La strega di hapax (/viewuser.php?uid=64696)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 1 *** Capitolo primo ***
strega
Sono una strega.
O, almeno, è quello che
dicono di me.
Me ne sto qui, in attesa
della morte, che non viene mai.
Oh, se avessi veramente
i poteri che mi attribuiscono, se fossi veramente l'essere immondo di
cui mi accusano!
Un patto col diavolo per
fuggire da queste mura, per non sentire più dolore, per vederli
soffrire come fanno soffrire me.
Ma il diavolo non viene:
il mio inferno è questa prigione, e Satana è il mio inquisitore.
25 dicembre 1483
Alle prime luci dell'alba del Santo Natale 1483 le urla di dolore
provenienti dalla casa in fondo al villaggio cessarono.
Amelia, ancora sudata e ansante, guardò la sua bambina tra le braccia
della vecchia.
- Non piange! -
La vecchia scosse il capo.
- Mi dispiace. -
- Sciagurata! - urlò Amelia - Cosa stai lì con le mani in mano!
Colpiscila! -
Le donne che l'avevano assistita durante il parto la guardarono senza
capire.
- Datela a me. -
La madre
strappò la bambina dalle braccia che la tenevano lontana da lei, la
capovolse e la colpì con un sonoro sculaccione.
La neonata cominciò improvvisamente a tossire e, dopo pochi istanti,
forti vagiti riempirono la stanza.
La
donna rise sentendo con quanta energia la sua bambina urlava la sua
gioia di essere al mondo, con quanto ardore quei pungetti chiusi
stringevano la vita.
Agnese, la levatrice del villaggio, di bambini
ne aveva fatti nascere tanti, ma era convinta che la piccola che
stringeva tra le braccia fosse di gran lunga la creatura più bella che
avesse mai vista.
Avvicinò le labbra al viso della neonata, e le parlò in un sussurro.
- Benvenuta nel mondo, Benedetta. -
In punta dei piedi, col mento posato sul tavolo, Benedetta osservava
sua madre nell'atto di smunizzare le erbe che le aveva insegnato a
riconoscere e a disinguere da quelle per preparare gli infusi per i
dolori allo stomaco, per i giramenti di capo, per conciliare i sonno.
- Funzionerà, mamma? -
- Lo spero - rispose Agnese seriamente - Hanno aspettato troppo a lungo
prima di chiamarmi e la febbre è molto alta: non posso fare miracoli. -
La bambina sospirò pensando alla sua compagna di giochi, la piccola
Teresa, distesa nel suo giaciglio con le guance infuocate e gli occhi
lucidi.
Con mani esperte Agnese preparò l'infuso per la febbre, spiegando alla
figlia ogni dettaglio di quegli intichi saperi, esattamente come molti
anni prima sua madre aveva fatto con lei.
Finalmente era tutto pronto, e madre e figlia uscirono di casa correndo
verso la minuscola capanna di contadini dove una piccola inferma
lottava per la vita.
Benedetta si sedette accanto a Teresa, ascoltando i singhiozzi delle
donne che le stavano attorno e i passi pesanti del padre dell'amica.
- Questo dovrebbe calmarle un po' la febbre - disse Agnese alzando
leggermente il capo della bambina per farle bere la medicina.
- Si salverà? - le chiese una donna in lacrime.
- Non lo so. -
Teresa, dolce amica mia,
dove sei?
Perché proprio ora
riaffiorano questi tristi ricordi?
Vorrei addormentarmi e
non svegliarmi più, proprio come facesti tu.
Quanto ho pianto tra le
braccia di mia madre!
L'ho perfino odiata
perché non era stata in grado di salvarti.
Se i miei aguzzini
sapessero quanto limitati sono i poteri che mi attribuiscono, se
sapessero che tutto ciò che mia madre mi ha insegnato non è frutto di
sortilegio...
Ecco.
Sento i loro passi.
Stanno tornando da me,
mi rimetteranno in catene, mi trascineranno via di nuovo, mi
accuseranno di colpe che non ho mai commesso.
- In piedi, strega! -
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo secondo ***
strega2
- Quindi insisti nel dire che non hai mai praticato la
stregoneria! -
Sì, Eccellenza, non non
ho mai praticato la stregoneria. Non ho mai volato a cavallo di una
scopa, non ho mai trasformato gli uomini in porci né parlato coi
serpenti, non ho mai distrutto un raccolto o fatto scoppiare
un'epidemia, non ho mai parlato col diavolo e tantomeno ho avuto
rapporti carnali con lui.
- Ma tutti ti conoscono come una guaritrice. Non sei forse
tu che quando qualcuno si ammala corri al suo capezzale facendogli bere
intrugli di varia natura, fino a farlo guarire o morire? -
Da una
malattia si può guarire o si può morire. I miei intrugli non sono altro
che decotti di erbe che possono favorire la guarigione, ma se Dio ha
già stabilito che è giunta l'ultima ora io non posso in alcun modo
oppormi.
- Come osi parlare di Dio? Tu bestemmi! La tua anima non
conosce Dio. -
Se è già stabilito che
la mia anima non conosce Dio, qual'è il senso di queste domande?
- Le domande qui le facciamo solo noi. Sto cominciando a
perdere la pazienza, donna, ma ti farò un'ultima domanda: chi ti ha
insegnato quello che sai? -
L'ho già detto: è stata
mia madre, che mi ha insegnato ciò che sua madre le ha insegnato, e sua
madre prima di lei. Le mie ave si sono guadagnate il pane facendo
nascere i bambini e guarendo gli infermi, e questo è quello che faccio
io.
- Sei una pazza! Non hai alcuna paura nel dire queste cose?
Tua madre è stata bruciata sul rogo perché era una strega, e ora
tu non fai altro che confermare le tue accuse. -
No. Io sto
dicendo solamente la verità: siete voi che della verità ascoltate solo
ciò che vi fa più comodo.
- Perché ce ne andiamo? -
- Perché questo posto sta cominciando a essere troppo pericoloso. -
Agnese
camminava spedita stringendo forte il cestello con i suoi preziosi
vasetti di infusi e decotti, seguita a ruota dalla figlia.
- E chi farà nascere i bambini, adesso? -
-
Maria è molto brava, mi ha assistita per anni, se la caverà benissimo.
E poi anche dove andremo avranno bisogno di una levatrice. -
Benedetta non sembrava convinta, e i suoi occhi scuri si incupirono.
- È per via di quell'uomo, vero mamma? -
Agnese si fermò e si girò a guardare la figlia.
-
È mio padre, vero? - continuò la ragazza - L'ho sentito da alcune donne
che stavano spettegolando convinte che non potessi sentirle. -
Agnese sospirò, incerta se rispondere alla difficile domanda che sua
figlia le aveva posto.
- Sì, Benedetta, quell'uomo è tuo padre. - rispose alla fine.
La ragazza sorrise: - È un uomo potente! È il padrone di queste terre?
Perché non me l'hai mai detto? -
- Sì, è un uomo potente e no, non è il padrone di queste terre. E non
te l'ho mai detto perché non volevo che...-
La donna si interruppe e molte lacrime le sgorgarono dagli occhi.
Benedetta
capì che non era il caso di insistere: il dolore negli occhi di sua
madre la spaventò e non desiderò più conoscere la verità sulla sua
nascita.
- Forse è meglio andare: presto farà buio. -
Le voci al di là del muro si fecero più concitate.
Benedetta appoggiò l'orecchio per sentire meglio, e finalmente riuscì a
cogliere qualche parola.
- Ti rovino - disse l'uomo - Come è vero Dio, donna, non vedrai l'alba
del nuovo anno. -
- Ho detto: fuori di qui! -
Passi pesanti si diressero verso la porta; la voce parlò di nuovo, poi
la porta sbattè e fu di nuovo silenzio.
Agnese guardò dallafinestra un'ombra allontanarsi nel buio, poi,
stanca, si sedette di fronte al fuoco e pianse in silenzio.
Dovevano fuggire, di nuovo.
Maledisse le sue arti, le sue antiche conoscenze, e maledisse sè stessa
per averle tramandate a sua figlia: senza volerlo, le aveva insegnato
ciò che l'avrebbe condotta alla rovina.
Vorrei dormire, chiudere
gli occhi, riposare il mio povero corpo martoriato dalle ferite.
Mi bruciano i piedi, ed
è appena l'inizio.
Quanto tempo l'hanno
tenuta, mia madre, prima di annientarla definitivamente? Ha sofferto
quanto soffro io? O forse di più?
Ricordo ancora con
terrore quel maledetto giorno, quando l'hanno portata via chiamandola
strega.
Non mi è dato conoscere
la verità: ignoro il vero motivo che ha spinto quell'uomo, l'uomo che mi ha
generata, alla vendetta; ma soffro sapendo che potrei esserne io la
causa.
Finalmente viene il
sonno, e prego sia un sonno lungo e senza sogni.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo terzo ***
strega3
- Credi nell'esistenza della stregoneria? Credi che si
possano scatenare tempeste, o affatturare uomini e animali? -
Maledetti!
Avrei potuto rispondere
qualsiasi cosa, e sarebbe stata la risposta sbagliata, e la mia
risposta fu "No, non credo nella stregoneria".
Lo vedo di fronte ai
miei occhi come fosse ora, giudice ingiusto e malvagio, con la mano
destra posata su quel libro e gli occhi di topo che brillavano dalla
smania di rovesciarmi addosso le sue accuse.
- Allora le streghe bruciate sono state condannate
ingiustamente? -
Fu in quell'istante che
capii: era tutto un immenso imbroglio.
La portarono via una mattina d'inverno, trasportata su un asse di legno
per impedirle il contatto con la terra, legata come un animale.
Agnese piangeva, urlava, implorava pietà, ma gli uomini la condussero
via sotto lo sguardo attento del prelato che li benediceva.
La folla gridava, e tra gli strepiti e le maledizioni Agnese scorgeva i
volti delle donne che aveva aiutato a partorire, dei bambini che aveva
fatto nascere, delle persone che aveva curato quand'erano inferme.
Solo una persona piangeva la sua sorte, ma Agnese non poteva sentire
tra le ingiurie la sola voce che la chiamava: - Mamma -.
La luna splendeva in cielo da molte ore e il mondo era invaso dal
silenzio, ma Benedetta si copriva le orecchie con le mani per non
sentire le urla di dolore che le rimbombavano nella testa; le sembrava
quasi di poter ancora sentire quell'odore nauseante della carne lambita dalle fiamme
(la carne di sua madre), e i suoi occhi bruciavano ancora per il fumo
che impregnava l'aria.
Il gatto entrò dalla finestra e le si accucciò accanto, e senza curarsi
dello stato d'animo della sua padrona fece le sue rimostranze per
ricordarle che non gli aveva ancora dato da mangiare.
- Vattene, stupido gatto! Sei l'unica bestia della tua specie che non
riesce ad arrangiarsi neanche per mangiare! -
Il gatto rimase indifferente a quell'accusa, ed emise un debole
miagolio.
Benedetta sospirò e diede un pezzo di carne all'animale, che cominciò a
fare le fusa, visibilmente soddisfatto.
La ragazza si stese sul suo giaciglio e si addormentò di un sonno
tormentato dagli incubi.
Che altro potevo fare,
rimasta sola?
Me ne andai, e
ricominciai una nuova vita in un altro posto facendo l'unica cosa che
sapevo fare: il mestiere che mi aveva insegnato mia madre.
Tornai indietro solo per
assistere all'esecuzione, e forse fu un bene: almeno so a che cosa sto
andando incontro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo quarto ***
strega4
Sì, sì, sì, dirò tutto
quello che volete.
Sono una strega, lo
ammetto, ma fate cessare questo dolore.
Ascoltate
questa mia falsa confessione, compiacetevi nell'udire i miei finti
peccati, godete pure del mio dolore, ma mettete fine a questa
sofferenza!
Dalla
bocca come un fiume in piena vomito le bestemmie che mi porteranno alla
condanna, ma la morte non mi terrorizza, anzi la desidero, e il solo
pensiero di non sentire più le ferite di questo corpo martoriato mi
rende quasi felice.
La giovane donna si sedette sul prato all'ombra di un Noce, esausta.
Non
ce l'aveva fatta: madre e figlio erano morti, e lei non aveva potuto
fare nulla di più che posarle sul seno il corpo senza vita di quel
bambino nato morto, tenendole la mano fino a che la Nera Signora non
s'è presa anche lei.
Benedetta sapeva che la colpa non era sua, che
la ragazza era troppo giovane e troppo debole per avere un figlio, ma
non riusciva comunque a non pensare a che cosa avrebbe pensato la
gente; mesi prima un'epidemia di colera aveva decimato il paese: lei
aveva fatto tutto il possibile, ma sapeva benissimo che quella
battaglia era persa in partenza; ricordava con angoscia quelle persone
disperate, che si aspettavano da lei una pronta guarigione non volendo
credere di essere spacciate.
La gente stava cominciando a perdere fiducia in lei.
- Apri la porta, maledetta, apri la porta! -
Di colpo la porta di legno cedette.
Gli uomini inferociti invasero la stanza, distruggendo ogni cosa coi
loro bastoni.
- È qui! - gridò uno trascinando la donna per i capelli.
Benedetta urlava, piangeva, implorava, ma a nessuno importava del suo
dolore.
All'improvviso il gatto saltò giù da uno scaffale e piantò le unghie
sul volto dell'uomo che teneva per i capelli la sua padrona;
quell'estremo gesto dei lealtà gli costò caro: un colpo ben assestato
colpì la bestia facendola sbattere contro il muro, e un debole miagolio
accompagnò il suo ultimo respiro.
- È una strega, come sua madre. -
- È stata lei! Ha fatto il malocchio al villaggio! -
- Ha attirato su di noi ogni sventura! -
- Ha fatto morire i nostri figli! -
Le voci, come un eco, si ripetevano tante e tante volte, e si
confondevano, si sovrapponevano, si facevano bestiali.
Benedetta svenne.
La luce del sole mi ha
svegliata: la luce del mio ultimo giorno.
Sento i passi
avvicinarsi alla mia cella, la voce del mio confessore, il tintinnio
delle catene pronte a serrare i miei polsi.
Mi sento calma, non ho
più paura, e attendo la morte con impazienza.
Le fiamme lambiranno il
mio corpo, bruceranno la mia pelle, scioglieranno la mia carne, ma se
il Signore Iddio avrà pietà di me non sentirò dolore, e la mia anima
sarà finalmente libera.
Fine
Purtroppo a causa di
numerosi impegni ho faticato a scrivere e pubblicare quest'ultima parte.
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di arrivare fino in fondoe a chi ha
commentato, e porgo i miei complimenti a chi ha riconosciuto un
qualcosa de "La chimera" di Vassalli, che nonostante sia passato molto
tempo dall'ultima volta che l'ho letto mi ha comunque dato alcuni
spunti per scrivere la storia di Benedetta.
Nonostante si tratti di un'opera di fantasia ho cercato di non
inventare troppo per quanto riguarda il processo alle streghe da parte
dell'inquisizione (cattolica e non): le domande fatte dall'inquisitore
non erano casuali, ma facevano realmente parte delle procedure indicate
per condurre i processi per stregoneria, come pure l'attenzione per la
storia di Agnese (che in una riga del primo capitolo chiamo ancora
Amelia: era il primo nome che avevo dato a quel personaggio e per
disattenzione non l'ho cambiato), il modo in cui è stata arrestata, ecc.
Ho voluto
lasciare apposta lo spazio
al lettore di immaginare cosa possa essere accaduto tra un fatto e
l'altro della vita di Benedetta: se qualcuno volesse trarne spunto per
una qualsiasi storia, libero di farlo.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=372330
|