STIRPE DI FATA

di Jazebel89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione dell'autrice ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Capitolo primo ***
Capitolo 4: *** Capitolo secondo - Parte I ***
Capitolo 5: *** Capitolo secondo - Parte II ***



Capitolo 1
*** Prefazione dell'autrice ***


Prefazione a 'Stirpe di Fata'
Prefazione dell’autrice (e qualche dritta x poter meglio comprendere la storia! ;-)
 
La fan-fiction che state per leggere è ambientata nel mondo di Merry Gentry, personaggio creato dalla scrittrice americana Laurell K. Hamilton.
Per chi non lo sapesse, il mondo di Merry Gentry è il mondo delle fate, ma altolà: non immaginatevi subito la premurosa Fata Madrina di "Cenerentola" o la frivola ma dolce Trilly di "Peter Pan"... Tutt'altro! Le fate con cui avremo a che fare (sempre che abbiate la pazienza e la voglia di seguire la mia storia ;-) appartengono a un mondo ben più antico del mondo Disney: si tratta infatti delle creature misteriose e conturbanti della tradizione celtica, dalla Hamilton opportunamente “rimodellate” e “riadattate” a un contesto più moderno. Tuttavia, al fine di agevolare la lettura a chi fosse ignaro di tutto ciò (i romanzi di Merry Gentry non sono certo popolari come Harry Potter!), descriverò in breve le creature più importanti di questo universo fatato.
Prima di tutto, bisogna precisare che ogni creatura non “umana” che vive sulla Terra viene dalla Hamilton indicata col nome generico di fey. Esistono poi vari tipi di fey. Ecco i principali:
 
Sidhe
 
I sidhe sono le fate “di sangue blu”. Vivono distinti in due corti, la Corte Seelie e la Corte Unseelie, rispettivamente governate da re Taranis, sovrano della Luce e delle Illusioni, e dalla regina Andais, dominatrice dell’Aria e delle Tenebre. Alla Corte Seelie appartengono solo i sidhe di sangue purissimo, mentre la corte Unseelie è il rifugio dei sangue-misto e di coloro che per un motivo o per l’altro si sono trovati ad essere banditi dalla Corte Seelie.
I sidhe si distinguono dagli altri fey principalmente per tre cose: sembianze molto umane, una pelle che brilla di luce propria (in particolare durante i rapporti sessuali, ma non solo!) e spettacolari iridi dalla sfumatura tricolore.
Avere i capelli biondi o rossi è per un sidhe sinonimo di grande bellezza, e motivo di vanto. Tutti i sidhe, in generale, hanno comunque un aspetto attraente, di cui spesso si servono, assieme ad un particolare tipo di charme semi-magico, per affascinare le creature più deboli e piegarle ai propri voleri. Possiedono anche una notevole forza e resistenza fisica, e sono solitamente alti e atletici.
 
 
Goblin
 
I Goblin sono creature feroci, sanguinarie, dall’aspetto deforme, ed amano tutto ciò che agli altri sembra disgustoso, come le secrezioni corporee e la sovrabbondanza di arti. Ne esistono di vari tipi, di varie forme e dimensioni: dai Berretti Rossi (simili a giganteschi orchi e chiamati così per il loro particolare copricapo, sempre intriso di sangue) ai Goblin-serpente, dai Goblin-ragno ai Gargoyle...
I Goblin sono straordinari combattenti, anche se da molti secoli (al contrario dei sidhe) hanno perduto l'arte della magia.
I canoni di bellezza Goblin sono inversamente proporzionali a quelli umani (e sidhe), per cui più gambe e braccia possiede una femmina e più è ritenuta allettante, e lo stesso vale per gli occhi, la bocca, il naso…
Tuttavia, non è un mistero che i Goblin abbiano violentato in passato molte donne umane e sidhe, per cui alla loro Corte non sono rari i sangue-misto di quest’ultimo tipo (dal momento che una donna umana difficilmente sopravvive dopo l’assalto di un Goblin), ma in ogni caso questi semi-goblin hanno generalmente vita breve, e non è difficile immaginare il perché…
L’attuale re dei Goblin è Kurag, affiancato dalla sua regina Creeda, dotata di ben dodici occhi… ma di una sola bocca! (Insomma, non è poi così figa... ;-D
 
 
Demi-fey
 
Fey delle dimensioni di una Barbie, o giù di lì. Hanno un corpo multicolore e sono dotati di ali iridescenti, che li fanno somigliare a grandi farfalle. Possono apparire creature graziose e inoffensive, ma in realtà le loro boccucce sono dotate di denti affilatissimi capaci di succhiar via tutto il sangue dal corpo di un umano in quattro e quattr'otto.
Date le ridotte dimensioni (che permettono loro di passare facilmente inosservati), i demi-fey sono spesso usati dai sidhe come spie o messaggeri. La loro Corte è infatti da tempo subordinata alla Corte Unseelie, anche se continuano ad avere una loro regina, la minuscola Niceven.
 
… e con queste tre razze di fey m’interrompo! Ce ne sono molte altre, ma le scopriremo via via…
 
Prima di lasciarvi alla lettura si “Stirpe di Fata”, sappiate che ogni commento (positivo o negativo) che mi lascerete sarà estremamente gradito…
 
A vostra disposizione per ogni dubbio o curiosità,
 
Jazebel89
 
P.S. Oltre ai romanzi di Merry Gentry, le mie principali fonti d’informazione per la stesura di questo racconto sono state due: “Il libro delle Creature Fantastiche” di Christian Filagrossi e “Miti e Leggende dei Celti” di Michael Foss.
 
P.P.S. I personaggi principali di questa storia non sono Merry e i suoi amici (anche se compariranno di frequente, e giocheranno in essa un ruolo importante), ma personaggi da me inventati, che spero col tempo riescano a far breccia nel vostro cuore, perché x me sono già un po' come figli... ^///^ !!!

Ringraziando infine le due persone che mi hanno maggiormente sostenuta nella creazione di questa follia piena di spade e incantesimi, di fey e semi-fey, dedico a loro "Stirpe di Fata":

A Selphyn e Larry86,
che mi sopportano entrambi da un bel po' di anni (quasi 20!!!) e che hanno insistito xché facessi uscire questa fan-fic dalla cartella Documenti di Windows.... ;-D
Vi voglio bene... ^///^ !!!

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Capitolo 2
*** Prologo ***


Prologo

Stirpe di Fata

 
 
 
Prologo
 
 
UN LONTANO PASSATO
 
Blàthnaid dal Seno di Perla, un tempo arcidruida d’Irlanda e adesso regina dei Goblin, comparve improvvisamente nel gran salone della sua Corte, in una sinistra nebbiolina bluastra.
Il suo ingresso fu preceduto da una sussulto sismico portentoso, che scosse talmente la caverna in cui si trovava la reggia da far levare timorosamente lo sguardo agli astanti per controllare che la grotta non stesse loro crollando addosso.
Quando la nebbiolina si dissipò, la regina comparve in tutta la sua bellezza di umana per metà sidhe. Il suo abito brillava dell’iridescenza misteriosa della madreperla. La folta chioma di riccioli castani, che arrivava a sfiorarle le ginocchia, era stata raccolta in sette trecce, in ognuna delle quali erano state inserite perle e gemme di tutti i colori, che luccicavano al lieve moto del suo capo mentre passava lo sguardo dalla triplice iride (verde smeraldo intorno alla pupilla, verde mare nel mezzo e azzurro cielo nella parte più esterna) su tutti i presenti. La sua pelle, candida e luminosa, brillava come il marmo lavorato alla luce fioca delle torce nel salone avvolto dalla semioscurità.
Lo sguardo della regina s’indurì all’istante non appena incontrò quello di Branwyn dalle Lunghe Braccia, seduta sfacciatamente accanto a Kerak di Sangue e Fiamma, suo sposo e re dei Goblin. Non c’era la minima traccia di vergogna nell’atteggiamento di Branwyn, che occupava quel posto come se le fosse veramente appartenuto e dardeggiava coi suoi cinque occhi arancioni la regina dei Goblin per farle capire quanto non fosse gradita. Kerak pareva invece semplicemente il re ferito e pieno d’onta che ormai era diventato.
-Mio sposo…- la voce di Blàthnaid suonò calma, eppure fendette l’aria come una frusta. Nel suo tono c’era una fredda rabbia lucida e desiderosa di vendetta.
Kerak si sollevò dal suo scranno di pietra, e si limitò a fissarla, immobile, i pugni serrati lungo il corpo, le grandi ali nere ripiegate dietro la schiena, la lunga coda da demone che si agitava nervosa ai suoi piedi. I suoi unici due occhi (attributo poco apprezzabile in un Goblin, ma Kerak era come Blàthnaid per metà sidhe) dalla triplice iride (giallo zolfo attorno alla pupilla, arancione nella parte centrale e rosso sangue sul contorno) la fissavano apparentemente seri e impassibili, ma dietro di essi si celava una pena profonda e qualcosa, forse, di molto vicino al timore.
-Come vedi, ho superato degnamente questi tredici anni di castigo, a dimostrazione che posso avere una tempra pari a quella del tuo popolo. Tuttavia non intendo restare qui un momento di più-.
La maschera sul volto di Kerak s’infranse all’istante, lasciando trasparire tutto lo stupore e il dispiacere che egli provava. Dopo poco, però, quand’ebbe realizzato appieno quello che Blàthnaid stava effettivamente dicendo, una collera cieca (come quella che tredici anni prima aveva costretto Blàthnaid a una terribile condanna) divampò in lui, facendo brillare tutto il suo corpo di luce ardente, ben diversa dalla luce pallida che illuminava la sua sposa.
-Cosa vorresti dire?- tuonò, rivolgendole un’occhiata sprezzante. -Intendi andartene? Sai che non puoi farlo, vero?-.
-Questo sei tu a crederlo-. Blàthnaid gli rivolse un sorriso di sfida, pieno d’odio, e l’aria attorno a lei prese a farsi improvvisamente densa, pesante. -L’unico motivo per cui ho sopportato tutte le umiliazioni che mi hai inflitto in questi tredici anni era che speravo che ti saresti ravveduto, che avresti compreso la mia innocenza. Invece hai preferito credere alle malignità di quella schifosa sgualdrina repellente, che fin’oggi ti ha scaldato il letto al posto mio. Ebbene, così sia; rinuncio ufficialmente al titolo di regina, cedo la mia corona a lei, che però non la porterà a lungo: presto tu cadrai in disgrazia, Kerak, e lei con te-. Sollevò dinanzi a sé il braccio destro e puntò l’indice verso di lui. Un mormorio d’orrore percorse l’intera schiera degli astanti. -Io ti maledico, Kerak di Sangue e Fiamma, re dei Goblin, e ti condanno a perdere tutto ciò che ti rende forte e fiero, e a trascorrere il resto dei tuoi giorni nella vergogna e nel disonore. Nessuna donna, sia essa Goblin, umana o sidhe, ti amerà mai davvero, né ti darà un erede. Morirai solo, lontano dalla tua patria, in una terra fredda e desolata come il tuo cuore, ma prima dovrai trascorrere mille anni di tristezza, pentimento e disprezzo per te stesso. Che la Dea mi sia testimone- concluse, incrociando i palmi aperti sul cuore e chiudendo gli occhi. Un profumo inebriante si sparse tutto attorno, come una folata di vento dolcissimo, e tutti capirono che era il sospiro della Dea che rispondeva all’invocazione di Blàthnaid.
Era un giudizio assai severo, e mentre il suo significato penetrava appieno nella coscienza di Kerak e gli faceva sgranare orripilato gli occhi di fuoco, egli sapeva in cuor suo di meritare quel castigo.
Poi, davanti allo sguardo stupefatto della Corte, la sala cominciò a riempirsi di un fumo argenteo. Si udì un tuono di proporzioni mostruose che spazzò via la nebbia, rivelando a tutti che la regina Blàthnaid era scomparsa, lasciando a terra, come promesso, la sua corona.
Branwyn dalle Lunghe Braccia, terrorizzata, scoppiò in lacrime strillando, aggrappandosi al braccio di Kerak, ma lui l’allontanò con una spinta, furioso, facendola caracollare per terra.
-Blàthnaid! Blàthnaid! Blàthnaid, torna indietro!-.
Non giunse risposta e, mentre la voce del re echeggiava e moriva nel gran salone scavato nella roccia, un silenzio triste e profondo calò sui presenti.
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo primo ***


Capitolo primo
Capitolo primo
 
DUBLINO, IRLANDA
GIORNI NOSTRI
 
A clouded dream on an earthly night
Hangs upon the crescent moon

A voiceless song in an ageless light

Sings at the coming dawn

Birds in flight are calling there
Where the heart moves the stones

It's there that my heart is calling
All for the love of you
 
Loreena McKennitt,
“The Mystic’s Dream”
 
 
Mi destai di soprassalto da un incubo spaventoso. Avevo sognato i verdi campi di Erin nuovamente coperti di cadaveri, di sangue, con Morrigan, terribile Signora delle Battaglie, che tornata alla vita e assetata di stragi si aggirava come una furia per le pianure dell’Isola di Smeraldo alla ricerca di corpi da abbattere e vite da spezzare.
Trasalii al gracchiare dei corvi fuori dalla finestra; i corvi, un tempo messaggeri della Sanguinaria, la sua voce fra i mortali, i suoi figli prediletti che si cibavano di carogne…
Sbuffai, scotendo la testa: quelli che avevo sognato non erano che gli orrori di un tempo passato, e mai più si sarebbero ripetuti. I fey erano stati cacciati dall’Europa secoli addietro, e quelli di noi che, come me, avevano scelto segretamente di restare si erano ormai talmente mischiati e confusi con gli umani da rendere quasi impossibile riconoscere la differenza. L’epoca dei sidhe, dei Figli di Danu, e delle loro guerre fratricide era finita da un pezzo. Ora le corti fey si trovavano tutte in America, la grande America, la nuova Terra Promessa disposta ad accogliere chiunque (o quasi), ma erano l’ombra di se stesse; niente più duelli all’ultimo sangue, niente più giochi di potere, niente più magia… o almeno così mi era stato riferito; d’altro canto, non avevo notizie del mondo fatato da molto, moltissimo tempo… e sinceramente nemmeno ci tenevo. Sapevo di Meredith, Principessa degli Elfi Americani, che forse sarebbe salita al trono… Sapevo anche dei suoi “Merry Men”, guardie del corpo e amanti che avevano il compito d'ingravidarla, così che Andais, la Regina della Corte Unseelie, potesse abdicare in suo favore… La qual cosa, conoscendo Andais, mi pareva alquanto inverosimile, ma in ogni caso non erano affari miei: io vivevo in Europa, fra gli umani, e stavo bene dove stavo.
Chi sono io? vi starete chiedendo a questo punto. Ebbene, ho avuto molte identità. L’attuale è quella di Serena O’Flaherty, insegnante di Storia alla Jonathan Swift Upper School di Dublino, ventisette anni, single, molto amante degli animali e poco delle persone. Un tempo, però, ero conosciuta come Blàthnaid dal Seno di Perla, nata la notte di Samhain del 412 d.C. (vent’anni prima che San Patrizio cominciasse la sua Evangelizzazione) in una radura nei pressi di Kilkenny. Mia madre, Niamh la Splendente, era una sidhe Seelie, ovvero apparteneva all’alta nobiltà del mondo fatato, mentre mio padre, Oisin MacCool, era il figlio in parte fey del più noto Finn MacCool, celeberrimo eroe delle leggende irlandesi.
Blàthnaid la druida, Blàthnaid la regina…
Gettai le gambe oltre il bordo del letto e mi alzai, stiracchiandomi; avvolsi il mio corpo nudo (a noi fey piace dormire senza vestiti, forse perché anticamente ci faceva sentire più vicini alla Dea) in una vestaglia di seta blu pavone, e mi accostai alla finestra. Era uno splendido mattino di primavera, e il sole brillava alto nel cielo facendo presagire una giornata luminosa e priva di nubi.
Sospirai, e mi costrinsi a distendere i nervi; non c’era motivo di tutta quella tensione… Era stato solo un sogno, un brutto sogno.
Raggiunsi il bagno annesso alla mia camera, e là mi guardai allo specchio; millecinquecentonovantasette anni erano passati lasciandomi l’aspetto di una venticinquenne, e mi ero spesso chiesta il perché. Certo, mio padre, Oisin MacCool, aveva vissuto per più di due secoli prima di morire, per via del suo sangue fey; ma alla fine anche lui era morto, ed era morto di vecchiaia. Perché dunque io non invecchiavo e non morivo? Sapevo di essere nata mortale perché questo era stato il motivo per cui mia madre aveva dovuto abbandonarmi, appena nata, alla cure di Dubhdara il Saggio, druido di Kilkenny. Un mortale, infatti, almeno all’epoca, non poteva vivere fra gli immortali; era proibito. Quindi dovevo aver acquisito l’immortalità in seguito, in un tempo successivo a quello della mia nascita… Già, ma quando? Avevo cominciato ad accorgermi di questa cosa solo dopo aver definitivamente abbandonato Faerie, e adesso non avevo nessuno a cui chiedere spiegazioni… Tanto più che l’unico, probabilmente, in grado in fornirmi il vero motivo era colui per via del quale avevo scelto l’esilio… Il mio antico sposo, Kerak di Sangue e Fiamma, re dei Goblin.
Tolsi la vestaglia, mi raccolsi i capelli in un chignon, ed entrai nella cabina della doccia; lasciai che l’acqua mi accarezzasse dolcemente il corpo mentre rimuovevo il glamour, ovvero l’incantesimo di camuffamento che normalmente usavo per rendermi più umana, permettendo così alla mia pelle sidhe di respirare, anche se per pochi minuti. Proprio mentre mi rilassavo in questo modo, sentii un gran trambusto al piano di sotto della vecchia fattoria fuori città in cui vivevo assieme a un’anziana domestica polacca, Maria, e a un giardiniere con antenati Pixie, Seamus, oltre che a una quantità non ben definita di animali: cani, gatti, conigli, tartarughe e persino un cavallo di nome Finn. Dopotutto, ero stata una druida; riuscivo a relazionarmi meglio con gli animali e le piante, che con le persone.
Allarmata, uscii velocemente dalla doccia e mi avvolsi in un telo da bagno; poi andai fuori dalla stanza, corsi in cima alle scale e da lì urlai: -Maria, che succede?-.
Nessuna risposta.
Cominciai a preoccuparmi.
Tonai frettolosamente in camera, indossai un paio di shorts da ginnastica, una t-shirt e, completamente dimentica di non aver ripristinato il glamour sul mio corpo, afferrai la mia spada (che tenevo nascosta nel doppiofondo di un baule per la biancheria ai piedi del letto) e tornai in cima alle scale, cominciando a scenderle pian piano, senza far rumore, la schiena aderente al muro, la spada dritta di fronte a me…
Mi pareva d’essere tornata indietro di un migliaio d’anni, all’epoca delle Invasioni Vichinghe.
Arrivata all’ultimo gradino, intravidi un’ombra che si muoveva nella mia direzione da dietro la rampa delle scale.
Presi un bel respiro e, con un balzo veloce, scavalcai il corrimano e atterrai di fronte…
… alla mia domestica, la quale per lo spavento gridò, imprecando coloritamente nella sua lingua natale, e buttò in aria il vassoio della colazione che atterrò sul pavimento in un terribile fracasso di stoviglie rotte. 
Maria si fece il Segno della Croce e si gettò ai miei piedi singhiozzando disperatamente.
“Oh, Dea…” pensai. “Adesso sono nella merda”.
Posai la spada e m’inginocchiai accanto a lei, cercando di consolarla, ma lei si allontanò da me spaventata, andando a rifugiarsi in un angolo.
-Lei b-brilla… Come angelo…- e si fece nuovamente il Segno della Croce.
A quel punto fui io ad imprecare coloritamente nella mia lingua natale, e proprio mentre menzionavo con poca finezza certe parti di animale e certi dèi solo da me ricordati, sentii una risata argentina alle mie spalle e un inaspettato, stordente, sensuale profumo d’uva matura, completamente fuori stagione, che invase l’aria avvolgendosi attorno a me come un velo irrorato d' essenze fruttate.
Deglutii, perché conoscevo bene quell’aroma settembrino: era l’annunciatore di Sinead dagli Occhi di Sole, la mia splendida, nobile ed immortale per nascita sorellastra Seelie, una delle antiche dee del Raccolto.
Mi voltai con un groppo alla gola, perché erano passati quasi quattrocento anni dall’ultima volta che l’avevo vista e non riuscivo a immaginare cosa potesse esserci di tanto importante da spingerla, all’improvviso, a lasciare il suo comodo posto di principessa e cortigiana Seelie nell’accogliente America per venire a trovare me, la sorella semi-barbarica che aveva sempre disprezzato, nell’ostile, insidiosa Europa, dalla quale era stata bandita oltre tre secoli prima.
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo secondo - Parte I ***


Capitolo secondo
Ringraziando coloro che hanno finora commentato, la mia Selphyn, misscasei e Nikeforos, vi lascio a questa prima parte del secondo capitolo, che ne preannuncia un' altra - la seconda - molto interessante e che arriverà probabilmente domani sera (ma non vi assicuro niente, dal momento che forse sarò troppo "cotta" a causa delle pesti bubboniche cui sono costretta a fare da baby-sitter, per riuscire a scrivere)... ^_^

X Nikeforos: Non ho mai letto "Il cavaliere d'Irlanda", ma ne ho sentito parlare e ora che me lo rammenti credo proprio che andrò a procurarmelo! ^_^ In ogni caso, è bello conoscere un'altra persona appassionata di mitologia celtica, non mi capita spesso! E ti ringrazio per i complimenti che mi hai fatto, non me li aspettavo... ^///^! X quanto ringuarda la pronuncia dei nomi, però, ahimè: mi trovo ad essere molto ignorante, in materia. Magari, quando avrò più tempo, vedrò se riesco a trovare qualcosa ringuardo alla pronuncia... Intanto, credo che ognuno sia libero di pronunciarli come più gli aggrada! ;-) Comunque, la tua osservazione su Blàthnaid e sui Goblin è stata molto acuta... e presto la tua curiosità verrà soddisfatta, non temere! Bwahahaha! (Risata satanica... Ok, la smetto! ^///^).

Un bacione,
Jazebel89



Capitolo secondo

Parte I



Tutte le famiglie felici si somigliano. Ogni famiglia infelice, è infelice a modo suo.

Lev Tolstoj,
"Anna Karenina"





Sinead, alta, statuaria eppure estremamente femminile, con quel tipo di carnagione color miele che alla corte Seelie è chiamata “baciata dal sole”, se ne stava in piedi di fronte a me vestita come un’affarista di Wall Street molto sexy, in tailleur di Prada scollacciato e tacchi a spillo tredici centimetri, il tutto sulle tonalità del viola e del bianco, che mettevano in risalto non solo la sua pelle dorata ma anche la sua chioma color del grano maturo, raccolta in una smisurata coda di cavallo, e i suoi occhi dalla triplice gradazione di verde (dal verde smeraldo al verde chiarissimo) illuminati attorno alla pupilla da strisce auree che la circondavano come i raggi di un minuscolo sole in eclissi.
Trattenni per un attimo il fiato di fronte a tanto splendore; il mio quarto di sangue umano non poteva che restarne affascinato.
-Sorellina…- mi salutò, la voce fresca come pioggerella estiva: -Non sei cambiata per niente-. E rise di nuovo.
Mi affrettai a rialzarmi e a recuperare la spada. Per un attimo, ebbi la tentazione di rinfilarla nel fodero attaccato alla mia cintura, che ovviamente non c’era; ma le vecchie abitudini sono dure a morire...
In piedi, se fossimo state entrambe scalze, ci saremmo trovate alla stessa altezza, ovvero a un metro e settantasette da terra. Tutte e due eravamo snelle, con poco seno (come la maggior parte delle sidhe) e con lunghe braccia e gambe. Io però avevo i capelli castani, ricci, folti, tagliati a metà schiena, mentre Sinead aveva quegli splendidi capelli d’oro fulvo che sciolti dovevano arrivare a sfiorarle le caviglie, avvolgendola in un manto morbidissimo. Io brillavo di luce lunare, lei di luce solare. Io avevo il naso un po’ aquilino (lascito di mio padre), mentre lei aveva un perfetto naso Seelie, leggermente a punta, graziosissimo.
-Nemmeno tu sei cambiata molto, Sinead, a parte il fatto il tuo guardaroba sembra essersi decisamente… aggiornato, in questi ultimi anni-.
Sinead mi lanciò un sorriso malizioso: -Sai, fuori da Corte mi piace essere moderna-.
-Fai bene- commentai, ma il sorriso che le rivolsi non raggiunse gli occhi. -Ora però parliamo di cose serie: che accidenti ci fai tu qui, per la Dea?!-.
-Uff, Blàthnaid, sorella mia… Sei sempre stata una pessima padrona di casa…- sventolò in aria una mano dalle unghie perfette laccate di lilla, quasi che volesse allontanare da sé con quel gesto la mia presunta maleducazione. -Piuttosto, sarebbe carino da parte tua accompagnarmi in salotto e offrirmi qualcosa da bere…-. Incrociò le braccia sul seno e sfoggiò di nuovo un sorriso che avrebbe fatto la felicità di qualsiasi odontoiatra. -I nostri amici di là ci stanno aspettando…- e accennò con la testa alla mia biblioteca, dalla quale (lo realizzai solo in quell’istante) era appena giunta.
-I nos… COSA?!!!-.
-Oh, avanti! Non fare quella faccia! Anzi, ti consiglierei di darti una sistemata, prima di presentarti di fronte ai tuoi ospiti... E magari potresti dire alla tua serva di portare del caffè e qualche dolcetto, intanto che aspettiamo… Per la Dea, mia cara: non posso credere che tu non sapessi già del nostro arrivo! Non dirmi che non hai ricevuto nessun segno, questa notte!-.
-No, altrimenti l’avrei trascorsa a far crescere una foresta di rovi alta dieci metri intorno alla mia casa, puoi starne certa!- lo stupore lasciò il posto all’ira. -Per tutti gli Dei, Sinead! Mi hai sempre considerata una vergogna, un disonore, un’indelebile macchia nell’immacolato albero genealogico della tua famiglia! Hai passato quasi tutti i millesettecentotrent’anni della tua vita a fingere che non esistessi!-.
-Tu esageri-.
-No, io dico la verità: per te ero come morta; nel periodo in cui sono stata regina dei Goblin, per te ero come morta-.
-I Goblin erano nostri acerrimi nemici, Blàthnaid! Tu andasti contro il tuo stesso sangue, sposando Kerak!-.
-Già, ma quando finalmente me ne accorsi e tornai indietro, non ci fu perdono per me; non da parte tua, almeno-.
Sinead s’irrigidì, come le accadeva sempre quando la si metteva davanti al fatto concreto che dopotutto nemmeno lei, coi suoi occhi irradiati di luce dorata e la sua strepitosa bellezza, il suo sangue immacolato e i suoi strabilianti poteri, era perfetta.
-Sbaglio?-.
Lei non rispose. Lo presi per un “no”.
-E adesso, dopo quattrocento anni di silenzio, tu piombi nella mia dimora, nella pace della mia vita, portandoti dietro non solo il tuo aristocratico culo, ma anche una schiera di gente estranea… così, senza preavviso! Dammi almeno una buona ragione per non cacciarti via a pedate!-.
-Sei come tuo padre…- disse lei, dopo un momento, gli occhi diventati improvvisamente freddi, vacui. -Rozza, impulsiva, crudele…-.
-E tu sei come il tuo, di padre: alterni moine a capricci… Non sei capace d’altro! Sei come una bambina… Potrai avere centotrent'anni più di me, Sinead, ma in fondo sei rimasta a quando ne avevi otto!-.
-ORA BASTA!- un vocione ben noto (che non udivo più da moltissimo tempo ma che restava comunque per me inconfondibile) riecheggiò nell'atrio, rimbalzando sui muri in pietra viva. Spostai lo sguardo nella direzione da cui sembrava provenire. Un sidhe alto, muscoloso, coi lunghi capelli biondi (della stessa sfumatura color del grano maturo di quelli di Sinead) incastrati nel cinturone da cui pendeva una spada che sapevo chiamarsi Ban-righ A'Iar, "Figlia dell'Ovest" (in quanto l'Ovest era l'Autunno, stagione di cui egli era stato un tempo la principale divinità), era appena comparso a poca distanza da noi. 
 -Zio Mabon!- gridai, sorpresa, e non riuscii in alcun modo a controllare l'espressione di gioia che andò a dipingersi subito sul mio volto. Era sempre stato il mio zio preferito; l'unico dei miei parenti da parte di madre che non mi avesse mai considerata un germoglio accidentale e molesto sul proprio illustre albero genealogico. Si vantava di essere stato lui a scegliere il mio nome, Blàthnaid, che in celtico significa "piccolo fiore", a dimostrazione del fatto che non aveva mai pensato che io fossi uno scarto, ma qualcosa di prezioso...  
Avvertii un gemito alle mie spalle, come lo squittìo di un topo che viene schiacciato, e girandomi vidi Maria che si accasciava svenuta contro il muro. Era il minimo che potessi aspettarmi; aveva appena assistito al raro spettacolo di tre sidhe splendenti di luce nella stessa stanza... Per un umano del XXI secolo era decisamente troppo!
-Bambine! Vi riunite dopo quattrocento anni e subito vi mettete a litigare!- ci rimproverò, assumendo l'aria di premuroso disappunto di una vecchia balia. I suoi baffoni biondi, folti e ben curati, vibravano per il sorriso che stava disperatamente cercando di reprimere.
-Perdonami, zio- Sinead chinò appena la testa, furiosa e umiliata, come la prima della classe che non è abituata a prendere rimproveri dall'insegnante.
-Ahhh, risparmiati! Sono stata io a "cominciare", zio... perché trovo sia stato davvero poco cortese da parte vostra infilarvi in casa mia di soppiatto come ladri alle sei e trenta del mattino, e dopo quattro secoli di silenzio, oltretutto!-.
Lo zio sospirò, assumendo un'aria seriosa che raramente gli avevo visto aleggiare sul volto: -Mio piccolo fiore... Ti abbiamo fatto un grave torto, me ne rendo conto, ma non c'era altro modo... Dobbiamo parlarti di cose molto importanti, e segrete... E se vorrai essere così gentile da ascoltarci, ti prometto che mai più niente turberà la quiete della tua casa-.
 -Tsk! Vorrei ben vedere! Riempirò il cortile d'Incantesimi d'Allontanamento, dannazione!- mi caricai in spalla Maria (pesava un centinaio di chili, dal momento che era una bella donnona pasciuta, ma nonostante all'apparenza non sembrasse affatto, nelle mie vene scorreva sangue di Gigante, oltre a quello sidhe e umano, per cui lei per me alla fine non rappresentava un peso poi così eccessivo), e mentre la trasportavo nella sua stanza (di fianco alla cucina, dal momento che i piani alti erano riservati a me... un po' egocentrico, direte voi, ma quando vieni abituata da regina è difficile in seguito rinunciare ad un minimo di "spazio vitale"...) dissi: -E va bene, vi ascolterò, ma non prima di essermi accertata che questa donna non esca di senno dopo quello che ha visto; poi mi darò una "sistemata", come dice Sinead, e intanto manderò il mio giardiniere ad occuparsi di voi. Seamus è in parte Pixie, e non dovrebbe spaventarsi alla vista di un paio di sidhe, tuttavia vi consiglio una buona dose di glamour, qui in Europa, e molta discrezione. Ah, e... zio Mabon? I tuoi baffi sono ancora i più belli d'Irlanda, complimenti- gli sorrisi, e lo vidi arrossire e gongolare di soddisfazione, prima di mettere fra me e loro la porta della camera di Maria.
   

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Capitolo 5
*** Capitolo secondo - Parte II ***


Capitolo terzo
Chiedendo perdono per il grave ritardo, pubblico finalmente questa II parte. Scriverla è stata una faticaccia, e alla fine il risultato mi soddisfa il giusto, ma spero di rifarmi al più presto. Cercherò di essere più veloce ad aggiornare, ma non vi prometto nulla... ;-)

Buona lettura e infinitamente grazie x le recensioni (che sono sempre un incentivo ulteriore a scrivere... ^///^),

Jazebel89





Parte II

 
Un quarto d'ora dopo ridiscendevo le scale lentamente, attenta a non inciampare nella lunga gonna di lino nero che mi copriva le gambe fino alle caviglie. Mi domandavo quanti fossero gli "ospiti" che mi stavano attendendo in biblioteca, e di chi si trattasse, se di vecchie conoscenze oppure no. In parte ero anche preoccupata, perché non riuscivo a immaginare il motivo di quella visita, ma nel profondo il mio cuore fremeva di gioia: finalmente, dopo quattro secoli d'isolamento da Faerie e dalla sua gente, tornavo a rivedere qualche volto del mio passato, qualche corpo splendente quanto il mio, tornavo a specchiare il mio sguardo in iridi dalla sfumatura altrettanto tricolore... e non riuscivo in alcun modo a non esserne eccitata, anche se con mia profonda vergogna.
Sopra la gonna avevo indossato una maglia in stile impero bianca dipinta a fantasie di fiordalisi, con un nastro di seta blu che la teneva stretta sotto il seno; avevo spazzolato i miei ricci castani così poco sidhe fino a farli brillare, e avevo un braccialetto al polso sinistro e orecchini di lapislazzuli montati in oro; restavo comunque scalza, perché mi piaceva girare così, per casa, e se qualcuno ne fosse rimasto scandalizzato peggio per lui.
Arrivai di fronte alla porta della biblioteca, dalla quale proveniva un forte chiacchericcio. Sospirai, e con un fremito di nervosismo girai la maniglia.
Mi si parò davanti una scena incredibile: Seamus (che dimostrava a malapena vent'anni nonostante ne avesse un centinaio) saltellava qua e là a tempo di una musica che solo lui pareva udire, la pelle leggermente sfumata di verde che riluceva di una brillantezza che mai avevo notato, reggendo in mano un vassoio pieno di biscotti e offrendone qua e là con inchini e salamelecchi che a me mai, in cinquant'anni di servizio, aveva rivolto. C'erano poi cinque o sei sidhe (fra cui Sinead e mio zio) e un'altra decina di creature fey, alcune delle quali da me incontrate in tempi remoti, che prendevano il caffè discorrendo del più e del meno, alcuni seduti sul divano e altri sulle due poltrone davanti al fuoco del camino (la Dea sola sapeva perché già acceso!) come nel bel mezzo di una colazione fra signore della Vecchia Inghilterra.
Si bloccarono e tacquero, vedendomi entrare, e ognuno mi rivolse uno sguardo imprescrutabile tipicamente fey.
-Buongiorno, signori- dissi, avanzando verso di loro. Scacciai dalla mia poltrona preferita una coppia di demi-feygià intenta a smaltire l'eccitazione della caffeina con un altro tipo d'eccitazione, e mi sedetti, accavallando sensualmente le gambe e sollevando il mento con aria aristocratica; dovevo assumere un'espressione fiera, perché probabilmente si aspettavano di vedere in me una monarca in esilio, non un'insegnante delle superiori che ogni estate portava i suoi ragazzi in gita sullo Shannon.
-Ebbene, spero che il mio servo- dissi, compiendo un grave sforzo perché quella parola così cruda, "servo", mi sembrava davvero vetusta, ma non ne potevo fare a meno, -vi abbia fatto sentire a vostro agio, durante l'attesa. Ora puoi andare, Seamus- lo congedai, e lui obbedì con un inchino e con uno strano sguardo negli occhi, che se non l'avessi conosciuto da anni l'avrei detto di lussuria: d'altro canto, era la prima volta che mi vedeva senza glamour, almeno che io ricordassi. Col glamour, la mia pelle era semplicemente molto candida, i miei occhi semplicemente azzurri e io non emanavo alcun tipo di fascino sidhe... Il che voleva dire un bel po' di sex-appeal in meno, effettivamente!
-Allora,- dissi, unendo la punta delle dita, non appena Seamus fu uscito e dopo aver isolato acusticamente la stanza con un veloce Incatesimo di Distorsione dei Suoni, -accomodatevi pure e ditemi di che cosa si tratta. Se non trovate posto, sistematevi sul tappeto, non m'importa. Voglio che siate brevi e concisi, perché il mio tempo è prezioso e fra meno di due ore dovrò essere in città-.
Un sidhe mormorò indignato: -Ma senti come ci tratta, la puttana dei Goblin!-.
Gli lanciai un'occhiata talmente gelida che quello preferì distogliere lo sguardo e sedersi per terra.
Sinead mi parlò in tono ossequioso, del tutto diverso da quello che aveva usato quando eravamo sole. In pubblico, aveva necessità di trattarmi con rispetto al mio rango; in privato, rideva di me e mi guardava dall'alto in basso. Si era comportata così sin da quando ero bambina: alternava leziosità a disprezzo, e questo mi aveva sempre impedito di capire quali fossero i suoi veri sentimenti nei miei confronti.
-Sorella- disse, la voce morbida come un bigné, -siamo venuti qui da te per comunicarti una grave sventura, e per richiedere il tuo aiuto-.
-Il mio aiuto?!-.
Sinead annuì.  
 -Vedi, mia cara sorella... Nostra madre, Niamh, si trova in grave pericolo... L'Albero della Vita, che un tempo fioriva rigoglioso nel giardino della nostra Corte, sta appassendo... e con lui nostra madre. Devi sapere che Niamh la Splendente è l'ultima dea della Fertilità rimasta in vita... e la sua esistenza è da sempre stata intimamente legata a quella dell'Albero. Ebbene, l'Albero muore di giorno in giorno e nostra madre, pur immortale, sta cominciando a svanire con lui-.
-Nos... Nostra madre sta svanendo?!-. Non potei trattenere lo stupore. Che io sapessi, poche cose al mondo potevano eliminare per sempre un immortale: fra queste la spada della dea Morrigan, ora regina degli Unseelie Andais, e il fatto di svanire, misterioso fenomeno che comportava un lento e doloroso dissolversi nel nulla dell'immortale in questione.
-Esatto. E non indovini perché? Il nostro re, Taranis il Tonante, è sterile... Non riesce ad avere figli, non può, ma non ha intenzione di abdicare. Ora, tu saprai cosa succedeva un tempo ad un re sterile...-.
Annuii. -Veniva eliminato. Sacrificato alla Dea-.
-Già-.
-Oppure, se abdicava, veniva deposto e sostituito-.
-Cosa assai rara. Comunque, il fatto è che Taranis non vuole saperne di abdicare, e in questo modo ci condanna tutti all'estinzione. La razza pura dei Seelie sarà spacciata, se non facciamo qualcosa!-.
-E io cosa c'entro?- sbottai, lasciandomi sfuggire una mezza risata che sapeva d'amaro. -Io... Mezza sidhe, mezza umana e Gigante... cosa c'entro?-. 
Sinead sospirò.
-Vedi, Blàthnaid sorella mia... Dal momento che nessuno, fra noi, da solo è abbastanza forte o magicamente potente da competere con Taranis... Abbiamo pensato di sfruttare l'ultima possibilità che abbiamo per creare un Seelie tale da competere con lui-.
-Crearlo?-.
Sinead annuì. Improvvisamente, per la prima volta da quando la conoscevo, vidi una lacrima correrle giù per la guancia. Una lacrima silenziosa e sincera.
Si portò le mani al ventre, e solo in quel momento - perché lì si concentrò la mia attenzione - sentii in esso vibrare la vita.
Il respiro mi si mozzò in gola. -Non sarai mica... Sinead!-.
Lei annuì, e cominciò a piangere sommessamente. Zio Mabon l'attirò contro la sua spalla possente, e la coccolò come un gattino, lisciandole i capelli con un tocco sorprendentemente leggero per un uomo tanto forte.
-Nel nome di Danu...- mormorai, portandomi una mano al cuore. Che io sapessi, Sinead non era mai riuscita ad avere figli, e questo era sempre stato un ulteriore motivo di rancore nei miei confronti. Io ne avevo avuti ben sei, ma nessuno di loro mi era sopravvissuto. Dunque non avrei saputo dire chi fra noi due fosse stata la più fortunata, alla fin fine. Perdere un figlio è per una madre il più grande dei dolori, ma perderne sei è un tormento indescrivibile. Non ci sono parole sufficienti per spiegarlo.
-Tua sorella porta in grembo il primo sidhe Seelie di razza pura concepito dacché lasciammo l'Europa... e questo, a parer mio, è un segnale- a parlare era stato un mio vecchio amico, Llywyd, metà Merman* e metà sidhe, un tempo venerato come dio delle Onde in Cornovaglia.
Lo guardai fissamente. Come molte divinità acquatiche, Llywyd aveva sempre avuto la capacità di leggere il futuro, o almeno così era risaputo; più che il futuro, però, sapeva leggere il destino delle persone... ma non lo confidava quasi mai. Una volta, quand'ero ancora molto giovane e mio padre mi aveva da poco chiamata a sé perché sposassi un suo prezioso alleato, che poi fu il mio primo marito, Llywyd mi disse di non disperarmi per il matrimonio con un uomo tanto privo di cervello (qual'era in effetti Shane O'Neal), perché non sarei rimasta a lungo assieme a lui... Disse che vedeva sangue e fiamme, nel mio futuro, ma anche un trono e una corona... Tuttavia, non volle dirmi altro. A pensarci adesso, sarebbe stato forse carino da parte sua anche avvertirmi che mi sarei invaghita di un mostro che poi mi avrebbe spezzato il cuore e fatto patire grandi sofferenze, come in effetti era accaduto con Kerak. L'avevo pagato caro, quel trono ... Già, proprio caro.
Llywyd era alto, magro, con lunghissimi capelli neri e ondulati che guardati controluce emanavano riflessi bluastri. I suoi occhi, di tre tonalità diverse di blu, andavano da celeste intenso attorno alla pupilla, al blu oltremare fino al blu notte del contorno. La sua natura per metà Sirena si notava, oltre che per la sua bellezza ammaliatrice ancor più forte di quella sidhe, anche per via delle scaglie argentee sparse qua e là per il suo corpo dal candore marmoreo e per via delle orecchie appuntite, caratteristiche di certi fey fra cui Sirene, Pixie e demy-fey. A contatto con l'acqua, poi, le sue lunghe gambe si trasformavano in una meravigliosa coda iridescente.
-"A parer tuo", mio caro amico, oppure hai nuovamente sbirciato fra le trame della sorte?-
Llywyd mi rivolse uno sguardo eloquente.
-Capisco- risposi. -Tuttavia non riesco ancora ad afferrare per quale motivo dovreste aver bisogno di me-.
-Vedi...- Sinead aveva ancora gli occhi lucidi, ma grazie alla Dea aveva smesso di piangere. Se credeva d'impressionarmi con qualche lacrimuccia, si sbagliava di grosso. Si portò davanti a me e con espressione solenne mi spiegò: -Per conferire a mio figlio i poteri che gli saranno necessari per diventare il nostro nuovo re, occorre un potente rituale magico... ma come di certo saprai, noi fey d'America abbiamo perduto molta della nostra antica magia...-.
-Già, l'ho sentito dire-.
-Per cui uno di noi da solo non può praticarlo. Servono quattro magicanti, e ciascuno di essi deve saper padroneggiare un Elemento-.
-I poteri degli Elementi andarono perduti secoli orsono, Sinead, così come la presunta "divinità" di molti di voi!-.
-Lo so, Blàthnaid, ma adesso abbiamo trovato qualcuno che può restituirci tutto questo-.
Sbattei le palpebre, incredula, e mi venne quasi da ridere: -Ah sì?-.
-Sì. La principessa Meredith-.
A quel punto scoppiai a ridere. Talmente forte che dovetti aggrapparmi ai braccioli della poltrona per riuscire a non scivolar giù.
-Oh, nel nome della Dea e del Consorte! Quella piccola fata yankee sarebbe in grado di rendere poteri a creature che hanno cento volte i suoi anni?-.
-Tu non ci credi, vero?- un piccolo demy-fey dall'aria arrogante venne a posarsi sul mio ginocchio. -Eppure ti posso giurare che è la verità: la principessa Meredith ha addirittura trasformato in sidhe il mio amico Sage... -.
-Eh?!- sghignazzai.
-... ed ha restituito i poteri al gwynfor, al Signore Bianco, dio dei Morti-.
L'ultima traccia d'ilarità abbandonò il mio volto: -Vuoi dire che Cromm Cruach è tornato fra noi?-.
-Esattamente-.
Tacqui, e per un istante ripensai al mio sogno sulla Morrigan e sui campi di Erin coperti di sangue come nei tempi antichi.
Presi un bel respiro (perché in effetti cominciava a mancarmi l'aria) e inarcai un sopracciglio: -E perché mai la Dea avrebbe dovuto inondare quella mortale di tanto potere?-.
-Non lo so- rispose Llywyd, -ma ho sentito dire che le abbia addirittura mandato in dono il Calice... Il suo Calice-.
Un brivido freddo mi percorse la schiena: -Ma è uno dei nostri tesori andati perduti...- mormorai, in tono poco più che udibile
-Adesso è tornato-.
Il Calice, che un tempo era stato il Calderone di Dagda**, era magia grezza allo stato puro, un oggetto potentissimo dotato di volontà propria scomparso da Faerie molti secoli prima. Che fosse improvvisamente tornato non mi sorprendeva più di tanto: i manufatti dotati di vita propria andavano e venivano liberamente da questo mondo, lo sapevo fin da bambina; a preoccuparmi, piuttosto, era il perché, dal momento che quando essi si ripresentavano lo facevano sempre per una ragione ben precisa, e anche questo l'avevo appreso secoli addietro.
-Beh...- dissi alla fine, mordendomi lievemente il labbro inferiore per non lasciar trasparire la mia tensione più del dovuto, - allora è chiaro che la Dea si sta avvalendo della principessa Meredith per mostrarci i suoi disegni, qualunque essi siano-.
Il mio sguardo si perse nel vuoto. Rividi me stessa appena adolescente litigare fuoriosamente con mio padre per un matrimonio che non desideravo. Rividi poi zio Mabon, qualche istante più tardi, e il mio maestro Dubdhara parlare con lui dopo che me n'ero andata (o almeno così loro credevano; in realtà stavo origliando da dietro il pesante portone di quercia), e rimproverarlo di non lasciare che seguissi il mio destino, ovvero quello di diventare un adepta della Dea e una grande guerriera che in seguito avrebbe riportato la stirpe dei Fianna all'antico splendore.
Sussultai quando Sinead mi sfiorò il braccio. La trovai inginocchiata davanti a me, bella come non mai, avvolta in un aura di seducente fragilità.
 -Dunque ci aiuterai, sorella?-.
-Non so nemmeno esattamente cosa volete che io faccia-.
Sinead prese un bel respiro, e piantò i suoi strabilianti occhi nei miei: -Tu certo saprai bene che nessun sidhe, mai, ha ben padroneggiato il potere del fuoco. Quel potere era molto più comune fra i Goblin-.
S'interruppe, lanciandomi uno sguardo intenso.
Capii cosa intendeva solo dall'espressione del suo volto.
-Ora comprendo, sorella... ma, nel nome sacrosanto della Dea, Sinead, non voglio credere che tu sia così folle da pensare che io adesso andrei a cercarlo!-.
Sinead prese una delle mie mani fra le sue, la girò dalla parte del palmo e vi posò sopra un bacio; poi se la sfregò contro la guancia, chiudendo gli occhi e lasciando cadere una lacrima giù per il suo volto luminoso. -Blàthnaid, Kerak è la nostra unica speranza, perché è l'ultima divinità del Fuoco rimasta in vita, e inoltre è per metà un sidhe, cosa che rende il suo sangue degno di mischiarsi al nostro-.
-Non la pensavi così quando decisi di diventare la sua sposa-.
Sinead riaprì gli occhi: -Allora non ero disperata come adesso- disse sinceramente. -E poi, Blàthnaid, tu non sai cosa capitò a Kerak, dopo che te ne andasti. Pazzo di rabbia, fece a pezzi Branwyn davanti alla sua Corte e ordinò di cercarti e di riportarti subito indietro; ma nessuno riuscì a trovarti- Sinead lo disse con un certo orgoglio di sorella. -All'inizio pensarono che ti fossi nascosta presso di noi, figurati, e poco ci mancò che scoppiasse l'ennesima guerra. Noi, dal canto nostro, eravamo convinti che fossi morta, perché quando un mortale abbandona Faerie riprende immediatamente tutti gli anni che nel nostro regno di giovinezza rimangono sospesi, e questo era accaduto anche a tuo padre, me lo ricordavo bene. Siccome erano quasi novecento anni che non lasciavi il nostro mondo, pensammo che ti fossi tramutata in polvere e dispersa nel vento. Nostra madre ne pianse fin quasi a perdere il senno; ti ha sempre molto amata, sai?-.
Annuii.
-Nel frattempo, i Goblin si erano stufati del loro re, ridotto all'ombra di sé stesso per amore di una donna sidhe e da lei maledetto per sempre, e dunque gli si ribellarono. Avrebbero voluto ucciderlo, come accade di solito, e banchettare allegramente con le sue carni mentre il nuovo re prendeva possesso del trono... ma, per quanto tentassero di squartarlo, sbudellarlo e lacerarlo, Kerak non moriva. Le sue ferite si rimarginavano ad una velocità sorprendente persino per un Goblin, e nessun colpo d'ascia pareva abbastanza potente da staccargli di netto la testa. Disperati, allora, decisero di fargli fare una fine peggiore: lo inviarono in dono alla regina Andais, perché ne facesse il suo "giocattolino" finché le andava e infine lo trafiggesse con la sua spada, Terrore Mortale-.
Qualcosa si contrasse nel mio stomaco: conoscevo le perversioni di Andais, e non osavo immaginare quanto potesse essersi divertita a torturare un suo antico nemico che per secoli aveva invano cercato di sedurre.
-Così Andais se lo "spupazzò" ben bene: gli strappò le ali e gli sradicò via la coda dalla spina dorsale, e le sue grida giunsero fino alle orecchie di noi Seelie, che restammo sconvolti-.
Fu come se qualcuno mi avesse gettato addosso un secchio di acqua gelata. Sentii i miei occhi riempirsi di lacrime come non facevano da moltissimo tempo, e dentro di me riecheggiò una frase vuota come l'interno di una conchiglia: Che cosa ti ho fatto, amor mio..
Chiusi gli occhi per un istante, e quando li riaprii le lacrime erano sparite.   
-Andais abusò di lui finché Kerak non giunse a implorarla di ucciderlo, e lei decise di accontentarlo. Nessuno si aspettava, però, che persino Terrore Mortale si rivelasse inutile nel tentativo di eliminarlo per sempre-.
Sgranai gli occhi, stupita: -Vuoi dire che nemmeno Andais ha potuto farlo fuori?-.
-No. E la sua rabbia è stata tremenda, credimi. Per più di due secoli, l'ha tenuto chiuso in una gabbia magica all'interno della sua camera da letto. "Il mio diavoletto in gabbia", lo chiamava. Non so esattamente quali e quante umiliazioni Kerak abbia dovuto patire, ma di certo furono immense. Una notte, però, non so come, riuscì a fuggire. Tutti credevano che Andais se lo sarebbe ripreso in men che non si dica, perché lei è la regina dell'Aria e delle Tenebre e riesce sempre a trovarti quando il mondo è ricoperto dal manto nero della notte, invece con lui non ci riuscì, probabilmente per via del potere di Kerak di tramutarsi in pietra all'occorrenza-.
Mi sentii incredibilmente sollevata a quest'ultima notizia. Certo, avevo augurato a Kerak di perdere l'onore e di morire da solo in un paese freddo e desolato dopo mille anni di sofferenze, ma non le avevo certo immaginate così atroci.
-E lui ora dove si trova?-.
-Non lo so di per certo- rispose Sinead. -Già è stato un miracolo ritrovare te... Abbiamo scoperto che non eri morta molto di recente, grazie a una spia-.
La fissai con aria sbalordita.
Sinead sorrise: -Il tuo giardiniere ha la lingua lunga, lo sapevi? E molti cugini in America, anche-.
Bastardo! ringhiai dentro di me. Seamus l'avrebbe pagata cara: se c'era una cosa che detestavo nei miei dipendenti più che la mancanza di cortesia o di affidabilità, era la mancanza di discrezione: puoi essere sgarbato e poco puntuale, ma devi farti i cazzi tuoi! Sempre!
-Ottimo- commentai sarcastica. -In ogni caso... In sostanza io vi servo per trovare Kerak, giusto?-.
Sinead annuì.
-E cosa vi fa pensare che io sappia dove si trova?- replicai, inalberandomi.
-Nessuno pensa che tu sappia dove si trova- replicò dolcemente mia sorella. -Ma di sicuro, sei l'unica che sa come trovarlo. Sbaglio?-.
-No, non sbagli- replicai, dopo un attimo di silenzio.
-E lo farai? Lo farai per noi, per la tua famiglia... per nostra madre?-.
Spostai lo sguardo verso la finestra, ed osservai il boschetto di querce che prendeva quasi l'intera ala est della mia proprietà. Ai miei occhi, apparve nidida l'immagine di una bambina che cercava di evocare sua madre in uno specchio d'acqua. E la madre che invece le compariva alle spalle, bella come un sogno, e la lanciava in aria per poi abbaracciarla, i capelli come seta d'oro che scintillavano al sole. E quella donna meravigliosa odorava di miele, di latte caldo e di fragole. 
-Sì, lo farò per nostra madre, perché non voglio che svanisca- dissi alla fine. -Cercherò Kerak e ve lo porterò in America... Con le buone o con le cattive-. Mi alzai, lisciandomi le pieghe della gonna. Sinead era ancora inginocchiata ai miei piedi, mentre il piccolo demi-fey ora svolazzava attorno alla mia testa.
-Ma sappi una cosa, sorella: una volta che ti avrò portato Kerak, non voglio saperne più niente di questa storia. Tornerò alla mia vita di prima, è chiaro?-.
Sinead non rispose.
Llywyd intervenne: -Lui non te lo lascerà fare, lo sai, vero?-.
-E questo chi te lo dice? Probabilmente, la prima cosa che tenterà di fare non appena mi vedrà sarà quella di uccidermi-.
Llywyd scosse la testa, e intonò un canto della sua terra natale, la Cornovaglia:

Sul mio corpo non ho più controllo
Da che appartiene a lei.
In due parti oramai sono tagliato,
Ora che lei, l'amata, se n'è andata.

Era uno dei miei piedi, uno dei miei fianchi...
Lei, dal viso lucente come biancospino...
Ero più suo che mio,
Era metà degli occhi miei, metà delle mie mani.

Metà del mio corpo,
La torcia appena accesa.
E mi sento sfinito mentre lo dichiaro...
Era metà dell'anima mia.

La voce di Llylwyd era profondissima, e sembrava penetrare ogni recesso del mio spirito. Era una voce magica, la voce di una Sirena... e al tempo stesso, benché fosse completamente diversa, era la voce di Kerak, bassa e un po' roca.
Mi sentii sciogliere come fossi fatta di neve... Lacrime calde mi punsero gli occhi. -Ti prego, non farlo mai più-. E un paio di gocce roventi rotolarono giù per le mie guance gelide.
Llywyd si avvicinò e mi prese per le spalle.
-Credimi, Blàthnaid... Per quanto adesso lui possa dire di odiarti, il suo cuore sanguina ancora per te. Tanto più che ti crede morta. Quando scoprirà che sei ancora in vita...-.
-Tenterà di uccidermi, te l'ho detto- dissi, asciugandomi gli occhi con il dorso della mano in un gesto davvero poco regale.
-Sì, forse è vero- Llywyd sorrise. -Ma sbaglio o fu proprio così che cominciò, fra voi due?-.
-No- lo corressi. -A quel tempo, ero io a volerlo morto. Fui io a tentare di ucciderlo-.
-E non c'è preliminare più erotico, per un Goblin, nevvero?- zio Mabon diede una gomitata a Llywyd, ed entrambi scoppiarono a ridere di pura complicità maschile, mentre io arrossivo di vergogna perché sapevo che quel che loro avevano appena detto era perfettamente vero.







* Merman: così vengono spesso indicati i maschi delle Sirene.
** Calderone di Dagda, o Calderone dell'Abbondanza: secondo le leggende irlandesi è una larga pentola che non si svuota mai e che non lascia mai nessuno affamato, ed è uno dei quattro tesori che i Tuatha Dè Danann (altro nome dei sidhe) portarono con sè in Irlanda.

 

 

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