C'è solo silenzio?

di gabryTheGift
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo ***


Cavalchiamo verso casa insieme, ancora una volta.
Non credevo potesse accadere di nuovo.
Ormai era abituata a percorrerle sola queste strade a noi tanto conosciute.
Ero rassegnata a tornare a casa sola, insieme solo ai miei pensieri, senza la tua discreta compagnia.
Invece siamo di nuovo qui, ancora una volta, grazie ai tumulti che invadono la mia bella Parigi.
Siamo ancora qui, tu ed io Andrè, ed è come se fossimo tornati indietro nel tempo eppure nulla è come prima.
Cavalchiamo fianco a fianco senza parlarci, senza nemmeno guardarci.
Troppe cose non dette aleggiano su di noi e troppe parole pronunciate in modo errato fermano quelle che desiderano trovare solo una via d'uscita.
Sono stanca.. Sono così stanca di non parlarti eppure non riesco ad abbattere il muro che ho eretto.
È così tremendamente desolante tutto questo.
Non posso chiederti aiuto Andrè, non dopo tutto quello che ci è accaduto.
Non dopo il tuo volermi stare accanto sempre, a dispetto della mia testa dura.
Non dopo tutte le volte che mi hai chiesto silenziosamente scusa mentre ero immobile davanti al tuo silenzioso richiamo.
E chissà forse questo tuo volermi continuamente proteggere, anche qualche ora fa quando sull'erba, durante l'esplosione, hai cinto il mio braccio nella presa forte della tua mano, forse anche quello era un tuo modo per fare ammenda, per riparare a quel tremendo errore che ha cambiato tutto tra di noi.
Forse ti muove solo questo e magari quel sentimento che hai gridato in silenzio, tra le mura della mia camera, nemmeno lo provi più.
Forse era solo una chimera.
Quanto silenzio aleggia tra di noi Andrè.
Silenzio, silenzio, silenzio... è un silenzio che stordisce e che mi impedisce di tornare da te.
Non so più cosa pensare di me, di te.. di noi.
Questo maledetto silenzio è un muro, così spesso e invalicabile che sembra l'unico colpevole possibile.
L'unico colpevole delle nostre ferite mai realmente sanate.
Possibile che ci abbia davvero diviso questo maledetto silenzio?
Possibile che ci abbia diviso molto più delle nostre azioni?
Che non sia rimasto nulla della nostra vita, del nostro vivere fianco a fianco.. che tutto sia stato frantumato e spazzato via da questo incessante silenzio? È così André?
Non so quale strada percorrere, sia con te che con me stessa, è questa la verità.
Intanto siamo arrivati a palazzo, nelle scuderie, per lasciare che i nostri cavalli trovino finalmente riposo.
Intanto tu Andrè, ti occupi di loro con solerzia, come sempre.
Certe cose non cambiano mai.
Ed io non posso proprio fare a meno di tentare di ringraziarti per avermi protetta, a modo tuo, su quel prato.

"André volevo ringraziarti.. per prima"
Il tuo sguardo mi risponde ancora prima della tua bocca.
"Non ho fatto nulla e poi non devi ringraziarmi Oscar, non c’è bisogno"

Il perfetto André. Sempre così dannatamente impeccabile. Sempre così dannatamente.. compìto..
La risposta giusta al momento giusto.
Non c'è davvero più nulla, André?
"D'accordo, bene.. io vado allora"
Occhi dolci, sguardo rassicurante.. chissà forse mette in scena questa sua "commedia" per farmi sparire il prima possibile.
Conosce la mia anima, sa perfettamente cosa mi turba.
Sa che quel tono di voce dolce e rassicurante mi paralizza.
Mi stordisce.
Non capisco come faccia ad essere sempre così dolce e gentile.
Disgustosamente perfetto.
Mi fa sentire strana e incapace.
Mi fa sentire come se da un momento all'altro dovessi arrossire come una stupida educanda. Insopportabile!
È vero, certe cose non cambiano proprio mai.
Intanto entro in cucina e vedo Nanny che si destreggia tra una pentola e l'altra.
Eccomi a casa finalmente.

"Oscar bambina è successo qualcosa? Mi sembri stravolta"
Non so come riesca ad accorgersene mentre gira nella stanza come una trottola.
"Nulla Nanny, tranquilla"
"Ma Oscar sei tutta rossa, stai bene?" Maledizione!
"Mai stata meglio, figurati! Volevo solo avvisarti che insieme a me è tornato anche André!"
"Benedetti ragazzi, questa vostra malsana voglia di giocare a fare i militari vi distruggerà!"

Eccolo, è entrato anche lui.
I suoi passi riecheggiano in cucina. Li riconoscerei tra mille.
"Nonna hai visto? Sono tornato!" "Ecco il mio nipote degenerato!"

Le loro risate riempiono la stanza ed io, come troppo spesso accade negli ultimi tempi, mi sento di troppo.
Fuori posto, non degna di farne parte.
La mia voce ferma e dura li interrompe subito: "Fammi preparare un bagno caldo Nanny, per favore" "Subito bambina"

Fuggire è sempre l'unica soluzione, da tanto tempo ormai.
Non posso certo rischiare che lui capisca il mio imbarazzo, sarebbe così umiliante.
Mentre mi allontano sento le loro voci allegre che si salutano e si ritrovano.
Sono contenta per loro.
Finalmente queste mura potranno respirare un po' di calore.
Vorrei poter essere anch'io così spontanea.
Non vorrei tutte queste medaglie sul mio petto.
Sono così pesanti, mi impediscono di parlare, mi impediscono di essere e di sentirmi libera.
Non so cosa mi succede.
So solo che sentire le loro voci che scherzano mi conducono lentamente a casa, la mia vera casa.
Ma preferisco tenere questo segreto per me.
Non potrei mai rivelarlo, non potrei mai rivelarmi.
Percorro le scale che conducono al piano di sopra, immaginandoli insieme. Immaginando le bonarie prediche di Nanny, che guarda affascinata suo nipote.. e immagino lui: fiero, dallo sguardo dolce e attento, con i suoi grandi occhi verdi luminosi per la gioia di ritrovare sua nonna perfetta, proprio come l'aveva lasciata l'ultima volta.
Che mi succede? Non è da me perdermi in tante smancerie.
Forse un buon bagno distenderà i miei nervi e il lavorio incessante della mia testa confusa.

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Capitolo 2
*** 2 Capitolo ***


La cameriera, dopo aver riempito la vasca con l'acqua calda, si congeda.
Mi lascia sola, finalmente.
Adesso posso allentare la tensione e lasciarmi cullare dai rituali che solitamente riescono a regalarmi un po' di sollievo.
Raccolgo i capelli e, senza ulteriori indugi, mi immergo nella vasca.
Nuda, lascio che l'acqua calda mi regali il ristoro che cerco.
Ecco.. i nervi a poco a poco si sciolgono e così anche i pensieri più fastidiosi volano via.
Immersa in questo calore posso finalmente immaginare di non avere alcuna responsabilità.
Posso fingere che la mia Francia non stia soffrendo e che nessuna decisione difficile sia lì, dietro l'angolo, ad attendermi.
E André? Che farebbe André?
Che stupida.. Ci casco sempre.. ma non posso proprio fare a meno di chiedermi cosa farebbe se la situazione precipitasse.
Si schiererebbe dalla parte del popolo. Senza dubbio.
Ma non gliene farei di certo una colpa.
Lui è figlio del popolo e quel suo stesso popolo ha troppa fame.
Ma la mia Regina, purtroppo, è tanto lontana, persa nei suoi pensieri, soffocata dai suoi tormenti, per accorgersene.
Mi aspettano tempi duri e non so nemmeno se potrò contare su di te, se potrò chiederti un consiglio.
Desidero un tuo consiglio Andrè.
Tu, da sempre, sai cosa fare.
Mi sono sempre lasciata guidare da te anche se tutto di me ti ha sempre lasciato intendere il contrario.
Ho sempre avuto bisogno delle tue parole.. ma tu, ovviamente, non puoi saperlo.
Sempre.. sempre.. quando penso a te questa parola compare senza sosta nei miei pensieri.
Che mal di testa!
L'acqua comincia a raffreddarsi, sarà meglio uscire.. non voglio certo peggiorare la mia tosse.
Non con la certezza dell'imminente battaglia che dovrò affrontare.
Mi alzo ed esco fuori dalla vasca.
Lo specchio, il mio nemico più grande, è sempre al suo posto.
Ogni volta cerco di evitarlo ma ogni giorno diventa sempre più difficile.
Sono anni che mi scontro con lui.
Combatto da sempre contro quel riflesso, contro la mia immagine.
Completamente nuda alla luce di queste candele vedo chiaramente cosa riflette.
Riflette una donna dalla pelle bianchissima, con lunghi capelli biondi e selvaggi.
Capelli che parlano di me, della mia natura.. come amava ripetermi, spesso, André.
Che fosse un velato complimento?
Tutto prende una piega differente adesso.
Adesso so quali possono essere stati i suoi pensieri, i suoi tormenti, durante la nostra vita insieme.
 Anzi..No, forse non posso comprenderli davvero.
Infondo, anche se ci provo, non sono un uomo.
Non posso pensare come un uomo.
Non posso sentire come un uomo.
Entrare nella mente di André è impossibile per me.
Sono una donna.
Lo specchio non può ingannarmi.
Ma io non mi sento tale e tantomeno mi sento un uomo.
Questi capezzoli rosei.
Queste mie labbra quasi disegnate.
Il taglio dei miei occhi azzurri.
Il mio collo.
Le mie mani eleganti: mani da pianista, amava ripetere mia madre quasi una vita fa..
Tutto mi rimanda l'immagine di una donna.
È questo che percepiva André?
E cosa immaginava?
Immaginava di.. toccarmi?
Mio Dio, perché mai avrebbe dovuto?
I miei precettori mi hanno sempre detto che è peccato.
Nella mente di un uomo non dovrebbero nascere certe idee, certe immagini.. pensieri peccaminosi..
Non capisco queste cose.. questi desideri.. Dovrei provarli anche io?
Avrei dovuto provarli per Fersen?
Non provavo nulla del genere per lui.
Fersen.. l'uomo perfetto, il militare perfetto.. Mi sento così stupida.
Come ho potuto pensare di amarlo?
È sparito così velocemente dalla mia testa.
Non era amore quello.. eppure, in quei momenti, ne ero convinta.
Oppure non pensavo certe cose perché questi sono desideri che appartengono soltanto al sesso maschile? Soltanto ad un vero uomo?
È questo? È questa la ragione?
No.. no affatto.. ricordo bene Versailles e gli sguardi che le donne riuscivano a lanciare agli uomini, dietro la protezione dei loro grandi ventagli.
Ricordo bene i gemiti di quelle stesse donne nascoste dietro le fredde colonne della Reggia.
E ricordo altrettanto bene André che cercava di tutelarmi, di proteggermi sempre, da queste situazioni.
E allora qual è la risposta?
Forse sono io? È colpa mia?
Sono io che non posso amare o che semplicemente non ne sono in grado?
Chissà cosa ha potuto vedere in me André per riuscire a pensare una cosa del genere.

Un discreto bussare alla mia porta interrompe i miei pensieri.
Sarà sicuramente Nanny che vorrà avvisarmi per la cena.
Immagino di aver contemplato la mia immagine per troppo tempo.. Non capisco cosa mi stia accadendo.
Indosso la vestaglia e mi affretto ad aprire la porta.
Sento la sua voce che, con una punta di allarmismo, mi chiede perché ci metto tanto ad aprire.
Sempre impaziente la mia Nanny.
È meglio che mi sbrighi, non vorrei che buttasse giù la porta!

"Bambina perché non aprivi?" eccola qui, tutta rossa, che già immaginava qualche tragedia.
L'unica fonte di calore in questa grande casa.
"Perdonami, non volevo spaventarti. Non mi sono resa conto del tempo che passava"
"Immagino bambina, sarai stanca.. tutta colpa di quella testa dura di tuo padre!"
"Lo so Nanny, lo so.. cosa volevi dirmi?"
"Oscar, volevo dirti che tra mezz'ora la tua cena sarà pronta in tavola."
Dovrei cenare sola in quella grande sala?
Dopo il calore di quell'acqua che ha accarezzato il mio corpo, dovrei sentire il gelo della solitudine nelle mie vene?
"Cenate anche voi tra mezz'ora, Nanny?"
"Noi cara?"
"Si, voi..Tu e André.. vorrei cenare con voi, se non ti dispiace."
"Affatto bambina ma.. non è conveniente. Cosa penserebbe la servitù nel vederti cenare con noi?"
A questa sua domanda non posso non sorridere: "Beh non sarebbe la prima volta".
Mi guarda sconvolta, credo che non riconosca più la sua bambina.
Negli ultimi tempi sono stata fredda e scostante, non posso darle torto ma questa sera non me la sento di rimanere sola con i miei pensieri.
"Ma Oscar, l'ultima volta eri poco più che una bambina.. se lo sapesse tuo padre.."
Non lo capisci Nanny? Questa sera non sono proprio in grado di sopportare l'immagine della sedia vuota di mio padre.
"Nanny, non voglio stare sola.. Ti prego."
Il suo viso si addolcisce e mi regala un piccolo sorriso.
Ha capito, finalmente.
"Come vuoi bambina. Allora ti aspettiamo giù per cenare. Tuo padre non saprà nulla, sarà il nostro segreto."
"Ti ringrazio Nanny".

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo ***


La cena sapeva di casa.
Non mi aspettavo che fosse così.
Non credevo che sapesse di dolcezza e di tempi andati.
Certo ho parlato molto poco, come mio solito.
Mi sono limitata ad osservare le persone sedute davanti a me, ho ammirato queste persone speciali, talmente speciali da non sapere nemmeno di esserlo.
Nanny, poverina... Devo averla sconvolta: non sapeva nemmeno lei quali e quante pietanze mettere sulla tavola e André...
Beh André era... mi vergogno anche a pensarlo ma era splendente.
Non si è limitato solo ad essere un'ombra, come fa ormai da tanto, troppo, tempo: era cordiale, disinvolto, era semplicemente felice.
I suoi occhi non mentono mai, anche quello costretto all'eterno buio brilla, grazie alla forza dei suoi sentimenti e alla limpidezza delle sue sensazioni.
Possibile che gli basti così poco? Possibile che nella vita basti così poco per sentirsi felici?
Io nella vita felice non lo sono stata mai.
Certo da bambina, durante l'infanzia, ero libera, mi sentivo libera ma con il passare dei giorni, il passare degli anni, quella libertà è scivolata via dalle mie dita grazie ai miei doveri, alla mia uniforme, grazie alle fasce che, giorno dopo giorno, hanno stretto il mio seno con sempre più forza.
Il rigore mi ha intrappolata, poco alla volta, ogni giorno di più.
Tranne nei momenti che riuscivo a ritagliarmi con André.
Con lui ero serena, per pochi minuti, potevo essere ancora libera.
Ero libera di sorridere ma è anche vero che, in quegli attimi, sentivo sempre qualcosa, un nodo alla gola indecifrabile, uno strano sentimento, un disagio che non sono mai riuscita a comprendere... Che forse ancora oggi non riesco a comprendere.
E se non volessi comprenderlo?
Cosa può significare tutto questo?
E come dovrei leggere quella strana frenesia che conduce il mio sguardo, celato dal protettivo abbraccio della finestra del mio ufficio, verso la grande piazza d'armi per cercare  il suo volto tra quello dei miei uomini?
Riconosco sempre il suo passo, l'odore che lo accompagna, da sempre è un profumo che mi regala sicurezza.
Riconosco di averlo perdonato per quella tragica notte e riconosco che forse io stessa, con il mio egoismo, l'ho portato all'esasperazione.
E allora cosa vuol dire tutto questo?
Lui è il mio André, lo so da sempre ma non riesco davvero a cogliere il significato di queste poche parole.
Forse è solo colpa dei tumuli della città, delle decisioni da prendere... Forse è solo questo che mi fa sentire insicura, insicura su di me e su ciò che sento.
Vorrei tanto parlarti come un tempo André.
Parlarti come facevo prima che la Reggia, che Fersen, che la mia Regina, ci dividessero...
Perché non mi hai mai parlato con franchezza, André?
Possibile che tu non ci abbia mai provato?
O forse sono stata io, stolta e cieca, a non accorgermi dei tuoi gesti?
A non voler sentire le tue parole?
Quando hai perso la vista... Quando Bernard ha trafitto il tuo occhio con quella spada... Mio Dio... Non so ancora bene cosa ho provato in quel momento ma so con certezza che avrei voluto esserci io al tuo posto, che avrei voluto prendere io il tuo dolore.
Volevo solo proteggerti, soltanto quello, e nemmeno in quella circostanza sono riuscita a dimostrartelo.
Volevo ucciderlo, lo confesso... Ma tu mi hai fermata, sapevo che non avresti voluto.
Infatti sei diventato suo amico: il Cavaliere Nero era mosso da una giusta causa, voleva solo sfamare il tuo popolo... È stato solo un incidente di percorso... Un incidente che ti è costato parte della vista ma a te non sembra importare...
È più importante nutrire, anche uno solo, di quegli innocenti che la tua vista, non è così André?
Sei un vero uomo André.
Sei un uomo migliore di molti nobili che di nobile hanno solo il titolo e nient'altro.
Sei un uomo migliore di quello che sarei potuto essere io, è questa la verità.

Bussano ancora alla porta, non faccio quasi in tempo a rispondere che Nanny entra trafelata nella mia stanza.
Mentre si scusa per l'ora, vedo che tra le mani stringe una lettera, mi dice che è da parte di mia madre, direttamente da Versailles.
La Regina ha bisogno di tutto il sostegno possibile e lei è lì a darle una mano, come sempre...

"Dammi pure Nanny, non preoccuparti"
"Certo Oscar, comunque mi sono lamentata a dovere con il messo! Gli ho detto che questo non è un orario consono in cui presentarsi, ma ha risposto che la contessa tua madre ha insistito tanto."
"Non è certo colpa di quell'uomo Nanny, non angustiarti. Infondo non stavo facendo nulla"
"Va bene bambina, ancora una volta hai ragione tu. Allora ti lascio. Buona notte."
Mi sorride sempre quando si congeda, la mia Nanny.
Dovrei ringraziarla questa volta, anche solo per questa serata, dovrei ringraziarla per avermi fatto sentire parte di una famiglia.
"Nanny, grazie... di tutto."
"Non devi ringraziarmi, sei la mia bambina. Buona notte, Oscar!"

Mentre apre la porta, per lasciare la stanza, vedo André che, prontamente, con un cenno della mano e un piccolo sorriso mi saluta. Non posso certo meravigliarmi della sua presenza: attende sua nonna, sicuramente desidera rimanere un po' con lei senza nessuno intorno, senza occhiate indiscrete.
Goditela André, goditela, più che puoi.
Ma appena Nanny chiude la porta, dietro di sé, li sento bisbigliare e non vorrei ma la mia curiosità vince e non posso fare a meno di avvicinarmi e di tendere l'orecchio per ascoltare meglio.
La bambina di tanti anni fa, ogni tanto, fa ancora capolino in questo mio corpo da adulta.

"Non poteva tornare invece di far mandare una lettera? Non poteva lasciare la Reggia solo qualche ora? Che Dio mi perdoni ma a volte penso... lasciamo perdere..." Le lamentele sommesse di Nanny si sentono bene.
"Nonna non prendertela così e sopratutto non parlare così, Oscar potrebbe sentirti! Qualcosa avrà trattenuto la Contessa, altrimenti non avrebbe fatto mandare nemmeno quella lettera"
"André, benedetto ragazzo, non hai visto la mia bambina questa sera? Nessuno capisce la mia bambina... Nessuno..."
"Vieni con me nonna, avanti, ti preparo qualcosa di caldo."

Eh già la gente parla e la mia Nanny non fa eccezione.
L'unico che si distingue da tutti è sempre e solo André.
Mi dispiace farti soffrire Nanny, mi dispiace che tu mi capisca così bene, probabilmente capisci il mondo che mi circonda molto meglio di me.
Non posso fare altro che aprire la missiva di mia madre e leggere, con i miei occhi, cosa ha voluto dirmi con tanta urgenza.
 
Mia cara Oscar, ho appena saputo che sei tornata a palazzo dopo i tumulti che hai vissuto in città questa mattina.
Confido nella repentina ripresa del tuo corpo, so che starai presto meglio.
Non posso lasciare gli alloggi della Regina, certamente capirai quanto la nostra amata Sovrana abbia bisogno di me, sopratutto in un momento delicato come questo. Spero che con queste poche righe ti arrivi l'amore di tua madre.
Con affetto

 
Certo madre, con queste poche righe sentirò tutto il suo affetto. 
Un mucchio di stupidaggini!
Ecco cosa sono queste poche righe: un modo per pulirsi la coscienza!
Nanny ha ragione, non desidera trovare il tempo per me!
Sono un soldato e quindi non ho bisogno di nulla.
Sono solo un soldato, non conto proprio nulla per la mia famiglia?
Mio padre si serve di me per la Corona, per tramandare l'onore del nobile casato della famiglia de Jarjayes e mia madre... non so nemmeno a cosa potrei servirle.
Per rimanere più a lungo a Versailles, forse?
È colpa mia?
Sono io che non sono in grado di farmi amare da nessuno?
È il mio carattere che riesce solo ad allontanare tutti?
E André?
Perché allora, quella notte, disse di amarmi?
Non era vero?
Era solo pena?
Era solo la voglia di voler aiutare un'amica?
Il suo animo è nobile, potrebbe averlo detto solo per smentire le parole di Fersen?
Per farmi sentire bella e desiderabile agli occhi di un uomo?
È stato solo per amicizia?
Mi scoppia la testa!
Perché?
Perché non riesco a dare una risposta a nessuna di queste domande?
Chi potrebbe aiutarmi?
Chi potrebbe mettere in fila i miei pensieri se non André?
Non dovrei ma devo parlargli, devo... la sua presenza mi calmerà e potrò tornare in me.
Potrò tornare ad essere solo il Comandante de Jarjayes!
Tutti questi pensieri... È solo colpa di questa maledetta donna che dorme dentro di me.
È solo lei la causa di tutto, è lei la causa di questa mia confusione.
Devo metterla a tacere!
Ora!
Adesso!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Percorro le scale quasi correndo.
Sono furiosa e anche tanto stanca.
Mi abbandonano tutti. Tutti.
E quella stupida lettera è l'ennesima presa in giro.
Perché madre? Perché? Davvero non conto nulla per te?
È davvero più importante la Regina, un'estranea infondo, che la tua stessa figlia?
Perché lei viene sempre prima di me? Fersen, tu, mio padre...
Non conto davvero nulla, per nessuno?
Mio Dio... non dovrei pensare certe cose...
Questo è tradimento... ma ormai non riesco più a distinguere i contorni, i confini che mio padre ha cercato di impartirmi da quando ho emesso il primo vagito su questa terra.
Tanti anni di disciplina, di punizioni fisiche, di studio, di dolore sembrano essersi dissolti nel nulla.
Davvero non spiegare cosa mi stia succedendo.
E non so cosa mai potrebbe dirmi ora André per chiarirmi le idee.
Dio... Non so nemmeno cosa voglio dirgli e se voglio parlargli del contenuto della lettera.
So solo che voglio vederlo.
Voglio parlargli!
Qualunque cosa andrà bene!
Potremmo anche discorrere di un argomento banale come del tempo, ad esempio. Non ha importanza.
Potremmo parlare del tuo amico, quello sbruffone di Alain, o dei turni massacranti a cui ti sottopongo.
Qualunque cosa, davvero!
L'importante è che non mi lasci sola, adesso!
Non respingermi André, ti prego.
Voglio solo godere della tua compagnia, proprio come un tempo.
È così impossibile esaudire questa mia richiesta?
So bene che potresti essere arrabbiato per le ore assurde che ti assegno ma non posso elargire favoritismi, certamente non a te.
Non voglio compromettere, ulteriormente, la tua situazione in caserma.
Cerca di comprendermi, André!
Voglio tenerti al sicuro, per quel poco che mi è possibile.
Ti prego, non abbandonarmi anche tu.
 
Sono davanti alla tua porta.
È tardi, lo so, e non dovrei essere qui ma ora nulla è più importante di questo, per me.
Busso piano, nel nostro modo segreto. Chissà se lo ricordi ancora!
Un piccolo sorriso compare sulle mie labbra mentre la mia mente si riempie del ricordo di noi due, bambini pestiferi che desideravano solo stare insieme, a dispetto di tutto e tutti. Vorrei davvero rivivere quelle emozioni.
Ma qui fuori non sento nessun rumore provenire dalla tua stanza.
Tutto sembra immobile e silenzioso.
Riprovo ancora e tutto tace.
Stai dormendo? Non sarebbe strano vista l'ora!
Una vocina, che somiglia tanto  a quella di quando ero bambina, mi suggerisce una soluzione che oggi sembra quasi un'eresia  mettere in atto.
Ma non sarebbe la prima volta che, questa sera, seguo il consiglio di quella Oscar dispettosa!
Mi guardo intorno e, con la certezza che nessuno mi stia osservando, abbasso lentamente la maniglia della porta ed entro nella tua stanza.
Chiudo la porta alle mie spalle e con la candela che ho in mano faccio un po' di luce nella stanza.
Il mio sguardo si posa subito sul tuo letto.
Chiaramente non ci sei.
Il tuo letto è intatto.
Dove puoi essere a quest'ora?
Che tu sia in città? Per incontrare qualche fanciulla? Per un appuntamento magari.
Forse era questo il motivo del tuo contagioso buon umore durante la nostra cena.
Che stupida... Sono davvero cieca.
Mi aspettavo davvero che fosse felice a causa della mia presenza?
Ridicola!
Sei solo una stupida Oscar. Una sciocca ingenua!
Dovrei solo pensare alle strategie militari.
Quella è l'unica cosa che mi riesce egregiamente.
Mio padre non ha completamente sbagliato a tracciare questa strada per me, infondo.
Sospiro e mi guardo intorno: la stanza di André è proprio come la ricordavo.
Non sembra essere cambiato nulla.
Sul comodino, posto accanto al letto, c'è un libro: "Il contratto sociale" di Rousseau.
Un libro decisamente proibito.
Se lo vedesse mio padre, sappiamo entrambi, André, che non sarebbe clemente.
Eppure lo tieni lì, in bella vista!
Sei sempre stato un silenzioso provocatore, lo so bene.
Decisamente contraddittorio, non c'è che dire!
Forse dovrei chiederti di prestarmelo, anche solo per smuovere i nervi del mio caro Generale!
Rido piano dei miei pensieri tuttavia vorrei davvero leggerlo, vorrei davvero capire e vedere il mondo come lo vedi tu.
Infondo ho sempre saputo che quella con seri problemi alla vista sono sempre stata io.
Intanto continuo la mia ispezione.
Sulla sedia posta davanti al tuo scrittoio c'è una giacca. La tua giacca.
L'accarezzo piano e mi sembra di percepire il tuo odore da qui. Che strana sensazione...
Allontano immediatamente la mano e nel farlo noto, sullo scrittoio, dei fogli pieni, chiaramente, della tua calligrafia.
Ecco la piccola Oscar fare un'altra volta capolino!
Darò solo un’occhiata, non può succedere niente di male, infondo. Forse qui c'è scritto dove sei.
Probabilmente non hai perso l'abitudine di appuntare ogni cosa della tua giornata.
Ricordo quando insieme leggevamo i pensieri scritti sui tuoi fogli.
Un'abitudine che crescendo abbiamo perso.
Un'altra cosa cara di te che è semplicemente scivolata via dalle mie dita.
 
Oscar, mia preziosa Oscar.
Vedo bene che qualcosa ti tormenta e so bene che, nemmeno questa volta, ti confiderai con me.
Come so bene che non troverò mai la forza di parlarti, di parlarti davvero.
Troppo ci separa ormai: la tua testardaggine, il mio peccato, tuo padre, la Regina, Fersen, il mondo intero.
Eppure, come un perfetto idiota, sono ancora qui solo per te e spero di poterti sentire mia, un giorno. Finalmente mia.
Mia tra le mie braccia. Mia da amare. Mia da venerare.
Vorrei tanto sentirti ridere, amore. Mi manca tremendamente la tua risata, mi mancano le nostre chiacchierate.
Parole scandite dall'orologio delle tue rigide regole che oggi mi farei bastare.
Perché mi manchi. Tanto. Troppo.
No, non è vero.
Questa è l'ennesima bugia che racconto a me stesso.
Io, Oscar voglio soltanto amarti, come un uomo ama una donna.
Voglio baciarti. Voglio sentire l'odore della tua pelle. Voglio baciare la tua pelle. 
Voglio portarti sul mio piccolo letto e mostrarti quanta bellezza è racchiusa dentro di te.
Se sapessi cosa sogno di te, di noi insieme.
Ti scandalizzeresti, mi passeresti a fil di spada con uno scatto felino ed un'agile mossa.
Lo so, lo so bene. Ma non posso farci nulla.
Sono i pensieri di un uomo. Un innamorato respinto è vero, ma pur sempre un uomo innamorato.
Innamorato di te con tutto il mio essere. Con ogni briciola del mio corpo e della mia anima.
So bene, tesoro, che non riesci a credere che qualcuno possa amarti.
So bene come sei cresciuta e cosa ti hanno insegnato, imposto. E questo mi fa male, tanto male.
Ti hanno fatto credere che provare passione è peccato, che non puoi essere donna che, semplicemente, non ti è concesso.
Ti hanno fatto credere che nessun uomo potrà mai provare un desiderio d'amore per te.
Ma amore, amore mio, se tu volessi almeno lasciarmi provare e spiegarti la bellezza di ciò che sento per te non avresti paura.
Te lo giuro.Non devi più pensare a quello stolto che si chiede perché tu sia nata donna.
È una follia e non merita uno solo dei tuoi pensieri.
Tu sei una rosa, che stavo calpestando è vero, e questo occhio malato è la giusta punizione per ciò che ho fatto.
Per averti vista e toccata senza il tuo consenso.
Il pensiero del tuo seno nudo e niveo scalda, ogni giorno di più, le mie viscere ma impongo alla mia mente di non pensarci.
Di non pensare a ciò che ho visto, di continuare ad immaginare, come ho sempre fatto, il tuo corpo, i segni tangibili del tuo essere donna, perché tu non volevi, piangevi e quindi non ne ero e, probabilmente, non ne sarò mai degno.
Ma amore, mia Oscar tu sei una rosa, una rosa bianca pura e splendente. Fragile e fiera.
Sei tante cose amore mio. Hai solo paura di guardarti dentro, di vederti davvero, di liberarti dalle tue catene.
E allora mia rosa, affidati a me. Lascia che guardi io per te, lascia a me il compito di spiegarti cosa sei e cosa potresti essere, se solo ti liberassi dalle medaglie che porti sul tuo piccolo e morbido petto.
Sei fiera, indomita, coraggiosa, generosa, testarda, orgogliosa, bellissima e forte e intraprendente e meravigliosa.
Tu sei Oscar, amore mio.
Uomo o donna che tu sia, nulla cambierà la tua essenza, la tua anima.
Sei una rosa meravigliosa, che vuole solo sbocciare. Io lo so, lo sento.
E allora lasciati amare, mia tenera rosa.
Io desidero solo amarti Oscar, da tutta la vita. Lasciati amare.
Lasciati amare mia Oscar.
 
 
Ripongo immediatamente, sullo scrittoio, il foglio con dentro la sua scrittura e scappo via dalla sua stanza.
Mi... mi manca l'aria.
Devo uscire da qui. Ora.
Devo fuggire da queste parole e dalle emozioni che stanno continuando a muoversi impazzite nel mio stomaco.
Sento le gambe cedere ma non ha importanza. Nulla può fermarmi.
Devo uscire da qui!
Scendo, trafelata, la scalinata e subito entro in biblioteca, luogo testimone di tutti i viaggi che questi libri impolverati hanno regalato a me e a te.
Dio... tutto in questa casa mi ricorda di te ed io ora devo fare in modo di toglierti, di strapparti dalla mia mente.
A qualunque costo!
Mi siedo sulla poltrona rossa posta davanti al camino ormai spento.
Ho freddo ma credo che nemmeno il fuoco riuscirebbe a scaldarmi.
Non ci riesco. Non riesco a non pensarci! Maledizione!
Che diavolo vuoi da me André?
Cosa vuoi, maledetto?
Come è possibile che tu possa riservarmi parole così vive e piene di passione, così vibranti della tua essenza?
Quando le hai scritte?
Cosa, quale episodio ti ha costretto a mettere su carta quei pensieri?
Pensieri che in quel momento ti erano insopportabili e che hai dovuto mettere nero su bianco per placare la tua anima.
Avrei dovuto bruciare quel dannato foglio! Se lo trovasse qualcuno passeresti dei guai, guai molto seri!
Potrebbe arrivare nelle mani di mio padre.
Qualcuno della servitù non si farebbe alcuno scrupolo se tradirti significasse ottenere qualche moneta in più nel suo salario!
Possibile che non te ne rendi conto?
Tu non sei certo una persona imprudente, anzi...
Maledizione!
Tornare in camera tua adesso è impossibile, potrei non avere la stessa fortuna di qualche attimo fa.
Che sciocca! Ho l'abitudine di mentire anche a me stessa.
La verità André è che preferisco perdermi tra questi pensieri piuttosto che analizzare le parole che hai scritto.
Parole che non posso dimenticare.
Parole che hai scritto per me. Solo per me!
Come? Come hai potuto farlo?
Come è possibile che proprio io abbia scatenato tutto questo in te?
Sei un uomo forte, gentile, buono, intelligente e... devo ammetterlo sei bello.
La tua non è una bellezza chiassosa e sfacciata come quella di Fersen, tu sei diverso da lui.
Non avete nulla in comune. La tua bellezza è quiete e calma, non grida per farsi ammirare ma riesce comunque a turbare l'anima perché ti entra dentro giorno dopo giorno e, quasi senza accorgertene, ne diventi schiava, dipendente.
Tu sei diverso da lui, lo sei sempre stato.
Avresti potuto avere una famiglia André, dei figli, una bella moglie innamorata di te...
Dio... lo meriteresti così tanto.
Meriteresti di vivere una vita felice, lontano da me, da questa strana donna vestita da uomo.
Invece sei rimasto qui, con me.
Solo per me.
Hai voluto condannare te stesso per starmi accanto.
Sei sempre stato troppo buono, ed io ne ho sempre approfittato.
Inconsciamente alle volte e altre volte con estrema lucidità.
Ma tu avresti dovuto pensare a te.
Liberarti dalla mia presenza.
Mi dispiace André, mi dispiace!
Qualcosa sta bagnando la mia mano.
Mi porto una mano sul viso... lacrime.
Che succede?
Che mi sta succedendo?
Sto piangendo e non me ne rendo conto.
Perché? Non capisco cosa sento, cosa ho dentro.
È per me o per te, André, che queste lacrime bagnano il mio viso?
Non sono più completamente padrona di me stessa.
Ad un tratto sento il rumore della maniglia della biblioteca che si abbassa.
Immediatamente volgo lo sguardo verso quel suono e nel buio scorgo una figura famigliare.
Sospiro. Non avrei mai voluto che mi trovassi così.
Ora non ho più difese, come farò a mentirti?

Non posso più nascondermi quando sento la tua voce chiedermi: "Oscar? Cosa ci fai qui a quest'ora?"
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Questa sembra essere la notte in cui nemmeno il silenzio può avvolgermi senza ferirmi.

E che tu, proprio tu, sia qui ne è la prova tangibile.
Sono completamente destabilizzata.
Non sono pronta a vedere nessuno.
Non sono pronta a confrontarmi con nessuno, tanto meno con te.
Non riesco nemmeno a rispondere al tuo richiamo.
Sono sconvolta.
E sono così contenta che il buio della notte celi il mio viso ai tuoi occhi, per lo meno lo spero ardentemente.
Il candelabro tra le tue mani produce una debole fiammella e questo mi conforta.
Sono davvero una vigliacca.
Quante verità mi stanno piombando addosso in queste poche ore.

Di nuovo sento la tua voce, colorata da una nota di preoccupazione, chiedermi: “Bambina? Tutto bene?”
“Ciao Nanny” ti rispondo, dopo aver preso involontariamente un profondo respiro.
Percepisco chiaramente la tua sorpresa nel trovarmi qui, sola e al buio.
Questa sera devo apparirti proprio strana ed io non avrei mai voluto che mi trovassi al buio in biblioteca, sconvolta dalle parole di tuo nipote e schiacciata dalla consapevolezza che ogni mia certezza era, probabilmente, una chimera.
Non riesco a metabolizzare solo in una manciata di secondi tutto ciò che ho letto.
Sono inerme davanti a tutte queste emozioni.
Nessuno mi ha insegnato a gestirle.
Non so cosa fare.

Ma nemmeno tu ora hai pietà di me e, dopo questo mio silenzio che deve sembrarti interminabile, imperterrita mi chiedi, ancora una volta: “Cara, cosa ci fa qui in biblioteca a quest’ora?”
“Non riuscivo a dormire” ti rispondo aggirando la verità.
Un buon modo per prendere tempo davanti al nemico, una lezione fondamentale del mio Signor Generale e padre.

Ma un pensiero, ad un tratto, più forte di tutti, attraversa la mia anima.
Una domanda aleggia sulla punta delle labbra.
Una domanda che può sembrare innocente ma che ha il potere di sconvolgermi, ancora una volta, perché mi rende perfettamente consapevole del fatto che non importa cosa vedono i miei occhi o cosa la razionalità mi suggerisce, quando si tratta di te, André, tutto decade e ogni proposito si sgretola.
E quindi, quasi senza riuscire a controllare la mia voce, ti chiedo: “Sai dov’è Andre?”
Ti vedo fare qualche passo verso di me.
Grazie alla luce del candelabro vedo chiaramente l’espressione sorpresa dipinta sul tuo viso.
Abbasso lo sguardo perché ho paura che tu possa scorgere i segni di ciò che ho letto nei miei occhi.
Ho paura che tu possa percepire, non so grazie a quale strana magia, le sue parole decise e piene di sentimento sul mio volto, sulle mie guance, che sento quasi andare a fuoco.
Dopo qualche secondo di esitazione, mi rispondi: “Starà riposando nella sua stanza.”
Senza rendermene conto, alzo il viso e prontamente rispondo: “No, non c’è!”
“Tu come fai a saperlo, tesoro?” mi chiedi poggiando il candelabro sul primo ripiano disponibile che riesci a trovare.
Maledizione!
Mi sono cacciata in questo guaio con le mie stesse mani.
Al diavolo!
È casa mia! Posso gironzolare quanto mi pare e piace e, se mi aggrada, posso aprire qualunque porta e ficcarci anche il naso dentro.
Che sarà mai? Infondo cercavo André!
“Ho bussato alla porta della sua stanza. Non ricevendo nessuna risposta sono entrata e ho visto che non era a letto”
“Vergine Santissima!” esclama disperata facendosi il segno della croce… per non so quante volte!
La tua reazione mi strappa un piccolo sorriso.
Se André fosse qui riderebbe a crepapelle e comincerebbe ad imitarti.

Ecco, ci sono cascata di nuovo. In ogni mio pensiero, anche il più innocente, ci sei tu.
Forse questo accade perché siamo cresciuti insieme?
Magari, la mia, è solo una cara abitudine che non riesco ad abbandonare.
Sei accanto a me da una vita e quindi è normale per me includere la tua persona in ogni mia azione e in ogni mio pensiero.
È solo per questo, André? O c’è dell’altro?
Alla fine, se ci penso con razionalità, non riuscivo ad immaginare Fersen parte integrante della mia quotidianità.
Non riuscivo a visualizzarlo accanto a me, non riuscivo a vederlo nella mia vita.
Riuscivo solo a fantasticarci sopra e, in ogni fantasia, ero sempre io a dover cambiare, a trasformarmi per lui, per piacere ai suoi occhi.
Ero sempre io a plasmarmi.
Infondo, immaginavo un’aristocratica dama bionda che non ero io.
Era un bel sogno ad occhi aperti, in cui potevo immaginare la vita che avrei vissuto se non fossi stata lo strambo esperimento di mio padre.
Adesso credo di averlo compreso.

Quindi André, cosa può voler mai dire tutto questo?
Accanto a te non sono mai stata diversa. Non sono mai stata… femminile.
Non ho mai indossato un abito per te.
Io proprio non riesco a capacitarmi che tutta quella… passione... sì passione è la parola esatta… fosse rivolta proprio a me.
Come posso suscitarti certe emozioni?
Fersen mi considerava il suo migliore amico, un uomo…
Possibile che tu, un uomo vero come lui, possa provare certi pensieri per me?
Certe pulsioni?
Possibile che io, rimanendo me stessa, possa aver provocato in te le emozioni che gli uomini provano per le donne?
Per le vere donne?
Non riesco davvero a crederci. Non posso crederci.
Forse gli faccio troppa pena e quindi… non lo so.
Eppure in quelle parole tutto ho percepito tranne che pena nei miei riguardi.
Quasi mi scoppia la testa.
Non riesco a dare la giusta forma ai miei pensieri.
Forse non sono ancora pronta.

Intanto sento Nanny mandare una serie di sciagure a mio padre ma non riesco davvero a seguire le sue parole.
Penso a te André, a ciò che ho letto e non sono completamente lucida.
Sì, la mia mente vaga tra i miei pensieri e i miei ricordi, ma è tutto così complicato.
Sono così lontana da questa stanza adesso.
Anche lei deve essersene accorta perché la sento bloccare di colpo le sue parole, che fino a qualche istante prima erano come un fiume in piena, e sospirare forte.
È come se sospirasse arresa ad una verità che lei ha compreso da tempo.
Cosa hai capito, Nanny? Puoi davvero parlarmene?
Non dovrei chiedere a te di districare il caos del mio essere, lo so.
Ti abbiamo sempre dato troppe preoccupazioni, troppi dispiaceri. Mi dispiace Nanny.
Cerco il tuo sguardo e ti vedo guardarmi quasi con dolore.
Quando comprendi che hai di nuovo la mia attenzione mi chiedi: “Bambina, ti rendi conto di ciò che hai fatto? Una donna non può entrare nella camera di un uomo nel cuore della notte. Soprattutto se quest’uomo è un servo!”
“Nanny ma cosa dici? Lui è Andrè!” dico scuotendo piano la testa.
Quella parola mi ha sempre fatto venire una tremenda orticaria. Relegare la sua figura in quella parola è offensivo e inutile.
Con un sorriso stanco mi risponde: “Oh bambina, non vuoi capire. Non hai mai voluto capire.”
“Nanny, tra me e lui queste sciocchezze non hanno motivo di esistere. Lui è Andrè e questo è quanto. Non darti pena” le dico in modo brusco.
Ormai il tono della mia voce è perennemente quello di un Comandante che impartisce ordini ai suoi soldati.

Eppure, non avrei mai creduto che dopo anni sarei riuscita di nuovo a parlare con tanta franchezza a qualcuno.
Ma non era questo il modo in cui volevo dirlo...
Sospiro forte mentre penso che non sono mai stata capace di far uscire le parole dalla mia bocca nel modo giusto.
Volgo lo sguardo verso la luce della candela portata dalla mia Nanny, alla fine vorrei che la mia anima fosse così luminosa solo per poter leggere con estrema chiarezza cosa contiene e potermi svelare con franchezza alle persone a cui tengo.
Che pensiero strano, come erede dei de Jarjayes non dovrei pensare nulla di simile.
A dispetto delle mie medaglie, non sono riuscita ad essere il figlio maschio che meritava mio padre.
Me ne dolgo profondamente.

“Bambina e se ti avesse visto qualcuno?”
La guardo e sorridendo debolmente, le rispondo: “Tranquilla, sono stata attenta.”
Alla fine si preoccupa solo per i suoi bambini. Comprendo il suo sentimento.
Ma tutto questo, tutta questa ipocrisia data da queste maledette regole sociali, da questa stupida etichetta, da cosa dovrebbe proteggermi?
Da me stessa?
Da chi mi circonda?
Ed io? Io desidero essere protetta da tutte queste regole a cui ormai non credo più? A cui, infondo, non ho mai creduto?

Sono davvero stanca questa sera. Sono stanca di tutto.
E odio non avere alcuna risposta per mettere a tacere tutte queste voci che ronzano nella mia testa.
Forse… dovrei davvero parlarne con lui.
Forse…dovrei davvero cercarlo e non desistere davanti ai miei dubbi e alle paure di Nanny e alla volontà di mio padre. Infondo, lui è l’unico che ha sempre avuto il potere di spiegarmi certe cose.
Non mi importa dell’imbarazzo che potrò provare nel trovarmi faccia a faccia con lui. Infondo ho sempre saputo fingere bene, ed ora come ora non mi importa poi molto.
Lui è André, ed io voglio parlare con lui.
Voglio solo parlare con il mio Andrè!
Che male può esserci in questo?

Mi faccio coraggio, strano sembra che me ne serva più del previsto, e le chiedo: “Sai dove può essere, Nanny? Io… Io devo trovarlo!”
Ti vedo guardarmi confusa e ritrosa, quasi balbetti quando mi rispondi: “Ma… ecco bambina… Io proprio non so… se è il caso… a quest’ora…”
“Ti prego” Sì, ti prego Nanny.
Almeno tu questa sera non abbandonarmi.
Mi hanno abbandonata tutti, non respingere ciò che sono anche tu, ti prego.
Ma tu comprendi il mio disagio, forse sei l’unica che mi capisce, come hai detto a tuo nipote fuori dalla mia stanza qualche ora fa.
E ti vedo cambiare espressione e assumere lo stesso sguardo dolce che usavi quando, quasi una vita fa, mi ripetevi, accarezzandomi i capelli, che mio padre era solo un uomo e che in quanto tale era un essere fallibile.
“Credo che tu sappia, molto meglio di me, dove possa essere a quest’ora. Se davvero hai bisogno di parlargli bambina, guardati dentro e lo saprai.”
Dopo queste parole ti vedo sorridermi debolmente e avvicinarti alla porta, per lasciarmi sola con me stessa.

Non ha più niente da dirmi.
Tuttavia mi ha già detto tutto quello che c’è da sapere: Andrè è dentro di me e solo io conosco la strada giusta per trovarlo, per arrivare a lui.
Qualunque cosa significhi questa verità.
La vedo uscire definitivamente dalla biblioteca augurandomi una buona notte.

Sì, Nanny, spero che questa notte possa esserlo davvero.

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