ReggaeFamily
My
bloody lip never tasted so sweet
“Buon
anno!” strillano tutti all'unisono, sollevando in aria i loro
calici pieni di vino. Io faccio lo stesso con un grande sorriso
stampato in faccia.
Non
ho neanche il tempo di posare nuovamente il mio bicchiere sul tavolo,
che subito James e Dominic mi si scaraventano addosso,
intrappolandomi in un abbraccio soffocante.
“Auguri,
mio dolce chitarrista!” biascica James, già palesemente
ubriaco. Percepisco il pungente odore di vino che si sprigiona sia da
lui, sia da Dominic.
Quest'ultimo
lancia un grido d'entusiasmo e mi scompiglia i capelli. “Che
questo 2019 ci porti ispirazione, nuovi concerti, un nuovo album,
nuovi fan e tanta birra!”
Mi
divincolo dalle loro mani che mi si appiccicano ovunque, sentendo una
nuova fitta alla testa che mi destabilizza.
La
verità è che non sto tanto bene, ma ci tenevo a
festeggiare il Capodanno con i ragazzi. Abbiamo condiviso tantissime
cose insieme negli ultimi anni, sono senz'altro i miei migliori amici
e non li volevo deludere, a costo di compiere un piccolo sacrificio.
“Alla
salute!” strilla Philip, stappando la bottiglia di spumante che
stringe tra le mani. Nel locale si propaga un botto secco, seguito
dalla risata di Conor che – anch'esso parecchio brillo –
salta quasi addosso al bassista.
Quel
suono così forte non fa che peggiorare la situazione
all'interno della mia testa. Per fortuna ho portato con me anche gli
antidolorifici. So che brindare al nuovo anno con acqua e pastiglia
non è tanto d'effetto, ma sto per impazzire.
Evidentemente
il mondo intero cospira contro di me, perché proprio in quel
momento la musica nel locale aumenta di volume e prende a rimbombare
tra le pareti.
Serro
gli occhi e recupero la confezione degli antidolorifici dalla tasca
della mia giacca. Sobbalzo appena quando una mano si posa sulla mia
spalla.
“Tutto
bene?” domanda Philip al mio orecchio, nella speranza di farsi
sentire sopra la musica a palla.
“Più
o meno...” bofonchio. Riapro gli occhi con cautela, recupero la
mia bottiglietta d'acqua situata sul tavolino e mando giù una
pillola con movimenti meccanici.
“Non
mi sembra” osserva il bassista preoccupato.
Gli
regalo un lieve sorriso. “Sto bene, è solo un po' di mal
di testa. Comunque... buon anno, fratello!”
Philip
ricambia il sorriso. Sta per ribattere, quando qualcuno giunge alle
mie spalle e mi getta la mia stessa giacca addosso. “Joe,
vestiti in fretta, usciamo, ci sono i fuochi d'artificio!”
strepita Conor.
Oh
no, ci mancava solo questa. Altri boati, altre esplosioni.
Comunque
decido di accontentare il mio amico: mi metto in piedi con calma,
sperando di non essere colto alla sprovvista da capogiri e fitte, e
mi vesto. Conor mi osserva senza smettere di sorridere, il viso
rotondetto e paffuto arrossato per il caldo e l'alcol.
Prima
che me ne possa rendere conto, i miei amici mi hanno già
trascinato fuori. L'aria fredda mi schiaffeggia il volto senza pietà
e, lo devo ammettere, immediatamente mi fa stare meglio. La respiro a
pieni polmoni, insieme al leggero odore di polvere da sparo dei
fuochi d'artificio.
Poso
lo sguardo sulla piazza gremita di gente davanti a me, poi lo sollevo
verso il cielo privo di nubi e rimango meravigliato dallo spettacolo
pirotecnico. È impossibile non cascarci, quei colori luminosi
e brillanti riescono sempre ad attirare i miei occhi, seppur stanchi
e poco vigili.
Conor
e James esultano e ridono alla mia destra, mentre Philip tiene
d'occhio un po' loro e un po' i giochi di luce in cielo, le mani
affondate nelle tasche del giubbotto.
È
incredibile quanto il nostro bassista riesca a reggere bene l'alcol,
sembra perfettamente lucido nonostante abbia bevuto quanto gli altri.
“Ehilà!”
Dominic poggia il suo braccio sulla mia spalla in cerca di sostegno.
Immagino stia per perdere l'equilibrio, ma forse non si è reso
conto che, per uno esile e minuto come me, reggere il peso di uno
della sua stazza è praticamente impossibile.
Così
allungo a mia volta una mano verso Philip e la poggio sulla sua
spalla. Lui si limita a lanciarmi un'occhiata interrogativa, per il
resto non reagisce.
“Che
te ne pare di questo 2019?” mi chiede Dominic, scrutandomi
attentamente.
Ma
io non ricambio lo sguardo, sto ancora osservando il cielo trapuntato
di piccole scintille rosse e azzurre. “Non lo so, Dom, è
appena cominciato.”
“Dovresti
vedere come ti brillano gli occhi in questo momento” continua a
blaterare lui.
Mi
mordicchio automaticamente il labbro inferiore. Succede sempre quando
Dominic esagera con l'alcol e inizia a vaneggiare, mettendomi spesso
e volentieri in difficoltà. Non sono estroverso e spigliato
come lui o James, non sempre riesco a rispondere a tono.
Finalmente
il mio amico scosta il gomito dalla mia spalla e mi sento subito
libero da un peso. Poco dopo, però, mi circonda le spalle con
un braccio, sorprendendomi. “Buon anno, amico mio.”
Oddio.
È già completamente fuori, e la serata è ancora
lunga.
“Buon
anno anche a te” ribatto, poco prima che l'ultima esplosione di
fuochi d'artificio squarci il cielo e ci assordi con i suoi rombi in
grado di far quasi tremare il suolo. Resisto all'impulso di tapparmi
le orecchie con le mani; in ogni caso sono intrappolato dalla stretta
di Dominic.
Solo
quando quell'incantesimo si spezza, mi rendo conto che la testa non
mi pulsa più come prima.
Mi
guardo attorno e sorrido.
Sono
appena le quattro quando io e Philip, sfiniti, trasciniamo nuovamente
Dominic fuori dal locale, sullo stesso marciapiede da cui abbiamo
assistito allo spettacolo pirotecnico. È stato abbastanza
difficile separarlo dalla birra che ha continuato a scolare per tutta
la sera, ma l'impresa più ardua è tentare di capire i
discorsi sconclusionati che sta biascicando.
“Solo
voi sentite odore di marshmallow? Dev'essere lo shampoo di Joe...”
borbotta il chitarrista, intrecciando le dita tra i miei capelli. Mi
auguro che non siano impiastricciate di qualche alcolico, perché
li ho lavati proprio oggi.
“Dom,
ma tu sei venuto in macchina?” s'informa Philip, che lo
sostiene quasi interamente da solo.
“Certo,
tesoro. L'ho parcheggiata nel ripostiglio, ma non rubarmela eh!”
risponde prontamente Dominic.
Non
posso fare a meno di ridacchiare. “Nel... ripostiglio?”
“Tesoro?!”
borbotta Philip tra sé, poi si rivolge a me: “Tu che sei
venuto in taxi potresti portare via auto e proprietario? Non penso
che sia in grado di guidare”.
Faccio
spallucce. “Non vedo altre alternative. Lo porto da me.
Piuttosto... mi sa che Conor non è conciato molto meglio”
osservo, facendo un cenno alle mie spalle.
A
qualche metro da noi, infatti, James ha fatto accomodare il cantante
sul bordo del marciapiede. Conor ha il volto verdognolo, sicuramente
è in preda alla nausea, e ha la testa posata sul palo di un
lampione.
Philip
si lascia sfuggire un sospiro esasperato, ma non sembra
particolarmente irritato. In fondo ci è abituato. “Ti
posso lasciare solo con Dom? Così vado a dare un'occhiata a
quei due. Cerca di capire dove ha le chiavi della macchina.”
“Va
bene” acconsento.
Non
appena il bassista lascia andare Dominic, lui subito cerca un
appiglio su di me, premendomi una mano sulla spalla. La stessa su cui
si è adagiato mentre guardavamo i fuochi d'artificio. Domani
non riuscirò a muovere il braccio, me lo sento.
Ma
non mi lamento.
Incrocio
lo sguardo di Dominic, annebbiato dall'effetto dell'alcol, e domando
con calma: “Dove hai messo le chiavi della macchina?”.
“Nella
busta dei marshmallow” risponde lui in tono ovvio.
“Okay...
e dov'è questa busta? In una tasca?” cerco di capirci
qualcosa, imperterrito.
“E
che cazzo ne so? In qualche tasca, sì...”
Mi
mordicchio il labbro, nervoso, quando apprendo che dovrò
frugare in tutte le sue tasche per riuscire a trovare le chiavi. Non
mi piace perquisire qualcuno senza il suo consenso, anche se si
tratta di uno dei miei migliori amici.
“E
il vino era buono, sapeva di marshmallow, mentre stavamo a quel
tavolo... tu c'eri, Joe? Ma che dico! Stavamo leggendo poesie di
Shakespeare, e a un certo punto Conor ha detto: ehi, quella è
la mia canzone, quello stronzo del Seicento mi ha plagiato!”
blatera Dominic tra una risatina e l'altra, con le mani sulle mie
spalle, mentre io infilo cautamente le mani nelle tasche del suo
giaccone blu notte. Nella sinistra trovo le sigarette, l'accendino,
una banconota dal valore imprecisato e qualche spicciolo. Nulla.
Faccio
per ritrarmi quando le mie dita, nella tasca destra, si scontrano
contro uno degli oggetti preferiti di Dominic: un preservativo. Non
avevo dubbi, non esce mai senza.
Sbuffo
e sento le guance che mi si infuocano, ma proprio in quel momento la
mia ricerca si conclude: sfioro un oggetto di metallo e lo porto
fuori lentamente, facendo attenzione a non trascinare qualche altro
oggetto.
Sorrido
trionfante: sono le chiavi della sua Ford.
Per
tutto il tempo mi sono mordicchiato il labbro inferiore e ora
comincia a far male. La devo piantare, altrimenti presto mi procurerò
una vera e propria ferita.
“Oh,
perfetto. Se tu ora mi dici dove hai parcheggiato la macchina, ti
porto da me e ci facciamo una dormita.” Cerco di estrapolare
qualche informazione a Dominic. Gli devo parlare come se fosse un
bambino perché sembra non capire, la cosa mi irrita parecchio.
“Guarda
la luna, Joe: sembra un fuoco d'artificio bianco, tra poco esplode!”
Sbuffo,
già spazientito dal suo continuo vaneggiare, ma non posso fare
a meno di rivolgere un'occhiata alla luna lattiginosa sopra di noi.
Proprio
in quel momento sento una mano scorrere tra i miei capelli, le dita
districare qualche nodo che si è formato tra le ciocche mosse.
Rabbrividisco appena e poso lo sguardo sul suo volto dai lineamenti
marcati e distesi, illuminato appena dalla luce giallastra di un
lampione. Dominic mi sorride e gioca con i miei capelli.
Quei
suoi gesti così affettuosi mi imbarazzano e mi inquietano. So
che non ci dovrei fare caso perché il mio amico è
completamente sbronzo e non sa quel che fa, ma io invece sono sobrio.
Non mi piace che il mio cuore batta così veloce, fuori dal
normale. Non mi piace sentire tanto calore sul viso. Non mi piace che
i miei denti intrappolino di continuo il mio labbro inferiore,
torturandolo.
Scuoto
la testa e mi sottraggo gentilmente al suo tocco. Lo afferro per un
braccio e lo trascino lentamente verso Philip, James e Conor.
“Tutto
bene, ragazzi? Io e Dom leviamo le tende, grazie per la bella
serata!” annuncio.
“Beato
te. Conor sta per vomitare, non sappiamo come ficcarlo in macchina e
portarlo via” borbotta James con uno sbadiglio. Il batterista
sembra già aver smaltito la leggera sbronza che si è
preso, stasera ha deciso di non dare il peggio di sé.
“Se
vuoi facciamo cambio. Ma non so quanto ti convenga, questo qui non fa
che delirare” ribatto, sollevando gli occhi al cielo.
Intanto
Dominic, dietro di me, si è poggiato contro la mia schiena e
rischia di farmi cadere in avanti.
Vorrei
dirgli che quel giorno ne sta combinando una dietro l'altra, che mi
sta facendo male, che mi porterò i dolori appresso per una
settimana, ma non ce la faccio. E soprattutto non è questo il
momento.
“Allora
ciao, buon ritorno, ma se hai bisogno d'aiuto chiedi pure” mi
saluta Philip. Adesso si trova rannicchiato accanto a Conor che, in
stato confusionale, ha cominciato a piangere senza motivo.
Conor
stavolta ha davvero esagerato, forse è la prima volta che lo
vedo in queste condizioni. Domani gli racconterò tutto e potrò
prenderlo per il culo per tutto il 2019.
Ma
intanto devo pensare a Dominic. Avvolgo il suo braccio destro intorno
alle mie spalle in modo che si sorregga a me, saluto gli altri tre
frettolosamente e mi trascino a fatica sul marciapiede alla ricerca
della Ford nera del mio amico, mentre lui ride e mi canta We Wish
You A Merry Christmas nell'orecchio.
Ringrazio mentalmente la
buonanima che ha montato l'ascensore nel palazzo in cui abito, perché
non saprei come trascinare Dominic su per quattro piani di scale.
Alle cinque meno un quarto del mattino, per giunta.
Sono stremato. Mentre
guidavo, il chitarrista ha ben pensato di farmi l'intero ripasso
della Seconda Guerra Mondiale, aggiungendo dettagli completamente
inventati da lui. Spero almeno che si addormenti subito una volta in
casa, perché dovrò condividere con lui il letto e ho
davvero bisogno di riposare.
Apro la porta del mio
appartamento, accendo la luce del piccolo soggiorno e spingo Dominic
all'interno. Mi affretto a chiedere la porta, nella speranza di non
aver svegliato nessun inquilino dormiente.
Che poi, la gente a
Capodanno dorme?
Il mio amico conosce bene la
mia casa e sembra pure riconoscerla, quindi si avvia a passo spedito
in bagno, chiudendosi dentro.
Tiro un sospiro di sollievo
e corro subito in camera mia; mi scaravento sul letto da una piazza e
mezzo senza neanche accendere la luce, chiudo gli occhi e mi godo
quegli attimi di silenzio. Per fortuna il mal di testa è
passato, ho preso un antidolorifico molto efficace.
La porta del bagno si apre
piano, accompagnata dal passi pesanti di Dominic. “Joe?”
mi chiama sottovoce.
“Sono qui”
rispondo automaticamente, senza aprire gli occhi. Devo anche trovare
la forza per alzarmi, andare in bagno e lavarmi almeno i denti.
Dominic strascica i piedi
nel piccolo corridoio su cui si affaccia la porta della camera, poi
sento un tonfo secco. “Potevi almeno accendere una cazzo di
luce.”
Ridacchio, ricordandomi solo
ora che l'ho lasciato al buio. “Scusa!” Allungo una mano
e accendo l'abat-jour sul comodino accanto a me.
Quando riapro gli occhi,
Dominic è in piedi davanti al letto e mi sorride, la testa
leggermente inclinata di lato. “Avresti dei marshmallow? Ho
voglia di marshmallow!”
Mi fa tenerezza, così
grande e grosso, col viso da duro addolcito da un'espressione
smarrita, i capelli scuri e disordinati che ormai nemmeno il gel
riesce a tenere a bada.
Mi sollevo a fatica dal
materasso e sbadiglio. “Sdraiati, sto tornando. E non occupare
tutto il letto, ci devo stare anch'io.”
Mi dirigo verso il bagno con
passo felpato, i piedi già scalzi sfiorano appena il pavimento
tiepido. Quando mi ritrovo davanti allo specchio, quasi mi spavento:
la mia chioma bionda ormai non ha più un ordine, il mio viso è
ancora più pallido del solito e sotto gli occhi si stanno
formando delle occhiaie scure. Per non parlare del mio povero labbro,
quasi sul punto di sanguinare a furia di essere mordicchiato.
Distolgo lo sguardo, mi
sciacquo il viso e mi preparo per tornare in camera.
Una volta fuori dal bagno,
torno da Dominic e lo trovo sdraiato su un fianco, lo sguardo che
vaga tra me e il disordine che regna nella piccola stanza. In questo
io e lui siamo sempre stati simili.
“Che te ne pare di
questo Capodanno, piccolo Joe?” mi chiede, mentre ripongo la
maglia e i jeans utilizzati quella sera sulla sedia della scrivania.
“Veramente sono più
grande di te.”
“Sei un marshmallow.”
Mi mordicchio il labbro.
Perché ancora non si è addormentato?
Mi sdraio accanto a lui,
tenendomi comunque in un angolino del letto. Non è la prima
volta che dormiamo nella stessa stanza, eppure oggi mi sento
particolarmente agitato. Dominic è ubriaco, quindi
imprevedibile. E questo non mi piace granché.
Affondo nuovamente i denti
nel mio labbro inferiore, ormai è diventato un gesto
automatico. Ma stavolta devo trattenere un gemito di dolore; è
già troppo tardi per porre rimedio, sento il sapore del sangue
in bocca.
“Joe!” esclama
Dominic al mio fianco, facendosi più vicino.
Non mi muovo, tengo lo
sguardo puntato sul soffitto.
“Smettila di morderti
il labbro, vai avanti così da ore.”
Si mette a sedere sul
materasso e mi osserva con attenzione.
“Eh...” mugolo,
senza sapere che dire. Spero mi levi quello sguardo profondo e
annacquato allo stesso tempo di dosso.
Ma lui solleva una mano e
con l'indice sfiora il mio labbro ferito con delicatezza.
Sono immobile, trattengo il
fiato. Non so proprio che fare, come reagire, non so cosa aspettarmi.
Così lo lascio fare. Sono abbastanza curioso di sapere cosa la
sua mente annebbiata lo porterà a fare, ma al contempo sono
impaurito.
Forse
sto fermo perché non mi voglio muovere.
Dominic mi rivolge uno di
quei sorrisi sbilenchi tipici di lui, poi avvicina il suo viso al
mio.
No, per favore, no!
Automaticamente mi mordo il
labbro, ma una fitta di dolore mi ricorda che è già
abbastanza compromesso. Strabuzzo gli occhi, il sangue mi inonda la
bocca.
“Hai visto che hai
combinato?” sussurra Dominic.
E posa le sue labbra sulle
mie.
No,
Dom, perché? Non lo fare!
Tutto si blocca. Mi
irrigidisco completamente, pianto le unghie sul materasso sotto di
me. Serro gli occhi, sperando ingenuamente che tutto ciò
sparisca. E inizio a sudare freddo.
Tutto nel giro di un
istante.
Ma le labbra di Dominic sono
incredibilmente morbide, sono in grado di anestetizzare il dolore, di
curare la mia ferita.
Sanno di birra, ma non solo.
Sono dolci.
Non avrei mai pensato che
Dominic potesse essere così dolce.
Le guance mi si infiammano,
così come tutto il corpo, e mi rendo conto solo in quel
momento che quel contatto non mi dispiace. Anzi, ne sono inebriato.
Ma com'è possibile?
Tutto ciò è assolutamente irrazionale! Cosa sto
facendo? Perché mi sta piacendo così tanto?
Dominic si sdraia accanto a
me e mi trascina su di sé. Non oso oppormi o staccare le mie
labbra dalle sue, ma nemmeno approfondire quel contatto così
dolce e bizzarro.
È lui a insinuare la
sua lingua tra le mie labbra. Resisto per un istante, terrorizzato da
ciò che sta accadendo, ma infine mi lascio andare. La punta
della sua lingua accarezza con dolcezza il mio labbro ferito, come a
volerlo curare e coccolare, mentre le sue mani affondano tra i miei
capelli.
Ma dopo qualche secondo
siamo a corto d'aria e siamo costretti a separarci.
Scatto in ginocchio sul
materasso, confuso. Cos'ho fatto? Perché ho permesso al mio
amico una cosa del genere?
Lui è ubriaco, ma io
no.
“Joe, vieni qui.
Volevo solo pulirti via quel sangue, era inguardabile. Sai di
marshmallow, sai?” se ne esce Dominic con nonchalance,
prendendomi una mano e intrecciando le sue dita con le mie.
Scoppio a ridere
nervosamente. Già, l'ha fatto solo per disinfettare la ferita.
Domani non ricorderà
nulla di tutto ciò, per lui sarà tutto come prima. Non
c'era malizia in quel gesto.
Peccato che ora io dovrò
fare i conti con una verità che da troppo tempo cercavo di
reprimere: sono attratto dal mio migliore amico. E ci sono cascato.
Mi sdraio nuovamente al suo
fianco, dandogli le spalle. Mi lecco le labbra: sapore di sangue
misto a sapore di Dominic.
Devo solo stare fermo,
tenere le distanze e tutto andrà bene. Da domani fingerò
che nulla sia accaduto.
Ma non è così
semplice come speravo.
Dominic mi abbraccia da
dietro, con un braccio, e mi trascina delicatamente contro di sé.
Poi posa la testa contro la mia schiena e mormora: “Buonanotte”.
Respiro a fatica,
scombussolato da quel contatto. Sento caldo, troppo caldo.
Resto così almeno per
due ore, cercando di scacciare via l'adrenalina dalle mie vene, con
gli occhi sbarrati che osservano la luce bianca dell'abat-jour.
Poi il sonno ha il
sopravvento. E così, almeno per un po', potrò smettere
di pensare. O meglio, cercare di mettere ordine tra i mille pensieri
che mi frullano in testa.
A risvegliarmi sono due dita
che mi scorrono sulla guancia, fino a raggiungere la fronte e poi
attorcigliarsi tra i miei capelli. Questa è la prima
sensazione che percepisco.
Avverto anche il materasso
sotto di me, tiepido e morbido.
La mia schiena, poi, è
posata contro una superficie calda e accogliente. È il petto
ampio di Dominic, nascosto sotto la sua felpa.
Avverto anche un dolce e
confortante calore propagarsi in tutto il corpo, somiglia alla
sensazione che si prova dopo una tazza di cioccolata calda.
Infine la luce del giorno
filtra dalla mia finestra e mi ferisce gli occhi, ancora nascosti
dietro le palpebre.
Mezzogiorno dev'essere
passato da un pezzo.
La mano di Dominic, che ha
percorso per intero una mia ciocca di capelli, si posa sul mio fianco
e rimane immobile lì.
Sono indeciso sul da farsi.
Faccio capire al mio amico che sono sveglio? Una parte di me vorrebbe
restare ancora così, a farsi cullare dalla sua vicinanza.
Invece comincio a muovermi
con cautela: prima sposto un braccio, poi la testa.
Dominic sbadiglia e si
scosta da me, sdraiandosi a pancia in su. “Buongiorno, Joe. Mio
dio, ho un mal di testa allucinante...”
Sorrido tra me e me. Beh, è
il minimo, dopo i litri di birra e vino che ha fatto fuori ieri sera.
“Tranquillo, ho gli
antidolorifici a portata di mano” lo rassicuro, tentando di
mantenere un tono leggero.
Joe,
fingi che nulla sia accaduto. Dominic non ricorda nulla.
“Dopo te lo chiederò.”
Mi allontano ancora di più
da lui e mi metto a sedere sul bordo del materasso, poi lancio
un'occhiata al mio amico. È scompostamente intrecciato alle
coperte, tiene gli occhi chiusi e si preme una mano appena sopra
l'orecchio.
Mi manca già averlo
vicino...
Distolgo lo sguardo e lo
perdo fuori dalla finestra, abbagliato dalla luce del pomeriggio.
“Joe.”
“Mmh?”
“Ieri non ero così
ubriaco da non ricordare niente. Non fare l'indifferente, so bene
cosa è successo.”
Il mio cuore perde un
battito e sento il sangue defluire dal mio viso.
Ma stavolta ci penso due
volte prima di mordermi il labbro.
“Guardami.”
Espiro bruscamente. “Dom,
io...”
“Guardami.” Mi
posa una mano sulla spalla e mi incita a voltarmi.
Con il cuore in gola, faccio
come mi dice e mi ritrovo a scrutare i suoi occhi, profondi e
indagatori. “Ero ubriaco, non stronzo. Okay, forse quello lo
sono sempre, ma... non avrei mai fatto qualcosa che non volevo.”
Sbatto le ciglia, confuso.
Sta succedendo davvero? Per quanto mi riguarda, potrebbe apparirmi un
unicorno di fronte e non mi sorprenderei.
“Ti adoro, Joe.”
La mano che teneva sulla mia
spalla slitta in fretta sul mio petto, lo accarezza piano, poi sale
verso il collo e infine si ferma sotto il mio mento. Dominic ha un
sorriso da un orecchio all'altro. “Ti fa ancora male il
labbro?”
Allora mi sciolgo in un
sorriso. Non avrei mai creduto che Dominic potesse essere così
dolce e premuroso.
Lui azzera la distanza tra
le nostre labbra e, per la seconda volta nel giro di poche ore, mi
trascina accanto a sé.
Stavolta è diverso.
Stavolta lui non è ubriaco.
Stavolta è tutto
vero.
Ma ciò che non cambia
è quel sapore dolce, quel sapore di Dominic.
“Oh, Joe” mi
soffia sulle labbra appena ci separiamo, poi mi stringe a sé e
mi fa posare la testa sul suo petto.
Mi accarezza distrattamente
i capelli, la schiena, le braccia, i fianchi.
È assurdo.
“Stavolta lo sento
anche io, l'odore di marshmallow” mormoro.
Scoppiamo entrambi a ridere.
♥ ♥ ♥
Ciao
a tutti e, ovviamente, buon anno!!! Come potevo lasciarmi sfuggire
l'occasione di omaggiare il Capodanno, la mia festa preferita in
assoluto???
E
ho deciso di farlo in un fandom che ultimamente mi sta prendendo
molto, attraverso delle ship che adoro! Vi segnalo che il titolo di questa storia è un verso della canzone "Number 13" dei Nothing But Thieves, che vi consiglio di ascoltare *-*
Allora,
che ne pensate di questa DomxJoe? Vi piace la coppia? Io li ADORO, li
trovo perfetti, sono come il giorno e la notte: uno moro e l'altro
biondo, uno ben piazzato e l'altro più minuto, uno esuberante
e l'altro riservato... aww *-*
Ringrazio
tutti coloro che si sono avventurati fin qui, Kim che adora e segue
il fandom con la stessa mia passione, wurags che ha indetto un
bellissimo contest e deciso di accettare i Nothing But Thieves!
Grazie di cuore! :3
Alla
prossima, vi auguro un 2019 pieno di ispirazione e belle storie!!! ♥
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