Sette giorni con i BTS

di lsir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Giorno 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Quando ho saputo che la BigHit voleva aggiungere una figura femminile ai Bangtan Boys la prima cosa che ho pensato è stata che non avesse alcun senso, non solo perché con una ‘girl’ i Bangtan Boys non sarebbero più stati tanto ‘boys’, ma anche perché con Jimin è le sue manine una pseudo donna ce l’avevano già.

La seconda cosa che ho pensato è stata che io ero una donna.

La terza cosa che ho pensato è stata che io, essendo donna ed avendo capacità canore non indifferenti, potevo essere ciò che la BigHit cercava.

Subito dopo aver formulato questa serie di pensieri oltremodo intelligenti ho chiamato il mio agente e gli ho chiesto con voce calma e composta (non è vero, ero isterica ma hei! Devo comunque tenere su la mia dignità in qualche modo) di iscrivermi al provino per il nuovo membro dei BTS.

Non credevo che il provino fosse andato bene, sinceramente.

Il viaggio Italia-Corea è stato lungo e stancante e, per me, che non riesco a dormire se non su un letto apertamente dichiarato di mia proprietà, le poltrone dell’aereo parevano piene di spine che mi pungolavano impedendo di stare ferma o di dare pace alla hostes con i capelli biondi che ho assillato per tutto il tempo.

Quando sono scesa dall’aereo ho acquistato una mappa di Seoul ed ho cominciato a cercare la sede della casa discografica perdendosi tre volte e ritrovandosi costretta a chiedere indicazioni all’unica persona di tutta la città che parlava inglese (sul serio, in Corea sono delle capre per quanto riguarda l’inglese! Ho chiesto indicazioni a ventimila persone ma nessuno sapeva rispondermi): una vecchietta di un negozio di fiori.

Quando sono, finalmente, arrivata alla BigHit ero stanca, sudata e irritata e ho mandato, poco gentilmente, a farsi un giro il tizio che mi ha accolta con un: 
“lei è in ritardo signorina” in un perfetto inglese per poi dirigersi verso la porta che il suddetto ometto mi ha indicato.

Ho fatto appena in tempo a scansarmi per non essere travolta da un’ orda di ragazze magre, perfette e con gli occhi a mandorla.

È stato un po’ avvilente vedere quanto lontano il mio aspetto fisico fosse dai canoni di ricerca, anche se, ho pensato, era proprio quello il mio punto di forza.

Ho preso un grosso respiro e sono entrata dalla porta che mi ha indicato il coreano ritrovandosi in un piccolo teatro che dava l’impressione di essere moderno e che era pressoché vuoto se non fosse stato per tre persone sedute sedute sulle poltrone in prima fila.

Credevo che l’uomo che mi aveva accompagnato se ne sarebbe andato invece, con mio grande rammarico, si è seduto nella poltrona vuota accanto ai tre.

Ho incassato la testa nelle spalle rendendomi conto di aver andato a quel paese uno di coloro che avrebbero deciso del mio futuro.

Facendo buon viso a cattivo gioco sono salita sul palco e la canzone che avevo scelto di cantare è partita ed io le sono andata dietro dimenticandosi di essere su un palco e di avere altre persone ad ascoltarmi.

Ho finito di cantare e ho riportato gli occhi ai giudici i quali mi hanno guardata senza dire nulla. 
Ho ghignato fra me e me sapendo di averli stupiti. Di certo non si aspettavano una voce così potente da una ragazzina bassa, paffutella e chiassosa.

Uno dei giudici ha preso in mano un microfono e mi ha chiesto: 
“Ok, hai davvero una voce interessante ma… dicci un po’: perché vuoi entrare nei BTS?”

E a quel punto avrei voluto dargli milioni di motivi: avrei voluto dirgli che era perché amo cantare, perché volevo che il mondo conoscesse la mia voce, perché volevo assicurare ai miei futuri figli un buon futuro, perché volevo finire di pagare il mutuo dei miei genitori, perché volevo baciare Rap Monster, per la fame nel mondo e per decine di altre cose sensate ma alla fine l’unica cosa che sono riuscita a dire è stata: 

“perché no? E poi il numero sette è dispari e a me i numeri dispari non piacciono. Se fossimo in otto sarebbe tutto più simmetrico.” 

E giuro che avrei voluto colpirmi in testa con un martello. 

Sono tornata a casa sconsolata pensando di non essere stata scelta eppure non riuscivo a staccarmi dal telefono aspettando la chiamata che avrebbe cambiato la mia vita. 

La suddetta chiamata è arrivata due settimane dopo e, contro ogni previsione, sono stata selezionata fra quindicimila ragazze per fare parte dei Bangtan Boys. 

Ho cercato di mantenere la voce calma fino alla fine della chiamata ma non appena ho messo giù mi sono scatenata correndo a preparare i bagagli per trasferirmi a Seoul. 

Se nel viaggio precedente sono stata assillante con le hostess, nel secondo lo sono stata il triplo. Tali erano la mia euforia e la mia agitazione che non riuscivo a stare ferma e buona per più di trenta secondi; ho richiesto e bevuto dieci bicchieri di aranciata solo nelle prime tre ore di viaggio. 

All’arrivo sono stata praticamente cacciata dall’aereo ma non me la sono presa, io stessa non riesco a 
sopportarmi a volte.

Ho recuperato il mio bagaglio preparandomi psicologicamente al terribile traffico di Seoul e al fatto che avrei speso tutti i soldi che avevo in taxi. 

Mi è quasi venuta da piangere quando, all’uscita del gate, ho visto un tizio un giacca camicia e occhiali da sole che teneva un cartello col mio nome sopra. 

Con le lacrime agli occhi mi sono avvicinata e, abbandonando il mio bagaglio, gli ho circondato braccia e petto in un unico abbraccio stringendo forte a lui. 

“Oh James” mugolo ritirando fuori la mia abitudine di affibbiare nomi con la J a chi non conosco “sei venuto a prendermi” 

L’uomo, che non si era professionalmente mosso di un centimetro, si limita ad abbassarsi ,piegando le ginocchia, e a prendere il mio bagaglio tirando lo su con una facilità incredibile considerando che è quasi più alto di me (non che ci voglia molto eh!). Una volta che si è assicurato in mano il mio vailgione,  mi ha agganciato il braccio libero -non dalla mia stretta- attorno alla vita e, alzandomi di peso, si è incamminato verso l’uscita. 

Ho squittito quando mi ha sollevata da terra, sono molto insicura del mio corpo quindi non permetto mai a nessuno di prendermi in braccio. 

Dopo il momento di smarrimento iniziale ho agganciato le gambe al Busto solido di ‘James’ e ho liberato le sue braccia spostando le mie intorno al suo collo, ritrovandosi davanti il suo viso dalla pelle scura come i suoi occhiali e la sua testa pelata. Il suo cranio era talmente scuro e lucido che mi ci sarei potuta specchiare. 

L’uomo, sul quale ero arrampicata, si è diretto verso una grande macchina nera, ha aperto il bagagliaio e vi ha gettato dentro la mia valigia. Per un attimo ho pensato che volesse mettere anche me nel bagagliaio invece, dopo averlo chiuso, ha aperto la portiera posteriore e mi ha dato un colpetto sulla schiena per farmi scendere. 

Sono salita sull’auto e siamo partiti verso una meta a me sconosciuta. 

Invece di portarmi direttamente alla mia nuova casa, James mi ha riportata alla sede della BigHit. Appena sono entrata sono stata travolta da uno sciame di stilisti e truccatori che mi hanno rivoltata come un calzino, poi sono stata spedita in un’altra stanza dove sono stata accecata dai flash. 

Sono stata fortunata che nessuno in quella stanza parlasse italiano, perché la quantità di parolacce che ho detto, mentre sorridevo amabilmente ai fotografi, avrebbe fatto impallidire il peggior scaricatore di porto. 
Solo in un secondo momento mi sono accorta di avere i BTS a due passi. 

Per poco non sono svenuta nel ritrovarmi davanti tutti e sette con dei bei sorrisi cosi… reali! 

Cazzo! Avevo i Bangtan Boys a due passi da me! 

Mi sono auto-imposta un po’ di controllo e ho preso un profondo respiro prima di iniziare a stringere mani e sorridere dolcemente. 

Per tutta la conferenza stampa non ho capito un tubo. 

Parlavano tutti in coreano e l’interprete che mi avevano assegnato parlava con un accento talmente strano che ero obbligata a farmi ripetere le domande diverse volte. 

Non ricordo molto di quella giornata, ricordo solo che sono stata sballottato da un photo shoot a un intervista (in cui non capivo nulla) senza un attimo di respiro. 

Era già buio fuori quando mi sono ritrovata in macchina con il mio amico James-la-guardia-del-corpo-che-non-parla. 

“Hei!” ho iniziato sperando che parlasse un minimo di inglese “come ti chiami?” 

L’uomo di colore mi ha lanciato un’occhiata dallo specchietto retrovisore. 

“Willson” sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla risposta. 
Ho storto un po’ il naso. 

“Willson” ho detto rigirando il nome sulla lingua è soppesandolo. “non è un nome da guardia del corpo” ho protestato debolmente pensando che quel nome però gli si addiceva, tutto sommato. 

La guardia del corpo non ha risposto nulla continuando a continuando a guidare ed io ero troppo stanca per continuare a tenere gli occhi aperti, quindi mi sono lasciata andare crollando addormentata sui sedili posteriori di pelle dell’auto di Willson. 

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Capitolo 2
*** Giorno 1 ***


La prima cosa di cui mi accorgo quando mi sveglio è che c’è una terribile puzza, un misto fra sudore e piedi, e questo basta per farmi passare ogni voglia di dormire.

Mi metto seduta ancora con gli occhi chiusi. 

Schiudo lentamente le palpebre richiudendole subito dopo per colpa della luce che mi ferisce gli occhi.
Mi massaggio gli occhi con le mani cercando di far sparire il fastidioso dolore, poi li riapro cautamente cercando di abituarmi lentamente alla luce che entra dalle tende lasciate negligentemente aperte.
La prima cosa che vedo quando i miei occhi si sono abituati a quella mattiniera tortura oculare comunemente chiamata ‘luce’, sono effettivamente due paia di piedi -il che spiega la mancanza di aria respirabile- uno dei quali è mio.

Il secondo paio si piedi che vedo è enorme. 

Sul serio, quei piedi sono due volte più grandi dei miei (non che ci voglia molto quando porti il trentacinque).

Alzando lo sguardo sul possessore di quei piedi mi ritrovo davanti niente meno che Kim Taehyung.


E qui il mio cervello va in pappa.


Resto un secondo ferma guardando il bel volto del coreano disteso nel sonno.

Quando effettivamente mi rendo conto di avere di fronte Kim Taehyung dei BTS la voglia di urlare di gioia è tanta ma mi trattengo. 

Per un attimo mi assale la paura che, svegliando Taehyung, questo possa sparire ed io non voglio.
Se anche questo fosse un sogno voglio godermelo finché posso.

Un rumore sordo di pentole che cadono mi distoglie dalla mia contemplazione del perfetto Taehyung.
Volto il mio sguardo verso la porta da cui provengono adesso parole soffocate che non riesco a capire.
Giro il capo guardando la stanza in cui mi ritrovo.

 Lo spazio è ampio ma talmente arredato e pieno di oggetti e pelouches da non risultare vuoto o freddo.

La stanza è vuota se non per me e Taehyung, ma il rumore di padelle è le risate che sento provenire da fuori la porta mi dicono che, chiaramente, non siamo soli.

Lancio un ultimo sguardo a Taehyung trovandolo ancora addormentato con la bocca delicatamente aperta. Mi mordicchio leggermente il labbro inferiore indecisa se fare o no quello che ho in mente.

“Ah che diamine” sussurro a me stessa chinandomi per lasciare un bacino sulla fronte di Taehyung per poi scendere dal letto dirigendosi verso il luogo da cui provengono le voci.

I corridoi che attraverso sono senza finestre e sono dipinti di beije, la luce soffusa data dalle plafoniere opache da un senso di calore e la moquette scura è piacevolmente morbida contro i miei piedi nudi.

Mi chiedo chi mi abbia tolto le scarpe e arrossisco pensandoci. Nella mia strana mente malata i piedi e il naso sono le parti più imbarazzanti del corpo umano e sapere che qualcuno ha toccato i miei mi disturba un po’.

Improvvisamente il corridoio finisce allargando in un’ampia stanza con il soffitto alto e il pavimento di parquet. Una bella cucina ad angolo moderna, di acciaio e vetro, è situata contro le pareti dell’angolo destro della stanza, e un isola, altrettanto bella e moderna, sorge quasi al centro dell’ambiente.

La stanza è divisa al centro da un grosso tavolo di vetro ricolmo di cibo cui stanno intorno otto sedie e la parte sinistra della stanza è occupata da un gigantesco divano marrone rivolto verso il muro sul quale è fissato l’impianto stereo visivo più imponente e tecnologico che abbia mai visto.

Appena entro nella stanza sono costretta a strizzare di nuovo gli occhi a causa della forte luce chiara che entra dalle grandi finestre nella parete che ho di fronte.


“O, geunyeoga kkaeeonassda!”-oh si è svegliata- Un ragazzo basso, con i capelli biondi e gli occhi sicurissimo mi si para di ffronte.


“O, naneun geunyeoleul mannagileul gidalil su eobs-eossda!”-Oh, non vedevo l’ora di conoscerla!- Un'altra testa castano scuro entra nel mio campo visivo. Dio mio Hoseok, non capisco un cavolo di quello che stai dicendo!


“Eotteonge buleuni? Jeuginaneunimi algo issjiman naneun dang sin-i malhaneun geos-eul deudgo sipseubnida. Geudeul-eun dang sin-i jjogaejineun eumseong-eul gajigo issdago malhanda!”-come ti chiami? Cioè, lo so già ma voglio sentirti parlare. Dicono che hai una voce che spacca!-


 Sono totalmente stordita dal fiume di parole sconosciute che questo ragazzo mi sta dicendo.

Un altro ragazzo si avvicina a Hoseok mettendogli una mano sulla spalla per fermarlo dal dire altre cose.


 Santo Kim Seokjin!


“Hoseok pyenghwalobge geos-eul nangyeo duji man, uli eon-eoleul inaehaji moshandaneun geos-eul aljimoshabnikka? Chalai Namjoon-ah jeonhwahasibsio”-Hoseok lasciala in pace, non vedi che non capisce la nostra lingua? Piuttosto vai a chiamare Namjoon-


Bhe, ‘Namjoon’ l’ho capito.


Hoseok annuisce e lascia la stanza tornando subito dopo con il suddetto rapper.

Un brivido mi scorre lungo la schiena: ho sempre avuto un debole per il leader del gruppo.

 Cioè, guardatelo! Con quelle spalle larghe, quegli occhi scuri e quel sorriso con le fossette, è così bello! Ahh!

Namjoon, appena mi vede, si apre in un super sorriso che mette in moto i miei ormoni e mi si avvicina.


“Ben svegliata!” comincia a dire in inglese e quasi piango quando finalmente riesco a capire qualcosa di ciò che mi viene detto “io sono Kim Namjoon, questo è Kim Seokjin, questo è Jung Hoseok e questo piccoletto è Park Jimin” dice indicando per ultimo il giovane con i capelli biondi che, non capendo cosa Namjoon stia dicendo in inglese, sorride orgoglioso di sé stesso.

E qui, la fangirl che è in me, esce.


“Oh io lo so chi sei Kim Namjoon, ovvero Rap Monster, ovvero dio della distruzione, rapper, compositore e produttore. Non sei proprio un gran ballerino, nato il dodici settembre del 1994 a Island Seoul, hai ventiquattro anni. Sei alto un metro e ottantuno, lo so perché ho un tuo cartonato a misura naturale in camera mia, pesi sessantasette chili. Sei vergine, anche se non so se di fatto, il tuo gruppo sanguigno è A e il mio obiettivo è baciarti.”

E qui cala il silenzio. Forse sono suonata un po’ stalker.

Jimin dice qualcosa a Namjoon ma, ovviamente, non capisco- anche se, guardando l’espressione confusa del biondo, ho l’idea che l’incomprensione sia reciproca e che stia chiedendo al rapper che cavolo ho detto.
Contro ogni previsione Namjoon si mette a ridere di gusto, poi mi prende per le spalle e mi avvicina a se stampando un sonoro bacio sulle labbra.


OH SI!


“Non posso credere che tu, una nostra fan – anche particolarmente accanita a quanto sembra – sia adesso qui e faccia parte della band che sostieni! Cavoli, sei una Army e adesso, in teoria, sei fan di te stessa! Questo è troppo comico!” e continua a ridere e ridere mentre io sto ancora li, imbambolata, con un sorriso ebete sul viso e tre paia di occhi spalancati puntati addosso.


Quando Rap Monster ha finito di ridere e si rimette dritto punta di nuovo il suo sguardo divertito su di me.


“Non credo tu abbia bisogno di altre presentazioni allora. Ti do solo qualche piccola dritta: la maggior parte degli oggetti rosa che trovi sono di Jin quindi è meglio se ti scegli un altro colore per le tue cose e ricordati di rispettare gli onorifici, specialmente con lui. Hoseok è stupido, quindi non te la prendere se ogni tanto fa qualche battuta un po’ troppo oltre i limiti, non lo fa apposta. Jungkook è molto timido quando si tratta di ragazze quindi se per il primo periodo non ti parla molto è solo perché è incapace di costruire relazioni con gli esseri umani, in più e molto geloso delle sue cose quindi… non stare troppo attaccata a Jimin. Jimin è una bella pallina zuccherosa ma quando si incazza fa dannatamente paura, oh, e non giudicare mai il suo peso, è molto insicuro su questo aspetto. Quando Yoongi si sveglia viene fuori dagli inferi quindi sii gentile. Taehyung e terribilmente fisico, quindi preparati ad essere investita da abbracci e placcaggi a tutte le ore. Non darmi mai cose importanti in mano non le rivedrai mai più intere e, infine, non mangiare mai cose cucinate da chiunque se non da Jin o, al massimo, da Yoongi.” 


Ancora stordita dal bacio quasi infantile che mi ha dato ho sentito più o meno mezze parole… ho l’impressione che fosse qualcosa di importante. 


“Jiminie, baoleul taeuda Tae gaseo Jongkook-ah sua seugalago” -Jiminie, va a svegliare Tae e a chiamare Jungkook e Suga- dice Rap Monster è tutto ciò che riesco a capire è: Jiminie, Jungkook e Suga ma va bene così! Sorridi e annuisce cara, sorridi e annuisci!


Jimin esce dalla stanza cui poco dopo fa ritorno, il corpo provato sotto il peso di un Taehyung ancora mezzo addormentato, che viene scaricato poco delicatamente su una sedia, seguito da Jungkook e Yoongi, che dovevano essere gia svegli dal momento che non sono più in pigiama.


Finalmente ho tutti i BTS di fronte a me, ci sono Jimin, Suga, Namjoon… Jin… Tae…


Oh Cavolo! Ho i BTS di fronte a me!


La consapevolezza di essere di fronte ai ragazzi su cui ho sbavato per anni mi arriva come un pugno in faccia e, improvvisamente barcollo un po’, tremante.

Vedendomi instabile tutti e sette si protendono verso di me pronti a sostenermi ed io sussulto un po’ sorpresa fermandosi sui miei passi. 

Il silenzio è quasi teso, con me che guardo loro con le mani strette al petto e loro che guardano me con gli occhi sbarrati e le braccia proteste verso di me, come se cadendo potessi infrangere in mille pezzi. Ah! Non hanno ancora idea di quanto io sia goffa.

Mi rimetto cautamente dritta vedendo Taehyung e Jungkook sospirare rassicurati dal mancato pericolo.


“Dio mio” sussurro “state tranquilli, non morirò. Sto bene” continuo parlando con voce bassa come se stessi parlando a degli animaletti spauriti.


Muovo un passo erroneamente fuori dal tappeto -su cui non mi ero nemmeno accorta di stare in piedi—rabbrividendo per il fresco del pavimento a contatto con i miei piedi nudi e, improvvisamente, mi ricordo di essere scalza. Mi sento un  po’ a disagio. 


“Io…” inizio voltando verso Namjoon “avrei bisogno delle mie scarpe, o di un paio di calzini. È qui la mia valigia?”


Namjoon annuisce.


“Ti è stata preparata una camera tutta per te e la tua valigia è già lì. L'ha portata Willson quando ti ha accompagnata qui. Willson è la guardia del corpo di colore che ti è venuta a prendere in aeroporto.” 


“Si, l’ho conosciuto.” Sorrido.


Namjoon si incammina verso la porta da cui sono entrata ed io lo seguo ma inciampo, probabilmente su un granello di polvere, finendo lunga distesa per terra.


Mentre penso alla mia prima pessima figura con questi ragazzi sento un paio di mani agganciarsi alle mie braccia e ritirarmi in piedi.


I Fantastici Sette lanciano urletti più o meno virili e sento volare il nome di Namjoon, detto con tono di rimprovero, diverse volte.


“Ma si certo! Prendiamola con Rap Monster, tanto è sempre colpa sua, vero?” dice il suddetto in inglese tenendomi per le braccia e aiutandoci a camminare dritta senza inciampare.


La mia camera è meravigliosa: la stanza è ampia ma il soffitto non è molto alto e da una sensazione di raccolto, di privato e di personale che mi riscalda in modo piacevole. 

Mi fa sentire a casa.

Il pavimento è di parquet chiaro e i muri sono di un tenue rosa pallido. Il letto è a due piazze ed è rialzato su una pedana a due scalini, le coperte sono fucsia ed è pieno di cuscini e peluches.

Tutto l’impianto del letto è addossato verticalmente alla parete destra mentre, sulla sinistra, tutto il muro è occupato da un grosso armadio di legno chiaro.

A terra, nello spazio fra l’armadio e i piedi del letto ci sono diversi pouf di varie forme e dimensioni e, accanto alla porta e attaccata alla parete, c’è una cassettiera-scrivania-specchiera che è il sogno di qualsiasi ragazza, tipo quelle che vedevi nelle case delle bambole e volevi diventassero realtà.

Due porte finestre, che danno su un piccolo balcone, fanno sì che la stanza risplende di luce naturale.


“Bhe, è tutto qui. È stato Jin ad arredarla, come puoi vedere da tutta questo rosa, non è un granché ma puoi sempre sistemarla come -Hei! Perché piangi?! Non ti piace? Possiamo cambiare il colore se vuoi!”
Non mi accorgo di star piangendo fino a che non me lo dice Namjoon.


Cambiare colore?! 

Non mi piace?!

 Tutti i miei sogni si stanno realizzando e questa camera è meravigliosa! 

Quello che ci vorrebbe ora è una corona, una di quelle d’acciaio su cui ho sempre sbavato da bambina.

Guardo Namjoon che sembra terrorizzato dal vedermi piangere.


“Non è-“ chiedo con voce un po’ singhiozzando “-non è che avete una corona?” stranamente Namjoon non sembra troppo sorpreso dalla mia richiesta ma, semplicemente, si mette a pensare a, se, e dove, possono tenere quell’oggetto.


“Jin!” chiama dopo qualche secondo e il ragazzo accorre velocemente e, vedendomi piangente, lancia uno sguardo di fuoco a Rap Monster.


“Nega hangeoya?” -che le hai fatto?-


“Naega hangsang mwonga leuhaeyamanha neun mueos-ibnikka?” -perché devo sempre aver fatto qualcosa?- Namjoon sbuffa prima di ricordarsi perché ha chiamato il bel coreano.


“Wang-Gowan iss-eoyo?” -abbiamo una corona?- chiede Namjoon  e Jin alza le sopracciglia sorpreso dalla richiesta, poi annuisce iniziando a trafficare fra i cassetti della cassettiera. 

Jin aggrotta la fronte quando non trova ciò che cerca poi improvvisamente ha un’ illuminazione, si schiarisce la gola e tira fuori la voce più paterna e autoritaria che abbia mai sentito.


“Jimin!” il ragazzino arriva e già sul suo viso c’è un espressione colpevole.


“Mwo gajyeo gassni?” -hai preso qualcosa?- chiede Jin conoscendo già la risposta e quindi stendendo una mano aperta pronta a raccogliere tutto ciò che Jimin vi avrebbe posato.


Jimin si morde il labbro inferiore per poi mettersi una mano in tasca e tirare fuori un tubetto di mascara consegnandolo a Seokjin.

Il maggiore non fa una piega rimettendo il trucco in u cassetto e stendendo nuovamente la mano.

Jimin implora con lo sguardo Jin ma questi gli risponde con uno sguardo Severo al che il più piccolo sbuffa uscendo dalla stanza, ritornando poco dopo con un certo oggetto luccicante in mano.

Se prima piangevo, quando Jin ha preso la coroncina luccicante e me la ha posata sulla testa mi sono sciolta.


“Hei Hei! Che succede?” Mi chiede Jimin in uno stentato inglese.


“Non ti piace? Se vuoi posso roprenderla io.”


“Jimin!”


“OK ok, scherzavo! È tua, davvero! E… non l’ho usato quel mascara, è ancora nuovo. Se vuoi te ne compro uno nuovo ma per favore non essere triste.”


Io tiro su col naso e mi dondolo un po’ sui piedi per poi gettargli le braccia al collo stringendo a me.


“Sono così felice!” singhiozzo contro il suo maglioncino chiaro e lui mi passa le braccia dietro la schiena stringendomi.


Sento un paio di ‘Aww’ prima che altri due corpi e altre due paia di braccia si aggiungano a quello strano abbraccio improvvisato.

Sento dei passi avvicinarsi, il suono ovattato della moquette, e guardo verso la porta vedendo spuntare gli altri quattro componenti del gruppo.

Taehyung ci mette un secondo prima di saltellare verso di noi abbracciando Jimin da dietro pizzicandogli i fianchi facendolo contorcere.


“OH, ani, dasihagoiss-eo!” -oh no, lo stanno facendo di nuovo- sbuffa Suga incrociando le braccia al petto.


“Oh~gaja” -oh andiamo lo rimprovera bonariamente Hoseok prima di unirsi abbracciando jungkook che a sua volta si è appiccicato a Jin.

A questo punto l’unico rimasto fuori da quel caldo bozzolo è Yoongi che si rifiuta categoricamente di prendere parte a quell’azione infantile.

Jimin si sposta un po’ nella mia stretta voltando verso Suga.


“O~gaja Hyung!” -andiamo Yoongi!- miagola e il ragazzo vacilla nella sua integrità. Deve avergli detto qualcosa di carino, forse se provo a dirlo anche io… com’ è che diceva?


“O~gaja” ci provo ma so che sbaglio pronuncia quando sento Namjoon ridacchiare alle mie spalle.


“O~gaja Hyung” ci riprovo e stavolta, con la voce di Jimin che si unisce alla mia e i nostri occhioni luccicanti e speranzosi puntati addosso Suga non può fare altro che unirsi a noi -con tutte le alzate di occhi al cielo e gli sbuffi della situazione.


“I yeoja aeneun name chwihyang-e neomu gwaminhada”- questa ragazza ha troppo aegyo per i miei gusti- borbotta Yoongi facendo ridacchiare un po’ tutti tranne me che, ovviamente, non capisco un beato cavolo di quello che stanno dicendo!

Dio, ho bisogno di imparare il coreano.


Non so neanche che cavolo ho detto per convincere Yoongi a unirsi a quell’abbraccio di gruppo.


“Devo imparare il coreano.” Dico un po’ biascicando contro la spalla di Jimin.


“Appunto!” dice Namjoon uscendo dall’intreccio di arti tirando fuori anche me. L’abbraccio di gruppo si scioglie.


“La prima lezione sarà oggi! Vieni, andiamo a fare colazione e poi iniziamo!” e dicendo ciò mi trascina di nuovo verso la cucina












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Si è forse capito che il mio Bias è Jimin e il mio Wrecker  Namjoon?
 
Comunque, mi dispiace, questo è il coreano di Google traduttore perché io lo sto imparando lentamente quindi non vi sdegnate. 

Se non siete gente da ship non vi preoccupate perché non ci sarà troppa roba shipposa.

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