My lovely disaster di Fayer_Siren (/viewuser.php?uid=886894)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I demoni del passato ***
Capitolo 2: *** Una scelta sbagliata ***
Capitolo 3: *** Errore di calcolo ***
Capitolo 4: *** La ragazza indesiderata ***
Capitolo 5: *** Il bivio ***
Capitolo 6: *** Un fragile legame ***
Capitolo 7: *** Dubbi di massa ***
Capitolo 8: *** Il travestimento perfetto ***
Capitolo 9: *** L'inizio della tragedia ***
Capitolo 10: *** Il deterioramento della mente ***
Capitolo 11: *** La verità ***
Capitolo 12: *** Il terrorista smascherato ***
Capitolo 13: *** La fine ***
Capitolo 1 *** I demoni del passato ***
my lovely disaster 1
Prologo
I demoni del passato
-Clive! Clive ti prego aiutami!-
Urla strazianti. Era tutto ciò che il ragazzo riusciva a
percepire. Le palpebre si rifiutavano di rimanere aperte: una luce
accecante avvolgeva la sua esile figura, impedendogli anche solo di
osservare per un attimo ciò che stava accadendo in sua presenza.
Poco dopo tutto cadde nella confusione più totale. Grida, il
motore di un auto, un forte odore di sangue che gli fece salire in
gola un conato di vomito. Deglutì a fatica, iniziava a sudare
freddo. Il cuore gli batteva ad una velocità fuori dal normale,
aveva iniziato a girargli la testa. All'improvviso, buio.
Clive si alzò precipitosamente dal letto, ansimando come un
maratoneta dopo una lunga corsa. Si mise una mano sul petto, come a
voler rallentare il suo battito cardiaco. Le quattro pareti della sua
camera lo tranquillizzarono, calmando di poco il suo stato irrequieto.
-Di nuovo quel sogno...- Disse tra sé e sé il giovane,
sedendosi sul morbido materasso del suo letto. Il cuscino era pregno di
sudore, così come le lenzuola. -Appena si fa giorno
cambierò le federe... Accidenti, è già la seconda
volta in una settimana che succede-.
Una volta ripreso il controllo del suo corpo, Clive si alzò
nuovamente e uscì dalla stanza. Si ritrovò nel lungo
corridoio; non gli era mai piaciuto percorrerlo di notte, aveva un'aria
sinistra che, nonostante i diversi anni passati nella villa, lo aveva
sempre intimorito. Per sua fortuna non dovette restarci a lungo: la
stanza che cercava era a solo una porta di distanza dalla sua.
Entrò con cautela, cercando di non emettere alcun rumore.
-Eccola lì. Sembra stare bene-
Non riusciva a spiegarsi il perché, ma ogni volta che quello
strano incubo si presentava, sentiva il bisogno di andare a controllare
lo stato di salute della ragazza.
-Helen...- Persino lui fece fatica a sentire il suo stesso sussurro.
Ormai la sua figura distava di pochi centimetri dal letto della
giovane, ignara della presenza dell'amico. Si inginocchiò e,
avvicinandosi al viso di lei, pronunciò la frase -Domani
è il grande giorno, ti prego, sii forte e cerca di non rovinare
tutto-. Ammise a se stesso che non erano parole molto incoraggianti, ma
sapeva che non avrebbe potuto dire altrimenti. Per quanto le volesse
bene, il suo problema si era sempre rivelato un ostacolo troppo alto da
superare. Aveva progettato tutto nei minimi dettagli, per nulla al
mondo qualcosa sarebbe dovuto andare storto.
Clive si avvicinò ancora di più al volto della ragazza e le scoccò un
piccolo bacio sulla fronte, per poi tornare nella sua camera nello
stesso silenzio con cui era arrivato.
***
-Buongiorno Clive!- cinguettò una voce. Aveva ancora gli occhi
chiusi, ma non era necessario essere reattivi per riconoscerne il
proprietario.
-Buongiorno Helen...- rispose lui con voce roca. Sentiva la pesantezza
della notte precedente sulle palpebre e il suo corpo si rifiutava di
muovere un solo muscolo. Helen sembrò accorgersene e
portò le mani sui fianchi con fare materno.
-Insomma, oggi incontreremo il professore e il suo assistente. Dovrai
essere in forma smagliante, non puoi permetterti di dormire! Inoltre ho
già preparato la colazione. Se non ti sbrighi si
raffredderà-. A quel punto il ragazzo si sforzò di
mettersi a sedere, aprendo gli occhi e posando lo sguardo sulla figura
della ragazza. I suoi capelli castani erano già sistemati in una
precisa mezza coda, con un ciuffo di capelli appositamente sistemato da
Helen per coprire l'occhio destro. -Perché si acconcia i capelli per poi coprirsi un occhio? Non lo capirò mai...-
pensò tra sé ancora assonnato. L'altro occhio, di una
delicata tinta nocciola, teneva fisso lo sguardo sulla figura scomposta
del giovane. L'amica indossava una camicia rosa confetto e una gonna
violacea, accompagnata da un paio di collant neri e le sue inseparabili
ballerine rosa. Aveva un modo nel vestirsi particolarmente preciso
e femminile: lui però sapeva che quell'abbigliamento le
serviva come maschera, per non mostrare a occhi indiscreti la sua vera
persona. Sapeva che lei provava vergogna di ciò e non poteva
biasimarla. Anche se personalmente non era un amante del rosa, pur di
far sentire a suo agio la coinquilina avrebbe dipinto l'intera villa di
quel colore a suo parere stomachevole.
-Si può sapere cosa stai fissando? Non è che ti sei
addormentato con gli occhi aperti?- la voce assillante di Helen lo
riportò alla realtà e finalmente scese dal letto
-Ascolta, l'incontro è stasera, perché mi stai mettendo
tutta questa ansia? Vai a fare quello che devi fare e... Ah, grazie per
la colazione-.
Detto ciò Clive scese le scale della villa sotto lo sguardo vigile della castana, la quale lo seguì poco dopo.
-Dobbiamo per forza andare a stare nella Londra sotterranea? Lì
non abbiamo così tanto spazio come qui...- chiese Helen,
sedendosi al tavolo assieme al ragazzo, il quale aveva appena iniziato
a gustare la sua colazione.
-Helen, tutto deve essere perfetto- rispose lui dopo aver mandato
giù un sorso di té e latte -Non ho fatto costruire una
topaia, c'è abbastanza spazio per due persone. E poi non dovremo
starci in eterno. Quando tutto sarà finito, torneremo qui-.
Helen abbassò lo sguardo. Era sul punto di dire qualcosa, ma poi
sembrò ripensarci. Si alzò di scatto dalla sedia, facendo
sussultare il giovane. -Scusa, esco un attimo-. Annunciò infine,
uscendo dalla sala da pranzo e dirigendosi verso il portone. Clive non
fece nulla per fermarla. Ormai avevano discusso a sufficienza riguardo
quella vicenda, non aveva voglia di far partire con il piede sbagliato
una giornata tanto importante.
Subito dopo, improvvisamente, riapparve davanti ai suoi occhi la stessa
luce abbagliante dell'incubo. Le stesse grida, lo stesso odore pungente
di sangue, la stessa ansia.
Fece precipitare a terra la tazza che teneva in mano contenente il liquido caldo e cadde al suolo. Teneva salda la testa tra entrambe le mani,
stringendo e provocandosi dolore. Dopo pochi istanti, tutto era tornato
come se nulla fosse accaduto. Il ragazzo dagli occhi scuri si guardò
attorno; fissò con dispiacere i frammenti di ceramica che fino a
un minuto fa componevano una delle sue tazze preferite, poi si rimise
in piedi.
-Sembrerebbe che oggi i miei demoni del passato mi abbiano preso di
mira- esclamò con una triste risata, ripensando a quel fatidico
giorno, quando la sua vita prese una svolta inaspettata.
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Capitolo 2 *** Una scelta sbagliata ***
my lovely disaster 2
Capitolo Uno
Una scelta sbagliata
Ormai era passata circa mezz'ora da
quando Clive ed Helen erano arrivati al casinò Seven Hearts. Il
ragazzo sbuffò infastidito e si rivolse alla compagna -Hai
visto, ci hai fatti arrivare troppo presto- ma non appena voltò
lo sguardo verso di lei, si ricordò perché si era
ripromesso di trattarla con più gentilezza.
*qualche ora prima*
-Clive, non voglio venire. Lasciami qui, domani ti raggiungo-
-Che cosa? Ma abbiamo lavorato per giorni sulla nostra entrata in scena
di stasera e fidati che ce la farai. Non puoi lasciarmi da solo-
-Si ma... Lo sai, con il mio problema... Io ho paura...-
Delicate lacrime avevano iniziato a scendere sulle guance della
giovane. Era più forte di lei. Non poteva relazionarsi con gli
altri, non più. Clive la guardò impietosito e la strinse
in un abbraccio -Helen ascolta. Tu sei più forte di loro.
Controllale. Sei tu che decidi.-. La ragazza percepì un nodo in
gola. Odiava avere quelle crisi. E tutto per colpa del suo essere
così sbagliata. Nulla andava bene in lei, il suo fisico era
stato sfregiato e la sua mente macellata. Non era più un essere
umano; non poteva dire nemmeno lei cosa era rimasto della sua essenza,
di cosa essa era composta. Le uniche certezze risiedevano in Clive. Ai
suoi occhi, il ragazzo pareva come un angelo sceso dal cielo per
aiutarla. Lei gli era fedele, lo aveva seguito come un discepolo nella
sua lotta contro il governo, anche se a volte si fermava a pensare se
fosse veramente giusto portare all'opera un piano del genere. Ma ogni
volta che lei provava ad esprimere dubbi al riguardo, il ragazzo si
infuriava, ripetendole che ormai era troppo tardi per ripensarci.
Helen spostò lo sguardo dalla figura del ragazzo al negozio di orologi
davanti a loro. Non si sentiva ancora convinta di quello a cui stavano
andando incontro. Qualcosa continuava a ripeterle che sarebbe stato
tutto un completo disastro. Sospirò mentre si asciugava le
lacrime, sentendo gli occhi di Clive su di sé. Sicuro che
l'amica stesse bene, le sorrise e aprì la porta del negozio. Una
volta entrati, furono accolti da un concerto di ticchettii quasi
ipnotico.
-Crystal, Quartz, siamo Clive ed Helen- Annunciò il giovane, cercando di richiamare l'attenzione dei due proprietari.
-Venite ragazzi, sono nel retro.Crystal è andata a fare la spesa- li invitò una voce maschile.
I due si diressero nella seconda stanza dell'edificio e per poco ad
Helen non venne un colpo alla vista dell'enorme orologio che occupava
un'intera parete.
Clive notò lo sconcerto
dell'amica. Non aveva pensato al fatto che Helen non l'avesse mai
seguito nella Londra "del futuro". Nemmeno quando avevano portato le
proprie cose nell'appartamento fatto costruire appositamente per loro.
Infatti il ragazzo si ricordò perfettamente che quel giorno la
castana ebbe uno dei suoi collassi e aveva deciso di rinchiuderla nella
villa per evitare che potesse farsi ancora più male. E si
ricordò anche ciò che subì una volta rientrato.
-Helen, ti conviene reggerti a qualcosa. La discesa sarà un po'
brusca. Quartz, puoi azionare la macchina- la avvisò l'amico.
Helen non fece in tempo ad avvicinarsi ad una parete che una potente
scossa la prese alla sprovvista. Cadde a terra e una volta finito tutto
il trambusto si rialzò barcollante aiutata dal ragazzo. -Cosa
diamine è appena successo?- chiese lei, mentre il suo volto
prendeva un colorito pallido. Clive sorrise. Non vedeva l'ora di
mostrare la sua creazione alla ragazza, non cosciente del fatto che la
suddetta ragazza tratteneva a stento un conato di vomito. Con fare
esaltato la prese per la mano e corse verso l'uscita, ringraziando il
proprietario del negozio e ignorando le lamentele dell'amica. Quando si
ritrovarono fuori, Helen non poté credere ai propri occhi.
Alzò lo sguardo verso quello che avrebbe dovuto essere il cielo,
per poi scendere sui tetti delle case, sugli alberi e sulle strade. -Se
non sapessi che questa è una città sotterranea, avrei
giurato di essere nel futuro- confessò lei. -Beh, era questo il
mio intento, dopotutto- -Ma come hai fatto? Insomma, hai riproposto una
versione futuristica di tutta Londra?-. Clive sembrò bloccarsi
un attimo, come se stesse ripercorrendo tutti i progetti della
città nella sua mente. -No, ho dovuto fare qualche cambiamento e
aggiunta. Ma vedrai, ti piacerà-. Helen guardò il
ragazzo. Di solito portava una semplice camicia azzurra e un paio di
jeans neri, invece quella volta si era vestito in un modo che avrebbe
definito scolaresco, nonostante sia lui che il personaggio che avrebbe
dovuto interpretare si fossero già diplomati da tempo. -Da adesso, Clive, saremo un po' più simili. Anche se il tuo personaggio è solo una finzione-
pensò la ragazza.-Dai Helen, andiamo. Ti mostro dove staremo per
i prossimi giorni-. E con un falso sorriso stampato sulle labbra, la
ragazza seguì il suo amico verso l'inizio della loro fine.
***
Helen era seduta a terra, con la schiena sostenuta dalla parete
dell'edificio. Respirava a fatica. Ginocchia al petto, viso nascosto
tra le braccia e le gambe: stava per avere una crisi. In quel momento
Clive sentì un nodo alla bocca dello stomaco; non ce la faceva a
guardarla mentre soffriva, inoltre si sentiva in parte responsabile del
suo stato d'animo. In quell'ultimo periodo aveva sempre tante cose per
la testa, non riusciva a stare dietro alla sua amica, soprattutto
adesso che dovevano incontrare il professore e Luke. -Helen, mi
dispiace, vuoi uscire per prendere un po' d'aria fresca?- la ragazza
fece cenno di sì con la testa e poco dopo i due arrivarono sul
giardino interno raggiungibile da una porta di servizio. Quando la
ragazza si tranquillizzò abbastanza da poter tenere una
conversazione, Clive si avvicinò a lei -Non ci pensare, tu sei
più forte di così- e subito dopo aver espresso la
frase, Helen lo strinse in un abbraccio -Mi sa proprio che hai scelto
la persona sbagliata per aiutarti in questo difficile compito- disse la
ragazza, sospirando -Le ho sentite, stavano arrivando, non so chi delle
due ma stavano arrivando...- Il ragazzo si scansò delicatamente
e prese il viso dell'amica, che a quel gesto arrossì in modo
quasi impercettibile -Se sei ancora qui, cosciente delle tue azioni,
vuol dire che stai diventando sempre più forte. Io credo in te
Helen, se continui con la terapia vedrai che riuscirai a risolvere la
situazione- A quel punto gli occhi di Helen si illuminarono -Ho messo
le pastiglie dentro la valigia?- chiese più a se stessa che al
compagno, che le risposte ugualmente -Si Helen, è stata la prima
cosa che avevi messo dentro per non dimenticartene, ricordi?- la
ragazza annuì e si asciugò le guance ancora umidi. -Dai,
ora che mi sono ripresa, torniamo dentro. Il professor Layton
sarà già arrivato a quest'ora, io vado ad aspettarvi nel
ripostiglio-. Clive osservò l'amica che, a quanto pare, si era
ripresa. Entrarono assieme e, una volta vicini alle slot machine, si
lanciarono uno sguardo d'intesa e si separarono.
Clive si guardò rapidamente attorno e riconobbe la tuba
diventata simbolo del professore. Al suo fianco, Luke ammirava ogni
centimetro del casinò. Il ragazzo sorrise compiaciuto; era
pronto per mettere in scena il suo spettacolo.
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Capitolo 3 *** Errore di calcolo ***
my lovely disaster 3
Capitolo Due
Errore di calcolo
Helen teneva fisso lo sguardo sulla porta del ripostiglio. A farle
compagnia c'erano solo i piccoli ragni che avevano invaso gli angoli
della stanza da molto tempo, a giudicare dalla quantità di
ragnatele che la circondavano.
La ragazza sospirò; per lei socializzare equivaleva buttarsi
sotto un treno. Dopo il trauma subìto nove anni fa, l'unica
persona a cui era riuscita a rivolgersi era Clive. Ricordava a fatica i
giorni prima del fatale incidente, quando ancora era una bambina con
problemi di poca importanza, come ad esempio non riuscire a trovare una
bambola o inseguire Clive dopo aver scoperto che gliela aveva rubata
lui per dispetto.
Alzò di poco la manica sinistra della camicia: di solito non
portava orologi, ma visto che sapeva che sarebbe rimasta chiusa in quel
luogo angusto, almeno voleva essere cosciente dello scorrere del tempo.
Era un orologio di un valore modesto, non le era mai piaciuto spendere
soldi per vestiti o accessori costosi. Fosse stato per lei, ne avrebbe
preso uno di qualità ancora più scadente.
Il ticchettio delle lancette la aiutava a non pensare troppo. Aveva
bisogno di svuotarsi la mente prima di conoscere il professore e il suo
immancabile assistente. Non doveva solo controllarsi per non entrare in
una crisi di panico, ma doveva anche mettere in scena un teatrino. Ci
aveva lavorato molto, ma adesso che la situazione stava per
presentarsi, si rese conto di non essere così pronta e preparata
come sperava. -Dovrò improvvisare senza farmi prendere dall'ansia. Devo farlo per Clive-.
E in quel preciso istante, la maniglia della porta si abbassò.
***
-Professore, ha visto che lusso? Costruire questo casinò
sarà costato una fortuna!- esclamò il giovane Luke, una
volta varcata la soglia dell'edificio -Capisco il tuo stupore, ragazzo
mio, ma cerca di non alzare troppo la voce- lo riprese Layton, mentre
con lo sguardo studiava la zona alla ricerca dell'interessato. -Ha
ragione, mi scusi, è che questo posto è davvero
impressionante- si scusò il ragazzino grattandosi la nuca
imbarazzato -Oltre che impressionante, è anche molto grande.
Trovare Luke del futuro non sarà una passeggiata- concluse il
professore, raggiungendo la zona delle slot machine.
Clive, nascosto dietro l'angolo, li notò, risparmiando loro la fatica di venirlo a cercare.
-Sono contento di incontrarla, professore. O meglio, è un
piacere rivederla- A quelle parole, i due indietreggiarono di un passo
-Tu sei... Il futuro me?- Luke non credeva ai propri occhi. Anche
Layton sembrava piuttosto sorpreso. Ed era la reazione che Clive
sperava di ottenere. Sorrise dolcemente al "se stesso del passato", per
poi avvicinarsi alle loro figure -Si, sono Luke Triton-.
Il professore sembrò riprendersi dallo shock iniziale -Ciao,
Luke- a quella frase, il suo piccolo assistente lo guardò
confuso, per poi capire che il saluto era rivolto al "Luke del futuro"
-Ci metterò un po' prima di farci l'abitudine...- pensò a
voce alta. A quella frase, Clive finse una risata -Non posso credere a
quanto fossi piccolo- aggiunse poi. Il ragazzino incrociò le
braccia al petto e gonfiò una guancia con fare offeso. Sembrava
stesse per dire qualcosa, ma Layton lo precedette -Allora, come mai ti
sei dato tanto da fare per portarci qui, nel futuro?- chiese senza
troppi giri di parole. Il ragazzo lanciò un'occhiata verso la
porta del ripostiglio -Risponderò a tutte le vostre domande.
Dopo essermi accertato che lei sia veramente il professor Layton-
a quell'affermazione l'accusato lo guardò stranito -Chi altro
potrei mai essere?- chiese, e la risposta non tardò ad arrivare
-Mi permetta di spiegarle. A Londra è quasi impossibile
incontrare qualcuno che non conosca Hershel Layton. Molti impostori,
per ricavarne profitto, si sono spacciati per lei- -Stai insinuando che
questo non è il professore?- intervenne Luke in difesa del
mentore. Clive fissò il ragazzino intensamente, poi si espresse
-Professore, si ricorda di Don Pablo? Lo abbiamo incontrato più
volte e sappiamo bene che è un mago dei travestimenti. Di
conseguenza non posso non dubitare della sua identità-. L'uomo
con la tuba sospirò -E va bene, starò al gioco. Come
posso provarti la mia identità?- Clive, con fare misterioso, si
allontanò di qualche passo -Semplice... Con una sfida di
ingegno!- esclamò indicando Layton. Quest'ultimo non nascose la
sua confusione -Che intendi dire?- -Lei è un uomo prudente,
professore. Sono sicuro che anche lei dubita della mia identità.
Ho preparato questo enigma per lei; una volta risolto, potrà a
sua volta rivolgerne uno a me- -Accetto la sfida, ti ascolto-.
Il ragazzo tirò fuori da una tasca interna della giacca otto
carte francesi, poi, seguendo un determinato ordine, posizionò
quattro di esse su un tavolo accanto a loro.
-Queste quattro carte sono disposte secondo le seguenti condizioni: la
carta di cuori si trova accanto alla carta di quadri; la carta di fiori
non si trova vicino alla carta di picche; la carta di cuori si trova
immediatamente a destra della carta di fiori. Dov'è la carta di
picche?- Layton osservò per qualche istante le carte e, dopo un
rapido ragionamento, indicò la prima carta partendo da destra.
Clive fece cenno di sì con la testa -Esatto, la carta è
proprio quella- disse subito dopo. Layton prese le quattro carte dal
tavolo e le restanti quattro che erano state messe da parte, le
osservò, poi disse -Beh, immagino sia il tuo turno. Se non ti
spiace, userò la base del tuo enigma per il mio. Queste sono le
mie condizioni: la carta di fiori si trova immediatamente a destra
della carta di cuori; la carta di quadri è l'ultima a destra o a
sinistra o si trova vicino alla carta di cuori; la carta di fiori
è l'ultima a destra o a sinistra. Dove si trova la carta di
picche?-. Clive osserò le carte con fare confuso -Quella
di fiori è lì, quella di quadri lì... La carta di
cuori di conseguenza è... Mh, allora ci è arrivato-
alzò lo sguardo verso l'uomo con la tuba -Mi aveva quasi
ingannato, professore, ma questo enigma è incompleto. Non posso
risolverlo, nessuna delle soluzioni funziona con le sue condizioni-. In
quel momento il professore sorrise quasi con fare divertito -Dimmi, ho
mai detto che tutte le carte sono di semi diversi?- -Mi sta dicendo che
non c'è nessuna carta di picche?- Layton si affrettò a
scoprire le quattro carte. E nessuna di esse mostrava il seme richiesto
dall'enigma -Era una domanda a trabocchetto, ma anche un indizio
rivelatore. Nel tuo enigma, le condizioni non specificavano che le
quattro carte fossero tutte di semi diversi. Se si trascura un
dettaglio così importante, l'enigma diventa irrisolvibile o
può aprire strade a diverse soluzioni. Mi hai proposto
intenzionalmente un enigma che, se analizzato con cura, si fosse
rivelato incompleto. Quello che volevi davvero era sapere se l'avrei
capito, non è così?-. Il ragazzo alzò leggermente
il cappello dalla visiera -Tutti i miei dubbi sono scomparsi. Lei
è davvero il professor Layton- -Lieto di averti convinto, Luke-
Clive sorrire maliziosamente -A dire il vero lo avevo capito fin da
subito. Ma non potevo rischiare di perdere l'occasione di battermi in
una gara d'ingegno con lei- il professore sorrise a sua volta, ma in
modo più genuino -Ne sono onorato...- non fece nemmeno in tempo
a finire la frase che il suo assistente sbucò da dietro la sua
figura -Allora, futuro me, sputa il rospo! Perché ci hai fatti
arrivare fin qui?- Il ragazzo più grande si guardò
attorno, per poi abbassare lievemente la voce -Non possiamo parlarne
qui, ci sono troppi occhi indiscreti. Nel retro c'è un
ripostiglio, possiamo muoverci lì. Inoltre al suo interno
c'è una persona che ci sta aspettando-.
Layton alzò un sopracciglio -Come mai non sei venuto da solo?-
Clive fissò intensamente i piccoli occhi del suo interlocutore
-Questa persona mi aiuterà a spiegarvi meglio la situazione.
Inoltre, non potevo lasciarla da sola- disse mentre si incamminava
verso la piccola stanza. Luke fece una piccola corsa per raggiungerlo
-Hai rinchiuso qualcuno nel ripostiglio per poi dire che non potevi
lasciarlo da solo?- -So che può sembrarti una cosa scortese, ma
fidati che era la migliore delle opzioni-.
***
Non appena la porta si aprì, Helen si ritrovò davanti due
figure sconosciute. La prima era la raffigurazione di un gentiluomo
inglese e indossava una tuba molto particolare, la seconda era un
bambino che, ai suoi occhi, assomigliava davvero molto a Clive nei suoi
primi anni di adolescenza. -Sono sicuramente il professore e il suo assistente...-
pensò tra sé. -Salve, sei tu l'amica di Luke?- chiese
l'uomo con la tuba. -S-si, salve! Cioé, piacere, mi chiamo
Helen, onorata di fare la vostra conoscenza! Anche se Luke lo
conosco già, però non quello di dieci anni fa... Volevo
dire... Mh...- Stava combinando un disastro. Layton e Luke si
scambiarono uno sguardo compassionevole. -Signorina, puoi stare
tranquilla. Non siamo qui per farti del male. Io sono Hershel Layton e
lui è il mio assistente Luke, anche se penso non sia necessario
presentarlo-. In quel momento Clive comparve dalla porta, chiudendola
subito dopo alle sue spalle -Avete già conosciuto Helen?- chiese
poi al piccolo assistente -Si, ma sembra un po' timida. Lei sapeva che
saremmo arrivati qui?- La castana alzò timidamente lo sguardo
verso il ragazzo più grande. Si aspettava di vederlo infuriato
per via della sua incompetenza, ma in realtà era più
sereno che mai. -Aspetta un attimo,
cosa devo recitare io? Ah giusto, ora si spiega perché Clive non
è arrabbiato. Pensava stessi inscenando tutto- -Non
preoccuparti,- intervenne Clive -come ti ho detto, ora vi
spiegherò tutto. Innanzitutto, benvenuti nella Londra del futuro-
***
-Cosa? Il professore? Non è possibile!- esclamò Luke.
Helen sospirò, stava giungendo il momento di mettere in pratica
il discorso che Clive le aveva imposto di prepararsi. -Era così
interessato alla macchina del tempo per cambiare il passato che si
avvicinò sempre di più ad affari loschi. Avrebbe fatto di
tutto per raggiungere il suo obiettivo; chi si sarebbe messo in mezzo
la avrebbe pagata cara. Tra queste persone, anche la famiglia di Helen
ne ha subìto le conseguenze- a quella frase la giovane
alzò lo sguardo con fare intimorito -Si... I miei genitori
avevano dei vecchi appunti ereditati da generazioni su teorie e
progetti per la macchina del tempo. Erano molto importanti per noi, ma
il
professore riteneva che in mano nostra sarebbero andati sprecati.
Così, dopo diverse lotte, alla fine mi ritrovai tre dei suoi
sottoposti dentro le mura di casa e uccisero i miei genitori. Io mi
salvai per miracolo- Layton si abbassò la visiera della tuba
fino a coprirsi gli occhi -Sono davvero stato in grado di togliere la
vita a delle persone per degli appunti? Assolutamente deplorevole- Luke
alzò lo sguardo verso il suo mentore; sul suo viso si leggeva la
vergogna e l'imbarazzo di quell'azione che, ora come ora, il gentiluomo
non avrebbe mai commesso nemmeno sotto tortura. -Per questo motivo ho
chiesto ad Helen di restare qui dentro. Lasciarla da sola è
troppo rischioso, ma allo stesso tempo, se fosse uscita allo scoperto
assieme a me, sarebbe finita in grossi guai- spiegò Clive. Helen
guardò
l'uomo con la tuba e provò un senso di sconforto. Cercò
sostegno negli occhi dell'amico, ma non ottenne nulla se non un muro
che le impediva di vedere oltre. -Improvvisamente,
lo sento così distante. Sarà per colpa di questo suo
alterego, Luke del Futuro, ne sono certa. Una volta finita la
questione, dovrò parlargli-. -Comunque alla fine, il
dottor Stahngun riuscì a costruire una macchina del tempo,
benché incompleta, dato che è impossibile scegliere luogo
e momento. Infatti qui parliamo più di una distorsione
temporale, che si è aperta tra il mio orologiaio e il vostro di
dieci anni fa- concluse Clive in tono molto serio. Layton, che ancora
nuotava nei sensi di colpa, chiese -Come mai hai bisogno del nostro
aiuto, quindi?- -Perché l'unico che può fermare Hershel
Layton è lei, professore. Ma non si preoccupi, non la lasceremo
navigare nel buio. Io e Helen siamo qui per aiutarvi. Inoltre, sappiamo
dove si trova il suo quartier generale, visto la fama che ha ottenuto-.
A Luke in quel momento sorse un dubbio -Ma come, non è questo il
quartier generale?- -No,- rispose Clive - questa è solo una
macchina per fare soldi- -Il suo vero quartiere è a Chinatown-
aggiunse Helen, che fino a quel momento era rimasta a rimuginare sui
propri pensieri -Dobbiamo partire subito allora- esclamò il
professore, per poi essere fermato dalla ragazza -Un'altra cosa. Non
esistono scienziati di nome Stahngun. Chiunque fosse ha voluto
nascondere la propria identità. Non sappiamo ancora quali
sono i suoi scopi, speriamo di trovare degli indizi durante le
indagini-. Non aveva idea di come avesse fatto a pronunciare l'intero
discorso senza bloccarsi o avere crisi d'ansia. Si era convinta di poco
che parlare con gli sconosciuti non fosse così traumatico, che
fosse tutto un problema partito dalla sua testa. Ma il suo pensiero
ebbe vita breve, visto che il ragazzo al suo fianco catturò
nuovamente la sua attenzione. -Adesso però usciamo da qui,
dobbiamo dirigerci a Chinatown- annunciò "Luke del futuro". Il
professore sembrava aver mormorato qualcosa, ma a parer suo non era
nulla di importante. La loro avventura era appena iniziata, ma Clive
era già esaltato per come la prima mossa si era svolta. La
storia non aveva buchi di trama, era certo di averli convinti; inoltre
il discorso di Helen era perfetto per mettere in soggezione Layton e
distrarlo da eventuali errori di copione. Posò lo sguardo sulla
figura dell'amica. Pareva piuttosto rilassata. Anche lei aveva seguito
il piano, era riuscita a controllarsi e lui non poteva che esserne
felice.
Il ragazzo era un ottimo manipolatore. Sapeva recitare alla perfezione,
soggiogare le menti dei suoi rivali e portarli alla deriva. Aveva
ideato un piano privo di errori impossibile da prevedere. Il suo unico
difetto era che, come tutti gli esseri umani, quando si hanno troppi
pensieri in mente, qualcosa finisce per essere dimenticato. E quel
qualcosa che sfuggì a Clive era avvisare Helen che, nel suo
piano, era prevista una sparatoria.
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Capitolo 4 *** La ragazza indesiderata ***
my lovely disaster 3
Capitolo Tre
La ragazza indesiderata
Clive stava in testa al gruppo
composto da Layton, Luke ed Helen, la quale teneva lo sguardo
inchiodato al suolo. Si nascondeva tra le figure del professore e del
suo assistente; era necessario mantenere in piedi il personaggio che
aveva creato. Spesso i suoi occhi volavano verso l'amico, che doveva
tenere sotto controllo ogni singolo
individuo. Lui era il regista, il burattinaio, Dio.
Aveva dato un ruolo a tutti, tra chi ne fosse cosciente e chi no, come
ad esempio alcuni degli abitanti della Londra "del futuro".
-Capo, ti ho trovato!- esclamò una voce alle loro spalle. -Anche Bostro sta entrando in scena... Benissimo- pensò
il ragazzo più grande.
Bostro, colui che aveva il compito di imporre ordini ai membri della
Famiglia, argomento centrale tenuto nel ripostiglio, aveva anche il
ruolo di dare inizio alla sparatoria. Il professore, sentendo qualcuno
toccargli la spalla, si voltò. In quel momento, il sottoposto
del "Layton malvagio" andò su tutte le furie -Come osi vestirti
come il mio capo! E cosa ci fate qui, non vi ho mai visti da queste
parti- Layton provò a inventarsi una scusa su due piedi -Beh,
effettivamente non passiamo spesso dal casinò- Bostro lo
squadrò da
tuba a piedi -Mh... Non mi fido. Dovrete venire con me. Ho un paio di
domande da farvi-. In quel momento Clive si lanciò davanti al
professore -Presto, scappate!-. Il trio alle sue spalle guardava il
ragazzo con cappello blu con perplessità. Helen inclusa. Non
essendo
mai scesa nella Londra sotterranea e lasciando all'amico i suoi spazi,
sapeva solo in generale in cosa consistesse il piano. Clive le aveva
promesso che le avrebbe spiegato i dettagli a tempo debito.
Se lui non le aveva fatto parola di ciò, pensò lei, vuol
dire che stava recitando una parte poco importante o che non la
riguardasse.
Bostro prese il ragazzo e lo scaraventò a terra -Presto!
Prendeteli!- fece lui e il suo coro di sottoposti. Nel giro di qualche
secondo, comparvero decine e decine di membri della Famiglia armati di pistola,
puntando qualsiasi cliente del casinò, in particolare Layton,
Luke, Helen e Clive. Quest'ultimo si era premurato di ricordare ai
tirapiedi di prenderli di mira, ma non colpirli
seriamente. Già rideva sotto i baffi, eccitato dalla situazione
generale, quando si rese conto che qualcosa non quadrava.
-Luke, ho bisogno del tuo aiuto!- la voce del professore lo distrasse
dai suoi pensieri e, con una capriola, raggiunse l'interlocutore -Conti
pure su di me!-
Nel giro di poco tempo, con i pezzi delle slot machine distrutti dagli
spari, i due riuscirono a costruire un bizzarro mitragliatore caricato
a monete. Grazie ad esso si liberarono dei tirapiedi, del boss
e dei suoi sottoposti. Ormai erano rimasti solo loro nel casinò.
Si guardarono con aria di intesa, poi uscirono dal portone principale.
Ormai il sole stava sorgendo. La brezza mattutina sfiorava le loro
figure, rinfrescando l'aria circostante. Clive sospirò sereno.
Percepiva ancora l'adrenalina scorrergli nel sangue, il battito del suo
cuore e il suo respiro non si erano ancora del tutto stabilizzati.
-Direi che ce la siamo cavata per un
pelo- disse sollevato Layton -Bene, adesso dove andiamo, signor
Triton?- chiese Luke, alzando lo sguardo verso Clive -Signor Triton? Per
favore, non chiamarmi così, fa strano inoltre detto da se
stessi- gli rispose -E allora come posso chiamarti?- si lamentò
il più piccolo. Il professore decise di intervenire in loro
aiuto -Potete essere entrambi Luke, no? Tu sarai Luke Grande, mentre tu
Luke Piccolo- -Per me va bene, almeno così non faremo più
confusione- Luke annuì in seguito all'affermazione del "suo io
futuro", il quale aggiunse -Credo che sia necessario che voi vi
riposiate. Ma prima, avrei un favore da chiedervi. Se siete passati per
la galleria, avrete sicuramente notato un ristorante- Layton e il suo
assistente si guardarono -Si, ci abbiamo fatto caso- rispose il mentore
-Sarebbe troppo chiedervi di passare un attimo da lì?-
domandò "Luke Grande" -No, assolutamente, anzi, si trova vicino
il nostro hotel, quindi direi che è perfetto- concluse l'uomo
con la tuba. Fecero per incamminarsi, quando uno strano fruscio
attirò la loro attenzione.
***
Dopo aver visto Clive venir scaraventato a terra da Bostro, Helen si
chiese se tutto ciò facesse veramente parte del piano. Ma i suoi
dubbi furono rimpiazziati da un improvviso vuoto. Il tempo si era
bloccato. Un oggetto incandescente, preceduto da uno sparo, le
sfiorò la gamba. Paralizzata, fissò l'oggetto per terra:
un proiettile.
Il tempo prese a scorrere normalmente, ma la lucidità non le
venne incontro. Spari, uno dopo l'altro. La stavano circondando. I
proiettili la mancavano di poco, ma dentro lei li sentiva uno ad uno
perforarle la carne. Subito dopo, una potente luce bianca la costrinse
a serrare le
palpebre. Non riusciva nemmeno a muoversi, si era persa in quel fascio
di luminosità. Poi, il caos. Grida, il motore di una macchina,
l'odore pungente del sangue. Helen portò le mani tremanti tra i
capelli, scompigliando la sua acconciatura. Gli occhi stavano per
schizzare fuori dalle sue orbite, le gambe sarebbero a breve cedute
sotto il suo stesso peso, nel suo cervello tutto era confuso.
Cacciò un urlo mentre le lacrime inondarono il suo viso. Sentiva il
cuore esploderle ad ogni battito, l'aria iniziava a mancare. Non
ragionava più. L'unica cosa che riuscì a rimanere salda
in lei era l'immagine del giardino interno dove Clive l'aveva portata
poco prima dell'incontro con Layton per aiutarla a calmarsi. Una volta
trovata la porta, ci si fiondò di scatto e uscì da
quell'inferno.
Cadde a terra, sporcò le sue vesti immacolate, aveva perduto
l'elastico che teneva legati i suoi capelli. Ciuffi d'erba e alcune sue
ciocche le impedivano di avere una visione chiara del luogo.
Notò gli alberi, le siepi, l'erba sotto il suo corpo, il
sorgere del sole. Fissò per qualche minuto quella piccola area
verde, per poi scoppiare in un altro pianto disperato. Non era passato
nemmeno un giorno da quando Helen aveva preso ufficilalmente parte al
piano di Clive, che già lei aveva avuto due crisi di panico. -Quella luce... Si, è tutto collegato-.Dopo qualche minuto la giovane si mise in piedi e, ancora tremante e con gli occhi lucidi,
si infilò in una delle siepi per scappare da quel luogo
maledetto.
Una volta raggiunto l'altro lato, notò tre figure dall'ingresso
principale. Si avvicinò con cautela, per poi riconoscere
in loro Layton, Luke e Clive.
-Helen, dove ti eri cacciata?- le chiese l'amico -Ecco di cosa mi stavo dimenticando. Oh accidenti, la sparatoria... Se Yara lo venisse a sapere, mi toglierebbe la vita-.
Il ragazzo ci teneva davvero molto all'amica e si maledisse per essersi
scordato di lei. Doveva stare concentrato sulla sua figura di "Luke
del futuro", ma allo stesso tempo non poteva permettersi di perdere di
vista la giovane, soprattutto con la sua instabilità mentale.
Layton si avvicinò alla ragazza -Luke Grande, aiuta la signorina
a pulirsi. Un vero gentiluomo aiuta sempre una damigella in
difficoltà, oppure ti sei dimenticato le buone maniere?- Clive
finse una risata -No professore, non mi permetterei mai di ignorare i
suoi insegnamenti, anche a distanza di dieci anni- e, detto ciò,
aiutò Helen a liberarsi
di eventuali foglie o rametti impigliati negli indumenti o nei suoi
capelli. In quel momento, la ragazza riprese a piangere. I suoi
occhi, però, erano spenti. Più che ad un umano,
assomigliava ad
una bambola priva di emozioni. L'amico lo notò e deglutì
a fatica: non significava nulla di buono.
Una volta giunti al ristorante, incontrarono Shipley, l'uomo che
consegnò la lettera di "Luke del futuro" a Layton. -Allora, hai
perlustrato la zona di Chinatown come ti avevo chiesto?- fece Clive una
volta finite le presentazioni ufficiali tra il postino e il professore
-Certamente,- rispose l'interlocutore - ho scoperto che il Layton
malvagio tiene rinchiusi gli scienziati nella Grande Pagoda e girano
voci che anche Bill Hawks sia rinchiuso lì dentro-. Il
professore sgranò gli occhi -Il primo ministro è bloccato
qui nel futuro?- chiese poi -Sono solo voci, non so quanto esse possano
essere veritiere- gli rispose Shipley -Inoltre raggiungere la Pagoda
sarà un'impresa. L'intero quartiere è in mano alla
Famiglia, dovremo essere attenti e vigili- aggiunse il ragazzo. -Luke
Grande, puoi portarci a Chinatown?- chiese l'uomo con la tuba. Clive
lanciò un'occhiata a Helen. Si reggeva a malapena in piedi,
aveva bisogno di riposo assoluto. Dopotutto, anche lui sentiva le forze
venirgli meno. -Bisogna arrivare in quel quartiere preparati e in
forze. Vi consiglio di riposarvi, io intanto andrò con Helen
a perlustrare la zona. Shipley vi spiegherà la strada. Non
è difficile da raggiungere- rispose poi. Layton sembrò
capire la situazione -Va bene, ma non sforzatevi troppo- aggiunse
infine.
Clive prese l'amica per la mano -Su Helen, è ora di andare- con
sguardo perso, la ragazza salutò il professore e il suo
assistente e durante tutto il viaggio di andata verso il loro nuovo
appartamento, non aprì bocca.
***
-Eccoci arrivati- esclamò Clive. Helen si guardò attorno,
ma la sua mente era disconnessa dal mondo che la circondava. Il ragazzo
la fissò preoccupato -Le tue pastiglie sono nella dispensa in
cucina. Te le ho spostate io, pensavo che ne
avresti avuto bisogno e quindi le ho messe a vista- e, subito dopo, si
accasciò sul divano. Intanto Helen si era diretta in cucina e
creò scompiglio con degli oggetti metallici. Il
giovane non ci fece caso e si lasciò sfuggire uno sbadiglio. Le
sue palpebre stavano
per chiudersi, ma le riaprì di scatto nel momento in cui qualcosa sfiorò il suo orecchio destro.
Sgranò gli occhi quando, a pochi centimetri da lui, trovò
un coltello impiantato nel muro. Un'ombra oscurò la sua figura.
Alzò lo sguardo e si ritrovò davanti Helen. I suoi occhi
erano tornati pieni di vita, ma anziché avere la loro classica
forma rotondeggiante e dolce, erano allungati e vispi. Le piccole iridi
lasciavano spazio alle rosse vene che decoravano gli angoli dei suoi
bulbi oculari. E Clive capì di non avere possibilità di
sopravvivere.
-Avevi un solo compito! Uno solo! E tu cosa fai? Una sparatoria!- Il
ragazzo era riuscito a chiudersi a chiave in bagno. Quella tipa era una
pazza, ma con un po' di sale nella zucca. Non avrebbe mai sfondato la porta. -Lo sai che sono sempre
troppo impegnato con il progetto di giustizia e...- -Sai dove te la
puoi mettere la giustizia? Non ho mai visto Helen soffrire così
tanto dal giorno dell'incidente!- Era inutile provare a farla
ragionare. Il giovane cercava in ogni modo di calmarla, ma invano -Era da tanto che non succedeva. Non mi ricordo più cosa dovevo fare, maledizione-.
E mentre Clive pensava, altre urla accusatorie erano pronte per
perforare la sua anima -Vogliamo parlare dell'idea di farle dire a
degli sconosciuti che i suoi genitori sono morti per colpa di affari
loschi? Pronto?! I suoi genitori sono veramente morti così! Non
ci pensi a quanto abbia sofferto, solo a rircordarlo! Ha lavorato tanto
per riuscire a dire quella frase senza scoppiare a piangere e tu la
ringrazi con una sparatoria! Mi dai la nausea, sei più viscido
di un verme!- Il giovane non ce la faceva più. Era stanco, era
affamato, doveva pensare a come far procedere il suo piano senza
intoppi. Non aveva bisogno di qualcuno che gli sbattesse in faccia ogni
errore commesso nella sua vita. -Lo so che ho sbagliato. Non c'è
bisogno che ci pensi tu a ricordarmelo. E poi, tutto questo piano
è anche per lei, Yara-. La ragazza iniziò a prendere a
pugni la porta -Brutto vigliacco! Se provi ad uscire da lì ti
ammazzo!- continuava ad urlare Yara -Avevamo fatto un patto! Tu ti
saresti preso cura di Helen e io non ti avrei messo i bastoni fra le
ruote! L'hai promesso anche a Kaylin!- -Yara, per favore...- -No! Devo
passare alle maniere forti, come quella volta che mi hai rinchiusa
nella villa? Ti ricordi come ti ho punito o te lo sei già
dimenticato?- Clive alzò la camicia fino all'altezza dello
stomaco: sul suo fianco sinistro, una cicatrice gli faceva da promemoria sulla pericolosità della ragazza. -Se Helen lo
scoprisse morirebbe, lo sai- rispose lui. -Tranquillo, ci
penserò io a spiegarle tutto. Dopotutto, io e
Kaylin siamo qui per proteggerla-. A quelle parole, fu il turno del
ragazzo ad infuriarsi -Proteggerla? Helen soffre di attachi di panico
per colpa vostra, ha sfregiato il suo corpo perché non riusciva
più ad avere un rapporto sociale sano e adesso
è piena di cicatrici! Se questo lo definisci proteggere
qualcuno, allora non puoi accusarmi per quello che faccio-. Per la
prima volta, il ragazzo era riuscito a tenere testa alla giovane
furibonda. Appoggiò la schiena contro la porta e si
lasciò cadere a terra. Ma dopo un istante, altri pugni vennero
sferrati contro quella barriera in legno che teneva al sicuro Clive.
-Come ti permetti di rispondermi in questo modo! Spero tu muoia di fame
là dentro!-. In quel momento, al ragazzo venne un lampo di genio
-Era questa la frase che usavo per far tornare Helen come prima? Speriamo di si, altrimenti sono finito-
-Yara, sei ancora lì?- un pugno ben assestato contro il legno
della porta era la risposta che Clive sperava -Sai Helen... Nonostante
tutto, you are my lovely disaster-.
Ci fu un attimo di silenzio che al ragazzo parve interminabile, poi, una voce -Clive? Sei tu quello dentro
al bagno?-.Lui si fece coraggio e, una volta
girata la chiave, aprì la porta. Davanti a sé c'era
sempre Helen, ma i suoi occhi erano tornati alla normalità
-Clive, mi hai spaventata! Mi puoi come abbiamo fatto ad arrivare nell'appartamento? Io ricordo solo che
eravamo dal casinò e sono scappata nel giardino interno durante
la sparatoria... E poi mi sono ritrovata qui e...- Helen non
riuscì a finire la frase che il giovane la strinse in un
abbraccio. -Mi dispiace Helen... Sono stato uno sciocco, potrai mai
perdonarmi?- -Io... -. La ragazza tacque. Aveva ancora lucide nella
mente le immagini della sparatoria e quella volta le azioni del giovane
avevano oltrepassato il limite. L'unica persona di cui poteva fidarsi
le aveva voltato le spalle. Abbassò lo sguardo e il più
grande sentì il suo cuore andare in frantumi. L'aveva delusa dal
profondo, abbandonata tra le sue paure in un momento di
fragilità. Riconquistare la sua fiducia sarebbe stato il
più diffiicile degli enigmi.
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Capitolo 5 *** Il bivio ***
my lovely disaster 4
Capitolo Quattro
Il bivio
La luce artificiale della
città sotteranea ormai scaldava da ore i tetti delle case. Tutti
gli abitanti erano tornati a lavoro, e anche Clive doveva rimettersi
all'opera. Il ragazzo guardò l'ora: l'incontro con il professore
a Chinatown non era così prossimo ad arrivare.
Dopo essersi lavato e vestito, uscì di casa evitando di emettere
il minimo rumore; se Helen si fosse svegliata, avrebbe insistito per
venire con lui. -Sarà sicuramente ancora arrabbiata per quanto accaduto ieri notte... Spero che non mi metta i bastoni tra le ruote- Pensò tra sé mentre si avviava al Thames Arms -In
questo momento di fragilità, Yara può benissimo prendere
il posto di Helen. Non voglio immaginare cosa potrebbe farmi... Uff,
avrei preferito mille volte avere a che fare con Kaylin, almeno lei non
avrebbe mai tentato di uccidermi-.
Il cigolio della porta lo
distrasse dai suoi pensieri. Il ristorante, come al solito, era privo
di clienti. Il giovane si guardò rapidamente attorno, scrutando
l'area circostante, per poi dirigersi verso il bancone -Clive, non ti
aspettavo di certo qui. Non dovresti essere a Chinatown con il
professore?- -Dobbiamo parlare proprio di questo-. Il ragazzo dagli
occhi scuri si sedette su uno degli sgabelli, per poi riprendere la
conversazione -Sono ancora fortemente convinto che chiamare qui Layton
sia stato un errore. Lo capisci che cercherà in tutti i modi di
sventare il nostro piano?- In quel momento il barista sospirò
-Te l'ho già spiegato, nella sua mente ci sono ricordi molto
preziosi sulla macchina del tempo. Dobbiamo recuperarli, sono
necessari.- -Ascoltami, Dimitri. Una volta presi i suoi ricordi,
riuscirai a finire la macchina del tempo prima che lui metta la parola
fine sulle nostre azioni?- Clive doveva mettere alla prova lo
scienziato. Doveva tenerlo il più concentrato possibile sul
progetto della macchina, così da poter lavorare con più
libertà al suo vero piano. -Non preoccuparti. Io e i miei uomini
saremo rapidi come schegge. Ovviamente, staremo anche molto attenti a
non commettere errori- -Sono nelle tue mani, Dimitri-. Il giovane si
alzò e si diresse verso l'uscita, fermandosi poco prima di
mettere la mano sulla maniglia -Bill Hawks è nella Grande
Pagoda, giusto?- lo scienziato sorrise maliziosamente a quella domanda
-Si, privo di sensi, imbavagliato e tenuto fermo da una catena.
Tranquillo, non andrà da nessuna parte-. Ottenuta la risposta
desiderata, Clive aprì la porta e, con pensieri positivi
in
mente, si diresse verso il luogo di incontro. Durante il tragitto,
decise di passare dal suo appartamento per portare con sé la
ragazza. Ma quando varcò la soglia, ricevette una terribile
sorpresa.
***
-Forza, ragazzo mio, Luke Grande ci aspetta- -Mi scusi professore,
metto il cappello e arrivo!-. Una volta usciti dalla loro camera,
ringraziarono Becky e si diressero, grazie alle indicazioni di Shipley,
verso Chinatown. -Quindi è lì che incontreremo il suo
futuro lei. Caspita, sono così agitato!- esclamò Luke
saltellando attorno al mentore, che si lasciò sfuggire una
delicata risata per l'euforia del ragazzino -Si, ammetto che nemmeno io
riesco a stare molto tranquillo. Inoltre, ho molte domande da porgli-.
Finita la frase, Layton notò una curiosa cerchia di persone.
Lì fissò per qualche secondo con aria confusa, per poi
dirigersi verso di loro. -Professore, cosa stanno guardando?- -Non
saprei, andiamo a scoprirlo- I due riuscirono ad avvicinarsi quanto
bastava per poter assistere alla scena: una figura incappucciata,
coperta da testa a piedi da un enorme mantello nero, urlava e
preannunciava morte e distruzione -Dovete scappare, o morirete tutti!
Questo mondo andrà distrutto assieme a voi!- la voce era
indubbiamente quella di una giovane donna -E come facciamo?- intervenne
uno degli uomini -i tirapiedi non ci permettono di lasciare Londra, siamo
bloccati qui!- una signora sospirò -Secondo me ha solo perso
qualche rotella, poverina- disse mentre si allontava assieme al resto
delle altre persone. -In che senso "morirete tutti"?- chiese Layton
alla ragazza. Lei si voltò e, non appena notò il
professore, esitò, poi rispose -Una grande macchina da guerra!
Ci ucciderà tutti! Colui che non è riuscito ad accettare
il fato farà subire a tutti noi la sua stessa sventura! Dovete
scappare!- detto ciò, con uno scatto fulmineo, la donna
incappucciata corse via -Hey, aspetta!- le urlò dietro Luke,
provando ad inseguirla -Lascia perdere, ragazzo mio. Per il momento non diamole retta-. E con un po'
più di domande nei bagagli, proseguirono il cammino verso Chinatown.
Una volta giunti dal portone di ingresso, notarono che due guardie
impedivano l'accesso nel quartiere. -E adesso che facciamo,
professore?- il ragazzino guardò tristemente l'enorme entrata,
per poi voltarsi e ritrovare alle sue spalle un "Luke del futuro"
ansimante. -Luke Grande, cosa è successo?- chiese Layton con
aria preoccupata -Perdonate il mio ritardo, ma... Helen... Non
c'è più. Stamattina sono uscito presto per controllare se
i tirapiedi non ci stessero giocando qualche brutto scherzo e non
appena sono tornato a casa... Lei era sparita. Lasciarla andare in giro
da sola è pericoloso, cosa le sarà saltato in mente?-
spiegò loro, cercando di prendere fiato e ricomporsi -Luke
Grande, Helen mi sembra una ragazza con la testa sulle spalle. Durante
la sparatoria, in qualche modo, era riuscita a cavarsela da sola. E poi
sono sicuro che non sarà andata a cacciarsi nei guai. Cerca di
stare tranquillo, si farà viva lei quando avrà finito le
sue commissioni- provò a calmarlo il professore. Clive era
seriamente preoccupato, ma decise di fidarsi. In cuor suo sperava
davvero che la sua amica stesse bene, ma anche un altro pensiero lo
turbava e non poco. Poteva solo pregare che fosse Helen ad avere il
controllo delle sue azioni. Lasciare Yara libera di fare ciò che
vuole sarebbe stato il peggiore dei casi. -Adesso abbiamo altro di cui
preoccuparci però: quei tirapiedi non ci lasciano passare!-
spiegò il ragazzino. Layton sembrò ragionare un po', poi
si espresse -Luke Grande, ho un favore da chiederti- -Mi dica,
professore- -Avrei bisogno di parlare con l'ispettore Chelmey,
però quello di dieci anni fa, ovvero del nostro presente.
Sarebbe possibile tornare indietro nel tempo?- il ragazzo lo
fissò per un istante -Certamente. Però dovrete tornare
dall'orologiaio. Dopotutto, è lì che avviene la
distorsione- -Ma quando siamo arrivati qui nel futuro, la porta era
serrata e non siamo potuti entrare!- esclamò il piccolo
Luke -Non preoccupatevi per questo, vi aiuterò io- gli rispose
il "suo io futuro" -E come?- -Presto ve lo dimostrerò-.
Arrivati dall'orologiaio in compagnia di Jako, il nuovo pappagallo di
Luke, Clive bussò alla porta seguendo un ritmo che aveva
stabilito con Crystal e Quartz e, come da programma, la porta si
aprì. La signora li accolse e li condusse dal marito, che
spiegò loro la situazione.
-Quei maledetti tirapiedi! A causa loro, devo tenermi sulle spalle
questo fardello. Il grande orologio che vedete alle mie spalle ha
più di cento anni. Un giorno, due sottoposti della Famiglia,
seguiti dal loro boss, mi cacciarono dal negozio e smanettarono
qualcosa con il mio prezioso orologio. Poco tempo dopo scoprii che
avevano aperto una distorsione temporale e da allora, visto che me ne
sono sempre occupato io di questa grande macchina, sono l'unico che
può aprirla e chiuderla. Ed è per questo che la Famiglia
mi costrinse a lavorare sotto i suoi ordini!- Il ragazzo dagli occhi
scuri fissò l'anziano, poi aggiunse -Una volta saputo
ciò, ho spiegato loro il mio piano e abbiamo deciso di
collaborare. In questo modo sono riuscito a farvi ricevere la lettera-
-Attirando così la mia attenzione e portandoci qui... Hai
escogitato un piano molto elaborato- lo interruppe il professore. Clive
gli sorrise -Adesso, con l'aiuto di Quartz, potrete ritornare al vostro
tempo. Conto sul vostro ritorno- dentro sé Clive sperava che un
imprevisto impedisse a Layton di tornare, così da poter
procedere sui suoi passi con più tranquillità. Ma
conoscendo il professore, sapeva che il suo desiderio non si sarebbe
mai esaudito e che avrebbe fatto di tutto per tornare ad "aiutarlo"
-Tranquillo, Luke Grande. Un vero gentiluomo mantiene sempre una
promessa. E poi, come hai detto tu, l'unico che può fermare
Hershel Layton sono io- lo rassicurò l'uomo con la tuba. -Ha
ragione, scusi se ho dubitato di lei. E perdonatemi, ma non vi
seguirò nel vostro presente. Devo ancora trovare Helen e, cosa
più importante, non vorrei rischiare di modificare gli eventi
del passato più del necessario- disse infine "Luke del futuro".
-Non preoccuparti, hai perfettamente ragione. Allora ci vediamo presto,
Luke-.
E dopo aver salutato i due, uscì dal negozio senza dire una
parola. Sarebbe rimasto volentieri a parlare con i suoi due ex
servitori, ma aveva una faccenda più importante da sbrigare.
***
-Inizio a pensare che trascinare
Helen nel mio piano sia stata una pessima idea. Avrei dovuto darle
ascolto quando mi chiese di lasciarla nella villa. Forse sono ancora in
tempo. Dopo lo shock della sparatoria e Yara che è tornata per
vendicarla, credo che non avrà problemi ad andarsene. Anzi,
sarà più che felice di tornare in superficie. Così
lei può stare tranquilla e io posso andare avanti con il mio
piano. In questo modo faccio del bene ad entrambi-.
Dopo una breve auto convinzione, Clive varcò l'ingresso
dell'appartamento. Seduta sul divano, Helen fissava la piccola
televisione spenta con sguardo perso. -Helen, dove sei stata! Ti ho
cercata dappertutto... Mi hai fatto prendere uno spavento!- Le
urlò contro, sfogando tutta la sua frustrazione. Non era
così che aveva pensato di salutarla, nel caso lei fosse stata in
casa. Ma lo stress prese il sopravvento e non riuscì a
controllare le sue emozioni. La ragazza alzò lo sguardo e le sue
iridi tornarono a brillare -Perché adesso mi stai sgridando? Io
sono stata tutto il tempo qui, non mi sono mossa di un centimetro! Sei
tu che te ne sei andato senza dirmi nulla- Il più grande
guardò confuso l'amica -Io ero uscito per andare da Dimitri...
Poi quando sono tornato ti ho cercata ovunque e non eri in casa-. A
quel punto lei si alzò dal divano con rabbia -Dimitri? Chi
è Dimitri? Perché non ti decidi a spiegarmi per bene il
tuo piano una volta per tutte? Prima la sparatoria, adesso non credi
alle mie parole. Hai perso fiducia in me e vuoi liberarti di questo
inutile peso, non è così?- Clive la guardò
inorridito. Sgranò gli occhi alle parole della ragazza. Dopo
quello che gli aveva detto, era ancora più convinto che far
tornare Helen nella vera Londra sarebbe stata l'idea migliore -Per te
tutto ciò è difficile, non è così?- le
chiese poi -Clive, tu sei l'ultima persona che mi è rimasta, ci
conosciamo da dieci anni, ma ieri hai commesso un gravissimo errore con
quella sparatoria. Io non so se posso fidarmi di te, dovrai
riconquistare la mia fiducia- e in quel momento, il ragazzo la
interruppe -Ascoltami. Lo sai che ti voglio bene, sei praticamente una
sorella per me. Ma in questo momento io non posso stare appresso a te e
ai tuoi bisogni. Ti chiedo di lasciarmi questi ultimi tempi per
completare il mio obiettivo, poi la mia esistenza sarà dedicata
a te. Ricostruiremo Londra assieme. Per questo, vorrei che tu tornassi
in superficie. Così puoi tornare nella villa mentre io qui
finisco le ultime cose. Ormai sei adulta, non hai più quindici
anni, non c'è bisogno che tu mi segua ovunque. Ce la caveremo-
disse sorridendo dolcemente. L'amica si perse nelle iridi scure del
ragazzo, poi scoppiò in un pianto disperato -Sei un mostro! Dopo tutti
gli anni passati con questa ossessione per il piano di giustizia, da
cui mi hai tenuta fuori, adesso vuoi definitivamente liberarti di me!
Io pensavo che mi volessi bene, invece mi hai tenuta appresso come un
appendice infiammata! Non esisti solo tu con il tuo stupido piano, la
prossima volta non permettere agli altri di affezionarsi a te!-. Urlate
le ultime parole, la giovane uscì furibonda dall'appartamento.
Clive si passò una mano nei capelli con fare nervoso. Si era
appena ricongiunto con l'amica scomparsa e lei se n'era andata via
nuovamente. Sospirò, le lacrime iniziarono a formarsi negli
angoli dei suoi occhi, ma non permise a nemmeno una di esse di bagnare
le sue guance. Forse, almeno così, Helen avrebbe fatto la scelta
secondo lui più giusta. Lui non si sentiva nemmeno troppo in
colpa, si era trovato davanti ad un bivio e aveva dovuto scegliere.
L'unica cosa è che, così facendo, aveva inevitabilmente
messo davanti ad una scelta la problematica ragazza.
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Capitolo 6 *** Un fragile legame ***
my lovely disaster 5
Capitolo Cinque
Un fragile legame
Non sapeva bene quanto tempo fosse
passato. Ormai aveva corso fino allo stremo e sentì le sue forze
venirle a mancare. Cadde sgraziatamente a terra, sbucciandosi i palmi
delle mani, che iniziarono a sanguinarle. La vista, già
annebbiata dalle lacrime, stava diventando sempre più sfocata e
gli oggetti irriconoscibili. Pensava di non avere più lacrime in
corpo, ma percepiva quei tristi fiumi solcare senza tregua le sue
guance.
Helen decise che non avrebbe nemmeno provato ad alzarsi in piedi: si
era sempre ritenuta debole, una volta finite le energie, si ritirava in
un angolo della sua mente e lasciava il posto alle altre due ragazze.
Si davano il cambio secondo un ordine preciso e la ragazza lo aveva
imparato bene. Si sciolse i capelli e, poco prima di svenire, i suoi
occhi si spensero assieme a lei.
***
Clive non aveva né tempo né una motivazione valida per
andare a cercare Helen. Era troppo frustrato per poterle dare retta;
inoltre sapeva che senza lui, lei non sarebbe andata lontano. Quella
ragazza dipendeva in tutto e per tutto dalla figura del giovane. Lui
non ne era colpito, dopotutto l'incidente che subì Helen nove
anni fa poteva essere comparato a ciò che aveva subito Clive
l'anno prima, se non anche più grave. Quindi il fatto che lui le
fosse rimasto vicino nei momenti difficili, ha creato nel corso degli
anni nella giovane una vera e propria sottomissione nei confronti di
quel ragazzo che lei considerava il suo angelo. -Perché allora adesso è così ribelle, così difficile da tenere a bada?-
pensò lui mentre si spogliava: aveva necessariamente bisogno di
fare una doccia fredda. Anche durante l'inverno Clive preferiva lavarsi
con l'acqua fredda; sosteneva che lo aiutasse a rimuovere lo stress
e i brutti pensieri.
Non appena il ragazzo percepì il gelido tocco dell'acqua,
tirò un sospiro di sollievo. Chiuse gli occhi e lasciò
spazio a quella piacevole sensazione. Attorno a lui si era creata
un'aria pungente e un brivido iniziò a corrergli lungo la
schiena. La mente si stava piano piano svuotando, lasciando il posto ad
un piacevole vuoto. Passarono una manciata di minuti
e, dopo essersi insaponato e risciacquato, Clive chiuse l'acqua e si
mise un asciugamano attorno alla vita. Lo sguardo gli cadde sulla sua
figura riflessa nello specchio. Era sempre stato piuttosto magro, anche
se non a tal punto da mettere in mostra il segno delle ossa. Quando
era piccolo, vivendo in un quartiere povero, il suo fragile corpo era
piuttosto secco dati i magri pasti che i suoi genitori portavano a
tavola. Iniziò a prendere peso una volta giunto in casa
della signora Dove, che si prese cura di lui come un figlio.-Peccato che se ne sia andata così presto- pensò tra sé mentre il ricordo del suo tutore gli passava per la mente. Una volta
finito di studiare la sua corporatura, i suoi pensieri finirono sulla
cicatrice che gli decorava il fianco sinistro. Solo a vederlo percepiva ancora la
sensazione del coltello incidergli la carne, il sangue pulsare fuori
dal suo corpo e la risata agghiacciante di Yara. Come poteva una
criminale assetata di vendetta vivere nello stesso corpo di Helen?
Clive scosse la testa e appoggiò una mano sulla fronte -Meglio
non pensarci. Ho questioni più importanti su cui concentrarmi-. Si rimise i
vestiti da "Luke del futuro" e si diresse verso l'uscio di casa; un
attimo dopo, una luce accecante lo avvolse. -No! Non di nuovo, non adesso!- Sentiva
che il suo ultimo pasto stava per salirgli in gola, l'odore di
sangue di dubbia provenienza iniziò a solleticargli le narici.
Il ragazzo non voleva cadere vittima di quel ricordo per l'ennessima
volta. Agitò le braccia alla ricerca di qualche oggetto da
afferrare e, per fortuna, la sua mano destra sfiorò quello
che sembrava una maniglia. Si gettò su di essa e riuscì
ad aprire la porta che aveva di fronte. La luce scomparve assieme alla
nausea e al sangue; davanti ai suoi occhi si proponeva la via del suo
appartamento. Per la prima volta in vita sua era riuscito a scampare al passato.
Nonostante non si
fosse completamente ripreso dallo shock, decise di non perdere altro
tempo e corse verso il ristorante della galleria. Non capiva come mai
quella visione lo torturasse a distanza di anni. Lui aveva superato il
lieve trauma mentale senza troppe complicazioni, al contrario
dell'amica. -Se
io mi sento così male ogni volta, non immagino lei cosa provi...
Sempre ammesso che quel ricordo la perseguiti come fa con me. A
proposito, chissà dove si è cacciata- .Avrebbe
provato a
mettersi in contatto con Helen solo dopo aver portato un po' più
avanti il piano. Dovevano ancora andare a Chinatown e non poteva
permettersi di perdere tempo dietro la castana. Si era convinto che
anche
Yara non avrebbe fatto nulla di grave per mettergli i bastoni tra le
ruote: aveva parlato con tutte e tre le ragazze di ciò che aveva
intenzione di fare, ma si era ripromesso, per evitare
che rovinassero qualcosa, che avrebbe spiegato loro i dettagli del
piano
passo passo. Quindi, con il cuore un po' più leggero,
proseguì il cammino verso la sua meta. Riferito il messaggio a
Shipley, che attendeva suoi ordini, tornò sui suoi passi. Si
guardò attorno: molti degli abitanti erano attori pagati per
recitare una parte, proprio come il postino, mentre invece con altri si
era visto
costretto assieme a Dimitri a rapirli e a fare loro una specie di
lavaggio del cervello per farli credere di essere davvero nel futuro.
Bene o male ricordava il volto di quasi tutti gli abitanti; dopotutto
era lui che li aveva selezionati assieme al collega più anziano.
Aveva giunto in fretta la terrazza panoramica di un parco vicino
l'orologiaio: lì avrebbe incontrato nuovamente il
professore e il suo assistente. Quel luogo non era presente nel
progetto originale; Clive
lo aveva fatto costruire per rendere la città un po' più
realistica e, ammise, anche un po' per capriccio. Grazie a dei
particolari impianti di ventilazione, circolava aria nella Londra
sotterranea; si creavano brezze piacevoli che rinfrescavano le calde
giornate. E in quel momento così tranquillo, il giovane non
poté fare a meno di compiacersi nelle scelte fatte. Era
esattamente il posto adatto per staccare la vita quotidiana e prendersi
un momento di pausa, lontano da tutto e tutti, abbracciato dai freschi
venticelli e circondato dal verde del prato.
Il ragazzo appoggiò il gomito sulla ringhiera e, reggendosi la
testa con la mano, si mise a contemplare il paesaggio che aveva creato.
Un paio di minuti dopo, a interrompere quel momento di pace ci
pensarono un concerto di passi
diretti nella sua direzione. Non appena il giovane si voltò, si
ritrovò davanti la figura del professor Layton, di Luke, e di
una ragazza mai vista prima -Oh no, chi è questa ragazzina? Aspetta, non perdere la calma. Che sia...-. -Wow,
non posso credere di avere davanti ai miei occhi Luke del futuro!-
Clive la fissò per un'altra manciata di secondi, poi decise di
esprimersi -Flora?! Perdonami, non ti avevo riconosciuta. Sono passati
molti anni dall'ultima volta che ti ho vista...- la ragazza gli sorrise.
Per sua fortuna, aveva azzeccato l'identità della ragazzina.
-Flora non è l'unica che ci ha raggiunti qui nel futuro. Anche
l'ispettore Chelmey e Barton ci hanno seguiti- spiegò Layton
-Non sono poi così sorpreso. Non me l'aspettavo, ma so che
l'ispettore è un uomo che prende il suo lavoro con
serietà.- rispose il ragazzo dagli occhi scuri -Adesso
però dobbiamo escogitare un piano per entrare a Chinatown-.
***
Il loro piano per infiltrarsi a Chinatown era stato deciso: Jako, abile
nel riprodurre i suoni, avrebbe imparato la tipica frase di Bostro
"fuori dai piedi" per cacciare le guardie e avere libero accesso nel
quartiere.
Il gruppo si incamminò verso il casinò, prima tappa della
loro ricerca. Lì trovarono la persona desiderata e, una volta
insegnata la volgare espressione al pappagallo, ripresero il cammino
verso Chinatown.
-Dovete scappare! Fuggite! Cosa ci fate ancora tutti qui? Andatevene!-
Layton e Luke si scambiarono un'occhiata. Di nuovo quelle frasi
raccapriccianti. Anche Clive sembrò accorgersene e tutti quanti
corsero verso il proprietario della voce. Arrivati nella piccola piazza
dove il professore e il suo assistente sentirono per la prima volta
quegli avvertimenti, c'era la solita ragazza nascosta tra il tessuto
del mantello nero. -Una grande macchina ci ucciderà! Il destino
non sarà buono con noi! Portate via da qui le vostre donne e i
vostri figli!- Clive sgranò gli occhi -Non posso crederci, non voglio crederci... Perché stanno capitando tutte a me...-.
Fece per inseguire la giovane, quando qualcuno lo precedette -Torna
qui, malandrina! Devi spiegarmi cosa vuol dire tutto ciò!- lei
si voltò e alla vista dell'ispettore Chelmey si strinse nel suo
mantello e scappò veloce come il vento. -Cosa sta succedendo,
ispettore?- chiese Layton una volta giunto di fronte all'uomo -Quando
siamo arrivati qui abbiamo trovato quella delinquente prendere da un
cassonetto un mantello nero e successivamente ha iniziato a maledire
questo posto, ha parlato di una macchina da guerra e di un "colui che
non è riuscito a perdonare il fato". Il mio fiuto dice che sa qualcosa,
dobbiamo acciuffarla!- in quel momento intervenne Clive -Mi scusi
ispettore, ha detto che ha visto la ragazza indossare il mantello. Sa
dirmi che aspetto aveva?- -Mi spiace, ragazzo, ma purtroppo era
voltata di spalle. E come se non bastasse, era ben nascosta nell'ombra.
L'unica cosa che sono riuscito a dedurre, infatti, è il suo
sesso. Ora scusate, ma ho delle indagini da portare a termine. Muoviti
Barton!-. Detto ciò, i due ripresero la caccia contro la
misteriosa giovane.
Clive poggiò una mano sul volto. Aveva sbagliato tutto. I suoi
occhi, ancora sgranati, fissavano un punto vuoto, mentre si malediceva
per aver sottovalutato la questione. Il livello di importanza di
successo del piano di giustizia era diminuito. Lui però, in quel
momento, non poteva allontanarsi per poter superare quell'importante
ostacolo che gli si era appena proposto davanti. Il copione gli stava
lentamente scivolando dalle mani. Doveva avere il controllo assoluto su
tutto, ma da solo non ce l'avrebbe mai fatta. Era anche per quello che
decise di collaborare con Dimitri, ma solo in quel momento, capì
che aveva bisogno del supporto di una terza persona. Quella terza
persona, però era la stessa che gli stava mandando a rotoli il
piano.
Un istante dopo, qualcuno gli mise una mano sulla spalla,
facendolo sussultare -Luke, stai bene?- il professore era visibilmente
preoccupato per il giovane, il quale lo rassicurò con un sorriso
-Oh, non volevo farla preoccupare. Mi era solo venuto un mal di testa
improvviso, ma sembra proprio che stia passando- -Sicuro di non voler
fare una pausa?- -Davvero, non pensi a me. Non è nulla di grave,
inoltre abbiamo rimandato il nostro arrivo a Chinatown già
diverse volte. Sarà meglio proseguire- disse infine il ragazzo
con il cappello blu, incamminandosi verso la meta. I tre si guardarono
confusi, ma decisero di non porre domande e proseguire sui loro passi.
***
Kaylin non poteva fare a meno di ripensare alla preghiera di Helen "Vi
prego, siete libere di fare quello che volete ma vi chiedo solo un
favore, chiamatelo Luke, non Clive". La ragazza riflettè a lungo
su quelle parole e rimase sorpresa del fatto che Yara fu la prima a
darle l'ok. Il loro compito era di proteggerla da chi la facesse
soffrire e Clive era in cima alla lista. In tutti quegli anni lui non
aveva fatto altro che usarla, o almeno, secondo i discorsi di Yara. Tra
le due, la ragazza violenta era nata prima. Quando anche Kaylin comparve,
l'altra si affrettò a spiegarle come Helen fosse sottomessa a
Clive e di come lui si divertisse a usare la sua ingenuità e
gentilezza. -Sono ancora un po'
dubbiosa delle parole di Yara. A causa sua non riesco quasi mai a
conversare con Helen. Devo ammettere che da quando esisto quel tipo non
ha avuto dei comportamenti corretti, soprattutto in quest'ultimo
periodo. Il mio compito è mettergli i bastoni tra le ruote, ma
verrò comunque incontro alla richiesta di Helen-
pensò lei mentre si risistemava la mezza coda. Non sopportava avere la capigliatura sprecisa. Infatti,
si rifiutava si prendere il posto di Helen se non mentre la sua
acconciatura era in perfette condizioni.
Era riuscita ad raggiungere l'ingresso di Chinatown prima del gruppo di
"Luke del futuro". Non sapeva ancora bene come comportarsi; aveva
conversato con il ragazzo dagli occhi scuri solo un paio di volte.
Ricordava ancora lo spavento che le era preso quando si ritrovò
a terra con la figura del giovane sulla sua. Quello non fu certo il
modo migliore per presentarsi, ma quando lui le spiegò cosa
successe, lei si tranquillizzò. La seconda volta, invece, lui
l'aveva chiamata per spiegarle in breve il piano di giustizia. La
castana trasalì non appena Clive le raccontò della sua
idea e cercò di fermarlo, ma invano. In quel momento Kaylin
aveva ricevuto un'altra possibilità per impedirgli di cadere nel
baratro. -Kaylin... Mi senti?- una voce nell'angolo della sua mente la distrasse dai pensieri -Sono
Helen... So che tu sei più ragionevole e razionale di Yara. Non
fare del male a Clive, so che ultimamente lui mi ha trattata malissimo,
ma io ci ho ragionato su e, anche se ancora non l'ho perdonato, non
voglio che gli succeda qualcosa. Lui è molto stressato per via
di questo piano, vorrei evitare di provocargli altri problemi. Yara non
mi ascolta, prima di svenire l'avevo chiamata solo perché non
avevo abbastanza forze per farmi una precisa mezza coda. Le avevo
chiesto di dare a te il comando, ma ha fatto di testa sua. Sono
comunque felice di sapere che ora quella cosciente sia tu. Kaylin,
aiutami a far tornare Clive sulla retta via, ma senza creargli
problemi... Ti prego...- e quelle furono le ultime parole che
pronunciò. Kaylin rimase a bocca aperta. Lei e Yara stavano
davvero proteggendo Helen? No, la stavano solo intralciando. Le stavan
complicando l'esistenza. Era a causa loro se la ragazza soffriva di
crisi di panico; non era più riuscita a vivere normalmente. Lei
e Yara erano due errori, non sarebbero mai dovute esistere. La castana
si guardò il palmo della mano, rovinato dalla caduta che ebbe
Helen poco tempo prima -Helen, io non ho mai avuto modo di parlare con
te. Ma da questo tuo discorso credo di aver capito molto di più
di quello che Yara ha provato ad insegnarmi nel corso degli anni. Sento
un fragile legame che ci unisce: ho intenzione di aiutarti. Ti chiedo
scusa se ti sono stata d'intralcio per tutto questo tempo; tu sei la
mente primaria, l'originale. E io starò dietro alla tua
richiesta-. E mentre in lontananza la figura di Clive diventava sempre
più riconoscibile, Kaylin sentiva in cuor suo di aver fatto la
scelta giusta. Doveva aiutare Helen a salvare l'amico e avrebbe agito
in ogni modo per venirle incontro, anche a costo di andare contro la
volontà della temibile Yara.
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Capitolo 7 *** Dubbi di massa ***
my lovely disaster 6
Capitolo Sei
Dubbi di massa
Non appena il suo sguardo cadde sulla
figura della ragazza, Clive non potè credere ai propri occhi.
Helen era lì, immobile, come persa nei suoi pensieri. Aveva
deciso di non abbandonarlo alle domande del professore sulla sua improvvisa
scomparsa. Nonostante la discussione di poco tempo prima, lei
era tornata. Qual era la causa di quella decisione inaspettata?
Poteva essere certo che in realtà non fosse Yara? Oppure Helen
aveva comunque intenzione di rovinargli i piani svelando tutto a Layton
per vendicarsi?
Altre mille domande gli ronzarono per la mente e mentre si avvicinavano
sempre di più all'ingresso di Chinatown sentiva il battito del
suo cuore accelerare ad ogni passo. La tranquillità ormai lo
aveva abbandonato per cedere il posto all'ansia. Quella maledetta
giovane sapeva essere imprevedibile, anche per un genio ai livelli di
Clive. Non poteva sapere quale delle tre ragazze avesse il controllo
del corpo e ciò era la sua massima fonte di stress: non avrebbe
saputo come reagire se l'amica lo avesse chiamato con il suo vero
nome. Avrebbe dovuto inventarsi una scusa, o anzi, dire loro del
problema di Helen. Ma anche se lei non aveva fatto altro che
complicargli la vita, in fondo le voleva bene. Un affetto che potrebbe
essere considerato quasi lo stesso di due fratelli di sangue. Quasi.
Perché comunque tra i due qualcosa non tornava. Perciò
per rispettarla non avrebbe fatto parola dell'esistenza delle altre due
ragazze.
Il ragazzo dagli occhi scuri scosse la testa, cercando di liberarsi la
mente da tutti quei pensieri, e lasciò il suo corpo agire
d'istinto: iniziò a correre verso la castana. Lei se ne accorse
e lo accolse con un triste sorriso -Ciao Luke- disse lei con tono
pacato. Il ragazzo ormai aveva raggiunto la giovane -Helen...-
sospirò mentre cercava di regolarizzare il respiro -No, non sono
Helen. Sono Kaylin- a quella frase, il volto del più grande si
rabbuiò -Capisco. Sei qui per punirmi, giusto?- -No. Come Yara,
la tua presenza non mi entusiasma. Ma come Helen, non riesco a voltarti
le spalle. Quest'ultima mi ha chiesto di non intralciarti, ma non farti
strane idee. Non ti ha perdonato. Lei ancora soffre per questo muro che
si sta costruendo tra di voi; non so quanto sia forte il vostro legame,
ma nonostante ciò lei non vuole metterti i bastoni tra le ruote.
Dall'altra parte, Yara per tutti questi anni mi ha insegnato ad
odiarti. Però dalle parole di Helen ho percepito una strana
sensazione che mi ha fatto comprendere gli sbagli commessi in passato,
mentre provavo a separarvi- Kaylin si vide costretta a interrompere il
discorso: Clive era incredulo, i bulbi oculari sembravano prossimi ad
uscire dalle sue orbite. Inoltre il professore e il suo assistente li
avevano ormai raggiunti.
-Ciao Helen! Che piacere rivederti! Dove ti eri cacciata?-
esclamò Luke una volta giunto al fianco del suo "io futuro"
-Ciao piccolo! Dovevo sbrigare alcune faccende che mi hanno portata
qui, ma Luke mi ha detto più volte che non devo entrare a
Chinatown da sola. E poi ci sono due guardie che non sembrano aver
intenzione di far passare estranei... Stavo per tornare indietro ma poi
siete arrivati voi. Oh, e questa graziosa fanciulla chi è?- a
quelle parole la ragazzina si offese -Luke Grande, non sei più
venuto a trovarmi? Non hai nemmeno parlato di me alla tua amica?- Clive
ridacchiò -Quando sarai un po' più grande le nostre
strade si divideranno, Flora. E poi certo che le ho parlato di te, solo
che non ti ha mai vista. Helen, lei è Flora- Kaylin sorrise
dolcemente. Non era certo brava a recitare come il suo amico, ma grazie
al suo essere pacata riusciva a pensare lucidamente a cosa dire e con
l'intonazione più adatta -Quindi sei tu Flora! Piacere di fare
la tua conoscenza. Io sono Helen e sono contenta che ci sia un'altra
ragazza a farmi compagnia-.
Clive e Luke si allontanarono dal gruppo con Jako, permettendo
all'animaletto di mandar via i tirapiedi del Layton malvagio.
-Perfetto, ora possiamo entrare- pensò ad alta voce il
più grande. I due riuscirono ad aprire il portone d'ingresso del
quartiere e, non appena entrati, ognuno di loro ebbe la sensazione di
essere precipitati da tutt'altra parte del mondo. Ad eccezione di
Clive, ovviamente. Davanti ai loro occhi si poneva un enorme paifang*
dai colori più svariati, lungo la strada si scorgevano mercatini
di ogni tipo e il profumo di qualche deliziosa pietanza tipica
solleticava le narici dei visitatori. In fondo, sulla cima dei palazzi,
si alzava l'imponente figura della pagoda, dove li attendeva il Layton
del futuro.
Prima di affrontare il temibile uomo con la tuba, Layton ritenne
necessario chiedere informazioni agli abitanti del quartiere, ma ognuno
di essi consigliava caldamente di non avvicinarsi alla Grande Pagoda.
-Beh, non possiamo perderci d'animo adesso. Il mio io futuro è
qui e dobbiamo fermarlo. Su ragazzi, andiamo- disse Layton una volta
raggiuno l'ingresso della pagoda -Mi spiace, ma non posso lasciarvi
entrare- lì fermò un uomo davanti a loro. Il professore
lo fissò attentamente, poi disse -Ci siamo già
incontrati, non è così?- -Esattamente- rispose l'uomo -e
adesso il mio compito è tenere lontano da qui i ficcanaso-.
L'uomo con la tuba non sembrava aver preso bene quell'affermazione.
Dopotutto, con la storia del suo "io futuro", non riusciva a stare
molto tranquillo e voleva risolvere il caso il prima possibile. Decise
comunque di non scomporsi -Le assicuro che non siamo ficcanaso.
Vorremmo solo incontrare un uomo che si fa chiamare Layton- -Il capo
adesso non c'è- rispose secco il suo interlocutore -Ne è
proprio sicuro?- -Signore, non le sto mentendo, se è quello che
intende. Se proprio ci tenete a incontrarlo, andatelo a cercare-.
Layton sospirò -Andiamo ragazzi, chiediamo informazioni in giro-.
Durante il secondo giro a Chinatown, in quel caso per ricavare qualche
informazione sul "Layton del futuro", Kaylin non poteva fare a meno di
osservare Clive. Lo aveva sempre visto in secondo piano, mentre una
delle altre due ragazze era cosciente. Avrebbe voluto fargli molte
domande: prima di tutto, non aveva ben chiaro perché quel piano
era stato messo in atto. Distruggere Londra per giustizia... Cosa lo
aveva spinto a ideare ciò? Moltissime vittime innocenti
avrebbero perso la vita a causa sua e forse era quella la
preoccupazione più grande di Helen. Se qualcosa fosse andato
storto, se qualcuno riuscisse a fargli saltare in aria il suo progetto,
cosa gli sarebbe successo? Kaylin non riusciva nemmeno a immaginare la
situazione nei limiti della sua mente. Sarebbe stato un disastro a
livelli internazionali: una delle capitali più importanti del
mondo ridotta in macerie da un ragazzo... E anche nel caso riuscisse a
portare a termine i suoi scopi, il resto del mondo come reagirà?
Clive si fermerà a Londra o è intenzionato a radere al
suolo altre capitali? Erano tutte domande a cui la ragazza non riusciva
a dare risposta. Era terrorizzata solo al pensiero di collaborare con
una mente così malvagia. Fosse stato per lei, sarebbe scappata
lontano, dimenticandosi di tutto, la Londra sotteranea, l'incontro con
il professor Layton e Luke, e di Clive. -Però
il corpo non è il mio. Se Helen ancora non è fuggita,
significa che vuole stare al fianco del ragazzo. O forse sta aspettando
che io o Yara la salviamo da questo incubo? Se solo riuscissi a
parlarle, sarebbe tutto più semplice-.
Una volta aiutato un uomo di nome Rudolph, quest'ultimo consegnò
al professore un volantino rappresentante un ristorante chiamato
"Thames Arms" -L'uomo che cercate potrebbe essere lì, ma ripeto,
è solo una diceria- furono le sue parole una volta consegnato il
foglio di carta.
La compagnia procedeva a passo spedito verso le rive del fiume e Clive
non poteva che esserne felice. Nonostante il professore fosse lì
per sventare i piani di Dimitri, il progetto di Clive stava procedendo
a gonfie vele. Ormai mancavano gli ultimi ritocchi e la fortezza mobile
sarebbe stata pronta all'uso. Guardò alla sua sinistra: Kaylin
stava parlando spensierata con Flora. Il ragazzo sembrò
ripensare alle parole che gli aveva dedicato quando la incontrò
a Chinatown. Aveva visto Kaylin poche volte in vita sua e non sapeva
spiegarsi come mai. Forse per il fatto che fosse apparsa dopo rispetto
a Yara, oppure Helen non le offriva la possibilità di prendere
il suo posto. Il giovane dagli occhi scuri non aveva ancora capito
secondo quale logica una delle altre due ragazze prendesse il posto di
Helen. Alcuni dettagli gli diedero qualche idea, ma tra un cosa e
l'altra, decise di non indagare oltre, anche se sarebbe stato
necessario per lui sapere con chi avrebbe avuto a che fare.
Giunti dalla collina sul fiume, Layton non si lasciò mancare
l'occasione di osservare tristemente quel faro che, a suo parere,
rovinava la vista sul Tamigi. Clive se ne accorse e scosse la testa -Da
queste scale possiamo raggiungere il Thames Arms. Su, andiamo-.
Il ristorante assomigliava di più ad una locanda; i mattoni
bianchi e le tegole blu del tetto davano alla struttura un'aria
accogliente, grazie anche alla vicinanza del fiume simbolo di Londra.
Il primo ad entrare nella struttura fu Layton, che si diresse senza
esitazione dall'unica persona presente nel ristorante: il barista.
-Salve, stiamo cercardo un uomo che potrebbe essere passato di qui-
-Beh, prima è passato un nostro cliente abituale, ma è
andato via poco fa-. Il professore annuì -Capisco. Sa dirmi se
quest'uomo viene da Chinatown?- -Mi spiace, ma non posso darle
informazioni senza il suo consenso- -Perdoni la mia insistenza, ma da
quell'uomo dipendono le sorti di Londra. Ci può aiutare?- a
quell'affermazione il barista alzò un sopracciglio -Fatico a
crederci. Ma se mi aiuterete, potrò dirvi qualcosa-.
Una volta aiutato l'uomo dietro al bancone a risolvere l'enigma, Layton
lo implorò di rivelare loro qualche nozione -Va bene, una
promessa è una promessa. Quel cliente è un tipo
eccentrico e ogni volta cambia i suoi indumenti, come se non volesse
farsi riconoscere. Viene da Chinatown e dice di venire qui per
rilassarsi. Con la sua classica tuba, ordina da bere e si siede
laggiù, in quel tavolo vicino la finestra- -Le sue informazioni
sono state molto utili, la ringrazio- disse infine Layton. Poco prima
di uscire dal locale, Clive scambiò uno sguardo di intesa con il
barista: non si aspettava che Dimitri fosse così bravo a
recitare. Quest'ultimo sorrise beffardamente, per poi voltarsi e
prendere un mazzo di chiavi. Nel retro del locale era presente una
porta di servizio dalla quale lo scienziato sarebbe uscito per
dirigersi alla Grande Pagoda. Doveva essere più svelto del
gruppo di Clive, ma con tutti gli enigmi presenti all'interno della
tipica struttura orientale, non sarebbe stata una missione impossibile.
Inoltre, l'uomo era particolarmente emozionato: avrebbe finalmente
messo mano sui preziosi ricordi di Layton e di conseguenza il
completamento della macchina del tempo sarebbe stato molto più
prossimo ad arrivare.
Usciti dal ristorante la comitiva si imbatté in Barton, che
spiegò loro che l'ispettore stava ancora dando la caccia alla
misteriosa ragazza incappucciata -Perdonatemi ma... Di cosa state
parlando?- chiese Kaylin. Clive la guardò confuso, poi disse
-Non l'hai mai incontrata? Questa donna va in giro coperta da testa a
piedi da un mantello nero annunciando morte e distruzione- -Io e Luke
l'avevamo incontrata poco prima di ritrovarci con Luke Grande a
Chinatown, quando poi siamo tornati nel nostro presente. Dopo averci
predetto l'arrivo di una macchina da guerra che avrebbe ridotto in
macerie Londra, è scappata- aggiunse Layton -Me lo ricordo!
Anche quando la abbiamo incontrata la seconda volta, non appena ha
visto Chelmey correre verso di lei, ha iniziato a sua volta a correre
ad una velocità incredibile!- esclamò Luke. Clive si
abbassò di poco il cappello sugli occhi -Deve essere una persona
molto agile che conosce alla perfezione questo luogo e i suoi lati
nascosti...- e dopo quell'affermazione, lanciò una rapida
occhiata su Kaylin. Aveva i suoi dubbi ed era certo che fossero fondati
-Luke Grande, tu per caso sai chi potrebbe essere?- intervenne Layton.
Il ragazzo scosse la testa -L'unica ragazza che conosco bene è
Helen, ma lei non è agile. Conosco altre ragazze ma solo di
vista, quindi non potrei dedurre quali di esse è propensa per
l'agilità, se non dall'aspetto fisico-. Per una volta, Clive non
aveva mentito. Helen non era per niente agile. E poi, una ragazza
timida e impacciata come lei non potrebbe nemmeno volendo riuscire ad
esclamare in una piazza molto popolata frasi inquietanti e correre via
veloce come il vento. Lei probabilmente sarebbe scoppiata a piangere.
Il professore sembrava aver pensato la stessa cosa, dato che non
fece più domande.
Durante il cammino verso Chinatown, Il ragazzo dagli occhi scuri si
avvicinò all'amica e, prendendola per un braccio, la
allontanò di poco dal gruppo, senza destare troppi sospetti -So
che sei Kaylin, ma ti chiamerò lo stesso Helen. Così se
ci sentono almeno non si insospettiscono. Tu continua a chiamarmi Luke-
le sussurrò lui all'orecchio -Comunque, Helen, tu sei davvero
sicura di non sapere chi è quella ragazza?- Kaylin sentì
su di sé uno sguardo accusatorio -Vorresti insinuare qualcosa?
Io di certo non sono stata, non so veramente di cosa tu stia parlando.
E nemmeno tu-sai-chi- Ovviamente Kaylin stava parlando di Yara e il
giovane era abbastanza intelligente per capirlo. Clive aggrottò
la fronte -Io non so se voi siete coscienti quando l'una sostituisce
l'altra ma io sono abbastanza sicuro che tu-sai-chi ci sta nascondendo
qualcosa- -Luke, smettila. Solo perchè ti sto aiutando non vuol
dire che sono dalla tua parte. Lo sto facendo per "me stessa" e inoltre
non sono contro tu-sai-chi. Quindi lasciaci in pace-. In quel momento
lo sguardo di Kaylin si posò pesantemente sulla figura del suo
interlocutore, il quale deglutì a fatica. -Non
è possibile che ognuna di loro mi metta pressione... Come fanno?
Come se non bastasse, la loro presenza è necessaria per portare
a termine il mio piano, quindi non posso permettermi di stare
lontano da loro... Devo tenerle sotto controllo o chissà che
accadrà- Clive alzò lo sguardo verso il
professore, che stava a pochi passi davanti a loro. Aveva l'impressione
che l'uomo avesse ascoltato, o meglio dire, origliato la loro
conversazione. Non poteva biasimarlo, ogni discorso poteva rivelare
qualche indizio importante. Ma se così fosse, allora significava
che Layton non si fidava del tutto di "Luke del futuro". Con il loro
arrivo alla pagoda, l'uomo con la tuba poteva o aumentare i suoi
sospetti o sopprimerli. In caso della prima opzione, il giovane avrebbe
dovuto sbrigarsi a mettere la parola fine sul progetto della fortezza .
Ritornati a Chinatown, superarono l'enigma di Ward, l'uomo che vigilava
l'ingresso della pagoda. Non appena varcato l'arco Clive si
avvicinò a Luke -Finalmente il Layton del tuo tempo e quello del
mio si stanno per incontrare- Flora si guardò attorno -Lo vedo
difficile, visto che il professore non c'è-. Erano tutti
spaesati e confusi -Eppure ha risolto l'enigma di quell'uomo ed
è entrato con noi!- esclamò Kaylin, cercando risposte
negli occhi di Clive, finendo per trovarci le sue stesse domande. Luke
guardò confuso la ragazza più piccola -Flora, hai un
foglio di carta attaccato sulla schiena- -Cosa?! Che scherzo di pessimo
gusto!- "Luke del futuro", incuriosito, prese il foglio e lo lesse
-"Andate avanti senza di me. Vi raggiungerò presto". Sono sicuro
che questa sia la calligrafia del professore. Non penso proprio ci stia
ingannando, quindi dovremo fare come dice-.
Kaylin guardò con compassione il trio davanti a lei. Aveva
intenzione di far tornare Helen. Lei non si sentiva parte di quel
gruppo, anche per il fatto che non era molto in confidenza con Clive.
Flora le faceva sicuramente compagnia, ma quello era un momento che
avrebbe dovuto vivere Helen, non lei. Era sicura che il ragazzo avrebbe
preferito che la problematica ragazza restasse dietro le quinte, visto
che delle tre era l'unica che soffriva di crisi di panico. Ma nessuno
dei due poteva decidere cosa lei avrebbe dovuto fare. Sospirò,
poi scompigliò di poco i suoi capelli, rendendo l'acconciatura
più selvaggia. Clive se ne accorse e quando notò che gli
occhi di Kaylin si spensero, sentì un nodo alla bocca dello
stomaco: quel maledetto sguardo perso nel vuoto non significava mai
nulla di buono.
*paifang: arco tipico cinese |
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Capitolo 8 *** Il travestimento perfetto ***
my lovely disaster 7
Capitolo Sette
Il travestimento perfetto
Nota: Linguaggio volgare
-Ciao
Helen, sono Kaylin. Credo che questa sia la prima volta che ti parlo da
non cosciente. Ho ascoltato la tua preghiera, ma non ho avuto
l'occasione di stare da sola con Clive per convincerlo a rinunciare al
suo desiderio di vendetta. Adesso tu sei a Chinatown e state per
incontrare il "Layton del futuro". Quella nuova ragazzina si chiama
Flora e ha quattordici anni; puoi parlarci serenamente; è una
brava ragazza. So che ti stavi leccando le ferite negli angoli
più bui della tua mente, ma questa non è la mia vita.
Bensì la tua. Tu devi vivere questo momento, tu devi far tornare
Clive sulla retta via. Lui non è mio amico, io non ho vissuto
con lui e si nota che anche da parte sua non c'è sintonia. So
che ultimamente ci sono delle complicazioni tra voi però io non
posso davvero fare nulla. Infine, vorrei evitare di riprendere le
redini del tuo corpo. Come ti ho appena detto, questa vita è
tua. Cerca solo di fare attenzione a Yara e non farti abbindolare dalle
sue parole. Se avrai bisogno di me mi troverai, ma fino a quel giorno,
addio-
Quelle furono le parole che pronunciò Kaylin mentre Helen si
dirigeva verso la Grande Pagoda. Non aveva mai pensato che la ragazza
potesse sentirsi come un peso. Non come Yara, che si sentiva partecipe
alla vita della vera proprietaria e richiedeva il corpo come un diritto.
La castana sospirò tristemente, attirando l'attenzione della
ragazzina al suo fianco -Helen, è tutto ok?-. La più
grande, che fino a quel momento era rimasta imprigionata nei suoi
pensieri, sussultò -Eh? Oh ehm... Ciao, si io... Mmh, ecco...
Non preoccuparti- blaterò subito dopo. Clive posò lo
sguardo sulla compagna. Fino a pochi istanti prima era tranquilla e
sicura di sé grazie a Kaylin -Sarà sicuramente tornata Helen...-
Flora era confusa per l'improvviso cambiamento di Helen. Non era certa
che la ragazza stesse davvero bene, eppure non sapeva spiegarsi come
mai senza preavviso lei sembrasse così... Spaventata.
-Perdonate l'attesa. Su, andiamo- il professor Layton fece capolino da
un luogo sconosciuto e raggiunse i ragazzi -Professore! Dove si era
cacciato?- chiese Luke avvicinandosi al mentore, il quale si fece
sfuggire una lieve risata alla vista del volto preoccupato del suo
apprendista -Tranquillo, dovevo solo controllare una cosa-.
La tensione iniziò ad invadere l'atmosfera: nessuno riusciva a
tenere i pensieri a freno, indipendentemente da cosa essi
riguardassero. Chi però vide le sue preoccupazioni venire a
galla fu proprio Clive. -Sai, Luke, ho come l'impressione che tutta
questa storia sia più complicata di quanto credessimo- si
espresse il professore. A quelle parole, il cuore di "Luke del futuro"
aumentò il ritmo dei battiti, mandandolo in uno stato
irrequieto. Cercò di non scomporsi, ma nel suo sguardo si
leggeva chiaro e tondo il timore di essere presto o tardi scoperto -Ho
forse sbagliato qualcosa? Qualche passaggio di copione? Se invece mi
avessero pedinato? O forse Helen ha detto loro qualcosa...-. Era
inevitabile che il ragazzo pensasse all'amica come una possibile causa
dei dubbi di Layton. Era sparita per la maggior parte del tempo
compiendo azioni di cui nemmeno lui era al corrente. Aveva bisogno di
tenerla al suo fianco per evitare di lasciare Yara agire a suo piacere.
Ma allo stesso tempo, se si fosse concentrato troppo sulla castana,
avrebbe perso le redini del suo progetto commettendo inevitabilmente
degli errori. Doveva trovare il giusto compromesso tra i due impegni e
riuscirci il prima possibile. Ovviamente, però, qualche
fastidioso imprevisto lo attendeva sempre dietro l'angolo -Helen, penso
sia meglio tu rimanga qui- disse il professore -Mi scusi ma... Per
quale motivo?- chiese l'interessata -Beh, quando ci siamo incontrati al
casinò sembravi piuttosto a disagio in mia presenza e poi hai
confermato tu stessa che non sei al sicuro con i tirapiedi della
Famiglia in giro. Ora stiamo per incontrare il me del futuro e, se eri
così spaventata dal conoscere me, non capisco perché ora
tu voglia venire con noi- -Professore, non possiamo lasciare Helen da
sola. Anche se lei rimanesse qui, sarebbe comunque in pericolo essendo
tra le mura di Chinatown- intervenne Clive in difesa più del suo
piano che dell'amica -Allora, Luke Grande, accompagnala fuori
Chinatown. Il quartiere non è grande, ci metterete poco a
raggiungere l'ingresso. Visto che Helen è già stata da
sola per le vie di Londra non dovrebbe essere un problema. Su, noi tre
ti aspettiamo qui- spiegò loro Layton. Clive, con l'amaro in
bocca, si vide costretto a venire incontro alla richiesta dell'uomo per
non destare troppi sospetti.
Una volta lontani dal trio, il ragazzo dagli occhi scuri prese
un'importante e avventata decisione -Helen ascolta. Credo sia giunto il momento di
darti un ruolo un po' più importante nel piano-. La giovane lo
guardò con occhi scintillanti: poteva considerarlo come un segno
di fiducia da parte del compagno? -Dimmi tutto, ti ascolto- aggiunse
poi lei -Devi andare a controllare come procedono i lavori della
fortezza. Io da qui non posso muovermi, inoltre so che tu puoi farcela.
Appena arrivi sulla riva del Tamigi, poco prima del ristorante, vedrai
una piccola e strana costruzione in metallo. Non puoi sbagliarti.
Dì all'uomo lì presente che ti mando io e ti farà
passare. Ho parlato di te a molti del membri della Famiglia, se non ti
riconosceranno spiega loro chi sei e che sei incaricata dal
sottoscritto di accedere ai lavori. Basta che percorri il tunnel e sei
arrivata. Una volta che hai finito di parlare con gli scienziati
riguardo i progressi sull'arma, aspettami al nostro appartamento. Tutto
chiaro?- Con le parole giuste, Helen si fece convincere, ma prima di
andarsene disse -Clive, ti chiedo scusa se Yara ti ha causato dei
problemi. Mi prendo io la responsabilità delle sue azioni. Ma ti
chiedo, per favore,di prendere coscienza delle tue azioni e tornare
quello di prima. Sei così ossessionato da questo progetto che
sei cambiato... Mi rendo conto che hai una parte da recitare, ma se non
chiedo troppo, essendo quasi una sorella per te, vorrei che pensassi
anche ai miei sentimenti ed emozioni. Non voglio essere messa in
secondo piano. Anche io... Anche io sono importante- le guance della
castana presero un colorito roseo -Sono ancora your lovely disaster?-
chiese più a se stessa che al suo interlocutore e, un attimo
dopo, iniziò a correre verso la piccola foresta che precedeva
Chinatown, impedendo all'amico di darle una risposta. E mentre Clive
guardava la ragazza scomparire dal suo campo visivo, si chiese come
facesse ad essere così cattivo nei confronti di quella
creatura così gentile e ingenua. -Non
la manipolerò più, non cercherò più di
sottoporla ai miei ordini. L'ho schiacciata assieme ai miei bisogni
coscientemente, ma lei non ha smesso di volermi bene. Sono stato
così cieco...- E mentre si rammaricava, si rimise sui suoi passi verso la Grande Pagoda.
***
Helen aveva raggiunto senza intoppi la zona industriale dove i lavori
per il progetto di Clive si stavano svolgendo senza sosta. Mentre
percorreva la strada per andare verso il Tamigi, si sentì un po'
in colpa per aver lasciato l'amico così bruscamente, ma il
desiderio di salvarlo da una tragica fine e l'acqua del tunnel di cui
lui non aveva fatto parola la convinsero che stare sulle spine non gli
avrebbe fatto altro che bene.
-E lei cosa ci fa qui, signorina?- Aveva appena varcato il cancello
dell'ingresso principale quando l'improvvisa voce di un uomo la colse
alla sprovvista. La ragazza fece una fatica immensa nel conversare con
l'uomo sulla riva del fiume e sperò che nessun altro sentisse il
bisogno di parlarle. Ma, dopotutto, era in una zona vietata al pubblico
-Se ci avessi riflettuto un attimo di più non avrei accettato la richiesta di Clive...-
pensò tra sé mentre l'altro si avvicinò sempre di
più all'esile figura della giovane -Guarda che sto parlando con
te, non puoi stare qui- continuò lui. Helen lo studiò
rapidamente con lo sguardo: un uomo alto e robusto, dalla pelle
olivastra decorata da cicatrici, macchie e cenere; capelli scuri e
selvaggi, disordinati. Occhi piccoli e chiari. Quarantenne, mani
decorate da calli per via del duro lavoro, barba rasata quasi
distrattamente. Ad una prima impressione non sembrò per niente
una persona amichevole -Io... Io sono qui perché me lo ha
ordinato Clive Dove. M-mi chiamo Helen- disse lei tirando fuori tutto
il suo coraggio, mandando giù quelle urla che avrebbe voluto
cacciare fuori dalla sua gola e ritirando con forza le lacrime. L'uomo
davanti a lei rise di gusto -Chi sei, la puttanella del capo? Non ce
l'hai un cognome?- -Io...- -Lascia perdere, non me ne frega. Dici che
ti manda Clive Dove... E sentiamo, oltre che ordinarti di aprire le
gambe, cos'altro ti ha imposto di fare? Vuole metterti a lavoro e
permettere a questo bel visino di sporcarsi di cenere e olio? Oppure ti
ha messo a disposizione degli operai così che si possano
divertire nei momenti di pausa?- Helen si sentiva nuda di fronte a quei
commenti. Provò a stento a trattenere le lacrime, ma dopo
l'ultima affermazione quel poco di forza mentale che la sosteneva si
ridusse in frantumi -Ma come si permette? Io sono una ragazza
rispettabile! Non si azzardi più di trattarmi in questo modo,
lei non sa nulla di me e Clive! Se ha la luna storta se la prenda con
chi gliel'ha causata! E adesso, io qui ho da fare. Mi lasci passare-
esclamò tra un singhiozzo e l'altro. Lui la guardò per
una manciata di secondi, poi la prese per un polso e, stringendo la
presa, portò il viso umido della giovane vicino al suo
-Ascoltami puttanella- sibilò l'uomo -qui nessuno mette piede
nei laboratori senza il mio consenso. Giuro che se ti ripresenti ancora
una volta io ti- -Bruce! Cosa stai facendo a quella povera ragazza!- Da
dietro al cancello principale arrivò quella che sembrava la voce
di Shipley che, una volta entrato, prese le difese della ragazza -Sei
impazzito! Lei è Helen, la migliore amica del capo! Se lo
verrà a sapere, per te sarà la fine!- lo avvertì
il signore baffuto. -Questa tizia è troppo stupida, avrà
perso il cervello assieme alla dignità- -Bruce! Che ti prende?
Vuoi per caso ritornare in strada?- -Idiota! Secondo te
perché sono così nervoso? La fortezza mobile è
quasi pronta, dobbiamo solo installare il sistema di autodistruzione e
il pulsante che apre la porta per accedere all'elicottero. E una volta
concluso il progetto cosa ne sarà di noi? Clive ci
rimanderà da dove siamo venuti e io preferisco fingere di
dovermi spaccare la schiena piuttosto che tornare in quel postaccio
dove vivevo. Nossignore, questa macchina distruttiva rimarrà
incompleta- Helen aveva ascoltato attentamente il discorso di Bruce, in
modo da poter riferire tutto al suo amico una volta uscita da quello
strano luogo. Shipley sospirò -Comunque, se lei ti ha detto che
è stato il capo a mandarla qui, la devi far passare. Ero
presente quando ha detto a te e agli altri boss della Famiglia che non
dovete toccare "una ragazza di nome Helen" e vi aveva per giunta fatto
vedere la sua foto per essere certo che non vi sareste sbagliati- -Che
cazzo ne so io di quello che mi ricordo o no! Mica lo decido io! E
sicuramente dover fare attenzione o meno ad una scostumata non
rientrava nella lista delle mie cose importanti- e detto ciò,
Bruce si diresse a passo spedito verso uno dei laboratori. La castana lo
guardò allontanarsi con ancora le lacrime agli occhi -Signorina,
la prego di perdonarlo. Prima di lavorare per il capo, lui aveva una
pessima vita. Era sottopagato, riusciva a malapena a portare il pane a
tavola. A causa di questa situazione non è riuscito a sposare la
donna che amava ed è caduto in depressione. Questo lavoro, per
quanto possa essere disprezzato, gli ha salvato la vita. Tornare alla
cruda realtà lo terrorizza ed essendo così frustrato ha
trovato in lei una scusa per sfogarsi-. La ragazza tirò su con
il naso, asciugandosi le lacrime -La prego, mi chiami Helen e mi dia
del tu... Inoltre non so davvero come reagire per la scenata del suo
amico, signore. Mi ha offesa nel profondo- -Oh, certamente, come
desideri. Comunque sei libera di fare ciò che vuoi, puoi
tranquillamente parlare con il capo di quanto avvenuto prima. Ma, se mi
permetti, posso sapere come mai sei qui?- -Clive mi ha chiesto di
controllare come procedono i lavori, parlare con gli scienziati per
sapere più o meno le tempistiche e poi devo tornare da lui...
Solo che... Io, ecco...-. Di nuovo la solita storia. Si sentiva
così terribilmente a disagio a parlare con altre persone.
L'ansia di essere ferita come acccaduto prima peggiorò la
situazione più di quanto Helen si aspettasse: sentiva il respiro
farsi sempre più irregolare, il disagio del contatto visivo le
faceva pressione, le lacrime erano pronte a inumidire nuovamente le sue
guance. Si trattenne per qualche istante, poi le sue emozioni esplosero
davanti al povero postino -Shipley,
io mi fido di te. Quindi ascoltami bene. Helen soffre di attachi di
panico. Non riesce a comunicare con le persone senza interrompersi e
balbettare. Se l'interlocutore non le viene incontro, scoppia a
piangere. Io spero che questa occasione non si presenti, ma nel caso ti
ritrovassi con lei mentre ha una crisi, ti prego di abbracciarla e
consolarla. Dopo poco si sentirà meglio- Quelle erano le
parole che Clive aveva pronunciato a Shipley due settimane prima
dell'arrivo di Layton e Luke nella Londra sotterranea. L'uomo baffuto si
avvicinò alla giovane e ruppe la barriera dello spazio personale
per cercare di aiutarla. Lei si lasciò andare, in preda alle
lacrime e ai singhiozzi, stringendo il corpo del postino al suo. Odiava
avere quei momenti di fragilità, avrebbe tanto voluto rispondere
a modo a quel Bruce, o perlomeno evitare di scoppiare a piangere come
una bambina.
-Ti senti meglio?- chiese lui non appena notò che la ragazza
aveva iniziato a mollare la presa di quell'abbraccio. Lei annuì
timidamente e sussurrò delle scuse, arrossendo -Senti... Visto
che sono qui, se vuoi posso accompagnarti per i laboratori e parlo io
agli scienziati. Così tu dovrai solo ascoltare. Ero venuto qui
per consegnare agli scienziati un messaggio da Dimitri, quindi avrei
comunque dovuto fare un giro tra i macchinari-. Sul volto di
Helen nacque un sorriso -Lei è molto gentile, signor Shipley-.
-E poi qui c'è il generatore. Come vedi, è l'ultima cosa
che manca da sistemare con il sistema di autodistruzione. Clive ha
detto che è necessario, così se qualcosa va storto la
fortezza esploderà e Londra subirà ingenti danni- -Mi
scusi ma in questo modo Clive morirà!- -Non preoccuparti,
ricordati che stiamo parlando del capo. Nella parte più alta
della fortezza, vicino la sala di comando, ha fatto costruire un
elicottero per poter fuggire. Vedi, noi adesso siamo già dentro
la macchina, quindi puoi riferire al capo che è pronta ed entro
qualche ora potrà essere utilizzata- la suoneria del telefono di
Shipley lo distrasse -Si, so che sembra strano che funzioni il telefono
sottoterra, ma questo comunica in modo un po' diverso. Scusa, ma devo
rispondere-. Mentre il postino si allontanò per questioni di
privacy, Helen ne approfittò per dare un'occhiata più da
vicino a quello strano marchingegno. Al suo interno conteneva una sedia
e lei sapeva a chi sarebbe spettato quel posto. Centinaia di ingranaggi
di ogni forme e dimensioni, cavi e tubi riempivano il cuore della
macchina. La ragazza sentì la testa girarle e decise di
allontanarsi da lì per esplorare
tutti gli altri apparecchi ed armi presenti nella fortezza, ma non
appena si era avvicinata alla schiera di cannoni, percepì una
falcata pesante venire nella sua direzione. Per istinto si nascose e
sperò che quella persona fosse solo di passaggio. Sbucò
da dietro un cannone e notò che la persona in questione era
Bruce, il quale avrebbe dovuto rimettersi al lavoro. -Io so già
come
andrà a finire- disse lui parlando con se stesso -Una volta
tornato in superficie perderò tutti i soldi guadagnati grazie
a... Questa robaccia. Io non voglio, mi rifiuto di muovere un
solo muscolo per quell'uomo!- -Di cosa ti stai lamentando questa volta,
Bruce?- chiese un altro scienziato, che lo aveva sentito blaterare dal
corridoio -Una volta finito questo progetto e finita la macchina del
tempo per il capo, torneremo nel nostro presente! Dovresti esserne
felice- L'uomo dai capelli scuri sbuffò -Si, certo. Il nostro
tempo. Io ripeto, non contate su di me per finire questa macchina da
guerra- detto ciò, l'altro scienziato sembrò andare su di
giri -Senti, qui sei l'unico che non vuole tornare nel presente!
Noialtri scienziati ci stiamo spaccando la schiena sia con la macchina
del
tempo che con questa fortezza, quindi datti da fare e se non vuoi
pensare al sistema di autodistruzione, va' a lavorare al pulsante
d'attivazione dell'elicottero!- -Ascolta, mezza calzetta, non devi
dirmi quello che devo e non devo fare, altrimenti ti ammazzo!Io non
costruirò mai quel pulsante, ne dipendesse la vita del capo!- in
quell'istante Helen sussultò. Se nessuno avesse costruito quel
pulsante, Clive sarebbe sicuramente morto. La ragazza però non
si rese conto che quel sussulto le costò caro, visto che i due
uomini si accorsero della sua presenza -Ma guarda, abbiamo compagnia-
ridacchiò Bruce -bella, io non sono uno che ama mettere K.O. le
persone, ma capiscimi, sono un uomo disperato. Tu hai sentito anche fin
troppo-.
E quelle furono le ultime parole che Helen percepì. Successivamente, il vuoto.
***
Tutto stava procedendo per il verso giusto. Più o meno. Dimitri
era stato scoperto, ma non era rilevante ai fini del piano. Lui e
Layton parlarono a lungo di una donna chiamata Claire -La
fidanzata del professore... Quella donna che abbiamo incontrato ai
laboratori e che in realtà dovrebbe essere morta. Layton non sa
nulla... Immagino come possa sentirsi- pensò Clive. Si
rattristò al pensiero che l'amata dell'uomo avesse vita precaria
nel presente e che era solo questione di tempo prima che scomparisse
definitivamente. Dimitri gli aveva raccontato che durante l'incidente
di dieci anni prima, quando anche ai genitori del ragazzo fu tolta la
vita, la macchina del tempo funzionò per un istante e Claire fu
portata nel loro presente. Era quello lo scopo di Dimitri: portare la
donna nel presente per farla tornare in vita. Lei provò a
fermarlo diverse volte, ma lo scienziato non ne voleva sapere di
rinunciare ai suoi progetti.
In quel momento il gruppo era rinchiuso dentro una gabbia di ferro e,
con stupore, guardava la figura di Bill Hawks incatenata e priva di
sensi. Clive stava già pregustando il momento in cui Dimitri
sarebbe uscito di scena. Così Clive avrebbe risolto l'enigma per
aprire la gabbia e sarebbero fuggiti. Moriva dalla voglia di sapere a
che punto era la macchina. Ma una voce mandò all'aria gran parte
del suo piano -Mi spiace, ma hai catturato la persona sbagliata-. Un
secondo Layton, appena arrivato nell'ufficio, rideva sotto i baffi.
Luke guardava i due uomini confuso: chi era il vero professore? L'uomo
dentro la gabbia svelò la sua identità -Don Pablo!-
esclamò il piccolo apprendista. Clive era su di giri. Che cosa
aveva fatto il vero Layton per tutto quel tempo? Cercò di non
scomporsi; anche il collega sembrava frustrato -Su, ora facci uscire da
qui!- esclamò Don Pablo da dentro la cella. L'uomo con la tuba
risolse l'enigma e la trappola venne disattivata. -Ben fatto Layton, ma
i miei tirapiedi saranno qui a momenti. La situazione non è
cambiata di una virgola- disse Dimitri sicuro di sé -Non sono un
uomo imprudente. Questa pagoda è davvero affascinante e offre
molti angoli bui dove nascondere delle trappole. Credo che per un po'
avranno da fare- rispose il professore con aria di sfida. L'altro uomo
scosse la testa -Hai vinto questa battaglia, Hershel. Ci rivedremo
presto- e detto ciò, seguito da Bostro, presero il primo
ministro e scapparono. -Dimitri ha attivato l'allarme. Tra non molto i
suoi tirapiedi ci staranno addosso- pensò ad alta voce il
ragazzo dagli occhi scuri -Sono certo che in questa stanza è
presente un'uscita di emergenza. Sarebbe stato imprudente non farne
costruire una- disse Layton mentre curiosava ogni angolo sospetto della
stanza. L'intuito del professore era corretto: sotto la scrivania, una
botola conduceva ad un bivio sotterrano. Studiarono rapidamente la
mappa e una volta trovata la strada, si divisero. -Professore, io
voglio venire con lei!- piagnucolò Flora -Non preoccuparti, con
Luke Grande sarai al sicuro. Ci rivedremo all'hotel, intesi?-.
I passaggi erano stretti e bui, ma trovare l'uscita non fu un'impresa
impossibile. I primi a raggiungere l'aria aperta furono Clive e Flora -Da una parte sono contento che Helen non sia venuta. Le sarebbe venuto un attacco di panico dentro la botola-
pensò lui. Subito dopo posò lo sguardo sulla ragazzina al
suo fianco. Sembrava in pensiero. Per un attimo, quel visino
preoccupato gli ricordò quello di Helen quando erano più
piccoli e, quasi per istinto, le accarezzò i capelli
-Tranquilla, vedrai che il professore e gli altri staranno bene. Ora
andiamo verso l'hotel, li aspetteremo dalla reception- Flora
annuì e i due si incamminarono -Sai, Helen è davvero una
brava ragazza. Mi spiace che la me del futuro non l'abbia incontrata-
disse poi lei. Clive rise dolcemente -Ma la conosci da molto poco, come
puoi dire che è una brava ragazza?- -Si vede! Mi ha accolta nel
gruppo e mi ha fatta sentire a mio agio. Anche tu sei una brava
persona, Luke. Sei un vero gentiluomo! Il professore sarà
sicuramente fiero di te- A quelle parole il ragazzo fece cadere lo
sguardo per terra. Nel suo cuore si era formata una piccola crepa.
Vedere quella ragazzina così ingenua lo faceva sentire... In
colpa. Ma non poteva certo mandare in fumo tutto per la frase di una
quattordicenne. Si limitò a ringraziarla e per il resto della
strada rimasero in silenzio.
-Eccoci arrivati- annunciò lui quando l'hotel entrò nel
loro campo visivo. Non appena entrati, furono accolti da uno Shipley
ansioso -Luke! Ti ho cercato dappertutto! Devi venire con me, è
successa una cosa terribile!-. Clive guardò l'uomo con
perplessità -Scusaci Flora, abbiamo bisogno di un attimo di
privacy. Cosa succede?- chiese poi avvicinandosi all'uomo -Si tratta di
Helen. L'ho vista dall'ingresso dei laboratori mentre Bruce la
stuzzicava e allora, per evitare che potesse succederle qualcosa, le ho
fatto fare un giro per le sale sotto la mia sorveglianza. Arrivati dal
generatore Bostro mi ha chiamato al telefono e, una volta terminata la
telefonata, ho visto lo stesso uomo tirare un pugno verso la ragazza.
Lei ha perso i sensi ma mentre discutevo con Bruce, lei si riprese, si
alzò e, senza dire una parola, ha iniziato a farsi a pugni con
l'operaio. Ma nel mezzo della rissa lei ha perso di nuovo i sensi e
quell'uomo le ha tirato un colpo bello potente! Ha perso un po' di
sangue e sicuramente si sarà fatta qualche livido... Io non ci
ho capito nulla, anziché portarla in ospedale l'ho portata nel
vostro appartamento. Ho provato a farla riprendere, ma senza successo!
Ho paura che dovremo portarla in un vero e proprio ospedale-. Clive e
Shipley discussero per un'altra manciata di minuti, poi il giovane, con
occhi spenti, si diresse verso Flora -Mi spiace, ma c'è una cosa
importante di cui devo occuparmi subito. Dì al professore di
proseguire le indagini senza di me-. Lei annuì e osservò
il ragazzo correre fuori dall'hotel. Doveva raggiungere Helen il prima
possibile. La aveva messa in secondo piano troppe volte ormai -Stavolta andrà diversamente. Helen, perdonami se ti ho fatto soffrire. Sto arrivando-.
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Capitolo 9 *** L'inizio della tragedia ***
my lovely disaster 8
Capitolo Otto
L'inizio della tragedia
Clive aveva solo tredici anni quando,
due mesi fa, i suoi genitori morirono a causa di un'esplosione nella
sua palazzina. Era fuori a giocare a pallone con gli amici del
quartiere, in una giornata che proseguiva nella sua
quotidianità. All'improvviso, un potente frastuono
riecheggiò lungo tutta la strada e, non appena lui alzò
lo sguardo, metà dell'edificio in cui abitava era stato ridotto
in macerie. Il ragazzino non poté credere ai propri occhi, era
troppo assurdo per essere vero. -Mamma! Papà!- urlò
correndo verso la zona dove era appena accaduto il disastro, per poi essere
immediatamente fermato da un uomo con la tuba -Fermo ragazzo!-
esclamò lui afferrandolo per un braccio -Devo salvare i miei
genitori! Sono là sotto!- cercò di liberarsi il
più piccolo, singhiozzando e indicando i resti della palazzina.
L'uomo scosse la testa -Se vai lì, morirai anche tu!-. A quelle
parole, Clive vide tutto il mondo che lo circondava andare in frantumi.
In un secondo aveva perso la sua casa e la sua famiglia. Tutto
ciò che aveva di più caro non esisteva più. Solo
cenere e fumo. Sentì dentro di sé un mare di emozioni
infrangersi come un'onda sul suo cuore a pezzi e si lasciò
andare in un pianto disperato tra le braccia di quell'uomo, che a sua
volta versava lacrime, ma silenziosamente.
I giorni a seguire Clive fu spedito in un piccolo orfanotrofio della
zona. Assieme ai suoi familiari, persero la vita una giovane scienziata
e una coppia anziana che abitava al piano inferiore del suo. Ci furono
una decina di feriti, due dei quali erano gravi. Il ragazzino aveva
smesso di mangiare e di dormire; non interagiva con gli altri bambini e
nemmeno con le maestre. Nella sua testa solo un pensiero ronzava fisso:
perché i suoi genitori erano morti? Sul giornale non comparve
alcuna notizia, come se nulla fosse mai accaduto. Un fatto che il
ragazzino non solo non riusciva a spiegarsi, ma lo fece anche ribollire
di rabbia. Alcune persone ci avevano rimesso un braccio, altre una
gamba, altre la vita. Non poteva essere un argomento da archiviare e
Clive ne voleva sapere di più. Purtroppo per lui, era ancora
troppo sotto shock per poter affrontare la situazione. La ferita era
lì, ancora aperta e sanguinante. Passato il quinto giorno in
orfanotrofio, la direttrice iniziò a preoccuparsi per la salute
del ragazzino: aveva perso peso a vista d'occhio, una pesante ombra
sotto gli occhi era segno delle lunghe notti in bianco che si seguivano
giorno dopo giorno. -Pronto, casa Dove? Vorrei parlare con la signora
Constance. Sono Maya, la direttrice dell'orfanotrofio "Little Chick"-
disse la donna mentre attendeva risposta dall'altra parte della
cornetta -Salve Constance! Ormai è passato molto tempo da quando
sei andata in pensione... Come stai? Oh si, qui tutto procede bene, a
parte per una cosa: è arrivato da poco un ragazzino il quale ha
perso i genitori in un incidente... Non mangia e non dorme, sono in
pensiero per la sua salute. Tu hai molta più esperienza alle
spalle, sai darmi qualche consiglio?... Cosa?! Permettimi di dirti che
mi sembra una scelta troppo avventata. Si, lo so, però pensavo
che tutti i bambini che arrivano qui sono sempre un po' depressi.
Arrivare a tanto per l'ennesimo ragazzino disperato... L'esplosione
nella palazzina, dici? Non saprei, il poliziotto che lo ha portato qui
non ne ha fatto parola. Va bene Constance, se tu sei sicura di questa
scelta allora te lo affiderò. Sai quello che fai e ci tengo al
futuro dei bambini. Sarà in buone mani. Ora scusa, ma devo
scappare, appena puoi vieni a firmare i documenti per l'adozione e
potrai portarlo a casa. A presto!-. Una volta chiusa la telefonata, la
donna si sedette sulla sedia del suo ufficio -Quella donna ha un piede
nella fossa, riuscirà a prendersi cura del ragazzino?
Sicuramente conoscerà qualche coppia senza figli e lo
comunicherà a loro... Perlomeno è una signora sveglia e
se veramente quel ragazzo ha perso i genitori per colpa di
quell'esplosione, allora qui dentro credo che possiamo fare davvero
poco e niente- disse tra sé mentre stampava i documenti da
firmare per rendere ufficiale l'adozione.
Il giorno dopo, la signora Dove si presentò all'orfanotrofio in
compagnia di Quartz, uno dei suoi servitori. -Bentornata Constance! Mi
fa piacere che tu sia passata oggi. Vado a chiamare il ragazzo- -Mi
auguro che tu abbia avvisato quel povero fanciullo, Maya. Non vorrei
subisse altri traumi- disse l'anziana signora -Tranquilla, gli ho detto
tutto. Anche se non ne sembrava particolarmente felice. Sei davvero
sicura di volerlo fare?- -Non preoccuparti, assieme ai miei maggiordomi
avrà ciò che merita. Ora portalo qui, non vedo l'ora di
incontrarlo!- esclamò la signora Dove con voce roca. Dopo un
paio di minuti, Clive entrò nella stanza, avvicinandosi
timidamente all'anziana. -Ciao piccolo, io sono Constance Dove. Da
oggi, mi prenderò cura di te- -Perché me? Io non ho nulla
di speciale... Non ho più niente...- Maya, che si trovava alle
spalle del ragazzino, si rattristò a sentire quelle parole
-Questo è il motivo che mi ha portata qui oggi- disse Constance
accennando un sorriso. Lui si limitò a interrompere il contatto
visivo e spostò il suo interesse sulle scarpe rovinate che aveva
ai piedi. La direttrice sospirò -Questi sono i documenti da
firmare- l'altra donna si avvicinò al bancone, poi si
voltò verso il giovane -Come ti chiami?- -...Clive- -Bene Clive.
Segui Quartz in macchina. Io arrivo presto-. Il ragazzino dagli occhi
scuri notò la figura dell'uomo solo in quel momento e, con
il cuore in gola, si incamminò verso di lui. Salutò Maya
e raggiunsero la macchina che era stata parcheggiata a pochi metri
dall'ingresso. Era un veicolo che Clive non aveva mai avuto l'occasione
di vedere da vicino: era molto più grande rispetto alle altre
automobili che circolavano per le umili strade della periferia di
Londra. -Non appena la signora ha saputo di te, non ha voluto sentire
ragioni: ci ha mandati di corsa a sistemarti una camera e per cena si
aspetta in tavola una pietanza da leccarsi i baffi...- disse l'uomo
una volta entrato in macchina assieme al giovane -Io continuo a non
capire perché ha voluto me, tra tutti gli altri ragazzi
lì dentro...- pensò lui ad alta voce. Quartz
ridacchiò quasi
distrattamente -Questo, ragazzo, dovrai chiederlo a lei- -Eccomi,
scusate per l'attesa. erano davvero tanti documenti!- li interruppe la
donna, che prese posto vicino al conducente -Clive, stai per vedere la
tua nuova casa-.
Il tempo passò in fretta in casa Dove, anche se all'inizio Clive
fece parecchio fatica ad ambientarsi. Per lui era tutto così
nuovo, abituato alla povertà e semplicità. Era sempre
servito e riverito grazie alla presenza dei tre servitori, Quartz e
Crystal e Shipley. Con il trascorrere dei giorni, il ragazzo riprese a
mangiare e a dormire, portando benefici alla sua salute.
Quell'ambiente così surreale per lui diventò sempre
più familiare e, a distanza di due mesi, il trauma per la
perdita dei suoi genitori era pressoché svanito.
La signora Dove viveva in un enorme villa in campagna. L'edificio era
abbracciato da un giardino privato recintato da mura in mattone ed un
cancello vietava l'ingresso agli sconosciuti. Accanto era presente
un altro abitacolo, grande e prezioso come quello in cui viveva Clive,
ma sembrava che nessuno ci avesse messo piede per molto tempo. Una sera
d'estate, però, una luce provenire dalla finestra vicina lo
colse alla sprovvista -Constance! Qualcuno è entrato nella villa
qui accanto!- La donna rise divertita nel vedere il volto preoccupato
del giovane -Si, sono i Dixon, saranno sicuramente tornati dalla
vacanza in America. Ora che ci penso, loro hanno una figlia. Dovrebbe
essere poco più piccola di te, perché uno di questi
giorni non vai a fare amicizia con lei?- -Ma è una femmina! Io
non ho mai avuto delle amiche. Non so come passano il tempo...- -Beh,
c'è sempre una prima volta. E poi alle ragazze piacciono anche i
giochi da maschi, sai?-. Dopo l'affermazione del tutore, il ragazzo si
avvicinò alla finestra della sala, cercando di scrutare qualche
dettaglio dall'edificio vicino, ma invano.
La mattina seguente la famiglia vicina
decise di passare dalla signora Dove per salutarla, dati i lunghi mesi
di assenza. -Bentornati, Alison e Mark. Oh, c'è anche la
graziosa Helen. Prego, entrate. Gradite una tazza di caffé
mentre
vado a chiamare Constance?- li accolse Crystal con un ampio sorriso. I
Dixon erano una famiglia composta da padre, madre e figlia: Mark Dixon,
un uomo sui quarantacinque anni, pelle abbronzata, capelli e occhi
scuri, era il dirigente di un'importante azienda. La madre: Alison
Dixon, quarant'anni, bionda e con gli occhi tendenti al nocciola, era
entrata nel mondo della scrittura e aveva iniziato a vendere i suoi
elaborati, riscuotendo modesto successo. Infine Helen, una dodicenne
dai capelli castani e gli occhi della donna, le piaceva correre e
giocare all'aria aperta, sporcarsi nella terra e arrampicarsi sugli
alberi nonostante i rimproveri dei genitori sul fatto di dover tenere
atteggiamenti più femminili. La famiglia si accomodò sul
divano e quando anche l'anziana donna
arrivò, si misero a chiacchierare del più e del meno, del
viaggio oltreoceano e di altri business in cui la ricca famiglia era
entrata. -Sai Helen- disse Constance -adesso non sarai più sola.
Ti ho portato un amico-. Helen era l'unica bambina
del paesino poco fuori Londra dove abitavano. Non aveva molti amici al
di fuori di qualche compagno di classe e inoltre loro risiedevano nel
centro della
città. -Sali le scale e bussa alla prima porta che ti ritrovi
sulla sinistra- aggiunse ridendo dolcemente. La ragazzina non se lo
fece ripetere due volte. Finita la rampa di scale, bussò
rapidamente contro la porta di legno. Quando le fu dato il permesso di
entrare, abbassò la maniglia e, dentro la stanza, trovò
un ragazzino intento a leggere un fumetto. Non appena lui notò
che la persona all'uscio della porta non rientrava nella lista dei
conoscenti, sussultò. -E tu chi saresti?- esclamò poi -Mi
chiamo Helen Dixon e abito qui accanto. Tu invece chi sei? Non ti ho
mai visto qui-. Lui riportò lo sguardo sul fumetto -Sono Clive
Dove- -Dove? Sei il nipote della signora Constance?- -No... Sono suo
figlio... Più o meno- -Ma lei è troppo anziana per
avere dei figli- -Infatti non sono proprio suo figlio- -E allora chi
sei?- Il ragazzino stava iniziando ad innervosirsi. Quegli enormi occhi
nocciola di lei, così ipnotici, lo stavano studiando nei minimi
dettagli. Si sentiva quasi messo a nudo ed era una sensazione che non
gli piaceva. -Se non ti va di rispondermi basta dirlo. Cosa stavi
facendo?- disse poi lei, prendendo posto sul letto vicino al ragazzino.
Quest'ultimo la osservò attentamente. Era una bambina piuttosto
aperta e, secondo suo giudizio, forse un po' ficcanaso. Però gli
piaceva come teneva i capelli legati. Era un'acconciatura che non aveva
mai visto, ma metteva in risalto le guance rosee di quel viso delicato.
-Stavo
leggendo un fumetto. E comunque mi piace come hai sistemato i capelli-
-Bello, vero? Me li pettina sempre la mamma, si chiama "mezza coda"
perché anche se i capelli sono legati, le ciocche più
basse rimangono sciolte-. I due chiacchierarono per altri dieci minuti
fino a quando non vennero interrotti da Crystal -Scusate bambini.
Clive, la signora Dove ti sta chiamando-. Uscirono entrambi e scesero
le scale per dirigersi nella grande sala dove gli adulti stavano
parlando serenamente -Lui è Clive, mio figlio adottivo-
annunciò Constance indicando il giovane con un cenno della mano
-Sai che è proprio adorabile! Ciao Clive, noi siamo Alison e
Mark Dixon e siamo i vostri vicini di casa. Lei è nostra figlia
Helen, ma penso che voi abbiate già fatto conoscenza- -Salve
signori Dixon- disse lui facendo un piccolo inchino. Mark sorrise al
ragazzino e successivamente si alzò dal divano -Direi che si
è fatto tardi, è quasi ora di pranzo. Grazie mille per il
caffé, signora Dove- -Oh, non preoccupatevi. Dopo tutto questo
tempo mi ha fatto davvero piacere rivedervi- la signora poi si rivolse
alla piccola -Quando vuoi venire a giocare con Clive, basta che suoni
al campanello. La porta sarà sempre aperta per te- -La ringrazio
signora! Tu cosa ne dici?- chiese Helen con occhi scintillanti al
tredicenne -Si... Per me va bene. A volte mi annoio a giocare da solo,
magari insieme passiamo meglio il tempo-. A quella risposta la bambina
iniziò a saltare sul posto gioendo e ringraziandolo, seguendo
poi i genitori verso l'uscita della villa. Da quel giorno, i due
divennero sempre più amici, fino a instaurare tra di loro un
legame d'affetto quasi fraterno.
Passò un anno e la famiglia Dixon era entrata sempre di
più in un circolo di affari poco raccomandabili: il loro
successo aveva attirato l'attenzione di rivali e nemici potenti, alcuni
di essi anche pericolosi e senza scrupoli. Cercavano di stare il
più tranquilli possibile, nonostante numerose minacce giunte
verbalmente e, nel peggiore dei casi, tramite azioni violente. Ma fu
durante una notte di Agosto che avvenne la tragedia. La famiglia aveva
appena finito di cenare quando percepirono un frastuono provenire
dall'esterno. Mark si alzò da tavola e corse alla finestra per
capire cosa stesse succedendo. Non appena il suo sguardo riconobbe
nell'ombra della notte due figure munite di fucili intente a
distruggere il loro cancello, sbiancò. -Alison, Helen, correte a
nascondervi e non fiatate, mi raccomando!- -Mark, cosa succede?-
-Presto! Muovetevi!-. La donna prese per il braccio la ragazzina e si
rifugiarono nella camera matrimoniale al piano terra. -Mamma,
perché papà era così spaventato?- Un potente tonfo
giunse alle orecchie delle due: il portone di casa era stato
sfondato, seguito immediatamente da un concerto di spari. Alison
guardò la figlia in preda al panico, poi aprì rapidamente
la finestra -Helen, devi scappare! Corri verso casa della signora
Dove e nasconditi! Non sei al sicuro qui! -Mamma, ma tu e
papà?- -Tranquilla, non pensare a noi! E ora va'!- con le
lacrime agli occhi, la donna spinse la bambina fuori dalla finestra.
Helen atterrò sul morbido prato e iniziò a correre
più velocemente che poteva. Scavalcò il muro che
circondava l'abitacolo e, con il cuore in gola e fiumi di lacrime che
scendevano sulle sue guance, percepì l'ennesimo susseguirsi di
spari accompagnati dalle urla agghiaccianti della madre.
-Dov'è la bambina? Se non ammazziamo anche lei, il nostro lavoro
sarà stato inutile- disse uno dei due uomini al collega -Al
piano di sopra non c'è, temo sia riuscita a scappare. Ma fidati,
non sarà andata lontano-. Il secondo uomo uscì a passo
svelto dall'edificio e si diresse verso l'auto -Oi, la bamboccia non
c'è. Devi andarla a cercare, noi finiamo di perlustrare la
villa- riferì lui al complice alla guida del veicolo -Non
preoccuparti, ci penso io- rispose l'altro mentre faceva partire il
motore e accendeva i fanali -Mi raccomando, mettila sotto con la
macchina. Non deve sopravvivere-.
L'inconfodibile rumore perforante degli spari venne percepito anche in
casa Dove. In quel momento Clive, seduto sul divano assieme a
Constance, si alzò di scatto -Helen! Quel suono viene da casa
sua!- esclamò per poi correre alla velocità della luce
fuori di casa. -Clive, fermo! Non ti azzardare ad uscire! Quartz,
Crystal, Shipley! Presto, andate a recuperare il mio bambino prima che
gli succeda qualcosa!-.
Il ragazzo aveva appena passato il confine in mattoni della sua
proprietà, quando notò la figura di Helen correre nella
sua direzione -Helen! Cos'erano quegli spari?- gli urlò lui da lontano, ma non ottenne alcuna
risposta. La ragazzina era in preda panico. La vista era annebbiata
dalle lacrime e l'ansia aveva invaso il suo cuore. Le gambe spesso
cedettero sotto il peso del suo stesso corpo e per poco non
rischiò di cadere sul freddo asfalto -Clive, non venire qui!
Nasconditi!- urlò con quel poco di fiato che le era rimasto. Il
più grande la fissò per una manciata di secondi, il tempo
che bastò ad una macchina di svoltare in curva e seguire a
grande velocità la ragazzina. Lui si sentì mancare
-Helen, presto! Ci sei quasi!- la incoraggiò, nascosto dietro un
albero a pochi passi da casa sua, tenendo una mano verso lei per
afferarla. Ma la castana ormai non aveva più forze. Ad ogni
battito il suo cuore rischiava di esplodere. Percepiva il rumore del
motore sempre più vicino alla sua figura. Ancora poco e
l'avrebbe raggiunta. La stessa distanza che le mancava per raggiungere
l'amico dietro l'albero. Una scintilla di speranza nacque nel cuore
della ragazzina -Ce la posso fare. Ancora qualche metro e sarò salva. Ancora qualche passo e...-
-Helen!-
Il tempo si fermò per un istante impercettible, che concedette
alla giovane solo l'occasione di voltarsi verso il veicolo. Venne
circondata da una luce abbagliante mentre il ronzante rumore del motore
riecheggiò nel suo cervello. Percepì il tocco freddo
della carrozzeria della vettura contro cui il suo corpo si
scontrò violentemente, il forte vento che le scompigliò
la tanto amata acconciatura, immagini confuse di ciò che la
circondava, il pungente odore di sangue fresco che sgorgava da qualche
punto impreciso della sua testa. All'improvviso, buio.
Clive assistì ad ogni secondo di quella macabra scena. Con occhi
sgranati osservò la macchina sparire verso l'orizzonte. Il suo
stomaco si contrasse a tal punto da espellere la cena in uno sgraziato
conato di vomito. Non provò nemmeno ad avvicinarsi al corpo
dell'amica. Le gambe si erano come paralizzate. La gola in fiamme a
causa del rigurgito gli impedì di emettere alcun suono. E non
appena Shipley li raggiunse, si lasciò cadere a terra, liberando
le lacrime che si erano accumulate negli angoli dei suoi occhi. -Clive,
cosa è successo qui? Cerca di calmarti, come ti è saltato
in mente di uscire così? Non sai che spavento ci hai fatto
prendere!- lo rimproverò l'uomo. Lui però non gli diede
retta. Si limitò ad indicare il luogo dove giaceva la ragazza in
fin di vita. Il servitore si recò sul ciglio della strada e
quando riconobbe nella vittima la figlia dei Dixon, chiamò
un'ambulanza e tentò di spiegare ai medici l'accaduto. Clive
avrebbe volentieri spiegato loro cosa era appena accaduto, ma l'unica
cosa che il suo cervello riuscì ad elaborare furono il
susseguirsi di immagini di quell'evento a cui aveva assistito poco
prima -Perché le hanno fatto questo? E perché io non sono riuscito a salvarla?-.
Il ragazzo si rimise in piedi grazie all'aiuto di Shipley, che lo
riportò tra le sicure mura di casa. La signora Dove strinse il
figlio adottivo in un abbraccio e si fece sfuggire una lacrima. Gli
fece diverse domande, ma dai suoi occhi spenti la donna capì che
era successo qualcosa di terribile e che quello non era il momento
adatto per ricevere delle risposte. Subito dopo il giovane si chiuse
nella sua camera e pianse tutta l'ansia che gli era rimasta in corpo -Mi
sento come quando mamma e papà sono morti... Come farò se
morirà anche lei? Helen, ti prego... Perdonami se non ho fatto
nulla per proteggerti... -.
E con il cuore a pezzi, Clive chiuse gli occhi, per poi ritrovare nel
sonno i ricordi di quell'evento, destinato a diventare parte dei suoi
demoni del passato.
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Capitolo 10 *** Il deterioramento della mente ***
my lovely disaster 9
Capitolo Nove
Il deterioramento della mente
Dopo la sparatoria in casa Dixon e il
tentato omicidio di Helen, Clive iniziò a percepire dentro di
sé i rimorsi e i sensi di colpa nutrirsi delle sue interiora
giorno dopo giorno. Gli adulti provarono più volte a spiegargli
che non era colpa sua se la ragazzina si trovò in quello stato e che,
se lui fosse uscito allo scoperto, il conducente avrebbe provato ad
eliminarlo. Forse per via della notte, forse per via della fretta di
investire la castana, il criminale non si era accorto della presenza di
Clive. Il più prezioso tra i testimoni. La polizia lo
interrogò poco tempo dopo l'omicidio, ma il giovane non si era
ripreso del tutto dallo shock e si rifiutò di aprire bocca.
Quando riuscì a spiegare la situazione, nel giro di una
settimana i poliziotti scovarono i tre colpevoli e l'uomo che li
mandò in missione. Nonostante fosse stata tolta la vita a due
personaggi importanti, la notizia non venne propagata come avrebbe dovuto,
mettendo luce su una falsa verità: Clive si sforzò di non
piangere mentre raccontava alla polizia l'accaduto in ogni suo
dettaglio, eppure i giornali riportarono la morte dei Dixon come un
omicidio - suicidio da parte di Mark, il padre di Helen. E quella fu la
goccia che fece traboccare il vaso. -Come possono buttare fango su una
notizia tanto importante?- esclamò il quattordicenne, una volta letta la
notizia. Constance sospirò e mise una mano sulle spalle del
giovane -Sono i potenti, coloro che hanno soldi a palate, che
comandano. Sono sicura che il capo di quei tre criminali è anche il
boss di un'importante azienda... Avrà costretto la casa editrice
e la polizia a tacere- -Anche tu hai tantissimi soldi! Non puoi
convincere quei buoni a nulla a far sapere al mondo la verità?-.
L'anziana signora scosse la testa avvilita -Io sono andata in pensione
tanti anni fa. Si, ho molti soldi, ma omai non sono più nessuno.
Credo di non poterti aiutare figliolo, mi dispiace-. Clive strinse i
pugni, dovendo ammettere di non avere possibilità di cambiare la
situazione. -Adesso non posso fare
nulla per proclamare giustizia. Ma tra qualche anno, non appena
finirò la scuola e sarò più indipendente,
farò in modo che la verità verrà a galla. In questo modo
i miei genitori e quelli di Helen saranno vendicati-
pensò tra sé mentre si infilava la giacca -Io sto
uscendo- disse poi prima di lasciare la stanza. La signora Dove lo
guardò preoccupata -Stai andando all'ospedale?- l'altro
annuì -Mh, capisco. Fa' attenzione... Se i medici ti daranno qualche notizia sulla fanciulla facci sapere-.
Mentre era sul bus Clive non poté fare a meno di pensare alla sventura della famiglia Dixon, Helen in particolare. -Pure
lei adesso ha perso i suoi genitori... Le starò vicino
finché non si riprenderà. Non voglio che soffra come me,
anche se io ne uscii illeso quel giorno... E tutto grazie a
quell'uomo con la tuba-.
Una volta sceso alla fermata dell'ospedale si diresse di corsa nella
hall -Mi scusi, vorrei sapere dove si trova Helen Dixon- chiese
all'infermiera dietro il bancone -Secondo piano, stanza 15-. Il
ragazzo fece le scale di corsa e raggiunse in poco tempo la stanza.
Helen era ancora lì, con le palpebre serrate e diversi macchinari attorno alla sua figura. Una moltitudine di fasce
decorava tristemente il suo corpo freddo e in fin di vita. Solo
l'elettrocardiogramma gli dava la certezza che la sua amica non lo
aveva ancora abbandonato.
-Hey, tu eri assieme a quell'uomo che ha chiamato l'ambulanza- disse
una voce alle sue spalle. Non appena si voltò si ritrovò
davanti un uomo in camice bianco, dai capelli neri e gli occhi
nocciola. Avrà avuto più o meno l'età di Mark
Dixon -Sono il dottor Kerwin e ho soccorso la tua amica quando la
abbiamo recuperata dal ciglio della strada. Ora lei è sotto la
mia sorveglianza; ci penserò io a farla tornare tra noi, anche
se non ti nascondo che non sono così ottimista-. Il giovane lo
osservò con occhi tristi, poi decise di parlare -Io sono Clive
Dove e sì, ero assieme a quell'uomo. Cosa è successo ad
Helen?- -Ragazzo, la tua amica è in coma. Si è fratturata
qualche osso del cranio e tre costole, ha subìto una lieve distorsione
della caviglia destra e il suo cervello è stato danneggato. Non
ho idea se e quando si risveglierà, ma in caso riaprirà
gli occhi, dovremo essere certi che il danno cerebrale non sia grave.
Però sono stupito di come la sua spina dorsale sia intatta; ha
avuto davvero molta fortuna-. Il più piccolo non apprezzò
molto la mancaza di tatto del medico, avrebbe preferito un discorso un
po' meno da adulti. Dopotutto lui aveva solo quattordici anni. Con le
lacrime agli occhi, chiese -Qual è la percentuale di
possibiltà che si risvegli senza alcun problema al cervello?-
-Quasi nulle, purtroppo. Non voglio illuderti ragazzo, ma ha sbattuto
la testa violentemente e dobbiamo essere realisti. Comunque io
farò di tutto per permettere a questa povera giovane di vivere
il resto dei suoi giorni in tranquillità. Quando vuoi, l'orario
di visita è appeso sulla parete destra della hall. Anche se non può vederti o
sentirti, la tua presenza le sarà sicuramente d'aiuto-.
Clive ringraziò il medico e, quando tornò a casa,
raccontò ogni cosa al tutore e ai servitori. Da quando i due
ragazzini diventarono amici, Helen veniva trattata come una di famiglia
non solo dai domestici, ma anche da Constance. Nonostante la ragazzina
passasse poco tempo con gli adulti, a loro faceva piacere vedere il
giovane giocare con lei felice e spensierato: era il futuro che la signora Dove
aveva sperato di donargli. Spesso si stuzzicavano a vicenda, ma appena
uno dei due si cacciava nei guai, l'altro correva in suo aiuto.
Sembravano davvero due fratelli.
La scuola era ormai iniziata da un po', ma Clive non poteva permettersi
di stare anche un solo giorno lontano dall'amica. Ogni volta che
terminavano le lezioni lui prendeva il bus e si dirigeva all'ospedale.
Strette amicizia con il dr. Kerwin ed entrambi passarono spesso il
tempo a parlare di medicina o della vita di Helen prima della
sparatoria. Il ragazzo condusse quella routine per tre mesi di fila,
fino a quando la ragazza morente aprì per la prima volta gli
occhi. Il giovane era da solo nella stanza assieme alla castana; anche
se lei era in coma, gli piaceva raccontarle delle sue giornate come se
lo stesse ascoltando. E durante uno di quei giorni avvenne il miracolo:
Helen si svegliò.
-Dove sono? Cosa sono queste macchine?- sussurrò lei con voce
flebile. L'amico non poté credere ai suoi occhi. Si mise persino
a piangere dalla gioia -Helen! Stai bene! Sono così contento che
tu sia viva!- esclamò mentre la stringeva in un abbraccio. -Io
non sono Helen e ti prego, scollati di dosso, sconosciuto- cercò
di liberarsi
da quella morsa affettiva con una forza che, in teoria, non avrebbe
dovuto avere. -Helen, sono io, Clive! Non puoi esserti dimenticata di
me, sono il tuo migliore amico...- tentò di spiegare lui -Ti
ripeto, non mi chiamo Helen! Chiunque tu stia cercando, non è
qui. Io mi chiamo Yara, voglio parlare con una persona competente-. In
quel momento il ragazzo percepì il suo cuore frantumarsi in
mille pezzi e corse a cercare il medico. Una volta trovato si
precipitarono nella stanza della giovane e rimasero a bocca aperta: lei
era lì, in piedi, che cercava di sganciarsi dalle diverse
macchine collegate al suo corpo. -Signorina, la prego di
sdraiarsi. Si è
appena risvegliata da un coma, non deve sforzarsi tanto- disse il
medico mentre la adagiò sul letto -Mi tolga quelle sudicie mani
di dosso! Io sto benissimo, non ho avuto nessun coma! Lasciatemi
andare!- urlò lei provando a sfuggire dalle grinfie del dottore,
che però rispetto a Clive aveva molta più forza -Helen,
cerca di calmarti. potresti avere un altro collasso. Non ricordi nulla
dell'incidente oppure dei tuoi anni passati?- chiese il dr. Kerwin
-Basta! Io sono Yara, non Helen! Non so come io sia finita qui o chi
siete voi, so solo il mio nome e che voglio uscire da questo postaccio!
Ma quale coma, voi siete tutti matti da legare- disse tentando di
alzarsi, ma il medico la teneva ben stretta dalle spalle. Nel frattempo
il giovane dagli occhi scuri guardava la sua amica con aria confusa e
triste. Non aveva ben chiara la situazione, ma a giudicare dallo
sguardo del medico, doveva trattarsi di qualcosa di grave. Non appena
quest'ultimo riuscì a calmare la ragazzina, prese da parte il
suo compagno e si avvicinò al suo viso, in modo da non essere
sentito. -Ascolta, la faccenda è seria. Non vorrei giungere a
conclusioni affrettate, ma la tua amica potrebbe soffrire di disturbo
dissociativo dell'identità, meglio conosciuto come disturbo
della personalità multipla. Ci serve uno specializzato, ma prima
dobbiamo aspettare che torni Helen per averne la certezza-
spiegò il dottore. Il più giovane si avvicinò al
letto della paziente con passi pesanti. Si era già stancato
della presenza di quella ragazza scorbutica. Lui voleva la sua amica
-Yara, fai immediatamente
apparire Helen!- ordinò lui. Non poté fare a meno di
notare che gli occhi di lei presero una forma diversa: erano soliti
essere rotondeggianti con delle grandi iridi brillanti, mentre invece
in quel momento i suoi occhi erano piuttosto allungati e quel bel color
nocciola aveva ceduto gran parte del suo spazio al bianco dei bulbi
oculari.
-Come osi parlarmi in questo modo!- la castana saltò dal letto e
precipitò addosso a Clive, tirandogli un pugno sulla guancia che
gli lasciò il segno. Il dr. Kerwin si vide costretto a chiamare
le infermiere e darle un calmante per arrestare quell'ira causata da
fonti sconosciute. -Ti ha fatto molto male?- chiese il medico porgendo
una placca di plastica contenente del ghiaccio al ragazzino -Si, ma
più che altro non me lo aspettavo. Mi dispiace...- -Non
preoccuparti ragazzo, immagino la tua frustrazione. Ora devi scusarmi,
ma l'orario di visita si è concluso. Io e uno specialista faremo
dei controlli a Helen, passa pure domani-.
Il quattordicenne non se lo fece ripetere due volte e il giorno dopo si
ripresentò, un po' titubante, nella camera della paziente.
Quando arrivò, la sua amica era sveglia, ma non aveva le stesse
forze del giorno prima. Assieme a lei, il dr. Kerwin stava esaminando
gli ultimi dati. -Clive... Sono così felice che tu sia qui- si
espresse lei con un filo di voce, alzando di poco il braccio verso di
lui -Il dottore mi ha spiegato tutto, ma sono sicura di non essere
stata io a causare tutti quei problemi ieri. Insomma, era come se
stessi vedendo la mia vita, ma sulle
tribune, non potevo agire, pensavo e basta...- Lui si avvicinò
alla figura della castana, stringendole la mano -Non parlare, devi
riposarti. Lascia perdere ieri, lo so che non eri tu. Chiunque
ella
fosse, non la faremo tornare una seconda volta, tranquilla-. Lei
sforzò un sorriso e il medico si alzò -I sospetti di ieri
sono confermati. Helen, soffri di personalità multipla. Dovrete
fare molta attenzione, al momento non è un qualcosa di
controllabile. Ve lo sto riferendo perché trovo sia inutile
avere un problema e non sapere a cosa si deve andare incontro. Con le
giuste sedute dal terapista riuscirai a gestire la situazione nel
miglior modo possibile. Ovviamente dovrò parlarne con un adulto.
Senza di esso non possiamo dimetterti da qui. Adesso devo scappare ad
analizzare dei dati, vi lascio un attimo da soli-. Non appena il
medico uscì dalla stanza, il giovane si sedette sul letto
dell'amica, la quale sospirò -Mi dispiace, non avrei
mai voluto farti del male. Io ricordo solo che stavo correndo da te, la
macchina e... Gli spari... I miei genitori...- il ricordo di quel
fatidico giorno stava piano piano prendendo forma nella mente di lei -I
miei genitori sono morti! Hanno buttato giù il portone e hanno
sparato a mio padre! Mia madre ha fatto la sua stessa fine dopo che mi
ha fatta scappare dalla finestra! Clive... Mamma e papà... Non
ci sono più...- realizzò lei tra un singhiozzo e l'altro.
E lui non poteva fare altro che stringerla a sé e restarla a
guardare. Sapeva benissimo come ci si sentiva, ma non aveva idea di
come aiutarla. Se non fosse stato per Constance, il ragazzo avrebbe
avuto tutt'altra vita. Ma in quel momento la signora Dove non c'era,
quindi lui reagì con lei come l'anziana donna fece con Clive: la
rese il
centro del suo mondo.
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Capitolo 11 *** La verità ***
my lovely disaster 10
Capitolo Dieci
La verità
-Helen! Sono a casa!- esclamò Clive una volta varcato l'ingresso
della villa. Sul divano della sala, la ragazza stava guardando
distrattamente un programma tv -Hai fatto tardi... Cos'è
successo?- -Diciamo che alcuni degli attori scelti per partecipare al
piano di giustizia erano contrari e io e il mio collega abbiamo dovuto
usare delle tecniche poco ortodosse per convincerli-. La castana si
alzò, spegnendo l'elettrodomestico. Ormai era passato parecchio
tempo da quando il suo amico aveva iniziato a collaborare con quello
strano scienziato. Avevano due obiettivi diversi, ma con un punto in
comune: l'odio verso Bill Hawks. Insieme decisero di collaborare e
progettarono una Londra sotterranea, che successivamente avrebbero
spacciato per una versione futuristica della città, perfetta per
intrappolarci gli scienziati e costringerli a farli lavorare per
costruire una macchina del tempo. Avevano messo in programma di rapire
il primo ministro, ex collega dello scienziato, per via delle sue
conoscenze sulla macchina. Clive si adattò al piano del
più grande, per poi elaborare segretamente una fortezza mobile
in grado di radere al suolo qualsiasi città.
Era tutto ciò che Helen sapeva, grazie ai racconti del giovane.
Aveva provato diverse volte a dissuaderlo, ma senza successo. Non
doveva solo combattere contro la pazzia in cui il suo compagno si era
fiondato, ma aveva anche la sua altra personalità e gli attacchi
di panico da dover tenere sotto controllo.
***
Dopo la sparatoria, la vita di Helen venne messa a soqquadro. Aveva
ridotto al minimo le sue interazioni sociali per paura di provocare
qualche danno con la sua nuova personalità, già
verificatosi anche in ambiti delicati, come quelli scolastici. Il suo
timore divenne in poco tempo ansia: ogni conversazione per lei era
diventata qualcosa di insopportabile, non riusciva a smettere di
pensare a Yara, a ciò che avrebbe potuto fare se fosse venuta
allo scoperto senza preavviso. Al tempo la castana non riusciva a
controllare "il parassita" e ciò le causò enormi
problemi, sia fisici che mentali. Spesso si ritrovava a non ricordare
interi momenti di giornate, oppure altre erano vissute in secondo
piano, come se lei assistesse ai momenti della sua vita dietro ad un
grande schermo.
I due ragazzini raccontarono tutto alla signora Dove e ai suoi
servitori, fatta eccezione per gli attacchi di panico che, nei primi
mesi, non si presentarono. Constance aveva deciso di prendere la
giovane Dixon in custodia: sia lei che Clive si rifiutarono di
lasciarla crescere in un orfanotrofio.
La presenza dell'amico fu per Helen una benedizione. Lui la supportava
sempre durante le sue crisi e, in un modo o in un altro, riusciva a
gestire i momenti d'ira di Yara.
La loro vita proseguì sulla stessa lunghezza d'onda e ormai i
problemi della giovane erano diventati parte della quotidianità.
Fino a quando, un giorno, la signora Constance si ammalò.
Clive aveva da poco compiuto diciotto anni e stava studiando per
prendere il diploma. Non appena il tutore gli spiegò della sua
malattia, il mondo del giovane si sgretolò sotto i suoi stessi
piedi. Non voleva perdere un'altra persona cara; aveva già
sofferto troppo nella sua vita.
Quella stessa sera l'anziana signora stava ammirando il tramonto dalla
poltrona del salotto, quando sentì bussare alla porta. La donna
si voltò e vide la figura del giovane. Il suo sguardo era colmo
di tristezza, sembrava fosse prossimo a piangere. Lei fece finta di
nulla, poi disse -Posso fare qualcosa per te?-. Il ragazzo
sospirò -In tutti questi anni non mi hai ancora spiegato
perché quel giorno tu scelsi me, all'orfanotrofio-. L'altra
chiuse gli occhi, facendogli gesto con la mano di avvicinarsi. Lui
eseguì e raggiunse il fianco del tutore, che lo guardò
dritto negli occhi intensamente - Cinque anni fa, in una periferia di
Londra, ci fu un'esplosione in un palazzo. Morirono cinque persone. Due
di queste erano i tuoi genitori, vero?-. Clive sgranò gli occhi
-Come fai a saperlo?-. A quella domanda la donna sorrise -Sai, quando
ero giovane ero una bella donna, discendente di una ricca famiglia.
Avevo tutto, tranne l'unica cosa che desideravo davvero: non potevo
avere figli. Quando ricevetti la notizia mi si spezzò il cuore,
io volevo con tutta me stessa un bambino da accudire. Con il passare
degli anni il mio lavoro divenne parte della mia vita e, tra un viaggio
e l'altro, non avevo nemmeno il tempo di crescere un figlio adottivo.
Proseguii per molti anni della mia vita su quella strada, misi da parte
una grande quantità di denaro e, non appena ne ebbi a
sufficienza, lasciai tutto e mi allontanai dal resto del mondo in
questo tranquillo paesino di campagna. Da quel momento ebbi tutto il
tempo per poter adottare un bambino e crescerlo, ma ormai iniziavo ad
avere una certa età e, detto tra noi, non volevo essere
impreparata- Constance fece una piccola pausa e guardò
nuovamente Clive negli occhi, il quale accennò con la testa come
richiesta di continare. L'anziana ricambiò con un sorriso -
Allora decisi di contattare un'amica, Maya, la direttrice
dell'orfanotrofio "Little Chick". Lei era la figlia di una mia compagna
di viaggio che è venuta a mancare una decina di anni fa. Le
chiesi se potessi passare del tempo con quelle povere creature e da che
dovevo fare una semplice prova, diventai quasi come una maestra. Andavo
quasi ogni giorno a trovarli e stavo con loro a vederli giocare. Ci
tenevamo compagnia a vicenda ed era davvero piacevole, ma per stare
dietro ai bambini ci vuole forza e io sentivo che, anno dopo anno, ne
avevo sempre meno. Così decisi di ritirarmi a tutti gli effeti
dal mondo lavorativo e pensai fosse l'ora di realizzare il mio sogno.
Desideravo avere un bambino a cui poter dare tutti i miei averi e
renderlo il più felice del mondo. I ragazzini dell'orfanotrofio
erano pochi ed erano tutti amici tra di loro. Quando sei arrivato, Maya
mi ha detto che non eri riuscito ad ambientarti e quel luogo sembrava
peggiorare il tuo umore. Così non ci ho pensato due volte e
decisi di prendermi cura di te-.
Il giovane non aveva idea di cosa dire. Da una parte sembrava
sconvolto, ma dall'altra era contento di aver finalmente scoperto la
verità. Si abbassò all'altezza del tutore e la strinse in
un abbraccio -Sei riuscita nel tuo intento. Grazie a te ho riscoperto
il valore di una famiglia e mi hai salvato da una vita che non potrei
nemmeno immaginare. Per questo te ne sarò sempre riconoscente-.
Constance ricambiò il gesto affettivo e una lacrima le
scivolò lungo una guancia.
La settimana successiva, la malattia portò la donna via con
sé. E Clive dovette andare nuovamente incontro a quelle orribili
emozioni che si erano presentate sia alla morte dei suoi genitori che
al tentato omicio di Helen. Era stanco di cadere vittima di quegli
inspiegabili sentimenti: una costante sensazione di vuoto che diventava
sempre più forte e pressante, fino ad assorbire l'intera figura,
lasciandola nel buio più totale. Nemmeno la castana era riuscita
a fare qualcosa per aiutarlo. Lei conosceva l'anziana signora da molto
più tempo di lui e per gran parte della sua vita la aveva
trattata come una di famiglia. Solo che, al contrario suo, lei
esternava il suo dolore. Urlava, piangeva, malediceva il destino che
l'aveva portata via per sempre. Anche i servitori piansero quel giorno.
Il ragazzo fissò con sguardo perso la lapide su cui era inciso
il nome della donna, Constance Dove, e cadendo sulle sue ginocchia,
permise alle lacrime di bagnare il suo viso, scivolare lungo le guance,
giungere al mento e precipitare, morendo al contatto con il suolo. Lo
stesso che accoglieva il corpo senza vita della signora che lo aveva
reso il bambino più felice del mondo.
Con il tempo, in casa Dove l'aria di fece sempre meno tesa e il ricordo
della morte di Constance smise pian piano di provocare dolore. Clive si
era diplomato, nonostante le difficoltà psicologiche, e aveva
iniziato a lavorare part time come giornalista. Lui voleva e doveva
sapere perché i suoi genitori erano morti.
Si ambientò rapidamente nel gruppo e, tra un'amicizia e l'altra,
riuscì ad ottenere le chiavi per l'archivio degli articoli mai
pubblicati. Una volta trovato il fascicolo, lo afferrò con mano
tremante e iniziò a scorrere rapidamente le pagine, quando
finalmente trovò ciò che stava cercando. -"Esperimento macchina del tempo fallito"... Che nome insolito-
pensò una volta letto il titolo, poi proseguì con la
lettura. Il breve testo spiegava che due scienziati stavano
progettando una macchina del tempo ed era giunto il momento di
collaudarla. Ma non appena la misero in funzione creò
un'esplosione che fece saltare in aria gran parte dell'edificio in cui
eseguivano gli esperimenti, facendo perdere la vita a diverse persone,
tra cui la loro assistente. I due scienziati ne uscirono illesi; i loro
nomi sono Dimitri Allen e Bill Hawks. Una volta letto l'ultimo nome,
Clive sussultò -Bill Hawks? Il primo ministro inglese? Come ci è finito ai ranghi alti della politica dopo il casino che ha combinato? Sicuramente
avrà chiesto di non far spargere la voce... Che vigliacco!
Invece quest'altro tipo... Allen... Se riesco a rintracciarlo,
potrà senza dubbio darmi una mano-. Mentre rimetteva al
suo posto il fascicolo, inciampò sul tappeto della stanza e con
la mano scontrò un libro dalle piccole dimensioni, che cadde a terra. Il ragazzo si
abbassò per raccoglierlo e fece per rimetterlo apposto, quando
il titolo della pagina su cui si era aperto attirò la sua
attenzione: "Sparatoria in casa Dixon. Chi sarà l'erede
dell'azienda?". Iniziò a leggere l'articolo, il quale scriveva
di un rivale di Mark Dixon che aveva richiesto l'aiuto di tre uomini
per liberarsi della famiglia a capo dell'azienda. Uno dei tre uomini,
però, era un novellino, quindi rimase in macchina ad aspettare
che i più esperti svolgessero il lavoro sporco. Quando
però si accorsero che la bambina era scappata, lui mise in moto
la macchina e la investì, senza preoccuparsi di controllare se
effettivamente la vittima era stata uccisa. Grazie a delle
testimonianze, i tre uomini vennero scoperti, ma l'uomo che li
incaricò di svolgere l'omicidio costrinse i giornali e la
polizia a non fare il suo nome e pagò profumatamente un
avvocato, grazie al quale, alla fine della sentenza, lo proclamarono
innocente.
Clive strinse con rabbia il fascicolo e per poco non lo sgualcì. Era infuriato, doveva essere fatta giustizia. -Tuttò
ciò ha preso una piega che non mi convince. Devo dare una
lezione a questi brutti ceffi, è ciò che meritano. Appena
arrivo a casa mi metto subito all'opera- pensò il ragazzo, uscendo dall'archivio per non metterci mai più piede.
***
Da quando Clive aveva attuato il suo piano di giustizia, aveva chiesto
ai suoi servitori se potevano andare a lavorare in un negozio di
orologi che sarebbe servito da tramite tra la vera Londra e quella
sotterranea. Spiegò loro il progetto di Dimitri, tralasciando i
dettagli del suo, sapendo che avrebbero provato a fermarlo. Il ragazzo disse poi che se fosse comparso un'orologiaio di punto in
bianco sarebbe apparso sospetto, quindi chiese ai domestici se
potessero improvvisarsi negozianti ed aiutarlo. I due accettarono, poi
prese da parte Shipley e gli disse che aveva bisogno che lui facesse il
postino nella "Londra del futuro". Anche lui diede il suo consenso. Per
assecondare i piani di Clive, Crystal e Quartz si visero costretti ad
abitare nella zona periferica di Londra, dato che fare avanti e
indietro da casa Dove all'orologiaio e viceversa risultava troppo
pesante per la coppia. Anche Shipley li seguì: con qualche anno
di meno e un po' di forza in più, sarebbe sicuramente tornato
utile ai due servitori, ormai ex. Di conseguenza, Clive ed Helen
vissero da quel giorno in poi da soli nella grande villa.
Il ragazzo non sapeva bene che ruolo dare alla sua amica. Non voleva
tenerla fuori dal suo piano, dopotutto quello che stava progettando lo
stava facendo anche per lei. Le aveva spiegato cosa aveva trovato in
quegli articoli, ma l'amica non sembrava molto desiderosa di vendetta.
Nonostante volesse fermare Clive, non aveva abbastanza coraggio per
distruggere ciò che lui stava creando. Temeva che lui non
avrebbe mai capito il suo gesto e che lo avrebbe perso. E non poteva
permettersi di perdere il suo unico amico, quell'appiglio che le
ricordava vagamente la sua famiglia, il suo angelo. Riusciva a farsi
valere solo quando Yara prendeva il suo posto. Quando tornava in
sé, la prima cosa che Helen notava era lo sguardo terrorizzato
del giovane, che pian piano si trasformava in qualcosa di più
sereno. Non aveva idea di cosa gli facesse la ragazza furibonda per
creargli quello stato irrequieto ogni volta, ma avrebbe davvero
preferito non saperlo.
Un pomeriggio, Helen ebbe la disgrazia di cadere dalle imponenti scale
di marmo della villa, sbattendo la testa contro le mattonelle del
pavimento. Non appena percepito il tonfo, Clive corse immediatamente
dall'amica, ritrovandola priva di sensi ai piedi della scalinata.
-Almeno non perde sangue...- disse lui tra sé mentre cercava di
far riprendere la castana -Helen, dai riprenditi... Non farmi
preoccupare... Helen!- esclamò schiaffeggiando delicatamente le
morbide guance di lei. Si diresse in cucina e riempì un
bicchiere d'acqua fredda e lo rovesciò sul viso della ragazza,
ma invano. Infastidito, si mise a quattro zampe sulla figura della
ragazza e, con le labbra, si avvicinò al suo orecchio sinistro
-Helen!- urlò poi, riuscendo nel suo intento. Non appena lei
aprì gli occhi, cacciò delle urla terrorrizzata -Cosa
stai facendo? Togliti subito da qui!- esclamò poi, tirandogli
uno schiaffo diretto sulla sua guancia. Il ragazzo sentì
metà del suo viso andargli a fuoco, poi si scansò
-Insomma, Helen, dimmi te se questo è il modo di reagire. Non
sono mica uno stupratore!- disse lui con tono seccato, massaggiandosi
la zona dolente. Lei si mise a sedere, guardandolo confuso -Scusa, ma
io non sono Helen. E non sono nemmeno Yara. Di certo non avevo
immaginato così la mia prima volta da cosciente...- rispose lei,
senza preoccuparsi dello sguardo confuso di lui -Scusa non ho capito...
Primo, chi sei? Secondo, come fai a sapere di Yara? E terzo, cosa
intendi con cosciente?-. Lei si passò la manica della camicia
rosa confetto sul viso, asciugandosi dall'acqua che l'altro le aveva
versato addosso precedentemente -Io mi chiamo Kaylin, è un
piacere fare la tua conoscenza, Clive. Poco tempo fa ho aperto gli
occhi per la prima volta, credo dopo la morte di una signora... Non ho ben capito. Ma mi sono subito resa conto di non essere io
quella che guidava il corpo. Con il passare del tempo ho capito cosa
sono e ho sempre assistito ad Helen e Yara agire al posto mio. Non sono
mai riuscita ad entrare in contatto con loro perché non sono mai
stata cosciente, infatti è la prima volta che ho io il comando
del corpo! Sono piuttosto emozionata... Piuttosto, perché tu
prima eri su di me?-. La tranquillità con cui parlava quella
misteriosa ragazza aveva messo a disagio il giovane. -Coscienza?
Controllo del corpo? Parlare con Helen e Yara? Ma cosa sta dicendo?
Dovrò assolutamente chiedere spiegazioni ad Helen, se no io qui
finisco per impazzire...- pensò lui, sospirando -Helen
è caduta dalle scale e ha sbattuto la testa, svenendo. Stavo
cercando di farla riprendere- rispose poi -Oh... Scusa allora se ti ho
dato uno schiaffo... Mi dispiace- si scusò lei. Clive
gesticolò con la mano come per dirle di non doversi preoccupare.
Era pur sempre meglio di quello che l'altra personalità gli
faceva subire. Helen stava diventando sempre più ingestibile con
i suoi attacchi di panico, Yara riusciva a calmarla solo usando una
particolare frase, anche se non sempre aveva effetto. E quella Kaylin
come avrebbe reagito? Sembrava così calma e serena, una persona
alla mano. Non poteva nascondere di essere spaventato: l'ultima cosa di
cui aveva bisogno era un altro problema e, nonostante quella ragazza
sembrasse innocente, non poteva non considerlarlo come tale -Spero solo che non mi sia di intralcio per il piano di giustizia-.
E dopo l'arrivo di Kaylin, Clive era
certo che per un po' sarebbe rimasto tranquillo e sereno, senza doversi
sempre preoccupare per l'amica. Ed effettivamente per diverso tempo le
cose andarono bene tra i due. Lui riusciva a mandare avanti il suo
piano e ad
incontrarsi con Dimitri mentre l'altra pensava a sistemare la villa. Da
quando i domestici se ne andarono, fu compito della castana pulire e
spolverare. Qualche volta anche lui faceva la sua parte quando Helen
era impegnata o ammalata. Durante uno di quei rari giorni, Clive stava
mettendo a posto alcune cianfrusaglie presenti nel bagno dei servitori,
quando notò nel cestino una lametta sporca di sangue. La
fissò per qualche istante e fece finta di nulla, ma quando la
ragazza tornò a casa, le chiese subito delle spiegazioni. -Giuro
che non l'ho usata io. Sarà di Shipley o Quartz, si saranno
tagliati nel mentre che si facevano la barba- si difese lei non appena
il giovane dagli occhi scuri le chiese spiegazioni. Lui alzò un
sopracciglio -Non ti ho chiesto se l'hai usata, ma se tu sapessi
perché fosse lì, così sporca di sangue. Vuol dire
che mi stai nascondendo qualcosa. Su, fammi vedere le braccia-. Lei gli
rispose indispettita -Ho semplicemnte capito male la domanda! Ti stai
facendo troppe paranoie, Clive. Ora vorrei andare a farmi una doccia,
sono stanca-. Fece per andare al piano di sopra, quando lui la
afferrò per un polso e le alzò la manica della camicia,
mostrando segni rossi e cicatrici, alcuni freschi, altri più
profondi. Uno di essi, al brusco tocco, aveva anche iniziato a
sanguinare. -Clive! Che cosa hai fatto? Ti avevo detto di lasciarmi
stare!- esclamò lei con le lacrime agli occhi. Il ragazzo
lasciò la presa su quel fragile polso, poi posò lo
sguardo sulle iridi nocciola dell'amica -Helen, perché non me lo
hai detto? Io sono il tuo migliore amico, tuo fratello! Lo sai che se
hai un problema me ne devi parlare, non mi sembra di averti mai negato
il mio aiuto- disse lui con tono deluso. L'altra non riusciva a
mantenere il contatto visivo: si sentiva piena di vergogna e i sensi di
colpa avvolsero il suo cuore. Iniziò a piangere silenziosamente,
poi si espresse -Io ho sempre paura che Yara possa combinare qualche
danno, che possa farti del male o mettermi nei guai. Non riesco mai a
stare tranquilla e ho come la sensazione che ti abbia già
provocato del
dolore, ma non riesco a spiegarmi il motivo- Clive d'istinto si
portò una mano sul fianco sinistro. Purtroppo le preoccupazioni
di Helen erano fondate, la sua altra personalità lo aveva ferito
con un coltello, lasciandogli una profonda cicatrice -Ho provato
più volte a soffocare quest'ansia che mi invade l'anima, ma
senza successo. Tu sei spesso impegnato e io ho sempre paura
di disturbarti, perciò ho trovato consolazione in quelle
lamette. So che è sbagliato, ma era l'unico modo con il quale
potevo liberarmi da quella perenne sensazione di panico...- finì
di spiegare lei tra un singhiozzo e l'altro. Lui si avvicinò a
lei e la strinse forte in un abbraccio. La ragazza ricambiò un
po' titubante e, quando smise di piangere, Clive le disse -Non devi
più preoccuparti adesso. Anche se io sarò immerso nel mio
progetto oppure saranno le tre del mattino, tu cercami e insieme
proviamo a risolvere questo problema. Però devi promettermi
che non ti farai mai più del male- con una mano si
premurò di
spostare dietro l'orecchio dell'amica una ciocca di capelli che le
copriva l'occhio. Aveva preso l'abitudine di coprirsi l'occhio destro,
forse per motivi estetici. Helen fece cadere lo sguardo sul pavimento,
fissandosi le punte dei piedi -Va bene Clive, non volevo farti stare in
pensiero- si sforzò poi di sorridere. Quel ragazzo stava facendo
di tutto per lei, per farla sentire bene e vivere al meglio. Non
avrebbe mai dovuto nascondergli la verità, dopotutto lui era il
suo angelo custode.
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Capitolo 12 *** Il terrorista smascherato ***
my lovely disaster 11
Capitolo Undici
Il terrorista smascherato
Clive varcò con ansia l'ingresso del suo appartamento e si
diresse nella stanza della giovane. Il suo corpo era stato adagiato sul letto
ed era ancora priva di sensi. Il ragazzo notò immediatamente i vestiti rovinati
e sporchi di terra e sangue, sul lato sinistro della fronte un livido violaceo
decorava il volto pallido della castana. Lui provò a scuoterla e chiamarla, ma
senza successo. Si accertò più volte che il battito cardiaco fosse regolare;
appoggiò l'orecchio sulle morbide labbra di lei per assicurarsi che respirasse,
poi decise di riempire una bacinella d'acqua e rovesciargliela sul viso. Al
contatto con il liquido trasparente, Helen si riprese e sgranò gli occhi con
fare spaventata -Clive, sei impazzito!- esclamò mentre tentava di mettersi a
sedere. Lui sorrise e strinse la ragazza a sé -Helen, sono così felice che tu
stia bene. Shipley mi ha raccontato cosa ti è successo, era un po' confuso
perché ti ha vista svenire due volte, ma sono sicuro che al secondo giro è stata
Yara a finire K.O-. Lei si liberò bruscamente da quell'abbraccio -Si, e avrei
pure vinto se Helen non le avesse prese di santa ragione. Ora lasciami in pace,
è anche colpa tua se sono ridotta così!- -Yara? Non mi aspettavo di certo di
trovare te cosciente...- il ragazzo sembrò riflettere per una manciata di
secondi, poi si espresse -Ascolta, Yara. Ho bisogno del tuo aiuto. Sai ricavare
dai ricordi di Helen se la fortezza mobile è pronta all'uso? In casodi risposta
positiva, vorrei che tu mi dessi una mano-. Lei lo guardò dritto negli occhi,
poi scoppiò a ridere malignamente -Tu, che chiedi aiuto a me? Ma non farmi
ridere! Nemmeno se strisciassi ai miei piedi per tutta la tua miserabile vita
ti offrirò il mio aiuto! Ti sei rivelato incompetente nel proteggere Helen,
quindi ti conviene chiedere a qualcun'altro- disse lei, alzandosi dal letto e
infilandosi le scarpe -Anzi, sai che ti dico? Penso proprio che me ne andrò.
Porterò Helen lontano da te e le farò vivere la vita che merita- Yara non poté
finire la frase che Clive la afferrò per un polso. Il suo sguardo era oscurato
dalla visiera del cappello blu, la stretta sul braccio di lei era
incredibilmente forte e decisa -Farò tutto ciò che vuoi. Qualsiasi cosa. Ho
bisogno di te, finito il mio progetto potrai fare di me ciò che vorrai- sussurrò
poi. La ragazza distolse lo sguardo dalla sua figura e, con un brusco gesto, si
liberò dalla presa del giovane -Se ti chiedessi di ammazzarti, lo faresti?-. A
quelle parole, Clive sgranò gli occhi e il suo cuore prese a battere ad un
ritmo alquanto veloce. Percepì il suo stomaco contorcersi su se stesso e l'aria
iniziò a mancargli. Aveva paura. Non riuscì nemmeno a guardare negli occhi
quella personalità così squilibrata e senza pietà. Era disposto a togliersi la
vita per portare a termine il suo piano? -Penserò ad un modo per dissuaderla
più tardi. Per ora, dovrò assecondarla- pensò lui -Va bene- disse poi -Se
vuoi sopprimermi, potrai farlo. Ma tu, come promesso, mi devi aiutare. Siamo
d'accordo?- tese la mano destra verso di lei e quest'ultima gliela strinse
senza esitazione -Perfetto. Dimmi cosa devo fare-.
I due si sedettero attorno al tavolo della cucina e Clive si affrettò a
spiegarle la situazione -Sono sicuro che il professor Layton abbia scoperto tutto.
Inoltre mi è arrivato un messaggio da Bostro dove mi ha spiegato che hanno
raggiunto i laboratori oltre il Tamigi. Avevo mandato Helen a fare un
controllo, sai dirmi cosa si ricorda?- Yara chiuse per qualche secondo gli
occhi, per poi aprirli di scatto -La fortezza è pronta, ma c'è qualcosa che non
hanno voluto sistemare. Non ho idea di cosa sia, però- -Non importa. Ho rapito
e assunto operai e scienziati competenti, di certo avranno tralasciato un
dettaglio insignificante. In questo momento Layton e il suo gruppo staranno
lasciando la zona industriale, io andrò loro incontro. Il professore vorrà
sicuramente spiegare a tutti l'accaduto, non appena avrà terminato non dovremo
più fingere. Vorrei inoltre che tu salissi sulla fortezza assieme a me, così
almeno Helen sarà al sicuro-. Clive sembrò riflettere un attimo, poi riprese a
parlare -Avremo bisogno di un ostaggio. Dovrai aiutarmi a scortarlo nella
fortezza- -Un ostaggio? Ma non pensi che questo li spingerà ancora di più a
volerti fermare?- chiese la castana alzando un sopracciglio -Tranquilla, so
quello che faccio- rispose lui, voltando la testa e interrompendo il contato
visivo.
Una piccola parte di lui desiderava essere salvato dalla pazzia che lo stava
prosciugando. Helen si era rivelata incapace di aiutarlo, di conseguenza poteva
fare affidamento solo su Layton. Lo stesso uomo che lo aveva salvato,
impedendogli di finire tra le braccia della morte assieme ai suoi genitori.
Forse era troppo orgoglioso per ammetterlo, forse si era spinto troppo oltre,
forse si era convinto di agire per una buona causa, ma non gli avrebbe mai
chiesto aiuto in modo esplicito. Anche quando parlava con Dimitri sul suo
disaccordo di chiamare il professore, in realtà Clive sperava che Hershel gli
avrebbe impedito di finire nel baratro una seconda volta. La sua mente si era
scissa in due e lui aveva continuato a dare ascolto al lato vendicativo -Non
posso farmi prendere dai rimorsi adesso. Devo agire, sono arrivato fino a qui e
non posso tirarmi indietro-. Si alzò di scatto dalla sedia, facendo
sussultare la giovane -Andiamo Yara, lo spettacolo deve iniziare- -Tu vai, io
ti raggiungo. Prima che tutto ciò venga al termine, ho un'ultima cosa da fare-.
Il ragazzo la fissò per un istante, poi uscì dall'abitacolo senza pronunciare
una parola. Lei sorrise: si ricordava bene cosa gli scienziati non avevano
sistemato, ma preferì non farne parola. Clive si sarebbe distrutto con le sue
stesse mani.
***
-Finalmente ci incontriamo di nuovo!- esclamò Clive alla vista del professore
-Dov'eri finito?- chiese l'altro, data la lunga scomparsa del ragazzo -Ho
notato che una strana donna ci stava seguendo, perciò ho deciso di svolgere
delle indagini da solo- mentì lui. Fortunatamente era entrato in contatto con
Dimitri poco prima e si era fatto spiegare cosa era successo in sua assenza.
-Professore, sta parlando di Celeste! Dove la hai vista l'ultima volta?- -Ho
notato che è entrata nel ristorante, il Thames Arms, assieme a Don Pablo-.
Layton annuì -Bene, ci siamo quasi tutti. Manca ancora solo una persona, ma
sono certo che arriverà a momenti-.
Il gruppo composto dal professore, Luke, Flora, Clive, l'ispettore Chelmey e
Barton entrò nel ristorante dove, a suo solito, era presente solo il barista.
Ognuno prese posto ad un tavolo diverso, come se volesse isolarsi nei suoi pensieri.
Non appena calò il silenzio, il cigolio della porta attirò l'attenzione di
tutti: la misteriosa ragazza nascosta dietro il mantello nero fece il suo
ingresso. Layton sorrise compiaciuto, mentre Chelmey si alzò con furia -La
malandrina! Stavolta non mi sfuggi!-. La giovane indietreggiò di un passo,
quasi come se fosse pronta per scappare dalla porta. Luke però la precedette e
si fiondò verso l'uscita per impedirle di scappare. Chelmey prese la ragazza e
la mise a terra, bloccandola per le braccia. Clive sgranò gli occhi e distolse
lo sguardo, quasi come se temesse per la giovane. L'uomo con la tuba se ne
accorse e si sbrigò nel fermare l'altro -Ispettore, capisco la sua brama di
voler smascherare quella donna, ma potrebbe utilizzare un metodo più ortodosso-
-Non si preoccupi, Layton. So quello che faccio- e detto ciò, il volto di lei
fu rivelato -Helen!- esclamarono Luke e
Flora non appena il viso familiare della castana venne allo scoperto. -La prego
di liberare la ragazza- disse Layton rivolgendosi a Chelmey, il quale sbuffò,
per poi alzarsi e concedere a Yara di muoversi. Subito dopo lei si sedette
vicino a Clive, un'ombra di preoccupazione decorava il suo sguardo. Non aveva
mai visto la personalità così in difficoltà. O forse si era fatta acciuffare di
proposito. Glielo avrebbe chiesto più avanti.
-Mi ci è voluto un po', ma credo proprio di essere riuscito a dare un senso a
questi eventi bizzarri- cominciò l'uomo con la tuba -Innanzitutto, dobbiamo
chiarire molte cose su questa città. Tanto per cominciare, non siamo nel
futuro; è tutto una finzione, un set costruito per farci credere di essere
dieci anni nel futuro... Non esiste nessuna macchina del tempo-. I presenti si scambiarono uno
sguardo confuso, mentre il ragazzo dagli occhi scuri strinse i pugni -Lo
sapevo. Ha capito tutto- -Il negozio di orologi in realtà è un grande
ascensore che porta sottoterra- continuò poi Layton -A quanto pare sono state
trovate delle cavità sotto Londra, le quali custodivano antiche rovine, e
Dimitri ha pensato bene di utilizzarle per costruirci questa falsa Londra. Ed è
su questo che si basa il piano dell'uomo: rapire gli scienziati e far credere
loro di trovarsi nel futuro e che l'unico modo per tornare nel presente fosse
perfezionare la macchina del tempo, ovvero il progetto a cui Dimitri non ha mai
rinunciato. E questo è tutto quello che sono riuscito a scoprire, ma sono certo
che qualcuno potrà raccontarci il resto- spiegò, voltandosi verso il barista.
Quest'ultimo sorrise compiaciuto e svelò la sua identità -Dimitri Allen! Ci
stavi spiando sin dall'inizio!- esclamò Chelmey -Quindi è lui il Dimitri di
cui Helen non sapeva nulla- pensò Yara mentre scrutava l'uomo dai capelli
grigi. Sentì Clive sospirare, ormai l'aria attorno a lui si era fatta tesa e
pregna d'ansia. La ragazza fece finta di non accorgersene e si concentrò
nuovamente sullo scienziato -Non ho intenzione di perdere tempo con voi. Sotto
questo edificio sono state innescate delle bombe. Al contrario vostro, io so
dove sono state piazzate e quanto tempo rimane. Buona fortuna a dove mettete i
piedi. Visto che sono magnanimo, ecco questo foglio di carta. Indica dove sono
stati posizionati gli ordigni-. Layton osservò il pezzo di carta e dopo pochi
minuti risolse l'enigma -Sono sicuro che ci stai nascondendo qualcosa. Luke, se
immagini questo schema come un numero che indica il tempo rimasto, quando ce ne
rimane?-. Il giovane apprendista osservò il foglio, poi sgranò gli occhi -Zero
secondi! Le bombe stanno per esplodere!-. Il professore gli mise una mano sulla
spalla -Tranquillo ragazzo mio. Guarda con più attenzione, questo è il simbolo
dell'infinito. La verità è che non ci sono esplosivi sotto di noi-.
Dimitri sospirò -Avrei dovuto prevedere che non ci saresti cascato, Hershel.
Come volete, adesso vi spiegherò tutto- fece un respiro profondo, poi iniziò il
suo discorso. Spiegò il suo progetto di dieci anni prima, quando ancora
collaborava con Bill Hawks. I due riuscirono dopo mesi di progressi a costruire
un prototipo di macchina del tempo e Bill costrinse Claire, la ragazza di Layton,
a fare da cavia. L'altro si oppose, mettendo alla luce un errore da sistemare
prima di collaudare la macchina, ma invano. Raccontò anche che dopo
l'esplosione scoprì che Bill strinse un accordo per vendere la tecnologia della
macchina in cambio di una montagna di denaro. E il giorno del disastro, mentre
Dimitri si era assentato dal laboratorio, l'uomo si prese la libertà di
metterla in funzione, creando il disastro che tolse la vita anche ai genitori
di Clive.
-In un istante ho perso la donna che amavo e il mio lavoro- concluse Dimitri -e
mentre io mi auto commiseravo, Bill si prese tutti i meriti, i soldi della
multinazionale e arrivò al gradino più alto della politica. Non nego che fu la
mia amarezza a spingermi a riprendere le
ricerche. Volevo togliere a quel maledetto tutto ciò che aveva ottenuto e
salvare Claire dal suo destino. Tu mi capisci, non è vero Hershel?-. L'uomo con
la tuba scosse la testa -Claire non è più tra noi e nessuno potrà farla tornare
indietro, io è così che la penso. Però adesso ho un'ultima domanda per te.
Qualcuno ti ha usato come una pedina, te ne sei accorto?-. Dimitri lo
guardò confuso -Non ho idea a cosa ti
riferisci- -Devi sapere che qualcuno ha escogitato un piano peggiore del tuo...
Sto parlando di te!- esclamò, puntando il dito verso Clive, che si alzò di
scatto -Si sta sbagliando, professore- disse lui ritirandosi sulla difensiva.
L'ansia gli stava giocando brutti scherzi; sapeva che ormai la sua copertura
era saltata, ma doveva rimanere lucido per poter iniziare a tutti gli effetti
il suo piano. -Sono certo di non sbagliarmi, Luke. O forse dovrei dire Clive?-
Yara sgranò gli occhi -Come ci è arrivato?- Pensò lei. Anche Dimitri era
confuso e chiese al ragazzo delle spiegazioni. -Hai nascosto il tuo piano a
tutti, allora. Tutti, fuorché Helen. Voi siete amici da tanto tempo, suppongo.
Il qui presente Clive voleva organizzare una vendetta su larga scala e confesso
che Helen mi ha aiutato molto per giungere a delle conclusioni. Quando la
palazzina è esplosa, dieci anni fa, morirono anche i tuoi genitori. Avrai
subito un enorme shock, immagino. Con il passare del tempo, esso si trasformò in rabbia e il tuo unico desiderio era quello
di vendicarti. Fortuna volle che venissi adottato dalla signora Constance Dove,
con la quale hai vissuto felicemente per diverso tempo- Layton fece una breve
pausa, poi riprese -Anche Helen venne presa in affidamento dalla donna, poiché
lei subì il tuo stesso shock. Qui con noi abbiamo Helen Dixon, la figlia di
Mark Dixon, il proprietario di una delle più importanti aziende internazionali.
Un anno dopo l'esplosione della macchina, i due coniugi Dixon vennero
assassinati e, in qualche modo, Helen riuscì a scappare. Quando i tre colpevoli
vennero arrestati, si scoprì che un rivale di Mark aveva ordinato loro di
togliere la vita a tutti e tre i membri della famiglia, ma visto che la piccola
Dixon era riuscita a scappare, uno dei tre uomini si diede al suo inseguimento
e la investì davanti agli occhi di Clive. Helen finì in coma e quando si
risvegliò, a causa del trauma, il suo cervello era stato danneggiato e infatti
ora lei soffre di personalità multipla. Immagino che questa fosse la goccia che
fece traboccare il vaso di Clive e che lo convinse ad attuare un piano. Sono
riuscito a risalire a tutte queste informazioni grazie all'archivio di Scotland
Yard e dell'ospedale di Londra. Avete avuto un terribile passato, mi spiace
molto per voi. Ma adesso riprendiamo-. Nello sguardo di Yara di leggeva la
rabbia nei confronti del professore e sbatté un pugno sul tavolo -Lei non sa
niente di Helen! Non osi parlare di lei!- Clive la costrinse a stare seduta,
anche lui non era contento del fatto che Layton avesse detto davanti a tutti il
problema della sua amica. Il professore lanciò un'occhiata verso la castana,
poi inspirò, pronto per continuare -La signora Dove morì dopo poco tempo,
lasciando a Clive tutta la sua immensa fortuna. Poco dopo esserti diplomato,
hai iniziato a lavorare part time per un famoso giornale, ma sappiamo entrambi
che non lo hai fatto per mantenerti. Infatti, fu in quell'ambiente lavorativo
che scopristi chi ti aveva tolto tutto: Bill Hawks e Dimitri Allen. Dopo aver
rintracciato quest'ultimo, lo convinsi a riprendere i suoi progetti e grazie
all'eredità della signora Dove, siete riusciti a costruire questa falsa Londra,
trovando i contatti degli scienziati dal giornale per cui lavoravi. Ma
all'insaputa del suo collega, molti di loro non stavano portando avanti il
progetto della macchina, ma bensì qualcosa di più terrificante, ovvero un'arma
concepita per causare una catastrofe senza precedenti. Qui devo ringraziare
Helen, o meglio, una delle sue personalità. Posso dedurre che Clive avesse
parlato del suo progetto a tutte le sue personalità, ma una di loro deve odiare
Clive davvero molto per andare a svelare in giro il suo piano. Abbiamo sempre
saputo, in realtà, che un'arma era pronta a lasciare dietro di sé morte e
distruzione. Ho semplicemente fatto due calcoli, visto inoltre che Helen non
era mai con noi quando incontravamo quella misteriosa ragazza-. Dimitri sgranò
gli occhi -Clive, sta dicendo sul serio? Hai veramente progettato tutto ciò?-.
Il ragazzo, a cui ormai importava ben poco di mantenere un atteggiamento
composto, si lasciò sfuggire un ghigno, che si trasformò in un'inquietante
risata -E io che pensavo che gli scienziati fossero persone attente!- disse
poi, togliendosi il cappello -Mentre tu ti dedicavi alla macchina, io avevo
obiettivi diversi. Voi potete chiamarla vendetta, ma io preferisco definirla
giustizia nei confronti di scienziati senza scrupoli e politici corrotti!- -Che
cosa intendi dire?- chiese il suo ex collega allibito -Basta con le
spiegazioni, guardate con i vostri occhi! Yara, è il momento!- esclamò infine,
correndo verso Flora e afferrandola per un braccio. La quattordicenne, prese
alla sprovvista, non ebbe nemmeno il tempo di ribellarsi. Yara nel frattempo
aveva rovesciato i tavoli per ostacolare Layton e gli altri e fece cadere un
vaso con una pianta addosso a Luke, che era corso all'inseguimento del ragazzo
più grande. Non appena quest'ultimo raggiunse la barca ormeggiata sul molo si
voltò verso l'amica, la quale salì a bordo tenendo ben stretto l'ostaggio
-Helen, pensavo fossimo amiche!- disse la ragazzina con le lacrime agli occhi
-Io non sono Helen, inoltre tu hai fatto amicizia con Kaylin, l'altra
personalità. Quindi chiudi il becco e fai la brava se non vuoi che ti succeda
qualcosa- -Yara, piano con le parole. Ormai siamo quasi arrivati, appena
entriamo lasciala pure nelle mani dei miei scagnozzi. Dì loro di rinchiuderla
nella stanza di ventilazione, sapranno cosa fare- intervenne Clive. Flora
scoppiò in lacrime non appena finì tra le mani dei due uomini, implorando aiuto
da parte dei suoi rapitori. -Lasciamola perdere, noi dobbiamo andare nella sala
di comando. Teniamoci pronti ad ogni evenienza-. Una volta arrivati in cima
alla fortezza, Clive si avvicinò alla postazione di comando. C'erano una
moltitudine di schermi e pulsanti, leve, tubi ed ingranaggi e infine delle
enormi finestre per assistere al disastro da una zona sicura. Yara si avvicinò
ad una di esse, quando sentì tremare tutto: il ragazzo aveva attivato la
macchina. Quattro enormi ganci si appesero a quello che doveva essere il cielo
della Londra sotterranea e gran parte della vera città sprofondò nella cava
mentre la grande fortezza sbucava, pronta per minacciare ogni abitante. Chi
correva, chi urlava, chi si affacciava dalla propria finestra in preda alla
confusione, tutti furono messi a tacere dal grande arto meccanico. Clive
guardava soddisfatto dalla sua postazione mentre il suo piano di giustizia
veniva portato avanti -Finalmente i politici avranno ciò che si meritano!-
esclamò il ragazzo, perdendo ogni secondo che passava lucidità e controllo.
Yara lo fissò per qualche secondo, sembrava come se si fossero scambiati i
ruoli. Era sempre stata lei quella psicopatica, la pericolosa, l'imprevedibile.
Solo in quel momento si rese conto che il ragazzo vicino a lei la batteva di
gran lunga. Dopo tutti quegli anni passati a soffrire, tra la morte dei
genitori e della signora Dove, il coma di Helen e le torture di Yara, aveva
trovato un modo per dare libero sfogo a tutte le sue frustrazioni. Nessuno lo
avrebbe fermato. Nessuno, ad eccezione del professor Layton.
-A tutte le unità, siamo ufficialmente sul suolo di Londra- disse Clive
premendo un pulsante blu -Fate in modo che Hershel Layton non mi raggiunga.
Passo e chiudo- e con un inquietante sorriso sulle labbra, continuava il suo
lungo tragitto, lasciando dietro di sé morte e distruzione.
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Capitolo 13 *** La fine ***
my lovely disaster 12
Capitolo Dodici
La fine
-Layton e il
suo apprendista sono qui- disse Yara, la quale aveva preso posto dal grande
schermo da cui erano collegate tutte le videocamere della fortezza -Tutto come
previsto. Vedremo come se la caveranno qui dentro- rispose Clive ghignando. La
ragazza gli lanciò un'occhiata quasi preoccupata.
Aveva sempre odiato quel giovane, fin da quando ne avesse ricordo. Lui aveva
sempre subìto i suoi soprusi senza farne parola con Helen, tenendosi tutto
dentro di sé. Ma in quel momento, percepì una strana sensazione all'altezza del
petto. Non era sicura se fossero sensi di colpa o rimorsi, ma di certo si
sentiva in parte responsabile del corrente stato d'animo di Clive. Dopo tutti
quegli anni passati a incassare colpi, stava finalmente sfogando quella rabbia
repressa. Le gocce si erano accumulate nel suo vaso e, ora che era traboccato,
nessuno sarebbe riuscito a fermarlo. Se non aveva ancora aggredito la ragazza
era solo perché il corpo apparteneva alla sua cara amica.
-Perché Helen, in tutti questi anni, non è mai voluta scappare da lui?
Possibile che solo io continuo a notare che questo pazzo è nocivo per la sua
mentalità? La farà sicuramente ammazzare, appena troverò l'occasione, me ne
andrò via di qui e porterò Helen in salvo- -Yara! Non ti deconcentrare!
Dov'è adesso il professore?- la riprese Clive, accorgendosi della sua
distrazione. La castana sospirò e premette alcuni pulsanti -Sono diretti
dall'ascensore, Mandy Bola li fermerà... Spero-. Si fece passare una ciocca di
capelli fra le dita delle mani: al contrario di Helen e Kaylin, a lei piaceva
tenere i capelli sciolti. La facevano sentire libera e le davano quell'aria da
ribelle che lei adorava tanto.
-Non preoccuparti, ho sempre un piano di riserva- disse poco dopo il ragazzo,
che si voltò verso di lei -Comunque lo sapevo che eri tu la ragazza dietro al
mantello nero. Scommetto che quando Helen usciva dalla villa prendevi tu il suo
posto e andavi nella Londra sotterranea per studiarti bene strade e vicoli.
Sapevi del mio piano e inoltre ho presente il fatto che tu sei molto agile e
brava nella corsa, compensando la scarsità di Helen. Non ti chiederò perché lo
hai fatto, posso immaginarlo. Ma sappi che se non fossi dentro al corpo di
Helen, te la avrei fatta pagare cara-. A quelle parole la giovane ridacchiò,
scuotendo la testa -Visto che siamo qui, penso proprio che ti darò le mie
motivazioni- la frase attirò l'attenzione dell'altro, che per un momento lasciò
la postazione di comando per avvicinarsi a lei -Si, io ti odio, e penso che
basti come spiegazione per le mie malefatte, se così vogliamo chiamarle. Ma la
verità è un'altra. Helen in persona mi ha chiesto di fermarti. Non volevo
assolutamente che lei fosse coinvolta direttamente nel mio ipotetico piano;
avrei potuto fare molto peggio. Quando però ho visto che Layton era venuto per
fermare i progetti di Dimitri, ho pensato che avrei potuto utilizzarlo per il
mio scopo. Al contempo non volevo che gli attori che hai pagato subissero dei
danni, quindi ho pensato ad un modo rapido e veloce per far girare la notizia,
ma pare che nessuno, il professore escluso, mi abbia dato ascolto- fece una
piccola pausa, mantenendo il contatto visivo con l'interlocutore -Purtroppo lui
ti ha scoperto troppo tardi e ora mi ritrovo qui a fare da badante a questo corpo...
Ho fallito la mia missione, spero che Helen non rimanga delusa-. Clive fece un
paio di passi verso di lei, poi la afferrò violentemente per il braccio. Certo
che la ragazza gli avesse raccontato un'altra delle sue menzogne, tirando in
ballo Helen, si era infuriato più di quanto avrebbe fatto in una situazione
normale -Devi sapere che anche io ti odio. Sei tu che hai rovinato Helen, con
questi tuoi modi di fare da spavalda ribelle. Hai tentato di uccidermi e ci
stai provando tutt'ora, mi hai sempre urlato contro, dandomi delle colpe che
non mi appartengono. So di aver trascurato Helen, ma tu non hai mai compreso la
ragazza con cui dividi corpo e mente! La conosco meglio di te pur essendo qui
fuori...- lasciò la presa sull'arto di lei, poi riprese a parlare -Non le ha
mai dato fastidio il fatto che non fossi sempre presente, sei tu che le hai
innescato i dubbi per farla allontanare da me! E poi tu sostieni che io usi
quella povera ragazza, che la tratti come uno zerbino, senza sapere nulla di
cosa in realtà io provi per lei! L'hai sempre allontanata da me e io non ho mai
avuto modo di mostrarle i miei veri sentimenti. Lei per me è tutto e io sono
tutto per lei! Quindi smettila di raccontare fesserie sul fatto che Helen
volesse fermarmi, perché se lo avesse voluto davvero lo avrebbe fatto!-.
Yara dentro di sé stava ribollendo dalla rabbia. Era a tanto così dal mettergli
le mani al collo e farlo volare giù dalla fortezza -Quello che ti ho detto è
vero! Puoi pure chiedere alla diretta interessata se non ci credi! Lei non ha
mai avuto la forza e il coraggio di metterti i bastoni tra le ruote perché ha
sempre avuto paura di perderti. Infatti si è rivolta a me e Kaylin. E poi come
puoi dire di provare dei sentimenti per lei se ti sei pure dimenticato del suo
trauma della sparatoria? Quando avete litigato non la sei venuto a cercare, se
non fosse stato per Kaylin chissà quando vi sareste più rivisti! La hai sempre
messa in disparte per compiere questo tuo stupido piano, senza mai dare ascolto
ai suoi di sentimenti! Tu non provi nulla per lei, sei solo un egoista!-. La
ragazza non ce la fece più. Stava per scoppiare, ma sapeva che se avrebbe
aggredito Clive, lui avrebbe chiamato i suoi scagnozzi. Con passo pesante, si
avvicinò verso le grandi finestre e uscì sulla piattaforma metallica: un po' di
aria le avrebbe fatto bene. Ignorò i continui richiami di lui: pretendeva delle
spiegazioni, voleva sapere a cosa Yara si era riferita quando nominò i
sentimenti di Helen. Perché si, lei era da qualche anno ormai che si era innamorata
del suo amico, ma tra il piano di giustizia e Yara, alla fine si vide costretta
ad archiviare i suoi sentimenti. La personalità lo sapeva bene e non lo aveva
mai accettato -Perché tra tutti, doveva scegliere proprio lui? Non va
assolutamente bene per lei; prima li separo definitivamente meglio è- -Yara,
per favore, smettila. Lui ci è sempre stato per me, sei tu che non vuoi
crederci-. Dentro la sua mente, Helen stava cercando di comunicare con Yara
-Non mi interessa se dovrò soffrire, non mi interessa se non ricambierà mai
ciò che provo. Lui è il mio angelo e io gli devo la vita. Se non fosse per lui
a quest'ora non sarei qui. Adesso, se permetti, voglio il mio corpo. Devo
salvare il mio amico prima che sia troppo tardi!-. In un attimo, gli occhi
della castana si spensero, rimanendo seduta su quella piattaforma a fissare il
vuoto.
Clive nel
frattempo era rimasto nella sua postazione -Proprio adesso dovevo venire a
sapere di una cosa tanto importante? No, aspetta. Stiamo parlando di Yara. Avrà
sicuramente detto una bugia-. Scosse la testa e, dando un'ultima occhiata alla
finestra, riprese a trafficare con i comandi. Il piccolo schermo cristallino
alla sua destra si illuminò, mostrando il volto di uno dei suoi scagnozzi,
Mandy Bola -Capo! Gli intrusi sono riusciti ad accedere nell'ascensore! Sono
diretti nella camera di ventilazione, che facciamo?- Il ragazzo sospirò,
passandosi una mano sul volto. Nonostante avesse pensato ad ogni evenienza, ciò
che sperava non accadesse si stava svolgendo pian piano davanti ai suoi occhi
-Devi tenerli sotto controllo. Appena hai delle novità fammelo sapere- spiegò
poi lui, chiudendo la chiamata. Avrebbe preferito intervenire di persona, ma se
si fosse messo a fare su e giù per la fortezza, ci avrebbe messo molto più
tempo di Layton per ritornare in postazione. Era anche per quel motivo che si
era procurato degli scagnozzi, quindi far svolgere loro il resto delle azioni
non sarebbe dovuto risultare un problema, nonostante non si fidasse del tutto
dei suoi uomini. Ad un certo punto, una strana macchia rosa comparve nel suo
campo visivo. Alzò lo sguardo dai macchinari e, dall'altra parte della stanza,
la castana stava rifacendo il suo ingresso nella fortezza. Lui corrugò la
fronte, come se fosse infastidito dalla sua presenza -Vattene, non voglio
discutere con te- disse bruscamente. La ragazza lo guardò con occhi tristi,
quasi come se fosse sul punto di piangere -Clive... Sono Helen...-. Lui si
avvicinò alla figura della giovane, notando la sua caratteristica forma degli
occhi. Era sul punto di dirle qualcosa, ma lei lo interruppe -Quando ero dai
laboratori sono stata picchiata da Bruce e sono svenuta. Yara in quel momento
prese il mio posto... E io in qualche modo sono riuscita ad accedere ai suoi
ricordi. Ho visto tutto quello che ti ha fatto, tutto quello che ti ha detto,
quel taglio sul fianco che ti ha procurato con il coltello... Io non so davvero
come scusarmi con te. Tu per me ci sei sempre stato, nonostante tutto ciò che
hai dovuto subìre... Mi sento così in colpa...-. Delicate lacrime iniziarono a
scendere lungo le guance di Helen. Non riusciva a guardare in faccia l'amico da
quanta era la vergogna che provava. Lui le appoggiò una mano sulla spalla
-Quella che ha fatto Yara non è una tua responsabilità. Anzi, quello che si
deve scusare qui sono io. So che a te non è mai importato molto se ti lasciavo
anche intere giornate da sola, è stata lei a innescarti i dubbi. Però solo dopo
aver litigato con lei, poco prima, mi sono reso conto di aver commesso un grave
errore. Da quando ho in mente questo piano io ti ho messa in disparte, ma
nonostante tutto tu hai continuato a volermi bene. Ti prometto, qui e adesso,
che una volta che tutto ciò sarà finito, ti renderò il centro del mio mondo. La
mia vita sarà dedicata a te, Helen io ti...- il suo discorso venne interrotto
da un altro dei suoi scagnozzi, Tuna -Mi scusi, la volevo avvisare che Layton
ha recuperato la ragazza-. Clive si voltò verso i comandi e, collegandosi con
le telecamere dal suo schermo personale, poté notare che la trappola che
conteneva Flora era stata disattivata. Helen sbirciò da dietro le sue spalle
mentre lo vedeva premere pulsanti e spostare leve -Adesso vedete cosa
succederà- sussurrò lui, abbassando l'ultima leva. Successivamente rivolse la
sua attenzione verso Tuna -Stanno venendo qui. Aspettali dalle scale di
accesso, però guai a te se proverai a torcere loro anche un solo capello.
Fermali in qualche modo-. Lo scagnozzo annuì ed eseguì gli ordini, uscendo
dalla sala di comando. Subito dopo il ragazzo prese le mani dell'amica -Scusami
Helen, finiremo dopo il nostro discorso. Ora devo andare, tu aspettami qui e
non toccare nulla. Torno subito- detto ciò Clive si piazzò su una specifica
zona del pavimento e premette il pulsante di un telecomando che teneva nella
tasca della giacca. Quelle piastrelle rivelarono un ascensore nascosto, il
quale lo portò al piano superiore. La ragazza lo fissò svanire nel soffitto,
poi sospirò, guardandosi attorno -Non avevo assolutamente idea che la
fortezza che voleva costruire fosse così grande... Se solo avessi avuto un po'
più di coraggio, avrei fatto molto di più per fermarlo. Perlomeno posso contare
su Layton... Spero riesca ad eccellere dove io ho fallito-.
Poco dopo essere arrivato al piano superiore, Clive venne raggiunto dal'uomo
con la tuba e gli altri due ragazzini -Molto gentile da parte sua arrivare fin
qui, professore- disse lui con una nota aggressiva -Clive, qualsiasi cosa tu
voglia fare, devi fermarti! Quello che hanno fatto Bill e Dimitri è stato
imperdonabile, quando il mondo lo saprà verranno puniti, così sarà fatta la tua
tanto desiderata giustizia-. Il ragazzo ridacchiò -Che belle parole... Peccato
che, senza un disastro vero e proprio, quegli stupidi al governo non
impareranno mai la lezione!- -Clive, ascoltati... Tu...- -No! Chi è lei per
discutere con me? Lavorando come giornalista ho assistito con i miei occhi ad
infinite tragedie. Oltre a me, tantissime altre persone hanno visto la loro
vita venire distrutta in nome del progresso. Noi "povera gente" siamo
considerati un ostacolo verso un futuro migliore. A volte è necessario usare
la forza, e io voglio distruggere questo mondo per costruirne uno nuovo-.
Layton scosse la testa -Ciò che dici non ha alcun senso!- -La conversazione è
finita. Adesso, se vuole scusarmi, ho un lavoro da portare a termine- e detto
ciò, tornò al piano inferiore per cominciare la parte più importante del suo
piano. Corse dalla postazione di comando e premette innumerevoli pulsanti,
attivando anche gli schermi presenti nella stanza dove stava Layton. I cannoni
della fortezza mobile, precedentemente attivati dal giovane prima di incontrare
Layton, si misero in funzione e Londra iniziò a subire i primi attacchi. Il
professore sgranò gli occhi alla vista di quello spettacolo surreale -Ma questa
è pura follia!-. La risata agghiacciante di Clive rimbombò nelle loro orecchie
-Prego, mettetevi comodi! Fate come se foste a casa vostra... Dopotutto, non ve
ne andrete molto presto. Godetevi la vostra amata Londra, perché questa sarà
l'ultima volta-. Il professore era su tutte le furie, quando Claire, ancora nei
panni di Celeste, attirò la sua attenzione, dicendo loro che aveva ideato un
modo per fermare il ragazzo. Quest'ultimo non ci fece troppo caso e rimase
nella sua postazione a godersi lo spettacolo. Aveva sentito ciò che bastava per
fermare Layton: si sarebbero diretti nella sala del generatore, ma se avessero
tentato di mandare in black out la fortezza sarebbe esplosa nel giro di pochi
momenti. Lui aveva tenuto conto dell’evenienza che qualche imprevisto sarebbe
potuto accadere, perciò aveva fatto inserire un piccolo elicottero all'interno
della fortezza in modo che sarebbe potuto scappare. Si collegò con gli schermi
presenti nel cuore della macchina e si rivolse al gruppo lì presente ridacchiando
-Sapevo sareste arrivati qui prima o poi! Come potete vedere, il nostro
carissimo leader è un po' indisposto al momento; temo non potrà venire con voi.
La sua spavalderia le fa onore, ma stavolta le conviene non fare mosse
azzardate. Avrà sicuramente notato la sedia speciale sul quale è presente il
primo ministro: se proverà a rimuoverlo da quella capsula, l'intera fortezza
salterà in aria. E, per sua informazione, qui dentro c'è abbastanza esplosivo
per radere al suolo mezza Londra. Non che questo cambi qualcosa sul futuro che
la attende! Detto ciò, mi congedo. Ho del lavoro che mi aspetta- e, con un
ghigno sul volto, disattivò gli schermi. Continuò per diversi minuti a
controllare la macchina, distruggendo tutto ciò che finiva sotto i pesanti bracci
meccanici della fortezza e togliendo la vita a centinaia di persone. Fiero di
sé, assistette dalle grandi finestre la capitale subire i colpi di cannone
provenienti dalla macchina, fino a che, da uno dei piccoli schermi, comparve un
preoccupante punto esclamativo rosso. L'espressione sul volto del ragazzo
cambiò drasticamente -Oh no. No, no no!- esclamò in preda alla rabbia, mentre
provava a connettersi al generatore. Helen si avvicinò a lui con cautela
-Clive, cosa succede?- -Layton è riuscito a sovraccaricare il generatore...
Dobbiamo scappare!- disse lui mentre si dirigeva verso un preciso punto della
parete, tastando alcune zone -Dov'è il pulsante? Se non riusciremo a
raggiungere l'elicottero... Non voglio nemmeno pensarci!-. Lei lo guardò
impietosita -Clive... Nessuno ha costruito quel pulsante. Yara non te lo ha
detto?- il giovane si voltò verso l'amica con occhi sgranati. Lei si portò le
mani alla bocca sorpresa, mentre lui sbatté un pugno contro la parete -Lei ha
sempre voluto eliminarmi, immagino che vedermi distruggere con le mie stesse
mani fosse il suo desiderio più grande- Helen scosse la testa avvilita -No...
Non può essere...- le lacrime iniziarono a formarsi negli angoli dei suoi
occhi. Gli schermi nella zona di comando inziarono ad emettere suoni ad
intermittenza -E adesso che c'é?- esasperato, si avvicinò ai computer, tentando
di risolvere la moltitudine di problemi creatosi, premendo pulsanti e leve,
invano. Si portò una mano sulla fronte, il suo battito cardiaco prese il via in
un ritmo a dir poco veloce, la sua anima pian piano venne corrosa da emozioni
negative e ansia. Titubante, si affacciò da una delle finestre, assistendo
all'autodistruzione della macchina -No... Non può finire così....Non finirà
così!- sfogò tutta la sua rabbia in quelle urla, quando un rumore sopra la sua
testa attirò la sua attenzione: un grande tubo si era spezzato, colpendo in
pieno il ragazzo, che cadde a terra quasi privo di sensi. -No, Clive!- Helen
corse verso il corpo dell'amico, cadendo sulle ginocchia una volta giunta al il suo
fianco. Poggiò le mani sulla sua schiena e lo scosse in preda al panico. Aveva
tentato di trattenere l'ansia dentro di sé, ma essa si era rivelata troppa per
essere contenuta. Scoppiò a piangere chiamando il nome del giovane, che non dava
segni di vita. Dentro la sua mente, intanto, stava avvenendo il caos.
-Helen, devi scappare! Lascia qui Clive e mettiti in salvo, sei
ancora in tempo!- urlò Yara da un angolo della sua mente -Helen, prendi
Clive con te. Devi portarlo in salvo, uscite da qui!- esclamò Kaylin subito
dopo. La ragazza, troppo in pensiero per l'amico e immersa fino al midollo
nell'ansia, ignorò le altre due personalità. Le due decisero di intervenire e
presero il posto di Helen nello stesso istante. E fu così che gli occhi di lei
si spensero per l'ennesima volta, con la testa inclinata verso l'altro e le
labbra schiuse, fissando un punto impreciso del soffitto. Tutte e tre si erano
ritrovate coscienti nello stesso momento, mandando in tilt temporaneo il suo
corpo. Una strana sensazione avvolse il cuore di Helen, la quale, sentendo la
voce di Claire di sottofondo, riprese coscienza. Dentro sé avvertì una
sicurezza in se stessa che non aveva mai provato prima, la sua mente era
sgombra da pensieri e preoccupazioni. Si rialzò e, con occhi sgranati, si voltò
verso la donna. -Tu... Eri con il professore!- esclamò lei, mentre l'altra si
avvicinò alla figura del giovane, il quale sembrava essersi ripreso -Ngh...
Helen... Io non volevo trascinarti in questo disastro... La fine ormai è giunta...-
disse tentando di rialzarsi, ancora stordito dal colpo ricevuto poco prima. La
donna dai capelli arancioni lo aiutò a stabilizzarsi sulle sue gambe,
guardandolo con compassione -Non è vero, Clive... Puoi ricominciare a cercare
di riparare ai danni che hai causato- -E come?- -Ne possiamo parlare più tardi.
Questo posto sta cadendo a pezzi!- Clive strinse i denti -Tu, come puoi proprio
tu venire in mio aiuto? Porta in salvo Helen, dimenticatevi di me...- Helen si
avvicinò all'amico, mettendogli il braccio dietro le sue spalle per sorreggerlo
-O ci salviamo entrambi, o non si salva nessuno- gli disse lei. Claire
intervenne -Non ti lasceremo qui a morire!-. Il giovane scosse la testa -Tu non
sai cosa ho fatto, cosa ho tentato di fare!- -Non è importante adesso. In
fondo, questa tragedia è anche in parte colpa degli errori che abbiamo commesso
come scienziati-. A quelle parole, Helen guardò la donna con sguardo confuso,
mentre Clive sembrò comprendere ciò che lei stava intendendo -Capisco...- disse
infine lui. Le due iniziarono a camminare verso le grandi finestre, aiutando il
ragazzo ad uscire dalla sala di comando. Nel frattempo, la fortezza mobile
aveva raggiunto l'enorme cavità dalla quale era sorta ed era ad un passo per
precipitarne all'interno. Claire si guardò attorno, poi notò la macchina
volante di Layton e sorrise. L'uomo parcheggiò il veicolo sulla struttura e il
trio si sbrigò a salirci sopra. Dopo un istante, la fortezza iniziò la sua
caduta verso la falsa Londra. Helen si voltò, assistendo alla scena: vide il
possente macchinario sprofondare nella cavità, per poi esplodere al suo interno.
Il suo cuore collassò solo al pensiero che, se non fosse stato per Layton, in
quel momento la sua sorte e quella di Clive li avrebbe condotti verso
un'inevitabile fine. Si voltò verso l'amico, il quale si reggeva alla portiera
dell'auto, con occhi chiusi e respiro irregolare. Non poteva nemmeno immaginare
come si sentisse lui in quel momento. Durante tutto il tragitto fino alla
terraferma, ognuno di loro rimase in silenzio; l'aria si era fatta tesa e
pregna d'ansia.
Una volta atterrati, il ragazzo aprì la portiera e si accasciò a terra. Bill
Hawks non esitò a puntargli un dito contro -Arrestate quell'uomo!- esclamò alle
guardie, mentre Chelmey si avvicinò a lui -Ora vieni con me ragazzo. E non
darmi delle noie!-. Layton però si mise tra Clive e l'ispettore -La prego,
aspetti un momento-. I due sembrarono discutere, mentre Helen corse dall'amico
e si inginocchiò di fronte a lui -Adesso cosa facciamo?- chiese con le lacrime
agli occhi. Lui fece cadere lo sguardo al suolo, tossendo diverse volte -Tu non
c'entri nulla. Ti ho coinvolta in questo casino e, nonostante tutto, mi hai
aiutato a portarlo a termine. Mi devo sdebitare con te, ti prego di reggermi il
gioco-. Una delle guardie afferrò il braccio della castana -Quindi è lei la sua
complice!-. Clive si alzò bruscamente in piedi -No, la verità è che lei è
sempre stata un mio ostaggio. La ho costretta a lavorare per me, io sono
l'unico che deve pagare le conseguenze. Lei è innocente- Helen sgranò gli
occhi, mentre la guardia ammanettava il giovane -Questo sarà il giudice a
deciderlo. Quanto a te, ragazzo, goditi questi momenti d'aria, perché saranno
senza dubbio gli ultimi-.
Layton, con sguardo deciso, si avvicinò verso Clive -Ho bisogno che tu mi
risponda ad una domanda- gli disse -Perché mi hai fatto chiamare?- l'altro
sospirò -Dimitri era convinto che lei fosse necessario per il suo progetto, ma
io sapevo che era una minaccia. Tuttavia ho finito per accompagnarla passo per
passo nella mia base... All'inizio stavo solo giocando con lei, ma poi mi sono
reso conto di apprezzare molto la sua compagnia- fece un respiro profondo, poi
riprese -Helen ha provato in diversi modi a fermarmi dalla pazzia che mi stava
consumando, senza mai riuscirci. Forse ho visto in lei un bagliore di
speranza... Dopotutto, lei ci era già riuscito tanti anni fa...- e nella sua
mente passarono i ricordi di quel giorno, di quel fatidico giorno in cui perse
tutto ciò che aveva di più caro -Quel bambino... Eri tu?- disse sorpreso Layton
- Dentro di me speravo che sarebbe riuscito a strapparmi dalle braccia della
follia. Questa è la seconda volta che mi salva la vita... Non posso che
ringraziarla- con sguardo triste, trasferì la sua attenzione sulla figura
dell'amica, la quale era rimasta ad ascoltarlo in silenzio -Non dovrà più
preoccuparsi per me- disse poi, rivolgendosi nuovamente al professore -Intendo
espiare le mie colpe. Non vedo l'ora di incontrarla di nuovo... Nel frattempo,
stia bene, Layton-. L'uomo gli mise una mano sulla spalla -Anche tu, Clive-.
Subito dopo, Chelmey si intromise tra i due -Barton, portalo in centrale-. A
testa bassa, Clive venne scortato dalle guardie attraverso il parco. Helen gli
corse dietro, ma venne bloccata dalla guardia di prima -Non puoi andare con
lui. Potrai rivederlo in tribunale, quando gli testimonierai contro-. Lei però,
con ancora un po' di forza in corpo, riuscì a liberarsi dalla presa e raggiunse
con uno scatto repentino il suo amico, il quale si voltò verso di lei -Vi prego
di fermarvi un attimo, vorrei dire un'ultima cosa a questa ragazza-. Le guardie
si guardarono negli occhi, poi si allontanarono di un paio di passi, concedendo
loro qualche minuto. Nel frattempo, fiumi di lacrime iniziarono la loro corsa
lungo le guance della giovane. Il più grande le accarezzò i capelli -Non
preoccuparti per me Helen, starò bene. Non so cosa mi succederà, ma sono
contento di sapere che tu non subirai le conseguenze- lei scosse la testa
-Perché lo hai fatto? Io sono colpevole proprio come te...- -No, tu non hai
fatto nulla. Ti prego di goderti appieno la libertà che io non avrò mai più;
vivi dimenticandoti di me. Non potrò più starti accanto, è solo colpa mia se
quei tempi sono finiti. Io... Avrei voluto fare ancora molte cose con te. Nella
mia testa avevo mille progetti per il nostro futuro, ma li ho mandati all'aria,
accecato dalla sete di vendetta-. Una lacrima scese dai suoi occhi scuri, ma si
sforzò di sorridere, nonostante avesse il cuore a pezzi. Helen si asciugò le
lacrime con la manica della camicia, poi si apprestò a fare lo stesso gesto sul
viso di Clive. -Il vostro tempo è quasi finito- li avvisò una guardia. La
castana sospirò, poi guardò l'altro dritto negli occhi -Sai, nonostante tutto
ciò, nonostante quello che è accaduto tra noi, you are my lovely disaster-. Si
avvicinò al volto di lui, fissandogli con intensità le scure iridi, per poi chiudere
lentamente gli occhi e lasciandogli un delicato bacio sulle labbra. Il ragazzo avvampò di
colpo, sgranando gli occhi -Helen...- fu tutto ciò che riuscì a dire, prima che
le guardie lo presero per le braccia e lo allontanarono definitivamente da lei.
-Clive!- urlò lei in lontananza, facendo un paio di passi verso l'amico,
fermandosi non appena la figura di lui scomparve dietro l'ombra del cancello del
parco. Nuove lacrime erano pronte per inumidire il suo viso, quando percepì una
mano toccarle il braccio. Dietro di lei c'era Flora, la quale la stava
osservando con sguardo compassionevole -Clive ci tiene davvero tanto a te...-
sussurrò poi. La castana si voltò verso la figura della più piccola -Mi
dispiace per tutto quello che ti è successo. Né io né lui volevamo farti del
male...-. La quattordicenne tirò fuori da una tasca un piccolo pezzo di carta,
porgendolo poi verso la giovane -Non so perché Clive scrisse queste cose,
immagino volesse sfogarsi un po'. Lo ho trovato all'interno della fortezza, dev'essergli caduto-. Helen
guardò confusa prima la ragazzina poi il foglio, aprendolo -Si, la scrittura
è quella di Clive-. I suoi occhi lessero attentamente ciò che il foglietto
riportava:
Quando tutto sarà finito, dovrò rendere Helen
il centro della mia vita.
Le darò tutto, per ringraziarla della sua
pazienza nei miei confronti.
Senza dubbio dovrà sapere dei miei sentimenti
e, se lì ricambierà, le chiederò di sposarmi.
Non voglio nessun'altra, dopo tutto quello
che abbiamo passato, so per certo
che lei è la donna giusta per me.
Helen per
poco non scoppiò a piangere e strinse quel foglio di carta al petto. Ormai il
loro futuro assieme era svanito per sempre; da quel momento in avanti le loro
vite avrebbero preso due strade diverse. Non riusciva ad immaginare le sue giornate
senza il suo prezioso angelo, ma la sua anima avrebbe dovuto trovare la pace
anche senza il ragazzo, altrimenti sarebbe presto caduta in depressione. Si
incamminò verso l'uscita del parco, con ancora il foglio stretto tra le mani e
il cuore a pezzi, non ancora pronta a mettere la parola fine su quel triste
capitolo della sua vita.
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