Hangin' in Written Pages di Soul Mancini (/viewuser.php?uid=855959)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 1 *** I ***
ReggaeFamily
I
Quasi
mi veniva da piangere nel vedere tutte quelle persone che attendevano
in fila con impazienza. I loro sguardi, grondanti di ammirazione e
talvolta di lacrime, erano puntati su di me.
Io
sorridevo a tutti, davvero felice di trovarmi in quel punto vendita
LaFeltrinelli di Verona. Il banchetto bianco dietro il quale mi
trovavo però era una sorta di gabbia per me: avevo voglia di
stare in mezzo a quella gente, chiacchierare, rispondere alle
domande, sapere qualcosa in più sui miei lettori.
“Oddio,
Camilla Giurato, è un'emozione incredibile essere qui!”
esclamò una ragazza all'incirca della mia età, posando
sul ripiano che ci separava un volume. Conoscevo fin troppo bene
quella copertina: si trattava di L'Ultimo Giro di Giostra,
il mio terzo libro, fresco di pubblicazione.
Regalai alla ragazza un
sorriso sincero e afferrai il libro, pronta ad autografarlo. Mentre
cercavo un angolino tra le prime pagine, l'occhio mi cadde sulla mia
foto che svettava in cima alla quarta di copertina: ricordavo ancora
il giorno in cui l'avevo scattata. Il viso rotondetto e chiaro, i
capelli lisci che mi ricadevano tutt'attorno e il ciuffo che mi
copriva parzialmente un occhio, lo sguardo sereno ed evidenziato da
un leggero trucco, un enorme sorriso con tanto di fossette sulle
guance. Quella ero proprio io, senza veli e senza filtri.
Com'era possibile che la mia
faccia fosse finita per l'ennesima volta sulla copertina di un libro?
Ancora mi pareva un sogno.
Mi riscossi in fretta. “Come
ti chiami?” domandai alla proprietaria del volume.
“Francesca. Forse ti
ricordi di me perché partecipo a tutti gli incontri in Veneto,
infatti ho già gli altri due libri autografati!” esclamò
lei, giocherellando nervosamente con una ciocca dei suoi capelli
ramati.
Ci riflettei su per qualche
secondo e dovetti ammettere che in effetti il suo viso non mi era
nuovo. Pareva davvero simpatica.
Mi chinai leggermente e, con
la mia amata penna verde, tracciai su una pagina bianca:
A
Francesca,
ai
suoi occhi pieni di sogni e al suo sorriso pieno di luce
Camilla
♥
Mi piaceva fare delle
piccole dediche ai miei lettori e trovare una piccola frase per
ciascuno, in base all'impressione che avevo di loro a primo impatto.
La ragazza lesse in fretta
le parole e si dovette trattenere per non lanciare un gridolino di
gioia. “Io... grazie, sono delle parole dolcissime e... posso
chiederti una foto?”
La invitai a raggiungermi
dall'altra parte del banco e le circondai le spalle con un braccio,
poi mi preparai per lo scatto.
Lei infine mi ringraziò
tantissimo e si allontanò per lasciar spazio a qualcun altro.
Lessi una gran commozione nel suo sguardo e questo mi riempì
il cuore di gioia.
Non sarei mai riuscita a
farci l'abitudine.
“Signora Giurato!”
esclamò una ragazzina che avrà avuto al massimo dodici
anni, piazzandomisi di fronte con un'espressione ansiosa. Aveva una
folta chioma di capelli ricci e corvini, che circondavano il viso
ancora infantile e provato da una leggera acne.
“Signora? Oddio,
chiamami Camilla, sennò mi sento vecchia!” ribattei io,
profondamente intenerita.
“Sì, è
che io... sono un po' in ansia... mi potrebbe... mi potresti firmare
questo? È il mio libro preferito” mi domandò
timidamente, porgendomi un volume. Quello era il primo libro da me
pubblicato, un fantasy, che era stato il mio passaporto per la fama.
Notai subito che le pagine
erano leggermente usurate ai bordi e qualcuna era sgualcita da delle
orecchie. Sapeva di vissuto, come se la ragazzina lo maneggiasse
quotidianamente.
“Addirittura il tuo
libro preferito? Oh, wow! Come ti chiami?”
“Cristina.”
Sollevai la copertina e
scrissi:
Alla
piccola Cri,
alla
sua fantasia che si perde tra le pagine dei libri
Camilla
♥
Lei non perse tempo a
leggere ciò che avevo scritto, ma mi chiese: “Dove posso
comprare il nuovo?”.
“Ne ho alcune copie
qui” affermai, chinandomi per recuperare un tomo dallo
scatolone accanto a me. “Ecco a te!”
“Quanto costa?”
“Quattordici euro e
novanta.”
Cristina afferrò il
suo portafogli e iniziò a contare delle monete. Mentre lei
cercava ciò che le serviva, firmai dei libri a un gruppetto di
ragazzi.
A un certo punto mi resi
conto che la mia piccola lettrice era in difficoltà. “Che
c'è?” le domandai.
Lei tenne lo sguardo basso e
avvampò. “Ho solo dodici euro e sette centesimi, non mi
bastano. Mi dispiace” spiegò con imbarazzo.
Prima che potesse andare via
senza aver preso il libro, allungai una mano oltre il banco e gliela
posai sulla spalla. “Ehi, vieni qui dietro, devo dirti una
cosa” bisbigliai in tono complice.
Senza osare guardarmi negli
occhi, mi raggiunse. Mi accovacciai appena con il libro tra le mani e
glielo diedi. “Te lo regalo, ma questo è un segreto tra
te e me” le sussurrai a un orecchio.
“Ma non devi, io non
ho i sol...” cercò di protestare, ma io mi posai
l'indice davanti alle labbra per intimarle di fare silenzio. Poi le
sorrisi e lei, senza dire una parola, mi regalò un rapido
abbraccio.
Le autografai anche il mio
regalo e la osservai andar via raggiante.
“Ciao Camilla!”
mi salutarono due ragazzi, ognuno con tre volumi tra le braccia.
Erano fratelli, si somigliavano tanto: il ragazzo doveva avere
all'incirca quindici anni, mentre sua sorella ne poteva avere una
ventina.
“Ehi ragazzi! Uh, mi
avete portato un bel po' di lavoro da fare!” li accolsi,
preparandomi a porre ben sei firme.
“Questo è il
tuo primo firmacopie a cui partecipiamo” spiegò
semplicemente lei, scaricando il suo bagaglio sul ripiano bianco.
“Sai, io sono uno
scrittore, o almeno ci provo... e i tuoi libri sono per me di grande
ispirazione!” mi raccontò il ragazzino, lottando contro
il suo imbarazzo. Aveva le guance leggermente rosse, ma mi guardava
con una dolcezza immensa.
“Mi piacerebbe davvero
leggere qualcosa scritto da te, sono molto curiosa! Se vuoi, puoi
mandare qualche scritto all'email che trovi qui nel libro; ci stai? E
comunque non smettere mai, la scrittura è una delle passioni
più sane e nobili che esistano!” Non lo dicevo per farlo
contento, ero davvero interessata ai suo scrivere e, se mi avesse
mandato qualcosa, avrei ritagliato alcuni minuti per leggere e
rispondere alla sua email.
“Posso farti una
domanda?” mi chiese la ragazza – Simona – quando
ebbi finito di firmare tutti i libri dei due fratelli.
“Certo, dimmi pure.”
La scrutai con interesse.
“Come mai, dopo un
libro romantico e uno fantasy, hai deciso di darti al thriller? Molti
penseranno che è fuori genere per te.”
Era una domanda che mi
veniva fatta spesso, così non ci riflettei troppo su: “Non
mi piace pormi troppi limiti: da quando ho iniziato a scrivere, ho
sempre sperimentato un po' tutti i campi. Non mi voglio fossilizzare
su qualcosa come fanno molti autori, che alla fine si trovano noiosi
da soli. Scrivo ciò che mi piace leggere, quindi praticamente
tutto, e il thriller ultimamente mi appassiona molto”.
“Grazie per il
chiarimento!” Simona mi strizzò l'occhio.
“Mi piace il tuo modo
di pensare, lo condivido” affermò Alberto, suo fratello.
Scattai una foto anche con
loro e mi preparai ad accogliere i prossimi lettori.
Stavo letteralmente morendo
di caldo dentro quella piccola libreria, ma mi stavo anche divertendo
tanto.
Molti scrittori famosi
trovavano una seccatura gli eventi del genere, non sopportavano di
stare in mezzo ai loro supporters.
Ma io – si era capito
da molto – ero tutto tranne che convenzionale.
Mi
lasciai sfuggire uno sbadiglio mentre picchiettavo velocemente sui
tasti del mio pc. Quella sera ero un po' stanca, il firmacopie che
avevo tenuto nel pomeriggio era stato estenuante, ma non avevo
comunque resistito alla tentazione: una volta nella mia stanza
d'albergo, mi ero fiondata al computer e avevo fatto l'accesso a EFP.
Avevo
sempre sentito parlare di quel sito ma, nonostante la mia curiosità
per gli scrittori emergenti, non avevo mai avuto l'occasione e il
tempo di darci un'occhiata. Mi ci ero iscritta proprio il giorno
prima della pubblicazione del mio libro, e quindi prima di partire
per il tour di presentazione che avrebbe toccato molte librerie
italiane. Avevo scelto un nickname che non aveva alcuna attinenza con
la mia vita da scrittrice: Cindy_Fallingstars.
Nei
pochi momenti liberi durante le mie giornate, avevo cominciato a
lasciare recensioni qua e là e ben presto il sito mi aveva
incatenato il cuore e la mente, ne ero diventata dipendente.
Amavo
la mia vita reale, ma allo
stesso tempo mi piaceva rifugiarmi in un mondo in cui non venivo
intervistata né fermata dai fan in strada, dove potevo
confondermi tra migliaia di utenti e lasciare delle recensioni come
tutti gli altri. Lì non ero Camilla Giurato, la ventottenne
che aveva dato alle stampe due bestseller tradotti in tutto il mondo.
Quella
sera decisi di entrare a fare un giro nella categoria Thriller,
decisamente poco popolare e popolata. Subito mi saltò
all'occhio una long: si intitolava Il Limbo dei Bugiardi
e l'autrice, una certa DreamingAwake, aveva già pubblicato
quattordici capitoli.
La presentazione era ben
scritta e accattivante: parlava di un omicidio che era stato commesso
all'interno di una clinica psichiatrica. Il caso veniva affidato a un
trio di detective che avrebbero dovuto destreggiarsi tra pazienti
ingestibili, racconti insensati e confusi e psichiatri poco
collaborativi.
Ero molto curiosa di
scoprire cosa l'autrice avesse in mente, così decisi di
aprirla e mi cimentai nella lettura del prologo. Subito venni
trascinata all'interno di quel racconto e tutto il mondo attorno a me
parve scomparire: presentava uno stile scorrevole e travolgente,
curato e mai troppo banale; azioni, dialoghi e pensieri si
susseguivano, dando un tocco dinamico e vivo alla narrazione.
Chiunque si celasse tra
quelle righe, era riuscito a trovare un equilibrio vincente.
Recensii il primo
aggiornamento con entusiasmo, elencando nel dettaglio quelli che
secondo me erano i punti di forza dello scritto, poi passai al
capitolo successivo.
I minuti scivolavano via
veloci e con loro anche la stanchezza: ero curiosissima di leggere il
seguito e non riuscivo a fermarmi, divoravo un capitolo e recensivo
senza sosta.
DreamingAwake si sarebbe
trovata un sacco di commenti a cui rispondere.
Finii di leggere i
quattordici capitoli e mi sentii subito vuota. Aggiunsi la storia
alla lista delle Seguite e delle Preferite e cominciai a chiedermi
quando avrei potuto seguire il seguito.
Gli indiziati per il momento
erano due: dei pazienti altamente squilibrati, che non rispondevano
delle proprie azioni e non riuscivano a formulare una frase di senso
compiuto. Ma c'era uno psichiatra, il dottor Jacobson, che mi dava da
pensare.
Inoltre si stavano creando
degli intrecci anche tra i tre detective.
Incurante dell'ora tarda,
cliccai sulla pagina dell'autrice per controllare se avesse scritto
qualche altra storia. Aveva pubblicato poco: solo qualche poesia e
una one-shot su un fandom che non conoscevo.
In compenso mi ritrovai a
leggere la sua presentazione.
Ave, popolo di EFP!
Vengo in pace!
Che dire di me? Sono
una normalissima ragazza di vent'anni con tanti sogni e tante
aspirazioni.
Vivo di libri, serie
TV, anime e manga. Il mio televisore è costantemente
sintonizzato su Top Crime e venderei gli organi per avere
l'abbonamento costante a Netflix.
Adoro viaggiare,
l'arte in tutte le sue forme e le tartarughe ♥
Non ho tanto altro
da dire, quindi lascio parlare le mie storie, che sicuramente mi
descriveranno molto meglio di quanto non sappia fare io!
Grazie per essere
anche solo passati da queste parti!!
-Dreamy
Trovai quella piccola
biografia davvero carina e dolce.
Quando mi resi conto che
erano già le due di notte, sobbalzai sulla sedia e mi
affrettai a spegnere il pc; l'indomani alle otto sarei dovuta partire
alla volta di Brescia per il prossimo firmacopie e di certo non
volevo fare tardi per via della mia morbosa curiosità.
Mi misi a letto e cercai di
prendere sonno, mentre ancora ripensavo agli avvenimenti della storia
che mi aveva tanto coinvolto.
Il giorno dopo, una volta
terminato l'incontro con i fan, accedetti a EFP dal cellulare e
trovai quattordici messaggi da leggere: le risposte di DreamingAwake.
Le lessi velocemente mentre stazionavo sul taxi insieme a Romina, la
mia agente, ed Enrico, il rappresentante della mia casa editrice.
Dramy – così si
faceva chiamare – sembrava davvero entusiasta dei miei
apprezzamenti e mi ripeteva che le mie parole la commuovevano. Capivo
perfettamente cosa intendesse, perché anche io ricevevo spesso
complimenti del genere e non sapevo mai come comportarmi e cosa
rispondere.
La
mia storia aveva pochissimo seguito, non pensavo potesse piacere così
tanto a qualcuno, ripeteva
spesso.
Avrei voluto ricambiare
le tue recensioni così gentili, ma il tuo profilo è
vuoto! Non hai mai pensato di pubblicare qualcosa? Dal tuo modo di
scrivere mi pare di capire che tu sia molto brava ^^
Quella domanda mi colse alla
sprovvista. Effettivamente avevo pensato di postare qualche poesia
che avevo scarabocchiato nei mesi precedenti, ma ancora non mi ci ero
dedicata veramente. Forse avevo paura che venissero giudicate
negativamente: non ero mai stata brava nella scrittura in versi e sul
sito era pieno di poeti più bravi e abili di me.
Comunque le risposi:
Sono felicissima che i
miei commenti ti abbiano emozionato tanto; spero ti diano anche la
forza per portare avanti la storia, perché ne vale davvero la
pena... e io sono curiosissima!!!! *-*
Innanzitutto grazie per
il pensiero dolce, ma non lascio mai delle recensioni per ottenere
qualcosa in cambio ^^ comunque ho delle poesie che da mesi vegetano
su un blocco degli appunti... potrei prendere in considerazione
l'idea di pubblicarle, ma non ti prometto niente :P
“Terra chiama
Camilla!” Enrico mi diede di gomito e io sobbalzai. Solo allora
mi resi conto che il taxi si era fermato e ci trovavamo di fronte al
nostro albergo, un grazioso edificio dalla facciata color pesca.
“Oh, sì, okay,
siamo arrivati...” biascicai, per poi scoppiare a ridere. Il
ragazzo al mio fianco venne contagiato dalla mia risata e mi spinse
fuori dall'abitacolo.
Romina ci osservava col suo
solito sguardo serio; si trovava sul marciapiede già da
qualche secondo, dopo aver pagato la corsa al tassista.
Romina aveva trentasei anni,
era ben piazzata e in certi momenti incuteva timore: non perdeva mai
la sua espressione dura e severa, diceva sempre ciò che
pensava senza troppi giri di parole; ma ormai avevo imparato a
conoscerla e sapevo che dietro quell'atteggiamento si celava un cuore
grande e un grande senso della responsabilità. Mi ero trovata
subito bene con lei: avevamo la stessa idea di lavoro, di puntualità,
di precisione.
“Ragazze, ho una
proposta!” esclamò Enrico mentre ci dirigevamo verso la
porta a vetri che dava alla hall dell'albergo.
“Dimmi tutto!”
esclamai curiosa.
“Dopo cena ci facciamo
un drink al bar per festeggiare il successo di questo tour! Tanto
domani non abbiamo nessun firmacopie e possiamo concederci di alzarci
un po' più tardi del solito!”
Osservai il mio amico –
ormai lo potevo considerare tale – con espressione scettica. I
suoi capelli corvini e mossi erano scarmigliati e sotto i suoi grandi
occhi color ghiaccio cominciavano a formarsi delle leggere occhiaie,
in netto contrasto con la sua carnagione quasi bianca; era stanco,
proprio come me, ma non perdeva mai la sua energia.
Dopo qualche secondo di
silenzio, scoppiò a ridere. “Perché mi guardi
così, Milla?”
Ridacchiai a mia volta. “No,
stavo solo riflettendo... okay, comunque, accetto! Spero solo di non
addormentarmi sul piatto durante la cena!”
“Io non penso di
farcela, sono davvero stremata” affermò invece Romina
senza scomporsi troppo.
Cenammo nel ristorante
dell'albergo, che offriva un menu incredibilmente ricco. Optai per
qualcosa di semplice: mi volevo tenere leggera. E poi le pietanze non
troppo sofisticate mi ricordavano la mia casa e la mia famiglia, che
mi mancavano tanto quando partivo per i tour: mia madre era una cuoca
eccezionale, sapeva rendere speciale anche una fetta di pane con il
pomodoro.
Io ed Enrico ridemmo per
tutto il tempo senza un vero motivo, rischiando di sputacchiare i
bocconi di cibo per tutta la tovaglia. Romina intanto spostava lo
sguardo da noi al suo cellulare e pareva davvero preoccupata per la
nostra salute mentale.
Io
e il rispettabile rappresentante
della Corbaccio eravamo due casi persi, lo sapevamo bene.
Dopo aver svuotato i nostri
piatti, io ed Enrico salutammo Romina e ci dirigemmo verso il bar. Si
trattava di una grande sala dalle luci soffuse; in sottofondo
scorreva una playlist di celebri hit anni Ottanta.
Ci sistemammo su un
divanetto color panna non troppo distante dal bancone del bar e io
ordinai una semplice birra, mentre Enrico snocciolava nomi di
cocktail più o meno forti.
“Non sono una fan dei
miscugli, non so cosa consigliarti” lo liquidai con un'alzata
di spalle.
“Posso ordinare
qualcosa anche per te? Una roba forte e poi ci lanciamo in pista!”
propose con convinzione.
Scoppiai a ridere. “Ho
deciso birra e birra sia!”
“Va bene!” si
arrese lui. Stava per allontanarsi, poi si voltò nuovamente
verso di me. “Però in pista ci lanciamo lo stesso!”
“Sai una cosa?”
“No, finché non
me la dici.”
Diedi una leggera gomitata
al mio amico. “Spiritoso! No, dai, è una cosa seria... e
sei la prima persona a cui lo dico. Ho deciso di iscrivermi a EFP.”
Enrico sgranò
leggermente gli occhi, sorpreso. “Il sito per scrittori
emergenti? Che ci fai, Milla?”
“Mah, ero curiosa. Ho
trovato già alcune storie carine” raccontai con
orgoglio.
“E tu non pubblicherai
niente, vero?”
“Non lo so. Ho
delle... delle poesie che ho scritto qualche tempo fa. Ma sono
indecisa.”
“Ehi! Non mi hai mai
detto niente della tua vita parallela da poetessa!” Il ragazzo
incrociò le braccia al petto, fintamente offeso. Il suo
broncio non era per niente credibile.
Ridacchiai. “Non mi
sembrava tanto importante, i miei versi sono abbastanza pietosi! Però
se vuoi posso farti leggere qualche mio componimento” proposi,
leggermente in imbarazzo.
La verità era che le
mie poesie erano molto personali ed ero restia a farle leggere a
qualcuno. Ma di Enrico mi fidavo, avevo legato molto con lui negli
anni e lo consideravo il mio unico angolino di casa durante i viaggi
di lavoro.
“Ci sto!”
accettò lui con un enorme sorriso sulle labbra, poi mi diede
un buffetto sulla guancia.
Ricambiai il sorriso.
“Allora, me lo concedi
'sto benedetto ballo?” mi domandò, sentendo le prime
note di una celebre canzone dei Roxette.
Non ero una grande ballerina
e non mi piaceva espormi troppo, ma quel giorno ero davvero felice e
decisi di accontentarlo. “Una e basta?”
“Una e basta”
acconsentì, poi scattò in piedi e mi tese una mano
affinché lo imitassi.
I
giorni si susseguivano in fretta, e con loro anche le date del mio
tour di presentazione. L'Ultimo Giro di Giostra
stava riscuotendo tantissimo successo e – mi disse Romina –
nel giro di pochi giorni sarebbe diventato un bestseller al pari
delle altre mie due pubblicazioni.
Intanto io e Dreamy
continuavamo a scambiarci messaggi su EFP. Chiacchieravamo del più
e del meno come amiche di vecchia data, a partire dai piatti
preferite fino alle esperienze sgradevoli a scuola con compagni e
professori.
Non
le rivelai la mia vera identità, non lo trovavo necessario e
pensavo che non mi avrebbe nemmeno creduto. E poi mi piaceva avere
un'amica normale,
con cui conversare di argomenti comuni.
Un giorno mi scrisse
qualcosa che mi stupì:
Grazie davvero, Cindy.
Credi in me e mi spingi a portare avanti le mie storie senza nemmeno
conoscermi, sei sempre disposta a chiacchierare e ascoltarmi. Con te
mi sento libera. Sei un'amica! ♥
Mi lasciai sfuggire un
pigolio intenerito. Romina, che sedeva accanto a me sul taxi, mi
lanciò un'occhiata perplessa ma non osò fare domande.
Digitai le prime parole che
mi vennero in mente.
Aww *___* grazie
tesoro, anche per me è lo stesso! Non è facile trovare
delle persone con cui si riesce ad andare d'accordo subito, ma a noi
è successo, è come se ci conoscessimo da una vita! Sei
dolcissima :3
Il tempo di ricaricare la
pagina dei messaggi e la sua risposta era già lì.
Ehi, se vuoi aggiungimi
su facebook: mi chiamo Eliana Martini (mi riconosci perché tra
parentesi ho il mio soprannome, Dreamy). Mi viene più facile
comunicare lì. Se hai fb, ovviamente XD
Mi irrigidii leggermente. Mi
sarebbe piaciuto averla come amica su facebook, ma in tal caso avrei
dovuto svelarle la mia identità ed era l'ultima cosa che
volevo.
Architettai una risposta per
uscire da quella situazione.
Mi dispiace, non ho fb,
sono un po' all'antica xD spero non ti dispiaccia continuare a
parlare qui su EFP! Comunque grazie per il pensiero!
Che fai stasera? Ti
prego, dimmi che stai scrivendo Il Limboooo *-*
Decisi di cercare comunque
il suo profilo: ero curiosa di scoprire che volto avesse la mia
interlocutrice.
La trovai subito e non
rimasi affatto delusa dal suo aspetto fisico: la immaginavo proprio
così.
La foto del profilo la
mostrava per intero, mentre posava su una stradina marittima e
sabbiosa. Portava i capelli lisci e lunghi, castano scuro, illuminati
da dei colpi di sole biondi; indossava un paio di occhiali dalla
montatura viola, che si sposavano perfettamente con i suoi lineamenti
gentili e delicati. Gli occhi erano in ombra, non riuscivo a
scorgerne il colore, ma immaginai fossero molto grandi. Aveva un
fisico snello e slanciato e sfoggiava degli abiti semplici e
abbastanza comuni.
In
quel di Palermo,
recitava una didascalia. Lo scatto risaliva all'estate precedente:
doveva trattarsi della testimonianza di uno dei suoi tanti viaggi.
Era molto graziosa, mi fece
una buona impressione.
Il mio nome saltò
fuori per caso, quando meno me l'aspettavo.
Stavamo parlando dei nostri
libri preferiti, quando lei mi scrisse:
Una delle mie autrici
preferite è Camilla Giurato, ce l'hai presente? Adoro il suo
stile, i suoi libri mi conquistano sempre, dalla prima all'ultima
parola! Hai letto l'ultimo libro? Quando ho saputo che doveva
pubblicare un thriller ho dato di matto, il mio genere preferito! E
non sbaglia un colpo!
Sai, stavo pensando di
andare al suo firmacopie di Modena, che è la città più
vicina a me, però non so. Ho paura di ritrovarmi di fronte a
lei e non sapere cosa dire, la stimo tanto e non posso rischiare di
fare una brutta impressione su di lei! Allo stesso tempo la vorrei
conoscere perché è tanto dolce e umile, ha un sorriso
fantastico... emana luce pura! *-*
Tu che mi consigli?
Quando lessi quel messaggio,
ero in compagnia di Enrico.
“Milla, stai bene?”
mi domandò, notando che ero impallidita.
“S-sì, non ti
preoccupare” borbottai.
Lui mi lanciò
un'occhiata scettica: sapevo che non era finita lì, avrebbe
indagato ancora.
Ma io cosa potevo
consigliare alla mia amica? Ci riflettei su e arrivai alla
conclusione che l'onestà era la risposta giusta: dovevo darle
un consiglio sincero, spiegarle cosa avrei fatto io nella sua
situazione.
Sì, ho presente
la Giurato, mi pare di aver letto qualcosa di suo ^^
Non perderti
quest'opportunità nemmeno per scherzo, capito? Se lei è
un tuo idolo, dovresti andare a quel firmacopie... e non ti
vergognare di come potresti reagire: se è tanto dolce e buona
come dici, farà il possibile per metterti a tuo agio!
Quando sarà
l'incontro a Modena?
Domanda stupida: lo sapevo
benissimo. Mancavano appena due settimane.
E io mi stavo cacciando in
una situazione decisamente troppo complicata.
♠ ♠ ♠
Ciao
a tutti ^^
Non
so come andrà a finire quest'avventura iniziata quasi per
caso. Come avrete sicuramente letto nella presentazione, questa
storia nasce per partecipare a un contest (molto carino e originale)
per cui mi è staro assegnato un prompt; quest'ultimo vi verrà
svelato solo nell'ultimo capitolo, a storia conclusa. In realtà
era una traccia molto semplice, che però mi ha portato a
elaborare il personaggio di Camilla e di conseguenza tutta la sua
storia.
A
proposito di Camilla: ci tengo a ringraziare la mia dolce Hanna per
l'inconscia ma importantissima ispirazione *-*
Spero
che questa minilong possa essere di vostro gradimento e ringrazio
chiunque sia giunto fin qui :3
Alla
prossima!!! ♥
|
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Capitolo 2 *** II ***
ReggaeFamily
II
Quella
mattina ero parecchio agitata, nonostante cercassi in tutti i modi di
non darlo a vedere. Prima di uscire dalla stanza dell'albergo di
Modena in cui alloggiavo, avevo fissato la mia immagine nello
specchio e mi ero stampata sulle labbra il sorriso più
credibile che mi era possibile in quel momento.
Non
volevo che qualcuno si preoccupasse per me.
“Milla,
buongiorno!” mi salutò Enrico con allegria, mentre si
apprestava a richiudere la porta della sua stanza.
“Ehi!
Dormito bene?” gli domandai, avvicinandomi a lui. Osservandolo
meglio, notai che i suoi occhi erano segnati dalla stanchezza tipica
di chi passa una notte insonne.
“Alla
grande” esclamò il mio amico, facendo volare in aria le
chiavi della sua camera; si diresse a passo spedito verso
l'ascensore.
Aggrottai
le sopracciglia e lo seguii con una certa preoccupazione. Ultimamente
lo vedevo più stanco del solito; sebbene da una parte fosse
normale, dato che eravamo in tour da diverse settimane, non era certo
da lui lasciarsi stravolgere dalla frenetica routine del viaggio.
Gli
posai una mano sul braccio mentre premeva il pulsante per richiamare
l'ascensore. Non si voltò verso di me e non aprì bocca.
“Rick,
sul serio: va tutto bene? Mi sembri un attimo provato. Non stai
riposando?” gli domandai con dolcezza e apprensione, sperando
che la mia domanda non risultasse poco discreta.
“Mah,
ultimamente ho un po' da pensare” ammise, senza tuttavia alzare
lo sguardo su di me.
“Spero
non sia per colpa del tour; non vorrei che tutto ciò ti metta
addosso troppa pressione.”
Enrico
mi rivolse un lieve sorriso e mi strinse in un veloce abbraccio,
proprio mentre le porte davanti a noi si aprivano. “Sei sempre
così premurosa e dolce!” esclamò, prima di
intrufolarsi dentro il box.
Ridacchiai
e lo seguii. “Sei mio amico, è ovvio che mi preoccupo!”
Calò
il silenzio per qualche secondo, riempito solo dal ronzio
dell'ascensore.
Scrutai
per un attimo il riflesso di Enrico nello specchio di fronte a sé:
i suoi chiarissimi occhi erano seri e imperscrutabili.
“Un
giorno mi dirai che succede?” mormorai, sempre più in
ansia. Non l'avevo mai visto così.
Lui
mi strinse per un secondo la mano. “Penso che un giorno lo
scoprirai.”
In
quel momento le porte dell'ascensore si aprirono; Romina era già
lì, ci aspettava in piedi mentre consultava una cartelletta
zeppa di fogli.
Eravamo
pronti per l'ennesimo firmacopie.
Tenevo
lo sguardo basso sui libri che, uno dopo l'altro, sfilavano sul
banchetto bianco dietro il quale mi trovavo. Dovevo concentrarmi solo
sulle persone che avevo di fronte e renderle felici.
Da
quando ero giunta in quel punto vendita Mondadori, avevo evitato di
guardarmi attorno e incrociare gli sguardi dei miei tanti ammiratori:
la verità era che avevo paura di trovarmi faccia a faccia con
Dreamy, non avrei saputo che fare. Avrei dovuto svelarle la mia
identità o mantenere ancora il segreto? Per quanto mi piacesse
dare consigli al prossimo, non sapevo mai che fare quando mi trovavo
di fronte a un problema in prima persona.
Comunque
cercai di non pensarci troppo: stavo lavorando e dovevo dare il
massimo.
Tutto
sembrava andare per il meglio, fin quando non mi si presentò
di fronte una ragazza alta e snella, che indossava una giacca blu
notte e dei jeans neri; il suo viso dai lineamenti marcati era
leggermente truccato e abbellito da un enorme sorriso, mentre una
folta chioma di capelli lunghi e lisci, castano scuro con dei colpi
di sole biondi, le ricadevano sulle spalle.
Era
lei.
Ricambiai
il suo sorriso emozionato, cercando di darmi un contegno e non far
trasparire il disagio che provavo.
“Ciao!”
la salutai con disinvoltura, aprendo uno dei tre volumi che mi aveva
posato di fronte.
“Ciao”
rispose lei timidamente. Aveva un timbro abbastanza basso e
contenuto, come se attirare l'attenzione non fosse nella sua natura.
“Allora,
come ti chiami?” le domandai. Mi veniva quasi da ridere: lo
sapevo benissimo, eppure non riuscivo proprio a portar fuori la
verità.
“Eliana”
rispose lei, mentre le sue guance si coloravano leggermente di rosso.
“Okay.”
Riflettei per qualche secondo su cosa avrei potuto scrivere e mi
venne in mente un'idea bizzarra: e se nella dedica avessi sostituito
Eliana con Dreamy? In questo modo lei avrebbe capito chi fossi.
Valutai
quell'idea solo per un istante, poi scossi la testa e avvicinai la
punta della mia penna verde al foglio.
A
Eliana,
al
suo dolce sorriso che comunica tutto.
Camilla
♥
Non
ci riuscivo, era più forte di me. Lei era una delle persone
che sentivo più vicine in quel periodo, l'avevo di fronte,
eppure non ero capace di portare fuori la verità. E se si
fosse arrabbiata? E se l'avessi delusa?
Non
volevo rischiare.
“Grazie,
sono delle parole bellissime!” Eliana teneva il libro tra le
mani e spostava lo sguardo dalla dedica a me, gli occhi illuminati e
colmi di emozione.
“Figurati!
Il tuo sorriso mi ha colpito molto. Ora firmo anche gli altri”
affermai.
La
mano mi tremava leggermente mentre tracciavo il mio nome sulla carta
bianca.
“Posso...
chiederti una foto?” mi domandò la ragazza, per poi
avvampare.
“Certo,
vieni qui!” Le circondai le spalle con un braccio quando mi fu
a fianco; posai per il selfie, poi Dreamy afferrò la mia mano
e la strinse per qualche istante.
“Grazie,
i tuoi libri sono di grande ispirazione per me” mormorò.
“Di
che mi ringrazi? Senza scrittura non potrei vivere!”
“Anche
per me è così.”
Mi
si spezzava il cuore, avrei voluto piangere.
Oh,
Dreamy, se solo sapessi!
D'istinto la abbracciai,
sperando che quell'abbraccio potesse comunicarle ciò che a
parole non potevo esprimere. Lei in un primo momento parve spiazzata,
poi ricambiò la stretta.
Quando sciogliemmo
l'abbraccio, la ragazza fu costretta a raccattare i suoi libri e dare
spazio alle altre persone che stavano in fila.
Prima di perdersi in mezzo
alla folla, mi regalò un ultimo sguardo colmo di gratitudine.
Avvertii un nodo in gola.
“Camilla, Camilla! Mi
puoi firmare questo libro? Così lo regalo a mia sorella per il
compleanno!” La vocina di un bambino mi riportò alla
realtà: un ragazzino di circa dieci anni, alto poco più
del banchetto, sventolava in aria una copia del mio ultimo romanzo.
Non potei trattenere in
gridolino intenerito. “Ma certo, piccolo! Come mai tua sorella
non è qui?” gli domandai curiosa.
“Perché lei va
all'università e vive in un'altra casa” spiegò
lui, rabbuiandosi leggermente.
“E ti manca?”
“Sì, tanto.”
Gli sfilai con delicatezza
il volume dalle mani. “Come si chiama tua sorella?”
Su EFP trovai un messaggio
di Dreamy risalente alla sera prima.
ODDIO CHE EMOZIONE,
domani vado da Camilla Giurato!!!! Non ci posso credere, è un
sogno *-* sicuramente farò qualche figuraccia, non so cosa
dirle!!! Oddio, lei è un genio!
Buona fortuna a me XD
Mi lasciai sfuggire un
sospiro.
“Che c'è?”
s'informò Enrico, seduto sul sedile posteriore del taxi
accanto a me.
“Niente” tagliai
corto.
Digitai in fretta la
risposta.
ODDIOOOO, com'è
andata????
Era lecito chiederglielo,
lei se lo sarebbe aspettato. Anche se in realtà sapevo già
tutto.
“Milla? Mi stai
ascoltando?”
Caddi dalle nuvole. “Sì?”
“Serata al pub sul
retro dell'albergo?”
Misi via il cellulare e mi
voltai verso di lui. “Stavolta ho proprio bisogno di lanciarmi
in pista a ballare per un paio d'ore!”
Nonostante indossassi
soltanto una leggera maglietta a maniche corte e un paio di leggings
in cotone, le alte temperature nella stanza e il calore delle luci
stroboscopiche mi facevano sudare.
Non era proprio da me
scatenarmi a ritmo, soprattutto nel bel mezzo di un locale zeppo di
gente. Eppure quel giorno ne avevo proprio voglia.
Mi sentivo stranamente
euforica.
Mentre sorseggiavo il drink
che Enrico aveva insistito per offrirmi e ondeggiavo leggermente a
suon di musica, il mio amico mi osservava contento.
“Però mi
preoccupi” ammise.
“Perché?
Cos'ho?” gli domandai con un sorriso.
“Non è da te
comportarti così.”
“Mmh... tu dici?”
Iniziai a ridacchiare; forse l'alcol stava già sortendo i suoi
effetti, non ero abituata a bere più di tanto.
“Vabbè,
lasciamo perdere. Allora, mi concedi questo ballo?” mi domandò
del tutto a sproposito, dato che nel locale si diffondevano le note
di una canzone movimentata e per niente adatta a un ballo di coppia.
Esultai e mi esibii in una
giravolta, sorridendo raggiante. Di certo io e lui non ci saremmo mai
lanciati in balli romantici o seri, eravamo amici, e poi io avevo un
modo di fare molto più libero e rilassato.
Ricominciai a ballare per
tutta la pista, spostandomi in fretta, mentre Enrico mi correva
dietro; così iniziammo un buffo inseguimento tra la folla,
ridendo e schiamazzando come due bambini.
Io avevo ventotto anni e lui
ventisei, ma in certe occasioni era come se ne avessimo venti in
meno.
Quando il brano su cui
stavamo ballando terminò, Enrico mi raggiunse e mi posò
una mano sulla spalla. Mi voltai e ridacchiai nel vedere il suo volto
arrossato dalla fatica.
“Sei stravolto!”
lo sbeffeggiai con una linguaccia.
“Però ti ho
raggiunto!” obiettò, abbracciandomi affettuosamente per
sottolineare la sua vittoria. “Sai,” aggiunse poi, “sei
così allegra e positiva che stare accanto a te mi fa stare
bene. Sei come una cura.”
Rimasi parecchio perplessa
da quella sua affermazione: non era il tipo che si lasciava andare a
discorsi strappalacrime o manifestazioni esplicite d'affetto. Forse,
come me, aveva alzato un po' troppo il gomito.
Non sapevo come rispondere,
ma quelle parole mi stamparono in viso un sorriso a trentadue denti.
Sorrise a sua volta, poi si
fece nuovamente serio; riconobbi lo sguardo di quella mattina, quella
strana malinconia che aveva velato i suoi occhi chiari.
Qualcosa non andava, era
ovvio, non si trattava di un malumore passeggero. Stavo cominciando a
preoccuparmi: magari aveva dei problemi in famiglia o aveva avuto un
diverbio con qualcuno della casa editrice, e non me ne voleva parlare
per non spaventarmi.
Gli afferrai un polso e lo
trascinai in un angolo un po' più appartato dalla stanza.
“Rick, sono in
pensiero per te. Sei triste.” Puntai i miei occhi dritti nei
suoi, sperando di riuscire a leggervi qualcosa.
“No, tranquilla, è
solo che...” cominciò lui, ma le parole gli si mozzarono
in gola.
“Che...? Se vuoi
possiamo andare in un altro posto, questo non è l'ideale per
parlare” proposi, cercando di metterlo a suo agio.
Sospirò, i lineamenti
delicati contratti e il viso pallido. “Milla...”
Deglutii a fatica, sempre
più in ansia. “Sì?”
Enrico aveva abbassato lo
sguardo, a disagio; mi strinse con delicatezza un braccio, poi mi
attirò a sé e posò dolcemente le sue labbra
sulle mie.
Se un attimo prima ero fuoco
allo stato puro, in quel momento divenni di ghiaccio. Non reagii: non
lo strinsi a me, non lo respinsi, non ricambiai.
Volevo solo piangere per la
commovente delicatezza di quel gesto: trasmetteva un amore e una
passione che io non ero in grado di provare nei suoi confronti.
Enrico era un fratello per
me, gli volevo un bene immenso, lo stimavo in campo lavorativo così
come a livello personale, ma per lui non provavo nient'altro oltre
questo.
Lui interruppe quasi subito
quel contatto e si fissò la punta delle scarpe. “Ecco,
ora sai perché sto così.”
Gli presi il viso tra le
mani e lo costrinsi a guardarmi. “MI stai dicendo che sono io
la causa della tua tristezza? Dimmi cosa posso fare per porre
rimedio.”
“No, è colpa
mia. So bene che non ti potrò mai avere, so che tu non ricambi
i miei sentimenti. E poi sto mischiando la mia vita privata con il
lavoro.”
“Andiamo”
affermai, poi mi diressi verso l'uscita del locale.
Avevamo bisogno di parlare e
chiarire questa situazione, così lo invitai in camera mia,
dove potevamo star lontani da orecchie indiscrete.
“Non voglio che tu
stia male, dobbiamo assolutamente trovare una soluzione!”
esclamai, dopo essermi chiusa la porta alle spalle.
Enrico si era già
rannicchiato sul mio comodino, stringendosi le ginocchia al petto.
Avevo paura potesse perdere l'equilibrio da un momento all'altro.
Mossi qualche passo verso di
lui e mi sedetti sul materasso.
“Tu non c'entri, è
qualcosa che devo superare da solo.”
“Ma io ti posso
aiutare! Vuoi che ti stia vicino o preferisci che mantenga le
distanze?”
“Ho bisogno solo di
una cosa: comportati come sempre, fai finta di niente se puoi. Come
te, non accetterei che il nostro rapporto si sgretoli per colpa di
questa... situazione.”
Calò il silenzio per
qualche secondo e io frugai nella mia mente, in cerca di qualcosa da
dire per rompere il ghiaccio. “Però balli bene” me
ne uscii, poi scoppiai in una risata fragorosa e completamente senza
senso.
Enrico ben presto venne
contagiato. “Che scema, lo dici solo per prendermi per il
culo!” mi accusò mentre rovinava sul mio materasso.
Ecco, sapevo che non sarebbe durato molto in quella posizione
precaria.
“Ti posso
abbracciare?” gli chiesi. Mi sembrava giusto domandare il
permesso per un gesto così avventato.
Lui, in tutta risposta, mi
attirò a sé senza smettere di ridere.
Trascorremmo qualche altro
minuto insieme, in cui mi resi conto che nulla era cambiato tra noi.
Nonostante il bacio che mi aveva rubato, non riuscivo a vederlo
diverso dal solito: era sempre lui, il solito Enrico.
Era circa l'una di notte
quando lui lasciò la mia stanza.
Prima di mettermi a letto,
diedi una sbirciata a EFP. Dreamy mi aveva risposto, raccontandomi
dell'incontro di quel pomeriggio con me, ma in quel momento non avevo
voglia di aprirlo.
In compenso, trovai una
bella sorpresa tra le Seguite: un nuovo capitolo di Il Limbo dei
Bugiardi.
Il giorno dopo ebbi il
coraggio di aprire il messaggio di Dreamy:
CINDY, ODDIO, E' STATO
FANTASTICO!!!!!!!!!
Ancora non ci posso
credere, oh mio dio O.O
Allora, Camilla è
esattamente come me l'aspettavo: ha un sorriso che illumina un'intera
galassia, è umile, dolce, gentile e disponibile! Mi ha anche
abbracciato, TI RENDI CONTO??? *___*
Io ero
imbarazzatissima, non sapevo cosa dire e non volevo sommergerla di
complimenti, perché quel giorno ne aveva già ricevuto
parecchi. Ma lei mi ha messo a mio agio e mi ha scritto una dedica
bellissima sul libro: ha detto che ho un sorriso dolce!
Ha superato perfino le
mie aspettative e anche ora se ci ripenso mi si inumidiscono gli
occhi per l'emozione! La adoro, è una persona fantastica e
spero di rivederla presto a un altro firmacopie!!! ♥ ♥
♥
Una lacrima scivolò
sulla mia guancia senza che riuscissi a controllarla.
Non fui mai così
contenta di tornare nella mia adorata Toscana. Quel tour di
presentazione mi aveva davvero sfiancato e mi aveva sottoposto a
diverse situazioni problematiche: prima Dreamy, poi Enrico.
“Tesoro!”
esclamò mia madre non appena rientrai a casa, stringendomi in
un caloroso abbraccio. Era bello trovarsi nuovamente lì, tra
le sue braccia forti e protettive.
Come da tradizione, una
volta tornata da un viaggio ero invitata a pranzo a casa dei miei;
infatti nell'aria si diffondeva un odore delizioso, che associai
subito alle lasagne.
Stavo trascinando ancora le
valigie per l'ingresso, quando Maddalena mi saltò
letteralmente al collo. “Cami, mi sei mancata!”
La strinsi a me e le diedi
un bacio sulla guancia. “Ehi Maddy, piccola peste!”
Maddalena era mia sorella,
aveva ventun anni ed era la ragazza più bella che avessi mai
visto: capelli color miele, occhi grandi e azzurri, fisico perfetto,
lineamenti dolci. Io e lei eravamo inseparabili, condividevamo tutto
da sempre.
Una volta in cucina, salutai
anche papà e Christian; quest'ultimo era il piccolo della
famiglia, aveva tredici anni e io adoravo coccolarlo.
“Allora, com'è
andato questo viaggio?” domandò Maddalena una volta
radunati tutti attorno al tavolo.
Mi lanciai in un articolato
racconto delle città in cui ero stata, delle persone che mi
erano rimaste impresse, di quanto mi fossi divertita con Enrico.
Omisi dal racconto sia il bacio che il ragazzo mi aveva dato a
Modena, sia l'incontro con la mia nuova amica: ne avrei parlato con
mia sorella in separata sede.
Rimasi tutto il pomeriggio
insieme alla mia famiglia, che mi era mancata davvero tanto. Inutile
negarlo: ero profondamente legata a tutti loro.
Di sera decisi di non
restare a cena e tornare nel mio appartamento. Ero distrutta, non
vedevo l'ora di fare una doccia calda e rannicchiarmi a letto.
Ormai erano passati tre mesi
dal tour per l'Italia e la mia vita aveva ripreso a scorrere secondo
la sua naturale routine.
Anche EFP era entrato a
farne parte.
Quasi mi venne da piangere
quando, quella sera, lessi le note finali della storia di Dreamy. Mi
ero affezionata tanto ai suoi personaggi e, soprattutto, avevo
trovato quel racconto un vero capolavoro della letteratura. Mi
sarebbe mancato tantissimo.
La mia amica spese delle
parole dolcissime per me: mi ringraziò tanto e addirittura
affermò che, se non fosse stato per la fiducia che avevo
riposto in lei, non sarebbe mai riuscita a portare a termine il suo
scritto.
Le lasciai una recensione
molto lunga e sentita, in cui mi complimentavo ancora una volta per
il suo ottimo lavoro e la spronavo a iniziare una nuova long, a
scrivere ancora.
In privato invece le
scrissi:
Il Limbo è UNA
BOMBA!! Hai mai pensato di pubblicarla seriamente? Come un libro
intendo.
Lei doveva essere sul sito,
perché mi rispose quasi subito.
Aww Cindy, sei troppo
buona con me *-* in realtà è una storia di cui vado
abbastanza fiera, è il primo thriller “serio”
della mia vita e non ti nascondo che mi piacerebbe inviarlo a qualche
casa editrice. Ma non ho i soldi per farlo e sicuramente i grandi
nomi come Giunti ecc non mi noterebbero mai! Penso che rimarrà
un sogno nel cassetto.
Queste sue parole non mi
piacquero per niente. La sua storia meritava, doveva emergere ed
essere letta da molte persone. Dreamy era nata per fare la
scrittrice, glielo ripetevo sempre, e ammettevo senza problemi di
essere una sua grande fan.
Osservai la sottile barretta
che lampeggiava nel campo di scrittura, mentre pensavo a una
soluzione. Non l'avrei convinta facilmente, lo sapevo: tante volte le
avevo proposto di contattare una casa editrice, ma lei si era sempre
mostrata riluttante e disillusa.
All'improvviso mi illuminai:
mi era venuta in mente un'idea geniale.
Ti prometto che avrai
l'occasione per farti conoscere, fidati di me ;)
Non l'avevo scritto a caso,
anche perché non l'avrei mai potuta illudere di qualcosa che
non sarebbe successo.
Mentre spegnevo il computer,
afferrai il cellulare e chiamai Enrico.
“Milla! Sono le dieci
di notte, mi devo preoccupare?” esordì lui dopo appena
due squilli.
“Ho bisogno del tuo
aiuto per una cosa. Ci stai?” gli chiesi in tono complice,
mentre un sorrisetto mi increspava le labbra.
“Oh mio dio... cosa
hai in mente?”
“Vedrai!”
|
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Capitolo 3 *** III ***
ReggaeFamily
III
Bussai
alla porta e attesi di sentire la voce di Mauro, il capo editore, che
dava il permesso per entrare.
Ero
tesa e stringevo il mio fascicolo di fogli con le mani sudaticce.
Stavo per compiere un passo azzardato, ma ormai avevo lanciato l'amo
e non potevo più tornare indietro.
“Avanti!”
sentii dire al gran vocione di Mauro, così spinsi appena la
porta e mi intrufolai nel suo ufficio. Mi trovai davanti la solita
scrivania blu stracolma di fogli che ormai conoscevo bene, dietro la
quale il mio editore digitava velocemente al computer. Appena mi vide
entrare, l'uomo si illuminò. “Signorina Giurato! Venga,
si accomodi: sono molto curioso di scoprire come mai ha richiesto
quest'appuntamento con me!”
Mauro
Stefanelli, capo della sede toscana della Corbaccio, aveva un aspetto
severo e minaccioso, ma in realtà era un uomo buono e
comprensivo; mi aveva preso in simpatia da quando, intimorita e piena
d'ansia, mi ero presentata nel suo ufficio per presentargli il mio
primo romanzo.
“Buongiorno.”
Presi posto sulla sedia davanti a lui, cercando di mostrarmi
disinvolta. “Sono qui perché ho finito di scrivere un
nuovo libro” buttai fuori tutto d'un fiato, posando sulla
scrivania la risma di fogli e la pennina USB che stringevo tra le
mani.
Lui
inarcò un sopracciglio e mi osservò da dietro i suoi
occhiali piccoli e argentati. “Di già? Non mi aveva
comunicato che stava lavorando a un nuovo progetto.”
“Beh,
non ero sicura della sua buona riuscita, quindi ho deciso di non dire
niente prima di finire.”
Lui
afferrò la copia cartacea dello scritto. “Il Limbo
dei Bugiardi... va bene, lo
prenderemo in esame. Ma sono sicuro che questo sarà il suo
ennesimo capolavoro.”
Sorrisi e mi alzai, per poi
stringere la mano a Mauro.
Una volta in corridoio,
esultai tra me e me: ce l'avevo fatta!
Mentre mi dirigevo alla
saletta ristoro per prendere un caffè al distributore
automatico, incrociai Enrico che proprio in quel momento stava
lasciando la sua postazione.
“Allora?” mi
interrogò con un'espressione scettica.
Gli rivolsi un sorriso
raggiante e lo trascinai con me. “Vieni, il punto ristoro
dovrebbe essere vuoto adesso” mormorai in tono cospiratorio.
Una volta nella stanza,
Enrico prese posto su una sedia girevole, che si trovava davanti alla
grande scrivania addossata alla parete, mentre io mi avvicinai al
distributore delle bevande calde. Come previsto, eravamo da soli.
“Allora, ci è
cascato?” volle sapere il mio amico in tono piatto.
“Alla grande: non ha
fatto troppe domande e mi ha detto che mi farà sapere”
raccontai mentre inserivo una manciata di monetine nell'apposita
fessura.
“Fantastico”
commentò Enrico in tono fortemente sarcastico. “Senti
Milla, te lo dico da amico: ti stai cacciando in un grosso guaio. Sia
Mauro sia la tua amica perderanno la fiducia in te quando scopriranno
cos'hai combinato.”
Incassai il colpo senza
scompormi: dopotutto sapevo che aveva ragione, avevo commesso un
grave errore. “Mmh, vediamo... prenderò il caffè
macchiato o quello normale? Ah no, qui ci vuole più
zucchero...” borbottai con indifferenza, sperando che il
ragazzo alle mie spalle smettesse di sbattermi in faccia la verità.
Lui sospirò.
“Camilla, non ignorarmi. Parliamone, penso che tu abbia bisogno
di un consiglio.”
Senza dire una parola,
attesi che il mio caffè macchiato fosse pronto, poi lo ritirai
e andai a sedermi accanto a Enrico; lui mi fissava con sguardo severo
ma allo stesso tempo apprensivo. Ero contenta che il rapporto tra noi
non fosse cambiato da quando mi aveva confessato i suoi sentimenti:
ormai era diventato una delle persone più care per me, non
avrei saputo come fare senza di lui.
All'inizio era stato strano
convivere con la consapevolezza di essere desiderata da lui, ma poi
Enrico stesso si era impegnato per distogliere lo sguardo da me e
posarlo su qualche altra ragazza. Ancora non era riuscito a trovare
qualcuna in grado di prendere il mio posto nel suo cuore, ma ce la
stava mettendo tutta e soprattutto faceva il possibile per non farmi
pesare la cosa.
“Perché hai
voluto spacciare il suo romanzo per tuo?” mi chiese,
riferendosi alla storia di Dreamy che tanto mi aveva colpito.
“Perché, se
l'avessi presentato a nome di Dreamy, Mauro non l'avrebbe mai preso
in considerazione: sai quanto tiene ai ruoli all'interno della casa
editrice, non vuole che io vada a caccia di autori emergenti e
soprattutto non è tanto disposto a offrire contratti a
chiunque. Invece io voglio dare una possibilità a quest'idea,
perché merita davvero” spiegai.
“E pensi che la tua
amica sarebbe contenta di scoprire una cosa del genere? Okay, se
Mauro la prende in considerazione spiegherai che l'opera non è
tua, ma hai comunque ingannato un editore e un'autrice. E se lei non
avesse voluto presentare la storia a una casa editrice?”
Scossi la testa. “Dreamy
lo vorrebbe, ma ha paura di un rifiuto e ha paura che le chiedano dei
soldi per la pubblicazione.”
Enrico sospirò e si
prese la testa tra le mani. “Tu non capisci. Ti stai
comportando davvero male con questa Dreamy: non le hai ancora svelato
la tua identità! Quanto è passato da quando la conosci,
sei mesi? Potrebbe incazzarsi se lo venisse a scoprire, incazzarsi di
brutto!”
Rimasi per un attimo
assorta. La verità era che non avevo mai avuto occasione per
spiegare tutto alla mia amica di EFP, avevo lasciato che il tempo
scivolasse via senza davvero pensare alle conseguenze.
Stavo per ribattere, quando
due ragazze entrarono nella stanza ridendo e chiacchierando tra loro.
Si trattava di Lucia, un'autrice che avrebbe a breve pubblicato il
suo romanzo d'esordio, e Alberta, talentuoso grafico che lavorava
alla Corbaccio già da diversi anni.
Così io ed Enrico
fummo costretti a interrompere la nostra conversazione.
Ma nel frattempo io avevo
già preso una decisione importante.
NOTIZIA BOMBA
DELL'ULTIMO MINUTOOOOO!!!!
Tra due settimane sarò
a Modena nel weekend per incontrare alcuni parenti!!! Sarà
l'occasione perfetta per incontrarci, FINALMENTEEEE!
ODDIO, NON VEDO
L'ORAAAA!!! Dimmi che non hai impegni per quelle date!
Prima di mandare quel
messaggio a Dreamy, ci avevo pensato non due volte, ma almeno dieci.
Mi ero fatta mille domande: era questo il modo giusto per rivelarle
chi ero? Sarebbe stato meglio dirglielo direttamente per messaggio o
andare a incontrarla? Per quanto avessi una paura tremenda, era
giusto dirle tutta la verità guardandola dritta negli occhi.
“Cami? Uff, ti devo
mandare un messaggio perché tu mi risponda?” brontolò
mia sorella spazientita.
Sollevai lo sguardo dallo
schermo del mio cellulare e lo posai sul suo viso, distorto da
un'espressione corrucciata. In effetti l'avevo invitata a casa per
mangiare una pizza insieme, ma ero distratta e non facevo che cadere
dalle nuvole.
“Scusa, è che
sto... ti andrebbe di venire a Modena con me tra due settimane?”
Maddalena strabuzzò
gli occhi. “A Modena? Che ci facciamo?”
Mi sistemai meglio sul
divano. “Allora... ti avevo parlato di Eliana, quella ragazza
che avevo conosciuto su un sito per scrittori emergenti?”
cominciai a raccontare, poggiando il cellulare sul tavolino basso di
fronte a me; ma la suoneria che annunciava l'arrivo di una chiamata
mi costrinse a riprenderlo in mano.
Il numero dell'ufficio di
Mauro.
Da quella chiamata sarebbe
dipeso il destino di Dreamy.
Trassi un profondo respiro e
risposi. “Pronto?”
“Salve Camilla”
esordì il familiare vocione di Mauro.
“Buonasera! A cosa
devo questa chiamata?” domandai, pur sapendo già la
risposta.
“La chiamo per
comunicarle che il suo ultimo scritto, Il Limbo dei Bugiardi,
è stato approvato. Domattina alle nove si presenti nel mio
ufficio per discuterne.” Mauro cercò di mantenere un
tono neutrale e professionale, ma capii ugualmente che era fiero di
me.
Oddio. Dovevo temporeggiare:
ancora Dreamy non sapeva niente e non potevo sbrigare la parte
burocratica da parte sua.
“Ehm... mi scusi, ma
questa settimana sono veramente impegnata e non credo di riuscire a
passare, spero che potrà aspettare almeno per...”
inventai, sperando di risultare convincente.
“Martedì 15
alle dieci e trenta” affermò l'uomo dall'altro capo del
telefono.
“Okay, va bene... e
grazie mille per aver riposto fiducia nella mia opera!”
“Si figuri, ha scritto
un romanzo degno di nota! A parer mio si è superata stavolta!”
A quelle parole mi si formò
un nodo in gola. Se solo avesse saputo che in realtà non ero
io l'autrice.
Quando misi giù, ero
sul punto di scoppiare a piangere: mi accasciai allo schienale del
divano e mi coprii il viso con le mani. “In che razza di
situazione assurda mi sono cacciata?”
Maddalena si accostò
a me e mi abbracciò. “Ehi, cos'è successo? Mi
devo preoccupare?”
Cercai di darmi un contegno,
per quanto mi venisse difficile. “Preparati a sentire una lunga
storia.”
Martedì mi presentai
all'appuntamento sperando di non iniziare a tremare nei momenti meno
opportuni. Stavo accumulando tantissima ansia.
Era giunto il momento della
verità.
Il mio editore parlava di
titoli, grafica della copertina, autorizzazioni da firmare, campagna
pubblicitaria per la promozione, date, interviste. Io lo dovevo
assolutamente interrompere.
Espirai bruscamente.
“Ascolti, devo dirle una cosa.”
Lui mi puntò addosso
i suoi occhi grigi e indagatori, in attesa che continuassi.
“So che ho commesso un
errore e forse il mio comportamento non è stato tanto
corretto, ma le giuro che l'ho fatto a fin di bene. Diciamo che... ho
voluto aiutare una persona e...” Cominciavo a essere davvero in
difficoltà. Cosa stava succedendo alla mia consueta sincerità?
Perché ultimamente mi ero ritrovata così spesso a
mentire?
“Prosegua” mi
incitò Mauro, preoccupato e accigliato.
Mi avrebbe ucciso.
“Il Limbo dei
Bugiardi non è una mia opera. L'ho presentata a nome mio
perché non volevo ci fossero pregiudizi al riguardo.”
Ecco, l'avevo detto.
Istintivamente mi ritrassi sulla sedia, facendomi piccola piccola. Le
mie dita sudaticce si torcevano tra loro.
Il viso dell'uomo di fronte
a me divenne di pietra: serrò la mascella e non distolse il
suo sguardo duro da me. “Penso di essere sempre stato chiaro su
quest'argomento: non dovrebbe cercare nuovi autori per la casa
editrice, a meno che non sia io a chiederlo esplicitamente. Inoltre
la sua è una grave mancanza di rispetto, non tollero che mi
vengano nascoste delle informazioni così importanti.”
Ogni parola, pronunciata con
una freddezza assoluta, era per me come una pugnalata. Ma come potevo
andargli contro? Aveva ragione, io conoscevo le regole, eppure avevo
deciso di rischiare.
Ero convinta che il romanzo
sarebbe piaciuto, talmente tanto che la casa editrice sarebbe passata
sopra a questo mio piccolo inganno.
“Lo capisco e non le
posso dare torto, ho sbagliato, ma l'ho fatto in buona fede. Ci
tenevo tanto a portare quel romanzo alla Corbaccio e in fondo è
piaciuto. Spero possa perdonarmi” cercai umilmente di
giustificarmi. Mi sforzavo di tenere il capo sollevato, ma non avevo
il coraggio di guardare Mauro negli occhi.
“Esca dal mio ufficio.
Devo prendermi un momento per riflettere e capire cosa fare con lei.
Mi ha davvero deluso, signorina Giurato.”
Mi mancò il fiato.
Mi sollevai a fatica dalla
sedia e mi diressi verso l'uscita. Prima di lasciare la stanza, però,
mi voltai nuovamente verso il capo editore ed ebbi finalmente il
coraggio di incrociare il suo sguardo. “Voglio dirle una cosa.
Per quanto lei ce l'abbia con me, non è giusto che punisca
Eliana, la vera autrice dell'opera: Il Limbo dei Bugiardi ha
tanto potenziale ed è giusto che venga preso in
considerazione. L'errore l'ho commesso io, quindi è giusto che
mi prenda le mie responsabilità. Ma lei non c'entra.”
Mi richiusi la porta alle
spalle e mi guardai attorno a testa alta. Nel corridoio deserto
riecheggiava solo il ticchettio dei tasti di un computer, qualche
bisbiglio sommesso e la voce ovattata di qualcuno che parlava al
telefono oltre una porta chiusa.
Mi diressi in fondo
all'andito, dove sapevo trovarsi l'ufficio di Enrico, e spinsi la
porta verde senza nemmeno bussare.
Enrico stava seduto dietro
il suo monumentale Mac, intento nella lettura di qualche romanzo
sotto esame.
Non l'avrei ringraziato
abbastanza per l'aiuto che mi aveva dato in quell'assurdo piano,
incitando il gruppo degli esaminatori ad accettare il romanzo che
avevo presentato.
“Com'è andata?”
mi chiese subito lui, cominciando a ruotare come un bambino sulla sua
sedia girevole.
Presi posto su una
poltroncina vuota. “Mi manderà via, me lo sento”
mormorai, sconfitta.
“Non lo farà”
tentò di rassicurarmi lui, tirando su le maniche della sua
camicia blu.
Osservai fuori dalla
finestra e sentii le lacrime pungermi gli occhi. Non ce la facevo più
a trattenerle.
“Ho solo voluto
aiutare un'amica, le ho promesso che avrei realizzato il suo sogno...
e invece ho solo messo a repentaglio la mia carriera. Sono un
fallimento totale, non ne combino una giusta!” mi lamentai tra
i singhiozzi.
Enrico mi fu subito accanto,
mi strinse in un abbraccio e mi accarezzò la schiena con
dolcezza. “No, Milla, non piangere. Dai, si sistemerà
tutto, te lo prometto. Ti capisco: hai fatto tutto a fin di bene, ma
la situazione ti è sfuggita di mano. Può capitare a
tutti, ma districheremo anche questa matassa e lo faremo insieme.”
MI lasciai coccolare da lui,
ma non seppi cosa rispondere. Le uniche parole che fui in grado di
pronunciare furono: “Hai un fazzoletto?”.
Lui rise e si allungò
verso la scrivania per afferrare un pacchetto semivuoto. “Ecco
a te. Soffiati il naso e poi fammi un gran sorriso, di quelli in
grado di illuminare una stanza buia!”
Feci come mi aveva
consigliato: gli angoli della mia bocca non volevano saperne di
rimanere all'insù, però quel gesto che ero così
abituata a compiere mi fece stare subito meglio.
“Sette miliardi di
persone, e il tuo sorriso e il mio preferito. L'ho letto da
qualche parte e fa proprio al caso tuo.” Enrico mi colse alla
sprovvista con quella dolcissima frase, che mi commosse tantissimo.
Risi e lo strinsi forte a
me. Era la mia ancora di salvezza.
“...e quindi, mentre
io ero in fila per dare l'esame, Roberto è andato al bar lì
di fronte e ha incontrato Silvia. Quando poi l'ho rivisto dopi
l'esame, lui mi ha detto che Sil era strana, ma non sapeva come mai.
Allora io e lui l'abbiamo invitata a mangiare la pizza con noi e
altri amici sabato, e indovina?”
Ascoltavo distrattamente i
racconti di Maddalena, che riusciva sempre a portare fuori qualche
nuova storia riguardante l'università, i suoi amici e i suoi
colleghi. Sapeva che non stavo passando proprio un bel periodo, così
cercava di distrarmi in tutti i modi possibili.
Io ero concentrata sulla
guida e di tanto in tanto mi perdevo nei miei pensieri: il mio
editore non mi aveva ancora fatto sapere cosa ne sarebbe stato di me
e del mio lavoro con la Corbaccio. Rischiavo di perdere il lavoro e
molto probabilmente a breve avrei perso anche un'amica preziosa.
Fortunatamente mia sorella
sapeva sempre come attirare nuovamente la mia attenzione.
“Ah, manca una
trentina di chilometri a Modena, stiamo per arrivare; ho letto un
cartello” annunciò Maddalena. “Comunque, parlando
con Silvia abbiamo scoperto che sta frequentando Leo, l'ex di
Roberto. Capito? Conosco Leonardo da due anni e ho scoperto solo ora
che è bisex!” continuò poi a raccontare con
fervore ed entusiasmo.
“Oddio, e Roberto come
ha reagito?” chiesi, cominciando ad addentrarmi nel racconto.
Era sempre divertente stare ad ascoltare storie diverse dalla mia,
intrecci surreali ma appartenenti alla realtà.
“Ha completamente
dimenticato Leo, non gli importa e non è geloso. Solamente non
si aspettava che al suo ex interessassero anche le ragazze.”
Calò per un secondo
il silenzio, riempito solo dalla musica a volume basso che si
diffondeva dalle casse.
“Senti, ma questa
Eliana o Dreamy o come si chiama... dove la dobbiamo incontrare di
preciso?” domandò poi mia sorella.
Quelle parole mi misero
addosso parecchia ansia. Quel pomeriggio sarebbe giunto il momento
della verità e io ero molto agitata, non sapevo come sarebbe
andata. Un po' mi dispiaceva che Maddalena venisse coinvolta in
quella faccenda, ma non me l'ero sentita di partire e affrontare un
momento così difficile da sola. Le sofferenze pesano di meno
quando le si affronta in due, no?
“Beh... in un centro
commerciale che mi ha indicato lei. Ed è praticamente lo
stesso in cui ci siamo incontrate la prima volta, a sua insaputa”
spiegai.
“Okay, capito. Come
stai?”
Sospirai. “Sono un
pochino in ansia. Un bel po', a dire il vero. Ovviamente non la
prenderà bene, e chi può darle torto? Stavolta mi sono
comportata veramente da stronza... e non è da me.”
“Non sei stata
stronza, ti è solo sfuggita di mano una situazione delicata.
Ne abbiamo già parlato: è normale che tu non abbia
trovato occasione per spiegarle tutto, avevi paura che non ti
credesse e durante quel famoso firmacopie eravate circondate da un
sacco di gente, non potevi certo fare come ti pareva. Nessuno può
farti una colpa di questo, perché hai solamente diviso la tua
vita privata dal lavoro – azione lecita e corretta. Tu
affrontala con la tua solita energia, spiegale le tue motivazioni,
falle sapere che tieni a lei a tal punto da aver messo a repentaglio
la tua carriera. E non andare all'incontro con il muso lungo, ma
sorridi; irradia quell'energia che tutti amano e che ti porta a
essere così stimata.”
Quelle parole, pronunciate
con la solita energia caratteristica di mia sorella, mi colpirono e
mi portarono a riflettere. Maddalena aveva tanti anni in meno di me,
ma era incredibilmente saggia e sapeva sempre come tirarmi su. Come
potevo darle torto? Il modo migliore per affrontare ogni situazione
era con il sorriso sulle labbra.
Io avevo positività
da vendere.
Se fossi riuscita a
trasmetterla a Dreamy, sarebbe andato tutto bene.
“Grazie Maddy, non so
come farei senza di te!”
Sorridi,
Camilla, sorridi. Cerca di essere positiva. Non perdere il sorriso.
“Oh, che carina questa
borsa! Hai visto, Cami? Caso mai dopo torniamo qui e valuto bene se
prenderla!” esclamò Maddalena, incollandosi a una
vetrina con occhi sognanti.
Sbirciai anche io tra gli
oggetti esposti sui ripiani color crema, felice di perdere altro
tempo. “A me piace quella in jeans” commentai.
Mia sorella scosse la testa.
“Roba superata. Su, andiamo: la libreria è al secondo
piano, giusto?”
“Sì. Prendiamo
le scale mobili.”
Ci stavamo dirigendo verso
le scale, quando mia sorella venne attirata da un banchetto che
stazionava in mezzo all'ampio corridoio gremito di gente. “Zucchero
filato, lì fanno lo zucchero filato!” esclamò
mentre faceva lo slalom tra i gruppetti di persone, diretta verso la
bancarella verde e rosa.
Risi e la seguii per cercare
di riportarla alla ragione. “Dai, Maddy, andiamo! Ci torniamo
dopo, adesso non è il momento, siamo già in ritardo!”
Mia sorella mise un broncio
esagerato, poi sbatté le ciglia. “Ma dopo ci torniamo
davvero?”
Senza smettere di ridere, le
circondai le spalle con un braccio e la trascinai via. “Certo!
Ti pare che perdo l'occasione per offrire lo zucchero filato alla mia
bambina?”
Ci lasciammo trasportare
verso l'alto dalla prima rampa di scale mobili, mentre Maddalena
blaterava e s'inventava qualsiasi assurdità per farmi
distrarre e sorridere.
Riusciva sempre
magistralmente nel suo intento. Sapeva sempre di cos'avevo bisogno,
perché io e lei avevamo due caratteri quasi identici e ci
capivamo al volo.
Tanto ero intenta a
chiacchierare con lei, che quasi non mi accorsi di trovarmi a pochi
metri dalla libreria. In quel momento tutta l'ansia che vagava al mio
interno si accumulò nel mio petto e parve quasi colpirmi con
violenza.
Sperai che nessuno mi
riconoscesse proprio in quel momento, prima che potessi parlare con
Dreamy.
Mi guardai cautamente
intorno in cerca della mia amica e la avvistai accanto all'entrata
del negozio di libri, che giocherellava distrattamente col cellulare.
Fu un attimo. Sollevò
lo sguardo dal display e lo posò su di me, poi impallidì.
Mi aveva riconosciuto,
ovviamente.
Ma non in quanto
Cindy_Fallingstars.
Presi un profondo respiro e
strinsi forte la mano di mia sorella.
“È lei?
Occhiali neri, capelli lunghi, camicia blu, jeans scuri?” mi
sussurrò lei all'orecchio.
“Sì, e
ovviamente ha riconosciuto in quanto una delle sue autrici preferite.
Aiuto, come faccio ad avvicinarmi a lei?” sibilai tutto d'un
fiato. Stavo iniziando a sudare e il cuore mi batteva a mille: ero
ufficialmente nel pallone.
“Vacci sicura, come se
fosse la cosa più normale del mondo. Pensa solo a presentarti,
alla reazione ci pensiamo dopo. Dai, sono a fianco a te!”
Maddalena mi picchiettò leggermente sulla schiena e mi rivolse
un sorriso rassicurante.
Così mi feci coraggio
e mossi qualche passo verso Dreamy. Lei, pur sapendo bene chi fossi,
non aveva osato avvicinarsi a me o intercettarmi anche solo con lo
sguardo; tipico di lei.
Ma quando si accorse che mi
stavo dirigendo verso di lei, il suo viso cominciò ad assumere
colori ed espressioni differenti nel giro di pochi secondi. Si stava
sicuramente ponendo un sacco di domande, forse pensava che stessi
sbagliando persona, o che le sarei passata davanti senza rivolgerle
uno sguardo.
Ma mi fermai esattamente di
fronte a lei e mi venne spontaneo sorridere. Sì, perché
in fondo mi trovavo davanti a un'amica, una persona a cui volevo
tanto bene, e desideravo solo abbracciarla e passare ore intere a
chiacchierare e ridere con lei.
Ma mi trattenni e mi limitai
a un semplice: “Ciao Eliana”.
Lei stringeva convulsamente
il suo cellulare in mano e mi fissava con i grandi occhi sgranati.
“Camilla... come fai a... ricordarti di me?” balbettò,
a disagio.
Le porsi la mano, sperando
che non si notasse troppo il suo leggero tremore. “Ehm... so
che ciò che ti sto per dire ti spiazzerà, ma ho tanto
da spiegarti e spero che tu voglia ascoltare.” Deglutii a
fatica e feci saettare i miei occhi in ogni direzione, tranne verso
il viso della ragazza che mi stava di fronte. Dovevo dirlo, dovevo
portare fuori la verità. “Dreamy, sono io Cindy, la tua
amica di EFP.”
Sentii un peso sollevarsi
dal mio petto e levitare via.
E allo stesso tempo mi cadde
il mondo addosso.
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Capitolo 4 *** IV ***
ReggaeFamily
IV
Mi
veniva da piangere.
Dreamy
non mi aveva detto una parola, si era limitata a rintanarsi nei bagni
del centro commerciale, in lacrime. E del resto come potevo darle
torto? Aveva appena scoperto qualcosa di sconvolgente sia sul conto
della sua migliore amica, sia su quello della sua autrice preferita.
“Maddy,
come faccio? Come dovrei fare adesso, eh? Di sicuro non mi vorrà
più vedere!” sibilai, la voce strozzata dal nodo che mi
si era formato in gola. Avevo stretto entrambe le mie mani attorno a
quelle di mia sorella e cercavo di trarre da lei la forza per non
lasciarmi andare alle lacrime.
Era
strano come anche le persone più positive ed energiche
potessero crollare in certe situazioni.
“Ehi,
calmati, respira” tentò di tranquillizzarmi mia sorella,
sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio con la mano
libera. Puntò i suoi profondi occhi nei miei e proseguì:
“Vai da lei, stalle vicino. Magari non aprirà la porta,
non ti vorrà vedere, ma tu stai nell'antibagno e spiegale come
stanno le cose. Ora lei sarà arrabbiata e non ti vorrà
ascoltare, ma lo farà lo stesso e poi ci ragionerà su.”
I
suoi lineamenti dolci esprimevano una gran determinazione, che riuscì
a tranquillizzarmi e darmi la forza per reagire.
Non
l'avrei mai ringraziata abbastanza per la vicinanza e i preziosi
consigli.
Annuii
e le sorrisi. “Ce la posso fare!”
“Oh,
così ti voglio! Io intanto faccio un giro in libreria, mi è
sembrato di vedere il nuovo roman...”
“Camilla
Giurato, oh mio dio! Mi sembra un sogno!” Un'acuta e stridula
voce fece sobbalzare entrambe: mi voltai e mi ritrovai davanti a una
donna sui cinquant'anni, con una chioma di capelli arancione sbiadito
e il viso già solcato da numerose rughe, che stazionava
davanti alla porta della libreria e mi fissava con gli occhi
sgranati.
Dovetti
ammettere che aveva un'aria inquietante.
Mi
sforzai di sorriderle. “Buonasera!” esclamai.
Lei,
dopo un momento di esitazione, si precipitò da me e cominciò
a elogiarmi, elencando le mie opere e ciò che più aveva
gradito di ognuna.
Essere
un personaggio famoso non era affatto facile non era affatto
semplice, me ne stavo accorgendo giorno dopo giorno: dovevo sempre
essere gentile, mettere da parte ansia e malumore, ricacciare le
lacrime e non essere mai scortese, anche quando avevo di meglio da
fare.
“Grazie
mille per i complimenti, sono felice che i miei libri le piacciono”
dissi, a seguito di un suo lungo monologo.
“Ma
grazie a te, è stato un piacere conoscerti! Ora vado, devo
ancora fare la spesa e... oh, chissà dove si è cacciato
mio figlio! Sempre in giro, questi ragazzi d'oggi, e noi mamme sempre
lì a preoccuparci! Beh, ciao cara, e scrivi tanto!”
concluse finalmente la mia interlocutrice, lasciandomi due baci sulle
guance con tanto di schiocco.
“Buona
giornata anche a lei, signora” borbottò ironicamente
Maddalena qualche secondo dopo, dato che la mia seguace non si era
nemmeno degnata di salutarla o rivolgerle uno sguardo.
Feci
spallucce. “Meglio se corro in bagno, prima che qualcun altro
mi intercetti!”
E
così feci: mi fiondai verso la porta verde che conduceva ai
bagni delle donne. Mi ritrovai su un pavimento dello stesso colore,
immersa in una luce forte e bianca. Alla mia sinistra si trovava una
lunga fila di lavandini, mentre dal lato opposto affacciavano tre
porte del solito verde prato.
“Eliana?
Dreamy?” chiamai piano, quasi impaurita.
Un
malcelato singhiozzo mi giunse ovattato attraverso la porta chiusa
del bagno più in fondo: la ragazza si trovava lì.
Mi
avvicinai cautamente e posai una mano sul legno colorato. “Ehi.
Scusami, so che ti ho fatto del male, ma... ho molte cose da
spiegarti, spero che tu me ne darai modo” provai a convincerla
in tono dolce e malinconico al tempo stesso.
“Perché
mi hai mentito per tutto questo tempo?” Udii appena la sua
domanda, che aveva sussurrato tra i singhiozzi.
“Credimi
se ti dico che non sapevo come dirtelo: avevo paura che non mi
avresti creduto, e poi... la nostra amicizia era bella così,
non mi andava di rovinarla. Insomma, tu mi hai voluto bene da subito
così, per quella che ero, e non volevo che le cose tra noi
cambiassero. E poi c'è stato quel firmacopie in cui...”
mi interruppi, incapace di continuare.
L'occhio
mi cadde sulla mia immagine allo specchio: solito viso pallido,
soliti occhi sgranati, soliti lineamenti delicati. In quel momento mi
sentivo tremendamente umana e vulnerabile, non ero per niente la
figura sempre sicura di sé e quasi eroica che tutti credevano.
Anch'io sbagliavo, mentivo, ferivo gli altri.
Scoppiai
a piangere.
In
quel momento nell'antibagno entrarono tre ragazze di circa sedici
anni, che ridevano e battibeccavano tra loro. Non appena mi videro in
lacrime, ammutolirono e mi lanciarono occhiate perplesse, ma non
osarono rivolgermi la parola.
“Mi
hai riconosciuto e non mi hai detto niente, quel giorno!”
esclamò Dreamy dal bagno, improvvisamente rendendosi conto che
la situazione era più grave di quanto avesse pensato.
“Non
potevo, stavo lavorando! Oddio, sono così dispiaciuta, ho
sbagliato tutto e non merito di essere perdonata!” Cercavo
invano di camuffare il tremore della voce, sperando che la ragazza
dall'altra parte del pannello verde non si accorgesse del mio pianto.
Stavo
perdendo il controllo della situazione.
Quando
le tre ragazzine ebbero finito in bagno, ci lasciarono nuovamente
sole.
“Vorrei
solo sapere perché hai aspettato tanto a dirmelo”
affermò Dreamy rompendo il silenzio, evidentemente più
calma.
Io
intanto mi torcevo una ciocca di capelli tra le dita. “Non l'ho
deciso: il tempo è semplicemente passato. Ma avevo intenzione
di dirtelo. E... in realtà avrei un'altra cosa da
confessarti.” Inspirai profondamente, sentendo un'altra ondata
di lacrime pronta a straripare dai miei occhi.
La
mia amica non rispose, ma intuii che era in attesa che proseguissi.
Lasciai
andare la ciocca di capelli e strinsi convulsamente la tracolla della
mia borsa. “Ho presentato Il Limbo dei Bugiardi alla
mia casa editrice, la Corbaccio, ed è piaciuto moltissimo.
Inizialmente ho dichiarato che era una mia opera, e quando ho
ottenuto l'approvazione del mio editore ho confessato la verità.
Ora mi vogliono mandare via, ma questo è un altro discorso.
Sta di fatto che qualche tempo fa ti ho promesso che il tuo racconto
sarebbe stato pubblicato e ho fatto il possibile perché ciò
avvenisse. E sai cosa? Credo che il mio editore vorrà presto
tue notizie, perché è rimasto molto colpito. Ecco, so
che anche questo non è molto corretto perché non te
l'ho detto prima, ma volevo farti una bella sorpresa. Pensaci.”
“Mi stai... offrendo
un contratto?” sibilò lei, sempre più confusa.
“In un certo senso...
ma io e te siamo amiche, siamo semplicemente Cindy e Dreamy, ed è
normale che io voglia aiutarti in tutti i modi.”
Calò il silenzio.
Furono attimi di vuoto straziante, in cui mi accasciai alla parete
accanto a me, esausta. Attendevo una risposta.
“Vai via”
concluse infine Dreamy in tono glaciale.
Per me fu come una
pugnalata. Le lacrime ripresero a scorrere sulle mie guance, come se
ormai seguissero un sentiero ben definito sulla mia pelle.
“Se questo è il
tuo volere, ti accontenterò. Ma pensaci, almeno alla mia
proposta per quanto riguarda la casa editrice. Di me, invece, che
posso dire? Se deciderai di non perdonarmi, ti capirò, ma
sappi che io non smetterò mai di volerti bene. Ho sbagliato,
ma non l'ho fatto per ferirti; sono stata travolta da una situazione
più grande di me. Ma l'affetto che provo nei tuoi confronti
non cambia, né in veste di Camilla, né in veste di
Cindy. Se vuoi prendere un caffè con me e parlarne a quattro
occhi, io sarò qui a Modena per tutto il fine settimana, fino
a domenica sera.”
Pronunciai quel discorso tra
lacrime, singhiozzi e fazzoletti: ormai non mi importava più
di nascondere la mia debolezza.
Lasciai il bagno con gli
occhi gonfi e il viso stravolto dal pianto.
Subito Maddalena mi avvistò
e mi venne incontro per abbracciarmi. “Non si è risolta
come speravi?”
“Per niente. Penso che
non ne vorrà più sapere di me.”
“Non dire così,
dai tempo al tempo. Le cose si risistemeranno!”
Forse aveva ragione, ma in
quel momento non riuscivo a crederci.
“Allora, via quel muso
lungo: mi avevo promesso di portarmi a prendere lo zucchero filato!”
cercò di tirarmi su lei.
Accennai un sorriso. “E
va bene, andiamo.”
“A
proposito: mentre tu eri dentro ho fatto un bel giro in libreria e
sono inevitabilmente finita sui classici! Ho finalmente trovato
Piccoli Uomini, che
stavo cercando da secoli, ma quell'edizione era orribile e costava un
patrimonio! Mi sa che mi conviene comprarlo su Libraccio, che dici?”
cominciò a raccontare mia sorella, subito pronta a distrarmi.
Quando arrivammo alla
bancarella dello zucchero filato, Maddalena mi convinse a prenderne
un bastoncino.
Divoravo la nuvola, cercando
di addolcire un minimo i miei pensieri.
Non stavo affatto bene.
Quella sera pubblicai la mia
prima poesia su EFP.
Anche
gli angeli
Anche
gli angeli sono imperfetti:
non
sempre reggono il peso
della
rugiada sulle ali.
Anche
gli angeli piangono
e
strillano e s'arrabbiano
e
perdono. Sono umane,
queste
creature di luce;
a
volte si feriscono, a volte feriscono.
Anche
gli angeli sanguinano,
soffrono
e cadono.
E
sono creature splendenti,
gli
angeli, scolpite nell'avorio:
si
stagliano bianchi contro il cielo,
dolci
e fieri, come stelle polari.
Ma
anche loro treman di paura,
temono
la loro stessa forza.
A
volte gli angeli sbagliano.
La mattina dopo mi svegliai
e feci fatica a ricordare dove mi trovassi: davanti ai miei occhi
svettava un soffitto verde pallido, mentre una fioca luce filtrava
dalle tende dello stesso colore.
Alla mia destra, sul letto
matrimoniale, Maddalena dormiva profondamente, rannicchiata su se
stessa.
Mi trovavo a Modena, in un
alberghetto carino e sobrio, ed era soltanto sabato mattina. Dovevo
trascorrere altri due giorni lì e, se Dreamy non si fosse
rifatta viva, non avevo assolutamente nulla da fare in quel posto.
Afferrai il mio cellulare,
cercando di non svegliare mia sorella, ed entrai su EFP per
controllare se la mia poesia avesse ricevuto qualche recensione. In
effetti trovai due commenti positivi da due autori che non avevo mai
visto.
alessandroago_94
Recensore
Master
Cap.
1: Anche gli angeli
Buongiorno.
Un componimento davvero
forte e allo stesso tempo delicato ^^
Hai utilizzato frasi
molto brevi e frammentate, che trasmettono una certa malinconia.
Complimenti, ottimo
lavoro ^^
Buona giornata e a
presto :)
Rispondi
Kim
WinterNight
Recensore
Master
Cap.
1: Anche gli angeli
Ciao Cindy! :)
È la prima volta
che leggo un tuo scritto – e mi è parso di capire che
questa è la tua prima pubblicazione su EFP – e non me ne
sono affatto pentita! Questi tuoi versi mi hanno completamente
coinvolto, sei stata bravissima!!!! *-*
Questo tuo componimento
fa riflettere, ha un senso metaforico molto forte: gli angeli –
o le persone che apparentemente sembrano perfette – possono
sbagliare, anche loro hanno dei difetti ed è impossibile che
non deludano mai, perché in fondo anche loro sono esseri
umani. Capita a tutti di sbagliare, ecco, e l'importante è
cercare di porre rimedio!
Comunque, non posso che
farti tantissimi complimenti, hai creato un incastro di parole magico
*-*
Alla prossima, spero di
leggere presto qualcos'altro di tuo ♥
Rispondi
Risposi a entrambi,
ringraziandoli per le belle parole che mi avevano rivolto. Ricevere
tanti complimenti aveva risollevato il mio umore e mi aveva aiutato a
sorridere. Quei due utenti poi mi avevano fatto sentire compresa,
come se stessero vivendo la vicenda al mio fianco.
Di Dreamy nessuna traccia.
Non mi aveva scritto né recensito la poesia. Era un brutto
segno, che mi gettò nuovamente nello sconforto.
Un sonoro sbadiglio di mia
sorella mi riportò alla realtà: la vidi rigirarsi e
stiracchiarsi tra le lenzuola, poi mi rivolse un'occhiata incuriosita
e ancora appannata dal sonno. “Buongiorno sorellona. Oggi si fa
baldoria, che dici?”
Sorrisi e le scompigliai i
capelli già arruffati. “Ehi. Baldoria?”
“Ma sì, dai.
Andiamo a ballare e ubriacarci stanotte, come due vere irresponsabili
in gita” farfugliò, mettendosi faticosamente a sedere.
“Sai che non mi
ubriaco mai” le feci notare con una risatina.
“Fa lo stesso. Ora
vado a darmi una sistemata in bagno, poi se ti va scendiamo a fare
colazione: ho notato che nel bar di quest'albergo hanno delle paste
ripiene più grandi della mia faccia!”
Le cedetti il bagno e nel
frattempo cominciai a cercare in valigia gli indumenti che avrei
utilizzato quel giorno. Optai per una semplice maglietta verde con
una stampa nera astratta, un paio di jeans attillati e i miei bassi
stivaletti in velluto nero. Mentre radunavo tutto sul materasso,
ricevetti un messaggio da Enrico.
Donzelle, siete in quel
di Modena alla faccia mia e non mi mandate neanche un selfie?
Malvagie!!! A parte questo, com'è andata con Eliana? Come l'ha
presa? Se qualcosa non va, chiamami ☺
Sorrisi tra me: era sempre
il solito, allegro e premuroso.
Feci partire la chiamata al
suo numero, così da potergli raccontare gli eventi della sera
prima in maniera più rapida.
“Milla, buongiorno! Mi
devo preoccupare?” esordì la sua voce, ancora un po'
impastata dal sonno.
Ridacchiai, poi mi feci
nuovamente seria. “Un po'. Dreamy ieri non l'ha presa bene.”
Mi lanciai in un dettagliato
racconto, in cui inclusi le mie sensazione a riguardo di tutto ciò
che era successo.
“Abbi pazienza,
aspetta che ti contatti. E ti assicuro che lo farà: hai
cercato di fare del bene e lei lo deve solo assimilare, riflettere e
capire. Tornerà, ne sono certo” affermò con
sicurezza alla fine del mio discorso.
“Dici davvero? Io lo
spero. Non mi va di fare il primo passo, ho paura di infastidirla...
quindi non mi resta che aspettare.”
“Stai tranquilla, e
non ci pensare troppo. In fondo sei a Modena insieme a tua sorella:
divertiti e rilassati!”
“Grazie Rick, sei un
tesoro!”
“Bagno libero!”
gridò Maddalena, spalancando la porta del bagno e facendomi
sobbalzare.
“Okay, con calma!”
la ammonii, scoppiando in una risata.
“C'è quella
peste di Maddy?” mi chiese Enrico divertito.
“Se è quel
criminale del tuo collega, passamelo: gliene devo dire quattro!”
esclamò Maddalena contemporaneamente, in finto tono
minaccioso.
Così passai il
cellulare a mia sorella e mi avviai in bagno ridacchiando sotto i
baffi. Quei due erano diventati cane e gatto da quando, qualche mese
prima, si erano incontrati: avevo invitato loro e qualche altro amico
a bere qualcosa fuori la sera del mio compleanno, e da allora i due
avevano legato un bel po'. Ero davvero contenta che andassero
d'accordo, del resto erano caratterialmente molto simili.
Ciao Cindy,
scusa, ma non posso
fare a meno di chiamarti così, anche se ormai ho scoperto il
tuo vero nome e la tua vera identità. Ma del resto tu mi hai
sempre chiamato Dreamy.
Ho riflettuto tanto su
quello che è accaduto ieri sera e nel frattempo la rabbia che
provavo nei tuoi confronti è svanita. Certo, penso che tu
abbia commesso degli errori, ma chi non ne fa nella propria vita?
Mi hai mentito sulla
tua identità ma, come tu mi hai spiegato, l'hai fatto per una
giusta causa: non dev'essere facile essere un personaggio famoso, che
viene idolatrato da tutti e raramente trova delle persone veramente
amiche nella sua vita. Io e te stavamo così bene, con il
nostro equilibrio... e onestamente non so se sarebbe andata allo
stesso modo, se io avessi scoperto la verità troppo presto.
Sarebbe stato difficile per me essere neutrale.
E poi l'offerta che mi
hai fatto... insomma, hai praticamente messo a repentaglio la tua
carriera per darmi un'opportunità alla Corbaccio, e questo è
un comportamento da vera amica. Non potrei mai pensare che tu abbia
fatto qualcosa per farmi del male.
Ho letto anche la tua
poesia e mi sono resa conto che non posso pretendere la perfezione da
nessuno: tu sei un vero angelo, ma capita anche a te di sbagliare, di
ferire gli altri, di lasciarti sfuggire una situazione di mano. È
il tuo caso, ma non l'hai fatto con malvagità, l'ho capito.
E io non sono
rancorosa, anzi, voglio perdonarti e provare a recuperare il rapporto
con te.
Spero che accetterai.
Domani potremmo fare
colazione insieme se ti va, il luogo sceglilo tu.
Grazie per aver letto ♥
- DreamingAwake
...o, più
semplicemente, Eli.
Ma in fondo, qualsiasi
cosa accada, sarò sempre la tua Dreamy *-*
Quasi caddi dallo sgabello
accanto al bancone quando lessi quel messaggio.
“MI vuole rivedere!”
esclamai, balzando in piedi e rischiando di rovesciare il bicchiere
con il mio drink.
“Chi? Cosa? Eliana?”
domandò mia sorella, cadendo dalle nuvole.
Ero fuori di me dalla gioia:
non ci potevo credere! Nonostante tutto il casino che avevo
combinato, Dreamy voleva ancora riporre fiducia in me! Mi sembrava un
sogno.
Trascinai Maddalena giù
dal suo sgabello e la abbracciai forte, continuando a lanciare
urletti di tanto in tanto. “Oh mio dio, mi vuole perdonare! Tu
e Rick avevate ragione!”
Lei ricambiò il mio
abbraccio e lanciò un grido entusiasta a sua volta. “Vedi?
Che ti avevo detto? Adesso la smetti di farti paranoie?”
“Sì, sì,
promesso!” Afferrai il mio cellulare, che avevo abbandonato sul
bancone. “Un attimo: le rispondo e poi ci lanciamo in pista!
Che ne dici?”
“Ci puoi scommettere!
E ora ordino anche qualcos'altro da bere, lascia fare a me!”
Era una fredda giornata di
fine novembre e io, insieme ad altre tre persone, stavo facendo il
mio ingresso nella sede toscana della Corbaccio.
“Oddio, che ansia!
Chissà cosa vorrà dirmi!” esclamò Eliana –
ormai mi stavo abituando a chiamarla così – visibilmente
agitata.
“Sicuramente vorrà
offrirti un contratto, non ti preoccupare! Semmai sono io a dovermi
agitare” commentai con un sospiro.
“Mauro Stefanelli è
un brav'uomo, vedrai che ti perdonerà!” Enrico mi
strizzò l'occhio mentre giocherellava con le chiavi della sua
auto. Il mio amico era molto rilassato e cominciavo a pensare che
sapesse qualcosa che non mi aveva detto.
“Non ero mai stata in
una casa editrice, che bello!” squittì Eliana,
esaminando ogni angolo dell'ampio ingresso: sulle numerose mensole e
sulla scrivania al centro della stanza erano disposte pile di libri,
mentre sulle pareti panna spiccavano dei manifesti che
pubblicizzavano le nuove uscite a cura della Corbaccio.
Se per me quel luogo era
ormai divenuto un'abitudine, costituiva invece una nuova esperienza
per la mia amica emiliana.
“Carino il luogo dove
lavoriamo, eh?” commentò Enrico picchiettandole su una
spalla.
“Una favola!”
Eliana annuì vigorosamente.
“Ragazze, andate e
spaccate tutto. Noi vi aspettiamo qui e poi vi porto a mangiare in un
posticino delizioso!” esclamò Maddalena, dando di gomito
a Enrico.
I nostri amici ci
abbracciarono e ci diedero l'in bocca al lupo; io ed Eliana ci
scambiammo un ultimo sguardo complice e ci avviammo insieme verso lo
studio di Mauro.
“Busso?”
domandai sottovoce alla mia amica, chiedendo conferma.
“Vai.”
Battei piano le nocche sul
legno scuro.
“Avanti” tuonò
il solito vocione del mio editore, all'interno della stanza.
Con il cuore in gola,
abbassai la maniglia e lasciai che Eliana entrasse per prima
nell'ufficio.
Mauro si alzò e le
tese subito la mano. “Lei dovrebbe essere la signorina Eliana
Martini, giusto? Piacere, Mauro Stefanelli, capo editore della sede
toscana della Corbaccio. Prego, si accomodi.”
“Il piacere è
tutto mio” mormorò lei con un sorriso; gli strinse la
mano, poi si accomodò su una delle due sedie di fronte alla
grande scrivania blu.
Io la raggiunsi e presi
posto a mia volta. “Salve” salutai cordialmente.
“Camilla, rieccoci.”
Mauro mi rivolse una lunga ed eloquente occhiata. “Bene
ragazze, vi ho convocato qui perché ho delle comunicazioni da
darvi. Comincerei da Eliana.”
Vidi la mia amica trasalire
e sperai che non si lasciasse travolgere proprio in quel momento
dall'ansia.
“Ho letto il tuo
scritto Il Limbo dei Bugiardi e, devo ammetterlo, mi è
piaciuto molto. Inizialmente pensavo fosse della qui presente
Camilla, dato che lei l'ha presentato a nome suo... ma, a prescindere
da firme o autori, l'opera è valida. Quella di Camilla è
stata una grande mancanza di rispetto, ma questo non cambia le cose:
mi sono trovato davanti a un'opera meritevole e originale, dallo
stile maturo e accurato, decisamente degno di nota. Voglio darle
fiducia e investire su di lei, perché penso che sia in grado
di sfondare e fare grandi cose: se lei è d'accordo,
pubblicheremo Il Limbo.”
MI dovetti trattenere
dall'esultare e stringere il mio editore in un abbraccio, anche
perché non avevamo tutta quella confidenza.
Gli occhi di Eliana, che
poco prima erano colmi di ansia e terrore, ora avevano iniziato a
brillare e riempirsi di lacrime. “Sta... dicendo sul serio? Io,
sotto contratto con la Corbaccio?” balbettò.
Allungai la mano e strinsi
una delle sue.
“Esattamente”
confermò l'uomo con sicurezza.
Una silenziosa lacrima
abbandonò gli occhi di Eliana e prese a scorrere sulle sue
guance. “Grazie. E non dico altro, perché tutte le
parole del mondo non basterebbero per dimostrarle la mia
riconoscenza.”
Mi lasciai sfuggire un
sorriso, che subito mi morì sulle labbra quando Mauro affermò:
“Camilla, veniamo a noi”.
Sgranai gli occhi e strinsi
ancora più forte la mano della mia amica; il cuore mi batteva
a mille, mi sentivo come un coniglio in fuga dal suo predatore.
“Mi dica.”
“Ne abbiamo già
parlato: il suo gesto è stato molto scorretto e di cattivo
gusto. Come sicuramente saprà, ho sempre riposto molta fiducia
in lei e non mi aspettavo un comportamento del genere, quasi
imperdonabile. Tuttavia, so bene chi è la ragazza che ho
davanti, ho imparato a conoscerla per la sua bontà e il suo
grande cuore. Lei è una grande scrittrice, un'affidabile
lavoratrice e una bella persona; per questo ho deciso di chiudere un
occhio per stavolta. Ma, mi raccomando: da oggi righi dritto e non mi
combini più scherzi di questo tipo, intesi?”
Distolsi lo sguardo dai suoi
occhi, che ora si erano fatti più dolci e bonari, e mi lasciai
sfuggire un “oddio” strozzato.
Lanciai un'occhiata a
Eliana, che sorrideva come poche volte l'avevo vista fare.
“Grazie Mauro, è
stato veramente troppo buono con me e non la ringrazierò mai
abbastanza per questa seconda opportunità! Le prometto che non
la sprecherò e mi comporterò al meglio!”
Solo quando lasciai
l'ufficio del mio editore, circa un minuto dopo, realizzai che non
avevo perso il mio lavoro e addirittura l'avevo trovato per la mia
amica.
In corridoio mi lasciai
sfuggire un gridolino di gioia e abbracciai la mia amica, incapace di
trattenere le lacrime.
“Se ti avessero
mandato via per colpa mia, non me lo sarei mai perdonato”
mormorò tra i singhiozzi.
“Non dirlo nemmeno: è
stata una scelta mia. Ma ora non ci pensiamo: entrambe siamo sotto la
Corbaccio!” esclamai, tirando su col naso.
“E siamo unite, e da
oggi lo saremo ancora di più.”
Sciogliemmo l'abbraccio, poi
subito ci precipitammo nell'atrio, dove ancora Maddalena ed Enrico ci
attendevano, stravaccati su due sedie.
Appena ci videro, con gli
occhi colmi di lacrime e due grandi sorrisi sulle labbra, scattarono
in piedi. “Com'è andata?” chiesero quasi
all'unisono.
“Pronto a un nuovo
tour di firmacopie?” dissi io con un occhiolino.
“Solo che stavolta
vengo anch'io!” aggiunse Eliana.
Ci stringemmo tutti e
quattro in un abbraccio, mentre i nostri amici esprimevano il loro
entusiasmo con grida ed esclamazioni colme di entusiasmo.
“E ora andiamo: ho un
pranzo da offrirvi!” annunciò infine Maddalena.
Lasciammo la casa editrice e
ci infilammo tutti in macchina di Enrico. Io mi sedetti nel posto del
passeggero accanto a lui, mentre Eliana e Maddalena chiacchieravano
tra loro sui sedili posteriori.
Amavo il mio gruppo di
amici: tutti avevano stretto amicizia tra loro e ormai eravamo
divenuti inseparabili. L'unico problema era la distanza tra noi ed
Eliana, ma non era un ostacolo insormontabile. Inoltre avremmo
lavorato per la stessa casa editrice, quindi lei sarebbe dovuta
venire spesso nella mia zona e io l'avrei sempre accolta a braccia
aperte in casa mia.
“Tutto bene?”
Enrico interruppe il flusso dei miei pensieri.
“Sì, perché?”
“Ti vedo pensierosa.”
Alzai le spalle. “Meno
male, questo vuol dire che penso.”
Lui ridacchiò. “Ti
voglio bene, Milla.”
“Anche io”
ribattei dolcemente con un sorriso.
Presi un lungo respiro e
cliccai sul pulsante per confermare.
In quel momento mi resi
conto che Cindy_Fallingstars non esisteva più. Faceva male, ma
in fondo sentivo che era giusto così.
EFP mi aveva dato tanto, era
stato il mio mondo per quasi un anno, ma sentivo di dovermene
separare in modo da cominciare la mia nuova vita.
Osservai la home page del
sito, ormai diventata così familiare: il logo celeste e
bianco, la grafica blu, la scritta Registrati o Accedi in cima
alla pagina, le icone che stavano a simboleggiare le categorie.
“Grazie”
mormorai, prima di uscire da internet e spegnere il computer.
Grazie,
perché senza EFP non avrei mai trovato un'amica speciale come
Eliana.
E
non avrei mai capito di poter sbagliare.
♠ ♠ ♠
Ehilà
^^
Innanzitutto
ringrazio chiunque sia giunto fin qui: questo vuol dire che ha letto
tutta la storia, mi ha supportato e sopportato! Grazie di cuore!
Ma
prima di passare ai ringraziamenti più approfonditi e i saluti
finali, vorrei spiegare alcune cose.
Prima
di tutto, non so come si chiamano operatori e dipendenti della
Corbaccio (casa editrice realmente esistente, come molti sapranno) e
non so se abbia una sede in Toscana, quindi luoghi e persone da me
citati sono da me inventati. Se poi ho azzeccato qualcosa, beh...
tanto meglio XD
Il
libro che ho citato, “Piccoli Uomini”, è di Louisa
May Alcott ed è il terzo della saga di Piccole Donne. Meglio
specificarlo, per chi non lo sapesse ^^
Poi...
i due utenti che hanno recensito la nostra Camilla sono realmente
esistenti – sono due miei carissimi lettori – e ho voluto
omaggiarli inserendoli in questa storia, “copiando” il
loro modo di recensire e usando le parole che userebbero loro...
insomma, fingendomi loro per una volta! Spero che i diretti
interessati abbiano apprezzato! ^^
Non
ho inserito data e ora nelle recensioni per scelta: non ho voluto
attribuire un tempo preciso alla storia. Non è stata una mia
dimenticanza, eh :D
Voglio
anche spendere due parole su com'è andata questa storia: ho
dovuto scriverla in fretta perché il contest sarebbe scaduto
breve e ho avuto tardi l'illuminazione, quindi forse può
sembrare un po' frettolosa... mi dispiace non essermi potuta prendere
più tempo per curare i dettagli, ma nulla mi vieta di tornarci
per una revisione, più avanti :)
Ringrazio
tanto la giudice del contest per la bellissima opportunità,
ringrazio tutti i lettori silenziosi, ma soprattutto un immenso
GRAZIE va a Kim e Ale, i miei super lettori super presenti e super
preziosi, che hanno recensito con affetto tutta la storia! Siete i
miei Dreamy, VI ADORO :3
Ancora
grazie a tutti e alla prossima avventura!!! ♥
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