Bakchai - Baccanti

di diphylleia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Numbers ***
Capitolo 2: *** About a girl ***
Capitolo 3: *** Teenagers ***
Capitolo 4: *** Take the time ***
Capitolo 5: *** Clair de lune (Suite Bergamasque No. 3) ***
Capitolo 6: *** Us and Them ***
Capitolo 7: *** Everything counts ***
Capitolo 8: *** Holiday ***
Capitolo 9: *** To all of you ***
Capitolo 10: *** Take me out ***
Capitolo 11: *** Californication ***
Capitolo 12: *** Hotel California ***
Capitolo 13: *** Aneurysm ***
Capitolo 14: *** Gymnopédie no.1 ***
Capitolo 15: *** Strip my mind ***
Capitolo 16: *** Do I wanna know? ***



Capitolo 1
*** Numbers ***


Scarlett aprì cautamente la porta di casa, guardandosi attorno prima di entrare. Non sembrava esserci nessuno: i suoi genitori erano in ufficio e non rincasavano mai per l’ora di pranzo; suo fratello era fuori città con il suo gruppo di amici, per festeggiare la fine delle superiori. Quel ragazzo aveva sempre concepito quella scuola e quella città come una prigione: quando erano piccoli, raccontava spesso alla sorellina di come sarebbe scappato da quel tugurio e sarebbe diventato un attore a Hollywood. La rossa non poteva dargli torto, data anche la facilità con cui le cose le venivano a noia.
Mosse qualche passo all’interno dell’abitazione e si chiuse la porta alle spalle. Infilò la chiave nella serratura e la girò due volte, prima di gettarla in fondo alla borsa.
Doveva fare tutto con un certo ordine.
Girò a destra, verso la cucina. Si affacciò appena, col corpo già pronto ad affrettarsi sulle scale per il piano di sopra: sul tavolo da pranzo giaceva un piatto fondo, coperto da una pellicola trasparente, su cui giocavano i raggi di sole che filtravano svogliatamente attraverso la veneziana chiusa.
La giovane non si prese nemmeno la briga di controllare cosa ci fosse nel piatto e si gettò subito sulla scalinata. Arrivata al primo piano praticamente di corsa, si guardò nuovamente attorno, sporse la testa nella camera dei genitori e in quella del fratello; la porta del bagno era aperta, non poteva esserci nessuno all’interno, quindi Scarlett evitò di controllare.
Finita la minuziosa perlustrazione, fece il suo ingresso nella propria stanza. Ragionava con la fredda precisione di un computer, una macchina perfetta e priva di cuore: elencava nella mente congelata tutte le possibilità di essere scoperta e calcolava senza sforzi il numero di modi di eluderle.
Lasciò la borsa sul letto e si precipitò a chiudere finestra e persiane. Localizzò un bicchiere di plastica sul comodino, aggrappandovisi con gli occhi come se fosse stato un amuleto, e lo collegò con lo sguardo ad una bottiglia d’acqua mezza vuota sulla scrivania. Lanciò un’ultima occhiata alla porta e la chiuse di malavoglia: inconsciamente sperava di essere scoperta, fermata e sgridata, e di piangere ed essere arrabbiata per questo, come tutti gli altri riuscivano a fare.
Perché lei non poteva. Nemmeno in quella situazione provava ansia o rimorso.
Estrasse dalla borsa, con un gesto meccanico, una bustina. Rivolse l’involucro verso la finestra, ponendo il suo contenuto in controluce, come se volesse accertarsi della sua autenticità (o della sua stessa esistenza): una beffarda pillola rossa con una linguaccia incisa sopra si lasciava ammirare e invitava, con il suo aspetto sgargiante, a essere nascosta il prima possibile, schiacciata contro il palato.
Scarlett si mordicchiò il labbro e appoggiò il contenitore di plastica sul comodino, accanto all’abat-jour, che accese distrattamente. Con la stessa distrazione si alzò, prese la bottiglia e si riempì con dell’acqua il bicchierino. Era arrivato il momento, e la rossa sapeva esattamente cosa fare. Introdusse le dita esili della mano sinistra nella bustina e afferrò la pillolina, che posò senza esitare sulla punta della propria lingua. Aveva capito che, se non avesse fatto tutto tempestivamente, si sarebbe fermata e l’avrebbe buttata. Per aiutarsi a deglutire, ingerì il contenuto del bicchiere più in fretta che potesse.
A quel punto si fermò. Si prese del tempo per realizzare di aver ingerito una sostanza stupefacente per il solo gusto di provare qualcosa. Lo stesso motivo che aveva spinto un’amica di Sky (e, per proprietà transitiva, anche sua) a procurargliene una.
 
Quella mattina, Scarlett era stata avvicinata da Heather verso la fine della giornata scolastica. La mora, con il suo solito fare civettuolo, l’aveva afferrata per un polso, applicando sulla pelle della rossa una pressione più forte del previsto, come tacito segnale che qualcosa stava per accadere. Dunque l’asiatica la invitò, senza farsi troppo notare, a saltare l’ultima ora di lezione: - Tanto siamo entrambe brave in matematica. Usciamo prima. - Tagliò corto. Quella ragazza aveva un talento eccezionale nel mandare messaggi in codice.
Scarlett acconsentì, senza stupirsi. - Perfetto - Commentò in tono mellifluo la sua interlocutrice, e la portò sul retro dell’edificio scolastico.
Aspettarono di vedere la folla di studenti diradarsi e sciamare verso le aule; quando l’esterno dell’istituto fu occupato solo da loro due e qualche granello di polvere, Heather tirò fuori un fazzoletto di seta piegato su se stesso e lo porse alla compagna di scuola. - Non ti scomodare per i soldi. - Sibilò altezzosamente. - Me li ridarai quando sarà il momento. - Sorrise infine, socchiudendo gli occhi fino a ridurli a due fessure, ancora più assottigliate dal trucco. Alla mora piaceva vantarsi implicitamente del proprio benessere economico, e regalare pasticche a una sua amica di facciata era un modo più che efficace per compiacere il proprio ego. Allora la rossa prese tra le mani il pregiato pezzo di stoffa e lo tastò con i polpastrelli. Sentiva il sottovuoto creato da una bustina. Sollevò un lembo del quadrato di tessuto e inquadrò velocemente il suo brillante contenuto. Rassicurata, ripose in una tasca della propria borsa il “regalo”. - Grazie - Le sorrise educatamente, ma senza troppa convinzione, per poi congedarsi.
 
Ripensando agli avvenimenti di poco tempo prima, la ragazza si lasciò cadere di schiena sul materasso e iniziò a fissare il soffitto. Sapeva di dover aspettare prima di percepire gli effetti della sostanza, ma non sapeva per quanto tempo. Un minuto. Cinque. Dieci.
Dopo venti minuti, l’unica cosa che sentiva era una forte nausea. Si mise lentamente seduta, per farsi sorprendere da un’improvvisa, dolorosissima fitta allo stomaco. Cadde a terra, sbattendo con la spalla contro il comodino, e si ritrovò piegata su se stessa.
Si portò la mano sinistra alla bocca. Il suo cuore batteva selvaggiamente contro la cassa toracica, e il sangue schizzava in ogni angolo del suo corpo con la brutalità di un’onda tempestosa. Deglutì a fatica: iniziò ad avvertire male alla testa.
Cadde in avanti, carponi, sul pavimento freddo. Le girava tutto intorno. Aprì le palpebre indolenzite e provò a esaminare l’ambiente circostante: tutto le appariva sfocato e assumeva colori strani; ogni cosa vibrava, dondolava. Gattonò fino alla porta, che aprì frettolosamente aggrappandosi alla maniglia, e proseguì così fino al bagno. Si trascinò oltre il suo ingresso, fino al gabinetto. Non si sentiva più le gambe e pensava che, se si fosse messa in piedi, sarebbe morta.
Rimase ferma, con la testa sopra la tazza e respirando a fatica, per pochi minuti, per poi rimettere. Una pausa di qualche altro minuto, e vomitò di nuovo. Questo calvario continuò per qualche minuto, finché la ragazza, esausta, non si mise a fatica in piedi, appoggiandosi al muro, e tirò lo sciacquone. I suoi nervi erano fuori uso: rantolò e si accasciò a terra, appallottolata su se stessa, mentre il suo corpo era scosso da tremori febbrili.
Pochi secondi, un vuoto d’aria, e il nero. Era svenuta.
 
Da che avesse memoria, Scarlett non aveva mai provato vere emozioni, o un solo brivido che le scuotesse il cuore e le portasse gioia, come il vento primaverile che scuote le fronde degli alberi e ne accarezza le gemme. Il suo spirito somigliava di più a un giorno d’autunno dal cielo grigio e pesante, in cui la pioggia non si mostra e tutto resta uguale a se stesso, in attesa. Su di lei pesava una nube di tristezza e disgusto, che influiva sulla sua personalità e le aveva sempre impedito di sbocciare.
Non passò molto tempo, prima che si accorgesse che qualcosa le mancava. Era diversa dagli altri: era più sveglia rispetto alla media ma sbrigativa e poco empatica. Tendeva a stare sempre sulle sue perché, pur volendo, semplicemente non riusciva ad avvicinarsi a nessuno.
La cosa peggiore era che, nel corso della sua vita, aveva fatto l’abitudine a questo stato. Crescendo e osservando gli altri (soprattutto all’inizio della propria adolescenza), ormai rassegnata a non trovare mai sollievo dalla morsa che teneva il suo animo prigioniero, aveva capito che sarebbe stato meglio per lei adattarsi, fingere di essere simile ai suoi compagni di scuola, di non soffrire, e farsi degli amici.
Proprio in quel periodo incontrò Sky.






((CIAO! Metto un messaggio da parte mia di fine capitolo. Questa è la mia prima FF in assoluto, ed è un lavoro molto personale per questo. Un paio di indicazioni: ogni capitolo avrà come titolo il nome di una canzone, quindi vi suggerisco di ascoltarle nella lettura. La musica sarà molto importante durante questa ff. Al primo episodio allego la canzone di Daughter "Numbers". Enjoy!))

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Capitolo 2
*** About a girl ***


La rossa fu svegliata dal trillo del telefono fisso che riecheggiava dalla camera da letto dei suoi genitori. Si rimise in piedi a fatica e si stupì di riuscire ancora a camminare. Tenendo sempre una mano contro il muro per reggersi, la ragazza raggiunse la fonte del rumore, si sedette sul letto matrimoniale e alzò la cornetta. La testa frastornata della canadese si scontrò con la voce squillante della sua più cara amica, che esordì entusiasta: - Ehi, Scarlett! Non indovinerai mai! -
- Uh... - Biascicò lei stropicciandosi gli occhi. - ... suppongo di no. Che succede? -
- Ehi, ma ti senti male? Hai la voce strana. -
- Non sto... bene di stomaco. - Si morse il labbro, per poi incitarla a continuare: - Lascia stare. Che cosa dovrei indovinare? -
- Io e alcuni miei amici abbiamo organizzato una cosa speciale. Qualche giorno in campeggio! Andiamo sulla costa così siamo vicini a qualche spiaggia. Ci stai? -
 
Scarlett aveva conosciuto quasi tre anni prima, il primo giorno delle superiori, quella che sarebbe stata la sua migliore amica, e che, proprio mentre lei era svenuta nel bagno di casa propria, aveva avuto la brillante idea di telefonarle.
Settembre è un mese di cambiamenti, soprattutto se, dopo un’infanzia intera passata in solitudine, stai per fare il grande salto: entrare alle superiori.
E’ un momento incisivo perché dà il via a un periodo di transizione e trasformazioni costanti. Con la fine dell’estate bisogna rinnovare il guardaroba, così come con l’inizio dell’adolescenza bisogna apportare delle modifiche al proprio aspetto fisico per esprimere al meglio la propria personalità, che emerge nel punto di rottura fra due fasi fondamentali della vita.
Un momento eccitante per quel gregge di ragazzini accalcati contro le porte e le scale della nuova scuola, ma non per Scarlett. Loro vivevano l’inizio con molta più naturalezza, al contrario della ragazzina: parlavano tra loro, stavano in gruppo, ridevano, si scattavano foto a vicenda con il cellulare.
Esattamente come ci si sarebbe aspettato da lei, la rossa invece era da sola. Si era svegliata presto per arrivare a piedi: aveva il presentimento che fosse meglio non farsi accompagnare al liceo dai propri genitori il primo giorno. Le sue capacità di calcolo le avevano suggerito anche di vestirsi bene, ma non in maniera appariscente; considerato il suo poco gusto estetico, una maglietta rosa e un paio di jeans erano una mise più che appropriata ai suoi occhi. Ciononostante aveva fatto anche una buona scelta: aveva lasciato sciolti i capelli, perché le poche persone che conosceva le avevano sempre fatto notare quanto fossero particolari. Erano lunghi, rossi e luminosi; la sola cosa di cui la giovane si prendesse cura senza sollecitazioni di terzi.
Nonostante passasse molto tempo a coccolare quel piccolo orgoglio personale, non aveva mai preso davvero coscienza del loro potere magnetico; non fino a quel momento.
 
Attraversò il cancello dell’edificio con la testa bassa, stretta nelle spalle, lanciandosi attorno delle occhiate furtive. Più proseguiva dritta verso l’ingresso, più si rendeva conto che qualcosa non andava. Il chiasso era rimasto invariato, quindi aspettò qualche secondo prima di controllare. Osservando la folla che la circondava, si rese conto di essere osservata. Fin troppo. Diverse persone si erano girate a guardarla: c’era chi sorrideva, chi sembrava sorpreso. Aveva la terribile sensazione che stessero tutti parlando di lei.
Un disagio crescente le attanagliava lo stomaco, fino a farle girare la testa. La nausea e la paranoia la spinsero ad affrettare il passo e a introdursi nell’edificio scolastico. Non degnò di uno sguardo l’ambiente circostante, nonostante fosse nuovo per lei: cercò con gli occhi il bagno delle ragazze più vicino e vi si fiondò.
 
La toilette era stranamente deserta. Quattro lavandini abbastanza spartani si trovavano a destra della porta, ognuno dotato di uno specchio; dal lato opposto si trovavano le cabine con i gabinetti all’interno.
Scarlett si diresse verso uno dei lavabi, girò una manopola per attivare il flusso e si sciacquò il viso. Si guardò poi allo specchio: era paonazza. Sospirò profondamente e abbassò lo sguardo sul servizio igienico. Lasciò scivolare le gocce d’acqua che le imperlavano la pelle, senza asciugarsi, come per far finta che fossero lacrime. Sentiva solo un profondo disgusto e una voglia irrefrenabile di chiudersi in bagno fino alla fine dell’anno.
Proprio in quel momento una studentessa della sua stessa età aprì distrattamente la porta del bagno. La sconosciuta scostò lo sguardo dal proprio cellulare e inquadrò Scarlett, che stava con le spalle curve e il capo chino. - Ehi! - La chiamò la giovane con un certo allarme, mentre le si accostava. La rossa girò la testa per incontrare visivamente la sua figura: si trattava di una ragazzina poco più bassa di lei, ma sicuramente più muscolosa; i suoi tratti del viso e i capelli scuri lasciavano intendere una provenienza asiatica. La mora le mise una mano sulla spalla, cingendola con un braccio, e le chiese: - ... ti senti male? -
Scarlett era sorpresa dalla volontà di quella sconosciuta di aiutarla. Non si conoscevano, però le iridi scure della sua interlocutrice trasmettevano una preoccupazione sincera. La rossa allora annuì leggermente, abbassando lo sguardo. Non sapeva assolutamente come parlarle. Fortunatamente, la nuova arrivata sì. Le rivolse un sorriso timoroso ma gentile, e si staccò da lei.
- Anche tu sei del primo anno? - Domandò per dare vita ad una conversazione, scontrandosi però con un cenno intimidito dell’altra. Sbuffò leggermente, per poi sorridere ancora e porgerle la mano. - Io mi chiamo Sky. Sono del primo anno, e sono... appena arrivata in città. - Si appoggiò con una mano a un altro lavandino, aspettando che la rossa le stringesse quella che le aveva teso.
- ... Scarlett... - Si presentò infine, circondando la mano di Sky con la propria. Sembrava appena tornata alla realtà dopo una lunga trance. - Mi chiamo Scarlett. - Le rivolse un flebile sorriso, e si accorse, osservandola meglio, che l’asiatica aveva un elastico al polso sinistro. Dunque la canadese si schiarì la voce, indicò l’oggetto con il dito e chiese: - ... me lo presteresti? -
 
E come avrebbe potuto la rossa rifiutare la sua proposta? Si trattava della sua migliore amica, la ragazza che le aveva insegnato a essere più femminile, che le aveva fatto conoscere persone nuove; per la quale metteva sempre da parte la voglia di non far niente e l’apatia, pur di sembrare “normale” agli occhi suoi e degli altri. Sembrare normale, il motivo per cui aveva accettato a malincuore di presentarsi, due giorni dopo quella conversazione al telefono, davanti casa della sua amica, luogo dell’appuntamento con le altre persone. Avrebbero raggiunto il campeggio grazie ai veicoli degli amici di Sky, o almeno così le aveva garantito la sua migliore amica.
 
Quella mattina aveva permesso ai suoi genitori di accompagnarla in auto, più per portare i bagagli (ad ogni modo scarni rispetto a quelli delle sue compagne) che perché ci tenesse a passare gli ultimi minuti in città con loro. Li salutò senza troppe cerimonie, prese il borsone tra le mani e uno zainetto in spalla e scese dall’auto.
Davanti alla ragazza si parò improvvisamente una piccola folla di ragazzi, accalcati attorno a tre macchine: come prevedibile, non conosceva quasi nessuno di loro. Fortunatamente, incrociò subito lo sguardo di Sky, che senza indugiare la salutò con la mano, convogliando tutta l’attenzione del gruppo sulla rossa, paralizzata dalla paura. - Ehi! Vieni qui! - Le intimò; era consapevole dell’inguaribile timidezza della sua amica. Alla fine, decise che raggiungerla, prenderla per il polso e trascinarla nel gruppetto sarebbe stata una soluzione molto più veloce.
- Ragazzi, per chi non la conoscesse, lei è Scarlett! - La presentò l’asiatica. Dal canto suo, Scarlett era diventata più rossa dei propri capelli (anche quel giorno raccolti nella consueta coda bassa): alzò di poco lo sguardo per inquadrare i presenti. Riconobbe Heather, Cody e Alejandro, amici stretti di Sky e dunque anche propri. - Ehi, Scarlett. Tutto bene? - Ammiccò Heather in tono mellifluo, attirandosi un’occhiataccia da parte della rossa e nessun’altra forma di risposta. Inoltre, Scarlett salutò timidamente Trent, che conosceva perché frequentavano la biblioteca negli stessi orari e, ogni tanto, si aiutavano a vicenda con i compiti dei loro corsi in comune. Subito dopo, una serie di persone iniziò a presentarsi.
Accanto a Trent c’era una coppia di biondini, di nome Geoff e Bridgette, appoggiati al cofano di uno dei veicoli insieme al migliore amico dei due, che diceva di chiamarsi Brody; dal retro della stessa auto spuntarono una ragazza dai capelli tinti di blu e un’altra giovane, di etnia latina, con i capelli scuri e delle graziose lentiggini sul naso. Le due, che avevano appena finito di sistemare i propri bagagli sul retro, si presentarono alla nuova arrivata rispettivamente come Gwen e Courtney.
Infine, dalla porta di casa di Sky uscirono due ragazzi, che ridevano e scherzavano tra loro, con delle casse tra le braccia. Scarlett incrociò lo sguardo del più basso tra i due, catturata dal colore viola dei suoi capelli. Il giovane ricambiò la sua occhiata, ma distolse subito lo sguardo e proseguì verso un’altra auto. Le sue guance chiare si erano tinte leggermente di rosso, cosa che fece sorridere per qualche attimo la ragazza.
Il secondo ragazzo, invece, avvistò lei e Sky e si diresse verso di loro. - Bella, Sky, è questa la tua amica? - Chiese mettendo giù la propria cassa. La rossa storse il naso, perché lo sconosciuto era decisamente meno rassicurante del suo amico sparito dietro l’automobile. Era più alto delle due ragazze; aveva dei tratti facciali rozzi, accentuati da un ghigno strafottente, un pizzetto e una cresta da mohicano verde fluo. Indossava una canotta nera slavata e dei pantaloncini mimetici consumati; inoltre portava alle dita diversi anelli, con sopra dei teschi di varie forme e design.
- Sì, è lei. Si chiama Scarlett - Rispose affermativamente Sky, rivolgendo lo sguardo alla rossa, che tese timidamente la mano al punk.
- Piacere... - Mormorò.
- Ciao, tipa. Io mi chiamo Duncan! - Asserì con voce roca e le batté il cinque, suscitando nella ragazza un gelido disappunto.
A quel punto, Courtney si avvicinò a Duncan e lo abbracciò teneramente da dietro; effusione a cui il giovane rispose cingendole le spalle con un braccio. I loro corpi intrecciati formavano insieme un contrasto che, agli occhi di Scarlett, accentuava l’eleganza di lei e la grossolanità di lui.
- Noi cinque andiamo in auto insieme - La latina informò dolcemente Scarlett, che era vagamente distratta.
- Noi... cinque? -
- Certo, Max ci starà già aspettando in macchina. -
- ... un momento, - Scosse la testa la rossa, confusa.  - Chi è Max? -

(( Ehilà! Avrei voluto postare questo capitolo ieri, ma era il mio compleanno e sono stata indaffarata. Ad ogni modo, in questo capitolo compaiono tutti i personaggi! Nei prossimi capitoli li vedremo in azione, soprattutto Max... 
La canzone di oggi è "About a girl" dei Nirvana! Sentitela, fatemi sapere se è adatta e tenetevi aggiornati con Bakchai!

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Capitolo 3
*** Teenagers ***


Con un tempismo non indifferente, il ragazzo di poco prima rientrò nel campo visivo di Scarlett, tornando dalla macchina verso cui, poco prima, si era diretto. Non aveva più la cassa in mano, quindi la rossa poté esaminarlo con più accuratezza: era di poco più basso di lei e aveva le spalle e il torso abbastanza larghi; i capelli violacei, acconciati a scodella, circondavano un viso squadrato e pallido, i cui zigomi, ancora rosei, spiccavano sulla geometria del viso. Aveva le sopracciglia aggrottate e teneva le iridi scure puntate a terra; camminava leggermente curvo, con le mani in tasca e le spalle in dentro, come se volesse difendersi da qualcosa.
Una volta a pochi metri dal gruppetto, alzò la testa e incrociò di nuovo gli occhi di Scarlett. Si fissarono per qualche secondo, per poi distogliere quasi contemporaneamente lo sguardo, attirando così le risatine di Sky. Nel frattempo, il ragazzo era arrivato accanto a Duncan: il punk gli diede una pacca sulla spalla, a cui l’amico rispose con un pugno sul braccio. L’asiatica e la latina sorrisero, mentre la canadese fissò con aria confusa i due, spaventata dalla forza che avevano calcato nei gesti per salutarsi.
Alla fine, Duncan indicò con il pollice il nuovo arrivato e si rivolse nuovamente alla rossa: - Parli del diavolo e spuntano le corna. Bella, lui è Max, il mio braccio destro... anche se preferisco considerarlo la mia palla destra. -
- Buon per me, almeno fai tu il cazzo. - Ribatté con ironia il viola, suscitando l’ilarità delle ragazze, ad eccezione di Scarlett, che aveva distolto lo sguardo: la volgarità di quel botta e risposta l’aveva messa in imbarazzo. Max aveva la voce roca e calcava toni bassi, come se volesse imitare il modo di esprimersi del suo amico: la mancanza di naturalezza non rassicurava la ragazza, ma allo stesso tempo stuzzicava la sua curiosità.
Dal canto suo, Max si era accorto del disagio di Scarlett, e si mordicchiò il labbro, abbassando di nuovo la testa. Tra i due era calato un pesante silenzio, che Sky spezzò invitando tutti a entrare in auto: - E’ meglio partire adesso, più tardi ci sarà un casino per il traffico. -
 
Dopo una dozzina di minuti, la rossa era già stanca della gita in campeggio, senza neanche essere arrivata a destinazione: avevano preso la macchina di Duncan, una jeep chiaramente datata, abbruttita da diverse ammaccature sulla carrozzeria verde melma e da graffi e macchie di birra sui sedili; durante tutto il viaggio, il gruppetto aveva intavolato discorsi in cui Scarlett non riusciva ad inserirsi, accompagnati dagli scambi di battute poco eleganti tra i due punk.
Lei si trovava sul sedile posteriore, seduta al centro tra Courtney e Max; fortunatamente Sky era alla guida, mentre Duncan era seduto al suo fianco a darle indicazioni. Ogni tanto i due battibeccavano sull’uso di “scorciatoie” proposte dal verde o sulla velocità impiegata dall’asiatica, troppo poca secondo il proprietario della macchina. La cosa che urtava di più la rossa era vedere come Max supportasse l’amico in tutto e per tutto.
A un certo punto, infatti, Duncan si era fatto più insistente nelle sue rimostranze: - Cristo, Sky, persino mia nonna guida più veloce. -
- In questo tratto di strada non posso andare più veloce! E scusa se non voglio fare un incidente! - Protestò lei, che iniziava a innervosirsi.
- Duncan ha ragione, Sky - Intervenne Max sghignazzando. - Le macchine sono fatte per fare casino. -
- In realtà, no. - Sbottò infine Scarlett. Mostrò un tono sorprendentemente duro. Tutti iniziarono a fissarla, inclusa l’asiatica, che la osservava dallo specchietto retrovisore. Intimorita dall’avere gli sguardi dei presenti addosso, abbassò di poco il viso, rosso di vergogna, e il tono. - Lasciatela guidare in pace, sta solo evitando di causare problemi... - Farfugliò, tradendo dell’ulteriore tedio attraverso la propria voce. Allora Courtney prese in mano la situazione con diplomazia e sentenziò: - Voi due, smettetela di punzecchiare Sky e lasciatela guidare. Duncan, ti ricordo che hai rischiato di farti togliere la patente due volte, e ti proibisco di far fare la stessa fine a chiunque di noi. - Lo sgridò, mentre Duncan alzava gli occhi al cielo. Sky e Max erano rimasti stupiti dall’atteggiamento della rossa: l’asiatica non aveva spesso a che fare con la parte più focosa del carattere della sua amica, pur essendone a conoscenza; malgrado la preoccupazione, era sollevata che Scarlett avesse preso le sue difese. Il ragazzo, invece, non aveva assolutamente previsto che la canadese avesse un simile caratterino.
 
Nel giro di meno di un’ora le tre auto avevano lasciato l’area urbana di Vancouver e si erano fermati nel parcheggio di un campeggio poco affollato nei pressi di Crescent Beach. Si trattava di una serie di spiazzi, immersa in una boscaglia di abeti non troppo fitta. A pochi metri a ovest del campo si trovava il mare. Appena scesa dalla macchina, Scarlett fu colpita dalla fresca brezza marina e dall’odore ibrido nato dall’incontro fra la salsedine e gli aghi di pino; fu distratta, però, dal vociare dei suoi compagni d’avventura, che tiravano giù borsoni, trolley e bagagli di ogni tipo per portarli al modesto ingresso. Sky contribuì a riportarla con i piedi per terra posandole una mano sulla spalla e iniziando a darle istruzioni, mentre le affidava gli strumenti: - Prendi la tenda e vai allo spiazzo 4. Se non riesci a montarla fatti dare una mano da qualcuno... - Sembrava voler accennare a qualcuno in particolare, ma la rossa non le diede il tempo di farlo, che era già nel campeggio. L’asiatica, abbandonata al suo disappunto, fece spallucce e si diresse alla guardiola con Duncan, per avvisare i gestori del loro arrivo; avevano già prenotato tutto, postazioni comprese.
 
Scarlett aveva raggiunto senza problemi il luogo indicato, eppure si sentiva più persa che mai. Gli spiazzi circostanti erano già stati presi d’assalto dal resto dei ragazzi, che già si apprestavano a sistemare tende, tavolini di plastica e sdraio. Max stava aiutando Gwen e Courtney con la loro tenda; Trent, Brody e Cody si davano fraternamente il cinque ogni volta che attaccavano una gamba al tavolo portatile; Heather e Alejandro non c’erano, ma la loro tenda sì, così come quella di Bridgette e Geoff. Quest’ultimo si accorse dell’arrivo della rossa, che intanto aveva messo giù il proprio armamentario e aveva estratto le istruzioni per l’uso della tenda, e salutò con un bacio Bridgette per dirigersi verso la nuova arrivata.
- Ehilà... Scarlett, giusto? -
- Eh? Sì... - Boffonchiò lei, nascosta dietro le pagine del libretto.
- Ce la fai con la tenda? - Chiese cortesemente il biondo, ma non attese il suo verdetto e tirò fuori dalla loro custodia i pezzi necessari.
- Non preoccuparti, ho capito le istruzioni... posso farlo da sola... - Rispose, senza però fare in tempo a rimandarlo da dove era venuto. Era molto imbarazzata, perché a malapena ricordava il nome di quel ragazzo ed era troppo intimorita per rifiutare il suo aiuto. Si prese qualche secondo per osservarlo: allampanato ma comunque muscoloso, il surfista esibiva un corpo abbronzato, coperto da una larga canotta rosa e dei pantaloncini della tuta, lunghi fino al ginocchio. I suoi lineamenti facciali erano dolci, ma erano messi in ombra dal mento prominente e dai capelli dorati, splendenti quanto arruffati, su cui troneggiava un cappello da cowboy di pessimo gusto.
Armeggiava con quegli arnesi come un bambino piccolo con delle costruzioni: non sapeva assolutamente come unirli. Scarlett, rassegnata a farsi aiutare, sospirò: - Ascolta, il pezzo B1 s’incastra con quello B2... quelli che hai in mano, insomma. -
 
Geoff seguiva gli ordini della giovane senza problemi, anche se chiacchierava un po’ troppo. Non sembrava disturbato dal fatto che la ragazza rispondesse a monosillabi: tutti i venti minuti impiegati per sistemare il giaciglio delle due migliori amiche, materassini gonfiabili compresi, furono occupati dal vociare del biondo che raccontava di quanto gli piacesse il surf, di come avesse conosciuto Bridgette, delle feste a cui lui e Brody, suo migliore amico da tutta la vita, avevano partecipato. Riferì alla rossa anche informazioni di natura prettamente personale: era nato e cresciuto nello stesso quartiere di Toronto, nella stessa casa fin dalla nascita; aveva dei parenti in America, sulla West Coast, che andava a trovare ogni estate; in più, aveva passato una settimana in Germania quando frequentava le scuole medie, ma non gli era piaciuta. - Così poco sole, e la gente non dice mai nulla... -
Non era un tipo sveglio e i suoi discorsi avevano la profondità di una pozzanghera; tuttavia la sua premura e i suoi modi solari riscaldavano il cuore di Scarlett.
- E poi - proseguì uno dei suoi racconti. - Io e Brody abbiamo fatto pipì dal balcone annaffiando la testa di un vicino. Eravamo ubriachi da far schifo! Pensa che il giorno dopo mi sono svegliato pieno di morsi su un fianco senza neanche ricordare da dove venissero! - Concluse con una grassa risata, per poi fare qualche passo indietro ad ammirare il suo capolavoro. La tenda si reggeva in piedi, e questo costituiva un grosso risultato per lui. Scarlett, un po’ più precisa del ragazzo, ci entrò, ci rimase un po’ dentro e uscì soddisfatta della sua analisi.
- Abbiamo fatto un buon lavoro. - Asserì con aria sollevata; allora il biondo sorrise e le circondò le spalle con un braccio con aria amichevole, suscitando il disagio della rossa, che se lo scrollò di dosso. Sul volto del giovane si dipinse un’espressione delusa, quindi Scarlett decise di accontentarlo (almeno, a modo suo). Gli mise una mano sulla spalla e mormorò, rossa in faccia: - Io... ecco, scusa, non volevo sembrare maleducata... Grazie per l’aiuto. -
- Oh, non è stato nulla! - Ribatté prontamente, strofinandosi una mano dietro la testa, come se volesse fare il modesto. - Sai com’è, sono abbastanza forte! E poi vado d’accordo con quelli più svegli di me. - Ammiccò infine, facendo così arrossire ancora di più la ragazza. Si tenne, dunque, a debita distanza e le rivolse un sorriso rassicurante: - E poi non conosci molta gente qui, giusto? -
- Diciamo... - Rispose Scarlett, cogliendo la palla al balzo per iniziare una conversazione che andasse oltre il monologo di uno dei due. - Solo Sky, Alejandro e Heather... Cody e Trent... - Iniziò ad elencare, contando distrattamente i suoi conoscenti sulle dita della mano. - ...Sky mi ha presentato anche quei due tizi... Duncan e Max. -  Abbassò quindi la voce, dato che il viola era nei paraggi. - Ho fatto il viaggio in macchina con loro. - Concluse e abbassò lo sguardo.
Geoff aveva il dono di leggere i sottotesti: capì subito che le dichiarazioni della ragazza erano venate di dubbio e disagio. - ... Non ti fanno impazzire, vero? - Le sussurrò, e Scarlett scosse la testa. Allora il surfista continuò: - Non lasciarti impressionare dalle loro scorze dure. Duncan è un bonaccione, e Max è un tipo molto dolce, se impari a conoscerlo. -
A quel punto la rossa riportò lo sguardo sul viso del ragazzo e stabilì un contatto visivo con lui. Aveva le iridi di un azzurro brillante e deciso: trasudavano entusiasmo per la vita. C’era qualcosa di incredibilmente puro in quegli occhi; qualcosa che fece annuire la ragazza e che riportò un timido sorriso sul suo volto. All’improvviso, Geoff si girò verso gli altri, allontanandosi di poco da Scarlett, e urlò, rivolto al resto della compagnia: - Signori, c’è da aprire le danze! Mettete via i vostri bagagli e fatevi un riposino, perché stasera si dà una bella festa! -
- Una festa? - Mugugnò la rossa dietro di lui, perché aveva capito di aver ispirato le sue intenzioni festaiole. Apparentemente, era l’unica in disaccordo.

(( Ehilà! Questo è il capitolo che mi ha divertita di più scrivere, soprattutto perché abbiamo un bel quadro di Geoff e la primissima battuta di Max in Bakchai è delle più volgari. Chevvoidepiù? La canzone che ho scelto per oggi è Teenagers dei My Chemical Romance: li conosco poco, ma la canzone mi è stata suggerita da un carissimo amico (e collaboratore), mi è piaciuta e mi sembrava adatta al capitolo, quindi vi beccate questo piccolo tributo! Che ne pensate di come si sono presentati i primi personaggi? Come pensate che si svilupperanno?))

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Capitolo 4
*** Take the time ***


Quella sera Scarlett, in ginocchio sul proprio materassino, cercava di convincersi che aver accettato di seguire Sky in campeggio fosse stata una buona idea. Era ormai qualche minuto che fissava la felpa nera, la canotta e i pantaloncini che aveva deciso di indossare per la serata, abbandonati di fronte alle sue gambe imbevute di citronella. Sperava che, se avesse perso abbastanza tempo a prepararsi, i suoi nuovi amici cominciassero senza di lei, così che la rossa potesse restare chiusa in tenda a leggere un libro. A differenza della sua migliore amica, non era abituata a passare così tanto tempo in gruppi numerosi, e più ore passavano in quel campeggio, più lei si sentiva distante da tutti.
Quel pomeriggio, il gruppo si era diviso, frammentato dall’interesse per attività diverse: Heather e Alejandro erano rimasti in tenda (per motivi su cui Scarlett preferiva non indagare); Geoff e Bridgette avevano seguito Brody, i suoi due compagni di tenda e Sky in spiaggia, senza dimenticare le tavole da surf dei primi tre; gli altri erano praticamente spariti. Scarlett non si era posta troppe domande su dove fossero: rimasta al proprio spiazzo, era andata avanti nella lettura di un romanzo e aveva schiacciato un pisolino al riparo dalla calura estiva. Una dormita più simile a un letargo, considerando che aveva riposato fino alle sette di sera, orario in cui l’asiatica era rientrata in tenda e l’aveva svegliata, costringendola a scegliere dei vestiti per il party e a uscire dal suo antro.
Attorno alle sette e mezza, la rossa decise che aspettare che gli altri si dimenticassero di nuovo di lei era inutile. Si mise controvoglia gli indumenti scelti, gattonò fuori dalla propria stanzetta e iniziò a picchiettare timidamente con i polpastrelli sulla porticina di tela del vano della sua amica. - Sky... - La chiamò timidamente. - Posso entrare? -
Non dovette aspettare un attimo, che la cerniera si aprì e la sua compagna sbucò fuori con aria interrogativa. Aveva scelto con molta più accuratezza come presentarsi alla festa: indossava una camicetta smanicata bianca, che lasciava intravedere il reggiseno scuro, e degli shorts a vita alta; inoltre, aveva le braccia tempestate di braccialetti di tanti modelli diversi e le dita costellate di anelli color oro. Portava i capelli sciolti, posati sulla spalla sinistra, così che si potesse notare l’appariscente orecchino di piume viola che portava all’orecchio destro. Sky le sorrise e la invitò ad entrare con un gesto. - Sei arrivata giusto in tempo, considerando che nessuna delle due è ancora truccata... - Sogghignò divertita e tirò fuori dal proprio borsone una pochette lilla.
 
Dieci minuti dopo, le due amiche lasciarono la tenda. Scarlett era sollevata dall’avere in faccia solo un po’ di mascara e una linea sottile di eyeliner, dato che Sky voleva farle un full face.
Le piazzole circostanti erano piene di lanterne portatili, ognuna delle quali s’illuminava con un colore e un’intensità vagamente differente. Fortunatamente non oscuravano la luce delle stelle, che la rossa sperava di poter ammirare mentre gli altri festeggiavano. Vicino alla tenda dei tre ragazzi si trovava anche una cassa portatile, alla quale Geoff stava cercando di collegarsi tramite Bluetooth.
- Wow, Geoff, hai fatto un gran lavoro! - Si complimentò l’asiatica mentre gli si avvicinava, con la sua amica al seguito. Il biondo distolse lo sguardo dal proprio cellulare e rispose con un sorriso affabile: - Perché ti stupisci? Sai che sono il re delle feste, amica. -
- Ah sì? Allora datti al wedding planning. - Proruppe una voce da dentro la tenda: era Trent, il ragazzo della biblioteca, che stava uscendo proprio in quel momento. Appena lui e Sky si videro, si rivolsero un’occhiata piuttosto dolce, che tuttavia non durò molto.
- Sarebbe un lavoro proprio gay. Perfetto per te, razza di barbone! - Intervenne Brody, che stava tirando fuori e poggiando sul tavolino delle bottiglie di birra da uno scatolone. In risposta, Geoff gli scompigliò i capelli castani e ribatté: - Parli proprio tu? Sei tu un barbone. - Il suo amico era rimasto come congelato dall’affermazione e dal gesto del biondo all’inizio, ma si rilassò in fretta, e riprese con il suo lavoro senza aggiungere altro. Scarlett, tra sé e sé, concluse quindi che Brody poteva essere o un barbone o un omosessuale, ma comunque era meglio non rivangare la questione.
A quel punto, Trent si avvicinò al telefono del surfista e propose: - Metto io la musica! -
- Non ci provare! - Lo apostrofò Duncan, appena arrivato alle spalle del corvino con Max e Courtney. - Tu metti solo cagate indie. -
- Dai, tu avresti messo dell’heavy metal... - Cercò di ribattere, palesemente deluso.
- Signori, non c’è bisogno di accapigliarvi. - Fece Geoff per dividerli, per poi proporre: - Per venire incontro a tutti, potremmo mettere una bella playlist house! -
Tutti i presenti gli risero in faccia senza ritegno. In conclusione, Max strappò di mano il telefono a Trent e selezionò una canzone. - Toh, playlist Green Day. - Asserì e si portò le mani sui fianchi con disinvoltura; sembrava non importargli dell’esito che avrebbe avuto la sua scelta. Comunque, trovò un riscontro positivo: Sky prese per i polsi Trent, lo trascinò qualche metro più avanti, al grido di “Adoro questa canzone!”, e i due cominciarono a ballare. Il chitarrista la assecondò, pur non essendo un ottimo ballerino.
Stuzzicati dall’entusiasmo dell’asiatica, anche il resto dei presenti si buttò nella pista improvvisata, eccetto Scarlett, che indietreggiò fino a sedersi su una sedia di plastica. - Max, vieni qua, ho voglia di pogare! - Gli urlò dietro Duncan, ma il punk dai capelli viola si era fermato a osservare la rossa.
- Ehi, ti senti bene? - Le chiese con aria preoccupata e si avvicinò. Tanto la festa sul dance floor campestre sarebbe andata avanti anche senza di lui. Scarlett arrossì leggermente, ma non esitò a rispondere: - Sì, certo! E’ solo che... - Distolse lo sguardo, lasciandolo cadere su una bottiglia di birra. - ... non mi piace ballare. Non sono capace, voglio dire! - Rettificò, come se volesse nascondere qualcosa. - Sono un vero disastro, non so mettere un piede dietro l’altro senza cadere! -
Il ragazzo allora fece spallucce e afferrò la bottiglia che Scarlett stava distrattamente osservando; si mise tra i denti un’estremità del tappo metallico, ci fece un po’ di pressione sopra con gli incisivi laterali e lo fece saltare. Infine, porse il recipiente alla rossa, inchiodata alla sedia per la paura.
- Vuoi? -
- ... l’hai aperta con... i denti... -
- Eh? Ah, sì. Trucchetto di Duncan. - Chiarì con orgoglio. - Dai, prendila, sennò me la bevo io! - Incoraggiata in questo modo, la ragazza prese la bottiglietta tra le mani e bevve un sorso. Mentre ingoiava il liquido, bofonchiò: - Sarebbero potuti saltarti i denti. -
- E allora? - Ribatté il giovane, che sfortunatamente l’aveva sentita, sedendosi su una sedia accanto a lei e mettendosi a scrutare attraverso il gruppo riunito a ballare. Erano appena arrivati anche gli altri campeggiatori della comitiva e si erano uniti alle danze senza esitare.
Tra i due era calato lo stesso silenzio di quella mattina: non si conoscevano, però entrambi percepivano il peso delle loro differenze, che gravava su di loro e li soffocava come una cappa di umidità. Scarlett cercò di avviare una conversazione, in modo che entrambi ignorassero quell’atmosfera tesa: - Quindi... vieni alla nostra stessa scuola? -
- Sì, più o meno. Ma non me ne fotte della scuola. - Rispose Max con aria tranquilla, prendendo un sorso della bevanda a ogni fine di una frase. - Duncan ed io pensavamo di aprirci un'officina da meccanico una volta finita questa rogna di liceo. -
- Beh, per fare il meccanico dovresti comunque studiare... - Lo rimbeccò la ragazza, e il punk ribatté subito: - Cazzate! Basta sapere cosa c’è in un motore, non serve mica una laurea. Smanetto con la macchina di mio padre da anni, e sono (modestamente) molto bravo. -
- Almeno gliel’hai rimessa a posto? - Domandò Scarlett innocentemente, finendo, tuttavia, per suscitare le risate di entrambi. Sembrava un po’ meno tesa, quindi sospirò e optò per parlare un po’ dei propri progetti: - Io speravo di studiare in qualche facoltà scientifica... ingegneria robotica, o astronomia... -.
- Aspetta, aspetta - La interruppe subito Max, fissandola con gli occhi sgranati. - ... Vuoi costruire dei robottoni?! -
- ... robottoni? -
- Certo, roba tipo i gundam! O stronzate del genere per andare nello spazio? -
Scarlett gli rivolse un’occhiata imbarazzata e scosse la testa, riprendendo a stare in silenzio. Non aver capito il riferimento la faceva vergognare ancora di più.
Il punk si sentiva vagamente responsabile di averla messa a disagio, quindi cercò di riprendere il filo del discorso: - Quindi ti... piace studiare? -
- Sì, circa... -
- E cosa ti piace a parte studiare? -
La rossa rimase qualche secondo in silenzio, come se dovesse raccogliere le idee. - Mi piace... leggere, giocare a scacchi... -
Roba che fece subito storcere il naso a Max. Irrequieto com’era, non poteva concepire del divertimento nello stare seduto a spostare pezzi di plastica su una scacchiera, e non gli piaceva altro che fumetti sui supereroi e qualche libro di fantascienza. Per lui, lo spasso era fuori dalla propria stanza, su una moto, per strada a fare graffiti.
- ... e guardare le stelle. - Concluse la ragazza.
Allora lo sguardo del suo interlocutore s’illuminò e lui balzò in piedi. - Davvero? - Si lasciò sfuggire, con la voce venata di un’emozione pura e onesta, che stupì Scarlett. Dopo una frazione di secondo, comunque, riprese la propria postura e atteggiamento da ragazzaccio e porse la mano alla sua amica.
- Se è così, lasciamo questi scemi. Ti porto in un posto. -
- Eh? Ma la festa... -
- Tanto non stiamo nemmeno ballando. E poi basta avvisare che ce ne andiamo. -
 
L’improvvisato duo aveva preso i cellulari con sé e il punk aveva spiegato a Duncan che si stavano allontanando. Il teppista dalla cresta verde aveva sogghignato maliziosamente, instillando un seme d’ansia nell’animo della rossa, senza però aggiungere altro. Allora i due avevano lasciato il campeggio da un’uscita posteriore. - E’ una scorciatoia per la spiaggia. - Si affrettò a chiarire Max: aveva intuito che Scarlett potesse essere agitata. Si stava separando dalle poche persone che conosceva con un ragazzo che aveva incontrato praticamente una decina di ore prima, ed era palesemente troppo insicura per stare tranquilla o anche pensare di provarci con lui; cosa che anche il giovane si era ripromesso di non fare. La trovava affascinante nonostante le poche parole scambiate con lei, ma non voleva toccarla, non ancora. I suoi occhi verdi rispecchiavano un animo simile a quello di un cerbiatto, a cui non ci si può accostare troppo in fretta.
Dal canto suo, la ragazza aveva intuito di trovarsi in compagnia di un ragazzo sostanzialmente gentile, ma continuava a essere tesa. Lungo il tragitto controllava sempre che il telefono prendesse e si guardava intorno spaurita: la strada era illuminata solo da qualche sporadico lampione. La musica dal campo era sempre più distante e ovattata.
Quindi Max, cercando di tamponare il solito silenzio e il timore della ragazza, tentò di farla parlare: - Ecco, come hai conosciuto Sky? -
- Scuola. - Fu la risposta secca e distratta della ragazza, ancora troppo presa dalla paura. Ad ogni modo, non poteva lasciarlo appeso a un filo, e spiegò brevemente come si erano incontrate. - Sarà stato tipo... tre anni fa? Era il primo giorno di scuola al liceo, ed io ero terrorizzata. Neanche ero entrata a scuola che subito mi sono chiusa in bagno. Per fortuna nello stesso bagno c’era anche lei... - Sospirò, e l’aria che uscì dalla sua bocca vibrò per la nostalgia. - Si era accorta che stavo male, e mi ha... rivolto la parola. Mi ha chiesto come stessi. Da allora siamo inseparabili. -
Sorrise fugacemente, poi si rivolse a Max con aria interrogativa: - Tu invece come hai conosciuto Duncan? Siete... migliori amici, tipo, no? -
- Sì, è il mio migliore amico. Praticamente un fratello. - Rispose affermativamente il ragazzo, e iniziò anche lui a raccontare.


(( Ciao! Questo capitolo contiene una delle scene più divertenti di Bakchai, oltre che una delle più esemplificative delle differenze apparenti tra Scarlett e Max: raga scusate ma quanto è figo Max che apre la birra con i denti? 
La canzone di oggi è Take the Time dei Dream Theater, di nuovo suggeritami da un altro mio caro amico/collaboratore a questa ff. Sentitela, fatemi sapere cosa ne pensate della canzone e del capitolo e continuate a seguire Bakchai! ))

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Capitolo 5
*** Clair de lune (Suite Bergamasque No. 3) ***


- Avevo tipo... dodici anni. Sicuramente, perché li avevo compiuti da poco. Ci siamo conosciuti d’estate. A quel tempo non uscivo mai di casa. Non avevo amici, e comunque mi bastava quel poco che avevo a disposizione in camera mia: videogiochi, fumetti... in effetti, la mia vita era abbastanza vuota. Non fraintendermi, ora non lo è più... E poi ero solo un bambino! Comunque, è stato d’estate, e probabilmente quella è stata l’estate più vuota della mia vita, prima di conoscere Duncan. In famiglia non avevamo programmato vacanze, quindi stavo sempre da solo ad annoiarmi... e tra le altre cose, siccome molti miei vicini, così come i miei compagni di classe, erano in viaggio, il mio quartiere era mezzo vuoto.
- Una domenica, penso, stavo tranquillamente giocando a uno sparatutto quando sento un boato provenire dalla strada. Mi ero spaventato un sacco, anche perché proprio quel giorno era una delle rare volte in cui mamma non era a casa... Avevo troppa paura di affacciarmi alla finestra, dato che mi ero immaginato una scena del crimine degna di un oscar, hai presente? Quelle piene di sangue e luci soffuse. Però non potevo di certo far finta di nulla, quindi mi sono fiondato all’ingresso per uscire.
- Fortunatamente, la situazione non era grave. O almeno, niente sangue in giro. C’era soltanto un motorino, o quello che ne restava, distrutto contro un albero accanto a casa mia, e un ragazzo di poco più alto di me che si agitava come un pazzo attorno al veicolo. Conclusi che si fosse schiantato; quando si girò verso di me capii che non aveva l’età per guidare. Sotto i capelli a spazzola neri e un monociglio da far invidia a... quella pittrice messicana, c’era la faccia terrorizzata di un mio coetaneo. Io ero paralizzato dallo stupore, quindi fu lui ad approcciarmi, probabilmente spinto dal panico, e inizia a gridarmi: “Ehi, che cazzo fai là? Dammi una mano!” Ti giuro, era bianco come un cadavere! Allora io corro subito in suo aiuto e trasciniamo la moto nel mio garage. C’era qualche attrezzo di mio padre, ma da piccolo non sapevo neanche come si tenesse in mano una chiave inglese.
- Comunque il ragazzino inizia a frugare in giro, ignorando platealmente il fatto che gli stessi urlando dietro, tira giù da uno scaffale una cassa con degli attrezzi, la apre ed estrae dal suo interno tutto quello che gli serve. Continuava a bofonchiare “non c’è tempo, non c’è tempo”, come se fosse un chirurgo. Alla fine decido di assecondarlo. Lui si era messo a darmi istruzioni per aggiustare il motore ed io a seguirle. Mentre cercavamo di rimettere apposto la moto, lo sconosciuto mi disse di chiamarsi Duncan e mi confessò che l’aveva rubata a suo padre. Si annoiava, così almeno mi ha detto, e voleva farsi un giro, trovare qualcosa da fare. “Non immaginavo che sarebbe finita così. Se papà scopre che non funziona più, sono fregato”. Disse, così io gli feci notare che i suoi genitori si sarebbero accorti comunque dell’incidente, dato che la carrozzeria era distrutta. Prima ringhiò, poi si mise a ridere e mi fece i complimenti per lo spirito. Man mano che il tempo passava, lui era sempre più tranquillo, anzi rideva della disgrazia che gli era capitata; e non mentirò, mi sono divertito anch’io. Dopo un’oretta riportiamo il motorino sul vialetto, dove lui riesce a metterlo miracolosamente in moto. Sarà stato il senso di vittoria, ma è stato meglio di qualsiasi festa a cui abbia partecipato. Comunque, alla fine abbiamo riportato la moto in garage e abbiamo rimesso a posto gli strumenti di papà. Nessuno dei due era più agitato. Alla fine, l’ho invitato a giocare ai videogiochi con me. Mia madre tornò alle sette di sera ed eravamo ancora insieme. Rimase a cena con noi. - Concluse Max. - Da allora, facciamo tutto insieme. Ci siamo tinti i capelli insieme, ci vestiamo allo stesso modo. Gli devo molto... mi ha fatto scoprire il punk, mi ha insegnato come funziona una macchina. E’ grazie a lui se non sono più solo. - Durante tutto il racconto aveva tenuto lo sguardo basso, come quando si era presentato quella mattina, ma il suo corpo era notevolmente meno in tensione. La luce dei lampioni tagliava il buio e gli illuminava una parte del volto, lasciando metà del suo viso in ombra. Un sorriso malinconico gli riempiva le labbra. Scarlett aveva ascoltato in silenzio tutto il racconto del ragazzo, e solo alla fine si rese conto di avere la sua stessa espressione, come acquisita per osmosi.
Entrambi tacquero. Le melodie su cui i loro compagni stavano danzando erano state ormai rimpiazzate dal concerto notturno delle cicale, a cui si unì, dopo pochi metri, il suono delle onde, simile ad un violino. La rossa era stata talmente rapita dall’aneddoto di Max da essersi dimenticata del timore, della strada che stavano percorrendo, e del fatto che sarebbe arrivata a una fine. Davanti agli occhi dei due si stagliava il mare.
L’infinito specchio d’acqua rifletteva il colore del cielo e i suoi bagliori. Non c’era alcun lume artificiale nei pressi della spiaggia, quindi la notte poteva splendere con tutta la sua potenza: le costellazioni, piccole e vicine, brillavano come fuochi fatui nell’oscurità. Sembravano ballare in cerchio attorno alla gigantesca luna piena che, come un’imperatrice celeste, si stagliava sul frammento d’oceano che i due ragazzi avevano davanti, accarezzandoli con la sua luce eterea. Il buio era così fitto da inghiottire il resto del mondo, e consentire al cielo e al mare di fondersi.
Scarlett rimase immobile a contemplare il firmamento con gli occhi sgranati. Era così presa che il punk le mise una mano sulla spalla, facendola sussultare, per invitarla sottovoce a continuare a camminare. I due si tolsero le scarpe, le lasciarono sul ciglio della strada e si addentrarono nella caletta deserta fino a raggiungere il bagnasciuga, dove si sedettero. La rossa si guardò indietro e si accorse con stupore immotivato delle impronte che avevano lasciato sulla sabbia, piccole macchie nella distesa desertica, levigata dal vento notturno. Lei aveva camminato in punta di piedi, lasciando delle piccole orme. Max, al contrario, era andato avanti a passo deciso, e aveva disseminato la rena di tracce disordinate, non distanti tra loro, perché il viola aveva la tendenza a trascinare i piedi. Non indugiò ancora sull’osservare la confusione che era rimasta a prova del loro passaggio, e riprese ad ammirare le stelle.
- ... da queste parti non viene molta gente, visto che ci sono troppe alghe e la spiaggia non è attrezzata. Non ci sono neanche i lampioni... - Tentò di spezzare il silenzio Max, ancora una volta. Sembrava non trovarsi a proprio agio quando nessuno parlava; al contrario, per la ragazza l’assenza di rumori era una fonte di quiete in cui amava rifugiarsi e camuffare il proprio sconforto. Tuttavia, quella sera lei non proferì parola per la meraviglia.
- A me non dispiace il buio... - Commentò sottovoce, con lo stesso rispetto che avrebbe portato per l’esibizione di un’orchestra. Lo scintillio lontano dello spazio la consolava, come avrebbe fatto una vecchia conoscenza, nonostante la giovane lo osservasse con l’attenzione di chi sta scoprendo un mondo nuovo. In preda all’incanto, continuando a tenere alto lo sguardo, iniziò a mormorare: - Non so se ne hai mai sentito parlare, ma Pitagora diceva che l’universo suona, e meglio di qualunque strumento. - Max le rivolse un’occhiata interrogativa, ma non la bloccò. - Il Sole, la Luna e le stelle, con i loro moti, producono ciascuno un suono continuo, creando così una melodia che, in un certo senso, protegge il mondo. -
Il viola sbatté le palpebre, confuso, e rise imbarazzato: - E-e tu ci credi? Non si sente niente da quaggiù! -
- Questo è perché sono troppo lontani. - Lo rimbeccò Scarlett. - E poi... - Socchiuse le palpebre. Sulle sue iridi danzavano fuochi distanti, e la Via Lattea rischiarava le sue pupille cupe. - ... in questo momento, credo di riuscire a sentirla... - Sospirò. Si abbracciò le ginocchia e infilò i piedi nella sabbia fresca, al cui interno mosse un po’ le dita, per godersi la bassa temperatura. In quella posizione sembrava piccola come una bambina, ancora più piccola se paragonata alla vastità dell’universo. All’improvviso, come se si fosse appena svegliata, rizzò il capo e si rimise composta. - Ah, scusa, scusa! Sto dicendo sciocchezze! - Si scusò a gran voce, anche se non abbastanza alta da perforare il silenzio notturno. - E’ solo una teoria filosofica, e non ci credo sul se-... -
- Sta’ tranquilla. - La interruppe Max. La sua voce aveva un tono così dolce da indurre Scarlett a osservarlo meglio. Il suo nuovo amico teneva il volto leggermente inclinato, come se stesse cercando di rimpicciolirsi. Delle ciocche viola cadevano oltre la sua fronte, coprendo in parte le sue iridi che, anche se scure, luccicavano nelle tenebre. Le sue gote erano leggermente contratte in un sorriso assorto, venato di gentilezza. Anche lui si abbracciava le ginocchia, senza sforzo, in una posa rilassata. Dopo pochi secondi rise e si stese sui gomiti, distendendo anche le gambe, tanto da sfiorare l’acqua con i piedi. Era gelata, ma lui sembrava infischiarsene.
- Mi è sempre piaciuto guardare le stelle, anche se in città non si vedono praticamente mai. Ho un telescopio a casa, ma l’avrò usato quattro volte. Mi pento di non averlo portato, a questo punto! -
- Già... non ho mai trovato un panorama del genere. -
- Non vai spesso in vacanza? -
- Qualche volta, ma solo per città. Non mi capita spesso di venire al mare.  O almeno, non di notte... -
Max non aggiunse altro; si avvicinò di poco a Scarlett, trascinandosi con i gomiti, e alzò un braccio, caricando il peso del corpo sulla giuntura rimasta per terra. - Quello laggiù dovrebbe essere Giove. Se aguzzi lo sguardo, dovresti vedere anche le sue lune... -.
La giovane annuì con aria concentrata e spostò lentamente lo sguardo su un’altra zona. - Là, sulla Via Lattea, si vede il Cigno... -
 
Nel frattempo, la festa continuava. Erano passate due ore da quando Scarlett e Max se n’erano andati: i loro amici non avevano smesso di scatenarsi, anzi si godevano ancora di più il party, dato che erano tutti già brilli o ubriachi. Alla fine, i gusti musicali di Geoff, che baciava alla francese la sua ragazza in mezzo agli altri, erano stati assecondati: alcune tracce house riverberavano attraverso il campeggio a volume moderato, perché la comitiva era stata già sgridata dai proprietari nella prima mezz’ora di festeggiamenti.
Sky e Trent non avevano mai smesso di ballare. Nel corso del tempo i loro corpi si erano avvicinati sempre di più, principalmente per via dell’audacia dell’asiatica. Il chitarrista era impacciato, ma la ragazza non se ne preoccupava: a un certo punto, lei gli aveva circondato il collo con un braccio, come per abbracciarlo, entrando ancora più a contatto con lui. Trent arrossì visibilmente, però non si tirò indietro e le posò una mano sulla vita. Non andarono oltre questo approccio giocoso, ma al ragazzo sembrava di aver portato a termine un’impresa eroica.
 
Poco lontano da loro, Courtney e Gwen stavano facendo un brindisi, appoggiate al tavolino di plastica con gli alcolici sopra. Duncan e Alejandro, prima di tornare a ballare, avevano portato una bottiglia di vodka, da cui le due ragazze si erano prontamente servite. Più di una volta.
- Alla... hic! Salute di... uhm... possiamo ripeterla? - Biascicò Courtney, appoggiata con la testa alla spalla della gotica, che sghignazzava: - Cretina, sei ubriaca? -
- Nooo...  no, sicuramente no, certo che no. No. - Affermò con un tono forzatamente serio la sua amica, mentre la fissava negli occhi, per poi lasciarsi andare a una fragorosa risata. - Il mio è un brindisi serio! -
- Ah sì? E a cosa vorresti brindare? - La provocò Gwen, ancora abbastanza lucida. Conosceva Courtney da quando erano in fasce, e nonostante fossero cresciute insieme, si stupiva ancora di quanto la latina reggesse poco l’alcol. Le circondò le spalle con un braccio, come se avesse paura di vederla collassare da un momento all’altro, visto che rideva e singhiozzava quasi fino alle convulsioni.
La mora riprese il suo discorso con gesto solenne: - Brindo a te, che mi stai sempre dietro... e alla mia iscrizione a scienze politiche... diventerò un presidente migliore di Trump! -
- Ma tu non lo avevi votato? -
- Sono leggende... hic! Metropolitane. - Asserì Courtney cercando di darsi un tono. - E brindo anche a... oh, sta arrivando Duncan! - La latina spintonò via la gotica e corse a gettare le braccia al collo al suo ragazzo, che la strinse distrattamente. Gwen sorrise con amarezza. Con Courtney era sempre così: migliori amiche, finché non entrava in scena la sua fiamma di turno. A quel punto, non aveva più occhi per la dark, che comunque avrebbe dovuto consolarla, non appena la perfettina fosse stata di nuovo delusa dall’amore. “E’ questo che fanno le migliori amiche”, si ripeteva sempre la gotica, cercando di convincersi che la sua presenza intermittente non la facesse soffrire.
In amore, e nelle relazioni sociali in generale, Gwen era diversa da Courtney: al contrario della sua compagna, aveva sempre avuto pochi amici, perché non sopportava mai nessuno. La latina era sempre stata una rubacuori, mentre la gotica aveva avuto fino ad allora un solo ragazzo, che in quel momento stava facendo il cascamorto in pista con la classica ragazza carismatica e socievole (in sintesi, ciò che Trent meritava, e che Gwen non era), che oltretutto aveva conosciuto il giorno stesso. Per questo, probabilmente, Courtney soffriva la solitudine più di Gwen, a cui era abituata da sempre.
La ragazza cercò di fare qualche passo verso la coppia, ma rimase inchiodata a terra dallo sguardo gelido di Duncan che, oltre le spalle di Courtney, puntava lei, con un sorrisetto viscido.



(( Ciao! Sono tornata con un nuovo capitolo di Bakchai, un po' più elevato rispetto agli altri per via di alcuni riferimenti. In primo luogo, Scarlett fa riferimento a una teoria filosofica effettiva: si tratta della teoria della musica delle sfere di Pitagora, un filosofo greco. Wikipedia è stata un'ottima fonte di approfondimento eheh Ho pensato inoltre che il brano di Debussy "Clair de Lune" fosse perfetto per esprimere questo concetto: una musica dolce ed eterea che comunicasse appieno l'immensità e la bellezza dello spazio. Tornando alla storia, cosa ne pensate di come si sta sviluppando il rapporto tra Scarlett e Max? Questo capitolo è importante soprattutto perché Max ci ha raccontato qualcosa in più su di sé e ci ha mostrato parte del suo lato più dolce a cui faceva riferimento Geoff nel terzo capitolo... Ascoltate il brano, fatemi sapere cosa ne pensate e restate aggiornati con Bakchai! ))

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Capitolo 6
*** Us and Them ***


Max e Scarlett erano tornati al campeggio da poco, entrando dalla stessa porta sul retro da cui se n’erano andati. Durante tutto il tragitto non avevano smesso di conversare per un momento, il che era un record per la ragazza, che tendeva sempre ad alienarsi nelle conversazioni. Avevano parlato degli argomenti più disparati: innanzitutto, avevano fatto commenti su alcuni membri del gruppo (anche se Scarlett preferì non confessare l’incidente che aveva avuto con Heather pochi giorni prima); avevano giocato ad elencare una serie di cose che piacevano loro, scoprendo sempre con una certa ilarità di avere gusti quasi opposti.
- Allora, - Diceva Max per mandare avanti il giochino. - Bevanda preferita? -
- Tè verde. - Rispose la rossa, contemporaneamente al ragazzo: - Monster! -.
Così toccava alla ragazza, che rilanciava: - Genere musicale preferito? -
- Pop punk. -
- Musica classica. -
- Davvero ascolti quella roba? - La provocò allora Max, incontrando una sua espressione di finto disappunto.
 
Fortunatamente per Gwen che, altrimenti, avrebbe passato una serata da terzo incomodo, Max raggiunse il gruppetto, da solo. Lui e Scarlett avevano deciso di non farsi vedere insieme dai loro amici, onde evitare di essere sfottuti per tutta la vacanza. Quindi, si erano salutati appena entrati nel campeggio, e la rossa era sgattaiolata nella propria tenda. Il viola ricordava con piacere i gesti della ragazza nel congedarlo: aveva agitato leggermente la mano, con il corpo già in procinto di andarsene, ma con la coda dell’occhio puntata su di lui. Probabilmente lei non se n’era accorta, ma il suo sorriso imbarazzato addolciva ancora di più la sua immagine mentre si ritirava.
Duncan lasciò andare Courtney non appena vide il suo migliore amico tornare e gli cinse le spalle con il braccio, scompigliandogli leggermente i capelli con la mano libera. - Ehi, cazzone! - Lo accolse con aria incuriosita. - Allora? Che avete fatto? Prima base? Già seconda? -
- Sei il solito morto di figa! - Ribatté Max in tono spensierato, e spiegò: - Abbiamo solo parlato. Siamo andati a vedere le stelle. -
- Che romantico... - Biascicò la latina, portandosi una mano alla guancia con aria sognante, per poi scaldarsi improvvisamente e mollare uno scappellotto sulla nuca del suo ragazzo. - Tu sei proprio un caprone! Non mi porti mai a fare queste cose... -
Duncan, distratto dal gesto di Courtney, lasciò andare Max e prese la ragazza per i fianchi, sogghignando: - A te piace di più farti scopare in macchina. E comunque, Max... - Si rivolse nuovamente al suo amico, come per sgridarlo: - Ti sei fatto sfuggire un’occasione! Magari ci stava! -
- Non è come pensi. - Rispose l’amico, che si comportava improvvisamente in maniera più evasiva. A quel punto, Gwen si fece avanti e sottolineò il poco tatto del teppista: - Non fargli pressioni e lascialo raccontare. Sai com’è, non tutte le ragazze sono disponibili a darla a ragazzi a caso. - Finito di apostrofare Duncan, tentò di ridare la parola a Max: - Sei andato con Scarlett, no? Com’è quella tipa? Sembra una timidona. -
- Lo è, - Il viola colse al volo l’occasione di aprirsi su come fosse andata la serata. - ma è molto più interessante di quanto appaia. E’ davvero intelligente e, se riesci ad averci una conversazione, è simpatica. E’ solo un po’ perfettina... -
- Gli opposti si attraggono... - Lo interruppe Courtney in tono languido. - Altrimenti non starei con questo scimmione. -
- Ehi, scimmione a chi? - Replicò ridendo Duncan e iniziò a solleticarle la pancia. Infine, prese la ragazza in spalla e si congedò dagli altri: - Godetevi questo party del cazzo. Noi andiamo a scopare. -
 
Ad ogni modo, la festicciola finì presto, dato che per mezzanotte non c’era più musica. Le coppie erano tutte sparite dalla circolazione, e pian piano anche il resto dei ragazzi rimasti in piedi tornò nel giro di poco nella propria tenda a riposare. Sky rientrò per ultima, verso l’una di notte, e si accorse di una lucina accesa nel vano di Scarlett, e dell’ombra della sua amica stesa a pancia in giù a leggere, così s’intrufolò nella stanzetta di tela. Per fortuna, la rossa non si spaventò. - Sky... - Mormorò con voce assonnata.
- Ehilà. Non ti ho più vista alla festa... - Disse allora l’amica e aggrottò la fronte in un’espressione interrogativa. Scarlett ricacciò la faccia nel suo libro, e mugugnò con fare elusivo: - Ah, sì... ehm... -.
L’asiatica, in tutta risposta, le strappò il testo dalle mani, ci mise il segno, lo chiuse e lesse il titolo, ridendo sotto i baffi: - Oh, “Le 120 giornate di Sodoma”? Non avrei mai detto fosse il tuo genere. -
- Ehi! Ridammelo! - Protestò Scarlett ma Sky lo lanciò con leggerezza ad un angolo del letto; alla fine, prese il viso di Scarlett tra le mani, come per costringerla a guardare solo lei, e chiese con voce profonda: - Mi dici che è successo? -
- Solo se poi me lo dici anche tu. -
- Per me va bene. - Fece spallucce l’asiatica. - Non ho nulla da nascondere. -
Allora la rossa sospirò, tenendo lo sguardo basso: - Sono andata a vedere le stelle in spiaggia... con Max. Ci stavamo annoiando, e quindi... -.
Sky non la lasciò finire di parlare che emise un urletto di piacere: - Non ci posso credere! Allora? Com’è andata? Vi siete baciati? -
- Non urlare, stupida, è tardi! E poi, n-neanche per idea. Lo conosco appena, cosa ti salta in mente? -
- Almeno andate d’accordo? -
Scarlett annuì leggermente, continuando a tenere lo sguardo basso, come se fosse sovrappensiero; non attese molto, e sfruttò il silenzio di Sky per spostare il focus della conversazione su di lei: - E tu, invece? Che cosa hai fatto stasera? -
L’asiatica arrossì, ma non si tirò indietro: - Ho ballato tutta la sera con Trent. - Si poteva notare una punta d’orgoglio nella sua voce. Si mise comoda, a gambe incrociate, e iniziò a raccontare: - A dirla tutta, abbiamo passato tutto il pomeriggio insieme, mentre tu non c’eri. Poco dopo pranzo Geoff e Bridgette sono venuti da me e mi hanno detto “Noi stiamo andando in spiaggia con Brody a provare le tavole, vuoi venire anche tu? Conta che anche Cody e Trent si uniscono a noi”. Per questo poi sono venuta da te a chiederti se ti andasse di scendere in spiaggia con noi. E’ un peccato che tu non sia voluta venire... -.
Scarlett, ricordandosene, si mordicchiò il labbrò: - Uhm, mi dispiace... ero stanca. -
- Non importa! - Scosse la testa Sky, imperturbabile. - Comunque, come sai, alla fine ho deciso di andare con loro. Appena arrivati al mare Bridgette, Geoff e Brody sono si sono gettati in acqua con le tavole da surf. Fortunatamente per loro, il mare era abbastanza mosso! -
La rossa storse il naso con aria scettica, considerando che quando c’era stata lei il mare era calmo. L’asiatica non ci fece caso e procedette: - Quindi siamo rimasti solo io, Trent e Cody. Visto che io e Trent ci conosciamo... o meglio, conoscevamo relativamente poco, Cody ha cercato di rompere il ghiaccio con qualche battuta e aneddoto su di me. L’aria era un po’ tesa, dato che Cody ha una cotta per la ex di Trent... e suppongo che lui lo sappia. Comunque il tentativo di Cody di farci avvicinare non funzionava, anche perché sai com’è impacciato; così ho chiesto loro di fare un bagno. Hanno accettato, ma Cody è andato più avanti per raggiungere gli altri, lasciandoci da soli. Mi dispiace per lui, non volevo facesse la candela! - Ridacchiò teneramente. - A quel punto, abbiamo cominciato a parlare. Per fortuna Trent era molto più sciolto rispetto a poco prima. Devi credermi, è un mito! Prima non mi ero mai accorta di lui, nonostante frequentassimo alcuni corsi in comune. Mi ha raccontato che suona la chitarra da otto anni... ed è davvero affascinante, un gentiluomo... e a proposito di gentiluomini, ha origini inglesi! Sua madre viene da Liverpool. - Infine, Sky si lasciò cadere sul materasso di fianco, con un sorriso sognante stampato in faccia.
Scarlett, quindi, si mise seduta e iniziò ad accarezzarle i capelli. Dopo aver saputo che Trent era un musicista, non faceva che riecheggiarle in mente una battuta che Max aveva fatto mentre tornavano dalla spiaggia: “Ehi, non suonano mica solo i pianeti. Io suono il basso! E vado davvero forte”. La sua voce riverberava in tutta la sua testa e si propagava attraverso le sue ossa. Si sentiva stranamente satura della sua presenza, ogni volta che ripercorreva un ricordo di quell’escursione notturna. Forse erano state le stelle, o la voce del mare, ad aver impresso quel momento nella sua memoria. Più vezzeggiava Sky, passando le dita attraverso la sua chioma corvina, più s’interrogava sul mistero di ciò che le stava accadendo. Non era sicura di sentirsi meglio, perché aveva ancora troppa paura di stare con gli altri e non riusciva davvero a godersi quella gita; tuttavia, si sentiva leggermente consolata. I modi di fare spensierati e disinvolti di Max l’avevano colpita, così come il fatto che il ragazzo non avesse mai cercato di stabilire un contatto fisico con lei, in segno di rispetto. Aveva capito che il viola riusciva a leggerle dentro, e la cosa non la spaventava: anzi sentì, per la prima volta dopo molto tempo, di essersi fatta un nuovo amico.
- Sai, Scarlett, spero di baciarlo... - Bisbigliò Sky mentre si accoccolava sotto il tocco gentile della rossa, come se stesse dando voce ad un pensiero recondito della sua amica. Sembrava starsi abbandonando alle braccia di Morfeo, anche se quello era il letto di Scarlett; la ragazza non si sentì, però, di chiederle di andarsene.
Per Sky era davvero facile affidarsi a un ragazzo. Lasciarsi baciare, lasciarsi portare a ballare. Aveva avuto svariati partner, ed era abbastanza popolare tra i ragazzi: ciononostante, si era sempre rifiutata di avere una storia seria. Il suo cuore volteggiava fra le attenzioni degli altri, che ricambiava per il poco tempo necessario a bearsi delle gioie del desiderio, come una farfalla fa con i fiori, su cui non si ferma mai a lungo. Giocava con le emozioni degli altri senza rendersene conto e la sua migliore amica non aveva mai provato a fermarla, un po’ per adeguarsi ai suoi modi di fare, un po’ perché di relazioni ne capiva meno di lei. Scarlett si domandò, con una vena di preoccupazione, se non avrebbe fatto soffrire anche Trent in questo modo.
All’improvviso, nell’animo della rossa s’intrufolò una sete di sapere come fosse, per una volta, comportarsi come lei. Regalare le proprie labbra a qualcuno. Lasciarsi toccare da un uomo, e andare più a fondo. Si chiese se l’avrebbe fatta stare meglio. Dopotutto, alle altre riusciva davvero semplice.
Scarlett distolse lo sguardo dall’amica e uno specchietto portatile entrò per caso nel suo campo visivo. La rossa si allungò leggermente per afferrarlo e lo aprì. Incontrò con stupore il riflesso di se stessa: il suo volto era leggermente sudato, e la sua consueta coda bassa era mezza disfatta, così ciocche ramate e lucide come fiamme le piovevano disordinatamente attorno e attraverso il viso.
Si guardò negli occhi, e una morsa di tristezza le attanagliò lo stomaco. A un tratto, si ricordò che lei non ne sarebbe stata capace; che lei era così timida da sentirsi inadatta alla vita con gli altri.
Ora sulla lastra riflettente giaceva un volto triste, in cui la rossa sembrò di riconoscersi di più. Chiuse lo specchietto prima di scoppiare a piangere e l’abbandonò accanto a “Le 120 giornate di Sodoma”, spense il lumino da lettura che si era portata e si coricò accanto a Sky, facendo in modo da stare più vicina possibile a lei. Inabissata nel buio insieme al corpo assopito della sua amica, le prese la mano e si addormentò, con le guance rigate di lacrime.


(( Ciao a tutti! Questo è un capitolo un po' di transizione, ma comunque possiamo vedere degli aspetti interessanti nelle amicizie tanto di Max quanto di Scarlett. E poi quanto sono carine Scarlett e Sky? Mi piace tantissimo vederle confrontarsi sulle cose aaaa La canzone di oggi è "Us and Them" dei Pink Floyd, sempre suggeritami dallo stesso che mi ha suggerito "Take the Time"! L'abbiamo scelta soprattutto perché il testo della canzone si basa sui contrasti (anche se parla della guerra ma vabbé) (e poi perché è bella da ascoltare suvvia) Ascoltate la canzone, fatemi sentire cosa ne pensate e tenetevi aggiornati con Bakchai! ))

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Capitolo 7
*** Everything counts ***


Al suo risveglio, Scarlett non trovò l’amica accanto a sé, ma riusciva a sentirne la voce all’esterno della tenda: la sentiva ridacchiare insieme ad altre due voci maschili, che non riuscì a riconoscere di primo acchito. La rossa sentì di dover uscire subito, perché altrimenti l’avrebbe tirata fuori Sky; si stiracchiò, si riacconciò la solita coda e gattonò fuori dalla tenda. Accanto all’asiatica, appena fuori, c’erano Trent e Cody, che aveva più del solito l’aria del terzo incomodo, grazie a quel sorriso imbarazzato e l’attitudine di chi vorrebbe trovarsi altrove. Sky si girò non appena sentì il rumore della cerniera della porticina che calava e porse con entusiasmo la mano a Scarlett, che si mise in piedi e salutò tutti con un gesto della mano. Una strana tensione nell’aria le suggerì che i tre stessero confabulando proprio a proposito di lei. 
La mora decise quindi di svegliarla definitivamente con una pacca sulla spalla: - Buongiorno, principessa! - Non si preoccupò di abbassare il tono di voce, il che fece intuire alla rossa che fosse già giorno inoltrato. - Mettiti il costume, perché tra poco noi ce ne andiamo in spiaggia. -
- In spiaggia? - Sbadigliò Scarlett, contrariata. Non la disturbava saltare la colazione, considerando quanto poco mangiava in generale, e non poteva dire di non aspettarsi almeno una capatina in spiaggia, dato che si trovavano in una località marittima; tuttavia, era preoccupata dall’idea di farsi vedere in costume da bagno da un gruppo di sconosciuti. A Scarlett non piaceva per nulla il proprio aspetto: detestava la propria magrezza eccessiva, che in determinate posizioni svelava la sua cassa toracica; inoltre trovava il proprio viso davvero blando e privo di carattere. Aveva cercato di assimilare tutti consigli di bellezza della sua migliore amica, che non bastavano però a cancellare le proprie insicurezze. Sky era a conoscenza del disagio della sua compagna, ma credeva, al contrario della rossa, nella terapia d’urto: secondo lei scontrarsi con la propria paura (in quel caso, farsi vedere mezza nuda da un sacco di sconosciuti) era un ottimo modo per liberarsene. 
- Sì, penso che scenderemo tra quindici/venti minuti - Spiegò più accuratamente Trent, come se volesse sostenere l’asiatica. Cody continuò per lui, in tono allusorio: - Ci saremo un po’ tutti, quindi penso che ti convenga venire... -. Il chitarrista capì prima di Scarlett dove volesse andare a parare il suo amico, e gli diede una leggera gomitata.

La rossa aveva afferrato a cosa si stesse riferendo il ragazzo, ma decise di non pensarci: aveva problemi un po’ più urgenti. Come la sera prima, rimase qualche minuto, chiusa in tenda e completamente nuda, a fissare con aria funerea il bikini che aveva portato con sé: un succinto due pezzi bordeaux, decorato da alcuni pizzetti lungo i bordi del tessuto. Ricordava di averlo acquistato il giorno prima di partire insieme a Sky che, guardando i vestiti che la sua migliore amica aveva scelto di portare in viaggio, aveva deciso che Scarlett aveva bisogno di qualcosa di più audace. Sicuramente poco nel suo stile. 
La ragazza continuava a rigirarsi il capo di abbigliamento tra le dita sottili e a ripetersi: “Come faccio?”. Indossarlo avrebbe voluto dire non solo esporsi, ma anche darla vinta alla sua amica; la quale continuava insistentemente a chiamarla da fuori e a metterle fretta. 
Alla fine, Scarlett sbucò fuori dalla tenda avvolta da un prendisole bianco e con un largo cappello del medesimo colore in testa. Attraverso la stoffa candida dell’abito si potevano notare le bretelline del costume di un carminio sfacciato, tinta che la giovane esibiva anche sulle guance per la vergogna. Fortunatamente per lei nessuno fece commenti, anche se la sua migliore amica sogghignava mentre radunava le proprie cose. Le poche persone rimaste ancora a prepararsi si unirono presto al resto del gruppo all’ingresso principale e si misero tutti in cammino.

La spiaggia dove erano diretti non era molto lontana da quella che Scarlett aveva visitato la sera prima. Si trattava di tratto di costa libero, incastonato tra due lidi, già mediamente affollato. Geoff e Brody, in testa al gruppo, si fecero strada attraverso alcune famiglie e occuparono uno spiazzo per il resto della comitiva, piantandoci il palo di uno degli ombrelloni. I loro amici li seguirono a ruota: nel giro di pochi minuti gli adolescenti misero su un vero e proprio accampamento e si gettarono in acqua; i primi furono i ragazzi, che si tuffarono quasi all’unisono schizzandosi a vicenda, mentre le ragazze si presero qualche secondo in più per svestirsi e iniziare a calarsi in mare. Bridgette, che si era buttata subito dopo i maschi, aveva persino portato una palla, con cui lei e i giovani uomini si erano messi a giocare.
Nel caos generale, Scarlett aveva cercato di defilarsi il più possibile, e ci era riuscita, dato che si era tolta prendisole e cappellino per ultima e si era avvicinata alla superficie marina da sola. Max, mentre giocava a palla con gli altri, la scorse con la coda dell’occhio. Trattenne il fiato, come se si trovasse sulle montagne russe, quando si rese conto di non poterle staccare gli occhi di dosso: il costume cremisi metteva in risalto il candore della sua pelle, che gli sembrò all’improvviso troppo delicata per essere esposta ad un sole così forte; portava i capelli sciolti, di poco meno rossi del bikini, che le cadevano aggraziatamente sulle spalle, meticolosamente pettinati. Al centro di quella chioma ramata luccicava il piccolo viso pallido, che la ragazza si ostinava a tenere basso. Si stava immergendo con le braccia incrociate, come se avesse qualcosa da nascondere, e controllava attentamente dove mettesse i piedi; aveva l’aria di una persona che non vedeva il mare da una vita, e nei suoi gesti si fondevano estasi e diffidenza.
Il punk sarebbe potuto restare a fissarla per ore, visto che Scarlett non si era accorta di essere osservata. Gli sembrava di poter toccare con mano il vuoto che la vista della giovane aveva creato nella sua mente: riusciva solo a pentirsi di non averle parlato per tutta la giornata, e a sperare che la cosa avesse sortito qualche effetto su di lei. Infatti, poco prima di lasciare il campeggio, Duncan l’aveva preso da parte e gli aveva suggerito di non starle troppo dietro. “Alle pollastre non piace chi si accolla. Aspetta che venga da te” gli aveva consigliato il suo amico con la solita voce roca.
Sfortunatamente per il viola, una violenta pallonata in faccia lo riportò alla realtà, scaraventandolo in acqua e facendo scoppiare una risata generale tra i suoi compagni. 
- Max, ma ci sei? - Lo derise fraternamente Duncan, calcando la malizia nel proprio tono. Decise di far finta di nulla, ma si era accorto di tutta la scena. - Noi staremmo giocando. -
- Non mi rompere! - Protestò Max, appena riemerso, e si rimise in posizione per giocare. Purtroppo il rossore sulle sue gote lo tradì: Brody, che stava accanto a lui, gli scompigliò i capelli e strepitò ridendo: - Ehi, è arrivata la tua ragazza, per caso? -
- Brody, silenzio! - Sussurrò Geoff, invitando con un gesto i suoi compari ad abbassare la voce. - Sta uscendo ora dall’acqua. -
Contrariamente a quanto il buonsenso avrebbe suggerito, l’intero gruppetto si girò a scrutare Scarlett mentre tornava all’ombrellone, completamente bagnata. La giovane avvertì il silenzio che era calato tra i maschi, ma per loro fortuna decise di non indagare. 
Non appena lei fu a riva, Alejandro commentò languidamente, incontrando l’approvazione generale: - Beh, ha un bel sedere. Complimenti per la conquista, Max. -
- La vuoi finire?! - Sbraitò Max, irritato dalle affermazioni sul corpo della ragazza. Sentiva di doverla difendere. - Lei è solo un’amica. E non dovresti fare battute del genere, visto che sei fidanzato. -
- Oh, perdonami - Si affrettò a mettere le mani avanti Alejandro, con il tono di chi lo stava prendendo in giro. - Lungi da me risultare impertinente, visto che volevo solo complimentarmi con te. -
- E poi guarda che gli occhi son fatti per guardare, Max. - Sghignazzò Duncan e indicò Gwen, poco distante da lui, che parlava con Courtney. - Ad esempio, sono cinque anni che guardo il culo a quella gotica laggiù. Peccato che... -
Non ebbe il tempo di finire il discorso che la palla di poco prima, che era stata raccolta dalla gotica, gli finì in testa, destinandolo alla stessa sorte che poco prima era toccata al suo migliore amico; il quale, per vendetta, si fece la sua grassa risata.

Qualche istante dopo Scarlett si vide raggiungere da Gwen, che marciava a pugni chiusi verso il proprio telo mare steso per terra. La rossa tirò fuori il naso dal proprio libro di De Sade per osservare la giovane che si sedeva vicino a lei, a gambe incrociate. In mare, Courtney stava inveendo contro il proprio ragazzo ma Scarlett non riuscì a capire di cosa stessero discutendo. 
- E’... successo qualcosa? - Domandò timidamente. 
- Niente, a parte il fatto che Duncan è un cazzone. - Sbuffò la sua interlocutrice, mentre tirava fuori un pacchetto di sigarette e un accendino dal proprio zaino. Ne estrasse una e se la mise in bocca, la accese e fece repentinamente un tiro. Mentre rilasciava il fumo lentamente, come se se lo stesse gustando per calmarsi, porse il pacchetto alla rossa, chiedendole se ne volesse una.
- Ehm... mi accontento di un tiro, dai. - Fu la sua risposta, per la quale Gwen non protestò. Le offrì la sigaretta e la sorvegliò mentre fumava, perché non le sembrava per niente il tipo da fumo; infatti, fu sorpresa nel notare che la rossa non aveva problemi nell’inalare ed esalare nicotina e catrame in forma gassosa. Ad ogni modo, non era meno furibonda rispetto a prima, e iniziò a borbottare: - Quel ritardato trova sempre tutti i modi per mettermi in imbarazzo, fare commenti sul mio aspetto e rendermi partecipe delle scenate di gelosia di Courtney. Mi sono rotta il cazzo delle sue battutine da cascamorto! - Finì e diede un pugno a terra, trovandosi le nocche sepolte nella sabbia. 
Scarlett aveva una certa esperienza nel calmare i bollenti spiriti di qualcuno, perché Sky sapeva essere davvero tremenda quando qualcosa non andava secondo i suoi piani: mise una mano sulla spalla della gotica, con gentilezza, e la strofinò leggermente contro la sua pelle. - Ascolta - Sussurrò dunque, cercando di non sembrare intimidita. - Courtney... è tua amica. Lasciala sbollire... capirà da sola che tu non c’entri. - 
Gwen la guardò negli occhi, stupita della sua premura. Quindi le sorrise appena e cercò di arrampicarsi sugli specchi, anche se doveva ammettere che la rossa aveva ragione: - Sì, ma lei è sempre così... impulsiva... La conosco da quando eravamo bambine ed è sempre stata così irascibile. -
- Anche Sky è così. - Disse Scarlett con la velocità e precisione di un robot. - La conosco dall’inizio delle superiori, e anche se di solito è gentile e solare, si arrabbia davvero tanto quando le cose prendono una brutta piega. - La ragazza distolse lo sguardo, puntandolo sulle onde che accarezzavano la riva. - Ogni volta che una sua gara di atletica non va bene, lei viene a casa mia, si butta sul letto e urla nel mio cuscino. Lo fa perché sa che... solo io posso aiutarla, ecco. Le porto un succo d’arancia e le accarezzo la schiena. A quel punto, lei si calma, scoppia a piangere e mi confessa perché sta male. E’ tipico. - Sussurrò con dolcezza la rossa. Immersa com’era nel racconto, aveva iniziato a tracciare dei cerchi con l’indice della mano destra nella sabbia, tutti vicini l’uno all’altro, come una catena. Gwen iniziò a fissare le figure che la sua interlocutrice andava intessendo e nacque in lei il desiderio di essere lei, per una volta, l’amica di cui ci si prendeva cura, piuttosto che la spalla su cui piangere. Essere la persona a cui Courtney si affidava sempre, col tempo, era diventato pesante: avere le spalle larghe e sopportare la solitudine e l’essere occasionalmente ignorata e coinvolta nei suoi scatti d’ira erano diventati dei prerequisiti irrinunciabili, da cui tuttavia la gotica si dissociava sempre più. Più il loro rapporto si cementificava, più Gwen si sentiva svuotata delle proprie energie; al contrario, notava come Scarlett uscisse rafforzata dalla sua amicizia con Sky. Erano come due pezzi di un puzzle, perfettamente incastrabili tra di loro, che se messi insieme si rendevano vicendevolmente più belli.
Alla fine, la dark scelse di riportare alla realtà la rossa, chiedendole innocentemente: - Che leggi?-.





(( Ehilà, bentornati! Questo capitolo è stato piacevolissimo da scrivere, un po' perché ho descritto un momento allegro, un po' perché un po' tutti hanno interagito, un po' per quel momento in cui Max guarda Scarlett... sul serio, avete mai la sensazione, quando scrivete, di essere incredibilmente emozionati per la scena che state descrivendo? La canzone di oggi è "Everything counts" dei Depeche Mode! Me l'aveva suggerita un amico per lo scorso episodio, per cui l'avevo scartata, ma ho comunque deciso di ficcarcela qui visto che l'ho adorata! Sentite la canzone, ditemi cosa ne pensate e restate sintonizzati con Bakchai! ))

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Capitolo 8
*** Holiday ***


La giornata al mare era trascorsa in maniera abbastanza tranquilla. I ragazzi si erano trattenuti in spiaggia fino a metà pomeriggio: verso le quattro, il gruppo radunò le proprie cose per tornare al campeggio. Di bocca in bocca serpeggiava l’idea di una nuova festa, che arrivò a Scarlett tramite Sky. - Forse stavolta facciamo un falò. - Le spiegò, un po’ più indietro rispetto agli altri.
- Abbiamo il permesso? -
- Certo, dicono che possiamo allestire un piccolo falò... purché sia piccolo. -
Stranamente, Scarlett non era per niente infastidita dal progetto per quella sera. Al contrario, sperava che la notte scendesse presto: quella mattina non aveva scambiato neanche una parola con Max, e per quanto nessuno dei due fosse abbastanza volenteroso (o coraggioso) da cercare l’altro, la rossa ci aveva rimuginato su tutto il giorno, mentre nascondeva il naso nel proprio libro di De Sade o chiacchierava con le altre ragazze, tutte sedute sul bagnasciuga. I ragazzi erano rimasti tutto il tempo in acqua a giocare a palla, a fare gare di nuoto e a tentare di affogarsi a vicenda. Non importava chi vincesse, perché le loro risate erano già una medaglia che scintillava sul petto di ciascuno di loro. Alcune volte, le altre ragazze del gruppo si univano ai loro giochi, e Scarlett restava a fissarli sulla riva abbracciata alle proprie ginocchia, con una punta di desiderio che ribolliva nelle sue iridi.
Festeggiare di nuovo quella sera sarebbe stata un’opportunità per parlare ancora con il viola. Non riusciva a immaginare un argomento di cui discutere con lui, né uno scenario in cui ambientare una loro conversazione: si concentrava solo, inconsciamente, su quanto volesse parlargli un’altra volta.
Mentre rifletteva su queste cose, Scarlett quasi non si accorse che Sky l’aveva presa per il polso e aveva iniziato a trascinarla verso la strada, dove tutti i loro amici erano girati verso di loro, ad aspettarle. All’inizio la rossa rischiò di perdere l’equilibrio, visto che stava reggendo la propria borsa da spiaggia, soprattutto per la difficoltà con cui correva sulla sabbia; comunque, le due ragazze si ricongiunsero alla comitiva e ripresero la via per il campeggio. Percorsero a ritroso una strada sterrata che si stendeva parallelamente al mare; in questo modo, Scarlett poté ammirare, mentre camminava in fondo al gruppetto, il sole del pomeriggio che iniziava a calare, trasformando lo specchio d’acqua in oro liquido. Il cielo era una tersa distesa di zaffiri.
Sky, dal canto suo, era schizzata davanti a tutti, affiancandosi a Trent per chiacchierare con lui. Non stava parlando nessuno, perché erano tutti troppo impegnati a trasportare a mano il materiale da spiaggia. - C-cos’è questo silenzio? - Chiese imbarazzata la corvina, mentre il chitarrista ridacchiava al suo fianco.
- Sai com’è, ci stiamo trascinando dietro ombrelloni e borse in salita. - Sospirò Gwen, senza caricare un tono polemico, cosa che invece fece Courtney: - Abbiamo capito che sei un’atleta e non fai fatica, ma noi saremmo comuni mortali! - La piccata della latina suscitò l’ilarità degli altri, Sky compresa, che per sciogliere la tensione propose: - Ehi, che ne dite di cantare? -
- Ti ricordo che stiamo ancora trascinando ombrelloni e borse in salita! - Rise Bridgette. L’asiatica sbuffò: - Andiamo, ci aiuterà a dimenticarci della fatica! - Rivolse poi uno sguardo supplichevole alla gotica. - Gwen, tu sai cantare, no? -
Max e Duncan puntarono a loro volta gli occhi su di lei, che ricambiò le loro occhiate. Era vero: da un po’ di tempo Gwen stava affinando le proprie capacità canore per tirare su un gruppo con i due punk. La notizia non era ancora ufficiale (anche perché non provavano da un po’), eppure Sky sembrava aver scoperto più del dovuto.
- Okay, comincio io, ma non farmi cantare qualche stronzata di Katy Perry. - Tagliò corto la dark con espressione divertita.
Trent intervenne allora, come per mettere tutti d’accordo: - A questo punto, per evitare rappresaglie dal nostro gruppo di... “rivoluzionari”, propongo di lasciare la scelta a Max. - Ammiccò al viola.
- Beh, suppongo che la mia scelta sia abbastanza prevedibile... -
- Non so quanto sia un pregio. - Lo incalzò Heather con aria inespressiva. Max digrignò i denti, irritato, ma non rispose. - Vabbe’. Cantiamo Holiday dei Green Day? -
- Scelta interessante, amigo... - Mormorò languidamente Alejandro con la sua voce calda. - Una canzone attiva è quello che ci vuole per risvegliarci da questo torpore. -
- Allora facciamolo! - Gridò Duncan, per poi iniziare a riprodurre con la voce il riff di chitarra iniziale. Tutti si unirono, chi più goffamente di altri, battendo le mani, finché Gwen non iniziò a intonare le prime note del brano: - Hear the sound of the falling rain, coming down like an Armageddon flame... -.
Nel frattempo, Scarlett ascoltava stupefatta, in coda al gruppo. Gwen aveva una voce molto più potente rispetto a quando parlava, e nonostante l’assenza di una base di sottofondo, sembrava completamente immersa nel proprio canto. Era come se riuscisse a ricostruire la musica attraverso il battimani dei propri compagni. La rossa, dunque, si concentrò un attimo per ascoltarla a sua volta. Stranamente, tutti sembravano andare a tempo, guidati dalla voce della gotica, che aveva un buon senso del ritmo. Come una sirena del mito classico, la dark trascinava la passione di tutti a sé e diventava il perno attorno al quale la loro gioia ruotava. La proposta era stata di Sky, certo; tuttavia Gwen era la vera protagonista di quel concerto improvvisato.
Quasi tutti si erano uniti alla canzone. Scarlett individuò Sky, che cantava insieme a Trent, al quale stava abbracciata; osservò anche Max, che suonava l’air-guitar senza separarsi vocalmente dal coro. Mentre contemplava l’immagine di fronte a sé, la rossa non poté far altro che sorridere teneramente. Realizzò, dunque, che Max attraeva con tanta veemenza i propri pensieri grazie al riflesso pieno di vita del suo spirito. Attraverso i suoi occhi si appropriava i sentimenti degli altri e li incanalava in una luce più intensa, a voce più alta. Completamente diverso da Scarlett, che cercava sempre l’oscurità e sceglieva di essere un invisibile supporto; che aveva troppa paura di trasmettere ciò che veniva da dentro di sé.
Solo per un momento, quindi, Scarlett scelse di assomigliargli. Iniziò a battere le mani, cercando di aderire al ritmo creato dagli altri ragazzi, e si unì al coro con voce flebile. Non aveva mai cantato in vita sua, e non sapeva tutto il testo. Solo Max, in mezzo a tutte quelle voci che s’intrecciavano, captò la sua, e le sorrise sorpreso per qualche istante. La canzone non s’interruppe, anzi s’intensificò, come se volesse nasconderli. Scarlett arrossì leggermente, senza accorgersi di star sorridendo a sua volta, e chiuse gli occhi per concentrarsi meglio sulla melodia. Lentamente, il suo tono di voce iniziò ad alzarsi, fino a essere sulla stessa lunghezza d’onda di quello di Max. Così i loro canti, come se si fossero presi per mano, rimasero qualche decibel sotto rispetto al coro: nella musica avevano trovato, inconsapevolmente, uno spazio solo per loro.
Come ogni cosa bella, Holiday arrivò alla fine, scemando nelle risate generali, eccetto quella di Scarlett, che era tornata al mondo dove esistono solo rumori discordanti, che sgomitano per occupare tutto lo spazio che aveva trovato. Tuttavia, la sua mente era sgombra da ogni turbamento. Cercò Max con lo sguardo, per scoprire che le dava completamente le spalle, dato che stava parlando con Duncan. Si ricordò di come l’aveva guardata poco prima, e una strana amarezza addentò il suo cuore.
 
Dopo la salita venne la discesa, e dopo la discesa il sentiero per il campo. Sul lungomare, il gruppo era sfilato lungo la conca, dove la rossa e il viola si erano appartati la sera prima, ma nessuno dei due vi si affacciò. Avevano tutti fretta di rientrare: una volta di nuovo al campeggio, le ragazze si diressero tutte insieme verso le docce, munite non più di borse da spiaggia e ombrelloni, ma di beauty case e asciugamani.
Tutte, meno una.
 
Bridgette avvisò le ragazze che sarebbe rimasta un po’ in tenda, dato che “aveva delle cose da sistemare”. Nessuna ebbe da obiettare, così la bionda poté girare i tacchi e tornare agli spiazzi. Tuttavia, non si diresse verso la tenda sua e di Geoff: svoltò a sinistra, in modo da trovarsi davanti a quella di Brody.
Il castano, come la sera prima, stava estraendo alcolici da una cassa per posarli sul tavolo. Dava le spalle alla surfista, come se non si fosse accorto di lei. Ciononostante, per Bridgette non fu difficile appurare il contrario: le mani di Brody tremavano, e il suo busto era rigido.
- Vedo che lavori sodo. - Sibilò la ragazza. Teneva le mani sui fianchi e sembrava voler fingere di essere più massiccia, come quando si vuole spaventare un leone. Brody si voltò di scatto, con la stessa legnosità di una canna di bambù che viene spezzata all’improvviso, e scrutò la ragazza con aria spaventata. Ridacchiava istericamente: aveva qualcosa da nascondere. - E-ehi, Bridgette! D-da quando ti muovi in maniera così silenziosa? -
La bionda voleva andare subito al sodo: - Tu ed io dobbiamo parlare. -
Brody si morse il labbro e riprese il lavoro di poco prima. Conosceva già l’argomento: era una questione aperta da mesi, se non da anni, all’insaputa di Geoff. Bridgette aveva tentato più volte di avviare quella conversazione, ma iniziava a spazientirsi, e a provare a convincerlo a confessare solo per non sentirsi presa in giro.
- ... sei venuta per farmi dire quello che vuoi sentirti dire? - Ridacchiò nervosamente il ragazzo, continuando a darle le spalle. - Mi hai stufato con questa storia. -
- Ah, davvero? - Sbraitò la surfista; per fortuna non c’era nessuno a sentirla: tutti erano a lavarsi o a prendere il materiale necessario alla festa dalle macchine. Gli appoggiò la mano su una spalla e lo strattonò per farlo voltare, con una forza inaspettata. Il moro non poté che trovarsi faccia a faccia con la giovane che stava diventando il suo peggior incubo: la ragazza del suo migliore amico. - Dovrei essere io quella seccata. -
- Si può sapere cosa vuoi? - Guaì il ragazzo.
- Voglio che tu lo ammetta. Non puoi continuare a prenderci in giro per sempre! -
- Ammettere cosa? -
- Che sei omosessuale. -
Brody deglutì e abbassò la testa. Sembrava sul punto di cedere. - Abbassa la voce, per favore... - Bofonchiò, quasi senza respirare.
Bridgette lo ignorò e continuò a tuonare: - E che sei innamorato del mio ragazzo da sempre. Eh? Smettila di mentire! -
- Vuoi finirla, santo cielo?! -
- Finirla di fare cosa? Di cercare di farti affrontare la realtà? - Ribatté la surfista. Il suo tono cominciava a placarsi. - ... a me non cambia niente, perché so che non potresti mai portarmi via Geoff. Non gli piacciono i ragazzi, e lo sappiamo entrambi. -
Il giovane perse un battito. Lo aveva sempre saputo, ma sentirsi sbattere in faccia la realtà fa sempre male.
- Quello che mi preme - Sospirò Bridgette: - è che tu smetta di mentire a te stesso. Se continui così, non farai altro che essere schiavo dei tuoi sentimenti. Ti rendi conto che se non fai coming out non potrai mai voltare pagina? Che non troverai mai nessuno che ti faccia dimenticare Geoff? -
- Sta’ zitta, lo so già! - Strepitò Brody, senza più voce. Tremava come una foglia. Per la prima volta nella conversazione, alzò la testa per incontrare lo sguardo di Bridgette. Aveva gli occhi velati di lacrime, tuttavia stringeva le palpebre per non scoppiare a piangere e forzava un sorriso, contraendo così il bel volto in una grottesca smorfia di dolore. Era miserabile. - Dimmi, come farei ad essere onesto con lui? Come si sentirebbe Geoff se sapesse che... da tutta la vita, poi... io... -. Tirò su con il naso e si nascose il viso tra le mani. - Sono disgustoso... non potrei mai... -.
La bionda pensò di aver esagerato. Fece qualche passo avanti e abbracciò l’amico, in modo che potesse affondare la faccia nell’angolo tra il suo collo e le clavicole. Il castano si nascose in quel punto, proprio come un bambino piccolo tra le braccia della propria mamma. Respirava la pelle dell’amica, che gli pervadeva il petto e gli appesantiva il cuore, senza però riuscire a staccarvisi. Bridgette passò una mano tra i suoi capelli, osservandolo con compassione.
- Brody, perché pensi che Geoff ti odierebbe? Non ti fidi di lui? -



(( "I beg to dream and differ from the hollow lies..."
Questo capitolo è parecchio importante per tre motivi:
1) questa è una delle prime scene che avevo immaginato quando ho ideato la ff, e già dalla primissima stesura della trama avevo scelto questa canzone;
2) la scena musicale tra Max e Scarlett è probabilmente il punto di snodo del loro rapporto, un punto medio tra le differenze apparentemente incolmabili iniziali e ciò che verrà;
3) ho introdotto finalmente il personaggio omosessuale della ff: Brody. Nel prossimo capitolo affronteremo ancora meglio questo personaggio e le problematiche che si porta dietro: secondo voi quali sono?
Ascoltate la canzone, fatemi sapere che ne pensate e restate aggiornati con Bakchai! ))

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Capitolo 9
*** To all of you ***


Bridgette si sbagliava. Brody non avrebbe mai potuto non avere fiducia in Geoff: il biondo rappresentava tutto il suo mondo. Un mondo che aveva distrutto Brody stesso, una mattina di primavera.
Dall’inizio di quell’anno il moro e la bionda davano una mano al centro d’immersioni dei genitori del ragazzo. Non guadagnavano molto, dato che aiutavano solo nei fine settimana: Brody, data la sua prestanza fisica, si occupava di trasportare bombole e attrezzature, mentre Bridgette lavorava nella piccola reception. Avevano iniziato con le immersioni solo alla fine di marzo, e molto di rado, dati i pericoli per il cambiamento di pressione e le basse temperature d’inizio primavera. Ciononostante, i due giovani non protestavano, anzi lavoravano con zelo. Ogni giorno, mentre si affaccendavano, chiacchieravano su come avrebbero speso la loro paga; Bridgette intendeva conservarli per un viaggio estivo, mentre Brody usava i propri soldi per uscire a bere. Riusciva a mettere qualcosa da parte solo su sollecitazione della sua amica.
Avevano un rapporto stretto da molto tempo, anche da prima di diventare colleghi. Il moro avrebbe affidato alla surfista la sua stessa vita; cosa che fece quando, una domenica di metà aprile, invitò Geoff al centro per fargli conoscere la sua migliore amica.
 
Il biondo varcò la soglia dell’ufficio senza scomporsi. Conosceva quel posto dalle scuole medie e avrebbe saputo camminarci dentro anche a occhi chiusi, per tutte le volte che ci aveva giocato con Brody. Nonostante sapesse di dover conoscere una ragazza, era vestito normalmente, con il solito cappello da cowboy e una normale t-shirt grigia, e si comportava con molta naturalezza. Subito dopo di lui entrò il moro, che lo sorpassò e raggiunse la scrivania della reception, chiamando l’improvvisata segretaria: - Ehilà! Ha cinque minuti da darci? -.
Geoff rimase colpito dalla giovane che alzò la testa in quel momento. Un volto delicato, circondato da riccioli d’oro raccolti in una coda, lo accolse con un sorriso, e i suoi due occhi brillanti come gemme lo fulminarono sul posto. L’atteggiamento della ragazza era rilassato e affabile, ma nel verde delle sue iridi risuonava una tempesta. Il nuovo arrivato rimase inchiodato alla soglia, da quanto era incantato.
- Ah, per te niente, Brody! Torna a lavorare! - Rise, per poi posare lo sguardo con curiosità su Geoff. Il ragazzo sentì un buco allo stomaco e sorrise, leggermente estasiato. Si fece avanti con imbarazzo, senza aggiungere nulla.
- E il tuo amico chi è? - Chiese la giovane a Brody, senza smettere di fissare il biondo.
- Ah, che sbadato! Lui è Geoff! - Lo presentò l’amico, dando una pacca sulla spalla al surfista, che si riprese e annuì: - Felice di conoscerti! -
La biondina socchiuse gli occhi, come per studiarlo meglio. Sembrava che le sue ciglia scintillassero.  - Ah, io sono Bridgette. - Sorrise infine, senza alzarsi, e tese la mano a Geoff, che gliela strinse senza esitare.
Nel frattempo, Brody aveva fatto qualche passo indietro e ammirava silenziosamente l’incontro che aveva combinato. Riusciva solo a immaginare un futuro roseo al fianco dei suoi due migliori amici: il dinamico duo sarebbe diventato un trio.
Tuttavia, le cose sfuggirono presto al suo controllo. La personalità impetuosa di Bridgette conquistò in poco tempo il cuore spensierato di Geoff, e nel giro di neanche un mese i due iniziarono a frequentarsi. Ovviamente, Brody fu il primo a esserne informato. All’inizio, il ragazzo era contento, ma con il tempo il suo malcontento iniziò a emergere. Nel profondo, sentiva che Bridgette aveva occupato il posto che Brody aveva sempre desiderato: quella parte del cuore di Geoff a cui non avrebbe mai potuto accedere. La gioia del vedere il suo amato felice con un’altra donna si accompagnava alla rabbia di non essere la fonte di quella felicità. L’amarezza che provava crebbe di giorno in giorno, fino a renderlo quasi assuefatto a quella dolce sofferenza.
Quantomeno, fra i tre nulla era cambiato, anche se la neonata coppia si era presa i propri spazi, dovendo così escludere Brody più spesso. Geoff era all’oscuro di tutto questo: ingenuo com’era, continuava a trattare il moro come il suo migliore amico, senza accorgersi che questo ruolo stava deteriorando il suo affetto. Bridgette era l’unica a essersi accorta di tutto questo. Non si sentiva minacciata dalla presenza di Brody, però sapeva che, continuando così, i sentimenti del ragazzo sarebbero esplosi nel peggiore dei modi; era da poco dopo l’inizio della sua relazione con il surfista che indagava a riguardo.
 
Brody rimase in silenzio a lungo, aspettando che il suo pianto si calmasse, avvolto nell’abbraccio materno di Bridgette. Una volta rasserenatosi, si staccò dall’amica con un gesto meccanico e mormorò, tenendo lo sguardo basso: - Vuoi la verità? Sì, sono omosessuale. E sì, sono innamorato di Geoff, ma lui non deve saperlo. Non adesso. -
- Tu non capisci ch--- -
- Cosa c’è da capire? - La interruppe Brody, senza alzare la testa. - Non c’è un cazzo da capire. Come pensi che si sentirebbe se sapesse che l’ho sempre visto in... quel modo? - Sospirò e fece una pausa. Bridgette era attonita. - Forse, un giorno, lo saprà... quando sarà tutto diverso. -
La bionda voleva dire qualcos’altro, ma gli altri stavano rientrando per allestire il falò. Come se nulla fosse accaduto, Brody rivolse ai suoi compagni il solito sorriso gioviale; Bridgette, più abbattuta che mai, tornò alla propria tenda.
 
Verso le 21, Duncan stava cercando di accendere la legna, posata in un buco nella terra e circondata da un anello di pietre, mentre Courtney lo redarguiva su qualsiasi mossa. Heather e Alejandro, già con delle birre in mano, commentavano sottovoce il battibecco tra il punk e la sua ragazza insieme a Cody e a Scarlett, che era sopraggiunta poco dopo. Sky non era con lei: si era accomodata su un telo mare steso davanti al falò insieme a Trent, che stava accordando la propria chitarra. L’asiatica osservava languidamente i movimenti delle dita del musicista, che sistemava il proprio strumento con la delicatezza di chi accarezza un neonato. Il suo respiro era teso come quelle corde, e non osava commentare: si limitava ad ammirare la figura placida del corvino.
Rimasero in silenzio finché non fu lui ad attaccare bottone, mentre poggiava la chitarra sulle proprie ginocchia: - Finito. -
- Sarebbe bello provarla, ora! - Propose l’asiatica con un sorriso.
Il chitarrista annuì gentilmente: - Certo. Ti suono qualcosa. -
Gli occhi di Sky s’illuminarono per l’emozione. Avrebbe potuto considerarla una serenata? La giovane decise che la risposta era affermativa e sussurrò: - Conosci “To all of you”? -
- Mh? Di Syd Matters? -
- Certo, quella! - Esclamò la ragazza, felice come un bambino in un negozio di caramelle. - Se me la suoni, posso cantarla! Vero che lo fai? - Cominciò a pregarlo, puntandogli addosso quegli occhi neri, scintillanti come il fondo di un pozzo su cui si riflette la luna. Trent non avrebbe mai potuto rifiutare: impugnò lo strumento e iniziò a far scorrere le falangi tra le corde, lasciando che da esse riecheggiasse l’energia dei suoi sentimenti. Era presto per definirsi innamorato, tuttavia l’animo travolgente di quella giovane atleta lo aveva rapito. I suoi sorrisi esplosivi, i suoi sguardi eccitati e la sua voce gli riempivano la testa, facendo sì che la mente del ragazzo, già segnata da un’altra delusione d’amore, orbitasse attorno alla sua figura. Era così preso da Sky che si stava lasciando sempre più alle spalle la fine della sua storia con Gwen, pronto a intraprendere il cammino in direzione di un futuro diverso. E sperava che in quel futuro ci fosse anche l’asiatica.
- To all of you, American girls, it's sad to imagine a world without you... - La voce gioiosa di Sky iniziò a librarsi attraverso il campeggio, attirando le occhiate dei suoi amici. Questa volta, nessuno si unì al suo canto, come se volessero lasciarle la luce dei riflettori. Ascoltando quietamente, tutti proseguirono nelle loro attività: Duncan e Courtney continuarono a bisticciare, però con un tono più basso; Alejandro, Heather, Cody e Scarlett continuarono a chiacchierare, a loro volta abbassando la voce; tutti gli altri continuarono a bere e correre da uno spiazzo all’altro.
 
Solo un ragazzo taceva completamente, in quel momento. Max, appoggiato a un albero a destra del falò, osservava silenziosamente Scarlett, che parlava con i suoi amici. La rossa era molto più tranquilla del solito: prestava attenzione ai discorsi dei suoi compagni e sorrideva educatamente. Qualche volta aggiungeva qualcosa al discorso, senza però dilungarsi mai più di tanto. Max sorrise con un leggero sospiro: era tipico della rossa stare così in disparte, eppure attirare la sua attenzione come una calamita. Anche se la conosceva da appena un giorno, sentiva di toccare il suo spirito con mano, nonostante non riuscisse ancora a superare il muro di mistero dietro cui lei si nascondeva. Forse era proprio l’enigma nei suoi occhi tristi a renderla interessante, come un’avventura senza mappe o percorsi segnati. Voleva vagare allo stesso modo nelle pieghe dei suoi pensieri e perdersi nel suo labirinto; voleva impadronirsi dei suoi sospiri e allo stesso modo donarle i suoi.
Si crogiolava in ciò che voleva da lei, ma non sapeva come parlarle. Aveva passato la notte in bianco, dopo aver ammirato le stelle con lei, torturandosi sulla questione. E ogni volta che la vedeva passare, si sentiva attratto e allo stesso respinto; e distoglieva lo sguardo, restando impalato a vederla scivolare via dalle sue dita.
Era così concentrato a interrogarsi sulla propria paura, che non si accorse della gotica, che si avvicinò silenziosamente alle sue spalle e lo spaventò. - Buh! -
Il viola sobbalzò e indietreggiò di pochi passi, sbraitando: - Gwen, dannazione! Ma che hai in testa?! -
La dark non rispose a quella provocazione; si appoggiò a sua volta all’albero e prese a osservare la rossa. - Ti piace, vero? -
- C-che? -
- Ho visto come la guardi, zuccone. - Max distolse lo sguardo, come se volesse evitare l’argomento, quindi Gwen chiese, in risposta al suo silenzio: - Perché non le parli? -
- V-vuoi farti i cazzi tuoi? - Balbettò il punk, intimorito.
- Mai. - Ridacchiò la ragazza. - Non capisco di cosa tu abbia paura. Ieri sera siete andati d’accordo, no? -
- Sì... ma non è questo il punto. - Rispose il viola, riprendendo a guardare Gwen. I chiaroscuri creati dalla sua posizione in controluce accentuavano il rossore sulle sue guance.
- Allora cosa? -
Max volle rispondere, ma le parole gli si congelarono in gola. Allora Gwen rise di nuovo, e iniziò a recitare: - Lei non ha le ossa di vetro. Lei può scontrarsi con la vita. Se lei si lascia scappare questa occasione con il tempo sarà il suo cuore che diventerà secco e fragile come il mio scheletro. Perciò si lanci, accidenti a lei! -
Il viola le rivolse un sorriso interrogativo.
- E’ “Il favoloso mondo di Amélie”. - Spiegò la sua interlocutrice.
- Bleah! Che film noioso! - Ribatté il ragazzo.
- Guarda che è uno dei miei film preferiti! E poi, hai colto il messaggio. - Ammiccò la gotica, prima di dileguarsi. - E se vuoi un’altra ragione per andarle a parlare, eccoti servito: in spiaggia ti ha guardato per tutto il tempo. -



(( Ciao a tutti! Questo capitolo è davvero importante, non solo per la varietà di argomenti che tratta, ma anche perché è uno dei capitoli più apprezzati dai miei amici/collaboratori. Innanzitutto, scandagliamo più a fondo la personalità e i problemi di Brody, sostenuto in maniera ambigua da Bridgette; Sky e Trent stanno legando sempre di più, e finalmente diamo un'occhiata nella testa del chitarrista... Infine, lo scambio di battute tra Gwen e Max, che ho adorato scrivere. A onor del vero, "Il favoloso mondo di Amélie" non fa impazzire neanche me, ma la citazione era perfetta per smuovere le acque tra il viola e la rossa.
La canzone di oggi è "To all of you" di Syd Matters, che però si adatta più alla seconda parte del capitolo, quando Sky inizia a cantare. Life is strange docet
Ascoltate la canzone, fatemi sapere che ne pensate e restate aggiornati con Bakchai! ))

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Capitolo 10
*** Take me out ***


L’intenzione c’era, a quel punto, ma comunque un ultimo ostacolo si parava tra Max e il suo obiettivo: come attirare l’attenzione di Scarlett? Il viola si prese qualche secondo per studiare il gruppetto da cui la rossa era circondata: degli odiosi perfettini avvolti dai loro vestiti firmati, che sembravano provare disgusto per qualsiasi altro essere vivente, eppure troppo codardi per esternarlo. Il suo esatto opposto. Il punk non poteva fare a meno di chiedersi quale attrattiva trovasse la sua nuova amica in quella gente.
All’improvviso, accadde qualcosa che fece rivalutare il concetto di fortuna al ragazzo: Scarlett si accorse di essere osservata. Prima prese a squadrarlo con la coda dell’occhio, poi si girò leggermente con il busto, per inquadrarlo meglio.
Max colse la palla al balzo, cercando di ricacciare l’imbarazzo negli abissi più profondi del proprio inconscio. Alzò il braccio e scosse la mano per salutarla, per poi invitarla a raggiungerlo con un gesto. Sentiva il timore picchiare contro le pareti del proprio stomaco. A sua volta, la rossa non indugiò: disse qualcosa di sbrigativo ai tre giovani con cui stava chiacchierando e iniziò ad attraversare lo spiazzo, sotto gli sguardi colmi di disappunto di Alejandro, Heather e Cody.
Il punk, come quella mattina in spiaggia, non riusciva a smettere di guardarla. Indossava dei pantaloncini neri, più corti di quelli della sera prima, abbinati a una camicetta a maniche corte, color vaniglia; il suo viso era decorato da una linea di eyeliner più azzardata rispetto a quella del giorno prima, senz’altro a parte del leggero rimmel a incorniciarle il verde degli occhi. Portava i capelli legati nella consueta coda bassa; eppure, a Max sembrò possibile scioglierla, quella notte, come se questo potesse svelare tutti i suoi segreti.
Scarlett procedeva a spalle strette, tenendo le mani intrecciate dietro la schiena, accentuando così il movimento sensuale dei suoi fianchi; nonostante la delicata ritrosia pudica che il suo corpo emanava, camminava finalmente a testa alta, e lasciava che il suo sorriso appena abbozzato sprigionasse luce vivida.
- Buonasera, Max. - Lo salutò, una volta fermatasi. Finalmente, la sua voce era più serena rispetto al giorno prima. Il viola sperò di essere lui la causa di quell’inspiegabile distensione.
- Hey! Chi non muore si rivede! - Balbettò il ragazzo, cercando di ostentare sicurezza.
- In teoria siamo stati insieme tutto il giorno. - Ridacchiò la ragazza, mentre si copriva le labbra con le dita.
- Sì, ma non mi hai parlato per niente. - La provocò prontamente Max, senza cattiveria. - Che c’è, ti ho spaventata? -
- E-eh? - Deglutì la rossa, leggermente confusa. - N-no, certo che no! Non avresti mai... potuto, ecco... -.
- Ah, rilassati, scherzavo. - Chiarì il ragazzo, prima di cambiare discorso.
 
Nel frattempo Gwen, rimasta nascosta dietro un altro albero, sgattaiolò fuori dalla vegetazione, dopo essersi assicurata che Max avesse seguito il suo consiglio. Tornò dagli altri senza preoccuparsi di nascondere il proprio ghigno trionfante. Tuttavia, la sua espressione gongolante si spense nel momento in cui la gotica, tornata da Duncan e Courtney, li vide discutere sempre più animatamente. La canzone di Sky e Trent era stata sostituita dalle grida furiose della latina.
- Mi sono rotta i coglioni dei tuoi modi di fare! - Urlò la ragazza. - Perché devi fare sempre il cascamorto del cazzo con qualsiasi altra ragazza? -
- Tu sei pazza! - Ribatté il ragazzo, mentre si batteva il polpastrello dell’indice contro una tempia, per schernirla. - Devi finirla di immaginarti le cose! Quando l’ho fatto?! -
- Sempre, Duncan, sempre! - Alzò la voce Courtney. La latina era il tipo di persona che credeva che strillare a voce più alta equivalesse ad avere ragione, e questo non faceva che turbare il punk ancora di più. - Perché, oggi in spiaggia con Gwen che hai fatto? -
La gotica ebbe un tuffo al cuore: si ricordava delle battutine che le aveva fatto l’amico quella mattina, e per quasi tutto il giorno.
- Che problemi hai? Non capisci quando scherzo? -
- Ah, certo, che scherzo divertente! - Rispose la mora, mettendola sul sarcastico, mentre si guardava attorno. - Avete sentito, ragazzi? Che battuta esilarante! Perché non ridiamo tutti insieme?! -
- Vedi di chiudere il becco. - Sibilò il verde. Gwen, mentre indietreggiava, si accorse con timore che Duncan aveva serrato i pugni.
- Tu non mi dici cosa cazzo fare! Sei un fottuto bastardo! - Concluse la ragazza, per poi voltarsi e iniziare ad andarsene. - Io me ne vado, non ti sopporto! -
- Certo! Vattene a fanculo, già che ci sei! - Sbraitò il verde, per poi sedersi a gambe incrociate davanti al fuoco.
 
Tra i presenti era calato un silenzio allibito. Bridgette e Geoff, accanto alla loro tenda, smisero di amoreggiare per osservare la scena con preoccupazione; Brody, che nel frattempo si era unito al chiacchiericcio di Alejandro e dei suoi amici, si voltò a sua volta, distratto dalla questione; Gwen si era avvicinata a Cody, come per nascondersi; infine Sky e Trent, disturbati dal litigio, si erano alzati e si erano allontanati, senza che nessuno facesse caso a che fine avessero fatto.
Scarlett, leggermente spaventata dalle urla, aveva accorciato la distanza tra sé e Max e aveva incrociato le braccia al petto, come se cercasse di difendersi. Ora che l’aveva più vicina, i suoi occhi caddero di nuovo sul suo petto: la camicetta, leggermente più sbottonata di quanto lo sarebbe stata di solito, lasciava intravedere parzialmente le curve del suo seno. Il punk distolse immediatamente lo sguardo, fissandolo su Duncan, che stava giocherellando rabbiosamente con l’accendino. Per una volta, i suoi pensieri non ruotavano attorno al suo migliore amico: non riusciva a togliersi dalla testa la rossa, soprattutto ora che era così vicina, tangibile e quasi vulnerabile.
Naturalmente, non si permise di sfiorarla, neanche di abbracciarla.
 
Dall’altra parte del falò Cody chiese, grattandosi il mento: - Ma si può sapere che è successo? -
Heather rivolse a Gwen un’occhiata affilata, sibilando: - Forse dovresti chiederlo alla tua amichetta gotica. -
La dark si morse il labbro, come per trattenersi dall’insultarla, per poi spiegare a voce rotta: - Io non c’entro un cazzo. -
- Ah no? E com’è che ovunque tu vada porti sempre problemi? - La schernì l’asiatica. Un ghigno gelido le attraversava le guance. - Prima fai casino con Trent, poi semini zizzania tra Courtney e Duncan... Le mie supposizioni sono forse errate? - Ridacchiò.
- Heather, Gwen non semina un bel niente! - Si affrettò a difenderla Cody, sorprendendo così tutti i presenti. La gotica era talmente esterrefatta da non riuscire ad aggiungere nulla in propria difesa, così ci pensò il suo amico: - Smettila di accusare gli altri, soprattutto se non sai le cose! E poi sappiamo tutti che Duncan è... -
- Prova solo a dirlo e ti faccio il culo. - Sibilò senza voltarsi Duncan, che aveva sentito tutto. Il suo corpo fremeva dalla voglia di fare del male a qualcuno, e a Cody non sarebbe convenuto per nulla diventare il sacco da boxe del punk. Il castano deglutì e cercò di riprendere con più pacatezza, però fu interrotto da Alejandro, che sentenziò: - Io vado a vedere dove si è cacciata Courtney. Invece di discutere, pensate a calmare Duncan. - Ordinò alla fine, mentre faceva per andarsene.
- Tsk! Io non prendo ordini da te. - Ribatté la corvina; in tutta risposta, il latino si girò e si limitò a fissarla a lungo. Strinse le palpebre fino a ridurre gli occhi a una fessura e piantò le pupille, piccole come una capocchia di spillo, in quelle della sua ragazza. Il suo sguardo era abbastanza eloquente da urlare: emergenza. In sintesi, non aveva tempo da perdere a cercare di convincere Heather a fare la sua parte.
L’asiatica sentì un buco allo stomaco, come se stesse cadendo e perdendo vertiginosamente quota. Raramente Alejandro le rivolgeva sguardi talmente perentori da farle girare la testa: in quei casi, Heather non poteva fare altro che arrendersi. Abbassò lo sguardo e con un cenno della testa lo lasciò andare.
 
Conoscendo la latina, Alejandro sapeva esattamente dove si sarebbe andata a cacciare. Infatti, dopo neanche due minuti di corsa, il moro individuò la ragazza appena fuori dall’ingresso del campeggio, appoggiata al muretto che delimitava la zona. Teneva le braccia incrociate e la testa bassa: la sua posizione incurvata la faceva sembrare ancora più piccola. Non sembrava essersi accorta della presenza del giovane.
- Courtney! - La chiamò con aria allarmata.
La latina tirò su lo sguardo celermente, rivelando così il volto rigato di lacrime luccicanti sotto la luce tenue dei lampioni. Cercava di controllarsi, anche se il suo respiro affannoso rompeva il silenzio; non riuscendo a trattenere ulteriormente i singhiozzi, scoppiò di nuovo a piangere, facendo così accorrere il ragazzo. Alejandro non disse nulla: si limitò a prendere il suo corpo minuto tra le braccia e a stringerlo al proprio torace, con gentilezza. Sollevò una mano e la posò sul suo capo, prima di iniziare ad accarezzarle i capelli scuri. Sul suo volto troneggiava un’espressione di serenità angelica. Courtney reagì positivamente all’abbraccio del latino: affondò il viso nel suo petto, lasciando aderire le labbra ai suoi vestiti, e ci gridò dentro, per scaricare la frustrazione. Prima di quel momento, non avrebbe mai pensato di toccare di nuovo il suo ex.
 
Alejandro e Courtney avevano avuto una bellissima storia durante i primi due anni di superiori. Si erano conosciuti durante la prima settimana di scuola grazie ad un’amica in comune, e tra i due era sbocciato subito un sentimento incontenibile. A quattordici anni, la passione scoppia con la veemenza del fuoco, eppure brucia con la purezza del cielo d’estate. La loro reciproca attrazione era solidamente ancorata alla sincerità di chi non cerca nulla in cambio del proprio amore: si consideravano vicendevolmente un volto a cui sorridere, una spalla su cui piangere, un petto su cui riposare.
Tuttavia, anche l’incendio più grande è destinato a spegnersi. L’inesperienza dei due e il troppo tempo trascorso insieme avevano fatto emergere a poco a poco tutte le loro differenze: Alejandro, abituato ad avere il controllo su tutto, non era capace di domare il carattere impetuoso della sua ragazza. L’aveva lasciata senza provare rancore, anche se lei non fu capace di perdonarlo finché Duncan non entrò nella sua vita. Allora aveva considerato il punk il suo salvatore dai fantasmi di un passato troppo luminoso per essere davvero esistito.
Invece, in quella circostanza, i ruoli si erano invertiti.
Courtney si aggrappò al corpo di Alejandro come se fosse la sua ancora di salvezza. Strillò lungo la sua pelle per qualche secondo, fino a restare senza fiato; dopo che la voce della ragazza fu scemata nella penombra, lei sollevò la testa, per incontrare le pacifiche iridi verdi del latino. - Ti va una sigaretta? - Propose quindi lui, trovando il consenso della ragazza.
 
I due passarono fuori dal campo un paio d’ore. Il ragazzo decise di distrarla un po’, prima di chiederle spiegazioni sulla lite con Duncan: condivise con lei una sigaretta (aveva sempre un pacchetto con sé) e avviò una conversazione leggera sul più e sul meno. Cercò di sollevarle il morale attraverso alcune battute, che suscitarono poca ilarità da parte della ragazza. Alla fine, fu proprio Courtney a stroncare i suoi tentativi di rallegrarla, mormorando: - ... è davvero un coglione. -
Alejandro non rispose: sapeva esattamente a cosa lei si riferisse.
- Ti rendi conto? Si comporta come se m’immaginassi le cose! - Proseguì la giovane. - Come se m’immaginassi che ci prova con la mia migliore amica ogni santa volta. Anche davanti a me! L’ho sentito solo io oggi in spiaggia, quando ha fatto quella battuta del cazzo sul culo di Gwen? - Fissò Alejandro per ottenere l’approvazione che meritava: in risposta, il latino annuì, senza interromperla. Courtney sbuffò: - Io non so più che fare. E’ un buzzurro, è un cascamorto, ed è semplicemente odioso certe volte! Mi sembra di non conoscerlo più! Che cosa posso fare?! -
Si girò infine verso Alejandro, con occhi carichi di disperazione. La figura prestante del latino la osservava con un sorriso dolce, quasi di compassione. Le sembrava di perdersi nel suo sguardo intenerito, al punto da avvertire un senso di rimpianto sul fondo del proprio ventre. Si resero conto entrambi, solo dopo che era passato tanto tempo, quanto avessero sbagliato nel lasciarsi, e di quanto fosse tardi per riportare tutto come prima. Come dopo mille anni, Courtney toccò per l’ultima volta lo spirito di Alejandro, mentre aspettava con ansia la risposta che voleva sentirsi dire. 
Il latino schiuse le labbra e, in un soffio, replicò: - Ti sei già data da sola la risposta. -



(( Ciao!
Questo è sicuramente il capitolo più volgare finora; conoscendo i caratteri di Courtney e di Duncan, pensavo che sarebbe stato giusto renderli in tutta la loro forza, senza risparmiarmi il turpiloquio (che, lo ammetto, trovo liberatorio da scrivere eheh). 
Inoltre, finalmente Alejandro e Cody si stanno facendo sentire? Che ne pensate, soprattutto del primo?
La canzone di oggi è Take me out dei Franz Ferdinand! Bella incazzatina e attiva. 
Sentite la canzone, fatemi sapere che ne pensate e tenetevi aggiornati con Bakchai! ))

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Capitolo 11
*** Californication ***


Sky e Trent, mentre Duncan e Courtney si azzuffavano, si guardarono per qualche secondo negli occhi e decisero comunemente di tagliare la corda, senza bisogno di scambiarsi una parola. Il corvino si portò la tracolla della chitarra su una spalla e tese la mano all’atleta per tirarla su, quindi i due si allontanarono dal falò; per fortuna tutti erano troppo presi dalla lite tra i due fidanzati per accorgersi di loro. Solo Scarlett li aveva adocchiati e seguiti con lo sguardo per qualche secondo, senza però preoccuparsi più di tanto di dove stessero andando.
Soltanto un paio d’ore dopo la rossa si ricordò della loro improvvisa sparizione, mentre chiacchierava ancora con Max. Si erano spostati sul telo mare che avevano occupato Trent e Sky qualche ora prima; Scarlett, leggermente stordita, si era stesa lungo la superficie del tessuto e aveva poggiato la testa sulle cosce del viola, seduto accanto a lei, che con una mano si reggeva e con l’altra le accarezzava i capelli vermigli. La giovane aveva bevuto qualcosa in più rispetto al solito: abbastanza da essere intontita, ma non abbastanza da star male. Si sentiva leggera e percepiva tutto in maniera meravigliosamente ovattata, come se fosse oltre l’atmosfera; a stento avvertiva le dita di Max pettinarle la chioma.
Al contrario, il punk era in fibrillazione. Fino a quella mattina non sarebbe mai riuscito ad avvicinarsi alla rossa in quel modo; ora invece lei riposava sulle sue gambe, così tangibile e reale. C’erano ancora delle persone a circondarli, nonostante le coppie di turno si fossero appartate e Courtney non fosse ancora tornata con il latino: ciononostante, Max riusciva a concentrarsi solo sul viso rilassato di Scarlett, che vagava con la mente lungo il perimetro delle proprie palpebre chiuse, e le occhiate maliziose degli altri non lo scalfivano. Anche lui aveva bevuto qualcosa con lei, e mentre l’alcol riempiva la testa di Scarlett, svuotava piacevolmente la sua.
A un certo punto, Scarlett schiuse gli occhi e incontrò le pupille serene del ragazzo: nonostante lo sguardo puntato in basso, stava dritto con le spalle ed evitava apposta di incurvarsi, per non stare addosso alla giovane. Incoraggiata dallo spazio che le aveva lasciato il viola, la rossa si rimise seduta, per poi alzarsi. Era rimasta stesa sugli arti inferiori di Max per molto tempo.
- Grazie della compagnia. - Mormorò lei, ancora come se nessuno li stesse ascoltando.
- Te ne vai? - Chiese il punk, rimasto seduto, cercando di camuffare la delusione nella sua voce.
La rossa fece spallucce, senza smettere di sorridere in modo sognante. - Beh, è stata una lunga serata, e l’alcol mi fa un po’ girare la testa. E’ meglio che vada a riposare. -
- Chiaro. - Annuì il ragazzo prima di chiederle: - Vuoi che ti riaccompagni? -
- Oh... no, non ti disturbare. - Scosse la testa lei. - Ce la faccio ad andare da sola. E poi, devo capire dove si sia cacciata Sky. - Un attimo prima di andarsene, gli fece un ultimo occhiolino: - Se io dovessi soffrire di insonnia, questa notte, spero... di ritrovarti ancora qui. -
Max tentò di ribattere in maniera beffarda, ma le sue corde vocali emisero solo un gemito languido: - Sì, sai che... non ho tanto bisogno di dormire... -.
Fortuna volle che la ragazza se ne andasse giusto in tempo per non assistere a una scena tutt’altro che rassicurante.
 
Scarlett procedette a grandi falcate verso la propria tenda. Le tremavano le gambe. Era ancora emozionata per il contatto che aveva avuto con Max, sicuramente il più audace di tutta la sua vita, e al contempo leggermente nervosa per essersene andata in quel modo. Intorpidita com’era nella propria insensibilità, non si era mai interessata né di uomini né di sentimenti: eppure, quella sera si era ripromessa di far cambiare le cose. Aveva giurato a se stessa che si sarebbe sforzata un’ultima volta di perforare il muro di apatia che l’aveva segregata in un mondo senza colore, come aveva fatto le prime volte in cui aveva bevuto o fumato, come quando si era fatta propinare quella pillola da Heather. In tutte le occasioni in cui aveva preso di nuovo le armi contro il proprio dolore, lo aveva affrontato da sola, rinchiusa nel silenzio della propria casa vuota. La sua solitudine sigillava il segreto della sua inettitudine, che né la presenza di una migliore amica né qualsiasi droga erano riusciti a sciogliere.
Ora Scarlett fremeva all’idea di aver trovato una nuova strategia di guerra: un alleato al quale rivolgersi. Non voleva che sapesse della sua disperazione male incanalata: voleva solo sentirsi prendere per mano. “E’ uno sconosciuto, non puoi fidarti così tanto da lasciarti toccare” si ricordava ogni tanto, come per impedirsi di buttarsi a capofitto nell’ennesimo abisso di cui non riusciva a scorgere il fondo; ma alla fine non faceva differenza. Max irradiava abbastanza luce da rischiarare l’oscurità di qualunque voragine in cui si sarebbe gettata.
Fortunatamente, qualcosa dentro la sua tenda le procurò una scusa per tornare sui propri passi.
La lanterna di Sky emanava una luce giallognola oltre il tessuto che racchiudeva il suo vano, e disegnava i contorni di due ombre fuse tra loro. Scarlett era troppo lontana per cogliere tutto con chiarezza, eppure riuscì a distinguere il fruscio di gemiti femminili e maschili nella calma della notte estiva. In quella serenata di sospiri intrecciati la rossa riconobbe la voce della propria amica.
 
Dopo essersene andati dal falò, più l’asiatica e il chitarrista si allontanavano dal resto del gruppo, più i loro animi si rilassavano. Parlavano sommessamente del più e del meno, per lasciarsi alle spalle il litigio tra i loro amici. Una volta abbastanza lontani, Sky interruppe la loro conversazione: - Ehi, perché non andiamo nella mia tenda? Lì puoi... suonare tranquillamente. - Cercava di modulare la propria voce per reprimere l’eccitazione che le causava potenti brividi lungo la schiena.
Trent aveva capito comunque dove volesse andare a parare la corvina e per questo motivo il suo cuore iniziò a palpitare così forte da sembrare sul punto di sfondare la cassa toracica. Sotto la luna e le fioche luci di alcuni lampioni da vialetto, il bagliore dei suoi occhi verdi si specchiava nelle iridi scure dell’asiatica. Non sapeva come acconsentire senza sembrare imbarazzato, quindi si limitò a cingerle timorosamente i fianchi con il braccio e ad annuire.
 
Dopo pochi minuti i due si trovarono di fronte all’ingresso della tenda in questione. Sky illuminò la cerniera che la chiudeva con la torcia del proprio cellulare, prese tra i polpastrelli della mano libera il tiretto e aprì la chiusura lampo, per poi attraversare la porticina di tela e sgattaiolare nel proprio vano. - Sta attento a chiudere tutto! - L’asiatica raccomandò al chitarrista con un risolino di gioia, il che non fece che rafforzare le convinzioni del ragazzo. Trent obbedì alla sua richiesta e la seguì tra le pareti di cotone, mettendosi infine seduto sul materasso gonfiabile e posando la chitarra fra sé e la corvina, che gli stava di fronte, mentre cercava di accendere la lanterna. - Oh, menomale! - Esultò per esserci riuscita. - Temevo fosse scarica... - Farfugliò nervosamente mentre appoggiava l’oggetto a un angolo della tenda. Si girò verso Trent con l’intenzione di riprendere la conversazione con la stessa spigliatezza di prima, ma si ritrovò senza parole. Il ragazzo aveva ripreso in mano il proprio strumento con la consueta delicatezza con cui faceva tutte le cose, e osservava la giovane con aria di attesa. Sky dovette sforzarsi per non perdersi nella bellezza dei suoi occhi.
Il chitarrista si accorse che l’asiatica era senza parole, tuttavia non cercò di riportarla alla realtà e si compiacque del suo sguardo affascinato. Non attese un altro suggerimento musicale da parte sua: si tuffò tra le corde della propria chitarra e iniziò a produrre degli accordi familiari.
- Psychic spies from China try to steal your mind's elation... - Iniziò a cantare. - And little girls from Sweden dream of silver screen quotation... -.
Sky aveva già sentito Trent cantare quel pomeriggio, quando tutti insieme avevano intonato Holiday, su richiesta di Max. Ciononostante, il canto del corvino non riusciva a emergere nel coro: Trent aveva un carattere troppo pacato per vocalizzare a voce alta come Duncan, Max o Sky stessa. Ora che lo ascoltava da solista, all’asiatica sembrava di udire gli arpeggi della sua anima: la voce di Trent era calda e piena, eppure il suo tono non si spostava mai dalla norma, segno che il ragazzo sapeva controllarsi; cantava di maschera, producendo un timoroso vibrato.
- And if you want these kind of dreams it's Californication... -.
Nonostante l’insicurezza che traspariva dalla sua musica, il corvino faceva inconsciamente sfoggio della sensualità straordinaria di chi non è consapevole del proprio fascino. Impietrita dalla sua grazia, Sky non osava fiatare: solo si augurava di essere sorretta dalle sue dita delicate con lo stesso ardore e la stessa dolcezza con cui Trent reggeva la sua chitarra.
Superato il ritornello, il ragazzo volle calcare di più la mano sul desiderio che provava verso la ragazza: - Marry me girl, be my fairy to the world, be my very own constellation... -. Voleva che l’intensità dei suoi sentimenti riecheggiasse in ogni angolo del mondo, come monito a chiunque, come lui, avesse paura di amare: “osate”. Lui osava nell’affezionarsi a un’altra ragazza, osava nel tentare di abbattere i muri in cui il ricordo di Gwen lo aveva imprigionato. Prima di conoscere Sky, non riusciva a smettere di tormentarsi perché la gotica aveva superato benissimo la loro rottura, mentre lui in quasi due mesi non era ancora riuscito ad accantonare l’unica storia che avesse mai avuto. Aveva la mente piena dei movimenti della dark, delle sue parole, del suo profumo, della presenza che aveva accompagnato un anno della sua vita e ancora infestava i suoi giorni, anche quando non la vedeva.
In quel momento, mentre dedicava “Californication” a Sky, avveniva la sua catarsi. A poco a poco le tenebre che l’avevano sommerso si diradarono e i suoi pensieri si riempirono della luce che a sua volta scintillava negli occhi dell’asiatica. La sua testa, sgombra finalmente dai ricordi, voleva solo inebriarsi della presenza di un nuovo amore, senza paura di trovarsi di nuovo incatenato.
- And buy me a star on the boulevard, it's Californication... -.
Trent alzò la testa, incontrò il viso di Sky, rischiarato per metà dalla lanterna, e ritrovò il se stesso che aveva perso. La canzone non era ancora finita, eppure lui mise giù lo strumento come se non aspettasse altro; nello stesso istante, Sky gli si gettò al collo. Il corvino la avvolse tra le membra, portandola con il petto vicino al proprio, come se volesse che i loro cuori continuassero a suonare insieme.
- Sky, io... - Tentò di sussurrare, una frazione di secondo prima che la ragazza lo baciasse.
Le sue labbra erano soffici e calde, anche se arricciate dall’attesa, che evidentemente Sky covava da ore.
Come una vera atleta, l’asiatica correva sempre più veloce di Trent, che invece aveva bisogno di studiare e scandire il ritmo, come faceva con la propria musica. Le differenti velocità con cui le loro vite scorrevano si sposarono, unite da quel bacio, così che i due potessero danzare sulla stessa lunghezza d’onda.
Il chitarrista lasciò scivolare le mani lungo i suoi fianchi e si lasciò cadere sul materasso, portando con sé la giovane, che portò a contatto i loro bacini, in modo da mettersi più comoda.
- S-sky... - La chiamò flebilmente Trent, dopo essersi staccato per prendere fiato. Si riservò qualche istante per ammirarla: il suo volto pallido, incorniciato dai capelli neri che scivolavano verso il basso, trasudava voglia di ricevere e dare di più; dalla sua espressione traspariva uno stato estatico in cui anche il chitarrista decise di calarsi. Riportò le mani in alto, verso l’orlo del crop top che la ragazza indossava, e sussurrò: - Posso? -. Un sorriso rimodellò le ombre sul viso di Sky, che annuì, mentre si apprestava a sua volta a sfilare al ragazzo la maglietta. Aveva le sopracciglia aggrottate in un leggero sguardo di sfida.
 
Erano già avvinghiati tra le lenzuola di Sky da due ore quando Scarlett arrivò. Fortunatamente per entrambi, la rossa era abbastanza intelligente da capire cosa stesse accadendo e colse l’occasione per girare i tacchi e ripresentarsi da Max. Aveva una seconda possibilità di parlargli: per questo motivo ripercorreva il vialetto sterrato del campeggio come se stesse riavvolgendo il tempo.
Una volta tornata al falò, le sembrò tutto molto più deserto. Aveva avvertito del movimento, mentre se ne andava, ma non ci aveva badato, presa com’era dalle proprie riflessioni: Cody, Gwen e Duncan erano spariti; Heather e Brody conversavano con aria seria accanto a Max, che taceva e sembrava molto più turbato rispetto a prima. I passi della rossa attirarono subito l’attenzione dei tre: i primi due non si scomposero, mentre il viola si girò immediatamente verso la ragazza e la chiamò a gran voce. Il suo viso si era di nuovo illuminato e un leggero sollievo gli rilassò i muscoli della faccia e del collo.
Nel momento in cui si vennero incontro, Heather rivolse un’occhiata sardonica a Brody, gli diede un leggero colpetto sul braccio e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Il surfista sorrise in direzione di Max, prima di sparire con l’asiatica.
 
Erano soli. Nessuno a dividerli. Nessun Duncan o nessuna Sky dietro cui nascondersi. In quel frangente, Scarlett e Max potevano contare solo sulle proprie forze.
- Non... sei andata a dormire? - Domandò il viola, leggermente titubante.
La rossa si riaccomodò sul telo mare e rispose con un leggero sorriso: - No. Diciamo che il mio posto è stato preso da qualcun altro. -
- A che ti riferisci? - Proseguì il punk con le domande, mentre prendeva posto accanto a lei.
- Trent è con Sky a... - Rise Scarlett, anche se la frase le morì in gola. Non se la sentiva di commentare cosa stessero facendo la sua migliore amica e il chitarrista; al contrario, una parte di sé la ringraziava di averla lasciata da sola, per una volta.
La rossa riportò lo sguardo sul viso di Max. Le tenebre si stavano intensificando, dato che il fuoco andava progressivamente spegnendosi: nel buio sempre più profondo, Scarlett intravide il solito sorriso giocoso del punk, i cui occhi traboccavano di desiderio (come quelli di Trent, di Sky o di qualsiasi altro amante sulla terra). Illuminata da quell’occhiata, la giovane, per la prima volta, si sentì come se tutto fosse possibile.
Portò le mani a terra e caricò tutto il peso del corpo sulle braccia, in modo da sporgersi in avanti; Max, attratto dalla sua bellezza come il metallo da una calamita, si protese verso di lei.
Le loro labbra si sfiorarono per pochi secondi, prima che Scarlett portasse tutto allo stadio successivo. Lo baciò.
Sky, una volta, le aveva consigliato di essere naturale, quando sarebbe arrivato il suo primo bacio: non doveva programmare o calcolare nulla, né porsi problemi su come lo stesse facendo. Aveva ragione. Per la prima volta Scarlett si abbandonò a ciò che provava e si godette il momento: lasciò che Max approfondisse il bacio, gli permise tacitamente di accarezzarle la guancia.
Quando i due si separarono, si guardarono a lungo senza riuscire a proferire parola. Alla fine il punk si alzò, le tese la mano e l’aiutò ad alzarsi: i due si dileguarono, mano nella mano, e lasciarono la fiamma del falò ad assopirsi in solitudine.


(( Beh, signori, al prossimo capitolo arriva IL momento, e non vedo l'ora di farvelo leggere. 
In questo capitolo vediamo la relazione tra Trent e Sky arrivare al suo culmine! Implicitamente, questa coppia viene messa diverse volte a paragone con Scarlett e Max, come se loro due spingessero inconsciamente la rossa a fare le sue mosse. O almeno, in questo capitolo è così.
La canzone di oggi è Californication! Questo è un altro dei primissimi momenti che avevo progettato quando ho steso il nucleo della ff l'anno scorso, con canzone annessa. L'ho scelta non solo perché è perfetta per un assolo di chitarra secondo me, ma anche un po' per il significato... ma è una cosa che riprenderò nel dodicesimo capitolo ;)
Ascoltate la canzone, fatemi sapere cosa ne pensate e restate aggiornati con Bakchai! ))

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Capitolo 12
*** Hotel California ***


Quel pomeriggio, Scarlett era stata una delle ultime a raggiungere il gruppo di amiche diretto ai bagni in comune, insieme a Sky. Sembrava leggermente tesa; nessuno ci fece caso, a parte l’asiatica, che decise di evitare di fare domande davanti a tutte, per evitare che la rossa si chiudesse ancora di più a riccio. Si congedarono da Bridgette, che era rimasta indietro a discutere con Brody, e s’incamminarono.
Le ragazze entrarono nella parte femminile di un piccolo locale adibito ai servizi al centro del campeggio, poco lontano dalle tende, diviso in due stanze: nella prima si trovavano alcuni lavandini e degli scomparti per le toilette; nella seconda, più ristretta rispetto a quella che la precedeva, si trovavano tre box doccia in fila lungo la parete.
- Vado prima io. - Sentenziò Heather con aria seccata, mentre poggiava il proprio beauty case su uno dei lavabi e ne estraeva un flacone di gel doccia. Sul braccio libero portava un paio di asciugamani e il proprio cambio, che ripose accanto al nécessaire.
- Sai, che non c’è bisogno di fare sempre la scazzata, vero? - L’apostrofò Gwen; la gotica non si faceva mai scrupoli di nascondere il proprio astio verso quella ragazza.
- Ha ragione! - La sostenne Courtney. - E poi di docce ce ne sono tre, non c’è bisogno di fiondartici sopra come un cane rabbioso! -
- Per quello che ci riguarda, - Le interruppe Scarlett, in tono più fermo rispetto al solito. - Potete... andare prima voi. - Mentre parlava, aveva afferrato il polso di Sky e ci aveva esercitato una leggera pressione sopra; le si era avvicinata, in modo che le altre non si accorgessero di quel gesto inusuale. La sua amica le rivolse uno sguardo stupito ma capì comunque di doverla assecondare.
Courtney, Heather e Gwen rimasero abbastanza spiazzate da annuire, munirsi del materiale necessario e andare a occupare le cabine doccia. Scarlett allora lasciò andare il braccio di Sky e si precipitò a chiudere la porta che divideva le due stanze.
- Di cosa vuoi parlarmi? - Chiese immediatamente la corvina, rimasta sola con la rossa. Scarlett controllò subito con lo sguardo di non aver lasciato segni strani sul polso dell’atleta.
- Io... ehm... scusa per... -.
- No, tranquilla. Ora però sputa il rospo! - L’incalzò l’asiatica con un sorriso divertito.
Scarlett sospirò, con un’espressione tutt’altro che allegra: - Appena se ne vanno le altre, devo... chiederti un consiglio. -
Sky alzò un sopracciglio e domandò, incrociando le braccia: - Okay. Che genere di consiglio? -
 
- Allora hai deciso di farlo... - Mormorò maliziosamente Sky, dopo che lei e la rossa, rimaste sole, uscirono dalle docce.
- P-per favore, non dirlo a nessuno... - La pregò la rossa, che continuava a tenere lo sguardo basso.
- No, sai che non lo farei. - La rassicurò la corvina, mentre avanzava verso di lei. I suoi occhi scintillavano di una luce strana. - Quindi, vuoi che ti dica come farlo? -
Guardarla metteva i brividi per via del suo sorriso magnetico. Scarlett deglutì, inchiodata al suolo. - Non... saprei a chi altro rivolgermi... -
- Tranquilla. - Tagliò corto l’asiatica con una risatina. Era arrivata fin troppo vicina alla rossa. Mentre con una mano si reggeva al petto l’asciugamano che copriva il suo corpo nudo, sollevò l’altra e la portò sotto il mento di Scarlett, in modo da sollevarlo. La rossa si ritrovò con il viso rialzato e gli occhi di Sky puntati nei propri. - Innanzitutto, alza la testa. Lo sguardo è molto importante, se vuoi sedurre qualcuno. -
Scarlett era pietrificata. In quel momento, Sky sfruttò lo sgomento della ragazza per avvicinarsi ancora di più. Pochi centimetri separavano i loro visi, e sul volto dell’asiatica troneggiava imperterrito un sorriso provocante.
- Poi, ricorda bene, non devi lasciare spazio personale. - Bisbigliò l’atleta, facendo attenzione a scandire bene le parole. Mentre parlava, lasciò scivolare la mano in basso, in modo da accarezzare soavemente il collo della sua migliore amica. - Quando sarete da soli, stagli il più possibile addosso. Abbraccialo. Bacialo. -
Arrivata a quel punto, la corvina si chinò leggermente verso il collo della rossa. Iniziò a respirare pesantemente lungo la pelle chiara della ragazza, che per via dell’esposizione al sole si era cosparsa di piccole efelidi, e spostò la mano che usava per sfiorarla dietro la sua nuca. - E soprattutto, non avere paura di osare. -
Purtroppo per l’atleta, i giochi erano già finiti: Scarlett balzò all’indietro, visibilmente sconvolta, e si staccò da Sky con una leggera spinta sulla sua spalla; era paonazza e annaspava per l’imbarazzo. Nello spostarsi, la presa dell’asciugamano che avvolgeva la rossa si era allentata, fino a lasciar scivolare il panno senza che la ragazza potesse fare in tempo a raccoglierlo.
- Vedi? In questo modo! - Sky rise mentre la sua migliore amica, ammutolita dalla vergogna, recuperava il telo per coprirsi. La bellezza di Scarlett risiedeva proprio nella sua innocenza: il fatto di non considerarsi particolarmente femminile e il pudore che le impediva di mostrare il proprio corpo non facevano che accentuare la sua sensualità. La corvina capì che non sarebbe servito a nulla suggerirle comportamenti fuori dal suo stile: una Scarlett procace e aggressiva non avrebbe sortito lo stesso effetto che faceva il suo consueto atteggiamento candido.
- Ad ogni modo, il consiglio più grosso che io possa darti è quello di goderti il momento. E poi, immagino che tu sappia come si fa, no? -
- ... Godermi il momento? - Mugugnò la ragazza, ancora rossa in viso, dopo essersi appoggiata con la schiena contro la parete.
- Certo, signorina. E’ una cosa che fai troppo poco, sinceramente. - Sghignazzò Sky, mentre si apprestava ad aprire la porta per tornare a prendere il suo beauty case. - E poi, lasciatelo dire, non avrai difficoltà. Max è stracotto di te! - Ammiccò la ragazza e terminò, dopo una breve pausa: - Sarà bello, Scarlett. Vedrai. -
 
Lo sarebbe stato davvero? Scarlett non faceva che tormentarsi a riguardo.
Aveva baciato Max e aveva accettato di seguirlo senza obiettare. Ora i due stavano attraversando il buio quasi totale della notte, rischiarata solo da alcuni lampioni distanti. La luna calante vegliava sulla sera come un faro sul mare in tempesta, ma la sua luce pulviscolare non illuminava a sufficienza la strada.
Ciononostante, il viola sembrava sicurissimo su dove andare. Non aveva lasciato la mano della rossa neanche per un istante, come se temesse di vederla dissolversi dietro di sé. Il battito impetuoso del suo cuore risuonava attraverso le sue dita e s’intrecciava con le palpitazioni della ragazza, di nuovo spaesata come la sera prima.
Detestava doverlo ammettere ma, arrivata così vicina al proprio obiettivo, aveva paura di mancare l’unico colpo in canna che sentiva di avere a propria disposizione. Quando aveva baciato Max, aveva sentito la testa svuotarsi progressivamente, fino a farle accettare senza bisogno di rifletterci due volte. In quel momento, invece, più procedeva attraverso il campeggio più sentiva i pensieri tornare a riempirle la mente, a stringerle lo stomaco in una morsa atroce.
- Laggiù! - Sussurrò all’improvviso il punk, mentre indicava una sagoma indistinta nell’oscurità. Scarlett aguzzò gli occhi e distinse la figura di una tenda da campeggio, più piccola rispetto a quella sua e della sua amica. Sembrava avere a sua volta due vani. Max le lasciò la mano (senza voltarsi, come aveva fatto per tutto il resto del tempo) e alzò il passo per andare ad aprire. La rossa studiò con attenzione il rumore lento della cerniera che si schiudeva: le mani del punk stavano tremando, e con lui anche il tessuto che circondava la chiusura lampo. Solo a quel punto il viola si girò a guardarla, però non riuscì ad articolare alcun suono. Le fece un semplice cenno con la testa e sparì all’interno.
La rossa fece qualche passo. Si sentiva le gambe molli. Oltrepassò l’ingresso e lo richiuse senza esitare, sotto lo sguardo di Max, che la osservava seduto sul proprio materasso. Come sospettava la ragazza, la tenda conteneva due “stanze” separate da un minuscolo corridoio di tela.
Arrivati a quel punto, nessuno dei due sarebbe potuto tornare indietro. Scarlett deglutì, ancora di spalle, prima di voltarsi e sgusciare in camera con Max. Il ragazzo continuò a scrutarla, nel frattempo che alzava la cerniera per separare definitivamente il loro spazio dal resto del mondo.
Infine, la rossa ricambiò il suo sguardo, mordendosi il labbro. Nessuno dei due aveva la minima idea di cosa stessero facendo; eppure, il viola sapeva quantomeno da dove iniziare. Questa volta fu lui, con uno scatto, a raggiungerla e a baciarla.
Cercò le sue labbra come se avesse aspettato quel momento per sempre. A Scarlett sembrò di aver assaggiato il suo cuore, e si arrese alla passione, per una seconda volta.
“Il consiglio più grosso che io possa darti è quello di goderti il momento.” Risuonò nella sua testa, di nuovo deserta.
Ricambiò il suo bacio e si avvicinò ancora. Circondò il suo torso con le braccia, e le sembrò strano non riuscire a far sfiorare le proprie mani lungo la sua schiena: era ancora troppo lontana dal corpo del ragazzo. Max rimediò al problema per lei: le portò a sua volta una mano alla schiena e la tirò a sé, dolcemente, così che lei non avesse paura.
Nessuno dei due si era mai sentito più vicino di così a qualcuno.
Così vicini da non provare timore.
Così vicini da non doversi più nascondere.
Così vicini da permettersi di essere deboli.
Anche quando le loro labbra si separavano per riprendere fiato, uno dei due cercava di nuovo quel contatto come se si stesse aggrappando alla vita stessa. All’intensità delle loro effusioni si accompagnava l’arrendevolezza dei loro corpi, i cui muscoli non opponevano resistenza alla forza del sentimento. Mentre continuava a baciarlo, la rossa iniziò a lasciarsi cadere verso il basso, portando un gomito a terra per caricarvi il peso del corpo, restando comunque ancorata al punk con l’altro braccio. Max esitò un po’ prima di seguirla: prima si staccò e si prese qualche secondo per ammirarla.
Scarlett era davvero tra le sue braccia ed era semplicemente stupenda. La sua coda bassa andava sempre più sciogliendosi, così il suo volto era circondato da ciocche scarmigliate, vermiglie e luminose come fiamme. Sul suo viso era dipinta un’espressione di docile desiderio: teneva gli occhi verdi socchiusi, come se volesse impedire alla luce delle sue iridi di scappare dall’orlo delle palpebre; le sue labbra erano leggermente contratte, in attesa di un altro bacio. Max sorrise, raddolcito dal suo candore, lasciò strisciare la mano lungo il dorso, verso la nuca, per sorreggerle la testa e prese il suo mento tra il pollice e l’indice della mano libera. Scarlett non ebbe il tempo di sorprendersi, visto che il viola la baciò ancora, sollevandole leggermente il capo e abbassandosi a sua volta per venirle incontro.
 
Andarono avanti così per un po’, continuando a lambirsi vicendevolmente le labbra. La giovane iniziò a pensare che la situazione dovesse evolversi, ma non fece niente per far sì che accadesse. Fu di nuovo il punk a smuovere le acque: smise di gustare le sue labbra e si spostò sul collo della ragazza, che iniziò a seminare di baci delicati. La rossa gemette un po’ di paura e un po’ di piacere: il respiro del ragazzo era molto più caldo rispetto a quello di Sky. Il suo tocco scosse il suo corpo nel profondo: un brivido la fulminò lungo la spina dorsale, e una sensazione nuova iniziò a bruciarle in fondo al proprio basso ventre.
Le sembrava di ustionarsi, quindi si ritrasse. Portò entrambe le mani sulle spalle di Max e lo spinse, in modo da separarsi da lui; tuttavia, non aveva calcolato esattamente quanta forza ci avesse messo, quindi cadde all’indietro e rimbalzò sul materasso. La scena era stata tanto veloce quanto buffa.
Tuttavia, Max non rise per niente: - Ehi! Tutto bene? - Si era chinato su di lei con aria molto preoccupata. Stava andando nel panico all’idea di aver sbagliato qualcosa.
- Sì, sì... - Bofonchiò Scarlett, mentre si rimetteva seduta. Non riusciva a guardarlo in faccia. - Scusa, è che... -
L’ansia che la condizionava sempre era tornata nel momento meno opportuno. Stava già cercando di preparare una scusa, anche se non ce n’era una decente per giustificarsi.
All’improvviso, un’altra frase di Sky rischiarò il turbinio di pensieri che l’aveva paralizzata. “Innanzitutto, alza la testa. Lo sguardo è molto importante, se vuoi sedurre qualcuno”.
Come se la sua amica fosse lì presente, obbedì al suo comando. Incontrò nelle tenebre il cipiglio allarmato di Max, che a malapena osava respirare. Gli occhi scuri del viola la perforarono in modo tale che la giovane decise di dire la verità.
- ... è che non ci so proprio fare con i ragazzi. - Confessò, prima di fare una piccola pausa. - Sei il primo in assoluto che abbia mai baciato... e non so assolutamente che cosa io stia facendo. - Si sforzò di non abbassare la testa e ci riuscì, ma in compenso una lacrima solitaria le scivolò lungo una guancia. Scarlett sollevò una mano e si tastò la pelle bagnata, contratta in un sorriso amaro. - A pensarci, ho un po’ paura... - Finì senza più voce, circondandosi da sola con le braccia. Sentiva di essersi bruciata l’unica possibilità che avesse con Max.
Il ragazzo, dal canto suo, era scioccato. Si chiese se avesse sprecato la sua unica opportunità con una ragazza del genere. Se fosse riuscito a rovinare anche un momento importante come quello.
All’improvviso, un’illuminazione. Non aveva perso la sua chance, al contrario l’aveva colta in pieno. Quella che gli si parava davanti non era l’”amica di Sky”, la “ragazza che dovevano presentargli”: si trovava di fronte al vero volto di Scarlett, che oltre il velo di mistero che l’avvolgeva nascondeva un cuore sensibile e passionale. Lui, per primo, l’aveva toccato.
- ... ehi, aspetta un attimo, okay? Faccio una cosa. - Asserì ed estrasse da una tasca dei suoi pantaloni il proprio cellulare. La rossa, leggermente sorpresa, si ricordò di aver lasciato il proprio in tenda. Davvero la presenza del ragazzo aveva un effetto simile su di lei?
Dopo qualche secondo di smanettamenti, dal telefono del punk partirono alcuni accordi di chitarra. Nonostante Scarlett s’intendesse poco di rock, le parve di riconoscere quella melodia.
Mentre la ragazza si concentrava sul brano, il punk mise giù il telefono, andò accanto a lei e le circondò le spalle con un braccio, così che lei potesse accoccolarsi al suo fianco. La rossa agì di conseguenza: per abbracciarlo meglio, gli cinse a sua volta la vita con entrambi gli arti superiori. Era abbastanza rannicchiata da sembrare più minuta di lui. Max le lasciò un bacio sulla fronte, come per stemperare la tensione di entrambi.
- Hotel California degli Eagles. - Dichiarò. - Ascolta. E’... una bella canzone. - Le suggerì alla fine; evitò per qualche momento di guardarla negli occhi, che aveva fissato sul dispositivo poco distante. Scarlett chiuse gli occhi e accettò il suo consiglio.
- On a dark desert highway, cool wind in my hair /
Warm smell of colitas, rising up through the air... -
I vocalizzi di Don Henley riempirono l’aria: la sua voce aveva un effetto stranamente inebriante sulla giovane, ancora avvinghiata a Max. La rossa si sentì tutto d’un tratto di nuovo rilassata, più sicura di prima.
“Non devi lasciare spazio personale.” Si ricordò del monito di Sky con una rinnovata lucidità, capendo finalmente cosa dovesse fare. Si aggrappò di nuovo alle spalle del giovane, si rimise dritta e lo fissò a lungo, intensamente. Con il corpo si protendeva verso di lui e occupava tutta l’area circostante; il suo sguardo bruciava di determinazione, sembrava gridare “guarda solo me”.
Chiuse gli occhi e lo baciò di nuovo.
- My head grew heavy and my sight grew dim /
I had to stop for the night... -
Finalmente si sentiva a suo agio, e aveva capito come fare. Bastava chiudere gli occhi. Dimenticarsi della depressione, dell’ansia, della solitudine, e lasciarsi trascinare in un mondo diverso, almeno per quella notte.
“Non avere paura di osare” si ripeté ancora, all’infinito, mentre si lasciava di nuovo cadere trascinando il viola con sé.
Max non esitò a ricambiare il suo contatto: la strinse più forte a sé. Con una mano salì lungo la sua schiena, dentro la camicia; con l’altra afferrò l’elastico e lo tirò via dai capelli della rossa.



(( Credo che questo capitolo non abbia bisogno di particolari commenti: Scarlett e Max sono arrivati all'apice.
Piuttosto vorrei fare dei commenti a margine sulle canzoni scelte negli ultimi due capitoli. Californication e Hotel California sono due canzoni che rivolgono una critica alla società edonistica e alle sue conseguenze soprattutto nel mondo delle celebrità (per questo la California eheheh)
Ora, i protagonisti di Bakchai non sono certo vip... ma questo non significa che non siano sottoposti a meccanismi simili.
Per farla breve, Bakchai è una storia sull'amore o sul piacere?

Vi lascio con questa domanda perché sono stronza :) Le sorprese non sono finite!
Ascoltate la canzone, fatemi sapere cosa ne pensate e restate aggiornati con bakchai! )

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Capitolo 13
*** Aneurysm ***


Nel lasso di tempo in cui Scarlett era andata a cercare Sky, per poi trovarla in tenda insieme a Trent, era calato uno strano silenzio al falò. Max era rimasto sulle sue, e pur di non parlare con gli altri si era messo a giocherellare con il proprio cellulare. Duncan, seduto un po’ più distante dal suo migliore amico, si prese qualche secondo per osservarlo: non lo aveva mai visto così distratto. Le sue spalle e il resto del suo corpo erano rilassati, tuttavia le dita che scorrevano lungo lo schermo del telefono tremavano leggermente. Si passava spesso una mano tra i capelli, come se volesse aggrapparvisi; sembrava sul punto di esplodere.
Il verde decise quindi di spezzare il silenzio che era calato con una battuta delle sue: - Ragazzi, non dovremmo fare un applauso a Max? -
- Eh? - Mugugnò il viola, alzando la testa con aria confusa.
- Beh, hai fatto colpo, amico. - Annuì Brody, avvicinandosi al falò con un paio di birre in mano. Ne porse una a Duncan, si sedette al suo fianco e iniziò a sorseggiare la propria bevanda.
- Non... so di cosa voi stiate parlando. - Cercò di eludere il discorso Max.
- Cazzate, sì che lo sai! Con un pezzo di ghiaccio come Scarlett, poi! - Rise Duncan, anche se il suo migliore amico non sorrise nemmeno. - Quella ragazza è una frigida del cazzo, eppure stasera ti ronzava attorno come una falena in amore. Dì un po’, che avete combinato, voi due? Ieri sera eravate usciti insieme... -
- Sei sempre il solito cazzone. - Lo interruppe Gwen, in piedi alle sue spalle, in tono severo. - Non penso siano cazzi tuoi, comunque. -
- Max è il mio migliore amico, quindi sono cazzi miei eccomi. - Ribatté Duncan, mentre si girava, aggrottando le sopracciglia. - E poi, che hai da scaldarti tanto? Non ti sentirai mica chiamata in causa? -
- Che cosa vorresti dire? - Sbraitò la gotica.
- Intendo dire che neanche tu scherzi, figa di legno. - L’apostrofò il ragazzo con un ghigno strafottente dipinto in viso. Si alzò e raggiunse la dark; camminava a pugni serrati e gambe tese. - Fai sempre la frigida pure tu. Ma a differenza di Scarlett sei una grandissima stronza, considerando che mi hai messo Courtney contro per qualche battutina del cazzo. -
- Io non ho fatto niente! - Si difese Gwen, alzando la voce.
- Ah no? Strano allora che quella cretina della tua amichetta mi abbia fatto una scenata stasera. -
- Sai, non c’è bisogno di essere molto svegli per incazzarsi con il tuo ragazzo se ci prova con le altre. - S’intromise Heather, appoggiata a un albero vicino al fuoco.
- Tu stanne fuori. - Sibilò il rocker.
L’asiatica scosse la testa: - Non hai niente da fare e sei nervoso, quindi ti diverti a rovinare la serata agli altri? Sei davvero un miserabile. - Rivolse un’occhiataccia al ragazzo. Era ancora seccata perché Alejandro era via con Courtney da ore, per colpa del verde. - Perché invece di dar fastidio non vai a risolvere quello che hai combinato con la tua ragazza? -
- Smettila di crederti superiore e fatti gli affari tuoi, razza di puttana infiocchettata! - Urlò allora Duncan. - Credi di essere migliore di me soltanto perché sei una cazzo di viziata? -
- Non ci vuole molto a essere migliori di te, a dirla tutta. - Sogghignò Heather.
- Mi sono rotta i coglioni adesso! - Sbottò Gwen, per poi girarsi e correre via. - Vado a schiarirmi le idee. -
- Ehi! Tu ed io abbiamo ancora un conto in sospeso! - Gridò il rocker; lasciò perdere le provocazioni di Heather, che continuava a lanciargli sguardi di fuoco, e si lanciò all’inseguimento della ragazza.
- Oh, che cazzo! - Balzò in piedi Max, sconvolto dal litigio tra i suoi amici. Fece anche lui per seguirli, ma Cody, che aveva ascoltato accanto all’asiatica per tutto il tempo, fu più veloce di lui; schizzò via dietro il punk e la gotica, borbottando qualcosa.
- Non seguirli, Max! - Lo bloccò infine la corvina, mentre continuava a tenere d’occhio le tre figure che si fondevano con il buio della boscaglia. - Cody sa quello che fa. -
 
Sarebbe stato meglio per Gwen se fosse stato così. La gotica continuò a correre verso il cancello sul retro del campeggio e cercò di oltrepassare la soglia. Sfortunatamente, non fu abbastanza rapida: mentre si apprestava a uscire, sentì delle dita maschili avvinghiarsi alle sue spalle e trascinarla all’indietro, verso il muro di cinta; la ragazza sbatté con la schiena contro la muratura e si trovò di fronte a Duncan, che ancora la teneva bloccata contro la parete. Il viso del punk era orribilmente contratto in una smorfia di rabbia, i cui lineamenti deformati erano ancora più accentuati dalla penombra, tagliata da un lampione poco lontano. La maschera di rancore del punk era fin troppo vicina, al punto da esalare odio puro e alcol lungo la pelle della dark.
- Che cazzo te ne vai così? Dobbiamo parlare... - Sibilò il verde. Le sue labbra erano scosse da leggeri spasmi. Gwen deglutì e aspettò che il ragazzo riprendesse: - Mi sono rotto il cazzo di te e di quella psicopatica della tua amichetta. La dovete finire di fare comunella contro di me. -
- Ma di che stai parlando? Noi non abbiamo fatto nien-- -
- STAI ZITTA! - Sbraitò il giovane, aumentando la presa sulla pelle della ragazza. - Devi stare zitta, cazzo! - Il punk lasciò repentinamente una delle spalle di Gwen e portò la mano libera alla base del suo collo.
Duncan era una di quelle persone che credeva di possedere tutto. Pensava che la devozione di Max, l’amore di Courtney e la lealtà di Gwen gli appartenessero, e che rinvigorissero la sua figura più che le loro. Con il tempo, aveva inconsciamente iniziato a essere convinto che questi sentimenti gli fossero dovuti. Ora che i suoi comportamenti scorretti venivano contestati, si sentiva tradito. Non era scegliere tra stare con Courtney o avere Gwen a turbarlo: vedersi sottratto il diritto personale che riteneva di avere su di loro era uno schiaffo morale troppo forte.
Decise che si sarebbe preso quello che gli spettava per conto suo. All’inizio strinse le falangi attorno alla gola della gotica, per poi lasciar scivolare la mano, a cui la ragazza si era aggrappata con le unghie, lungo il suo petto.
- Che stai facendo? - Strepitò Gwen. Il battito del suo cuore rimbombava lungo la sua laringe. Iniziò a scalciare, a cercare di allontanare Duncan dimenando le braccia e cercando di spingerlo via; in tutta risposta, il punk premette il proprio torso contro il suo corpo per immobilizzarla. - Te lo meriti, razza di puttana. Te lo meriti perché mi metti sempre i bastoni tra le ruote. Hai sempre da contraddirmi. Devi imparare a tacere. - Ridacchiò crudelmente il giovane; la sua voce andava sempre più scemando in un gemito d’ira e lussuria intrecciate. - Se tu stessi zitta qualche volta di più, non finiresti nei guai. -
Alla gotica sembrò di stare per morire. Il suo miocardio pareva logorarsi lentamente, il suo cervello andare in cortocircuito. Aveva smesso di tentare di divincolarsi, non per propria scelta, bensì perché i suoi arti sembravano non rispondere più. Il ragazzo non aveva perso tempo e aveva insinuato una mano sotto la sua maglietta: i suoi polpastrelli ruvidi lasciavano una scia gelida lungo il torace di Gwen, un segno che le parve indelebile. Duncan continuò a salire, fino ad attanagliare il seno della giovane. La dark guaì, senza quasi più fiato in gola. Si accorse troppo tardi che il verde le aveva afferrato entrambi i polsi.
Duncan sembrava intenzionato a continuare così per un po’, tuttavia qualcosa rovinò i suoi piani. Rimbombò un tonfo sul cranio del punk, che emise un lamento di dolore. Allentò la presa sulla ragazza, senza variare di troppo la propria posizione, e si girò appena con il busto; entrambi rimasero scioccati dal trovare Cody in piedi, mezzo nascosto dietro un albero, che respirava pesantemente. Aveva dei sassolini in mano, attraverso uno dei quali aveva colpito la testa del delinquente (lo suggeriva il braccio destro, ancora in tensione per aver scagliato la pietra).
Appena lo vide, Gwen rientrò in possesso delle proprie facoltà cognitive e si approfittò in fretta della distrazione di Duncan: si divincolò dalla presa sui suoi polsi e sferrò al ragazzo un pugno. Le sue nocche pallide atterrarono senza alcun garbo sul naso del verde, che si ritrasse all’indietro e barcollò fino a cadere. Con uno scatto felino, la gotica si allontanò e corse incontro a Cody, che la prese per mano e scappò via con lei.
 
I due corsero lungo il perimetro del muro di cinta del campeggio, in modo da non dover passare di nuovo dal falò. Gwen procedeva davanti a Cody, dandogli le spalle, con lo sguardo fisso in basso.
Arrivarono sul retro dei bagni, dove si trovava una delle rudimentali panchine di pietra sparse per il campo. La gotica, individuato il posto a sedere, si trascinò fino al banco e vi si sedette, seguita dal castano. Divaricò leggermente le gambe, si poggiò con i gomiti sulle ginocchia e nascose il proprio viso tra le mani. Sembrava sconfitta.
I due ragazzi rimasero in silenzio per un po’. Cody era troppo spaventato per toccarla: solo dopo qualche minuto sollevò una mano tremante e iniziò ad accarezzare lentamente la schiena della giovane, che non emetteva un suono.
- ... grazie. - Mormorò infine la dark, sollevando leggermente la testa. Aveva gli occhi lucidi, eppure le sue guance erano asciutte; tirava solo leggermente su col naso.
- D-di nulla! - Rispose Cody con il cuore in gola. - Vorrei essere arrivato prima, piuttosto... -
- Non preoccuparti. - Ribatté seccamente Gwen, mentre fissava il vuoto. Sospirò profondamente, per poi constatare con voce carica di amarezza: - Io sono un’idiota. -
- M-ma non dire così! Non dipende da te-- -
- Sì, invece. Sono stata un’idiota. - Asserì la gotica e si alzò in piedi. Curiosamente, il suo viso era contratto in un sorriso addolorato. - Questo mi sta bene, perché voglio fare sempre l’amica gentile. Perché non dico niente se Duncan fa commenti su di me. Perché non dico niente se mi trovo coinvolta nei litigi di Courtney e Duncan. E perché ho avuto la stupida idea di arrabbiarmi tutto in una volta, come se questo potesse cambiare la situazione di colpo. - Strinse i pugni così forte da graffiarsi la pelle delle mani con le unghie; ciononostante la smorfia delusa sul suo volto non accennava a mutare. - Duncan ha ragione. Dovrei solo stare zitta. -
- Questo non è vero! - La interruppe il moro, balzando in piedi. Gwen gli rivolse uno sguardo affilato, ma il ragazzo si fece coraggio e lo sostenne senza esitare. - Duncan è un coglione, e non mi faccio problemi a dirlo. Quello che è successo è molto grave, dovresti dirlo a qualcuno. -
- A qualcuno? - Ridacchiò tristemente la giovane. - E a chi, di grazia? -
- A Courtney, per esempio. - Replicò lui con fermezza.
Tra i due calò il silenzio. Cody temette di aver ferito i sentimenti della dark, quindi cercò di recuperare in extremis: - D-deve assolutamente venirne a conoscenza! E’ la tua migliore amica, d-devi proteggerla... sei l’unica che può farlo! E poi, non ti piacerebbe dare una lezione a quel deficiente, per una volta? -.
Dargli una lezione. In quel momento, alla ragazza sembrò che quella semplice espressione restituisse un senso alla sua presenza in quel campeggio, nella vita di Duncan quanto in quella di Courtney.
Il punk aveva commesso qualcosa di ben peggiore rispetto al semplice tradimento: non solo aveva distrutto le ultime briciole di fiducia che la latina riponeva in lui, ma aveva anche oltrepassato ogni confine tracciato dal rispetto verso la dark, che aveva trattato alla stregua di un oggetto. Per la giovane non si trattava solo di una vendetta personale: era un’occasione d’oro per punire il teppista per la sua mancanza di empatia, per la sua meschinità, per il suo comportarsi come se il mondo fosse nelle sue mani.
- Basta così. - Sospirò profondamente la ragazza, come se stesse lasciando scivolare giù dalle spalle un peso enorme, e iniziò ad avanzare verso il sentiero. - Alza il culo, Cody. - Ordinò all’amico con voce roca. Gwen non guardava più in basso; puntava in alto gli occhi, imperlati di una luce sottile. - A questo punto, abbiamo una visita da fare. -



(( ciao a tutti! Perdonate il ritardo nella pubblicazione ma sono stata via un paio di giorni e sono tornata solo ieri sera.
Questo non è uno dei miei capitoli preferiti, non tanto per lo stile di scrittura quanto per gli avvenimenti descritti e per il contrasto con l'atmosfera quasi idilliaca del capitolo precedente; però è sicuramente un punto importante della trama per come influisce sui personaggi secondari e anche per chiarire i temi di Bakchai. Eheh...
La canzone di oggi è Aneurysm dei Nirvana, che in realtà era destinata a qualche capitolo fa... anche qui si va di vibe incazzato! 
Ascoltate la canzone, ditemi cosa ne pensate e restate aggiornati! ))

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Capitolo 14
*** Gymnopédie no.1 ***


Sulle palpebre chiuse di Scarlett andarono a danzare i primi raggi solari, che la sollecitarono a svegliarsi. La rossa aprì gli occhi lentamente e si portò una mano all’altezza della fronte, in modo da schermare la luce; il chiarore non era troppo forte, quindi la ragazza ne dedusse che fosse l’alba. Pian piano mise a fuoco il luogo dove si trovava: aveva dormito in una tenda che non era la sua, a giudicare dal colore del telo. La sua pelle nuda riuscì anche a distinguere il contatto con il corpo di qualcun altro, che stringeva il suo torso sottile tra le braccia, aggrappandosi per la vita. Scarlett ruotò quindi leggermente il collo, per scoprire il volto placido di Max, addormentato al suo fianco.
In un primo momento la giovane fu colta dallo stupore e sgranò gli occhi, ridestandosi così del tutto; pochi attimi dopo tornarono a galla lungo la superficie della memoria il bacio, il percorso nell’oscurità, infine la notte trascorsa insieme. Era ancora lì, davanti ai suoi occhi, sulla sua pelle, il momento in cui era rimasta nuda per la prima volta sotto uno sguardo maschile: ricordava che Max aveva sospirato, come se stesse contemplando qualcosa di metafisico, e aveva sollevato una mano, l’aveva portata al suo viso, che aveva accarezzato dolcemente, per poi lasciarla scorrere lungo il collo, la curva del seno, i fianchi. La lentezza di quel gesto aveva congelato il tempo e cristallizzato il corpo di Scarlett; al che la ragazza, stupita siccome non credeva che nella foga di un atto simile potesse germogliare una meditazione di quel tipo, gli sorrise e si concedette a cuore più leggero.
La rossa spostò con un gesto delicato il braccio del ragazzo assopito e si mise seduta. Era ancora nuda, anche se i lunghi capelli cremisi le piovevano lungo le spalle e il torace. Si passò una mano lungo il torso, come per controllare di essere tutta intera, fino ad arrivare al proprio basso ventre. Il pudore le impedì di procedere oltre, come se avesse già appurato che gli avvenimenti della notte precedente fossero reali.
Tirò un forte sospiro, poi riportò gli occhi su Max, che dormiva con le labbra leggermente schiuse. I movimenti della giovane non lo avevano rubato alle braccia di Morfeo. Scarlett si stese di nuovo di lato, qualche centimetro più distante dal viso del punk rispetto a come si era svegliata; sollevò a sua volta una mano e la portò sulle sue labbra, di cui percorse il contorno con le dita. “Più dolci del sangue, più amare del miele” concluse, mentre rimetteva in ordine i ricordi del loro incontro. Il suo respiro cadenzato le incendiò il petto, come quando lui le aveva baciato il collo, e allo stesso modo la giovane rabbrividì.
Spostò la mano sulla sua fronte, come se volesse misurarne la temperatura, e scostò qualche ciocca purpurea che ricadeva sugli occhi chiusi del ragazzo.
Scarlett aveva ottenuto quello che voleva; allora perché, nello stare stesa a monitorare il sonno di Max, si sentiva colpevole? Interruppe bruscamente il contatto con il punk, ritraendo di scatto la mano esile come se si fosse ustionata. All’improvviso si rimise seduta, questa volta con più urgenza; localizzò i propri vestiti, lì indossò in fretta e furia e aprì la cerniera per uscire. Prima di lasciare definitivamente la tenda si gettò un’ultima occhiata alle spalle.
Sul viso di Max si era dipinto un leggero sorriso.
La rossa non riuscì a reggere quella vista, e se ne andò.
 
- Non ci posso credere! - Urlò Sky dalla gioia, quel pomeriggio, quando tornò nel vano di Scarlett, pronta a farsi raccontare tutto, e la trovò appena sveglia tra le proprie lenzuola. - Non ci posso credere! E’ successo! Avete scopato! Lo avete fatto protetto, vero? - L’ultima domanda della ragazza era venata di severità.
- Non urlare, cretina! - Sibilò tra i denti Scarlett, invitando la sua amica ad abbassare la voce con un gesto. - Certo che sì, non sono mica stupida. Ne ha preso... uno dal borsone di Duncan. - Anche se stava comunicando una notizia positiva, sembrava tutt’altro che rilassata; ciononostante l’asiatica non ci badò, presa com’era dal sapere tutti i dettagli della vicenda.
- Allora, com’è stato? - Le chiese la corvina, che a stento riusciva a controllare il proprio entusiasmo.
La rossa ci rifletté un po’ su, perché non sapeva come descrivere un momento così importante. Assorta nella propria riflessione, si afferrò una ciocca di capelli e incominciò a giocarci; nel compiere questo gesto, aveva lasciato scoperta una zona del collo, così Sky si stupì ancora di più nello scorgere una chiazza violacea sulla pelle della ragazza.
- ... ti ha fatto anche un succhiotto...! - Sussurrò la giovane per l’emozione di aver scoperto una prova tangibile del fatto. In tutta risposta, Scarlett avvampò, afferrò il proprio cuscino e glielo lanciò in faccia, per poi nascondersi il viso tra le mani. - Cristo, Sky! - La rimproverò; prese il cellulare, posato accanto al proprio borsone, aprì la fotocamera interna e vi si specchiò dentro, per controllare lo stato della propria cute. - E ora come cazzo lo nascondo? -
- Perché dovresti nasconderlo? - Rise la corvina, emergendo dal guanciale. - E’ una cosa carina! -
- No, è una cosa terribile! Non voglio che tutti lo sappiano! -
- Perché? E’ una cosa così bella! -
Scarlett le rivolse un’occhiata carica di vergogna. Sky colse la colpevolezza sottesa nei suoi gesti e il suo viso si rabbuiò; sembrava che stesse per dire qualcosa, ma fu interrotta da un sospiro della sua amica: - Non avrei... dovuto farlo. Adesso lui penserà chissà che cosa. -
- Ma lui ti piace, no? -
- Sì! Però... - Scarlett sbuffò un’ultima volta per l’esasperazione, passandosi una mano tra i capelli vermigli. - ... non quanto io piaccia a lui, ecco. -
Averlo ammesso non la sollevò come previsto; al contrario, più si ricordava dei modi di fare di Max, più si sentiva di morire.
Nei gesti del viola si era riflesso, per tutta la notte, un ardore che la ragazza non era in grado di contenere: ogni sua azione trasudava amore. Ciononostante, Scarlett non era sicura della stabilità del suo sentimento, che già di per sé presentava presupposti catastrofici: la sua insicurezza lo spingeva ad affezionarsi troppo in fretta alle persone che lo circondavano (era successo quando era diventato amico di Duncan e stava accadendo anche con lei). Alla luce di questa riflessione, la rossa si ricordò del motivo che l’aveva spinta tra le braccia del punk, e un brivido di senso di colpa le attraversò la spina dorsale.
- Ho fatto... una sciocchezza. -
 
- Bello, ce l’hai fatta! -
In contemporanea con la conversazione tra le due ragazze, Duncan stava scompigliando fraternamente i capelli a Max, in segno di congratulazione per l’impresa della sera prima; entrambi erano seduti sul materasso del viola. - Beh, com’è andata? Quindi siete andati proprio fino in fondo? - Continuava a chiedere il verde, che come risposta riceveva i cenni affermativi del suo migliore amico, ancora intento a svegliarsi.
- Sì, hai capito benissimo. - Ridacchiò Max con aria assorta ma soddisfatta. - E’ stato fantastico, credimi. Siamo andati avanti per ore. -
- Visto? Cazzo, lo sapevo che ti ci voleva una scopata! -
- Eddai! - Rise ancora il viola mentre si buttava all’indietro con la schiena per stendersi. - Non è stata mica solo la scopata. -
- E allora cosa, Romeo? - Domandò languidamente Duncan, mentre si coricava al suo fianco e spostava le mani dietro la propria testa per sorreggerla.
- Non mi sfottere, bastardo! - Protestò scherzosamente l’altro, mentre gli dava un calcetto laterale su uno stinco.
- Non rompere, lo facevi anche tu quando mi sono messo con Courtney! Io non dimentico! - Fece l’occhiolino il teppista, prima di rispondere al calcio con una spinta sulla spalla.
Max rise con aria spensierata. - E’ davvero... una ragazza eccezionale, Duncan, credimi. Non mi sono mai sentito così. - Esaminava il tessuto che faceva loro da tetto con aria distratta, come se volesse ricostruire la silhouette della rossa lungo il perimetro della tenda. - Quando la vedo da lontano, sento il cuore scoppiarmi nel petto, la mia lingua si annoda, la vista mi si appanna e mi sento bruciare vivo. Mi hai visto ieri mattina in spiaggia, no? La guardavo e non riuscivo a fare niente. Sembrava che dovessi morire da un momento all’altro. -
Sollevò una mano contro il verde spento del panneggio, attraverso il quale filtrava la luce del sole pomeridiano. Iniziò a muovere leggermente le dita, come se stesse suonando il piano; chiuse gli occhi e si abbandonò alla melodia che solo lui poteva sentire, in modo da concentrarsi meglio nel ripercorrere gli attimi trascorsi con Scarlett.
- Invece, quando si avvicina, cambio completamente. Faccio il carino, il simpatico. Sono spigliato e felice. -
- Tu sei sempre spigliato. -
- Sì, ma con lei è diverso. Sai che intendo. Ci hai visti, ieri, al falò. - Il viola dischiuse le palpebre e chiuse lentamente a pugno l’arto sollevato, senza applicare troppa forza sulle dita. - Quando lei mi guarda negli occhi, provo una dolcezza che non si può capire finché non la si prova; poi, quando guardo le sue labbra mentre parla, un sentimento strano mi riempie la testa e mi fa sospirare. Non riesco a pensare ad altro all’infuori di lei. -
Infine, riaprì la mano e se la portò sul viso, con il palmo a coprirgli gli occhi, nuovamente chiusi.
- ... rifarei quello che ho fatto con lei mille volte. -
 
- Ascolta, Scarlett, secondo me ne stai facendo un dramma! - Fece spallucce Sky, che cercava di tamponare il malessere della sua amica. - Sii realista: il fatto che lo abbiate fatto non significa che ti abbia messo l’anello al dito! -
- Per te è facile! - Sbraitò la rossa, senza preoccuparsi di nascondere la propria insofferenza. - Tu te la sei fatta con tanti ragazzi, quindi per te è tutto normale. Per una volta, mettiti nei panni di qualcun altro! - Scarlett si accorse troppo tardi di star viaggiando su un binario pericoloso: l’espressione facciale dell’asiatica aveva iniziato a incrinarsi per la mancanza di garbo nelle parole che le erano state rivolte. La rossa sospirò, le mise una mano sulla spalla con fare triste e riprese il filo del discorso con più calma: - Questa è stata la prima volta sia per me, che per Max. Ora, io ho fatto quello che ho fatto con cognizione di causa; Max mi piace, è vero, è carino, ma lo conosco da troppo poco per dire di essere innamorata di lui. Invece lui fa l’esatto contrario: non razionalizza i suoi sentimenti, si lascia solo trasportare. -
- E non trovi bello il fatto di essere la destinataria di sentimenti di una simile intensità? - Le sorrise Sky con aria ferita. Scarlett non riuscì ad articolare alcun suono, mortificata com’era, dunque l’asiatica colse l’occasione per spiegarle il suo punto di vista: - Anch’io ragionavo come te. Ogni volta che mi trovavo con un ragazzo, pensavo “sì, carino, ma niente di serio”. Ci andavo a letto e poi tanti cari saluti. Questo perché volevo essere razionale, e pensavo che affezionarmi a qualcuno sarebbe stata una condanna: sai come sono fatta, mi piace giocare, godere dell’amore. - La smorfia spigolosa della corvina si addolcì; a un certo punto il suo sguardo, colmo di delicatezza, si perse nel vuoto e si fissò su un punto imprecisato della parete di fronte a lei.
- Ieri sera ho capito in cosa stessi sbagliando. - Affermò con aria più gioiosa. - Ho capito che non mi sono mai lasciata davvero andare all’amore: mi sono sempre tenuta a distanza di sicurezza da qualsiasi ragazzo che potesse darmi di più di una semplice relazione usa-e-getta. Ieri sera ho... provato a donare il mio cuore a qualcuno. Sul serio però. -
Tirò un sospiro di sollievo e riprese a guardare Scarlett. Sky aveva gli occhi lucidi.
- ... è andata bene. -
 
- ... f-finiscila di parlare così... - Ridacchiò imbarazzato Duncan, dopo qualche secondo di silenzio. - Sennò fai innamorare anche me. - Max aveva raccontato i trascorsi della notte precedente con sincerità, come se non si accorgesse dell’amore di cui erano impregnate; il verde si mise a confronto con la trasparenza del suo amico e provò una grande vergogna.
Il viola sorrise con condiscendenza e deviò il discorso: - Tu, piuttosto... alla fine hai risolto? Com’è andata a finire? -


(( Ciao a tutti! 
Sono soddisfatta di come è uscito questo capitolo (per una volta): un po' perché più piace l'intreccio che ho usato (la sovrapposizione di scene secondo me aiuta a tenere in chiaro il confronto tra le due coppie di amici), un po' per delle citazioni letterarie che ho impiegato nel discorso di Max (per intenderci, ho tratto ispirazione da Saffo e da alcuni stilnovisti)
Il brano che ho scelto per questo capitolo è la prima delle Gympnopédie di Satie. A livello concettuale, mi piace associare i pezzi di musica classica ai capitoli in cui i personaggi principali si aprono a livello profondo sulle loro emozioni, come ho fatto per Clair de Lune; tuttavia, c'è da dire che il 14 presenta un po' un ribaltamento delle sensazioni provate da Scarlett nel 5... 
Ascoltate la canzone, ditemi cosa ne pensate e restate aggiornati! ))

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Capitolo 15
*** Strip my mind ***


Durante la notte della festa, Courtney dormì poco e nulla. Appena chiudeva gli occhi le immagini della serata trascorsa tornavano a infestarle i sogni, costringendola a svegliarsi di soprassalto; neanche stare sveglia la rilassava, perché non appena apriva gli occhi nell’oscurità, il suo cuore cominciava a correre fino impedirle di respirare. Cambiò anche posizione più volta, ma a nulla valsero i suoi tentativi di riprendere sonno, che si esaurivano puntualmente in una crisi di pianto.
La latina aveva delle questioni con cui fare i conti: la sua relazione con Duncan e la sua amicizia con Gwen, che si erano pericolosamente intrecciate, mentre lei si sfogava con Alejandro.
 
Gwen era arrivata a passo di marcia, con i pugni serrati e lo sguardo basso, davanti all’ingresso del campeggio, seguita dal castano che procedeva apprensivamente; la giovane rivolse un’occhiata spaventosamente penetrante alla mora, ancora abbracciata al suo ex, come se stesse prendendo la mira. Infine ordinò, lanciando uno sguardo perentorio alle sue spalle: - Alejandro. Cody. Lasciateci sole. -
I due ragazzi furono talmente colpiti dal tono duro della gotica da non opporre resistenza: Alejandro lasciò andare Courtney, rivolgendole un ultimo sorriso d’incoraggiamento, per poi avvicinarsi a Cody, che lo seguì dentro il camping.
Calò un lungo silenzio. L’ispanica sentiva la tensione suonare un fandango sulle corde del respiro affannoso di Gwen. La dark non sembrava intenzionata a parlare, quindi la sua amica attaccò bottone tentennando: - Gwen! Cosa ti è...? -
- Stai zitta. - Sibilò lei, mentre si faceva pericolosamente avanti. Con la stessa velocità con cui si era mossa prese la mora per il colletto della maglietta e sollevò finalmente lo sguardo: le iridi color ebano di Gwen erano conturbate da un velo di lacrime, che la ragazza cercava di trattenere entro l’orlo delle sue palpebre. Per due volte cercò di dire qualcosa, ma l’articolazione dei suoni si condensò in una smorfia grottesca.
Incapace anche in una circostanza simile di parlare così duramente alla sua migliore amica, Gwen lasciò andare Courtney, che si ritrasse leggermente. Ciò non impedì alla gotica di separare i loro sguardi; al contrario, il contatto visivo tra le loro pupille l’incoraggiò a dare inizio al suo discorso: - Courtney, io mi sono stancata. Davvero. -
Fece una piccola pausa. La latina non osò rompere il silenzio, come ipnotizzata dalle iridi lacrimose della sua interlocutrice.
- Perché a causa tua io finisco sempre per soffrire. Davvero, Courtney. Sono sempre lì a sostenerti, a consolarti, e a pararti il culo, visto che alla fine prendo sempre tutto lo schifo che dovresti prendere tu. Vuoi negarlo? Succede sempre con Duncan. Se litigate, è sempre colpa mia. Se lui fa commenti su di me, è colpa mia. -
La gotica sospirò e si passò una mano tra i capelli. Sembrava in difficoltà nel trasformare i suoi sentimenti in parole.
- E così è sempre stato per... qualsiasi cosa, a dire la verità. Ti sono sempre stata accanto perché ti voglio bene, e qualunque cosa accada non potrà mai essere diversamente. Ma... -
A quel punto, sul corpo di Gwen calò l’ombra di una confortante rassegnazione, che sciolse i suoi nervi e lasciò finalmente scivolare le lacrime lungo le sue gote. Pur mostrando le sue debolezze, la giovane appariva più fiera che mai.
Alla fine la gotica si accostò di nuovo alla latina, che prese gentilmente per le spalle. - ... d’ora in poi non potrò più esserci per te. Non posso continuare a farmi del male per te. -
Courtney squittì debolmente: - Cosa? -
Gwen annuì e distolse lo sguardo. Sembrava non avere niente da dire, ma non tolse le mani dal corpo della latina. A un certo punto sollevò gli occhi, inalò il profumo degli aghi di pino accarezzati dall’umidità serale, come se cercasse nella brezza estiva la forza di raccontare cosa le fosse accaduto.
- Ho un’ultima cosa da fare, prima di andarmene. Tutto sommato, te lo devo. - La gotica riportò dunque lo sguardo su Courtney, ammutolita dal pianto. - Questa sera, mentre non c’eri, Duncan ed io abbiamo litigato davanti a tutti, al falò. Era convinto che io avessi fatto qualcosa per mettervi l’uno contro l’altra... cosa che, lo sappiamo entrambe, è fuori da ogni logica. -
La mora si sentì stringere il cuore.
- A un certo punto si sono intromessi anche Heather e Cody... la situazione è degenerata e io sono scappata. Duncan mi ha seguita. Era ubriaco... mi ha... - Fu come se la lingua di Gwen si fosse aggrovigliata, con le parole congelate sul fondo della trachea.
Courtney capì e sbarrò gli occhi, incapace di realizzare: - No... non è vero... -.
- Sì, lo è, Courtney. Il tuo ragazzo mi ha... mi ha molestata. - Ammise finalmente la dark, concedendosi qualche altra furtiva lacrima. - E sarebbe potuta finire molto peggio, se non fosse intervenuto Cody all’ultimo secondo. -
A quel punto Gwen lasciò andare la ragazza prima che potesse reagire e si voltò di scatto. Voleva chiaramente evitare di trovarsi di fronte alla maschera di desolazione che aveva preso possesso del viso di Courtney. - A me non interessa più niente. Appena saremo tornati da questo stupido campeggio, non ho intenzione di vedere più nessuno dei due. Però se vuoi accettare un ultimo consiglio spassionato... lascia Duncan. -
 
“Lascia Duncan”. Erano due parole ma pesavano ciascuna come una pietra. Due macigni che l’ispanica si era trascinata nello stomaco fino all’alba, combattendo con l’insonnia e la nausea. Courtney reagì con insofferenza alle prime luci del giorno, che si rincorrevano lungo il suo volto come stavano facendo con Scarlett nello stesso momento. Realizzato che non avrebbe preso più sonno, la giovane si mise seduta, si stropicciò gli occhi e si allungò per prendere un pacco di sigarette e dal proprio borsone.
Prima di sgattaiolare fuori dalla tenda, la mora si girò un attimo a osservare il materasso di Gwen, rimasto vuoto per quella notte.
 
La tenda delle due ragazze non era lontana da quella di Duncan e Max: mentre Courtney percorreva il tragitto verso il falò, incrociò la figura di Scarlett che faceva capolino dal giaciglio dei due amici. Non era difficile capire cosa fosse successo. L’ispanica si avvicinò con un sorriso stanco: incontrare la rossa era come rinfrescare il ricordo di un sogno, perché come tale aveva vissuto la presenza dei suoi compagni di comitiva, la sera precedente, eccezion fatta per il suo ragazzo e per Alejandro.
- Ehi. E’ bello vederti qui. - Sussurrò la mora con aria assetata di gentilezza.
- C-c-ciao. - Bofonchiò l’altra, che teneva gli occhi fissi per terra per l’imbarazzo. Teneva le braccia incrociate al petto, in modo che le mani potessero aggrapparsi alle sue spalle: non si capiva se sentisse freddo o se fosse preoccupata.
Courtney rimase qualche secondo in silenzio, un po’ perché era rimasta delusa dalla risposta evasiva di Scarlett, un po’ perché non le veniva in mente niente d’intelligente da dire.
- Io vado. - La liquidò allora la rossa, che aggirò la latina e corse alla propria tenda senza degnare di uno sguardo la sua interlocutrice.
Abbandonata alla propria solitudine e incapacità di connettersi con gli altri, Courtney indossò un’espressione di disappunto e si diresse al falò con aria mesta e lo sguardo perso nel contenitore di cartone, a contare distrattamente le sigarette rimaste.
Arrivata a pochi passi dal cerchio di pietre che custodiva le ceneri della sera prima, la sua attenzione fu catturata dal suono di una profonda esalazione. Sollevò gli occhi dai propri pensieri e individuò una figura maschile, quasi impalpabile nella luce rosata dell’alba.
L’uomo, seduto per terra, teneva in alto la testa, come se volesse fondersi con il cielo variopinto che gli si stagliava sopra. Il suo viso era avvolto in una nube di fumo grigia, tuttavia l’ispanica riuscì a distinguere una chiazza verde, resa pallida dal bagliore color pesca, e il luccichio di alcuni piercing di metallo.
Il ragazzo si accorse in fretta della presenza della mora: ruotò leggermente il collo e lo sguardo in modo da inquadrarla, mentre la nuvola scura si diradava, rivelando il volto che Courtney aveva imparato tanto ad amare quanto ad odiare.
- Sei tu... - Mormorò Duncan. La sua voce era più roca del solito e le sue cornee contaminate da un lieve rossore.
La latina si rese conto una manciata di secondi dopo di trovarsi in presenza del punk. Accarezzò con lo sguardo il suo corpo in torsione, mentre si trascinava verso di lui. Una parte di lei avrebbe voluto picchiarlo: nella sua mente vorticavano confusamente i ricordi del litigio della sera prima e le immagini che la sua immaginazione andava intessendo della sua aggressione ai danni di Gwen. Eppure, più i suoi occhi confrontavano il giovane che gli stava davanti con le sue azioni, più la sua ira andava assopendosi. La ragazza, conosciuta per essere combattiva e spregiudicatamente sincera, si sentì sconfitta davanti al disastro umano che entrambi erano.
“Quanto lo odio” Realizzò tra sé e sé con un sospiro rassegnato. “E quanto lo amo... ancora.” L’altra parte di sé s’identificava nella bruttezza morale di Duncan, e da essa voleva sentirsi avvolta e assorbita. Attratta dalla disarmonia del punk come da un magnete, l’ispanica si strascicò fino al giovane, si buttò seduta al suo fianco ed estrasse finalmente una sigaretta dal pacchetto. Courtney si portò l’oggetto alle labbra e Duncan l’accese spontaneamente, avvicinandosi con l’accendino alla sua estremità, con estrema naturalezza, come aveva sempre fatto.
- So cosa è successo. - Cominciò lei in tono remissivo. Inalò il fumo e lo spinse fuori con uno strano impeto, come se stesse soffocando un colpo di tosse. - So cosa hai fatto. -
- Courtney... - Cercò di giustificarsi il verde. Non riusciva a guardarla in faccia, quindi si concentrò sulla combustione che andava divorando la carta bianca della propria sigaretta tra le dita tozze. - Ero ubriaco e nervoso. -
- No. Eri solo un coglione e lo sei ancora. -
- Lo so, davvero, e mi dispiace. -
- Non sono venuta qui ad elemosinare le tue scuse. - Sibilò la giovane, riportando lo sguardo gelido sul suo interlocutore. Il tono della sua voce si era fatto teso e tagliente come quello di Gwen, quando si era sfogata all’ingresso. Duncan percepì la voce della gotica riecheggiare nelle parole della sua ragazza e un brivido di terrore gli attraversò la schiena. - Per colpa tua ho ferito un sacco di persone a me care. Ho fatto stare male Gwen e l’ho abbandonata. Non hai fatto altro che rovinarmi con il tuo carattere ed io ti sono andata dietro come una stupida.
Non voglio più vederti, Duncan. A partire da quando saremo tornati a casa io non ci sarò più. Mi farò dei miei amici e tu starai con i tuoi. Devi uscire dalla mia vita. -
Il punk era impassibile. Dopotutto se lo aspettava.
- Un’ultima cosa: quello che hai fatto alla nostra amica ieri sera è soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso. - Commentò aspramente la castana dopo aver preso altri due abbondanti tiri. Non sapeva dire se la sua gola bruciasse per la nicotina o per le parole che andava sputando. - Tu mi hai fatto una marea di torti. Mi hai rovinata. Per quello che mi riguarda, sei uno stronzo e lo sarai per sempre. -
Duncan non rispose, come se stesse elaborando lentamente il discorso di Courtney. Si portò la sigaretta alla bocca e tirò tutto quello che conteneva, per poi esalarlo adagio. Infine la spense schiacciandola contro un sasso con il pollice. Nel suo gesto non si specchiava alcuna rabbia.
- Ascolta un po’, principessa. - Esordì con sarcasmo. - Va bene, ti starò lontano. Avevo capito che non mi avresti perdonato nel momento in cui ho messo le mani addosso a Gwen. Sarò pure stronzo, ma sono sveglio. - Si alzò e iniziò a dirigersi verso la propria tenda; mentre dava le spalle alla ragazza, concluse: - Però fai un piacere ad entrambi e non addossarmi la colpa se hai un carattere di merda. Tu distruggi tutto quello che hai attorno perché hai sempre voglia di litigare e non sai darti una regolata. La tua amicizia con Gwen sarebbe finita anche se non ci fossi stato di mezzo io, perché non sei una brava amica: non ascolti, non sei gentile e non capisci i bisogni degli altri. Ti ho rovinata? Peccato, visto che di base eri già marcia. -


(( Ciao! Sono di fretta quindi scriverò poco. Come avete letto, il capitolo di oggi tratta della situazione tra Gwen, Duncan e Courtney vista dal punto di vista di quest'ultima; qui si chiude anche la loro sottotrama. Il cerchio delle varie storie si sta stringendo attorno alla questione irrisolta con Scarlett: insomma siamo in dirittura d'arrivo.
La canzone di oggi è Strip my mind dei RHCP! All'inizio avevo pensato a Don't forget me della stessa band ma ho deciso di tenerla in serbo per un progetto futuro (oppure no? Boh ma comunque la canzone che ho scelto ci sta meglio)
Ascoltate la canzone, fatemi sapere che ne pensate e restate aggiornati! )

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Capitolo 16
*** Do I wanna know? ***


Tra Scarlett e Sky era calato un silenzio teso. La rossa si sentiva punta sul vivo dal discorso accorato della sua amica sui propri sentimenti; l’asiatica, d’altro canto, era ancora ferita dalla scortesia della sua compagna. A un certo punto, come per istinto, Scarlett prese tra le mani i folti capelli e sollevò leggermente le braccia, in modo da portare la chioma dietro il proprio collo e legarla nella consueta coda bassa; tuttavia scoprì, nel mezzo dell’azione, di non avere l’elastico con sé. Lasciò scrosciare le ciocche fiammeggianti lungo la propria schiena e si chinò leggermente, per poi mettersi a tastare il materasso attorno a sé.
- Che cerchi? - Chiese timidamente la corvina, chinandosi appena anche lei.
- L’elastico... - Sbuffò la sua interlocutrice, mentre prendeva e indossava i propri occhiali, rimasti accanto al borsone da quando era tornata in tenda. - Non lo trovo... -
All’improvviso, Scarlett si rimise diritta e puntò lo sguardo su un punto indefinito, mentre torturava le punte dei propri capelli per l’irrequietezza: si era ricordata che Max glielo aveva sfilato, la sera prima. La rossa scosse con forza la testa e strabuzzò gli occhi, come per scacciare dalla propria testa l’immagine dei filamenti scuri stretti attorno al polso del ragazzo.
- Non ne hai uno di riserva? - Domandò con cautela Sky.
La ragazza scosse leggermente la testa e scostò le lenzuola che le coprivano le gambe: - M-mi sarà caduto al falò... - Affermò più per convincere se stessa che per dare spiegazioni all’asiatica che, nonostante Scarlett continuasse a dimenticarsene, tendeva a carpire al volo i pensieri della sua amica.  
- Non ne fare un dramma. - Sorrise dolcemente la corvina mentre poggiava una mano sulla spalla della rossa. - Inizia ad andare al falò, così puoi cercarlo. Io ti raggiungo tra qualche minuto. -
 
Naturalmente, Sky aveva mandato Scarlett da sola per un motivo preciso. Aveva intuito che Max avesse il laccio della ragazza con sé ma aveva evitato di cercare di costringere la diretta interessata ad ammetterlo; si era piuttosto affidata alla possibilità che il viola e la rossa s’incontrassero durante il lasso di tempo che Sky avrebbe trascorso senza la sua migliore amica al seguito.
Sembrava più una roulette che un solido piano per assicurarsi che Scarlett facesse chiarezza sulla situazione che si era venuta a creare con il ragazzo: quante probabilità c’erano che s’incrociassero? Quante che succedesse proprio al falò? Quante che tirassero fuori l’argomento?
Essendo un’atleta, Sky era abituata ad affidarsi all’oggettività del talento e non a qualcosa d’impalpabile come la fortuna: questo dimostra quanto dovesse sentirsi disperata quando, esattamente cinque minuti dopo, l’asiatica gattonò fuori dalla tenda e s’incamminò per raggiungere la giovane.
Agitata com’era, la ginnasta cercò di concentrarsi su altro: focalizzandosi su dettagli sparsi dell’ambiente che la circondava, si accorse di come il campeggio fosse quasi deserto, nonostante fosse primo pomeriggio. Immaginò che molti suoi compagni stessero ancora dormendo, sfiniti dalla festa della sera prima.
Tuttavia, un vociare indistinto strappò alle sue congetture Sky, che si rifugiò dietro un albero per ascoltare meglio.
- Fammi capire, non hai davvero niente da dire su quello che è successo ieri? - Mormorò una tremante voce maschile, difficile da riconoscere a causa dell’amarezza di cui era velata.
L’attacco che seguì fece gelare il sangue alla corvina: - Quante volte vuoi sentirtelo ripetere? Ti ho detto di no. - Era la prima volta che sentiva Scarlett parlare in tono così crudele. - O almeno, niente di quello che vuoi sentirti dire. -
- Che significa...? -
- Significa che hai dato troppa importanza a... quella cosa. -
- Perché, a te non frega niente?! -
- ... No, non me ne frega niente. -
Diverse cose passarono per la mente di Sky, mentre un silenzio costellato di respiri instabili andava occupando tutto lo spazio circostante. La prima fu che doveva restare nascosta. La seconda era che intervenire non sarebbe servito a nulla. La terza era che sicuramente Scarlett aveva la situazione sotto controllo.
L’atleta elencò velocemente una seconda volta questi tre punti nella sua mente, mentre emergeva dal suo nascondiglio gridando: - Ehi! Che cazzo stai facendo, Scarlett? -
Il suo urlo, come una freccia scoccata dall’arco, trafisse l’atmosfera fino a raggiungere la rossa, che si voltò di scatto. - Sky...? - Articolò a fatica. Sul viso di Scarlett iniziarono ad alternarsi una serie di colori curiosi: prima la sua pelle sbiancò, poi la zona attorno ai suoi occhi si fece più scura, infine una chiazza cremisi iniziò a spandersi sulle sue gote.
Mentre la canadese si disperava per essere stata colta in flagrante, Max prese la parola, incalzando la nuova arrivata in maniera ostile: - I tuoi genitori non ti hanno insegnato che chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni? -
Ad ogni modo, Scarlett lo interruppe con un timbro vocale a dir poco terrificante per quanto era lento e basso: - Si può sapere cosa ci facevi nascosta là dietro? -
Sky dovette fare appello a tutta la propria forza per non mostrarsi intimorita: - Ti avevo detto che ti avrei raggiunta. -
- Ah, e per fare cosa? Perché volevi metterti in mezzo a ciò che mi riguarda, come fai sempre? Perché volevi avere il controllo sulla situazione? - La rossa sollevò di nuovo il viso contratto in un’espressione di rabbia, rivelando gli occhi verdi velati di lacrime. Sembrava che volesse aggiungere qualcosa, però dalle sue labbra schiuse non uscì alcun suono se non un vago rantolo.
Sky cercò allora uno sprazzo di complicità nello sguardo di Max, che però era puntato verso terra, incastonato al centro di un’espressione di fastidio e tristezza. Gli occhi del punk si sollevarono solo per osservare in modo imperscrutabile Scarlett, che aveva ripreso a osservare il terreno, incurvata su se stessa. In un istante, Max sembrò superare il rancore che lo stava separando dalla ragazza e cercò di richiamare la sua attenzione accarezzandole il braccio; a dispetto della dolcezza che quel gesto tradiva, la rossa allontanò la mano del giovane con una spallata, mentre dichiarava con lo stesso tono d’astio: - Io me ne vado. -
- Cosa? - Esclamarono gli altri due, sconcertati nell’osservarla mentre si allontanava.
- Lasciatemi in pace. -
- Non se non mi dici dove stai andando! - Ribatté la corvina, afferrandola per un polso. In una frazione di secondo, Scarlett si divincolò e sbraitò: - Oh, si può sapere che cazzo hai che non va?! Ti ho detto di lasciarmi stare! -
Il viola cercò una disperata forma di mediazione mugugnando, fisicamente lontano dalla rossa: - Scarlett, ti prego... -.
La sua preghiera non sortì alcun effetto. La ragazza non degnò di uno sguardo i due e, senza aggiungere altro, si diresse all’uscita sul retro, alzando man mano il passo, fino a correre. Lo sguardo di Sky schizzò dalla figura della sua migliore amica, che si era ridotta a una rapida pennellata in mezzo agli alberi, a quella del giovane, immobile, con lo sguardo perso.
Per la prima volta, dopo molto tempo, Sky poteva definirsi spaventata. - Che fai, non la segui...? - Piagnucolò, afferrando una spalla del punk.
In realtà, il motivo per cui si stava rivolgendo a lui era un altro: in quel frangente, l’asiatica era consapevole di non poter far nulla per la rossa. Si era creato uno strappo tra Scarlett e Max, e solo quest’ultimo avrebbe potuto ricucirlo, o quantomeno tentare.
Prima che il viola avesse il tempo di rispondere, un’altra voce interruppe la concitata conversazione: - Invece mi sa che non farà proprio niente. -
Si girarono contemporaneamente, sincronizzati, verso la fonte del rumore, situata alle loro spalle: Heather si osservava le unghie, appoggiata a un pino poco più dietro, come se fosse stata lì per tutto il tempo, nonostante nessuno dei tre avesse idea che si fosse avvicinata così tanto. I due amici non riuscirono a pensare né a sentirsi stupiti, tanto il discorso della ragazza riempiva il momento e le loro menti: - Avete dei modi di fare veramente idioti. Lasciatela stare e basta, no? Soprattutto tu, Sky. - La provocazione di Heather si fece più affilata, quando questa inquadrò la migliore amica della rossa. - Stai sempre dietro a Scarlett come se fosse una bambina dell’asilo. “Dove vai” di qua, “cosa fai” di là, “sono preoccupata”, cose del genere. Quando ti accorgerai di quanto tu ti metta in mezzo alle sue decisioni e sia assillante sarà troppo tardi, perché l’avrai già persa. In fondo sei stata tu a trascinarla qui. - In un primo momento, l’atleta spalancò gli occhi per la sorpresa, come se si fosse appena resa conto di tutto ciò, quindi li abbassò, mordendosi leggermente il labbro per impedirsi di piangere.
- E tu, invece... - L’invettiva di Heather si spostò su Max, che sosteneva il suo sguardo con aria tenace, e si sciolse in una risata di commiserazione. - ... tu invece sei un inetto, cazzo! Non riesci a farti una ragazza senza combinare tutto questo casino con lei e con noi. Dì un po’, quanto puoi essere disperato per affezionarti alla prima ragazza che si dimostra minimamente interessata a te? Le persone come te rimangono sole. E comunque non hai neanche le palle di andare a cercarla. -
Sulle prime, Max continuò a fissarla, quasi senza respirare, per come la tensione schiacciava il suo diaframma; dopo qualche secondo, il punk sorrise, divertito come se si trovasse di fronte a un ventriloquo. Lentamente mosse qualche passo in direzione di Heather, si fermò di fronte a lei, quindi diede un pugno al tronco dell’albero su cui lei stava appoggiata, rimanendo con il braccio teso, come a volerla circondare.
- Mettiamo in chiaro un paio di cose, stronzetta viziata. - La risatina del viola vibrò d’inquietudine. - Innanzitutto, non mi conosci, quindi evita analisi palesemente sbagliate e psicanalizza te stessa, se proprio ti diverti così tanto in questo modo. -
Heather se ne stava lì, rattrappita contro la corteccia, nella quale affondava le unghie affilate, con la pelle d’oca e un mezzo sorriso soddisfatto tracciato in volto, come se stesse ottenendo da Max proprio ciò che voleva. Quest’ultimo alla fine si allontanò dall’albero e indietreggiò di qualche metro, voltandosi verso Sky e guardando alle sue spalle, per ricostruire il percorso compiuto dalla rossa pochi minuti prima.
- E poi... Sono io a dover sistemare le cose con Scarlett. Quindi sono io a decidere come farlo. - Affermò a voce piena, dando definitivamente le spalle alle due giovani. - Permettiti di nuovo di mettere bocca sulla situazione tra me e lei e ti stacco quella lingua da serpe che ti ritrovi. - Concluse, cominciando a correre verso l’uscita posteriore del campeggio. Mentre schizzava via, strizzò fiduciosamente l’occhiolino a Sky, senza aggiungere l’altro. Era come se il discorso di Heather lo avesse motivato a prendersi le sue responsabilità e comportarsi come avrebbe dovuto, costringendolo a guardare dentro se stesso.
 
(( Minchia sto capitolo era più atteso della nuova stagione di Game of Thrones. O almeno credo. Era da novembre che alcuni miei amici mi chiedevano sempre "eh ma bakchai 16?" e io "eh bakchai 16"
Il succo è che ci ho messo mesi a scrivere sto capitolo e l'ho finito solo stasera. Così. A caso. Perché mi sentivo attiva.
Per i motivi di cui sopra non è molto lungo come capitolo né particolarmente curato, ma alla fine era un po' un capitolo di transizione, quindi sticazzi.
E come canzone ho messo "Do I wanna know?" degli Arctic Monkeys, che anche se è sputtanata è una bella canzone e ci stava per fare un po' di pathos. 
Ascoltate la canzone, leggete il capitolo e vabbé dai avete capito ))

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