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di _kementari_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This is war ***
Capitolo 2: *** Castle of Glass ***
Capitolo 3: *** Demons ***
Capitolo 4: *** [Aggiornamenti] ***



Capitolo 1
*** This is war ***


To the soldier, the civilian,

the martyr, the victim.

This is war.

[...]

To the right, to the left,

we will fight to the death!

 

 

 

Un'esplosione fece voltare il capo riccioluto di Hermione Granger. I suoi occhi si riempirono di uno sprazzo di luce verde, che evitò appena in tempo ma che finì per colpire il Tassorosso che combatteva vicino a lei. Il volto della strega fu deformato dall'orrore e dal senso di colpa: non ricordava nemmeno il nome di colui che era morto, quando al suo posto ci sarebbe potuta essere lei. Si riscosse quasi subito, però. Ron correva sulle scale davanti a lei, le braccia piene di zanne di Basilisco. Era la guerra, non c'era tempo per piangere i caduti, dovevano muoversi, dovevano trovare Harry. Il senso d'urgenza la investì come una folata di vento gelido, mentre le gambe riprendevano a correre, insensibili alla stanchezza e al dolore. Correvano all'impazzata su rampe di scale che cambiavano come sempre, come se il Castello non si fosse accorto di essere sotto assedio. Sfrecciarono di fianco alla Signora Grassa che strillò verso di loro «Le altre torri!» .

Ron si voltò rapidamente per raccogliere un assenso da parte della compagna. Salirono e salirono sempre di più, giungendo infine su un pianerottolo dove quasi non andarono a sbattere contro Harry. Sul viso di Hermione si aprì un sorriso stanco, mentre Ron spiegava la loro avventura.

Da qui tutto si fece più veloce, come se qualcuno avesse premuto un tasto sulla televisione per accelerare fino al punto successivo.
Si trovò bruciacchiata e piena di fuliggine, conscia di quello che era appena accaduto, con la sensazione di aver perso il senso del tempo: si trovavano fuori dalla Stanza delle Necessità, ansanti. Malfoy e Goyle stavano fuggendo, ma lei non vi badò. Stava dicendo «...che se riusciamo a prendere il serpente...» ma non riuscì ad aggiungere molto altro.

Intorno a loro la battaglia si infervorava e Percy era riuscito a rivelare il volto del Mangiamorte con cui lottava. Sembrò preso da una fiducia selvaggia, qualcosa che, molto tempo prima, era già accaduta anche a Sirius Black. «Ah Ministro!» urlò, scagliando una fattura contro l'alto funzionario. «Le ho detto che do le dimissioni?»

«Hai fatto una battuta, Perce!» gridò Fred, atterrando il Mangiamorte contro cui lottava.

«Hai davvero fatto una battuta, Perce... L'ultima che ti avevo sentito fare era...»

Hermione avvertì un senso di paura alla bocca dello stomaco, un sesto senso. Quel momento di ilarità e di sicurezza era certamente il preludio di qualcosa che non avrebbe saputo definire. Non ebbe tempo di aprir bocca, così come Fred non riuscì a rivelare loro quanto tempo prima Percy avesse fatto una battuta, perchè l'esplosione di una parete li scagliò tutti in direzioni diverse. Hermione finì a sbattere contro la parete opposta, vicina a un tossicchiante Fred Weasley. Il tempo di rimettersi in piedi e tutto sembrò farsi lontano, distante e ovattato.

Percy giaceva schiacciato da un enorme blocco di pietra, il corpo spezzato in un'angolatura strana. Gli occhiali di corno si erano stortati sul suo naso, la lente destra era in frantumi, la sinistra bizzarramente intatta. Si precipitarono tutti verso di lui, senza che ci fosse bisogno di un richiamo o di guardarsi. Ron prese a singhiozzare, Fred urlò «Percy! Percy cazzo! Non è il momento di fare scherzi!»

Hermione era impietrita, non poteva fare nulla per aiutare i due fratelli, così prese gentilmente per le spalle Fred, visto che era quello più prossimo, mentre Harry cercava di scostare Ron dal corpo. Il gemello si scrollò di dosso la presa della Granger, rivolgendole uno sguardo torvo che non gli era proprio, prima di lanciarsi ad affrontare i Mangiamorte che si affrettavano a salire le scale.


*Tum-Tum-Tum*

 

Si riscosse, saltando quasi sul divano. Nemmeno si rese conto di esservi crollata ancora completamente vestita, ma questa fu una fortuna. In uno spasmo di adrenalina, gli occhi spalancati con aria folle, la donna la estrasse, rapida, puntandola alla porta e balzando in piedi in un unico movimento.

«Chi siete? Identificatevi!» intimò, un tremolio lieve sotto l'aria apparentemente sicura.

«Sono Ginny! Sono qui con Ron, ti ricordi?»

La voce dell'amica le arrivò attutita dal legno della porta d'ingresso.

«Provalo!»

«Il tuo patronus è una lontra, Hermione. Odi il fatto che i tuoi capelli siano ricci e il tuo colore preferito è il blu.» fu la replica di Ginny, la voce le parve quasi stanca.
«Va bene, entrate.» disse l'altra, portandosi il dorso della mancina alla fronte, imperlata di sudore.

Non riusciva a ricordare per quale motivo il suo ex ragazzo e la sua migliore amica fossero alla porta di casa sua di mattina presto.

Quando entrarono la trovarono ancora così, con la bacchetta sfoderata e l'aria stremata. Il piccolo appartamento situato nella Londra babbana era invaso da un disordine inusuale per una che era stata Prefetto di Grifondoro e non aveva mai amato il caos in ogni sua forma. Ginny restò di stucco notando che i libri sui regolamenti del Wizengamont erano sparsi ovunque insieme ad appunti e piume. Una boccetta di inchiostro si era rovesciata sul tavolo della cucina, anche quello stipato di pergamene e libri aperti.

«Tergeo» ordinò Hermione, pigramente, accorgendosi della boccetta solo quando vide lo sguardo dell'amica posarvisi. «Beh, perchè siete qui così presto?» borbottò, assonnata. Di certo il sogno, o meglio il ricordo notturno, non si poteva coniugare con un sonno ristoratore. Sembrava che non dormisse come si deve da tempo, a giudicare dalle occhiaie che ne cerchiavano gli occhi color nocciola.

Ginny sbuffò. «Ron è venuto a prendere gli ultimi suoi scatoloni. Ti ho mandato Leotordo ieri, non ti ricordi?»

«Oh sì, io... sì certo. Sono nello sgabuzzino.» indicò alla propria destra, senza che ce ne fosse davvero bisogno in realtà: Ron era un mago e poteva appellarli, senza contare che avevano convissuto in quella casa per un paio di mesi.

Il rosso si strinse nelle spalle, imbarazzato, e quindi appellò i due scatoloni con un incantesimo non verbale.

«Ti rendi conto che sono le dieci di mattina vero? Non proprio l'alba.» cercò di canzonarla l'altra Grifondoro, senza riuscire del tutto a nascondere la sua preoccupazione.

Ron pareva del tutto a disagio, come se non riuscisse a star fermo in quella stanza con anche Hermione presente. Un lieve rossore ne tingeva le guance, anche le orecchie stavano assumendo la medesima sfumatura, segno che il suo imbarazzo stesse diventando insopportabile. Borbottò qualcosa a mezza voce, al che Ginny gli scoccò un'occhiata insieme incredula e comprensiva, per quanto questo fosse possibile. «Torna a goderti il tuo giorno libero, signor quasi-Auror» furono le parole della sorella, aprendogli la porta. Ronald borbottò qualcosa che a Hermione suonò come un "bè... ciao" prima di sparire in tutta fretta giù dalla rampa di scale.

 

Ginny tirò un sospiro di sollievo, prima di rivolgersi di nuovo, con aria clinica, verso l'amica. Durante il loro ultimo anno a Hogwarts, conseguito tutti insieme a causa del prematuro abbandono della scuola da parte del famoso Trio, Hermione era sembrata tranquilla, come se si fosse totalmente ripresa dallo shock. Probabilmente l'atmosfera che le ricordava la spensieratezza dei loro giorni precedenti alla guerra era riuscita a tenere insieme i pezzi della strega. La sua relazione con Ron era proseguita, filando liscia come quella tra Harry e Ginny. Hermione aveva conseguito tutti i Mago necessari ad entrare nell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, Ron e Harry per entrare nel Dipartimento Auror. Eppure, non appena erano entrati nel mondo degli adulti, dopo che quei due avevano deciso di abitare nell'appartamento londinese ereditato dai nonni di Hermione, tutto era precipitato. Nessuno, né lei né Harry e nemmeno tutte le persone che li conoscevano, avrebbero saputo dire cosa fosse successo, ma nel giro di un paio di mesi tutto si era incrinato: il rapporto tra la ragazza e suo fratello si era sgretolato come un mazzo di vecchi fiori secchi e lei pareva aver perso interesse e concentrazione. Inoltre era sempre in costante stato di vigilanza, come se si aspettasse sempre che qualche seguace di Voldemort spuntasse da sotto il suo letto.

Furono proprio le parole di Hermione a riscuotere l'amica dai suoi pensieri.

«Ho preso appuntamento con quel Medimago specializzato nei traumi mentali al San Mungo.» annunciò la riccia, in un sospiro. Sembrava portare un mondo intero sulle spalle.

Ginny parve sollevata.

« E' la cosa migliore, Hermione. Nessuno di noi ha la capacità di aiutarti davvero. Vedrai che ti farà bene.» cercò di incoraggiarla, esibendo un sorriso più spontaneo.

L'altra annuì appena, anche se sembrava ancora titubante. «E' che non mi piace sentirmi malata.» sussurrò con un filo di voce, strofinandosi il braccio con cui teneva ancora la bacchetta, visibilmente a disagio.
La rossa fece qualche passo avanti, per poterla abbracciare dolcemente, in modo confortante. Hermione parve cedere a quel contatto, infilandosi di nuovo la bacchetta nei jeans, per poi ricambiare la stretta.

« E' oggi pomeriggio» aggiunse.

«Bene, vorrà dire che ci andremo insieme. Non ho allenamenti oggi.» le rispose Ginny, scostandosi per darle un'occhiata piuttosto critica. «Ma non puoi uscire in questo stato. Ora vai a farti una doccia, io ti trovo un cambio in questo caos.»

Il tono non ammetteva repliche, così la Granger fu costretta a obbedirle di buon grado. Ginny Weasley somigliava a sua madre più di quanto volesse dare a vedere.

 

[...]

I do believe in the light

Raise your hands up to the sky

The fight is done, the war is won

Lift your hands towards the sun.
 

________________________________________________________________________________________________

Angolo autrice: 

Salve a tutti! 
Questa è la mia prima fanfiction a tema potteriano. Ho letto tantissime belle fic sulla Fremione è mi è venuta voglia di buttare giù qualcosa io stessa. Spero che vi piaccia e che non ci siano strafalcioni, nel qual caso sentitevi liberi di avvisarmi. 
Ho inserito delle frasi nella parte del sogno/ricordo prese direttamente dal settimo libro nella sua prima traduzione italiana. 
La canzone che dà il nome al capitolo è This Is War dei 30 Seconds to Mars. 
Nel prossimo capitolo entrerà in scena anche Fred, non preoccupatevi. 
Spero di riuscire ad aggiornare con costanza, visto che sono in piena sessione! 
(ho aggiornato, spero che ora si vedano i dialoghi)

Fatto il misfatto!

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Capitolo 2
*** Castle of Glass ***


 

Bring me home in a blinding dream

Through the secrets that I have seen

Wash the sorrow from off my skin

And show me how to be whole again.

 

Camminava accanto a Ginny: era riuscita a renderla decente, presentabile persino. Si era stupita di quanto l'amica fosse diventata brava a truccarsi, le aveva quasi cancellato le occhiaie con un uso sapiente di un illuminante.
Eppure non riusciva a sentirsi del tutto a proprio agio: continuava a controllare intorno a sè, alle proprie spalle, fissando sospettosa ogni angolo buio, ogni cassonetto e ogni persona che fuoriusciva dalle ombre con naturalezza. Era il pomeriggio inoltrato di una rara giornata soleggiata, quando le due amiche arrivarono all'ingresso del San Mungo.

Accedervi fu semplice come al solito, se ne occupò la rossa prima ancora che il pensiero affiorasse nella mente di Hermione, stranamente passiva, come rassegnata. Il manichino dentro la spoglia vetrina abbandonata annuì e, quando nessun Babbano le stava più osservando, le due scivolarono dentro il vetro come se fosse un comune specchio d'acqua.Trovandosi di fronte all'ingresso, con tutti i pazienti in attesa di essere accettati alla reception fece vacillare tutti i buoni propositi della Granger. Prese a respirare più in fretta e a guardarsi alle spalle, come in cerca di una via di fuga. Fu allora che un braccio esile ma forte si infilò sotto il suo destro, prendendola a braccetto.

«Non ti permetterò di mandare tutto all'aria.» le comunicò Ginny, sfoderando un sorriso affabile nei riguardi delle segretarie della Reception. Avanzò con passo sicuro verso di loro, trascinandosi dietro una sempre più nervosa Hermione.

«La mia amica ha un appuntamento con il Guaritore Murray.»

«Ambulatorio Traumi Magici, Primo Piano.» comunicò con fare sbrigativo la donna.
Hermione ebbe appena il tempo di pensare che sembrava rinsecchita e che non dava l'idea dell'emblema della salute, prima che Ginny riprendesse a guidare i suoi passi.

Camminarono rapide e presero le scale, dopo un'occhiata veloce agli ascensori stipati di pazienti e Guaritori. Un paio di rampe di uno sterile color crema le condussero agli ambulatori, laddove Ginny si premurò di conferire anche con la seconda segretaria, quella del reparto. Ad Hermione quest'ultima parve più gentile e comprensiva: non poteva essere molto più vecchia di loro. La ragazza diede un'occhiata in più alle due amiche, arrossendo quando le riconobbe come la fidanzata del Ragazzo Sopravvissuto e la sua migliore amica. Si fece un poco più timida, ma fu interrotta dal Guaritore Murray in persona, che uscì dal suo ambulatorio per fare un cenno e un sorriso alle due donne. Quando furono al suo cospetto, lui strinse la mano ad entrambe.

«Signorina Weasley, signorina Granger.» le accolse, con un breve chinar di capo, prima di aggiungere «Temo di dover parlare da solo con la signorina Granger, se non le dispiace» rivolgendosi a Ginny, la quale annuì.

Hermione rivolse in lei i suoi occhi color nocciola, specchiandosi in quelli azzurri dell'amica, ben saldi mentre le faceva cenno di entrare, rivolgendole un sorriso incoraggiante. Si sedette fuori dall'ambulatorio e non appena l'altra fu certa che l'avrebbe attesa lì, si fece forza ed entrò nella stanza.
Come la maggior parte dei luoghi all'interno dell'ospedale magico, era accogliente, d'un bianco che ne evidenziava la pulizia. Un paio di poltroncine imbottite e comode stavano davanti a una scrivania, dietro la quale si accomodò il Guaritore. Hermione si accomodò, stringendo appena le dita sui braccioli, i muscoli in tensione. Dapprima le rivolse una serie di semplici domande atte ad accertare l'identità della strega, nonchè il suo stato di salute fisica e precedenti ricoveri al San Mungo.

«Mh... Io, sì, dopo la guerra sono stata portata qui insieme a quasi tutti gli altri combattenti.» affermò con cautela la Grifondoro.

Lo sguardo grigio tempesta dell'uomo scivolò sulla cicatrice che Bellatrix aveva lasciato sul braccio di Hermione con le sue torture a Villa Malfoy. Ormai quelle informazioni erano di pubblico dominio e infatti non passò molto tempo prima che il medimago si esponesse in tal senso.

«Vorrei che lei cominciasse a raccontarmi di quello che ha passato quasi due anni fa', di come influenza la sua vita oggi. So che può essere molto doloroso, ma è necessario, lo capisce?»

Sembrava intenzionato a trattarla con i guanti. Hermione avrebbe quasi preferito che fosse più rude con lei. Sembravano tutti convinti che fosse fatta di cristallo. Furono momenti difficili, quelli in cui narrò quanto era successo, nel modo più dettagliato possibile, prendendosi delle pause. Murray sembrò comprensivo, lasciando che la giovane si prendesse tutto il tempo di cui aveva bisogno per snocciolare il suo vissuto, che procedesse con il proprio ritmo.

Quando ebbe finito la narrazione, si arrischiò a domandarle «E ad oggi, questo cosa le causa?».

Hermione parve annaspare, come se stesse affogando. Gli occhi si fecero lucidi, abbassò lo sguardo.

«Io, ecco... Stavo studiando Magisprudenza. Ma dopo essere tornata da Hogwarts, è stato come... come se la realtà mi fosse piombata addosso.» cominciò la riccia, con una certa cautela. Dopodichè le parole vennero fuori da sole, come un fiume in piena. Non ne aveva mai parlato seriamente con nessuno, nemmeno con Ginny.

«Ho cominciato a sognare ogni notte degli sprazzi della battaglia, vedevo Bellatrix che mi torturava ancora e ancora. Ho ricordato cose che lì per lì avevo rimosso o notato solo in parte, perchè ho iniziato a rivivere quei momenti costantemente. Da quando è iniziato, ho preso a vedere ombre dei Mangiamorte dietro ogni angolo. I rumori forti mi fanno prendere in mano la bacchetta all'istante. E poi c'è stato... Uno spiacevole episodio.» La sua voce era scesa, il tono mortificato.

«Quale episodio? Me ne parli.» la incoraggiò bonariamente il Guaritore.

«Ho... Io...» per Hermione fu particolarmente difficile ammetterlo. «Ho aggredito il mio compagno dell'epoca.» sussurrò in un fiato.

«Che successe?» domandò Murray di nuovo, sempre senza metterle pressione.

«Tenga presente che le cose tra di noi non... Stavano funzionando da un po'. Così quando successe questa cosa, ne approfittai per allontanarlo completamente dalla mia vita.»

«Vada avanti, non si preoccupi. Non la giudico.»

«Bene... Cercava di farmi una sorpresa probabilmente. In quel periodo avevo iniziato a prendere lezioni di un'arte marziale babbana, si chiama Krav Maga. Quando lui si è avvicinato alle spalle, io l'ho atterrato prima ancora di rendermene conto, per poi puntargli addosso la bacchetta. Non mi ero mai sentita così poco al sicuro in vita mia, nemmeno durante la guerra stessa. Così gli ho chiesto di andarsene, quando ha fatto una scenata mi sono accorta di non provare più niente per lui.»

Murray la osservò, passando distrattamente le dita della mano sinistra sulla propria guancia corrispondente, a lisciarne la barba brizzolata. Solo in quel momento la strega si rese conto che sembrava un pescatore, abbronzato e consumato dal sale, ma che non poteva avere più di trantacinque anni. Quegli occhi tempestosi e penetranti sembravano avere il potere di leggerle dentro.

«Beh, mettere fine a una relazione che non andava più da nessuna parte non è stato un male, Hermione... Posso chiamarla così? Mi trovo meglio.» domandò, mentre l'altra fece un cenno di assenso col capo.

«Lei può chiamarmi Alfred.»

Di nuovo la donna fece un cenno di assenso, ma questa volta un barlume di serenità si appropriò di quel viso giovane, ingiustamente segnato dalla sofferenza, percepibile perfino sotto gli strati di trucco.

«Che è successo dopo?»

«Ho smesso di avere contatti con tutta la sua famiglia. Tranne Ginny, s'intende» la voce di Hermione si intenerì appena nel nominare l'amica che l'attendeva fuori. «Harry e Ginny mi vengono spesso a trovare, ma io non riesco a uscire di casa. Ho sempre paura che qualcosa mi aggredisca. Ho paura di fare del male a qualcuno senza motivo, a causa dei miei scatti.»

Per una persona come Hermione Granger, non avere il controllo su una cosa importante come la propria mente era terribilmente invalidante. Deglutì a vuoto prima di proseguire.

«Ho perso il controllo, il sonno, la calma. Non riesco più a studiare come una volta, sto mandando tutto all'aria. A parte loro due, non ho più contatti quasi con nessuno. So che nonostante tutto la signora Weasley è sicuramente in pensiero per me, così come gli altri nostri amici, ma io non riesco proprio a farmi vedere da lei. Se facessi del male a qualcuno di loro?» scosse la testa, come a voler scacciare quel pensiero.

Stavolta fu il turno di Alfred Murray di sospirare. Non era un caso semplice, rientrava in quella vasta gamma di disturbi che spesso le persone sensibili riportavano dopo essere state esposte a grossi traumi e sicuramente la Seconda Guerra Magica poteva essere annoverata a pieno diritto nella sezione "grossi traumi".

«Voglio affidarle una sorta di compito, prima del nostro prossimo appuntamento, Hermione» cominciò, scrutandola con attenzione. «Faccia dei piccoli passi, come i primi passi dei bambini. Lei deve riabituarsi ad avere una vita normale, ad esempio riordinando la casa, uscendo per una passeggiata, comprandosi un animale. Ma lo deve fare per lei, non per gli altri mi capisce?»

Hermione annuì brevemente.

«Bene, allora le lascio anche una prescrizione per una Pozione Calmante. La prenda prima di dormire, solo un cucchiaio. Lo saprò se ne avrà abusato la prossima volta che ci vedremo. E si ricordi di restare aperta a tutte le nuove possibilità che le si parano davanti. Non cerchi di controllare tutto, in questo momento.» le sorrise, scribacchiò qualche nota su una pergamena e le consegnò la prescrizione. Poi tese la mano per stringere quella della strega, che lo fece, un po' sorpresa dalla velocità con la quale era riuscito a inquadrarla e un po' rinfrancata.

Quando uscì, Ginny era lì per lei. La vide sorridere al Guaritore, prima di prenderla di nuovo a braccetto, annunciandole che come prima cosa l'avrebbe aiutata a fare una cernita di "vestiti da nonna" nel suo armadio.

«Stavi per caso origliando?» fece Hermione, inarcando un sopracciglio.

«Affatto, immaginavo solo che ti avesse detto di darti una mossa.» replicò Ginny, facendo spallucce.

 

 

 

 

Fred Weasley era disteso sul suo letto sotto la luce del sole di mezzogiorno, nell'appartamento sopra il negozio di scherzi che una volta, in quello che sembrava un secolo prima, aveva condiviso con George.

Ora il gemello aveva preso un appartamento per sè e per Angelina. Fred non sapeva dire come fossero andate le cose, per quale motivo lui e Angelina avessero smesso gradualmente di parlarsi, di vedersi e di scriversi. Tutto si era raggelato tra loro, senza che si fossero mai lasciati del tutto, semplicemente le distanze tra loro si erano dilatate. Questo aveva generato nel Wealsey una sorta di senso di tranquillità in cui cullarsi, una specie di rifugio sicuro, almeno fin quando, prima che se ne rendesse conto, George gli aveva comunicato che intendeva chiedere la mano della ex-Cacciatrice.

Era stato una sorta di punto di non ritorno: dopo la morte di Percy, questa era stata una batosta definitiva. Non aveva litigato con il gemello, non avrebbe mai potuto ferire l'altra metà di sè. Quando tuttavia aveva chiesto di avere poco a che fare con il pubblico e di occuparsi solo delle sperimentazioni, George non aveva obiettato. L'aveva osservato con una specie di sguardo pietoso, come se vedesse la sua sofferenza e fosse impotente.

"Beh, è così. Nessuno può aiutarti. Ti sei scavato la fossa, Freddie" riecco quella voce nella sua coscienza, che gli rammentava quanto stesse sprofondando.
Si vestiva ancora di pelle di drago, si curava per uscire con Lee, andavano nei locali babbani. Ogni tanto finiva a casa di una delle sue conquiste. Tuttavia alla fine era sempre solo e quando era a casa da solo tendeva a trascurarsi e a dedicarsi solamente all'invenzione di nuovi filtri d'amore, sperimentazione di nuove materie prime e incantesimi divertenti. Faceva fatica a far divertire gli altri, quando lui stesso si sentiva come se una fiamma, dentro, si fosse spenta.

Ormai sul suo viso, solo George riusciva ad accendere il sorriso ogni tanto, per il resto si trattava di una finzione. Era diventato un attore capace, abile a fingere di star bene ad ogni pranzo della domenica alla Tana che non riusciva a evitare con qualche scusa.
La pozione che stava cuocendo sul pavimento di legno alla sua destra sobbollì pigramente.

«Fred! Ho bisogno di una mano con degli effetti collaterali da inserire nelle confezioni. Scendi!» gli giunse la voce di Verity dalla rampa di scale che conduceva al piano terra, al loro negozio. Sospirò, abbassò il fuoco della pozione con la bacchetta e caracollò giù dalle scale, senza aver ben chiaro con quale energia riuscisse ancora ad avere a che fare con qualsiasi essere umano che non facesse parte della sua famiglia.

«Arrivo.» brontolò, aprendo la variopinta porta sul retro, sbucando nel magazzino strapieno.

«E anche oggi si comincia» si disse, affacciandosi dietro il bancone per aiutare la commessa.

 

 

 

'Cause I'm only a crack

In this castle of glass

Hardly anything else

For you to see.

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Spazio Autrice:
Ho voluto inserire subito un secondo capitolo per darvi una visione più completa dei fatti. Spero vi piaccia questa "seduta" di analisi di Hermione. Non ho voluto introdurre troppo la psiche di Fred perchè per il momento tende a isolarsi e preferisco che i personaggi vengano fuori nei rapporti che hanno con gli altri. La canzone stavolta è dei Linkin Park, Castle of Glass. Spero che la troviate appropriata.
Nox! 

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Capitolo 3
*** Demons ***


When your dreams all fail
and the ones we hail
are the worst of all
and the blood's run stale

 

In qualche modo era cosciente che fosse già mattina e che si sarebbe dovuto mettere al lavoro. Braccio sinistro sugli occhi, a proteggerli dalla luce che filtrava dalla finestra, destro abbandonato sul fianco. Simmetricamente, la gamba destra era leggermente flessa verso l'alto e la sinistra posta diagonalmente verso la fine del letto.

Fred Weasley era stanco, avrebbe voluto dormire in quel momento, di mattina, quando nessun incubo aveva abbastanza tempo per venire a tormentarlo. Quel paio d'ore sufficienti per tenerlo in vita. Per questo motivo, dopo una prima tensione della muscolatura verso l'alto, si lasciò ricadere sul materasso producendo un tonfo sordo, i capelli lunghi e ramati in contrasto con il cuscino niveo.

«Sei messo male, fratello, se a quest'ora pensi ancora di poter poltrire comodamente.»

La voce, proveniente da un angolo della stanza, apparteneva a George, ovviamente.

Lo osservava con un'aria preoccupata che non avrebbe mai voluto vedere sul suo viso, ma che ultimamente si affacciava più spesso di quanto fosse opportuno. Era una novità per entrambi: per quanto ci fossero delle sfumature diverse nei loro caratteri, il carattere allegro era una costante, quella che li aveva condotti ad aprire il negozio, tra le altre cose. Ora sembrava che Fred avesse perso la sua strada.

Qualunque fosse il suo problema, suo fratello nell'angolo della stanza era la realtà, quindi avrebbe fatto la stessa cosa che faceva da giorni a questa parte: affrontare la giornata e accantonare gli orrori.

Cercò di stamparsi un sorriso sulle labbra sottili: «Dammi un attimo ok? Mi rendo presentabile e scendo, precedimi pure. Non vogliamo far aspettare Verity da sola giusto?»

«Mhm...» George non sembrava granchè convinto. «D'accordo, non metterci troppo. Dobbiamo fare il punto sulle vetrine per il prossimo mese e sulle cose che stai sperimentando.»

Dicendo questo il fratello era scomparso giù dalle scale.

Fred si mise all'opera con un sospiro: gli parve uno sforzo immane buttarsi giù dal letto, mettersi in piedi e ciondolare fino al bagno. Quando infine si trovò davanti allo specchio sopra il lavello, schizzato qui e là di residui di intrugli e rovinato laddove qualche esperimento fallito lo aveva danneggiato, non potè fare a meno di rimanere stupito a fissare la propria immagine, come se non si osservasse da molto tempo.
Non sembrava nemmeno lui: i capelli erano cresciuti visibilmente, arrivando a una lunghezza che si potrebbe definire "degna di Bill e Charlie"; il viso era più smunto e due occhiaie leggere facevano capolino sotto gli occhi chiari, una lieve peluria rossa ricopriva la mascella. Non sembrava lui, per niente, eppure non gli andava di cambiare.

«Forse per una volta mi distingueranno da George.» borbottò, dando voce ai propri pensieri.
L'acqua fredda sul viso gli consentì di svegliarsi a sufficienza, quanto bastava per indossare il completo del negozio e scendere di sotto, la chioma legata in una coda morbida.

La riunione si svolgeva sul retro, semplicemente lui e suo fratello. Per questa volta, visto che si era ormai fatto tardi, Verity sarebbe rimasta al bancone.

«Quindi stavo pensando di chiedere a Ness di procurarci degli aculei Knarl, l'altra volta erano buoni...»

George stava parlando da un po' e la testa di Fred vagava.

«... Poi vediamo, uova di Doxy ce ne sono ancora...»

Scorreva sui registri, prestando attenzione alle annotazioni in bella calligrafia redatte dalla loro segretaria.

«...Quindi resta solo da stabilire se ti servono dei materiali per i nuovi progetti. E anche se hai bisogno di un assistente, o vuoi che ti dia una mano più spesso. Dimmi tu, Fred.»

George era in attesa di una risposta che non arrivava. Lo sguardo di suo fratello era vacuo.

«Fred! Dico a te, fratello! Ultimamente sei più sulle nuvole di Ron. Mi ascolti?»

 

 

Ricordi, come flash, si sovrapponevano di tanto in tanto alla scena.
La sensazione di toccare il corpo del fratello maggiore, da cui il calore veniva meno poco alla volta.

Il dolore di sua madre che non era nemmeno riuscita a riappacificarsi con lui come si deve, che urlava nella Sala Grande e poi singhiozzava sulla sua spalla. Eppure non lo incolpava di nulla, era felice che lui, Ron, Harry ed Hermione fossero ancora vivi, nonostante si trovassero sulla stessa scena.
Ricordava distintamente di aver pensato: "E se fossi morto io al suo posto? Ora lui avrebbe potuto fare ammenda, loro non starebbero così male."

La voce di George lo riscosse come una secchiata di acqua gelida. Lo mise a fuoco lentamente, abbozzando un sorriso.

«Stavo solo pensando, Georgie, eddai.»

«Se non riesci a concentrarti è inutile, forse è meglio che ti prendi qualche giorno libero.» furono le parole altrui, intrise di qualcosa che a Fred dava immensamente fastidio, specie se veniva da George.

Commiserazione.

«E per fare cosa? Uscire a ubriacarmi con Lee? Finire nel letto dell'ennesima sconosciuta? Nah, preferisco lavorare.»

«Potresti smettere di passarti le sconosciute. Potresti...»

«Fare come te?»

«Beh, sì, insomma non facciamo niente di male!»

Stavano litigando. Incredibile ma vero, ultimamente succedeva spesso. Era come se la vita di George progredisse, diretta a un futuro luminoso con Angelina.
La sua, di vita, lo lasciava nello stesso punto, a camminare in tondo e senza nessuno sbocco. Si sentiva bloccato in una condizione che non voleva vivere, ma non riusciva a fare nessun passo fuori dal suo cerchio.

«Va beh, capito, me ne vado di sopra a lavorare.» disse, cercando di scansare il litigio imminente, facendo per prendere la via delle scale.
Una mano si strinse intorno al suo avambraccio, costringendolo a voltarsi di nuovo verso la pietà di George.

«Dimmi almeno a cosa, così saprò se portarti su dei materiali.» sembrava stanco, all'improvviso.

«Il Cannocchiale Tirapugni. Direi che è anche ora che entri a far parte della nostra gamma di prodotti, è fermo da anni.»

«Ok, fammi un fischio se ti serve aiuto.»

Un cenno affermativo del capo accompagnò il volgersi di Fred verso la rampa di scale, prima di prendere a salire verso l'appartamento.

 

 

 

Hermione camminava per i vicoli di Diagon Alley.
Era stata tutta un'idea scaturita dal suo colloquio con il Medimago. Quella mattina doveva essere quella giusta, così si era detta.
Si era svegliata un po' prima del solito, sola, nel suo triste e incasinato appartamento della Londra babbana. Si era come resa conto per la prima volta dopo molto tempo, che lì dentro c'era un caos inimmaginabile e che Ginny aveva ragione quando minacciava di mandare sua madre ad aiutarla per una ripulita. Molly le avrebbe sicuramente dato una strigliata per come teneva quel posto.
Alla fine, tuttavia, quella mattina non era il momento giusto per appellarsi all'ordine. Si era fatta largo tra fogli, borse e confezioni vuote di gelato o di noodles, per arrivare fino al bagno e darsi un contegno.
Osservarsi era stato un trauma: era decisamente più smunta, le ossa degli zigomi si notavano di più, aveva perso il rossore che di solito li adornava e aveva un colorito abbastanza cereo, poco salutare. Così si era data al make-up, come le aveva consigliato Ginny, ed era riuscita a sistemarsi quanto bastava per non sembrare un Dissennatore.

 

Uscire di casa era stato pesante, ma mai quanto fare la strada fino al Paiolo Magico. Si guardava intorno ad ogni incrocio, ad ogni vicolo. Aveva sempre la mano pronta ad estrarre la bacchetta dai jeans. Prima di entrare al Paiolo Magico, poi, aveva inforcato un paio di occhiali da sole, per evitare che qualcuno la riconoscesse. Metodo molto babbano ma efficace: cappuccio tirato sulla testa a nascondere la massa di ricci ed eccola passare davanti a una massa di maghi indifferenti, se non per quanto riguardava il suo abbigliamento. Almeno così era riuscita a evitare che qualcuno la fermasse per farle i complimenti o per chiederle se voleva lavorare per lui.
Fu con un sospiro di sollievo che si affacciò nella poco affollata Diagon Alley delle undici di mattina.
Era un lunedì mattina nel mese di ottobre, appena rischiarato dai raggi deboli del sole che filtrava tra le nubi sparse. L'aria sembrava pulita e tutti erano troppo impegnati per notarla, così si concesse di togliere gli occhiali da sole. Teneva le mani infilate nelle tasche della grossa felpa, un modello sicuramente maschile che nascondeva la sua inaspettata magrezza.
Come un monito, nella tasca sinistra aveva ancora la borsetta di perline che aveva usato durante la Guerra. Oltre a essere decisamente utile, essa conteneva troppi ricordi per separarsene. Ovviamente l'aveva svuotata e aveva ridotto un poco l'incantesimo, per adattarla alle sue esigenze.
Le insegne dei negozi, alcuni dei quali ripristinati, come la Gelateria di Fortebraccio, non riuscivano del tutto ad attirarla verso di loro. Alla fine pensò di andare al Ghirigoro, lì avrebbe certamente trovato qualcosa che facesse al caso suo, qualche nuovo libro in cui tuffarsi, qualcosa di cui interessarsi di nuovo, una causa per cui battersi.

Mentre procedeva verso il suddetto negozio, non potè fare a meno di passare davanti ai Tiri Vispi Weasley. Leggere il cognome le provocò una stretta all'altezza dello stomaco, ma più i suoi occhi scorrevano sulle insegne promozionali dei nuovi prodotti, più era curiosa di entrare e dare un'occhiata.

Alla fine si rimise gli occhiali da sole, sperando che nessuno la notasse, e varcò la soglia.

 

George era dietro il bancone, mentre entrambe le ragazze loro dipendenti erano in giro per il negozio con un paio di clienti mattutini. Il suo sguardo vagava pigramente qui e là, mentre pensava al fratello. Non litigavano mai davvero, ma negli ultimi tempi erano sempre pronti a scattare. Vederlo versare in quella sorta di apatia lo faceva soffrire, ma al tempo stesso non aveva idea di quale fosse la soluzione migliore. Non aveva mai avuto problemi a farlo stare bene quando il più sensibile dei due veniva ferito, magari da qualche ragazza a scuola. Si risollevavano a vicenda, sempre con una complicità impagabile. Ora era come se, all'improvviso, la diversità si fosse messa tra loro come un terzo incomodo che non c'era mai stato. Forse era colpa sua, del resto quello dell'anima gemella e della relazione era un clichè, sbattergli in faccia la propria felicità con Angelina non era stata una gran mossa.

Era ancora alle prese con questi dilemmi morali, quando una figura magra e smunta aveva fatto il suo ingresso. Dapprima l'aveva scrutata di sfuggita, ma quando aveva notato gli occhiali da sole, decisamente babbani, e un paio di ciocche ricciolute sfuggire dal cappuccio, si era concentrato meglio. Poi, in un fortuito movimento, lei si era messa di profilo, cercando di dargli le spalle, ma si era fatta scoprire proprio in questo modo.

«Hermione?»

La voce suonava un po' incerta e decisamente sorpresa, ma non aveva molti dubbi che fosse lei. Specie quando, dopo quella domanda, la donna aveva sussultato appena. Aveva fatto un movimento nervoso del capo nella sua direzione, per poi sospirare e levarsi gli occhiali e il cappuccio.

George non potè che notare il cambiamento in lei, così come lei non fece fatica a notare lo stupore nel suo sguardo.

Esibì un sorriso amaro, incurvando l'angolo destro della bocca.

«Proprio io. Ma non resto tanto, non ti preoccupare, non voglio imporre la mia...»

 

*BUM*

 

Un suono di esplosione venne dal piano di sopra, attutito, ma condotto ugualmente dalla rampa di scale.
Prima ancora che George potesse tranquillizzarla, i sensi di Hermione si erano messi all'erta e lei era scattata su per le scale, facendo i gradini a due a due, con ampie falcate delle gambe snelle. Il cuore pompava a mille, l'adrenalina era in circolo. Aveva già estratto la bacchetta quando era arrivata nella stanza, eseguendo un Sortilegio Scudo per se stessa e per George, che si affannava dietro di lei.
Tuttavia non appena la lieve nebbiolina si diradò, i suoi occhi si incollarono, come una calamita, sulla figura seduta a terra. Teneva la mano sinistra sull'occhio corrispondente, aveva in viso una smorfia di dolore. La barba rossa ne ricopriva la mandibola e i capelli, sorprendentemente lunghi, erano raccolti.

«Fred?!»

Fu il suo turno di essere sorpresa.

 

 

«Stavo sistemando il cannocchiale e l'ho stretto mentre facevo delle prove...»

La sua voce era uscita un po' fiacca, un po' sorpresa a propria volta. Che ci faceva la Granger lì? Come mai sembrava così tesa?
Eccola sciogliere l'incantesimo che aveva usato con un semplice cenno della bacchetta e avvicinarsi a lui.
Ora che erano molto vicini, poteva notare quanto anche lei fosse diversa.

«Beh, posso essere sorpreso anche io, non ti ricordavo così magra.»

Ecco, era riuscito a farla arrossire un po'. Stava meglio così. Ma immaginava di non essere nella posizione da cui si possano dare giudizi di bellezza. La vide stringere le labbra mentre armeggiava con una piccola borsetta di perline, infilandoci dentro il braccio fin oltre il gomito.

«Cioè, non che tu prima fossi grassa!»

Cerca di tirarsi fuori dai guai, prima che lei gli spedisca contro qualche strana fattura, ma Hermione sembra un po' spenta e sbrigativa, a dirla tutta. Come lui.

Parlò senza guardarlo dritto negli occhi, come se la sua vista la turbasse: «Per fortuna la porto sempre con me da quel giorno. E' utile per curare praticamente ogni livido e piaga.» disse, mentre estraeva la pomata gialla in tubetto che lui le aveva dato qualche anno prima per curare lo stesso disturbo che lo affliggeva ora.

Per un istante, riuscì a incrociare lo sguardo di Hermione. Gli parve che le pupille fossero annebbiate dagli stessi demoni che lo tormentavano, come se anche lei non riuscisse a trovare pace.

«Grazie.» le rispose, accettando la pomata e svitando il tappo per applicarsela. Prima di farlo, tuttavia, finì per guardare la Grifondoro.

Scoppiò a ridere: non riusciva a controllarsi, la risata saliva spontanea e completamente fuori controllo, non poteva fermarla in alcun modo.
«Perchè ridi ora?»

«Andiamo... Non dirmi che... Non vedi l'ironia... Della situazione!» riuscì a dirle tra una risata e l'altra. Stava quasi per rotolarsi sul pavimento, aveva male a livello del diaframma e le lacrime agli occhi.

Alle spalle di una Hermione un po' esterefatta, George ridacchiava sollevato.

 

 

When you feel my heat
Look into my eyes

It's where my demons hide
Where my demons hide

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Capitolo 4
*** [Aggiornamenti] ***


So che questa storia stava piacendo molto, quindi volevo dirvi che ho intenzione di continuarla
Ho un po' perso l'ispirazione, ma anche fisicamente gli appunti che avevo scritto in merito, sto cercando di recuperarli dal mio vecchio cellulare (non mi giudicate, scrivevo le cose man mano che mi venivano in mente quando ero in giro). 

Dunque cercherò di aggiornarla al più presto ora che sono a casa dall'università. 

Abbiate fede miei cari shippatori di Hermione e Fred. 

A presto!


 

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