E' una vita che ti aspetto

di PrincipessaLove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 ***


E' una vita che ti aspetto


Capitolo 01


Quando si incontrarono per la prima volta, Timothée, Timmy per gli amici, aveva dieci anni e si era appena trasferito da Los Angeles a New York con i suoi genitori.
Quando scesero dall'auto, seguiti dal camion dei traslochi, videro per la prima volta la loro nuova casa. New York aveva un nonsoché di misterioso, di affascinante. Era una città molto movimentata tanto che pub e bar erano pieni di turisti e gente del posto.
Timmy era un ragazzotto timido e impacciato e fu l'ultimo a scendere dall'auto dei suoi genitori perché era molto preso da un libro che stava leggendo. A dieci anni non ti interessano i libri, ma i video giochi, giocare a nascondino con gli amichetti, ma per Timmy non furono così i suoi dieci anni. Si chiudeva in camera e leggeva per ore libri di ogni genere e nella vecchia scuola era una specie di genietto.
Sceso dall'auto e sovrappensiero non si era reso conto che li vicino c'era un piccolo campetto da basket e ci giocavano ragazzi che avranno avuto due massimo tre anni più di lui. Un ragazzo dal bell'aspetto e biondo con occhi azzurri lo notò subito. Fece sembrare una cosa casuale il lanciare la palla vicino a Timmy, il quale ancora immerso nel suo libro sobbalzò e fu costretto ad alzare lo sguardo. Quello che vide lo emozionò e lo agitò. Un ragazzo biondo si stava avvicinando a lui a passo molto deciso.
-Mi ridai la palla, perfavore?- Domandò il bel biondo.
-Si, certo.- Rispose Timmy frettolosamente. Prese la macchina che si trovava sotto l'auto. I suoi genitori e sua sorella non videro nulla di quello che stava succedendo fuori tra i due ragazzi. Imbarazzo e vergogna era sul viso di entrambi che seppero mascheralo molto bene.
-Io mi chiamo, Armie. Tu come ti chiami? Sei nuovo?-
Timmy sorrise leggermente perché quel ragazzo gli stava facendo delle domande, si stava interessando a lui.
-Mi chiamo, Timothée ma puoi chiamarmi Timmy. Si ci siamo appena trasferiti da Los Angeles. Quanti anni hai?- Domandò Timmy a sua volta curioso. Era proprio bello quel ragazzo.
-Dodici. Tu sembra più piccolo. Quanti anni hai?- Gli amici lo chiamavano insistentemente perché aveva lasciato la partita a metà.
-Ne ho dieci.- Armie nervosamente gli prese la palla da basket che Timmy aveva esitato a dargli.
-Bene, Timmy. Allora ci si vede in giro.- Gli fece l'occhiolino per poi dileguarsi. Timmy era rimasto colpito da questo ragazzo. Ma lui era un adolescente per lo più maschio e non potevano piacergli i ragazzi, tanto meno quel Armie.
Quando la casa fu messa a posto e ogni stanza era sistemata, Timmy si stese sul letto e pensò. Pensò che forse la palla non era stato casuale che fosse caduta vicina proprio a lui, forse il destino voleva che lui e Armie si incontrassero. Quando si erano scambiati quelle due parole, si erano fissati e studiati per tutto il tempo. Timmy pensava: “Chissà se mai lo rivedrò.”






Passarono, così, sei lunghi anni.
Timmy era diventato un bellissimo giovane uomo di sedici anni. Nei suoi capelli si erano sviluppati dei ricci che piacevano molto alle ragazze del liceo, delle quali a Timmy non importava nulla. Si era inserito bene nel liceo e, fin dalle medie, aveva un gruppo di amici di cui facevano parte: Ansel, Abel e Harry. Quest'ultimo era diventato il suo migliore amico e divennero inseparabili. Harry aveva origini inglesi e benché i due erano gli “stranieri”, questa cosa li aveva uniti.
Armie era diventato ancora più bello. Con gli anni era diventato uno dei più popolari del liceo e si trovava al suo ultimo anno. Era un leader nel gioco del basket e tutte le ragazze lo volevano. Lui e Timmy avevano passato gli anni avvenire senza più parlarsi ma solo a scambiarsi occhiate complici e senza un perché. Timmy si sognava Armie tutte le notti perché era convinto che in quegli sguardi si nascondeva qualcosa di più profondo che Armie aveva paura di affrontare. Era così. Armie aveva paura ad affrontare se stesso perché lo avrebbe portato a essere come Timmy all'inizio del liceo.
Quando iniziò il liceo, per Timmy fu dura. Nonostante era protetto dai suoi amici, tornava a casa tutti i giorni con un labbro rotto o un occhio nero. Il motivo era semplice. Quei bulli avevano capito l'orientamento sessuale di Timmy, che ancora non lo aveva capito, perché passava il tempo a guardare Armie perché voleva avvicinarsi a parlargli e dirgli che quel primo incontro di anni prima se lo ricordava.
Un bel giorno, però, quando andò a scuola deciso a rispondere e a difendersi da tali insulti, gli stessi bulli si scusarono per averlo pestato. Ciò lasciò Timmy sollevato ma perplesso allo stesso tempo.
Si mise per sempre, come credeva, il cuore in pace quando vide che Armie si era messo con Elizabeth, la capo-Cheerleader. Dopo avere passato la notte a piangere, decise che se lo sarebbe tolto una volta per tutte dalla testa e dal cuore.
Armie, al contrario, era spesso chiamato nell'ufficio del preside per la sua condotta e i suoi pessimi voti in matematica e inglese. Viveva solo per il basket, voleva vincere la borsa di studio per il college ma di studiare non ne voleva sapere. Quando usciva dal preside con sua madre, incrociava gli occhi di Timmy e per la vergogna si metteva gli occhiali da sole per nascondersi, la cosa che sapeva fare meglio e che stava facendo da una vita, anche con il bel moretto.
Inaspettatamente, nei giorni successivi si trovava appunti e moduli che gli era d'aiuto per gli esami che avrebbe dovuto affrontare. Pensava: “Un angelo mi sta aiutando. Ma chi?”
Timmy, per lui, era sempre stato una tentazione troppo grande. Ne era attratto ma non voleva che nessuno sapesse. Si vergognava di se stesso e dei suoi sentimenti, di quello che Timmy gli avrebbe fatto provare perché era il più grande nemico di se stesso. Perciò si limitava a guardarlo da lontano e, anche se non gli parlava, sentiva il bisogno di proteggerlo.




In un bel giorno di novembre, quando Timmy aveva un'ora di buco, si rintanava spesso nel suo rifugio, la biblioteca dove poteva studiare in santa pace e non era costretto a vedere Armie amoreggiare con Elizabeth che lo nauseavano.
Si sedette al solito tavolo dove poteva passare inosservato ma quando pensava che nessuno lo aveva seguito....
-Pensavi di esserti liberato di noi?! Eh Elly Belly?- Erano Harry, Abel e Ansel che lo avevano trovato e non perdevano occasione per sfotterlo.
-Eh adesso come faccio a finire il mio libro di trigonometria con voi due rompiscatole?- Risero tutti e tre. La bibliotecaria fece segno di fare silenzio.
Harry prese subito posto vicino a Timmy. Ad Ansel e a Abel era tutto chiaro. Harry Styles era innamorato di Timmy ma l'unico che non lo aveva ancora capito era quest'ultimo.
Scoppiarono a ridere perché Ansel imitava un professore che stava antipatico a tutti. Harry, nel frattempo, giocava con i ricci di Timmy.
-Harry, lascia stare i miei ricci o ti ammazzo. Che hai? E' da giorni che sei strano.- Ridacchiò Timmy. Harry fece finta di non capire e continuò a stuzzicare l'amico. Gli altri due si guardavano con sguardi di intesa.
In biblioteca c'era anche Armie con Louis ed Elizabeth. Il caso fu che avevano anche loro un ora buca. Il loro tavolo era poco distante da i quattro.
Armie guardò Timmy che non lo vide, intento a ridere e a scherzare. Gli parve strano che l'altro riccio vicino a lui che giocava insistentemente con quei ricci, lo fulminò con lo sguardo, come se lo stesse minacciando che Timmy era suo e non doveva guardarlo.
Infastidito, decise di aspettare la fine dell'ora per chiarire con il castano riccio.


-Hai de problemi? Perché mi hai fulminato?-
-Stavi continuando a guardare il mio amico, Timmy se ti ricordi il suo nome. Ti consiglio di stargli alla larga se non vuoi che vada a finire male bello.- Disse tutto ad un fiato che aveva preso Armie per il colletto della camicia e lo aveva spinto contro il muro.
-Si, so come si chiama. Ma lui lo sa di piacerti?- Rigirò la frittata Armie.
Harry mollò la presa. -No, non lo sa.-
-Bene. Allora piccoletto stammi bene a sentire. Allora sono che ti dico che se gli farai del male o lo farai soffrire te la dovrai vedere con me.- Harry aveva gli occhi lucidi perché gli parve più chiaro il comportamento del bel biondo. Era la rappresentazione di se stesso, il suo specchio. Avevano gli stessi atteggiamenti, gli stessi che lo allontanavano da Timmy.
-Perché non gli parli? Lui non aspetta altro.-
-Non è così semplice. In tutti questi anni non sai quante volte avrei voluto. Lui non aspetta altro?-
-Non fare il finto tonto. Hai capito benissimo. Oggi ci ritroviamo al solito pub. Se vuoi vederlo noi siamo li che mi deve dare ripetizioni di inglese.-
Armie sentì il battito del cuore accelerato mischiato alla paura. Si era eccitato perché Harry lo aveva aiutato. Sapeva qual'era il pub che Timmy frequentava e aveva perso molte occasioni per avvicinarsi.
Quello era il suo ultimo anno e voleva viverselo fino in fondo, voleva avere Timmy al suo fianco e lo avrebbe ottenuto.



























Ho iniziato questa nuova fanfiction sugli Charmie. Spero vi piaccia. Ci sono anche brevi accenni anche a Larry Stylinson nei capitoli successivi.
Buona lettura.
PrincipessaLove

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 ***


Si era fatto il pomeriggio.
Timmy era sempre il primo a recarsi nel pub. Le solite sedie e il solito tavolo insieme ai due bicchieri di birra e libri per le ripetizioni di inglese. Il che sembrava strano a Timmy che Harry avesse bisogno di ripetizioni di inglese visto che veniva proprio da Londra. Pensava che forse erano tutte scuse per Harry per raccontargli la serata prima. A scuola non parlavano delle loro cose private, così ne parlavano quando si vedevano nel pomeriggio. Harry sembrava che nascondesse sempre qualcosa ma era la persona di cui si fidava più al mondo e sapeva che era innamorato di Armie. Timmy era gay e lo sapeva solo Harry. Non lo aveva detto a nessuno, nemmeno ai suoi genitori perché aveva paura, paura di non essere accettato. Aveva paura di essere guardato con occhi diversi e che la gente potesse fare in modo di escluderlo o di metterlo da parte. Aveva paura di essere deriso, di essere bullizzato come i primi anni di liceo quando i bulli della scuola lo avevano preso di mira chiamandolo frocio e pestandolo. Si chiedeva come mai gli avessero posto le loro scuse da un giorno all'altro. Il fatto che fosse stato vittima di bullismo gli fece capire che forse era evidente il suo interesse per Armie e non riusciva a nasconderlo. Da quel momento decise di isolarsi e di capire chi fosse. Capì la sua omosessualità.
Si era portato dietro il tablet per cercare gli appunti su internet per potere aiutare meglio il suo amico. Come sfondo del suo tablet aveva una foto Armie con la divisa da basket. In quegli anni non si era mai perso una partita. Notava che Armie posava il suo sguardo su di lui, come se volesse attirare la sua attenzione. Timmy imbarazzato fingeva di leggere il libro che si portava sempre dietro per evitare che qualcuno potesse notare le sue ginocchia e i suoi occhi tremare;senza vederlo, lo sguardo, che prima Armie aveva sorridente, si incupì. Si fece più triste.
Quel giorno il destino gli fece capire che non può sempre fuggire da ciò che si ama perché era quello il sentimento a cui non voleva dare un nome quando vedeva Armie, quando lo sentiva ridere, quando si prestava ad aiutare i suoi amici e talvolta Elizabeth, quando riusciva a scambiare gli sguardi. Sapeva che quello era l'ultimo anno che poteva vederlo e si sentiva con il suo cuore a pezzi che non lo avrebbe più rivisto perché sarebbe partito per il college.
Armie aveva deciso di recarsi al pub quel pomeriggio ed era agitatissimo.
A Elizabeth aveva raccontato una bugia, le aveva detto che avrebbe studiato.
Vide Timmy al suo solito tavolo dentro al pub.
Prima di entrare nel locale volle essere sicuro che Timmy fosse solo.


-Ciao. Stai aspettando qualcuno?- Domandò il bel biondo. Timmy stava sottolineando le frasi importanti che avrebbe dovuto imparare per l'orale di inglese, e quando sentì la SUA voce, alzò lo sguardo ed era LUI. Si Armie era davanti a lui e gli aveva chiesto di sedersi a fianco a lui. Non capiva se stava sognando o fosse la realtà. Armie gli aveva parlato. Si stava sciogliendo letteralmente e il suo cuore palpitò. Riuscendosi a tenere tutti questi sentimenti per sé rispose con:
-Si, dovrebbe venire un mio amico che è già in ritardo di mezz'ora. Comunque se vuoi sederti non mi dispiace.- Armie sorrise maliziosamente. Era già trascorsa mezz'ora e Harry stranamente non era ancora venuto all'appuntamento. Guardò il suo cellulare e vide che aveva appena ricevuto con il suo amico che diceva che non riusciva a venire a causa di un imprevisto.
Timmy appoggiò lentamente il cellulare.
-Stai bene?-Domandò Armie preoccupato.
-Il mio amico mi ha dato buca. Il solito.- Rispose Timmy raccogliendo le sue cose pronto ad andarsene.
-Ti prego, resta. Non sai da quanto desidero parlare con te.- Timmy si era già alzato. Giù di morale, si sentì Armie che gli prese la mano.
-Non sai da quanto aspettavo che mi parlassi.- Riprese posto e i due cominciarono a parlare. Ordinarono due birre e senza rendersene conto passarono tutto il pomeriggio a parlare. Parlarono in un primo momento del tempo, per poi passare alla musica, e spettegolarono ridendo su alcuni buffi compagni di scuola. A loro parve di conoscersi da una vita. Insieme si trovavano bene, a parlare, a ridere anche della cosa più stupida. Erano tremendamente attratti l'uno dall'altro. Il loro umore cambiò radicalmente quando Timmy domandò una cosa a Armie.
-Cosa farai dopo il liceo? Tra pochi mesi non ti vedrò più in quel campo da basket.- Un filo di malinconia si percepì nella voce del più piccolo.
-Voglio vincere la borsa di studio per il Kansas, poi, Timmy voglio essere sincero, io...-
Non riuscì a finire di parlare Armie. Non perché non voleva finire quello che stava dicendo con Timmy ma perché nel locale entrò Elizabeth con il suo gruppo di amiche e lo vide subito seduto vicino a Timmy.
-Amore, ma cosa ci fai qui? Non dovevi essere a casa a studiare?- Elizabeth si precipitò a sedersi in braccio al suo ragazzo e finirono per baciarsi. Quella ragazza era odiosa. Tutta apparenza e poco cervello. Era bella, certo, ma le interessava solo apparire bella e di mostrarsi in pubblico con Armie.
-Aveva bisogno del mio aiuto per il regalo di anniversario.- Rispose Timmy, raccogliendo le sue cose sul serio sta volta.
-Si.... si il tuo regalo...-Con il magone in gola riuscì a dire. -Tim.-
-Tutta a posto.-
Aveva incontrato l'uomo dei suoi sogni e aveva capito che non poteva averlo. Lui non era gay. Era Armie Hammer, il ragazzo di Elizabeth. Gli aveva fatto piacere parlargli almeno una volta nella sua vita e quelle ore trascorse insieme erano state magiche e ovviamente il biondino non lo ricambiava. Continuare a ignorarlo era quello che aveva intenzione di fare. Pensava che in quel periodo Harry si comportava in modo strano. Si sentiva osservato.
Sforzandosi di non pensare ad Armie, non si era reso conto che aveva dimenticato il libro di inglese.
Si ricordò che i suoi genitori erano usciti per cena e sua sorella si trovava da un'amica. Si rintanò in camera sua quando Harry lo chiamò.
-Allora come è andata oggi con il campione del basket?- Harry fu diretto e sincero. Fece capire a Timmy che lo sapeva che si trovava con Armie.
-Eh tu bell'imbusto. Come fai a saperlo che ero al pub con Armie?-
-Diciamo che quando stavo venendo al pub l'ho visto girondolare per un po' attorno al pub fino a quando non ha deciso di entrare.- Timmy spalancò gli occhi incredulo. Credeva che Harry lo stesse prendendo in giro.
-Stai scherzando? Armie non è gay. Almeno, non mi ha fatto capire nulla.-
-Io credo che avete paura tutti e due. Non ho detto che è gay ma era emozionato di vederti.-Sorvolò quello di cui avevano parlato a scuola. Armie era interessato a Timmy e da quello che aveva capito gli piaceva e anche tanto.
-In ogni caso, me lo devo cavare dalla testa. E' arrivata Elizabeth e la magia è finita.- Si rattristò.
-Mi dispiace.- Disse Harry misto contento e misto triste per la notizia ricevuta.
-Io, Timmy, sono contento che non sia successo niente tra voi e che Armie non ci abbia provato con te.-
-Me lo ho fatto capire che gli piacciono le ragazze. Io non gli interesso. Se avesse voluto, sarebbe successo già molto tempo fa'. Poi... Mi spieghi perché sei contento?-
-Perché provo per te quello che tu provi per lui.-
-Harry, non mi prendere in giro. Siamo solo amici, e poi sono io quello gay, tu imbrocchi ogni sera.- Ridacchiò Timmy. Harry, dall'altra parte, aveva le lacrime agli occhi. Gli aveva confessato quello che provava e il suo amico stava ridendo. Così prese la palla al balzo e decise di reprimere i suoi sentimenti.
-Ci sei cascato. Non è vero che sono innamorato di te. Ahahaha. Non mi dire che ci avevi creduto?!- Silenzio.
-Stai attento. Non farti delle illusioni su Armie. Non mi fido di lui.-
-Si mammina. Starò attento.- Ironizzò Timmy ripensando alla sua cotta e alla sua ragazza insieme come due pincioncini. Gli sarebbe piaciuto esserci in quel bacio di quel pomeriggio.
I due amici si salutarono perché Harry doveva cenare.
Timmy si alzò dal letto e si diresse in bagno per farsi una doccia. Cercò di non pensare a Armie. Pensava ai suoi occhi, alle sue labbra, al suono della voce. Si era dimenticato che per tutto il pomeriggio le loro mani si erano sfiorate più volte.
“Era solo un caso che ci sfiorassimo.”
Uscito dalla doccia si asciugò il corpo con un asciugamano e se lo legò in vita e con l'altro finì di asciugarsi i capelli.
Suonò il campanello. Pensò che si trattava di sua sorella che era solita a scordarsi le chiavi di casa. Quando aprì la porta, si sentì pervadere da una strana felicità e si eccitò cercando di nasconderlo.
-Pauline, le chiavi, sbadatella...-
La sua bocca si asciugò.
-Armie...- Il biondo a sentire pronunciare il suo nome dal moretto, sorrise.
-Ti sei scordato il libro al pub... Ti volevo chiedere scusa...-
-Ah il libro. Me ne sono completamente dimenticato... Scusa per cosa?-
Armie si passava le mani tra i capelli scuotendo la testa. Era imbarazzato e non capiva se Timmy faceva il finto-tonto.
-Perché ci ha interrotto. Comunque grazie per avermi “salvato”.-
Di nuovo non capì, Timmy.
-”Salvato” da cosa? Non stavamo facendo niente di male.-
-E' vero. Non stavamo facendo niente di male... Io sono attratto da te da sempre.-
Timmy si fermò mentre continuava ad asciugarsi i capelli con l'asciugamano. Lui e Armie si fissarono negli occhi.
-Ho detto qualcosa che non va'? Scusa, non sarei dovuto venire...-
-Invece hai fatto bene. Ho dei sentimenti anche io da sempre per te... Tu sei il ragazzo di Elizabeth...-
Di punto in bianco Armie pose una domanda a Timmy alla quale rispose solo nei giorni successivi.
-Sei gay, Timmy?- Stupito dalla domanda, abbassò la testa e aveva le lacrime agli occhi.
-Non l'ho ben capito... Tu lo sei?-
-Non lo so.- Preso dall'adrenalina del momento, all'improvviso, prese Timmy dai polsi stringendogli e portò la sua testa sul suo petto e lo strinse forse a se. Timmy chiuse gli occhi perché gli sembrò di vivere in un sogno. Poi alzò lo sguardo e si guardarono negli occhi sfiorandosi con le labbra. Stavano per baciarsi, quando a Timmy tornarono in mente le parole di Harry: “ Stai attento. Non farti delle illusioni su Armie. Non mi fido di lui.”
-Se ci baciamo... Lo sai che dopo non possiamo indietro da quello che siamo e proviamo. Lo sai vero?-
Armie mollò la presa e sta volta si arrabbiò. Aveva capito che il più piccolo pensava che lo stesse prendendo in giro, ma non era così. Elizabeth non contava niente per lui.
-Si hai ragione. Meglio troncarla sul nascere questa cosa.- Parlava l'orgoglio ferito di Armie. Timmy lo aveva messo alla prova e non l'aveva superata. Harry aveva ragione.
-Ciao Tim.-
-Ciao Armie.-
Chiuse la porta e scoppiò per terra a piangere. Armie lo aveva illuso, lo aveva illuso di provare qualcosa. Si era dimostrato il contrario tirandosi indietro a quelle parole del bacio.
Timmy lo amava troppo e questa era l'unica cosa che sapeva in quel momento. Armie, non lo ricambiava e questo lo uccideva. Lo avrebbe baciato lo stesso fregandosene di tutto e tutti ma non ne era attratto da come diceva di essere.









 

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