Sand's made to soil, water's made to wash it away di Soul Mancini (/viewuser.php?uid=855959)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 1 *** I ***
ReggaeFamily
I
Granelli
di sabbia tra i capelli.
Roventi
raggi di sole sulla pelle.
Salsedine
tra le ciglia.
Non
aprivo gli occhi, non mi muovevo. Semplicemente ascoltavo: il
mormorio del mare, degli schizzi in lontananza, il battito del mio
cuore, il vento che sferzava leggermente l'ombrellone e trascinava la
sabbia in una danza lenta.
Il
mare era un luogo così poetico, eppure quando mi trovavo su
una spiaggia non riuscivo mai a scrivere, a dar forma ai miei
pensieri attraverso delle parole, dei versi.
Stavo
dannatamente bene, eppure qualcosa non andava. Amari pensieri mi
vorticavano in mente, lasciandomi l'amaro in bocca.
Percepii
dei passi sul bagnasciuga. Qualcuno stava uscendo dall'acqua; sapevo
benissimo di chi si trattava, poiché su quella piccola
spiaggia c'eravamo solo noi due.
Schiusi
le palpebre, lasciando che il sole mi ferisse gli occhi, e reclinai
leggermente la testa di lato per poter osservare John che, appena
riemerso dall'acqua, si avviava verso di me.
Era
bellissimo: il fisico scolpito e possente, rigato da una miriade di
goccioline, si stagliava contro la distesa azzurra alle sue spalle.
Avevo
sempre avuto l'impressione che chiunque, incorniciato dal mare e
bagnato dalle sue acque, apparisse molto più bello del solito.
“Daron,
non stare al sole. Sei pallido, ti bruci subito” mi disse il
batterista in tono premuroso, squadrandomi da capo a piedi.
Io,
rannicchiato su me stesso sul telo da mare, non accennai a muovermi e
sostenni ancora il suo sguardo dolce e fermo.
In
quegli occhi scuri, ah, quante volte mi ci ero perso!
“Com'è
andata la tua nuotata?” gli domandai, la voce impastata.
“Mi
stai ignorando. È quasi mezzogiorno, vieni sotto l'ombrellone”
mi rimproverò ancora, stavolta con una nota più severa
nella voce.
Si
diresse a recuperare il suo telo da mare e se lo avvolse intorno alla
vita, poi prese posto su una piccola sdraio pieghevole che io avevo
insistito per portare.
Seguii
avidamente ogni suo movimento, captando ogni singola gocciolina che
ancora percorreva la sua pelle. Avrei potuto asciugargliele una a
una.
John
sospirò e prese a osservare il mare, intuendo che con me non
c'era niente da fare.
Continuai
a osservarlo per un po', attesi che fosse completamente distratto,
poi balzai in piedi senza nessun preavviso e mi lanciai addosso a
lui, ridendo. Mi divertivo un mondo a tendergli questi agguati,
sapevo che lui non li sopportava.
Non
appena piombai sul suo torace, John tentò di scacciarmi, ma io
non mollavo la presa e ridevo. Cercai di bloccargli le mani, ma non
ci riuscii. Lui iniziò a sibilare: “Malakian, levati
subito dalle palle! Tra poco quest'affare si rompe, e poi mi hai di
nuovo riempito di sa...”.
Ma
non fece in tempo a terminare la frase che uno scricchiolio sinistro
proveniente dalla sedia ci annunciò la nostra sorte.
Qualche
secondo dopo uno schiocco secco risuonò nell'aria e ci
ritrovammo a terra, tra la sabbia, uno di fianco all'altro. Io ridevo
sguaiatamente, mentre sentivo lo sguardo truce di John addosso.
Mi
afferrò per un braccio e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
“Non c'è un cazzo da ridere, sei un coglione!”
Ma
non appena incrociai le sue iridi, seppi che anche lui era divertito
da quella situazione.
Gli
mollai un piccolo pugno sul petto. “E dai, smettila di fare
l'orso. Il mare serve a questo, no? La sabbia è fatta per
sporcare, l'acqua è fatta per lavarla via” commentai
ancora tra le risate, poi pian piano riuscii a darmi un contegno.
John
mi attirò a sé con delicatezza, ignorando il fatto che
ci trovassimo sdraiati sulla spiaggia, senza un telo da mare a
dividerci da essa. Mi accoccolai al suo petto, posandovi
delicatamente le labbra. Avvertii subito il familiare sapore della
sua pelle misto a quello di salsedine.
Calò
nuovamente il silenzio, interrotto solo dal canto delle onde.
“Bella.”
Sollevai
il capo, curioso. “Cosa?”
“La
frase che hai detto prima.” John puntò i suoi occhi nei
miei.
“Quale?”
“Quella
della sabbia che sporca e l'acqua che lava.”
Scossi
la testa. “Era banale.”
“Potrebbe
essere una metafora. Perché non ci scrivi un testo?” mi
consigliò John in tono dolce, accarezzandomi i capelli. Le sue
dita si scontrarono contro grovigli e granelli di sabbia, ma lui
proseguii con delicatezza, giocando con le mie ciocche scompigliate.
Un
brivido corse lungo la mia schiena.
In
preda a un desiderio incontrollabile, mi accostai al suo volto e
presi a mordicchiargli il lobo dell'orecchio. Lo sentii rabbrividire,
mentre mi stringeva ancora più forte, ancora più vicino
a sé.
Senza
aggiungere una parola, posai le mie labbra sulle sue e cominciai a
far scorrere le dita sul suo braccio, sulla sua spalla, fino a
giungere alla schiena, finché...
Quella
sensazione negativa mi invase nuovamente, più forte di prima,
e mi arrestai di botto.
John
se ne accorse subito e si preoccupò: afferrò le mie
spalle e mi sospinse di qualche centimetro più lontano da lui,
per potermi guardare in viso. “Che c'è? Qualcosa non
va?”
Sbuffai
e cercai di dirigere lo sguardo altrove.
“Daron...”
“Non
è niente!” sbottai in maniera poco convincente.
John
mi conosceva meglio delle sue tasche, sapeva che mentivo. “Non
è vero. Dimmi cos'hai.”
Chiusi
gli occhi. Ammettere qualcosa è più difficile quando
non vedi chi ti sta di fronte. “È che ho paura. Per il
gruppo.”
“Per
i System? Ti preoccupano i fan?” domandò John
pazientemente, scostandomi con delicatezza una ciocca che il vento mi
aveva posato sulla fronte.
“I
fan non lo verranno mai a sapere. Penso a Shavo e Serj, a tutti
coloro che lavorano con noi... e se non riuscissero ad accettare il
nostro rapporto? Non possiamo certo nasconderglielo per sempre.”
Riaprii
gli occhi e trovai John che mi scrutava con un'espressione
concentrata.
“Tempo
al tempo, Daron. Non credo ci sia bisogno di fare una dichiarazione
ufficiale, non ci stiamo sposando. Pian piano se ne accorgeranno e si
prenderanno il loro tempo per assimilare la notizia. Shavo e Serj ci
vogliono bene, non si farebbero mai dei problemi per... questo”
disse con calma.
“Ho
paura che rimangano scioccati.”
“Può
essere, magari non se lo aspettano. Ma non per questo il gruppo verrà
compromesso.”
“E
se...?” Stavo per dare voce al pensiero più tetro tra
tutti, quello che mi dava più da pensare. “E se tra me e
te dovesse finire? Che ne sarà dei System? Che ne sarà
della nostra amicizia?” Soppesai le parole come se stessi
avendo a che fare con delle armi, le pronunciai a bassa voce in modo
che sembrassero meno reali, almeno alle mie orecchie.
John
mi strinse in un abbraccio e mi diede una serie di piccoli baci sulla
fronte. “Sempre il solito. Vivi sereno, ai problemi si pensa
quando si presentano.”
John
era in grado di infondermi fiducia e scacciare le ombre dentro di me
con la sua sola presenza. Lo amavo con tutto me stesso.
Mi
aggrappai alle sue spalle e insinuai il mio viso nell'incavo del suo
collo, per poi prendere a divorarlo.
Il
suo modo di dimostrare piacere così discreto, con gli occhi
socchiusi e le labbra serrate, me lo faceva desiderare ancora di più.
♣ ♣ ♣
Ragazzi,
eccoci giunti al termine del primo capitolo di questo folle
esperimento ^^
Non
so bene cosa dire e cosa aspettarmi dai vostri commenti; in due
giorni ho scritto cinque (brevi) capitoli che pubblicherò pian
piano, spero solo che vi piacciano e di non deludere le vostre
aspettative! Non sono una grande scrittrice di slash e di storie
romantiche, ma quando l'ispirazione chiama Soul risponde :3
Alla
prossima (forse mercoledì prossimo, forse no, chissà!)
♥
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Capitolo 2 *** II ***
ReggaeFamily
II
Invidiavo
Daron che riusciva sempre a dormire.
Di
ritorno dalla spiaggia, aveva affermato che sarebbe salito in camera
sua a fare una dormita. Io invece avevo fatto una doccia ed ero
andato in cerca del resto della band; non trovando nessuno in giro
per l'albergo, supposi che si trovassero in giro o nelle loro camere.
Ora,
sul mio letto con le gambe incrociate, stringevo tra le mani un
libro. La bollente brezza d'estate che entrava dalla finestra
spalancata ogni tanto minacciava di far svolazzare qualche pagina
contro la mia volontà.
Sentivo
un vuoto dentro di me. Quel pomeriggio avrei voluto fare l'amore con
Daron, ma eravamo stati di comune accordo nell'evitare lì in
spiaggia; certo, era stata una fortuna che l'avessimo trovata
deserta, ma nel caso fosse arrivato qualcuno all'improvviso ci
saremmo dovuti tenere pronti a separarci.
Una
volta in albergo gli avevo chiesto di raggiungermi in camera, ma lui
era talmente stanco che non si reggeva in piedi.
Era
comprensibile, in pieno tour.
Ormai
ci avevamo fatto l'abitudine: dovevamo aspettare la notte per stare
insieme senza che nessuno se ne accorgesse.
Ma
Daron quel pomeriggio aveva detto qualcosa di tremendamente vero: non
potevamo nasconderci per sempre. Prima o poi i ragazzi se ne
sarebbero accorti, allora perché continuavamo a stare attenti
che nessuno sospettasse?
Mi
immersi nuovamente nella lettura.
“Ehi.
Com'è che la porta era socchiusa?”
Una
voce all'interno della stanza mi fece sobbalzare. Sollevai lo sguardo
e trovai Daron, a piedi nudi e con in dosso degli abiti leggeri,
poggiato allo stipite della porta.
“Come
sarebbe a dire?” borbottai stupito. Eppure mi ricordavo di aver
chiuso la porta quando ero entrato.
Mi
appuntai mentalmente il numero della pagina a cui ero arrivato e
abbandonai il libro sul letto; mi diressi verso la porta e diedi
un'occhiata alla maniglia. “La serratura deve avere qualche
problema, dopo lo faccio presente alla reception. Magari mi cambiano
di stanza.”
Daron
richiuse con cura la porta, controllando che non si aprisse da sola,
poi si voltò verso di me con un sorriso malizioso. “Magari
ti trasferiscono nella camera 322” insinuò, facendo
oscillare in aria la chiave con quello stesso numero in bella mostra.
Mi
sedetti nuovamente sul letto. “Tu non stavi dormendo?”
“Ho
sonnecchiato un po', poi mi sono svegliato e non sapevo che fare. Ma
mi è bastato per riprendere le forze.” Il chitarrista
mosse qualche passo nella stanza: si avvicinò alla finestra e
osservò il panorama per qualche secondo, poi si voltò e
prese a fissarmi.
Io
sostenni il suo sguardo. Ancora non l'avevo invitato ad affiancarmi,
volevo vedere fino a quando avrebbe resistito.
Dopo
qualche secondo, Daron cedette e con un paio di passi raggiunse il
letto. Si scaraventò sul materasso, rannicchiandosi e posando
la testa sul cuscino.
“Sto
ancora pensando alla sdraio...” Sghignazzai.
“Dai,
l'avevo presa per l'occasione a qualche dollaro. In ogni caso non ce
la saremmo potuta portare in tour.”
“Che
so, magari ti sarebbe servita sul palco, per riposare le ossa...”
lo presi in giro.
Tutti
noi ci divertivamo a dirgli che era invecchiato perché ormai
durante i concerti non faceva più la trottola come ai vecchi
tempi.
Daron
mi lanciò un piccolo calcio. “Vieni qui?” mi
chiese poi in tono indifferente, battendo una mano sul materasso
vuoto accanto a sé.
Sapevo
dove voleva andare a parare.
“Non
ci stiamo” gli feci notare in tono ovvio, con il solo intento
di provocarlo.
Daron
afferrò il mio braccio e mi trascinò giù; in
pochi secondi mi ritrovai con la schiena contro il materasso e Daron,
sopra di me, premuto addosso.
“Adesso
ci stiamo!” esclamò in tono soddisfatto, per poi
intrappolarmi le labbra in un bacio.
Non
aspettavo altro.
Feci
scorrere le dita tra i suoi capelli lunghi, ancora umidi dopo la
doccia, e lasciai che essi solleticassero le mie mani anche mentre
gli accarezzavo la schiena.
Era
così bello starsene così, in pace, a coccolarsi a
vicenda.
Daron
si staccò da me e io lo osservai per qualche secondo. Adoravo
il suo viso così dolce e buffo, circondato da quei capelli
costantemente arruffati. Ma ciò che ogni volta mi colpiva di
più erano i suoi occhi, così grandi e soprattutto così
vivi ed espressivi, in cui scorreva tutta la sua anima come il
continuo divenire di un fiume.
Mi
veniva voglia di tempestarlo di baci, e così feci. Per lui,
oltre che un profondo amore, provavo anche una grande tenerezza e un
enorme rispetto. Per quanto in quel momento lo desiderassi con tutto
me stesso, non riuscivo a essere del tutto accecato dalla bramosia.
Dovevo prima prendermene cura con dolcezza, fargli capire quanto
fosse prezioso per me, che per me fare l'amore con lui significava
molto più del semplice sesso.
Lo
aiutai a liberarsi della maglietta, scostando piano la stoffa dalla
sua pelle e tirandola su. Subito presi a carezzargli il petto,
facendolo rabbrividire.
“Vuoi
che chiuda la finestra?” gli domandai, lanciando un'occhiata
alla luce arancione del tramonto che pian piano iniziava a tingere
l'intera camera.
“Ma
piantala di dire stronzate!” fece lui tra i sospiri,
avventandosi sulle mie spalle.
Ci
spogliammo e ci abbandonammo alla passione, dimenticando tutto il
resto.
E
a ogni bacio, a ogni carezza, il mio amore per Daron cresceva sempre
più.
♣ ♣ ♣
Ciao
ragazzi ^^ Oggi scrivo queste NdA, oltre per ringraziarvi della
presenza e del supporto, anche per fare degli uuguri di compleanno!
Come sicuramente saprete, oggi 18 luglio 2018 il nostro Daron compie
quarantatré anni! Auguri chitarrista mio, che questi anni si
possano triplicare *-*
Gli
dedico quindi questo capitolo, breve e un po' sgangherato, ma
comunque scritto con il cuore! Regalo un po' singolare, me ne rendo
conto... e ho come il sospetto che lui non lo gradirebbe molto, ma
vabbè XD
E
voi, adorati lettori che state appresso alle mie follie, fatemi
sapere cosa ne pensate di questo mio strambo e coraggioso esperimento
:3
Alla
prossima!!! ♥
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Capitolo 3 *** III ***
ReggaeFamily
III
John
e Daron erano spariti già da un pezzo e io mi domandavo dove
diamine si fossero cacciati. Erano usciti insieme di mattina e da
allora non li avevo più incrociati per i corridoi
dell'albergo.
Mi
chiesi come potessero spendere la loro giornata libera in giro, nel
bel mezzo di un tour sfiancante; dal canto mio, mi ero rinchiuso in
camera a dormire e buttare giù qualche frase e qualche schizzo
su un blocco.
Nel
tardo pomeriggio, però, Shavo mi aveva mandato un messaggio e
mi aveva chiesto di vederci in un bar subito fuori dall'albergo, dato
che si stava annoiando.
Avevo
appena lasciato la mia stanza e camminavo lungo il corridoio, quando
notai che la porta della camera di John era socchiusa e dal sottile
spiraglio filtrava la luce del tramonto.
Che
fosse rientrato e non ci avesse avvertito? Magari gli avrei potuto
chiedere se voleva unirsi a me e il bassista.
Mi
accostai e sbirciai, per verificare se effettivamente il mio amico
fosse nella stanza.
Ciò
che vi trovai mi lasciò senza parole.
Sbiancai
e mi portai una mano sulla bocca, come se temessi che dalle mie
labbra potesse uscire qualche suono.
John
era supino sul letto e accarezzava con delicatezza i capelli e la
schiena di Daron; quest'ultimo si trovava sdraiato su di lui e
premeva le labbra su quelle del batterista.
Mi
ritrassi, per paura che si accorgessero della mia presenza. Non li
volevo disturbare né spaventare.
Ora
tutte le tessere del puzzle cominciavano ad andare al loro posto.
Prima
di allontanarmi, richiusi con cautela la porta. Chissà come
mai era rimasta aperta, forse i due non se ne erano accorti.
Giunsi
al bar sovrappensiero.
In
effetti avevo notato, ultimamente, una strana elettricità
intercorrere tra John e Daron. Non era facile intuire che tra loro
qualcosa era cambiato, dato che il loro rapporto era sempre stato
molto forte.
E
se questa faccenda andasse avanti da più tempo di quanto
immaginassi? In fondo non potevo sapere quando fosse cominciata.
In
ogni caso ero contento. Certo, non me lo aspettavo e quella scoperta
mi aveva lasciato un po' scioccato, ma l'idea di una relazione tra
Daron e John non mi dispiaceva. I loro caratteri erano sempre stati
complementari, si erano sempre capiti al volo e avevano passato
insieme tantissimo tempo.
Mentre
riflettevo e passavo tra i tavolini, quasi non mi accorsi di Shavo
che, da un angolino un po' più appartato, si sbracciava per
attirare la mia attenzione.
Lo
raggiunsi in fretta e mi sedetti al tavolino, di fronte a lui.
“Serj,
hai una faccia... cos'è successo?” mi domandò
inarcando un sopracciglio.
Scrollai
le spalle. “Mah, niente, sarà solo un po' di
stanchezza...”
Ancora
non mi sentivo di raccontare al bassista la scena che avevo scorto;
sarebbe venuto fuori a tempo debito.
“John
e Daron non si sono ancora visti? Gli ho mandato decine di messaggi,
ma non hanno risposto” chiese Shavo, armeggiando distrattamente
col suo cellulare.
Mi
dovetti concentrare per non portare fuori qualche faccia strana.
“Mi
sa che vado a cercarli nelle loro stanze, magari hanno voglia di
unirsi a noi per la cena” decise il bassista, scostando la sua
sedia dal tavolo e mettendosi in piedi. Era preoccupato per i nostri
amici, glielo potevo leggere negli occhi anche se non lo ammetteva.
“Ehm,
Shavo...” cercai di fermarlo, allungando una mano nella sua
direzione.
“Che
c'è?”
“Io
penso che Daron e John vogliano essere lasciati in pace.”
Shavo
mi lanciò un'occhiata allucinata e prese nuovamente posto
sulla sedia. “Ah... quindi li hai trovati?”
Tanto
valeva dirglielo; se fosse andato a cercarli, lo avrebbe capito da
solo e forse sarebbe stato peggio.
“Sì”
ammisi. “Erano in camera di John...”
“E
come mai non ce l'hanno detto?”
“...e
si baciavano.” Pronunciai in fretta quelle parole, non sapendo
che reazione avrebbero provocato nel mio amico.
Shavo
si lasciò sfuggire un rantolo strozzato. “Sei serio?”
Mi scrutò attentamente per capire se nel mio viso ci fosse
l'ombra di qualche scherzo.
“Non
è uno scherzo, Shavo. Ti consiglierei di andare a verificare
con i tuoi stessi occhi, ma non so se ti conviene.”
Ero
serissimo, e il mio amico l'aveva capito.
“Oh
cazzo, John e Daron...” biascicò, ma fu interrotto
dall'arrivo della cameriera.
La
ragazza prese le nostre ordinazioni e si dileguò in fretta.
Al
nostro tavolo calò il silenzio per qualche secondo.
“Sai
Serj,” disse poi Shavo, “un po' me l'aspettavo. Avevo dei
sospetti da qualche tempo: stavano sempre vicini, a volte si
isolavano dal resto del mondo, si scambiavano occhiate complici...”
Parlava
con un tono calmo e pacato, non sembrava affatto sconvolto. La cosa
mi sorprese, dato che conoscevo bene Shavo e sapevo quanto potesse
essere impulsivo e imprevedibile.
“Secondo
te da quanto va avanti?” gli domandai.
“Mesi,
sicuramente. Azzarderei anche un anno, ma non so... Tu che ne pensi?”
Mi
strinsi nelle spalle. “Sono felice per loro. Sinceramente credo
che questo rapporto faccia bene a entrambi. Tu?”
“Credo
che non sarà poi così diverso dal solito. Insomma, già
vivevamo come se fossimo quattro sposati!” Ridacchiò.
“Concordo.
Ah, ovviamente che rimanga tra noi: loro non sanno che noi sappiamo”
lo ammonii.
“Non
ti preoccupare!”
Il
giorno seguente giunse in fretta, e così anche il momento di
salire sul palco per il concerto.
Mentre
attendevamo che i tecnici ci dessero il via libera, me ne stavo in un
angolino a osservare il viavai del backstage insieme a Shavo.
Daron
e John si trovavano qualche metro più in là, accanto
alla grande apertura che conduceva sul palco. Parlavano e scherzavano
tra loro: Daron si agitava e torturava la tracolla della sua
chitarra, mentre John era rilassato e teneva tra le mani una
bottiglietta d'acqua da mezzo litro.
Evitai
di fissarli in continuazione, ma ogni tanto davo una sbirciata nella
loro direzione con la coda dell'occhio.
Mi
sfuggì un sorriso quando vidi John che rubava il cappello al
chitarrista, gli scompigliava affettuosamente i capelli e rimetteva
l'oggetto al suo posto. Daron, fintamente offeso, gli diede una
scherzosa spallata, facendo oscillare pericolosamente la sua
chitarra.
Anche
Shavo aveva assistito alla scena. Ci scambiammo un'occhiata complice.
“Non
sono tenerissimi?” commentò il bassista sottovoce.
Risi
e gli mollai un pugno sul braccio.
Proprio
in quel momento ci annunciarono che tra qualche minuto saremmo saliti
sul palco.
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Capitolo 4 *** IV ***
ReggaeFamily
IV
“John,
ma tu hai capito dov'è il ristorante che ha detto Shavo?”
“Vivi
in questo posto da quando sei nato e ancora non ci hai capito
niente.”
“Che
posso farci se non mi hanno dotato di senso dell'orientamento? E poi
Los Angeles è grande, non la posso conoscere tutta!”
“Ora
mi faccio mandare la localizzazione da Shavo.”
Con
i gomiti poggiati sul piano del tavolino e il mento sui palmi delle
mani, osservavo John che armeggiava con il suo cellulare. Di certo
era più abile di me, che non sapevo neanche cosa fosse questa
localizzazione da inviare.
Shavo
aveva deciso di invitare noi del gruppo e dello staff in un
ristorante che aveva da poco scoperto e che, a detta sua, dovevamo
assolutamente provare. Il tour era finito da un pezzo e io sapevo che
aveva nostalgia di tutti noi.
John
aveva deciso di scendere a Los Angeles, sia per partecipare alla cena
che per passare un po' di tempo con me.
Avevamo
deciso di prendere un aperitivo insieme prima di recarci sul luogo, e
ora sedevamo a un tavolino di fronte al mare.
“Okay,
non è molto distante da qui” annunciò John
lanciando uno sguardo al display del suo cellulare, poi lo ripose in
tasca e prese a osservarmi.
“Smettila
di fissarmi così” gli intimai, leggermente a disagio.
“Serj
e Shavo sanno tutto.”
Rimasi
a bocca aperta. Impallidii, poi scossi il capo, poi sbottai: “Come
sarebbe a dire? Oh cazzo, glielo hai detto tu?”.
Io
e John avevamo chiarito la questione già in precedenza, i
ragazzi prima o poi l'avrebbero scoperto e l'avrebbero dovuto
accettare: noi due stavamo insieme, era così e basta.
Allora
perché a quella notizia ero completamente entrato nel panico?
Forse speravo che quel momento fosse ancora lontano, avevo paura di
scoprire le reazioni dei miei amici.
Mi
battei una mano sulla fronte e sbuffai.
“Daron,
calmati. Ci sono arrivati da soli, okay? L'ho notato già da un
po': si lanciavano occhiate complici e facevano di tutto per
lasciarci da soli, poi qualche giorno fa io e Shavo parlavamo al
telefono e ha sputato il rospo” spiegò con calma John
con un'espressione serena in volto. Cercava di tranquillizzarmi.
Ma
io ero sempre più agitato. “Oh merda... e cos'ha detto?”
Il
batterista sospirò. “Daron, cosa ti preoccupa di
preciso? Serj e Shavo non sono omofobi e soprattutto ci vogliono
bene, perché hai paura della loro reazione?”
Bella
domanda, non lo sapevo nemmeno io. “Dimmi cosa ti ha detto
Shavo!” sbottai, afferrando una bustina di zucchero dal
contenitore di fronte a me e torturandola. Qualche secondo dopo, a
furia di essere tirata e torta, la carta si stracciò e lo
zucchero si riversò sul tavolo. Qualche granello mi volò
addosso e si sparse a terra.
“Daron!”
John allungò una mano e la strinse forte attorno alla mia. Il
suo tocco fu subito in grado di rilassarmi e rassicurarmi, era come
un sedativo. “Shavo è contentissimo per noi, ha iniziato
a blaterare su quanto fossimo carini e teneri insieme. Ormai sia lui
che Serj hanno assimilato la notizia.”
Trassi
un profondo respiro e tenni gli occhi fissi sulla chiazza bianca di
zucchero sul piano grigio del tavolino.
“Tu
ti preoccupi troppo di ciò che gli altri potrebbero pensare di
te,” proseguì John, “io ti conosco e so che non è
da te. Come mai? Ti vergogni?”
“Io
non mi vergogno e non mi interessa quello che pensano gli altri!”
ribattei piccato. Forse perché ero consapevole che invece era
proprio così.
“E
allora perché hai ritratto la mano?”
Inizialmente
non capii di cosa stesse parlando, poi mi resi conto che già
da qualche secondo avevo liberato la mia mano dalla sua stretta e
avevo incrociato le braccia al petto.
Perché
lo avevo fatto?
Abbassai
il capo, sempre più confuso e incazzato con me stesso. Tutti
avevano accettato la relazione tra me e John. Tutti tranne me.
Così
non andava. Stavo ferendo la persona che amavo di più al mondo
e mi sentivo una merda.
“Non
lo so, John. Non ero mai capitato in una situazione del genere”
ammisi, poi finalmente alzai lo sguardo e puntai i miei occhi dritti
nei suoi. Dovevo riscuotermi, scusarmi e tornare a essere il Daron di
sempre, quello che decide per sé e non rende conto a nessuno,
quello pronto a soffrire tutta la vita per far stare bene le persone
che ama. Mi ero posto troppi problemi e paranoie per quella
situazione. Perché, poi? Si trattava solo di sentimenti,
qualcosa di così genuino e spontaneo.
John
sostenne il mio sguardo, in attesa che dicessi qualcosa.
“Hai
ragione, John, e io sono un coglione. Non siamo né assassini e
né stupratori, non abbiamo commesso nessun reato e non abbiamo
nulla da nascondere. Come ho fatto a dubitare di Serj e Shavo?”
Allungai entrambe le mani sul tavolo, riempiendomi le braccia con lo
zucchero che ancora non ci eravamo preoccupati di pulire, e afferrai
quelle grandi e forti di John. “Sei arrabbiato con me?”
domandai, mettendo su un'espressione da cucciolo bastonato.
Lui
scoppiò a ridere e intrecciò le sue dita tra le mie.
“Se mi arrabbiassi ogni volta che dici o fai qualche stronzata,
ti avrei lasciato perdere anni e anni fa!”
Mi
sciolsi finalmente in un sorriso e, per la prima volta dopo mesi, mi
sentii veramente libero. Solo allora capii che la paura del parere
altrui nasceva da una mia insicurezza, e capii anche che contro
quell'insicurezza ci avrei lottato con tutte le mie forze. Lo avrei
fatto per John.
“Ti
ho mai detto che quando sorridi sei troppo tenero?” se ne uscì
John, sorprendendomi; raramente si lasciava andare a frasi dolci, ciò
che provava preferiva dimostrarlo.
Osservai
le sue guance in fiamme e il suo viso così dolce, quindi
sorrisi ancora di più. Era in quei momenti che sentivo di
amarlo davvero tanto, quando si mostrava così vulnerabile ed
emotivo.
Tra
le risate, sciolsi l'intreccio delle nostre mani, mi alzai e mi
precipitai dentro a pagare il conto prima che lui potesse protestare.
Ma
mentre passavo accanto a lui non resistetti e gli stampai un piccolo
bacio sulla fronte.
Camminavamo
fianco a fianco, diretti alla mia macchina, pronti alla cena con
Shavo e tutti i nostri amici.
Non
avevamo voglia di parlare, ci bastava stare vicini per dirci tutto.
Io
osservavo il sole che, in procinto di scomparire oltre l'orizzonte,
si specchiava nelle quiete acque del mare e tingeva tutto di rosso.
Il
tramonto era uno dei miei momenti preferiti, proprio perché
adoravo il rosso.
Ero
talmente perso nei miei pensieri che non mi ero reso conto di essermi
fermato in mezzo al marciapiede, incantato da quello splendido
spettacolo naturale. Mi resi conto di ciò che stava succedendo
solo quando John mi attirò a sé e mi abbracciò
con trasporto.
Mi
strinsi a lui, poggiai la testa sulla sua spalla, inspirai il suo
profumo e mi abbandonai contro il suo corpo così accogliente e
protettivo.
Non
esisteva un luogo in cui potessi stare meglio di così.
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Capitolo 5 *** V ***
ReggaeFamily
V
Osservavo
l'oscurità di fronte a me.
Gli
accarezzavo i capelli, la schiena, le braccia, mentre lui stava
accoccolato con la testa sul mio petto.
Era
sudato sulla fronte e sul collo, ma dormiva così profondamente
che non se ne accorgeva.
Io
non riuscivo a fare altrettanto, non avevo sonno e combattevo contro
il caldo.
Lo
avevo sempre pensato: Daron sembrava un angelo quando dormiva; si
rilassava completamenti, il suo viso era completamente disteso. A
volte metteva su delle inconsapevoli smorfie, a seconda del sogno che
stava facendo.
Adoravo
il suo modo di essere così espressivo. Osservarlo mentre
riposava, ma in generale mentre faceva qualsiasi altra cosa, era come
contemplare un quadro: aveva mille sfaccettature, trasmetteva forti
emozioni attraverso i suoi colori, poteva assumere molteplici
significati.
Peccato
che non me la cavassi troppo bene con la pittura, altrimenti avrei
messo su tela ciò che Daron mi trasmetteva, lo avrei
rappresentato con pennello e colori.
Mi
accorsi che il chitarrista si stava agitando, forse in preda a un
incubo.
Con
cautela, lo strinsi un po' più forte a me e gli posai le
labbra sulla fronte. Volevo fargli capire, anche attraverso il sonno,
che io ero lì con lui e che poteva stare tranquillo.
Funzionò:
Daron dopo qualche secondo si rilassò nuovamente contro di me
e continuò a dormire indisturbato.
Io
afferrai una ciocca dei suoi capelli e presi ad arrotolarmela tra le
dita.
Mi
piaceva stare così, a vegliare sul suo sonno come un angelo
custode e coccolarlo un po'.
Mai
e poi mai avrei permesso che gli succedesse qualcosa di male. A
volte, quando stavamo lontani, entravo in apprensione e mi veniva
voglia di chiamarlo più spesso del solito per sapere come
stava, ma non volevo nemmeno sembrare troppo invadente.
Il
punto era che sapevo quanto Daron riuscisse a cacciarsi nei guai,
sapevo che a volte si trascurava, a volte gli si dovevano ripetere le
cose mille volte come una mamma farebbe con un bambino.
Cercai
di sistemarmi meglio nel letto senza svegliare Daron e ci riuscii.
Ripensai
alla cena di quella sera. Era andata alla grande, avevamo mangiato
molto bene e ci eravamo divertiti: come sempre, l'avevamo finita a
riportare fuori aneddoti del tour appena passato e di quelli
precedenti.
Io
e Daron eravamo finiti in due punti diversi del tavolo e la cosa non
ci aveva creato alcun problema: né io né lui eravamo
estremamente appiccicosi, anzi, quando stavamo tra amici ci
adattavamo alla situazione e ci comportavamo come tali.
Serj
e Shavo non avevano portato fuori l'argomento nemmeno quando eravamo
usciti per fumare, noi quattro dei System da soli. Non avevano
nemmeno modificato il loro comportamento nei nostri confronti, segno
che per loro non era cambiato proprio niente e ci avevano accettato
senza battere ciglio.
Una
volta a casa di Daron, dove avrei alloggiato quella notte, avevamo
fatto un sacco di cose: avevamo cercato qualcosa da guardare in tv
con scarsi risultati, ma ero arrivato a piangere dalle risate per i
commenti che Daron portava fuori a proposito di programmi e film che
trasmettevano. Poi lui aveva afferrato la sua chitarra, affermando di
volermi fare un concerto romantico, e l'aveva finita a distorcere i
testi delle canzoni col solo scopo di prendermi per il culo.
Infine
avevamo fatto l'amore, senza però riuscire a smettere di
ridere.
Certo
non eravamo la coppia più romantica del mondo, ma una cosa era
certa: sapevamo come divertirci.
Mentre
passavo con delicatezza le dita sulla tempia destra di Daron,
asciugandogli il sudore, mi venne in mente che quella sera era parso
più tranquillo e rilassato del solito. Forse la chiacchierata
al bar gli era servita davvero.
Volevo
che capisse che non stava facendo nulla di sbagliato, semplicemente
ci amavamo e se qualcuno non lo accettava non era un problema nostro.
Io
ero sicuro di ciò che facevo e provavo, ma capivo che Daron
necessitava di un po' di tempo: non riusciva ad assimilare subito le
sue emozioni, non gli era mai capitato di innamorarsi di un ragazzo e
doveva ancora capire se stesso in questo nuovo contesto.
Se
lui aveva bisogno di pazienza, io ne avevo da vendere.
Daron
cominciò a muoversi nel sonno e si rigirò, finendo con
il fianco contro il materasso, accanto a me.
Incredibile:
era sempre in movimento, pure nel sonno, come una trottola impazzita.
Subito
sentii la mancanza del suo corpo sul mio petto e tra le mie braccia.
Non volevo stargli lontano.
Stavolta
fui io ad accucciarmi accanto a lui, posando la testa contro il suo
petto.
Sorrisi
tra me, nell'oscurità.
Io
e lui in fondo eravamo come il mare: lui era la sabbia e io ero
l'acqua.
Di
qualsiasi demone o cattivo pensiero si fosse macchiata la sua anima,
io sarei sempre stato pronto a lavarlo via. Non avrei mai permesso
che qualcuno o qualcosa lo facesse stare male.
♣ ♣ ♣
Ragazzi!
Non
ci credo che siamo giunti alla fine anche di quest'avventura! Ormai
questa storia mi era entrata nel cuore e dover porre l'ultimo punto
mi fa quasi male! Ma la signora Ispirazione ha voluto che io
scrivessi questi cinque capitoli in questo modo, di questa lunghezza,
raccontando questa vicenda... e chi sono io per andarle contro?
Mi
mancheranno tanto Daron e John in questa veste, mi mancherà la
dolcezza che intercorre tra i due, mi mancherà la spontaneità
con cui ho buttato giù il racconto e che poi si è
riversato nel racconto stesso... ma non temete, nulla mi vieta di
scrivere un'altra Jarohn! Dovrò aspettare soltanto l'idea
giusta!
E
ovviamente mi mancheranno le recensioni dei miei adoratissimi
lettori, che riescono sempre a darmi quella botta di energia e
fiducia fondamentale! Grazie ad alessandroago_94. Kim
WinterNight e Selene1990 per aver recensito con entusiasmo
e sincerità tutta la storia, e grazie a StormyPhoenix
per aver fatto un salto da queste parti e avermi dato il suo parere!
Ragazzi, ma io dove sarei senza di voi? Se Soul esiste e continua a
scrivere, il merito è quasi tutto vostro :3
Un
abbraccio a tutti e vi do appuntamento alla prossima avventura, che
spero vi possa coinvolgere e appassionare quanto e più di
questa!!! ♥
...e
grazie, grazie, grazie anche ai fantastici John e Daron, perché
sono quel che sono e perché anche il solo pensare a loro mi fa
sorridere e stare bene *-*
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