donna.
 
«Perquisiscila» ordinò Levi a Jean, che sfilò la pistola dalla fondina di Talia, che aveva notato subito sotto la giacca. Passò le mani ovunque e controllò nello stivale, trovando un serramanico. Non rinvenne altro.
 
«Sul serio?!» chieste Talia, guardando quel ragazzo senza fantasia «Prima che mi accusiate di qualcosa, posso consegnare il resto delle armi che ho addosso?» attese un cenno d’assenso, poi si tolse uno stiletto corto dal fermaglio sullo chignon e un gancio dal tacco dello stivale. «Si possono fare tante cose con un gancio.» ammise, rispondendo allo sguardo interrogativo di Jean.
 
Qualcuno le legò le mani dietro la schiena e fu fatta montare a cavallo, sotto la sorveglianza dei due che non avevano smesso di puntarle addosso le canne di fucile, un ragazzo e una ragazza che, a quanto pareva lavoravano spesso in coppia e non avevano bisogno di tante parole per coordinarsi.

Tutto sommato il suo piano stava andando bene, presto sarebbe arrivata dentro le mura.
 
 
________________________________________
 
Salve a tutti!
Come promesso, l’aggiornamento sarà più frequente. Finalmente abbiamo incontrato i nostri beniamini.
Per ora abbiamo riconosciuto Levi, Armin, Jean, Mikasa e una strana coppia di ragazzi sempre insieme, chissà di chi si tratta…?
Voi cosa vorreste? Più Armin? Più Levi? Più Eren (che al momento non è sbucato)? Ho in mente delle one shot collegate alla storia principale, quindi fatemi sapere chi vorreste approfondire.

A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Fratelli diversi ***


Capitolo 4 – Fratelli diversi
 
Doveva ammetterlo, quelle mura erano spaventosamente enormi, fuori dalla portata tecnologica di quegli abitanti, ad una rapida occhiata, tanto non si notava nessun giunto tra un concio e l’altro. Mentre continuava a cavalcare, Talia si chiedeva come avessero potuto accettare di vivere in un luogo così claustrofobico per tanto tempo. Osservando gli abitanti di quella città, sembrava di essere tornati indietro nel tempo di almeno sessant’anni e la faccenda era parecchio inquietante: con tutta probabilità certe tecnologie, che per lei erano scontate, erano assenti del tutto e questo si ripercuoteva senza dubbio sulla qualità della vita. La sua anima di medico si chiedeva quanto fosse facile far scoppiare un’epidemia in un luogo chiuso e senza tante cure disponibili. Ebbe un brivido, sperando che nessuno a Marley pensasse a una soluzione del genere.
 
Qualcuno, che era per la strada in quel pomeriggio inoltrato, la notò a cavallo ammanettata e suppose che, vedendo la sua divisa palesemente diversa da quella della Legione Esplorativa, stessero facendo velocemente i conti su chi fosse. Non ci volle molto, affinché qualcuno si complimentasse con i suoi carcerieri per aver catturato un nemico. Si limitò a non guardarli sfacciatamente in viso, evitando così qualunque tipo di scontro.
 
Arrivarono al quartier generale e, come era facile immaginare, Talia fu accompagnata nei sotterranei, in una cella. Chiese invano un bagno e dei vestiti puliti, detestava la sensazione che le stava dando la salsedine e la sabbia, ma si dovette rassegnare, dopo che le sue richieste non ebbero risposta. Si sedette sul tavolaccio che avrebbe costituito il suo giaciglio per la notte e provò a rilassare le spalle visto che, per paura, non le avevano slegato le braccia. Sospettavano che potesse essere anche lei un Titano e non poteva dar loro torto: in troppo si erano infiltrati e poi si erano rivelati tutt’altro.
 
Fu solo la mattina dopo che, forse per pietà, che finalmente le slegarono le braccia e, forse perché prese a grattarsi in modo davvero eccessivo, cosa che diede immensamente fastidio al Capitano Levi, le concessero di lavarsi e cambiarsi, sotto la supervisione di Mikasa: se la ragazza avesse potuto, l’avrebbe uccisa. Percepiva odio da ogni suo sguardo e movimento e decise che era il caso di non fare il benché minimo movimento brusco, come se avesse a che fare con un animale feroce, per evitare di essere attaccata inutilmente. Non aveva messo in conto, per ingenuità o per eccessiva fiducia, che avrebbe dovuto sopportare tanto disprezzo. Si diede mentalmente della stupida mentre dava le spalle, nuda come un verme, a quella ragazza, armata di tutto punto.
 
Con indosso quella che sembrava una vecchia uniforme della Legione Esplorativa, fu invitata con poca grazia a entrare in una stanza. Era una specie di aula, con tanto di lavagna, cattedra e una sgangherata gradinata, compresa di banchi. Forse era un’aula che utilizzavano per addestrare le reclute, informare l’esercito delle operazioni o qualcosa di simile. In maniera del tutto informale, l’attendeva una donna con una benda sull’occhio, che a Talia ricordava tanto un pirata. Era seduta sulla cattedra, con in mano dei documenti, in maniche di camicia arrotolate e, supponeva la prigioniera, si era zittita al suo ingresso, interrompendo una conversazione che stava avendo con Levi e Armin. C’erano anche gli altri soldati che aveva visto sull’arenile, seduti qui e là.
 
«Sono il Comandante Hanji Zoe e mi hanno informato della tua intenzione di passarci delle informazioni.» disse senza fronzoli, porgendole la mano destra. A quanto pareva erano poco formali, incredibilmente diversi da ciò a cui Talia era abituata. La stretta era salda e decisa.
 
«Talia Swan, piacere di conoscerla e sì, l’intenzione è proprio quella.» rispose, non sapendo se poteva accomodarsi o meno, quindi incrociò le braccia dietro la schiena in attesa di ordini, anche se la posizione in quel momento non era delle più comode, avendola sopportata per tutta la notte.
 
«Che vuol dire che siamo in pericolo?» era stato Levi a parlare, usando un tono piuttosto minaccioso e uno sguardo omicida. Non gli stava simpatica, evidentemente. Non fece preamboli, ma si riagganciò alle parole che aveva detto lei in riva al mare, quando si era consegnata nelle loro mani.
 
Talia soppesò le parole.
«Non c’è ancora un piano preciso contro di voi, considerando che stanno agendo alla cieca, inviando corazzate, quelle navi in ferro, ad attaccarvi. Da un lato stanno attenti a non violare il patto di non belligeranza che Re Fritz ha firmato con loro, considerandole semplici ricognizioni, dall’altro sono spinti ad attaccarvi per tornaconto personale. Marley usa abitualmente i Titani e i giganti puri in guerra, ma gli altri Stati stanno elaborando man mano strategie che riescono ad aggirarli ed è per questo che vogliono la Coordinata: riuscirebbero a costringere i giganti puri ad obbedire a degli ordini, rendendoli più temibili, oltre ad avere un più compatto battaglione di Titani, governati da un’unica volontà.»
 
«Eppure il Titano Bestia riusciva a comandarli…» sussurrò quasi Levi, aggrottando la fronte più del solito. Quel mostro aveva ordinato ai giganti di stare fermi, accerchiando il distretto di Shiningashina, e lui lo ricordava benissimo, avendoci avuto a che fare personalmente. La fissò dritto negli occhi, nel dubbio che potesse mentirgli sull’argomento.
 
«Sì, Zeke è l’unico che riesce a farlo.» rispose la donna con un sospiro.
 
«Zeke?!» questa volta era stato il giovane Eren ad intervenire, alzandosi di scatto dalla sua sedia e lasciando che questa si rovesciasse sul pavimento. Guardò Talia, ma guardò anche gli altri presenti in modo terrorizzato, sembrava dovesse vomitare da un momento all’altro, gli occhi verdi ad esprimere un’emozione tanto complessa che le parole non potevano sciogliere.
 
«Ok… mi sa tanto che sapete qualcosa di Zeke.» constatò la donna dai capelli rossi. Si guardò intorno stupita e preoccupata insieme e vide gli sguardi di molti carichi di angoscia e imbarazzo. La situazione si stava rivelando più complessa di quanto avesse previsto. Il Comandante Hanji tirò su gli occhiali sul naso, spingendoli con un dito, quasi nascondendo un sospiro: a questo punto si vide costretta a raccontarle qualcosa dei tre quaderni e di Grisha Jaeger. Il racconto fu sintetico, limitato ai punti essenziali, affinché la prigioniera potesse capirci qualcosa.
 
«Capisco, beh, sì, è il tuo fratellastro» disse Talia guardando Eren «ma, se posso dire la mia, non ci sta con la testa. È diventato decisamente ossessionato da Paradis, per lui è una questione personale, perché è cresciuto con l’idea di dover dimostrare di essere diverso da suo padre e» questa volta il suo sguardo si spostò verso Levi «ha un conto in sospeso con il Capitano Levi.»
 
«Quando vuole.» disse Levi, con tono apatico, quasi stesse parlando del tempo. Si era seduto di spalle alla finestra e il suo viso era controluce, ma, assurdamente, quegli occhi grigi parevano essere illuminati da luce propria.
 
«Io non lo prenderei sottogamba, se fossi in te.» probabilmente Talia non aveva il diritto di rimbeccarlo in quella maniera, era pur sempre una prigioniera, ma Zeke le aveva sempre fatto venire i brividi e anche Levi, ad essere sinceri, non la rassicurava più di tanto: sentiva una sorta di oscura energia emanare da lui e più lo guardava più capiva lo stato d’animo di Zeke quando parlava di lui. Era decisamente preoccupata di quello che sarebbe potuto accadere se i due avrebbero dovuto fronteggiarsi. Anche Hanji si accorse della tensione che stava man mano crescendo su questo argomento e cambiò discorso.
 
«Quanti sono e chi sono i Titani?»
 
«Ottima domanda!» rispose Talia, distogliendo lo sguardo dagli occhi glaciali di Levi e spostandosi verso la lavagna. Per fortuna c’erano dei gessetti. Tracciò i nomi di chi aveva il potere dei Titani e quale di questi poteri avessero.
 
 «Partiamo da quelli in vostro possesso. Eren Jaeger ha in sé il potere di due Titani, la Coordinata e il Titano d’attacco. Il primo è quello che era tramandato nella famiglia reale, ma credo che l’idea di Grisha di sottrarlo loro non sia stata così sconsiderata: qualcosa potrà muoversi proprio a seguito di quel gesto disperato.» ammise «Il Titano Colossale è Armin Arlert» e lo scrisse sulla lavagna. Sentì gli occhi di tutti puntati addosso «Lo so, perché non sono cieca e perché ho lavorato talmente a lungo con i Titani, che sono in grado di riconoscerli da lontano, fidatevi. Nelle vostre mani c’è anche il Titano Femmina, Annie Leonhart.»
 
«Annie probabilmente è morta.» disse Armin quasi sconsolato. Lo sguardo era puntato nel vuoto, quasi a ricordare quello che era successo diversi anni prima, quando c’era stato quell’incredibile attacco all’interno della capitale.
 
«Perché lo pensi?»
 
«È intrappolata in una specie di grande cristallo.» a rispondere fu Hanji «Nessuno è riuscito a infrangerlo, abbiamo provato in diversi modi, ma sembra indistruttibile.»
 
«Chi può infrangerlo è in questa stanza» ammise Talia, come se stesse dicendo una cosa talmente scontata da risultare ridicola «La Coordinata può ordinarglielo, il punto è che usare il potere della Coordinata non è così semplice, visto che Eren non ha sangue reale nelle vene. Ho delle teorie al riguardo, che ho sviluppato guardando Zeke all’opera. Comunque, questi Titani sono nelle vostre mani.»
 
Lasciò che digerissero l’informazione di poter infrangere la bara che Annie aveva creato per proteggersi, poi Talia passò ad elencare i poteri del Titano Mandibola, Porko Galliard, che aveva mangiato la loro compagna Ymir, e del Titano Quadrupede, Pieck, che avevano conosciuto al fianco del Titano Bestia, anche se non avevano potuto ancora saggiare la sua spiccata intelligenza.
 
«Infine abbiamo Reiner Brown, il Titano Corazzato, che conoscete bene ed è al momento l’anello debole tra i Titani. Vive un eterno conflitto con sé stesso, potrebbe essere facilmente manipolabile, sempre che arriviamo in tempo: non mi meraviglierei se decidesse di farla finita.» Talia non sopportava che Reiner potesse farsi del male: era stato torturato fin troppo nello spirito, era stato costretto a sopportare troppo dolore e la sua mente stava cedendo. Ora l’esercito aveva messo gli occhi su Gabi, sua cugina, perché i legami di sangue facilitavano il controllo futuro dei poteri del Titano e la cosa la mandava in bestia. Si accorse di essersi fermata ed essersi persa nei suoi pensieri «L’ultimo, e forse uno dei più temibili, è il Titano Martello. Non so chi sia, è l’unico che è fuori dal controllo dell’esercito e viene ereditato dalla famiglia Tybur. Sono eldiani con uno status particolare, per cui è loro permesso avere una splendida eredità da passarsi. C’è chi dice che sono loro a tirare le fila di Marley, ma sono solo voci perlopiù messe a tacere quando possibile. Il Titano non è di sicuro il capofamiglia, sospetto di uno dei famigliari che gli stanno sempre intorno, ma non ho prove, li ho visti poche volte e so solo per sentito dire come combatte.»
 
Calò il silenzio nella stanza, tutti persi a cercare di capire come sarebbe stato possibile riuscire a organizzare una controffensiva per difendersi, prima di tutto, e poi per riuscire a spuntarla in qualche maniera contro chi era tecnologicamente più avvantaggiato, aveva una capacità di controllo dei Titani e una conoscenza spiccata dell’argomento. Talia lesse nei loro sguardi il loro stato d’animo e non vide nulla di costruttivo al momento, avevano bisogni davvero di tempo per riuscire a organizzare una controffensiva o, come sperava, di portare avanti un attacco preventivo. A un certo punto, vide fremere Hanji, era come se si stesse trattenendo.
 
«Ho tante di quelle domande che non so da quale cominciare!» disse infine, provocando un verso sconsolato da parte degli altri.
 
«Spara!» disse Talia appoggiandosi alla cattedra, gli occhi blu scintillanti.
 
_________________________________________

Benvenuti a questo quarto capitolo!

Come sta andando? E’ arrivato il momento di mettere le carte in tavola e provare a organizzare qualcosa di concreto, che si riallaccerà alla storia prinvipale, quella del nostro caro Isayama.
Talia ha nel cuore un progetto ambizioso e utopico che verrà fuori man mano.
Una piccola scheda del personaggio che ho scritto tempo fa, mentre immaginavo questa storia.
 
Talia Swan
Età: 30 anni
Altezza: 162 cm
Peso: 57 kg
Capelli: rossi lunghi
Occhi: blu
 
 
Il suo nome deriva da quello della Grazia della mitologia greca: Talia, Prosperità e portatrice di fiori.
Suo padre è Lucas Swan, colonnello dell'esercito marleyano in pensione.
Talia e Capitano di Vascello della marina militare di Marley, ma negli ultimi anni ha svolto un lavoro di ufficio a causa della sua particolare capacità mnemonica: ha una memoria tale per cui riesce a memorizzare un numero di dati superiore a quello di qualunque altro soldato, oltre ad aver ideato una particolare forma di interrogatorio riservata ai portatori di titani per ottenere il maggior numero di informazioni riguardo le loro missioni in forma di gigante, dove la loro coscienza potrebbe perdersi in determinati momenti. E' in grado di capire se mentono: l'esercito di Marley non si fida mai completamente dei loro rapporti scritti.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Segreto di famiglia ***


Capitolo 5 – Segreto di famiglia
 
Talia occupò ancora per un paio di settimane la cella nei sotterranei, poi, forse per interessamento di Hanji, riuscirono ad avere il permesso, direttamente dal comandante supremo Zackly, di allentare la sorveglianza su di lei, a patto che dimostrasse di non essere un Titano. L’obiezione era legittima e, considerando le loro pessime esperienze con i cittadini di Marley, Talia li capiva perfettamente. Quello che serviva per scagionarla era un atto di fiducia, qualcosa che, se si fosse saputa al di là del mare, sarebbe costata la testa a lei e a suo padre Lucas. A dirla tutta, il solo fatto di aver tradito la sua uniforme bastava ad assicurarle la corte marziale e l’unica punizione possibile sarebbe stata la fucilazione, ma quello che avrebbe rivelato quel giorno era decisamente un biglietto di sola andata per l’inferno.
 
Si ritrovavano sempre in quella dannata aula per condurre quelli che erano interrogatori veri e propri, per quanto fossero meno formali di quelli che lei per anni aveva propinato ai suoi soldati e ai Titani di ritorno dalle missioni. Capitava che fossero delle chiacchierate a lume di candela davanti a una tazza di tè, che a quanto pareva non mancava mai in quella caserma, avendo notato come fosse l’unica vera dipendenza del Capitano, che aveva anche un bizzarro modo di reggere tazze e bicchieri: l’occhio esperto di Talia registrò anche altre stranezze a suo indirizzo, ma non era il momento di giocare al dottore. Quella mattina Talia chiese esplicitamente che durante il colloquio ci fosse tutta la Squadra Levi, oltre al comandante Hanji: erano i veterani, quelli che forse più avrebbero capito il suo punto di vista, le ragioni della sua decisione. Leggeva nei loro occhi l’orrore della scoperta che i giganti non erano altro che esseri umani trasformati e lo squallore di mille battaglie, di amici caduti e di sogni infranti. Avevano investito le loro vite in qualcosa che avrebbe visto solo una fine cruenta.
 
«Ho chiesto ad Hanji di portare qui il suo microscopio e dei vetrini, perché per provarvi che non sono un Titano, non c’è nulla di più pratico di prove tangibili.» Talia guardò i presenti, cercando di evitare lo sguardo ostile dei due Ackerman. Con gli altri aveva trovato un’intesa, quantomeno una tregua, ma con quei due non c’era davvero modo di andare d’accordo, arroccati com’erano nelle loro posizioni.
 
Da quello che era scritto nei quaderni di Grisha Jaeger, tutti loro sapevano che si poteva indovinare se una persona era un eldiano o no analizzando il suo sangue. Non sapevano, però, quale fosse il test che lo dimostrava. Aveva chiesto ad Hanji se fossero mai riusciti a recuperare del siero per trasformare gli eldiani in giganti. Per quanto non fossero mai riusciti a produrlo, per difficoltà tecniche, erano comunque riusciti a recuperare alcune provette a bordo delle ultime corazzate abbattute e Hanji aveva raccolto anche qualche campione di sangue marleyano, nella speranza di riuscire a capirci qualcosa, anche se non aveva avuto molto tempo per dedicarsi a questo tipo di esperimenti.
 
«Mi servono dei campioni del vostro sangue, basta una goccia» disse la donna dai capelli rossi, mostrando quattro aghi tra le mani e cinque vetrini. Ne porse uno ad Armin, uno a Connie e uno a Mikasa, parecchio riluttante di essere parte di un esperimento. L’ultimo ago e era per lei. Ognuno di loro si punse il polpastrello del pollice e lasciarono che una goccia di sangue fosse spalmata sul vetrino. Nel frattempo Talia aveva fatto la stessa cosa con il sangue contenuto nella provetta con l’etichetta “Marley” e aveva riempito una siringa di siero, sotto lo sguardo inquieto di Levi e Hanji.
 
«Il sangue di un eldiano a contatto con il siero ha una particolare reazione. I globuli rossi iniziano a muoversi, quasi attraversati da scariche elettriche, iniziano a vibrare, cosa che normalmente non dovrebbe accadere, sono cellule che non hanno mobilità volontaria» detto questo prese il vetrino di Connie, lo posizionò sotto il microscopio e lasciò cadere una goccia di siero. Hanji, l’unica in grado di comprendere in fretta quello che stava accadendo, fu la prima a guardare nel microscopio, seguita da Armin. Gli altri preferirono tenersi alla larga da Talia e dalla sua siringa.
 
Nel caso del sangue di un Titano, la donna spiegò che i globuli bianchi presenti aggredivano le particelle attive del siero, come se stessero combattendo un’infezione conosciuta, avendone, per così dire, gli anticorpi. Armin fu affascinato da quello che stava accadendo al suo sangue sul vetrino: negli anni aveva iniziato a lavorare con Hanji nel tentativo di scoprire quanto più possibile sulla natura dei Titani e trovare una soluzione al problema. Questo esperimento aveva il gusto di un passo avanti e sognava di riuscire a salvare sé stesso e gli altri dalla condanna a morte che avevano sulla testa: solo 13 anni di vita da quando si diventava Titano.
 
«Al sangue di un marleyano cosa succede?» chiese, incapace di aspettare oltre e curioso di conoscere la risposta.
 
«Nulla, non ha reazione alcuna» rispose. Subito, infatti, mise sotto il microscopio il vetrino con il sangue marleyano, per dimostrare quello che aveva appena detto.
 
«Per quanto riguarda gli Ackerman» aggiunse, prendendo il vetrino di Mikasa, giustificando così il fatto che anche lei aveva dovuto fornirle un campione «non ha reazione, ma solo in un primo momento». Il sangue di Mikasa rimase inerte per qualche minuto, tanto da poter passare per marleyano a chi non sapeva della particolarità, poi ebbe una violenta reazione e distrusse le particelle attive del siero.
 
«Cosa hanno di speciale gli Ackerman?» Hanji voleva chiarire la faccenda. Sapeva, perché ne avevano parlato in passato, del momento in cui Levi e Mikasa avevano scatenato la forza che li contraddistingueva, ma perché avessero questa capacità, non era chiaro a nessuno di loro. Aveva provato a parlarne in privato con Levi, nella speranza che Kenny gli avesse raccontato qualcosa, ma, se mai avesse avuto qualche notizia, se l’era portata nella tomba anni prima.
 
Talia le sorrise, mentre faceva cadere una goccia di siero sul proprio sangue, per farle osservare una mancata reazione, identica a quella avvenuta per la ragazza, seguita dalla risposta dei globuli bianchi che Hanji aveva potuto osservare già con il vetrino precedente. Il comandante alzò lo sguardo sorpreso su di lei. Non era possibile…
 
«Gli Ackerman hanno una storia complicata» lo disse sospirando, memore di quando aveva scoperto quello che la famiglia reale aveva fatto agli Ackerman.
 
«Sei… un’Ackerman anche tu?!» e tutti gli sguardi si posarono sulla donna dai capelli rossi, così fisicamente diversa dal resto della ‘famiglia’, ma l’unica consapevole di che cosa fossero. Talia ne era sicura, ma in quel momento ebbe la netta sensazione che stesse iniziando a nascere un certo rispetto per lei da tutti i presenti, compresi quelli che, fino a un attimo prima, le avrebbero volentieri tagliato la testa.
 
«È elettrizzante!» Hanji aveva preso a saltare letteralmente dalla gioia: una scoperta di questo tipo la mandava in estasi. Un altro guerriero dalla forza assurda era utile, lo ammetteva, per quanto fossero decisamente migliorati come esercito e fossero una spanna sopra agli altri come squadra.
 
«Perché gli Ackerman sono diversi?» a ripetere la domanda era stata la sempre silenziosa Mikasa. La faccenda la riguardava e il fatto che avesse incalzato rendeva chiaro quanto la notizia fosse importante e che avessero bisogno di una spiegazione.
 
«Come credo sappiate» iniziò Talia, sedendosi sulla cattedra «ci sono alcune famiglie che non cadono sotto l’effetto della Coordinata. I loro ricordi non vengono modificati, sono strettamente consapevoli di quello che è accaduto nei secoli. C’è chi dice che non siano eldiani, ma appartengano ad altre stirpi. Gli Ackerman sono una di queste famiglie e hanno sempre avuto dalla loro parte il fatto di essere estremamente forti. Purtroppo sono anche sempre stati un po’… ribelli e sprezzanti del pericolo, tanto da mettersi spesso in conflitto con le decisioni della famiglia reale. Questa ne era talmente spaventata, che preferiva averli come amici, che come nemici, tanto da far diventare gli Ackerman il braccio destro della monarchia, con l’obiettivo di salvaguardare il genere umano.» Levi teneva gli occhi puntati su di lei, sentendo che le sue scelte di vita, alla fine, erano in linea con qualcosa che si trovava nel profondo della sua anima, lo faceva sentire meno ‘solo’, come se avvertisse la volontà di tutti i suoi antenati, di una famiglia che non aveva mai avuto. Si sentì stupido per un attimo, perché quei pensieri non lo avevano mai sfiorato prima, la sua solitudine era una scelta, ma in quel momento qualcosa era cambiata. Ripensò alla domanda sarcastica di Kenny… “E tu cosa sei? Un eroe?”… no, era un soldato e lo sarebbe stato fino in fondo.
 
«Non sono riuscita a scoprire se sia stato un atto volontario, siano stati puniti, sia stato un caso, ma sono stati fatti degli esperimenti su di loro ed è stato contaminato il loro… il nostro… dna con il siero dei giganti. Questo ha fatto sì che gli Ackerman siano in grado di sviluppare una forza che va oltre l’umano, che però può essere resa attiva solo attraverso un forte trauma emotivo»
 
«È successo anche a te?» chiese Eren, memore di quello che era successo a Mikasa, quando avevano ucciso gli aggressori della sua famiglia e di come lei avesse distrutto il pavimento di assi di legno della stanza, solo per prendere la rincorsa e pugnalare il criminale che lo teneva in pugno.
 
«Sì, avevo tredici anni: due uomini avevano aggredito in casa me e mia madre. Lei fu uccisa mentre cercava di difendermi e a quel punto si è liberata in me una potenza assurda. Purtroppo per loro, mio padre mi aveva cresciuto come se fossi stata un maschio, mi portava a caccia con lui, quindi sapevo esattamente come utilizzare delle armi. Quando è rientrato e si è accorto di quello che era accaduto, mi ha spedito per tre anni nella Regione Orientale Hizuru, senza darmi spiegazioni. Solo dopo, quando è venuto a prendermi, mi ha raccontato tutta la storia.»
 
Alzò lo sguardo verso Mikasa.
«Quando Re Fritz decise di portare la maggior parte degli eldiani su quest’isola e cancellare i loro ricordi, solo due stirpi decisero di opporsi a questa decisione: gli Ackerman e quelli che venivano chiamati gli Asiatici. Sono stati tutti perseguitati, il capofamiglia degli Ackerman ha offerto la sua vita per assicurare la sopravvivenza alla famiglia, ma è stato giustiziato e si sono dati tutti alla macchia. C’è chi ha cambiato nome, chi lo ha semplicemente nascosto. Qualcuno degli Asiatici e un ramo della famiglia Ackerman, quello da cui discendo, è riuscito a non farsi ingabbiare nelle mura, ma ha avuto comunque una vita dura. A Marley, gli Ackerman sono temuti per la loro forza e per essere delle schegge impazzite, che non si capisce esattamente da che parte stiano, per quanto ormai siano considerati una sorta di leggenda. Quando Zeke, però, vi ha incontrato, ha capito che non si trattava affatto di favole. Comunque» concluse «il fatto che tu, Mikasa, sia in parte discendente dalla stirpe asiatica, da quello che vedo, giocherà a nostro vantaggio: possiamo contattare Kiyomi Azmabito-san e riuscire a farci dare una mano anche dallo Stato Orientale, visto che ora sono in guerra contro Marley.»
 
___________________
 
Colpo di scena! Sì? Almeno un pochino, dai.
Ebbene, a me piace un sacco anche la sfuggente Kiyomi che abbiamo intravisto alla festa indetta da Tybur e prima dello spettacolo, quando va, malignamente a salutarlo prima che salga sul palco. Che la contattino ne sono certa, ma è il come che io lo vedo così: Talia nel mio caso è il tramite e Mikasa è fondamentale.
Non manca molto alla fine della storia. Scriverò qualcosa dei momenti successivi alla guerra vera e propria, qualche spin-off, magari, ci sto pensando…

A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sangue reale ***


Capitolo 6 – Sangue reale
 
«Ahia!» Talia cadde come un sacco di patate sul terreno. Il suo movimento tridimensionale aveva mancato il bersaglio, il contraccolpo si era fatto sentire ed era finita con il sedere per terra. Si rialzò dolorante e pulì i suoi pantaloni dalla polvere, provando a massaggiarsi un po’ il fondoschiena: usare quel sistema non era semplice, al contrario, richiedeva agilità e riflessi pronti. Era andata bene per quanto riguardava le lezioni di equilibrio, ma serviva tanta, tantissima pratica per riuscire a muoversi decentemente. Era Mikasa a darle una mano in questo genere di cose, anche se la ragazza non era tanto felice del compito che le era stato assegnato e la ritenesse abbastanza inetta. Non le risparmiava il suo sguardo tagliente, per quanto non sbuffasse mai.
 
«Devi sparare il gancio quando stai per arrivare alla massima altezza, non quando l’hai superata.» la rimbeccò, infatti, scuotendo la testa.
 
Talia mormorò qualche insulto a bassa voce, non sapeva se rivolto a sé stessa o alla ragazza, decisa a riprovarci.
 
«È un piano folle» sentenziò Jean, nell’ufficio del comandante Hanji, in compagnia di Eren e Levi, mentre guardava dalla finestra Mikasa allenare la donna con i capelli rossi «Dovremo riuscire ad infiltrarci senza essere scoperti e, non vorrei farvelo notare, ma dovremo farlo noi, visto che lei è conosciuta dall’esercito»
Jean non era contento di dover mettere per l’ennesima volta la propria pelle in prima linea, non in quella maniera. Si sentiva particolarmente frustrato in quel momento, conscio del fatto che altre soluzioni non c’erano, a parte forse aspettare che cadesse loro qualcosa sulla testa a furia di aspettare, dando modo ai loro nemici di organizzarsi per bene.
 
«Rischia molto anche lei» gli rispose Eren, particolarmente turbato quel giorno: avevano lavorato per ore nel tentativo di rendere attivo il potere della Coordinata, ma senza successo «L’hai sentita ieri: alla fine ha messo in conto di morire fin da quando si è consegnata a noi e credo proprio che, oltre a rischiare la sua vita, presto metterà in gioco anche quella di suo padre: sarà lui il nostro informatore.»
 
Jean dovette annuire e a quel punto chiese a Levi come procedeva la costruzione dell’imbarcazione a vela che Talia aveva richiesto, per poter raggiungere l’Isola Bianca. Il capitano lo fulminò con lo sguardo: a lui il mare non piaceva. Quando tutti erano arrivati per la prima volta sulla costa, erano stati entusiasti, si erano bagnati in quella brodaglia salata e il fatto che non ne vedessero la fine costituiva una meraviglia e non un pericolo. Adesso era stato precettato per farsi un viaggetto su una bagnarola in mare aperto, in uno spazio ristretto con lei, Hanji, Mikasa e Armin. La faccenda lo metteva profondamente a disagio.
 
Era l’ora di pranzo e la Squadra Levi sedeva tutta allo stesso tavolo. Armin e Talia parlottavano tra di loro, Hanji li ascoltava distrattamente, con un leggero sorriso sulle labbra. Pareva quasi che avessero trovato un terzo membro per quella che era stata la ‘sua’ squadra, quella che si dedicava agli esperimenti, quando non era ancora il Comandante della Legione Esplorativa e Moblit era ancora vivo.
 
«Vorrei leggere i tre quaderni lasciati da Grisha» chiese Talia, mentre sollevava il cucchiaio dalla zuppa di verdure «magari riesco a trovare informazioni utili che vi sono sfuggite»
 
Hanji rispose che era una buna idea, che probabilmente lei aveva una consapevolezza diversa riguardo certi argomenti e avrebbe potuto aiutarli a sbrogliare alcuni dei problemi che ancora li attanagliavano. Eren era dall’altro lato del tavolo, tra Levi e Mikasa: era piuttosto provato, per quanto non avesse ferite fisiche. Era stato particolarmente sfiancato dai tentativi, senza successo, di attivare il potere della Coordinata. Aveva profonde occhiaie che gareggiavano con quelle del Capitano, sempre poco incline al sonno.
 
A pomeriggio inoltrato Talia riuscì ad avere la copia dei quaderni che il Comandante aveva fatto realizzare da Armin. Sapevano che, una volta consegnati nelle mani del governo centrale, non avrebbero più avuto la possibilità di esaminarli. Era decisamente contro le regole, ma essendo gli unici ad indagare attivamente (le sorti della Legione Esplorativa non erano cambiate poi molto, nonostante i successi), preferivano averli a portata di mano.
 
La donna si dondolava distrattamente nella mensa della caserma, sfogliando con un certo interesse le pagine vergate con cura dal ragazzo. Grisha aveva spiegato nel dettaglio il suo odio per la condizione degli eldiani e, al suo posto, probabilmente avrebbe fatto la stessa cosa. Fu il personaggio di Dina Fritz ad attrarre la sua attenzione, ma il seguito la sbalordì: “Ci sposammo l’anno successivo e fummo benedetti dall’arrivo di un figlio. Il suo nome era Zeke…”
 
«PORCA VACCA!» e perse l’equilibrio andandosi a schiantare sul pavimento e trascinando il tavolo con sé, visto che aveva cercato disperatamente di aggrapparvisi.

Armin corse nella stanza, attirato dal gran fracasso, ma Talia era già in piedi ed era furente, tanto da prenderlo per il bavero della camicia.
 
«Quando avevate intenzione di dirmi che Zeke ha sangue reale? L’anno prossimo?» Armin non seppe cosa rispondere, anche perché la donna lo aveva mollato in fretta, spingendolo con violenza, quella tipica degli Ackerman, finendo per ignorare i suoi balbettamenti «Quel figlio di puttana, quello stronzo, quel farabutto figlio di cane…. Non ci posso credere, è riuscito a farmela, non sono riuscita a capire che mi stava nascondendo qualcosa e di questa portata…» aveva iniziato a camminare per la stanza, nel frattempo anche Hanji era entrata nella mensa, attirata dal fracasso e da uno spaventato Armin, che aveva scorto dalla finestra. Fu messa al corrente dell’accaduto.
 
«Ha senso, probabilmente è la ragione per cui riesce a controllare i giganti» Hanji si strofinava il mento con una mano, quasi ad accarezzare quel pensiero «Dopotutto sappiamo che il potere della Coordinata sarebbe facile da gestire, se Eren avesse a sua volta sangue reale, ma non è così»
 
«Quella volta però ci è riuscito…» ricordò Armin, quando Rainer e Berthold si erano rivelati e lo avevano rapito ed erano stati attaccati da un’orda di giganti anomali.
 
Talia li fissò estremamente arrabbiata. Tutto sommato non si fidavano completamente di lei: non le rivelavano mai tutto, eppure pensava che almeno con Hanji e Armin avesse un buon grado di complicità.
 
«Vuol dire che interrogherò Eren a modo mio, con i miei metodi. Se ci è riuscito una volta, potrebbe riuscirci di nuovo, tutto sta nel capire come ha fatto» suonava quasi come una minaccia, ma poteva essere davvero una svolta importante.
 
Non volle nessuno nella piccola stanza che scelse per l’interrogatorio. Non amava avere gente intorno quando lavorava. Eren era seduto quasi allo stesso modo di Zeke, ormai parecchi mesi prima. Era concentrato, gli occhi verdi persi nel vuoto, cercando di ricordare ogni dettaglio della giornata che lo aveva visto prima rapire da quelli che aveva considerato per lungo tempo degli amici, poi vedere Hannes morire, mangiato vivo da un gigante. Doveva rispondere a domande difficili, crudeli e senza scampo e gli altri, i loro sussulti, le loro emozioni, finanche il loro respiro avrebbe potuto distrarlo dai ricordi.
 
Talia si rese conto che per il ragazzo non era facile raccontare in modo lineare gli eventi, perché nella sua memoria si erano accavallati i ricordi di suo padre e quelli del Gufo, Eren Kruger.
 
«Voglio che ti concentri sulle piccole cose» iniziò la donna dai capelli rossi «dov’eri?»
 
Eren raccolse i pensieri e raccontò che era su un prato, l’odore dell’erba, il sole al tramonto, Mikasa accanto a lui, ferita. Talia chiese notizie sulla temperatura, se avesse caldo o freddo, tutte le sensazioni che in quel momento stava provando. Eren riuscì a ricordare che, oltre a vedere Hannes in pericolo, incapace di riuscire a beccare la collottola del gigante che stava affrontando, aveva notato Armin che tentava di difendere Jean, ferito e incosciente, da un gigante, usando una sola lama, l’altro braccio a trascinare l’amico. Riuscì a ricordare le urla del comandante Erwin e i giganti che volavano, lanciati dal Titano Corazzato.
 
«Il gigante che stava affrontando Hannes era lo stesso che ha ucciso mia madre» ammise in un soffio, le lacrime a rigargli le gote arrossate «E’ assurdo… Hannes ha pensato di riuscire a fare quello che non aveva avuto il coraggio allora…»
 
«Com’era questo gigante?» Talia sapeva che gli stava chiedendo molto, aveva visto quella sofferenza talmente tante volte che ne aveva la nausea, ma sentiva che da qualche parte c’era la soluzione. Non poteva mollare proprio adesso.
 
«Era biondo, un quindici metri, possente. Alla fine l’ho affrontato, ha cercato di colpirmi e… l’ho assalito provando a colpirlo con un pugno, non potevo ancora trasformarmi. Ci siamo toccati e in quel momento sono riuscito a ordinare agli altri giganti di aggredirlo, anche se non l’ho detto, forse l’ho solo pensato»
 
Una connessione con un gigante… perché quel gigante?

«Eren, probabilmente è quel gigante che ha attivato la connessione. Hai lottato anche con altri giganti, li hai toccati, ma non è successo nulla. Perché quel gigante? Ricordi qualcosa di particolare? Magari il suo aspetto o qualche altro dettaglio che lo rendeva diverso dagli altri?»
 
«Forse perché aveva mangiato mia madre?» tentò.
 
Talia scosse il capo, no, non aveva senso, non poteva essere una connessione possibile: se fosse bastato questo, sarebbe stato crudele e assurdo allo stesso tempo, non che la situazione fosse piacevole e rosea, ma il sacrificio di un consanguineo sarebbe stato troppo facile per permettere a chiunque di dare ordini ai giganti come Coordinata.
 
«Eren, sappiamo che solo i componenti della famiglia reale hanno capacità di controllo della Coordinata. Zeke riesce a dare ordini ai giganti, pur non avendo quel potere, quello che gli basta è avere sangue reale, quello che ha ereditato da sua madre Dina»
 
Eren alzò lo sguardo su Talia con una cognizione tremenda negli occhi. I ricordi di suo padre gli provocarono una fitta al cuore e una forte sensazione di nausea: il gigante che aveva provocato talmente tanta sofferenza alla sua famiglia era Dina! Il contatto tra una tremenda volontà e il sangue reale aveva risvegliato il potere della Coordinata.
 
«È fuori discussione!» Hanji aveva alzato la voce questa volta, cosa rara, non era non suo stile, a meno che non avesse perso la pazienza «Non possiamo mettere in pericolo Historia solo per una teoria»
 
Talia era corsa nell’ufficio del Comandante, dopo che con Eren avevano intuito come poter attivare il potere della Coordinata. L’idea della donna era quella di tenere i due a stretto contatto, in modo che il ragazzo potesse dar libero sfogo alla loro arma migliore. Hanji sapeva che l’intuizione era corretta, ne aveva valutato il ragionamento fatto dai due, ma non potevano rischiare la loro sovrana, l’unica persona rimasta di sangue reale che, suo malgrado, era diventata il simbolo della loro ribellione a quei clan che detenevano davvero il potere, prima del loro colpo di stato. Era l’unica figura che univa la popolazione, avendo perso Erwin in battaglia.
 
«Almeno proviamo a vedere se riescono a utilizzare insieme quella capacità. Possiamo liberare Annie dalla sua bara di cristallo, avremmo un altro Titano a disposizione. Credimi, per Zeke lei è comunque dalla nostra parte, facciamo un tentativo» Talia la stava implorando nella maniera più accorata che conoscesse.
 
Ecco, forse questa proposta era ragionevole ed allettante.
 
___________________________________
 
Bentrovati!
Le cose iniziano a prendere una vera e propria forma. Talia e Zeke si prenderebbero a sberle per tutta la vita, forse perché sono in qualche modo simili e mi sono sempre chiesta lui da che parte stia. Fa il doppiogioco? 
Abbiamo visto più Hanji e io adoro Hanji: quando l’ho vista la prima volta, c’è stato il colpo di fulmine!
Ci si rivede in settimana!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Frammenti ***


Capitolo 7 – Frammenti
 
Hanji aveva passato la serata con un riottoso e palesemente incazzato Levi. Era ormai notte fonda e stava riordinando le carte sulla sua scrivania. Ripensava alla conversazione che le era costata il tavolino che aveva in quell’angolo dell’ufficio, che somigliava a un salotto. Levi lo aveva sfondato con un calcio per poi guadagnare l’uscita. Non riusciva a biasimarlo, perché quello che gli aveva chiesto era davvero crudele.
 
Dopo una lunga conversazione con Talia, aveva convenuto che provare a risvegliare Annie era un’ottima idea: avrebbero scoperto qualcosa in più utile alla loro causa, avrebbero avuto un Titano in più nel combattimento e, una parte di lei, quella disposta a tutto, sarebbe stata anche d’accordo a far divorare la ragazza da qualcuno, se questa si fosse rifiutata di passare dalla loro parte e partecipare attivamente al piano. Il problema era Levi. Annie per Levi era il Titano Femmina che aveva sterminato tutta la sua squadra, era il fallimento della 57° spedizione fuori dalle Mura, era qualcuno che avrebbe voluto vedere morto e di sicuro si sarebbe premurato di farlo a pezzi personalmente. Era leggendaria la sua disintegrazione del gigante che aveva ucciso i suoi amici, Farlan e Isabel, durante la sua prima missione, ed era chiaro a tutti che aveva spaventato a morte addirittura il Titano Bestia: Annie ora sarebbe stato un bersaglio facile e Hanji non voleva sapere cosa sarebbe stato in grado di farle. Si stropicciò l’occhio sotto la lente: forse la notte avrebbe portato consiglio.
 
Hanji non aveva fatto i conti con la difficoltà di Levi ad approcciarsi a chicchessia, tanto che spesso doveva fare da traduttrice simultanea ai pensieri sconnessi del Capitano, e questo caso non fece eccezione. L’uomo era talmente fuori di sé, che finì per litigare con la lingua tagliente di Talia: per l’occasione la donna aveva anche tirato fuori una certa dose di sarcasmo e cinismo. E la bomba esplose.
 
Levi prese per il collo Talia e la bloccò contro il muro della mensa, sotto lo sguardo attonito di tutti: nonostante il pessimo carattere, erano rari i momenti in cui agiva in maniera sconsiderata e improvvisa. La teneva ferma con tutto il peso del suo corpo, in modo che non potesse liberarsi, regalandole uno degli sguardi più cattivi che avessero mai visto.
Il colorito di Talia diventava sempre più rosso, fino a che non riuscì a divincolare una gamba e gli sferrò un calcio in un fianco. Levi era troppo fuori di sé per riuscire a pararlo e accusò il colpo. La donna tossicchiò in ginocchio, lo sguardo puntato sul suo assalitore e una mano a sfiorare lo stivale, dove custodiva il suo pugnale.
 
«Capitano Levi, stiamo parlando solo di ipotesi, non sappiamo nemmeno se funzionerà!» Armin, prendendo il coraggio a quattro mani, tentava di addolcire la pillola, pur confidando che l’esperimento riuscisse per tante ragioni: per la loro causa, per il piano da attuare e perché lui Annie voleva davvero che stesse bene, nonostante fosse consapevole dei crimini che aveva commesso. Fece cenno a Sasha di andare a chiamare il Comandante, perché intuiva che presto tutto sarebbe precipitato.
 
«Levati dai coglioni, devo tirare fuori da questa stronza tutta la merda che ha in corpo» venne fuori dalla bocca di Levi, quasi sibilando.
 
Talia non rispose, ma partì alla carica con il pugnale in mano, lanciando fendenti a destra e a manca. Levi arretrò, schivando, per poi tirare fuori un coltello dalla cintura. Teneva la lama come si fa nelle risse di strada e questo allarmò Talia: aveva scelto l’arma peggiore per battersi con Levi, che, a quanto pareva, era decisamente su un altro livello. La donna si trovò per lo più a dover schivare, per evitare che lui andasse a segno e fu miracolata in un paio di episodi: uno aveva visto la lama sfiorare il suo collo e dall’altro ne uscì con una ferita superficiale al braccio sinistro.
 
Così com’era iniziata, finì, perché l’arrivo di Hanji mise tutti a tacere, con la promessa che, quando sarebbero riusciti nel loro intento, Levi sarebbe stato lì, con le lame pronte a rendere inoffensiva Annie (ma il Comandante temeva che l’avrebbe uccisa) al minimo cenno di ostilità.
 
«Ahia!» Talia trattenne un’imprecazione, quando Hanji con malagrazia le strinse i due lembi di pelle per metterle dei punti sul braccio. Di solito non si occupava di queste cose, ma doveva fare due chiacchiere con quella matta furiosa. Al pazzo scatenato ci avrebbe pensato in un altro momento.
 
«Cerca di capire il suo punto di vista» disse, passando l’ago nella pelle.
 
«Tutti abbiamo perso qualcosa con tutta questa storia dei giganti, cosa lo rende speciale?»
 
«Non posso raccontarti troppo del suo passato, non sarebbe giusto nei suoi confronti, visto che sono state confidenze e per farmele ci ha messo anni, ma ha perso molto più degli altri in tutta la sua vita e mi sono sempre chiesta cosa lo faccia desistere dall’uccidersi»
 
Talia non proferì più verbo, perché non aveva mai visto Hanji Zoe così seria. Si diede della stupida, perché aveva letto in Levi segnali di una mente provata, paragonabile a quella dei ragazzi che per anni le erano stati affidati, ma aveva deciso deliberatamente di ignorarlo. Il suo disturbo ossessivo compulsivo, che lo portava a fare pulizie meticolose nella caserma, era la parte divertente delle sue psicopatie, ma aveva notato quanto poco dormisse e, sospettò, quando ci riusciva, i suoi sogni dovevano essere popolati da mostri. Non l’aveva mai visto sorridere, mai visto contento per qualcosa. Il suo sguardo era perennemente apatico, il tono sempre monotono e, quando era scoppiato, Talia era stata quasi felice di aver avuto finalmente una reazione da parte sua, un cambiamento, qualcosa che dimostrasse che fosse vivo.
 
La Squadra Levi, Hanji e Talia giunsero nella capitale un paio di giorni dopo. Fu il Comandante ad andare a colloquio con la regina Historia, per spiegare qual era la ragione della loro visita e sperare di riuscire ad arginare il controllo che la ragazza subiva da quella parte dell’esercito che aveva il potere da quelle parti. Nel frattempo tutti gli altri avevano avuto il permesso di recarsi nel sotterraneo dove era custodita Annie Leonhart.

Era un ambiente piuttosto spazioso per essere un sotterraneo. Talia apprese che tutta la capitale aveva una vera e propria città sotterranea, alta abbastanza da permettere di costruirci edifici a più piani e avere ancora spazio prima di giungere a toccare la volta. Di conseguenza quella sistemazione per Annie non era così sorprendente, per quanto avessero assicurato il cristallo alla parete.
 
«Abbiamo provato in tutti i modi a scalfire questo cristallo, ma non ha funzionato nulla e credo che nemmeno mordendo il cristallo in forma di titano serva a qualcosa» disse Armin, ormai sempre più lanciato nell’essere il vice di Hanji Zoe quando questa non era presente.
 
«No, non funzionerebbe, l’unico è il potere della Coordinata o la volontà di Annie stessa» ammise Talia.
 
Il cristallo fu posizionato al centro della stanza. Dal giorno della loro animata discussione Levi e Talia avevano accuratamente evitato di incrociare gli sguardi, ma lo sguainare delle lame di Levi portò la donna a cercare il suo sguardo: vi lesse la fermezza di portare a termine quello che aveva dichiarato. Avrebbe dovuto agire in fretta ed essere estremamente risoluta, prima che Levi perdesse la lucidità. Purtroppo Talia non aveva fatto i conti con l’altra Ackerman, che imitò il Capitano. Beh, doveva essere decisamente più veloce della scarsa pazienza di quei due.
 
Hanji arrivò con Historia al seguito e le danze iniziarono. Innanzitutto bisognò superare un certo imbarazzo nel dover trovare una sintonia tra Eren e la ragazza che non aveva potuto seguire tutti gli sviluppi contorti della Legione Esplorativa. Per fortuna i tre “scienziati” del gruppo diedero tutte le indicazioni possibili e dopo una serie di tentativi andati a vuoto, un sonoro “crack” fece capire a tutti che qualcosa stava accadendo.

Annie spalancò gli occhi azzurri, confusi e con una luce debole nello sguardo, essendo passati anni da quando si era rinchiusa nella sua personalissima prigione. In un fragore di vetri infranti il cristallo si tramutò in polvere luminescente e il corpo di Annie cadde stremato a terra. Respirava a fatica e Talia intervenne a sorreggerla.
 
«Respira lentamente, non abbiamo fretta»
 
«Ca…capitano Swan?!» la ragazza era decisamente stupita di vere il suo Capitano lì. Ma dov’erano? Mille domande si affollarono nella sua mente, incapace di capire dove fosse. Si guardò attorno e riconobbe Armin, che si era avvicinato nel frattempo, conscio anche lui delle ostilità dei due Ackerman lì presenti, sperando che la sua presenza così vicina li facesse desistere da attaccare. Anche Annie si accorse di loro e ne fu letteralmente terrorizzata.
 
«Non pensare a loro, guarda me. Sono cambiate un bel po’ di cose da quanto di sei chiusa qui dentro. Devo chiederti di non trasformarti per nessun motivo. Abbiamo tante cose da chiarire prima e ti prometto che loro non ti faranno assolutamente nulla.» nel dirlo guardò negli occhi Levi, che ricambiò lo sguardo di aperta ostilità «Tieni un profilo basso e andrà tutto bene» furono ordini quelli di Talia e la ragazza lo capì alla perfezione. Non mosse un dito senza che il suo superiore lo autorizzasse, anche se iniziava a sospettare che c’era qualcosa di profondamente anomalo.
 
____________
 
Perdono!
Avrei dovuto aggiornare ieri, ma tra studio e lavoro non sono riuscita a farlo. Sto lavorando per un evento di quelli epocali e ho già lavorato per una tappa del Giro d’Italia numero 100… Finito il momento “vanteria”, ma sul serio ne ho fin sopra i capelli e ogni volta che ne ho fin sopra i capelli mi viene voglia di scrivere, scrivere, scrivere!
Qui abbiamo assistito ai meravigliosi rapporti tra Ackerman: o hanno voglia di menarsi o si menano, hanno questo approccio violento che fa famiglia. Ricordo Mikasa con lo sguardo assassino verso Levi che picchiava Eren… nostalgia!
Per me Annie chiusa lì dentro non doveva starci più, che volete che vi dica?
Il prossimo capitolo sarà anche l’ultimo e alla fine di quello vi spiegherò un po’ di cosette.

A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sull'acqua ***


Capitolo 8 – Sull’acqua
 
Annie era stata un osso duro per un po’. Non voleva accettare il tradimento di Talia, non digerì facilmente nemmeno la morte di Berthold, per quanto le avessero riferito che Armin lo aveva divorato mentre era incosciente e sapeva esattamente cosa volesse dire. Alla fine però aveva compreso alla perfezione le posizioni del Capitano Swan e anche quelle dell’attuale Titano Colossale. Anche lei voleva mettere fine a quella vita senza senso che li avevano costretti a subire con false promesse e la flebile speranza che Talia le aveva concesso, quella di provare a trovare una soluzione alla condanna a morte che avevano sulla testa in quanto Titani, quei miserrimi tredici anni di vita concessi da quando avevano divorato i loro predecessori, le aveva dato il coraggio necessario per entrare a far parte del piano per distruggere la potenza di Marley. Accanto a lei sarebbe rimasto Armin che, per questo motivo, non sarebbe più partito per l’Isola Bianca con gli altri.
 
Talia sistemava le cime dell’imbarcazione che aveva commissionato. Non era male e sarebbe stato l’unico modo utile per poter aggirare i controlli, per quanto fosse sicura che ormai non c’erano navi in quelle acque, impegnate com’erano su altri fronti. Notò Levi fissare con sguardo cupo lo scafo della barca, braccia incrociate al petto e tanta voglia di restare a terra.
 
«La barca è sicura, puoi stare tranquillo» si intromise nei suoi pensieri. Levi alzò lo sguardo su di lei e schioccò la lingua scocciato.
 
«Non è la barca che mi preoccupa» ammise e Talia capì: era il mare e ancora di più non sapere che pericoli nascondesse. Era una visione saggia della situazione e non lo prese in giro per questo. Erano riusciti ad appianare le divergenze che avevano avuto su Annie e, per quanto non si fossero certo scusati l’uno con l’altra del comportamento violento palesato, era stato piantato il seme della fiducia tra di loro.
 
«In questo tratto la navigazione è abbastanza tranquilla, tranne che per il rif, la barriera corallina che si trova dove vedi quelle onde. Ci farà saltare un po’, ma nulla di ingestibile» concluse.
 
Levi non ne fu molto rassicurato e, quando sulla barca ci salirono anche Hanji e Mikasa, la sua inquietudine fu palese per le imprecazioni che lanciò all’indirizzo di nessuno in particolare, ma che fecero sorridere le sue compagne di viaggio, a parte Mikasa che semplicemente viveva quel viaggio quasi come una crociera di piacere. Hanji era estremamente affascinata dall’esperienza che stava vivendo e un po’ le dispiaceva che Armin fosse dovuto restare a casa.
 
Viaggiarono di notte, sotto la luna crescente, per evitare di essere avvistati. Lo scafo e le vele erano scuri proprio per questa ragione: più si mimetizzavano nell’oscurità, meglio era per la loro operazione. L’Isola Bianca non era lontana e in poche ore ci sarebbero arrivati.
 
La videro spuntare dal buio a parecchie miglia di distanza e compresero perché aveva quel nome: le rocce calcaree erano di un candore tale che riflettevano la pur fioca luce lunare. Evitarono il molo in legno e aggirarono l’isola per arrivare nella zona dove si stagliava un frutteto. Legarono la barca ad un anello metallico che era conficcato nella roccia della costa alta e lì sbarcarono.
Con circospezione si avvicinarono al retro della villa enorme che troneggiava già sulla costa, le cui finestre erano tutte al buio. Giunsero ad una porta interrata, era la porta delle cantine che utilizzavano i massari che si occupavano del frutteto, del pollaio e delle stalle per i Swan. Sotto uno dei vasi Talia recuperò la chiave di riserva e i quattro entrarono. Si ritrovarono tra le botti di vino e gli scaffali carichi di conserve, prima di riuscire ad arrivare alla scaletta in pietra che permetteva loro di arrivare alla porta che gli avrebbe permesso di entrare in casa. Talia andò avanti da sola: suo padre aveva l’abitudine di utilizzare il salottino vicino alla cucina quando era da solo nella villa, considerando il suo spirito guerriero, avrebbe prima attaccato e poi verificato chi gli aveva fatto visita nel cuore della notte e da un ingresso secondario. Così fu: la donna si trovò a difendersi da un fendente del padre, con un attizzatoio tra le mani, preso direttamente dall’attrezzatura del camino.
 
«Papà, sono io!» riuscì a dire e l’uomo si fermò con l’oggetto a mezz’aria, pronto per un secondo tentativo.
 
Lucas Swan era paradossalmente tranquillo. Aveva appena scoperto che sua figlia non era morta e questa gli stava portando in casa Hanji Zoe, comandante di quell’esercito che i marleyani stavano imparando a temere sempre di più, e Levi e Mikasa Ackerman, il terrore delle leggende fatto a persona.
 
«Direi che non è sorpreso» fu Hanji a rompere il silenzio.
 
«Direi di no» ammise l’uomo, portando alla bocca la pipa «Non ne avevo le prove, ma ero certo che Talia sarebbe riuscita nel suo intento. La mia bambina ha la pellaccia dura, non si sarebbe fatta uccidere, di questo ne ero certo, anche se, Talia, qui fuori c’è la tua tomba con tanto di lapide. Non ho potuto far finta di niente troppo a lungo o si sarebbero tutti insospettiti»
 
Talia ebbe un brivido al pensiero di avere una lapide con il suo nome scritto sopra. Lo sguardo di Lucas si posò inevitabilmente sui due che non avevano proferito verbo. Aveva sentito anche lui parlare di loro ultimamente, aveva ripreso a frequentare i circoli dei militari, perché sapeva che quel giorno sarebbe arrivato. Era rimasto quasi deluso dalle sembianze del capitano Levi: dai racconti che circolavano, per aver messo paura a Zeke, si aspettava di trovarsi di fronte un guerriero possente, alto e ben piazzato, invece Levi era decisamente lontano da questa immagine, basso e dal fisico asciutto.
 
«Papà, smetti di fissarli in quel modo» Talia si sentì in dovere di mettere fine a quegli sguardi famelici, perché aveva imparato a conoscere la suscettibilità dei due a cui erano rivolti.
 
«Quando mi ricapita di incontrare altri Ackerman?» la rimbeccò lui, andando a prendere un libro nascosto in uno scomparto al lato del camino. La copertina era rovinata, bruciacchiata in più punti, ma nonostante questi difetti, era stato tenuto con cura, avvolto in un panno morbido. Era un libro speciale per Lucas, era l’albero genealogico degli Ackerman, un libro che aveva trovato dopo varie ricerche proprio in quella casa. La cosa che lo aveva colpito più di tutto era quella parte del libro dove appariva la curiosa dicitura “oltre il mare”, un chiaro riferimento agli Ackerman che erano partiti per l’isola di Paradis insieme a Re Fritz.
 
Hanji e Talia si lanciarono uno sguardo d’intesa: per la prima volta Mikasa e Levi erano veramente interessati a qualcosa e si sorpresero quando risposero alle domande di Lucas senza fare storie, che gli chiese i nomi dei propri genitori e di tutti gli Ackerman che ricordassero, per poterli segnare su quel fantomatico libro.
 
«Possiamo parlare di cose serie o dobbiamo giocare ancora ai nostalgici? Se toppiamo, non ci saranno altri Ackerman da segnare lì sopra» Talia si spazientì.
 
«Va bene, va bene… inizio a mettervi al corrente della situazione, perché quei bastardi hanno chiamato in causa i Tybur»
 
«Talia ce ne aveva parlato» intervenne Levi, tornato nei ranghi dopo quella strana parentesi legata al nome della sua famiglia.
 
«Non manca molto alla fine della guerra con lo Stato Orientale e immagino che tu voglia coinvolgerli…» Lucas aveva osservato a lungo i tratti orientali di Mikasa, ma soprattutto conosceva il legame di sua figlia con Kiyomi Azmabito, la donna che si era occupata di lei per tre anni, dopo la tragica morte di sua madre.
 
«Sì, abbiamo bisogno di avere un appoggio esterno in ogni caso e in particolare se le cose dovessero mettersi male. Hanno motivo per odiare Marley, come tanti, ma con loro abbiamo dei contatti personali e mi riferisco a me, come a Mikasa. A questo proposito vorrei che scrivessi a Kiyomi-san e le inviassi anche qualcos’altro, qualcosa che ti identifichi come parte del suo clan» e Mikasa tirò fuori dalla sua giacca una lettera scritta di suo pugno.
 
A quel punto fu Hanji a prendere la parola in virtù del suo ruolo. Il piano era abbastanza complesso e consisteva nel riuscire a infiltrare Eren e qualcun altro oltre le linee nemiche, all’interno del getto di Liberio, ma anche nella città preclusa agli eldiani, per poter così studiare effettivamente i movimenti dell’esercito marleyano e prendere delle contromisure adeguate. Servivano delle basi d’appoggio, come appartamenti, cantine. La loro idea era quella di attaccarli nel loro territorio e di farlo dall’interno prima che Marley adottasse un qualunque piano per attaccare Paradis come sospettavano. Avevano bisogno di una talpa in territorio nemico e quello che stavano chiedendo a Lucas era proprio questo: essere il loro gancio.
 
«Posso farlo. Ho già qualche proprietà, ma posso trovare dei prestanome per le altre, in modo che non sospettino di me»
 
Erano sulla via del rientro, ormai iniziava ad albeggiare e l’aria era diventata frizzante. Non avevano passato molto tempo sull’isola, avevano davvero solo stabilito come entrare in contatto nelle settimane a venire per adattare il piano alle circostanze. Levi si sedette accanto a Talia, nella sua postazione al timone.
 
«Sei davvero certa di quello che stai facendo?» chiese lui a bruciapelo guardando nella direzione in cui puntava la prua della barca.
 
«Credo di averlo detto fin dall’inizio che avrei messo in gioco la mia vita, o sbaglio?»
 
«Ora non è in gioco solo la tua vita»
 
«Vero, ma questo probabilmente è il destino degli Ackerman. Sono fatti in modo decisamente strano. Prendi questa situazione, io e te che chiacchieriamo mentre spunta il sole: fino a qualche giorno fa ci saremmo volentieri presi per il collo a vicenda»
 
Incrociarono i loro sguardi, scrutandosi come non avevano mai fatto, per la prima volta senza ostilità, consapevoli del sacrificio che stavano per compiere e forse per questo meno ostili l’uno con l’altra.
 
«Sai, se non fossimo vissuti in un’epoca così schifosa, avrei fatto il medico, ho studiato da medico per la verità, ma ho abbandonato quando mi hanno assegnato all’unità dei Titani. E tu che avresti fatto?»
 
«Avrei aperto una sala da tè»
 
Talia trattenne una risata, perché Levi era mortalmente serio al riguardo.
 
«Una scelta originale» riuscì a dire con voce ferma «non me lo sarei mai aspettato da te, ma è una bella e rilassante idea».
 
_________________
 
Con questa immagine idilliaca, di un’alba di una nuova era e questi due che chiacchierano amichevolmente (insomma, diciamo che hanno sotterrato l’ascia di guerra per un bene superiore), ho voluto chiudere la fanfiction.

Sì, effettivamente potrebbe continuare, ma la verità è che la battaglia sarebbe un vero vespaio, che andrebbe architettato ad arte, tenendo conto di un paio di idee decisamente malsane che mi sono venute in mente grazie al capitolo 104 pubblicato di recente (posso dire che avevo immaginato che Hanji arrivasse dall’alto? Lasciatemi gongolare un po’!). Mi sono fatta diversi film mentali in merito. Per l’ossessione, ho anche sognato Levi e Hanji. Mi serve un po’ di tempo, ma qualcosa verrà fuori, ci sarà una seconda parte e ho buttato giù le trame di due missing moments della mia storia e due sequel da scrivere come one shot o comunque in pochi capitoli. Il problema è il tempo: in teoria devo studiare per un esame di abilitazione, quindi devo ritagliare del tempo qui e là, e sto partecipando all’organizzazione di un evento (dico solo che la guest star di questo evento è il Papa, quindi capitemi, per favore!).
 
Detto questo ringrazio tutti quelli che hanno letto questa storia, in particolare PeNnImaN_Mercury92, che seguito e recensito dal primo capitolo, e LolloRollo, che ci ha raggiunte nella follia della storia.
Ringrazio chi ha inserito questa storia tra le preferite e le ricordate.
A tutti voi: grazie!

Ci vediamo presto!
Lady Snape

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3753654