La strega

di hapax
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


strega Sono una strega.
O, almeno, è quello che dicono di me.
Me ne sto qui, in attesa della morte, che non viene mai.
Oh, se avessi veramente i poteri che mi attribuiscono, se fossi veramente l'essere immondo di cui mi accusano!
Un patto col diavolo per fuggire da queste mura, per non sentire più dolore, per vederli soffrire come fanno soffrire me.
Ma il diavolo non viene: il mio inferno è questa prigione, e Satana è il mio inquisitore.


25 dicembre 1483
Alle prime luci dell'alba del Santo Natale 1483 le urla di dolore provenienti dalla casa in fondo al villaggio cessarono.
Amelia, ancora sudata e ansante, guardò la sua bambina tra le braccia della vecchia.
- Non piange! -
La vecchia scosse il capo.
- Mi dispiace. -
- Sciagurata! - urlò Amelia - Cosa stai lì con le mani in mano! Colpiscila! -
Le donne che l'avevano assistita durante il parto la guardarono senza capire.
- Datela a me. -
La madre strappò la bambina dalle braccia che la tenevano lontana da lei, la capovolse e la colpì con un sonoro sculaccione.
La neonata cominciò improvvisamente a tossire e, dopo pochi istanti, forti vagiti riempirono la stanza.
La donna rise sentendo con quanta energia la sua bambina urlava la sua gioia di essere al mondo, con quanto ardore quei pungetti chiusi stringevano la vita.
Agnese, la levatrice del villaggio, di bambini ne aveva fatti nascere tanti, ma era convinta che la piccola che stringeva tra le braccia fosse di gran lunga la creatura più bella che avesse mai vista.
Avvicinò le labbra al viso della neonata, e le parlò in un sussurro.
- Benvenuta nel mondo, Benedetta. -

In punta dei piedi, col mento posato sul tavolo, Benedetta osservava sua madre nell'atto di smunizzare le erbe che le aveva insegnato a riconoscere e a disinguere da quelle per preparare gli infusi per i dolori allo stomaco, per i giramenti di capo, per conciliare i sonno.
- Funzionerà, mamma? -
- Lo spero - rispose Agnese seriamente - Hanno aspettato troppo a lungo prima di chiamarmi e la febbre è molto alta: non posso fare miracoli. -
La bambina sospirò pensando alla sua compagna di giochi, la piccola Teresa, distesa nel suo giaciglio con le guance infuocate e gli occhi lucidi.
Con mani esperte Agnese preparò l'infuso per la febbre, spiegando alla figlia ogni dettaglio di quegli intichi saperi, esattamente come molti anni prima sua madre aveva fatto con lei.
Finalmente era tutto pronto, e madre e figlia uscirono di casa correndo verso la minuscola capanna di contadini dove una piccola inferma lottava per la vita.
Benedetta si sedette accanto a Teresa, ascoltando i singhiozzi delle donne che le stavano attorno e i passi pesanti del padre dell'amica.
- Questo dovrebbe calmarle un po' la febbre - disse Agnese alzando leggermente il capo della bambina per farle bere la medicina.
- Si salverà? - le chiese una donna in lacrime.
- Non lo so. -


Teresa, dolce amica mia, dove sei?
Perché proprio ora riaffiorano questi tristi ricordi?
Vorrei addormentarmi e non svegliarmi più, proprio come facesti tu.
Quanto ho pianto tra le braccia di mia madre!
L'ho perfino odiata perché non era stata in grado di salvarti.
Se i miei aguzzini sapessero quanto limitati sono i poteri che mi attribuiscono, se sapessero che tutto ciò che mia madre mi ha insegnato non è frutto di sortilegio...
Ecco.
Sento i loro passi.
Stanno tornando da me, mi rimetteranno in catene, mi trascineranno via di nuovo, mi accuseranno di colpe che non ho mai commesso.

- In piedi, strega! -


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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


strega2 - Quindi insisti nel dire che non hai mai praticato la stregoneria! -
Sì, Eccellenza, non non ho mai praticato la stregoneria. Non ho mai volato a cavallo di una scopa, non ho mai trasformato gli uomini in porci né parlato coi serpenti, non ho mai distrutto un raccolto o fatto scoppiare un'epidemia, non ho mai parlato col diavolo e tantomeno ho avuto rapporti carnali con lui.
- Ma tutti ti conoscono come una guaritrice. Non sei forse tu che quando qualcuno si ammala corri al suo capezzale facendogli bere intrugli di varia natura, fino a farlo guarire o morire? -
Da una malattia si può guarire o si può morire. I miei intrugli non sono altro che decotti di erbe che possono favorire la guarigione, ma se Dio ha già stabilito che è giunta l'ultima ora io non posso in alcun modo oppormi.
- Come osi parlare di Dio? Tu bestemmi! La tua anima non conosce Dio. -
Se è già stabilito che la mia anima non conosce Dio, qual'è il senso di queste domande?
- Le domande qui le facciamo solo noi. Sto cominciando a perdere la pazienza, donna, ma ti farò un'ultima domanda: chi ti ha insegnato quello che sai? -
L'ho già detto: è stata mia madre, che mi ha insegnato ciò che sua madre le ha insegnato, e sua madre prima di lei. Le mie ave si sono guadagnate il pane facendo nascere i bambini e guarendo gli infermi, e questo è quello che faccio io.
- Sei una pazza! Non hai alcuna paura nel dire queste cose? Tua madre è stata bruciata sul rogo perché era una strega, e ora tu non fai altro che confermare le tue accuse. -
No. Io sto dicendo solamente la verità: siete voi che della verità ascoltate solo ciò che vi fa più comodo.


- Perché ce ne andiamo? -
- Perché questo posto sta cominciando a essere troppo pericoloso. -
Agnese camminava spedita stringendo forte il cestello con i suoi preziosi vasetti di infusi e decotti, seguita a ruota dalla figlia.
- E chi farà nascere i bambini, adesso? -
- Maria è molto brava, mi ha assistita per anni, se la caverà benissimo. E poi anche dove andremo avranno bisogno di una levatrice. -
Benedetta non sembrava convinta, e i suoi occhi scuri si incupirono.
- È per via di quell'uomo, vero mamma? -
Agnese si fermò e si girò a guardare la figlia.
- È mio padre, vero? - continuò la ragazza - L'ho sentito da alcune donne che stavano spettegolando convinte che non potessi sentirle. -
Agnese sospirò, incerta se rispondere alla difficile domanda che sua figlia le aveva posto.
- Sì, Benedetta, quell'uomo è tuo padre. - rispose alla fine.
La ragazza sorrise: - È un uomo potente! È il padrone di queste terre? Perché non me l'hai mai detto? -
- Sì, è un uomo potente e no, non è il padrone di queste terre. E non te l'ho mai detto perché non volevo che...-
La donna si interruppe e molte lacrime le sgorgarono dagli occhi.
Benedetta capì che non era il caso di insistere: il dolore negli occhi di sua madre la spaventò e non desiderò più conoscere la verità sulla sua nascita.
- Forse è meglio andare: presto farà buio. -

Le voci al di là del muro si fecero più concitate.
Benedetta appoggiò l'orecchio per sentire meglio, e finalmente riuscì a cogliere qualche parola.
- Ti rovino - disse l'uomo - Come è vero Dio, donna, non vedrai l'alba del nuovo anno. -
- Ho detto: fuori di qui! -
Passi pesanti si diressero verso la porta; la voce parlò di nuovo, poi la porta sbattè e fu di nuovo silenzio.
Agnese guardò dallafinestra un'ombra allontanarsi nel buio, poi, stanca, si sedette di fronte al fuoco e pianse in silenzio.
Dovevano fuggire, di nuovo.
Maledisse le sue arti, le sue antiche conoscenze, e maledisse sè stessa per averle tramandate a sua figlia: senza volerlo, le aveva insegnato ciò che l'avrebbe condotta alla rovina.


Vorrei dormire, chiudere gli occhi, riposare il mio povero corpo martoriato dalle ferite.
Mi bruciano i piedi, ed è appena l'inizio.
Quanto tempo l'hanno tenuta, mia madre, prima di annientarla definitivamente? Ha sofferto quanto soffro io? O forse di più?
Ricordo ancora con terrore quel maledetto giorno, quando l'hanno portata via chiamandola strega.
Non mi è dato conoscere la verità: ignoro il vero motivo che ha spinto quell'uomo, l'uomo che mi ha generata, alla vendetta; ma soffro sapendo che potrei esserne io la causa.
Finalmente viene il sonno, e prego sia un sonno lungo e senza sogni.

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


strega3 - Credi nell'esistenza della stregoneria? Credi che si possano scatenare tempeste, o affatturare uomini e animali? -
Maledetti!
Avrei potuto rispondere qualsiasi cosa, e sarebbe stata la risposta sbagliata, e la mia risposta fu "No, non credo nella stregoneria".
Lo vedo di fronte ai miei occhi come fosse ora, giudice ingiusto e malvagio, con la mano destra posata su quel libro e gli occhi di topo che brillavano dalla smania di rovesciarmi addosso le sue accuse.
- Allora le streghe bruciate sono state condannate ingiustamente? -
Fu in quell'istante che capii: era tutto un immenso imbroglio.


La portarono via una mattina d'inverno, trasportata su un asse di legno per impedirle il contatto con la terra, legata come un animale.
Agnese piangeva, urlava, implorava pietà, ma gli uomini la condussero via sotto lo sguardo attento del prelato che li benediceva.
La folla gridava, e tra gli strepiti e le maledizioni Agnese scorgeva i volti delle donne che aveva aiutato a partorire, dei bambini che aveva fatto nascere, delle persone che aveva curato quand'erano inferme.
Solo una persona piangeva la sua sorte, ma Agnese non poteva sentire tra le ingiurie la sola voce che la chiamava: - Mamma -.

La luna splendeva in cielo da molte ore e il mondo era invaso dal silenzio, ma Benedetta si copriva le orecchie con le mani per non sentire le urla di dolore che le rimbombavano nella testa; le sembrava quasi di poter ancora sentire quell'odore nauseante della carne lambita dalle fiamme (la carne di sua madre), e i suoi occhi bruciavano ancora per il fumo che impregnava l'aria.
Il gatto entrò dalla finestra e le si accucciò accanto, e senza curarsi dello stato d'animo della sua padrona fece le sue rimostranze per ricordarle che non gli aveva ancora dato da mangiare.
- Vattene, stupido gatto! Sei l'unica bestia della tua specie che non riesce ad arrangiarsi neanche per mangiare! -
Il gatto rimase indifferente a quell'accusa, ed emise un debole miagolio.
Benedetta sospirò e diede un pezzo di carne all'animale, che cominciò a fare le fusa, visibilmente soddisfatto.
La ragazza si stese sul suo giaciglio e si addormentò di un sonno tormentato dagli incubi.


Che altro potevo fare, rimasta sola?
Me ne andai, e ricominciai una nuova vita in un altro posto facendo l'unica cosa che sapevo fare: il mestiere che mi aveva insegnato mia madre.
Tornai indietro solo per assistere all'esecuzione, e forse fu un bene: almeno so a che cosa sto andando incontro.

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***


strega4 Sì, sì, sì, dirò tutto quello che volete.
Sono una strega, lo ammetto, ma fate cessare questo dolore.
Ascoltate questa mia falsa confessione, compiacetevi nell'udire i miei finti peccati, godete pure del mio dolore, ma mettete fine a questa sofferenza!
Dalla bocca come un fiume in piena vomito le bestemmie che mi porteranno alla condanna, ma la morte non mi terrorizza, anzi la desidero, e il solo pensiero di non sentire più le ferite di questo corpo martoriato mi rende quasi felice.


La giovane donna si sedette sul prato all'ombra di un Noce, esausta.
Non ce l'aveva fatta: madre e figlio erano morti, e lei non aveva potuto fare nulla di più che posarle sul seno il corpo senza vita di quel bambino nato morto, tenendole la mano fino a che la Nera Signora non s'è presa anche lei.
Benedetta sapeva che la colpa non era sua, che la ragazza era troppo giovane e troppo debole per avere un figlio, ma non riusciva comunque a non pensare a che cosa avrebbe pensato la gente; mesi prima un'epidemia di colera aveva decimato il paese: lei aveva fatto tutto il possibile, ma sapeva benissimo che quella battaglia era persa in partenza; ricordava con angoscia quelle persone disperate, che si aspettavano da lei una pronta guarigione non volendo credere di essere spacciate.
La gente stava cominciando a perdere fiducia in lei.

- Apri la porta, maledetta, apri la porta! -
Di colpo la porta di legno cedette.
Gli uomini inferociti invasero la stanza, distruggendo ogni cosa coi loro bastoni.
- È qui! - gridò uno trascinando la donna per i capelli.
Benedetta urlava, piangeva, implorava, ma a nessuno importava del suo dolore.
All'improvviso il gatto saltò giù da uno scaffale e piantò le unghie sul volto dell'uomo che teneva per i capelli la sua padrona; quell'estremo gesto dei lealtà gli costò caro: un colpo ben assestato colpì la bestia facendola sbattere contro il muro, e un debole miagolio accompagnò il suo ultimo respiro.
- È una strega, come sua madre. -
- È stata lei! Ha fatto il malocchio al villaggio! -
- Ha attirato su di noi ogni sventura! -
- Ha fatto morire i nostri figli! -
Le voci, come un eco, si ripetevano tante e tante volte, e si confondevano, si sovrapponevano, si facevano bestiali.
Benedetta svenne.


La luce del sole mi ha svegliata: la luce del mio ultimo giorno.
Sento i passi avvicinarsi alla mia cella, la voce del mio confessore, il tintinnio delle catene pronte a serrare i miei polsi.
Mi sento calma, non ho più paura, e attendo la morte con impazienza.
Le fiamme lambiranno il mio corpo, bruceranno la mia pelle, scioglieranno la mia carne, ma se il Signore Iddio avrà pietà di me non sentirò dolore, e la mia anima sarà finalmente libera.


Fine



Purtroppo a causa di numerosi impegni ho faticato a scrivere e pubblicare quest'ultima parte.
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di arrivare fino in fondoe a chi ha commentato, e porgo i miei complimenti a chi ha riconosciuto un qualcosa de "La chimera" di Vassalli, che nonostante sia passato molto tempo dall'ultima volta che l'ho letto mi ha comunque dato alcuni spunti per scrivere la storia di Benedetta.
Nonostante si tratti di un'opera di fantasia ho cercato di non inventare troppo per quanto riguarda il processo alle streghe da parte dell'inquisizione (cattolica e non): le domande fatte dall'inquisitore non erano casuali, ma facevano realmente parte delle procedure indicate per condurre i processi per stregoneria, come pure l'attenzione per la storia di Agnese (che in una riga del primo capitolo chiamo ancora Amelia: era il primo nome che avevo dato a quel personaggio e per disattenzione non l'ho cambiato), il modo in cui è stata arrestata, ecc.
Ho voluto lasciare apposta lo spazio al lettore di immaginare cosa possa essere accaduto tra un fatto e l'altro della vita di Benedetta: se qualcuno volesse trarne spunto per una qualsiasi storia, libero di farlo.

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