Broken Fairytales

di queenjane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Broken Fairytales ***
Capitolo 2: *** We're just Human ***
Capitolo 3: *** The Hell ***
Capitolo 4: *** I Slice Alexei ***
Capitolo 5: *** The Mauve Room ***
Capitolo 6: *** Mal compris / Incompresa ***
Capitolo 7: *** True Love ***
Capitolo 8: *** Versailles 1896 ***
Capitolo 9: *** Borodino's Times (Alexei II Slice) ***
Capitolo 10: *** Alexei III Slice ***
Capitolo 11: *** Alexei IV Slice Bitterness ***
Capitolo 12: *** The Twilights/I Crepuscoli ***
Capitolo 13: *** Spin Off ALEXEI THE KNIGHT ***
Capitolo 14: *** Spin Off Ahumada ***
Capitolo 15: *** Extra Alexei & Cat ***
Capitolo 16: *** Extra Alexei The Soldier Prince ***



Capitolo 1
*** Broken Fairytales ***


Prediligeva la musica, Wagner in particolare.

La sera, talvolta, assisteva con suo marito  a uno spettacolo teatrale, un concerto, ogni anno era riprodotto a Carskoe Selo il ciclo completo del “Ring”, quelle musiche possenti la commuovevano fin nel profondo, quasi alle lacrime.


In quella sera del marzo 1904, rifletteva che  Wagner aveva avuto una vita tormentata, ricca di scandali, avventure e opportunità, creando quelle perfette composizioni, che narravano di  eroismi, morte, tradimenti, amori appassionati, avventure e quanto altro.


Si sfiorò il ventre, nella discreta penombra, il bambino si era mosso, finalmente.

Sarebbe stato un maschio,  non poteva che essere così, un segno che si fosse palesato ascoltando quelle struggenti   melodie.



Movimenti leggeri come piume, si impose di non piangere, commossa, pensando a Wagner, che le sue fortune erano risalite nel 1864, quando, a 51 anni, oberato dai debiti e inseguito dai creditori, Luigi II di Baviera era asceso al trono.


Cugino di Elisabetta Wittelsbach, imperatrice d'Austria,  SISSI,  era giovane, cupo e tormentato, era diventato il mecenate del musicista, ne aveva pagato i debiti e lo aveva fatto installare a Monaco.  Nella corrispondenza, appellava il Maestro “My dearest Beloved!", "My beloved, my most glorious Friend", "O Holy One, I worship you”.. Forse era omosessuale, schiavo dell’amore che non osava dire il suo nome, parafrasando Wilde.. ma adorava Wagner, fin da quando, quindicenne, ne aveva visto l’opera" Lohengrin"..


Ludwig, che aveva costruito castelli fiabeschi, scambiando il giorno per la notte, morto nel lago di Stanberg dopo che una commissione di medici lo aveva dichiarato pazzo .. Suicidio? Incidente.. era il 1886.

Non si sapeva, era noto che le folli spese del re per Wagner ne avevano causato l’esilio dalla Baviera,  che dopo la morte del Maestro, nel 1883, Ludwig era crollato.
Sua cugina, Elisabetta imperatrice, si era recata a Bayreuth per assistere a un ciclo del Ring.. Ancora,  molte volte,  aveva visitato il castello di Neuschwanstein, le cui pareti erano decorate dagli affreschi che dipingevano le scene prese dalle leggende cui le opere di Wagner si erano ispirate, tra le altre "Tristan und Isolde", "Lohengrin", "Parsifal"…
 
Lei era Alessandra Feodorovna Romanova, imperatrice di tutte le Russie, moglie dello zar Nicola II.  

Tedesca di nascita, aveva combattuto una dura lotta per sposarlo, lo amava fin da quando era una ragazzina, lui un cugino di secondo grado che le aveva fatto battere il cuore.. E ora tutto sarebbe andato a buon fine.

La musica cessò, si levò in piedi, i suoi biondi capelli, alla luce delle candele, riverberarono di dorati e infiniti riflessi, copiosi come l’oro dei Nibelunghi.



Note: Carskoe Selo è una cittadina a 20 chilometri circa da San Pietroburgo, la famiglia imperiale viveva lì, nel Palazzo di Alessandro.
Scorrendo i diari dello zar Nicola II, apprendiamo che davvero nel marzo 1904 si tenne la rappresentazione del ciclo del “Ring”, abitudine annuale che durò fino all’inizio della prima guerra mondiale.
L’erede al trono dei Romanov, Alexei  sarebbe nato il 12 agosto 1904, sotto il segno del leone e dell’eroismo.

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Capitolo 2
*** We're just Human ***


Alessandra Feodorovana era furiosa.
Il patriottismo più sfrenato aveva portato ad assaltare l’ambasciata tedesca della capitale,  ai concerti erano stai espunti musicisti come Wagner e Beethoven,  abolito l’albero di Natale, che era una usanza teutonica, ed i tedeschi erano i nemici.
La guerra, cominciata nell’agosto 1914, con la sicurezza di una sicura vittoria, era presto mutata in un pantano di rovine, mancavano le munizioni e i fucili, al principio del 1915 vi era tale carenza di pastrani, stivali e uniformi che i soldati erano costretti ad aspettare la caduta dei nemici per prendere  armi e  cappotti.
Si parlava di corruzione e ammutinamento, di spie che ridicevano i piani, i primi a essere chiamati in causa la zarina e il suo starec innominato, Rasputin, le cui preghiere parevano tenere in vita il principe ereditario.
Le truppe russe combattevano le forze della  Germania e dell’Austria Ungheria sul fronte orientale, incommensurabili le perdite.
Il generale Denikin, ritirandosi, aveva scritto che l’artiglieria pesante spazzava via intere file di soldati,  i reggimenti  finiti a colpi di baionette, i ranghi dei soldati diminuivano e le pietre tombali si moltiplicavano.
Tra la primavera e l’estate del 1915, vi furono un milione e quattrocentomila tra morti e feriti, 976.000 i prigionieri.
E poi il 5 agosto era caduta Varsavia.
Ultimo omaggio della Grande Ritirata.
A quel punto lo zar aveva deciso di assumere il comando delle truppe, esautorando suo cugino, il granduca Nicola, già comandante supremo.
Un grave errore, che in caso di altre perdite, sarebbe stato associato ai disastri e peggio ancora, lontano dalla capitale, la zarina avrebbe sparso i suoi malefici effetti, coadiuvata da Rasputin.
I tedeschi erano nemici, lei era la Nemka, l’infida, la tedesca, la spia del cugino tedesco, il Kaiser.
Quella l’opinione accreditata, gli ambasciatori di Francia e Inghilterra avevano cercato di dissuadere Nicola II da quella determinazione, tutti i ministri del  governo si erano dimessi per protesta e non era servito.
Rasputin, nelle more, aveva combinato un altro dei suoi scandali, al ristorante Yar di Mosca, aveva importunato pesantemente un gruppo di donne, esibendo en plein air i suoi genitali, provocando una zuffa e, non contento, aveva urinato in pubblico. Alle rimostranze, aveva ribattuto che era intoccabile.  Uno scandalo più grande dei soliti, pardon, che si aggiungeva a quelli che creava con monotona regolarità.
Un poco come quando il pazzo re di Baviera, Ludwig aveva ospitato Wagner in Baviera, per poco non aveva mandato in bancarotta l’erario statale per le sue follie.
Il silenzio cadde sulla furia di lei, lui accese una sigaretta e le serpentine si innalzarono tra loro, li divideva lo scrittoio, i libri, i ritratti degli antenati.
Era invecchiato, distava anni e minuti scintillanti dal giovane principe ereditario che l’aveva ammaliata, il coscienzioso zar di quei tempi. Marito di una moglie che, dopo la nascita di Alessio, emofiliaco e fragile, si puniva per averlo generato, richiudendosi in lacrime, isteria e preghiere, per riscontare quel peccato, arroccata nella sua disperazione, la loro esistenza era un reciproco calvario.

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Capitolo 3
*** The Hell ***


Si sussurrava che la zarina, dal 1904, si fosse ritirata dalla realtà, in un suo mondo, come aveva fatto Ludwig II di Baviera, il suo,  colorato dalle musiche di Wagner.


Era il 12 agosto 1904, la zarina sedeva sul suo divano, ingrossata e oppressa da emicrania e cattivi presagi, pochi giorni avanti si era rotto uno specchio in mille frammenti senza che nessuno lo avesse sfiorato, si era staccato mentre lei vi passava davanti, toccandosi protettiva il ventre ormai enorme.
Verso le 12 mattutine percepì i noti dolori del parto, il quinto, dopo una oretta giunse il tanto atteso bambino, un maschio, desiderato e cercato.
Alle una lo Zar si inchinò dinanzi a lei, che ancora non sapeva l’esito, appariva così debilitata che nessuno aveva osato darle la bella notizia e la lesse sul viso del marito.
“Non può essere, è davvero un maschio?”
“Sì..” Parole frantumate “ Sarà Aleksej..” come il padre di Pietro il Grande, il sovrano preferito dello Zar, fin qui nulla di male, tranne che era stato il nome del figlio di Pietro il grande, che aveva complottato contro suo padre, morendo poi per suo ordine.




Telegrammi di congratulazioni piovevano a ritmo serrato, padrino onorario era ogni soldato e ufficiale dell’esercito, oltre all’imperatore tedesco e al principe di Galles, lo zarevic ebbe il titolo onorario di colonnello di molti reggimenti, e nastri e decorazioni. E i doni e i regali .. Addirittura un elefante.
Il battesimo venne celebrato il 3 settembre, un piovoso martedì a Peter Hof.

Lo portava tra le braccia la principessa G., guardarobiera imperiale, su un cuscino d’oro, assicurato alle spalle della madrina da una fascia dorata, e per precauzione aveva delle suole antiscivolo. Era avvolto in un mantello d’oro, ricamato di ermellino, come era uso, per l’erede al trono.. Che pianse forte, come un bambino comune, quando venne immerso nell’acqua battesimale.

Per tradizione russa, i genitori erano assenti al battesimo, tuttavia, finita la cerimonia, l’imperatore giunse in chiesa. Sia lui che l’imperatrice erano nervosi, che temevano che la principessa G. potesse far cadere l’infante o che l’anziano sacerdote affogasse il bimbo nel fonte battesimale.

In principio gli zar, orgogliosi, non trascuravano occasione per mostrarlo. Quando Nicola incontrò Aleksander Mosolov, capo della cancelleria di corte, gli disse “Non credo che abbiate visto ancora il mio caro piccolo zarevic, ora ve lo mostro” Entrarono, raccontò poi Mosolov, stavano facendo il solito bagno quotidiano al bimbo, che tirava calci nell’acqua. Lo zar prese il piccolino dall’accappatoio, i suoi piedini nel cavo di una mano, reggendolo con l’altro braccio. Era nudo, colorito, paffutello, uno splendore, una bellezza, dopo lo zar informò sua moglie che aveva fatto sfilare lo zarevic.
A sei settimane iniziò a sanguinargli l’ombelico, il sangue non coagulava.
Era emofiliaco.
Alle volte Aleksandra pensava che sarebbe stato meglio impazzire per scampare a quel dolore.
Pare che Ludwig lo avesse affermato, meglio pazzo che vivo in questo mondo, dopo la morte di Wagner, il MAESTRO, nel 1883.

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Capitolo 4
*** I Slice Alexei ***


Quando Alessio stava bene, era la gioia del palazzo, il centro della vita familiare, il gioiello del tesoro.
 Era uno splendido bambino, alto, magro, con lineamenti fini, i capelli castani con riflessi ramati, gli occhi azzurri, zaffiro e indaco, che viravano al grigio quando aveva qualche pensiero.
Avrebbe voluto andare a cavallo, giocare a tennis, pattinare, ma quelle attività gli erano precluse erano troppo pericolose.
“Posso giocare a tennis con le mie sorelle?”
“No caro, sai che non puoi”
“Posso pattinare?”
“No,  è troppo pericoloso”
“Montare a cavallo?”
 “NO. Gli urti potrebbero farti male”
“Perché gli altri ragazzi possono fare tutto e io niente?.”
Quello era un dialogo tipico, che aveva con sua madre, entrambi non recedevano dalle rispettive posizioni, i suoi pianti e capricci scaturivano dalla rabbia, dalla frustrazione, un ragazzino povero era un re in confronto a lui, avendo la salute.
Per quanto monitorato a vista, era impossibile prevenire ogni minimo incidente.
 Le  emorragie articolari erano le peggiori, i nervi erano compressi, con dolori atroci.
Il sangue corrodeva ossa, tessuti e cartilagini, tanto da fare assumere agli arti posizioni contorte, con angoli innaturali, che scemata la crisi,  era  costretto a letto per settimane e a usare apparecchi ortopedici,per correggere la situazione.

Per paradosso, sfidava la malattia, il suo carattere vivace mal sopportava i limiti imposti dalla sua condizione.

 Nel settembre 1912,  la famiglia imperiale si recò a caccia nelle tenute polacche di Spala, dopo che Alessio era rimasto a letto qualche giorno per una botta alla gamba.
Per distrarlo, la zarina decise di portarlo a fare un giro in carrozza. Gli urti e  gli scossoni gli provocarono spasmi di dolore,  lamentava  un malessere allo stomaco, quando rientrarono era praticamente svenuto.
L’emorragia era ripresa, violentissima.

Gli somministrarono l’estrema unzione. E sopravisse, un guerriero combattente, pur se la ripresa fu lunga, dura e logorante..
Fino a Spala Alessio era un bambino allegro, vivace, era un genio nel combinare guai, pieno di gioia di vivere. Il degno complice di sua sorella Anastasia, per gli scherzi e le buffonate. A meno di otto anni, durante un party per bambini, era saltato da un tavolo all’altro, imitato dai suoi sodali. Quando, avevano cercato di calmarlo aveva detto gaio “Tutti i grandi devono uscire
E dopo, a partire dall’ottobre 1912, divenne serio, riflessivo, quella prova l’aveva temprato ..  e segnato, dentro e fuori. Per mesi, quasi un anno, non riuscì a camminare correttamente, dovette usare  un apparecchio ortopedico e sottoporsi a  cicli di massaggi e bagni di fango per  evitare di rimanere zoppo.
 Appunto, camminava ancora male e a fatica, doveva essere sostenuto o si aggrappava ai mobili, alle pareti, ogni mossa era un affanno. Nelle  foto di quei periodi sarebbe stato sempre ripreso seduto o dalla vita in su, per non mostrare le sue debolezze.
Soprattutto, gli pareva incredibile che suo padre, che regnava su un sesto del mondo emerso, considerato un semidio, non fosse in grado, come sua madre, di sollevarlo dal dolore, di far cessare la sofferenza che lo attanagliava.

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Capitolo 5
*** The Mauve Room ***


Wagner era sempre ricevuto con premura da re Ludwig, il suo illustre mecenate..
Un onore che spettava a pochi, quando il re non tollerava qualcuno le sue trovate erano quasi comiche, faceva mettere grandi mazzi di fiori sulla tavola per defilarsi  e il povero commensale doveva sgolarsi per farsi notare.
Mal sopportava l’esercito e alle parate ufficiali si presentava con un ombrello.

Si definiva un pavone in mezzo a un branco di galline.

E soprattutto era un misantropo, che dormiva di giorno e vegliava di notte, spesso cavalcava per ore in un maneggio chiuso, in tondo, percorrendo enormi distanze, che il suo scudiero annotava scrupoloso.
Quelle facezie erano giunte anche alle orecchie della zarina Alessandra, quando era una bambina, alla corte di suo padre il granduca, in Assia.

Anche a quei tempi era timida e riservata, l’idea di comparire in pubblico la snervava e, causa la tensione, il viso le si ricopriva di sgradevoli chiazze rosse, si irrigidiva e agognava il momento in cui quella tortura avrebbe avuto termine.
Da una parte poteva comprendere il bavarese.

Quel disagio era peggiorato negli anni da imperatrice, ogni volta che vi era un ballo, una cerimonia e quanto altro, non vedeva l’ora di scappare nella sua diletta mauve room, al Palazzo di Alessandro, il suo rifugio contro il mondo
Quella era la sua stanza preferita, piena di mobili ordinati per corrispondenza ai grandi magazzini inglesi Marple’s (cosa che aveva prodotto altra frecciata ai suoi danni, che bisogno aveva di ordinare quegli acquisti quando disponeva delle squisite collezioni e degli splendidi arredi dei palazzi dei Romanov? Era e rimaneva una Hausfrau, una casalinga in tedesco,una piccola borghese, anche in quello si palesava la sua inadeguatezza). Il pianoforte verticale.
La chaiselongue ove si adagiava, lo sguardo appuntato sulla parete colma di foto, della madre Alice, di sua nonna la regina Vittoria di Inghilterra e paesaggi della Germania e della Gran Bretagna, un quadro dell’Annunciazione e un arazzo Gobelin che rappresentava Maria Antonietta e i suoi figli, dono dell’ambasciata francese, i vasi sempre colmi di fiori, nella specie lillà e rose freschi, mescolati al suo profumo preferito White Rose e alle sigarette che fumava, nei momenti di quiete che di fretta, ovvero sempre, una sigaretta appresso l’altra.

Quando  l'emofilia di Alessio si era palesata, con il marito aveva scelto di tenere il segreto, ritenendo che la questione fosse strettamente privata.
Da un pezzo non compariva in pubblico, se non per ineludibile obbligo, e se compariva il suo viso era irrigidito per la tensione nei riguardi di Alessio.
Ignorando il segreto, le persone scambiavano la sua tensione per alterigia, il viso una maschera, si sentiva una bara, una simulatrice.
Quando Alessio  stava male, le scuse ufficiali erano una storta, una febbre, un raffreddore.

E la gente, ignara, malignava, le voci definivano lo zarevic  storpio, deforme, un mentecatto con crisi epilettiche.


Segreti e dicerie, la tragedia era dietro l’angolo.

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Capitolo 6
*** Mal compris / Incompresa ***


Siamo come i secchi del mulino, uno sale, l’altro scende, uno è pieno, l’altro è vuoto, è la legge della fortuna che nulla possa durare a lungo nello stesso e medesimo stato”, così la mia vita.

L’infanzia funestata da morti e  tragedie.

Un matrimonio per amore, con lo zar di tutte le Russie, quattro amate figlie fino al mio Aleksey, il mio orgoglio.
La mia gioia e la mia tragedia.

Il rapporto con padre Grigory, per me era un uomo di Dio, per altri un diavolo incarnato.

Sono stata una principessa, un’imperatrice, una madre, una moglie, una sorella di misericordia, ora una prigioniera, semplicemente Alessandra Feodorovna Romanova.
L’INCOMPRESA.
Come Maria Antonietta, che Ludwig di Baviera privilegiava, da subito la chiamarono la straniera, la cagna austriaca, le attribuirono mille amanti e turpitudini, come me.
Mi chiamano la Nemka bliad, la meretrice tedesca, o sostengono che abbia fatto il bagno nel sangue dei miei nemici.
Che idiozia.

Un decreto del governo provvisorio sancì per i Romanov lo stesso trattamento economico dei soldati,  600 rubli al mese, 4.200 per sette persone sarebbe stato sufficiente, peccato che la cifra doveva servire per  i membri del personale, cuochi, dame valletti e quanto altro.  
 Lo zar preparò un budget, in base al quale si trovò a licenziare dieci persone. Li avrebbero serviti comunque, ma questo significava la povertà. 
I pasti erano poco imperiali, burro e caffè erano stati considerati lussi inutili di cui i Romanov potevano fare a meno. Il pranzo era una minestra, carne o pesce, del vino, a cena, carne, verdura, alle volte pasta.  Gli abitanti di Tolbosk, saputo della situazione, inviarono  caviale, dolci, uova e pesce fresco, doni del cielo per la zarina.
Era la fede che li faceva andare avanti, giorno per giorno, potevano portare via ogni cosa, ma non le “nostre anime”, scrisse Alessandra alla sua amica Anna.  Perdonare i nemici, non cercare vendetta, trarre la forza di non cedere alle avversità, che questa vita non è nulla, a confronto dell’eternità. Olga ne scrisse in una poesia privata, cercava di capire la vita e sapeva di comprendere molto poco.
“Abbiate timore per le vostre anime, non per i vostri corpi. San Paolo”
 Nella sua ultima lettera a Anna Vyribova , Alessandra aveva scritto che l’atmosfera era elettrica, che la tempesta era in arrivo, ma Dio era pietoso e avrebbe avuto pietà di loro, le anime in pace, tutto “sarebbe stato per volontà di Dio”
Ed i narcisi e le rose fiorivano nello stretto giardino, come nei giardini del Palazzo di Alessandro e in tutto il mondo.
 

Note
La definizione al principio è del romanzo spagnolo  “La Celestina”, pubblicato intorno al 1502, che trovo molto pertinente per la vicenda di Alessandra Feodorovna Romanova.
Durante la prima guerra mondiale, Alessandra lavorò come infermiera volontaria insieme alle due figlie maggiori, nelle sue lettere si definiva sorella di misericordia.
Lo zar fu costretto ad abdicare nel marzo del 1917, fu fatto prigioniero assieme alla moglie e ai figli, in condizioni sempre più barbare e disumane.

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Capitolo 7
*** True Love ***


Il dolce vento di settembre batte sulle gote, è il 1904, il 12 agosto è nato il tanto agognato erede al trono di  Russia,  per Alix è  il suo miracolo, Alessio, Alessio Nicolevic Romanov, zarevic di tutte le Russie, erede di un sesto del globo.. Che tengo tra le braccia, un prodigio, una gioia, un little one.  Sono goffa, il bambino sbava, non so come tenerlo, lo amo a distanza, è stupendo, lo sguardo vivace, gli occhi chiari e incantati, il colorito roseo, rifletteva Elisabetta Feodorovna Romanova, sorella della zarina, oltre che sua zia, avendo sposato il granduca Sergio, zio di Nicola, marito di Alessandra, nata Alix, era diventata Alessandra F. dopo la conversione al credo ortodosso e le nozze.
Ed ancora..
Sullo sfondo percepisco Catherine che scalpita. Nata nello stesso anno di Olga, il 1895, è sua amica, compagna di confidenze e giochi “Lei e Olenka paiono più sorelle di lei e Tata” Olga è nata nel novembre 1895, Tatiana nel maggio 1897, 18 mesi le separano, Alix le veste uguali, vuole che condividano abiti, giocattoli, piccole abitudini, come Marie e Anastasia, the big pair and the little pair. Tranne che la preferenza di Olga va a Catherine e viceversa, si intendono in un battito di ciglia. Cat, come la chiama Olga, è la figlia di Ella Rostov-Railov, prediletta dama  della zarina Marie, Nicola è stato il suo padrino di battesimo, se la porta in palmo di mano
“Lasciale fare, Alix, sono amiche. Sorelle “ lei deglutisce su quella parola. Potente e riduttiva. Sorella. Amica.. Catherine ha gli occhi e i capelli scuri, riflessi di onice nelle iridi, di rame nelle ciocche raccolte, è perfetta, innocente, con un dolce sorriso “Sono bambine, non le trascinare nelle cose degli adulti” Nelle loro perse battaglie,  Alix non sopporta sua suocera e chi la circonda, i loro screzi fin dai primi mesi di nozze sono diventati leggendari, nessuna delle due cedeva e .. Alix più di ogni altra cosa al mondo  adora Nicola, lo vorrebbe rinchiudere nel suo piccolo mondo, nelle stanze private, ma non sono una comune coppia borghese, gli piaccia o meno, sono i sovrani di Russia, gli unti del Signore, con precisi doveri, non si possono nascondere dietro i cancelli del palazzo di Alessandro, come Luigi II di Baviera faceva, celandosi nei suoi favolosi castelli e scambiando il giorno per la notte e la notte per il giorno.
La collera come un veleno..
Cosa dobbiamo fare? Chi cerchiamo?
Intanto Alessio ride tra le braccia di Catherine, ha smesso di agitarsi, si sente al sicuro, lei gli sussurra qualcosa, la testolina di lui contro la spalla di lei.
Puro e  semplice amore..
Negli anni sostanza e forma sarebbero proseguite, l’amore di Catherine sarebbe stato un balsamo per lo zarevic.
Anche se lei era giovane, viziata, lo amava e lo trattava come un bambino normale, nonostante i limiti, quello che Alexei voleva, in fondo..
Allora si sentiva un vero RE.

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Capitolo 8
*** Versailles 1896 ***


Oltre a Wagner, Luigi di Baviera aveva adorato Maria Antonietta e aveva fatto costruire il castello di Linderhof in stile rococò per omaggiare la sovrana martire e i suoi parenti, i morti re francesi dalle trascorse grandezze.
Come il matto re di Baviera, nel 1896, andava visitando Versailles.
Si tolse le forcine di squisita fattura, che le assicuravano le lunghe ciocche alla crocchia che soleva portare.
Tutto  quello che aveva era splendido, dalla biancheria di lino e batista alle lenzuola di seta con il suo monogramma.
Per non tacere dei vestiti, che ordinava da Worth e Paquin, gli equivalenti della sua epoca della famosa mademoiselle Bertin, che aveva vestito Marie Antoniette.
 I suoi passi parevano seguire i suoi, la regina austriaca si era librata con la grazie di una farfalla sui pavimenti che lei aveva percorso oggi, ammirando la famosa Galleria degli Specchi, per non tacere delle fontane che avevano zampillato, in fastosi zampilli.
I  giardini di Versailles erano una meraviglia, come quelli di Babilonia, le foglie che viravano nel rame e nell’oro, quando avevano visitato Parigi le migliaia di alberi presenti sulle strade che avevano percorso erano stati ornati da fiori artificiali di ippocastano, appositamente creati..
 Sorrise nello specchio, flettendo indietro la testa dorata, gli occhi grigio azzurri assorti e remoti. Anche Antonietta era stata bionda, con grandi occhi, dotata di grazia ed eleganza, brillante in ogni occasione, lei invece in pubblico arrossiva, la sua timidezza cronica era percepita come arroganza, il suo delizioso incarnato, che gli inglesi chiamavano “pesche e panna” diventava orribile.
Si alzò, andando verso il letto a baldacchino, con stupendi e raffinati tendaggi, Antonietta doveva avere pensato che certo era splendido. Come la trovata dell'ambasciatore francese di regalarle un arazzo di Gobelin con la regina e i suoi figli, lo avrebbe messo nel suo salotto arredato nei toni del malva e del lilla, nel suo prediletto palazzo di Alessandro, a Carskoe Selo, sua residenza preferita.
 Alessandra Feodorovna si addormentò sorridendo.
Era il 1896, era in viaggio con suo marito per le corti di tutto il continente europeo dopo la solenne incoronazione di Mosca.
Era zarina di Russia, moglie di Nicola Secondo, sposato per amore, giovane e avvenente.
La sola cosa che mancava a rendere completa la sua gioia era un figlio maschio, nel novembre precedente aveva dato alla luce la sua prima figlia, Olga.
 Un erede.
Mancava solo un maschio per rendere completa la sua gioia, la  vita, la sua infanzia era stata triste, la madre e la sorella più piccola morte di difterite quando aveva sei anni, il padre a venti, per non tacere della lunga lotta per sposare Nicola, erano trascorse molte stagioni infelici prima del loro fidanzamento, dei suoi dolci baci che avevano sciolto il gelo che le serrava il cuore.
Per lei era un onore dormire in quelle stanze, appunto, mentre il suo seguito lo considerava un cattivo segno, come la scelta di regalarle quel particolare arazzo.
…and teach me wrong from right, and I'll show you what I can be.

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Capitolo 9
*** Borodino's Times (Alexei II Slice) ***


Mi ritrovai a sfogliare i resoconti sulla battaglia di Borodino.
Mi era pure capitato tra le mani il rublo coniato per il centenario della battaglia di cui sopra. Al diritto, un’aquila coronata, simbolo degli zar,  e la scritta circolare ” ALESSANDRO I PER GRAZIA DI DIO IMPERATORE E AUTOCRATE DI TUTTE LE RUSSIE”. Al rovescio, la frase “1812 ANNO GLORIOSO È PASSATO MA NON SARANNO DIMENTICATI GLI EROISMI COMPIUTI”.
 La battaglia ebbe luogo il 7 settembre 1812 e vide la vittoria formale delle truppe napoleoniche. L’esercito russo si ritirò alle spalle di Mosca. Napoleone entrò in città, la trovò vuota di cose e persone. Dopo poco tempo il condottiero corso, non avendo ottenuto un successo definitivo, con l’esercito debilitato dal freddo, dalla difficoltà dei rifornimenti, dalle perdite, piccole ma continue causate dalla guerriglia russa, che imitava quella spagnola, decise di ritornare in Francia.
La grande armata napoleonica contava 600 mila soldati di cui 312 mila francesi. Duecentomila perirono nelle varie battaglie, duecentomila furono fatti prigionieri e almeno la metà di essi morirono. Nel dicembre 1812 solo 25 mila del gruppo centrale dell’esercito (450 mila soldati) riattraversarono il fiume Niemen e dei 47 mila della Guardia rientrarono solo in millecinquecento. Le perdite russe furono pure ingenti, nella sola battaglia di Borodinò morirono 52 mila soldati, contro i 28 mila di parte francese.
La disfatta numerica in Russia fu un araldo della fine di Bonaparte.
Felipe de Moguer, alias Rostov-Raulov, mio antenato,  era tra gli ufficiali schierati, come il suo primo figlio.
Per celebrare la ricorrenza di cui sopra, nel centenario, la famiglia imperiale giunse a Mosca. Lo zar Nicola II e le sue figlie visitarono i luoghi, guardando quindi i luoghi della battaglia dal Chistoprudny Boulevard, visitando poi il Cremlino.
Il figlio dello zar, Alexei Nicolaevich, era apparso smagliante e giocoso, nella sua uniforme su misura, un promettente erede al trono, sicuro e sorridente, nella cerimonia rievocativa sulla spianata. E poi si era inchinato con perfetta modestia, quando veniva posta la prima pietra di una cattedrale sul luogo della battaglia, vennero letti i nomi degli ufficiali.
“Cat, ma c’era anche  il tuo antenato tra gli ufficiali?” mi chiese poi in privato. “Certo” la mia solenne risposta, ridendo. “Racconta” mi ingiunse “Subito “Era un portento, lui, un pirata, un guerriero”


Alexei was, also, a sweet boy who loved to draw ships and play with his toy soldiers. He loved to eat bliny (Russian pancakes) and he adored his family and friends.


“Come te” anche Alexei era un portento. Felipe aveva combattuto contro la sua nascita oscura, lo zarevic con la sua malattia che lo tormentava da quando aveva solo sei settimane di vita. L’emofilia, il sangue che non coagulava, ogni caduta che poteva essere fatale e tanto non mollava, come mai aveva ceduto Felipe.
E io con loro, sempre.
I guerrieri.
Nota: punto di vista di Catherine R., nostra amata  Phoenix, che sempre compare, a rate, un estratto per mostrare lo zarevic quando stava bene. Prima della prova di Spala del 1912.

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Capitolo 10
*** Alexei III Slice ***


Siberia, inverno 1918.

“Cara Catherine, ti scrivo da Tolbosk, è il 15 gennaio 1918, fa tanto freddo e mi manchi, ci manchi. Come stai? Come state?Mi ha fatto tanto piacere ricevere i biglietti di Natale, sei stata carina a mandare una giacca imbottita a testa, sciarpe e guanti e berretti e calze, che la nostra roba si era rovinata ed era piena di buchi, nonostante i rattoppi e i rammendi..Abbiamo costruito una montagnola di neve nel recinto quadrato, dove lanciarci con le slitte, tranne che le guardie l’hanno spianata e ne abbiamo costruita un’altra e tanto.. Seguo le lezioni, la sera organizziamo rappresentazioni teatrali con M. Gilliard come suggeritore e Anastasia, Marie e me come attori.. Olga legge tanto come Tatiana, con Papà seghiamo tanta legna .. Riprendo ora, che abbiamo mangiato storione e bliny (..)Mi manchi, era bello quando mi raccontavi le storie, Achille e l’Eneide e compagnia, mi prendevi tra le braccia e facevamo volare gli aquiloni.. Spero che ci mandino presto in Inghilterra, così ci rivedremo.. (.. ) Ora vado a mangiare dei pancake, se pensi che non avevo mai appetito e mi brontolavi sempre, ne rideresti..Ciao, Cat, alla prossima, un bacio ..ps mi sono preso la rosolia, faccio pendant con le mie sorelle.. mi manchi.
                                                                                                    Yours Alexei” 
 
Quello che trapelava era la disperazione, la noia, il tempo che non passava mai. Alexei teneva un diario, ove annotava brevi frasi, quello che aveva fatto. I suoi pensieri si intuivano, noia, appunto, e speranza e voglia di ridere e giocare.  In quel gennaio, lui e le sue sorelle si presero la rosolia, tanto per non farsi mancare nulla del rosario di malattie e affanni.

Gennaio ’18“Oggi è stato come ieri e domani sarà lo stesso come domani. Dio, aiutaci, abbi pietà di noi
4 gennaio 1918 “Oggi ho ancora più bolle. Giocato a scacchi con Nagorny tutta la mattina, ora anche Maria è malata. È stato ordinato a tutti i soldati di rimuovere le loro spalline, ma io e Papa non l’abbiamo fatto
1916, anno in cui finalmente aveva avuto il piacere, la gioia e la soddisfazione di vestire una vera uniforme, a prescindere da quelle onorarie, con relative mostrine di lanciere caporale, mostrine   con le sue iniziali A. N. iniziate a N. A., usanza russa, un legame tra generazioni, gli appellativi di padre e figlio che si legavano tra loro. Gli piaceva indagare sulle automobili, i meccanismi di cannoni, aerei e sommergibili. Aveva mangiato il pane nero, come i soldati, la loro zuppa, si era allenato e aveva marciato, davvero era “soldier prince, un principe soldato”
Dal diario di Alessio, 6 gennaio ’18” Alzato alle sette. Preso tè con Papa, Tatiana e Anastasia. Maria sta un poco meglio e cammina per la stanza. Alle 18 abbiamo giocato a nascondino, facendo un gran chiasso.” I giorni uno uguale all’altro, ogni cosa sempre la stessa, la noia
I cavalieri di Wagner erano nulla in confronto allo zarevic. Al suo coraggio.
Era un eroe.

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Capitolo 11
*** Alexei IV Slice Bitterness ***


Da una lettera di Olga Romanov a Catherine Fuentes, aprile 1918” ..Grazie per la lettera e i doni, uova, cartoline, la cioccolata per Alessio e… libri, sempre graditissimi (..) Alessio sta un poco meglio, ma il sangue si riassorbe velocemente e ha ancora dolori. Ieri ha sorriso, ha giocato a carte ... è riuscito a dormire un paio di ore nella giornata. È diventato magrissimo, con gli occhi enormi. Gli fa piacere che gli si legga qualcosa, qualcosa mangia ma non ha appetito, non che sia una grande novità, tranne che è vero, farebbe a meno di mangiare del tutto. Nostra madre sta con lui tutto il giorno, ogni tanto io e Tata o M. Gilliard le diamo il cambio, di notte io o Nagorny. Arrivato un gran numero di nuove truppe, dal governo bolscevico, insieme a un nuovo commissario di Mosca,  Yakovlev. Speriamo di avere un servizio in casa, per Pasqua. Nevica, ma si scioglie tutto, diventando fangoso… una guardia si è premurata di distruggere sotto i tacchi degli stivali una violetta che Anastasia amava guardare, era spuntata e le piaceva vedere la progressiva geometria delle foglie e i fiori, anche questa distrazione ci viene negata” 
Quando era lo zarevic, tutto era nuovo, gli davano sempre il meglio. 
Ora il suo mondo era ridotto a una stanza, un letto, con finestre sbarrate, dipendeva da tutti per essere cambiato e lavato e spostato, poteva solo ricorrere alla memoria e sognare di essere altrove. Sollevandosi dal  dolore dentro il dolore, la noia e gli occhi dolenti di sua madre. Per essere libero, anche se si sentiva invalido e storpio. Peggio che mai. 
Quello era il pensiero di Alessio. 
La stagione della Stavka.
Per Ludwig di Baviera era stata la musica di Wagner.
Gli ex sovrani e la loro figlia Marie, vennero condotti a Ekaterinburg, negli Urali, la prigionia divenne ancora più logorante e dura, Alexei e le altre sorelle giunsero un mese dopo, che il ragazzino si era appena ripreso.
E anche in quella prigione la primavera danzava, sulle porte, le finestre, le rose fiorivano gloriose.
A Catherine piacevano le rose, ricordava Alessio, a lui piaceva stare sdraiato vicino a lei, cuore su cuore, ascoltando le sue storie, si erano scelti a vicenda, due lottatori.
Nel giugno 1918, a padre Sergei Storozhev venne chiesto di celebrare una messa a casa Ipatiev.  Rimase allibito nel vedere Alexei,sdraiato su un lettino da campo. Era pallido fino  a parere trasparente, magro, e  si intuiva che era molto alto per la sua età, la coperta che lo ricopriva dalla vita in giù non celava la  sua statura. Solo gli occhi erano vivaci e brillanti, fissarono il prelato con curiosità. Una persona nuova. Vicino a lui sua madre, seduta su una sedia, in  blu scuro, senza gioielli. Il sacerdote annotò che la sua postura era “maestosa”, salvo poi riferire che pareva inferma, appena in grado di gestire le sue emozioni durante la funzione.
Un cerchio amaro, senza felicità, i giorni lunghi al pari di secoli. 

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Capitolo 12
*** The Twilights/I Crepuscoli ***


Wagner morì a Venezia il 13 febbraio 1883.
Dal rapporto che il segretario di Corte, von Burke, inviò a Luigi II, si apprende che la moglie, Cosima, lo vegliò, quando passò dal sonno alla morte, probabile causa la rottura di una arteria, da molto stava male e soffriva di angina.
Cosima raccolse l’ultimo sguardo e respiro del marito. 
 
La notizia del decesso si sparse velocemente nel mondo, giunsero telegrammi e ghirlande di fiori, la salma fu imbalsamata e  viaggiò in treno, su un vagone merci, appositamente ricoperto di seta nera, per l’Europa, fino a Bayreuth.
Ad ogni stazione c’erano delegazioni con corone e cesti di fiori.
A Monaco di Baviera, dove giunse nel pomeriggio del 17 febbraio, il feretro venne accolto da una folla immensa e, alla partenza,
 l’Orchestra di Corte attaccava le prime battute della “Marcia funebre di Sigfrido” dal “Crepuscolo degli dei”, ultimo e quarto dei drammi musicali di cui alla tetralogia, Der Ring des Nibelungen” .
Ai funerali parteciparono circa trentamila persone, l’associazione di Wagner di Monaco depose sulla lapide una corona con scritto “Redenzione dal Redentore” .
 
 
Nel giugno 1886, Ludwig II venne dichiarato pazzo da una commissione medica che mai lo visitò, limitandosi a  registrare le testimonianze di membri del governo, valletti e lacchè.
 
Deposto dal trono, il 12 di quello stesso mese, dopo infinite difficoltà fu trasferito in carrozza dal castello di Neuschwanstein alla residenza di Berg sul lago di Starnberg, trasformata per l'occasione in una sorta di prigione.
Il re morì il giorno successivo, il 13 giugno, domenica di Pentecoste, assieme al medico Gudden, dopo una passeggiata, in circostanze mai chiarite.
 
 Sepolto a  Monaco,  una folla immane ne salutò le esequie, era stato vestito con l’uniforme bavarese, lui che per tutta l’esistenza aveva odiato l’esercito, tra le dita imbalsamate recava un mazzo di freschi gelsomini, omaggio della cugina Elisabetta von Wittelsbach, imperatrice d’Austria, lei usava appellarlo “l’aquila”.
 
 
 
La zarina Alessandra e i suoi familiari vennero fucilati nella cantina di casa Ipatiev, il 17 luglio 1918, smembrati, divisi, sfregiati con l’acido e sepolti in una tomba senza nome, nella foresta siberiana.


Nel 1981, la Chiesa Ortodossa in esilio  procedette alla loro  canonizzazione, quali  martiri della fede.

Dopo i tests del Dna nel 1998, le spoglie di Alessandra, del marito e di tre delle loro figlie furono interrate nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo, il 17 luglio, ottantesimo anniversario delle loro esecuzioni, con solenni funerali di Stato.
Cinque piccole bare di rovere, con dentro le ossa, sopra le insegne imperiali, furono posate accanto alle tombe dei loro antenati. Glorioso, il profumo delle rose era recato dal vento.
 
All’appello mancavano, come a tutt’oggi, i resti dello zarevic, Alexei, e di una delle sue sorelle, anche se altri due corpi, scoperti a poca distanza dalla sepoltura principale, paiono essere quelli degli assenti.
 
Alexei era nato il 12 agosto 1904, sotto il segno del leone e dell’eroismo, morto il 17 luglio 1918, mancava uno scarso mese al suo quattordicesimo compleanno.
 
Sit tibi terra levis
 
 

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Capitolo 13
*** Spin Off ALEXEI THE KNIGHT ***


Dai quaderni di Olga alla principessa Catherine, sua amica d’infanzia “ ..Alessio ti si era attaccato a dismisura, in quelle infinite settimane, e viceversa. E da prima, alla Stavka, stare con te era probabilmente i tre quarti della gioia e del divertimento. Un nuovo esperimento, ti era stato affezionatissimo fin da piccolo, poi ti eri sposata ed eri andata via, da giugno 1913 ricomparisti qualche giorno in agosto, rientrando l’anno dopo per un paio di mesi. Sentì la tua mancanza, più cresceva e più ti si affezionava, sapessi quante volte si è svegliato, chiedendo di te, rimanendo deluso, perché non c’eri, ti inventavi una nuova vita a Parigi, giusto, ma gli mancavi e mi mancavi..Scoppiò la guerra, rimanesti vedova e sparisti di nuovo, ti ha rivisto a rate e il 1916 al Quartiere Generale, con te, con Andres, [secondo marito di Catherine] è stato tra i periodi più belli. Adesso, in quella lunga primavera del 1917 ti rispondeva spesso male, un poco come eravamo noi alla sua età, era l’adolescenza, non la malattia, ti provocava e sfidava, cocciuto e sfibrante. E avevi la sua fiducia, ti diceva se gli faceva male il braccio o la testa, lo confortavi, poche e secche battute, lo spronavi a reagire.. Senza compatirlo o trattarlo da malato, hai sempre cercato di farlo, sorvoliamo che lo hai viziato in maniera esponenziale. Logico che ti “preferisse”, e tu gli eri attaccatissima a tua volta, guai a chi te lo toccava. E ora.. Cat, da quanto è magro pare fatto di seta e cera, così pallido da essere trasparente, l’unica cosa di vivo sono gli occhi, brillanti e curiosi, a ogni rumore si tende, spera di vederti, anche se la ragione dice che non ci vedremo mai più, lo abbraccio, reagisco per me e noi, l’ultimo attacco di emofilia lo ha quasi ammazzato, ha delirato per ore e ti voleva “Arriva, Aleksey.. quando potrà..” “Bugiarda, io non la vedrò mai più e nemmeno te” “ E che ne sai”.. baciando i suoi pugni chiusi, era la rabbia, la frustrazione, io come lui
Era il 1918, per svago le sue sorelle gli avevano raccontato il ciclo della leggenda dell’anello, e tanto Alexei bramava Catherine.  Le sue storie e il suo sorriso.
“27 gennaio 1918, Auguri al volo Catherine, come sei diventata grande, hai ben 23 anni, come ne farà  Olga a novembre..Baci, Alexei alias monello PS Felipe somiglia davvero tanto a tuo marito, Tata si è messa a ridere della prima parola del bambino, annotando che per te non deve essere stata una grande soddisfazione”


 
“.. Già, monello.. per dire..” riflettei, mi aveva inviato una foto, era cresciuto davvero tanto, non era più l’infante che si attaccava alla mia schiena imparando a camminare, un mancato Peter Pan che a tre anni voleva lanciarsi da un cassettone, ripreso al volo, e convinto a non buttarsi, che non avevamo la polverina magica, che era meglio far volare gli aquiloni..  il fanciullo stretto contro il mio grembo tra una crisi di emofilia e l’altra, il principe combattente della Stavka, che non mancava di prendermi in giro. E che in una sera di giugno 1916 mi aveva chiesto un sogno per cacciare l’incubo.
Lo stavo mettendo a letto, quella sera  quando se ne uscì con quella richiesta inopinata. Già troppe visite alle truppe e agli ospedali pieni di feriti e moribondi lo avevano innervosito, senza rimedio, in aggiunta vi ero io.
“Quale? Te lo ricordi o sai che è un incubo..” rettificai “ So che ne fai tanti, questo è specifico o no?” 
“ Non so dove sono, però è buio, sento le pallottole che esplodono e non mi posso muovere, c’è odore di sangue e .. “ mi misi di fianco, piccoli mormorii affettuosi, cingendolo mentre gli toccavo i capelli, la fronte, se ne parlava, poteva liberarsene, e non era solo. 
“Chiudi gli occhi, c’è una valle piena di fiori, siamo tra le montagne e le punte acute sono piene di neve (sst.. rilassati, accostati al mio petto, tranquillo, nessuno ti imbroglia, senti le mie mani, sono qui) .. Un bosco a sinistra, verde, un basso rimbombo di zoccoli .. Luce, foglie, profumo d’erba. Ed ora il cavaliere, su un baio altissimo, procede senza timore, ogni tanto si diverte con qualche numero, non ha nessuna fretta, quindi il cavallo rampa sulle zampe posteriori, saluta il cielo e l’estate,  corre nel vento che porta il rombo del mare. Al suo passaggio la gente lo acclama, lo applaude e il baio cammina su un tappeto di fiori, lo amano, che è forte e coraggioso ..I suoi capelli scintillano, mogano e rame sotto il sole, ha gli occhi azzurri e grandi mani (gli sfiorai i capelli, si era rilassato, un mezzo sorriso sulle labbra) Via, verso l’orizzonte, dopo essersi fermato a bere un bicchiere di vino con i suoi amici e avere scambiato dei baci con qualche  bella ragazza  (Sorrise apertamente, finalmente rilassato, cacciando le mani sotto le mie ascelle, i piedi tra i miei polpacci) Nessun timore o paura, la semplice gioia di essere vivo, le strade del mondo il suo regno, solo limite l’immaginazione” Attesi a proseguire, che si fosse addormentato “Il suo nome Alessio Nicolaevic Romanov, zarevic, atamano di tutti i cosacchi, re del tempo del sogno ..” 

 
In quella notte del luglio 1918, mentre il buio lo sommergeva, Alessio si trovò d’un tratto sopra un baio, a cavalcare il vento, come un antico guerriero, in una valle piena di luci e suoni e profumi, la brezza portava il rombo delle onde, diede di sprone e il suo ultimo sospiro fu lieve come il mare quando muore a riva.


Spin Off, doppia FF. 

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Capitolo 14
*** Spin Off Ahumada ***


Lo zarevic intorno alla fine dell’aprile 1918 era ancora debole per il recente attacco di emofilia, che lo aveva quasi ucciso. A causa delle sue condizioni precarie, non venne trasferito assieme ai suoi genitori e alla sorella Marie verso la nuova destinazione, una nuova tappa nella prigionia, da Tolbosk sarebbero arrivati a Ekaterimburg, ancora più addentro alla Siberia e ai suoi Urali, in una casa requisita a un mercante, ribattezzata “a destinazione speciale”.
 
 

Da una lettera di Olga a suo padre, quell’anno la Pasqua ortodossa cadeva il 5 maggio” .. da un telegramma abbiamo saputo che tutto è a posto. O Dio, come state? È terribile non essere insieme, non sapere nulla (..) Dio sia con te, Papa (..)  continuo la lettera, Cristo è risorto. Vorremo sapere come avete celebrato la Pasqua, Mamma cara quando saremo finalmente insiemeDio vi protegga. La messa di mezzanotte e il servizio successivo sono stati fatto bene, era tutto bello e intimo (..) Il Piccolo ha dormito e non ha partecipato alla cene di Pasqua, neanche si è accorto che lo abbiamo portato nella sua stanza..Oggi abbiamo distribuito le uova(..) Sentiamo le campane..” 


Alessio sognava la Spagna, se la passava, voleva vedere la rocca dei Fuentes, immaginava Ahumada come una magica melodia, un ristoro.  
 
Tolbosk, 7 maggio 1918, scrisse Anastasia, rispondendo a una lettera di sua sorella Maria da Ekaterimburg, dopo le formule di saluto e gli auguri di Pasqua “.. Alessio è davvero dolce, mangiamo a turno con lui, glielo ricordiamo, anche se alcuni giorni non ve ne è bisogno ..(..) Mi sto abbronzando, più di Olga e Tata, resto sempre un elefante nelle dimensioni.. (..) I pensieri sono con voi, mi mancate”

Le condizioni a casa Ipatiev erano barbare, manco funzionava l’acqua corrente, lavare i capelli e la biancheria una epica impresa. La zarina era la Nemka bliad, la puttana tedesca, suo marito, “ il sanguinario” che beveva il sangue dei sudditi e godeva della  guerra. Ma il sole sorgeva, gli uccelli cantavano all’alba, non tutto andava per forza male.

Olga, leggendo le frammentarie notizie Yekaterinburg che dicevano che stavano bene, senza poco aggiungere, era di una calma dolcezza, leggere tra le righe era una pura agonia, una prigione.
 
Il viaggio dello zarevic e delle sue sorelle verso la nuova destinazione, prima in battello, poi in treno, fu una autentica ordalia. A stento avevano cibo, per distrarre Alessio dai suoi dolori, sua sorella Tatiana e una dama di compagnia giocavano con lui a carte per ore.
 
Ed io ero prigioniero in tripla misura, della mia malattia, della sedia a rotelle  e della casa del governatore a Tolbosk, scommettevo poi che lo stesso mi sarebbe toccato a Ekaterimburg, magari in modo peggiore. E sognavo.
Ahumada e i Pirenei, altre montagne, diverse dagli Urali, erano solo un sospiro sulle mie labbra riarse.
AHUMADA, il castello avito dei Fuentes, tra i picchi e le rose.
 
Neverending story. 

…una storia che non abbia mai termine, alla fine ci crederò.
.
La mia.  
E sognavo del cavaliere.
 

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Capitolo 15
*** Extra Alexei & Cat ***


“Quando si muore, si smette di provare dolore?” Eravamo a Spala, nell’ottobre del 1912, uno dei miei peggiori attacchi di sempre, il dolore così forte che la morte  sarebbe stata una liberazione.  Non ne potevo più, alla lettera. Mi raccontarono poi che la servitù si doveva mettere il cotone nelle orecchie per svolgere le sue mansioni, le grida di dolore e i rantoli provocati dallo sforzo di respirare passavano i muri della villa. Non che fossi molto presente, la maggior parte del tempo ero semi incosciente, girato sul fianco e la gamba sinistra contorta, esangue. 
E stavo un filino meglio, quando ti feci quel discorso,  rispetto a quanto sopra, chiariamoci, almeno un poco.  Il giorno prima eri venuta.
“Penso di sì nessuno è mai tornato a raccontarlo… Un filosofo  raccontava che è come dormire e poi ci si ritrova dinanzi a un fiume, dentro una grotta, e che se bevi quell’acqua dimentichi tutto e poi rinasci .. Lasciamo stare, ora mi metto a raccontarti del Lete e dei soldati. Anche Achille, sai, il leggendario guerriero venne immerso da sua madre in un fiume speciale, da renderlo invulnerabile, tranne che in un punto ..” ti sorrisi, a malapena un incresparsi di labbra, percepii che mi sfioravi una mano.. Cat. Non piangevi, avevi le occhiaie fino al mento e il viso scavato, quando stavo male non volevi toccarmi, avevi paura di farmi male anche non volendo. Lo sai quanto ti voglio bene? A parole, nei fatti lo sapevo che mi adoravi, quando ero in forma, non facevo pari a giocare con te, abbracciarti, riempierti di baci e dispetti, anche se ci dividevano quasi dieci anni.  
Ricambiavi, a volte parevi tanto più bambina di me. 
E sopravissi, anche se mi avevano dato l’estrema unzione, avevo superato ogni previsione, anche me stesso, poteva essere ..pacifico, eppure .. la vita mi piaceva, la amavo anche se potevo fare molto poco. Attento, non giocare troppo forte, bada agli urti .. E i lividi, il sangue  non coagulava, il dolore su nervi e giunture, febbre e delirio .. Un momento era a fare chiasso con le mie sorelle, quello dopo ero piegato dal dolore. Mia madre diceva che le preghiere di padre Grigory mi aiutavano, ma .. per quello che avevo non vi era cura, ho passato mesi, anni, a fingere di dormire, i miei genitori e i medici che parlavano sopra la mia testa, come se fossi un idiota. Ero malato, mica scemo, trattarmi sempre come un bambino piccolo o un infermo alla lunga mi riempiva di rabbia. Potevo solo cercare di stare bene.



1916
 Sorrido e raccolgo tra le braccia Alexei.. oggi ha cavalcato un cavallo Akhal-Take, un nuovo Bucefalo, il mitico cavallo di Alessandro Magno, oggi cavalca un sogno, io ho il cuore stretto dalla paura vedendolo in cima.
E nulla dico..
È  cresciuto.
Cavalca un sogno.
And teach me wrong from right, and I'll show you what I can be.



Nella prima parte POV di Alexei, nelle seconda un breve frammento di Catherine.  

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Capitolo 16
*** Extra Alexei The Soldier Prince ***


Un pomeriggio dicembre 1912, a Carskoe Selo, fermo su un divano ascoltavo le gesta di Achille, l’assedio di Troia, TU eri vestita di chiaro, chiffon,credo,  i capelli raccolti sulla nuca.
Una coperta buttata sulle gambe, che celava un arto stretto da un apparecchio ortopedico, per raddrizzarlo, camminavo male,  a fatica, mi dovevano sostenere e mi aggrappavo ai mobili, alle pareti, ogni mossa un affanno. E l’apparecchio  era un arnese di tortura, lo tolleravo come i bagni di fango eccetera per far tornare dritta la gamba, era il retaggio di Spala.
Lo sbuffo divertito di mia sorella Olga,  si mise a parlare degli dei greci e romani.
E poi “Il Dio del Regno dei Morti era Ade, giusto?”
“Giusto, Alessio.”
“Allora, Zeus governava la terra, Poseidone il mare e Ade gli inferi.”
“Per la mitologia sì. “ ti avevo anche chiesto di riferire che, ove fossi morto, che costruissero un monumento di pietre nella foresta per ricordarmi.
“E come divisero le cose? Ci fu una guerra o se la giocarono, tipo con le monete o..”
“Una guerra, la lotta tra i Titani. “
“Che tristezza, erano tutti fratelli e esclusero l’ultimo.”
“Sono vecchie storie, Alessio, lo sai.” 
“ Ade era il dio più potente, che il suo era l’ultimo regno.  E lui non aveva paura. Mi piace, cosa credi, lui era forte e coraggioso come Achille. Io sono come Achille.. Credimi.”
“Ci  credo.”
%%%%
1916. Osservai  le foto, Alexei compariva in uniforme in varie attività, dal saluto militare ad essere in trincea, con o senza suo padre, le mostrine dell’uniforme con le sue iniziali A. N. iniziate a N. A., usanza russa, un legame tra generazioni, gli appellativi di padre e figlio si legavano tra loro. O con il suo spaniel, Joy, mentre studiava, con vari ufficiali, o in pose scherzose con le sorelle, in automobile, peraltro ferma, con lui al volante,  o vicino a un cannone,  un aereo“ .. mangio il pane nero e la zuppa dei soldati, marcio e mi alleno e.. Sono un soldato io pure.”
“Lo so, a fighter prince”
%%%%
Aleksej Romanov. 
In principio era l’erede, atamano di tutti i cosacchi, viziato e coccolato, poi fu  prigioniero,  figlio di un uomo senza nessun titolo, lui che un tempo aveva regnato su circa un sesto del globo, .. tranne che Colonnello Romanov, la madre una tedesca, una meretrice senza onore. 
Quel ragazzino  aveva il coraggio di un leone..
 Sapeva che poteva morire, e non ne aveva timore, la sua paura riguardava quello che potevano fargli in prigionia, a lui e ai suoi..


In quella notte del luglio 1918, mentre il buio lo sommergeva, Alessio si trovò d’un tratto sopra un baio, a cavalcare il vento,un antico guerriero,, la brezza portava il rombo delle onde, diede di sprone e il suo ultimo sospiro fu lieve come il mare quando muore a riva.
.. You’ve taught ME the wrong from right, now I show you what I AM:
 

I dialoghi sono tra Alexei e la sua amata principessa Catherine.

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