This Could Never Work

di Miryel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


[ Starker - Tony x Peter - Romantico/Introspettivo - Word Count: 2804 ]

 


This Could
Never Work

♦♦♦

 

♦♦♦

“We could make it work…”


«Troppo cerebrale per capire che si può star bene senza complicare il pane 
Ci si spalma sopra un bel giretto di parole vuote ma doppiate 
Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo e quando dormo taglia bene l'aquilone
Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace»

 

 

 

Capitolo I.


 

  «Parker, Tony non sta bene, è... ferito. Lo hanno portato in ospedale. Per i dettagli, chiamami non appena sentirai questo messaggio. Sono Natasha. Natasha Romanoff», bip.

Ferito?, ripeté Peter, in un rimbombo infinito dentro la sua testa. Spalancò lo sguardo vuoto in un punto che non riuscì nemmeno a vedere, mentre ogni brutta immagine gli passava davanti come avrebbe fatto una dolorosissima pellicola cinematografica, fin troppo accurata nei dettagli. Come un incubo terrificante alla quale poteva sfuggire solo svegliandosi di colpo; però era la realtà, era tutto vero.

Era seduto su un muretto poco distante dall'uscita dell'edificio scolastico. Il cellulare premuto contro l’orecchio bollente, le dita della mano libera strette intorno alla bretella dello zaino che portava in spalla. La voce calma ed enigmatica di Vedova Nera che gli lanciava quella notizia contro la faccia come una sferzante ventata gelida, in un semplice messaggio lasciato in segreteria. Tornò a guardare lo schermo del telefono, ben sapendo che avrebbe dovuto richiamarla prima di subito, maledicendosi per aver dovuto aspettare così tanto - quasi una giornata intera. Colpa della scuola. Colpa della dannata scuola. 

Natasha gli rispose dopo un paio di squilli; la sua voce spiccava in mezzo al caos cittadino dell'ora di punta. Rispose con una velocità che da una parte lo sollevò ma dall'altra lo preoccupò.

«Non è niente di grave, Parker», esordì la donna, quando le chiese come stava Tony, cercando di risultare con la situazione un minimo sotto controllo, ma non era così. Si sentiva di aver fallito come tutore di vite umane, perché se ci fosse stato… se solo lui fosse stato lì a proteggerlo…

Ecco, questo era quello che più spaventava Peter. Perdere qualcuno perché lui non era stato in grado di tutelarlo. Solo perché, in quel momento, la vita vera lo aveva impegnato con cose che avrebbe potuto rimandare, perché non erano importanti davvero. 

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, o no?

«Lo immagino», disse, e non lo immaginava per niente. Anzi, davanti agli occhi aveva la figura fin troppo vivida del signor Stark, resecato in un letto d'ospedale e non riusciva a trovarvi nulla di positivo in quel pensiero. «Che cosa è successo?»

«Mentre usciva di casa, un uomo lo ha colpito alle spalle. Gli ha infilato un coltello nel fianco. Per fortuna non è andato così a fondo da danneggiare organi importanti. Ha comunque perso molto sangue, e lo terranno sotto osservazione per qualche giorno.»

Cosa?

Cosa?.

Le poche cose di cui Peter era sicuro, crollarono in un nero baratro, infrangendosi.

Era quasi scontato - se non ovvio, che la prima idea di Tony ferito non era ricollegabile ad uno scontro avvenuto così, per la strada. Senza aver preso parte ad uno scontro, senza armatura, senza alcuna possibilità di difendersi. Era quindi successo così? Senza preavviso? In un momento di debolezza? Uno di quei momenti in cui si pensa che certe cose accadano solo agli altri, e non a se stessi o alle persone care. Non a Tony Stark. Non ad IronManInconcepibile. Quasi assurdo.

Peter si lasciò sfuggire una risata nervosa mentre gli occhi gli si inumidirono di una rabbia legata al ridicolo senso di ingiustizia che provava. Perché? Perché proprio il signor Stark? Perché proprio lui?

Non si rese conto di averlo detto ad alta voce. Non si rese conto di averlo chiesto con tanta di quella frustrazione addosso da aver quasi urlato. Aveva di sicuro alzato il tono e non era da lui. No, non era da lui. Avrebbe dovuto chiedere scusa, subito. Avrebbe dovuto scusars-

«Per te che non lo conosci da sempre, sembrerà una follia, ma Tony Stark non è proprio la persona ben vista da tutti che credi tu, Peter.»

«Nessuno di noi è ben visto da tutti, ma non per questo andiamo in giro ad accoltellare le persone», rispose, senza pensare. Un moto d'astio gli tagliò in due la testa. Le meningi strette in una morsa, mentre si alzava in piedi incapace di restare fermo un minuto di più, su quel muretto di tufo.

«Penso che tu lo sia; ben visto, dico», rise leggermente la donna e Peter non replicò. Era fastidioso. Era fastidioso sentirsi etichettato sempre come quello buono, incapace di odiare, incapace di fare del male. No, non ne era quasi  capace, ma non era forse vero che Spider-Man usava la violenza, talvolta, per riportare l'ordine? Non era forse vero che provava odio anche lui, pure non volendo, contro quelle persone che avevano solo provato a fare del male a chi amava?

Non c’era amore senza odio e non c’era odio senza amore. Forse era un pensiero troppo sentimentale, ma era così che Peter vedeva la vita. Ed era per quel motivo che, per quanto sapesse che Tony Stark non era un santo, sapeva anche che quell’uomo cercava costantemente e disperatamente di redimersi. Ed era questo che lo rendeva migliore di molte altre persone. Persino migliore di lui. Essere buoni è troppo comodo., pensò, con le sopracciglia inarcate, ora decisamente di cattivo umore.

«Comunque è al Presbyterian Hospital», tagliò corto la donna, probabilmente stufa di sentirlo così ostico. «Tony non è il tipo che ama farsi vedere in certe condizioni, ma ha insistito perché lo sapessi, Parker. Per quello ti ho telefonato. Immagino che forse non gli dispiacerà se andrai a trovarlo».

«Tanto ci sarei andato comunque…» ammise Peter, poi sospirò e si passò una mano tra i capelli, sempre più affossato da quella situazione. «Grazie mille, signorina Romanoff».

«Ti assicuro che sta bene e che presto tornerà ad elargire il suo grosso ego e la sua arroganza come se nulla fosse accaduto», lo rassicurò ancora Natasha, e Peter sperò che potesse accadere prima di subito.

 

 

Odiava dannatamente l’odore degli ospedali. Gli ricordava sempre troppe cose infelici, troppe cose indelebili e dolorose. Cose ingiuste.

Zio Ben c’era morto, in uno di quegli ospedali del cavolo. Non era successo al Presbyterian, ma alla fine uno valeva l’altro, no? Che cosa poteva cambiare, dopotutto? Quanto malumore aveva addosso e quanto fastidio sentiva dentro, al pensiero che no, non era malumore, era paura. Una paura che non stava accettando, e allora preferiva mostrarsi più insofferente e scostante. Portava ancora lo zainetto sulle spalle, siccome non era nemmeno passato a casa a posare le sue cose; aveva il vizio infantile di stringere le bretelle tra le dita, quando era nervoso. Tipo un appiglio. Un inutile e precario appiglio, che lo teneva appeso a se stesso; inutile come una corda per scalatori annodata al niente. Un dottore molto gentile gli indicò la stanza centootto, dopo che aveva raggiunto il reparto che gli era stato comunicato alla hall; il signor Stark stava nella stanza riservata alle persone famose, aveva detto quello ridacchiando.

«Tu devi essere Peter», gli disse poi, prima di andare via, squadrandolo da capo a piedi e, prima che potesse anche solo aprire bocca per rispondere, il medico continuò: «Il signor Stark ha detto: se vede un ragazzetto con lo zaino e l’aria spaesata, lo lasci entrare. Si chiama Peter e non ama gli ospedali».

A Peter salì il cuore in gola.

Non tanto per le parole che il signor Stark aveva detto; così da lui, così dannatamente arrogante da risultare divertente. Era più la consapevolezza che, dopotutto, se aveva così voglia di scherzare, forse in fondo stava bene. Accennò un debolissimo sorriso, prima di ringraziare il dottore e bussare alla porta della stanza centootto, prendendo un grosso respiro. Odiava gli ospedali più di ogni altra cosa, e quei dannatissimi sensi di ragno stavano rendendo quell’esperienza più dolorosa di quanto potesse ricordare. Il signor Stark non era Zio Ben. Non era attaccato a dei tubi per allungare un’agonia che lo avrebbe comunque poi spento per sempre, eppure Peter continuava ad associare ogni esperienza collocata in quell’ambiente, a quel ricordo lacerante.

Quando dall’altra parte gli venne detto di entrare, lui obbedì aprendo la porta, che si chiuse poi alle spalle una volta entrato nella stanza. La prima cosa che fece, fu guardarsi intorno. Le pareti erano per metà bianche e per metà verdi. Una grossa tenda celeste era tirata sulla metà di una grossa finestra che dava su una parte di New York che non riuscì a collocare. Il buio cominciava a farsi strada nel cielo, e le luci dei grattacieli si accendevano come piccole lucine di Natale. Sul lato sinistro, su un letto elettrico ospedaliero, seduto contro una pila di tre cuscini, c’era il signor Stark. Sorridente. Scaltro e gagliardo come sempre, sorrideva.

«Ehi, signor Stark», lo salutò, alzando una manina e bloccandosi a metà percorso, quando l’uomo trasformò il suo sorriso in una smorfia, dopo aver provato ad alzarsi leggermente e a salutarlo con lo stesso gesto.

«Sto bene», disse Tony, premendo una mano sul fianco coperto, esattamente dove stava la ferita che gli avevano inferto, «Sono solo i punti che tirano».

Peter si avvicinò, un passo davanti all’altro, esitante. Le labbra arricciate e strette intorno alla paura di non riuscire a fingere che in verità lo aveva rassicurato, con quelle parole. E invece non era così.

«Mi hanno ricucito come un salame. Se non avessi la fasciatura ti farei vedere che razza di capolavoro hanno combinato», continuò Tony, quando finalmente fu vicino al letto, senza smettere un solo istante di fare lo sbruffone e il coraggioso; Peter sapeva che lo stava facendo per entrambi, ma che non sempre quell’intento gli riusciva.

«Come sta? La signorina Romanoff mi ha lasciato un messaggio in segreteria questa mattina, ma ho potuto sentirlo solo nel pomeriggio, una volta uscito da scuola. Mi dispiace molto di aver fatto così tardi.»

«Non potevi saperlo e la scuola viene prima di ogni altra cosa. Conosci la mia opinione riguardo questo argomento, no? Comunque siediti. Ormai sei qui, fammi un po’ di compagnia!»

Peter arricciò di nuovo le labbra, e avrebbe voluto dirgli che quell’entusiasmo forzato non era necessario; avrebbe voluto dirgli che si vedeva che era stanco, perché era bianco come un lenzuolo e gli occhi pieni di un sonno smarrito; avrebbe voluto dirgli che, come sempre, il corpo parlava per lui.

«Non me lo vuole proprio dire, come sta?»

Tony sospirò, alzando una mano per passarsela tra i capelli. La flebo gli si attorcigliò intorno al braccio e la districò con fare distratto: «Se ti dico che sto bene non mi credi. Dopotutto sono in ospedale, ma non sto nemmeno male, Peter. Come sto? Beh… sto. In via di guarigione, con qualche dolorino quando decido di fare il gradasso muovendomi più di quanto dovrei. Però, rispetto a questa mattina, decisamente meglio».

Un briciolo di sincerità. Peter la apprezzò. Avrebbe sorvolato nel chiedergli come stava emotivamente, ma si vedeva che era demoralizzato da quella vacanza forzata. Fermare Tony Stark era impossibile; chissà quante storie aveva fatto, mentre lo portavano in ospedale...

«Tu, piuttosto. Non sei il ritratto della serenità, Peter.»

Alzò le spalle, mentre prendeva finalmente posto sulla sedia e si avvicinava di più al letto occupato dall’uomo.

«Sono solo preoccupato per lei. Perché dice sempre che sta bene e non ammetterebbe mai che non è così, perciò non so cosa pensare. In più… odio questi dannati ospedali», ammise.

Tony sbuffò aria dal naso, e Peter sapeva quanto l’uomo odiasse quelle preoccupazioni che parevano solo un mucchio di inutili stronzate, ma non poteva farci niente. Odiava quella situazione e avrebbe quasi voluto andarsene, se solo non avesse provato un desiderio sconfinato di passare del tempo con il signor Stark.

«Allora forse sarebbe stato meglio per te non venire.»

«Sarebbe stato solo peggio», ribatté, lapidario.

«Allora cosa ti preoccupa così tanto? Sono qui, di fronte a te, vivo e vegeto! Respiro, ho tutte le ossa al loro posto. Ho solo bisogno di qualche giorno per rimettermi in sesto; anzi, se potessi andrei a casa oggi stesso ma non vogliono, perciò… cosa?» chiese l’uomo, polemico; in quello che erano solo uno sbuffo vuoto di parole messe insieme. Atte solo a sminuire la sua assurda paura di perderlo per sempre. Perché sì, Peter era certo di quella paura tanto quanto era certo di provare amore per quell'uomo. Ed era anche consapevole che, certe volte, avrebbe voluto non amarlo.  Specie in quei momenti in cui il loro rapporto complicato si frammenta in mille pezzi, diviso dal muro delle incomprensioni, dovute al fatto che, per molti versi, lui e il signor Stark appartenevano a due universi completamente opposti. 

Alzò le ciglia, rivelando occhi troppo sinceri, lo sapeva. Avrebbe solo voluto dirgli Niente, non c’è niente. Però non era così.

«E se fosse morto?» gli chiese, un po’ retorico e un po’ no. «E se quella coltellata le fosse stata fatale?»

«Non lo è stata, a che serve focalizzarti su un problema che non c’è?»

«E se invece fosse andata come dico io?»

Tony mugugnò frustrato, passandosi entrambe le mani tra i capelli. Poi strinse i denti, quando la ferita gli tirò. Si piegò per qualche istante, poi tornò a raddrizzare la schiena, e Peter lo osservò tirare un paio di respiri per calmarsi.

«Se fosse andata come dici tu, non saremmo qui a discutere su cosa sarebbe successo se fossi morto. Non dovresti focalizzarti su quello che non è accaduto, Peter. Non è da te non razionalizzare. Si può sapere che accidenti ti prende?»

Peter strabuzzò gli occhi, poi abbassò lo sguardo, mentre Tony lo fissava con il viso indurito. Le labbra serrate in una linea critica nei riguardi di quel comportamento così strano.

«Mi dispiace molto. Davvero, mi dispiace ma… signor Stark, per me è inconcepibile che… che IronMan sia finito in un letto d’ospedale, solo perché un pazzo ha tentato di ucciderlo. Non lo concepisco, perché così sarei costretto ad ammettere che lei è…»

«Un fallimento?» continuò Tony, per lui. Una nota di amarezza nella voce che costrinse Peter ad alzare lo sguardo sul suo.

«Umano», lo corresse, poi si coprì il viso con le mani e si sentì così stupido… «Quando se ne va in missione sono sempre così certo che tornerà sano e salvo, perché per me lei è sempre stato immortale, eppure… eppure ora che è qui mi rendo conto che non è così. Gli esseri umani poi… sono capaci di mostrare una crudeltà che rasenta il mostruoso, certe volte.»

Tony aggrottò le sopracciglia, mentre lo ascoltava e, dopo aver passato qualche minuto in silenzio a guardarsi senza sapere cosa dire, l’uomo rise con leggerezza, visibilmente rincuorato da quella confessione.

«Non sarò immortale, ma ce ne vuole per farmi fuori, Peter. Te lo garantisco.»

«Lo so…», mormorò in risposta, poi avvicinò ancora la sedia al letto, e Tony gli arruffò i capelli, con un sorrisetto. Un sorrisetto che gli fece tanto male al cuore. «E che io li odio davvero troppo gli ospedali.»

«Mi rendo conto che farti venire sia stata una pessima idea. Non avrei dovuto farti chiamare, ben sapendo che in posti come questo non può esservi legato alcun ricordo felice.»

«Non mi voleva?»  

Tony smise di accarezzargli la testa e alzò un sopracciglio.

«Ho detto che è stata una pessima idea, non che non ti volessi qui. Smettila di pensare che la gente non ti vuole tra i piedi, una buona volta», rispose, scostandogli i capelli dalla fronte per lasciarci sopra un delicato bacio. Un goffo e tenero gesto che a volte gli riservava nel solo intento di rassicurarlo.Un gesto che Peter amava pensare fosse riservato sempre e solo a lui. A nessun altro, anche se forse non era così. Si lasciò riscaldare da quella coccola e seppe di essere arrossito. Quel bacio sembrò un tocco quasi infinito, e quasi sperò potesse essere tale. Purtroppo però le labbra dell’altro abbandonarono la sua pelle, e Peter alzò inesorabilmente lo sguardo sul suo per trovare un rifugio nei suoi occhi castani e stanchi, anche solo per un attimo.

Tony gli lisciò i capelli infilandogli le dita nelle ciocche annodate e arricciate appena dietro l’orecchio, per poi abbassarsi di nuovo per posargli un bacio sulla guancia, e Peter non riuscì a trattenere un sospiro caldo, che gli morì in gola quando le labbra dell’altro toccarono le sue. Si sentiva così sbagliato… gli venne l’istinto di scansarlo via con una mano premuta sul petto, che invece decise di stringere intorno alla maglietta di Tony, cercando di godersi quell’istante, chiedendosi solo se stesse succedendo davvero, oppure no. Tony però si allontanò quasi subito, e Peter seppe che quello non era stato altro che uno sfiorarsi di labbra su labbra; solo una carezza lieve e candida. Un tocco semplice, il cui vero fine era celato dietro alle ciglia lunghe di un uomo più grande che ora lo guardava silenzioso, forse già pentito di quello che aveva appena fatto. Di quello che si era appena rubato.

«E questo?» chiese, ed ebbe paura di aver rotto quell’istante in mille pezzi.

«Era un bacio, Peter. Solo un bacio, nulla di più.»   

 

Fine Capitolo I


«Potrei ma non voglio fidarmi di te. Io non ti conosco, e in fondo non c'è 
in quello che dici qualcosa che pensi. Sei solo la copia di mille riassunti. 
Leggera, leggera si bagna la fiamma, rimane la cera
e non ci sei più»
Giudizi Universali - Samuele Bersani


 

Angolo angoloso delle angolate anglofone di Miryel:
Buonsalve e buon inizio 2019 a tutti!
Questo progetto ha l'arrogante pretesa di analizzare e proporre ancora un nuovo lato del rapporto tra Tony e Peter, che fonda le proprie basi sulla loro consapevolezza - errata e ingiusta - che l'amore che provano reciprocamente, che sentono, sia sbagliato.
Eppure, come due calamite, si attraggono e cercano, inutilmente, di restare lontani.
Questa storia sarà una minilong di tre capitoli (giuro su tutti i santi che stavolta saranno solo tre per davvero), che prende spunto da questa meravigliosa citazione:

«Le coppie veramente giuste sguazzano in mezzo alla stessa merda di tutti gli altri, la grossa differenza è che non si lasciano sommergere. Uno dei due si farà forza e ogni volta che occorre lotterà per quel rapporto. Se è giusto, e se sono fortunati, uno dei due dirà qualcosa ogni volta che occorre lotterà per quel rapporto.»

Se l'avete riconosciuta... dieci punti a Grifondoro!
Grazie per essere arrivati fin qui e, sperando che questo primo capitolo vi sia piaciuto, vi do appuntamento al prossimo.
Un abbraccio, 
Miry

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


[ Starker - Tony x Peter - Romantico/Introspettivo - Word Count: 3287 ]

 


This Could
Never Work

♦♦♦

 

♦♦♦

“We could make it work…”

 

«Troppo cerebrale per capire che si può star bene senza calpestare il cuore
Ci si passa sopra almeno due o tre volte i piedi come sulle aiuole
Leviamo via il tappeto e poi mettiamoci dei pattini per scivolare meglio sopra l'odio
Torre di controllo, aiuto, sto finendo l'aria dentro al serbatoio»



 

Capitolo II.


 

 C’erano state solo incertezze spaventose, dopo quel contatto sperato e bramato per troppo, già perso nei meandri di un passato ancora così vicino. Qualcosa che a Peter sembrò solo un inutile tentativo di sminuire un gesto troppo importante per non crederlo tale.

«Non esiste che un bacio… sia solo un bacio», gli disse, quando poi erano rimasti così tanto tempo a guardarsi e c’erano stati troppi occhi che andavano oltre un semplice sguardo, per convincersi che non fosse successo niente di che.

«Dipende dal perché viene dato.»

«Lei bacia le persone per motivi diversi da quelli legati all’amore, o all’affetto, signor Stark?» gli chiese Peter, subito. E si sorprese della calma con cui lo disse; forse perché era troppo consapevole di aver ragione. Per una volta almeno, era sicuro di qualcosa. Ne avrebbe dovuto gioire, se non fosse che quella situazione stava diventando a dir poco ridicola.

«Peter, forse è meglio che tu vada via. È la cosa migliore per te», mormorò l’uomo, serrando poi la mascella, con il terrore negli occhi di aver detto troppo, anche solo tacendo. Con la palpabile paura che forse, dietro alle parole che Peter gli aveva rivolto, c’era una verità che non aveva ancora appreso pienamente.

«No, forse è la cosa migliore per lei!» ribatté, poi sospirò frustrato. Tacque per istanti interi; secondi che non seppe nemmeno contare, «Cosa fa? Prima fa le cose spinto dall’istinto e poi mi caccia via?» chiese.

«Sto solo cercando di tutelarti da un fraintendimento abissale; sei ancora troppo acerbo per capire che, talvolta, certi gesti non hanno per forza il significato che tu tendi ad attribuirgli.»  

Peter spalancò gli occhi; la fronte aggrottata e tirata all’indietro da un senso di disorientamento a suo parere assolutamente legittimo. Il signor Stark continuava ad evitare il problema come si eviterebbe un ostacolo in una corsa sportiva, e quel fatto non fece che rafforzare la sua convinzione che c’era per forza sotto dell’altro. Istinto, amore, desiderio… qualcosa doveva esserci.

«Quindi non ha alcun significato. Insomma, lei mi ha baciato per… per quale motivo, esattamente?»  

Tony sbuffò, reclinando la testa all’indietro: «Senti, ragazzo… è stato solo un gesto affettuoso. Solo un bacio, nulla più. Te ne ho dati un milione sulla fronte, chissà quanti sulle guance. Ora ti scandalizzi per un bacio sulle labbra? Un bacio, insomma, che sarà mai un bacio?».

Un giuramento fatto più da vicino, una promessa…, pensò Peter e non lo disse. Non ad alta voce.

Si sentì un idiota.

Più precisa, una confessione che vuoi conferma.[1] 

Serrò la bocca e scacciò aria dal naso. Poggiò le mani sulle ginocchia e scosse la testa.

«Niente. Un bacio non è niente», disse, atono, poi si alzò in piedi guardandolo dall’alto e il signor Stark alzò la testa seguendo i suoi occhi; senza staccarsi da loro nemmeno un secondo e questo fece ancora più male, se possibile, «Comunque sono felice di vedere che sta bene. Vedrà che presto tornerà a casa. Ora devo proprio andare».

Tony sospirò, e gli fece cenno di sedersi: «Peter, non c’è bis-»

«Arrivederci, signor Stark.»

«Peter, torna indietro, per l’amor del cielo», lo ammonì Tony, infastidito, forse pure un po’ confuso. Magari, perché no, pentito? Non sarebbe stato male apprendere che per una cazzo di volta l’uomo potesse smetterla di negare i propri sentimenti. Negarli a se stesso. Negarli a Peter, che uscì dalla stanza, con il solo e chiaro intento di non entrarvi più.

 

♦♦♦
 

 

Erano passate esattamente tre settimane da quella visita in ospedale, ed era passato altrettanto tempo da quel bacio rubato, ma non dimenticato, e Peter non sapeva più come fare, per continuare a vivere una vita senza che quel fatto non lo tormentasse ogni istante. Un pensiero fisso, logorante. Un senso d’ansia stretto intorno alla bocca dello stomaco e alla gola. Una pellicola sulle labbra che aveva il sapore di Tony Stark.

Ned gli aveva detto di non preoccuparsi, che certe cose erano segnanti, ma poi diventavano solo ricordi che magari, un giorno, avrebbe rivissuto pure con un sorriso sulle labbra. Difficile, pensava Peter. Dopotutto non era mai stato innamorato di nessuno, eccetto qualche cottarella così. Col signor Stark era diverso; per lui provava cose mai provate, ed era certo che fosse amore, perché solo quel sentimento poteva fare così male e così bene allo stesso tempo. 

L’uomo era uscito dall’ospedale. Glielo aveva comunicato in un messaggio, dopo che Peter aveva ignorato le sue cinque chiamate. Non lo aveva nemmeno visualizzato; si era limitato a leggere l’anteprima sulla notifica a comparsa del telefono, per poi scacciarla via con un dito solo qualche giorno dopo, quando trovò il coraggio di farlo. Il signor Stark aveva negato che quel gesto fosse stato dettato da qualcosa di importante, eppure Peter sapeva che un bacio era più significativo di qualsiasi altro gesto. Un bacio significava dare fiducia all’altro, condividere una bocca sull’altra, quando queste non erano impegnate a raccontarsi bugie e volevano dire solo la verità. Per questo era difficile credere che non lo avesse fatto spinto da un qualsivoglia sentimento; per questo era difficile credere che potesse trattarsi solo di un gesto affettuoso. Ormai era un dannato pensiero fisso, il suo. Non riusciva a togliersi dalla testa quel bacio e tutto ciò che ne era seguito. Quel giorno, poi, ci si era messo pure il tempo. Non aveva fatto altro che piovere tutta la mattina, e aveva deciso di ricominciare proprio quando era già uscito da scuola, senza uno straccio di ombrello a coprirgli la testa.

Fu zuppo, in meno di qualche minuto; un malumore sul grugno fin troppo visibile, probabilmente, che andava a sommarsi a quello che già si portava dietro ormai da giorni e che non lo aveva lasciato in pace nemmeno per un secondo. Il suo lettore mp3 era scarico; qualcuno, lassù, ci si era messo proprio d’impegno, a rovinargli la vita. Si scostò la frangetta bagnata da davanti al viso, prima di sentire un clacson suonare a meno di un metro da lui. Sobbalzò preso alla sprovvista e, girandosi terrorizzato all’idea che potesse essere esattamente chi non voleva che fosse, alzò gli occhi al cielo quando ne ebbe conferma e sbuffò. Tony Stark tirò giù il finestrino della sua spider; occhiali da sole dalle lenti gialle appoggiati sul naso, un giubbotto di pelle marrone e la posa sportiva tipica di un amante delle belle auto. Un modello, avrebbe detto Peter, se solo nella testa non fossero poppati altri epiteti poco carini da attribuirgli.

Tipo stronzo insensibile, per esempio.

«Hai intenzione di farti venire una broncopolmonite, Parker?» gli chiese l’uomo, alzandosi gli occhiali da sole sulla testa. Lo sguardo addolcito e un mezzo sorriso furbastro appiccicato alla faccia.

«Che ci fa qui, signor Stark?» sorvolò la domanda Peter, voltandosi di nuovo a guardare la strada e continuando a camminare, mentre i vestiti sotta al giacchetto verde militare cominciavano ad inzupparsi, inesorabilmente.

«Ho ripreso a guidare, giusto oggi. Così ho pensato: quasi quasi vado a vedere se Peter è ancora vivo. Siccome non risponde alle mie chiamate e ignora i miei messaggi… magari gli è successo qualcosa di grave», rispose Tony, facendosi il verso da solo. Piccato.

«Non c’era bisogno di venirmi a cercare. So che se vuole può trovarmi schioccando anche solo le dita; come quella volta che si è presentato a casa mia per andare in Germania a combattere Captain America. Lei sa sempre dove sono», ribatté Peter, continuando a non guardarlo e a camminare, sempre seguito dall’uomo nell'auto, che non accennava a volerlo lasciare in pace.

«Non mi piace venirne a conoscenza così. Non più. Non rispetterebbe la tua privacy, no?»

Peter si fermò e si voltò a guardarlo. Un sopracciglio scettico e diffidente si inarcò sulla sua fronte. Le dita strette sempre più forte alle bretelle ormai fradice dello zaino che aveva in spalla. La privacy? Come se Tony Stark potesse conoscere anche solo il significato, di quella parola…

«Avanti, sali. Sei zuppo da capo a piedi», continuò l’uomo, facendogli cenno con la testa di affiancarlo e quando Peter rimase fermo immobile sul marciapiedi a fissarlo per nulla intenzionato ad obbedire, Tony continuò: «So che vuoi parlare di quella cosa, e per quanto mi sia difficile ammetterlo, credo che effettivamente sia la decisione più saggia».

Sì, effettivamente lo era. Anche dopo tre settimane di silenzio - e anche se fossero passati anni, c’era bisogno di parlare di quel bacio. Non c’era niente di più terrificante, nella testa di Peter, di un rifiuto da parte del signor Stark eppure, doveva ammettere, preferiva che se ne parlasse, piuttosto che tenersi quel tarlo in testa per tutta la vita. Aprì la portiera con decisione e si sedette sul sedile color panna, sospirando. L’aria calda che usciva dalle bocchette lo inondò, e rabbrividì. Incrociò le braccia al petto e si incurvò sulla schiena, battendo i denti. Tony Stark, accanto a lui, era bello come il sole, asciutto e ben vestito, con la barba curata e i capelli sempre a posto.

Lui, fradicio come un pulcino, doveva avere un aspetto orribile.

«Stai bene?» gli chiese Tony, incerto.

«Sì, a parte il freddo, sto bene. Lei… la sua ferita, come va?»  

«Me la sono cavata con una cicatrice di dodici centimetri. Si vede a malapena, hanno fatto un buon lavoro. In giorni uggiosi come questo tira che è un piacere, ma non mi lamento. Poteva andare peggio, no?»

Certo che poteva andare peggio! Non era forse per colpa di quel discorso, che alla fine si erano trovati attaccati l’uno alle labbra dell’altro? Non era forse per quel motivo che ora stavano fingendo di aver intrapreso una conversazione normale, solo per allontanare il più possibile il vero motivo per cui erano lì?

«Mi dispiace di non averle fatto più visita e di non aver risposto ai suoi messaggi. Ero scosso e lo sono anche ora… so che questo non giustifica la mia sparizione ma… io sono confuso, signor Stark. E non mi consola per niente sapere che lo è anche lei», ammise Peter, mordendosi poi il labbro inferiore, quando Tony sospirò, colpito e affondato; costretto a parlarne, infine, pur non volendo farlo.

Peter lo conosceva. Sapeva che cosa gli stava passando per la testa. Il signor Stark sperava sempre di cavarsela con una frase fatta o con un regalo costoso e, sinceramente, non erano il genere di cose che potevano risolvere un problema. Potevano allontanarlo, forse anche alleviarne l’astio e il rancore che ne era implicato, ma non si poteva annullare in un modo diverso da quello di affrontarlo.

«Io non sono confuso. Io so perfettamente perché l’ho fatto e so, allo stesso tempo, il perché tu non ti sei allontanato quando è successo e… un po’ ho sperato potessi farlo, quando mi sono reso conto che avevo superato quella linea di demarcazione che mi ero autoimposto di non superare mai. Non con te.»

«Perché con me no?» domandò Peter, e seppe di aver frainteso. Seppe di aver capito solo quello che gli faceva comodo capire. Perché in fondo sperava che Tony potesse provare lo stesso sentimento che provava lui e che potesse dirglielo. Come se per uno come Iron Man fosse semplice, ammettere anche solo per sbaglio, di provare amore per qualcuno…

«Perché fondamentalmente del rispetto per gli altri me ne sono sempre un po' fregato. Ma del tuo… io il rispetto te lo devo, Peter; e la mia è quasi una missione. Non sono bravo a trattare le persone con riguardo, a pesare le parole, a mettere il bene degli altri prima del mio. Non mi è mai interessato nemmeno provarci, ad essere così», fece una pausa, dove si morse il labbro superiore, «Poi sei arrivato tu...»

Fu una sinergia incantevole, quella dei loro sguardi che si alzarono sincronizzati a cercare l’uno gli occhi dell’altro, eppure Peter in quelle parole ci aveva percepito troppa tristezza e troppa paura, per poter sperare di aver capito bene quel che il signor Stark stava cercando di dirgli.

Sono arrivato io, e ho rovinato tutto?, si domandò, poi abbassò lo sguardo sui propri jeans fradici, e spezzò la catena che lo teneva prigioniero dagli occhi castani di Tony. Si sentì solo più confuso.

«Signor Stark?»

«Dimmi», rispose l’uomo, con una delicatezza nella voce che quasi fu spaventosa.

«Non l’ho scansata, perché non volevo farlo. Ho desiderato quel contatto e ho deciso di godermi l’attimo, sperando solo che le cose poi non si evolvessero in questo modo… però ha detto che per lei è stato solo un bacio. Per me invece ha significato tutto.»

«Lo so.»

«E lei non prova lo stesso?»

Tony allora lo prese per i polsi e se lo tirò contro, in uno di quei gesti imprevedibili, dettati forse dall’istinto o dalla rabbia o da chissà quale sentimento impossibile da contenere. Peter si sentì strattonare il corpo e l’anima, contro un viso indurito dalla rabbia e dalla frustrazione, ma non seppe capirne il motivo. Sapeva solo che, di nuovo, erano così vicini da non riuscire a metterci nel mezzo un briciolo di autocontrollo e che, ancora una volta, era stato Tony a ribaltare la realtà e distorcerla. Gli teneva ancora i polsi stretti tra le dita, li avvicinò tra di loro, in quella che era una sorta di prigionia dolce come il sorriso di un ragazzino innamorato. Schiuse le labbra, e Tony le guardò per un interminabile e dolorosissimo secondo, prima di tornare a bloccargli lo sguardo addosso senza un minimo di decenza.

«Potresti liberarti con una facilità che rasenta l’inumano, lo sai. Sei più forte di me e puoi farmi del male senza doverti sforzare nemmeno. Perché non lo fai?»

«Perché dovrei? E non ha risposto alla mia domanda.»

«Invece l’ho appena fatto», rispose l’uomo, continuando a tenerselo a due centimetri dalla faccia, e gli guardò ancora le labbra. Stavolta fece ancora più male. «Se solo lo volessi, potresti scarventarmi via dalla macchina con una spinta. Però non lo fai, perché è così che funziona: le persone, anche se si ha la possibilità di farlo, non si devono ferire. Non se non lo meritano.»

Peter alzò un sopracciglio, e sentì qualcosa premergli contro lo stomaco. Forse un senso di confusione, forse un senso di ingiustizia: «Quindi… prova lo stesso nei miei confronti, ma non mi vuole ferire».

«Non ha importanza cosa provo io.»

«Sì!» rispose Peter, lapidario, intrappolato ancora nelle sue mani e nei suoi occhi, che sprizzavano menzogne e non provavano vergogna nel farlo. «Sì che ha importanza! Ne ha eccome! Lei… lei mi ha baciato e poi ha fatto un passo indietro. Io sono rimasto fermo lì, pronto a prendermi le mie responsabilità ma lei… lei no… perché?»

Allora Tony fece l’unica cosa che non avrebbe mai dovuto fare: lo baciò di nuovo. Gli strinse i polsi e gli accarezzò le labbra con le  sue. Lo invitò pure a schiuderle, a lasciargli spazio per un contatto ancora più profondo e sbagliato. Sì, perché Peter lo sapeva benissimo, che una volta separati, le cose non sarebbero andate come sperava. Tony era fatto così: pregno di istinti e di prese di coscienza che spuntavano fuori troppo tardi. Quando il danno era già fatto. O, come in quel caso che si scansò bruscamente da quel bacio tirandolo di nuovo via, nel bel mezzo dell’errore stesso. Peter tentò di non spezzare quel gesto; tentò di tornare a farsi inglobare da quella bocca e da quel calore, e Tony si voltò leggermente dall'altra parte, per non permetterglielo.

«No. Non ha importanza cosa provo io né tantomeno cosa provi tu», mormorò, e Peter sentì il cuore fermarsi un istante, per poi ricominciare a battere all’impazzata subito dopo. «Non può funzionare. Tra di noi. Mai.»

«Potremmo farlo funzionare! Se solo le-»

«No, dannazione, no!» esclamò l’uomo e alzò la voce.

Peter sussultò, e si irrigidì. Ancora prigioniero delle sue mani strette intorno ai polsi, ancora il suo respiro troppo vicino e gli occhi lontani, girati verso il parabrezza ricoperto da minuscole goccioline di pioggia, che non accennava a smettere di cadere dal cielo. Sentì la testa girare, per l'impatto che quel rifiuto urlato a quel modo aveva avuto su di lui. Il viso gli andò in fiamme. Le mani gelide, molto più di quanto già non fossero.

«Non può funzionare. Lo sai anche tu; lo sai meglio di me!»

«E allora cosa dovremmo fare? Continuare a fingere che… che non ci sia niente, tra di noi?» balbettò.

Tony serrò la bocca e tornò a guardarlo. Rimase in silenzio per così tanto tempo che, l’unico rumore incessante, tamburellante e infinito che accompagnò quell’attimo in cui si guardarono, fu quello della pioggia battente contro il telaio ferroso dell’automobile. La radio, settata ad un volume quasi minimo, dava sulla sua frequenza una vecchia canzone di Bob Dylan che Peter riconobbe solo per caso. La ventola dell’aria calda era solo un altro rumore di fondo che andava a sommarsi a molti altri. Era inammissibile. Assolutamente deplorevole, accettare quel distacco, visto che nessuno dei due lo desiderava davvero.

C’erano due cose che Peter era certo non avrebbe mai visto abbandonare il suo cuore: la morte di zio Ben e l’amore che provava per Tony Stark. Non erano esattamente lo stesso, ma pensarci faceva male allo stesso modo. Uno non sarebbe mai più tornato nella sua vita e l’altro non ci voleva stare; per paura, per codardia. Perché per amare qualcuno - Peter lo sapeva - ci voleva coraggio e sebbene lui ne fosse provvisto e non lo spaventasse l’idea di cominciare una nuova vita accanto a qualcuno, era evidente che per il signor Stark non fosse lo stesso.

«Peter?» lo chiamò Tony, ad un tratto; la voce improvvisamente rotta da una preoccupazione impossibile da nascondere.

Peter alzò gli occhi acquosi e stanchi sui suoi. Annaspò aria quando sentì che il respiro gli si stava bloccando in gola. Fermo, immobile; incastrato in mezzo al petto.

«Sei bollente», asserì l'uomo, liberandolo dalla stretta sui polsi e posandogli immediatamente una mano sulla fronte. «Hai la febbre.»

«N-no… io sto… bene», mormorò, e si rese conto solo in quel momento  che l'aria calda non gli stava bastando più. Tremava come una foglia, e la faccia bollente.

Tony schioccò la lingua: «No che non stai bene! Accidenti a te, Peter. Come ti è saltato in mente di metterti a camminare per la strada con questo tempo?»

«Volevo andare a casa presto… ero stanco… sono stanco, signor Stark», rispose, la voce ridotta ad un sussurro quasi impercettibile. «Voglio andare a casa.»

Tony gli passò la mano sulla frangia, per alzarla quel poco da permettergli di baciargli la fronte. Al tatto le labbra del signor Stark erano gelide, messe a confronto con la sua pelle bollente. Fu un gesto delicato, che scacciò via tutte le brutte parole che avevano riempito l'aria viziata di quella macchina sportiva. Quel bacio sulla fronte durò così a lungo che Peter, senza quasi riuscirci, tentò di non addormentarsi per colpa del tepore che  sentiva. Poi Tony si staccò, e gli riservò una smorfia amara, che era la rappresentazione buffa e dolce di una preoccupazione gigantesca.

«Ti porto a casa», gli disse e ingranò la prima marcia, quando lui si adagiò sul sedile del passeggero e si sentì spompato di ogni energia.

Sì, Peter voleva andare a casa. Togliersi quei vestiti bagnati di dosso, farsi una doccia calda, infilarsi un pigiama e dormire tutto il giorno. Poi magari svegliarsi il mattino dopo senza uno straccio di febbre o di dolore. Senza uno straccio di pensiero a soffocargli la testa. Magari svegliarsi, e scoprire che sì, quella cosa col signor Stark poteva pure funzionare.

Se solo Tony avesse voluto… 

 


Fine Capitolo II


♦♦♦
«Vuoti di memoria, non c'è posto per tenere insieme tutte le puntate di una storia
Piccolissimo particolare, ti ho perduto senza cattiveria»    
Giudizio Universale - Samuele Bersani

 
[1] Sia la frase detta da Tony, che i pensieri di Peter in corsivo, sono tratti da  "Cyrano de Bergerac". 
 
 
Angolo angoloso delle angolosità di Miryel:
Buonsalve!
Eccoci infine giunti al secondo e penultimo capitolo di queste piccina minilong! No, non ci saranno ulteriori capitoli, anche se ringrazio tutti coloro che nelle recensioni mi hanno detto che avrebbero piacere nel vederla lievitare, questa storia! Però, se vi può consolare, è già in corso un altro progetto che spero davvero di poter cominciare a pubblicare non appena concluderò questa qui! Promesso ♥
Ringrazio tutti coloro che hanno lasciato una recensione, siete le mie batterie Duracell a lunga durata, sappiatelo!
Sperando che il capitolo vi sia piaciuto, vi do appuntamento alla prossima settimana!
Con affetto (e non affettato, anche se è bono)
Miry
 


 

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Capitolo 3
*** Epilogo ***


[ Starker - Tony x Peter - Romantico/Introspettivo - Word Count: 3361 ]

 


This Could
Never Work

♦♦♦

 

♦♦♦

“We could make it work…”

 

«Io non sapevo dirti che
solo a pensarti mi dà i brividi
anche a uno stronzo come me»

Spaccacuore - Samuele Bersani



 

 

Epilogo.
 

 

   «Se ne va sempre in giro senza ombrello?»

«Oh, sì! Fa anche di peggio. Se mettesse l’impegno che mette a scuola anche nelle cose di tutti i giorni, sarebbe un ragazzo perfetto. Dopotutto non mi posso lamentare: è il mio angioletto.»

Peter alzò lentamente la testa dal cuscino, mentre le voci ovattate di Tony e di zia May lo tenevano fuori dalla conversazione, appena dietro la porta della sua camera. Puntellò un gomito al materasso e si strinse le meningi tra le dita, con un gran bel mal di testa in corso. Si era appena svegliato e chissà quanto accidenti aveva dormito… la febbre doveva averlo sfinito, tanto quanto quella chiacchierata in macchina con Tony. Ricordò tutto, in un istante. Lo aveva riportato a casa e zia May lo aveva incitato ad avere pazienza e a farsi una doccia, prima di buttarsi a letto e dormire un po’. Aveva obbedito, ma era stato difficile riuscire a mantenere l’equilibrio sotto l’acqua bollente, visto che lui stava andando letteralmente a fuoco per colpa della febbre. Poi si era infilato un pigiama pulito e Tony lo aveva aiutato a mettersi a letto.

«Non abbiamo finito il discorso…» gli aveva mormorato, quando l’uomo gli aveva rimboccato le coperte con una goffa tenerezza che non gli apparteneva affatto. Lo aveva solo visto ridacchiare leggermente, poi gli aveva poggiato una mano sulla fronte e, infine, accarezzato i capelli.

«Non mi sembra il momento, questo. Riposa un po’, e ne riparleremo.»  

«Perché rimanda sempre tutto, quando deve chiarire con me?» gli chiese ancora, in un flebile tono di protesta che fu a malapena udibile e Tony lo guardò spiazzato per un attimo, fermando quella carezza che - Peter doveva ammetterlo - era stata estremamente di conforto.

«Perché tu te ne vai in giro sotto la pioggia e ti becchi la febbre, Peter. Se avessi un po’ di amor proprio, ogni tanto, eviteresti certe brutte sorprese e di farmi rimandare questioni importanti, oltre che farmi preoccupare», gli aveva detto, polemico come sempre, poi si era congedato fuori dalla stanza, senza nemmeno aspettare una risposta.

Già, e Peter sapeva benissimo perché si era defilato con tanta fretta; se il primo bacio che si erano dati in ospedale era stato più un semplice tocco dettato dal momento, quello che si erano scambiati in macchina aveva avuto un retrogusto più passionale e sofferto. Sebbene una volta divisi, quel gesto non avesse portato da nessuna parte. Di nuovo un passo indietro, forse addirittura una decina, se non un centinaio. Più consapevolizzavano quel che c’era tra di loro, più Tony era lontano.

Peter non sapeva più come fare, per capire quell’uomo. Voleva solo delle risposte, tutto qui, e l’altro sembrava sempre più propenso a tenersele per sé.

«Vado a comprare qualche medicina e un po’ di carne per preparargli un brodo. Resti tu con lui?»

«Sì, non preoccuparti», sentì rispondere Tony, poi la porta di casa si chiuse e tornò il silenzio, rotto solo di tanto in tanto dal traffico cittadino al di fuori della sua stanza. Non sapeva nemmeno che ora fosse, sapeva solo che la testa sembrava un enorme palloncino pronto ad esplodere da un momento all’altro e aveva tutte le ossa indolenzite.

Poi Tony entrò in camera e Peter si bloccò a guardarlo, quando l’altro fece lo stesso, forse preso alla sprovvista dal fatto che non stesse dormendo.

«Ah, sei sveglio. La tua avvenente zia è appena uscita per fare scorta di medicine», esordì l’uomo, poi chiuse la porta della stanza e si avvicinò, sedendosi sul letto e sospirando, stancamente, «Hai dormito tutto il pomeriggio, ci credi?»

«Me lo posso immaginare. E lei è rimasto qui tutto il tempo?»

«Ovvio che sì. Come ti senti?» chiese Tony, e alzò una mano per appoggiargliela sulla fronte forse per sentire se scottava.

«A pezzettini. Come la mattina dopo il primo giorno di palestra. Mi fa male tutto.»

Tony schioccò la lingua in un suono frustrato, poi abbandonò la sua fronte e storse la bocca in una smorfia di disapprovazione: «Mi chiedo ancora cosa diavolo ti è saltato in mente. Okay, sei Spider-Man, ma questo non ti rende immune ai malanni, Peter.»

«Se non mi avesse invitato ad entrare in macchina, non avrei dovuto subire quello sbalzo di temperatura tremendo. Avrei semplicemente proseguito la mia camminata, zuppo fino alle ossa, e poi sarei arrivato a casa senza beccarmi la febbre. Non si sente nemmeno un po’ in difetto?»

«Stai cercando di non prenderti le tue responsabilità e di far ricadere la colpa su di me?» domandò Tony, con un mezzo sorrisetto, e quella tenerezza che ne era implicata dava quasi fastidio. Peter era arrabbiato, con lui. Gli aveva incasinato la testa così tanto da avergli solo confuso ulteriormente le idee e, come se niente fosse, lo stava di nuovo trattando come sempre. Come se tra di loro non ci fosse mai stato un solo discorso  riguardo i loro sentimenti.

«Quello sei tu, Tony», sentenziò, dopo una lunga pausa. Soppesò così tanto il suono del suo nome, da renderlo quasi irritante. L'uomo cancellò immediatamente il suo sorriso dalla faccia, e il suo sguardo si indurì.

«Ehi, ehi, ehi, che fine ha fatto il signor Stark?» domandò, per nulla divertito da quel fatto.

«Dovrei davvero continuare a chiamarti così e darti del lei, dopo quello… insomma… quello che è successo?»  

«Non c’entra niente quello che è successo, si tratta di rispetto per qualcuno che ha il doppio dei tuoi anni.»

«Beh, mi hai baciato. Mi pare ridicolo continuare a trattarti come se non fosse successo niente. Passi indietro o no, siamo stati - si bloccò e distolse lo sguardo, incrociando le braccia al petto, a disagio solo al ricordo di quel contatto - ...intimi.»

Tony alzò un sopracciglio, scettico. No, forse non era scettico, era più… d’accordo? Peter non sapeva che pensare. Forse era la febbre a farlo parlare così, a briglia sciolta, o forse la stanchezza di quella situazione che non riusciva a trovare una soluzione. Fattostà che era tutto ridicolo, in ogni caso. Sia dandogli del tu, che del lei. Sia chiamandolo per nome, che signor Stark.

«D’accordo, d'accordo. Fai come ti pare. Quello che è successo non dovrebbe incidere su certe cose, ma tant'è...» commentò l’uomo, agitando una mano con del finto disinteresse.  

«Hai ancora intenzione di ignorare la cosa? Non ne vuoi parlare? Vuoi ancora… fingere che non sia successo niente? Lo stai facendo sul serio?»   

«Invece di pensare a questo, dovresti metterti a riposare! Quando starai meglio ne riparleremo con più calma. Non mi pare il momento per affrontare un tema delicato come questo!»

«A me pare che non sia mai il momento, Tony…» rispose Peter, mordendosi poi un labbro quando scese il silenzio e lo schiacciò sulla nuca. L'uomo distolse lo sguardo e sospirò affranto, intrappolato in quella situazione che proprio non voleva chiarire. Che proprio non voleva risolvere. Eppure a Peter bastava così poco…

Può funzionare? Sì, o no?

«Non è mai il momento perché non esiste una soluzione! Io e te non funzioniamo insieme, per una serie di motivi che non voglio nemmeno approfondire, ma che tu conosci benissimo.»  

«P-perché? Non stai bene, quando sei con me? Ti metto a disagio?»

Tony sospirò ancora e si passò una mano tra i capelli. Ancora lo sguardo altrove, lontano. Intento a scappare dal suo, che invece lo cercava disperatamente solo per riuscire a capire, anche solo in minima parte, cosa accidenti gli passasse per la testa.

«Tutto il contrario. Quando sono con te, mi sembra di vivere in un mondo a parte. Un mondo completamente diverso da quello che ci circonda normalmente», disse e sarebbe potuta essere una frase quasi di conforto, se solo non l’avesse detta con un disappunto tale che morsicò il cuore di Peter.

Fece così male...

«È lo stesso per me», dovette ammettere Peter, però, abbassando lo sguardo, perché malgrado si sentisse compreso, quel fatto lo incupì. Sapere di non essere l’unico a pensarlo, non era positivo come invece credeva sarebbe potuto essere. «Mi sembra di far parte di un mondo che gli altri non possono capire… questo a volte fa davvero male, anche se non dovrebbe perché, di fatto, non c'è nulla di male. Ma a me va bene così.»

Calò di nuovo il silenzio, e Tony lo guardò inespressivo, visibilmente combattuto su cosa fare e cosa dire a proposito di quella situazione. Poi si pizzicò la pelle tra le sopracciglia, e ruppe la magia di quello sguardo, che ancora una volta li aveva portati in quel mondo a parte; che apparteneva solo a loro.

«Per questo non può funzionare, Peter.»   

«Che c’è che non funziona, in noi?» chiese lui, esasperato. Lasciò cadere stancamente le braccia sul materasso.

«Far parte di un mondo a parte significa dover fare i conti con il mondo reale, ad un certo punto, e questo cambia tutto. Ma non per me, nemmeno per te.»

«E allora per chi?»

«Per la gente.»  

Peter corrugò la fronte, scettico. Si ritrasse: «E da quando in qua Tony Stark si preoccupa del giudizio delle persone?»

Tony sbuffò fuori dalla bocca una mezza risata malinconica; alzò le dita per accarezzargli una guancia, poi i capelli. Sospirò, dopo una lunga pausa dove gli entrò nell’anima con uno sguardo, e dove Peter ci si perse.

«Tony Stark non si preoccupa del giudizio che la gente ha su di lui, ma di quello che ha su di te.»

«Io vivo di giudizi. La gente non fa altro che etichettarmi in duemila modi. Ormai ci ho fatto l’abitudine, ci convivo. La gente non sa nemmeno chi  sono. Tu… avresti mai detto che uno come me è Spider-Man? Di primo impatto, sono sicuro di no.»

«No, è vero, di primo impatto non l'avrei detto. Ma è proprio questo il problema. Tu sei in una maniera, e solo tu ti conosci abbastanza da poterlo affermare. Gli altri ti vedranno sempre in modo distorto, inesatto; come vogliono loro. Se provi qualcosa di forte per qualcuno, poi, a loro non importa. Se è sbagliato per loro, allora la tua opinione non conta più. Puoi fingere quanto  vuoi che questo non ti importi, ma di fatto so che non è così», rispose Tony, e smise di accarezzarlo. Poggiò le mani sul materasso e alzò lo sguardo verso il soffitto; il viso stanco e provato da quella lunga giornata. «Per questo motivo non può funzionare. Siamo un bersaglio facile, e io non ti ci voglio nel mezzo.»

«Non può funzionare per colpa del giudizio della gente? Ridicolo! E se ti chiedessi di dirmi sinceramente cosa ne pensi tu? Per te, solo per te, potrebbe funzionare?»

«Il mio giudizio a riguardo non conta.»

Peter si protese verso di lui, lapidario. La testa gli scoppiava: «No, è quello degli altri a non contare, Tony! In questa stanza ci siamo io e te, nessun altro. Io non temo il giudizio, sei tu che ne sei terrorizzato… perciò, per favore,» supplicò, poi digrignò i denti, «per una volta soltanto… sii sincero, ti prego». Poi scese il silenzio, e Peter attese. Si strinse le gambe al petto e attese. Attese perché Tony Stark non era bravo ad esprimere i propri sentimenti; era più bravo a non accettarli e a rispondere sempre il contrario di tutto. Lo capiva. Per certi versi era difficile anche per lui, sebbene i motivi fossero legati più ad una profonda insicurezza che all’orgoglio. L’uomo abbassò lentamente lo sguardo sul suo. Le lunghe ciglia si incontrarono tra loro, quando sbatté le palpebre un paio di volte, come risvegliato da un sogno. Le labbra schiuse, pronte a lasciar andare quella risposta, che la lingua cercava di tirare indietro e di tenerla per sé.

«Perché vuoi per forza che mi esponga così?» chiese, amaro e Peter non riuscì a trattenere un sospiro frustrato. Si passò le mani tra i capelli, e nascose il viso tra le ginocchia piegate, esasperato. Rispondere ad una domanda con un’altra domanda, pur di non esprimere un solo cazzo di sentimento.

Una cosa decisamente troppo alla Tony Stark.

«Perché non mi dici semplicemente se è o no?»

«Perché a te sembra facile, ma non lo è!»  

«No che non lo è, non lo è per niente ma qui c’è in ballo tutto! So che non posso obbligarti a mettere da parte l’orgoglio e la paura del giudizio altrui, solo che…»

«Solo che tu vuoi che te lo dimostri a parole, non è così?» lo interruppe Tony, amareggiato, polemico come sempre. Stizzito. Alzò pure la voce, ma non servì a nient’altro che aumentare la frustrazione di Peter che grugnì, stanco. Stanco morto. Quella discussione stava raggiungendo livelli di ridicolaggine che rasentava il fantascientifico, e lui non ce la faceva più.

«No, io voglio capire che cosa vuoi da me! Io non lo so che cosa ti passa per la testa e ho bisogno di risposte! Ti prego, Tony… ho bisogno di sapere che ne è di noi… una volta saputo, non te lo chiederò mai più. Te lo prometto», supplicò, poi sospirò aria dal naso e, dopo una lunga pausa dove aveva cercato la sua mano, riprese: «Sì o no?»

Il tendone del palcoscenico, dove quella sceneggiata aveva avuto luogo, si chiuse. Tirò la sua stoffa fatta di insicurezza intorno a loro, e rimase solo l’attesa. Peter sperò con tutto il cuore che avrebbe potuto portare risposte. Di qualunque tipo, anche un rifiuto ma voleva risposte. Le pretendeva, come non aveva mai fatto in vita sua. Perché era facile fingersi distanti da un amore non corrisposto, per quanto facesse male lo stesso, ma… quanto era difficile, invece, vivere sapendo di essere amato e dover far finta che non fosse così?

«Vorrei. Vorrei che funzionasse.»

«Cancella la gente e il loro giudizio, cancella il mondo e gli altri. Rimaniamo solo noi. Funziona?» insistette, perché chiuderla lì significava darla vinta a qualcosa che nessuno dei due desiderava davvero: il distacco.

Tony lo prese per le guance. Aprì la bocca per parlare e non lo fece. Non lo fece perché Tony Stark il suo cuore lo apriva raramente, ma mai completamente. Strinse poi i denti e abbassò la testa, combattuto. Era difficile, troppo difficile e per quanto Peter riuscisse a capire quel tormento, non lo condivideva. Una volta, una soltanto, avrebbe potuto mettere da parte l’orgoglio - no, non l'orgoglio, la paura. Perché era di questo che si trattava, alla fine dei giochi - e rispondergli con sincerità. Tony cercò disperato i suoi occhi, che si caricarono subito di attesa e di lacrime amare; di rabbia repressa. Della sola voglia di conoscere la verità. Così la mascella gli tremò, mentre tentava di trattenere un pianto frustrato.

«Funziona?» chiese di nuovo, la voce strozzata, e Tony spalancò gli occhi, di fronte a quella supplica legata alle loro anime da un filo d’argento, pronto a spezzarsi da un momento all'altro.

Così fragile...

L’uomo inclinò semplicemente la testa di lato, e lo baciò lentamente. Pur di non rispondergli, lo aveva fatto di nuovo e Peter non riusciva a capire se quel gesto potesse essere positivo stavolta, oppure no. Poteva significare qualunque cosa, anche l’ennesimo bacio dettato dall’istinto, per la quale Tony avrebbe poi fatto un ulteriore passo indietro, una volta divisi. Si lasciò solo trasportare, si lasciò solo scaldare da quel gesto e dalla carezza effimera delle sue dita che andavano ad incastrarsi in mezzo ai suoi capelli. Gli circondò le braccia intorno al collo, e sperò solo di non perderlo ancora.

«Funziona?» chiese di nuovo, quando Tony si staccò per un secondo e lo guardò enigmatico, per poi tornare a baciarlo con molto più trasporto, tirandoselo contro come se, da un momento all’altro, qualcuno potesse fare irruzione nella stanza e portarglielo via. «Tony, funziona?»

Peter sentì le braccia dell’altro cingergli le spalle, col chiaro e quasi rassicurante intento di non lasciarlo più andare. Uno di quei gesti che, fino a qualche tempo prima, avrebbe solo desiderato e mai ricevuto. Era stato così faticoso riuscire a convincerlo che un abbraccio non era per forza deleterio e logorante. Poi erano arrivati i baci sulla fronte, poi quelli sulle guance, spontanei. Ed ora questo.

«Tony,» ripetè, più deciso, quando si staccarono di nuovo; una mano spalancata sul suo reattore Arc, tiepido. «funziona?»

L’intensità del suo sguardo addosso aveva già la risposta pronta ad uscirgli dagli occhi. Tony Stark rimase ancora in silenzio per un tempo incalcolabile, e Peter seppe che dentro di sé stava combattendo una battaglia contro il coraggio, la paura e l’orgoglio. Attese, ed era la cosa più giusta da fare. Ne sarebbe valsa la pena, lo sapeva, ma egoisticamente avrebbe voluto quella risposta immediatamente, siccome era troppo che l’attendeva. Si lasciò baciare uno zigomo da un leggero tocco di labbra, poi Tony gli  accarezzò la punta del naso con il suo e chiuse gli occhi, prendendo un grosso e rumoroso respiro.

Poggiò la fronte alla sua, e fu dolce.

«Funziona», ammise infine, e Peter sorrise contro la sua spalla, quando lo abbracciò di nuovo e gli infilò il naso tra i capelli, respirandone il profumo.

Finalmente. Finalmente.

«Cosa c’era di tanto difficile, nell’ammetterlo?» gli chiese, dopo secondi interi passati abbracciati; la temperatura corporea così alta che quasi gli sembrò di prendere fuoco.

La febbre poteva aspettare. Anche solo un minuto. Un secondo solamente.

Tony rise leggermente, ma fu difficile non percepire in quel gesto una leggera malinconia. Peter sapeva che quell’ammissione gli era costato tutto, e che, di passi indietro, non ne avrebbe più potuti fare. Questo significava solo una cosa: funzionava, ed era certo. Ma ora?

«Ammettere l’amore è già difficile di per sé. Farlo con qualcuno che ho sempre cercato di proteggere da come sono fatto io, che non riesco a sciogliermi[1] con nessuno, si avvicina ad un’impresa impossibile.»  

«Lo so… so come sei, Tony», sussurrò, ancora la testa incastrata nella sua spalla e un calore nel petto dal retrogusto mischiato a malinconia e terrore.

«E ti sta bene? Sei davvero disposto ad accettare tutto quello che ti aspetterà stando accanto a me, come compagno di vita? Peter, sei giovane… tu puoi ancora scegliere, sono io che non posso più e lo sai… tu lo sai che soffrirai per colpa mia.»

Soffrire? E allora? Non è forse inevitabile, quando si ama qualcuno?

Peter si slacciò da quell’abbraccio. Alzò il mento e sorrise, perché quel dubbio legato a quella scelta era legittimo; perché lui, a suo tempo, si era chiesto lo stesso. Era un ragazzo giovane, ne era consapevole e sapeva che di errori, ne doveva commettere ancora tanti, e Tony… voleva solo che gli stesse vicino, in ogni caso. Non come padre, non come mentore, ma come anima affine.

Si perse nei suoi occhi castani, quando gli permise di entravi dentro con delicatezza. Si lasciò accarezzare dalla punta del suo naso, che gli percorse la silhouette di una guancia. Godette di quel gesto per qualche istante, chiudendo gli occhi.

«Lo so, ma io ho già scelto», rispose. Si strinse di più contro il suo corpo, e ne trovò un rifugio. Con Tony, ogni contatto - persino quello più lontano, era un passaporto per varcare la porta di quel mondo fantastico tutto loro, alla quale appartenevano. 

Peter aveva odiato la sua vita, in passato. Aveva persino odiato essere Spider-Man, eppure da quando Tony era andato a prenderselo, quel giorno lontano, tutto aveva iniziato a cambiare. Ogni esperienza ora aveva un senso, ed ogni ingiustizia aveva assunto sapori meno amari. Aveva iniziato ad amarsi, pian piano e, paradossalmente, se non fosse stato per Tony, probabilmente non avrebbe mai imparato a farlo.

L’uomo gli alzò leggermente il mento, con l’ausilio di due dita. Gli lasciò un sorriso da ammirare per qualche secondo, prima di chinarsi con una lentezza incantevole per baciargli le labbra, e lui ricambiò con un brivido lungo la schiena. 

Così sia, diceva quel bacio, e fu un’altra tacita dichiarazione, alla quale non servivano parole per essere raccontata o spiegata.

Il loro era un rapporto fatto di gesti. E i gesti, quelli, di bugie non ne raccontavano mai.


 

Fine.

 

«Libero com'ero stato ieri ho dei centimetri di cielo sotto ai piedi
Adesso tiro la maniglia della porta e vado fuori
Come Mastroianni anni fa, sono una nuvola, fra poco pioverà
E non c'è niente che mi sposta o vento che mi sposterà»  
Samuele Bersani - Giudizi Universali



 
[1]Parte della frase detta da Tony, è un pezzo della canzone "Spaccacuore" di Samuele Bersani (che ringrazio, per avermi preso per mano e accompagnato durante la scrittura di questa storia)
 
Angolo Angoloso Anglosassone (??) delle Angolate di Miryel:
Non riesco ancora a credere di aver concluso questa minilong senza aver perso nessun arto e nessun polmone, dato che mi sto portando dietro da lunedì gli strascichi di un'influenza antipatica come la peste bubbonica, che invece di migliorare, peggiore.
Nessun Peter e nessun Tony sono stati maltrattato, ve lo assicuro. Sebbene il loro sguardo omicida, in un angolino della mia stanza, sembra dire il contrario.
Ringrazio tutti coloro che hanno scelto di leggere questa storia, che continuano imperterriti a sopportare me e le mie storie su di loro. Grazie inoltre per le recensioni e per l'affetto che sempre dimostrate. Io ne faccio tesoro e vado avanti anche grazie ad esso.
È sempre triste dire addio ad un progetto. Questa storia poi mi è piaciuto scriverla, sebbene non ne sia poi così soddisfatta, ma tant'è...
Comunque, si chiude una porta ma si apre un portone. Nuovo progetto all'orizzonte che, se tutto va bene, vedrà la luce prossima settimane!
Sperando quindi che questa piccola minilong vi sia piaciuta, vi do appuntamento a prestissimo, sempre su queste frequenze (sì, spoiler: sarà un'altra starker XD non mi odiate...)
Vi lovvo tutti
Miry

 

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