Eredità

di Maty66
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Capitolo 1

“E’ un maschio….”
“Un maschio…. Dimmi com’è…”
“E’ bellissimo. Oh George il tuo posto era qui con noi…..”

“… chiamiamolo Jim”

“Ti amo Winona”
 
L’eco delle sue ultime parole  risuonava ancora sulle  labbra quando il fuoco iniziò a briciargli la carne.
Sentì la pelle del viso e delle mani sciogliersi come burro… un dolore inimmaginabile lo spinse ai confini della follia.
E poi più nulla.
 
Rura Penthe
Data stellare 2263.4
 
“Alzati lurido umano. Finalmente ci liberiamo del tuo  puzzo”
Il calcio nel ventre lo risvegliò dal sonno tormentato che, come ogni notte, non gli aveva recato sollievo.
Ansimando per il dolore si alzò più in fretta che poteva e raccolse le poche cose  accanto al giaciglio.
Poi come al solito si calò il cappuccio di pelliccia sul volto, grato di nascondere le cicatrici che lo deturpavano da quasi trent’anni.
 “Buona fortuna Gregory” grugnì  il piccolo coridiano che era stato per anni il suo vicino di giaciglio.
“Anche a te Makel.  Non credo ci rivedremo…” balbettò l’umano in risposta, strofinando il pugno nel saluto tipico della specie.
“Qualsiasi cosa sarà meglio di questo posto ghiacciato” fece Malik salutandolo.
Con un ultimo sguardo indietro Gregory si mise in coda con gli altri prigionieri diretti alla navetta.
“Avanti non vi fermate… le miniere di Kronos vi aspettano” rise uno dei Klingon che sorvegliava la fila, spingendolo con un bastone.
Appena uscito il vento gelido lo accolse in un turbinio di ghiaccio e neve.
 Lentamente, arrancando  e inciampando, la fila  avanzò verso la navetta che attendeva con il portellone aperto.
“Salite a bordo, schifosi, altrimenti morirete ancor prima di arrivare alle miniere” rise una delle guardie.
”Tanto su Kronos non vivremo più di un anno nelle miniere, ci ucciderà il caldo se non la fatica” ansimò l’uomo che  lo precedeva.
Finalmente la fila avanzò nel ventre della navetta e Gregory riuscì a prendere posto poco prima che il portellone si chiudesse. L’interno piombò nella semioscurità  e la cosa rese il tutto ancor più angosciante.
Colpi di tosse rauchi si mescolavano ai piccoli gemiti lanciati dai prigionieri.
“Zitti, state in silenzio, lurida feccia. State per essere trasferiti nelle miniere di Kronos. Lì sarete trattati come meritate, bestie da soma, sarete fortunati a vivere per pochi mesi” urlò uno dei Klingon di sorveglianza.
Gregory quasi sperò che  fosse vero; finalmente la morte, la liberazione dopo quasi trent’anni di sofferenze.
Era sopravvissuto nonostante tutto, nonostante la fatica  estenuante, il freddo, le malattie…e i ricordi.
Aveva ricacciato i ricordi di ciò che era, di quello che era stato. Mai avrebbe permesso agli schifosi Klingon di sapere  chi era. Anche dopo trent’anni, quando ormai tutte le informazioni di cui poteva essere a conoscenza erano inutili, mai avrebbe permesso al suo vero nome di uscire dalle labbra.
George Nicholas Kirk.
Ricacciò- come aveva fatto per trent’anni- nel profondo della mente il pensiero della sua bellissima Winona, di  George Samuel il  suo figlio maggiore, così simile a sua madre,  e di Jim (chissà se davvero lo aveva chiamato così) il suo piccolo bambino mai conosciuto.
Chiuse gli occhi mentre i motori della navetta si accendevano e si lasciò cullare dalla sua unica speranza.
La morte che lo attendeva presto.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


 
Capitolo II
Si destò all’improvviso, mentre la navetta veniva scossa da continui sussulti e gli allarmi impazzavano.
Grida di spavento si levavano fra i prigionieri ed anche i Klingon si agitavano correndo di qua e di là.
“Hanno problemi ai motori” pensò George sentendo il rumore rauco della propulsione dei motori che stentava ad andare avanti.
“Moriremo tutti!!” urlò  l’umano di fianco a lui, terrorizzato.
George si trovò  invece stranamente calmo al pensiero, quasi sollevato.
Dopo  tanti anni di sofferenze e torture stava per finire tutto e certo una morte istantanea, o quasi, era meglio di una morte di stenti e caldo nelle miniere di Kronos.
Alcuni dei prigionieri iniziarono ad alzarsi dai loro posti.
“Restate seduti” urlò una delle guardie klingon, ma una donna  kelpiana, con le vibrisse del pericolo allargate, presa dal panico iniziò a correre lungo la passerella.  Neppure un minuto dopo giaceva morta colpita dal phaser di uno dei klingon.
“Chiunque si muove dal proprio posto sarà immediatamente ucciso” ringhiò il capo delle guardie.
All’improvviso tutte le luci si spensero  ed entrarono in funzione le sole luci di emergenza.
“Ecco  i motori sono andati. Fra meno di due ore non avremo più ossigeno” pensò George.
La gente continuava ad urlare ed imprecare ed ora anche i klingon davano segni palesi di  nervosismo.
“Ripeto restate seduti e non vi muovete”  urlò minaccioso il capo delle guardie mentre si ritirava sul retro della navetta, seguito dagli altri Klingon.
Poco dopo si udirono i rumori di diverse espulsioni.
“Si stanno lanciando con le capsule di salvataggio” urlò uno dei prigionieri, guardando dal piccolo oblò che aveva di fronte.
Nella navetta scoppiò il panico assoluto. Urla e lamenti si levavano dappertutto
“Moriremo tutti…” l’uomo  seduto di fianco a George iniziò a piangere.
“Non c’è nulla che possiamo fare. Se i motori  si sono spenti, vuol dire che siamo alla deriva. Tempo un paio d’ore e l’ossigeno finirà” disse piano George.
“Non può finire così…” pianse ancora l’uomo.
“Tu, sembra che te ne intendi…” fece un enorme cardassiano avvicinandosi minaccioso.
“Ti sbagli… io non so nulla” si difese George.
“Sì che te ne intendi, ti sei accorto subito che i motori avevano smesso di funzionare” incalzò il cardassiano.
“Ti prego, cerca di fare qualcosa, non può finire così…” singhiozzò l’umano di fianco.
George si guardò intorno. Sapeva che la situazione era disperata altrimenti i klingon non avrebbero abbandonato la navetta in semplici capsule di salvataggio.
La navetta  piombò nel silenzio più assoluto e tutti gli sguardi erano su di lui.
“Sono passati più di trent’anni… e non so nulla del sistema di propulsione klingon”  George provò a giustificarsi, ma tutti quegli sguardi speranzosi lo facevano sentire come sulle braci ardenti.
“Devi tentare, devi!” fece l’uomo accanto a lui.
Così George si alzò e si avviò verso la cabina di pilotaggio.
I minuti passavano inesorabili, e come  George aveva previsto, nulla era  possibile per riavviare i motori.
Con difficoltà, interpretando, in base ai suoi ricordi, le mappe klingon sapeva che si trovavano ai confini della zona neutrale e quindi il malfunzionamento dei sistemi li aveva portati completamente fuori rotta.
Rise fra sé e sé pensando che se non li uccideva l’asfissia probabilmente  qualche nave della Federazione di pattuglia li avrebbe disintegrati per essere entrati nel loro spazio.
Ormai le urla  al di là della porta  della cabina di pilotaggio si erano calmate. L’ipossia  stava facendo il suo lavoro e anche George iniziava a sentirsi letargico. Non ci sarebbe voluto molto; ormai i livelli di ossigeno erano già oltre i limiti della sopravvivenza.
Si appoggiò allo schienale del posto di pilotaggio ripensando a quando, giovane cadetto,  aveva pilotato per la prima volta: una sensazione inebriante e magnifica .
Ripensò a Winona,  capelli color oro e occhi verdi, al giorno del loro matrimonio,  lei così felice ed entusiasta, alla prima volta che aveva tenuto in braccio Sammy, a  lei  che con un sorriso morbido gli annunciava l’arrivo del loro nuovo bambino.
Un figlio mai visto per cui aveva sacrificato tutto . Nei trent’anni di prigionia a volte il pensiero di aver salvato sua moglie e suo figlio era l’unica cosa che lo faceva andare avanti.
Chissà dove era la sua famiglia ora, se erano tutti vivi, chi e  cosa erano diventati i suoi figli…
Gli occhi ormai si chiudevano ed il respiro era sempre più affannoso, i polmoni briciavano.
“Navetta klingon siete nello spazio  della Federazione. Identificatevi”
La voce dal comunicatore era indistinta e George non sapeva se era frutto della sua fantasia.
“Navetta klingon ripeto, siete nello spazio della Federazione. Identificatevi”
George tentò di alzare il braccio per attivare la comunicazione, ma ormai non aveva forze. Era troppo tardi la morte era su di lui.
“Navetta klingon, qui USS Enterprise. I nostri  sensori rilevano che non avete propulsione ed i vostri  sistemi vitali sono off line”
Troppo tardi, troppo tardi.
George sospirò per l’ultima volta.
“Navetta klingon,  qui USS Enterprise, stiamo attivando il raggio traente.  Preparatevi all’abbordaggio”

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