Roveto ardente

di Ciuffettina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** «Io sì che valgo!» ***
Capitolo 2: *** «Obbedisci e basta!» ***
Capitolo 3: *** “Magari un giorno…” ***



Capitolo 1
*** «Io sì che valgo!» ***


Erano ormai passati 80 anni da quando un bambino israelita era stato salvato dalla furia omicida di Sobekhotep IV. Meryt, la figlia del faraone, l’aveva chiamato Mosè che in egizio voleva dire “figlio” ma la parola era simile al verbo ebraico “estrarre” quindi avrebbe anche potuto significare “colui che è stato estratto”, sott’inteso dall’acqua, oppure, considerando il verbo non passivo ma attivo, profeticamente il significato poteva essere “colui che estrae”, quindi “salvatore, liberatore”.
C’era un nuovo faraone, Dedumose, che trattava, se possibile, gli israeliti ancora più duramente del precedente, mentre Mosè, dopo aver ucciso una guardia egizia che stava frustando a morte uno schiavo israelita, era scappato presso i Madianiti, dove si era sposato con una certa Zippora, aveva avuto due figli e per 40 anni aveva fatto il pastore e proprio per la sua propensione a prendersi cura di tutte le pecore, anche quelle più deboli, sarebbe stato perfetto come condottiero per liberare gli israeliti e condurli nella Terra Promessa.

Metatron era indeciso su come poteva apparirgli facendosi credere l’Eterno. No, nessun delirio di onnipotenza o ribellione com’era accaduto millenni prima a Satana. Stava semplicemente obbedendo agli ordini. In fondo, era l’angelo più qualificato per un compito del genere, non per niente era soprannominato “la Voce di Dio”!

«Ora come ora, se scendessi tra gli umani, sarebbero distrutti(1), perciò dovrai essere tu a rappresentarMi» aveva detto l’Immenso, quando gli aveva affidato la missione.
Metatron si era inchinato e aveva risposto con l’abituale frase che gli angeli usavano quando si congedavano da Lui: «Vivo per servirTi» ed era atterrato sulla Terra.
Ancora non riusciva a credere alla propria fortuna: un giorno l’Altissimo aveva spalancato la porta del Proprio ufficio, aveva guardato l’immensa folla di angeli che si era assiepata proprio lì fuori in attesa di ordini e l’aveva indicato con un dito, decretando che lui, Metatron, un angelo qualsiasi, da lì in poi, sarebbe stato il Suo scriba.
I più invidiosi avevano subito messo in giro la voce che era stato scelto solamente perché era il più vicino alla porta.
Che sciocchezza! Come se Dio avesse potuto scegliere Samandriel, Bartolomeo oppure (orrore!) Balthazar o un qualsiasi altro angelo che si trovava lì in quel momento!
La verità era che Dio sapeva quanto valesse e lui per secoli gliel’aveva dimostrato, prima prendendo soltanto nota di tutte le Sue opere e più avanti diventando anche il Suo portavoce e che goduria poter comandare gli Arcangeli a bacchetta! Per la prima volta l’avrebbe fatto anche con un umano!
Ma qui cominciavano le difficoltà: come apparirgli? La sua vera forma era da scartare: in assenza di un tramite, Metatron era troppo avanzato e potente per essere visto da occhio umano, mentre la sua voce sarebbe stata incomprensibile. Solo alcune persone “speciali” sarebbero state in grado di vederlo senza perdere l’uso della vista o di ascoltarlo senza rischiare la propria vita e, purtroppo, Mosè non faceva parte di questa schiera di Eletti. Comparirgli nei panni del proprio tramite? Ali grigio cenere e aspetto anonimo da ometto basso e grassoccio? No, no, no! Dio era maestoso, immenso, sfolgorante… per quante parole si usassero, erano sempre troppo poche e troppo limitate per descriverLo. Inoltre bisognava evitare a tutti i costi l’idolatria visto che gli israeliti erano schiavi di un popolo che adorava ogni sorta di animale, confondendo le creature con il Creatore.
Che problema! I primi umani (Adamo, Eva, Caino) erano riusciti a parlare direttamente con l’Eterno senza subire danni ma dopo soli 987 anni ci si accorse che qualcosa non andava: Enoch era stato portato in Cielo perché Dio voleva affidargli il compito di riportare gli umani sulla retta via ma quando il profeta si trovò di fronte al Trono, dovettero chiamare alla svelta Salgiel, l’angelo del freddo, a fargli da scudo con le ali contro l’immenso fulgore della divina maestà.
Purtroppo la missione di Enoch si rivelò un vero fallimento e le sue scottature fecero capire a tutti quanto ormai gli umani si fossero deteriorati a causa della loro Caduta.

Comunque quella disavventura fornì a Metatron la soluzione: una bella palla di fuoco! No, anzi un fuoco che arde, ma non si consuma.
Cosparse di olio santo un roveto secco, lo incendiò tenendosi a debita distanza (con certi materiali bisognava sempre fare molta attenzione) e si mise ad aspettare.
Era proprio soddisfatto dello spettacolo pirotecnico che aveva ideato.
Di certo Mosé sarebbe stato debitamente impressionato e ansioso di mettersi subito all’opera.
 
*****

Ispirato al terzo capitolo dell’Esodo.
La tradizione non è unanime su chi sia l’angelo del Signore che comparve a Mosé. Alcuni dicono Uriel, altri Gabriel… però chi ama “Dogma” non ha dubbi: l’angelo che comparve era “La Voce di Dio” in persona!
1) «Tu non puoi vedere la mia faccia, perché nessun uomo può vedermi e vivere» (Esodo 33:20)

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Capitolo 2
*** «Obbedisci e basta!» ***


L’esistenza di ogni angelo era permeata da tre forti sentimenti: l’immenso amore che nutriva per il proprio Creatore, lo smisurato desiderio di obbedirGli e di compiacerLo e il profondo terrore di deluderLo, perciò Metatron rimase sconvolto quando sentì la risposta di Mosè: «Manda qualcun altro.»
Lo scriba divino era costernato: come poteva tornare in Paradiso e riferire al Sovrano del mondo, l’Immenso, l’Onnipotente, l’Eterno, che Mosè, un infimo umano, Gli aveva detto di no? Beh tecnicamente il “No” se l’era beccato lui, ma siccome in quel momento rappresentava Dio, era come se Mosè avesse detto di no al Creatore stesso. No, no, no, questo non doveva avvenire! Non poteva fallire la sua prima missione sulla terra e deluderLo.
Come aveva potuto quell’umano rifiutarsi?
Quando Mosè gli aveva domandato a nome di chi avrebbe dovuto dire agli israeliti che la liberazione era vicina, lui gli aveva rivelato l’Ineffabile nome del Supremo; quando Mosè aveva obbiettato che gli israeliti non avrebbero creduto che era stato inviato da Dio, lui gli aveva donato il Bastone Magico e gli aveva mostrato i prodigi che poteva compiere; quando Mosè gli aveva fatto notare che era tardo di bocca e di lingua (catastrofico risultato per avergli fatto ingoiare un carbone ardente da piccolo, complimenti Gabriel!), lui l’aveva guarito dalla sua balbuzie e nonostante tutto ciò si era rifiutato di obbedire?
A quel punto Metatron s’infuriò: già s’immaginava Zaccaria, il migliore servitore del mese da secoli, che avrebbe svolazzato in giro per il Paradiso, tronfio come un tacchino, a blaterare che se l’Immenso avesse mandato lui, avrebbe ottenuto l’accordo di Mosè in uno schiocco di dita.
«Vuoi tornare a casa? Va’ pure, manderò tuo fratello Aronne che è molto più meritevole di te. Ma prima di andartene, voglio farti un regalo: infila la mano nella tunica.»
Mosè, felice di essersela cavata così a buon mercato, fece quanto richiesto ma quale non fu il suo disgusto e orrore quando tirando fuori la mano (e non avendo trovato niente) se la ritrovò bianca per la lebbra. «Ma… ma come posso tornare da mia moglie così?»
«Non volevi tornare a casa? Scegli! O torni a casa e rimani lebbroso fino alla fine dei tuoi giorni o vai dal Faraone e ridiventi sano.»
Mosè non poté fare altro che capitolare.
Mangiati le ali, Zaccaria! Stavolta sono io il migliore servitore del mese!” pensò Metatron prima di decollare per il Paradiso.

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Capitolo 3
*** “Magari un giorno…” ***


L’impresa di Metatron, come lo scriba stesso aveva previsto, l’aveva fatto diventare il migliore servitore del mese, mentre il metodo usato per convincere Mosè aveva fatto storcere il naso ad alcuni angeli ma la frase che veniva ripetuta più spesso in Paradiso era: «Un po’ forte, però l’ha lasciato libero di scegliere.»
Il Libero Arbitrio era salvo!
«È ovvio che ha imparato dal migliore» disse Zaccaria, togliendosi un immaginario granello di polvere da una delle sue ali bianche, apparentemente per nulla impressionato dal “contratto” dello scriba, tanto il titolo di migliore servitore del mese se lo sarebbe riguadagnato presto.
«Potevi usare un metodo meno disgustoso e più divertente» dissentì Gabriel, arricciando il naso e infilandosi in bocca l’ennesimo fico.
«Invece di criticare, illuminaci. Tu che cosa avresti fatto per convincerlo?» esclamò Metatron stizzito.
Gabriel ci pensò su mentre si leccava le dita, poi rispose con un sorriso: «L’avrei rinchiuso in vari racconti come per esempio “Le avventure di Sinuhé” e poi “Storia dei due fratelli” e così via, rendendolo uno dei personaggi che compaiono nella storia, finché non avesse accettato il ruolo che nostro Padre aveva deciso che interpretasse.»
«Ma che razza di metodo! Non capisci che non c’era tempo da perdere? Se nostro Padre ordina che sia stipulato un contratto con un Prescelto, bisogna farlo subito! Non credo nemmeno che avrebbe funzionato» replicò lo scriba.
Zaccaria, pur pensandola, una volta tanto, come Metatron, non osò dargli ragione per un motivo molto semplice: gli scribi possono anche cambiare ma un arcangelo resta sempre un arcangelo ed è sempre meglio non contrastarli mai. «Ma che idea geniale! Arcangelo Gabriel, sono certo che con la tua dialettica avresti convinto subito Mosè e non ci sarebbe stato bisogno di metodi persuasivi così repellenti» disse con una perfetta faccia da lecchino, lanciando un’occhiataccia a Metatron.
Gabriel sbuffò mentalmente: ma perché doveva sempre fare l’untuoso con lui, solo perché era un arcangelo? «Zac, sappiamo benissimo che tu avresti fatto lo stesso, se non di peggio. Meti, magari un giorno o l’altro dovrò convincere qualche umano a fare qualcosa che non vuole e vedremo se il mio metodo non è persuasivo e ora basta discutere che ho finito i fichi. Zac, vuoi essere così gentile da andarmene a prendere un bel cesto pieno?»
«Su… subito, arcangelo Gabriel» rispose l’interessato, colto di sorpresa ma sfoderando il suo sorriso più falso.
«E mi raccomando, quelli viola sono i migliori. Devono presentarsi abbastanza morbidi e gonfi con un picciolo ben sodo. Non sceglierli se sono al tatto troppo molli o con un odore leggermente acido, quindi tastali e annusali tutti prima di portarmeli.»
Zaccaria s’involò verso la Terra chiedendosi, ancora una volta, perché mai Dio l’aveva fatto solo serafino invece che arcangelo al posto di Gabriel. “Magari un giorno farà una stranezza peggiore delle altre e allora…” pensò raccogliendo i fichi.

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