Survival is a Talent

di ShanaStoryteller
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (La Camera dei) Segreti ***
Capitolo 2: *** Dissennatori, prigionieri e lupi mannari – Oh santo cielo! ***
Capitolo 3: *** Il Torneo Tremaghi: Parte Uno ***
Capitolo 4: *** Il Torneo Tremaghi: Parte Due ***
Capitolo 5: *** Il Torneo Tremaghi: Parte Tre ***
Capitolo 6: *** Il Torneo Tremaghi: Parte Quattro ***
Capitolo 7: *** Il Torneo Tremaghi: Parte Cinque ***
Capitolo 8: *** Il Torneo Tremaghi: Parte Sei ***



Capitolo 1
*** (La Camera dei) Segreti ***


Note autrice: Il titolo di questa fanfiction viene da questa citazione: “I told her once I was not good at anything. She told me survival is a talent.” – Susanna Kaysen, da La ragazza Interrotta.
(“Una volta le ho detto che non ero brava in nulla. Lei mi disse che sopravvivere è un talento.”)

Note traduttrice: Eccoci finalmente alla pubblicazione in italiano della mia fanfiction su HP preferita in assoluto. Questa perla di rara bellezza mi infiamma come poche fic riescono a fare e nonostante le migliaia di fic di HP lette in tutti questi anni riesce a essere originale e innovativa come poche cose io abbia letto in vita mia.
Per questa traduzione mi sono attenuta all’ultima edizione di Harry Potter, quindi i nomi di personaggi e creature varie sono quelli originali inglesi. Al momento la storia è ancora in corso e siamo a 14 capitoli, tutti lunghi come o più di questo. Come potrete vedere Shana partorisce capitolozzi da chilo, quindi aspettatevi aggiornamenti più sporadici di quelli che faccio di solito.
Per la traduzione di questa fic è stato fatto uno sforzo veramente ciclopico, quindi spero possiate lasciare un commento in caso vi piaccia. Un grande ringraziamento va alla mia sempiterna e adorata beta reader _Senpai_ che potete trovare anche su Tumblr (@dancelikeanhippogriff). Inoltre, per questa fic, abbiamo avuto un prezioso aiuto in beta reading/editing anche dalla gentilissima PetsHeart, che potete trovare sia su EFP che AO3!
Senza ulteriori indugi, vi lascio alla lettura del primo capitolo!
 


 
(La Camera dei) Segreti


 
 
Non tutti hanno un’anima gemella. Circa una persona su dieci nasce con il marchio rivelatore, un cerchio nero da qualche parte sul corpo.
Il marchio è più indelebile di qualsiasi tatuaggio. Non può essere deturpato o rimosso da nessuna magia o mezzo babbano e rimarrà immutato contro qualsiasi danno inferto.

Fino a quando due anime gemelle non si toccano.

Allora si trasforma in qualcosa di completamente diverso.
 
-

 
“Serpensortia!” urlò Malfoy, e un grosso serpente nero eruttò dalla punta della sua bacchetta. Il resto del club dei duellanti si allontanò dal palco mentre il serpente ondeggiava minacciosamente.

Malfoy stava ghignando come se avesse vinto; e Harry non sarebbe stato fermo senza fare nulla. Avanzò a testa alta e il sorrisetto svanì dal viso di Malfoy. Il serpente si inarcò aggressivamente, ma non era preoccupato.

“Stai cercando di farti uccidere, Potter?” disse strascicato Malfoy, camminando altero con grandi falcate. Veloce lui stesso come una serpe, allungò il braccio e afferrò l’animale appena sotto la testa. Questi si dimenò nella sua presa, ma non poteva più mordere nessuno. “Questo è un serpente velenoso e dubito che qualcuno abbia un bezoar con sé.”

Harry lo fulminò con gli occhi. Aprì la bocca e sentì l’inizio di una frase nella lingua dei serpenti scivolargli dalle labbra, e non era ciò che voleva, che senso aveva insultare Malfoy se non poteva capire quello che stava dicendo-

Malfoy sgranò gli occhi e schiaffò una mano sulla bocca di Harry. “Potter, che diavolo-“

Smise di parlare e impallidì. Harry ebbe il terribile presentimento di conoscerne il motivo. Sentì un’orribile sensazione di bruciore sul fianco destro, esattamente dove si trovava il suo marchio. Malfoy fece una smorfia e premette la mano libera sul proprio fianco.

Le anime gemelle avevano i marchi sempre nello stesso punto.

“Ottimo spettacolo ragazzi, ottimo spettacolo!” disse Lockhart, avvicinandosi nervosamente. “Farò svanire io quel serpente, d’accordo? Buon cielo, signor Malfoy, non avrebbe dovuto evocare una tale bestia.”

Quello riscosse entrambi e Malfoy fece un passo indietro. Lanciò un’occhiata disgustata a Lockhart, poi puntò la bacchetta al serpente. “Reditus.”

Sparì, esattamente com’era apparso. Le spalle di Lockhart si rilassarono per il sollievo. “Oh, ottimo signor Malfoy. Ottimo.”

Malfoy scese elegantemente dalla pedana come se nulla fosse successo, come se il fianco di Harry non andasse a fuoco, come se non si sentisse marchiato con un ferro bollente. Ma non poteva certo afferrare Malfoy e pretendere una spiegazione davanti a tutti, quindi si trascinò dai suoi amici e sperò di non dare l’impressione di stare per vomitare da un momento all’altro, sebbene si sentisse esattamente così.

“Quello era un incantesimo di evocazione del quarto anno.” Disse Hermione, tra il colpito e il geloso. “Non è stato molto sportivo da parte sua usarlo.” Aggrottò la fronte e scosse la testa, facendo sì che i capelli castani e ricci le ricadessero sulle spalle, mimetizzati con la sua pelle color cioccolato.

“Già.” Esalò debolmente Harry.

Sia Ron che Hermione gli lanciarono uno sguardo stranito, ma poi Lockhart e Piton chiamarono un Tassofrasso del quinto anno sul palco e la loro attenzione fu deviata da lui.
 

 
-
 

 
Harry si cambiò nel bagno prima di andare a dormire, il cuore che gli batteva furiosamente. Dove prima aveva un piccolo cerchio nero sull’orlo dell’anca ora c’era un fiore lungo almeno come la sua bacchetta, da poco sotto il suo bacino fino all’inizio della coscia. Grazie alle lunghe ore che zia Petunia lo aveva forzato a trascorrere nel suo guardino, lo riconobbe.

Era un’iris, di un viola scuro con una striscia di giallo brillante su ogni petalo. Era stupenda, i petali perfettamente formati e più bella di qualsiasi iris che avesse mai visto dal vivo. Non aveva mai pensato che un fiore potesse suggerire arroganza fino a quel momento. Dovette ingoiare a forza un’improvvisa risata isterica perché, se avesse iniziato a ridere, aveva paura che non sarebbe riuscito a fermarsi.

La sua anima gemella era Draco Malfoy.
 
-
 

Harry non era l’unico del loro anno ad avere un marchio. Dean e Seamus erano perfino anime gemelle. Lo avevano scoperto prima ancora di essere smistati, e quando si erano toccati i cerchi neri sul retro delle loro caviglie si erano trasformati rispettivamente in una quercia e in un acero. Lavanda Brown aveva un marchio, un cerchio nero appena sotto il polso. Ne aveva visti altri, messi in mostra da persone speranzose che qualcuno con un marchio nello stesso punto li notasse.

Non aveva mai nascosto il suo marchio, ma non lo aveva nemmeno sbandierato. A quanto pareva neanche Malfoy lo aveva fatto. Harry non sapeva neppure che ne avesse uno.
 
-
 

Il giorno dopo stava rientrando da un’altra straziante nottata passata ad aiutare Lockhart a rispondere ai suoi fan quando qualcuno lo afferrò, strattonandolo all’indietro per spingerlo dentro una classe abbandonata. Cercò la bacchetta con la mano, ma prima di poterla prendere si girò e vide che era Malfoy. La porta si chiuse dietro di loro e lui chiese: “Lo hai detto a qualcuno?”

“No.” disse. Finalmente Malfoy non lo stava ignorando. Aspetta, no, voleva che Malfoy lo ignorasse. Giusto? Forse. “E tu?”

“Ovviamente no.” disse, passandosi una mano fra i capelli. “Che maledetto casino. Perché non hai preso la mia mano al primo anno? Lo avremmo saputo subito, ma no, dovevi fare per forza il difficile. Ora guarda come siamo messi!”

L’indignazione montò dentro di lui. “Oh, quindi ora è colpa mia? Scusa, sei tu l’idiota che se ne va in giro a pietrificare i nati babbani, quindi questa è solo colpa tua.” Non era del tutto sicuro di cosa fosse ‘questo’, ma era certo che non se ne sarebbe preso la responsabilità.

Malfoy lo derise. “Oh, detto da te fa proprio ridere. Parli serpentese, Potter. Se qualcuno è l’erede di Serpeverde, quello sei tu.”

“Io parlo cosa?” chiese.

“Serpentese.” Ripeté Malfoy. Quando Harry si limitò a sbattere le palpebre, continuò. “Serpenti. Parli la lingua dei serpenti. Stai provando a prendermi in giro? Ti ho sentito. Sei fortunato che ti abbia fermato, altrimenti a quest’ora metà della scuola vorrebbe la tua testa.”

Harry lo fissò per un lungo momento. “Non ho idea di cosa tu stia dicendo.”

Dopo svariati secondi passati a stringersi la radice del naso, Malfoy gli spiegò tutto per filo e per segno: che il serpentese era un tratto distintivo della discendenza Serpeverde, che Voldemort lo parlava, che era considerato una capacità oscura e che se la gente avesse saputo che lui lo parlava avrebbe sicuramente pensato che fosse l’erede Serpeverde. “Non sei tu l’erede?” chiese Harry, la testa che gli girava.

“Certo che no! Se discendessi da Serpeverde non lo nasconderei di certo. Tutte le discendenze dei fondatori si sono estinte, o, beh, pensavamo che fosse così. Evidentemente ci sbagliavamo tutti.”

Harry deglutì. “Quindi, voglio dire, io non sto facendo queste cose, non sto facendo del male a nessuno. Ma se parlo serpentese… vuol dire che sono imparentato con Serpeverde?” Sono scuro, pensò senza dirlo. I Dursley gli avevano sempre detto di essere una persona orribile, per tutta la vita. E se avessero avuto ragione?

Per la prima volta Malfoy sembrò meno irritato. “Non essere stupido.” Disse, ma fu il tono più gentile dell’intera discussione. “Sei un Potter. È nel tuo sangue.”
“Di cosa stai parlando?” chiese. Si stava stancando di ripetere sempre la stessa domanda.

Malfoy gli afferrò la mano e la sollevò. La sua mano era di un pallore spettrale paragonata a quella di Harry. “L’Inghilterra ha, forse, una dozzina di specie di serpenti. L’India ne ha più di duecentocinquanta. Quali maghi pensi abbiano sviluppato per primi quest’abilità? Hai più diritto tu di rivendicarlo che Salazar Serpeverde o Tu-Sai-Chi.”

Sembrava quasi gentile. Harry si leccò le labbra e esclamò: “Posso vedere il tuo marchio?”

Malfoy si irrigidì e ritirò la mano. Harry stava per rimangiarsi tutto, quando lui disse: “Solo se posso vedere il tuo.”

“Certo.” Disse, e trasalì quando la voce gli uscì troppo acuta.

Questo, però, sembrò rilassare Malfoy, che gli fece un sorrisetto prima di scostare la tunica e tirarsi giù il bordo dei pantaloni.

C’era una composizione di tre brillanti calendule sul suo fianco. Una rossa, una arancione e una gialla. Harry desiderò toccarle, ma non volle tirare troppo la corda. Invece copiò il suo gesto, permettendo a Malfoy di vedere le iris impresse sulla sua pelle. La striscia gialla sui petali era dello stesso giallo della calendula sul fianco di Malfoy.

“I miei genitori hanno dei draghi sulle loro braccia.” Disse Malfoy, fissandolo. Harry sbatté le palpebre. Non sapeva che i genitori di Malfoy fossero anime gemelle. “È così che mi è stato dato il mio nome.”

Il suo nome. Draco. Che Harry immaginava di dover iniziare a usare, vista la situazione. “Glielo dirai?”

“Assolutamente no.” disse, tirandosi di nuovo su i pantaloni. Harry lo imitò. “Brutti guai bollono in pentola, e tu hai reso la tua posizione molto chiara. Dirgli che sei la mia anima gemella renderebbe soltanto le cose più difficili per loro.”

“Quindi?” Chiese Harry, punto sul vivo. “Facciamo finta di niente?”

“Precisamente.” Annuì lui, e le mani di Harry si strinsero a pugno. “Facciamo finta che non sia cambiato nulla. Siamo ancora nemici, e ci odiamo ancora.”
“Va bene.” Sputò, cercando di accumulare abbastanza rabbia per nascondere il suo dolore. Allungò la mano verso la porta. Era sempre stato preoccupato che la sua anima gemella non lo avrebbe voluto, aveva passato tutta la sua vita tra la gratitudine di avere un marchio e il terrore nei suoi confronti; e ora tutto quello che aveva sempre temuto si era stava realizzando.

Draco afferrò il retro della sua tunica. “Aspetta! Ho detto fare finta, cretino. Che ci piaccia o meno, siamo anime gemelle e questo conta. Facciamo finta di essere nemici, per il bene di entrambi. Ma… ma, in privato, così, non dobbiamo esserlo. Non più. Non se tu… non se tu non lo vuoi.”

Harry si girò e per la prima volta vide Draco insicuro. C’era un rossore sulle sue guance e la presa sulla sua tunica era ferrea.

Draco era un bastardo. Era arrogante e rude e aveva chiamato Hermione Sanguesporco. Parlava dei Nati Babbani che venivano pietrificati come se fosse una cosa positiva, e ogni volta che apriva la bocca per straparlare riguardo la purezza di sangue Harry doveva resistere all’impulso di piantare un pugno sulla sua faccia arrogante.

Ma era la sua anima gemella. Quindi non poteva essere del tutto malvagio.

“Sì.” Deglutì. “Mi piacerebbe.” Sperò di non star commettendo un errore.

Draco gli rivolse un sorriso esitante, e Harry non poté fare a meno di restituirlo.

 
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Draco era stato continuamente sull’orlo di un attacco di panico sin da quando aveva sentito quel dolore lancinante al fianco davanti a tutti, eppure in quel momento si sentiva quasi tranquillo. C’era un piano, avevano un piano, e lui era intelligente. Era il più intelligente del loro anno dopo la Granger, e comunque aveva voti più alti dei suoi nella magia pratica. Poteva farcela.

Poi la sua anima gemella dimostrò di essere pazza quando inclinò la testa da un lato e chiese: “Lo senti anche tu?”

“Sentire cosa?” fece per chiedere Draco, ma prima che ne avesse l’occasione Potter- no, Harry schizzò fuori dalla stanza e corse lungo il corridoio.

Draco esitò per un momento, poi si rassegnò al fatto che con ogni probabilità era condannato a passare il resto della sua vita a correre dietro la sua pazza e idiota anima gemella decisamente Grifondoro e si sbrigò e seguirlo. Harry stava premendo l’orecchio contro il muro e Draco ebbe un flashback di quando Luna stava cercando delle creature chiamate nargilli durante una riunione di famiglia. A Harry e sua cugina non sarebbe mai stato permesso di incontrarsi. “Davvero non lo puoi sentire?” chiese Harry per poi correre via di nuovo, impedendo ancora a Draco di rispondergli.

Meraviglioso.

Lo seguì, e finì per sbattergli contro. “Harry! Cosa stai facendo-“ Draco guardò sopra la sua spalla e deglutì. Senza pensare, afferrò la sua mano.

Poi, prima che potesse vergognarsi della propria azione, Harry la strinse di rimando. “Beh, almeno sappiamo che nessuno di noi due è l’erede.”

Davanti a loro c’erano i corpi – per mancanza di altre parole – pietrificati di Nick Quasi-Senza-Testa e Justin Finch-Fletchly.
 
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Harry aveva mandato via Draco prima di denunciare l’aggressione, certo che tutti avrebbero pensato che fosse l’erede. Draco aveva cercato di far notare che a lui non sarebbe importato, ma Harry lo aveva allontanato comunque.

 Continuarono a incontrarsi di notte, e capirono velocemente che non era una soluzione praticabile. “Blaise inizierà davvero a pensare che io c’entri con tutto questo se non smetto di sparire nel cuore della notte.” Brontolò Draco, seduto di fonte a Harry con una scacchiera tra di loro. “Fai schifo a scacchi, tra l’altro.”

“Lo so.” Sospirò Harry. “Ron me lo dice. Spesso. A proposito, Neville mi ha beccato due volte mentre uscivo questa settimana. Non pensa che io sia l’erede, ma sicuramente sa che sto combinando qualcosa. Ha cercato di menzionarlo a Ron, ma fortunatamente lui ha solo pensato che stesse parlando della pozione Polisucco.”

Draco si bloccò. Harry realizzò all’improvviso non solo di non aver mai parlato a Draco della pozione, ma anche che questa era diventata completamente inutile dal momento che poteva chiedergli qualsiasi cosa quando voleva. Inoltre sapeva per certo che Draco non era l’erede. Non che lo avesse detto a Ron o Hermione. “La cosa?”

“Huh,” disse Harry. Uno dei cavalieri di Draco sguainò una spada, puntandola contro di lui. “Credo che ci siano delle cose che dovrei dirti.”

Stava quasi per menzionare lo strano elfo domestico che continuava a seguirlo in giro, Dobby, perché immaginava che Draco potesse saperne più di lui al riguardo. Ma già credeva che fosse pazzo per via delle voci, non voleva che lo reputasse strano al punto da essere vittima di stalking da parte di un elfo domestico.

Dopo avergli sentito vuotare il sacco, Draco sembrò impressionato, seppur controvoglia. “Granger è davvero brillante come dicono. Quella è una pozione molto complessa.” Schioccò le dita e il set di scacchi iniziò a riordinarsi da solo. “Nonostante ciò, sarebbe meglio se lasciaste che ci dia un’occhiata. I miei voti in pozioni sono più alti dei suoi.”

“Che senso avrebbe?” chiese Harry. “Non ci serve più.”

“Hai per le mani una pozione Polisucco quasi completa, cosa vorresti farci? Buttarla via? Assolutamente no. Ci metteremo un incantesimo preservante e la conserveremo.”

“Non abbiamo studiato un incantesimo preservante così forte.” Fece notare Harry.

Draco alzò gli occhi al cielo e fece svanire il set. “Fortunatamente c’è una cosa chiamata libreria.”

Harry desiderò fortemente che tutta quella faccenda delle anime gemelle non fosse un segreto, anche solo per mollare Draco a Hermione e risparmiarsi l’emicrania.

 
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Non riuscirono a trovare un modo per convincere Ron e Hermione a non seguire il piano. Draco ispezionò la pozione e, non trovandoci nessuna pecca, disse a Harry di usarne la minore quantità possibile. “Più tardi mi intrufolerò e penserò al resto. Tu dì ai tuoi amici che l’hai buttata via, la terrò io nel mio dormitorio.”
Harry incrociò le braccia, esitante. “Perché il tuo dormitorio? Cosa ci vuoi fare?”

Draco avrebbe voluto sentirsi offeso, ma onestamente era un po’ sollevato che Harry non fosse un completo idiota. Solo perché erano anime gemelle non significava che qualcuno di loro fosse cambiato, anche se facevano del loro meglio per evitare argomenti spinosi. Il che era incredibilmente difficile, viste le circostanze. “Niente. Te la restituirò la prossima volta che ci incontreremo, se vuoi. Ma assicurati di tenerla al sicuro, e non dirlo ai tuoi amichetti.”

L’espressione di Harry si irrigidì, ma acconsentì. Draco lo trovava infinitamente meno irritante quando gli dava retta. Quindi le cose andarono come previsto, per la maggior parte. Sgattaiolò nel bagno delle ragazze, incantò e imbottigliò il resto della pozione Polisucco, poi si aggirò per il corridoio dove aveva suggerito a Harry di aspettarlo. Li trovò a girovagare solo in due, e non poté chiedere che fine avesse fatto Hermione perché, teoricamente, non doveva sapere chi fossero in realtà.

Rispose alle loro domande, non dicendo nulla che non avesse già detto a Harry. Dopodiché loro corsero via prima che scadesse l’ora, e Draco scosse la testa. Non aveva mai visto Crabbe o Goyle correre prima d’allora. In più, né Crabbe né Goyle erano così stupidi. Facevano solamente finta di esserlo perché preferivano essere sottovalutati.

Blaise era tornato a casa per le vacanze, quindi aveva la loro camera tutta per sé e non doveva più squagliarsela facendo attenzione a non essere scoperto ogni notte. L’ultimo giorno delle vacanze, tuttavia, mentre usciva trovò Millie seduta nella sala comune, il suo gatto sulle ginocchia e un libro in mano. Lo infilò sotto un cuscino non appena lo vide arrivare. “Cosa stai facendo?” scattò. La sua rabbia non riuscì a nascondere la paura.

“Era un libro babbano?” le chiese, corrucciando la fronte.

Lei distolse lo sguardo, rifiutandosi di rispondere. Draco avrebbe potuto andarsene, dopotutto Millie non avrebbe detto nulla riguardo alla sua scappatella perché, se lo avesse fatto, allora lui avrebbe potuto dire in giro di averla vista leggere un libro babbano. Poteva semplicemente andarsene e fare finta di non aver visto niente, e lei gliene sarebbe stata grata.

Eppure quel momento gli sembrò importante. Sentì che contava.

Cosa gli importava se Millie stava leggendo un libro babbano? Era davvero un problema? Sua mamma era una Babbana, dopotutto. Era solo una Mezzosangue. Se lo dimenticava spesso, perché era una Bulstrode, una delle Sacre Ventotto. Era graffiante e aveva un terrificante talento per la trasfigurazione. Era la figlia di una famiglia purosangue, ma non lo era lei stessa. “Tuo padre è preoccupato per te?”

Non aveva intenzione di chiederglielo. Millie dovette essere sorpresa quanto lui, perché si girò a guardarlo. “Cosa?”

“Sai, per gli…” gesticolò con la mano per mimare l’ipotetico mostro che se ne andava in giro ad attaccare studenti dai pedigree discutibili. Lei continuò a fissarlo, e Draco non sapeva cosa stava facendo, per quale ragione glielo avesse chiesto. Pensò di aver perso la ragione quando insistette: “Mia madre è preoccupata, e io sono Purosangue. Sta cercando di convincere mio padre a chiudere la scuola, ma lui non ne vuole sapere.”

Millie aveva perso un po’ della paura e ora sembrava semplicemente in guardia. “Se tua madre è così preoccupata, perché sei rimasto per le vacanze?”

Il suo istinto volle erigere muri intorno a sé, indossare l’arroganza intorno alle spalle come un’armatura e usare parole graffianti per tagliarla a pezzettini. Ma ingioiò il rospo. Nella luce tenue del fuoco scoppiettante, nelle ore tra la mezzanotte e l’alba, con Millie che lo fissava come se non lo avesse mai visto prima, ignorò il proprio istinto. “È da quest’estate che litigano. Non hanno mai litigato. Non voglio averci a che fare, quindi ho deciso di rimanere.” Si leccò le labbra e ripeté. “Tuo padre è preoccupato per te?”

Lei sorrise. Era la prima volta che la vedeva sorridere. “Terrorizzato. Ma non è che a casa io sia più al sicuro di qui. Una cosa è avere una figlia bastarda con una babbana; un’altra è riconoscerla e darle il tuo nome.”

“I tuoi genitori erano sposati.” Disse, mentre quelle informazioni gli rigiravano nella testa. Sembrava tutto così difficile, e pensò che non avrebbe dovuto esserlo.

Millie era la figlia di una rispettabile famiglia purosangue. Era una Serpeverde, una esemplare oltretutto. Guadagnava una quantità decente di punti della casa dalla McGonagall – tra tutte le persone – e veniva a fare il tifo a ogni partita di Quidditch.

“Per quel breve periodo prima che mia madre morisse.” Convenne Millie, la sua faccia di nuovo neutra. “Solo pochi giorni dopo la mia nascita. Solo pochi giorni dopo aver ricevuto il nome di mio padre.”

Una cosa era avere una Mezzosangue con il nome Bulstrode. Una Babbana con quel nome era totalmente diverso.

Il sangue avrebbe dovuto rimanere puro. I Babbani e la loro razza non avevano posto nel loro mondo. Ma… Millie era cresciuta senza una madre, e poteva essere attaccata esattamente come Granger o qualsiasi altro Mezzosangue o Nato Babbano. Millie, che era una di loro. Conosceva le loro tradizioni e portava i loro colori e avrebbe preso a pugni chiunque avesse provato a dire che fosse niente di meno.

“Non è giusto.” Disse. Uscì suonando quasi come una domanda e lui era un Malfoy. Non era insicuro di nulla. “Non è giusto.” Ripeté, con più chiarezza.

Sarebbe arrivato tremendamente in ritardo all’appuntamento con Harry, ma questo era importante.

Quella era, potenzialmente, la conversazione più importante che avesse mai avuto.

“No.” disse piano Millie, gli occhi sgranati per la sorpresa. “Non ho mai pensato che lo fosse.”
 
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Harry stava aspettando da quasi un’ora e Draco non era mai arrivato in ritardo. Non riusciva a decidere se essere arrabbiato perché gli aveva tirato un bidone, oppure preoccupato, perché poteva esserci un buon motivo per il quale era in ritardo; ad esempio, poteva essere stato attaccato da un mostro proveniente dalla Camera dei Segreti.

Si era appena rassegnato ad andare a letto e angosciarsi in solitudine quando la porta si aprì e Draco scivolò nella classe abbandonata che era diventata il luogo dei loro incontri. “Dove sei stato?” Domandò Harry, imbronciato. Draco chiuse velocemente la porta e si girò. Era più pallido del solito e i suoi occhi blu erano più affilati, più concentrati. Harry non lo aveva mai visto in quel modo prima di allora. “Draco?”

“Dobbiamo capire che tipo di mostro sia quello nella Camera e fermarlo prima che riesca a uccidere qualcuno.” Disse. Gli tremavano le mani.

Harry lo fissò. “Io… Pensavo che non te ne importasse dei Nati Babbani. Pensavo che volessi che la Camera se ne sbarazzasse.”

La sua bocca si storse in una smorfia. “Lo volevo. Io non- I Babbani sono feccia, e non dovrebbero avere nulla a che fare con noi. Lo penso ancora. È solo che non voglio che nessuno debba morire per questo, tutto qui.”

Superficialmente, non era nulla di eclatante. Né Ron né Hermione ne sarebbero stati impressionati. Ma Harry non riusciva a immaginare Dudley rigirarsi contro i suoi preconcetti e affrontarli in quel modo, né tantomeno che cosa avrebbero detto o fatto gli altri Serpeverde se avessero saputo come la pensava Draco.
Sarebbe stato strano se lo avesse abbracciato in quel momento, ma sentì comunque l’impulso di farlo. Si contenne e disse “Okay. Allora ci lavoreremo insieme, così che nessuno debba morire.”

Le spalle di Draco si rilassarono, come se avesse avuto paura del suo rifiuto, come se avesse teuto che non gli avrebbe permesso di aiutarli.

Harry pensò che gli piacque un po’ di più per aver pensato una cosa simile e per essersi rivolto a lui nonostante ciò. Forse i Grifondoro non avevano il monopolio del coraggio, dopotutto.
 
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Ovviamente, era tutto più facile a dirsi che a farsi. Ora che la scuola era tornata a pieno regime stava diventando sempre più difficile per loro due trovare il tempo per incontrarsi. Non potevano permettersi che i loro compagni di stanza diventassero ancora più sospettosi, quindi iniziarono a ritagliare un po’ di tempo durante la giornata per sgattaiolare nella loro classe abbandonata preferita. Mancava un’ora al pranzo, e Draco chiuse un libro con violenza, l’espressione irritata. A volte Harry pensava che Draco fosse una versione più carina e perfida di Hermione. “Cos’è?” Chiese, punzecchiando con cautela il volume polveroso come se questo potesse morderlo.

L’Indice Completo delle Creature Magiche, di Newt Scamander.” Rispose Draco, infuriato.

Harry sbatté le palpebre. “Non è la stessa persone che ha scritto Animali Fantastici e Dove Trovarli?”

“Sì, ovviamente. Solo che a confronto con questo era solamente un opuscolo scritto al volo. Questa è una guida totale a ogni creatura magica del pianeta. Scamander discusse con esperti di un intelletto uguale al suo ciò che non era riuscito a vedere di persona. Fu vietato dal Ministero quasi subito dopo la sua pubblicazione per aver appoggiato la deregolamentazione di creature pericolose e la promozione di idee che potevano nuocere al pubblico.” Draco fulminò il libro come se lo avesse tradito. “L’ho letto da cima a fondo e non c’è un singolo candidato plausibile per il mostro di Serpeverde. Niente con l’abilità di pietrificare le persone che viva abbastanza a lungo da poter essere vissuto all’era dei fondatori, e la maggior parte delle bestie che pietrificano le persone lo fa per poterle mangiare. Dal momento che nessuno è stato divorato, probabilmente non è nessuno di questi.”

“Se era stato vietato dal Ministero come fai ad averne una copia?” Harry, chiesto il permesso con un’occhiata, si allungò per prendere il libro.

Lui scrollò le spalle e Harry lo aprì a una pagina a caso. “Beh, la libreria della mia famiglia ha tenuto una copia, ovviamente. È lo studio sulle creature magiche più esaustivo e accurato di tutti i tempi, nonostante la sua “propaganda incosciente”, come la definisce mia madre.”

Harry alzò la testa di scatto. “Hai chiesto ai tuoi genitori di mandartelo?”

“Ti sembro uno stupido? Certo che no! L’ho semplicemente evocato. Lo rimanderò indietro stanotte, quando nessuno sarà in giro per la libreria e lo vedrà riapparire.”

Si era perso un pezzo. “Lo hai evocato? Come?”

“Con un incantesimo.” Ringhiò, e Harry ponderò l’idea di prendere quel tomo di inestimabile valore e tirarglielo sul muso. “Mi hai già visto farlo, non essere ottuso. Ho evocato il mio serpente nella stessa maniera.”

“Quello era il tuo serpente? Pensavo che fosse uno a caso.”

Draco sospirò. “Sei mai attento in classe?”

“Stai per dire qualcosa di utile o sei venuto qui solo per prendermi in giro?” chiese. “Non abbiamo ancora nemmeno fatto gli incantesimi di appello, non so come tu possa conoscere uno.”

Draco alzò le spalle. “Non vedo perché non possa fare entrambi. E comunque Flitwick ha spiegato i relativi movimenti della bacchetta settimane fa. È molto più difficile evocare cose che non hai mai visto o toccato – quello è un incantesimo del quinto anno, ed è difficile. Serpensortia è un incantesimo generale per evocare serpenti, ma se lo avessi lanciato senza uno specifico in mente chissà cosa sarebbe saltato fuori. Poteva essere qualunque serpente da qualsiasi parte del mondo, visto che ancora non controllo evocazioni non specifiche. Non volendo rischiare, ho evocato Abigail.”

Harry continuò a fissarlo.

Draco sbuffò e alzò la bacchetta. “Serpensortia!” Il serpente questa volta apparve con molta più calma, scivolando fuori dalla punta della bacchetta e avvinghiandosi intorno al suo braccio. Non era arrabbiato e non stava sibilando. Draco avanzò allungando il braccio. “Questa è Abigail. È una principessa molto viziata che non fa nulla a parte poltrire tutto il giorno.”

Da chi pensi abbia imparato?” Sibilò lei, arricciando la testa intorno al polso di Draco.

Harry sussultò. Gli occhi di Draco incontrarono i suoi e si allargarono, rendendosi conto. “La puoi capire?”

Sì. Ti ha chiamato viziato.” Disse, e non realizzò di non stare parlando in inglese finché Abigail non si srotolò abbastanza da poterlo guardare.

Un Oratore!” disse, deliziata. “Eccellente. Dì al mio umano che i topi del giardino sono troppo stopposi e che non li mangerò più. D’ora in poi voglio quelli succosi della foresta, oppure da quel posto dove ha preso la mia roccia con l’incanto riscaldante, quelli sono deliziosi, anche se il loro sapore è sempre lo stesso. E digli che non mi piacciono le sue nuove lenzuola, non mi interessa se sono di seta. Quelle di cotone erano molto più comode per raggomitolarsi. Sua madre continua a mettermi nella mia teca, e non mi piace. Dovrebbero semplicemente lasciare il coperchio aperto e io girerei come ritengo opportuno. Ho interrotto solamente una cena, dopotutto, e non ho nemmeno morso nessuno, quindi non capisco perché tutto questo accanimento. Mi piace la lana del vecchio maglione che il mio umano ha messo nella mia teca, ne ha ancora? Altrimenti desidero un altro maglione. Questo non odora più di lui, quindi ora è solamente un impiccio.”

“Beh?” insistette Draco. “Cosa sta dicendo?”

Lo stavano fissando entrambi con espressioni di identica impazienza e Harry non riuscì a impedirselo. Iniziò come una semplice risatina, ma prima che potesse rendersene conto si stava sbellicando dalle risate, tenendosi lo stomaco e cercando disperatamente di non soffocarsi.

Draco rimandò Abigail nella sua teca e se ne andò, lasciandolo nella classe da solo, ancora che rideva.
 
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Draco pensava di starsela cavando bene a nascondere tutti i suoi incontri segreti con Harry dai suoi amici. Continuò a pensarlo finché Blaise non lo mise con le spalle al muro nella loro stanza. “Non c’entri con tutto questo, vero? Non pensavo che tu lo fossi, e comunque fai schifo a tenermi nascoste le cose. Ma stai continuando ad andartene in giro di nascosto, e non hai detto niente a me o a Pansy. Quindi, che sta succedendo?”

Blaise era fin troppo intelligente per ingannarlo e lui aveva solamente due segreti sulla coscienza. Entrambi potevano farlo finire diseredato, quindi optò per quello che non riguardava la sua anima gemella. Evitare di cambiarsi quando c’era Blaise era un incubo. Non aveva idea di come Harry ci riuscisse, visto che condivideva la camera con altre quattro persone e Draco trovava fin troppo difficile nascondersi da una soltanto.

“Sapevi che Millie è una Mezzosangue?”

Chiaramente non era quello che Blaise aspettava di sentirsi dire. “Certo, tutti lo sanno.”

“Ce ne sono altri sei nella nostra Casa, e due Nati Babbani.” Disse. “Ho controllato. In totale sono nove Serpeverde che potrebbero essere uccisi.”

“Sei il figlio di un Malfoy e di una Black. Non hai nulla di cui preoccuparti.” Disse.

Draco gli lanciò un’occhiataccia. “Sì, beh, non tutto gira intorno a me. Non penso che Millie o nessun altro dovrebbero finire ammazzati per come sono nati. Una ragazza è morta l’ultima volta che la Camera è stata aperta. Vedere i Nati Babbani pietrificati per metà dell’anno è… va bene, è stato un po’ divertente se devo essere sincero. Ma non voglio che qualcuno muoia.”

Il suo cuore stava battendo all’impazzata, perché Blaise era il suo migliore amico sin da quando erano bambini, e non aveva idea di cosa avrebbe fatto in quel momento. Erano stati cresciuti e indottrinati a pensare che il sangue fosse la cosa più importante. E Draco non stava dicendo che non fosse importante, perché lo era, ma… forse vivere era più importante della purezza. Forse la vita era più importante.

Blaise stette in silenzio fin troppo a lungo, le braccia incrociate al petto. Infine, sospirò. “Non posso credere che tu abbia ammesso che il mondo non gira attorno a te. Avrei dovuto chiamare Pansy per farla assistere a questo momento.”

Il sollievo quasi gli fece girare la testa. Afferrò un cuscino dal suo letto e colpì Blaise sulla testa. “Scemo. Mi aiuti o no?”

“Suppongo che sia meglio di sì.” Gli sparò un sorrisetto. “Sei inutile quando sei da solo.”

La verità su Harry gli stava pizzicando la gola, rischiando di uscire fuori; quindi Draco prese il cuscino e continuò a schiaffeggiare Blaise finché il ragazzo non perse la sua impeccabile facciata e cedette all’inevitabile lotta di cuscini.

 
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“Sarebbe dovuto essere più semplice se ci avessimo lavorato tutti insieme.” Borbottò Draco, guardando la pergamena piena di appunti che lui, Blaise e Pansy avevano messo insieme. Di fianco c’era quella che avevano fatto Hermione, Ron e Harry.

Tutti loro avevano accumulato innumerevoli ore di ricerca, ma senza ottenere nemmeno una singola informazione utile.

Le cose rimasero in quel modo finché Harry non lo trascinò in un corridoio poco illuminato dopo Trasfigurazione. “Sei impazzito?” sibilò Draco. “Potrebbe vederci chiunque!”

“È importante.” Disse Harry, per poi rivelargli tutto riguardo il diario e i suoi misteriosi contenuti.

Draco era sempre più scandalizzato a ogni parola che usciva dalle labbra della sua anima gemella. “Harry! Sei stupido, suicida o entrambe le cose? Non rispondere. Qualsiasi cosa sia quel diario, sembra magia oscura.”

“Non mi hai sentito, forse? Hagrid ha aperto la Camera!”

“Sei stupido.” Mormorò Draco, meravigliato. “Ma lo hai visto, quel babbeo? Non farebbe del male ad un pixie. Se uno gli si posasse sulla spalla troppo a lungo lo adotterebbe. In più è un mezzogigante. Non ha aperto la Camera appartenuta a Salazar Serpeverde. Se quello che hai visto è vero, ed è un grande “se”, perché non dovresti mai fidarti di artefatti magici oscuri, allora era tutta una messinscena.”

Un po’ di colore fluì di nuovo sul suo viso. “Pensi che potrebbe essere innocente?”

Santo cielo. “Penso che Hagrid abbia una lunga lista di crimini sulla sua fedina, primo tra tutti l’essere un abominio mezzosangue, ma non è un assassino. Non penserei nemmeno per un secondo che Hagrid abbia ucciso quella ragazza.

Harry incrociò le braccia. “Vorrei abbracciarti e tirarti un pugno nello stesso tempo.”

Draco lanciò un’occhiata all’entrata del corridoio dal quale chiunque sarebbe potuto passare e vederli in qualsiasi momento. “Meglio che tu non faccia nessuna delle due cose. Dobbiamo distruggere quel diario. Non scriverci di nuovo.”

Harry alzò gli occhi al cielo. “Sì, tesoro.”

Se Draco avesse ucciso la sua anima gemella almeno non avrebbe più dovuto sorbirsi il suo atteggiamento.
 
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Ovviamente non fecero in tempo a provare a distruggere il diario che qualcuno si introdusse nel loro dormitorio e lo rubò.

Harry si aspettava che Draco si mettesse a urlare; invece gli si dipinse sul viso un’espressione pensierosa e iniziò a camminare in tondo. “Pensi…” iniziò. Si morse la lingua e tornò a muoversi.

Aspettò per un paio di minuti prima di chiedere “Penso che cosa?”

Draco era arrivato al punto di mordersi il labbro a sangue quando si girò per affrontarlo. “Pensi che l’erede Serpeverde sia un Grifondoro?”

“Perché lo dici?” chiese, ma non appena le parole lasciarono la sua bocca ebbe la risposta: la Signora Grassa non avrebbe lasciato passare nessuno che non fosse un Grifondoro, e non c’erano segni di maledizioni o scassinature. “Merda.”

Draco annuì nervosamente e tornò a girovagare per la stanza.

Voleva dire che un Grifondoro non l’avrebbe mai fatto, che nessuno nella sua Casa stava provando a uccidere altri studenti. Ma in passato avrebbe anche detto che nessun Serpeverde avrebbe voluto mai aiutare i Nati Babbani e i Mezzosangue, eppure stava guardando alla prova vivente del contrario. Se si era sbagliato su quello, allora era possibile che si stesse sbagliando anche sul resto.

Che gran casino.
 
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Fu tutto tranquillo per i successivi mesi e non fecero molti progressi.

Poi Hermione Granger e Penelope Clearwater furono ritrovate pietrificate.

Penelope Clearwater era una Purosangue.

Sua madre gli spedì una valanga di lettere, dicendo che voleva ritirare Draco dalla scuola, che stava spingendo suo padre a fare qualcosa a riguardo, che Draco dovrebbe dare ascolto a professori e non andarsene in giro per conto suo.

Non poteva darle ascolto, ovviamente. Sgattaiolò fuori poco prima dell’alba e andò nel bagno delle ragazze del secondo piano con il fantasma che piangeva sempre; era l’unico posto dove lui e Harry potevano sperare di incontrarsi senza essere beccati.

Harry apparve poco dopo, esausto e ricoperto di graffi. “Che ti è successo?” chiese Draco.

“Ragni.” Disse, come se questo si spiegasse da solo. “Silente se n’è andato e Hagrid è stato arrestato.”

“Dove cacchio è sparito, in un momento come questo?” chiese. Poi metabolizzò il resto della frase e pensò alle lettere di sua madre. “Oh. Mio padre-“

“È dietro a tutto quanto.” Scattò. “Spero che tu sia felice.”

Draco fece un passo indietro, punto sul vivo. “Non c’è solo mio padre nel consiglio di Hogwarts, sai. Serve un voto unanime per rimuovere il preside.”

“E sono sicuro che ci abbiano pensato tutti da soli.” Continuò Harry acidamente. “Quindi, Hagrid andrà in prigione per un crimine che non ha commesso – ripeto, a quanto dici tu – mentre Hermione è pietrificata, e tuo padre fa cosa? Si dà una pacca sulla spalla?”

“Non dire una parola su mio padre.” Reagì Draco. “Gli studenti stanno continuando a cadere come mosche, perché Silente non dovrebbe essere licenziato? È evidente che non stia facendo nulla. Altrimenti la tua cara Sanguesporco non sarebbe pietrificata adesso.”

Harry gli afferrò il bavero della camicia e lo sbatté contro il muro. “NON CHIAMARLA SANGUESPORCO!”

“Non parlare di mio padre.” Tirò su col naso, ritirandosi dietro alla sua fredda maschera Purosangue. “So che non hai esperienza personale a riguardo, ma la maggior parte delle persone non prende bene commenti derogatori su chi li ha messi al mondo e cresciuti.”

Harry sbiancò e Draco quasi volle chiedergli scusa. Ma aveva cominciato lui; e poteva anche essere la sua anima gemella, ma ciò non voleva dire che potesse parlare male dei suoi genitori. Harry lo lasciò andare e indietreggiò. “Sono stato uno stupido a pensare che tu fossi migliore di loro.”

Draco non sapeva dove cominciare per affrontare quell’affermazione. Che Harry fosse senza ombra di dubbio un idiota, che “loro”, come li aveva chiamati, erano i suoi amici e la sua famiglia e che lui ci stava provando, dannazione. Non ebbe l’occasione di dire nulla di tutto quello perché Harry marciò fuori dal bagno, lasciandolo lì da solo.

 
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Non parlavano più. Se Draco voleva l’opportunità di gettarsi quella nuova mentalità pro-Babbani alle spalle, quello era il momento perfetto.

Però era ancora preoccupato per Millie e gli altri Serpeverde con sangue babbano, e perfino per i ragazzi delle altre Case se gli andava di essere brutalmente onesto con sé stesso, e non gli andava. Continuava a desiderare che nessuno morisse. Anima gemella o meno.

Era passata una settimana dal loro litigio e stava giocherellando con Abigail sul suo letto, lasciando che gli strisciasse sulle mani; le muoveva, allargandole e distanziandole così che lei dovesse continuamente muoversi per non cadere sul materasso. Stava facendo del suo meglio per non pensare a Harry, il che significava che non pensava a nulla al di fuori di lui. Ritornò con la mente al loro primo incontro dopo essersi toccati, quando si erano mostrati a vicenda i propri marchi. Ovviamente Harry era riuscito a rovinare tutto anche quella volta quando era schizzato fuori dalla stanza come pazzoide dritto verso la pietrificata Mrs. Norris, millantando di aver sentito delle voci-

 “Madre di Merlino.” Esalò Draco, guardando Abigail. “È un serpente.”

Blaise era a un colloquio con la Sprout riguardo il suo progetto finale e Draco non voleva perdere tempo a cercare Pansy. Evocò il proprio gufo e mandò un messaggio a Harry, dicendogli di incontrarlo in quell’orripilante bagno delle ragazze. Harry poteva anche odiarlo al momento, ma Draco aveva finalmente capito cos’era il mostro. Non conosceva nessun’altro serpente che potesse pietrificare le persone, ma non importava: se era un serpente, c’era una possibilità che Harry potesse fermarlo.

Piton non li stava tenendo particolarmente d’occhio, contando sul fatto che il loro istinto di autoconservazione li tenesse confinati al sicuro nella sala comune. Ma Draco non poteva dire qualcosa di così importante in una lettera e Harry doveva sapere.

“Dove stai andando?” gli chiese Millie mentre lui si avvicinava a grandi falcate alla porta. Non c’erano molte persone nella sala comune, ma alzarono tutte gli occhi all’esclamazione della ragazza.

La guardò male. “Non sono affari tuoi.” Continuò a camminare verso l’uscita, ma una mano forte gli afferrò il gomito e lo tirò indietro.

“Non è sicuro!” disse Millie. “Sei un Purosangue, ma anche Clearwater lo era ed è stata attaccata lo stesso. Non puoi andare.”

Non c’era tempo per quello. Si liberò dalla sua presa. “Se avessi voluto la tua opinione, Bulstrode, stai sicura che te l’avrei chiesta.”

Corse fuori prima che qualcun altro potesse fermarlo. Una volta fuori divenne più difficile, sembrava che i professori pattugliassero ogni angolo. Gli ci volle fin troppo per arrivare al bagno e, quando lo fece, non trovò nessuno. Controllò ogni porta, ma c’era solo la ragazza fantasma che piangeva.

Che Harry non fosse riuscito a uscire? Che non avesse ricevuto il suo messaggio? O, peggio, che lo stesse semplicemente ignorando?

Draco camminò avanti e indietro. Harry doveva sapere, e lui non aveva modo di intrufolarsi nella sala comune di Grifondoro dal momento che aveva lasciato tenere a Harry la pozione Polisucco. Poteva andare Luna, lei aveva amici in Grifondoro. Ma avrebbe dovuto mandare sua cugina per dei corridoi dove c’era qualche sorta di serpente che stava cercando di uccidere delle persone e sua madre non sarebbe mai stata d’accordo. In realtà sarebbe stata ancora meno d’accordo che fosse lui a girare quei corridoi, ma Draco non poteva farci niente.

Ci fu un suono di passi dietro di lui. “Finalmente!” esclamò, girandosi. “Perché ci hai messo tanto?”

Non era Harry.

Era una ragazza imbrattata di sangue che, dopo un iniziale momento di confusione, riconobbe essere la sorella di Weasley. “Che ti è successo?” Domandò, avvicinandosi senza toccarla. Non vide nessuna ferita. “Sei stata attaccata? È stato il serpente? Dobbiamo portarti in infermeria!”

Le afferrò la mano, ed era fredda come il ghiaccio. La lasciò andare immediatamente, mentre un senso di profondo disagio iniziava a farsi strada in lui. Lei girò lentamente la testa, mostrando un’espressione vacua. Fece un passo indietro. C’era qualcosa di strano. Qualcosa di molto strano. “Immagino di dover cambiare il messaggio.” Disse, inclinando la testa da un lato. Le sue labbra si arricciarono in un sorrisetto crudele. “Sai troppo. Dovrai morire con lei.”

Draco cercò la bacchetta, ma lei fu più veloce. L’ultima cosa che vide fu una brillante luce rossa.

Almeno non era verde.

 
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“Siamo arrivati troppo tardi.” Disse Harry, in piedi con il resto degli studenti a guardare il sangue che gocciolava giù dal muro.

I loro scheletri giaceranno nella Camera per sempre.

“Chi manca?” alzò la voce Dean. “A chi si riferisce il messaggio?”

Il viso della McGonagall si accartocciò mentre si stringeva le mani. Lanciò un’occhiata veloce a Ron, poi distolse lo sguardo. “A Ginny Weasley e Draco Malfoy. I loro genitori sono già stati contattati.”

La mano di Harry corse sul fianco, piantando le unghie nel suo marchio mentre una densa e soffocante paura gli bloccava il respiro. Aveva ricevuto il messaggio di Draco e aveva avuto intenzione di andare, ma aveva promesso a Ron che avrebbe visitato Hermione con lui, poi avevano trovato il messaggio riguardo al basilisco e se n’era completamente dimenticato.

Non poteva essere successo davvero.

Non Draco. Non la sua anima gemella. E Ginny… era la sorella del suo migliore amico.

Guardò Ron e vide la stessa determinazione sul suo viso.

Non sarebbero rimasti seduti a guardare.

 
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“Quella maledetta serpe!” ringhiò Ron. “C’era lo zampino di Malfoy, lo sapevo! Probabilmente l’ha portata lì sotto lui stesso. Probabilmente se la sta ridendo dalla grossa, facendo finta di essere innocente prima di trascinare la mia sorellina lì sotto per finire di ammazzarla. Gli torcerò quel collo ossuto, disgustosa, arrogante sanguisuga. Spero che ci muoia in quella Camera.”

Non avrebbe dovuto dire nulla. Draco avrebbe voluto che lui non dicesse nulla.

“STAI ZITTO!” urlò. “Lui non- non lo ha fatto! Non- anche lui è in pericolo, e aiuteremo anche lui. Non è stato lui, Ron. Lui- non l’ha fatto.”

Il suo migliore amico lo stava guardando come se lo vedesse per la prima volta. “Che ti prende? Certo che è stato lui! Malfoy è un bastardo bigotto, certo che è stato lui!”

Harry era così arrabbiato che non riusciva a parlare. C’era un misto di senso di colpa e preoccupazione che gli turbinavano dentro, e non sapeva come dare voce nessuna delle due. Quindi optò per strattonare giù il bordo dei pantaloni e alzarsi la maglia. I colori brillanti delle iris risaltavano sulla sua pelle. Ron sapeva che aveva un’anima gemella, aveva visto il piccolo cerchio nero sul suo fianco. Sapeva cosa significava. Il ragazzo allungò la mano e con dita tremanti toccò delicatamente il bordo di un petalo viola. “Malfoy?”

Harry annuì, così teso che pensava di potersi spezzare. Deglutì il nodo che gli si era formato in gola. “È… è tremendo. Ma è anche carino, ogni tanto. Non ha preso tua sorella. Sono mesi che stava cercando di aiutarci a capire la situazione.”

Ron annuì, fissando ancora il marchio, ma era evidente che non lo stesse guardando davvero. “Il club dei duellanti?” chiese. “Quando ti ha messo la mano sulla bocca. È stato allora che vi siete toccati per la prima volta a pelle nuda?”

“Già.” Si strofinò il collo. “So che avrei dovuto dirtelo, ma lui voleva tenerlo segreto e immagino di averlo voluto anche io. Ma non è lui l’erede. Non vuole morto nessuno.”

“Beh.” Disse Ron, rassegnato. “Immagino che dovremo salvare anche lui, allora; visto che è la tua anima gemella ed è carino ogni tanto.”
 
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Lockhart risultò essere un completo codardo senza nessuna spina dorsale e finì per marciare verso la Camera con le loro bacchette puntate sulla schiena. Harry passò le dita sull’incisione a forma di serpente del lavandino, ed ebbe una strisciante epifania su cosa dovesse fare. Guardò Ron. “Non sclerare.”

Ron alzò entrambe le sopracciglia. “Hai una personalità meravigliosamente rilassante. Te l’avevo mai detto?”

Harry alzò gli occhi al cielo e si concentrò sul serpente, lo immaginò muoversi, pensò alla luce che danzava sulle scaglie e la lingua guizzante di Abigail mentre si avvolgeva intorno al braccio di Draco. “Apriti.” Sibilò.

Lockhart tirò col fiato e Ron imprecò. Il lavandino si abbassò per poi sparire, lasciando un grosso tubo e una lunga discesa. “Vai pure.” Disse allegramente Ron, spingendo Lockhart giù per il tubo. Poi si girò verso Harry. “Da quanto sei in grado di farlo?”

“Tutta la mia vita, credo.” Disse, onestamente.

Ron annuì, poi puntò la bacchetta contro Harry e la agitò in un’accurata imitazione del dito giudicante di sua madre. “Altri segreti che devi dirmi? Altri segreti in generale?”

“No.” sorrise. “Questo era l’ultimo.”

“Bene.” Ron annuì. “Sei il mio migliore amico, basta segreti. Ok?”

“Ok.” Convenne; poi saltarono entrambi giù nel buco.
 
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Ginny e Draco sembravano morti, stesi per terra pallidi e immobili. Harry voleva correre da loro, voleva scuoterli finché non si fossero svegliati, voleva gli occhi vivaci di Draco che lo guardavano male. Voleva la sua anima gemella.

Erano stati così crudeli l’un l’altro, l’ultima volta che si erano visti.

Non poteva essere quella la fine. La loro storia poteva finire in quel modo.

 
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Draco si svegliò lentamente, lo schiantesimo da cui era stato colpito che svaniva a passo di lumaca. Per prima cosa si accorse di essere riverso su un pavimento freddo e sporco. Poi sentì delle persone che parlavano e, dopo un momento di concentrazione, realizzò che erano Harry e chiunque fosse veramente l’Erede, visto che ovviamente non era Ginny Weasley.

Voleva urlare a Harry di scappare, ma non poteva, non ancora. Era ancora sotto l’effetto dello schiantesimo, e ci sarebbero voluti svariati minuti prima che svanisse del tutto. Quando la forma più o meno corporea si dichiarò essere Lord Voldemort, Draco sentì di nuovo i propri muscoli, anche se indolenziti e pesanti come il piombo. Più o meno nel momento in cui l’aspirante signore oscuro evocò un basilisco (perché nessuno di loro aveva pensato a un basilisco? Solo perché non tendevano a pietrificare le loro prede non significava che non potessero, si sentiva un completo idiota) l’incantesimo era scemato abbastanza da permettergli di tirarsi dolorosamente in piedi.

“PARLI SERPENTESE!” urlò, disperandosi - non per la prima volta - della stupidità della propria anima gemella. “PARLA AL DANNATO SERPENTE!”

“Draco! Sei sveglio!” disse gioiosamente Harry, prima di essere quasi mangiato dal basilisco gigante. Draco urlò. Harry cercò di sibilare e il rettile non fece altro che scattare in avanti, quasi inghiottendoselo intero. “Non mi ascolta!”

Tom rise, rigirandosi delicatamente la bacchetta di Harry tra le dita. “È fedele solamente a me, razza di sempliciotti. Mia è stata la prima voce che ha udito dopo Serpeverde in persona. Non mi tradirà.”

Draco si tastò il mantello. Aveva ancora la sua bacchetta.

Se la forza vitale di Tom era davvero connessa a quella di Ginny, non sarebbe riuscito a colpirlo senza ferirla. Ma poteva aiutare Harry.

Tirò fuori la bacchetta. “Serpensortia!”

Un serpente a sonagli spuntò dalla punta della sua bacchetta. La risata di Tom prese una piega palesemente derisoria. “Oh, ti prego, evoca pure tutti i piccoli aiutanti che desideri. Non proverò nemmeno a fermarti.”

Draco digrignò i denti, poi si costrinse a rilassarsi e respirare. Alzò di nuovo la bacchetta, frugando nella memoria e concentrandosi su ogni dettagliato paragrafo dell’Indice di Scamander. “Serpensortia! Serpensortia! Serpensortia!”

Un mamba nero. Una vipera. Un cobra.

Harry sibilò mentre scappava e tutti si diressero verso di lui, ma non potevano essere d’aiuto contro un basilisco.

Poteva farcela. Incantesimi era la sua materia preferita. “Serpensortia!”

Un pitone di nove metri si materializzò, scoppiettando nell’aria, e fu abbastanza forte da sbilanciare il basilisco. Danzò seguendo le istruzioni di Harry, dimostrandosi grande a sufficienza da dare fastidio ma piccolo abbastanza da scivolare via.

“Serpensortia!” urlò Draco, e un anaconda di dodici metri si unì alla mischia.

Non era quello che stava cercando di evocare. Non era quello che voleva.

“Serpensortia!”

Un ashwinder esageratamente grande strisciò sul pavimento, lasciando bruciature sul suo cammino. Doveva essere arrivato da un vulcano.

“Impressionante.” Disse Tom, guardandolo in un modo che gli fece accapponare la pelle. “Forse avrei dovuto prendere la tua magia.”

Era disgustoso. “Non prenderai la magia di nessuno.” Disse Draco, avanzando per posizionarsi tra Tom e la Weasley. “Non farai niente. Non lascerai mai questa camera.”

Ci fu una punta di pietà nella voce di Tom: “Le tue evocazioni sono ben fatte e stanno provando di essere una valida distrazione. Ma il basilisco li ucciderà presto, poi ucciderà Harry Potter. E poi te.”

“Nessuno” ringhiò tra i denti, stringendo la bacchetta così forte da temere di spezzarla “ucciderà Harry Potter. Certamente non tu, schifoso Sanguesporco razzamista.”

La rabbia che deturpò la faccia di Tom lo ripagò appieno. Draco fece scattare il braccio, la bacchetta tenuta dritta e rigida, la promessa di una vittoria che cantava nelle sue vene. “SERPENSORTIA!”

Per un secondo non accade nulla.

Poi dalla sua bacchetta eruttò quello che stava cercando di evocare sin dall’inizio: una viverna.

Un incrocio tra un serpente e un drago, alto la metà della lunghezza del basilisco. Era una bestia selvatica e terrificante a cui non ci si sarebbe dovuti avvicinare in nessuna circostanza.

Ma Harry aprì la bocca e quella strana lingua sibilante ne uscì.

Pochi istanti dopo, la viverna e il basilisco erano ingaggiati in una lotta mortale.

Gli era costato troppa magia, Draco dovette mettercela tutta per rimanere in piedi e non crollare sul pavimento della camera. “Dicevi?” chiese, alzando un singolo sopracciglio nella migliore imitazione di suo padre.

 
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La viverna era fantastica: mordeva e artigliava il basilisco. Harry ebbe un momento di ispirazione. “Gli occhi! Accecalo!” Urlò.

La viverna cambiò il suo attacco e, pochi minuti dopo, il basilisco emise un verso di dolore mentre i suoi occhi mortali venivano danneggiati dagli artigli della viverna. Tom urlava in preda alla rabbia, ma Harry lo ignorò. Mandò l’ashwinder a strisciare sul basilisco e, dovunque esso toccasse, le dure scaglie si scioglievano. A quel punto anche i serpenti più piccoli evocati da Draco poterono essere d’aiuto. Si arrampicarono sulla schiena del basilisco e morsero direttamente i suoi muscoli scoperti, facendo urlare di dolore la creatura.

Il basilisco si dimenò da una parte all’altra nel tentativo di levarsi di dosso i serpenti che lo stavano attaccando e scappare quando la viverna tornò alla carica.

Il basilisco urtò i muri della Camera con fragorosa potenza. La viverna sembrò pensare che fosse un’eccellente idea, perché iniziò anch’essa a sbattere contro il soffitto. Harry non ne capì il motivo finché una grossa pietra non cadde sulla testa del basilisco, disorientandolo abbastanza da farlo ondeggiare confusamente per un momento. L’ashwinder colse l’opportunità di strisciare ulteriormente sul suo corpo, lasciando carne scottata e sanguinante al suo passaggio.

La viverna continuò col suo piano, schiantando il suo enorme corpo contro il soffitto, che iniziò ben presto a spaccarsi e crollare.

AL RIPARO!” urlò Harry, e capì di non aver parlato in inglese quando fu solo Tom a reagire.

 
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Tom era abbastanza corporeo da scappare. Draco alzò la testa facendo appena in tempo a evitare il pericolo. Era vicino a Ginny e, se fosse corso al riparo da solo, non avrebbe più dovuto preoccuparsi di del possibile tentato omicidio di Tom, perché sarebbe rimasta schiacciata a morte. Se fossero sopravvissuti a tutto quello sarebbe toccato a lui e a Harry riportare indietro il suo corpo martoriato.

Non voleva che nessuno morisse.

Draco fece scattare la sua bacchetta in aria. Era il migliore studente di incantesimi che Hogwarts avesse mai visto in decenni. Era esausto e ferito e stanco, ma poteva farcela. Era un Malfoy. “PROTEGO!

La tenue luce blu dello scudo eruttò giusto in tempo per impedirgli di finire schiacciato insieme alla ragazza da un grosso pezzo di pietra del soffitto. Questa si crepò e si spaccò sopra lo scudo. Draco digrignò i denti e fu costretto in ginocchio dalla forza dell’impatto, mantenendo però lo scudo ancora alzato mentre sempre più frammenti del soffitto crollavano su di loro.

La Weasley aveva ripreso un po’ di colore e i suoi occhi si stavano muovendo velocemente sotto le palpebre. Draco guardò il diario vicino a loro. Tom era premuto contro la parete della camera. Più lontano era dal diario, meno potere aveva e meno forza vitale riusciva a succhiare a Ginny. Dovevano distruggere il diario.

Non aveva abbastanza fiato per urlare, quindi prese il diario e lo sollevò. Non sapeva dove fosse Harry, se li vedesse e se fosse o meno ancora cosciente, ma era la loro unica speranza.

 
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A Harry ci volle qualche momento per capire cosa Draco stesse sventolando con la mano libera, ma appena ci riuscì, intuì anche cosa volesse. Non potendo raggiungerli con il soffitto che continuava a piovere ovunque, diede delle istruzioni sibilate al serpente a sonagli.

Questo guizzò tra i calcinacci e si affrettò a raggiungere Draco. Un problema si palesò quando non poté attraversare il suo scudo. Ci fu un terribile secondo in cui Draco annullò l’incantesimo per potergli tirare il diario, lanciandolo nuovamente giusto in tempo per evitare che una pietra grossa come la sua testa crollasse su Ginny.

Una volta che ebbe il diario tra le mani, Harry non seppe cosa farci. Non aveva la sua bacchetta; Draco aveva menzionato qualcosa riguardo alla possibilità di bruciarlo, ma non c’era alcun fuoco convenientemente acceso attorno a lui.

Si dimenticò momentaneamente del diario quando la viverna alzò un verso trionfante che quasi lo assordò. Il basilisco ondeggiò ancora una volta prima di cadere sul pavimento con forza sufficiente a scuotere l’intera camera. La sua testa era sanguinolenta ed esattamente di fronte a lui. Giacque lì, vivo ma svenuto con la bocca aperta e il respiro affannoso.

Gli occhi di Harry si fissarono sulle zanne imbevute di veleno ed ebbe una terribile, meravigliosa idea.

L’urlo di sconfitta di Tom mentre si sbriciolava nel nulla valse tutto il terrore che lo aveva pervaso mentre infilava le braccia nella bocca del basilisco per infilzare il diario su una delle zanne.

 
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Ginny era più o meno sveglia quando Harry si fece strada verso di loro. Draco era pallido, seduto a terra e sembrava che stesse usando tutte le sue forze per non svenire. Harry voleva toccarlo, afferrarlo e urlare e dirgli che gli dispiaceva e scuoterlo finché il terrore non lo avesse lasciato.

Gli occhi marroni di Ginny guizzavano tra loro due pieni di confusione, e Draco scosse impercettibilmente la testa. Qualsiasi cosa avessero da dirsi, avrebbe dovuto aspettare. “Va tutto bene.” Disse a Ginny, aiutandola ad alzarsi e sussultando quando lei si gettò tra le sue braccia e lo strinse, tremando come una foglia. “Stai bene, stiamo tutti bene.”

“Stupendo.” Si lamentò Draco, e Harry non provò nemmeno a nascondere il sorriso furtivo sul suo volto, dal momento che Ginny non poteva vederlo. “Salutali, che li rimando indietro.”

Harry si girò e tutti i serpenti che Draco aveva evocato, inclusa la viverna, stavano dietro di lui, guardandolo e aspettando. “Grazie.” sibilò; non reagì quando Ginny si irrigidì contro di lui. “Se non fosse stato per voi saremmo tutti morti.

.” Disse l’ashwinder mentre la viverna emetteva un suono rauco che Harry interpretò come una risata. I serpenti comuni inclinarono la testa e basta.

Si girò a guardare Draco. “Prego.”

Draco alzò la bacchetta. Prese un respiro profondo, raccogliendo le ultime forze. “Reditus.”

Con uno scoppiettio, i serpenti tornarono da dove erano venuti. La faccia di Draco divenne color cenere, e a Harry provocò un male fisico non poterlo aiutare. Inaspettatamente, fu Ginny ad avvicinarsi a lui. “Stai bene?”

“Sì.” Disse Draco tra i denti, forzandosi a stare in piedi e facendo un’inutile sforzo di spazzare via un po’ dello sporco dalle sue vesti. “Andiamo.”
“E quello?” Harry fece un cenno con la testa al basilisco, ancora vivo.

Draco alzò le spalle. “O morirà o non lo farà. Non è un nostro problema. Prendi il diario e andiamocene da questo posto prima che si svegli e decida di mangiarci per puro sprezzo.”
 
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Draco scoprì poi che Harry non era venuto da solo quando giunsero all’entrata della Camera e trovarono Ron ad aspettarli. Abbracciò sua sorella e poi Harry, lanciando a Draco un’occhiata complicata che lui restituì con sguardo truce. Harry gli aveva sicuramente detto qualcosa.

Tornare in superfice si rivelò essere più facile di quello che avevano temuto: con un po’ di Serpenese delle scale fluttuanti apparvero per portarli fino all’uscita, un intontito Lockhart incluso.

“Lo porto in infermeria.” Disse Ron con un’espressione disgustata rivolta a Lockhart. “Voi dovreste andare nell’ufficio di Silente.”

“Perché?” chiese Draco, arricciando il naso. Tutto quello che voleva era una doccia.

“I nostri genitori saranno qui in questo momento. La McGonagall li ha contattati.” Disse Ron, e Draco fece un pensierino sul ritornare nella Camera.

Camminarono fino all’ufficio di Silente, ci volle più del previsto visto com’erano doloranti e esausti. “Conosci la password?” chiese Harry quando furono davanti al gargoyle dorato.

“È una dannata emergenza.” Esclamò Draco rivolgendosi alla statua. “I nostri genitori sono lì sopra e abbiamo un diario maledetto e sono del tutto ricoperto in qualcosa di non identificabile e schifoso. Apriti.”

Harry sospirò. “Io non penso che-“

L’entrata si aprì scorrendo, rivelando la scalinata a spirale che portava all’ufficio di Silente. Draco gli lanciò uno sguardo compiaciuto e li precedette su per le scale. Fece finta di non vedere Harry alzare gli occhi al cielo.

Udirono dei singhiozzi prima di aprire la porta e Ginny li superò, entrando nell’ufficio in lacrime. “Mamma!”

Draco e Harry entrarono per vedere Molly e Arthur Weasley abbracciati alla figlia. Silente sedeva alla sua scrivania con la McGonagall e Piton al suo fianco. I genitori di Draco erano seduti speculari ai Weasley, senza un capello fuori posto e niente più di un’espressione di educato disinteresse sui loro volti. “Madre, Padre.” Disse lui, inghiottendo il suo nervosismo. Per qualche ragione che non riusciva a capire, Dobby era rannicchiato dietro le sedie dei suoi genitori. Sapeva che nessuno a parte loro poteva vederlo, ma non riusciva a pensare al perché fosse lì in primo luogo. Si fece un appunto mentale di domandarlo più tardi.

Sua madre tirò su con il naso e tirò fuori la bacchetta. “Sei assolutamente sudicio, tesoro. Ti sei dimenticato come lanciare in incantesimo Gratta e Netta?”

Non avrebbe mai e poi mai ammesso che non gli era rimasta abbastanza magia per lanciare anche solo un Wingardium Leviosa, quindi alzò elegantemente le spalle come aveva imparato a fare da lei.

Narcissa fece un verso di disapprovazione e mosse la bacchetta seguendo una linea complicata. Il viscidume e lo sporco caddero dai suoi vestiti e dalla sua pelle sul pavimento, per poi svanire con un altro movimento di bacchetta. “Molto meglio.”

Erano ancora molto tesi, dalla linea troppo rigida della bocca di lei all’innaturale immobilità di suo padre. Non erano soli, dunque non poteva lanciarsi nelle loro braccia come aveva fatto Ginny con i suoi genitori, ma desiderò poterlo fare. Più di ogni altra cosa voleva che smettessero di essere preoccupati per lui, ma non c’era modo di rassicurarli mentre erano nella stessa stanza con Silente e i Weasley.

“Perbacco.” Disse Silente, gli occhi che luccicavano. Draco avrebbe voluto cavarglieli come la viverna aveva fatto con il basilisco. “Sembra che tu abbia una storia interessante da raccontare, Harry.”

Draco rimase vicino ai suoi genitori mentre Harry spiegava tutto quanto, fortunatamente omettendo il suo coinvolgimento. Non poté fare a meno di rimanere impressionato dalla Granger: aveva capito tutto prima di tutti quanti. Lui poteva anche essere più potente, ma doveva ammettere almeno con sé stesso che lei fosse più intelligente. Harry menzionò il fatto che Draco avesse evocato dei serpenti, ma nel proprio racconto ridusse al minimo la reale entità dei suoi sforzi, cosa che il biondo apprezzò. Quello sarebbe stato un pessimo argomento di conversazione con i suoi genitori anche senza dover spiegare la dozzina di stupide decisioni che aveva preso, specialmente visto che era deciso a non giustificarne nessuna. Non per la prima volta, Draco fu grato che il suo marchio e quello di Harry fossero in posti facili da nascondere.

Harry aveva appena finito quando Ginny alzò la voce dalle braccia di sua madre. “Malfoy mi ha salvato la vita.”

Draco si girò per lanciarle la propria occhiata più velenosa. Lei lo fissò di rimando, per niente impressionata. “Signorina Weasley?” chiese la McGonagall, incerta.

“Chiudi quella schifosa bocca, traditrice del tuo sangue.” Ringhiò Draco. “Eri svenuta per la maggior parte del tempo. Non sai di cosa stai parlando.” Era sicuro che non avesse visto, ma evidentemente si sbagliava.

I genitori di lei si infuriarono e suo padre si alzò in piedi. “Ora stammi a sentire-“

“Ero posseduta, non cieca.” Sparò lei di rimando, lasciando la sicurezza delle braccia della madre per marciare verso di lui e lanciargli un’occhiataccia. Lui la imitò passo dopo passo, finché non furono a pochi centimetri di distanza, ringhiandosi in faccia. “Il soffitto stava cadendo e tu eri proprio di fianco a me. Avevi creato una specie di scudo e le pietre ci si spaccavano sopra.”

“Mi stavo proteggendo.” Disse. “Era solo un caso che ci fossi anche tu.”

Lo stavano fissando tutti quanti, e lo odiava.

“Tom ha avuto abbastanza tempo per scappare, quindi anche tu avresti potuto.” Disse lei, testarda. “Potevi lasciarmi anche dopo quel momento, potevi prendere il tuo scudo e metterti al riparo. Ma non lo hai fatto. Hai rischiato la tua vita per restare al mio fianco e proteggermi. Mi hai salvato la vita.”

“Una decisione di cui mi sto pentendo ogni secondo che passa.” Ringhiò. “Avrebbero dovuto soffocarti nella culla, schifosa sciacquetta.”

Ci fu una serie di esclamazioni alle sue parole e Arthur si stava alzando di nuovo. Ginny era imperturbabile. Lo pungolò sul petto. “Dì tutte le cose cattive che vuoi. Quello che dici non cambia quello che hai fatto.”

Gli piaceva di più quando era posseduta da Tom e privata di ogni personalità. Si fissarono ancora per qualche momento, prima di dire “Penso di odiarti.”

“A me sta bene.” Lo informò lei.

Arthur tossì, evidentemente combattuto. “Io… Grazie, Draco. Credo.” Aggrottò la fronte e parlò col cuore in mano. “No, dico sul serio. Hai salvato la vita di mia figlia. Grazie.”

Poteva andare peggio? Premette le labbra in una linea sottile e marciò verso la scrivania di Silente, afferrò il diario e lo schiaffò sul petto ad Arthur. “Se davvero vuoi ringraziarmi, potresti insegnare ai tuoi figli a non essere dei completi fessi.” Disse. “Sei il Capo dell’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti Babbani e tua figlia è stata posseduta da un diario maledetto. Avrebbe dovuto sapere di doverlo bruciare l’istante in cui le ha risposto. Niente di tutto questo sarebbe dovuto succedere.” Arthur arrossì, ma non disse nulla. Ottimo. Draco sospirò, e riuscì a farlo suonare irritato ed esausto. “Se non avete bisogno di nient’altro da me, me ne vado.” Si girò verso i suoi genitori e inclinò la testa. “Madre. Padre.”

Aspettò che annuissero in risposta prima di squagliarsela da lì senza mai guardarsi indietro.

Fu solamente grazie alla sua innata testardaggine che riuscì ad arrivare alla sala comune Serpeverde. Fece un passo dentro e Millie stava già correndo verso di lui. Altre persone si avvicinarono, poteva vedere Pansy e Blaise che si affaticavano per raggiungerlo. Li ignorò per il momento, afferrando l’avanbraccio di Millie. “Non ti preoccupare, sei al sicuro. Il mostro non farà del male a nessun’altro.”

“Cos’è successo?” urlò Millie, gli occhi che scandagliavano i posti dove Draco era sicuro che stessero fiorendo i primi lividi.

“Va tutto bene.” Ripeté, poi si accigliò. “Non portarmi in infermeria.” 

Svenne prima che Millie potesse chiedergli altro, e poté solamente sperare che la ragazza lo afferrasse senza farlo di rovinare sul pavimento.

 
-
 

Harry non riusciva a ricordare l’ultima volta che era stato così furioso. Draco era quasi morto! I suoi genitori erano lì perché gli era stato detto che loro figlio era sparito, creduto morto, eppure avevano reagito come se non significasse nulla. Niente lacrime, niente urla, solo facce indifferenti. Non lo avevano nemmeno toccato.

Dobby si stava nascondendo dietro il mantello di Lucius, fissandolo insistentemente. Questo rendeva tutto quel casino ancora più complicato, perché significava che Dobby lavorava per i Malfoy, il che a sua volta voleva dire che Lucius aveva orchestrato quel piano sin dall’inizio, e aveva quasi ucciso suo figlio nel processo e non gliene importava niente.

Se n’erano andati tutti tranne lui. Silente stava continuando a fissarlo da sopra i suoi occhiali a mezzaluna, ma Harry al momento non riusciva a concentrarsi sull’uomo. “C’è qualcosa che vuoi dirmi, Harry?” chiese dolcemente il preside. “Qualunque cosa?”

Fece per guardare il preside, ma i suoi occhi furono catturati a metà strada dal diario di Tom Riddle. Proprio come quando aveva ficcato le braccia nella bocca del basilisco, ebbe un’altra terribile, meravigliosa idea. “Non direi.” Disse. Si sfilò la scarpa, levandosi un calzino; poi sgraffignò il diario dalla scrivania di Silente e corse fuori dal suo ufficio. “Mi serve!” esclamò da sopra la spalla. Quando il preside non diede segno di volerlo fermare, lo prese come un permesso.

Il disprezzo di Narcissa e la rabbia di Lucius quando Harry li imbrogliò per liberare il loro elfo domestico furono una gioia per gli occhi.

 
-
 

Draco passò il resto della settimana a letto. Quando cercavano di convincerlo ad andare in infermeria insisteva di essere solamente stanco. Era parzialmente vero. L’unica cura per la spossatezza magica era il riposo. Ricevette un gufo da Harry con un foglietto in cui gli diceva di aver parlato a Ron e Hermione di loro due – e che lei era tornata l’irritante sapientona di sempre grazie alle mandragole.

Immaginò che fosse tutto lecito in guerra e in amore, quindi chiuse a chiave la porta della sua stanza con Blaise e Pansy dentro e mostrò loro le tre calendule che sbocciavano sul suo fianco. “Cacchio.” Disse Blaise, gli occhi sgranati. Pansy pungolava il marchio come se non potesse credere che fosse reale. La madre di Blaise aveva un marchio, ma era ancora un piccolo cerchio nero alla base della sua gola, anche dopo quattro mariti. Né Pansy né Blaise avevano dei marchi propri, ma avevano sempre saputo che Draco ne possedeva uno.

“Se uno di voi due ne parla con qualcuno, vi ucciderò nel sonno.” Promise.

Scossero entrambi la testa, e Draco si rilassò un pochino davanti alla loro veemenza. “Questo significa che dovremo iniziare a fare comunella con i Griffontonti?” chiese Pansy.

Draco fu sicuro di aver risposto a quella domanda con un’espressione scandalizzata, visto come iniziarono a ridacchiare. “Assolutamente no.”
 
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Erano passati pochi giorni dall’inizio della pausa estiva quando lui e Draco ebbero finalmente un’occasione per incontrarsi di nuovo. Harry stava lentamente impazzendo, con Draco che si era nascosto nel suo dormitorio per una settimana e, anche dopo essere ritornato non sembrava lo stesso. Hermione e Ron erano rimasti scioccati dalla quantità di incantesimi che Draco aveva lanciato nella camera e nessuno dei due era sorpreso che gli ci stesse volendo tutto quel tempo per riprendersi.

Quindi ora stava passeggiando avanti e indietro nella classe abbandonata, i pugni stretti, torturandosi il labbro con i denti. Quella era la prima volta in cui avrebbero parlato dal loro ultimo disastroso incontro nel bagno delle ragazze, settimane prima. La porta si aprì e si richiuse e Harry si girò di scatto. Draco era lì, guardandolo con quella sua fredda maschera, e ormai Harry lo conosceva abbastanza bene da sapere che era una maschera. “Sì?” chiese dopo che Harry lo fissò e basta.

Draco era impettito e rigido quando non faceva il bastardo, e Harry aveva pianificato delle scuse impettite e rigide. Ma si dimenticò di tutto e si avventò su di lui, stringendolo tra le braccia proprio come aveva desiderato, e non aveva potuto fare a causa di Ginny nella Camera. “Sono davvero felice che tu stia bene.” Sussurrò, premendo il viso sulla spalla di Draco. “Ero così spaventato quando ho visto quel messaggio e quando ti ho visto steso lì, per terra.”

Draco si rilassò e ricambiò esitante l’abbraccio. “Anche tu mi hai fatto prendere un colpo, combattendo Tom e il basilisco. Non farlo più.” Disse.

“Ci proverò se anche tu non lo farai più.” Ribatté, e sorrise quando sentì Draco tremare per le risate. Si staccarono e Harry si affrettò a strofinarsi un braccio sugli occhi. Non era nemmeno sicuro per quale motivo stesse piangendo, in realtà. Esitò. “Draco, tuo padre, lui… lui…” si fermò, combattuto. Non voleva iniziare un altro litigio, ma Draco meritava di sapere.

“È ok.” Disse, le labbra incurvate in un lieve sorriso. “È stata una buona cosa che sia stato preso anche io. Il Consiglio dei Governatori si era convinto che mio padre c’entrasse qualcosa, e ha quasi perso il posto. Ma fortunatamente nessuno di loro ha pensato che avrebbe sguinzagliato un mostro capace di attaccare anche sui figlio, quindi ora è al sicuro.”

“Ma lo ha fatto.” Disse Harry, disperatamente. “È stato lui a dare il diario a Ginny.”

Scrollò le spalle. “Lo so. Ma non voleva che venissi coinvolto anche io. E… è comunque mio padre, Harry.”

Sapeva che quella non era una lotta che avrebbe vinto quel giorno, forse mai, quindi lasciò perdere. “Non posso ricevere gufi durante le vacanze estive.”

Draco si illuminò. “Beh, nemmeno io posso ricevere lettere da Harry Potter durante l’estate, quindi non c’è problema. Ho creato una cosetta per noi.” Infilò la mano in tasca e tirò fuori due specchietti, simile a quello che zia Petunia teneva nella sua borsetta. “Me li sono fatti dare da Millie e Pansy, dalle storie che hanno fatto sembrava che avessi chiesto in sacrificio i loro primogeniti. Ho promesso che me ne sarei procurati di migliori durante le vacanze, in ogni caso.” Alzò gli occhi al cielo e gli depositò in mano quello con le Pansè delicatamente incise, tenendosi quello verde che Harry ipotizzò essere di Millie. “Sono incantati con incantesimi di connessione. Aprilo, dì il mio nome e il mio specchio suonerà, e viceversa. Ci permetteranno di parlare.”

Draco sembrava tremendamente fiero di sé stesso.

Harry si era già rassegnato ad un’estate solitaria, senza parlare con i suoi amici o con la sua anima gemella. Ma ora avrebbe avuto Draco proprio lì, in tasca, per tutta l’estate.

Lo abbracciò di nuovo perché non riuscì a pensare a cos’altro fare e la risata di Draco lo fece arrossire.
 
-
 

Draco incontrò i suoi genitori sul binario, dopo essere sceso dall’Espresso per Hogwarts con i suoi bagagli in fila dietro di lui. Sua madre gli sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Andiamo, tesoro.”

Non si erano detti nulla di importante nelle loro lettere dall’episodio della Camera, ben coscienti che la loro famiglia fosse sotto sorveglianza a causa dell’incidente. Suo padre non lo guardò mentre camminavano dal binario fino alla carrozza. Un nodo d’angoscia gli crebbe nello stomaco. Era davvero così arrabbiato da non volerlo nemmeno guardare?

Draco salì sulla carrozza prima dei suoi genitori, e non appena furono tutti seduti partirono immediatamente alla volta di Villa Malfoy.

Narcissa uscì subito dal personaggio, gettandosi in avanti per tirarselo contro il petto. “Ero così preoccupata!” disse, la voce che tremava mentre lo stringeva abbastanza forte da fargli un po’ male, ma Draco non glielo avrebbe mai detto. “Quando Piton ci ha chiamati… e ci hanno detto che eri sparito, che tu- che il tuo scheletro-“ iniziò a piangere per davvero, e si tirò indietro per premergli una miriade di baci sul viso.

“Mamma!” rise, provando senza troppa convinzione a calmare quell’assalto. “Sto bene! Va tutto bene, non devi essere agitata, sto bene.”

“Avrei sradicato quel castello fino alle sue fondamenta.” Disse lei, intensamente. “Avrei fustigato Silente fino alla morte, centimetro dopo centimetro, e avrei gioito delle sue urla.”

“Lo so.” Disse, sorridendo. Sapeva che la maggior parte delle madri non dimostrava il proprio affetto con minacce di violenza era come, ma Narcissa non faceva parte della maggioranza. Era la sua ed era la migliore. “Anch’io ti voglio bene, Mamma.”

Lei lo baciò ancora una volta su entrambe le guance prima di rimettersi al suo posto, evocando un fazzolettino per tamponarsi delicatamente gli occhi.
Guardò suo padre, seduto di fronte a lui, rigido e silenzioso mentre guardava fuori dalla finestra. Draco lo fissò, aspettandosi un suo rimprovero. Quando questo non arrivò capì una cosa.

Suo padre non era arrabbiato. Era spaventato.

Draco strisciò sul sedile fino a trovarsi seduto a poca distanza da suo padre. Le sue mani erano a pugno e, ora che Draco lo stava guardando davvero, sembrava diverso. Più vecchio. Stanco. Non gli piacque vederlo in quel modo, e non lo voleva.

“Stavo pensando di candidarmi al ruolo di cacciatore l’anno prossimo.” Sparò, disperatamente alla ricerca di qualsiasi cosa che potesse scacciare il dolore dal viso di suo padre. “Ci sarà una posizione vacante e, in ogni caso, quell’incapace di Adrian dice che sarei migliore come cacciatore che come cercatore.”

Lucius spostò lentamente lo sguardo dalla finestra al figlio, e c’era ancora qualcosa di cupo nella sua espressione. “Io-“ iniziò, ma non riuscì a finire, premendo le labbra in una linea stretta.

Draco si sporse in avanti e coprì le mani di suo padre con le proprie. Lucius sussultò. “Papà. Va tutto bene. Io sto bene, non ti devi preoccupare. Sono vivo, sto bene e sono qui. Non sono arrabbiato.” Aggiunse con il cuore in mano. Sapeva che sarebbe diventato un problema più avanti. Non voleva che nessuno morisse, mentre suo padre invece sì, e avrebbero dovuto farci conti prima o poi. Ma suo padre non lo avrebbe mai voluto morto, quindi era un problema per un altro giorno. “So che non mi faresti mai del male.”

Lucius finalmente girò le mani così da poter stringere quelle di Draco nelle proprie, strofinando i pollici sulle sue. Incrociò il suo sguardo e Draco sorrise, cercando di mostrargli che era sincero. Suo padre emanava ancora tensione, ma almeno un po’ di quella terribile gravità aveva lasciato il suo viso. “Ti prenderemo un allenatore per quest’estate. Flitwick ha inoltre consigliato di impartirti lezioni di incantesimi supplementari, per assicurare che la tua crescita continui alla stessa velocità esemplare.”

“Fantastico!” Draco sorrise. “Incantesimi è la mia materia preferita.”

Suo padre gli sorrise; un gesto lento e piccolo. Draco lo considerò una vittoria.

 
-
 

Harry aveva già dovuto affrontare ore di rimproveri da parte dei suoi zii. Aveva cercato di non fissare la coppia di uccelli sui loro colli mentre entrambi gli urlavano contro. Aveva sempre saputo che zia Petunia e zio Vernon erano anime gemelle, ovviamente, ma prima questo fatto non aveva mai avuto alcuna importanza per lui. Poi una lista di faccende domestiche lunga tre pagine gli fu lanciata addosso, e smise di interessarsi ai loro marchi. Avevano messo sotto chiave tutte le sue cose di scuola e zia Petunia lo aveva spedito a lavorare in giardino non appena erano arrivati a casa.

Si buttò a letto lercio e esausto. Sapeva di doversi lavare, ma non trovava l’energia per farlo. Aveva una dolorosa insolazione sul collo e sulle braccia. I Dursley insistevano che non aveva bisogno della protezione solare per via della sua pelle scura, nonostante le innumerevoli volte in cui li aveva smentiti con una collezione di brutte scottature.

Smise di pensare a tutto quello. Il cuore gli batté all’impazzata mentre infilava la mano nella scatola di vestiti che i Dursley gli avevano lasciato tenere. Srotolò con cautela un paio di calzini e tirò fuori lo specchietto inciso. Si sedette su letto, stringendoselo al petto. Sperava davvero che funzionasse. Lo aprì e disse a voce alta: “Draco Malfoy.”

Per un secondo non accade nulla, e la delusione minacciò di sopraffarlo. Poi ci fu quella che sembrò un’increspatura sul vetro, e la faccia di Draco riempì lo schermo. Indossava un pigiama in seta blu e aveva un muro grigio chiaro dietro di lui. Abigail era stesa sulle sue spalle. “Era ora!” Ghignò, poi aggrottò la fronte. “È fango quello sulla tua fronte, Harry?”

Suonava talmente scandalizzato che Harry dovette affondare la faccia nel cuscino per soffocare una risata. Era abbastanza sicuro di aver appena ricoperto la federa di fango, ma non riuscì a farselo importare.

Draco gli stava facendo una paternale sulla pulizia personale mentre Abigail sibilava richieste da tradurre, e Harry pensò che forse quell’estate non sarebbe stata così male.

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Capitolo 2
*** Dissennatori, prigionieri e lupi mannari – Oh santo cielo! ***


Note traduttrice: Rieccoci, quasi cinque mesi tondi dal primo capitolo. Grazie mille per il vostro entusiasmo, vedere un pubblico così vocale su ciò che gli piace fa sempre piacere e ci motiva a investire tempo ed energie in quello che facciamo!
PetsHeart questa volta si è dovuta assentare per motivi personali, ma non escludo che in futuro possa dare anche il suo contributo a questo capitolo; in tal caso lo renderò noto con un edit.
Dal prossimo capitolo, i libri di Harry Potter saranno divisi in più capitoli. Al momento, Shana ha da poco finito di scrivere i capitoli riguardanti l’Ordine della Fenice e ha detto che si sarebbe presa una piccola pausa per riordinare le idee per il prossimo arco narrativo e dedicarsi ad altri lavori. Per vostra informazione: il Calice di Fuoco viene coperto in sei capitoli, mentre l’Ordine della Fenice in dieci. Quindi abbiamo ancora sedici capitoli prima di metterci in pari con la storia, state tranquilli!
Vi esorto a seguirmi sul mio blog dedicato esclusivamente a fanfiction personali e lavori di traduzione per restare al passo con il nostro lavoro e sapere a che punto siamo e non perdervi nessun aggiornamento!
Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su Tumblr !
Senza ulteriori indugi, vi lascio al secondo capitolo di Survival Is A Talent!
 



 
Dissennatori, prigionieri e lupi mannari – Oh santo cielo!



 

Harry sapeva che lasciarsi prendere dal panico non sarebbe servito a nulla.

Ma aveva appena gonfiato sua zia, minacciato i Dursley con la magia e in quel momento era in mezzo alla strada senza la minima idea di dove andare o cosa fare e- ok, si stava decisamente lasciando prendere dal panico.

Infilò la mano tremante in tasca, cercando lo specchietto. “Draco Malfoy” Sussurrò, lasciandosi cadere sul ciglio della strada con la valigia al suo fianco. Non successe nulla. “Draco Malfoy!”

Ci fu un lungo silenzio, poi la superficie dello specchio si increspò come acqua e il viso della sua anima gemella apparve. “Che c’è?” Sibilò lui. “Mi sono ficcato nella dispensa. I Lestrange sono venuti a cena, non posso parlare.”

Da quello che Harry poté vedere, la dispensa dei Malfoy era grande più o meno come l’intera casa dei Dursley. “Ho gonfiato zia Marge!” Disse senza riflettere, e Draco passò dall’irritato all’allarmato. “I Dursley sono furibondi e ho preso la mia roba e me ne sono andato e non so cosa fare!”

“Hai usato la tua bacchetta per gonfiarla?” chiese Draco. “Quanto l’hai picchiata? Se ci sono delle prove visibili dai Babbani assicurati di nasconderle con un incantesimo di illusione. Aspetta, ma li conosci degli incantesimi di illusione? Cazzo, ti serve un avvocato. Il migliore avvocato che conosca è mio padre, ma ovviamente non è un’opzione. Credo che mio padre abbia sostenuto l’esame di legge con un Longbottom-“

“DRACO!” Urlò. “Non quel tipo di gonfiare, non l’ho picchiata. Tipo un palloncino. È volata via!”

Draco lo fissò per un lungo momento, poi si appoggiò su quello che sembrava un muro con scaffali pieni di carote sottaceto. “Perché non l’hai detto subito? Chi se ne importa! Tanti saluti. Da quello che mi hai detto, se lo è meritato.”

Harry alzò gli occhi al cielo. “Draco. Che cosa dovrei fare ora?”

“Esattamente quello che ti ho detto di fare per tutta l’estate.” Disse. “Vai a Diagon Alley, dove non sei trattato peggio di un elfo domestico e dove non devi fare i tuoi dannati compiti per casa sotto le coperte come un criminale.”

“Come dovrei arrivarci? Volando?”

No, babbeo cresciuto da Babbani. Prendi il Nottetempo. Mamma a noi non lo lascia prendere, dice che è per  plebei; quindi dovrebbe fare al caso tuo.”

A volte gli sembrava che Draco parlasse un’altra lingua. “Il cosa?”

“Senti, alza in aria la tua bacchetta, vai a Diagon Alley e non gironzolare più di notte.” Disse; e Harry non poté evitare di pensare che l’ultima parte suonasse un po’ strana. “Se non torno a tavola mia madre mi uccide. Ti chiamo domani.”

Lo specchio luccicò e Draco sparì. Harry sospirò e lo chiuse, ficcandoselo di nuovo in tasca. Draco era uno stronzo, ma ora si sentiva molto meglio.

“O la va o la spacca.” Mormorò, e sollevò la sua bacchetta.

Prima che il Nottetempo inchiodasse di fronte a lui, Harry riuscì a scorgere la figura di un grosso cane nero.
 
-
 

Harry non lo avrebbe mai e poi mai ammesso, ma era possibile che Draco avesse sempre avuto ragione.

Dopo aver capito che non sarebbe stato mandato ad Azkaban per aver usato la magia, la permanenza a Diagon Alley fu come un sogno diventato realtà. Faceva i compiti alla luce del sole e non doveva fare più nessuna ridicola faccenda domestica.

Era anche bello riuscire a parlare con Draco durante il giorno, sedersi nella sua camera al Paiolo Magico e discutere di quidditch o qualsiasi altro argomento gli venisse in mente. In quel modo vide molto dei terreni Malfoy: Draco faceva lunghe passeggiate per poter parlare in privato, mostrando a Harry i salici piangenti intorno allo stagno sullo sfondo. Harry cercava di non pensare troppo alle dimensioni di Villa Malfoy perché gli faceva venire il mal di testa, ma dopo un’estate passata a vederla di sfuggita era quasi sicuro che fosse grande circa come i terreni di Hogwarts.

Quelle settimane passarono troppo velocemente e, prima che se ne rendesse conto, l’estate era giunta al termine e Ron e Hermione gli stavano gettando le braccia al collo. Ron era cresciuto in maniera esponenziale e la pelle di Hermione era addirittura più scura grazie alle settimane di vacanza in Francia.

Era ora di tornare a Hogwarts.
 
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“Potter?” gli chiese compassionevolmente Blaise non appena lo vide. Pansy cercò di mascherare la sua risata con un colpo di tosse, senza riuscirci. Draco controllò il corridoio, assicurandosi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze prima di lanciare un incantesimo silenziante per buona misura.

“È esasperante.” esplose, lisciando le pieghe del mantello e sfiorando i luccicanti bottoni d’argento con le dita. Non vedeva i suoi amici da quando Harry lo aveva trascinato via da quella cena dicendo di aver gonfiato la zia, quindi gli spifferò tutta la storia, inalberandosi sempre di più mentre raccontava. Se l’era tenuto dentro, restio a parlare di Harry nelle loro lettere: c’era il rischio che i loro genitori controllassero la posta. “È un tale idiota! Non ha nessun istinto di auto conservazione, sono genuinamente sorpreso dal fatto che sia ancora vivo. Black è lì fuori che palesemente cerca di finire quello che ha iniziato e lui se ne va in giro senza la minima idea di dove andare o cosa fare! E se non avessi risposto? Qual era il suo piano? Rimanere in piena vista finché non l’avesse ammazzato?”

“Quindi le cose vanno bene.” Disse Blaise, impassibile. Pansy si stava sbellicando, tenendosi lo stomaco. Li odiava entrambi. “Sei riuscito a sapere qualcosa dai tuoi riguardo a Black?”

Draco si rabbuiò. “No. Papà dice di non averlo conosciuto e mamma ha detto che era un bambino difficile. È sua cugina e ha solo quattro anni più di lui, è impossibile che non sappia altro. Andavano a Hogwarts insieme! Invece mi ha semplicemente detto di non immischiarmi e starne alla larga.”

“Stare alla larga da cosa?” chiese Pansy.

Draco aprì la bocca per spiegarle ciò da cui suo padre lo aveva messo in guardia quella mattina, ma quando il suo fiato uscì sotto forma una nuvoletta, capì che non ce n’era bisogno.

I dissennatori erano sul treno.

“Devo andare.” Disse, aprendo la porta. “Non uscite dallo scompartimento. Non è sicuro.”

Cercarono di fermarlo ma Draco li ignorò. Chiuse la porta e girò bruscamente a destra, percorrendo il treno e allontanandosi da dove dovevano trovarsi le spaventose figure incappucciate. Probabilmente erano in testa al treno, ma non sarebbe andato a controllare; sarebbe stato da stupidi. Marciò lungo il corridoio, guardando dentro ogni scompartimento prima di sbatterne la porta e bloccarla. La maggior parte degli studenti nemmeno si accorse di lui, il che gli fece comodo.

Ogni volta che si imbatteva in uno scompartimento Serpeverde diceva loro: “Fuori le bacchette. Tenete la porta chiusa.” Non tentò nemmeno di fare lo stesso con gli altri studenti: non lo avrebbero mai ascoltato.

 Finalmente raggiunse lo scompartimento di Harry e dei suoi amici in fondo al treno.

“Feccia filo babbana.” Li derise, perché altre persone potevano sentirlo. Erano già tutti tesi ed Harry era fin troppo pallido. “State qui.” Disse a bassa voce, allontanandosi prima che potessero anche solo rispondergli. Stava gelando; non aveva molto tempo. Dovevano essere già su treno se faceva così freddo.

Superò gli ultimi scompartimenti, poi tornò indietro, senza staccare gli occhi dal tappeto. Si infilò in uno scompartimento a circa un terzo del treno con solo una persona dentro e lanciò l’incantesimo di chiusura più potente che conosceva, anche se non sarebbe servito a molto contro un dissennatore.

“Draco?” Alzò lo sguardo e incontrò quello di Luna. Era raggomitolata nel suo mantello, gli occhi sgranati e pieni di paura. “Ho freddo.”

Nessun incantesimo di riscaldamento poteva aiutarli, perché quello non era un gelo che sentivano sulla pelle. “Anche io.” Disse, invece. Non conosceva nessuna magia che funzionasse contro un dissennatore, quindi si avvicinò, sedendosi tra Luna e la porta. “Vieni.” Alzò il braccio, lasciando che si accoccolasse sul fianco.

Suo padre aveva detto che ci sarebbero stati dei dissennatori al castello, non sul treno. Non avrebbero dovuto essere lì.
 
-
 
Harry incontrò Draco nella loro classe quella notte. Ci riuscì solo grazie all’aiuto di Ron, che distrasse i loro compagni di dormitorio abbastanza a lungo da permettergli di sgattaiolare via. Non sapeva come ci fosse riuscito l’anno prima, quando doveva nascondersi anche dal suo migliore amico.

“Sei svenuto?” chiese Draco. Le stesse parole provocatorie che aveva detto in Sala Grande, ma in quel momento erano cariche di preoccupazione. Allungò un braccio verso di lui, bloccandosi a metà strada. Harry non aveva certe remore e strinse Draco in un abbraccio stritolante, come aveva fatto con Ron e Hermione. Parlare per mesi tramite gli specchi non reggeva il confronto con il vederlo in carne e ossa. Draco ricambiò la stretta e Harry poteva sentire quanto era preoccupato dalla forza che ci mise. “Ti hanno toccato?”

“Credo che ci abbiano provato.” Ammise Harry. “Ma il nuovo professore, Lupin, li ha fermati. È stato fantastico.”

Draco era corrucciato quando si staccò. “Lui e quel razzamista di Hagrid, professori. Dove andremo a finire.”

Harry gli diede una schicchera sul naso. “Non parlare di Hagrid in quel modo.”

Voleva chiedergli cosa avesse contro Lupin, ma Draco alzò evasivamente le spalle e disse: “Devi stare attento. Black ti sta cercando e non ci si può fidare dei dissennatori. Il Consiglio dei Governatori ha votato contro la loro ammissione sui terreni della scuola. Hanno detto che erano una minaccia troppo grande per gli altri studenti, ma Fudge ha prevalso.”

“Lo sanno tutti che Black mi sta cercando?” chiese Harry, cercando di non suonare lamentoso.

A giudicare dall’espressione di Draco, non c’era riuscito.

Harry lasciò perdere e tirò fuori un rotolo di pergamena. “Ci puoi dare velocemente un’occhiata? Stanotte?”

Prese la pergamena e la srotolò, per poi aggrottare la fronte. “Il tema di incantesimi? Ti ho aiutato a scriverlo! Perché vuoi che lo controlli?”

Harry si strofinò il retro del collo. “Ehm… Non è il mio. È di Hermione.” Draco si limitò a fissarlo, ma non sembrava arrabbiato, quindi aggiunse: “Vorrebbe che guardassi anche il suo saggio di Pozioni. Se non ti dà fastidio.”

Draco fece una smorfia, ma non fu abbastanza per nascondere il rossore inorgoglito che gli infiammò le guance. “Immagino di poterlo fare. Ma solo se corregge le mie equazioni di Aritmanzia. Le ho lasciate per ultime e mamma non ha avuto tempo per controllarle. Abbiamo lezione il mercoledì, quindi deve farlo prima di allora.”

“Va bene.” disse. Era sicuro che Hermione ne sarebbe stata felice.

Ron era stato molto più entusiasta del fatto che Draco fosse la sua anima gemella quando Harry gli aveva detto che, molto probabilmente, avrebbero potuto accoppiare i secchioni a studiare per poi scapparsene da un’altra parte.
 
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Harry era certo che nulla potesse essere peggiore di quel disastro a lezione di Divinazione.

Harry si era sbagliato.

Draco aveva fatto tutto giusto: l’inchino e il contatto visivo; e non si era avvicinato finché Fierobecco non si era inchinato in risposta. Stava guardando l’ippogrifo con lo stesso sorriso affettuoso che riservava ad Abigail quando, in maniera disinvolta, disse: “È bruttino, vero?”

Harry stava alzando gli occhi al cielo quando Hagrid gridò e Fierobecco stridette. I suoi artigli squarciarono il braccio di Draco e il ragazzo iniziò a urlare, la voce acuta e terrorizzata. Se Harry non si lanciò verso di lui fu solo grazie alla mano di Ron, che lo teneva fermo per i vestiti.

Hagrid spinse via Fierobecco prima che potesse attaccare di nuovo, ma c’era già una pozzanghera rossa ai piedi di Draco, che stava tentando di rialzarsi. Millicent si tolse il mantello e lo premette contro i tagli, ma si inzuppò di sangue a una velocità spaventosa. “Deve essere portato in infermeria!” Gridò. “Hagrid!”

Sembrava che Draco volesse ribattere, ma quando cercò di alzarsi le gambe gli cedettero a metà strada. Furono i riflessi di Millicent che gli impedirono di spaccarsi la testa sui sassi. “Hagrid!” Disse Hermione. “Devi portarlo in infermeria! Ora!”

Hagrid esitò. Harry stava per dire qualcosa, ma Ron gli tirò una gomitata nel fianco. Daphne Greengrass pestò un piede a terra. “Hagrid!”

Finalmente il professore annuì, prendendo Draco dalle braccia di Millicent. Il verso che Draco emise in seguito al movimento suonava come se glielo avessero strappato dalla gola. Costringersi a stare fermo e non reagire fu pura tortura per Harry.

Il resto della classe rimase lì, a guardare il punto dove Draco era caduto e la pozza di sangue che si era lasciato dietro. Millicent era rimasta senza mantello, con delle macchioline rosse che le costellavano la camicia bianca.

“È un sacco di sangue.” Disse Hermione senza pensare; poi trasalì.

“Starà bene.” Disse Ron, parlando ad alta voce così che tutti i Serpeverde spaventati si girassero verso di lui. “Madama Pomfrey si prenderà cura di lui. Ha guarito di peggio.”

Alcuni di loro si rilassarono a quelle parole, ma Millicent sembrava ancora sull’orlo delle lacrime e Harry non riusciva a dire nulla a riguardo, perché sentiva di essere quasi in lacrime.

Dopodiché tutti quanti si sparpagliarono, intuendo che la lezione fosse finita.
 
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Draco si svegliò supino e con un dolore bruciante al braccio; ma si era svegliato, il che immaginava fosse la cosa più importante. Dalla durezza del materasso, era in infermeria. C’erano delle persone che parlavano vicino a lui e gli bastarono pochi secondi per riconoscere la voce furibonda che discuteva trattenendosi a malapena dall’urlare. “Papà?” disse, ma la sua voce uscì roca e irriconoscibile. In quel momento realizzò di essere così assetato da poter bere l’intero lago di Hogwarts.

Si sedette aiutandosi con il braccio buono. Suo padre svettava ai piedi del letto, assieme a Silente e ad un Hagrid sull’orlo delle lacrime.

“Draco.” Disse freddamente suo padre. Draco abbassò la testa. I suoi genitori si erano preoccupati a morte all’idea di mandarlo a scuola quell’anno, tra Lupin e i dissennatori, e nemmeno una settimana dall’inizio della scuola era finito in infermeria. Alzò lo sguardo e inclinò la testa, una domanda silenziosa. “Tua madre è a una festa. Non era a casa quando il preside mi ha chiamato tramite metropolvere.”

Forse era meglio così, tutto sommato. “Come ti senti?” Chiese gentilmente Silente. Alzò le spalle. “Ah, sì, guarire lascia la gola riarsa, vero?” Evocò un bicchiere d’acqua sul tavolino a fianco del letto. Draco voleva rifiutarlo per principio, ma era davvero molto, molto assetato. Lo bevve.

“Tutto a posto?” chiese ansiosamente Hagrid. “Non volevo-“

“Taci.” Ringhiò suo padre. “A te penserò tra un secondo. Sei fortunato che la sua patetica negligenza non abbia causato danni peggiori, altrimenti non bramerei solamente la testa della tua lurida bestia.”

Hagrid sembrò trattenere a fatica un torrente di lacrime. Da una parte, Draco pensò che se lo meritasse: chi mai avrebbe portato delle bestie del genere ad una lezione per ragazzini? Aveva seguito le istruzioni e quell’animale selvatico lo aveva artigliato lo stesso, solo perché aveva detto che era brutto. Dall’altra… a Harry piaceva Hagrid. Poteva anche essere un abominio mezzosangue, ma la sua anima gemella avrebbe tenuto il muso fino alla fine dei tempi se fosse successo qualcosa a quel babbeo.

“Sto bene.” disse. “Mi è successo di peggio a quidditch. È solo un pollo troppo cresciuto, padre. Non sprecare i tuoi pensieri per lui.”

Portò entrambe le gambe oltre la sponda del letto e si alzò. Riuscì a rimanere in piedi per una manciata di secondi prima di sbiancare; quando riprese i sensi fu alla vista di suo padre che lo teneva dritto stringendogli le braccia in una presa ferrea. I suoi occhi erano sgranati al punto da sembrare quelli di un folle. Improvvisamente, Draco si sentì stanco e voleva solo lasciarsi andare e sprofondare nel petto di suo padre come quando era piccolo. Lucius lo fece stendere lentamente sul letto e, dal modo in cui gli incorniciò brevemente il viso con una mano senza farsi vedere dai present. Draco capì quanto avesse avuto paura. “Gli ippogrifi sono creature magiche.” Disse a bassa voce. “Le ferite inferte da loro non guariscono così facilmente. Pomfreysi stava ancora occupando di te quando sono arrivato.”

Meraviglioso. Quindi suo padre era arrivato per vederlo svenuto e ricoperto di sangue. Era davvero un bene che sua madre non fosse venuta, perché altrimenti di Hagrid non sarebbe rimasto nulla più che una bruciatura sul lastricato. “Sto bene, davvero.” Tentò un’ultima volta.

Lucius non rispose, limitandosi a stringergli la spalla prima di alzarsi e lanciare a Silente e Hagrid uno sguardo sdegnoso. “Avrete notizie dal mio avvocato. Cercate di mantenere mio figlio indenne da qui in avanti.”

Lucius marciò fuori dalla stanza senza guardarsi indietro. Hagrid era distrutto e Silente gli riservò uno sguardo pensieroso che gli fece voglia di lanciargli ogni maledizione immaginabile. Invece, si lasciò andare alla stanchezza che gli appesantiva le membra, si girò e tornò a dormire.
 
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Gli fu permesso di andarsene presto la mattina seguente, con severe raccomandazioni di non sforzare il braccio per le due settimane successive mentre guariva, un processo che non poteva essere accelerato a causa delle proprietà magiche degli artigli degli ippogrifi. 

Fantastico.

Mancavano ancora ore a colazione, quindi ebbe abbastanza tempo per lavarsi e presentarsi in modo appropriato, grazie a Merlino. Entrò nella sala comune per vedere Millie vestita per la giornata con un altro libro babbano tra le mani. “Non dormi mai?” si fece scappare senza pensarci. Era sveglia nel cuore della notte, quando mancavano ancora ore all’alba. Ci doveva essere una spiegazione.

Lei lanciò da parte il libro e gli corse incontro. “Draco! Stai bene!” Lo strinse in un abbraccio. Draco voleva berciarle contro, ma era così premurosa nei riguardi del suo braccio e profumava di vaniglia, quindi lasciò correre.

“Grazie per avermi preso. Di nuovo.” Ricambiò la stretta con il braccio buono.

“Quando vuoi.” Stava sorridendo quando si tirò indietro. “Anche se sarebbe carino se potessi smetterla di cacciarti in situazioni che ti portano a collassare.”

Mugugnò. “Non l’ho fatto apposta.” Le tirò le punte dei capelli senza pensarci, perché era quello che faceva con Luna, e il suo sorriso si allargò esponenzialmente. “Vado a prepararmi. Dovresti davvero mettere un incantesimo di disillusione su quel libro, così non saresti costretta a nasconderti qui a orari impossibili per leggerlo.”

“Non ne conosco nessuno.” Rispose lei mentre lo guardava camminare verso il suo dormitorio.

“Te li insegnerò io!” esclamò da sopra la spalla prima di scomparire dietro la porta delle camere dei ragazzi.

Entrò nella stanza sua e di Blaise il più silenziosamente possibile e si era già sbottonato la maglia del pigiama quando realizzò che la fasciatura avrebbe complicato le cose. Si avvicinò al letto di Blaise e lo punzecchiò sulla spalla con la bacchetta, prima di fare tre passi indietro.

Blaise tirò su con il naso e scattò a sedere, del tutto sveglio. Con lui non esistevano le vie di mezzo. “Draco!”

“Mi dai una mano?” chiese, indicandosi il braccio.

Blaise scosse la testa, ma Draco vedeva quanto fosse sollevato. “Pansy ha sclerato per tutto il giorno su quanto letali fossero le ferite magiche. Da quanto ne so Daphne ha dovuto soffocarla con un cuscino per farla stare zitta.”

“Non sono morto.” Sussultò quando Blaise gli fece scivolare gentilmente il braccio dalla manica, per poi appoggiarlo di nuovo alla fascia. “Ma Pomfrey ha detto che ci vorranno un paio di settimane perché guarisca del tutto.”

“Meglio di essere morto.” Disse in modo pratico Blaise. “Vuoi un aiuto nella doccia?”

“Sì.” Sospirò. Era una fortuna che Blaise sapesse di Harry, perché le tre calendule sul suo fianco erano impossibili da non vedere. “Immagino che tu non sappia come rendere impermeabili le bende?”

Scosse la testa. “È Pansy quella che tra noi ne sa qualcosa di trasfigurazioni. Narcissa non ti aveva insegnato quell’incantesimo ombrello? Puoi lanciarlo in modo da farlo più piccolo?”

Draco voleva spiegargli che gli incantesimi non funzionavano così, ma era molto cosciente del fatto che se si fosse lanciato in un’ennesima filippica sulla sua materia preferita Blaise lo avrebbe abbandonato e avrebbe dovuto lavarsi i capelli da solo. “Vabbè, mi rifarò il bendaggio prima di andare a lezione.”

“Vuoi dire che io dovrò rifarti il bendaggio prima di andare a lezione.” Disse Blaise, ma non doveva essere poi così irritato perché stava rovistando nel baule di Draco alla ricerca del suo bagnoschiuma preferito.
 
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Harry stava spiluccando la sua colazione, lanciando ansiose occhiate al tavolo Serpeverde come se ciò potesse far apparire Draco più in fretta. Non aveva risposto allo specchio la scorsa notte; Hary sapeva che probabilmente era perché non ce l’aveva con sé nell’infermeria, ma il pensiero non lo aveva tranquillizzato. Aveva dormito poco o niente.

“Pensi che il padre di Malfoy voglia davvero processare Fierobeecco?” chiese Hermione, seduta tra loro, parlando piano in modo che solo Harry e Ron la potessero sentire.

“Penso che siamo fortunati che non stia processando anche Hagrid.” Disse Ron, facendo scivolare le salsicce preferite di Harry sul suo piatto. Apprezzò il gesto, ma non aveva fame.

Lei corrucciò lo sguardo e appoggiò due pezzi di pane tostato vicino al suo gomito, come se Harry non la notasse se faceva finta di niente. Ne prese uno e lo morse per evitare di ritrovarsi circondato da una piccola montagnola di cibo. “Non mi sembra giusto. Malfoy non ha ascoltato!”

“In realtà l’ha fatto.” Harry guardò verso l’entrata della Sala Grande, per poi rivolgere lo sguardo imbronciato al suo piatto strapieno. “Non voleva davvero dire che fosse brutto. Parla in questo modo anche di Abigail.”

Dal momento che Harry stava finalmente mangiando, Ron assalì la propria colazione. “Non avrebbe dovuto dirlo comunque, Hagrid ci aveva avvertito che erano sensibili. Ma anche mio padre sarebbe furioso se fossi stato io a venire artigliato da un ippogrifo, incidente o meno. Malfoy sarebbe potuto morire. Quindi diciamo che è un po’ colpa di tutti e ha senso che siano tutti arrabbiati. D’altro canto, il padre di Malfoy è nel Consiglio dei Governatori e ha sicuramente votato a sfavore della nomina di Hagrid come professore di Cura delle Creature Magiche, il che peggiora solamente le cose.” Ci volle un po’ prima che Ron si accorgesse che Harry e Hermione lo stavano fissando. Mando giù un boccone di waffle troppo grosso. “Cosa?”

Si fece quasi scappare che Ron avrebbe potuto essere un Tassofrasso, ma sapeva che l’avrebbe presa nel modo sbagliato; quindi disse altro. “È quello il lavoro di suo padre? Quella cosa del governatore? Dra- Malfoy aveva detto che suo padre era un avvocato.”

Ron arricciò il naso, iniziando a mangiare il suo toast. “Non proprio. Voglio dire, è una posizione prestigiosa. Malfoy è in quel consiglio da quando è nato suo figlio. C’è un qualche tipo di stipendio percepito dai membri, ma la maggior parte di loro lo restituisce alla scuola in donazioni. I Malfoy sono una famiglia ricca da generazioni, suo padre fa un sacco di roba. Tipo, metà dei loro soldi sono ancora investiti in affari in Francia. Credo che se recitassi tutti i suoi titoli sarebbe una lista lunga come quella di Silente.”

“Cosa fa esattamente il Consiglio dei Governatori?” chiese Hermione, affascinata. “In Storia di Hogwarts c’è solamente scritto che è un organo governativo.”

Le lanciò uno sguardo strano e alzò le spalle. “In realtà è tutto qui. Approvano i budget annuali e devono confermare tutti i nuovi appuntamenti e i cambi degli orari e delle lezioni. Se non sbaglio per passare devono esserci una maggioranza di due terzi… Non so, posso chiedere a Percy, lui ne saprà qualcosa.”

“Come fai a sapere queste cose?”

Ron sbatté le palpebre. “Ehm, non saprei? Non sono cose che sanno tutti? Neville ha un cugino o qualcosa di simile nel Consiglio, lui ne sa più di me.”

Continuarono a parlare, ma Harry non li ascoltò. Draco era appena entrato nella Sala Grande con Blaise al suo fianco. A parte il braccio fasciato era tornato alla normalità; sembrava che l’emorragia non avesse lasciato danni permanenti. Draco alzò lo sguardo e i loro occhi si incontrarono a metà della sala. Sogghignò e usò il braccio buono per passarsi una mano fra i capelli prima di continuare a camminare verso il tavolo Serpeverde. Si sedette vicino a Pansy, che gli si incollò al fianco. “Cretino.” Disse Harry affettuosamente.

Ron fece una risata nasale. Harry alzò la test e vide entrambi i suoi migliori amici che lo guardavano scuotendo la testa. “Mangia la tua salsiccia.” Disse Hermione. Harry aggrottò la fronte ma eseguì: gli era finalmente ritornato l’appetito.
 
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Erano a lezione di Pozioni insieme, anche se ai due lati opposti della classe. Harry poteva vedere Draco in difficoltà a tagliare gli ingredienti.

Anche Piton lo notò, perché ordinò a Pansy di fare coppia con lui. Era felice di aiutarlo, anche se Draco sembrava irritato. Si accontentò di darle indicazioni, ma Harry riteneva che Pansy avesse avuto un colpo di fortuna. Era mediocre in pozioni, mentre Draco era in costante lotta per il primo posto con Hermione.

“Concentrati.” Sibilò Hermione, sgomitandolo nel fianco. “Lui sta bene. La tua pozione, invece, no.”

Guardò in basso e si accorse che il colore della sua pozione era completamente sbagliato - un rosa malaticcio – e si rassegnò a ricevere un brutto voto.

“Potter.” Lo schernì Blaise mentre passava. Harry alzò lo sguardo giusto in tempo per vederlo lasciar cadere un pizzico di occhi di scarafaggio nel suo calderone.

Dopo qualche secondo in cui gorgogliò pericolosamente vicino al bordo, la pozione si sgonfiò e rimase a sobbollire sul fondo cambiando nel giusto colore, un verde brillante. Lui e Hermione lanciarono un’occhiata a Blaise, che era tornato al suo solito posto dietro a Draco e di fianco a Daphne Greengrass. Nessuno dei Serpeverde guardò verso di loro.

“Huh.” Disse Ron. “Non me lo aspettavo.”

“Non ti aspettavi cosa?” chiese Nevlle, alzando la testa dalla sua pozione con uno sguardo di vago terrore.

Prima che riuscissero a pensare ad una scusa, Piton piombò su di loro. Sputò qualche commento sgarbato e non necessario sull’intelligenza di Neville e sul ragazzo in generale, poi fece svanire tutta la sua pozione con un colpo di bacchetta.

Harry dovette resistere all’impulso di rovesciargli in testa il contenuto bollente del suo calderone.
 
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Quando Pozioni finì, Draco trovò Flint ingobbito su una pila di libri e con quell’espressione di panico perenne che ogni studente del quinto anno sembrava avere grazie ai G.U.F.O. incombenti. Riuscì a malapena ad aprire la bocca prima che il più grande lo interrompesse sul nascere. “Sì, so che non puoi partecipare alle selezioni con quel braccio. Sì, la posizione di cacciatore è comunque tua. No, non è un trattamento speciale, ti ho visto volare per un anno intero, non ho bisogno di guardarti ancora per sapere che andrai meglio come cacciatore invece che come cercatore. No, non era un insulto, ma sentiti libero di prenderla come un’offesa.”

Chiuse la bocca. “Oh. Grazie.”

“Vabbè. Vedi di rimettere in sesto quel braccio prima che inizino gli allenamenti. Ora sparisci.”

Draco era tentato di dare una mano a Flint e aiutarlo a studiare per i G.U.F.O. di incantesimi; ma quello avrebbe significato stare in compagnia del suo capitano più del necessario, e Flint era una noia. Gli era grato per le sue parole, ma non così grato.

Quindi risolse levandosi dai piedi. Decise di andare a cercare Luna ed esercitarsi a farle svanire le scarpe.
 
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L’irritazione di Harry per non essere riuscito ad affrontare il molliccio fu rapidamente messa da parte da quanto incredibilmente fighe fossero le lezioni del professor Lupin. Draco si imbronciava e basta quando lo menzionava e, okay, la sua anima gemella era un classista snob, ma non era così tanto classista e snob. Aveva persino smesso di dire cattiverie sui Weasley, non poteva essere così offeso dal fatto che Lupin indossasse vestiti sgualciti. Cercò di farsi dire quale fosse davvero il problema, ma lui si limitò a cambiare argomento.

“Inizio a sentirmi come un galoppino.” Mugugnò una notte di inizio ottobre. Si fece dare da Draco il tema di incantesimi di Hermione, fradicio di correzioni in inchiostro verde, per poi consegnargli il suo progetto di aritmanzia, talmente pieno di annotazioni in rosso che sembrava che qualcuno ci avesse sanguinato sopra.

Non riusciva a capire come due delle persone più intelligenti che conoscesse potessero sbagliarsi in altrettanti ambiti.

“Dì a Granger che deve concentrarsi meno sui movimenti della bacchetta e più sulla visualizzazione.” Disse distrattamente Draco, dando un’occhiata alle correzioni di Hermione. “Può seguire il libro alla lettera fino a esplodere, ma se non riesce a visualizzare cosa vuole lanciare non leverrà mai del tutto giusto.”

“Tipo trasfigurazioni?” chiese Harry. Non pensava molto ai movimenti della bacchetta o alla visualizzazione dell’incantesimo, eppure gli venivano bene.

Lui strinse le labbra, poi scrollò le spalle. “Più o meno. In trasfigurazioni io seguo troppo alla lettera, ma Pansy è abbastanza brava. I suoi saggi sono abbastanza confusionari, quindi i suoi voti sono più bassi dei miei, ma quando lancia gli incantesimi le vengono molto bene. Posso chiederglielo e vedere se ha qualche consiglio per Granger. Pansy fa abbastanza schifo a Incantesimi, però, quindi non so quanto influisca questa cosa, se influisce.”

Harry resistette all’impulso di scattare, perché avrebbe finito per accartocciare il compito di Hermione e poi lei lo avrebbe ucciso. “Sai, se dobbiamo lavorare insieme, per studiare e cose così, forse… Voglio dire, forse una o due volte alla settimana potremmo incontrarci. Tutti quanti insieme.”

“Tutti?” chiese Draco, guardingo.

Non aveva detto di no, quindi Harry si affrettò a continuare. “Sì! Noi, ovviamente, ma anche Ron e Hermione e Parkinson e Zab- voglio dire, Pansy e Blaise. Siamo bravi in materie differenti, per cui… Forse dovremmo provare a essere bravi in materie differenti insieme?”

Ci fu un lungo e disagevole momento in cui nessuno dei due disse nulla; poi Draco esordì: “Sì, va bene, sarà bello fare la predica a Granger di persona. Così potrò estorcerle come riesce a risolvere quelle maledette equazioni. Continua a saltare dei passaggi perché pensa che siano ovvi, però non lo sono, perché altrimenti li avrei fatti.”

“Giusto.” Harry si illuminò. “Sì, quella roba lì.”
 
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Harry lo disse agli altri poco prima dell’allenamento di quidditch, in modo da poter scappare se si fossero arrabbiati con lui. Hermione si illuminò e iniziò immediatamente a scriversi delle domande da fare a Draco. Ron sospirò e basta. “Immagino che dovremmo farlo.” Si illuminò e chiese: “Zabini in teoria gioca abbastanza bene a scacchi, sì?” Nessuno dei Grifondoro era più disposto a giocare contro di lui. Ogni tanto riusciva a costringere uno dei suoi fratelli, ma non più di tanto.

“Forse…?” disse. Draco non parlava molto dei suoi amici, a differenza di quanto Harry parlasse di Ron e Hermione. “Devo andare.”
Ron lo salutò con una mano e Harry si affrettò verso il campo. Non c’era nessuno. Gli ci vollero un paio di minuti passati a guardarsi intorno con sguardo confuso per poi ricordarsi che Wood voleva vedere tutti nello spogliatoio prima di iniziare.

“Scusa!” disse, irrompendo dove tutti erano già radunati. “Me ne ero dimenticato.”

Wood gli lanciò un’occhiataccia, ma gli altri non sembravano infastiditi. “Innanzitutto, perché siamo qui?” chiese Alicia. “Non dovremmo allenarci invece di spettegolare?”

“Questi sono pettegolezzi importanti.” Disse cupamente Wood. Harry si infilò vicino a Katie, che gli rivolse un sorriso amichevole. “Ragazzi.”
Fred e George si fecero avanti. Erano corrucciati. “Abbiamo spiati gli allenamenti dei Serpeverde.” Disse Fred. “Ci sono notizie buone e cattive.”

“La buona notizia è che la loro nuova cercatrice, Flora Carrow, è brava. Ma solo brava. Harry può batterla volando bendato.” George gli scompigliò i capelli e Harry cercò – senza troppa convinzione – di scacciare la sua mano.

“La cattiva notizia” continuò Fred, “è che Malfoy è un ottimo cacciatore. Non ha avuto bisogno di comprarsi il suo posto in squadra. È incredibile.”

Le ragazze fecero un verso di supponenza, offese dall’idea che Malfoy potesse essere una minaccia per loro.

“Siamo seri.” Insistette George. “Abbiamo bisogno di una nuova strategia. Penso che dovremmo concentrarci sul buttare Malfoy giù dalla scopa. Terremo d’occhio anche tutto il resto, ovviamente, ma Harry non ha bisogno del nostro aiuto contro Flora. Semmai gli leveremo di torno i battitori Serpeverde. Malfoy sarà un problema questa stagione.”

Tutti si lamentarono. Harry armeggiò con i lacci del guanto così che nessuno lo vedesse sorridere.
 
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La prima volta che portò i suoi amici a incontrare Draco, Harry era così nervoso da avere la nausea. I Serpeverde erano già nella classe abbandonata e le facce di Blaise e Pansy sembravano scolpite nella pietra. Non ci fu tempo per sentirsi a disagio, però, perché Hermione marciò immediatamente verso Draco e lo colpì sul petto con il suo saggio di incantesimi corretto. “Visualizzare? Visualizzare cosa?! È troppo vago! Non hai nessun diagramma o una fotografia come esempio?”

“Diagramma?” disse Draco, facendolo suonare come una parolaccia. “Certo che no! Devi sentire l’incantesimo prima di lanciarlo, se vuoi che sia perfetto.”

“Sentirlo?” Ripeté Hermione, alzando il sopracciglio. “Cos’è, siamo a divinazione?”

La conversazione superò presto l’abilità di Harry di seguirla mentre i due tiravano fuori delle sedie e sfogliavano insieme un libro di incantesimi. Ron alzò le spalle e disse a Pansy e Blaise: “Meglio noi che loro, giusto?”

Blaise rise, la prima crepa nella sua maschera purosangue. “Dovresti vederlo durante gli esami di fine anno. È un incubo.”

Ron gli diede una manata amichevole sulla spalla e sembrò quasi che Blaise non avesse intenzione di strappargli il braccio. “Amico, non puoi dire di aver visto un incubo finché non vedi Hermione con tre ore di sonno sulle spalle che recita ogni generale delle guerre goblin degli ultimi tre secoli. Durante la colazione.”

Blaise sorrise. “Scacchi?”

“Pensavo che non me lo avresti mai chiesto.” Disse Ron. Si rifugiarono entrambi dalla parte opposta della classe rispetto a Draco e Hermione che, per qualche motivo, si stavano quasi urlando addosso sopra un dizionario di latino arcaico.

Harry guardò Pansy, che sollevò un sopracciglio perfettamente curato. “Ho sentito che sei brava a trasfigurazioni.”

“Ma sì, dai.” Sospirò lei, tirando fuori la sua bacchetta. “Mercoledì i tuoi incantesimi erano assolutamente terrificanti. Le fantasie della tazzina e del piattino non si assomigliavano nemmeno!”

Voleva chiedere perché fosse importante che si assomigliassero, ma capì che sarebbe iniziata una discussione totalmente diversa che non aveva l’energia di subire. Così decise di non dire nulla e ascoltò, mentre Pansy gli insegnava il giusto modo di trasfigurare un topo in una tazzina da tè.
 
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Non fu esattamente facile. C’erano troppi momenti in cui ci si doveva impegnare per non offendere nessuno, ma era quasi divertente. Ron era contento che Hermione risparmiasse i suoi sfoghi accademici per il loro gruppo studio, perché significava che sarebbe stato Draco ad ascoltarla e non lui.

Fu più semplice di quello che Harry avesse immaginato, però. Dietro i loro sogghigni Pansy e Blaise erano dei tipi a posto. Lontano da occhi indiscreti e giudicanti, Pansy si concentrava più sui suoi capelli che a fare la stronza e Blaise nutriva un profondo amore per erbologia. Gli fece giurare di non dirlo a nessuno, anche se quella non fu la prima volta che Harry desiderò di poterlo dire a più persone.

Blaise e Neville sarebbero andati parecchio d’accordo, se solo ce ne fosse stata l’occasione. Draco continuava a parlare di Millie, a cui dava ripetizioni ogni tanto, di quanto i suoi saggi fossero scritti incredibilmente bene e di come tutto quel leggere le servisse a qualcosa. Draco menzionò Crabbe e Goyle ogni tanto, dicendo che nonostante sembrassero la sua ombra in realtà non passavano molto tempo con lui lontano dagli sguardi della gente. “Sono impegnati.” Disse vagamente Draco quando glielo chiese. “Gli piace passare del tempo insieme più di quanto gli piaccia passarlo con me. In più, quando avevamo otto anni hanno sporcato il vestito nuovo di Pansy con del succo di prugna e da allora hanno il terrore di lei.”

Pansy ne sembrò incredibilmente compiaciuta. “Sono a posto.” Disse. Harry non avrebbe mai pensato di sentire Crabbe e Goyle descritti in quel modo. “Ma stanno intorno a Draco solamente perché le loro famiglie gli hanno detto di tenersi buono l’erede dei Malfoy.”

“Sono molto popolare.” Li informò Draco, facendo alzare gli occhi al cielo a tutti i presenti. “Lascio che mi stiano intorno in pubblico, così io ho due minacciose guardie del corpo e loro possono fare rapporto ai loro padri dicendo di aver seguito gli ordini. Tutti ci guadagnano.”

Durante quel primo fine settimana a Hogsmeade, quando fu costretto a rimanere indietro, rimase piacevolmente sorpreso quando Blaise e Pansy gli portarono dei dolciumi e una piccola botte di burrobirra. Ron e Hermione avevano promesso che gli avrebbero portato qualcosa, ma non si aspettava nulla dagli amici di Draco. Si chiese se, magari, quel gesto significasse che stavano lentamente diventando anche suoi amici.

Draco lo aveva preso in giro, ridendo. Gli aveva portato due pacchi di piume di zucchero e una dozzina di caramelle di marzapane finemente decorate a forma di calendula, gli stessi fiori che Draco aveva sul fianco. Aveva messo il tutto in una scatola con un fiocco di seta, quindi non poteva averlo preso a Mielandia; il che significava che era andato in qualche tipo di negozio da snob solo per lui.

Era carino quando non faceva lo stronzo.

Ovviamente, la felicità di Harry per il regalo inaspettato fu rapidamente stroncata da Sirius Black, che si era fatto strada nel castello e aveva tagliato il ritratto della Signora Grassa nel tentativo di introdursi nella sala comune di Grifondoro.
 
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La notte seguente Harry stava aspettando nella solita classe quando Draco irruppe nella stanza e lo strinse in un forte abbraccio. Fu tutto così inaspettato che non ebbe il tempo di ricambiarlo prima che Draco lo spingesse via. “Com’è potuto succedere?” chiese. “Non dovrebbe poter entrare nel castello, figuriamoci arrivare fino alla tua sala comune! Questo è- questo è inaccettabile!”

“Tranquillo.” disse. “Draco, non è riuscito a entrare. Va tutto bene.”

“Non va bene.” scattò Draco. “E se ti avesse trovato mentre eri in corridoio? O fuori dalle mura? Mia madre non mi vuole dire nulla, nemmeno dopo questo fatto, e lei sa qualcosa per forza!”

“Perché dovrebbe sapere qualcosa?” chiese.

Draco gli lanciò un’occhiata di fuoco che Harry aveva imparato a non prendere sul personale. “Perché, magari, Sirius è suo cugino? Il nome da nubile di mia madre è Black. Se non si fosse sposata con mio padre, sarebbe la seconda candidata nella linea di discendenza per la posizione di Capofamiglia, visto che Andromeda ha fatto quella brutta fine e ora vive nel mondo babbano. Mamma aveva solo quattro anni in più di Sirius e di tuo padre e gli altri.”

“Cosa?” disse Harry, gli occhi sgranati. Prima era Lupin a conoscere i suoi genitori, ora anche la mamma di Draco. “Sirius Black era nello stesso anno di mio padre? Pensi che si conoscessero?”

“Questo non è il momento di scherzare.” Scattò Draco; poi lo guardò bene in faccia e sbiancò. “Merlino, non stai scherzando, vero? Tu davvero non lo sai. Come puoi non saperlo?”

“Lo saprei, se me lo dicessi.” Disse Harry, irritato.

Draco gli rivolse uno sguardo leggermente terrorizzato. Evocò Abigail e gli avvolse il serpente intorno alle spalle. “Ecco, ti aiuterà a calmarti.”
Non sapeva come un serpente scontroso e viziato che gli sibilava lamenti nell’orecchio dovesse calmarlo, ma aveva altro a cui pensare. “Draco. Cos’è che non so?”

“Parecchio, a quanto pare.” Disse, ma prima che Harry potesse inalberarsi, aggiunse: “Certo che si conoscevano. Erano migliori amici.”

Nel bel mezzo della spiegazione, Harry capì che la vera ragione per cui Draco aveva evocato Abigail era perché Harry non andasse a fare qualcosa di stupido con un serpente avviluppato intorno a lui. Distrusse comunque la maggior parte del mobilio della classe, perché se non avesse fatto qualcosa sarebbe esploso. Draco non disse nulla, limitandosi ad aggiustare quello che poteva quando Harry si calmò e facendo sparire il resto.

Dopodiché, rimase in piedi con la fronte premuta sulla spalla di Draco, le braccia dritte lungo i fianchi e i pugni stretti. Draco gli accarezzò cautamente un braccio, cercando di trovare il giusto equilibrio per rassicurarlo senza stargli addosso. “Non fare nulla di avventato, come tentare di inseguirlo o cose del genere. Sono serio, Harry. È pericoloso.”

“Avventato?” disse debolmente Harry. Lo sforzo di distruggere l’arredamento di mezza classe lo aveva reso talmente stanco che avrebbe potuto addormentarsi sul posto, in piedi e con la testa appoggiata alla spalla di Draco. “Io? Stai sicuramente parlando di qualcun altro.”

Draco gli pungolò brutalmente un fianco. “Sono serio, Harry.”

“Sei Sirius? Sei più basso di quello che mi aspettavo.” Disse, riuscendo a racimolare un sorriso mentre Draco gemeva e lo pungolava di nuovo, abbastanza forte che, ne era sicuro, più tardi avrebbe trovato un livido.
 
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Draco era sugli spalti, fingendo di tifare per Tassofrasso anche se voleva solo guardare Harry. Pansy resistette fino a quando non iniziò a piovere, poi disse “La tua anima gemella non vale la pena di arricciarmi di nuovo i capelli” e scomparì per tornare al castello. Aveva lasciato eventi più importanti per motivazioni peggiori, quindi non fu sorpreso. Blaise rimase al suo fianco, più perché non aveva altro di meglio da fare che perché gli importasse del quidditch o di Draco.

Avrebbe dovuto portare Millie. Non era interessata a giocare, ma aveva una devozione fanatica per il quidditch. Avrebbe potuto almeno goderselo.

Guardò Harry per la maggior parte del tempo e finse di non rimanere colpito quando Granger usò un incantesimo per rendere i suoi occhiali impermeabili. Se lo sarebbe fatto insegnare alla loro prossima sessione di studio.

Dal momento che era più interessato a guardare la sua anima gemella che a seguire la partita, fu il primo ad accorgersi che qualcosa non andava. La pioggia era gelata, ma gli ci vollero svariati minuti per realizzare che faceva troppo freddo per essere colpa solo della pioggia, che la nebbia che si stava addensando fosse innaturale.

Stava già urlando ai presenti di scappare quando i dissennatori sciamarono nel campo. Cercò Harry con lo sguardo e vide il momento in cui svenne, proprio com’era successo sul treno; e vide il momento in cui cadde dalla scopa.

Una caduta da quell’altezza non poteva che essere fatale.

“WINGARDIUM LEVIOSA!” urlò, sperando che i presenti fossero troppo impegnati a gridare per notarlo. L’incantesimo colpì Harry di striscio, riuscendo solo a rallentare la sua caduta per un momento prima di perderlo. Lo lanciò di nuovo e il risultato fu lo stesso; non era abbastanza, non sarebbe riuscito a fermare Harry in quel modo e sarebbe morto.

Fortunatamente in quel momento Silente notò che il Ragazzo Che Era Sopravvissuto stava cadendo verso la sua morte e usò un qualche tipo di incantesimo che Draco non aveva mai visto prima per guidare gentilmente Harry per terra; un istante dopo ne lanciò un altro, così luminoso che Draco ne rimase abbagliato, che scacciò tutti i dissennatori dal campo.

Blaise gli stava strattonando il braccio da un po’. Draco gli permise di trascinarlo via e si mescolò alla folla di studenti che stava scappando verso il castello.
 
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Draco stava facendo avanti e indietro in un corridoio fuori uso dei sotterranei. Blaise aveva detto che Harry stava bene e poi lo aveva buttato fuori dalla loro stanza perché il suo preoccuparsi senza senso gli dava i nervi. Non poteva fare visita a Harry nell’infermeria, nonostante volesse farlo, e Harry non aveva con sé lo specchio, per cui non potevano nemmeno parlare. Tutto quello che poteva fare era aspettare finché non lo avessero dimesso, per poi appartarsi con lui lontano da sguardi indiscreti.

“Sai, penso che tu abbia un’ossessione per salvare le persone.” Disse una voce che avrebbe infestato i suoi incubi.

“Che cosa vuoi, Weasley?” si girò a fulminarla con lo sguardo. “Che diavolo ci fai qui? Nessuno viene quaggiù!”

Ginny alzò gli occhi al cielo. “Luna ha detto che ti avrei trovato qui. Ha detto che non potevo essere cattiva con te, però.”

“Sei sempre cattiva con me.” disse lui, petulante. “Dì a mia cugina che sei un’orribile arpia decisa a rovinarmi la vita. Spero che trovi dei nargilli e che li faccia dormire nei tuoi capelli.”

“Abbiamo parlato due volte in tutta la nostra vita. Non fare il melodrammatico.”

“Sei stava una peste entrambe le volte.” Rispose lui. “Seriamente, Weasley. Che cosa vuoi?”

Il viso di Ginny si distese in un’espressione seria. “Ti ho visto oggi, alla partita. Ho visto cos’hai fatto per Harry.”

“Non ho fatto nulla per Potter.” Disse. Quella ragazza riusciva a essere nei posti peggiori ai momenti peggiori. “Non so di cosa tu stia parlando.”

“Abbiamo già giocato a questo gioco.” Lo rimproverò. “Non lo dirò a nessuno questa volta, se è questo che ti preoccupa.”

Draco incrociò le braccia. “Se non sei qui per ricattarmi, allora cosa sei venuta a fare?”

Le labbra di Ginny di storsero in un ghignetto. “Solo tu potresti fare una buona azione e preoccuparti do un ricatto. Volevo solo che sapessi che io so, così quando nessuno lo verrà a sapere saprai che puoi fidarti di me.”

“Perché dovrei volermi fidare di te?”

Lei alzò le spalle. “Mi fido di te. Non mi piaci, sei insopportabile e non ho idea di quale gioco tu stia giocando. Ma mi fido di te. Conosco il male, Malfoy. Ha vissuto dentro di me per un anno.” lui sussultò. Ginny gli si avvicinò a grandi falcate e per un momento pensò che volesse colpirlo. Invece, gli diede un colpetto sul naso. Draco incrociò gli occhi cercando di guardarla. “Tu non sei malvagio. Sei un rompipalle e dici cose crudeli in cui non credi davvero perché gli altri si aspettano che tu le dica. Ma non sei cattivo. In realtà sei l’opposto. E penso che un giorno avrai bisogno di persone di cui ti puoi fidare; e io voglio che tu sappia che sono una di quelle persone.”

Quella molto probabilmente era la cosa più carina che un Grifondoro gli avesse mai detto, inclusa la sua anima gemella. Cercò di pensare a come rispondere, ma lei se ne andò prima che avesse la possibilità di proferire parola.

Ginny Weasley era spaventosa.
 
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Tra Piton che fece supplenza a lezione di Difesa Contro le Arti Oscure mentre Lupin stava male, la disastrosa partita contro i Tassofrasso e la sua Nimbus 2000 distrutta, Harry era di pessimo umore in quei giorni. Ron e Hermione avevano fatto del loro meglio per non parlarne, ma i Serpeverde non avevano certi riguardi. L’ultima volta che si erano ritrovati insieme, Pansy lo aveva chiamato “fighettina”, minacciando di strozzarlo se non avesse smesso di frignare. Era rimasto così scioccato dalle sue parole che si era scordato della sua depressione per il resto dell’ora che passarono insieme; il che, con il senno di poi, era sicuramente il suo obiettivo. O forse era solo stufa dei suoi lamenti.

Tutto cambiò quando Fred e George lo agguantarono dopo lezione per dargli la cosa migliore che avesse mai ricevuto: la Mappa del Malandrino.

Usò lo specchio per dire a Draco che dovevano incontrarsi quella notte e che era un’emergenza. Era fuori di sé dalla gioia quando mostrò la mappa a tutti loro.

I Serpeverde erano sconcertati. “Non ti ha insegnato nulla lo scorso anno?” chiese Blaise. “Ti sei dimenticato cos’è successo l’ultima volta che qualcosa che non aveva un cervello ti ha parlato?”

Draco aveva già sfoderato la bacchetta. “Dammela immediatamente.”

“Non puoi darle fuoco!” esclamò Harry. “Fred e George l’hanno usata per anni, non è maledetta!”

Si scambiarono degli sguardi truci per un po’; infine, Draco sbuffò. “Va bene. Lasciaci almeno fare degli incantesimi di diagnosi.”

Harry gliela diede, assottigliando gli occhi. “E perché voi conoscete degli incantesimi simili?”

“Li insegnano a tutti quelli che crescono in una casa ancestrale.” Disse Pansy. “Non si può mai sapere cos’hanno lasciato in giro i tuoi antenati. Non è carino mettersi la sciarpa viola della prozia solo per scoprire che aveva una fattura antifurto dopo che la sciarpa ha cercato di strangolarti.”

Draco finì di mormorare una lunga frase in latino. La mappa si illuminò velocemente di una serie di colori prima di tornare normale. Tutti si rilassarono. “Non è pericolosa.” Disse e Harry resistette all’impulso di alzare gli occhi al cielo, perché lo aveva detto sin da prima. Draco toccò la mappa con la bacchetta e i colori apparvero di nuovo, ma più lentamente.

“Cos’era l’ultimo?” chiese sospettosamente Blaise. “Quello giallo.”

“Chi se ne frega.” Disse Pansy. “Non è diventata nera, quindi non c’è nulla di malvagio ed è questo che importa.”

“Librevenire!” esclamò Draco, e un tomo che doveva pesare almeno dieci chili sbucò dalla sua bacchetta. Dovette affrettarsi a prenderlo per non farlo cadere. Gli occhi di Hermione erano larghi come piattini da tè.

Harry aveva sperato che Draco non lanciasse mai quell’incantesimo di fronte a lei. Se Hermione avesse capito come evocare dei libri non sarebbe finita bene per nessuno di loro, non sarebbero mai più riusciti a farla uscire dalla sua stanza. “Uno di questi giorni i tuoi genitori noteranno che continui a prendere libri dalla villa.”

“Lo sanno.” Rispose lui, sfogliando le pagine. “Ma non gli interessa. Mio padre era famoso a scuola perché prendeva sempre delle O in tutti i suoi esami senza aver mai messo piede in biblioteca. Era perché si chiudeva in camera sua ed evocava quello che gli serviva dalla biblioteca di famiglia. È una tradizione.”

“Meraviglioso.” Disse Hermione. “Quindi puoi evocare solo quello che conosci?”

“Diciamo di sì.” Rispose. “Oppure, se hai un’idea chiara della disposizione del posto specifico dal quale lo stai evocando e ne conosci titolo e autore; ma in questo caso il risultato è imprevedibile. Non funziona con la biblioteca di Hogwarts.” Alzò brevemente lo sguardo, sorridendo quando vide Hermione sgonfiarsi. “Tutti i libri hanno degli incantesimi anti-manomissione, il che include gli incantesimi di appello.”

Lei tirò su col naso e incrociò le braccia. “Antipatico.”

Draco picchiettò un certo paragrafo del libro, per poi passarglielo. “Guarda! Eccolo qua. La mappa ha gli stessi incantesimi che vengono applicati sui quadri per mantenere la personalità di un ritratto.”

“Affascinante.” Disse lei, lanciando uno sguardo curioso alla mappa. “E per quanto riguarda gli altri?”

Draco afferrò la mappa e, dopo che ebbe parzialmente spiegato gli incantesimi diagnostici, Ron sospirò e chiese: “Spara schiocco? Saranno impegnati per un po’.”

“Ma sì.” Acconsentì Pansy. “Devo ammettere che sono grata che ora faccia la secchia con Granger invece che venire da noi a cercare di farci interessare a quella robaccia.”

“Pure io.” Dissero insieme Harry e Ron. I quattro si sorrisero a vicenda e iniziarono a giocare, con il delizioso chiacchiericcio di Draco e Hermione che discutevano di colori in sottofondo.
 
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Il viaggio a Hogsmeade era esattamente ciò di cui Harry aveva bisogno, anche se dovette sempre stare sotto il mantello dell’invisibilità. Desiderò che lui, Ron e Hermione potessero passare del tempo anche con Draco, ma lui non era praticamente mai da solo, quindi non era un’opzione. Crabbe e Goyle gli erano costantemente con il fiato sul collo e avevano visto che Millicent lo aveva trascinato in una libreria a un certo punto, ma nessuno dei tre ebbe la possibilità di stare con lui.

La situazione migliorò ancora di più quando Piton e il suo programma incentrato sui lupi mannari lasciarono la classe di Difesa Contro le Arti Oscure e Lupin fece ritorno. Il professore promise a Harry di insegnargli come proteggersi dai dissennatori dopo le vacanze di Natale e la prospettiva di non essere completamente patetico e indifeso contro le sue peggiori paure fu abbastanza per fargli quasi venire il buonumore.

Era il giorno precedente alla partenza via treno degli studenti per le vacanze di Natale e Harry e Draco si dovevano incontrare nella classe vuota come facevano sempre. Draco gli aveva detto che non poteva rimanere come aveva fatto l’anno prima: entrambi i suoi genitori erano preoccupati per quello che stava succedendo a Hogwarts e sua madre si era infuriata quando aveva scoperto cos’era successo con Fierobecco.

Quando Harry arrivò, Draco aveva acceso un fuoco scoppiettante in modo da riscaldare l’angolo in disuso della stanza. Aveva anche preso tutti i cuscini sbiaditi dalle sedie, stendendoli di fronte al fuoco. “Bello.” Disse. Draco si girò al suono della sua voce e rilassò le spalle quando lo vide sorridere, il che fece tranquillizzare anche Harry.

Avevano scoperto di essere anime gemelle più di un anno prima, ma quella era la prima volta che si scambiavano dei regali: avevano infatti saltato i reciproci compleanni, visto che non c’era modo per loro di spedirsi nulla durante l’estate.

Si sedettero entrambi e Draco gli piazzò una piccola scatola tra le mani. Era avvolta da carta rossa, con delle piccole scope che svolazzavano qua e là. “Ecco, apri prima il mio.”

Harry lo assecondò, scartando delicatamente il regalo con le dita in modo da non strappare la carta; poteva vedere che stava facendo impazzire Draco. E poi, la carta era bella! Voleva tenerla. La scatola recava la stampa Quality Quidditch Supplies. Dalla grandezza poteva essere solo una cosa. Stava già sorridendo quando aprì la scatola e un boccino d’oro di ottima fattura ne schizzò fuori. Lo acchiappò immediatamente, osservando come le ali battessero freneticamente nel tentativo di liberarsi. Passò il dito sopra il solco nel mezzo per disattivarlo. “Fantastico!” esclamò. “Grazie. È bellissimo.”

Draco gli sorrise, compiaciuto, e allungò la mano. “Okay, tocca a me.”

Harry gli diede il suo regalo, una sottile scatola quadrata avvolta in una semplice carta verde con un fiocco rosso. Erano colori natalizi, ma erano anche i loro colori, e aveva pensato che fosse bello. Sperava che gli piacesse: era difficile pensare a un regalo per qualcuno i cui genitori gli prendevano tutto ciò che desiderava in ogni caso. Hermione quando glielo aveva mostrato aveva applaudito, dicendo che era perfetto; lo aveva anche aiutato a impacchettarlo. Ron aveva detto che Draco l’avrebbe apprezzato, per poi definirlo un damerino egocentrico.

Draco strappò la carta, lanciando il coperchio della scatola dietro di sé. Era un sottile libro rilegato a mano. Draco lo aprì. “Ho colto quell’iris il primo giorno delle vacanze estive.” Disse Harry, scrutandogli ansiosamente il viso mentre l’altro girava le pagine. La prima pagina conteneva un’intera iris pressata, come quella che aveva sul fianco; e in ogni pagina c’era un petalo che aveva preso dal giardino di zia Petunia, seccato e premuto tra le pagine dell’elenco telefonico che aveva preso dal portico della signora Figg. Ne aveva preso uno ogni giorno, appuntando meticolosamente la data di quando l’aveva colto. Alla fine del libro c’era un’altra iris intera: l’aveva afferrata rabbiosamente dal giardino quando se n’era andato dopo aver gonfiato zia Marge. Uno dei petali si era strappato ed era un po’ più accartocciato degli altri, dal momento che non era stato molto attento quando lo aveva violentemente ficcato il fiore in mezzo alle pagine del suo libro di pozioni. “Ti piace?”

“Hai pensato a me ogni giorno?” chiese Draco. I suoi occhi avevano qualcosa di vulnerabile e dolce quando alzò lo sguardo su di lui.

Harry voleva negarlo, perché era imbarazzante. Voleva dirgli che non significava nulla, scherzarci su. Ma l’espressione sul suo viso lo fermò. “Uh, sì. L’ho fatto.”

Draco lo abbracciò così forte da togliergli il respiro. Era abbastanza sicuro che il regalo gli fosse piaciuto.
 
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La prima cosa che Harry e Draco fecero la mattina di Natale fu parlarsi attraverso gli specchi, giusto il tempo di sorridersi e augurarsi buone feste. Poi si dovettero lasciare; Harry per andare ad aprire la pila di regali ai piedi del suo letto, Draco per andare a svegliare i suoi genitori così da poter andare a fare colazione. E poi aprire i regali.
 
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Draco ebbe notizia della débâcle con la Firebolt la notte stessa che tornò dalle vacanze di Natale. Harry stava girando come una tigre in gabbia, lamentandosi di come Hermione avesse fatto la spia con i professori – che avevano poi confiscato la scopa – e di quanto furioso fosse nei riguardi di tutta la faccenda.

“Ha preso la decisione giusta.” Disse Draco, limitandosi ad alzare le spalle quando Harry gli lanciò un’occhiataccia. “Cosa ti aspettavi che dicessi? È una scopa, Harry. Una scopa molto bella. Ma qualcuno sta cercando di ucciderti e una scopa maledetta potrebbe essere il modo perfetto per farlo. E dovresti saperlo, visto che una scopa maledetta ti ha quasi ucciso il primo anno. Faranno gli stessi incantesimi di diagnosi che ho fatto io sulla mappa, solo molto più meticolosi visto che è una Firebolt e non un pezzo di carta, e, se non troveranno nulla di strano, te la ridaranno. Sul serio, dovresti ringraziare Hermione. È l’unica tra tutti voi con del buonsenso.”

Harry si sentì così offeso che marciò fuori dalla classe, sbattendo la porta mentre usciva.

In seguito, non rispose più alle sue chiamate allo specchio e smisero di incontrarsi. Draco era irritato, ma non così preoccupato. Non era come il litigio dell’anno precedente, quando stavano cercando di ferirsi a vicenda. Harry si stava solo comportando in modo stupido e testardo. Avrebbe mentito se avesse detto che non lo feriva essere ignorato, ma quello era un tipo di litigio che poteva affrontare. Harry si sarebbe dato una svegliata prima o poi, Draco lo avrebbe fatto strisciare per un po’ prima di perdonarlo da magnanimo qual era e tutto sarebbe tornato a posto.

Ron e Harry stavano riservando a Hermione lo stesso trattamento. Ron lo stava facendo sia per la scopa e sia perché, a quanto pareva, il suo gatto si aveva mangiato Crosta. Era rassicurante che non si stessero comportando così solo con lui, anche se si sentiva vagamente in colpa per pensarlo. Per scacciare quella sensazione, mandò un messaggio a Luna. Il giorno seguente, vide sua cugina e Ginny Weasley sedute vicino a Hermione, che sembrava molto meno triste; quindi Draco la contò come una vittoria.

Ovviamente, uno dei lati negativi del litigio fu che non aveva nessuno che lo aiutasse con gli incantesimi di Difesa Contro le Arti Oscure. Harry era il migliore dell’anno in quella materia, se non di tutta la scuola. Il che significava che, se voleva un aiuto più consistente di quello che potevano dargli Pansy e Blaise, sarebbe dovuto andare a parlare con il professore in persona.

Tutto quello che gli avevano detto i suoi genitori di Lupin valeva ancora, ovviamente. Ma era il miglior professore di Difesa che Hogwarts avesse visto in anni; ed era incredibilmente paziente, anche con le persone a cui gli incantesimi non riuscivano perché erano spaventate. Era uno dei pochi professori che gli piacevano, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Immaginò di potergli chiedere qualche dritta; i suoi genitori non dovevano saperlo per forza.

Ovviamente, tutti i connotati positivi di Lupin furono immediatamente cancellati dalla sua mente quando aprì la porta della classe e lo vide stare immobile, non facendo assolutamente niente, mentre un dissennatore avanzava verso Harry, che era per terra, svenuto.

“Expelliarmus!” urlò, puntando la bacchetta verso la schiena di Lupin. La bacchetta del professore schizzò sopra la testa di Draco, sparendo nel corridoio. Dopo che la vide uscire, Draco chiuse la porta. “Cosa pensa di fare?!”

“Signor Malfoy!” esclamò Lupin, ma non aveva tempo di starlo a sentire: c’era un dissennatore che stava attaccando Harry e, porca puttana, non conosceva ancora nessun incantesimo contro quei dannati cosi.

La cosa si girò verso di lui. Draco si stava già preparando a invocare lo spirito di Hermione, dargli fuoco e sperare per il meglio; poi, però, il dissennatore si fermò e mutò. Suo padre si erse di fronte a lui, una smorfia di disappunto sulle labbra e la delusione negli occhi.

Non era un dissennatore. Era un molliccio.

Grazie a Merlino.

Notò l’armadio aperto dietro la creatura e decise di non scomodarsi a usare riddikulus. “Wingardium leviosa!” Uno degli sgabelli si levò in aria. Fece un affondo con la bacchetta e la mosse, guidandolo contro il molliccio per colpirlo e farlo cadere nell’armadio, utilizzandolo successivamente per chiudere l’anta. Annullò l’incantesimo di levitazione, lasciando che lo sgabello cadesse rovinosamente a terra. “Colloportus.” Disse, sigillando l’armadio per buona misura.

Stava ansimando quando si girò verso Lupin, la bacchetta ancora tesa di fronte a sé. “Notevole.” Disse l’uomo, con un’espressione meno preoccupata di quella che Draco riteneva avrebbe dovuto avere, dal momento che era disarmato. “Ma non necessario, temo.”

“Non necessario?” ringhiò. “A che diavolo di gioco sta giocando?”

“Modera il linguaggio.” Disse Lupin. Draco lo avrebbe affatturato e lo avrebbe fatto con piacere.

 Ci fu una calda presenza dietro la sua schiena e una mano apparve per fargli abbassare il braccio. “Smettila.” Disse Harry, parlando un po’ ingarbugliato. “F- finiscila. Gli ho detto io di farlo.”

“Gli hai detto di guardare mentre affrontavi la tua più grande paura e un dissennatore cercava di baciarti?” chiese a denti stretti.

Sì!” rispose lui, ma sarebbe stato più convincente se non stesse appoggiando la maggior parte del suo peso sulla schiena di Draco. “Mi sta insegnando l’incanto patronus. Il molliccio era utile e ovviamente non pericoloso quanto un dissennatore. Abbassa la bacchetta, pazzoide!” Oh, in realtà era un’idea abbastanza buona. Ma un incanto patronus? Non era qualcosa che molte persone imparavano senza seguire un allenamento da auror. Harry gli strattonò debolmente il braccio, ma la sua bacchetta era ancora puntata su Lupin. “E poi, che ti è saltato in mente? Attaccare un professore?”

“Come se i nostri professori non ti avessero mai attaccato.” Disse Draco, odiando lo sguardo calcolatore con cui Lupin li stava studiando.
Dei nemici non si parlavano in quel modo. Dei nemici non attaccavano dei professori per difendersi a vicenda, men che meno si lanciavano contro dei dissennatori. Merlino, che casino. Altro che Hermione, avrebbe dovuto seguire l’esempio di Lockhart e imparare qualche incantesimo di memoria.

Harry sbuffò, rassegnandosi e spingendosi cautamente via da Draco per mettere il peso sulle proprie gambe. “Okay, ci sta. Ma Lupin non mi ha attaccato, quindi puoi smetterla ora?”

“No.” Rispose Draco a voce alta. Lupin alzò un sopracciglio. “Non dirà a nessuno cos’è successo qui. Non dirà a nessuno che io e Harry siamo amici. Mai.”

“Oh?” disse divertito l’uomo. Draco odiò quel sorriso di condiscendenza che gli arricciava appena gli angoli delle labbra. “Perché no?”

“Perché se lo farà, io distruggerò ogni speranza che ha di ottenere un lavoro stabile. Tutti sapranno che lei è un pericoloso, rabbioso lupo mannaro assetato di sangue.” Lupin sbiancò, perdendo un po’ della sua spavalderia.

Harry sbatté le palpebre. “Lui è un che?”

Draco non spostò lo sguardo o la bacchetta da Lupin – nonostante volesse farlo – e lo fissò dritto negli occhi. “Non ti ha detto nulla Hermione? Lo sapeva da mesi.”

“Tu da quanto lo sapevi?” gli chiese Harry. Non aveva avuto chissà quale reazione alla notizia, ma Draco non era sorpreso. Harry non era stato cresciuto in quel mondo, non sapeva com’erano visti i lupi mannari dalla maggior parte dei popoli civilizzati, come li trattavano.

Alzò le spalle. “Mio padre me l’ha detto prima che salissi sul treno. Aveva votato contro l’assunzione di Lupin, ovviamente.”

“Ovviamente.” Gli fece eco il professore. “Quindi, cosa, se io racconto a qualcuno il tuo segreto tu racconterai a tutti il mio?”

“Non sia ridicolo.” Sapeva che c’era qualcosa di crudele e brutto nel suo sorriso, ma non si scomodò a nasconderlo o cambiarlo. Voleva che quell’uomo credesse che intendeva fare tutto ciò che stava per dire. “Non dovrei nemmeno saperlo, se inizio a chiacchierare mio padre verrebbe incolpato. Ma mia madre è stata molto chiara nel dirmi di farle sapere se mi avesse anche solo guardato male, di farle sapere se decidessi che lei è una minaccia troppo grande per le persone intorno a lei. Se glielo riferissi, lei farebbe presente le sue preoccupazioni al prossimo pranzo con i Nott, che lo diranno agli Ollivander, che lo diranno ai Brown, che lo diranno ai Diggory. Tutti loro, ovviamente, lo diranno alle famiglie a cui sono legati, il che comprende quasi tutte le famiglie purosangue, nonché ogni proprietario di affari magici e ufficiali di governo in Inghilterra. Per quando finirà l’anno scolastico non solo non avrà più un lavoro e tutti sapranno che lei è un lupo mannaro, ma il suo nome verrà messo in talmente tante liste nere che non riuscirebbe a trovare lavoro nemmeno come lustrascarpe.”

Il viso di Lupin era diventato completamente vacuo. Harry lo spinse e lui incespicò, ma la sua bacchetta non vacillò. “Draco! Sei impazzito? Non- non farlo!”

“In aggiunta,” disse, ignorando la sua anima gemella. “Se farà del male a Harry, se lo metterà in pericolo in qualsiasi modo, non userò la soluzione di mia madre. Userò quella di mio padre.”

Lo sguardo di Lupin gravitò verso il petto di Draco, come se stesse contando ognuno dei suoi bottoni d’argento. “Ah. Mi stavo chiedendo se quelli fossero intenzionali.”

“Come se mio padre mi mandasse a scuola disarmato con un lupo mannaro che gira per i corridoi.” Lo derise Draco.

“Non particolarmente letali da soli.” Osservò Lupin, teso. “A meno che, ovviamente, non si sia versati per gli incantesimi. Insieme a un incantesimo di levitazione particolarmente potente, potrebbero causare svariati danni.”

Stava quasi per sentirsi male. Quello non era come prendere in giro Longbottom o minacciare quelli del primo anno. Era reale e spaventoso. “Mio padre mi ha suggerito di scaldarli e spargere l’argento fuso sopra il suo cuore. Personalmente, sono curioso di vedere cosa succederebbe se glielo facessi ingoiare.” Si sentiva sul punto di vomitare. Sperò che non lo avesse notato nessun’altro. Le minacce non erano molto efficienti se vomitava al pensiero di applicarle.

“BASTA!” Ruggì Harry. Draco non lo ostacolò quando gli fece abbassare il braccio. “Questo- questo è anche troppo. Draco. Perché dovresti- è- non- sei meglio di così!”

“In realtà no.” disse. “Pensi che il professor Lupin ti farà del male?”

“OVVIAMENTE NO!” urlò Harry.

Non si fece sfuggire come le spalle del professore si rilassarono un pochino a quelle parole. “Allora non ha importanza, no? Se non farà del male a te, io non farò del male a lui. Se non rovina le nostre vite, io non rovinerò la sua. Tutto bello e giusto, come piace a te.”

Harry lo fulminò con lo sguardo. “Questa è la versione Serpeverde di giusto. Tanto per cominciare, noialtri non minacciamo nessuno.”

Draco alzò le spalle, fingendo che non gli interessasse, e si girò verso Lupin. “Abbiamo un accordo?”

“Immagino di sì.” Rispose lui seccamente. “Non vedo come possa avere alcun tipo di scelta a riguardo, visto che differire prevede l’ostracismo o la morte.”

“Eccellente.” Disse allegro Draco, sperando di non avere un colorito verdognolo come invece sentiva di avere. “Starò qui durante la lezione del patronus e anche per quelle a venire. Presumo vada bene a tutti?”

“No!” esclamò Harry, mentre allo stesso momento Lupin esalò un “Già che ci siamo.”

Harry guardò Lupin come se lo avesse tradito. L’uomo sembrava già essersi lasciato alle spalle le minacce di morte di Draco e alzò le spalle. “Flitwick ha detto che è il miglior studente di incantesimi che abbia visto in anni. Forse può aiutarti.”

Draco si grattò il naso per nascondere il suo rossore e, con sua sorpresa Lupin gli sorrise.

Harry fece rimbalzare lo sguardo tra loro, per poi gettare le braccia in aria. “Non ho idea di cosa stia succedendo.”

“Non ce l’hai mai.” Disse Draco. “E comunque è tutta colpa tua. Se non mi avessi ignorato come un bambino capriccioso, io avrei saputo delle lezioni di patronus e nulla di tutto questo sarebbe successo.”

Harry sputacchiò. Draco aprì la porta con un movimento della bacchetta e richiamò la bacchetta di Lupin da dov’era caduta nel corridoio. Gliela porse e lui, dopo averlo squadrato per qualche secondo, la accettò. Draco non sapeva cosa stesse cercando nel suo viso, ma qualsiasi cosa avesse trovato sembrava averlo rassicurato. “Grazie, signor Malfoy.”

“Draco va bene.” ribatté. “Siamo tutti amici qui.”

Pensò di essersi spinto troppo oltre, ma Lupin doveva avere un oscuro senso dell’umorismo nascosto da qualche parte, perché sorrise e disse: “Certo che lo siamo, Draco.”

Sembrava che Harry desiderasse ardentemente di strangolarli entrambi.
 
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Harry trascinò Hermione lontana da Luna e Ginny a colazione, afferrando il gomito di Ron mentre usciva. Li guidò in una marcia fuori dalla sala grande e dentro la prima stanza vuota che trovò. Sfortunatamente per loro, era uno sgabuzzino delle scope. “Sapevate che il professor Lupin era un lupo mannaro?” chiese.

Ron sussultò. “È un cosa? Non ci credo!”

“Te l’ha detto Draco?” chiese Hermione. “Ho pensato che lo potesse sapere, visto che suo padre è nel consiglio.”

Harry fece a entrambi un riassunto di quello che era successo la notte precedente. Entrambi si fecero più pensierosi del previsto. “Non è che penso che abbia fatto la cosa giusta,” disse Hermione “Perché è un punto di vista da mentalità ristretta e lui è un pensatore razionale abbastanza da avere più giudizio. Ma devo sottolineare il fatto che si è offerto di combattere un lupo mannaro per te.”

“E chi lo immaginava che quel bastardo avesse del fegato?” disse Ron, meravigliato. “E poi, non per essere uno stronzo, ma sono un po’ d’accordo con Draco. Solo un po’. I lupi mannari sono spaventosi! E uno di loro è il nostro insegnante!”

“Sì.” Disse Harry, irritato. “È così spaventoso, con i suoi vestiti sgualciti e i suoi capelli grigi.”

Ron alzò le spalle. “I lupi mannari sono più forti di noi, anche quando non sono trasformati. Sono anche più veloci e sono aggressivi.” Si grattò il mento. “Anche se, Lupin non è molto aggressivo. Anzi, per niente. Non penso di averlo mai sentito alzare la voce, onestamente.”

“Forse è perché la maggior parte delle cose orribili che hai sentito su di loro sono voci senza fondamento.” Disse Hermione in modo risentito. “Non che questa piccola pausa dal trattamento del silenzio non sia stata carina, ma abbiamo tutti una lezione a cui andare.”

Harry e Ron si scambiarono uno sguardo: erano amici da abbastanza tempo da non doversi dire nulla prima di muoversi all’unisono per bloccare l’uscita a Hermione. “Penso che ci siamo comportati un po’ da, huh…” iniziò.

“Stronzi, maleducati, deficienti…” suggerì Ron, venendogli incontro.

Le labbra di Hermione ebbero uno spasmo agli angoli. “Sto ascoltando.”

Arrivarono dieci minuti in ritardo alla lezione, ma entrarono in classe come un sol uomo, sorridendo e camminando fianco a fianco. La McGonagall dovette approvare, perché non tolse nemmeno dei punti per il loro ritardo.
 
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Dopo la terza lezione in cui né lui né Draco riuscirono a evocare un patronus, Harry chiese: “Non dovevi essere bravissimo in incantesimi?”

“Non dovevi essere bravissimo in Difesa?” lo rimbeccò Draco, evocando un bicchiere d’acqua e che bevve a grandi sorsi. Harry aveva un’espressione patetica, quindi riempì di nuovo il bicchiere e glielo passò. “Sono più bravo in incantesimi che riguardano qualcosa di fisico: evocare qualcosa, sollevarlo, cambiare le sue proprietà. Ma gli incantesimi che sono solo magia… quelli sono difficili! Il più avanzato che conosco è protego, e questo solo perché mia madre me lo ha fatto imparare prima ancora che ricevessi la mia lettera per Hogwarts.”

Lupin finì di intrappolare il molliccio di nuovo nel guardaroba. Anche lui stava sudando, quindi Draco evocò un bicchiere di acqua anche per lui. L’uomo esitò, ma dovette decidere che Draco non era interessato ad avvelenarlo, perché lo accetto. Bevve solo due sorsi prima di sbattere le palpebre e chiedere: “Da dove l’hai presa?”

“Casa mia.” Rispose. “Ho cercato di evocare roba da qua, ma gli elfi domestici vanno nel panico quando qualcosa sparisce improvvisamente. Gli elfi Malfoy sono abituati. In più, la nostra acqua viene da una falda acquifera sotterranea, non da uno sporco lago.”

“Ovviamente.” Disse solennemente Lupin, prendendone un altro sorso per nascondere il suo sorriso. Non funzionò per niente.

Draco aveva scoperto che passare sempre più tempo con Lupin gli faceva piacere l’uomo di più, non di meno. Era sconveniente, visto che aveva minacciato di ucciderlo e via dicendo.

Lupin sembrava… rilassato, intorno a loro. Non era solo perché erano fuori dal contesto della classe, perché Harry concordava con lui; e Harry aveva passato del tempo con lui fuori dalla classe per un bel po’ a quel punto. Pensò… Beh, pensò che fosse perché sapevano che era un lupo mannaro, nonostante non l’avessero più menzionato dal loro primo incontro. Ma che a Lupin importasse così tanto che loro sapessero, nonostante tutte le cattiverie che aveva detto Draco, era troppo patetico per essere vero; così si rifiutò di crederlo.

“Che ricordo usa per lanciare il suo patronus?” chiese Draco. Harry alzò la testa, interessato.

“Ne ho qualcuno.” Disse il professore, massaggiandosi il polso. “Non fateci caso. Sapere cosa ricordo io non vi aiuterà a richiamare il vostro più facilmente. Forza: basta con l’allenamento per il patronus. Però non c’è motivo per non portarsi avanti sui compiti della settimana.”

Draco emise un lamento, perché Difesa non sarebbe mai stata la sua materia preferita, ma Harry si illuminò e lo tirò in piedi con impazienza.
C’erano delle rughe intorno agli occhi di Lupin, come se stesse cercando di non ridere.
 
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Ad Harry venne finalmente restituita la sua Firebolt, sana e salva. Draco ebbe i nervi a fior di pelle per tutta la partita di Grifondoro contro Corvonero, ma nessun dissennatore si fece vedere e la sua anima gemella per fortuna rimase salda sulla sua scopa. Millie era un’eccellente compagna per guardare il quidditch, incitando e fischiando con lo stesso entusiasmo.

Ovviamente, nulla di buono poteva durare: quella stessa notte, Sirius Black fece irruzione nella sala comune di Grifondoro.
 
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Harry sapeva che lui e Draco erano amici. Non solo perché erano anime gemelle, ma perché durante l’anno precedente avevano imparato a conoscersi e a piacersi genuinamente. Draco e Hermione andavano ovviamente d’accordo nonostante la spietatezza per i reciproci compiti; e Draco accettava ancora di giocare a scacchi con Ron, anche se veniva fatto a pezzi ogni volta.

Ma Harry non realizzò che Blaise e Pansy erano loro amici fino alla notte dopo l’intrusione, quando Pansy andò da Ron e iniziò a spazzargli i vestiti con le mani, la fronte corrucciata, delle maledizioni sulle labbra e continuando a dargli dell’idiota, mentre Blaise incombeva su di lui – l’unico del loro anno che ancora poteva farlo – per scoccargli un’occhiata carica di disapprovazione.

“Questo significa che ci vogliono bene, vero?” sussurrò Harry, pungolando Draco nelle costole.

“Ovviamente.” Rispose lui, fuggendo dai gomiti appuntiti di Harry.

Lo pungolò di nuovo solamente per ricevere il suo famoso sguardo offeso.

Dopo che i Serpeverde furono rassicurati sul fatto che Sirius Black non avesse ferito nessuno di loro, il tutto finì in una discussione riguardo il loro ultimo saggio di trasfigurazioni. Draco e Ron pensavano che il processo per diventare un animagus fosse arcaico e obsoleto, mentre Blaise e Hermione insistevano che era più complesso di come sembrava e che tutti i rituali fossero necessari.

A Harry e Pansy onestamente non fregava nulla e avrebbero semplicemente preferito non doverne scrivere un metro e mezzo di pergamena.

“Posso farti le unghie?” chiese lei. “Ho degli incubi sulle tue cuticole.”

Si guardò le mani. Aveva ancora del fango sotto le unghie dall’allenamento di quidditch. “Sì, okay. Non colori Serpeverde.”

Lei tirò su altezzosamente col naso e finì per dipingergliele di rosso. Riuscì persino a disegnargli un boccino straordinariamente dettagliato su entrambi i pollici e Harry non si scomodò a nascondere quanto gli piacessero. Per tutta risposta lei sbuffò e si lanciò i capelli oltre la spalla; ma era Pansy, quindi se l’era aspettato.

La successiva visita a Hogsmeade, Harry divise il suo tempo tra l’essere invisibile vicino a Ron e Hermione e l’essere invisibile vicino a Draco; e fu il giorno più divertente dell’intero anno.

Il tutto andò a rotoli quando Harry, di ritorno da Hogsmeade, fu beccato da Piton e Lupin gli confiscò la mappa.

Lo disse a tutti al loro successivo incontro. Ron, Pansy e Blaise erano arrabbiati, ma Draco e Hermione erano stranamente silenziosi.
“Sì?” disse Harry. “C’è qualcosa che vorreste dirci?”

Hermione si morse il labbro. “Beh… Sapete, Draco e io eravamo così interessati a capire come funzionasse quella mappa… e abbiamo preso così tanti appunti. Gli incantesimi sono potenti e avanzati, ovviamente. Ma noi siamo parecchio potenti e precoci per la nostra età. Potrebbe essere rischioso, potremmo fallire-“

“Vuoi andare al punto?” scattò Pansy.

“Probabilmente possiamo ricreare la mappa.” Disse Draco. “Dovremmo crearci la pergamena da soli con qualche tipo di pianta magica che sia resistente abbastanza da sopportare tutti gli incantesimi che dovremo applicarci e, ovviamente, dovremo distillare due pozioni-“

“Tre pozioni.” Lo corresse Hermione. “Abbiamo bisogno della pozione bloccante, non possiamo usare l’incantesimo.”

“Sì che possiamo usare solo l’incantesimo.” Disse Draco. “La pozione bloccante impiega tre mesi a distillarsi ed è maledettamente difficile da completare senza che qualcosa vada storto. È un rischio troppo grande.”

“Ho fatto la pozione Polisucco in un bagno delle ragazze l’anno scorso.” Disse lei. “Posso fare la pozione bloccante.”

Lui alzò gli occhi al cielo. “Va bene, tre pozioni o quello che è. Il punto è che ci vorrà una montagna di lavoro per farla e la finiremo per la fine dell’anno; ma possiamo ricreare quella mappa. Se vi interessa.”

“Sì.” Dissero tutti in coro e, per quanto fossero spaventosi insieme, Harry era incredibilmente grato che Draco e Hermione andassero d’accordo, perché portava a cose stupende come quella.
 
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Draco ricevette una lettera dai suoi genitori che lo informavano del verdetto di Fierobecco. Non è che avesse mai avuto molti dubbi a riguardo, non con suo padre a curare il caso. Ma aveva chiesto a suo padre di lasciar stare, aveva provato a dirgli che stava bene e che non importava, ma suo padre non gli aveva dato ascolto. Se solo non avesse provato a mettersi in piedi in infermeria, o se suo padre fosse arrivato un po’ più tardi e non lo avesse visto urlare e sanguinare, avrebbe potuto funzionare. Ma quelle cose erano successe; e anche se Draco fosse riuscito a persuadere suo padre, non sarebbe mai riuscito a convincere sua madre. Immaginava che, nel grande schema delle cose, era meglio che Fierobecco morisse in un’esecuzione piuttosto che Hagrid sparisse misteriosamente senza più tornare, che era probabilmente quello che sarebbe successo se avesse lasciato campo libero a sua madre.

Ora doveva solo riuscire a convincere i Grifondoro.

Erano tutti tristi quando si incontrarono quella notte, ma Draco aveva appena iniziato a balbettare delle scuse quando Ron scosse la testa e gli afferrò una spalla. “Non ti preoccupare, Draco. Ci hai provato. Non credo che nemmeno i miei genitori sarebbero entusiasti se venissi artigliato da un ippogrifo.”

Hermione annuì, comprensiva, e Harry lo pungolò sul fianco, sorridendo.

Da una parte era un sollievo che non lo incolpassero, che non fossero arrabbiati con lui. Dall’altra, lo fece sentire ancora peggio per non essere riuscito a salvare la bestia di Hagrid.
 
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Decisero di raccogliere i rami caduti dal Salice Schiaffeggiante per farne della carta. Se ne occupò Pansy e, due settimane dopo, presentò loro svariati lunghi fogli, bianchi come la neve e più spessi di una normale pergamena. Nel mentre, il resto di loro lavorava per riprodurre la vera e propria mappa, completa di tutti i suoi corridoi segreti. Lasciarono a Blaise il compito di disegnarla, visto che aveva la mano più ferma del gruppo e sua madre lo aveva obbligato a imparare calligrafia. Capirono che, se volevano tenere traccia delle scale semoventi, dovevano incantarle una per una e collegarle alla mappa. Draco se ne occupò, mentre Hermione era immersa nella ricerca di un metodo per far sì che la mappa riconoscesse la traccia magica delle persone. Avevano la lista di incantesimi che erano stati usati per creare la mappa originale; la parte spinosa era capire esattamente come erano stati usati e su cosa fossero stati lanciati. Ron si rivelò per essere il migliore in quello, riuscendo in qualche modo a guardare la lista e capire quali incantesimi ostacolassero altri e quali si annullassero a vicenda. “È un po’ come gli scacchi.” Disse sulla difensiva quando Hermione gli lanciò uno sguardo sorpreso e impressionato.

“Dovremmo aggiungere la Camera.” Disse a un certo punto Draco. “Non c’era nell’altra, ma la dovremmo aggiungere.”

“E quello strano posto dov’era tenuta la pietra filosofale.” Aggiunse Ron. “Nemmeno quello era sulla mappa, dovremmo mettercelo.”

Pansy aggrottò la fronte. “Dobbiamo fare in modo di poter modificare la mappa dopo il suo completamento, altrimenti non ha senso. Chissà cos’altro scopriremo.”

Esalarono un lamento collettivo, ma nessuno si oppose; e un altro round di ricerche ebbe inizio.

Eventualmente capirono come fare e decisero che Harry doveva fare la maggior parte degli incantesimi. Ron gli avrebbe dato una mano con il lavoro di precisione; Draco, invece, si sarebbe concentrato sugli incanti che avrebbero conferito alla mappa parti della loro personalità. Doveva essere personalizzato per ognuno di loro e avrebbero dovuto lanciarli di persona, ma sarebbe stato lui a progettarli per loro. Pansy diede una mano a Hermione con le pozioni quando Draco era troppo impegnato, Blaise invece recuperò gli ingredienti proibiti da sua madre – era molto più semplice di cercare di rubarli dalle scorte private di Piton.

A un certo punto ebbero una feroce discussione che durò quattro giorni su come dovessero chiamare la mappa e ci andarono di mezzo svariate sedie rotte, ma infine fu Blaise a suggerire un nome che li mise tutti d’accordo, uno che tutti concordarono essere figo senza suonare troppo pretenzioso. Poi ci fu un’altra discussione sui nomignoli, visto che chiunque avesse creato la mappa originale ne aveva uno. Ogni nome fu sottoposto ad una minuziosa votazione per assicurarsi che nessuno finisse per fare la figura del pirla.

Ognuno di loro eseguì l’incanto per far assorbire alla mappa la propria personalità, lo stesso usato per i ritratti magici. Draco li guidò durante il processo in aggiunta a fare il suo; e fu una buona cosa che avessero scelto un venerdì sera, perché Draco dormì per tutto il sabato successivo.

Presto tutto ciò che mancava per completare la mappa era lasciarla a mollo nella pozione bloccante per un mese, per poi farla asciugare sotto la luce di una luna piena. Avevano pianificato tutto alla perfezione: avrebbe dovuto essere completa giusto per la fine dell’anno.
Così nacque la Mappa della Chimera.
 
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Era l’ultima partita di quidditch dell’anno, la più importante: Grifondoro contro Serpeverde. Serpeverde era così tanto in vantaggio che a Grifondoro non sarebbe bastato vincere quella partita per conquistare la Coppa: avrebbero dovuto vincere con un distacco di più di centocinquanta punti.

Fred e George avevano ragione. Sarebbe stato molto più difficile che in passato.

Harry fece un giro intorno al campo, tenendo un occhio sulla cercatrice Serpeverde, Flora, e l’altro sulla partita. Draco era molto più bravo come cacciatore. Serpeggiava e si tuffava tra gli altri giocatori e non aveva problemi a passare la pluffa a chiunque avesse la possibilità di fare un goal. E tra l’altro: ne aveva già fatti due da solo, perché aveva un tiro talmente preciso che gli altri cacciatori preferivano fare una finta a Wood per poi passare la palla a Draco all’ultimo secondo; e lui riusciva a gettarla in qualsiasi anello Oliver non stesse difendendo in quel momento.

A un certo punto Draco tirò la pluffa fino a metà campo e Fred gli sparò contro un bolide, imprecando. Draco dovette fare una picchiata e dirigersi verso uno dei battitori della propria squadra per scrollarselo di dosso. 

“PORCA MISERIA!” Urlò Lee Jordan dal suo palchetto da telecronista. Harry non guardò in quella direzione, ma era sicuro che la McGonagall gli stesse urlando contro qualcosa. “LO AVETE VISTO QUELLO? LO ABBIAMO VISTO TUTTI? DRACO MALFOY HA APPENA FATTO – E NON POSSO CREDERE DI STARLO PER DIRE – UN TIRO SPETTACOLARE! IL CAMBIO DI POSIZIONE DI MALFOY È LA COSA PEGGIORE CHE SIA CAPITATA A GRIFONDORO DA QUANDO CHARLIE WEASLEY SI È DIPLOMATO!”

Harry soffocò una risata, tenendo d’occhio il segnapunti. Vide il boccino un paio di volte, ma non si mosse: sapeva che non era il momento di prenderlo.

Sfortunatamente, non molto dopo Flora vide il boccino e si tuffò al suo inseguimento. Cercò di farle cambiare traiettoria e distrarla; ma ora che lo aveva finalmente visto non lo perse di vista per un momento, non importa quante volte Harry le tagliasse la strada o i gemelli spedissero bolidi nella sua direzione. Si era arrivati al punto: Harry doveva prendere il boccino, oppure guardarla farlo al posto suo.

Da quando decise di prenderlo a quando il boccino fu nella sua mano passarono circa quindici secondi.

Harry si girò a guardare il segnapunti.

Grifondoro aveva vinto.

Per centotrenta punti.

Tutti atterrarono e i Serpeverde esultarono. Avevano perso la partita, ma avevano vinto la coppa. Harry era deluso, ovviamente; e voleva essere arrabbiato, vedeva la rabbia sui volti dei suoi compagni di squadra. Ma i Serpeverde si erano caricati Draco sulle spalle e lui stava ridendo e Harry non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva visto Draco sorridere in pubblico per davvero, men che meno ridere; e non riuscì proprio a esserne irritato.

Non si incontrarono di persona quella notte, ma Draco lo contattò tramite lo specchio. Sembrava preoccupato e cercava di non darlo a vedere; così Harry per prima cosa gli fece le congratulazioni, assicurandosi di suonare sincero, perché lo era, e il viso di Draco si rilassò per il sollievo.

Ci sarebbero state altre partite. E poi, per una volta, i Serpeverde avevano vinto in modo leale e pulito.
 
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Quando la stagione di quidditch giunse al termine, gli esami di fine anno li colpirono come un treno. Draco e Hermione diventarono costantemente irritati ed esausti, anche se Draco si rifiutava di far vedere quanto impegno ci stesse mettendo, il che lo limitava. Hermione non aveva una reputazione di disinteresse e illusione che le venisse tutto facile da mantenere, quindi aveva sempre la testa ficcata in un libro o circondata da appunti.

Iniziarono a incontrarsi di notte. Draco e Hermione si cercavano subito, entrambi affannandosi a chiedere aiuto su questa o quella materia o incantesimo. Hermione gli fece imparare a forza le formule di aritmanzia mentre lui aggiustava i movimenti della sua bacchetta. Il resto del gruppo rimase indietro a studiare in disparte, lontani dalla battaglia.

Gli esami erano quasi finiti quando Harry ricevette un bigliettino da Hagrid che diceva che Fierobecco sarebbe stato giustiziato al tramonto. Lui, Ron e Hermione concordarono sull’andare a confortarlo; così, si fecero strada fino alla sua capanna appena dopo cena.

Poi qualcuno bussò alla porta; e Harry fu scioccato dal vedere Draco sulla soglia.
 
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Draco non voleva andare. Quello che stava succedendo non era colpa sua, era di Hagrid per aver portato una creatura così pericolosa a lezione. Ma c’era ancora quel terribile senso di colpa che si annidava nel suo stomaco che non poteva fare a meno di provare e, sfortunatamente, dal suo essere in contatto con i Grifondoro sapeva che c’era solo un modo per farla andare via.

“Coprimi.” Disse a Blaise, infilando i piedi nelle scarpe.

“Non farti beccare!” urlò Blaise alle sue spalle, ma non doveva essere molto preoccupato visto che non alzò nemmeno lo sguardo dalla sua rivista.

Quasi si convinse a tornare indietro due volte mentre camminava verso la capanna del razzamista, specialmente perché suo padre si sarebbe trovato su quei terreni a breve e l’ultima cosa che gli serviva era che suo padre lo vedesse vedere parlare con Hagrid. Ma era abbastanza sicuro che farlo dopo il fattaccio non contava, perciò quella era davvero la sua ultima possibilità di liberarsi di quella sensazione di intorbidimento dentro di sé, il che era l’unica motivazione che aveva per fare quello che stava facendo.

Bussò alla porta. Hagrid aprì e Draco video la sua anima gemella e i suoi amici e si pentì immediatamente di tutto. Sarebbe stato tutto più difficile se avesse avuto un pubblico.

“Malfoy.” Disse cautamente Hagrid. “C’hai bisogno di qualcosa?” Sembrò ricordarsi che nessuno di loro avrebbero dovuto essere fuori dal castello a quell’ora tarda e cercò di bloccargli la visuale dei Grifondoro, forzandosi un’espressione vagamente disapprovante allo stesso tempo. Draco scosse la testa e sventolò la mano. Hagrid si rilassò, ma non molto.

“Posso entrare?” chiese, rigidamente. “Non sono qui per creare problemi.”

Hagrid sembrò dubbioso, il che era legittimo, ma si fece da parte per farlo entrare. La pesante porta si chiuse dietro di lui. Draco apprezzò che i Grifondoro rimasero in silenzio. “Che mi vuoi dire?” chiese Hagrid.

Draco si strofinò le mani sul davanti del mantello. Non era sorpreso dal fatto che stessero sudando, ma gli dava fastidio comunque. “Io… Io non voglio che Fierobecco muoia.” Disse. Hagrid sbatté le palpebre. “Penso che sia una bestiaccia e che tu sia un totale babbeo per aver pensato che degli ippogrifi fossero delle creature adatte per la prima lezione dell’anno, ma io… Penso che l’unica cosa più stupida di portare un ippogrifo a lezione sarebbe farlo con l’intenzione di ferire qualcuno; e immagino che tu non sia proprio così stupido. Quindi, io… Immagino che quello che è accaduto non fosse quello che volevi e ho cercato di dirlo a mio padre, ho cercato di farlo desistere, ma non mi voleva dare retta e sono ancora arrabbiato per quello che è successo, mettiamolo in chiaro, ma non voglio che lui muoia.” Prese fiato, rendendosi conto che non aveva respirato mentre parlava, e disse, a bassa voce: “Non voglio che nessuno muoia.”

Stava guardando per terra, aspettando che Hagrid ruggisse e lo sbattesse fuori dalla sua capanna. Però… Si sentiva stranamente meglio.
Ma non accadde. Invece, Hagrid gli diede una gigantesca manata sulla schiena e disse: “Tranquillo, non ti preoccupare. Tuo papà ha ragione: non dovevo portare una creatura del genere a lezione.”

Si arrischiò ad alzare lo sguardo e Hagrid gli stava sorridendo. C’era qualcosa di caldo nel viso del mezzogigante che non aveva mai visto prima. Draco sbuffò e alzò il naso all’insù per camuffare la sua sorpresa, incrociando le braccia. “Beh, sei chiaramente fatto della stessa pasta di Scamander, quindi immagino di non potermi aspettare diversamente da te.”

Lo disse come se fosse un insulto, ma era ovviamente un complimento. Hagrid gli rivolse un sorriso a trentadue denti, gli occhi leggermente lucidi.

“Porca misera.” Imprecò Ron, rompendo il silenzio e abbassandosi. “Stanno arrivando! Il boia e il ministro e Malfoy! Ehm… Il Malfoy senior.” Poi, un momento dopo: “PORCA MISERA! CROSTA!”

Draco sbiancò, guardando oltre Ron mentre quello si ficcava il suo ritrovato – e apparentemente non morto – topo nella tasca. Suo padre non doveva trovarlo lì. Hagrid li fece sgattaiolare fuori e sotto il mantello dell’invisibilità stavano troppo stretti, ma riuscirono ad uscire senza farsi vedere. Sentirono il suono secco di un’ascia e la mano di Harry trovò la sua sotto il mantello, ma nessuno di loro disse nulla.
 
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Draco era nella Stamberga Strillante dopo aver guardato Ron sparire sotto le frasche del Salice Schiaffeggiante e Grattastinchi paralizzare l’albero. Black era lì, l’aspetto folle e pazzoide che uno si aspetterebbe da un carcerato scappato da Azkaban. Se fossero sopravvissuti, Draco avrebbe spiegato a Harry chiaro e tondo che questo tipo di cose non succedevano ad altre persone.

Avevano tutti le bacchette puntate contro Black, ma la sua anima gemella era così furiosa che stava tremando. Non era che non lo capisse, anzi, aveva minacciato di uccidere Lupin se avesse ferito Harry; e chiunque avesse assassinato i suoi genitori avrebbe trovato una morte lenta e dolorosa alla punta della sua bacchetta. Ma quello era Draco. Harry doveva essere migliore di lui. Era quello il punto.

“Non farlo.” Disse, tutto d’un fiato e Harry non distolse lo sguardo da Black ma tutto il suo corpo sussultò. “So che vuoi farlo e so che se lo merita, è un traditore, ha tradito e ucciso i tuoi genitori-“

“Io non tradirei mai James o Lily!” gracchiò Black.

“Taci!” scattò Draco. “Sto cercando di salvarti la vita, quindi stai zitto.” Non gli importava veramente della vita di Black, ma gli importava di cosa avrebbe significato per Harry ucciderlo. Harry alzò la bacchetta di un altro centimetro e Draco gli serrò la mano sopra il polso, disperato. “FERMO! Lo farò io.”

Harry si bloccò.

“Draco?” sussurrò Hermione, incerta.

“Lo farò io.” Ripeté. “La biblioteca della mia famiglia non ha una vera e propria sezione proibita, conosco i tipi di incantesimi che lo faranno soffrire. Se vuoi Sirius Black morto per aver tradito i tuoi genitori, lo ucciderò io.” Harry stava ancora tremando, ma non aveva detto nulla, quindi Draco continuò. “Come vuoi che lo faccia, Harry? Vuoi che gli faccia esplodere gli occhi? Vuoi che lo soffochi lentamente? Vuoi che faccia levitare una di quelle assi di legno finché non gli trapassano lo stomaco? Vuoi che provi a evocare il suo cuore fuori dalla cassa toracica? Te lo darò e tu potrai stringerlo fino a farlo scoppiare; e forse in quei secondi prima di morire lui potrà sentirsi come se tu avessi la sua vita in pugno. È questo che vuoi?”

Ci fu un altro lungo momento in cui Draco temeva di star per diventare un assassino; ma poi Harry scosse lentamente la testa. Era ancora furibondo, ma non stava più tremando, non era più sul punto di uccidere.

Il sollievo ebbe breve durata, perché un istante dopo tutte le bacchette schizzarono via dalle loro mani. Si girarono e videro Lupin entrare dalla porta. Ci fu un momento di confusione; poi Lupin si lanciò verso Black, abbracciandolo così forte che sembrò che stesse per spezzarsi. Draco non riusciva a credere a quello che stava succedendo.

“Mi prendete in giro?” esplose Ron. “Tu- tu- mostro! Lavori con lui?”

“MI FIDAVO DI LEI!” Strillò Hermione. “Sapevo che era un lupo mannaro e non ho detto nulla, perché pensavo non importasse! Pensavo che lei fosse una brava persona! E ora questo? Sarei dovuta andare dal Profeta e farla licenziare!”

Draco non sentiva più niente, fissando la situazione con occhi sgranati. Gli… gli era piaciuto Lupin, aveva pensato che fosse uno a posto per un lupo mannaro, aveva pensato che forse si era sbagliato sul conto dei lupi mannari se la maggior pare di loro era più come Lupin che come quelli delle storie di terrore che gli avevano raccontato i suoi genitori mentre cresceva. Ma se aveva lavorato con Black per tutto quel tempo… Ma no, non poteva essere, le persone non si abbracciavano in quel modo se erano solo complici e cospiratori, se erano solo degli alleati.

Harry, Ron e Hermione stavano ancora urlando, ma Draco ripensò alla loro ultima lezione di patronus con Lupin e guardò meglio Black. I suoi vestiti erano sbrindellati e appesi alla sua figura scheletrica. Era coperto da polvere e fango ma era lì: avvolto intorno al suo polso c’era un marchio, un delicato ramoscello di aconito.

“Ehi.” Disse Draco, afferrando e strattonando la divisa di Harry. “Guarda.” Indicò e Harry seguì il suo dito con lo sguardo finché non notò la stessa cosa che aveva visto lui.

Harry guardò Lupin e ringhiò: “Alzati la manica.” Tornò a guardare Black, che stava cercando di coprirsi, ma era troppo tardi. “Il braccio sinistro, per essere preciso.”

“Furbo.” Disse dolcemente Lupin. “Lo farò, se promettete di ascoltare e la smettete di urlare.”

Gli lanciò le loro bacchette prima che potessero rispondere. Draco strinse la sua e non poté evitare di pensare quanto stupida fosse quella mossa. Aveva addosso il mantello con i bottoni d’argento.

Lupin si tirò su la manica sinistra. Drappeggiate lungo il suo polso vi erano delle piccole bocche di leone.

“Siete anime gemelle.” Disse Ron, scioccato. “Voi due siete anime gemelle?”

“Sì.” Disse Lupin, guardando Sirius. “Il che rendeva la mia convinzione che fosse lui la spia ancora più orribile.”

Black scosse la testa e gracidò: “Ho pensato la stessa cosa. Volevano che fossi tu a farlo dopo che avevo rifiutato. Gli ho detto di non farlo.”

Spiegarono tutto: la mappa e come e perché l’avessero creata, di come Lupin aveva capito di doversi precipitare lì e che Sirius fosse innocente dopo aver visto Pettigrew sulla mappa, di come erano diventati animagus, dei custodi segreti e di cosa era andato storto e infine della pozione antilupo che Lupin doveva prendere ogni mese per rimanere assennato durante la luna piena.

Draco aveva appena iniziato a credere a tutto quando quell’orribile situazione peggiorò ancora di più: Piton si levò il mantello dell’invisibilità di Harry e rivelò che era rimasto nascosto nell’angolo quasi per tutto il tempo. Un istante dopo legò Lupin, l’unico altro adulto con una bacchetta, poi si girò verso Draco.

“Signor Malfoy.” Disse. “Che sorpresa vederla qui.”

Tutti urlavano, pregandolo di ascoltare; ma Draco non riusciva a sentire nulla, solo il ruggito del sangue nelle orecchie e i battiti frenetici del proprio cuore. Piton non era come Lupin. Draco non aveva nulla con cui minacciarlo, proprio niente, e non avrebbe potuto convincere i suoi genitori a non prestare ascolto alle sue parole se avesse detto qualcosa. Piton avrebbe detto tutto ai suoi genitori; e sarebbe stato l’inizio della fine.

Fece un passo in avanti e alzò la bacchetta, urlando. “OBLIVION!”

L’incantesimo colpì Piton dritto in petto. Lui incespicò a causa dell’onda d’urto, sbattendo la testa contro il muro della stamberga e rovinando a terra privo di sensi.

Tutti si ammutolirono.

Hermione liberò Lupin. “Pensavo che avessi difficoltà con gli incantesimi privi di elementi corporei.” Disse lui.

“È così.” Rispose, deglutendo. “Non l’avevo mai lanciato prima.”

Ron aveva un colorito verdognolo e non credeva fosse solo più per il dolore della gamba rotta. “Quindi, pensi che sia, tipo… come con Lockhart l’anno scorso?”

Alzò le spalle. “Immagino che lo scopriremo quando si sveglierà. Ho letto la teoria, avevo intenzione di cancellargli solo un paio di ore, ma… Beh, lo scopriremo quando si sveglia.” Deglutì e gesticolò verso Lupin e Sirius. “Dicevate?”

Continuarono, fermandosi ogni tanto all’inizio, per poi aumentare il ritmo; Harry era ancora scettico ma Draco gli credeva. Lo scetticismo di Harry si dissolse quando i due trasformarono Crosta in un uomo calvo e piagnucoloso che era, senza ombra di dubbio, Peter Pettigrew. Quest’ultimo ammise di aver tradito di James e Lily Potter.

Finalmente soddisfatto dalla spiegazione, Sirius prese la bacchetta di Piton e lui e Lupin si prepararono a porre fine alla vita di Peter. Draco distolse lo sguardo e vide Hermione nascondere il viso nella spalla di Ron. Avrebbe voluto fare lo stesso, per quanto Ron avesse delle spalle particolarmente ossute.

“Fermi.”

Alzarono tutti lo sguardo. “Harry?” chiese Lupin.

“Fermi.” Ripeté fermamente, raddrizzando la schiena, una luce decisa negli occhi. “Non ho lasciato che Draco diventasse un assassino per uccidere Sirius. Non permetterò che voi lo diventiate per uccidere Peter. Non penso che mio papà l’avrebbe voluto; e non è quello che voglio io.”

“Non sarà la prima persona che uccidiamo.” Disse Lupin gentilmente. “C’era una guerra, Harry.”

“E ora non c’è.” Rispose lui. “Questa non è una guerra e non uccidiamo le persone, anche quando se lo meriterebbero. Non è compito nostro.”

Peter iniziò a levare squittii di gratitudine e Sirius lo calciò brutalmente nei fianchi per farlo tacere.

Daco si schiarì la gola. “Sarà molto più facile scagionarti se consegniamo Pettigrew agli auror. Molto più facile di dargli solo il suo cadavere, perlomeno.”

“Oh, non ci sarebbero dei resti.” Commentò Sirius, per poi sospirare. “Credo che abbiate ragione. Entrambi.”

Legarono Pettigrew e Piton e Lupin li fece levitare davanti a loro. Hermione e Draco si posizionarono ai fianchi di Ron, aiutandolo a zoppicare su per le scale. Harry e Sirius rimasero indietro, parlando a bassa voce, e Draco cercò di non origliare.

Avevano appena superato il Salice Schiaffeggiante quando una nuvola si spostò e un fascio di luce lunare colpì il gruppo. Alzarono lo sguardo. “Oh, cielo.” Disse lentamente Hermione.

I minuti successivi furono terrificanti e fu difficile per Draco tenere traccia di quello che stava succedendo. Lupin si trasformò, poiché si era dimenticato di prendere la sua pozione, e Pettigrew scappò. Sirius lo inseguì, poi tornò indietro per allontanare Lupin da loro – Draco gli fu assurdamente grato. Non voleva assolutamente dover ricorrere ai bottoni d’argento del suo mantello.

Poi, visto che a quanto pareva la loro situazione non era ancora abbastanza disperata, arrivarono i dissennatori.

Non uno o due, ma tutti loro; dozzine e dozzine che sciamavano intorno a loro alla ricerca di Black. Lui, Hermione e Harry caddero a terra, senza un posto dove scappare e, anche se lo avessero avuto, erano troppo stanchi per muoversi.

Allungò una mano verso Harry, ma in quel momento un dissennatore piombò sulla sua anima gemella e gli afferrò la faccia. Voleva urlare, voleva salvarlo, voleva fare qualsiasi cosa, ma non riusciva a muoversi.

Poi, un luminoso cervo d’argento caricò la folla, infilzando da parte a parte con le sue corna il dissennatore che aveva preso Harry e scagliandolo via. Il ragazzo crollò a terra.

L’ultima cosa che Draco vide prima di perdere i sensi fu il patronus scintillante che inseguiva i dissennatori e li scacciava lontani da loro.
 
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Harry si svegliò, il che era sempre una piacevole sorpresa. Piton stava parlando, il che era meno piacevole. “Per l’ultima volta, Ministro, non ho idea di cosa stessimo facendo lì fuori, perché non riesco a ricordare. Mi sono svegliato per trovare degli studenti privi di senso e li ho riportati al castello. Non c’è null’altro da dire.”

“Le ferite alla testa possono avere questo tipo di effetti, Ministro.” Disse pacificamente Silente. “Sicuramente non c’è motivo di continuare a molestare il mio Maestro di Pozioni a tal riguardo. Non potrebbe essere lasciato andare per avere del meritato riposo?”

Fudge ringhiò, ma disse: “E sia. Può andare.” Ci fu il suono dei passi di Piton che si allontanavano velocemente, poi una porta che si aprì e si chiuse. “Sirius Black è nel suo ufficio che blatera sciocchezze e Harry Potter è stato trovato privo di sensi al limitare della Foresta Proibita. Sono stanco di aspettare delle risposte, Silente!”

“Suvvia, Cornelius, forse ora non è il momento di comportarsi in maniera sconsiderata-“

“Non è sconsiderato!” berciò il ministro. “Black è stato catturato e il boia è qui. Penso che sia discretamente ovvio quale sia il prossimo passo.”

No! No. Harry aveva appena ritrovato il suo padrino, non poteva già perderlo, non era giusto; e niente nella sua vita era giusto, ma quello era troppo.

Silente sospirò. “Se solo avessimo più tempo, forse due vite potrebbero essere salvate.”

“Che sciocchezze vai dicendo ora?” disse Fudge. “Non importa, andiamo. Dobbiamo intercettare il boia prima che ritorni al ministero.”

Se ne andarono.

Harry si tirò a sedere. L’infermeria era completamente vuota, eccezion fatta per quattro letti. “Siete svegli?”

“Ovviamente.” Disse Draco, mettendosi a sedere anche lui. “A cosa si riferiva Silente?”

Hermione si alzò, il viso tirato. “Stava parlando con me. So cosa dobbiamo fare.” Guardò Ron e si morse il labbro. “Pomfrey lo ha messo sotto sonno curativo per la sua gamba; in ogni caso non riuscirebbe a camminare. Dovremo lasciarlo indietro.”

“Andiamo a salvare Sirius?” chiese Harry. “Come?”

“Con questa.” Hermione tirò fuori una collana da sotto i vestiti.

Draco imprecò. “Una giratempo? Maledetta barona, quante ore di studio in più ti sei guadagnata con quella? E poi, come hai fatto ad averla?”

“McGonagall me l’aveva data così che potessi seguire dei corsi extra.” Disse lei. “Ora muovetevi e venite qui prima che entri qualcun altro.” Harry non capiva cosa stesse succedendo, ma si alzò e si mise di fianco a lei. Hermione avvolse la collana intorno a tutti e tre i loro colli e la catenina dorata si espanse magicamente per fare spazio per tutti. “Tre giri dovrebbero bastare, penso.”

Harry realizzò cosa fosse successo solo quando si ritrovò tre ore nel passato. “Fantastico.” Esalò. “La seconda vita di cui ha parlato Silente… Fierobecco?”

“Lo è per forza.” Asserì Hermione. “Andiamo, dobbiamo nasconderci. Nessuno deve vederci.”

Sgattaiolarono fino alla capanna di Hagrid, aspettando che Draco entrasse per portare silenziosamente via Fierobecco. Draco fece camminare Harry e Hermione tra lui e la bestia, non volendo essere vicino più del necessario all’ippogrifo. Il boia colpì un ceppo con l’ascia per la frustrazione, lo stesso suono che avevano sentito prima; e risero a bassa voce da dove si erano nascosti al limitare della foresta.

Dopodiché, poterono solamente aspettare. Guardarono Ron venire trascinato sotto il Salice Schiaffeggiante e dentro la Stamberga Strillante, poi si videro uscire tutti insieme. Vedere la trasformazione di Lupin la seconda volta fu persino peggiore della prima. Hermione guidò Fierobecco dentro la capanna vuota di Hagrid in caso Lupin fosse venuto verso di loro.

“Vieni?” chiese Draco, impaziente. “Per quanto non voglia essere artigliato da quel pollo troppo cresciuto, sono ancora più contrario all’essere morso da un lupo mannaro.”

“Vai tu.” Rispose; voleva disperatamente vedere chi aveva evocato il patronus che li aveva salvati, voleva disperatamente vedere suo padre.
Draco lo fissò per qualche momento, prima di sbuffare e sedersi di fianco a lui. “Se finiamo ammazzati, la colpa è tua.”

“Ci sta.” Mormorò, appoggiandosi su Draco così che fossero premuti insieme dalle spalle ai fianchi. Faceva freddo nella foresta di notte.

La temperatura calò ancora di più quando i dissennatori invasero i terreni della scuola. Poteva sentire i denti di Draco che battevano vicino al suo orecchio. Strizzò gli occhi, aspettando che suo padre comparisse per salvarli, ma la bocca del dissennatore stava calando sul sé stesso del passato e non stava succedendo nulla.

“Oh.” Disse, un misto di delusione e orgoglio che fluiva dentro di lui. “Non era mio padre. Ero io.”

“Cosa?” chiese Draco, ma Harry lo ignorò.

Saltò su, correndo in avanti e facendo scattare il braccio in avanti, la bacchetta tenuta alta. Pensò alla mano di Draco nella sua, di quelle lunghe notte in cui i suoi amici e gli amici di Draco erano eventualmente diventato i loro amici, di Sirius che gli offriva di lasciare i Dursley e andare a vivere con lui. “EXPECTO PATRONUM!”

Il bellissimo cervo d’argento eruppe dalla sua bacchetta, caricando e forzando i dissennatori a disperdersi. Draco si affannò a raggiungerlo e affiancarlo. “Porca miseria, Harry.”

Harry cavalcò Fierobecco fino alla finestra dell’ufficio di Silente, aprendo la maniglia. Sirius lo guardò con meraviglia e sorpresa mentre si arrampicava sulla groppa dell’ippogrifo. Atterrarono. Draco e Hermione si fecero da parte, dandogli l’opportunità di salutarsi.

“Ero venuto per salvarti e invece mi hai salvato tu.” Disse Sirius, la voce ancora roca per il poco uso.

Harry alzò le spalle. “Puoi salvarmi la prossima volta.”

Sirius abbaiò una risata e per un secondo tutto il suo viso mutò, come se fosse ringiovanito. Scompigliò i capelli di Harry. “Mi piacciono i tuoi amici. Non sono troppo sicuro di quel giovane Malfoy, però.”

“È anche un Black.” Harry sentì il bisogno di fargli notare. “Sua madre è tua cugina.”

Sirius rise. “Non che sia molto meglio.”

“Non saprei.” Lo rimbeccò. “Ho incontrato più Black che mi stavano simpatici che il contrario.”

Lui sorrise a quell’uscita. “Stammi bene, okay? Ti scriverò quando posso, se… se vuoi.”

“Certo!” disse immediatamente Harry. “Anche io. Sei il mio padrino, dopotutto.”

“Sì.” disse lui, con un groppo in gola. “Lo sono.” Sirius se lo tirò addosso per un abbraccio spaccaossa e Harry cercò di non preoccuparsi per come riusciva a contare le sue costole attraverso i vestiti. “Ora sbrigati, non hai più tempo.”

Aveva ragione, ma Harry non riuscì a distogliere lo sguardo finché Sirius non fu che un puntino nel cielo.

Riuscirono a tornare in infermeria giusto in tempo per vedersi scomparire.
 
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Pansy e Blaise furono furiosi quando scoprirono che era successo tutto senza di loro e si fecero raccontare da Draco ogni dettaglio, anche più di una volta visto quanto sembrava surreale il tutto.

Draco non sapeva esattamente quanto tempo il suo incantesimo di memoria avesse sottratto dai ricordi di Piton, ma quantomeno non sembrava sorpreso che Lupin fosse un professore. Non poteva avergli cancellato più di un anno; anche se, da come Piton si era rinchiuso nel suo ufficio da quella sera, Draco pensava che fossero molto di più di un paio di ore.

Quello ovviamente significò che nessuno poté contraddirlo quando disse che aveva visto i Grifondoro uscire dal castello, lo aveva detto a Piton ed era andato alla Stamberga Strillante assieme al suo Direttore della Casa. Significò anche che Piton ricevette una strillettera da sua madre su come prendersi cura di giovani ragazzi nel giusto modo e la sua voce furibonda echeggiò per tutta la sala comune di Serpeverde. Draco sembrò essere capitato solo per errore in mezzo a quel casino, senza legami personali di alcun tipo.

I dissennatori furono rispediti ad Azkaban quella stessa notte. Suo padre aveva indetto una seduta d’emergenza del Consiglio dei Governatori e si erano ritrovati tutti insieme a minacciare Fudge di ripercussioni legali se non avesse immediatamente richiamato quegli esseri dai terreni della scuola.

Fortunatamente, tra il caos dei dissennatori e Sirius, Lupin non fu affatto menzionato. Il che lo portò a non aspettarsi di leggere la lettera dei suoi genitori dove, alla fine, suo padre aveva scritto che Lupin aveva deciso di licenziarsi.

Lasciò cadere la lettera e corse alla classe di Difesa prima che potesse pensarci meglio, facendo irruzione e urlando: “Cosa sta facendo?”

“Le valigie.” Disse calmo Lupin. Effettivamente, già metà della classe si era svuotata. Gli angoli delle sue labbra si arricciarono. “Sono contento che tu stia bene dopo tutto quello che è successo. Sei qui per eseguire la punizione di tua madre? Temo che sarà un po’ meno efficace, visto che mi sto licenziando da solo.” I suoi occhi caddero sul suo mantello. “O forse sei qui per mettere in vigore il metodo di tuo padre? Avevi detto che avresti usato quella in caso avessi messo in pericolo Harry e non sono sicuro di poter definire in altro modo il mio trasformarmi davanti a lui.”

Draco lo fissò, sconcertato. “Wingardium Leviosa.” Disse, facendo staccare i suoi bottoni dal mantello. Lupin fece un passo indietro, il viso cupo mentre allungava la mano verso la propria bacchetta. “Reditus!”

I bottoni svanirono, tornando alla villa. Lupin sbatté le palpebre, aprendo e chiudendo la bocca. “Signor Malfoy?”

“Non m’importa che lei sia un lupo mannaro!” disse, furioso. “Eravamo là sotto con Pettigrew e i dissennatori e lei era il meno mostruoso di tutti loro, anche quando si è trasformato. Era spaventoso e raccapricciante. Ma non credo che lei possa fare nulla sull’essere un lupo mannaro, come Millie non può farci nulla sull’avere una mamma babbana, o Hermione sull’essere una sanguesporco, o Hagrid un razzamista. Quindi… quindi ho deciso che non importa.”

“Davvero?”  chiese Lupin sorridendo, la pelle degli occhi che si increspava vicino agli angoli.

Draco fece una smorfia. “Saremmo tutti peggio che morti se non avesse insegnato a Harry l’incanto patronus. Abbiamo bisogno di un professore che sa quello che sta facendo; e poi, nessuno sa che lei è un lupo mannaro, e da me non lo sapranno mai. Non se ne vada.”
 
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Harry corse dalla capanna di Hagrid alla classe Lupin e spalancò la porta per vedere Draco fulminare con lo sguardo Lupin, che stava semplicemente sorridendo. “Se ne sta andando?” chiese.

“Le notizie girano in fretta.” Disse seccamente Lupin. “Sì, me ne sto andando.”

Draco alzò gli occhi al cielo. “Splendido, forse tu riuscirai a farlo ragionare, a me non vuole dare retta.” Se ne andò, dando una spallata a Harry mentre usciva.

Lupin lo guardò andarsene e aspettò che sbattesse la porta dietro di sé per dire: “Sai, mi piace quel ragazzo.”

“Ti ci affezioni.” Concordò Harry. “Non se ne vada. La prego. È il miglior professore che abbiamo mai avuto.”

“Siamo stati incredibilmente fortunati la scorsa notte.” Disse l’uomo. “Avrei potuto ferire qualcuno di voi, o peggio. Non dovrei essere vicino a degli studenti quando mi trasformo. Va tutto bene, ora ho un anno come insegnante a Hogwarts sul mio curriculum. Sarà molto più facile trovare un altro lavoro.”

“E noi?” chiese Harry, stringendo i pugni, cercando di non dire e io?

Lupin si intenerì. “Mi terrò in contatto. Non hai bisogno di me: tu e i tuoi amici avete dimostrato di essere più che capaci di prendervi cura di voi stessi. E poi…” si toccò il polso sinistro. “Sirius ha bisogno di me. Abbiamo molto tempo perso da recuperare.” Il suo sorriso prese una piega nostalgica. “Sirius e io abbiamo ricevuto i nostri marchi il primissimo giorno di lezioni. Quando ha preso la sua forma animagus, James ha detto che il mio marchio era un chiaro segno che fossimo tutti destinati ad essere amici, perché in India le bocche di leone sono conosciuti come “fiori dei cani”. Senza di lui non lo avremmo saputo.”

Harry stava per dirgli di Draco e del proprio marchio, ma si trattenne. Non era un segreto solo suo. “Prendetevi cura l’uno dell’altro, okay? Vi ho appena ritrovati.”

Lupin gli scompigliò i capelli, per poi afferrare qualcosa dalla sua scrivania. “Credo di doverti ridare questa. A me non servirà.”

Gli porse la Mappa del Malandrino e Harry la prese, arrossendo. Voleva quasi tenerla per sé, voleva tenere quella parte di suo padre per sé, ma non era molto corretto. “Ehm, pensa, voglio dire… Posso ridarla a Fred e George? Ne stavano facendo buon uso, dopotutto, e poi è una mappa fatta da malandrini per malandrini, quindi credo sia qualcosa che dovrebbero avere.”

“Se ti fa piacere.” Disse Lupin, sorpreso. “Ma è molto utile. Sono sorpreso che tu non la voglia tenere per te.”

“Beh.” Harry si strofinò la nuca. “Il fatto è che, dopo lei l’ha confiscata, noi… ce ne siamo fatta una nostra? Draco e Hermione hanno decifrato tutti gli incantesimi e le cose che voi avete usato per farla prima che ce la sequestrasse, quindi dopo è stato facile capire come farlo per conto nostro. E poi, alla vostra mappa mancano alcuni punti.” Aggiunse, solo per far ridere Lupin.

“Sono impressionato. Ci sono voluti due anni per fare quella mappa.” Disse.

“Beh, voi avete dovuto inventarla.” Disse ragionevolmente Harry. “Noi no.” Esitò, prima di continuare. “L’abbiamo chiamata la Mappa della Chimera, perché siamo tutti diversi, e le Chimere sono un misto di cose diverse, tra cui un leone e un serpente, quindi ci è sembrato adatto.”

“Sì.” Disse calorosamente Lupin. “Calza a pennello.”
 
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Harry alzò gli occhi al cielo quando Draco spalancò drammaticamente la porta del loro compartimento, sputò un “Pezzenti.” ed entrò, con Pansy e Blaise alle calcagna. Hermione bloccò la porta con un incantesimo e Draco ne lanciò uno silenziante per dissuadere eventuali spioni.

“Fate spazio.” Pansy storse il naso, sedendosi vicino a Hermione. Blaise si sedette di fianco a lei mentre Draco spintonò Ron per collassare di fianco a Harry sull’altra poltrona. Avrebbero dovuto spostarsi prima di arrivare alla stazione per evitare sospetti, ma avevano un paio d’ore a loro disposizione. “Cos’è quello?”

“Un gufo.” Disse Ron, non troppo convinto. “Me lo ha dato Sirius.” Punzecchiò la palla di piume. “Non sembra poter trasportare molto.”

Harry rise quando tutti i Serpeverde guardarono dubbiosi il gufo. “Chi vuole giocare a spara schiocco?” chiese. “Possiamo divertirci anche prima che inizi l’estate.”

“Potresti gonfiare di nuovo tua zia.” Suggerì Blaise.

Ron rise. “Ho già parlato con mamma per farti stare da noi per un po’. Se tutto va bene non rimarrai a lungo con i Dursley.”

“Abbiamo gli specchi.” Disse Draco. “Non avrai solamente i Babbani con cui parlare, grazie a Merlino.”

Hermione si piegò in avanti. “A proposito, com’è che hai incantato quegli specchi?”

Ron gemette e iniziò a distribuire le carte, parlando ad alta voce dei suoi piani per l’estate per evitare che il viaggio di ritorno si trasformasse in una lezione di incantesimi. Draco spinse Ron sul pavimento e Hermione lo colpì con una fattura solleticante.

Si scoprì che Ron era particolarmente resistente. “Cinque fratelli maggiori, due dei quali sono Fred e George.” Gli ricordò, compiaciuto. Il resto di loro non ebbe altra scelta che impiegare il resto del viaggio a solleticarlo a momenti alterni, cercando di strappargli una risata. Pansy fu l’unica che ebbe successo.

Quando arrivarono alla stazione, Harry si era quasi dimenticato della paura per l’estate che incombeva.

 
 
 
 
Note autrice: Devo lavorare alla mia altra WIP, quindi il prossimo update arriverà un po’ più tardi del solito.
Spero che vi sia piaciuto!
Sentitevi liberi di seguirmi/molestarmi su shanastoryteller.tumblr.com
Posto aggiornamenti di quello che sto scrivendo nella mia tag “progress report”, quindi se siete interessati a cosa stia scrivendo al momento, potete scoprirlo lì 😊

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Capitolo 3
*** Il Torneo Tremaghi: Parte Uno ***


Note autrice: Ciao! Scusatemi, sfortunatamente questo capitolo è diventato molto, molto più lungo di quanto avevo anticipato, quindi non penso che riuscirò a continuare il rapporto di un capitolo per anno che mi ero prefissata, perché altrimenti avremmo capitoli da più di 40mila parole l’uno e io uscirei di testa.

Note traduttrice: A quasi un anno dalla pubblicazione del primo capitolo, siamo giunte per presentarvi il terzo. Un po' imbarazzante? Indubbiamente. Ma vi promettiamo che d'ora in poi le pubblicazioni verranno accelerate, e non solo! Abbiamo una piccola chicchetta per voi, ma se volete vederla in anteprima sintonizzatevi sul nostro Tumbrl: nerewrites.tumblr.com  
A presto con degli aggiornamenti succulenti. Godetevi il capitolo!

 

Il Torneo Tremaghi: Parte Uno

 

Harry si svegliò in un bagno di sudore, il cuore che gli batteva ancora all’impazzata a causa dell’ultimo incubo. Allungò la mano alla cieca verso il comodino, aprì il primo cassetto e chiuse le dita attorno allo specchietto.

Lo aprì e sussurrò: “Draco? Sei sveglio?”

Di solito non lo avrebbe disturbato; era solo un incubo, strane visioni dell’Oscuro Signore, solo cose che lo perseguitavano sia da sveglio che quando dormiva. Ma quando ne aveva parlato con la sua anima gemella, Draco gli aveva fatto promettere di contattarlo quando succedeva, senza preoccuparsi dell’ora.

La superfice del vetro tremò come acqua e il viso di Draco apparve, con le pieghe del cuscino stampate sulla guancia e gli occhi blu ancora mezzi chiusi. “Stai bene?” Chiese, interrompendosi per sbadigliare.

“Sì.” Disse. Il sollievo che gli procurava il solo avere Draco lì quando ne aveva bisogno quasi non la fece sembrare la sua risposta una bugia.

 

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Harry aveva ricevuto lettere quell’estate (cosa di cui era estremamente grato, perché se non fosse stato per i suoi amici che gli spedivano cibo sarebbe morto di fame per la ridicola dieta di Dudley), aveva scambiato dozzine di lettere con Remus e Sirius e, ovviamente, aveva parlato con Draco quasi ogni notte. Nulla di tutto ciò, però, poteva eguagliare essere davvero con i suoi amici e lontano dai Dursley.

Incespicò fuori dal camino ridendo, nonostante la signora Weasley stesse gridando oscenità a Fred e George per aver fatto uno scherzo dei loro a Dudley. Per Harry, era la cosa migliore che avesse visto in tutta l’estate.

“Andiamo.” Disse Ron, passandogli un braccio intorno alle spalle. Harry sperava con tutto il cuore che il suo migliore amico la finisse di crescere, prima o poi: aveva superato l’essere alto e iniziava a diventare imponente. Ron non era molto bravo a intimidire le persone con la sua stazza, quindi sarebbe stato probabilmente meglio per tutti avesse smesso di ingigantirsi.

La grandezza di Ron si limitava solo alla sua statura: era comicamente smilzo considerata la quantità di cibo che Harry lo vedeva ingurgitare a ogni piè sospinto. Sembrava quasi che fosse Ron quello che era sopravvissuto all’estate solamente con mezzi pompelmi. Era come una toffee, pensò Harry mentre l’amico lo guidava nel cortile: tutto sottile e tirato.

“Harry!” Riuscì a malapena a vederla prima di ritrovarsi i capelli di Hermione in faccia e le sue braccia attorno al collo. “Sembri in forma, ero così preoccupata! Dra- uh, hai detto di stare bene, ma… Ero comunque preoccupata.”

Harry fece una risata nasale. Draco si era lamentato svariate volte del fatto che Ron e Hermione stavano tampinando Blaise e Pansy per assicurarsi che Harry non si stesse indebolendo o che non venisse picchiato, visto che Draco era l’unico di loro che poteva fisicamente vederlo. D’altronde, i due amici non potevano arrischiarsi a mandare lettere a Draco, come neanche Harry. Quindi, avevano deciso che mandare lettere a Pansy e Blaise, i cui genitori erano leggermente meno fanatici riguardo alla purezza di sangue, fosse un rischio accettabile.

“Grazie per le barrette energetiche,” disse. “sono state molto utili.” Sapevano di cartone, ma saziavano, erano facili da nascondere e contenevano dei veri nutrienti, perciò il loro sapore non era la parte su cui ci si doveva concentrare.

“Ehilà, Harry!” Esclamò Ginny dall’altra parte del giardino, ricoperta di fango. Harry passava la maggior parte delle sue estati nel giardino di zia Petunia e non si sporcava così tanto, quindi dubitava che qualsiasi cosa stesse facendo avesse a che fare con del vero e proprio giardinaggio. Harry la salutò con la mano, finché lei tornò ad accucciarsi.

Ron gli presentò i suoi fratelli maggiori, Bill e Charlie, e Harry si chiese se Ron avesse notato di essere più alto di loro di un centimetro e mezzo  suoi fratelli. “Piacere di conoscerti, finalmente!” Disse Charlie, stringendogli la mano. “Ho sentito che hai preso il mio vecchio posto.”

“È bravissimo.” Disse orgoglioso Ron, e il suo sorriso divenne malizioso in un modo che Harry era quasi sicuro venisse da Pansy. “Anche più bravo di te, direi.”

Bill rise e Charlie strinse gli occhi. Puntò la sua bacchetta a Ron e disse: “Queste sono parole forti, Ronald.”

Ron pungolò Harry nelle costole. “Ti va di giocare un po’, socio?”

Harry guardò Charlie e vide che l’uomo non era veramente arrabbiato: stava sorridendo con gli occhi, nonostante la smorfia d’ira, e Bill sembrava deliziato dalla piega che aveva preso la conversazione. “Sono sempre pronto per una partita.” Disse, stirando le labbra quando Ron ululò di gioia.

Non era tutto perfetto, perché non c’erano Sirius o Remus, o la sua anima gemella, o Pansy o Blaise. Ma ci andava molto vicino.

 

-

 

 

Avrebbero dovuto essere già a letto, perché si dovevano alzare all’alba per prendere una Passaporta che li avrebbe portati al campeggio organizzato per la Coppa del Mondo. Invece, aspettarono che il resto della casa fosse silenziosa; poi Harry aprì il suo specchio. “Draco?”

Ci fu un tremolio sul vetro; poi la faccia del suo Serpeverde preferito apparve. “Harry!” Ghignò. “Non sembri più un elfo domestico gonfio di botte.” Sbatté gli occhi, poi disse: “Ronald, sei cresciuto ancora? È davvero possibile?”

“Sai, stavo per dire che mi eri mancato, ma ora ho cambiato idea.” Ron tirò su col naso.

Draco rise. Era chiaro che anche lui sarebbe dovuto essere a letto: c’era solamente la luce tenue di un incanto Lumos sospeso di fianco a lui e indossava un pigiama di seta grigia. Abigail entrò lentamente nell’inquadratura, strisciando lungo il braccio di Draco per riposare sulla sua spalla. “Dov’è Hermione?” Strinse gli occhi e un’espressione di lieve disgusto gli storse il viso. “Hai tutta la camera arancione?”

“I Cannoni sono fantastici, non rompere.” Esclamò Ron nello stesso momento in cui Harry disse: “Divide la stanza con Ginny, non volevamo rischiare di svegliarla.”

“Forse è meglio così.” Disse Draco; Harry sapeva che Draco fosse convinto che Ginny fosse una specie di profeta onnisciente, ma si era sempre rifiutato di spiegare perché lo pensava. “Farete campeggio? Io volevo andarci, ma i miei genitori hanno detto che il campeggio è per il popolino.”

Harry cercò di trattenere una smorfia. Dovette riuscirci, perché Draco non lo guardò male. “Sì, andremo in campeggio. Come ci arriverete se non campeggiate?”

“Mio padre si smaterializzerà assieme a me il giorno della partita.  Lo faccio sin da quando ero un bambino, anche se faceva impazzire mia madre. Non ci siamo mai spaccati però, il che avrebbe dovuto tranquillizzarla. Non è stato così.”

Ron toccò lo specchio col dito, distorcendo l’immagine. “Non è giusto, cacchio. Noi dobbiamo alzarci prima dell’alba domani!”

“Che sfortuna.” Disse Draco e dal tono era palesemente ironico. “Dovreste dormire un po’, allora. Ci vediamo alla partita. Ricordatevi che ci odiamo!” Gli fece l’occhiolino, poi lo specchio brillò e l’immagine sparì.

Ron fece una smorfia. “La tua anima gemella è uno stronzo.”

“Già.” Concordò Harry, ma immaginò che gli fosse uscito più affettuoso del previsto da come Ron finse di vomitare e cercò di soffocarlo con il cuscino.

Per quanto fosse emozionato per la partita del giorno dopo, tremava al solo pensiero di addormentarsi, degli incubi che sperava di non sognare. Doveva proprio parlarne con qualcuno che non fosse Draco, come Sirius o Remus, o almeno i suoi amici. Ma temeva che reagissero in maniera eccessiva, che si spaventassero e ne facessero una faccenda più grande di quella che era.

Erano solo degli incubi. Non significavano nulla.

 

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La Passaporta fu disorientante, ma la parte peggiore del viaggio fu dover ascoltare il padre di Cedric parlare di suo figlio quando il ragazzo era lì di fianco. Cedric era mortificato, quindi Harry incrociò il suo sguardo e alzò le spalle, perché non era certamente colpa sua se suo padre era un po’ un pallone gonfiato. Se non riteneva Draco responsabile delle azioni di suo padre, gli sembrava ingiusto farlo con chiunque altro.

Seppe di aver fatto la scelta giusta quando le spalle di Cedric si rilassarono per il sollievo e lui gli fece un sorriso.

Il giorno della partita arrivò e videro Draco nelle tribune, seduto solo qualche fila sopra di loro, e come da accordi si scambiarono delle occhiatacce. Arthur salutò Draco e sembrò che si stesse preparando per accennare una conversazione; ma fortunatamente Ginny afferrò la mano di suo padre e lo trascinò via prima che potesse rendere la situazione ancora più disagevole cercando di scambiare convenevoli con il ragazzo che aveva salvato la vita di sua figlia. C’era un’elfa domestica seduta da sola sulle tribune, il che era strano. Disse che stava tenendo un posto per il suo padrone, ma i minuti passarono e nessuno si fece vedere.

Le Veela si riversarono nel campo; e ovviamente erano molto belle. Ma mentre la maggior parte dello stadio perse il senno, urlando e salutandole, Harry si limitò a sbattere le palpebre, confuso. Ron e i Weasley stavano quasi cadendo dagli spalti per quanto si stavano sporgendo e Harry per sicurezza afferrò i mantelli di Ron e Hermione mentre urlavano alla volta delle bellissime danzatrici. Bill aveva una mano piantata nelle giacche di suo padre e di Charlie, mentre Fred e George tenevano fermi Ginny e Percy.

“Che sta succedendo?” Chiese Harry, nel panico.

Bill gli fece un sorriso grande e sincero. “Non ti preoccupare, Harry. Le Veela influenzano solo le persone che non hanno un’anima gemella. Dubito che si lancerebbero dagli spalti, le Veela non vogliono disturbare la partita, ma sempre meglio prevenire.”

Harry fece scivolare lo sguardo su Fred e George, sorpreso. Non sapeva avessero dei marchi. Bill gli fece l’occhiolino e si girò, facendo scattare la testa di lato così che la sua lunga coda di cavallo si scostasse abbastanza da fargli vedere un cerchio nero sul retro del suo collo: l’aspetto di un marchio prima di toccare la propria anima gemella. Non c’era da meravigliarsi che Bill non si volesse tagliare i capelli.

Si arrischiò a guardare in alto. Come si aspettava, Draco e suo padre erano del tutto inalterati e guardavano il campo con identiche espressioni di gelido disinteresse. Harry pensò che anche Draco potesse essere in parte Veela, con i suoi capelli biondi e i suoi- i suoi-

Harry si girò di scatto verso il campo, il viso in fiamme. Non intendeva… Beh, Draco era sempre stato bello, impossibile negarlo, ovviamente. Era cambiato durante l’estate, però, ed era molto più ovvio ora che Harry lo stava vedendo di persona piuttosto che quando lo vedeva attraverso la cornice fin troppo piccola dello specchio. Era più alto, i suoi capelli più lunghi. Aveva perso un po’ della paffutezza sulle guance e la sua mascella era diventata talmente affilata che era fortunato ad avere quella labbra piene ad equilibrare, altrimenti sarebbe stato parecchio strano, pensò Harry.

Pensò anche che avrebbe dovuto smetterla di pensare all’aspetto della sua anima gemella prima che la sua faccia andasse letteralmente a fuoco. Se qualcuno gli avesse fatto domande, avrebbe dato la colpa alle Veela.

Fortunatamente, la cerimonia di apertura finì e le Veela furono fatte uscire dallo stadio. Ron e Hermione e tutti gli altri tornarono alla normalità. Erano entrambi imbarazzati per il loro comportamento, ma Harry decise di non prenderli in giro, visto tutte le cose per cui loro non lo prendevano in giro.

La partita finalmente iniziò e Harry mise da parte tutti i pensieri riguardanti la sua anima gemella e si concentrò sulla partita. Grazie a Merlino.

 

-

 

 

Quando il signor Weasley li svegliò tutti nel cuore della notte e gli disse di scappare, Harry non sapeva cosa aspettarsi. Ma quando lui, Ron e Hermione uscirono dalla tenda e videro il signor Roberts, sua moglie e i suoi bambini fatti venire torturati a mezz’aria – beh, di certo non era quello che si era aspettato.

“Andiamo!” Disse Ron, afferrandoli per le mani e tirandoli via.

“Non dovremmo aiutare?” Chiese Hermione, la voce che tremava. Harry non riusciva a distogliere lo sguardo anche mentre Ron lo trascinava via, superando i babbani che si contorcevano. Gli ci volle un secondo per realizzare che li stava portando nella direzione della folla e che la folla era diretta verso il bosco.

Ron scosse la testa, accelerando il passo. “Cosa potremmo fare? Non possiamo nemmeno usare le nostre bacchette.”

“Non potrebbe aiutarli qualcun altro?” Chiese Harry; e stava guardando in giro, ma tutti gli adulti stavano scappando. Maghi adulti e allenati, eppure stavano solo… scappando.

Non gli sembrava giusto.

“Dra- Malfoy?” Disse improvvisamente Hermione. Ron doveva essere sorpreso quanto lei, perché smise di correre di botto e tutti e tre incespicarono fino a fermarsi.

Harry distolse finalmente lo sguardo dai babbani torturati. Draco era appoggiato ad un albero al limitare del bosco, le braccia incrociate in una posa di pianificato relax. Era più pallido di quanto Harry lo avesse mai visto, persino più pallido di quando erano stati quasi attaccati da Remus trasformato, persino più di quando stavano per ricevere il bacio del dissennatore. Era certo che Draco stesse tenendo le braccia incrociate per non farle tremare.

“Andatevene di qui.” Disse con urgenza, la voce bassa, ma la sua espressione era in conflitto con le sue parole. Stava ghignando, ma la curva crudele delle sue labbra non si rifletteva nei suoi occhi. “Non potete stare qui. Andate!”

Se qualcuno li avesse guardati senza poterli sentire, avrebbero pensato che Draco li stesse provocando.

“Devi venire con noi!” Disse Hermione, facendo un passo verso di lui.

Draco sfoderò la bacchetta e la premette contro il petto di Hermione. Lei si bloccò, gli occhi spalancati. “Non mi faranno del male. Io sono al sicuro. Voi no – specialmente tu. Vuoi unirti a quei babbani?”

Harry sapeva che dovevano mantenere le apparenze sempre, anche in quel momento, ma voleva disperatamente afferrare la mano della sua anima gemella e trascinarlo al sicuro con loro. “Vieni con noi. Non aiuti nessuno stando qui.”

“Posso cercare di fare in modo che nessuno muoia.” Disse, e la sua mano aveva preso a tremare sul serio. “Andate. Ora. Io starò bene.”

“Ti conviene.” Disse Ron con fervore. Poi afferrò le braccia di Harry e Hermione e li trascinò nel bosco.

Harry inizialmente oppose resistenza – non era un deboluccio, era nella squadra di quidditch. Ma Ron era più alto e più forte di lui e c’era una smorfia determinata scolpita sulla sua bocca contro cui Harry non era mai stato in grado di vincere. “Non possiamo lasciarlo!”

“Sei il ragazzo che è sopravvissuto!” Esclamò Ron. “Sei quello meno al sicuro di tutti noi. Tu sei quello che ha ucciso Tu-Sai-Chi, Hermione è una nata babbana e io sono un traditore del mio sangue. Non ci conviene stare intorno a un mucchio di aspiranti Mangiamorte, capisci?”

“Ma lo abbiamo lasciato indietro!” Disse Hermione; sembrava che stesse per piangere e Harry non voleva averci a che fare in quel momento, perché si sentiva sull’orlo delle lacrime.

Ron li stava ancora tirando avanti con determinazione granitica, facendo del suo meglio per portarli più lontani possibile da caos. “Draco è un purosangue e il figlio di un Mangiamorte. Non gli faranno del male, ma lo faranno a noi. Come pensate si sentirebbe se rimanessimo feriti perché non lo abbiamo ascoltato? Pensate che ne sarebbe felice? Che ci ringrazierebbe?”

“No.” Disse piano Hermione.

Ron finalmente si fermò per girarsi ad affrontarli, le lentiggini che risaltavano sul suo viso cinereo, gli occhi grandi come galeoni. “Allora muovete quelle gambe!

Harry smise di resistergli e allungò il passo. Andarono avanti così finché un incantesimo verdognolo e fumoso apparve dal nulla e Ron alzò appena lo sguardo prima di lanciarsi a terra, trascinando Harry e Hermione con lui.

Non fece in tempo a urlargli prima di sentire il calore di svariati incantesimi che gli sfrecciavano sopra e, okay, forse Ron aveva avuto l’idea giusta.

“CHI DI VOI HA EVOCATO IL MARCHIO NERO?” Ruggì Barty Crouch, marciando verso di loro mentre si rimettevano cautamente in piedi. Una dozzina di bacchette erano ancora puntate su di loro.

Come, prego?” Chiese Hermione. “Chi di voi ha lanciato degli incantesimi di combattimento a tre maghi minorenni? Sono certa che non sia legale.”

Crouch divenne color porpora e Ron si spostò in avanti, pronto a lanciarsi tra lui e Hermione, e Harry si prese un momento per meravigliarsi di come una situazione già orribile fosse andata di male in peggio.

Poi l’elfa di prima fu trovata con la sua bacchetta, la bacchetta che a quanto pareva aveva evocato il teschio e il serpente, ed era sempre impressionante quanto la sua vita riuscisse sempre a peggiorare.

 

-

 

 

Draco vide il Marchio Nero e schizzò nella foresta. I Mangiamorte stavano ancora torturando i babbani e lui intendeva rimanere, era rimasto lì con la bacchetta stretta nel pugno, pronto a interferire se la tortura si fosse spinta troppo oltre.

Ma aveva mandato la sua anima gemella in quel bosco, aveva mandato i suoi amici in quel bosco, e se li aveva mandati dritti in una trappola allora era suo dovere precipitarsi verso di loro in stile tradizionalmente Grifondoro: spericolato.

Fortunatamente, quando arrivò la situazione non era così disperata. C’era una folla di maghi e streghe adulte con le bacchette puntate sui suoi amici, così come una piagnucolante elfa che stringeva e torceva la sua federa. Gli sarebbe piaciuto mimetizzarsi con l’ambiente, voltare le spalle a tutto e lasciare che si arrangiassero. Ma Crouch stava eccellendo nel fare la figura del tipo di idiota di cui suo padre spesso di lamentava e non aveva intenzione di stare fermo e lasciare che un gruppo di stupidi adulti scaricasse la colpa su degli adolescenti solo perché erano troppo spaventati per fronteggiare i veri Mangiamorte e sentendosi potenti solo perché puntavano le loro bacchette contro dei ragazzini.

E poi, Crouch aveva licenziato la sua elfa domestica di fronte a tutti, il che dava a Draco una brillante opportunità di fare qualcosa di stupido. Harry lo stava contagiando.

“Non puoi andare da nessuna parte senza causare scompiglio, vero Potter?” Parlò strascicato, intonando la voce proprio come gli aveva insegnato sua madre, in modo che superasse i futili battibecchi e le lacrime dell’elfa.

Non dovette farsi strada, si fecero da parte loro per lui. Storsero la bocca quando lo videro, ma quando avanzò si levarono dai piedi. “Signor Malfoy.” Disse Crouch con arroganza. “Non sono affari che ti riguardano-“

“Oh, io penso che mi riguardino eccome.” Non si scomodò a nascondere lo spregio nel suo tono di voce. “Davvero, signor Crouch, mi aspettavo di meglio da lei. Ci sono crimini atroci commessi solo mezzo miglio più indietro e la trovo qui, a interrogare il Ragazzo Che È Sopravvissuto? A licenziare un’elfa che, in un momento di caos e paura, è stata abbastanza gentile e premurosa da raccogliere una bacchetta abbandonata? Penso piuttosto che lei e i suoi…” Fece una pausa, arricciando il labbro mentre faceva passare gli occhi sui maghi presenti. “… compatrioti fareste meglio a indirizzare le vostre tendenze eroiche verso coloro che effettivamente necessitano il vostro aiuto; e non a trattenere degli studenti di Hogwarts.”

La maggior parte degli adulti aveva abbassato la propria bacchetta e i loro occhi guizzavano in giro, cerando di non incontrare lo sguardo di altri. Bene.

“Signor Malfoy.” Disse Crouch a denti stretti. “Non dovreste essere così ingenuo da mettere bocca in argomenti che non comprende del tutto. Parlerò con suo padre riguardo al suo comportamento.”

“Prego, faccia pure.” Disse. “Sono sicuro che è molto preoccupato. Siamo stati separati, capisce, con tutto quel caos. Ma immagino che lo avrei già ritrovato a quest’ora se non fossi stato distratto dalla vostra totale negligenza.”

Era tutto falso. Suo padre era scivolato via momenti prima dell’apparizione dei Mangiamorte e non voleva che suo padre fosse uno di quei tizi; ma quello che voleva non aveva ripercussioni sulla realtà, sfortunatamente.

Hermione stava evitando testardamente di guardarlo, il che era molto meglio di quello che stava facendo Harry, che non aveva smesso di fissarlo sin da quando aveva fatto il suo ingresso nella radura. “Possiamo andare ora?” Chiese lei acida.

Crouch aprì la bocca, ma Draco non voleva ancora che se ne andassero. Aveva bisogno di un pubblico per il suo prossimo pezzo.

“Certo che potete.” Disse, sovrastando Crouch. Sembrava che gli stesse per scoppiare un capillare. “Comunque, prima che andiamo ognuno per la nostra strada… Signor Crouch, che cosa ha da dire riguardo la sua elfa domestica?”

“Elfa domestica?” Ripeté lui stupidamente, poi abbassò lo sguardo verso la creatura che si stava disperando ai suoi piedi come se l’avesse appena notata. “Non ho un’elfa domestica.”

La creatura pianse a quell’affermazione, prostrandosi. Draco immaginò che Crouch non l’avesse calciata solo perché c’erano dei testimoni.

“Lei l’ha licenziata, sostenendo che fosse una ladra. Un’elfa domestica senza lealtà è un’elfa disoccupata e un’elfa disoccupata è un’elfa morta. Forse il suo è stato un errore,” concedette. “ma non si condanna a morte qualcuno per un errore. Dico bene, signor Crouch?”

Tutte le cose non dette gravavano nell’aria tra loro. Crouch aveva appena accusato il Ragazzo Che È Sopravvissuto e un’elfa domestica di aver evocato un Marchio Nero. “Errore” era la descrizione più gentile per le sue azioni.

“Se sei così preoccupato riguardo al suo futuro, perché non chiede a suo padre di assumerla? La vostra famiglia ha recentemente perso un elfo domestico, o sbaglio?” I suoi occhi scattarono verso Harry per una frazione di secondo e, okay, non era un completo imbecille. Stava giocando a quel gioco da prima che Draco nascesse.

Non poteva concordare con lui; avrebbe solamente ricordato a tutti i presenti che era un ragazzino, che sin dall’inizio non aveva avuto il diritto di far loro la ramanzina, disfacendo tutto il lavoro che aveva fatto per svergognarli per essere dei patetici codardi.

“Non sarà necessario.” Disse, perché era un idiota, e i suoi genitori lo avrebbero sicuramente ucciso per quello che stava per fare. Che poi, se suo padre non avesse voluto che facesse stronzate di quel tipo, avrebbe dovuto essere lì per fermarlo, non in giro a torturare dei babbani. “Tu, elfa. Qual è il tuo nome?”

La patetica creatura alzò i suoi grandi occhi liquidi verso di lui. “W-Winky, signore.”

“Winky.” Disse. “Sai chi sono io?”

Lei annuì. “Lei è il giovane signorino Malfoy, signore.”

“Molto bene.” Disse, mentre lei raddrizzava la schiena. “Sembra che il tuo precedente padrone abbia ignorato le sue responsabilità e io non ho altra scelta se non metterci una pezza.” Ci fu un mormorio incredulo intorno a lui, ma lo ignorò. “Accetteresti un legame con me, Winky?”

“Sì!” Disse lei, nonostante fosse una scommessa per entrambi. Ma un elfo domestico licenziato non avrebbe ricevuto lavoro da nessun tipo di famiglia rispettabile e quelli che l’avrebbero assunta non erano abbastanza potenti per sostenerla.

Le sue scelte erano una morte veloce, una morte lenta, o lui.

“Non puoi farlo!” Disse Crouch, pallido dall’ansia. “Non sei abbastanza grande, è uno sforzo per la tua magia che non puoi permetterti!”

Ron stava scuotendo la testa, gli occhi sgranati, pregandolo con lo sguardo. “Malfoy, tu- è- non farlo.” Disse infine. Hermione e Harry non sapevano cosa stesse accadendo esattamente, ma capivano abbastanza per essere preoccupati.

“Non dipende da voi. O l’incantesimo farà presa, o non lo farà.” Disse, parlando a tutti loro. Tirò fuori la sua bacchetta. Crouch si mosse per fermarlo, imitato da alcuni degli adulti, ma quello sarebbe stato un vero e proprio disastro, lo avrebbe danneggiato più di ogni altra cosa.

Allungò una mano e Winky la afferrò, le dita che si stringevano intorno alle sue con forza sorprendente. “Alliges duplicia!” Draco lanciò l’incantesimo e una pallida luce gialla uscì dalla sua bacchetta e si avvolse intorno al suo braccio, arricciandosi intorno alla sua mano. Trattenne il respiro, aspettando di vedere se avrebbe fatto presa; e per un momento fu certo che non sarebbe successo, che aveva incasinato tutto nel peggior modo possibile.

Ma poi la fascia gialla avanzò, circondando la mano e il polso di Winky e continuando il suo percorso finché non raggiunse il centro del suo petto. “Accipio!” Urlò lei, completando l’incantesimo e sigillando il legame tra di loro.

Fu immediatamente prosciugato delle sue forze mentre l’incantesimo intrecciava la loro magia e quasi si staccò un pezzo di labbro mentre cercava di non barcollare. Diede un’occhiata intorno. Nessuno lo stava più schernendo; avevano tutti gli occhi sgranati e la bocca aperta.

Bene.

“Sono sicuro che perdonerete l’uso della magia da parte di un mago minorenne, viste le circostanze.” Disse, stringendo internamente i denti quando la sua voce uscì strangolata. Deglutì, prima di parlare ancora. “Non credo che questo tipo di evento necessiti documenti ufficiali. Non pensa?”

Crouch scosse la testa, un’espressione quasi simile al rispetto sul viso.

“Eccellente.” Disse in modo risoluto. Doveva allontanarsi da tutti quegli occhi prima che le sue gambe cedessero. “Vieni, Winky.”

Si girò e camminò tra la folla, la sua nuova elfa domestica alle calcagna. Si separarono per farlo passare proprio come avevano fatto prima e lui avanzò come suo padre, la testa alta e dritta, lo sprezzo che aleggiava negli angoli della sua bocca.

Riuscì a percorrere circa quattrocento metri prima che la vista gli si appannasse, scivolando a terra e appoggiando la schiena ad un albero, chiudendo gli occhi. Non si sarebbe addormentato, sarebbe stato incomparabilmente stupido. Ma mentre i suoi occhi si appesantivano sempre di più nella sua testa, realizzò che forse non aveva molta scelta in materia.

“Svegliami se qualcuno si avvicina.” Ordinò, stringendosi nel mantello che portava sulle spalle e desiderò di aver fatto quella cavolata in un posto più comodo; il suo letto, ad esempio. “Non posso permettere a nessuno di vedermi così.”

Ci fu un leggero crepitio di foglie cadute mentre Winky si sedeva di fianco a lui e sussurrava: “Sì, padron Draco.”

Stava già dormendo prima che lei finisse di pronunciare il suo nome.

 

-

 

 

Harry non sapeva cosa, esattamente, fosse appena successo; ma sapeva che Draco sembrava sul punto di svenire quando se n’era andato. Stavano tornando di corsa alla loro tenda, i Mangiamorte erano apparentemente spariti e i babbani erano in salvo. “Ron, che diavolo-“

“Dopo.” Disse lui seccamente e Harry si quietò.

Sentì una mano sulla spalla e si girò di scatto, la bacchetta alzata. Vide Ron e Hermione fare lo stesso.

“Wow, occhio!” Fred e George avevano le braccia alzate in segno di resa, facendo abbassare a tutti loro le bacchette. “Un po’ di nervi tesi qui, eh?”

“Zitti.” Disse Ron. “Dove sono tutti gli altri?”

George si strinse nelle spalle. “Bill era con Ginny e Percy, e Charlie è andato con papà. Dobbiamo tornare indietro.”

“Dite che dovremmo andare a cercare Malfoy?” Chiese Fred. “Non aveva una bella cera.”

“Ovvio che non l’aveva.” Scattò George. “È fin troppo giovane per fare una cazzata del genere, qualcuno avrebbe dovuto fermarlo.”

“Se continua così, presto sanguinerà oro insieme al rosso.” Disse Fred.

Hermione li guardò male, le mani sui fianchi. “Perché ci dovrebbe importare di Malfoy? E di cosa state parlando, comunque?”

“Dopo!” Ripeté Ron. “Possiamo parlarne dopo, quando non saremo in una strana foresta, potenzialmente circondati da Mangiamorte.”

I gemelli si scambiarono degli sguardi criptici, poi fu Fred a dire: “Sapete, abbiamo avuto la Mappa del Malandrino per anni. Siamo grati che ce l’abbiate restituita, ma… Era nostra, prima. Per anni.”

Harry non aveva idea di cosa stessero dicendo.

“Quello che sta dicendo è che sappiamo tutto della vostra strana alleanza segreta con i Serpeverde.” Fred lo sgomitò nel fianco e George modificò la sua affermazione. “Okay, non sappiamo tutto, praticamente sappiamo solo che esiste. Ma voi tutti passate tempo con lui, e ha salvato Ginny, quindi abbiamo ipotizzato che Malfoy fosse un tipo a posto sotto tutta quell’altezzosa aria da snob.”

Hermione si strozzò sul niente e Harry doveva davvero smetterla di tentare l’universo pensando che le cose non potessero peggiorare ulteriormente, visto che l’universo sembrava deciso a smentirlo. “L’avete detto a qualcuno?”

I gemelli si misero una mano a vicenda sul cuore, offesi. “Certo che no!” Dissero in coro, poi George continuò. “Non abbiamo detto nulla a nessuno, ma siamo abbastanza sicuri che anche Ginny lo sappia. In un modo o nell’altro sembra sapere tutto. Fa un po’ paura.”

“Ragazzi!” Sibilò Ron a denti stretti. “Dopo. Questo discorso può aspettare. Sono sicuro che Draco stia bene, nessun Mangiamorte lo attaccherà, perché è un dannatissimo Malfoy. Possiamo per favore preoccuparci di noi stessi per due secondi e tornare alla tenda?”

Non c’era motivo di non dargli ascolto, se la metteva in quel modo. Fred e George camminarono ai loro lati e leggermente in avanti, le bacchette strette nelle mani.

Ron aveva ragione su Draco. Probabilmente stava bene. Non aveva nessuna ragione di preoccuparsi.

Se era così che Draco si sentiva ogni volta che Harry stava per fare qualcosa di stupido, forse doveva delle scuse alla sua anima gemella. Era una sensazione orribile.

 

-

 

 

Draco si svegliò infreddolito e acciaccato, ma almeno non era più stanco. Per un momento pensò di essersi dimenticato come aprire gli occhi; poi alzò lo sguardo e vide la coperta di stelle intorno a lui.

Era buio. Aveva dormito per ore.

“Sono morto.” Disse ad alta voce. Poi aggrottò la fronte. I suoi genitori dovevano averlo cercato, giusto? Era un semplice incantesimo di tracciamento. Non lo avrebbero abbandonato a quel modo. Dovevano aver avuto qualche motivo per non essere venuti per lui, ma non riusciva a immaginare il- a dire il vero, poteva immaginarsi un motivo. “Winky.” Disse, e l’elfa gli si avvicinò. “Hai eretto un qualche tipo di incantesimo di copertura intorno a noi?”

Le sue orecchie si abbassarono e lei annuì. “Sì, padron Draco. Tu hai detto che non volevi essere visto da nessuno. Quindi io ho fatto in modo che nessuno potesse vedere.” Si afferrò un orecchio, torcendoselo dolorosamente. “Ho fatto la cosa sbagliata, padron Draco?”

“No, fermati.” Ordinò. Lei lasciò la presa. “È stato molto intelligente da parte tua, Winky. Molto brava.”

Lei sorrise e si inchinò profondamente.

Poteva farle interrompere l’incantesimo di copertura, così i suoi genitori lo avrebbero trovato subito. Ma era un po’ patetico… doveva esserci un modo migliore per farlo. Poteva provare a lanciare l’incantesimo Passaporta, ma non gli era mai riuscito del tutto e aveva già usato un incantesimo potente quel giorno, non c’era ragione di peggiorare la sua situazione.

I terreni per il campeggio potevano anche essere gestiti da babbani, ma la città che li circondava era prevalentemente magica. Il che significava che l’unica cosa che lo separava dalla rete della Metropolvere era qualche miglio a piedi e l’imbarazzante conversazione che avrebbe dovuto avere con qualcuno per convincerlo di fargli usare il suo camino.

“Almeno è una notte limpida.” Sospirò. “Vieni, Winky.”

Lei lo tallonò, tremando. Non poteva darle vestiti, sarebbe stato oltremodo controproducente; quindi lanciò un incantesimo riscaldante su di sé che si estendeva abbastanza da avvolgere anche lei.

Non la guardò mentre lo faceva, fingendo che fosse solamente un incidente.

 

-

 

 

Il signor Weasley li riportò immediatamente alla tana, il volto cinereo. Nessuno parlava ed essere circondato da Weasley silenziosi era forse la cosa più strana che Harry avesse mai provato; e la sua era una vita molto strana.

La signora Weasley versò moltissime lacrime e lanciò occhiate furtive a suo marito che probabilmente pensava il resto di loro non avrebbe notato. Li fece sedere per mangiare, anche se nessuno aveva appetito; e sembrarono passare ore intere prima che riuscissero a restare da soli.

I gemelli e Hermione si strinsero nella camera di Ron, visto che Bill e Charlie stavano dividendo la camera dei gemelli. A Harry piacevano, sembravano simpatici, ma non era interessato a raccontagli i suoi segreti. “Allora, siamo soli ed è dopo.” Disse Hermione, incrociando le braccia. “Di che si tratta? Che ha fatto Draco?”

Ron aprì la bocca, ma Fred alzò le mani. Lui e George si scambiarono uno sguardo, ma infine lui sospirò e disse: “Quel che è giusto è giusto, se sappiamo i loro segreti è giusto che loro sappiano i nostri.”

George si morse il labbro inferiore. “Beh, sì, immagino di sì.”

Harry non capiva di cosa stessero parlando finché Fred tirò fuori la sua bacchetta e lanciò un incantesimo silenziante intorno alla stanza.

“Sei impazzito?” Sibilò Ron. “La mamma ti ucciderà!” Guardò vero la porta, chiaramente aspettandosi che sua madre arrivasse di corsa. Non successe nulla.

“Abbiamo trovato un modo per aggirare i suoi incanti di intercettazione.” Disse George. “È una pozione, ve la distilleremo quando torneremo a scuola. Ma siate furbi! Se vi becca a lanciare incantesimi capirà che siamo riusciti ad aggirarla e creerà un altro impianto.”

“O prenderà le nostre bacchette, come aveva fatto con Bill e Charlie.” Disse Fred. “Il che suona orribile.”

Harry era rimasto a guardare la finestra, aspettando il gufo del Ministero, e rimase confuso quando non arrivò nulla. “Aspetta.” Disse. “Perché state parlando di vostra mamma? E il Ministero?”

“È illegale usare la magia fuori dalla scuola!” Esclamò Hermione, inorridita, giusto in caso qualcuno se lo fosse scordato. “Che state facendo?”

“Cosa?” Disse Ron, perplesso, per poi aggiungere: “Quello è solo per i nati babbani.”

Hermione sembrava pronta a tirargli un pugno.

Fred alzò gli occhi al cielo. “Quello che il mio caro e ottuso fratellino vuole dire è che viene applicato solamente ai nati babbani. Come dovrebbero tracciarci, esattamente?”

“Vi ricordate un paio di estati fa?” Chiese George. “Harry ha ricevuto un avviso perché un elfo domestico aveva usato la magia. Sanno solo dove viene usata, non hanno modo di tracciare chi la usa. Ogni tot anni qualcuno cerca di introdurre una legge per il tracciamento delle bacchette al Wizengamot, ma non viene mai portata molto avanti.”

“È responsabilità dei genitori tenere traccia della magia dei minori.” Disse Ron. “Mamma ha un allarme installato e quello è collegato alle nostre bacchette. Se le usiamo lei riceve una notifica e ci mette in punizione. Ma il Ministero sa solamente che qualcuno ha lanciato un incantesimo – e visto che i nostri genitori vivono qui e hanno più di diciassette anni, non c’è modo di capire se sia stato un minore o un adulto.”

“Ma allora perché i minori non usano la magia tutto il tempo?”

I Weasley lo fissarono. “Lo… fanno?” Disse tentativamente Ron. “Mamma è abbastanza severa a riguardo, ma più che altro perché non vuole doverci scarrozzare al San Mungo quando facciamo qualcosa di stupido. E la legge non è inutile, immagino, abbiamo bisogno di lasciar riposare la nostra magia se vogliamo che cresca bene. La nonna di Neville lo incoraggia a usare la magia durante l’estate, è il motivo per cui è così esausto tutto il tempo. Il papà di Seamus è un babbano e vuole sempre vedere quello che suo figlio ha imparato, quindi sua mamma gli lascia fare una dimostrazione prima di prendere in custodia la sua bacchetta per l’estate. E, voglio dire, tutti abbiamo usato le bacchette dei nostri genitori, crescendo. Non spesso! Ma, beh, nessuno lancia il suo primo incantesimo a Hogwarts.”

“Alcuni di noi sì.” Disse piano Hermione, facendo sussultare Harry. “Alcuni di noi non hanno scelta.”

A volte era davvero frustrante trovare ancora nuove cose che non aveva nel mondo in cui viveva, che erano diverse.

Ron aprì la bocca; poi guardò verso i suoi fratelli, nel panico. George mise una mano sulla spalla di Ron e disse gentilmente: “Hermione, sei la strega migliore del tuo anno. Un paio di incantesimi extra che alcuni di noi sapevano prima di iniziare gli studi non cambiano questo fatto.”

“Comunque.” Fred si schiarì la gola. “Malfoy. Elfi domestici.”

“Che idiota!” Ringhiò Ron. “Non so come pensa di mantenere i suoi voti con un elfo domestico che lo prosciuga.”

“Il legame ha fatto presa.” Disse Fred, ma non sembrava molto sicuro. “Non avrebbe funzionato se non avesse potuto mantenerlo. Forse.”

“Ragazzi.” Sospirò Harry. “Una spiegazione? Per favore?”

I tre fratelli si scavalcarono a vicenda, parlando uno sopra l’altro, finché Ron si scocciò e schiaffò le mani sulle bocche dei gemelli. “Gli elfi domestici sono fatti di magia.” Disse, ma poi Fred si tolse la sua mano dalla bocca e disse: “No, stai già sbagliando-“

La porta si spalancò di botto e tutti si azzittirono. Sull’uscio stava Ginny con le braccia incrociate. “Il tuo incantesimo silenziante fa schifo.” Disse a Fred.

“Ginny, esci di qui!” Si incupì Ron. “Questi non sono affari tuoi!”

Lei chiuse la porta con un calcio. Le spalle di George crollarono. Ginny spintonò Ron finché lui non le fece spazio sul letto, poi accavallò le gambe. Harry pensò che forse aveva preso sottogamba Draco quando aveva detto che Ginny era terrificante. Ora poteva capirlo.

“Prima di tutto,” disse, “gli elfi non sono fatti di magia, ma dalla magia. Sono presenti in natura nelle foreste magiche, o almeno lo erano… Gli elfi domestici non compaiono più. Hanno bisogno di una fonte di magia per sopravvivere, il che andava bene quando la maggior parte del mondo era coperto da foreste magiche, ma ora non è più così. Quindi, per sopravvivere, si legano a potenti famiglie magiche, sopravvivendo grazie alla loro magia. Il che è un grosso rischio per una famiglia magica, non solo perché vengono prosciugati della loro magia, ma perché risulta impossibile usare la magia contro un elfo che è a essa connesso, visto che la sua magia è diventata loro. Quindi se un elfo si rivoltasse contro il suo padrone, che è possibile anche se difficile, non c’è praticamente nessun modo per il mago di proteggersi.  Ecco perché si preferiscono le punizioni corporali. In cambio, l’elfo domestico fa da servitore per la famiglia.”

“È da barbari!” Disse Hermione, sconvolta. “È- è schiavitù! Sono costretti a lavorare senza paga solo per sopravvivere?”

Ginny aggrottò la fronte. “Sono pagati, non mi hai sentita? Sono pagati in magia, qualcosa di ben più prezioso dell’oro. Non è magnifico, ovviamente, ma per quello che ricevono in cambio, fare le pulizie sembra un piccolo prezzo da pagare. Cosa dovrebbero fare le famiglie, dare agli elfi accesso illimitato alla loro magia senza ottenere niente in cambio? Non avere una rete di protezione in caso se ne approfittino?”

Hermione tacque. Non stava concordando, ma ci stava pensando.

“Aspetta.” Disse Harry, una sensazione pesante nel petto. “Malfoy ha detto che un elfo disoccupato è un elfo morto. Quindi, se non hanno un legame-“

“Muoiono di fame.” Concluse cupamente George. “Quello che ha fatto Crouch è da barbari. Dal momento che le famiglie che assumono elfi domestici ne diventano anche vulnerabili, un elfo che viene licenziato per non essere stato fedele non troverà mai lavoro, specialmente se è stato licenziato da una figura così importante. Senza un legame non hanno modo di ottenere magia e senza magia di cui nutrirsi muoiono. Non è bello.”

“Quindi è stato piuttosto nobile da parte di Malfoy farsi carico del legame di Winky.” Disse Fred. “Anche se sono sicuro che l’ha fatto più per ragioni politiche che per altro. Ma è stato anche incredibilmente stupido. Di solito sono i capostipiti delle famiglie a stipulare il legame, perché così gli elfi si nutrono della magia della famiglia e non del singolo individuo. Ma il legame l’ha preso Malfoy, non suo padre, quindi… Beh, immagino che dovremo aspettare e vedere cosa succederà.”

Ginny sospirò. “Dovrebbe davvero lavorarci su questa sua mania di salvare la gente. Finirà per cacciarsi nei guai, un giorno.”

Harry voleva aprire lo specchio e parlare immediatamente con Draco, ma i gemelli erano lì, così come Ginny, e non era ancora sicuro di quanto sapessero.

Poteva solo aspettare.

 

-

 

 

Aveva tenuto stretta Winky mentre usava il camino. Non voleva che se ne andasse per conto suo e magari si perdesse: poi oltre a tutto quello che gli stava già capitando, avrebbe anche dovuto cercare la sua elfa smarrita. Aveva appena fatto un passo fuori dal focolare quando sentì dei passi dirigersi rapidi verso di lui.

“Aspettami nella mia stanza.” Le ordinò e lei scomparve con uno schiocco. Sarebbe dovuta essere in grado di capire quale camera fosse la sua in base alla concentrazione della sua magia, ma in caso contrario gli elfi di famiglia le avrebbero indicato quella giusta.

Sua madre girò l’angolo, gli occhi spiritati e i capelli scarmigliati, e Draco si sentì immediatamente in colpa. Aveva cercato di punire suo padre tornando a casa per conto proprio, ma aveva fatto preoccupare anche sua mare. “Draco!” Urlò lei senza fiato mentre le si avvicinava. Fu stritolato dal suo abbraccio, le braccia della madre solide come acciaio intorno a lui. “Eravamo così preoccupati! Cos’è successo, dov’eri finito?” Non ebbe la possibilità di rispondere prima che lei si staccasse e lo ricoprisse di baci su tutto il viso, per poi scostargli i capelli dal viso. Le tremavano le mani.

“Mi dispiace, mamma.” Disse; e gli dispiaceva davvero. Le prese le mani tra le sue. “Io, uh.” Se le diceva che era svenuto avrebbe sicuramente dato di matto ma se diceva che tra tutte le cose si era addormentato non gli avrebbe creduto. O se gli avesse creduto, lo avrebbe ucciso, il che non era comunque una soluzione ideale.

La scelta gli fu risparmiata dall’apparizione di suo padre nel salotto. Se aveva pensato che Narcissa fosse scompigliata, Lucius era su tutto un altro livello: era un completo disastro. I vestiti spiegazzati, i capelli in una coda approssimata. “Narcissa!” Disse, la voce pregna di panico, una voce che Draco non aveva mai sentito prima. “Non riesco a trovarlo!”

L’istante in cui gli occhi di suo padre lo videro, quasi collassò dal sollevo, coprendosi il viso con una mano mentre si girava. Draco era ancora arrabbiato, aveva ancora un’ottima ragione per esserlo, ma gli fu difficile tenerlo a mente una volta messo di fronte alla paura dei suoi genitori.

“Dov’eri?” Chiese Lucius, dandogli ancora le spalle.

“Nella foresta.” Rispose, deglutendo. “Tu dov’eri?”

“Cosa?” Si girò.

Draco rifiutò di concentrarsi sui suoi occhi iniettati di sangue. “Tu dov’eri? Eri vicino a me e poi sei sparito.”

“Non ci pensare.” Disse Lucius. “Che intendi con eri nella foresta? Ho cercato dappertutto! Perché non sei tornato a casa?”

Si allontanò da sua madre e, oh, riecco quella rabbia. “Perché non sono tornato a casa? Non saprei, papà, forse perché abbiamo viaggiato insieme e non posso smaterializzarmi da solo! Ma invece di stare con me, te ne sei andato in giro a TORTURARE BABBANI!”

“Non alzare la voce con me!” Scattò. “Non sai di cosa stai parlando. Ho sentito che hai fatto in quel campo con quella dannata elfa domestica. Ovviamente non penserai che quella cosa abbia raccolto la bacchetta di Potter per caso-“

“No, non lo penso, non sono un idiota.” Disse, interrompendo suo padre possibilmente per la prima volta nella sua vita. “Ed è per questo che so che tu eri lì, con una maschera, a gingillarti con dei babbani. Mentre tu eri impegnato, Crouch ha fatto una scenata sparando commenti sulla nostra famiglia; e mi avrebbe fatto piacere lasciarti gestire la situazione, Padre, mi sarebbe piaciuto moltissimo. Ma non potevi farlo perché non c’eri!”

“Beh, sono qui ora.” Disse, cercando di essere calmo e ragionevole, anche se Draco non lo era, e per qualche motivo quello lo fece arrabbiare ancora di più. “Chiama quella dannata elfa, prenderò in carico io il suo legame. Tu sei troppo giovane.”

In realtà aveva ragione. Anche mentre Draco stava compiendo il rituale, aveva dato per scontato che suo padre avrebbe preso il legame di Winky, se fosse riuscito a completarlo. Ma era furibondo e agitato, così invece disse: “No.”

Lucius si bloccò. “Come, prego?”

“No.” Ripeté. “Winky è la mia elfa domestica e me la terrò. Tu- tu hai cose più importanti di cui preoccuparti, facendo il lavoro sporco dell’Oscuro Signore. Anche se è morto da tredici anni. Chiaramente quello è più importante della nostra famiglia.” Di me. non lo disse, ma dal modo in cui sua madre si coprì la bocca con la mano era sicuro che il messaggio fosse arrivato forte e chiaro.

“Niente è più importante per me di te e di tua madre.” Disse ferventemente Lucius; e Draco voleva credergli, voleva che fosse vero così disperatamente da far male. “Ma stanno succedendo delle cose che tu non capisci e ho bisogno che tu sia un bravo figlio, un buon Malfoy.”

“IO SONO UN BUON MALFOY!” Ruggì. Si sentiva il petto stretto e gli occhi che pungevano, ma non permetteva a nessuno di parlargli così, nemmeno a suo padre. “La nostra famiglia precede l’Oscuro Signore, eravamo mercanti e politici e nobili, non servi! Io sono un buon Malfoy e un bravo figlio! Ma,” si leccò le labbra, “Ma non sarà un bravo Mangiamorte e tu non puoi obbligarmi!”

I suoi genitori erano scioccati. Draco scappò. Corse verso camera sua, volendo disperatamente porre fine a tutto quello, ma dopo un momento sentì suo padre alle sue calcagna. “Draco! Draco!” Raggiunse la sua camera e tentò di sbattere la porta, qualcosa che non aveva mai fatto, ma Lucius era lì, a tenerla aperta mentre ansimava. “Non abbiamo finito!”

Draco scosse la testa. C’erano lacrime nei suoi occhi che minacciavano di strabordare e non voleva farlo ora, non poteva farlo, non sapeva se sarebbe mai stato pronto a farlo.

Lucius avanzò di un passo. Winky gli apparve davanti, la faccetta storta in un cipiglio di rimprovero. “Padron Draco desidera stare solo ora!” Dichiarò e con uno schiocco di dita Lucius venne spinto indietro e la porta si chiuse di scatto. Draco poteva sentirlo battere sulla porta, ma non poteva passare.

Si lanciò sul letto e finalmente lasciò uscire le lacrime. Sprofondò la faccia nel cuscino e lo strinse a sé mentre i singhiozzi gli squassavano il corpo, finché lo stomaco, la gola e la testa non gli pulsarono di dolore. Non aveva mai litigato con suo papà prima, non così, non riguardo a qualcosa di importante. Lo detestava.

Aveva appena iniziato a calmarsi quando percepì una presenza vicino al suo gomito e alzò lo sguardo per vedere Winky fluttuare vicino al suo letto con una tazza di cioccolata calda e Abigail comicamente avvolta intorno al corpo e Draco non poté non sorridere alla vista del suo grosso mamba nero che veniva tenuto su a fatica da una piccola elfa domestica. “Ecco, per padron Draco!” Appoggiò con cura la tazza di cioccolata sul comodino e fece levitare Abigail sul letto. Il serpente sibilò il suo malcontento, ma fu lesta ad acciambellarsi sulla sua schiena. Winky si torse le mani. “Preparo un bagno per padron Draco ora? Questo è quello che gli altri elfi hanno detto che le piace quando è triste.”

Draco sbatté gli occhi e prese un sorso di coccolata, attento a non spostare Abigail. Era speziata con cannella e peperoncino in polvere, proprio come piaceva a lui. Doveva aver già parlato con gli elfi della famiglia. Era stata veloce.

“Molto bene.” Fece una smorfia quando la voce gli uscì rauca.

Winky gli rivolse un sorrisino contento, poi scomparve con uno schiocco. Un momento dopo sentì lo scorrere dell’acqua dal bagno privato della sua camera. Ficcò una mano nella tasca del mantello, cercando lo specchio a tentoni, desiderando disperatamente di parlare con Harry.

Quando lo aprì, il pezzo di vetro, che si era staccato dal resto del compatto, cadde fuori. Cercò di afferrarlo, ma mancò la presa e lo specchio cadde e si frantumò sul pavimento della sua stanza.

Fissò i cocci per un lungo momento. Anche se avesse riparato il vetro, l’incantesimo che lo collegava a quello di Harry non sarebbe stato lo stesso, a meno che non lo avesse riparato avendo l’altro specchietto di fianco.

“Fantastico.” Disse sordamente, troppo esausto persino per arrabbiarsi. Avrebbe fatto raccogliere il vetro a Winky mentre si faceva il bagno.

 

-

 

 

Hermione ricevette una lettera da Pansy il giorno dopo. Per la maggior parte parlava di Rita Skeeter e del suo orribile articolo ma, tra quello e il lamentarsi della loro lista di libri scolastici, nel mezzo scrisse anche che lo specchio si era rotto, ma che lui stava bene. Non specificò chi fosse lui per paura che la loro posta venisse letta, ma stava ovviamente parlando di Draco quindi furono tutti sollevati. Ron aveva cercato di far rimanere calmi Hermione e Harry, ma più Draco non rispondeva allo specchio e più si erano preoccupati.

Harry nont era contento di non poter parlare con la sua anima gemella, ma stava bene e sarebbero tornati presto a Hogwarts.

Harry era lì quando Ron ricevette il suo abito e vide la sua reazione disgustata. Si girò verso sua mamma, ma la signora Weasley si stava torcendo le mani nel grembiule e Harry strinse i denti, preparandosi.

Ron però guardò di nuovo l’abito e disse: “Grazie per avermelo preso, mamma.”

Il suo sollievo fu evidente. “Di niente, caro! Pasticcio di carne per cena?”

“Il mio preferito.” Disse, sorridendo. “Grazie.” Aspettò che se ne andasse, poi si girò verso di Harry. “È assolutamente orrido.”

“Non è così male.” Disse, ma non probabilmente non riuscì a mentire bene perché Ron alzò gli occhi al cielo.

“È ripugnante.” Disse, una parola che aveva sicuramente imparato da Hermione. “Lo farò mettere a posto da Pansy, lei saprà come fare. Mamma è tremenda negli incantesimi di sartoria, è per questo che fa i nostri maglioni a mano. Ma Pansy è molto brava in trasfigurazione ed è la ragazza più vanesia che conosco. Deve sapere per forza come renderlo meno terribile.”

“Magari non dirglielo in quel modo quando glielo chiedi.” Suggerì Harry. “Sai, potrei comprarti io un vestito nuovo. Per me non c’è problema. Potrebbe essere un regalo di Natale in anticipo!”

Ron gli schiaffò un cuscino in faccia e gli storse gli occhiali. “Non costringermi a menarti. Non mi permetti neanche di restituirti i soldi dei binocoli, non ho bisogno della carità.”

“Non è fare la carità!” Disse Harry, ma sapeva di non poter insistere più di tanto. “Sei mio amico e mi piace regalarti cose perché ci tengo a te. È così terribile?”

“È assolutamente orribile, come puoi dire una cosa del genere?” Chiese Ron, ma stava sorridendo. “Grazie ma no, grazie. Lascerò fare a Pansy.”

“L’offerta rimane valida, se vuoi.” Disse, ma Ron rifiutò con un gesto della mano e tirò fuori la scacchiera.

Gli ultimi giorni d’estate furono tranquilli e poi finalmente, finalmente, arrivò il momento di tornare a Hogwarts. Charlie e i genitori di Ron li accompagnarono e Charlie disse qualcosa di criptico riguardo al rivederli presto, e Harry sarebbe stato più interessato se non fosse stato così ansioso di salire sul treno e occupare un compartimento. Non riuscì a evitare di guardarsi intorno al binario, cercando di scorgere un barlume dei loro amici Serpeverde.

Realizzò di non essere stato discreto quando Ron disse: “Ah, è solo ansioso di… imparare.”

Si girò verso i Weasley, che lo stavano guardando con sopracciglia inarcate. “Conosco quello sguardo.” Disse Charlie, guardandolo maliziosamente. “Ti sei fatto una fidanzata, Harry?”

Ron si strozzò.

“NO!” Esclamò Harry, arrossendo. “No, non ho una fidanzata.”

“Fidanzato?” Tentò Charlie; e Harry fu troppo mortificato per dire qualcosa. Fortunatamente, Hermione lo prese sottobraccio e lo trascinò via prima che il silenzio diventasse troppo imbarazzante. Grazie a Merlino.

“Sei davvero un disastro.” Disse, sospirando. “Sono sconvolta che tu sia riuscito a tenere dei segreti nella tua vita.”

Non sapeva cosa rispondere, quindi alzò semplicemente le spalle e disse: “Già.”

Harry voleva andare a cercare i Serpeverde, ma non lo aveva mai fatto prima e sarebbe stato strano se lo avessero visto nel mentre. Quindi non lo fece e aspettarono.

Non dovettero aspettare a lungo. Circa venti minuti dopo che il treno aveva lasciato la stazione, la porta del loro compartimento si aprì violentemente e tre Serpeverde si riversarono al suo interno.

Harry aspettò a malapena che la porta fosse chiusa prima di alzarsi in piedi, afferrare il mantello di Draco e tirarselo vicino. Gli incorniciò il viso con le mani e c’erano delle borse sotto i suoi occhi. Harry non le aveva mai viste fuori dal periodo degli esami. “Anche per me è bello vederti, caro.” Disse Draco, arricciando gli angoli della bocca. “Sto bene.”

“Io sto benissimo!” Disse Pansy ad alta voce. “Sto così bene, qui in piedi a guardare il mio migliore amico e la sua anima gemella fare schifo insieme! Questo è, wow, proprio un momento fantastico.”

Harry alzò gli occhi al cielo e si sedette di nuovo, tirandosi dietro Draco per farlo sedere di fianco a lui. “Porti un fardello talmente pesante, Pansy, sei davvero un’ispirazione.”

“Grazie.” Disse lei condiscendente, spingendo Ron addosso a Hermione per accaparrarsi il sedile vicino al finestrino. “È anche ora che io inizi a ricevere l’apprezzamento che mi merito.”

Blaise fece una risata nasale e prese il posto vicino a Draco. “Come ve la siete passata? Tutti stanno spettegolando su quello che è successo alla Coppa del Mondo.”

“Draco è riuscito ad incentrare su di sé la maggior parte del gossip dell’alta società.” Si intromise Pansy. “Ma grazie a Harry, anche voi siete riusciti ad accaparrarvi la prima pagina. Più di una, in realtà.”

“Fantastico.” Disse seccamente Ron. “Adoro essere accusato di essere un Mangiamorte di fronte a un gruppo di maghi adulti e avere delle bacchette puntate addosso.”

“Fantastico!” Disse Pansy, sorridendo a trentadue denti. “Allora mi stai dicendo che te la sei spassata.”

Ron fece una risata nasale e indicò Draco col mento. “Ehi, mio fratello ha lasciato degli indizi su qualcosa di grosso che dovrebbe succedere quest’anno. Avete idea di cosa possa essere?”

Draco si rilassò, premendosi contro Harry dalla spalla al fianco. Harry non riusciva a levarsi dalla testa Charlie che diceva “fidanzato”.

“Non succede qualcosa di grosso ogni anno?” Chiese Draco, stancamente. “No, non lo so. C’è sicuramente qualcosa di grosso, mio padre è dovuto andare agli incontri del Consiglio tre volte in più rispetto al normale. Ma… Non stiamo, uh, parlando. In questo momento. Quindi non so cos’è.”

Pansy e Blaise si scambiarono un’occhiata, poi distolsero velocemente lo sguardo, un’espressione velatamente crucciata su entrambe le loro facce. Harry desiderò di poterlo abbracciare, o almeno tenergli la mano, ma non pensava che Draco lo avrebbe apprezzato visto che avevano pubblico, anche se erano loro amici.

“Non vi preoccupate!” Esclamò Ron, sforzandosi di essere allegro. “Sono sicuro che lo scopriremo presto. Allora, quella Skeeter… È tremenda, non è vero?”

Pansy si attaccò al nuovo argomento di conversazione a piena potenza e Harry fece del suo meglio per non pensare a tutte le cose che non stavano venendo dette.

 

-

 

 

Draco era riuscito a evitare un viaggio in carrozza terribilmente scomodo con i suoi genitori andando alla stazione assurdamente presto. Aveva preso la Metropolvere e aveva mandato Winky in anticipo al castello con i suoi bagagli. Si annoiò parecchio finché i suoi amici non si fecero vedere, ma fu comunque preferibile agli sguardi in parte feriti, in parte arrabbiati che suo padre continuava a scoccargli.

Draco si era rifiutato di parlare perché non sapeva cosa voleva. Era tutto troppo confuso. Non poteva chiedere niente se non sapeva cosa voleva, quindi era meglio non dire nulla.

Ma era grato di essere di nuovo a Hogwarts, specialmente per Winky. C’era abbastanza magia latente intorno al castello e alla foresta, dunque l’elfa non avrebbe dovuto dipendere solamente su di lui per cibarsi. Con un po’ di fortuna, avrebbe a malapena notato lo sforzo. Almeno finché fosse rimasto a scuola. Non era esattamente fuori di sé dalla gioia per la prossima estate; quella settimana a casa lo aveva prosciugato e non aveva nemmeno fatto molto.

Non c’erano regole contro il portare degli elfi personali, visto che non era qualcosa che la maggior parte degli studenti sarebbe stata abbastanza stupida da fare, quindi ordinò a Winky di aiutare nelle cucine a meno che non avesse bisogno di lei e di badare alla sala comune di Serpeverde. Semplicemente non aveva abbastanza faccende da tenere impegnato un elfo domestico, quindi prestarla a Hogwarts era la cosa migliore per entrambi.

In più, Piton per una volta era stato utile e gli aveva organizzato il tutto, così non dovette nemmeno parlare direttamente con Silente. Il che era un bene, perché ogni volta che vedeva quell’uomo era assalito dalla travolgente urgenza di tirargli un pugno, come se fosse un comune babbano.

Quindi era meglio che non ne avesse mai l’occasione.

 

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Sarebbe stato troppo sospetto se fossero sgattaiolati via la prima notte, quindi dovettero aspettare un intero giorno di lezioni prima di riuscire a incontrarsi di nuovo e Harry lo considerò pura tortura. Ricevette una lettera da Remus e Sirius: erano preoccupati riguardo la sua cicatrice e i sogni – Harry si era finalmente arreso e gliene aveva parlato – e che volevano parlare di persona. A Harry non piacque per niente l’idea. Sarebbe stato abbastanza facile per Remus, che non era un criminale internazionale, ma avrebbe preferito che Sirius non rischiasse la carcerazione solo per parlare.

Draco fece lo stronzo durante Cura delle Creature Magiche, ma non disse nulla di veramente meschino, e visto che Hagrid aveva deciso che Draco era a posto, rispose ai suoi commenti acidi con una sorta di allegra benevolenza. Quello sembrò solamente frustrare Draco, il che rese il tutto ancora più divertente.

Quella notte, i Serpeverde li stavano già aspettando quando arrivarono alla loro classe abbandonata preferita. “Hanno cancellato il Quidditch!” Urlò Draco appena chiusero la porta e Harry si prese un secondo per notare come fosse ovvio che fossero anime gemelle.

“Lo so!” Disse, nello stesso momento in cui Ron disse: “Spregevole!” nel tono di voce più offeso che gli aveva mai sentito usare.

“Davvero?” Chiese Blaise, annoiato. “Questa è la cosa che vi ha turbato di più?”

“Cosa dovremmo fare? Non allenarci per un anno?” Chiese Harry. “Ne parlerò con Angelina. Sicuramente non è felice di questa faccenda.”

“Flint sì.” Borbottò Draco. “Aveva fallito i suoi G.U.F.O., quindi deve rifarli se vuole diplomarsi. Ho cercato di parlarne con lui, ma mi ha imprecato contro e ha detto che non gliene fotteva un cazzo del quidditch.”

“Prova Cassius.” Disse Ron. “Tiene sempre d’occhio l’intera partita quando giocate. Lo rende un buon battitore, ma lo renderebbe anche un buon capitano. Forse potreste far fare a Flint un passo indietro?”

“Vuole lo status.” Disse Draco. “Ma potrei riuscire a farglielo fare comunque, a Cassius. È una buona idea, Ron.”

“Scusate.” Disse Hermione. “Non voglio dirottare una discussione molto importante ed elettrizzante, ma non stiamo ignorando qualcosa di un po’ più importante del quidditch? Tipo il Torneo Tremaghi?”

“Chi se ne importa.” Dissero Ron, Harry e Draco all’unisono.

“Non siamo del settimo anno.” Continuò Ron. “Cosa cambia per noi? Avere le altre scuole qui sarà divertente, immagino. Krum ci sarà sicuramente, il che è fantastico. Oltre a questo non ci riguarda, no? Se proprio, sono più preoccupato del fatto che Malocchio Moody ci farà da insegnante. Quel tipo sembra un pazzo!”

“Immagino di sì.” Disse Hermione, dubbiosa. “Draco, dovevi per forza essere così scortese con Hagrid oggi?”

“Assolutamente.” Disse. “È già abbastanza pericoloso che i gemelli Weasley sappiano di noi, assieme alla tua demoniaca sorella minore. Chi sa chi altri sta iniziando ad insospettirsi? Ho una reputazione da mantenere, io.”

Ron si mordicchiò il labbro inferiore. “In realtà, ho un’idea. C’entra con te che fai lo stronzo, quindi immagino che tu sia favorevole.”

Draco fece un’espressione deliziata.

 

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Era un piano abbastanza semplice e Ron si offrì come vittima, visto che era stata una sua idea. “Non ci azzuffiamo sul serio da secoli!” Aveva detto. “Sarà divertente.”

“Hai un’idea molto strana del divertimento.” Aveva detto Hermione, ma aveva anche detto che era un piano fantastico nella sua semplicità, perciò Ron l’aveva ignorata.

Stavano camminando per i corridoi, circondati da persone, e Draco e Ron si stavano scambiando insulti. Harry trascinò via Ron, cercando di non irrigidirsi per la maledizione che sapeva stava per arrivargli addosso, per la maledizione che Draco gli aveva detto la notte prima che avrebbe indirizzato a lui.

Non arrivò mai.

Si girarono appena in tempo per vedere un incantesimo verde brillante colpire Draco e Harry si sentì il cuore in gola. Ma non era una maledizione mortale, era qualcos’altro, e dove una volta stava la sua anima gemella ora c’era un candido furetto bianco sospeso in aria.

Moody era lì, la bacchetta sguainata. “Che cosa codarda da fare.” Ringhiò. “Cercare di attaccare un avversario alle spalle. Te l’ha insegnato tuo padre questo trucchetto, ragazzo?”

Poi, con l’orrore di Harry che cresceva sempre più, fece scattare la bacchetta e iniziò a sbattere la sua anima gemella trasfigurata contro il pavimento di pietra. Più volte. “Porca troia.” Disse Ron, troppo piano per essere sentito da qualcun altro. Era così pallido che le sue lentiggini risaltavano, in netto contrasto col resto della sua carnagione.

Tutti si erano zittiti e quando si arrischiò a guardarsi in giro fu grato di vedere che nessuno stava ridendo. Stavano tutti fissando la scena con delle espressioni orripilate come la sua e Harry desiderò fortemente che qualcuno di loro facesse qualcosa.

Ma nessuno fece nulla.

Quello che stava per fare era probabilmente l’esatto opposto di quello che Draco voleva che facesse, l’opposto di quello che avevano cercato di ottenere, ma non gliene fregava un cazzo. Sfoderò la bacchetta, puntandola contro Moody. “Lo metta giù.” Disse, senza riconoscere la propria voce. Suonava fredda. Suonava come quella di Draco quando era incazzato.

Moody fermò la sua bacchetta e Draco non venne più sbattuto contro il lastricato; almeno quello. “Calmo.” Disse. “Sto solo cercando di aiutare, Potter.”

“Se questo è quello che lei considera aiutare, allora non c’è da stupirsi che tutti la considerino un auror senza futuro che non è più nel fiore degli anni.” Harry lo fulminò con lo sguardo e pensò che Rita fosse brava in qualcosa, perché aveva preso quella frase da lei. “Lo metta giù e lo ritrasformi. Non glielo chiederò una terza volta.”

“Altrimenti?” Chiese.

Harry aveva l’incanto di disarmo sulla punta della lingua quando la McGonagall si fece strada a passo di marcia e urlò: “SIGNOR POTTER! Che significa tutto questo?”

“Il professor Moody ha trasformato Malfoy in un furetto.” Disse Ron e spinse giù la bacchetta di Harry ora che i rinforzi erano arrivati, per farlo sembrare meno folle.

La McGonagall spostò il suo sguardo furioso su Moody. Tutti gli studenti fecero un passo indietro. “Alastor! È la verità? Quello è il signor Malfoy?”

“Se l’è meritato.” Rispose Moody burberamente.

I suoi occhi si assottigliarono e tirò fuori la bacchetta. “Qui non trasfiguriamo gli studenti! Homosembiante!”

Ci fu una forte luce blu e Draco apparve di nuovo. Era fin troppo pallido e i suoi occhi erano sgranati. Si allisciò i capelli, ma gli tremavano le mani. Harry sperò di essere l’unico ad averlo notato. “Molte grazie, Professoressa.” Disse, con la voce calma.

Lei annuì seccamente e avanzò verso Moody, brandendo ancora la bacchetta. “Con me, Alastor.” Sibilò, per poi portarlo lontano dagli studenti.

Draco tirò su col naso e se ne andò, Crabbe e Goyle che si mettevano in riga per seguirlo un passo dietro a lui. Ora tutti stavano fissando lui e Ron, quindi Harry afferrò il mantello del suo migliore amico e lo guidò in direzione opposta a… tutti.

“È andata male.” Mormorò Ron.

“Già.” Disse Harry. “Puoi dirlo forte.”

 

-

 

 

Si incontrarono quella notte, solo loro due, e stavolta Harry era arrivato per primo e stava camminando su e giù per la stanza. Draco scivolò dentro e Harry disse d’impulso: “Mi dispiace! Solo, io- Non potevo stare lì a guardare mentre ti faceva del male!”

Draco aveva delle borse sotto agli occhi. Prima non le aveva, il che significava che aveva usato un incanto coprente per nasconderle da tutti. “Va tutto bene.” Disse. “Sei un Grifondoro coraggioso, quindi era fedele al personaggio. Siamo coperti.”

“Non l’ho fatto perché sono un Grifondoro coraggioso.” Disse piano. “L’ho fatto perché ti ha fatto del male e io ne volevo fare a lui.”

Draco sorrise. “Beh, prenderò la mia cavalleria in un modo o nell’altro. Sono solo un po’ di lividi, Harry. Non ti preoccupare.”

“Lividi?” Chiese, la voce nuovamente gelida. “Fammi vedere.”

Sembrò che stesse per rimbeccare, poi guardò meglio la faccia di Harry e decise di non farlo. Si tolse prima il mantello, poi la sua cravatta, poi si sbottonò la camicia. Esitò un momento prima di togliersela. “Non puoi esagerare con la reazione, sappilo.”

“Non lo farò.” Disse. Era una promessa facile da fare. Non concepiva “esagerare” quando qualcuno feriva i suoi amici.

Draco aveva la fronte aggrottata, ma si sfilò la camicia e la lasciò cadere. “Sembra peggio di quello che è.”

Harry vide rosso, immediatamente furibondo. Il suo intero torso era blu e viola e andava oltre. Fece un passo avanti e gli tirò giù i pantaloni; lui fece un verso di protesta ma non fece altro per fermarlo. Fu più gentile e vide altri segni giù per le gambe di Draco. Gli tirò giù i boxer da un lato, giusto abbastanza per vedere il suo marchio.

Le calendule risultavano ancora più brillanti contro il viola scuro del livido che gli copriva il fianco. “Perché non sei andato da Pomfrey?”

“Così lo va a dire ai miei genitori? Assolutamente no.” Stava sbattendo i denti. “Posso rivestirmi ora? Dovrei far accendere un fuoco a Winky, o almeno far mettere un incanto riscaldante in questa stanza.”

“Ehm, giusto.” Disse. Faceva freddo lì, ma si sentì improvvisamente accaldato mentre Draco si sbrigava a rivestirsi. “Che t’importa se i tuoi lo scoprono?”

“Perché stiamo litigando, Harry. Se mia madre sapesse cos’è successo verrebbe qui di persona per dare fuoco a Moody e mio padre userebbe la sua considerabile influenza per farlo rimuovere dalla scuola.”

“Bene!” Disse. “Fantastico! Fallo!”

Draco alzò gli occhi al cielo. “Non posso. Stiamo litigando! Non posso coinvolgerli mentre stiamo litigando.”

Harry non era cresciuto con i suoi genitori, quindi era conscio di non essere l’esperto del caso, ma non gli suonava giusto. “Penso che vorrebbero saperlo comunque.”

“Oh, assolutamente.” Concordò lui. “Sfortunatamente, se vogliono che io gli dica le cose, avrebbero dovuto pensarci prima… Beh, prima che iniziassimo a litigare. Ora dobbiamo affrontare tutti le conseguenze.”

Harry era convinto che Lucius Malfoy fosse una cattiva persona. Ma era anche abbastanza sicuro che avrebbe sbudellato chiunque avesse fatto del male a suo figlio e Harry era in favore di quel genere di atteggiamento. Ma forse era una cosa buona che Draco stesse litigando con i suoi genitori? Dopotutto erano Mangiamorte.

Era tutto troppo confuso e preoccupante, quindi preferì concentrarsi sull’unica cosa di cui era certo. “Lo odio.”

“Chi?” Draco stava armeggiando con la sua cravatta, cercando di farla stare perfettamente dritta nonostante ci fossero solo loro due.

“Moody.” Disse Harry. “Io… Lo odio. È stato crudele. Gli auror non dovrebbero essere crudeli. Dovrebbero aiutare.”

Draco rise, ma quando incontrò i suoi occhi la sua espressione si addolcì. “Vedo che non hai incontrato molti auror.” Harry aggrottò la fronte, ma Draco scosse la testa, facendo un passo avanti per far scivolare una mano dentro quella di Harry. “Quando ci diplomeremo, potrai diventare un auror e farli cambiare tutti. Puoi essere gentile e far diventare gentili anche loro.”

“Cosa farai tu, mentre io vado a combattere per la verità e la giustizia?” Chiese, il cuore in gola. Non avevano mai parlato del futuro prima.

“Sarò qualche porta più in là, ovviamente.” Disse; e non si stavano guardando, non potevano: Harry era certo che se lo avessero fatto il sogno di quell’impossibile futuro si sarebbe frantumato. “Prima sarò un avvocato, ma dopo quello, beh. La mia famiglia ha mantenuto un seggio nel Wizengamot per secoli. Sono sicuro che la prozia Tiana sarà pronta ad andare in pensione in circa una decina d’anni.”

“Sembra bello.” Disse, chinando la testa per appoggiarla contro quella di Draco.

“Sì.” Disse la sua anima gemella. “Hai ragione.”

 

-

 

 

Draco non pensava che insegnare a studenti del quarto anno le maledizioni senza perdono fosse una buona idea, ma a suo avviso era il minore dei peccati di Moody, quindi non protestò.

Poi Moody disse che le avrebbe lanciate su di loro. Draco doveva aver sentito male per forza.

Invece no. Di fatto, Hannah Abbott fu costretta a chiocciare come una gallina davanti alla classe in un’esibizione assolutamente imbarazzante. Incrociò lo sguardo con Pansy per prima e lei annuì, ma quando guardò verso Blaise, lui scosse la testa, gli occhi sgranati. Dannazione.

Crabbe e Goyle non potevano, lo sapeva, a meno che qualcosa di drastico non fosse cambiato negli ultimi anni. Anche Daphne e Theodore sarebbero dovuti essere a posto, pensò. Dovette girarsi per incrociare lo sguardo con Millie, ma Moody era ancora concentrato sui Tassofrasso quindi non se ne accorse. Lei lo vide e sussultò, ma alzò le spalle. Okay, leggermente resistente era più di quello che si era aspettato. Non erano messi malissimo.

Draco sperò che Moody non avesse intenzione di provare la maledizione Cruciatus su di loro. Crabbe e Goyle l’avevano già provata sulla loro pelle, ma nel suo caso, sorprendentemente, era stato suo padre a tirare una linea, dicendo che era qualcosa per cui avrebbe dovuto aspettare di essere più grande. L’unico altro ragazzo del loro anno che ne aveva avuto esperienza era forse Theodore, ma non era sicuro perché non glielo aveva mai chiesto. Non aveva pensato che avrebbe mai dovuto farlo.

Non sapeva come aiutare Blaise, perché l’unico modo per allenarsi a resistere alla maledizione era farsela lanciare contro, più volte. E non conosceva nessuno veramente capace di utilizzare quel dannato incantesimo. Beh, immaginò di poter chiedere a Snape, ma quello avrebbe richiesto di passare una quantità di tempo non indifferente in compagnia di quell’uomo, qualcosa che si impegnava con solerzia a non fare a meno che non fosse assolutamente necessario.

Quell’uomo era un brillante mastro pozionista, ma non un insegnante. Ed era anche peggio come capo della casa. Sua madre aveva più di una volta definito la sua nomina un sabotaggio. Draco non si sarebbe spinto a tanto, ma che lui fosse l’uomo immagine della Casa Serpeverde non aiutava nessuno.

Moody concluse con i Tassofrasso e l’unica di loro che riuscì a opporre un briciolo di resistenza fu Susan Bones; avrebbe dovuto aspettarselo. Sua zia era una liberale, ma era anche impietosamente pragmatica, a quanto diceva suo padre; e non era il tipo di persona che addolciva questo tipo di cose. “A chi tocca?” Chiese Moody, l’occhio di vetro che vagava su di loro in modo disagevole. “Signor Zabini, che ne dice?”

Okay, no, Blaise faceva schifo in quello e lo odiava, non sarebbe andato per primo. Draco si stava già alzando dalla sedia quando la mano curatissima di Pansy gli afferrò la spalla e lo spinse di nuovo giù.

“Vado io per prima.” Disse Pansy, alzandosi con un ghigno di derisione e spostandosi la massa di capelli oltre la spalla. “Per mostrare a tutti come si fa.”

Moody inarcò un sopracciglio. “Se insiste, Signorina Parkinson.”

“Insisto.” Rispose lei, ancheggiando mentre si incamminava verso il centro della stanza. “Posso gestire tutto quello che mi userà contro, professore. Non sia gentile – non è la mia prima volta.”

La faccia di Moody sbiancò. Draco dovette utilizzare ogni oncia della sua forza di volontà per non scoppiare a ridere e vide che Millie si era messa una mano sulla bocca per prevenire la stessa reazione. C’erano poche cose capaci di scombussolare Malocchio Moody e una quattordicenne che flirtava con lui era una di quelle. Era una buona pensata: se avessero perso tempo, era possibile che sarebbero riusciti a finire la lezione senza che Blaise, Crabbe o Goyle dovessero subire la maledizione.

“Tesoro.” Disse Draco, strascicato. “Abbi un po’ di decoro.”

Lei lo guardò da sopra la spalla e gli fece l’occhiolino, prima di mandargli un bacio. “Oh, dovresti sapere bene che non posseggo nulla del genere.”

C’era una vena che stava per esplodere nella fronte di Moody. Era magnifico.

“Basta con le chiacchiere.” Abbaiò. “Imperio!” Pansy si immobilizzò immediatamente e i suoi occhi diventarono lucidi. Nessuno rideva più. “Salta su e giù.”

La mano di Draco si chiuse in un pugno. Aveva dato agli altri studenti lo stesso comando, ma… Pansy non indossava calze e aveva modificato le sue gonne per accorciarle di quindici centimetri sin dal secondo anno. Se avesse saltato avrebbe mostrato le mutande all’intera classe.

Lei si alzò in punta dei piedi e Draco video Millie afferrare la propria bacchetta con la coda dell’occhio e Dapnhe si era tolta il mantello, tenendoselo in grembo, pronta a scattare in avanti.

Pansy si fermò, in equilibrio sulle punte dei piedi, come una ballerina prigioniera del tempo. “Salta!” Ripeté Moody.

La sua gamba ebbe uno spasmo, poi venne sbattuta per terra. Pansy scosse la testa e quando la alzò di nuovo i suoi occhi erano limpidi.  “No, grazie.” Disse con grazia, il trionfo nella curva delle sue labbra.

Un applauso eruppe dall’altra parte della classe. Pansy si bloccò.

Draco si girò. Tutti avevano la bacchetta sguainata e metà di loro aveva in mano sciarpe o mantelli, pronti a scattare se Pansy non fosse riuscita a difendersi e la sua gonna si fosse sollevata.

Moody sbatté il pugno sulla cattedra. “Va bene, va bene, basta così!”

I Tassofrasso esultarono ancora di più. Pansy arrossì, poi fece un inchino prima di tornare al suo posto.

“Huh.” Disse a bassa voce Draco. “Chi lo avrebbe mai detto.”

Susan incrociò il suo sguardo e gli fece l’occhiolino. Fu così preso in contropiede che gliene fece uno di rimando senza neanche pensarci.

 

-

 

 

Draco, Blaise e Pansy ascoltarono l’esperienza dei Grifondoro quella notte e Draco aggiunse “sottoporre Longbottom a tortura psicologica” sulla sua lista dei motivi per cui Moody era una persona orribile. Non c’era bisogno di ricordargli così brutalmente le circostanze dei suoi genitori. Nemmeno lui si sarebbe abbassato a tanto.

Furono molto impressionati quando sentirono di com’era andata a Harry.

“Non sono riuscito a batterlo.” Disse Harry miseramente. “Ci ho provato, ma… Non potevo scrollarmela via del tutto, al contrario di te, Pansy.”

“Harry, a me l’hanno lanciata un paio di centinaia di volte! Ho iniziato a resistere solo intorno alla, non lo so, centesima volta? Che tu sia quasi riuscito a sfuggire al suo controllo la prima volta che è stata usata contro di te è-“

“Incredibile.” Concluse Draco.  “È spaventosamente notevole, Harry. Non penso di aver mai sentito di nessuno in grado di resistere al primo colpo, senza alcun allenamento. Avrei detto che era impossibile, ma, beh, mi hai insegnato a non dire quella parola alla leggera.”

“Io non ci riesco proprio.” Disse Blaise, nascondendo molto poco efficacemente la sua acredine.

Pansy lo sgomitò nel fianco. “Non lo sai, non per certo. Tua mamma non lo lascia fare a nessun’altro e ovviamente tu non riusciresti a resistere quando è lei a lanciarla. Neanche io riesco a resistere contro i miei genitori.”

Draco annuì. “A volte riesco quasi a resistere mio papà, ma mia mamma? Neanche per idea. Non ho mai nemmeno esitato.”

“Aspettate!” Hermione alzò una mano. “Di che state parlando?”

Si girarono tutti a guardarla. “Hermione.” Disse Blaise, suonando finalmente più divertito che scocciato. “Hai perso un pezzo della lezione di Moody?”

“No!” Si incupì lei. “Ovviamente no. Di che stai parlando?”

Draco ripensò alla lezione e, ora che ci faceva caso, non gli sovveniva che Moody l’avesse menzionato. Il che era strano, visto che era un componente alquanto basico della maledizione. “La maledizione Imperius è più difficile da resistere se è lanciata da qualcuno di cui ti fidi, mentre è più facile opporre resistenza se lanciata da qualcuno di cui non ti fidi. È comunque possibile da rompere, non importa chi l’abbia lanciata, ma è molto più difficile. Io ogni tanto riesco a resistere a mio padre, non perché non mi fidi di lui, ma perché non è bravo come mia mamma nelle maledizioni. Quindi probabilmente riuscirò a resistergli del tutto molto prima che con lei.”

“Quindi, facendo un confronto, è molto più facile per me resistere a Moody, perché non mi fido per niente di lui, piuttosto che a un membro della mia famiglia.” Aggiunse Pansy.

Ron aggrottò la fronte. “Ma… Aspetta. Se la mamma di Blaise non lascia che nessun’altro usi la maledizione su di lui… Mi state dicendo che i vostri genitori hanno lasciato che altre persone la usassero su di voi?!”

Pansy e Draco alzarono le spalle. “Devi imparare in qualche modo.” Disse. “E loro erano lì, ovviamente. Ma è bene imparare. E almeno era meno noioso delle lezioni di Occlumanzia.”

“Occlu-cosa?” Chiese Ron.

In quel momento a Draco venne in mente, per la prima volta, che Hermione era una nata babbana, Harry era stato cresciuto da babbani e Ron era un Weasley, quindi non c’era nessuna ragione logica per cui avessero imparato l’Occlumanzia.

“Merda.” Esalò Blaise, palesemente giunto alla stessa conclusione.

Draco si massaggiò le tempie. “Apri la mappa, dobbiamo trovare i gemelli. Dovrebbero saperlo anche loro.”

“Ginny?” Suggerì Pansy.

Draco fece una smorfia. “Dovrebbe imparare, ma non ho intenzione di sottopormi a una cosa del genere. Glielo insegnerà Luna.” Pansy lo stava guardando con fare dubbioso. “È brava! Tutti quei pensieri volatili e pazzi devono pur essere utili a qualcosa, giusto?”

Hermione tirò fuori la mappa della Chimera dalla borsa, dando una scorsa. “Sono a letto.”

“Davvero?” Chiese Draco, sporgendosi per guardare di persona. “Sono sconvolto.”

“Devono pur dormire qualche volta.” Fece notare Ron.

Harry fece una risata nasale. “Perché? Noi non lo facciamo.”

“Ed è molto dannoso per noi, probabilmente ci sta rallentando la crescita.” Disse decisa Hermione. “Non pensate che i nostri voti sarebbero più alti se ci riposassimo in maniera regolare e adeguata?”

“No.” Fecero Ron, Harry e Pansy all’unisono.

“Probabilmente.” Disse Blaise, ridendo quando Pansy si girò di scatto e gli schiaffeggiò il braccio. “Comunque, dovete imparare l’Occlumanzia. È una magia senza bacchetta che serve a proteggere la vostra mente. È… Beh, è dannatamente noiosa, sinceramente, ma non troppo difficile.”

Draco si chiese se avrebbe aiutato con le strane visioni che Harry aveva quando dormiva. Lo sperava. Erano a dir poco terrificanti.

Ron batté le mani. “Okay, affare fatto. Che ne dite di tornare indietro e riposare adeguatamente, per una volta?”

“Abbiamo perso la nostra occasione circa un’ora fa.” Disse seccamente Hermione.

Iniziò ad arrotolare la mappa, ma Draco scosse la testa e lei la aprì di nuovo. “Ho visto Moody andare verso la foresta quando stavamo venendo qui. Voglio essere sicuro che non sia nei dintorni prima di tornare indietro.”

Lei picchiettò la mappa. “A posto, è nel suo ufficio.”

“Davvero?” Si piegò.

“Davvero.” Disse lei, esasperata. “So leggere, Draco. È uno dei miei numerosi talenti.”

“No, lo so. Scusa. È solo…” Corrucciò lo sguardo. “Mi ero aspettato che sarebbe stato via più a lungo. Pensavo di essere troppo cauto. Ha fatto veloce.”

“Forse voleva solo una boccata d’aria.” Disse Blaise. “Chi se ne importa? Andiamo a letto. Possiamo passare a prendere i gemelli e iniziare le lezioni domani.”

“Giusto.” Disse, arrotolando la mappa e consegnandola a Hermione. Lei la fece scivolare di nuovo nella borsa, che sembrava in grado di contenere molte più cose di quante potessero razionalmente starci. Se aveva studiato l’incantesimo di estensione senza di lui si sarebbe offeso.

Tornò col pensiero a Moody e a quanto rapida doveva essere stata quella passeggiata; poi scosse la testa. Era evidente che stesse passando troppo tempo intorno a Luna e stava diventando paranoico anche lui, tutto qui.

 

-

 

 

Angelina rimase deliziata alla proposta di Harry di continuare ad allenarsi per la stagione di quidditch dell’anno successivo. C’era il piccolo problema del campo, che era sotto costruzione per il Torneo Tremaghi ed era quindi inutilizzabile. “Pensi che ci sia dello spazio da qualche parte nella Foresta Proibita?” Chiese, con uno sguardo negli occhi che gli ricordava fin troppo Oliver Wood.

Harry pensò che ogni volta che era andato in quella foresta, qualcosa aveva tentato di mangiarlo. “Chiederò ad Hagrid.” Disse, invece di ripetere ad alta voce i suoi pensieri. Qualcosa gli diceva che a Angelina non sarebbe importato.

“Fantastico!” Disse lei. “Ne parlerò con Cedric e Roger, non c’è motivo di allenarci separatamente quest’anno. Sarà divertente! Possiamo fare qualche partita mischiando le squadre.”

Harry avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa. Ma non era mai stato il suo punto forte, quindi chiese: “E Serpeverde?”

“Cosa?” Fece uno sguardo cattivo, poi sembrò vergognarsi di sé stessa. “Sì, parlerò anche con Flint.”

“Uh.” Ripensò al suo scambio con Draco. “Flint meglio di no. So che è il capitano, ma è… impegnato, quest’anno. Forse faresti meglio a chiedere a Cassius?”

A quelle parole, Angelina sembrò rallegrarsi un pochino. Harry non poteva biasimarla. Dover parlare con Flint avrebbe peggiorato l’umore di chiunque.

Il buonumore che Harry aveva al prospetto di poter continuare a giocare a quidditch, invece, durò fino a quando arrivò alla sala comune di Grifondoro. Era perlopiù vuota, ma Hermione era lì, accoccolata nel posto vicino alla finestra, le gambe piegate contro il petto. Harry desiderò che Ron fosse lì. Per quanto fosse spesso ignaro nella maggior parte delle situazioni, era sempre stato bravissimo a fermare la tristezza di Hermione. È vero, di solito ci riusciva facendola arrabbiare, ma era efficace. Personalmente, trovava Hermione troppo spaventosa per farla incazzare di proposito.

“Ehi.” Disse, scivolando sul piccolo spazio lasciato dai suoi piedi. “Che succede?”

Lei lo guardò e cercò di sorridere, ma non ci riuscì molto bene. “È stupido.”

“Non è vero.” Disse lui, immediatamente. Qualsiasi cosa facesse stare male i suoi amici, non era stupido

“Non riesco a smettere di pensare agli elfi.” Confessò. “Tutti si comportano come se fosse normale e giusto e Ron non lo capisce. So che Ginny ha detto che vengono pagati, che non è così… impari, ma invece a me sembra che lo sia. E – voglio dire, tanto tempo fa la gente pensava che anche la schiavitù fosse normale, perciò…”

“Praticamente nessuna persona sana di mente ha mai pensato che la schiavitù fosse normale.” Disse. Onestamente, non aveva mai pensato molto agli elfi domestici. C’era Dobby, che voleva disperatamente essere libero, e Winky, che era scoppiata in un pianto isterico quando era successo a lei. Quelli erano gli unici due elfi domestici che conosceva.

Realisticamente parlando, gli antenati di suo padre erano stati probabilmente schiavizzati dagli inglesi, proprio come era successo a quelli di Hermione. O, beh, forse non di fatto, visto che i suoi antenati erano maghi; e immaginava che avessero apprezzato la schiavitù come le streghe americane avevano apprezzato essere bruciate nella piazza cittadina. Ma semplicemente non pensava a quel genere di cose così spesso, almeno non quando era lontano dai Dursley; il che lo faceva sentire un po’ superficiale, ora che ci pensava.

Esistevano dei libri su quel tipo di roba? Probabilmente sì, ma avrebbe dovuto ammettere la sua ignoranza, per porre quella domanda.

“Non so che fare.” Disse lei a bassa voce. “Amo Hogwarts. Amo la magia, ma… Non voglio restare qui, se… se tutto opera sul lavoro di schiavi.”

Praticamente nessuna persona sana di mente aveva mai pensato che la schiavitù fosse normale e sembrava che tutti i loro amici, che erano persone sanissime, pensavano che lo fosse. Ma quello era il tipo di ragionamento che gli avrebbe procurato un pugno in faccia. O peggio, trascinato in una discussione sui cangianti costumi sociali e i pericoli di guardare il passato attraverso una visione del mondo moderna. Avrebbe decisamente preferito lasciare quel tipo di discussione a Draco e Hermione. “Perché non parliamo con loro?”

Lei sbatté le palpebre. “Cosa?”

“Perché non glielo chiediamo? Possiamo stare qui a parlare di loro, o possiamo parlare con loro. Draco non ha lezioni fino a dopo pranzo, andiamo a chiedergli di parlare con Winky.” Allungò la mano verso la sua tasca dei pantaloni, alla ricerca dello specchietto. Draco aveva aggiunto un incantesimo adesivo permanente e uno infrangibile su entrambi dopo che aveva riparato il suo e lo aveva ricollegato a quello di Harry.

Lo sguardo emozionato di Hermione valse tutta la perdita delle ore buche che poco prima aveva pensato di avere.

Ron scese le scale, sbadigliando. Era stato più furbo di Harry e aveva usato la pausa nel loro orario per schiacciare un pisolino. “Che succede? Dove stiamo andando? Se c’entrano dei ragni, non contate su di me. Chiariamo subito questa cosa.”

“Niente ragni.” Promise Harry mentre il viso della sua anima gemella appariva nello specchio.

 

-

 

 

Draco non aveva idea del perché Hermione volesse parlare con la sua elfa domestica, o perché fosse così importante che lo facesse nel bel mezzo della giornata. Tuttavia, immaginò che fosse meglio di farlo quella notte, quando in teoria avrebbero dovuto avere le lezioni di Occlumanzia. La curiosità di Hermione lo poteva depistare nei momenti migliori, come quella volta che avevano iniziato a discutere su quante rotazioni fare per mescolare le pozioni Cambiacolore ed erano finiti a dibattere i movimenti di bacchetta più efficaci per trasfigurazioni. Era finita che Pansy aveva affondato la bacchetta tra di loro, trasformando il banco che stavano usando in un coniglio e dichiarando che i movimenti di bacchetta erano per i deboli.

“Winky.” Disse e la sua elfa domestica apparì di fianco a lui con uno schiocco. Stava indossando una delle sue vecchie federe, stretta in vita da quello che sembrava una quantità impressionante di punti. Ci aveva addirittura cucito sopra il suo sigillo personale – lo stemma della famiglia Malfoy circondato da un drago - in modo che sedesse sul suo petto nell’angolo in alto a sinistra. Ne rimase affascinato. “L’hai fatto tu?”

“Sì, padron Draco!” Disse lei. “Non voglio essere confusa con gli elfi del castello.”

“Hmm.” Doveva aver fatto un’espressione compiaciuta, perché Winky sembrava felicissima. “Questi sono i miei amici, Winky. Ti presento Harry, Ron e Hermione.” La salutarono con la mano mentre diceva i loro nomi. “Hermione ha alcune domande per te. Rispondile onestamente e più completamente che puoi, capito?”

“Sì, padron Draco.” Si girò a guardarli, raccogliendo le mani dietro la schiena e spostando il peso sui talloni. “Come posso aiutare gli amici di padron Draco?”

“Sei felice, Winky?” Chiese cautamente Hermione.

Santo Merlino. Avrebbe dovuto portarsi un libro. Fortunatamente era un mago, quindi appellò il suo libro di erbologia dalla sua stanza.

 

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Winky sembrava pensare che Hermione avesse qualche rotella fuori posto, ma erano gli amici del suo padrone, quindi rispose a tutte le sue domande e chiamò addirittura un paio di suoi amici dalle cucine, così che Hermione potesse parlare anche con loro.

Harry fu profondamente sollevato quando tutti dissero la stessa cosa; e quando Hermione chiese se volessero guadagnare una vera e propria paga, loro risero. Winky sembrò volerli imitare, ma si contenne, probabilmente perché non voleva rischiare di risultare maleducata nei loro confronti.

“Non volete possedere dei giochi? O dei libri?” Chiese Hermione. “Davvero?”

“A noi piacere essere tenuti impegnati.” Disse Dal, uno degli elfi del castello. “Hogwarts è buona, ci sono molto bambini disordinati!”

“A Poppy piace lavorare a maglia.” Disse Mip. “Fa delle coperte extra che distribuiamo durante l’inverno. E Kurk incide dei disegni nei piatti con le sue stesse mani. Più elaborato il piatto e più sono puliti gli studenti. Un anno i Serpeverde furono talmente ordinati che abbiamo dovuto assegnarlo alla sala comune di Tassofrasso, altrimenti avrebbe iniziato a ricreare le tappezzerie sui piattini da dolce.”

Mip sembrava anziano, anche se Harry non era sicuro di come invecchiassero gli elfi domestici. Era anche il primo elfo il cui modo di parlare eguagliava quello degli umani. Si chiese se fosse qualcosa che imparavano col tempo, o se era qualcosa che Mip si era insegnato di proposito.

“Questi non sono degli hobby veri e propri.” Disse Hermione, mortificata. “Non volete fare delle cose solo per voi stessi?”

“Se noi volere una cosa, noi poterla creare.” Disse Dal. “Noi essere magia, signorina Hermione.”

Ron fece un verso strozzato, stava sicuramente cercando di soffocare una risata. Hermione gli diede un calcio negli stinchi senza nemmeno guardarlo.

“A noi piace creare, pulire e mantenere.” Disse Mip, qualcosa di cogitabondo nel suo viso. “Non ci sono più abbastanza foreste per sostenerci. Non siamo più necessari come una volta, quindi ora facciamo questo. Nemmeno i maghi hanno bisogno di noi; ma noi aiutiamo e ci piace farlo. Non deve preoccuparsi per noi, signorina.”

Hermione sembrava ancora incerta, ma annuì. “Grazie per il vostro tempo, Mip, Dal. Lo apprezzo molto.”

“Quando desidera, signorina Hermione!” Disse Dal allegramente e se ne andarono con uno schiocco e una nuvola di fumo. Winky era ancora lì.

“Sei congedata.” Disse Draco, senza alzare lo sguardo dal suo libro. “Ottimo lavoro.”

Lei si inchinò e sparì.

“Sei soddisfatta?” Chiese Ron.

“Quasi.” Si girò verso Draco. “Per quanto riguardo Dobby?”

Lui smise di leggere e alzò lo sguardo. “Cosa?”

“È stato abusato e ferito e odiava lavorare per la tua famiglia.” Disse lei a denti stretti. “Se tutto questo sistema degli elfi domestici è così perfetto e magnifico, perché è successo?”

“Beh, non è né perfetto né magnifico, tanto per cominciare.” Disse Draco. “È solo l’opzione meno terribile. Gli elfi domestici hanno bisogno della magia per vivere e non c’è più magia naturale come ce n’era in passato. Quindi, in cambio dei loro servigi, gli diamo la nostra. Ma questo ci mette in una posizione vulnerabile. Se Winky decidesse di attaccarmi, la mia magia non funzionerebbe su di lei, mentre la sua su di me sì. La mia magia non funziona nemmeno sugli elfi della mia famiglia, anche se tecnicamente è mio padre a tenere il loro legame. Quindi non è una soluzione fantastica per nessuno. Specialmente visto che qualsiasi famiglia antica e potente abbastanza da sostentare degli elfi domestici è sicuramente ricca abbastanza da permettersi una cameriera e un cuoco, la cui assunzione non li lascerebbe indifesi contro di loro. In più, esistono letteralmente più di mille incantesimi per cucinare e pulire. Ma non vogliamo che gli elfi domestici si estinguano, quindi lo facciamo.”

“Dobby?” Ripeté Hermione, aggrottando la fronte.

Lui alzò le spalle. “Era un terribile elfo domestico. Svolgeva le sue faccende abbastanza bene, non era quello il problema, ma non era fedele. Voglio dire, sono contento che abbia aiutato Harry, ovviamente, ma lo ha fatto all’insaputa di mio padre e lo ha tradito per poterlo fare; e quella non era nemmeno la prima volta che faceva qualcosa del genere. Quindi papà gli faceva mettere le mani sul forno e gli torceva le orecchie. Non lo ha liberato, perché un elfo domestico liberato per slealtà non troverebbe mai più lavoro e non voleva che quella dannata creatura morisse. In realtà mamma è stata parecchio sollevata quando Harry lo ha ingannato per farglielo liberare.”

Harry gelò. “Sei- è- Ho ucciso Dobby?!”

“No!” Disse Ron. “Certo che no!”

Draco lo fissò. “Non mi hai sentito? Grazie a te, Dobby non è stato liberato per essere stato sleale, mio padre è stato ingannato da te. Non che fosse esaltato a riguardo, specialmente in pubblico, ma sono sicuro che Dobby ora stia lavorando per qualche altra famiglia, se tutto va bene una abbastanza liberale, così che non senta il bisogno di tradirla ad ogni piè sospinto.”

“E Crouch?” Chiese lei.

Il suo viso si scurì. “Orribile. Liberare Winky in quel modo è stato crudele e non necessario. È sbagliato e liberare il proprio elfo domestico senza un motivo valido è illegale se non si ha un’altra famiglia pronta a prendere in carico il suo legame. Ma io sono, oh, diciamo che sono a qualche anno di distanza dalla mia licenza di avvocato, quindi ho preso io il suo legame.”

Hermione incrociò le braccia, mordicchiandosi il labbro. “Okay. Okay. Né perfetto, né magnifico, solo la soluzione meno orribile. Va bene. Ma cercherò un modo migliore. Dev’esserci un altro modo per far sopravvivere gli elfi domestici e lo troverò.”

“Fantastico!” Disse Draco, lanciando al cielo le braccia, facendo cadere il libro. Lo spedì di nuovo in camera sua prima che toccasse terra. “Fai pure. Io, personalmente, adorerei non avere la mia magia legata ad un elfo domestico. Visto che la tua pazzia ci ha trattenuti quasi fino a pranzo, possiamo andare in Sala Grande ora? O vorresti scendere a interrogare Hagrid sui thestral?”

“Io dovrei parlare con Hagrid, in realtà.” Disse Harry.

Draco si strinse la base del naso. “Per le palle mosce di Merlino.”

Ron abbaiò una risata e Hermione esclamò uno scandalizzato “Come, prego?” ma le uscì abbastanza tremolante, visto che anche lei stava facendo del suo meglio per non ridere, il che fece sciogliere Draco e Harry in una serie di risatine.

 

-

 

 

Fred e George furono gli ultimi a raggiungere la classe quella notte e mostrarono un po’ di insicurezza verso i Serpeverde, ma quando capirono che nessuno stava per mettersi a lanciare insulti – o maledizioni – si rilassarono.

Le lezioni di Occlumanzia furono, come promesso, incredibilmente noiose. Blaise era l’unico Legimens decente che avevano e non si scomodò a cercare di entrare nella mente di nessuno quella prima notte. Invece, scivolò all’interno, testando i loro scudi, cercando dei punti deboli e comunicandogli quando sbagliavano. Alla fine della nottata, sembrava più esausto di tutti loro.

“Come fate a farlo tutte le volte?” Chiese Fred, sbadigliando. “So già che mi addormenterò in classe.”

Hermione alzò gli occhi al cielo. “Draco e io distilliamo una quantità di pozioni Pepate una volta al mese, daremo una fiala a entrambi. E non ci incontriamo di notte ogni notte!”

“Ci incontreremo due volte a settimana per allenarci finché capirete come fare.” Annunciò Draco. “Ho parlato con Luna e ci penserà lei a insegnarlo alla vostra demoniaca sorella.”

“È la nostra unica sorella.” Disse George, divertito. “Non devi specificare che è demoniaca, è sottinteso.” Draco assottigliò gli occhi e Harry li fece uscire tutti prima che la situazione peggiorasse ulteriormente.

L’ultima cosa che voleva era ascoltare Draco e i gemelli Weasley discutere di semantica.

 

-

 

 

La mattina dopo Harry ricevette una lettera, non firmata, contenente un bozzetto dei Tre Manici di Scopa e una data e un’ora a distanza di una settimana. Riconobbe la grafia di Sirius e si disse che sarebbe andato tutto bene, se Remus era con lui e non lo avesse lasciato fare nulla di troppo avventato o pericoloso e se tutto andava per il verso giusto. D’altronde, pensò che Remus poteva fare molte cose avventate e pericolose da sé, ed era tremendo che fossero l’uno la coscienza dell’altro.

Fortunatamente, quello era il giorno in cui sarebbero dovuti arrivare gli studenti da Beauxbatons e Durmstrang, quindi era tutto ciò di cui gli altri parlavano e poté concentrarsi su quello invece di preoccuparsi che il suo padrino sarebbe potuto essere risbattuto ad Azkaban. Draco aveva visitato entrambe le scuole con suo padre quando aveva dieci anni - anche se sua madre aveva detto che sarebbe andato a Hogwarts, o avrebbe chiesto il divorzio – e tutto quello che aveva detto era che erano entrambe snob e sfibranti  come Hogwarts, ma almeno Beauxbatons aveva un bel clima.

La carrozza volante gigante e la nave fantasma impressionarono Harry, ma la maggior parte dei Corvonero e Serpeverde più grandi sembravano delusi; il che fece pensare a Harry che forse gli incantesimi che li componevano fossero troppo semplici per essere visti come una grandiosa esibizione e non si trovava per niente d’accordo. Solo perché gli incanti erano semplici non cambiava il fatto che il risultato fosse meraviglioso. Draco doveva essere stato serio riguardo al clima, perché tutti gli studenti di Beauxbatons indossavano delle leggere mantelline celesti che non facevano assolutamente nulla per proteggerli dal freddo, mentre quelli di Durmstrang erano vestiti come se fosse pieno inverno e dovessero camminare per miglia nel mezzo di una tempesta di neve.

“Krum è più basso dal vivo.” Disse Ron, guardando il ragazzo che era a capo del gruppo. “È una cosa da cercatori, quindi? L’essere basso?”

“Sono di statura media e, occhio, ti ammazzo.” Disse Harry. “Sei tu ad essere un gigante qui. Guardati, è come parlare con una quercia, questa amicizia mi sta facendo venire le cervicali.”

“I tuoi fardelli sono grandi e maestosi.” Disse Ron, prima di scompigliargli i capelli.

Ti ammazzo.” Ripeté, ma stava sorridendo, quindi probabilmente non sortì alcun effetto.

Hermione si spinse tra di loro, ma solo per poterli sgomitare entrambi nelle costole nello stesso momento. “Potete stare zitti per cinque minuti?”

“No.” Dissero in coro, ma tacquero per timore di altri lividi finché Silente non ebbe finito con le presentazioni.

Draco si alzò immediatamente dalla sedia e tagliò in linea d’aria verso gli studenti di Beauxbatons. In pochi secondi, fu circondato da una piccola folla ed era… troppo lontano per ascoltare bene, ma Harry era quasi certo…

“Ma sta parlando francese?” Chiese Hermione. “Non sapevo ne fosse in grado.”

Ron la guardò strano. “Ti ho detto che la sua famiglia ha degli affari lì. Sono abbastanza sicuro che parli anche un altro paio di lingue.”

Tu parli altre lingue di cui io non sono a conoscenza?” Chiese lei.

“Inglese?” Tentò. “E latino, ma lo parlano tutti. I gemelli hanno imparato il gallese perché pensavano fosse divertente e più o meno li capisco quando parlano, ma io non so dire nulla. Percy conosce il greco antico e il latino, perché è un secchione. Bill parla arabo e Charlie è quasi fluente in rumeno, da quanto ne so. Chissà cosa sta imparando Ginny, non oso neanche chiedere. Giapponese, forse, visto che passa così tanto tempo con Luna.”

“Latino, ma lo parlano tutti.” Ripeté Hermione. “Mi sembra di non conoscerti nemmeno.”

Ron alzò gli occhi al cielo e chiamò dall’altra parte del tavolo: “Oi, Neville! Quante lingue parli?”

Lui si girò verso di loro e aggrottò la fronte. “Uh, fluentemente? O tipo, giusto abbastanza da non causare un incidente diplomatico a una cena?”

“Entrambi.” Disse Ron. “E poi, a quante cene internazionali ti costringe ad andare tua nonna?”

“Troppe.” Rispose cupamente e Lavanda Brown gli diede una compassionevole pacca sulla spalla. “Uh, cinque fluentemente. Altrettante per quanto riguarda le cene. Perché? Vi prego non fatemi tradurre nulla.”

“Così, non ti preoccupare.” Disse Ron, prima di girarsi verso Hermione con un sorriso tronfio.

“Beh.” Disse lei a Harry. “Almeno la mancanza di lezioni di scienze serve a qualcosa.”

Lui alzò le mani, sorridendo. “Ehi, io parlo un’altra lingua, sei la sola che batte la fiacca.” Le sue abilità di Serpentese non erano esattamente un segreto, ma non erano nemmeno di dominio pubblico e gli sarebbe piaciuto che la situazione rimanesse tale.

Sua mamma parlava un’altra lingua? O suo padre? Doveva essere così, se era una cosa da maghi. Parlava Hindi? O qualche altra lingua indiana. Non ne sapeva nemmeno abbastanza da chiedersi quale avrebbe potuto parlare suo padre. Forse Sirius e Remus lo sapevano. Avrebbe potuto chiederglielo quando li avrebbe incontrati la settimana successiva.

Gli occhi di Hermione si assottigliarono, ma prima che potesse dire nulla, un silenzio improvviso calò sul tavolo e Harry realizzò che tutti stavano fissando un punto giusto dietro di loro. Si girarono.

Krum era lì, gli occhi puntati su Hermione. “Ah, scusatemi.” Disse in un inglese dal forte accento. “C’è forse un posto disponibile per me a questo tavolo?”

Un sacco di persone si affannarono a fargli spazio, ma lui non reagì. Tenne lo sguardo su Hermione, senza muoversi. Il viso di lei avvampò e, lentamente, allungò la mano verso la sua borsa e la afferrò per la maniglia, poi non fece più nulla. Harry le avrebbe tirato un calcio se non avesse fatto qualcosa e in fretta.

Hermione spinse la sua borsa dei libri per terra, qualcosa che non le aveva mai visto fare prima, e incrociò gli occhi di Krum. “Sì.” Disse e poi sembrò non riuscire a pensare a nient’altro da dire.

Un sorriso disarmante e bellissimo illuminò il viso di Krum e Harry si spostò così da non essere strizzato tra lui e Hermione. O forse non avrebbe dovuto farlo? Forse Hermione non voleva che Krum fosse troppo vicino?

“Sono Viktor.” Disse, offrendo la sua mano.

“Hermione.” Rispose lei, porgendogli la sua. Poi Viktor girò le loro mani unite e le sollevò così da poterle baciare le nocche.

Harry fu certo di sentire alcune delle ragazze in fondo al tavolo urlare. Si girò verso Ron, compiaciuto dal colpo di scena, ma Ron non stava più ridendo. Aveva lo sguardo più scuro che Harry avesse mai visto sulla faccia del suo migliore amico e si bloccò, incerto sul da farsi.

Guardò verso il tavolo Serpeverde, sapendo che Draco non poteva fare nulla per aiutarlo mentre erano nel mezzo della Sala Grande, ma cercandolo comunque.

Lo trovò, ora seduto, ma ancora circondato da studenti di Beauxbatons. Premuta contro il suo fianco, con un braccio intorno alle sue spalle, c’era una delle ragazze più belle che Harry avesse mai visto. Aveva i capelli biondi e la pelle chiara e tutto di lei era così perfettamente armonioso che assomigliava a una delle Veela che si erano riversate nel campo di quidditch durante la Coppa del Mondo.

Il buonumore di Harry precipitò immediatamente. Non ce n’era motivo, lei non stava facendo nulla di sbagliato, e nemmeno Draco. Ron si era seduto a quel modo con Harry prima, e non era nulla di inappropriato. Ma, se ci fosse stato qualcosa, avrebbe avuto il diritto di esserne infastidito? Ripensò a Charlie che alla stazione dei treni gli chiedeva se aveva un fidanzato e… Ce l’aveva? Draco era la sua anima gemella, ma significava che erano fidanzati? O che automaticamente stavano insieme? Oppure-  non stavano insieme?

Emise un lamento e lasciò cadere la testa sul tavolo con un doloroso colpo. “Idem.” Sospirò Ron, dandogli delle pacche sulla schiena.

La sua vita era un incubo.

 

-

 

 

Fleur era un amore e fu subito ovvio che fosse la studentessa più interessante della scuola. Pansy riuscì a tenere il passo con il resto degli studenti in francese senza problemi, mentre Blaise, che era fluente in italiano e solo passabile in francese, passò la maggior parte del tempo con un’espressione annoiata. Fortunatamente, la noia gli donava, perché svariati ragazze e ragazze affascinanti da Beauxbatons gli chiesero se fosse single.

Anche Fleur era interessata a incantesimi e voleva ottenere un apprendistato dopo essersi diplomata. Aveva pensato che “Campionessa Tremaghi” avrebbe fatto bella figura sul suo curriculum, anche se non avesse vinto. Entro la fine della cena stavano già pianificando di visitarsi a vicenda durante l’estate e Draco quasi sperò che non venisse scelta come campionessa, anche solo per avere più tempo libero da passare insieme. Ma se non fosse stata scelta come campionessa allora tutta la faccenda era una farsa, perché era ovvio che fosse favolosa.

“Attento.” Gli sussurrò Pansy nell’orecchio mentre si alzavano per tornare ai dormitori. “Il tuo ragazzo ti guarda con occhi verdi per la gelosia.”

Sbatté le palpebre e guardò verso il tavolo di Grifondoro. Harry incrociò immediatamente i suoi occhi e Draco gli mandò un bacio. Chiunque lo avesse visto avrebbe pensato che lo stesse prendendo in giro. “Non so di cosa tu stia parlando.” Disse. “I suoi occhi sono sempre stati verdi.”

 

-

 

 

Rimase sveglio, continuando a girarsi nel letto e pensando a Draco, premendo la mano contro l’iris sul suo fianco. Fu quasi sul punto di prendere lo specchietto una dozzina di volte, senza farlo mai. Non sapeva nemmeno cosa dire. Ti ho visto parlare con una ragazza e non mi è piaciuto? Quando tutta questa faccenda è iniziata pensavo che dovesse essere un errore, ma sono passati un paio di anni e ora sono praticamente sicuro che non sarebbe potuto essere nessun’altro? Siamo fidanzati?

Ogni singola opzione gli faceva venire voglia di darsi un pugno sul naso, quindi non ne scelse nessuna.

Si incontrò con Ron e Hermione giusto in tempo per vedere Fred e George prendere la pozione invecchiante. “Sapete che non funzionerà, vero?” Chiese Ron, divertito.

“Oh, fratellino di poca fede!” Disse George. “Funzionerà.”

“Ho una domanda più importante.” Disse Hermione, alzando un sopracciglio. “La pozione invecchiante non è qualcosa che si distilla in una notte. Quindi cosa, ne avevate una per caso? Per cosa diavolo potreste star usando una pozione invecchiante?”

I gemelli si girarono verso di lei, scandalizzati. “Hermione.” Disse Fred. “Io non so cosa tu stia insinuando, ma sono sicuro di essere offeso.”

“Uh huh.” Disse lei, atona. “Dai, sbrigatevi, sono interessata a vedere come vi si ritorcerà contro.”

Trenta secondi dopo fu dimostrato che aveva ragione, letteralmente, e la vista dei due gemelli come vecchietti fu talmente comica che Harry non poté non ridere, anche se era esausto.

Lee era lì, che scuoteva la testa, e si offrì di scortarli all’infermeria.

“La mia schiena!” Si lamentò Fred. “Essere vecchi è orribile! Perché la gente lo fa?”

“Non abbiamo proprio una scelta in materia, da quanto ne so.” Disse Lee. “In piedi, nonnetto.”

“Non mancare di rispetto agli anziani!” Disse George, mentre faceva una treccia alla sua barba. “Sai, ai miei tempi, quando ero un giovane sbarbatello impertinente-“

Harry tirò le braccia di Ron e Hermione, ancora che rideva. “Dai, usciamo di qui prima che trasformino la Sala Grande in un palcoscenico.”

“Penso che l’abbiano già fatto.” Disse Ron. “Ma va bene. Dove stiamo andando?”

“Da Hagrid.” Disse Harry. “Devo ancora chiedergli se conosce un posto dove allenarsi a quidditch e continuo a dimenticarmene. Angelina ci sta facendo fare dei giri di corsa intorno al castello e roba simile, il che è importante e vabbè, ma io voglio salire di nuovo su una scopa.”

“Potrebbe andare peggio?” Offrì Ron. “Almeno non sei nella squadra di Serpeverde.”

Harry rabbrividì. Cassius aveva preso molto seriamente la sua nuova nomina non ufficiale di capitano e aveva fatto fare piegamenti all’intera squadra finché qualcuno aveva vomitato. Anche se, chiunque fosse sopravvissuto a quell’allenamento sarebbe stato terribile da affrontare sul campo. “Hai ragione.”

La visita a Hagrid fu per la maggior parte inutile, perché continuava a distrarsi e parlare di Madame Maxine. Harry riuscì a strappargli una promessa: Hagrid avrebbe cercato di trovar loro un luogo per giocare a quidditch; ma gli ci volle così tanto che dovettero tornare di  corsa al castello per non perdersi l’annuncio dei campioni. Hagrid corse con loro, ma li superò velocemente grazie alle gambe più lunghe.

“Allucinante.” Ansimò Hermione.

“L’amore fa fare pazzie.” Disse Ron.

Lei smise di correre per fissarlo. “Cosa?”

“Lascia perdere.” Harry li spinse entrambi in avanti. “Dai, andiamo, meglio non fare tardi.”

Arrivarono ai loro posti proprio mentre il fuoco nel calice cambiava colore.

Era iniziato.

 

-

 

 

Krum come campione di Durmstrang era una scelta ovvia, onestamente sarebbe stato più sorpreso se non fosse stato lui.

Poi Fleur fu scelta per Beauxbatons, il che era fantastico – fece il tifo più forte per lei che per Krum. Poteva anche essere un fan, ma Fleur era un’amica. O, se non lo era ora, lo sarebbe diventata.

La sala piombò nel silenzio, in attesa, e il pezzo di carta uscì dal calice.

Il campione di Hogwarts era Cedric Diggory.

Qualche settimana prima sarebbe stato irritato da quella scelta, ma aveva sviluppato del rispetto per i Tassofrasso. E poi era un cercatore, un capitano di quidditch e un prefetto. Sarebbe stato difficile trovare qualcuno di più adatto basandosi solamente sulle credenziali.

Poi, proprio quando Silente si stava alzando per parlare, il calice cambiò ancora colore e sputò fuori un quarto pezzo di carta.

C’era un pozzo di paura nel suo stomaco e istintivamente seppe qual era il nome scritto. Non potevano avere un anno normale?

“HARRY POTTER!” Chiamò il preside. “Harry Potter! Vieni qua, ragazzo mio. Harry Potter, seguimi.”

Ci fu una frazione di secondo in cui Draco si chiese se Harry lo avesse fatto apposta. Poi vide il viso della sua anima gemella mentre camminava rigidamente lungo la Sala Grande e capì che non era così. Per cominciare, non avrebbe messo il suo nome nel calice, neanche se avesse potuto, e se avesse trovato un modo per aggirare la restrizione d’età lo avrebbe detto a Draco.

Questo significava che lo aveva fatto qualcun altro. Qualcuno aveva messo il nome della sua anima gemella nel calice, qualcuno era colpevole della partecipazione forzata di Harry in quei giochi ridicoli e mortali.

Draco avrebbe scoperto chi era quel qualcuno. E, una volta scoperto, lo avrebbe ucciso.

 

 

Note autrice

Spero che vi sia piaciuto!

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Capitolo 4
*** Il Torneo Tremaghi: Parte Due ***


Il Torneo Tremaghi – Parte Due

 

 
Finalmente, finalmente Harry poté andarsene; e quasi sperò che gli altri campioni fossero stati stronzi con lui. Che lo avessero guardato male, o insultato, o… qualcosa. Erano tutti frustrati e Cedric doveva essere furioso, doveva esserlo per forza; ma nessuno di loro aveva fatto nulla più di lanciargli sguardi delusi.

Non voleva tornare nella Sala Comune, non voleva affrontare gli altri Grifondoro. Avevano fatto il tifo per lui quando era stato chiamato il suo nome, ma nessun’altro lo aveva fatto e… quella situazione non lo faceva sentire bene, non gli sembrava giusto. Si era stufato di ricevere complimenti per cose che non aveva fatto, per cose che non aveva voluto fare. Ecco perché gli piaceva il Quidditch. Almeno, quando lo ammiravano per quello, era perché se l’era guadagnato.

Aveva appena deciso di andare da Hagrid – che gli avrebbe dato una pacca sulla schiena, offerto dei dolcetti rocciosi e lasciato che Zanna gli sbavasse addosso -  quando qualcuno gli afferrò il gomito e lo trascinò lungo il corridoio. Si dimenò per un secondo prima di vedere di sfuggita un cespuglio di capelli marroni. “Hermione! Che stai facendo?”

“Zitto.” Sibilò lei, continuando a tirarselo dietro. Gli bastarono due svolte per capire che erano diretti alla loro classe abbandonata preferita, quindi non serviva che Hermione continuasse a trascinarlo a forza. Di questo passo gli sarebbero venuti dei lividi con la forma delle sue dita. Ma era più facile fare quello che voleva lei piuttosto che discutere, quindi non disse nulla e si lasciò trascinare fino alla classe. Hermione spinse entrambi dentro, lanciando un incantesimo di chiusura e uno silenziante sulla porta.

Riuscì a malapena a vedere i Serpeverde prima che Ron lo afferrasse per l’uniforme, sbattendolo contro la porta. Erano talmente vicini che Harry dovette alzare la testa per guardarlo, facendosi male al collo. “Come hai fatto a mettere il tuo nome nel calice?” Domandò, le lentiggini che risaltavano sulla pelle pallida e la bocca distorta in una smorfia. “Avevi detto niente più segreti!”

“Non sono stato io!” Urlò, guardandolo male. “Certo che non l’ho fatto, come puoi- Avevo detto niente più segreti e ho mantenuto la parola! Sai tutto di me, sai del serpentese e della mia anima gemella e dei miei incubi e- sai tutto! Non ho messo il mio nome nel calice, perché se lo avessi fatto tu lo sapresti già!”

Si guardarono in cagnesco per un lungo momento e Harry sentiva il cuore martellargli nel petto. Non sapeva se voleva urlare o piangere, perché se il suo migliore amico non gli avesse creduto…

Ron sospirò e lo lasciò andare, incurvandosi in avanti in modo strano e massaggiandosi il collo. “Temevo che l’avresti detto.”

“Volevi che ti dicessi una bugia?” Chiese, ma la rabbia lo abbandonò velocemente com’era venuta.

“Era meglio dell’alternativa.” Disse Ron. “Beh, voglio dire. Meno pericolosa, almeno. Perché questo significa che qualcuno ha manomesso il Calice, probabilmente aggiungendo una quarta scuola e presentando il tuo nome. È magia seria, nulla che uno studente potrebbe conoscere; il che significa che qualcuno si è infiltrato a Hogwarts – qualcosa che è storicamente improbabile o direttamente impossibile – e l’ha fatto. Qualcuno sta cercando di ucciderti, Harry.”

A Ron importava studiare quasi quanto a Harry importava lucidarsi le scarpe – quindi per niente – e qualche volta Harry si dimenticava quanto fosse intelligente il suo amico. “È esattamente quello che ha detto Moody.”

“Non devi farlo per forza.” Disse Draco. Il suo tono di voce era normale, ma quando Harry si girò a guardarlo vide tensione intorno ai suoi occhi e alla bocca. Blaise era impassibile, ma Pansy si stava torcendo il bordo della gonna con le mani, spiegazzandola terribilmente. Forse era un po’ preoccupante che la reazione più spaventosa che avesse visto quella sera fosse Pansy che si spiegazzava la gonna. “Non devi partecipare.”

“Hanno detto che era un contratto legalmente vincolante?” Tentò, perché, poco ma sicuro, se fosse stato così facile lo avrebbero semplicemente squalificato. Nessuno era contento che lui fosse il quarto campione, nemmeno lui.

Hermione incrociò le braccia. “È ridicolo! Hai quattordici anni, come potrebbe essere legalmente vincolante nei tuoi confronti? Sei un ragazzino!”

Blaise fece una risata nasale. “Oh, quello non è un problema. Non è legalmente vincolante, strettamente parlando. Ma è vincolante.”
Perché dovevano sempre finire nello stesso circolo vizioso? “Ragazzi.” Harry indicò Hermione. “Nata babbana.” Poi indicò sé stesso. “Cresciuto da babbani. Di che state parlando?”

“Il Calice è un artefatto protetto, no?” Chiese Ron, rassegnato. “Papà li detesta, non hanno il permesso di distruggerli né manometterli per renderli meno pericolosi; e chissà perché finiscono sempre in mani babbane.”

“È un artefatto protetto.” Confermò Pansy.

Ron emise un lamento e un po’ dello stoicismo di Blaise mutò in divertimento. Draco spiegò: “Il fuoco del Calice non si estinguerà finché il torneo non sarà finito ed è… Insomma, il Calice è vivo, circa, ed è- è un Leggimente, più o meno. Voglio dire, non per davvero, perché è un oggetto, non una persona. Ma deve scegliere il candidato più adatto, giusto? Non lo fa a caso. Quindi, basandosi solamente sul nome di una persona, in qualche modo ha accesso alla sua personalità, storia e abilità; e decide chi ha più possibilità di sopravvivere al torneo.”

“Aspetta.” Disse Harry. “Lo decide? Pensavo che avessimo deciso di non fidarci di cose che pensano se non possiamo vedere dove hanno il cervello?”

“Non ci fidiamo.” Disse cupamente Blaise. “Ma il Calice è antico, è… Nessuno sa cos’è, in realtà. Ora lo usiamo per il Torneo Tremaghi, ma non era il suo scopo originario. Era usato per scegliere campioni, perché combattessero nei tornei di duello.”

Pansy aggiunse: “E a quei tempi, un duello si vinceva uccidendo il proprio avversario. Per evitare che fosse un massacro, si usava il Calice così che a persone sotto a un certo livello di abilità non fosse permesso partecipare.”

“Non impedì le morti.” Disse Draco. “Ma significava che invece di uccidere cinquanta persone per vincere, un campione ne dovesse uccidere più o meno cinque. Puoi ringraziare Godric Grifondoro per questo – ci sono resoconti che lo vedono sfidato da oltre un centinaio di avversari a ogni torneo. Era lui quello che se ne andava sulle sue gambe. Dopo quello, qualcuno si presentò con il Calice, ma nessuno sa se sia stato creato in quel periodo o ancora prima.”

Harry sussultò alla menzione del fondatore della sua casa. Ma, beh, i libri di storia dicevano che era un campione di duelli. Non aveva mai pensato a cosa significasse. Hermione teneva la fronte aggrottata, ma Ron non sembrava per niente sorpreso riguardo all’affermazione di Draco, il che, Harry ipotizzò, significava che lo sapesse già.

“La magia del Calice è così delicata e antica che nessuno vuole rischiare di usare incantesimi di diagnosi.” Tirò a indovinare Ron, sospirando quando Pansy annuì.

“Ancora non capisco perché questo significa che Harry è costretto a partecipare a questo stupido torneo.” Disse Hermione.

Blaise disse: “Il Calice non brucia per sempre; non è costruito per farlo e la magia non sarebbe in grado di alimentarlo, rompendolo e probabilmente causando un’esplosione. Può solo essere… rimesso a nanna, immagino, rimettendo dentro i pezzi di carta con i nomi dei partecipanti con il punteggio finale scritto sopra. Se tentassero di ingannarlo, lo capirebbe.”

“Allora rimettiamo dentro il mio nome con uno zero e sono a posto!” Disse Harry. “Fantastico, facciamolo.”

A giudicare dalle facce dei Serpeverde, non era neanche lontanamente così facile. “È stato creato per scegliere dei campioni per un duello all’ultimo sangue.” Disse Pansy a bassa voce. “Rifiutare non è un’opzione. È connesso a te ora, Harry. Saprà se non partecipi, se menti.”
Fu come sentire acqua ghiacciata lungo la schiena. “È connesso a me? Come?”

“Nello stesso modo che con gli altri campioni, come tutti coloro che hanno messo il nome al suo interno. Ti sente e ti vede, sa tutto di te, perché deve farlo per poter scegliere il miglior campione.” Spiegò Pansy. “Non puoi scappare e non puoi nasconderti. È… Harry, è connesso alla tua magia e se non parteciperai ti ucciderà. Il prezzo per la codardia è la morte.”

Beh, quello era terrificante e suonava proprio come una cosa che il fondatore della sua casa avrebbe fatto, se aveva ucciso più di un centinaio di persone in un solo torneo.

“Quindi l’unico modo di recidere la connessione è distruggere il Calice.” Disse Ron, cupamente. “Ma visto che è un artefatto protetto, non lo si può fare. Non senza sottoporre una petizione al Wizengamot, andare a processo e vincerlo.”

“Il che porterebbe via un anno, almeno, con tutta la burocrazia richiesta.” Disse Pansy. “Quindi non ci proveranno nemmeno.”

Harry si incurvò e si strofinò la faccia con le mani. “Che casino. Perché finisco sempre in queste situazioni?”

“Non devi partecipare per forza.” Disse Draco.

“Avete appena detto che l’unico modo per recidere la connessione è che Harry partecipi al torneo, oppure che il Calice venga distrutto!” Hermione lo guardò male.

Draco non disse nulla, limitandosi a guardarli apatico.

“Non esiste!” Disse Ron. “No, no- anche se potessimo, se ci beccano andremo in prigione. E neanche quella normale, non qualche cella rinforzata magicamente in Galles- saremo spediti ad Azkaban! Distruggere un artefatto protetto è una roba seria, nemmeno tuo padre o i suoi soldi potrebbero salvarti.”

“Non ho detto che dovevi aiutare.” Scattò Draco. “Ma l’alternativa è che Harry partecipi a questi stupidi giochi e forse muoia. Tra noi in una cella e Harry in una tomba, quale sceglieresti?”

Il fatto era che Harry sapeva che lo avrebbero fatto. Tutti loro. Avrebbero cercato di distruggere il Calice per proteggerlo, perché erano suoi amici, rischiando di finire ad Azkaban. Rischiando di finire nel posto che aveva quasi fatto impazzire il suo padrino. “No.”

“Ne vale la pena.” Disse Hermione, incrociando le braccia. Qualche volta, Harry ripensava all’undicenne che era terrorizzata all’idea di farsi beccare nel corridoio proibito e la comparava a quella determinata giovane donna, disposta a infrangere vere e proprie leggi. Tre anni non sembravano molto tempo, ma chiaramente lo erano.

“No.” Ripeté. “Sentite, partecipano anche altri ragazzi, non vogliono che sia una competizione mortale. Non stanno pianificando la morte di nessuno e io non sto cercando di vincere. Non m’interessano i soldi in palio, la fama o qualsiasi altra cosa. Se devo partecipare, va bene, lo farò. Ma non sto cercando di vincere. Non dovrei nemmeno essere un campione, non me lo sono guadagnato come hanno fatto gli altri; non sarebbe giusto se vincessi io.”

“Lo sarebbe, invece, visto che sei contro persone più vecchie e che conoscono molti più incantesimi di te.” Disse seccamente Pansy.

Draco marciò in avanti e afferrò il mento di Harry, inclinandogli il capo per poterlo guardare negli occhi. Il cuore di Harry batté più forte. Gli occhi della sua anima gemella scrutarono i suoi. Erano vicini, li separava solo qualche centimetro. “Nessuno stupido, avventato atto eroico da Grifondoro. Se decidi di farlo, non partecipi per vincere. Partecipi per sopravvivere.”

“Sì, tesoro.” Disse. Draco alzò gli occhi al cielo e gli diede uno schiaffo, ma le sue spalle erano più rilassate e il suo viso non era più così teso.

“Sapete cosa significa questo, vero?” Chiese Hermione.

Harry sbatté le palpebre, confuso, ma la faccia di Ron si contorse dal disgusto. “Ricerche.” Disse. Harry tossì per mascherare la sua risata.
Draco e Hermione sembravano contenti a quella prospettiva, almeno. Gli altri no.

 
-
 

Harry si alzò presto il giorno dopo per mandare una lettera a Remus, aggiornandolo sul suo status di quarto campione. Lo aveva probabilmente già letto sui giornali, ma immaginava che il minimo che poteva fare fosse dirglielo di persona. Gli disse di non preoccuparsi e che andava tutto bene, ma quella parte era diretta più a Sirius. Indirizzò la lettera solo al suo ex-professore, giusto nel caso in cui venisse intercettata, ma sapeva per certo che Sirius le leggeva tutte e che le risposte di Remus erano da parte di entrambi.

Improvvisamente, sembrò che la settimana successiva non arrivasse abbastanza in fretta. Merlino permettendo, Remus e Sirius gli avrebbero dato dei consigli su come non morire in quel ridicolo torneo.

Non ebbe abbastanza tempo per preoccuparsene; doveva sbrigarsi se non voleva arrivare in ritardo alla lezione di pozioni. Non motiva propriamente dalla voglia di andarci; e non solo per l’accattivante personalità di Snape. Draco lo aveva chiamato con lo specchio la notte precedente per dirgli di aver avuto un’idea geniale e di non prenderla sul personale, il che probabilmente significava che sarebbe stato preso in giro e stuzzicato in qualche modo per la maggior parte della lezione.

 
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Draco era esausto. Era rimasto alzato l’intera notte per incantare abbastanza spille per l’intera casa di Serpeverde. Lanciare gli incantesimi in sé non gli aveva portato via molto tempo; ma capire la corretta combinazione di incanti, invece, sì. Voleva che sembrassero normali quando dicevano “Tifa Cedric Diggory – il vero campione di Hogwarts!”, ma quando mutavano in “Potter puzza!” voleva che si illuminassero; e soprattutto doveva fare in modo che fosse impossibile manometterle, altrimenti non aveva senso.

Blaise si era rifiutato di rimanere sveglio per colpa del suo progetto, così Draco aveva spostato tutto nella Sala Comune. Era l’unico ancora in piedi e perciò aveva abbastanza spazio per spargere le varie cose dappertutto e lavorare. Trovare un materiale adeguato per accogliere gli incanti era stata metà dell’opera; aveva continuato a mandare Winky alla villa per prendere latta o bronzo o argento o qualche altro materiale a caso. Alla fine risultò che un misto di ferro e bronzo reggeva al meglio tutti gli incanti. Millie era uscita e lo aveva trovato a sciogliere attentamente e mescolare i metalli assieme a Winky nel mezzo della Sala Comune, sopra un vivace fuoco controllato dall’elfa. Siccome Millie era fantastica, si era offerta di aiutare, invece di urlargli addosso.

Infine, ce l’aveva fatta e aveva lasciato un grande cesto pieno di spille vicino alla porta della Sala Comune. Tutti ne avevano presa una, da quelli del primo a quelli del settimo anno. Quindi in quel momento era seduto a lezione di pozioni e tutta la metà della classe Serpeverde aveva le sue spille sul petto. Era stranamente appagante vedere la gente indossare il suo lavoro.

I Grifondoro erano furiosi, il che era piacevolissimo. Hermione lo stava fulminando con gli occhi, ma Draco pensava che avesse più a che fare con il modo in cui era riuscito a unire gli incanti che per altro. Era abbastanza sicuro che lei non sapesse che era in grado di farlo. Ron lo stava guardando male, ma Draco capì che era divertito dal modo in cui i suoi occhi si piegavano agli angoli. Tutti gli altri leoni lo stavano fissando in cagnesco e lo adorava. Aveva imparato da giovane che ogni scandalo era buona pubblicità se sorridevi abbastanza.

Harry entrò di corsa in classe, evitando per un pelo di arrivare in ritardo. Si fermò davanti alla metà Serpeverde della classe, sbattendo gli occhi. L’espressione di esasperata irritazione che la sua anima gemella gli indirizzò non era per niente una recita e, se non fosse stato indecoroso, sarebbe scoppiato a ridere. “Vedi qualcosa che ti piace, Potter?”

“No, solo un mucchio di serpentelli viscidi.” Disse, e forse stavano passando troppo tempo assieme, perché Draco riuscì a leggere la sua domanda implicita quando Harry inclinò la testa e alzò un sopracciglio.

Gli rispose con una minuscola alzata di spalle e infilò una mano nel mantello per cercare la sua bacchetta. Era pronto a far partire una rissa se Harry lo voleva, specialmente visto che l’ultima era stata interrotta. Almeno, se fossero stati cacciati dall’aula, Snape non avrebbe avuto l’opportunità di fare lo stronzo con Harry.

Si scambiarono insulti e Hermione si intromise; non se l’era aspettato, ma dalla sua occhiata per niente discreta prima alla sua bacchetta e poi a se stessa, Draco immaginò che volesse che affatturasse lei invece di Harry. Non ne capì il motivo, ma gli andava bene, più finivano per menarsi e meglio era, pensò. Usò la stessa fattura sfigurante che aveva pianificato di lanciare su Harry la volta precedente, prima che Moody li interrompesse.

Harry rispose con la stessa fattura, ma invece di colpire lui colpì Goyle. Draco quasi alzò gli occhi al cielo. Harry aveva una mira abbastanza buona ed erano distanti circa tre metri. L’unico modo in cui avrebbe lo potuto mancare era di proposito.

Snape iniziò finalmente a comportarsi come un vero insegnante e pose fine al tutto, mandando Goyle in infermeria. Ma non Hermione. I suoi denti si stavano allungando oltre il mento e se qualcuno non avesse fatto qualcosa non si sarebbero fermati. Draco conosceva la contro-fattura, ma non poteva usarla per ovvie ragioni. La cosa peggiore era che sapeva che anche Snape la conosceva, ma se non si era scomodato a usarla su Goyle sicuramente non l’avrebbe usata su Granger.

“Deve andare in infermeria!” Disse Ron, arrabbiato.

“A me sembra a posto.” Disse freddamente Snape. Draco voleva affatturare lui. Poteva fingere di essere un adulto per almeno due minuti?
Gli occhi di Hermione erano pieni di lacrime. Draco non lo aveva previsto, che Snape non l’avrebbe lasciata andare. Lavanda Brown si alzò in piedi e afferrò Hermione per il gomito. “Vieni, ti porto da Madame Pomfrey.”

“Non vi ho dato il permesso di assentarvi.” Disse lui, con voce vellutata. Draco si guardò intorno e non era dasolo: nessuno del suo anno sembrava contento del proprio direttore di Casa in quel momento.

Lavanda tirò fuori la propria bacchetta e, con un veloce scatto del polso, forzò la porta, aprendola. “Non stiamo chiedendo il suo permesso.” Ringhiò, tirandosi dietro Hermione.

Snape era cupo in volto. Sicuramente aveva in serbo una punizione per loro. Tutti gli altri si rimisero a sedere.

Tranne Harry. Ovviamente.

“Ha qualcosa da aggiungere, signor Potter?” Chiese Snape, chiaramente impaziente di trovare un motivo per mandarlo in punizione.

Harry aprì la bocca, il che non era mai un buon segno. Fortunatamente, fu salvato da un timido bussare alla porta. Tutti si girarono per vedere Colin Creevy esitare sulla porta, incerto se entrare o meno. “Uhm, mi scusi, non volevo interrompere. Ma tutti i campioni si stanno facendo pesare le bacchette. Quindi, uhm, Harry deve venire. Con me. Ora. Se non è un problema?”

Snape gli diede la schiena e fece finta che Colin non fosse lì, ma non fece niente quando Harry raccolse meccanicamente la borsa e uscì dalla classe.

Draco incontrò lo sguardo di Pansy. Lei alzò le spalle e lui sospirò prima di concentrarsi sulla ragnatela di istruzioni scritte sulla lavagna. Doveva assicurarsi di imparare a preparare quella pozione perfettamente, così avrebbe potuto insegnarla a Hermione più tardi.
 

 
-

 
Forse, se Harry non fosse stato già arrabbiato quando era entrato nella stanza, sarebbe stato in grado di gestire meglio la situazione. Ma tutto quello a cui riusciva a pensare era Hermione che piangeva e lui che era rimasto fermo e non aveva fatto niente. Non meritava di essere un campione se non poteva nemmeno difendere i suoi amici.

La consapevolezza che Hermione non voleva che lui la difendesse non lo aiutava. Aveva fatto dei gesti frenetici dietro la schiena dicendo loro di stare seduti; ed era abbastanza sicuro che quello fosse l’unico motivo per cui Ron non era andato in fondo alla classe per tirare un pugno in faccia a Snape. Ron era alto e forte. Probabilmente avrebbe potuto rompergli qualcosa se ci avesse provato.

Quindi aveva fatto quello che voleva la sua amica; e non avrebbe dovuto sentirsi in colpa ma, invece, gli dispiaceva. Era disgustato riguardo all’intera faccenda del Torneo Tremaghi; quindi quando Rita Skeeter allacciò il braccio intorno al suo e cercò di tirarlo lontano dagli altri, tubando riguardo al suo essere l’altro campione di Hogwarts, scoppiò.

“Non mi tocchi!” Sgusciò via dalla sua presa, fulminandola, e batté in ritirata verso gli altri campioni. Il modo in cui si affollarono intorno a lui, stringendo i ranghi anche se lui sapeva che erano arrabbiati con lui, lo fece solo sentire peggio. Non era coraggioso e gentile come loro. Non aveva il diritto di stare lì.

“Harry, caro.” Disse lei, la voce zuccherosa e smielata. “Ho solo bisogno di un paio di minuti, una parola in privato, per il mio articolo.”

Allungò di nuovo la mano verso di lui e Fleur si sporse per afferrarle il polso, incenerendola con lo sguardo. Il suo accento francese era ancora più marcato quando era furiosa. “Ha detto di non toccarlo.”

“È davvero necessario?” Disse lei; e lo sguardo calcolatore nei suoi occhi gli ricordò tutte le cose orribili che Pansy aveva detto di lei. Poteva sembrare solo una giornalista amante del pacchiano pettegolezzo, ma doveva ricordarsi che era pericolosa. Chiunque fosse in grado di mettere Pansy sulle spine era pericoloso. “Tutti sono curiosi riguardo al secondo campione di Hogwarts.”

“Non c’è nessun secondo campione di Hogwarts!” Fece un passo in avanti, mettendo una mano sulla spalla di Fleur per farle capire che poteva lasciar andare il polso della Skeeter. Lei lo fece e la Skeeter se lo portò al petto, massaggiandolo molto più del necessario.

“Posso citarti su questo?” Chiese, deliziata.

Harry aveva affrontato Voldemort in persona, eppure il Signore Oscuro si era rivelato meno irritante di quella donna. “Sì. C’è solo un campione di Hogwarts ed è Cedric Diggory. Si è guadagnato il suo posto, esattamente come Fleur Delacour e Viktor Krum. Sono incastrato qui per colpa del Calice, ma non rappresento Hogwarts. Cedric la rappresenta. È il miglior studente tra noi; ed è il motivo per cui è qui.”

“Allora tu chi rappresenti?” Chiese lei.

“Nessuno.” Disse. “Non sono un campione. Sono il danno collaterale di un calice incantato difettoso che è stato creato mille anni fa.”
Sembrava fin troppo compiaciuta dalla sua risposta perché Harry potesse dormire tranquillo quella notte. Stava ponderando se dire qualcos’altro o lasciar stare, quando un braccio si appoggiò sulla sua spalla e lo guidò via. “Andiamo.” Disse Cedric, la voce calda. “Dobbiamo farci ispezionare le bacchette.”

Harry sbatté gli occhi e lanciò uno sguardo oltre la spalla. Sia Fleur che Viktor gli stavano sorridendo e lui arrossì, grattandosi il naso nel tentativo di nasconderlo.

Non aveva l’intenzione di portarli dalla sua parte dicendo quelle cose, era solamente arrabbiato. Ma si sentiva molto più leggero ora che non ce l’avevano con lui.

 
-
 

“Ehi, Malfoy, aspetta! Draco!”

Era la sua ora libera e stava per andare a letto, perché era da più di un giorno che non dormiva e voleva fare un pisolino, per amor di Merlino! Aveva l’allenamento con la squadra Serpeverde di quidditch dopo cena e a Cassius non sarebbe fregato nulla della sua stanchezza nemmeno se ci avesse provato. Quindi era terribilmente tentato dall’ignorare quella voce e continuare a camminare, ma sapeva che se ne sarebbe pentito. Sospirò e si girò. “Cosa c’è?”

Susan Bones lo raggiunse; poi picchiettò la spilla sul suo petto e chiese: “Ne hai ancora di queste?”

La fissò. “Perché?”

Lei gli lanciò uno sguardo indifferente. “Per indossarle, ovviamente. Ho chiesto ad un gruppetto del secondo anno e hanno detto che le hai fatte tu.”

“È vero.” Disse. Avrebbe trovato quella conversazione molto strana,se fosse accaduta prima dell’esibizione dei Tassofrasso, quando Moody aveva usato la maledizione Imperius su Pansy e dell’occhiolino che gli aveva fatto Susan. “Posso fartene una. Penso che ne siano rimaste un paio nella Sala Comune, in realtà. Posso prenderne una e dartela a pranzo.”

Susan ghignò. Lo metteva a disagio vedere una Tassofrasso ghignare. “No, non è quello che intendevo. Non ne voglio solo una per me: le voglio per tutta la mia Casa. Circa centocinquanta dovrebbero andare bene.”

Draco rimase a bocca aperta. “Sei impazzita? È impossibile che tutta la tua Casa le indossi! Sono troppo… onesti.”

“Esattamente.” Disse lei. “Sai cosa non lo è, invece? Harry che viene ficcato nel Torneo, rubando le luci della ribalta a Cedric. Non è giusto né per Harry né per Cedric e, per la cronaca? Tutta la mia Casa è incazzata.”

Draco incrociò le braccia e la guardò negli occhi, cercando le tracce di un qualche imbroglio. “Va bene. Ma lascio la parte di Potter Puzza.”

“Certo.” Disse lei. “Mi piace Harry, ma dovrà farsene una ragione. È in grado di stare allo scherzo – è così infantile, poi, non penso proprio che passerà la notte in bianco a piangerci sopra. Perché hai scelto questa frase?”

“Non volevo che ci fosse scritto qualcosa per cui i professori avrebbero potuto arrabbiarsi.” Disse, omettendo che l’ultima cosa che voleva era ferire i sentimenti della sua anima gemella. “Lo scopo è mettersele addosso, non farsele confiscare e vederle messe al bando.”

Susan lo fissò con sguardo calcolatore, ricordandogli fin troppo la zia. “Va bene, fantastico. Quando posso averle?”

“Posso farle stanotte, immagino.” Disse. Non gli avrebbe portato via tutta la notte visto che sapeva già come farle; e poteva far fondere insieme i metalli a Winky mentre lui era nella classe abbandonata con tutti gli altri. Era un peccato che gli incanti dovessero essere applicati al metallo mentre era ancora nella forma liquida per poter permanere, altrimenti avrebbe lasciato a Winky anche il compito di versarli e farli solidificare.

“Fantastico! Verrò a prenderli a colazione. Grazie, Draco!” Susan lo salutò con la mano prima di incamminarsi nella direzione opposta. Non poteva credere di aver frequentato dei Tassofrasso in quegli ultimi tempi. Harry aveva un’influenza terribile su di lui.

Poteva preoccuparsene più tardi. Se saltava il pranzo avrebbe avuto tre ore intere per poter dormire – cosa che aveva assolutamente intenzione di fare – e non avrebbe sprecato un secondo di più a preoccuparsi di Susan Bones.
 

 
-
 

Harry e gli altri campioni furono trattenuti fino a quasi la fine del pranzo. Hermione aveva aritmanzia con i Tassorosso dopo la pausa, quindi Harry non ebbe l’occasione di vederla fino a cena. Krum non si era seduto di fianco a lei quel giorno; invece era al tavolo dei Corvonero, circondato da persone che gli facevano domande. Lo vide a proprio agio in quella situazione in una maniera che Harry pensava non avrebbe mai potuto emulare; ma il suo sguardo continuava a scivolare verso il tavolo Grifondoro. Più precisamente, verso Hermione.

Harry la abbracciò da dietro. Non era mai stato una persona così affettuosa, ma era abbastanza sicuro di poter incolpare i Weasley di quel cambiamento. “Stai bene?”

“Sto bene!” Disse lei, dando dei colpetti alle sue mani e cercando di girarsi dentro la sua stretta per guardarlo. La lasciò andare e le si sedette di fianco, Ron sull’altro lato. “Davvero, Harry, non era così grave.”

“Stavi piangendo.” Disse. Qualsiasi cosa facesse piangere i suoi amici era grave. Harry sbatté le palpebre e aggiunse: “La tua bocca sembra diversa.”

Lei arrossì e Ron fece una risata nasale. Le tirò un colpetto sul braccio. “Grosse lacrime da coccodrillo, non è vero, Hermione?”

“Cosa?” Chiese Harry. “Di che state parlando?”

“Non erano finte.” Disse lei, dopo essersi guardata intorno per assicurarsi che nessuno stesse cercando di origliare. “Sono il tipo di persona che piange quando è frustrata, lo sapete. Ma… Diciamo che potrei aver, beh, esagerato. Un pochino.”

“Davvero ti sei inventata tutto quel piano complicato solo per cambiarti i denti?” Chiese Ron. “So che hai detto a Draco di colpirti con la fattura; non poteva essere il tuo unico motivo. Avevi già chiesto a Lavanda di accompagnarti fuori o l’ha fatto solo spinta dal suo buon cuore?”

“Gli hai detto di colpirti?” Chiese Harry, confuso. “Quando?”

“Durante la lezione.” Disse Ron. “Harry, dai, non è stata discreta.”

“In verità sì.” Disse Hermione prima che lui potesse rispondere. “Sei solo innaturalmente perspicace, certe volte.”

La faccia di Ron si accartocciò, come se stesse cercando di capire se prenderlo come un complimento o meno. Harry credeva che lo fosse, ma pensava anche che Hermione non lo avesse inteso come tale, visto com’era irritata quando lo aveva detto. Non ebbe l’occasione di dare voce a nessuno dei suoi pensieri prima che un barbagianni comune marrone planasse davanti a lui e lasciasse cadere un rotolo sul suo piatto.

Lo srotolò e lesse il messaggio una mezza dozzina di volte. Non comprese.

Nei trenta secondi che aveva spostato la sua attenzione, Ron e Hermione erano riusciti a litigare di nuovo. “Ragazzi!” Disse, sporgendosi così da mettersi fisicamente tra i due. “Guardate qua.”

Diceva: Stanotte. Mezzanotte. Camino di Flamel.

Era la calligrafia di Remus; sapeva che gli altri due l’avrebbero riconosciuta grazie a tutti i suoi compiti corretti a mano. “Camino di Flamel?” Disse Hermione a bassa voce. “Che sia il nome di un negozio o qualcosa del genere? Forse vuole che li incontri a Hogsmeade.”

Ron scosse la testa. “Se è così, non l’ho mai sentito. E poi, li incontrerà lì durante la prossima gita. Dev’essere da qualche parte nel castello – forse dov’era nascosta la pietra filosofale? Non mi ricordo che ci fosse un camino in quella zona.”

Harry guardò verso il tavolo Serpeverde, poi ficcò la lettera nella sua borsa. “Glielo chiederemo stanotte, quando ci incontriamo. Se non lo sanno, allora manderò un gufo a Remus dicendogli di essere più preciso.”
 

 
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Draco voleva dormire ancora per una settimana, ma si sentiva mille volte meglio dopo il suo pisolino. Cassius voleva farli correre intorno al lago subito dopo cena, quindi lui e il resto della squadra Serpeverde non indossavano le uniformi. Aveva addosso i vestiti che utilizzava per gli allenamenti di quidditch – quelli che andavano sotto le protezioni – quindi, fondamentalmente, solo dei pantaloni fin troppo stretti e una maglia a maniche lunghe. Non stavano volando, quindi sarebbe stato sciocco da parte sua mettersi l’uniforme intera. Si assicurò di ghignare a ogni sguardo d’apprezzamento che volava in sua direzione.

Perché stai cenando in pigiama?” Chiese Fleur in francese, sgomitando Crabbe per farlo spostare e potersi sedere di fianco a lui.

La bersagliò con uno dei suoi piselli. “Come se mi assassi a dormire in niente che non sia seta. Non volevo tornare in camera a cambiarmi.”

E ti piace l’attenzione che ti danno quando indossi vestiti attillati.” Sorrise lei, dandogli una gomitata nel fianco.”

Lui tirò su col naso, alzandolo al cielo. Era fortunato che Pansy fosse concentrata nella sua conversazione e Blaise li avesse ignorati per parlare con Millie nel momento esatto in cui avevano iniziato a parlare francese, altrimenti non avrebbero mai smesso di prenderlo in giro. Come se Pansy potesse parlare, poi, con le sue gonne corte e camicie sbottonate. “Non so di cosa tu stia parlando.”

Il suo sorriso si addolcì e tornò all’inglese per dire: “Penso di aver cambiato idea su Harry Potter. Non è così male e non è giusto che sia incastrato in questo torneo.”

Draco fu parecchio sollevato, perché non voleva che Harry fosse costretto a dover affrontare l’ira degli altri campioni oltre che a cercare di rimanere in vita. Ma non poteva dirle niente del genere, perciò optò per alzare gli occhi al cielo. “Non anche tu! È solo un idiota in cerca di attenzioni.”

Non essere maleducato.” Disse lei affettuosamente, per poi baciargli la guancia. “Non ti preoccupare. Sei tu il mio studente preferito di Hogwarts, Harry Potter incluso.”

Svariati ragazzi e ragazze lo stavano guardando con gelosia e dovette costringersi a non pavoneggiarsi per le loro attenzioni. Non gli sfuggì l’ironia di lui che si lamentava dicendo che Harry era alla ricerca di attenzioni.

A giudicare dall’espressione esasperata sul viso di Fleur, nemmeno a lei era sfuggita. Fortunatamente, era troppo gentile per farglielo notare.
 
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Quella notte, Harry era in ritardo; era andato a trovare Hagrid, che gli aveva veramente preparato i dolcetti rocciosi, dato una pacca sulla spalla e lasciato che Zanna gli sbavasse addosso. Nessuna di quelle cose avrebbe dovuto tirargli su il morale quando si ritrovava obbligato a partecipare a un torneo mortale; eppure. Si aspettava di essere l’ultimo ad arrivare alla loro classe abbandonata, ma una volta lì si guardò intorno, confuso. “Dove sono Ron e Draco?”

“Draco aveva l’allenamento di quidditch, dovrebbe arrivare a momenti.” Disse Blaise.

“Ma non hanno ancora trovato un posto adatto per volare, quindi non so cosa lo stia trattenendo così a lungo.” Si lamentò Pansy, apparentemente più concentrata a limarsi le unghie piuttosto che a farsi mancare i suoi amici.

Hermione alzò gli occhi al cielo, la testa sepolta in un libro. “Non ho idea di dove sia Ron, ha ricevuto una lettera circa un’ora fa ed è scappato via dalla Sala Comune.”

Harry aggrottò la fronte. Non sembrava un comportamento da Ron – sperò che andasse tutto bene. Ma se fosse successo qualcosa di strano, i gemelli o Ginny glielo avrebbero detto. O almeno così pensava.

La porta si spalancò e Ron marciò dentro, sorridendo. “Non indovinerete mai cos’ho scoperto!” Diede un’occhiata alla stanza e il suo sorriso morì. “Dov’è Draco? Sono arrivato in ritardo apposta! Stavo cercando di fare un’entrata in grande stile e quel bastardo non è nemmeno qui per apprezzarla.”

“Le mie scuse.” Strascicò la voce della sua anima gemella.

Ron sussultò e si girò di scatto, colpendo Draco sul petto. “Non prendermi alle spalle a quel modo!”

“Non ti ho preso alle spalle, semplicemente non mi hai notato. Sono abbastanza sicuro che siano due cose differenti.” Disse, spingendo Ron in avanti e chiudendo la porta dietro di loro.

Ron sbuffò e si diede la spinta per sedersi su una delle cattedre. Era talmente alto che sembrava lo facesse più per darsi un tono che per altro. Se si fosse messo in punta dei piedi avrebbe raggiunto lo stesso risultato. “Mi hai preso alle spalle. Mi hai decisamente preso alle spalle. Sono stato preso alle spalle.”

“Sono letteralmente entrato dopo di te.” Rispose lui.

Harry voleva contribuire alla conversazione, ma scoprì di non poter dire assolutamente nulla, visto che aveva la lingua incollata al palato.
Aveva visto com’era vestito Draco a cena: del tutto coperto, ma con i vestiti che gli aderivano come una seconda pelle. Aveva anche fatto del suo meglio per ignorarlo, perché aveva visto Fleur che baciava la guancia della sua anima gemella e se avesse pensato a quei due fatti in qualsiasi modo per troppo tempo sarebbe letteralmente esploso.

In quel momento era anche peggio. I capelli di Draco erano spettinati e lui stava letteralmente sgocciolando sudore; in quel modo i vestiti – già attillati di loro – gli si erano appiccicati addosso ancora più pericolosamente. Si spostò i capelli da davanti gli occhi. Erano corti abbastanza da non poter essere legati in una coda, ma abbastanza lunghi da continuare a dargli fastidio.

“Perché fa così caldo, qui?” Si lamentò Draco e, oh, quello doveva essere un incubo, perché allungò la mano e si tirò su la maglietta, usando il bordo per asciugarsi il sudore dalla fronte. Harry non sapeva quanto avrebbe contribuito l’allenamento spartano di Cassius una volta tornati a bordo di una scopa, ma stava certamente facendo… qualcosa.

Quello era un inferno e Harry voleva morire.

Pansy gli fischiò dietro, facendo perdere a Draco la presa sulla maglietta, grazie a Merlino. “Stai dando spettacolo, Draco?”

Quella per Pansy fu certamente la cosa sbagliata – o giusta – da dire, perché lui alzò un sopracciglio. Poi, in un’unica, fluida mossa si levò completamente la maglia, tenendo una mano sul fianco e la schiena dritta mentre si metteva in mostra in modo molto evidente. “Perché? Vedi qualcosa che ti piace?”

Blaise si limitò a sospirare come se lo vedesse così tutto il tempo e, considerando che condividevano una stanza, era molto probabile. Pansy trasfigurò la sua lima per unghie in un ventaglio, in modo da potersi piegare all’indietro e sventagliarsi con fare teatrale; ma l’effetto generale fu rovinato da quanto forte si stava mordendo il labbro per evitare di ridere. Hermione alzò lo sguardo dal suo libro giusto per alzare gli occhi al cielo.

“Oi!” Disse Ron. “Sono venuto con delle informazioni importanti da condividere, sai. Mi rifiuto di essere messo in ombra dai tuoi addominali. Mettili via.”

Draco sospirò come se li trovasse tutti molto irritanti, ma si lanciò un incanto Gratta e Netta sul corpo e i vestiti per sbarazzarsi della terra e del sudore. Non si rimise la maglietta; invece, la fece tornare nella propria camera e appellò una canotta della squadra di quidditch francese, i Quiberon Quafflepunchers. Era dello stesso colore delle uniformi dei giocatori, ovvero un brillante, insopportabile rosa.

“I miei occhi hanno sofferto così tanto stanotte.” Si lamentò Ron.

“La tua intera stanza è dell’arancio dei Cannoni di Chudley, non accetto nessuna critica da te.” Disse Draco, indossandola, finalmente. Sarebbe dovuto essere ridicolo, ma non lo era, e Harry pensò di avere – potenzialmente – un problema.

Realizzò che fosse probabilmente abbastanza strano che non avesse detto nulla durante gli ultimi minuti. Quella non era la prima volta che aveva visto Draco a torso nudo, lo aveva fatto spogliare solo un paio di settimane prima in modo da poter vedere con i suoi occhi i danni fatti da Moody. Ma per qualche motivo, quella sera era… diverso.

Hermione mise via il suo libro. “Va bene Ron, siamo tutti qui e ti stiamo ascoltando. Quali sono queste tue importantissime informazioni?”

Ron allargò le braccia, sorridendo. “La buona notizia è che so quale sarà la prima prova! La brutta notizia è che sono draghi. Dovrai superare dei draghi. L’altra buona notizia è che mio fratello Charlie è qui. Dice di salutarti e spera che tu non muoia.”

“DRAGHI?!” Urlarono Draco e Hermione.

Gli occhi di Blaise diventarono grandi come galeoni. Pansy lasciò cadere la sua lima trasformata in ventaglio.

Ron sembrava fin troppo fiero di sé, pensò Harry, considerando che aveva praticamente appena detto che lui sarebbe diventato lo spuntino di una lucertola troppo cresciuta. Come diavolo sarebbe riuscito a superare un drago? “Ti prego, dimmi che Charlie ti ha dato un consiglio su come non farmi divorare.”

“In realtà no.” Ammise Ron. “Non avrebbe nemmeno dovuto mostrarmi i draghi, è severamente proibito. Potrebbe finire in un bel casino se il suo capo lo venisse a sapere.”

“Andremo a chiedere a Hagrid.” Decise Hermione. “Lui saprà qualcosa su di loro.”

Draco annuì. “Andiamoci adesso. Mancano solo un paio di giorni alla prima prova, non abbiamo tempo da perdere.”

Tutti si alzarono, come se tutti e sei potessero semplicemente trascinarsi fino alla capanna di Hagrid nel cuore della notte. Il che, prima di tutto, non si poteva fare; e poi Harry doveva incontrarsi con Remus e Sirius chissà dove in meno di un’ora e non sapeva nemmeno dove andare.

Ogni qualvolta la voce della ragione era la sua, era segno che le cose andavano terribilmente male.

“Ragazzi.” Disse. “Glielo chiederò domani. Dovevo comunque parlargli per il campo da Quidditch. Ho bisogno di trovare il camino di Flamel, ovunque si trovi.”

“Cosa?” Chiese Blaise. “Di che stai parlando?” Harry prese il messaggio dalla tasca e lo consegnò ai Serpeverde. Pansy lo agguantò dalle sue mani e lo alzò, così da farlo leggere a tutti. “Flamel l’alchimista?”

Draco si colpì la fronte. “Ovviamente! È nella classe di alchimia.”

“Non nella classe.” Lo corresse Pansy. “Nell’ufficio attaccato alla classe. I camini delle aule non sono attaccati alla rete della Metropolvere, ma gli uffici sì.”

“Guardiamo la mappa.” Disse Blaise, tendendo la mano in direzione di Hermione.

Lei tirò fuori la mappa dallo zaino e gliela diede. “Non capisco, non esiste il corso di alchimia.”

“Sì, adesso.” Disse Pansy. “Pensi che le classi abbandonate saltino fuori da sole? Hogwarts un tempo insegnava molte più materie. Alchimia era una di queste. Ma dopo che Flamel smise di insegnare, il corso è stato sospeso.”

“Erano tutti talmente impegnati a cercare di creare la loro pietra filosofale personale che non si sono scomodati a imparare il resto dell’alchimia.” Aggiunse Blaise, aprendo la mappa.

Gli si ammassarono tutti intorno. La mappa mostrava dov’erano le mura del castello, perché quello era qualcosa che potevano capire usando un incantesimo per tenere traccia della pietra; ma sapere dov’era una stanza non significava sapere cosa c’era dentro. Gli occhi di Harry attirati dall’ufficio di Difesa – ma Moody non dormiva mai? Sembrava che ogni volta che guardava la mappa, il professore fosse nel suo ufficio.

“Sei quello che ne sa di più di alchimia.” Disse Pansy, guardando Draco. “Dove pensi che sia?”

Lui alzò gli occhi al cielo. Le sue braccia erano ingiustamente distraenti con quella canotta. “È principalmente un’arte goblin, oggigiorno; ne so qualcosa solo perché ne facciamo uso in Giappone e Corea.” La pelle gli si tirò intorno agli occhi. “In verità, dovrei andare a chiedere a Luna. Sua madre era un’alchimista. Ma è anche vero che ogni volta che parliamo di Pandora ci sono delle lacrime di mezzo; e noi non abbiamo abbastanza tempo in questo momento.”

“Piange quando parla di sua madre?” Chiese Ron, compassionevole. Harry sapeva che stava pensando a cosa avrebbe fatto se fosse successo qualcosa alla signora Weasley.

“No, io piango. Luna non piange, sembra solo delusa, il che è in qualche modo mille volte peggio. Andremo a prenderla se avremo bisogno di lei.” Decise; poi si sporse sopra alla mappa, strizzando gli occhi mentre usava la bacchetta, muovendola, e si concentrò su varie zone del castello. “L’alchimia è troppo volatile perché la classe sia situata nei piani alti; quindi sarà nei sotterranei, probabilmente. Io la vorrei più lontana possibile dall’aula di pozioni, perché se le due venissero a contatto potrebbe finire solo in un’esplosione.”

“Lì!” Hermione picchiettò la mappa con la sua bacchetta, ingrandendo un corridoio sul retro del castello, che occupò la maggior parte della mappa. “Ha una porta collegata, come le altre aule, agli uffici e i suoi muri sono spessi il doppio, come quelli dell’aula di pozioni. Dev’essere questa.”

Tutti strabuzzarono gli occhi. Draco maneggiò la mappa per controllare l’aula di pozioni, ed effettivamente i muri erano più spessi degli altri. “Non l’avevo mai notato. Bel colpo.”

Hermione sorrise e cercò di non far trasparire quanto fosse compiaciuta. Harry chiese: “Come ci arriviamo? Non ci stiamo tutti sotto il mantello dell’invisibilità.”

Blaise e Pansy si scambiarono una veloce occhiata, poi guardarono di nuovo verso di lui. Pansy disse: “Ti incontri con il professor Lupin e il tuo padrino, giusto? Per questa volta non partecipiamo. Lupin non sa che siamo anche vostri amici, non c’è motivo di diffondere quest’informazione con leggerezza.”

“Non direbbe nulla!” Protestò Harry.

Pansy alzò gli occhi al cielo. “Lo sappiamo. È ovvio che sappia tenere un segreto, non è questo il punto. Non c’è motivo di addossargli la responsabilità di un altro segreto se non è necessario.”

“Possiamo tornare tutti alla Sala Comune, così voi tre potete parlare con Remus.” Disse Draco, ma teneva la fronte aggrottata.

Harry era deluso, perché voleva che venisse anche Draco. Ma non poteva dirlo perché sarebbe sembrato un bambino. Non era così importante, non davvero, ma Draco non sarebbe riuscito a sgattaiolare via durante l’uscita di Hogsmeade e… Voleva solo che il suo padrino andasse d’accordo con la sua anima gemella. Remus conosceva già Draco e gli piaceva, circa. Ma Sirius no; e non c’erano molte opportunità per farli incontrare.

Forse era un bene che non venisse? Sirius e Remus non sapevano che erano anime gemelle, nessuno lo sapeva all’infuori di loro sei. Quindi, probabilmente era meglio che non si facessero vedere insieme più di tanto, anche da persone che sapevano fossero amici.
Il che era perfettamente vero; quindi perché si sentiva così deluso?

Ron gli strinse una spalla. “A dire il vero, io ho ancora quel saggio di trasfigurazione da fare e Hermione ha promesso di aiutarmi a scriverlo. Quindi anche noi torneremmo indietro, se non è un problema.” Hermione gli lanciò un’occhiata strana, come se fosse sorpresa che stesse facendo i compiti di sua spontanea volontà; ma non obiettò.

“Oh.” Disse, incurvando le spalle. “Sì, va bene.”

Draco incrociò le braccia. “Non dovrebbe andare da solo! E se l’aula fosse pericolosa? O qualcosa andasse storto con la Metropolvere?”

“Allora vai tu con lui.” Disse Ron. “Sei tu quello che ne sa di più sull’alchimia.”

“Non serve.” Disse Harry immediatamente. Sperò di non essere arrossito o, se sì, che nessuno lo avesse notato. Fortuna che non aveva la pelle come quella di Ron,  troppo pallida per nascondere qualsiasi cosa. Che poi, il rossore di Hermione era sempre super evidente e la sua pelle era più scura della sua.

Cercò di pensare a un modo per chiedere ai suoi amici quanto si notassero le sue guance rosse senza morire di imbarazzo, fallendo miseramente.

Draco scrollò le spalle. “È- Va bene, non è un problema. Sono a posto con i compiti, quindi, sai com’è. Va bene.”

“Okay.” Disse. Draco continuava a non guardarlo in faccia, quindi almeno non avrebbe notato il suo rossore, se ne aveva. “Fico.”

Pensò di sentire il suono di Ron che si schiaffava una mano sulla faccia, ma quando si girò a guardarlo si stava affrettando a mettere tutti i libri di Hermione nella sua borsa.

 
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Portarono il mantello dell’invisibilità di Harry alla vecchia aula di alchimia; ed era un mantello grande, c’era abbastanza spazio per entrambi, fintanto che stavano vicini. Ma dopo essersi scontrati tra di loro una mezza dozzina di volte, Draco perse la pazienza e passò il braccio intorno alle spalle di Harry, tirandoselo addosso. Si sentì un po’ meno a disagio quado il braccio di Harry gli circondò la vita, riposando sul suo fianco, proprio dov’era il suo marchio.

Merlino, era sempre stato così caldo Harry? Ogni punto dove si toccavano sembrava che stesse bruciando.

L’aula era un casino e l’ufficio accanto era ugualmente polveroso e sfasciato, il solo attraversarlo li fece finire piegati in due a tossire in maniera incontrollata. Harry tirò fuori la bacchetta. “Gratta-“

“Aspetta!” Draco gli afferrò il polso. “Lo faccio fare a Winky. Era contentissima quando le ho chiesto di mescolare i metalli per me, penso si senta trascurata.”

“Sai che nel tempo che hai impiegato per dire questa cosa, questo posto sarebbe potuto essere già pulito?” Gli fece notare Harry.

Lui alzò gli occhi al cielo. “Benvenuto nel mondo della superfluità degli elfi domestici. Se puoi permetterteli, non hai bisogno di loro.”

Schioccò le dita tre volte e Winky apparve di fronte a loro. Ancora si ringalluzziva a vedere il suo marchio su di lei. Le aveva detto di prendere dalla sua camera qualsiasi tessuto volesse usare per farsi un vestito; e chiaramente lo aveva ascoltato, perché stava indossando una specie di toga blu che doveva aver ricavato dal suo vecchio set di lenzuola, e le stava molto meglio di quello che generalmente indossavano gli altri. Gli elfi non potevano usare la magia per creare i loro vestiti, ma la maggior parte di loro non era dotato di abilità sartoriali; quindi la maggior parte di loro finiva per indossare semplici federe. Era sempre più impressionato dalle sue scelte stilistiche.

“Sì, padron Draco?” Chiese lei, inchinandosi profondamente. Un secondo dopo, fece uno starnuto talmente forte che la fece barcollare di qualche passo.

“Pulisci questo posto e accendi un fuoco.” Ordinò lui.

Lei schioccò le dita e due tazze di tè fumanti apparvero davanti a loro. Schioccò di nuovo e la polvere sparì e successivamente due sedie si piazzarono davanti alla scrivania decorata nell’angolo dell’ufficio. “Sì, padron Draco.”

Capì in fretta e non intendeva starle in mezzo ai piedi, quindi afferrò la propria tazza da mezz’aria e si sedette alla scrivania. Dopo un momento di esitazione, Harry lo imitò. “Non guardare.” Lo avvisò a bassa voce. “Ti farai solamente venire il mal di testa.”

Harry corrucciò lo sguardo e non gli diede retta, ovviamente. Guardò dietro di lui, guardando come la stanza si stava apparentemente pulendo da sola davanti ai propri occhi: i mobili vennero riparati, gli strumenti alchemici ripuliti, i fogli sparsi in giro si separarono e ordinarono da soli, i libri si impilarono sugli scaffali di loro volontà. Poteva vedere Winky che sfarfallava con la coda dell’occhio, ma sapeva che era meglio non cercare di concentrarsi su di lei. Lo aveva imparato da piccolo con le cattive.

Dopo un paio di momenti di cocciutaggine, Harry si girò di nuovo verso di lui, leggermente verdognolo. “Non capisco.”

“Bevi il tuo tè.” Disse, rifiutandosi di continuare finché Harry non afferrò la propria tazza. “Gli elfi domestici possono portare a termine i loro compiti in due modi: con la magia, oppure facendoli manualmente. Ma manualmente porta via troppo tempo, quindi… accelerano le cose.”

Harry continuò a fissarlo con un’espressione completamente assente. Almeno stava bevendo il suo tè. “Se stai per dirmi che gli elfi domestici possono controllare il tempo per lavare i piatti, io esco. Lascio l’intero mondo magico, okay? Me ne vado.”

Lui alzò gli occhi al cielo. “Possono muoversi molto velocemente. Più veloci di quanto l’occhio umano possa percepire. Non fissarli, a meno che tu non voglia farti venire nausea e delle vertigini tanto per.”

“Finito.” Annunciò Winky.

Si girarono e l’intero ufficio era tirato a lucido con un fuoco che bruciava allegramente nel camino immacolato. Le sorrise. “Ottimo, Winky. Puoi andare.” Lei sparì immediatamente. La sua tazza era di nuovo piena e un piatto di biscotti apparve silenziosamente vicino al suo gomito. Biscotti allo zenzero – i suoi preferiti. “È davvero un’elfa fantastica.”

“Se è così brava, perché Crouch si è sbarazzato di lei?” Chiese Harry. Fece per prendere un biscotto allo zenzero, ma un secondo piatto apparve, contenente tortine alla melassa. Draco immaginò che fosse il suo dolce preferito, visto il suo sguardo esterrefatto.

Scrollò le spalle. “Probabilmente ha sbagliato qualcosa in quella foresta. Non è stato un errore quando ha preso la tua bacchetta; e qualsiasi cosa avesse dovuto fare al suo posto, era importante abbastanza da spingere Crouch a sbarazzarsi di un’elfa talentuosa e leale.”

Harry lo stava fissando di nuovo. “Pensi che non abbia preso la mia bacchetta per errore? Glielo hai chiesto?”

Stava per fare un commento derisorio sulla sua intelligenza, ma poi si fermò. Cresciuto da babbani, cresciuto da babbani. Perché si dimenticava sempre che la sua anima gemella era stata cresciuta da babbani? Era fortunato che Harry sapesse distinguere la destra dalla sinistra, certe giornate. “Gli elfi domestici non possono divulgare informazioni riguardo i loro precedenti padroni. Voglio dire, possono, e probabilmente non ne morirebbero. Ma è rischioso e fa male. Altrimenti si andrebbe a finire nella schiavitù per davvero: gli elfi domestici hanno accesso a tutto, sanno troppo; e anche le nobili casate Grifondoro non gli permetterebbero di lasciare il loro posto di lavoro con quel tipo di conoscenze, se potessero semplicemente dirle a chiunque e dovunque volessero. Sarebbero costretti a lavorare per la stessa casata per sempre, anche se non facesse piacere a nessuno. Oppure, le casate li ucciderebbero e basta.”

Harry era di nuovo verdognolo e stavolta la colpa non era di nessun elfo troppo arzillo. Draco stava ancora cercando di capire se fosse qualcosa per cui avrebbe dovuto scusarsi, quando sentirono una voce roca. “Harry!”

E infatti, la testa del cugino criminale di Draco stava fluttuando nel camino. Harry si buttò per terra lì davanti e Draco fu molto, molto contento di aver chiamato Winky per pulire tutto. “Sirius! Mi sembri migliorato.”

Era vero, sembrava più un vero e proprio purosangue piuttosto che uno scheletro vivente; aveva accorciato i capelli e i suoi occhi non erano più infossati nelle orbite. Probabilmente era tutto grazie all’uomo la cui testa apparve di fianco alla sua:  Remus Lupin. “Harry.” Disse caldamente il loro ex professore, per poi spostare sollevare lo sguardo. “Draco, che piacere vederti. Non me l’aspettavo, sono sorpreso.”

Ricongiungersi con la propria anima gemella aveva solo fatto diventare Remus più stronzo. Draco non aveva pensato che fosse possibile. “Sai, stavo pensando che l’argento dovrebbe andare di moda. Mi mancano quei bottoni, non sai mai quando potrebbero tornarti utili.”

Sirius sembrava assolutamente indignato e Draco si preoccupò per un momento, ma Remus scoppiò in una tonante risata. Il suo era un ghigno divertito e Draco decise di mettere da parte il decoro per sedersi di fianco a Harry. Stava già indossando una canotta rosa shocking, quindi non gli rimaneva poi così tato orgoglio di cui preoccuparsi.

(Suo padre lo aveva portato a vedere la sua prima partita in Francia quando aveva sei anni, da allora era diventata la sua squadra preferita. I suoi genitori si disperavano per la quantità di rosa acceso nel suo guardaroba ma, in realtà, la colpa era solo loro.)

“Credo che tu mi sia mancato.” Disse Remus.

“Come un crucio nella schiena.” Concordò lui, ma stava sorridendo, non poteva farci nulla. Remus era stato uno degli unici insegnanti con cui Draco era mai andato d’accordo e che aveva apprezzato, anche se avevano passato la maggior parte della loro relazione in uno stato di mutua promessa di distruzione.

Sirius aggrottò la fronte. “Non ho idea di cosa stia succedendo.”

“Nemmeno io.” Gli confessò Harry. “Ma non faccio domande, loro sembrano divertirsi.”

Draco pensò che stessero perdendo tempo. “Allora!” Esclamò, allegramente. “La prima prova consiste in draghi. Qualche consiglio per non far morire Harry?”

Quello risucchiò ogni allegria via dalla stanza e, per le successive ore, parlarono di svariate cose che teoricamente avrebbero potuto funzionare. Non lo disse ad alta voce, perché non era un completo stronzo, ma nessuna suonava molto promettente. Se non si fossero inventati qualcosa al più presto, avrebbe avuto un’anima gemella di meno.

 
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Harry voleva incontrare Hagrid prima che la giornata cominciasse sul serio, ma era anche rimasto alzato metà della notte per cercare di capire come sopravvivere a un drago. Era anche stato informato di cose quali il precedente stato di Mangiamorte di Karkaroff; e anche della prevedibile, ma comunque terrificante, notizia che i suoi incubi avrebbero potuto basarsi veramente sulla realtà, visto che la donna che aveva visto uccidere da Voldemort esisteva davvero ed era scomparsa.

Guardando il lato positivo, Sirius stava molto meglio. Anche Remus era più felice, meno smunto. Erano entrambi molto preoccuparti ed erano stati gentilissimi con lui. Anche dopo che lui e Draco erano sgattaiolati nei loro rispettivi dormitori, Harry passò molto tempo a fissare il soffitto, pensando a come sarebbe stato vivere con loro, senza dover mai più tornare dai Dursley, passando l’estate con i migliori amici di suo padre. Con il suo padrino, con le persone che gli volevano bene e che tenevano lui e che quasi certamente non lo avrebbero mai fatto dormire in uno sgabuzzino sotto le scale.

Il che, ovviamente, lo fece deprimere visto che non era una scelta che poteva fare, a quanto pareva. La faccia confusa, ma comunque allegra di Hagrid lo accolse. “Harry! Ciao!” Lo guardò meglio. “Ah, hai sentito dei draghi, quindi?”

“Draghi?” Disse Harry, facendo il finto tonto per un secondo solo per vedere la frazione di secondo di panico sulla faccia di Hagrid per essersi fatto scappare un altro segreto. ”Scherzo! Sono qui per questo, in verità. Ipoteticamente parlando, se qualcuno dovesse superare una lucertola sputafuoco gigante, come potrebbe fare?”

Hagrid gli lanciò un’occhiata di disapprovazione, ma non era molto bravo a farle quindi lasciò perdere subito dopo e si fece da parte. “Meglio che entri. Sei fortunato, ho appena fatto i dolcetti rocciosi!”

Se erano appena sfornati, allora significava che sarebbe stato in grado di mangiarli senza spaccarsi i denti, il che sarebbe stato delizioso. Hagrid aveva delle sedie, ma Harry preferì sedersi vicino al camino, più che altro per permettere a Zanna di stravaccarsi su di lui, cercando di incastrarsi più che poteva sul grembo di Harry. Mise in equilibrio sulla schiena del cane il piatto di torte rocciose che Hagrid gli passò e tenne la tazza di tè che gli aveva preparato con entrambe le mani.

Gli piaceva la capanna di Hagrid. Sembrava la casa dei Weasley, in qualche modo; un posto sicuro e caldo dove si sentiva sempre il benvenuto. “Draghi?” Lo imbeccò.

Ipoteticamente.” Disse Hagrid, serio, ma non era molto bravo nemmeno a fare il serio, finendo per sembrare semplicemente preoccupato. “Non puoi sfidarli con la magia. Puoi provare a distrarli, ma se li stai prendendo di mira, si concentreranno su di te. I draghi sono più forti, più veloci e più furbi di te, Harry. Specialmente di te. Gli altri campioni hanno tre anni di scuola in più di te alle spalle.”

“Fantastico.” Disse, miseramente. I dolcetti erano ancora commestibili se li inzuppava nel tè per mezzo minuto, quindi almeno c’era qualcosa di positivo.

Hagrid lo accarezzò sulla testa e Harry in qualche modo detestò come quel gesto fosse riuscito a farlo sentire meglio. “Ci sarebbero degli incantesimi adatti, ma nessuno che puoi imparare in un giorno. Ma c’è una cosa in cui sei meglio di chiunque altro, penso.”

“E cioè?” Chiese, per poi capire un secondo dopo. “Vuoi che io batta un drago nel volo?”

“I loro movimenti saranno limitati, i tuoi no. Sei veloce, intelligente e hai la migliore scopa sul mercato. Penso che la cosa migliore da fare per te sia volare.”

Harry emise un lamento e si chinò in avanti fino ad appoggiare la testa sul ginocchio di Hagrid. Zanna era premuto sotto di lui, ma era buono abbastanza da non agitarsi. “A proposito di volare… Presumo che tu non abbia trovato un posto per gli allenamenti della squadra di Quidditch? Angelina sta dando di matto.”

Hagrid appoggiò la sua manona sulla schiena di Harry e lui desiderò di poter stare per sempre lì, nella capanna di Hagrid, con Zanna, il tè e i dolcetti rocciosi. “Sì, dille di venire a vedermi.”

“Okay.” Disse; e non poteva rimanere, anzi, se non si fosse sbrigato sarebbe arrivato in ritardo a lezione. Quindi si spinse in piedi. Hagrid era ancora seduto, quindi Harry poté quasi guardarlo negli occhi senza sforzare il collo. “Grazie, Hagrid. Non so cosa farei senza di te.”
“Quando vuoi.” Disse lui, ma la voce gli uscì in qualche modo roca e i suoi occhi erano un po’ umidi.

Harry gli lanciò le braccia intorno al collo, stringendo più forte che poteva; poi schizzò via, prima di morire di imbarazzo.
 

 
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Avevano tutti un’ora buca dopo pranzo e Draco non si sorprese quando gli arrivò un messaggio da Harry, dandogli appuntamento nella loro classe. Poco prima aveva Incantesimi con i Corvonero. Adorava Incantesimi, ma la lezione in sé poteva risultare abbastanza noiosa. Di solito finiva i compiti in circa venti minuti e poi passava il resto della lezione a fare ricerche ed esperimenti per conto suo. O, beh, era quello che gli sarebbe piaciuto fare. Gli altri Serpeverde erano più che coscienti della sua bravura in quel campo, quindi aiutava chiunque fosse in difficoltà. Sfortunatamente, ai Corvonero non interessò che fosse un viscido Serpeverde, quando scoprirono che era lo studente più bravo del loro anno in Incantesimi. (Era abbastanza sicuro di essere il migliore in Incantesimi in tutta la scuola, ma non poteva dirlo altrimenti avrebbe fatto la figura dello sfigato.) Quindi finì per aiutare anche loro, il che era orribile.

L’ultima volta che si era presentato nell’ufficio di Flitwick per rivolgergli una domanda, il professore gli aveva cacciato in mano un mucchio di saggi del primo anno, una tabella di classificazione e gli aveva detto che lo avrebbe aiutato una volta finito. Draco sapeva di fungere da aiutante di Flitwick sin dall’inizio dell’anno, ma quella era una posizione per cui non avrebbe nemmeno dovuto essere qualificato fino al sesto anno; però aveva una reputazione da mantenere, quindi non aveva detto nulla. Era abbastanza sicuro che nessuno del corso avesse detto nulla per paura che si rifiutasse di aiutarli, altrimenti.

Quindi, quando Flitwick gli chiese di rimanere, salutò Blaise e Pansy con un cenno. “Vi raggiungerò.” Promise. Sapevano già di dover andare nella loro classe, quindi non si impensierì. Si sedette sopra la scrivania e si puntellò con le mani dietro di lui. “Che succede, professore?”

Era praticamente l’unico insegnante che gli piaceva. Probabilmente c’entrava con il fatto che era l’unico che non lo rimbeccava o che non era un Direttore di Casa incompetente, ma non volle pensarci troppo a fondo.

Flitwick aggrottò la fronte – il che non era mai un buon segno – e disse: “Quelle spille che hai fatto.”

Combatté l’istinto di irrigidirsi. Tutti i Tassofrasso le stavano indossando e a colazione era stato messo all’angolo da Lisa Turpin, quindi il giorno dopo anche i Corvonero le avrebbero avute. “Sì?”

“È un lavoro di magia impressionante.” Disse, e Draco si rilassò istantaneamente. “Come hai fatto?” Draco spiegò velocemente il procedimento. Capire la corretta combinazione di metalli e l’ordine per integrare gli incantesimi era stata la parte più difficile. Tutto il resto era stato abbastanza basilare. Quando ebbe finito, per qualche ragione Flitwick aveva ancora un’espressione corrucciata. Non aveva fatto nulla di sbagliato, le spille funzionavano esattamente come voleva; non capiva cosa aveva fatto per meritarsi quell’espressione. “Non sei obbligato a farlo, non è un compito e non ti sarà dato un voto, ma… Potresti scrivere un articolo accademico su come hai fatto?”

Merlino, sembrava orribile. Aveva fatto tutto a memoria, me se lo scriveva su un articolo accademico allora avrebbe dovuto procurarsi un sacco di saggi di incantesimi e ricercare le fonti per bene e scrivere tutte le sue equazioni. Non ne aveva nemmeno fatto metà, era solo andato a occhio e aveva sperato per il meglio. “Per dei crediti in più?” Chiese, anche se non ne aveva bisogno, perché l’avrebbe fatto; avrebbe sbolognato a Hermione le equazioni, ma lo avrebbe fatto.

“Certo.” Rispose Flitwick. “Nessuna fretta, fallo quando hai tempo.”

“Va bene.” Disse, cercando di non apparire avvilito come si sentiva.

A giudicare dal divertimento negli occhi di Flitwick, non ci riuscì molto bene. Quell’uomo era novanta centimetri di pura cattiveria. Forse era per quello che gli piaceva così tanto, a pensarci bene.
 
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Harry aveva già l’idea in mente quando aveva lasciato la capanna di Hagrid, ma poi vide la Gazzetta del Profeta e il suo viso torvo schiaffato sull’intera prima pagina. Chiaramente, quello che aveva detto alla Skeeter non aveva sortito un buon effetto, perché praticamente l’intero articolo parlava di lui e del suo coraggio incrollabile davanti a una morte certa e del suo desiderio altruista di mettere gli altri prima di se stesso. C’erano un paio di paragrafi dedicati Viktor e Fleur, una singola riga per Cedric. Era furibondo e rifiutava di essere complice di quella farsa. Il Calice aveva sputato fuori il suo nome e quindi era costretto a partecipare, a provarci sul serio; ma era tutto lì. Cedric era il vero campione di Hogwarts e Harry non gli avrebbe portato via quel titolo.

Harry stava camminando davanti e indietro, aspettando che Draco arrivasse, e probabilmente tutti avevano intuito che era agitato perché erano silenziosi, persino Pansy. Quello era un po’ preoccupante. Se era talmente turbato che Pansy non gli stava rompendo le scatole, allora forse era meglio che si tirasse un po’ su.

Draco entrò e la porta si era a malapena chiusa quando Harry esclamò: “Hagrid ha detto che il modo migliore di superare i draghi è volargli attorno. Darò la mia scopa a Cedric.”

Ci fu un attimo di silenzio attonito.

“Questa è l’idea più stupida che tu abbia mai avuto, e hai avuto parecchie idee stupide.” Disse Blaise.

“So che vuoi fare la cosa giusta.” Disse Ron, aggrottando la fronte. “Ma questa potrebbe essere la volta in cui la nobiltà oltrepassa il confine e diventa idiozia.”

“È decisamente la volta in cui la nobiltà diventa idiozia.” Aggiunse Hermione.

Pansy non disse nulla. Si limitò a guardare Draco; il che suggerì a Harry che probabilmente avrebbe dovuto fare lo stesso. La sua anima gemella aveva le labbra premute in una linea sottile ed era così furioso che stava tremando. “Hai delle tendenze suicide?” Chiese, con quel tono di rabbia calma e controllata che gli faceva fare istintivamente un passo indietro. Sembrava suo padre. “Dai a Cedric la tua scopa e tu, cosa? Correrai e basta?”

“Non lo so.” Disse. “Ma lo devo fare. Te lo sto dicendo, non ti sto chiedendo il permesso.”

Draco ringhiò e fu quasi rassicurante vedere la sua maschera di pietra sgretolarsi. “Ti ho detto non morire, ti ho detto sopravvivi; e tu mi vieni a dire questo. Pensi di farti semplicemente una chiacchierata a tu per tu con il drago? Oh, ti prego, non uccidermi, sono un idiota ma non sono molto gustoso! Hai qualche talento per parlare con i draghi nascosto da qualche parte? Perché altrimenti non vedo come possa finire in altro modo se non con la tua morte.”

Oh. Oh, ecco, quella era un’idea!

Vide il momento in cui Draco capì a cosa stava pensando. Lo guardò male e si mise le mani sui fianchi. “No, assolutamente no. No! È da pazzi e mi rifiuto di aiutarti. Buona fortuna a farlo da solo, perché è l’unico modo in cui lo farai.”

“È un’idea fantastica e avremmo dovuto pensarci prima.” Disse. “Dai, è perfetto! Devo solo lanciare un incanto Sonorus e sono a posto. È molto meglio di una scopa.”

“È pericoloso e stupido.” Scattò Draco.

“Già.” Disse, perché poteva riconoscerlo, ogni tanto. “Ma è anche fichissimo.”

Hermione si strofinò le tempie. “Ti prego, dimmi che non ti stai riferendo a quello che penso tu ti stia riferendo.”

“Oh, invece sì.” Disse Harry. “Dai, Draco, sei il più bravo a Incantesimi di tutti noi. Lo hai lanciato quando avevi dodici anni, puoi sicuramente farlo adesso.”

“Certo che lo posso fare. La domanda è: perché dovrei? È ridicolo.”

Draco era arrabbiato, ma era la sua normale espressione arrabbiata, arruffata e increspata, non quella fredda e silenziosa; quindi Harry stava sorridendo quando si avvicinò di un passo e pungolò la sua anima gemella nel fianco. “Certo che lo è, ogni anno qui è ridicolo; c’è sempre qualcuno che cerca di uccidermi. Mi piacerebbe avere un anno in cui nessuno cerca di uccidermi. Ma non posso deciderlo io. Posso controllare questo, invece.”

“Dovrai rivelare a tutti di essere un Rettilofono, se lo fai.” Disse Draco. “Non potrai più nasconderlo.”

Lui scrollò le spalle. “Bene. Possono pensare che sia una caratteristica oscura, se gli va. Non sono il loro ragazzo d’oro. Sono un ragazzino che è stanco delle persone che vogliono ucciderlo. E poi, è come hai detto tu: i miei antenati l’hanno sviluppato prima, prima ancora di Voldemort o di Serpeverde, e non possono renderla una caratteristica oscura solo perché erano oscuri loro. Non hanno creato questa abilità e non gli appartiene.”

Draco sembrava quasi impressionato. Non importava che Harry credesse solo a metà a quello che stava dicendo. Sapeva che era talmente arrabbiato che non gli sarebbe importato delle reazioni negative che avrebbe ricevuto più tardi; e quello era tutto quello che importava.

“Okay.” Disse Pansy. “Di cosa state parlando?”

Harry aspettò, ma né Draco né Hermione si mossero per spiegare. Quindi, sorrise e disse: “Quando eravamo bloccati nella Camera dei Segreti, Draco ha evocato una viverna per aiutarmi. La evocherà di nuovo.”

 
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Harry non voleva farlo di fronte all’intera scuola, quindi usò la Mappa della Chimera per trovare Cedric dopo pranzo. Era nella biblioteca. Non c’erano molte altre persone, quindi prese la propria scopa e si diresse lì.

Girò l’angolo e Cedric era lì, ma non era più solo. Anche Cho Chang, la cercatrice Corvonero molto carina e fidanzata di Cedric, era lì. Avevano una pila di libri davanti a loro e a Harry si strinse il cuore quando vide che erano tutti su incantesimi e fatture difensive. Cedric non aveva la minima idea di cosa trattasse la prima prova.

“Harry!” Disse lei, sorpresa.

Cedric alzò lo sguardo. Aveva le occhiaie, ma gli sorrise quando lo vide. “Ehi, Harry.” Lo salutò, poi indicò la sua scopa con un cenno del capo, divertito. “Vai a farti un voletto?”

“Ehm, no. Voglio dire, uh… Posso parlarti in privato? Solo per un paio di minuti.” Non conosceva Cho molto bene e la cosa sarebbe stata già abbastanza difficile senza un pubblico.

Lei aggrottò la fronte, ma Cedric si sporse a darle un bacio sulla guancia. “Va tutto bene, Eun-hae. Dovresti fare una pausa in ogni caso.”
“Eun-hae?” Ripeté Harry, ma appena la parola lasciò le sue labbra fu cosciente di non averla pronunciata come aveva fatto Cedric.

Ebbe la sua conferma dall’espressione raccapricciata di lei. “È il mio nome. Comunque va bene, se ne sei sicuro.”

Si alzò per andarsene e Harry aveva davvero qualcosa di molto importante da discutere con Ceric, ma… “Pensavo che fosse il tuo nome fosse Cho?”

“È un soprannome.” Disse lei, sulla difensiva. Harry non voleva intendere, beh, nulla, era solo sorpreso. “Come il tuo nome. Non è Harry sul tuo certificato di nascita, no?” Dovette rimanere in silenzio un momento di troppo, perché lei mutò espressione, mortificata. “Oh, Merlino, lo è? Scusa, l’avevo dato per scontato.”

“Non lo so.” Disse, perché nessuno lo aveva mai chiamato Harold in vita sua, nessuno lo aveva mai chiamato nient’altro se non Harry. Ma forse era solo un soprannome. Non ne aveva idea. “Forse?”

Lei gli stava sorridendo di nuovo ora ed era così sollevato che non fosse offesa che le sorrise di rimando. “Beh, immagino di non potermi offendere perché non sai il mio nome, se non sai nemmeno il tuo. È il nome da nubile di mia madre. Siamo praticamente la stessa persona, quindi mio papà mi chiamava piccola Cho da bambina ed è rimasto così. E poi, Eun-hae è difficile da pronunciare per molte persone e mi sono stancata di correggerli. Così, mi faccio chiamare Cho.”

“Scusa.” Disse di nuovo, perché aveva decisamente storpiato il suo nome quando aveva cercato di pronunciarlo.

“Non ti preoccupare.” Disse lei; aveva senso che lei e Cedric stessero insieme, erano entrambi così gentili. Lei strinse la mano di Cedric, per poi dirigersi fuori dalla biblioteca. Lasciò tutte le sue cose lì, quindi probabilmente si stava allontanando giusto abbastanza per dargli un po’ di privacy, e non per fare una pausa come aveva suggerito Cedric.

Non appena se ne andò, la testa di Cedric crollò sul tavolo. “Non dormo da giorni, non ho idea di cosa sto facendo. Mi mollerà per stare con qualcuno di meno preso male.” Si lamentò.

Lui sbatté gli occhi. “Non mi sembra il caso. Dovrei chiamarla Eun-hae o Cho?”

Cedric inclinò la testa quanto bastava per guardarlo. “Sono praticamente l’unico che la chiama Eun-hae, preferisce farsi chiamare Cho. Quindi io la chiamerei Cho. Voglio dire, io non lo farei, perché la chiamo Eun-hae, ma se fossi in te, allora io, da te, la chiamerei Cho.”

Cavolo. A Cedric serviva davvero qualche ora di sonno. Si sedette sulla sedia davanti a lui e si umettò le labbra, prima di chinarsi più vicino. “Draghi.”

Lui si mise dritto, gli occhi assottigliati. “Cosa?”

“La prima prova, sono dei draghi. Fleur e Viktor lo sanno già, i loro presidi gliel’hanno detto; e io l’ho scoperto perché… Beh, non importa come l’ho scoperto.” Cedric era impallidito e stava guardando la pila di libri. Nulla al loro interno sarebbe servito contro dei draghi. “Non puoi essere più forte o furbo di un drago. Ma…” Appoggiò la sua scopa sul tavolo, tra di loro. “Puoi essere più veloce.”

Cedric aveva gli occhi sgranati e si era svegliato del tutto. “Non capisco.”

“Il modo migliore per superare un drago è volare.” Disse Harry. “Tu sei bravissimo sulla scopa, ma usi una scopa della scuola perché vuoi giocare pulito. Ma una Cleansweep non basterà. Prendi la mia. La Firebolt è la scopa più veloce sul mercato, con i tempi di risposta migliori.”

“Tu cosa farai? Hai un’altra Firebolt?”

Scosse la testa. “No, farò qualcos’altro. È parecchio stupido e più appariscente che pratico, ma farà anche incazzare un sacco di persone, quindi… Questo è quanto.” Spinse la scopa, avvicinandogliela. “Prendila. Non la userò in ogni caso, quindi non hai motivo di rifiutare.”

Cedric fece rimbalzare lo sguardo tra lui e la scopa. “Perché lo stai facendo?”

“Perché tu sei il campione di Hogwarts e voglio che Hogwarts vinca.” Disse Harry, cercando di suonare onesto e deciso allo stesso tempo. “Se io vinco non sarebbe una vittoria, sarebbe solo un insulto a tutti voi. Il mio unico obiettivo qui è sopravvivere e far incazzare gente.”

Ci fu uno scomodo momento in cui Cedric lo fissò e basta. Poi, un sorriso gli illuminò il viso e lui si sporse in avanti per afferrargli la spalla. “Grazie, Harry. Io- Solo, grazie. Davvero.”

Un sorriso di risposta si rispecchiò sulla sua faccia. “Nessun problema.”

Passò di fianco a Cho mentre usciva e la salutò con la mano mentre se ne andava. Lei sembrò confusa di vederlo andarsene senza la sua scopa, ma lo salutò comunque.

 
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Era notte fonda e Draco e Winky stavano lavorando sodo per creare altre spille, quando il suo specchietto trillò. Normalmente non avrebbe risposto nella Sala Comune, ma erano gli unici lì, quindi lo aprì. “Ehi, va tutto bene?”

“Bene.” Disse Harry. “Stai facendo le spille per i Corvonero, giusto?” Annuì. “Puoi farne tipo… il doppio?”

“Cosa? Voglio dire, certo, ma perché?” Chiese. Lanciò un’occhiata a Winky e lei annuì, scomparendo per andare a prendere altri metalli da sciogliere.

“Ne voglio una e voglio che anche il resto dei Grifondoro le indossino.” Disse.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Non ha molto senso se le metti anche tu, sai.”

“Le hai create solo per vedere se ci riuscivi e per fare scena.” Lo prese in giro Harry. “Voglio che tutti a Hogwarts le mettano. Vorrei proporlo anche agli studenti di Durmstrang e Beauxbatons, ma mi sembra un pochino esagerato.”

“Un pochino; e, a meno che non mi faccia aiutare da qualche studente più grande per la parte di integrazione degli incanti, è probabile che morirei cercando di farne così tanti, quindi no, per piacere.” Fece una pausa, poi disse: “Sei davvero serio riguardo a questa cosa di non essere un campione di Hogwarts, vero?”

Harry lo guardò male. “Sì, perché non lo sono. Non è giusto.”

“Tassofrasso.” Disse, affettuosamente. “Va bene, d’accordo. Se sei ancora vivo tra due giorni, ho un’idea su come fare e passerò la notte in bianco così che tu possa mostrare a tutti come la pensi. Contento adesso?”

“Felicissimo.” Disse seccamente Harry, per poi chiudere lo specchio.

Winky apparve al suo fianco, tenendo un vassoio con due piccole tazzine di espresso. “A padron Draco serviranno queste.”

“Molto bene.” Disse, bevendole una dopo l’altra in rapida successione. Fu solo dopo averle mandate giù che realizzò che le aveva corrette con della Pozione Pepata.

Era l’elfa domestica migliore del mondo.

 
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La faccia di Cedric quando si fece vivo a colazione e vide tutte e quattro le Case indossare le spille che lo proclamavano il vero campione di Hogwarts valse il litigio in cui Harry si era cacciato con la sua intera Casa.

Harry incrociò il suo sguardo e gli fece l’occhiolino, sfoggiando fastidiosamente la spilla sul petto. Questa mutò in Potter Puzza! ma non si fermò.

Krum era tornato al loro tavolo quel giorno, sedendosi davanti a lui e di fianco a Hermione; e alzò gli occhi al cielo in modo così esagerato che Harry era stupito fossero ancora saldi nelle sue orbite. Harry gli fece la linguaccia, ma non si sentiva così leggero da quando il suo nome era eruttato dal Calice.

 
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Era la notte prima della prima prova e Draco e Harry erano sotto il mantello dell’invisibilità, a sgattaiolare nella Foreste Proibita nel cuore della notte, perché erano degli idioti. Draco avrebbe dovuto puntare i piedi, rifiutare di aiutarlo in quell’impresa assolutamente ridicola. Ma, se lo avesse fatto, Harry avrebbe solo cercato di arrangiarsi; e con tutto il suo potere e nessun controllo dell’incantesimo, combinati con il cercare di evocare una creatura gigantesca e pericolosa, l’unico risultato possibile era disastroso.

Trovarono una radura vicino al limitare della foresta - perché non stavano cercando di farsi ammazzare da qualche creatura iraconda che faceva della foresta la sua casa – e uscirono da sotto il mantello. Harry se lo ficcò di nuovo in tasca. Draco rimaneva sempre impressionato da quanto potesse rimpicciolirsi. “Sei pronto? Se quella cosa mi mangia, sarò molto infastidito.”

“Se ti mangia, anche io sarò molto infastidito.” Disse Harry. Draco lo fulminò con lo sguardo e lui gli sorrise. “Sono pronto. Vai pure.”

“Questa è una pessima idea.” Disse, la sua ultima protesta contro quella follia. Poi, alzò la bacchetta e si concentrò. Non era come con Abigail, che aveva evocato centinaia di volte e che conosceva bene. Ripensò a due anni prima, alla furia e al trionfo, al ruggito della viverna, alle sue poderose ali e ai suoi occhi taglienti e severi, a come Harry aveva detto che aveva riso di loro alla fine.

“Serpensortia!”

Ci fu come uno strattone; poi, una viverna eruttò dalla sua bacchetta. Era dello stesso colore di quella che aveva evocato l’ultima volta, un grigio-verdognolo; ma quello fu tutto quello che riuscì a vedere prima che Harry lo buttasse a terra e gli si parasse davanti, una cascata di suoni ipnotici e sibilanti che fuoriusciva dalle sue labbra. Draco si arrischiò a guardare in alto. L’enorme bestia li stava guardando, la testa inclinata di lato. Non aveva cercato di mangiarli, né aveva fatto troppo rumore; almeno quello.

“È la stessa?” Chiese. Anche guardando da più vicino, non riusciva a capirlo. Harry abbassò la testa per guardarlo e annuì. Draco ipotizzò che se avesse cercato di parlare, sarebbe uscito solo serpentese, non inglese. “Ci aiuterà?”

Il drago spinse la testa in avanti, aggirando Harry, per poi abbassarla; e Draco era convinto di stare per morire. Ma, invece, la creatura lo fissò per un lungo momento. Poi la sua lingua guizzò fuori dalla sua bocca, come Abigail quando saggiava l’aria, e gli sfiorò la guancia. Forse capiva l’inglese.

“Va tutto bene.” Disse Harry, parlando cautamente e lentamente. “Ci aiuterà. Il suo nome è… uh, non si traduce bene nelle lingue parlate. Gli piaci.”

Draco si perse in quegli enormi occhi neri e avrebbe dovuto essere terrorizzato; invece, in quel momento stava paragonando quella creatura, mezzo serpente e mezza drago, al serpente che lo attendeva a casa. “Lo chiamerò Payne.”

“Sei terribile a dare nomi.” La viverna emise uno strano suono, simile a un mezzo sibilo. Harry sospirò, sconfitto. “Dice che Payne è un nome accettabile.”

Era stupido, ma quella notte era stata solo una serie di decisione stupide. Quindi alzò la mano e la premette contro la testa di Payne, per poi farla scivolare su, lungo la trama delle sue scaglie. Quando vide che non gli avrebbe strappato via il braccio a morsi, ripeté il movimento.

E fu così che Draco finì nella Foresta Proibita nel cuore della notte ad accarezzare una viverna selvatica di nome Payne.

 
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Harry entrò nella tenda con gli altri la mattina della prima prova, e la prima cosa che uscì dalla sua bocca fu: “Assolutamente no.”

Fleur e Viktor indossavano le loro divise da combattimento, nei colori delle loro scuole. Cedric era l’unico con i colori di Tassofrasso. C’era un’altra divisa appesa, rossa e oro, che era chiaramente per lui e- no. Proprio no.

“Va tutto bene.” Disse Cedric, calorosamente. “Devono differenziarci, in qualche modo.”

“Non la metto, quella.” Incrociò le braccia. Stava indossando la sua uniforme di Quidditch da allenamento, che era già nei colori di Grifondoro, ed era già troppo. Cedric era nella sua stessa situazione, ed era un po’ sorpreso che Viktor non fosse vestito per volare. Era un giocatore di Quidditch professionista, avrebbe avuto molto più senso se fosse stato lui ad affrontare la prova su una scopa.

“Devi.” Disse Fleur. “Ti offrono delle protezioni. Le divise da combattimento sono incantate per prevenire le ferite, non puoi rischiartela.”

Harry si morse il labbro inferiore, pensando. Era assolutamente disposto a rischiare, ma se Draco avesse scoperto che si era rifiutato di indossarla, lo avrebbe ucciso. “Torno subito.”

Era praticamente impossibile avvicinarsi agli spalti senza essere notato, quindi aveva addosso gli occhi di tutti i presenti mentre si accostava a dove sedevano la maggior parte dei Serpeverde. Poteva praticamente sentire l’occhiataccia di Draco che gli pungeva la pelle, ma si rifiutò di guardarlo. “Ehi.” Disse a Cassius, l’unica persona che riconobbe nella folla di studenti più grandi. “Di’ a Parkinson che ho bisogno di parlarle.”

Cassius lo guardò con sospetto, ma non era uno stronzo come Flint, quindi si girò a sussurrare alla persona seduta sopra di lui, che fece lo stesso; e così via, fino alla cima degli spalti dov’era seduta Pansy. Lei sussurrò e si girò verso Draco, che stava effettivamente fulminando Harry con gli occhi; ma tirò ugualmente fuori la bacchetta e fece levitare gentilmente Pansy oltre gli spalti, facendola atterrare sul terreno di fianco a lui.

“Che cosa vuoi, Potter?” Gli chiese lei, con sdegno. C’era un avvertimento nella sua voce e sapeva che doveva essere cauto, ma aveva anche bisogno di aiuto.

“Sei brava a trasfigurazioni, vero? E a incantesimi che alterano i tessuti?” Sapeva che lo era, ma teoricamente non avrebbe dovuto.

Lei sollevò altezzosamente il naso. “Ovviamente.”

“Cedric ha bisogno di aiuto con la sua divisa. Vieni con me?” Non poteva chiedere aiuto per sé, perché lei non avrebbe avuto ragione di dire di sì con tutte quelle persone che li guardavano. Ma lui aveva bisogno che acconsentisse.

Lei si spostò i capelli dietro la spalla. “Immagino di sì, se è per il vero campione di Hogwarts.”

La guidò fino alla tenda, consapevole degli occhi di tutti su di loro, e tenne il lembo aperto per farla passare. La seguì dentro e tutti sembravano confusi. “Pansy?” Chiese Fleur.

Lei alzò le spalle, poi guardò Cedric. “Che c’è che non va con la tua divisa? A parte l’ovvio.”

“Puoi cambiare il colore?” Chiese Harry. “Puoi fare in modo che abbia i colori di tutte le case e rendere la mia… Non so, nera?”

“Non devi farlo per forza.” Insistette Cedric. “Davvero, non c’è bisogno.”

Pansy lo ignorò e si picchiettò la bacchetta sulla mano, ponderando la cosa. “Sì.” Disse. “A una condizione.”

Quando lasciò la tenda venti minuti dopo, la divisa di Cedric era ancora gialla, ma aveva un grosso stemma di Hogwarts sulla schiena ed era ricoperto di motivi ricamati delle mascotte delle Case – il più grande, ovviamente, era un serpente che strisciava lungo il bordo della divisa. Lo aveva avvertito che l’incantesimo finale che li faceva muovere non sarebbe durato a lungo, ma Cedric era talmente incantato dal tasso semovente che gli circondava il polso che non aveva detto nulla.

Aveva incantato la divisa di Harry in modo che fosse nera, senza nessun marchio, tranne uno: un Potter Puzza! di un verde acceso ricamato sulla schiena.

Ne era valsa la pena.

 
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Harry non era nemmeno sorpreso di essere ultimo e contro l’Ungaro Spinato; a quanto pare la sua vita andava così a basta. Quando uscì, a Fleur stavano curando una grossa ferita sul fianco e Viktor aveva una crema arancione acceso applicata sul petto. Cedric, però, incrociò il suo sguardo e sorrise. Aveva la Firebolt di Harry al suo fianco e sembrava che non avesse nemmeno un graffio. Bene.

La maggior parte della folla fischiava, ma era stato lui a dire a tutti di farlo, quindi non gli diede fastidio. Guardò i giudici e cercò di invocare il suo Blaise interiore mentre si esibiva nell’inchino più scimmiottato del mondo. Poi, si girò di nuovo verso l’Ungaro Spinato. Era furiosa e si ergeva sulle sue uova, schioccando le zanne nella sua direzione. Sembrava che non desiderasse altro che tranciarlo in due.

Tirò fuori la bacchetta e fece un respiro profondo. Non appena avesse lanciato l’incantesimo, non avrebbe più potuto nascondersi avrebbe scatenato una reazione negativa di sicuro. Puntò la bacchetta su di sé e lanciò: “Sonorus!”

La magia gli circondò la gola e riuscì a sentire che attecchiva. Il momento era giunto.

Con voce tonante abbastanza forte da essere sentita da ogni persona nello stadio, da chiunque a Hogwarts, abbastanza forte da raggiungere la foresta, gridò in serpentese: “È ORA!

Tutti urlarono e ci fu una cacofonia di voci mentre cercavano di parlare gli uni sopra gli altri. Harry li ignorò e attese.

Lo sentì prima ancora di vederlo e seppe che fu quello il momento in cui le persone iniziarono a urlare davvero. Payne volò in cerchio sopra di loro e atterrò al suo fianco, mezzo serpente e mezzo drago e assolutamente spaventoso. Era circa la metà della stazza dello Spinato. Harry alzò il braccio e si arrampicò sulla schiena della viverna, sistemandosi nel punto appena sopra le ali e alla base del collo. Avrebbe potuto concludere l’incanto Sonorus in quel momento, ma non voleva farlo. Voleva che tutti lo sentissero. Payne sbatté le sue gigantesche ali e prese il volo, girando intorno allo Spinato furibondo. “Lei può sputare fuoco. Io non posso farlo.”

Lo so.” Disse Harry. “Pensi di riuscire a portarmi abbastanza vicino per poter afferrare l’uovo o no?

No.” Rispose lui. “Mi piaci, ma non abbastanza da rischiare la vita per i vostri giochi da umani.” Lo Spinato sputò una colonna di fuoco e Payne volò fuori portata. “Dice che se ti avvicini alle sue uova ti inghiottirà intero, poi ti sputerà e ti darà fuoco.

Harry sbatté le palpebre. Un momento- Non era possibile- “Puoi parlarle?

Ovviamente.” Rispose lui, facendo un giro della morte tanto per divertimento. “Sono un drago.”

Non ci poteva credere. “Puoi dirle che mi serve solo quello d’oro? Non è un uovo vero.”

Payne ruggì, forte abbastanza da scuotere gli spalti. L’Ungaro smise di far schioccare le mandibole e lo guardò meglio. Rilasciò un basso gorgoglio, che Payne le restituì. “Dice che lo puoi avere, ma è arrabbiata. Vuole che gli umani sappiano che è arrabbiata.”

Penso che tutti lo sappiano.” Disse. Ma quando Payne gli disse cosa lei aveva in mente, Harry nascose il viso nel collo della viverna per soffocare le risate.

Payne tradusse il suo accordo, poi si tirò indietro. Lei spiegò le ali e prese il volo e in quel momento sembrò molto più grande. Sapeva che Harry non avrebbe attaccato le sue uova, quindi non aveva più bisogno di rimanere a terra per proteggerle.

Fortunatamente, tutto quello che doveva fare in quel momento era rimanere in sella. Payne mise in scena un teatrino, mostrando di provocarla e volando poco fuori dalla sua portata. Fece dei giri della morte superflui per evitare le sue fiammate, visto che avrebbe potuto semplicemente volare e schivarle. L’Ungaro stava mettendo in tensione le catene, facendole ciondolare e poi tirandole per indebolirle. Harry riuscire a vedere i domadraghi affollati lì vicino, preoccupati, e si appuntò mentalmente di scusarsi con Charlie più tardi.

Le catene che la imprigionavano si spezzarono e lei schizzò in aria, prorompendo in un ruggito trionfante. “Preparati.” Lo avvisò Payne, scendendo in picchiata.

Spero che tu sappia che Draco sarà furioso.” Disse, sistemandosi leggermente in modo da essere in ginocchio sulla sua schiena piuttosto che seduto.

Il tuo ragazzo deve rilassarsi.” Harry alzò gli occhi al cielo, ma poi lo Spinato si mise sotto di loro, cercando di mordere la coda di Payne. Lui cambiò direzione, librandosi in aria e superandola.

Beh. O la va o la spacca.

Spiccò un balzò dalla schiena e ci fu un terrificante momento in cui fu sicuro di stare per schiantarsi. Poi atterrò sulla schiena del drago e iniziò a scivolare. Lei fece una secca virata e lui rotolò abbastanza da aggrapparsi su una delle spine sul suo dorso. “Arrampicati sul suo collo!” Disse Payne, facendo finta di rincorrerli e di cercare di riprendersi Harry.

L’Ungaro volò nelle nuvole, quindi lui si stava praticamente arrampicando in verticale. Finalmente afferrò la spina di fronte a sé e si tirò su di peso, tastando con i piedi finché non riuscì a usare le spine dorsali come una scala molto approssimata.

Lo spazio dove la schiena e il collo si incontravano era libero, quindi si sistemò lì, avvolgendo le braccia intorno al suo collo.

Forse tutto quel torneo mortale ne era valsa la pena, dopotutto, perché quello era il momento più bello della sua vita.

Cavalcare Fierobecco era stato fantastico e Payne era praticamente le migliori montagne russe del mondo. Ma lo Spinato era un nocciolo di pura potenza e maestria nel volo insieme. Avrebbe dovuto faticare per librarsi, eppure sembrava quasi che l’aria la sostenesse per portarla dove voleva andare. Harry guardò giù. Lo stadio stava diventando sempre più piccolo. Payne era proprio sotto di loro e Harry non aveva mai volato così in alto.

Stava gelando, ma era fantastico. Uscirono dalle nuvole e lei rallentò, aggiustandosi così da volare pigramente in cerchio. Harry non poteva vedere nulla sotto le nuvole, ma non importava. Lei era calda e l’aria era fredda e non voleva scendere mai più. Payne planò di fianco a loro. “Stai bene?

Harry tirò fuori la bacchetta e terminò l’incanto Sonorus, poi disse: “Questa è la cosa più bella del mondo!” Strinse le braccia intorno al collo e strofinò il viso sulle scaglie. Stava facendo le coccole a un drago. La magia era stupenda.

Payne fece la stessa risata ansimante. “Dice che sei a posto, per un umano.”

È fantastica.” Disse. Non aveva mai capito Hagrid così bene come in quel momento. Lei girò la testa per guardarlo e lui sorrise e la salutò con la mano. Lei gli sbuffò un anello di fumo in faccia.

Dice che ti riporterà giù e ti darà l’uovo d’oro. Vuoi che venga con te?

No.” Disse. Essere senza traduttore e protettore gli faceva un po’ paura, ma era meglio così. “Non voglio che tentino di prenderti. Nasconditi nella foresta fino a stanotte e torna nel posto dove Draco ti ha evocato due ore dopo il tramonto. Draco sarà lì per rimandarti a casa.”

Payne volò abbastanza vicino da spingere la testa contro il petto di Harry. “Alla prossima.” Disse, per poi volare via.

Lo Spinato volò in cerchio per altri venti minuti. Senza ombra di dubbio, ci stava impiegando più tempo di tutti per completare la prova. Bene. Fece un paio di capriole e ogni volta si girava a guardarlo, quindi era abbastanza sicuro che si stesse mettendo in mostra; il che era fantastico.

Scese di quota, ma non appena uscirono dalle nuvole strinse le ali lungo il corpo e si esibì in una picchiata. Harry lanciò le braccia al cielo, urlando di delizia. Mentre si avvicinavano, riuscì a vedere tutti andare nel panico e un gruppo di domadraghi a terra. Lei aprì di scatto le ali, planando sopra gli spalti, e Harry si sporse e salutò tutti. Non aveva mai visto così tante facce sconvolte in una volta sola prima di quel momento. Atterrò sul terreno vicino al suo nido, impettita e composta come se non si fosse appena liberata delle sue catene per poi volare via.

Harry scivolò delicatamente già dalla sua schiena, senza prendere in considerazione le sue gambe, ormai gelatina congelata. Le ginocchia gli cedettero e lui cadde sul sedere. “Ahia.”

Lo Spinato allungò la testa nel suo nido e prese delicatamente in bocca l’uovo d’oro. Glielo porse e lui allungò le mani tra i denti estremamente affilati per prenderlo. “Grazie.”

Lei tornò al suo nido e ci si accoccolò intorno, chiudendo gli occhi e cadendo in un meritato sonno profondo.

C’era ancora un silenzio di tomba. Poi, Ron saltò in piedi sugli spalti e iniziò ad applaudire e urlare. I gemelli lo seguirono un momento dopo e presto tutti lo stavano acclamando. I domadraghi si avvicinarono con estrema cautela, le bacchette sfoderate.

Charlie lasciò perdere tutto e gli corse incontro, inginocchiandosi di fianco a lui. “Harry! Sei ferito?”

Era impallidito talmente tanto che le lentiggini gli risaltavano sulla pelle. Harry si sentì in colpa per aver fatto preoccupare i suoi amici, ma era comunque stato fantastico. “Sto benissimo.” Disse. “Non mi sento le gambe, ma sto bene. Ho cavalcato un drago!”

“Ho visto.” Disse lui, sorridendo. Prima di quel momento non era al corrente del fatto che fosse un rettilofono, ma sembrava che non gli importasse. A giudicare dal tifo assordante dagli spalti, nemmeno alla folla importava. Non pensava che sarebbe stato così semplice, ma era bello. “Tecnicamente, ne hai cavalcati due. Sono molto invidioso.”

“È stato divertente.” Disse, sincero. Era possibile che la mancanza di ossigeno gli facesse ancora sentire la testa un po’ troppo leggera, ma non riusciva a preoccuparsene più di tanto.

Charlie stava ridendo di lui, ma era ok; Charlie gli piaceva, quindi a lui era permesso. “Avanti, cavalcadraghi, in piedi. È tempo di ricevere il tuo punteggio.”

Tirò su Harry e lo tenne in equilibrio quando minacciò di cadere di nuovo. Harry lanciò un’occhiata al tavolo dei giudici. Nessuno di loro sembrava contento.

Poi, Harry fece l’errore di cercare con lo sguardo la sua anima gemella nella folla e, wow. Draco sembrava incazzato.

Parecchio incazzato.

Era in un mare di guai.
 


Note autrice: Il nome di Cho… Mi dà fastidio che il suo nome sia un cognome. Ho chiesto a un’amica coreana se esiste un nome con Cho come diminutivo e mi ha detto di no; quindi ho deciso di renderlo il suo soprannome e anche il cognome da nubile della madre. Che è uno strano nomignolo, ma la conclusione a cui siamo giunte è che era “una ragione buona tanto quanto le altre”, quindi. Già. La mia amica è anche stata la persona che ha scelto Eun-hae come nome di Cho.
Spero che vi sia piaciuto! Sentitevi liberi di seguirmi/tormentarmi su: shanastoryteller.tumblr.com

 

Note traduttrice: Ciao a tutti! Anche questa volta ci siamo fatte aspettare MA! Non tanto come le altre volte! Siamo riuscite a inventarci un regime di traduzione-betaggio-editing che accorcia significativamente le tempistiche di pubblicazione. Continuando a utilizzarlo, e unendolo al ciclo di pubblicazioni aggiornato, riusciremmo quantomeno a portarvi più di due capitoli di SIAT all'anno. Dai, che continuando così piano piano riguadagnamo terreno! (In realtà Shana sta andando spedita come un treno e questa cosa ci elettrizza e spaventa allo stesso tempo, AIUTO) 

Speriamo che questo nuovo capitolo vi piaccia, fateci sapere che ne pensate! Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su Tumblr !

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Capitolo 5
*** Il Torneo Tremaghi: Parte Tre ***


IL TORNEO TREMAGHI – PARTE TRE
 





Draco si sarebbe risparmiato gli infarti e avrebbe direttamente ammazzato la sua anima gemella. Harry era raggiante mentre i giudici lo fulminavano con lo sguardo. Draco gli avrebbe fatto sparire quel sorriso con le proprie mani. Sulla sua gola.

Tecnicamente Harry aveva preso l’uovo, ma gli vennero detratti punti visto che ci aveva messo cinque volte tanto il tempo degli altri campioni.

“Draco, tesoro.” Disse Pansy, premendosi addosso a lui per potergli bisbigliare nell’orecchio. “Gli romperai qualche osso se non molli la presa.”

Sbatté le palpebre, non capendo a cosa si riferisse, e gli occhi di Pansy puntarono il suo fianco opposto. Seguì il suo sguardo e vide che aveva afferrato la mano di Blaise con la propria. Stava stritolando la mano dell’amico nella sua presa e vide delle ferite dove gli aveva conficcato le unghie nella pelle. “Merlino!” Lo lasciò andare, alzando colpevolmente gli occhi verso Blaise che si limitò a inarcare un sopracciglio. “Scusa. Io- Scusami.” Tirò fuori la bacchetta e mormorò un incantesimo guaritore sottovoce, per poi strofinare via il sangue secco con il pollice.

“Non fa niente.” Disse Blaise, sfilando la mano e dandogli un buffetto all’orecchio. “Sopravvivrò.”

“Scusa.” Ripeté, testardamente, facendo guizzare lo sguardo verso Harry. “Solo, io-“

“Se mi costringi a ripetermi, ti picchio.” Lo minacciò Blaise.

Le spalle di Draco si rilassarono e lui sorrise. “Ci puoi provare.”

Blaise era più forte e veloce di lui, ma era a quello che serviva la magia. Non potevano colpirlo se non lo prendevano.
 
-
 

Silente gli aveva conferito un punteggio alto per “Audacia e ingegno”, ma il resto dei giudici era su tutte le furie, quindi ricevette il punteggio combinato più basso tra tutti i campioni. Bene. Fu incredibilmente sollevato nel sentire che avrebbe avuto tre mesi di tempo prima della prova successiva. Si chiese se avrebbe potuto affrontare anche quella a cavallo di un drago. Sarebbe stato bello.

Quando ritornò alla tenda per restituire la divisa da battaglia, tutti gli altri se n’erano già andati e Harry non poté non sentirsi deluso. Avevano visto tutti la sua prova, ma lui non aveva visto le loro, e voleva sapere come l’avevano affrontata. Sapeva che Cedric aveva volato, ma non sapeva cosa si erano inventati Fleur e Viktor.

Si lavò nello spogliatoio di Quidditch prima di dirigersi verso il castello, più per evitare la folla e i paparazzi che altro. Con un veloce Gratta-E-Netta scrostò i suoi vestiti da sudore e polvere, quindi poi si limitò a indossarli nuovamente e sgattaiolò via facendo il giro largo per non dover usare l’entrata principale del castello.

Pensò di essere stato abbastanza furbo; almeno finché qualcuno non lo afferrò per il retro della maglietta e lo trascinò in un- un capanno da giardino, forse? C’erano molte vanghe ed era pieno di polvere. Starnutì. “Sei sicuro di non voler aspettare per affrontare questa conversazione? Forse dovresti calmarti un po’, prima. E poi, stavi semplicemente… aspettando che passassi? Come facevi a sapere che sarei venuto per di qua?”

Draco praticamente gli ringhiò contro, afferrandogli a piene mani la camicia e sbattendolo di nuovo contro la porta. Non era la sua rabbia fredda e spaventosa, ma la sua furia, e Harry non era particolarmente impensierito da quella. Era ancora emozionato per il giro che aveva fatto sul drago, ma si morse le labbra per non sorridere. Non era il momento di buttarla in allegria.

“Che cazzo pensavi di fare?” Sibilò Draco. “Non sono riuscito a vederti per quasi un’ora! I domatori hanno lanciato degli incantesimi di tracciamento, quindi sapevano che eri vicino, ma non sapevano se eri ferito o se stavi cadendo o se quell’enorme bestia ti avesse semplicemente inghiottito in un sol boccone-“

“Draco!” Harry voleva stringergli le spalle, ma non riusciva ad arrivarci con le mani di Draco premute contro il petto. Optò per afferrarlo per il bacino strattonandolo più vicino a sé, finché le braccia si piegarono ai gomiti e finirono l’uno stretto all’altro. Ebbe l’effetto desiderato di zittirlo, ma ora si sentiva la bocca arida e si era dimenticato tutte le ottime ragioni che lo avevano spinto ad aiutare un drago a liberarsi temporaneamente per poi cavalcarla nel cielo.

Gli occhi della sua anima gemella erano veramente azzurrisimi.

Draco sospirò e lasciò cadere la testa per lasciarla riposare sulla spalla di Harry. “Avevo detto nessuno stupido, avventato atto eroico da Grifondoro, Harry. Era davvero troppo da chiedere?”

Oh, fantastico. Ora si sentiva in colpa. “Non era un atto eroico. Payne poteva parlarle e lei voleva solo fare scena. Non ero in pericolo.”

“E se fossi caduto? Le buone intenzioni non contano quando hai il collo spezzato!”

“Uno di loro mi avrebbe preso, se fosse successo.” Disse, con più sicurezza di quella che realmente aveva. Era sicuro che ci avrebbero almeno provato, ma quando aveva saltato dalla schiena di Payne si trovava decisamente troppo vicino al terreno perché quell’acrobazia fosse anche lontanamente considerabile come sicura. “Non era mia intenzione farti preoccupare.”

“Non è mai tua intenzione farlo.” Disse Draco, alzando finalmente la testa. “Non- Non fare più roba del genere. Per favore. Non per il torneo, almeno. Non per qualcosa di stupido.”

“Okay.” Disse, perché Draco sembrava genuinamente turbato, ed era l’ultima cosa che voleva. Spinse il piede contro quello di Draco e disse: “Però è stato figo, vero?”

Draco alzò gli occhi al cielo e si allontanò. Harry lasciò che le sue bracca gli cadessero lungo i fianchi, ma gli mancò subito il calore di Draco sulle mani. “Torno al castello. Aspetta almeno cinque minuti prima di seguirmi. Per la cronaca, sono ancora arrabbiato con te.”

Spinse via Harry e uscì dal capanno, con il naso alzato. Forse Harry avrebbe dovuto preoccuparsi di quanto l’arroganza donasse alla sua anima gemella.

 
-
 


Fleur lo trovò mentre stava camminando nel castello e gli lanciò le braccia al collo. “Draco! Ti stavo cercando!”

Lui l’abbracciò di rimando, compiaciuto. Era arrivata seconda nella prima prova, subito dopo Cedric. “Scusa, avevo da fare. Perché mi stai cercando? Dovresti essere a festeggiare!”

“Lo sto facendo!” Gli prese la mano. “Lo stiamo facendo, nella nostra carrozza. Voglio che tu venga! E anche i tuoi amici, Blaise e Pansy.” Un po’ del suo entusiasmo la lasciò e lei sfiorì. “Viktor sta festeggiando sulla sua nave. Mi dispiace che non ci sia un posto dove festeggiare insieme. Abbiamo vinto tutti, oggi!”

La fissò; e gli venne un’idea fantastica. “Winky.” Disse e Fleur si spaventò quando l’elfa domestica apparve al suo fianco. “Riesci a pulire la Stamberga Strillante per stasera?”

“Sì, padron Draco.” Disse prontamente lei. “Winky è un’elfa veloce.”

“Eccellente. Mettiti al lavoro.” Sparì prima ancora di aver finito di parlare. Draco tornò a guardare una Fleur evidentemente confusa. “Come te la cavi con gli incantesimi di disillusione?”

“Benissimo. Perché?”

Poco ma sicuro, non meritava quel suo sguardo sospettoso; non aveva fatto nulla per guadagnarselo. “Mia cara Fleur, ora celebreremo tra di noi. Ma stanotte? Faremo una festa. E tutti sono invitati.”
 
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La sua mossa successiva fu rintracciare Blaise; il che si rivelò relativamente semplice, visto che stava studiando Erbologia nella loro stanza. il ragazzo alzò lo sguardo quando lo sentì entrare e il suo viso si torse in una smorfia. “Odio quella faccia, non finisce mai bene per me. Qualunque cosa tu voglia, la risposta è no.”

“Non fare così, è ora che tu metta a frutto gli insegnamenti di tua madre!” Esclamò allegramente.

Quello catturò il suo interesse. “Vuoi che scriva qualcosa?”

“No.”

“… Vuoi che sposi un uomo per i suoi soldi, lo uccida e lo faccia sembrare un incidente?”

“Blaise!” Draco si mise una mano sul cuore. “La signora Zabini non lo farebbe mai! Come puoi dire una cosa del genere della tua stessa madre?”

“L’ho conosciuta.” Disse lui, secco. “Beh, queste sono le abilità che ho sempre notato, quindi non sono sicuro di cos’altro tu voglia da me.”

“Stiamo organizzando una festa alla Stamberga Strillante. Durmstrang, Beauxbatons e Hogwarts, dal quarto anno in su.” Fece una pausa, riflettendo, poi aggiunse: “E Luna.”

Chissà perché, ma Blaise sembrava ancora meno divertito. “Vuoi che faccia da ospite?”

“Sei bravo.” Disse, con sincerità. “E poi, non posso farlo io; ho una reputazione da mantenere.”

Lui sospirò a quella richiesta, più pesantemente di quello che Draco pensava di meritarsi. “Mantenere la tua reputazione è una vera rottura di coglioni. Certo, come ti pare. Ospitare un rave per tre scuole e la maggior parte dei ragazzi del settimo anno sembra davvero divertente e per niente stressante.”

“Blaise.” Disse, rimproverandolo. “Non sarà un rave. Sarà un evento ristretto e sofisticato.”

Blaise allungò la mano verso la sua bacchetta e Draco scappò dalla stanza prima che potesse usarla. Ora aveva bisogno di Luna. Era sua cugina e l’avrebbe invitata comunque. Ma. Suo padre aveva un’intera cantina piena di alcol di cui non si curava di tenere un inventario e lei era abbastanza brava con gli incantesimi di appello da poterla decisamente usare per il suo tornaconto.

Anche se, se arrivava in anticipo, poteva semplicemente fare una visita ai Tre Manici di Scopa. Madame Rosmerta non se la prendeva molto con i minorenni che bevevano e gli avrebbe tranquillamente venduto tutto quello che gli serviva, fin tanto che l’avesse comprato al triplo del prezzo.

Era così tonificante poter pianificare qualcosa che non prevedesse una latente possibilità di morte o incarcerazione.
 
-
 

Tutti quelli del quarto anno erano nel dormitorio dei ragazzi, visto che non potevano salire a quello delle ragazze. Fu Ron a ricevere il messaggio di Blaise. Si trattava di un orario e un luogo e, sotto di essi, vergato nel suo perfetto corsivo, c’era scritto: Un evento per celebrare i tre Campioni Tremaghi. E quel bastardo di Harry Potter.

Harry rise ad alta voce quando lo vide, ma non aveva idea di cosa avesse in mente Blaise. Scoprirono che tutti quelli dal loro anno in su ne avevano ricevuto uno: un piccolo pezzo di carta che sembrava essersi semplicemente materializzato nelle loro mani. Ron dovette notare la sua confusione, perché gli diede una pacca sulla spalla e disse: “Elfi domestici. Devono aver reclutarne un paio del castello.”

“Ci andiamo?” Chiese Neville, titubante. “È da parte di un Serpeverde. E se fosse una trappola?”

Lavanda si alzò in piedi. “Sembra divertente! Dov’è il tuo senso dell’avventura, Neville?”

“Mia nonna lo tiene nella sua borsetta.” Disse. “Sotto chiave insieme alla minaccia di un perenne castigo.”

Lei fece una risata nasale, ma gli tese una mano. “Andiamo. Se arriverà tua nonna per picchiarti, ti proteggerò io.” Neville non sembrava per niente convinto.

“Andiamo.” Disse Harry, alzandosi in piedi. “Non può essere peggio della prima prova, no?”

Sgattaiolarono giù in gruppo e, grazie al cielo, la Sala Comune era vuota. Il posto dove gli era stato incaricato di andare era una delle uscite secondarie del castello. Era vicina all’aula di Erbologia e portava alla serra.

Lì trovarono Draco e Cho e tutti si fermarono, confusi. C’era un gruppo di Corvonero del quinto anno davanti a loro e i due toccarono ognuno di loro con la bacchetta, mormorando un incantesimo che non riuscirono a sentire, e un secondo dopo il gruppo era sparito. Aspetta… No, non erano spariti, ma si erano mimetizzati con il paesaggio, visibili a malapena solo grazie ai loro movimenti. Sgusciarono via fuori dalla porta, niente più che vaghe sagome.

“Che diavolo?” Mormorò Ron.

“È un incantesimo di disillusione.” Disse Parvati. “È una magia del settimo anno.” 

“Corretto.” La voce di Draco li raggiunse. “Abbiamo ancora altre persone da far passare stanotte, quindi muovetevi. Più ci mettete ad arrivare e più dovremo aspettare prima di poterci unire a voi.”

Cho li chiamò con un cenno della mano, sorridendo. “Va tutto bene! Voi siete praticamente gli ultimi, ci siamo occupati dei più grandi per primi.”

“Che sta succedendo?” Chiese Seamus, la mano stretta in quella di Dean. “Dove stiamo andando?”

“Andate al Salice Schiaffeggiante, prendete il bastone lungo e spingete il nodo sulla radice. Seguite il suono della musica.” Disse Draco.

Neville strinse gli occhi. “Stai parlando in codice?”

Muovetevi. Oppure potete correre fino a lì senza nessuna copertura e sperare che non ci siano professori a guardare fuori dalle loro finestre.” Draco lo fulminò con lo sguardo.

Cho tossì per nascondere la sua risata. Non ci riuscì molto bene. Harry non voleva che finisse tutto in un litigio, quindi si avvicinò a lei spalancando le braccia, usando la voce più teatrale che riuscì a fare per dire: “Fai del tuo peggio!” Lei rise, ad alta voce stavolta, e in qualche modo ridusse la tensione. Ron si avvicinò a Draco e il resto del loro gruppo sembrò molto meno sospettoso.

Cho gli toccò la testa con la bacchetta e Harry sentì la sensazione di un uovo freddo che gli colava addosso. “Grazie per quello che hai fatto.” Gli sussurrò, allungando la mano per stringergli il braccio. “Non so come avrebbe fatto Cedric, altrimenti.”

Harry avvampò e abbassò la testa, tranquillizzato solo in parte dalla sicurezza che non potesse vederlo arrossire. “Figurati.” Disse, per poi uscire prima che lei potesse dirgli qualcos’altro di imbarazzante. Si avvicinò al Salice Schiaffeggiante e aspettò che i rimanenti del quarto anno di Grifondoro lo raggiungessero; poi toccò il nodo legnoso, paralizzando temporaneamente l’albero. Lanciò un’occhiata alle sue spalle e vide che Ron aveva preso la posizione di retroguardia, occhieggiando sospettosamente l’albero. Bene. Se avesse cominciato a muoversi prima che tutti fossero scesi, avrebbe saputo cosa fare.

Riuscirono tutti ad attraversare e lui e Hermione fecero strada, visto che erano già stati lì prima, mentre Ron rimase nelle retrovie per sicurezza.

Erano a circa metà del tunnel quando udirono la musica. Iniziò bassa, solo un ritmo palpitante, ma si fece più alta quanto più avanzavano. Quando arrivarono all’entrata della Stamberga Strillante, era assordante. Cercò di aprire la porta, ma era chiusa. Harry e Hermione si scambiarono delle occhiate confuse; poi lei bussò alla porta.

La porta si aprì e, improvvisamente, ogni tipo di suono si interruppe. Il silenzio assoluto dopo la musica ad alto volume fu scombussolante. Blaise era sull’uscio, vestito di tutto punto, con una stanza completamente in ordine dietro di lui e assolutamente vuota. “Password?” Chiese, guardandoli dall’alto in basso.

“Non ci è stata detta una password!” Protestò Lavanda.

“Niente password, niente festa.” Li informò.

Sembrava che Hermione stesse considerando l’idea di entrare facendo esplodere la porta e Blaise fece un discreto passo indietro per allontanarsi. “Possiamo avere un indizio?” Chiese lei.

“No.” Rispose. Chiaramente, la paura di Hermione non batteva il suo amore per la teatralità. Beh, c’era un motivo per cui Serpeverde non era conosciuta per essere la casa dei furbi.

Ron fece una risata nasale e tutti si girarono verso di lui. Incrociò le braccia e disse: “Potter puzza.”

Blaise quasi sorrise e disse “Corretto.”, prima di sbattergli la porta in faccia. Hermione cercò la sua bacchetta, ma prima che potesse afferrarla, la porta si aprì di nuovo. La musica era sparata a mille, anche se Harry non riusciva a vedere da dove, e la Stamberga era illuminata con incantesimi Lumos che sfrecciavano e fungevano da luci stroboscopiche. Era strapiena di studenti di tutte e tre le scuole e sul muro in fondo alla stanza sembrava esserci abbastanza alcol da far ubriacare tutta Hogsmeade, per non parlare di un paio di centinaia di adolescenti.

“È… più grande?” Chiese Hermione entrando, incantata. Parvati e Lavanda li abbandonarono per correre al bar con Seamus e Dean alle loro calcagna.

“Sono stati Fleur e Draco.” Harry si girò per vedere Cassius poco lontano, un vassoio di shot fumanti che fluttuavano dietro di lui. “Benvenuti al non-rave per celebrare i tre campioni, più Potter.” Afferrò uno degli shot e fece un brindisi alla volta di Harry. “Cavalcare quel drago è stato originale.”

“Grazie.” Rispose, divertito. “Allora, i Serpeverde stanno ospitando un non-rave perché…?”

Cassius buttò giù lo shot, apparentemente inalterato anche mentre gli usciva del fumo dalle orecchie. “Tecnicamente, Blaise sta facendo da ospite; ma è Draco la mente dietro tutto questo e ha coinvolto anche noi perché è quello che fa sempre, quel moccioso rompipalle. Lui e Fleur hanno escogitato tutta la faccenda, dovresti chiedere a loro.” Fece una pausa, riflettendo, poi disse: “Ripensandoci, non farlo. Stiamo cercando di fare un rave tranquillo nel cuore della notte, contornato da consumo di alcol da parte di minorenni. Ci manca solo che qualcuno istighi un duello.”

Due braccia si posarono sulle sue spalle prima che avesse la possibilità di rispondere e Fred e George lo affiancarono da entrambi i lati. “Cassius, mio buon uomo.” Disse allegramente George. “Come sta andando quel saggio di trasfigurazione? Beh? Sai che sono sempre lieto di aiutare, se ne hai bisogno.”

Cassius buttò giù un altro shot, lanciò il bicchiere verso la fronte di George e se ne andò. George non fece nulla per impedire che il bicchiere lo colpisse, ma lo acchiappò prima che cadesse per terra. Sembrava stranamente deluso.

Ron prese il proprio shot, alzando gli occhi al cielo. “Flirti da schifo.”

Harry pensò che Ron avesse completamente mancato il bersaglio, prima che Fred scoppiasse a ridere e George avvampasse, rosso come i suoi capelli. “Ti ucciderò nel sonno.” Minacciò, ma marciò via ancora imbarazzato.

Fred afferrò lo shot di Hermione e lo bevve. Hermione sembrava non riuscire a decidere se sentirsi offesa o meno. “Quando hai imparato a bere alcol, piccolo Ronnie?”

“Grazie a voi, che mi avete sciolto la lingua con un Pallino Acido quando avevo cinque anni, sono praticamente immune al bruciore di un po’ di alcol. Quindi grazie, immagino.” Come per dimostrarlo, prese lo shot di Harry e buttò giù anche quello. Sembrava turbato tanto quanto Cassius – quindi, per niente.

Fred sembrava deliziato. Allacciò il braccio a quello di Ron e lo trascinò via. “È ora della tua prima gara di bevute, caro fratello!”

Hermione sospirò. “È meglio che li segua. Vieni con me?”

“Viktor è qui, da qualche parte.” Disse Harry, scrutando la folla. “Non lo vuoi vedere?”

Lei si bloccò per un secondo e Harry si chiese se avesse detto qualcosa di sbagliato, se qualcosa fosse cambiato tra loro e non lo avesse notato. Era decisamente possibile. Il viso di Hermione diventò rosso pomodoro. “Sono sicura che mi troverà, non ti preoccupare. Nel frattempo, dovrei assicurarmi che Fred non uccida Ron. Ci vediamo dopo.” Sparì nella folla prima che potesse pensare a come risponderle. Si ritrovò seduto in un angolino da solo, senza alcol. Persino lui sapeva di sembrare uno sfigato. Dov’erano andati Dean e Seamus Aspetta, forse non voleva veramente stare con loro – finivano sempre per pomiciare e Harry non voleva reggergli il moccolo in una situazione del genere.

“Ehi, Harry.” Qualcuno gli premette una bottiglia di Burrobirra nella mano e alzò gli occhi per vedere Ginny davanti a lui, con Luna al suo fianco. Entrambe tenevano in mano un drink rosso acceso e fumante.

“Non dovreste essere qui! Nessuna di voi due!” Protestò, guardandosi intorno. Sperò che nessuno dei ragazzi più piccoli fosse presente. Che senso aveva avere un’entrata segreta e una password se Blaise faceva passare tutti?

Ginny alzò gli occhi al cielo. “Rilassati. Draco ha invitato Luna e lei ha invitato me. Draco era molto scocciato.”

“Sarebbe più gentile con te se non fossi così cattiva con lui tutto il tempo.” Disse Luna con disapprovazione.

“Non sono cattiva con lui! Fidati, lo saprebbe se fossi cattiva con lui.” Insistette lei.

La cosa era che Harry sapeva che aveva ragione. La sua fattura Orcovolante era leggendaria. La porta si aprì di botto, la musica si arrestò e lei sospirò. “Parli del diavolo…”

Draco e Fleur erano lì, pallidi e pieni di brillantini al punto di sembrare una coppia di fate. Cho si stava facendo strada tra la folla, in volto l’espressione esasperata che la gente spesso aveva intorno a Draco. Fleur indossava un vestito celeste – e faceva fin troppo freddo per quelllo– e Draco aveva dei pantaloni che sembrava gli fossero stati colati addosso. “Benvenuti!” Disse Fleur mentre avanzava, adorabile e affascinante con il suo pesante accento francese. “Grazie a tutti per essere venuti. Come sapete, questa è una festa per celebrare il completamento della prima prova da parte dei tre campioni.”

Tutti esultarono, Harry più forte che poteva. Era contento che lo stessero lasciando fuori da quella faccenda – loro se l’erano guadagnato. Lui era incastrato in quella gara.

“Ma non è solo per noi.” Disse lei quando si furono acquietati, qualcosa di mefistofelico nell’angolo del suo ghigno. “Prego, un applauso per Harry Potter, il nostro cavalcadraghi!”

“Oh no.” Disse a bassa voce, il viso in fiamme. Le sue spalle si alzarono fino alle orecchie mentre le persone si giravano verso di lui, ma poi sentì delle mani attorno alla vita e lo issarono in aria. Guardò in basso e Cedric e Viktor lo avevano issato sulle loro spalle. “Ragazzi! Smettetela!”

“Cavalcadraghi!” Gridò Cedric, facendogli l’occhiolino. “Ca-va-lca-dra-ghi! Ca-va-lca-dra-ghi!”

Viktor si unì a lui e presto tutti seguirono il suo esempio, cantilenando il suo nuovo titolo in una cacofonia di suoni. Harry sperò ardentemente che qualcuno avesse lanciato un qualche tipo di incanto silenziante, altrimenti gli abitanti di Hogsmeade avrebbero sentito cose parecchio bislacche.

Voleva rimanere arrabbiato per principio, ma gli era praticamente impossibile visto che Cedric e Viktor lo avevano issato sopra alla folla e tutti lo stavano acclamando, applaudendo. Draco era appoggiato contro il muro e non stava cantando il suo nome, non poteva, non quando dovevano fare ancora finta di essere nemici. Ma sembrava divertito; e dolce in un modo che probabilmente non si sarebbe permesso, se l’attenzione di tutti non fosse stata fermamente catalizzata da Harry.

Draco alzò gli occhi al cielo e fece un cenno con la testa, dicendogli chiaramente di lasciarsi andare, e l’ultimo rimasuglio di contegno che Harry aveva si sciolse. Alzò le braccia in aria, sorridendo, e i canti e il tifo si intensificarono.

Quando avrebbe dovuto creare nuovamente un Patronus, avrebbe pensato a quel momento.
 
-
 

Hermione se la sarebbe presa con lui quando le avrebbe detto che c’era bisogno di distillare un doppio rifornimento di Pozione Pepata, ma la mattina dopo la festa Draco distribuì quella che già avevano al resto del loro anno – e anche alla squadra di Quidditch, visto che avevano aiutato a preparare e a pulire, una volta finito.

Chiunque altro fosse sbronzo ed esausto dovette rassegnarsi a soffrire.

Era stato un successo su tutta la linea. Hogwarts era sembrata davvero unita per la prima volta, tutte e tre le scuole si erano sentite veramente unite. Era stato divertente e non c’era stata nessuna rissa, nessuno aveva istigato nulla. Si pensava che qualcuno si sarebbe ubriacato diventano un po’ troppo baldanzoso e rovinando il tutto, ma non era successo.

Millie si era ubriacata marcia e aveva trascinato Neville sulla pista da ballo e lui era troppo agitato per rifiutare. Susan aveva tenuto d’occhio Luna e Ginny per tutta la serata e, per quello, avrebbe dovuto sdebitarsi con lei prendendole qualcosa di carino. Se qualcuno avesse cercato di infastidirle, sarebbe stato lui a far partire una rissa; ma fortunatamente non ne aveva avuto bisogno.

Il momento saliente della serata era stata, senza ombra di dubbio, la gara di bevute finita tra Krum e Ron, circondati da un branco di persone svenute e nauseate, mentre si fissavano con aria di sfida. Draco era rimasto parecchio impressionato da quanto era durata Cho – era diventata completamente rossa in viso dopo circa tre shot, ma non era sembrata altrimenti influenzata; almeno finché, dopo tre quarti della gara, era andata da Cedric, arrampicandosi sulla sua schiena e perdendo i sensi.

Né Ron né Krum avevano vomitato, né si erano addormentati o avevano smesso di bere quando fu ora per tutti di tornare ai loro dormitori; quindi avevano decretato un pareggio, si erano stretti la mano e avevano giurato di battersi la volta successiva.

Draco e Fleur avevano lanciato l’incantesimo di disillusione su tutti, visto che Cedric aveva insistito perché lasciassero dormire Cho, piuttosto che svegliarla e obbligarla ad aiutarli. Cedric aveva cercato di aiutare, ma faceva pena a usare quell’incantesimo, quindi lo avevano semplicemente rispedito indietro verso il castello.

Draco e Blaise gli ultimi e crollarono a letto giusto quando il sole stava sorgendo, quindi avrebbero dovuto affrontare la giornata con solo tre ore di sonno in corpo.
Ne era valsa la pena.
 
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Tutti si aspettavano che Ron fosse troppo sbronzo per andare a lezione. Harry si aspettava che fosse troppo sbronzo per andare a lezione.

Invece, si alzò come se fosse un giorno qualsiasi, sbadigliando e stiracchiandosi la schiena. “Wow, sto morendo di fame. Muovetevi, voglio mangiare, tipo… tutto il castello.”

Harry non aveva bevuto molto, quindi stava bene. Neville era raggomitolato nel suo letto in posizione fetale. Seamus stava bene, mentre a Dean mancavano due secondi per rovinare a terra. “Che cazzo.” Disse seccamente. “Ma sei umano?”

“Un umano affamato!” Confermò Ron, indossando la divisa. Harry non sapeva se fosse genuinamente inconsapevole o se stesse facendo lo stronzo apposta. “Se non vi sbrigate vi abbandonerò per correre verso uova, bacon, toast e salsicce. Non pensate che non lo farò.”

Dean sembrava sul punto dis vomitare. Ora era palese che stestavase facendo lo stronzo apposta.

Quando arrivarono alla Sala Grande, Viktor era seduto al loro tavolo assieme a Hermione, l’uno di fianco all’altra. Tipo, letteralmente vicini. Che fosse successo qualcosa la notte precedente, quando non stava guardando? Probabilmente.

Ron si rabbuiò. Harry gli diede una gomitata e il suo viso si rilassò. “Ehi.” Salutò Harry, forse un po’ troppo ad alta voce, mentre si sedeva davanti a Viktor. Ron si sedette di fianco a lui e iniziò a impilare cibo sul piatto, deciso a non guardare nessuno di loro due. “Uh, allora. La scorsa notte è stata divertente.”

Viktor aveva le occhiaie ed era incurvato sopra alla sua tazza di caffè come se temesse che qualcuno arrivasse per strappargliela via. Non c’era nulla sul suo piatto al di fuori di una pila di pane tostato che non sembrava essere stata toccata. Lo guardò con gli occhi sgranati, mentre Ron mordeva una salsiccia con una mano e mischiava bacon e uova con l’altra. “Ron, sei molto ammirabile. Penso davvero che non avrei vinto se avessimo continuato.”

Ron si bloccò e alzò lo sguardo. Ci fu un momento in cui Harry pensò che Ron sarebbe scoppiato, o peggio; ma poi le sue spalle si rilassarono e lui sorrise. “Grazie. Abbiamo tutti le nostre abilità. Bere quantità esorbitanti di alcol è la mia.”

“Andresti molto d’accordo con mia nonna.” Disse Viktor, serio.

Ron scoppiò a ridere a quell’affermazione, ma si interruppe quando suo fratello si sedette di fianco a lui. “Ehi, George.” Lo salutò, per poi fermarsi e girarsi completamente verso suo fratello. “Fred, che stai facendo?”

Harry sbatté gli occhi e Hermione si chinò in avanti, curiosa.

“Di che stai parlando? Io sono George.” Disse, scompigliandogli i capelli.

“Distinguervi è già abbastanza difficile senza che lo rendiate ancora più complicato.” Si lamentò, ricambiando il gesto. “C’è un motivo per cui stai fingendo di essere George o semplicemente vi piace godervi il caos che create?”

Fred stava palesemente soppesando se continuare a mentire o meno, ma alla fine sospirò. Harry non l’avrebbe mai notato se non stesse attivamente cercando quel particolare. L’atteggiamento di Fred cambiò impercettibilmente, diventando più controllato, più teso. Non aveva mai nemmeno realizzato prima di quel momento che aveva notato il diverso modo di comportarsi dei gemelli. “Ha bisogno di un alibi. Non fate saltare la sua copertura. E poi, da quand’è che riesci a distinguerci?”

“Da quando avete sviluppato differenti personalità. Ce ne avete messo di tempo.” Rispose Ron, ficcandosi un boccone enorme di uova in bocca. “E poi, sei un alibi di merda. Lo sanno tutti che vi scambiate di posto e che mentite per coprirvi a vicenda. Se volevate davvero che fosse efficace, avreste dovuto far bere a Lee una Polisucco, così da farvi vedere insieme nello stesso momento. Fate pena.”

Fred lo fulminò, ma era palesemente diviso tra il disgusto per le abitudini alimentari di suo fratello e l’ammirazione per la sua idea.

Harry era continuamente sorpreso da quante persone sapessero quanto Ron fosse bravo a scacchi e comunque pensassero che avesse solo un bel faccino. Era solo che di solito non gli interessava dimostrare loro il contrario.
 
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Blaise dovette andare presto alla serra per controllare il suo progetto di fine anno -  qualche sorta di strana pianta ibrida da incubo. Draco, invece, saltò la colazione e dormì. Vi porse rimedio facendosi portare da Winky un cornetto che si ficcò in bocca mentre si dirigeva verso l’aula di Trasfigurazione.

Stavano studiando una trasfigurazione animale – stavolta era da un colibrì in un boccale d’acqua. Pansy ci riuscì al primo colpo, ma lui era troppo distratto per applicarsi decentemente; così il suo boccale finì per essere completamente bianco, senza nessun tipo di motivo, il che non era da lui. Solitamente lui e Pansy avrebbero fatto a gara per vedere chi riusciva a creare l’oggetto più elaborato. Vinceva quasi sempre lei, visto che era semplicemente più brava di lui a trasfigurazioni, ma quel giorno non riusciva nemmeno a concentrarsi abbastanza per giocare.

Si riprese un po’ durante Incantesimi, ma non per molto. Harry era riuscito a non farsi ammazzare durante la prima prova – a malapena – quindi Draco aveva avuto un’idea per il prossimo passo della campagna “Potter Puzza!”. Finì per rimanere indietro a parlare del suo articolo accademico e dei crediti extra con Flitwick; ma si diresse verso la loro stanza abbandonata subito dopo.

Erano tutti esausti, quindi, se qualcuno di loro fosse stato intelligente o avesse avuto un qualsiasi tipo di istinto di autoconservazione, avrebbero usato il loro tempo libero per dormire, non per incontrarsi. Entrò nella stanza e fu subito divertito dal vedere che almeno alcuni di loro avevano avuto l’idea giusta.

Hermione e Pansy erano acciambellate sopra una piccola montagnola di cuscini al centro della stanza, profondamente addormentate. “Non hanno dei letti?” Chiese, tenendo la voce bassa per non svegliarle.

Blaise fece una risata nasale e Ron si limitò ad alzare gli occhi al cielo. “Quando siamo arrivati, Pansy era già così. Hermione si è unita e basta.”

“Per favore, dimmi qual è il tuo grande piano, così posso andare a dormire.” Lo pregò Blaise. “Sono stanchissimo, Draco. Morirò se continuo così. Il mio corpo collasserà e si trasformerà in polvere.”

“Improbabile.” Lo liquidò. “Penso che sia ora di prendere esempio dalla Skeeter.”

“Estorcere?” Chiese Ron.

“Mentire?” Aggiunse Harry.

“Avere un terribile senso della moda?” Intervenne Pansy, a quanto pare sveglia. Hermione si era mezza rotolata sopra di lei, nascondendo il viso nella sua spalla, quindi Pansy stava cercando di non fare movimenti bruschi per non svegliarla.

Li odiava tutti. “No. Scriveremo un articolo. Beh, tecnicamente lo faremo fare a Luna.”

I Grifondoro sembravano delusi. Ron disse: “Tutto qui?”

“Affrontare un incendio con degli esplosivi ti fa solo sembrare uno stronzo troppo sensibile che non riesce ad ascoltare le critiche.” Disse. “Combattere il fuoco col fuoco e vincere è molto più notevole, quindi è quello che faremo.”

Blaise sbadigliò, poi aggiunse: “Per noi è più importante far vedere la Skeeter come una pennivendola, piuttosto che distruggerla. Sei sicuro che vuoi farlo a scrivere a Luna, però? Non è una fonte credibile.”

“Revisiona la roba di suo padre da quando aveva nove anni. Nessuno di noi è più adatto di lei per questo lavoro. Ma,” concesse, “non possiamo farglielo pubblicare con il suo nome. Nessuno lo prenderebbe seriamente e Xeno la ucciderebbe. O, non lo so, parlerà in modo vagamente scocciato con un bollitore; il che è più o meno la stessa cosa per Luna.”

“Riusciremo davvero a tenere la sua identità un segreto?” Chiese Harry. Fino a quel momento, l’unico modo affidabile che avevano per mantenere un segreto era dirlo solo alle persone in quella stanza; e se avessero chiesto a Luna di scrivere e pubblicare un articolo… Ci sarebbero volute più persone che loro sei e basta.

Pansy si strinse nelle spalle. “Probabilmente no, ma per noi è meglio così. Mettiamo caso che la Skeeter prenda sul serio lo scoprire l’identità del giornalista e poi salta fuori che è una ragazzina di tredici anni. Fantastico. Suo padre si incazzerebbe comunque, il che è meno fantastico.”

Draco si girò verso Harry. “Dobbiamo reclutare anche Cedric, ovviamente. Puoi farlo tu? Lo conosci meglio di noi.” Cho si era offerta di aiutare Draco con l’incantesimo di disillusione e gli stava generalmente simpatica, ma non erano neanche lontanamente abbastanza in confidenza da poterle chiedere un favore.

“Certo.” Disse Harry. Aveva le occhiaie. Non sembrava stanco come il resto di loro, ma Draco sapeva che Harry spesso aveva problemi a dormire; e pensò che quella era la prima volta che aveva visto i segni della sua carenza di sonno, il che difficilmente era una buona cosa. “In ogni caso, devo ancora riprendermi la scopa che gli ho prestato.”

Draco resistette all’impulso di fare qualcosa di ridicolo, come incorniciare la faccia di Harry e premere i pollici sui lividi viola scuro sotto i suoi occhi. Doveva essere ancora arrabbiato con lui, comunque. “Magari cerca di dormire un po’, prima. Hai una faccia orribile.”

Harry abbozzò un sorriso. “Mi dici sempre le cose più carine.”

“Sei un disastro, ripigliati.” Rispose lui, ma stava sorridendo. Gli occhi di Harry si incresparono agli angoli e fece un passo verso di lui, quasi senza pensarci nemmeno.

“Ci sto lavorando.” Disse e la sua voce suonava… differente, più profonda del solito; e in quel momento Draco aveva girato tutto il suo corpo verso di lui e non sapeva bene perché, solo che voleva essere… più vicino.

Aspetta.

Doveva essere arrabbiato con lui, dannazione!

Draco sbuffò e si girò, incrociando le braccia e alzando il naso. “Vado a parlare con Luna.” Dichiarò, uscendo dall’aula, anche se era praticamente appena arrivato.

Aveva le guance arrossate e non riusciva a capirne il motivo. Avevano solo parlato, per Merlino!

Essere un adolescente era un incubo.
 
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Harry chiese a Cedric di incontrarlo al Lago Nero poco dopo il tramonto per farsi ridare la scopa. Se anche Cedric avesse avuto qualcosa da ridire sull’orario e il luogo incredibilmente strano per una cosa così banale, se la tenne per sé. Luna aveva già accettato di aiutare e Harry pensava che fosse adorabile quanto ammirasse Draco e come fosse disposta a dare retta a tutte le loro strane idee solo perché glielo aveva chiesto lui. Era abbastanza ovvio per chiunque li conoscesse che Luna fosse la sorellina che Draco non aveva mai avuto.

Voleva aprire la conversazione chiedendo a Cedric se era disposto a farsi interrogare da Luna, per andare dritto al punto.

Ma Cedric lo salutò, sbadigliando un “Ehi, Harry,” mentre gli porgeva la Firebolt, e Harry l’afferrò con dita intorpidite.

Cedric aveva sempre la camicia abbottonata e, ora che ci pensava, indossava sempre una canotta a collo alto con la sua divisa da Quidditch, ma non aveva mai pensato che ci fosse una motivo dietro.

Era presto, Cedric era stanco e la sua cravatta era annodata alla meno peggio e allentata e la borsa sulla sua spalla tirava la camicia di lato. Non di molto, ma abbastanza perché Harry lo vedesse e realizzò immediatamente che forse non era qualcosa che avrebbe dovuto vedere.

“La tua camicia.” Disse, a bassa voce.

Cedric aggrottò la fronte, poi si portò una mano al petto e sospirò. Si sistemò la camicia, in modo da nascondere nuovamente il suo marchio.

Non era un cerchio nero. Era un qualche tipo di lucertola.

Cho non indossava magliette a collo alto. Sapeva per certo che non c’era nessun marchio sulla sua clavicola.

“Non lo dirò a nessuno.” Gli promise immediatamente.

Cedric gli lanciò un sorriso mesto e si passò una mano tra i capelli. “Apprezzo il pensiero, ma non è un segreto. È solo che non mi piace sbandierarlo, scatena sempre troppe domande fastidiose a cui rispondere.”

“Oh.” Disse Harry. Stava letteralmente ribollendo dalla curiosità, ma se Cedric non ne voleva parlare allora non avrebbe fatto domande.

Cedric ghignò, come se sapesse esattamente a cosa stesse pensando. “Va bene, se sei tu non mi dà fastidio. Ho incontrato la mia anima gemella e non è Eun-hae. La mia anima gemella è… simpatica. È un’auror di antica famiglia e mio padre era elettrizzato al riguardo. Ma non stiamo insieme e non ne abbiamo affatto l’intenzione.”

Harry sbatté gli occhi, aprì la bocca, poi la richiuse. Fortunatamente, Cedric sembrava divertito piuttosto che offeso. “Non capisco.” Disse, infine. “Chiunque lei sia, è la tua anima gemella.”

Quello contava. No?

“Ah.” Lui distolse lo sguardo e si strofinò il collo e Harry volle rimangiarselo. Non erano affari suoi e Cedric era un bravo ragazzo. Non avrebbe dovuto impicciarsi. “Io- Senti, so che sono solo un paio di anni più grande di te, quindi suonerà presuntuoso e come una predica, e mi farà sembrare un rompipalle. Ma posso dirti una cosa? Qualcosa che vorrei qualcuno avesse detto a me?”

“Certo.” Disse, confuso. Era ancora troppo presto perché qualcuno – a parte Hagrid e gli elfi domestici – fosse in piedi, quindi c’erano solo loro due sulle sponde del Lago Nero appena dopo l’alba, con l’aria ancora fresca e pesante.

Cedric incontrò il suo sguardo e disse: “L’amore non è qualcosa che succede. Devi sceglierlo, devi guadagnartelo. Anche quando è difficile. Specialmente quando è difficile. Non so se sei marchiato, ma se lo sei voglio che tu sappia che avere un’anima gemella, e anche incontrarla, non è garanzia di amore e felicità. Penso che, al massimo, un’anima gemella sia una possibilità. È un possibile lieto fine e, se vuoi provarci, se ci vuoi lavorare, allora dovresti. Ma io ho già trovato il mio lieto fine ed è con Eun-hae. La amo. La scelgo ogni giorno e faccio del mio meglio perché lei scelga me. Questo è amore. Non dei marchi sulla nostra pelle, ma duro lavoro.”

Sembrava il contrario di tutto quello che gli era stato detto, di tutto quello su cui contava per il suo futuro. Ma… non lo era, non davvero. Quello che provava per Draco, quello che sperava sarebbero diventati un giorno loro due, non era semplicemente successo. Draco era cambiato e anche lui lo aveva fatto e si erano impegnati per cambiare insieme. Harry non pensava di potersi innamorare del Draco che aveva conosciuto al primo anno, dell’uomo che Draco sembrava sarebbe diventato. Ma quel Draco? Quello che dava sempre tutto sé stesso per i loro amici, per lui; che lo aveva costantemente incontrato a metà strada anche quando non voleva, quando non era d’accordo o non capiva?

Certo. La loro relazione sembrava semplice adesso, ma solo perché si erano impegnati per diventare il tipo di persona con cui avrebbero potuto fare amicizia. Se nessuno di loro fosse cambiato, allora Harry non sarebbe stato interessato a Draco, nonostante le iris sul suo fianco.

Cedric gli mise una mano sulla spalla, corrucciato. “Harry? Stai bene?”

C’era un che di intesa nel suo sguardo, ma non avrebbe fatto domande; il che era un bene, perché Harry non sapeva cosa gli avrebbe risposto. “Sì, scusa. Se posso chiedere, Cho è d’accordo con… tutto?”

“Avevo incontrato la mia anima gemella prima che iniziassimo a frequentarci, quindi ha sempre saputo. Avevo dodici anni al tempo, mentre la mia anima gemella ne aveva sedici, quindi ovviamente non sarebbe successo niente. Ma lei aveva un ragazzo e io avevo Eun-hae; poi si è diplomata e ora sta cercando di convincere questo tipo serioso che ha cominciato a lavorare con lei a uscire. Siamo buoni amici, lei è fantastica, solo che non voglio stare con lei. E lei non vuole stare con me.” Cedric sorrise e gli scompigliò i capelli. “Un’anima gemella non è un ergastolo. È solo… un’opportunità. La puoi prendere come no. Sta a te decidere.”

“Non pensi che sia destino?” Chiese, anche se sapeva già la risposta.

Cedric alzò gli occhi al cielo. “Sono un Tassofrasso, non credo nel destino. Credo nel creare il futuro che voglio e il mio futuro è con Eun-hae. Penso che Cedric Chang suoni bene.”

“Anche io.” Disse Harry, sorridendo. “A proposito, la ragione per cui ti ho chiesto di vederci qui all’alba era perché dovevo chiederti una cosa: sei disposto a farti intervistare per un articolo a cui Luna Lovegood farà da ghostwriter?”

Quella era palesemente l’ultima cosa che Cedric si sarebbe aspettato di sentire e Harry dovette mordersi il labbro per non ridere. “Oh, uh, certo. Lovegood? Davvero?”

“Diventerà una grande giornalista un giorno, a quanto pare.” Disse. “Sarà divertente.”

Cedric non sembrava troppo convinto, ma era troppo gentile per dire qualcosa e sempre troppo gentile per rimangiarsi la promessa di fare l’intervista a cui aveva appena acconsentito. Quindi, per quanto lo riguardava, quella era stata una mattinata tutto sommato produttiva.
 
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Draco voleva trovare Rita Skeeter, spellarla viva e arrostirla sopra un falò. L’articolo schiaffato in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta parlava solo delle abilità da Rettilofono di Harry e di come fossero chiaramente un marchio delle sue influenze oscure. L’articolo in generale era schifosamente assortito e il succo era che le abilità da Rettilofono fossero un chiaro segno che Harry fosse influenzato dalle forze del male, ma che stesse combattendo valorosamente contro il suo lato oscuro per il bene del mondo magico.

Chissà perché ma gli sarebbe sembrato molto meno offensivo se lo avesse semplicemente etichettato come un malvagio mago oscuro e l’avesse finita lì.

Pansy gli poggiò il braccio sulle spalle e si chinò verso di lui per sussurrargli: “Respira, tesoro, prima di attirare attenzioni indesiderate.”

Si obbligò ad ascoltarla, forzandosi a rilassarsi. Aveva un pigro sorriso sul volto quando girò la testa per premerle un veloce bacio sulla guancia. “Grazie.”

“Signor Malfoy.” Disse improvvisamente il suo Capo della Casa, torreggiando sopra di loro. Se non fosse stato per gli anni di esperienza passati ad essere colto di sorpresa da Piton, Draco ora sarebbe nel bel mezzo di un infarto. L’uomo doveva avere una qualche sorta di incantesimo di dissimulazione su se stesso, era l’unica spiegazione. “Se riesce a staccarsi dalla signorina Parkinson, la sua presenza sarebbe richiesta nelle cucine.”

“Perché?” Chiese, ma si stava già alzando e spazzando via la polvere immaginaria dal mantello. Tanto era andato lì così presto perché voleva sapere se Cedric avesse acconsentito all’articolo, ma glielo avrebbe detto Pansy.

Piton si girò sui tacchi e si incamminò, il che era più o meno quello che si era aspettato. Era una rottura tenere il suo passo senza sembrare di arrancargli dietro; e Draco era abbastanza sicuro che lo stesse facendo apposta. Che stronzo.

Entrarono nelle cucine e Draco era abbastanza sicuro che non avrebbe dovuto conoscerne l’ingresso, quindi non aveva idea del perché fosse stato portato lì. Ovviamente lo conosceva già, ma non avrebbe dovuto.

Sentì per prima cosa le urla e furono così scioccanti che si bloccò. Non… non erano persone, ma elfi domestici. Perché avrebbero dovuto urlare? Qualcuno aveva bruciato la cena?

Poi ci fu un grido e lo riconobbe: era Winky. Corse avanti, spingendo via Piton e facendo irruzione. Era una delle cose più strane che avesse mai visto. Quella che sembrava essere la totalità degli elfi del castello era raggruppata, urlando, e nel mezzo c’era Silente che si ergeva, sereno come suo solito, la McGonagall che teneva fermo Dobby, tra tutti gli elfi, e Filch, che teneva indietro Winky tirandole le orecchie.

“Levale le mani di dosso!” Tuonò Draco, marciando in avanti.

“Signor Malfoy,” Iniziò la McGonagall, ma lui la ignorò.

Afferrò il polso di Filch, affondando l’unghia del pollice tra i tendini finché il custode non urlò e la lasciò andare. Winky, singhiozzando, corse a nascondersi dietro di lui e premette il viso nelle sue vesti. “Tu, moccioso-“ Ringhiò Filch, torreggiando su di lui con un verso gutturale.

Draco si rifiutò di farsi intimidire da un Magonò che non sapeva usare uno spazzolino da denti. “Non toccare mai più la mia elfa senza il mio permesso. Non sarò così cortese, la prossima volta.”

Filch strinse gli occhi, ma prima che la situazione potesse svilupparsi ulteriormente, Silente disse: “Ora, perché non ci calmiamo tutti? Penso proprio che dovremmo contattare il padre del signor Malfoy prima di proseguire-“

Draco lo interruppe. “Winky è la mia elfa, quindi è una mia responsabilità. È legata alla mia magia, non a quella di mio padre. Che significa tutto questo?”

“Ha iniziato un alterco fisico con un elfo di Hogwarts.” Disse la McGonagall e a Draco non piacque per niente come lo stava guardando. Era un po’ troppo contemplativa e non abbastanza critica. “Questo, a tal proposito.” La sua mano era ancora stretta intorno al retro della ridicola t-shirt di Dobby.

Sbatté le palpebre. Non era per niente ciò che si era aspettato. “Perché lo avrebbe fatto?”

Winky si fece avanti, ancora aggrappata alle sue vesti. I suoi occhi lucidi di lacrime erano assottigliati per la rabbia. “Dice cose orribili su padron Draco! Sul mio padrone! Non va bene!”

“Dobby sta solo dicendo cose vere!” Insistette l’ex-elfo domestico della sua famiglia. “Dobby conosce la verità! I Malfoy sono terribili, viscidi, bugiardi e marci! Cattivo! Il padrone di Winky è cattivo!” Ora che Draco lo stava guardando, poteva vedere l’inizio di un livido che si stava formando intorno all’occhio di Dobby.

Santo Merlino. Winky gli aveva tirato un pugno in faccia.

“Rimangiatelo!” Pianse Winky. “Padron Draco è bravo! Mi ha salvata! Non è cattivo, è bravo!”

“Basta.” Disse Draco e la sua bocca si chiuse di scatto. Si strinse la radice del naso. “Winky, dimmi la verità. Hai iniziato una rissa con questo elfo del castello?”

“Ha detto cose cattive!” Disse lei.

Abbassò lo sguardo verso di lei, corrugando la fronte, e lei si strinse nelle spalle. “Non è quello che ho chiesto.”

“Ho iniziato io la rissa.” Sussurrò lei, abbassando la testa.

“Capisco.” Disse. Che casino. “Non lo fare mai più, mi hai capito? È un ordine. Puoi far finire una rissa. Non ne puoi iniziare una. Non mi interessa quello che dicono di me, la mia reputazione è una mia preoccupazione. Non tua.”

Lei tirò su col naso e lasciò la presa delle sue vesti per allacciare le mani dietro la schiena. “Sì, padron Draco. Mi dispiace, padron Draco.”

Si girò verso Silente. “In ogni caso, è decisamente inappropriato per un elfo parlare male del padrone di un altro elfo. Sono personalmente a conoscenza dei problemi comportamentali di Dobby, magari potremo affrontare il caso più avanti?”

Il resto degli elfi intorno a loro erano silenziosi come quando era arrivato. Era disagevole, con tutte quelle dozzine e dozzine di occhi che fissavano la scena in silenzio.

Dobby scosse la testa. “Malfoy è cattivo! Tu essere cattivo e tu fare male a Winky!”

Draco lo ignorò, scegliendo invece di abbassare lo sguardo verso Winky. Le sue piccole mani erano strette in pugno ed era talmente infuriata da poter quasi dare fuoco a Dobby solo con gli occhi. Ma rimase zitta e ferma. Bene.

“Basta così.” Disse McGonagall, scuotendo Dobby dal retro della maglietta. “Grazie, signor Malfoy, lo prenderemo in considerazione. Credo che qui abbiamo finito.”

“Non proprio.” Disse Silente, calmo. “C’è il problema della punizione di Winky.”

Tutti gli elfi domestici sembrarono arretrare senza nemmeno muoversi. Cosa non avrebbe dato Draco per lanciare una bella fattura agli stupidi occhi scintillanti di Silente.

“Albus.” Disse McGonagall, sconvolta. “Non è necessario, non credi? È stata provocata e il signor Malfoy ha assicurato che non accadrà di nuovo.”

“Non tolleriamo la violenza a Hogwarts.” Disse. “Ha infranto le regole e ferito qualcuno, deve essere punita per questo.”

Che pezzo di merda. Non era una punizione per Winky. Era una lezione per Draco.

“Le mani sulla piastra dovrebbero andare bene.” Disse Filch, gongolando.

“Penso che qualche pasto ristretto sia più che sufficiente.” Disse McGonagall, ma sembrava a disagio. “Sono sicura che al signor Malfoy gioverebbe una pausa della sua magia.”

Finire con le mani bruciate oppure parzialmente separata dalla sua magia, l’unico modo che Winky aveva di sopravvivere. Forse Hermione aveva ragione. Anche se non potevano disfarsi del sistema degli elfi domestici, doveva esserci qualcosa di meglio di… quello. Winky non avrebbe dovuto essere punita per la sua lealtà.

Gli occhi di Dobby erano larghi e pieni di pentimento – almeno quello – e Winky appariva semplicemente rassegnata. Non era giusto e, oltretutto, non gli andava bene. Non gliene fregava un cazzo che Silente fosse il preside, della sua lunga lista di onorificenze e titoli, di tutta quella roba. Se pensava di poter manipolare e maltrattarlo, si sbagliava di grosso.

Era un Malfoy. Non avrebbe subito quel merdoso tentativo di fargli la morale da Silente, tra tutti.

“Mani sulla piastra, ha detto?” Disse Draco, ormai deciso. “Dieci secondi è la norma nella mia casa. Immagino sarà sufficiente.”

“È accettabile, signor Malfoy. Sono davvero spiacente.” Disse Silente. Non suonava dispiaciuto.

Winky fece per avanzare, ma le mise una mano sulla spalla. “Winky non è un’elfa del castello. È mia, quindi le sue azioni sono una mia responsabilità. Sicuramente mi comprende.”

Draco si fece avanti, la testa alta mentre si rimboccava le maniche con movimenti precisi.

Gli elfi si fecero da parte per lui e Draco toccò appena la bacchetta nella sua tasca per lanciare un incantesimo di levitazione per sollevare dalla piastra una pentola ribollente di qualcosa.

“Signor Malfoy, si fermi immediatamente!” Esclamò McGonagall. Sembrava nel panico. Bene.

Il fornello era incandescente e circondato da un piccolo anello di fiamme. Schiaffò le mani contro la piastra e lo sfrigolare delle carni fu istantaneo. Si morse la lingua per non gridare e la bocca gli si riempì di sangue che dovette deglutire. Le fiamme gli lambirono i lati e il dorso delle mani, bruciando più che solo le parti premute sulla superficie. Era straziante e tenere le mani contro la piastra fu la cosa più difficile che avesse mai fatto, mentre guardava la sua pelle riempirsi di bolle e bruciare per il calore.

“Sono passati dieci secondi.” Disse Piton, piano.

Alzò le mani dalla piastra, facendo un respiro profondo prima di far calare cautamente la pentola sopra il fornello. Faceva così male che voleva svenire sul posto. Era come se le sue mani fossero continuamente infilzate da spilli a con ogni fitta di dolore. Si girò e tutti lo stavano fissando, gli elfi domestici con occhi larghi come piatti. La McGonagall aveva la mano premuta sulla bocca e Filch era disgustato. Le facce di Piton e Silente erano completamente vacue.

“Abbiamo finito qui?” Chiese, sperando di non avere sangue sui denti.

“Sì.” Rispose Silente, senza dare nemmeno un indizio su cosa stesse pensando. “Credo di sì.”

“Deve andare in infermeria!” Insistette McGonagall. “Venga, l’accompagno.”

La schernì, anche se era difficile sembrare altezzoso quando stava così male. “Non è necessario, professoressa. Vogliate scusarmi.”

Girò sui tacchi e si allontanò, e gli elfi si spostarono nuovamente per farlo passare. Sentì la McGonagall che lo chiamava, ma si limitò ad aumentare il passo.

Se fosse andato in ospedale, avrebbe contattato i suoi genitori. Era praticamente l’ultima cosa che voleva, quindi avrebbe dovuto inventarsi qualcos’altro.
 
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Harry andò in Sala Grande per chiacchierare con Cedric e fu un po’ deluso quando la trovò perlopiù vuota. Pansy era seduta al tavolo Serpeverde senza Blaise o Draco, il che lo sorprese un po’. Aveva immaginato che Draco volesse sapere cosa aveva detto Cedric ed era quasi sicuro di trovarlo lì sveglio ad aspettarlo.

Si girò verso il tavolo Grifondoro, di cui Angelina aveva colonizzato una vasta sezione con quelle che sembravano tabelle di allenamento sparpagliate un po’ dappertutto. Era praticamente pazza tanto quanto Wood e lui si era perso l’ultimo allenamento perché stava studiando per la prima prova. Lei aveva capito, ovviamente, ma non ne era stata contenta. Esaminare con lei la tabella di marcia degli allenamenti sembrava un buon modo per farsi perdonare.

Se non che, quando era a metà strada dal tavolo, due ragazze gli bloccarono la strada e quasi gli andò addosso. “Padma, Parvati.” Le salutò, facendo un passo indietro per non invadere il loro spazio personale. “Uh, posso aiutarvi?” Non le conosceva neanche lontanamente bene quanto Fred e George, quindi era sollevato che fossero in Case differenti, altrimenti non sarebbe stato mai in grado di distinguerle.

Loro si scambiarono un’occhiata e Padma disse: “La nostra nonna era una Rettilofona.”

Non era quello che si era aspettato. “Oh! Uh, bello. Una di voi lo è?”

“No. E anche se lo fossimo, non lo diremmo a nessuno. Proprio come nostra nonna lo ha tenuto segreto per tutta la vita, come aveva fatto suo padre e la sua bisnonna prima di lui. Abbiamo dei trascorsi nella nostra famiglia, anche se al momento nessuno possiede quell’abilità.”

Quella sembrava una conversazione per cui non era abbastanza qualificato. “Uh. Mi dispiace?”

Parvati non rispose e continuò: “È considerata un’abilità oscura. Sin da Salazar Serpeverde, sin da Tu-Sai-Chi, non è stato qualcosa che le persone potevano semplicemente praticare. Era marchiato con uno stigma.”

“Tutti sembrano tranquilli, per adesso?” Disse lui. “Un paio di articoli non sono così male. Mi sono beccato di peggio per meno. E poi, che si fottano. Siamo stati noi ad avercela per primi, giusto? Appartiene a noi.” E poi – e questo non lo avrebbe detto – Serpeverde e Voldemort erano solo due persone. A quanto pareva, c’erano più Rettilofoni buoni solo nella famiglia Patil che quelli che avevano rovinato la nomea per tutti gli altri.

“Peggiorerà.” Disse Padma, sinistramente. Stava passando troppo tempo con la Trelawney. “Ma non è quello che vogliamo dire. Tu sei Harry Potter, il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto. Puoi cavartela facendo quello che il resto di noi non può fare. Quindi, quello che stiamo cercando di dire è: grazie. Per non esserti nascosto, per aver detto a tutti quello che sei e cosa puoi fare. Forse uno dei nostri figli avrà quell’abilità e, magari, non si dovrà nascondere. Forse le persone inizieranno ad associare i Rettilofoni a te, invece che ai signori oscuri.”

Parvati aggiunse sottovoce: “Era un segno di essere benedetti dal cielo, prima. Significava che eri toccato dagli déi. La nostra famiglia era orgogliosa di quanti Rettilofoni vantava. Quindi, grazie.”

Già, quella era decisamente una conversazione che non era preparato a sostenere. Sentiva di star camminando in un campo minato. “Ehm, certo. Di nulla.”

Sembrarono esasperate da lui, cosa a cui era abituato, ma non alzarono gli occhi al cielo, il che era una novità. “Ci vediamo, Harry.” Dissero all’unisono, la loro aria austera che si staccava da loro come il primo strato di una cipolla. Uscirono dalla Sala Grande, le teste scure piegate l’una verso l’altra.

Visto che erano letteralmente le uniche altre studentesse indiane, avrebbe potuto probabilmente rivolgersi a loro per un aiuto, o almeno per un consiglio sui libri. Ma era anche vero che le gemelle Patil lo mettevano in soggezione e l’unica cosa che si sentiva in grado di chiedere loro era un consiglio di moda, ma aveva Pansy per quello. Qualsiasi altra cosa sarebbe stata troppo umiliante.

Forse avrebbe dovuto semplicemente chiedere aiuto a Draco. Avrebbe saputo almeno dov’erano i libri di storia e lo avrebbe preso in giro solo un pochino. Forse.
 
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Draco era diretto verso la Sala Comune Serpeverde, maledicendo il fatto che conosceva solo una persona che era abbastanza brava negli incantesimi di guarigione. Lui se la cavava e probabilmente avrebbe potuto guarirsi le bruciature da solo, se solo avesse potuto tenere in mano la sua bacchetta. Gli incantesimi di guarigione erano già complicati e c’era una grande differenza tra lanciare un incantesimo di levitazione del primo anno senza i giusti movimenti di bacchetta e fare lo stesso con qualcosa che avrebbe dovuto ricucirgli insieme le carni.

“Draco! Cos’è successo?” Draco imprecò, ma alzò lo sguardo. Era solo sua cugina, la piattola demoniaca dai capelli rossi non era in vista. Gli occhi di Luna erano sgranati e lei allungò le mani fino a stazionarle sopra le sue, volendo chiaramente aiutarlo ma sapendo che era meglio non toccare.

Non preoccuparti.” Disse, passando al giapponese perché se le abilità di Luna nella lingua di sua madre si fossero arrugginite, sua madre l’avrebbe resa in qualche modo colpa sua. Se Zeno le avesse parlato in qualsiasi lingua che non fosse inglese o latino, non avrebbero avuto quel problema. “E comunque, cosa ci fai qui?

I suoi occhi si strinsero. “Le tue mani sono un disastro. Sono bruciate e sanguinano.”

Ne sono ben cosciente, grazie. Che ci fai quaggiù? Cosa vuoi?

Lei su morse la lingua, poi mise la mano nella borsa e ne tirò fuori un rotolo di pergamena. Gli ci vollero due secondi per riconoscere il saggio di incantesimi sugli effetti che lo stato della materia aveva sull’esilio che Flitwick aveva assegnato a quelli del terzo anno. “Sono abbastanza sicuro che il mio aiuto conti come barare.

Non sei ufficialmente l’assistente del professor Flitwick, quindi non è ufficialmente barare.” Disse. Stava senz’altro passando troppo tempo intorno a Ginny. Desiderò poter pensare ad un modo per dissuaderla.

Mettimelo nella borsa, ci darò un’occhiata stanotte e te lo ridarò domani.” Disse, cedendo. Avrebbe scritto un articolo su Cedric per loro, poteva aiutarla con il suo saggio. E comunque, era molto più severo con i voti rispetto a Flitwick.

Luna fece quanto detto, spingendolo per bene contro la cucitura. “Davvero non mi dirai cosa ti è successo?

“Pussa via.” Disse, tornando all’inglese. “Va tutto bene. Sto bene. Non fare tardi a lezione.”

Lei gli lanciò un’occhiata fredda che doveva aver imparato da Ginny, per poi andarsene. Non gli piaceva per niente l’influenza che quella ragazza aveva su sua cugina.

Quando finalmente arrivò alla Sala Comune Serpeverde, era praticamente deserta. Persino Millie se n’era già andata, mentre lui avrebbe fatto tardi a Pozioni. Almeno Piton avrebbe saputo il motivo. Riusciva a pensare solo a una persona utile che sarebbe potuta essere ancora lì.

Andò verso le stanze del sesto anno, raggiunse quella più in fondo e calciò la porta perché non poteva bussare. Ci vollero circa quarantacinque secondi di continuo calciare prima che Cassius aprisse la porta e Cassius ringhiasse: “CHE C’È?!” I suoi capelli erano sparati in tutte le direzioni e aveva dei marcati lividi viola scuro sotto gli occhi. Stava anche tenendo la sua porta socchiusa, cercando di celare qualsiasi cosa ci fosse dietro; e Draco non aveva le parole per descrivere quanto poco gli fregasse di qualunque segreto Cassius stesse cercando di nascondere. Alzò le mani e tutta la rabbia scivolò via da Cassius. “Merda. Che ti è successo? Perché non sei in infermeria?”

“Come te la cavi con gli incantesimi di guarigione?” Chiese, ignorando entrambe le domande.

Cassius era guardingo, il che non era un buon segno. “Bene. Non abbastanza per aggiustare le tue mani.”

“Non serve. Basta che le guarisci abbastanza per poter sollevare la mia dannatissima bacchetta, il resto lo farò da solo.” Gli porse la mano destra. “Ecco, non devi nemmeno lanciarlo su entrambe le mani, basta la mia mano dominante.”

“Draco. Vai in infermeria.” Disse Cassius. “Tutto questo è stupido.”

“Se non mi aiuti, troverò qualcun altro che lo farà.” Disse. “E quando qualcuno che non è bravo come te farà un casino, dovrai trovare un altro Cacciatore per la squadra di Quidditch. Uno che ha le mani. Oppure, cercherò di lanciare l’incantesimo con le mani rovinate, sbaglierò qualcosa e dovrò farmele amputare. Oppure, potresti smetterla di frignare per due secondi e lanciare un incantesimo di guarigione di primo livello.”

Si fissarono per un lungo momento, poi Cassius sospirò e disse: “Sei un po’ uno stronzo, lo sai questo?”

“Persone che mi piacciono più di te mi hanno detto di peggio.” Disse Draco. “Ora, se potresti cortesemente renderti utile…?”

Lui sospirò, ma tirò fuori la sua bacchetta e la puntò alla mano destra di Draco. Fece un respiro profondo, raddrizzandosi; poi mormorò lentamente e con cautela: “Epismendo.”

Era debole, ma funzionò e la ferita guarì abbastanza da far pensare a Draco di aver ripreso abbastanza controllo motorio nella mano da riuscire a lanciare incantesimi. Sembrò più smorzare il dolore, piuttosto che guarire effettivamente qualcosa, ma non ne era sorpreso. Epismendo era largamente guidato dalla volontà di chi lo lanciava ed era ovvio che Cassius fosse troppo preoccupato di sbagliare l’incantesimo per fare qualcosa di veramente utile. “Grazie.” Disse, invece di farglielo notare.

Estrasse la bacchetta dal mantello e la puntò alla sua mano sinistra. Si assicurò che i movimenti di bacchetta fossero precisi, ma non si scomodò a farli lentamente. “Tergeo.” Lanciò, facendo svanire i tessuti morti che erano stati bruciati. Cassius ebbe un conato di vomito e fu abbastanza divertente da fargli ignorare la maggior parte del dolore. “Epismendo.” Disse, ma non aveva paura, non esitò. Sapeva cosa stava facendo. La ferite non sparirono, ma ora sembravano vecchie di una settimana e grazie alla magia non si sarebbero cicatrizzate. Non era perfetto, qualsiasi studente guaritore gli avrebbe riso in faccia, ma sarebbe andato bene. Cambiò mano, stando più attento a lanciare correttamente con la sua mano sinistra, e ripeté il processo.

Le sue mani non erano completamente guarite, ma non erano più bruciate e sanguinolente e poteva usare correttamente la sua bacchetta. Era sufficiente. Era tentato di lanciarlo di nuovo, ma stratificare troppi incantesimi di guarigione in poco tempo era pericoloso. Era meglio se aspettava e guariva giorno dopo giorno invece di rischiare una ritorsione magica.

“Sai.” Disse Cassius. “Fai abbastanza spavento.”

Draco sbatté le palpebre, non capendo. “Tu fai spavento. Pettinati.” Disse, poi se ne andò. Se avesse corso, avrebbe ritardato solo di un poco a lezione.
 
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Harry notò le mani di Draco durante Pozioni, notò come praticamente ogni Serpeverde nella stanza pretese una spiegazione, e come Draco fece finta di nulla. Piton sembrava quasi… colpito, quando Draco si era presentato a lezione, il che non significava nulla di buono.

Ovviamente, non ebbe modo di fargli domande fino a quella notte, quando si incontrarono tutti nella loro classe.

“Finalmente!” Esclamò Blaise non appena Harry entrò. “Non ci vuole dire niente, ma forse con te parlerà!”

“Non c’è nulla da dire.” Disse Draco, testardamente. “State ingigantendo la cosa. Non dovremmo concentrarci sul capire cosa significa l’uovo urlante di Harry, piuttosto?”

Ron aveva gambe più lunghe, quindi raggiunse Draco per primo. Gli afferrò i polsi e li sollevo, così che tutti potessero vedere le ferite rosse e mezze guarite sulle sue mani. “Cos’è successo? Com’è potuto succedere? Sembrano vecchie, ma non ce le avevi questa mattina, da quanto dice Pansy. È stato Piton?”

Draco cercò inutilmente di sgusciare via, poi si arrese. “Non è che ogni cosa è colpa di Piton, sai. Non sono un maestro con gli incantesimi di guarigione, questo è il meglio che sono riuscito a fare.”

“Hai lanciato un incantesimo di guarigione su te stesso? È pericoloso! La magia curativa è estremamente volatile, chissà cosa sarebbe potuto succedere!” Esclamò Hermione.

“Oh, chiedo scusa, sarei dovuto andare… da chi, esattamente, per guarirmi? Se fossi andato in infermeria o da Flitwick avrebbero avvertito i miei genitori, il che non succederà. Stiamo ancora litigando.”

“Come ti sei fatto male, prima di tutto?” Chiese Harry. “Non può essere stato un semplice incidente. Se lo fosse stato, non staresti sprecando tempo cercando di mentirci.”

Lui incrociò le braccia. “Non sto mentendo!”

“Non ci stai nemmeno dicendo la verità.” Disse Blaise, incupito.

Harry avanzò finché non fu vicino, forse anche troppo vicino. Draco deglutì. Gli porse le mani e disse: “Io ti dico tutto. Sempre. Cosa stai cercando di nascondermi?”

La sua anima gemella non disse niente, fissandolo in silenzio per un lungo momento. Poi sospirò e mise le mani nelle sue. “Non è così importante. Era solo che non volevo che reagiste male.”

Harry massaggiò il dorso delle mani di Draco con il pollice, stando attento a non fargli male. Il gonfiore scarlatto sembrava particolarmente grottesco sulla pelle pallida di Draco. Continuò a tenergli le mani mentre Draco gli raccontava cos’era successo, cos’aveva fatto. Cosa Silente lo aveva obbligato a fare.

Quando finì, erano tutti in silenzio. Draco aveva la testa chinata, non guardando nessuno di loro, un rossore imbarazzato sulle guance. “Perché lo hai fatto?” Chiese Blaise. “È solo un’elfa domestica.”

Hermione si rabbuiò, ma Ron la sgomitò nel fianco prima che potesse dire qualcosa.

Draco alzò le spalle. “Se le mie opzioni sono piegarmi al volere di Silente o bruciarmi le mani, beh.” Un po’ della sua nonchalance si dissipò e aggiunse, a voce più bassa: “Winky non meritava di essere punita. È un’elfa fedele. Una buona elfa. Se puniamo elfi leali e buoni, allora… Allora la linea tra quello che stiamo facendo ora e quello che per noi sarebbe inaccettabile fare si assottiglia troppo.”

“Oh.” Disse Hermione, così piano che forse non era sua intenzione dire nulla.

Draco tossì e ritirò le mani, incrociando le braccia. Le mani di Harry erano stranamente fredde, ora che non stavano tenendo le sue. “Comunque, vabbè, non fa niente. Continuerò a guarirle ed entro qualche giorno saranno tornate normali e sarà come se nulla fosse successo. Okay? Abbiamo veri problemi a cui pensare.”

“Tipo?” Chiese Pansy, forzando un sorriso che sembrava quasi naturale.

“Tipo il fatto che dobbiamo far pubblicare l’articolo di Luna nel Profeta, altrimenti non avrà senso, e io non ho idea di come farlo. Tutti i contatti che ho al Profeta sono tramite mia madre; e normalmente non avrei problemi a chiedere un favore in suo nome, ma-“

“State litigando.” Finì Ron.

Pansy si girò verso Blaise. “Tua madre non stava uscendo con qualcuno del Profeta?”

“Non essere ridicola.” Rispose lui seccamente. “Mia madre non scenderebbe mai così in basso da avere a che fare con qualcuno in quella fascia di reddito. Vanno solo a letto insieme.”

“Bisogna pur guadagnarsi da vivere.” Disse Pansy e Harry fece una risata nasale. “Beh, io ho una prozia pazza che è tra i donatori principali, ma farla acconsentire sarà una rottura.”

“Longbottom potrebbe conoscere qualcuno.” Disse Blaise. “La sua famiglia è grande abbastanza da avere le mani in pasta dappertutto. Oppure i Brown. Potrei chiedere a Lavanda.”

“Potrei chiedere a Susan.” Suggerì Draco e Harry alzò entrambe le sopracciglia. Stava parlando della Tassofrasso con i capelli rossi?

I Serpeverde iniziarono a esclamare cognomi e menzionare persone specifiche che Harry non aveva mai sentito prima. Guardò verso Ron e lui alzò gli occhi al cielo. “Baggianate da borghesi.” Sussurrò, così che solo Harry e Hermione potessero sentirlo. “Potremmo semplicemente spedirlo in anonimo e probabilmente lo pubblicheranno. È un affronto talmente palese che il Profeta non sarà in grado di resistere. Loro ci mangiano con questa merda e adorerebbero se tu e Cedric aveste una rivalità.”

“Lo dirai anche a loro?” Chiese Hermione.

Lui scosse la testa. “No. Sarebbe meglio se riuscissimo a farlo pubblicare ufficialmente; e poi, loro si divertono con queste cose.” Tirò un mazzo di carte fuori dalla tasca. “Spara-schiocco?”

Lei rise e loro tre fecero una partita mentre i Serpeverde discutevano tra di loro. Il giorno dopo Harry avrebbe dovuto alzarsi presto per dirigersi a Hogsmeade, ma passare del tempo con tutti loro valeva la pena di perdere il sonno.

Non poté impedirsi di lanciare occhiate alle mani di Draco. Dovette reprimere uno scatto di rabbia ogni volta che lo fece.
 
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Era quasi l’alba quando Draco, Blaise e Pansy caracollarono nella loro Sala Comune. Si bloccarono tutti all’entrata.

“Uh…” Disse Blaise. “Ci siamo persi qualcosa?”

La Sala Comune era sempre pulita, ovviamente, ma ora…. Era praticamente tirata a lucido. Le tende, prima di un velluto verde generico, erano state ricamate con una fantasia di serpenti argentati. E le poltrone di pelle nera erano come nuove, senza graffi o punti visibilmente rappezzati con la magia. I muri erano… grigi? Aveva sempre pensato che la pietra fosse nera, ma a quanto pareva era il risultato di qualche secolo di fumo e polvere. I tavoli e le sedie erano stati lucidati e le sedie cuscinate erano state rimpiazzate. Arazzi che Draco non aveva mai visto erano ora appesi lungo il muro, così come svariati nuovi ritratti, i cui abitanti sembravano tanto affascinati di essere lì quanto lo erano loro di vederli.

“Winky.” Disse Draco e lei apparve con uno schiocco, la testa china. Indossava un vestito di seta grigia, con un colletto complicato e a vita alta. Le sue abilità di sarta stavano migliorando. “L’hai fatto tu?”

“Mip ha aiutato.” Disse, torcendosi insieme le mani.

“Perché?” Chiese, sconcertato.

Lei si incurvò. “Io- Io volevo chiedere scusa a padron Draco, di- di- perché- perché.”

“È notevole.” Disse onestamente e non poté impedirsi di sentirsi commosso per il suo sforzo. “Ma non era necessario. Tu sei la mia elfa e quindi una mia responsabilità.”

Winky alzò finalmente lo sguardo verso di lui, gli occhi che lampeggiavano, e disse a gran voce: “Padron Draco è il mio padrone, indi per cui è una mia responsabilità!”

Poi sparì con uno schiocco. Draco sbatté le palpebre. Non se l’era aspettato e non aveva idea di come reagire. Blaise sbadigliò e disse: “Non posso credere di aver appena sentito un elfo dire indi per cui.”

“Andiamo a dormire.” Dichiarò Draco. “Prima che questa giornata diventi ancora più strana.”

Pansy li baciò entrambi sulla guancia prima di incespicare verso la propria camera e Draco e Blaise si diressero nella direzione opposta. Si addormentò prima ancora di poggiare la testa sul cuscino.
 
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Harry era di nuovo in piedi prima dell’alba. Era andato a letto prima degli altri, ma non di molto, e avrebbe voluto dormire per tutto il giorno. Perché continuavano a farlo? Cos’avevano loro sei contro una notte di sonno decente?

Se non avesse dovuto farlo per Sirius e Remus, avrebbe sicuramente continuato a dormire. Ma siccome si trattava di loro, si trascinò fuori dal letto, si vestì al buio per evitare di svegliare qualcuno e s’incamminò verso Hogsmeade. Era un finesettimana di visite, quindi non dovette usare i passaggi segreti, ma era talmente presto che era l’unico in giro.

Il che poneva la domanda che non aveva pensato di chiedere fino a quel momento: come si sarebbero incontrati? I Tre Manici di Scopa avrebbe aperto per la colazione, cioè tra un altro paio di ore. Rimase in piedi di fronte alla porta, confuso. Era un po’ inquietante essere a Hogsmeade così presto la mattina. C’erano alcune persone sveglie che girovagavano, ma non molte, ed era strano vedere il villaggio, normalmente così affollato e pieno di vita, così vuoto.

Stava ancora cercando di capire se bussare o meno, quando udì un quieto abbaiare. Si girò e vide un gigantesco cane nero fare capolino dalla fiancata dell’edificio. “Felpato!”

Il cane iniziò a scodinzolare, per poi sparire dietro l’angolo. Harry si affrettò a seguirlo e arrivò all’entrata del pub. Felpato graffiò la porta ed emise un altro lamento. La porta si aprì e lui scivolò all’interno, seguito a ruota da Harry. Sembrava una stanza usata per banchetti o feste ed Harry ebbe solo un momento per guardarsi intorno prima che i suoi occhi si posassero sul suo ex professore. “Remus!” Disse, smagliante. “Ti vedo in forma!”

Lo era davvero. Indossava vestiti nuovi e, per una volta, non sembrava stanco. Stava più dritto con la schiena, più sicuro di sé, e c’era qualcosa in lui che non si poteva attribuire solo a vestiti nuovi e notti di buon sonno. Era come se si sentisse finalmente a suo agio nella sua pelle.

“Vero? Dice che questi nuovi vestiti lo fanno sembrare pomposo. Io invece dico che lo rendono affascinante.” Disse una voce roca e Harry si girò di scatto. Sirius era tornato nella sua forma umana e anche lui sembrava stare meglio. Era ancora un po’ troppo magro, un po’ troppo pallido, ma i suoi occhi erano vivaci e il sorriso sulle sue labbra sembrava genuino.

Harry si lanciò verso il suo padrino, circondandogli i fianchi con le braccia e affondando il viso nel suo petto. Poi si bloccò, chiedendosi se non avesse dovuto farlo. Si erano scambiati lettere per mesi, ma quella era solo la seconda volta che si incontravano di persona. Forse era strano e non avrebbe dovuto essere così felice di vederlo.

Non ebbe molto tempo per dubitare di sé prima Sirius lo strinse in una morsa schiacciante, una mano sulla sua schiena e una sulla nuca. Era strano, aveva ricevuto abbracci prima di quel momento – dai suoi amici e anche da qualche adulto – ma quando Sirius lo abbracciava sembrava…. paterno, quasi. Anche se non lo poteva sapere in prima persona. Ma non credeva di sbagliarsi.

“Eravamo così preoccupati!” Sussurrò Sirius, stringendolo a sé con intenso trasporto. “Draghi, come hanno potuto pensare di mandarti a combattere dei draghi? Ma sei andato alla grande, sei stato incredibile- hai cavalcato un drago! E puoi parlare Serpentese- “

“Giusto.” Disse Harry, cercando di inghiottire la sua paura.

Sirius si tirò indietro, ma tenne le mani sulle spalle di Harry. Il suo viso si fece serio e disse: “Tuo padre sarebbe molto orgoglioso di te, Harry. Anche più orgoglioso di quanto non lo sia io.”

“Davvero?” Chiese, illuminandosi.

Remus si avvicinò, mettendo una mano sulla schiena di Sirius e scompigliando i capelli a Harry con l’altra. “Sì. La tua prozia era una Rettilofona e l’aveva sempre ammirata. Sarebbe felicissimo di sapere che hai ereditato la sua abilità.” Sorrise, e il suo sguardo era pieno di ammirazione e orgoglio fece stare Harry un po’ più dritto con la schiena. “Sarebbe ancora più orgoglioso per averlo detto a tutti, per non aver nascosto chi sei. La tua prozia non l’aveva mai detto a nessun al di fuori della famiglia, perché aveva paura di quello che avrebbe detto la gente.”

Voleva limitarsi ad accettare il complimento, ma pensò a quello che gli avevano detto le sorelle Patil e… Avevano ragione. “È più facile per me. Posso cavarmela in modi che altri non possono permettersi. So che la stampa si annoierà di corteggiarmi prima o poi, va sempre a finire così, ma anche quando succede… Non penso che riceverei lo stesso tipo di sospetto e derisione che rivolgerebbero a chi non è me.”

Remus sbatté gli occhi per la sorpresa, poi il suo sorriso si allargò. “Non è mai facile andare contro i pregiudizi della gente e dire chi e cosa sei, anche contando i dubbiosi privilegi della tua fama. Stai facendo una buona azione, Harry.”

Harry abbassò la testa, arrossendo, e cambiò argomento. “Vi siete intrufolati qui di nascosto? Avremmo potuto incontrarci da qualche altra parte. Draco ha detto a Winky di sistemare la Stamberga Strillante, è abbastanza pulita ora. Beh, relativamente.”

“Abbiamo affittato una stanza da Rosmerta.” Disse Remus.

“Adoro quella donna.” Disse Sirius. “Così disposta a svendere la propria morale. Lo apprezzo molto in una persona.”

Sembrava serissimo. Harry sapeva che la maggior parte del consumo di alcol minorile della zona si doveva a Madama Rosmerta e alle sue fiacche regole sulla vendita di alcolici. Più soldi le venivano offerti, meno domande faceva. A quanto pareva, era il suo motto in generale. Beh, doveva pur guadagnarsi da vivere, come avrebbe detto Pansy.

“Andiamo.” Guidò Harry verso una sedia, per poi tirarne fuori una per accomodarsi davanti a lui. Ne calciò fuori una anche per Remus. “Abbiamo letto i giornali, ovviamente, ma raccontaci tutto. Come sapevi che ci sarebbe stata una viverna nella foresta ad ascoltarti?”

“Oh, l’ha evocata Draco.” Disse. “È la stessa che aveva evocato per combattere il basilisco, quando eravamo al secondo anno.”

La bocca di Sirius si spalancò. “Il che cosa?” 

“Oh santo Merlino.” Disse Remus. “Minerva non scherzava? È successo davvero?”

Harry li fissò. “Perché avrebbe dovuto inventarsi una cosa simile?”

“Dove e perché hai combattuto un basilisco?” Gli chiese Sirius. “Sono pericolosi quegli affari! E a dodici anni?”

Okay, wow, ci sarebbe voluto un po’ di tempo per raccontargli tutto. Harry cercò di riassumere velocemente gli eventi del secondo anno, ma finì per portargli via molto più tempo perché entrambi continuavano a interromperlo per chiedergli chiarimenti. Sì, Hermione aveva davvero distillato una pozione Polisucco nel bagno delle ragazze. No, Ginny non era davvero l’erede Serpeverde. Sì, Draco era riuscito a evocare una viverna selvaggia e un ashwinder gigante. No, Harry non si era tagliato con la zanna quando aveva pugnalato il diario. Sì, ingannare i Malfoy per fargli liberare il proprio elfo è stato fantastico come gli aveva raccontato. Quando arrivò alla prima prova erano passate quasi due ore e gli ci volle un’altra mezz’ora per concludere.

Stava descrivendo le facce dei giudici e Remus si stava mordendo le labbra per impedirsi di ridere, mentre Sirius non ci stava neanche provando. Stava ridendo così forte che da tenersi lo stomaco, piegato a metà sulla sedia. Era davvero bello vederlo ridere, lo faceva assomigliare alla sua figura nella foto del matrimonio dei suoi genitori.

La sua risata si stava spegnendo e Harry chiese: “Ehi, posso uh, posso farti una domanda strana? O meglio, un paio?”

“Certo.” Disse Sirius, asciugandosi gli occhi. “Siamo qui apposta.”

“Il mio nome è Harry? Cioè, solo Harry? Non è… Harold?”

Il divertimento scivolò via dai loro visi e si pentì di averlo chiesto. Gli piaceva di più quando sorridevano.

Remus parlò a bassa voce. “Non è Harold. Sul certificato di nascita il tuo nome è Harry.”

“James è sempre stato tormentato dall’avere un nome inglese.” Disse Sirius, le labbra incurvate in una pallida imitazione del suo sorriso di un minuto prima. “Alcuni giorni gli piaceva, altre volte gli dava fastidio essere una delle poche persone nella sua famiglia a non avere un nome tradizionale. Quindi, Lily pensò ad Harry. Doveva essere… beh, non volevano essere costretti a scegliere. Non volevano che tu fossi costretto a scegliere. Quindi Harry, un buon nome inglese. E Hari, un buon nome indiano. È scritto con la pronuncia inglese sul tuo certificato di nascita, ma… Avresti dovuto averli entrambi.” Si incurvò e quella traballante imitazione di un sorriso gli cadde dalla faccia. “Mi dispiace che tu non sia cresciuto con entrambi.”

“Ehi.” Non era sua intenzione rintristirli. “Va tutto bene.” Desiderava essere cresciuto in maniera diversa, con dei genitori che lo amavano, senza essere la persona più scura in qualsiasi stanza capitasse. Ma non poteva cambiarlo, non esisteva una Giratempo abbastanza potente per farlo. “Potete dirmi quello che mi è mancato. Mio papà parlava un’altra lingua? La parlava, vero? È una cosa da maghi e lui era un mago.”

La faccia di Sirius si fece un po’ meno scura. “Sì, certo. Parlava più lingue di tutti noi quando abbiamo iniziato Hogwarts, anche se Lunastorta lo aveva superato quando ci siamo diplomati. Parlava latino e greco, ovviamente, ma anche arabo, hindi, bengalese e sanscrito. Ma la sua prima lingua era tamil.”

“Tamil?” Chiese. Non lo aveva mai sentito prima.

Remus parlò in una lingua che non riconobbe, le parole che scrosciavano l’une sulle altre troppo velocemente perché Harry potesse anche solo cercare di distinguerle; ma gli piacque come suonava, quasi come una melodia. Era la lingua di suo padre. Avrebbe dovuto essere anche la sua lingua.

Harry non poteva passare il resto del giorno nascosto, le persone avrebbero spettegolato; ma lo fece comunque. Rimase con loro fino a mezzogiorno, ascoltando storie sui suoi genitori dai loro due migliori amici.
 
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Il tempo sembrò scorrere più in fretta dopo quel fine settimana a Hogsmeade e tutto sembrò… Più calmo, più facile. Doveva ancora venire a capo dell’uovo urlante, ma le cose non gli sembravano più così disperate e affrettate come lo erano la settimana passata. Le lezioni tornarono alla normalità, Krum era al tavolo Grifondoro quasi ogni giorno, incollato al fianco di Hermione, Draco passava il suo tempo libero con gli studenti di Beauxbatons parlando in francese stretto, la squadra di Quidditch si allenava in una radura che Hagrid aveva trovato per loro e Harry continuava a scrivere lettere a Sirius e Remus.

Non riusciva a togliersi dalla testa il suono del tamil. Anche Sirius lo parlava. Desiderò non dover passare l’estate dai Dursley. Forse, se avesse passato l’estate con il suo padrino e Remus, glielo avrebbero potuto insegnare. Di Sirius non ne era sicuro, ma sapeva che Remus era un insegnante fantastico. Ma… avrebbe dovuto aspettare. Era sempre stato costretto a passare l’estate con i Dursley.

Era finalmente riuscito a tornare nel ritmo dell’anno scolastico, quindi la McGonagall lo colse totalmente impreparato quando ricordò loro che il Ballo del Ceppo si avvicinava, sottolineando non troppo velatamente che i campioni avrebbero aperto il ballo con le prime danze. Era un incubo. Almeno sembrava che Ron concordasse con lui.

Quella notte, Pansy sospirò e si strinse la radice del naso. “Te ne eri dimenticato? Come hai fatto a dimenticartene? È un ballo!”

“Hai bisogno di lezioni.” Disse Draco. Era un’affermazione, non una domanda, e Harry avrebbe potuto indignarsi se non avesse avuto totalmente ragione. Avrebbe dovuto danzare davanti a tutti e non aveva idea di come farlo senza fare casino.

Ron non ne era per nulla impressionato. “Eravamo impegnati. Con chi ci andrete, visto siete così preparati?”

“Viktor me lo ha chiesto settimane fa.” Disse Hermione. “Mi dispiace, avrei dovuto sapere che nessuno di voi due lo aveva chiesto a qualcuno, ma mi sono dimenticata.” Ron fu sul punto di dire qualcosa ma si trattenne e Harry gliene fu grato. Era una discussione da fare in un altro momento, magari quando non c’erano gli altri.

“Io porto Luna.” Disse Draco, senza guardarlo. Harry inghiottì un groppo. Draco poteva anche essere la sua anima gemella, ma non era nemmeno un’opzione. Non avrebbero mai potuto andare insieme ad un evento pubblico come un ballo, non quando fingevano di odiarsi. Non sapeva nemmeno se Draco avrebbe voluto andarci con lui, in ogni caso. “Se non ci va con uno studente più grande non può venire.”

Blaise alzò le spalle. “Lavanda Brown me l’ha chiesto la settimana scorsa.”

“È una Grifondoro.” Gli fece notare Ron.

“È gnocca.” Rispose Blaise, annoiato. “E una purosangue e ricca. In più, i Brown fanno tecnicamente ancora parte della Dinastia dei Severi. Non che importi ancora, ma almeno farà piacere a mia madre.”

“Tua mamma vuole che frequenti qualcuno della famiglia? Scandaloso.” Lo stuzzicò Pansy.

Blaise alzò gli occhi al cielo. “I Brown sono arrivati in Inghilterra un millennio prima di noi, non penso di avere di che preoccuparmi. Probabilmente ho più sangue in comune con te che con loro.”

“Aspetta.” Disse Hermione, le sopracciglia corrugate. “Sei… Non intendi mica la Dinastia dei Severi, quella dei discendenti di Settimio Severo?”

“Ce n’è un’altra?” Chiese Blaise. “Credo che ne avrei sentito parlare, se così fosse.”

“Mi dimentico sempre che sei di sangue blu.” Disse Ron.

Hermione sembrava sconvolta. Harry non aveva idea di quello che stavano dicendo, come al solito. “Uh, ragazzi, una spiegazione? Per favore?”

“Un conto è essere un purosangue.” Disse Draco. “Un conto è essere Blaise. Può scorrere indietro sul suo albero genealogico fino a circa tremila anni fa, dall’Africa a Roma all’Inghilterra.”

“Da parte di mia madre.” Puntualizzò Blaise. “Chissà cosa c’è su quello di mio padre.”

“Oh, sono sicuro che sia un purosangue rispettabile, altrimenti tua madre non l’avrebbe scelto, chiunque lui sia.” Disse Pansy.

Harry doveva sembrare ancora confuso, perché Ron disse: “Blaise è il discendente diretto di Settimio Severo, un imperatore di Roma rimasto in carica per cinquant’anni.”

“Dal 145 al 211 dell’era comune.” Disse Hermione. Harry non sapeva come descrivere la sua espressione. Probabilmente non significava nulla di buono.

“Corretto.” Disse Blaise, sorpreso. “Fu anche il capo della setta magica di Roma e, per quanto il suo regno come imperatore dei Babbani fu breve, la mia famiglia ha regnato più a lungo tra maghi e streghe.”

“Circa mille anni più a lungo.” Disse seccamente Ron. Harry rimase a bocca aperta. “La tua famiglia l’ha finalmente resa una democrazia, quando? Nel milletrecento?”

Blaise tirò su col naso. “Anno 1234 dell’era comune.”

“E la tua famiglia è rimasta in posizioni di potere da allora.” Disse Ron. “Dovremmo andare con te in Italia, qualche volta. Scommetto che sarebbe interessante.”

Draco e Pansy sorrisero e Blaise fece un’espressione offesa. “È uno spasso.” Convenne Pansy.

“Non è così terribile come con Harry in pubblico, ma ci si avvicina.” Disse Draco.

“In ogni caso.” Disse Blaise, palesemente cercando di dirottare la conversazione da quell’argomento. “I Brown sono un ramo della famiglia, anche se distante, e mia madre sarà contenta se faccio il carino. E poi, Lavanda è più che attraente e compensa per la sua Casa.”

Pansy si fece impietosire e annunciò: “Io ci vado con Flint.”

Calò un silenzio spettrale. Harry si schiarì la gola. “Posso chiedere il motivo?”

“No.” Rispose lei.

“Oh.” Disse, deluso. “Ok.”

Lei sorrise. “Scherzo. Vado con lui perché i suoi muscoli hanno i muscoli e mi ci arrampicherò come se fosse un albero. Finché non parla troppo, sono convinta che sarà una serata molto piacevole.”

“Ci sono altri ragazzi carini, Pansy.” Disse Draco, in agonia.

Harry sbatté le palpebre. Perché lo diceva? Li stava guardando?

Non appena il pensiero gli attraversò la mente, volle tirarsi un pugno in faccia. Non riusciva stare calmo per due secondi?

“No, Pansy ha ragione.” Disse Hermione, riscuotendosi da qualsiasi cosa l’avesse resa pensierosa poco prima. “Flint è un cavernicolo, ma è un cavernicolo in forma."

“Possiamo smettere di parlarne?” Chiese Ron. “Vi prego. Qualsiasi altra cosa va bene. Qualsiasi altro argomento di conversazione.”

“Avete visto la copertina del Settimanale delle Streghe?” Tentò Blaise. “A quanto sembra, Harry ha un harem. Che comprende l’intera Casa Grifondoro. Hanno citato Finnigan e, tra tutte le persone per cui potevano spacciarsi, non riesco a capire perché abbiano scelto lui.”

“Oh, no, Seamus l’ha detto davvero.” Disse Harry. “Lui e Dean hanno aggiunto molti dettagli, ma fortunatamente non sono stati pubblicati. Mi ha detto che voleva aiutare a far sparire tutti gli articoli che dicevano fossi oscuro o robe del genere solo perché sono un Rettilofono. Non credo che questo abbia aiutato, in verità, ma apprezzo lo sforzo.”

Ron si strofinò una mano sul viso. “Qualcos’altro? Possiamo avere una conversazione normale, per favore?”

“No.” Dissero in coro. Ron lanciò un’occhiataccia a tutti, ma Harry non capiva proprio cos’altro si aspettasse.

 
-
 

Draco aveva quasi finito il suo saggio di Incantesimi - esageratamente lungo. Per farlo aveva saltato le loro sessioni di incontri a tarda notte per lavorare in biblioteca. Fu costretto a sfogliare quasi ogni taccuino di incantesimi che aveva usato, cercando di individuare la ragione comprovata per cui aveva scelto di fare qualcosa, visto che non poteva semplicemente scrivere che l’aveva letto da qualche parte. Fu anche costretto a fare da solo le equazioni, ma quelle le fece ricontrollare a Hermione. Erano tutte giuste, con sua soddisfazione, ma desiderò di essere così preciso in tutti gli aspetti dell’Aritmanzia e non solo nelle parti che riguardavano la costruzione degli incantesimi.

Questo significava che l’ora di andare a dormire era passata da un pezzo quando tornò alla propria stanza, e l’alba era fin troppo vicina. Perché lo stava facendo? Quel saggio non importava neanche. Aveva un voto eccellente in Incantesimi e buona parte del suo tempo libero la passava nell’ufficio di Flitwick, aiutandolo a correggere e a pianificare le sue lezioni per quell’anno. Quel saggio era una sofferenza inutile.

Beh, pazienza. Lo aveva quasi finito, in ogni caso. Sarebbe stato ancora più inutile darsi tutta quella pena per scriverlo e poi non consegnarlo.

Era così preso dai suoi pensieri che si scontrò con qualcuno mentre entrava nella Sala Comune Serpeverde, spedendo entrambi a ruzzolare sul pavimento. “Che diavolo?!” Scattò, prima di intravedere dei capelli rossi. Era uno dei gemelli Weasley, si stava massaggiando la testa e indossava un pigiama un po’ troppo grande per la sua taglia. “Che ci fai tu qui? Chi ti ha fatto entrare?”

“Uh.” Disse, pallido e con gli occhi sgranati.

Fu allora che notò i succhiotti che gli ricoprivano il collo e i pezzi del puzzle andarono al loro posto. “Per le palle di Merlino.” Disse. “Vai a letto con Cassius?” Ecco perché era così contrario a far entrare Draco in camera sua prima.

George, doveva essere George, gli schiaffò una mano sulla bocca. “Ti prego, non dire nulla.” Sussurrò. “Si arrabbierebbe molto se qualcuno lo scoprisse.”

Draco sapeva di essere l’ultima persona al mondo che poteva fare la ramanzina riguardo al nascondere segreti, ma George gli piaceva. Gli scostò la mano. “Sei sicuro che sia una buona idea essere il piccolo sporco segreto del tipo per cui hai una cotta enorme? E comunque, da quanto va avanti questa storia? Pensavo che Cassius continuasse a dirti di no.”

“La notte della festa che hai organizzato. È- noi non- è stato un incidente.” Ammise. “E non è solo- lui è davvero carino, è così, solo che non vuole che nessuno lo sappia. Me l’ha detto sin dall’inizio. Quindi, va bene. Va tutto bene. Non dire nulla, per favore.”

Tu vorresti che la gente lo sapesse?” Chiese Draco e uno sguardo di puro desiderio lampeggiò sul viso di George prima che riprendesse il controllo e indossasse un’espressione neutra. “Oh, wow, ok.”

George gli afferrò le spalle, gli occhi che luccicavano, ed era sbagliato, non aveva mai visto nessuno dei gemelli così vulnerabile. Non gli piaceva. “Draco! Ti prego. Io custodisco i tuoi segreti. Custodisci i miei. So già che finirà male, ok? Non m’interessa.”

“Non dirò nulla.” Promise.

George si rilassò immediatamente. Gli scompigliò i capelli, sussurrando un “Grazie”, prima di sparire nel corridoio, verso la sua Sala Comune.

Beh. Cazzo.
 
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Avevano appena finito un allenamento di gruppo di Quidditch, uno in cui Harry fece del suo meglio per non fissare costantemente Draco. Per la maggior parte c’era riuscito, quando Cedric gli si avvicinò con gli occhi ridenti. Si fece immediatamente sospettoso. “Harry, ehi, sei impegnato adesso? Devi andare da qualche parte?”

“No, direi di no.” Disse, guardingo. “Perché?”

“Krum mi ha chiesto di fare un’amichevole, visto che siamo entrambi Cercatori e, visto che alcune persone palesemente mal informate potrebbero dire che sei il miglior Cercatore di Hogwarts, pensavo che magari volevi unirti?” Chiese. Era chiaramente più coinvolto in quella faccenda di quanto dimostrava. Qualcuno doveva averci scommesso dei soldi.

Tutti i presenti si zittirono, aspettando non troppo velatamente la sua risposta. “Sì, va bene.” Sospirò. “Ora? Viktor sta venendo qui?”

“Pensavamo di farlo sopra al Lago Nero, in verità.” Disse Cedric. C’era qualcosa che non gli stava dicendo.

Scoprì cosa fosse quel qualcosa quando arrivarono a destinazione. Sembrava che la maggior parte delle tre scuole si fosse riversata sui terreni, circondando con foga il Lago Nero. Harry si girò verso Cedric, fulminandolo. “Pensavo fossimo amici!”

“Lo siamo!” Disse lui, passando un braccio intorno alle spalle di Harry. “Sarà divertente! Non ti costringerò se non vuoi, ma ti piace ricevere attenzioni se è per il Quidditch, giusto? Questa è una competizione alla pari, senza vecchi calici difettosi di mezzo.”

Viktor li stava aspettando al limitare del lago e li salutò con un braccio. Hermione era poco più avanti della folla, dietro di lui e di fianco a Cho. “Okay, hai ragione, va bene.” Si arrese, avvicinandosi assieme a lui. Gli era mancato volare davanti a una folla. “Chi farà da arbitro?”

“Al vostro servizio!” Disse Fleur, scivolando fuori dalla folla come se fosse apparsa dal nulla.

“Non riesco ancora a credere che la tua scuola non abbia il Quidditch.” La prese in giro Cedric. “È un’abilità importante!”

Viktor fece dei veementi gesti secchi all’altezza del collo, ma era troppo tardi. Fleur inarcò un sopracciglio. “Oh, sì, beh il nostro curriculum non comprende applicazioni della magia così… banali. Ma sono sicura che la vostra dimostrazione sarà sbalorditiva.”

“Fleur è il capitano della nostra squadra di planata.” Disse uno studente di Beauxbatons che Harry non riconobbe. “Riuscirebbe a prendere un Boccino più velocemente di tutti voi.”

“Clarence!” Lo rimproverò Fleur. “Non rovinare il loro giochino! Non sarebbe corretto se partecipassi io.”

Harry e Cedric si guardarono, chiaramente pensando la stessa cosa. Viktor sembrava rassegnato. “Oh, ma insistiamo.” Disse Cedric. “Detesteremmo escluderti dalla festa.”

“Oh, beh, se insistete.” Disse Fleur, uno scintillio nello sguardo che quasi fece dubitare Harry. La ragazza alzò la propria bacchetta. “Accio Nimbus!” La sua scopa sfrecciò fuori dalla sua carrozza e si fermò davanti a lei. Gli studenti di Beauxbatons si misero a fare il tifo dall’altra sponda del lago. Fleur si toccò con la bacchetta e pronunciò un incantesimo che Harry non riconobbe e i suoi vestiti cambiarono, mutando mentre li indossava ancora. Invece di vestiti semplici e larghi, ora calzava un’uniforme azzurra e attillata che assomigliava più a quello che loro indossavano sotto alle protezioni. Si incantò i capelli perché si annodassero in uno chignon stretto sulla nuca e guardò verso di loro, in attesa. Le sue scarpe scomparvero del tutto, lasciandola infine scalza nella sabbia. “Pronti?”

“Farò io da arbitro.” Si propose Clarence, prima di guardarli. “Se per voi va bene.”

Tutti annuirono. Angelina si fece strada tra la folla e consegnò a Clarence il Boccino, assicurandosi di fare l’occhiolino a Harry prima di unirsi al resto dei giocatori di Quidditch, che si erano spostati più vicino. Harry evitò di guardare la squadra Serpeverde perché era abbastanza sicuro che non sarebbe riuscito a impedirsi di fissare Draco, il che sarebbe stato… terribile.

Clarence lanciò un Sonorus su di sé, prima di rivolgersi alla folla riunita. “Salve a tutti! La competizione iniziale si è ampliata: parteciperanno anche Harry Potter e Fleur Delacour!”

Tutti esultarono. Che la gara tra Viktor e Cedric fosse qualcosa di pianificato in anticipo? Doveva esserlo, visti i presenti. Dovevano davvero iniziare a dirgli le cose.

“Le regole sono semplici. Libereremo il Boccino tredici volte. Chi lo catturerà più volte sarà il vincitore. Chi meno, sarà il perdente.” Si girò verso di loro. “Montate!”

Lui, Cedric e Viktor salirono sulle loro scope. Fleur appoggiò la sua per terra. “Su!” Comandò, il palmo della mano verso il basso, ma mentre la scopa si alzava girò la mano verso l’alto e la sua scopa si sollevò sopra le loro teste.

“Che diavolo?” Mormorò Cedric.

“In volo!” Comandò Clarence.

Fleur sfoderò la bacchetta, la puntò a terra e pronunciò: “Ventlabis!” Lo spazio di fronte a lei luccicò di magia. Lei si infilò la bacchetta nella manica, guardò verso di loro, gli fece un occhiolino e pestò il quadrato ricoperto di magia.

Venne catapultata in aria e salì di un centinaio di metri prima di cominciare a cadere. Harry andò nel panico, ma fu una preoccupazione inutile. Fleur fece una capriola mentre scendeva, per poi atterrare con grazia sulla sua scopa, i piedi piantati saldamente sul manico.

“Porca troia.” Susurrò Harry. “È la cosa più figa che abbia mai visto.” Cedric annuì, concorde.

“Ho detto in volo!” Ripeté Clarence.

Presero quota fino ad arrivare dov’era Fleur. Stava sorridendo.

“Come fai a tenerti in equilibrio?” Chiese Harry, ammirato. “Stai in piedi per tutto il tempo?”

“Certo.” Disse lei. Poi perse un po’ del suo compiacimento e disse: “Posso provare a insegnartelo più tardi, se vuoi.”

“Sì.” Dissero Harry e Cedric, prima ancora che avesse finito di parlare.

“Io ci ho già provato.” Ammise Viktor. “Sono negato, ma non mi dispiacerebbe fare un’altra lezione.”

Si concentrarono tutti sul terreno mentre vedevano una saetta dorata salire nell’aria, sfrecciando intorno a loro. La voce aumentata magicamente di Clarence li raggiunse anche se, ora che Harry ci faceva caso, poteva vedere che non era da solo. Lee era apparso ad offrire il proprio commentario. Fantastico. “Giocatori,” disse Clarence, “iniziate!”

Harry fece fatica a concentrarsi perché continuava a distrarsi guardando Fleur. Cavalcava la sua scopa come se fosse una tavola da surf, muovendosi senza fatica intorno a loro, direzionando la scopa solo con i piedi; e Harry nemmeno sapeva che fosse possibile.

Cedric catturò il Boccino una volta e Harry e Viktor riuscirono a prenderlo un paio di volte.

Fleur lo catturò otto volte.

Harry si chiese che scandalo avrebbe causato se si fosse trasferito a Beauxbatons solo per entrare nella loro squadra di planata.
 

 
-
 

Draco stava uscendo dalla lezione di Aritmanzia, quando qualcuno lo prese sottobraccio e lo tirò via per il corridoio, nella direzione opposta in cui voleva andare. La direzione opposta della Sala Grande, che ospitava la cena. Aveva fame!

“Susan.” Sospirò, cercando inutilmente di liberarsi. “È davvero necessario?”

“Voglio parlare lontano da orecchie indiscrete.” Disse lei, prima di spingerlo in uno sgabuzzino. Era del tutto vuoto e un po’ troppo pulito perché Draco fosse a proprio agio. Se dei posti sperduti erano troppo puliti solitamente era segno che qualcuno li usava per farci sesso. Avrebbe davvero preferito se Susan non lo avesse trascinato in uno sgabuzzino delle sveltine. “Con chi vai al ballo?”

“Mia cugina.” Disse. “Vuole venire e nessun’altro l’avrebbe portata.”

“Trovale un altro accompagnatore e vieni con me, invece.” Disse Susan.

Draco la fissò. “Sono onorato, davvero- “

“Oh, taci. Hai un bel faccino, ma tutto il resto della mercanzia è sbagliata. Non te lo sto chiedendo perché mi piaci, te lo sto chiedendo perché voglio mandare un messaggio. Ti piacciono queste cose, non è così?”

“Che messaggio vuoi mandare?” Chiese, guardingo. Una Tassofrasso non dovrebbe poter sembrare così subdolo. Era tremendamente disagevole.

“Io sono una Bones e tu sei un Malfoy.” Disse lei. “Mia zia sta occhieggiando la poltrona del Ministro della Magia. L’incompetenza di Fudge gli costerà il licenziamento prima o poi e io credo che sia ora di movimentare un po’ le cose.”

“Se stai cercando di usarmi per arrivare a mio padre, apprezzo la tua efferatezza, ma stai parlando con la persona sbagliata.” Le disse. “La mia opinione non influenzerebbe il suo voto.”

“Lo farebbe, in realtà, ma non m’interessa di tuo padre. M’importa di me. Che mia zia riceva la nomina o meno, intendo seguire i suoi passi verso il governo. Non riuscirò a farlo se le persone pensano che io sia solo un’altra delle marionette di Silente. Sarebbe d’aiuto a mia zia se la sua nipote preferita fosse una nota moderata? Sì. Lo sto facendo più per la mia futura carriera che per altro? Di nuovo, sì.”

“E pensi che andare al ballo con me dia questi risultati?” Gli chiese, scettico.

Lei alzò un sopracciglio. “Penso che il ballo pullulerà di giornalisti grazie al Torneo. Non finiremo in prima pagina, ovviamente, quella è riservata a qualsiasi cazzata si inventeranno sul conto di Harry Potter. Ma riceveremo di sicuro una menzione nelle pagine di società e quello sarà il primo passo. Sono una Tassofrasso, Draco. Chi va piano va sano e va lontano, eccetera.”

“Potresti semplicemente truccare la gara.” Si sentì in dovere di far notare. Susan non sembrava impressionata. “Io che ci guadagno?”

“Avrò un debito con te.” Disse lei.

Poteva non sembrare molto, ma i Bones erano una famiglia potente e Susan era chiaramente sulla strada per diventare una donna potente. E poi, andare con lei non sarebbe stato un peso. Era carina e intelligente ed era abbastanza Serpeverde da non risultare noiosa. “Sì, ok, va bene. Andata.”

“Eccellente.” Disse lei, fin troppo compiaciuta. Draco non poté impedirsi di incupirsi. “Assicurati di venirmi a prendere davanti alla mia Sala Comune. Immagino tu sappia dove si trovi.”

Scivolò fuori dallo sgabuzzino prima che potesse formulare una risposta a quell’affermazione, senza nemmeno poterle andare dietro. Doveva passare almeno cinque minuti in quel buco prima di andarsene, se non voleva dei pettegolezzi su lui e Susan Bones in giro per la scuola.

Il suo stomaco brontolò. Fantastico.

 
-
 

I Serpeverde avevano promesso loro delle lezioni, quindi anche se non era un giorno in cui si sarebbero dovuti incontrare di solito, Harry e Ron andarono verso la loro classe dopo aver finito la brutta copia dei loro saggi di Trasfigurazione. Avevano entrambi intenzione di chiedere a Pansy di controllarli. Draco e Hermione erano più bravi a scrivere saggi, ma Pansy riusciva a dare un’occhiata a svariati metri di pergamena in un paio di minuti e poi dirgli tutti gli errori fattuali che avevano compiuto. Era notevole. E terrificante.

Quando scivolarono dentro c’erano tutti tranne Draco. C’era della musica che sembrava venire dal nulla e Blaise stava guidando cautamente Hermione per la stanza con dei passi di danza semplici. “Sei brava.”

Lei arrossì. “Viktor mi ha dato delle lezioni. È… un buon maestro.”

Ron assottigliò lo sguardo. Pansy saltò in piedi ed esclamò, un po’ troppo forte e arzilla: “Harry! Ron! Finalmente siete arrivati. Sapete, se avete bisogno di aiuto per trovare un partner per il ballo, posso aiutarvi.”

“Oh, uh.” Ron si strofinò la nuca. “Ho trovato qualcuno, in verità.”

“Cosa?” Disse Harry. “Come? Quando? Sono passati, tipo, due giorni!”

“Chi?” Chiese Hermione, interessata.

La porta si spalancò, interrompendo qualsiasi risposta Ron stesse pensando di dare. Draco era scuro in volto. “Harry, ho bisogno che tu mi faccia un favore.”

“Certo.” Disse lui, preso in contropiede, scordandosi di colpo qualunque pensiero su Ron e il suo appuntamento. “Cosa c’è?”

Lui calciò la porta per chiuderla. “Porta Luna al ballo.”

Oh. Beh, meglio che cercare di trovare un appuntamento da solo. “Certo. Però pensavo che la portassi tu.”

“Vero. Ma Susan vuole usarmi come stratagemma mediatico e io ho detto di sì. Luna vuole tanto venire e non voglio che vada con chicchessia. La scaricherei a Longbottom, ma porta già Ginny.”

“Lui cosa?” Chiese Ron. “Da quando?”

Draco alzò gli occhi al cielo. “Rilassati, è Longbottom. La tua sorella demoniaca potrebbe masticarlo e sputarlo se le andasse. Sarei più preoccupato per lui che per lei.”

Ron gli lanciò un’occhiataccia, ma alzò le spalle perché, beh, aveva ragione.

“Andrò con Luna, non c’è problema.” Disse Harry. Il pensiero di Draco che andava con Susan gli fece annodare lo stomaco, ma era abbastanza sicuro di star esagerando.

Blaise si schiarì la gola. “Beh, ora che siamo tutti d’accordo… Lezioni di danza? Non starò alzato fino a tardi per questo. Mi farò un’intera notte di sonno per una volta, a costo di morire.”

“Melodrammatico.” Disse Pansy, ma porse la mano a Harry. “Devo andare anch’io da qualche parte, quindi muoviamoci.”

“Dove vai?” Chiese, prendendole la mano. Lei gli mise una mano sul suo fianco e posò la propria sulla sua spalla.

“Mi vedo con Flint nella torre di Astronomia. Per aiutarlo a studiare.” Disse lei, per poi ridere quando tutti emisero versi lamentosi. Nessuno studiava nella torre di Astronomia.

“Bello.” Disse Hermione, mentre Blaise la faceva volteggiare. A Harry piacevano i ragazzi e poteva ammettere che Flint fosse ben piazzato, ma non riusciva a capire cosa ci trovassero. Bleah.

Draco offrì la mano a Ron, che la prese. Aveva un’idea più chiara sul da fare rispetto a Harry, perché gli mise una mano sul fianco senza esitare. Passarono la mezz’ora successiva a quel modo, con Blaise e Hermione che danzavano dolcemente per la stanza e il resto di loro… non altrettanto. Ron riuscì ad afferrare il concetto a metà lezione, ma doveva continuare a guardarsi i piedi per non pestare quelli di Draco che, ogni volta che succedeva, rilasciava un urlo indignato che era più scena che dolore.

Harry era un disastro.

Era un Cercatore, normalmente era abbastanza bravo nelle faccende fisiche, ma non riusciva proprio a concentrarsi. Continuava a sbattere contro Pansy, o muoversi quando non doveva, o inciampare nei propri piedi.

“Harry!” Esclamò Pansy. “Dai, devi capire come fare. Dovrai ballare di fronte a tutti e ci saranno dei giornalisti!”

“Vuoi farmi venire un attacco di panico?” Chiese. “Ci sto provando!”

“Provaci di più.” Gli disse, per niente compassionevole. “Devo andare, Flint mi sta aspettando.”

Blaise si inchinò verso Hermione. “Anche io. Mi manca il mio letto. E poi Hermione non ha bisogno del mio aiuto.”

Harry si mise le mani nei capelli, frustrato, e Draco disse: “Io posso continuare.”

“Cosa?” Alzò lo sguardo, il cuore in gola.

“Se a Ron non dà fastidio posso, uh, aiutarti io a fare pratica.” Disse.

Ron fece un passo indietro. “No, non mi dà per niente fastidio. Ne hai bisogno più te di me, amico.” Gli diede una manata sulla spalla, poi si girò verso Hermione. “Ehi, mi aiuti con il mio saggio di Trasfigurazioni?”         

“Pensavo che lo avessi finito.” Gli disse, confusa. “E poi, Pansy aveva detto che ti avrebbe aiutato.”

“Beh, sai che ami dirmi quanto io sia nel torto, quindi perché non me lo controlli tu?”

Lei sbuffò, ma disse: “Ok.”

“Fantastico!” Le afferrò la mano. “Andiamo.”

“Ora?” Chiese lei, sorpresa. “Ron, è notte fonda- “

“Non è mai troppo tardi per imparare!” Disse lui allegramente, trascinandola fuori dalla stanza. “Buona fortuna, ragazzi!”

La porta sbatté dietro di lui. C’era silenzio, a parte la melodia in sottofondo, e Draco tossì prima di porgergli la mano. “Allora. Balliamo?”

“Giusto.” Disse, poi deglutì due volte perché aveva la bocca secca. Premette una mano sulla curva della schiena di Draco e lui si tenne alla sua spalla, mentre le altre erano premute insieme. “Scusa se faccio pena.”

“Non ti preoccupare.” Disse Draco. Non capiva perché erano molto più vicini di quando ballava con Pansy, ma non riusciva a trovare la forza di allontanarsi. “Solo… Rilassati. Non è difficile. Seguo lezioni di ballo da quando ero bambino.”

“Già, non è difficile per te proprio perché hai ricevuto lezioni di ballo da quando eri bambino.” Rispose.

Draco gli fece un sorriso. “Se ce la facevo io a sette anni, puoi farcela anche tu. Almeno tu vai con Luna, è una ballerina eccellente, molto più brava di me. Ti farà sembrare più bravo di quanto sei.”

“Fantastico.” Disse. “Uh, bene. Eccellente.”

Smisero di parlare dopo quello scambio, eccezion fatta per le istruzioni mormorate di Draco. Forse il suo problema con Pansy era solo che non riusciva concentrarsi, mentre con Draco riusciva a seguire con facilità, non gli pestava i piedi o inciampava nei suoi. Poteva sentire il calore emanato da lui e non faceva freddo lì, il camino scoppiettava, ma non poteva impedirsi di essere comunque attratto da quel calore.

Draco lo guidò per farsi girare, per poi tornare perfettamente tra le sue braccia, sorridendo. “Visto? Ce la farai. Andrai bene.”

“Sì.” Disse, deglutendo. “Io… So che non possiamo, ovviamente, ma io… Voglio solo che tu sappia che, se potessi, avrei voluto chiedere a te di andare al ballo.” 

Draco si bloccò e Harry inciampò, facendo del suo meglio per non far cadere tutti e due. Si morse il labbro, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato, temendo di aver rovinato tutto parlando troppo presto. “Davvero?” Gli chiese Draco a bassa voce, qualcosa di cauto nel suo viso. Qualcosa di speranzoso e incredulo che fece pensare a Harry che forse avrebbe dovuto dire qualcosa prima.

“Vorrei poterci andare con te e ballare con te così davanti a tutti.” Disse, perché era inutile cercare di tornare indietro a quel punto. Il cuore gli batteva così veloce che temeva gli scoppiasse nel petto. “So che siamo anime gemelle, ma non penso che questo renda un “noi” inevitabile. Quindi… Ti voglio. E ti scelgo. Perché sei tu, non per i marchi sui nostri fianchi.”            

Il suo sorriso sbocciò piccolo, ma poi crebbe finché non gli riempì metà del viso e Harry non riuscì a non sorridergli di rimando. “Scemo.” Disse affettuosamente Draco. “Come se dei marchi potessero costringermi a sopportare tutte le pene che mi dai. Mi piaci, ti voglio, perché sei Harry. Solo Harry. È solo questo che mi importa.”

“Ti importa di me?” Chiese, giusto per essere sicuro, perché sembrava troppo bello per essere vero.     

“Ovviamente.” Disse, laconico, e incorniciò la guancia di Harry con la mano. Harry gli circondò la vita con un braccio e se lo tirò vicino finché non furono premuti insieme, ma non riuscì a muoversi di un altro centimetro.

Non dovette farlo. Draco si sporse in avanti, cautamente, lentamente, e poi esitò solo un momento prima di premere le loro labbra insieme. Era il suo primo bacio. Il loro primo bacio.

Era abbastanza sicuro che significava che ora aveva un fidanzato.     
            
 
 

 
Note Autrice: Non sono riuscita ad arrivare dove speravo, quindi spero che il quarto anno vi stia piacendo perché a quanto pare staremo qui per un po’.
Potete seguirmi/infastidirmi a: shanastoryteller.tumblr.com
Posto degli aggiornamenti su quello che scrivo nella mia tag “progress report”, se c’è qualcosa che siete interessati a controllare <3    

Note traduttrice: Chiediamo scusa per il ritardo, purtroppo svariati imprevisti (e la vita) ci hanno rallentato. Come minimo quest'anno siamo riuscite a portare il totale di capitoli da 2 a 3, è comunque un miglioramento! (?) Siete almeno un pochino felici di questa cosa? Essù, siate grati! Oggi in america è anche il giorno del ringraziamento, direi che non c'è giorno migliore per essere grati di avere qualche distrazione da tutte le cose che stanno succedendo in questo periodo storico, no? (Un po' tirata come scusa, lo ammetto).
Vi auguriamo buone feste in anticipo con siat, con shana probabilmente ci vedremo direttamente l'anno prossimo! Seguiteci su tumblr per il resto degli aggiornamenti!

Speriamo che questo nuovo capitolo vi piaccia, fateci sapere che ne pensate! Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su Tumblr !

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Capitolo 6
*** Il Torneo Tremaghi: Parte Quattro ***


Note autrice: abbiamo ufficialmente superato le centomila parole. Ricordate quando doveva essere una one-shot da ottomila parole? Bei tempi.


Il Torneo Tremaghi: Parte Quattro




Harry amava il Quidditch. Amava la competizione, l’orologio che ticchettava, fare parte di una squadra e lavorare insieme per vincere. Ma amava anche volare e basta e, quando si trattava di quello, planare era la scelta migliore.

“Sei molto bravo!” Lo incoraggiò Fleur accanto a lui. Erano solo a quattro metri e mezzo d’altezza, ma Harry si sentiva abbastanza a suo agio da voler stare più dritto. Dopo aver perso l’equilibrio un paio di volte aveva finalmente trovato il suo baricentro e la scopa gli rispondeva bene come al solito.

Clarence era più sotto assieme a Cedric, che si stava abituando a posizionare e muovere i piedi sul manico per poter esercitare un vero e proprio controllo sulla scopa. Viktor levitava vicino a loro e Harry spostò il peso sui talloni in modo da girarsi di 180 gradi e guardarlo in faccia. “Avevi detto di essere una schiappa!”

“Fa pena.” Disse Fleur, senza malizia. “Guarda la sua postura: rigida, tutte linee rette, niente curve, niente grazia.”

“Riesco a rimanere sulla scopa, ma questo è il massimo che riesco a fare.” Concordò Viktor.

“Qui c’è qualcuno che non riesce a fare nemmeno quello!” Esclamò Cedric qualche metro più sotto. A dispetto delle sue parole era in piedi sulla sua scopa, e la muoveva in piccoli cerchi a un metro da terra.

Clarence alzò gli occhi al cielo. “Stai andando bene, specialmente per la tua prima volta! La maggior parte di quelli del primo anno ci mettono settimane per stare in piedi senza cadere.”

“In che senso se Viktor è rigido vuol dire che fa pena?” Chiese Harry, spostando cautamente il piede per aggiustare l’altezza della sua scopa – prima su e poi giù. Fleur e Viktor lo imitarono con facilità. “Riesce chiaramente controllare la sua scopa, molto più di me.”

Fleur sospirò. “Planare è un’arte, non uno sport. La presentazione conta e Viktor è una statua sulla sua scopa. Trova il suo baricentro, ma non si muove.” Si piegò di lato e fece un salto mortale, terminando con una verticale sulla scopa, facendolo sembrare semplice come respirare. “Se non riesci a portare il tuo equilibrio con te, potrai anche essere in grado di planare, ma non bene e non a lungo.”

Okay, in passato era stato irragionevolmente geloso quando Fleur passava del tempo con Draco, ma ora capiva. Era la persona più mitica di sempre.

“Ha ragione. Non cado più, ma non riesco a fare le loro mosse e sembro molto più innaturale.” Disse Viktor.

Fleur si spostò, sedendosi di lato sulla sua scopa, une gamba accavallata graziosamente sull’altra. La transizione fu così fluida che Harry non si accorse di niente se non quando l’ebbe già completata. “Tu ci riesci molto meglio di tanti altri! Ma non è questa la tua forza.”

Fleur fece scattare la gamba, calciando la scopa di Harry. Quasi cadde, ma riuscì a rimanere in piedi. “Ehi!”

“Visto? Sei bravo.” Disse, ignorando la sua occhiataccia. “Quando il tuo centro si muove, lo segui. Diventeresti molto abile con un po’ di pratica.”

“Non avevi detto che era un’arte?” Chiese Cedric, finalmente alzatosi allo stesso livello per unirsi a loro. Clarence era in piedi sulla propria scopa dietro di lui, le mani cautamente in avanti in caso fosse caduto.

Fleur e Clarence si scambiarono un ghigno. “C’è un incantesimo che fa lasciare alle nostre scope scie di colore. Ci sono competizioni che giudicano quanto siamo eleganti e quale squadra riesce a creare la figura più bella. Albe e fiori sono molto popolari. Noi un anno abbiamo vinto ricreando Notre Dame.”

Harry si chiese se ci fossero regole che impedivano a una scuola di avere una squadra di Quidditch e anche una di planata. Perché sapeva che Dean l’avrebbe adorato. Sulla scopa era bravino, ma era un artista strabiliante.

“Basta con le chiacchiere.” Comandò Fleur, alzandosi facilmente in piedi. Harry non aveva mai visto qualcuno così a proprio agio su una scopa prima d’ora. Era geloso e l’avrebbe piantonata per farsi dare lezioni finché non fosse riuscito anche lui a muoversi così. “È ora di allenare il vostro gioco di piedi. Cercate di non cadere. Fa male.”

“Cadere tempra lo spirito.” Disse Clarence, palesemente citando qualcuno.

Fleur fece una risata nasale, poi volò intorno a loro disegnando dei grandi e semplici otto. “Metà è imprimere alla scopa la vostra forza di volontà, metà è muovere i piedi.” Disse. “Non concentratevi solo su un aspetto. Se vi dimenticate i piedi, cadrete. Smettete di lavorare con la vostra scopa e smetterete di muovervi. E poi cadrete, probabilmente.”

Era una brava insegnante. Quando finirono la lezione, Cedric stava ancora traballando, ma Harry riusciva facilmente a volare di fianco a Fleur, disegnando pigri cerchi e semplici figure. Anche Viktor ci riusciva, ma Harry stava iniziando a capire i commenti di prima: era davvero troppo rigido. Era quasi il tramonto e nessuno di loro era entusiasta all’idea di rimanere nella Foresta Proibita con il buio. Harry sapeva per esperienze personali che c’era sempre qualcosa che avrebbe cercato di mangiarlo.

Non poté impedirsi di essere silenziosamente felice. Gli piaceva. Era il più giovane e stava togliendo loro le luci della ribalta, ma sembrava che gli altri campioni lo trovassero simpatico per davvero. Gli sorridevano e scherzavano con lui, e non lo trattavano mai in modo diverso solo per la cicatrice sulla sua fronte.

Era bello.

 

-

 


Draco non voleva intromettersi. Non erano amici, non erano affari suoi e non gliimportava.

Se non fosse per il fatto che ora aveva un fidanzato. Lui e Harry stavano insieme seriamente, ma era ancora un segreto, non potevano dirlo a nessuno e per quanto Draco volesse spedire una Strillettera a tutti per informarli di essere ufficialmente impegnato, non poteva. Doveva rimanere un segreto.

Ma quello non doveva esserlo per forza.

Draco bussò alla porta di Cassius per svariati minuti finché lui non la scardinò aprendola, ringhiando “Che c’è?” Aveva aperto la porta del tutto stavolta e wow, che casino. A George piaceva l’ordine, era inconcepibile che avesse passato volontariamente del tempo lì dentro.

“Allora, tu e Weasley scopate.” Disse, poi aggrottò la fronte e aggiunse: “Sto parlando di George. Presumo che tu non ti sia portato a letto più di un Weasley.”

Aveva promesso a George di non rivelare i suoi segreti. Non aveva mai detto che non ne avrebbe parlato con l’unica altra persona che li conosceva.

Cassius impallidì, poi l’afferrò per i vestiti e lo trascinò dentro prima di sbattere la porta. Totalmente non necessario. Draco sarebbe entrato di sua sponte se gliel’avesse chiesto. “A chi l’hai detto?”

“Nessuno.” Disse, senza cercare di farsi togliere le mani di dosso da Cassius. Era abbastanza sicuro che non ci sarebbe riuscito senza la magia e la situazione non era degenerata fino a quel punto.

“Zabini e Parkinson, ovviamente.” Disse l’altro. “La Bulstrode, forse. Chi altri?”

Nessuno.” Ripeté, irritato. “Non l’ho detto a nessuno.”

Cassius lo lasciò finalmente andare, incrociando le braccia e rabbuiandosi. “Un ricatto, allora. Estorsione? Non penso di avere nulla che tu possa volere.”

Era sembrato anche lui così ridicolo quando aveva parlato con Ginny? Non c’era da sorprendersi che lo prendesse sempre in giro. “Niente. Di cosa ti preoccupi, comunque? È un Weasley, non un babbano o una creatura. È anche purosangue, anche se di terza categoria.”

“Non sono affari tuoi.” Scattò. “Dimmi le tue condizioni oppure levati di torno.”

Draco guardò Cassius da capo a piedi. Era furioso e… e sembrava spaventato. Non era psicologicamente pronto per quello. “Me ne vado. Ma dovremmo parlarne più tardi.”

La porta si aprì. “Fanne parola ad anima viva e io ti…” La sua voce si affievolì e Draco alzò un sopracciglio. Era un Malfoy. I Worthingtons erano purosangue, antichi e ricchi. Ma Draco era destinato a sostituire suo padre come patriarca dei Malfoy e Cassius era solo un cugino del capofamiglia. Non c’era praticamente nessuna minaccia che potesse fare a Draco che sarebbe poi riuscito a far valere.

Draco lasciò che il silenzio pesasse fra di loro per un momento, più per dargli una lezione che altro, e disse: “Non lo dirò a nessuno. Cosa mai potrei guadagnarci?”

Se ne andò prima che Cassius potesse pensare a una risposta. Forse era meglio che si fosse rifiutato di parlargli: aveva impedito a Draco di dire qualcosa di stupido. Ma la sua segretezza gli dava fastidio. Lo irritava a non finire. Raramente trovava un’occasione di affrontare le cose che lo tormentavano, quindi non era disposto a lasciarsela scappare.

Chissene. Cassius non lo aveva affatturato, quindi sarebbe potuta andare peggio. Lo avrebbe lasciato nel suo brodo per un paio di giorni e poi ci avrebbe riprovato.

Se si sbrigava avrebbe potuto consegnare a Flitwick il suo saggio completo su come aveva fatto quelle spille prima di cena.

 

-

 


Dopo ore passate a planare, stava morendo di fame. E aveva male dappertutto. Non si sentiva ammaccato dopo una sessione di volo da quando era al primo anno, ma planare gli aveva fatto allenare una serie di muscoli che normalmente non usava. Dovevano esserci degli esercizi che poteva fare anche senza cavalcare una scopa per abituare il suo corpo a planare, no? Non che avesse molto tempo per farli quell’anno, ma se avesse evitato di morire in quel torneo avrebbe almeno avuto qualcosa da fare quando sarebbe rimasto bloccato dai Dursley. Era l’unico membro della squadra di Quidditch che non volava durante l’estate e gli altri sembravano non notare la differenza, ma lui sì.

“HARRY! Da questa parte!” Sbatté gli occhi, girando la testa lontano dal tavolo Grifondoro, seguendo il suono del suo nome. Padma e Parvati erano sedute insieme al tavolo Corvonero e gli stavano facendo cenno di avvicinarsi.

Gli si avvicinò e non gli fecero posto per sedersi, quindi immaginò che sarebbe stato veloce. “Ehi, ragazze. Che succede?”

Le gemelle si scambiarono uno sguardo; poi Parvati disse: “Forse ci stiamo impicciando, ma ci stavamo chiedendo… Cosa indosserai al Ballo?”

“Uh…” Sbatté le palpebre, preso in contropiede. “Un abito? Da sera. Verde.”

A entrambe svanì il sorriso. “Ci sei particolarmente affezionato?” Chiese Padma.

“Non particolarmente, è solo un abito. Perché?” Non aveva idea di dove volessero andare a parare.

“Puoi dirci di farci gli affari nostri.” Iniziò Padma. Harry si immaginò che dire quella frase a qualunque di loro sarebbe risultato in una bacchetta conficcata nelle sue orbite. “Ma… potresti, per caso, metterti degli abiti indiani al ballo? È solo che la gente sta parlando così tanto di te che parli Serpentese, e so che non ti piace attirare l’attenzione per questa faccenda, e che vestirsi diverso dagli altri ti farà spiccare di ancora più. Ma potresti pensarci su?”

Harry desiderò che il pavimento si aprisse e lo inghiottisse intero. Sperò che, un giorno, arrivasse ad un punto in cui parlare della sua ignoranza non fosse così imbarazzante. “Non so nemmeno come sono fatti degli abiti indiani, o dove trovarli.” Prima di quella conversazione, non sapeva nemmeno che esistessero.

Parvati sembrò infastidita per davvero. “No, intendevamo: li indosseresti?”

“Certo.” Disse. “Ma non ne possiedo, quindi sono parole vuote.”

“Possiamo procurarti noi un completo.” Disse. “Ne saremmo felici, se prometti di indossarlo al ballo. Noi avremo dei sari, quindi non saresti da solo.”

Era chiaramente importante per loro e a lui non importava cosa avrebbe indossato. Dubitava che gli avrebbero fatto indossare qualcosa di stupido per ridicolizzarlo. E poi, se non poteva ancora imparare il Tamil, indossare abiti provenienti dalla cultura di suo padre gli sembrava… bello. Era qualcosa, almeno. “Sì, va bene. Quanto costano? Mi sono avanzati un po’ di soldi dalle compere scolastiche, ma se c’è bisogno posso mandare una lettera alla Gringotts.”

Entrambe fecero uno strilletto, saltando in piedi, e Harry fece un passo indietro per lo spavento. “Non te ne pentirai.” Promise Padma. “Sarai uno schianto. Nostra nonna è una sarta, sappiamo quello che facciamo.”

“Figo.” Disse, sbattendo le palpebre. “Devo fare un salto in camera e pagarvi adesso o…?”

Parvati scosse la testa. “Harry, per cortesia! Siamo Patil, di certo non siamo indigenti. È un regalo.”

“Oh.” Spostò il peso da un piede all’altro. Era così che si sentiva Ron ogni volta che si offriva di comprargli qualcosa? “Siete sicure? Non mi dà fastidio pagare.”

“Accetta la nostra generosità prima di offenderci.” Disse Padma, ma stava sorridendo.

Non tutte le famiglie purosangue erano ricche, ovviamente, ma da come parlavano, loro rientravano tra queste. E poi, sapeva che discutere con Parvati non lo avrebbe portato da nessuna parte e poteva solo immaginare che fosse lo stesso con sua sorella. “Grazie per il regalo. Lo apprezzo.”

“Di nulla.” Disse cortesemente Padma, prima di tirarsi dietro sua sorella, affrettandosi fuori dalla Sala Grande. “Inizieremo subito. Ciao Harry!”

“Ciao.” Disse, ma erano già sparite.

Stava per tornare al proprio tavolo quando Cho si sporse dal suo posto qualche sedia più in là e chiese: “Ho sentito bene? Indosserai un vestito tradizionale al ballo?”

“Immagino di sì?” Disse. “Non ne sono sicuro. Credo che lo scoprirò quando me lo daranno.”

“La maggior parte delle persone avrà dei normali completi.” Disse. “Ti fisseranno tutti.”

Scrollò le spalle. “Meglio che fissino i miei vestiti che la mia cicatrice. E poi, sembra importante per loro.” Ed era importante anche per lui, in un certo senso. Ma forse era un po’ troppo imbarazzante da ammettere ad alta voce.

Cho aveva un piccolo sorriso sul viso. “Sei dolce.”

Oh, Merlino. Gli stava facendo un altro complimento e stavolta non aveva un incantesimo di disillusione per mascherare il suo rossore. “Grazie.” Disse. “Uh, devo andare ora.”

Batté in ritirata al tavolo Grifondoro e si sedette di fianco a Seamus, che non avrebbe mai fatto qualcosa di così orribile come essere gentile con lui senza preavviso.

 

-

 


Quando Draco uscì dall’aula di Incantesimi, Luna lo stava aspettando in piedi dall’altro lato del corridoio. Sospirò. “Andate senza di me.” Disse a Pansy e Blaise. “Vi raggiungerò.”

Si avvicinò a Luna con un sopracciglio inarcato. Le aveva già restituito il saggio, quindi non era sicuro di cosa potesse volere. Lei iniziò a camminare per il corridoio senza dire nulla e lui sospirò, ma la seguì finché non arrivarono in un punto meno affollato. “A proposito di Harry.” Iniziò lei, prima di mordersi il labbro.

“Non vuoi andare con lui? Vuoi che ti trovi qualcun altro?” Disse. Millie ci andava con una ragazza di un anno più grande, ma pensò che avrebbe acconsentito ad accompagnare sua cugina, se glielo avesse chiesto. “Oppure posso dire a Susan di aver cambiato idea se vuoi andare con me.”

Lei scosse la testa. “Harry va bene. Ma ho sentito Cho e Padma parlare e… Lui indosserà vestiti tradizionali e mi stavo chiedendo se- se dovrei… In realtà ho già un abito normale.” Aggrottò la fronte. “Lascia stare, non è importante. Probabilmente i gorgosprizzi mi stanno ronzando nelle orecchie. Dovrei prendere della menta per risolvere il problema.”

Solo metà di quello che sua cugina diceva aveva un senso per lui, ma la conosceva da metà della sua vita, quindi solitamente riusciva ad analizzare la maggior parte delle sue baggianate. “Non sei solo inglese. Se vuoi indossare un vestito, mettiti un vestito. Ma se vuoi indossare…” Si scervellò per un momento, perché non si era mai tenuto aggiornato sulle ultime mode giapponesi. “…un kimono, allora dovresti farlo.”

“Mamma indossava sempre vestiti occidentali, anche prima di incontrare papà.” Disse lei a bassa voce.

Draco fece una risata nasale. “Dovevamo ritenerci fortunati se riuscivamo a far mettere a Pandora dei vestiti puliti. Indossava sempre anche vestiti Babbani, ma non la rendevano una Babbana. Era un’alchimista, Luna, le importava più della comodità che di qualsiasi altra cosa. Ma questo è un ballo. Mettiti quello che vuoi. È quello che fai sempre, in ogni caso.” Le diede un colpetto sugli orecchini a forma di daikon.

“Non so nemmeno dove comprarne uno, è difficile che abbiano quello che cerco a Diagon Alley.” Disse. “Lascia stare. So che devi andare, dimenticati di quello che ho detto.”

“I gorgosprizzi ti hanno detto del mio incontro segreto?” Chiese seccamente. Probabilmente avrebbe dovuto essere preoccupato del fatto che Luna sapeva che si vedeva con i Grifondoro, ma lei era sempre a conoscenza di cose che non doveva sapere ed era brava a custodire segreti.

Finalmente gli sorrise.

Che odio. Se non stesse ancora litigando con i suoi genitori avrebbe potuto chiamare mamma seduta stante e lei si sarebbe occupata di tutto. Ma non avevano ancora fatto pace, quindi non poteva. “Senti io devo andare, ma mi inventerò qualcosa. Okay?”

Lei annuì e Draco la abbracciò velocemente con un braccio prima di andarsene.

Si affrettò verso la classe abbandonata, diede un veloce bacio a Harry e mostrò il medio agli altri quando fecero dei versi disgustati. Dopodiché si accoccolò di fianco al suo fidanzato e aiutò gli altri con le loro ricerche. La seconda prova incombeva e non avevano ancora capito nulla di quello stupido uovo dorato.

Draco aspettò di tornare nella loro stanza per parlare a Blaise di Luna.

“Vuoi che mia madre porti tua cugina a fare shopping per un kimono?” Gli chiese, piatto. “Il ballo è tra tre giorni, Draco!”

Draco inarcò un sopracciglio. “Tua mamma potrebbe causare un colpo di stato in tre giorni, mi viene difficile pensare che andare a fare compere sia fuori dal suo repertorio. Non so se sia un kimono vero e proprio, quello so che è indossato dai Babbani… O almeno lo indossavano. Non so se lo facciano anche le streghe giapponesi. Ma tua mamma lo saprà sicuramente!”

“Dovrà procurarsi un permesso speciale per entrare a scuola a prendere Luna.” Disse, arrendendosi.

Nemmeno Silente avrebbe osato bloccare il passaggio a Zaira Zabini. Non senza una valida ragione, perlomeno. “Grazie.” Disse, sincero.
Blaise gli lanciò un cuscino addosso. “Zitto e dormi.”

 

-

 


Quando Harry si presentò all’incontro trovando una coperta morbida stesa davanti al camino scoppiettante, non poté reprimere un sorriso. Personalmente, gli sarebbe andato bene passare del tempo insieme come facevano di solito, con la novità che erano da soli. Ma Draco era un tipo romantico.

Non potevano andare a un vero e proprio appuntamento, non potevano baciarsi alla sala da the di Madame Puddifoot o sgattaiolare alla torre di Astronomia. Ma Draco aveva insistito che la segretezza non era una scusa per la pigrizia e Harry era felice di non averlo contraddetto.

“Sei in anticipo!” Disse Draco, contrariato.

“Scusa.” Disse, ma il suo sorriso era troppo grande perché Draco lo prendesse sul serio.

Lo guardò male, ma un momento dopo apparvero sulla coperta piatti colmi di cibo fumante, senza dubbio opera di Winky. Il cibo era delizioso e passarono tutto il tempo a discutere di tattiche di Quidditch, con le ginocchia che si toccavano visto che erano seduti con le gambe incrociate sulla coperta. I piatti sporchi scomparvero e delle tartine alla melassa apparvero su dei piattini vicino a loro. Fecero a gara per vedere chi riusciva a finirle per primo il che, col senno di poi, fu uno spreco di tortine.

Dopodiché, Harry esitò, non sapendo se stava andando troppo veloce, se stava ragionando in modo presuntuoso. Ma Draco gli premette una mano sul petto e sussurrò “Ok?” prima di chinarsi e baciarlo.

Harry si sporse in avanti, entusiasta, ed entrambi persero l’equilibrio, cadendo di lato, ed Harry atterrò maldestramente sopra la sua anima gemella. Era un imbarazzante sfoggio di goffaggine per due giocatori di Quidditch, ma da sotto di lui Draco gli sorrise, un po’ imbarazzato, i capelli biondissimi sparsi intorno come un’aureola, e Harry aveva solo una risposta a quella vista.

Si baciarono fino a quando Harry si sentì le labbra intorpidite e gonfie e continuarono comunque a baciarsi. Forse non potevano uscire insieme come una coppia normale, ma pomiciare per ore di fronte a un fuoco scoppiettante gli sembrava un ottimo sostituto dal suo punto di vista. Ovvero, da dov’era steso.

Rimasero fino a tardi, perché ogni volta che uno dei due cercava di essere responsabile e decideva che era ora di andare, l’altro lo tirava indietro e riprendevano a baciarsi. Harry avrebbe finito per addormentarsi in classe il giorno dopo, ma non riusciva a pentirsene. Aveva il corpo pesante e gli formicolava e se non fosse stato per una cosa ridicola come il sonno, sentiva che avrebbe potuto passare l’intera notte a baciare Draco.

Entrò nella sala comune, aspettandosi di trovarla vuota. Non lo era. Ron e Hermione erano seduti alle estremità di un divano, una montagnola di libri tra loro. Forse stavano lavorando sui loro compiti di Pozioni, visti i titoli dei libri, ma poteva anche essere Erbologia. Avevano compiti di Erbologia? Sperava di no. “Che ci fate svegli?”

Entrambi alzarono lo sguardo e Hermione si morse il labbro per non ridere mentre Ron gli fece un sorriso malizioso. “Ti stavamo aspettando. Ti farei la stessa domanda, ma la risposta è ovvia.” Disse. “Mi sa che ti conviene usare un incantesimo di disillusione, oppure una sciarpa. Forse Seamus ha una maglia a collo alto che può prestarti, anche Dean è uno che morde.”

“Uno che morde?” Ripeté, confuso.

Hermione appellò uno specchio e glielo offrì. Fu subito ovvio di cosa stavano parlando.

Aveva dei succhiotti viola scuro lungo tutto il collo e si era già fatto dei lividi in passato, ma nulla di quel calibro. La forma era precisamente quella della bocca di Draco. “Lo ammazzo!” Disse. “Come pensa di tenere segreta la nostra relazione se fa queste cazzate?”

“Mordilo anche tu.” Gli suggerì Hermione, una luce birichina negli occhi. Harry non le aveva mai visto addosso succhiotti da parte di Viktor, ma era abbastanza furba da coprili se ne aveva mai avuti.

Ripensò a poco prima, a quando aveva premuto il suo corpo contro quello di Draco, al suono sorpreso che gli era sfuggito quando Harry gli aveva baciando il collo e disse “Forse l’ho fatto.” Era tutto un po’ confuso, in realtà. C’era stato solo calore e Draco e le loro bocche.

Hermione si girò, come se quello potesse impedire a Harry di sentirla ridere di lui, e Ron non stava ridendo di lui, ma lo sforzo gli aveva conferito un colorito scarlatto come i suoi capelli.

“Vado a letto.” Disse, stizzito, alzando il naso all’insù in un’ottima imitazione di Draco. “Non ho bisogno di farmi trattare così.”

Alla fine fu costretto a correre su per le scale, perché Hermione e Ron gli tirarono addosso ogni cuscino a loro disposizione finché non fu sparito dal loro campo visivo.

 

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Ron e Hermione erano con Harry quando la McGonagall arrivò per prelevarlo dalla Sala Comune. Gli lanciarono degli sguardi preoccupati quando lei gli chiese di seguirla, ma non dissero nulla. Lo portò nell’ufficio di Flitwick, dove il pimpante insegnante di Incantesimi era in piedi sulla sua cattedra. Anche Draco, Pansy e Blaise erano lì e per un terribile istante Harry pensò che li avessero scoperti; ma Pansy incontrò il suo sguardo e scosse impercettibilmente il capo. Poi notò Luna, mezza nascosta dietro Draco.

“Che succede?”

“La signorina Lovegood ha detto che l’avresti accompagnata al ballo, ma che non sapeva cosa avresti indossato.” Disse la McGonagall. “La signorina Parkinson ha insistito di venire a prenderti, così che potessi informare la signorina Lovegood delle tue scelte stilistiche, in modo da poter fare le proprie di conseguenza.”

Stava cercando di non suonare esasperata, ma per Harry era palese che invece fosse divertita ma stesse cercando di non darlo a vedere.

“Oh, uhm, in realtà nemmeno io so cosa mi metterò.” Confessò. “Saranno le gemelle Patil a scegliermi l’abito.”

McGonagal tossì, quasi riuscendo a mascherare la sua risata, e disse: “Andrò a prenderle. Ho il tuo permesso per entrare nella Sala Comune di Corvonero, Filius?”

“Certo, Minerva.” Disse, e Harry pensò che forse anche lui si stava divertendo.

Sfortunatamente, non era ancora sicuro di cosa stesse succedendo. “Cosa sta succedendo?” Ripeté, visto che la prima volta non aveva ricevuto una risposta.

Il fuoco nell’ufficio di Flitwick scoppiettò e raddoppiò in altezza, colorandosi di verde. Un secondo dopo, una donna fece la sua entrata dal camino.

Harry si dimenticò di respirare. Era alta e aveva la pelle scura, un naso importante e labbra piene. I suoi capelli corvini erano acconciati in centinaia di treccine che le piovevano fino al bacino, con fermagli dorati che luccicavano ovunque. Il vestito l’avvolgeva perfettamente, con maniche lunghe e un collo alto. Una bordatura di un verde delicato le copriva il vestito che terminava immediatamente sotto le ginocchia e le scarpe dello stesso verde avevano un tacco sottile che aggiungeva centimetri non necessari alla sua altezza. Non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi profondi occhi marroni.

Era la donna più bella che avesse mai visto.

“Madre.” La salutò Blaise, facendo un passo avanti. La baciò sulla guancia, dovendo alzarsi in punta di piedi per riuscirci.

“Tesoro.” Gli rispose lei, la voce di velluto.

“Zaira!” Draco sorrise, raggiante. Si inchinò e le prese la mano, baciandola. “Come riesci a diventare sempre più bella ogni volta che ti vedo? È quasi illegale il modo in cui brilli, più smagliante di chiunque ti circondi.”

Blaise sospirò. Harry ebbe l’impressione che Draco lo facesse spesso. Zaira inarcò un sopracciglio. “Oh, Draco, tu mi lusinghi.”

“Le lusinghe implicano menzogne, mentre io ho solo detto la verità.” Giurò, una mano sul cuore.

“Santo Merlino.” Disse Pansy, così piano che Harry era sicuro di essere stato l’unico ad averla sentita.

Zaira diede l’impressione di un sorriso senza effettivamente cambiare la sua espressione. “Come potrò parlare con altri uomini, quando le loro parole sono aceto in confronto al tuo miele?”

“Una parola e sono tuo.” Rispose lui con un occhiolino.

Zaira finalmente si arrese, esalando una risata delicata. “Lo terrò a mente, come sempre.”

“Salve, signora Zabini.” Salutò Pansy, ora che Draco aveva smesso di rendersi ridicolo. “È bello rivederla.”

“Pansy.” Disse lei calorosamente. “Mi dispiace essermi persa le tue visite durante le vacanze estive. Stai diventando una splendida giovane donna.”

Per la prima volta da quando la conosceva, Harry vide Pansy arrossire. Fece un piccolo inchino in risposta al complimento e avrebbe voluto prenderla in giro, ma non poteva biasimarla. “Grazie, signora Zabini.”

Zaira tese una mano. “Luna, tesoro, lasciati guardare. Non ti vedo da quando eri una bambina.”

Luna esitò, poi fece un passo in avanti, prendendo la mano di Zaira. La donna le fece fare una piroetta e disse: “Meravigliosa, sei una ragazza adorabile.”

“Davvero?” Chiese lei, gli occhi sgranati.

Draco si rabbuiò, ma Zaira non esitò nemmeno un secondo. “Certo che lo sei. Hai il viso di tua madre, tesoro, e difficilmente è mai esistita una donna più adorabile di Pandora. Ho sentito dire che eccelli a Divinazione?”

Lei annuì. “Non è difficile, non penso. Bisogna solo ascoltare.”

Harry non aveva idea di cosa stesse dicendo, ma Zaira annuì come se avesse perfettamente senso. “E questo è il tuo accompagnatore?” Chiese, girandosi a guardarlo.

“Sì.” Disse Luna. “Harry Potter. È simpatico.”

“Ciao.” Disse. Nemmeno le veela l’avevano mai fatto sentire in quel modo. Ma la signora Zabini era molto più bella di qualsiasi veela avesse mai visto. “Piacere di conoscerla.”

“Altrettanto, signor Potter.” Disse. “Ho sentito molto parlare di te.”

Fece una smorfia. McGonagall fece ritorno con le gemelle Patil alle calcagna. “Scusate il ritardo.” Disse, seccamente. “Le ragazze si sono prese un momento per chiamare loro madre. Hanno una richiesta.”

“Signora Zabini.” Disse Parvati, inchinandosi assieme alla sorella. “Possiamo per favore accompagnare lei e Luna? Abbiamo sentito molto parlare di lei e significherebbe molto se potessimo venire.”

Erano così elettrizzate da fremere visibilmente. “Vostra madre vi ha dato il permesso?” Chiese Zaira.

Annuirono.

“Beh, dal momento che sceglierete i vestiti del signor Potter sareste utili per assicurare che entrambi siano coordinati.” Ragionò. “Luna, che ne pensi?”

Luna fu sorpresa dalla domanda. “Anche Padma è simpatica. Non mi dà fastidio se vengono.”

“Molto bene.” Disse. Sorrise al resto di loro, baciò la fronte di Blaise e tornò verso il camino. Harry non la vide lanciare nessuna Polvere Volante, ma il fuoco brillò nuovamente di verde lo stesso. “Seguitemi. Distretto Kakusareta!”

Luna imitò le sue istruzioni e così fecero anche le gemelle, finché Harry rimase nell’ufficio di Flitwick con Draco, Pansy, Blaise e i professori. “Penso che sia abbastanza brio per una sola notte.” Disse la McGonagall. “Vi devo accompagnare alle vostre Sale Comuni o riuscite ad arrivarci da soli?”

Draco fece una risata a nasale, fece un cenno a Flitwick e lasciò la classe senza dire altro. Pansy e Blaise sospirarono prima di seguirlo.
“Ehm, sono a posto.” Disse Harry. “Ci vediamo più tardi.”

Fece tappa alla Sala Comune per prendere Ron e Hermione. Li aggiornò per strada e non fu sorpreso di trovare i Serpeverde nella loro classe abbandonata quando ci arrivarono.

“Devi per forza flirtare con mia madre ogni volta?” Chiese Blaise, contrariato.

“Sì.” Rispose immediatamente Draco, sorridendo alla vista di Harry. “Scusami, tesoro, l’ho amata da molto prima, sicuramente capirai.”

“Chi sono io per mettermi in mezzo al vero amore?” Chiese seccamente, sedendosi di fianco a lui. Le loro mani si stavano a malapena sfiorando, ma non voleva prendergli la mano davanti a tutti perché lo avrebbero preso in giro. “Com’è iniziata questa storia, comunque?”

Pansy fece una risata nasale. “Draco aveva una cotta mostruosa per la mamma di Blaise quando eravamo piccoli. L’aveva superata, ma Blaise lo ha preso in giro una volta e Draco ha deciso che la soluzione più ragionevole fosse farglielo rimpiangere stando al gioco in maniera talmente esagerata da fargli pentire di averglielo mai fatto notare.”

“Ha funzionato?” Chiese Ron, sorridendo.

Blaise lo fulminò. “Penso che stia andando abbastanza bene, se posso dire la mia.” Disse Draco. “Amo tua mamma, la prende così bene.”

“Sa che lo stai facendo solo per dar fastidio e che lo odio.” Disse. “Quindi è ovvio che stia al gioco.”

“Sono davvero andate in Giappone?” Chiese Harry. “Solamente per compare un vestito?”

Hermione fece spallucce. “Andare in Giappone con la Metropolvere è facile tanto quanto andare a Diagon Alley. Tanto vale fare le cose per bene.”

“Zaira parla un po’ di giapponese e Luna è fluente, com’è ovvio. Se la caveranno.” Disse Draco. “Al contrario di Harry, se non riusciamo a capire questo dannato uovo. Se va avanti così finirà ammazzato.”

Hermione allungò la mano nella borsa e tirò fuori un libro che era fin troppo spessp perché Harry si sentisse rassicurato. “Ho preso un altro volume sulle banshee.”

“Non sono banshee.” Dissero all’unisono Ron e Pansy, per poi fare una smorfia.

“Beh, è l’indizio migliore che abbiamo ed è meglio che non prepararsi affatto.” Disse. “Quindi a meno che non abbiate un’idea migliore…?”

Non ce l’avevano.

Harry sperava ardentemente di non morire. Si era appena fidanzato, dopotutto. Avrebbe voluto goderselo almeno un po’ di più prima di fare una fine violenta e dolorosa.

 

-

 


Tutti sarebbero rimasti a Hogwarts per le vacanze in occasione del Ballo del Ceppo, quindi almeno stavolta non avrebbe avuto bisogno di trovare una scusa per non tornare a casa. Gli mancavano i suoi genitori. Stava continuando a respingere le lettere di sua madre senza aprirle. Suo padre non aveva tentato di mandargliene, ma non era sorpreso. Narcissa non aveva la pazienza necessaria per la testardaggine: quello era un tratto che aveva ereditato da suo padre.

Aveva continuato la tattica del silenzio dalla scorsa estate, ma mise un limite all’ignorare il Natale. Creare e incantare le spille gli aveva dato un’idea. Usò il fuoco e la magia per creare da un pezzo d’oro delicato due forcine per sua madre e una coppia di gemelli per suo padre. Aveva innestato nell’oro un discreto incantesimo luccicante mentre era ancora caldo, così che si consolidasse mentre il metallo riposava. I gioielli sarebbero riusciti a catturare la luce anche al buio, in modo da attirare lo sguardo di chiunque fosse vicino al suo portatore. Li spedì alla villa tramite Winky, ma non sapeva cosa dire, cosa scrivere. Alla fine, li firmò con un semplice Con affetto, Draco e sperò che fosse sufficiente.

Stavano ancora litigando, ovviamente; ma erano i suoi genitori.

La mattina dopo ricevette i regali che si aspettava dai suoi amici e dal suo fidanzato, ma in fondo alla pila c’era una piccola scatola avvolta da una scintillante carta blu. L’aprì con cautela, non sapendo quanto fossero arrabbiati i suoi genitori, se il loro regalo sarebbe stato tremendo, per esempio dei pomposi libri sulla storia dei purosangue o qualcosa di similmente insopportabile.

Dentro trovò uno spesso anello d’acciaio, apparentemente banale; ma Draco lo riconobbe immediatamente. Sua madre indossava quell’anello insieme ai suoi anelli di fidanzamento e matrimonio. Lo prese con dita tremanti e, come si aspettava, inciso all’interno c’era il motto della famiglia Malfoy: Fais ce que dois, advienne que pourra.

Fai quello che devi, costi quel che costi.

Era un’eredità, tramandata nella sua famiglia da generazioni. Sua nonna paterna lo diede a sua madre quando le disse di essere incinta. Se lo infilò al dito e si scaldò, una magia antica che lo fece adattare alla sua misura.

Sul fondo c’era un biglietto. Lo aprì, non sapendo cosa aspettarsi. Nella calligrafia di suo padre, c’era scritto:

Per un bravo figlio e Malfoy.

Era davvero, davvero grato che Blaise fosse già uscito, perché le lacrime scorsero lungo le sue guance prima che potesse fermarle. Voleva correre a casa, lanciarsi tra le braccia dei suoi genitori, ma non poteva. Non sapeva ancora cosa volesse, sapeva che suo padre non poteva semplicemente voltare le spalle al Signore Oscuro quando il suo marchio era sulla sua pelle, ma Draco sapeva anche che non avrebbe mai potuto seguire i passi di suo padre, non in quello. Amava la sua famiglia, ma… Millie ed Hermione erano sue amiche, Hagrid e Lupin erano tra le persone più gentili che conosceva e avrebbe preferito morire piuttosto che lasciare che un pazzo facesse male a chiunque di loro.

Amava i suoi genitori e loro amavano lui. Per ora, era sufficiente. Doveva esserlo.

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Parvati si fece viva giusto quando Harry iniziava a preoccuparsi, con una borsa al braccio. Si fece strada nella stanza dei ragazzi come se l’avesse sempre fatto. Neville squittì e si nascose dietro le sue tende. Dean e Seamus stavano cercando di annodarsi a vicenda le cravatte, fallendo miseramente. Ron se n’era andato da un po’ - per andare a prendere i suoi vestiti da Pansy, aveva ipotizzato Harry. Sapeva che l’amica aveva preso quell’abito orrendo come una sfida e ci stava lavorando nel tempo libero da un paio di settimane.

“Wow, brilli!” La salutò. Il suo top era di un viola intenso, mentre il resto del sari era di un viola più sfumato e l’avvolgeva in modo aderente dai fianchi alle ginocchia, lasciando più spazio intorno alle sue caviglie. La parte restante era drappeggiata elegantemente sulla spalla. Era interamente bordato in oro, con gioielli scintillanti disseminati dappertutto. Indossava un girocollo spesso, orecchini pendenti e braccialetti uguali su entrambi i polsi.

“Spogliati.” Comandò lei. “Sono furiosa. Perché non è stato finito prima?! Che senso ha pagare in più per un servizio rapido se arriva lo stesso giorno in cui lo devo usare?”

“È per le vacanze.” Sentì il bisogno di far notare. “Mi metto da solo i pantaloni, tu puoi aiutarmi con il resto.” Se avesse visto il suo marchio, la notizia avrebbe fatto il giro della scuola in meno di un’ora.

Lei sospirò come se lo trovasse ridicolo, ma li tirò fuori dalla busta e glieli porse. “Muoviti.”

Si cambiò in piedi sul letto con le tende chiuse. I pantaloni sembravano abbastanza familiari, solo un po’ troppo attillati per essere comodi. Erano di un blu scuro e non erano molto spaziosi, stringendosi vicino alle caviglie. Sbucò fuori senza maglietta e Dean fischiò. Harry gli fece il medio. “E adesso?”

Parvati gli diede una maglia senza maniche della stessa sfumatura di blu e gli disse di infilarla nei pantaloni. Poi tirò fuori una giacca, aiutandolo a indossarla. Gli arrivava alle cosce e aveva una erie di bottoni d’oro sul davanti che Parvati gli chiuse con pratica efficienza. Sotto si divideva in due, in modo da lasciare un piccolo spazio. Anche il colletto era uguale: era dritto e gli copriva la gola, ma aveva un piccolo taglio all’altezza delle clavicole. “È una divisa jodhpuri.” Gli disse, piegando con attenzione un quadrato di vivace seta verde e sistemandoglielo nella tasca sul lato sinistro della giacca. “È una moda iniziata dai Babbani, ma ora la indossano tutti.”

“È comoda.” Disse, sorpreso. Ora che ce l’aveva addosso da un po’ la sentiva meno costringente. “Mi piace il colore.”

“Non abbiamo ancora finito.” Disse, allungando la mano nella borsa. “Sei un mago, Harry.”

Era dello stesso verde del quadrato di seta, ma fatto dello stesso materiale del suo sari. Quando lo aprì sembrò proprio un grande quadrato di tessuto. Era bellissimo, con intricati ricami d’oro e perline, un bordo di quindici centimetri e decorato con fuori di seta e petali serpeggianti, con cristalli giallo chiaro sparpagliati uniformemente per tutto il tessuto. “Wow.” Esalò.

Parvati sembrò compiaciuta della sua reazione. “Stai dritto con le braccia aperte.” Ordinò. Harry obbedì. Gli si mise alle spalle e lanciò il tessuto su di lui. Non appena lo toccò, Harry sentì una scintilla di magia e il tessuto si mosse, avvolgendolo e modificandosi intorno a lui.

Gli fu finalmente permesso di guardarsi allo specchio e vide che il quadrato di tessuto si era trasformato in un mantello. Gli cadeva quasi a toccare il pavimento e le maniche erano lunghe e gonfie. Non si chiudeva; anzi, seguiva i suoi fianchi in modo che il davanti della divisa fosse visibile anche mentre manteneva la forma e la silhouette di un vero e proprio mantello.

Parvati si mise dietro di lui e guardò lo specchio con un sorriso sfrontato. “Niente male.” Lo complimentò, dandogli una gomitata sul fianco. “Ti fa quasi sembrare un vero e proprio mago.”

“Non sperarci troppo.” Ribatté, ma aveva un sorriso così grande che sapeva di non essere neanche lontanamente credibile.

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Draco indossava un abito da sera nero con piccoli bottoni blu di topazio. Pansy diceva che gli facevano risaltare gli occhi. Stava per andare a incontrarsi con Susan quando Millie fece capolino con la testa nella sua stanza e disse: “Tua cugina è qui. Dice che ha bisogno d’aiuto per prepararsi. Non posso credere che tu le abbia detto dove si trova la nostra Sala Comune!”

“Non le ho detto niente, l’ha scoperto da sola.” Disse automaticamente.

Aprì la porta della Sala Comune. Luna teneva una torre di tessuto tra le braccia, così alta che quasi non riusciva a vederle la testa. “Ho bisogno di aiuto per allacciarmi e Ginny se n’è già andata. Mi aiuti?”

“Dobbiamo fare in fretta.” La avvisò, sperando che Susan non se la prendesse troppo. Portò Luna in camera sua e l’aiutò a indossare il suo vestito. C’era una valanga di soffocanti indumenti intimi e non sapeva bene cosa farci, ma fortunatamente Luna sì, quindi si limitò a seguire le sue istruzioni. Quando arrivarono all’indumento principale - un furisode fatto a mano, con lunghe maniche e uno strascico che doveva essere costato una fortuna – rise. “Dove caspita l’hai trovato?” Domandò.

“Puoi trovare di tutto nel distretto Kakusareta.” Disse lei. Era di un blu scuro, ma non aveva una fantasia normale come fiori o nuvole. Invece, vivaci daikon incoronati da brillanti ciuffi verdi erano stati meticolosamente ricamati nel tessuto. Come minimo faceva pendant con i suoi orecchini. Anche l’obi era verde e gli ci vollero svariati tentativi coordinati dalle sue istruzioni sussurrate per riuscire ad annodarlo correttamente.

La aiutò a indossare i sandali di legno rialzati, sperando che non cadesse, e disse: “Devo andare, manderò Pansy a farti i capelli, tanto io faccio schifo.” Le tirò i capelli per sottolineare il concetto prima di andarsene, affrettandosi fuori dalla porta.

Quando Susan lo vide, sbuffò e disse: “È da maleducati far aspettare una lady, signor Malfoy!”

“Non vedo nessuna lady qui.” Disse, offrendole il braccio.

Lei fece una risata nasale, gli occhi marroni che brillavano, e disse: “Hai un pessimo atteggiamento.”

“Sì, mi hanno detto che possiedo un enorme” fece una pausa, “ego.”

A quella risposta Susan abbaiò una risata non molto signorile, prima di allacciare il braccio al suo e marciare verso la Sala Grande. Era più bassa di lui di quasi una testa, ma Draco dovette accelerare per riuscire a tenere il passo.

Chiaramente non era attirata dall’idea di essere elegantemente in ritardo. Oh beh.

 
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Harry quasi non si accorse di Luna mentre camminava, tanto era diversa. “Stai molto bene.” Disse sinceramente. Le gemelle Patil avevano fatto un buon lavoro nel coordinarli: anche se i loro vestiti erano molto diversi, sfoggiavano entrambi le stesse sfumature di blu e verde.

Lei si avvicinò di mezzo passo mentre camminavano. “Grazie. Sei molto bello.”

Il complimento fu così inaspettato che riuscì a sentire il viso avvampare. “Oh, uh, grazie.”

Si diressero per prima cosa nella stanza secondaria, visto che i campioni dovevano aprire il ballo. Entrò e la prima cosa che notò fu Hermione vicino a Viktor. Stava molto bene con il suo vestito rosso, e i suoi capelli normalmente a forma di cespuglio erano lisci e lunghi svariati centimetri in più del normale. “Adoro i tuoi capelli!” Disse.

Lei si girò verso di lui e sorrise. “Grazie! Mi sono fatta aiutare da Lavanda per applicare la pozione lisciante, visto che la usa molto più di me.”

“Oh, il tuo vestito è meraviglioso!” Disse Fleur esattamente da dietro di lui, visto che era appena entrata, e Harry si girò per ringraziarla.

Il che lo mise faccia a faccia – o meglio, faccia a petto – con Ron. Pansy aveva fatto un lavoro spettacolare con il suo abito. Era perfettamente su misura e aveva mantenuto i fronzoli, ma più piccoli, così da sembrare alla moda piuttosto che ridicoli. Il marrone scuro non lo rendeva più sciatto, ma adulto. Il vestito attirava l’attenzione sulle sue spalle larghe e faceva risaltare i suoi occhi blu, rendendoli più luminosi del solito – lo faceva sembrare più cresciuto, e per una volta la sua altezza sembrava avere un senso piuttosto che farlo sembrare allampanato.

Era a braccetto con Fleur, affascinante e adorabile in un vestito rosa pallido che minacciava di cozzare con i capelli di Ron; ma in qualche modo lei riusciva a farlo funzionare. Indossava un paio di tacchi vertiginosi che la facevano arrivare con la testa giusto oltre le spalle di Ron.

“Non mi avevi detto che saresti venuto con Fleur!” Disse Harry.

Lui si grattò il naso e alzò le spalle. “È stata una cosa dell’ultimo minuto.”

“È alto ed è stato l’unico a guardarmi in faccia mentre me lo chiedeva. I miei standard sono bassi.” Disse lei. “Non volevo andare con qualcuno della mia scuola, per fare da esempio di unità tra le scuole. E poi, sapevo che i suoi amici avrebbero aperto le danze e non volevo che rimanesse escluso.”

“Grazie.” Disse Ron. “Sono alto e penoso. Sei davvero un tesoro, te lo hanno mai detto?”

Fleur rise e Harry li fissò, ma…. Non pensava che si piacessero. Sapeva di non essere per niente un esperto in quelle cose, ma pensava che forse erano venuti come semplici amici. Sperava che fosse così. Hermione stava sorridendo, ma c’era stata una frazione di secondo in cui era sembrata… Beh, non felice. Sperò che Viktor non l’avesse notato.

Cedric e Cho arrivarono e Harry sgranò gli occhi. Non indossavano abiti da sera.

Cho aveva addosso un top bianco con le maniche lunghe e un colletto laterale che si sovrapponeva. Sia il colletto che il bordo delle maniche erano ricamati di blu. Un fine fiocco giallo era appuntato sul lato sinistro del top, esattamente dove terminava il colletto. La gonna era blu scuro con una semplice fantasia gialla e iniziava da sopra i suoi fianchi – giusto prima delle ultime costole – e cadeva fino al pavimento, lunga e gonfia.

Cedric indossava un completo fatto chiaramente in coppia con quello di lei. Aveva dei pantaloni larghi che si stringevano alle caviglie, una maglia bianca con le maniche lunghe e una lunga veste che gli arrivava sopra le ginocchia con lo stesso tipo di colletto e fantasia della gonna di Cho e lo stesso fiocco giallo del suo top. Entrambi gli outfit erano fatti di un materiale spesso e lucido.

“Mi sento trasandato.” Disse Viktor, sorridendo. “Siete molto eleganti.”

“Grazie!” Disse Cho, sorridendo a trentadue denti. “Sono hanbok. Normalmente non ne metterei uno a un ballo, ma avevo sentito che Harry avrebbe indossato qualcosa di tradizionale e non potevo lasciare che si divertisse solo lui.”

“Stai benissimo.” Disse sincero, prima di correggersi. “Tutti e due.”

“Anche tu sei un figurino.” Disse Cedric. “Le Patil hanno fatto un buon lavoro.”

Arrossì. Ron gli mise una mano sulla spalla, pronto a prenderlo in giro, ma la scampò quando la McGonagall entrò e disse “È ora.” Li guardò tutti e li onorò con un raro sorriso. “Siete tutti molto eleganti.”

Poi uscì prima che chiunque di loro potesse rispondere e tutti si affrettarono a seguirla sulla pista da ballo.

 

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Quella era vera e propria tortura. Harry era talmente bello che avrebbe voluto mangiarselo, ma lui non poteva nemmeno rischiare di fissarlo troppo a lungo senza risultare sospetto. L’intera situazione era assolutamente inaccettabile.

Era contento che Fleur fosse lì con Ron – era un ragazzo nella norma, carino e gentile, cosa che sarebbe andata a sfavore di chiunque, ma Fleur non era abituata ai carini e gentili. Sembrava che si stessero divertendo entrambi e sperava che continuassero a farlo. Ovviamente più tardi l’avrebbe presa in giro per la sua scelta – per mantenere le apparenze – ma lei non prendeva mai seriamente nessuna delle sue lamentele, quindi difficilmente ci sarebbero state conseguenze.

Harry e Luna stavano benissimo insieme e, come promesso, Luna guidò cautamente Harry per tutto il ballo d’apertura facendo sembrare che fosse lui a condurla, invece del contrario. Hermione e Krum erano adorabili, ma erano Cedric e Cho quelli che sembravano sapere cosa stavano facendo. Erano anche fidanzati da tre anni, quindi supponeva che avessero avuto il tempo per trovarsi a proprio agio l’uno con l’altra.

La pista da ballo si aprì e Susan gli scoccò uno sguardo pieno di aspettativa. Prima o poi quel pomposo ballo sarebbe diventato una vera e propria festa, ma mancava ancora un’ora prima che succedesse.

“Non mi va molto di danzare. Mi capisci, vero?” Chiese.

“Ti ucciderò nel sonno.” Rispose lei.

Draco cercò di reprimere un ghigno. “Oh, beh, se la metti così.”

Susan era brava come si era aspettato, avanzando con sicurezza e scioltezza mentre piroettavano lungo la pista. Colse di sfuggita Blaise e Lavanda nelle loro vicinanze, mentre Pansy e Flint erano imboscati in un angolo. A Pansy piaceva ballare, ma sapevano tutti che Flint faceva pena. Si appuntò mentalmente di ballare con lei almeno una volta quella notte e di assicurarsi che Blaise facesse lo stesso.

Le macchine fotografiche si illuminarono intorno a loro e Draco si tirò vicino Susan per sussurrarle all’orecchio. “Sai, potrei essere io a sembrare un moderato dopo questa farsa. Potrebbero pensare che sei così purosangue da aver degnato solo me di un appuntamento.”

Susan sbatté gli occhi per poi incupirsi. “Beh, porco Fudge, non ci avevo pensato.”

Quella risposta gli strappò una risata. “Hai appena usato il nome del ministro come un’imprecazione?”

“Calza a pennello.” Rispose lei, più riflessiva che sulla difensiva. “Hai letto il suo ultimo comunicato stampa? Come se a qualcuno fregasse qualcosa ottimizzare il processo per ottenere la patente per materializzarsi quando sta minacciando di alzare le tasse sul suo mantenimento. Praticamente tutti preferirebbero aspettare un’ora in più in coda piuttosto che pagare una tassa di rinnovo ogni anno, quindi unirle come se una cosa negasse l’altra lo fa solamente sembrare un idiota.”

“Ci sono molti vecchi a cui non importa della tassa.” Disse. “È un problema per le persone povere. Come puoi sperare di diventare ministro se non puoi promuovere efficientemente entrambe le cose?”

“Sto per caso facendo campagna elettorale in questo momento?” Chiese lei.

Le fece fare un casquè e poi disse: “Signorina Bones, se vuole diventare Ministro della Magia entro i quarant’anni, sarà sempre in campagna elettorale.”

 

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Luna era davvero, davvero brava a ballare e Harry non era mai stato così grato a qualcuno. Con Luna a dirigerlo, riuscì a sopravvivere alle danze senza sembrare un idiota e quando si misero a ballare in mezzo alla folla – senza essere più il centro dell’attenzione – addirittura si divertì.

Ron e Fleur si misero a ballare vicino a loro. “Facciamo cambio?” Chiese.

“Certo.” Disse Harry e un istante dopo il braccio di Ron gli circondò i fianchi mentre Fleur e Luna piroettavano lontano da loro. Luna sembrava ancora più piccola vicino a Fleur, ma la sua abilità nel ballo non fu per nulla intaccata dalla differenza d’altezza. “Non posso credere che tu abbia invitato Fleur.”

“Tutti avevano dei partner fighi e non volevo essere escluso.” Ammise, facendogli fare un casquè. “Era la persona più fantastica a cui potessi pensare che ancora non aveva un partner.”

Beh, aveva ragione. “Ti sta bene, l’abito.”

Si illuminò. “Pansy ha fatto un lavorone! Ehi, se vuoi possiamo continuare a ballare, ma da qualche parte c’è anche Percy. Vuoi che andiamo a salutarlo?”

Ron avrebbe preferito farsi tagliare una mano piuttosto che ammettere che gli mancava il suo tedioso fratello con la puzza sotto il naso, ma Harry lo conosceva da abbastanza tempo da capirlo. “Certo. Ma che ci fa qui?”

“L’accompagnatore. Avrebbe dovuto farlo il suo capo, ma non è riuscito a venire, quindi Percy è stato costretto a farlo al suo posto.”

Percy era solo di un anno più grande di alcuni studenti. Fare da accompagnatore lì doveva far schifo. “Il suo capo mi sembra abbastanza stronzo.”

“Già.” Disse Ron.

Quando lo trovarono Percy aveva una smorfia funerea in viso che Harry non riuscì a comprendere, perché avvinghiata al suo braccio c’era una ragazza giovane e carina con capelli corti e rosa acceso. Stavano parlando con Cedric e Cho – o almeno, la ragazza stava parlando. Percy si limitava a stare lì e lanciare occhiatacce.

Harry esitò, chiedendosi se fosse meglio non interrompere, ma Cedric lo vide e gli fece cenno di avvicinarsi. “Ron, Harry.” Li salutò calorosamente. “Questa è la mia anima gemella, Tonks. Si è appena diplomata come auror.”

Ron sgranò gli occhi e guardò Cho, ma lei stava sorridendo ed era a suo agio. Harry non aveva parlato con nessuno riguardo all’anima gemella di Cedric perché non voleva spargere pettegolezzi su fatti che nemmeno lo riguardavano, ma in quel momento quasi desiderò aver detto qualcosa prima.

“Mi hanno relegata in ufficio per adesso.” Disse, sorridendo. “Non è così male. Dopotutto, è dove ho incontrato Percy!”

Percy sembrava desiderare ardentemente che il terreno si aprisse per poi inghiottirlo. Erano ad Hogwarts, quindi non era impossibile. “Non dovevi venire con me per forza. Hai un rapporto sugli incantesimi di tracciamento da finire per lunedì.”

“Tieni d’occhio la mia agenda! Che dolce.” Tubò lei. “Che fidanzata sarei se ti lasciassi venire qui da solo?”

“Non sei la mia fidanzata.” Disse, ma suonava più stanco che irritato.

“Non ancora!” Completò lei, pimpante. “Sono i capelli? Me li posso cambiare.” Le sue ciocche rosa si allungarono e mutarono in un castano chiaro. Harry sbatté gli occhi, preso in contropiede.

Cedric aggrottò la fronte, ma Percy alzò gli occhi al cielo. “Non m’importa del tuo aspetto.”

I capelli di Tonks mutarono in un viola acceso e si accorciarono in un severo caschetto. Per un momento fece intravedere del sincero affetto, prima di tornare a ghignare in modo maniacale. “Piacere di conoscerti, Harry. Vedo che la tua dama è mia cugina.”

“Sei la cugina di Luna?” Chiese.

Tonks si corrucciò. “Beh, sono la cugina di sua cugina, quindi più o meno?”

“Cosa?” Chiese Ron.

Cho rispose: “La madre di Tonks è una Black. È la cugina di Draco Malfoy.”

“Non usatelo contro di me.” Disse lei. “Tranne tu, Percy caro, tu puoi usare contro di me quello che vuoi.” Percy avvampò.

“Per me basta così!” Disse immediatamente Ron. “Ho finito, ce ne andiamo, addio.”

Cho e Cedric stavano ridendo e Harry salutò tutti mentre Ron lo trascinava via.

 

 

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Draco aveva perso Susan nella folla degli studenti di Durmstrang. Passò un paio di minuti ad aspettarla, ma immaginò che, se l’avesse voluto, sarebbe stata lei a trovarlo. Andò a cercare Pansy, ma invece trovò Cassius, palesemente annoiato a morte e appoggiato a un muro.

Gli ci volle meno di un minuto per individuare George nella folla. Si stava divertendo, ridendo e ballando con Fred e i loro partner, due Cacciatori Grifondoro. I loro vestiti non erano orribili come quello di Ron, ma Pansy ci aveva ugualmente dato un colpo d’ago. Erano semplici, ma calzavano perfettamente grazie alle sue modifiche, e George non era mai stato così bello.

“Avresti potuto venire con lui, sai.” Non poté evitare di farglielo notare.

Cassius sussultò, poi lo fulminò con lo sguardo. “Non so di che parli.”

“Sei tu che non vuoi essere visto in pubblico con lui.” Disse Draco. “Mi sembra solo giusto che sia tu quello che si strugge nell’angolo.”

“Ti darò fuoco nel mezzo di questo ballo, Malfoy. Lo giuro.” Lo minacciò.

Non fu una minaccia efficace. Gli porse la mano. “Vuoi ballare? Almeno sarà meno patetico di… qualsiasi cosa tu stia facendo – e che chiaramente non è struggersi.”

Cassius lo fissò per un lungo momento. “Non ti capisco per niente.”

“È un sì o un no?” Chiese. Cassius sospirò, ma prese la sua mano. Si posizionò per dirigerlo e Draco si adattò. Cassius non era un bravo ballerino, ma probabilmente non gli avrebbe nemmeno pestato i piedi, quindi non si sarebbe lamentato. “Sei pronto a parlarne o sei ancora incazzoso?”

“Vai a fare in culo.” Disse, ma le sue mani erano ancora leggere su di lui, quindi non lo intendeva davvero. Le sue difese avevano iniziato a sgretolarsi, quindi ora sembrava più confuso che arrabbiato. Draco si sarebbe accontentato.

“Al primo appuntamento? Che sfrontato! Cosa direbbe mia madre?” Chiese, sorridendo quando Cassius abbaiò un’inaspettata risata e inciampò.

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Harry aveva pianificato solo di sopravvivere al Ballo del Ceppo. Ma la serata sembrava volgere al termine e la gente aveva iniziato a tornare nei loro dormitori ed era stato… bello, in verità. Aveva perso il conto del numero di persone con cui aveva ballato ed era stato pessimo con metà di loro perché non aveva idea di cosa stesse facendo, ma nessuno lo aveva preso in giro e tutti erano stati gentili, per tutta la notte. Era stato come alla festa alla Stamberga Strillante, dove tutti avevano messo da parte le loro differenze quanto bastava per essere amici per un po’.

Fleur stava augurando la buonanotte a Ron e gli diede un delicato bacio su entrambe le guance che lo fece arrossire completamente in viso. Hermione e Krum erano spariti più di un’ora prima e Harry non li aveva visti da allora. Draco aveva già trascinato via Luna e lei aveva alzato gli occhi al cielo e fatto un piccolo inchino a Harry prima di seguire il cugino, quindi ora stava aspettando solo Ron.

Seamus e Dean stavano parlando con dei Tassofrasso e sembrava che Neville e Ginny non avessero mai lasciato la pista. Erano sorprendentemente compatibili, sia nel ballo che nel modo in cui continuavano a ridere e conversare, il che era inaspettato. O Neville aveva della grinta che teneva nascosta per delle occasioni speciali, oppure Ginny non era così spaventosa come tutti pensavano.

Avrebbe scommesso i suoi soldi sulla prima.

Harry vide Cedric avvicinarsi, con Cho un passo dietro di lui che faceva uno sbadiglio dietro l’altro. Sembrava talmente stanca che Harry era sorpreso che non si fosse arrampicata sulla schiena del suo fidanzato come aveva fatto alla festa della Stamberga Strillante. Probabilmente c’entrava più l’ampia gonna dell’hanbok che altro.

“Temevo di perderti!” Disse Cedric, mettendogli una mano sulla schiena e chinandosi. “Senti, c’è qualcosa che voglio dirti. Il bagno dei prefetti… è ottimo per lavarsi.”

Ma che cazzo…? “Okay?”

Cho sgomitò per farsi strada tra loro, sbadigliando, e gli mise un braccio intorno alle spalle, gravandogli addosso con metà del suo peso. “Cedric, amore, perché lo stuzzichi?” Si girò verso di lui e disse: “Siamo appena stati nel bagno dei prefetti e se ficchi l’uovo d’oro sott’acqua e l’ascolti canterà una bella canzone. Comunque, sono sirene. Prenderanno qualcosa e tu dovrai recuperarlo. Probabilmente nel Lago Nero, a meno che non facciano qualcosa di super esagerato al campo di Quidditch.” Alzò la mano per strofinarsi gli occhi, si ricordò di essere truccata e la abbassò di nuovo. “La parola d’ordine per il bagno dei prefetti era pino qualcosa. Sentiti libero di provarlo da solo.”

“Fresco pino.” Disse Cedric, esasperato. “Stavo cercando di essere discreto!”

“La seconda prova è tra una settimana, chi ha tempo di essere discreto?” Disse. “Buona fortuna Harry, cerca di non affogare.”

“Grazie.” Disse. “Vorrebbe condividere cosa stavate facendo nel bagno dei prefetti, signorina Chang?”

“Scopando.” Rispose lei senza perdere colpi.

“Eun-hae!” Guaì Cedric, la voce più alta di svariate ottave per la mortificazione.

Harry lo avrebbe preso volentieri in giro, ma era troppo occupato a ridere a crepapelle.

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Draco, nella parte del cavalier servente, scortò Susan alla sua Sala Comune. Non si illudeva che sarebbe rimasta lì, considerando le bellissime ragazze di Durmstrang che l’avevano circondata prima. Nemmeno lui sarebbe tornato al suo dormitorio, quindi non poteva giudicarla. Le diede un garbato bacio sulla guancia e disse: “Essere il tuo accompagnatore è stato meno terribile di quanto anticipato.”

“Sei una persona a posto, Draco.” Disse lei, e fu la cosa peggiore che gli avesse mai detto. Fece una smorfia a quella risposta, ma lei si limitò a fargli un occhiolino e sparire nella sua Sala Comune. Scortese.

Praticamente tutti si stavano intrufolando in dormitori che non gli appartenevano, oppure in stanzini delle scope fin troppo comodi e puliti, quindi erano troppo occupati ad assicurarsi che nessuno li beccasse per notarlo mentre sgattaiolava per i corridoi.

Scivolò nella loro classe e chiuse la porta dietro di lui. Harry si illuminò quando lo vide e avrebbe mentito se avesse negato che quella reazione gli aveva scaldato il cuore. Indossava ancora quello splendido mantello verde luccicante e la divisa blu. “Draco! Cedric mi ha detto-“

Non gli fregava un cazzo di cosa avesse detto Cedric. Diede uno strattone a Harry in modo da farlo inciampare e farselo cadere addosso, baciandolo l’istante dopo. “Può aspettare?” Chiese minuti dopo, quando Harry si tirò indietro un minimo per lasciare che entrambi riprendessero fiato.

Harry piegò la testa di lato, pensandoci seriamente su, e Draco per un momento si preoccupò che fosse davvero qualcosa di importante. Poi però disse “Sì”, tornando a baciarlo.

Draco ebbe almeno la presenza di spirito di togliere il mantello a Harry con la magia, anche se fu preso in contropiede per un secondo quando si ritrasformò in un largo quadrato di stoffa. Harry stava smanettando con il suo abito, quindi Draco se lo fece scivolare di dosso e rimase in pantaloni. Era qualcosa di nuovo e diverso. Tirò la giacca di Harry, impaziente, e lui gli lanciò una sola occhiata timida prima di aprirsi la fila di bottoni sul davanti e gettare la giacca sopra il mantello di Draco, per poi togliersi anche la maglia sotto.

C’era molta più pelle rispetto a quella a cui aveva accesso di solito. Stavolta quando tornarono a baciarsi, erano pelle contro pelle. Harry era caldo e Draco amava sfiorare in punta di dita i suoi fianchi perché gli piaceva il modo in cui rabbrividiva quando lo faceva.

Quando Draco caracollò nel suo dormitorio un paio d’ore dopo, fu con una serie di segni a forma di bocca sparsi per il petto. Uno sviluppo eccellente, per quanto lo riguardava.
Blaise lo avrebbe preso in giro senza freni. Non gliene importava assolutamente niente.

 

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In un qualche momento durante la loro pomiciata, Harry gli aveva detto quello che gli avevano riferito Cho e Cedric riguardo la seconda prova, il che era il motivo per il quale Draco si era svegliato presto il giorno dopo il Ballo del Ceppo. Era quasi sicuro che nella biblioteca ci fosse un libro di incantesimi incentrato nello specifico sugli incantesimi sott’acqua e preferiva che non ci fosse nessuno a vederlo mentre lo sfogliava. Millie era acciambellata sul divano nella Sala Comune e la salutò mentre se ne andava. Non aveva idea di quando dormisse quella ragazza.

Aveva ragione e riuscì a controllare il libro senza problemi. Era quasi arrivato in Sala Grande quando, girando un angolo, quasi si scontrò con Hermione. “Granger?” Chiese, ricordandosi di non usare il suo nome all’ultimo secondo, ma non risultando abbastanza derisorio. “Che stai facendo?” Realizzò che fosse una domanda stupida quando la guardò meglio e non riuscì a impedirsi di sorridere. Aveva i capelli sciolti e indossava ancora il vestito del Ballo del Ceppo, anche se la sua faccia non aveva un filo di trucco. “Allora, com’è l’interno della nave di Durmstrang?”

“Zitto.” Sibilò lei. “Perché sei sveglio così presto? Questo è esattamente quello che stavo cercando di evitare!”

“Dimmi la verità.” Disse. “È più la grandezza della nave o il movimento dell’oceano?” Era deserto tranne che per loro due, quindi non era troppo preoccupato dal mantenere la loro facciata di arcinemici. Prenderla in giro era chiaramente più importante.

La maggior parte della rabbia la abbandonò mentre faceva un’indegna risata nasale. “Cosa?

“Mi vuoi dire che non hai cacciato tutti dal loro dormitorio per stare un po’ da soli?” Sperava che fosse esattamente quello che aveva fatto.

“Viktor ha una stanza privata.” Borbottò lei, superando la fase della negazione.

“Ti è piaciuto?” Chiese, e fu una domanda seria.

Lei arrossì e annuì, strofinandosi il naso per nasconderlo.

Draco alzò la mano per un batti-cinque. Lei sembrò scioccata, ma le sue opzioni erano arrendersi oppure ascoltarlo mentre le faceva domande imbarazzanti. Sospirò, come se la sua vita fosse molto stressante, e schiaffò la propria mano contro la sua prima di riprendere la strada verso la propria Sala Comune.

Non aveva nessun modo per provarlo, ma scommetteva che George stava facendo – oppure aveva già fatto – lo stesso tipo di fuga dalla stanza di Cassius. Avrebbe dovuto provare a interrogare Cassius di nuovo, più tardi. Sentiva che stava per cedere.

Draco abbassò lo sguardo sul libro tra le sue mani, riflettendo. Poteva tornare a dormire. Oppure poteva andare nella loro classe, cominciare a leggere e farsi portare la colazione da Winky.

Solo perché era periodo di festa non significava che la pigrizia fosse giustificata. Draco sospirò, per poi andare nella direzione opposta alla Sala Comune.

Sperò che Harry avrebbe apprezzato tutto il sonno a cui stava rinunciando per il suo bene.

 

 

-

 

La seconda prova si stava avvicinando inesorabilmente. Tutti stavano studiando, cercando di trovare un modo per riuscire a passare un’ora sott’acqua senza morire. Draco aveva immediatamente provato a insegnargli l’incantesimo Testabolla, ma continuava a incanalarci troppo potere e si dissolveva in meno di un minuto. Continuarono ad esercitarsi, ma dopo un intero giorno di prove Draco aveva sentenziato che era uno spreco di tempo: anche se Harry fosse riuscito a capire come lanciarlo correttamente per tempo, non sarebbe stato abbastanza stabile da usare. Avevano le stesse probabilità che si spezzasse in mezz’ora come no e non volevano rischiarla. Avrebbero dovuto pensare a qualcos’altro.

Era la notte prima della seconda prova e Harry si era rassegnato a dover utilizzare il suo schifoso incantesimo Testabolla e sperare per il meglio. La loro ipotesi principale su quello che le sirene gli avrebbero portato via era il suo mantello dell’invisibilità, ma quello era ancora al sicuro, chiuso dentro il suo baule, quindi non erano sicuri di cosa sarebbe successo. Ron aveva appena suggerito che magari avrebbero tenuto in ostaggio la colazione, quando la porta si spalancò violentemente e Blaise marciò dentro, contento come Harry non l’aveva mai visto.

“Sono uno stupido.” Disse allegramente, porgendo ad Harry una pallina viscida che sembrava fatta di code di ratto. “Questa è la soluzione a tutti i tuoi problemi!”

“Sembra disgustosa.” Disse Ron, alzandosi per punzecchiarla controvoglia.

“Lo è.” Disse. “Ma non c’entra. È Algabranchia. Ti permetterà di respirare sott’acqua e nuotare più facilmente. L’effetto dura per poco più di un’ora.”

“Come te la sei procurata?” Chiese Hermione.

Pansy si rabbuiò. “È un’idea terribile! È pericoloso. Molto, molto pericoloso.”

“L’ho fregata dalle scorte private della Sprout – piazza degli incantesimi di chiusura ma non dei sensori, perché pensa che dei ragazzi curiosi debbano avere accesso agli ingredienti vietati. Se sei abbastanza furbo da oltrepassare le sue protezioni, ritiene che tu sia anche abbastanza furbo da non farti del male sul serio.” Disse Blaise. “Longbottom mi ha quasi beccato mentre stavo uscendo, ma lui prende roba da lì tanto quanto me, quindi sono sicuro che non sarà un problema.”

Harry sapeva che avrebbe dovuto essere più preoccupato per la rabbia tinta d’ansia di Pansy, ma al momento era concentrato su quello che aveva appena detto Blaise. “Neville? Il nostro Neville? Che si introduce nella dispensa dell’insegnante per rubare?”

“Lei sa che prendiamo roba, non è rubare.” Disse lui. “Il consiglio della scuola non approva quasi niente per Erbologia, quindi questo è il suo modo di aggirarlo. Viene tutto dal budget per le sue ricerche, quindi in realtà è molto gentile da parte sua.”

“Aspetta, piano, torna indietro.” Disse Ron. “Perché l’Algabranchia è pericolosa? Sembra perfetta!”

Pansy lo fulminò e Blaise fece una smorfia. Lei disse: “È magia trasfigurativa, ma non è guidata, è una magia senza una volontà. Quindi, sì, praticamente chiunque può respirare sott’acqua dopo averla consumata. Ma non è chiara o logica. La maggior parte delle volte alle persone spuntano delle branchie, ma qualche volta le braccia si trasformano in tentacoli, altre volte si trasformano in pesci. È troppo casuale, è un rischio troppo grande.”

“Mi ucciderà?” Chiese Harry.

“No.” Disse fermamente Blaise.

Pansy lo guardò male, ma scosse la testa. “Dovremmo almeno andare di nascosto al Lago Nero e provarla. Perlomeno è costantemente instabile, fintanto che l’acqua e la persona rimangono le stesse.”

“Non possiamo, ne ho presa solo una.” Disse Blaise. “Sarebbe sembrato strano se ne avessi prese due. È già strano che ne abbia presa una, tanto per cominciare – a Erbologia ci limitiamo a dissezionarle per i viticci.”

Harry prese l’Algabranchia dalla mano di Blaise. “Sentite, la prendo, visto che se provassi a entrare nel Lago Nero senza probabilmente finirei per affogare. Essere un pesce per un’ora è meglio che morire.”

“A meno che tu non venga mangiato da un pesce più grande.” Disse Ron. “Allora sarà entrambe le cose.”

“Grazie, Ron.” Disse. “Che prospettiva allettante.”

Ron gli mise una mano sulla spalla. “Sono qui per te amico, quando vuoi.”

 

 

-

 


Harry fu svegliato poco prima dell’alba e, considerando quanto era stato difficile tranquillizzarsi e dormire, aprì gli occhi con l’immediato istinto di commettere un omicidio. “Neville?” Gracchiò, riconoscendo il viso ansioso sopra di lui. “Cosa vuoi?”

“Non so cos’hai programmato per dopo, forse hai trovato uno stratagemma migliore, sono sicuro che è così, ma… Per ogni eventualità-“ Spinse qualcosa di viscido e tondo nelle sue mani e Harry sbatté gli occhi in preda alla confusione quando vide dell’Algabranchia tra le sue mani. “È un po’ rischioso, ma dovrebbe aiutarti nel Lago. Bagnala nell’acqua prima di mangiarla – così facendo è più probabile che la mutazione sia più utile, se può reagire a qualcosa prima che al tuo corpo.”

“Grazie.” Disse, perché erano informazioni nuove, ma era anche molto presto ed era estremamente smarrito. “Ma come hai-“

“Devo andare, devo annaffiare il mio progetto di Erbologia prima dell’alba se non voglio che mi morda.” Non gli suonava del tutto giusto, ma era stato morso da una pianta un paio di volte prima, quindi forse si sbagliava. Avevano dei progetti di Erbologia? Era abbastanza sicuro di no. “Buona fortuna! Crediamo in te!” Sorrise, gli diede una pacca sul petto e corse fuori dal dormitorio.

“Neville!” Chiamò, affaticandosi per uscire dalle coperte, ma era già sparito. Ah e Ron non era nel suo letto, per qualche strano motivo. Forse avevano davvero un progetto di Erbologia. Chissene, poteva ancora dormire un paio d’ore se si impegnava abbastanza.

Mise l’Algabranchia assieme a quella che gli aveva dato Blaise - nella tasca del costume che Pansy aveva modificato per lui, aggiungendo tasche con la zip e un posto per tenergli la bacchetta, in modo da non doverla tenere in mano tutto il tempo. Una scorta extra non avrebbe sicuramente fatto male.

 

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Draco era sugli spalti, seduto tra Blaise e Pansy e chiedendosi chi diavolo aveva pensato che quello era un evento adatto al pubblico, visto che dovevano solo aspettare un’ora e vedere chi tornava per primo. Si era portato l’edizione di quel giorno della Gazzetta del Profeta da leggere nell’attesa. L’articolo di Luna era in prima pagina, accompagnato da una foto di Cedric sorridente che salutava con la mano. L’aveva scritto con lo pseudonimo di Mizuki Tanaka, usando una traduzione raffazzonata del suo nome e unendolo al cognome da nubile di sua madre.

Non poté impedirsi di guardare verso dov’erano seduto i Grifondoro. Hermione era seduta tra Neville e Lavanda e Ron non si vedeva, il che non aveva il benché minimo senso. Non se lo sarebbe mai perso, quindi dove Merlino era?

Silente si alzò dal suo posto al tavolo dei giudici, che era piazzato davanti agli spalti in modo da essere più vicino al limitare del lago. Lanciò un incanto Sonorus e disse: “Benvenuti, benvenuti! È davvero un piacere vedervi in questa splendida giornata. Come speriamo tutti i campioni abbiano capito, abbiamo preso qualcosa che sicuramente gli mancherà, consegnandolo alle sirene. Avete un’ora di tempo per farvi strada nel Lago Nero, recuperare cosa vi è stato sottratto e tornare a riva.”

Si sedette mentre Madame Maxime si alzava, la voce che tuonò così forte da sentirsi anche senza l’aiuto della magia. “Da Fleur Delacour abbiamo preso sua sorella minore, Gabrielle Delacour.”

Un’esclamazione di sorpresa serpeggiò tra la folla. “Non l’hanno fatto davvero.” Disse a bassa voce Pansy, nonostante l’avessero fatto eccome.

“Sono fuori di testa.” Disse Millie, seduta esattamente dietro Draco. “Le persone non sono oggetti! Non dovrebbero essere prese e usate nei tornei!”

Karkaroff annunciò: “Da Viktor Krum abbiamo preso sua madre, Elena Krum.”

Draco cercò di immaginare cos’avrebbe fatto se qualcuno avesse minacciato sua madre. Sperava che Karkaroff non tenesse troppo ai suoi arti.

Dumbledore si alzò di nuovo. “Da Cedric Diggory abbiamo preso la sua fidanzata, Cho Chang.”

“Non tengono alla propria vita.” Disse Blaise. “È l’unica spiegazione plausibile.” Nessuno la smentì.

“Da Harry Potter abbiamo preso il suo amico, Ronald Weasley.” Concluse. “Quando i fuochi d’artificio esploderanno, potrete iniziare. A tutti i campioni – buona fortuna!”

Se gli sguardi avessero potuto uccidere, i tre presidi sarebbero stati stecchiti prima ancora di cadere a terra.

 

-

 


Gli altri campioni sembravano incazzati tanto quanto lui, quindi trovò conforto in quello, almeno. I fuochi d’artificio esplosero sopra il lago, spronandoli a correre. Fleur e Cedric usarono l’incantesimo Testabolla. Viktor si trasfigurò parzialmente in uno squalo – se il suo migliore amico non fosse stato catturato per partecipare a un torneo contro la sua volontà, gli avrebbe sicuramente detto “Che figata!”. Si ripromise di farlo comunque, sempre che nessuno dei due morisse.

Tirò fuori una delle palline di Algabranchia, la inzuppò nell’acqua e se la ficcò in bocca. Era, a tutti gli effetti, una delle cose più schifose che avesse mai mangiato. Dovette schiaffarsi una mano sulla bocca per impedirsi di sputarla. Solo perché ne aveva una di scorta non significava che fosse libero di usarla prima del tempo.

Se avesse saputo che era in gioco l’incolumità del suo migliore amico, avrebbe avuto meno rimostranze alla possibilità di trasformarsi in un pesce.

Improvvisamente non riuscì più a respirare e cadde in acqua, dopodiché ci riuscì di nuovo. Si toccò il lato del collo, dove delle branchie sfarfallavano sulla sua pelle. Poi notò che sentiva le mani diverse, così come i piedi. Oh, Merlino. Aveva mani palmate e… e non sapeva nemmeno cosa fossero i suoi piedi. Forse si stava trasformando in un pesce per davvero.

Però, dopo aver aspettato un po’, non successe nient’altro. Vide gli altri nuotare e seminarlo ma non gli interessava di fare un buon tempo, gli interessava Ron. Quindi, iniziò a nuotare. Sapeva di essere capace, ma non era molto bravo. Aveva fatto qualche vasca nel bagno dei prefetti in quei giorni, giusto per ricordarsi come fare, ma non era neanche lontanamente qualificabile come “bravo”.

Quindi fu comprensibilmente scioccato quando schizzò in avanti, superandoli tutti.

Muoversi in acqua era facile e veloce, più veloce di quanto avrebbe dovuto essere. Amava la magia.

Le sirene vivevano sul fondale al centro del lago quindi, supponendo che stessero tenendo tutti lì, almeno sapeva dove andare. Gli lanciarono dei massi, ma era talmente veloce da poterli quasi ignorare a cuor leggero. Più a lungo nuotava e più capiva che il lago doveva essere per forza incantato: vicino al bagnasciuga l’acqua era dolce, mentre ora era salata, ed era molto più largo e profondo ora che c’era dentro, rispetto a quello che si vedeva da fuori.

Dei feroci Avvincini con denti affilati lo caricarono da ogni lato e Harry infilò la mano in tasca per prendere la bacchetta. “Flipendo!” Un mucchio di loro venne sbalzato via, ma uno riuscì a scattare in avanti e affondare i denti nel suo avambraccio. Imprecò, cambiò mano per lanciare l’incantesimo stordente e staccò la creatura con cautela, in modo che i suoi denti non facessero altri danni. C’era un’altra ondata che stava per assalirlo e Harry sferzò l’acqua con la bacchetta in direzione degli Avvincini. “Pietrificus totalus maximus!”

Si congelarono tutti, fluttuando dolcemente nell’acqua, seguendo la corrente. Non sapeva quanto a lungo li avrebbe fermati, quindi si affrettò ad andarsene. Il braccio gli sanguinava copiosamente e non voleva fermarsi, ma non voleva nemmeno dissanguarsi nel mezzo del lago. Scandagliò il fondale sabbioso finché non trovò un lungo e spesso pezzo d’alga e se lo avvolse intorno alla ferita, tenendolo fermo con un incantesimo incollante. Non era sicuro di quanto igienico fosse, ma immaginò che fintanto che il suo braccio non si fosse staccato, madama Pomfrey sarebbe riuscita a rimediare a ogni danno.

Non molto dopo, vide delinearsi la città delle sirene, composta da torri a spirale e spesse colonne, e non riusciva a credere che tutto quello potesse starci nel lago. Tutti e quattro gli ostaggi dei campioni erano legati a dei larghi pali, piantati davanti ai cancelli della città.

La più vicina era la mamma di Viktor, una donna con pelle pallida e capelli scuri, poi Cho, poi una ragazzina con capelli biondo chiaro che doveva essere Gabrielle e, finalmente, Ron.

Andò verso di lui, ma non appena si avvicinò di cinque metri due dozzine di sirene armate di lance si pararono di fronte agli ostaggi. “Mi prendi in giro.”

Loro alzarono un po’ di più le loro lance.

Tirò fuori la bacchetta; e non erano Avvincini, non voleva fargli davvero del male. Ma non aveva nemmeno intenzione di lasciare che gli intralciassero la strada. Roteò il polso proprio come gli aveva insegnato Draco e gridò: “Gravitas penna!” Non era un esperto nell’incanto Pesopiuma, ma non era necessario. La sua magia piovve sulle sirene e prima che avessero modo di riprendersi lanciò: “Reducto!”. Era leggermente meno potente di Flipendo ma, grazie al suo incanto più o meno efficace, l’impatto le spedì a ruzzolare sul fondale. Nuotò verso Ron e strattonò senza successo la corda per un po’, prima di arrendersi.

Le sirene si scrollarono di dosso gli effetti del suo incantesimo e Harry alzò nuovamente la bacchetta, pronto a scacciarle di nuovo; ma loro si limitarono a rimettersi in riga davanti agli ostaggi, senza degnarlo di un solo sguardo. Huh. Ok.

“Relashio!” Le corde che legavano Ron caddero e Harry lo afferrò per i fianchi per evitare che cadesse sul fondale. Lanciò un incanto Pesopiuma anche su di lui, perché tenerlo su era abbastanza facile visto che erano sott’acqua, però il braccio gli bruciava dove l’Avvincino l’aveva morso e non voleva peggiorare la ferita se poteva evitarlo. Aveva Ron, avrebbe dovuto andarsene.

Però.

Lasciare gli altri lì, privi di sensi nel mezzo del lago gli sembrava… sbagliato. E poi, tutti quanti continuavano a ripetergli che le persone morivano in quel torneo. E se la canzone delle sirene dovesse essere intesa letteralmente e si fossero tenute chiunque non fosse stato salvato?

Appoggiò Ron contro il palo, tenendolo dritto con le corde che gli aveva appena tolto. Non voleva che fluttuasse via mentre non stava guardando. Un tritone gli si avvicinò, ma non aveva armi. Aveva la pelle e gli occhi scuri e capelli lunghi e verdi, dello stesso colore delle alghe. Aprì la bocca e ne fuoriuscì la stessa voce melodica della canzone dell’uovo. “Giovane, non sbagliare. La prova è completata – quel ragazzo puoi recuperare.”

“Non posso lasciarli.” Disse, puntando verso gli altri. “Aspetterò che gli altri campioni li vengano a prendere. Poi me ne andrò.”

Il tritone corrucciò lo sguardo. “Primo ad arrivare e ultimo ad andare? Non sono queste le persone che devi salvare.”

“Rimango qui.” Disse fermamente, alzando la bacchetta. “Vuoi provare a fermarmi?”

L’altro alzò le mani in segno di resa, la bocca incurvata agli angoli. “La decisione è tua, grazie per il chiarimento. Mi farò da parte, senza impedimento.”

Mantenendo la parola nuotò via, ma non si unì al plotone di sirene di guardia davanti agli ostaggi. Invece, si sistemò in cima ai cancelli della città, osservando la situazione con occhi attenti. Harry non ebbe tempo di pensarci ulteriormente, visto che Cedric si stava avvicinando. Non sembrava che fosse stato morso, ma era ricoperto di graffi, tra cui uno particolarmente profondo alla gamba che gli fece stringere i denti.

Cedric aveva gli occhi sbarrati mentre combatteva le sirene. “Ventus!” Gridò. Un’enorme folata di vento apparve nell’acqua, creando un piccolo ciclone che spinse via tutte le sirene. Era mille volte più figo di quello che aveva fatto Harry.

Nuotò fino a Cho, toccandole gentilmente il volto. Un po’ sua della frenesia lo abbandonò. Si girò e gli chiese: “Harry, cosa fai ancora qui?”

“Passo il tempo?” Suggerì. Cedric alzò gli occhi al cielo. “Non sto cercando di vincere, ricordi? Prendi la tua ragazza e vattene da qui. Sei il primo per adesso, se ti sbrighi continuerai a esserlo.”

Cedric gli scompigliò i capelli prima di slegare Cho. La afferrò mentre cadeva, stringendola fra le braccia mentre nuotava verso la riva.

Viktor si fece vivo qualche minuto dopo, relativamente incolume, ma dalla direzione opposta rispetto a quella da cui erano arrivati Harry e Cedric. Doveva essersi perso. Evocò uno scudo di metallo e caricò di forza le sirene come una palla da bowling. Harry stava ridendo quando Viktor riuscì a giungere a destinazione. Trasfigurò una pietra in un coltello e iniziò a tagliare le corde di sua madre. “Stai bene, Harry?” Chiese. Si caricò sua madre sulla schiena, ma esitò prima di andarsene. “Hai bisogno di aiuto?”

“Sono a posto.” Sorrise. “Porta tua mamma in superfice. Vi raggiungerò più tardi.”

Viktor alzò le spalle e si diresse nella stessa direzione di Cedric. Era più veloce, però Cedric aveva un bel distacco, quindi Harry non era sicuro di chi avrebbe vinto alla fine.

Poi aspettò.

E aspettò.

Tutta la parte del braccio al di sotto del morso dell’Avvincino gli pizzicava – il che non poteva essere un buon segno – e le sue branchie stavano iniziando a prudergli ed era abbastanza sicuro che significasse che dovesse tornare in superficie in fretta se non voleva affogare lì.

Lo stesso tritone di prima gli si avvicinò e disse: “Devi sapere questo, io credo. Un’ora è passata, puoi tornare al greto.”

Harry scandagliò l’acqua, ma non vide nessuno. Non sapeva cosa fosse successo a Fleur, ma non era lì e lui doveva andarsene. “La ragazza viene con me.” Disse al tritone. Doveva portare Ron via di lì, ma non avrebbe lasciato indietro nessuno.

Le sirene con le lance ringhiarono, avanzando, e Harry strinse la bacchetta, pronto. Il tritone davanti a lui alzò la mano e il resto di loro si zittì. “La strada non ti verrà impedita. Ma svelto, la lentezza è proibita.”

Era stato… inaspettatamente generoso. Harry non aveva tempo per farsi domande. Con un colpo di bacchetta furono entrambi liberi, lanciò un leggero incanto Pesopiuma e poi afferrò entrambi per il retro della maglia, nuotando verso la superficie. Era quasi arrivato, quando l’effetto dell’Algabranchia terminò e si ricordò all’ultimo momento di trattenere il respiro.

Riemerse boccheggiando e un secondo dopo Ron e Gabrielle si unirono a lui tossendo, visto che l’incantesimo di stasi si era spezzato. Gli occhi di Gabrielle si riempirono di lacrime e la ragazza iniziò a dimenarsi, urlando qualcosa in francese. Harry cercò di afferrarla, ma se si fosse ribellata sarebbero probabilmente affondati entrambi. Senza l’Algabranchia non pensava di essere un nuotatore abbastanza bravo per tenere entrambi a galla.

“Ehi!” Disse Ron, spingendo via Harry e tirando Gabrielle vicina per il polso, facendo da ancora. “Calmati. Va tutto bene.” Stava parlando con un tono basso e calmo, ma senza lasciarla andare, tenendola salda in modo che non potesse tirarsi indietro e affogare.

“Dov’è mia sorella?” Pianse lei, l’accento molto più marcato di Fleur. “Avevano detto che sarebbe venuta a prendermi!”

“Io sono Ron e questo è Harry.” Disse, calmo. “Siamo amici di Fleur e ti porteremo a riva. Probabilmente ti sta aspettando lì. Ma ho bisogno che tu ti calmi, ok?”
Sorprendentemente, sembrò funzionare. Lei tirò su col naso e annuì. “Non mi piace l’acqua.” Sussurrò.

Ron sorrise e le spostò i capelli dietro un orecchio. “Non c’è problema, ti proteggiamo noi. Ecco, perché non sali sulla mia schiena? In questo modo so che sei al sicuro e non devo preoccuparmi che tu ti perda nell’acqua. Va bene?”

Lei annuì di nuovo e Ron cambiò la sua presa, così da potersela tirare abbastanza vicino da farla arrampicare. Le indicò di stringere le gambe intorno ai suoi fianchi e le braccia intorno al suo collo, ma non troppo strette, in modo che potesse respirare.

Quando finì, si era calmata quasi del tutto. Harry fu impressionato. “Dove hai imparato a faro?”

Lui alzò le spalle, poi fece un cenno verso la riva. “Dai, sembra lontana ma possiamo arrivarci in un paio di minuti se ci sbrighiamo.”

Se era vero, allora era dovuto più alle proprietà magiche del lago che alla loro capacità di nuotare se gli sembrava di starsi muovendo nella melassa; e Ron non era molto più veloce di lui.

“Uhm, Harry, posso chiederti una cosa?” Chiese Ron.

Harry sperò che la sua occhiataccia stanca comunicasse quanto fosse stupida quella domanda.

Dovette riuscirci, perché Ron sorrise e disse: “Quando la McGonagall mi ha preso, ha detto che il Calice ha detto che io ero la persona che ti sarebbe mancata di più. E pensavo che sarebbe stato…” Esitò, gli occhi che saettarono verso la ragazzina sulla sua schiena. “… qualcun altro.”

Harry fu così sorpreso che si fermò per un momento, dovendo poi costringere i suoi arti a muoversi ancora più velocemente per raggiungerlo. “Sei il mio migliore amico.” Disse, più veementemente del previsto. Ron sgranò gli occhi. “Lui- lui è quello che è.” Disse. “Ma tu sei il mio migliore amico, e il mio primo amico, e io non avrei niente o nessuno se non avessi avuto te. Non mi ricordo i miei genitori, quindi tu e la tua famiglia siete- Siete i primi… Ero così solo, prima di incontrarti. Tu sei la persona che mi ha strappato alla solitudine.”

Era stato un discorso incredibilmente imbarazzante. Forse avrebbe dovuto smettere di nuotare e lasciare che il lago lo prendesse e ponesse fine alle sue sofferenze. Ron sorrise da orecchio a orecchio e lo abbracciò forte, entrambi gelati e zuppi e con Gabrielle aggrappata alla schiena di Ron. “Okay.” Disse, tirandosi indietro e incitando entrambi a riprendere il viaggio. “Io… Okay.”

Raggiunsero la riva e Gabrielle non lasciò andare Ron, quindi lui continuò a portarla sulla schiena.

Cedric e Cho erano seduti sulla sabbia di fianco a Viktor e sua madre. Cedric aveva una benda pulita sulla gamba, ma non era ancora andato da un guaritore. I visi dei giudici erano cupi. “Cos’è successo?” Chiese subito Harry.

“Fleur non è ancora tornata.” Disse Cedric, contrariato. “Speravamo fosse con te.”

“È passata quasi un’ora e mezza.” Aggiunse Viktor.

“Dobbiamo andarla a prendere!” Disse Harry. “Perché non è andato nessuno?”

Madame Maxine si alzò, il volto cinereo. “Stiamo aspettando un responso dalle sirene. Solo allora avremo il permesso di entrare in acqua a cercarla. Questo è stato il patto che abbiamo stretto in cambio del loro aiuto.”

Harry la fissò, sconvolto. “Potrebbe essere ferita! Potrebbe star morendo!” Quasi aggiunse che avrebbe potuto essere morta, ma Gabrielle aveva già ricominciato a piangere. Ron l’aveva girata in modo che fosse seduta di traverso sui suoi fianchi e lei gli si era stretta al collo, il viso nascosto nel suo petto.

“Non abbiamo il permesso di entrare nel Lago Nero.” Disse Karkaroff. “Di qualsiasi aiuto potrebbe necessitare o meno, dovremo aspettare di ricevere il permesso dalle sirene per entrare. Potrai anche essere bramoso di innescare una guerra, signor Potter, ma io no.”

Harry non aveva mai desiderato di poter tirare un pugno a qualcuno così tanto in vita sua, e quello includeva Rita Skeeter. “D’accordo. I campioni hanno il permesso di entrare nel lago, giusto? La vado a prendere io.”

“Ti aiuto!” Disse Cedric. Cercò di mettersi in piedi, ma la gamba ferita quasi gli cedette. Cho gli passò il braccio sopra la spalla, cercando di tenerlo dritto.

Viktor fece per alzarsi, ma sua madre gli afferrò il polso e lo tirò nuovamente giù, il viso incupito. Cercò di sfilarsi, ma lei non lo lasciò andare, stringendogli il braccio con entrambe le mani.

“Potresti rimanere ferito.” Disse Silente, sembrando persino più vecchio di quello che era. Sembrava stanco.

“E dovrebbe essere una novità?” Chiese Harry. Scosse la testa in direzione di Viktor e mise una mano sulla spalla di Cedric. “Tranquillo. Vado da solo.”

“Anche tu sei ferito.” Ribatté Cedric, fissandogli il braccio.

“Almeno sto in piedi.” Disse. “La troverò e la riporterò indietro. Non c’è bisogno che tu ti ferisca più di così.”

“Harry!” Lo chiamò, ma lui stava già tornando nel lago. Tirò fuori l’altra Algabranchia dalla tasca, se la ficcò in bocca ed entrò.

I cambiamenti furono gli stessi, ma non era sicuro di dove andare. Il Lago Nero era grande – molto, molto più grande di quello che sembrava da fuori – se avesse iniziato a nuotare a caso non l’avrebbe mai trovata. Hermione aveva menzionato un incantesimo una volta, ma gli era sembrato sciocco, come l’incantesimo che i gemelli avevano insegnato a Ron per far diventare gialla la coda del suo ratto, al primo anno.

Beh, non è che avesse qualcosa da perdere.

Tirò fuori la bacchetta e l’appoggiò piatta contro il suo palmo. Era un incantesimo semplice, che dipendeva dal potere di chi lo usava e da quanto fossero vicini la persona o l’oggetto. Avrebbe dovuto essere semplice. Lo sperava. “Indicami Fleur Delacour.”

La bacchetta roteò nella sua mano, puntando a sinistra. Beh, era meglio che nuotare alla cieca. Seguì l’indicazione dell’incantesimo, fermandosi ogni tot per lanciarlo di nuovo e assicurarsi di essere sulla strada giusta. Ad un certo punto, sentì un clamore distante e seguì quello.

Lontano dalla città delle sirene, le stesse di poco prima con le lance stavano lottando assieme alla piovra gigante, cercando di tenere a bada Fleur. Anche il tritone che gli aveva parlato prima era lì, ma si teneva in disparte dalla lotta, guardando la situazione con occhio critico. Sembrava disinteressato, ma aveva le mani strette a pugno. Una sirena falciò in avanti, quasi sventrando Fleur, e il tritone esclamò: “Non arrecatele danno! Disarmatela senza affanno!”

Fleur lottava come se fosse posseduta.

Il suo viso era affilato dalla furia. Lanciava incantesimi offensivi di alto livello uno dietro l’altro, cercando di colpire tutto e tutti. La piovra gigante era ricoperta di ferite che sanguinavano copiosamente – a quanto pareva aveva fatto da scudo, ricevendo la maggior parte degli attacchi. “DOV’È MIA SORELLA?” Urlò Fleur. “COSA LE AVETE FATTO?” Alcune delle sirene cercarono di parlare, ma non avevano il tempo di farlo, dovendo difendersi dal suo costante assalto.

Quello che Harry fece fu da vigliacchi, ma anche necessario.

Fleur non l’aveva ancora notato, quindi Harry alzò la bacchetta verso la sua schiena indifesa e lanciò: “Stupeficio!”

Non aveva voluto metterci troppa forza, per paura di ferirla, quindi per un momento Fleur gli resistette. Harry ne aveva un secondo sulla punta della lingua quando lei collassò, stordita. Balzò in avanti per prenderla prima che colpisse il terreno.

Le guerriere lo ignorarono immediatamente, girandosi invece verso la piovra gigante, che si stava dimenando e sanguinando. Il tritone di prima si avvicinò. “Mi dispiace.” Disse subito Harry. “Non voleva- O beh, pensava- Era preoccupata per sua sorella.”

“Quando abbiamo acconsentito a questo gioco sapevamo che il rischio non era poco.” Disse, anche se il suo viso era contorto dal dolore. “Tra di noi non c’è offesa. Riferisci alla tua gente che la pace è illesa.”

“Posso aiutare?” Chiese, guardando verso la piovra. “Avete bisogno di una mano? C’è qualcosa che posso fare?”

Il tritone inclinò la testa, pensieroso. “Non c’è da assolvere nessun debito. Ma se fosse tenuta ferma, sarebbe gradito.”

“Vi aiuterò.” Disse lui fermamente. “Pagherò il suo debito. Qualcuno può portarla a riva? Rimarrò io. Non posso comunque tornare finché non si esaurisce l’effetto dell’Algabranchia. A questo punto, tanto vale essere d’aiuto.”

Il tritone schioccò le dita e due delle guerriere si staccarono dallo squadrone che stava badando alla piovra e si avvicinarono. Harry ripeté la sua richiesta, porgendo loro il corpo privo di sensi di Fleur. Guardarono il tritone – che annuì – prima di prendere Fleur, nuotando in direzione della riva.

Il tritone indicò la piovra gigante, che si stava contorcendo e dissanguando, e Harry fece un respiro profondo. Faceva decisamente schifo negli incantesimi di guarigione, poteva a malapena guarire un taglietto, figuriamoci qualcosa di più complicato di quello. Ma tenerla ferma – quello poteva farlo. Non l’aveva mai lanciato contro qualcosa di così grande e potente, ma poteva farcela. Draco berciava sempre, dicendogli che i suoi incantesimi erano solo forza bruta senza alcuna tecnica, e ora si era presentata una situazione in cui poteva essere finalmente utile.

“Immobilus!” Lanciò, infondendoci tutto quello che aveva.

Il che, col senno di poi, fu un po’ un’esagerazione.

La magia uscì dal suo corpo in un lampo di luce accecante e quando riuscì di nuovo a mettere a fuoco, la piovra gigante era completamente ferma, incapace di muovere i suoi giganteschi arti. Quasi fu portata via dalla corrente e Harry dovette lanciare frettolosamente l’incantesimo di levitazione per tenerla sul posto. Strinse i denti mentre sosteneva la piovra gigante, perché quell’affare era pesante, e desiderò ardentemente di essere più bravo nell’incanto Pesopiuma. Con qualcosa di così grosso, il suo incantesimo si sarebbe infranto e basta. Quindi dovette ancorarla con un Wingardium Leviosa, e avrebbe dovuto risultare più facile – visto che erano in acqua – ma la magia quello non lo sapeva e Harry poteva già sentire gravargli sulle spalle lo sforzo di tenere ferma la gigantesca bestia. Se non fosse stato già esausto da prima non sarebbe stato così male, ma lo era, quindi...

“Questo incantesimo è troppo potente da mantenere.” Disse il tritone. “Molto presto ti farà dolere.”

“Portatemi indietro quando avrò finito, se non riesco a farcela da solo.” Disse Harry. Non poteva sentire il sudore sott’acqua, ma si sentiva tutto il corpo fin troppo caldo, come se stesse bollendo da dentro.

L’altro non perse ulteriore tempo a discutere. Si unì agli altri, che avevano abbandonato le loro lance e stavano ora premendo le mani sulle ferite inflitte da Fleur. All’inizio pensò che stessero solo cercando di fermare l’emorragia, ma poi i loro palmi si illuminarono di un tenue verde e quando si spostarono la pelle che avevano toccato era guarita. Il tritone che aveva parlato con Harry aveva mani che brillavano più di chiunque altro intorno a lui.

Presto non ebbe più le forze per prestare attenzione. Invece, si concentrò sul mantenere il suo incantesimo e non svenire, perché c’era una sensazione di prurito bruciante che gli stava salendo per la spina dorsale e continuava a dover sbattere gli occhi per scacciare le macchie nere dal suo campo visivo. Non riusciva a sentirsi il braccio sotto il morso dell’Avvincino, ma immaginò che fosse preferibile a un dolore lancinante. Sperò ferventemente che Pomfrey non dovesse fargli ricrescere il braccio.

Una mano ghiacciata gli toccò il collo e Harry sussultò, guardando di fianco a lui. Era il tritone di prima. Tutti gli altri si erano allontanati dalla piovra, che non stava sanguinando più. Dove prima c’erano ferite sanguinolente, ora c’erano cicatrici spesse e frastagliate. “Va bene se…?”

Il tritone annuì.

Harry tirò un sospiro di sollievo. Poteva sentire il prurito premonitore alle branchie, quindi il suo tempo stava per scadere. Doveva tornare in superficie. “Finite incantatum!”

Interrompere l’incantesimo comportò un sollievo immediato. La piovra mosse lentamente i suoi grossi tentacoli, come se si stesse abituando di nuovo ad averli, ma non si stava più dimenando dal dolore. Era andato tutto bene per davvero. Harry cercò di nuotare verso l’alto, ma le sue gambe erano troppo stanche per muoversi come dovevano e il suo braccio ferito non si muoveva proprio. Andò nel panico e si sforzò, ma non riuscì a fare più di tre metri e mezzo prima che gli effetti dell’Algabranchia svanissero. Era ancora nelle profondità dell’acqua, non sarebbe mai riuscito a tornare in superficie in tempo. I polmoni già gli bruciavano e dovette lottare contro l’istinto di aprire la bocca. La testa gli girava, ma doveva continuare a muoversi, forse la superficie non era così distante come sembrava-

Un braccio freddo lo afferrò per i fianchi e la faccia del tritone invase il suo campo visivo. Un secondo dopo, sentì delle labbra gelide contro le sue. Harry sbarrò gli occhi e il tritone si tirò indietro. La sua bocca si aprì prima che potesse impedirselo, ma improvvisamente riusciva di nuovo respirare. Non era come prima, non aveva più le branchie, stava solo… respirando sott’acqua, in qualche modo.

“La tua fine non è nel mare. Di questa intrusione spero tu mi possa perdonare.” Disse. Gli sciolse la penosa benda di alghe e sotto il profondo e frastagliato morso dell’Avvincino il suo braccio era diventato viola. Il tritone appoggiò la mano contro la ferita e ci fu di nuovo quella tenue luce verde. Harry si sentiva come se avesse sommerso il braccio in un secchio di ghiaccio. Quando la luce svanì era guarito e l’unica cosa che era rimasta era una fila di cicatrici bianche e puntinate nel punto dove l’Avvincino aveva affondato i denti.

Harry sbatté gli occhi, guardandosi il braccio. Poi di colpo registrò l’accaduto e strillò. “Ho un ragazzo!”

Gli occhi del tritone brillarono di divertimento. “Ho improvvisato, faglielo sapere. Vieni, riportarti a riva è mio dovere.”

Lo tenne stretto al suo fianco gelato e Harry stava già tremando quando avvolse tentativamente le braccia intorno alle sue spalle. Anche se lo stava trasportando, il tritone nuotò molto più velocemente e con grazia rispetto a lui quando aveva usato l’Algabranchia.

-

 

Draco immaginò che avrebbe dovuto rassegnarsi e abituarsi al fatto che Harry sparisse in continuazione senza motivo, visto che gli ci era voluta più dell’ora pattuita per ritornare e poi era stato abbastanza stupido da rituffarsi nel lago. Avrebbe voluto prendersela, ma non poteva. Harry era andato a cercare Fleur quando nessun’altro poteva, e non poteva prendersela per quello. Era preoccupato, ovviamente, ma avrebbe fatto lo stesso se avesse potuto.

Passò circa mezz’ora e due sirene portarono in superficie Fleur priva di sensi, ma Harry non si vedeva da nessuna parte. Torsero le braccia per manipolare la corrente e spingerla a riva, prima di sparire di nuovo nell’acqua. Non sembrava ferita, ma era troppo lontano per esserne sicuro. Cho e Viktor si affrettarono verso di lei, ma prima che potessero avvicinarsi lei si svegliò di soprassalto e si mise a sedere. Il suo incantesimo Testabolla si infranse e lei si tirò in piedi, barcollando. Viktor e Cho si paralizzarono sul posto e Draco non capì il perché finché Fleur non si girò verso di loro.

Era zuppa, il suo costume era stracciato – nonostante non sembrasse ferita – e la sua faccia era contorta in un’espressione di furia così intensa che Draco sentì un brivido corrergli giù per la schiena. Non era il solo, perché sia Pansy che Blaise gli si strinsero vicino.

“Fleur!” Esclamò Maxime, estasiata, perché era una stupida.

Tu.” Sibilò lei, l’acqua che evaporava dalla sua pelle. Nessuno dei presenti si ricordava che quella ragazza era per un quarto Veela? “Tu hai preso mia sorella! Me l’hai portata via!”

Silente si alzò. “Signorina Delacour, si calmi per favore-“

Gabrielle era lontana; era ancora assieme a Ron, che la stava tenendo ferma. Probabilmente non si fidava di lasciarla correre liberamente verso sua sorella quando era così furibonda. Almeno qualcuno che aveva un po’ di sale in zucca c’era.

“CALMARMI?” Ruggì lei. Oh, no. Quella gente era un branco d’idioti. Avevano preso gli studenti più potenti di ogni scuola e gli avevano portato via la persona più cara. Davvero si aspettavano che avrebbero accettato la sconfitta in silenzio? Quelli erano ragazzi che avevano accettato di guardare la morte in faccia, mentre gli adulti pensavano sul serio che fosse solo un gioco, che non ci sarebbero state conseguenze. Nessuno dei giudici si stava muovendo, nessuno di loro aveva la bacchetta in mano – a quanto pareva, non avevano capito cos’avevano fatto. “MIA SORELLA NON C’È PIÙ PER COLPA VOSTRA! MIA- MIA SORELLA-“

Draco reagì prima che potesse ripensarci, perché non gli importava di cosa lei stesse per fare, ma sapeva che dopo se ne sarebbe pentita. Si alzò, protese la bacchetta e gridò: “PROTEGO MAXIMUS!”

Uno scudo blu di magia protettiva apparve di fronte al tavolo dei giudici, giusto pochi istanti prima che Fleur sguinzagliasse delle fruste di fuoco dorato. Si abbatterono sullo scudo, che tremò ma resistette. I giudici sembravano scioccati, come se non fosse stato palese cosa stava per fare. Fleur era più potente di lui ed era furibonda. Il suo scudo si sarebbe infranto se lei avesse continuato ad attaccare, quindi doveva fare qualcosa.

“Mihi virtutem tuam, mihi virtutem tuam, mihi virtutem tuam.” Mormorò, fissando lo scudo e cercando con ogni fibra del suo essere di non sbattere gli occhi. L’incanto era antico, ma funzionò.

Il successivo incantesimo scagliato da Fleur venne assorbito dallo scudo e la zona dell’impatto si colorò di un argento iridescente. Fintantoché avesse continuato a recitare la formula e non avesse sbattuto gli occhi, avrebbe resistito. I giudici avevano finalmente capito che Fleur non scherzava affatto e si alzarono dalle sedie, indietreggiando con le bacchette in mano.

Fleur comprese che nessuno dei suoi incantesimi aveva effetto e delle fiamme le danzarono intorno alle spalle. Guardò verso di lui, verso gli spalti colmi di studenti, e Draco sapeva che sarebbe andata a finire così. “Incendio!” Ringhiò lei, vomitando un muro di fuoco diretto verso di loro. Non la prese sul personale. Pensava che sua sorella fosse morta o peggio e in preda al dolore riusciva solo a distruggere tutto quello che le si parava davanti.

Non aveva il potere di lanciare un altro Protego, ma grazie a Fleur ne aveva abbastanza per estendere quello che aveva già. Il suo scudo era ormai interamente argenteo e pulsava del potere con cui Fleur lo aveva attaccato. Trascinò la sua bacchetta di lato, senza lasciare la presa sullo scudo, e pronunciò: “Capitulum quintum!”

Lo scudo esplose in avanti, coprendo gli spalti e proteggendo tutti i presenti, alimentato dalla magia di Fleur che era riuscito a intrappolarci dentro. Il suo muro di fuoco si infranse contro lo scudo senza causare danni e nuove fiamme le sbocciarono intorno alle mani per la rabbia.

Draco pensò di stare allucinando, perché gli sembrò di vedere Ron correre sulla spiaggia verso la strega furiosa, ma non poteva essere così, perché altrimenti sarebbe stato completamente pazzo.

“Fleur!” Chiamò. “Tua sorella è qui! Gabrielle sta bene!”

Lei si girò verso di lui, ma Ron era abbastanza vicino da riuscire ad afferrarle le braccia, evitando le fiamme. “Lasciami andare!” Ululò lei. Ron era forte, ma anche Fleur lo era, e se non fosse stato attento lo avrebbe atterrato senza l’utilizzo della magia.

Lui la scosse e la girò di forza, voltandola per farle guardare dove Gabrielle era rimasta tra Cedric e Cho. Le fiamme che la ricoprivano si spensero e i suoi occhi si riempirono di lacrime. “Gabrielle?”

Ron la lasciò andare e Cedric e Cho fecero lo stesso con Gabrielle. Lei scattò, correndo verso la sorella con le braccia spalancate. “Sto bene!” Disse, in francese. “Sto bene, va tutto bene, Harry e Ron mi hanno riportata indietro!

Collisero l’una tra le braccia dell’altra. Fleur cadde in ginocchio per abbracciare Gabrielle, che si mise a piangere affondando il viso nel petto della sorella.

Draco tirò un sospiro di sollievo e rilasciò lo scudo. Cadde a sedere, strofinandosi il sudore dalla fronte e cercando di evitare quel paio di centinaia di occhi che lo stavano fissando. Blaise gli evocò un bicchiere d’acqua e Pansy gli si avvicinò, in modo che potesse appoggiarsi su di lei senza renderlo ovvio.

Era a malapena riuscito a riprendere fiato quando il lago iniziò a ribollire e una corrente d’acqua ne schizzò fuori, alzandosi verticalmente in aria. Un tritone dalla pelle scura e i capelli verdi sedeva al suo interno, stringendo cautamente Harry al suo fianco. Il tutto era già strano di per sé, ma poi riuscì a vedere meglio la sua coda. Era di un bronzo scuro con riflessi dorati, il che significava… Che Merlino era successo lì sotto?!

Maxime stava guardando verso Fleur, torcendosi le mani, e Karkaroff avrebbe chiaramente preferito tagliarsi le mani piuttosto che avanzare di un altro passo; quindi, fu Silente a farsi avanti, inchinandosi profondamente. “Principe Akeakamai.”

“Principe!” Esclamò Harry. “Non me l’avevi detto!”

Che cazzo? Perché Harry stava chiacchierando con il principe dei sirenidi come se niente fosse?

Fleur si tirò in piedi, stringendo ancora Gabrielle a sé. “Mi dispiace.” Singhiozzò, il viso rosso e gonfio per il pianto. “Pensavo che aveste- Mi dispiace tantissimo.”

Akeakamai alzò una mano e lei si zittì. “Hai fatto quel che dovevi, tua sorella volevi vendicare. Non c’è guerra tra noi, non ti crucciare.” Visto che si trovava dentro la colonna d’acqua, le parole uscirono leggere e melodiche e non come gli strilli inconcludenti che erano le voci delle sirene nell’aria.

“Ma io-“

Lui scosse la testa. “Con coraggio ti sei battuta, fanciulla, e per questo dovresti essere ammirata.”

Fleur si lasciò andare di nuovo al pianto, ma non cercò più di contraddirlo.

Il principe usò l’acqua per depositare con gentilezza Harry sulla battigia e lui barcollò ma non cadde. “Grazie per l’aiuto!” Esclamò, salutandolo con la mano. Chiaramente non aveva idea di quanto fosse importante o potente quel tritone, anche se ora sapeva che era un principe.

Akeakamai sorrise e chinò la testa verso Harry, un onore che non aveva rivolto nemmeno a Silente. “Spero di rivederti, amico mio.” La colonna d’acqua ridiscese nel lago, portando il principe con sé.

Harry spostò lo sguardo su di loro, da Fleur in lacrime, ai giudici scarmigliati, a Ron che esitava ad allontanarsi dalle sorelle Delacour, al modo in cui metà dei presenti lo stava fissando mentre la restante metà fissava Draco, e inclinò la testa di lato. “Mi sono perso qualcosa?”

Ron si strinse la radice del naso.

“Qualcosa mi dice,” disse Cedric, seccamente, “che dovremmo chiederlo noi a te.”

Harry sbatté gli occhi, senza capire. Non poteva crederci.



Nota autrice: L’adorabile, favolosa e talentuosa PitViperOfDoom ha creato una pagina TvTropes per questa fic! Andatela a vedere e fatevi un giro anche da lei! (se vi piace bnha e non avete ancora letto yesterday upon the stair, che state aspettando??)
Dovecandies ha creato una fanart super carina che potete vedere QUI QUI
Megalania-prisca ha creato svariate fanart bellissime per siat e potete vederle qui
Spero che vi sia piaciuto!
Sentitevi liberi di seguirmi/stalkerarmi a: shanastoryteller.tumblr.com
Posto aggiornamenti sulla mia scrittura nella mia tag “progress report”, se è qualcosa che siete interessati a seguire da vicino!

Note traduttrice: Mi dispiace veramente tanto per l'attesa, purtroppo le mie circostanze attuali non mi permettono di dedicarmi molto alla traduzione o alla scrittura in generale. Spero comunque che questo capitolo vi piaccia e che i periodi di vuoto non inficino sul godimento del capitolo. Per quanto riguarda le fanart menzionate nelle note autrice, purtroppo megalania-prisca ha disattivato il proprio account e quindi non siamo riuscite a linkare le sue fanart. Per quanto riguarda la menzione di yesterday upon the stair... Beh, immagino che un po' di marchetta non faccia mai male!
Sia io che DanceLikeAnHippogriff ci impegnamo sempre molto e visto che i Shana sta allungando sempre di più i capitoli il vostro feedback è letteralmente un lenitivo per la fatica. Per la cronaca, mancano ancora due parti alla conclusione del Calice di Fuoco!
Vi consiglio ardentemente di seguire il mio blog per rimanere aggiornati sulle tempistiche e i vari lavori, ve lo lascio qui sotto! Buon inizio di sessione a tutti e per chi sta iniziando la maturità... mettetecela tutta! Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su TUMBLR (<-CLICCA QUI!)!

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Capitolo 7
*** Il Torneo Tremaghi: Parte Cinque ***


Il Torneo Tremaghi: Parte Cinque

 

 

 

Draco sentiva ancora gli sguardi della gente che lo fissavano e lo odiava.

I campioni erano finalmente in fila per ricevere i loro punteggi. Gli ostaggi erano dietro di loro, tranne Gabrielle, che rifiutava di separarsi dalla sorella.

I giudici stavano cercando di ricomporsi. Stavano facendo del loro meglio per fingere che Fleur non avesse appena cercato di ucciderli e Harry non fosse stato accompagnato a riva dal principe dei sirenidi. Alcuni ci stavano riuscendo meglio di altri.

Viktor era tornato per primo con il suo ostaggio, e solo con ferite superficiali, quindi gli furono assegnati più punti di tutti, e Cedric ricevette un punteggio di poco inferiore, quindi erano in parità al primo posto. Harry era tornato con il suo ostaggio, anche se dopo il tempo massimo, quindi il suo punteggio era decente. Tutti esitarono prima di annunciare il risultato di Fleur. Maxime le conferì gli stessi punti di Harry per premiare la sua dimostrazione di potenza, ma tutti gli altri le diedero un punteggio basso.

Tranne Silente.

Silente le assegnò un punteggio perfetto per lealtà incrollabile, determinazione e dedizione ai propri cari.

Draco fu quasi tentato di odiarlo un po’ di meno.

Millie si chinò verso di lui e gli sussurrò all’orecchio. “Non è che svieni appena ti alzi, vero?”

Avrebbe voluto offendersi, ma considerando che Millie lo aveva acchiappato mentre perdeva i sensi per ben due volte, era quasi una domanda comprensibile. “No, non essere ridicola. Ho usato principalmente la magia di Fleur, in ogni caso.” In realtà era stanchissimo e voleva solamente raggomitolarsi nel suo letto e dormire; ma stava bene, era una sensazione abbastanza facile da ignorare.

“Oh, tranne per quel Protego iniziale potente abbastanza da schermare svariati presidi da una mezza Veela incazzata nera.” Disse Blaise.

Draco si girò verso di lui, tradito. “Dovresti essere dalla mia parte!”

“Sono sempre dalla tua parte.” Sospirò lui. “Sfortunatamente.”

“Dovremmo andarcene ora, prima che tu venga assalito da una folla che fa domande a cui non vuoi rispondere.” Disse Pansy.

Ci pensò su. “Se scappiamo non me le faranno?”

“No.” Disse lei. “Ma potrai evitarle per un po’.”

“Andata.” Disse, quasi prima che avesse finito di parlare. “Leviamoci di torno.”

I presidi delle scuole erano impegnati in un discorso che riguardava l’unità e il duro lavoro o roba simile. Tutto quello che importava a Draco era che gli avrebbe permesso di squagliarsela prima che gli altri potessero muoversi. Quasi si aspettò di dover spingere via la gente per poter scendere dagli spalti, ma non fu necessario. Tutti si fecero silenziosamente da parte, così che lui e i suoi amici potessero facilmente scendere e andarsene, tornando al castello. “È stato strano.” Disse Pansy.

Millie fece una risata nasale. “Gli ha appena salvato la vita. Il minimo che possono fare è togliersi di mezzo.”

“Non gli ho salvato la vita.” Disse con sprezzo mentre entravano nel castello. “Non essere drammatica.”

Blaise e Pansy fecero un pessimo lavoro a trattenere le risate, mentre non aveva mai visto Millie così offesa. “Io sono drammatica? Io?”

“Dovresti lavorarci, è così poco sofisticato.” Disse, ed era fortunato che Millie gli volesse così bene da non strangolarlo.

Erano quasi arrivati alla Sala Comune di Serpeverde, quando una voce severa lo chiamò. “Signor Malfoy! Una parola, se non le dispiace.”

Si congelarono sul posto. Avrebbero potuto ignorarla, ma li avrebbe seguiti e Draco non voleva prolungare la conversazione più del necessario. Si girò sui tacchi e incrociò le mani dietro la schiena, in caso le notasse tremare. Era un tremolio talmente lieve che nessuno l’aveva notato, ma non voleva tentare la sorte con la McGonagall.

Desiderò essere un drogato d’adrenalina come la sua anima gemella. Harry godeva di cazzate come quella, mentre nel suo caso lo lasciavano sempre nauseato e stanco.

“Sì, professoressa?” Disse. “Posso aiutarla?” Era più rassicurato di avere i propri amici alle spalle di quanto volesse ammettere.

Lei lo guardò da sopra gli occhiali e, solo per una volta, Draco volle sapere cosa stesse pensando. “Quello che ha fatto poco fa è stato molto coraggioso, signor Malfoy.”

“Coraggioso?” Sputò, come se fosse una parolaccia. “Non sono uno dei suoi dannati leoni!”

Non sembrava arrabbiata. Piuttosto, quasi divertita. “Sarei una donna molto ottusa se pensassi che solo i miei Grifondoro possano essere coraggiosi. Anche cieca, direi. Signor Malfoy, per i suoi riflessi pronti, incantesimi eccezionali e coraggio, assegno a Serpeverde cento punti della Casa.”

“Preferirei di no.” Disse, prima che potesse pensarci meglio, e avvampò in viso. “Voglio dire-“

“Buona serata, signor Malfoy.” Disse, quasi con gentilezza. Poi fece un cenno alle persone dietro di lui. “Signor Zabini, signorina Parkinson, signorina Bulstrode.”

“Professoressa.” Risposero in coro. Poi, non appena lei si girò, trascinarono Draco nella Sala Comune.

 

-

 

Harry si struggeva per sapere cosa fosse successo a Draco. Dal modo in cui le persone lo stavano guardando, era ovvio che fosse successo qualcosa. Lo notò sgattaiolare via dagli spalti assieme agli altri e non potevano incontrarsi quella notte, sebbene lo volesse, e voleva sapere che diavolo stava succedendo.

La Seconda Prova si concluse e tutti furono liberi di tornare al castello, tranne per i campioni, che dovettero dirigersi in infermeria. Fleur stava ancora piangendo e Harry aveva scoccato a Cedric e Viktor occhiate inquisitorie, ma si erano limitati a scuotere la testa. Grazie ad Akeakamai Harry era illeso, a differenza di tutti gli altri, il che significava che poté tornare alla Sala Comune prima di loro.

Era appena uscito dall’infermeria quando vide qualcuno che lo aspettava. Neville era appoggiato contro il muro, le braccia incrociate e l’espressione cupa. “Ehi.” Lo salutò Harry, confuso. “C’è qualcosa che non va?”

Neville gli marciò incontro e gli piantò un dito nel petto. Era la cosa più aggressiva che Harry gli avesse mai visto fare e fu troppo sorpreso per esserne irritato. “Che diavolo sta succedendo tra te e Zabini?”

“Uh. Niente. Perché?” Chiese. Pensavano che avesse una tresca con Blaise? Meglio lui che Draco.

Neville strinse gli occhi. “Avevi due palline di Algabranchia. Io ne ho presa una dalle scorte della Sprout e so che Zabini ne ha presa un’altra. Pensavo che fosse per Fleur, ma lei non ne aveva neanche una e tu ne avevi due. Perché Zabini sta rubando ingredienti per te?”

“Uhm…” Disse, la testa che gli girava, sforzandosi di inventare una ragione credibile che non avesse a che fare con il loro essere amici. “Ricatto?”

Neville lo fissò per un lungo momento, per niente impressionato. “Di solito non fai così schifo a mentir. Potrò anche essere un codardo, ma non sono un idiota. Dimmi la verità!”

“Neville!” Disse Harry, genuinamente arrabbiato per la prima volta in quella conversazione. “Non dire così, non sei un codardo!”

“Non era quello il punto.” Rispose debolmente, ma Harry non voleva ignorare quella questione.

“Sei un Grifondoro! Hai cercato di fermarci al primo anno anche se non volevi e l’anno scorso hai affrontato il tuo Molliccio e l’hai sconfitto e hai chiesto a Ginny di andare al ballo, che è la cosa più coraggiosa che io abbia mai visto fare, è terrificante-“

Neville lo interruppe mettendogli una mano sulla bocca. Non sembrava più arrabbiato. Era esasperato, ma sorrideva, quindi Harry immaginò che fosse una vittoria. “Grazie. Ma sono serio. Che sta succedendo?”

Harry gli tirò via la mano dalla bocca e guardò il corridoio. Sembrava che fosse deserto, ma Draco lo avrebbe ammazzato se ne avesse parlato così allo scoperto. “Senti, ti dirò tutto. Ma domani, ok? Non qui.”

Pensò che la faccenda fosse conclusa, ma Neville esitò. “Non devi dirmelo se non vuoi. Ero solo preoccupato perché Zabini è un Serpeverde ma, beh, hanno fatto quella festa e Malfoy ci ha protetto tutti da Fleur.” Draco aveva fatto cosa? “Ma se mi dici che non c’è nulla di cui preoccuparmi, allora non mi preoccuperò. Hai sempre avuto i suoi segreti, Harry. Non volevo farmi i fatti tuoi.”

“È ok.” Disse con trasporto. Anche se Neville fosse stato un codardo – e non lo era – compensava con la sua cavalleria. “Hai colto una cosa scollegata prima e poi avresti capito anche il resto. Tanto vale dirti tutto. Domani, okay?” Gli diede una pacca sulla spalla, andandosene senza aspettare una risposta.

Doveva proprio trovare Ron e Hermione e capire cosa si era perso mentre era sott’acqua.

Se fosse passato per il corridoio principale, non sarebbe mai riuscito a tornare alla Sala Comune. Sarebbe stato investito da altri studenti ansiosi di sentire cos’era successo nel lago. Hermione aveva la mappa della Chimera, ma era ok, i corridoio non erano come le scale. A loro non piaceva cambiare.

C’era un passaggio stretto su cui bisognava bussare in un particolare ordine per averne l’accesso. Era quasi certo che tutti gli insegnanti ne fossero a conoscenza, ma per ora aveva beccato solo i Capi della Casa usarlo; e immaginò che fossero tutti troppo presi a tenere sotto controllo i loro studenti per trascinarsi in quel passaggio, visto che era la seconda prova era appena finita.

Si era sbagliato. Ovviamente.

Li sentì, prima di vederli. Se avesse corso, l’avrebbero beccato, ma se stava lì fermo lo avrebbero beccato comunque. Poteva sentire dei passi. Qualsiasi cosa stesse per fare, doveva farla in fretta. Puntò la bacchetta su sé stesso e lanciò: “Supernatet!” Fluttuò lentamente in su finché non arrivò al soffitto del passaggio. Fintanto che nessuno dei due avesse alzato lo sguardo, avrebbe dovuto essere al sicuro.

Sarebbe stato un problema scendere.

“-devi delle scuse!” Disse McGonagall, finalmente la sentiva chiaramente. Ancora non riusciva a vederla. “Non avresti mai dovuto permettere che quell’assurdità ridicola con gli elfi domestici accadesse.”

“Non pensavo che l’avrebbe fatto davvero.” Disse Silente, sembrando quasi irritato. Harry sussultò per la sorpresa. Era così che Silente parlava quando era con altri adulti? Sembrava quasi umano. “A questo punto, credo che il giovane signor Malfoy non mi crederebbe nemmeno se gli dicessi che il cielo è azzurro.”

“Perché mai? Sei così trasparente e onesto.” Disse seccamente McGonagall, e stavano passando proprio sotto di lui in quel momento. Harry dovette mordersi le nocche per impedirsi di ridere. Silente sospirò e il cappello di McGonagall volò via dal suo capo. Lei allungò una mano e l’afferrò prima che potesse allontanarsi troppo, per poi calcarselo di nuovo in testa. “Seriamente, Albus, comportati da adulto. Solo perché hai giudicato male uno studente! Non è la prima volta e non sarà l’ultima.”

“Quando sbaglio a giudicare il carattere di qualcuno, finiamo per avere un nuovo signore oscuro.” Disse lui, greve.

Erano nuovamente fuori dal suo campo visivo, ma Harry era quasi certo che il lieve tonfo che sentì fosse McGonagall che dava uno scappellotto a Silente. Il sibilato e offeso “Minerva!” che seguì praticamente lo confermò.

Quello era il giorno più bello della sua vita.

“Smettila di fare il melodrammatico.” Disse McGonagall, la voce sempre più fievole mentre continuavano ad allontanarsi da lui. “Per quello abbiamo il signor Potter e il signor Malfoy.”

 

-

 

Harry sbucò fuori dal passaggio sullo stesso piano della sua Sala Comune, ma esitò. Non sarebbe mai riuscito ad arrivare al suo dormitorio senza venire bloccato e obbligato a sputare tutti i dettagli della Seconda Prova. Non gli dava così fastidio, se non fosse che voleva parlare con Ron e Hermione da soli prima che con chiunque altro.

“Psst!”

Sbatté gli occhi e si girò. George stava gesticolando da dietro un arazzo, completamente nascosto tranne per la testa e un braccio. “In nome di Merlino, che stai facendo?”

George sospirò. “Ti spiace venire qui e basta? Diamine.”

Sparì dietro l’arazzo, ma la sua figura non risaltava da dietro il tessuto. Non c’era nessun segno che un diciassettenne si stesse nascondendo dietro quell’arazzo. Harry si avvicinò e cautamente sollevò un bordo.

Due paia di mani spuntarono fuori, afferrandolo e tirandolo dentro. Ebbe la sensazione di passare attraverso qualcosa che sembrava fin troppo gelatina, per poi sbucare fuori dall’altra parte.

Si trovava in una piccola stanza, grande forse un quarto delle loro aule. C’era una singola scrivania impostata come un laboratorio di pozioni, due divani fin troppo imbottiti che cozzavano fra loro e i muri ricoperti da schizzi, piani scritti a mano e liste di ingredienti.

“Questo posto non è sulla mappa!” Disse.

Fred e George lo affiancavano, mentre Ron e Hermione sedevano sui divani.

“Invece sì, ma sulla mappa risulta solo come uno sgabuzzino. L’abbiamo fatta noi.” Disse Fred, orgoglioso. “Non la conosce nessuno a parte noi! Beh, e Lee, ovviamente. E ora voi.”

“E Angelina.” Aggiunse George, dando una gomitata al fratello.

Fred s’incupì e lo sgomitò di rimando, facendolo cadere sul divano vuoto. George si girò così da cadere di lato, steso sul fianco e col dorso della mano sulla fronte in posa come una modella pinup. “Che irruenza!”

“Ragazzi.” Sospirò Ron. “Possiamo concentrarci? Per favore?”

“Cos’è successo con Fleur?” Chiese Harry, spingendo George finché non alzò le gambe, permettendogli di sedersi. Lui le abbassò di nuovo in modo che fossero appoggiate su quelle di Harry, ma non gli diede fastidio, quindi non cercò di fargliele spostare. Fred scelse l’opzione più semplice e si sedette vicino a Ron sull’altro divano.

“Ci arriveremo.” Disse Hermione. “Cos’è successo lì sotto? Il principe ti ha fatto un cenno!”

La fissò. “Sì? Era solo un cenno.”

Fred disse: “Amico. Quello era il principe Akeakamai.”

Quand’è che la gente capirà che non aveva idea di cosa stessero parlando? “Okay. È… importante?”

I gemelli emisero un lamento. Hermione sembrava scandalizzata. Fu Ron a dire: “C’è solo un principe dei nove mari-“

“Sette.” Lo interruppe Harry. “Ci sono sette mari.”

“Sette mari babbani.” Lo corresse Hermione. “Ce ne sono altri due non rintracciabili dai babbani. Uno di questi è gcollegato al Lago Nero.”

Che diavolo… Nove mari? Diamine.

Ron alzò gli occhi al cielo. “Come stavo dicendo, il principe Akeakamai è l’unico figlio della regina Teuila e della regina Kalama. È molto importante. I babbani hanno rovinato gran parte dei loro sette mari, quindi le regine sono sparite da circa cinquant’anni per cercare di rimediare a quel casino. Nel frattempo, il principe Akeakamai è stato il reggente dei due mari non rintracciabili e la figura diplomatica a capo dei sirenidi per questo periodo. Le regine non si fanno vive a meno che non ci sia qualcosa di veramente grave.”

“È figlio di due regine?” Chiese Harry. I Weasley annuirono e basta.

Fortunatamente, Hermione capì cosa stesse chiedendo. “Teuila lo ha portato in grembo, ma è il figlio biologico di Kalama e un nobile tritone sconosciuto dalla tribù di Teuila.”

Cercare di capire la logistica di quell’affare gli fece venire il malditesta. “Okay, quindi è un principe. Del mare. Tutti e nove. Continuo a non capire quale sia la grande notizia?” Fece una pausa. “Aspetta, cinquant’anni? Quanti anni ha?” Sembrava giovane, forse sulla ventina, ma non tanto più vecchio di Harry.

“Il principe Akeakamai ha più di trecento anni.” Disse Fred. “I sirenidi non invecchiano come noi. Le regine hanno entrambe più di mille anni.”

“La grande notizia è che gli piaci. A lui non piacciono le persone. I sirenidi non apprezzano maghi o babbani.” Spiegò George. “Sono ancora sorpreso che abbiano deciso di dare una mano con il Torneo. Silente deve avergli dato qualcosa che volevano, ma non ho idea di cosa possa essere.”

“Ora dicci che è successo.” Pretese Ron, interrompendo il fratello prima che potesse partire per la tangente. I gemelli erano molto bravi a distrarsi, specialmente George.

Harry sospirò. “Okay. Ma poi mi dovete spiegare tutto quello che ho perso, inclusi Draco e Fleur.”

Nessuno protestò, quindi iniziò a parlare.

 

-

 

La prima cosa che Draco fece fu schiacciare un pisolino perché aveva usato una magia parecchio complicata ed era esausto. Quando si svegliò, sentiva tutto il corpo pesante. Gli sembrava di avere le ossa fatte di piombo. “Winky.” Sbadigliò e ci fu uno schiocco familiare. “Per quanto ho dormito?”

“Tre ore e venti minuti.” Rispose lei, pronta. “Meglio non dormire ancora prima di stanotte. Padron Draco non avrà tempo di completare un altro ciclo del sonno e incontrarsi con i suoi amici prima della festa, altrimenti.”

“Festa?” Ripeté Draco, imponendosi di rotolare sulla schiena invece di soffocarsi da solo col cuscino.

Winky schioccò le dita e una spessa e decorata lettera d’invito si librò in aria davanti a lui. Draco strinse gli occhi, aspettando che la sua vista si schiarisse.

Era scritto con lettere spesse e squadrate: Durmstrang invita i propri colleghi studenti a godersi una notte di quieto relax in celebrazione della Seconda Prova. Per cortesia, presentatevi non prima della mezzanotte.

Abbaiò una risata. Beh, almeno capivano il concetto di negazione plausibile.

Aveva la pelle appiccicosa per il sudore secco e si sentiva troppo accaldato. Si ricordava vagamente di aver avuto freddo mentre scivolava nel letto, ma quella sensazione era sparita da tempo. “Fleur ci sarà?”

“Winky non lo sa.” Rispose l’elfa. “Posso andare e chiedere alla signorina Delacour.”

“No, fa niente, era una domanda stupida.” Si alzò e iniziò a togliersi i vestiti. Questi svanirono non appena toccarono terra, ed era abbastanza sicuro che fosse opera di Winky, anche se non l’aveva vista muoversi. Voleva farsi una doccia, ma non voleva perdere altro tempo; quindi si lanciò addosso un incantesimo Gratta-E-Netta e corse a frugare tra i cassetti. Lì da qualche parte c’era un paio di jeans  che erano fin troppo piccoli e sua mamma voleva buttare via, ma Draco non gliel’aveva lasciato fare. Gli facevano un culo fantastico. “Vado a parlarci io.”

“I suoi amici vogliono parlare con lei!” Disse lei.

Dovette stendersi sul letto per riuscire a tirare su la zip, ma ne valse la pena. Sembrava che glieli avessero dipinti addosso, quei jeans. “Vedrò Pansy e Blaise più tardi e comunque non posso parlare con nessuno degli altri stanotte.”

Dov’era quella dannata canottiera? Harry era arrossito l’ultima volta che l’aveva indossata. Voleva vedere se sarebbe successo di nuovo. La trovò in fondo all’armadio e se la infilò. Era un Malfoy. Poteva indossare qualsiasi colore gradisse, incluso il rosa. “È importante!” Insistette Winky.

Annuì, ficcandosi la bacchetta nella tasca sul fianco che aveva creato apposta. Qualcuno avrebbe dovuto informare Harry che anche i maghi producevano jeans, così che smettesse di mettersi la bacchetta nella tasca posteriore. “Grazie. Ci parlerò più tardi. Davvero.”

Draco lasciò il dormitorio, Winky alle calcagna. “Padron Draco! Sto dicendo-“

Spinse la porta della Sala Comune, aprendola. Quella che sembrava essere l’intera Casa di Serpeverde era lì e tutti si girarono a fissarlo non appena fece il suo ingresso. “Uh.”

“-che la stanno aspettando.” Finì lei, sospirando. Gli diede un colpetto alla caviglia, prima di sparire con uno schiocco.

Beh. Aveva cercato di avvertirlo.

“Buonasera a tutti.” Disse, alzando un sopracciglio. “Mi sono perso l’annuncio di una riunione della Casa?”

“Sei tu la ragione della riunione della Casa.” Disse seccamente Cassius. “Come al solito.”

Draco sbatté gli occhi, arricciando il naso. Non aveva causato nessun’altra riunione della Casa. Giusto?

Blaise e Pansy fecero una risata nasale, come se sapessero cosa stava pensando. Aveva bisogno di amici migliori.

“Ci stavamo nascondendo qui finché non ci avessi detto la linea d’azione per la festa.” Disse Millie, acciambellata all’angolo del divano con uno dei suoi libri. Aveva incantato la copertina in modo da farlo sembrare un libro di storia magica, ma Draco sapeva che era un altro dei suoi libri babbani.

“Linea d’azione per la festa.” Ripeté, come per riuscire a dargli un senso. “Cosa?”

“Cosa diremo quando la gente ci chiederà dello scudo?” Chiese Daphne, esasperata. “Abbiamo tutti sogghignato o lanciato fatture mentre tornavamo qui, ma alla lunga non basterà.”

Flint ghignò. “Certo che sì, invece. Penso che sia un piano fantastico.”

Pansy si girò per fulminarlo e lui alzò le mani in segno di resa. Era incredibile. Draco non aveva mai visto Flint abbassare la cresta così velocemente prima.

Si passò una mano tra i capelli. “Dite che stavo proteggendo Fleur e basta, sanno tutti che siamo amici. Se avesse ucciso i giudici – o gli studenti – sarebbero stati cazzi amari. L’ho fatto per Fleur.”

Era la verità. Tutti quei giudici avrebbero dovuto essere più intelligenti e in grado di proteggersi da soli. Lui voleva solo assicurarsi che la sua amica non finisse nei casini.

Perché sentiva di stare ancora mentendo?

Blaise batté le mani. “Avete sentito tutti? Draco ha usato gli scudi per proteggere Fleur, non i giudici e nemmeno noi. Se qualcuno insiste, sogghignate e affatturateli.”

“È un pessimo consiglio.” Disse stancamente Millie, ma stavano ridendo tutti.

La gente aveva iniziato ad allontanarsi, lasciando la Sala Comune o tornando ai propri dormitori. Draco era ancora parecchio scombussolato che si fossero presi la briga di ricevere la versione “ufficiale” da lui.

“Vado da Fleur.” Disse, tirando i capelli di Millie mentre passava e soffiando un bacio a Pansy e Blaise.

“Io vado a dormire un po’.” Disse Blaise, sbadigliando. “Ci vediamo stanotte.”

Li salutò con la mano prima di uscire dalla Sala Comune.

Quando Draco uscì dal castello, fu colpito da una corrente d’aria gelata. Appellò dal suo armadio una giacca spessa e su misura, che non donava per nulla al resto del suo outfit. L’avrebbe fatta sparire non appena sarebbe tornato dentro.

Camminò verso la carrozza di Beauxbatons e, sebbene potesse entrare per conto proprio, gli sembrava troppo da maleducati - per non dire probabilmente non necessario - e così si limitò a bussare.

Per una manciata di lunghi momenti, non successe niente. Stava pensando di ritentare quando la porta si aprì per rivelare una ragazza bassa e corrucciata, con la pelle color caffellatte e una sciarpa appuntata e stretta sulla sua testa. “Che vuoi?” Gli abbaiò in francese, mordendo la fine di ogni parola come se fosse una parolaccia.

Draco fu quasi colpito.

Voglio vedere Fleur.”

Lei fece per sbattergli la porta in faccia e Draco si affrettò a ficcare il piede in mezzo per impedirglielo. La ragazza stava chiaramente calcolando se valesse la pena di maledirlo.

Per favore. Voglio solo assicurarmi che stia bene.” Promise.

Lei continuò a fissarlo, poi disse qualcosa in una lingua che non era il francese. Forse era arabo, ma lui non parlava arabo.

Perché non c’era mai una Patil nelle vicinanze quando serviva? Sapeva che sia Padma che Parvati lo parlavano. O almeno, lo leggevano.

E sia.” Disse, parlando nuovamente in francese. “Ma se le dai fastidio evocherò la tua appendice fuori dal tuo corpo e la farò mangiare al mio gatto.

Era una minaccia non letale e specifica abbastanza che le credette, ed era un’immagine mentale talmente disagevole che gli fece venire la nausea, anche se sapeva che non gli avrebbe fatto poi così male. Era la minaccia migliore che avesse mai ricevuto. “Non penso che la mia appendice sia halal.

Non la mangerei io, quindi non m’interessa.” Gli aprì del tutto la porta, facendosi da parte per lasciarlo passare. “Mi chiamo Saida. Piacere di conoscerti.

Era palese che non pensava per niente che fosse un piacere conoscerlo. Draco decise che era la sua nuova persona preferita.

L’interno della carrozza era molto più grande di quello che sembrava da fuori. Conteneva più di cento stanze per gli studenti, una cucina e una sala comune. Saida lo condusse per corridoi serpentini e Draco salutò con la mano le persone che conosceva – che erano la maggior parte degli inquilini, in realtà. Per sua solita fortuna, era stata invece Saida ad aprire la porta.

Arrivarono a una porta alla fine di uno dei corridoi. Saida lo squadrò dalla testa ai piedi, si chinò più vicino e disse “Non fare lo stronzo.” con un inglese dal forte accento prima di andarsene.

Ottimo consiglio. Non ne avrebbe fatto per niente tesoro.

L’incantesimo di chiusura sulla porta di Fleur era troppo complicato per un semplice Alohomora, ma gli incantesimi erano la sua specialità. Rispedì la giacca nel suo armadio, visto che gli stava davvero rovinando il look, si ficcò nuovamente la bacchetta nei jeans e aprì la porta di Fleur con un calcio.

Fu accolto da una bacchetta puntata alla faccia. Si limitò ad alzare un sopracciglio. “Tesoro, come hai potuto?”

Gabrielle era seduta sul letto di sua sorella, annaspando in una maglia a maniche lunghe che doveva essere di Fleur. Sorrise e lo salutò con la mano.

Le spalle di Fleur crollarono e lei lanciò la bacchetta sulla cassettiera. A differenza di Hogwarts e Durmstrang, tutti gli studenti di Beauxbatons avevano le loro stanze private. La sua era ricoperta da vestiti con una toeletta da trucco disordinata e una libreria ricolma di spessi tomi. Tranne per i libri, gli ricordava la stanza di Pansy. “Che ci fai qui?”

“Vieni alla festa, stanotte?” Chiese, vedendosi costretto a – letteralmente – saltare oltre una pila di vestiti sporchi. “Sai, per qualche ragione avevo sempre pensato che tu fossi una maniaca dell’ordine.”

Dovresti vedere la sua stanza a casa.” Disse Gabrielle. “Fa spavento.”

E quella no? Come poteva essere peggio, a casa sua? Che pensiero terrificante.

“Penso di essermi messa abbastanza in imbarazzo per un solo giorno.” Disse lei stancamente. “Come sei entrato qui?”

“Saida mi ha fatto entrare. Che problemi ha, comunque?” Rimbalzò sul letto quando si sedette vicino a Gabrielle. Fleur arrossì e ci mise un secondo di troppo per rispondergli. “Merlino. Stavate insieme?”

“No!” Esclamò lei.

Gabrielle fece una smorfia. “Sì invece.

Draco era incredibilmente grato di non avere fratelli che spiattellavano i suoi affari. Era felice che gli altri li avessero, però.

“Non conta.” Insistette Fleur. “Avevamo tredici anni. Non la si poteva neanche considerare una relazione.”

Gabrielle sembrò confusa. “Hai imparato l’arabo per lei.”

Mama voleva che imparassi un’altra lingua e Saida si è offerta di aiutarmi a studiare! Tutto lì.” Insistette lei.

Draco non le credette neanche per un secondo. “Allora, perché vi siete lasciate?”

Fleur si rabbuiò e incrociò le braccia, stringendo gli occhi. Poi sospirò e si alzò i capelli, girandosi per mostrargli un cerchio nero sul retro del collo. “Ho un marchio. Lei no. A me non interessava – non mi interessa nemmeno adesso – perché chissà quando troverò la mia anima gemella? O se la incontrerò mai. Non voglio vivere la mia vita basandola su una possibilità. Ma lei non voleva correre il rischio.” Scosse la testa. “Non importa. Eravamo piccole e siamo ancora amiche. Ora, Draco, cosa vuoi?”

“Voglio che tu venga alla festa stanotte, e che non ti nasconda solo perché hai cercato di uccidere tutti.” Disse. “Non ha importanza. Avevano preso tua sorella, hanno avuto quello che si meritavano. E poi, ti ho impedito di fare alcunché d’interessante, quindi tutto quello che hai fatto è stato mostrare perché sei stata scelta per questo torneo. Capirai, che gran cosa.”

Fleur si strofinò gli occhi. Se avesse cominciato a piangere, Draco se la sarebbe dato a gambe. Non sapeva per certo se Saida fosse sul dare in pasto la sua appendice al suo gatto, ma non voleva scoprirlo. “Grazie per quello che hai fatto. Non me lo sarei mai perdonata se avessi fatto del male a qualcuno.” O se avesse ucciso qualcuno.

“Ordinaria amministrazione.” Disse, sbrigativamente. “Se volessi davvero ringraziarmi, non mi forzeresti a sopportare un’intera nottata tutto da solo a una festa. Ti immagini che scena patetica? Io che bevo da solo in un angolino, senza nessuno con cui parlare.”

“Giusto, sei così silenzioso e facile da ignorare. Posso proprio capire che per te sarebbe un problema.” Disse. “Gabrielle tornerà a casa domattina, non dovrei lasciarla da sola.”

Gabrielle arricciò il naso. “Passerò la notte esplorando la carrozza. Vai alla tua stupida festa, non mi interessa. Tornerò comunque tra qualche mese per vedere la terza prova.”

Draco sorrise. “Hai finito le scuse, Delacour. Sembra che tu debba arrenderti e divertirti un po’.”

“Sei una peste.” Lo informò lei, ma stava sorridendo, che era il suo obiettivo sin dall’inizio.

“Dimmi qualcosa che non so.” Occhieggiò la sua stanza disastrata. “Hai qualcosa da mettere, qui? Come fai a trovare i vestiti? Sai che ho un’elfa domestica, sono sicuro che sarebbe felice di aiutarti.”

“So benissimo dove sono le mie cose!” Insistette Fleur. Draco non le credeva per niente.

Mancavano ancora un paio di ore alla festa, che era più o meno il tempo che pensava di impiegare per riuscire a trovare un outfit in mezzo a tutto quel casino.

 

-

 

Harry era quasi sollevato di dirigersi verso la nave di Durmstrang, anche solo perché significava che sarebbe riuscito a prendersi una pausa dal rispondere a domande sulla seconda prova. Gli sembrava di aver già raccontato la storia una dozzina di volte solo ai Grifondoro.

Sgattaiolarono fuori in base al loro anno, quindi quelli del quarto uscirono tutti insieme. Neville stava facendo egregiamente finta che non fosse cambiato nulla. Presero l’uscita delle serre e camminarono dietro la capanna di Hagrid, dirigendosi verso il lago. Quando si avvicinarono alla sponda, Harry esitò. La nave era nel bel mezzo del lago e le barche che avevano usato quelli del primo anno erano tutte attraccate dall’altra parte. “Come facciamo ad attraversare?”

Hermione alzò gli occhi al cielo e tirò fuori la bacchetta. “Glacius!”

Un sentiero di ghiaccio si protese dalla riva, attraversando il lago, per poi elevarsi in una rampa di scalini che portavano alla nave. “State attenti, si scivola. E non durerà a lungo.”

“È un bene che tu abbia esperienza nel raggiungere la nave.” Disse Parvati, e Lavanda fallì miseramente nel mascherare il suo risolino con un colpo di tosse.

Harry lanciò uno sguardo verso Ron, ma lui si limitò a scrollare le spalle e alzare gli occhi al cielo. Avrebbero dovuto parlare di quella situazione, prima o poi, ma dubitava che l’avrebbero mai fatto veramente.

La nave sembrava deserta mentre s’incamminavano sul lago. Harry scese dalle scale di ghiaccio di Hermione e salì a bordo e l’ambiente intorno a lui tremò come una massa di calore. Quando si dissipò, l’ondata di rumore quasi lo soffocò. C’era una qualche sorta di musica pulsante e una canzone in una lingua che non riconosceva.

La nave era ricolma di studenti, gente che rideva e beveva. Erano ancora tutti fuori, ma non appena era salito sulla nave aveva sentito calduccio come se fosse nella Sala Comune. Una studentessa di Durmstrang si avvicinò con un vassoio di bevande fumanti. “Ciao.” Disse lei, spingendo nelle loro mani una di quelle tazze fumanti. “Non cadete nel lago, non vi salveremo. Se volete lamentarvi della musica, ricordatevi che non ci interessa cosa pensate. Benvenuti a bordo!” Guardò Hermione e le fece un occhiolino. “O bentornata, nel tuo caso, signorina Granger.”

“Iva.” La salutò cortesemente Hermione. “Ti lancerò fuori bordo con le mie stesse mani.”

Neville fece una risata nasale mentre sorseggiava il suo drink, allontanandosi da loro. Dean e Seamus erano spariti da tempo, già a caccia di altro alcol. Harry cercò le ragazze con lo sguardo e le trovò raggruppate intorno a dei ragazzi di Beauxbatons.

Iva sorrise e si prese uno dei drink, alzandolo verso Hermione. “Sapevo che mi piacevi per un motivo.”

Viktor si staccò dalla folla, avvicinandosi. Alzò un braccio, passandolo intorno alle spalle di Hermione e stringendola a sé. Fece un cenno ad Harry, ma la sua attenzione era su Ron. “Se tu sei pronto, io sono pronto per la rivincita.” Disse, saltando i convenevoli.

Ron sorrise, dandogli una pacca sulla spalla mentre Hermione sospirava. “Certo che sì!”

“Harry!” Si girò e Fleur stava correndo verso di loro. indossava un vestito blu pericolosamente corto, decorato in maniera intricata con perle, un collo alto e maniche lunghe. Era davvero carina e aveva tutti i capelli biondi che le volteggiavano intorno. Gli si lanciò addosso e la afferrò con un grugnito di sforzo. Fleur  sembrava esile, ma praticamente ogni suo centimetro era denso di muscoli.  “Grazie per quello che hai fatto. Per aver salvato mia sorella e aver rimediato ai miei errori. Sono in debito.”

Arrossì violentemente. “Nessun problema, quando vuoi.” Non poteva avercela con Fleur per quello che aveva fatto. Era per proteggere Gabrielle. Una sua parte molto piccola, quasi ignorabile, sperò che i suoi amici lo amassero tanto quanto Fleur amava sua sorella.

“Sei molto gentile.” Disse lei, lasciandolo andare. Afferrò Ron per le spalle, tirandolo giù per poterlo baciare su entrambe le guance. “Sei l’eroe di mia sorella. Pensa che tu sia molto coraggioso.”

“Io sono molto coraggioso.” La informò, puntiglioso. “È una brava ragazza.”

Fleur si girò verso Hermione ma, prima che potesse dire qualcosa, Cedric e Cho spuntarono dietro di loro. “La gang è riunita!” Sorrise Cedric, posando una mano sulle spalle di Fleur e Harry.

“La tua gamba è a posto ora?” Chiese Harry.

Cedric fece un gesto per minimizzare, ma Cho era con lui, quindi stava bene. Avrebbe preferito legarlo al letto dell’infermeria piuttosto che lasciare che si facesse ancora più male solo per presenziare a una festa. “Sto bene. Tu stai bene? Ho notato che il braccio era guarito quando sei tornato.”

Lo stavano tutti guardando con interesse e Harry soffocò un lamento. “Prometto di raccontarvi tutto quello che è successo. Ma può aspettare?”

“Sì.” Disse Cho. “Facciamo un’altra gara di bevute? Sento che riuscirò a resistere di più, stavolta.”

“Finirò per doverti trascinare di nuovo fino alla tua camera, vero?” Sospirò Cedric, già rassegnato al suo destino.

Cho gli diede delle leggere pacche sul petto. “Certo che no, amore. Finirai per trascinarmi fino alla tua camera. Meglio non causare di nuovo trambusto nella Sala Comune di Corvonero. Di nuovo.”

Cedric sembrava volesse morire. Harry decise di interrompere il suo calvario. “Gara di bevute?”

Si lasciò prendere la mano e non gli piacque il morso dell’alcol, o la sensazione leggera e disorientante dell’essere ubriaco, ma gli piacque giocare con i suoi amici. Riuscì a scorgere Draco a un certo punto, con i suoi pantaloni stretti e quella canottiera ridicola, e tutto quello che voleva fare era trascinarlo in un angolo buio e strappargli quei vestiti orrendi e ridicoli di dosso. Ma sarebbe stato pericoloso e irresponsabile, quindi avrebbe dovuto aspettare. L’indomani si sarebbero incontrato con Neville e avevano una sessione di gruppo di Occlumanzia il giorno dopo ancora, ma forse potevano incontrarsi per pranzo? A Harry piaceva mangiare, ma gli piaceva anche pomiciare con il suo ragazzo. E, beh, altre cose che stavano lentamente sperimentando.

Draco aveva detto che non c’era bisogno di sbrigarsi, che avevano tutto il tempo del mondo. Harry aveva detto che era invischiato in un torneo mortale e che era da sconsiderati lasciarlo morire vergine. Draco non gli aveva creduto neanche per un secondo, ma stavano superando la fase della loro relazione in cui si baciavano e basta, il che era figo.

Harry non aveva idea di cosa stesse facendo, ma Draco non aveva mai avuto problemi a dirgli esattamente quello che voleva, quindi quello era d’aiuto. Gli piaceva avere le mani di Draco addosso, gli piaceva vedere la pelle pallida della sua anima gemella premuta contro la propria, gli piaceva il modo in cui i capelli biondi di Draco si spargevano sul cuscino come un’aureola quando era sotto di lui.

Il suo ragazzo era bellissimo e, se fossero stati una coppia normale, Harry avrebbe abbandonato quella gara di bevute, si sarebbe arrampicato in grembo a Draco e l’avrebbe baciato fino a fargli mancare il fiato, come un sacco di altre coppie stava già facendo. Ma non erano una coppia normale. Quindi avrebbe dovuto aspettare.

Che merda.

Harry smise di bere verso la fine della serata o, beh, allo spuntare dell’alba. Ron e Viktor non accennavano a fermarsi e lui finì a guardarli appoggiato ad Hermione.

Cho era arrivata all’ultima decina di bicchieri, ma poi aveva iniziato a tirare i vestiti di Cedric, farfugliando qualcosa in coreano. Harry non sapeva cosa gli avesse detto, esattamente, ma a giudicare dal rossore di Cedric poteva azzardare un’ipotesi.

Il sole aveva appena iniziato a fare capolino all’orizzonte quando Viktor, premendosi un pugno sulla bocca, ammise la sconfitta.

Si strinsero la mano, Viktor andò a vomitare oltre la balaustra della nave e Ron finì la bottiglia solo per dimostrare che poteva farlo.

Alla fine, era stata una bella festa.

 

-

 

Harry si svegliò prestissimo lo stesso giorno, il che era inaccettabile. Tutti quanti erano ancora addormentati e lui e Ron erano tornati più tardi di tutti. Ma nonostante cercasse con tutto se stesso di addormentarsi di nuovo, non ci riuscì.

Sospirò e si alzò. La prima cosa che fece fu scrivere una lunga e dettagliata lettera a Remus e Sirius, raccontandogli esattamente cos’era successo. Valutò se raccontare o meno la parte con il principe Akeakamai perché gli sembrava quasi di darsi delle arie. Ma non aveva saputo che fosse un principe se non alla fine di tutto, e niente di tutto quello che raccontava aveva un senso senza che lo menzionasse, così cercò di spiegarlo nel mondo più semplice che poteva.

Si vestì e andò alla guferia per mandare via Edvige con la lettera. Stava giusto per lasciare la Sala Comune quando il ritratto si spalancò e George entrò, scontrandosi con lui. George cercò di acchiapparlo, ma finirono entrambi giù per terra.

“Ma hai ancora addosso i vestiti di ieri?” Chiese, anche se era una domanda stupida. George aveva indossato un paio di pantaloni e una camicia così perfettamente su misura che doveva essere opera di Pansy, e li aveva ancora addosso. “Dov’eri?”

George si tirò su, la sorpresa chiara sul suo viso. “Draco non te l’ha detto?”

“Detto cosa?” Chiese.

Lui arrossì e scosse la testa. “Ehm, niente. Ero solo… Ero con Lee.”

“Lee.” Ripeté dubbioso.

“Lee.” Confermò George, le spalle rigide. “Stavamo lavorando a uno scherzo.”

“Senza Fred?” Chiese. Normalmente non avrebbe ficcato il naso, ma George gli stava chiaramente mentendo ed Harry era quasi offeso. Sapeva per certo che George era un bugiardo più abile di così.

George ci mise un secondo di troppo a rispondergli. “Ha passato la notte con Angelina.”

Harry non sapeva se fosse vero o no, ma sapeva per certo che George non aveva passato la notte con Lee. “Okay.”

“Okay?” Gli fece eco George, corrugando la fronte. Poi si ricordò che forse non avrebbe dovuto metterlo in discussione, visto che stava convenendo con lui, e annuì. “Sì, giusto. Okay.”

Era quasi patetico. “Sto andando in guferia. Non dimenticarti che stasera ci incontriamo tutti.” Esitò sull’avvertirlo riguardo a Neville, ma immaginò che fosse più facile annunciarlo a tutti quanti insieme.

Finì per passare la maggior parte della giornata steso sul divano, leggendo un libro di pozioni di cui non gliene poteva fregare di meno. Ma Draco gli rompeva sempre le scatole per i suoi pessimi voti di Pozioni e non è che poteva fare il parassita di Hermione per sempre.

Si stava avvicinando la notte e vide i gemelli scivolare fuori dalla Sala Comune, diretti verso la loro classe. Ron aveva trascorso la giornata con Fleur, quindi fu solo Hermione che gli pungolò la coscia, dicendo: “Alzati, andiamo.”

“Aspettiamo ancora una persona.” Disse.

Lei corrugò la fronte. In quel momento, il ritratto si aprì e Neville corse dentro, con le mani sporche e i vestiti striati di terriccio. “Scusa, sono in ritardo!”

“Harry.” Disse Hermione, fulminandolo con lo sguardo. “Che sta succedendo?”

Chiuse il libro, lanciandolo sul tavolo più vicino. “Fidati di me.”

Lei sospirò, ma non insistette oltre. I tre camminarono silenziosamente fino alla classe abbandonata e Harry fece un respiro profondo prima di entrare. “Ehi, uhm, non sclerare.”

Il chiacchiericcio morì immediatamente. C’erano dei cuscini per terra, a predizione dell’inevitabile caduta di qualcuno. George era seduto di fianco a Blaise e Fred stava intrecciando i capelli di Pansy, mentre Ron e Draco erano seduti a banchi rivolti l’uno verso l’altro, più rilassati e a loro agio l’uno con l’altro di quanto lo sarebbero mai stati in pubblico.

Si sentì un po’ in colpa, ma alla fine quello non era un incontro così privato, con anche i gemelli presenti. Non avevano menzionato nulla riguardo anime gemelle o fidanzamenti intorno a Fred e George. Non perché non si fidavano di loro, ma perché il modo più semplice per mantenere un segreto era dirlo a meno persone possibili.

Hermione spinse del tutto Neville nell’aula, per poi chiudere la porta dietro di loro. “Harry, che sta succedendo?”

“Neville ha capito che Blaise mi ha dato l’Algabranchia. Il resto era una questione di tempo, quindi ho pensato che fosse meglio togliere il cerotto.” Disse.

“Potrei obliviarlo?” Suggerì Draco, e Ron gli diede uno scappellotto.

Neville sussultò, come se si aspettasse un’esplosione d’ira o che qualcuno lanciasse una maledizione.

Tutto quello che Draco fece fu sistemarsi i capelli con un’espressione vagamente offesa. “Era solo un suggerimento.”

“I tuoi suggerimenti fanno schifo.” Disse Ron. “Non si obliviano i nostri amici.”

“Ma avete così tanti amici.” Si lamentò Pansy. “È difficile tenere il conto.”

Blaise si massaggiò le tempie. “È colpa mia. Non pensavo di farmi beccare da Longbottom. Mi dispiace.”

Draco arricciò in naso. “Chissene, non fa niente. È stato meglio che abbiate avuto la stessa idea perché se Harry non avesse avuto un’altra Algabranchia la seconda prova sarebbe finita in tragedia. O morte.”

“O entrambe.” Disse Ron.

“Sai tenere un segreto, vero?” Chiese Pansy a Neville, che era impallidito e aveva la bocca aperta. “Sei un così bravo ragazzo. Sarebbe terribile se dovessimo ucciderti.”

“Pansy!” Urlarono Harry ed Hermione, mentre tutti gli altri scoppiavano a ridere.

“So tenere un segreto.” Rispose lui, sembrando meno spaventato e più pensieroso. “Quindi, voi… Siete tutti amici? Davvero?”

“Davvero.” Disse Harry con affetto. “Ma non puoi dirlo a nessuno, mai. Hai capito, Neville? È molto importante.”

Il viso di Neville si indurì. Sembrava così diverso quand’era serio. Sembrava più adulto. Più cresciuto. “Non lo dirò a nessuno. Lo prometto.”

Fred finì l’acconciatura di Pansy e saltò in piedi. “Beh, per tua fortuna possiamo aiutarti a mantenere la promessa. Come sei messo ad Occlumanzia?”

Lo aveva detto per scherzare, ma Neville si illuminò. “Benissimo! Nemmeno mio cugino Monty riesce a penetrare i miei scudi. La nonna era molto orgogliosa.”

“Tuo cugino Montgomery Longbottom? Il Legilimens che il dipartimento di giustizia ingaggia per i casi approvati?” Chiese Draco. Persino Pansy e Blaise sembravano impressionati.

Neville scrollò le spalle, imbarazzato. “Non sono bravo in molte cose. Ma sono bravo in questo.”

Harry voleva esprimere il suo disaccordo, ma Hermione batté le mani e con praticità disse: “Beh, fantastico, ci farebbe comodo un po’ di aiuto. Puoi dare una mano a Blaise, ha diretto lui le lezioni finora.”

Blaise e Neville passarono un lungo momento a fissarsi a vicenda senza dire nulla. Fu Neville a rompere il ghiaccio, dicendo “Sei proprio come una calendula, non è così? Tutta spine e piena di veleno, ma sotto sotto sei mieloso e dolce.”

Di che cazzo di calendule stavano parlando? Harry doveva davvero fare più attenzione alle lezioni di Erbologia.

Blaise fece un sorriso, e fu tutto quello che Harry aveva bisogno di vedere per sapere che quella faccenda avrebbe funzionato. “Occhio, sembra proprio di sentir parlare una panicella piangente.”

“Rude e non necessario.” Disse Neville, ma stava sorridendo.

Harry non aveva idea di cosa stessero dicendo. Era come se stessero parlando in un’altra lingua.

“Sai,” disse Pansy, “se stiamo allargando il gruppo, tanto vale arrenderci e includere Ginny.”

Sia i Weasley che Draco fecero una smorfia a quella proposta. “Se proprio dobbiamo…” Disse Ron.

“Se devo sopportare tua sorella, allora inviteremo anche Luna.” Insistette Draco. “Così possiamo lanciarla contro Ginny e scappare.”

“Sacrificheresti così tua cugina?” Disse George. “Sei senza cuore.”

Draco alzò gli occhi al cielo. Blaise disse: “Dovremmo far venire anche Millicent.” Tutti lo guardarono e lui alzò le spalle. “Stanno diventando troppi. Passare così tanto tempo con così tanti Grifondoro fa male alla digestione. E poi, Millicent sta spesso con noi e non è stupida. Sono sicura che abbia notato che spariamo per svariate ore e più volte alla settimana.”

“Neville e Ginny e Luna e Millicent.” Disse Harry, soddisfatto. Sembrava una buona combinazione, in qualche modo. Stava giusto pensando che i segreti non dovrebbero essere condivisi troppo, altrimenti sarebbero stati impossibili da controllare e contenere, ma quella novità non gli dava quella sensazione. Gli sembrava giusto. Gli sembrava una cosa buona.

 

-

 

Draco doveva ammettere che Neville era un insegnante sorprendentemente bravo e che lui e Blaise erano una squadra eccellente. Quando non aveva un crollo mentale durante le lezioni di Pozioni, era quasi una persona normale.

Decisero che dovesse essere Draco a parlare con Millie, visto che era più amica sua che degli altri – lui pensò che fosse piuttosto ingiusto, anche se avevano ragione.

Lei non ne fu per niente sorpresa. Draco era un po’ preoccupato di cosa significasse per quanto riguardava le loro capacità di mantenere i segreti, ma lei si limitò a sospirare e disse: “Draco, ti ho visto andare e venire sin dal secondo anno. Era ovvio che stessi sgattaiolando via per incontrare qualcuno. Non posso dire di essere sorpresa che sia Harry Potter.”

“Perché?” Chiese. Sperò che non fosse perché erano troppo palesi. Stavano cercando con tutte le loro forze di non esserlo.

“Beh, è sempre invischiato in cose di questo genere.” Disse lei, come se fosse ragionevole. L’ironia era che non si sbagliava, ma era ridicolo.

Millie si incastrò alla perfezione nel gruppo. Non ci fu goffaggine come c’era stata tra loro all’inizio, ma era anche vero che Millie non si era mai presa la briga di inimicarsi i Grifondoro. Non si era mai presa la briga di inimicarsi nessuno, in realtà: era solo che si rifiutava di muoversi o piegarsi per altri.

Luna sapeva già tutto, ovviamente, e nessuno era sorpreso che lo sapesse anche Ginny. Fortunatamente, era più interessata a prendere in giro e stuzzicare i suoi fratelli che a psicoanalizzare lui, il che era perfetto. Stava passando il suo tempo libero con fin troppi Weasley. Neville e Ginny non uscivano insieme, ma continuavano a finire seduti vicini quando si ritrovavano tutti insieme.

Ora che erano così tanti, non si incontravano tutti insieme così spesso, perché quello sarebbe stato ridicolo. Si vedevano per le lezioni di Occlumanzia, e c’era qualche incontro giusto per stare insieme, ma in generale cercavano di non scomparire tutti allo stesso momento. Il gruppo dei sei originali continuava a incontrarsi con frequenza, e ovviamente lui e Harry cercavano di racimolare un po’ di tempo più o meno privato, ma per il resto uscivano sempre in combinazioni diverse, il che era… bello.

Blaise e Neville passavano ore a parlare di roba di Erbologia che non avrebbe mai capito e non voleva nemmeno capire – ora finalmente sapeva come si sentivano i suoi amici quando s’imbarcava in una filippica su Incantesimi. Millie e Hermione, a quanto pareva, leggevano la stessa collana di libri babbana e Pansy amava uscire con Ginny, come aveva sospettato e temuto. Ai gemelli piacevano, ma per la maggior parte usavano i Serpeverde come una risorsa per i loro scherzi e Draco voleva sentirsi offeso, se non fosse stato che era troppo divertente. La prima volta che Fred lo trascinò in un corridoio deserto, pretendendo che gli spiegasse i limiti dell’incanto Cambiacolore quando veniva mischiato con un incantesimo di trasfigurazione sensibile al tempo, era scoppiato a ridere.

Andavano tutti d’accordo, amalgamandosi in un modo che, onestamente, non si era aspettato.

Non passavano tutto il tempo assieme – sarebbe stato strano e molto sospetto. E non gli andava a genio, visto che stavano cercando di mantenere tutto quanto segreto. Draco passò una buona fetta del suo tempo sulla carrozza di Beauxbatons assieme a Fleur, e Saida era simpatica quando non lo stava minacciando. Clarence sembrava capitare assieme a loro sempre più frequentemente, in qualche modo. Draco passava tre notti a settimana ad allenarsi con gli altri giocatori di Quidditch e qualsiasi tempo rimastogli sembrava venire divorato senza spiegazioni da Susan Bones – non era mai stata sua intenzione e ancora non capiva quel risvolto.

C’erano le faccende scolastiche, ovviamente, ma per la maggior parte finiva a fare i suoi compiti in classe. Doveva, se voleva che gli rimanesse tempo per fare le sue tre visite settimanali all’ufficio di Flitwick, dove correggeva temi, riassumeva articoli sulle ultime scoperte nel campo degli incantesimi e in generale faceva tutte le cose che avrebbe fatto un assistente, senza esserlo ufficialmente. Ufficialmente, Draco andava solo spesso a colloquio con Flitwick.

Dopo la Seconda Prova, il tempo sembrò scorrere velocemente. Non c’era un enigma sulla prossima prova da risolvere, stavolta; invece, i presidi avrebbero semplicemente annunciato il momento propizio. Qualsiasi cosa fosse, comportava che Hagrid passasse quasi tutto il suo tempo libero a scavare nel campo da Quidditch.

I giorni si trasformarono in mesi quasi senza che lo notasse. Presto, la neve si sciolse e la primavera sbocciò cautamente intorno a loro – era la cosa più vicina alla pace che avessero avuto da un po’ di tempo.

Poi, Rita Skeeter pubblicò un altro articolo.

 

-

 

“Una sgualdrina!” Lesse Ron in escandescenza, marciando per la stanza. “Ti ha chiamata una sgualdrina!”

“Ho letto anche io l’articolo, tanto per dirne una.” Disse seccamente Hermione.

Draco era arrivato preparato. Aveva portato sei copie del giornale, così che nessuno dovesse condividerlo. Harry pensò che forse avrebbe dovuto portarne di più, visto che Ron stava accartocciando nei pugni la sua. Disse “Non sapevo che stessimo andando a letto insieme, Hermione. Avresti dovuto dirmelo.”

Draco lo pizzicò sul fianco e Harry sussultò, ma non si allontanò da lui. Draco era seduto su un banco e Harry era in piedi tra le sue gambe, la schiena premuta contro il suo petto. “Non fare lo stronzo.” Draco guardò Hermione. “Sono più curioso di capire come sapesse che hai passato la notte con Viktor, dopo il Ballo del Ceppo.”

“Non è che siamo saliti sulla nave di nascosto.” Fece notare lei. “Ha fatto un ponte di ghiaccio. E io ne ho fatto uno per tornare.”

“Pensi che abbia una fonte?” Chiese Blaise.

Draco fece una smorfia. “Il fatto è che ha dei pezzi di informazioni corrette che sono stranamente specifiche – ha persino menzionato che avevi i capelli sciolti. Ma il resto sono cazzate belle e buone quindi, se ha una fonte, non è molto attendibile.”

Pansy sfogliò l’articolo. “Pensa davvero che te li giri tutti. Secondo questo articolo stai andando a letto con Viktor e Harry e stai pianificando di mettere le tue grinfie su Cedric. L’unica al sicuro da te è Fleur, a quanto pare.”

“Perché non sei arrabbiata?” Chiese Ron. “Sono arrabbiato io!”

Hermione alzò le spalle. “Beh, per prima cosa se i suoi articoli di punta riguardano delle tresche adolescenziali, è patetico. Sono scioccata che l’abbiano persino pubblicato.”

“È il Settimanale della Strega, non la Gazzetta del Profeta.” Fece notare Pansy. Harry non era così sicuro che la Gazzetta non l’avrebbe pubblicato.

“In secondo luogo, non chiederò scusa e non mi vergognerò di fare sesso con il mio ragazzo.” Disse. “Che è l’unica parte vera dell’articolo. Il resto non ha importanza.”

Harry, che aveva avuto più esperienza con i giornali di quella che avrebbe voluto avere, fece una smorfia. “La gente crederà a queste balle, sai.”

“La gente crede a una marea di balle.” Disse lei. “Non è un problema mio.”

Harry non pensava che sarebbe stato così facile, ma sperava che lo fosse. Non c’erano state ripercussioni per essersi rivelato un Rettilofono, al contrario di quello che aveva previsto, quindi forse si sbagliava. Gli sarebbe piaciuto sbagliarsi.

“Mettiamo che ci sia una talpa.” Disse Blaise. “Quante probabilità ci sono che ci stia ascoltando o spiando?”

Harry si congelò, ma fu rassicurato dalla velocità con cui sia Hermione che Draco risposero “Nessuna.” Hermione continuò: “Abbiamo talmente tante barriere protettive su questa stanza che sarebbe praticamente impossibile, almeno non senza far scattare una dozzina di allarmi.”

“Abbiamo delle barriere protettive?” Chiese Harry, sorpreso.

Draco rise e si chinò in avanti per baciargli una guancia. “Sì, tesoro, abbiamo delle barriere protettive. Io e Hermione le abbiamo installate l’anno scorso.”

“Sono solide.” Promise Pansy. “Le ho progettate io. Non potrebbe entrare nemmeno una mosca senza far scattare il sistema.”

Dovette sembrare un po’ troppo sorpreso perché lei si incupì e gli lanciò addosso il giornale. “È come il cucito. Devi mettere tutti i pezzi nel punto giusto.”

L’avrebbe presa in parola. “Allora, faremo qualcosa riguardo a questa faccenda?”

“Sì!” Disse Ron nello stesso momento in cui Hermione disse “No.”

Lui si girò, lanciandole un’occhiataccia, ma lei non cedette. “Dargli importanza gli conferisce credibilità. Non ha importanza. Le persone a cui tengo sanno la verità ed è quello l’importante.”

Ron stava diventando rosso come i suoi capelli.

“Perché non aspettiamo di vedere che reazione avrà il pubblico, se ne avrà una, prima di agire?” Disse Harry. Anche se le cose si fossero messe male, un po’ di distanza tra Ron e la sua ira non avrebbe fatto male.

Hermione e Ron acconsentirono, ma non ne furono felici. Spostarono il discorso sulla loro pozione più recente e su come Piton stesse per forza cercando di ucciderli se gli stava insegnando come distillare un veleno prima del corrispettivo antidoto.

Harry si chiese se sarebbe stato maleducato dire a tutti i suoi amici di andarsene così che lui e il suo ragazzo potessero spogliarsi.

Certo che sì, senza ombra di dubbio. Era tentato di farlo comunque. Non l’avrebbe fatto, ma ci avrebbe pensato. Perché Draco non poteva essere più brutto e rendergli la vita più semplice? Doveva già soffrire parecchio, ma più di ogni altra cosa per un bellissimo ragazzo con cui non poteva pomiciare quando gli pareva.

 

-

 

Fleur prese l’articolo su Hermione sul personale e Draco lo trovò spassosissimo. “Perché non sono inclusa anch’io? Dov’è la storia di Hermione che si intrufola nella mia carrozza o che mi deflora sotto una notte di luna piena?” Il suo oltraggio era persino più divertente in francese. “Non sono abbastanza bella? È quello il motivo?

“Non penso che sia quello il problema.” Disse Draco, steso sul suo letto con la testa a penzoloni, osservandola sottosopra. “Sei molto bella.”

Lei non fu per niente rabbonita. Draco incrociò lo sguardo con Saida, che sospirò prima di scrollare le spalle. A volte, Fleur era così e basta.

“Verrai a Hogsmeade con noi?” Chiese Draco. L’anno prossimo sarebbero potuti andare al villaggio quando volevano e non solo durante fine settimana prestabiliti. Visto che tutti gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang avevano diciassette o diciotto anni avevano anche piena libertà e cercavano di evitare i fine settimana in cui i ragazzi del terzo e quarto anno scendevano al villaggio. Ma Fleur aveva promesso di andare da Madame Puddifoot con lui.

Gli piacevano davvero le sue decorazioni ridicole e le torte fin troppo dolci e i caffellatte colmi di schiuma. Ma aveva una reputazione e non poteva andarci da solo. Quel tipo di cose facevano venire il vomito a Pansy e Blaise sarebbe andato incontro a morte certa per lui, ma si rifiutava di passare un pomeriggio a bere caffè e finire ricoperto da glitter.

Aveva chiesto a Millie, ma a quanto pareva ci sarebbe andata per conto suo per un appuntamento. Era abbastanza sicuro che Susan lo avrebbe accompagnato, sempre che non fosse impegnata con una delle sue tante ragazze di Durmstrang, ma non era così disperato. C’era sempre Luna.

“Sì, sì, ho promesso.” Disse lei, ma aveva una luce negli occhi che non lo metteva troppo a suo agio. Saida drizzò la schiena dov’era seduta e, wow, doveva davvero preoccuparsi.

Lei cambiò argomento prima che potesse farle altre domande – e tanto non gli avrebbe risposto neanche se glielo avesse chiesto, quindi lasciò perdere. Clarence si fece vivo a un certo punto, tirandosi dietro unə studente di Hogwarts degli ultimi anni che fece un cenno verso Draco mentre si sedeva a gambe incrociate per terra. Draco riconobbe quellə Corvonero immediatamente.

Quinn aveva i voti in Pozioni più alti di tutta la scuola, era l’assistente ufficiale di Piton e l’unica persona che il suo acido Capo della Casa sembrasse sopportare per più di cinque minuti. Aveva una figura morbida, con capelli che raggiungevano appena il mento e grandi occhi marroni che sembravano sempre osservare tutto quello che succedeva intorno a sé.

Fleur e Saida avevano trascinato Clarence in una discussione riguardo un professore della loro scuole ed era degenerata in una conversazione in francese stretto che Draco riusciva a seguire, mentre Quinn sembrava sul punto di addormentarsi.

“Ehi.” Disse, allungando la mano per punzecchiare la sua coscia. Era ancora steso a testa in giù, per metà a penzoloni dal letto. Gli sarebbe venuto un malditesta allucinante quando si sarebbe deciso ad alzarsi. Quinn lo fissò, alzando un sopracciglio. “Quando siete da soli Piton ha mai, sai, sorriso?”

Quinn sorrise di rimando. “Era da un po’ che volevo chiedertelo. Puoi usare adducere exspiravit?”

Draco rimase a bocca aperta. Era un incantesimo di appello per i fantasmi estremamente complicato, quasi illegale, e sbagliarlo poteva portare alla necromanzia accidentale e a un contraccolpo che avrebbe quasi sicuramente ucciso colui che l’aveva lanciato.

Aveva sempre avuto un talento per gli incantesimi di appello.

“Probabilmente.” Rispose. “Se avessi del tempo per lavorarci, magari durante l’estate. Perché?

“Sto cercando di distillare una pozione che renda un fantasma temporaneamente corporeo. Severus dice che, se ci riuscissi, manderebbe una raccomandazione ufficiale per velocizzare la burocrazia per farmi diventare Mastro Pozionista. Credo che abbia acconsentito solo perché pensa che non ce la possa fare, ma peggio per lui, perché ne sono assolutamente capace e gli ruberò il lavoro.” Concluse Quinn.

A giudicare dall’improvviso silenzio, chiaramente avevano catturato l’attenzione degli altri. “È terrificante.” Disse Draco. “Perché vuoi lanciare l’incantesimo di appello per fantasmi?”

“Se lo si fa correttamente, un fantasma diventa solido – o perlomeno semi-solido – per la prima manciata di secondi dopo essere stato appellato. Se riuscissi a isolare quella reazione, potrei essere in grado di replicarla.”

“Tesoro.” Disse Clarence, fissando Quinn. “Quando mi hai chiesto di uscire non avevi menzionato di essere fottutamente pazzə.”

Quinn alzò le spalle. “Non me l’hai chiesto.”

“Potresti bidonarlə.” Suggerì Saida.

Quinn rimase impassibile.

“No.” Disse Clarence in maniera desolata. “È troppo tardi. Mi piace troppo.” Collassò drammaticamente di lato, cadendo in modo da adagiare la testa convenientemente sulla coscia di Quinn. “A primo acchito sembri affascinante e tranquillə, con i tuoi begli occhi e profondo amore per far esplodere le cose; poi tiri fuori queste follie dal taschino, ma a questo punto sono troppo coinvolto per scappare via urlando.”

“Profondo amore per far esplodere le cose?” Ripeté Fleur.

“Severus incoraggia gli esperimenti con le pozioni fintanto che lui non sia nella stanza e pulisca il mio casino.” Disse Quinn, pettinando con le dita i capelli di Clarence. “A volte questo significa che faccio esplodere le cose.” Fece una pausa, poi si corresse. “Spesso significa che le cose esplodono.”

 “Niente di tutto questo mi fa venire voglia di aiutarti.” Disse Draco.

Quinn ghignò. “Non sei curioso di sapere se riusciresti a farlo? Solo un pochino?”

Beh, ora che lo aveva detto, sì. “Ne parlerò con Flitwick. Non ho voglia di morire. E avremo bisogno di un volontario. Non appellerò un fantasma contro la sua volontà solo per un esperimento.”

Saida si coprì gli occhi e Fleur imprecò in francese. Allora pensavano che fosse una brutta idea. E lo era. Ma ne macinava parecchie.

“Nick Quasi-Senza-Testa si è offerto volontario.” Disse Quinn, sorridendo.

“Perché dovrebbe- lo fa per poter diventare completamente senza testa, non è vero?” Disse, e non era una domanda. “Che stupidaggine.”

“Lui è dell’opinione che è già morto, quindi cosa potrebbe accadere di peggio?” Quinn alzò le spalle. “Non mi metterò a discutere con lui. Avevo chiesto alla Dama Grigia, ma mi ha riso in faccia.”

“E aveva ragione. È una pessima idea.” Disse Draco. Non aveva tempo da perdere con qualcosa di così pericoloso e inutile.

Lo avrebbe fatto comunque. Aveva le lezioni con Flitwick, ma era da un po’ che non gli davano una vera sfida, qualcosa che fosse difficile perché era complicato e non perché richiedesse molto potere.

Era tentato di non dirlo agli altri, ma se avessero scoperto che stava tenendo dei segreti lo avrebbero ammazzato. Sarebbe stata una conversazione piacevole.

Tutti e cinque rimasero a parlare e la luna era alta nel cielo quando Draco fece ritorno al castello. Sarebbe dovuto tornare nella sua stanza e andare a letto, oppure se non fosse stato stanco avrebbe potuto chiamare Harry con lo specchio e vedere se voleva trovare uno sgabuzzino per divertirsi un po’. Invece, andò verso i dormitori maschili di Serpeverde, ma invece di dirigersi al corridoio del quarto anno, si incamminò lungo quello del sesto.

Bussò alla porta di Cassius. Il ragazzo stava imparando, perché dovette bussare solo per una trentina di secondi prima che l’altro spalancasse la porta, ringhiando. “Che c’è?”

La maglietta che aveva addosso era di due taglie più piccola. “C’è George? Mi farebbe comodo anche un suo parere.”

Cassius impallidì e ci fu uno schianto proveniente dalla stanza che era senza ombra di dubbio George che aveva spaccato qualcosa.

“Oh, bene.” Disse allegramente, forzando la porta ad aprirsi con un gesto della bacchetta. George era seduto al centro della camera, un bicchiere d’acqua infranto sul pavimento e varie pile di vestiti intorno a lui. Gli ci volle un momento per capire cosa stesse guardando, anche perché non aveva per nulla esperienza in quel campo. “Ma è- gli stai dividendo i panni sporchi?”

George trasalì e Cassius si girò di scatto. “George! Ti ho detto di smetterla di pulire la mia stanza! Non sei un elfo domestico.”

“Non stavo pulendo.” Disse. “Stavo mettendo in ordine.”

“Sì, Cassius, stava mettendo in ordine.” Disse Draco. Fece un passo dentro e la porta si richiuse. “Allora. Cosa sapete voialtri sulla necromanzia? Chiedo per un amico.”

Cassius si strinse la radice del naso e George rimase a bocca aperta. Draco pensava che fosse una domanda abbastanza comune da fare dopo aver fatto irruzione in camera altrui all’una di notte.

“Lo fa spesso?” Chiese George.

Cassius sospirò, come se stesse soffrendo. “Non ne hai idea.”

“Allora, negromanti?” Ripeté Draco. “Prima mi rispondete e prima me ne vado.”

Non capiva perché sembrassero così sconvolti. Lui si stava divertendo un mondo.

 

-

 

Harry sosteneva la missione di Hermione di aiutare gli elfi domestici, ovviamente, ma comunque desiderò che non avesse trascinato lui e Ron con lei nelle cucine. A differenza loro, lui doveva svegliarsi presto per andare a Hogsmeade, visto che si sarebbe incontrato di nuovo con Sirius e Remus.

La cena sarebbe stata tra circa un’ora,  quindi gli elfi stavano correndo da tutte le parti, trasportando magicamente vassoi ricolmi di cibo, alcuni di loro muovendosi in quel modo velocissimo su cui Harry cercò di non concentrarsi. “Oh no.” Disse Hermione. “Sono occupati. Dovremmo tornare più tardi?”

Ron alzò gli occhi al cielo. “Sono sempre impegnati. Sono elfi domestici.” Schioccò le dita e chiamò: “Winky! Hai un momento?”

“Harry Potter!” Urlò un elfo domestico che non era Winky, e un secondo dopo le braccia ossute di Dobby gli avvolsero le ginocchia. Dovette afferrare il braccio di Ron per non cadere. “Cosa ci fa qui? Ha bisogno di  qualcosa?”

“Avevamo qualche domanda, se non ti dispiace.” Disse gentilmente Hermione.

Dobby annuì e li diresse di lato, così che fossero davanti al camino. Nel giro di qualche minuto, aveva evocato delle sedie per farli accomodare, spingendogli una Burrobirra nelle mani.

Ci fu un forte schiocco e Winky apparve davanti a loro. Dobby si allontanò da lei, incrociando le mani dietro la schiena e abbassando la testa. “Winky è occupata, ma ha tempo per voi.” Indossava una semplice gonna di cotone verde e una maglia beige con un collo ampio. Lo stemma di Draco era ricamato in un angolo del petto. Harry riconobbe vagamente il materiale della maglia come quello di un maglione che Draco aveva indossato l’anno scorso ed era abbastanza sicuro che la gonna venisse da quel set di lenzuola Serpeverde che praticamente tutti rifiutavano di usare.

In verità, ora che si guardava attorno, vide molti degli elfi  domestici indossare quelli che sembravano veri e propri vestiti, e non solo delle federe. Non fu l’unico a notarlo. Hermione chiese: “Pensavo che non poteste possedere vestiti vostri?”

“Non possiamo prendere vestiti già fatti.” Chiarificò Winky. “Dobbiamo crearceli i nostri, senza l’aiuto della magia. La maggior parte degli elfi non è brava a cucire. Winky sta facendo vestiti per loro.”

“Siamo molto grati.” Disse Mip, apparendo davanti a loro con un piattino di biscotti. Gli fluttuò davanti e Harry e Ron fecero per afferrarne uno. Hermione li fulminò e loro si bloccarono. Le labbra di Mip si allargarono in un sorriso. “Prego, insisto.”

“Grazie.” Disse Hermione puntigliosamente, prima di prenderne uno per sé. Ron alzò gli occhi al cielo e ne prese tre, probabilmente giusto per dar fastidio. “Avevo altre domande, se avete tempo?”

“Certo.” Disse lui, girandosi verso Winky e Dobby, ancora sottomesso. “Me ne occupo io. Tornate ai vostri doveri.”

“Non lavoro per te.” Disse calorosamente Winky, ma scomparve comunque il momento dopo.

Dobby alzò gli occhi e li salutò con la mano. “È bello vedere Harry Potter. Spero che Harry Potter venga di nuovo a farci visita.” Poi scomparve anche lui con uno schiocco.

Mip scosse la testa, sedendosi davanti a loro. “Così giovani, e così impulsivi. Mi logorano.”

“Giovani?” Chiese Hermione. Harry non riusciva davvero a capire quali elfi domestici fossero più anziani. Mip sembrava più ingrigito, ma la maggior parte degli elfi domestici… gli sembravano semplicemente elfi domestici.

Mip li fissò per un lungo momento. Era strano, sembrava quasi come quando Silente lo fissava, come se stesse misurando il suo animo in una singola e penetrante occhiata. Non era Legilimens, gli scudi di Harry erano troppo saldi per quello. Era diverso, qualcosa di più istintivo di un semplice incantesimo, ed era un po’ sconcertante rivedere il suo preside in un elfo domestico. Forse era perché entrambi avevano dei lunghi nasi.

Infine, sospirò e disse: “Winky non ha nemmeno trecento anni. Dobby, quel poverino, ha solo un secolo. È uno dei più giovani di noi.”

Harry guardò i suoi amici e Hermione sembrava sorpresa tanto quanto lui, ma Ron non stava reagendo, il che significava che la durata vitale degli elfi domestici non gli fosse nuova. Ron disse: “Dev’essere dura. Ha mai avuto una foresta sua?”

“È nato da un fiume.” Disse Mip. “Sempre cangiante, sempre di fretta. Gli elfi più anziani della sua area hanno cercato di lasciarlo fare, di dargli una possibilità, ma... È stato deviato, come la maggior parte dei fiumi in tempi recenti, e la foresta di cui faceva parte non esiste più. Non c’è da stupirsi che Dobby sia un po’ strano.”

“Non ha mai avuto una casa.” Disse Harry. Ron si stiracchiò, premendo la gamba contro la sua, il che significava che stava fallendo nel mascherare l’ondata di tristezza che lo stava travolgendo.

Mip si addolcì. “No, signor Potter, mai. Non per davvero. Ma noi ci facciamo nuove case. Io e molti altri consideriamo Hogwarts la nostra casa. Sono sicuro che Winky consideri il giovane signor Malfoy come la sua casa. Ma non credo che Dobby abbia trovato un posto simile per sé.”

“Puoi dirci di più sulle foreste in cui vivevate?” Chiese Hermione. “Come interagivate con la loro magia e quanta ve ne serve?”

“Certo, signorina Granger.” Disse lui.

Harry non ascoltò veramente il loro discorso. Decise di venire a visitare Dobby ancora, anche se era strano.

Non era mai stato un senzatetto, non veramente, ma non aveva mai saputo cosa significasse avere una casa finché non si era seduto davanti a un ragazzo dinoccolato, con migliaia di lentiggini e capelli rosso acceso.

 

-

 

Si sarebbero incontrati nello stesso posto dell’ultima volta e Harry era a malapena entrato dentro la stanza sul retro del locale di Rosmerta quando delle braccia lo avvolsero in una stretta spaccaossa. “Sirenidi!” Ululò Sirius. “Stanno forse cercando di ucciderti?”

Harry sorrise contro la spalla di Sirius. Gli piacevano molto gli abbracci del suo padrino. “Va tutto bene. Akeakamai è molto simpatico.”

“Simpatico non è l’aggettivo che la maggior parte delle persone userebbe.” Disse Remus seccamente, scompigliandogli i capelli quando Sirius lo lasciò andare. “Come vanno le lezioni?”

“Sono abbastanza sicuro che ci sia un qualche tipo di progetto di Erbologia che avrei dovuto fare, ma a questo punto è troppo tardi, sempre che ce ne sia uno, quindi non mi sono neanche disturbato a chiedere.” Disse Harry. “Moody è un insegnante abbastanza bravo, ma neanche paragonabile a te, e voglio ancora affatturagli il muso, quindi…”

“È okay.” Disse il suo padrino. “Puoi sempre abbandonare gli studi e diventare un giocatore di Quidditch professionista.”

Remus gli diede un pugno sul braccio. “Non dirgli queste cose! Harry, la tua educazione è importante. C’è sempre tempo per diventare un giocatore di Quidditch professionale dopo il diploma.”

“Abbandonare gli studi suona bene.” Disse. “Scommetto che non fanno competere chi abbandona gli studi in tornei mortali.”

“Certo che lo fanno.” Disse Sirius. “Si chiama mercato del lavoro.”

Remus lo fissò. “Come potresti saperlo, tu? Hai vissuto di rendita grazie al tuo fondo fiduciario.”

“Li avrei passati gli esami da auror!” Protestò Sirius. “Solo che non ho avuto tempo. C’era una guerra in corso, sai.”

“Voi cosa mi raccontate?” Chiese Harry, interrompendo la discussione sul nascere. Sembrava che Sirius e Remus amassero discutere. “Qualcosa di interessante?”

Sirius esitò, il che attirò immediatamente il suo interesse. Di solito era molto diretto con Harry. “Siamo stati al cottage di Lunastorta. È fuori mano e ben protetto, per la luna piena e tutto il resto. Ma stiamo cercando di capire come rimettere in sesto la mia casa ancestrale.”

“Bene…?” Disse, ma Sirius non sembrava essere d’accordo. Poi si ricordò di qualcosa. “Aspetta, Remus, chi fa la tua pozione antilupo ora?” Si sentiva un farabutto a non averci pensato prima.

Remus fece una faccia strana e Sirius sospirò. “Io. Non sono al livello di tua madre, ma me la cavo. Funziona, per la maggior parte. E sono al suo fianco durante la luna piena come Felpato, quindi va tutto bene.”

“Sei sicuro che vada bene? Hermione può distillare praticamente qualsiasi cosa.” Poi, “Aspetta, mia madre era brava a Pozioni?”

“Una delle migliori.” Disse Remus. “Lei e Piton facevano sempre a gara per il primo posto.” Sirius si rabbuiò e Remus si appoggiò su di lui. L’irritazione gli scemò immediatamente.

“Ora che ci penso…” Disse Sirius, cercando qualcosa nella tasca. Ci fu un altro istante in cui sembrò esitare, poi aprì la mano. Due libri rimpiccioliti giacevano nel palmo della sua mano e con un veloce incantesimo tornarono alla loro grandezza originale. “Remus li aveva ancora. Io… tuo papà e io eravamo amici da bambini, prima di Hogwarts, e ho imparato il tamil da lui. Quando abbiamo incontrato Remus e P- Remus, voleva impararlo anche lui. Quindi noi l’abbiamo aiutato e ha imparato usando questi. Ho pensato- forse, se vuoi, puoi usarli anche tu. Vorrei poterti insegnare di persona, ma- beh, so che Draco probabilmente parla più lingue delle dita delle sue mani, se Narcissa è ancora come me la ricordo. Probabilmente lui potrà aiutarti a studiare. Anche quel giovane Longbottom.”

Erano libri per imparare il tamil. La lingua di suo padre. La sua lingua, se lo desiderava.

“Grazie.” Disse, prendendoli con reverenza da Sirius.

Lui gli passò una mano tra i capelli, sfiorando con il pollice la pallida cicatrice a forma di saetta che si diramava su metà della sua fronte. “Piacere mio.”

Desiderò ardentemente di non dover passare l’estate con i Dursley. Stare con Sirius e Remus lo faceva sentire al sicuro, lo faceva sentire amato. Quando stava con loro, si sentiva a casa.

 

-

 

Harry aveva intenzione di incontrarsi con Ron ed Hermione nel pomeriggio davanti al locale di Madame Puddifoot. Hermione aveva suggerito il posto perché era lì che andava durante suoi appuntamenti con Viktor; o così Harry aveva ipotizzato

Se non fosse che, quando passò davanti a Honeydukes, vide Viktor dalla vetrina. Si bloccò, considerò il fatto che non erano fatti suoi, poi entrò comunque.

Viktor stava parlando con Cedric e Cho, entrambi con una larga busta di dolci a testa. “Ehi ragazzi.” Disse Harry, e fu bello vedere come si illuminarono quando lo videro. “Viktor, pensavo fossi con Hermione?”

Lui alzò gli occhi al cielo. “Mi ha dato buca e mi ha detto di incontrarla dopo. Sta facendo una scenata assieme a Fleur.”

“Facendo una scenata?” Ripeté, aggrottando le sopracciglia. Non prometteva niente di buono.

Viktor fece un gesto con la mano per dirgli di lasciar perdere. Cho prese una penna di zucchero dalla sua busta e gliela ficcò in bocca dalla parte della piuma. Si dissolse sulla sua lingua con un turbinio di dolcezza. “Smettila di fare il funereo. Ti preoccupi troppo.”

“Eun-hae.” Disse Cedric, spezzando la metà della piuma ancora fuori dalle labbra di Harry e ficcandosela in bocca. Gli fu grato, non gli piaceva così tanto dolce tutto in una volta. “Non obbligare la gente a mangiare dolci.”

“Scusa.” Disse Cho, ravanando di nuovo nella busta. Tirò fuori una rana di cioccolato e la fece scivolare nella borsa di Harry. “Ma ero seria. Tirati su.”

“Scuse accettate.” Disse, allungando la mano per rubare un’altra piuma di zucchero dalla sua busta. A giudicare dal sorriso che le illuminò il viso, era stata la mossa giusta. “Volete venire con noi a capire cosa sta facendo Hermione? Se siete impegnati in un appuntamento, non c’è problema.”

Desiderò poter passeggiare per Hogsmeade con il suo ragazzo. Sarebbe persino andato a quella ridicola casa da tè con lui, anche se non gli interessavano molto i caffè o i dolci e non aveva opinioni sul glitter.

“Veniamo anche noi.” Disse Cedric, dopo essersi scambiato una veloce occhiata con Cho. “Hermione che complotta dev’essere una faccenda interessante.”

Quando arrivarono sul posto, fu per vedere Fleur e Hermione baciarsi appassionatamente davanti al locale di Madame Puddifoot mentre un reporter del Settimanale della Strega scattava delle foto. Ron aveva il viso nascosto tra le mani e Draco stava osservando la scena poco più in là, un sopracciglio inarcato.

“Te l’avevo detto.” Disse Viktor, divertito. “Sta facendo una scenata.”

Harry non poté evitare di pensare che quello avrebbe senza ombra di dubbio fatto riaffiorare i pettegolezzi sul suo ipotetico harem. Sperava che Seamus e Dean fossero orgogliosi di loro stessi.

 

-

 

Gli articoli su Hermione che piantava le grinfie nei campioni Tremaghi arrivarono, veloci e scottanti dopo il suo piccolo servizio fotografico con Fleur. Sembrò essere orgogliosa della quantità di lettere d’odio che riceveva. La Sala Grande aveva iniziato ad applaudire ogni volta che riceveva delle Strillettere e, a quanto pareva, Fred aveva preso le lettere cartacee e aveva iniziato ad attaccarle al muro della Sala Comune di Grifondoro come se fossero carta da parati. Aveva usato un incantesimo appiccicante permanente e, visto che era ancora vivo, Draco suppose che la McGonagall non l’avesse ancora capito. Dopo le ultime settimane, gli dissero che erano riusciti a coprire un muro intero.

Ginny stava lavorando a fare una cornicetta decorativa con le buste e Ron sembrava costantemente sul punto di esplodere definitivamente ogni volta che arrivava una lettera. Draco pensava che fosse abbastanza carino come Ron fosse preoccupato della reputazione di Hermione, anche se a lei non gliene fregava palesemente un cazzo.

Al momento, era nell’ufficio di Flitwick a correggere i temi dei primini steso su un divano che era fin troppo lungo per Flitwick – ed era abbastanza sicuro che non ci fosse stato nel suo ufficio durante i suoi primi anni. Non riusciva a decidere se sentirsi offeso o commosso dal fatto che, tra tutto il mobilio che Flitwick avrebbe potuto disporre per lui, avesse scelto proprio un sofà vittoriano. Era entrato nel suo ufficio stendendosi sulla sua scrivania più di una volta; quindi, forse, si era semplicemente stufato di vedergli rovinare le sue scartoffie.

“Finito!” Annunciò, alzandosi e lasciando cadere la pila sulla scrivania di Flitwick. “Vuoi che faccia anche i terzi anni? Quasi non mi fanno sanguinare gli occhi a leggerli. O potresti darmi altri consigli sull’incantesimo di appello per fantasmi.”

Flitwick sospirò. “Il mio consiglio di non farlo è ancora valido. A parte quello, finisci di scrivere l’aritmanzia della struttura dell’incantesimo. Se riesci a capire quello, potrei prendere in considerazione di insegnarti l’incantesimo e supervisionarti quando lo lancerai. Ti consiglierei anche di non aiutare Quinn in nessuno dei suoi esperimenti, ma immagino che sia troppo tardi perché questa particolare perla di saggezza possa esserti d’aiuto.”

Odiava scrivere l’equazione di un incantesimo. Hermione era molto più brava di lui, ma non voleva chiederglielo. In parte perché tutti gli avevano urlato addosso quando gli aveva detto cosa stava facendo, e in parte perché doveva davvero abituarsi a farsi da solo le equazioni avanzate, senza il suo aiuto. Non avrebbe comunque potuto tenersi Hermione nel taschino mentre sosteneva il master. “Ci sto lavorando. Temi del terzo anno? Fare quelli del mio anno mi sembra squallido. Posso fare quelli del quinto anno, ma preferisci darci un occhio tu per capire cosa debbano migliorare per i loro G.U.F.O.”

“Prendi le verifiche del sesto anno.” Disse Flitwick, cercando qualcosa nella sua scrivania per un momento prima di passargli un plico spesso. “C’è una domanda interpretativa sul retro per dei punti extra. Di quello me ne occupo io, ma scrivi i tuoi pensieri sulle altre domande a margine del foglio.”

“Certo.” Disse, sfogliandoli.

“Siediti.” Disse Flitwick. “Prima di quello, c’è qualcosa di cui voglio parlarti.”

A Draco non piacque per niente l’antifona. “Okay.”

Flitwick aprì il cassetto in fondo e cercò per un po’ prima di tirare fuori una lettera e porgergliela. “Ho ricevuto questa ieri.”

Confuso, Draco la aprì.

Egregio Mastro Flitwick,

Abbiamo ricevuto l’articolo sull’innovativa mescolanza di magia e metallo che ha presentato al posto di Draco Malfoy e siamo lieti di informarla che è stato accettato per la pubblicazione del prossimo quadrimestre.

Abbiamo anche incluso il contratto per i primi diritti di pubblicazione. Dev’essere firmato dal signor Malfoy e uno dei suoi tutori e restituito per la lavorazione per la fine del quadrimestre attuale perché sia pubblicato nel prossimo numero della Rivista di Recensione di Incantesimi. Una volta recepito il contratto, il nostro dipartimento delle finanze farà un deposito direttamente nel conto del signor Malfoy.

È nostro piacere informarvi che il signor Malfoy è la persona più giovane a venire inclusa nella nostra pubblicazione come unico autore di un articolo, scalzando il suo precedente primato. Gli offriamo le nostre sincere congratulazioni e speriamo che questa sia la prima delle grandi imprese che gli vedremo compiere.

Cordialmente,

il Comitato di Revisione della Rivista di Recensione di Incantesimi

Oh. Gli pizzicavano gli occhi, ed era stupido, non c’era motivo. Non era qualcosa per cui piangere.

“Se potessi farmi un favore e non menzionare a tua madre che ti sto permettendo di fare ricerche sull’incantesimo di appello per fantasmi, lo apprezzerei molto. Mi piace molto avere la testa attaccata al collo, al contrario di Nick.” Disse Flitwick.

La titubante felicità che stava sbocciando nel suo petto gli morì in gola. “Oh, io- grazie, ma non posso. Io… I miei genitori e io non stiamo parlando, al momento.” Avrebbero firmato, quello lo sapeva, non lo avrebbero ricattato e non gliel’avrebbero rinfacciato. Ma avrebbe comportato cedere più terreno di quanto era disposto a perdere, e lo voleva talmente tanto da fargli male, ma non abbastanza da ritirare quello che aveva detto, quello che avevano significato le sue parole.

Flitwick tirò fuori una pergamena, srotolandola sulla scrivania. In fondo c’erano due firme: Lucius e Narcissa Malfoy.

“Avevo colto le tensioni interne della tua famiglia.” Disse piano Flitwick. “Quindi mi sono preso la libertà di avvicinare io stesso i tuoi genitori, che è il motivo per cui non ti ho informato di questo non appena ho ricevuto la tua accettazione. Spero che non ti sorprenda sapere che i tuoi genitori sono molto orgogliosi di te e che ti amano immensamente.”

Lui scosse la testa, asciugandosi gli occhi con il palmo della mano. L’anello di ferro che non si toglieva mai, quello che sua madre si era tolta dalle dita per dare a lui, era caldo. “Io- No, no. Grazie.”

Flitwick si piegò in avanti sulla sedia, più concentrato e serio di quanto Draco lo avesse mai visto. “Sei incredibilmente acuto. Quello che hai fatto con le spille, il modo in cui hai modificato l’incanto Protego per tenere tutti al sicuro dopo la Seconda Prova… Sei pieno di talento e innovazione e credo che diventerai il migliore tra noi, Draco. Ne sono convinto.”

Se fosse stato qualsiasi altro professore oltre a Flitwick, Draco sarebbe stato molto imbarazzato da come il groppo che aveva in gola gli impedisse di rispondere.

 

-

 

Harry lo stava già aspettando nella loro classe quando la porta si aprì. “Finalmente!” Esclamò, ma fu interrotto dalla bocca di Draco sulla sua. Era caldo e voglioso e gli stava strattonando i vestiti. A Draco piaceva togliergli la camicia, ma di solito usava la magia per farlo. A Harry piaceva svestire Draco con le sue mani, era come aprire un regalo, ma Draco di solito non era così impaziente.

“Va tutto bene?” Si tirò indietro per chiederlo e Draco non esitò  nemmeno, mordendogli il collo. Avrebbe dovuto per forza usare un incanto coprente o farsi prestare una sciarpa, e faceva fin troppo caldo perché la seconda opzione non sembrasse sospetta a chiunque.

“Tutto fantastico.” Disse, snodandogli la cravatta in un singolo gesto. “Mi pubblicheranno nella Rivista di Recensione di Incantesimi.”

Gli ci volle un momento, ma poi collegò il nome a quei libri sottili che il suo ragazzo leggeva sempre. “È fantastico!”

“Già.” Disse Draco, sbottonandogli i pantaloni e facendoglieli scivolare giù mentre cadeva in ginocchio. Tutti i pensieri di Harry si arrestarono di colpo e fu abbastanza sicuro che il cervello gli stesse colando dalle orecchie.

“Sei sicuro?” Chiese, perché lui ci avrebbe messo la firma, ma non lo avevano mai fatto prima.

Draco non gli rispose ma gli rese molto chiaro che sì, era sicuro.

 

-

 

“Dovrete lottare per uscire da un labirinto.” Disse Neville. Tutti e undici di loro erano sparpagliati per la classe. I presidi avevano finalmente annunciato la Terza Prova e nessuno ne sembrava contento.

“Stronzate come questa sono il motivo per cui le persone muoiono.” Disse Millie senza giri di parole. “Anche se mettessero dei professori a vigilare, controllare uno scenario simile è praticamente impossibile.”

Ginny sembrò essere d’accordo. Luna alzò la mano e la ondeggiò. “A causa del Calice, devi entrare nel labirinto. Devi per forza combattere? Non puoi limitarti a stare lì finché uno degli altri campioni non prende il trofeo?”

“Non la rischierei.” Li mise in guardia Ron. “Il Calice pretende partecipazione, oppure la morte. Non sono sicuro di voler testare questo limite quando c’è in gioco la vita di Harry.”

George trasalì, ma Fred disse: “Luna ha ragione. Devi semplicemente aspettare che qualcun altro prenda il trofeo. Combatti, ma fai la stessa cosa che hai fatto nel lago. Non combattere per vincere. Se arrivi per primo al trofeo, aspetta e basta. Sennò, tanto meglio. Limitati a non morire.”

Draco gli scoccò un’occhiata di fuoco e Harry sospirò e alzò le mani in segno di resa. Forse diceva qualcosa su di loro il fatto che Draco potesse fargli un’intera ramanzina con un solo sguardo. “Okay, okay, niente atti da eroe. Vado dentro, combatto quello che devo combattere ed esco. Tutto qua.” Sia Hermione che Pansy lo stavano guardando male e Blaise inarcò un sopracciglio. “Sono serio stavolta!”

Ginny gli marciò incontro e lo pungolò nel petto tanto forte da lasciare un livido. “Ti conviene. Non spetta a te risolvere i problemi del mondo e se non la smetti di ficcare il naso in ogni problema che trovi, finirai per morire.”

“Non ficco il naso in ogni problema che trovo.” Protestò. “Solo in quelli che posso risolvere!”

“Per Merlino.” Disse Neville. Luna esalò pesantemente.

Cosa? Che altre risposte volevano ricevere? Nemmeno loro avrebbe lasciato perdere qualcuno che aveva bisogno di aiuto, se lo vedevano. Semplicemente lui finiva più spesso in situazioni in cui si presentava questo tipo di opportunità, niente di più e niente di meno.

Era molto ingiusto e si sentiva attaccato da ogni lato.

“Comunque.” Disse. “Gli esami iniziano tra due settimane, poi avremo la Terza Prova una settimana dopo. Dovremmo forse organizzare un piano di studi o qualcosa di simile?”

Hermione alzò gli occhi al cielo e allungò la mano nella sua borsa. Srotolò una pergamena sulla scrivania con un piacevole suono secco. Si fecero tutti avanti con cautela, come se potesse attaccarli. “L’ho fatto settimane fa. Harry, tu ti occuperai del gruppo di Difesa Contro le Arti Oscure. Blaise e Neville faranno Erbologia, Pansy Trasfigurazioni, Draco Incantesimi e io Pozioni. Al resto ci penseremo insieme, a seconda dei nostri punti di forza.”

Harry occhieggiò il piano di studi. Era talmente spartano che prese in considerazione l’idea di abbandonare Hogwarts e vivere con Remus e Sirius, invece di impegnarsi per un’educazione o lavoro decente.

 

-

 

Erano tutti in piena crisi da studio. Harry scoprì che, sì, avevano un progetto di Erbologia, ma a quanto pareva il suo partner era Neville, che non gliel’aveva detto di proposito. “Avevi altre cose a cui pensare.” Disse quando Harry gliene parlò. “E poi, senza offesa, ma non volevo che tu lo incasinassi. Se avessi scelto Hermione, non mi avrebbe mai lasciato fare quello che volevo e sarebbe stato un incubo. Basta che mi aiuti a non finire bocciato a Difesa e siamo pari.” E, beh, non è che Harry volesse essere bocciato in Erbologia, quindi non lo contestò.

Hermione si trasformò sempre più in uno zombie che studiava e basta e qualche volte dormiva, e avrebbero dovuto esserci abituati a quel punto, ma era terrificante come ogni anno. Draco era messo male come lei, rinchiuso in eremitaggio in camera sua e di Blaise per studiare mentre fingeva di non farlo, come se rimanesse al secondo posto del loro anno senza nemmeno impegnarsi.

Il resto di loro affrontò gli esami come persone normali. Fred e George erano al sesto anno, solo un paio di posti in classifica dietro a Cedric, che aveva il punteggio più alto del loro anno sin dall’inizio, ma continuarono a studiare con loro. Qualche volta chiedevano una mano a Draco o Hermione, o Harry se si trattava di Difesa, ma per la maggiore se ne stavano per i fatti loro.

Gli studenti di Durmstrang e Beauxbatons, che di solito socializzavano con gli studenti di Hogwarts nei terreni della scuola, praticamente sparirono per una settimana. La maggior parte di loro doveva conseguire i loro M.A.G.O., quindi Harry non ne fu sorpreso.

La settimana degli esami arrivò e passò. Grazie a Hermione e Draco era abbastanza sicuro di aver fatto decentemente Pozioni, anche se Piton lo aveva guardato male per tutto il tempo, standogli col fiato sul collo. Gli sembrava di essere andato alla grande in Difesa e abbastanza bene in tutto il resto. Cercò di non preoccuparsi perché, ehi: magari sarebbe morto nel labirinto e il risultato dei suoi esami non sarebbe importato a nessuno.

Mentre gli esami e i M.A.G.O. giungevano al termine, la Terza Prova sembrò incombere sempre di più su di lui. I suoi amici cercarono di prepararlo, esercitandosi con lui negli incantesimi ma, visto che non sapevano cosa ci fosse nel labirinto, potevano aiutarlo fino a un certo punto. Cercò di non lasciarsi intimidire, ma sapeva che quel senso di impotenza pesava su di loro e su Ron in particolare. Era diventato molto irritabile e stava cercando di mascherarlo, ma ci stava riuscendo solo parzialmente.

Il giorno prima della Terza Prova, mandò un messaggio ad ognuno degli altri campioni, chiedendogli di incontrarlo nella Stamberga Strillante, dove si sperava che nessuno avrebbe origliato.

Fu l’ultimo ad arrivare. Li guardò tutti e disse: “Sono sicuro che ve lo aspettavate, ma volevo solo avvisarvi ufficialmente. Non sono in questa competizione per vincere, ma devo partecipare. Nel labirinto, mi limiterò a combattere con qualsiasi cosa che mi si parerà davanti e non mi impegnerò particolarmente a cercare di uscire da lì. Ma tutta questa faccenda è pericolosa, molto più pericolosa delle altre due prove, quindi volevo dire… Ci sarò per darvi una mano, se ne avrete bisogno.”

“Harry?” Chiese Fleur, chinando la testa di lato.

“Devo combattere. Tanto vale rendermi utile. Se vi bloccate o se combatteremo la stessa cosa, vi aiuterò. Avevo pensato di offrire il mio aiuto solo a Cedric, ma ho pensato che avrebbe rifiutato. Qualcosa riguardo al vincere in maniera pulita o non vincere proprio, o roba simile.” Concluse, facendogli un occhiolino.

Cedric sorrise. “E avevi ragione. Se lo vuoi fare, non voglio che sia solo per me. I professori, i presidi, gli altri giudici – tutti loro sembrano avere uno scopo, vogliono che il loro preferito vinca a tutti i costi. Io penso che sia una cazzata.”

“Vinciamo pulito, o non vinciamo.” Disse Krum. “Mi piace.”

“Ci sto.” Disse Fleur, stuzzicandolo. “Ma contraccambieremo, okay? Tu non ti sei offerto a nulla di tutto ciò, non come abbiamo fatto noi. Se avrai bisogno di aiuto, te lo daremo.” Krum annuì e Harry non riuscì a impedirsi di arrossire.

Cedric aggrottò la fronte e si massaggiò il collo. “Io- sentite, tutti e tre vogliamo vincere, ma è pericoloso. Non voglio morire per un trofeo. Quindi… Che ne dite di coprirci le spalle a vicenda? Solo quando le cose si fanno serie.”

“È un rischio.” Fece notare Viktor, ma stava sorridendo. “Potremmo tradirci o sabotarci a vicenda per cercare di vincere la coppa.”

“Pulito o niente.” Disse Fleur, ferma. “Mi fido di voi. Mi fido di tutti voi.”

“Okay.” Cedric batté le mani. “Harry ci aiuterà quando potrà e noi faremo lo stesso per lui. E se il resto di noi incapperà in una minaccia troppo grande da gestire, chiameremo aiuto e gli altri arriveranno. Non avremo bisogno dei professori o di essere squalificati.”

“Andata.” Dissero in coro e a Harry piacque- gli piacquero. L’intero Torneo era stato un disastro, ma come minimo gli aveva donato tre nuovi amici e non poteva esserne contrariato.

 

-

 

Harry era in ritardo. Era l’ultima notte prima dei torneo ed era in ritardo. Draco lo avrebbe ammazzato.

La porta si spalancò. “Scusa!” Disse Harry, senza fiato. “Mi ero incontrato con gli altri campioni. Gli ho appena detto che non mi sarei impegnato per vincere e che avrebbero potuto chiedermi aiuto se ne avevano bisogno.” Per Merlino. Non è che Draco si fosse aspettato altro, ma quella era esattamente il tipo di cazzata di cui aveva parlato Ginny. “E ci abbiamo messo più tempo del previsto. Scusa.”

Draco voleva essere arrabbiato, ma non riusciva a trovare le forze. Per la maggior parte, era solo preoccupato, e stanco di esserlo. Afferrò il davanti della camicia di Harry e se lo tirò addosso, baciandolo, perché non sapeva come articolare i suoi pensieri senza suonare ridicolo. Harry era fatto così e Draco non poteva cambiarlo. Non lo voleva nemmeno, neanche se avesse potuto, perché se non fosse stato così stupidamente coraggioso e con spirito di sacrificio, non sarebbe stato Harry.

Fecero una pausa per respirare e Draco premette la fronte contro quella di Harry. Se si concentrava, poteva sentire il contorno della cicatrice della sua anima gemella sulla sua pelle. “Draco?” Chiese Harry, piano, nello spazio tra loro. “Stai bene?”

“No.” Disse e quell’onestà inattesa lo fece irrigidire tra le braccia di Harry. Non voleva dirlo, gli era scappato. Harry gli strofinò la schiena, cercando di confortarlo. “Ma esci vivo da quel labirinto, e starò bene.”

Harry lo baciò, invece che fargli una vuota promessa, e Draco si sciolse al suo tocco. Lo amava ancora di più per non aver cercato di rassicurarlo con delle banalità.

Il giorno dopo, Harry sarebbe dovuto entrare in quel labirinto, e Draco non sapeva cosa sarebbe successo dopo. Ma in quel momento aveva la sua anima gemella tra le braccia, e quello bastava.

 

Note autrice: megalania-prisca ha fatto dei bellissimi pezzi per siat che potete vedere qui e qui (ne ha aggiunti altri dopo l’ultimo capitolo!)

Spero che vi sia piaciuto!

Sentitevi liberi di seguirmi/stalkerarmi a: shanastoryteller.tumblr.com

Posto aggiornamenti sulla mia scrittura nella mia tag “progress report”, se è qualcosa che siete interessati a seguire da vicino!

Note traduttrice: Ci scusiamo per l’attesa, ma è stato un periodo molto pieno per entrambe. Speriamo che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto! Forse i più attenti lo avranno notato, ma è stato introdotto un nuovo personaggio, ovvero Quinn, che è una persona enby, ovvero non-binary. Nella versione originale inglese del testo, per riferirsi a Quinn si usano i neopronomi ze/zir, ma non potendo replicarli in italiano abbiamo tentato di aggirare la questione dove potevamo – e dove non abbiamo potuto, siamo ricorse allo shwa.

Ci stiamo finalmente avvicinando al climax di questa parte della storia: il prossimo capitolo vedrà la conclusione di questo retelling del Calice di Fuoco. Ma non preoccupatevi: la storia prosegue! I capitoli disponibili al momento in lingua originale sono 26. Teneteci nei vostri pensieri, perché sono tutti mostri lunghi come questo, se non di più!

Per rimanere aggiornati su tutte le mie traduzioni e lavori e sapere a che punto sono potete seguirmi su TUMBLR

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Capitolo 8
*** Il Torneo Tremaghi: Parte Sei ***


Il Torneo Tremaghi: Parte Sei

 

 

 

Harry guardò Viktor entrare nel labirinto, seguito da Cedric. Harry e Fleur, tecnicamente, sarebbero dovuti entrare nello stesso momento, ma mentre lei si diresse verso il labirinto correndo a tutta velocità, Harry non lo fece. Sbadigliò e si stiracchiò per poi infilarsi le mani in tasca prima di entrare nel labirinto, trascinando letteralmente i piedi.

Ci fu un’ondata di risate dal pubblico e Harry cercò di non sorridere. I suoi amici erano lì, certo, ma anche la signora Weasley e Bill erano venuti a vederlo. Si sentiva un po’ in colpa, visto che non aveva intenzione di fare nulla di particolarmente figo come aveva fatto con i draghi. Sirius e Remus volevano venire, ma Harry aveva rifiutato, ritenendolo un rischio troppo grosso anche se Sirius fosse venuto come Felpato. Avevano provato a insistere per far venire almeno Remus da solo, ma Harry li conosceva. Se Sirius fosse stato lasciato da solo, sarebbe venuto di nascosto. Preferiva saperli al sicuro che averli lì.

Una volta sparito dietro i confini del labirinto, si tolse la maschera di noncuranza. Non voleva vincere, ma nemmeno morire. Puntò la bacchetta di fronte a sé, avanzando cautamente.

Non aveva un piano. Avrebbe continuato a camminare a casaccio finché non avrebbero annunciato un vincitore. La luna faceva abbastanza luce da riuscire a vedere, per cui non lanciò Lumos, temendo di attirare l’attenzione di qualche creatura che non l’avrebbe notato altrimenti.

Fu una precauzione inutile. Girò l’angolo, trovandosi davanti un dissennatore dal fiato tremolante, e sentì il gelo che gli strisciava sulla pelle.

“Riddikulous!” Lanciò, trasformandolo in Piton con un mantello svolazzante, travestito con un pacchiano costume da Conte Dracula. La sua risata tonante fece uggiolare il dissennatore, che sparì nei cespugli.

Non avrebbe escluso la presenza di un dissennatore nel labirinto, ma se fosse stato reale lo avrebbe sentito molto prima di trovarselo davanti. Il suo essere sensibile ai dissennatori tornava utile, di tanto in tanto.

Successivamente incespicò in un nido di Schiopodi Sparacoda, che riuscirono a bruciacchiargli l’uniforme prima che Harry li congelasse, senza fare altro danno. Non voleva che attaccassero i suoi amici, così li rovesciò sulla schiena prima di superarli, conscio che ci avrebbero messo un po’ prima di riuscire a girarsi una volta che il suo incantesimo fosse svanito.

Ci fu uno strillo acuto – doveva essere Fleur – e si girò, cercando di trovarne la fonte così da raggiungerla. Ma non urlò di nuovo, quindi non aveva altra direzione se non quella che aveva davanti. Sperava che stesse bene.

Continuò a camminare, aspettando che qualcosa lo attaccasse, ma niente. Stava iniziando a sembrargli strano. Era nel labirinto da più di venti minuti ed aveva incontrato solo due ostacoli e nessuno dei due era stato particolarmente ostico. Non aveva senso. Avrebbe dovuto essere senza fiato, non passeggiare allegramente.

“Crucio.” Disse qualcuno, e Harry si girò, la bacchetta alzata. Ma non c’era nessuno. Ebbe solo una frazione di secondo di confusione prima che le urla di dolore di Cedric erompessero alla sua destra. Era dall’altra parte della siepe.

Hagrid aveva cresciuto quei cespugli assieme alla Sprout per renderli altamente resistenti ai danni fisici e magici, nel tentativo di impedire ai campioni di prendere una scorciatoia. Sfortunatamente, una scorciatoia era esattamente quello di cui Harry aveva bisogno. Cedric era in pericolo.

Fece un respiro profondo, fece scattare la bacchetta e urlò: “FLIPENDO!”

Non gli piaceva pensarci troppo, ma sapeva di essere potente. Il suo controllo faceva schifo, quindi non lo aiutava particolarmente a lezione, ma significava che, quando ne aveva bisogno, i suoi incantesimi potevano essere devastanti.

Ci fu un istante di resistenza da pare della pianta, ma poi il suo incantesimo la arò, creando un bel buco per farlo passare. L’onda d’urto del suo incantesimo aveva sbattuto a terra anche Cedric e il suo assalitore, ma almeno non stava più urlando.

Viktor lo guardò con occhi lucidi e Harry non lasciò che il suo stupore lo facesse esitare. “Stupeficium!”

Con Viktor incosciente, andò verso Cedric, inginocchiandosi di fianco a lui. “Ehi! Stai bene?”

Cedric afferrò le sue braccia, lasciando che lo tirasse a sedere. Stava tremando e Harry lo strinse ancora più forte. “Io- non è stato Viktor.”

“Certo che è stato Viktor!” Ribatté Harry. “Ti ha cruciato!”

Lui scosse la testa. “No, voglio dire, sì, l’ha fatto, ma non era lui. Si comportava in maniera strana e aveva la faccia completamente assente. Era lui, ma non era lui.”

“Confundus?” Chiese Harry, ma dubitava che un Confundus potesse far lanciare un Incantesimo Senza Perdono a qualcuno.

Cedric scosse la testa. “No- no, penso che fosse sotto gli effetti di Imperio. Credo che qualcuno lo abbia stregato con Imperio e gli abbia detto di usare Crucio su di me. Guarda, ha chiaramente incontrato Fleur prima, ma credo che sia riuscita a scappare.”

Harry non capì, finché non guardò più da vicino Viktor pietrificato. Aveva una brutta ustione sul petto e dei graffi sul collo. “Quando ha urlato, prima.” Disse. Sperava che fosse riuscita a scappare. “Dobbiamo interrompere la gara. Dobbiamo prendere Fleur e uscire da qui.”

“Non possiamo.” Disse Cedric. “Il Calice. Se il torneo non è completato, chissà cosa ci farà.”

Harry imprecò. “Va bene. Troviamo quello stupido trofeo e finiamola. Chiunque abbia fatto questo a Krum è nel labirinto. Il che significa che si sono infiltrati, o-“

“Che si tratti di un professore.” Disse Cedric cupamente. “Giusto. Andremo insieme e, se siamo fortunati, troveremo Fleur. E Viktor?”

“Non possiamo portarlo con noi.” Disse Harry, anche se si sentì in colpa. “Quando si sveglierà, potrebbe ancora essere sotto il controllo di Imperio. Non voglio combattere lui e tutto il resto che c’è in questo labirinto e chiunque ci abbia preso di mira.”

“Lancerò delle scintille rosse e qualcuno verrà a prenderlo.” Decide Cedric. “Lo hai messo k.o. Deve contare come una sconfitta, non c’è motivo di pensare che il Calice lo punirà.” Harry sperava che avesse ragione. Non avevano altra scelta. Cedric esitò, poi puntò la bacchetta in alto. Una pioggia di scintille rosse illuminò il cielo, per poi restare sospesa sopra di loro.

Harry strinse gli occhi. Non sembravano scintille casuali, come dovevano essere. Sembravano avere una forma.

“Ho cercato di farli assomigliare ai caratteri coreani per la parola pericolo.” Disse Cedric, tirando via Harry. “Chiunque abbia fatto questo a Viktor è ancora qui e lo vedranno. Spero solo che non conosca il coreano e che Eun-Hae riesca a capirlo. Dobbiamo uscire di qui prima che arrivi uno dei professori.”

Camminarono fianco a fianco nel labirinto, le bacchette strette in pugno. Fecero scattare una trappola che sparò qualche dozzina di frecce verso di loro e Cedric se ne sbarazzò evocando una potente folata di vento. Incontrarono un altro Molliccio, altre due trappole e un iracondo stormo di farfalle velenose, e Harry pensò che fossero finalmente arrivati da qualche parte.

Invece, di punto in bianco, incapparono in una sfinge seduta in mezzo al sentiero.

Il suo corpo da leonessa era dorato e denso di muscoli. La sua testa umana aveva la pelle molto scura, capelli neri intrecciati fino alle spalle e ampi lineamenti uniti agli occhi marroni più intelligenti che avesse mai visto. “Salve.” Disse educatamente, chinando la testa – non pensava che volesse stringergli la mano. “Io sono Harry e questo è Cedric. Piacere di conoscerti.”

Lei inarcò un sopracciglio. Cedric lo stava fissando, ma che altro avrebbero dovuto fare? Se fossero stati maleducati sicuramente non sarebbe stata d’aiuto.

“Io sono Persenet.” Disse lei, la voce leggera e con un accento che non riuscì a riconoscere. Cedric fece un suono strozzato di fianco a lui.

“Immagino di doverti superare?” Chiese Harry.

“Sì.” Disse lei. “C’è un indovinello a cui dovete rispondere. Se sceglierete di non rispondere, non mi muoverò da qui. Se sbaglierete a rispondere, vi combatterò e di sicuro morirete. Se risponderete correttamente, mi sposterò e potrete continuare la vostra strada verso il premio.”

Oh! Aveva capito, sapeva esattamente cosa fare. Cedric stava corrugando la fronte, le sopracciglia aggrottate per la preoccupazione, ma Harry avanzò, sorridendo. “Ventabilis.” Disse, infondendoci poco potere. Era lo stesso incantesimo che Fleur utilizzava per spingersi in aria così da poter atterrare sulla sua scopa per planare. Lo usò per darsi la spinta, saltando sopra e oltre la sfinge, atterrando dall’altra parte. “Tada! Non ho risposto né in maniera sbagliata né in maniera corretta, quindi non puoi muoverti.” La sfinge si era girata a guardarlo e Cedric sembrava orripilato. Il suo entusiasmo si affievolì. “Non è la risposta giusta?” Altro silenzio. Non era la risposta giusta, quindi. “Scusa. Torno di là. Non stavo cercando di ingannarti.”

Cedric alzò la bacchetta, come se si stesse preparando a combattere, ma Persenet lanciò la testa all’indietro e rise. La sua risata sembrava quasi un raggio di sole. “Non stavi cercando di ingannarmi.” Disse lei, sorridendo. “Non era l’indovinello che volevo sottoporti, ma era comunque un indovinello, e hai comunque dato una risposta.” Si tirò su sulle zampe e Harry non sapeva quanto grandi fossero delle leonesse normali, ma lei sembrava fin troppo imponente, raggiungendo il metro e mezzo d’altezza e potendolo guardare dritto negli occhi. “Tu e il tuo amico siete liberi di passare.” Disse, e la sua faccia prese un’aria di serietà. “Nonostante io sia la persona più pericolosa in questo labirinto, sono anche tra le meno malevoli.” Gli girò intorno, strofinando la spalla sulla sua schiena. “Sii prudente, cucciolo.”

 “Lo sarò.” Promise. Cedric girò intorno a Persenet, come se non fosse stato ancora del tutto sicuro che non lo avrebbe morso. “Grazie per l’aiuto.”

Lei sorrise, ondeggiando la coda, poi diede loro le spalle, aspettando la prossima persona che l’avrebbe affrontata.

Harry pensò che, forse, si stava riferendo a chiunque avesse attaccato Viktor.

Ma probabilmente li stava avvertendo dei ragni giganti che li attaccarono non appena posarono gli occhi sul trofeo. Era davvero sollevato che Ron non fosse lì. Sfortunatamente per loro, sembravano immuni sia a Stupeficium che Flipendo.  

“Arania Exumai!” Una luce abbagliante eruttò dalla sua bacchetta e il ragno venne sparato indietro. “Ti prego, dimmi che hai un’idea.”

Cedric fece una smorfia. “Ne ho una.” Prima che Harry potesse fargli domande, lanciò: “VENTUS!” Era lo stesso incantesimo che aveva usato nella seconda prova, eccetto che stavolta erano fuori dall’acqua. Il ciclone in miniatura catturò in ragno e lo imprigionò, sballottandolo come se fosse intrappolato in una centrifuga.

I suoi versi di dolore disperati e acuti quasi fecero sentire Harry in colpa. “Me lo sognerò di notte.”

“Idem.” Disse stancamente Cedric. Aveva dovuto affrontare molte più minacce di Harry prima di essere attaccato da Viktor, ed era anche stato cruciato. Sembrava avere un disperato bisogno di un pisolino.

Harry lo fece girare e lo spinse verso il trofeo. “Beh, vai a prenderlo. Finiamola.”

Cedric non si mosse. “Non ce l’avrei fatta da solo, sai. Avrei fallito senza di te.”

“Io sarei morto cento volte se non fosse stato per le persone che mi hanno aiutato.” Disse Harry. “E allora? Prendi il trofeo e fai finire questo stupido torneo. Dobbiamo assicurarci che Fleur e Viktor stiano bene.”

Cedric si girò di nuovo verso di lui, la bocca ferma in una smorfia testarda che gli fece venire l’impulso di strozzarlo. “Dovresti prenderla tu, Harry. Dovresti vincere tu.”

“Assolutamente no! Andrebbe contro a tutto quello che mi sono impegnato a fare. Non volevo nemmeno infilarmi in questo casino, e sicuramente non volevo vincere.” Disse.

“Potremmo prenderlo insieme.” Disse Cedric. “Afferrarlo nello stesso momento. Sarebbe comunque una vittoria per Hogwarts.”

“Cedric!” Harry scattò, esasperato. “Non voglio vincere! Non dovrei nemmeno essere qui. Vai a prendere quel trofeo.”

Cedric esitò ancora, ed Harry stava quasi per spingerlo verso il dannatissimo trofeo, ma lui sorrise e gli scompigliò i capelli. “Okay, okay, vado.”

Finalmente! Non vedeva l’ora che tutto fosse finito.

Cedric stava giusto per prendere il trofeo quando un lampo di luce rossa lo colpì sulla schiena. Barcollò e cadde, sbattendo la testa sullo spigolo del podio. “Cedric!” Urlò Harry, correndo verso di lui.

Moody uscì dai cespugli. “Stupido ragazzo.” Ringhiò. “Perché non hai preso il trofeo e basta?”

Harry aprì la bocca – per urlare, maledirlo, non lo sapeva. Non ebbe l’occasione di dire nulla, però, perché con un gesto della bacchetta Moody fece schizzare il trofeo dritto verso di lui.

Lo afferrò d’istinto e realizzò il suo errore solo quando sentì uno strappo all’altezza dell’ombelico e il labirinto gli scomparve da davanti gli occhi.

 

-

 

Quando le scintille rosse apparvero sopra il labirinto, la folla intera si azzittì. Fraintendendo nuovamente e in maniera grossolana l’obiettivo di assistere ad uno sport, dopo che i campioni erano entrati nel labirinto non c’era stato molto altro da fare se non aspettare. Draco stava giocando ad una partita di Spara Schiocco con Millie quando il cielo diventò rosso e il suo stomaco si trasformò in piombo.

I professori avevano dato la possibilità di usare un segnale per chiedere aiuto come misura di sicurezza. Nessuno si era aspettato che lo usassero.

Tutti stavano guardando il cielo. Per pura coincidenza, Draco notò del movimento con la coda dell’occhio e vide Cho scivolare via dagli spalti. Il suo ragazzo era in quel labirinto. Perché se ne stava andando?

Fu in piedi prima di rendersene conto. Blaise gli afferrò il polso e sibilò: “Che stai facendo?”

“Torno subito.” Disse, invece di rispondere. Poteva sentire gli occhi del suo amico su di lui, ma non si voltò indietro.

Raggiunse Cho dall’altra parte del labirinto. “Che stai facendo?” Chiese, facendola sussultare violentemente.

“Draco!” Esclamò lei, portandosi una mano al cuore. “Non spaventarmi in questo modo!”

“Che stai facendo?” Ripeté. “Perché hai fatto tutto il giro per venire qui?”

Stava chiaramente per dirgli di farsi gli affari propri, per poi interrompersi e cambiare idea. “Qualcosa non va. Sta succedendo qualcosa di sbagliato, lì dentro.”

“Solo per qualche scintilla rossa?” Nemmeno lui ne era troppo entusiasta, ma difficilmente erano il segno di qualcosa di serio.

Lei scosse la testa. “No. Dev’essere stato Cedric a crearle, perché le ha messe in ordine così da assomigliare alla parola coreana per “pericolo”. Era un avvertimento. Ma significa anche che qualcuno li sta guardando, e che guardando noi, altrimenti non l’avrebbe nascosto in quel modo.”

“Potrebbe essere una coincidenza.” Disse, ma non ci credette neanche lui mentre lo diceva. “Dovremmo dirlo ad un professore.”

“Non sono andati a cercare Fleur quando è sparita per più di un’ora e mezza in un lago.” Disse lei. “Non faranno niente solo perché gli dico che Cedric ha mandato un messaggio in codice.”

Beh, aveva ragione.

“Okay.” Disse. “Cosa vuoi fare?”

Lei si bloccò, aprì la bocca, poi la chiuse. “Non sei obbligato a venire con me.”

Cho era intelligente. Ma se fosse entrata in quel labirinto da sola, sarebbe morta. E poi, se i campioni erano in pericolo, significava che anche Fleur e Harry lo erano. Non sarebbe stato in disparte se la sua amica e anima gemella avessero avuto bisogno del suo aiuto. Non disse nulla di tutto ciò. Invece, disse: “Se non mi fai venire con te, andrò a dirlo ad un professore, e ti fermeranno, e Cedric non avrà nessun aiuto.”

“Non c’è bisogno di essere maleducato.” Disse lei, ma era ovvio che fosse sollevata. “Entriamo e troviamo Cedric. E tutti gli altri.”

Che piano vago. Beh, se l’era cavata con peggio. Tirò fuori la bacchetta e la puntò al limitare della siepe. “Seorsum.” Gli resistette per un momento, prima di separarsi, lasciando uno spazio grande abbastanza per scivolarci dentro.

“Oh.” Disse Cho, seguendolo. “Avevo pensato di farmi strada senza la magia.”

Draco alzò gli occhi al cielo. “Non avrebbe funzionato.”

Lei gli diede una gomitata sul fianco, prima di appoggiare la bacchetta sul palmo della sua mano. “Indicami Cedric Diggory.” La sua bacchetta roteò, fermandosi sulla sinistra. La rimise a posto, poi disse: “Indicami Harry Potter.” La bacchetta puntò nella stessa esatta direzione. Draco sperava che significasse che erano insieme. Cho la rimise di nuovo nella posizione d’inizio. “Indicami Viktor Krum.” La bacchetta girò, puntando verso gli spalti. Dovevano averlo estratto dal labirinto. Quindi era per lui che Cedric aveva sparato le scintille. “Indicami Fleur Delacour.” La bacchetta scattò verso destra e si fermò.

Il cuore di Draco si fermò. Harry e Fleur erano in direzioni opposte.

Cho si infilò la bacchetta nella tasca posteriore della divisa. “Io vado da Harry e Cedric, tu vai da Fleur.”

“Vuoi che ci dividiamo?” Chiese, incredulo. Non gli piaceva fare quel genere di cose, ma doveva. L’esperienza più straziante che Cho aveva mai dovuto affrontare era stata giocare come cercatore nella squadra di Quidditch di Corvonero.

“Hanno bisogno del nostro aiuto.” Disse lei fermamente. Le tremavano le mani. “Non preoccuparti, non morirò. Se morissi, chi aiuterebbe Cedric e Harry?”

Se Draco non fosse andato ad aiutare Fleur, chi l’avrebbe fatto?

Allungò la mano e le prese la bacchetta dalla tasca, la appoggiò nella sua mano tremante e le chiuse le dita sulla mano finché non si calmò. Non erano amici, non proprio, si conoscevano a malapena. Ma non voleva che morisse. “Prima affattura, non fare domande. Se puoi, scappa o nasconditi invece di combattere. Okay?”

“Sono più grande di te, sai.” Disse lei, sorridendo. “Buona fortuna.”

Poi andò per la sua strada, cercando di orientarsi nel labirinto solamente con l’incanto bussola a farle da guida. Draco fece un respiro profondo e fece lo stesso. Si ritrovò in un paio di vicoli ciechi, una trappola che lo bloccò finché non riuscì a disattivarla e una piccola orda di pixie che dovette combattere. Era calmo solamente perché era troppo spaventato per andare nel panico. Ma l’incantesimo continuò a funzionare e Fleur non cambiò posizione. Quello lo fece preoccupare. Avrebbe dovuto muoversi, ma non lo stava facendo. Non poteva significare nulla di buono.

Quando la trovò, quasi la oltrepassò.

Quella sezione di labirinto era ricolma di tralci velenosi. Fleur era intrappolata contro la siepe, le liane che la avviluppavano lasciandosi dietro ferite sanguinanti mentre le dissolvevano lentamente i vestiti e la pelle. “FLEUR!” Urlò. Cercò di raggiungerla, ma ogni volta che si avvicinava i tralci si allungavano, cercando di catturare anche lui. “Fleur, svegliati!” Lei non si mosse. Lui imprecò e lanciò: “Aguamenti!”

Lo spruzzò d’acqua la colpì dritta in faccia. Per un secondo, non successe nulla. Poi le sue palpebre tremarono e aprì lentamente gli occhi. “Draco?” Biascicò.

“Sì!” Rispose. “Fleur, sei intrappolata, non so come tirarti fuori.” Nessun incantesimo che conosceva era abbastanza distruttivo da essere efficace ed anche controllato abbastanza da non ferirla.

 “Intrappolata.” Ripeté lei, poi abbassò lo sguardo. Sembrò riprendersi tutto d’un colpo e ringhiò. “Non penso proprio.” Delle fiamme apparvero lungo le sue braccia e schiena, correndo lungo i suoi fianchi per circondarle le gambe. Non era un incantesimo, non esattamente – era per un quarto Veela, e ciò le donava alcune abilità. Un talento innato per la magia del fuoco era uno di esse.

Le liane stridettero e indietreggiarono finché Fleur non atterrò in piedi. Camminò in mezzo alla pila di tralci carnivori e tutti si ritrassero da lei. I suoi vestiti erano bruciati e strappati, mezzi cadenti, ed era ricoperta di ferite.

Inclusa una che non sembrava causata dalle piante. C’era un taglio profondo sulla sua schiena. Quasi come se qualcuno l’avesse accoltellata, tirando via la lama.

“Ehi.” Le si parò davanti, mettendo le mani in avanti giusto per sicurezza. “Cos’è quello? Che ti è successo?”

Lei si toccò la spalla, facendo una smorfia quando il gesto tirò le altre ferite. “Viktor mi ha attaccata.”

“Lui cosa?” Ruggì Draco.

Lei minimizzò con un gesto. “Non penso che fosse lui, non si stava comportando normalmente. Forse un Confundus fatto male. L’ho combattuto, ma mi ha sbattuta contro le piante. Devo essere svenuta, o forse mi ha fatto perdere i sensi.” Sbatté le palpebre. “Aspetta, che ci fai qui? È finito il torneo?”

“No, Cedric ha sparato delle scintille rosse per Viktor. Devono averlo fermato. Ma ha nascosto un messaggio nel segnale, quindi io e Cho ci siamo intrufolati qui. Lei è andata a cercare Cedric e Harry, crediamo siano insieme.” Disse.

“Beh, è meglio trovarli allora.” Disse lei. “Qualsiasi cosa stia succedendo, è più importante di questo torneo.”

Fece per avanzare e lui le afferrò le spalle, impedendole di muoversi. “Sei pazza? Non puoi andare in giro conciata così!”

“Penserò al mio pudore quando tutto questo sarà finito.” Rispose lei, seccamente.

“Non sto parlando di quello!” Scattò lui. Seriamente. Come se gliene fregasse dei suoi vestiti. “Fermati per un secondo. Ti fidi di me?”

“Sì?” Rispose lei, anche se lo stava occhieggiando con diffidenza.

Lui sospirò e la girò gentilmente per farsi dare le spalle. Le toccò la pelle con la bacchetta e lanciò: “Epismendo!”

Fleur inspirò bruscamente. Il taglio si ricucì da solo, anche se la pelle rimase rossa e sensibile. “Sai usare incantesimi curativi?”

“Più o meno. Non ti muovere.” Disse lui cupamente. Non poteva rischiare di usarne uno dopo l’altro senza che reagissero l’uno all’altro. Lanciò un incantesimo antisettico generale, si morsicò il labbro inferiore per un lungo momento e disse: “Hai perso troppo sangue.”

“Sto bene.” Disse lei, ma Draco la ignorò.

Premette la punta della bacchetta contro il suo cuore, fece un respiro profondo e si concentrò. “Magis Sanguis!” La pozione ristora-sangue era migliore dell’incantesimo, ma non ne aveva una a portata di mano. Le gote di Fleur tornarono rosee, anche i suoi occhi erano più brillanti. Draco dovette combattere uno sbadiglio. Gli incantesimi curativi erano stancanti, ma se l’avesse lasciata andare in giro conciata com’era Fleur ci avrebbe lasciato le penne. “Reparo.” Disse, già che c’era. I brandelli dei suoi vestiti tornarono al loro stato integro. “Ecco, ora possiamo correre a capofitto verso il pericolo.”

“Grazie.” Disse lei sentitamente. “Ora stammi dietro, non voglio che tu venga ferito. Dobbiamo trovare gli altri.”

“Indicami Eun-Hae Chang.” Disse lui a voce alta. Fleur alzò un sopracciglio. “Stava andando verso di loro, quindi se tutto va bene saranno insieme in questo momento. Anche se non fosse così, Cedric e Potter possono cavarsela molto meglio di Cho. Dovremmo aiutare prima lei.”

Non le piacque, ma non controbatté. Draco voleva solo trovarli tutti e uscire da lì. Aveva un brutto presentimento.

 

-

 

Gli avevano tolto la bacchetta, lo avevano legato ad una tomba ed era stato imbavagliato da niente popò di meno che Peter Pettigrew – tutto prima che la testa smettesse di girargli. Quella giornata era appena passata da pessima a merdosa. Perché continuavano a succedergli cazzate simili?

Se fosse sopravvissuto, Draco lo avrebbe ammazzato. Anche se, era abbastanza sicuro che stavolta non fosse stata colpa sua.

Cercò di urlare, ma la sua voce era troppo ovattata per essere udibile. Pettigrew lo ignorò, prendendo un fagotto di stracci e svelando quello che sembrava un neonato ricoperto di squame e dal naso piatto. Sembrava un demone.

Poi, con sommo orrore di Harry, Pettigrew lasciò cadere il bambino nel calderone bollente.

Era un neonato! Sarebbe affogato lì dentro! A meno che non potesse respirare sott’acqua – e forse era possibile, ipotizzò – ma se non poteva? Cosa ci avrebbe fatto Pettigrew con un neonato morto bollito? Harry sperò che non lo volesse mangiare. O che non volesse mangiare lui. Dei tanti modi in cui non voleva morire, il cannibalismo rituale era in cima alla lista. O forse solamente molto in alto, non aveva una vera e propria lista. Visto com’era andata la sua vita fino a quel momento, forse avrebbe dovuto stilarne una.

Cercò di divincolarsi, ma Pettigrew lo aveva legato bene. Si guardò intorno, cercando qualcosa con cui potersi liberare, ma era circondato da tombe a perdita d’occhio. C’era un riflesso dorato, il trofeo e, se avesse potuto raggiungerlo, se ne sarebbe potuto andare. Ma non aveva idea di come farlo senza la sua bacchetta.

“Osso del padre.” Intonò Pettigrew, evocando quello che, a quanto pareva, era un osso dalla tomba su cui era legato Harry. Lo guidò nel calderone.

“Carne del servo.” Continuò – e poi si tagliò la mano nel calderone.

Harry non sapeva dove stesse andando a parare, ma sapeva che non gli sarebbe piaciuto per niente.

Pettigrew gridò e si trascinò verso Harry, sanguinando dappertutto. Sollevò una daga argentata e Harry urlò, dibattendosi contro le corde per cercare di liberarsi perché, davvero, non voleva morire.

Non riuscì a liberarsi, ma Pettigrew non lo uccise. Invece, lo infilzò nel braccio, meno di tre centimetri, e gli fece male, ovviamente, ma si era fatto di peggio a Quidditch. “Sangue del nemico.” Sussurrò l’altro, usando la bacchetta per guidare un sottile rivolo di sangue nel calderone.

Il contenuto ribollì e si gonfiò, mutando in un rosso denso e acceso e sembrò che l’intero calderone stesse per rigurgitare sangue. L’aria divenne densa e tesa di magia e ci fu un lampo di luce che lo costrinse a strizzare gli occhi. Quando li riaprì, un uomo alto e pallido con il naso schiacciato e gli occhi rossi si ergeva dal calderone.

Harry riconobbe quella faccia. L’ultima volta che l’aveva vista era sul retro della testa di Quirrell.

Voldemort era tornato.

Harry sapeva che avrebbe dovuto andare nel panico, urlare, ma era intorpidito. Non era shock, non esattamente, ma una specie di distacco dall’intera situazione, come se potesse fare un passo indietro e guardare il tutto logicamente. Aveva visto Voldemort sotto forma di spirito e come parte di un’anima intrappolata in un diario e nessuno dei due gli aveva veramente ispirato paura. Aveva paura di cos’avrebbe potuto fare, sì, ma non dell’uomo in sé.

Non aveva paura di lui nemmeno stavolta.

Harry si conosceva. Quello che temeva di più era la paura e Voldemort non era quello. Non era un Dissennatore, non era invincibile, non era un dio o la seconda venuta di Merlino. La cosa più impressionante di Voldemort era il suo costante rifiuto di morire e basta, il che, dal suo punto di vista, lo metteva sullo stesso livello di uno scarafaggio.

Pettigrew stava singhiozzando a terra, stringendosi il moncherino sanguinante mentre Voldemort ispezionava il suo nuovo corpo. Dopo un lungo momento, evocò degli abiti – il che rese tutto decisamente meno orripilante. Voldemort iniziò a parlargli, spiegandogli com’era sopravvissuto tutti quegli anni e com’era arrivato lì, in quel momento.

A Harry non importava.

Si stava spostando sulla lapide, sperando di riuscire a consumare le corde sugli spigoli fino a farle indebolire e spezzare, il che era un piano terribile ma almeno era meglio di star fermo ad aspettare che Voldemort si decidesse ad ucciderlo.

Voldemort afferrò il braccio di Pettigrew, premendo un dito sul Marchio Nero tatuato sulla pelle.

Continuò a parlare e, mentre lo faceva, delle figure incappucciate apparvero in ginocchio intorno a loro. fantastico. Era esattamente quello di cui aveva bisogno: altre persone che lo volevano morto, come se due non fossero già abbastanza. Chiamò i Mangiamorte presenti traditori per non essere morti o andati in prigione per lui e uno di loro si gettò ai suoi piedi, piangendo e chiedendo perdono. Invece, si beccò una maledizione Cruciatus. A causa delle sue grida di dolore, concentrarsi per liberarsi delle corde divenne più difficile.

“Il che ci porta ad Harry Potter.” Disse Voldemort, parandosi di fronte ad Harry e fulminandolo con i suoi occhi da serpente rossi. Se non fosse stato imbavagliato, Harry sarebbe stato tentato di sputargli addosso. Non era Pettigrew. Se fosse morto, non l’avrebbe fatto piagnucolando. “Ora che il suo sangue scorre nelle mie vene, la magia del sangue di sua madre non funzionerà più.” Sfiorò con un dito la guancia di Harry – e sapeva che lo stava facendo solo per mostrare a tutti che toccarlo non lo bruciava più, ma era la cosa più rivoltante che gli fosse mai successa. “Crucio!”

Non voleva urlare, non voleva dargli quella soddisfazione, ma non poté impedirlo. Il dolore lo dilaniò, come una mazza picchiata su ogni suo nervo, e non poteva fare nulla per fermarlo. Il bavaglio ovattò le sue urla, ma dopo un po’ non riuscì nemmeno a sentire le proprie urla, nemmeno le corde intorno a lui – non poteva sentire nulla, tranne il dolore.

Si interruppe e Harry sentì delle risate. I Mangiamorte stavano ridendo di lui. Gli sarebbe piaciuto vedere quanto avrebbero riso quando Voldemort avrebbe inevitabilmente usato la maledizione anche su di loro.

“Slegatelo e dategli la sua bacchetta.” Disse, e per un secondo Harry fu convinto di avere le allucinazioni. “Mostreremo a tutti cos’è veramente Harry Potter.”

Un Mangiamorte avanzò per liberarlo e Harry si ritrovò a guardare occhi che aveva già visto prima, occhi che riconosceva.

Lucius Malfoy era lì. Il padre di Draco era lì. Non ne era sorpreso, ma rendeva tutta la situazione ancora peggiore.

Il suo bavaglio fu rimosso e la bacchetta spinta nella sua mano. Le corde che lo legavano alla lapide caddero a terra e non realizzò di avere le gambe addormentate fino a quando non cercò di fare un passo avanti e cadde sulle ginocchia.

“Coraggio.” Disse Voldemort con tono carezzevole. “Sistemiamo la questione a duello, come uomini civilizzati. Crucio!”

Erano passati alcuni anni dal club dei duellanti, ma Harry era abbastanza sicuro che lanciare una Maledizione Senza Perdono contro un avversario in ginocchio non facesse parte del protocollo standard. Non poteva alzarsi, quindi rotolò di lato, nascondendosi dietro un’altra lapide. Voldemort ringhiò per la frustrazione, ma Harry non poteva concentrarsi su quello, aveva bisogno di un momento per pensare.

La verità era che aveva già affrontato Voldemort prima e aveva vinto ogni volta. Ma non era mai stato da solo. Aveva sempre avuto amici ad aiutarlo, ma ora non c’erano.

Voldemort fece esplodere la lapide dietro la quale si stava nascondendo e Harry si affannò per ripararsi dietro un’altra.

Quindi, aveva bisogno di amici se non voleva morire. Come poteva farlo? Non poteva evocare persone – poteva evocare Payne, probabilmente, una viverna sarebbe stata di grande aiuto in quel momento. Ma l’avrebbe evocato in un campo di battaglia ed era sbagliato. Era abbastanza sicuro che lo avrebbe aiutato, ma era un favore troppo grande da chiedergli. Non voleva che nessuno morisse per salvarlo.

Un’altra lapide esplosa, un’altra capriola per schivare.

Dunque, non poteva evocare rinforzi. Doveva lavorare con ciò che aveva e con chi era presente in quel momento. Ma le uniche persone presenti erano i Mangiamorte… e i morti.

Oh.

Ehi.

Quella era un’idea.

Era una pessima idea e sarebbe probabilmente morto, ma se non l’avesse fatto sarebbe morto comunque.

Sbucò da dietro la lapide con la bacchetta alzata. “Avada kedavra!” Ringhiò Voldemort non appena lo vide.

“Adducere exspiravit!” L’incantesimo di evocazione per fantasmi scivolò facilmente dalla sua bocca, aveva sentito Draco lamentarsi della sua Aritmanzia un milione di volte. Ci mise ogni goccia del suo potere e forza. La luce verde della Maledizione Mortale lo aveva quasi raggiunto e Harry chiuse gli occhi, cercando di evitarla ma sapendo che non avrebbe fatto in tempo.

Poi sparì e lui era ancora vivo.

“Padre.” Sussurrò Voldemort.

Aprì gli occhi e uno spettro argenteo si stagliò di fronte a lui, leggermente illuminato di verde a causa della maledizione che aveva catturato nella mano.

Aveva funzionato! Se non fosse stato per il fatto che l’incantesimo non era ancora completo. Harry riusciva a sentirlo tirare, poteva sentire la pressione della magia usata a metà sulla nuca. Forse quella sarebbe stata la parte in cui moriva. La lista di modi in cui l’incantesimo poteva andare storto riempiva svariati libri. Harry lo sapeva, perché Draco aveva passato gli ultimi mesi a leggerli ad alta voce.

Una mano sbucò dal terreno e Harry urlò. Uno scheletro decomposto si alzò dalla tomba del padre di Voldemort e lo spirito furibondo penetrò nelle ossa.

Quello non sarebbe dovuto succedere, decisamente.

L’incantesimo si completò e ci furono lamenti e grida mentre altri cadaveri strisciavano fuori dalla terra, diretti verso i Mangiamorte. Tom Riddle Senior parlò con la sua bocca scheletrica – in qualche modo – e disse: “Sei uno stronzetto, ancora più di tua madre.”

Voldemort urlò, un suono primitivo di furore, e mosse la bacchetta, attaccando suo padre. Harry lo prese come un segnale per scappare. Nessuno dei cadaveri marcescenti lo considerò, svariate dozzine di loro convergevano sul gruppo dei Mangiamorte. Il suo corpo era ancora dolorante dalla testa ai piedi a causa del Cruciatus di prima ed evocare fantasmi a cazzo di cane lo aveva reso ancora più pesante e stanco. Ma se solo fosse riuscito ad arrivare al trofeo, sarebbe riuscito a scappare.

“PRENDETELO!” Ruggì Voldemort. “NON LASCIATELO SCAPPARE! SE LUI VIVE, MORIRETE!”

Harry schivò i cadaveri, facendo del suo meglio per non vomitare, e svariati Mangiamorte cercarono di attaccarlo, ma il mare di corpi che li separavano lo rendeva difficile. Una fattura tagliente saettò sulla sua coscia e Harry strinse i denti per non urlare per il dolore incandescente sulla pelle. Inciampò e cadde, vicinissimo al trofeo, ma non abbastanza.

Un Mangiamorte lo afferrò e lo girò sulla schiena e Harry si ritrovò una bacchetta puntata al viso. Era Lucius.

Il papà di Draco lo avrebbe ucciso.

Trattenne il respiro, in attesa. Erano separati dalla folla, i cadaveri che spingevano tutti più distante. Lucius era stato l’unico a riuscire a passare.

Stavano entrambi ansimando, col fiato tremante, e sarebbero bastate due paroline, un incantesimo che Harry era sicuro Lucius avesse già lanciato in passato, e sarebbe morto. Il nemico più irritante di Voldemort sarebbe morto ed era sicuro che Lucius sarebbe stato ricompensato. O, perlomeno, non torturato o ucciso. Nonostante questo, nessuno dei due si mosse. Harry non capiva.

Un cadavere si lanciò sulla schiena di Lucius e le sue dita putrefatte gli circondarono il collo. Lucius grugnì e cercò di scrollarselo con una gomitata, ma non ci riuscì, e si dimenò con una mano al collo per liberarsi, girando l’altra per puntare la bacchetta sul cadavere che lo stava attaccando.

Harry sfruttò il momento di distrazione. Ignorò il dolore alla gamba e strisciò in avanti, ma si arrischiò a guardare indietro. Lucius si era sbarazzato del cadavere, altri l’avevano quasi raggiunto, ma non ancora. Non alzò comunque la bacchetta verso Harry.

Non aveva tempo per pensare. Allungò la mano e la chiuse intorno al metallo freddo del trofeo.

Ci fu il solito strappo all’ombelico e la Passaporta lo riportò nel labirinto, a Hogwarts.

Fu depositato dietro il podio e si concesse un momento per spingersi gli occhiali sopra la testa e premersi i palmi delle mani sulle orbite, desiderando che il mondo smettesse di girare come una trottola.

Se si era aspettato una tregua, fu decisamente deluso quando sbirciò da dietro il podio per vedere Moody ancora lì, anche se sembrava che Cedric non ci fosse più. Ma… Moody non sembrava a posto. Aveva gli occhi lattiginosi e aveva la fronte corrucciata. Fece un paio di passi in avanti, scosse la testa e poi cercò di camminare nella direzione opposta. Non l’aveva ancora notato.

Ci fu un’increspatura di magia nell’aria, vicino al terreno, e colpì gli stivali di Moody prima di risalirgli il corpo e penetrargli dentro. I suoi occhi si appannarono di nuovo. Era un Confundus, anche se uno debole. Harry aspettò e osservò. Un minuto dopo, apparve di nuovo. Lo seguì a ritroso, fermandosi vicino alla siepe, ma lì non c’era nulla. Anzi- un momento! Strinse gli occhi e si vedeva a malapena, ma riuscì a intravedere il contorno di una figura accovacciata vicino al limitare della siepe, proprio addosso ai cespugli. O forse erano due. Era un incantesimo di disillusione, quindi, e sommato al Confundus significava non essere visti da Moody.

Ma non era sostenibile. Moody evitò il Confundus successivo e, prima che chiunque si stesse nascondendo potesse lanciarlo di nuovo, Moody sbatté gli occhi, spalancò la bocca e si morse ferocemente la lingua. Il dolore fu abbastanza da strapparlo dalla morsa del Confundus e la sua faccia si schiarì e si fece più attenta.

“Ora basta.” Ringhiò, girandosi e puntando la bacchetta nella direzione da cui provenivano gli incantesimi. “Finite incantatem!”

L’incantesimo di disillusione si incrinò e si frantumò, rivelando Cho in ginocchio, lacrime che le scorrevano copiose sul viso mentre stringeva la bacchetta. Aveva fra le braccia Cedric privo di sensi, il viso ricoperto di sangue a causa della ferita sulla fronte. “La prego.” Singhiozzò. “La prego, non gli faccia del male!”

“Addio.” Disse cupamente Moody, alzando la bacchetta.

“NO!” Urlò Cho, gettandosi a coprire il corpo di Cedric con il proprio.

Harry si costrinse ad alzarsi, facendo scattare il braccio in avanti. “FLIPENDO!”

Centrò Moody in mezzo alla schiena e l’altro inciampò in avanti. Doveva essere davvero indebolito se quello era tutto quello che era riuscito a fare. “Signor Potter.” Moody si girò a guardarlo. “Non dovresti essere qui.”

“Me lo dicono spesso.” Disse, cercando di mantenere su di sé l’attenzione di Moody e distrarlo da Cho e Cedric. “Expelliarmus!”

L’incantesimo strattonò via la bacchetta di Moody dalla sua mano, ma non abbastanza velocemente, perché l’afferrò di nuovo. “Non pensavo che avrei avuto io il piacere di ucciderti. È un dono inaspettato.”

Non era sopravvissuto al cimitero solo per essere ucciso in quel posto. “Glacius.” Lanciò, trasformando il terreno sotto i piedi di Moody in ghiaccio. Scivolò, ed Harry gli scagliò un incantesimo stordente mentre si rialzava. Lo colpì, ma ancora una volta Moody riuscì a liberarsene. Odiava essere così debole, così inutile.

“Harry?”

Tutti si girarono e Fleur era lì che li guardava. Harry sgranò gli occhi, perché sembrava che stesse attaccando un professore, ma non aveva il tempo di spiegare. Sperò che Fleur non lo attaccasse, perché altrimenti sarebbe morto sicuramente.

Fleur strinse gli occhi e lanciò: “Secare!”, attaccando Moody senza la minima esitazione o riserva. L’adorava.

Moody evocò un Protego frettoloso e l’incantesimo rimbalzò via. Lei avanzò, i passi uguali e misurati e lo lanciò di nuovo l’incantesimo e stavolta lo scudo di Moody si infranse sotto la sua potenza, facendo fiorire il sangue sul suo petto.

“Basta con i giochetti.” Ansimò lui, dando la schiena a Fleur e puntando la bacchetta contro Harry. “Avada-“

Harry voleva schivare, scappare- ma non ce ne fu il bisogno. Fleur, la voce chiara e decisa, pronunciò: “Iugulate!”

Moody cercò di girarsi di nuovo verso di lei, ma fu troppo lento. Un taglio netto gli aprì la gola, stroncandogli la voce, lasciandolo a fare dei versi gorgoglianti con gli occhi sgranati mentre si accasciava a terra.

Del sangue schizzò sulla guancia di Fleur. Harry sussultò. Lei no.

Moody cadde nel terriccio di faccia. Era morto prima ancora di toccare il terreno.

 

-

 

Draco aveva promesso di lasciar andare Fleur per prima, di stare indietro, ma sentì i rumori di uno scontro e strinse i denti. Poi sentì l’inizio della Maledizione Mortale ed iniziò a correre.

Quando girò l’angolo, arrivando al centro del labirinto, fu per vedere Harry, Fleur e Cho in ginocchio vicino a Cedric, che sembrava privo di sensi, e Moody morto per terra. “Che diavolo?” Chiese, avvicinandosi velocemente. “Cosa vi è successo?”

Fleur e Cho sembravano relativamente a posto, ma la ferita alla testa di Cedric e lo squarcio sulla coscia di Harry lo preoccupavano. Dovevano portare Cedric da Pomfrey, non voleva arrischiarsi a mettere le mani su qualcosa di così delicato, ma poteva almeno aiutare Harry. Ma non poteva farlo, non senza sembrare sospetto. Forse Fleur gli avrebbe dato corda e l’avrebbe lasciato fare e avrebbe potuto far finta di aiutarlo solo per fare un piacere a lei.

Harry lo vide e sgranò gli occhi. Cercò di alzarsi in piedi ma gli cedettero le ginocchia e Draco l’afferrò senza pensare, tenendolo per le braccia per raddrizzarlo. Considerò l’idea di lasciarlo cadere per mantenere le apparenze, ma non voleva che mettesse altro peso su quella gamba.

Harry gli afferrò la nuca e Draco era felicissimo che non fosse morto, ma non potevano limonare in quel momento. Per svariate ragioni, ma principalmente perché la loro relazione era, teoricamente, un segreto. “Il trofeo è una Passaporta.” Disse lui. “Mi ha portato in un cimitero e ho visto Voldemort… rinascere, immagino, ha un corpo vero adesso.” Draco spalancò la bocca e sentì il verso spaventato di Cho. “C’erano un sacco di Mangiamorte. La maggior parte di quelli rimasti, quelli che non erano in prigione o morti. Okay?”

Suo padre. Suo padre era lì.

“Voldemort ha detto che se fossi sopravvissuto, loro sarebbero morti. Non so quanto fosse serio, non penso che avrebbe ucciso i suoi unici sostenitori rimasti quando li aveva appena ritrovati, ma- questo è quello che ha detto.” Terminò Harry. Le gambe gli cedettero e cadde addosso a Draco. Era abbastanza sicuro che avesse finto quando Harry usò la vicinanza per sussurrare nel suo orecchio: “Avrebbe potuto uccidermi, ne ha avuto l’opportunità, ma non l’ha fatto.”

Annuì, accompagnando Harry fino a terra con cautela. Voldemort era tornato – non era sorprendente quanto avrebbe dovuto esserlo, probabilmente, visto che era quasi ritornato in vita anche nella Camera dei Segreti, alla fine del loro secondo anno. Ma suo padre… avrebbe potuto essere ferito.

Avrebbe potuto essere morto.

“Devo andarmene da qui.” Disse, cercando di reprimere il panico che sentiva farsi strada nella sua gola. “Devo andare.” Non aveva idea di quanto tempo gli sarebbe servito per farsi strada nel labirinto. Ogni secondo che passava sembrava un anno.

Cho annuì. “Cedric ha bisogno di aiuto. Non possiamo trasportarlo attraverso il labirinto, però; chissà cosa potrebbe attaccare lui, o noi.”

Fanculo.” Disse Fleur in francese. “Il torneo è finito. Il calice non ci controlla più. Abbiamo chiuso con questa storia.” Alzò la bacchetta nella direzione degli spalti, puntandola direttamente contro la siepe che gli impediva il cammino. “INCENDIO!”

Per un momento, non successe niente. Poi, la più grande palla di fuoco che Draco avesse mai visto eruppe dalla sua bacchetta, quasi due metri in altezza e altrettanto larga. Bruciò la siepe e continuò ad avanzare, strisciando appena a terra mentre Fleur manteneva la sua bacchetta salda, forzandola a consumare la siepe fino a raggiungere l’aria non protetta, prima di cancellarlo. “È stato fantastico.” Disse Harry con ammirazione – e Draco non poté fare a meno di essere d’accordo.

Lei gli sorrise, per poi fare un cenno verso il passaggio che aveva creato. “Vai. Abbiamo un morto e un ferito da spostare e non possiamo sbrigarci. Ma tu devi andare.”

Si alzò in punta dei piedi per darle un bacio sulla guancia, poi si mise a correre. Quando uscì dal labirinto, il pubblico si stava spostando e urlando, alcuni stavano sbirciando nel labirinto, ma Draco non gli prestò attenzione. Aveva bisogno di un camino connesso alla Metropolvere e un po’ di polvere volante. Continuò ad avanzare, ignorando la gente che urlava il suo nome e cercava di fermarlo.

Qualcuno lo prese sottobraccio, bloccandolo sui suoi passi. Si girò con un ringhio, ma era solo Blaise. Vide Pansy e Millie correre verso di loro. “Draco, che succede?” Chiese Blaise. “Da cosa scappi?”

“Dove.” Lo corresse, poi disse: “Chiama tua mamma, Fleur ha bisogno di un avvocato. Ha ucciso qualcuno.”

Blaise sbiancò. “Cosa?

“Non ho tempo per spiegare.” Disse, tirando via il braccio dalla presa del suo migliore amico. “Chiama tua mamma.”

“Ma usa la sua licenza da avvocato solo per stilarsi gli accordi prematrimoniali!” Protestò lui.

“Non importa, è un avvocato e qualcuno di cui possiamo fidarci, chiamala.” Disse, prima di ricominciare a correre. La gente aveva iniziato ad urlare, probabilmente avevano trovato i campioni e il cadavere di Moody. Riuscì a scivolare dentro Hogwarts senza farsi notare. C’erano alcuni camini connessi alla Metropolvere, ma era a conoscenza solo di uno con una scorta di Polvere Volante nelle vicinanze.

Introdursi nell’ufficio di Snape fu facile. Non si disturbava a installare barriere complicate, perché nessuno era stupido a tal punto da cercare di introdursi o fare scherzi nel suo ufficio privato. A parte Draco, a quanto pareva. Marciò verso il camino, ma il suo proprietario uscì dalle ombre, tagliandogli la strada. Si stava massaggiando il braccio, sopra il Marchio Nero. Non aveva potuto andarsene, non mentre tutti lo guardavano. “Sta andando da qualche parte, signor Malfoy?”

Snape non aveva la sua bacchetta in mano, ma Draco sì. Gliela puntò dritta in faccia. “Levati di mezzo.”

“Altrimenti, cosa? Mi oblivierai di nuovo?” Lo sfidò Snape.

“Levati dal cazzo o preparati a far compagnia a Lockhart al San Mungo.” Disse. Probabilmente avrebbe dovuto essere spaventato dal fatto che Snape sapesse che l’aveva obliviato l’anno scorso, ma in quel momento non gliene poteva importare di meno.

“Cosa pensi di fare?” Gli chiese.

Draco avanzò e Snape non cercò di fermarlo. “Non ne ho idea.” Accese il fuoco, prese un pizzico di Polvere Volante e la lanciò nelle fiamme. Bruciarono immediatamente di verde. Entrò nel camino, urlando: “Villa Malfoy!”

Un secondo dopo stava incespicando nel salotto di casa sua e le fiamme si stavano estinguendo dietro di lui. Uno degli elfi domestici di famiglia, Tilly, apparve di fronte a lui con uno schiocco. Si stava torcendo le mani e i suoi grandi occhi erano ancora più sgranati. “Padroncino Draco! Non può stare qui-“

“Portami da mia madre. Ora.” Comandò.

“Non è una buona idea.” Disse, facendosi piccola.

Non poteva mettersi a correre per la villa, era così grande che non l’avrebbe mai trovata. Lucius portava sempre un incantesimo di non tracciamento, ma sua madre di solito no. “Indicami Narcissa Malfoy!” La bacchetta girò verso ovest. “Libreria o studio?” Chiese a Tilly.

Le non disse nulla.

“TILLY!” Ruggì. Lei si premette le mani sulle orecchie, tremando. Si sarebbe sentito in colpa più tardi, ma in quel momento aveva bisogno di quell’informazione. “Libreria o studio?”

“Studio.” Sussurrò lei. “Ma il Padroncino non dovrebbe andare.”

La ignorò, scattando verso lo studio di suo padre prima ancora che avesse finito di parlare. La porta era chiusa e quado cercò di aprirla si rifiutò di cedere. Fece un passo indietro, mandò una silenziosa scusa ai suoi antenati e la scardinò con un movimento della bacchetta. Doveva esserci stato un incantesimo silenziante, perché non appena la porta si aprì riuscì a sentire sua madre piangere. Cercò di entrare, ma lei apparve sull’uscio, il viso pallido e le mani e il davanti del vestito ricoperti di sangue.

“Draco!” Disse lei. “Devi andartene, non puoi stare qui.”

“Lasciami entrare.” Disse, cercando di spingerla via, ma lei non si mosse.

Stava scuotendo la testa, uno sguardo selvaggio negli occhi. “Tesoro, devi andare- non puoi-“ La sua voce si incrinò. “Non voglio che tu lo veda.”

Draco strinse gli occhi. “Mamma, mi dispiace.” Fece scattare la bacchetta, usando la magia per spingerla dentro lo studio in modo da poter entrare.

Suo padre era steso sul divano, ricoperto da profonde lacerazioni, una pozzanghera di sangue sul pavimento intorno a lui. Se non fosse stato per il debole movimento del suo petto, Draco avrebbe pensato che fosse morto. Narcissa gli afferrò il braccio, tirandolo via, pregandolo. “Tesoro, tesoro ti prego, starò io con lui finché non se ne sarà andato, non morirà da solo, ma tu non dovresti, tu- non hai bisogno di vederlo in questo modo.”

Morire? Suo padre non sarebbe morto.

Si girò a guardare sua madre, la sua bellissima e feroce madre, che non poteva usare un incantesimo curativo nemmeno se ne andasse della sua vita. O quella di suo marito.

Alzò la bacchetta, schiarendo la mente, perché doveva farlo bene, aveva solo poche possibilità di farlo bene. Stratificare troppi incantesimi di guarigione avrebbe significato la morte sia per lui che per suo padre – e a quel punto che ne sarebbe stato di sua madre?

“No! È troppo pericoloso!” Urlò Narcissa, ma era troppo tardi.

“Epismendo!” Non sapeva quando profonde fossero le ferite. Meglio qualcosa di generale, un incantesimo in cui era la magia a fare il lavoro per lui. La magia lo lasciò in un getto e la vista gli si appannò. Quando riuscì a vedere di nuovo, delle scintille verdi di magia curativa stavano viaggiando sul corpo di suo padre, chiudendogli lentamente le ferite. Non era un bel lavoro, avrebbe lasciato cicatrici, ma non stava più sanguinando. Era solo superficiale, però; non aveva risolto nulla per le sue ferite interne.

Si scervellò, cercando di capire cosa fare. Suo padre aveva un ovvio bisogno di rimpiazzare il sangue perso, ma non sapeva se volesse sprecarci i pochi incantesimi che conosceva. “Tilly.” Disse e l’elfa apparve davanti a lui. “Abbiamo pozioni ricarica sangue nelle scorte?”

Lei non rispose, limitandosi a sparire e ricomparire con in mano una fialetta.

“Non sapevo che fossi in grado di farlo.” Disse Narcissa. Aveva messo da parte la sua isteria, anche se aveva gli occhi rossi per il pianto.

Lui fece spallucce, cercando di tenere sotto controllo il cuore che gli batteva furiosamente nel petto. Voleva solo stendersi vicino a suo papà e piangere, voleva che sua mamma gli accarezzasse i capelli, le lunghe unghie a grattargli la cute e la sua voce a dirgli che sarebbe andato tutto bene. Ma non era qualcosa che poteva avere. Non ancora, perlomeno. Fissò suo padre, al suo viso contorto dal dolore anche mentre era privo di sensi. “Sono incantesimi. Sono bravo a incantesimi.”

Lei si mise dietro a Draco, mettendogli le mani sulle spalle. Non poteva aiutarlo, guarire era qualcosa che non era mai stata in grado di fare, quindi non aveva mai imparato. Ma non stava più cercando di fermarlo. Aveva abbastanza forze per un solo altro incantesimo e non poteva più usare Epismendo, a meno che non volesse ripercussioni. “Ementur lignum carnum.” Mormorò, trascinando leggermente la bacchetta sulle ferite sul petto e stomaco di suo padre, dove probabilmente risiedeva la maggior parte dei danni. Era un incantesimo più avanzato di quello che avrebbe dovuto fare, molto probabilmente; ma quello che aveva già fatto non era abbastanza: aveva solo rallentato il cammino di suo padre verso la morte, non l’aveva arrestato.

Non sarebbe stato in grado di ricevere attenzioni mediche professionali fino al giorno dopo, al più presto. Se fosse stato portato in ospedale la stessa notte dell’attacco a Harry Potter, sarebbe stato sospetto. La gente si sarebbe fatta domande, domande a cui nessuno di loro poteva rispondere.

La sua magia si concentrò dove aveva premuto la bacchetta sulla pelle di Lucius prima di penetrare nelle sue carni, riparando danni che non vedeva e non capiva. Lo sforzo lo lasciò esausto e, per un momento, dovette appoggiarsi sulle mani di sua madre. “Draco?”

“Fare di più sarebbe pericoloso.” Disse. “Per tutti e due.”

Si avvicinò di un passo, traballò e cadde in ginocchio. Andava bene lo stesso. Si tirò su in modo da essere di fianco a suo padre e premette il dorso della mano sulla sua guancia. Era freddo. Era l’emorragia. Aveva bisogno di quella pozione. Allungò la mano indietro e Tilly vi depositò la fialetta senza che glielo chiedesse. “Papà!” Urlò, spingendo il fianco di suo padre. “Papà, svegliati!”

Non si mosse.

Draco abbassò la fronte sulla spalla di suo padre, facendo un cauto respiro profondo per impedirsi di piangere. La crisi non era passata, quindi non poteva ancora crollare. Ma Voldemort era tornato e la sua anima gemella era stata ferita e suo papà era ad un passo dalla morte, non era ancora fuori pericolo e Draco era così stanco. Non parlavano da quasi un anno e suo papà era un Mangiamorte, ma non importava, perché Draco gli voleva ancora bene. Non poteva perderlo.

“Ti prego.” Disse, cercando alla cieca finché non riuscì a stringere la mano si suo papà con tutte la forza che aveva. “Papà, papi, ti prego. Ho bisogno che ti svegli.”

Ci fu una debole pressione sulla sua mano, quasi impercettibile: Lucius che rispondeva alla sua morsa disperata. Draco alzò la testa e vide la faccia di Lucius contorta in una smorfia. I suoi occhi si aprirono lentamente e un basso lamento lasciò le sue labbra. “D’co?” Biascicò, dicendo qualcosa che assomigliava al suo nome.

Draco stappò la pozione e la premette sulle labbra di suo padre. “Bevi questo.”

Lui non fece domande, bevendo la pozione sconosciuta senza battere ciglio. Deglutì e del colore tornò sulla sua pelle pallida. Respirava più facilmente e i suoi occhi si illuminarono, prendendo coscienza. “Draco!” Dovette interrompersi per tossire e, quando smise, allungò il braccio e gli afferrò la spalla. “Che ci fai qui?”

“Ho sentito cos’è successo.” Disse, coprendogli la mano con la propria. “Perché- Ho sentito che avresti potuto fermare Potter, ma non l’hai fatto. Perché no?”

Lucius chiuse di nuovo gli occhi, ma non perché era stanco. Era come se non potesse guardarlo in faccia. “Non lo so. Io- ha la tua età e io, solo…” Fece un verso frustrato gutturale, poi sospirò. Poi, talmente piano che Draco quasi non lo sentì, disse: “Voglio che tu sia fiero di me. Voglio che tu sia fiero di essere mio figlio.”

“Lo sono!” Esclamò Draco. Portò una mano al viso di suo padre e Lucius aprì lentamente gli occhi. “Sono fiero di te, sono fiero di essere un Malfoy. Io, è solo che… Non voglio.” Scosse la testa. “Non voglio essere un Mangiamorte. Non sostengo Voldemort e non lo aiuterò.” Disse e i suoi genitori lo sapevano, dovevano saperlo, era il motivo per cui non avevano parlato per un anno intero, ma non l’aveva mai detto ad alta voce, così chiaramente. “Ma tu sei molto più che un Mangiamorte. Servire Voldemort è una piccola parte. Tu sei mio papà.”

Una lacrima rotolò giù per la guancia di Lucius, poi un’altra. Non aveva pianto con le ferite che stavano per ucciderlo, ma stava piangendo in quel momento. “È tornato. Tu-Sai-Chi è tornato e non posso andargli contro. Ma tu non lo servirai.” Giurò Lucius. “Ho bisogno che tu tenga un basso profilo. Ho bisogno che tu faccia finta, ma- non sarai mai un Mangiamorte. Lo giuro sulla mia stessa vita. Ti proteggerò, Draco, lo prometto. Ma ho bisogno che tu faccia finta.”

“Okay.” Sussurrò. Non era sorpreso, sapeva che sarebbe successo sin dall’inizio, era il motivo per cui aveva insistito sulla segretezza per tutti quegli anni: perché la sua relazione con Harry sarebbe risultata in una condanna a morte per i suoi genitori. Aveva sempre saputo che avrebbe dovuto fingere, mentire. “Ascolterò, dirò quello che dovrò dire e farò quello che dovrò fare. Ma tu dovrai fare lo stesso.”

Lucius aggrottò la fronte. “Che vuoi dire?”

“Non dargli un motivo per ucciderti.” Disse. L’ultima cosa che voleva era che suo padre facesse del male alla sua anima gemella, non riusciva a pensare a qualcosa che lo avrebbe devastato più di suo papà che feriva Harry, ma non poteva esitare in quel modo di nuovo, non per l’approvazione di Draco. “Fai quello che devi fare, okay? Non posso perderti.”

“Okay.” Disse, accarezzandogli i capelli con una gentilezza così spontanea che Draco quasi crollò al pensiero di quello che aveva quasi perso. “Okay.”

Sua madre gli tirò il braccio. “Tesoro, devi andare. Ti staranno cercando e non possono sapere che sei venuto qui. Devi tornare a Hogwarts.”

Voleva controbattere, ma sapeva che aveva ragione. Fece un respiro profondo, forzandosi in piedi. Il mondo gli girò intorno per un momento, prima che ritrovasse l’equilibrio. Prevedeva una bel casino. Narcissa si mosse per accompagnarlo, ma lui scosse la testa, mettendole una mano sulla spalla. “Starò bene. Tu stai con papà.”

Lei lo accolse in un abbraccio stretto abbastanza da rubargli il respiro, poi lo baciò su entrambe le guance. “Ti voglio bene. Stai attento.”

“Anche tu.” Disse, poi lanciò un ultimo sguardo a suo padre, che sembrava aver ceduto alla spossatezza e al sonno.

Tornò all’ingresso e si diresse verso il camino. Allungò la mano verso la Polvere Volante, ma ci fu uno schiocco al suo fianco. “Penso che questo può servire al Padroncino.” Tilly era di fianco a lui, un vassoio d’argento nelle sue mani con sopra una piccola pozione fumante dentro un calice di cristallo. Era una pozione pepata.

“Grazie.” Disse, sorpreso dalla sua premura. “Ehm, scusa se prima ho urlato.”

Lei sbatté gli occhi, poi un piccolo sorriso apparve agli angoli della sua bocca. “Tutto bene. Tilly non stava ascoltando e il Padroncino ha fatto una buona cosa. A noi piace il Padrone di adesso e siamo contenti che il Padroncino l’abbia salvato.”

Draco buttò giù la pozione pepata sapendo che non sarebbe durata, che quando l’effetto sarebbe svanito sarebbe crollato ancora più pesantemente di quanto avrebbe fatto altrimenti. Ma era meglio che svenire mettendo un piede fuori dalla Metropolvere.

“Ufficio di Severus Snape.” Disse, e avanzò tra le fiamme verdi.

 

-

 

Non appena i giudici li videro vennero trascinati tutti in infermeria - il che aveva senso visto che tutti tranne Cho erano feriti ed erano accompagnati dal cadavere di Moody. Silente li accompagnò, il viso accuratamente neutro, mentre tutti gli altri presidi rimasero indietro per cercare di calmare la folla. Fleur aiutò Harry a camminare, levitando al contempo il corpo di Moody, mentre Cho faceva lo stesso con Cedric. Mentre veniva portato via, Harry riuscì ad intravedere un piccolo gruppo di teste rosse che cercavano di raggiungerlo – e un abbraccio della signora Molly sarebbe stato fantastico in quel momento, in realtà, ma non aveva scelta.

Fleur lo aiutò a sedersi su uno dei letti ed Harry si aspettò che si allontanasse subito dopo, ma lei rimase al suo fianco. Fu estremamente confortante.

Cho fece stendere con cautela Cedric su un letto dall’altra parte della stanza. “Starà bene?”

Silente si alzò, senza dire ancora nulla, guardando e basta, aspettando. Harry non aveva idea di cosa gli stesse passando per la testa.

Madama Pomfrey agitò la bacchetta verso Cedric, senza nemmeno usare un incantesimo per pulire e guarire la ferita sulla sua testa. Premette con gentilezza le dita sulla sua fronte, aggrottando lo sguardo, e disse: “Un po’ di gonfiore al cervello, ma l’abbiamo preso in tempo. Un’aggiustatina e sarà come nuovo.” Agitò la bacchetta sopra la sua testa, le sopracciglia unite per la concentrazione, per poi mormorare una litania in latino che suonava più come una nenia che un incantesimo. Lo fece con facilità, ma era chiaro che non fosse qualcosa di semplice.

Quando ebbe finito Harry non riuscì a vedere nessuna differenza esterna, ma un momento dopo gli occhi di Cedric si aprirono a fatica. Rimase lì per un secondo, sbattendo lentamente le palpebre, poi si mise a sedere. “HARRY!”

Cho gli diede le spalle, una mano sulla bocca.

“Sono qui.” Esclamò Harry, agitando il braccio e guardando Cho con preoccupazione.

Cedric aggrottò la fronte, premendo la mano dove aveva battuto la testa. “Ma- il professor Moody, lui-“

“È morto.” Disse Fleur succintamente. Se aveva qualche remora per averlo ucciso, non lo stava mostrando. Silente strinse gli occhi.

“Io, ma-“ Cedric sospirò e si massaggiò la testa. “Okay.” I suoi occhi notarono Cho e Cedric allungò una mano verso di lei quasi senza pensare. “Amore, stai bene?”

Cho non si mosse subito, ma quando si girò c’erano dei grossi lacrimoni a rigarle le guance. Cedric cercò di alzarsi, ma Madame Pomfrey lo spinse giù con un’occhiataccia che Cedric normalmente non avrebbe tentato di combattere, ma in quel momento si ribellò. Pomfrey non si mosse di un millimetro. “Ha bisogno di riposo, signor Diggory.”

“Ero così spaventata!” Urlò Cho, correndo verso di lui. Cedric la afferrò quando gli si lanciò addosso, arrampicandosi sul letto e sulle sue gambe per stringergli le braccia al collo e nascondere il viso contro la sua spalla. Cedric la abbracciò, premendole baci veloci sulle guance e la fronte. “Hai mandato quell’avvertimento ed ero così preoccupata, e poi ti ho trovato ma tu non ti muovevi e Moody era lì e, e io-“ La sua voce si incrinò e continuò in coreano, qualcosa che Harry non riuscì assolutamente a capire, ma Cedric stava annuendo, rispondendole nella stessa lingua, passandole una mano sulla schiena.

Pomfrey si addolcì, e sembrò decidere che lasciare che Cedric abbracciasse la sua fidanzata facesse più bene che male, perché li lasciò stare e si avvicinò a loro. “Signorina Delacour, signor Potter. In cosa vi siete cacciati?”

Harry era ricoperto in vari tagli e lividi, ma l’unica ferita seria era quella sulla gamba. In silenzio, indicò il taglio sulla coscia.

Pomfrey lanciò un incantesimo di diagnosi e sembrò genuinamente sollevata. “Non ha colpito nessun punto vitale e non ha nessuna caratteristica anti-guarigione. Sei stato fortunato.”

Non si sentiva fortunato.

Con un paio di veloci incantesimi, le fitte di dolore pulsante sparirono e la sua pelle si ricucì. C’era un vago senso di indolenzimento, ma sapeva per esperienza che, ora di mattina, sarebbe andato via.

Fleur aveva varie ferite sparse per tutto il corpo. “Signorina Delacour, vuole spostarsi in un luogo più privato?”

“Non ho le parole per descrivere quanto poco mi interessi.” Disse lei stancamente. Si alzò in piedi, dando un colpetto sulla spalla di Harry mentre lo oltrepassava, e si spogliò in mezzo all’infermeria, rimanendo in un reggiseno sportivo e in mutante che andavano da sotto l’ombelico fino all’inizio delle cosce. I suoi vestiti erano interi, ma aveva ferite lunghe e sottili avvolte lungo gli arti e la pancia.

“Liane carnivore?” Chiese Pomfrey compassionevolmente. Lanciò l’incantesimo di diagnosi, aggrottò la fronte e lo lanciò di nuovo. “Ti sei curata da sola?”

“No, l’ha fatto Draco.” Disse lei. “Avevo uno squarcio sulla schiena infertomi da Viktor.” Toccò un punto sulla sua schiena, arrossato ma decisamente senza nessuno squarcio. “Lo ha guarito e ha pulito le ferite. Oh, e ha anche lanciato un incantesimo Rimpolpasangue, che è stato molto utile.”

Le sopracciglia di Silente stavano per sfiorargli l’attaccatura dei capelli. Pomfrey rimase a bocca aperta per qualche momento prima che avesse la prontezza di spirito di chiuderla. “Tutto da solo?”

“È più di un bel faccino, sa?” Disse lei, con tono critico.

“A quanto sembra.” Disse Pomfrey, più a sé stessa che altro. Guarì velocemente quello che rimaneva delle ferite di Fleur.

“Viktor sta bene?” Chiese lei. “Perché non è sveglio?”

Il viso di Pomfrey sembrò teso, ma poi si rilassò. “Il signor Krum starà bene per domattina. Ha lottato duramente contro la maledizione Imperio e ciò ha causato una piccola emorragia celebrale. Ho riparato la maggior parte del danno e l’ho messo sotto l’effetto di un sonno guaritore che dovrebbe occuparsi del resto.”

Fleur si rimise i vestiti e si sedette vicino a Harry. Tolse finalmente i capelli dalla morsa dello chignon e Harry venne schiaffeggiato in viso dalla massa liberata. “Fleur!”

“Harry.” Disse Silente, interrompendo la risposta di Fleur, e Harry si girò per vedere gli occhi blu elettrico del preside fissi su di lui. “Cosa è successo?”

La porta dell’infermeria si aprì. A giudicare dal volume delle voci c’erano diverse persone lì fuori, ma solo alcune riuscirono a passare. Snape, che aveva probabilmente aperto la porta, Cornelius Fudge, Percy, Tonks, il signor Diggory e la signora Zabini. Era una collezione talmente strana che Harry dovette sbattere più volte gli occhi per assicurarsi che il suo cervello non gli stesse giocando brutti scherzi.

Per una frazione di secondo Silente sembrò quasi irritato, prima di tornare a sorridere come se nulla fosse successo. Ricordare che il suo preside era umano fece sorridere Harry, nonostante le circostanze.

“Silente!” Sputacchiò Fudge. “Esigo di sapere cosa sta succedendo!”

Snape non si preoccupò di nascondere la sua smorfia.

“Stiamo lavorando per arrivare a fondo della questione, Cornelius.” Disse. “Severus, sai dov’è il giovane Malfoy? Visto che a quanto pare è coinvolto anche lui in tutto questo.”

“Levati di dosso, stupida, lo stai soffocando!” Urlò il signor Diggory, avvicinandosi ai piedi del letto di suo figlio. Tutti si fermarono per guardarlo.

Cho si affrettò per allontanarsi da Cedric, ma lui non glielo permise, mantenendo una stretta ferrea sui suoi fianchi. “Papà.” Lo salutò, qualcosa nel suo viso che Harry non gli aveva mai visto addosso prima di quel momento. “Non parlare a Eun-hae in questo modo.”

Il signor Diggory quasi divenne viola per la furia. Cho strinse la mano di Cedric, poi scese dal letto. Quasi allungò una mano per toccare la spalla del signor Diggory, ma non lo fece. “È okay.” Gli disse, con trasporto. “Anche io ero molto spaventata. Lo capisco.”

Per un momento Harry era convinto che l’uomo avrebbe urlato di nuovo, ma poi la sua faccia si accartocciò e collassò sulla sedia di fianco al letto di suo figlio. Non disse nulla, piegandosi in avanti e piangendo sulle sue braccia incrociate. Cedric sembrava come essere stato colpito da un fulmine e fu necessario che Cho gli sussurrasse qualcosa in coreano per farlo muovere, per cercare di confortare il padre.

“Il signor Malfoy si sta occupando di alcuni affari di Casa.” Disse Snape, riportando elegantemente l’attenzione su di lui. “Dubito che sarebbe d’aiuto, in ogni caso.”

Cho aveva lasciato che padre e figlio se la sbrigassero, avvicinandosi a loro. “È venuto con me solo perché era preoccupato per Fleur.”

“Mi ha aiutato a sfuggire alle liane carnivore.” Disse lei.

Fudge invase il suo spazio personale, cercando di rendersi minaccioso. Non era molto bravo, però. “Non hai alcuna vergogna? Sei un’assassina!”

“Uh,” Disse Tonks, mentre Zaira dava – educatamente – una gomitata a Fudge per farlo spostare. “Non è così che funziona la legge. Sono qui per prendere dichiarazioni, non per arrestare qualcuno. Non penso.”

“Ciao tesoro.” Disse Zaira, assolutamente perfetta con la cascata di trecce elegantemente impilate sulla testa e un vestito verde scintillante. Sembrava appena uscita da una festa. “Sono un avvocato. Vorrei rappresentarti, se ti va bene?”

“Sarebbe perfetto, grazie.” Disse Fleur educatamente.

Percy si massaggiò la fronte. Harry non sapeva come fosse riuscito a passare, ma era possibile che Tonks lo avesse semplicemente trascinato dentro. Alzò gli occhi, impallidì e disse: “Pensavo che aveste detto che Moody è stato ucciso?”

“È così.” Dissero Fleur e Harry all’unisono.

“Allora cosa ci fa il cadavere del mio ex capo per terra?” Scattò lui.

Tutti si girarono. C’era un corpo, lì, che indossava i vestiti di Moody ma non era Moody. Silente e Snape quasi si scontrarono nella fretta di raggiungere il cadavere.

Percy si avvicinò e il suo cipiglio si scurì. “Aspetta- quello non è il mio capo.”

“No.” Disse gravemente Silente. “È suo figlio.”

Harry non era mai stato così confuso in vita sua – e ciò voleva dire molto. Era spesso confuso.

“Non mi pagano abbastanza per questo.” Disse Tonks, più a sé stessa che altro. Evocò un patronus, un piccolo picchio svolazzante, e lo spedì via con una richiesta di rinforzi.

Snape prese la fiala dalla tasca del cadavere, l’annusò e la passò a Silente. “Moody è ancora vivo, probabilmente. La pozione Polisucco ricavata dal corpo di una persona in vita è molto più stabile, e lui non era abile abbastanza da aggirare questo problema.”

“Oh.” Disse Harry, qualcosa che stava tenendo nel retro della sua mente che finalmente trovava il suo posto nel puzzle. “Penso che Crouch lo stesse tenendo nel suo ufficio.” Lo stavano fissando tutti, quindi spiegò: “Ho una mappa che dice dove sono le persone. Ogni volta che la guardavo, Moody era nel suo ufficio, non importava che ora del giorno fosse. Pensavo che lavorasse molto. Ma magari il vero Moody è lì?”

“Dobbiamo vedere questa mappa!” Berciò Fudge.

Silente sospirò. “Per piacere, Harry.”

Era stanco, ma non troppo stanco per appellare la mappa dalla stanza di Hermione. Si materializzò nelle sue mani - aveva delle difese, nessuno tranne loro sei avrebbe potuto appellarla. Non appena ebbe completato l’incantesimo, Fudge gliela strappò dalle mani. “È vuota!”

“È magica.” Disse. Percy tossì e, se Harry non si sbagliava, fu per nascondere una risata. Non sapeva che Percy potesse ridere. Era chiaro che Tonks gli facesse bene.

Fudge si incupì e picchiettò la bacchetta sulla mappa. “Revelio!”

Se si fosse fermato ad ascoltare per un secondo, Harry avrebbe potuto dirgli che non avrebbe funzionato.

L’inchiostro macchiò la pagina, formando l’immagine di una chimera ruggente. Altro inchiostro strisciò attraverso la mappa e tutti si chinarono in avanti, cercando di vedere.

Ad Aracne rincresce informarvi che un incantesimo così semplice è insufficiente. Harry poteva praticamente sentire la disapprovazione di Hermione e dovette sopprimere un ghigno.

Icaro suggerisce qualcosa che non possa essere imparato da uno studente del primo anno continuò la parte di Draco, lasciando a malapena il tempo a quella di Hermione di finire.

“Che significa tutto questo?” Tuonò Fudge.

La personalità di Pansy scrisse successivamente. Medusa trova la vostra idiozia stancante.

“Merlino.” Sussurrò Tonks. Sembrava deliziata.

Una versione più leggibile della grafia puntigliosa di Ron sgocciolò sulla pagina. Ercole vorrebbe sapere in quale idiota siamo incappati.

“Io sono il Ministro della Magia!” Disse Fudge. “Cessate questi giochetti immediatamente!”

Se questo è un gioco, Achille pensa che sia uno che state perdendo, disse la parte di Harry, e dovette mordersi il labbro per non ridere.

Il corsivo scenico di Blaise guizzò lungo la pagina. Mida concorda con l’affermazione di Medusa e reitera il suggerimento di Icaro di provare qualcos’altro.

Fudge stava diventando di un’interessante sfumatura di rosso.

“Per quanto sia divertente,” disse Snape seccamente, “non mi sembra il momento appropriato. Ministro, se può restituire la mappa al signor Potter, così che la possa aprire per noi…”

Fudge spinse la mappa nelle sue mani. Harry sospirò e tirò fuori la sua bacchetta, toccando la mappa con la punta. La mappa riconosceva la loro magia e non avevano bisogno di una password. Ne avevano una, ma era usata solo se dovevano prestare la mappa a qualcuno al di fuori del loro gruppo.

Benvenuto, signor Potter, lo salutò la sua grafia leggermente alterata. La chimera volò attraverso la carta, rivelando la vera mappa, completa di persone, corridoi e qualsiasi altra cosa costituisse Hogwarts. Cercò nell’ufficio di Difesa e, come pensava, Moody era ancora registrato in quel punto, mentre Crouch non compariva affatto. Poteva essere perché era morto, ma Harry non lo aveva mai visto comparire sulla mappa.

“Ecco.” Consegnò la mappa a Silente.

La scrutò per un lungo momento, prima di annuire e restituirgliela. “Severus, fai tu?”

Lui annuì. “Porterò Filius.” Fece per andarsene, ma il momento successivo le porte dell’ala di infermeria furono spalancate con un’esplosione. Tutti fecero per afferrare le proprie bacchette, ma quando la porta si richiuse di nuovo, c’erano solo Bill e un uomo nero, alto, calvo e con orecchini d’oro che stava dicendo: “Avremmo potuto bussare.”

“William Weasley!” Pomfrey lo fulminò. “Cosa pensi di fare?”

“Ops?” Sorrise. “Sono uno Spezzaincantesimi, sapete, una piccola porta non mi fermerà.”

“Penso che il punto fosse che non avresti dovuto far esplodere la porta.” Disse seccamente Fleur.

Fudge si girò verso di lei. “Non stai prendendo le tue azioni seriamente! Voglio proprio vedere come quell’atteggiamento di aiuterà ad Azkaban!”

“Se potesse evitare di parlare alla mia cliente con quel tono, lo apprezzerei molto.” Disse Zaira, con abbastanza acciaio nella voce che Fudge si fece piccolo al suo cospetto. Poi guardò l’uomo pelato con un’occhiata lunga che fece arrossire Harry solo a vederla. “Auror Shackbolt, che piacevole sorpresa.”

“Zaira.” Sospirò lui, qualcosa a metà tra affetto ed esasperazione sul suo viso. Guardò verso Fudge. “Mandiamo adolescenti ad Azkaban senza processo per essersi plausibilmente difesi? Penso che avrei sentito parlare di questa legge se fosse stata presentata al Wizengamot.”

“Autodifesa? Ha ucciso un uomo!” disse Fudge.

“Beh, stava cercando di uccidere i miei amici.” Disse lentamente Fleur, come se Fudge fosse un bambino.

Fudge invase il suo spazio personale e Harry si fece indietro, perché se Fleur avesse deciso di carbonizzare la faccia di Fudge avrebbe preferito non essere coinvolto nel fuoco incrociato. “Tu- insolente!”

Fleur si alzò in piedi, in modo da essere praticamente naso a naso con Fudge. “Possiamo risolverla da adulti, Ministro. Che ne dice di fare un piccolo duello amichevole e chiunque sia ancora vivo alla fine non dovrà ascoltare l’altro parlare?”

“Okay!” disse Bill, facendosi avanti per separare i due, un braccio contro le rispettive pance. “Va bene, direi che è abbastanza!”

Fudge sbuffò e si fece indietro. Fleur sorrise soavemente a Bill e disse: “Mettiti ancora in mezzo e ti darò fuoco.” Lui sospirò, poi mormorò qualcosa in una lingua che Harry non parlava. Lei gli diede una gomitata nei fianchi e disse, graffiante: “Questo era decisamente offensivo!”

Con sorpresa di Harry, Bill arrossì. “Parli arabo?”

Lei rispose nello stesso linguaggio che Bill aveva proferito poco prima – a quanto pareva, arabo.

“Vado a vedere se riesco a trovare il vero Moody.” Disse Snape, giusto in caso se lo fossero scordato.

“Vengo con te. Dovrebbe esserci anche un auror.” Disse Tonks. Snape scosse la testa, ma non protestò e scivolò fuori dalla porta, Tonks alle calcagna. Era la prima volta che Harry era geloso di lui. Avrebbe adorato andarsene, ma era abbastanza sicuro che nessuno gliel’avrebbe permesso.

“Molto bene, voi quattro.” Disse Percy, guardandoli con le braccia incrociate. Harry ebbe un flashback di quando era un prefetto. “Cos’è successo lì dentro esattamente?” Bill alzò gli occhi al cielo. A quanto pareva, Percy era sempre stato così anche da bambino.

Harry, Fleur, Cedric e Cho si guardarono, prima di lanciare uno sguardo verso Silente. Lui era tornato alla sua espressione genuinamente divertita, e stavolta non la stava fingendo. “Occorre davvero arrivare in fondo alle questione, perciò, se riusciste a fare luce sulla situazione…”

Fleur iniziò, spiegando come Viktor l’aveva attaccata, ma come fosse chiaro che non fosse in sé, di come fosse rimasta intrappolata nelle liane e di come avesse trovato gli altri. Poi Cho raccontò la sua parte, di aver visto Cedric sparare un avvertimento, di essere stata seguita da Draco, di come si erano separati e di come lei avesse trovato Cedric, strisciandogli vicino per trascinarlo in un angolo e lanciare Confundus contro Moody. Cedric sembrò voler andare da lei, ma suo padre era ancora seduto di fianco al letto, quindi non si mosse. Poi fu il turno di Cedric, che iniziò con Harry che sbucava dai cespugli per aiutarlo con Viktor, fino a quando non aveva perso conoscenza quando Moody li aveva attaccati.

Poi toccò a lui.

Bill gli mise la sua grande mano sulla schiena, calda anche attraverso i vestiti. “Va tutto bene, sei al sicuro adesso.”

Harry li guardò e realizzò: gli adulti non lo sapevano, certo che non lo sapevano, e doveva dirglielo lui.

“Voldemort è tornato.” Disse, e tutta l’aria sembrò lasciare la stanza. “La guerra è ricominciata.”

 

-

 

Quando Draco scivolò nella sala comune Serpeverde e gli sguardi di tutti i presenti vennero puntati su di lui, si rese dolorosamente conto di essere ancora ricoperto dal sangue di suo padre.

Poteva capire dal silenzio di tomba e dalla tensione nell’aria che già sapevano. In qualche modo, qualcuno di loro l’aveva scoperto e l’aveva detto agli altri.

“È vero?” Chiese Flint.

Perché lo stavano chiedendo a lui? Perché avrebbe dovuto saperlo? Lo sapeva, ovvio, ma non era quello il punto. “Sì.”

Tutti quanti sembrarono abbattuti. Nessuno sembrava felice. Non importavano i valori personali, praticamente nessuno era così stupido da pensare che un’altra guerra guidata da Voldemort non sarebbe finita in una catastrofe. Un paio di persone avevano già iniziato a piangere. Il viso di Cassius si era indurito e i suoi amici stavano cercando di apparire neutrali, per non lasciar trasparire nulla. Blaise se la stava cavando, ma Pansy e Millie avevano le mani intrecciate in una morsa ferrea.

Lo odiava. Ma non avrebbe lasciato che Serpeverde venisse travolta da quella guerra, non come l’ultima volta.

“Ehi.” Disse e tutti lo guardarono. Non sapeva perché. Era solo un insolente studente di quarto anno, ma per qualche ragione lo stavano guardando tutti. “È tornato. La guerra è tornata. Questo significa che alcuni di noi dovranno fare delle scelte. Per alcuni – per molti – la scelta è già stata presa da altri. Faremo quello che dovremo fare, per sopravvivere e per proteggere le nostre famiglie.” Deglutì. “Ma non qui.”

“Draco.” Theodore piegò la testa di lato. Era quasi come se il resto dei Serpeverde stesse trattenendo il respiro.

“Quando camminiamo per le sale, quando lasciamo questa scuola, potremmo essere nemici.” Disse. “Ma non qui. Chiaro? In questa stanza, non c’è guerra.”

Non poteva fare nulla per salvare il resto del mondo, per salvare la sua stessa anima gemella. Ma forse poteva salvare Serpeverde.

 

-

 

Quando Harry finì di parlare, Fudge stava praticamente schiumando alla bocca. Shackbolt finì per doverlo scortare fuori dopo aver quietamente assicurato a Fleur che non ci sarebbero state denunce, visto le circostanze. Il signor Diggory aveva aperto la bocca alcune volte durante il racconto, le sopracciglia aggrottate, ma Cedric lo aveva sgomitato nel fianco ogni volta che sembrava stesse per interrompere.

“L’incantesimo di evocazione per fantasmi.” Disse lentamente Silente, con uno sguardo che Harry non seppe decifrare. “Una scelta… interessante.”

“Sembrava una buona idea in quel momento.” Disse.

“Cosa ti passava per la testa?” Scattò Percy. “Saresti potuto morire!”

Harry lo fissò. “Beh, ero circondato da Mangiamorte e Voldemort, quindi, sai, ho pensato che sarei morto in ogni caso.”

“Oh. Giusto.” Disse Percy, sgonfiandosi. Gli scompigliò i capelli, l’unico modo che sembrava conoscere per mostrare affetto. Lo faceva anche ai gemelli e Ron, quindi Harry fu abbastanza commosso dal gesto.

“Ho detto di stare attento, cucciolo.” Tutti si girarono. La finestra che dava sui giardini era aperta e la sfinge di prima era seduta sul davanzale.

Harry era abbastanza sicuro che arrampicarsi sulle mura del castello fosse impossibile persino per una leonessa gigante, ma non sapeva come altro sarebbe riuscita a salire fino a lì. “Ehm, mi dispiace. Ci ho provato?”

“Regina Persenet.” La salutò Silente.

Persenet saltò nella stanza, alzando gli occhi al cielo. Per qualche ragione, Bill sembrava furioso. “Non sono regina da quattromila anni. Smettila con le cazzate, Albus.”

“Che cazzo” Disse Bill a denti stretti, “ci fa lei qui?”

“Abbiamo richiesto che una sfinge facesse la guardia a una parte del labirinto e Persenet si è offerta volontaria.” Spiegò Silente.

“E gliel’hai lasciato fare?” Tuonò  Bill.

Silente sembrò perplesso all’idea che avesse alcun poter decisionale in merito. “Avrei potuto fermarla?”

“Sì! Basta ficcarla in una stanza piena di trappole. Questo a volte la distrae abbastanza dal combinare disastri per un paio di settimane.” Borbottò cupamente lui.

Persenet rise e circondò il corpo di Bill con il proprio come un gatto domestico avrebbe fatto con le caviglie dei padroni.  “Non tutti sono stupidi o coraggiosi quanto te, cucciolo.”

“Vedo che vi conoscete.” Disse Fleur, un sorriso che le tirava un angolo della bocca.

“Ero di guardia alla prima tomba in cui si è intrufolato.” Spiegò Persenet. “Tutto pelle ossa e arroganza. È fortunato che non lo abbia divorato.”

Bill alzò gli occhi al cielo, ma sembrava del tutto abituato all’invasione di spazio personale di Persenet. “Non mi mangeresti, cosa faresti per intrattenerti se non ci fossi io da tormentare?”

“Non allargarti troppo.” Disse lei con affetto.

“Sei qui per un motivo?” Chiese Bill. “Oltre a darmi fastidio.”

“Volevo solo controllare come stavano i cuccioli.” Disse lei. “Oh, e converrebbe che qualcuno vada e faccia qualcosa per quella folla inferocita e confusa qui fuori. Stanno per fare una rivolta, ho pensato che voleste impedirlo. O se non lo fate, va bene comunque, suppongo. Il vostro ministro sta peggiorando le cose in modo eccellente.”

Percy e Silente sembrarono equamente stanchi. “Vado a provare a placare il ministro.” Disse Percy. Harry ebbe l’impressione che fosse qualcosa che doveva fare spesso.

Zaira diede un buffetto alla mano di Fleur e si alzò in piedi. “Albus, ti accompagno. Noi due insieme dovremmo riuscire a calmare la folla.”

“Sei certa di volerlo fare?” Chiese Silente, aggrottando la fronte. “Visto i tempi che stiamo per affrontare.”

“Se Voldemort vuole attaccare me o la mia gente, che ci provi pure.” Disse lei. “Io sono una Zabini. Se Voldemort vuole farsi nemica la Dinastia dei Severi, lungi da me impedirglielo.”

Silente non sembrava molto confortato da quell’affermazione. In ogni caso lui, Zaira e Percy lasciarono l’infermeria per circoscrivere i danni.

Persenet si avvicinò e si sedette proprio davanti ad Harry. “Perché il muso lungo? Pensavo che fossi andato bene, nonostante tutto.”

Lui sussultò. Non si era reso conto di avere un’espressione turbata, anche se era ovvio che lo fosse. “Non sono riuscito a fermarlo, e ora Voldemort è tornato. La guerra è tornata.”

Le facce di Bill e Fleur si distorsero in identiche espressioni di furia.

“Signor Potter!” Esclamò Pomfrey, sconvolta. “Non spetta a te il fardello di vincere un mago del calibro di Tu-Sai-Chi.”

Forse. Ma si sentiva dannatamente così, e sentiva anche di aver fallito.

“Sai perché sono qui?” Chiese Persenet. “Perché i sirenidi hanno acconsentito ad aiutare, perché le dragonesse non hanno semplicemente bruciato vivi tutti, spettatori inclusi, al primo accenno di pericolo per le loro uova, nonostante la loro rabbia?”

Tutti si erano congelati, guardandola. Harry scosse la testa.

“Perché eravamo curiosi.” Disse. “Volevamo vedere cosa avesse da offrire il popolo magico, chi erano i migliori dei loro giovani.” Sorrise. “Non siamo rimasti delusi. Due ragazzi saldi, leali a modo loro, che conoscono la profondità del loro potere e come controllarlo. Una ragazza incrollabile che ama così intensamente da bruciare il mondo se qualcuno osa prendere ciò che le appartiene. E tu.”

Harry incassò la testa tra le spalle, preparandosi. Non avrebbe nemmeno dovuto esserci, era stato messo lì come stratagemma da Voldemort e li aveva quasi fatto ammazzare tutti.

Lei disse. “Tu hai gentilezza fin nelle ossa, Harry Potter.”

Lui sbatté le palpebre, preso in contropiede. “Cosa?” Poi: “La gentilezza non ha mai vinto delle guerre.”

“La gentilezza non ha vinto delle battaglie.” Disse lei. “Non ha mai perso una guerra.”

Non aveva idea di come rispondere. Fortunatamente non dovette farlo, perché in quel momento le porte si spalancarono di nuovo e un oceano di teste rosse avanzò con Hermione ad aprire la strada. “Harry!”

La signora Weasley riuscì a batterla sul tempo e afferrò Harry in un feroce abbraccio. Persenet e Fleur si fecero indietro e con la coda dell’occhio Harry riuscì a vedere Gabrielle e due adulti biondi che dovevano essere i suoi genitori convergere su Fleur. “Oh Harry, eravamo così preoccupati!”

Sembrava che Ron stesse per strappargli sua madre di dosso quando lei si fece indietro, e Ron lo strinse con lo stesso tipo di disperazione. Alzò un braccio ed Hermione si unì a loro. Entrambi i suoi migliori amici con un braccio intorno a lui, a stringerlo forte. “Mi hai fatto perdere anni di vita!” Disse ardentemente Hermione. Harry era abbastanza sicuro che Ron stesse piangendo.

“Scusate.” Disse e alzò gli occhi e salutò con la mano i gemelli e Ginny. Sembrarono rilassarsi un poco dopo averlo visto.

Immaginava di essere davvero fortunato, in fin dei conti.

 

-

 

Tutto venne rivelato abbastanza velocemente poco dopo.

Scoprirono che il vero Malocchio Moody era rinchiuso in un baule e posto sotto un incantesimo di stasi nel suo ufficio. Trovarono anche un potente incantesimo anti-tracciamento sulla giacca di Barty Crouch Jr, probabilmente per impedire che suo padre lo trovasse, ma impediva anche che venisse mostrato sulla mappa. Considerando che Barty Crouch Senior era stato disperso per più di un mese – a quanto pare Percy lo stava sostituendo e si era fatto carico di tutto il suo lavoro e nessuno se n’era accorto – e l’ipotesi principale era che suo figlio lo avesse ucciso, o che fosse scappato per non prendersi le sue responsabilità; ma, a meno che non si facesse vivo, non c’era modo di saperlo per certo. Girava voce che il posto di Crouch sarebbe stato dato a Percy, ma a quanto pareva c’era anche una corrente che voleva Percy come assistente del Ministro.

Esaminarono la bacchetta di Crouch Jr e confermarono che era stata usata per lanciare Imperio su Viktor e incantare il calice; quindi, attribuirono la colpa di tutto a Crouch Jr – anche se, visto che era morto, non c’era modo di ottenere una confessione concreta.

Winky era fuori di sé. Draco disse a Harry tramite lo specchio che lei sapeva che Barty Crouch Jr era evaso da Azkaban e che era stato lui a rubare la bacchetta di Harry. Ma giurò che non sapeva che fosse a Hogwarts – pensava che fosse a casa con il padre – e Draco le credeva. Ora che tutti lo sapevano non era più un segreto; quindi, Winky non era piè legata al silenzio. Disse a Silente e Kingsley tutto ciò che sapeva, dilungandosi, con Draco a spalleggiarla per tutto il tempo visto che aveva rifiutato di fargli interrogare la sua elfa senza che fosse presente anche lui.

Questo ricordò ad Harry di fare un salto nelle cucine un giorno dopo pranzo. C’erano pile di piatti sporchi alte fino al soffitto, e doveva essere la magia che gli impediva di crollare a terra. Era lì da nemmeno un minuto quando Dobby comparve di fronte a lui con uno schiocco, dei cappelli impilati sulla testa alti quasi quanto le pile di piatti. “Harry Potter!” Lo salutò con trasporto. Harry passò l’ora successiva a chiacchierare con Dobby, che dopo i primi minuti smise di vibrare, e riuscirono ad avere una conversazione quasi normale su Hogwarts. Dobby lo fece infine smammare con un cesto pieno di tartine alla melassa, dicendo. “Harry Potter sta crescendo e ha bisogno di dolci e riposo!” Era commosso. Desiderò che la gente lo assecondasse un po’ di più, e cercasse di ucciderlo di meno.

Ci fu un po’ di confusione su chi nominare campione, visto che Harry aveva toccato il trofeo per primo – ma solo a causa di Moody – e Cedric era arrivato per primo – ma non senza aiuto – e Fleur era stata attaccata e Viktor aveva a malapena avuto l’occasione di competere. Si discusse di creare un’altra prova, ma nessuno dei campioni acconsentì. Harry aggiunse che, visto che il calice era stato spento, non era più obbligato a fare niente di niente e quindi di non contare su di lui.

Fleur, Viktor e Cedric trovarono una soluzione. Giocarono a sasso carta forbice per il trofeo e decisero di dividere il premio. Tutti i giudici sembrarono orripilati tranne Silente, che sembrava deliziato dalla loro soluzione. “È più giusto di qualsiasi altra cosa in questo torneo.” Ragionò Viktor.

Dopo quarantacinque secondi di furibonda competizione, Fleur venne dichiarata Campionessa Tremaghi. Divise i mille galeoni equamente fra loro e lanciò quello avanzato a Harry, che lo acchiappò d’istinto. Per gli ultimi giorni dell’anno, i colori di Beauxbatons riempirono la Sala Grande.

Fu solo l’ultimo giorno prima della partenza che riuscirono a ritrovarsi tutti e sei. Harry finì per scendere da solo. Hermione aveva passato la giornata con Viktor e Ron era in compagnia di alcune ragazze di Beauxbatons, e gli avevano detto che l’avrebbero incontrato lì.

Non appena mise un piede oltre la soglia della porta, Blaise e Pansy calarono su di lui, controllandolo dappertutto e dandogli dello stupido in dieci lingue diverse. Lui sorrise e assicurò di stare bene e, dopo qualche minuto passato ad accertarsene, si fecero indietro.

Guardò verso Draco, che non aveva avuto occasione di vedere di persona sin dalla Terza Prova. Avevano parlato tramite lo specchio, ma non era la stessa cosa. Sembrava stanco. “Ehi.”

“Ehi.” Disse.

Harry si avvicinò, allungando una mano. Draco la prese, intrecciando le dita alle sue, e strinse. “Stai bene?”

Lui alzò le spalle. “Sono stato peggio.”

Gli diede una spintarella sul fianco. Cercavano di non fare gli smielati davanti ai loro amici, ma Harry si sporse abbastanza da sfiorare le labbra di Draco con le sue, appena appena. Quando si tirò indietro, realizzò che erano soli. Blaise e Pansy se n’erano andati. Draco si girò a cercarli, poi alzò gli occhi al cielo. “Non c’era bisogno. So che anche loro volevano vederti.”

Harry immaginò che significasse che anche Ron e Hermione non si sarebbero presentati. Sperava almeno che si fossero riuniti da qualche altra parte. Incorniciò il viso di Draco fra le mani, premendo un altro bacio più deciso sulle sue labbra. “Anche io voglio vederli. Ma sono contento di poter stare da solo con te.”

Draco lo abbracciò e si strinsero l’uno all’altro, respirando e basta per un lungo momento. “Harry, i miei genitori, io, papà- devo tenere la testa bassa, devo interpretare il ruolo di un Mangiamorte obbediente. Non voglio farlo, ma se Voldemort gli fa del male perché sospetta di me-“

“Va tutto bene.” Disse Harry. Era triste, non per sé stesso, ma per Draco. Loro avrebbero continuato come avevano già fatto, sgattaiolando in qualche classe, e sarebbe stato una rottura, ma se la sarebbero cavata. Ma l’intera vita di Draco stava per diventare un’interpretazione teatrale, non solo quella piccola parte, mentre Harry poteva comunque essere sé stesso il resto del tempo. “Lo capisco. Devi proteggere la tua famiglia.”

“Devo proteggere anche te!” Draco si tirò indietro abbastanza da lanciargli un’occhiataccia. “Sei il mio ragazzo e la mia anima gemella. Non sceglierò tra di voi. Non posso.”

Harry non aveva intenzione di farglielo fare, ma non concerneva solo lui. “Okay. Io-okay. Andrà tutto bene.” Decise, anche se il futuro sembrava più incerto e pericoloso che mai.

Draco sbatté le palpebre. “Cosa?”

“Andrà tutto bene.” Ripeté. “Io ho te e tu hai me, e abbiamo tutti i nostri amici. La guerra sta arrivando e non penso che riusciremo a fermarla. Ma non sta arrivando solo per te o per me. Sta arrivando per tutti noi. Quindi l’affronteremo insieme.”

Il suo ragazzo sorrise per la prima volta e disse: “Okay. Lo faremo insieme e andrà tutto bene.” Un po’ della tensione evaporò dalle sue spalle e Draco tirò la maglietta di Harry, tirandoselo ancora più vicino. “Questa è la nostra ultima notte prima di un’intera estate separati. Vuoi andare a cercare i nostri amici, o…?”

Ci fu uno scoppiettio infuocato. Si separarono con un salto, le bacchette alzate, ma erano solo due biglietti di un bianco cremoso stampati d’oro. Ne presero uno a testa e Draco rise di cuore.

Diceva: Per festeggiare la vittoria di Beauxbatons sulle altre scuole di inferiori e tristi perdenti, faremo una festa. Se vi fate beccare noi non ne sappiamo niente. Rovinate il divertimento e ci assicureremo che nessuno sappia mai più di voi. Se vi presentate prima della mezzanotte, siete una vergogna.

“Beh.” Disse Harry. “Questo ci lascia comunque due ore.”

“Per andare a cercare i nostri amici?” Chiese Draco con tono innocente.

Harry fu abbastanza cavaliere da lanciare un incantesimo ammorbidente sul pavimento prima di spingerlo giù e salirgli sopra.

 

-

 

Draco indossava gli stessi jeans troppo stretti e una casacca senza maniche dei Quiberon Quafflepunchers con dettagli di strass. Era merchandise ufficiale. Sua madre gliel’aveva comprata per il suo compleanno, l’anno precedente. Si presentò un po’ in anticipo, per cercare Fleur e Saida. Invece, quando entrò nella carrozza, trovò Bill Weasley che scaricava una dozzina di casse di birra egiziana Masri in un frigo incantato. Incrociarono gli sguardi e si bloccarono. Draco inarcò un sopracciglio.

“Ron ha detto che era una pessima idea farsi nemica Fleur, e di farle un’offerta di pace.” Disse. “Quindi, uh, mi sono fatto mandare queste da uno dei miei colleghi di Cairo.”

Draco allungò la mano. Bill sembrò combattuto, ma sospirò e gli passò una bottiglia. Draco utilizzò il suo anello di ferro per stapparla, un trucchetto che aveva imparato da sua madre. Era densa e dolce, quasi più vino che birra. “Buona.”

“Questo spetta a me giudicarlo.” Disse Fleur quando entrò nella stanza. I suoi capelli erano leggermente arricciati e piovevano sulle sue spalle e indossava un vestitino dorato con la schiena scoperta. A Draco non sfuggì il modo in cui gli occhi di Bill si sgranarono a quella vista e non poté a biasimarlo. “Draco, tesoro, sei in anticipo.”

Si sedette vicino a lui, girando la testa così da farsi dare un bacio sulla guancia. “Volevo solo averti un po’ per me prima che arrivassero gli altri.”

“Ovviamente fai pena a condividere.” Disse lei. Guardò Bill in attesa. “Quindi?”

Le passò una bottiglia, stappandola con nonchalance con un incantesimo. Non l’aveva fatto, per Draco. Lei prese un lungo sorso, poi schioccò le labbra e disse: “Okay, non è niente male.”

“Ne sono felice.” Bill sorrise. “Questo significa che possiamo essere amici?”

Fleur si tamburellò il mento come se ci stesse riflettendo, poi sorrise e allungò la mano. “Suppongo di sì.”

Lei e Bill si strinsero la mano, poi entrambi lasciarono la presa e si schiaffarono le mani sul retro dei loro colli. Draco rimase a bocca aperta. Non era possibile-

Lei si girò a dargli la schiena, alzò i capelli e gli chiese in francese: “È lì?

Fino a poco prima aveva un anello nero sul retro del collo, come chiunque non avesse ancora incontrato la propria anima gemella. Ma era sparito. “È una ghiandaia azzurra.” Disse, tracciando in maniera assente i bordi del delicato uccellino tatuato sul suo collo.

Guardarono entrambi Bill, che era pallido e con gli occhi sgranati. Si girò anche lui e spostò i capelli. Nello stesso punto, c’era un falco. Non conosceva Bill abbastanza da sapere quanto di lui lo rendesse simile ad una ghiandaia, ma un rapace come marchio rappresentante Fleur gli tornava.

“Beh, merda.” Disse Draco. “Uh, credo sia ora di andare.”

Bill scosse la testa e Fleur gli afferrò il braccio. “Non farlo.” Disse lei, poi deglutì e guardò di nuovo Bill. La sua anima gemella. “Uhm, tu- voglio dire, uh-“

“Non sono insieme a nessuno e tu sei molto forte, e bella.” Disse lui, tutto d’un fiato. “Potremmo, uh, conoscerci meglio, magari. Se ti va. A meno che tu non stia uscendo con qualcuno. Possiamo essere amici? Sono un buon amico.” Bill sembrava mortificato. A Draco venne in mente che forse era stato un bene che lui e Harry non fossero stati in grado di parlare subito dopo aver scoperto di essere anime gemelle, perché così si erano evitati… quello.

Lei scosse la testa, ma non disse nulla. “È alto.” Puntualizzò Draco, che sapeva fosse uno dei suoi punti deboli.

Quello dovette prenderla in contropiede, perché la fece ridere e si rilassò. “Fanno sempre comodo altri amici.” Disse lei, tornando in sé e allentando la stretta mortale sul braccio di Draco.

“Fantastico!” Bill si illuminò. Draco finì per bere in silenzio di fianco a loro mentre parlavano, contribuendo con l’occasionale osservazione zozza in francese solo per far scandalizzare Fleur.

Presto arrivarono altre persone e la festa iniziò per davvero.

Hermione e Viktor passarono tutta la festa accoccolati l’uno all’altra, entrambi tristi. A quanto pareva avevano deciso di lasciarsi quando sarebbe iniziata l’estate, il che non aveva molto senso per Draco visto che sapeva che Clarence e Quinn sarebbero rimasti insieme, e Susan aveva promesso di continuare a scrivere almeno ad una mezza dozzina di ragazze delle varie scuole.

Bill, inizialmente, non aveva pianificato di rimanere ad una festa con una mandria di ragazzini, ma Fleur lo invitò a rimanere, quindi lo fece. Draco dovette tossire per mascherare le sue risate quando Ron, Fred, George e Ginny scoprirono che Bill e Fleur erano anime gemelle e andarono fuori di testa. Ron sembrò il più deliziato di tutti, prendendo Fleur in braccio e facendola volteggiare mentre lei rideva, dicendo che ora non dovevano più preoccuparsi di perdersi di vista, giusto? Era dolorosamente adorabile.

A metà festa - e dopo che tutte le parti avevano bevuto troppo perché fosse del tutto sicuro - Fleur, Clarence e Harry salirono sulle loro scope, planando sopra di loro. Qualcuno – probabilmente Fleur – aveva incantato la scopa di Harry perché lasciasse dietro di sé una scia di colori come una vera scopa da planata. Era chiaro che non avessero un’immagine in mente, ma scivolarono comunque attraverso l’aria, creando un bel mix di colori e figure. Tutti esultarono – e se stessero cercando anche un minimo di tenere quella festa segreta, dopo quel momento sarebbe ufficialmente andato tutto giù per il tubo.

Li guardò tutti. Pansy, Blaise e Millie erano raggruppati insieme intorno ad un gruppo di studenti Corvonero e Beauxbatons, discutendo animatamente su qualcosa a cui nessuno di loro importava, infastidendo entrambe le parti. Le gemelle Patil erano tremendamente affascinanti nei loro sari, entrambe con un equamente affascinante studente di Durmstrang al braccio. Tutte le quattro case e le tre scuole che si mescolavano, ridendo insieme. Non poté evitare il presentimento che quello fosse l’inizio della fine.

Sperò di non perdere tutto quello per sempre. Sperò, un giorno, di poter organizzare un’altra festa, proprio come quella.

Sperò che la guerra non li avrebbe divisi tutti.

 

-

 

Giunse la mattina in cui tutti avrebbero lasciato Hogwarts e Harry avrebbe avuto la gioia di passare un’altra splendida estate con i Dursley. Si svegliò ore prima, determinato a fare un’ultima passeggiata prima di passare i due mesi successivi nel Surrey. Dopodichè, Ron aveva promesso di venire a prenderlo a qualunque costo, ed era praticamente l’unica cosa che avrebbe reso quell’estate tollerabile.

Prese l’uscita verso Erbologia, visto che l’avrebbe portato più vicino alla capanna di Hagrid. Sapeva che il guardiacaccia si alzava presto, quindi sperava di poter passare un po’ di tempo a salutarlo, anche se avrebbe comportato un altro round di the troppo forte e torte rocciose appena commestibili. Quello che non si aspettava era di sbattere contro Viktor non appena girò l’angolo. L’altro gli afferrò le braccia per evitare di farlo cadere. “Harry! Che ci fai in piedi così presto?”

Sbatté le palpebre, alzando la testa. “Passeggiavo. Tu?”

Viktor arrossì e lo lasciò andare. “Stavo accompagnando Hermione al castello, visto che ha passato la notte con me sulla nave.”

“Oh.” Disse e immaginò che, ehi, non aveva nulla da perdere. “Posso farti una domanda, anche se non sono affari miei?”

Lui fece una risata nasale. “Harry, hai aiutato a impedirmi di uccidere Cedric. Penso che una risposta onesta sia il minimo che ti devo.”

“Quello non è stata colpa tua!” Protestò. “È colpa di Moody. Ti sei quasi ammazzato per resistere, hai fatto quello che hai potuto e stiamo tutti bene. Nessuno ce l’ha con te.”

Viktor fece spallucce, non concordando ma nemmeno negando ancora. “Qual è la tua domanda?”

Harry sospirò dal naso, ma decise di sputare il rospo. “Perché tu ed Hermione vi state lasciando? Voglio dire, a lei piaci davvero, sai?”

“Oh.” Disse lui e la sua immediata tristezza fece pentire Harry di averlo chiesto. “Lo so. Anche a me lei piace tanto. Ma non voglio essere in mezzo.” Harry lo fissò, non capendo. Viktor sorrise e chiarificò: “Immagino che se Ronald dovesse, come dire, darsi una svegliata, verrei velocemente bidonato.”

“Lei non lo farebbe!” Disse Harry. “Le piaci sul serio. E poi, Ron non la metterebbe mai in quella posizione.” Ron era geloso, così platealmente geloso, ma stava facendo del suo meglio per non fare lo stronzo. Non avrebbe mai costretto Hermione ad un ultimatum tra lui o Viktor. “È suo amico, prima di tutto.”

“Lo so.” Stava sorridendo, nonostante l’argomento. “Ronald è un brav’uomo. Ma io sarà in Bulgaria e lui sarà qui. Con lei.” Alzò le spalle. “Mi piace pensare di essere, anch’io, un uomo per bene. Se sarà single quando ci incontreremo la prossima volta, magari possiamo provarci di nuovo. Ma non voglio essere la ragione per cui lei e Ronald non possono essere felici insieme.”

Harry pensò che Ron ed Hermione sarebbero finiti insieme, prima o poi. Probabilmente. Ma non gli piaceva l’idea che sarebbe stato al costo della felicità di Viktor, e sapeva che neanche a loro sarebbe piaciuta.

Viktor sorrise e gli mise una mano sulla spalla. “Vuoi vedere il segreto meno segreto di tutta la Bulgaria?”

“Ok?” Disse, incerto di dove volesse andare a parare.

Viktor si girò e alzò la maglietta. Sulla parte bassa della sua schiena c’era una felce, i bordi delle foglie che si allungavano per arricciarsi intorno ai suoi fianchi. “È Iva.” Lasciò la presa e si girò.

Harry si ricordò della ragazza simpatica che gli aveva portato da bere quando erano saliti sulla nave di Dumstrang. “Abbiamo scoperto di essere anime gemelle quando avevamo sette anni. La amo. Ma sarebbe come stare insieme a mia sorella. Lei dice che essere mia amica è già abbastanza estenuante e che essere la mia ragazza sarebbe intollerabile. Quindi, quello che voglio dire è: la vita è strana. Ho trovato la mia anima gemella e ho trovato Hermione, e non ho nemmeno vent’anni. Sono sicuro che ci sia qualcun altro lì fuori, quindi non preoccuparti per me.”

Harry sorrise e disse: “Vuoi venire con me da Hagrid? Fa the e tortini tremendi, ma è molto gentile e ha un cane gigante che sbava e ti metterà la testa sulle gambe.”

“Andata.” Disse Viktor, ridendo.

Hagrid era effettivamente sveglio e fu felice di lasciarli entrare e dargli da mangiare. Le torte rocciose erano state appena sfornate, il che significava che erano morbide abbastanza da morderle senza spaccarsi i denti. Non erano niente male, appena sfornate; una sorpresa gradita.

In fin dei conti, fu un’ultima mattina a Hogwarts decente.

 

-

 

 

Non appena il treno partì da Hogwarts, Draco si alzò in piedi. Ignorò gli sguardi inquisitori di Millie, Blaise e Pansy e disse semplicemente: “Non aspettatemi, vi raggiungerò.” E lasciò il compartimento.

Camminò lungo il treno finché non trovò chi cercava. Non appena si palesò sull’uscio, tutti si zittirono. Cassius, Flora e Flint erano tutti nello stesso compartimento, piegati ad analizzare tattiche di Quidditch. Aveva sperato di trovarlo da solo, ma non era sorpreso che non fosse andata così. “Ho bisogno di parlare con Cassius.”

Si era aspettato discussioni. Invece, Flora e Flint raccolsero le proprie cose e se ne andarono senza una parola. Il che fu… strano, come minimo. Draco chiuse la porta dietro di loro, per poi lanciare un incantesimo silenziante. Cassius alzò le sopracciglia. “Beh, questo è preoccupante.”

“So che mi hai detto di farmi i cazzi miei prima, ma te lo chiederò di nuovo. Che intenzioni hai con George? Perché sei così preoccupato di tenerlo segreto?”

Cassius aprì la bocca, poi la chiuse. “Me lo stai chiedendo adesso? Tu-Sai-Chi è tornato!”

“I tuoi genitori si sono tenuti fuori dall’ultima guerra, possono fare lo stesso con questa.” Disse lui. “Di cos’è che hai così tanta paura?”

Lui sussultò come se lo avesse schiaffeggiato. “Io- non sono affari tuoi, giusto per essere chiari, ma semplicemente non può funzionare. Entrambi abbiamo anime gemelle che non abbiamo ancora incontrato, la mia famiglia e la sua non andrebbero mai d’accorto e siamo persone troppo diverse. Io non- Merlino, non so nemmeno cos’abbiamo in comune, in verità. È solo che continuiamo a finire insieme. Non è una relazione. È una scappatella.”

“Quindi pensi che se lo tieni segreto, se non gli tieni la mano a Hogsmeade o non gli scrivi durante l’estate, allora non conta? Che in qualche modo starai meno di merda quando si stuferà delle tue cazzate e ti lascerà?” Chiese. “Non essere stupido. Lo ami?”

Sembrava che gli occhi di Cassius stessero per uscirgli dalle orbite. “Io- che- non sono affari tuoi! Perché ti interessa?”

“Perché io non ho una scelta in questa guerra.” Si assicurò di fissarlo negli occhi. “I miei genitori hanno deciso la mia strada prima che fossi nato e non posso scrollarmela di dosso senza metterli in pericolo. Io non posso scegliere. Tu sì. Scegli lui.”

“Anche tu puoi scegliere.” Disse piano Cassius.

Draco non lo degnò di una risposta. “Pensaci.” Disse, prima di aprire la porta del compartimento ed uscire. Dovette fare diversi respiri profondi prima di andare a cercare i suoi amici.

Li trovò nel retro del treno e bussò per farsi aprire. La porta si aprì e fu trascinato dentro prima che fosse chiusa di nuovo. Sbatté un paio di volte gli occhi per assicurarsi di non stare allucinando, poi si girò verso Hermione. “Incantesimo estensivo?”

Il compartimento era raddoppiato di dimensioni. C’erano loro sei, più Millie, come si era aspettato. Ma anche i gemelli, Neville, Ginny e Luna si erano stretti dentro. “Incantesimo estensivo.” Concordò Fred. “Non stare lì in piedi, mettiti a sedere.”

Anche con l’incantesimo estensivo non c’era posto, a meno che non volesse sedersi per terra, cosa che non avrebbe fatto.

“Oh, per la barba di Merlino.” Ginny si alzò e si lasciò cadere in braccio a Neville. Draco non sapeva che fosse fisicamente possibile – o salutare – per un essere umano arrossire fino a quella sfumatura. “Ecco, contento adesso?”

“Euforico.” Disse seccamente, prima di prendere il suo posto di fianco a sua cugina. Luna gli si appoggiò addosso e Draco le circondò le spalle con un braccio.

“Discorsi deprimenti sulla guerra che incombe o spara schiocco?” Chiese Millie.

“Spara schiocco.” Dissero tutti in coro.

Millie era praticamente imbattibile a spara schiocco. Approvò con trasporto la loro decisione.

 

-

 

Quando arrivarono alla piattaforma, Harry venne travolto dal resto dei Weasley. Molly e Arthur erano venuti a prenderli e Arthur venne verso di lui prima ancora che i suoi figli, dandogli un veloce abbraccio e scompigliandogli i capelli. “Stai bene, Harry?”

“Benissimo.” Disse, sorridendo. Solo due mesi con i Dursley. Aveva vissuto lì per dieci anni, poteva sopportare due mesi. E poi avrebbe potuto tornare dai Weasley.

Molly era impegnata a ricoprire di baci i visi di tutti i suoi figli e fece lo stesso anche per lui. “Sei davvero troppo magro, tesoro.” Disse. “Fammi sapere se vuoi che ti mandi qualcosa per posta durante l’estate, okay? Qualunque cosa.”

Oh, Merlino, si era quasi dimenticato della ridicola dieta di Dudley. “Va bene, signora Weasley.”

“George! George, per di qua!” Tutti si girarono. Cassius, l’ufficioso capitano della squadra di Quidditch Serpeverde, stava correndo verso di loro.

“Che sta facendo?” Sussurrò George. Fred fece spallucce.

Cassius li raggiunse, ma non smise di correre. Invece si schiantò contro George, lo afferrò per i fianchi e lo baciò.

Ad Harry quasi cadde la mascella.

George lo spinse via, gli occhi sgranati. “Sei fuori di testa? Ci possono vedere tutti! i tuoi genitori sono qui, ti uccideranno, non puoi-“

“Ti amo.” Disse, le parole che proruppero come se non potesse impedir loro di marciare fuori dalle sue labbra. George si paralizzò. “Ti amo. Non mi interessa chi lo scopre. Lo dirò al mondo intero.”

Fred e Ron si stavano tenendo su a vicenda. Ginny aveva una mano davanti alla bocca e i loro genitori stavano sorridendo.

“Ma-“ Disse George, sbattendo velocemente le palpebre per combattere le lacrime. “I tuoi genitori, e Voldemort è tornato, e, solo, tutto quanto-“

“Per alcune cose vale la pena di correre il rischio. Tipo tu. Per te lo correrei.” Disse e si tirò di nuovo George addosso per baciarlo. George incrociò i polsi dietro il suo collo e lo baciò, le lacrime che scorrevano liberamente sulle guance. Cassius si girò per fargli fare un casquè e poi si dovettero fermare perché George si era messo a ridere.

“CASSIUS CARTER WARRINGTON!” C’era una donna su tutte le furie che urlava dall’altra parte del binario.

George aggrottò la fronte, ma Cassius alzò le spalle e basta, ancora che sorrideva. “Ooops. Devo andare. Ti scriverò durante l’estate, ok?”

“Okay.” Acconsentì. Cassius gli incorniciò il viso per asciugargli le lacrime con il pollice, ma poi venne distratto dal suo intento originale e lo baciò un’altra volta.

“CASSIUS! CARTER! VIENI QUI IMMEDIATAMENTE!”

Cassius fece un passo indietro, alzando gli occhi al cielo. “Se non ti scrivo entro tre giorni, mi avranno rinchiuso in una cantina a morire di fame. Indossa il mio fazzoletto e ricordami con amore.”

“Non essere ridicolo.” Disse. “Verrei a salvarti.”

“Decisamente un piano migliore.” Gli concesse Cassius, prima di dargli un altro bacio veloce e dirigersi verso sua madre con un innegabile brio nei suoi passi. “Ti amo!”

“Ti amo anch’io!” Esclamò di rimando.

Fred lo placcò per un abbraccio. Ginny e Ron evocarono una cascata di fiori sopra di lui e Harry si ricordò della conversazione che aveva avuto con George mesi prima, quando l’aveva beccato a sgusciare di soppiatto nella sala comune, e fece: “Oh! Ti stavi vedendo con Cassius!”

George alzò gli occhi al cielo e allungò la mano per scompigliarmi i capelli. “Sì, mi stavo vedendo con Cassius.” Si girò verso i genitori e disse: “Io, uh, ho un ragazzo?”

“L’abbiamo visto.” Disse seccamente Arthur.

“Sembra un giovanotto molto carino.” Aggiunse Molly, sorridendo gioiosa. “Molto affascinante.”

Ginny fece un gesto così-così con la mano, giusto per fare la rompi, e George minacciò di chiuderla nel capanno per l’estate.

Due mesi, si ricordò Harry mentre camminavano verso l’uscita, dove lo stavano aspettando i Dursley. Solo due mesi.

 

-

 

 

Draco udì la signora Worthington urlare e non poté impedirsi un moto d’orgoglio per Cassius. Non si voltò, non se lo permise, ma era seriamente tentato. Sua madre lo stava aspettando, ovviamente, e gli sistemò i capelli dietro l’orecchio e disse. “Vieni, tesoro.”

Entrò nella carrozza. Suo padre era lì, non un capello fuori posto, come se nulla fosse successo. Non appena sua madre chiuse la porta dietro di lei, Draco gli si lanciò addosso. Lucius non esitò, cingendolo con le braccia. “Stai bene?” Chiese Draco, la voce acuta. “Tu- So che non ho fatto abbastanza, non sono molto esperto, ma stai bene?”

“Sei stato bravissimo.” Lo elogiò Lucius. “Sto bene. Abbiamo chiamato un guaritore privato il giorno dopo, quando non avrebbe sollevato troppi sospetti.” Passò le dita tra i capelli di Draco. “Non l’avevo notato prima, ma sono diventati lunghi.”

I capelli gli sfioravano appena le spalle. Aveva permesso solo a Pansy di spuntarglieli durante l’anno. “C’erano altre cose più importanti.” Disse, lasciandolo finalmente andare. Baciò sua madre su entrambe le guance, per poi sedersi sull’altro lato della carrozza.

Non avevano risolto nulla, non davvero. Erano ancora ai lati opposti di quella guerra e lo sapevano. Ma quello era più importante. La loro famiglia era più importante.

 

-

 

Era la sua prima notte di nuovo con i Dursley e stava da schifo. Gli avevano fatto la solita ramanzina su quanto fossero generosi a lasciarlo vivere nella loro stessa casa per l’estate, dato una lista di faccende da completare e poi l’avevano rinchiuso nella sua stanza per il resto della notte. Non gli avevano dato niente per cena ed Harry sperò che fosse perché se n’erano dimenticati, e non che pianificassero di fargli fare la fame per tutta l’estate.

Ci furono dei colpetti sulla finestra. Sbatté le palpebre. Non aveva pensato che qualcuno si sarebbe scomodato a mandargli una lettera la prima notte – e anche se fosse, non sarebbe riuscita ad arrivare così presto.

Non c’era un gufo fuori dalla finestra.

Aprì la finestra, un sorriso a trentadue denti sul viso. “Sirius!”

Harry si fece indietro in modo che il suo padrino potesse scendere dalla finestra. La prima cosa che fece fu aprire le braccia e Harry non esitò ad affondare il viso nel petto di Sirius. “Mi è quasi venuto un infarto quando ho sentito cos’è successo.” Disse lui. “Ero così contento che quel dannato torneo fosse finito e poi succede questo!”

“È tutto ok.” Disse, indietreggiando per poterlo guardare in faccia. Sembrava preoccupato, ma comunque più in forma di quanto Harry lo avesse mai visto. Non c’era più traccia del carcerato in fuga. Invece, sembrava semplicemente Sirius, l’uomo nella foto di matrimonio dei suoi genitori. “Sto bene e anche tutti gli altri. Beh, a parte Barty Crouch Jr.”

“È fortunato ad essere morto.” Ringhiò Sirius. “Altrimenti lo avrei ucciso io stesso.”

Probabilmente c’era qualcosa di sbagliato in lui perché delle minacce di violenza lo rendessero felice. Oh beh. “Fleur ti ha battuto sul tempo. Spero che tu possa incontrarla prima o poi, è fantastica.”

“Sembra il mio tipo di ragazza.” Concordò lui. “Non hai ancora disfatto le valigie, vero? Prendi il tuo baule e andiamo, Edvige può seguirci.”

Harry sbatté gli occhi. “Cosa? Ma pensavo che dovessi stare con i Dursley.”

“Questo è quello che vuole Silente. Ma forzarti a stare in questo posto infernale aveva senso finché ti forniva un minimo di protezione contro Voldemort. Ora non più. Il tuo sangue è parte di lui, quindi quello che rimane della magia di sangue di Lily non funzionerà. Non che abbia bisogno di toccarti per ucciderti, quindi io non ho mai pensato che avesse senso. Ma ora, decisamente no.” Concluse.

“Ce ne andiamo davvero?” Chiese Harry, qualcosa che somigliava pericolosamente alla speranza che gli sbocciava nel petto. “Dove andiamo?”

“Ti ricordi quando ho detto che io e Remus stavamo ristrutturando la casa della mia famiglia? Andiamo lì. Ci sono ancora dei lavori in corso, ma ha abbastanza protezioni e barriere che nemmeno Voldemort e la sua intera armata riuscirebbero ad entrare.” Fece una smorfia. “Il posto è ancora un vero disastro. Se vuoi, possiamo vedere se riusciamo a mettere abbastanza barriere sulla casa dei Weasley, so che sarebbero felici di averti-“

“No.” Disse, interrompendolo. “Non voglio. Li adoro. Non vedo l’ora di vederli di nuovo. Ma voglio passare l’estate con te e Remus.” Non riusciva a credere di non dover più stare lì, che invece avrebbe potuto vivere con il suo padrino e Remus, che avrebbe potuto vivere con i migliori amici di suo padre invece che con l’orribile sorella di sua madre.

Sirius sorrise. “Bene. Perché anche noi vogliamo passare l’estate con te.”

Lo volevano. Non era un peso, una responsabilità. Era voluto.

“Come andremo?” Chiese.

Sirius puntò fuori dalla finestra. Harry fece capolino con la testa e vide che, sospesa appena sotto, c’era una lucida moto nera. “Remus e io abbiamo appena finito di modificarla.”

“Puoi insegnarmi a guidarla?” Chiese.

Sirius rise, scompigliandogli i capelli. “Certo. Remus la odia, non gli piace salirci nemmeno come passeggero.”

Legarono il baule sul retro e lasciarono libera Edvige, dandole istruzioni di volare dietro di loro. Sirius si arrampicò fuori dalla finestra e sulla moto. Harry fece per sedersi dietro di lui, ma invece Sirius si fece indietro e gli indicò di sedersi davanti. Si bloccò. “Uhm?”

“Hai detto che volevi imparare. Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi.” Disse Sirius.

“Non ho idea di come fare.” Disse Harry. “Letteralmente nessuna.”

“Il lato positivo di imparare a guidare su una moto volante è che c’è molta meno roba contro cui schiantarsi quando sei a migliaia di metri da terra.” Gli fece notare. “E poi, non può essere più difficile di cavalcare un drago o duellare contro Voldemort.”

Beh. Se la metteva così… Harry salì sulla moto, chiuse con soddisfazione la sua finestra con un rumore sordo e si sedette davanti al suo padrino. Sirius gli spostò le mani, spiegandogli velocemente cosa facevano i vari pulsanti. “Piegati indietro e premi il pedale.” Disse, avvolgendo un braccio intorno ad Harry in modo che non venisse scaraventato via dalla moto. “Non ti preoccupare, se stai per fare qualcosa di davvero stupido, sarò lì a metterci una pezza.”

Harry fece come istruito e vennero sparati nell’aria. L’urlo di estasi di Sirius fece probabilmente svegliare mezzo quartiere e idem le risate di Harry mentre volavano intorno ad una nuvola, nulla sopra di loro tranne le stelle e, sotto di loro, i puntini delle case del Surrey.

Sarebbe stata un’estate fantastica.

 

 

 

Note autrice: spero che vi sia piaciuta!

A tutti quelli che pensavano che avrei ucciso Cedric: ragazzi. Dai. Ricordate: succederanno cose brutte, ma questa fic non vuole farvi del male.

Ho un paio di progetti su cui lavorerò prima di iniziare il quinto anno; quindi, non preoccupatevi se non aggiorno in fretta 😊

Come al solito, sentitevi liberi di seguirmi/infastidirmi su: shanastoryteller.tumblr.com

Posto i miei aggiornamenti di scrittura nella tag “progress report” se è qualcosa che vi interessa sapere 😊

 

Note traduttrice: Sì. Lo so. Siamo in ritardissimo.

Questo capitolo sarebbe dovuto uscire verso la fine dell’anno scorso, per far combaciare la fine del 2022 con la fine della “saga” del calice di fuoco. Purtroppo gli impegno di tutte quante hanno allungato i lavori – e sarò sincera, per un periodo avevo perso anche la motivazione. Se avete voglia di spendere qualche minuto del vostro tempo per darci un feedback su questo MOSTRO di quaranta pagine, sarebbe incredibilmente apprezzato.

Piccolo spoiler per la “stagione” successiva: saranno dieci parti. Pregate per noi.

Un incredibile ringraziamento a @crispygarden per il lavoro di beta su questo capitolo – senza di lei, questo capitolo non sarebbe arrivato ai vostri occhi.

Per rimanere aggiornati su tutte le mie traduzioni e lavori e sapere a che punto sono potete seguirmi su TUMBLR  <- CLICCA QUI

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