Randagi

di bittersweet Mel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Route One ***
Capitolo 2: *** Route Two ***
Capitolo 3: *** Route Three ***
Capitolo 4: *** Route Four ***
Capitolo 5: *** Route Five ***
Capitolo 6: *** Route Six ***



Capitolo 1
*** Route One ***


Randagi
 
 
 
Route One
 
 
 
 
Anno 1127
Rovine della città di Gunai
Ore 17:03
Gradi 31.02
Ambiente esterno favorevole
Tempeste di sabbia a 12,19 km nord-est
Presenza genere umano_____ bip bip bip
 
 



 
Sousuke strinse le labbra sotto al turbante che gli copriva il volto, volgendo lo sguardo a sinistra,  verso il pod che ronzava  vicino alla sua testa.
Osservò il piccolo occhio di vetro illuminarsi di rosso e automaticamente portò la mano alla cinta dei pantaloni, stringendo le dita attorno al pugnale legato alla vita.
Gli occhi blu si allontanarono dal suo fidato compagno e scivolarono verso la distesa di detriti e sabbia, cercando di scovare anche il più piccolo movimento.
Tutto taceva, tranne per il suono del vento che soffiava tra gli edifici distrutti e sollevava piccole onde di sabbia.
Un ululato lontano che soffiava ininterrottamente da quando era iniziata la guerra; non c’era nessun altro suono per tutto il deserto, solo il respiro dell’aria.
«   010, scansiona l’intera area. »
« Richiesta effettuata. Rivelati segni vitali a 3 kilometri est. »
« Merda!»
Il ragazzo sfilò del tutto il pugnale dalla cinta e lo tenne ben stretto nella mano, mentre si voltava verso destra e prendeva a camminare.
Scavalcò con agilità i massi e deviò lì, dove piccole tracce di vegetazione morta avevano lasciato il segno del loro passaggio, così da puntare verso la destinazione che il pod gli aveva evidenziato sopra la mappa.
Era impossibile che fosse uno dei membri della resistenza, tutti i suoi compagni erano sani e salvi all’accampamento e quel pomeriggio era toccato a lui andare in ricognizione.
Inizialmente aveva sperato di incappare in qualche animale selvatico da cacciare, ma il suo pod non poteva sbagliare, era stato creato con le migliori tecnologie a disposizione, e Sousuke era certo che sapesse distinguere uno stupido animale da un essere umano.
Quindi la risposta era una sola: un nemico, un membro delle forze armate di Gunai.
Con il corpo sempre più in tensione raggiunse un complesso di edifici distrutti, macerie sopra macerie, e si schermò gli occhi con la mano sinistra.
Il turbante impediva ai raggi del sole di colpirlo in pieno volto, ma gli occhi erano soggetti all’intensa luce  giorno dopo giorno.
Iniziava a stancarsi di quella vita infame, passata a razionare il cibo e a morire di caldo.
Per non parlare dei combattimenti sanguinari che spesso gli avevano portato via degli amici, così anni prima i suoi famigliari.
«  Pod, le coordinate, ora.»
La macchina al suo fianco emise un unico bip fioco e l’occhio si illuminò di rosso come poco prima, mentre un puntino prese a lampeggiare sulla mappa impiantata sopra al piccolo corpo rettangolare.
Era lì vicino.
Sousuke inspirò lentamente e osservò prima la mappa, poi le rovine davanti a sé.
Ancora pochi passi e quella sera avrebbe portato delle buone notizie al campo: un nemico in meno, un’arma in più a loro disposizione una volta che avrebbe saccheggiato il cadavere dell’altro uomo.
Già si immaginava il suo ritorno glorioso: sporco di sangue, grondante di sudore e affaticato, ma con la testa del nemico stretta tra le dita.
Un moto di adrenalina gli fece fremere le mani e si disse un semplice: “ adesso o mai più”, mettendo da parte un piano d’attacco e agendo semplicemente.
Scattò in avanti, saltando sopra la roccia davanti a sé, e si sporse verso il basso, dove l’edificio era franato nella sabbia più morbida.
E lì lo vide.
Non era un soldato, non indossava la divisa rossa corazzata e non portava alcun elmetto nero.
Era solo un ragazzo, vestito più o meno come lui, con un lungo pastrano scuro e sporco, il volto spaventato e coperto da qualche graffio ancora fresco.
Sousuke tenne ugualmente il coltello stretto tra le dita, mentre si acquattava sopra la roccia, appoggiando il ginocchio a terra.
Si chinò verso il basso, squadrando il giovane.
Dei leggeri lamenti uscivano dalle sue labbra tese e ora che il moro guardava meglio, aveva la gamba incastrata sotto una delle tante rocce franate.
Che fosse un civile?
«  Hey, tu, che diavolo ci fai da queste parti?! », gli chiese Sousuke, sollevando il tono della voce così da farsi udire.
Il ragazzo a terra sobbalzò dallo spavento e sollevò gli occhi; sotto la luce del sole sembravano colorarsi di un inusuale color cremisi che Sousuke non aveva mai visto prima.
Anche i capelli apparivano dello stesso colore e immediatamente al moro gli venne in mente quella strana tintura che usava anche un suo compagno dell’accampamento.
Il giovane a terra ricambiò quelle occhiate, serrò le labbra e inspirò lentamente, osservando il moro sopra la roccia e poi, l’attimo dopo, la propria gamba.
La indicò semplicemente, schiarendosi la voce.
«  Sono inciampato e non riesco ad uscire. »
Sì, questo Sousuke l’aveva notato, ma non era la domanda che gli aveva posto.
Con un sospiro tanto simile ad uno sbuffo il moro si guardò intorno, cercando eventualmente degli assalitori nascosti, e infine saltò giù dalla roccia e scese verso il basso, frenando i piedi sopra la sabbia a pochi centimetri dal giovane mal ridotto.
Lo squadrò ancora una volta, dalla testa ai piedi.
Sembrava seriamente un civile, un ragazzo più o meno di vent’anni, talmente spaventato da avere le mani che tremavano.
Sousuke si chinò verso la sua gamba e la osservò grevemente.
La roccia era grossa e pesante, difficile da sollevare, e dal sangue che vedeva a terra sicuramente aveva danneggiato gravemente la sua gamba.
Sousuke chiamò con un fischio il pod, che ronzò attorno alla sua testa e voltò il vitreo occhio di vetro verso il ragazzo intrappolato.
« 010, analizza la gamba sinistra e rivela eventuali danni. »
«  Tibia rotta, perone fratturato, probabile distorsione del muscolo plantare. Si consiglia immediatamente una cura medica adeguata. »
Il giovane dai capelli rossi sollevò lo sguardo verso il pod con una certa meraviglia negli occhi e schiuse le labbra, come se quella fosse la prima volta davanti ad una tecnologia simile.
« Wow, è fantastico, riesce a scansionare così velocemente il corpo. Scommetto che è davvero molto utile »
« Utilissimo », tagliò corto Sousuke, guardando la gamba del ragazzo, visibile solamente dal ginocchio in su.
C’era ben poco da fare, era abbastanza evidente.
Sousuke scosse la testa e schioccò le labbra, sospirando leggermente.
«  Beh, buona fortuna, sono certo che saprai cavartela », gli disse alla fine, osservando prima la gamba, poi il volto leggermente spaventato dell’altro.
Era una bugia, ma Sousuke non era di certo uscito in ricognizione per salvare qualche randagio qualunque.
Il moro si sollevò e si passò entrambe le mani sopra le gambe sporche di sabbia, mentre dei continui: “ hey, hey, no, ti prego, aspetta, hey” continuavano ad uscire dalle labbra secche dell’altro.
Con un sospiro Sousuke si voltò ancora verso di lui, guardandolo dall’alto in basso, e sospirò.
« Ora che c’è? Non posso tirarti fuori da lì, saresti solamente di peso con una gamba rotta.»
« Non puoi lasciarmi qui, mi uccideranno!»
Sousuke scrollò le spalle.
Aveva visto morire altra gente, se ne sarebbe fatto una ragione.
Senza aggiungere altro sollevò la mano e richiamò 010, che subito gli si fiondò vicino alla nuca, com’era solito fare.
Era il miglior compagno del mondo, l’aveva sempre detto.
Non aveva sangue che scorreva in corpo o un cuore, ma i circuiti e l’olio andavano più che bene.
I Pod non tradivano e non ti abbandonavano, erano molto meglio delle persone.
I pod non morivano.
Sousuke si schiacciò sopra il volto la fascia di seta e diede le spalle al giovane, deciso a levarsi da lì il prima possibile e continuare con la sua esplorazione del campo.
« Mi chiamo Rin. »
Sousuke si fermò dai suoi passi, corrugando la fronte.
Non si voltò verso l’altro ragazzo, ma non mosse neanche un piede in avanti.
 « E con questo? »
Alle sue spalle sentì il respiro di Rin farsi più pesante, come se stesse cercando le parole giuste da dire.
Il vento continuava a frusciare sopra la sabbia e dei piccoli sbuffi arrivarono fino alle ginocchia di Sousuke.
« Mi chiamo Rin e sono qui da solo. I miei genitori sono stati uccisi dalle truppe armate di Gunai, anche mia sorella ha fatto la stessa fine. Sono venuto qui per combattere, per unirmi alla resistenza, ma non sapevo dove cercare e così, così … sono finito qua sotto. »
Sousuke serrò le labbra, gli occhi ancora rivolti alla casa distrutta davanti a sé, verso l’altura che lo divideva nuovamente dal deserto e dalle altre rovine.
Era stupido fermarsi ora e rimanere in quel buco ad ascoltare uno sconosciuto, ma quelle parole le capiva meglio di chiunque altro.
La guerra civile aveva portato via tante persone care e il dolore era ancora presente, come un tatuaggio sopra le pelle.
Le labbra del moro rimasero ugualmente chiuse, lì dove qualche anno prima sarebbe uscito un: “ mi dispiace”.
La guerra, dopotutto, ti cambiava, gli altri ragazzi avevano ragione a dirlo continuamente.
Non c’era spazio per la commiserazione e la pietà.
«  Tu … tu fai parte della resistenza vero? Vero? Hai la cappa nera e hai un pod, quindi … quindi …», Rin si fermò, la voce che via via scemava.
Sousuke lo sentì sospirare amaramente, come se si fosse già arreso all’idea di rimanere lì fino alla morte.
Sousuke allora si voltò verso di lui, scrutandolo attraverso quell’unica fessura che gli teneva scoperto il volto.
« Quindi vuoi che ti porti con me all’accampamento? Chi mi dice che non sei una spia, oppure che tu voglia davvero combattere insieme a noi?»
Rin sollevò il capo immediatamente, come se quelle parole fossero riuscite ad infiammarlo.
Perfino lo sguardo non tentennava più e le mani erano salde, non tremolanti come poco prima.
« Voglio ammazzare quegli stronzi. Mi hanno portato via la mia famiglia.»
Sousuke lo guardò attentamente, alla ricerca anche solo di un piccolo segno di incertezza. Se l’avesse trovato allora sarebbe stata la fine, avrebbe lasciato Rin lì, a morire di fame o peggio.
Eppure non trovò neanche un accenno di paura oppure di falsità negli occhi rossicci.
Sospirò semplicemente.
« D’accordo, verrai con me»,  disse, tornando indietro sui suoi passi, «  adesso serra i denti e ‘sta zitto.»
Rin sbatté un paio di volte le palpebre, corrucciando le labbra.
« Che? Perché? »
Sousuke sorrise sotto la maschera, rigirandosi il coltello tra le mani sotto lo sguardo attento di Rin.
« Ti devo tagliare la  gamba. »
« Cosa?!»
 


 
***
 
 
 
« Sono davvero, davvero, davvero felice che tu non mi abbia tagliato la gamba. »
Sì, Sousuke l’aveva capito già la seconda volta che gliel’aveva detto, ma a quanto pareva Rin era un tipo abbastanza prolisso e sembrava impossibile zittirlo.
Sousuke mugugnò un semplice: “ uhm” e continuò a camminare, sorreggendo con un braccio la vita dell’altro.
« Seriamente, sono felice di avere entrambe le gambe, sei davvero gentile sotto sotto », esclamò Rin, prima di mormorare in seguito un « molto, molto, sotto. Sotto sotto.»
«  Non mi hai dato altra scelta, piangevi come un bambino.»
E il ricordo era così vivido nella mente del moro che se solo avesse chiuso gli occhi l’intera scena sarebbe apparsa immediatamente dietro le palpebre.
Rin che si contorceva a terra, che allungava le braccia cercando di coprirsi la gamba e, l’attimo dopo, singhiozzava e pregava di non tagliargli nulla, che sarebbe stato bravo, che non avrebbe dato fastidio.
Ecco, non aveva mantenuto la parola data, probabilmente Sousuke avrebbe davvero dovuto staccargli quella dannatissima gamba.
Al suo fianco Rin si lamentò ancora, offeso dalle parole dell’altro, e dondolò appena contro di lui, accasciandosi del tutto al corpo del moro.
«  Non è vero, non stavo piangendo, era solo una finta. »
Sousuke si limitò ad un: “ certo, come vuoi”, che riuscì a zittire il fulvo per qualche minuto.
Pod 010 ronzava lievemente alle loro spalle, scansionando l’intera zona così come gli aveva ordinato Sousuke.
Erano lenti, specialmente con la gamba fratturata di Rin e la sabbia sotto ai piedi.
Di tanto in tanto Sousuke si sentiva affondare in qualche duna troppo sfaldabile e si ritrovava a scivolare leggermente in avanti, il corpo dell’altro che non faceva il minimo sforzo per dargli una mano.
Era una situazione strana, snervante, ma Sousuke si era invischiato da solo in questo pasticcio e così come gli avevano insegnato anni prima i suoi genitori, doveva cavarsela da solo.
Certo, tutto sarebbe stato di gran lunga più facile se solo anche il suo compagno di viaggio ci avesse  messo almeno un po’ impegno.
Con un altro sospirò Sousuke strattonò il corpo dell’altro ragazzo e lo incalzò a muoversi più velocemente.
«  Comunque non hai caldo con quel turbante addosso? », esordì Rin dopo l’ennesimo strattone, sollevando il capo verso sinistra, così da poter osservare il volto completamente coperto di Sousuke.
Allungò anche una mano, cercando di sfiorare con le dita il turbante scuro, ma prontamente il moro lo scacciò via.
« Che diavolo fai!?», gli ringhiò contro, la voce tremula da una nota di esasperazione, « cosa sei, un bambino?»
Rin sorrise semplicemente, scrollando le spalle e tornando a guardare dritto davanti a sé l’immensa distesa di deserto e detriti.
Quella poca vegetazione presente era completamente rinsecchita e le piante arse dal sole giornaliero.
Il fulvo saltellò leggermente sopra al piede destro e si tenne in equilibrio per evitare un masso, seguendo i movimenti dell’altro.
«  Era tanto per fare conversazione, sei un tipo abbastanza silenzioso. »
Sousuke non rispose.
Sì, era una persona silenziosa e gli piaceva esserlo. Trovava inutile iniziare un rapporto amichevole con qualcuno quando prima o poi l’avrebbe ritrovato morto da qualche parte.
Quindi preferiva stare in silenzio.
Rin serrò le labbra, tornando a guardarlo, e sorrise ancora.
«  Allora … hai caldo oppure no?»
Sousuke sibilò tra i denti una bestemmia e voltò il capo a destra, fronteggiando gli occhi divertiti e curiosi dell’altro.
Scosse la testa.
«  No, sto bene così. Contento ora?»
«  Wow, sei davvero di poche parole, eh? »
«  Preferisco stare zitto piuttosto che dire solo cavolate », commentò semplicemente Sousuke, adocchiando il ragazzo lì accanto a sé.
Rin sollevò un sopracciglio.
« Ah-ah, è una frecciatina vero?», ridacchiò il fulvo con una piccola nota di sarcasmo nella voce, prima di sbuffare leggermente.
Sousuke socchiuse gli occhi e riprese a guardare davanti a sé, ignorando totalmente l’altro ragazzo che parlottava tra sé e sé.
Dio, come faceva a comportarsi come se si conoscessero da anni?
Rin parlava, parlava e parlava, non gli importava nemmeno di non conoscere il suo nome oppure chi fosse, semplicemente continuava con le sue chiacchiere sul tempo, sul male alla gamba, sulla resistenza e perfino sul deserto.
Cosa si poteva dire sul deserto?!
Era una fottuta distesa di sabbia bollente, a Sousuke bastava sapere questo.
« Campo della resistenza individuato. Tempo d’arrivo previsto: 5 minuti.»
Grazie al cielo stavano per arrivare.
Ancora cinque lunghi minuti, ma Sosuke era certo di poterli sopportare. Non doveva far altro che continuare a starsene in silenzio nella speranza che anche l’altro l’avrebbe seguito a ruota.
Si schiarì la voce e si rivolse a 010.
« Pod, comunica il nostro arrivo e richiedi il supporto del medico. »
« Affermativo. Dati inviati al Comando Centrale.»
«  Credi che la mia gamba si sistemerà? Mi darebbe fastidio usare uno di quei supporti di movimento, hai presente? Una gamba metallica non è il massimo.»
Sousuke lo squadrò un’ultima volta e poi scrollò le spalle, totalmente indifferente su quello che sarebbe successo.
Probabilmente la gamba sarebbe andata a posto, qualche osso rotto e un paio di legamenti recisi, ma nulla che non potesse essere curato da un buon medico e da un periodo di riposo.
Preferì non dirlo all’altro, lasciando lì a rimuginare su tutte le disgrazie che gli sarebbero potute capitare.
Se non altro, così, Rin poteva rimanere in silenzio a struggersi.
« Senti … prima di arrivare al campo … mi puoi dire almeno come ti chiami?», la voce del fulvo tornò imperterrita a farsi strada nelle orecchie del ragazzo; probabilmente non c’era modo di tenerlo in silenzio.
«  Non sono affari che ti riguardano.»
Rin scosse la testa, zoppicando leggermente per tenere il ritmo di Sousuke.
Stargli dietro era difficile, specialmente quando ad ogni passo  avvertiva una profonda scossa di dolore, ma non si poteva dire che Rin non si stesse impegnando.
« Mi hai salvato la vita, mi riguarda eccome », continuò Rin, schioccando le labbra l’una contro l’altra, assumendo un’espressione leggermente offesa.
Sousuke scosse la testa e indicò con un cenno del capo una rientranza dentro quello che appariva un semplice edificio abbandonato, qualche tessuto sgualcito a riparare per metà l’ingresso.
« Siamo arrivati », si limitò a dire solamente questo, ignorando le domande dell’altro ragazzo.
Spinse Rin in avanti, facendogli attraversare per primo la feritoia –  non dopo una scivolata plateale- per poi seguirlo prontamente.
L’accampamento era modesto.
Un fuoco al centro del campo, delle vecchie tende sparse e molte armi abbandonate ai piedi delle sedie e dei muri.
Erano dieci in tutto, non un gran numero di persone, ma abbastanza da creare difficoltà alle Forze Armate.
Non appena Sousuke e Rin misero piede dentro l’accampamento tutte le teste si sollevarono nella loro direzione.
Guardinghi, i membri della resistenza spostavano lo sguardo dall’uno all’altro, finché in due non si alzarono dalla loro postazione accanto al fuoco.
Il profumo di pesce abbrustolito era talmente piacevole che fece stringere lo stomaco di Sousuke.
«  010 mi ha avvisato del vostro arrivo, ma soprattutto… », Makoto serrò le labbra, osservando grevemente Rin, «  soprattutto mi ha inviato i dati della tua gamba. Hai bisogno di cure mediche immediatamente, seguimi. »
Rin lanciò uno sguardo a Sousuke, come per accertarsi di potersi allontanare, e poi seguì cautamente il dottore del campo.
Sousuke lo guardò sparire dietro la tenda azzurra di Makoto e sospirò stancamente, volgendo lo sguardo al ragazzo che aspettava davanti a lui a braccia conserte.
« Lo so cosa stai per dire Haruka, lo so, volevo lasciarlo lì a morire, davvero, ma …», Sousuke serrò le labbra, sfilandosi il copricapo dalla testa.
Lo gettò a terra, per poi passarsi la mano destra sopra al volto completamente sudato.
Sospirò, socchiudendo gli occhi sotto lo sguardo severo del ragazzo che gli stava di fronte.
«  E’ uno sconosciuto. Hai portato un perfetto sconosciuto qui da noi. Potrebbe essere una spia, potrebbe essere un ladro, potrebbe- »
«  E’ solo un civile, l’ho visto piangere per una gamba rotta. Credi davvero che un membro delle FA piangerebbe per una cosa del genere?»
Haruka affilò lo sguardo e le labbra si assottigliarono grevemente, prima di rilassarsi l’attimo dopo.
Sospirò anche lui, gettando uno sguardo alla tenda di Makoto.
Per qualche secondo rimase immobile, ma alla fine decretò la sua sentenza.
Si voltò verso Sousuke e gli puntò l’indice al petto, in una minaccia nemmeno tanto velata.
« Può rimanere finché la sua gamba non sarà guarita, ma ne sarai il diretto responsabile. Te ne occuperai tu, sono stato chiaro? »
« Sì, sì, come vuoi, Capo.»
Haruka gli lanciò una mezza occhiata esasperata – continuava a dire a tutti di non chiamarlo in quel modo, ma nessuno gli dava mai retta- e se ne tornò accanto al fuoco, infilzando uno sgombro con la punta del bastone che aveva abbandonato poco prima.
Sousuke lanciò un solo sguardo alla tenda di Makoto e poi portò lo sguardo altrove, lì a guardare i suoi compagni riuniti attorno al fuoco, lì ad annusare il profumo di pesce e di zuppa di cipolle.
Erano anni duri, per dei randagi come loro.
Il pod accanto a lui ronzò un solo secondo, prima di appoggiarsi sopra la sua spalla.
«  Rivelo un basso livello di serotonina e dopamina, Sousuke. Provi quella che voi umani chiamate tristezza, se i miei dati sono corretti.»
Sosuke rimase in silenzio, serrando le labbra. Con un movimento del capo allontanò il Pod dalla sua testa, prima di dargli le spalle, «  010. Disattivati.»
Era il suo unico amico, il suo fidato pod, ma non ne sapeva niente di sentimenti umani; non era in grado di condivide gioia o dolore, soddisfazione oppure umiliazione.
Con un ronzio 010 lampeggiò un paio di volte e poi si spense ai suoi piedi.


 
Bip bip biiiip__________________________


 








.
Angolo dell'autore;
 Hola, avevo pubblicato questa long un po' di tempo fa, ma a causa di vari problemi l'avevo bloccata improvvisamente.
EPPURE, eppure, sono ancora qui, di nuovo, con i capitoli revisionati e sistemati, perché questa long è tutta per la mia migliore amica, shippatrice integerrima di SouRin, quindi non potevo abbandonarla così.
Al prossimo capitolo!
Mel

 

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Capitolo 2
*** Route Two ***


 
 
Route two

 

 
 
 
« Allora …», Rin sollevò lo sguardo dalla fasciatura alla gamba e squadrò Makoto da capo a piedi, «  Com’è che si chiama?»
Il dottore del campo sollevò lo sguardo dalla bacinella e strizzò lo strofinaccio sporco di sangue, prima di schioccare le labbra.
«  Chi?», chiese semplicemente, gettando lo straccio dentro al cestino, per poi svuotare l’acqua tinta di rosso a terra.
La sabbia si impregnò immediatamente del sangue di Rin, lasciandolo per qualche secondo assorto sopra quella macchia informe.
Alla fine accennò ad un sorriso tirato e strofinò la mano destra sopra le due strisce metalliche che gli tenevano ferma la gamba.
«  Il ragazzo che mi ha portato qui. », chiarì alla fine, gettando uno sguardo verso l’ingresso della tenda.
Il dottore sorrise leggermente, avvicinandosi al ragazzo ferito e porgendogli un flacone di pillole.
Makoto era stato tremendamente gentile con Rin, curandolo con efficienza e tranquillità, tanto che il fulvo si era sentito immediatamente a proprio agio in quella piccola e caotica tenda piena di flaconi, siringhe e garze antisettiche.
Certo, la gamba gli faceva male e a stento aveva trattenuto le lacrime quando gli aveva sfilato i pantaloni e aveva iniziato a tastare le zone più gonfie, ma non si era lamentato neanche una volta, neppure quando il bisturi chirurgico aveva inciso il suo stinco.
Quel tipo gli stava simpatico e sembrava ben disposto alla conversazione, cosa che Rin apprezzava tremendamente.
« Oh, si chiama Sousuke », gli rispose Makoto, dopo essersi accertato che Rin avesse preso uno degli antidolorifici che gli aveva porto, «  devi prende tre pastiglie al giorno. Una la mattina, una dopo pranzo e una prima di coricarti. D’accordo? »
Rin annuì e appoggiò la boccetta accanto al materasso, cercando di non spostare la gamba dalla sua posizione.
Era rimasto sdraiato a terra tutto il tempo, adagiato sopra un materasso consunto e scomodo, ma era di gran lunga meglio della sabbia bollente, questo poteva ben dirlo.
Il fulvo si schiarì la voce e si issò lentamente, così da appoggiare la schiena contro la parete della tenda, stando attento a non metterci troppa pressione e rischiare di tirarla completamente giù.
« E’ davvero silenzioso.», sentenziò dopo qualche secondo perso tra i suoi pensieri.
Makoto ridacchiò appena, pulendosi le mani sporche sopra l’asciugamano più vicino.
«  Sì, è un po’ scorbutico, ma ha un gran cuore.»
Sembrava conoscere quel Sousuke molto bene, pensò Rin; gli sarebbe piaciuto poter chiacchierare ancora una volta con il suo salvatore, anche con una conversazione a senso unico come qualche ora prima.
«  Devi riposarti ora, domattina andrà sicuramente meglio. Non dovrai sforzare molto la gamba e di tanto in tanto torna a farmi visita, così potrò controllare come procedono i miglioramenti », cominciò a parlare Makoto, la voce calma e meticolosa, « per questa sera potrai dormire qui, da domani il Capo vedrà se darti a disposizione una tenda,  poi deciderà cosa farsene di te. »
Rin sollevò lo sguardo verso il giovane e scosse la testa, l’espressione spaventata che nuovamente appariva sopra al suo viso.
Era certo che il suo ingresso nella ribellione fosse cosa oramai certa, visto che si trovava lì.
«  Aspetta, aspetta! Cosa? Non posso rimanere qui allora? All’accampamento?»
Makoto scosse la testa, il sorriso conciliante ancora sopra le labbra.
«  Questa è una decisione che spetta al nostro capo, non a me.»
Per un istante Rin si rimangiò tutti i complimenti che gli aveva fatto e si preparò a dire che sarebbe morto se l’avessero lasciato nuovamente tra le rovine della città, ma non fece in tempo ad aprire bocca ancora una volta.
L’ingresso della tenda si scostò leggermente ed entrò un ragazzo.
Alto, capelli neri e occhi azzurri.
Rin rimase imbambolato per qualche secondo a guardarlo, osservando gli zigomi alti e le labbra ben delineate, prima di far scivolare lo sguardo verso il petto muscoloso, coperto da una semplice canottiera; era un bel vedere, con quei pantaloni militari e gli anfibi ai piedi, lo sguardo severo e le labbra corrucciate.
Rin si sentì avvampare immediatamente dopo essersi accorto dello sguardo dell’altro e nascose quel leggero imbarazzo abbassando il capo, fingendo di guardarsi la medicazione alla gamba.
« Ho portato allo storpio un po’ di pesce », dichiarò il ragazzo e immediatamente Rin risollevò il capo, le labbra aperte dallo sgomento.
Quella voce era ...? Il fulvo sbatté le palpebre un paio di volte, senza riuscire a pronunciare una frase dal senso compiuto.
Sousuke ricambiò il suo sguardo per qualche secondo, un sopracciglio sollevato e l’espressione leggermente infastidita.
«  Che c’è, non ti piace?», gli chiese l’attimo dopo, mentre Rin, semplicemente, scuoteva la testa senza rispondere.
Sousuke sollevò leggermente l’angolo destra della bocca e si voltò verso Makoto, annuendo.
«  Cavolo, che gli hai fatto? Sei riuscito a farlo stare zitto, è fantastico.»
Il dottore scrollò le spalle e osservò il piatto che Sousuke teneva tra le mani con una certa bramosia negli occhi.
Rin si ricordò, allora, che il ragazzo aveva saltato la cena pur di medicarlo immediatamente.
Si sentì in colpa l’istante seguente.
«  In realtà ha parlato fino ad ora », disse Makoto, prima di schiarirsi la voce e rivolgersi prima a Rin, poi a Sousuke, «  direi che per il momento è a posto, vado a vedere se è rimasto qualcosa anche per me. »
Il moro annuì e gli diede una semplice pacca sopra la spalla, uno dei pochi modi che conosceva per ringraziare le persone, e gli disse semplicemente un: “ Haruka ti ha tenuto da parte qualcosa” che fece sorridere maggiormente il dottore.
Dopo di che Makoto sparì oltre l’ingresso della tenda, lasciando volteggiare leggermente il tessuto dietro di sé.
Rin si morse le labbra, faticando ad allontanare lo sguardo dal volto dell’altro.
Cavolo, coperto com’era fino a qualche ora prima, Rin non gli avrebbe dato neanche un centesimo, invece ora che lo guardava meglio …
Era giovane, davvero giovane, e decisamente affascinante.
Oltre che a qualche centesimo gli avrebbe dato volentieri anche una manciata di banconote fruscianti, ma non era di certo il momento per esternare i suoi pensieri tutt’altro che appropriati.
Sousuke, sotto quegli sguardi, si limitò a sospirare amaramente.
Senza dire nulla si avvicinò al materasso e si andò a sedere a terra proprio lì di fronte, tendendo il piatto verso Rin.
«  Tieni, mangia. Se dovessi morire proprio adesso mi sarei addossato un peso per niente. »
Rin sollevò il braccio e afferrò il piatto, tirandoselo addosso.
Lo appoggiò sopra le cosce scoperte e abbassò il capo per poter osservare quel misero pesciolino senza nessun contorno.
Beh, non poteva di certo pretendere una cena normale in un posto del genere.
Si schiarì la voce e mormorò un semplice “ grazie” che fece sollevare nuovamente un sopracciglio a Sousuke.
«  Davvero? Fino a qualche ora fa non riuscivi a chiudere la bocca e adesso nemmeno parli?», scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli, « cazzo, i miracoli esistono davvero.»
Rin sbuffò a afferrò il pesce con entrambe le mani, stringendo sia testa che la coda con le dita sudice.
Se lo portò alla bocca e diede un morso vorace, accantonando le lische contro l’interno guancia.
Dopo aver buttato giù il primo boccone scosse la testa.
«  Sono gli antidolorifici », biascicò solamente, dando una parte della colpa alla pastiglia che aveva appena preso.
La verità era che Sousuke non era per niente come se l’era immaginato.
Era giovane e bello, dal viso pulito e chiaro nonostante tutto il sole che picchiava in quella zona. Probabilmente perché indossava quella sottospecie di turbante, pensò Rin, ma preferì non chiederglielo, sicuramente non avrebbe ottenuto neanche una risposta.
«  In ogni caso, Rin, non sono venuto qui solamente per portarti da mangiare. »
Il fulvo sollevò lo sguardo e mandò giù a fatica un altro boccone, deglutendo come se avesse appena mandato giù un masso, piuttosto che un pezzo di pesce.
«  A no? », domandò con un accenno di panico malcelato.
«  No, decisamente no. »
Effettivamente Sousuke non sembrava affatto una persona così gentile da poter portare da mangiare a qualcuno senza nessun altro motivo. Insomma, appariva proprio come il classico uomo che non faceva mai nulla senza un secondo fine o senza uno scopo più importante.
Rin si umettò le labbra e appoggiò la metà del pesce ancora intatta sopra al piatto.
«  Allora … sei qui per dirmi che dovrò andarmene via? Che non posso essere uno di voi? »
Sousuke emise un verso leggermente stizzito e allungò la gamba destra a terra, stendendola affianco al materasso.
Il moro scosse la testa e riprese a parlare.
«  Il nostro Capo ha deciso che potrai rimanere, ovviamente sei “ in prova”, se così si può dire in una situazione del genere », si fermò per qualche secondo, cercando di trovare le parole adatte, «  ma qui sorge il mio problema. Vuoi sapere perché?»
Rin non era certo di volere una risposta, non quando avvertiva gli occhi freddi e accusatori di Sousuke puntati addosso.
Erano dolorosi quanto un coltello nello sterno, li sentiva affilati tanto quanto una lama.
Alla fine, però, si ritrovò a deglutire e a chiedere il perché.
Sousuke sorrise appena, ma non nel modo in cui l’avrebbe fatto una persona normale e felice.
No.
Rin sentì un leggero brivido lungo la colonna vertebrale nel vedere le labbra dell’altro tendersi leggermente, senza che la felicità – o qualunque cosa potesse scaturire un sorriso del genere- gli contagiasse gli occhi.
«  Vedi Rin, adesso, a quanto pare, sei un mio problema. Un piccolo, fastidioso e storpio problema », Sousuke si passò nuovamente la mano destra sopra la fronte, trascinando le dita tra i capelli, mentre il sorriso si allargava ancora di più, «  se farai qualcosa di sbagliato ne rimetterò io. Se non seguirai le regole, ci rimetterò io. Se tu farai incazzare qualcuno, ci- rimetterò- io. »
Rin boccheggiò leggermente, mentre la mano destra di Sousuke scivolava sopra i pantaloni e andava ad afferrare lo stesso coltello che il fulvo gli aveva visto in mano quel tardo pomeriggio.
Il moro strinse la lama tra le dita e si sporse semplicemente in avanti, con calma, senza nemmeno sbattere le palpebre.
Semplicemente appoggiò il pugnale sopra la coscia scoperta di Rin, affondando leggermente la punta affilata contro la pelle.
Rin rabbrividì nel sentire quel piccolo punto pizzicare e non osò guardare verso il basso.
«  Se farai qualcosa di sbagliato, anche una sola mossa, ti giuro che la gamba te la taglierò davvero questa volta. Sono stato chiaro? »
Rin annuì, completamente senza fiato e senza parole.
Sousuke mosse leggermente il polso, così da ruotare la lama sopra quel singolo punto.
Poi, come se niente fosse, sollevò di scatto il braccio e si rimise il coltello nella cinta, il sorriso che spariva nuovamente dalle sue labbra.
«  Perfetto », esclamò solamente, issandosi da terra e guardando verso il basso il corpo di Rin.
Lo squadrò da capo a piedi, dal volto leggermente spaventato fino alla gamba stretta tra le due lastre di acciaio e fasciature.
Schioccò le labbra.
«  Belle mutande, comunque. »
Con quell’ultima frase abbandonò la tenda del medico così com’era arrivato, all’improvviso, senza premurarsi in nessuna cortesia.
Rin boccheggiò per qualche secondo e si passò le dita sopra il piccolo puntino rosso che svettava sopra la coscia chiara, poi lasciò cadere lo sguardo sopra ai boxer.
“Non hanno nulla di male”, pensò immediatamente, scrutando attentamente le mutande a strisce.
Con un sospiro scivolò in avanti e si lasciò cadere sopra al materasso.
Era stata una giornata davvero, davvero, strana.
 



 
***

 

 
 
« Proposta: recarsi nella tenda medica e fornire istruzioni al nuovo membro della Resistenza. »
Sosuke ignorò la voce meccanica del pod e continuò a giocherellare con il coltello.
Tracciava leggere linee sopra il terreno, trascinando la punta prima in cerchio, poi in verticale, formando disegni del tutto privi di significato.
«  Proposta: recarsi nella tenda medica e fornire istruzioni al nuovo membro della Resistenza. »
Sousuke sbuffò leggermente, sollevando lo sguardo dal suo disegno geometrico per puntare gli occhi chiari sopra 010.
Lo squadrò attentamente, come se il pod gli stesse parlando con il solo intento di dargli fastidio – improbabile, non erano di certo programmati per tormentare le persone- e scosse la testa.
Haruka era stato fin troppo chiaro con lui la notte precedente: andare a prendere Rin, portarlo da lui e, infine, fargli fare un giro dell’accampamento.
Sousuke non era un dannatissimo accompagnatore, era un soldato, un combattente; l’idea di sprecare una giornata intera in quel modo l’aveva fatto svegliare con il piede sbagliato dalla sua branda.
«  Probabilmente hai ragione, sì, dovrei andare a svegliarlo. »
«  Noi modelli P.0d non possiamo fornire informazioni errate. »
Sousuke gli scoccò un’altra occhiataccia e annuì semplicemente, ritrovandosi d’accordo suo malgrado.
Le macchine non potevano sbagliare, non se si trattava di ripetere gli ordini che gli erano stati forniti.
Tutti i pod dell’accampamento, dalla sera prima, avevano aggiunto una scheda per il nuovo arrivato, classificandolo come un “ospite provvisorio del Campo della Resistenza di Gunai” e Sousuke si era trattenuto dal prendere a pugni la schermata digitale che gli aveva mostrato 010.
Se avesse saputo quello che sarebbe successo, molto probabilmente avrebbe lasciato Rin sotto le macerie e se ne sarebbe andato via immediatamente. Invece no, un piccolo e leggero istinto di protezione si era fatto avanti subdolamente e gli aveva impedito di abbandonare un civile alla mercé dei soldati del Cancelliere Yamato.
Con uno sbuffo si alzò da terra e si rificcò il suo fidato pugnale nel fodero, prendendosi il tempo di guardarsi attorno.
Haruka era insieme a Makoto e un altro membro della Resistenza a conversare sotto la tenda verde militare, accanto al tavolo dove solitamente tenevano le mappe della città e degli spostamenti militari.
Probabilmente avevano in mente qualcosa e lui, come l’idiota che era, si era dato la zappa sui piedi da solo.
Stava sprecando un’ottima occasione per scendere in campo e in cambio di cosa?
Lo sguardo scivolò verso la tenda azzurra, dove non riusciva ad intravedere un solo movimento.
Probabilmente Rin stava ancora dormendo, nonostante il chiacchiericcio nel campo.
Sousuke si passò la mano destra tra i capelli e si mosse suo malgrado.
A passo svelto, militare, si avvicinò alla tenda e senza troppi preamboli scostò la stoffa leggera, lasciando filtrare la luce del sole.
Così come si era immaginato, Rin era ancora addormentato.
La gamba ferita stesa, l’altra sollevata fino al petto.
Che strano modo di dormire – come un cane, pensò Sousuke-, con le braccia attorcigliate al cuscino e un ginocchio praticamente in gola.
Il moro sospirò e si avvicinò al ragazzo, abbastanza vicino da poter sollevare la gamba e spingere la punta del piede sopra il fianco destro di Rin.
Lo punzecchiò leggermente.
«  Svegliati. »
Non ricevette alcuna risposta, così aumentò la pressione del piede.
Lo scosse maggiormente, trattenendosi dalla voglia di conficcare la punta dell’anfibio proprio tra le costole.
«  Ho detto di alzarti. »
Dalle labbra di Rin uscì solamente un  “uhm” strascicato e le palpebre vibrarono un attimo.
Sousuke serrò i denti e dovette resistere ancora una volta alla tentazione di svegliarlo con la forza.
Era ferito ed era nuovo, non poteva prenderlo per davvero a calci.
Sousuke schioccò le labbra e si chinò leggermente in avanti, incurvando la schiena verso il basso.
«  Se non ti alzi immediatamente ti posso giurare che il dolore che hai sentito alla gamba non sarà nulla in confronto a quello che ti farò io.»
« Mmh, buongiorno anche a te », la voce ancora assonnata di Rin fece fatica a risuonare nella tenda, ma Sousuke riuscì ugualmente a sentirla forte e chiara.
Allora schioccò la lingua contro al palato.
«  Alzati subito, è un ordine. »
«  Cosa sei, un dittatore? » biascicò il ragazzo, sollevandosi lentamente dal suo giaciglio provvisorio.
Appoggiò entrambe le mani dietro di sé e si sostenne sopra le braccia ancora molli dal sonno.
Rin aprì la bocca in un lungo sbadiglio e sbatté velocemente le palpebre, così da poter mettere a fuoco la figura di Sousuke che si ergeva sopra di lui.
«  Che ore sono? », gli domandò solamente, squadrando il moro e il suo cipiglio innervosito già di prima mattina.
Sousuke inspirò lentamente e socchiuse gli occhi, cercando di calmare il moto di rabbia che gli stava facendo scaldare il viso.
“Un piccolo, fastidioso e storpio problema”, si ripeté ancora una volta a mente.
« Sono le alzati subito o te ne pentirai, d’accordo? », faticò perfino a dire quelle semplici parole, tanto teneva i denti stretti.
Tra poco si sarebbe messo addirittura a digrignarli, se solo Rin non gli avesse dato ascolto immediatamente.
Il fulvo, captando il possibile pericolo, si limitò ad annuire e lentamente tentò di alzarsi in piedi, sotto lo sguardo leggermente irritato di Sousuke.
In tre tentativi riuscì solamente a stendere entrambe le gambe e tendersi leggermente a sinistra, senza riuscire ad alzarsi con una gamba sola.
«  Cristo », riuscì solamente a dire il moro, prima di perdere definitivamente la pazienza.
Si avvicinò a Rin e lo afferrò per il gomito destro, sollevandolo con forza, fino a fargli appoggiare entrambi i piedi fuori dal materasso.
Rin ondeggiò per qualche secondo e poi mantenne l’equilibrio.
« Molto gentile, grazie », disse all’altro con un leggero sorrisetto, mentre Sousuke si affrettava a lanciargli il paio di pantaloni puliti che gli aveva lasciato Makoto sopra al tavolo.
Rin li afferrò al volo e abbassò lo sguardo sopra le gambe scoperte, la fronte si corrugò appena.
«  Uhm … come faccio a metterli? », domandò all’altro, sollevando il volto verso Sousuke.
Il moro storse il naso e mormorò un: “ non sono affari miei” prima di appoggiare il fondoschiena contro il bordo del tavolo.
Rimase lì a braccia incrociate, lo sguardo puntato sopra a Rin, come se volesse gustarsi lo spettacolo, ed effettivamente era proprio così.
Rin fatica addirittura a rimanere in piedi, chissà come si sarebbe infilato quei pantaloni? Probabilmente saltando sul posto, cercando di non ruzzolare a terra e spaccarsi anche l’altra gamba.
Sousuke arricciò leggermente le labbra e inclinò la testa, in attesa.
Il fulvo sospirò leggermente e, non senza un minimo di imbarazzo, tentò di infilarsi i pantaloni prima dalla gamba sana, poi da quella steccata.
Dopo un paio di minuti e tanta fatica riuscì a tirarli su, asciugandosi un rivoletto di sudore che gli imperlava la fronte.
«  Grazie dell’aiuto, eh  », sbottò subito dopo a Sousuke, passando il bottone nell’asola dei pantaloni militari.
L’altro scrollò le spalle e continuò a fissare Rin attentamente, prima di staccarsi dal tavolo.
Non era di certo stato un brutto spettacolo, tutt’altro.
In quei pochi minuti di silenzio, in cui Sousuke era riuscito a guardare Rin con attenzione, si era reso conto che quel ragazzo aveva tutt’altro che un fisico da ragazzino come si era immaginato.
Le cosce erano atletiche e sinuose, e la maglietta con cui aveva dormito, bagnata di sudore, aderiva perfettamente al suo petto.
Era muscoloso.
Sousuke era rimasto a concentrarsi su quella singola parte, osservando i muscoli delle braccia contrarsi ad ogni movimento,.
Quel ragazzo era davvero un semplice civile? Sembrava più un ragazzo sottoposto a duri allenamenti fisici, addestrato a correre e sollevare pesi.
Il tarlo del dubbio si era insinuato in Sousuke in quei pochi minuti, finché la voce di Rin non era arrivato ad allontanarlo da quei pensieri, allora tornò alla realtà.
Sbatté le palpebre un paio di volte e si schiarì la voce.
«  Muoviamoci, Haruka ci aspetta qui fuori », disse solamente, scoccando un’ultima occhiata sospettosa all’altro ragazzo.
Rin lo seguì senza troppi pensieri, zoppicando dietro di lui per cercare di rimanere al passo.
Haruka, proprio come aveva appena detto Sousuke, era esattamente vicino alla tenda verde, sul lato sinistro dell’accampamento, ad impartire ordini da una parte all’altra.
Aveva un dono naturale per quel ruolo, anche se detestava ammetterlo.
Era calmo e posato, parlava poco e solo per dare risposte precise, e senza volerlo tutti si erano radunati attorno a lui come mosche sul miele.
C’era voluto un anno intero per convincerlo, ma alla fine Haruka aveva deciso di assecondare i suoi compagni e prestarsi al ruolo di Capitano; o per lo meno così avevano raccontato a Sousuke quando si era unito alla resistenza.
«  Era ora, vi aspetto da almeno mezz’ora. »
« Affermazione errata Capitano, li aspetta esattamente da 15 minuti e 46 secondi. »
«  ‘sta zitto, 131, non parlare quando non te lo ordino»,  disse pacatamente Haruka, guardando di sottecchi il suo pod.
Dopodiché tornò a rivolgersi a Sousuke e Rin, annuendo.
«  Dicevo … vi aspetto da almeno 15 minuti e 46 secondi, quanto tempo ci vuole per alzarsi dal letto? », domandò con una certa ironia, spostando lo sguardo da Sousuke a Rin, che sembrava interessato più al pod del Capitano che a tutto quel discorso.
Sousuke gli tirò una gomitata nemmeno tanto leggera e lo riscosse dai suoi pensieri.
Rin si scusò subito dopo e chinò la testa con rispetto, continuando a lasciarsi uscire quei “ mi dispiace, mi dispiace” lamentosi che Sousuke trovava estremamente irritanti.
Haruka sospirò e socchiuse lo sguardo.
«  Non importa, passiamo a parlare di cose più serie, che ne dite? D’accordo … », si prese qualche secondo di silenzio per fare mente locale della situazione, poi schioccò le labbra e riprese a parlare, «  così come ho detto ieri sera non intendo cambiare idea sulla permanenza di Rin. Potrai rimanere per un po’, finché la gamba non ti sarà guarita, ma non entrerai a far parte del nostro gruppo. »
«  Ma signore, signor Capitano, io …», iniziò a parlare Rin, prima di essere interrotto dalla mano di Haruka, che prontamente si era alzata a zittirlo.
Perfino il fulvo si ritrovò ad ammutolirsi sotto lo sguardo serio dell’altro ragazzo.
«  Non siamo qui per giocare, lo capisci? Eravamo in trenta fino ad un anno fa. Ho visto venti dei mie uomini morire uno dopo l’altro, alcuni catturati, altri trucidati, altri ancora morti per malattie o di fame. Non intendo tenere un civile qui con noi e rischiare che possa fare la stessa fine dei miei compagni. Questi sono i miei ordini e non intendo discussioni», si voltò verso Sousuke, guardandolo con serietà, «  d’accordo? »
Il moro annuì semplicemente, appoggiando la mano sopra la spalla di Rin per trattenerlo dal parlare ancora una volta.
C’erano momenti in cui era meglio rimanersene zitti e in silenzio, ma l’altro ragazzo probabilmente non lo capiva.
«  E con tutta sincerità, Rin, non sono ancora sicuro di potermi fidare di te. »
Haruka si congedò l’attimo seguente senza dire più una sola parola, limitandosi a salutarli con un cenno del capo.
Una volta soli Rin si voltò si scatto verso Sousuke, pronto ancora una volta a lamentarsi, ma il moro fu più veloce.
Lo afferrò per entrambe le spalle e lo spintonò di lato, contro al muro lì accanto.
La nuca di Rin sbatté con forza contro la parete crepata dell’edificio e chiuse gli occhi per l’impatto, mentre Sousuke rimase immobile a pochi centimetri da lui.
«  Ascoltami bene perché non lo ripeterò altre volte: ti ho salvato la vita e ho deciso di portarti qui, ma questo non ti rende uno di noi. Non so se hai perso davvero la tua famiglia o hai finto solamente, non so se vuoi rimanere qui perché ti senti solo come un cane o hai in mente qualcos’altro, ma non mi importa », gli occhi scivolarono sopra quelli rossicci di Rin, inchiodandolo ancora di più al muro, «  ci sono qui io a controllare ogni tua mossa, quindi non creerai alcun problema. Se Haruka dice che rimarrai per poco, allora sarà così, sono stato chiaro? E non insistere mai, mai più, con questa storia. »
Rin boccheggiò semplicemente, gli occhi ancora incatenati a quelli dell’altro ragazzo, e alla fine annuì, senza fiato.
Appoggiò entrambe le mani sopra gli avambracci di Sousuke e spinse fino a liberarsi da quella presa.
Il fulvo si umettò le labbra leggermente e poi, semplicemente, sospirò.
«  Ho capito, ho … toccato un tasto dolente, non è vero? Avete perso tante persone, tanti amici. Io … non ci ho pensato, mi dispiace », la voce di Rin si incrinò leggermente, « ma non ho mentito. La mia famiglia è stata davvero uccisa. Mia mamma, mio padre, mia sorella …»
Sousuke inspirò lentamente e nella sua testa, come in un flash velocissimo, apparvero le tombe improvvisate dei suoi compagni, una dopo l’altra. Il sudore che colava lungo la schiena mentre scavava le buche, il sole che batteva sopra la testa china, le lapidi formate da semplici sassi accumulati.
«  Basta così, la prossima volta prima di aprire bocca usa il cervello, sempre che ce ne sia uno lì dentro. »                
Nonostante quelle parole fossero ironiche, e forse buttate lì per mettere fine a quel discorso, lo sguardo di Rin rimaneva ugualmente tetro.
Sousuke lo squadrò ancora un istante e fece un singolo passo indietro, passandosi una mano sopra la fronte.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, attorno a loro l’accampamento si era pian piano svuotato e tutto erano tornati alle loro mansioni, così come ogni giorno dopo l’altro.
«  Proposta: scortare il nuovo arrivato nei pressi dell’accampamento e mostrargli le aree di interesse. »
Sousuke annuì a 010 e sollevò lo sguardo sopra Rin, che ricambiò l’istante seguente.
Per qualche secondo rimasero immobili ad osservarsi e poi, senza aggiungere altro, seguirono le indicazioni del pod.
Si prospettava una giornata lunga e faticosa E Sousuke non riuscì a trattenere un sospiro desolato, mentre accanto a lui Rin iniziava, pian piano, a parlare come il primo giorno. 
 
 






***
Un piccolo sguardo sull'accampamento e un altro su Sousuke e Rin, che tra poco rischierà seriamente di perdere la gamba tra una minaccia e l'altra.
Così come il primo capitolo, anche questo è leggermente modificato per adattarsi maggiormente alla trama che pian piano si è sviluppata senza che me ne accorgessi.
Ma il porno non mancherà, così da non deludere la mia best (shipper ).
Goditi la trama!

Mel

 

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Capitolo 3
*** Route Three ***


 
Route Three
 
 


 
 
Era passata una settimana da quando Sousuke si era ritrovato ad abbandonare il suo ruolo da soldato per dedicarsi a fare il babysitter di Rin.
Sette giorni che aveva passato a spiegare all’altro ragazzo come funzionasse esattamente il Campo della Resistenza, in cosa consisteva precisamente il loro scopo, dove trovavano le risorse e dove pattugliavano.
Aveva risposto a domande stupide e tante altre volte le aveva ignorate, ma nonostante le ore fossero trascorse velocemente insieme all’altro ragazzo a Sousuke mancava scendere in campo.
Gli mancava fremeva all’idea di correre lungo le rovine della città e combattere,  così come il suo intero corpo agognava disperatamente un po’ di libertà fuori dal campo, anche solo per poter  andare in cerca di rifornimento oppure di armi.
Ricordava quasi con nostalgia gli scontri ravvicinati con i membri delle Truppe Armate, il sangue che pulsava fino al cervello e l’adrenalina che schizzava alle stelle.
Essere inchiodato tra le quattro mura metaforiche dell’accampamento era estenuante e gli stava pian piano logorando i nervi.
Rin invece sembrava passarsela bene.
Muoveva la gamba, si spostava senza zoppicare, e di tanto in tanto tentava anche un mezzo passo di corsa, fermandosi dopo pochi secondi a causa del dolore.
Ma a parte qualche leggera fitta Sousuke lo vedeva muoversi con sicurezza tra le tende, intavolare conversazioni a senso unico con Haruka e altre più vivaci insieme a Makoto oppure Kisumi.
Certo, non era visto di buon occhio quasi da nessuno – perché parlava eccessivamente, ma soprattutto perché chiedeva troppo-, ma tutti, bene o male, iniziavano ad abituarsi alla sua presenza costante.
Perfino Sousuke alla fine aveva ceduto.
Non lo trovava simpatico o piacevole, ma trascorrere le giornate in sua compagnia era meno noioso di quanto avesse temuto.
Era tutto un: “ Sousuke, cos’è questo?”, “ Sousuke come si usa quello?”, “ Oddio, posso averne uno anche io” che faceva stirare leggermente verso l’alto le labbra del moro.
Oltre quella leggera sintonia che si era creata, però, Sousuke ancora non si fidava completamente di lui.
Era un completo estraneo, uno sconosciuto apparso da un momento all’altro, e il moro condivideva la stessa apprensione di Haruka nel tenerlo troppo vicino ai loro fidati pod.
Da quel che avevano visto Rin nemmeno sapeva che circuiti collegare per farne funzionare uno, ma ugualmente il loro capo preferiva tenere lontano ogni tecnologia dalle mani del fulvo.
Sousuke si era ritrovato estremamente d’accordo e aveva acconsentito, allora, a trascinare Rin con sé ogni qualvolta si sarebbe mostrato fin troppo interessato ai loro dati.
Come quella mattina.
Non appena Sousuke aveva scostato l’ingresso della sua tenda gli occhi erano scivolati sopra a Rin, seduto a gambe incrociate proprio davanti a lui.
Sousuke l’aveva osservato con un cipiglio leggermente innervosito e solo dopo qualche secondo si era reso conto che l’altro ragazzo stringeva tra le mani qualche pezzo di ferraglia arrugginito.
Riconobbe subito la lega di metallo e il simbolo della resistenza, allora aveva sospirato.
Sì, era decisamente arrivato il momento di far muovere un po’ Rin al posto di tenerlo fermo in quel piccolo accampamento.
Sousuke si chinò a terra e strappò dalle mani dell’altro i resti di un vecchio pod andato distrutto, gettandoli al fianco della propria tenda.
«  Se hai finito di cazzeggiare oggi ho intenzione di farti fare un giro un po’ diverso dal solito. »
Rin sollevò gli occhi e immediatamente l’espressione si rallegrò, come se l’idea di andare a pattugliare le rovine lo esaltasse.
“Ma certo”, pensò Sousuke, “non c’è nulla di meglio che andare incontro ai soldati.”
Certe volte credeva che Rin non avesse poi molto sale in zucca.
Il fulvo si alzò il più velocemente possibile da terra e si batté la mano destra sopra il sostegno di metallo che ancora gli teneva dritta la gamba.
«  Posso venire anche se ho questo coso? »
Sousuke annuì, gettando un’occhiata veloce all’unica placca che gli circondava la gamba.
Qualche giorno prima Makoto aveva rimosso le due aste di ferro e le aveva sostituite con un’unica lamina ben più comoda.
Ora i movimenti di Rin erano meno impacciati e riusciva a camminare più velocemente.
Era un materiale abbastanza ricercato, una fusione di più leghe di metallo, ma Makoto aveva deciso di adoperarlo ugualmente su Rin, non badando alle occhiate risentite del loro capo e quelle scettiche degli altri membri.
Si poteva dire tutto di Makoto, ma non che mancasse di gentilezza verso gli estranei.
«  Non stiamo andando in giro ad ammazzare la gente, quindi non hai nessun motivo di preoccuparti. Non ti farò correre. »
Rin annuì e gli trotterellò vicino, come un fedele cagnolino troppo affezionato, e gli posò un braccio attorno alle spalle.
Sousuke sospirò; si stava prendendo un po’ troppe confidenze in quegli ultimi giorni.
«  E dimmi, mio capitano, cosa andiamo a fare allora?», gli domandò Rin con voce melliflua, guardando di sottecchi Sousuke.
Il moro se lo scrollò di dosso con una semplice spallata e si voltò verso di lui, incrociando le braccia al petto.
«  Ti ho già detto che non sono il tuo capitano, chiaro?», poi si schiarì la voce, sfilando una lunga stoffa rettangolare dalla cinta dei pantaloni, «  oggi siamo diretti a nord, dove un tempo c’era il ponte. Andiamo lì a prendere i rifornimenti.»
Sousuke iniziò a girarsi la stoffa sopra la testa, andando pian piano a ricreare il solito turbante che indossava nelle sue spedizioni.
Rin lo guardava incuriosito, senza perdersi un solo passaggio del velo, che andava via via a coprire ogni centimetro del viso del moro.
Alla fine rimasero solo gli occhi azzurri a fissarlo.
«  E i rifornimenti li troviamo magicamente sotto al ponte?», chiese il fulvo dopo qualche secondo, corrugando la fronte come se l’idea non lo convincesse affatto.
Sousuke sospirò e scosse appena la testa, intimando l’altro a seguirlo con un movimento della mano.
Rin lo seguì prontamente; l’addestramento, pensò il moro,  stava dando i suoi frutti alla fine.
« Se la smettessi di dire cazzate ogni minuto, allora potrei finire di spiegarti ogni cosa, non credi? Ovviamente il cibo non appare per magia da qualche parte, ma gli uomini che ce lo procurano sì. »
Rin boccheggiò per un secondo, tenendo gli occhi puntati sopra al volto coperto del maggiore.
Scavalcò l’ingresso della Resistenza e uscì fuori, subito seguito da Sousuke.
Il sole li investì in pieno, ora che non c’erano più tende e luoghi all’ombra a proteggerli, e per un istante entrambi si persero ad osservare la distesa sabbiosa che li fronteggiava.
Un tempo Gunai era stata una città ben più rigogliosa, nonostante il deserto vicino e il sole cocente.
Un tempo c’erano fiumi e palme, piccole oasi nelle vicinanze e un’intera città popolosa. Case, abitanti, voci che si perdevano per le strade e il profumo di datteri nelle vie.
Questo molti anni prima, quando Yamato ancora non aveva un seguito di uomini fedeli alle spalle.
Sousuke distolse lo sguardo dall'arida città distrutta e tornò a rivolgere lo sguardo dall'altro ragazzo.
«  Quindi … non siete solo in dieci a far parte della Resistenza, c’è altra gente », commentò dopo qualche secondo Rin, prendendo a seguire i passi di Sousuke lungo la via sabbiosa.
L’altro ragazzo scosse la testa, ordinando al pod di tracciare la rotta verso i rifornimenti.
Poi tornò a rivolgersi a Rin.
«  A far parte della Resistenza siamo solo in dieci, ma ci sono persone che non ci hanno abbandonato, che non hanno dimenticato cos’è successo. Scambiamo materiali con uomini di una città vicino e loro ci forniscono supporto. »
Rin corrugò nuovamente la fronte, osservando prima Sousuke, poi il puntino lampeggiante sopra la mappa del pod.
Per qualche attimo se ne rimase in silenzio, le labbra secche per il caldo e gli occhi pensierosi, poi tornò a parlare.
«  Ma sono vostri nemici. Hai detto che abitano nelle città vicine, quindi sono uomini che hanno aderito al nuovo governo », si umettò le labbra, schiarendosi poi la voce, «  perché vi danno una mano, così  rischiano solo la vita! »
Sousuke scosse il capo e guardò Rin con un certo compatimento.
Lui non ne poteva sapere niente dopotutto, non era uno di loro. Era solo un ragazzo senza famiglia, un povero bastardo che si era ritrovato a voler combattere senza uno scopo preciso.
Il moro sospirò e si sistemò meglio la stoffa sopra al naso.
«  La nostra vita non vale niente se messa in confronto alla giustizia, non credi? Nessuno di loro ha scelto di far parte del nuovo governo, ci si sono trovati dentro. E’ per questo che ci danno una mano. »
Dall’espressione sul volto di Rin, Sousuke capì che l’altro ragazzo non riusciva a comprendere le sue parole.
Non gliene fece una colpa, non questa volta.
Il moro si schermò gli occhi con il palmo della mano e osservò le coordinate del pod, cercando la via da seguire in quell’enorme distesa di detriti e sabbia.
Oramai era diventato impossibile muoversi senza una mappa interattiva, l’ambiente che li circondava pareva cambiare di giorno in giorno, facendosi sempre più aspro e senza vita.
« Pod, segnala la nostra presenza ai Rifornimenti e calcola il tempo di arrivo. »
“ Comando eseguito. Ora di partenza 10:14, ora di arrivo 11:36”
Sousuke si voltò verso Rin e gli squadrò la gamba.
Sotto il turbante accennò un sorrisetto diverto, mentre la mano destra andava a dare una leggera pacca alla spalla del suo compagno.
«  Diciamo che con la tua gamba arriveremo lì più o meno intorno all’una di pomeriggio, eh. »
Rin si oscurò leggermente a quelle parole e all’idea di camminare a lungo sotto al sole, ma non disse una sola parola a riguardo.
Ultimamente aveva imparto a tenere per sé le considerazioni troppo sgradevoli, specialmente quando Sousuke gli aveva fatto capire chiaramente le conseguenze.
A quanto pareva la minaccia preferita del moro riguardava sempre la sua gamba e un coltello piantato proprio lì sopra.
Allora presero ripresero a camminare.




« Cosa ti avevo detto? L’una e un quarto, e tutto grazie alla tua gamba », se solo non avesse avuto il viso coperto probabilmente l’espressione di Sousuke sarebbe apparsa tremendamente soddisfatta.
Gli piaceva avere ragione, perfino nei momenti ostici come quello.
Rin sbuffò leggermente e si massaggiò il ginocchio e, conseguentemente, anche la coscia.
Aveva sforzato la gamba come non aveva mai fatto in quell’ultima settimana e le conseguenze iniziavano a farsi sentire.
Ad ogni passo sentiva un leggero tremore alla coscia e, non appena la pianta del piede si appoggiava a terra, arrivava una lunga scossa di dolore dritta al cervello.
A Sousuke non pareva importare e, nonostante Rin si fosse lamentato più e più volte, non si erano mai fermati.
Perfino l’acqua nelle borracce iniziava a scarseggiare.
«  Dove sono i tuoi uomini? Qui non vedo nessuno », gli domandò Rin dopo aver dato un’occhiata al ponte distrutto.
L’unica cosa che vedeva in giro era sabbia, sabbia e ancora sabbia.
Beh, certo, oltre alle macerie si intendeva.
Sousuke si tirò verso il basso la fascia che gli copriva la bocca e prese un lungo respiro.
«  Come hai detto anche tu qualche ora fa, questi uomini rischiano la vita fornendoci un supporto del genere, quindi è ovvio che non si facciano trovare qui al nostro arrivo », il moro si passò la mano destra sopra al volto sudato, massaggiandosi leggermente il naso arrossato, «  semplicemente lasciano i rifornimenti sotto al vecchio ponte e tornano qui il giorno dopo per prendere il nostro pagamento.»
Rin annuì, come se il discorso filasse liscio come l’olio.
Effettivamente aveva il suo senso non farsi trovare invischiati con la resistenza di Gunai, a meno che non ti piaceva farti mozzare la testa.
Il fulvo si guardò intorno e cercò di schermarsi lo sguardo dalla luce del sole, così da individuare eventuali casse o sacchi.
Non vide nulla.
Sousuke, invece, sembrava sapere esattamente dove andare.
Il moro si recò tranquillamente verso le macerie del ponte e prese a spostare un masso dopo l’altro, facendo leva sulle gambe e sospirando di tanto in tanto.
Rin gli si avvicinò un po’ incerto, schiarendosi la voce.
«  Devo ....? »
« No. Sta solo zitto e rimani fermo qui a fare la vedetta, d’accordo? Controlla che non arrivi nessuno. »
Più facile a dirsi che a farsi.
Rin zampettò indietro sui suoi passi, fermandosi a qualche metro di distanza dall’altro ragazzo.
Prese a guardarsi in giro con attenzione, non senza un briciolo di ansia in corpo.
Insomma, e se fosse arrivato qualcuno?
E se le guardie delle Forze Armate fossero inspiegabilmente passate di lì proprio in quel momento?
Era un gran bel rischio.
Rin si chiese come facesse Sousuke a mantenere tutto quel sangue freddo.
Era lì, che si muoveva tranquillamente tra le macerie, spostava sassi e scostava piccole porzioni di sabbia, come se non temesse niente e nessuno.
Chissà da quanto tempo lo faceva.
Rin inspirò lentamente e portò la mano alla bisaccia, prendendo poco dopo un lungo sorso d’acqua.
Era calda e sapeva di ferro, ma in quel momento ne avrebbe tanto voluto ancora.
«  Hey, che cosa gli date in cambio del cibo e delle armi? », chiese poco dopo a Sousuke, alzando la voce così che anche l’altro potesse sentirlo.
Il moro lo ignorò totalmente, allora ripeté la domanda, alzando ancora un po’ la voce.
Le parole di Rin parvero rimbombare nella piana e Sousuke sollevò lo sguardo, leggermente innervosito.
«  La prossima volta perché non spari in razzo di segnalazione? Così magari riescono a sentirci meglio, che ne dici?», gli ringhiò contro il ragazzo, lasciando lampeggiare gli occhi rabbiosi verso Rin.
Il ragazzo si strinse nelle spalle e si scusò un paio di volte, prima di imbronciarsi leggermente.
«  E che ne so io?! Non mi rispondevi, così ho pensato …»
Sousuke sbottò una parolaccia e puntò il dito contro Rin, minacciandolo con un solo movimento.
«  Cosa ti avevo detto? Di stare …? »
«  Zitto », mormorò il fulvo, mordicchiandosi leggermente il labbro inferiore.
«  E …? »
«  E di fare la vedetta, d’accordo, d’accordo », bofonchiò Rin, ruotando gli occhi al cielo e sospirando.
Il ragazzo rimase immobile al suo posto per qualche minuto, limitandosi a guardarsi intorno di tanto in tanto e osservare l’altro ragazzo spostarsi tra le macerie.
Ancora una volta non gli aveva risposto, ma oramai Rin si era abituato a lasciare le proprie domande al vento.
Finalmente, dopo un tempo che parve infinito, Sousuke si lasciò scappare un sospiro soddisfatto.
Gli occhi magenta di Rin si spostarono sopra l’altro ragazzo e lo vide avvicinarsi a lui con due sacchi sopra le spalle.
Il moro appoggiò a terra i rifornimenti e si piegò in avanti, aprendo la prima sacca con un gesto frettoloso.
Tirò fuori una borraccia d’acqua e un pacchetto di sigarette.
Posò entrambe le cose tra le mani di Rin e lo guardò, un leggero sorriso strascicato sopra le labbra.
«  T’ho, oggi te lo sei meritato. Domande stupide a parte. »
Rin si lasciò sfuggire una mezza risata e la bocca si allargò in un sorriso ben più ampio di quello del moro.
Prese un lungo sorso d’acqua e tirò fuori una sigaretta dalla confezione, portandosela alle labbra.
«  Cavolo, è da una vita che non fumo. »
Sousuke si passò il dorso della mano sopra la fronte sudata e prese a sua volta una sigaretta, accendendola e inspirando lentamente.
Le sigarette erano vietate nel nuovo regime – “ La salute del popolo porta al benessere del nostro esercito”, recitavano le locandine- e praticamente impossibili da reperire.
«  Tienitelo per te, d’accordo? Haruka non vuole che porto queste cose nell’accampamento. »
Rin sbuffò un po’ di fumo fuori dalle labbra e guardò esterrefatto Sousuke.
«  Quindi … mi stai confidando un segreto? Davvero? »
L’altro ragazzo ruotò gli occhi al cielo e si ficcò il pacchetto nella tasca dei pantaloni militari, annuendo poco dopo.
«  Ricordati: se lo dirai a qualcuno- »
«  Ti stacco la gamba. Sì, l’ho capito. »
Eppure entrambi rimasero lì a gustarsi la loro sigaretta, sotto al sole bollente e sudati, come se niente fosse.
In un'altra vita, magari, le cose tra di loro sarebbe state ben diverse.
 



 
***
 


 
Il fuoco scoppiettava allegramente al centro dell’accampamento, il profumo del cibo aleggiava attorno alle figure sedute l’una accanto all’altra.
Sousuke e Rin erano tornati nel tardo pomeriggio, stanchi e sudati, ma con due sacche piene di cibo, acqua e medicinali.
Erano stati accolti da vari sorrisi e pacche sulle spalle, da varie esclamazioni di gioia e risate.
Succedeva così una volta alla settimana, quando i membri inviati a nord facevano ritorno con le provviste.
Per quella sera Haruka aveva deciso di festeggiare.
Solitamente restio all’idea di sprecare più cibo del solito, per una volta aveva dato a Kisumi il via libera di cucinare quello che preferiva, e il ragazzo non se l’era fatto ripetere due volte.
Verdure fresche – una rarità da quelle parti- e uno stufato sostanzioso che, nel freddo che imperversava ogni notte nel deserto, non era niente male.
Perfino una bottiglia di un vecchio vino era stata aperta, anche se il sapore non era certo dei migliori.
Secondo Sousuke sapeva un po’ di “ piscio di gatti”, ma dopo averlo bofonchiato un paio di volte era rimasto in silenzio a berlo ugualmente.
Rin si era seduto accanto a lui, non troppo lontano agli altri membri, ma abbastanza vicino da seguirne le conversazioni.
Alcuni parlavano della guerra, altri di vecchi ricordi felici, ma nessuna informazione che potesse apparentemente attirare il suo interesse.
Piuttosto i suoi occhi arzilli continuavano a seguire il profilo di Sousuke al suo fianco, osservandolo attentamente mentre sgranocchiava una carota oppure si leccava le labbra per levare un piccolo rimasuglio di salsa.
Era un ragazzo interessante, era arrivato a pensare il fulvo.
Inizialmente era apparso come uno stronzo egoista, tutto d’un pezzo, e così l’aveva pensato per tutta la settimana che aveva trascorso insieme a lui.
Eppure quel giorno qualcosa era cambiato.
Sentiva ancora il sapore della sigaretta sopra le labbra e il pensiero di condividere con lui un segreto, per quanto stupido fosse, lo faceva sentire importante.
Più importante di Haruka, più di Makoto, più di Kisumi o di tutti gli altri membri.
Sousuke, lo stoico Sousuke, aveva condiviso con lui la sua piccola riserva segreta di nicotina che custodiva gelosamente nella tasca dei pantaloni.
Rin non poté fare a meno di sorridere sotto i baffi, addentando con vigore una foglia di insalata.
«  Che sorridi a fare?», arrivò la voce di Sousuke, fredda e indifferente come sempre, ma Rin non si lasciò ingannare. Adesso era certo che anche l’altro ragazzo l’aveva preso in simpatia, anche se si ostinava a riservargli solamente occhiate storte e sguardi infastiditi.
Rin si scrollò le spalle e guardò il fuoco danzare tra i ceppi di legna secchi.
«  Niente di importante», cominciò a parlare, tamburellando le dita sopra al piatto mezzo vuoto, «  credo di essere felice, qui con voi. »
Sousuke sollevò un sopracciglio e lo guardò leggermente stupefatto, ma prima ancora che potesse dire una sola parola Rin si ritrovò a continuare la frase.
«  Dov’ero prima … non credo di essere mai stato felice per davvero. Insomma, la vita non faceva schifo, d’accordo, ma … avere degli amici è bello. Non me n’ero mai accorto. »
Un leggero sorriso gli fece sollevare le labbra, mentre gli occhi magenta scivolavano dal fuoco al volto di Sousuke.
Chissà se anche lui lo considerava un suo amico, alla fine.
Il moro corrugò appena la fronte e posò il piatto vuoto a terra, allungando una gamba sopra il terreno dell’accampamento.
«  Si può sapere dove stavi prima, allora? Abitavi con qualcuno? Dei sopravvissuti alla guerra? »
Rin si schiarì la voce e tentennò un attimo, prima di annuire.
Si passò le mani tra i capelli rossicci e sporchi di terra, prima di sospirare appena.
«  Sì, insomma, diciamo così. Eravamo un paio di persone sperdute, tutto qui, ma non eravamo di certo uniti come tutti voi. Sembrate una famiglia.»
Ed era vero.
Quelle dieci persone erano unite come se condividessero lo stesso sangue.
Parlavano, ridevano, scherzavano, addirittura piangevano, insieme. Sempre insieme.
Era una piccola e disastrata famiglia, nascosta dietro mura distrutte e tempeste di sabbia, ma era un legame che Rin stentava a ricordare dalla morte della propria famiglia.
Quel giorno, quando li aveva visti cadere sul campo di battaglia,  tutto era cambiato, il suo modo di vedere il mondo, perfino la sua comprensione della vita. Era un giorno, quello della morte della sua famiglia, della sua adorata Gou, che mai e poi mai si sarebbe dimenticato.
Era tutto quello che lo mandava avanti, che gli faceva seguire il percorso che aveva deciso di intraprendere.
Non doveva perdere di vista la sua vendetta.
«  Una famiglia del genere è un po’ ridicola. », arrivò poco dopo la voce del moro, facendo tornare Rin alla realtà. Abbozzò un piccolo sorriso.
«  E quale famiglia non lo è? »  
Sousuke annuì semplicemente, levando il capo verso gli altri ragazzi dell’accampamento.
Si vedeva lontano un miglio quanto tenesse alla vita di tutti loro e Rin riuscì a capire perfettamente le parole di Makoto.
“Ha un buon cuore”, era vero.
Rimasero in silenzio a finire di consumare la loro cena, beandosi del chiacchiericcio leggero degli altri compagni e del calore del fuoco sopra la pelle.
Una serata tranquilla era quello che ci voleva dopo una giornata del genere e Rin non poté fare a meno che sorridere ancora una volta, adocchiando un ragazzo dopo l’altro.
Da Makoto che si complimentava con Kisumi per la cena, ad Haruka che si stiracchiava accanto al fuoco scoppiettante, poi  tutti gli altri membri che ridevano e parlavano.
Due di loro, poi, parevano particolarmente affiatati. Rei e Nagisa, che pattugliavano sempre insieme e non si perdevano mai di vista.
Rin si concentrò proprio su di loro, lasciando correre lo sguardo sopra le figure dei due giovani uomini. Le mani vicine, gli sguardi complici e quei sorrisi che ben conosceva.
Lì osservò mentre si scambiavano un cenno del capo e, lentamente, si congedavano da tutti gli altri per dirigersi verso una delle molteplici tende.
Rin corrugò leggermente la fronte, rimanendo a fissare con attenzione il punto esatto dov’erano spariti, seguendo con lo sguardo le impronte dei passi lasciati sopra la sabbia fine.
Poi schioccò le labbra.
«  Hey Sousuke. »
L’altro ragazzo levò il capo nella sua direzione, mormorando un: «  che c’è?» svogliato.
Rin gli si fece più vicino, strisciando a terra fino ad arrivare ad appoggiare la gamba destra contro la coscia dell’altro ragazzo.
A quel contatto Sousuke inarcò un sopracciglio, ma non disse nulla.
«  Quei due … insomma, quei due stanno …», incominciò a parlare Rin, indeciso se parlare oppure no.
Insomma, era un argomento abbastanza difficile da tirare in ballo, specialmente perché temeva di sbagliare e di ritrovarsi ancora una volta con un coltello puntato addosso.
Allora si schiarì la voce e indicò semplicemente la tenda con un capo, per poi guardare Sousuke con uno sguardo alla “ fanno quello che penso?”
Il moro sbuffò leggermente.
«  Se non sai neanche pronunciare quella parola non dovresti nemmeno pensarci, non credi? », gli rispose a tono il maggiore, appoggiando entrambe le mani a terra e voltandosi del tutto verso Rin, il corpo rivolto al fulvo, «  stanno scopando, sì. Non è difficile da dire.»
Rin avvampò leggermente e si ritrovò a bofonchiare qualche parola insensata, un insieme di “ ma, boh, che ne so” che fece da eco alla leggera risata di Sousuke.
Il moro scosse la testa e gli appoggiò la mano sopra la spalla, in una pacca amichevole e al tempo stesso leggermente impietosita.
«  Non vergognarti, tutti sono stati vergini almeno una volta in vita loro. »
Rin gli scoccò un’occhiataccia e si levò la sua mano di dosso, stringendo le labbra fino a farle assottigliare in una linea piatta.
Scosse la testa e borbottò un: « non sono affatto vergine », per poi continuare a parlare, « semplicemente non sbandiero ai quattro venti le mie intenzioni come hanno fatto loro. »
Sousuke schioccò le labbra e guardò la tenda dov’erano spariti due dei suoi compagni e poi tornò a concentrarsi sopra Rin.
«  Il sesso è il sesso, che problema c’è? Passa tu anni interi in compagnia solo di una decina di persone, prima o poi un’erezione ti viene e come puoi ben vedere questo posto è un buco, come fai ad essere discreto?! »
Rin scrollò le spalle e dovette ammettere che l’altro ragazzo non aveva torto.
Se ne rimase in silenzio per qualche secondo a metabolizzare la cosa, chiedendosi quante delle persone presenti si fosse resa conto di quello che stava succedendo.
Tutte, forse nessuno, ma non sembrava importare nemmeno ad uno di loro.
Probabilmente non avrebbe nemmeno dovuto essere un suo problema, ma automaticamente la mente iniziò a vagare.
Avrebbe potuto farlo anche lui allora e a nessuno avrebbe dato fastidio.
Si sarebbe potuto alzare da lì, prendere Sousuke per mano e portarlo nella sua tenda.
Quell’immagine nella sua testa apparve talmente vivida da sentire addirittura il calore del corpo dell’altro contro al proprio, il suo respiro addosso.
Quel piccolo sogno ad occhi aperti svanì talmente veloce com’era arrivato.
L’idea di vedere l’altro ragazzo nudo gli scaldò maggiormente il volto e gli occhi scivolarono automaticamente verso il volto del moro.
Sousuke era lì che ricambiava lo sguardo e c’era un certo lampo di divertimento nei suoi occhi cristallini.
Rin lo vide accennare ad un sorriso sghembo.
«  Cristo, sei come un libro aperto, Rin », sbottò il moro, scuotendo la testa e soffocando una mezza risata.
Ultimamente sorrideva spesso, Rin non sapeva se fosse un bene oppure un male.
In ogni caso, a dispetto dei suoi pensieri, il fulvo scosse un paio di volte la testa, cercando di negare il più possibile.
«  Non sono affatto- insomma, non … non pensavo affatto a quello. »
«  Ah no?  »
«  No. »
Eppure Sousuke non ne sembrava convinto; dopotutto anche la voce di Rin suonava talmente falsa che non avrebbe potuto convincere nemmeno un sasso.
Il fulvo scosse ancora la testa, l’imbarazzo ormai alle stelle, tanto che perfino le orecchie si erano arrossate.
Eppure Sousuke continuava a fissarlo attentamente, alla ricerca del suo punto debole, e Rin era certo che l’avesse appena trovato.
Ora, oltre che a minacciarlo puntandogli un coltello alla gamba, aveva un’altra carta da giocarsi: Rin che avrebbe pagato qualunque cosa per portarselo a letto.
«  Sai … non sei tanto male », parlò Sousuke, avvicinandosi appena, le gambe che nuovamente si toccavano, «  se solo stessi zitto un po’ più spesso.»
Rin trattenne il respiro, fingendosi offeso da quelle parole, quando in realtà la testa non riusciva a pensare ad altro che al viso dell’altro così vicino al proprio.
Era  ancora più bello visto da vicino, con gli occhi azzurri e la pelle leggermente bronzea.
Rin deglutì e seguì i movimenti dell’altro ragazzo, avvicinandosi leggermente.
« So stare anche zitto, comunque. », provò a scherzare, anche se la voce gli uscì più tremula di quanto avesse voluto.
Sousuke gli dedicò un’occhiata abbastanza significativa, dimostrando che non ci credeva nemmeno un po’.
«  Sicuramente con la bocca occupata saresti silenzioso », disse semplicemente, sollevando il braccio destro e strofinando il pollice sopra le labbra di Rin.
Le fece schiudere leggermente, inumidendosi il polpastrello.
Rin sentì una leggera scossa al bassoventre prendere il sopravvento e per qualche secondo il cervello si disconnesse del tutto.
Ignorò di essere in mezzo ad altre persone, abbandonò tutti i suoi pensieri in un angolo nascosto della testa, limitandosi a sporgersi in avanti verso la bocca dell’altro.
Lì, a pochi centimetri dalla sua, così vicina …
Rin abbassò le palpebre, aspettando di sentire le labbra dell’altro contro le proprie.
Rimase in attesa ancora e ancora, ma non sentì nulla.
Lentamente riaprì gli occhi e vide l’espressione divertita di Sousuke fare il capolino davanti a sé.
«  Credi davvero che abbia voglia di baciarti? », gli domandò il moro, umettandosi le labbra, «  Dio, dovresti vedere la tua faccia. »
Sousuke scosse ancora una volta la testa e si schiarì la voce, soffocando un’altra mezza risata, e si alzò da terra con uno scatto veloce, com’era solito fare quando non aveva più niente da dirgli.
Sollevò qualche sbuffo di terriccio, mentre Rin rimaneva a fissarlo a bocca aperta, con il volto completamente congestionato dall’imbarazzo.
Sousuke gli dedicò un’altra occhiata soddisfatta e lo salutò con un cenno del capo, lasciandolo lì da solo come un cane.
Quando Rin ritrovò il fiato per parlare riuscì solamente ad esalare un: « che gran figlio di puttana.»







***
Ed eccomi qui con il nuovo capitolo. Cercherò di aggiornare all'incirca ogni dieci giorni, ma non sono mai stata brava a mantenere le promesse, ops.
In ogni caso ringrazio tutte le persone che seguono la storia e l'hanno messa tra i preferiti, un gran successo qui nella sezione fantasma di Free!
In ogni caso che cosa succederà tra Rin e Sousuke?
Arriverà questo bacio?

( Per la mia best lettrice ever questo e altro!)
Al prossimo capitolo, gente!
Mel.

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Capitolo 4
*** Route Four ***


Route Four
 

 
 


Sousuke si era abituato a dormire con un occhio aperto, sempre all’erta.
Non riusciva mai a chiudere gli occhi e rilassarsi del tutto, il suo corpo era sempre pronto a scattare al minimo rumore, che fosse una folata di vento più forte del normale o lo scricchiolio di passi sopra la legna.
Ogni volta che il moro sollevava le palpebre la mattina si sentiva il peso della giornata precedente sulle spalle, ma oramai non dava più peso alla stanchezza delle membra e al cervello poco reattivo alle prime luci dell’alba.
Dopotutto ne erano passati di anni da quando aveva iniziato a fare quella vita.
Nemmeno ricordava quando tutto era iniziato, probabilmente quando aveva otto o dieci anni, i ricordi di quel periodo si confondevano con le memorie più recenti.
L’unica cosa di cui era certo, che sapeva con sicurezza, era che i suoi genitori erano morti per salvargli la vita e lui, solo un ragazzino come tanti altri, aveva arrancato verso la sopravvivenza con le unghie e con i denti, aggrappandosi alla vita disperatamente.
Poi, qualche anno dopo l'inizio della guerra, aveva trovato un gruppo di persone tali e quali a lui: dei superstiti che non intendevano arrendersi, che ancora credevano nella libertà degli uomini.
Haruka, Makoto, Rei, Nagisa, Momotaru, Ai.
Erano sopravvissuti solo in quattro, gli altri due giacevano sotto la terra arida del deserto, senza nessun epitaffio a ricordarli.
La notte non era mai un bel momento, il sonno agitato riportava a galla i ricordi che cercava di sopprimere durante il giorno, e ogni rumore appariva più spaventoso e minaccioso del normale.
Bastava un ululato tra le dune che Sousuke scattava sopra al materasso, il fiato corto e il corpo sudato.
Era una via dura, ma oramai si era abituato.
Quella notte si era coricato con un lungo sospiro, rotolando sopra al materasso e affondando il volto sopra al cuscino sprimacciato.
Aveva sperato di addormentarsi velocemente, di crollare nel mondo dei sogni senza perdere troppo tempo a rimuginare sull’ultima settimana.
Eppure il suo cervello, come ogni volta, si era messo a lavorare con insistenza.
Sousuke aveva rivisto fotogramma dopo fotogramma, istante dopo istante, tutto quello che era accaduto da quando aveva scovato Rin incastrato sotto quella roccia.
Se solo non fosse passato di lì proprio quel giorno, ora le cose sarebbero state diverse.
Gli mancava andare in esplorazione o combattere, certo, ma stava via via sviluppando un certo piacere nel passare giornate più tranquille insieme all’altro ragazzo.
Era un passatempo che sarebbe durato poco, ne era sicuro, ma la sua mente, quella notte, aveva preferito lavorare proprio su quello.
Rin con la gamba sporca di sangue, Rin che piagnucolava, rideva e parlava. Rin che si imbarazzava davanti al fuoco e rimaneva davanti a lui con le orecchie rosse e gli occhi serrate, le labbra socchiuse e desiderose.
Sousuke si rigirò sopra al materasso e sbuffò leggermente, strofinandosi le tempie con la mano destra.
Non aveva voglia di pensare a certe cose, eppure la sua mente sembrava non desiderare altro.
Con un sospiro pesante il moro strizzò gli occhi e si rigirò, finendo a pancia in su a guardare il soffitto piatto della tenda.
Lentamente si portò il braccio sopra gli occhi e rimase immobile in quella posizione, contando i propri respiri.
Uno, due, tre; il petto si alzava e si abbassava ritmicamente, mentre la tranquillità tornava a farsi spazio nel suo corpo. Non si fidava di Rin, era un estraneo apparso improvvisamente nelle loro vite,  eppure non riusciva a non pensare al fatto che volesse farlo, voleva fidarsi.
Pian piano il torpore ricominciò a fargli formicolare il corpo e uno sbadiglio si fece largo tra le sue labbra.
Era meglio rimettersi a dormire e non pensare troppo.
Sul punto di addormentarsi per davvero, Sousuke sentì un leggero rumore fuori dalla tenda.
Diede la colpa ai nervi tesi e a quello strato di agitazione che gli impediva di ragionare a mente fredda, ma dopo il secondo scricchiolio si rese conto che non era affatto la sua immaginazione a causargli brutti scherzi.
C’erano dei rumori soffocati, un suono flebile di passi, e la stoffa della tenda che si muoveva leggermente.
Un nemico? Un attacco a sorpresa?
No, era tutto troppo silenzioso, i movimenti all’esterno troppo calmi e placidi , troppo inesperti per appartenere ad una guardia di Gunai.
Sousuke rimase fermo, all’erta, mentre la tenda si scostava leggermente e dopo qualche secondo faceva capolino una testa rossa.
Allora il fiato trattenuto scivolò fuori dalle labbra del moro con un sospiro tranquillo, mentre Rin scivolava dentro la tenda e se la richiudeva alle spalle, cercando di non far entrare un solo spiraglio della luce lunare.
«  Che diavolo ci fai qui, a quest’ora? », gli domandò Sousuke, cercando di mantenere una voce seccata. Meglio fingersi infastidito piuttosto che sollevato, dopotutto.
Rin scrollò le spalle e si avvicinò al materasso a terra, sedendosi sopra la punta.
«  Non riuscivo a dormire, continuavo a pensare a quello che mi hai detto qualche ora fa », gli rispose dopo qualche secondo il fulvo, tenendo gli occhi bassi.
Sousuke non riuscì a vedergli il volto nel buio della tenda, ma era certo che ci fosse un po’ di imbarazzo nella sua voce, nel tremore leggero nelle sue parole.
Il moro sospirò e si strofinò la mano sopra la testa, senza degnarsi di alzare lo sguardo.
«  Quale delle tante cose, si può sapere? »
Era notte, aveva sonno, e non intendeva giocare ancora a lungo a quel gioco con Rin.
L’idea di passare interi minuti a indovinare cosa potesse passare nella mente dell’altro ora lo sfiancava più del solito.
Rin schioccò le labbra e si mosse sopra al materasso, appoggiando le ginocchia ai lati dei piedi di Sousuke.
Rimase per qualche secondo in silenzio, il fulvo, mentre osservava il giovane dall’altro in basso.
«  Con la bocca occupata sarei silenzioso. Perfino io  »
 Sì, Sousuke si ricordava perfettamente di averlo detto e ancora adesso lo pensava.
Certo, aveva finto di baciarlo solo per vederlo con quell’espressione imbarazzata e offesa in viso, ma non cambiava affatto la verità dietro quelle parole.
Rin parlava tanto e l’idea di tenerlo muto con altre attività – più piacevoli che andarsene in giro per il deserto- erano ancora ben presenti nella sua mente.
Uno dei tanti motivi per cui non era riuscito ad addormentarsi quella notte.
Non poteva negarlo, né lui, né tutti i suoi compagni.
Tutti loro si aggrappavano voracemente gli uni con gli altri, bramando il piacere di una notte lontano dalla guerra, la mente persa nel corpo di un’altra persona.
Un abbraccio caldo, le mani di qualcuno sul viso per accarezzarti e non per strozzarti; tutti loro, ognuno di loro, ricercava costantemente quelle attenzioni che li facevano sentire nuovamente vivi, nuovamente umani.
Come se nulla fosse cambiato, come se tutti loro fossero ancora dei ragazzi normali, con delle vite normali e delle relazioni normali.
Non era così. Sousuke si era ritrovato più volte a desiderare il corpo caldo di qualcuno accanto, così da cancellare, almeno per una notte, tutti i suoi dispiaceri e annegare completamente tra le labbra di qualcuno.
Le labbra di Rin, qualche ora prima, c’erano quasi riuscite.
La verità era ben diversa da come l’aveva raccontata all’altro ragazzo, non si era allontanato da lui solamente per poterlo mettere in imbarazzo, tutt’altro: Sousuke si era spaventato all’idea di desiderare una persona di cui non poteva fidarsi.
Il moro rantolò uno sbuffo e gettò in una parte lontana della propria mente tutti quei pensieri, tornando ad essere il solito Sousuke di sempre.
«  Effettivamente l’ho detto, sì », cominciò, socchiudendo gli occhi e cercando di gettare un’occhiata ai piedi del materasso, dove Rin continuava a fissarlo, « e quindi?  »
Rin si umettò le labbra e appoggiò entrambe le mani sopra le caviglie del moro, stringendo leggermente le dita.
Per qualche secondo tentennò, spostando solamente i palmi sudaticci sopra il corpo dell’altro, prima di prendere una grande boccata d’aria e rispondere.
«  Voglio vedere se hai ragione oppure no. Cosa vuoi scommetterci? »
Sousuke soffocò una mezza risata, sollevandosi sopra i gomiti per poter squadrare il ragazzo ai suoi piedi.
Scosse appena la testa.
«  Scommetterci? Vuoi davvero scommettere qualcosa? »
La mente di Sousuke viaggiò velocemente su ogni possibile eventualità della situazione.
Rin poteva tenersi la bocca occupata in che modi?
Un bacio? Un pompino? Del sesso?
Gli occhi azzurri scivolarono sopra al volto dell’altro ragazzo, ma nell’ombra riuscì solamente a vederne i contorni sbiaditi, nascosti.
«  Non puoi parlare se tieni quella bocca impegnata, quindi ho già vinto io a prescindere », sbottò Sousuke, prima di lasciarsi andare ad un gran sospiro.
Tentò ancora una volta di guardare l’altro e, non riuscendo a coglierne nemmeno lo sguardo, si lasciò nuovamente ricadere sopra al materasso.
Socchiuse gli occhi e stirò leggermente le labbra verso l’alto.
«  Però se vuoi provare non te lo impedirò di certo. »
Dopotutto per colpa di chi non era riuscito ad addormentarsi dopo lunghe ore?
Rin.
L’idea che l’altro fosse entrato nella sua tenda con uno scopo ben preciso gli faceva formicolare lo stomaco, lo allettava tanto quanto uno scontro.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta che aveva avuto un incontro ravvicinato di questo genere e Rin, per quanto sembrasse un cucciolo malmentato, non era di certo brutto, tutt’altro.
Il fulvo inspirò lentamente ai suoi piedi e strinse maggiormente le mani, prima di schiarirsi la voce.
«  Non mi manderai via? »
«  Te l’ho appena detto  », ribatté Sousuke, riuscendo ad infastidirsi perfino in un momento del genere, quando al contrario avrebbe dovuto pregustarsi qualcosa di molto più dolce.
«  E cosa vuoi che … posso fare quello che voglio? », la voce di Rin suonò inquieta nella tenda, mentre il moro si lasciava andare ad un altro sospiro, questa volta meno seccato del solito.
Sousuke si passò la mano destra sopra al volto, coprendosi gli occhi e accennando ad un piccolo sorriso.
Se Rin non voleva parlare e darsi una mossa, allora ci avrebbe pensato lui con le sue parole.
«  Lo scopo è vedere se riesci a startene zitto, quindi puoi fare quello che vuoi, certo, ma con la bocca. »
Rin si schiarì la voce e abbassò lo sguardo, facendo scivolare immediatamente gli occhi sopra al bassoventre di Sousuke.
Immediatamente boccheggiò, mentre la sicurezza che lo aveva spinto ad entrare dentro quella tenda iniziò a vacillare sempre di più.
Eppure il moro continuava a guardarlo con quell’espressione divertita che gli impediva di andarsene via, come se sotto quegli occhi sagaci ci fosse scritto a lettere cubitali un: “ so che non ci riesci.”
Beh, si sbagliava di grosso, pensava Rin, lui ce l’avrebbe fatta.
Le mani del fulvo scivolarono immediatamente verso l’alto, risalendo dalle caviglie di Sousuke fino alle sue cosce.
Le accarezzò lentamente, spostando nuovamente gli occhi dal volto dell’altro al suo ventre.
Rin serrò leggermente le labbra e si spostò in avanti, gattonando sopra al corpo del moro, fino ad appoggiarsi sopra le sue gambe.
Sousuke si distese sopra al materasso, tenendo sempre e comunque il capo reclinato in avanti, pronto ad osservare ogni mossa di Rin.
Il giovane sentiva il suo sguardo addosso, pungente quanto un coltello, e un leggero brivido di ansia gli percorse il corpo dalla testa ai piedi.
Deglutì, mentre le dita salivano sopra ai pantaloni militari, accarezzando il tessuto ruvido e sporco, finché non incapparono nella cerniera; lì le mani temporeggiarono leggermente e gli occhi rossicci tornarono a posarsi sul volto di Sousuke.
«  Sei sicuro che vuoi ….? », iniziò a parlare, la voce leggermente più roca del normale e un leggero accenno di ansia nelle sue parole.
Sousuke ruotò gli occhi al cielo e si lasciò andare ad uno sbuffo, mentre si passava la mano destra tra i capelli come se fosse l’uomo più esasperato del mondo.
Sapeva essere melodrammatico, Rin glielo concesse.
«  Sei entrato qui dentro per questo, no?», gli chiese, prima di schiarirsi la voce, «  mentre ora ti tiri indietro. Coniglio. »
Rin schioccò la lingua contro al palato e gli dedicò un’occhiata offesa, mentre le dita andavano a stringersi sopra al tessuto verde scuro.
Non era affatto un coniglio o un vigliacco, semplicemente non si sentiva a suo agio nell’entrare nella tenda di un uomo che conosceva da pochi giorni solo per fargli un pompino, anche se lo voleva.
Dio, come lo voleva.
«  Non mi farai mica iniziare solo per poi andartene e prendermi in giro come prima, vero? »
Il dubbio c’era e non riusciva a nasconderselo.
La mente di Rin continuava ad avvisarlo, ricordandogli che Sousuke sembrava davvero capace di fare una cosa del genere solo per poi prendersi gioco di lui.
Il moro sbuffò nuovamente e scrollò le spalle, mentre il braccio destro si sollevava e si andava a posare sopra il volto, coprendo una parte del suo viso, compreso gli occhi.
«  Non me ne andrò via e non ti deriderò, non in piena notte. »
Rin osservò il volto semicoperto di Sousuke e lo ringraziò mentalmente per quel gesto, certo che anche l’altro avesse colto i suoi continui sguardi incerti che gli riservava.
Il fulvo si umettò le labbra e, ora che gli occhi glaciali dell’altro erano lontani da lui, riuscì a posare nuovamente lo sguardo sopra la cerniera dei pantaloni.
Le dita si avvicinarono immediatamente alla placca di metallo e la tirarono verso il basso, scoprendo i boxer scuri del giovane.
Rin rimase qualche secondo immobile, prima di afferrare i pantaloni di Sousuke e tirarli verso il basso.
L’altro ragazzo lo aiutò, sollevando il bacino e lasciandosi sfilare l’indumento come se niente fosse.
Non sembrava imbarazzato, come se per lui fosse normale amministrazione.
Rin si chiese quante altre volte l’avesse fatto in quella tenda, e con chi.
Allontanò quel pensiero e lasciò correre le mani sopra i boxer di Sousuke, accarezzando maldestramente la stoffa nera e la forma del membro del ragazzo.
I polpastrelli pian piano aderirono perfettamente alla forma allungata del suo cazzo, accarezzandolo fino ai testicoli, invogliato dal leggero fremere delle gambe di Sousuke.
Rin trattenne un sorrisetto soddisfatto e soffocò una piccola esclamazione.
«  Non dovevi stare zitto? », lo rimbeccò immediatamente la voce di Sousuke, leggermente bassa e cupa, come se si fosse appena svegliato da un lungo sonno.
Il fulvo si irrigidì leggermente, sull’attenti, e scosse la testa.
«  Non ho detto niente. »
«  Ma stavi per farlo. »
Le labbra di Rin si incurvarono leggermente verso il basso, imbronciandosi, ma si distesero dopo pochi secondi, quando si ricordò chi avesse in mano il potere.
La mano destra si strinse maggiormente sopra l’erezione dell’altro, facendo scappare un mezzo gemito a Sousuke, e lì Rin si concesse quel sorriso che aveva trattenuto poco prima.
In ogni caso aveva ugualmente ragione l’altro ragazzo, quella era una scommessa, un gioco dettato da entrambi per giustificare quello che stavano per fare, quindi era arrivato il momento di andare avanti.
Rin si leccò distrattamente le labbra e sfilò i boxer di Sousuke, facendogli fare la stessa fine dei pantaloni, abbandonati chissà dove nel disordine della tenda.
Immediatamente lo sguardo tornò lì, tra le gambe del moro, e all'istante gli occhi si focalizzarono sopra il membro quasi eretto dell’altro.
Una scossa d’imbarazzo tornò a farsi strada sopra le sue guance, ma lì dentro era buio, Sousuke aveva gli occhi coperti e non c’era nulla che potesse fermare Rin dal prendersi quello che desiderava.
Aprì le gambe e rimase adagiato sulle ginocchia, il corpo di Sousuke sotto di sé, mentre le mani si appoggiavano lentamente sopra i fianchi dell’altro.
Si immerse immediatamente tra le cosce di Sousuke, abbandonando ogni imbarazzo, lasciando alla sua bocca la possibilità di esplorare la carne calda e dura dell’altro.
Scivolò lungo l’interno coscia, lo riempì di baci e morsi leggeri, beandosi delle contrazioni dell’altro, di ogni sospiro mal trattenuto ogni qualvolta  la sua bocca si arrischiava vicino alla sua erezione.
Era piacevole avere un potere del genere, quando solitamente era Sousuke ad esercitarlo su di lui, eppure Rin non rimase molto tempo lì a giocare.
Sentiva la voglia crescere, il desiderio di riempirsi la bocca premere dentro di sé, e qualche secondo dopo aveva già sollevato la testa per avvicinarla all’erezione di Sousuke.
La bocca si schiuse e scese sopra il glande del ragazzo, inglobandolo leggermente, scivolando con la lingua sopra la cappella turgida e umida.
Rin non era esperto, sapeva solamente in teoria come comportarsi, eppure la sua bocca si muoveva automaticamente sopra l’erezione dell’altro ragazzo.
Scivolava pian piano sopra la lunghezza di Sousuke, si soffermava a leccare quando avvertiva il fiato del moro addensarsi e farsi più roco, così come scivolava verso i testicoli con la lingua non appena le cosce si contraevano.
Erano movimenti naturali, spontanei, tanto che Rin nemmeno si rendeva conto di tutto quello che faceva, semplicemente le sue mani risalivano a toccare le gambe dell’altro, mentre la lingua vezzeggiava la cappella e leccava il sapore del moro.
Intenso, caldo, qualcosa che non aveva mai sentito sulla punta della lingua.
Automaticamente ai sospiri di Sousuke, allora, si unirono anche i suoi ansiti.
Rin avvertiva lunghe scariche di piacere lungo il corpo, come se fosse l’altro a prendersi cura di lui in quel modo piuttosto che il contrario.
Avvertiva il bassoventre gonfiarsi e lo stomaco contrarsi ad ogni gemito mal trattenuto di Sousuke, le mani sudavano nel sentire il piacere dell’altro gonfiargli l’erezione e automaticamente, alla fine, anche Rin si ritrovò a spingere il bacino in avanti.
La prima scossa gli fece perdere il fiato, bloccandogli il respiro in gola; strofinò una seconda volta il bassoventre contro il ginocchio steso di Sousuke e si lasciò andare ad un lungo gemito.
La gamba ancora immobilizzata doleva leggermente, ma al momento, con la bocca occupata dal cazzo di Sousuke e il proprio piacere che cresceva, ma gli importava ben poco.
«  Così è troppo facile », la voce di Sousuke risuonò nella tenda, bassa come un latrato, «  stai vincendo facilmente. »
Rin sollevò gli occhi, ricercando nel buio della tenda il volto del moro, mentre le sue parole gli fecero allontanare le labbra dalla cappella oramai turgida.
«  Che?  »
Sousuke scosse appena la testa e abbassò leggermente la mano, scoprendosi appena il viso accaldato, gli occhi socchiusi e leggermente lucidi.
Nonostante la situazione, manteneva ancora un contegno capace di dare i brividi a Rin.
«  Al diavolo questa scommessa. »
Rin schiuse le labbra e se le inumidì con la punta della lingua, sorpreso nel sentire quel sapore sconosciuto che vi regnava sopra.
La mano destra, intanto, risalì dalla coscia fino all’erezione di Sousuke; le dita si strinsero delicatamente sopra l’asta e pian piano ricominciarono a muoverla, su e giù, mentre le orecchie del fulvo attendevano la nuova proposta del ragazzo.
Sousuke faticò a parlare, schiarendosi la voce pur di non regalargli tanto facilmente un gemito.
«  Non me ne frega niente se vinci o se perdi, ah … », questa volta il sospiro non riuscì a trattenerlo e rimbalzò sulle pareti della tenda, «  ah, sì … merda! Mi interessa solo scoprire quanto forte puoi gemere se ti fotto. »
Rin per poco non si strozzò con la sua stessa saliva, tossicchiando per qualche secondo mentre si ripeteva mentalmente le parole dell’altro.
Se ti fotto, se ti fotto, se ti fotto.
L’intero corpo di Rin si incendiò dall’imbarazzo, mentre le labbra di Sousuke si aprirono in una risata divertita.
Le orecchie del ragazzo divennero ancora più rosse dei suoi capelli.
«  Avevi detto che non mi avresti preso in giro! »
Sousuke scosse la testa, i capelli neri sparsi sopra il materasso, il cazzo ancora duro tra le dita di Rin, che ora temporeggiavano a muoversi come poco prima.
Sousuke si schiarì la voce e sospirò, prima di tornare serio come sempre.
«  Sei imbarazzante, è impossibile non prenderti per il culo. Allora … vuoi scopare? »
Rin deglutì a fatica, la gola arsa e secca come il deserto lì fuori.
Infine annuì, abbassando e rialzando il capo una singola volta, mentre le labbra si Sousuke si stiracchiavano in un leggero sorriso a quel movimento.
Il moro sollevò il bacino, invitando l’altro ragazzo a darsi una mossa, e Rin tornò a concentrarsi sopra all’erezione di Sousuke.
La strinse nuovamente tra le mani, la carne umida di saliva e dura d’eccitazione, e tornò a masturbarlo, ascoltando i leggeri sospiri del moro.
Senza dire alcunché, senza nemmeno fiatare – ed era difficile per Rin, visto la sua indole- si slacciò i pantaloni.
Faticò non poco a tirarli giù con una sola mano, incappando nella lastra di metallo fasciata alla gamba destra. Si lamentò a denti stretti nel sentire la pressione sopra la gamba ferita, ma non appena si fu liberato dai pantaloni si lasciò andare ad un sospiro soddisfatto.
Non appena si ritrovò con le gambe scoperte, la mano di Sousuke arrivò immediatamente; prima la destra, poi la sinistra, le dita strette attorno alle cosce di Rin.
Il fulvo sospirò leggermente, abbassando lo sguardo sopra l’erezione di Sousuke e, inevitabilmente, sopra la propria ancora coperta dai boxer.
Ci pensò il moro a questo; le dita del ragazzo risalirono dalle cosce fino al ventre e lì tirarono giù senza troppi preamboli le mutande, lasciandolo mezzo nudo sopra di sé.
Rin mormorò un semplice “ ah”, con gli occhi che deviavano ovunque, tranne che su Sousuke.
«  Stai di nuovo cambiando idea?», gli domandò il moro, la voce leggermente canzonatoria, le dita che si stringevano sopra ai fianchi di Rin.
L’altro scosse la testa.
« Affatto.»
Rin si levò a fatica sopra al corpo dell’altro, adagiando le ginocchia – la destra con un po’ di fatica- ai fianchi di Sousuke, prima di chinarsi con la schiena sopra di lui.
Fronte contro fronte, per la prima volta lasciò un singolo bacio sopra la bocca del moro, assaporandone la morbidezza quasi femminea, la linea delicata delle labbra e il leggero fremito che vi scaturì.
Sousuke aveva delle belle labbra e anche un bel cazzo, ma Rin evitò di dirlo a voce alta.
Rimase piuttosto chino sopra di lui, mentre la mano destra scivolava tra le proprie gambe.
Le dita afferrarono saldamente l’erezione e iniziò a masturbarsi lentamente, sospirando contro le labbra dell’altro, iniziando a inumidirsi l’erezione con le piccole gocce di piacere che iniziavano a colare dalla punta.
Sousuke sospirò piano, portando le mani sopra le natiche del fulvo.
Le accarezzò con forza, affondando le dita come se ci volesse scavare dentro, e  ne seguì le forme rotonde e sode; aveva fatto bene a iniziare quella sottospecie di gioco, ora era perfino disposto ad ammetterlo.
Mentre Rin continuava a masturbarsi sopra di lui, sospirando a denti stretti, gli occhi chiusi e le labbra umide, Sousuke lasciò scivolare l’indice tra le natiche del ragazzo.
Seguì la linea tonda con il polpastrello e accennò ad un sorriso non appena sentì il corpo di Rin fremere a quel singolo movimento.
La bocca di Sousuke scivolò sopra al collo dell’altro ragazzo e lo morse distrattamente, lasciando contemporaneamente al proprio dito l’opportunità di scivolare verso l’orifizio, forzandolo leggermente.
La schiena di Rin si inarcò leggermente, una piccola piegatura piacevole, e lasciò che la falange dell’altro scivolasse fino in fondo.
Non era un’intrusione spiacevole, tutt’altro. Era solo un leggero pizzichio, una puntura di zanzara, che ben presto divenne più piacevole.
Man mano che il dito del moro scivolava dentro di lui, Rin avvertiva lo bassoventre scaldarsi e pulsare come se l’indice dell’altro fosse fatto di pura lava.
Automaticamente lasciò ruzzolare un gemito fuori dalle labbra, ansimando contro l’orecchio di Sousuke un piccolo apprezzamento.
«  Continua », gli mormorò solamente contro la conchiglia, affondando l’attimo dopo i denti nel lobo.
Il moro non se lo fece di certo ripete; c’era una certa foga nei suoi movimenti che era impossibile fermare e di certo Rin non ne aveva intenzione.
La falange scivolò presto via dal suo orifizio e le mani di Sousuke si premurarono di afferrare i fianchi del fulvo come se fosse una bambola.
Rin trattenne il fiato nell’attimo esatto in cui si sentì sollevare e lo rilasciò solamente quando il glande dell’altro ragazzo non si appoggiò alla sua entrata.
Allora serrò i denti e strinse con forza le mani sopra le spalle di Sousuke, affondando le unghie fino a lasciare delle piccole mezzelune arrossate.
Poi lo sentì scivolare dentro.
Lentamente, senza fretta, il membro pulsante di Sousuke si fece strada tra le natiche di Rin e scivolò dentro di lui con tre piccole spinte.
Ad ogni movimento del bacino di Sousuke corrispondeva un gemito di Rin e quando finalmente entrò del tutto dentro di lui, il fulvo si lasciò scappare un sospiro soddisfatto.
Sousuke stiracchiò le labbra e sembrò sul punto di dire qualcosa, ma al posto di lasciar uscire qualche parola preferì appoggiare nuovamente le labbra contro quelle di Rin.
Le catturò in un bacio diverso dal precedente, più passionale, più rude, finché la lingua non si intrecciò con quella dell’altro.
Mani, bocche e gemiti si mischiarono immediatamente, lasciando entrambi senza fiato per qualche secondo.
Poi presero a muoversi, il corpo di Rin impalato sopra quello di Sousuke, steso sul materasso sporco e malfermo.
Il bacino di Sousuke si spingeva verso l’alto, muovendosi dentro al corpo di Rin con lunghi affondi, non lasciando né tempo né spazio per qualunque altro pensiero.
“ Di più, di più, di più”
Non c’era bisogno di pensare ad altro, non avevano bisogno di niente in quel momento; Sousuke doveva solo stringere i fianchi di Rin e spingerlo verso di sé, così come Rin non doveva far altro che muoversi sopra di lui, seguendo il ritmo calzante delle sue spinte.
Pian piano la tenda si riempì di gemiti e sospiri, di piccole imprecazioni e mormori eccitati.
I baci scivolavano caldi e veloci tra le loro labbra, i denti mordevano collo e petto, labbra e orecchie, mentre l’erezione di Sousuke continuava imperterrita a scivolare sempre più a fondo, fin dove poteva, andando incontro all’antro caldo e stretto che Rin gli stava donando.
I minuti scivolavano veloci e inconsistenti, così come i flebili rumori fuori dalla tenda, il fuoco che oramai aveva smesso di scoppiettare e l’ululato del vento.
Quando Sousuke raggiunse l’orgasmo Rin sentì il seme liquido tra le cosce e le natiche e quando toccò a lui venire il ventre del moro di macchiò di piccole gocce biancastre, ma al momento nessuno dei due ci fece caso.
Entrambi crollarono sopra al materasso, sfiancati e affaticati come se avessero combattuto per l’intera giornata.
Rin si accovacciò al fianco dell’altro e Sousuke non trovò la forza di scacciarlo via, non cercò nemmeno la voglia di parlare.
Solamente le labbra del fulvo si distesero in un piccolo sorriso e mormorò un: “ non ho parlato” soddisfatto, come se a Sousuke importasse ancora qualcosa di quella piccola scommessa.
Il moro chiuse semplicemente gli occhi, cercando di non pensare troppo al corpo caldo e nudo che aveva lì accanto.
Pensò solamente a quanto assomigliasse ad un cane, Rin, mentre gli si accovacciava contro in cerca di calore e sospirava beato.
Un piccolo cucciolo abbandonato, alla disperata ricerca di un contatto. Come i randagi nel deserto, che prima cercavano di addentarti le gambe e alla fine, quando capivano chi fosse realmente il più forte, ti osservavano con gli occhi spaventati e gonfi come palle da tennis.
Si addormentò poco dopo, lasciando Rin lì, con gli occhi aperti e un piccolo sorrisetto sopra le labbra.
Aveva solo una gran voglia di parlare, adesso, ma era certo che se avesse emesso solo un suono avrebbe rovinato per sempre quel piccolo momento di tranquillità.
Allora chiuse gli occhi e cercò di assopirsi, allontanando ogni pensiero.




***

Allora, allora, internet mi ha abbandonato per qualche giorno e FINALMENTE riesco ad aggiornare, aaaah.
E dai, è anche un bel capitolo di porno, così come piace alla mia migliore amica, che per questo capitolo ha aspettato tanto, continunando a mandarmi messaggi minatori perché stava leggendo il capitolo 3 e ancora non avevano fatto sesso.
Ecco che l'ho accontentata, quindi può essere felice.
E un solito grazie a chi mette tra i mi piace/segue/ commenta. 
Brave fanciulle!
Mel

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Capitolo 5
*** Route Five ***


 

 
Route Five

 
 


Quando Sousuke aprì gli occhi, Rin era ancora accanto a lui, acciambellato sopra il lato sinistro del materasso.
La gamba sana completamente piegata, accovacciata al petto, ed entrambe le braccia allungate sotto la testa come se fossero un cuscino.
Il moro sbatté le palpebre un paio di volte e allontanò lo sguardo da Rin, concentrandosi piuttosto sul pavimento della tenda.
Individuò velocemente la biancheria e i vestiti lì accanto, ammassati malamente all’angolo del materasso come dei panni sporchi.
Si alzò silenziosamente l’attimo dopo, allontanando senza troppi riguardi il corpo dell’altro ragazzo con un mezzo spintone.
Che si svegliasse pure, non poteva di certo dormire tutto il giorno.
Una volta in piedi prese a vestirsi velocemente, tendendo l’orecchio verso la cerniera abbassata della tenda.
Fuori nel campo c’era già il rumore delle voci dei suoi compagni e degli ordini impartiti da Haruka, dettati con la solita tonalità fredda e pragmatica.
Sousuke represse uno sbadiglio e lo soffocò dietro la mano destra, mentre un altro rumore catturò la sua attenzione.
«  Uhmm »
Gli occhi glaciali del moro si posarono sopra al corpo di Rin, scrutandolo attentamente dalla testa ai piedi.
I capelli erano un groviglio informe di fili rossi e il corpo, ancora nudo, era flesso in quella strana posizione che metteva ben in risalto gli addominali e la forma delle natiche.
Si soffermò su quel particolare qualche secondo di troppo prima di sospirare.
«  Svegliati, abbiamo da fare. »
Non arrivò nessuna risposta, ma dalle labbra contratte di Rin Sousuke riuscì a capire che l’altro era tutt’altro che addormentato.
Allora gemette appena, come se l’idea di ripetere quella routine ogni giorno fosse tremendamente sfiancante.
Diede le spalle al ragazzo e si chinò a terra, infilandosi con stizza gli stivali neri.
Li allacciò velocemente, mormorando tra sé e sé quanto fosse snervante prendersi cura di una persona svogliata come Rin.
Dietro di sé sentì un altro borbottio tenue che gli confermò, ancora una volta, che il fulvo non aveva alcuna voglia di alzarsi da lì.
«  Quante altre volte dovrò ripetertelo?», parlò semplicemente Sousuke, voltandosi verso il ragazzo a terra. Gli si avvicinò e si piazzò al suo fianco, il piede sollevato e la pianta che schiacciava leggermente la guancia dell’altro.
« Mi era sembrato di essere stato abbastanza chiaro, oppure mi sbaglio? Per caso non capisci quello che dico? Oppure sei diventato sordo? »
Rin a terra socchiuse gli occhi e mosse piano le labbra, leggermente sformate dalla pressione del piede del moro. Poi accennò ad una leggera risata roca.
« Wow, non pensavo sapessi parlare così tanto, è il tuo record », gli disse, seriamente felice, anche se quella frase gli costò un dolore acuto alla mascella.
«  Scusa, scusa, scusa », incominciò allora a lagnarsi, girandosi sopra al materasso per sfuggire dal piede di Sousuke. In pochi secondi anche Rin si ritrovò in piedi, la gamba destra appoggiata a malapena a terra e quella sinistra che reggeva tutto il peso.
Con un sospiro stanco il ragazzo si passò la mano tra i capelli scompigliati e gettò uno sguardo amareggiato a Sousuke, che ricambiò con un’occhiata scocciata.
«  Non guardarmi così, ti avevo avvisato anche la prima settimana: se ti dico di svegliarti, devi svegliarti », il moro schioccò le labbra e guardò verso l’ingresso della tenda, per poi girarsi nuovamente in direzione di Rin, «  ora mettiti le mutande ed esci, dobbiamo andare dal Capitano. »
Sousuke non lasciò nemmeno il tempo al ragazzo di coprirsi, aprì con un singolo movimento la tenda e uscì all’esterno.
La luce del sole lo investì in pieno e per un secondo si rammaricò di essersi lasciato alle spalle la piacevole oscurità della sua tenda, ma si riscosse immediatamente dai quei pensieri puntando lo sguardo sopra Haruka.
Il ragazzo stava fermo in mezzo al campo come di consueto, controllando che tutto andasse per il verso giusto.
Non appena i loro occhi si incrociarono l’espressione di Haruka si indurì appena e con un semplice movimento della mano invitò Sousuke a raggiungerlo alla svelta.
Il ragazzo gli si avvicinò prontamente, passandosi una mano sopra i capelli scompigliati dalla nottata precedente.
«  Solitamente sorgi e risplendi insieme all’alba, come mai oggi sei in ritardo?», gli domandò semplicemente Haruka, incrociando le braccia al petto.
Sousuke serrò appena le labbra e si lasciò sfuggire solamente un “ uhm” gutturale che poteva voler dire qualsiasi cosa.
Che poteva dire?
“ Mi dispiace, ho passato la notte con lo storpio e non sono riuscito a svegliarmi presto?”
Il problema non si presentò, perché al suo fianco avvertì il corpo di Rin e si premurò lui a parlare al posto di Sousuke.
«  Vuoi sapere che abbiamo fatto, Capo? Se vuoi te lo racconto?», esordì immediatamente il fulvo, il sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all’altro.
Haruka gli dedicò una semplice occhiata neutra e scosse la testa.
«  Ti prego, no, non lo voglio sapere. »
«  No, davvero, te lo voglio dire. Adesso siamo compagni, quindi possiamo parlare tranquillamente di qualsiasi cos-»
Sousuke si premurò di afferrare Rin per la spalla, stringendo con forza le dita fino a farle sbiancarle.
Il ragazzo gemette appena a quella morsa e si zittì  immediatamente.
«  Non interessa a nessuno sapere quello che hai da dire, quindi taci », sbottò Sousuke, aumentando ancora di più la stretta, tanto da sentire l’osso della clavicola del fulvo premere sotto i polpastrelli.
«  Volevo solo essere amichevole …», si lamentò Rin, passando da un volto all’altro alla ricerca di comprensione. Né Sousuke né Haruka gli dedicarono più di uno sguardo scocciato.
«  Comunque », riprese a parlare il Capo, scuotendo la testa come a volersi lasciare alle spalle quell’argomento, «  oggi non dovete andare da nessuna parte, quindi direi che è il momento di vedere se il nostro nuovo acquisto sa fare qualcos’altro oltre che parlare a sproposito e lamentarsi.»
Rin scattò automaticamente sull’attenti, annuendo come avrebbe fatto un qualsiasi cadetto.
Sousuke non riusciva a capire se quel tipo fosse serio oppure avesse uno strano senso dell’umorismo che solo lui riusciva a capire.
In ogni caso si ritrovò ad annuire a propria volta, schiarendosi la voce.
«  Che vuoi che faccia?», domandò poi ad Haruka, cercando di ignorare lo sguardo scoppiettante di Rin al suo fianco, «  la sua gamba è ancora in pessime condizioni, Makoto se la prenderà con me se lo faccio sforzare troppo. »
Haruka si passò l’indice sopra le labbra, andando a mordicchiarsi leggermente l’unghia alla ricerca di una soluzione veloce. Alla fine si schiarì la voce.
«  Vedi se riesce a tenere in mano almeno una pistola, d’accordo? »
Sousuke annuì e si ficcò la mano destra in tasca, osservando Haruka che si allontanava verso Kisumi, probabilmente per razionare il cibo della giornata.
Infine il moro si voltò verso Rin e sospirò.
«  Sai come si usa una pistola, vero? », gli domandò con una certa nota speranzosa nella voce, ma dallo sguardo colpevole di Rin capì che sarebbero riusciti a fare ben poco quel giorno.
Sousuke scosse il capo e socchiuse gli occhi.
«  D’accordo, va bene », bisbigliò, prima di alzare leggermente la voce, «  Pod 010, a rapporto »
Con un sibilo acuto il piccolo pod grigio si sollevò dalla sua postazione e arrivò ronzando verso il suo proprietario.
“ Pod 010 a Sousuke, attendo gli ordini. “
«  Assisiti all’allenamento e scansiona i tempi di reazione di Rin e sviluppa un possibile allenamento. »
L’occhio del pod si illuminò di rosso e la voce elettronica sintetizzò un: “ affermativo”.
Rin soffocò uno sbadiglio con la mano e seguì, con un’andatura  trotterellante,  Sousuke.
Raggiunsero un piccolo spiazzo dietro l’accampamento, nascosto dagli edifici in rovina e riparati dalle tempeste di sabbia che di tanto in tanto imperversavano su quel fronte.
Sousuke rimase in silenzio per tutto il tragitto, lasciando Rin ai suoi pensieri così che anche lui potesse dedicarsi ai propri.
Non che avesse tanto di cui rammaricarsi, alla fine. La nottata precedente era stata più piacevole del previsto e di certo non se ne sarebbe fatto una colpa, nemmeno se agli altri all’accampamento non andava bene.
Aveva visto lo sguardo di Haruka indugiare su Rin e poi su di lui, come se avesse commesso lo sbaglio più grave del mondo, ma non gli importava.
“ E’ stato solo sesso
Sesso, certo, piacevole, eccome, ma lo infastidiva tremendamente il fatto che fosse stato proprio Rin a farlo cedere dopo tanto tempo.
Non si fidava ancora di lui, era un’incognita che gli faceva perdere il controllo, e ogni secondo che continuava a camminare accanto a lui si sentiva sempre più frustrato e amareggiato.
Alla fine Sousuke affondò i denti nel labbro inferiore e tornò alla realtà dei fatti; non aveva tempo da perdere con i propri pensieri.
Corrugò la fronte e allora inchiodò sul posto, fermandosi improvvisamente al centro del campo, come se si fosse ricordato solo ora quello che erano venuti a fare.
Si schiarì la voce e aspettò che Rin lo affiancasse, così da potergli spiegare l’allenamento base del Campo.
«  Allora, questa è la tua arma, tienila con cura, puliscila ogni giorno e non farla inceppare, capito?», iniziò a parlare, ficcando tra le mani dell’altro una calibro 22 semiautomatica, una pistola non troppo pesante e decisamente maneggiabile. Poi schioccò la lingua contro al palato e indicò con un cenno del capo le sagome da tiro sparse a vari metri di distanza tra loro, « iniziamo con le basi, che ne dici? Sai la differenza tra una semiautomatica e una revolver? »
Rin si rigirò la pistola tra le mani e poi scosse la testa, mentre gli occhi rossicci scivolavano sopra il metallo lucido dell’arma.
Sousuke sbottò e tirò fuori un modello completamente diverso di pistola, indicandola.
« Allora, i revolver funzionano con un tamburo rotante, dove  inserisci le munizioni e poi, dopo aver sparato, devi eliminare i bossoli prima di ricaricare. Dopo lo scoppio di ogni proiettile il cilindro ruota per allineare la munizione successiva al percussore. Tirando il grilletto si attiva il percussore e si spara. »
Sousuke parlò tranquillamente, ruotando il cilindro della sua pistola per mostrare a Rin i proiettili. Ne sfilò uno, poi lo reinserì, e alla fine puntò verso uno dei tanti bersagli.
Socchiuse un occhio, serrò le labbra, e lasciò partire il colpo con un rumore assordate.
La sagoma vacillò per qualche secondo e il foro causato del proiettile rilasciò un po’ di fumo verso il cielo.
Dopodiché Sousuke si rificcò la pistola nella bisaccia e riportò la sua attenzione sopra a Rin, che lo guardava con un misto di ammirazione e stupore.
« Fantastico, l’hai centrato in pieno », esalò il fulvo, con gli occhi che non riuscivano a staccarsi dal volto del moro.
Sousuke si schiarì la voce e lasciò perdere quel complimento, indicando la calibro 22 che teneva in mano Rin.
«  Non distrarti », si limitò a dire, prima di riprendere con la spiegazione, «  quella che hai in mano te è una semiautomatica e la differenza è semplicissima. La pallottola avanza automaticamente dal caricatore alla camera di sparo ed espelle il bossolo non appena viene sparato. Lì c’è la sicura, ricordati di inserirla se non vuoi rimanere senza nessuna gamba funzionante. »
Rin annuì, osservando la pistola che teneva tra le mani come se fosse il marchingegno più strano che avesse mai visto.
Sousuke sollevò gli occhi al cielo e gli si mise alle spalle, così da raddrizzargli le spalle. Successivamente piegò il ginocchio e lo fece scivolare tra le gambe di Rin, facendole schiudere e allineare nella posizione più corretta.
« Tieni stretta la pistola con l'anulare e il medio, così », gli afferrò la mano, spingendo le dita di Rin ad afferrare saldamente l’impugnatura, « il mignolo deve restare appoggiato, ma non devi far presa, nemmeno col pollice, ok? Stringi più forte, avanti »
Le dita di Rin traballarono leggermente sotto la stretta di Sousuke e solo dopo qualche secondo il tremore cessò, la pistola rimase immobile tra le loro mani.
Il moro annuì e si chinò verso la spalla dell’altro, così da arrivare alla sua altezza, e spostò il braccio di Rin fino a fargli prendere la mira.
«  Iniziamo col bersaglio più vicino, quello lì a destra »
Vide il capo del fulvo annuire una sola volta e accennò ad un sorriso soddisfatto, mentre gli occhi azzurri notavano un leggero imbarazzo sopra le sue gote.
Quella vicinanza metteva in soggezione anche lui, ma a differenza del fulvo sapeva mascherare perfettamente le proprie emozioni.
Scosse leggermente il capo e afferrò la mano sinistra di Rin, facendola scivolare sopra quella destra, chiudendola a coppa.
« Chiudi un occhio, metti a fuoco il mirino anteriore, rilassati e respira. »
«  La fai facile », mormorò Rin, la fronte corrugata e l’occhio sinistro strizzato.
Sousuke si allontanò di pochi passi e rimase lì al suo fianco, le braccia incrociate al petto e lo sguardo attento che solo un esperto istruttore sapeva avere.
«  Spara », disse solamente e il boato dello sparo rimbombò per tutto il campo.
Il proiettile centrò perfettamente il bersaglio e Sousuke tirò un leggero fischio d’ammirazione, soddisfatto che il suo veloce insegnamento avesse dato i suoi frutti.
Il secondo e il terzo colpo, invece, non andarono nel migliore dei modi; una pallottola si conficcò nel terreno sabbioso e l’altra partì troppo in alto, raggiungendo il cielo.
Rin si voltò verso di lui e accennò ad un sorriso di scuse, mentre inseriva le munizioni nel bozzolo.
«  Il primo non è andato poi così male, no? »
Sousuke sbuffò appena e tornò al suo fianco, sollevando un sopracciglio con scetticismo.
«  Non è andato male perché ti ho praticamente messo nella posizione giusta, da solo fai un po’ pena. »
Il sorriso del fulvo scemò velocemente, ma tornò alla ribalta quando fece roteare la pistola tra le mani.
«  ‘sta a vedere, tempo un paio di minuti e ti lascerò a bocca aperta. »
Sousuke ruotò gli occhi al cielo e si limitò ad allontanarsi di pochi metri, andando a sedersi a terra, le gambe incrociate e il pod al suo fianco.
L’occhio rosso della piccola macchina di titanio non perdeva di vista i movimenti di Rin, scansionando le alterazioni del battito cardiaco e le funzioni vitali, ronzando di tanto in tanto.
Mentre il fulvo continuava a mirare un bersaglio dopo l’altro, impiegando più tempo del dovuto, Sousuke tirò fuori un piccolo libro malconcio dalla sua sacca e se lo appoggiò sopra le ginocchia.

“ Il battito cardiaco è stabile e i muscoli si flettono senza nessuno sforzo. Nessun problema riscontrato”, la voce del Pod gracchiò la prima analisi.


Il moro corrugò appena la fronte e girò la prima pagina, cercando di concentrarsi sopra uno dei pochi libri che avevano a disposizione al campo.
Spesso e volentieri, insieme alle armi e ai vivere, derubavano i cadaveri di ogni loro avere, cercando così di riempire il campo con oggetti e agi che un tempo avevano adornato le loro vecchie case.
C’era qualche libro nella tenda di Makoto e Haruka ne teneva tre vicino al suo giaciglio, ma per il resto nessun altro della resistenza si interessava alla lettura; così Sousuke si era preso il permesso di acciuffare tutti i vecchi tomi inutilizzati e piazzarli nella sua tenda.
Quel giorno aveva deciso di leggere “così parlò Zarathustra”, ma la mente non riusciva a concentrarsi sopra le parole e gli occhi continuavano a sollevarsi sopra al corpo di Rin.
La sua posizione era stranamente eccellente e le mani non avevano un solo sussulto, nemmeno quando il colpo partiva in canna.
Aveva una postura sicura e ben eretta, come quella di un soldato, si ritrovò a pensare Sousuke.
La fronte del moro si increspò maggiormente e le labbra si schiusero, pronte a fare la solita domanda che gli ronzava nella testa.
«  E’ davvero un civile? »
L’aveva pensato la prima volta che l’aveva visto a petto scoperto, muscoloso ed atletico, e l’aveva ripensato ancora l’istante dopo averlo visto interessato a tecnologie che i cittadini comuni non potevano conoscere. L’aveva pensato nel vederlo camminare in giro con una gamba rotta senza emettere nessun lamento, se non quando lo sguardo di qualcuno si posava sopra di lui.
E se l’era chiesto ora, adesso che stringeva la pistola senza problemi e sbagliava un colpo dopo l’altro, nonostante la postura perfetta. Come potevano i suoi dubbi non tornare a galla?
Ogni errore di Rin, ogni pallottola scagliata lontana dal bersaglio, pareva una farsa, una presa in giro.
Mirava correttamente, stringeva l’arma senza alcun problema, eppure all’ultimo il proiettile non colpiva mai il centro dell’obiettivo.
Sousuke cercò di scacciare ancora una volta quei pensieri tornò a concentrarsi sopra al libro.
« E quando parlai a tutti, non parlai a nessuno. E la sera, i miei compagni erano funamboli e cadaveri; e io stesso ero quasi un cadavere. »
Le labbra di Sousuke si schiusero appena, mentre leggeva lentamente quelle frasi, imprimendosele nella mente.
Un leggero brivido gli percorse la schiena e ancora una volta gli occhi si distrassero, abbandonarono il libro e scivolarono sopra Rin.
Un colpo dopo l’altro i proiettili esplodeva e dio, dio, era come essere nel campo di battaglia.
E io stesso ero quasi un cadavere.
 
 
 
***



 

«  Ragazzi, che ne dite di una pausa? »
La voce delicata e gentile di Makoto spezzò quelle lunghe ore di allenamento.
Rin, il volto sporco di sabbia e sudore, si lasciò andare ad un lungo sospiro felice.
Si lasciò ciondolare le braccia stanche contro ai fianchi e gettò uno sguardo quasi di supplica a Sousuke, chiedendogli con gli occhi di potersi fermare almeno per un po’.
Il moro, seduto a pochi metri di distanza da lui, non gli dedicò nemmeno uno sguardo, ma si alzò ugualmente in piedi.
«  Per oggi può anche bastare», disse solamente, raggiungendo Makoto e salutandolo con una pacca sulla spalla.
Il dottore si sedette compostamente a terra e si mise tra le gambe la sacca malconcia che fino a poco prima gli era penzolata dalle spalle.
Rin si avvicinò con curiosità e non riuscì a trattenere un’esclamazione di giubilo nel vederci dentro delle provviste.
Stava letteralmente morendo di fame dopo tutte quelle ore passate sotto al sole cocente.
Carne secca, un po’ di acqua e pane, andava più che bene.
Non appena Sousuke si sedette, allora, raggiunse il suo fianco e si lasciò cadere a terra con un lento sospiro.
L’altro, ancora una volta, non gli dedicò nemmeno una delle sue solite occhiate acide.
Per qualche secondo Rin rimase interdetto, quasi ferito da un comportamento del genere, ma appena Makoto gli passò la sua razione trovò altro su cui concentrarsi.
«  Grazie », disse semplicemente, cercando di rimanere umile con un uomo del genere; Makoto lo metteva in soggezione più di tutti gli altri. Era sempre gentile e sorridente, intelligente e generoso, e ogni volta che Rin incrociava il suo sguardo non riusciva a mantenere il contatto per più di pochi secondi.
L’unica persona, in tutto il Campo della Resistenza, con cui si sentiva a suo agio era il moro al suo fianco, che al momento non lo guardava nemmeno di striscio.
Rin si incupì immediatamente e si ficcò in bocca un pezzo di carne salata, masticando a fatica quel bastoncino talmente duro da fargli male i denti.
Era salato e non sapeva di carne, ma lo stomacò riuscì a gradire ugualmente.
Impiegò più tempo del dovuto per masticare la punta, mentre gli occhi scivolavano al suo fianco, sopra al volto contrito di Sousuke, chiedendosi che cosa potesse passargli per la mente.
Aveva in volto l’espressione più cupa e pensierosa che gli avesse mai visto e in qualche modo non poté fare a meno di pensare che fosse stato proprio lui a causarla.
Un leggero dolore alla pancia accompagnò quei pensieri, insieme al leggero tremore dell’ansia.
«  Allora …», iniziò a parlare Makoto, spostando lo sguardo da uno all’altro con attenzione, cercando di spezzare quel silenzio denso come il burro,  «  com’è andato il primo allenamento? »
Rin si azzardò a sollevare lo sguardo ancora una volta verso Sousuke, ma il moro si ostinava a guardare altrove, tutto, piuttosto che lui; allora prese la parola.
«  Beh, ho sbagliato un sacco di tiri, ma ho capito come funziona, sì », borbottò Rin, annuendo, decidendo di abbandonare per un po’ la carne secca e dedicarsi al tocco di pane.
Makoto spostò lo sguardo verso Sousuke per averne la conferma e gli occhi si addolcirono appena.
«  Signor Tenebroso,che ti prende oggi? Ti sei svegliato di cattivo umore?», gli domandò, sollevando un sopracciglio chiaro con una leggera apprensione nella voce nonostante il tono scherzoso.
Sousuke scosse le spalle come se niente fosse e poi sospirò.
«  Stavo solo pensando », tagliò corto il moro, addentando il bastoncino di carne con forza.
Rin distolse lo sguardo, ma schiuse ugualmente le labbra per parlargli.
«  E a che pensi? »
Dal suo fianco avvertì un leggero sbuffo e con la coda degli occhi Rin vide le mani del moro serrarsi leggermente.
«  Penso che tu non dovresti affatto stare qui con noi », per una volta parlò schietto, senza mascherare quei pensieri che lo incupivano.
Lo stomaco di Rin si contrasse leggermente e quelle parole, nella sua testa, assomigliarono tanto ad una sfilettata nel petto.
Mormorò un semplice: “ mi piace stare qui”, ma evitò accuratamente di aggiungere un “ qui con te” che gli premeva sulla punta della lingua.
Makoto scosse appena la testa e li guardò entrambi con occhi concilianti.
«  Sousuke sa essere testardo quanto vuole, Rin, ma non preoccuparti, non ti manderemo via da nessuna parte. Qui siamo una famiglia, abbiamo gli stessi valori, gli stessi ideali, le stesse-»
La mano destra del moro si scagliò a terra in un secondo, inaspettatamente, facendo sobbalzare gli altri due ragazzi.
Sia Makoto che Rin lo guardarono leggermente esterrefatti, mentre Sousuke stringeva il pugno tanto forte da farsi sbiancare le nocche.
«  E quali sono questi ideali, Makoto? Perché io e te li condividiamo, ma lui?»la voce di Sousuke si fece più aspra, mentre gli occhi tornarono sopra al volto di Rin dopo tanto tempo, «  tu per cosa combatti? »
Per qualche secondo regnò il silenzio, nel piccolo campo d’addestramento, finché Rin non trovò il coraggio di schiarirsi la voce.
La domanda era facile, si disse, ma la risposta non era così semplice come poteva sembrare.
«  La mia famiglia…», iniziò a bassa voce, ma ancora una volta Sousuke lo interruppe, scuotendo la testa ed esclamando un: «  non basta. »
Ancora una volta lo stomaco gli si contrasse e l’espressione, sempre rilassata e gioviale di Rin si indurì.
 « Per me sì, per me basta eccome. »
La voce gli tremò leggermente, ma questo non bastò di certo a far addolcire le labbra serrate del moro.
Sousuke continuava a guardarlo con rabbia e attenzione, il furore che pian piano prendeva sempre più possesso degli occhi.
«  Noi combattiamo perché questo Governo ci ha spezzato. Ci ha distrutto, immolato per una causa in cui non credevamo e infine ha deciso di sottometterci a qualcosa in cui non crediamo. Noi, io, Haruka, Makoto, tutti gli altri, combattiamo perché rivogliamo la nostra città, vogliamo la nostra libertà-»
«  Sousuke», la voce di Makoto spezzò il suo discorso così come il moro aveva fatto poco prima con lui.
Il tono, solitamente gentile e basso, si fece appena più crudo, così come gli occhi verdi.
«  Sousuke», lo chiamò ancora una volta, inumidendosi le labbra, «  tutti noi ci battiamo per ciò in cui crediamo e amiamo. Rin ama la sua famiglia, l’ha amata fino alla fine, lascialo combattere per questo.»
Il fulvo abbassò lo sguardo, le labbra che tremavano leggermente.
« Io combatto per …»
Non riuscì a finire la frase, impedì ai propri pensieri di prendere il sopravvento.
Gli occhi carmini, però, trovarono il coraggio di guardare Makoto con gratitudine.
«  Ora devo tornare al campo, vi lascio soli, avete sicuramente tante cose da dirvi», concluse alla fine Makoto, mostrando ancora una volta quanto detestasse i litigi e non fosse ben disposto a tollerarli.
Rin si era chiesto più volte perché un uomo dall’indole pacifica come la sua si fosse ritrovato a combattere in un posto del genere.
Rimase a fissare la sua schiena che si allontanava, dimenticandosi per qualche secondo perfino di Sousuke al suo fianco.
« Ideali di libertà e di pace »si disse mentalmente prima di ruotare il busto verso sinistra, così da poter osservare il moro.
Makoto era riuscito a zittire la sua voce, certo, ma nei suoi occhi azzurri Rin riusciva ancora a leggere tutte le sue accuse.
Sospirò appena, abbandonando l’idea di mettere qualcosa sotto i denti.
Il pane era praticamente rancido, il bastoncino di carne secca immangiabile e perfino l’acqua, che solitamente era limpida e fresca, conteneva troppi granelli di sabbia.
Rin deglutì e ripose con calma i viveri dentro la propria sacca, prima di tornare a rivolgersi al moro.
«  La mia famiglia era la cosa più importante per me, combatto per loro. Sono sincero.»
Sousuke scosse la testa, la mano contratta si sciolse poco dopo.
«  Allora perché non siete mai venuti al campo? Come avete fatto a sopravvivere là fuori, da soli, per tutti questi anni? »
Rin scosse appena le spalle, alzandosi a fatica da terra, rimanendo in piedi davanti all’altro ragazzo.
«  I miei genitori erano davvero in gamba », rispose semplicemente, lo sguardo che pareva lontano, «  mangiavano quello che trovavamo, vivevamo sotto le macerie meno pericolanti, sopravvivevamo insieme, uniti.»
Sousuke sollevò il capo e lo guardò dal basso, per niente convinto dalle sue parole, Rin glielo leggeva in faccia.
«  Nemmeno questo basta », disse solamente, alzandosi a propria volta, facendo leva sopra le braccia per rimettersi in piedi, «  una vita del genere va bene solo per dei randagi. »
«  Non è quello che siamo tutti noi? », gli chiese semplicemente Rin, ma non ricevette alcuna risposta.
Sousuke scosse solamente la testa, mentre le labbra si incurvavano in un sorriso malinconico.
Come poteva credere a Rin? Come poteva fidarsi di lui quando tutte le sue risposte erano così vaghe da lasciare solamente altri dubbi?
Il moro si levò da terra, afferrando la sua bisaccia e lasciando lì il resto dei viveri; gettò una sola occhiata a Rin e scosse la testa.
«Non mi posso fidare di te», parlò a bassa voce, lo sguardo basso, puntato sopra la nuca ramata del ragazzo, «Non finché non mi darai un motivo per farlo.»
Sousuke rimase immobile, in attesa di una qualsiasi risposta, magari una rassicurazione, ma questa volta fu Rin a non parlare.
I secondi scivolarono lenti e viscidi, serpenti che ticchettavano e sibilavano nelle loro menti, e alla fine la pazienza di Sousuke – quella piccola speranza- si sgretolò.
Voltò le spalle a Rin e si allontanò a passo svelto, il volto rivolto al sole che tramontava dietro le rovine di quella che un tempo era stata Gunai.
Non riuscì a sentire le parole di Rin dietro di lui, quell’unica frase mormorata al vento.
«Mi dispiace.»






***
Da grandi ritardi derivano grandi responsabilità.
Mi dispiace profondamente di tornare dopo quasi un mese di assenza, ma non potevo usare il pc e quindi ho dovuto abbandonare ogni storia, sigh.
In ogni caso eccomi tornata con un nuovo capitolo, dove ancora una volta Sousuke finge che nulla si aaccaduto e non riesce proprio a fidarsi di Rin.
Il giovincello, al contrario, sempre nascondere sempre più cose.
Alla prossima.
Mel.

 

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Capitolo 6
*** Route Six ***


Route Six
 

 
 
Le paure di Sousuke si fondavano solamente su un pugno di sabbia, su nulla di concreto.
Ogni volta che guardava Rin avvertiva un nodo allo stomaco e si sentiva in dovere di tenerlo d’occhio, anche se non aveva prove concrete per i suoi sospetti.
In quei giorni Rin si era comportato normalmente, nonostante avessero discusso poco tempo prima: gli gironzolava attorno, gli parlava come se niente fosse accaduto e di tanto in tanto gli proponeva di andare a mangiare insieme, lontano dagli altri.
Sousuke aveva continuato col suo mutismo sforzato, ma Rin gli era stato appiccicato addosso tutto il tempo, intenzionato a non lasciarlo da solo nemmeno un secondo.
Non erano servite a niente le lamentele del fulvo, quei “ non faccio niente”, “perché non ti fidi di me?”, “ siamo dalla stessa parte, noi due”; no, Sousuke non gli aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno una volta, era arrivato addirittura a vegliare la sua tenda finché, anche lui, non crollava addormentato contro al muro.
Aveva espresso ad Haruka i suoi sospetti e l’altro ragazzo aveva ricambiato, ma nessun altro, lì al campo, sembrava pensarla come loro.
Per tutti Rin era un ragazzo simpatico, gentile, un po’ ingenuo, che aveva portato più chiacchiere ed allegria nel gruppo.
Makoto lo salutava con un caldo sorriso tutte le mattine, Kisumi lo trascinava con sé ogni volta che aveva bisogno di un consiglio culinario, e tutti gli altri membri si divertivano a sedersi accanto a lui per giocare a carte e chiacchierare.
Rin sembrava essersi integrato perfettamente, nonostante all’inizio non fosse visto di buon occhio, e Sousuke si sentiva sempre più infastidito e irascibile.
“Quel piccolo figlio di puttana sta nascondendo qualcosa”, pensava ogni volta che vedeva gli occhi di Rin sfuggire dal suo sguardo e puntarsi altrove.
Farà qualcosa di sbagliato e io sarò lì”, era l’unico pensiero che riuscisse a fargli rilassare i muscoli, perché dio, appena Rin avrebbe fatto un passo falso, Sousuke gli avrebbe fatto così male da fargli pentire addirittura di essere nato. Il dolore alla gamba non sarebbe stato nulla a confronto!
In ogni caso, nonostante tutti i suoi continui sospetti, Sousuke non poteva fare a meno di trovare il fulvo seriamente di buona compagnia. Si malediva per questi piccoli pensieri che gli ronzavano in testa, si dava del pazzo, ma nei momenti di debolezza non riusciva a non trovare piacevole stare al suo fianco.
Dopotutto Rin era il solo a non essersi mai  arreso alle sue occhiate arrabbiate e ai suoi silenzi, sembravano non scalfirlo nemmeno, e continuava a chiacchierare, a raccontargli delle piccole storie della sua infanzia, a portargli da mangiare e a stargli vicino.
Con un sospiro Sousuke aggrottò le fronte, continuando a lucidare la canna della pistola che teneva tra le mani.
Se ne stava seduto a terra, ai piedi della sua tenda, a tenere sottocchio la situazione del Campo della Resistenza.
Gli occhi azzurri, poi, non perdevano un solo movimento di Rin, che parlottava fitto fitto insieme a Kisumi vicino alla pentola di stufato.
Kisumi rimestava di tanto in tanto e poi rideva per una battuta di Rin, mentre il fulvo si passava la mano tra i capelli e muoveva appena la gamba fasciata, indicandola e scoppiando a ridere.
Sousuke sibilò un “tsh” nel vederlo ridere a quel modo e tornò ad abbassare lo sguardo.
Erano tutti degli idioti, se cadevano schiavi alle sue risate e alla sua compagnia.
Sousuke era di certo di essere più forte di loro, capace di resistere a qualche moina inutile senza nessun problema, ma la sua mente continuava a dirgli che era tutto il contrario.
“ Perché lo continui a guardare?”, perché non si fidava, ovviamente.
“ Perché se non ti fidi gli stai sempre vicino?”; perché così poteva controllarlo, senza perderlo di vista.
“ E allora perché ti piace stare con lui?”
A questo Sousuke non sapeva darsi una risposta e non aveva nemmeno intenzione di cercarla.
Il moro cercò di mettere fine a quel dibattito mentale che rischiava di fargli venire un gran bel mal di testa e si rificcò la pistola nella cinta dei pantaloni.
Con un sospiro stanco si abbandonò contro la tenda, appoggiando la schiena e socchiudendo gli occhi.
Era sfinito, ma non intendeva ugualmente arrendersi al sonno a quell’ora del mattino.
Certo, avrebbe potuto tornare nella sua tenda e mandare al diavolo tutto, anche se questo significava perdere d’occhio Rin.
A quel pensiero gli occhi tornarono vigili e scivolarono nuovamente sopra al volto del fulvo, ancora intento a ridacchiare.
Lo infastidiva. Rin in generale, nel suo tutto, a partire dai capelli rossi a finire con la gamba fasciata.
Tutto, in lui, lo mandava in bestia, gli faceva venire voglia di prenderlo a pugni, di farlo stare zitto, di baciarlo e poi picchiarlo ancora.
Le mani di Sousuke si serrarono velocemente e lo sguardo si allontanò nuovamente dal volto di Rin, incrociando lo sguardo di Haruka a pochi passi da lui.
Il moro sbatté un paio di volte le palpebre e poi tornò in sé, alzandosi da terra e raggiungendo il Capitano a passo svelto.
Gli si fermò davanti e lo salutò con un cenno del capo.

« Devo parlarti », disse secco Haruka, facendogli segno di andare nella sua tenda.
Sousuke annuì e lo seguì prontamente, lanciando un ultimo sguardo a Rin che, questa volta, aveva sollevato il capo nella sua direzione.
Per pochi secondi si fissarono, poi Sousuke entrò dentro la tenda del Capitano e si concentrò sopra al tavolo; il nuovo piano strategico era già stato annotato sopra la mappa della città e diverse pedine rosse erano posizionate verso nord, dove c’era la base delle Forze Armate.
Nessuno dei due parlò per un intero minuto, dove Sousuke scrutava la mappa tracciata alla perfezione e Haruka si andava a sedere dietro al tavolo, sospirando amaramente.
Infine Sousuke prese la parola, mentre l’indice scivolava sopra una delle piccole pedine rosse.

« Novità? »
Haruka annuì greve e serrò le labbra, prima di rilasciarle andare.
«  Devo andare via per qualche giorno.»
L’indice di Sousuke si fermò e gli occhi si sollevarono velocemente sopra al volto dell’altro ragazzo, scrutandolo con attenzione e preoccupazione.
Ogni volta che Haruka si allontanava dall’accampamento significava che c’era un cambiamento nell’aria e solitamente non era mai niente di positivo.
Due anni prima il loro capitano era sparito per un’intera settimana, per poi tornare sfinito, pieno di ferite e praticamente disidratato, solo per avvisarli che anche la città vicina, Arada, aveva deciso di annettersi all’Impero.
Sousuke serrò le labbra e lo sguardo si fece ancora più duro del dovuto.

« Cos’è successo? »
Haruka scosse la testa e tolse dalle dita di Sousuke la pedina rossa, rigirandosela tra le mani con sguardo assorto.
«  I disertori di Mirai mi hanno comunicato che non intendono più fornirci alcun supporto, senza dare nessuna spiegazione», iniziò a parlare, la voce che suonava stanca e indebolita, «  quindi ho deciso che andrò lì e cercherò di fargli cambiare idea.»
Lo stomaco di Sousuke si contrasse; i disertori della città est erano sempre stati al loro fianco, li fornivano cibo, armi, medicinali, avevano sempre sostenuto la loro causa senza tirarsi indietro, come mai avevano deciso di arrendersi proprio ora?
Nemmeno due settimane prima avevano lasciato il loro solito rifornimento sotto al ponte e ora, invece, si erano chiamati fuori?
Gli occhi di Sousuke saettarono automaticamente verso l’entrata della tenda, come se riuscisse a guardarci attraverso.
Anche Haruka fece lo stesso, appoggiando la pedina nuovamente sopra la mappa strategica.

«  L’ho pensato anche io », iniziò a parlare, gli occhi blu che seguivano la stessa direzione di quelli di Sousuke, «  Rin entra a far parte dei nostri e automaticamente i ribelli di Mirai si tirano indietro senza alcuna spiegazione. »
Sousuke strinse le mani a pugno e scosse la testa. Tornò a voltarsi verso Haruka, lo sguardo greve.
«  Pensi seriamente che sia una spia? »
Haruka non annuì, ma nemmeno negò, semplicemente tornò a fissare Sousuke negli occhi e rimase in silenzio, lasciando che fosse lui a trarre le conclusioni che preferiva.
Alla fine il moro scosse la testa.

«  Non mi sono mai allontanato da lui, come mi avevi detto. Mi sarei accorto se avesse mandato un messaggio a qualcuno. »
Haruka puntò lo sguardo sopra al suo pod e Sousuke si ricordò di quante volte Rin era riuscito a mettere le mani sopra uno dei tanti pod che giravano nell’accampamento; era sempre stato così cuorioso che il moro gli aveva perfino lasciato giocherellare per un po' con qualche vecchio Pod, con quei modelli che oramai non utilizzavano più, troppo obsoleti per poter essere davvero d'aiuto nella loro missione.
Vecchi, certo, ma ugualmente in grado di mandare messaggi.
Deglutì e automaticamente andò a sedersi sopra la sedia di fronte ad Haruka, mentre le labbra si schiudevano, anche se non riuscì a dire nulla.

«  Penso che Rin sia venuto qui con uno scopo ben preciso e che stia mandando messaggi alle Truppe Armate. Ha scoperto che a fornirci supporto sono dei disertori e poco dopo Mirai si è tirata indietro. Sa dove teniamo le armi, sa dove ci nascondiamo, sa troppe cose.»
Un brivido freddo corse sopra il corpo di Sousuke e il ragazzo si ritrovò a fissare attentamente il Capitano negli occhi.
«  Cosa mi stai chiedendo di fare? »
Inspiegabilmente, l’idea di mettere fine alla vita di Rin – così come aveva fatto con quella di molte altre persone- lo mise in agitazione.
Haruka sospirò.

«  Per il momento ti chiedo solamente di non perderlo di vista quando sarò via », si fermò, mordendosi l’interno guancia, «  e un’altra cosa … »
Sousuke inspirò profondamente, come se temesse di ricevere un incarico sgradito; se Rin fosse davvero un traditore avrebbe dovuto ucciderlo per davvero, per il bene di tutti, per i suoi amici, per l’accampamento, per il loro futuro.
«  Sousuke, devi avvicinarti a lui, capisci cosa intendo? », le parole di Haruka risuonarono nella tenda e scivolarono nella testa del moro lentamente, infide come dei serpenti.
Il ragazzo sollevò un sopracciglio.

« Intendi …? »
Haruka annuì,  alzandosi dalla sedia con un sospiro. Fissò Sousuke dall’alto in basso, lo sguardo greve.
«  Non mi importa in che modo, ma devi farlo parlare. Deve confidarsi con te, deve dipendere da te, e allora scopriremo che cos’ha davvero in mente », poi si passò una mano tra i corti capelli scuri, tornando a mordersi l’interno guancia, « se è innocente, se è davvero un civile, mi scuserò personalmente per quello che ho detto, per come mi sono comportato, ma se i nostri sospetti sono reali … non abbiamo altra scelta, dobbiamo ucciderlo. »
Sousuke abbassò lo sguardo sopra le proprie mani ancora chiuse a pugno.
Doveva avvicinarsi a Rin e poi ucciderlo, oppure ferirlo irrimediabilmente dicendogli che tutta la loro amicizia non era stata altro che una farsa.
Sì, poteva farcela, doveva farcela.
Annuì e si alzò a propria volta, appoggiando entrambe le mani sul tavolo.

« Non preoccuparti, ci penserò io », asserì, la mente ancora in subbuglio per tutte quelle nuove informazioni.
Haruka accennò ad un sorriso veloce, quasi inesistente, e si voltò ad afferrare il suo mantello blu, posandoselo sopra le spalle.

«  Fin quando non tornerò lascio il comando a te », parlò il Capitano, allacciandosi i lembi del mantello sopra al petto, annodandoli con attenzione, così da non rischiare di perderlo durante le tempeste di sabbia.
Sousuke sbatté un paio di volte le palpebre, come se non credesse a quelle parole, poi si sporse in avanti.

«  No, lascia il comando a Makoto, è sicuramente più idoneo di me, io …»
Haruka lo interruppe, scuotendo la testa e appoggiando la mano destra sopra la sua spalla. Sousuke si ammutolì all’istante.
«  Stai per caso mettendo in discussione un mio ordine? », eppure, per quanto la voce di Haruka suonasse ferrea, il moro era certo che quella frase avesse un che di amichevole e confidenziale.
Sousuke sospirò e scosse la testa.

«  No, Capitano », nel dirlo si sentì quasi uno stupido, a causa delle labbra leggermente arricciate verso l’alto.
Haruka annuì, umettandosi le labbra e dando una leggera pacca sopra la spalla di Sousuke.

«  Bene », si limitò a dire Haruka, allontanando la mano dal ragazzo e lasciando ciondolare le braccia lungo i fianchi, «  ne ho già parlato con Makoto e siamo entrambi sicuri che te la caverai perfettamente. Mi raccomando, prenditi cura di tutti, Sousuke.»
Il ragazzo annuì, il volto leggermente più caldo e una sensazione di gratificazione che gli bruciava nel petto.
Non si sentiva all’altezza del compito, non gli era mai importato di comandare, eppure l’idea che sia Haruka che Makoto si fidassero a tal punto di lui, gli scaldò il petto.
Si sarebbe preso cura di ogni cosa, non avrebbe permesso a nessuno di distruggere la sua piccola famiglia.
Sousuke osservò Haruka un’ultima volta e poi lo guardò uscire dalla tenda del Capitano, che oramai era diventata la sua.
 
 
***
 
 
Secondo le voci che giravano per l’Accampamento Haruka se n’era andato in cerca di altri sostenitori e sarebbe tornato entro una settimana.
Rin aveva ascoltato con interesse ogni novità e supposizione, chiedendosi se fosse il caso di andare direttamente da Sousuke per scoprire qualcosa di più.
Poco prima della partenza del capitano aveva visto il moro dirigersi assieme a lui nella sua tenda e, quando ne era uscito, era Sousuke a portare sulle spalle il peso della loro missione fino al ritorno di Haruka.
Rin sospirò leggermente; era certo che il moro non gli avrebbe detto proprio niente, non dopo quei giorni di silenzio a cui l’aveva sottoposto.
Era stato snervante continuare a seguire un “muto” per quattro lunghi giorni, ricevendo solamente qualche ordine striminzito e poche parole dettate a denti stretti.
Rin aveva voglia di tornare a parlare con Sousuke come un tempo, quando sedevano accanto al fuoco e discutevano della giornata appena passata. Gli mancavano addirittura le continue minacce alla sua gamba, gli sguardi torvi e le prese in giro.
Probabilmente gli mancava semplicemente Sousuke, il suo sguardo addosso, i volti vicini, le parole che si bisbigliavano lontano dagli altri, le sigarette fumate lontano da occhi indiscreti.
Quando si era unito alla resistenza, oramai più di un mese prima, non si era di certo aspettato di trovarsi così bene tra di loro, di essere accolto come uno di famiglia e, soprattutto, non gli era mai passato per la testa che si sarebbe affezionato tanto ad un solo uomo.
Gli dava fastidio l’idea di dipendere da Sousuke, di cercarlo con lo sguardo ad ogni suo parola, di ruotare automaticamente il corpo ogni qualvolta il moro si spostava di qualche centimetro.
Eppure con il passare dei giorni, delle settimane, Rin si era trovato invischiato in qualcosa che non aveva di certo cercato.
Certo, era stato amichevole con il moro, ma quello era semplicemente il suo carattere, e gli era stato vicino, principalmente perché obbligato, eppure …
Rin serrò le labbra, arrabbiato con i suoi stessi pensieri, spazientito perché voleva passare del tempo con Sousuke ma l’altro ragazzo non glielo permetteva.
“ Stupido stronzo senza cuore”, mormorò tra sé e sé, mentre il volto dell’altro ragazzo appariva nei suoi pensieri ancora una volta.
Il fulvo calciò con rabbia un sassolino a terra, osservandolo rotolare sopra il terreno sabbioso fino a schiantarsi contro un paio di stivali malconci.
Sollevò lo sguardo, seguendo la linea delle gambe – e già da lì aveva capito a chi appartenessero quelle scarpe- e si ritrovò ad incrociare lo sguardo proprio con Sousuke, nemmeno l’avesse chiamato con il pensiero.
Per qualche secondo rimase in silenzio, così come l’altro ragazzo, e alla fine sospirò.

«  Che c’è? », gli chiese semplicemente, la voce leggermente più fiacca del solito.
Sousuke sollevò un sopracciglio e schioccò le labbra con fare stizzito.

« Non dirmi “che c’è” con quel tono », cominciò Sousuke, calciando a propria volta il sassolino fino a rimandarlo contro i piedi di Rin, «  ora sono il tuo Capitano, quindi dovresti essere più rispettoso.»
Il fulvo si strinse nelle spalle, mormorando che in quanto “ Capitano” anche lui aveva il dovere di trattare bene i suoi sottoposti.
Questo strappò un sospiro leggero dalle labbra di Sousuke e Rin era certo di aver visto un mezzo sorriso sotto quell’espressione seria che si portava sempre appresso, avrebbe potuto scommetterci perfino quei pochi soldi che era riuscito a portarsi dietro.

«  Non sono qui per giocare a ping pong con le accuse, Rin. »
Ping pong?”, il fulvo aggrottò appena le sopracciglia e poi ruotò gli occhi al cielo, prima di schiarirsi la voce.
« Allora perché mi stia parlando? E’ una novità. »
All’improvviso Sousuke aveva sbattuto la testa e aveva cambiato idea? Oppure aveva scoperto di avere un cuore che batteva, lì nel petto, e si era ricordato cosa diavolo fosse la misericordia?
Rin non sapeva esattamente perché, ma il moro sembrava stranamente bendisposto a parlargli, non gli aveva ancora scoccato nessuna occhiata arrabbiata e non se ne stava nemmeno a qualche metro di distanza da lui, nella distanza di sicurezza che aveva adottato in quei giorni.
Sousuke scrollò le spalle, come se niente fosse, e incassò le mani nelle tasche dei pantaloni.

«  Non intendo perderti di vista »
«  Aah, ecco », mormorò Rin poco dopo, esalando un respiro profondo, «  ancora non ti fidi di me, quindi? Mi credi seriamente capace di recitare così bene? »
L’altro ragazzo serrò appena le labbra e lo squadrò da capo e piedi, mentre una leggera sensazione di disagio si fece strada nel corpo di Rin.
Gli occhi di Sousuke, puntati addosso a lui, erano capace di metterlo in soggezione in mille modi possibili.
Si sentiva inadeguato, debole e sporco, malato ai suoi occhi; non gli piaceva ricevere uno sguardo del genere, ecco perché si strinse le braccia al petto, cercando di nascondersi leggermente.
Alla fine Sousuke sospirò, ruotando gli occhi al cielo, rigidamente.

«  Non mi fido di te, ma se è per questo non mi fido di nessuno al mondo. Cosa credi, che ogni nuovo membro della resistenza sia entrato tra i nostri ranghi senza alcun sospetto?», il moro schioccò le labbra e si avvicinò a Rin, appoggiandogli la mano destra sopra la spalla.
Lo fece voltare verso sinistra, indicandogli poi con un cenno del capo la piccola cucina improvvisata, dove bolliva una casseruola sopra al fuoco.

«  Prendiamo d’esempio Kisumi », iniziò a parlare, inclinando leggermente il capo, lasciando che gli occhi di Rin scivolassero sopra la figura del cuoco, « è apparso da un giorno all’altro, tutto pelle e ossa, sporco di sangue e sabbia, come credi che l’abbiamo accolto? »
Rin si morse le labbra, sollevando il capo verso Sousuke al suo fianco.
«  Immagino che non gli abbiate offerto un po’ di birra accanto al fuoco, vero?! »
Il moro schioccò la lingua contro al palato e riprese a parlare.
«  Era un brutto periodo, se n’erano appena andati due dei nostri e all’improvviso arriva lui; ovviamente non ci fidavamo e per tre giorni l’abbiamo tenuto legato, senza mangiare. Due bicchieri d’acqua al giorno, nulla di più, finché non abbiamo sentito tutta la sua storia e abbiamo deciso di tenerlo.»
Rin si fece leggermente più curioso, tornando a guardare Kisumi e rimestava dentro la pentola quella che sarebbe stata la cena di quella sera.
«  E qual è la sua storia? »
«  Chiediglielo te, non sono qui per spiattellare le vite degli altri. Sta di fatto che non ci siamo fidati di lui completamente per lungo tempo e solo dopo qualche mese gli abbiamo dato la possibilità di cucinare per noi. »
«  Pensavate potesse avvelenarvi?», domandò allora Rin, chiedendosi se poteva seriamente fidarsi o meno di un cuoco che, effettivamente, non conosceva.
Sousuke annuì, prima di continuare,
« Anche, certo, ma all’inizio non sapeva nemmeno tagliare delle patate, figurarsi cucinare qualcosa. E’ stato lui a voler imparare, sai, per rendersi utile. »
Le dita di Sousuke sopra la sua spalla si strinsero maggiormente e lo costrinsero a voltarsi ancora una volta, ora verso Makoto.
«  Passiamo al dottore, vecchio amico d’infanzia di Haruka, il nostro capitano. Lui si fida di Makoto più di chiunque altro in questo mondo, eppure noi altri come potevamo farlo? Lasciare le nostre vite in mano ad una persona che non conoscevamo, lasciare che curasse le nostre ferite, che ci medicasse e che badasse a noi…»
Rin squadrò Makoto, seduto accanto al fuoco, con un libro tra le mani. Sembrava sempre così tranquillo e innocuo, si era fidato del suo sguardo gentile dal primo momento che aveva messo piede in quel campo di Ribelli.
«  E’ troppo gentile per fare del male »
Sousuke sbuffò una mezza risatina e annuì.
« I suoi genitori erano dei pediatri, qui a Gunai, e fin da piccolo ha sempre desiderato curare le persone. Gli si legge negli occhi quanto sia buono, ma il problema è un altro: chi dice che quello che è “buono” per una persona lo sia anche per un altro? Le Truppe Armate sono certe di fare del bene, uccidendo e sterminando, pur di creare un posto migliore, così come noi siamo sicuri che uccidendo tutti loro possiamo tornare alla pace. Entrambi pensiamo di essere nel giusto, quindi chi ci diceva che la bontà che leggevano negli occhi di Makoto era un bene anche per noi?»
Rin si ammutolì, ripetendosi le parole dell’altro ragazzo nella mente, accarezzandole una dopo l’altra nel cervello, dissezionando le frasi, ricomponendole, finché non si arrese.
«  Non ne ho idea. »
Sousuke gli lanciò uno sguardo enigmatico e fece qualche altro passo avanti, guidando Rin verso la propria tenda.
Si fermò davanti all’entrata, voltandosi verso il fulvo con sguardo serio.

«  Nessuno sa cosa nascondono le persone, per quello si dubita, per questo non ci si fida. Makoto si è rivelato un ottimo medico, gentile e premuroso, affidabile come nessun altro.»
«  Non immaginavo altro », mormorò Rin qualche secondo dopo, lasciando che un leggero sorriso solcasse le sue labbra dopo quei duri giorni di solitudine forzata.
Poi levò nuovamente gli occhi su Sousuke, aspettando che continuasse il suo discorso.
Di chi gli avrebbe parlato ora? Voleva chiedergli di Haruka, come mai tutti si fidassero così tanto di lui, oppure di tutti gli altri; voleva sapere di tutti loro, perfino di quelli che a stento gli avevano rivolto la parola.
Alla fine Sousuke accontentò i suoi pensieri, schiudendo le labbra e sospirando leggermente: non parlò di qualcuno della resistenza, confessò qualcosa che mai Rin si sarebbe sognato di sentir uscire dalle sue labbra.
Sousuke sollevò la mano destra e se la puntò sopra al petto, indicandosi.

«  Appena sono riuscito a raggiungere questo posto,  mi sono trovato i fucili puntati addosso da ogni lato. Tutti i ribelli, dal primo all’ultimo, erano pronti ad uccidere senza battere un solo ciglio. Questa è la guerra, questo è quello che siamo disposti a sacrificare per proteggere le nostre idee », Sousuke si prese qualche secondo prima di continuare e Rin rimase in silenzio, osservando come i suoi occhi azzurri vagassero per il piccolo campo, «  Haruka si è fidato di me dopo il primo interrogatorio. Non so come sia possibile, ma ha capito. Ha capito quello che desideravo di più al mondo e ha accettato di farmi rimanere qui. Per gli altri non è stato lo stesso, solo Makoto - sempre fedele al capitano, sicuro delle sue parole- sembrava essere dalla mia parte. Tutti gli altri non mi hanno rivolto la parola per giorni interi, mi hanno maltrattato e affamato, tutti loro ...», Sousuke si fermò, un leggero sorriso sopra le labbra, « oramai non importa più, tutti loro sanno qual è il mio solo obbiettivo, il mio unico desiderio prima di finire sotto terra.»
Rin deglutì, la bocca secca e la gola dolente. Alla fine parlò.
«  E cosa desideri?»
Sousuke sorrise.
«  Uccidere ogni membro delle Forze Armate. »
 
 
***
 
 

«  E così … ora dormirò qui? E’ la mia nuova tenda? », domandò Rin dopo qualche minuto passato a contemplare il materasso a terra e i vestiti di Sousuke appoggiati agli angoli spigolosi di legno.
Il moro annuì, la schiena appoggiata contro un vecchio comodino rovinato e gli occhi puntati sopra al suo compagno.

«  La tenda medica è più comoda, ne sono certo, ma non hai più bisogno di cure e la stai occupando a straforo. »
Rin annuì, la fronte leggermente aggrottata da tutti i pensieri gli passano per la testa.
Sousuke di tanto in tanto si chiedeva che cosa scorrazzasse nella sua mente; a cosa stava pensando in quel momento, perché aveva quella piccola linea d’espressione verticale tra le sopracciglia fini?
Sarebbe stato così comodo potergli leggere nella testa e farla finita subito con quella sceneggiata.
Devi avvicinarti a lui”, aveva detto Haruka, ma Sousuke non riusciva a liberarsi della rigidità che spontaneamente lo colpiva ogni volta che si trovava faccia a faccia con Rin.
I suoi muscoli di tendevano, i sensi si acuivano e dio – se lassù ce n’era per davvero uno- perché lo trovava attraente quando si mordeva le labbra in quel modo spaesato?

«  Quindi dormirò qui con te? », chiese Rin dopo qualche altro secondo di silenzio, spostando lo sguardo sopra al materasso che li aveva ospitati insieme per una sola notte.
Immediatamente le gote gli si colorirono leggermente e Sousuke riuscì immediatamente a capirne il motivo.
Schioccò la lingua contro al palato e si allontanò con uno scatto dal comodino.

«  Ho il compito di sorvegliarti e, visto che ora sono il Capitano di questo accampamento, non posso permetterti di farti dormire nella tenda che mi spetta. Rimarrò qui con te. »
«  In poche parole non ti fidi di me e non vuoi farmi entrare nella tenda di Haruka, ho capito. Bastava dirlo chiaro e tondo », sbottò il fulvo poco dopo, incrociando le braccia al petto e sbuffando leggermente.
Ecco che si mordeva le labbra ancora una volta.
Sousuke avrebbe tanto voluto strappargliele via con una tenaglia, così da poter eliminare il ricordo di quella notte.

«  I giochi di parole sono molto più facili con te. Se parlo chiaro e tondo finisci col mettere il muso, come un poppante. »
Trovava tremendamente attraente anche la sua espressione offesa, con quell’occhiata lontana dall’essere davvero furente che gli lanciava ogni volta.
C’erano troppe cose di Rin che lo spingevano a trovarlo piacevole e altrettante che gli facevano serrare le mani sopra il  manico del coltello per aprirgli la gola in due.

«  Qualche altro soprannome gentile da affibbiarmi? »
«  Pensavo a “mammoletta”, che te ne pare? », gli domandò seriamente Sousuke, come se quello fosse un nomignolo degno di note.
Rin sbuffò ancora e si avvicinò al materasso, scivolandoci sopra con un lungo sospiro.
Si tirò su i pantaloni fino a metà coscia e prese a massaggiarsi la gamba ferita, dove  di tanto in tanto sentiva ancora qualche scossa di dolore.
Sousuke posò lo sguardo proprio lì allora, sopra la lunga cicatrice rosata che gli percorreva la gamba, fino all’attaccatura del ginocchio.
L’operazione di Makoto era andata a buon fine e il sostegno metallico aveva fatto risanare perfettamente le ossa spezzate; straordinario come fuori da Gunai la tecnologia migliore imperversava e lì ancora faticavano a curare una gamba rotta.
“ Unitevi all’Impero e il mondo sarà un posto di pace e prosperità”, così si era annunciato il Cancelliere, prima di bombardare di gas e sparpagliare soldati davanti alle città che non si annettevano al suo comando.
Sousuke ricordava ancora quell’annuncio alla televisione, quando aveva ancora una casa e dei genitori, del buon cibo tutti i giorni e una vera coperta a tenerlo al caldo durante le notti fredde.
Le labbra fremettero leggermente e il giovane abbassò lo sguardo, pensieroso.

« Ricordi la prima volta che il Cancelliere Yamato è apparso in televisione?», domandò di punto in bianco Sousuke, avvicinandosi al materasso e sedendosi affianco all’altro ragazzo.
Sospirò appena, congiungendo le mani sopra le gambe, gli occhi fissi sopra la tenda chiusa.

«  E’ impossibile da dimenticare », mormorò Rin al suo fianco, osservando di sottecchi l’espressione improvvisamente cupa del compagno.
Si sentì in dovere di sollevare il braccio, ma la mano non riuscì a toccare la spalla di Sousuke come avrebbe tanto voluto; le dita di Rin si fermarono a pochi centimetri dal bicipite del moro, tremando appena.

«  Io ero seduto a terra, quel pomeriggio. Me ne stavo sul tappeto di casa mia – un vecchio cimelio di famiglia, sai, risaliva al secolo scorso- e cercavo in tutti i modi di levare via la macchia di succo che ci avevo versato sopra», lo sguardo di Sousuke era sempre più lontano, non guardava più la tenda che aveva davanti, «  continuavo a strofinare e strofinare, mentre alla televisione mandavano uno di quei programmi stupidi, sai, tipo le telenovelas, non so … Beh, comunque di punto in bianco partì la sigla del telegiornale e sentì la voce di un politico di cui non ricordavo il nome. « “ Consigliere Yamato, Leader del Governo Centrale”, diceva la scritta lì sotto.»
Rin rimase in silenzio ad ascoltare, mentre la voce di Sousuke sembrava così calma e pacata da suonare irreale.
«  Mi ricordo come guardava fisso la telecamera e mi sembrò che stesse guardando proprio me, dritto negli occhi. Parlava di ordine e vigilanza, di potere e di guerre da combattere. Portare tutto l’Impero allo splendore, distruggere i nemici dello stato per potare l’intera nazione alla ribalta.
Ricordo la voce tranquilla con qui dichiarò che l’intero governo era dalla sua parte e che presto o tardi tutti avrebbero capito che era la scelta giusta.
», Sousuke ridacchiò leggermente, voltandosi verso Rin.
«  Secondo lui era giusto distruggere chiunque si frapponesse tra lui e il potere, e tutto per combattere una guerra inutile. Conquistare territori, portare alla grandezza la nostra nazione … stavamo bene così come stavamo. Eravamo felici nelle nostre terre. Non eravamo ricchi, nessuno di noi lo era, ma eravamo felici, Rin. In un mese, un solo mese, invece, è cambiato tutto. Avevo 15 anni quando ho visto i miei genitori trucidati perché non volevano partecipare al nuovo governo. Li hanno ammazzati e impiccati davanti alle porte della città, insieme a tutti gli altri ribelli.», per qualche secondo la voce gli si spezzò e ancora tornò quel mezzo sorriso che non aveva nulla di felice.
La mano di Rin non tentennò più, si fermò sopra la spalla di Sousuke e la strinse.

«  Le Truppe Armate hanno fatto cose orribili, mi dispiace. », mormorò, avvicinando il volto a quello del moro, appoggiando la fronte contro la sua.
Sousuke non si allontanò, rimase fermo a fissarlo.

«  Perché ti scusi? »
Rin non rispose, appoggiò le labbra sopra quelle di Sousuke e gli lasciò un bacio talmente leggero da sembrare quasi un’illusione.
Entrambi sospirarono, mentre le bocche si allontanavano leggermente e, l’attimo dopo, tornavano a premersi l’una contro l’altra.
I respiri si mischiarono l’attimo seguenti, i sospiri risalirono dalle loro labbra e scivolarono sulle loro lingue.
Sousuke non si chiese nemmeno se stava ricambiando quel bacio solo per avvicinarsi a Rin, sapeva solamente che era quello che voleva.

 
« Perché ti scusi?»




***
Eccomi qui - eccoci qui - con un altro capitolo di Randagi.
Pian piano la storia prosegue e direi proprio che oramai si entra nel " vivo", arriverà un po' più di azione e di combattimenti, alcuni nodi verranno al pettine e pian piano Sousuke e Rin scopriranno di essere sempre più simili!
Grazie - grazie grazie- a chi ancora mi segue e ovviamente a voi, splendide ragazze, che mi recensite.
Al prossimo capitolo!
Mel.

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