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Autore: bittersweet Mel    17/04/2018    2 recensioni
Anno 1127, rovine della città di Gunai, dopo una disperata guerra con le Truppe Armate, pochi ribelli sono riusciti a salvarsi la vita e continuano a combattere contro un governo in cui non credono. Cercano la libertà, una nuova vita, la possibilità di amare e sorridere come un tempo. E' in questo scenario disastroso, tra torridi deserti e squallide tende, che Sousuke e Rin si incontrano, attraversando insieme un grande capitolo della storia di Gunai.
C’erano troppe cose di Rin che lo spingevano a trovarlo piacevole e altrettante che gli facevano serrare le mani sopra il manico del coltello per aprirgli la gola in due.
[ SouRin ]
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rin Matsuoka, Sosuke Yamazaki
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Randagi
 
 
 
Route One
 
 
 
 
Anno 1127
Rovine della città di Gunai
Ore 17:03
Gradi 31.02
Ambiente esterno favorevole
Tempeste di sabbia a 12,19 km nord-est
Presenza genere umano_____ bip bip bip
 
 



 
Sousuke strinse le labbra sotto al turbante che gli copriva il volto, volgendo lo sguardo a sinistra,  verso il pod che ronzava  vicino alla sua testa.
Osservò il piccolo occhio di vetro illuminarsi di rosso e automaticamente portò la mano alla cinta dei pantaloni, stringendo le dita attorno al pugnale legato alla vita.
Gli occhi blu si allontanarono dal suo fidato compagno e scivolarono verso la distesa di detriti e sabbia, cercando di scovare anche il più piccolo movimento.
Tutto taceva, tranne per il suono del vento che soffiava tra gli edifici distrutti e sollevava piccole onde di sabbia.
Un ululato lontano che soffiava ininterrottamente da quando era iniziata la guerra; non c’era nessun altro suono per tutto il deserto, solo il respiro dell’aria.
«   010, scansiona l’intera area. »
« Richiesta effettuata. Rivelati segni vitali a 3 kilometri est. »
« Merda!»
Il ragazzo sfilò del tutto il pugnale dalla cinta e lo tenne ben stretto nella mano, mentre si voltava verso destra e prendeva a camminare.
Scavalcò con agilità i massi e deviò lì, dove piccole tracce di vegetazione morta avevano lasciato il segno del loro passaggio, così da puntare verso la destinazione che il pod gli aveva evidenziato sopra la mappa.
Era impossibile che fosse uno dei membri della resistenza, tutti i suoi compagni erano sani e salvi all’accampamento e quel pomeriggio era toccato a lui andare in ricognizione.
Inizialmente aveva sperato di incappare in qualche animale selvatico da cacciare, ma il suo pod non poteva sbagliare, era stato creato con le migliori tecnologie a disposizione, e Sousuke era certo che sapesse distinguere uno stupido animale da un essere umano.
Quindi la risposta era una sola: un nemico, un membro delle forze armate di Gunai.
Con il corpo sempre più in tensione raggiunse un complesso di edifici distrutti, macerie sopra macerie, e si schermò gli occhi con la mano sinistra.
Il turbante impediva ai raggi del sole di colpirlo in pieno volto, ma gli occhi erano soggetti all’intensa luce  giorno dopo giorno.
Iniziava a stancarsi di quella vita infame, passata a razionare il cibo e a morire di caldo.
Per non parlare dei combattimenti sanguinari che spesso gli avevano portato via degli amici, così anni prima i suoi famigliari.
«  Pod, le coordinate, ora.»
La macchina al suo fianco emise un unico bip fioco e l’occhio si illuminò di rosso come poco prima, mentre un puntino prese a lampeggiare sulla mappa impiantata sopra al piccolo corpo rettangolare.
Era lì vicino.
Sousuke inspirò lentamente e osservò prima la mappa, poi le rovine davanti a sé.
Ancora pochi passi e quella sera avrebbe portato delle buone notizie al campo: un nemico in meno, un’arma in più a loro disposizione una volta che avrebbe saccheggiato il cadavere dell’altro uomo.
Già si immaginava il suo ritorno glorioso: sporco di sangue, grondante di sudore e affaticato, ma con la testa del nemico stretta tra le dita.
Un moto di adrenalina gli fece fremere le mani e si disse un semplice: “ adesso o mai più”, mettendo da parte un piano d’attacco e agendo semplicemente.
Scattò in avanti, saltando sopra la roccia davanti a sé, e si sporse verso il basso, dove l’edificio era franato nella sabbia più morbida.
E lì lo vide.
Non era un soldato, non indossava la divisa rossa corazzata e non portava alcun elmetto nero.
Era solo un ragazzo, vestito più o meno come lui, con un lungo pastrano scuro e sporco, il volto spaventato e coperto da qualche graffio ancora fresco.
Sousuke tenne ugualmente il coltello stretto tra le dita, mentre si acquattava sopra la roccia, appoggiando il ginocchio a terra.
Si chinò verso il basso, squadrando il giovane.
Dei leggeri lamenti uscivano dalle sue labbra tese e ora che il moro guardava meglio, aveva la gamba incastrata sotto una delle tante rocce franate.
Che fosse un civile?
«  Hey, tu, che diavolo ci fai da queste parti?! », gli chiese Sousuke, sollevando il tono della voce così da farsi udire.
Il ragazzo a terra sobbalzò dallo spavento e sollevò gli occhi; sotto la luce del sole sembravano colorarsi di un inusuale color cremisi che Sousuke non aveva mai visto prima.
Anche i capelli apparivano dello stesso colore e immediatamente al moro gli venne in mente quella strana tintura che usava anche un suo compagno dell’accampamento.
Il giovane a terra ricambiò quelle occhiate, serrò le labbra e inspirò lentamente, osservando il moro sopra la roccia e poi, l’attimo dopo, la propria gamba.
La indicò semplicemente, schiarendosi la voce.
«  Sono inciampato e non riesco ad uscire. »
Sì, questo Sousuke l’aveva notato, ma non era la domanda che gli aveva posto.
Con un sospiro tanto simile ad uno sbuffo il moro si guardò intorno, cercando eventualmente degli assalitori nascosti, e infine saltò giù dalla roccia e scese verso il basso, frenando i piedi sopra la sabbia a pochi centimetri dal giovane mal ridotto.
Lo squadrò ancora una volta, dalla testa ai piedi.
Sembrava seriamente un civile, un ragazzo più o meno di vent’anni, talmente spaventato da avere le mani che tremavano.
Sousuke si chinò verso la sua gamba e la osservò grevemente.
La roccia era grossa e pesante, difficile da sollevare, e dal sangue che vedeva a terra sicuramente aveva danneggiato gravemente la sua gamba.
Sousuke chiamò con un fischio il pod, che ronzò attorno alla sua testa e voltò il vitreo occhio di vetro verso il ragazzo intrappolato.
« 010, analizza la gamba sinistra e rivela eventuali danni. »
«  Tibia rotta, perone fratturato, probabile distorsione del muscolo plantare. Si consiglia immediatamente una cura medica adeguata. »
Il giovane dai capelli rossi sollevò lo sguardo verso il pod con una certa meraviglia negli occhi e schiuse le labbra, come se quella fosse la prima volta davanti ad una tecnologia simile.
« Wow, è fantastico, riesce a scansionare così velocemente il corpo. Scommetto che è davvero molto utile »
« Utilissimo », tagliò corto Sousuke, guardando la gamba del ragazzo, visibile solamente dal ginocchio in su.
C’era ben poco da fare, era abbastanza evidente.
Sousuke scosse la testa e schioccò le labbra, sospirando leggermente.
«  Beh, buona fortuna, sono certo che saprai cavartela », gli disse alla fine, osservando prima la gamba, poi il volto leggermente spaventato dell’altro.
Era una bugia, ma Sousuke non era di certo uscito in ricognizione per salvare qualche randagio qualunque.
Il moro si sollevò e si passò entrambe le mani sopra le gambe sporche di sabbia, mentre dei continui: “ hey, hey, no, ti prego, aspetta, hey” continuavano ad uscire dalle labbra secche dell’altro.
Con un sospiro Sousuke si voltò ancora verso di lui, guardandolo dall’alto in basso, e sospirò.
« Ora che c’è? Non posso tirarti fuori da lì, saresti solamente di peso con una gamba rotta.»
« Non puoi lasciarmi qui, mi uccideranno!»
Sousuke scrollò le spalle.
Aveva visto morire altra gente, se ne sarebbe fatto una ragione.
Senza aggiungere altro sollevò la mano e richiamò 010, che subito gli si fiondò vicino alla nuca, com’era solito fare.
Era il miglior compagno del mondo, l’aveva sempre detto.
Non aveva sangue che scorreva in corpo o un cuore, ma i circuiti e l’olio andavano più che bene.
I Pod non tradivano e non ti abbandonavano, erano molto meglio delle persone.
I pod non morivano.
Sousuke si schiacciò sopra il volto la fascia di seta e diede le spalle al giovane, deciso a levarsi da lì il prima possibile e continuare con la sua esplorazione del campo.
« Mi chiamo Rin. »
Sousuke si fermò dai suoi passi, corrugando la fronte.
Non si voltò verso l’altro ragazzo, ma non mosse neanche un piede in avanti.
 « E con questo? »
Alle sue spalle sentì il respiro di Rin farsi più pesante, come se stesse cercando le parole giuste da dire.
Il vento continuava a frusciare sopra la sabbia e dei piccoli sbuffi arrivarono fino alle ginocchia di Sousuke.
« Mi chiamo Rin e sono qui da solo. I miei genitori sono stati uccisi dalle truppe armate di Gunai, anche mia sorella ha fatto la stessa fine. Sono venuto qui per combattere, per unirmi alla resistenza, ma non sapevo dove cercare e così, così … sono finito qua sotto. »
Sousuke serrò le labbra, gli occhi ancora rivolti alla casa distrutta davanti a sé, verso l’altura che lo divideva nuovamente dal deserto e dalle altre rovine.
Era stupido fermarsi ora e rimanere in quel buco ad ascoltare uno sconosciuto, ma quelle parole le capiva meglio di chiunque altro.
La guerra civile aveva portato via tante persone care e il dolore era ancora presente, come un tatuaggio sopra le pelle.
Le labbra del moro rimasero ugualmente chiuse, lì dove qualche anno prima sarebbe uscito un: “ mi dispiace”.
La guerra, dopotutto, ti cambiava, gli altri ragazzi avevano ragione a dirlo continuamente.
Non c’era spazio per la commiserazione e la pietà.
«  Tu … tu fai parte della resistenza vero? Vero? Hai la cappa nera e hai un pod, quindi … quindi …», Rin si fermò, la voce che via via scemava.
Sousuke lo sentì sospirare amaramente, come se si fosse già arreso all’idea di rimanere lì fino alla morte.
Sousuke allora si voltò verso di lui, scrutandolo attraverso quell’unica fessura che gli teneva scoperto il volto.
« Quindi vuoi che ti porti con me all’accampamento? Chi mi dice che non sei una spia, oppure che tu voglia davvero combattere insieme a noi?»
Rin sollevò il capo immediatamente, come se quelle parole fossero riuscite ad infiammarlo.
Perfino lo sguardo non tentennava più e le mani erano salde, non tremolanti come poco prima.
« Voglio ammazzare quegli stronzi. Mi hanno portato via la mia famiglia.»
Sousuke lo guardò attentamente, alla ricerca anche solo di un piccolo segno di incertezza. Se l’avesse trovato allora sarebbe stata la fine, avrebbe lasciato Rin lì, a morire di fame o peggio.
Eppure non trovò neanche un accenno di paura oppure di falsità negli occhi rossicci.
Sospirò semplicemente.
« D’accordo, verrai con me»,  disse, tornando indietro sui suoi passi, «  adesso serra i denti e ‘sta zitto.»
Rin sbatté un paio di volte le palpebre, corrucciando le labbra.
« Che? Perché? »
Sousuke sorrise sotto la maschera, rigirandosi il coltello tra le mani sotto lo sguardo attento di Rin.
« Ti devo tagliare la  gamba. »
« Cosa?!»
 


 
***
 
 
 
« Sono davvero, davvero, davvero felice che tu non mi abbia tagliato la gamba. »
Sì, Sousuke l’aveva capito già la seconda volta che gliel’aveva detto, ma a quanto pareva Rin era un tipo abbastanza prolisso e sembrava impossibile zittirlo.
Sousuke mugugnò un semplice: “ uhm” e continuò a camminare, sorreggendo con un braccio la vita dell’altro.
« Seriamente, sono felice di avere entrambe le gambe, sei davvero gentile sotto sotto », esclamò Rin, prima di mormorare in seguito un « molto, molto, sotto. Sotto sotto.»
«  Non mi hai dato altra scelta, piangevi come un bambino.»
E il ricordo era così vivido nella mente del moro che se solo avesse chiuso gli occhi l’intera scena sarebbe apparsa immediatamente dietro le palpebre.
Rin che si contorceva a terra, che allungava le braccia cercando di coprirsi la gamba e, l’attimo dopo, singhiozzava e pregava di non tagliargli nulla, che sarebbe stato bravo, che non avrebbe dato fastidio.
Ecco, non aveva mantenuto la parola data, probabilmente Sousuke avrebbe davvero dovuto staccargli quella dannatissima gamba.
Al suo fianco Rin si lamentò ancora, offeso dalle parole dell’altro, e dondolò appena contro di lui, accasciandosi del tutto al corpo del moro.
«  Non è vero, non stavo piangendo, era solo una finta. »
Sousuke si limitò ad un: “ certo, come vuoi”, che riuscì a zittire il fulvo per qualche minuto.
Pod 010 ronzava lievemente alle loro spalle, scansionando l’intera zona così come gli aveva ordinato Sousuke.
Erano lenti, specialmente con la gamba fratturata di Rin e la sabbia sotto ai piedi.
Di tanto in tanto Sousuke si sentiva affondare in qualche duna troppo sfaldabile e si ritrovava a scivolare leggermente in avanti, il corpo dell’altro che non faceva il minimo sforzo per dargli una mano.
Era una situazione strana, snervante, ma Sousuke si era invischiato da solo in questo pasticcio e così come gli avevano insegnato anni prima i suoi genitori, doveva cavarsela da solo.
Certo, tutto sarebbe stato di gran lunga più facile se solo anche il suo compagno di viaggio ci avesse  messo almeno un po’ impegno.
Con un altro sospirò Sousuke strattonò il corpo dell’altro ragazzo e lo incalzò a muoversi più velocemente.
«  Comunque non hai caldo con quel turbante addosso? », esordì Rin dopo l’ennesimo strattone, sollevando il capo verso sinistra, così da poter osservare il volto completamente coperto di Sousuke.
Allungò anche una mano, cercando di sfiorare con le dita il turbante scuro, ma prontamente il moro lo scacciò via.
« Che diavolo fai!?», gli ringhiò contro, la voce tremula da una nota di esasperazione, « cosa sei, un bambino?»
Rin sorrise semplicemente, scrollando le spalle e tornando a guardare dritto davanti a sé l’immensa distesa di deserto e detriti.
Quella poca vegetazione presente era completamente rinsecchita e le piante arse dal sole giornaliero.
Il fulvo saltellò leggermente sopra al piede destro e si tenne in equilibrio per evitare un masso, seguendo i movimenti dell’altro.
«  Era tanto per fare conversazione, sei un tipo abbastanza silenzioso. »
Sousuke non rispose.
Sì, era una persona silenziosa e gli piaceva esserlo. Trovava inutile iniziare un rapporto amichevole con qualcuno quando prima o poi l’avrebbe ritrovato morto da qualche parte.
Quindi preferiva stare in silenzio.
Rin serrò le labbra, tornando a guardarlo, e sorrise ancora.
«  Allora … hai caldo oppure no?»
Sousuke sibilò tra i denti una bestemmia e voltò il capo a destra, fronteggiando gli occhi divertiti e curiosi dell’altro.
Scosse la testa.
«  No, sto bene così. Contento ora?»
«  Wow, sei davvero di poche parole, eh? »
«  Preferisco stare zitto piuttosto che dire solo cavolate », commentò semplicemente Sousuke, adocchiando il ragazzo lì accanto a sé.
Rin sollevò un sopracciglio.
« Ah-ah, è una frecciatina vero?», ridacchiò il fulvo con una piccola nota di sarcasmo nella voce, prima di sbuffare leggermente.
Sousuke socchiuse gli occhi e riprese a guardare davanti a sé, ignorando totalmente l’altro ragazzo che parlottava tra sé e sé.
Dio, come faceva a comportarsi come se si conoscessero da anni?
Rin parlava, parlava e parlava, non gli importava nemmeno di non conoscere il suo nome oppure chi fosse, semplicemente continuava con le sue chiacchiere sul tempo, sul male alla gamba, sulla resistenza e perfino sul deserto.
Cosa si poteva dire sul deserto?!
Era una fottuta distesa di sabbia bollente, a Sousuke bastava sapere questo.
« Campo della resistenza individuato. Tempo d’arrivo previsto: 5 minuti.»
Grazie al cielo stavano per arrivare.
Ancora cinque lunghi minuti, ma Sosuke era certo di poterli sopportare. Non doveva far altro che continuare a starsene in silenzio nella speranza che anche l’altro l’avrebbe seguito a ruota.
Si schiarì la voce e si rivolse a 010.
« Pod, comunica il nostro arrivo e richiedi il supporto del medico. »
« Affermativo. Dati inviati al Comando Centrale.»
«  Credi che la mia gamba si sistemerà? Mi darebbe fastidio usare uno di quei supporti di movimento, hai presente? Una gamba metallica non è il massimo.»
Sousuke lo squadrò un’ultima volta e poi scrollò le spalle, totalmente indifferente su quello che sarebbe successo.
Probabilmente la gamba sarebbe andata a posto, qualche osso rotto e un paio di legamenti recisi, ma nulla che non potesse essere curato da un buon medico e da un periodo di riposo.
Preferì non dirlo all’altro, lasciando lì a rimuginare su tutte le disgrazie che gli sarebbero potute capitare.
Se non altro, così, Rin poteva rimanere in silenzio a struggersi.
« Senti … prima di arrivare al campo … mi puoi dire almeno come ti chiami?», la voce del fulvo tornò imperterrita a farsi strada nelle orecchie del ragazzo; probabilmente non c’era modo di tenerlo in silenzio.
«  Non sono affari che ti riguardano.»
Rin scosse la testa, zoppicando leggermente per tenere il ritmo di Sousuke.
Stargli dietro era difficile, specialmente quando ad ogni passo  avvertiva una profonda scossa di dolore, ma non si poteva dire che Rin non si stesse impegnando.
« Mi hai salvato la vita, mi riguarda eccome », continuò Rin, schioccando le labbra l’una contro l’altra, assumendo un’espressione leggermente offesa.
Sousuke scosse la testa e indicò con un cenno del capo una rientranza dentro quello che appariva un semplice edificio abbandonato, qualche tessuto sgualcito a riparare per metà l’ingresso.
« Siamo arrivati », si limitò a dire solamente questo, ignorando le domande dell’altro ragazzo.
Spinse Rin in avanti, facendogli attraversare per primo la feritoia –  non dopo una scivolata plateale- per poi seguirlo prontamente.
L’accampamento era modesto.
Un fuoco al centro del campo, delle vecchie tende sparse e molte armi abbandonate ai piedi delle sedie e dei muri.
Erano dieci in tutto, non un gran numero di persone, ma abbastanza da creare difficoltà alle Forze Armate.
Non appena Sousuke e Rin misero piede dentro l’accampamento tutte le teste si sollevarono nella loro direzione.
Guardinghi, i membri della resistenza spostavano lo sguardo dall’uno all’altro, finché in due non si alzarono dalla loro postazione accanto al fuoco.
Il profumo di pesce abbrustolito era talmente piacevole che fece stringere lo stomaco di Sousuke.
«  010 mi ha avvisato del vostro arrivo, ma soprattutto… », Makoto serrò le labbra, osservando grevemente Rin, «  soprattutto mi ha inviato i dati della tua gamba. Hai bisogno di cure mediche immediatamente, seguimi. »
Rin lanciò uno sguardo a Sousuke, come per accertarsi di potersi allontanare, e poi seguì cautamente il dottore del campo.
Sousuke lo guardò sparire dietro la tenda azzurra di Makoto e sospirò stancamente, volgendo lo sguardo al ragazzo che aspettava davanti a lui a braccia conserte.
« Lo so cosa stai per dire Haruka, lo so, volevo lasciarlo lì a morire, davvero, ma …», Sousuke serrò le labbra, sfilandosi il copricapo dalla testa.
Lo gettò a terra, per poi passarsi la mano destra sopra al volto completamente sudato.
Sospirò, socchiudendo gli occhi sotto lo sguardo severo del ragazzo che gli stava di fronte.
«  E’ uno sconosciuto. Hai portato un perfetto sconosciuto qui da noi. Potrebbe essere una spia, potrebbe essere un ladro, potrebbe- »
«  E’ solo un civile, l’ho visto piangere per una gamba rotta. Credi davvero che un membro delle FA piangerebbe per una cosa del genere?»
Haruka affilò lo sguardo e le labbra si assottigliarono grevemente, prima di rilassarsi l’attimo dopo.
Sospirò anche lui, gettando uno sguardo alla tenda di Makoto.
Per qualche secondo rimase immobile, ma alla fine decretò la sua sentenza.
Si voltò verso Sousuke e gli puntò l’indice al petto, in una minaccia nemmeno tanto velata.
« Può rimanere finché la sua gamba non sarà guarita, ma ne sarai il diretto responsabile. Te ne occuperai tu, sono stato chiaro? »
« Sì, sì, come vuoi, Capo.»
Haruka gli lanciò una mezza occhiata esasperata – continuava a dire a tutti di non chiamarlo in quel modo, ma nessuno gli dava mai retta- e se ne tornò accanto al fuoco, infilzando uno sgombro con la punta del bastone che aveva abbandonato poco prima.
Sousuke lanciò un solo sguardo alla tenda di Makoto e poi portò lo sguardo altrove, lì a guardare i suoi compagni riuniti attorno al fuoco, lì ad annusare il profumo di pesce e di zuppa di cipolle.
Erano anni duri, per dei randagi come loro.
Il pod accanto a lui ronzò un solo secondo, prima di appoggiarsi sopra la sua spalla.
«  Rivelo un basso livello di serotonina e dopamina, Sousuke. Provi quella che voi umani chiamate tristezza, se i miei dati sono corretti.»
Sosuke rimase in silenzio, serrando le labbra. Con un movimento del capo allontanò il Pod dalla sua testa, prima di dargli le spalle, «  010. Disattivati.»
Era il suo unico amico, il suo fidato pod, ma non ne sapeva niente di sentimenti umani; non era in grado di condivide gioia o dolore, soddisfazione oppure umiliazione.
Con un ronzio 010 lampeggiò un paio di volte e poi si spense ai suoi piedi.


 
Bip bip biiiip__________________________


 








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Angolo dell'autore;
 Hola, avevo pubblicato questa long un po' di tempo fa, ma a causa di vari problemi l'avevo bloccata improvvisamente.
EPPURE, eppure, sono ancora qui, di nuovo, con i capitoli revisionati e sistemati, perché questa long è tutta per la mia migliore amica, shippatrice integerrima di SouRin, quindi non potevo abbandonarla così.
Al prossimo capitolo!
Mel

 
   
 
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