Sand's made to soil, water's made to wash it away

di Soul Mancini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***



Capitolo 1
*** I ***


ReggaeFamily

I



Granelli di sabbia tra i capelli.

Roventi raggi di sole sulla pelle.

Salsedine tra le ciglia.

Non aprivo gli occhi, non mi muovevo. Semplicemente ascoltavo: il mormorio del mare, degli schizzi in lontananza, il battito del mio cuore, il vento che sferzava leggermente l'ombrellone e trascinava la sabbia in una danza lenta.

Il mare era un luogo così poetico, eppure quando mi trovavo su una spiaggia non riuscivo mai a scrivere, a dar forma ai miei pensieri attraverso delle parole, dei versi.

Stavo dannatamente bene, eppure qualcosa non andava. Amari pensieri mi vorticavano in mente, lasciandomi l'amaro in bocca.

Percepii dei passi sul bagnasciuga. Qualcuno stava uscendo dall'acqua; sapevo benissimo di chi si trattava, poiché su quella piccola spiaggia c'eravamo solo noi due.

Schiusi le palpebre, lasciando che il sole mi ferisse gli occhi, e reclinai leggermente la testa di lato per poter osservare John che, appena riemerso dall'acqua, si avviava verso di me.

Era bellissimo: il fisico scolpito e possente, rigato da una miriade di goccioline, si stagliava contro la distesa azzurra alle sue spalle.

Avevo sempre avuto l'impressione che chiunque, incorniciato dal mare e bagnato dalle sue acque, apparisse molto più bello del solito.

Daron, non stare al sole. Sei pallido, ti bruci subito” mi disse il batterista in tono premuroso, squadrandomi da capo a piedi.

Io, rannicchiato su me stesso sul telo da mare, non accennai a muovermi e sostenni ancora il suo sguardo dolce e fermo.

In quegli occhi scuri, ah, quante volte mi ci ero perso!

Com'è andata la tua nuotata?” gli domandai, la voce impastata.

Mi stai ignorando. È quasi mezzogiorno, vieni sotto l'ombrellone” mi rimproverò ancora, stavolta con una nota più severa nella voce.

Si diresse a recuperare il suo telo da mare e se lo avvolse intorno alla vita, poi prese posto su una piccola sdraio pieghevole che io avevo insistito per portare.

Seguii avidamente ogni suo movimento, captando ogni singola gocciolina che ancora percorreva la sua pelle. Avrei potuto asciugargliele una a una.

John sospirò e prese a osservare il mare, intuendo che con me non c'era niente da fare.

Continuai a osservarlo per un po', attesi che fosse completamente distratto, poi balzai in piedi senza nessun preavviso e mi lanciai addosso a lui, ridendo. Mi divertivo un mondo a tendergli questi agguati, sapevo che lui non li sopportava.

Non appena piombai sul suo torace, John tentò di scacciarmi, ma io non mollavo la presa e ridevo. Cercai di bloccargli le mani, ma non ci riuscii. Lui iniziò a sibilare: “Malakian, levati subito dalle palle! Tra poco quest'affare si rompe, e poi mi hai di nuovo riempito di sa...”.

Ma non fece in tempo a terminare la frase che uno scricchiolio sinistro proveniente dalla sedia ci annunciò la nostra sorte.

Qualche secondo dopo uno schiocco secco risuonò nell'aria e ci ritrovammo a terra, tra la sabbia, uno di fianco all'altro. Io ridevo sguaiatamente, mentre sentivo lo sguardo truce di John addosso.

Mi afferrò per un braccio e mi costrinse a guardarlo negli occhi. “Non c'è un cazzo da ridere, sei un coglione!”

Ma non appena incrociai le sue iridi, seppi che anche lui era divertito da quella situazione.

Gli mollai un piccolo pugno sul petto. “E dai, smettila di fare l'orso. Il mare serve a questo, no? La sabbia è fatta per sporcare, l'acqua è fatta per lavarla via” commentai ancora tra le risate, poi pian piano riuscii a darmi un contegno.

John mi attirò a sé con delicatezza, ignorando il fatto che ci trovassimo sdraiati sulla spiaggia, senza un telo da mare a dividerci da essa. Mi accoccolai al suo petto, posandovi delicatamente le labbra. Avvertii subito il familiare sapore della sua pelle misto a quello di salsedine.

Calò nuovamente il silenzio, interrotto solo dal canto delle onde.

Bella.”

Sollevai il capo, curioso. “Cosa?”

La frase che hai detto prima.” John puntò i suoi occhi nei miei.

Quale?”

Quella della sabbia che sporca e l'acqua che lava.”

Scossi la testa. “Era banale.”

Potrebbe essere una metafora. Perché non ci scrivi un testo?” mi consigliò John in tono dolce, accarezzandomi i capelli. Le sue dita si scontrarono contro grovigli e granelli di sabbia, ma lui proseguii con delicatezza, giocando con le mie ciocche scompigliate.

Un brivido corse lungo la mia schiena.

In preda a un desiderio incontrollabile, mi accostai al suo volto e presi a mordicchiargli il lobo dell'orecchio. Lo sentii rabbrividire, mentre mi stringeva ancora più forte, ancora più vicino a sé.

Senza aggiungere una parola, posai le mie labbra sulle sue e cominciai a far scorrere le dita sul suo braccio, sulla sua spalla, fino a giungere alla schiena, finché...

Quella sensazione negativa mi invase nuovamente, più forte di prima, e mi arrestai di botto.

John se ne accorse subito e si preoccupò: afferrò le mie spalle e mi sospinse di qualche centimetro più lontano da lui, per potermi guardare in viso. “Che c'è? Qualcosa non va?”

Sbuffai e cercai di dirigere lo sguardo altrove.

Daron...”

Non è niente!” sbottai in maniera poco convincente.

John mi conosceva meglio delle sue tasche, sapeva che mentivo. “Non è vero. Dimmi cos'hai.”

Chiusi gli occhi. Ammettere qualcosa è più difficile quando non vedi chi ti sta di fronte. “È che ho paura. Per il gruppo.”

Per i System? Ti preoccupano i fan?” domandò John pazientemente, scostandomi con delicatezza una ciocca che il vento mi aveva posato sulla fronte.

I fan non lo verranno mai a sapere. Penso a Shavo e Serj, a tutti coloro che lavorano con noi... e se non riuscissero ad accettare il nostro rapporto? Non possiamo certo nasconderglielo per sempre.”

Riaprii gli occhi e trovai John che mi scrutava con un'espressione concentrata.

Tempo al tempo, Daron. Non credo ci sia bisogno di fare una dichiarazione ufficiale, non ci stiamo sposando. Pian piano se ne accorgeranno e si prenderanno il loro tempo per assimilare la notizia. Shavo e Serj ci vogliono bene, non si farebbero mai dei problemi per... questo” disse con calma.

Ho paura che rimangano scioccati.”

Può essere, magari non se lo aspettano. Ma non per questo il gruppo verrà compromesso.”

E se...?” Stavo per dare voce al pensiero più tetro tra tutti, quello che mi dava più da pensare. “E se tra me e te dovesse finire? Che ne sarà dei System? Che ne sarà della nostra amicizia?” Soppesai le parole come se stessi avendo a che fare con delle armi, le pronunciai a bassa voce in modo che sembrassero meno reali, almeno alle mie orecchie.

John mi strinse in un abbraccio e mi diede una serie di piccoli baci sulla fronte. “Sempre il solito. Vivi sereno, ai problemi si pensa quando si presentano.”

John era in grado di infondermi fiducia e scacciare le ombre dentro di me con la sua sola presenza. Lo amavo con tutto me stesso.

Mi aggrappai alle sue spalle e insinuai il mio viso nell'incavo del suo collo, per poi prendere a divorarlo.

Il suo modo di dimostrare piacere così discreto, con gli occhi socchiusi e le labbra serrate, me lo faceva desiderare ancora di più.



♣ ♣ ♣



Ragazzi, eccoci giunti al termine del primo capitolo di questo folle esperimento ^^

Non so bene cosa dire e cosa aspettarmi dai vostri commenti; in due giorni ho scritto cinque (brevi) capitoli che pubblicherò pian piano, spero solo che vi piacciano e di non deludere le vostre aspettative! Non sono una grande scrittrice di slash e di storie romantiche, ma quando l'ispirazione chiama Soul risponde :3

Alla prossima (forse mercoledì prossimo, forse no, chissà!) ♥



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Capitolo 2
*** II ***


ReggaeFamily

II



Invidiavo Daron che riusciva sempre a dormire.

Di ritorno dalla spiaggia, aveva affermato che sarebbe salito in camera sua a fare una dormita. Io invece avevo fatto una doccia ed ero andato in cerca del resto della band; non trovando nessuno in giro per l'albergo, supposi che si trovassero in giro o nelle loro camere.

Ora, sul mio letto con le gambe incrociate, stringevo tra le mani un libro. La bollente brezza d'estate che entrava dalla finestra spalancata ogni tanto minacciava di far svolazzare qualche pagina contro la mia volontà.

Sentivo un vuoto dentro di me. Quel pomeriggio avrei voluto fare l'amore con Daron, ma eravamo stati di comune accordo nell'evitare lì in spiaggia; certo, era stata una fortuna che l'avessimo trovata deserta, ma nel caso fosse arrivato qualcuno all'improvviso ci saremmo dovuti tenere pronti a separarci.

Una volta in albergo gli avevo chiesto di raggiungermi in camera, ma lui era talmente stanco che non si reggeva in piedi.

Era comprensibile, in pieno tour.

Ormai ci avevamo fatto l'abitudine: dovevamo aspettare la notte per stare insieme senza che nessuno se ne accorgesse.

Ma Daron quel pomeriggio aveva detto qualcosa di tremendamente vero: non potevamo nasconderci per sempre. Prima o poi i ragazzi se ne sarebbero accorti, allora perché continuavamo a stare attenti che nessuno sospettasse?

Mi immersi nuovamente nella lettura.

Ehi. Com'è che la porta era socchiusa?”

Una voce all'interno della stanza mi fece sobbalzare. Sollevai lo sguardo e trovai Daron, a piedi nudi e con in dosso degli abiti leggeri, poggiato allo stipite della porta.

Come sarebbe a dire?” borbottai stupito. Eppure mi ricordavo di aver chiuso la porta quando ero entrato.

Mi appuntai mentalmente il numero della pagina a cui ero arrivato e abbandonai il libro sul letto; mi diressi verso la porta e diedi un'occhiata alla maniglia. “La serratura deve avere qualche problema, dopo lo faccio presente alla reception. Magari mi cambiano di stanza.”

Daron richiuse con cura la porta, controllando che non si aprisse da sola, poi si voltò verso di me con un sorriso malizioso. “Magari ti trasferiscono nella camera 322” insinuò, facendo oscillare in aria la chiave con quello stesso numero in bella mostra.

Mi sedetti nuovamente sul letto. “Tu non stavi dormendo?”

Ho sonnecchiato un po', poi mi sono svegliato e non sapevo che fare. Ma mi è bastato per riprendere le forze.” Il chitarrista mosse qualche passo nella stanza: si avvicinò alla finestra e osservò il panorama per qualche secondo, poi si voltò e prese a fissarmi.

Io sostenni il suo sguardo. Ancora non l'avevo invitato ad affiancarmi, volevo vedere fino a quando avrebbe resistito.

Dopo qualche secondo, Daron cedette e con un paio di passi raggiunse il letto. Si scaraventò sul materasso, rannicchiandosi e posando la testa sul cuscino.

Sto ancora pensando alla sdraio...” Sghignazzai.

Dai, l'avevo presa per l'occasione a qualche dollaro. In ogni caso non ce la saremmo potuta portare in tour.”

Che so, magari ti sarebbe servita sul palco, per riposare le ossa...” lo presi in giro.

Tutti noi ci divertivamo a dirgli che era invecchiato perché ormai durante i concerti non faceva più la trottola come ai vecchi tempi.

Daron mi lanciò un piccolo calcio. “Vieni qui?” mi chiese poi in tono indifferente, battendo una mano sul materasso vuoto accanto a sé.

Sapevo dove voleva andare a parare.

Non ci stiamo” gli feci notare in tono ovvio, con il solo intento di provocarlo.

Daron afferrò il mio braccio e mi trascinò giù; in pochi secondi mi ritrovai con la schiena contro il materasso e Daron, sopra di me, premuto addosso.

Adesso ci stiamo!” esclamò in tono soddisfatto, per poi intrappolarmi le labbra in un bacio.

Non aspettavo altro.

Feci scorrere le dita tra i suoi capelli lunghi, ancora umidi dopo la doccia, e lasciai che essi solleticassero le mie mani anche mentre gli accarezzavo la schiena.

Era così bello starsene così, in pace, a coccolarsi a vicenda.

Daron si staccò da me e io lo osservai per qualche secondo. Adoravo il suo viso così dolce e buffo, circondato da quei capelli costantemente arruffati. Ma ciò che ogni volta mi colpiva di più erano i suoi occhi, così grandi e soprattutto così vivi ed espressivi, in cui scorreva tutta la sua anima come il continuo divenire di un fiume.

Mi veniva voglia di tempestarlo di baci, e così feci. Per lui, oltre che un profondo amore, provavo anche una grande tenerezza e un enorme rispetto. Per quanto in quel momento lo desiderassi con tutto me stesso, non riuscivo a essere del tutto accecato dalla bramosia. Dovevo prima prendermene cura con dolcezza, fargli capire quanto fosse prezioso per me, che per me fare l'amore con lui significava molto più del semplice sesso.

Lo aiutai a liberarsi della maglietta, scostando piano la stoffa dalla sua pelle e tirandola su. Subito presi a carezzargli il petto, facendolo rabbrividire.

Vuoi che chiuda la finestra?” gli domandai, lanciando un'occhiata alla luce arancione del tramonto che pian piano iniziava a tingere l'intera camera.

Ma piantala di dire stronzate!” fece lui tra i sospiri, avventandosi sulle mie spalle.

Ci spogliammo e ci abbandonammo alla passione, dimenticando tutto il resto.

E a ogni bacio, a ogni carezza, il mio amore per Daron cresceva sempre più.



♣ ♣ ♣



Ciao ragazzi ^^
Oggi scrivo queste NdA, oltre per ringraziarvi della presenza e del supporto, anche per fare degli uuguri di compleanno! Come sicuramente saprete, oggi 18 luglio 2018 il nostro Daron compie quarantatré anni! Auguri chitarrista mio, che questi anni si possano triplicare *-*

Gli dedico quindi questo capitolo, breve e un po' sgangherato, ma comunque scritto con il cuore! Regalo un po' singolare, me ne rendo conto... e ho come il sospetto che lui non lo gradirebbe molto, ma vabbè XD

E voi, adorati lettori che state appresso alle mie follie, fatemi sapere cosa ne pensate di questo mio strambo e coraggioso esperimento :3

Alla prossima!!! ♥



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Capitolo 3
*** III ***


ReggaeFamily

III



John e Daron erano spariti già da un pezzo e io mi domandavo dove diamine si fossero cacciati. Erano usciti insieme di mattina e da allora non li avevo più incrociati per i corridoi dell'albergo.

Mi chiesi come potessero spendere la loro giornata libera in giro, nel bel mezzo di un tour sfiancante; dal canto mio, mi ero rinchiuso in camera a dormire e buttare giù qualche frase e qualche schizzo su un blocco.

Nel tardo pomeriggio, però, Shavo mi aveva mandato un messaggio e mi aveva chiesto di vederci in un bar subito fuori dall'albergo, dato che si stava annoiando.

Avevo appena lasciato la mia stanza e camminavo lungo il corridoio, quando notai che la porta della camera di John era socchiusa e dal sottile spiraglio filtrava la luce del tramonto.

Che fosse rientrato e non ci avesse avvertito? Magari gli avrei potuto chiedere se voleva unirsi a me e il bassista.

Mi accostai e sbirciai, per verificare se effettivamente il mio amico fosse nella stanza.

Ciò che vi trovai mi lasciò senza parole.

Sbiancai e mi portai una mano sulla bocca, come se temessi che dalle mie labbra potesse uscire qualche suono.

John era supino sul letto e accarezzava con delicatezza i capelli e la schiena di Daron; quest'ultimo si trovava sdraiato su di lui e premeva le labbra su quelle del batterista.

Mi ritrassi, per paura che si accorgessero della mia presenza. Non li volevo disturbare né spaventare.

Ora tutte le tessere del puzzle cominciavano ad andare al loro posto.

Prima di allontanarmi, richiusi con cautela la porta. Chissà come mai era rimasta aperta, forse i due non se ne erano accorti.


Giunsi al bar sovrappensiero.

In effetti avevo notato, ultimamente, una strana elettricità intercorrere tra John e Daron. Non era facile intuire che tra loro qualcosa era cambiato, dato che il loro rapporto era sempre stato molto forte.

E se questa faccenda andasse avanti da più tempo di quanto immaginassi? In fondo non potevo sapere quando fosse cominciata.

In ogni caso ero contento. Certo, non me lo aspettavo e quella scoperta mi aveva lasciato un po' scioccato, ma l'idea di una relazione tra Daron e John non mi dispiaceva. I loro caratteri erano sempre stati complementari, si erano sempre capiti al volo e avevano passato insieme tantissimo tempo.

Mentre riflettevo e passavo tra i tavolini, quasi non mi accorsi di Shavo che, da un angolino un po' più appartato, si sbracciava per attirare la mia attenzione.

Lo raggiunsi in fretta e mi sedetti al tavolino, di fronte a lui.

Serj, hai una faccia... cos'è successo?” mi domandò inarcando un sopracciglio.

Scrollai le spalle. “Mah, niente, sarà solo un po' di stanchezza...”

Ancora non mi sentivo di raccontare al bassista la scena che avevo scorto; sarebbe venuto fuori a tempo debito.

John e Daron non si sono ancora visti? Gli ho mandato decine di messaggi, ma non hanno risposto” chiese Shavo, armeggiando distrattamente col suo cellulare.

Mi dovetti concentrare per non portare fuori qualche faccia strana.

Mi sa che vado a cercarli nelle loro stanze, magari hanno voglia di unirsi a noi per la cena” decise il bassista, scostando la sua sedia dal tavolo e mettendosi in piedi. Era preoccupato per i nostri amici, glielo potevo leggere negli occhi anche se non lo ammetteva.

Ehm, Shavo...” cercai di fermarlo, allungando una mano nella sua direzione.

Che c'è?”

Io penso che Daron e John vogliano essere lasciati in pace.”

Shavo mi lanciò un'occhiata allucinata e prese nuovamente posto sulla sedia. “Ah... quindi li hai trovati?”

Tanto valeva dirglielo; se fosse andato a cercarli, lo avrebbe capito da solo e forse sarebbe stato peggio.

Sì” ammisi. “Erano in camera di John...”

E come mai non ce l'hanno detto?”

...e si baciavano.” Pronunciai in fretta quelle parole, non sapendo che reazione avrebbero provocato nel mio amico.

Shavo si lasciò sfuggire un rantolo strozzato. “Sei serio?” Mi scrutò attentamente per capire se nel mio viso ci fosse l'ombra di qualche scherzo.

Non è uno scherzo, Shavo. Ti consiglierei di andare a verificare con i tuoi stessi occhi, ma non so se ti conviene.”

Ero serissimo, e il mio amico l'aveva capito.

Oh cazzo, John e Daron...” biascicò, ma fu interrotto dall'arrivo della cameriera.

La ragazza prese le nostre ordinazioni e si dileguò in fretta.

Al nostro tavolo calò il silenzio per qualche secondo.

Sai Serj,” disse poi Shavo, “un po' me l'aspettavo. Avevo dei sospetti da qualche tempo: stavano sempre vicini, a volte si isolavano dal resto del mondo, si scambiavano occhiate complici...”

Parlava con un tono calmo e pacato, non sembrava affatto sconvolto. La cosa mi sorprese, dato che conoscevo bene Shavo e sapevo quanto potesse essere impulsivo e imprevedibile.

Secondo te da quanto va avanti?” gli domandai.

Mesi, sicuramente. Azzarderei anche un anno, ma non so... Tu che ne pensi?”

Mi strinsi nelle spalle. “Sono felice per loro. Sinceramente credo che questo rapporto faccia bene a entrambi. Tu?”

Credo che non sarà poi così diverso dal solito. Insomma, già vivevamo come se fossimo quattro sposati!” Ridacchiò.

Concordo. Ah, ovviamente che rimanga tra noi: loro non sanno che noi sappiamo” lo ammonii.

Non ti preoccupare!”


Il giorno seguente giunse in fretta, e così anche il momento di salire sul palco per il concerto.

Mentre attendevamo che i tecnici ci dessero il via libera, me ne stavo in un angolino a osservare il viavai del backstage insieme a Shavo.

Daron e John si trovavano qualche metro più in là, accanto alla grande apertura che conduceva sul palco. Parlavano e scherzavano tra loro: Daron si agitava e torturava la tracolla della sua chitarra, mentre John era rilassato e teneva tra le mani una bottiglietta d'acqua da mezzo litro.

Evitai di fissarli in continuazione, ma ogni tanto davo una sbirciata nella loro direzione con la coda dell'occhio.

Mi sfuggì un sorriso quando vidi John che rubava il cappello al chitarrista, gli scompigliava affettuosamente i capelli e rimetteva l'oggetto al suo posto. Daron, fintamente offeso, gli diede una scherzosa spallata, facendo oscillare pericolosamente la sua chitarra.

Anche Shavo aveva assistito alla scena. Ci scambiammo un'occhiata complice.

Non sono tenerissimi?” commentò il bassista sottovoce.

Risi e gli mollai un pugno sul braccio.

Proprio in quel momento ci annunciarono che tra qualche minuto saremmo saliti sul palco.



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Capitolo 4
*** IV ***


ReggaeFamily

IV



John, ma tu hai capito dov'è il ristorante che ha detto Shavo?”

Vivi in questo posto da quando sei nato e ancora non ci hai capito niente.”

Che posso farci se non mi hanno dotato di senso dell'orientamento? E poi Los Angeles è grande, non la posso conoscere tutta!”

Ora mi faccio mandare la localizzazione da Shavo.”

Con i gomiti poggiati sul piano del tavolino e il mento sui palmi delle mani, osservavo John che armeggiava con il suo cellulare. Di certo era più abile di me, che non sapevo neanche cosa fosse questa localizzazione da inviare.

Shavo aveva deciso di invitare noi del gruppo e dello staff in un ristorante che aveva da poco scoperto e che, a detta sua, dovevamo assolutamente provare. Il tour era finito da un pezzo e io sapevo che aveva nostalgia di tutti noi.

John aveva deciso di scendere a Los Angeles, sia per partecipare alla cena che per passare un po' di tempo con me.

Avevamo deciso di prendere un aperitivo insieme prima di recarci sul luogo, e ora sedevamo a un tavolino di fronte al mare.

Okay, non è molto distante da qui” annunciò John lanciando uno sguardo al display del suo cellulare, poi lo ripose in tasca e prese a osservarmi.

Smettila di fissarmi così” gli intimai, leggermente a disagio.

Serj e Shavo sanno tutto.”

Rimasi a bocca aperta. Impallidii, poi scossi il capo, poi sbottai: “Come sarebbe a dire? Oh cazzo, glielo hai detto tu?”.

Io e John avevamo chiarito la questione già in precedenza, i ragazzi prima o poi l'avrebbero scoperto e l'avrebbero dovuto accettare: noi due stavamo insieme, era così e basta.

Allora perché a quella notizia ero completamente entrato nel panico? Forse speravo che quel momento fosse ancora lontano, avevo paura di scoprire le reazioni dei miei amici.

Mi battei una mano sulla fronte e sbuffai.

Daron, calmati. Ci sono arrivati da soli, okay? L'ho notato già da un po': si lanciavano occhiate complici e facevano di tutto per lasciarci da soli, poi qualche giorno fa io e Shavo parlavamo al telefono e ha sputato il rospo” spiegò con calma John con un'espressione serena in volto. Cercava di tranquillizzarmi.

Ma io ero sempre più agitato. “Oh merda... e cos'ha detto?”

Il batterista sospirò. “Daron, cosa ti preoccupa di preciso? Serj e Shavo non sono omofobi e soprattutto ci vogliono bene, perché hai paura della loro reazione?”

Bella domanda, non lo sapevo nemmeno io. “Dimmi cosa ti ha detto Shavo!” sbottai, afferrando una bustina di zucchero dal contenitore di fronte a me e torturandola. Qualche secondo dopo, a furia di essere tirata e torta, la carta si stracciò e lo zucchero si riversò sul tavolo. Qualche granello mi volò addosso e si sparse a terra.

Daron!” John allungò una mano e la strinse forte attorno alla mia. Il suo tocco fu subito in grado di rilassarmi e rassicurarmi, era come un sedativo. “Shavo è contentissimo per noi, ha iniziato a blaterare su quanto fossimo carini e teneri insieme. Ormai sia lui che Serj hanno assimilato la notizia.”

Trassi un profondo respiro e tenni gli occhi fissi sulla chiazza bianca di zucchero sul piano grigio del tavolino.

Tu ti preoccupi troppo di ciò che gli altri potrebbero pensare di te,” proseguì John, “io ti conosco e so che non è da te. Come mai? Ti vergogni?”

Io non mi vergogno e non mi interessa quello che pensano gli altri!” ribattei piccato. Forse perché ero consapevole che invece era proprio così.

E allora perché hai ritratto la mano?”

Inizialmente non capii di cosa stesse parlando, poi mi resi conto che già da qualche secondo avevo liberato la mia mano dalla sua stretta e avevo incrociato le braccia al petto.

Perché lo avevo fatto?

Abbassai il capo, sempre più confuso e incazzato con me stesso. Tutti avevano accettato la relazione tra me e John. Tutti tranne me.

Così non andava. Stavo ferendo la persona che amavo di più al mondo e mi sentivo una merda.

Non lo so, John. Non ero mai capitato in una situazione del genere” ammisi, poi finalmente alzai lo sguardo e puntai i miei occhi dritti nei suoi. Dovevo riscuotermi, scusarmi e tornare a essere il Daron di sempre, quello che decide per sé e non rende conto a nessuno, quello pronto a soffrire tutta la vita per far stare bene le persone che ama. Mi ero posto troppi problemi e paranoie per quella situazione. Perché, poi? Si trattava solo di sentimenti, qualcosa di così genuino e spontaneo.

John sostenne il mio sguardo, in attesa che dicessi qualcosa.

Hai ragione, John, e io sono un coglione. Non siamo né assassini e né stupratori, non abbiamo commesso nessun reato e non abbiamo nulla da nascondere. Come ho fatto a dubitare di Serj e Shavo?” Allungai entrambe le mani sul tavolo, riempiendomi le braccia con lo zucchero che ancora non ci eravamo preoccupati di pulire, e afferrai quelle grandi e forti di John. “Sei arrabbiato con me?” domandai, mettendo su un'espressione da cucciolo bastonato.

Lui scoppiò a ridere e intrecciò le sue dita tra le mie. “Se mi arrabbiassi ogni volta che dici o fai qualche stronzata, ti avrei lasciato perdere anni e anni fa!”

Mi sciolsi finalmente in un sorriso e, per la prima volta dopo mesi, mi sentii veramente libero. Solo allora capii che la paura del parere altrui nasceva da una mia insicurezza, e capii anche che contro quell'insicurezza ci avrei lottato con tutte le mie forze. Lo avrei fatto per John.

Ti ho mai detto che quando sorridi sei troppo tenero?” se ne uscì John, sorprendendomi; raramente si lasciava andare a frasi dolci, ciò che provava preferiva dimostrarlo.

Osservai le sue guance in fiamme e il suo viso così dolce, quindi sorrisi ancora di più. Era in quei momenti che sentivo di amarlo davvero tanto, quando si mostrava così vulnerabile ed emotivo.

Tra le risate, sciolsi l'intreccio delle nostre mani, mi alzai e mi precipitai dentro a pagare il conto prima che lui potesse protestare.

Ma mentre passavo accanto a lui non resistetti e gli stampai un piccolo bacio sulla fronte.


Camminavamo fianco a fianco, diretti alla mia macchina, pronti alla cena con Shavo e tutti i nostri amici.

Non avevamo voglia di parlare, ci bastava stare vicini per dirci tutto.

Io osservavo il sole che, in procinto di scomparire oltre l'orizzonte, si specchiava nelle quiete acque del mare e tingeva tutto di rosso.

Il tramonto era uno dei miei momenti preferiti, proprio perché adoravo il rosso.

Ero talmente perso nei miei pensieri che non mi ero reso conto di essermi fermato in mezzo al marciapiede, incantato da quello splendido spettacolo naturale. Mi resi conto di ciò che stava succedendo solo quando John mi attirò a sé e mi abbracciò con trasporto.

Mi strinsi a lui, poggiai la testa sulla sua spalla, inspirai il suo profumo e mi abbandonai contro il suo corpo così accogliente e protettivo.

Non esisteva un luogo in cui potessi stare meglio di così.



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Capitolo 5
*** V ***


ReggaeFamily

V



Osservavo l'oscurità di fronte a me.

Gli accarezzavo i capelli, la schiena, le braccia, mentre lui stava accoccolato con la testa sul mio petto.

Era sudato sulla fronte e sul collo, ma dormiva così profondamente che non se ne accorgeva.

Io non riuscivo a fare altrettanto, non avevo sonno e combattevo contro il caldo.

Lo avevo sempre pensato: Daron sembrava un angelo quando dormiva; si rilassava completamenti, il suo viso era completamente disteso. A volte metteva su delle inconsapevoli smorfie, a seconda del sogno che stava facendo.

Adoravo il suo modo di essere così espressivo. Osservarlo mentre riposava, ma in generale mentre faceva qualsiasi altra cosa, era come contemplare un quadro: aveva mille sfaccettature, trasmetteva forti emozioni attraverso i suoi colori, poteva assumere molteplici significati.

Peccato che non me la cavassi troppo bene con la pittura, altrimenti avrei messo su tela ciò che Daron mi trasmetteva, lo avrei rappresentato con pennello e colori.

Mi accorsi che il chitarrista si stava agitando, forse in preda a un incubo.

Con cautela, lo strinsi un po' più forte a me e gli posai le labbra sulla fronte. Volevo fargli capire, anche attraverso il sonno, che io ero lì con lui e che poteva stare tranquillo.

Funzionò: Daron dopo qualche secondo si rilassò nuovamente contro di me e continuò a dormire indisturbato.

Io afferrai una ciocca dei suoi capelli e presi ad arrotolarmela tra le dita.

Mi piaceva stare così, a vegliare sul suo sonno come un angelo custode e coccolarlo un po'.

Mai e poi mai avrei permesso che gli succedesse qualcosa di male. A volte, quando stavamo lontani, entravo in apprensione e mi veniva voglia di chiamarlo più spesso del solito per sapere come stava, ma non volevo nemmeno sembrare troppo invadente.

Il punto era che sapevo quanto Daron riuscisse a cacciarsi nei guai, sapevo che a volte si trascurava, a volte gli si dovevano ripetere le cose mille volte come una mamma farebbe con un bambino.

Cercai di sistemarmi meglio nel letto senza svegliare Daron e ci riuscii.

Ripensai alla cena di quella sera. Era andata alla grande, avevamo mangiato molto bene e ci eravamo divertiti: come sempre, l'avevamo finita a riportare fuori aneddoti del tour appena passato e di quelli precedenti.

Io e Daron eravamo finiti in due punti diversi del tavolo e la cosa non ci aveva creato alcun problema: né io né lui eravamo estremamente appiccicosi, anzi, quando stavamo tra amici ci adattavamo alla situazione e ci comportavamo come tali.

Serj e Shavo non avevano portato fuori l'argomento nemmeno quando eravamo usciti per fumare, noi quattro dei System da soli. Non avevano nemmeno modificato il loro comportamento nei nostri confronti, segno che per loro non era cambiato proprio niente e ci avevano accettato senza battere ciglio.

Una volta a casa di Daron, dove avrei alloggiato quella notte, avevamo fatto un sacco di cose: avevamo cercato qualcosa da guardare in tv con scarsi risultati, ma ero arrivato a piangere dalle risate per i commenti che Daron portava fuori a proposito di programmi e film che trasmettevano. Poi lui aveva afferrato la sua chitarra, affermando di volermi fare un concerto romantico, e l'aveva finita a distorcere i testi delle canzoni col solo scopo di prendermi per il culo.

Infine avevamo fatto l'amore, senza però riuscire a smettere di ridere.

Certo non eravamo la coppia più romantica del mondo, ma una cosa era certa: sapevamo come divertirci.

Mentre passavo con delicatezza le dita sulla tempia destra di Daron, asciugandogli il sudore, mi venne in mente che quella sera era parso più tranquillo e rilassato del solito. Forse la chiacchierata al bar gli era servita davvero.

Volevo che capisse che non stava facendo nulla di sbagliato, semplicemente ci amavamo e se qualcuno non lo accettava non era un problema nostro.

Io ero sicuro di ciò che facevo e provavo, ma capivo che Daron necessitava di un po' di tempo: non riusciva ad assimilare subito le sue emozioni, non gli era mai capitato di innamorarsi di un ragazzo e doveva ancora capire se stesso in questo nuovo contesto.

Se lui aveva bisogno di pazienza, io ne avevo da vendere.

Daron cominciò a muoversi nel sonno e si rigirò, finendo con il fianco contro il materasso, accanto a me.

Incredibile: era sempre in movimento, pure nel sonno, come una trottola impazzita.

Subito sentii la mancanza del suo corpo sul mio petto e tra le mie braccia. Non volevo stargli lontano.

Stavolta fui io ad accucciarmi accanto a lui, posando la testa contro il suo petto.

Sorrisi tra me, nell'oscurità.

Io e lui in fondo eravamo come il mare: lui era la sabbia e io ero l'acqua.

Di qualsiasi demone o cattivo pensiero si fosse macchiata la sua anima, io sarei sempre stato pronto a lavarlo via. Non avrei mai permesso che qualcuno o qualcosa lo facesse stare male.



♣ ♣ ♣



Ragazzi!

Non ci credo che siamo giunti alla fine anche di quest'avventura! Ormai questa storia mi era entrata nel cuore e dover porre l'ultimo punto mi fa quasi male! Ma la signora Ispirazione ha voluto che io scrivessi questi cinque capitoli in questo modo, di questa lunghezza, raccontando questa vicenda... e chi sono io per andarle contro?

Mi mancheranno tanto Daron e John in questa veste, mi mancherà la dolcezza che intercorre tra i due, mi mancherà la spontaneità con cui ho buttato giù il racconto e che poi si è riversato nel racconto stesso... ma non temete, nulla mi vieta di scrivere un'altra Jarohn! Dovrò aspettare soltanto l'idea giusta!

E ovviamente mi mancheranno le recensioni dei miei adoratissimi lettori, che riescono sempre a darmi quella botta di energia e fiducia fondamentale! Grazie ad alessandroago_94. Kim WinterNight e Selene1990 per aver recensito con entusiasmo e sincerità tutta la storia, e grazie a StormyPhoenix per aver fatto un salto da queste parti e avermi dato il suo parere! Ragazzi, ma io dove sarei senza di voi? Se Soul esiste e continua a scrivere, il merito è quasi tutto vostro :3

Un abbraccio a tutti e vi do appuntamento alla prossima avventura, che spero vi possa coinvolgere e appassionare quanto e più di questa!!! ♥


...e grazie, grazie, grazie anche ai fantastici John e Daron, perché sono quel che sono e perché anche il solo pensare a loro mi fa sorridere e stare bene *-*



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