Just imagine: you and me and the world at our feet

di Fuuma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Be careful, you know what they say about hatters ***
Capitolo 2: *** Jump ***
Capitolo 3: *** I found a treasure in you ***
Capitolo 4: *** We're not just stories in a book ***



Capitolo 1
*** Be careful, you know what they say about hatters ***


Characters: Killian Jones - Captain Hook; Jefferson - Mad Hatter;
Pairing: Killian/Jefferson { madhook }

Warning: slash; pre-serie

 

Be careful, you know what they say about hatters

 

La porta della cabina si spalancò sotto la manata di Captain Hook.

Per quante volte era entrato in quella stanza, nell’ultima settimana, ancora non era riuscito ad abituarsi a quanto si mostrava: un uomo incatenato al suo letto e un unico maledetto girone infernale racchiuso nel suo corpo perfetto.

Le catene ai polsi li tenevano sollevati sulla testa, legati al sostegno superiore del letto a baldacchino che troneggiava elegante contro il lato sinistro della stanza. Legarlo e spogliarlo dei suoi averi non era servito a togliergli dalla faccia l'espressione divertita di un bambino nel paese dei balocchi. Non che l’uomo avesse molto con sé, oltre a un cilindro fin troppo vistoso e la sacca con cui l'aveva sorpreso – all’interno solo i gioielli rubati dalla Jolly Roger e uno zufolo di Pan che aveva aggrovigliato lo stomaco del pirata.

Entrò, richiudendo la porta alle proprie spalle.

L'uomo (Jefferson, al vostro servizio – si era presentato) sbadigliò, richiuse la bocca masticando il vuoto e arricciò il naso in un fastidio infantile, esagerando teatralmente ogni espressione. «Credete che possa avere un po' del vostro miglior grog? Sto crepando di sete. L'ospitalità da queste parti è piuttosto scarsa.»

Killian spalancò le braccia, incredulo.

«Sul serio, mate, sei mio prigioniero da quasi una maledetta settimana. Potresti calarti un po' di più nella parte?»

Jefferson scrollò le spalle.

Averlo catturato era stato il peggior affare della vita di Hook e, se non fosse stato attaccato mano e uncino al proprio orgoglio di pirata, avrebbe giurato che quel tale si fosse lasciato prendere di proposito. Era comparso dal nulla con quella sua aria scanzonata, l'aveva trovato ballare in quella stessa cabina, volteggiando dal baule all'armadio, scassinando serrature al ritmo di musica – una canzonetta che era rimasta incastrata nella testa di Killian e che il prigioniero fischiettava quando l'altro lo lasciava da solo con i propri pensieri.

A very merry unbirthday to me.

To who?

To me.

Oh you![1]

Jefferson passò la lingua sulle labbra.

«Suvvia, mi serve qualcosa di forte per potermi sciogliere» miagolò, ammiccando. «Vi prometto che ne varrà la pena.»

«Non devi avere tutte le rotelle a posto, mio caro.»

«Non ve l'hanno mai detto, pirata? Tutta la gente migliore è pazza.» Gettò il capo all'indietro, abbandonandosi ad una risata grassa e fragorosa. Le sue risa avevano il suono irritante della follia che danzava sul filo di un rasoio, erano fatte di denti bianchi e labbra spalancate dall'osceno colore delle rose appena sbocciate, di occhi lucidi e socchiusi e di fusa arrotolate sulla lingua.

Killian strinse tra le dita la punta argentata dell'uncino, assaporando l'idea di affondarla nella gola dell'uomo e tranciare ogni risata, ogni fusa e ogni languida occhiata, ma, com'era cominciata, la risata di Jefferson si spense.

«Non è strano che, dopo una settimana, non abbiate ancora deciso cosa farne di me?»

La domanda lo colse in contropiede. Non erano state le parole a scalfirlo, quanto invece lo sguardo sottile con cui Jefferson lo fissava, come se già conoscesse la risposta e non aspettasse altro che di sentirgliela pronunciare.

Killian deglutì.

La mano continuava ad armeggiare con l'uncino, ruotandolo ed incastrandolo nei perni del moncherino. Avrebbe dovuto buttarlo in pasto agli squali molto tempo prima, prima di scoprire che la sua era una follia contagiosa e che ormai gli era già entrata sotto la pelle.

«Niente grog. Niente tè. Niente biscotti.» Jefferson incurvò le labbra in un broncetto. «Posso avere almeno un assaggio di quella?»

Killian si guardò alle spalle, cercando la risposta in una porta chiusa. «Quella?»

«La vostra bocca, pirata. Le vostre labbra. La vostra lingua. In cambio potete avere la mia.» Aprì la bocca, allungando la lingua a mostrarla come una prostituta in un bordello pronta a tuffare il volto tra le gambe di un cliente. Non c’era un’oncia di pudore negli occhi di Jefferson, c’era invece l’assoluta convinzione di poter fare qualsiasi cosa desiderasse e di potersi immergersi in ciò che più lo aggradava senza regole, senza restrizioni, senza catene.

Proprio le catene ai polsi dell’uomo tintinnarono – tin-tin-tin-tin-tin-tin tin-tin, perfino il metallo cantava.

Hook rabbrividì; era stato lui a catturare Jefferson o il contrario?

Avanzò, battendo il tacco basso e squadrato degli stivali sulle assi di legno – toc-toc toc-toc, scandendo falcate veloci al ritmo di una canzone incastrata nella testa. Si appese con la mano sana alle catene dell’uomo, mentre con l'uncino ne sollevò il mento alla portata delle proprie labbra.

«Mi farai impazzire» confessò.

Jefferson sorrise e Killian gli coprì la bocca con la propria.

 

«Mio buon Capitano, è il mondo ad essere pazzo. Tanto vale adeguarsi.»

 

[ 757 parole ]




[1] la canzone del Cappellaio matto e della lepre marzolina nel cartone di Alice nel paese delle meraviglie.

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Note sulla raccolta: grazie al gruppo di WAOFP sono riuscita a scrivere perfino sulla sfigaship madhook, che è praticamente la mia otp di questo fandom, anche se in realtà a me basta che ci sia Jeferson, che possibilmente sia una coppia slash e sono comunque felice.

In ogni caso, non so se mi capiterà o meno di scriverne altre in futuro, ma per ora ho deciso di sistemarle tutte in una stessa raccolta.

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Scritta per: il Colore Giallo della 7 Days of Pride @We are out for prompt prompt: Ilaria Ciccarelli ~ Hook/Jefferson: le follie si fanno in due

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Capitolo 2
*** Jump ***


Characters: Killian Jones - Captain Hook; Jefferson - Mad Hatter;
Pairing: Killian/Jefferson { madhook }

Warning: slash; pre-serie

 

Jump

 

I.

Jefferson tese la mano in un ampio gesticolare del braccio, pomposo come l'invito di un principe alla sua principessa.

Killian inarcò un sopracciglio, guardava con scetticismo il cilindro caduto ai loro piedi. Poteva sentire l'aria frizzante diventare elettrica nel punto in cui sfiorava la tesa e un senso di vuoto aprirsi nello stomaco se focalizzava lo sguardo nel centro, in quel buco nero che sembrava allargarsi di secondo in secondo, ma rimaneva pur sempre un cilindro.

«Mi perdonerai se non mi fido, mate» commentò, senza risparmiarsi il sarcasmo.

«La diffidenza è la tua migliore dote, amico mio.» Jefferson sorrise, aveva canini pronunciati e la piacevole curva delle labbra si trasformava sempre nel sorriso stregato dei gatti, piccole adorabili bestiole opportuniste.

Non aveva ritratto la mano. Killian la guardò a lungo prima di cedere e afferrarla tra le proprie dita, in una presa decisa dell'unica mano – si stupì nel pensare a come quella di Jefferson fosse più piccola di quanto non apparisse.

«Ora prendi un bel respiro e chiudi gli occhi» gli suggerì l'uomo.

«Tante moine per un cappello.»

«Non farti pregare, mio caro.»

Killian sospirò, le palpebre calarono sugli occhi e il mondo si tinse brevemente di nero.

Per i primi istanti non accadde nulla. Sentiva lo sguardo di Jefferson su di sé: pur senza vederlo, poteva immaginarlo spalancare gli occhi in quella sua espressione allucinata – in quei momenti, era convinto il pirata, vedeva ogni cosa chiaramente, vedeva il mondo per quello che era realmente. E vedeva lui come realmente era.

Hook aggrottò la fronte ad occhi chiusi. «È tardi per confessarti che la pazienza non è mai stata il mio forte, darling

Il silenzio di Jefferson si caricò del suo respiro.

Vicino.

Caldo.

Soffice.

Come le sue labbra premute contro quelle del pirata e il suo braccio sollevato a circondargli le spalle.

Hook aprì gli occhi. Davanti a sé il volto di Jefferson era un ritratto a olio dipinto dalla mano di un pittore innamorato: la pelle chiara era spennellata di un leggero porpora sulle guance, i capelli – una zazzera spettinata dal taglio asimmetrico – rigavano di castano la fronte, le labbra avevano una bellezza femminea, di un rosa intenso e succoso, ed infine gli occhi. Oh, i suoi occhi erano abissi di lucida follia, oceani in cui Killian avrebbe potuto navigare per sempre e quando vi si tuffò, non si accorse di star cadendo per davvero.

Jefferson li aveva spinti entrambi nel cilindro. In quel bacio, i due erano caduti, risucchiati dalla magia del cappello.

 

II.

Poggiato con la schiena contro il tronco di un albero, Jefferson sbuffò annoiato dall'attesa.

Avere un pirata { Capitano, my love. Capitano. } come compagno di giochi aveva i suoi lati positivi: non c'erano morali o giudizi sulle sue azioni, non c'erano restrizioni su ciò che avrebbe o non avrebbe potuto fare e si respirava tra loro una piacevole brezza di libertà. Erano vento, erano acqua, ed erano, soprattutto, imprendibili. D'altra parte capitava spesso che i loro obbiettivi e i loro impegni li portassero a separarsi temporaneamente e il potersi ritrovare era sempre una scommessa. Ci sarebbe stato il giorno in cui uno dei due l'avrebbe persa.

Jefferson si rigirò tra le mani il cilindro, controllando un'ultima volta la strada battuta che aveva percorso e le orme dei suoi stivali rimaste nel fango. L'idea di andarsene – gettare il cappello e abbandonare quel mondo e i suoi abitanti, per tornare al proprio – lo accarezzò e le dita passarono sul nastro che incoronava il cilindro.

Dondolò con il capo da un lato all'altro delle spalle, incurvando le labbra in una smorfia che riempì il volto.

Temporeggiò, inventando nuove scuse per guadagnare altri minuti e continuare ad aspettare.

Poi...

«SMEE!»

Quell'urlo.

Jefferson si staccò dal tronco con un colpo di reni.

Lo aveva sentito forte e chiaro provenire dagli alberi. Passi in corsa spezzavano i ramoscelli caduti in terra e facevano scricchiolare il tappeto di foglie secche.

In lontananza, sul sentiero, Killian Jones correva come se avesse avuto i cani dell'inferno alle calcagna; dietro di lui, il povero Smee lo seguiva con passo traballante, trascinandosi una sacca gonfia e pesante.

Jefferson allargò le braccia, fermo sulla traiettoria del Capitano. «Aspettarti è stato un tormento, Killian, l'ora del tè è passata da un pezzo.»

L'altro continuò a correre. Gli caracollò incontro, lo afferrò per un polso e lo trascinò con sé nella fuga a perdifiato.

«Un impegno mi ha trattenuto, darling

Jefferson si guardò alle spalle. «I tuoi impegni hanno i forconi.»

«Aye

Da qualche parte esplose un colpo e un pallettone di ferro si conficcò in uno degli arbusti, crepandone il tronco.

«Uh, hanno anche i fucili.»

«Aye. È il momento giusto per usare quel tuo cappello, non credi?»

Si guardarono e Killian sorrise. Aveva il volto madido di sudore e il colletto del giaccone lacerato in più punti, là dove la punta di una spada aveva incontrato il cuoio; eppure era come se risplendesse di luce propria, di un'energia corroborante che si rifletteva nello sguardo briccone quando ammiccò verso Jefferson.

La mano del pirata abbandonò il suo polso per incrociare le dita con le sue; lo trascinava con una forza che l’altro non avrebbe mai posseduto e correvano così veloci da fargli venire le vertigini – Jefferson aveva l'agilità di un felino, era un ladro e un bugiardo e come tale la fuga era la sua specialità, ma Killian era ali ai piedi e vento in poppa.

«A proposito, non pensavo mi aspettassi.»

Jefferson scrollò le spalle. «Quando ho sentito battere le cinque, ho pensato seriamente di andarmene.»

«La mancanza della mia ineguagliabile bellezza ti ha fatto cambiare idea?»

«No, è che, riflettendoci, è sempre l'ora del te

Killian non tentò nemmeno di seguirne i ragionamenti; aveva la mano di Jefferson stretta nella propria, un bottino di tutto rispetto (sulle spalle di Smee) e una nave pronta a solcare ogni oceano conosciuto e non, dall'altra parte di un cilindro. Affianco a quell’uomo, perfino la sete di vendetta di Captain Hook svaniva, perduta tra le falde di un cappello magico.

 

III.

Il cilindro ruotò sul ponte della Jolly Roger e la luna illuminò lo sguardo eccitato di Jefferson. Batteva le mani a ritmo, impaziente di gettarsi in un altro mondo.

Killian si inginocchiò e allungò la mano al cappello, fermandone il ruotare – il portale si richiuse su se stesso, ingoiato nell’interruzione di una magia che non aveva nemmeno fatto in tempo ad essere creata.

«Non questa volta, mate» disse, davanti allo sguardo deluso di Jefferson.

«Stanco di saltare

«E perdermi una nuova avventura? Mai. Ma non mi hai ancora detto come funziona quest'affare.» Sollevò il cappello, guardandovi all'interno. Tra le proprie mani non era nulla più che un eccentrico cilindro, ma quando Jefferson si tese per recuperarlo, al suo semplice tocco il velo che separava la Foresta Incantata dagli altri mondi si mostrò seppur sottile, aprendo una finestra in cui scorrevano immagini di paesaggi sconosciuti: un castello di ghiaccio, una città di smeraldo, un palazzo in bianco e nero…

«Stai pensando di rubarmelo, Capitano? Come bottino non vale granché senza di me, non potresti usarlo.»

«In questo caso, per tua fortuna ho già trovato quello che cercavo nell'ultimo mondo che abbiamo visitato.»

«Il tuo Coccodrillo?»

Killian tacque, stupito e Jefferson unì le labbra in un broncetto fanciullesco.

«Sono pazzo, Hook, non stupido.»

Killian scosse il capo. Non aveva mai pensato lo fosse e forse iniziava a dubitare anche sulla sua follia.

Si sedette sul ponte, con le gambe divaricate e le ginocchia sollevate. Batté la mano sulle assi, in un invito implicito che Jefferson fu felice di accogliere, gattonandogli più vicino per prendere posto tra le sue cosce.

«Quando i miei affari in sospeso con quel dannato Coccodrillo saranno conclusi, ti assicuro, se ne accorgerà l'intera Foresta Incantata. Nel frattempo…» Infilò la mano nella tasca del giaccone, lo stesso che ancora portava i segni sul colletto dell'ultimo mondo visitato. Quando la estrasse, un anello d'argento, con un rubino grezzo incastonato nel centro, riposava sul palmo. Non era raro che quel genere di gioielli finisse nelle sue tasche e quindi a inanellare le proprie dita – il rosso, in fondo, era il suo colore. Regalare quell'anello a Jefferson, tuttavia, fu altrettanto naturale.

«Per me?» gli chiese l'altro.

«Per te» confermò.

«Oh, per me!»

 Killian ebbe l'impressione di aver già assistito ad uno scambio di battute come quello. Sorrise quando gli ritornò alla mente.

Incastrò l'uncino al polso di Jefferson, sollevandogli la mano per infilargli personalmente l'anello. Gli baciò il dorso, in quella sua eleganza da gentiluomo che nemmeno una vita da pirata gli aveva potuto togliere e, con le dita ancora strette in quelle di Jefferson, il sussurro scivolò caldo sulla pelle.

«Buon non compleanno, my love

 

[ 1.449 parole ]




Scritta per: il Colore Turchese della 7 Days of Pride @We are out for prompt prompt: Ilaria Ciccarelli ~ Hook/Jefferson: la magia del cappello di Jefferson era qualcosa di cui entrambi sapevano ben servirsi

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Capitolo 3
*** I found a treasure in you ***


Characters: Killian Jones - Captain Hook; Jefferson - Mad Hatter;
Pairing: Killian/Jefferson { madhook }

Warning: slash; pre-serie

 

I found a treasure in you

 

Giustizia era stata la parola che aveva rovinato tutto.

Si era insinuata tra loro come una malattia venerea che aveva spento all'istante la libido di Jefferson e gli aveva chiuso le gambe, lasciandolo sdraiato nel letto della Jolly Roger con un broncio offeso sul volto e le guance infantilmente gonfiate.

Gli occhi avevano ruotato all'indietro, il bianco lattiginoso del bulbo aveva fatto passare ogni voglia anche a Killian e il pirata si era tirato indietro. Seduto sul bordo, braccia incrociate e uncino poggiato al bicipite, aveva iniziato a pensare che forse si fosse lasciato sfuggire una parola di troppo.

Giustizia.
Ops.
Se ne era pentito nell'esatto istante in cui gli era rotolata sulla lingua, mentre leccava l'interno coscia dell'uomo e sussurrava sulla pelle il piano di vendetta contro il Coccodrillo che si era preso la sua mano { Oh, quando avrò quel maledetto coccodrillo tra le mie grinfie, il mio uncino conoscerà l'interno delle sue viscere. Oh, aspetta solo che abbia la mia vendetta e vedrai se non sarà quella la giustizia }

Sospirò. «Darling...»

Gli occhi azzurri di Jefferson tornarono a guardare il pirata.

Si mise a sedere a gambe incrociate, il membro molle che scivolava tra le cosce bagnando con la punta ancora umida di liquido preseminale le lenzuola spiegazzate sotto di sé.

Bello, nudo, fiero. Di quello che era amava ogni oncia e di sentimenti come la vergogna non aveva ancora avuto occasione di provarli { Non è come se fossi padre e dovessi preoccuparmi di una figlia, e sì, Capitano, sarebbe femmina: la mia coniglietta } e non avrebbe trattenuto il respiro in attesa di farlo.

I capelli erano un elegante disastro, con ciuffi castani che puntavano in ogni direzione dipingendo la follia su quel volto giovane e perfetto.

«Vorrei poterti dire che mi dispiace perché non sei tu, ma sono io…» Jefferson aveva ripreso a parlare. Spalancò le braccia e tirò la testa indietro, lasciandosi nuovamente ricadere sdraiato nel letto, in un tonfo pesante «Ma no, sei definitivamente tu, Kill. Mi uccidi.»

«Stai diventando drammatico, my love

«La vita è un'infinita opera teatrale composta da un atto drammatico dopo l’altro.»

«E qui mi hai davvero perso.»

Jefferson fece spallucce. «Sono sicuro che saprai come ritrovarti, qualora il tuo alligatore masticamani dovesse fare la sua comparsa.»

Killian sentì perfettamente la frecciatina colpirlo.

Giustizia non era stata la parola che aveva rovinato tutto. La sua ossessione lo era stata e tra le righe della lucida follia di Jefferson (non era pazzo, era, anzi, diversamente sano e straordinariamente sagace) era chiara la gelosia che pizzicava i nervi dell'uomo, quasi riusciva a sentire la melodia infastidita che il suo cervello doveva aver iniziato a suonare, come un pianoforte dalle note scordate.
Il pirata si alzò dal letto e regalò la coda dell'occhio al suo corpo ancora nudo, mentre raggiungeva la seggiola alla scrivania – poteva essere arrabbiato quanto voleva, ma non c'erano regole o questioni d'onore che gli vietassero di cibarsi di quel bocconcino che era il saltatore di portali.
La sua giacca posava con cura sullo schienale alto. La recuperò, per tornare da Jefferson e tendergli una mano.

L'altro la studiò come se fosse coperta di spine.

«Posso darti l'uncino, se ti fa sentire meglio.»

Era il tono mellifluo che faceva sorridere Jefferson, il modo in cui qualsiasi scusa per Killian fosse buona per flirtare, per fargli gli occhi dolci o anche solo per scivolargli accanto e stargli tanto vicino che alle volte dimenticavano entrambi di essere due entità separate. Oh, avrebbe vissuto bene nella pelle del pirata, attraverso i suoi occhi e nel metallo del suo uncino.

Non si sarebbe annoiato, questo no.

Era la solitudine il problema. Insieme erano due, separati erano soli e quella era una malattia crudele.
Allacciò le mani alle sue. Killian lo aiutò a tirarsi su e gli posò il proprio giaccone sulle spalle, avvolgendone il corpo snello e asciutto nel cuoio nero, chiudendoglielo addosso con un abbraccio da dietro.

Jefferson posò le mani sulle sue braccia. «Mi son sempre piaciuti i pirati gentiluomini.»

«Per te, questo ed altro, mate

La camicia era aperta sul petto di Killian e a fasciare le sue gambe c'erano ancora i calzoni, su cui la fibbia della cintura rimbalzava a ritmo dei suoi passi. Non si preoccupò della decenza, quando condusse entrambi sul ponte, davanti agli sguardi curiosi di una ciurma ormai abituata a questo genere di uscite.

Lo portò fino a poppa, dove la scia del veliero serpeggiava tra le acque del mare.

Jefferson chiuse gli occhi e respirò a pieni polmoni. Il profumo di salsedine era lo stesso che impregnava la pelle di Killian e gli piaceva la sensazione che gli dava.

Il pirata allargò le braccia per imprigionarlo contro la balaustra, tra il legno e il proprio corpo, premendogli il petto contro la schiena e poggiando il mento sulla sua spalla.

«Apri gli occhi, my love, voglio mostrarti una cosa» gli sussurrò all'orecchio e ne leccò il lobo.
Jefferson obbedì.

Il sole calava oltre l'orizzonte e tra le onde cristalline del male si allungavano le artigliate arancioni degli ultimi raggi morenti di un tramonto che sembrava dipinto su tela.

«Non farti ingannare dalla mia sete di giustizia –»

«Si chiama vendetta, pirata, nulla di così elegante come vorresti.»

Il sorriso di Killian si stampò sul collo di Jefferson e la punta dell'uncino scorse lungo la sua giugulare, dandogli i brividi. «Dunque, non farti ingannare dalla mia sete di vendetta. Avrò il coccodrillo alla mia mercé un giorno e quando lo avrò ucciso sarà finita. Ma a te offro il mare e le sue avventure e quelle, darling, come i suoi pericoli, sono infinite.»

Jefferson si spinse indietro, pesando contro il petto del pirata. Ruotò il capo, per mostrargli un sorriso affilato e felino e si strofinò contro di lui, in un lento ondeggiare di anche che sembrava andare a tempo con il rollio del veliero.

«You can be Alice I'll be the Mad Hatter[1]» intonò, cantandolo sottovoce e ruotando tra le sue braccia, per trovarsi di fronte a lui, a dare le spalle alle onde e al cielo che andava rabbuiandosi.
Killian lo guardò, ammirando il gioco di vedo e non vedo che il giaccone creava con il suo corpo.

«Mi chiedo come tu faccia a conoscere tutte queste canzoni, mate

«C'è sempre una qualche canzone ad accompagnarmi, nella mia testa. Come credi che possa permettermi di avere tutto questo stile, altrimenti?» Jefferson allargò le braccia. Il giaccone si spalancò sui fianchi, a mostrare le sue nudità, mentre si metteva in posa come un giovane Adone in attesa di veder scolpita una scultura a propria immagine e somiglianza.

Killian inarcò un sopracciglio, battendo l'uncino contro il mento. «Con un ottimo sarto, a dire il vero. Beh, in questo caso, con il mio ottimo sarto.»

Jefferson rise. Si appese al bavero della camicia del pirata e gli strappò un bacio, mordendogli le labbra, intrappolandogli quello inferiore in un sorriso fatto di denti e occhi così azzurri che nemmeno il mare avrebbe potuto colpevole.

«Vuoi sapere un segreto, Captain Hook?»

«Aye.» La risposta di Killian arrivò contro il suo mento, quando il pirata si vendicò mordendoglielo. Occhio per occhio – a proposito di giustizia.

Jefferson si leccò le labbra, emettendo un lungo gemito vibrato come le fusa di un gatto.

«Sono di nuovo eccitato.»

«Oh, my love, a quello si può rimediare.»

 

[ 1.225 parole ]




[1] Mad Hatter di Melanie Martinez // lo so, la uso sempre quando scrivo di MadCaptain, ma la adoro e ce l’ho sempre in sottofondo.

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Lo so, avevo parlato di waofp, ma avevo dimenticato di avere anche questa fic e ho preferita inserirla insieme al mucchio.

Scritta per: l'8° Settimana del Cow-t8 @lande di fandom - prompt: Missione 6; giustizia

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Capitolo 4
*** We're not just stories in a book ***


Characters: Killian Jones - Captain Hook; Jefferson - Mad Hatter; Grace;
Pairing: Killian/Jefferson { madhook }

Warning: slash; pre-serie; established relationship (iniziata e pure finita);

 

We're not just stories in a book

 

Killian fece fatica a riconoscere l’uomo davanti a sé. Se non fosse stato per il sorriso – aveva canini pronunciati e la curva frastagliata di nostalgia ricordava quella folle di un gatto stregato – e per gli occhi dai colori di un oceano infinito, il nome di Jefferson non gli sarebbe mai saltato alla mente.

«Guarda, guarda, se questa non è una piacevole novità.» Calò con gli occhi ad assaporare quella nuova immagine che, in qualche modo, sembrava così ben incollata al vecchio Jefferson, da non fargli sentire la mancanza del giaccone in pelle nera, del trucco sotto agli occhi e del taglio sbarazzino di capelli corti e ribelli.

Perfino lo stupore nel suo sguardo si era fatto diverso: genuino, dolciastro, nulla a che vedere con la meraviglia infantile e stravagante dell’uomo che era stato, del saltatore di portali per cui un solo mondo non bastava mai.

L’altro lo riconobbe all’istante. «Capitano. Chi non muore si rivede e, per di più, sulla terra ferma.»

«Ironia della sorte, darling

Il sorriso di Jefferson si accentuò. Anni erano passati dall’ultima volta che si erano incontrati (prima che la vita si mettesse in mezzo, a separarne le strade) e sentirsi di nuovo appellare con uno dei vezzeggiativi preferiti del pirata tirava su una ventata di nostalgia, trascinando memorie di giorni che sembravano appartenere a qualcun altro o letti tra le pagine di un libro d’avventura.

«Sei qui per piacere o per depredare qualche poveraccio sfortunato?»

«My love, sono un pirata che si rispetti, io: depredo solo in mare.»

Jefferson inarcò un sopracciglio.

Killian rise. «…e chi se lo merita.»

«Non sei cambiato per niente.»

Annuì. Non avrebbe potuto dire la stessa cosa di lui e, quando al giaccone dell’uomo si appese una manina infantile, Killian si rese conto di cosa lo avesse cambiato tanto. Il faccino infantile ricamato di boccoli di una bambina lo guardava da sotto un cappuccio rosso, stringendo con una mano al petto il pupazzo cucito male di un coniglietto.

Jefferson seguì lo sguardo del pirata e sorrise, incontrando gli occhi grandi di sua figlia.

«Lei è Grace.» Annunciò con orgoglio. «È il mio –»

«Tesoro.» Completò Killian – non esisteva un concetto più semplice, in fondo, per un pirata.

Mosse un inchino alla bambina, combattendo il peso che aveva iniziato a schiacciargli il petto.

Jefferson prese la piccola in braccio, gentile e saldo al tempo stesso, e quando reclinò il capo contro quello di lei, Killian riuscì a scorgere ogni similitudine: avevano labbra identiche, carnose e dello stesso morbido rosa pastello, la stessa aria sveglia, lo stesso sguardo acuto e il sorriso… Il pirata abbassò gli occhi davanti a quel sorriso, incapace di sostenerlo. Tastò con la mano sana sotto il proprio cappotto la latta di rum – che fosse dannato se non avesse preferito continuare a vivere nell’ignoranza e non sapere mai che Jefferson (il suo adorabile, lunatico, sleale, Jefferson) aveva girato pagina, interi capitoli, lasciando lui al suo oceano e alla sua nave. Aveva bisogno di un goccio, anche più di uno.

L’altro, però, indicò il pirata con un cenno del mento.

«Lui è Killian Jones» sussurrò alla figlia.

La bambina sembrò illuminarsi di colpo e, per lo stupore (lo stesso identico stupore genuino ch’era stato del padre) perse la presa al pupazzo di pezza.

«Il Capitano Hook?» pigolò, col rispetto che i bambini danno solo agli eroi.

Killian raccolse il pupazzo e lo tese alla piccola. «In carne e ossa, tesoro.»

Arrossita, Grace ridacchiò, tornando a stringere il coniglietto e affondando il volto tra le orecchie di questo.

La latta di rum non sembrò più così invitante ora, mentre il pirata allungava la mano tra i suoi capelli in una carezza gentile, che svirgolò sino alla guancia di Jefferson, macchiata dalla cortissima barba.

«Le hai raccontato di me?»

Jefferson ruotò il capo, posando un bacio al suo palmo. «Le ho raccontato di tutto ciò che è importante per me.» E nonostante il tempo trascorso e gli anni passati, fu come se non si fossero mai separati. «Resta. Per cena. Per colazione. Per il tempo che vuoi.»

Killian chinò il capo, non chiese quando posò le labbra alle sue. Glielo rubò quel bacio, in onore dei vecchi tempi, quando entrambi erano canaglie e ladri, quando nulla c’era a legarli ed eppure non esisteva nessuno più giusto dell’uno per l’altro.

«Solo perché sei tu a chiederlo, my love

 

[ 726 parole ]




Scritta per:
La giornata libera della 7 Days of Summerland @We are out for prompt – prompt: Ilaria Ciccarelli ~ Hook/Jefferson: quando Killian incontrò per la prima volta Grace
666 prompt per essere come il diavolo Challenge indetta da Arianna.1992 sul forum di efp – prompt: 407. persona cara

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