Somnium

di Felicity_1993
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 || Parte 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 || Parte 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ciao a tutti! Ho scritto questa storia a quattro mani insieme alla mia migliore amica. Quest'estate abbiamo pubblicato l'intero libro (primo volume di una saga fantasy), che trovate al momento in offerta a 0,99€ su amazon. (https://amzn.to/2AnSsRe) Su EFP pubblicherò parte del libro, ogni giorno un capitolo.
 

Prologo

Il lavoro alla Powner IT le assorbiva gran parte della giornata. Era tardi, non sapeva con esattezza che ora fosse, aveva smesso di controllarla sul display del portatile parecchie ore prima. Si massaggiò le tempie e si sgranchì le gambe, era seduta in quella posizione da troppo tempo. Non si era mossa dalla scrivania, assorbita dall'ansia e dalle incombenze di quella giornata interminabile. Richard Yard le era stato con il fiato sul collo tutto il giorno, controllando ogni email che inviava o telefonata che riceveva. Era una gara silenziosa tra loro due e Richard era desideroso di tagliare il traguardo e ottenere la tanto ambita promozione prima di lei. Anche Doli la desiderava. La sua vita sarebbe cambiata sotto molti punti di vista. Per cominciare non avrebbe più dovuto faticare con il pagamento del mutuo della sua casa a South Juniper Street e poi si sarebbe potuta concentrare su altri aspetti della sua vita, che in quel momento comprendevano solo il lavoro e l'insignificante esistenza a Sud di Tempe.
Non le piaceva sperperare il denaro, era molto parsimoniosa, aveva faticato tanto per arrivare a quel punto, ma nonpoteva sopportare l'idea di vivere in un luogo degradato da criminalità e droga. Le ricordava i tempi alla Riserva e non voleva farlo. Non voleva ricordare. Non voleva ricordare affatto.
Così si era costruita una nuova realtà in un quartiere periferico lontano dal caos della città, pulito e tranquillo, innetto contrasto con la sua vita passata. Ma in quel momento nessun aspetto della sua vita le appariva felice. A esclusione di qualche fugace uscita con i colleghi, la sua intera esistenza si divideva tra casa e lavoro. Non era la realtà che aveva sognato per anni, non erafuggita dalla sua famiglia per un posto in un ufficio di cui non le importava poi così tanto. Eppure, in quel momento tutte le sue energie ruotavano attorno a una promozione che non era nemmeno sicura di ottenere. Dopotutto qualsiasi impiegato in ufficio era a conoscenza della preferenza di Caroline Geekra per Richard. Non importava che Doli fosse la prima ad arrivare e l'ultima ad andarsene, non importava che lavorasse nei weekend e nelle festività. Richard era sempre un passo avanti a lei.
Doli guardò l'oscurità inghiottire la città dalla parete di vetro dell'ufficio. Osservò le minuscole luci muoversi velocemente sulla strada sotto di lei, immaginò che fossero stelle, ben consapevole che in quel luogo erano impossibili da contemplare. Non era come nella Riserva, dove alla sera il cielo si tingeva di una miriade di puntini luminosi e il silenzio avvolgeva ogni cosa. Era molto diverso, splendido, certo, ma non le apparteneva affatto.
Restò in quella posizione a lungo, in sottofondo poteva udire l'incessante battere sulla tastiera di Richard e i colpi di tosse della collega più anziana.
Chiuse gli occhi e poi li riaprì.
Fu in quel momento che lo vide, un fugace movimento oltre la finestra. Veloce come un fulmine, una grande ombra scura che si ergeva in volo. Si alzò di scatto, sporgendosi oltre alla scrivania e premendo il viso contro al vetro.
Era certa di aver visto qualcosa ma non era in grado di descriverlo. Forse la stanchezza l'aveva sopraffatta provocandole un'allucinazione, forse si trattava semplicemente di un piccione che la sua immaginazione aveva ingigantito.
Qualsiasi cosa fosse, quella sera, mentre tornava a casa non smise di guardare verso il cielo, domandandosi se avesse davvero visto qualcosa.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 || Parte 1 ***



1.

Quando Doli rientrò a casa era ormai notte fonda. Non appena varcò l'ingresso fu travolta da una pila di vestiti da stirare accatastati sul tavolo della sala da pranzo. In quel momento ogni angolo della sua casa era l'emblema del caos, dai piatti sporchi nel lavandino alla polvere che ricopriva le mensole del salotto. Doli non era mai stata così disordinata, ma quella promozione e le scadenze lavorative assorbivano ogni sua energia e alla sera era troppo stanca per concentrarsi su qualsiasi altra cosa. Infatti l'ansia di non riuscire a portare a termine tutte le faccende casalinghe spesso la teneva sveglia fino a tardi. Odiava il disordine. Probabilmente questa mania nasceva dai tempi in cui viveva nella Riserva, dove il caos e lo sporco erano all'ordine del giorno. Era stato difficile per lei crescere nella Black Peak Reservation, all'interno di una piccola e vecchia casa. Aveva sempre trovato invivibile quel luogo, forse essendo l'ultima di cinque fratelli non si era mai sentita compresa appieno e con il passare degli anni quella realtà le era stata sempre più stretta. Aveva finito per detestarla, ogni giorno sempre di più, finché non era fuggita senza più voltarsi indietro. Eppure era il luogo più bello che avesse mai visto, lunghe distese infinite di colori intensi interrotte solamente da imponenti formazioni rocciose che parevano toccare il cielo. Il tramonto e l'alba poi assumevano connotazioni ancora più uniche, intensificando ogni singola sfumatura del paesaggio rendendolo splendido agli occhi di qualsiasi individuo. Per quel luogo sentiva quindi un astio crescente dettato dalle sue condizioni di vita, combinato a un profondo attaccamento per la Natura circostante. Aveva provato questo sentimento contrastante fino al suo ultimo giorno di permanenza nella Riserva e, qualche volta, alla sera prima di addormentarsi chiudeva gli occhi immaginando quei luoghi così vicini eppure così lontani.

Quella sera sbrigò velocemente le incombenze che aveva rimandato nei giorni precedenti e si concesse un lungo bagno ristoratore. Cercò di rilassarsi, cancellando ogni traccia di ansia lavorativa dalla sua mente. Ma era impossibile, almeno per lei. L'incapacità di estraniarsi dalle situazioni stressanti era una caratteristica che spesso le procurava problemi d'insonnia. Era ben consapevole che il giorno successivo sarebbe stato uguale al precedente, come ogni giorno della settimana. La sua vita sembrava non avere alcun spiraglio di luce, era intrappolata in un tunnel senza alcuna via di fuga.
Temeva inoltre che la crescente stanchezza le avrebbe creato qualche problema al lavoro e con una promozione dietro l'angolo non poteva permettersi distrazioni. Tra lei e Richard era una gara aperta e non aveva alcuna intenzione di commettere errori. Forse il giorno successivo sarebbe stato un po' diverso, forse si sarebbe liberata di una piccola parte di quella profonda malinconia e sarebbe finalmente stata felice.

Si diresse finalmente verso la camera da letto per concludere quella lunga giornata e riposare qualche ora prima di tornare nuovamente in ufficio. Passò di fronte alla finestra del soggiorno che si affacciava sulla strada deserta e si soffermò a osservare la villetta dalla parte opposta del viale. Per lungo tempo era appartenuta a una famiglia con due figli piccoli, ma poi, senza alcuna ragione apparente, si erano trasferiti lasciando la casa e il quartiere. Doli non aveva rapporti con nessuno del vicinato. Occasionalmente venivano organizzate delle grigliate con cadenza quasi irritante, a cui spesso non partecipava. Cercava di tenersi alla larga dai suoi vicini il più possibile. In passato le era capitato di essere etichettata malignamente come la "ragazza indiana" dai membri più anziani del gruppo. Aveva finito per odiare i suoi tratti somatici, desiderando di essere diversa, in modo da non dover più subire quelle ingiustizie e gli sguardi curiosi degli sconosciuti. Faticava a sentirsi accettata dalla comunità, le sembrava che il colore della sua pelle fosse come un marchio indelebile, del quale era impossibile disfarsi.

Non importava che fosse una persona gentile o affidabile, chi non la conosceva a fondo non le riservava mai la completa fiducia che meritava. Forse era quello il principale ostacolo che le impediva di fare carriera sul luogo di lavoro. Il suo capo non si fidava mai completamente di lei, nonostante Doli dimostrasse ogni singolo giorno di essere la persona giusta per ottenere la promozione.
Al lavoro era stata fortunata ad aver trovato una mansione che le permettesse di evitare i contatti diretti con i clienti, comunicando solamente con telefono ed e-mail. Non l'avrebbero mai assunta se avesse dovuto vendere i prodotti aziendali porta a porta, nessuno avrebbe dato fiducia a una come lei. Era una Nativa Americana e questo a molte persone non piaceva affatto.
La casa abbandonata dalla famiglia apparteneva ora a Josh Redgar, un uomo attraente che conduceva una vita piuttosto accomodante, o almeno così era parso a Doli che però lo aveva incrociato solamente un paio di volte.

Con tutta probabilità aveva un lavoro con orari molto flessibili, come un part-time o forse non ce l'aveva perché ogni volta che Doli usciva alla mattina lui era ancora in casa e quando rientrava alla sera la sua macchina era già parcheggiata nel vialetto. Ma dopotutto gli orari di Doli erano piuttosto assurdi, perciò forse Josh aveva semplicemente una normale routine lavorativa.
Doli vide un riflesso dalla vetrata e lo immaginò seduto sul divano davanti alla televisione, magari con una donna accanto. Ma era certa di non aver mai visto una compagnia femminile aggirarsi nei dintorni di casa sua prima d'ora e se l'avesse avuta, nei due mesi passati dal suo trasferimento, se ne sarebbe di certo accorta.
Scacciò quei pensieri dalla mente e lanciò un ultimo fugace sguardo alla via illuminata dalla fioca luce dei lampioni. In quel momento si ricordò dell'ennesima grigliata alla quale era stata invitata quel fine settimana. Probabilmente avrebbe declinato l'invito come era solita fare, aveva molto lavoro in arretrato e non ne aveva nemmeno voglia di andare. Avrebbe semplicemente detto che doveva lavorare e nessuno le avrebbe chiesto spiegazioni. Con un sonoro sospiro diede le spalle alla finestra, ma mentre si voltava le parve di vederlo di nuovo. Due grandi ali volare alte in cielo e un paio di luminosi occhi gialli che la fissavano, proprio come qualche ora prima alla Powner IT. Istintivamente passò un dito sulla piccola voglia a forma di saetta che aveva sulla mano destra.

La mattina dopo quando si alzò alle 6.30, aveva ancora un vago ricordo del sogno che stava facendo prima che la suoneria del cellulare la svegliasse. Nel sogno si trovava sulla cima di una montagna mentre un forte vento le muoveva i capelli da una parte all'altra del viso e il rumore della travolgente raffica le rimbombava nelle orecchie. Si era scostata una ciocca di capelli dalla guancia con il palmo della mano e il suo sguardo era caduto sulla piccola voglia. Si era concentrata su quella forma insolita quando aveva notato nello spiraglio di luce attraverso le sue dita, un'aquila che si librava in volo alla stessa altezza della montagna. Aveva abbassato il braccio osservandola volare in circolo in alto sopra di lei ed emettere un suono stridulo, ma al tempo stesso affascinante. Il sogno si arrestò al suono della sveglia e controvoglia si alzò per iniziare un'altra lunga giornata di lavoro.
Non fece colazione, non aveva mai tempo di concedersi un buon e salutare inizio di mattinata. Si vestì velocemente e si chiuse la porta di casa alle spalle. Diede una fugace occhiata alla casa di fronte, il suo vicino, Josh Redgar, se ne stava in piedi all'imbocco del viale con una tazza di tè in una mano e il giornale fresco di stampa nell'altra. I loro sguardi si incontrarono per un breve istante finché Doli non salì in macchina diretta alla Powner IT.
Il viaggio dal suo quartiere di South Juniper Street al posto di lavoro durava poco più di una ventina di minuti, ma per Doli era ormai diventata un'azione quasi robotica e anche un'occasione per riflettere sui pensieri che le affollavano la mente. Quella mattina, in ufficio, sarebbe arrivato un importante cliente che Caroline era riuscita ad accaparrarsi chissà dove e Doli, nonostante i pettegolezzi sul suo conto, doveva fare il possibile per aggiudicarsi un contratto con la sua influente società. Al suo arrivo, una riunione commerciale avrebbe deciso chi si sarebbe aggiudicato la vendita di quel software. Doli, che aveva preparato una presentazione articolata, aveva ideato e realizzato un gestore delle risorse che avrebbe permesso l'amministrazione delle attività finanziarie, bancarie e assicurative. Questa soluzione non era solo applicabile al singolo individuo interessato all'acquisto, ma anche a livello aziendale, dove un'impresa sarebbe stata in grado di monitorare tutte le entrate, le uscite, i finanziamenti, costi e ricavi, guadagni netti e lordi, quotazioni in borsa, azioni, obbligazioni e tutto ciò che riguardava la sfera manageriale. Doli stava pensando addirittura di ampliare l'idea, inserendo nel progetto anche la possibilità di gestire le risorse umane dell'azienda. Era certa che il suo cavallo di battaglia sarebbe stata l'arma vincente nella guerra contro Richard, che invece aveva ideato un semplicissimo e tradizionale software gestionale per l'amministrazione delle fatture, del magazzino e della logistica.

Per quel motivo Doli era sicura che l'importante cliente, che possedeva un'impresa di estrazione petrolifera, sarebbe rimasto estasiato dalla sua proposta. Si riteneva molto più perspicace di Richard avendo realizzato qualcosa di unico, ma ora le toccava condividerlo con il suo collega zoticone, perché il prodotto doveva essere venduto come un unico pacchetto e non importava chi avesse avuto l'idea, il merito sarebbe comunque stato della Powner IT e non di Doli.

Quando l'ascensore si fermò al diciottesimo piano, una targhetta in metallo della Powner IT le annunciava l'arrivo sul posto di lavoro. Poteva già vedere il suo collega Richard agitare nervosamente le mani al cielo attraverso i vetri dell'ufficio, mentre Caroline a braccia conserte lo osservava, comodamente seduta sulla sedia girevole, il sedere sodo di palestra strizzato in un paio di jeans aderenti.

Doli, cercando di mimetizzarsi tra i colleghi, si avvicinò alla sua scrivania, ma lo sguardo di Caroline la intercettò e chiamandola a gran voce le intimò di avvicinarsi.

«Una tragedia!» annunciò Richard non appena la vide arrivare.

Caroline annuì in modo teatrale «Lionel, l'autista aziendale, era statoincaricato di andare a prendere il cliente in aeroporto. Indovina? Si è ammalato.» Scosse la testa e sbuffò. «A-m-m-a-l-a-t-o.» ripeté, scandendo una ad una le lettere.

«Devi andare a prendere tu Claus Butler, non ci sono soluzioni. Gli altri autisti sono impegnati tutto il giorno in città.»

Doli non fece nemmeno in tempo a controbattere. Aveva una lunga lista di incombenze urgenti e voleva rivedere per l'ultima volta il progettoprima della presentazione. Se fosse dovuta andare a prendere il signor Butler tutti i suoi piani sarebbero andati in fumo.

«Devi andare immediatamente all'aeroporto di Phoenix.» disse Caroline senza voler sentire ragioni.

Mezz' ora più tardi stava sfrecciando sulla Red Mountain Fwy, diretta all'aeroporto di Phoenix, dove l'aereo del signor Butler sarebbe atterrato da un momento all'altro.

Ancora non riusciva a capacitarsi di essere stata obbligata ad adempiere aun compito che non rientrava affatto nelle sue mansioni, ma a unpasso dalla promozione non poteva permettersi di contraddire Caroline.

Doli era certa che fosse opera di Richard, che probabilmente aveva esibito uno dei suoi falsi sorrisi e sfoderato come scusa la sua qualifica troppo superiore per un compito del genere. Era già capitato che gliautisti fossero impegnati in altre mansioni, ma non erano mai statisostituiti da un impiegato, solitamente spettava all'ultimoarrivato o qualche tirocinante. Era frustrata principalmente peressersi persa l'occasione di un ripasso generale primadell'importante presentazione e per aver permesso che il suo rivaleavesse la meglio.

A causa di alcuni lavori stradali, Doli fu costretta a imboccare una via secondaria che costeggiava la Kiva Mountain, una conformazione rocciosa tra Phoenix e Tempe. Era la prima volta che percorreva quella strada, ma era l'unica soluzione per raggiungere l'aeroporto in breve tempo.

Avvicinandosi alla montagna, dalla strada che la costeggiava, le sembrò di intravedere tra le rocce un animale che si muoveva velocemente. Daquella distanza non era in grado di vederlo con esattezza, si sporse quindi dal finestrino dell'abitacolo, ma perse il controllo del volante per un breve istante, finendo con la ruota anteriore dell'auto fuori dalla carreggiata.

In un primo momento cercò di ignorare il fastidioso rumore che proveniva dall'esterno, ma quando iniziò a farsi sempre più intenso fu costretta a costeggiare sulla ghiaia a lato della strada.

Frustrata, batté una mano contro il volante facendo risuonare il clacson.

«No, non è possibile!» mormorò tra sé. Non poteva permettersi dirovinare la macchina aziendale e nemmeno di fallire nella semplice missione che le era stata assegnata.

Scese dall'auto, controllando immediatamente la portata del danno. Un ampio taglio aveva atterrato completamente la ruota rendendole impossibile proseguire.

Si passò una mano tra i capelli e alzò lo sguardo verso la montagna, la causa che l'aveva portata alla rovina.

Vide di nuovo l'animale. Poteva assomigliare a una volpe, ma era molto più grande. Forse per quella somiglianza si era distratta ed era finita fuori strada. Mentre si stava interrogando su quello strano essere, davanti ai suoi occhi accadde l'impossibile.

La figura perse velocemente le proprie sembianze animalesche, assumendo connotazioni umane. Era un uomo!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 || Parte 2 ***




Dovete scusarmi ma mi sono completamente dimenticata di aggiornare! ahaha ;)
Questo pezzo è molto breve, ma domani uscirà il secondo capitolo.
Questi estratti fanno parte del libro Somnium, che potete trovare al momento in offerta a 0,99€! Qui su amazon:
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Buona lettura!

Doli incredula chiuse gli occhi, incolpando la mancanza di sonno che senza alcun dubbio le aveva procurato le allucinazioni.

Ma quando li riaprì l’uomo era ancora lì e la stava fissando. O forse non lo stava facendo, da quella distanza era difficile capirlo. Ma poi le fece un chiaro cenno con la mano, come se la intimasse a raggiungerlo.

Doli era spaventata, ma al tempo stesso desiderava una spiegazione per ciò che aveva visto. Era forse diventata pazza? Magari l’uomo non si era mai trasformato, probabilmente il sonno e il calore di quella giornata afosa le avevano fatto vedere qualcosa che non era davvero accaduto. L’uomo era sicuramente un passante o un escursionista che si era perso.

Le fece di nuovo un cenno, questa volta più insistente, quasi come se avesse esaurito la pazienza.

Doli lasciò la portiera spalancata nel caso si fosse resa necessaria una fuga rapida. Strinse forte le chiavi nel palmo della mano destra. Avrebbe dovuto lasciarle nella macchina. Stava quasi per cambiare idea e tornare indietro, quando le sembianze dell’uomo di fronte a lei colsero tutto il suo stupore. L'iride dei suoi occhi era verde e aveva le orecchie appuntite come quelle di una volpe. Ogni aspetto di quello strano uomo assomigliava a un animale.

Sapeva che doveva fuggire immediatamente, ogni persona sana di mente lo avrebbe fatto, ma lei non riusciva a muovere un singolo muscolo. Se ne stava semplicemente immobile con gli occhi fissi sull’Uomo-Volpe di fronte a lei, mentre i pensieri si accavallavano vorticosamente nella sua testa.

«Non è come dovrebbe essere, non sarebbe mai dovuta andare in questo modo.» esordì lui, senza il minimo imbarazzo. «Esistono delle regole che devono essere rispettate.»

La sua voce risuonava calma a dispetto di quello che diceva. La osservò, come se attendesse una sua replica, ma tutto ciò che Doli riuscì a dire fu: «Uh. Ti ho visto dalla strada prima. Dove è finita la volpe? Mi hai fatto bucare una ruota, stavo cercando di capire che cosa fosse quella figura enorme alle pendici della montagna.»

Cercò di mantenere un tono di voce neutro, ma l’agitazione che provava la rese più acuta di quanto sperasse.

«Per questa volta al diavolo il protocollo.» ribatté lui, ignorando ciò che Doli aveva appena detto.

«Sono venuto qui per te, devi ascoltare attentamente quello che ti sto per dire.»

Doli deglutì nervosamente, gli occhi dello sconosciuto la scrutavano con attenzione.

Sarebbe morta alle pendici di quella montagna e nessuno avrebbe trovato il suo corpo privo di vita, nessuno avrebbe mai saputo che cosa le era successo. Eppure non riusciva a trovare la forza di fuggire, e, anche se non voleva ammetterlo, una piccola parte di lei voleva sapere ciò che l’uomo aveva da dirle. La curiosità prevaleva sulla ragione.

«Tu non sei un’umana, sei un Blazon. Sei un Uomo-Animale. Il tuo compito è quello di mantenere l’equilibrio naturale nel mondo e svolgere i doveri che ti verranno assegnati.»

Ogni parola che diceva lo sconosciuto era assurda, a cominciare da quello strano termine, “Blazon”. Si chiese il motivo per cui non fosse ancora fuggita, ma lui non le lasciò il tempo di controbattere.

«Si rende necessaria questa urgenza perché la Terra Umana è in grave pericolo a causa di una minaccia che colpirà il mondo animale e quello umano senza alcuna distinzione.»

Ora Doli aveva capito, quello strano Uomo-Volpe era un esaltato, probabilmente un fanatico degli alieni o di qualche strana religione praticata sulla cima di una montagna.

Si voltò velocemente ignorando il suo sguardo serio che la implorava di comprendere quello che le stava dicendo, come se da lei dipendesse il destino dell’intera umanità.

Iniziò a correre verso l’auto, pregando dentro di sé che lui non la seguisse sulla strada.

«Come pensi di andartene? Hai una gomma a terra!» le urlò lui di rimando.

Doli non si voltò, dirigendosi immediatamente verso il baule dell’auto. Mentre lo stava per aprire, con le mani tremanti, si accorse che lui l’aveva raggiunta ed era alle sue spalle.

Se avesse gridato nessuno l’avrebbe sentita.

Le macchine in quella zona passavano raramente e le possibilità di soccorso sarebbero state scarse. Immaginava già uno scenario nel quale un automobilista ignaro avrebbe trovato il suo corpo senza vita giorni dopo, sul ciglio della strada.

Ignorando l’uomo alle sue spalle, cercò freneticamente una ruota di scorta nel vano posteriore, ma all’improvviso sentì uno strano rumore proveniente dalla ruota a terra. Si sporse leggermente e quando ebbe la visuale libera, si accorse che la gomma non era più forata. Al suo posto c’era una ruota come nuova.

«Che cosa hai fatto?» chiese lei con voce tremante. Per la prima volta da quando lui le aveva detto quelle cose, Doli riuscì a proferire parola.

L'uomo non rispose alla sua domanda.

«I Blazon sono l’incarnazione umana di un animale, del quale portano caratteristiche e sembianze. Questa condizione è assegnata fin dalla nascita.»

La parola che lui ripeteva le sembrava tanto strana quanto curiosa.

Non credeva a quello che diceva, eppure il suo aspetto fisico confermava la sua tesi.

«Nascono dieci Blazon ogni dieci anni, e naturalmente in tutto il mondo ne esistono solo cento.»

Il suo sguardo indugiò su di lei, come se volesse intendere qualcosa.

«Quando un Blazon muore, ne nasce un altro, in modo che l’equilibrio sia sempre mantenuto.» aggiunse come se fosse una cosa ovvia. Il suo sguardo poi si fece più cupo.

«C’è una minaccia che incombe sulla nostra specie però. È costituita da un gruppo di Blazon che ha scelto la via del male e che deve essere fermato prima che sia troppo tardi. Tu sei indispensabile in questo. Devi abbandonare la tua vita, il tuo lavoro e i tuoi affetti immediatamente e seguirmi.»

Doli ora aveva davvero perso la pazienza. Aveva assecondato fin troppo le assurde parole di quello squilibrato, era giunto il momento di andarsene.

Con la coda dell’occhio ricontrollò che la gomma fosse effettivamente riparata e salì rapidamente in macchina.

Questa volta lo sconosciuto non la seguì, ma quando Doli accese il motore della vettura, si piazzò accanto al finestrino.

«Tu incarni lo spirito dell’Aquila, Doli. Sei un Blazon.»

 

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