My lovely disaster

di Fayer_Siren
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I demoni del passato ***
Capitolo 2: *** Una scelta sbagliata ***
Capitolo 3: *** Errore di calcolo ***
Capitolo 4: *** La ragazza indesiderata ***
Capitolo 5: *** Il bivio ***
Capitolo 6: *** Un fragile legame ***
Capitolo 7: *** Dubbi di massa ***
Capitolo 8: *** Il travestimento perfetto ***
Capitolo 9: *** L'inizio della tragedia ***
Capitolo 10: *** Il deterioramento della mente ***
Capitolo 11: *** La verità ***
Capitolo 12: *** Il terrorista smascherato ***
Capitolo 13: *** La fine ***



Capitolo 1
*** I demoni del passato ***


my lovely disaster 1

Prologo

I demoni del passato



-Clive! Clive ti prego aiutami!-
Urla strazianti. Era tutto ciò che il ragazzo riusciva a percepire. Le palpebre si rifiutavano di rimanere aperte: una luce accecante avvolgeva la sua esile figura, impedendogli anche solo di osservare per un attimo ciò che stava accadendo in sua presenza. Poco dopo tutto cadde nella confusione più totale. Grida, il motore di un auto, un forte odore di sangue che gli fece salire in gola un conato di vomito. Deglutì a fatica, iniziava a sudare freddo. Il cuore gli batteva ad una velocità fuori dal normale, aveva iniziato a girargli la testa. All'improvviso, buio.
Clive si alzò precipitosamente dal letto, ansimando come un maratoneta dopo una lunga corsa. Si mise una mano sul petto, come a voler rallentare il suo battito cardiaco. Le quattro pareti della sua camera lo tranquillizzarono, calmando di poco il suo stato irrequieto.
-Di nuovo quel sogno...- Disse tra sé e sé il giovane, sedendosi sul morbido materasso del suo letto. Il cuscino era pregno di sudore, così come le lenzuola. -Appena si fa giorno cambierò le federe... Accidenti, è già la seconda volta in una settimana che succede-.
Una volta ripreso il controllo del suo corpo, Clive si alzò nuovamente e uscì dalla stanza. Si ritrovò nel lungo corridoio; non gli era mai piaciuto percorrerlo di notte, aveva un'aria sinistra che, nonostante i diversi anni passati nella villa, lo aveva sempre intimorito. Per sua fortuna non dovette restarci a lungo: la stanza che cercava era a solo una porta di distanza dalla sua.
Entrò con cautela, cercando di non emettere alcun rumore.
-Eccola lì. Sembra stare bene-
Non riusciva a spiegarsi il perché, ma ogni volta che quello strano incubo si presentava, sentiva il bisogno di andare a controllare lo stato di salute della ragazza.
-Helen...- Persino lui fece fatica a sentire il suo stesso sussurro. Ormai la sua figura distava di pochi centimetri dal letto della giovane, ignara della presenza dell'amico. Si inginocchiò e, avvicinandosi al viso di lei, pronunciò la frase -Domani è il grande giorno, ti prego, sii forte e cerca di non rovinare tutto-. Ammise a se stesso che non erano parole molto incoraggianti, ma sapeva che non avrebbe potuto dire altrimenti. Per quanto le volesse bene, il suo problema si era sempre rivelato un ostacolo troppo alto da superare. Aveva progettato tutto nei minimi dettagli, per nulla al mondo qualcosa sarebbe dovuto andare storto.
Clive si avvicinò ancora di più al volto della ragazza e le scoccò un piccolo bacio sulla fronte, per poi tornare nella sua camera nello stesso silenzio con cui era arrivato.


***


-Buongiorno Clive!- cinguettò una voce. Aveva ancora gli occhi chiusi, ma non era necessario essere reattivi per riconoscerne il proprietario.
-Buongiorno Helen...- rispose lui con voce roca. Sentiva la pesantezza della notte precedente sulle palpebre e il suo corpo si rifiutava di muovere un solo muscolo. Helen sembrò accorgersene e portò le mani sui fianchi con fare materno.
-Insomma, oggi incontreremo il professore e il suo assistente. Dovrai essere in forma smagliante, non puoi permetterti di dormire! Inoltre ho già preparato la colazione. Se non ti sbrighi si raffredderà-. A quel punto il ragazzo si sforzò di mettersi a sedere, aprendo gli occhi e posando lo sguardo sulla figura della ragazza. I suoi capelli castani erano già sistemati in una precisa mezza coda, con un ciuffo di capelli appositamente sistemato da Helen per coprire l'occhio destro. -Perché si acconcia i capelli per poi coprirsi un occhio? Non lo capirò mai...- pensò tra sé ancora assonnato. L'altro occhio, di una delicata tinta nocciola, teneva fisso lo sguardo sulla figura scomposta del giovane. L'amica indossava una camicia rosa confetto e una gonna violacea, accompagnata da un paio di collant neri e le sue inseparabili ballerine rosa. Aveva un modo nel vestirsi particolarmente preciso e  femminile: lui però sapeva che quell'abbigliamento le serviva come maschera, per non mostrare a occhi indiscreti la sua vera persona. Sapeva che lei provava vergogna di ciò e non poteva biasimarla. Anche se personalmente non era un amante del rosa, pur di far sentire a suo agio la coinquilina avrebbe dipinto l'intera villa di quel colore a suo parere stomachevole.
-Si può sapere cosa stai fissando? Non è che ti sei addormentato con gli occhi aperti?- la voce assillante di Helen lo riportò alla realtà e finalmente scese dal letto -Ascolta, l'incontro è stasera, perché mi stai mettendo tutta questa ansia? Vai a fare quello che devi fare e... Ah, grazie per la colazione-.
Detto ciò Clive scese le scale della villa sotto lo sguardo vigile della castana, la quale lo seguì poco dopo.
-Dobbiamo per forza andare a stare nella Londra sotterranea? Lì non abbiamo così tanto spazio come qui...- chiese Helen, sedendosi al tavolo assieme al ragazzo, il quale aveva appena iniziato a gustare la sua colazione.
-Helen, tutto deve essere perfetto- rispose lui dopo aver mandato giù un sorso di té e latte -Non ho fatto costruire una topaia, c'è abbastanza spazio per due persone. E poi non dovremo starci in eterno. Quando tutto sarà finito, torneremo qui-. Helen abbassò lo sguardo. Era sul punto di dire qualcosa, ma poi sembrò ripensarci. Si alzò di scatto dalla sedia, facendo sussultare il giovane. -Scusa, esco un attimo-. Annunciò infine, uscendo dalla sala da pranzo e dirigendosi verso il portone. Clive non fece nulla per fermarla. Ormai avevano discusso a sufficienza riguardo quella vicenda, non aveva voglia di far partire con il piede sbagliato una giornata tanto importante.
Subito dopo, improvvisamente, riapparve davanti ai suoi occhi la stessa luce abbagliante dell'incubo. Le stesse grida, lo stesso odore pungente di sangue, la stessa ansia.
Fece precipitare a terra la tazza che teneva in mano contenente il liquido caldo e cadde al suolo. Teneva salda la testa tra entrambe le mani, stringendo e provocandosi dolore. Dopo pochi istanti, tutto era tornato come se nulla fosse accaduto. Il ragazzo dagli occhi scuri si guardò attorno; fissò con dispiacere i frammenti di ceramica che fino a un minuto fa componevano una delle sue tazze preferite, poi si rimise in piedi.
-Sembrerebbe che oggi i miei demoni del passato mi abbiano preso di mira- esclamò con una triste risata, ripensando a quel fatidico giorno, quando la sua vita prese una svolta inaspettata.

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Capitolo 2
*** Una scelta sbagliata ***


my lovely disaster 2

Capitolo Uno

Una scelta sbagliata




Ormai era passata circa mezz'ora da quando Clive ed Helen erano arrivati al casinò Seven Hearts. Il ragazzo sbuffò infastidito e si rivolse alla compagna -Hai visto, ci hai fatti arrivare troppo presto- ma non appena voltò lo sguardo verso di lei, si ricordò perché si era ripromesso di trattarla con più gentilezza.



*qualche ora prima*

-Clive, non voglio venire. Lasciami qui, domani ti raggiungo-
-Che cosa? Ma abbiamo lavorato per giorni sulla nostra entrata in scena di stasera e fidati che ce la farai. Non puoi lasciarmi da solo-
-Si ma... Lo sai, con il mio problema... Io ho paura...-
Delicate lacrime avevano iniziato a scendere sulle guance della giovane. Era più forte di lei. Non poteva relazionarsi con gli altri, non più. Clive la guardò impietosito e la strinse in un abbraccio -Helen ascolta. Tu sei più forte di loro. Controllale. Sei tu che decidi.-. La ragazza percepì un nodo in gola. Odiava avere quelle crisi. E tutto per colpa del suo essere così sbagliata. Nulla andava bene in lei, il suo fisico era stato sfregiato e la sua mente macellata. Non era più un essere umano; non poteva dire nemmeno lei cosa era rimasto della sua essenza, di cosa essa era composta. Le uniche certezze risiedevano in Clive. Ai suoi occhi, il ragazzo pareva come un angelo sceso dal cielo per aiutarla. Lei gli era fedele, lo aveva seguito come un discepolo nella sua lotta contro il governo, anche se a volte si fermava a pensare se fosse veramente giusto portare all'opera un piano del genere. Ma ogni volta che lei provava ad esprimere dubbi al riguardo, il ragazzo si infuriava, ripetendole che ormai era troppo tardi per ripensarci.
Helen spostò lo sguardo dalla figura del ragazzo al negozio di orologi davanti a loro. Non si sentiva ancora convinta di quello a cui stavano andando incontro. Qualcosa continuava a ripeterle che sarebbe stato tutto un completo disastro. Sospirò mentre si asciugava le lacrime, sentendo gli occhi di Clive su di sé. Sicuro che l'amica stesse bene, le sorrise e aprì la porta del negozio. Una volta entrati, furono accolti da un concerto di ticchettii quasi ipnotico.
-Crystal, Quartz, siamo Clive ed Helen- Annunciò il giovane, cercando di richiamare l'attenzione dei due proprietari.
-Venite ragazzi, sono nel retro.Crystal è andata a fare la spesa- li invitò una voce maschile.
I due si diressero nella seconda stanza dell'edificio e per poco ad Helen non venne un colpo alla vista dell'enorme orologio che occupava un'intera parete.
Clive notò lo sconcerto dell'amica. Non aveva pensato al fatto che Helen non l'avesse mai seguito nella Londra "del futuro". Nemmeno quando avevano portato le proprie cose nell'appartamento fatto costruire appositamente per loro. Infatti il ragazzo si ricordò perfettamente che quel giorno la castana ebbe uno dei suoi collassi e aveva deciso di rinchiuderla nella villa per evitare che potesse farsi ancora più male. E si ricordò anche ciò che subì una volta rientrato.
-Helen, ti conviene reggerti a qualcosa. La discesa sarà un po' brusca. Quartz, puoi azionare la macchina- la avvisò l'amico. Helen non fece in tempo ad avvicinarsi ad una parete che una potente scossa la prese alla sprovvista. Cadde a terra e una volta finito tutto il trambusto si rialzò barcollante aiutata dal ragazzo. -Cosa diamine è appena successo?- chiese lei, mentre il suo volto prendeva un colorito pallido. Clive sorrise. Non vedeva l'ora di mostrare la sua creazione alla ragazza, non cosciente del fatto che la suddetta ragazza tratteneva a stento un conato di vomito. Con fare esaltato la prese per la mano e corse verso l'uscita, ringraziando il proprietario del negozio e ignorando le lamentele dell'amica. Quando si ritrovarono fuori, Helen non poté credere ai propri occhi. Alzò lo sguardo verso quello che avrebbe dovuto essere il cielo, per poi scendere sui tetti delle case, sugli alberi e sulle strade. -Se non sapessi che questa è una città sotterranea, avrei giurato di essere nel futuro- confessò lei. -Beh, era questo il mio intento, dopotutto- -Ma come hai fatto? Insomma, hai riproposto una versione futuristica di tutta Londra?-. Clive sembrò bloccarsi un attimo, come se stesse ripercorrendo tutti i progetti della città nella sua mente. -No, ho dovuto fare qualche cambiamento e aggiunta. Ma vedrai, ti piacerà-. Helen guardò il ragazzo. Di solito portava una semplice camicia azzurra e un paio di jeans neri, invece quella volta si era vestito in un modo che avrebbe definito scolaresco, nonostante sia lui che il personaggio che avrebbe dovuto interpretare si fossero già diplomati da tempo. -Da adesso, Clive, saremo un po' più simili. Anche se il tuo personaggio è solo una finzione- pensò la ragazza.-Dai Helen, andiamo. Ti mostro dove staremo per i prossimi giorni-. E con un falso sorriso stampato sulle labbra, la ragazza seguì il suo amico verso l'inizio della loro fine.



***



Helen era seduta a terra, con la schiena sostenuta dalla parete dell'edificio. Respirava a fatica. Ginocchia al petto, viso nascosto tra le braccia e le gambe: stava per avere una crisi. In quel momento Clive sentì un nodo alla bocca dello stomaco; non ce la faceva a guardarla mentre soffriva, inoltre si sentiva in parte responsabile del suo stato d'animo. In quell'ultimo periodo aveva sempre tante cose per la testa, non riusciva a stare dietro alla sua amica, soprattutto adesso che dovevano incontrare il professore e Luke. -Helen, mi dispiace, vuoi uscire per prendere un po' d'aria fresca?- la ragazza fece cenno di sì con la testa e poco dopo i due arrivarono sul giardino interno raggiungibile da una porta di servizio. Quando la ragazza si tranquillizzò abbastanza da poter tenere una conversazione, Clive si avvicinò a lei -Non ci pensare, tu sei più forte di così- e subito dopo aver espresso la frase, Helen lo strinse in un abbraccio -Mi sa proprio che hai scelto la persona sbagliata per aiutarti in questo difficile compito- disse la ragazza, sospirando -Le ho sentite, stavano arrivando, non so chi delle due ma stavano arrivando...- Il ragazzo si scansò delicatamente e prese il viso dell'amica, che a quel gesto arrossì in modo quasi impercettibile -Se sei ancora qui, cosciente delle tue azioni, vuol dire che stai diventando sempre più forte. Io credo in te Helen, se continui con la terapia vedrai che riuscirai a risolvere la situazione- A quel punto gli occhi di Helen si illuminarono -Ho messo le pastiglie dentro la valigia?- chiese più a se stessa che al compagno, che le risposte ugualmente -Si Helen, è stata la prima cosa che avevi messo dentro per non dimenticartene, ricordi?- la ragazza annuì e si asciugò le guance ancora umidi. -Dai, ora che mi sono ripresa, torniamo dentro. Il professor Layton sarà già arrivato a quest'ora, io vado ad aspettarvi nel ripostiglio-. Clive osservò l'amica che, a quanto pare, si era ripresa. Entrarono assieme e, una volta vicini alle slot machine, si lanciarono uno sguardo d'intesa e si separarono.
Clive si guardò rapidamente attorno e riconobbe la tuba diventata simbolo del professore. Al suo fianco, Luke ammirava ogni centimetro del casinò. Il ragazzo sorrise compiaciuto; era pronto per mettere in scena il suo spettacolo.

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Capitolo 3
*** Errore di calcolo ***


my lovely disaster 3

Capitolo Due

Errore di calcolo





Helen teneva fisso lo sguardo sulla porta del ripostiglio. A farle compagnia c'erano solo i piccoli ragni che avevano invaso gli angoli della stanza da molto tempo, a giudicare dalla quantità di ragnatele che la circondavano.
La ragazza sospirò; per lei socializzare equivaleva buttarsi sotto un treno. Dopo il trauma subìto nove anni fa, l'unica persona a cui era riuscita a rivolgersi era Clive. Ricordava a fatica i giorni prima del fatale incidente, quando ancora era una bambina con problemi di poca importanza, come ad esempio non riuscire a trovare una bambola o inseguire Clive dopo aver scoperto che gliela aveva rubata lui per dispetto.
Alzò di poco la manica sinistra della camicia: di solito non portava orologi, ma visto che sapeva che sarebbe rimasta chiusa in quel luogo angusto, almeno voleva essere cosciente dello scorrere del tempo. Era un orologio di un valore modesto, non le era mai piaciuto spendere soldi per vestiti o accessori costosi. Fosse stato per lei, ne avrebbe preso uno di qualità ancora più scadente.
Il ticchettio delle lancette la aiutava a non pensare troppo. Aveva bisogno di svuotarsi la mente prima di conoscere il professore e il suo immancabile assistente. Non doveva solo controllarsi per non entrare in una crisi di panico, ma doveva anche mettere in scena un teatrino. Ci aveva lavorato molto, ma adesso che la situazione stava per presentarsi, si rese conto di non essere così pronta e preparata come sperava. -Dovrò improvvisare senza farmi prendere dall'ansia. Devo farlo per Clive-.
E in quel preciso istante, la maniglia della porta si abbassò.



***


-Professore, ha visto che lusso? Costruire questo casinò sarà costato una fortuna!- esclamò il giovane Luke, una volta varcata la soglia dell'edificio -Capisco il tuo stupore, ragazzo mio, ma cerca di non alzare troppo la voce- lo riprese Layton, mentre con lo sguardo studiava la zona alla ricerca dell'interessato. -Ha ragione, mi scusi, è che questo posto è davvero impressionante- si scusò il ragazzino grattandosi la nuca imbarazzato -Oltre che impressionante, è anche molto grande. Trovare Luke del futuro non sarà una passeggiata- concluse il professore, raggiungendo la zona delle slot machine.
Clive, nascosto dietro l'angolo, li notò, risparmiando loro la fatica di venirlo a cercare.
-Sono contento di incontrarla, professore. O meglio, è un piacere rivederla- A quelle parole, i due indietreggiarono di un passo -Tu sei... Il futuro me?- Luke non credeva ai propri occhi. Anche Layton sembrava piuttosto sorpreso. Ed era la reazione che Clive sperava di ottenere. Sorrise dolcemente al "se stesso del passato", per poi avvicinarsi alle loro figure -Si, sono Luke Triton-.
Il professore sembrò riprendersi dallo shock iniziale -Ciao, Luke- a quella frase, il suo piccolo assistente lo guardò confuso, per poi capire che il saluto era rivolto al "Luke del futuro" -Ci metterò un po' prima di farci l'abitudine...- pensò a voce alta. A quella frase, Clive finse una risata -Non posso credere a quanto fossi piccolo- aggiunse poi. Il ragazzino incrociò le braccia al petto e gonfiò una guancia con fare offeso. Sembrava stesse per dire qualcosa, ma Layton lo precedette -Allora, come mai ti sei dato tanto da fare per portarci qui, nel futuro?- chiese senza troppi giri di parole. Il ragazzo lanciò un'occhiata verso la porta del ripostiglio -Risponderò a tutte le vostre domande. Dopo essermi accertato che lei sia veramente il professor Layton- a quell'affermazione l'accusato lo guardò stranito -Chi altro potrei mai essere?- chiese, e la risposta non tardò ad arrivare -Mi permetta di spiegarle. A Londra è quasi impossibile incontrare qualcuno che non conosca Hershel Layton. Molti impostori, per ricavarne profitto, si sono spacciati per lei- -Stai insinuando che questo non è il professore?- intervenne Luke in difesa del mentore. Clive fissò il ragazzino intensamente, poi si espresse -Professore, si ricorda di Don Pablo? Lo abbiamo incontrato più volte e sappiamo bene che è un mago dei travestimenti. Di conseguenza non posso non dubitare della sua identità-. L'uomo con la tuba sospirò -E va bene, starò al gioco. Come posso provarti la mia identità?- Clive, con fare misterioso, si allontanò di qualche passo -Semplice... Con una sfida di ingegno!- esclamò indicando Layton. Quest'ultimo non nascose la sua confusione -Che intendi dire?- -Lei è un uomo prudente, professore. Sono sicuro che anche lei dubita della mia identità. Ho preparato questo enigma per lei; una volta risolto, potrà a sua volta rivolgerne uno a me- -Accetto la sfida, ti ascolto-.
Il ragazzo tirò fuori da una tasca interna della giacca otto carte francesi, poi, seguendo un determinato ordine, posizionò quattro di esse su un tavolo accanto a loro.
-Queste quattro carte sono disposte secondo le seguenti condizioni: la carta di cuori si trova accanto alla carta di quadri; la carta di fiori non si trova vicino alla carta di picche; la carta di cuori si trova immediatamente a destra della carta di fiori. Dov'è la carta di picche?- Layton osservò per qualche istante le carte e, dopo un rapido ragionamento, indicò la prima carta partendo da destra. Clive fece cenno di sì con la testa -Esatto, la carta è proprio quella- disse subito dopo. Layton prese le quattro carte dal tavolo e le restanti quattro che erano state messe da parte, le osservò, poi disse -Beh, immagino sia il tuo turno. Se non ti spiace, userò la base del tuo enigma per il mio. Queste sono le mie condizioni: la carta di fiori si trova immediatamente a destra della carta di cuori; la carta di quadri è l'ultima a destra o a sinistra o si trova vicino alla carta di cuori; la carta di fiori è l'ultima a destra o a sinistra. Dove si trova la carta di picche?-. Clive osserò le carte con fare confuso -Quella di fiori è lì, quella di quadri lì... La carta di cuori di conseguenza è... Mh, allora ci è arrivato- alzò lo sguardo verso l'uomo con la tuba -Mi aveva quasi ingannato, professore, ma questo enigma è incompleto. Non posso risolverlo, nessuna delle soluzioni funziona con le sue condizioni-. In quel momento il professore sorrise quasi con fare divertito -Dimmi, ho mai detto che tutte le carte sono di semi diversi?- -Mi sta dicendo che non c'è nessuna carta di picche?- Layton si affrettò a scoprire le quattro carte. E nessuna di esse mostrava il seme richiesto dall'enigma -Era una domanda a trabocchetto, ma anche un indizio rivelatore. Nel tuo enigma, le condizioni non specificavano che le quattro carte fossero tutte di semi diversi. Se si trascura un dettaglio così importante, l'enigma diventa irrisolvibile o può aprire strade a diverse soluzioni. Mi hai proposto intenzionalmente un enigma che, se analizzato con cura, si fosse rivelato incompleto. Quello che volevi davvero era sapere se l'avrei capito, non è così?-. Il ragazzo alzò leggermente il cappello dalla visiera -Tutti i miei dubbi sono scomparsi. Lei è davvero il professor Layton- -Lieto di averti convinto, Luke- Clive sorrire maliziosamente -A dire il vero lo avevo capito fin da subito. Ma non potevo rischiare di perdere l'occasione di battermi in una gara d'ingegno con lei- il professore sorrise a sua volta, ma in modo più genuino -Ne sono onorato...- non fece nemmeno in tempo a finire la frase che il suo assistente sbucò da dietro la sua figura -Allora, futuro me, sputa il rospo! Perché ci hai fatti arrivare fin qui?- Il ragazzo più grande si guardò attorno, per poi abbassare lievemente la voce -Non possiamo parlarne qui, ci sono troppi occhi indiscreti. Nel retro c'è un ripostiglio, possiamo muoverci lì. Inoltre al suo interno c'è una persona che ci sta aspettando-.
Layton alzò un sopracciglio -Come mai non sei venuto da solo?- Clive fissò intensamente i piccoli occhi del suo interlocutore -Questa persona mi aiuterà a spiegarvi meglio la situazione. Inoltre, non potevo lasciarla da sola- disse mentre si incamminava verso la piccola stanza. Luke fece una piccola corsa per raggiungerlo -Hai rinchiuso qualcuno nel ripostiglio per poi dire che non potevi lasciarlo da solo?- -So che può sembrarti una cosa scortese, ma fidati che era la migliore delle opzioni-.


***


Non appena la porta si aprì, Helen si ritrovò davanti due figure sconosciute. La prima era la raffigurazione di un gentiluomo inglese e indossava una tuba molto particolare, la seconda era un bambino che, ai suoi occhi, assomigliava davvero molto a Clive nei suoi primi anni di adolescenza. -Sono sicuramente il professore e il suo assistente...- pensò tra sé. -Salve, sei tu l'amica di Luke?- chiese l'uomo con la tuba. -S-si, salve! Cioé, piacere, mi chiamo Helen, onorata di  fare la vostra conoscenza! Anche se Luke lo conosco già, però non quello di dieci anni fa... Volevo dire... Mh...- Stava combinando un disastro. Layton e Luke si scambiarono uno sguardo compassionevole. -Signorina, puoi stare tranquilla. Non siamo qui per farti del male. Io sono Hershel Layton e lui è il mio assistente Luke, anche se penso non sia necessario presentarlo-. In quel momento Clive comparve dalla porta, chiudendola subito dopo alle sue spalle -Avete già conosciuto Helen?- chiese poi al piccolo assistente -Si, ma sembra un po' timida. Lei sapeva che saremmo arrivati qui?- La castana alzò timidamente lo sguardo verso il ragazzo più grande. Si aspettava di vederlo infuriato per via della sua incompetenza, ma in realtà era più sereno che mai. -Aspetta un attimo, cosa devo recitare io? Ah giusto, ora si spiega perché Clive non è arrabbiato. Pensava stessi inscenando tutto- -Non preoccuparti,- intervenne Clive -come ti ho detto, ora vi spiegherò tutto. Innanzitutto, benvenuti nella Londra del futuro-



***


-Cosa? Il professore? Non è possibile!- esclamò Luke. Helen sospirò, stava giungendo il momento di mettere in pratica il discorso che Clive le aveva imposto di prepararsi. -Era così interessato alla macchina del tempo per cambiare il passato che si avvicinò sempre di più ad affari loschi. Avrebbe fatto di tutto per raggiungere il suo obiettivo; chi si sarebbe messo in mezzo la avrebbe pagata cara. Tra queste persone, anche la famiglia di Helen ne ha subìto le conseguenze- a quella frase la giovane alzò lo sguardo con fare intimorito -Si... I miei genitori avevano dei vecchi appunti ereditati da generazioni su teorie e progetti per la macchina del tempo. Erano molto importanti per noi, ma il professore riteneva che in mano nostra sarebbero andati sprecati. Così, dopo diverse lotte, alla fine mi ritrovai tre dei suoi sottoposti dentro le mura di casa e uccisero i miei genitori. Io mi salvai per miracolo- Layton si abbassò la visiera della tuba fino a coprirsi gli occhi -Sono davvero stato in grado di togliere la vita a delle persone per degli appunti? Assolutamente deplorevole- Luke alzò lo sguardo verso il suo mentore; sul suo viso si leggeva la vergogna e l'imbarazzo di quell'azione che, ora come ora, il gentiluomo non avrebbe mai commesso nemmeno sotto tortura. -Per questo motivo ho chiesto ad Helen di restare qui dentro. Lasciarla da sola è troppo rischioso, ma allo stesso tempo, se fosse uscita allo scoperto assieme a me, sarebbe finita in grossi guai- spiegò Clive. Helen guardò l'uomo con la tuba e provò un senso di sconforto. Cercò sostegno negli occhi dell'amico, ma non ottenne nulla se non un muro che le impediva di vedere oltre. -Improvvisamente, lo sento così distante. Sarà per colpa di questo suo alterego, Luke del Futuro, ne sono certa. Una volta finita la questione, dovrò parlargli-. -Comunque alla fine, il dottor Stahngun riuscì a costruire una macchina del tempo, benché incompleta, dato che è impossibile scegliere luogo e momento. Infatti qui parliamo più di una distorsione temporale, che si è aperta tra il mio orologiaio e il vostro di dieci anni fa- concluse Clive in tono molto serio. Layton, che ancora nuotava nei sensi di colpa, chiese -Come mai hai bisogno del nostro aiuto, quindi?- -Perché l'unico che può fermare Hershel Layton è lei, professore. Ma non si preoccupi, non la lasceremo navigare nel buio. Io e Helen siamo qui per aiutarvi. Inoltre, sappiamo dove si trova il suo quartier generale, visto la fama che ha ottenuto-. A Luke in quel momento sorse un dubbio -Ma come, non è questo il quartier generale?- -No,- rispose Clive - questa è solo una macchina per fare soldi- -Il suo vero quartiere è a Chinatown- aggiunse Helen, che fino a quel momento era rimasta a rimuginare sui propri pensieri -Dobbiamo partire subito allora- esclamò il professore, per poi essere fermato dalla ragazza -Un'altra cosa. Non esistono scienziati di nome Stahngun. Chiunque fosse ha voluto nascondere la propria identità. Non sappiamo ancora quali sono i suoi scopi, speriamo di trovare degli indizi durante le indagini-. Non aveva idea di come avesse fatto a pronunciare l'intero discorso senza bloccarsi o avere crisi d'ansia. Si era convinta di poco che parlare con gli sconosciuti non fosse così traumatico, che fosse tutto un problema partito dalla sua testa. Ma il suo pensiero ebbe vita breve, visto che il ragazzo al suo fianco catturò nuovamente la sua attenzione. -Adesso però usciamo da qui, dobbiamo dirigerci a Chinatown- annunciò "Luke del futuro". Il professore sembrava aver mormorato qualcosa, ma a parer suo non era nulla di importante. La loro avventura era appena iniziata, ma Clive era già esaltato per come la prima mossa si era svolta. La storia non aveva buchi di trama, era certo di averli convinti; inoltre il discorso di Helen era perfetto per mettere in soggezione Layton e distrarlo da eventuali errori di copione. Posò lo sguardo sulla figura dell'amica. Pareva piuttosto rilassata. Anche lei aveva seguito il piano, era riuscita a controllarsi e lui non poteva che esserne felice.
Il ragazzo era un ottimo manipolatore. Sapeva recitare alla perfezione, soggiogare le menti dei suoi rivali e portarli alla deriva. Aveva ideato un piano privo di errori impossibile da prevedere. Il suo unico difetto era che, come tutti gli esseri umani, quando si hanno troppi pensieri in mente, qualcosa finisce per essere dimenticato. E quel qualcosa che sfuggì a Clive era avvisare Helen che, nel suo piano, era prevista una sparatoria.

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Capitolo 4
*** La ragazza indesiderata ***


my lovely disaster 3

Capitolo Tre

La ragazza indesiderata




Clive stava in testa al gruppo composto da Layton, Luke ed Helen, la quale teneva lo sguardo inchiodato al suolo. Si nascondeva tra le figure del professore e del suo assistente; era necessario mantenere in piedi il personaggio che aveva creato. Spesso i suoi occhi volavano verso l'amico, che doveva tenere sotto controllo ogni singolo individuo. Lui era il regista, il burattinaio, Dio. Aveva dato un ruolo a tutti, tra chi ne fosse cosciente e chi no, come ad esempio alcuni degli abitanti della Londra "del futuro".
-Capo, ti ho trovato!- esclamò una voce alle loro spalle. -Anche Bostro sta entrando in scena... Benissimo- pensò il ragazzo più grande. Bostro, colui che aveva il compito di imporre ordini ai membri della Famiglia, argomento centrale tenuto nel ripostiglio, aveva anche il ruolo di dare inizio alla sparatoria. Il professore, sentendo qualcuno toccargli la spalla, si voltò. In quel momento, il sottoposto del "Layton malvagio" andò su tutte le furie -Come osi vestirti come il mio capo! E cosa ci fate qui, non vi ho mai visti da queste parti- Layton provò a inventarsi una scusa su due piedi -Beh, effettivamente non passiamo spesso dal casinò- Bostro lo squadrò da tuba a piedi -Mh... Non mi fido. Dovrete venire con me. Ho un paio di domande da farvi-. In quel momento Clive si lanciò davanti al professore -Presto, scappate!-. Il trio alle sue spalle guardava il ragazzo con cappello blu con perplessità. Helen inclusa. Non essendo mai scesa nella Londra sotterranea e lasciando all'amico i suoi spazi, sapeva solo in generale in cosa consistesse il piano. Clive le aveva promesso che le avrebbe spiegato i dettagli a tempo debito. Se lui non le aveva fatto parola di ciò, pensò lei, vuol dire che stava recitando una parte poco importante o che non la riguardasse.
Bostro prese il ragazzo e lo scaraventò a terra -Presto! Prendeteli!- fece lui e il suo coro di sottoposti. Nel giro di qualche secondo, comparvero decine e decine di membri della Famiglia armati di pistola, puntando qualsiasi cliente del casinò, in particolare Layton, Luke, Helen e Clive. Quest'ultimo si era premurato di ricordare ai tirapiedi di prenderli di mira, ma non colpirli seriamente. Già rideva sotto i baffi, eccitato dalla situazione generale, quando si rese conto che qualcosa non quadrava.
-Luke, ho bisogno del tuo aiuto!- la voce del professore lo distrasse dai suoi pensieri e, con una capriola, raggiunse l'interlocutore -Conti pure su di me!-

Nel giro di poco tempo, con i pezzi delle slot machine distrutti dagli spari, i due riuscirono a costruire un bizzarro mitragliatore caricato a monete. Grazie ad esso si liberarono dei tirapiedi, del boss e dei suoi sottoposti. Ormai erano rimasti solo loro nel casinò. Si guardarono con aria di intesa, poi uscirono dal portone principale.
Ormai il sole stava sorgendo. La brezza mattutina sfiorava le loro figure, rinfrescando l'aria circostante. Clive sospirò sereno. Percepiva ancora l'adrenalina scorrergli nel sangue, il battito del suo cuore e il suo respiro non si erano ancora del tutto stabilizzati.
-Direi che ce la siamo cavata per un pelo- disse sollevato Layton -Bene, adesso dove andiamo, signor Triton?- chiese Luke, alzando lo sguardo verso Clive -Signor Triton? Per favore, non chiamarmi così, fa strano inoltre detto da se stessi- gli rispose -E allora come posso chiamarti?- si lamentò il più piccolo. Il professore decise di intervenire in loro aiuto -Potete essere entrambi Luke, no? Tu sarai Luke Grande, mentre tu Luke Piccolo- -Per me va bene, almeno così non faremo più confusione- Luke annuì in seguito all'affermazione del "suo io futuro", il quale aggiunse -Credo che sia necessario che voi vi riposiate. Ma prima, avrei un favore da chiedervi. Se siete passati per la galleria, avrete sicuramente notato un ristorante- Layton e il suo assistente si guardarono -Si, ci abbiamo fatto caso- rispose il mentore -Sarebbe troppo chiedervi di passare un attimo da lì?- domandò "Luke Grande" -No, assolutamente, anzi, si trova vicino il nostro hotel, quindi direi che è perfetto- concluse l'uomo con la tuba. Fecero per incamminarsi, quando uno strano fruscio attirò la loro attenzione.



***


Dopo aver visto Clive venir scaraventato a terra da Bostro, Helen si chiese se tutto ciò facesse veramente parte del piano. Ma i suoi dubbi furono rimpiazziati da un improvviso vuoto. Il tempo si era bloccato. Un oggetto incandescente, preceduto da uno sparo, le sfiorò la gamba. Paralizzata, fissò l'oggetto per terra: un proiettile.
Il tempo prese a scorrere normalmente, ma la lucidità non le venne incontro. Spari, uno dopo l'altro. La stavano circondando. I proiettili la mancavano di poco, ma dentro lei li sentiva uno ad uno perforarle la carne. Subito dopo, una potente luce bianca la costrinse a serrare le palpebre. Non riusciva nemmeno a muoversi, si era persa in quel fascio di luminosità. Poi, il caos. Grida, il motore di una macchina, l'odore pungente del sangue. Helen portò le mani tremanti tra i capelli, scompigliando la sua acconciatura. Gli occhi stavano per schizzare fuori dalle sue orbite, le gambe sarebbero a breve cedute sotto il suo stesso peso, nel suo cervello tutto era confuso. Cacciò un urlo mentre le lacrime inondarono il suo viso. Sentiva il cuore esploderle ad ogni battito, l'aria iniziava a mancare. Non ragionava più. L'unica cosa che riuscì a rimanere salda in lei era l'immagine del giardino interno dove Clive l'aveva portata poco prima dell'incontro con Layton per aiutarla a calmarsi. Una volta trovata la porta, ci si fiondò di scatto e uscì da quell'inferno.
Cadde a terra, sporcò le sue vesti immacolate, aveva perduto l'elastico che teneva legati i suoi capelli. Ciuffi d'erba e alcune sue ciocche le impedivano di avere una visione chiara del luogo. Notò gli alberi, le siepi, l'erba sotto il suo corpo, il sorgere del sole. Fissò per qualche minuto quella piccola area verde, per poi scoppiare in un altro pianto disperato. Non era passato nemmeno un giorno da quando Helen aveva preso ufficilalmente parte al piano di Clive, che già lei aveva avuto due crisi di panico. -Quella luce... Si, è tutto collegato-.Dopo qualche minuto la giovane si mise in piedi e, ancora tremante e con gli occhi lucidi, si infilò in una delle siepi per scappare da quel luogo maledetto.
Una volta raggiunto l'altro lato, notò tre figure dall'ingresso principale. Si avvicinò con cautela, per poi riconoscere in loro Layton, Luke e Clive.
-Helen, dove ti eri cacciata?- le chiese l'amico -Ecco di cosa mi stavo dimenticando. Oh accidenti, la sparatoria... Se Yara lo venisse a sapere, mi toglierebbe la vita-. Il ragazzo ci teneva davvero molto all'amica e si maledisse per essersi scordato di lei. Doveva stare concentrato sulla sua figura di "Luke del futuro", ma allo stesso tempo non poteva permettersi di perdere di vista la giovane, soprattutto con la sua instabilità mentale. Layton si avvicinò alla ragazza -Luke Grande, aiuta la signorina a pulirsi. Un vero gentiluomo aiuta sempre una damigella in difficoltà, oppure ti sei dimenticato le buone maniere?- Clive finse una risata -No professore, non mi permetterei mai di ignorare i suoi insegnamenti, anche a distanza di dieci anni- e, detto ciò, aiutò Helen a liberarsi di eventuali foglie o rametti impigliati negli indumenti o nei suoi capelli. In quel momento, la ragazza riprese a piangere. I suoi occhi, però, erano spenti. Più che ad un umano, assomigliava ad una bambola priva di emozioni. L'amico lo notò e deglutì a fatica: non significava nulla di buono.

Una volta giunti al ristorante, incontrarono Shipley, l'uomo che consegnò la lettera di "Luke del futuro" a Layton. -Allora, hai perlustrato la zona di Chinatown come ti avevo chiesto?- fece Clive una volta finite le presentazioni ufficiali tra il postino e il professore -Certamente,- rispose l'interlocutore - ho scoperto che il Layton malvagio tiene rinchiusi gli scienziati nella Grande Pagoda e girano voci che anche Bill Hawks sia rinchiuso lì dentro-. Il professore sgranò gli occhi -Il primo ministro è bloccato qui nel futuro?- chiese poi -Sono solo voci, non so quanto esse possano essere veritiere- gli rispose Shipley -Inoltre raggiungere la Pagoda sarà un'impresa. L'intero quartiere è in mano alla Famiglia, dovremo essere attenti e vigili- aggiunse il ragazzo. -Luke Grande, puoi portarci a Chinatown?- chiese l'uomo con la tuba. Clive lanciò un'occhiata a Helen. Si reggeva a malapena in piedi, aveva bisogno di riposo assoluto. Dopotutto, anche lui sentiva le forze venirgli meno. -Bisogna arrivare in quel quartiere preparati e in forze. Vi consiglio di riposarvi, io intanto andrò con Helen a perlustrare la zona. Shipley vi spiegherà la strada. Non è difficile da raggiungere- rispose poi. Layton sembrò capire la situazione -Va bene, ma non sforzatevi troppo- aggiunse infine.
Clive prese l'amica per la mano -Su Helen, è ora di andare- con sguardo perso, la ragazza salutò il professore e il suo assistente e durante tutto il viaggio di andata verso il loro nuovo appartamento, non aprì bocca.



***


-Eccoci arrivati- esclamò Clive. Helen si guardò attorno, ma la sua mente era disconnessa dal mondo che la circondava. Il ragazzo la fissò preoccupato -Le tue pastiglie sono nella dispensa in cucina. Te le ho spostate io, pensavo che ne avresti avuto bisogno e quindi le ho messe a vista- e, subito dopo, si accasciò sul divano. Intanto Helen si era diretta in cucina e creò scompiglio con degli oggetti metallici. Il giovane non ci fece caso e si lasciò sfuggire uno sbadiglio. Le sue palpebre stavano per chiudersi, ma le riaprì di scatto nel momento in cui qualcosa sfiorò il suo orecchio destro. Sgranò gli occhi quando, a pochi centimetri da lui, trovò un coltello impiantato nel muro. Un'ombra oscurò la sua figura. Alzò lo sguardo e si ritrovò davanti Helen. I suoi occhi erano tornati pieni di vita, ma anziché avere la loro classica forma rotondeggiante e dolce, erano allungati e vispi. Le piccole iridi lasciavano spazio alle rosse vene che decoravano gli angoli dei suoi bulbi oculari. E Clive capì di non avere possibilità di sopravvivere.

-Avevi un solo compito! Uno solo! E tu cosa fai? Una sparatoria!- Il ragazzo era riuscito a chiudersi a chiave in bagno. Quella tipa era una pazza, ma con un po' di sale nella zucca. Non avrebbe mai sfondato la porta. -Lo sai che sono sempre troppo impegnato con il progetto di giustizia e...- -Sai dove te la puoi mettere la giustizia? Non ho mai visto Helen soffrire così tanto dal giorno dell'incidente!- Era inutile provare a farla ragionare. Il giovane cercava in ogni modo di calmarla, ma invano -Era da tanto che non succedeva. Non mi ricordo più cosa dovevo fare, maledizione-. E mentre Clive pensava, altre urla accusatorie erano pronte per perforare la sua anima -Vogliamo parlare dell'idea di farle dire a degli sconosciuti che i suoi genitori sono morti per colpa di affari loschi? Pronto?! I suoi genitori sono veramente morti così! Non ci pensi a quanto abbia sofferto, solo a rircordarlo! Ha lavorato tanto per riuscire a dire quella frase senza scoppiare a piangere e tu la ringrazi con una sparatoria! Mi dai la nausea, sei più viscido di un verme!- Il giovane non ce la faceva più. Era stanco, era affamato, doveva pensare a come far procedere il suo piano senza intoppi. Non aveva bisogno di qualcuno che gli sbattesse in faccia ogni errore commesso nella sua vita. -Lo so che ho sbagliato. Non c'è bisogno che ci pensi tu a ricordarmelo. E poi, tutto questo piano è anche per lei, Yara-. La ragazza iniziò a prendere a pugni la porta -Brutto vigliacco! Se provi ad uscire da lì ti ammazzo!- continuava ad urlare Yara -Avevamo fatto un patto! Tu ti saresti preso cura di Helen e io non ti avrei messo i bastoni fra le ruote! L'hai promesso anche a Kaylin!- -Yara, per favore...- -No! Devo passare alle maniere forti, come quella volta che mi hai rinchiusa nella villa? Ti ricordi come ti ho punito o te lo sei già dimenticato?- Clive alzò la camicia fino all'altezza dello stomaco: sul suo fianco sinistro, una cicatrice gli faceva da promemoria sulla pericolosità della ragazza. -Se Helen lo scoprisse morirebbe, lo sai- rispose lui. -Tranquillo, ci penserò io a spiegarle tutto. Dopotutto, io e Kaylin siamo qui per proteggerla-. A quelle parole, fu il turno del ragazzo ad infuriarsi -Proteggerla? Helen soffre di attachi di panico per colpa vostra, ha sfregiato il suo corpo perché non riusciva più ad avere un rapporto sociale sano e adesso è piena di cicatrici! Se questo lo definisci proteggere qualcuno, allora non puoi accusarmi per quello che faccio-. Per la prima volta, il ragazzo era riuscito a tenere testa alla giovane furibonda. Appoggiò la schiena contro la porta e si lasciò cadere a terra. Ma dopo un istante, altri pugni vennero sferrati contro quella barriera in legno che teneva al sicuro Clive. -Come ti permetti di rispondermi in questo modo! Spero tu muoia di fame là dentro!-. In quel momento, al ragazzo venne un lampo di genio -Era questa la frase che usavo per far tornare Helen come prima? Speriamo di si, altrimenti sono finito- -Yara, sei ancora lì?- un pugno ben assestato contro il legno della porta era la risposta che Clive sperava -Sai Helen... Nonostante tutto, you are my lovely disaster-.
Ci fu un attimo di silenzio che al ragazzo parve interminabile, poi, una voce -Clive? Sei tu quello dentro al bagno?-.Lui si fece coraggio e, una volta girata la chiave, aprì la porta. Davanti a sé c'era sempre Helen, ma i suoi occhi erano tornati alla normalità -Clive, mi hai spaventata! Mi puoi come abbiamo fatto ad arrivare nell'appartamento? Io ricordo solo che eravamo dal casinò e sono scappata nel giardino interno durante la sparatoria... E poi mi sono ritrovata qui e...- Helen non riuscì a finire la frase che il giovane la strinse in un abbraccio. -Mi dispiace Helen... Sono stato uno sciocco, potrai mai perdonarmi?- -Io... -. La ragazza tacque. Aveva ancora lucide nella mente le immagini della sparatoria e quella volta le azioni del giovane avevano oltrepassato il limite. L'unica persona di cui poteva fidarsi le aveva voltato le spalle. Abbassò lo sguardo e il più grande sentì il suo cuore andare in frantumi. L'aveva delusa dal profondo, abbandonata tra le sue paure in un momento di fragilità. Riconquistare la sua fiducia sarebbe stato il più diffiicile degli enigmi.

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Capitolo 5
*** Il bivio ***


my lovely disaster 4

Capitolo Quattro

Il bivio






La luce artificiale della città sotteranea ormai scaldava da ore i tetti delle case. Tutti gli abitanti erano tornati a lavoro, e anche Clive doveva rimettersi all'opera. Il ragazzo guardò l'ora: l'incontro con il professore a Chinatown non era così prossimo ad arrivare.
Dopo essersi lavato e vestito, uscì di casa evitando di emettere il minimo rumore; se Helen si fosse svegliata, avrebbe insistito per venire con lui. -Sarà sicuramente ancora arrabbiata per quanto accaduto ieri notte... Spero che non mi metta i bastoni tra le ruote- Pensò tra sé mentre si avviava al Thames Arms -In questo momento di fragilità, Yara può benissimo prendere il posto di Helen. Non voglio immaginare cosa potrebbe farmi... Uff, avrei preferito mille volte avere a che fare con Kaylin, almeno lei non avrebbe mai tentato di uccidermi-. Il cigolio della porta lo distrasse dai suoi pensieri. Il ristorante, come al solito, era privo di clienti. Il giovane si guardò rapidamente attorno, scrutando l'area circostante, per poi dirigersi verso il bancone -Clive, non ti aspettavo di certo qui. Non dovresti essere a Chinatown con il professore?- -Dobbiamo parlare proprio di questo-. Il ragazzo dagli occhi scuri si sedette su uno degli sgabelli, per poi riprendere la conversazione -Sono ancora fortemente convinto che chiamare qui Layton sia stato un errore. Lo capisci che cercherà in tutti i modi di sventare il nostro piano?- In quel momento il barista sospirò -Te l'ho già spiegato, nella sua mente ci sono ricordi molto preziosi sulla macchina del tempo. Dobbiamo recuperarli, sono necessari.- -Ascoltami, Dimitri. Una volta presi i suoi ricordi, riuscirai a finire la macchina del tempo prima che lui metta la parola fine sulle nostre azioni?- Clive doveva mettere alla prova lo scienziato. Doveva tenerlo il più concentrato possibile sul progetto della macchina, così da poter lavorare con più libertà al suo vero piano. -Non preoccuparti. Io e i miei uomini saremo rapidi come schegge. Ovviamente, staremo anche molto attenti a non commettere errori- -Sono nelle tue mani, Dimitri-. Il giovane si alzò e si diresse verso l'uscita, fermandosi poco prima di mettere la mano sulla maniglia -Bill Hawks è nella Grande Pagoda, giusto?- lo scienziato sorrise maliziosamente a quella domanda -Si, privo di sensi, imbavagliato e tenuto fermo da una catena. Tranquillo, non andrà da nessuna parte-. Ottenuta la risposta desiderata, Clive aprì la porta e, con pensieri positivi  in mente, si diresse verso il luogo di incontro. Durante il tragitto, decise di passare dal suo appartamento per portare con sé la ragazza. Ma quando varcò la soglia, ricevette una terribile sorpresa.



***



-Forza, ragazzo mio, Luke Grande ci aspetta- -Mi scusi professore, metto il cappello e arrivo!-. Una volta usciti dalla loro camera, ringraziarono Becky e si diressero, grazie alle indicazioni di Shipley, verso Chinatown. -Quindi è lì che incontreremo il suo futuro lei. Caspita, sono così agitato!- esclamò Luke saltellando attorno al mentore, che si lasciò sfuggire una delicata risata per l'euforia del ragazzino -Si, ammetto che nemmeno io riesco a stare molto tranquillo. Inoltre, ho molte domande da porgli-. Finita la frase, Layton notò una curiosa cerchia di persone. Lì fissò per qualche secondo con aria confusa, per poi dirigersi verso di loro. -Professore, cosa stanno guardando?- -Non saprei, andiamo a scoprirlo- I due riuscirono ad avvicinarsi quanto bastava per poter assistere alla scena: una figura incappucciata, coperta da testa a piedi da un enorme mantello nero, urlava e preannunciava morte e distruzione -Dovete scappare, o morirete tutti! Questo mondo andrà distrutto assieme a voi!- la voce era indubbiamente quella di una giovane donna -E come facciamo?- intervenne uno degli uomini -i tirapiedi non ci permettono di lasciare Londra, siamo bloccati qui!- una signora sospirò -Secondo me ha solo perso qualche rotella, poverina- disse mentre si allontava assieme al resto delle altre persone. -In che senso "morirete tutti"?- chiese Layton alla ragazza. Lei si voltò e, non appena notò il professore, esitò, poi rispose -Una grande macchina da guerra! Ci ucciderà tutti! Colui che non è riuscito ad accettare il fato farà subire a tutti noi la sua stessa sventura! Dovete scappare!- detto ciò, con uno scatto fulmineo, la donna incappucciata corse via -Hey, aspetta!- le urlò dietro Luke, provando ad inseguirla -Lascia perdere, ragazzo mio. Per il momento non diamole retta-. E con un po' più di domande nei bagagli, proseguirono il cammino verso Chinatown.
Una volta giunti dal portone di ingresso, notarono che due guardie impedivano l'accesso nel quartiere. -E adesso che facciamo, professore?- il ragazzino guardò tristemente l'enorme entrata, per poi voltarsi e ritrovare alle sue spalle un "Luke del futuro" ansimante. -Luke Grande, cosa è successo?- chiese Layton con aria preoccupata -Perdonate il mio ritardo, ma... Helen... Non c'è più. Stamattina sono uscito presto per controllare se i tirapiedi non ci stessero giocando qualche brutto scherzo e non appena sono tornato a casa... Lei era sparita. Lasciarla andare in giro da sola è pericoloso, cosa le sarà saltato in mente?- spiegò loro, cercando di prendere fiato e ricomporsi -Luke Grande, Helen mi sembra una ragazza con la testa sulle spalle. Durante la sparatoria, in qualche modo, era riuscita a cavarsela da sola. E poi sono sicuro che non sarà andata a cacciarsi nei guai. Cerca di stare tranquillo, si farà viva lei quando avrà finito le sue commissioni- provò a calmarlo il professore. Clive era seriamente preoccupato, ma decise di fidarsi. In cuor suo sperava davvero che la sua amica stesse bene, ma anche un altro pensiero lo turbava e non poco. Poteva solo pregare che fosse Helen ad avere il controllo delle sue azioni. Lasciare Yara libera di fare ciò che vuole sarebbe stato il peggiore dei casi. -Adesso abbiamo altro di cui preoccuparci però: quei tirapiedi non ci lasciano passare!- spiegò il ragazzino. Layton sembrò ragionare un po', poi si espresse -Luke Grande, ho un favore da chiederti- -Mi dica, professore- -Avrei bisogno di parlare con l'ispettore Chelmey, però quello di dieci anni fa, ovvero del nostro presente. Sarebbe possibile tornare indietro nel tempo?- il ragazzo lo fissò per un istante -Certamente. Però dovrete tornare dall'orologiaio. Dopotutto, è lì che avviene la distorsione- -Ma quando siamo arrivati qui nel futuro, la porta era serrata e non siamo potuti entrare!- esclamò il piccolo Luke -Non preoccupatevi per questo, vi aiuterò io- gli rispose il "suo io futuro" -E come?- -Presto ve lo dimostrerò-.



Arrivati dall'orologiaio in compagnia di Jako, il nuovo pappagallo di Luke, Clive bussò alla porta seguendo un ritmo che aveva stabilito con Crystal e Quartz e, come da programma, la porta si aprì. La signora li accolse e li condusse dal marito, che spiegò loro la situazione.
-Quei maledetti tirapiedi! A causa loro, devo tenermi sulle spalle questo fardello. Il grande orologio che vedete alle mie spalle ha più di cento anni. Un giorno, due sottoposti della Famiglia, seguiti dal loro boss, mi cacciarono dal negozio e smanettarono qualcosa con il mio prezioso orologio. Poco tempo dopo scoprii che avevano aperto una distorsione temporale e da allora, visto che me ne sono sempre occupato io di questa grande macchina, sono l'unico che può aprirla e chiuderla. Ed è per questo che la Famiglia mi costrinse a lavorare sotto i suoi ordini!- Il ragazzo dagli occhi scuri fissò l'anziano, poi aggiunse -Una volta saputo ciò, ho spiegato loro il mio piano e abbiamo deciso di collaborare. In questo modo sono riuscito a farvi ricevere la lettera- -Attirando così la mia attenzione e portandoci qui... Hai escogitato un piano molto elaborato- lo interruppe il professore. Clive gli sorrise -Adesso, con l'aiuto di Quartz, potrete ritornare al vostro tempo. Conto sul vostro ritorno- dentro sé Clive sperava che un imprevisto impedisse a Layton di tornare, così da poter procedere sui suoi passi con più tranquillità. Ma conoscendo il professore, sapeva che il suo desiderio non si sarebbe mai esaudito e che avrebbe fatto di tutto per tornare ad "aiutarlo" -Tranquillo, Luke Grande. Un vero gentiluomo mantiene sempre una promessa. E poi, come hai detto tu, l'unico che può fermare Hershel Layton sono io- lo rassicurò l'uomo con la tuba. -Ha ragione, scusi se ho dubitato di lei. E perdonatemi, ma non vi seguirò nel vostro presente. Devo ancora trovare Helen e, cosa più importante, non vorrei rischiare di modificare gli eventi del passato più del necessario- disse infine "Luke del futuro". -Non preoccuparti, hai perfettamente ragione. Allora ci vediamo presto, Luke-.
E dopo aver salutato i due, uscì dal negozio senza dire una parola. Sarebbe rimasto volentieri a parlare con i suoi due ex servitori, ma aveva una faccenda più importante da sbrigare.



***


-Inizio a pensare che trascinare Helen nel mio piano sia stata una pessima idea. Avrei dovuto darle ascolto quando mi chiese di lasciarla nella villa. Forse sono ancora in tempo. Dopo lo shock della sparatoria e Yara che è tornata per vendicarla, credo che non avrà problemi ad andarsene. Anzi, sarà più che felice di tornare in superficie. Così lei può stare tranquilla e io posso andare avanti con il mio piano. In questo modo faccio del bene ad entrambi-.
Dopo una breve auto convinzione, Clive varcò l'ingresso dell'appartamento. Seduta sul divano, Helen fissava la piccola televisione spenta con sguardo perso. -Helen, dove sei stata! Ti ho cercata dappertutto... Mi hai fatto prendere uno spavento!- Le urlò contro, sfogando tutta la sua frustrazione. Non era così che aveva pensato di salutarla, nel caso lei fosse stata in casa. Ma lo stress prese il sopravvento e non riuscì a controllare le sue emozioni. La ragazza alzò lo sguardo e le sue iridi tornarono a brillare -Perché adesso mi stai sgridando? Io sono stata tutto il tempo qui, non mi sono mossa di un centimetro! Sei tu che te ne sei andato senza dirmi nulla- Il più grande guardò confuso l'amica -Io ero uscito per andare da Dimitri... Poi quando sono tornato ti ho cercata ovunque e non eri in casa-. A quel punto lei si alzò dal divano con rabbia -Dimitri? Chi è Dimitri? Perché non ti decidi a spiegarmi per bene il tuo piano una volta per tutte? Prima la sparatoria, adesso non credi alle mie parole. Hai perso fiducia in me e vuoi liberarti di questo inutile peso, non è così?- Clive la guardò inorridito. Sgranò gli occhi alle parole della ragazza. Dopo quello che gli aveva detto, era ancora più convinto che far tornare Helen nella vera Londra sarebbe stata l'idea migliore -Per te tutto ciò è difficile, non è così?- le chiese poi -Clive, tu sei l'ultima persona che mi è rimasta, ci conosciamo da dieci anni, ma ieri hai commesso un gravissimo errore con quella sparatoria. Io non so se posso fidarmi di te, dovrai riconquistare la mia fiducia- e in quel momento, il ragazzo la interruppe -Ascoltami. Lo sai che ti voglio bene, sei praticamente una sorella per me. Ma in questo momento io non posso stare appresso a te e ai tuoi bisogni. Ti chiedo di lasciarmi questi ultimi tempi per completare il mio obiettivo, poi la mia esistenza sarà dedicata a te. Ricostruiremo Londra assieme. Per questo, vorrei che tu tornassi in superficie. Così puoi tornare nella villa mentre io qui finisco le ultime cose. Ormai sei adulta, non hai più quindici anni, non c'è bisogno che tu mi segua ovunque. Ce la caveremo- disse sorridendo dolcemente. L'amica si perse nelle iridi scure del ragazzo, poi scoppiò in un pianto disperato -Sei un mostro! Dopo tutti gli anni passati con questa ossessione per il piano di giustizia, da cui mi hai tenuta fuori, adesso vuoi definitivamente liberarti di me! Io pensavo che mi volessi bene, invece mi hai tenuta appresso come un appendice infiammata! Non esisti solo tu con il tuo stupido piano, la prossima volta non permettere agli altri di affezionarsi a te!-. Urlate le ultime parole, la giovane uscì furibonda dall'appartamento. Clive si passò una mano nei capelli con fare nervoso. Si era appena ricongiunto con l'amica scomparsa e lei se n'era andata via nuovamente. Sospirò, le lacrime iniziarono a formarsi negli angoli dei suoi occhi, ma non permise a nemmeno una di esse di bagnare le sue guance. Forse, almeno così, Helen avrebbe fatto la scelta secondo lui più giusta. Lui non si sentiva nemmeno troppo in colpa, si era trovato davanti ad un bivio e aveva dovuto scegliere. L'unica cosa è che, così facendo, aveva inevitabilmente messo davanti ad una scelta la problematica ragazza.

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Capitolo 6
*** Un fragile legame ***


my lovely disaster 5

Capitolo Cinque

Un fragile legame






Non sapeva bene quanto tempo fosse passato. Ormai aveva corso fino allo stremo e sentì le sue forze venirle a mancare. Cadde sgraziatamente a terra, sbucciandosi i palmi delle mani, che iniziarono a sanguinarle. La vista, già annebbiata dalle lacrime, stava diventando sempre più sfocata e gli oggetti irriconoscibili. Pensava di non avere più lacrime in corpo, ma percepiva quei tristi fiumi solcare senza tregua le sue guance.
Helen decise che non avrebbe nemmeno provato ad alzarsi in piedi: si era sempre ritenuta debole, una volta finite le energie, si ritirava in un angolo della sua mente e lasciava il posto alle altre due ragazze. Si davano il cambio secondo un ordine preciso e la ragazza lo aveva imparato bene. Si sciolse i capelli e, poco prima di svenire, i suoi occhi si spensero assieme a lei.




***




Clive non aveva né tempo né una motivazione valida per andare a cercare Helen. Era troppo frustrato per poterle dare retta; inoltre sapeva che senza lui, lei non sarebbe andata lontano. Quella ragazza dipendeva in tutto e per tutto dalla figura del giovane. Lui non ne era colpito, dopotutto l'incidente che subì Helen nove anni fa poteva essere comparato a ciò che aveva subito Clive l'anno prima, se non anche più grave. Quindi il fatto che lui le fosse rimasto vicino nei momenti difficili, ha creato nel corso degli anni nella giovane una vera e propria sottomissione nei confronti di quel ragazzo che lei considerava il suo angelo. -Perché allora adesso è così ribelle, così difficile da tenere a bada?- pensò lui mentre si spogliava: aveva necessariamente bisogno di fare una doccia fredda. Anche durante l'inverno Clive preferiva lavarsi con l'acqua fredda; sosteneva che lo aiutasse a rimuovere lo stress e i brutti pensieri.
Non appena il ragazzo percepì il gelido tocco dell'acqua, tirò un sospiro di sollievo. Chiuse gli occhi e lasciò spazio a quella piacevole sensazione. Attorno a lui si era creata un'aria pungente e un brivido iniziò a corrergli lungo la schiena. La mente si stava piano piano svuotando, lasciando il posto ad un piacevole vuoto. Passarono una manciata di minuti e, dopo essersi insaponato e risciacquato, Clive chiuse l'acqua e si mise un asciugamano attorno alla vita. Lo sguardo gli cadde sulla sua figura riflessa nello specchio. Era sempre stato piuttosto magro, anche se non a tal punto da mettere in mostra il segno delle ossa. Quando era piccolo, vivendo in un quartiere povero, il suo fragile corpo era piuttosto secco dati i magri pasti che i suoi genitori portavano a tavola. Iniziò a prendere peso una volta giunto in casa della signora Dove, che si prese cura di lui come un figlio.-Peccato che se ne sia andata così presto- pensò tra sé mentre il ricordo del suo tutore gli passava per la mente. Una volta finito di studiare la sua corporatura, i suoi pensieri finirono sulla cicatrice che gli decorava il fianco sinistro. Solo a vederlo percepiva ancora la sensazione del coltello incidergli la carne, il sangue pulsare fuori dal suo corpo e la risata agghiacciante di Yara. Come poteva una criminale assetata di vendetta vivere nello stesso corpo di Helen?
Clive scosse la testa e appoggiò una mano sulla fronte -Meglio non pensarci. Ho questioni più importanti su cui concentrarmi-. Si rimise i vestiti da "Luke del futuro" e si diresse verso l'uscio di casa; un attimo dopo, una luce accecante lo avvolse. -No! Non di nuovo, non adesso!- Sentiva che il suo ultimo pasto stava per salirgli in gola, l'odore di sangue di dubbia provenienza iniziò a solleticargli le narici. Il ragazzo non voleva cadere vittima di quel ricordo per l'ennessima volta. Agitò le braccia alla ricerca di qualche oggetto da afferrare e, per fortuna, la sua mano destra sfiorò quello che sembrava una maniglia. Si gettò su di essa e riuscì ad aprire la porta che aveva di fronte. La luce scomparve assieme alla nausea e al sangue; davanti ai suoi occhi si proponeva la via del suo appartamento. Per la prima volta in vita sua era riuscito a scampare al passato.
Nonostante non si fosse completamente ripreso dallo shock, decise di non perdere altro tempo e corse verso il ristorante della galleria. Non capiva come mai quella visione lo torturasse a distanza di anni. Lui aveva superato il lieve trauma mentale senza troppe complicazioni, al contrario dell'amica. -Se io mi sento così male ogni volta, non immagino lei cosa provi... Sempre ammesso che quel ricordo la perseguiti come fa con me. A proposito, chissà dove si è cacciata- .Avrebbe provato a mettersi in contatto con Helen solo dopo aver portato un po' più avanti il piano. Dovevano ancora andare a Chinatown e non poteva permettersi di perdere tempo dietro la castana. Si era convinto che anche Yara non avrebbe fatto nulla di grave per mettergli i bastoni tra le ruote: aveva parlato con tutte e tre le ragazze di ciò che aveva intenzione di fare, ma si era ripromesso, per evitare che rovinassero qualcosa, che avrebbe spiegato loro i dettagli del piano passo passo. Quindi, con il cuore un po' più leggero, proseguì il cammino verso la sua meta. Riferito il messaggio a Shipley, che attendeva suoi ordini, tornò sui suoi passi. Si guardò attorno: molti degli abitanti erano attori pagati per recitare una parte, proprio come il postino, mentre invece con altri si era visto costretto assieme a Dimitri a rapirli e a fare loro una specie di lavaggio del cervello per farli credere di essere davvero nel futuro. Bene o male ricordava il volto di quasi tutti gli abitanti; dopotutto era lui che li aveva selezionati assieme al collega più anziano.
Aveva giunto in fretta la terrazza panoramica di un parco vicino l'orologiaio: lì avrebbe incontrato nuovamente il professore e il suo assistente. Quel luogo non era presente nel progetto originale; Clive lo aveva fatto costruire per rendere la città un po' più realistica e, ammise, anche un po' per capriccio. Grazie a dei particolari impianti di ventilazione, circolava aria nella Londra sotterranea; si creavano brezze piacevoli che rinfrescavano le calde giornate. E in quel momento così tranquillo, il giovane non poté fare a meno di compiacersi nelle scelte fatte. Era esattamente il posto adatto per staccare la vita quotidiana e prendersi un momento di pausa, lontano da tutto e tutti, abbracciato dai freschi venticelli e circondato dal verde del prato.
Il ragazzo appoggiò il gomito sulla ringhiera e, reggendosi la testa con la mano, si mise a contemplare il paesaggio che aveva creato. Un paio di minuti dopo, a interrompere quel momento di pace ci pensarono un concerto di passi diretti nella sua direzione. Non appena il giovane si voltò, si ritrovò davanti la figura del professor Layton, di Luke, e di una ragazza mai vista prima -Oh no, chi è questa ragazzina? Aspetta, non perdere la calma. Che sia...-. -Wow, non posso credere di avere davanti ai miei occhi Luke del futuro!- Clive la fissò per un'altra manciata di secondi, poi decise di esprimersi -Flora?! Perdonami, non ti avevo riconosciuta. Sono passati molti anni dall'ultima volta che ti ho vista...- la ragazza gli sorrise. Per sua fortuna, aveva azzeccato l'identità della ragazzina. -Flora non è l'unica che ci ha raggiunti qui nel futuro. Anche l'ispettore Chelmey e Barton ci hanno seguiti- spiegò Layton -Non sono poi così sorpreso. Non me l'aspettavo, ma so che l'ispettore è un uomo che prende il suo lavoro con serietà.- rispose il ragazzo dagli occhi scuri -Adesso però dobbiamo escogitare un piano per entrare a Chinatown-.




***




Il loro piano per infiltrarsi a Chinatown era stato deciso: Jako, abile nel riprodurre i suoni, avrebbe imparato la tipica frase di Bostro "fuori dai piedi" per cacciare le guardie e avere libero accesso nel quartiere.
Il gruppo si incamminò verso il casinò, prima tappa della loro ricerca. Lì trovarono la persona desiderata e, una volta insegnata la volgare espressione al pappagallo, ripresero il cammino verso Chinatown.
-Dovete scappare! Fuggite! Cosa ci fate ancora tutti qui? Andatevene!- Layton e Luke si scambiarono un'occhiata. Di nuovo quelle frasi raccapriccianti. Anche Clive sembrò accorgersene e tutti quanti corsero verso il proprietario della voce. Arrivati nella piccola piazza dove il professore e il suo assistente sentirono per la prima volta quegli avvertimenti, c'era la solita ragazza nascosta tra il tessuto del mantello nero. -Una grande macchina ci ucciderà! Il destino non sarà buono con noi! Portate via da qui le vostre donne e i vostri figli!- Clive sgranò gli occhi -Non posso crederci, non voglio crederci... Perché stanno capitando tutte a me...-. Fece per inseguire la giovane, quando qualcuno lo precedette -Torna qui, malandrina! Devi spiegarmi cosa vuol dire tutto ciò!- lei si voltò e alla vista dell'ispettore Chelmey si strinse nel suo mantello e scappò veloce come il vento. -Cosa sta succedendo, ispettore?- chiese Layton una volta giunto di fronte all'uomo -Quando siamo arrivati qui abbiamo trovato quella delinquente prendere da un cassonetto un mantello nero e successivamente ha iniziato a maledire questo posto, ha parlato di una macchina da guerra e di un "colui che non è riuscito a perdonare il fato". Il mio fiuto dice che sa qualcosa, dobbiamo acciuffarla!- in quel momento intervenne Clive -Mi scusi ispettore, ha detto che ha visto la ragazza indossare il mantello. Sa dirmi che aspetto aveva?- -Mi spiace, ragazzo,  ma purtroppo era voltata di spalle. E come se non bastasse, era ben nascosta nell'ombra. L'unica cosa che sono riuscito a dedurre, infatti, è il suo sesso. Ora scusate, ma ho delle indagini da portare a termine. Muoviti Barton!-. Detto ciò, i due ripresero la caccia contro la misteriosa giovane.
Clive poggiò una mano sul volto. Aveva sbagliato tutto. I suoi occhi, ancora sgranati, fissavano un punto vuoto, mentre si malediceva per aver sottovalutato la questione. Il livello di importanza di successo del piano di giustizia era diminuito. Lui però, in quel momento, non poteva allontanarsi per poter superare quell'importante ostacolo che gli si era appena proposto davanti. Il copione gli stava lentamente scivolando dalle mani. Doveva avere il controllo assoluto su tutto, ma da solo non ce l'avrebbe mai fatta. Era anche per quello che decise di collaborare con Dimitri, ma solo in quel momento, capì che aveva bisogno del supporto di una terza persona. Quella terza persona, però era la stessa che gli stava mandando a rotoli il piano.
Un istante dopo, qualcuno gli mise una mano sulla spalla, facendolo sussultare -Luke, stai bene?- il professore era visibilmente preoccupato per il giovane, il quale lo rassicurò con un sorriso -Oh, non volevo farla preoccupare. Mi era solo venuto un mal di testa improvviso, ma sembra proprio che stia passando- -Sicuro di non voler fare una pausa?- -Davvero, non pensi a me. Non è nulla di grave, inoltre abbiamo rimandato il nostro arrivo a Chinatown già diverse volte. Sarà meglio proseguire- disse infine il ragazzo con il cappello blu, incamminandosi verso la meta. I tre si guardarono confusi, ma decisero di non porre domande e proseguire sui loro passi.



***



Kaylin non poteva fare a meno di ripensare alla preghiera di Helen "Vi prego, siete libere di fare quello che volete ma vi chiedo solo un favore, chiamatelo Luke, non Clive". La ragazza riflettè a lungo su quelle parole e rimase sorpresa del fatto che Yara fu la prima a darle l'ok. Il loro compito era di proteggerla da chi la facesse soffrire e Clive era in cima alla lista. In tutti quegli anni lui non aveva fatto altro che usarla, o almeno, secondo i discorsi di Yara. Tra le due, la ragazza violenta era nata prima. Quando anche Kaylin comparve, l'altra si affrettò a spiegarle come Helen fosse sottomessa a Clive e di come lui si divertisse a usare la sua ingenuità e gentilezza. -Sono ancora un po' dubbiosa delle parole di Yara. A causa sua non riesco quasi mai a conversare con Helen. Devo ammettere che da quando esisto quel tipo non ha avuto dei comportamenti corretti, soprattutto in quest'ultimo periodo. Il mio compito è mettergli i bastoni tra le ruote, ma verrò comunque incontro alla richiesta di Helen- pensò lei mentre si risistemava la mezza coda. Non sopportava avere la capigliatura sprecisa. Infatti, si rifiutava si prendere il posto di Helen se non mentre la sua acconciatura era in perfette condizioni.
Era riuscita ad raggiungere l'ingresso di Chinatown prima del gruppo di "Luke del futuro". Non sapeva ancora bene come comportarsi; aveva conversato con il ragazzo dagli occhi scuri solo un paio di volte. Ricordava ancora lo spavento che le era preso quando si ritrovò a terra con la figura del giovane sulla sua. Quello non fu certo il modo migliore per presentarsi, ma quando lui le spiegò cosa successe, lei si tranquillizzò. La seconda volta, invece, lui l'aveva chiamata per spiegarle in breve il piano di giustizia. La castana trasalì non appena Clive le raccontò della sua idea e cercò di fermarlo, ma invano. In quel momento Kaylin aveva ricevuto un'altra possibilità per impedirgli di cadere nel baratro. -Kaylin... Mi senti?- una voce nell'angolo della sua mente la distrasse dai pensieri -Sono Helen... So che tu sei più ragionevole e razionale di Yara. Non fare del male a Clive, so che ultimamente lui mi ha trattata malissimo, ma io ci ho ragionato su e, anche se ancora non l'ho perdonato, non voglio che gli succeda qualcosa. Lui è molto stressato per via di questo piano, vorrei evitare di provocargli altri problemi. Yara non mi ascolta, prima di svenire l'avevo chiamata solo perché non avevo abbastanza forze per farmi una precisa mezza coda. Le avevo chiesto di dare a te il comando, ma ha fatto di testa sua. Sono comunque felice di sapere che ora quella cosciente sia tu. Kaylin, aiutami a far tornare Clive sulla retta via, ma senza creargli problemi... Ti prego...- e quelle furono le ultime parole che pronunciò. Kaylin rimase a bocca aperta. Lei e Yara stavano davvero proteggendo Helen? No, la stavano solo intralciando. Le stavan complicando l'esistenza. Era a causa loro se la ragazza soffriva di crisi di panico; non era più riuscita a vivere normalmente. Lei e Yara erano due errori, non sarebbero mai dovute esistere. La castana si guardò il palmo della mano, rovinato dalla caduta che ebbe Helen poco tempo prima -Helen, io non ho mai avuto modo di parlare con te. Ma da questo tuo discorso credo di aver capito molto di più di quello che Yara ha provato ad insegnarmi nel corso degli anni. Sento un fragile legame che ci unisce: ho intenzione di aiutarti. Ti chiedo scusa se ti sono stata d'intralcio per tutto questo tempo; tu sei la mente primaria, l'originale. E io starò dietro alla tua richiesta-. E mentre in lontananza la figura di Clive diventava sempre più riconoscibile, Kaylin sentiva in cuor suo di aver fatto la scelta giusta. Doveva aiutare Helen a salvare l'amico e avrebbe agito in ogni modo per venirle incontro, anche a costo di andare contro la volontà della temibile Yara.

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Capitolo 7
*** Dubbi di massa ***


my lovely disaster 6

Capitolo Sei

Dubbi di massa










Non appena il suo sguardo cadde sulla figura della ragazza, Clive non potè credere ai propri occhi. Helen era lì, immobile, come persa nei suoi pensieri. Aveva deciso di non abbandonarlo alle domande del professore sulla sua improvvisa scomparsa. Nonostante la discussione di poco tempo prima, lei era tornata.  Qual era la causa di quella decisione inaspettata? Poteva essere certo che in realtà non fosse Yara? Oppure Helen aveva comunque intenzione di rovinargli i piani svelando tutto a Layton per vendicarsi?
Altre mille domande gli ronzarono per la mente e mentre si avvicinavano sempre di più all'ingresso di Chinatown sentiva il battito del suo cuore accelerare ad ogni passo. La tranquillità ormai lo aveva abbandonato per cedere il posto all'ansia. Quella maledetta giovane sapeva essere imprevedibile, anche per un genio ai livelli di Clive. Non poteva sapere quale delle tre ragazze avesse il controllo del corpo e ciò era la sua massima fonte di stress: non avrebbe saputo come reagire se l'amica lo avesse chiamato con il suo vero nome. Avrebbe dovuto inventarsi una scusa, o anzi, dire loro del problema di Helen. Ma anche se lei non aveva fatto altro che complicargli la vita, in fondo le voleva bene. Un affetto che potrebbe essere considerato quasi lo stesso di due fratelli di sangue. Quasi. Perché comunque tra i due qualcosa non tornava. Perciò per rispettarla non avrebbe fatto parola dell'esistenza delle altre due ragazze.
Il ragazzo dagli occhi scuri scosse la testa, cercando di liberarsi la mente da tutti quei pensieri, e lasciò il suo corpo agire d'istinto: iniziò a correre verso la castana. Lei se ne accorse e lo accolse con un triste sorriso -Ciao Luke- disse lei con tono pacato. Il ragazzo ormai aveva raggiunto la giovane -Helen...- sospirò mentre cercava di regolarizzare il respiro -No, non sono Helen. Sono Kaylin- a quella frase, il volto del più grande si rabbuiò -Capisco. Sei qui per punirmi, giusto?- -No. Come Yara, la tua presenza non mi entusiasma. Ma come Helen, non riesco a voltarti le spalle. Quest'ultima mi ha chiesto di non intralciarti, ma non farti strane idee. Non ti ha perdonato. Lei ancora soffre per questo muro che si sta costruendo tra di voi; non so quanto sia forte il vostro legame, ma nonostante ciò lei non vuole metterti i bastoni tra le ruote. Dall'altra parte, Yara per tutti questi anni mi ha insegnato ad odiarti. Però dalle parole di Helen ho percepito una strana sensazione che mi ha fatto comprendere gli sbagli commessi in passato, mentre provavo a separarvi- Kaylin si vide costretta a interrompere il discorso: Clive era incredulo, i bulbi oculari sembravano prossimi ad uscire dalle sue orbite. Inoltre il professore e il suo assistente li avevano ormai raggiunti.
-Ciao Helen! Che piacere rivederti! Dove ti eri cacciata?- esclamò Luke una volta giunto al fianco del suo "io futuro" -Ciao piccolo! Dovevo sbrigare alcune faccende che mi hanno portata qui, ma Luke mi ha detto più volte che non devo entrare a Chinatown da sola. E poi ci sono due guardie che non sembrano aver intenzione di far passare estranei... Stavo per tornare indietro ma poi siete arrivati voi. Oh, e questa graziosa fanciulla chi è?- a quelle parole la ragazzina si offese -Luke Grande, non sei più venuto a trovarmi? Non hai nemmeno parlato di me alla tua amica?- Clive ridacchiò -Quando sarai un po' più grande le nostre strade si divideranno, Flora. E poi certo che le ho parlato di te, solo che non ti ha mai vista. Helen, lei è Flora- Kaylin sorrise dolcemente. Non era certo brava a recitare come il suo amico, ma grazie al suo essere pacata riusciva a pensare lucidamente a cosa dire e con l'intonazione più adatta -Quindi sei tu Flora! Piacere di fare la tua conoscenza. Io sono Helen e sono contenta che ci sia un'altra ragazza a farmi compagnia-.
Clive e Luke si allontanarono dal gruppo con Jako, permettendo all'animaletto di mandar via i tirapiedi del Layton malvagio. -Perfetto, ora possiamo entrare- pensò ad alta voce il più grande. I due riuscirono ad aprire il portone d'ingresso del quartiere e, non appena entrati, ognuno di loro ebbe la sensazione di essere precipitati da tutt'altra parte del mondo. Ad eccezione di Clive, ovviamente. Davanti ai loro occhi si poneva un enorme paifang* dai colori più svariati, lungo la strada si scorgevano mercatini di ogni tipo e il profumo di qualche deliziosa pietanza tipica solleticava le narici dei visitatori. In fondo, sulla cima dei palazzi, si alzava l'imponente figura della pagoda, dove li attendeva il Layton del futuro.
Prima di affrontare il temibile uomo con la tuba, Layton ritenne necessario chiedere informazioni agli abitanti del quartiere, ma ognuno di essi consigliava caldamente di non avvicinarsi alla Grande Pagoda.
-Beh, non possiamo perderci d'animo adesso. Il mio io futuro è qui e dobbiamo fermarlo. Su ragazzi, andiamo- disse Layton una volta raggiuno l'ingresso della pagoda -Mi spiace, ma non posso lasciarvi entrare- lì fermò un uomo davanti a loro. Il professore lo fissò attentamente, poi disse -Ci siamo già incontrati, non è così?- -Esattamente- rispose l'uomo -e adesso il mio compito è tenere lontano da qui i ficcanaso-. L'uomo con la tuba non sembrava aver preso bene quell'affermazione. Dopotutto, con la storia del suo "io futuro", non riusciva a stare molto tranquillo e voleva risolvere il caso il prima possibile. Decise comunque di non scomporsi -Le assicuro che non siamo ficcanaso. Vorremmo solo incontrare un uomo che si fa chiamare Layton- -Il capo adesso non c'è- rispose secco il suo interlocutore -Ne è proprio sicuro?- -Signore, non le sto mentendo, se è quello che intende. Se proprio ci tenete a incontrarlo, andatelo a cercare-. Layton sospirò -Andiamo ragazzi, chiediamo informazioni in giro-.
Durante il secondo giro a Chinatown, in quel caso per ricavare qualche informazione sul "Layton del futuro", Kaylin non poteva fare a meno di osservare Clive. Lo aveva sempre visto in secondo piano, mentre una delle altre due ragazze era cosciente. Avrebbe voluto fargli molte domande: prima di tutto, non aveva ben chiaro perché quel piano era stato messo in atto. Distruggere Londra per giustizia... Cosa lo aveva spinto a ideare ciò? Moltissime vittime innocenti avrebbero perso la vita a causa sua e forse era quella la preoccupazione più grande di Helen. Se qualcosa fosse andato storto, se qualcuno riuscisse a fargli saltare in aria il suo progetto, cosa gli sarebbe successo? Kaylin non riusciva nemmeno a immaginare la situazione nei limiti della sua mente. Sarebbe stato un disastro a livelli internazionali: una delle capitali più importanti del mondo ridotta in macerie da un ragazzo... E anche nel caso riuscisse a portare a termine i suoi scopi, il resto del mondo come reagirà? Clive si fermerà a Londra o è intenzionato a radere al suolo altre capitali? Erano tutte domande a cui la ragazza non riusciva a dare risposta. Era terrorizzata solo al pensiero di collaborare con una mente così malvagia. Fosse stato per lei, sarebbe scappata lontano, dimenticandosi di tutto, la Londra sotteranea, l'incontro con il professor Layton e Luke, e di Clive. -Però il corpo non è il mio. Se Helen ancora non è fuggita, significa che vuole stare al fianco del ragazzo. O forse sta aspettando che io o Yara la salviamo da questo incubo? Se solo riuscissi a parlarle, sarebbe tutto più semplice-.




Una volta aiutato un uomo di nome Rudolph, quest'ultimo consegnò al professore un volantino rappresentante un ristorante chiamato "Thames Arms" -L'uomo che cercate potrebbe essere lì, ma ripeto, è solo una diceria- furono le sue parole una volta consegnato il foglio di carta.
La compagnia procedeva a passo spedito verso le rive del fiume e Clive non poteva che esserne felice. Nonostante il professore fosse lì per sventare i piani di Dimitri, il progetto di Clive stava procedendo a gonfie vele. Ormai mancavano gli ultimi ritocchi e la fortezza mobile sarebbe stata pronta all'uso. Guardò alla sua sinistra: Kaylin stava parlando spensierata con Flora. Il ragazzo sembrò ripensare alle parole che gli aveva dedicato quando la incontrò a Chinatown. Aveva visto Kaylin poche volte in vita sua e non sapeva spiegarsi come mai. Forse per il fatto che fosse apparsa dopo rispetto a Yara, oppure Helen non le offriva la possibilità di prendere il suo posto. Il giovane dagli occhi scuri non aveva ancora capito secondo quale logica una delle altre due ragazze prendesse il posto di Helen. Alcuni dettagli gli diedero qualche idea, ma tra un cosa e l'altra, decise di non indagare oltre, anche se sarebbe stato necessario per lui sapere con chi avrebbe avuto a che fare.
Giunti dalla collina sul fiume, Layton non si lasciò mancare l'occasione di osservare tristemente quel faro che, a suo parere, rovinava la vista sul Tamigi. Clive se ne accorse e scosse la testa -Da queste scale possiamo raggiungere il Thames Arms. Su, andiamo-.
Il ristorante assomigliava di più ad una locanda; i mattoni bianchi e le tegole blu del tetto davano alla struttura un'aria accogliente, grazie anche alla vicinanza del fiume simbolo di Londra. Il primo ad entrare nella struttura fu Layton, che si diresse senza esitazione dall'unica persona presente nel ristorante: il barista. -Salve, stiamo cercardo un uomo che potrebbe essere passato di qui- -Beh, prima è passato un nostro cliente abituale, ma è andato via poco fa-. Il professore annuì -Capisco. Sa dirmi se quest'uomo viene da Chinatown?- -Mi spiace, ma non posso darle informazioni senza il suo consenso- -Perdoni la mia insistenza, ma da quell'uomo dipendono le sorti di Londra. Ci può aiutare?- a quell'affermazione il barista alzò un sopracciglio -Fatico a crederci. Ma se mi aiuterete, potrò dirvi qualcosa-.
Una volta aiutato l'uomo dietro al bancone a risolvere l'enigma, Layton lo implorò di rivelare loro qualche nozione -Va bene, una promessa è una promessa. Quel cliente è un tipo eccentrico e ogni volta cambia i suoi indumenti, come se non volesse farsi riconoscere. Viene da Chinatown e dice di venire qui per rilassarsi. Con la sua classica tuba, ordina da bere e si siede laggiù, in quel tavolo vicino la finestra- -Le sue informazioni sono state molto utili, la ringrazio- disse infine Layton. Poco prima di uscire dal locale, Clive scambiò uno sguardo di intesa con il barista: non si aspettava che Dimitri fosse così bravo a recitare. Quest'ultimo sorrise beffardamente, per poi voltarsi e prendere un mazzo di chiavi. Nel retro del locale era presente una porta di servizio dalla quale lo scienziato sarebbe uscito per dirigersi alla Grande Pagoda. Doveva essere più svelto del gruppo di Clive, ma con tutti gli enigmi presenti all'interno della tipica struttura orientale, non sarebbe stata una missione impossibile. Inoltre, l'uomo era particolarmente emozionato: avrebbe finalmente messo mano sui preziosi ricordi di Layton e di conseguenza il completamento della macchina del tempo sarebbe stato molto più prossimo ad arrivare.



Usciti dal ristorante la comitiva si imbatté in Barton, che spiegò loro che l'ispettore stava ancora dando la caccia alla misteriosa ragazza incappucciata -Perdonatemi ma... Di cosa state parlando?- chiese Kaylin. Clive la guardò confuso, poi disse -Non l'hai mai incontrata? Questa donna va in giro coperta da testa a piedi da un mantello nero annunciando morte e distruzione- -Io e Luke l'avevamo incontrata poco prima di ritrovarci con Luke Grande a Chinatown, quando poi siamo tornati nel nostro presente. Dopo averci predetto l'arrivo di una macchina da guerra che avrebbe ridotto in macerie Londra, è scappata- aggiunse Layton -Me lo ricordo! Anche quando la abbiamo incontrata la seconda volta, non appena ha visto Chelmey correre verso di lei, ha iniziato a sua volta a correre ad una velocità incredibile!- esclamò Luke. Clive si abbassò di poco il cappello sugli occhi -Deve essere una persona molto agile che conosce alla perfezione questo luogo e i suoi lati nascosti...- e dopo quell'affermazione, lanciò una rapida occhiata su Kaylin. Aveva i suoi dubbi ed era certo che fossero fondati -Luke Grande, tu per caso sai chi potrebbe essere?- intervenne Layton. Il ragazzo scosse la testa -L'unica ragazza che conosco bene è Helen, ma lei non è agile. Conosco altre ragazze ma solo di vista, quindi non potrei dedurre quali di esse è propensa per l'agilità, se non dall'aspetto fisico-. Per una volta, Clive non aveva mentito. Helen non era per niente agile. E poi, una ragazza timida e impacciata come lei non potrebbe nemmeno volendo riuscire ad esclamare in una piazza molto popolata frasi inquietanti e correre via veloce come il vento. Lei probabilmente sarebbe scoppiata a piangere. Il professore sembrava aver pensato la stessa cosa, dato che non fece più domande.
Durante il cammino verso Chinatown, Il ragazzo dagli occhi scuri si avvicinò all'amica e, prendendola per un braccio, la allontanò di poco dal gruppo, senza destare troppi sospetti -So che sei Kaylin, ma ti chiamerò lo stesso Helen. Così se ci sentono almeno non si insospettiscono. Tu continua a chiamarmi Luke- le sussurrò lui all'orecchio -Comunque, Helen, tu sei davvero sicura di non sapere chi è quella ragazza?- Kaylin sentì su di sé uno sguardo accusatorio -Vorresti insinuare qualcosa? Io di certo non sono stata, non so veramente di cosa tu stia parlando. E nemmeno tu-sai-chi- Ovviamente Kaylin stava parlando di Yara e il giovane era abbastanza intelligente per capirlo. Clive aggrottò la fronte -Io non so se voi siete coscienti quando l'una sostituisce l'altra ma io sono abbastanza sicuro che tu-sai-chi ci sta nascondendo qualcosa- -Luke, smettila. Solo perchè ti sto aiutando non vuol dire che sono dalla tua parte. Lo sto facendo per "me stessa" e inoltre non sono contro tu-sai-chi. Quindi lasciaci in pace-. In quel momento lo sguardo di Kaylin si posò pesantemente sulla figura del suo interlocutore, il quale deglutì a fatica. -Non è possibile che ognuna di loro mi metta pressione... Come fanno? Come se non bastasse, la loro presenza è necessaria per portare a termine il mio piano, quindi non posso permettermi di stare lontano da loro... Devo tenerle sotto controllo o chissà che accadrà- Clive alzò lo sguardo verso il professore, che stava a pochi passi davanti a loro. Aveva l'impressione che l'uomo avesse ascoltato, o meglio dire, origliato la loro conversazione. Non poteva biasimarlo, ogni discorso poteva rivelare qualche indizio importante. Ma se così fosse, allora significava che Layton non si fidava del tutto di "Luke del futuro". Con il loro arrivo alla pagoda, l'uomo con la tuba poteva o aumentare i suoi sospetti o sopprimerli. In caso della prima opzione, il giovane avrebbe dovuto sbrigarsi a mettere la parola fine sul progetto della fortezza .
Ritornati a Chinatown, superarono l'enigma di Ward, l'uomo che vigilava l'ingresso della pagoda. Non appena varcato l'arco Clive si avvicinò a Luke -Finalmente il Layton del tuo tempo e quello del mio si stanno per incontrare- Flora si guardò attorno -Lo vedo difficile, visto che il professore non c'è-. Erano tutti spaesati e confusi -Eppure ha risolto l'enigma di quell'uomo ed è entrato con noi!- esclamò Kaylin, cercando risposte negli occhi di Clive, finendo per trovarci le sue stesse domande. Luke guardò confuso la ragazza più piccola -Flora, hai un foglio di carta attaccato sulla schiena- -Cosa?! Che scherzo di pessimo gusto!- "Luke del futuro", incuriosito, prese il foglio e lo lesse -"Andate avanti senza di me. Vi raggiungerò presto". Sono sicuro che questa sia la calligrafia del professore. Non penso proprio ci stia ingannando, quindi dovremo fare come dice-.
Kaylin guardò con compassione il trio davanti a lei. Aveva intenzione di far tornare Helen. Lei non si sentiva parte di quel gruppo, anche per il fatto che non era molto in confidenza con Clive. Flora le faceva sicuramente compagnia, ma quello era un momento che avrebbe dovuto vivere Helen, non lei. Era sicura che il ragazzo avrebbe preferito che la problematica ragazza restasse dietro le quinte, visto che delle tre era l'unica che soffriva di crisi di panico. Ma nessuno dei due poteva decidere cosa lei avrebbe dovuto fare. Sospirò, poi scompigliò di poco i suoi capelli, rendendo l'acconciatura più selvaggia. Clive se ne accorse e quando notò che gli occhi di Kaylin si spensero, sentì un nodo alla bocca dello stomaco: quel maledetto sguardo perso nel vuoto non significava mai nulla di buono.

*paifang: arco tipico cinese

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Capitolo 8
*** Il travestimento perfetto ***


my lovely disaster 7

Capitolo Sette

Il travestimento perfetto




Nota: Linguaggio volgare


-Ciao Helen, sono Kaylin. Credo che questa sia la prima volta che ti parlo da non cosciente. Ho ascoltato la tua preghiera, ma non ho avuto l'occasione di stare da sola con Clive per convincerlo a rinunciare al suo desiderio di vendetta. Adesso tu sei a Chinatown e state per incontrare il "Layton del futuro". Quella nuova ragazzina si chiama Flora e ha quattordici anni; puoi parlarci serenamente; è una brava ragazza. So che ti stavi leccando le ferite negli angoli più bui della tua mente, ma questa non è la mia vita. Bensì la tua. Tu devi vivere questo momento, tu devi far tornare Clive sulla retta via. Lui non è mio amico, io non ho vissuto con lui e si nota che anche da parte sua non c'è sintonia. So che ultimamente ci sono delle complicazioni tra voi però io non posso davvero fare nulla. Infine, vorrei evitare di riprendere le redini del tuo corpo. Come ti ho appena detto, questa vita è tua. Cerca solo di fare attenzione a Yara e non farti abbindolare dalle sue parole. Se avrai bisogno di me mi troverai, ma fino a quel giorno, addio-
Quelle furono le parole che pronunciò Kaylin mentre Helen si dirigeva verso la Grande Pagoda. Non aveva mai pensato che la ragazza potesse sentirsi come un peso. Non come Yara, che si sentiva partecipe alla vita della vera proprietaria e richiedeva il corpo come un diritto. La castana sospirò tristemente, attirando l'attenzione della ragazzina al suo fianco -Helen, è tutto ok?-. La più grande, che fino a quel momento era rimasta imprigionata nei suoi pensieri, sussultò -Eh? Oh ehm... Ciao, si io... Mmh, ecco... Non preoccuparti- blaterò subito dopo. Clive posò lo sguardo sulla compagna. Fino a pochi istanti prima era tranquilla e sicura di sé grazie a Kaylin -Sarà sicuramente tornata Helen...- Flora era confusa per l'improvviso cambiamento di Helen. Non era certa che la ragazza stesse davvero bene, eppure non sapeva spiegarsi come mai senza preavviso lei sembrasse così... Spaventata.
-Perdonate l'attesa. Su, andiamo- il professor Layton fece capolino da un luogo sconosciuto e raggiunse i ragazzi -Professore! Dove si era cacciato?- chiese Luke avvicinandosi al mentore, il quale si fece sfuggire una lieve risata alla vista del volto preoccupato del suo apprendista -Tranquillo, dovevo solo controllare una cosa-.

La tensione iniziò ad invadere l'atmosfera: nessuno riusciva a tenere i pensieri a freno, indipendentemente da cosa essi riguardassero. Chi però vide le sue preoccupazioni venire a galla fu proprio Clive. -Sai, Luke, ho come l'impressione che tutta questa storia sia più complicata di quanto credessimo- si espresse il professore. A quelle parole, il cuore di "Luke del futuro" aumentò il ritmo dei battiti, mandandolo in uno stato irrequieto. Cercò di non scomporsi, ma nel suo sguardo si leggeva chiaro e tondo il timore di essere presto o tardi scoperto -Ho forse sbagliato qualcosa? Qualche passaggio di copione? Se invece mi avessero pedinato? O forse Helen ha detto loro qualcosa...-. Era inevitabile che il ragazzo pensasse all'amica come una possibile causa dei dubbi di Layton. Era sparita per la maggior parte del tempo compiendo azioni di cui nemmeno lui era al corrente. Aveva bisogno di tenerla al suo fianco per evitare di lasciare Yara agire a suo piacere. Ma allo stesso tempo, se si fosse concentrato troppo sulla castana, avrebbe perso le redini del suo progetto commettendo inevitabilmente degli errori. Doveva trovare il giusto compromesso tra i due impegni e riuscirci il prima possibile. Ovviamente, però, qualche fastidioso imprevisto lo attendeva sempre dietro l'angolo -Helen, penso sia meglio tu rimanga qui- disse il professore -Mi scusi ma... Per quale motivo?- chiese l'interessata -Beh, quando ci siamo incontrati al casinò sembravi piuttosto a disagio in mia presenza e poi hai confermato tu stessa che non sei al sicuro con i tirapiedi della Famiglia in giro. Ora stiamo per incontrare il me del futuro e, se eri così spaventata dal conoscere me, non capisco perché ora tu voglia venire con noi- -Professore, non possiamo lasciare Helen da sola. Anche se lei rimanesse qui, sarebbe comunque in pericolo essendo tra le mura di Chinatown- intervenne Clive in difesa più del suo piano che dell'amica -Allora, Luke Grande, accompagnala fuori Chinatown. Il quartiere non è grande, ci metterete poco a raggiungere l'ingresso. Visto che Helen è già stata da sola per le vie di Londra non dovrebbe essere un problema. Su, noi tre ti aspettiamo qui- spiegò loro Layton. Clive, con l'amaro in bocca, si vide costretto a venire incontro alla richiesta dell'uomo per non destare troppi sospetti.
Una volta lontani dal trio, il ragazzo dagli occhi scuri prese un'importante e avventata decisione -Helen ascolta. Credo sia giunto il momento di darti un ruolo un po' più importante nel piano-. La giovane lo guardò con occhi scintillanti: poteva considerarlo come un segno di fiducia da parte del compagno? -Dimmi tutto, ti ascolto- aggiunse poi lei -Devi andare a controllare come procedono i lavori della fortezza. Io da qui non posso muovermi, inoltre so che tu puoi farcela. Appena arrivi sulla riva del Tamigi, poco prima del ristorante, vedrai una piccola e strana costruzione in metallo. Non puoi sbagliarti. Dì all'uomo lì presente che ti mando io e ti farà passare. Ho parlato di te a molti del membri della Famiglia, se non ti riconosceranno spiega loro chi sei e che sei incaricata dal sottoscritto di accedere ai lavori. Basta che percorri il tunnel e sei arrivata. Una volta che hai finito di parlare con gli scienziati riguardo i progressi sull'arma, aspettami al nostro appartamento. Tutto chiaro?- Con le parole giuste, Helen si fece convincere, ma prima di andarsene disse -Clive, ti chiedo scusa se Yara ti ha causato dei problemi. Mi prendo io la responsabilità delle sue azioni. Ma ti chiedo, per favore,di prendere coscienza delle tue azioni e tornare quello di prima. Sei così ossessionato da questo progetto che sei cambiato... Mi rendo conto che hai una parte da recitare, ma se non chiedo troppo, essendo quasi una sorella per te, vorrei che pensassi anche ai miei sentimenti ed emozioni. Non voglio essere messa in secondo piano. Anche io... Anche io sono importante- le guance della castana presero un colorito roseo -Sono ancora your lovely disaster?- chiese più a se stessa che al suo interlocutore e, un attimo dopo, iniziò a correre verso la piccola foresta che precedeva Chinatown, impedendo all'amico di darle una risposta. E mentre Clive guardava la ragazza scomparire dal suo campo visivo, si chiese come facesse ad essere così cattivo nei confronti di quella creatura così gentile e ingenua. -Non la manipolerò più, non cercherò più di sottoporla ai miei ordini. L'ho schiacciata assieme ai miei bisogni coscientemente, ma lei non ha smesso di volermi bene. Sono stato così cieco...- E mentre si rammaricava, si rimise sui suoi passi verso la Grande Pagoda.




***




Helen aveva raggiunto senza intoppi la zona industriale dove i lavori per il progetto di Clive si stavano svolgendo senza sosta. Mentre percorreva la strada per andare verso il Tamigi, si sentì un po' in colpa per aver lasciato l'amico così bruscamente, ma il desiderio di salvarlo da una tragica fine e l'acqua del tunnel di cui lui non aveva fatto parola la convinsero che stare sulle spine non gli avrebbe fatto altro che bene.
-E lei cosa ci fa qui, signorina?- Aveva appena varcato il cancello dell'ingresso principale quando l'improvvisa voce di un uomo la colse alla sprovvista. La ragazza fece una fatica immensa nel conversare con l'uomo sulla riva del fiume e sperò che nessun altro sentisse il bisogno di parlarle. Ma, dopotutto, era in una zona vietata al pubblico -Se ci avessi riflettuto un attimo di più non avrei accettato la richiesta di Clive...- pensò tra sé mentre l'altro si avvicinò sempre di più all'esile figura della giovane -Guarda che sto parlando con te, non puoi stare qui- continuò lui. Helen lo studiò rapidamente con lo sguardo: un uomo alto e robusto, dalla pelle olivastra decorata da cicatrici, macchie e cenere; capelli scuri e selvaggi, disordinati. Occhi piccoli e chiari. Quarantenne, mani decorate da calli per via del duro lavoro, barba rasata quasi distrattamente. Ad una prima impressione non sembrò per niente una persona amichevole -Io... Io sono qui perché me lo ha ordinato Clive Dove. M-mi chiamo Helen- disse lei tirando fuori tutto il suo coraggio, mandando giù quelle urla che avrebbe voluto cacciare fuori dalla sua gola e ritirando con forza le lacrime. L'uomo davanti a lei rise di gusto -Chi sei, la puttanella del capo? Non ce l'hai un cognome?- -Io...- -Lascia perdere, non me ne frega. Dici che ti manda Clive Dove... E sentiamo, oltre che ordinarti di aprire le gambe, cos'altro ti ha imposto di fare? Vuole metterti a lavoro e permettere a questo bel visino di sporcarsi di cenere e olio? Oppure ti ha messo a disposizione degli operai così che si possano divertire nei momenti di pausa?- Helen si sentiva nuda di fronte a quei commenti. Provò a stento a trattenere le lacrime, ma dopo l'ultima affermazione quel poco di forza mentale che la sosteneva si ridusse in frantumi -Ma come si permette? Io sono una ragazza rispettabile! Non si azzardi più di trattarmi in questo modo, lei non sa nulla di me e Clive! Se ha la luna storta se la prenda con chi gliel'ha causata! E adesso, io qui ho da fare. Mi lasci passare- esclamò tra un singhiozzo e l'altro. Lui la guardò per una manciata di secondi, poi la prese per un polso e, stringendo la presa, portò il viso umido della giovane vicino al suo -Ascoltami puttanella- sibilò l'uomo -qui nessuno mette piede nei laboratori senza il mio consenso. Giuro che se ti ripresenti ancora una volta io ti- -Bruce! Cosa stai facendo a quella povera ragazza!- Da dietro al cancello principale arrivò quella che sembrava la voce di Shipley che, una volta entrato, prese le difese della ragazza -Sei impazzito! Lei è Helen, la migliore amica del capo! Se lo verrà a sapere, per te sarà la fine!- lo avvertì il signore baffuto. -Questa tizia è troppo stupida, avrà perso il cervello assieme alla dignità- -Bruce! Che ti prende? Vuoi per caso ritornare in strada?- -Idiota! Secondo te perché sono così nervoso? La fortezza mobile è quasi pronta, dobbiamo solo installare il sistema di autodistruzione e il pulsante che apre la porta per accedere all'elicottero. E una volta concluso il progetto cosa ne sarà di noi? Clive ci rimanderà da dove siamo venuti e io preferisco fingere di dovermi spaccare la schiena piuttosto che tornare in quel postaccio dove vivevo. Nossignore, questa macchina distruttiva rimarrà incompleta- Helen aveva ascoltato attentamente il discorso di Bruce, in modo da poter riferire tutto al suo amico una volta uscita da quello strano luogo. Shipley sospirò -Comunque, se lei ti ha detto che è stato il capo a mandarla qui, la devi far passare. Ero presente quando ha detto a te e agli altri boss della Famiglia che non dovete toccare "una ragazza di nome Helen" e vi aveva per giunta fatto vedere la sua foto per essere certo che non vi sareste sbagliati- -Che cazzo ne so io di quello che mi ricordo o no! Mica lo decido io! E sicuramente dover fare attenzione o meno ad una scostumata non rientrava nella lista delle mie cose importanti- e detto ciò, Bruce si diresse a passo spedito verso uno dei laboratori. La castana lo guardò allontanarsi con ancora le lacrime agli occhi -Signorina, la prego di perdonarlo. Prima di lavorare per il capo, lui aveva una pessima vita. Era sottopagato, riusciva a malapena a portare il pane a tavola. A causa di questa situazione non è riuscito a sposare la donna che amava ed è caduto in depressione. Questo lavoro, per quanto possa essere disprezzato, gli ha salvato la vita. Tornare alla cruda realtà lo terrorizza ed essendo così frustrato ha trovato in lei una scusa per sfogarsi-. La ragazza tirò su con il naso, asciugandosi le lacrime -La prego, mi chiami Helen e mi dia del tu... Inoltre non so davvero come reagire per la scenata del suo amico, signore. Mi ha offesa nel profondo- -Oh, certamente, come desideri. Comunque sei libera di fare ciò che vuoi, puoi tranquillamente parlare con il capo di quanto avvenuto prima. Ma, se mi permetti, posso sapere come mai sei qui?- -Clive mi ha chiesto di controllare come procedono i lavori, parlare con gli scienziati per sapere più o meno le tempistiche e poi devo tornare da lui... Solo che... Io, ecco...-. Di nuovo la solita storia. Si sentiva così terribilmente a disagio a parlare con altre persone. L'ansia di essere ferita come acccaduto prima peggiorò la situazione più di quanto Helen si aspettasse: sentiva il respiro farsi sempre più irregolare, il disagio del contatto visivo le  faceva pressione, le lacrime erano pronte a inumidire nuovamente le sue guance. Si trattenne per qualche istante, poi le sue emozioni esplosero davanti al povero postino -Shipley, io mi fido di te. Quindi ascoltami bene. Helen soffre di attachi di panico. Non riesce a comunicare con le persone senza interrompersi e balbettare. Se l'interlocutore non le viene incontro, scoppia a piangere. Io spero che questa occasione non si presenti, ma nel caso ti ritrovassi con lei mentre ha una crisi, ti prego di abbracciarla e consolarla. Dopo poco si sentirà meglio- Quelle erano le parole che Clive aveva pronunciato a Shipley due settimane prima dell'arrivo di Layton e Luke nella Londra sotterranea. L'uomo baffuto si avvicinò alla giovane e ruppe la barriera dello spazio personale per cercare di aiutarla. Lei si lasciò andare, in preda alle lacrime e ai singhiozzi, stringendo il corpo del postino al suo. Odiava avere quei momenti di fragilità, avrebbe tanto voluto rispondere a modo a quel Bruce, o perlomeno evitare di scoppiare a piangere come una bambina.
-Ti senti meglio?- chiese lui non appena notò che la ragazza aveva iniziato a mollare la presa di quell'abbraccio. Lei annuì timidamente e sussurrò delle scuse, arrossendo -Senti... Visto che sono qui, se vuoi posso accompagnarti per i laboratori e parlo io agli scienziati. Così tu dovrai solo ascoltare. Ero venuto qui per consegnare agli scienziati un messaggio da Dimitri, quindi avrei comunque dovuto fare un giro tra i macchinari-. Sul volto di Helen nacque un sorriso -Lei è molto gentile, signor Shipley-.




-E poi qui c'è il generatore. Come vedi, è l'ultima cosa che manca da sistemare con il sistema di autodistruzione. Clive ha detto che è necessario, così se qualcosa va storto la fortezza esploderà e Londra subirà ingenti danni- -Mi scusi ma in questo modo Clive morirà!- -Non preoccuparti, ricordati che stiamo parlando del capo. Nella parte più alta della fortezza, vicino la sala di comando, ha fatto costruire un elicottero per poter fuggire. Vedi, noi adesso siamo già dentro la macchina, quindi puoi riferire al capo che è pronta ed entro qualche ora potrà essere utilizzata- la suoneria del telefono di Shipley lo distrasse -Si, so che sembra strano che funzioni il telefono sottoterra, ma questo comunica in modo un po' diverso. Scusa, ma devo rispondere-. Mentre il postino si allontanò per questioni di privacy, Helen ne approfittò per dare un'occhiata più da vicino a quello strano marchingegno. Al suo interno conteneva una sedia e lei sapeva a chi sarebbe spettato quel posto. Centinaia di ingranaggi di ogni forme e dimensioni, cavi e tubi riempivano il cuore della macchina. La ragazza sentì la testa girarle e decise di allontanarsi da lì per esplorare tutti gli altri apparecchi ed armi presenti nella fortezza, ma non appena si era avvicinata alla schiera di cannoni, percepì una falcata pesante venire nella sua direzione. Per istinto si nascose e sperò che quella persona fosse solo di passaggio. Sbucò da dietro un cannone e notò che la persona in questione era Bruce, il quale avrebbe dovuto rimettersi al lavoro. -Io so già come andrà a finire- disse lui parlando con se stesso -Una volta tornato in superficie perderò tutti i soldi guadagnati grazie a... Questa robaccia. Io non voglio, mi rifiuto di muovere un solo muscolo per quell'uomo!- -Di cosa ti stai lamentando questa volta, Bruce?- chiese un altro scienziato, che lo aveva sentito blaterare dal corridoio -Una volta finito questo progetto e finita la macchina del tempo per il capo, torneremo nel nostro presente! Dovresti esserne felice- L'uomo dai capelli scuri sbuffò -Si, certo. Il nostro tempo. Io ripeto, non contate su di me per finire questa macchina da guerra- detto ciò, l'altro scienziato sembrò andare su di giri -Senti, qui sei l'unico che non vuole tornare nel presente! Noialtri scienziati ci stiamo spaccando la schiena sia con la macchina del tempo che con questa fortezza, quindi datti da fare e se non vuoi pensare al sistema di autodistruzione, va' a lavorare al pulsante d'attivazione dell'elicottero!- -Ascolta, mezza calzetta, non devi dirmi quello che devo e non devo fare, altrimenti ti ammazzo!Io non costruirò mai quel pulsante, ne dipendesse la vita del capo!- in quell'istante Helen sussultò. Se nessuno avesse costruito quel pulsante, Clive sarebbe sicuramente morto. La ragazza però non si rese conto che quel sussulto le costò caro, visto che i due uomini si accorsero della sua presenza -Ma guarda, abbiamo compagnia- ridacchiò Bruce -bella, io non sono uno che ama mettere K.O. le persone, ma capiscimi, sono un uomo disperato. Tu hai sentito anche fin troppo-.
E quelle furono le ultime parole che Helen percepì. Successivamente, il vuoto.




***



Tutto stava procedendo per il verso giusto. Più o meno. Dimitri era stato scoperto, ma non era rilevante ai fini del piano. Lui e Layton parlarono a lungo di una donna chiamata Claire -La fidanzata del professore... Quella donna che abbiamo incontrato ai laboratori e che in realtà dovrebbe essere morta. Layton non sa nulla... Immagino come possa sentirsi- pensò Clive. Si rattristò al pensiero che l'amata dell'uomo avesse vita precaria nel presente e che era solo questione di tempo prima che scomparisse definitivamente. Dimitri gli aveva raccontato che durante l'incidente di dieci anni prima, quando anche ai genitori del ragazzo fu tolta la vita, la macchina del tempo funzionò per un istante e Claire fu portata nel loro presente. Era quello lo scopo di Dimitri: portare la donna nel presente per farla tornare in vita. Lei provò a fermarlo diverse volte, ma lo scienziato non ne voleva sapere di rinunciare ai suoi progetti.
In quel momento il gruppo era rinchiuso dentro una gabbia di ferro e, con stupore, guardava la figura di Bill Hawks incatenata e priva di sensi. Clive stava già pregustando il momento in cui Dimitri sarebbe uscito di scena. Così Clive avrebbe risolto l'enigma per aprire la gabbia e sarebbero fuggiti. Moriva dalla voglia di sapere a che punto era la macchina. Ma una voce mandò all'aria gran parte del suo piano -Mi spiace, ma hai catturato la persona sbagliata-. Un secondo Layton, appena arrivato nell'ufficio, rideva sotto i baffi. Luke guardava i due uomini confuso: chi era il vero professore? L'uomo dentro la gabbia svelò la sua identità -Don Pablo!- esclamò il piccolo apprendista. Clive era su di giri. Che cosa aveva fatto il vero Layton per tutto quel tempo? Cercò di non scomporsi; anche il collega sembrava frustrato -Su, ora facci uscire da qui!- esclamò Don Pablo da dentro la cella. L'uomo con la tuba risolse l'enigma e la trappola venne disattivata. -Ben fatto Layton, ma i miei tirapiedi saranno qui a momenti. La situazione non è cambiata di una virgola- disse Dimitri sicuro di sé -Non sono un uomo imprudente. Questa pagoda è davvero affascinante e offre molti angoli bui dove nascondere delle trappole. Credo che per un po' avranno da fare- rispose il professore con aria di sfida. L'altro uomo scosse la testa -Hai vinto questa battaglia, Hershel. Ci rivedremo presto- e detto ciò, seguito da Bostro, presero il primo ministro e scapparono. -Dimitri ha attivato l'allarme. Tra non molto i suoi tirapiedi ci staranno addosso- pensò ad alta voce il ragazzo dagli occhi scuri -Sono certo che in questa stanza è presente un'uscita di emergenza. Sarebbe stato imprudente non farne costruire una- disse Layton mentre curiosava ogni angolo sospetto della stanza. L'intuito del professore era corretto: sotto la scrivania, una botola conduceva ad un bivio sotterrano. Studiarono rapidamente la mappa e una volta trovata la strada, si divisero. -Professore, io voglio venire con lei!- piagnucolò Flora -Non preoccuparti, con Luke Grande sarai al sicuro. Ci rivedremo all'hotel, intesi?-.

I passaggi erano stretti e bui, ma trovare l'uscita non fu un'impresa impossibile. I primi a raggiungere l'aria aperta furono Clive e Flora -Da una parte sono contento che Helen non sia venuta. Le sarebbe venuto un attacco di panico dentro la botola- pensò lui. Subito dopo posò lo sguardo sulla ragazzina al suo fianco. Sembrava in pensiero. Per un attimo, quel visino preoccupato gli ricordò quello di Helen quando erano più piccoli e, quasi per istinto, le accarezzò i capelli -Tranquilla, vedrai che il professore e gli altri staranno bene. Ora andiamo verso l'hotel, li aspetteremo dalla reception- Flora annuì e i due si incamminarono -Sai, Helen è davvero una brava ragazza. Mi spiace che la me del futuro non l'abbia incontrata- disse poi lei. Clive rise dolcemente -Ma la conosci da molto poco, come puoi dire che è una brava ragazza?- -Si vede! Mi ha accolta nel gruppo e mi ha fatta sentire a mio agio. Anche tu sei una brava persona, Luke. Sei un vero gentiluomo! Il professore sarà sicuramente fiero di te- A quelle parole il ragazzo fece cadere lo sguardo per terra. Nel suo cuore si era formata una piccola crepa. Vedere quella ragazzina così ingenua lo faceva sentire... In colpa. Ma non poteva certo mandare in fumo tutto per la frase di una quattordicenne. Si limitò a ringraziarla e per il resto della strada rimasero in silenzio.
-Eccoci arrivati- annunciò lui quando l'hotel entrò nel loro campo visivo. Non appena entrati, furono accolti da uno Shipley ansioso -Luke! Ti ho cercato dappertutto! Devi venire con me, è successa una cosa terribile!-. Clive guardò l'uomo con perplessità -Scusaci Flora, abbiamo bisogno di un attimo di privacy. Cosa succede?- chiese poi avvicinandosi all'uomo -Si tratta di Helen. L'ho vista dall'ingresso dei laboratori mentre Bruce la stuzzicava e allora, per evitare che potesse succederle qualcosa, le ho fatto fare un giro per le sale sotto la mia sorveglianza. Arrivati dal generatore Bostro mi ha chiamato al telefono e, una volta terminata la telefonata, ho visto lo stesso uomo tirare un pugno verso la ragazza. Lei ha perso i sensi ma mentre discutevo con Bruce, lei si riprese, si alzò e, senza dire una parola, ha iniziato a farsi a pugni con l'operaio. Ma nel mezzo della rissa lei ha perso di nuovo i sensi e quell'uomo le ha tirato un colpo bello potente! Ha perso un po' di sangue e sicuramente si sarà fatta qualche livido... Io non ci ho capito nulla, anziché portarla in ospedale l'ho portata nel vostro appartamento. Ho provato a farla riprendere, ma senza successo! Ho paura che dovremo portarla in un vero e proprio ospedale-. Clive e Shipley discussero per un'altra manciata di minuti, poi il giovane, con occhi spenti, si diresse verso Flora -Mi spiace, ma c'è una cosa importante di cui devo occuparmi subito. Dì al professore di proseguire le indagini senza di me-. Lei annuì e osservò il ragazzo correre fuori dall'hotel. Doveva raggiungere Helen il prima possibile. La aveva messa in secondo piano troppe volte ormai -Stavolta andrà diversamente. Helen, perdonami se ti ho fatto soffrire. Sto arrivando-.

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Capitolo 9
*** L'inizio della tragedia ***


my lovely disaster 8

Capitolo Otto

L'inizio della tragedia







Clive aveva solo tredici anni quando, due mesi fa, i suoi genitori morirono a causa di un'esplosione nella sua palazzina. Era fuori a giocare a pallone con gli amici del quartiere, in una giornata che proseguiva nella sua quotidianità. All'improvviso, un potente frastuono riecheggiò lungo tutta la strada e, non appena lui alzò lo sguardo, metà dell'edificio in cui abitava era stato ridotto in macerie. Il ragazzino non poté credere ai propri occhi, era troppo assurdo per essere vero. -Mamma! Papà!- urlò correndo verso la zona dove era appena accaduto il disastro, per poi essere immediatamente fermato da un uomo con la tuba -Fermo ragazzo!- esclamò lui afferrandolo per un braccio -Devo salvare i miei genitori! Sono là sotto!- cercò di liberarsi il più piccolo, singhiozzando e indicando i resti della palazzina. L'uomo scosse la testa -Se vai lì, morirai anche tu!-. A quelle parole, Clive vide tutto il mondo che lo circondava andare in frantumi. In un secondo aveva perso la sua casa e la sua famiglia. Tutto ciò che aveva di più caro non esisteva più. Solo cenere e fumo. Sentì dentro di sé un mare di emozioni infrangersi come un'onda sul suo cuore a pezzi e si lasciò andare in un pianto disperato tra le braccia di quell'uomo, che a sua volta versava lacrime, ma silenziosamente.
I giorni a seguire Clive fu spedito in un piccolo orfanotrofio della zona. Assieme ai suoi familiari, persero la vita una giovane scienziata e una coppia anziana che abitava al piano inferiore del suo. Ci furono una decina di feriti, due dei quali erano gravi. Il ragazzino aveva smesso di mangiare e di dormire; non interagiva con gli altri bambini e nemmeno con le maestre. Nella sua testa solo un pensiero ronzava fisso: perché i suoi genitori erano morti? Sul giornale non comparve alcuna notizia, come se nulla fosse mai accaduto. Un fatto che il ragazzino non solo non riusciva a spiegarsi, ma lo fece anche ribollire di rabbia. Alcune persone ci avevano rimesso un braccio, altre una gamba, altre la vita. Non poteva essere un argomento da archiviare e Clive ne voleva sapere di più. Purtroppo per lui, era ancora troppo sotto shock per poter affrontare la situazione. La ferita era lì, ancora aperta e sanguinante. Passato il quinto giorno in orfanotrofio, la direttrice iniziò a preoccuparsi per la salute del ragazzino: aveva perso peso a vista d'occhio, una pesante ombra sotto gli occhi era segno delle lunghe notti in bianco che si seguivano giorno dopo giorno. -Pronto, casa Dove? Vorrei parlare con la signora Constance. Sono Maya, la direttrice dell'orfanotrofio "Little Chick"- disse la donna mentre attendeva risposta dall'altra parte della cornetta -Salve Constance! Ormai è passato molto tempo da quando sei andata in pensione... Come stai? Oh si, qui tutto procede bene, a parte per una cosa: è arrivato da poco un ragazzino il quale ha perso i genitori in un incidente... Non mangia e non dorme, sono in pensiero per la sua salute. Tu hai molta più esperienza alle spalle, sai darmi qualche consiglio?... Cosa?! Permettimi di dirti che mi sembra una scelta troppo avventata. Si, lo so, però pensavo che tutti i bambini che arrivano qui sono sempre un po' depressi. Arrivare a tanto per l'ennesimo ragazzino disperato... L'esplosione nella palazzina, dici? Non saprei, il poliziotto che lo ha portato qui non ne ha fatto parola. Va bene Constance, se tu sei sicura di questa scelta allora te lo affiderò. Sai quello che fai e ci tengo al futuro dei bambini. Sarà in buone mani. Ora scusa, ma devo scappare, appena puoi vieni a firmare i documenti per l'adozione e potrai portarlo a casa. A presto!-. Una volta chiusa la telefonata, la donna si sedette sulla sedia del suo ufficio -Quella donna ha un piede nella fossa, riuscirà a prendersi cura del ragazzino? Sicuramente conoscerà qualche coppia senza figli e lo comunicherà a loro... Perlomeno è una signora sveglia e se veramente quel ragazzo ha perso i genitori per colpa di quell'esplosione, allora qui dentro credo che possiamo fare davvero poco e niente- disse tra sé mentre stampava i documenti da firmare per rendere ufficiale l'adozione.
Il giorno dopo, la signora Dove si presentò all'orfanotrofio in compagnia di Quartz, uno dei suoi servitori. -Bentornata Constance! Mi fa piacere che tu sia passata oggi. Vado a chiamare il ragazzo- -Mi auguro che tu abbia avvisato quel povero fanciullo, Maya. Non vorrei subisse altri traumi- disse l'anziana signora -Tranquilla, gli ho detto tutto. Anche se non ne sembrava particolarmente felice. Sei davvero sicura di volerlo fare?- -Non preoccuparti, assieme ai miei maggiordomi avrà ciò che merita. Ora portalo qui, non vedo l'ora di incontrarlo!- esclamò la signora Dove con voce roca. Dopo un paio di minuti, Clive entrò nella stanza, avvicinandosi timidamente all'anziana. -Ciao piccolo, io sono Constance Dove. Da oggi, mi prenderò cura di te- -Perché me? Io non ho nulla di speciale... Non ho più niente...- Maya, che si trovava alle spalle del ragazzino, si rattristò a sentire quelle parole -Questo è il motivo che mi ha portata qui oggi- disse Constance accennando un sorriso. Lui si limitò a interrompere il contatto visivo e spostò il suo interesse sulle scarpe rovinate che aveva ai piedi. La direttrice sospirò -Questi sono i documenti da firmare- l'altra donna si avvicinò al bancone, poi si voltò verso il giovane -Come ti chiami?- -...Clive- -Bene Clive. Segui Quartz in macchina. Io arrivo presto-. Il ragazzino dagli occhi scuri notò la figura dell'uomo solo in quel momento e, con il cuore in gola, si incamminò verso di lui. Salutò Maya e raggiunsero la macchina che era stata parcheggiata a pochi metri dall'ingresso. Era un veicolo che Clive non aveva mai avuto l'occasione di vedere da vicino: era molto più grande rispetto alle altre automobili che circolavano per le umili strade della periferia di Londra. -Non appena la signora ha saputo di te, non ha voluto sentire ragioni: ci ha mandati di corsa a sistemarti una camera e per cena si aspetta in tavola una pietanza da leccarsi i baffi...- disse l'uomo una volta entrato in macchina assieme al giovane -Io continuo a non capire perché ha voluto me, tra tutti gli altri ragazzi lì dentro...- pensò lui ad alta voce. Quartz ridacchiò quasi distrattamente -Questo, ragazzo, dovrai chiederlo a lei- -Eccomi, scusate per l'attesa. erano davvero tanti documenti!- li interruppe la donna, che prese posto vicino al conducente -Clive, stai per vedere la tua nuova casa-.



Il tempo passò in fretta in casa Dove, anche se all'inizio Clive fece parecchio fatica ad ambientarsi. Per lui era tutto così nuovo, abituato alla povertà e semplicità. Era sempre servito e riverito grazie alla presenza dei tre servitori, Quartz e Crystal e Shipley. Con il trascorrere dei giorni, il ragazzo riprese a mangiare  e a dormire, portando benefici alla sua salute. Quell'ambiente così surreale per lui diventò sempre più familiare e, a distanza di due mesi, il trauma per la perdita dei suoi genitori era pressoché svanito.
La signora Dove viveva in un enorme villa in campagna. L'edificio era abbracciato da un giardino privato recintato da mura in mattone ed un cancello vietava l'ingresso agli sconosciuti. Accanto era presente un altro abitacolo, grande e prezioso come quello in cui viveva Clive, ma sembrava che nessuno ci avesse messo piede per molto tempo. Una sera d'estate, però, una luce provenire dalla finestra vicina lo colse alla sprovvista -Constance! Qualcuno è entrato nella villa qui accanto!- La donna rise divertita nel vedere il volto preoccupato del giovane -Si, sono i Dixon, saranno sicuramente tornati dalla vacanza in America. Ora che ci penso, loro hanno una figlia. Dovrebbe essere poco più piccola di te, perché uno di questi giorni non vai a fare amicizia con lei?- -Ma è una femmina! Io non ho mai avuto delle amiche. Non so come passano il tempo...- -Beh, c'è sempre una prima volta. E poi alle ragazze piacciono anche i giochi da maschi, sai?-. Dopo l'affermazione del tutore, il ragazzo si avvicinò alla finestra della sala, cercando di scrutare qualche dettaglio dall'edificio vicino, ma invano.
La mattina seguente la famiglia vicina decise di passare dalla signora Dove per salutarla, dati i lunghi mesi di assenza. -Bentornati, Alison e Mark. Oh, c'è anche la graziosa Helen. Prego, entrate. Gradite una tazza di caffé mentre vado a chiamare Constance?- li accolse Crystal con un ampio sorriso. I Dixon erano una famiglia composta da padre, madre e figlia: Mark Dixon, un uomo sui quarantacinque anni, pelle abbronzata, capelli e occhi scuri, era il dirigente di un'importante azienda. La madre: Alison Dixon, quarant'anni, bionda e con gli occhi tendenti al nocciola, era entrata nel mondo della scrittura e aveva iniziato a vendere i suoi elaborati, riscuotendo modesto successo. Infine Helen, una dodicenne dai capelli castani e gli occhi della donna, le piaceva correre e giocare all'aria aperta, sporcarsi nella terra e arrampicarsi sugli alberi nonostante i rimproveri dei genitori sul fatto di dover tenere atteggiamenti più femminili. La famiglia si accomodò sul divano e quando anche l'anziana donna arrivò, si misero a chiacchierare del più e del meno, del viaggio oltreoceano e di altri business in cui la ricca famiglia era entrata. -Sai Helen- disse Constance -adesso non sarai più sola. Ti ho portato un amico-. Helen era l'unica bambina del paesino poco fuori Londra dove abitavano. Non aveva molti amici al di fuori di qualche compagno di classe e inoltre loro risiedevano nel centro della città. -Sali le scale e bussa alla prima porta che ti ritrovi sulla sinistra- aggiunse ridendo dolcemente. La ragazzina non se lo fece ripetere due volte. Finita la rampa di scale, bussò rapidamente contro la porta di legno. Quando le fu dato il permesso di entrare, abbassò la maniglia e, dentro la stanza, trovò un ragazzino intento a leggere un fumetto. Non appena lui notò che la persona all'uscio della porta non rientrava nella lista dei conoscenti, sussultò. -E tu chi saresti?- esclamò poi -Mi chiamo Helen Dixon e abito qui accanto. Tu invece chi sei? Non ti ho mai visto qui-. Lui riportò lo sguardo sul fumetto -Sono Clive Dove- -Dove? Sei il nipote della signora Constance?- -No... Sono suo figlio... Più o meno-  -Ma lei è troppo anziana per avere dei figli- -Infatti non sono proprio suo figlio- -E allora chi sei?- Il ragazzino stava iniziando ad innervosirsi. Quegli enormi occhi nocciola di lei, così ipnotici, lo stavano studiando nei minimi dettagli. Si sentiva quasi messo a nudo ed era una sensazione che non gli piaceva. -Se non ti va di rispondermi basta dirlo. Cosa stavi facendo?- disse poi lei, prendendo posto sul letto vicino al ragazzino. Quest'ultimo la osservò attentamente. Era una bambina piuttosto aperta e, secondo suo giudizio, forse un po' ficcanaso. Però gli piaceva come teneva i capelli legati. Era un'acconciatura che non aveva mai visto, ma metteva in risalto le guance rosee di quel viso delicato. -Stavo leggendo un fumetto. E comunque mi piace come hai sistemato i capelli- -Bello, vero? Me li pettina sempre la mamma, si chiama "mezza coda" perché anche se i capelli sono legati, le ciocche più basse rimangono sciolte-. I due chiacchierarono per altri dieci minuti fino a quando non vennero interrotti da Crystal -Scusate bambini. Clive, la signora Dove ti sta chiamando-. Uscirono entrambi e scesero le scale per dirigersi nella grande sala dove gli adulti stavano parlando serenamente -Lui è Clive, mio figlio adottivo- annunciò Constance indicando il giovane con un cenno della mano -Sai che è proprio adorabile! Ciao Clive, noi siamo Alison e Mark Dixon e siamo i vostri vicini di casa. Lei è nostra figlia Helen, ma penso che voi abbiate già fatto conoscenza- -Salve signori Dixon- disse lui facendo un piccolo inchino. Mark sorrise al ragazzino e successivamente si alzò dal divano -Direi che si è fatto tardi, è quasi ora di pranzo. Grazie mille per il caffé, signora Dove- -Oh, non preoccupatevi. Dopo tutto questo tempo mi ha fatto davvero piacere rivedervi- la signora poi si rivolse alla piccola -Quando vuoi venire a giocare con Clive, basta che suoni al campanello. La porta sarà sempre aperta per te- -La ringrazio signora! Tu cosa ne dici?- chiese Helen con occhi scintillanti al tredicenne -Si... Per me va bene. A volte mi annoio a giocare da solo, magari insieme passiamo meglio il tempo-. A quella risposta la bambina iniziò a saltare sul posto gioendo e ringraziandolo, seguendo poi i genitori verso l'uscita della villa. Da quel giorno, i due divennero sempre più amici, fino a instaurare tra di loro un legame d'affetto quasi fraterno.




Passò un anno e la famiglia Dixon era entrata sempre di più in un circolo di affari poco raccomandabili: il loro successo aveva attirato l'attenzione di rivali e nemici potenti, alcuni di essi anche pericolosi e senza scrupoli. Cercavano di stare il più tranquilli possibile, nonostante numerose minacce giunte verbalmente e, nel peggiore dei casi, tramite azioni violente. Ma fu durante una notte di Agosto che avvenne la tragedia. La famiglia aveva appena finito di cenare quando percepirono un frastuono provenire dall'esterno. Mark si alzò da tavola e corse alla finestra per capire cosa stesse succedendo. Non appena il suo sguardo riconobbe nell'ombra della notte due figure munite di fucili intente a distruggere il loro cancello, sbiancò. -Alison, Helen, correte a nascondervi e non fiatate,  mi raccomando!- -Mark, cosa succede?- -Presto! Muovetevi!-. La donna prese per il braccio la ragazzina e si rifugiarono nella camera matrimoniale al piano terra. -Mamma, perché papà era così spaventato?- Un potente tonfo giunse  alle orecchie delle due: il portone di casa era stato sfondato, seguito immediatamente da un concerto di spari. Alison guardò la figlia in preda al panico, poi aprì rapidamente la finestra -Helen, devi scappare! Corri verso casa della signora Dove e nasconditi! Non sei al sicuro qui! -Mamma, ma tu e papà?- -Tranquilla, non pensare a noi! E ora va'!- con le lacrime agli occhi, la donna spinse la bambina fuori dalla finestra. Helen atterrò sul morbido prato e iniziò a correre più velocemente che poteva. Scavalcò il muro che circondava l'abitacolo e, con il cuore in gola e fiumi di lacrime che scendevano sulle sue guance, percepì l'ennesimo susseguirsi di spari accompagnati  dalle urla agghiaccianti della madre.

-Dov'è la bambina? Se non ammazziamo anche lei, il nostro lavoro sarà stato inutile- disse uno dei due uomini al collega -Al piano di sopra non c'è, temo sia riuscita a scappare. Ma fidati, non sarà andata lontano-. Il secondo uomo uscì a passo svelto dall'edificio e si diresse verso l'auto -Oi, la bamboccia non c'è. Devi andarla a cercare, noi finiamo di perlustrare la villa- riferì lui al complice alla guida del veicolo -Non preoccuparti, ci penso io- rispose l'altro mentre faceva partire il motore e accendeva i fanali -Mi raccomando, mettila sotto con la macchina. Non deve sopravvivere-.

L'inconfodibile rumore perforante degli spari venne percepito anche in casa Dove. In quel momento Clive, seduto sul divano assieme a Constance, si alzò di scatto -Helen! Quel suono viene da casa sua!- esclamò per poi correre alla velocità della luce fuori di casa. -Clive, fermo! Non ti azzardare ad uscire! Quartz, Crystal, Shipley! Presto, andate a recuperare il mio bambino prima che gli succeda qualcosa!-.
Il ragazzo aveva appena passato il confine in mattoni della sua proprietà, quando notò la figura di Helen correre nella sua direzione -Helen! Cos'erano quegli spari?- gli urlò lui da lontano, ma non ottenne alcuna risposta. La ragazzina era in preda panico. La vista era annebbiata dalle lacrime e l'ansia aveva invaso il suo cuore. Le gambe spesso cedettero sotto il peso del suo stesso corpo e per poco non rischiò di cadere sul freddo asfalto -Clive, non venire qui! Nasconditi!- urlò con quel poco di fiato che le era rimasto. Il più grande la fissò per una manciata di secondi, il tempo che bastò ad una macchina di svoltare in curva e seguire a grande velocità la ragazzina. Lui si sentì mancare -Helen, presto! Ci sei quasi!- la incoraggiò, nascosto dietro un albero a pochi passi da casa sua, tenendo una mano verso lei per afferarla. Ma la castana ormai non aveva più forze. Ad ogni battito il suo cuore rischiava di esplodere. Percepiva il rumore del motore sempre più vicino alla sua figura. Ancora poco e l'avrebbe raggiunta. La stessa distanza che le mancava per raggiungere l'amico dietro l'albero. Una scintilla di speranza nacque nel cuore della ragazzina -Ce la posso fare. Ancora qualche metro e sarò salva. Ancora qualche passo e...-

-Helen!-

Il tempo si fermò per un istante impercettible, che concedette alla giovane solo l'occasione di voltarsi verso il veicolo. Venne circondata da una luce abbagliante mentre il ronzante rumore del motore riecheggiò nel suo cervello. Percepì il tocco freddo della carrozzeria della vettura contro cui il suo corpo si scontrò violentemente, il forte vento che le scompigliò la tanto amata acconciatura, immagini confuse di ciò che la circondava, il pungente odore di sangue fresco che sgorgava da qualche punto impreciso della sua testa. All'improvviso, buio.
Clive assistì ad ogni secondo di quella macabra scena. Con occhi sgranati osservò la macchina sparire verso l'orizzonte. Il suo stomaco si contrasse a tal punto da espellere la cena in uno sgraziato conato di vomito. Non provò nemmeno ad avvicinarsi al corpo dell'amica. Le gambe si erano come paralizzate. La gola in fiamme a causa del rigurgito gli impedì di emettere alcun suono. E non appena Shipley li raggiunse, si lasciò cadere a terra, liberando le lacrime che si erano accumulate negli angoli dei suoi occhi. -Clive, cosa è successo qui? Cerca di calmarti, come ti è saltato in mente di uscire così? Non sai che spavento ci hai fatto prendere!- lo rimproverò l'uomo. Lui però non gli diede retta. Si limitò ad indicare il luogo dove giaceva la ragazza in fin di vita. Il servitore si recò sul ciglio della strada e quando riconobbe nella vittima la figlia dei Dixon, chiamò un'ambulanza e tentò di spiegare ai medici l'accaduto. Clive avrebbe volentieri spiegato loro cosa era appena accaduto, ma l'unica cosa che il suo cervello riuscì ad elaborare furono il susseguirsi di immagini di quell'evento a cui aveva assistito poco prima -Perché le hanno fatto questo? E perché io non sono riuscito a salvarla?-. Il ragazzo si rimise in piedi grazie all'aiuto di Shipley, che lo riportò tra le sicure mura di casa. La signora Dove strinse il figlio adottivo in un abbraccio e si fece sfuggire una lacrima. Gli fece diverse domande, ma dai suoi occhi spenti la donna capì che era successo qualcosa di terribile e che quello non era il momento adatto per ricevere delle risposte. Subito dopo il giovane si chiuse nella sua camera e pianse tutta l'ansia che gli era rimasta in corpo -Mi sento come quando mamma e papà sono morti... Come farò se morirà anche lei? Helen, ti prego... Perdonami se non ho fatto nulla per proteggerti... -.
E con il cuore a pezzi, Clive chiuse gli occhi, per poi ritrovare nel sonno i ricordi di quell'evento, destinato a diventare parte dei suoi demoni del passato.

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Capitolo 10
*** Il deterioramento della mente ***


my lovely disaster 9

Capitolo Nove

Il deterioramento della mente






Dopo la sparatoria in casa Dixon e il tentato omicidio di Helen, Clive iniziò a percepire dentro di sé i rimorsi e i sensi di colpa nutrirsi delle sue interiora giorno dopo giorno. Gli adulti provarono più volte a spiegargli che non era colpa sua se la ragazzina si trovò in quello stato e che, se lui fosse uscito allo scoperto, il conducente avrebbe provato ad eliminarlo. Forse per via della notte, forse per via della fretta di investire la castana, il criminale non si era accorto della presenza di Clive. Il più prezioso tra i testimoni. La polizia lo interrogò poco tempo dopo l'omicidio, ma il giovane non si era ripreso del tutto dallo shock e si rifiutò di aprire bocca. Quando riuscì a spiegare la situazione, nel giro di una settimana i poliziotti scovarono i tre colpevoli e l'uomo che li mandò in missione. Nonostante fosse stata tolta la vita a due personaggi importanti, la notizia non venne propagata come avrebbe dovuto, mettendo luce su una falsa verità: Clive si sforzò di non piangere mentre raccontava alla polizia l'accaduto in ogni suo dettaglio, eppure i giornali riportarono la morte dei Dixon come un omicidio - suicidio da parte di Mark, il padre di Helen. E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. -Come possono buttare fango su una notizia tanto importante?- esclamò il quattordicenne, una volta letta la notizia. Constance sospirò e mise una mano sulle spalle del giovane -Sono i potenti, coloro che hanno soldi a palate, che comandano. Sono sicura che il capo di quei tre criminali è anche il boss di un'importante azienda... Avrà costretto la casa editrice e la polizia a tacere- -Anche tu hai tantissimi soldi! Non puoi convincere quei buoni a nulla a far sapere al mondo la verità?-. L'anziana signora scosse la testa avvilita -Io sono andata in pensione tanti anni fa. Si, ho molti soldi, ma omai non sono più nessuno. Credo di non poterti aiutare figliolo, mi dispiace-. Clive strinse i pugni, dovendo ammettere di non avere possibilità di cambiare la situazione. -Adesso non posso fare nulla per proclamare giustizia. Ma tra qualche anno, non appena finirò la scuola e sarò più indipendente, farò in modo che la verità verrà a galla. In questo modo i miei genitori e quelli di Helen saranno vendicati- pensò tra sé mentre si infilava la giacca -Io sto uscendo- disse poi prima di lasciare la stanza. La signora Dove lo guardò preoccupata -Stai andando all'ospedale?- l'altro annuì -Mh, capisco. Fa' attenzione... Se i medici ti daranno qualche notizia sulla fanciulla facci sapere-.

Mentre era sul bus Clive non poté fare a meno di pensare alla sventura della famiglia Dixon, Helen in particolare. -Pure lei adesso ha perso i suoi genitori... Le starò vicino finché non si riprenderà. Non voglio che soffra come me, anche se io ne uscii illeso quel giorno... E tutto grazie a quell'uomo con la tuba-.
Una volta sceso alla fermata dell'ospedale si diresse di corsa nella hall -Mi scusi, vorrei sapere dove si trova Helen Dixon- chiese all'infermiera dietro il bancone -Secondo piano, stanza 15-.  Il ragazzo fece le scale di corsa e raggiunse in poco tempo la stanza. Helen era ancora lì, con le palpebre serrate e diversi macchinari attorno alla sua figura. Una moltitudine di fasce decorava tristemente il suo corpo freddo e in fin di vita. Solo l'elettrocardiogramma gli dava la certezza che la sua amica non lo aveva ancora abbandonato.
-Hey, tu eri assieme a quell'uomo che ha chiamato l'ambulanza- disse una voce alle sue spalle. Non appena si voltò si ritrovò davanti un uomo in camice bianco, dai capelli neri e gli occhi nocciola. Avrà avuto più o meno l'età di Mark Dixon -Sono il dottor Kerwin e ho soccorso la tua amica quando la abbiamo recuperata dal ciglio della strada. Ora lei è sotto la mia sorveglianza; ci penserò io a farla tornare tra noi, anche se non ti nascondo che non sono così ottimista-. Il giovane lo osservò con occhi tristi, poi decise di parlare -Io sono Clive Dove e sì, ero assieme a quell'uomo. Cosa è successo ad Helen?- -Ragazzo, la tua amica è in coma. Si è fratturata qualche osso del cranio e tre costole, ha subìto una lieve distorsione della caviglia destra e il suo cervello è stato danneggato. Non ho idea se e quando si risveglierà, ma in caso riaprirà gli occhi, dovremo essere certi che il danno cerebrale non sia grave. Però sono stupito di come la sua spina dorsale sia intatta; ha avuto davvero molta fortuna-. Il più piccolo non apprezzò molto la mancaza di tatto del medico, avrebbe preferito un discorso un po' meno da adulti. Dopotutto lui aveva solo quattordici anni. Con le lacrime agli occhi, chiese -Qual è la percentuale di possibiltà che si risvegli senza alcun problema al cervello?- -Quasi nulle, purtroppo. Non voglio illuderti ragazzo, ma ha sbattuto la testa violentemente e dobbiamo essere realisti. Comunque io farò di tutto per permettere a questa povera giovane di vivere il resto dei suoi giorni in tranquillità. Quando vuoi, l'orario di visita è appeso sulla parete destra della hall. Anche se non può vederti o sentirti, la tua presenza le sarà sicuramente d'aiuto-.
Clive ringraziò il medico e, quando tornò a casa, raccontò ogni cosa al tutore e ai servitori. Da quando i due ragazzini diventarono amici, Helen veniva trattata come una di famiglia non solo dai domestici, ma anche da Constance. Nonostante la ragazzina passasse poco tempo con gli adulti, a loro faceva piacere vedere il giovane giocare con lei felice e spensierato: era il futuro che la signora Dove aveva sperato di donargli. Spesso si stuzzicavano a vicenda, ma appena uno dei due si cacciava nei guai, l'altro correva in suo aiuto. Sembravano davvero due fratelli.

La scuola era ormai iniziata da un po', ma Clive non poteva permettersi di stare anche un solo giorno lontano dall'amica. Ogni volta che terminavano le lezioni lui prendeva il bus e si dirigeva all'ospedale. Strette amicizia con il dr. Kerwin ed entrambi passarono spesso il tempo a parlare di medicina o della vita di Helen prima della sparatoria. Il ragazzo condusse quella routine per tre mesi di fila, fino a quando la ragazza morente aprì per la prima volta gli occhi. Il giovane era da solo nella stanza assieme alla castana; anche se lei era in coma, gli piaceva raccontarle delle sue giornate come se lo stesse ascoltando. E durante uno di quei giorni avvenne il miracolo: Helen si svegliò.
-Dove sono? Cosa sono queste macchine?- sussurrò lei con voce flebile. L'amico non poté credere ai suoi occhi. Si mise persino a piangere dalla gioia -Helen! Stai bene! Sono così contento che tu sia viva!- esclamò mentre la stringeva in un abbraccio. -Io non sono Helen e ti prego, scollati di dosso, sconosciuto- cercò di liberarsi da quella morsa affettiva con una forza che, in teoria, non avrebbe dovuto avere. -Helen, sono io, Clive! Non puoi esserti dimenticata di me, sono il tuo migliore amico...- tentò di spiegare lui -Ti ripeto, non mi chiamo Helen! Chiunque tu stia cercando, non è qui. Io mi chiamo Yara, voglio parlare con una persona competente-. In quel momento il ragazzo percepì il suo cuore frantumarsi in mille pezzi e corse a cercare il medico. Una volta trovato si precipitarono nella stanza della giovane e rimasero a bocca aperta: lei era lì, in piedi, che cercava di sganciarsi dalle diverse macchine collegate al suo corpo. -Signorina, la prego di sdraiarsi. Si è appena risvegliata da un coma, non deve sforzarsi tanto- disse il medico mentre la adagiò sul letto -Mi tolga quelle sudicie mani di dosso! Io sto benissimo, non ho avuto nessun coma! Lasciatemi andare!- urlò lei provando a sfuggire dalle grinfie del dottore, che però rispetto a Clive aveva molta più forza -Helen, cerca di calmarti. potresti avere un altro collasso. Non ricordi nulla dell'incidente oppure dei tuoi anni passati?- chiese il dr. Kerwin -Basta! Io sono Yara, non Helen! Non so come io sia finita qui o chi siete voi, so solo il mio nome e che voglio uscire da questo postaccio! Ma quale coma, voi siete tutti matti da legare- disse tentando di alzarsi, ma il medico la teneva ben stretta dalle spalle. Nel frattempo il giovane dagli occhi scuri guardava la sua amica con aria confusa e triste. Non aveva ben chiara la situazione, ma a giudicare dallo sguardo del medico, doveva trattarsi di qualcosa di grave. Non appena quest'ultimo riuscì a calmare la ragazzina, prese da parte il suo compagno e si avvicinò al suo viso, in modo da non essere sentito. -Ascolta, la faccenda è seria. Non vorrei giungere a conclusioni affrettate, ma la tua amica potrebbe soffrire di disturbo dissociativo dell'identità, meglio conosciuto come disturbo della personalità multipla. Ci serve uno specializzato, ma prima dobbiamo aspettare che torni Helen per averne la certezza- spiegò il dottore. Il più giovane si avvicinò al letto della paziente con passi pesanti. Si era già stancato della presenza di quella ragazza scorbutica. Lui voleva la sua amica -Yara, fai immediatamente apparire Helen!- ordinò lui. Non poté fare a meno di notare che gli occhi di lei presero una forma diversa: erano soliti essere rotondeggianti con delle grandi iridi brillanti, mentre invece in quel momento i suoi occhi erano piuttosto allungati e quel bel color nocciola aveva ceduto gran parte del suo spazio al bianco dei bulbi oculari.
-Come osi parlarmi in questo modo!- la castana saltò dal letto e precipitò addosso a Clive, tirandogli un pugno sulla guancia che gli lasciò il segno. Il dr. Kerwin si vide costretto a chiamare le infermiere e darle un calmante per arrestare quell'ira causata da fonti sconosciute. -Ti ha fatto molto male?- chiese il medico porgendo una placca di plastica contenente del ghiaccio al ragazzino -Si, ma più che altro non me lo aspettavo. Mi dispiace...- -Non preoccuparti ragazzo, immagino la tua frustrazione. Ora devi scusarmi, ma l'orario di visita si è concluso. Io e uno specialista faremo dei controlli a Helen, passa pure domani-.
Il quattordicenne non se lo fece ripetere due volte e il giorno dopo si ripresentò, un po' titubante, nella camera della paziente. Quando arrivò, la sua amica era sveglia, ma non aveva le stesse forze del giorno prima. Assieme a lei, il dr. Kerwin stava esaminando gli ultimi dati. -Clive... Sono così felice che tu sia qui- si espresse lei con un filo di voce, alzando di poco il braccio verso di lui -Il dottore mi ha spiegato tutto, ma sono sicura di non essere stata io a causare tutti quei problemi ieri. Insomma, era come se stessi vedendo la mia vita, ma sulle tribune, non potevo agire, pensavo e basta...- Lui si avvicinò alla figura della castana, stringendole la mano -Non parlare, devi riposarti. Lascia perdere ieri, lo so che non eri tu. Chiunque ella fosse, non la faremo tornare una seconda volta, tranquilla-. Lei sforzò un sorriso e il medico si alzò -I sospetti di ieri sono confermati. Helen, soffri di personalità multipla. Dovrete fare molta attenzione, al momento non è un qualcosa di controllabile. Ve lo sto riferendo perché trovo sia inutile avere un problema e non sapere a cosa si deve andare incontro. Con le giuste sedute dal terapista riuscirai a gestire la situazione nel miglior modo possibile. Ovviamente dovrò parlarne con un adulto. Senza di esso non possiamo dimetterti da qui. Adesso devo scappare ad analizzare dei dati, vi lascio un attimo da soli-. Non appena il medico uscì dalla stanza, il giovane si sedette sul letto dell'amica, la quale sospirò -Mi dispiace, non avrei mai voluto farti del male. Io ricordo solo che stavo correndo da te, la macchina e... Gli spari... I miei genitori...- il ricordo di quel fatidico giorno stava piano piano prendendo forma nella mente di lei -I miei genitori sono morti! Hanno buttato giù il portone e hanno sparato a mio padre! Mia madre ha fatto la sua stessa fine dopo che mi ha fatta scappare dalla finestra! Clive... Mamma e papà... Non ci sono più...- realizzò lei tra un singhiozzo e l'altro. E lui non poteva fare altro che stringerla a sé e restarla a guardare. Sapeva benissimo come ci si sentiva, ma non aveva idea di come aiutarla. Se non fosse stato per Constance, il ragazzo avrebbe avuto tutt'altra vita. Ma in quel momento la signora Dove non c'era, quindi lui reagì con lei come l'anziana donna fece con Clive: la rese il centro del suo mondo. 

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Capitolo 11
*** La verità ***


my lovely disaster 10

Capitolo Dieci

La verità









-Helen! Sono a casa!- esclamò Clive una volta varcato l'ingresso della villa. Sul divano della sala, la ragazza stava guardando distrattamente un programma tv -Hai fatto tardi... Cos'è successo?- -Diciamo che alcuni degli attori scelti per partecipare al piano di giustizia erano contrari e io e il mio collega abbiamo dovuto usare delle tecniche poco ortodosse per convincerli-. La castana si alzò, spegnendo l'elettrodomestico. Ormai era passato parecchio tempo da quando il suo amico aveva iniziato a collaborare con quello strano scienziato. Avevano due obiettivi diversi, ma con un punto in comune: l'odio verso Bill Hawks. Insieme decisero di collaborare e progettarono una Londra sotterranea, che successivamente avrebbero spacciato per una versione futuristica della città, perfetta per intrappolarci gli scienziati e costringerli a farli lavorare per costruire una macchina del tempo. Avevano messo in programma di rapire il primo ministro, ex collega dello scienziato, per via delle sue conoscenze sulla macchina. Clive si adattò al piano del più grande, per poi elaborare segretamente una fortezza mobile in grado di radere al suolo qualsiasi città.
Era tutto ciò che Helen sapeva, grazie ai racconti del giovane. Aveva provato diverse volte a dissuaderlo, ma senza successo. Non doveva solo combattere contro la pazzia in cui il suo compagno si era fiondato, ma aveva anche la sua altra personalità e gli attacchi di panico da dover tenere sotto controllo.




***




Dopo la sparatoria, la vita di Helen venne messa a soqquadro. Aveva ridotto al minimo le sue interazioni sociali per paura di provocare qualche danno con la sua nuova personalità, già verificatosi anche in ambiti delicati, come quelli scolastici. Il suo timore divenne in poco tempo ansia: ogni conversazione per lei era diventata qualcosa di insopportabile, non riusciva a smettere di pensare a Yara, a ciò che avrebbe potuto fare se fosse venuta allo scoperto senza preavviso. Al tempo la castana non riusciva a controllare "il parassita" e ciò le causò enormi problemi, sia fisici che mentali. Spesso si ritrovava a non ricordare interi momenti di giornate, oppure altre erano vissute in secondo piano, come se lei assistesse ai momenti della sua vita dietro ad un grande schermo.
I due ragazzini raccontarono tutto alla signora Dove e ai suoi servitori, fatta eccezione per gli attacchi di panico che, nei primi mesi, non si presentarono. Constance aveva deciso di prendere la giovane Dixon in custodia: sia lei che Clive si rifiutarono di lasciarla crescere in un orfanotrofio.
La presenza dell'amico fu per Helen una benedizione. Lui la supportava sempre durante le sue crisi e, in un modo o in un altro, riusciva a gestire i momenti d'ira di Yara.
La loro vita proseguì sulla stessa lunghezza d'onda e ormai i problemi della giovane erano diventati parte della quotidianità. Fino a quando, un giorno, la signora Constance si ammalò.
Clive aveva da poco compiuto diciotto anni e stava studiando per prendere il diploma. Non appena il tutore gli spiegò della sua malattia, il mondo del giovane si sgretolò sotto i suoi stessi piedi. Non voleva perdere un'altra persona cara; aveva già sofferto troppo nella sua vita.
Quella stessa sera l'anziana signora stava ammirando il tramonto dalla poltrona del salotto, quando sentì bussare alla porta. La donna si voltò e vide la figura del giovane. Il suo sguardo era colmo di tristezza, sembrava fosse prossimo a piangere. Lei fece finta di nulla, poi disse -Posso fare qualcosa per te?-. Il ragazzo sospirò -In tutti questi anni non mi hai ancora spiegato perché quel giorno tu scelsi me, all'orfanotrofio-. L'altra chiuse gli occhi, facendogli gesto con la mano di avvicinarsi. Lui eseguì e raggiunse il fianco del tutore, che lo guardò dritto negli occhi intensamente - Cinque anni fa, in una periferia di Londra, ci fu un'esplosione in un palazzo. Morirono cinque persone. Due di queste erano i tuoi genitori, vero?-. Clive sgranò gli occhi -Come fai a saperlo?-. A quella domanda la donna sorrise -Sai, quando ero giovane ero una bella donna, discendente di una ricca famiglia. Avevo tutto, tranne l'unica cosa che desideravo davvero: non potevo avere figli. Quando ricevetti la notizia mi si spezzò il cuore, io volevo con tutta me stessa un bambino da accudire. Con il passare degli anni il mio lavoro divenne parte della mia vita e, tra un viaggio e l'altro, non avevo nemmeno il tempo di crescere un figlio adottivo. Proseguii per molti anni della mia vita su quella strada, misi da parte una grande quantità di denaro e, non appena ne ebbi a sufficienza, lasciai tutto e mi allontanai dal resto del mondo in questo tranquillo paesino di campagna. Da quel momento ebbi tutto il tempo per poter adottare un bambino e crescerlo, ma ormai iniziavo ad avere una certa età e, detto tra noi, non volevo essere impreparata- Constance fece una piccola pausa e guardò nuovamente Clive negli occhi, il quale accennò con la testa come richiesta di continare. L'anziana ricambiò con un sorriso - Allora decisi di contattare un'amica, Maya, la direttrice dell'orfanotrofio "Little Chick". Lei era la figlia di una mia compagna di viaggio che è venuta a mancare una decina di anni fa. Le chiesi se potessi passare del tempo con quelle povere creature e da che dovevo fare una semplice prova, diventai quasi come una maestra. Andavo quasi ogni giorno a trovarli e stavo con loro a vederli giocare. Ci tenevamo compagnia a vicenda ed era davvero piacevole, ma per stare dietro ai bambini ci vuole forza e io sentivo che, anno dopo anno, ne avevo sempre meno. Così decisi di ritirarmi a tutti gli effeti dal mondo lavorativo e pensai fosse l'ora di realizzare il mio sogno. Desideravo avere un bambino a cui poter dare tutti i miei averi e renderlo il più felice del mondo. I ragazzini dell'orfanotrofio erano pochi ed erano tutti amici tra di loro. Quando sei arrivato, Maya mi ha detto che non eri riuscito ad ambientarti e quel luogo sembrava peggiorare il tuo umore. Così non ci ho pensato due volte e decisi di prendermi cura di te-.
Il giovane non aveva idea di cosa dire. Da una parte sembrava sconvolto, ma dall'altra era contento di aver finalmente scoperto la verità. Si abbassò all'altezza del tutore e la strinse in un abbraccio -Sei riuscita nel tuo intento. Grazie a te ho riscoperto il valore di una famiglia e mi hai salvato da una vita che non potrei nemmeno immaginare. Per questo te ne sarò sempre riconoscente-. Constance ricambiò il gesto affettivo e una lacrima le scivolò lungo una guancia.
La settimana successiva, la malattia portò la donna via con sé. E Clive dovette andare nuovamente incontro a quelle orribili emozioni che si erano presentate sia alla morte dei suoi genitori che al tentato omicio di Helen. Era stanco di cadere vittima di quegli inspiegabili sentimenti: una costante sensazione di vuoto che diventava sempre più forte e pressante, fino ad assorbire l'intera figura, lasciandola nel buio più totale. Nemmeno la castana era riuscita a fare qualcosa per aiutarlo. Lei conosceva l'anziana signora da molto più tempo di lui e per gran parte della sua vita la aveva trattata come una di famiglia. Solo che, al contrario suo, lei esternava il suo dolore. Urlava, piangeva, malediceva il destino che l'aveva portata via per sempre. Anche i servitori piansero quel giorno. Il ragazzo fissò con sguardo perso la lapide su cui era inciso il nome della donna, Constance Dove, e cadendo sulle sue ginocchia, permise alle lacrime di bagnare il suo viso, scivolare lungo le guance, giungere al mento e precipitare, morendo al contatto con il suolo. Lo stesso che accoglieva il corpo senza vita della signora che lo aveva reso il bambino più felice del mondo.


Con il tempo, in casa Dove l'aria di fece sempre meno tesa e il ricordo della morte di Constance smise pian piano di provocare dolore. Clive si era diplomato, nonostante le difficoltà psicologiche, e aveva iniziato a lavorare part time come giornalista. Lui voleva e doveva sapere perché i suoi genitori erano morti.
Si ambientò rapidamente nel gruppo e, tra un'amicizia e l'altra, riuscì ad ottenere le chiavi per l'archivio degli articoli mai pubblicati. Una volta trovato il fascicolo, lo afferrò con mano tremante e iniziò a scorrere rapidamente le pagine, quando finalmente trovò ciò che stava cercando. -"Esperimento macchina del tempo fallito"... Che nome insolito- pensò una volta letto il titolo, poi proseguì con la lettura. Il breve testo spiegava che due scienziati stavano progettando una macchina del tempo ed era giunto il momento di collaudarla. Ma non appena la misero in funzione creò un'esplosione che fece saltare in aria gran parte dell'edificio in cui eseguivano gli esperimenti, facendo perdere la vita a diverse persone, tra cui la loro assistente. I due scienziati ne uscirono illesi; i loro nomi sono Dimitri Allen e Bill Hawks. Una volta letto l'ultimo nome, Clive sussultò -Bill Hawks? Il primo ministro inglese? Come ci è finito ai ranghi alti della politica dopo il casino che ha combinato? Sicuramente avrà chiesto di non far spargere la voce... Che vigliacco! Invece quest'altro tipo... Allen... Se riesco a rintracciarlo, potrà senza dubbio darmi una mano-. Mentre rimetteva al suo posto il fascicolo, inciampò sul tappeto della stanza e con la mano scontrò un libro dalle piccole dimensioni, che cadde a terra. Il ragazzo si abbassò per raccoglierlo e fece per rimetterlo apposto, quando il titolo della pagina su cui si era aperto attirò la sua attenzione: "Sparatoria in casa Dixon. Chi sarà l'erede dell'azienda?". Iniziò a leggere l'articolo, il quale scriveva di un rivale di Mark Dixon che aveva richiesto l'aiuto di tre uomini per liberarsi della famiglia a capo dell'azienda. Uno dei tre uomini, però, era un novellino, quindi rimase in macchina ad aspettare che i più esperti svolgessero il lavoro sporco. Quando però si accorsero che la bambina era scappata, lui mise in moto la macchina e la investì, senza preoccuparsi di controllare se effettivamente la vittima era stata uccisa. Grazie a delle testimonianze, i tre uomini vennero scoperti, ma l'uomo che li incaricò di svolgere l'omicidio costrinse i giornali e la polizia a non fare il suo nome e pagò profumatamente un avvocato, grazie al quale, alla fine della sentenza, lo proclamarono innocente.
Clive strinse con rabbia il fascicolo e per poco non lo sgualcì. Era infuriato, doveva essere fatta giustizia. -Tuttò ciò ha preso una piega che non mi convince. Devo dare una lezione a questi brutti ceffi, è ciò che meritano. Appena arrivo a casa mi metto subito all'opera- pensò il ragazzo, uscendo dall'archivio per non metterci mai più piede.


***



Da quando Clive aveva attuato il suo piano di giustizia, aveva chiesto ai suoi servitori se potevano andare a lavorare in un negozio di orologi che sarebbe servito da tramite tra la vera Londra e quella sotterranea. Spiegò loro il progetto di Dimitri, tralasciando i dettagli del suo, sapendo che avrebbero provato a fermarlo. Il ragazzo disse poi che se fosse comparso un'orologiaio di punto in bianco sarebbe apparso sospetto, quindi chiese ai domestici se potessero improvvisarsi negozianti ed aiutarlo. I due accettarono, poi prese da parte Shipley e gli disse che aveva bisogno che lui facesse il postino nella "Londra del futuro". Anche lui diede il suo consenso. Per assecondare i piani di Clive, Crystal e Quartz si visero costretti ad abitare nella zona periferica di Londra, dato che fare avanti e indietro da casa Dove all'orologiaio e viceversa risultava troppo pesante per la coppia. Anche Shipley li seguì: con qualche anno di meno e un po' di forza in più, sarebbe sicuramente tornato utile ai due servitori, ormai ex. Di conseguenza, Clive ed Helen vissero da quel giorno in poi da soli nella grande villa.
Il ragazzo non sapeva bene che ruolo dare alla sua amica. Non voleva tenerla fuori dal suo piano, dopotutto quello che stava progettando lo stava facendo anche per lei. Le aveva spiegato cosa aveva trovato in quegli articoli, ma l'amica non sembrava molto desiderosa di vendetta. Nonostante volesse fermare Clive, non aveva abbastanza coraggio per distruggere ciò che lui stava creando. Temeva che lui non avrebbe mai capito il suo gesto e che lo avrebbe perso. E non poteva permettersi di perdere il suo unico amico, quell'appiglio che le ricordava vagamente la sua famiglia, il suo angelo. Riusciva a farsi valere solo quando Yara prendeva il suo posto. Quando tornava in sé, la prima cosa che Helen notava era lo sguardo terrorizzato del giovane, che pian piano si trasformava in qualcosa di più sereno. Non aveva idea di cosa gli facesse la ragazza furibonda per creargli quello stato irrequieto ogni volta, ma avrebbe davvero preferito non saperlo.

Un pomeriggio, Helen ebbe la disgrazia di cadere dalle imponenti scale di marmo della villa, sbattendo la testa contro le mattonelle del pavimento. Non appena percepito il tonfo, Clive corse immediatamente dall'amica, ritrovandola priva di sensi ai piedi della scalinata. -Almeno non perde sangue...- disse lui tra sé mentre cercava di far riprendere la castana -Helen, dai riprenditi... Non farmi preoccupare... Helen!- esclamò schiaffeggiando delicatamente le morbide guance di lei. Si diresse in cucina e riempì un bicchiere d'acqua fredda e lo rovesciò sul viso della ragazza, ma invano. Infastidito, si mise a quattro zampe sulla figura della ragazza e, con le labbra, si avvicinò al suo orecchio sinistro -Helen!- urlò poi, riuscendo nel suo intento. Non appena lei aprì gli occhi, cacciò delle urla terrorrizzata -Cosa stai facendo? Togliti subito da qui!- esclamò poi, tirandogli uno schiaffo diretto sulla sua guancia. Il ragazzo sentì metà del suo viso andargli a fuoco, poi si scansò -Insomma, Helen, dimmi te se questo è il modo di reagire. Non sono mica uno stupratore!- disse lui con tono seccato, massaggiandosi la zona dolente. Lei si mise a sedere, guardandolo confuso -Scusa, ma io non sono Helen. E non sono nemmeno Yara. Di certo non avevo immaginato così la mia prima volta da cosciente...- rispose lei, senza preoccuparsi dello sguardo confuso di lui -Scusa non ho capito... Primo, chi sei? Secondo, come fai a sapere di Yara? E terzo, cosa intendi con cosciente?-. Lei si passò la manica della camicia rosa confetto sul viso, asciugandosi dall'acqua che l'altro le aveva versato addosso precedentemente -Io mi chiamo Kaylin, è un piacere fare la tua conoscenza, Clive. Poco tempo fa ho aperto gli occhi per la prima volta, credo dopo la morte di una signora... Non ho ben capito. Ma mi sono subito resa conto di non essere io quella che guidava il corpo. Con il passare del tempo ho capito cosa sono e ho sempre assistito ad Helen e Yara agire al posto mio. Non sono mai riuscita ad entrare in contatto con loro perché non sono mai stata cosciente, infatti è la prima volta che ho io il comando del corpo! Sono piuttosto emozionata... Piuttosto, perché tu prima eri su di me?-. La tranquillità con cui parlava quella misteriosa ragazza aveva messo a disagio il giovane. -Coscienza? Controllo del corpo? Parlare con Helen e Yara? Ma cosa sta dicendo? Dovrò assolutamente chiedere spiegazioni ad Helen, se no io qui finisco per impazzire...- pensò lui, sospirando -Helen è caduta dalle scale e ha sbattuto la testa, svenendo. Stavo cercando di farla riprendere- rispose poi -Oh... Scusa allora se ti ho dato uno schiaffo... Mi dispiace- si scusò lei. Clive gesticolò con la mano come per dirle di non doversi preoccupare. Era pur sempre meglio di quello che l'altra personalità gli faceva subire. Helen stava diventando sempre più ingestibile con i suoi attacchi di panico, Yara riusciva a calmarla solo usando una particolare frase, anche se non sempre aveva effetto. E quella Kaylin come avrebbe reagito? Sembrava così calma e serena, una persona alla mano. Non poteva nascondere di essere spaventato: l'ultima cosa di cui aveva bisogno era un altro problema e, nonostante quella ragazza sembrasse innocente, non poteva non considerlarlo come tale -Spero solo che non mi sia di intralcio per il piano di giustizia-.
E dopo l'arrivo di Kaylin, Clive era certo che per un po' sarebbe rimasto tranquillo e sereno, senza doversi sempre preoccupare per l'amica. Ed effettivamente per diverso tempo le cose andarono bene tra i due. Lui riusciva a mandare avanti il suo piano e ad incontrarsi con Dimitri mentre l'altra pensava a sistemare la villa. Da quando i domestici se ne andarono, fu compito della castana pulire e spolverare. Qualche volta anche lui faceva la sua parte quando Helen era impegnata o ammalata. Durante uno di quei rari giorni, Clive stava mettendo a posto alcune cianfrusaglie presenti nel bagno dei servitori, quando notò nel cestino una lametta sporca di sangue. La fissò per qualche istante e fece finta di nulla, ma quando la ragazza tornò a casa, le chiese subito delle spiegazioni. -Giuro che non l'ho usata io. Sarà di Shipley o Quartz, si saranno tagliati nel mentre che si facevano la barba- si difese lei non appena il giovane dagli occhi scuri le chiese spiegazioni. Lui alzò un sopracciglio -Non ti ho chiesto se l'hai usata, ma se tu sapessi perché fosse lì, così sporca di sangue. Vuol dire che mi stai nascondendo qualcosa. Su, fammi vedere le braccia-. Lei gli rispose indispettita -Ho semplicemnte capito male la domanda! Ti stai facendo troppe paranoie, Clive. Ora vorrei andare a farmi una doccia, sono stanca-. Fece per andare al piano di sopra, quando lui la afferrò per un polso e le alzò la manica della camicia, mostrando segni rossi e cicatrici, alcuni freschi, altri più profondi. Uno di essi, al brusco tocco, aveva anche iniziato a sanguinare. -Clive! Che cosa hai fatto? Ti avevo detto di lasciarmi stare!- esclamò lei con le lacrime agli occhi. Il ragazzo lasciò la presa su quel fragile polso, poi posò lo sguardo sulle iridi nocciola dell'amica -Helen, perché non me lo hai detto? Io sono il tuo migliore amico, tuo fratello! Lo sai che se hai un problema me ne devi parlare, non mi sembra di averti mai negato il mio aiuto- disse lui con tono deluso. L'altra non riusciva a mantenere il contatto visivo: si sentiva piena di vergogna e i sensi di colpa avvolsero il suo cuore. Iniziò a piangere silenziosamente, poi si espresse -Io ho sempre paura che Yara possa combinare qualche danno, che possa farti del male o mettermi nei guai. Non riesco mai a stare tranquilla e ho come la sensazione che ti abbia già provocato del dolore, ma non riesco a spiegarmi il motivo- Clive d'istinto si portò una mano sul fianco sinistro. Purtroppo le preoccupazioni di Helen erano fondate, la sua altra personalità lo aveva ferito con un coltello, lasciandogli una profonda cicatrice -Ho provato più volte a soffocare quest'ansia che mi invade l'anima, ma senza successo. Tu sei spesso impegnato e io ho sempre paura di disturbarti, perciò ho trovato consolazione in quelle lamette. So che è sbagliato, ma era l'unico modo con il quale potevo liberarmi da quella perenne sensazione di panico...- finì di spiegare lei tra un singhiozzo e l'altro. Lui si avvicinò a lei e la strinse forte in un abbraccio. La ragazza ricambiò un po' titubante e, quando smise di piangere, Clive le disse -Non devi più preoccuparti adesso. Anche se io sarò immerso nel mio progetto oppure saranno le tre del mattino, tu cercami e insieme proviamo a risolvere questo problema. Però devi promettermi che non ti farai mai più del male- con una mano si premurò di spostare dietro l'orecchio dell'amica una ciocca di capelli che le copriva l'occhio. Aveva preso l'abitudine di coprirsi l'occhio destro, forse per motivi estetici. Helen fece cadere lo sguardo sul pavimento, fissandosi le punte dei piedi -Va bene Clive, non volevo farti stare in pensiero- si sforzò poi di sorridere. Quel ragazzo stava facendo di tutto per lei, per farla sentire bene e vivere al meglio. Non avrebbe mai dovuto nascondergli la verità, dopotutto lui era il suo angelo custode.

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Capitolo 12
*** Il terrorista smascherato ***


my lovely disaster 11

Capitolo Undici

Il terrorista smascherato








Clive varcò con ansia l'ingresso del suo appartamento e si diresse nella stanza della giovane. Il suo corpo era stato adagiato sul letto ed era ancora priva di sensi. Il ragazzo notò immediatamente i vestiti rovinati e sporchi di terra e sangue, sul lato sinistro della fronte un livido violaceo decorava il volto pallido della castana. Lui provò a scuoterla e chiamarla, ma senza successo. Si accertò più volte che il battito cardiaco fosse regolare; appoggiò l'orecchio sulle morbide labbra di lei per assicurarsi che respirasse, poi decise di riempire una bacinella d'acqua e rovesciargliela sul viso. Al contatto con il liquido trasparente, Helen si riprese e sgranò gli occhi con fare spaventata -Clive, sei impazzito!- esclamò mentre tentava di mettersi a sedere. Lui sorrise e strinse la ragazza a sé -Helen, sono così felice che tu stia bene. Shipley mi ha raccontato cosa ti è successo, era un po' confuso perché ti ha vista svenire due volte, ma sono sicuro che al secondo giro è stata Yara a finire K.O-. Lei si liberò bruscamente da quell'abbraccio -Si, e avrei pure vinto se Helen non le avesse prese di santa ragione. Ora lasciami in pace, è anche colpa tua se sono ridotta così!- -Yara? Non mi aspettavo di certo di trovare te cosciente...- il ragazzo sembrò riflettere per una manciata di secondi, poi si espresse -Ascolta, Yara. Ho bisogno del tuo aiuto. Sai ricavare dai ricordi di Helen se la fortezza mobile è pronta all'uso? In casodi risposta positiva, vorrei che tu mi dessi una mano-. Lei lo guardò dritto negli occhi, poi scoppiò a ridere malignamente -Tu, che chiedi aiuto a me? Ma non farmi ridere! Nemmeno se strisciassi ai miei piedi per tutta la tua miserabile vita ti offrirò il mio aiuto! Ti sei rivelato incompetente nel proteggere Helen, quindi ti conviene chiedere a qualcun'altro- disse lei, alzandosi dal letto e infilandosi le scarpe -Anzi, sai che ti dico? Penso proprio che me ne andrò. Porterò Helen lontano da te e le farò vivere la vita che merita- Yara non poté finire la frase che Clive la afferrò per un polso. Il suo sguardo era oscurato dalla visiera del cappello blu, la stretta sul braccio di lei era incredibilmente forte e decisa -Farò tutto ciò che vuoi. Qualsiasi cosa. Ho bisogno di te, finito il mio progetto potrai fare di me ciò che vorrai- sussurrò poi. La ragazza distolse lo sguardo dalla sua figura e, con un brusco gesto, si liberò dalla presa del giovane -Se ti chiedessi di ammazzarti, lo faresti?-. A quelle parole, Clive sgranò gli occhi e il suo cuore prese a battere ad un ritmo alquanto veloce. Percepì il suo stomaco contorcersi su se stesso e l'aria iniziò a mancargli. Aveva paura. Non riuscì nemmeno a guardare negli occhi quella personalità così squilibrata e senza pietà. Era disposto a togliersi la vita per portare a termine il suo piano? -Penserò ad un modo per dissuaderla più tardi. Per ora, dovrò assecondarla- pensò lui -Va bene- disse poi -Se vuoi sopprimermi, potrai farlo. Ma tu, come promesso, mi devi aiutare. Siamo d'accordo?- tese la mano destra verso di lei e quest'ultima gliela strinse senza esitazione -Perfetto. Dimmi cosa devo fare-.
I due si sedettero attorno al tavolo della cucina e Clive si affrettò a spiegarle la situazione -Sono sicuro che il professor Layton abbia scoperto tutto. Inoltre mi è arrivato un messaggio da Bostro dove mi ha spiegato che hanno raggiunto i laboratori oltre il Tamigi. Avevo mandato Helen a fare un controllo, sai dirmi cosa si ricorda?- Yara chiuse per qualche secondo gli occhi, per poi aprirli di scatto -La fortezza è pronta, ma c'è qualcosa che non hanno voluto sistemare. Non ho idea di cosa sia, però- -Non importa. Ho rapito e assunto operai e scienziati competenti, di certo avranno tralasciato un dettaglio insignificante. In questo momento Layton e il suo gruppo staranno lasciando la zona industriale, io andrò loro incontro. Il professore vorrà sicuramente spiegare a tutti l'accaduto, non appena avrà terminato non dovremo più fingere. Vorrei inoltre che tu salissi sulla fortezza assieme a me, così almeno Helen sarà al sicuro-. Clive sembrò riflettere un attimo, poi riprese a parlare -Avremo bisogno di un ostaggio. Dovrai aiutarmi a scortarlo nella fortezza- -Un ostaggio? Ma non pensi che questo li spingerà ancora di più a volerti fermare?- chiese la castana alzando un sopracciglio -Tranquilla, so quello che faccio- rispose lui, voltando la testa e interrompendo il contato visivo.
Una piccola parte di lui desiderava essere salvato dalla pazzia che lo stava prosciugando. Helen si era rivelata incapace di aiutarlo, di conseguenza poteva fare affidamento solo su Layton. Lo stesso uomo che lo aveva salvato, impedendogli di finire tra le braccia della morte assieme ai suoi genitori. Forse era troppo orgoglioso per ammetterlo, forse si era spinto troppo oltre, forse si era convinto di agire per una buona causa, ma non gli avrebbe mai chiesto aiuto in modo esplicito. Anche quando parlava con Dimitri sul suo disaccordo di chiamare il professore, in realtà Clive sperava che Hershel gli avrebbe impedito di finire nel baratro una seconda volta. La sua mente si era scissa in due e lui aveva continuato a dare ascolto al lato vendicativo -Non posso farmi prendere dai rimorsi adesso. Devo agire, sono arrivato fino a qui e non posso tirarmi indietro-. Si alzò di scatto dalla sedia, facendo sussultare la giovane -Andiamo Yara, lo spettacolo deve iniziare- -Tu vai, io ti raggiungo. Prima che tutto ciò venga al termine, ho un'ultima cosa da fare-. Il ragazzo la fissò per un istante, poi uscì dall'abitacolo senza pronunciare una parola. Lei sorrise: si ricordava bene cosa gli scienziati non avevano sistemato, ma preferì non farne parola. Clive si sarebbe distrutto con le sue stesse mani.



***


-Finalmente ci incontriamo di nuovo!- esclamò Clive alla vista del professore -Dov'eri finito?- chiese l'altro, data la lunga scomparsa del ragazzo -Ho notato che una strana donna ci stava seguendo, perciò ho deciso di svolgere delle indagini da solo- mentì lui. Fortunatamente era entrato in contatto con Dimitri poco prima e si era fatto spiegare cosa era successo in sua assenza. -Professore, sta parlando di Celeste! Dove la hai vista l'ultima volta?- -Ho notato che è entrata nel ristorante, il Thames Arms, assieme a Don Pablo-. Layton annuì -Bene, ci siamo quasi tutti. Manca ancora solo una persona, ma sono certo che arriverà a momenti-.
Il gruppo composto dal professore, Luke, Flora, Clive, l'ispettore Chelmey e Barton entrò nel ristorante dove, a suo solito, era presente solo il barista. Ognuno prese posto ad un tavolo diverso, come se volesse isolarsi nei suoi pensieri. Non appena calò il silenzio, il cigolio della porta attirò l'attenzione di tutti: la misteriosa ragazza nascosta dietro il mantello nero fece il suo ingresso. Layton sorrise compiaciuto, mentre Chelmey si alzò con furia -La malandrina! Stavolta non mi sfuggi!-. La giovane indietreggiò di un passo, quasi come se fosse pronta per scappare dalla porta. Luke però la precedette e si fiondò verso l'uscita per impedirle di scappare. Chelmey prese la ragazza e la mise a terra, bloccandola per le braccia. Clive sgranò gli occhi e distolse lo sguardo, quasi come se temesse per la giovane. L'uomo con la tuba se ne accorse e si sbrigò nel fermare l'altro -Ispettore, capisco la sua brama di voler smascherare quella donna, ma potrebbe utilizzare un metodo più ortodosso- -Non si preoccupi, Layton. So quello che faccio- e detto ciò, il volto di lei fu rivelato  -Helen!- esclamarono Luke e Flora non appena il viso familiare della castana venne allo scoperto. -La prego di liberare la ragazza- disse Layton rivolgendosi a Chelmey, il quale sbuffò, per poi alzarsi e concedere a Yara di muoversi. Subito dopo lei si sedette vicino a Clive, un'ombra di preoccupazione decorava il suo sguardo. Non aveva mai visto la personalità così in difficoltà. O forse si era fatta acciuffare di proposito. Glielo avrebbe chiesto più avanti.
-Mi ci è voluto un po', ma credo proprio di essere riuscito a dare un senso a questi eventi bizzarri- cominciò l'uomo con la tuba -Innanzitutto, dobbiamo chiarire molte cose su questa città. Tanto per cominciare, non siamo nel futuro; è tutto una finzione, un set costruito per farci credere di essere dieci anni nel futuro... Non esiste nessuna macchina  del tempo-. I presenti si scambiarono uno sguardo confuso, mentre il ragazzo dagli occhi scuri strinse i pugni -Lo sapevo. Ha capito tutto- -Il negozio di orologi in realtà è un grande ascensore che porta sottoterra- continuò poi Layton -A quanto pare sono state trovate delle cavità sotto Londra, le quali custodivano antiche rovine, e Dimitri ha pensato bene di utilizzarle per costruirci questa falsa Londra. Ed è su questo che si basa il piano dell'uomo: rapire gli scienziati e far credere loro di trovarsi nel futuro e che l'unico modo per tornare nel presente fosse perfezionare la macchina del tempo, ovvero il progetto a cui Dimitri non ha mai rinunciato. E questo è tutto quello che sono riuscito a scoprire, ma sono certo che qualcuno potrà raccontarci il resto- spiegò, voltandosi verso il barista. Quest'ultimo sorrise compiaciuto e svelò la sua identità -Dimitri Allen! Ci stavi spiando sin dall'inizio!- esclamò Chelmey -Quindi è lui il Dimitri di cui Helen non sapeva nulla- pensò Yara mentre scrutava l'uomo dai capelli grigi. Sentì Clive sospirare, ormai l'aria attorno a lui si era fatta tesa e pregna d'ansia. La ragazza fece finta di non accorgersene e si concentrò nuovamente sullo scienziato -Non ho intenzione di perdere tempo con voi. Sotto questo edificio sono state innescate delle bombe. Al contrario vostro, io so dove sono state piazzate e quanto tempo rimane. Buona fortuna a dove mettete i piedi. Visto che sono magnanimo, ecco questo foglio di carta. Indica dove sono stati posizionati gli ordigni-. Layton osservò il pezzo di carta e dopo pochi minuti risolse l'enigma -Sono sicuro che ci stai nascondendo qualcosa. Luke, se immagini questo schema come un numero che indica il tempo rimasto, quando ce ne rimane?-. Il giovane apprendista osservò il foglio, poi sgranò gli occhi -Zero secondi! Le bombe stanno per esplodere!-. Il professore gli mise una mano sulla spalla -Tranquillo ragazzo mio. Guarda con più attenzione, questo è il simbolo dell'infinito. La verità è che non ci sono esplosivi sotto di noi-.
Dimitri sospirò -Avrei dovuto prevedere che non ci saresti cascato, Hershel. Come volete, adesso vi spiegherò tutto- fece un respiro profondo, poi iniziò il suo discorso. Spiegò il suo progetto di dieci anni prima, quando ancora collaborava con Bill Hawks. I due riuscirono dopo mesi di progressi a costruire un prototipo di macchina del tempo e Bill costrinse Claire, la ragazza di Layton, a fare da cavia. L'altro si oppose, mettendo alla luce un errore da sistemare prima di collaudare la macchina, ma invano. Raccontò anche che dopo l'esplosione scoprì che Bill strinse un accordo per vendere la tecnologia della macchina in cambio di una montagna di denaro. E il giorno del disastro, mentre Dimitri si era assentato dal laboratorio, l'uomo si prese la libertà di metterla in funzione, creando il disastro che tolse la vita anche ai genitori di Clive.
-In un istante ho perso la donna che amavo e il mio lavoro- concluse Dimitri -e mentre io mi auto commiseravo, Bill si prese tutti i meriti, i soldi della multinazionale e arrivò al gradino più alto della politica. Non nego che fu la mia amarezza a spingermi  a riprendere le ricerche. Volevo togliere a quel maledetto tutto ciò che aveva ottenuto e salvare Claire dal suo destino. Tu mi capisci, non è vero Hershel?-. L'uomo con la tuba scosse la testa -Claire non è più tra noi e nessuno potrà farla tornare indietro, io è così che la penso. Però adesso ho un'ultima domanda per te. Qualcuno ti ha usato come una pedina, te ne sei accorto?-. Dimitri lo guardò  confuso -Non ho idea a cosa ti riferisci- -Devi sapere che qualcuno ha escogitato un piano peggiore del tuo... Sto parlando di te!- esclamò, puntando il dito verso Clive, che si alzò di scatto -Si sta sbagliando, professore- disse lui ritirandosi sulla difensiva. L'ansia gli stava giocando brutti scherzi; sapeva che ormai la sua copertura era saltata, ma doveva rimanere lucido per poter iniziare a tutti gli effetti il suo piano. -Sono certo di non sbagliarmi, Luke. O forse dovrei dire Clive?- Yara sgranò gli occhi -Come ci è arrivato?- Pensò lei. Anche Dimitri era confuso e chiese al ragazzo delle spiegazioni. -Hai nascosto il tuo piano a tutti, allora. Tutti, fuorché Helen. Voi siete amici da tanto tempo, suppongo. Il qui presente Clive voleva organizzare una vendetta su larga scala e confesso che Helen mi ha aiutato molto per giungere a delle conclusioni. Quando la palazzina è esplosa, dieci anni fa, morirono anche i tuoi genitori. Avrai subito un enorme shock, immagino. Con il passare del tempo, esso si trasformò  in rabbia e il tuo unico desiderio era quello di vendicarti. Fortuna volle che venissi adottato dalla signora Constance Dove, con la quale hai vissuto felicemente per diverso tempo- Layton fece una breve pausa, poi riprese -Anche Helen venne presa in affidamento dalla donna, poiché lei subì il tuo stesso shock. Qui con noi abbiamo Helen Dixon, la figlia di Mark Dixon, il proprietario di una delle più importanti aziende internazionali. Un anno dopo l'esplosione della macchina, i due coniugi Dixon vennero assassinati e, in qualche modo, Helen riuscì a scappare. Quando i tre colpevoli vennero arrestati, si scoprì che un rivale di Mark aveva ordinato loro di togliere la vita a tutti e tre i membri della famiglia, ma visto che la piccola Dixon era riuscita a scappare, uno dei tre uomini si diede al suo inseguimento e la investì davanti agli occhi di Clive. Helen finì in coma e quando si risvegliò, a causa del trauma, il suo cervello era stato danneggiato e infatti ora lei soffre di personalità multipla. Immagino che questa fosse la goccia che fece traboccare il vaso di Clive e che lo convinse ad attuare un piano. Sono riuscito a risalire a tutte queste informazioni grazie all'archivio di Scotland Yard e dell'ospedale di Londra. Avete avuto un terribile passato, mi spiace molto per voi. Ma adesso riprendiamo-. Nello sguardo di Yara di leggeva la rabbia nei confronti del professore e sbatté un pugno sul tavolo -Lei non sa niente di Helen! Non osi parlare di lei!- Clive la costrinse a stare seduta, anche lui non era contento del fatto che Layton avesse detto davanti a tutti il problema della sua amica. Il professore lanciò un'occhiata verso la castana, poi inspirò, pronto per continuare -La signora Dove morì dopo poco tempo, lasciando a Clive tutta la sua immensa fortuna. Poco dopo esserti diplomato, hai iniziato a lavorare part time per un famoso giornale, ma sappiamo entrambi che non lo hai fatto per mantenerti. Infatti, fu in quell'ambiente lavorativo che scopristi chi ti aveva tolto tutto: Bill Hawks e Dimitri Allen. Dopo aver rintracciato quest'ultimo, lo convinsi a riprendere i suoi progetti e grazie all'eredità della signora Dove, siete riusciti a costruire questa falsa Londra, trovando i contatti degli scienziati dal giornale per cui lavoravi. Ma all'insaputa del suo collega, molti di loro non stavano portando avanti il progetto della macchina, ma bensì qualcosa di più terrificante, ovvero un'arma concepita per causare una catastrofe senza precedenti. Qui devo ringraziare Helen, o meglio, una delle sue personalità. Posso dedurre che Clive avesse parlato del suo progetto a tutte le sue personalità, ma una di loro deve odiare Clive davvero molto per andare a svelare in giro il suo piano. Abbiamo sempre saputo, in realtà, che un'arma era pronta a lasciare dietro di sé morte e distruzione. Ho semplicemente fatto due calcoli, visto inoltre che Helen non era mai con noi quando incontravamo quella misteriosa ragazza-. Dimitri sgranò gli occhi -Clive, sta dicendo sul serio? Hai veramente progettato tutto ciò?-. Il ragazzo, a cui ormai importava ben poco di mantenere un atteggiamento composto, si lasciò sfuggire un ghigno, che si trasformò in un'inquietante risata -E io che pensavo che gli scienziati fossero persone attente!- disse poi, togliendosi il cappello -Mentre tu ti dedicavi alla macchina, io avevo obiettivi diversi. Voi potete chiamarla vendetta, ma io preferisco definirla giustizia nei confronti di scienziati senza scrupoli e politici corrotti!- -Che cosa intendi dire?- chiese il suo ex collega allibito -Basta con le spiegazioni, guardate con i vostri occhi! Yara, è il momento!- esclamò infine, correndo verso Flora e afferrandola per un braccio. La quattordicenne, prese alla sprovvista, non ebbe nemmeno il tempo di ribellarsi. Yara nel frattempo aveva rovesciato i tavoli per ostacolare Layton e gli altri e fece cadere un vaso con una pianta addosso a Luke, che era corso all'inseguimento del ragazzo più grande. Non appena quest'ultimo raggiunse la barca ormeggiata sul molo si voltò verso l'amica, la quale salì a bordo tenendo ben stretto l'ostaggio -Helen, pensavo fossimo amiche!- disse la ragazzina con le lacrime agli occhi -Io non sono Helen, inoltre tu hai fatto amicizia con Kaylin, l'altra personalità. Quindi chiudi il becco e fai la brava se non vuoi che ti succeda qualcosa- -Yara, piano con le parole. Ormai siamo quasi arrivati, appena entriamo lasciala pure nelle mani dei miei scagnozzi. Dì loro di rinchiuderla nella stanza di ventilazione, sapranno cosa fare- intervenne Clive. Flora scoppiò in lacrime non appena finì tra le mani dei due uomini, implorando aiuto da parte dei suoi rapitori. -Lasciamola perdere, noi dobbiamo andare nella sala di comando. Teniamoci pronti ad ogni evenienza-. Una volta arrivati in cima alla fortezza, Clive si avvicinò alla postazione di comando. C'erano una moltitudine di schermi e pulsanti, leve, tubi ed ingranaggi e infine delle enormi finestre per assistere al disastro da una zona sicura. Yara si avvicinò ad una di esse, quando sentì tremare tutto: il ragazzo aveva attivato la macchina. Quattro enormi ganci si appesero a quello che doveva essere il cielo della Londra sotterranea e gran parte della vera città sprofondò nella cava mentre la grande fortezza sbucava, pronta per minacciare ogni abitante. Chi correva, chi urlava, chi si affacciava dalla propria finestra in preda alla confusione, tutti furono messi a tacere dal grande arto meccanico. Clive guardava soddisfatto dalla sua postazione mentre il suo piano di giustizia veniva portato avanti -Finalmente i politici avranno ciò che si meritano!- esclamò il ragazzo, perdendo ogni secondo che passava lucidità e controllo. Yara lo fissò per qualche secondo, sembrava come se si fossero scambiati i ruoli. Era sempre stata lei quella psicopatica, la pericolosa, l'imprevedibile. Solo in quel momento si rese conto che il ragazzo vicino a lei la batteva di gran lunga. Dopo tutti quegli anni passati a soffrire, tra la morte dei genitori e della signora Dove, il coma di Helen e le torture di Yara, aveva trovato un modo per dare libero sfogo a tutte le sue frustrazioni. Nessuno lo avrebbe fermato. Nessuno, ad eccezione del professor Layton.
-A tutte le unità, siamo ufficialmente sul suolo di Londra- disse Clive premendo un pulsante blu -Fate in modo che Hershel Layton non mi raggiunga. Passo e chiudo- e con un inquietante sorriso sulle labbra, continuava il suo lungo tragitto, lasciando dietro di sé morte e distruzione.

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Capitolo 13
*** La fine ***


my lovely disaster 12

Capitolo Dodici

La fine








-Layton e il suo apprendista sono qui- disse Yara, la quale aveva preso posto dal grande schermo da cui erano collegate tutte le videocamere della fortezza -Tutto come previsto. Vedremo come se la caveranno qui dentro- rispose Clive ghignando. La ragazza gli lanciò un'occhiata quasi preoccupata.
Aveva sempre odiato quel giovane, fin da quando ne avesse ricordo. Lui aveva sempre subìto i suoi soprusi senza farne parola con Helen, tenendosi tutto dentro di sé. Ma in quel momento, percepì una strana sensazione all'altezza del petto. Non era sicura se fossero sensi di colpa o rimorsi, ma di certo si sentiva in parte responsabile del corrente stato d'animo di Clive. Dopo tutti quegli anni passati a incassare colpi, stava finalmente sfogando quella rabbia repressa. Le gocce si erano accumulate nel suo vaso e, ora che era traboccato, nessuno sarebbe riuscito a fermarlo. Se non aveva ancora aggredito la ragazza era solo perché il corpo apparteneva alla sua cara amica.
-Perché Helen, in tutti questi anni, non è mai voluta scappare da lui? Possibile che solo io continuo a notare che questo pazzo è nocivo per la sua mentalità? La farà sicuramente ammazzare, appena troverò l'occasione, me ne andrò via di qui e porterò Helen in salvo- -Yara! Non ti deconcentrare! Dov'è adesso il professore?- la riprese Clive, accorgendosi della sua distrazione. La castana sospirò e premette alcuni pulsanti -Sono diretti dall'ascensore, Mandy Bola li fermerà... Spero-. Si fece passare una ciocca di capelli fra le dita delle mani: al contrario di Helen e Kaylin, a lei piaceva tenere i capelli sciolti. La facevano sentire libera e le davano quell'aria da ribelle che lei adorava tanto.
-Non preoccuparti, ho sempre un piano di riserva- disse poco dopo il ragazzo, che si voltò verso di lei -Comunque lo sapevo che eri tu la ragazza dietro al mantello nero. Scommetto che quando Helen usciva dalla villa prendevi tu il suo posto e andavi nella Londra sotterranea per studiarti bene strade e vicoli. Sapevi del mio piano e inoltre ho presente il fatto che tu sei molto agile e brava nella corsa, compensando la scarsità di Helen. Non ti chiederò perché lo hai fatto, posso immaginarlo. Ma sappi che se non fossi dentro al corpo di Helen, te la avrei fatta pagare cara-. A quelle parole la giovane ridacchiò, scuotendo la testa -Visto che siamo qui, penso proprio che ti darò le mie motivazioni- la frase attirò l'attenzione dell'altro, che per un momento lasciò la postazione di comando per avvicinarsi a lei -Si, io ti odio, e penso che basti come spiegazione per le mie malefatte, se così vogliamo chiamarle. Ma la verità è un'altra. Helen in persona mi ha chiesto di fermarti. Non volevo assolutamente che lei fosse coinvolta direttamente nel mio ipotetico piano; avrei potuto fare molto peggio. Quando però ho visto che Layton era venuto per fermare i progetti di Dimitri, ho pensato che avrei potuto utilizzarlo per il mio scopo. Al contempo non volevo che gli attori che hai pagato subissero dei danni, quindi ho pensato ad un modo rapido e veloce per far girare la notizia, ma pare che nessuno, il professore escluso, mi abbia dato ascolto- fece una piccola pausa, mantenendo il contatto visivo con l'interlocutore -Purtroppo lui ti ha scoperto troppo tardi e ora mi ritrovo qui a fare da badante a questo corpo... Ho fallito la mia missione, spero che Helen non rimanga delusa-. Clive fece un paio di passi verso di lei, poi la afferrò violentemente per il braccio. Certo che la ragazza gli avesse raccontato un'altra delle sue menzogne, tirando in ballo Helen, si era infuriato più di quanto avrebbe fatto in una situazione normale -Devi sapere che anche io ti odio. Sei tu che hai rovinato Helen, con questi tuoi modi di fare da spavalda ribelle. Hai tentato di uccidermi e ci stai provando tutt'ora, mi hai sempre urlato contro, dandomi delle colpe che non mi appartengono. So di aver trascurato Helen, ma tu non hai mai compreso la ragazza con cui dividi corpo e mente! La conosco meglio di te pur essendo qui fuori...- lasciò la presa sull'arto di lei, poi riprese a parlare -Non le ha mai dato fastidio il fatto che non fossi sempre presente, sei tu che le hai innescato i dubbi per farla allontanare da me! E poi tu sostieni che io usi quella povera ragazza, che la tratti come uno zerbino, senza sapere nulla di cosa in realtà io provi per lei! L'hai sempre allontanata da me e io non ho mai avuto modo di mostrarle i miei veri sentimenti. Lei per me è tutto e io sono tutto per lei! Quindi smettila di raccontare fesserie sul fatto che Helen volesse fermarmi, perché se lo avesse voluto davvero lo avrebbe fatto!-.
Yara dentro di sé stava ribollendo dalla rabbia. Era a tanto così dal mettergli le mani al collo e farlo volare giù dalla fortezza -Quello che ti ho detto è vero! Puoi pure chiedere alla diretta interessata se non ci credi! Lei non ha mai avuto la forza e il coraggio di metterti i bastoni tra le ruote perché ha sempre avuto paura di perderti. Infatti si è rivolta a me e Kaylin. E poi come puoi dire di provare dei sentimenti per lei se ti sei pure dimenticato del suo trauma della sparatoria? Quando avete litigato non la sei venuto a cercare, se non fosse stato per Kaylin chissà quando vi sareste più rivisti! La hai sempre messa in disparte per compiere questo tuo stupido piano, senza mai dare ascolto ai suoi di sentimenti! Tu non provi nulla per lei, sei solo un egoista!-. La ragazza non ce la fece più. Stava per scoppiare, ma sapeva che se avrebbe aggredito Clive, lui avrebbe chiamato i suoi scagnozzi. Con passo pesante, si avvicinò verso le grandi finestre e uscì sulla piattaforma metallica: un po' di aria le avrebbe fatto bene. Ignorò i continui richiami di lui: pretendeva delle spiegazioni, voleva sapere a cosa Yara si era riferita quando nominò i sentimenti di Helen. Perché si, lei era da qualche anno ormai che si era innamorata del suo amico, ma tra il piano di giustizia e Yara, alla fine si vide costretta ad archiviare i suoi sentimenti. La personalità lo sapeva bene e non lo aveva mai accettato -Perché tra tutti, doveva scegliere proprio lui? Non va assolutamente bene per lei; prima li separo definitivamente meglio è- -Yara, per favore, smettila. Lui ci è sempre stato per me, sei tu che non vuoi crederci-. Dentro la sua mente, Helen stava cercando di comunicare con Yara -Non mi interessa se dovrò soffrire, non mi interessa se non ricambierà mai ciò che provo. Lui è il mio angelo e io gli devo la vita. Se non fosse per lui a quest'ora non sarei qui. Adesso, se permetti, voglio il mio corpo. Devo salvare il mio amico prima che sia troppo tardi!-. In un attimo, gli occhi della castana si spensero, rimanendo seduta su quella piattaforma a fissare il vuoto.
 
Clive nel frattempo era rimasto nella sua postazione -Proprio adesso dovevo venire a sapere di una cosa tanto importante? No, aspetta. Stiamo parlando di Yara. Avrà sicuramente detto una bugia-. Scosse la testa e, dando un'ultima occhiata alla finestra, riprese a trafficare con i comandi. Il piccolo schermo cristallino alla sua destra si illuminò, mostrando il volto di uno dei suoi scagnozzi, Mandy Bola -Capo! Gli intrusi sono riusciti ad accedere nell'ascensore! Sono diretti nella camera di ventilazione, che facciamo?- Il ragazzo sospirò, passandosi una mano sul volto. Nonostante avesse pensato ad ogni evenienza, ciò che sperava non accadesse si stava svolgendo pian piano davanti ai suoi occhi -Devi tenerli sotto controllo. Appena hai delle novità fammelo sapere- spiegò poi lui, chiudendo la chiamata. Avrebbe preferito intervenire di persona, ma se si fosse messo a fare su e giù per la fortezza, ci avrebbe messo molto più tempo di Layton per ritornare in postazione. Era anche per quel motivo che si era procurato degli scagnozzi, quindi far svolgere loro il resto delle azioni non sarebbe dovuto risultare un problema, nonostante non si fidasse del tutto dei suoi uomini. Ad un certo punto, una strana macchia rosa comparve nel suo campo visivo. Alzò lo sguardo dai macchinari e, dall'altra parte della stanza, la castana stava rifacendo il suo ingresso nella fortezza. Lui corrugò la fronte, come se fosse infastidito dalla sua presenza -Vattene, non voglio discutere con te- disse bruscamente. La ragazza lo guardò con occhi tristi, quasi come se fosse sul punto di piangere -Clive... Sono Helen...-. Lui si avvicinò alla figura della giovane, notando la sua caratteristica forma degli occhi. Era sul punto di dirle qualcosa, ma lei lo interruppe -Quando ero dai laboratori sono stata picchiata da Bruce e sono svenuta. Yara in quel momento prese il mio posto... E io in qualche modo sono riuscita ad accedere ai suoi ricordi. Ho visto tutto quello che ti ha fatto, tutto quello che ti ha detto, quel taglio sul fianco che ti ha procurato con il coltello... Io non so davvero come scusarmi con te. Tu per me ci sei sempre stato, nonostante tutto ciò che hai dovuto subìre... Mi sento così in colpa...-. Delicate lacrime iniziarono a scendere lungo le guance di Helen. Non riusciva a guardare in faccia l'amico da quanta era la vergogna che provava. Lui le appoggiò una mano sulla spalla -Quella che ha fatto Yara non è una tua responsabilità. Anzi, quello che si deve scusare qui sono io. So che a te non è mai importato molto se ti lasciavo anche intere giornate da sola, è stata lei a innescarti i dubbi. Però solo dopo aver litigato con lei, poco prima, mi sono reso conto di aver commesso un grave errore. Da quando ho in mente questo piano io ti ho messa in disparte, ma nonostante tutto tu hai continuato a volermi bene. Ti prometto, qui e adesso, che una volta che tutto ciò sarà finito, ti renderò il centro del mio mondo. La mia vita sarà dedicata a te, Helen io ti...- il suo discorso venne interrotto da un altro dei suoi scagnozzi, Tuna -Mi scusi, la volevo avvisare che Layton ha recuperato la ragazza-. Clive si voltò verso i comandi e, collegandosi con le telecamere dal suo schermo personale, poté notare che la trappola che conteneva Flora era stata disattivata. Helen sbirciò da dietro le sue spalle mentre lo vedeva premere pulsanti e spostare leve -Adesso vedete cosa succederà- sussurrò lui, abbassando l'ultima leva. Successivamente rivolse la sua attenzione verso Tuna -Stanno venendo qui. Aspettali dalle scale di accesso, però guai a te se proverai a torcere loro anche un solo capello. Fermali in qualche modo-. Lo scagnozzo annuì ed eseguì gli ordini, uscendo dalla sala di comando. Subito dopo il ragazzo prese le mani dell'amica -Scusami Helen, finiremo dopo il nostro discorso. Ora devo andare, tu aspettami qui e non toccare nulla. Torno subito- detto ciò Clive si piazzò su una specifica zona del pavimento e premette il pulsante di un telecomando che teneva nella tasca della giacca. Quelle piastrelle rivelarono un ascensore nascosto, il quale lo portò al piano superiore. La ragazza lo fissò svanire nel soffitto, poi sospirò, guardandosi attorno -Non avevo assolutamente idea che la fortezza che voleva costruire fosse così grande... Se solo avessi avuto un po' più di coraggio, avrei fatto molto di più per fermarlo. Perlomeno posso contare su Layton... Spero riesca ad eccellere dove io ho fallito-.

Poco dopo essere arrivato al piano superiore, Clive venne raggiunto dal'uomo con la tuba e gli altri due ragazzini -Molto gentile da parte sua arrivare fin qui, professore- disse lui con una nota aggressiva -Clive, qualsiasi cosa tu voglia fare, devi fermarti! Quello che hanno fatto Bill e Dimitri è stato imperdonabile, quando il mondo lo saprà verranno puniti, così sarà fatta la tua tanto desiderata giustizia-. Il ragazzo ridacchiò -Che belle parole... Peccato che, senza un disastro vero e proprio, quegli stupidi al governo non impareranno mai la lezione!- -Clive, ascoltati... Tu...- -No! Chi è lei per discutere con me? Lavorando come giornalista ho assistito con i miei occhi ad infinite tragedie. Oltre a me, tantissime altre persone hanno visto la loro vita venire distrutta in nome del progresso. Noi "povera gente" siamo considerati un ostacolo verso un futuro migliore. A volte è necessario usare la forza, e io voglio distruggere questo mondo per costruirne uno nuovo-. Layton scosse la testa -Ciò che dici non ha alcun senso!- -La conversazione è finita. Adesso, se vuole scusarmi, ho un lavoro da portare a termine- e detto ciò, tornò al piano inferiore per cominciare la parte più importante del suo piano. Corse dalla postazione di comando e premette innumerevoli pulsanti, attivando anche gli schermi presenti nella stanza dove stava Layton. I cannoni della fortezza mobile, precedentemente attivati dal giovane prima di incontrare Layton, si misero in funzione e Londra iniziò a subire i primi attacchi. Il professore sgranò gli occhi alla vista di quello spettacolo surreale -Ma questa è pura follia!-. La risata agghiacciante di Clive rimbombò nelle loro orecchie -Prego, mettetevi comodi! Fate come se foste a casa vostra... Dopotutto, non ve ne andrete molto presto. Godetevi la vostra amata Londra, perché questa sarà l'ultima volta-. Il professore era su tutte le furie, quando Claire, ancora nei panni di Celeste, attirò la sua attenzione, dicendo loro che aveva ideato un modo per fermare il ragazzo. Quest'ultimo non ci fece troppo caso e rimase nella sua postazione a godersi lo spettacolo. Aveva sentito ciò che bastava per fermare Layton: si sarebbero diretti nella sala del generatore, ma se avessero tentato di mandare in black out la fortezza sarebbe esplosa nel giro di pochi momenti. Lui aveva tenuto conto dell’evenienza che qualche imprevisto sarebbe potuto accadere, perciò aveva fatto inserire un piccolo elicottero all'interno della fortezza in modo che sarebbe potuto scappare. Si collegò con gli schermi presenti nel cuore della macchina e si rivolse al gruppo lì presente ridacchiando -Sapevo sareste arrivati qui prima o poi! Come potete vedere, il nostro carissimo leader è un po' indisposto al momento; temo non potrà venire con voi. La sua spavalderia le fa onore, ma stavolta le conviene non fare mosse azzardate. Avrà sicuramente notato la sedia speciale sul quale è presente il primo ministro: se proverà a rimuoverlo da quella capsula, l'intera fortezza salterà in aria. E, per sua informazione, qui dentro c'è abbastanza esplosivo per radere al suolo mezza Londra. Non che questo cambi qualcosa sul futuro che la attende! Detto ciò, mi congedo. Ho del lavoro che mi aspetta- e, con un ghigno sul volto, disattivò gli schermi. Continuò per diversi minuti a controllare la macchina, distruggendo tutto ciò che finiva sotto i pesanti bracci meccanici della fortezza e togliendo la vita a centinaia di persone. Fiero di sé, assistette dalle grandi finestre la capitale subire i colpi di cannone provenienti dalla macchina, fino a che, da uno dei piccoli schermi, comparve un preoccupante punto esclamativo rosso. L'espressione sul volto del ragazzo cambiò drasticamente -Oh no. No, no no!- esclamò in preda alla rabbia, mentre provava a connettersi al generatore. Helen si avvicinò a lui con cautela -Clive, cosa succede?- -Layton è riuscito a sovraccaricare il generatore... Dobbiamo scappare!- disse lui mentre si dirigeva verso un preciso punto della parete, tastando alcune zone -Dov'è il pulsante? Se non riusciremo a raggiungere l'elicottero... Non voglio nemmeno pensarci!-. Lei lo guardò impietosita -Clive... Nessuno ha costruito quel pulsante. Yara non te lo ha detto?- il giovane si voltò verso l'amica con occhi sgranati. Lei si portò le mani alla bocca sorpresa, mentre lui sbatté un pugno contro la parete -Lei ha sempre voluto eliminarmi, immagino che vedermi distruggere con le mie stesse mani fosse il suo desiderio più grande- Helen scosse la testa avvilita -No... Non può essere...- le lacrime iniziarono a formarsi negli angoli dei suoi occhi. Gli schermi nella zona di comando inziarono ad emettere suoni ad intermittenza -E adesso che c'é?- esasperato, si avvicinò ai computer, tentando di risolvere la moltitudine di problemi creatosi, premendo pulsanti e leve, invano. Si portò una mano sulla fronte, il suo battito cardiaco prese il via in un ritmo a dir poco veloce, la sua anima pian piano venne corrosa da emozioni negative e ansia. Titubante, si affacciò da una delle finestre, assistendo all'autodistruzione della macchina -No... Non può finire così....Non finirà così!- sfogò tutta la sua rabbia in quelle urla, quando un rumore sopra la sua testa attirò la sua attenzione: un grande tubo si era spezzato, colpendo in pieno il ragazzo, che cadde a terra quasi privo di sensi. -No, Clive!- Helen corse verso il corpo dell'amico, cadendo sulle ginocchia una volta giunta al il suo fianco. Poggiò le mani sulla sua schiena e lo scosse in preda al panico. Aveva tentato di trattenere l'ansia dentro di sé, ma essa si era rivelata troppa per essere contenuta. Scoppiò a piangere chiamando il nome del giovane, che non dava segni di vita. Dentro la sua mente, intanto, stava avvenendo il caos.
-Helen, devi scappare! Lascia qui Clive e mettiti in salvo, sei ancora in tempo!- urlò Yara da un angolo della sua mente -Helen, prendi Clive con te. Devi portarlo in salvo, uscite da qui!- esclamò Kaylin subito dopo. La ragazza, troppo in pensiero per l'amico e immersa fino al midollo nell'ansia, ignorò le altre due personalità. Le due decisero di intervenire e presero il posto di Helen nello stesso istante. E fu così che gli occhi di lei si spensero per l'ennesima volta, con la testa inclinata verso l'altro e le labbra schiuse, fissando un punto impreciso del soffitto. Tutte e tre si erano ritrovate coscienti nello stesso momento, mandando in tilt temporaneo il suo corpo. Una strana sensazione avvolse il cuore di Helen, la quale, sentendo la voce di Claire di sottofondo, riprese coscienza. Dentro sé avvertì una sicurezza in se stessa che non aveva mai provato prima, la sua mente era sgombra da pensieri e preoccupazioni. Si rialzò e, con occhi sgranati, si voltò verso la donna. -Tu... Eri con il professore!- esclamò lei, mentre l'altra si avvicinò alla figura del giovane, il quale sembrava essersi ripreso -Ngh... Helen... Io non volevo trascinarti in questo disastro... La fine ormai è giunta...- disse tentando di rialzarsi, ancora stordito dal colpo ricevuto poco prima. La donna dai capelli arancioni lo aiutò a stabilizzarsi sulle sue gambe, guardandolo con compassione -Non è vero, Clive... Puoi ricominciare a cercare di riparare ai danni che hai causato- -E come?- -Ne possiamo parlare più tardi. Questo posto sta cadendo a pezzi!- Clive strinse i denti -Tu, come puoi proprio tu venire in mio aiuto? Porta in salvo Helen, dimenticatevi di me...- Helen si avvicinò all'amico, mettendogli il braccio dietro le sue spalle per sorreggerlo -O ci salviamo entrambi, o non si salva nessuno- gli disse lei. Claire intervenne -Non ti lasceremo qui a morire!-. Il giovane scosse la testa -Tu non sai cosa ho fatto, cosa ho tentato di fare!- -Non è importante adesso. In fondo, questa tragedia è anche in parte colpa degli errori che abbiamo commesso come scienziati-. A quelle parole, Helen guardò la donna con sguardo confuso, mentre Clive sembrò comprendere ciò che lei stava intendendo -Capisco...- disse infine lui. Le due iniziarono a camminare verso le grandi finestre, aiutando il ragazzo ad uscire dalla sala di comando. Nel frattempo, la fortezza mobile aveva raggiunto l'enorme cavità dalla quale era sorta ed era ad un passo per precipitarne all'interno. Claire si guardò attorno, poi notò la macchina volante di Layton e sorrise. L'uomo parcheggiò il veicolo sulla struttura e il trio si sbrigò a salirci sopra. Dopo un istante, la fortezza iniziò la sua caduta verso la falsa Londra. Helen si voltò, assistendo alla scena: vide il possente macchinario sprofondare nella cavità, per poi esplodere al suo interno. Il suo cuore collassò solo al pensiero che, se non fosse stato per Layton, in quel momento la sua sorte e quella di Clive li avrebbe condotti verso un'inevitabile fine. Si voltò verso l'amico, il quale si reggeva alla portiera dell'auto, con occhi chiusi e respiro irregolare. Non poteva nemmeno immaginare come si sentisse lui in quel momento. Durante tutto il tragitto fino alla terraferma, ognuno di loro rimase in silenzio; l'aria si era fatta tesa e pregna d'ansia.
Una volta atterrati, il ragazzo aprì la portiera e si accasciò a terra. Bill Hawks non esitò a puntargli un dito contro -Arrestate quell'uomo!- esclamò alle guardie, mentre Chelmey si avvicinò a lui -Ora vieni con me ragazzo. E non darmi delle noie!-. Layton però si mise tra Clive e l'ispettore -La prego, aspetti un momento-. I due sembrarono discutere, mentre Helen corse dall'amico e si inginocchiò di fronte a lui -Adesso cosa facciamo?- chiese con le lacrime agli occhi. Lui fece cadere lo sguardo al suolo, tossendo diverse volte -Tu non c'entri nulla. Ti ho coinvolta in questo casino e, nonostante tutto, mi hai aiutato a portarlo a termine. Mi devo sdebitare con te, ti prego di reggermi il gioco-. Una delle guardie afferrò il braccio della castana -Quindi è lei la sua complice!-. Clive si alzò bruscamente in piedi -No, la verità è che lei è sempre stata un mio ostaggio. La ho costretta a lavorare per me, io sono l'unico che deve pagare le conseguenze. Lei è innocente- Helen sgranò gli occhi, mentre la guardia ammanettava il giovane -Questo sarà il giudice a deciderlo. Quanto a te, ragazzo, goditi questi momenti d'aria, perché saranno senza dubbio gli ultimi-.
Layton, con sguardo deciso, si avvicinò verso Clive -Ho bisogno che tu mi risponda ad una domanda- gli disse -Perché mi hai fatto chiamare?- l'altro sospirò -Dimitri era convinto che lei fosse necessario per il suo progetto, ma io sapevo che era una minaccia. Tuttavia ho finito per accompagnarla passo per passo nella mia base... All'inizio stavo solo giocando con lei, ma poi mi sono reso conto di apprezzare molto la sua compagnia- fece un respiro profondo, poi riprese -Helen ha provato in diversi modi a fermarmi dalla pazzia che mi stava consumando, senza mai riuscirci. Forse ho visto in lei un bagliore di speranza... Dopotutto, lei ci era già riuscito tanti anni fa...- e nella sua mente passarono i ricordi di quel giorno, di quel fatidico giorno in cui perse tutto ciò che aveva di più caro -Quel bambino... Eri tu?- disse sorpreso Layton - Dentro di me speravo che sarebbe riuscito a strapparmi dalle braccia della follia. Questa è la seconda volta che mi salva la vita... Non posso che ringraziarla- con sguardo triste, trasferì la sua attenzione sulla figura dell'amica, la quale era rimasta ad ascoltarlo in silenzio -Non dovrà più preoccuparsi per me- disse poi, rivolgendosi nuovamente al professore -Intendo espiare le mie colpe. Non vedo l'ora di incontrarla di nuovo... Nel frattempo, stia bene, Layton-. L'uomo gli mise una mano sulla spalla -Anche tu, Clive-. Subito dopo, Chelmey si intromise tra i due -Barton, portalo in centrale-. A testa bassa, Clive venne scortato dalle guardie attraverso il parco. Helen gli corse dietro, ma venne bloccata dalla guardia di prima -Non puoi andare con lui. Potrai rivederlo in tribunale, quando gli testimonierai contro-. Lei però, con ancora un po' di forza in corpo, riuscì a liberarsi dalla presa e raggiunse con uno scatto repentino il suo amico, il quale si voltò verso di lei -Vi prego di fermarvi un attimo, vorrei dire un'ultima cosa a questa ragazza-. Le guardie si guardarono negli occhi, poi si allontanarono di un paio di passi, concedendo loro qualche minuto. Nel frattempo, fiumi di lacrime iniziarono la loro corsa lungo le guance della giovane. Il più grande le accarezzò i capelli -Non preoccuparti per me Helen, starò bene. Non so cosa mi succederà, ma sono contento di sapere che tu non subirai le conseguenze- lei scosse la testa -Perché lo hai fatto? Io sono colpevole proprio come te...- -No, tu non hai fatto nulla. Ti prego di goderti appieno la libertà che io non avrò mai più; vivi dimenticandoti di me. Non potrò più starti accanto, è solo colpa mia se quei tempi sono finiti. Io... Avrei voluto fare ancora molte cose con te. Nella mia testa avevo mille progetti per il nostro futuro, ma li ho mandati all'aria, accecato dalla sete di vendetta-. Una lacrima scese dai suoi occhi scuri, ma si sforzò di sorridere, nonostante avesse il cuore a pezzi. Helen si asciugò le lacrime con la manica della camicia, poi si apprestò a fare lo stesso gesto sul viso di Clive. -Il vostro tempo è quasi finito- li avvisò una guardia. La castana sospirò, poi guardò l'altro dritto negli occhi -Sai, nonostante tutto ciò, nonostante quello che è accaduto tra noi, you are my lovely disaster-. Si avvicinò al volto di lui, fissandogli con intensità le scure iridi, per poi chiudere lentamente gli occhi e lasciandogli un delicato bacio sulle labbra. Il ragazzo avvampò di colpo, sgranando gli occhi -Helen...- fu tutto ciò che riuscì a dire, prima che le guardie lo presero per le braccia e lo allontanarono definitivamente da lei. -Clive!- urlò lei in lontananza, facendo un paio di passi verso l'amico, fermandosi non appena la figura di lui scomparve dietro l'ombra del cancello del parco. Nuove lacrime erano pronte per inumidire il suo viso, quando percepì una mano toccarle il braccio. Dietro di lei c'era Flora, la quale la stava osservando con sguardo compassionevole -Clive ci tiene davvero tanto a te...- sussurrò poi. La castana si voltò verso la figura della più piccola -Mi dispiace per tutto quello che ti è successo. Né io né lui volevamo farti del male...-. La quattordicenne tirò fuori da una tasca un piccolo pezzo di carta, porgendolo poi verso la giovane -Non so perché Clive scrisse queste cose, immagino volesse sfogarsi un po'. Lo ho trovato all'interno della fortezza, dev'essergli caduto-. Helen guardò confusa prima la ragazzina poi il foglio, aprendolo -Si, la scrittura è quella di Clive-. I suoi occhi lessero attentamente ciò che il foglietto riportava:



Quando tutto sarà finito, dovrò rendere Helen
il centro della mia vita.
Le darò tutto, per ringraziarla della sua
pazienza nei miei confronti.
Senza dubbio dovrà sapere dei miei sentimenti
e, se lì ricambierà, le chiederò di sposarmi.
Non voglio nessun'altra, dopo tutto quello
che abbiamo passato, so per certo
che lei è la donna giusta per me.


Helen per poco non scoppiò a piangere e strinse quel foglio di carta al petto. Ormai il loro futuro assieme era svanito per sempre; da quel momento in avanti le loro vite avrebbero preso due strade diverse. Non riusciva ad immaginare le sue giornate senza il suo prezioso angelo, ma la sua anima avrebbe dovuto trovare la pace anche senza il ragazzo, altrimenti sarebbe presto caduta in depressione. Si incamminò verso l'uscita del parco, con ancora il foglio stretto tra le mani e il cuore a pezzi, non ancora pronta a mettere la parola fine su quel triste capitolo della sua vita.

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