I choose to smile

di Seira Katsuto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Marco's Story ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Marco's Story ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Marco's Story ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Marco's Story ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Marco's Story ***


Prologo.

Voi credete nel destino?
Io no, ma penso che il mondo a volte sappia essere davvero ironico.
Mi chiamo Marco Torri, ho 29 anni ed è il mio primo giorno come professore del Liceo Artistico di Bologna.
Sono passati dodici anni da quando me ne sono dovuto andare da qui e finalmente sono riuscito a tornare.
Questa è la città in cui sono nato, all'età di diciassette anni i miei genitori hanno divorziato e sono andato a vivere con mio padre a Roma, così ho dovuto lasciare indietro tutti i miei amici e ciò a cui tenevo di più.
Era da molto che volevo ritornare in questo luogo, quando ero ragazzo commisi molti errori e lasciai troppe cose in sospeso... L'errore più grande lo feci l'ultimo giorno, prima di partire, all'epoca ero così frustrato tra la scuola e i miei genitori che di punto in bianco decisi di scomparire, cancellai tutti i miei contatti, non volevo essere più raggiungibile da nessuno, per questo alla fine mi sono deciso ad andare a vivere in un'altra città.
Solo anni dopo capii che per quanto potessi stare male non avevo fatto altro che scappare e abbandonare le persone a me più care senza una valida spiegazione...
È così che ho deciso che sarei tornato a prendermi le mie responsabilità e, anche se forse è troppo tardi, ora sono qui.
Ma per assurdo, può essere davvero una coincidenza, appena arrivato in città, di trovarmi davanti la mia migliore amica dell'epoca nonché mio primo amore?



Capitolo I - Marco's Story

Un atrio a me molto familiare, una bidella isterica in segreteria e il costante odore di tabacco nell'aria.
- Non è cambiato proprio nulla - Sospiro nostalgico.
- Anche lei era un vecchio studente? È incredibile come per quanti anni passino certe cose rimangano le stesse - Sento una candida voce femminile alle mie spalle che mi riporta alla mente vecchi ricordi, era come se tutto ciò che avevo lasciato in quel luogo non si fosse mai spostato.
Mi giro e guardo la donna di fronte a me, il mio sguardo si ferma su dei profondi occhi marroni, capelli lunghi e lisci dello stesso colore intenso, frangia portata a sinistra del volto e viso impassibile, come una bambola.
Alta e snella, con un portamento che trasmette un senso di sicurezza, una camicia elegante, dei jeans blu scuro leggermente attillati e infine degli stivaletti nero pece.
- Sì, era da un sacco di anni che non tornavo qui e rientrarci non più come studente ma come un professore dà una sensazione molto strana -.
Accenna un lieve sorriso, per poi voltarsi verso di me e porgermi una mano.
- Piacere di conoscerti, il mio nome è Sara Casadio, insegno nel triennio Laboratorio di Fumettistica -.
Le stringo la mano.
In quel momento mi rendo conto di quanto in realtà fosse diversa, completamente diversa...
Questa persona ha un portamento normale, amichevole ed educato.
Nulla fuori posto.
La ragazza che ho conosciuto al liceo era un tipo talmente timido e distaccato che aveva paura di infastidire qualcuno solamente respirando, una persona che mai ne avrebbe avvicinata un'altra di sua iniziativa.
In effetti anche se ho cambiato cognome (per il divorzio dei miei genitori) e sono cresciuto un po' da allora mi sembra strano che non mi abbia riconosciuto, chissà, magari lei è una sua sorella gemella che ha tenuto nascosta a tutti fin da piccola.
- Piacere mio, sono Marco Torri, insegno anch'io nel triennio, faccio progettazione a discipline grafiche/pittoriche... Ha detto Fumettistica? - Quando studiavo qui non c'era una materia simile.
- Ah, giusto essendo nuovo non può saperlo. Due anni fa dato che l'ambiente fumettistico in Italia sta avendo sempre più influenza tra i giovani e l'economia va sempre più ad espandersi, il Liceo Artistico di Bologna ha richiesto una collaborazione con l'Accademia Europea di Manga chiedendo ai loro insegnanti di venire qui come professori per una nuova materia di indirizzo così quest'anno hanno chiamato me - spiega in modo fluido e impeccabile.
- ...Ah, giusto, le volevo chiedere un'altra cosa... Sa, mi ha dato una strana impressione appena l'ho vista, come se l'avessi già incontrata, per caso ci siamo già visti da qualche parte? - Mi chiede con sincera curiosità dipinta sul viso.
È sempre più sbalorditiva questa sua sicurezza, chissà se anche stuzzicandola un po' riuscirà a rispondermi a tono, un po' mi dispiace che la mia piccola ragazzina imbarazzata sia diventata così... normale?
Sento un brivido d'eccitazione che non provavo da molto tempo.
Con una mano mi metto a posto il ciuffo che tende sempre a cadermi davanti al volto.
- Oh, ammetto che mi ha un po' spiazzato, questo genere di domande mi ricordano moltissimo vecchi metodi di approccio, o mi sto sbagliando? - La osservo sorridendo divertito, facendo intendere che tipo di approccio.
In un istante tutta la sua sicurezza scompare lasciando spazio ad un'espressione tra il disagio e l'imbarazzo, alza leggermente le mani sopra il petto che incominciano a tremare - N-non intendevo quello! Mi scusi! - esclama balbettando.
Un telefono inizia a squillare, lei tira il suo fuori dalla tasca e leggendo il nome fa una strana espressione infastidita per poi fissarmi interrogativa.
- Prego, faccia pure - Le dico cordialmente uscendo un attimo fuori dall'edificio per fumarmi una sigaretta.
Poco prima di accenderla sento leggermente la sua conversazione - Cosa vuoi Dimitry? Guarda che... -.
Quel nome, mi volto verso di lei osservandola sorridere mentre parla.
Sembra non sia cambiato davvero nulla...
Aspiro lentamente per poi rilasciare il fumo all'esterno.
- Anche lei fuma? - Spunta fuori di nuovo la mora.
- Purtroppo mi sono fatto tentare da giovane quando ero in un pessimo periodo e mi porto da allora questa stupida dipendenza - Le rispondo con aria sconsolata.
- Capisco... Io mi avvio in aula Magna* a breve inizierà la riunione del consiglio e volevo parlare prima con la preside di una faccenda, è stato un piacere parlarle, se ha voglia durante qualche pausa potrà trovarmi sempre nell'aula 43, precisando che non c'è alcun motivo particolare sotto - Mi saluta con un sorriso scandendo l'ultima frase.
Rimango ancora fuori per finire la sigaretta quando sento il mio telefono squillare immaginando già chi potesse essere.
- Ci tieni così tanto ad essere insultato di prima mattina? - domando sentendo come risposta una risata.
- Perché non mi hai detto che lavorava qui e soprattutto che eravate ancora in contatto, ho avuto quasi un infarto! - sussurro irritato.
- E perdermi la reazione di entrambi? No, grazie. Comunque sembra che non ti abbia davvero riconosciuto anche se mi ha raccontato della bellissima figura di merda che ha fatto, sei stato cattivo - dice ironizzando.
- Il suo atteggiamento mi ha spiazzato, chissà forse è la tua vicinanza ad averle corrotto il cuoricino e resa così - Lo sento continuare a ridacchiare.
- Beh pensandoci però... A proposito di cuoricini... Il tuo come sta? Dopo tutti questi anni un improvviso incontro dettato dal destino... l'amore... la vecchia fiamma... Quel profondo sentimento dimenticato si è riacceso? -.
- Ti ammazzo - Taglio corto infastidito dalla capacità di dire troppe stronzate consecutivamente della persona all'altro capo del telefono.
- Va bene, va bene non ti stuzzico più. A parte gli scherzi... Hai intenzione di dirglielo? - chiede con improvvisa serietà.
Devo dirglielo... Appena ci sarà la giusta occasione lo farò, non preoccuparti. Ora comunque devo andare, non è il caso di arrivare in ritardo il primo giorno di lavoro, ci si sente Dim - Lo saluto per poi agganciare.

Vecchia fiamma eh...?
Con quella reazione fin troppo esagerata, quel suo sorriso sincero e quella sua nuova sicurezza... Forse potrei davvero innamorarmi di nuovo.


*Aula Magna: è un'aula molto grande in cui solitamente si tengono presentazioni (come all'open day) oppure si fa teatro.

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Capitolo 2
*** Capitolo II - Marco's Story ***


Capitolo II - Marco's Story

- Marco, Marco! Tu come descriveresti l'amore? Secondo me è come la pizza, se ne mangi troppa ti viene il mal di pancia, ma potresti mai dire di aver preferito non mangiarla? -.

Il ricordo di un sorriso divertito mi ritorna in mente.
Da quando mi sono trasferito qui mi vengono sempre più spesso ricordi di quel tempo, i momenti felici a cui non avevo mai dato troppa importanza, che ritenevo quasi ovvi e scontati.
Solo dopo averli persi mi sono accorto della loro importanza... Un cliché, no? O forse si chiama semplice stupidità, è come un'illusione che ti porta a pensare che tutto ciò che hai non se ne andrà mai, quando in realtà è proprio l'opposto, il ciclo stesso della vita dice che tutto ciò che ti rappresenta avrà sempre una fine.
Eppure quante volte avete sentito questa frase? Tutta questa gente è stupida e basta? Tutti in fondo sanno che niente dura per sempre, quindi cosa spinge l'uomo a pensare che la continuità della vita sia scontata? Che sia proprio quell'ingenua certezza ad essere talmente rilassante da volerla avere senza accorgercene, come se fossimo in un sogno... Per poi perderla solo dopo aver sofferto.
Viviamo in una realtà crudele che ci costringe a sopravvivere in un mondo infelice, forse è proprio per questo che cerchiamo disperatamente di sopravvivere nella nostra dimora coperta da muri creati da noi stessi che tentano di allontanare tutte quelle cose che potrebbero ricordarci la tristezza che ci circonda.
Suono alla porta di un piccolo appartamento.
- Chi è? - Si sente una voce maschile attraverso il citofono.
- Un vecchio amico che non senti dai tempi della quarta superiore -. rispondo più calmo possibile, non ho la più pallida idea di come potrebbe reagire nel vedere qualcuno che ha chiuso i ponti con lui di punto in bianco e che ricompare dopo più di dieci anni.
Cosa dovrei fare io? Se mi sbattesse la porta in faccia? Se mi tirasse un pugno? Se mi ignorasse e basta?
Vedo la porta aprirsi, davanti a me c'è un uomo dai capelli castano scuro e scombinati che arrivano fin sotto le orecchie, con una frangia tirata indietro da un lato con una ciocca che gli cade sul viso.
Barba trasandata ma non troppo lunga.
Indossa una camicia nera sbottonata con sotto un'altra maglietta del medesimo colore più dei jeans grigio scuro.
Lo vedo spostarsi la frangia dall'altra parte e fissarmi con aria inespressiva, rimaniamo così per un bel po' di secondi mentre sento l'ansia aumentare sempre di più, cerco di rimanere tranquillo e di sembrare il più rilassato possibile scordandomi del fatto che quando sono nervoso ho lo strano tic di sistemarmi un po' troppo il collo della camicia o i capelli... e lui lo sa perfettamente.
Vedendomi fare anche solo uno di quei gesti di disagio fa uno sbuffo divertito e si gira facendomi segno di seguirlo - Forza entra -.
Proseguo e mi guardo intorno, è un bilocale dall'aria semplice, entriamo in un salotto con un tavolo, quattro sedie, un divano di fianco e davanti ad esso una televisione non troppo grande.
Vicino al salotto c'è un cucinino dal quale lo vedo entrare e poi uscire con due lattine di fanta offrendomene una.
La accetto e sorrido tra me e me - non sei cambiato di una virgola -.
L'altro apre la lattina e ne sorseggia un po' il contenuto - invece tu molto, per poco non ti riconoscevo con quella barba e quel taglio di capelli, anche se per quanto a trasparenza sei rimasto un libro aperto, sembravi un cagnolino impaurito che stava aspettando la sua esecuzione al patibolo ahahah -.
Osservo la bevanda che ho tra le mani e respiro profondamente.
- Sono qui per scusarmi e per dirti che ho intenzione di riconciliarmi con tutti, farò in modo di aggiustare gli errori che ho commesso in passato per la mia mancanza di maturità -.
Dico con sincera sicurezza.
- Mi sembra un'ottima idea, mi piacerebbe passare una sera con tutto il gruppo come facevamo in passato - Risponde con uno strano sguardo verso il vuoto.
Alzo il viso con stupore, non mi era mai sembrato un tipo nostalgico.
Prima che potessi dire altro sento dei piccoli passi provenire dal corridoio.
Spunta da dietro l'angolo una bambina assonnata che avrà sui quattro o cinque anni, con un pigiama arancione con un coniglietto sopra e la sento poi chiedere qualcosa in russo.
Quando si accorge di me sussulta e si rintana dietro la porta scrutandomi da lontano.
- Sasha, dopo ti finisco di raccontare la storia, c'è un ospite, un mio vecchio amico, presentati come si deve - gli dice Dimitry.
La ragazzina si avvicina timidamente - Piacere, io sono Sasha -.
Mi chino alla sua altezza e mi presento a mia volta porgendole una mano - Piacere mio, Marco - lei me la stringe per poi guardare verso Dim.
Lui si avvicina e le accarezza dolcemente la testa - Brava, prova a tornare a dormire, io arrivo fra poco -.
Lei annuisce e ritorna nella sua stanza.
Mi giro confuso verso il castano - Chi è? -.
Lui mi fissa e con uno strano ghigno risponde - Mia figlia ovviamente -.
Un brivido freddo mi passa dietro la schiena.
Figlia? No. Non è possibile.
Che sia stato l'errore di una notte? No... Non è il tipo...
Non ho visto nessun oggetto che facesse pensare alla presenza di una donna in questa casa, che stia semplicemente facendo da babysitter a qualche parente? Potrebbe essere sua sorella...
...Figlia... Esiste davvero qualcuno in grado sia di sopportarlo che di essere amato da quest'uomo? Nel caso mi piacerebbe conoscerla una persona simile.
Pensandoci però... quel ghigno sospetto poteva significare che fosse tutto uno scherzo per confondermi, conoscendolo ne sarebbe capace.
Per ora preferisco non indagare oltre, meglio far finta di niente.
Finisco di bere l'aranciata e mi alzo.
- Bene, ho visto che hai da fare, è meglio che tu non la faccia attendere molto, sembrava tenerci a quella storia, inoltre domani è il mio primo giorno come insegnanti al Liceo Artistico - Sorrido divertito nel vederlo quasi sputare tutta la bibita fuori per poi tossire e guardarmi stupito con una strana smorfia, come se si stesse trattenendo dal ridere.
- Ma davvero? Che coincidenza... Proprio al nostro liceo -.
Mi accompagna cordialmente alla porta - Comunque qualche sera usciamo a berci qualcosa mi raccomando - afferma.
Prima di salutarlo mi giro un attimo per rispondergli - Certamente, mi farò presto vivo e magari mi potrai parlare meglio di questa tua figlia, soprattutto su chi è la donna che l'ha partorita -.
Sospira guardandomi male - Beh, riguardo a certe cose dovresti chiedere a qualcun'altro, non fa proprio per me parlarne - mi sorride per poi accennarmi un saluto.
Lo saluto a mia volta.
Chissà che intendeva, forse lo imbarazza il fatto di aver trovato qualcuno di speciale, poi chi altro dovrebbe raccontarmelo?


Adesso capisco perché ieri se la rideva dopo aver saputo che avrei lavorato qui.
Puntualmente ha deciso di non dirmi che anche lei era qui, un vero bastardo, gliela faccio passare giusto perché penso di meritarmelo un pochino.
Mi hanno assegnato le classi terze della sezione di fumettistica e pittoriche, probabilmente finirò per incontrarla spesso essendo che solitamente ogni sezione ha la parte "progettuale" (la mia) e quella di laboratorio (la sua).
Come sempre gli orari ad inizio anno sono confusionari e messi abbastanza casualmente.
Oggi ho due ore con la terza I di fumetto.
Entro tranquillamente in classe, un'aula classica coi banchi scombinati da quattro/cinque file.
Come sempre una sicurezza eccellente direi.*
È una classe numerosa composta da sette ragazzi e quattordici ragazze.
Scruto inizialmente un po' tutti.
Già da una prima occhiata si intravedono i primi gruppetti, alcuni sembrano conoscersi già, ci sono i timidi, i chiassosi e anche qualche strambo...
Mi metto davanti alla cattedra e mi presento con fare sicuro.
- Buongiorno, il mio nome è Marco Torri, sarò il vostro professore di progettazione del fumetto. Quest'anno lavoreremo su come impostare in modo corretto una storia, come crearne una originale, vedremo i vari strumenti che usano i fumettisti d'oggi, verso fine anno lavoreremo anche sui retini e baloon e sul come applicarli - spiego generalmente il programma dell'anno.
Per essere un buon professore penso che bisogni rispettare tre punti:
1. Il modo di porsi.
Schiena dritta, sguardo fermo, saper mostrare di essere preparati in quel che si fa.
2. Mostrarsi professionali, ma al contempo interessati al lavoro dei propri studenti.
Inizialmente ciò che è più importante è di far capire alla classe di non potermi prendere sottogamba. Dopodiché quando ci si impara a conoscere meglio si può incominciare a star più tranquilli e il rapporto con gli studenti migliorerà da sé.
3. Anche se riprende il punto precedente le prime due/tre settimane sono importantissime, tutto si basa dalla prima impressione in questa società e il rapporto studente/professore non è da meno.
Un'impressione è complicata da cambiare, per farlo bisogna dimostrare di essere diversi da come si è sembrati almeno una decina di volte, invece per cambiare un'opinione da positiva in negativa basta una singola azione. Per questo i primi due punti sono fondamentali, vedendo entrare una persona goffa, che guarda in basso e che balbetta avrà sicuramente un impatto diverso dal vedere uno con la schiena dritta e che avanza con passo sicuro, ma questo ragionamento in fondo vale per ogni tipo di relazione.
- Essendo la nostra prima lezione vorrei che uno ad uno vi presentaste e rispondeste ad una domanda... Tutti gli altri professori probabilmente vi chiederanno "come mai avete scelto questo indirizzo", ma a me piacerebbe sapere cosa invece vorreste fare usciti da qui, sinceramente, non abbiate paura anche di dire il sogno più irraggiungibile o la cosa più banale -.
Così iniziamo un dialogo, mi segno ogni risposta in modo approssimativo così da poter iniziare fin da subito a riconoscere ognuno di loro.
Quelli su cui sono caduti più gli occhi sono: una ragazza mora, Clelia, vestita tutta di nero, dai capelli lunghi e ondulati, che, parlando abbastanza sinceramente, ha detto di non essere molto originale nel creare storie quindi il suo obbiettivo sarebbe quello di illustrare libri o disegnare per qualcun altro e quindi è qui semplicemente per migliorare il suo stile in ambito fumettistico.
Poi un ragazzo, Bernardo, dai capelli castani leggermente lunghi ma scalati con un modo di fare pacato e gentile, ha detto che il suo piccolo sogno nel cassetto è quello di disegnare un fumetto che parli e mostri le catene montuose più belle al mondo.
Mi hanno colpito perché la risposta della ragazza è stata come se non le importasse veramente dove sarebbe andata a finire in futuro, ciò che le interessa davvero è disegnare e basta... Invece il ragazzo mi era inizialmente parso come il solito studente popolare ammirato da tutti, generalmente queste persone possono sembrare in due modi: quelli che fanno vedere al prossimo questa loro "qualità", non per forza per cattiveria, certe volte è un atteggiamento involontario o fatto solo per sentirsi più sicuri di sé... e quelli invece che sono semplicemente "nati" per essere così, questi sono quelli abitualmente i più pacifici, ma al contempo simpatici e che trascorrono la vita tranquillamente cercando di divertirsi, diciamo quelli che alcune ragazze riterrebbero "perfetti".
Quest'ultimo era esattamente così.
Lui si è comportato come se nulla fosse, sembrava circondato da due auree, quella che lo rendeva una persona responsabile, matura e gentile con tutti e un'altra aurea al quale nessuno si poteva nemmeno avvicinare... Era come se niente potesse toccarlo più di tanto, come se fosse amichevole ma al contempo non permettesse a nessuno di avvicinarsi.
Inoltre, ammetto che la storia sui posti più belli del mondo mi ha interessato.
Tra una presentazione e un po' di chiacchiere generali sento suonare la campanella dell'intervallo.
Esco dalla classe e vedo Bernardo andare da un suo amico biondo e dagli occhi verde smeraldo, sembrano conoscersi bene.
Appena passa Clelia di fianco a loro si salutano gentilmente.
Essendo i primi giorni gli orari sono scombinati e le lezioni durano solo fino alle dodici e mezza.
Oggi ho ancora due ore con la classe terza B di pittura e domani ho l'intera giornata libera, mercoledì incontrerò l'altra classe di fumetto, la terza L, e così inizierà veramente quest'anno.
Passo per il corridoio e casualmente capito davanti all'aula 43, la porta è aperta.
Sta uscendo fuori una classe, vedo uscire per ultimo e passarmi affianco un ragazzo con gli occhiali con lo sguardo cupo e chinato verso il basso.
Sbircio all'interno, la vedo seduta alla cattedra ad osservare dei disegni che probabilmente le avevano appena consegnato gli studenti.
Busso alla porta e lei si volta - Posso entrare? - chiedo gentilmente.
Lei mi sorride - Certamente, entri pure -.
È un'aula molto spaziosa, ai lati ci sono gli armadi e le cassettiere tutte dipinte con la barriera corallina. Ci sono inoltre alcuni quadri degli studenti appesi nella parte alta delle pareti.
I banchi sono posizionati in modo tale da fare quattro enormi tavoli su cui poter disegnare - Come và? Come le è sembrata la sua classe? - mi chiede sistemando la sua roba.
- Oh, beh, buona direi, ognuno sembra sapere il fatto suo, adesso ha altre ore? -.
Lei annuisce - Sì, ho appena visto la terza L e fra poco incontrerò la terza I -.
- Ah, è quella che ho avuto prima, in effetti facendo indirizzi simili dovevo immaginarmelo che saremmo diventati colleghi, buona fortuna ad entrambi - le porgo la mano e lei ricambia.
- Certamente, allora da oggi ci vedremo più spesso, facciamo sì che questo sia un ottimo anno - mi sorride.
Mi accompagna nella mia aula prima che suoni la campanella.
- Ah, un'ultima cosa, dato da oggi in poi saremo colleghi e con alcune classi in comuni non pensa che sia l'ora di incominciare a darci del tu? Non siamo nemmeno così vecchi -.
Le scappa una risata.
- D'accordo, allora chiamami pure Sara -.
Ci salutiamo e rientriamo nelle nostre rispettive aule.
Per la classe di pittura ho deciso di fare un piccolo esperimento di cui mi parlava spesso il mio vecchio professore di educazione fisica.
Entro con fare timido e sciatto in classe, a testa bassa faccio cadere il registro goffamente.
Sento qualche risatina, mi rialzo e vado alla cattedra posando la mia roba sul tavolo.
Con improvvisa fermezza saluto i ragazzi e mi presento.
Li fisso uno ad uno con attenzione e mi accorgo che c'è il biondo che Bernardo ha salutato al cambio d'ora in corridoio.
Riesco a capire perfettamente che l'umore rilassato che c'era nell'aria è stato spezzato alla perfezione nel momento in cui hanno capito che quella di prima era solo un'interpretazione.
- Buongiorno, sarò il vostro professore di discipline pittoriche, spero passeremo un fantastico anno insieme - ghigno divertito sedendomi dietro la cattedra.
In effetti è vero, fare l'insegnante certe volte è proprio uno spasso.

Alle 12:30 decido di andare a pranzare in un bar vicino alla scuola prima di tornare a casa.
Entro e noto che Sara è ad un tavolo a mangiare una focaccia.
Ordino qualcosa e poi mi avvicino al suo posto.
- Salve, posso sedermi qui? -.
Lei alza lo sguardo sorpresa annuendo.
- Certamente, sai sembra che qualcuno lassù continui a farci incontrare - mi fissa divertita.
- In effetti neppure io mi aspettavo di trovarti qui sinceramente -.
Inizio a bere lentamente il mio cappuccino.
Dopo un po' noto che è calato un improvviso silenzio finché lei non sospira - Scusa, non sono un tipo molto loquace, durante gli imprevisti mi si annebbia la mente e non so più di che parlare - dice dispiaciuta.
- Non preoccuparti per me non è un problema, non c'è alcun bisogno che ti sforzi se non sai che dire, poi al massimo significherà che ti farò io qualche domanda... di qualunque tipo - le faccio l'occhiolino divertito.
Mi fissa per un attimo per poi alzare un sopracciglio.
- Oh, guarda per me non è un problema, ma ciò implicherà che anch'io potrò farti qualsiasi domanda - risponde a tono.
Ci fissiamo per qualche istante entrambi con uno strano sorrisetto sul volto per poi scoppiare a ridere.

Così abbiamo incominciato quella strana routine in quel piccolo bar fuori da scuola a parlar del più e del meno seduti ad un tavolo.


*In realtà i banchi, per le norme di sicurezza, dovrebbero essere uno ad uno con abbastanza spazio per ognuno da poter facilmente mettersi al sicuro in caso di pericolo, così le aule però sarebbero troppo grandi quindi anche due a due sono accettabili... ma qui sono ad un livello superiore.

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Capitolo 3
*** Capitolo III - Marco's Story ***


Capitolo III - Marco's Story

- Marco... -.
- Sì? -.
- Stavo pensando ad una cosa ultimamente... Non penso di star molto bene di testa -.
- Dimmi pure, sai che non sono il tipo da dire in giro i fatti altrui e che non ho alcun interesse nel giudicarti male, per quanto riguarda la testa... Beh, non ti preoccupare, lo sapevo già -.
- Non intendevo quello! Marco, ecco... Io stavo pensando mentre scrivevo uno dei miei soliti racconti... Com'è un bacio? Sai, scrivere qualcosa che non si è mai provato è difficile, se invece sapessi com'è realmente allora sì che potrei riuscire a scrivere il più bel bacio mai descritto, non pensi sia strano voler provare per un motivo così stupido? -.
- Mmmh, ma no... Sarà che sei insoddisfatta ed è quel periodo del mese in cui gli ormoni sono a mille -.
- Eddai! Sono seria, non scherzare! Non parlo di sesso, ma solo di un singolo bacio sperimentale! Il fatto è che una volta pensavo che fosse importante, invece ora quasi non me ne importa più e lo butterei solo per poter scrivere meglio una storiella che non si cagherebbe nemmeno un cane -.


Ore 7:00 di mattina, una sveglia dal suono insopportabile mi costringe ad alzarmi.
Svogliato mi preparo ad andare, oggi ho la giornata piena, tre ore con la terza B e altre tre con la terza L.
Prima ci mettevano un secolo e mezzo per sistemare l'orario, invece ora dopo manco due settimane c'è già il definitivo...
Inoltre, grazie alla mia immensa fortuna, al contrario mio, il mercoledì è il giorno libero di Sara.
Coi ragazzi di pittura ho iniziato per prima cosa un lavoro sulla progettazione di un oggetto a piacere, dovranno decidere tutti grandezza, colore, materiale e prezzo di vendita, dopodiché dovranno applicarci un'altra decorazione fatta da loro riguardante il periodo invernale.
Già dai primi giorni ho potuto vedere che genere di classe è:
Anche se i gruppetti di amici ci sono sempre è stranamente tranquilla e unita.
Da una parte ci sono i soliti ragazzi alla moda che sognano di andare a vivere in America, una in particole che è stra fan di Leonardo di Caprio, sclera spesso sull'andare a New York.
È un tipo molto stravagante, ma fa davvero morir dal ridere.
Poi c'è una parte di amanti dei fumetti e libri in generale. Tra di essi c'è il biondo amico di Bernardo, si chiama Federico, non ha molto interesse riguardo al mondo dell'animazione, ma va d'accordo con tutti, adora i videogiochi e suonare la chitarra elettrica.
Anche se una volta parlandoci più privatamente ho scoperto che ha un particolare senso dell'umorismo...
"Prof, l'altro giorno ho chiesto a quella di matematica se sapesse che cosa fosse un orso polare, però non mi ha dato la risposta giusta, anzi mi ha persino sgridato, lei lo sa?"
"È un animale, no?"
"Nono"
"E cosa sarebbe allora?"
"È un orso cartesiano che ha cambiato le coordinate!"
Temo non me lo scorderò facilmente, dovrebbe ringraziarla di non avergli dato una nota...
Al contrario con la terza L... Mi sembra come se ci fossero dei muri insormontabili tra ogni gruppo e ce n'è uno in particolare però che si è completamente estraniato da tutti, mi piacerebbe aiutarlo in qualche modo ad integrarsi alla classe, ma non sono ancora riuscito nemmeno io a capire che hobby abbia e che cosa gli piaccia fare.
Cercherò di avvicinarmi in futuro.
Ore 14:20, finisco di sistemare gli appunti della giornata per poi uscire.
L'orario di norma finisce alle 14:10, ma tendo ad aspettare che la massa esca, così da uscire in tranquillità.
- Professor Torri - Stavo per entrare in macchina quando mi giro e vedo una donna vestita in modo formale, ma elegante, i capelli le arrivano alle spalle ondulati.
Aveva delle particolari lentiggini sul volto dal quale ho potuto riconoscerla immediatamente e per un attimo mi si raggela il sangue - Veronica -.
Si avvicina con passo sicuro nella mia direzione per poi fissarmi con attenzione.
- Così ti sei dato all'insegnamento... è proprio vero che il futuro è sempre imprevedibile - sospira sorridendo gentilmente.
- Comunque non preoccuparti, almeno per quanto riguarda me non ho nulla contro di te, anzi mi piacerebbe ritornare a fare qualche uscita come un tempo... In realtà penso sia un'opinione di tutti quanti, nessuno ha più voglia di prendersela o litigare.
Ammetto però che la tua decisione di andare prima da Dim mi ha un po' ferito, è passato quasi un mese, quando avevi intenzione divenire a sistemare pure con me e Amelia? - Ironizza con uno sguardo malinconico esattamente come quello di Dimitry.
Dev'essere successo qualcosa di particolare in questi anni e non credo sia dovuto semplicemente alla crescita.
- Hai ragione... Volevo aspettare le vacanze di Natale per stabilirmi e organizzarmi bene per venir da ognuno di voi, non avevo previsto che Sara lavorasse qui... In ogni caso ho voluto sentire prima Dim per vedere com'era la situazione e dovevo sistemare alcune cose che avevo lasciato in sospeso tra lui e me -.
- D'accordo... Però mi raccomando dobbiamo farla quell'uscita, sistema le cose con Amelia e soprattutto dì a Sara chi sei, non si arrabbierà e le farà solo piacere. Io vado che devo occuparmi di una mostra che si terrà qui a breve, sono stata scelta come una delle progettatrici di questo evento, dovrò presentare agli studenti di cosa si tratta mostrando intanto le varie opere - Mi saluta entrando nell'edificio con una borsa a tracolla su una spalla.
Entro in macchina e decido di andare in un parco vicino, mi piacerebbe vedere se è cambiato.
Passando noto nuovi giochi all'interno, anche se generalmente non è cambiato più di tanto, vedo poi che oltre c'è ancora quella specie di piccola prateria con un masso gigante dove i ragazzi delle medie tendevano a sedersi ai tempi.
Non c'è anima viva, mi sdraio vicino al masso guardando il cielo azzurro ricoperto con qualche nuvola bianca.
Proprio una bella giornata.
Chiudo gli occhi e mi ritornano in mente i particolari momenti accaduti in quel parco durante il liceo.

- Beh, in fondo è solo un bacio, non penso sia un crimine voler provare -.
La osservo mentre lei, seduta sul prato, fissa il terreno.
- Se ci tieni posso sempre dartene uno io - Si gira con una smorfia e un sopracciglio alzato.
- Davvero? - Chiede con fare scettico.
- Certo - Sorrido maliziosamente.
- Allora fallo - Mi sfida.
Si è creata una strana atmosfera, non c'è nulla di romantico e mi ritrovo davanti la ragazza che mi piace che mi chiede di baciarla.
Mi avvicino a lei quando mi ferma mettendomi un dito sulle labbra.
- Una cosa - La guardo incuriosito aspettando che continui - Ricorda che questo è un esperimento, come un gioco, niente di più niente di meno e soprattutto non dovrai mai dirlo a nessuno -.
Mi allontano dubbioso - Perché me lo dici? - Lei sospira.
- Non si sa mai, sai nei film solitamente questo genere di cose finisce sempre in modo drammatico, uno dei due che improvvisamente incomincia a dire "Ma allora se non provavi nulla perché quel bacio, mi hai ingannato..." eccetera eccetera -.
- Stai insinuando che potrei provare qualcosa per te e quindi usarti contro questa situazione? Non credevo fossi audace e che inoltre avessi una così bassa considerazione di me -.
Anche se in fondo non ha nemmeno tutti i torti.
Sbuffa - Sai com'è, in giro c'è molta gente coi gusti di merda, è sempre un bene essere prudenti -.
Che autostima, rido tra me e me.
Così stavolta come risposta le dò un veloce, ma tenero, bacio a stampo per rimanere a guardare a pochi centimetri di distanza la sua espressione stupita.
Aggrotta leggermente la fronte infastidita - Cos'era quello? Marco, non ho undici anni -.
Aggressiva... Dovrebbe prestare decisamente più attenzione a provocare un uomo così.
Richiudo la distanza tra di noi fermandola dal dire altro.
Le mie e le sue labbra si uniscono dolcemente per poi percepire il contatto delle nostre lingue, sento i suoi mugolii e il respiro farsi più forte, mi stacco leggermente per prendere fiato, ma subito dopo mi ributto a continuare quel gioco sensuale che mi stava facendo impazzire il cuore.
Quando finiamo l'ossigeno ci stacchiamo rossi in volto col respiro affannoso.
Distogliamo lo sguardo imbarazzati.
Poco dopo ci rifissiamo per qualche istante non sapendo entrambi che espressione fare finché non ci mettiamo a ridere - Un minimo di serietà non riusciamo ad averla eh? - chiede divertita.
Mi alzo da terra porgendole una mano.
- Sembra proprio di no, in ogni caso c'è qualcos'altro che vorrebbe provare signorina? Sono a sua completa disposizione - mi inchino davanti a lei come se fossi un maggiordomo.
Lei continua a ridere tenendosi la pancia per poi cercare inutilmente di diventare seria afferrandomi la mano.
- Per ora no, grazie comunque, lei invece? C'è qualcosa che non le sarebbe permesso fare ma che ci terrebbe a fare? -.
Ci incamminiamo verso la fermata del bus per tornare ognuno a casa propria.
- Mmmh, in effetti una cosa c'è... - Ghigno malizioso mentre mi guarda male.
- Fare Bungee Jumping - Dico con fermezza.
- Eh? - mi guarda facendo un mezzo sorriso.
- Mio padre ne ha sempre avuto paura e non mi ha mai permesso di andarci - Affermo con aria affranta.
- Oooh, poverino... Ma ti capisco, ci sono cose che non ci son permesse sempre fare - Risponde con ironia.
- Interessante, quindi c'è qualcosa - La guardo incuriosito.
- Beh, in effetti una cosa ci sarebbe... Mi piacerebbe andare in una collina o pianura di notte, sdraiarmi sul prato, osservare le stelle e cantare fino a finire la voce, senza che nessuno possa fermarmi o ridicolizzarmi - Osserva il cielo ridacchiando.
- Uuh, allora potrei invitare te e le altre al karaoke uno di questi giorni, chissà... magari ci viene anche Dim -. La vedo scattare sull'attenti e andare nel panico - No grazie!!! -.

Così tra uno scherzo e l'altro abbiamo lasciato il parco, ma al contempo abbiamo tenuto tra noi un piccolo segreto, il nostro segreto.


Spazio autrice: Salvee, ringrazio chiunque stia leggendo questa storia sperando vi stia piacendo!
Volevo correggere una piccola cosa dello scorso capitolo: la bambina a casa di Dimitry non si chiama più Laura ma Sasha.
See you later <3

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Capitolo 4
*** Capitolo IV - Marco's Story ***


Capitolo IV - Marco's Story

Ormai alle porte di Dicembre mi ritrovo al solito bar davanti ad una mora che mi fissa intensamente... Per carità, non che mi dispiaccia, ma dalla sua fronte corrucciata non so se aspettarmi di essere ucciso o se sia il caso di chiederle se c'è qualcosa che vuole dirmi.
Poco prima di optare sull'ultima scelta inizia il discorso.
- Stavo pensando a due cose... La prima riguarda la terza L, per caso hai notato qualcosa di strano? Soprattutto nei confronti del ragazzo che se ne sta sempre in disparte, Alessio -.
La sua espressione diventa seria e un po' preoccupata.
- Intendi se mi sembra che l'abbiano preso di mira? In effetti ho sentito qualche voce su di lui, ma non saprei se fossero con cattive intenzioni o meno -.
Mi guarda incuriosita - Di che tipo? -.
- Mh... Dicono che sia gay -.
Sospira aggrottando all'insù le sopracciglia - Ah... Ma anche se fosse non penso che a quest'età se la prendano ancora con gli omosessuali, quando ero in terza era normale averne, o almeno spero sia così -.
- In ogni caso mi piacerebbe poterlo aiutare in qualche modo, l'unica cosa però che sono riuscito a capire in questi mesi è che gli piace ascoltare la musica... - dico dispiaciuto.
Annuisce alle mie parole - È vero, con me ha sempre disegnato cose legate alla musica, inoltre dovrebbe pure suonare il basso -.
Il basso... Di scatto mi alzo e metto le mani sopra le spalle di lei facendola sussultare - Suona il basso! Bernardo della terza I mi ha detto di aver creato un gruppo musicale e gli mancava proprio un bassista! Sei grandiosa, sono sicuro che gli farà piacere, anche se in effetti prima dovrei chiedere ad Alessio -. Rifletto ad alta voce capendo pian piano di essermi esaltato un po' troppo mentre lei mi fissa sbattendo le palpebre confusa.
Mi rimetto a posto seduto cercando di tornare serio - ...scusa -.
Si mette a ridere per poi rispondermi tranquillamente - Hai ragione, dovremmo provare a chiedere - finisce guardandomi con un sorriso particolarmente felice.
Sento perdere un battito.
Lo ignoro riprendendo il discorso iniziale - E la seconda cosa qual era? -.
La vedo irrigidirsi di colpo e incominciare a sudare freddo.
- Beh, stavo pensando... Dato che fra poco sarà l'otto Dicembre e quest'anno capita di Sabato... Volevo andare a fare una piccola vacanza in un posto per il weekend e mi è avanzato un posto, vorresti venire tu? -.
Rimango per un attimo interdetto.
Mi ha appena proposto un appuntamento?
Mi ha palesemente chiesto un appuntamento.
Cerco di trattenere un sorriso compiaciuto.
- Quel giorno non ho nulla da fare, va benissimo, dove vuoi andare? - Scorgo nel suo volto una lieve espressione sollevata.
- Ecco... lo so che è molto sospetto, ma preferirei fosse una sorpresa -.
La guardo confuso, ultimamente si sta comportando in modo strano.
È da circa un mese che sembra tenermi nascosto qualcosa, quando mi vede sobbalza o fa facce indecifrabili, sembra sempre distratta...
- ...Va bene, lascerò la mia incolumità nelle tue mani -.
Aggrotta la fronte guardandomi quasi arrabbiata, poi sospira e si rilassa bevendo ciò che ha ordinato.


Passano i giorni in attesa del fatidico weekend.
Intanto giovedì 6, il mio giorno libero, decido di andare a trovare Amelia.
Veronica mi ha detto che lavora in un piccolo negozio stile black metal dove c'è un po' di tutto: dischi, vestiti e accessori di ogni genere.
Non so perché ma mi incute timore.
Rimango per un po' davanti alla struttura, dovrebbe uscire per la pausa pranzo fra cinque minuti.
Incomincio a guardarmi in torno e noto una donna sul metro e sessanta dagli occhi marroni e capelli mossi dello stesso colore, ha un neo sulla guancia destra ed è vestita con un cappotto beige, una felpa di jeans, pantaloni grigio scuro a vita alta e delle vans nere.
Sembra che stia aspettando qualcuno e guarda il negozio con impazienza.
Ad un tratto esce una mora, poco più alta dell'altra, formosa e completamente vestita di nero con degli stivali pesanti con la pianta in metallo, un collare spinato e una felpa larga con il simbolo dei Behemoth dietro.
Ha un eyeliner pronunciato che mette in risalto degli occhi marroncino chiaro.
Appena quest'ultima intravede la ragazza di fianco a me le si illuminano gli occhi e la saluta sorridendo - Hey Rose, che ci fai qui? - mentre l'altra le salta letteralmente addosso abbracciandola dolcemente.
Con un sorriso amorevole le risponde - Ciao Amelia, mi hanno dato la giornata libera e così ho deciso di venirti a trovare a lavoro, inoltre ti ho portato una cosa - finisce mostrandole un cappuccino al ginseng.
La mora lo prende - Grazie, tu sì che sai come rendere una donna felice - Così incominciano a parlare e andare da qualche parte ridendo.
Ad un tratto però Amelia si ferma e si gira nella mia direzione con uno sguardo sospettoso - Tu -.
Le faccio un saluto con la mano - Ehylà, è da un po' che non ci si vede - ironizzò mostrandole uno dei miei migliori sorrisi.
Si avvicina a me mettendosi le mani sui fianchi e un'espressione leggermente seccata.
- "Ehylà" un corno, ti sei deciso a tornare finalmente - Mi metto una mano dietro la testa con aria dispiaciuta.
- Dev'essere stata davvero dura quella delusione d'amore per scomparire per dodici anni interi... Deve averti detto cose orribili Sara... -.
Incomincia a camminare avanti e dietro scrutandomi mentre parla sottolineando alcune parole lanciandomi ogni volta un'occhiataccia.
Dopo qualche altro sguardo sospira e alza le mani - Scherzo scherzo, avevo già deciso di non prendermela troppo, anche se mi aspetto almeno che offrirai una birra a tutti uno di questi giorni - Mi fissa con un ghigno complice.
Mi inchino - Farò questo ed altro per farmi perdonare - la mora sbuffa sorridendo.
La guardo stranito per un po' - Ho notato che tutti siete stranamente gentili e comprensivi, non dico che ci sia nulla di male, ma ho avuto la sensazione che ci fosse qualche ragione sotto, non per forza negativa -.
Ancora una volta vedo quello strano sguardo - Beh, non so gli altri, ma per quanto riguarda me... Diciamo che una vecchia conoscenza mi diceva spesso di "dare sempre una seconda possibilità a chi capisce di aver commesso un errore", voglio fidarmi di quelle parole -.
La guardo perplesso - Mmmh, d'accordo... Avete in programma qualche uscita? -.
Sembra pensarci su - Se vuoi dovremmo incontrarci tutti il sette Gennaio al Wasabi*, è una specie d'incontro che facciamo tutti gli anni -.
- Il sette hai detto? Perfetto, ti porterò anche un regalo di Natale che sono sicuro ti piacerà tantissimo - Finisco sicuro di me.
Poi mi avvicino all'altra donna prendendole una mano gentilmente e mettendo l'altra sul dorso della stessa.
- Mi scusi per averle rubato del tempo mademoiselle, ho notato che ci teneva molto a passare del tempo con Amelia - Dico dispiaciuto.
Arriva subito la mora ad allontanarmi - Giù le mani e smamma Don Giovanni di terza categoria -.
Mi allontano ridendo - Ci si vede, buon pranzo! -.
- Chi era? - Chiede Rose confusa.
- Un'idiota, lascia perdere... Che ne dici di fare un salto da Amor di Patata*? Sto morendo di fame -.
Rose annuisce prendendo per mano la mora.

Avevo capito perfettamente cosa intendeva con quella data: devo dire a Sara chi sono o glielo dirà lei.


*Wasabi: Ristorante giapponese in centro sotto le Due Torri di Bologna.
*Amor di Patata: Street food che vende patatine fritte

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