Meghan e Kate. Ribelli a palazzo

di miss mirtilla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la bussola ***
Capitolo 2: *** il fiore ***
Capitolo 3: *** il sogno ***
Capitolo 4: *** il viaggio ***
Capitolo 5: *** la stanza ***
Capitolo 6: *** la doccia ***



Capitolo 1
*** la bussola ***


KATE

William è la mia poesia e con lui i nostri figli. La gente mormora e pensa che mia madre non abbia fatto altro se non istruirmi per essere la moglie del futuro Re d’Inghilterra, e dunque che il mio sia un interesse indotto, un amore scritto da altri; sono tutte bugie. Immense frottole. Da piccola giocavo con mia sorella a fare la principessa, ma quale bambina non lo è stata nei suoi sogni? Da grande un vero principe ha incrociato la mia via, ma ho sempre e solo guardato il suo nome spoglio, privato di titoli e fronzoli. Mi sono innamorata della persona non del suo regno, sarei assurda e disonesta se non tenessi conto ora dei suoi doveri e quelli dei nostri figli, ma ai miei occhi e cuore resterà sempre il ragazzo rosso di capelli che a lezione di geografia mi prestò la penna.
Mi domando per quale ragione sento l’urgenza di scrivere, di confessare me stessa dentro queste bianche pagine, di nascondere i fogli come quando avevo quindici anni che fare leggere la me più intima equivaleva alla morte.
Ma a qualcuno, anche se immaginario, devo raccontare così da espiare ciò che sto diventando: una fedifraga, un’infedele, un’adultera, una traditrice.
Sto peccando e ciò mi duole il cuore, ma l’altrettanta leggerezza che mi dona fa si che io non riesca ad impormi contraria, ad essere responsabile, così come dovrebbero essere gli adulti e le future Regine.
Alle volte prima di prendere sonno, di fianco a William, escogito un piano per eliminare definitivamente Harry.
È tutta colpa sua.
Se solo non l’avesse portata a palazzo ora non starei a pensarla in ciascun istante della mia esistenza.
Infimo Harry e maledetta Meghan che non esci da ogni mio organo.
Ieri è successo l’inevitabile, vacillava nell’aria, stavamo solo aspettando l’attimo giusto. E poi ancora questa mattina; giuro con ogni ragione che la vorrei qui ora e subito, dietro di me, ad impedirmi di lasciare testimonianza scritta in seguito a toccarmi delicata e forte come è già stato.
Sono bastati due baci per volerne ancora, quei due baci mi condurranno negli inferi reali con la condanna di alto tradimento. Ma lei con me e nel realizzarlo mi consolo.
Oddio Meghan, perché al solo tuo pensiero pulso come se fossi una nuvola carica di pioggia?
Non l’avevo mai desiderata or ora, non una volta prima del matrimonio, solo dopo le grandi nozze abbiamo incominciato a condividere il medesimo spazio e in sincrono i sorrisi di circostanza. Più mi guardava più la guardavo captando in lei la volontà di ricercare apposta le mie attenzioni, gliele concedevo a volte alterne.
Mi dava, e mento se parlo al passato, piacere quella naturale tensione che si era creata tra noi. Fino a ieri la pensavo innocua, instaurata per la sola nostra vanità e noia.
Le persone che amo ci circondano, chissà se si sono accorti che in noi non c’è alcuna innocenza, spero che siano sempre stati ignari delle nostre inconsce intenzioni e continuino ad esserlo, potrei morirne.
I titoli di giornale reciterebbero Ribelli a palazzo. Che belle! Ne usciremmo vincenti, a chi non piacciono le ribelli? A nessuno.
Ma sto forse uscendo pazza? Sì, che stupidi deliri immagino. Amo il mio William. Sono stati solo due baci, niente di più che un terribile errore.
Ahimè, direttamente dalla bocca di mio marito apprendo del breve tour che la regina gradirebbe venisse compiuto in veste ufficiale dalle due novelle cognate, non accompagnate dai corrispettivi consorti, in Scozia e in Irlanda del Nord tra le diverse associazioni benefiche affiliate alla Corona. Questa è una tragedia dalla quale non mi potrò sottrarre.

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Capitolo 2
*** il fiore ***


MEGHAN 

L’ho baciata. Sono stata un’irresponsabile, lo confesso. Non pensavo a niente se non a lei, poteva respingermi ma non lo ha fatto. Sì certo avrei potuto evitare però da troppo i nostri occhi si cercavano, i nostri corpi si seguivano di stanza in stanza. 
È stato naturale e difficile trovare l’attimo della nostra solitudine, a palazzo gira più gente che nella mia View Park-Windsor Hills, California. 
Dopo cena ha confessato di voler andare nella serra situata nel giardino adiacente al grande parco. Solo attraversando uno stretto e corto ponte di legno si raggiunge l’ingresso della serra. Kate è, come il padre di William ed Harry, un’appassionata di botanica, io non so distinguere una papavero da un orchidea, ma subito le ho offerto la mia compagnia. Ho invitato per cortesia Harry e mi sono rallegrata del suo rifiuto così come quando le richieste di Charlotte sono state deluse dalle occhiate gentili di Kate alla tata. 
Abbiamo raggiunto la serra camminando lente e aperte ad una futile conversazione, non ci sono stati silenzi, ma le parole pronunciate non  hanno lasciato niente che meriti il ricordo. 
Siamo entrate nella serra e ho finto interesse per quei bei fiori, li ho guardati con stupore e meraviglia, li ho toccati come avrei voluto che lei mi toccasse. Lei si è avvicinata ad una piccola giara di gladiolo e ha incominciato a narrarmi con poesia di quella terra umida e dei suoi fiori blu. Manteneva alto il vaso tra le sue mani così da scrutarne ogni linfa. 
Senza troppo pensarci ho posto le mie mani sulle sue, prima ho guardato il fiore poi ho abbassato le nostre mani fino a guardare solo lei. 
Labbra su labbra si sono toccate delicate, hanno resistito alla tentazione di movimentare l’azione e al contempo alla paura che avrebbe indotto un immediato distacco. 
Gentilmente ha distolto le sue labbra dalle mie, ma non il suo viso. Il silenzio si è fatto assordante e il profumo dei fiori nauseante. Ci siamo guardate senza il coraggio di realizzare ciò che era accaduto.
È stata lei a parlare per prima indietreggiando di poco con il corpo e con le sue mani ancora sotto le mie a comandare l’andamento della piccola giara.
- Per te. Per la tua stanza. Il suo profumo ti sveglierà. - È stata gelida come solo un’attrice può essere.       
Ha lasciato che io fossi la sola a mantenere il fiore e senza dire nient’altro è uscita dalla serra. 
L’ho seguita e tra noi non c’è stato che il vento che muoveva le foglie degli alberi a parlare. 
Il primo umano indefinito che abbiamo incrociato chiese conto della nostra passeggiata in serra - è stata di vostro gradimento? -
Mi sono congedata con eleganza. Appena giunta in camera mi sono inebriata col profumo del fiore e col ricordo di ciò che era appena stato.
Un’allegra ansia ha disturbato l’intero mio sonno, ero smaniosa di rivederla, di farle sapere che il suo fiore mi aveva tenuto compagnia e che lo respiravo forte affinché entrasse in ogni parte di me.    
Ero certa che l’avrei vista. C’era l’agenda di Palazzo a rassicurarmi, entrambe avremmo dovuto presenziare ad una colazione ufficiale col console della Patagonia.
Non è stata fredda piuttosto come se nulla fosse accaduto, ma quando l’ho cercata con gli occhi o con le parole non ha ricambiato le mie attenzioni come sempre aveva fatto prima di ieri notte.  
A incontro finito con prudenza ci siamo ringraziati e salutati gli uni con gli altri. Ho incominciato a seguire da lontano i suoi passi, passava di stanza in stanza e io con lei, poi la sua assistente ha virato verso il suo ufficio e io con una scusa mi sono dileguata dal colonnello Durthin che fino ad allora era stata la mia ombra. 
È entrata in un ampia toilette, che mai prima di allora avevo notato, attraversando una piccola porta, l’ho seguita dentro assicurandomi che nessuno notasse il mio ingresso. 
Subito mi ha detto - chiudi a chiave. -
Ho eseguito senza eccepire.
La toilette è grande e tappezza d’oro con venature di un rosso delicato, non ci sono finestre, mi sono guardata attorno con meraviglia e intanto lei ha continuato - mai nessuno entra in questa stanza, siamo al sicuro, la porta non si fa notare, entro quando sanno che sono a Palazzo ma non mi voglio fare trovare. -
- È bellissima. - Ho detto e dopo pochi istanti ho aggiunto - il fiore che mi hai dato ha un buonissimo odore, è vero quando mi hai detto che mi avrebbe svegliata. -
Sembrava che non respirasse più nel dirmi che - non si mente a dire che è il fiore più buono di tutti. Ascolta ieri non so cosa mi è preso, ma ciò che è stato non potrà mai più essere. Dobbiamo solo tacere questo segreto e immane peccato. Hai capito? -
Avevo capito molto bene, ma perché privarsi della verità? Non l’ho programmato, è stato un temporale improvviso che tutta mi ha bagnata. Sono certa nel dire che amo Harry, altrimenti non mi sarei mai potuta permettere di seguirlo a Palazzo abbandonando l’intera mia vita. Deve essere per forza così. Ma lei mi ha attratto come il fiore fa con l’ape. 
Non ho risposto alla sua domanda, sarei stata disonesta, mi sono solo avvicinata a lei e lei ha sua volta si è fatta muta e immobile, appoggiata ad una bianca credenza, sembrava che mi stesse aspettando. 
L’ho baciata di nuovo, non come la sera prima, le labbra si sono mischiate con la lingua e la mia mano ha cercato l’interno delle sue cosce. L’avrei voluta toccare a fondo se solo non mi avesse spinto all’indietro chiedendomi - scusa. - Le avevo spettinato i capelli e sbavato il rossetto, il suo volto sembrava al contempo turbato ed eccitato.
Mi sono subito riavvicinata, senza però invadere il suo corpo, è stata lei a ritornare a baciarmi ed io subito mi sono lasciata trasportare, ero con le labbra sul suo collo quando mi ha detto di fermarmi e che niente di ciò che stava accadendo era giusto e onesto.
Non ho più insistito, ho passato l’intera giornata con addosso il desiderio.

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Capitolo 3
*** il sogno ***


KATE

Non ho potuto fare altro se non respingerla, mi pento di non averlo fatto prima che il tocco delle sue labbra mi facessero vibrare ogni parte del mio corpo. Mi sento così sola e in preda all’isterismo, niente è semplice né i miei sentimenti né la condizione nella quale ci troviamo. Vorrei solo sparire nel nulla.
Sono giorni ormai che si fa solo intravedere e mi basta quel poco per farmi salterellare il cuore, gli impegni si frappongo tra noi, li odio, ma forse sono una benedizione e allora perché ogni attimo di pensiero appartiene a lei?
Mi spaventa l’idea che manca poco alla nostra partenza, è dai baci nella toilette che i nostri volti non si sfiorano e le nostre parole sempre si sono taciuta da quando si è accompagnata di fuori. Forse la mia prudenza l’ha infastidita e annoiata, per lei è stata solo una futile avventura, invece io ogni notte mi addormento con l’immagine di lei addosso.
Mentre scrivo so per certo che William si intrattiene col padre nella stanza affianco, i nostri figli si divertono a Galaxy Park con le tate. Ma è sapere di Meghan che mi incuriosisce con malizia. Sicuramente è insieme ad Harry e immaginare lei intima col suo sposo mi rattrista e mi rende gelosa.
Questa notte l’ho sognata, entrava nella stanza in cui sono solita vestirmi e da dietro mi stringeva prima i fianchi, poi le caviglie, e con lei ormai a terra sentivo la gonna alta e scomposta, il suo volto era in me. La lasciavo fare e con le mani cercavo un appoggio e con gli occhi la supplicavo di non smettere.
Credo di aver gemito per davvero, William mi ha chiesto spiegazioni, io ho detto solo che si era trattato di un brutto incubo, mi ha creduta e stretto la mano.

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Capitolo 4
*** il viaggio ***


MEGHAN

Questa mattina Kate ha bussato alla mia stanza, un passo dietro di lei come un perfetto soldato c’era la sua assistente, è stata fredda nell’informarmi che l’auto che ci avrebbe portate in aeroporto ci attendeva, fredda come se noi per davvero non ci fossimo mai toccate.
Nei sedili dietro dell’auto di servizio c’eravamo solo io e lei, nessun altro; un vetro scuro ci separava dall’autista e dal colonnello Durthin.
L’auto davanti a noi ci scortava così come quella dietro, e dentro i nostri assistenti.
Avrei voluto prenderle la mano e stringerla forte e con sicurezza portarmela alla bocca. Ma non feci nulla, non mi era concesso, eppure i suoi occhi non mi hanno lasciata mai. E allora con coraggio ho allungato le gambe verso le sue, con naturalezza, come a cercare la comodità.
Ma è sull’aereo privato reale che per la prima volta ci siamo prese.
Volare mi agita sempre, ma con lei affianco di più, tutto il personale di servizio si è mostrato gentile e preoccupato della mia ansia, mi hanno dato delle gocce, ma niente, così sono andata nel bagno in coda all’aereo a bagnarmi i polsi con dell’acqua fredda.  
Stare sola mi tranquillizza. Poi ho sentito la porta sforzarsi, ho detto uno stridulo e interrogativo - sì. - La risposta non si è fatta attendere: - sono io, posso entrare? -
Non c’è stato bisogno di dare un nome a quell’io, la voce era nitida e già fissa dentro la mia mente. La riconoscerei fra milioni e milioni di voci.
E le ho chiesto incredula - cosa ci fai qui? -
- Il tuo assistente si agita se non ti ha sotto controllo, voleva venire da te… ma gli ho detto che anche mia sorella soffre l’aereo come lo soffri tu… e so come trattarla. -
L’ho fatta entrare chiudendo veloce a chiave e con diffidenza e speranza ho continuato il mio interrogatorio - perché lo fai? -
- Cosa? -
- Essere qui ora. -
Ha sussurrato nel dirmi - voglio aiutarti. -
Brusca e poco onesta con me stessa ho incalzato un - non mi aiuti così. Non mi rilasso se mi sei attorno. -
- Ma io voglio farlo. - E sincera bisbigliando ha proseguito - fammi tutto ciò che ti suscito quando ti sto accanto… ma fallo in silenzio. -
Non ho risposto se non con le mani sul suo viso e la mia bocca nella sua, forte, con la umida lingua e tutto di me.
Ha ricambiato come mai l’avevo immaginata stretta e composta nei suoi eleganti abiti, dentro è selvaggia.
Senza maniera le ho alzato la gonna e subito ha indietreggiato, mi ha ammonita - no. Me le rompi, aspetta. - Mi sono subito riavvicinata, sorda di ciò che aveva appena detto, ma il suo braccio teso mi ha respinta.
Con delicatezza e sensualità si è tolte le calze color carne, come da protocollo, le ha malamente appallottolate e agitate davanti ai miei occhi, aveva un tale sorrisetto che gliel’avrei morso. Ero appoggiata al marmo del lavabo, ma il suo richiamo non ha atteso la mia risposta.
Ormai avevo le dita dentro di lei, gemeva, ho cercato di soffocare i suoi profondi respiri con i miei baci, ma entrambe abbiamo arrancato per ottenere il silenzio.
Poi ho preso le sue dita, che attaccate alla mano e al braccio stringevano il mio collo a sé, le ho portate prima dentro la mia bocca, infine nel mio intimo; accecata dall’impeto non si interessò dello stato delle mie calze.
L’una addosso all’altra, sudate ed eccitate quasi da dimenticarci che fossimo nella toilette di un aereo reale.
Abbiamo finito in contemporanea, abbiamo allontanato i nostri corpi, non i nostri occhi maliziosi. Dopo esserci ricomposte siamo tornare ai posti e ai ruoli a noi assegnati. Nessuno si è curato particolarmente del nostro ritorno, il mio assistente Mark, mi ha chiesto se fosse tutto a posto, era impegnato tra carte e scartoffie con Jane, l’assistente di Kate, gli ho fatto un cenno rassicurante con la testa.
Dentro ho riso e seriamente quel volare mi parse meno tragico.
L’una di fianco all’altra siamo tornate a scambiarci sfuggevoli parole. Ho guardato per il tempo restante lo scorrere fuori dal finestrino,  rivivendo ciò che si era appena consumato con lei. 

 

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Capitolo 5
*** la stanza ***


KATE

Non so cosa mi è preso, sarà stata l’alta quota a farmi agire impulsiva e intrepida, ma la verità è che come ho tremato con lei non ho mai tremato prima. Ora però sono l’angoscia e il senso di colpa a tormentarmi.
È appena uscita dalla mia stanza e, è riaccaduto ciò che è successo qualche ora prima nella toilette dell’aereo reale.
Quando lei è in me non penso ad altro se non ad un reciproco soddisfacimento, è quando non ci apparteniamo che sopraggiunge il risentimento.  
Ammetto la colpa di riservarmi fredda e altezzosa nei suoi riguardi quando non siamo sole, indosso bene una maschera, poi la tolgo lasciandole fare di me ciò che meglio vuole.
Non appena siamo scese dall’aereo reale ci siamo recate all’associazione BONS (Bambini Orfani Non Soli); toccare la realtà viva, crudele e benevole è ciò che più mi soddisfa di questo lavoro reale.
Non lo vivo come un obbligo più come un dovere, morale e civile, che incontro dopo incontro arricchisce il mio animo. Voglio essere sempre la miglior parte di me.
È difficile a volte trattenere le lacrime che vorrebbero scorrere giù da gli occhi senza riserva. Meghan aveva addosso la paura che anche io, le prime volte, avevo. È la paura di mostrarsi perché consapevoli della propria fortuna e in pena per la sfortuna degli altri; e sembra proprio che gli altri non siamo mai noi.
Con l’intero entourage siamo andate a cena e poi subito siamo state accompagnate nelle nostre stanze, le camere devono essere di regolamento comunicanti, così da facilitare la sicurezza.
E quando ormai ci credevano al buio ognuna sotto le sue legittime coperte, noi civettavamo da una stanza all’altra.
Meghan ha aperto la porta comunicante per poi sparire, io non ho cercato nemmeno di fingere disattenzione, subito mi sono affacciata alla soglia. Le ho chiesto a mezza voce se avesse della crema viso, lei si è avvicinata con un libro aperto a metà in mano e si è messa a ridere.
- perché ridi? - Le ho chiesto.
Non ho ricevuto nessuna risposta perché già aveva la sua bocca sulla mia.
L’ho trascinata dentro fino ai piedi del letto, nel breve tragitto parti del nostro vestiario sono state lanciate energicamente sul freddo pavimento. Mi sono lasciata cadere all’indietro e lei sopra di me ha seguito il tonfo.
Sono stata completamente disinibita e senza remore.
Ha baciato la mia bocca, le mie orecchie con dentro la sua umida lingua mi hanno smosso le viscere. Il collo è stato stretto con delicatezza tra le sue mani, e i miei seni hanno implorato di essere toccati facendo tremare l’intero mio ventre. Lei è scesa per poi fermarsi.
È restata a cavalcioni sopra di me, a toccarci l’intimo con l’intimo. Si è tolta la camicia stretta, il reggiseno di pizzo, ha preso lei mie mani e se le è portate su di lei.
Ho alzato la mia schiena dal cuscino, mantenendola sul mio ventre, ho iniziato a baciarla come lei ha sempre baciato me, scendevo, con la lingua accarezzavo i suoi capezzoli. Ha guidato le mie dita nel suo intimo e quando fui in lei, con le sue dita è entrata nel mio di intimo.
Ci stavamo cullando col sapore dell’altra, avrei voluto che fosse infinito quel tempo. Ma è terminato. Ci siamo straiate su di un fianco guardandoci dentro le pupille. Mi ha baciata, delicata e fuggitiva, per un istante e mi ha detto - è meglio che io vada. -
Ho trattenuto i respiri e le lacrime nel vederla chiudersi alle spalle la porta comunicante.
L’ho pensata tutta la notte.

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Capitolo 6
*** la doccia ***


MEGHAN

 

Kate è delicata, soprattutto quando accarezza dei bambini, mentre è sola con me quasi mi dimentico che è una mamma, una moglie, la futura regina consorte.
La credo solo mia.
Harry l’ho sposato con amore, il fuoco ha divampato infinite volte insieme a lui, ma non ne sono mai stata ossessionata, e forse è un bene.
Lei è la mia ossessione.
In auto non eravamo sole, ma comunque l’ho guardata con malizia e pizzicata con le mie parole. In pubblico ci siamo sempre rivolte l’una all’altra con estrema decenza, troppa, come se quasi fossimo due sconosciute. Invece, durante quel viaggio di ritorno verso l’hotel dall’associazione pro-orfani, le mie parole sono state vivaci e spensierate.
Lei lo notò così come lo notarono i nostri assistenti.  
Dormimmo nelle stesse stanze comunicanti della notte prima, la mattina avremmo ripreso l’aereo e proseguito il viaggio: direzione Scozia, così da rendere visita all’associazione MS (madri sole), alloggiando per tre notti al castello Windsor, insieme al principe Giorgio e famiglia, un cugino se non erro, ancora devo studiare gli intrecci famigliari.
Quella notte sono stata io a cercare lei, la sera prima aveva usato la scusa della crema viso, io sono semplicemente andata sotto la sua doccia. Lei mi ha fissata stando seduta sulla poltrona fin quando non sono spuntata fuori nuda e bagnata a dirle «non ti lavi?»
Non aspettava altro che un mio segnale. Si è alzata veloce e subito si è sfilata la vestaglia, sotto era già nuda; si è avvicinata alla doccia e io la guardavo con la testa che sgocciolava sudore sulle piastrelle di marmo. Con un piede dentro e uno fuori mi ha stampato un bacio fatto di sole labbra sulla bocca.
Sotto la doccia mi ha ignorata, si è lavata toccandosi ogni punto sensibile, guardandomi solo di sfuggita.
Mi è venuto freddo lontano dal getto d’acqua così ho schiacciato l’interruttore che attiva tutte le cascate nella doccia. Lei si è messa a ridere dicendomi «così soffochiamo», e l’ha spento.
Il vapore copriva ogni cosa, si è spostata dal getto d’acqua e mi ha presa dai fianchi trascinandomi sotto, al suo posto.
Chiusi gli occhi inebriata dall’acqua calda che ogni cosa mi penetrava, li ho riaperti veloci quando ho capito che stava uscendo: «perché vai via?»
«Ora sono profumata, senti».
Mi sono avvicinata, uscendo dalla perpendicolare dell’acqua e ho posato il mio naso sul suo collo, ho annusato la sua pelle profondamente. L’ho morsa senza pianificarlo e senza delicatezza.
La sua testa sulla mia spalla l’ha alzata di scatto gridandomi a mezza voce che le avevo fatto male. Mi ha morsa a sua volta. Non dissi nulla: l’afferrai dai glutei e la sbattei contro il mio corpo. Mi ha baciata selvaggia coi capelli gocciolanti, ho piegato leggermente le ginocchia e il busto all’indietro, così da toccare le piastrelle solo con le spalle.
Mi sono lasciata cadere piano a terra, lei era sopra di me. Eravamo come se fossimo dentro a un vortice. Il nostro intimo cercava di frusciarsi a ogni parte del corpo: la coscia, il ginocchio, la pancia, il seno.
Io sono finita sopra di lei, a cavalcioni, e rallentai il gioco. Con un dito ho chiuso la sua bocca, gliel’ho fatto scendere sul collo, tra il seno, l’ho baciata con delicatezza. Il dito divennero le dita, sono scesa fino al suo intimo solleticandola e le ero dentro. Poi sono risalita e di nuovo la mia bocca era nella sua, c’era totale armonia fra noi.
Le nostre mani si sono consultate e toccate l’intimo; l’andamento è proseguito calmo, lei accelerò ma rimanendo composta.
Abbiamo scoperto a terra di quella doccia col vapore nebbioso che ogni centimetro della nostra pelle era stato reciprocamente esplorato.
Il nostro desiderio di appartenerci era sincero.
Terminato l’amplesso restai distesa su di lei con la mia testa fra i suoi seni, e la cascata d’acqua che cadeva veloce e calda sulla mia schiena. Mi accarezzava i capelli. Chiusi gli occhi. Non voglio ricordare niente d’altro.

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