Care Project

di Mr Lavottino
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


- Signorina Blaineley, è sicura di volerlo fare? Non mi sembrano ragazzi facili da gestire.- Josh prese i pezzi di carta in mano e, sfogliandoli uno per uno, gli dette una rapida occhiata.
- Certamente, quando mai mi ricapiterà un'occasione del genere?- la bionda sorrise malignamente, per poi portare lo sguardo verso lo schermo del computer che aveva davanti, osservando i volti dei poveri sfortunati.
- È strettamente necessario? C'è anche il rischio che si uccidano a vicenda...- il moro deglutì con forza ed iniziò a mettere i documenti dentro ad un album.
- Sai come è stato testato il primo vaccino?- domandò Blaineley, prendendo alla sprovvista l'altro, che sussultò.
- E questo cosa c'entra? Non è inerente...- Josh provò a parlare, ma venne prontamente interrotto dall'altra che, alzando gli occhi al cielo, lo guardò con fare contrariato.
- Lo sai?- ripeté alzando il tono fino a sopraffarlo.
- No, signora.- l'uomo abbassò lo sguardo e si fermò in attesa della risposta.
- Edward Jenner prese come cavia un bambino orfano e lo testò su di lui.- attese un attimo prima di finire - Quel bambino divenne immune al vaiolo ed il vaccino riuscì a far estinguere la malattia salvando l'umanità. Capisci la morale della storia?- Blaineley lo guardò tenendo i gomiti appoggiati sul tavolo e le dita intrecciate fra loro.
- Non proprio.- Josh non poté far altro che ammettere di non riuscire a trovare il nesso fra il discorso della bionda e l'"esperimento" che la stessa stava per mettere in atto.
- Se vogliamo che queste malattie mentali possano essere curate, abbiamo bisogno di cavie. E loro ci sono stati mandati dai genitori, o addirittura si sono offerti volontari, quindi abbiamo il permesso di muoverci come meglio crediamo.- la donna si alzò in piedi e assunse un'espressione gioiosa.
- Però... è comunque pericoloso. Non so se possiamo fidarci di loro.- nuovamente Josh provò a far ragionare il suo capo, ma quella era ormai convinta ad agire.
- Se le cose si metteranno male interromperò subito l'esperimento, non preoccuparti.- quelle parole, dette con un sorriso gentile sul volto, rassicurarono lo psicologo, il quale si lasciò andare ad un lungo sospiro liberatorio -Avete preparato l'edificio?- domandò poi Blaineley, vogliosa di cambiare argomento.
 Il moro sembrò esitare, poi riaprì l'album con all'interno i documenti e ne lesse uno in particolare.
- Sì, è tutto a posto. Il signor Barlow ci ha concesso di utilizzare uno degli edifici di sua proprietà nelle campagne. Si assicuri di ringraziarlo.- letto ciò rimise a posto l'album.
- Certamente, devo molto a quel ragazzo. Puoi andare Josh, ci vediamo domani.- sentendo quelle parole, l'uomo si alzò e, dopo averla salutata, lasciò lo studio.
Non appena Blaineley ebbe la piena certezza di essere sola, si gettò di peso sulla sedia e si lasciò andare ad una lunghissima risata. La morte di Chris, avvenuta sull'Isola dei Teschi qualche anno prima, le aveva impedito di poter effettuare il suo esperimento, però il suo successore si era dimostrato piuttosto interessato alla cosa e, grazie al suo aiuto, era riuscita ad organizzarsi.
Aveva finalmente tutti i pezzi del puzzle fra le mani, doveva solamente iniziare ad amministrare i fili da dietro le quinte per poter lavorare su quel progetto così importante per lei.
Era più che sicura che, in quel modo, avrebbe potuto curare tutte le malattie mentali del mondo, ma per far ciò aveva bisogno di cavie umane disposte a mettersi a sua completa disposizione. Aveva cercato in lungo ed in largo delle persone adatte e, dopo nemmeno troppo tempo, le aveva trovate.
- Bene, adesso non mi resta che imparare bene i loro nomi. Voglio fare bella figura quando arriveranno.- prese il mouse con la mano destra e riprese a leggere lo schermo del computer, contenente tutti i dati sui ragazzi che, in meno di una settimana, avrebbero partecipato al suo esperimento.
Era contenta, il cast che aveva selezionato si abbinava perfettamente alle sue richieste. Tanti individui afflitti da malattie diverse che lei avrebbe potuto esaminare come meglio credeva.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Una nuova storia ad OC. Esattamente, avete capito bene. E perché proprio ad Aprile? Beh, ho trovato un lavoretto per quest'estate che, purtroppo, mi impegnerà dalla mattina alla sera, quindi non avrò il tempo materiale per scrivere.
Le scelte erano tre: non scrivere la storia, anticiparla o posticiparla. La prima era fuori discussione, così come la terza, scrivere a Settembre è una pessima idea.
Così mi sono attrezzato ed ho anticipato i tempi.
La trama ha un qualcosa di nostalgico:
*Inserire numero casuale* ragazzi, afflitti da malattie mentali, vengono rinchiusi dentro una struttura per poter studiare il loro comportamento da Balineley O'Halloran, famosa psicologa canadese. E da qui le situazioni si evolveranno e così via, classica storia ad OC che tanto adoro.
Il bello, però, è che ho deciso di collegare questa storia a "Total Drama's Killer" e a "Total Drama's Jager", che sono le mie prime due storie ad OC. Ovviamente non c'è bisogno di leggerle per poter seguire questa, anche perché è ambientata dopo rispetto alle due e, soprattutto, non ci saranno collegamenti importanti, sono solo ambientate nello stesso "universo narrativo".
Qua sotto vi lascio la scheda per gli OC nel caso vogliate partecipare.
Nome:
Cognome:
Età:
Breve descrizione fisica:
Breve descrizione caratteriale:
Breve storia:
Orientamento sessuale:
Segni particolari (tatutaggi, piercing e cose del genere, non siete obbligati a metterle se non volete):
Malattia mentale (mi raccomando, non mettete tutti "personalità multiple" altrimenti divento scemo nel ricordarmi tutte le personalità, LOL):
Abbigliamento (opzionale):
Ha scelto lui di partecipare all'esperimento o è stato costretto dai genitori?:
 
Metto un piccolo disclaimer, giusto perché ho sempre paura di essere frainteso eheheheh. Una storia molto simile, chiamate "Total Drama Psychoterapy" venne pubblicata su questo fandom. Io stesso partecipai a quella storia e l'amai tantissimo, ad oggi è ancora una delle mie preferite.
Sfortunatamente è stata rimossa, ma ci tengo a farvi sapere che questa non è assolutamente un tentativo di plagio da parte mia, dato che ho intenzione di portare questa storia su binari diversi, che potrebbero comunque essere simili, rispetto a quella.
Detto ciò, vi informo anche di un altro piccolo, ma fondamentale, dettaglio: io le idee per la storia le ho già in mente, però, nel caso non vi fossero abbastanza partecipanti, c'è una buona possibilità che venga annullata e cancellata. D'altronde per poterla scrivere mi servono gli OC e, senza di essi, non s'ha da farsi.
Per iscriversi basta una recensione. L'OC dovrete mandarlo a me tramite messaggio privato.
E con questo credo di aver finito. Grazie di aver letto! ;-)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Il Centro di Ricerche Scientifiche era sempre stato un posto tranquillo e calmo, dove un sacco di persone con addosso un camice bianco lavoravano assiduamente di giorno in giorno per trovare delle soluzione ai problemi più complessi.
Eppure quella mattina non era tutto così rose e fiori. Dal quarto piano, più precisamente nel reparto degli studi emotivi, erano udibili delle continue urla che avevano preoccupato non poco tutte le persone presenti nell'edificio.
In molti si erano chiesti il perché di quel chiasso, qualcuno aveva ipotizzato si potesse trattare di un'aggressione o di una richiesta di aiuto, eppure erano ben lontani dalla verità.
L'unico, fra tutti i dottori e scienziati presenti, che sapeva chi fosse a causare tutto quel chiasso era Josh Hill, uno dei più famosi psicologi che lavorava in quella struttura. Il pover'uomo era ormai sopraffatto dalle urla del suo capo Blaineley O'Halloran, che i giornali definivano come la "salvatrice dai problemi mentali".
La bionda si era ritagliata un nome nel campo della psicologia grazie ai suoi studi ed alle sue ricerche, che l'avevano portata in pochissimo tempo ad ottenere il posto di direttrice dell'intero reparto di psicologia della struttura.
Solitamente si mostrava come una donna calma, pacata e dai bei modi, eppure quella mattina non era stata in grado di contenersi e a farne le spese era stato il povero Josh. Il moro, i cui timpani erano molto vicini al decesso, teneva il registro, contenente gli appunti per l'esperimento, come scudo per paura che la bionda potesse lanciargli qualcosa quando meno se lo aspettava.
- Cosa significa che più della metà delle cavie si sono tirati indietro?!- ormai Blaineley era completamente andata, al punto che il subalterno ebbe paura di forza troppo la mano.
- Esattamente quello...- Josh esitò, ma dopo aver visto la faccia dell'altra, ed aver ottenuto un istante di silenzio, si convinse a continuare con la spiegazione - Il Centro di Ricerche Scientifiche ha tolto i sostentamenti che avevamo deciso di dare alle famiglie, quindi molti pazienti hanno scelto di non partecipare all'esperimento.- quelle parole vennero seguite da due minuti di silenzio, durante i quali Josh pensò bene di posizionarsi il più lontano possibile dalla bionda.
- Il Centro di Ricerche ha... tolto i... sostentamenti?- Blaineley pronunciò quelle parole lentamente e con un filo di voce. Il moro deglutì con forza, conscio che quando faceva così era perché stava concentrando tutta la sua rabbia per farla esplodere tutta assieme.
- Esatto. Hanno deciso di farlo perché secondo loro l'esperimento potrebbe anche prendere delle pieghe inaspettate e, se questo dovesse accadere, dovrebbero prendersene le responsabilità.- lo psicologo concluse il discorso rapidamente perché sapeva che, se avesse aspettato un minuto in più, l'ira della bionda non glielo avrebbe più permesso.
- In poche parole mi stanno abbandonando?- chiese, riuscendo inaspettatamente a controllarsi. Tenne le mani intrecciate fra loro, mentre, con gli occhi socchiusi, guardava il sottoposto.
- Possiamo dire di sì. - Josh fece il grave errore di pensare che Blaineley fosse riuscita a placare la bestia che teneva sigillata in corpo e ciò gli costò un occhio nero. Con un gesto rapido della mano, la bionda lanciò una penna contro di lui in uno scatto di rabbia improvviso e lo colpì in pieno volto - Ahia, mi ha fatto male!- protestò, tenendosi la parte colpita con una mano.
- Quei maledetti! Cercano sempre di mettermi i bastoni fra le ruote.- sussurrò, mentre si mordeva freneticamente le unghie. Doveva cercare una soluzione al più presto, altrimenti avrebbe rischiato di fallire nuovamente e, per il bene della sua carriera, non poteva permetterselo - Quanti ne sono rimasti?- si posizionò subito davanti al PC e cominciò a digitare diverse parole alla tastiera con fare indaffarato.
- Dovrebbero essere otto o nove, non ricordo di preciso il numero.- rispose Josh, per poi chinarsi e raccogliere la penna da terra.
- Vanno più che bene. Dimmi, i gemelli piromani ci sono sempre?- iniziò a scorrere l'elenco delle cavie, nella speranza che quelle più "succulente" non si fossero tirate indietro.
- Sì, loro ci sono ancora.- Josh scosse la testa in segno d'assenso. Ormai la sua mano era diventata parte integrante del volto poiché, onde evitare altri oggetti in faccia, l'aveva posizionata perennemente davanti agli occhi.
- Ed il tipo che si finge uno scoiattolo?- Blaineley prese il file dei due gemelli e lo spostò in un'altra cartella, per poi riprendere a controllare la lista generale dei candidati.
- No, lui no. - lo psicologo si abbassò di colpo, per paura di essere colpito di nuovo da qualche altro oggetto, ma fortunatamente la bionda rimase immobile, con solo un ghigno contrariato in volto.
- Peccato, avevo grandi aspettative per lui.- si passò una mano in faccia e poi, con fare annoiato, chiuse la scheda - Mandami l'elenco di chi non si è ritirato per e-mail, domani ti darò delle nuove disposizioni.- detto ciò appoggiò la schiena sulla sedia e si lasciò andare ad un lungo sospiro.
- Ah, giusto, stavo quasi per dimenticarmene. Il signor Barlow ha detto che dovrà esserci una sua sottoposta a controllare l'andamento dell'esperimento.- giunto davanti alla porta, Josh ebbe un flash.
- Cosa intendi dire?- la bionda sembrò esitare a rispondere, come se non avesse sentito bene le sue parole.
- Ha detto che acconsentirà ad aiutarvi solo se gli permetterete di tenere sott'occhio le cose. - ripeté il moro, formulandola in maniera diversa.
- Ma stiamo scherzando?! È mai possibile che tutti mi debbano remare contro?- Blaineley si alzò di scatto e batté le mani con foga sulla cattedra davanti a lei.
- La sua sottoposta arriverà fra qualche ora, quindi veda di essere reperibile.- Josh ignorò le sue lamentele e, con un sorrisetto sul volto, fece cenno di andarsene. Purtroppo per lui, la bionda notò l'espressione sul suo volto e, senza ripensamenti, lanciò nuovamente la penna verso di lui, colpendolo sulla fronte.
- Arrivederci.- il moro non provò nemmeno a controbattere, si limitò ad uscire dalla stanza per evitare che, oltre a delle semplici penne, l'altra potesse lanciargli addosso anche il PC o peggio la scrivania.
 
Blaineley passò le due ore successive chiusa dentro al suo ufficio. Una miriade di idee si accavallarono nella sua mente e lei, con precisione, se le annotava tutte sul PC digitando ogni singolo dettaglio.
Nonostante il gruppo di ragazzi fosse ridotto, aveva ancora modo di svolgere un buon lavoro, doveva solo dimostrarsi in grado di farlo. Le cavie erano quasi tutte afflitte da malattie di lieve conto, eccezion fatta per qualcuno, e ciò l'avrebbe aiutata a spingerli fino al tracollo.
Fu proprio mentre era intenta ad appuntarsi una possibile idea che qualcuno bussò, con forza, alla porta. Sentendo quel rumore, distolse lo sguardo dallo schermo e pensò a chi potesse essere. Le tornarono in mente le parole di Josh e capì che doveva trattarsi del "controllore" che Barlow le aveva imposto.
- Avanti.- non aggiunse altro, si limitò a togliersi gli occhiali, che portava solo quando doveva scrivere per tanto tempo al PC, e li appoggiò sulla cattedra affianco ai vari fascicoli che la tappezzavano.
Si perse qualche secondo nell'osservare la figura della ragazza che, senza dire nulla, fece capolino dalla porta. Rimase interdetta nel vederla poiché non aveva mai visto un qualcun di simile: la sua carnagione era pallidissima, i capelli corti e bianchi, ed una benda nera che le copriva l'occhio destro, mentre l'altro, di un blu splendente, era perfettamente visibile.
- Sono Ace White, la sottoposta del signor Barlow.- si presentò schiettamente, senza aggiungere troppi dettagli. Blaineley, da buona psicologa, si prese qualche secondo in più per mettersi osservare anche i più piccoli particolari di quella che, per tutta la durata dell'esperimento, sarebbe stata il suo "cane da guardia".
Indossava degli abiti scuri, che mettevano in risalto la sua carnagione chiara, ed aveva un coltello, nemmeno troppo nascosto, nella cintola. D'altronde era pur sempre una mafiosa.
- Piacere, Ace. Io sono Blaineley O'Halloran, ma credo tu lo sappia già. Non dilunghiamoci troppo nelle introduzioni ed andiamo dritte al punto: cosa vuole il tuo capo?- la bionda si passò la lingua sulle labbra, poi appoggiò i gomiti sulla scrivania e congiunse le mani.
- Ha un particolare interesse verso il suo esperimento.- la voce di Ace era piatta, ma piuttosto calda, tanto che la psicologa fece capire a il perché parlasse con quel tono.
- E perché mai avrebbe questo interesse?- Blaineley notò subito che la ragazza ebbe un attimo di esitazione e ciò la insospettì.
- Questa è un'informazione riservata.- Ace le rispose schiettamente, senza lasciarle un'opportunità per replicare. Non poté che mordersi il labbro con fare impotente, mentre teneva gli occhi puntati su di lei. Avrebbe fatto meglio a capire come manipolarla al più presto, altrimenti la sua presenza avrebbe potuto compromettere il suo esperimento.
- Va bene, ho capito.- le sorrise e si prese un attimo di pausa per provare a schiarirsi le idee - Che mi dici di te?- provò a socializzare, ma l'albina si mostrò subito contraria a tal riguardo.
- Sapere informazioni su di me non è necessario.- la bionda aveva notato che l'altra era solita non guardarle negli occhi quando parlava e ciò già le aveva dato un'idea di che tipo fosse.
- Avanti Ace, saremo colleghe per un bel po'. Cerca di rilassarti.- le disse, cercando di essere la più socievole possibile. Aggiunse anche una risatina, ma nulla riuscì a smuovere la ragazza, fin troppo occupata ad osservare un punto non precisato della stanza con il suo unico occhio visibile.
- Non ho nulla da dirle.- Blaineley sospirò rumorosamente e scosse la testa. Forse sarebbe stato più difficile di quanto aveva pianificato.
- Posso almeno sapere quanti anni hai?- pensò che anche la più banale delle informazioni potesse tornarle utile, quindi cercò di porle qualche domanda di circostanza.
- Ventisei.- per la prima volta, Ace le dette una risposta soddisfacente.
- Ah, quindi sei giovane. Io ne ho trentotto. Come passa il tempo.- si alzò dalla sedia e, lentamente, si avvicinò alla finestra alle sue spalle per guardare di sotto - Domani ti farò sapere i dettagli dell'esperimento, per ora puoi andare.- le disse, senza nemmeno voltarsi a guardarla. L'albina si limitò a farle un mezzo inchino, che la bionda vide dal riflesso sul vetro, poi uscì dalla stanza senza dire nulla.
 
La stanza adibita al controllo dei ragazzi era stata preparata da Blaineley in persona. Aveva fatto in modo di avere un microfono professionale e tanti televisori quante le stanze della casa. Era stata scrupolosa anche con l'impianto audio, che aveva fatto montare per permetterle di sentire qualsiasi singola parola detta dai ragazzi.
Si era inoltre preparata una miriade di documenti e di appunti che, all'evenienza, avrebbe potuto leggere e consultare.
Passò qualche minuto a controllare la disposizione di tutti gli apparecchi elettronici presenti nella stanza, poi finalmente si mise a sedere ed avvicinò la bocca al microfono. Per un istante sembrò voler iniziare a parlare, ma si fermò poco prima di farlo realmente.
Aveva deciso di osservarli silenziosamente, per fare in modo che i ragazzi fossero liberi di muoversi come meglio credevano. Voleva che quell'esperimento potesse essere vero al cento per cento ed i suoi interventi avrebbero potuto costringere i ragazzi a contenersi.
Portò la mano su una pulsantiera, che Josh le aveva procurato, e con calma iniziò a passare l'indice sopra di essa per scegliere con quale suono avrebbe dovuto svegliarli. Ce n'erano di tutti i tipi, da quelli più semplici, come le auto o una semplice sveglia, a quelli un po' più strani, come un tasto che se premuto provocava un insopportabile brusio simile a quello delle mosche.
Decise che, almeno per il primo giorno, sarebbe stata buona, quindi premette un pulsante con sopra una semplice sveglia. Il rumore non le risultò fastidioso, quindi lo scelse. Attaccò la pulsantiera al PC e poi attivò la pulsantiera per poterli finalmente svegliare.
Il suono si espanse per tutta la casa, grazie alle casse nascoste da lei nell'abitazione, e riuscì ad ottenere il risultato sperato. Uno ad uno, i ragazzi iniziarono a tirarsi su.
Li aveva fatti addormentare dai suoi sottoposti e poi li avevano portati dentro l'abitazione. In questo modo avrebbero evitato qualsiasi contatto con l'esterno e non sarebbero stati in grado di capire dove si trovassero.
Il primo a tirarsi su fu Kevin Wyatt, un diciannovenne dai capelli neri, gli occhi grigi, che davano quasi l'impressione di non avere vita, e di statura media. Blaineley prese la sua scheda ed iniziò a leggerla con interesse. Kevin, secondo i dati, soffriva del disturbo di personalità schizoide ed era stato costretto dalla famiglia a partecipare, motivo per cui si aspettava poca collaborazione da parte sua.
Portò poi lo sguardo nel letto accanto a quello del moro, dove c'era Wren Costin. Wren era un ventenne molto alto, con dei lunghi capelli biondi e due occhi verde smeraldo. Dalla carnagione aveva intuito che dovesse trattarsi di un abitante del nord Canada, cosa che confermò controllando nella scheda. Il suo disturbo era il disturbo del sonno, che comportava ad allucinazione nelle quali il ragazzo pensava di essere circondato da alieni. I suoi genitori, esasperati dopo l'ennesima visione da lui avuta, lo aveva costretto a partecipare all'esperimento nella speranza di poterlo guarire.
Blaineley non aveva ben chiaro come trattarlo, perciò si limitò a passare avanti con la speculazione del "cast". Nel letto alla sinistra del suo c'era Jake King, diciassettenne dai capelli corti castani e dagli occhi verdi. Il suo fisico era piuttosto asciutto, così come lo era la sua scheda dei dati. Soffriva di disturbo narcisistico della personalità, una patologia che lo portava a voler essere per forza superiore a qualsiasi altro, ed aveva deciso lui stesso di partecipare all'esperimento.
La bionda ebbe qualche problema nel capire il perché di questa sua scelta, inizialmente pensò fosse dovuto al sostentamento che aveva offerto alle cavie, ma, visto che era stato tolto, non riuscì a trovare una risposta.
Passò poi lo sguardo verso James Grey. Lui e sua sorella erano quelli che più le interessavano. James era un ragazzo magro, dai folti capelli biondi e dagli occhi blu mare. I genitori adottivi dei due, rimasti orfani precocemente, li avevano mandati da lei nella speranza che riuscisse a capire cosa non andasse in loro. All'apparenza sembravano dei normali adolescenti, eppure, secondo quanto sostenuto dai genitori, avevano delle tendenze piromani ed omicide che li colpivano senza un preciso motivo.
Blaineley, avendo finito di controllare la stanza dei maschi, portò lo sguardo verso il televisore che proiettava ciò che stava succedendo nella camera delle femmine. Le quattro cavie erano già in piedi e si stavano guardando intorno.
Identificò subito Charlene Grey, la gemella di James, e provò a squadrarla da cima a fondo. Anche lei era piuttosto gracile ed aveva i capelli biondi, lunghi fino alle spalle, e due occhi blu. Era molto simile al fratello, eccezion fatta per l'espressione vispa perennemente stampata sul suo volto.
Lo sguardo le cadde poi su Linda Ivanov, una ventenne di origini russe che per poco non le fece prendere un infarto. Aveva dei lunghi capelli rossi, con una frangetta a coprirle la fronte, e due occhi grigi quasi ipnotici. La cosa che spaventò la bionda non fu il suo aspetto, magro ma formoso, bensì i tatuaggi sul suo volto, ne aveva ben due: un cuore spezzato sotto l'occhio destro e una scritta sulla tempia, che però da quell'angolatura non riusciva a leggere.
La rossa soffriva di bipolarismo e di sua iniziativa aveva scelto di aderire al progetto.
Affianco a lei c'era Ginevra McPherson, che era la più grande del cast avendo venticinque anni. Era una ragazza di bell'aspetto, formosa, con dei capelli marroni lunghi fino alle spalle e gli occhi azzurri.
La patologia che l'affliggeva era la sindrome di Stoccolma. Blaineley conosceva già quella malattia, essendo psicologa da molto tempo. La polizia le aveva chiesto di verificare più volte se tale sindrome esistesse.
Il motivo per cui Ginevra ne soffriva era piuttosto particolare: in gioventù era stata rapida da un uomo, che era stato poi trovato ed ucciso dalla polizia dieci anni dopo, e che lei riteneva essere il suo salvatore ed unica persona che la capisse. Nonostante Blaineley sapesse che la sindrome di Stoccolma non fosse una malattia riconosciuta dalla comunità scientifica, decise di catalogarla così per convenienza.
Inoltre era stata lei stessa a volerla fortemente, così da poterla studiare con attenzione.
L'ultima ragazza rimasta era Nikita Zeitev, un'altra minorenne, aveva diciassette anni, dall'aspetto piuttosto particolare. A primo impatto le sembrò una di quelle donne dipinte nei quadri rinascimentali, tanto che faticò nell'osservarla attentamente.
Aveva una carnagione pallida, che metteva in risalta i suoi capelli castani, lunghi fino a metà schiena, e i suoi occhi color ambra di un tendente al marrone chiaro. Giudicandola solo dal suo aspetto, avrebbe scommesso tutto ciò in suo possesso che quella ragazza doveva avere una qualcosa di brutale. Riusciva ad intuirlo soltanto guardandola negli occhi.
Dette una rapida occhiata ai suoi documenti e si rese conto di avere ragione. Nikita soffriva di ben due patologie, il che la rendeva una cavia piuttosto interessante. La prima era la sindrome di Amok, una rara sindrome che porta le persone ad istinti omicidi verso chiunque, e che poi aveva portato la ragazza, per colpa dei genitori, a sviluppare un'anedonia, ovvero l'incapacità di provare qualunque tipo di piacere o dolore. Era stata lei, assieme alla complicità dei genitori, a proporsi per l'esperimento.
Blaineley accennò ad un lieve sorriso. Poteva ritenersi più che soddisfatta delle cavie che aveva ottenuto. Non vedeva l'ora che tutti loro entrassero in contatto, così da poter iniziare le loro ricerche. Per il momento decise di tenerli segregati nelle loro stanze per un po', giusto per capire come si sarebbero comportati fra di loro.
 
- Ehm... c'è qualcuno?- Jake bussò alla porta diverse volte, speranzoso che qualcuno gli rispondesse - Vorrei uscire da qui, se possibile.- continuò a colpirla fino a quando, dopo più di un minuto di silenzio, non si arrese. Sbuffò violentemente, poi si voltò verso i suoi compagni di stanza.
Nessuno di loro aveva accennato ad una mossa, anzi, erano rimasti fermi sui loro letti con la testa bassa verso il pavimento.
Approfittò di tutto quel silenzio per guardarsi intorno: la stanza era piuttosto grande, ma al suo interno c'erano solo quattro letti, posti lateralmente contro il muro, ed ognuno di essi aveva affianco un piccolo comodino. Il colore predominante era il bianco e non c'era nemmeno una finestra.
Eccezion fatta per la porta blu, l'intera stanza era completamente color neve. Jake si guardò scrutò tutto con estrema attenzione poi, stufo di quel silenzio così poco rassicurante, rivolse la parola ai tre ragazzi.
- Scusate, qualcuno di voi sa come si esce?- domandò con un filo di voce. Solamente Wren alzò la testa e, col senno di poi, Jake sperò che non l'avesse mai fatto. Due grosse borse erano ben visibili sotto gli occhi del biondo, palesemente poco lucido. Quello non disse nulla, si limitò a squadrarlo da cima a fondo, provocandogli i brividi.
- Domanda stupida.- Kevin, tenendo la testa bassa, decise di dire la sua. Il castano si girò verso di lui, assumendo un'espressione non molto contenta. Fece per parlare, ma riuscì a tapparsi la bocca poco prima di farlo.
- Dove siamo?- finalmente Wren disse qualcosa, ripresosi da quell'attimo di confusione che lo aveva colpito. Il biondo iniziò a guardarsi intorno con fare maniacale, alla ricerca di un qualcosa che, con tutta probabilità, non era in quella stanza. Si portò più volte le mani alla testa, come se avesse un tic nervoso, fino a quando, esasperato, non si gettò sul letto di peso.
- Che ti prende? Tutto bene?- Jake provò ad avvicinarsi ma Wren si alzò di scatto, spaventandolo.
- Dov'è il mio cappello?- lentamente iniziò a muoversi verso il castano, che indietreggiò senza nemmeno pensarci.
- Non... lo so. - Jake esitò, ma ben presto la paura prese il sopravvento e tutto ciò che poté fare fu allontanarsi da lui il più possibile.
- Charlene? Charlene, sei qui? Rispondimi, per favore.- anche James parlò, seppur in maniera più che estranea all'argomento trattato. Si alzò in piedi e, ignorando gli altri tre, iniziò a poggiare l'orecchio destro contro le mura per cercare di sentire cosa accadesse fuori dalla stanza.
- Siamo in una specie di manicomio, no?- a risolvere i dubbi del gruppetto di pensò Kevin, sempre con la testa rivolta verso il basso. Tutti si voltarono verso di lui e lo guardarono gli occhi leggermente spalancati.
- Mia madre mi aveva parlato di un qualcosa del genere.- James scosse la testa in segno d'assenso, poi accarezzò un muro con una mano assumendo un'espressione triste - Speriamo che lei stia bene...-
- Sì, questo lo sapevo. La vera domanda è come facciamo ad uscire da qui.- Jake, che sembrava l'unico ad avere fretta di uscire, si avvicinò nuovamente alla porta e provò a bussare ancora, ma non riuscì a risolvere nulla.
- Non ci resta che aspettare.- Kevin non poté far altro che alzare le spalle e rimanere immobile a guardare il lenzuolo. Esse erano di un bianco crema, come il cuscino, differente rispetto alle mura. Inoltre si rese conto che addosso non aveva i vestiti con cui era andato al Centro di Ricerca, bensì una camicia e dei pantaloni celesti, così come tutti gli altri nella stanza.
- Se resto qua verranno a prendermi... no, no, no, non posso permettere che succeda. Dobbiamo uscire. Devo uscire.- Wren si alzò in piedi e si diresse verso la porta con irruenza. Subito Jake si spostò, spaventato dai modi di fare del biondo. Iniziò a colpire il rettangolo blu con forza, senza però accennare a duna parola.
- Loro chi?- James inclinò leggermente la testa, quasi come se avesse il suo stesso presentimento.
- Gli alieni.- le parole del biondo vennero seguite da una venti di secondi di silenzio generale, che venne poi interrotto da una risata soffocata da parte di Kevin. I tre si voltarono verso di lui e lo guardarono mentre cercava in tutti i modi di trattenersi.
- Scusate, scusate.- aggiunse poi, provando a tapparsi la bocca con le mani.
- Hai qualche problema?- Wren balbettò leggermente, dopodiché di girò verso di lui - Ripeto, hai qualche problema? No, perché mi è sembrato di capire che trovi la situazione divertente.- il respiro del biondo iniziò a farsi sempre più forte e pesante. Il moro boccheggiò qualcosa, poi portò nuovamente la testa verso il basso.
- Mi spiace, sono stato inopportuno.- non gli piaceva discutere, quindi si limitò a scusarsi frettolosamente per poi tornare ad isolarsi completamente.
- Ci devi pensare prima quando fai certe cose. - Wren, tremante, iniziò ad andargli contro in maniera tutt'altro che socievole e ciò costrinse il moro a stare sull'attenti.
- Ti ho già chiesto scusa. Non voglio problemi.- non lo guardò in volto, si limitò a parlare con un filo di voce tenendo d'occhio ogni singolo passo dell'altro.
- Non mi basta.- ormai Wren era a pochi centimetri dal suo volto e Kevin riusciva a sentire il suo respiro sulla pelle. Jake e James erano immobili, a qualche passo da loro, e non avevano nemmeno intenzione di intromettersi.
Kevin, in un ultimo tentativo di evitare di passare alla mani, provò a scusarsi ancora, ma un rumore assordante gli impedì di farlo. I quattro si girarono contemporaneamente e si accorsero che la porta si era aperta.
 
- Possibile che non ci sia un'altra via d'uscita?- Charlene si stava guardando in giro da più di dieci minuti, eppure non aveva trovato alcun modo per uscire dalla stanza. Solo la grossa porta rosa sembrava collegare con l'esterno, però era chiusa.
Quattro letti, quattro comodini e quattro ragazze. Questo tutto ciò che era presente all'interno di quelle mura, prive anche di una finestra.
- No, a quanto pare dobbiamo aspettare che aprano la porta.- Linda tornò a sedere sul letto, conscia che avrebbe dovuto soltanto aspettare. Si morse un labbro, notando che i piercing le erano stati rimossi.
- Beh, non che ci sia altra scelta.- la bionda si avvicinò alla porta e provò a bussare, ma non ricevette risposta. Non avrebbe avuto problemi a restare là, l'unico problema era Ginevra che, da più di un quarto d'ora, si stava lamentando come un'ossessa.
- Dov'è Freddy?- la stessa domanda, alternata ad intervalli di circa due minuti l'una, ripetuta in continuazione, al punto che le sue tre compagne di stanza erano già stufe.
- Si può sapere chi è questo Freddy?- Linda si girò verso di lei e, alzando la voce, provò a capire cosa avesse da lamentarsi in quel modo. Tutte loro avrebbero voluto capirlo ma, chi per riservatezza e chi per menefreghismo, avevano aspettato fino a quel momento senza fare nulla.
- Mio marito. Il mio Federick. Dov'è?- Ginevra puntò i suoi occhi azzurri prima su Charlene, poi su Linda. Le due si guardarono per qualche secondo, fino a quando una delle due non decise di provare a parlarle.
- Non è qui. Siamo in un istituto di riabilitazione.- Charlene le si avvicinò e si mise a sedere sul letto affianco a lei. Le prese una mano e la strinse leggermente, nella speranza di darle forza.
- Ma io devo aiutarlo... lui è innocente, se non vado subito lì loro...- la castana si dimenò e portò entrambe le mani sulle tempie per cercare di calmarsi. Si gettò con la schiena sul letto ed iniziò a piangere e a respirare affannosamente, portando le due a preoccuparsi. Entrambe si precipitarono verso di lei per aiutarla.
- Oddio, che hai? Ti senti bene?- Linda le toccò il collo per controllare se c'era battito, mentre Charlene provò a farla rinsanire con dei leggeri schiaffetti in volto.
- Ehi, tu, aiutaci.- la bionda si volto verso Nikita, rimasta fino a quel momento seduta sul suo letto con le gambe incrociate ed in completo silenzio.
- Non sono una dottoressa.- le disse la castana, senza nemmeno muoversi da lì.
- Ma che cazzo stai dicendo? Abbiamo bisogno di una mano. - Linda, nel panico più totale, la guardò con rabbia, mentre tastava il polso di Ginevra per controllare le sue condizioni.
- Ripeto, non sono una dottoressa. Lasciatela stare, fra poco si riprenderà. E poi se dovesse sentirsi veramente male verrebbero qui dei dottori. Vi ricordo che siamo sotto sorveglianza.- liquidò la sua richiesta con quelle parole, per poi portare gli occhi verso i suoi piedi. Tutte loro stavano indossando una camicetta rosa ed un paio di pantaloni del medesimo colore, e da ciò intuì che c'era qualcosa che non andava.
Perché avrebbero dovuto addormentarli e poi cambiarli? Decise di non perdersi troppo in speculazioni, anche perché in quel momento aveva delle distrazione che non le permettevano di pensare con calma.
Dopo qualche minuto, come detto da Nikita, Ginevra tornò a respirare normalmente e, pochi attimi dopo, si tirò su con la schiena. Linda e Charlene si allontanarono, per permetterle di respirare meglio, mentre la guardavano con delle espressioni preoccupate.
- Visto? Che vi avevo detto?- aggiunse, quasi sottovoce, per poi tornare a farsi i fatti suoi.
Linda avrebbe voluto risponderle a tono, ma in quel momento sentirono un rumore acuto seguito da un forte "click" proveniente dalla porta. La serratura era scattata ed avevano quindi la possibilità di uscire da lì. Le quattro si guardarono per qualche secondo, fino a quando Ginevra non si alzò dal letto e, senza dire nulla, prese a corsa verso il corridoio.
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Il primo capitolo. È sempre una liberazione scriverlo, perché da ciò inizia tutto. Lo si può definire il fulcro di una storia ad OC.
Avendone scritte tante ne so qualcosa. Solitamente e, parlo per esperienza personale, i primi capitoli sono i più difficili da scrivere, perché non si conoscono i personaggi e si fa fatica ad avere delle belle idee da utilizzare.
Devo ammettere che il cast che mi è arrivato è diverso da come me lo aspettavo. Sono abituato ad avere assassini, ragazzi schizzati e personaggi cupi, mentre questo cast è... normale, in senso positivo ovviamente.
Non ci sono killer rinomati, non ci sono patologie complesse. È tutto così... semplice. E fatemelo dire, preferisco di gran lunga così. In questo modo ho la possibilità di spaziare al cento per cento con i vari personaggi e di fare tutte le "prove" e gli "esperimenti" di cui ho bisogno, senza essere incatenato da obblighi.
Bravi tutti, davvero. L'unico problema sarà farli relazionare, perché la maggior parte di loro sono molto introversi. Quindi mi permetterò, scusatemi in anticipo, di forzare leggermente alcuni dei loro comportamenti. Ah, ne manca ancora uno che, per varie motivazioni, farà la sua comparsa nel capitolo due.
Adesso passiamo alle cose importanti: chi è Ace?
Probabilmente molti di voi se lo staranno chiedendo, e anche giustamente, quindi mi pare giusto darvi una risposta. Ace White è un OC della storia Totale Drama: Jager, che è ambientata nello stesso universo narrativo di Cure Project. Come ho già detto nel prologo, alcuni personaggi di TDJ ritorneranno (anche se non tutti), ma non preoccupatevi, non avrete bisogno di leggere la storia.
Diciamo che leggendola avreste modo di sapere i loro background, che comunque non sono indispensabili. Se volete sapere di più su Ace (o su altri dettagli della storia) basta chiedere, vi farò un mega riassuntone così che possiate bene o male capire di chi si tratta e cosa fa.
Il giorno di pubblicazione dei capitoli ancora non lo so, ma molto probabilmente sarà uno fra sabato e domenica. Cavoli, ho un sacco di lavoro da fare! Fra "The Getaway", che conta la bellezza di 30 capitoli, e questa nuova storia sarà molto occupato. Beh, sempre meglio per il fandom, più storie ci sono e meglio è, giusto?
Vi ringrazio per aver letto il primo capitolo e, come al solito, ci vediamo al prossimo ;-)

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


- Freddy, sei qua?- la corsa di Ginevra si fermò poco dopo essere uscita dal corridoio. Vide una grossa porta blu, in cui non esitò ad entrare, al cui interno c'erano i quattro ragazzi. Li guardò tutti, uno ad uno, e poi, con il fiatone iniziò a fargli delle domande - Freddy è qui? L'avete visto? È un uomo grande, con i capelli neri, gli occhi marroni e...- le sue parole venne interrotte da Jake che, ancora stranito dalla faccenda, le appoggiò le mani sulle spalle per farla calmare.
- Parla più piano, in questo modo non riusciamo a capirti.- il castano la guardò dritta negli occhi, fino a quando quella non si calmò e, dopo degli attenti respiri, parlò lentamente.
- Avete visto Freddy?- domandò, per poi spostare lo sguardo per tutta la stanza alla sua ricerca.
- Qualcuno di voi ne sa qualcosa?- Jake si voltò verso i tre, che si limitarono a fare cenno di dissenso con la testa, per poi guardarla - No, mi spiace. Anche noi ci siamo svegliati qua dentro, quindi non sappiamo nulla.- concluse, mentre l'altra stava incominciando a piangere per l'ennesima volta.
- Per favore, pensateci bene. È un uomo sulla trentina, con dei bellissimi occhi color nocciola, un po' di barba bianca ed i capelli scuri...- la ragazza riprese a parlare rapidamente, mandando di nuovo tutti nel pallone. Prese Jake per le braccia e, senza nemmeno farlo di proposito, iniziò a stringere la presa affondando le unghie nella sua carne.
- Ginevra!- a salvare la situazione, che si stava facendo piuttosto pesante, fu Linda. La rossa le andò vicino e la girò verso di se con la forza - Calmati, dannazione!- la scosse per qualche secondo, attendendo che si calmasse per bene. Assieme a lei venne anche Charlene che, non appena entrò dentro la stanza, si ritrovò abbracciata dal fratello James.
- Devo trovare Freddy, altrimenti...- Ginevra provò nuovamente a parlare, ma le venne impedito.
- Freddy non è qui. Questo è una specie di ospedale psichiatrico e noi siamo qua perché dobbiamo curare i nostri disturbi.- Kevin, sempre con la testa rivolta verso il basso, le disse la verità senza farsi scrupoli. Non cercò nemmeno di addolcirle la pillola, conscio che tanto non sarebbe servito a nulla.
- Non è vero...- sussurrò Ginevra.
- Ha ragione lui, purtroppo dobbiamo stare chiusi qua dentro per un bel po', quindi per un po' di tempo non potrai vedere Freddy.- Charlene le sia avvicinò e provò a darle supporto morale, ma la castana reagì malamente.
- Non è vero!- urlò, con tutto il fiato che aveva in gola - Lui è qui, devo solo trovarlo!- la ragazza continuò a gridare con foga, lasciandoli tutti interdetti.
- Smettila.- Wren, vittima di un forte mal di testa, provò a placare la sua ira, ma non riuscì ad ottenere alcun risultato.
- Se non testimonio a suo favore verrà ucciso e poi...- ormai Ginevra si era completamente persa nei suoi discorsi, al punto che sembrava stesse parlando da sola.
- Falla finita, porca puttana!- Wren, in uno schizzo di rabbia, portò la sua faccia a pochi centimetri da quella della castana, che si zittì immediatamente. In tutta la stanza piombò il silenzio più totale per più di cinque minuti, dove nessuno osò fiatare.
- Forse sarebbe meglio presentarci, che ne dite?- Jake, dopo aver aspettato abbastanza, provò a prendere in mano la situazione, ottenendo dei brusii di assenso da parte degli otto. Si presentarono rapidamente, limitandosi a dire i loro nomi, poi finalmente incominciarono ad esplorare l'abitazione.
Fuori dalle due camere, poste una accanto all'altra, c'era un corridoio che portava ad una biforcazione. A sinistra era presenta una piccola porta bianca con sopra scritte le lettere "WC", mentre sulla destra un grosso cancello di ferro impediva di arrivare ad un portone, che con tutta probabilità doveva essere l'uscita dalla casa.
La porta del bagno risultò essere chiusa, così come una che trovarono accanto al cancello e che, dal piccolo foglietto scritto sopra, supposero essere un magazzino. L'unica aperta era quella posta proprio davanti al corridoio.
I ragazzi, seppur esitanti, la attraversarono e all'interno vi trovarono una grossa sala . C'era un tavolino, con dieci sedie, due divani piuttosto larghi, una televisione enorme attaccata al muro, ed un sacco di altre cose, come una mensola piena di dischi, videogiochi e perfino uno stereo per ascoltare la musica.
Gli arredi e le mura erano completamente bianchi e gli unici oggetti a dare colore alla stanza erano le varie cianfrusaglie in giro, fra cui i cavi per collegare la TV o i controller delle console accanto ad essi, ed il tutto dava uno strano senso di chiuso.
- Guarda quanta roba...- Jake iniziò subito a guardarsi intorno e, dopo essersi avvicinato ad uno scaffale, prese un libro dalla mensola e lo guardò. "Cappuccetto Rosso", lesse il titolo e si rese subito conto che la copertina era stata sostituita con una sovraccoperta bianca sopra la quale c'era stato scritto il testo in nero.
- Chi ha progettato questa stanza non ha molta fantasia.- anche Linda iniziò a controllare tutti gli oggetti presenti nella stanza, notando come ogni singolo oggetto fosse dello stesso colore. Perfino le tende e le persiane delle finestre, che erano state accuratamente chiuse per impedirgli di guardare fuori.
- È tutto... nostro?- James roteò su se stesso e si mise a sedere su uno dei divani, notando come fosse morbido e confortevole.
- Credo di sì. - la sorella si mise accanto a lui, mantenendo un'espressione gioiosa in volto.
- Non sto capendo... perché qui è tutto uguale?- Wren iniziò a sentirsi sempre più a disagio per colpa di quell'aria così tesa che si respirava nella stanza. Non sapeva bene il perché, ma sentiva che c'era qualcosa di strano in quel luogo.
- È un trucco che usano gli psicologi per farci credere che sia tutto a posto. Le solite stronzate.- a rispondergli fu Kevin, che si mise poi a sedere sul bordo del divano rimasto libero.
- Te ne intendi di queste cose?- Charlene si voltò verso di lui, mandandolo leggermente in paranoia, e gli sorrise.
- Più o meno... credo.- detto ciò spostò lo sguardo da tutt'altra parte, imbarazzato e quasi infastidito dall'essere guardato da lei. La bionda notò il suo gesto e, sorridendo sotto i baffi, si morse un labbro.
- È tutto così pulito.- Jake continuò il suo giro di perlustrazione aprendo tutte le ante e i mobili presenti nella stanza. Trovò bicchieri di plastica, bottiglie d'acqua, riviste, quaderni e molto altro ancora. Tutti quegli oggetti erano messi assieme senza un preciso senso logico, tanto che il castano fece fatica a distinguerli.
- Cosa dobbiamo fare?- anche Linda si era messa a controllare i numerosi scaffali appesi al muro, mentre si chiedeva in quale modo avrebbero dovuto comportarsi. Prese una rivista di moda fra le mani ed iniziò a sfogliarla, accorgendosi che fosse piuttosto vecchia. La data sopra riportata era il ventisette Maggio di qualche anno prima.
- Una Play Station 3? Ma stiamo scherzando?- Wren si avvicinò alla console e la osservò attentamente.
- C'è qualcosa che non va?- Charlene sporse la testa per osservarla, ma non vi trovò nulla che non andasse.
- Due anni fa è uscita la 4, sono veramente arretrati. Anche i giochi, sono tutti per la 3.- prese in mano le confezioni e gli diede una rapida controllata, confermando i suoi dubbi. Non conosceva nessuno di questi, perché abituato a quelli di generazione successiva.
- Stanno tramando qualcosa.- anche Nikita si aggiunse alla conversazione. Si era seduta su uno sgabello, posto davanti a quello che sembrava essere un angolo bar, e stava dando le spalle a tutti.
- Che intendi dire?- le domandò Jake, mentre si passava fra le mani degli almanacchi su delle vecchie stagioni di Baseball.
- Non lo so di preciso, ma è tutto fin troppo strano. Se qua ci sono oggetti così vecchi è sicuramente per una scelta loro.-  la castana girò lo sgabello e li guardò tutti negli occhi, senza aggiungere altro.
I loro discorsi vennero interrotti da un rumore, simile ad una campanella scolastica, proveniente dal soffitto. Seguì qualche secondo di silenzio, poi una voce calda e cordiale iniziò a parlare.
- Buongiorno ragazzi. Io sono il capo-psicologo che vi seguirà in questo esperimento. Questa è una registrazione con la quale vi metterò al corrente di alcune cose. Come in ogni ambito, anche qui ci sono delle regole che dovete rispettare.- ci fu un attimo di pausa, in cui i ragazzi si guardarono fra di loro - Prima regola: è vietato ogni contatto con l'esterno. Seconda regola: non è permesso uscire dalla struttura fino alla fine dell'esperimento. Terza regola: potete usare tutti gli oggetti che trovate qua dentro e siete liberi di muovervi come volete. Quarta regola: quando sarà pronto da mangiare verrete informati dal suono di una campanella, ma non siete obbligati ad andare.- ci fu un'altra interruzione - Questo è quanto. Spero che il soggiorno sia di vostro gradimento, arrivederci.- detto ciò la voce registrata smise di parlare ed i ragazzi poterono tornare a parlare normalmente fra di loro.
- Fantastico, siamo bloccati qua dentro.- Linda si gettò di peso sul divano, infastidendo non poco Kevin, e sbuffò violentemente, poi prese il telecomando della televisione e la accese.
- Che danno alla TV?- Charlene portò gli occhi sullo schermo, rimanendo interdetta nel vedere la selezione canali. C'erano solamente delle serie Tv, nemmeno troppo nuove, e qualche film.
- Nessun notiziario, molto furbi.- Kevin si lasciò sfuggire una risatina, mentre la rossa usava il telecomando per controllare i titoli presenti.
- Così siamo tagliati del tutto fuori.- la bionda si batté un pugno sulla mano e guardò il moro con un grosso sorriso in volto - Sei stato bravissimo ad averlo notato.- Charlene sorrise al ragazzo, che si limitò a fare una smorfia e ad abbassare la testa.
- C'è della carta stagnola qua in giro?- era da un po' che Wren si stava guardando in torno con fare sospetto, ma nessuno lo aveva notato. Nel giro di qualche minuto aveva aperto tutti gli scaffali alla ricerca di quella carta, eppure sembrava non esserci.
- Scusami, a che ti serve?- James si girò verso di lui, senza però rivolgergli esplicitamente lo sguardo. temeva che potesse arrabbiarsi anche con lui, però così non fu.
- Devo... devo farmi il capello, sai. Quello per... tenere lontani gli alieni.- balbettò qualche parola, mentre con vari gesti delle mani provava a far capire cosa intendesse. I sette lo guardarono straniti, ancora non del tutto consci della situazione.
- Alieni? Ma cosa...- Linda alzò le sopracciglia, leggermente stranita, poi scosse la testa e riprese a controllare la televisione.
- Loro sono... reali, sai? Io... li ho visti, loro sono... non so nemmeno come spiegarlo.- il biondo boccheggiò diverse volte, prendendosi di tanto in tanto qualche pausa per cercare di parlare al meglio - Cazzo, ho u sonno tremendo.- si portò la mano sulla testa e si accasciò accanto ad un armadio.
- Ehi, tutto bene?- Jake provò ad avvicinarsi a lui e gli porse la mano per aiutarlo a rialzarsi.
- Sì, sì, ho solo... qualche problema col dormire.- accettò l'aiuto del castano e si tirò su barcollando.
- Non ringraziarmi, aiutare le persone mi sembra il minimo.- gli rivolse un grosso sorriso, lasciandolo leggermente stranito.
- Infatti non... non l'ho fatto.- Wren si lasciò scappare una risatina di circostanza, che poco piacque all'altro. Una volta tiratosi su, andò vicino al tavolo e si mise a sedere su una sedia.
- Che ore sono?- Charlene cercò con gli occhi un orologio in giro per la stanza, ma non fu in grado di trovarlo.
- Non ne ho idea. Mi ricordo che quando mi hanno fatto addormentare era sera. - Kevin alzò le spalle, per poi aiutare la bionda nella ricerca di un orologio - Sono stati furbi, cercano di disorientarci.- ridacchiò sottovoce, per poi sbuffare con violenza.
- Almeno il giorno lo sapete?- Linda, che nel frattempo aveva spento la Tv ed aveva affondato la testa sul cuscino, portò lo sguardo verso il calendario posto accanto ad un grosso armadio bianco. Il mese là segnato era Maggio, ma era più che sicura che in realtà fossero in piena estate.
- Forse il diciotto di Agosto, no, no, il diciassette.- Jake tirò ad indovinare, senza nemmeno soffermarsi troppo nel rifletterci su.
- Lunedì sedici Agosto. E ad occhio e croce sembrano le tre del pomeriggio.- fu Nikita, con un tono abbastanza seccato, a togliere loro i dubbi. Si procurò diverse occhiate stranite, che però aveva già messo in conto.
- Come hai...- accennò James, senza sapere come potesse essere sicura perfino sull'ora.
- Ieri era Ferragosto. La luce che filtra dalle persiane mi fa capire che è giorno e, essendo anche piuttosto forte, molto probabilmente siamo nel primo pomeriggio.- non lo lasciò finire, già conscia di cosa le avrebbe chiesto.
- Il calendario è di due anni fa, c'è scritto duemilatredici. - fece notare Charlene, dopo averlo accuratamente osservato per qualche secondo.
- È tutto così strano. Sembra che vogliano bloccarci nel passato.- Linda portò gli occhi verso il soffitto e si perse in quel bianco. Non capiva, come del resto anche gli altri, il perché di quelle scelte.
- Forse sono... sono stati gli alieni! Ci hanno portato indietro... nel tempo!- Wren schizzò in piedi, per poi ricadere di peso sulla sedia - Oh, Gesù, non riesco nemmeno più a ragionare.- si spinse le dita nelle tempie, sperando di far passare quel mal di testa che da un sacco di tempo lo affliggeva.
- Calmati, non c'è bisogno di andare in paranoia, probabilmente ci avviseranno loro dell'orario.- Jake tentò nuovamente di approcciarsi gentilmente verso di lui, ma quello lo ignorò.
- Io... sono stanco. Voglio solo dormire. Torno in stanza.- detto ciò si alzò e se ne tornò nella sua camera senza aggiungere altro.
- Vengo anche io. - Kevin decise di andargli dietro, fin troppo a disagio dalla situazione che stava vivendo dentro la sala. Troppe parole, troppi discorsi inutili.
I due si sdraiarono suo rispettivi letti, quelli in cui si erano svegliati, e stettero in silenzio per qualche minuto. Il biondo cercò invano di prendere sonno, mentre l'altro si limitò a cercare di placare quell'ansia sociale che lo stava attanagliando. Continuava a maledire sua sorella per averlo convinto ad aderire a quell'esperimento, mentre con entrambe le mani si copriva gli occhi.
- Mi dispiace per... sai, per quello che ti ho detto oggi, ecco.- Wren voltò la testa verso di lui e gli abbozzò un sorriso, cogliendolo alla sprovvista.
- Non fa niente. La situazione era piuttosto incasinata, è stata una reazione legittima.- Kevin provò a sminuire la cosa, ma il biondo non glielo lasciò fare.
- No, non lo era. È solo che... non riesco a dormire ed ho... sempre questo mal di testa.- portò l'indice sulla fronte, mentre sentiva il cervello pulsare conto il cranio. Da quando sua madre lo aveva costretto ad assumere tutti quegli psicofarmaci, essi lo avevano portato a soffrire d'insonnia, ed infatti era solito ad attacchi d'ira per via del poco sonno, come quelli che aveva avuto prima.
- Smettila di pensarci, tutti qua dentro hanno problemi.- il moro si girò dall'altra parte, messo sotto pressione dai continui sguardi di Wren, e si rannicchiò su se stesso.
- Me ne sono accorto.- detto ciò, il biondo si mise a ridere e, lentamente, sentì il sonno iniziare ad avvolgerlo.
 
Le due ore che passarono furono veramente lente ed altalenanti. Linda aveva trovato degli scacchi e, dopo numerose richieste, era riuscita a convincere James, anche se in realtà era stata la sorella a costringerlo, a giocare con lei.
Il biondo non era propriamente un gran giocatore, ma sapeva quantomeno le regole e ciò gli bastò per mettere fuori gioco la rossa ben quattro incontri di fila. La ragazza stava palesemente perdendo la pazienza al punto che, per paura, lui provò addirittura a ritirarsi, venendo però bloccato più volte dalla sfidante, che voleva ottenere una vittoria onesta.
- Ma come diavolo fai?- Linda non riuscì più a contenersi e, dopo la quinta sconfitta consecutiva, iniziò a perdere le staffe. La rossa digrignò i denti con violenza, per poi cacciare un urlo.
- Sto andando a caso, nemmeno io so bene come si gioca. Sarà fortuna.- il biondo accennò ad una risatina di circostanza, ma ciò non fece che farla arrabbiare ancora di più.
- Non è possibile! Maledizione.- in uno scatto d'ira inaspettato, Linda prese la scacchiera e la lanciò per terra. I vari pezzi si sparsero da tutte le parti, mentre James e Charlene, seduti sul divano, si portarono istintivamente le mani davanti al volto per la paura.
- Cerca di calmarti, non è urlando e sbattendo le cose che diventerai brava a scacchi.- Nikita, con il suo solito tono calmo e tranquillo, girò lo sgabello verso di lei e le dedicò un'occhiata derisoria. La rossa la guardò negli occhi, rossi per la rabbia, per qualche secondo, fino a quando non si alzò in piedi e con dei piccoli passi le andò in contro.
- Cosa hai detto?- domandò con un filo di voce, mentre l'altra si limitava semplicemente a guardarla - Su, ripetilo se ne hai il coraggio.- sentendo quelle parole, Nikita si indispettì e si girò dall'altra parte facendo innervosire Linda ancora di più.
- Andiamo, calmati, non c'è bisogno di alterarsi tanto, è solo un gioco.- Charlene, sostenuta da Jake, provò a tenere sotto controllo la situazione, ma non ci riuscì.
- No, no, no, non è solo un gioco! Quest'idiota è da quando ci siamo svegliati che si atteggia come se sapesse tutto lei. Mi da sui nervi!- mosse un altro passo in avanti, il che portò la bionda ed il castano ad andarle vicino per impedire il nascere di una rissa - Non hai nemmeno voluto aiutarci quando Ginevra si è sentita male.- ormai le due erano solo ad un metro di distanza.
- Di che cosa soffri? Disturbo bipolare? Personalità multipla?- Nikita si girò nuovamente verso di lei e, dopo averla squadrata per qualche secondo, si mise a ridere.
- Che cos'hai da ridere?- subito Linda di sentì giudicata, motivo per cui scattò sulla difensiva. La castana scosse la testa, senza dirle nulla.
- Non c'è bisogno di alterarsi, saremo coinquilini per un bel po', quindi dobbiamo cercare di andare d'accordo.- Jake si mise fra le due e, con un sorrisetto in volto, iniziò a parlare - Cosa ne dite di nominare un capo momentaneo del gruppo? Potrebbe essere utile per adesso.- alzò le sopracciglia, nella speranza di convincerli. Nessuno di loro rispose, limitandosi a guardarlo.
- Per me non c'è problema. È giusto che ci sia qualcuno al comando.- Charlene gli sorrise, venendo prontamente ricambiata - James, tu che ne pensi?- si appellò al fratello, ancora in terra a raccogliere i pezzi degli scacchi.
- Fate come volete.- liquidò la faccenda con sufficienza, per poi continuare a cercare i piccoli oggetti sparsi per il pavimento.
- Chi si offre?- Jake portò gli occhi su ognuno di loro, ma nessuno si fece avanti. Ghignò, contento per come si stava mettendo la situazione - Beh, allora credo che toccherà a me. - alzò le spalle, per cercare di far sembrare che quella fosse l'unica scelta disponibile.
- E adesso che ti sei auto eletto cosa facciamo?- Linda, dopo aver lanciato un'ultima occhiataccia verso di Nikita, tornò a sedere sul divano.
- Non possiamo far altro che aspettare.- Charlene si mise accanto a lei ed assunse un'espressione imbronciata.
- Tu perché sei qui?- la rossa si girò verso la bionda, squadrandola per bene. Quella sussultò, portando l'altra a spiegarsi meglio - Cioè, non mi sembri avere un qualche tipo di disturbo particolare. Sei... normale.-  
- In realtà io sono qui per tenere sotto controllo James.- indicò il fratello, che non si curò nemmeno di guardarla - Soffre di una grave ansia sociale, quindi ho deciso di partecipare all'esperimento assieme a lui.- gli rivolse un sorriso, senza però venire considerata.
- E ti hanno permesso di partecipare?- Linda alzò le sopracciglia, stranita.
- Mia madre ha dovuto discutere con gli psicologi per un bel po', ma alla fine ce l'abbiamo fatta.- spiegò, con calma assoluta.
- Io mi sono offerto volontario. Ho pensato che potesse essere un buon modo per curare la mia patologia gratuitamente.- Jake si intromise nella conversazione, portando le due a fissarlo.
- Ah, sì? Di che cosa soffri?- Linda lo guardò con interesse, facendolo sentire realizzato.
- Disturbo narcisistico della personalità. Non è nulla di pericoloso.- sminuì la cosa e si mise a ridere - Tu invece?- la guardò con i suoi occhi vispi, notando che fosse piuttosto riluttante nel parlarne.
- Bipolarismo.- tagliò corto, confermando quanto detto da Nikita poco prima, che si lasciò scappare una risatina.
- Tu, invece?- Jake domandò proprio alla castana che, sempre seduta nell'angolo bar, attese un bel po' prima di rispondergli.
- Anedonia.- anche lei evitò di dilungarsi troppo nella spiegazione, già seccata dal dover conversare per forza con loro.
- Quindi niente di pericoloso. Ginevra, ti perché sei qui?- Charlene portò i suoi occhi azzurri verso di lei, ancora seduta impassibile sul divano. La ragazza si era calmata, però da quel momento era rimasta immobile nello stesso punto per più di un'ora senza dire nulla.
- Ehi, Ginevra, va tutto bene?- Jake, notando lo strano silenzio da parte sua, le si avvicinò lentamente. Quella non accennò a muoversi nemmeno quando il castano le passò una mano a pochi centimetri dagli occhi. Ogni cinque secondi batteva le palpebre, come se andasse a tempo, senza pronunciare nemmeno una parola.
- Oggi è il... sedici Agosto.- sussurrò poi, con un blocco in gola - Il processo di Freddy era il dodici.- dopo aver detto quella frase scoppiò in un pianto disperato che si susseguì per una decina di minuti.
Tutti quanti, eccezion fatta per Nikita e James, le andarono attorno e provarono ad aiutarla, ma la castana non sembrava riuscire a calmarsi.
Soltanto dopo un po' smise di piangere, quando, senza alcun preavviso, gli altoparlanti riprodussero un rumore piuttosto forte che costrinse tutti loro a voltarsi in loro direzione. Wren e Kevin si presentarono nella stanza, svegliati dal suono, e poco dopo un'altra voce registrata iniziò a parlare.
- Sono le diciannove in punto. Potete andare nella cucina. Vi auguriamo buona cena.- quella frase, detta da una voce maschile, venne seguita da l'ennesimo "tac" che fece intuire loro lo sblocco della serratura.
 
L'interno della cucina era proprio come se lo erano immaginati. La stanza era completamente bianca, così come il tavolo e le sedie presenti all'interno. Anche i fornelli e i vari arredi erano dello stesso colore, eccezion fatta per il lampadario, posto proprio al centro della stanza, che era di un colore celestino. I ragazzi entrarono tutti assieme e videro che i piatti a tavola erano già pronti.
- Diamine, addirittura la tavola apparecchiata.- disse Kevin sarcasticamente. Era come rinato dopo quella lunga dormita ed aveva avuto anche il modo di parlare un po' con Wren e stringerci una sorta di "conoscenza approfondita".
- Mi pare il minimo, volevi campare a panini e cibi in scatola?- Linda, con un tono di acidità, si avvicinò ai piatti per osservarli meglio.
- Non che sia qualcosa di impossibile.- replicò il biondo, senza però cercare di farne scaturire una discussione.
- Chi ha preparato tutto questo?- Charlene portò gli occhi sulle pietanze e le analizzò attentamente: pesce in umido, con sopra dell'olio e un po' di sale, del pane ed un po' di insalata. I
- Direi che possiamo anche mangiare, no?- Jake si avvicinò ad una sedia a casaccio e si mise a sedere aspettando che tutti quanti facessero come lui. Ci fu un attimo di esitazione generale, poi tutti presero posto.
- Vi auguro di fare una buona cena.- una voce esterna li portò a voltarsi verso i fornelli. Lì c'era una ragazza che li stava osservando con un sorriso in volto.
- E tu saresti?- il castano la guardò per un po'. Aveva i capelli neri lunghi fino alla schiena, una frangetta che le copriva la fronte, la pelle chiara e due occhi azzurri. Indossava la loro stessa tuta, ma sopra di essa aveva un grembiule.
- Io sono Aya Jordan e sono la cuoca di questo posto, piacere di conoscervi.- accompagnò quelle parole con un mezzo inchino, poi rivolse loro un sorriso.
- Scusami, ma quanti anni hai?- Kevin la squadrò bene e notò che non potesse essere più grande di sua sorella.
- Sedici. - sentendo quelle parole, il moro spalancò la bocca a vuoto, stupito. Non le avrebbe dato più di tredici anni.
- Anche tu fai parte dell'esperimento?- le domandò Charlene, notando la tuta. Quella esitò un po' a rispondere.
- Diciamo di sì. Mi hanno presa per partecipare ed io ho richiesto di fare la cuoca per voi.- spiegò con calma, mentre si accingeva a prendere un posto a tavola.
- Quindi anche tu sei una paziente.- concluse Jake, un po' turbato dalla cosa. Era sicuro mangiare del cibo preparato da lei? Non la conoscevano e, sulla carta, sarebbe potuta essere una pazza qualunque che avrebbe potuto provare ad ucciderli con dei piatti avvelenati. Si guardò un po' intorno e notò che Aya, così come Nikita e Kevin, avevano già iniziato a mangiare.
- Che fate, non mangiate?- Nikita guardò il castano con la coda dell'occhio, mentre con la forchetta prendeva un pezzo di pesce e lo portava alla bocca. Ovviamente anche lei aveva pensato all'ipotesi che il cibo fosse avvelenato, ma aveva già pronta una contromisura. Si era accorta subito che c'era un posto in più a tavola e, per la legge delle probabilità, era improbabile che la mora sapesse dove si sarebbero messi a sedere, quindi non avrebbe potuto preparare piatti avvelenati per tutti tranne che per lei.
Per di più, era stata la prima ad iniziare a mangiare, quasi come se volessi far vedere a tutti che il cibo era commestibile.
- Tu dove dormi? Voglio dire, nella nostra stanza ci sono solamente quattro letti.- stranamente, Nikita prese l'iniziativa ed iniziò a porle qualche domanda.
- La mia camera si trova là. - indicò una porta vicino al frigorifero, lasciata socchiusa.
- Qual è la tua patologia?- i suoi occhi color ambra entrarono in contatti con quelli azzurri della ragazzina, che sembrò parecchio infastidita dal suo comportamento.
- Bipolarismo, psicopatia, non so come siete soliti chiamarla voi.- continuò a risponderle con un sorriso in volto, senza accorgersi di star portando sempre più sospetti verso di lei.
- Capisco. Abbiamo un'altra con una malattia simile.- rivolse un'occhiata verso Linda ed accennò ad una risatina, venendo però ignorata.
- Credo sia il momento di fare le presentazioni.- Jake si alzò in piedi ed iniziò ad indicare i ragazzi, ma venne prontamente fermato da Aya.
- Non ce n'è bisogno, vi conosco già. So tutto di voi.- quelle parole li spiazzarono, portandoli ad a domandarsi come fosse possibili.
- Che stai dicendo? Come fai a...- il castano, con un'espressione sconvolta in volto, la guardò, notando che la mora stava trattenendo delle risate.
- Finite di mangiare.- detto ciò, tutti loro iniziarono a perdere i sensi.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Capitolo due, deux, two, dos, chiamatelo come vi pare.
E con Aya siamo al completo! Da adesso si inizia a fare sul serio, i nostri amati protagonisti inizieranno ad addentrarsi nel centro del progetto della signorina Blaineley (non vi preoccupate, non è morta, ritornerà nel prossima capitolo)
Che dire, i nostri eroi iniziano a fare amicizia e Ginevra ha finito le lacrime di riserva per il suo povero Freddy! Jake sale al comando, James raccoglie gli scacchi, Linda perde malamente, Charlene parla e parla, Nikita ci degna della sua presenza, Wren smatta e dorme, Kevin dorme e basta ed Aya mette cose strane nel cibo.
Beh, detto ciò ci vediamo al prossimo capitolo Domenica prossima!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Blaineley guardò lo schermo della Tv con l'espressione di una bambina davanti ad un cartone animato. I ragazzi si era appena svegliati e, nemmeno cinque minuti, Wren aveva già mostrato alcuni atteggiamenti violenti.
Lei lo avrebbe lasciato fare molto volentieri, ma l'intervento di Ace le impedì di farlo andare fino in fondo.
- Fermalo subito.- le disse, guardandola con l'unico occhio disponibile.
- Non si faranno nulla di che.- sminuì la bionda, senza muovere un dito.
- Mi sa che non hai sentito bene ciò che ho detto. Falli smettere.- sentendo quelle parole, Blaineley roteò gli occhi e sbuffò pesantemente.
- Va bene, ho capito.- prese la pulsantiera e premette il tasto per sbloccare le porte delle camere. Ci vollero giusto cinque secondi, poi le serrature scattarono e la lite fra Wren e Kevin si interruppe.
- Li stai tenendo d'occhio per un esperimento, non per gioco.- la sgridò Ace, assottigliando lo sguardo.
- Ne sono consapevole, so fare il mio lavoro. Però per poterli studiare al meglio ho bisogno di portarli al limite.- protestò, voltandosi verso di lei.
- Sei già al limite della legge, se non sbaglio.- detto ciò, la ragazza si allontanò ed andò a sedersi sul divano dietro la scrivania.
Blaineley sapeva che, se avesse voluto ottenere dei bei risultati, si sarebbe dovuta sbarazzare di Ace. Aveva già preparato un piano, con la piena complicità di Josh, e dove va solo aspettare il momento più opportuno.
Quando la ragazza si addormentò, circa quattro ore dopo, estrasse dalla borsa una siringa piena di sedativo. Osservò il liquido verdastro all'interno e rise, poi si le andò vicino cercando di fare meno rumore possibile. Le prese il braccio e le iniettò la siringa in vena. Ace, svegliata dal dolore, provò a dimenarsi, ma il sedativo fece un effetto immediato e la portò a perdere i sensi.
- Mi spiace, ma ho altri piani.- Blaineley le sussurrò quelle parole all'orecchio, dopodiché chiamò Josh nel suo studio. Attese il suo arrivo con calma, mentre lei riprese posto alla sua solita postazione.
- Eccomi, capo. - disse il moro, ignorando il corpo della ragazza steso sul letto.
- Chiudila nella cella, per cortesia.- indicò Ace senza nemmeno guardarla, troppo presa da quello che stava accadendo sullo schermo.
- Non l'ha uccisa, vero?- si assicurò il sottoposto, leggermente spaventato all'idea di cosa Barlow gli avrebbe fatto in quel caso.
- No, ti sembro per caso idiota?- rispose la bionda, piuttosto seccata. Finalmente stava entrando in scena Aya, quella ragazza che Josh le aveva descritto come una vera e proprio psicopatica, e non voleva perdersi nemmeno un secondo. Osservò tutta la scena senza distogliere gli occhi dal televisore. Rimase interdetta quando, dopo che la ragazza ebbe dato loro il cibo, i ragazzi svennero per qualche istante, per poi alzarsi come se nulla fosse successo.
- Che diavolo c'era in quel cibo?- domandò a Josh, in piedi accanto a lei.
- Ti avevo parlato di quelle nuove medicine?- abbozzò lui e Blaineley spalancò la bocca, ricordandosi del loro discorso al riguardo delle pastiglie che facevano arrivare più dopamina al cervello e portavano i ragazzi con problemi caratteriali ad essere più socievoli.
- È stata una scelta intelligente, altrimenti alcuni di loro non si sarebbe schiodati dal letto.- portò lo sguardo su Kevin e James che, come tutti gli altri, si stavano dirigendo verso la sala senza dire nulla.
- Per questa sera gireranno per la casa come zombie, poi domani mattina si sveglieranno e non avranno più ricordi del dopocena.- spiegò il moro.
- Quali erano gli effetti collaterali?- chiese la bionda. Notò subito che Josh ebbe un attimo di sussultò.
- L'aumento dello stress fisico ed emotivo.- deglutì con forza, conscio che ciò avrebbe potuto provocare diversi problemi.
- Bene, bene. Non è un grosso problema.- Blaineley rise e riprese a guardare lo schermo con un sorriso ebete sul volto. Da quel momento in poi, finalmente, i ragazzi avrebbe incominciato a fare sul serio, ne era certa.
 
James si svegliò di soprassalto, come ormai gli succedeva ogni notte. Si guardò intorno, mentre respirava a fatica con il fiatone. Era nella camera, nello stesso letto in cui si era svegliato l'ultima volta. Attorno a lui c'erano Wren, Jake e Kevin, tutti e tre ancora addormentati.
Si passò una mano sulla fronte e si rese conto di essere completamente sudato. Con fatica, riuscì ad alzarsi e si diresse verso la stanza delle ragazze. Voleva parlare con Charlene, così da poterle chiedere cosa avrebbe voluto fare.
Lentamente si avvicinò alla loro porta e la aprì muovendo piano la maniglia. Trovò le quattro ragazze addormentate e, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, si avvicinò alla sorella. La svegliò, scuotendola leggermente fino a quando non aprì gli occhi.
- James? Che c'è?- chiese, sbadigliando. Il biondo sembrò esitare, poi le fece cenno con la testa di seguirla fuori. Charlene non si fece domande, si limitò ad alzarsi e ad andargli dietro senza dire nulla.
Il ragazzo la invitò a sedersi sul divano, cosa che lei fece senza obiettare, per poi mettersi accanto a lei e rimanere in silenzio.
- C'è qualche problema?- la bionda capì di dover prendere la situazione in mano e, dopo quasi due minuti passati senza dirsi nulla, attaccò il discorso.
- Sì. - James evitò di guardarla per la paura, mentre quella assunse un'espressione stranita - Perché gli hai detto che... sto male solo io?- boccheggiò un po', ma alla fine riuscì a parlare.
- Ah, era questo che ti preoccupava? L'ho fatto perché così loro non avranno sospetti su di me. Tu devi solo farmi da "scudo", se capisci cosa intendo.- la sorella gli sorrise, facendolo impensierire ancora di più.
- Ma così loro sospetteranno di me. E io non voglio che questo succede.- sussurrò, quasi nella speranza che non lo sentisse.
- Si può sapere di che stai parlando? Abbiamo deciso di farlo insieme, no?- Charlene lo prese per il braccio, facendolo spagliare.
- Io non voglio più farlo.- James provò ad allontanarsi, ma la presa della ragazza gli impedì di spostarsi.
- Me lo avevi promesso, ricordi?- la bionda si portò vicino al suo orecchio e, con una voce gelida e leggermente alterata, pronunciò quelle parole.
- Sì, ma...- sentiva un forte dolore al braccio, tale che per poco non iniziò a piangere. Come al solito, sua sorella stava facendo appiglio sulla sua debolezza per poterlo manipolare alla perfezione.
- Hai qualcosa da ridire? Devo ricordarti chi è stato a dare fuoco alla casa dei nostri genitori?- sentendo quelle minacce, James iniziò a respirare con fatica e si accovacciò su se stesso.
- No...- disse, fra un respiro e l'altro, facendola sorridere.
- Bene, allora io torno a letto.- Charlene si alzò e, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, se ne andò lasciandolo da solo. James attese che la sorella se ne fosse andata, poi scoppiò in un pianto disperato.
La colpa era sempre stata la sua. L'aveva costretto a fare cose orribili solo perché sapeva quanto fosse debole e che pur di ottenere la sua ammirazione avrebbe fatto di tutto.
- Ti fai trattare in questo modo? Patetico.- una voce alle sue spalle lo fece spaventare. Si voltò di scatto e trovò Nikita seduta al solito angolo bar con un bicchiere d'acqua in mano.
- Tu che ci fai qui?- le domandò, mentre con un braccio si asciugava le lacrime.
- Ho sete. - non aggiunse altro, si limitò a bere un sorso - Una figura veramente pietosa.- la castana continuò ad infierire su di lui, portandolo a deprimersi sempre di più.
- Non sai niente! Smettila.- James provò ad alzare la voce, ma non ci riuscì. Gli occhi di Nikita, fissi su di lui, gli impedirono di fare qualsiasi cosa.
- Tua sorella ti tratta come un zerbino e tu la lasci fare. Dovresti vergognarti anche solo di esistere.- sputò acidamente, mantenendo il suo solito tono piatto e cupo.
- E cosa dovrei fare?- le chiese, quasi con un accenno di disperazione negli occhi. Avrebbe voluto fortemente qualcuno che potesse aiutarlo, o quanto meno portargli conforto, ma ogni qualvolta che provava ad interagire con qualcuno Charlene si metteva in mezzo e, per un motivo o per l'altro, finiva sempre male.
- Di norma non ti risponderei e mi farei i fatti miei, però tua sorella mi sta particolarmente antipatica. Ribellati, non hai bisogno di fare altro. Fino a quando continuerai a comportarti da debole sarai il suo schiavetto.- James di parole simili ne aveva sentite bizzeffe. Più volte aveva provato a chiedere aiuto su internet, ma non nessuno era stato in grado di smuoverlo.
- Non è così facile...- abbassò la voce, rendendola quasi un flebile sospiro, poi scosse la testa con forza - Lei riesce sempre a manipolarmi, qualsiasi cosa io faccia.- tenne il volto verso il pavimento, spaventato anche solo dal contatto visivo.
- Certo, perché sei debole.- dopo aver detto ciò, Nikita si alzò e se ne tornò in camera senza aggiungere altro, lasciando James sul divano.
 
Il risveglio fu difficile per tutti. A svegliarli fu il rumore di una trombetta, mandato al massimo volume che li fece zompare su dal letto.
- Maledizione, si può sapere cosa hanno in testa questi psicologi del cazzo?- Jake, alzatosi decisamente con il piede sbagliato, iniziò ad imprecare e, senza aspettare nessuno, si diresse verso la sala. Lentamente, tutti gli altri lo seguirono e si ritrovarono là, in attesa di indicazioni.
- Dite che ci faranno fare colazione?- domandò Linda, sbadigliando.
- Non lo so, spero solo che non sia come la cena. - Charlene scosse la testa, facendo sorgere un dubbio a tutti gli altri.
- Cosa abbiamo mangiato per cena?- Kevin si toccò la testa, ancora leggermente dolorante. Non riusciva a ricordare nulla della sera prima, solo di essere entrato in cucina e di aver visto un'altra ragazza.
Nemmeno gli altri avevano memoria di quanto accaduto, tanto che diversi brusii confusi si levarono fra di loro.
- Pesce con olio e sale. - una voce, proveniente da un'altra stanza, rispose alle loro domande. Aya, con addosso la loro stessa tuta, uscì fuori dalla cucina e gli andò vicino.
- Tu sei... la cuoca.- disse Wren, anticipando tutti.
- Che diavolo ci hai messo ieri nel cibo?- Jake le andò incontro con intenzioni tutt'altro che pacifiche. La mora si limitò a ridere.
- Il signor McGurrin mi ha detto di farvi mangiare delle pastiglie. Non so cosa facciano, ma a quanto pare servono a lei per il suo esperimento.- la ragazza sorrise e, notando lo scetticismo degli otto, proseguì - Se volete favorire, è pronta la colazione.-  indicò la porta della cucina.
- E questa volta cosa ci darai, dei sonniferi?- la incalzò Linda, incrociando le braccia al petto con un'espressione diffidente sul volto.
- No, lui mi ha detto di non darvi altro.- scosse la testa, facendola innervosire.
- Si può sapere chi è questo McGurrin?- chiese Charlene, ancora leggermente spaesata.
- È uno degli psicologi che seguono l'esperimento. - a rispondergli fu Kevin, che si guadagnò un sorriso da parte di Aya.
- McGurrin? Dov'è?- Ginevra, sentendo quel nome, scattò sull'attenti. Iniziò a guardarsi intorno alla sua ricerca.
- Non è qui. Mi ha dato le indicazioni ancora prima del mio ingresso nella casa. - spiegò Aya, facendo andare ancora di più nel panico la castana.
- Ma aveva detto che... mi avrebbe aiutata con il processo...- Ginevra si portò le mani alla testa e, come al solito, scoppiò in un pianto fortissimo. La castana, quando era stata liberata dalla prigionia di Freddy, aveva subito per un po' di tempo delle sedute con McGurrin. Subito Jake e Charlene le andarono vicino per provare a confortarla.
- Non fare così. Vedrai che Freddy starà bene.- la bionda provò a rassicurarla, mentre con la mano le accarezza la schiena nella speranza di farla calmare.
- Sì, Charlene ha ragione. Lui vorrebbe che tu fossi forte.- il castano assecondo la ragazza e con tono dolce cercò di trovare le parole giuste per convincere l'altra a smettere di piangere.
- No! Lui aveva bisogno di me! Solo io potevo salvarlo.- Ginevra, completamene fuori controllo, iniziò ad urlare e si allontanò dalle due. Iniziò a respirare con forza e, come qualcuno provava ad avvicinarsi, gridava come in preda ad una forza demoniaca.
- Andiamo, non è il caso di...- Jake provò nuovamente a farlo calmare, ma quella non volle sentire storie. Alternava i singhiozzi alle urla, il tutto mentre Wren si teneva la testa con entrambe le mani.
Seppur fosse riuscito a dormire in quei due giorni, sentiva la voce della castana pulsargli nelle orecchie con tale forza da portarlo al delirio. Gli sembrava quasi come se la sua condizione fosse addirittura peggiorata nonostante le ore passate a dormire. Cercò di contenersi ma, dopo l'ennesimo urlo da parte della castana, perse completamente la testa.
Si avvicinò con foga e le mise una mano intorno al collo poi, con tutta la forza che aveva in corpo, la sbatté contro il muro ed iniziò a gridarle in faccia.
- Hai rotto il cazzo! Come diamine fai ad essere così snervante? A noi non ce ne frega niente del tuo Freddy, Frank, Phil, o come diavolo si chiama!- il colorito di Ginevra iniziò a farsi sempre più rosso, mentre con entrambe le mani provava a spostare le dita di Wren dal suo collo. Dalla sua bocca uscivano solo dei rantolii soffocati.
- Lasciala andare, idiota!- Linda provò a difendere la castana, ma il biondo non si curò minimamente di lei.
- Fermati, Wren, che cazzo stai facendo?- Kevin gli andò vicino e gli mise una mano sul braccio, cercando di placarlo. Il biondo, la cui espressione era rabbiosa e decisamente poco amichevole, lo guardò per qualche secondo, per poi lentamente allentare la presa.
Ginevra cadde per terra con un tonfo sonoro e si toccò subito la gola iniziando a tossire con forza. Prese dei grossi respiri, il tutto mentre l'attenzione del gruppo era incentrata su Wren, ancora in piedi a qualche passo da lei.
Il biondo, notando le espressioni sui volti degli altri, iniziò ad agitarsi e, per evitare altre scenate simili, se ne tornò in camera a grandi falcate, venendo seguito da Kevin.
- Ehi, aspetta.- una volta giunti davanti alla porta, il moro lo afferrò per la spalla, ma lui si dimenò e lo spinse via.
- Lasciami solo.- sussurrò, cercando di contenere il fortissimo dolore che stava sentendo alla testa. Kevin pensò di dargli retta ed andarsene, eppure non riuscì a farlo. Gli si avvicinò nuovamente e, dopo averlo osservato negli occhi dopo qualche secondo, gli parlò.
- Che cos'hai?- pose quella domanda con gli occhi socchiusi, lasciando il biondo senza parole. Provò a rispondere più volte, ma finì col boccheggiare per un minuto intero - Hai solo dei problemi a dormire o c'è dell'altro?- Wren sospirò e, dopo essersi rapidamente preparato un discorso, rispose.
- Soffro di... disturbo del sonno. Poi... ho qualche problema con... la rabbia.- iniziò a scuotere la testa, per poi portare lo sguardo verso il pavimento con fare sconfitto.
- Strano, non l'avrei mai detto.- ironizzò Kevin, facendolo ridere. Per un momento entrambi si dimenticarono del peso di quella conversazione - Cerca di contenerti, capisco che tu possa avere problemi, ma qui mi sembrano tutti abbastanza schizzati.- si portò l'indice alla tempia ed iniziò a farlo ruotare.
- Perché mi dici questo?- Wren lo guardò con un sopracciglio alzato, ancora non del tutto sicuro di potersi fidare di lui.
- Onestamente, non lo so. Però fino ad adesso non hai fatto nulla di male, quindi non mi sembri un individuo pericoloso.- alzò le spalle, poi fece per andarsene - Ah, giusto per mettere le cose in chiaro. Io non mi fido di nessuno.- lo fulminò con un'occhiata, dopodiché tornò nella sala assieme a tutti gli altri.
 
Dopo la colazione, il gruppetto si sparpagliò, per quanto potessero dividersi dentro la casa, data la sua piccolezza. Jake provò a relazionarsi con Aya, nella speranza di ricavare da lei qualche informazione utile, ma la mora si dimostrò particolarmente sveglia e riuscì ad evitare di dare delle risposte compromettenti.
- Allora, Aya, sai di preciso dove ci troviamo?- le chiese, sedendosi nel posto libero davanti a lei.
- Non ne ho idea, posso confermarti che siamo ancora in Canada.- gli rivolse un sorriso, palesemente derisorio, con il solo scopo di farlo innervosire.
- Così non ci aiuti.- le ribadì, guardandola male.
- Non è mio obiettivo aiutarvi. Io sono qui soltanto come cuoca, il fine della mia permanenza in questo posto è guarire dalla mia patologia. Come del resto tutti voi, immagino.- poggiò il gomito sul tavolo ed il mento sulla mano, tenendo gli occhi azzurri fissi contro quelli verdi dell'altro.
- Questo posto è strano, stanno sicuramente tramando qualcosa.- replicò Jake, cercando di farle cambiare idea.
- E cosa te lo fa pensare?- domandò lei, con un'espressione shockata in volto. Per accentuare ancora di più la cosa, si fece leggermente indietro con la sedia e spalancò la bocca, che coprì la mano rimasta libera.
- Tutto. Qui non ci sono né orologi né calendari, siamo tagliati completamente fuori dal mondo.- spiegò, esplicando le teorie fatte dagli altri il giorno prima.
- Wow, ora che ci penso è vero. Sei davvero un genio.- sentendosi dire quelle parole, il castano le sorrise, contento di essere stato adulato - Immagino che tu sia il capo del gruppo. Si capisce dall'aspetto, sembri particolarmente sveglio.- aggiunse un'altra frase, con il solo scopo di distoglierlo da quella sottospecie di interrogatorio che si era creato.
- Sì, in effetti è vero. Mi hanno messo al comando loro.- la guardò con un grosso sorriso in volto, portandola a fare lo stesso - Sei molto gentile.-
- Grazie mille, mi fa piacere sentirtelo dire. Avevo paura di risultarvi troppo strana...- abbassò le sopracciglia, cercando di farsi credere sconfortata.
- Ma no, ti pare. Volevamo solo sapere se fossi stata a conoscenza di qualche dettaglio rilevante.- sminuì le sue parole con un gesto della mano, portandola ad assumere un'espressione felice
- Ah, capisco. Ora è tutto chiaro.- Aya scosse la testa in segno d'assenso - Piuttosto, di dove sei?- la mora ci aveva messo pochissimo tempo a decifrare Jake. Lo stava leggendo come se fosse stato un libro aperto. Parola dopo parola, il castano si lasciò assuefare sempre di più dai modi di fare di Aya, alla quale bastava qualche complimento ben posizionato per farsi adorare ancora di più da lui.
- Vengo da Montreal, abito in uno dei quartieri di periferia nel lato ovest della città.- il ragazzo le rispose mantenendo sul volto la sua solita espressione da cagnolino felice, che tanto piaceva alla mora.
- Forse sarebbe il caso di non divagare ed andare dritto al punto, non credi?- Linda si intromise nella loro conversazione, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Jake, con fare abbastanza annoiato.
- Lasciali fare, stanno socializzando.- Nikita, sempre al solito angolo bar, sgridò la rossa. Stava leggendo un libro, preso a casaccio da quelli presenti nella libreria, e, di tanto in tanto, gettava l'occhio sulla conversazione fra Aya e Jake. Anche lei si era resa conto che il ragazzino era piuttosto facile da manipolare, ma la maniera in cui la mora lo stava facendo era impeccabile.
Voce dolce, aspetto attraente, sguardo ammiratore. Tutto tenuto su perfettamente da una maestrale interpretazione recitazione.
- E tu che centri? Torna a farti i cavoli tuoi.- Linda le rivolse una delle sue solite occhiatacce, senza però riuscire né a spaventarla né a farla desistere.
- È palese che questa ragazza non sappia niente, non vedo perché dovremmo continuare a tartassarla di domande inutili. Perdiamo solo tempo.- Nikita alzò le spalle, accennando ad un leggero sorrisetto derisorio, che non provò nemmeno a nascondere.
- Si può sapere che diavolo stai dicendo? Sta mentendo palesemente.- indicò la mora, che accennò ad un'espressione spaventata.
- Ehi, così la ferisci. Calmati.- come previsto da Aya e da Nikita, Jake la difese subito, arrivando a che a schierarsi a spada tratta contro la rossa.
- Ma si può sapere che cazzo avete tutti? Io voglio solo tenere la situazione sotto controllo, eppure voi state cercando in ogni modo di rendere le cose difficili.- la rossa dette un calcio al divano, per poi passare lo sguardo su tutti e tre.
- Dimmi, perché ti sei fatta quei tatuaggi?- Aya se ne uscì con una domanda completamente fuori contesto, prendendo Linda in controtempo.
- E questo cosa c'entra?- subito quella scattò sulla difensiva, insicura sul come reagire. Balbettò per qualche secondo, poi si passò la mano sulla tempia e sotto l'occhio.
- Curiosità. Staremo assieme per parecchio tempo, quindi credo che sia giusto dirci qualcosa su di noi.- sentendo quelle parole, Nikita si insospettì particolarmente.
- Ah... capisco. Per estetica, tutto qui. Non hanno una ragione specifica.- in un attimo, Linda si trasformò in una docile ragazzina.
- Io trovo che siano molto belli. Ti donano.- Aya le sorrise, notando che il volto dell'interlocutrice si dipinse di rosso per l'imbarazzo.
- Beh... grazie mille.- detto ciò, Linda tornò a sedersi sul divano, come se nulla fosse successo, ed Aya ebbe modo di continuare la sua conversazione con Jake in tutta tranquillità.
Nikita osservò la scena senza dire nulla, non poté far altro che ammettere la bravura della mora. In meno di dieci minuti era riuscita a soggiogare completamente Jake, usando la patologia di cui lui soffriva a suo favore, e Linda, grazie ad un perfetto controllo dei suoi sbalzi di carattere, causati dal modo in cui lei le si rivolgeva.
Quella ragazza stava nascondendo qualcosa, ma non erano delle semplici informazioni, come credeva la rossa, bensì altro, che probabilmente avrebbe causato loro ancora più problemi. Fu questa la considerazione che Nikita, sul momento, trasse.
 
- Ehi, Kevin.- Wren era stato in silenzio per tutto il tempo, sdraiato sul suo letto senza fare nulla. Spezzò il silenzio, durato quasi venti minuti, richiamando il ragazzo alla sua destra.
- Dimmi.- come al solito, il moro si dimostrò essere un tipo di poche parole. Wren non era ancora in grado di tracciare un suo identikit preciso, ma sicuramente aveva a disposizione abbastanza informazioni per poter confermare che si trattasse di un elemento non pericoloso.
- Tu... perché sei qui? Abbiamo sempre... parlato di me, ma mai di... di te. - il biondo boccheggiò diverse volte, poi disse quelle parole con il suo modo rapido e spezzato di parlare. Kevin mise il libro che aveva fra le mani sul comodino al suo fianco e, dopo averci pensato un attimo, rispose.
- Aspetta, come l'aveva chiamata mia sorella?- si prese un secondo - Disturbo schizoide di personalità, credo.- evitò il contatto visivo, limitandosi ad osservarlo con la coda dell'occhio.
- Non sembra grave.- concluse Wren, ridacchiando.
- Beh, non lo è quanto il tuo. Sai, io non aggredisco le persone per colpa di un'ora di sonno in meno.- lo derise, facendogli capire che fosse solo una battuta.
- Se hai questo... questo disturbo, perché con... me riesci e... a parlare normalmente?- il biondo sentiva la testa farsi sempre più pesante, tanto che ebbe paura di non essere in grado di finire la conversazione.
- Non lo so. Di solito mi comporto da sociale e mi distacco da tutti e tutto, però non credo di poterlo fare in questo posto. Chiunque potrebbe saltarmi addosso ed avere anche solo una persona che possa provare a difendere mi farebbe piacere.- spiegò, alzando le spalle con indifferenza.
- Spirito di adattamento, eh?- concluse Wren, sospirando.
- Se vuoi chiamarlo così fai pure. Per me è semplice opportunismo.- il moro riprese il libro e ricominciò a leggerlo in tutta tranquillità.
- Punti di vista. Adesso... mi faccio una dormita, o almeno ci provo.- detto ciò, il biondo affondò la testa nel cuscino e provò ad addormentarsi.
Fuori dalla porta, a loro insaputa, c'era Charlene. La bionda stava tenendo d'occhio tutte le persone all'interno della casa per decidere chi avrebbe usato per prima. Giunse alla conclusione che i due non erano ancora pronti, quindi dovette lasciarli perdere.
Passò così tutto il resto della giornata, fino a quando non arrivò all'ora di andare a letto, che venne annunciata dalla solita voce registrata, ed in quel momento scelse la sua prima vittima.
 
L'ora di dormire arrivò ben presto e tutti si collocarono nei rispettivi letti. Tutti ad accezione di Ginevra. La ragazza, ancora scossa per l'assenza del suo Freddy, faticava a prendere sonno.
Possibile che, fra tutti, proprio lei doveva trovarsi in quella condizione? Lei amava Frederick, nonostante lui l'avesse rapita e l'avesse tenuta segregata per tutto quel tempo. Non capiva perché la polizia non voleva accettare la sua testimonianza, quasi come se non avesse alcun valore.
Lei era l'unica a conoscere davvero Freddy. Aveva fatto anche dei figli con lui, che in quel momento erano stati dati in adozione a sua madre, e pensava che tutti non riuscissero a vedere il buono che c'era in lui.
Ogni volta che le chiedevano di raccontare la sua esperienza, si soffermava solo sui ricordi positivi, senza mai citare le continue violenze e soprusi che aveva subito dal "marito", come lo considerava lei, e non per difenderlo, ma perché per lei non avevano importanza.
Erano solo delle macchie di petrolio nel grosso fiume di amore che provava per lui.
Tirò su le ginocchia e se le portò al petto, chiudendosi a se stessa. Appoggiò la testa sulle cosce e cercò di calmarsi, non poteva permettersi di dare di matto in quel modo. Se voleva poter aiutare l'amato doveva uscire da quel posto.
Questi erano i pensieri che aveva per la testa in quel momento di inaspettata lucidità. L'unico dettaglio di cui non era al corrente era che Freddy, registrato all'anagrafe Frederick Roberts, era morto da tempo. Quando era stata salvata, tre mesi prima, la polizia gli aveva sparato e lo aveva ucciso sul colpo. La famiglia aveva tirato su la montatura del "processo" per cercare di prendere tempo nella speranza che la sindrome di Stoccolma potesse guarirle.
Persa nei suoi, errati, pensieri, non si accorse di una presenza alla sua destra. Si voltò di scatto e spagliò per la paura.
- Ehi, tutto bene? Ho notato che non eri a letto e mi sono preoccupata.- Charlene le sorrise, cercando tranquillizzarla, e si appoggiò al bracciolo affianco a dove era seduta lei.
- Ah, Charlene, sei tu. Scusami, mi hai presa alla sprovvista.- Ginevra si appoggiò una mano sul cuore, controllando il battito, fattosi più veloce.
- Figurati, non ti preoccupare. Piuttosto, sicura di star bene?- ripeté la domanda di prima, questa volta però con un'espressione triste e preoccupata in volto.
- Sì, credo di essermi calmata. Dovevo solo fare mente locale e cercare di contenermi, grazie per esserti preoccupata per me. - le rispose, con un grosso sorriso in volto. I suoi occhi azzurri sembravano brillare nella penombra, mentre quelli di Charlene avevano un colore molto più scuro, quasi glaciale.
- Come, è già finita la "Ginevra matta"? Mi stavi divertendo.- la castana notò subito il cambio di voce della bionda ed iniziò a preoccuparsi.
- C-Cosa intendi dire?- balbettò leggermente, portando l'altra a ridere.
- Che mi hai divertita. Davvero molto brava.- le accarezzò una spalla, ma quella istintivamente si scostò.
- Vado a letto, mi è venuto sonno.- provò ad accampare una scusa a casaccio e fece per alzarsi, ma Charlene tirò fuori un sottile filo dall'altra mano, tenuta nascosta fino a quel momento dietro alla schiena, e glielo passò intorno al collo.
Ginevra non fece nemmeno in tempo a capire cosa stesse accadendo. La bionda tirò le estremità del filo con forza e lei non poté che provare con le mani a fermarla. Cercò di afferrarlo, ma era troppo sottile e non ne fu in grado.
Tentò anche di graffiare le mani di Charlene, ma quella non demorse nemmeno per un secondo. Continuò a tirare il filo metallico sempre con più forza, fino a quando la castana iniziò ad emettere dei rantolii soffocati. Ginevra provò più volte ad urlare, ma non ci riuscì. Alla fine, dopo due minuti passati senza ossigeno, perse i sensi e svenne.
Charlene continuò a tenere il filo attorno al suo collo per dell'altro tempo, così da essere sicura della sua morte. Le toccò anche il collo e confermò l'assenza di battito. Il volto della castana era diventato completamente rosso e gli occhi le si erano girati.
La bionda sorrise, contenta di ciò che aveva fatto, poi andò in punta di piedi nella stanza dei ragazzi e si avvicinò al letto del fratello.
- James, mi serve il tuo aiuto.-
 
 
ANGOLI AUTORE:
E rimasero in otto...
Ginevra ci lascia ed è tutta colpa della gemella matta! Kevin e Wren socializzano sempre di più, Jake ed Aya best fritends forever, Linda sbalza d'umore qua e là, Nikita bullizza persone a caso e James beh... lui è un po' una fighetta, va ammesso.
Un applauso anche ad Ace che, nonostante sia una spia mafiosa, riesce a farsi mettere al tappeto nel modo più imbecille possibile. Ma tutto quel tempo passato sull'isola non le è servito a nulla? Male, male.
Una menzione d'onore anche a Josh e Blaineley, che tornano a farci visita!
Detto ciò, ci vediamo domenica prossima, sempre qui, su: "A Tutto Reality: L'iso....", ah no, su "Care Project"!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Linda sentiva un fortissimo bisogno di andare al bagno. Si era svegliata nel cuore della notte per colpa di quello stimolo e, seppur controvoglia, era entrata dentro al wc per la prima volta da quando era in quella casa.
Il bagno era una stanza di media grandezza, con all'interno una grossa doccia sul fondo, un lavandino ed uno specchio sulla destra e un gabinetto sulla sinistra. Anche lì era tutto di colore bianco, ma ormai aveva imparato a non farci più caso.
Si mise a sedere sulla tazza e rabbrividì per il freddo. Passò più di cinque minuti stropicciandosi gli occhi con le mani, mentre rifletteva sulla situazione all'interno della casa.
Era riuscita, seppur con degli alti e bassi, a mantenere il controllo. Aveva espressamente evitato qualunque tipo di contatto fisico, inoltre aveva avuto qualche attacco d'ira, nulla che non potesse essere scusato con un semplice "sono lunatica" detto al momento opportuno.
Eppure aveva già detto di essere bipolare, ma sperava con tutta se stessa che quell'informazione se la sarebbero dimenticata tutti il più presto possibile.
Aveva scelto di partecipare all'esperimento per darsi una regolata e sapeva che sarebbe stato difficile. Ridursi come l'ultima volta che era stata in casa sua era quanto più lontano desiderasse in quel momento.
Risvegliarsi un pomeriggio, nel bel mezzo del salone, senza nemmeno ricordarsi cosa si è fatto per finire in quelle condizioni, con un ago di una siringa ancora iniettato in vena non era una bella sensazione. E lei non voleva riprovarla.
Il bipolarismo era stato la causa di tutto ciò e, a quello, si erano unite anche le droghe di cui abusava frequentemente. Era arrivata al punto di farsi dei tatuaggi senza nemmeno rendersene conto e, dopo la morte del padre, la cosa era peggiorata.
La sua matrigna era scappata il prima possibile e lei era rimasta da sola in casa, abbandonata a se stessa e con degli evidenti problemi.
Passava dalla profonda depressione al picco più alto di felicità nel giro di qualche ora. Arrivava a tagliarsi le vene nella speranza di morire al medicarsi in fretta e furia per provare a salvarsi.
E alla fine, dopo essersi resa conto che si stava lentamente scavando la fossa, aveva accettato di partecipare all'esperimento, con la velata speranza di riuscire a trovare la pace con se stessa.
Si rese conto che, fra un pensiero e l'altro, stava per addormentarsi nel bagno, quindi decise di tornare a letto. Fece un salto in cucina per prendere un bicchiere d'acqua e si rese conto che c'era qualcuno sul divano. Inizialmente fece per andarsene, poi lentamente si avvicinò e vide Ginevra distesa, con la testa appoggiata sul guanciale. Le si avvicinò e, con calma, provò a svegliarla.
- Che ne dici di venire a letto? È senz'altro più comodo.- le disse, sperando che non le prendesse un'altra crisi. Non ricevendo alcuna risposta, provò a muoverla più forte, ma la situazione non cambiò.
Provò a prenderla di peso per tirarla su e, in quell'istante, si rese conto della freddezza delle sue mani. Ci mise poco, collegò i punti fra di loro e capì perfettamente cosa era successo. Portò lo sguardo sulla faccia di Ginevra e le vide gli occhi girati ed un leggero segno sul collo.
Non fece nemmeno in tempo a realizzare cosa stesse facendo, cacciò un urlo fortissimo e, in pochissimo tempo, la sala si riempì di persone.
 
I ragazzi si riunirono attorno al corpo di Ginevra in meno di cinque minuti. Brusii vari si sparsero fra di loro, mentre tutti quanti guardavano il cadavere della castana con gli occhi spalancati. Linda, ancora shockata per essere la stata la prima a vederla, si era seduta su una sedia, completamente spaventata.
- Si può sapere che diavolo è successo?- Jake, nella speranza di far valere il suo incarico di "capo" del gruppo, si fece avanti e guardò da più vicino il corpo. I segni sul collo, sottili e profondi, erano ben visibili sulla carne della ragazza.
Era più che palese come fosse stata uccisa, non sentirono nemmeno il bisogno di indagarci troppo.
- Oh, Cristo. Lo sapevo che sarebbe successo.- Kevin si portò una mano sulla faccia e sospirò con forza. Avrebbe scommesso un arto, o anche due, che prima o poi qualcuno ci avrebbe lasciato le penne.
- Non respira, non c'è più nulla da fare.- Aya, dopo aver toccato il collo della castana, scosse la testa con un'espressione triste in volto.
- Oddio, perché?- Charlene scoppiò in lacrime, venendo prontamente rincuorata dal fratello James, che le cinse un braccio attorno alla schiena e provò a calmarla.
- Dobbiamo scoprire chi è l'assassino, altrimenti...- Jake nemmeno concluse la frase, lasciò intendere agli altri cosa volesse dire, senza soffermarsi troppo sui dettagli.
- Io so chi è stato.- Linda, barcollando, si alzò in piedi, reggendosi al tavolo per poter stare in equilibrio.
- E chi?- le chiese Nikita, particolarmente interessata alle sua parole. La rossa sembrò esitare, ma poi prese un grosso respiro ed indicò Wren.
- Tu... sei stato tu. Già ieri hai provato ad ucciderla!- sentendo quelle parole, tutti si girarono istintivamente verso il biondo, ancora non del tutto cosciente della situazione.
- Ma che... stai dicendo?- batté gli occhi per qualche istante e, dopo aver sbadigliato, guardò Linda con un'espressione confusa in volto.
- Lei non ti piaceva, giusto? Ecco svelato l'arcano. Sei stato tu a farla fuori.- l'indice della rossa, puntato conto Wren, stava tremando come non mai. La paura, sommata all'ansia del momento e al suo bipolarismo, le stava giocando un brutto scherzo.
- Tu stai... cercando di incastrarmi?- sussurrò quello, mantenendo un comportamento calmo e pacato. Linda non rispose e ciò lo fece innervosire ancora di più - Io non l'ho ammazzato. Non azzardarti mai più a dirmi una cosa del genere!- provò a fare un passo avanti per andarle vicino, ma la rossa istintivamente si scansò, mentre lui venne bloccato prontamente da Kevin e Jake.
Il volto del biondo era diventato rosso di rabbia ed il suo respiro si era fatto molto più pesante del solito. La sera prima era una delle poche in cui era riuscito a dormire e, per tale motivo, non aveva alcuna idea di cosa fosse successo.
- Calmatevi, tutti e due!- Jake tentò di strattonare via Wren, ma quello con una spallata si liberò dei due ed andò faccia a faccia con Linda.
- Ammettilo.- le disse, quasi facendo toccare i loro nasi. L'uno sentiva il respiro dell'altro in faccia e la tensione fra i due era palpabilissima.
- Io...- la rossa, presa dal panico, dette una testata sul naso del biondo e, come le fu possibile, si allontanò di qualche passo. Wren si appoggiò al tavolo e si tenne il punto colpito, dal quale cominciò ad uscire qualche rivolo di sangue.
- Brutta puttana! Vieni qui, ti spezzo ogni fottuto osso che ti ritrovi in corpo!- urlò, completamente in preda all'ira. Si alzò e, con fare molto poco amichevole, si diresse verso di lei. Nessuno provò a fermarlo, convinti che tanto non sarebbero stati in grado di farlo.
- Stammi lontano! Stammi lontano!- gridò Linda, con la schiena appoggiata al muro. Vide la porta del corridoio aperta e vi si fiondò a tutta velocità, venendo inseguita dal biondo.
Wren la prese per i capelli, ma la rossa riuscì, in maniera fortuita, a divincolarsi dalla sua presa e si ritrovò con la schiena contro il cancello. Strinse una delle sbarre di ferro fra le mani, sperando con tutta se stessa che si aprisse, ma capì ben presto che ciò non sarebbe successo.
Il biondo si avvicinò con una camminata poco rassicurante e Linda, con il cervello completamente in blackout, portò lo sguardo sull'unica opzione che aveva: la porta del "magazzino". Nessuno era ancora entrato lì, ma in quel momento non le importava.
Andò addosso alla porta e la aprì con un gesto secco, per poi correre dentro la stanza, che si rivelò essere un'infermeria. Non ebbe tanto tempo per pensare a cosa fare, si limitò ad avvicinarsi al lettino al centro della stanza, uno di quelli per le operazioni chirurgiche, e vi trovò su un piatto metallico vari strumenti. C'era un paio di pinze, un bisturi, uno stetoscopio e vari altri oggetti più piccoli. Provò a prenderne uno, ma la mano tremante fece ribaltare il piattino.
Wren era a pochi passi da lei e, proprio quando sembrava essere perduta, riuscì ad afferrare il bisturi e a puntarglielo contro.
- Fai un altro passo e giuro che ti ammazzo.- delle lacrime avevano iniziato a scendere dagli occhi grigi, mentre tutto il corpo vibrava terribilmente.
- Non se prima lo faccio io. - Wren, completamente accecato dall'ira, fece per andarle incontro, ma la rossa lo teneva lontano tenendo l'arma puntata contro di lui.
- Stai indietro!- urlò, con tutte le sue forze. In quell'istante, Kevin e Jake entrarono nella stanza, rimanendo piuttosto shoccati nel vederne il contenuto.
- Wren, datti una calmata, così non fai che peggiorare la situazione.- Kevin, sempre con gli occhi rivolti verso il pavimento, tentò di dare un freno al biondo.
- Ascoltate me: così fate solo peggio.- Jake si avvicinò ai due e, con calma, portò Wren a fare qualche passo indietro, mentre Kevin andò dalla rossa e le tolse il bisturi di mano.
- Io... vengo a dormire qui.- disse Linda, ancora con i tremolii in corpo - Starò nell'infermeria e non azzardatevi a venire qui di notte, altrimenti vi ammazzo tutti.- detto ciò, spostò il moro e, camminando con la schiena rivolta verso il muro, se ne andò da quella stanza.
Dopo quel grosso litigio decisero, per precauzione, di smistare le camere. James andò a dormire con la sorella e Nikita, Jake con Aya, Linda nell'infermeria, mentre Kevin e Wren, che era stato medicato dalla mora, sarebbero rimasti nella loro camera.
 
Jake aveva portato il suo cuscino nella camera di Aya e si era perso nell'osservare la sua nuova stanza per qualche secondo. Aveva scelto di dormire lì per poter tenere d'occhio la ragazza, ma sapeva che era anche per puro scopo personale.
La stanza era piuttosto piccola, aveva un letto, leggermente più grosso di quelli presenti nelle camere, una scrivania con vari oggetti sparpagliati sopra ed una piccola lampada vicino ad essa.
- Quindi dormiremo nello stesso letto?- le chiese, giusto per avere conferma.
- Sì, c'è qualche problema?- controbatté lei, assumendo la tipica espressione da ragazzina impaurita.
- No, assolutamente.- tagliò corto lui, sperando che la mora non l'avesse frainteso.
- Sono contenta che tu sia venuto a dormire con me, almeno potrò stare tranquilla. Tu sei l'unico di cui mi fidi...- gli appoggiò una mano sul petto, facendolo sussultare.
- Beh, sai, gli altri sono piuttosto...- non concluse la frase, perché venne anticipato dalla ragazza.
- Piuttosto idioti. Tu sei l'unico che può definirsi uomo. - continuò ad adularlo, facendolo cadere sempre più ai suoi piedi. Non era stato difficile capire che tipo di persona fosse: borioso, in piena ricerca di attenzione e con un bisogno costante di sentirsi desiderato.
La colpa di ciò era dovuta dal padre alcolizzato, che non lo aveva mai adulato o fatto i complimenti. Questa grave mancanza, mista anche ad un'assenza della madre, troppo impegnata a lavorare per mantenere la famiglia in piedi, lo portò a desiderare di essere l'idolo di tutti.
A scuola, nelle attività sportive, perfino nelle uscite con gli amici. Doveva per forza essere il più intelligente, il più bello ed il più in gamba. Non si faceva scrupoli a barare o a comportarsi in maniera sleale con altre persone pur di raggiungere il suo risultato, perché per lui, ormai, era naturale comportarsi in quella maniera.
E, nonostante non sapesse nulla di tutte queste cose, Aya era riuscita a tenerlo in scatto soltanto dallo studio dei suoi atteggiamenti. Manie egoistiche, voglia di stare al comando, provare sempre a mettere bocca nei discorsi altrui. Tipici segni del disturbo narcisistico di personalità, proprio come gli psicologi le avevano detto.
- Sei molto gentile.- il volto di Jake si illuminò con un radioso sorriso, che fece capire alla mora la sua completa sottomissione nei suoi confronti.
- No, anzi, in realtà è il contrario.- Aya gli accarezzò una guancia, per poi andarsi a stendere sul letto - Ho ancora sonno, quindi mi metto a dormire.- detto ciò si stese sul letto.
- Io vado a controllare la situazione di là. - la salutò con un cenno, poi si chiuse la porta alle spalle e tornò nella sala, dove c'erano soltanto James, Charlene e Nikita.
- Toh, guarda chi è tornato.- la castana, sempre seduta nell'angolo bar, gli rivolse subito la parola con fare ironico.
- Com'è la situazione?- domandò, notando che il cadavere di Ginevra era stato rimosso dal divano.
- James e Kevin hanno spostato il corpo dentro ad un armadio dell'infermeria, Linda è ancora chiusa là dentro e si rifiuta di uscire, mentre Wren è tornato a letto.- spiegò Charlene, ripresasi dal pianto.
- Che cosa c'è nell'infermeria?- domandò poi, accennando uno sguardo verso il corridoio.
-C'è un bel po' di roba che ci potrà essere utile: diversi medicinali, un lettino, qualche armadio e degli attrezzi da chirurgo.- spiegò la bionda, tenendo la testa appoggiata contro la spalla del fratello.
Fra tutti, James era l'unico che si era rifiutato di parlare. Da quando stamattina si erano svegliati non aveva ancora aperto bocca e, per tale motivo, Charlene aveva deciso di stargli appiccicata tutto il giorno, così che non si lasciasse scappare nulla.
Quella sera, dopo aver ucciso Ginevra, la bionda aveva richiesto il suo aiuto per inscenare un suicidio da parte della castana, ma non avevano trovato alcun modo per renderlo credibile, quindi si erano limitati a lasciare il corpo sul divano nella speranza che il dito venissimo puntato verso qualcun'altro.
- Aya come sta?- gli domandò poi, facendo cenno verso la cucina.
- Bene, credo. È un po' scossa, ma credo le passerà a breve.- Jake si appoggiò con la schiena al muro, completamente esausto. Quella giornata era partita decisamente con il piede sbagliato.
- James, che ne dici di andare a mangiare qualcosa?- Charlene puntò lo sguardo verso il fratello, che si limitò ad annuire silenziosamente, così i due se ne andarono in cucina, lasciando Jake e Nikita da soli.
- Tu. - la castana indicò il ragazzo con l'indice, mentre lo osservava con i suoi occhi color ambra - Tu non puoi fare il capo. - concluse, assottigliando lo sguardo.
- Eh? Che intendi dire? Ho la situazione perfettamente sotto controllo.- controbatté prontamente Jake, quasi offeso da quelle parole.
- La mora ti ha messo i piedi in testa e tu nemmeno te ne sei accorto.- sul volto di Nikita si dipinse un leggero sorriso, che all'altro non piacque per nulla.
- Si può sapere di che diavolo stai parlando? Io la sto aiutando, perché qua dentro sono l'unico che si preoccupa della salute di tutti.- il castano fece un passo verso di lei, leggermente irritato. Odiava profondamente quando qualcuno cercava di metterlo in discussione.
- Sei debole, tutto qui. Continua pure sulla tua strada, se credi sia quella giusta.- detto ciò, Nikita si girò e tornò a leggere il suo libro senza aggiungere altro.
- In questo posto non avete un minimo di riconoscenza, siete tutti dei fottuti sociopatici.- detto ciò, si diresse verso il corridoio per allontanarsi il più possibile da lei.
Nikita si limitò a sorridere. Già sapeva che sarebbe finita così, non aveva nemmeno bisogno di prove che comunque aveva involontariamente ottenuto. Aya aveva portato Jake a sentirsi importante e ci era riuscita in pochissimo tempo, anche grazie all'aiuto della patologia del castano.
Lei, dal canto suo, non aveva alcuna intenzione di ostacolarla, però voleva essere sicura che, quantomeno, ciò non l'avrebbe lesa in prima persona. Per questo voleva provare ad insidiare in Jake il seme del dubbio, nonostante non credesse comunque di porcela fare.
In passato lei stessa era stata manipolata dai suoi familiari, quindi sapeva perfettamente cosa stesse accadendo al ragazzo in quel momento. Sua madre e suo padre, dopo aver scoperto i suoi scatti improvvisi di rabbia e di aggressività, l'avevano convinta a sostenere qualche seduta per "tentare" di esorcizzarla, convinti che si trattasse di una maledizione o di un qualcosa di simile.
Quel periodo della sua adolescenza la aveva passato legata ad una sedia e con numerose ferite su tutto il corpo. Erano soliti frustarla e picchiarla, al punto che un giorno, senza preavviso, iniziò a non sentire più nulla.
Nikita, infatti, non era capace di percepire il dolore emotivo. Ciò era stato causato dalle continue violenze subite, che l'avevano inconsciamente portata ad esserne indifferente, come una sorta di meccanismo di autodifesa.
 
James non ce la faceva più. Sua sorella gli stava incollata addosso e non riusciva a fare nulla. Più volte aveva provato ad allontanarsi da lei, ma finiva sempre in una specie di "guardia e ladri", dove lei puntualmente lo trovava e lo costringeva a starle vicino.
Aveva provato anche ad andare in bagno, ma la bionda si era piazzata fuori dalla porta, senza dargli un minimo di tregua.
Per tale motivo quando Kevin gli andò in contro rischiò di scoppiare a piangere dalla gioia. Il moro si fermò davanti ai due, ottenendo degli sguardi minacciosi da parte di Charlene, che lui però ignorò.
- Scusami, posso parlarti un attimo.- Kevin, coma al solito, tenne la testa rivolta verso il basso, alzandola solo di tanto in tanto.
- Certo, dimmi pure.- sussurrò James, anche lui leggermente in imbarazzo.
- È una cosa privata, potresti seguirmi un attimo in bagno?- gli domandò, passando lo sguardo rapidamente da lui alla sorella.
- Va bene.- il biondo acconsentì e gli andò dietro e venne prontamente seguito da Charlene.
- Devo parlare solo con lui, tu puoi aspettare qui.- la bionda provò ad opporsi, ma James mise un braccio davanti e le fece cenno di aspettarlo lì.
Kevin e James entrarono nel bagno ed il moro si chiuse la porta alle spalle dando un giro alla chiave e rimase in silenzio per quasi cinque minuti.
- Bene, credo se ne sia andata.- sussurrò, per poi intimarlo a sedersi sulla tazza - Non mi piace parlare con le persone, quindi andrò dritto al punto: Wren ha detto che ieri notte hai lasciato la camera. È vero?- per la prima volta lo guardò negli occhi, facendolo spagliare. James esitò a rispondere ed il moro se ne accorse subito.
- Sì, è vero.- ammise, per poi abbassare la testa verso il pavimento. Sentì la pressione salirgli ed ebbe l'istinto di incominciare a gridare ciò che era successo realmente quella sera.
- E cosa hai fatto?- disse quelle parole senza pretesa, quasi come se fosse sicuro al cento per cento di ricevere una risposta falsa.
- Niente di che, sono andato al bagno.- mentì, indicando la tazza con l'indice. L'altro sospirò violentemente, quasi irritato da quelle parole.
- Quindi tu non ne sai niente, dico bene?- domandò, dandogli le spalle.
- N-No, non sono andato in sala. Sono stato in bagno giusto qualche minuto.- parlò più velocemente del solito, come se volesse arrivare alla conclusione in maniera rapida.
- Eppure lui mi ha detto che sei stato via per una ventina di minuti... sai, soffre di insonnia.- spiegò, con un sorrisetto in volto. Il biondo iniziò a sudare freddo.
- Eh? No, non penso di essere stato via dalla camera per così tanto tempo.- provò a dire la sua, cercando di contraddire la tesi del moro.
- Va bene, ho capito. Dovrò investigare più a fondo.- Kevin scosse la testa, per poi uscire dalla stanza seguito dal biondo. Quella breve chiacchierata non aveva fatto altro che convincerlo dei suoi dubbi: James ci incastrava qualcosa con quella storia.
In realtà Kevin con Wren non ci aveva parlato, aveva solo lanciato una moneta alla cieca e, alla fine della fiera, aveva avuto ragione. Il biondo aveva ammesso di essersi alzato e ciò gli bastava per poterlo mettere nella lista dei sospetti.
Con il tempo aveva imparato a non fidarsi di nessuno, eccezion fatta per sua sorella. Tendeva a sospettare di chiunque incontrasse, ma Wren per la prima volta gli era sembrato non pericoloso. Aveva parlato con lui diverse volte ed era giunto a quella conclusione.
Si fidava ciecamente del suo istinto, nonostante non volesse apparire più di tanto ed a volte arrivasse anche a cambiare opinione se forzato.
Tutto ciò era dovuto al rapporto con il padre e la madre, che non erano mai stati in grado di capirlo. Aveva imparato a lasciar fare alle persone ciò che volevano, anche se ciò implicava cose negative per lui, e, fino a quel momento, gli era sempre andato bene così.
Però adesso c'era di mezzo la sua stessa sopravvivenza, oltre che quella di altre persone di cui però non voleva curarsi, e quindi non gli restava che applicarsi per cercare una soluzione a quell'enigma.
Tanto già sapeva che anche se avesse scoperto il colpevole non lo avrebbe detto a nessuno. Si sarebbe limitato a stargli lontano e ad osservare la situazione come un esterno.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Capitolo cortino, eh già. Ahimè, non ho più le capacità che avevo da piccolo di inventarmi un testo in due ore senza nemmeno scrivere una sceneggiatura.
Adesso sono costretto a farlo, anche perché ho sempre in testa l'obiettivo di farle il più bello possibile ed avere un'idea chiara quando si va a scrivere aiuta molto.
Attualmente sono arrivato al capitolo 11 e posso assicurarvi che, fra tutti, il 10 è quello che mi ha fatto impazzire di più. Ho scritto e cancellato, scritto e cancellato, cancellato e scritto. Il tutto per una quantità infinita di volte.
Per di più mi restano solo quindici giorni per finire la storia!
Ma parliamo del capitolo: nessuna morte! Ve lo sareste aspettati? No, eh?
Pian piano il background dei nostri teneri amichetti coccolosi sta uscendo fuori.
Fra l'altro, per il prossimo capitolo, stavo pensando di fare, nell'Angolo Autore, una classifica con tutte le morti degli OC di cui ho scritto, però devo vedere se ne avrò tempo, mi sembra un'idea bellina.
Amici, per oggi è tutto, ci vediamo domenica prossima!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Linda aveva passato l'intera giornata chiusa dentro l'infermeria. Per calmarsi ci aveva messo più di un'ora, poi lentamente aveva ripreso a  comportarsi normalmente. Non se la sentiva di uscire, ancora spaventata dalla possibile reazione del biondo.
Era sicura che, per il suo bene, avrebbe dovuto ucciderlo. Non sapeva come, ma in qualche modo doveva sbarazzarsi di lui. Ormai i rapporti fra loro erano irrecuperabili e, visti anche gli sbalzi d'umore che entrambi erano soliti avere, non aveva nemmeno troppa voglia di provarci. Era certa solo di una cosa: da quel momento in poi avrebbe dovuto tenere il bisturi sempre in tasca.
Ad interrompere i suoi pensieri fu un rumore proveniente dal suo stomaco. Erano notte e, in tutto il giorno, non aveva mangiato. Quando l'altoparlante aveva annunciato il pranzo e la cena, lei si era rifiutata di andare e quindi moriva di fame.
Lentamente si alzò dal lettino e si diresse verso la cucina, sperando di non incontrare nessuno nel tragitto. Aprì con lentezza la porta ed entrò dentro, ma ciò che vide le fece gelare il sangue: c'era Wren davanti al frigorifero che stava prendendo del cibo.
Capì subito che il biondo si era comportato esattamente alla sua stessa maniera. Inizialmente pensò di scappare via, però cambiò idea quando vide che il ragazzo, invece di dirle qualcosa, si limitò a guardarla per un istante e poi tornare a fare quello che stava facendo.
Linda gli andò vicino ed iniziò a scegliere qualcosa a casaccio. Prese un pacco di merendine, un succo e qualche altro cibo confezionato. Appoggiò il tutto sul tavolo, alla ricerca di una busta con cui trasportarli.
- Avete scoperto chi è stato?- domandò poi al biondo, cercando di capire quale fosse il suo umore.
- No. - le dette una risposta secca e continuò a prepararsi un panino senza nemmeno guardarla. La rossa esitò per un po', ma alla fine decise di riprendere il discorso.
- Io... non intendevo accusarti, volevo solo...- venne prontamente fermata dal ragazzo, che già aveva pensato a quella evenienza.
- Però, alla fine, lo hai... fatto.- disse, con un tono di voce leggermente alterato. Linda boccheggiò per qualche secondo, lasciandogli quindi il tempo di continuare - Poi, come se... se non bastasse, mi hai...- dette un pugno ad un'anta con violenza facendola sussultare - mi hai spaccato il naso con una testata.- la guardò con un sorriso ironico in volto.
- Hai ragione, scusami. Mi sono fatta prendere dal panico e...- provò a concludere il discorso, ma le parole le si bloccarono in gola.
- E allora mi hai... mi hai... spaccato il setto nasale.- Wren portò una mano vicino alla testa e fece finta di darsi un colpo, per rendere ancora più chiaro il concetto.
- Mi dispiace. Io... so che ho fatto qualcosa di brutto, però... vorrei che tu capissi.- la rossa abbassò la testa, conscia di non poter dire altro.
- Mi... mi hai... fatto male, ecco.- il biondo trasse un grosso respiro, per poi indicare il suo naso, su cui aveva adoperato del cerotti.
- Chi è stato a medicarti?- domandò lei, notando la precisione con cui quel lavoro era stato effettuato.
- Aya dice di... di intendersi di queste cose. - rispose lui, con un mezzo sorriso in volto.
- Capisco. Quindi adesso stai bene?- lo guardò tenendo gli occhi grigi fissi su di lui, quasi per paura che potesse aggredirla da un momento all'altro.
- Sì, mi fa solo un po' male.- si accarezzò il naso e si lasciò andare ad una risatina liberatoria, quasi come se si sentisse al sicuro.
La rossa, invece, non riusciva a calmarsi. Era completamente nel panico, perché non sapeva a quale parte di lei dare retta. Quella più pacifica le suggeriva di chiarire la situazione e di evitare scontri inutili, mentre l'altra le sussurrava nell'orecchio di prendere la bisturi dalla tasca e ferirlo a morte.
- Tu... stai meglio?- le disse Wren, distraendola dai suoi conflitti interiori.
- Sì, adesso sì. Mi ero solo spaventata.- disse seccamente, evitando di guardarlo negli occhi.
- Beh, per quello... mi dispiace, io... dormo poco quindi ogni tanto ho questi attacchi di... di rabbia perché sono... nervoso.- abbozzò un sorriso pentito, aspettandosi lo stesso dalla rossa, che però rimase impassibile.
- Deve essere brutto.- sussurrò con un filo di voce, ricevendo un cenno di assenso con la testa come risposta.
Farlo o non farlo? Sporcarsi le mani ed essere sicura o rischiare la vita? Una miriade di domande le stavano facendo esplodere la testa. Una parte di se voleva la certezza di non dover più avere a che fare con il biondo, l'altra non voleva arrivare a tanto. Sentiva l'ansia salirle al punto che iniziò a sudare e a respirare affannosamente, come se stesse percorrendo delle scalinate infinite.
- Ti devi solo... solo abituare.- Wren le sorrise genuinamente, mettendola ancora più in difficoltà - È per questo che... parlo così, sai?- la rossa non capì dove voleva andare a parare.
- Che intendi dire?- gli chiese, spaesata perché persa nei suoi pensieri.
- Non riesco a... pensare lucidamente, quindi... parlo sempre in... in questo modo così... strano.- in effetti aveva notato che il biondo era solito prendere tempo fra una parola e l'altra e poi finire la frase parlando più rapidamente, però pensava che si trattasse solo di un suo modo di fare.
- Ah. - non riuscì ad aggiungere altro. Aveva iniziato a tremare e più i secondi passavano, più sentiva di non riuscire più a controllarsi.
- Ehi, va tutto bene?- Wren le andò incontro, cercando di capire cosa le stesse succedendo, e riuscì giusto in tempo ad afferrarla al volo prima che cadesse per terra - Attenta!- le disse, reggendola per le spalle.
- G-Grazie, ho solo perso l'equilibrio.- Linda si resse alle sue braccia e si tirò su. Rimasero in quella posizione per qualche secondo, con la rossa completamente tremante.
- Vuoi che ti aiuti a sederti?- le domandò, indicando una delle sedie presenti vicino al tavolino. La ragazza portò lo sguardo verso di essa e poi scosse la testa.
- No, non c'è bisogno. Mi serve solo un attimo.- approfittò di quell'attimo di distrazione del biondo, ancora occupato nel controllare la sedia, ed estrasse il bisturi che poi, con forza, affondò nello suo stomaco incidendogli un taglio piuttosto lungo sulla carne.
Wren si tirò indietro e represse le grida mordendosi le labbra con violenza. Portò gli occhi verso la ragazza, ancora con l'arnese in mano. Stava tremando, aveva il fiatone e non sembrava propriamente lucida. Il biondo ebbe un attimo di esitazione e la rossa provò ad approfittarne per colpirlo ancora.
- Fermati!- le disse, cercando di bloccarle il braccio. In circostanza normali Wren non avrebbe fatto fatica a disarmarla, però la ferita aveva iniziato subito a sanguinare e sentiva le forze iniziare a mancargli.
- Stai zitto.- Linda si dimenò e provò ad affondare un altro colpo, che però lo prese di striscio sul braccio. Il biondo cercò un arnese con cui difendersi, ma l'angolo della cucina in cui si trovava era il più lontano dai coltelli e dagli altri oggetti che gli sarebbero potuti essere utili.
La rossa tornò alla carica di nuovo e lo colpì sul costato, provocandogli un altro grosso taglio. Il biondo a quel punto, completamente preso dal panico, la colpì con un pugno in faccia e la fece indietreggiare. Non le lasciò nemmeno il tempo di riprendersi, la afferrò per i capelli e, con tutta la forza che gli era rimasta, le sbatté la testa contro il muro.
Linda cacciò un urlo e cercò di colpirlo ancora con il bisturi, mentre Wren continuava a farle dare colpi contro la parete, ma l'arnese le cadde di mano. La rossa in gesto disperato, provò a chiedere pietà.
- Ti prego, ti prego, smettila! Ti giuro che non mi avvicinerò più a te!- il biondo nemmeno la ascoltò, era talmente spaventato che continuò con forza a farle colpire il muro, senza preoccuparsi della quantità di sangue che entrambi stavano perdendo. La rossa soffrì tantissimo, fino a quando non perse coscienza, già consapevole che non si sarebbe più svegliata. Tentò di aggrapparsi alla maglia del biondo, in un ultimo tentativo, ma ciò non servì a nulla. Si maledisse da sola per aver provato ad ucciderlo, ma d'altronde sapeva che, per colpa del suo bipolarismo, prima o poi una qualche stupidaggine del genere l'avrebbe fatta.
La droga, i tatuaggi, le continua urla contro la madre adottiva. Fu proprio a lei che dedicò il suo ultimo pensiero: forse se l'avesse trattata con garbo, invece che offenderla ed essere aggressiva con lei, non se ne sarebbe andata nel momento del bisogno e, a conti fatti, lei non sarebbe morta in quella situazione.
Ma quelle erano solo supposizioni e Linda lo sapeva bene.
- Muori. Muori. Muori. Muori.- ormai Wren era in preda alla follia pura e, nonostante Linda avesse smesso di dimenarsi da un pezzo, continuò a farle sbattere il cranio con violenza. Le lasciò i capelli solo quando iniziò a sentirsi troppo debole.
Stava per svenire, ne era perfettamente cosciente. Lasciò il corpo di Linda in cucina e, camminando, si avviò verso la camera per cercare aiuto. Fece tutta la strada appoggiandosi al muro, sul quale si andò a creare una striscia rossa, fino a che giunse davanti al letto di Kevin.
- Kevin....- lo chiamò, strattonandolo per un braccio. Il moro si tirò su senza accorgersi di nulla.
- Wren, che c'è?- gli chiese, stropicciandosi gli occhi.
- Aiuto...- sussurrò, per poi cadergli addosso. Solo in quel momento Kevin si rese conto della quantità immane di sangue che aveva sulle coperte.
 
Kevin aveva svegliato tutti quanti urlando una richiesta di aiuto. Aveva steso Wren sul suo letto, macchiandolo inevitabilmente da cima a fondo con il sangue, per poi correre ad avvisare Aya.
Passò per la cucina e ciò che si trovò davanti per poco non lo fece vomitare. Il pavimento era completamente sporco di sangue e per terra c'era il corpo di Linda, la cui faccia era completamente sfigurata.
Ricacciò giù  il coniato e si diresse nella camera della ragazza, trovandola sdraiata sul letto accanto a Jake.
- Aya, veloce, mi serve il tuo aiuto!- le disse, scuotendola con forza. La mora si tirò su, seguita dal castano, cercando di capire il perché di tutta quella fretta. Con la coda dell'occhio si rese conto del rosso presente  sulla sua maglietta e sul pavimento della cucina, visibile dalla porta lasciata spalancata, e comprese immediatamente cosa fosse accaduto.
- Arrivo subito, dammi un secondo.- si tirò su, per poi seguire il moro. Si fermò a guardare il cadavere di Linda, assumendo una faccia schifata, fino a quando Kevin non la chiamò a se - Per lei non c'è niente da fare.- disse, venendo però ignorata.
- Non è quello il problema.- la mora sollevò le sopracciglia, stranita. Aveva dato per scontato che il moro volesse farle salvare la ragazza, ma ben presto realizzò cosa era effettivamente successo.
- Oh, Cristo!- nel frattempo Jake, uscito dalla camera, si trovò davanti a quell'agghiacciante spettacolo e per poco non perse i sensi - Ma che cazzo avete fatto?- chiese, per poi indietreggiare lentamente fino al muro che, essendo sporco di sangue, macchiò inevitabilmente la sua maglietta. Accortosi della cosa, il castano cacciò un urlo fortissimo.
Kevin prese Aya per la mano e, quasi correndo, la trascinò dentro alla sua stanza. Steso sul letto c'era Wren, in condizioni pietose. Aveva la maglietta completamente rossa ed il letto stesso si stava tingendo pian piano di quel colore.
- Devi salvarlo!- le disse, mentre lei era occupata ad osservare superficialmente le ferite.
- Dobbiamo portarlo in infermeria. Vai a prendere il lettino.- Kevin prese a corsa e si diresse verso il luogo indicatole dalla mora senza fare domande. Aya intanto provò a sentire il battito, che era ancora presente  ma molto debole. Necessitava di un intervento immediato per richiudere le ferite.
- Si può sapere che sta succedendo?- Charlene, allertata dalle grida, entrò nella stanza, seguita da James e Nikita. Quando videro il biondo ridotto in quello stato si spaventarono.
- Oh, Gesù...- sussurrò James, osservando la quantità di sangue presente sul letto e sul pavimento.
- Spostatevi!- Kevin si presentò dentro la stanza assieme al lettino con le ruote richiesto da Aya. Fece spostare i tre, poi cercò di sollevare Wren per permettergli di stendersi là sopra.
- È troppo pesante, in due non ce la facciamo.- gli fece notare la mora, mentre tentavano inutilmente di tirarlo su. Il lettino era di circa trenta centimetri più alto del letto e ciò impediva ai due di riuscire a spostarlo.
- Dateci una mano. - Kevin guardò i tre, che però rimasero immobili - Che diavolo avete? Venite ad aiutarci!- urlò con foga.
- Come è successo?- domandò Charlene, con voce esitante.
- Ma che ti importa?- ribatté il moro, con un tono quasi incredulo. Nessuno di loro tre sembrava voler aiutarli.
- Se è ridotto in questo stato vuol dire che è stato aggredito.- rispose Aya, osservando bene i tagli presenti sul suo stomaco.
- O che ha aggredito qualcuno ma gli è andata male.- fece notare la bionda, per poi deglutire con forza. Kevin spalancò gli occhi, spaventato dal suo ragionamento.
- Stai scherzando, vero?- si prese un attimo di pausa in attesa di una risposta - Ditemi che state scherzando!- il moro cacciò un urlo fortissimo, al punto che i tre ebbero quasi paura ad avvicinarsi - Andate tutti e tre all'Inferno.- disse infine, guardandoli con espressione arrabbiata.
Kevin prese Wren per la schiena e, con tutta la forza che aveva in corpo, lo sdraiò sopra il lettino, anche grazie al contributo di Aya. Fatto ciò, i due lo trasportarono in infermeria il più velocemente possibile.
- Io vado a controllare la situazione di là. - Charlene andò, piuttosto velocemente, verso la sala e James provò ad andarle dietro, venendo però fermato da Nikita. La ragazza gli afferrò un braccio e lo tirò a se.
- Voi non c'entrate niente con questa storia, vero?- lo guardò fisso negli occhi, riuscendo quasi a scrutargli l'anima.
- No, questa volta no. - detto ciò le fece lasciare la presa e andò dietro la sorella, trovandosi davanti all'orrore presente in cucina.
 
- Che cosa dobbiamo fare?- Kevin, completamente preda del panico, prese degli oggetti a caso dalle mensole e lì portò lì vicino, nella speranza che potessero servire ad Aya per salvare Wren.
- Per prima cosa calmati. Adesso ricucirò le sue ferite.- gli spiegò, ottenendo un cenno con la testa da parte sua. La mora tolse la maglietta al biondo, aiutata dall'altro, per poi iniziare a disinfettare la ferita. Tornare nuovamente ad operare qualcuno dopo tanto tempo le stava mettendo addosso una soddisfazione immane.
Grazie a suo padre, chirurgo di professione, aveva appreso i "segreti del mestiere" e si era resa conto di provare divertimento nel dissezionare le persone. Inizialmente era partito tutto con un gioco, fatto con i piccoli conigli che trovava nel bosco vicino casa sua, poi era passata ai cani, per finire con l'aiutare il padre con le sue operazioni chirurgiche.
Aveva studiato al livello teorico, ma sul livello pratico poteva dirsi un'esperta e tutto ciò era merito del padre. Lui l'aveva addestrata e l'aveva indirizzata al mestiere. Quando poi morì Aya ebbe ulteriori occasioni di dissezionare corpi umani, ma continuò comunque col farlo anche con gli animali. Perciò, in quella situazione, l'adrenalina che aveva in corpo la stava mandando in estasi.
Aveva una voglia disumana di aprire ancora di più il taglio sullo stomaco del biondo per poter controllare tutti i suoi organi, ma era ben conscia di non poterlo fare per più motivi. Il principale era Kevin, che non glielo avrebbe fatto fare, gli altri erano per lo più legati alle possibili reazioni che gli altri avrebbero potuto avere se ne fossero venuti a conoscenza .
Poi le venne in mente un'idea che, molto probabilmente, sarebbe piaciuta anche alla squadra di psicologi che stava seguendo l'esperimento. Guardò il moro e, dopo avergli sorriso, lo chiamò a se.
- Tu vuoi che io lo salvi, giusto?- gli domandò, mantenendo la bocca piegata in un'espressione tutt'altro che rassicurante.
- Certo, mi pare ovvio.- rispose lui, conscio che stesse per accadere qualcosa che avrebbe poco gradito.
- Allora devi fare qualcosa per me in cambio.- la mora lo guardò con un sorriso genuino in volto e ciò non fece altro che alimentare ancora di più le sue paure.
- Cosa?- non aggiunse altro.
- Chi è la persona che ti ispira meno fiducia in questo posto?- chiese, indicando la stanza dove gli altri erano raggruppati. Kevin ci pensò su per un bel po'.
- Probabilmente... Nikita.- disse con un filo di voce.
- Bene, allora uccidila e io salverò il tuo amico.- Aya scrollò le spalle, mentre il volto del moro si tingeva di rabbia.
- Ma che cazzo stai dicendo?- la sua voce uscì fuori sporca, perché completamente preso dal panico.
- Uccidi lei e io salverò lui. Per adesso mi limiterò a tenerlo in vita. - l'istinto primario di Kevin fu quello di darle un pugno, ma Aya era l'unica in grado di aiutarlo in quella situazione.
- Ci... ci devo pensare.- sussurrò, facendola ridere.
- Va bene. Hai circa...- si prese un attimo di pausa per verificare le condizioni di Wren - sei o sette ore. - detto ciò si lasciò andare ad una lunga risata, decisamente poco opportuna. Il moro deglutì rumorosamente, per poi dirigersi fuori dalla stanza.
 
- Che avete fatto poi con il cadavere di Linda?- Nikita interruppe il silenzio che si era generato all'interno della camera fra lei e James.
- Se ne stanno occupando Kevin e Charlene.- rispose il biondo, senza distogliere lo sguardo dal soffitto. Lo stava osservando da un bel pezzo, perso nei suoi pensieri.
- Quella ragazza ha uno stomaco di ferro, immagino.- la castana stava cercando in tutti i modi di iniziare un discorso, ma lui ne era ben restio. Non sapeva bene nemmeno il perché, però in quel momento sentiva di dover stare da solo.
- Sì. - tagliò corto, sussurrando a malapena.
Sin da quando era piccolo, Charlene aveva sempre avuto una forte influenza su di lui. James era timido e riservato, quindi soltanto la sorella poteva aiutarlo a socializzare con gli altri bambini. Ciò sviluppò in lui una dipendenza quasi ossessiva nei suoi confronti.
Per ogni problema, di qualunque genere, si rivolgeva a lei e, di rimando, obbediva ad ogni suo comando. Charlene se ne era accorta subito ed aveva approfittato della cosa.
Lo aveva convinto a lavare i piatti al posto suo, poi a farle compiti, fino ad arrivare a bruciare la loro casa. James non si poneva nemmeno troppo domande o dubbi, si limitava ad agire per poter rendere felice la sorella.
E ciò andò avanti facendolo arrivare a compiere crimini sempre più gravi: dal furto al tentato omicidio.
La morte dei loro genitori, avvenuta quando avevano circa otto anni, fece peggiorare ancora di più le cose. Charlene lo convinse che l'unica di cui potesse fidarsi era lei e, proprio per colpa di questa convinzione, i due erano finiti ben presto dentro quella specie di manicomio.
Erano stati i loro genitori adottivi a costringerli ad andare poiché, in più casi, si erano posti diversi dubbi sulla loro sanità mentale. Loro erano sicuri che i loro complessi fossero scaturiti dal trauma dell'aver perso i genitori, ma nemmeno immaginavano che il settanta per cento della colpa di tutto ciò era la tenera biondina che accudivano da quasi dieci anni.
- È per questo motivo che tua sorella ti mette i piedi in testa, perché ti chiudi in te stesso in questa maniera.- disse Nikita, cercando di essere la più acida possibile.
- Semplicemente non ho voglia di parlare.- buttò lì la prima scusa che riuscì ad ideare, senza però sortire alcun effetto.
- Quando hai intenzione di tirare fuori le palle, eh?- la castana lo guardò dritto negli occhi, facendolo innervosire.
- Ti sei sempre fatta i fatti tuoi, quindi perché adesso rompi in questa maniera?- il biondo si tirò su di colpo.
- Io faccio quello che voglio. Perché riesco a farlo. Non come te, che sei schiavo di un'adolescente bionda e dei suoi capricci.- la ragazza andò dritta al punto, affondando il coltello nella piaga con violenza. Per James quelle parole furono un colpo al cuore.
- Io non...- provò a controbattere, ma non trovò modo di farlo.
- Visto? Non sai nemmeno cosa dire.- Nikita chiuse il libro che stava leggendo e lo lanciò sul comodino. Si tirò poi su e gli andò a qualche centimetro dal volto - Smettila di essere il suo cagnolino, oppure farai una brutta fine.- disse quelle parole con un filo di voce e ciò lo mise ancora di più in difficoltà.
- Tu... puoi aiutarmi?- le domandò, balbettando. Gli occhi azzurri di James, tremanti, puntavano quelli color ambra della ragazza, che invece aveva un'espressione decise in volto.
- Vuoi che lo faccia?- si avvicinò ancora di più e ciò mise il biondo ancora di più in soggezione. Stava crollando emotivamente e ciò l'avrebbe aiutata a tenere d'occhio Charlene.
- Sì, ti prego.- le prese la maglietta con una mano e la strinse forte. La castana fece una smorfia divertita, per poi accarezzargli i capelli. La sua apatia l'aveva portata a non sentire minimamente l'ansia e, nonostante fosse a pochi millimetri da un ragazzo, non provava emozioni alcun tipo. Si limitò ad accennare un sorriso, per poi allontanarsi e tornare nel letto.
- Che ne dici di raccontarmi un po' di te?- Nikita si mise comoda ed attese che il biondo iniziasse a parlare.
- Beh, che dire... mi piacciono gli hamburger e la musica classica.- disse, palesemente in imbarazzo.
- Noioso. Ci credo che riesce sempre a tenerti testa, sei veramente triste.- non si contené, anche perché era sempre stata abituata ad andare dritta al punto nei discorsi.
- Charlene invece dice che mi distinguo.- ribatté lui. Nikita fu costretta a sopprimere la risata che stava per fare, giusto per essere sicura che il biondo non si arrabbiasse.
- Sicuramente, sicuramente.- ironizzò lei, facendogli mettere il broncio - Non prendertela subito a male.- la castana scrollò le spalle mentre James sospirò con fare sconfitto.
- Non mi piace stare sotto i riflettori, preferisco starmene in disparte ed osservare gli altri.- pian piano Nikita stava iniziando a delineare il carattere del biondo, che risultò essere molto simile al suo. Anche lei era solita stare in disparte, ma sentiva sempre la necessità di mettersi al centro dell'attenzione, cosa testimoniata da tutte le battutine che faceva anche nei momenti meno opportuni.
- Se vuoi darti una scrollata ti conviene iniziare ad abituarti alle luci. - James, sentendo quella battuta, scoppiò a ridere, mette a leggero disagio la castana. Non era solita avere conversazioni del genere e quindi anche lei stava avendo delle difficoltà.
- Wow, ridi mentre ti prendo in giro? Geniale.- alzò le sopracciglia ed approfittò di quel momento per osservarlo meglio. Aveva dei capelli biondi corti piuttosto lucidi, degli occhi azzurro cielo e non era nemmeno male fisicamente. Come era possibile che non riuscisse ad essere al centro dell'attenzione.
- Vedo che vi state divertendo.- Charlene entrò nella stanza, con un sorriso vispo in volto. Passò lo sguardo prima su Nikita, che si limitò a ricambiare senza aggiungere nulla, poi su James, il cui volto si rabbuiò non appena la vide.
- Sì, stavamo...- il biondo provò a tirare lì per lì una scusa, ma non ci riuscì.
- Stavamo solo parlando. Piuttosto, com'è la situazione di là?- cercò subito di sviare la conversazione, così da non mettere James ancora più in difficoltà.
- Abbiamo messo il corpo di Linda nell'armadio in infermeria, dove c'è anche quello di Ginevra. Il problema grosso è in cucina, l'abbiamo pulita il meglio possibile, ma non siamo stati in grado di fare un bel lavoro.- spiegò, mantenendo un'espressione poco amichevole nei confronti della castana.
- Capisco.- detto ciò, Nikita tornò a leggere il suo libro.
 
- Puoi salvarlo?- Jake stava assistendo Aya mentre lei ricuciva i tagli presenti sul corpo di Wren. La mora, con precisione, stava passando il filo nella pelle e richiudeva pian piano le ferite, con lo scopo di bloccare l'uscita di sangue.
- Non lo so, non dipende da me. - accompagnò quelle parole con un sorrisetto, facendo insospettire il castano.
- Kevin ci tiene particolarmente. È da più di un'ora che è fermo sul divano.- sentire quelle parole le fece salire l'euforia alle stelle. Jake nemmeno immaginava il vero motivo per cui il moro stava immobile su quel divano, che era ben più drammatico del semplice tenerci per l'amico.
- Farò tutto ciò che è possibile per salvarlo, ma ho bisogno del tuo aiuto.- lo guardò con uno sguardo compassionevole, facendolo sentire realizzato.
- Non preoccuparti, io ti darò una mano in qualsiasi circostanza, devi solo chiedere.- le rivolse un sorriso, che lei ricambiò con gioia.
Jake non era nemmeno a conoscenza di essere solo una marionetta di Aya. Stava venendo manipolato con destrezza dalla ragazza, la quale aveva ormai intuito come far leva su di lui nel miglior modo possibile.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Capitolo 5! Linda ci lascia. Ahimè, sono arrivato a quell'età in cui uccidere gli OC mi fa male al cuore. Togliere la vita a questi poveri ragazzi diventa di giorno in giorno più difficile per me.
Per la prossima storia ad OC credo di dover fare qualcosa di meno pesante, come un reality show oppure un qualcosa che non comporti l'uccidere poveri innocenti.
Nah, sto scherzando. Mi dispiace per i cuccioli, ma non rinuncerei mai a questo genere. La prossima storia la voglio ambientare in una foresta, con un gruppo di amici che vanno lì per fare campeggio e poi si perdono. Se inserire assassini o entità sovrannaturali è una cosa che verificherò in futuro.
Aveva anche pensato di fare un "All Stars" con tutti i migliori OC che ho avuto a disposizione, nella quale si scannano fra di loro, però lo vedo troppo alla Smash Bros, non mi attira fino in fondo.
Comunque sia, vi avevo promesso una lista delle morti generali di ogni mia storia, ma ho deciso di farla nell'ultimo capitolo, così da poter aggiungere anche gli OC di Care Project.
Bando alle ciance, spero che il capitolo vi sia piaciuto e, soprattutto, vi ringrazio per la splendida partecipazione attiva che stava avendo. Leggero le vostre recensioni è una cosa bellissima ;-)
Ci vediamo domenica prossima!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Erano passate tre ore da quando Kevin aveva ricevuto la minaccia da parte di Aya. Per tutto il tempo era rimasto immobile sul divano, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e gli occhi puntati verso lo schermo nero della televisione.
Cosa avrebbe dovuto fare? Sapeva perfettamente che se la mora gli aveva chiesto una cosa del genere era perché ne avrebbe tratto qualche vantaggio, però non riusciva a capacitarsi di cosa. D'altronde aveva fatto scegliere a lui la vittima.
Nikita e James stavano tranquillamente conversando sul divano, ignari delle occhiatacce che Charlene gli stesse rivolgendo, e non sembravano sospettare di nulla. Kevin si era già armato con un coltello, nascosto intelligentemente fra i cuscini, da poter usare al momento opportuno, ma era più che sicuro che uccidere Nikita non sarebbe stata una passeggiata.
Non sapeva come James e Charlene avrebbero preso la cosa, quindi era restio nell'agire in quel momento. Il tempo stava tuttavia scadendo e a breve Wren sarebbe morto.
- Quindi ti piacciono Mozart e quegli altri sfigati lì? Diavolo, a livello musicale sei veramente basso.- Nikita, con il suo solito modo di fare glaciale, si stava divertendo nel prendere in giro il biondo.
- Non sono sfigati! Hanno scritto la storia della musica!- ribatté subito James. La discussione era partita perché lui aveva trovato un disco di Mozart sugli scaffali della sala e lo aveva messo nello stereo. "La marcia turca", nella sua versione integrale, stava suonando per tutta la stanza, riuscendo a rendere allegra una situazione che, fino a quel momento, aveva avuto solo del tragico.
- Sono vecchi. Non puoi ancora ascoltare quella roba. - la castana scosse la testa, mentre richiudeva il libro. Stranamente rispetto alle altre volte, la ragazza si trovava sul divano e non nell'angolo bar da lei tanto amato.
- Mi danno un senso di pace e mi fanno sentire libero.- replicò lui, appoggiando la schiena cuscino dietro di lui.
- Che idiota...- la castana scosse la testa e lui mise il broncio.
- Non dovresti prenderlo in giro, è molto sensibile.- Charlene si intromise nella loro conversazione, guardando l'altra con uno sguardo poco rassicurante.
- Può tranquillamente difendersi da solo, non ha bisogno della sorellina.- Nikita ricambiò l'occhiataccia e ciò fece indispettire la bionda ancora di più.
- Lo conosco da quando è nato, so bene com'è fatto. Quindi lo difendo.- il suo tono di voce divenne quasi seccato, al punto che la castana pensò di star per essere aggredita.
- Ripeto: ha diciannove anni, non ha bisogno di qualcuno che lo controlli come se fosse un neonato.- Nikita si alzò dal divano e si diresse all'angolo bar, dal quale prese una bottiglia d'acqua ed iniziò a berla.
- Ce n'è una anche per me?- chiese Kevin, quasi tremante.
- Sì. - come prevedibile, la castana non gliela passò, quindi il moro fu costretto ad alzarsi e ad andarsela a prendere. Sentiva i piedi pesargli come piombo e più sui avvicinava a lei e più la testa iniziava a girargli. Tenne coltello nascosto sotto la maglietta e, quando le arrivò quasi davanti, lo estrasse di colpo.
- Attenta!- James si accorse dell'arma in possesso di Kevin grazie al riflesso biancastro prodotto dal metallo, e riuscì quindi ad avvisare la ragazza prima che fosse tardi.
Nikita si gettò istintivamente indietro, facendo cadere la bottiglia che aveva in mano, e riuscì ad evitare il fendente del moro. Kevin non fece in tempo nemmeno a capire cosa stesse accadendo, si ritrovò a per terra, con la schiena completamente zuppa, per colpa dell'acqua dispersa sul pavimento, e le mani della castana attorno al collo.
L'espressione di Nikita lo spaventò al punto che lasciò il coltello. I suoi occhi si erano iniettati di sangue e teneva la bocca digrignata in un 'espressione piena d'astio e rabbia. Le dita della castana affondavano nel collo di Kevin, che non cercava nemmeno di dimenarsi, il tutto mentre Charlene li osservava con fare quasi divertito.
Fu James ad intervenire, discostando con un colpo la ragazza da sopra il moro, che tossì per una ventina di secondi ed iniziò a respirare rumorosamente.
- Che cazzo avevi in mente di fare?- il biondo lo prese poi per il collo e lo sbatté contro il retro del divano.
- Aya mi ha detto...- si interruppe, per dare un altro colpo di tosse - che avrebbe salvato Wren solo se...- prese fiato - avessi ucciso Nikita.- disse infine.
La castana non si era ancora calmata e, senza farsi notare, aveva preso il coltello da terra e si stava incamminando verso il moro.
- Spostati.- disse a James, mentre stringeva le dita attorno al manico.
- Che cosa vuoi fare?- le chiese, nonostante non fosse servito a molto farselo dire, dato che le sue intenzioni erano più che chiare.
- Ho detto spostati.- ripeté e gli fece cenno con la testa di allontanarsi dal moro.
- Ferma, non fare cavolate.- provò a farla calmare, ma ormai la castana aveva perso la testa. Il solo ed unico pensiero che aveva per la testa era quello di uccidere il moro.
- Spostati!- urlò, con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Quelle parole vennero seguite da un attimo di silenzio, che venne interrotto dall'arrivo di Jake nella sala.
- Si può sapere che succede?- domandò, mentre la castana si avvicinava lentamente verso Kevin. James si mise fra i due. Stava tremando fortissimo per la paura, eppure non accennava a scansarsi.
- Ti ho detto di spostarti.- Nikita prese il biondo per il collo e gli puntò il coltello alla gola, senza alcuna esitazione. Subito Charlene si alzò in piedi, allarmata per il fratello.
- Calmati, per favore...- sussurrò James, mettendole una mano sulla spalla. Il respiro della castana iniziò a farsi sempre più affannoso, fino a quando non tornò regolare. Lentamente mollò la presa su di lui, per poi lasciare il coltello.
- Non ci ho capito nulla...- Jake si appoggiò allo stipite della porta ed esalò un lungo sospiro.
- Che cos'era tutto quel baccano?- Aya, con i guanti e la maglietta sporca di sangue, entrò nella sala e si finse estranea a tutto.
- Gli hai detto di ammazzarmi, eh?- Nikita ormai si era tranquillizzata, nonostante sentisse ancora un po' di rabbia. Portò gli occhi verso la mora, che alzò le sopracciglia con fare stupito.
- Ci hai provato davvero? Io stavo scherzando.- sorrise verso Kevin, che la stava guardando con un'espressione tutt'altro che chiara - Ho già cucito le ferite di Wren, adesso lo sto tenendo sotto controllo. Non lascerei mai morire un bel ragazzo come lui.- scherzò, facendo però indispettire involontariamente Jake.
- Oh, Gesù...- Kevin, scaricata tutta la pressione che aveva addosso, affondò la testa fra le braccia rimase seduto per terra.
- Ti sembrano scherzi da fare?- James, ancora con il cuore che gli batteva a mille, guardò la mora con un'espressione furente, che venne ricambiata da un sorrisetto.
- Cerchiamo di darci una controllata.- Jake si mise subito in mezzo - È vero ciò che dicono?- le chiese, guardandola con un'espressione dura in volto.
- Io stavo solo scherzando, non volevo provocare tutto ciò.- dagli occhi della mora iniziarono a scendere delle lacrime, che mandarono il castano visibilmente nel panico - Sei arrabbiato con me?- gli chiese poi, guardandolo.
- No, no, assolutamente. Era solo una domanda...- Jake, sotto gli sguardi increduli degli altri, si era bevuto alla grande quel pianto finto. Mentre parlavano, il disco inserito da James finì e la musica si interruppe, così come quella surreale situazione che avevano vissuto quella mattina.
 
- Aya, perché hai deciso di salvarlo?- Jake, seduto accanto a lei in infermeria, la stava osservando mentre si prendeva cura di Wren. Il biondo era rimasto incosciente per due e giorni e, per tutto quel tempo, la mora era stata occupata nel tenerlo d'occhio.
Aveva lasciato l'incarico di cucinare a Kevin, che si era dimostrato un cuoco discreto, e si era "trasferita" all'interno di quella piccola stanza, dove ogni tre ore era costretta a compiere delle "piccole operazioni" per tenere in vita il ragazzo.
Jake si era proposto come assistente, perché era più che sicuro che il biondo in poco tempo sarebbe morto per via delle ferite gravi, ma invece Aya era riuscita a tenerlo in vita. Il fatto che la ragazza stesse dedicando tutto il suo tempo verso Wren, lo stava indispettendo particolarmente.
Ormai si era abituato ad essere al centro dei pensieri della mora, almeno dal suo punto di vista, quindi non era per nulla felice che queste attenzioni si fossero sposate sul biondo.
Perché Aya tendeva a stare in silenzio mentre operava, o al massimo chiedeva qualche strumento, e perciò Jake si sentiva sempre più ignorato.
A tutto ciò si aggiungeva Kevin, che come poteva andava in infermeria a controllare le condizioni dell'amico e passava anche ore a parlare con Aya. Spesso le chiedeva qualche consiglio su cosa cucinare, altre volte discutevano su cosa avrebbe dovuto fare al biondo per tenerlo in vita.
Sembrava quasi che lei fosse il suo mentore, cosa strana perché lei aveva tre anni in meno di lui, e il moro aveva preso la cosa sul serio. Ascoltava ogni singola parola da lei detta e la studiava, così da prepararsi nel caso fosse successo qualcosa a Wren mentre lei non poteva tenerlo d'occhio
- Perché è un bel ragazzo. Non posso lasciarlo morire così. - sentendo quelle parole, che Aya aveva detto ironicamente, Jake sussultò. La paura che le sue attenzione potessero rivolgersi completamente verso il biondo salì esponenzialmente.
- Ah, tutto qui?- il castano sentiva la gola secca.
- Tutto qui.- ripeté lei, mentre passava la mano sulle cicatrici del biondo per controllarne lo stato - Potresti portarmi le pasticche di Paracetamolo, per cortesia?- Jake obbedì senza dire nulla, prese la confezione rosea e gliela passò. Poi, mentre lasciava l'oggetto nella mano dell'altra, gli sorse un dubbio: cosa fosse accaduto se avesse sbagliato le pasticche?
 
Charlene aveva notato che James e Nikita si erano avvicinati molto negli ultimi tre giorni. Ogni volta che andava in sala li trovava intenti a parlare, come se fossero amici da una vita.
Suo fratello non era mai stato un tipo espansivo e per questo era convinta che ci fosse qualcosa sotto. La castana era solita prenderlo in giro, mentre lui passava la maggior parte del tempo a tenere il broncio, ovviamente per finta, e a discolparsi nei modi più assurdi.
La situazione si era spinta avanti al punto che Charlene faceva fatica a trovare dei momenti per poter parlare da sola con il fratello e ciò la innervosiva. Il pensiero di non avere il pieno controllo su di lui non le piaceva per niente, soprattutto perché si era accorta che Nikita si metteva quasi sempre in mezzo quando provava a chiedergli dei favori.
Così, approfittando di un momento in cui la castana non fosse fra i piedi, Charlene prese James ed iniziò un confronto faccia a faccia. Ebbe difficoltà ad iniziare la conversazione, poiché l'espressione del biondo sembrava genuinamente felice.
- Senti... devo parlarti riguardo Nikita.- gli disse, notando come il suo volto diventò cupo.
- Dimmi pure.- James la invitò ad andare avanti, mantenendo lo sguardo dubbioso su di lei.
- Devi smetterla di darle tutta questa confidenza.- si avvicinò ancora di più a lui, così da essere sicura di non farsi sentire.
- Che intendi dire?- il fratello le parve completamente spaesato.
- Hai visto tre giorni fa, no? Voleva ucciderti! Non è sicuro entrare in confidenza con una persona del genere.- cercò di sviarlo come faceva sempre, ovvero ricordandogli gli episodi spiacevoli che gli erano accaduti.
- È stato uno scatto di rabbia, tutti qua dentro ne soffrono.- disse, con una leggera ironia nel tono.
- Non c'è nulla da scherzare. Smettila di essere cosi amichevole con lei.- Charlene allungò la mano e la mise sul braccio del biondo.
- No. - ci fu un attimo di silenzio, durante il quale la sorella sgranò gli occhi - Nikita è simpatica, mi diverto a parlare con lei.- spiegò, con un sorriso in volto.
- Ma sei diventato scemo, per caso?- la bionda disse quelle parole tenendo i denti stretti e con un'espressione furente in volto, mentre pian piano stringeva la presa sul braccio dell'altro.
- No. - sentiva che il fratello stava opponendo resistenza sulla sua stretta gonfiando il muscolo - Sto solo iniziando a pensare con la mia testa.- quelle parole, dette palesemente come frecciatina, la fece infuriare ancora di più.
- Io ti conosco da quando sei nato, so cosa è meglio per te, quindi stai in silenzio e fa come ti dico.- sentendo quella frase, James la scostò di prepotenza.
- Ti ho detto di no. - il ragazzo iniziò a tremare improvvisamente e da ciò Charlene capì che in realtà non era lui ad aver pensato a quelle parole. Si accorse che dallo stipite della porta era visibile un occhio marrone. Non ci mise molto a capire di chi fosse.
Nikita, con un sorriso in volto, stava osservando la loro conversazione. La bionda rischiò di avere un attacco di rabbia, ma si limitò a tornarsene in camera senza dire nulla.
- Bravo, finalmente ci sei riuscito.- la castana si avvicinò a James, ancora tremante e con il fiatone, e gli appoggiò una mano sulla schiena.
- Ho bisogno di sedermi.- detto ciò si gettò sul divano ed iniziò a prendere dei grossi respiri. Era stato difficile per lui confrontarsi con la sorella, aveva provato a sembrare convincente e audace, ma alla fine si era messo a tremare come una foglia - Non sono riuscito ad essere più... sicuro.- disse, abbassando la testa.
- Una cosa per volta.- lo rassicurò lei, puntando lo sguardo verso la porta da dove poco prima la bionda era passata. Più che per aiutare James, lo stava facendo per mettere in difficoltà la sorella, che si era guadagnata le sue antipatie.
 
Ace aveva provato ad uscire dalla cella in ogni modo. Dal semplice forzare le sbarre al provare a tagliarle con il coltello, che Blaineley le aveva imprudentemente lasciato. Aveva studiato alla perfezione la cella ed era giunta alla conclusione che non aveva modo di uscire da lì.
Per di più era da sola, dato che l'unica persona che la andava a trovare era Josh, incaricato di darle da mangiare e da bere. I due in quei tre giorni aveva conversato spesso ed Ace era giunta alla conclusione che Josh non fosse cattivo, ma solo sottomesso completamente alla bionda.
- Per ora quanti sono morti?- domandò, tenendo la testa contro il muro. Passava tutto il tempo seduta per terra, completamente frustrata per la situazione. Si era fatta fregare con una tale facilità che stentava a crederci.
- Due, quasi tre. Il fanatico degli alieni è ancora incosciente, non so per quanto Aya riuscirà a tenerlo in vita. - spiegò Josh, sospirando. Si mise a sedere sull'unica presente lì vicino e le passò il cibo dalla fessura fra le sbarre. Un panino ed una bottiglietta d'acqua, ovvero il solito.
- Cazzo...- sussurrò, per poi affondare la testa nelle ginocchia - ho fallito.- afferrò il panino ed iniziò a mangiarlo.
- Già, puoi dirlo forte. Ma sai, Blaineley è fatta così. Se si mette in testa qualcosa lo porta fino in fondo.- un sorriso amaro si dipinse sul volto del moro.
- Perché le vai dietro? Tu non sei come lei.- la ragazza portò il suo occhio azzurro verso di lui. Dalla sua bocca uscì fuori un tono frustrato ed arrabbiato.
- Ho fiducia in lei, quindi penso che prima o poi si fermerà.- le disse, intrecciando le dita delle mani fra loro.
- Stai lasciando morire dei ragazzi! Non se ne salverà nemmeno uno se le cose continuano ad andare in questo modo. - Ace si alzò in piedi e si portò alle sbarre. Le afferrò con forza e guardò il moro con odio.
- Anche tu hai vissuto una situazione del genere, vero?- sentendo quelle parole, la ragazza allentò pian piano la presa sul ferro - Non deve essere stato facile, soprattutto dopo aver saputo il motivo per cui eri là. Quando è successo?- le domandò.
-Tre anni fa. - non aggiunse altro, si limitò a sospirare con forza.
- Certo che il signor Barlow ne ha messa di gente in pericolo, eh?- Josh si lasciò andare ad una risata, nonostante sapesse che fosse del tutto inopportuna.
- Lui ci ha salvati. Non lo accuso di nulla, la colpa era di MacLean. - Ace tornò seduta per terra. Prese la bottiglia ed iniziò a bere un sorso d'acqua.
- Ah, MacLean... quel tipo era un vero idiota. Lo conoscevo, sai?- il moro la guardò mentre per poco non sputò tutta l'acqua che aveva in bocca.
- Davvero?- tossì leggermente, per poi portare lo sguardo dritto verso di lui. Il suo capo le aveva parlato spesso di MacLean, ma non aveva mai avuto modo di parlare con qualcuno che lo conoscesse.
- Sì, era un amico del mio vecchio capo. Un tipo veramente particolare.- scosse la testa e ripensò ai vecchi tempi, quando ancora aveva i capelli completamente neri ed era un semplice psicologo che lavorava per il bene della comunità.
- Ne ho sentito parlare.- Ace rise per la prima volta dopo tre giorni - Piuttosto, te lo cambi mai quel camice?- la ragazza decise di cambiare la conversazione, divenuta fin troppo pesante per lei.
- Non spesso.- il moro se lo guardò. Aveva diverse macchie ed un bottone in meno, oltre che le maniche graffiate.
- Il tuo capo non ti dice nulla?- si meravigliò lei, facendolo ridere.
- No, è molto intelligente, ma tende a non notare i dettagli.- spiegò, assumendo un'espressione seria all'improvviso - Pensa che una volta...- il suo discorso venne interrotto da un urlo.
- Josh, vieni qui!- la voce di Blaineley penetrò nella sua testa con forza e lui non poté far altro che roteare gli occhi ed avviarsi di sopra. Salutò Ace con un cenno della mano e se ne andò.
- C'è qualche problema?- chiese, notando che la bionda sembrava leggermente alterata. Blaineley iniziò a schiacciare tutti i tasti davanti a lei, eppure dalle televisioni non sembrava accadere nulla.
- Perché non funzionano? Volevo chiudere le porta dell'infermeria, eppure rimangono aperte.- dette un colpo alla pulsantiera, facendola cadere per terra.
- Mi faccia controllare.- dette una rapida occhiata ai cavi, tutti perfettamente collegati, poi si spostò verso le prese della corrente - Oh, cazzo.- si lasciò scappare, facendo impensierire l'altra - Il problema deve essere all'interno della casa. - dedusse, portandosi l'indice e il pollice sotto il mento.
- Quindi?- la bionda, preoccupata che ciò potesse compromettere l'esperimento, volle subito provare a cerca una soluzione.
- L'unico modo per farla funzionare- indicò la pulsantiera, ancora per terra - è entrare dentro la casa, quindi credo che ormai sarà inutilizzabile per tutto l'esperimento.- abbassò la testa, pronto a ricevere una punizione, ma Blaineley si dimostrò inaspettatamente calma.
- Non importa, in questo modo l'esperimento sarà realistico al cento per cento. Qualche segnale resterà attivo?- domandò poi, iniziando a controllare il tutto sul PC.
- Probabilmente la sveglia e la registrazione per il cibo, quelle sono collegate all'orario, quindi dovrebbero continuare ad andare.- Josh le andò vicino ed iniziò a guardare la scheda che la bionda aveva appena aperto sullo schermo.
- Perfetto, almeno si sveglieranno presto.- si lasciò andare sullo schienale della sedia, completamente esausta - Sono tre giorni che non succede.- aggiunse poi, cercando aprire un dialogo.
- Saranno spaventati. Inoltre la situazione di Wren fa preoccupare.- Josh provò a cercare delle valide spiegazioni, che però lei nemmeno considerò.
- È per questo che volevo chiudere l'infermeria, almeno lui morirà e tutti torneranno a comportarsi come prima.- quelle parole fulminarono il moro, soprattutto perché dette con il tono di chi stesse parlando di argomenti futili.
- Dia tempo al tempo, capo. - le disse con un sorriso di circostanza.
- Perché adesso sei favorevole all'esperimento? Non dicevi di volermi fermare se le cose si fossero messe male?- Blaineley lo guardò dritto negli occhi, lasciandolo interdetto.
- Beh... lei è un genio. Io credo che lei possa davvero guarire le malattie mentali e se per far ciò dovrà sacrificare novi ragazzi, beh... ne vale la pena. - il volto della bionda si illuminò con un sorriso radioso.
- Bravo, vedo che finalmente l'hai capito. Lo faccio per il bene di tutti.- portò nuovamente gli occhi verso il PC.
- Sì, lo so. - detto ciò, si allontanò ed andò a sedersi sul divano.
 
 
ANGOLO AUORE:
Bonjour, ca va? Ecco a voi il capitolo 6! Ritorna Blaineley, ritorna Ace, ritorna Josh e, soprattutto, non muore nessuno. Quest'anno mi sento parecchio burlone, quindi ci sono molti capitoli in cui, alla fine, nessuno ci lascia lo zampino.
Che carina Aya, ha fatto una burla al povero Kevin. Beh, che dire... capitolo passeggero, ma comunque abbastanza pieno di informazioni calienti.
Adesso torno al mio lavoro, sto scrivendo una Ducney (strano ma vero) che devo finire entro il 15!
Ah, vi lascio qua sotto un fantastico disegno che ReginaZoey ha fatto sulla storia. Veramente fantastico *-*
Ne approfitto per ringraziarti ancora <3
 
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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Jake continuava a non capire perché Aya dedicasse così tanto tempo a Wren. Era arrivata al punto di non mangiare più a tavola assieme agli altri, ma direttamente in infermeria, così da poter tenere il biondo sotto stretto controllo.
Più volte il castano aveva proposto alla ragazza di lasciar perdere, però la sua risposta era sempre stata una: "A breve si riprenderà, te lo posso assicurare". Ciò lo aveva portato a sperare con tutto se stesso che Wren morisse.
Eppure due giorni dopo il biondo riprese coscienza.
- Wren, Wren, oddio! Stai bene?- Kevin, che come al solito aveva passato tutto il pomeriggio accanto a lui, scattò in piedi e gli andò vicino non appena lo vide aprire gli occhi.
- Sì, c-credo.- provò a tirarsi su, ma le ferite iniziarono a fargli male e fu costretto a rimanere steso con la testa sul cuscino. Sentiva un dolore lancinante sulla pancia e sul braccio, i punti in cui Linda l'aveva ferito, ed anche alla testa.
- Sta giù, ancora non ti sei ripreso del tutto.- Aya, che poco prima si era appisolata su una sedia lì vicino, le andò incontro.
- Quanto ho... dormito?- domandò, guardandosi intorno. Riuscì a riconoscere l'infermeria dove si era scontrato con Linda.
- Da quando sei svenuto sono passati cinque giorni.- spiegò la mora. Gli tese poi delle pillole viola che il biondo guardò con diffidenza.
- Prendile, è solo grazie a lei se sei ancora vivo.- Kevin indicò la ragazza, che gli sorrise, e allora Wren decise di prendere le pillole. Lentamente, le ingerì una ad una, aiutato da un bicchiere d'acqua.
- Quando potrò tornare ad alzarmi?- le chiese il biondo, sospirando. Aya ci pensò un po'.
- Forse fra tre o quattro giorni.- detto ciò si allontanò ed iniziò a cercare delle varie pastiglie all'interno di uno dei tanti scaffali.
- Su, resisti un altro po'.- gli disse Kevin, con un leggero sorriso in volto.
- Ci... provo.- anche Wren si mise a ridere, alleviato dalla situazione. Era più che convinto di morire dopo la zuffa con Linda, viste le gravi condizioni in cui era ridotto, eppure era riuscito a rimanere in vita fino a quel momento, soprattutto grazie a Kevin ed Aya.
- Per colpa tua ho dovuto cucinare io per un bel po'.- il moro provò a conversare con Wren, il quale era piuttosto lucido.
- Davvero? Beh, menomale che ero... svenuto.- i due scoppiarono a ridere all'unisono.
- Grazie mille.- Kevin non poté dire altro. Era riuscito stranamente a farsi un amico e quando lo aveva visto in quelle condizioni si era spaventato a morte. Sapere che era riuscito a sopravvivere lo aveva reso contentissimo.
- Non vedo l'ora di...- Wren provò a parlare, ma iniziò a tossire. Dette una decina di colpì di tosse, poi iniziarono a prendergli delle convulsioni e cadde rovinosamente dal letto. Dalla sua bocca iniziò ad uscire della saliva e non smetteva di tremare.
- Aya!- non appena Kevin si rese conto della cosa cacciò un urlo e richiamò la mora, ancora concentrata nello scegliere le medicine da dargli. La ragazza corse subito verso il biondo e cercò di capire cosa stesse accadendo.
- Perché sta avendo le convulsioni?- si domandò, cadendo sempre più vittima del panico. Era la prima volta da quando aveva iniziato ad operare che si trovava di fronte ad una situazione del genere.
- Cazzo, fai qualcosa!- gridò il moro, mettendole ancora più ansia. Dopo qualche secondo Wren vomitò le pastiglie e poi perse i sensi.
- Non capisco...- sussurrò Aya, spaesata da ciò che era successo. Gli aveva dato dei semplici antidolorifici, quindi non capiva perché avessero fatto quell'effetto.
- Mi spieghi che cazzo è successo?- domandò Kevin, più nel panico di lei - Ho capito... volevi ammazzarlo, eh? Gli hai dato quella roba per farlo fuori!- sentendo tutto quel baccano, James, Nikita, Jake e Charlene di precipitarono nella stanza.
Trovarono Kevin con le mani sul colletto di Aya, ancora sconvolta per ciò che era successo, e cercarono subito di intervenire per scongiurare il peggio.
- Non toccarla!- Jake spinse via il moro, per poi mettersi fra lui e la ragazza.
- Se volevi ucciderlo avresti dovuto farlo subito, senza ricorrere a queste stronzate.- Kevin aveva perso completamente il senno, a malapena riusciva a riconoscersi. Era sempre stato un ragazzo taciturno e pacifico, ma la situazione gli stava sfuggendo sempre più di mano.
- Stai fermo.- Jake gli fece cenno di non avvicinarsi, ma il moro lo ignorò.
- Esigo delle fottute spiegazioni!- gridò poi, mentre il castano lo reggeva per impedirgli di andare addosso ad Aya.
- Io...- si prese un attimo di pausa, durante il quale anche Kevin smise di dimenarsi - non lo so. - detto ciò abbassò la testa, mentre l'altro colpì con violenza uno degli armadi presenti.
 
L'intero pomeriggio Aya lo passò nel cercare di capire il perché Wren avesse avuto quella reazione dopo che gli aveva somministrato la pasticca. La tesi che aveva pensato per prima, e che aveva scartato per motivi logici, era quella di una possibile allergia, ma gli aveva dato gli stessi medicinali per cinque giorni, quindi era improbabile si trattasse di ciò.
Forse la colpa era del suo organismo, che avrebbe potuto iniziare a rigettare le cure, però anche quello sembrava improbabile.
Non riusciva a comprendere il motivo del suo fallimento e ciò la mandava in bestia. Il biondo in quel momento stava bene, ma per un po' aveva evitato di dargli le pasticche, che però erano essenziali al fine della sua cura.
L'unica scelta che poté prendere fu quella di cambiare le pastiglie. Così si mise a controllare una ad una tutte le confezioni presenti nell'armadio dei farmaci. Tranquillizzanti, aspirine, vitamine. Continuava a scartarne una ad una, con una velocità sempre più maggiore.
Guardava le scatolette, tutte rigorosamente sigillate, e le rimetteva a casaccio dentro gli scaffali, conscia che tanto poi ci avrebbe pensato Jake a sistemare per lei. Il castano si era allontanato per tenere d'occhio Kevin, ancora in preda alla rabbia per ciò che era successo precedentemente, quindi per un po' avrebbe dovuto fare tutto da sola.
Prese in mano una scatola di antibiotici e, dopo aver controllato la ricetta, si rese conto che erano troppo forti per Wren e che avrebbe rischiato di mandarlo in coma farmacologico, così prese la confezione dietro e si accorse di una cosa abbastanza strana.
Il sigillo statale era stato strappato e la confezione era aperta. Notò che anche altre medicine erano state aperte e ciò la fece insospettire. Ne controllò un po', osservando le diverse pastiglie presenti all'interno, fino a quando un flash non le illuminò la mente.
Si avvicinò al tavolo da lavoro, dove teneva tutte le confezioni dei farmaci che utilizzava, e prese in mano gli antidolorifici che aveva somministrato al biondo poco prima. Aprì la confezione e si rese conto che le pillole non erano quelle giuste.
Erano leggermente più lunghe e più appuntite, con delle piccole scavature ai lati ed un colore più sul celeste, nonostante non fosse poi così lontano dal bianco delle vere pastiglie. Si rese conto che, sotto quelle, nella confezione c'erano altre pasticche, che notò essere quelle giuste.
Svolse una rapida ricerca all'interno dell'armadio delle medicine e si accorse che c'era una scatola di cianuro aperta al cui interno mancavano delle pastiglie. Non ci mise molto a capire cosa fosse successo. L'unico che avrebbe potuto invertire le pastiglie era Jake.
Solitamente avrebbe lasciato correre, ma così facendo rischiava di farsi fin troppi nemici. Già sapeva che Nikita fosse ostile nei suoi confronti, così come sospettava di Charlene, che però era momentaneamente occupata in una guerra fredda con la castana. Farsi avversario anche Kevin sarebbe potuta essere la sua rovina.
Prese la confezione delle pasticche di cianuro, dopodiché si diresse verso la sala e chiamò a se Jake, il quale subito le andò in contro.
- Senti, Jake, potresti venire un attimo con me di là? Ti devo parlare di qualcosa di importante...- fece toccare gli indici fra loro ed iniziò a traballare, nella speranza di convincerlo a seguirla senza farsi troppi dubbi.
- Certamente, che cosa ti serve?- le chiese, con il solito sorriso che aveva in volto quando parlava di lei.
- Te lo dirò non appena saremo dentro.- gli sussurrò all'orecchio, per poi farsi scappare una risatina e toccargli una gamba con una mano. Ammiccò nella sua direzione e gli fece cenno di seguirla. Sarebbe stato fin troppo facile.
 
- Volete giocare a qualcosa?- Charlene si era stufata del clima di tensione e di angoscia presente nella sala. Dopo che Jake si era allontanato, i quattro rimasti erano piombati in un silenzio glaciale che aveva un qualcosa di surreale.
- Del tipo?- inaspettatamente fu Kevin il primo a darle corda. Si era reso conto di aver esagerato con la reazione di prima, quindi voleva cercare di distrarsi per non pensare più alla cosa.
- Non lo so, voi avete qualche idea?- la bionda passò la palla a James e Nikita, seduti vicino ed occupati a conversare tranquillamente fra loro.
- Giocare fra noi come degli undicenni? Non potremmo semplicemente parlare per passare il tempo?- la castana disse quelle parole con il suo solito tono scocciato, facendo innervosire la bionda, costretta a fare buon viso a cattivo gioco.
- E sentiamo, di cosa vuoi parlare?- Charlene provò a ritorcerle contro le sue stesse parole e, dalla faccia che fece Nikita, capì di esserci riuscita.
- Beh...- provò a dire qualcosa, ma lei la anticipò per metterla ancora più in difficoltà.
- Perché non ci parli un po' di te?- poggiò i gomiti sulle gambe ed il mento sulle mani, mentre con il corpo si fece più avanti per ascoltare meglio. Provava una soddisfazione estrema nel metterla alla corda, soprattutto dopo tutto quello che aveva fatto al fratello.
- Va bene.- Nikita la prese come una sfida - Sono nata con il disturbo di Amok.- venne prontamente interrotta da Charlene.
- Sarebbe?- le domandò, con un sopracciglio alzato.
- Un disturbo che fa essere i bambini violenti ed aggressivi.- le sorrise, cercando di farle capire che non avrebbe mai perso - Poi i miei genitori mi hanno portato da una tizia che diceva di saper fare esorcismi e quelle robe lì, quindi ho passato un po' di tempo segregata in casa ed ho subito un bel po' di "purificazioni". - si fermò per qualche secondo, contenta nel vedere la bionda completamente shockata dal suo racconto - Poi un giorno sono riuscita a scappare ed ho seminato il panico nel piccolo paesino dove abitavo.- disse, con un leggero sorriso, per poi venire interrotta da Kevin.
- Hai ucciso... delle persone?- le domandò che, nonostante non le stesse rivolgendo lo sguardo, le fece intendere di essersi allarmato nel sentire quella storia.
- Nah, giusto qualche morso ai passanti. Non mi sono mai spinta così in là. - lo fulminò con lo sguardo, quasi come a volergli ricordare che non aveva per nulla dimenticato ciò che era successo fra loro due cinque giorni prima - Comunque, fatemi finire. Quando poi mi hanno detto di questo esperimento mi sono fiondata qui, così da non dover avere a che fare con i miei genitori.- concluse, con un tono soddisfatto. Charlene la guardò sbattendo gli occhi, ma ben presto lo stupore lasciò spazio ad un'espressione divertita.
- Davvero una storia triste...- sospirò, cercando di sembrare la più innocente possibile - Hai vissuto delle esperienze orribili.- provò a rendersi credibile, ma Nikita e Kevin la fulminarono con lo sguardo.
- Puoi anche smetterla con questa sceneggiata, sappiamo benissimo come sei fatta.- fu il moro ad esporsi per primo, tenendo sempre la testa bassa ed evitando in qualunque modo il contatto visivo.
- Già, a dire il vero ce ne siamo accorti subito.- la castana la guardò con un sorrisetto in volto - "Sono qui per tenere d'occhio James" sì, come no. - si lasciò scappare una risata, palesemente per farla innervosire.
- Non vi conviene fare troppo i saputelli.- estrasse dalla tasca lo yo-yo, che aveva trovato all'interno di uno degli scaffali, ed iniziò a giocarci, cercando di fare l'indifferente.
- Ah, quindi Ginevra l'hai strozzata con quello?- sentendo quel nome, la bionda perse il tempo ed il giocattolo sbatté per terra prima di tornarle fra le mani. Anche James e Kevin scattarono sull'attenti.
- Immagino che tu non sappia proprio farti gli affari tuoi, vero?- appoggiò l'aggeggio sul divano e portò gli occhi azzurri contro di lei - Stai attenta a come ti muovi, altrimenti...- non finì la frase, si limitò a mordersi un labbro per farle capire come sarebbe andata a finire.
- Amica mia, mi sa che stai viaggiando sul binario sbagliato. A me se hai ucciso l'isterica non frega assolutamente nulla. Siamo tenuti sott'occhio da un mucchio di psicologi che si divertono nel vederci scannare l'uno con l'altro, quindi i piagnistei di Ginevra erano l'ultima cosa che mi andava di sentire.- non provò nemmeno a rendere quella frase meno amara, la disse senza alcun rimorso, come del resto aveva sempre fatto.
- Spregevole.- non aggiunse altro, limitandosi a nascondere un sorrisetto coprendosi la bocca con la mano.
- Su, adesso tocca a te. Parlaci della tua bellissima infanzia.- Nikita non perse tempo e tornò subito al loro "confronto". Charlene esitò un attimo poi, anche se la sua copertura era saltata, decise di non esporsi troppo.
- Io e James abbiamo passato l'infanzia con i nostri genitori fino a quando non sono morti di incidente. Poi siamo stati adottati e, dopo alcuni avvenimenti, ci hanno spedito qui.- sintetizzò molto, senza nemmeno aspettarsi che il fratello potesse aggiungere qualcosa.
- Abbiamo dato fuoco alla nostra vecchia casa. E spesso...- la bionda, sentendo le parole del fratello, sussultò - spesso abbiamo ucciso...- provò a finire la frase, ma venne interrotto.
- Non credo sia importante. Sono dettagli futili.- Charlene riuscì ad impedirgli di parlare giusto in tempo, per poi mascherare la sua espressione spaventata in un sorriso di circostanza - Tu, invece?- indicò Kevin, nel tentativo di distogliere l'attenzione da lei.
- Io... non sono come voi.- Kevin deglutì con forza, lasciando i tre straniti - Io non ho mai fatto del male a nessuno, sono un semplice adolescente con qualche problema di carattere. Che diavolo ci faccio qua?- si chiese, per poi affondare la testa nel cuscino del divano. Nikita e Charlene si limitarono a ridere, mentre James sentì una stretta nella stomaco.
- Ti abbiamo chiesto di parlarci del tuo passato, non dei tuoi complessi.- ribatté la castana. Il moro, rassegnato, non poté far altro che parlare.
- Ho sempre vissuto con la mia famiglia, ma con i miei genitori ho un rapporto pessimo. Non ho mai avuto amici e l'unica persona con cui parlo è mia sorella, che è anche colei che mi ha sbattuto qua.- appena Kevin ebbe finito, Nikita scoppiò a ridere di colpo.
- Quindi è colpa di tua sorella se ti trovi qui? Immagino che volesse provare a curarti e nemmeno sa che ti ha mandato al macello.- la castana si piegò in avanti, mentre con una mano si tratteneva la pancia per le troppe risate.
- Non è una macelleria...- provò a ribattere lui, senza però riuscire a sembrare convincente, ma venne prontamente affossato da Charlene.
- E come lo vuoi chiamare questo posto? Possiamo farci quello che vogliamo, quei bastardi - indicò il soffitto per fare un generico riferimento a chi li stava controllando - non faranno nulla.- le scappò poi una risatina malinconica, conscia che anche lei era parte di quello schifo.
- Io... non la vedo così. Dovremmo provare ad aiutarci a vicenda, così da poter sopravvivere fino a quando questo "gioco della morte" non sarà finito.- James provò ad esporsi, ottenendo inaspettatamente gli sguardi di tutti e tre.
- Forse hai ragione, sarebbe la scelta più logica, ma qua dentro non c'è nessuno di cui possiamo fidarci se non noi stessi.- Nikita alzò le spalle ed il biondo si limitò a boccheggiare, conscio che la ragazza non avesse per nulla torto.
- Avete visto cosa è successo a Wren? Ecco, per questo non posso, e non riesco, a fidarmi di nessuno.- Kevin disse quelle parole quasi con disprezzo, ripensando alle condizioni in cui riversava il biondo.
- Lui e Linda si sono ammazzati a vicenda. Ho visto il cadavere, era in condizioni pietose. Le ha sbattuto la testa contro al muro fino a frantumarle il cranio.- spiegò Charlene, facendo fare un'espressione schifata ai due ragazzi.
- Wren non è ancora morto. Non si direbbe, ma è piuttosto resistente. E pensare che a quel fanatico degli alieni non avrei dato nemmeno due giorni di vita. - precisò Nikita, facendo venire i brividi a Kevin.
- Che cosa vuoi dire?- le chiese, incuriosito, ma contemporaneamente spaventato, da quella frase.
- Era più che palese che saremmo finiti ad ammazzarci l'un l'altro. Ancora non l'avevi capito?- il moro rimase in silenzio - Non era nemmeno nelle regole il "non uccidere", quindi avevamo il via libera.- dopo aver concluso il discorso, appoggiò la testa sulla spalla di James, facendo sussultare sia lui che Charlene.
- Ehi, cosa...- la bionda provò a ribattere, ma in quel momento Aya entrò nella sala e guardò Kevin con un sorriso sul volto.
 
- Tu hai provato ad avvelenare Wren, giusto?- dopo aver chiuso la porta, Aya lo afferrò per le braccia e tirò leggermente la sua maglietta.
- Ma di che stai parlando?- Jake le apparve stranamente naturale. Il castano non era uno sprovveduto, in vita sua aveva mentito spesso, quindi era diventato naturale nel farlo.
- Lo so che sei stato tu. - continuò la mora, con un leggero sorriso sul volto. Il ragazzo sembrò pensarci un po' su, ma decise di continuare con quella sceneggiata.
- Davvero, non capisco di cosa stai parlando.- alzò un sopracciglio e si assicurò di non compiere nessun movimento sospetto con il corpo. Aveva imparato a fregare tutti con quel suo modo di fare, tanto che in pochissimo tempo aveva scalato le gerarchie della sua scuola.
- Alcune delle pasticche presenti negli antidolorifici di Wren erano diverse. Solo tu puoi averlo fatto, sei l'unico che mette mano nell'armadio.- gli occhi azzurri della ragazza puntarono contro quelli verdi del castano, rimasto impassibile davanti a tutte quelle accuse. Jake si lasciò scappare una risatina e scosse la testa con un sorriso stranito in volto.
- Io non farei mai una cosa del genere. Sono il capo del gruppo, perché mai dovrei avvelenare uno di voi?- le chiese, tenendo sempre la stessa espressione in volto. Aya fu costretta a riconoscere l'incredibile abilità del ragazzo nel sembrare naturale.
Con una recita del genere avrebbe potuto fregare chiunque, ma non lei. Suo padre era come lui, in grado di mentire in maniera perfetta e senza mai farsi scoprire, quindi sapeva già, più o meno, come gestire la situazione.
- Lo hai fatto per me, giusto?- il castano sussultò ed Aya se ne accorse. Sul suo volto si dipinse un sorriso divertito che Jake fece molta a fatica a decifrare.
- Io...- ormai la sua copertura era saltata, ne era perfettamente conscio. Provò a prendere tempo, ma la mora, a pochi centimetri da lui, continuò a guardarlo dritto negli occhi - Sì, è vero.- ammise infine, sospirando con forza.
- E perché?- ormai Jake si sentiva completamente ipnotizzato. Sentiva lo sguardo di Aya penetrargli nel profondo e non riusciva più a mentirle come aveva fatto fino a qualche istante prima. Il suo castello di carta stava crollando pezzo dopo pezzo.
- Perché lui ti stava facendo perdere tempo ed io...- provò ad abbozzare una scusa sul momento, ma ormai non riusciva più a rimanere calmo e pacato.
- Eri geloso?- portò la sua mano sul suo mento e lo accarezzò, guardandolo con un sorriso compassionevole.
- Sì. - Jake si prese un attimo per pensare, poi continuò alla ricerca di un appiglio per poter uscire pulito da quella storia - È che lui... cioè, tu stavi tutto il tempo con lui ed io avevo poco tempo per parlarti. Pensavo che sarebbe morto a breve, ma invece si è ripreso... io... non riuscivo più a rimanere nell'ombra!- iniziò a guardarsi intorno con fare quasi paranoico. Aveva sempre avuto la paura di venire abbandonato per qualcun altro e spesso era arrivato a comportarsi in maniera violenta, nonostante non fosse mai arrivato fino a quel punto.
Anche perché, mentre cambiava le pastiglie, si sentiva quasi giustificato. Tanto tutti stavano provando ad ammazzarsi a vicenda, perché non avrebbe potuto farlo anche lui?
Non poteva accettare di essere stato messo da parte per un biondo fanatico degli alieni mezzo morto, quindi aveva pensato di eliminare direttamente il problema. L'unica cosa che non aveva previsto era il possibile fallimento del suo piano, era talmente sicuro di ucciderlo al primo tentativo che non aveva ideato un piano di riserva o una qualche scusa per giustificare il decesso del biondo.
- Calmati, non sono arrabbiata. Non lo dirò agli altri, dopotutto lo hai fatto per me, vero?- gli accarezzò una guancia.
- È-È vero...- confermò lui, tentennando. Aya sapeva che in realtà lo stava facendo per via del suo disturbo narcisistico di personalità, che lo portava a voler essere il migliore di tutti in tutto, però finse di non rendersene conto.
- Ti ringrazio.- lo spinse leggermente indietro, fino a farlo cadere sul letto, poi gli salì sopra e si avvicinò pian piano al suo volto. Sentiva i suoi respiri affannati sulle gote e questo le dette un brivido di eccitazione. Appoggiò la sua bocca su quella di Jake, prendendolo alla sprovvista. Il castano, non appena si rese conto della situazione, ricambiò il bacio.
Aya spostò la mano fino ad arrivare al cavallo dei pantaloni, per poi tornare in cima e togliergli la maglietta con un gesto secco della mano, venendo anche aiutata dal ragazzo che alzò le braccia per facilitarle il compito.
- Adesso voglio fare un gioco con te. - gli fece l'occhiolino e si alzò dal letto. Si avvicinò all'armadio e ne estrasse due corde. Jake la guardò stranito, capì cosa avesse intenzione di fare solo dopo che gli si fosse avvicinata. Legò i polsi del ragazzo con la corda al letto e lui, completamente preso dal momento, la lasciò fare.
- Sei pronto?- domandò poi la mora, passandogli un dito lungo la pancia. Il castano ebbe i brividi e si limitò a fare cenno di sì con la testa.
A quel punto Aya si tolse la maglietta, rimanendo in reggiseno. Jake rimase ammaliato nel vederla, tanto che non si accorse di quando, con un gesto rapido della mano, estrasse la confezione di pillole dalla tasca dei pantaloni.
- Sarà divertente.- la mora riprese a baciarlo, venendo ricambiata, sempre più forte, fino a quando non fu sicura che Jake fosse completamente assuefatto da lei. Poi, nel momento più opportuno, estrasse il barattolo delle pillole e gliele versò nella bocca, ancora aperta per via delle effusioni.
Il castano, resosi conto della situazione, si allarmò e provò a sputarle, ma Aya mise le mano davanti alla sua bocca e lo costrinse ad ingerirle. Jake lottò per cinque minuti, sperando di riuscire a slegare le corde legate alla perfezione dalla mora, continuando a strattonare quasi fino a slogarsi i polsi e a cercare di vomitare per evitare che le pastiglie facessero effetto, ma più i secondo passavano e più si rendeva conto di non poter far nulla.
- Ormai è andata.- la mora fece per allontanarsi, però, inaspettatamente, il castano riuscì a liberarsi una mano e le dette un pugno sulla testa, facendola sbattere contro il muro. Del sangue iniziò a colare dalla sua fronte ed Aya, spaventata, cercò di indietreggiare.
Jake provò ad alzarsi, ma l'altro braccio, ancora legato al letto, glielo impedì. Bazzicò per un po' con la corda, riuscendo a scioglierla solo dopo qualche secondo.
- Adesso... io...- le si avvicinò, con fare tutt'altra che amichevole, però, proprio quando era a pochi centimetri da lei, il suo corpo venne preso dalle convulsioni e lui non fu più in grado di controllarsi. Solo quando iniziò a tremare con forza Aya si spostò.
Jake si toccò la gola per qualche istante, fino a quando smise di respirare. Finì sdraiato per terra, con la bocca mezza aperta, della bava che gli fuoriusciva e gli occhi mezzi spalancati in un'espressione di terrore.
La mora si alzò e, con tutta la calma del mondo, si rivestì. Passò poi una mano sulla pancia del castano, per confermarne il decesso e, dopo essersi assicurata dell'assenza del battito, si leccò le labbra con fare soddisfatto. Aveva compiuto suo primo omicidio da quando era là dentro.
 
Blaineley rise nel vedere la scena dell'omicidio di Jake. Guardò il tutto con un sorriso sul volto, mentre il castano, ancora preda delle convulsioni, smetteva pian piano di muoversi. Portò poi lo sguardo su Aya e sorrise.
Josh le aveva detto che era l'unica dei ragazzi a conoscenza dell'esperimento e, col senno di poi, era molto contenta di ciò. La mora non aveva scrupoli ed agiva analizzando perfettamente le conseguenze, il che la rendeva la cavia perfetta per il suo esperimento.
Aprì un'ennesima scheda sul PC ed iniziò a scrivere tutti i dettagli su di lei, così da tenera sott'occhio nel migliore dei modi. Lei, Charlene e Nikita erano le uniche tre ad interessarla davvero. Anche Wren le metteva un po' di curiosità, però la sua condizione non le permetteva di controllarlo appropriatamente.
Invece Kevin e James avevano lentamente iniziato a dimostrarsi più socievoli, per tanto anche loro la stava aiutando, in un modo o nell'altro, a portare avanti il suo esperimento.
- Non credi di starti spingendo un po' troppo oltre?- Josh si avvicinò a lei ed osservò dalla televisione il cadavere di Jake. Con lui erano tre i morti.
- Tutto ciò è necessario.- non aggiunse altro, troppo presa dallo scrivere.
- Questa ragazza è completamente fuori di testa.- il moro la guardò mentre, con una calma spaventosa, si stava rivestendo come se nulla fosse successo.
- È perfetta.- Blaineley prese una breve pausa, durante la quale si morse il labbro con fare occupato - Se anche gli altri si comportassero come lei, a quest'ora avrei già tutti i dati che mi servono.- mosse le dita sulla tastiera con destrezza, per poi chiudere la scheda dopo aver finito.
- No, Mildred. La verità è che sono dei cani randagi lasciati ad azzannarsi fra di loro.- ribatté Josh, cercando di non alzare troppo il tono di voce.
- Non chiamarmi così. - il volto della bionda si incupì per qualche secondo - E dammi del lei.- terminò poi, accompagnando quelle parole con un enorme sospiro.
- Va bene.- detto ciò il moro sospirò con forza e fece per andarsene quando, con la coda dell'occhio, vide il contenuto del cassetto aperto accanto alla bionda - Perché hai una pistola?- le chiese, osservando l'arma con aria diffidente.
- Non si sa mai.- tagliò corto lei, senza aggiungere altro. Josh si limitò ad alzare le spalle e, con aria sconfitta, tornò a sedere sul divano.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ciao ciao! Essendo stato a lavoro, ho potuto aggiornare solamente ora.
Capitolo scottante, in cui Jake muore ed Aya si macchia le mani. Poi abbiamo quello che io chiamo "Alcolisti tristi anonimi" e scopriamo qualcosa di più sul passato dei nostri amichetti.
Poi ci sono anche Josh e Blaineley, ma loro sono un caso a parte ahahahahah
Ci vediamo Domenica prossima!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


- Ho scoperto chi è stato ad avvelenare Wren. - Aya si sporse dalla porta della cucina e, con un grosso sorriso in volto, guardò Kevin. Il moro inizialmente sembrò non capire, poi pian piano si tirò su dal divano e la guardò con un'espressione sconcertata.
- Che cosa intendi dire?- domandò, notando la faccia divertita della mora. Quella si fece desiderare ed attese un po' prima di dargli una risposta.
- Come ben sai, non sono io a prendere gli oggetti dai vari armadi dell'infermeria. Quel compito spetta a Jake. - sentendo quel nome, tutti e quattro spalancarono gli occhi, consci di cosa la ragazza stesse per dire.
- Quindi è stato...- Kevin provò ad abbozzare una risposta, ma venne anticipato.
- È stato proprio lui.- Aya estrasse due pastiglie dalla tasca - Ha scambiato queste- mosse la mano sinistra - con queste.- fece lo stesso con la destra - Wren è stato fortunato, è riuscito a vomitarla prima che fosse troppo tardi.- spiegò.
- E che cos'era?- chiese prontamente Charlene, con un velato interesse per nascondere i suoi secondi fini.
- Cianuro.- lanciò la pasticca verso di lei, che la prese al volo - Ecco il perché delle convulsioni e tutto il resto.- per tutto il discorso Aya aveva mantenuto un sorriso cordiale sul volto, che però a tutti e quattro puzzava di sospetto.
- E adesso Jake dov'è?- Nikita, ancora appoggiata a James, guardò la mora assottigliando gli occhi. La sua leggera esitazione la portò a capire in anticipo la risposta.
- È di là. - indicò la sua camera, posta dentro la cucina, e continuò a restare sullo spigolo della porta con una mano appoggiata allo stipite.
- Dobbiamo lasciargli spiegare i suoi motivi, anche se non credo che potranno essere validi.- James, il quale non aveva ancora capito dov'era che Aya stesse cercando di andare a parare, disse le fatidiche parole che fecero ridere la mora.
- Non credo possa più farlo.- istintivamente il biondo si girò verso di lei, preso alla sprovvista - Ha la bocca un po' impastata fra sangue e saliva, quindi...- la cosa che allarmò il gruppetto fui l'espressione della ragazza: stava sorridendo e sembrava quasi godere nel dire quelle cose.
- Tu lo hai...- Kevin non riuscì nemmeno a concludere la frase.
- Sì, l'ho ucciso. Gli ho fatto ingerire più della metà delle pillole.- estrasse dall'altra tasca la confezione e la scosse, così da farne sentire il rumore.
Kevin rimase in silenzio. Non sapeva nemmeno come rispondere. Cosa avrebbe dovuto dirle? Le uniche parole che gli venivano in mente formulavano le banali frasi di circostanza solite di quelle situazioni, come "Non avresti dovuto farlo" o "Tu sei malata", però lui stesso, se ne avesse avuto l'occasione, quella mattina avrebbe potuto uccidere lei, quindi non se la sentì di dire nulla.
- Hai rinunciato al tuo schiavetto? Scelta molto azzardata.- la provocò Nikita, con un sorriso tutt'altro che amichevole stampato in faccia.
- Chi sbaglia paga. - Aya scrollò le spalle e scoppiò a ridere, divertita dalle sue stesse parole. Era chiaro che, fra tutti i presenti nella casa, lei era quella più pericolosa. Sapeva addirittura fare delle operazioni chirurgiche e ciò, nonostante fino a quel momento si fosse dimostrato piuttosto utile, era un'altra arma a suo favore.
- E cosa mi conferma la tua tesi?- Charlene le puntò il dito contro, facendola insospettire - Potresti benissimo essere stata tu ad avvelenare Wren e poi hai ucciso Jake per discolparti.- la bionda puntò i suoi occhi contro di lei, ma si accorse ben presto che le sue parole stavano sfondando un cancello aperto.
Ovviamente Aya aveva già pensato alla possibilità che nessuno le credesse, ma aveva deciso di non usare alcun trucco psicologico, come invece era solita fare.
- Potete anche uccidermi se volete. Mi auguro solo che qualcuno di voi sappia come prendersi cura di un paziente che è vittima di emorragie interne.- la mora si avvicinò a loro con dei piccoli passi.
- L'unica cosa che voglio sapere è se ammazzi per sport oppure no. - replicò Charlene, intrecciando le braccia al petto.
- No, non lo faccio. Non preoccuparti, il titolo di omicida della casa lo lascio a te e a tuo fratello. Per curiosità, chi è di voi due che tira il collo ai polli?- quelle parole risuonarono nella testa della bionda con forza, tanto che dovette far appello a tutta se stessa per riuscire a calmarsi.
- Cattiva, ma efficace.- Nikita aggiunse un altro commentino, con il solo scopo di farla arrabbiare ancora di più.
- Ora scusatemi, ma devo andare a tenere sotto controllo Wren. Sarei felice se qualcuno potesse togliermi il cadavere dal pavimento.- la mora si diresse in infermeria senza aggiungere altro.
- Vado con lei.- Kevin si alzò e la seguì. Non poteva permettere che Wren restasse da solo con lei.
 
Aya aveva notato che, di tanto in tanto, Wren sembrava mugugnare qualcosa. Inizialmente pensava si trattasse soltanto di sonniloquio, ma ben presto si rese conto che non era quella la risposta.
- Cosa state... mio corpo...- il biondo, per l'ennesima volta, sussurrò qualcosa. Le parole dette aumentavano sempre di più ed avevano sempre più un filo logico. Aya arrivò quindi alla conclusione che il ragazzo stava pian piano tornando cosciente.
- Parla di nuovo.- Kevin che, dopo la morte di Jake, era diventato il suo nuovo assistente, era molto allarmato dalla cosa.
- Non è nulla di grave, si chiama sonniloquio.- disse lei, mentre con del disinfettante puliva le ferite sullo stomaco del paziente.
- Sonniche?- il moro fece un'espressione stranita.
- Sonniloquio. Ovvero quando una persona parla nel sonno. Vuol dire che sta riprendendo coscienza.- spiegò, con un sorriso divertito stampato in volto.
- Quindi è guarito?- chiese lui per conferma e si allarmò quando vide la smorfia dell'altra.
- Guarito è un parolone, diciamo che potrà tornare a camminare, seppur con i dovuti limiti. Non sono una chirurga, quindi il massimo che posso fare è tenerlo in vita. - mosse il pezzo di stoffa impregnato nell'alcol e pulì i tagli, ancora pieni di pus e crosta, e cercò di essere la meno grezza possibile. Indicò poi il disinfettante al ragazzo, che corse a prenderlo.
- Hai comunque fatto un ottimo lavoro. È solo grazie a te se è vivo.- Kevin le passò la bottiglietta e la guardò mentre versava il liquido su un altro pezzo di stoffa.
- Sì, esatto, anche se in realtà ho avuto molta fortuna.- continuò a pulire le ferite con calma - Se non fosse venuto da te difficilmente si sarebbe salvato.- lo guardò con un sorriso in volto e, come al solito, il moro si limitò a spostare gli occhi dall'altra parte.
- Tu non l'avevi sentito? Si stavano scannando davanti camera tua.- Kevin aveva sempre avuto quel dubbio, eppur non aveva mai trovato il modo di chiederglielo, almeno fino a quel momento.
- Certo.- Aya nemmeno provò a mascherare la cosa.
- E perché non li hai fermati?- il moro, che già si aspettava una risposta del genere, evitò di farsi trovare impreparato.
- Non sono fatti miei quello che le altre persone fanno.- quel ragionamento lasciò il ragazzo perplesso.
- Allora come mai stai cercando di salvare Wren?- ormai aveva preso il via con le domande, al punto che a stentò riuscì a trattenersi dal farne delle altre.
- Beh, per te. Hai provato ad uccidere a Nikita, quindi ho pensato che a te dovesse importare della cosa. - Kevin quasi non riusciva a credere alle sue orecchie. Il discorso di Aya sarebbe stato incomprensibile a qualunque essere umano - Tu... sei gay?- il moro sussultò e, erroneamente, fece cadere la scatola di cerotti che aveva in mano.
- Cosa te lo fa pensare?- chiese poi, riprendendo la confezione da terra con fare indifferente.
- Soffri di un disturbo che non ti permette di avere amici, quindi teoricamente l'unico interesse che puoi provare verso una persona è quello carnale. Su quello nemmeno la tua patologia può nulla.- spiegò, per poi applicare i cerotti che lui le aveva appena passato.
- Ha senso.- si prese un attimo di pausa - In realtà sono bisessuale. - scrollò le spalle con fare indifferente ed ottenne un sorrisetto come risposta.
- Quindi è per questo che ci tieni così tanto a salvarlo.- Aya aveva supposto che potesse essere proprio quello il motivo per cui Kevin sembrava così fissato con Wren e provò uno strano senso di soddisfazione quando la cosa le venne confermata.
- Non ne ho idea. - il moro rimase sul vago.
- Probabilmente è...- il discorso della mora venne interrotto da un sussurro soffocato appena emesso da Wren. Entrambi si portarono vicino a lui e si misero ad osservarlo.
- Cosa diavolo... fate? - rimasero a guardarlo mentre, con estrema lentezza, asprì gli occhi e li sbatté per potersi abituare alla luce.
- Wren, finalmente ti sei svegliato.- Kevin gli appoggiò una mano sul braccio.
- Che mi state facendo? Non... mi toccate!- il biondo scostò il moro con un gestaccio, per poi iniziare a guardarsi intorno con il fiatone - Dove...dove sono?- Aya e Kevin rimasero allibiti per un po', senza riuscire a capire cosa stesse accadendo.
- Ehi, tutto bene?- la mora provò ad avvicinarsi, ma Wren prese istintivamente il bisturi dal tavolino e gliela puntò contro.
- Brutti alieni, lasciatemi stare!- anche il moro provò ad avvicinarsi, senza però ottenere esiti positivi - Allontanatevi... tutti! Smettetela di tormentarmi in questo modo. - il biondo iniziò a piangere e a tremare sempre più forte, al punto che il bisturi per poco non gli cadde di mano.
- Calmati, siamo noi.- Kevin provò a farlo ragionare. Wren iniziò pian piano a moderare il respiro, continuando tuttavia a guardare i due con fare sospetto, ed abbassò l'arma - Non è successo nulla, non vogliamo farti del male.- la situazione in quel momento era piuttosto surreale, tanto che nemmeno Aya era ben sicura su cosa fare.
- Io voglio solo... essere lasciato... in pace. - sussurrò il biondo, per poi abbassare la testa. La ragazza approfittò di quell'attimo di distrazione e, con un gesto veloce, prese la siringa di sonnifero che aveva sul tavolo e gliela iniettò nel braccio.
Wren provò a parlare, ma lentamente chiuse gli occhi e cadde a peso morto sul lettino.
- La situazione non è delle migliori, abbiamo rischiato grosso.- Aya si buttò di peso sulla sedia e portò lo sguardo sul moro, ancora leggermente stordito dalla cosa.
- Mi ha detto che ha queste allucinazioni perché i suoi genitori lo hanno costretto ad assumere un sacco di psicofarmaci.- Kevin si mise accanto a lei, che lo guardò spalancando gli occhi.
- Quindi abbiamo fatto ancora peggio.- concluse, ottenendo un cenno affermativo da parte dell'altro. Per forza di cose, da quel momento in poi gli scatti di rabbia di Wren sarebbero aumentati, quindi dovevano prepararsi adeguatamente.
 
Nikita era rimasta molto sorpresa quando, dopo aver chiesto a James se avesse voluto appoggiare la sua testa sulle sue gambe, il biondo aveva acconsentito senza fare storia. Si era addirittura addormentato in quella posizione e lei si sentì stranamente in imbarazzo.
Passò la mano fra i suoi capelli più volte e lo osservò mentre dormiva. Gli apparve calmo e rilassato, al punto che le venne una voglia immensa di svegliarlo con un pizzicotto.
Fu quasi sul punto di farlo, ma un rumore improvviso dietro di lei la portò a desistere. Non ci mise molto a capire chi fosse, soprattutto perché erano ormai rimasti in pochi e, vista anche la situazione in quel preciso momento, constatò che dovesse trattarsi di Charlene. Sentì l'aura omicida che la ragazza alle sue spalle emanava e non poté far altro che mettersi a ridere, per poi voltare lentamente la testa verso di lei.
- Ti serve qualcosa?- le domandò. Con la mano destra continuò a massaggiare la testa di James, così da provocarla ancora di più.
- Vedo che il discorso dell'altra volta non ti è bastato.- la bionda fece un passo avanti e le puntò il coltello che teneva fra le mani contro. Nikita non fece una piega, si limitò a sospirare e a guardarla con una faccia quasi annoiata.
- Ce l'avete tutti con quei coltellacci? Sei la seconda che prova ad affettarmi.- roteò gli occhi e cercò di mostrarsi la più scocciata possibile.
- Io non sono una sfigata come quell'altro, se voglio ti faccio a pezzi davvero.- Charlene mosse il coltello a casaccio per rendere ancora di più l'idea. Sapeva di non essersi mai confrontata realmente con lei, però era allo stesso tempo conscia che il motivo per cui James aveva iniziato a ribellarsi era proprio la castana.
- Beh, Ginevra ti sei limitata a strangolarla.- Nikita le lanciò una frecciatina bella e buona, che la fece irritare ancora di più. Sentiva dentro di se l'istinto di ucciderla proprio in quel momento e dovette contenersi per evitare di farlo.
- Ho solo un vestito, non vorrei sporcarlo.- ormai non cercava nemmeno più di negare le accuse che le venivano rivolte contro, conscia che ormai la sua copertura fosse del tutto saltata.
- E come intendi farmi a fette senza sporcarti?- la stuzzicò, ricevendo un sorriso come risposta.
- Ho già qualche idea. - Charlene mosse un altro passo in avanti. Nikita non aveva idea di cosa lei avrebbe potuto fare, quindi rimase ferma e pronta a rispondere ad una sua aggressione. Al massimo avrebbe potuto usare James come scudo, così da distrarla e poterla mettere al tappeto.
- Ovvero?- le parole uscirono dalla sua bocca smorzate.
- Vedo che finalmente stai iniziando a prendermi sul serio. Sappi che sono una ragazza molto istintiva, quindi non ti conviene farmi arrabbiare.- la bionda portò il coltello davanti alla bocca e leccò il retro della lama, cercando quasi di spaventarla.
- Hai intenzione di girare un porno gore?- replicò immediatamente Nikita. Stava tentando di capire come meglio muoversi, però era innegabilmente in una situazione di svantaggio. In un confronto uno contro uno se la sarebbe anche potuta cavare, però l'altra aveva un coltello dalla sua e ciò rendeva il tutto più difficile. Soltanto l'intervento di James, che però non sapeva con chi si sarebbe schierato, avrebbe potuto aiutarla.
- Questa tua finta ironia mi da il voltastomaco. Puoi fregare quello stupido di mio fratello, ma non me. - con uno scatto improvviso, Charlene si portò ad un metro da lei. La castana rimase immobile perché presa alla sprovvista. Deglutì e poi tirò una ciocca di capelli di James per svegliarlo.
Il biondo si tirò su lentamente. Si stropicciò gli occhi e puntò lo sguardo da prima su Nikita e poi su Charlene, accorgendosi subito che la situazione non dovesse essere delle più tranquille.
Portò gli occhi sul coltello che sua sorella aveva in mano e, dopo un attimo di esitazione, lo indicò con un dito.
- Quello a che ti serve?- alzò poi lo sguardo verso di lei, che si limitò a sorridergli e ad appoggiare l'arma sul tavolo accanto.
- Siccome Kevin sta aiutando Aya con Wren, io sarò la nuova cuoca. Stavo chiedendo a Nikita se questo coltello andasse bene per tagliare la carne.- spiegò, mantenendo gli angoli della bocca alzati. James, poco convinto dalla quella versione, guardò Nikita, che annuì.
- Sì, ci puoi tagliare anche le ossa se ci metti la giusta forza.- la castana si stirò la schiena e le fece un occhiolino, che venne però ignorato.
- Perfetto, allora inizio subito a preparare qualcosa da mangiare. Cosa gradite?- intrecciò le dita delle mani fra loro e li guardò con un'espressione gentile e cordiale.
- Non mangerei mai un piatto mangiato da te. Credo che andrò avanti a merendine.- Nikita alzò le spalle, guadagnandosi un'occhiataccia da parte della bionda, ed accese la televisione.
- Fa quello che vuoi, per me è indifferente.- James nemmeno la guardò, spostò gli occhi sul televisore e le fece un cenno con una mano.
Charlene non poté fare altro che prendere il coltello e tornarsene in cucina con ancora più motivi per far fuori la castana.
 
- Quindi è morto anche il castano?- la voce di Ace, bassa e senza alcuna emozione, giunse all'orecchio di Josh come il lamento di un animale condotto al macello. Ogni vita persa in quell'esperimento era per lei una sconfitta al livello personale e lavorativo. Il suo capo l'aveva mandata lì proprio per evitare una carneficina e lei era riuscita a tenere d'occhio quei ragazza nemmeno per un minuto.
- Sì, Aya lo ha costretto ad ingerire delle pillole finché non è morto.- spiegò Josh, mentre le passava il vassoio con dentro il cibo. Sopra c'era il solito panino, preparato da lui stesso, ed una bottiglia d'acqua presa al supermercato da Blaineley il giorno prima dell'iniziò dell'esperimento.
- Per quanto ha intenzione di andare avanti?- la ragazza appoggiò la testa contro il muro e sospirò. Voleva uscire da lì dentro il più presto possibile, così da fare ritorno alla base.
- Non ne ho idea. - scosse il capo - Però è molto probabile che si concludere verso fine mese. Non ho capito nemmeno io qual è l'obiettivo di Blaineley, quindi non so se intende lasciare in vita qualcuno oppure ucciderli tutti.- quelle parole furono come una freccia nel cuore per Ace.
- Come diamine ho fatto a farmi fregare in quel modo?- si chiese. Portò entrambe le mani davanti al volto e strinse con forza le palpebre nella speranza di sopprimere il nervosismo che aveva addosso.
- Smettila di darti tutte quelle colpe, Blaineley ne sa una in più del diavolo. È veramente intelligente, ma spesso è troppo sicura di se e finisce per farsi fregare con facilità.- Josh rise nel dire quelle parole.
- La conosci da tanto?- gli domandò, alzando un sopracciglio. Cercò di farsi raccontare quella storia per passare il tempo, così che non dovesse stare tutto il tempo a piangersi addosso.
- Sì, circa da quando eravamo piccoli.- prese un grosso respiro e si immerse in quei ricordi - Sai, abitavamo nello stesso condominio e spesso giocavamo assieme.- da quella frase iniziò a raccontarle l'intera storia della bionda, che lui aveva vissuto come personaggio secondario stando sempre al suo fianco.
Blaineley era sempre stata una ragazza ambiziosa, ma la sua famiglia non poteva darle un sostentamento economico per via delle condizioni della madre. La donna soffriva di disturbo mentale che la portà ad essere iperprotettiva nei confronti della figlia e gelosa del marito.
Il padre, non riuscendo a sopportare tutto ciò, abbandonò le due e se ne scappò di casa. Da quel momento sua madre divenne ancora più protettiva nei suoi confronti e, per paura che anche le la abbandonasse, le proibiva di uscire di casa. Dovette quindi studiare a casa da sola, con il solo aiuto di Josh, unica persona che aveva l'autorizzazione della madre per andarla a trovare.
Blaineley non demorse, aiutata dal moro, si iscrisse alla facoltà di psicologia ed ottenne una borsa di studio per poter continuare a frequentare l'università.
Di lì a breve i risultati dei suoi sacrifici e della sua determinazione vennero ripagati: iniziò a lavorare al Centro di Ricerche, scrisse libri, documentari e divenne famosa in tutto il mondo. Il tutto con il contributo di Josh, sua spalla.
I problemi sorsero solo in seguito, quando la sua fissazione per le malattie mentali, probabilmente dovuta dal trauma della madre, che non le permetteva nemmeno di uscire fuori a giocare, l'aveva convinta che dovesse guarire tutte le persone afflitte da quelle patologie per poter salvare il mondo.
Ed era proprio per quel motivo che erano giunti fin lì. Ormai Blaineley voleva andare fino in fondo e nessuno sarebbe riuscita a fermarla.
- È una storia triste.- commentò Ace - Però questo non lo giustifica.- aggiunse poi, ottenendo un cenno affermativo da parte del moro - E non giustifica nemmeno te. - concluse, portando l'altro a deglutire rumorosamente.
- Io le mie cazzate le ho già fatte. Ciò che sto facendo adesso è per cercare di fare meno danno possibile.- cercò di giustificarsi, ma l'espressione della ragazza gli impedì di continuare.
- Lasciar morire quei nove ragazzi è fare meno danno possibile?- controbatté prontamente Ace. La ragazza scattò in piedi ed afferrò con forza le sbarre.
- Prima del mio intervento erano venticinque!- Josh non riuscì a contenersi ed urlò, ringraziando Dio che le stanza fosse insonorizzata e che Blaineley non poteva sentirlo.
- E questo cambia qualcosa?- Ace digrignò i denti e lo guardò fissò negli occhi.
- Dal mio punto di vista le cambia abbastanza.- detto ciò, Josh se ne andò e tornò su.
 
Da quando Wren aveva avuto l'allucinazione erano passate circa cinque ore. Essendosi mosso troppo velocemente, aveva riaperto alcune delle ferite, le quali avevano iniziato a sanguinare a dirotto.
Kevin ed Aya stavano, ormai da un sacco di tempo, cercando di richiuderle come meglio potevano, senza però usare gli antidolorifici per evitare altre reazioni violente da parte del biondo. Ciò comportò diversi problemi, poiché Wren, seppur incosciente, sentiva dolore e quindi tendeva a muoversi rendendo il tutto più difficile.
- Cristo, sto perdendo la pazienza.- Kevin, dopo aver rotto l'ennesimo filo per colpa dei movimenti bruschi dell'altro, si lasciò scappare un grosso sospiro.
- Devi stare calmo, altrimenti rischi di fare peggio.- lo brontolò Aya, mentre con l'ago ricuciva la ferita sullo stomaco e vi appoggiava un cerotto sopra per evitare di farla riaprire.
- Sì, lo so, però...- il moro abbassò lo sguardo. Aya gli aveva detto di cucire il taglio sul braccio, così da non addossargli troppe responsabilità, e lui si stava agitando sempre di più perché non ci riusciva.
- Fa così. - la mora gli si avvicinò con calma e prese la sua mano sinistra. La portò sopra un punto specifico del bracci del biondo - Con il dito, applica un leggera pressione qui.- Kevin lo fece e si rese subito conto che Wren smise di muovere l'arto.
- Capisco, è un punto di pressione.- concluse, dopo averci pensato un pochino. Aya gli sorrise e lo applaudì.
- Bravo, hai indovinato. È come il collo per il gatti, se fai forza sul nervo lui non potrà muovere il braccio e tu sarai in grado di cucire la ferita.- detto ciò, tornò a lavorare alle altre ferite - Mi raccomando, non premere troppo forte, altrimenti rischi di danneggiargli il nervo.- concluse. Lui le fece un cenno positivo con la testa e poi riprese il lavoro.
Grazie all'aiuto della mora non ebbe problemi a cucire metà della ferita in pochissimo tempo. Passò l'ago con calma e lentezza, così da essere sicuro al cento per cento di non sbagliare. Si sentì un po' a disagio quando, alzando gli occhi per un istante, vide Aya fare lo stesso lavoro rapidamente e senza alcun problema.
Quella ragazzina aveva ben tre anni in meno di lui, eppure gli stava facendo da mentore. Lo aveva aiutato a cucinare le prime volte ed aveva anche iniziato a fargli lezioni di chirurgia caserecce. Non riusciva quasi a credere che lei ancora andasse al liceo.
Perso in quei pensieri, non si rese conto che il braccio di Wren iniziò lentamente a tremare, come preso da delle scosse improvvise. Quando si accorse della cosa non fece in tempo a far nulla.
- Lasciatemi stare!- il biondo si alzò di scatto e, con un pugno, mise Kevin al tappeto, per poi avvicinarsi con fare poco amichevole verso la ragazza.
- Oh, cavolo...- Aya non poté dire altro. Lentamente prese ad indietreggiare verso la parete, conscia che a breve sarebbe stata fatta a pezzi se qualcuno non fosse intervenuto.
- Voi dovete... voi dovete... smetterla di... darmi fastidio!- la prese per il collo e la sbatté al muro - Maledetti alieni... non ce la... faccio più ad andare... avanti così!- portò la sua faccia a pochi centimetri da quella di Aya.
- A-a...iut...o. - la mora provò a gridare, ma le mani del biondo le impedirono di farlo. Tentò anche di dargli dei calci e di fargli allentare la presa graffiandolo sulle braccia. Nulla sembrava funzionare e lei sentiva che, di lì a poco, avrebbe perso coscienza.
- Sono... sono... sono dieci anni che mi... inseguite e date fastidio. Mi avete portato... al limite della... della.. sopportazione!- aumentò la forza e digrignò i denti, voglioso di mettere fine a quella che, per lui, era un'entità aliena.
Aya non poté far altro che lasciare andare le braccia di colpo ed aspettare l'arrivo della sua ora. Smise anche di dimenarsi.
Portò gli occhi sul petto del ragazzo, giusto per non doverlo osservare negli occhi nei suoi ultimi istanti di vita, e poi, inaspettatamente, sentì Wren lasciare la presa. Faticò a capire cosa fosse successo, fino a quando non si rese conto che il petto del biondo era stato perforato da un lungo palo d'acciaio. La punta era a pochi centimetri dal suo collo, tanto che se fosse stato infilzato con più forza sarebbe stata ferita anche lei.
Cadde a terra di peso e, tossendo, provò a guardare chi fosse stato. La vista era ancora leggermente appannata, ma distinse chiaramente la figura di Kevin. Il ragazzo era in piedi, con l'arma in mano, che notò essere un'asta per le flebo.
Wren cadde a terra di colpo ed iniziò a perdere sangue. Il moro gli andò subito incontro e si mise accanto a lui.
- Ehi, tutto bene?- gli domandò, già conscio della risposta. Quello lo guardò con un sorriso, dopodiché tossì sangue - Credo che la risposta sia no. - concluse, cercando di farlo ridere.
- E-Esatto.- confermò l'altro.
- Tra poco sarà tutto finito, non preoccuparti.- Kevin non volle nemmeno far finta di poterlo salvare. Anche se fosse stato possibile, Aya si sarebbe quasi sicuramente rifiutata di curarlo vista la sua pericolosità. L'unica cosa che poté fare fu passargli la mano dietro al petto e tirarlo leggermente su, così da poterlo far parlare.
- Sono contento di... di avere avuto... te come... amico. Vi sono grato per... tutto quello che... avete... fatto per me. - l'allucinazione gli era passata ed era ormai in grado di distinguere i due - Scusatemi.- aggiunse poi, mentre delle lacrime iniziarono a scendergli dagli occhi.
- No, non devi scusarti di niente.- anche Kevin scoppiò a piangere, nonostante avesse cercato in tutti i modi di non farlo.
- Grazie di... tutto.- detto ciò, Wren tossì nuovamente e guardò l'amico con un sorriso in volto. Kevin non disse nulla, abbassò la testa verso di lui e gli lasciò un lieve bacio a stampo sulla labbra, per poi sorridergli. Pochi secondi dopo, il biondo morì dissanguato.
- Mi dispiace.- Aya si alzò e si avvicinò a lui. Gli appoggiò una mano sulla spalla, mentre quello continuava a piangere in silenzio.
Si alzò solo dopo una mezz'ora e si rese conto di essersi completamente sporcato la maglietta e i pantaloni. Dette una rapida occhiata al tavolo e vide la maglia di Wren, che gli avevano tolto per poter cucire le sua ferite. Era strappata e sporca di sangue, nonostante avesse provato a lavarla, per via dello scontro con Linda, ma lui non se ne curò.
Kevin la prese e, senza dire nulla, se la mise addosso.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Beh, che dire. Wren ci molla. Mi dispiace molto per lui, è un personaggio molto carino e mi sarebbe piaciuto usarlo di più. Ahimè, le esigenze di trama gli hanno remato contro.
La ship fra Wren e Kevin è confermata, urrà! Però è anche affondata nel peggiore dei modi, lol.
E che dire di Ace Vs Josh? È una battaglia bella tosta, dove entrambi provano a far valere la loro opinione. Chissà come andrà a finire... ah, già, io lo so, lol.
Bene ragazzuoli, detto ciò ci vediamo Domenica prossima con il capitolo 9, che sarà ricco di belle sorprese!
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Essendo tutti gli armadi pieni, il cadavere di Wren venne portato da Aya, James e Kevin nella stanza della mora. Vi era anche quello di Jake, che era stato appoggiato al letto.
La ragazza aveva deciso di andare a dormire nella stanza di Charlene e Nikita, visto che ormai la sua si era trasformata in una camera funeraria.
E, proprio mentre loro tre erano occupati a sistemare il cadavere del biondo, Charlene decise che fosse il momento più opportuno per colpire. Si avvicinò alla castana, seduta sul divano, con dei piccoli passi felpati e le si mise dietro con l'arma fra le mani, pronta ad ucciderla.
- Mi reputi veramente così imbecille?- Nikita si voltò di scatto e la guardò dritta negli occhi. La sua espressione, rispetto alle altre volte, era seria e fredda. Si alzò di colpo, lasciando solo il divano a dividerle.
- Diciamo di sì. - la bionda strinse la presa sul coltello e si mise in posizione d'attacco. Le due stettero ferme a guardarsi senza fare nulla per un po', fino a quando la castana non decise di parlare.
- Allora credo che tu abbia preso un granchio.- si guardò intorno alla ricerca di un qualunque oggetto che potesse aiutarla ad avere la meglio nella possibile colluttazione e vide, dietro di lei, il telecomando appoggiato sul piccolo tavolino.
- Che ne dici se ne riparliamo dopo che ti avrò aperto la pancia per bene?- le disse. Si mosse qualche centimetro avanti, portando Nikita a farsi indietro - Conosci la favola del lupo e dei sette capretti?- le chiese poi.
- No. - in realtà la conosceva bene, però volle provare a prendere tempo, quindi stette al suo gioco.
- Nel finale della storia, la madre dei capretti apre la pancia del lupo e, dopo aver liberato i suoi figli, la riempie di sassi.- le spiegò con un sorriso macabro in volto - Ecco, non so bene cosa ci metterò nel tuo stomaco, ma sicuramente qualcosa ci andrà.- si leccò le labbra e la guardò dritta negli occhi. Riuscì a percepire l'ansia che la castana stava provando in quel momento.
- Sai, non prendertela a male, ma non mi piace l'idea di venire squartata in quel modo. - replicò, mentre lentamente si avvicinava sempre di più al piccolo tavolino.
- Con i tuoi organi ci pulirò il pavimento.- Charlene si piegò leggermente in avanti per essere sicura di saltare il divano.
- Lo sporcheresti ancora di più.- Nikita si abbassò di colpo e colse la bionda alla sprovvista. Prese il telecomando e glielo lanciò in fronte, facendole cadere il coltello di mano. Approfittò subito della cosa per saltarle addosso.
Le due si ritrovarono l'uno sopra all'altra mentre, a mani nude, se le davano di santa ragione. Il coltello era finito parecchio distante da loro e quindi avevano preso a menarsi con pugni e schiaffi.
Nikita tirò i capelli dell'altra e le assestò un pugno in faccia, ma l'altra rispose prontamente graffiandole il collo con le unghie. Subito del sangue uscì fuori dalle ferite di entrambe. Si presero un attimo di pausa, che passarono a guardarsi negli occhi in attesa l'una della mossa dell'altra, e poi si fiondarono nuovamente ad azzuffarsi come due gatti randagi.
Charlene, essendo più robusta e più agile, riuscì a sovrastarla e, dopo esserle salita sopra, la colpì con una serie di pugni e schiaffi, mentre l'altra non poté far altro che mettere le mani davanti al volto per cercare disperatamente di proteggersi.
Nikita attese il momento più opportuno e, dopo aver tirato la testa indietro, dette una capocciata sulla fronte della bionda e la fece cadere all'indietro. Subito si avventò su di lei e le mise le mani al collo, cercando di soffocarla.
La bionda, però, non si lasciò sopraffare facilmente. Le prese un braccio e glielo tirò con forza, per poi colpirla con un fortissimo destra sullo stomaco, che le fece perdere il respiro.
Nikita cercò di riprendersi, ma Charlene approfittò di quell'istante per tirarsi su e, dopo averle dato un calcio in faccia, si gettò di peso su di lei e riprese a schiaffeggiarla con violenza.
Sentendosi messa alle stretta, la castana provò disperatamente ad allontanare l'altra colpendola in volto, però quella rimase attaccata addosso a lei senza spostarsi nonostante i colpi che stava subendo.
Nikita capì che, se avesse voluto salvare la pelle, sarebbe dovuta ricorrere a qualche aiuto esterno. Portò lo sguardo sul tavolo e, dopo averci pensato per qualche secondo, dette un calcio fortissimo alla zampa che si staccò e fece cadere i candelabri e i vari cesti presenti sopra di Charlene.
La castana approfittò di ciò per riprendere fiato, poi si precipitò verso il coltello e lo afferrò. Le saltò addosso cercando di ammazzarla, ma la bionda parò il colpo con il cestino e riuscì ad allontanare il fendente dalla faccia.
Ormai il loro feroce duello stava per giungere al termine, perché Nikita, armata del coltello, stava prendendo sempre di più la supremazia dello scontro. Portò l'arma davanti al volto della bionda e cercò di affondagliela in faccia, trovando l'opposizione della bionda che, afferrando le mani dell'altra, spinse l'arnese indietro.
- Ma che diavolo state facendo?- James, tornato nella sala dopo aver spostato il cadavere di Wren assieme ad Aya e Kevin, vide le due mentre lottavano sdraiate per terra. Subito intervenne, allontanandole con una spinta.
Provò poi ad aiutare la sorella ad alzarsi, ma quella lo scostò violentemente e tornò ad attaccare Nikita. Nuovamente il biondo provò a separarle, venendo però allontanato da entrambe, ormai convinte ad andare fino in fondo.
Kevin ed Aya rimasero immobili a guardare quella scena surreale, senza fare nulla. A nessuno dei due importava fondamentalmente di quella "battaglia personale" e, visto lo scarso interesse che le due avevano mostrato verso di loro, non se la sentiva di intervenire.
James mise una mano sulla spalla ad entrambe e, con forza, le staccò, per poi cadere all'indietro a causa dello sbilanciamento del peso. Nikita approfittò di quell'istante e, dopo aver preso il coltello da terra, lo afferrò con entrambe le mani e si lanciò addosso a Charlene con forza.
La bionda, presa in controtempo, non poté far altro che chiudere gli occhi in attesa di essere colpita, ma James si mise fra le due e venne ferito al posto suo.
Quando lei riaprì le palpebre, vide la lama del coltello fuoriuscire dal petto del fratello ed il sangue iniziare a bagnare il pavimento. Dietro di lui c'era Nikita che, tremante, stava guardando cosa aveva appena fatto.
Come mai sentiva quel groppo alla gola nel vedere James sdraiato per terra pieno di sangue? Si era più volte detta che, se mai fosse successa una cosa del genere, non avrebbe esitato, ma in quel preciso istante non riuscì a controllarsi. Si allontanò a cavalcioni dal corpo del ragazzo, mentre delle lacrime iniziarono ad uscire dai suoi occhi.
Voltò poi lo sguardo verso Aya, ancora intenta ad osservare la scena con le mani in mano, e le indicò James.
- Salvalo...- sussurrò, ottenendo un sorriso come risposta da parte della mora.
- Oddio, James!- anche Charlene era nelle stesse condizioni. Provò a tirare su il fratello, ancora in vita nonostante la ferita fosse a pochi centimetri dal cuore, e cercò di farlo restare sveglio senza successo.
- Per favore...- Nikita, completamente preda del panico, strisciò da Aya e la afferrò la maglietta mentre era in ginocchio - Salvalo. Salvatelo.- portò una mano sui pantaloni di Kevin, nella speranza di tirare in mezzo anche lui.
- Sì, dovete fare qualcosa, veloci!- anche Charlene, resasi conto della gravità della situazione, si appellò a loro. I due si dettero una rapida occhiata e Kevin capì immediatamente che Aya era restia all'idea di salvare il biondo.
- Vado a prendere il lettino.- disse poi, guardando la mora dritta negli occhi, che si limitò a girare gli occhi e ad annuire controvoglia. In meno di cinque minuti, i due si ritrovarono nell'infermeria, con Nikita e Charlene sedute ai lati opposti della stanza in attesa dell'esito dell'operazione.
 
- Manda via la bionda, mi distrae.- erano passate più di due ore da quando Aya aveva iniziato l'operazione e, per tutto quel lasso di tempo, Charlene non aveva fatto altro che infastidirla chiedendole continuamente quali fossero le condizioni del fratello. Sulle prime la mora aveva provato a far finta di niente, ma ad un certo punto aveva smesso di operare e si era rifiutata di continuare fino a quando lei non se ne fosse andata.
- Charlene, potresti aspettare in sala?- Kevin le andò vicino e, con il tono più pacato e tranquillo possibile, la invitò ad abbandonare la stanza senza fare storie.
- E lasciare James da solo con voi? Mai.- la bionda pose una resistenza ferrea, decisamente poco gradita dai due.
- Non rendere le cose ancora più complicate.- il moro non si sentiva in grado di gestire la situazione, ma era ben conscio che, se avesse voluto salvare quel povero ragazzo, si sarebbe dovuto ingegnare per trovare una soluzione.
- Stai zitto e salvagli la vita. - lo intimò lei. Lo prese per la maglietta e lo tirò verso di se, strappando ancora di più il tessuto già malandato. In quell'istante Kevin capì come avrebbe dovuto atteggiarsi per farle capire di dover obbedire in silenzio. La spinse indietro con violenza e poi avvicinò il suo volto a quello dell'altra.
- Hai due opzioni.- alzò il pollice della mano destra - Uno: te ne vai senza rompere i coglioni e ci fai fare la fottuta operazione in santa pace. - portò su anche l'indice - Due: noi ce ne andiamo e lo operi tu, anche se non credo ne sarai capace.- la guardò dritta negli occhi con sguardo arrabbiato e provò un'enorme soddisfazione quando Charlene abbassò lo sguardo in segno di sconfitta.
Senza dire nulla, si alzò dalla sedia e se ne andò nella sala, lasciandoli finalmente in grado di svolgere l'operazione senza ulteriori complicazioni.
- Kevin, passami il filo da sutura.- Aya riprese subito a lavorare, aiutata dal ragazzo, sotto lo sguardo vigile di Nikita, rimasta nella stanza. La castana si era chiusa in un silenzio tombale dal quale non voleva minimamente uscire.
Per tutto il tempo era rimasta immobile, con lo sguardo puntato verso James, steso sul lettino incosciente, e le dita incrociate.
- Ne è rimasto solo un rotolo, quindi vedi di usarlo bene.- la informò Kevin dopo aver controllato attentamente in tutto l'armadio.
- La colpa è tua che ne hai sprecati due per cercare di cucire il braccio di Wren. - le ricordò la mora, con un sorriso furbetto in volto. L'altro non poté far altro che fare cenno di assenso con la testa.
- Hai ragione.- nonostante Kevin avesse da poco perso l'amico, sentiva dentro di se di star meglio rispetto a quando il biondo era incosciente sul letto. Aveva passato una nottata intera a piangere sul suo cadavere e la mattina successiva aveva chiesto aiuto per trasportare via il corpo di Wren da lì, ottenendo l'aiuto solo di Aya e James.
- Anche se la ferita è vicino al cuore, non dovrebbe essere mortale. Gli è andata bene, qualche centimetro più a sinistra e sarebbe morto sul colpo.- spiegò Aya, mentre con estrema calma ricuciva la ferita del ragazzo. Lei e Kevin avevano passato la maggior parte del tempo a bloccare l'emorragia interna e, dopo esserci riusciti, gli avevano applicato i punti di satura per ricucire la ferita.
- Questo è un bene.- asserì il moro. Prese un asciugamano, rubato qualche giorno prima dal bagno, e ci si pulì i guanti. Ormai era diventato completamente rosso, per causa del sangue di Wren e James, al punto che fece fatica a trovare uno spazio bianco.
- Dormirà per un paio di giorni e, per tutto quel lasso di tempo, dovremo tenerlo d'occhio. Rischia di avere altre emorragie interne.- Aya, sfinita per il lavoro fatto, si gettò di peso sulla sedia ed appoggiò la testa sullo schienale.
- Cavolo, non facciamo in tempo ad avere un attimo di silenzio che subito accade qualcos'altro.- Kevin fece lo stesso, tanto che la sua sedia slittò leggermente indietro.
- Che ti aspettavi? Era palese che quelle due prima o poi si sarebbero scannate.- la presenza di Nikita non venne minimamente calcolata da Aya, che parlò di quell'argomento anche se la casa era a pochi metri da lei.
- Beh...- Kevin, invece, si preoccupò della cosa.
- In questo momento è come se fosse in coma, quindi fa come se non ci fosse.- aveva sempre provato un certo timore verso Nikita, eppure dopo averla vista in quelle condizioni sentì di averla sopravvalutata troppo.
La castana si era affezionata a James e, a conti fatti, ciò l'aveva portata a quella situazione. Per una come lei, abituata a non provare emozioni, subire uno shock del genere fu doppiamente doloroso.
- Come mai sei così?- domandò Kevin. Aya lo guardò con un'espressione confusa - Intendo dire, hai solo sedici anni, come puoi essere così spietata?- portò gli occhi su di lei e la osservò mentre, con un sorriso amaro, si accinse a rispondergli.
- Mio padre era un chirurgo piuttosto rinomato.- iniziò, per poi fermarsi subito - Tutti quanti lo rispettavano e stimavano, ma in realtà era un mostro assetato di sangue.- sul suo volto si dipinse un sorriso tutt'altro che rassicurante - Picchiava me e mia madre e ci trattava come oggetti. Poi, un giorno, mamma non ce l'ha fatta più e si è impiccata.- quelle parole vennero seguite da un lungo silenzio tombale - La trovai io. Ricordo che la sera stessa, dopo il rientro di mio padre da lavoro, mi nascosi dentro l'armadio per paura di essere picchiata di nuovo.- Kevin non poté credere alle sue orecchie.
- Tu...- provò a dire qualcosa, ma non ne fu in grado.
- Mi trovò e mi picchiò come non aveva mai fatto. Mi ruppe un braccio e una gamba, se non ricordo male avevo dieci anni. Ricordo che in quel periodo iniziai a leggere i libri di mio padre sulla chirurgia ed inizia ad appassionarmi.- puntò lo sguardo verso il bisturi, ancora sporco di sangue, e sorrise.
- Hai ucciso tuo padre?- domandò Kevin, con voce tremante.
- Non direttamente. Di giorno in giorno scioglievo delle piccole pastiglie nelle sue bevute e, dopo quasi due mesi, è morto per infarto.- spiegò.
- Ah, quindi non l'hai...- venne interrotto dalla ragazza.
- Non fraintendermi, l'ho fatto perché così ho potuto dissezionare il suo corpo integro.- il moro girò la testa verso di lei e la guardò con un'espressione colma di orrore.
- Non ci voglio credere...- si portò poi una mano davanti alla faccia ed emise un profondo sospiro.
- Quella è stata la mia prima dissezione. Me la ricordo perfettamente.- Aya sorrise nel ripensare a quel periodo, che le sembrava così lontano e distante.
- Lo hai fatto di nuovo?- Kevin ebbe paura di sentire la risposta.
- La prima persona a trovare il cadavere di mio padre fu un suo collega, ovvero McGurrin. Lui mi ha preso sotto la sua spalla e mi ha insegnato tutto quello che so ora.- spiegò la mora, portando l'altro ad essere sempre più scosso.
- Quindi non sei stata accusata dell'omicidio?- non seppe perché le pose quella domanda, però sentiva il bisogno di saperlo.
- No, fu tutto spacciato per un suicidio dovuto dalla perdita della moglie. Lo cremarono così da non lasciare tracce ed io ne uscii illesa.- Aya portò nuovamente la testa sullo schienale della sedia.
- Che storia incredibile...- sussurrò Kevin, per poi scuotere la testa.
- Rispetto alla tua decisamente sì. - nel sentire quelle parole, il moro si voltò di scatto e la guardò con un'espressione interrogativa in volto.
- Come fai a...- lei, sospirando, non gli permise nemmeno di finire la frase.
- Ve lo dissi la sera della prima cena, ricordi? Io so tutto di voi.- fece girare l'indice su se stesso, così da rendere ancora più chiaro il concetto.
- Te le ha dette quel McGurrin?- chiese lui, seppur già sapesse la risposta.
- Esatto, mi ha fatto leggere le vostre schede e poi mi ha mandato qua.- Aya si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta - Vieni, andiamo a riposare. Sono due giorni che non dormiamo.- Kevin, senza dire nulla, le andò dietro. Prima di uscire gettò un'ultima occhiata verso Nikita, ancora immobile con lo sguardo fisso verso James, e poi si chiuse la porta alle spalle.
 
Da quando, esattamente, non riusciva più a provare dolore emotivo? Nikita non riusciva a ricordarlo, aveva solo delle memorie spezzate che, unite fra loro, le fecero capire che il tutto era accaduto dopo due anni passati in isolamento.
Ormai al dolore fisico era abituata e lo sopportava senza alcun problema. Il suo punto debole era quello emotivo. Era in grado di ridere, piangere ed ironizzare, ma non di provare quel senso di vuoto che percuote lo stomaco quando si subisce un trauma.
Nei primi periodi del suo isolamento sentiva quel vuoto costantemente, fino a quando, giorno dopo giorno, era stato riempito da un senso di apatia che l'aveva relegata a non voler spendere più energie nel disperarsi.
Per quel motivo, quando aveva involontariamente ferito James, era finita quasi sotto shock. Il pensiero di perdere l'unica persona all'interno di quella struttura con cui aveva legato la faceva stare male. Odiava ammetterlo, ma anche lei sentiva il bisogno di stare al centro dell'attenzione ogni tanto e, grazie al biondo, era riuscita ad appagare questo suo desiderio inconscio.
Vederlo steso su quel letto per colpa sua aumentava ancora di più il fardello che già sentiva dentro. Non era riuscita a fare nulla per tutto il lasso di tempo in cui James aveva subito l'operazione. Era rimasta immobile, con le mani tremanti e gli occhi puntati verso di lui.
Era arrivata addirittura a pregare Dio, quella stessa entità in cui lei non credeva e che disprezzava, per permettere al ragazzo di sopravvivere.
Si alzò dalla sedia e si mise su quella vicino al suo letto. Lo guardò attentamente e cercò di osservare anche ogni minimo dettaglio del suo volto. Un piccolo neo sulla tempia, uno sul collo, un altro sulla pancia e un altro ancora sul braccio. Cercò di farsi forza osservando quelle piccole macchioline irrilevanti.
Pensò a quanto fosse stupida e, senza pensarci, si morse il labbro. Aveva dato per scontato che sarebbe stato il contrario, ovvero James completamente succube di lei. Invece alla fine si era fregata con le sue stesse mani ed era arrivata ad abbassarsi fino a quel punto.
Forse era amore, quello fu il primo pensiero che le venne in mente. E dal colore rossastro che assunse la sua pelle dopo averci anche solo pensato capì che era, molto probabilmente, così. In effetti avrebbe voluto baciarlo, abbracciarlo e farci anche dell'altro.
Giunse alla conclusione che, per il suo stesso bene, avrebbe dovuto parlargli apertamente dei suoi sentimenti quando si sarebbe svegliato. Perché era una cosa che sentiva già da qualche giorno, eppure pensava si trattasse semplicemente dell'affetto che una padrona può avere per il proprio cane, senza soffermarsi ad analizzare i dettagli, gli stessi che decantava tanto lei nei suoi ragionamenti profondi e contorti.
Prese la mano di James e la baciò, ringraziando il cielo che nessuno potesse vederla. Se mai qualcuno fosse venuto a conoscenza di ciò lo avrebbe ucciso, ne era sicura.
Un sorriso ebete si dipinse sul suo volto ed il rumore di una risatina soffocata uscì dalla sua bocca. Da quando in qua era in grado di comportarsi come una diciassettenne qualsiasi?
Tutti quei pensieri la resero felice, perché sentiva, per una volta, di poter parlare onestamente con se stessa senza doversi perdere in retoriche inutili e pessimiste. Furono però quegli stessi pensieri ad essere la sua rovina.
Troppo presa dal suo mondo, non si rese conto della presenza che, passo dopo passo, si avvicinò dietro di lei. Il rumore delle scarpe a contatto con il pavimento erano ben udibili, però la castana non vi si concentrò, perché persa fra mille pensieri.
E poi, quando si rese conto di chi avesse alle spalle, fu troppo tardi. Sentì un dolore alla gola e vide la punta del coltello trapassarla la trachea. Provò ad urlare, ma riuscì ad emettere solo dei rantolii soffocati.
Quando l'arnese le venne estratto dal collo, il sangue cominciò a cadere in abbondanza dalla ferita e le macchiò tutti i vestiti. Tossì diverse volte, facendo fuoriuscire il liquido rosso.
Venne poi presa per i capelli e tirata all'indietro. Fu così in grado vedere Charlene con il coltello in mano ed un'espressione sadica in volto.
Non riuscì a dire nulla, il troppo dolore e, soprattutto, la gola squarciata le impedirono anche solo di pronunciare una sillaba. Si portò tutte e due le mani al collo, nella vana speranza di bloccare l'emorragia, ma la bionda gliele tolse con forza e, senza pensarci troppo, le passò il coltello sulla gola con un gesto secco che la uccise sul colpo.
Il sangue sporcò tutto il pavimento. Una grossa pozza rossastra si formò sotto al cadavere di Nikita, la cui testa cadde di lato. Charlene rimase immobile per qualche secondo e si godé ciò che aveva fatto.
Sentì l'adrenalina passarle per tutto il corpo, come la scarica di un fulmine, e, presa dall'istinto, leccò la punta del coltello. Assaporò quel sapore metallico con gusto, al punto anche di passarsi la lingua sulle labbra. Solo in quel momento si rese conto di essersi sporcata i pantaloni.
Fece una smorfia nel vedere quella macchia così visibile proprio all'altezza del ginocchio destro. Scosse la testa, vogliosa solo di godersi quel momento senza soffermarsi troppo sui dettagli.
Ce l'aveva fatta, aveva ucciso la ragazza che stava manipolando suo fratello e che l'aveva ridotto in fin di vita. Un sorriso di gioia si stampò sul suo volto ed una flebile risata riecheggiò per tutta la stanza.
- Io te l'aveva detto.- disse. Prese il coltello e, con forza immane, lo infilzò nel costato di Nikita. Vedere il corpo rimanere fermo la fece gioire ancora di più. La prese per le spalle e, noncurante delle varie tracce di sangue che stava lasciando sul pavimento, trascinò il cadavere fino alla stanza delle ragazze.
Non vedeva l'ora che James si svegliasse, così da potergli finalmente dire che aveva risolto quel problema.
 
Blaineley guardò lo schermo del computer con gli occhi lucidi. Non credeva che, dopo la morte di Wren, avrebbe potuto assistere ad una scena ancora più bella. Già l'omicidio del biondo, compiuto proprio dal ragazzo che più lo aveva a cuore, l'aveva eccitata molto, però quello che accade proprio in quel momento la mandò in iperventilazione.
Osservò Charlene mentre, con forza, conficcò il coltello nella gola di Nikita senza esitazione. Vide il sangue sgorgare dalla ferita in abbondanza e i vestiti della castana tingersi di rosso. Finalmente c'era stata una morte degna di nota.
Era quello ciò che voleva vedere, due persone rivali che si ammazzavano l'un l'altra per un mero istinto animale.
Dietro di lei c'era Josh, quasi sul punto di vomitare. Trattenne più volte i coniati e si limitò a starsene fermo senza dire una parola per la paura di rigettare tutto il pranzo.
- Te lo saresti mai aspettato?- gli domandò lei. Il moro ci pensò un po', approfittando anche della cosa per togliere lo sguardo dallo schermo.
- Sì. - non aggiunse altro. Portò gli occhi sul televisore e vide Charlene infliggere il colpo di grazia alla castana, ripensando a cosa aveva pensato la prima volta che l'aveva visto.
- Come sì? Io non l'avrei mai detto!- più che una psicologa, la bionda sembrava a tutti gli effetti una fan girl della peggio razza, tanto che le mancavano solo i popcorn ed una bibita per completare lo stereotipo.
Josh non le rispose, guardò Charlene mentre spostava il cadavere di Nikita fino alla camera, approfittando dell'assenza di Aya e Kevin che, se ben ricordava, erano andati a letto.
- Adesso sono rimasti solo in quattro. Non vedo l'ora di sapere come finirà.- Blaineley batté le mani, continuando quello schifoso e pessimo teatrino che, dall'inizio dell'esperimento, stava portando avanti.
- Chissà.- contò con le dita quanto effettivamente mancasse e si rese conto che il tempo a loro disposizione stava per scadere.
- Quando avremo finito con loro, scriverò la relazione e poi la pubblicherò. Sono a buon punto, ho già scritto le prime dieci pagine.- aprì il documento e lo fece vedere al moro, che si avvicinò e gli diede una rapida occhiata.
- Hai scoperto qualcosa di interessante?- le chiese.
- Per adesso no. Posso confermare il pensiero della comunità scientifica sulla "Sindrome di Stoccolma". Non è una vera patologia, è più una reazione inconscia del cervello al pericolo.- spiegò, senza tralasciare nulla come al solito.
- Capisco. Quindi, in breve, questo esperimento a caso avrebbe portato?- si morse un labbro ed attese la risposta che avrebbe potuto cambiare completamente le carte in gioco.
- Per ora a quasi niente. Sembra che dovrò organizzarne degli altri.- aggiunse, facendolo deglutire rumorosamente.
- Non hai proprio intenzione di fermarti?- le domandò. Sperò con tutto se stesso che riuscisse a capire, ma ormai Blaineley era su una linea d'onda completamente diversa dalla sua.
- No, per il bene della scienza questo e altro.- sentendo quelle parole, Josh si convinse di aver fatto la scelta giusta.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Beh... scusate. Nikita aveva ottenuto a pieni voti l'amore di tutti voi, but ehi, sarebbe stato troppo facile farla uscire in allegria. Signori, nei prossimi tre capitoli succederà il finimondo, tanto che perfino io ero restio dal dare un finale del genere alla storia.
Però credo sia giusto così, con colpi di scena e vari fattori posso dire di essere soddisfatto di ciò che ho scritto. Spero apprezziate anche voi, ma questo lo vedremo quando uscirà il capitolo 14, ovvero l'ultimo.
Adesso però, torniamo a questo chapter. Allora, allora, Nikita abbandona la ciurma. L'avreste mai detto? Io sì.
Poi ci viene rivelato il fantastico passato di Aya-chan, Kevin diventa sempre più tutto fare, James prende il posto di Wren e Charlene beh... lei uccide, quindi fa sempre le solite cose.
Detto ciò, ci vediamo domenica prossima, con un capitolo molto particolare, ma ormai penso che già avrete capito cosa accadrà!

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


James aprì gli occhi di colpo e, istintivamente, si tirò su. Osservò la stanza intorno a lui e si rese conto di essere in infermeria. Spostò lo sguardo su tutto ciò che vi era presente, dagli armadi ai cassetti, fino a quando, con la coda dell'occhio, vide sua sorella.
Charlene era seduta alla sua destra. Stava tenendo la sua mano e dalla sua espressione sembrava aver pianto molto. Notò subito alcune macchie di sangue sui suoi vestiti e pensò, ingenuamente, che dovessero risalire al suo scontro con Nikita.
- Quanto ho dormito?- domandò, fra uno sbadiglio e l'altro. La ferita non gli faceva più male e sentiva di essere in ottima forma.
- Due giorni.- Charlene lo guardò dritto negli occhi e gli sorrise, contentissima di vederlo sano e salvo. Dovette riconoscere l'ottimo lavoro fatto da Kevin ed Aya e ciò le causò un leggero fastidio.
- Sono tanti.- il biondo provò ad alzarsi, ma la sorella lo invitò a rimanere fermo a letto.
- Non muoverti, devi riposare.- lo aiutò a sdraiarsi e fu contenta di non ricevere obiezioni da parte sua.
- Nikita dov'è?- chiese, notando l'assenza della ragazza - Sai, io credo che voi due possiate diventare amiche. Dovete solo... superare le vostre differenze.- quelle, sdolcinate, parole non scalfirono minimamente la corazza della bionda. Interpretò una recitazione magistrale, riuscendo a mantenere il sorriso nonostante sapesse la verità.
- Adesso riposati, io vado a prenderti da mangiare.- Charlene ignorò le sue parole e lasciò la stanza il più in fretta possibile.
James si rese conto della presenza di una lunga striscia di sangue che partiva dal suo lettino fino all'uscita e dette per scontato che dovesse essere il suo, dovuto alla ferita da coltello che aveva subito. Gli sarebbe bastato ragionarci un po' su per arrivare alla vera conclusione.
Di sangue ce n'era troppo e, proprio sotto la sedia davanti a lui, era presente una grossa pozza rossa di dimensioni enormi.
Il biondo, stufo di stare seduto ad aspettare e curioso di seguire la grossa striscia di sangue, si alzò dal letto ed uscì dall'infermeria. Appena mise piede fuori si rese conto che qualcosa non tornasse. La striscia, che teoricamente sarebbe dovuta partire dalla sala, portava invece alle camere.
Era più che sicuro di aver perso coscienza nel salotto, più precisamente vicino al divano, quindi comprese che quel sangue non dovesse essere suo. Ogni suo passo era per lui come un flash di rivelazioni.
L'assenza di Nikita, la sola presenza della sorella ed i suoi pantaloni sporchi di sangue. Tutti quei dettagli, che fino a quel momento aveva trascurato, gli tornarono in mente e gli fecero salire un grosso groppo in gola.
James si fermò proprio davanti alla camera delle ragazze. La striscia di sangue conduceva fino all'interno. Ormai non sapeva più cosa aspettarsi, o meglio, voleva credere di non saperlo. Trasse un grosso respiro e lentamente appoggiò la mano sulla maniglia.
Sussultò nel sentirla così fredda, poi si fece coraggio ed aprì la porta. Accese la luce della stanza e si trovò davanti ad una situazione surreale.
Tre dei quattro letti erano vuoti, l'unico con sopra qualcuno era quello all'estrema destra. Lì c'era Nikita, sdraiata sopra come se stesse dormendo. Si avvicinò passo dopo passo, seguendo la striscia di sangue impressa sul pavimento e, dopo interminabili secondi, giunse davanti alle coperte.
Le afferrò con la mano tremante e, con un gesto secco, le scostò. Gli apparve davanti il cadavere di Nikita, con la gola sgarrata e la pelle bianca. Si mise a sedere al suo fianco senza dire nulla.
Le prese la mano, fredda come il marmo, e iniziò a respirare pesantemente. Nemmeno si accorse delle lacrime che iniziarono a scendergli dagli occhi azzurri. Rimase in silenzio per più di un minuto, poi iniziò a singhiozzare e si lasciò andare ad un pianto liberatorio.
Appoggiò la mano della ragazza alla fronte, rabbrividendo, e si maledisse per non essersi svegliato prima. L'unica persona che, fino a quel momento, era riuscita ad aiutarlo era lì davanti a lui, con la gola aperta e nemmeno una goccia di sangue rimasta in corpo.
La guardò fissa nei suoi occhi color ambra e notò quanto fosse bella. Si era accorto di provare una sorta di attrazione per lei, ma non sapeva se potesse definirla una cotta o una semplice ammirazione. E solo in quel preciso istante si rese conto di quanto avesse bisogno di lei.
In tutto quel tempo passato là dentro aveva parlato con lei per la maggior parte delle volte e, seppur fosse all'apparenza burbera e scontrosa, era riuscito a captare in lei anche un lato dolce e sensibile, seppellito sotto quello folle che lasciava intravedere anche solo dallo sguardo.
Non si chiese nemmeno chi fosse il colpevole, sapeva perfettamente la risposta. Soltanto una persona avrebbe potuto trattare la castana in quel modo così brutale. Inoltre il coltello usato per ucciderla era sempre infilzato nella carne della povera vittima, e ciò non fece che confermare i suoi dubbi.
Però, in quell'istante, era troppo triste anche solo per arrabbiarsi. Strinse il corpo della ragazza a se ed appoggiò la fronte contro la sua, chiedendosi perché le cose fossero andate in quel modo.
La colpa, seppur in minima parte, era anche sua. Se avesse fermato Nikita senza farsi ferire, le sarebbe potuto stare accanto ed avrebbe potuto evitare la sua morte.
Appoggiò la testa contro la spalla della ragazza a cercò di reprimere le lacrime, già pronte per uscire a dirotto. Trasse dei grossi respiri con la bocca e tentò di ragionare sulla situazione.
Cosa avrebbe dovuto fare? Era convinto al cento per cento che la colpevole fosse sua sorella e, a conti fatti, le rimaneva solamente lei come "alleata". Però il pensiero di dover stare al fianco di chi aveva fatto quello a Nikita lo infastidiva.
Ma, nonostante tutto, Charlene era pur sempre sua sorella. Aveva agito così per il suo bene, come del resto faceva sempre. Quella era la manfrina che la bionda era riuscita ad infilargli in testa, tanto che per qualche secondo la trovò più cha plausibile. Eppure non riusciva ad allontanarsi dal corpo della castana, anzi, sentiva il bisogno di starle vicino, quasi alla ricerca di un calore che lei non poteva più darle.
 
Dal giorno del'omicidio di Nikita, Aya aveva iniziato a preoccuparsi sempre di più sulle sue possibilità di sopravvivenza in quel luogo. Era conscia di non essere stupida e di non lasciarsi fregare tanto facilmente, però allo stesso tempo sapeva che nessuno le avrebbe assicurato di non ricevere una coltellata nel sonno.
Così aveva deciso di elaborare un piano per uscire da quel posto. Da sola non avrebbe potuto fare molto, quindi provò a farsi aiutare da Kevin. Scartò i gemelli a priori, poiché non sicura della loro stabilità mentale.
Si avvicinò al moro e, approfittando dell'assenza di Charlene, ancora seduta accanto al fratello in infermeria, iniziò a parlargli.
- Dobbiamo cercare un modo per uscire da qui.- gli disse, senza girarci troppo intorno. Lui la guardò negli occhi solo per pochi istanti.
- Non credo ce ne siano. Siamo bloccati.- in realtà Kevin non aveva nemmeno poi così tanta voglia di uscire da lì. Per complicità anche del suo disturbo, si stava abituando a quell'ambiente e, se non fosse stato per i coinquilini, ci avrebbe vissuto volentieri.
- Se restiamo qua verremo ammazzati. Tutti e due.- con un cenno indicò l'altra stanza. Il ragazzo annuì con la testa.
- Sì, a quello c'ero arrivato.- ammise. Affondò ancora di più con la schiena sul divano e sbuffò.
- La morte di Nikita è il chiaro segno che Charlene può fare ciò che vuole. Se lo volesse, potrebbe toccare a noi.- la mora intrecciò le dita delle mani e, sottovoce, provò a convincerlo ad unirsi a lei in quell'alleanza per la sopravvivenza.
- Avremmo dovuto sorvegliarla.- constatò lui - Inoltre James sembrava avere rapporto con lei, può anche darsi che si arrabbi.- gonfiò una guancia e provò a pensare a tutte le ipotesi plausibili. In effetti tutto sarebbe stato deciso dalle scelte del biondo.
Se fosse andato dietro alla sorella, come suo solito, loro sarebbero stati in pericolo. Se invece si fosse ribellato avrebbero potuto contare sul suo aiuto.
- Avevamo bisogno di dormire. L'errore è stato anche di Nikita, si sarebbe dovuta aspettare una mossa del genere.- concluse lei.
- Hai ragione anche tu. - Kevin appoggiò il collo sul divano con fare esausto. Quella situazione lo stava portando allo sfinimento mentale.
- Mi aiuterai?- Aya portò gli occhi contro i suoi, venendo volutamente ignorata.
- Credo di sì, non mi pare di avere altre scelte.- ammise il moro, facendola sorridere. La ragazza si alzò e, dopo aver preso alcuni fogli da sopra una mensola, si mise a tavolino per iniziare il loro progetto di fuga.
- Innanzitutto disegno la cartina della casa. - spiegò, mentre l'altro la raggiungeva - Ci sono: il bagno, le camere, la cucina, la mia stanza e l'infermeria.- con delle mosse veloci della mano progettò una piccola mappa dell'edificio, le cui dimensioni vennero palesemente sfasate.
- Pensi che ci sia anche una minima possibilità di scappare?- Kevin si sistemò nel posto davanti a lei ed iniziò a giocherellare con la matita che la ragazza non stava usando.
- Sul momento no, però... non me la sento di dire che abbiamo zero possibilità.- iniziò a guardare la stanza muovendo gli occhi ad una velocità allucinante, alla ricerca di qualche dettaglio rilevante.
- È inutile, per tutto il tempo passato qui ho controllato da cima a fondo la casa, non ci sono finestre e l'unico condotto d'aria è troppo piccolo.- il moro disegnò un piccolo gatto sull'altro foglio ed assunse un'espressione schifata quando si rese conto dell'orrore che stava uscendo fuori.
- Cavolo... allora siamo messi peggio di quanto pensassi.- constatò, sbuffando sonoramente.
- Oltretutto ci stanno tenendo d'occhio, quindi è improbabile che ci lascino fuggire.- Kevin scrollò le spalle.
- Non ci hanno detto nulla quando abbiamo iniziato ad ucciderci a vicenda, figurati se si arrabbieranno per una tentata fuga. - la mora provò a sminuire la cosa, ma l'altro le fece un cenno di dissenso con la testa.
- Eh, no. Uccidersi non era nelle regole, mentre lasciare la casa lo è. - spiegò lui. Aya spalancò la bocca, si era completamente dimenticata di quel piccolo dettaglio, il che rendeva tutti i suoi sforzi inutili.
- Non importa, voglio comunque provarci. Mal che vada ci ammazzeranno loro.- dette un colpo sul tavolo con i palmi delle mani, facendo saltare le penne e sbagliare Kevin, e riprese a pensare.
- Fa come vuoi, per me è lo stesso.- tagliò corto lui, ancora occupato nel fare quei disegni tremendi sul foglio bianco. Non avendo una gomma, era costretto a lasciare i lavori incompleti quando sbagliava, o al massimo farci un leggero rigo sopra.
- Stavo pensando che forse se...- in quel momento entrò nella sala Charlene ed Aya si zittì di colpo. La bionda tirò dritta verso la cucina con un'espressione gioiosa in volto e ciò lasciò capire ai due cosa fosse successo.
- James deve essersi svegliato.- disse Kevin. La mora si limitò a fargli un cenno con la testa, mentre con gli occhi osservava Charlene chiudersi la porta alle spalle.
- Non ci resta che vedere la sua reazione alla morte di Nikita.- guardò Kevin, venendo stranamente ricambiata, e poi sospirò. Dalla reazione del biondo avrebbero deciso cosa fare, anche perché due nemici erano senza ombra di dubbio peggio di due.
- Aspettiamo.- concluse il moro. Nonostante non lo volesse dare a vedere, anche a lui incuriosiva molto quello che sarebbe successo. Non aveva provato grande disperazione per la morte di Nikita, sempre perché lei con Wren non si era comportata bene, però gli dispiacque per James.
 Non dovevano far altro che aspettare.
 
- Quando il signor Barlow scoprirà cosa avete fatto si arrabbierà moltissimo.- Ace provò, per l'ennesima volta, a minacciare Blaineley. La bionda era andata nella stanza dove era rinchiusa la ragazza per poter prendere dei fogli della stampante e, per tutto il tempo, lei le aveva gridato contro.
- Che si arrabbi pure, non ho paura di lui.- si avvicinò alla cella, tenendo il pacco di carta fra le mani, e la guardò con un'espressione strafottente in volto.
- Vi farà fuori tutti quanti.- Ace afferrò con entrambe le mani le sbarre della cella, con tale forza che ebbe la sensazione di poterle piegare.
- Ricordati che l'unico motivo per cui sei in vita è lui. Se tu non fossi stata la sua amante, saresti morta da un bel pezzo.- Blaineley si pose proprio davanti a lei, a pochi centimetri dal suo volto.
- Tanto pagherete per quello che avete fatto. Tutti e due.- rispose quella, con i denti digrignati. Pensò di aggredirla con il coltello, ma era ben conscia che fosse un rischio inutile.
- Io salvo le persone, faccio in modo che guariscano.- la bionda la guardò con un'espressione carica di odio e rancore - Sono la miglior psicologa sulla faccia della terra e con questo esperimento dimostrerò a tutti di esserlo.- concluse, alzando sempre di più la voce.
- Tu sei matta...- sussurrò Ace. Il discorso della donna era molto simile a quelli dei dittatori, tanto che per un attimo ebbe quasi un dejà vu delle lezioni di storia che aveva frequentato al college.
- Matta? E tu che ne sai di tutto ciò? Io ci vivo con i veri matti e li aiuto a superare i loro traumi.- controbatté, sempre più furente.
- E quando supererai i tuoi?- fece a malapena in tempo a finire la frase. Blaineley le dette un pugno nello stomaco con tutta la forza che aveva in corpo. Ace cadde per terra rovinosamente, con il fiato spezzato.
Dovette respirare per una ventina di secondi prima di riuscire a rialzarsi senza problemi.
- Non ti permettere mai più. Altrimenti ti prometto che tornerai a casa a pezzi, dentro ad una scatola di cartone.- gli occhi azzurri della psicologa la stavano fissando con odio. La ragazza fece per alzarsi e, nel farlo, le cadde la benda.
Sollevò istintivamente lo sguardo verso di lei, per controllare se stesse guardando e, così facendo, le mostrò erroneamente il volto.
- Un occhio colorato, eh?- sussurrò Blaineley, per poi scoppiare a ridere. Ace cercò subito di coprirsi l'iride violacea con una mano, mentre con l'altra prese la benda da terra.
- Fatti gli affari tuoi.- le disse. Si girò dall'altra parte, cercando di mettersi la bende, ma il piccolo gancio che la teneva ferma si era rotto, molto probabilmente per colpa della caduta fatta poco prima.
- Hai così tanta paura di essere giudicata?- si abbassò alla sua altezza e la guardò con un'espressione compassionevole, tutto il contrario di quella che aveva in volto pochi secondi prima - Povera piccola, lo so, non è facile sopportare i pensieri degli altri. Ti entrano in testa e ti corrodono come l'acido. Inizialmente provi a non pensarci, poi pian piano inizi a cedere e, senza nemmeno accorgertene, ti ritrovi chiuso in te stessa senza alcun modo per uscire da quella situazione.- Ace, di spalle, ascoltò il suo discorso e sentì il forte bisogno di scoppiare a piangere.
- Tu non...- provò a ribattere, ma i singhiozzi iniziarono a farsi sentire.
- Io so alla perfezione cosa provi, perché sono la migliore in questo campo. Nessuno può tenermi testa, nemmeno il famoso McGurrin. - la guardò con un ghigno, conscia di starla abbattendo con dei piccoli colpi - Questo esperimento salverà la vita di un sacco di persone. Quelle nove cavie verranno sacrificate per un bene superiore, come fai a non capirlo?- provò nuovamente a farle il lavaggio del cervello con le sue ambizioni, ma la ragazza si rivelò piuttosto dura da forzare.
- Saprai la teoria e avrai infinite conoscenza in merito, però ciò non toglie che tu non possa fare nulla per migliorare la tua condizione.- le rispose, voltandosi lentamente. L'occhio viola della ragazza brillò, colpito dalla luce, e la bionda rimase interdetta per qualche secondo.
- La mia condizione? Io sto lavorando per il bene del mondo.- il sorriso sul volto di Blaineley si spense lentamente.
- Chi vuoi prendere in giro? Sei una persona falsa.- le gridò contro Ace, mentre le lacrime iniziarono a scenderle lentamente dagli occhi. Iniziò a singhiozzare con forza, per poi appoggiarsi con la schiena al muro.
- Povera idiota...- sussurrò con calma. Portò lo sguardo sull'orologio al suo polso e si rese conto di aver perso fin troppo tempo là sotto. Senza aggiungere altro, se ne andò e tornò da Josh.
Il moro era intento a lavorare con la stampante che, per qualche motivo, aveva smesso di funzionare. Più volte aveva provato a riavviarla, ma ogni volta che provava a stampare i fogli quella si inceppava.
- Sei riuscito a sistemarla?- gli chiese lei, con il broncio in volto.
- Non ancora.- Josh provò a darle un colpo con una mano e, per qualche secondo, sembrò funzionare. La stampante emise il solito rumore spezzettato e, dopo qualche secondo, un foglio uscì fuori dalla macchina.
Quella che sarebbe dovuta essere una pagina della relazione di Blaineley sull'esperimento, si rivelò un semplice foglio bianco con delle sbavature nere. Eccezion fatta per le prime tre righe, nulla era leggibile.
- Possibile che in questo posto non funzioni nulla?- si lamentò la bionda. Sbatté un pugno con violenza sul tavolo, facendo tremare tutto ciò che c'era sopra.
- È strano, prima d'ora non ha mai dato problemi. Questa è la prima volta che si comporta in questo modo. - preso dal nervoso, e dalla paura che Blaineley potesse tirargli l'intera scrivania, dette un colpo fortissimo sulla parte superiore della stampante.
La macchina, dopo aver emesso qualche rumore strano e stridulo, si spense e non partì più.
- Dannazione!- protestò il moro, continuando a colpirla con violenza.
- Lascia stare, ormai è andata.- constatò la psicologa, notando che non c'era nemmeno più la luce accesa - Allora vorrà dire che prima finirò l'esperimento e poi manderò tutto il lavoro finito al Centro di Ricerche Scientifiche.- sospirò e, senza arrabbiarsi più di tanto, riprese a scrivere, mentre di tanto in tanto gettava gli occhi per controllare la televisione, dove tutto sembra calmo a tranquillo.
In quel preciso istante Aya e Kevin stavano progettando la fuga, ma a lei non importava poi tanto, d'altronde evadere da quel luogo era pressoché impossibile.
- Josh, assicurati che non riescano a scappare.- decise comunque, per formalità, di informare il sottoposto della cosa. Il moro si avvicinò allo schermo e, dopo aver visto, sgranò gli occhi.
- D'accordo.- rispose, per poi allontanarsi da lì. In cuor suo stava piangendo come un bambino, perché era stato costretto a rompere una stampante da più di duemila euro che, al cento per cento, avrebbe dovuto ripagare lui. Fece per uscire dalla stanza, ma in quel momento la bionda lo chiamò.
- Ehi, Josh, Charlene sta andando nella camera!- sentendo quelle parole, si precipitò a capo fitto affianco a lei e portò gli occhi sulla tv.
 
Quando Charlene tornò in infermeria e non trovò suo fratello steso sul lettino, sentì una goccia di sudore iniziare a scenderle dalla fronte. Deglutì con forza e, dopo aver lasciato il vassoio con il cibo sul tavolino, si precipitò alla ricerca di James.
Si era allontanata da lui per soli dieci minuti e, visto il possibile risvolto della cosa, maledisse se stessa per averlo fatto.
Arrivò a gambe levate nel corridoio delle camere. Sentì dei leggeri singhiozzi provenire da una di esse e, con calma, si avvicinò. Trovò James, in lacrime, seduto accanto al cadavere di Nikita sul letto.
Si appoggiò allo stipite della porta e, cercando di ignorare la situazione, provò a chiamarlo.
- Ehi, James, vieni, è pronto da mangiare.- strinse le mani attorno allo stipite ed attese la risposta del fratello, ancora leggermente confuso. Quello si girò verso di lei e la guardò per qualche secondo.
- Sei stata tu?- domandò. Il suo volto era arrossato, così come i suoi occhi, ed aveva un'espressione triste e sconvolta. Charlene boccheggiò per qualche secondo, poi si avvicinò verso di lui.
- L'ho fatto per te. - gli appoggiò una mano sotto il mento e lo accarezzò con il pollice, mentre con sguardo tenere ed amorevole gli sorrise.
- Per... me?- ripeté lui, smettendo per qualche istante di piangere.
- Sì, per te. Quella ragazza ti stava manipolando, voleva metterci l'uno contro l'altro.- parlò a bassa voce e con un tono tranquillo e pacato. Lo guardò dritto negli occhi e, di tanto in tanto, si avvicinava a lui di qualche centimetro per dargli un senso di affetto e di vicinanza.
Charlene se l'era studiata bene, le sarebbe bastato far leva sulle debolezze del fratello per convincerlo che l'esistenza della mora non era altro che un problema. Fece fatica a trattenere le risate, soprattutto quando il biondo iniziò a fare cenno d'assenso con la testa.
- Lei mi stava... manipolando?- chiese, con voce tremante.
- Esattamente, lei voleva dividerci. È per questo che ho dovuto farlo, per permetterci di stare ancora insieme.- gli sorrise e lo abbracciò, venendo ricambiata. Restarono così per quasi un minuto, fino a quando la bionda non si staccò da lui.
- Quindi adesso...- James provò a parlare, ma venne prontamente zittito da lei.
- Stai calmo, non è successo nulla. Ora è tutto risolto, dobbiamo solo disfarci di quei due e poi potremmo finalmente lasciare questo posto.- gli accarezzò i capelli, come faceva ogni volta che voleva convincerlo di star facendo la cosa giusta, e mantenne un sorriso fisso sul volto.
James rimase in silenzio e fece cenno di sì con la testa. Charlene, vedendolo fare così, rise di gusto. Era riuscita a fregarlo per l'ennesima volta.
L'aveva convinto che tenesse a lui più di qualsiasi altra cosa e, così facendo, lo aveva fatto cadere ai suoi piedi. Lui faceva il lavoro sporco e lei guardava, era sempre stato così, sin da quando avevano iniziato a spingersi oltre i limiti della moralità.
Anche l'omicidio di Nikita, a tutti gli effetti, era solamente a vantaggio di Charlene. Si era resa conto del cambiamento caratteriale del fratello ed era giunta alla conclusione che in quel modo non l'avrebbe più potuto comandare a bacchetta.
A ciò si aggiungeva anche l'antipatia che provava per la castana, la quale non era di certo ben vista ai suoi occhi ed era anche ricambiata.
- Vieni, andiamo a mangiare. Devi rimetterti in forze.- gli dette un leggero bacio sulla guancia, poi lo prese per una mano e lo invitò ad andare con lei.
Mosse i passi fino alla porta con un ghigno in volto, contenta della sua vittoria e pronta a far fuori anche Kevin ed Aya, così da poter finalmente sbarazzarsi del fratello, ma, mentre stava per mettere piedi fuori dalla stanza, James la tirò violentemente verso di se.
- Cosa stai...- non capì esattamente cosa accadde, almeno non subito. James la prese per i capelli e le sbatté la testa contro il muro con violenza.
La bionda urlò dal dolore e cercò di divincolarsi dalla presa del fratello. Quello, quasi come un robot senz'anima continuò a spingerla contro la parete ferocemente.
- È tutta colpa tua!- iniziò ad urlare James, mentre la strattonava - Sei stata tu a costringermi a dare fuoco alla casa dei nostri genitori.- stava parlando in automatico, al punto che non era nemmeno ben conscio di quello che stava dicendo - Sei stata tu a dirmi di uccidere quel cane randagio.- tutti i ricordi dei soprusi subiti dalla sorella tornarono nella sua mente come un flash - Sei stata tu a dirmi di dare fuoco a quel senza tetto.- gridò, continuando a spingere Charlene contro il muro.
La bionda provò a divincolarsi, ma la presa del fratello era stretta e forte, tanto che fece fatica ad allontanare la testa dalla parete.
- È tutta colpa tua!- James era completamente fuori di se. In testa aveva soltanto il pensiero fisso di uccidere la sorella e quello aveva offuscato completamente la sua razionalità. Charlene stava opponendo resistenza con forza, mise le mani davanti al muro e cercò di attutire i colpi, nella speranza di riuscire a reagire.
Riuscì, dandosi una spinta grazie alla parete, a farlo cadere, ma la situazione le si ritorse contro. James si mise sopra di lei e, con ancora più forza, riprese a prenderla a pugni. Il peso del ragazzo, nonostante non fosse poi tanto, le impedì di alzarsi, rimanendo quindi costretta a subire i colpi senza potersi difendere.
Mise le braccia davanti al volto, conscia che più di ciò non avrebbe potuto fare, ed in quel momento si rese conto della presenza di Kevin ed Aya davanti alla porta della camera.
I due, attirati dalle urla, erano andati a controllare la situazione.
- A-Aiutatemi...- riuscì a dire, fra un pugno subito e l'altro, guardandoli negli occhi con lo sguardo di un cane bastonato.
Kevin fece per andarle incontro, ma Aya gli impedì di farlo.
- Lascialo fare. Se l'è meritato.- le dette un'occhiata gelida e rimase con il braccio alzato davanti all'altro, per impedirgli di passare. Il moro sembrò esitare, ma alla fine fece un grosso sospiro e rimase immobile accanto a lei.
- Sei solo una stronza! È colpa tua se non ho mai avuto un amico.- James, nel frattempo, continuò il suo delirio e non si fermò nemmeno per un istante. Colpo dopo colpo, stava condannando la sorella ad una morte lenta e dolorosa - E quando aveva trovato quella giusta... tu l'hai... uccisa.- intrecciò le dita fra loro e provò a darle un pugno in faccia, che venne però evitato miracolosamente dalla bionda.
- Dalle il colpo di grazia!- urlò Aya, completamente presa da quella lotta fraterna. James, che ancora non si era accorto della loro presenza, si girò istintivamente per guardarli e, in quel preciso istante, Charlene approfittò di quell'apertura.
Gli dette un colpo sullo stomaco, ma James riuscì prontamente a bloccarle i polsi con le mani, impedendole quindi muoversi, poi le dette una testata e la fece sbattere contro il pavimento.
- James... basta così...- sussurrò Charlene, stremata e senza forze. Gli sorrise e, con le lacrime sul volto, lo guardò dritto negli occhi.
Il biondo, ripresa un briciolo di lucidità, allentò la presa sui polsi dell'altra. La bionda alzò lentamente il braccio e gli accarezzò una guancia.
- Io...- James scoppiò a piangere, dispiaciuto per ciò che aveva fatto, e provò a chiederle scusa, tuttavia in quel preciso istante Charlene, approfittando della sua distrazione, riuscì a toglierselo di dosso.
Né Aya né Kevin capirono esattamente cosa accadde. La bionda, senza alcuna pietà, ribaltò la situazione ed affondò le unghie contro il collo del fratello fino a fargli uscire il sangue. James provò a dimenarsi, ma la sorella le mise un ginocchio sopra lo stomaco per impedirgli di muoversi.
Charlene strinse più forte, facendo diventare il volto del fratello sempre più rosso, fino a quando quello non perse coscienza. Attese per un altro minuto intero, durante il quale Aya e Kevin la guardarono gli occhi sgranati, talmente shockati da non riuscire nemmeno ad intervenire.
La bionda uccise suo fratello senza alcun rimorso. Quando tolse le mani dal suo collo i segni delle unghie le furono ben visibili. Nonostante avesse agito in piena lucidità, sentì le lacrime pizzicarle gli occhi e, senza nemmeno volerlo, scoppiò in un pianto disperato.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma farlo era stato molto più difficile rispetto alle altre volte. L'unico motivo per cui era riuscita ad arrivare fino in fondo era stata l'adrenalina.
Guardò il corpo di James, steso per terra senza vita, e gli accarezzò la guancia. Si asciugò poi le lacrime con un braccio e portò lo sguardo verso Aya e Kevin, ancora immobili sulla porta.
- Avete due scelte.- iniziò, alzandosi lentamente - La prima è quella di fare la loro stessa fine.- indicò i cadaveri di Nikita e James con un dito - L'altra è quella di uscire fuori da questo fottuto posto assieme a me. -
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ehm... okay, forse sto esagerando. Signori cari, in questo storia ho voluto abbattere tutti i cliché narrativi che erano presenti nelle mie altre storie.
Ho scritto anche uno spezzone in cui è James ad uccidere Charlene, ma non mi soddisfa. Era troppo scontato e non mi divertiva. Quindi, beh, ho deciso di dare al finale di storia una piega inaspettata come questa. Ancora alla fine manca un po', ma nei prossimi capitoli l'attenzione verrà portata maggiormente verso di Blaineley, d'altronde anche lei merita molto più screen time!
E poi c'è il confronto fra Blaineley ed Ace! Che dire, tutto molto bello.
Non ho altro da dire, vi chiedo solo un po' di pazienza, perché a breve ci infileremo dentro l'arco narrativo finale.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


I tre rimasti iniziarono a progettare un piano di fuga, partendo dalle basi già impostate da Aya e Kevin, perciò, per ben due giorni, passarono ore ed ore seduti al tavolo alla ricerca di un modo per evadere da quel luogo.
Durante quel lasso di tempo, le tensioni fra di loro non accennarono a placarsi, anche perché Kevin aveva stretto un'alleanza "silenziosa" con Aya e ciò era stato facilmente intuito da Charlene.
La bionda, dopo la morte del fratello, aveva passato una giornata intera seduta sul divano senza dire una parola. Non avrebbe mai pensato di sentirsi così afflitta per la sua perdita, ma in fondo, sapeva che se lo sarebbe dovuta aspettare.
Anche se l'aveva sempre trattato come uno schiavo, sentiva comunque dell'affetto verso di lui. Era certa che se il fratello non l'avesse aggredita non lo avrebbe ucciso. Però per sopravvivere era disposta a fare quello ed altro.
- A che punto siamo?- chiese una mattina, dopo essersi alzata dal divano. Aya e Kevin dormivano nella camera dei ragazzi, mentre lei si era accontentata della sala.
- Punto morto.- la mora scosse la testa, conscia che difficilmente sarebbero riusciti a venire a capo da quella situazione. La bionda sbuffò, stanca di tutta quell'attesa - Non ci sono vie d'uscita. La porta è bloccata dal cancello e le finestre sono sigillate.- spiegò, indicando con un dito la vetrata che avrebbe dovuto condurre al giardino, la quale era stata chiuse e coperta con dei pezzi d'acciaio.
- Non ci resta che forzare il cancello.- disse Kevin, scrollando le spalle. Il moro sentiva molto quell'aria tesa e pessimista, al punto che faticava anche ad inserirsi in quelle discussioni. Come suo solito, preferiva starsene per i fatti suoi lasciando decidere a loro cosa fosse giusto fare.
- E come hai intenzione di farlo? Non mi sembra una cosa plausibile.- ribatté acidamente Charlene. Prese a guardarsi intorno alla ricerca di una qualche soluzione, però non trovò nulla di utile.
- Non è fattibile.- Aya scosse la testa e continuò a fare dei segni a casaccio sulla cartina che aveva disegnato.
- Potremmo abbattere il muro. - Charlene indicò un punto a casaccio della parete.
- E con cosa intendi farlo, con la tua acidità?- replicò la mora, scuotendo la testa. La bionda non le disse nulla, si limitò ad andarsi a sedere a tavolo con loro.
- L'unica cosa che quegli idioti ci hanno lasciato sono le maledette tracce audio. Mi svegliano ogni fottuta mattina, non ne posso più.- Charlene si prese la testa con entrambe le mani e si lasciò andare ad un grosso sospiro.
- Questo è un altro problema.- disse Kevin, ottenendo gli sguardi di entrambe - Così non sappiamo se loro ci stiano effettivamente controllando.-
- Allora il cervello ce l'hai.- lo stuzzicò la bionda, per poi fargli un leggero sorriso.
- Ho finito i fogli, vado a prenderne altri.- Aya si alzò e si recò nella sua vecchia stanza lasciando tutto in disordine sul tavolo. Spesso e volentieri la mora se ne andava e si dileguava nella sua camera per una decina di minuti.
Charlene l'aveva notato e, quando sentì la porta chiudersi, si avvicinò a Kevin, consapevole che solo in quel momento avrebbe potuto parlargli a quattr'occhi.
- Che opinioni hai di lei?- chiese, indicò poi l'altra stanza, tanto per rafforzare il concetto.
- Ha fatto di tutto per salvare Wren ed è riuscita ad operare alla perfezione James. Ha un sacco di qualità.- non si soffermò troppo su quella domanda, perché già sapeva che il fine della bionda era quello di discutere di altro.
- E di me?- Charlene appoggiò le braccia sul tavolo e vi mise la testa sopra. Lo guardò di soppiatto ed attese la risposta con interesse.
- Hai ucciso Ginevra, Nikita e perfino tuo fratello. Credo tu possa arrivarci da sola.- commentò sprezzante, senza degnarla nemmeno di uno sguardo.
- Pensi che sia stato facile uccidere James?- la bionda strinse i pugni - Era mio fratello, se non mi avesse attaccato non l'avrei mai ucciso. L'ho fatto per rimanere in vita. - digrignò i denti con forza. Quelle parole l'avevano leggermente indispettita.
- E le altre due? Com'è stato?- Kevin cercò di farle comprendere la sua poca voglia di parlare con lei, ma Charlene si era decisa ad andare fino in fondo.
- Vuoi entrare nei lati tecnici?- la bionda rise della sua stessa battuta, mentre l'altro rimase impassibile - Non ho provato troppi rimorsi, se le ho uccise è perché andava fatto.- si tirò su e portò i suoi occhi azzurri su di lui.
- Sei solo un'assassina.- sussurrò il moro. La ragazza scoppiò in una risata fragorosa, facendolo quasi spaventare.
- Ehi, sveglia, lo siamo tutti! Lo sono io, lo sei tu e lo è anche quell'altra svampita di là. - alzò le braccia al cielo - E non iniziare a rompere dicendo che il tuo "è stato solo un incidente", perché a me di queste cose non frega nulla.- sputò acidamente, lasciandolo senza possibilità di ribattere.
- Che cosa vuoi, precisamente?- non volle nemmeno più provare ad opporre resistenza, la guardò con i suoi occhi grigi, facendola inquietare non poco, ed attese le sua parole.
- Voglio che non ti fidi troppo di lei.- Charlene intrecciò fa di loro le dita delle mani e lo fissò con un'espressione seria in volto.
- Al contrario tuo ha dimostrato di essere affidabile.- ribatté lui, tenendo gli occhi puntati contro di lei.
- Hai dei begli occhi, sono così... morti. Non dovresti vergognarti di guardare gli altri in questo modo. - la bionda ignorò completamente le sue parole e cambiò completamente discorso.
- Non capisco questo cosa c'entri con quello che stavamo dicendo.-  mostrò subito di essere perplesso, facendola sorridere.
- Oh, non lo so, sei tu che hai iniziato a dire cose futili.- inclinò leggermente la testa verso un lato - Il fatto che ti abbia aiutato un paio di volte, non fa di lei una brava persona.- si alzò dalla sedia e si gettò di colpo sul divano.
- Beh, tu nemmeno quello hai fatto.- quelle parole la fecero ridere ancora di più.
- Ovviamente, perché io preferisco non leccare il culo alle persone.- scrollò le spalle e, senza aggiungere altro, si sdraiò sul divano ed accese la televisione.
Kevin non aveva la minima idea di come prendere quella ragazza. Da una parte la vedeva come il diavolo sceso in terra, dall'altra sapeva che lei, se avesse voluto, avrebbe saputo aiutarlo ancora meglio di Aya. Tutto ciò che poté fare fu rimanere immobile ad osservarla, cercando di non farsi vedere, mentre con sguardo assente lei guardava lo schermo della Tv.
 
- Quindi James è stato ucciso da Charlene? Come ha potuto uccidere suo fratello?- Ace si stava quasi abituando alla vita da carcerata. Passava la maggior parte del tempo chiusa in se stessa, attendendo che Josh le portasse da mangiare per poter parlare un po' con lui.
- Lui l'ha aggredita e lei si è difesa.- spiegò il moro, per poi sedersi sulla sedia vicino a lei.
- Stai cercando di giustificarla?- gli chiese. Lo guardò con un sopracciglio alzato e con sospetto.
- Ti pare? Però beh, in un certo senso è stata costretta. Immagino che anche lei, per quanto possa essere cattiva, non sia felice di ciò che ha fatto.- un sorriso amaro si dipinse sul suo volto.
- Quella ragazza si è rivelata un vero e proprio mostro. Non posso provare pietà per lei.- commentò Ace, sprezzante. Dal suo atteggiamento, Josh intuì che sarebbe stato meglio cambiare discorso.
- Hai deciso di non mettere più la benda?- le chiese, notando che l'occhio viola era, stranamente, scoperto. Quella sospirò e, con voce scocciata, gli rispose.
- No, mi si è solo rotta.- gli fece vedere il gancio, spezzato, e lui si mise a ridere.
- Beh, stai meglio così. Dai, ancora un altro po' e sarà tutto finito, devi solo resistere.- le disse, nella speranza di farle forza. Ace appoggiò la testa al muro e sbuffò.
- Ho fallito.- si prese un attimo di pausa, durante il quale Josh si sistemò meglio sulla sedia - Il capo aveva riposto le sue speranza in me ed io l'ho tradito.- la ragazza affondò il volto fra le ginocchia ed esalò l'ennesimo sospiro.
- Non deprimerti, sono senz'altro sicuro che...- improvvisamente il suo cellulare iniziò a squillare ed interruppe quindi il suo discorso. La suoneria, una di quelle predefinite, riecheggiò per la sala fino a quando Josh non decise di rispondere alla chiamata.
- Ehi, caro mio, la situazione com'è?- una voce, proveniente dal telefono, lo fece spagliare. Rimase in silenzio per qualche secondo, fino a quando capì di non potersi tirare indietro.
- Signor Barlow, che piacere sentirla!- quando Ace sentì quel nome, scattò in piedi e si aggrappò alle sbarre con tutte le sue forze, sperando quasi di romperle.
- Anche per me, Josh. - il moro si sentì leggermente a disagio per tutta il tempo, poco aiutato anche dalla presenza della ragazza dietro di lui, che era caduta in trance nell'esatto momento in cui aveva sentito quella voce.
- Per adesso va tutto bene, stiamo tenendo sott'occhio l'esperimento nel migliore dei modi. - mentì, per poi fare una leggere risata di circostanza.
- Ne sono molto felice. Potresti passarmi Ace?- chiese l'altro. Josh la guardò assottigliando gli occhi e, dopo averle dato il telefono, passò l'indice sotto la gola, così da farle capire cosa le sarebbe successo se avesse parlato a sproposito.
- P-Pronto?- Ace prese il telefono fra le mani. Iniziò a tremare di colpo, tanto che per un istante pensò di farlo cadere per terra.
- Ace, che piacere sentirti! Come stai?- le chiese, con estrema familiarità. La ragazza esitò parecchio a rispondere e si rese conto di star facendo insospettire il suo capo.
- V-Va tutto bene.- tagliò corto, così da cercare di non fare passi falsi.
- Mi hanno detto che fra poco l'esperimento finirà, così potremo rivederci.- ogni sua parole la portava ad aumentare l'ansia che aveva accumulato in corpo. Avrebbe voluto gridare la verità a pieni polmoni, ma era ben conscia di non poterlo fare.
Lui stesso le aveva detto di non mettere la sua vita in pericolo e anche che la sua incolumità doveva essere la priorità.
- Sì, è vero. N-Non vedo l'ora.- aggiunse una risatina, palesemente finta, e cercò di resistere alle tentazioni che la stavano avvolgendo.
- Senza di te le giornate sono così noiose... e per di più ho sempre Kynaston in mezzo alle scatole che mi stressa. Appuntamenti lì, appuntamenti là, sono davvero al limite.- quelle parole, dette da un capo della mafia, risuonarono veramente spiazzanti. Josh ed Ace si guardarono, entrambi straniti.
- Lo sai com'è fatto, g-gli piace essere puntiglioso.- sentire quelle parole l'aiutò a calmarsi. Trasse un grosso respiro e si preparò mentalmente.
- Capisco l'essere puntiglioso, ma così è esagerato! Cavolo, non pensavo che sarebbe stato così stressante. Forse sarebbe stato meglio se avessi nominato Costance come mia assistente e avessi lasciato lui a fare i lavori di scrivania.- disse il signor Barlow, facendola ridere.
- Allora perché non te li organizzi da solo i tuoi impegni, eh?- una voce esterna, sempre dall'altro capo del telefono, si intromise nella loro conversazione.
- Stai zitto, Kyna. - lo sgridò quello, per poi scoppiare a ridere - Oh, cavolo, devo andare. Spero di rivederti presto.- si congedò. Ace non avrebbe voluto che quella chiamata terminasse, perché durante quei cinque minuti si era sentita come a casa.
- Anch'io, Nihal.- detto ciò, restituì a Josh.
 
Le ore all'interno della casa sembravano non passare mai. Il pessimo odore, dovuto al sangue e ai cadaveri, si diffuse per tutta l'abitazione e, per evitare tutto ciò, i tre rimasti decisero di spostare tutti quanti i corpi all'interno della camera delle ragazze, dove già c'erano quelli di James e Nikita.
Non fu affatto semplice, ma alla fine riuscirono a liberare completamente la stanza di Aya e l'infermeria, che poi disinfettarono come meglio poterono, seppur per far ciò furono costretti a convivere con l'odore del disinfettante per tutto il tempo.
Tutti quei lavori di "ristrutturazione" fecero da contorno al loro reale obiettivo, ovvero quello di trovare un modo per andarsene da lì.
- Fantastico, adesso abbiamo anche un obitorio.- ironizzò Charlene subito dopo aver finito di spostare i cadaveri. La porta della camera venne bloccata con un armadio, che lei e Kevin furono costretti a trascinare dall'infermeria.
- Non mi sembra una cosa su cui scherzare.- la rimproverò il moro. I due tornarono nella sala e trovarono Aya ancora seduta a tavola.
La ragazza era completamente cosparsa di fogli, tanto che perfino ai suoi piedi era pieno di pezzi di carta stropicciati o pieni di scritte senza senso. Per la maggior parte del tempo, la ragazza stava fissa in quel punto, alla ricerca di un modo per poter evadere.
- Ancora niente?- le chiese Charlene. La bionda si mise a sedere sul divano ed accese la televisione, cosa che era ormai solita fare da quando suo fratello era morto. Aveva iniziato a guardare molte delle serie Tv presenti nel catalogo ed alcune le erano piaciute particolarmente.
- No. - tagliò corto Aya e stropicciò un altro foglio, che gettò nel bel mezzo della stanza con una manata.
- Fantastico.- disse sarcasticamente Kevin. Si sedette poi accanto a Charlene, così da poter guardare anche lui la puntata.
Il clima all'interno di quella casa era, in tutto e per tutto, surreale. Nonostante Kevin sapesse perfettamente di avere accanto a se delle assassine e potenziali psicopatiche, era giunto alla conclusione che gli convenisse far finta di niente e comportarsi come se nulla fosse successo.
All'inizio non fu facile, soprattutto perché il pensiero della morte per lui era ancora visto come un tabù, però riuscì a tornare "quello di un tempo", ovvero quello prima della morte di Wren, avvenuta poco prima.
- Quest'episodio è noioso.- la bionda portò entrambe le gambe sopra il divano e si raggomitolò su se stessa. Guardava lo schermo con poco interesse, completamente annoiata da quella trama così banale e scontata.
- L'assassino è palesemente il ragazzo. Come fanno quegli idioti a non accorgersene?- Kevin scosse la testa in segno d'assenso.
- Poi la protagonista è così stupido, anche un idiota si accorgerebbe che è lui ad avere ucciso tutti quanti.- i due, di tanto in tanto, si scambiavano dei commenti sulla serie Tv, seppur con falso interesse.
- Sarebbe bastato che il ricciolino avesse detto subito cos'aveva visto, senza andare a complicare ancora di più la situazione.- il moro trasse un grosso sospiro e si sistemò meglio sul divano.
- Beh, è per sempre una serie televisiva, mica possono farla durare un solo episodio.- la discussione fra i due stava infastidendo, non poco, Aya. Oltre all'effettivo rumore da loro causato, la sua paura più grande era quella che i due potessero entrare in sintonia e quindi lei avrebbe dovuto stare ancora di più sull'attenti.
- Kevin, potresti andare a prendermi una pila di fogli di carta?- chiese, guardandolo con un sorriso in volto.
- Dove sono?- il ragazzo si alzò dalla sedia, in attesa delle indicazioni.
- Sono dentro al secondo cassette della scrivania.- gli spiegò, per poi osservarlo mentre si allontanava - Grazie mille.- sorrise di nuovo e gli fece un cenno con la testa, per poi riprendere a scarabocchiare con fare impegnato sui fogli.
- Ti da così fastidio se parliamo?- subito Charlene non perse occasione per punzecchiarla.
- Di che stai parlando?- decise di fare la vaga.
- Andiamo, non trattarmi da scema.- la bionda sbuffò, annoiata da tutte quelle strategie che l'altra era solita fare.
- Non capisco proprio di cosa parli.- scrollò le spalle e gettò per terra l'ennesimo foglio. Charlene si sporse leggermente e notò che vi erano scritti diversi calcoli matematici.
- A che ti servono tutte queste formule?- prese uno dei pezzi di carta presenti sul pavimento ed iniziò a leggerlo - Cloro e Iodio, più Fenoli, per Ossido di etilene per tre. Ma cosa...- non aveva idea di cosa tutti quei simboli volessero significare.
Era stata al liceo linguistico, quindi la chimica l'aveva abbandonata da un pezzo e, anche quando la faceva, non era comunque una materia a lei gradita.
- Sto cercando un modo per sciogliere il ferro con ciò che abbiamo in casa. - spiegò la mora, senza fermarsi. Continuò a scrivere formule su formule, il tutto mentre la bionda la guardava quasi affascinata.
- Dare fuoco a tutto?- propose poi, con un sorriso vivace in volto.
- Vuoi fare crollare la casa e morire? Per me non c'è problema.- le rispose Aya, con tono ironico.
- Ah, che palle.- Charlene si girò e tornò a guardare la, a suo dire noiosissima, serie Tv, lasciando quindi la mora libera di lavorare in pace.
 
Kevin sentì un senso di liberazione non appena mise piede dentro la camera di Aya. L'aria lì sembrava molto più pulita, al punto che prese un grosso respiro a pieni polmoni ed espirò con una soddisfazione immensa.
L'intera casa era contaminata dall'odore di disinfettante che, per coprire il puzzo di sangue, la mora aveva cosparso. Ormai tutti e tre si erano abituati a quell'aroma, però, di tanto in tanto, soprattutto la mattina quando si svegliavano, era più che percepibile l'odore chimico.
Si avvicinò alla scrivania lentamente e vi passò il dito sopra. Sentì con i polpastrelli la presenza di alcuni pezzi di gomma, segno che Aya lavorasse anche la notte per cercare di uscire da quel luogo. Abbozzò un mezzo sorriso pensando all'incredula situazione che stava vivendo.
Scosse la testa per scacciare via quei pensieri. Non era il momento di piangersi addosso, doveva solo cercare di uscire vivo da quell'inferno. Si abbassò e, con un gesto secco, aprì il primo cassetto. Nonostante Aya glielo avesse detto pochi secondi prima, non si ricordava quale fosse di preciso, quindi decise di partire per ordine.
Dentro al primo trovò una decina di lapis, qualche gomma ed un piccolo quaderno blu. Lo prese, convinto che potesse tornarle utile, e lo appoggiò sulla scrivania. Aprì poi il secondo cassetto e, come detto dalla ragazza, vide l'enorme pacco di fogli di carta.
Lo afferrò e, notando quando pesasse, lo mise di colpo sulla scrivania, provocando un grosso rimbombo che riecheggiò per tutta la stanza.
Fece per aprire la porta, così da poter passare con la pila di fogli senza problemi, ma poi gli cadde l'occhio sul terzo cassetto e, senza pensarci troppo, lo andò ad aprire.
Pensò, giustamente, di dover sospettare di lei, come del resto stava facendo con Charlene. Non poteva sapere quale sarebbe stato il suo scopo finale e, per tale motivo, tanto valeva controllare la situazione nella maniera più maniacale possibile.
Lo aprì, aspettandosi di trovare qualche arma di distruzione di massa, ma invece non vi era nulla, nemmeno un piccolo pezzo di carta.
Sospirò, contento di non avere altri problemi di cui preoccuparsi, e fece per andarsene, però si rese conto che sul tavolo c'era ancora il piccolo quaderno blu. Lo osservò per qualche secondo, fino a quando non si decise ad aprirlo.
Sfogliò le pagine velocemente e si rese conto che fosse un diario, in cui la ragazza scriveva le sue giornate. Rise, pensando a quanto fosse infantile, ma poi notò il suo nome e decise di fermarsi per leggere quella pagine.
- La giornata di oggi è stata veramente stressante. Avrei scommesso che dopo la morte di Ginevra ci sarebbe stato un periodo di tensione senza omicidi, ma quel clima è durato fin troppo poco. Linda, la rossa tossicodipendente, ha ferito gravemente Wren, quello che vede gli alieni.
Li ho sentiti mentre si aggredivano l'un l'altro, ma ho constatato che fosse meglio non intervenire. La rossa è morta, mentre l'altro l'ho dovuto tenere in vita perché Kevin, l'asociale,- interruppe la lettura per fare una smorfia - mi ha pregato in ginocchio. È arrivato addirittura a cercare di uccidere Nikita come gli avevo detto!
Beh, resta comunque il fatto che il biondo, per adesso è salvo. Ti tengo aggiornato.- trovò inaspettatamente divertente leggere quella pagina, quindi decise di andare avanti.
- L'operazione su Wren è andata benissimo. È stata una fortuna riuscire a salvarlo,  avevo proprio bisogno di qualcuno su cui testare le mie capacità.
Inizierò pian piano a somministrargli dei farmaci, così da capire lo sviluppo che avranno sul suo organismo.- leggendo quelle parole, il moro assunse un'espressione dubbia. Continuò a sfogliare le pagine, fino a quando non ne trovò una che gli fece spalancare gli occhi dal terrore.
- Ho aumentato le quantità di sonnifero da dare al biondo e, come risultato, la sua instabilità emotiva è aumentata. Inizia a muoversi sempre più spesso e dice cose senza senso.- Kevin deglutì rumorosamente. Un'idea malata, ma così maledettamente possibile, iniziò a farsi spazio nella sua testa.
- Jake, il mio schiavetto momentaneo, è, o meglio era, un vero idiota. Ha mischiato le pasticche da dare a Wren e per poco non l'ha fatto fuori! Adesso dovrò rivedere le quantità da dargli. Sono stata costretta ad uccidere Jake, così da guadagnarmi la fiducia del gruppo.- più leggeva e più rabbrividiva.
- Oggi, finalmente, è successo. Già in precedenza Wren aveva manifestato scatti di rabbia violenti, ma oggi ha addirittura preso un bisturi e ci ha minacciato. Ho dovuto addormentarlo con la siringa piena di calmante, quindi a breve dovrebbe arrivare al suo "stadio definitivo". McGurrin aveva ragione, questo posto è divertente!- Kevin, con le mani tremanti, sfogliò l'ennesima pagine di quel libro.
- Wren è morto. Ha avuto, come previsto, uno scatto di rabbia più forte del solito e mi ha presa per il collo. Per un attimo ho pensato di morire, ma poi Kevin lo ha trapassato con l'asta e io sono riuscita a scamparla. La mattina gli aveva iniettato una dose in più di farmaci, ma mai mi sarei aspettata una reazione del genere. Sono scossa ed eccitata allo stesso tempo!- non seppe come riuscì a non vomitare. La ragazza che, fino a quel momento, aveva creduto essere l'unica che l'avesse aiutato, in realtà si era rivelata per quelle che era. Aveva portato Wren alla morte e lui nemmeno se n'era accorto, anzi, l'aveva ringraziata e le aveva giurato il suo aiuto.
Si tenne le tempie con l'indice ed il medio di entrambe le mani e premette forte, cercando di capire cosa avrebbe dovuto fare. Decise di continuare a leggere, così da avere un'idea più chiara del tutto.
- Ho una nuova cavia: James! Nikita e Charlene si sono assaltate l'un l'altra, ma alla fine a rimetterci è stato il biondino. Valuterò le sue condizioni e vedrò cosa posso fare.- scosse la testa, conscio che andando avanti e il vaso si sarebbe del tutto scoperchiato.
- Charlene ha ucciso Nikita, quindi ho deciso di non interferire più di tanto su James. Adesso ho Kevin come "alleato", quindi sono un po' più tranquilla. Valuterò la situazione e deciderò cosa è meglio fare con calma nei prossimi giorni.- leggere quelle pagine era come rivivere i momenti più cruenti di quella macabra avventura.
- James è morto. Charlene, dopo una lite furiosa, l'ha fatto fuori. Avrei voluto aiutarlo, ma l'adrenalina e l'eccitazione per quella lotta all'ultimo sangue mi ha pietrificata. Adesso, però, sorgono i problemi. Charlene è mentalmente instabile ed ho paura che possa fare qualcosa di avventato.- quella, fra tutte, fu la pagine che lesse più facilmente.
- Ho deciso, farò un'alleanza momentanea con Kevin.- nella pagine c'era solo quella frase, tanto che per un attimo provò un leggero senso di disagio.
- Non posso fidarmi di nessuno. Nessuno. Kevin è convinto di avermi dalla sua parte, ma la verità è che devo trovare un modo per sbarazzarmi sia di lui che della bionda.- il moro rimase a bocca aperta, ma ormai era troppo preso dalla lettura per fermarsi.
- Ho trovato il modo: li avvelenerò. Li ho convinti a disinfettare la casa e a spostare i cadaveri. Posizionerò del disinfettante vicino al condizionatore, così che tutta l'abitazione venga impregnata da quell'odore e, a lungo andare, quei due moriranno intossicati. La mia stanza è l'unico punto sano. Ho calcolato che, passando circa dieci minuti ogni tre ore e dormendo qui la notte, il veleno non farà effetto su di me. - una lampadina dall'arme si illuminò sul volto di Kevin. La situazione era molto più grave di quanto pensasse.
Doveva fare qualcosa, ma doveva farlo subito. Si alzò dalla sedia e andò in cucina, dove prese un coltello. Lo guardò per qualche secondo con un'espressione confusa e sconfortata in volto. Ce l'avrebbe fatta ad ucciderla? Quando ci aveva provato con Nikita aveva fallito miseramente, però con Wren non aveva avuto problemi, anche se la situazione era molto diversa.
Forse avrebbe dovuto lasciarlo fare a Charlene, ma non era sicuro che lei avrebbe cooperato con lui. Per quel che ne sapeva, la bionda avrebbe potuto benissimo uccidere tutti e due senza ripensamenti, quindi era una cosa che solo lui poteva fare.
Impugnò con forza il manico e si diresse verso la stanza con la mano tremante. Aya non sembrava sospettare nulla, era ancora persa nei suoi calcoli aritmetici, che finalmente aveva un senso.
Si avvicinò a lei e, con un gesto secco, alzò il coltello, pronto a conficcarglielo nel collo.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Salve, ragazzi miei!
Chissà come finirà, eh? Kevin contro Aya, Aya contro Kevin. Visto? Alla fine la mora era ancora più svitata di quanto già non sembrasse.
Inoltre abbiamo il ritorno di Nihal! Vi chiedete chi è costui? Beh, lui è il famigerato Signor Barlow, ma questo pensò l'abbiate capito, inoltre è uno dei superstiti di Total Drama's Killer e Jager.
Vi informo anche che tutto è cambiato! Ieri sera, preso da un colpo di follia, ho cambiato il finale della storia, quindi è probabile che i capitoli diventino ben 15, ma staremo a vedere.
Per adesso vi lascio, ci vediamo Domenica prossima!

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Blaineley guardò la relazione che aveva scritto con un'espressione insoddisfatta. Passò gli occhi su ogni singola riga, però non ne trovò nemmeno una che la compiacque. Sentiva di non essere riuscita a far passare il "messaggio" che aveva in mente e ciò la indispettiva.
- C'è qualcosa che non va?- Josh le si avvicinò e gettò un'occhiata sulla pila di fogli che aveva in mano. Per colpa dell'assenza della stampante, la bionda l'aveva copiata a mano. Ci aveva impiegato solamente due giorni, nonostante fossero ben cinquanta fogli interi.
- Non mi convince.- si portò una mano sotto il mento ed iniziò a spremere le meningi - La trovo troppo impersonale, sembra scritta da un robot.- lesse qualche rigo fra se.
- Considera che è solamente una bozza, puoi modificarla quando vuoi.- la rassicurò il moro, con un sorrisetto in volto. Era contento di essere riuscito a non darle del lei senza essere sgridato, gli ricordava i vecchi tempi.
- Hai ragione, però mi sento di aver sbagliato. È come se ci fosse qualcosa che non torna.- riprese a smanettare con il PC ed andò sui file dei ragazzi. Provò ad aprirli e una schermata nera le si palesò davanti. Impaziente, schiacciò tutti i tasti a casaccio fino a quando il computer non fece un rumore strano e poi si spense.
- Ma cosa...- sussurrò Josh, con espressione colpita.
- Eh? Che significa?- la bionda schiacciò il pulsante di accensione con forza. Il computer sembrò caricare, poi, di colpo, si spense. Ci provò diverse volte, ma ogni volta finiva con lo schermo completamente nero.
- Mi faccia vedere.- spostò il PC vicino a se ed inizio a controllarlo da cima a fondo. Effettuò l'accensione di emergenza e, nonostante all'inizio sembrò funzionare, dopo pochi secondi tornò lo schermo nero.
Fu tentato di dare un colpo forte, come aveva fatto con stampante, ma decise bene di fermarsi. Già aveva mandato in fumo duemila dollari, non voleva farlo ancora.
- Qual è il problema?- chiese Blaineley, spazientita da tutti quei problemi che si stavano verificando.
- Che programma era?- domandò il moro. La guardò fissa negli occhi mentre lei cercava di ricordarsi.
- Non so di preciso, però aveva un'icona rettangolare grigia ed un piccolo pallino bianco al centro.- spiegò, spremendosi le meningi più che poté.
- Cavolo, era un file criptato.- Josh scosse la testa e si appoggiò alla cattedra - Per un po' non potrai usare il computer, il PC non è stato in grado di riprodurre il programma ed è andato in tilt. Se continui a provare ad accenderlo c'è il rischio che si fonda.- notò l'espressione della bionda farsi sempre più cupa ed ebbe paura di ricevere una penna in un occhio.
- Ah, misericordia!- gridò e, ormai agitata, portò gli occhi sul televisore. In quel preciso istante, Kevin stava leggendo un piccolo quaderno di cui lei però ignorava il contenuto - Che sta facendo?- domandò, con un'espressione stranita in volto.
- Sta leggendo il diario di Aya. - rispose Josh, per poi subito ammutolirsi.
- E tu come fai a saperlo?- lo guardò con sospetto e lo vide leggermente spaesato. Il moro attese qualche secondo per rispondere.
- Beh, sono stato io a parlare con Aya prima dell'esperimento. Mi ha chiesto se poteva avere un quaderno e gliel'ho fornito, ho pensato potesse essere una buona idea. - scrollò le spalle, quasi confuso dalla domanda del capo.
Si era dimenticato delle manie di Blaineley. La cosa che lei odiava di più era non avere tutto sotto controllo.
- Capisco. Sai cosa ci è scritto?- tenne gli occhi fissi su Kevin che, in maniera piuttosto preoccupata, stava sfogliando le pagine.
- No, non ne ho idea. - il moro scosse la testa e lei non poté far altro che sbuffare, infastidita.
- Possiamo zoomare?- domandò e controllò la tastiera alla ricerca di un tasto che potesse esserle utile.
- Purtroppo no, le telecamere non ce lo permettono.- Josh la guardò con un leggero sorrisetto in volto - Le avevo detto di scegliere quelle con i sensori.- le ricordò quando, durante la "riunione" effettuata assieme al signor Barlow, le era stato chiesto che tipo di attrezzatura volesse e lei, per potersi concentrare al meglio sulle cavie, aveva scelto delle Tv costose piuttosto che le telecamere che il moro le aveva consigliato.
- Lascia stare quell'argomento! Ti ho ascoltato ed ho preso la pedana che hai scelto tu, però nemmeno questa va. - starnazzò, indispettita da quelle parole.
- Per quello non ci può fare nulla, è colpa dell'impianto che non è stato collegato.- Josh alzò le spalle si beccò un'occhiata fulmine da parte dell'altra.
- Ma non era danneggiato?- lo guardò fisso negli occhi, spaventandolo. Ormai era stata presa dalla paranoia al punto che tendeva a dubitare anche della più piccola cosa - I primi giorni andava, quindi doveva essere per forza collegato.- concluse, assumendo un tono ancora più accusatorio.
- Eh? Andava? Io pensavo che...- il moro si portò una mano sotto il mento - Qualcuno allora ha manomesso i sistemi.- la guardò con espressione seria, tanto che lei ne percepì la preoccupazione.
- Chi può essere stato? A sapere dell'esperimento siamo solo io, te e...- provò a parlare, ma l'altro la anticipò.
- Il signor Barlow. In passato lui è stato relegato assieme a delle altre persone in una casa per un esperimento simile a questo, quindi è possibile che voglia...- questa volta fu Blaineley ad interrompere lui. Scattò in piedi, come se avesse avuto degli spilli sopra la sedia, e concluse il discorso da Josh iniziato.
- Evitare che altre persone facessero la sua stessa fine!- si girò verso il moro e gli dette il cinque con forza. Poi tornò a sedere, soddisfatta per l'intuizione, ma allo stesso tempo conscia di avere dei nuovi problemi da risolvere.
- Questo potrebbe essere un problema, il signor Barlow è una persona influente, se decide di metterci i bastoni fra le ruote non abbiamo chance.- Josh si coprì la bocca con una mano ed emanò un grosso sospiro.
- Potremmo usare la ragazza come ostaggio.- indicò la stanza in cui Ace era segregata.
- Non mi sembra una buona idea, rischiamo di fare ancora peggio.- il moro scosse la testa, seguito dalla bionda, mentre pensava a come risolvere la situazione.
- Forse...- Blaineley fece per parlare e, in quel preciso istante, sollevò la testa ed incrociò lo sguardo con uno dei televisori - Ma cosa...- si alzò di colpo e, senza pensarci due volte, si avvicinò allo schermo. Josh, incuriosito dalla sua reazione, alzò gli occhi e capì perfettamente cosa era successo.
 
Kevin, barcollando, giunse dietro Aya. Solitamente la ragazza sedeva al posto del capotavola, ma quella volta dava le spalle alla porta della cucina.
Tenne il coltello ben saldo nelle mani e, cercando di non farsi sentire, si avvicinò dietro di lei. Ad ogni passo sentì il cuore battergli fortissimo, al punto che ebbe paura di morire d'infarto.
Per di più, l'odore di disinfettante presente per tutta la stanza non lo aiutava. Deglutì, cercando di farlo il più silenziosamente possibile, e fece un altro passo.
Aya era talmente concentrata nello scrivere che non si rese conto della sua presenza e ciò lo aiutò. Estrasse il coltello da dietro la schiena e lo issò in alto, pronto a colpire la mora. In quel preciso istante, però, si rese conto di due occhi azzurri che lo fissavano.
Lentamente spostò lo sguardo sulla destra dove Charlene, seduta sul divano e con ancora il telecomando in mano, lo stava osservando in silenzio. Mantenne il contatto visivo con lei per qualche secondo, fino a quando la bionda non gli fece cenno di infilare il coltello nella gola di Aya senza ripensamenti.
Charlene non sapeva il perché lui si stesse comportando in quel modo, però lo trovò elettrizzante. Non conosceva il moro, ma, dopo averlo osservato per un po', era giunta alla conclusione che, senza una motivazione valida, non si sarebbe mai spinto così oltre.
- Prendile i capelli e tagliale la gola. - sussurrò. Mise una mano sulla chioma bionda ed una sulla gola, così da farsi capire meglio. Kevin le fece un cenno di assenso con la testa e, con una mano tremante, provò ad avvicinarsi ai capelli di Aya. Voleva ucciderla in modo che soffrisse poco, quindi gli sarebbe bastato aprirle uno squarcio profondo sul collo.
Charlene osservò la scena con gli occhi pieni di emozione, tanto che per poco non rischiò di scoppiare a piangere dalla gioia. Seguì con attenzione ogni minimo movimento del braccio di Kevin e più questo si avvicinava alla vittima e più lei si sentiva eccitata.
- Kevin, finalmente ce l'hai fatta. Hai preso la carta?- notando tutta quella tensione, la mora tirò su la testa dal foglio e si accorse della presenza alle sua spalle. Ignara di ciò che stava accadendo, si voltò verso di lui e Kevin, preso alla sprovvista, andò nel panico.
Aya non fece in tempo nemmeno a capire cosa stesse succedendo, si trovò un coltello conficcato in un occhio, con forza inaudita, e tutto ciò che poté fare fu cadere di colpo per terra ed iniziare a gridare. Le urla di dolore della ragazza penetrarono nelle orecchie di Kevin che, resosi conto di ciò che aveva fatto, indietreggiò fino ad andare a sbattere al muro.
Osservò la mora mentre si teneva il volto, ancora con il coltello infilato dentro, e si contorceva fra mille agonie. Il sangue iniziò a cadere a dirotto e tutti i fogli accartocciati per terra iniziarono a tingersi di rosso. Il liquido si sparse per qualche metro, sotto lo sguardo vigile di Charlene, divertita da tutto ciò.
Kevin non riuscì a trattenersi e, preso dai sensi di colpa, vomitò sul pavimento.
Le urla di Aya si fecero sempre più forti ed agonizzanti. La mora, in un disperato tentativo di salvarsi, provò ad estrarre il coltello dal proprio occhio e, seppur dovendo utilizzare la forza, ci riuscì. Ancora più sangue incominciò ad uscire dalla ferita, rendendo la situazione ancora più complessa.
Ormai al posto dell'occhio, rimasto attacco all'arnese, di Aya c'era solo un buco rosso, da cui era possibile vedere il filo del nervo ottico uscire. Kevin, a quella vista, vomitò ancora, portando i suoi liquidi intestinali a fondersi con il sangue dalla ragazza.
La voce di Aya si fece sempre più bassa fino a quando, stordita, spaventato e dolorante, non si gettò a terra sporcandosi con il suo stesso sangue. Sentì il caldo liquido bagnarle la guancia e le mani, con le quali tentò di alzarsi senza successo, oltre che i vestiti, ormai totalmente impregnati.
- Io volevo solo... vive...re. - disse, per poi sentire il fiato iniziare a mancarle. Provò a prendere un grosso respiro, ma l'unica cosa che arrivò alle sue narici fu l'odore acido e forse del disinfettante.
Sorrise, conscia di essersi meritata tutto ciò. Si portò entrambe le mani sulla ferita e, con tutte le poche forze che le rimanevano, scoppiò a ridere.
- Sono... stata brava... McGurrin?- disse. Portò lo sguardo verso un punto a casaccio della casa, alla ricerca di una telecamera. Provò a rimanere sveglia, ma le forze la abbandonarono e, dopo pochi minuti, morì dissanguata.
Charlene si alzò dal divano e, con un sorriso sul volto, si avvicinò a Kevin, ancora tremante e sconvolto sul pavimento. L'aver ucciso la ragazza in quel modo l'aveva sconvolto.
Non le aveva infilzato il coltello nell'occhio di proposito, era stata una reazione istintiva dovuta allo spavento e all'ansia del momento. Guardò la bionda mentre le veniva vicino e, dopo poco, scoppiò a piangere.
Lei si mise accanto a lui e gli accarezzò i capelli con fare materno, poi gli dette un bacio sulla guancia, come era solita fare con James.
- Calmati, non è successo nulla.- disse quelle parole con un tono basso e caldo nel tentativo di farlo calmare. Il moro afferrò la sua mano e la strinse con forza. Con Aya era morta e Kevin in quelle condizioni non avrebbe avuto più scocciature.
 
Le tre ore successive alla morte di Aya, Charlene le passò a pulire per terra. Aveva fatto sedere Kevin sul divano e lui, come prevedibile, era rimasto per tutto il tempo immobile senza fare nulla.
La bionda aveva portato il cadavere della mora nella sua vecchia camera e, utilizzando uno dei tanti prodotti per lavare i pavimenti, si mise con straccio e scopa a togliere ogni goccia di sangue presente per terra.
Non le piaceva pulire, però pensò che dovesse far sparire i resti di Aya al più presto, così che Kevin non dovesse ogni volta confrontarsi con quello che aveva fatto. Se ne fosse rimasto destabilizzato non l'avrebbe più potuta aiutare.
In quel preciso momento necessitava del maggior numero di aiuti possibili, poiché lei non aveva nemmeno la minima idea di come uscire da quel luogo.
Aveva provato a dare un'occhiata agli appunti della mora, ma questi erano pieni di formule chimiche e matematiche che lei non era in grado di comprendere.
Dopo che ebbe finito, si mise a sedere accanto al ragazzo e portò le loro spalle a toccarsi. Lo guardò di sott'occhio, notando come non accennasse minimamente ad un movimento. Sguardo fisso verso il vuoto, respiro lento e corpo affondato nel divano.
- Ehi, Kevin, non dovresti abbatterti così. - gli parlò con il tono di voce più dolce possibile - Non so perché tu l'abbia uccisa, ma sicuramente hai avuto un valido motivo.- lentamente si fece in giù con la schiena, fino ad appoggiare la testa contro la spalla del moro.
- Stava provando ad avvelenarci.- con voce roca, tipica di un pianto, e bassa, sussurrò quelle parole - Dove il condotto c'è del disinfettante, voleva farci morire soffocati.- spiegò, senza degnarla di uno sguardo. Il volto di Charlene, da prima serio, si tramutò lentamente in un'espressione divertita.
- Ah, davvero?- chiese, per poi alzarsi lentamente. Camminò fino al condotto, un piccolo rettangolo di mezzo metro per mezzo metro, in cui loro non riuscivano a passare, e fece caso che l'odore di disinfettante era piuttosto forte.
Provò a spostare la grata e vide una piccola boccetta bianca con etichetta rossa, sulla quale c'era disegnato una piccola icona triangolare nera. La prese e notò che, con delle attente modifiche, Aya era riuscita a far uscire lentamente delle gocce, così da poter diffondere quell'odore per tutta la casa.
- Bingo.- esclamò, per poi appoggiarla sul tavolo. Sentì l'aria, proveniente dal condotto, farsi sempre più pulita, tanto che per qualche secondo rimase immobile ad assaporarne l'odore.
- Hai fatto bene ad ucciderla, meglio lei che noi.- tornò accanto a lui. Kevin sospirò con forza, ancora stordito dopo quello che era successo. Si era fatto prendere dalla foga del momento. Stava iniziando a prendere spazio nella sia testa l'idea che, se ci avesse ragionato su, non lo avrebbe mai fatto.
Ma ormai il dado era tratto e, nonostante sentisse una forte voglia di vomitare, si sentiva in pace con se stesso, almeno per quanto riguardava il lato personale. Era perfettamente conscio di aver fatto qualcosa di orribile, però allo stesso tempo non riusciva ad accusarsi troppo.
Aya con Jake non aveva avuto pietà, quindi lui non avrebbe dovuto averne per lei.
- Devi aiutarmi ad uscire di qua. Non ce la faccio più, sta diventando sempre più opprimente.- Charlene lo guardò con i suoi occhi azzurri e si andò a scontrare contro quelli grigi dell'altro. Lui sembrò esitare per qualche secondo, poi mosse la testa in segno d'assenso.
- Hai qualche idea?- le domandò. La bionda, seppur felice di averlo ancora tutto "intero", non riuscì a nascondere la sua perplessità, oltre che l'inesistenza di un piano.
- Il condotto è troppo piccolo, il cancello non lo possiamo aprire e dare fuoco alla casa non è una buona idea. - spiegò, escludendo quindi tutte e tre le opzioni che la bionda aveva immaginato.
- E se provassimo ad abbattere il muro? L'avevo già suggerito ad Aya, però si era opposta.- spiegò Charlene, mimando di dare una martellata contro la parete.
- Con cosa?- chiese lui, ancora con la voce leggermente spezzata.
- Stessa sua risposta.- si lasciò scappare una risata, per poi sospirare con forza. Si alzò dal divano e provò ad andare a frugare in cucina alla ricerca di qualcosa da poter utilizzare per l'aggiungere il suo obiettivo. Ne uscì fuori un mestolo di ferro, oltre che un sorriso nervoso in volto.
- Quello è il meglio che c'è?- domandò Kevin. Osservò lo strumento: era lungo circa mezzo metro ed era fatto interamente di ferro, però non era abbastanza resistente da poter perforare un muro.
- Sì, il resto sono coltelli.- Charlene scrollò le spalle, poi si avvicinò al muro vicino le finestre sbarrate e, con forza, provò a dargli un colpo. L'oggetto, per l'urto, iniziò a vibrare e così fecero le sua mani. Tentò nuovamente, ma senza successo.
- Non c'è modo...- sospirò Kevin. Tirò su le gambe ed appoggiò i piedi sul divano, così da potersi rannicchiare su se stesso. Si sentiva ancora in colpa per aver ucciso Aya, però pian piano capì di non poter fare altrimenti, come aveva detto Charlene: "O lei o noi".
- Cazzo, allora siamo chiusi qui per sempre.- rassegnata, la bionda tornò nuovamente vicino a lui, lasciando il mestolo sul tavolo.
- Esatto.- Kevin iniziò a muovere gli occhi per tutta la casa, come se fosse alla ricerca di qualcosa di preciso. Guardò il calendario, la televisione, i vari scaffali e qualsiasi altra cosa presente in quella stanza.
- Stai cercando una soluzione?- Charlene notò il suo modo di fare ed iniziò a fissarlo. La rapidità con cui spostava gli occhi da un oggetto all'altro la impressionò molto.
- Non credo ci sia, però non possiamo nemmeno spendere troppo tempo qui, no?- Nonostante Kevin apprezzasse, più o meno, quel posto, sapeva perfettamente che rimanere lì sarebbe stato solo un logoramento per lui.
- Parole esatte.- la bionda gli dette un colpetto sulla guancia, facendolo arrossire, e poi si alzò dal divano.
Passarono tre giorni, durante i quali le loro, già poche, speranze andarono completamente a disintegrarsi. Chalrene aveva svuotato completamente ogni cassetto della casa alla ricerca della chiave del cancello, mentre Kevin aveva provato a rompere le sbarre con i coltelli, ma si era ben presto reso conto di quanto fosse impossibile.
I due, dopo ore ed ore di tentativi, si gettarono sul divano, esausti. Charlene si sdraiò sul lato destro, mente Kevin su quello sinistro. Le loro teste si toccarono ed entrambi emanavano dei grossi sospiri, sia di stanchezza che di resa.
- Non possiamo proprio fare niente, eh?- sussurrò la bionda, ricevendo un cenno positivo da parte dell'altro - Quantomeno non morire di fare.- disse, correggendosi subito - Per ora.- erano lì da talmente tanto tempo che ormai il cibo iniziava a scarseggiare ed il puzzo dei cadaveri, ancora chiusi dentro la, ormai ex, stanza delle ragazze iniziava a farsi sentire.
- Accettare di venire qui è stata una pessima idea. - Kevin, con lo sguardo rivolto verso l'alto, si lasciò andare ad un lungo sospiro.
- Esatto, tutti noi non abbiamo fatto altro che perdere qualcosa. Chi la vita, chi persone importanti.- Charlene provò ad essere la più poetica possibile, ma il moro troncò il suo entusiasmo.
- Se tu non fossi stata una matta scatenata, a quest'ora, forse, saremmo tutti vivi.- le rinfacciò, facendola però ridere.
- Forse hai ragione, ma devo ricordarti con chi avessimo a che fare?- lo guardò di soppiatto ed iniziò ad elencare tutti ragazzi presenti nella casa - Ginevra era una bomba ad orologeria, Jake un maniaco di attenzioni, Wren soffriva di schizzi di rabbia, Linda una pazza bipolare, James completamente mio succube, Aya una vera e propria psicopatia e Nikita...- provò a terminare il discorso, ma Kevin la interruppe.
- Lei l'hai uccisa senza motivo, non che per Ginevra ne avessi uno valido, eh. - la bionda gli rivolse un'espressine arrabbiata, che però si cancellò dal suo volto poco dopo.
- Avevo i miei motivi personali. Si stava prendendo mio fratello.- disse, cercando di mascherare la sua volta di dargli un pugno.
- Ah, giusto, così hai deciso di ammazzare anche lui, tanto per completare il quadretto.- quella frecciatina, detta con il solo scopo di farle innervosire, rischiò di farle perdere il senno.
- Se lui non mi avesse attaccata, io non l'avrei ucciso. Ho ancora le fottute ferite sulla testa.- Charlene si alzò di scatto, mentre lui rimase immobile, con la testa stesa sul divano e gli occhi rivolti verso il vuoto.
- Sono solo... dettagli. La verità è che se ci troviamo in questa situazione è solo per colpa tua.- Kevin stava parlando senza nemmeno rendersene conto, la sua testa era da tutt'altra parte. Ripensò alla sua vita prima di entrare là dentro, al bullismo subito quando era piccolo, fino ai maltrattamenti che i suoi genitori gli avevano inflitto.
Era davvero così sicuro di voler tornare a casa? Sua sorella, l'unica persona di cui si fidasse davvero, lo aveva spedito là dentro e questo per lui equivaleva ad un non volerlo fra i piedi.
- Se non avessi iniziato io la strage, ci avrebbe pensato qualcun altro, come la tua "amica" dottoressa o il tuo fidanzato.- sputò acidamente, in preda alla collera. Odiava quando qualcuno provava a contraddirla o a puntarle il dito contro e lui, in quel momento, le stava facendo entrambe.
- Non era il mio fidanzato.- fu da questa risposta che Charlene si rese conto della completa assenza di Kevin nella conversazione. Le sembrò di parlare con un robot.
- Tu non sei lucido.- sentenziò, osservandolo mentre pian piano iniziava a ridacchiare.
- Era piuttosto facile da intuire. Ora come ora non so nemmeno cosa dovrei fare.- ammise.
- Non devi fare nulla.- lentamente Charlene si avvicinò verso di lui - Devi solo... seguire il tuo istinto.- si abbassò e gli dette un piccolo bacio sulla fronte. Kevin rimase immobile, senza sapere come reagire. Non la guardò, troppo imbarazzato, limitandosi a tenere gli occhi puntati verso la luce.
- Ci posso... provare.- disse, per poi voltarsi dall'altra parte.
 
- Allora, com'è la situazione?- Ace guardò Josh dritto negli occhi, così da essere sicuro che le dicesse la verità.
- La psicopatica è morta.- disse, con un mezzo sorriso in volto - È quasi finita, sta tranquilla.- aggiunse poi.
- Stai parlando di Aya?- chiese, per conferma, mentre l'espressione sul suo volto mutava irreversibilmente.
- Sì, lei.- ripose schiettamente, per poi iniziare a giocare con le chiavi che aveva in mano. Le fece roteare diverse volte, osservandole con velato interesse, mentre attendeva le parole della ragazza.
- Tu la conoscevi, vero?- sentendo quelle parole, Josh alzò la testa e la guardò con sguardo confuso.
- Eh?- non aggiunse altro, si limitò ad osservarla con un'espressione stranita in volto.
- Sei stato tu a parlarle prima dell'esperimento, giusto? Lei è la ragazza che sapeva tutto.- gli ricordò. Il moro spalancò la bocca e mosse la testa in segno d'assenso.
- Non sono stato io a parlarle, ma capisco cosa intendi.- disse. Quelle parole portarono Ace ad insospettirsi sempre di più. Non riuscì a capire cosa le volesse far intendere e questo la innervosì particolarmente.
- Oh, Cristo, non ci sto capendo niente.- si portò una mano sulla fronte, mentre con l'altra si lisciò i capelli bianchi.
- Capirai fra un po', per adesso è meglio che tu rimanga qui in silenzio.- Josh si avvicinò alla cella e mise la chiave dentro la serratura. La girò due volte e, dopo uno schiocco sonoro, la estrasse - Rimani qua dentro ancora per un po', per piacere. Quando inizierai a sentire baccano, prendi la pistola sul tavolo e vieni nell'altra stanza.- spiegò, sorridendole. Detto ciò, se ne andò dalla stanza e si diresse verso Blaineley, ancora alle prese con il PC.
- È morto, completamente andato.- la bionda dette uno schiaffo all'aggeggio e, furente, tornò a mettersi a sedere - Prima la stampante, poi il PC. Qualche divinità vuole farmi impazzire.- esclamò, battendo un pugno sulla cattedra.
- Si calmi, per favore. Troveremo il modo di farlo funzionare.- Josh le andò vicino, nella speranza di calmarla, ma nei suoi occhi lesse subito la sua poca volontà nel collaborare. Quando teneva lo sguardo in quel modo voleva significare una cosa sola: era furente. Il moro fece per indietreggiare, ma ormai la pazienza della donna era al limite.
- Non dirmi di calmarmi! Non ne posso più, dovevamo organizzarci per bene, così da fare le cose nel migliore dei modi, e invece non funziona nulla.- prese il PC e, senza pensarci due volte, lo lanciò per terra con forza. L'oggetto si spaccò, dividendosi in diversi pezzi, che lei addirittura si mise a calpestare con violenza.
-Io...- Josh non aveva la benché minima idea di cosa dirle. Blaineley era troppo fuori di se e non conosceva un modo per farla smettere.
- Tu un corno! Come hai potuto scordarti di controllare i collegamenti con la casa? E quel maledetto programma per leggere i file? Possibile che tu non riesca a farne una giusta? È per questo che sei un fallito, destinato per sempre ad essere un mio sottoposto. Solo spacciandoti per McGurrin sei riuscito a convincere quei ragazzi a prendere parte all'esperimento. Sei un fantoccio inutile.- la bionda urlò fortissimo, tanto che il moro iniziò quasi a tremare. Rimase immobile, senza fare nulla, conscio che a breve la situazione si sarebbe risolta.
Ormai era abituato a quella parole cattive e spietate, quindi nemmeno ci fece troppo caso. Trasse un grosso respiro e, cercando di contenersi, fece per dirle qualcosa, ma venne interrotto da qualcuno che bussò alla loro porta.
 
 
ANGOLO AUTORE:
E rimasero in due.
Aya ci abbandona, Kevin e Charlene restano sulla barca. Blaineley smatta e Josh subisce.
Poi, colpo di scena, qualcuno bussa alla porta. Chi sarà mai? Lo scopriremo domenica prossima!

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Le urla di Blaineley vennero interrotte da un forte rumore proveniente dalla porta. Qualcuno aveva bussato, piuttosto forte, e stava attendendo di entrare. La bionda guardò Josh, che si limitò ad alzare le spalle, dopodiché ritornò a sedere ed invitò il moro ad allontanarsi da lei.
- Avanti.- disse, intrecciando fra di loro le dita delle mani e portando i gomiti sul tavolo. Tenne gli occhi fissi sull'entrata, così da poter capire immediatamente chi fosse "l'ospite".
- Buongiorno, scusatemi se non ho avvisato della visita, ma ero molto di fretta.- fece il suo ingresso nella stanza un ragazzo piuttosto alto, con dei folti capelli rosso scuro, quasi tendenti al bordeaux, e due occhi azzurri - Sono venuto appena ho trovato un buco libero nella mia agenda.- alzò una mano per discolparsi ed in quel momento alcuni tatuaggi divennero visibili.
- Buongiorno a lei, signor Barlow.- Blaineley provò a sembrare la più cordiale possibile ed assunse un'espressione allegra e sorridente. Josh si limitò a fargli un mezzo inchino ed un cenno con la testa.
- Oh, signorina O'Halloran, che piacere rivederla!- il rosso fece un passo in avanti verso di lei e notò una sedia posta proprio davanti alla sua scrivania - Posso?- chiese, ottenendo il permesso dalla bionda con un piccolo cenno.
- Qual buon vento la porta qua?- passò subito al dunque. Era convinta che il motivo di tutti quegli impedimenti che stava subendo era colpa sua, quindi con grossa fatica riuscì a mantenere il controllo.
- Volevo controllare la situazione dal vivo. Ho pur sempre finanziato questo progetto.- accavallò una gamba sull'altra e sorrise.
- Non credo ce ne sia bisogno, c'è già la sua assistente.- Blaineley incominciò a muovere le mani in maniera confusa, facendo capire all'altro il suo nervosismo.
- Beh, io non la vedo.- il signor Barlow alzò le spalle e, sempre con un sorrisetto stampato in volto, iniziò a guardarsi intorno.
- L'abbiamo...- la bionda provò ad inventarsi una scusa, ma in suo soccorso arrivò Josh.
- È l'ora di pranzo, l'abbiamo mandata a prendere da mangiare.- spiegò, con un sorriso in volto. Il rosso ci pensò un po', per poi scoppiare a ridere.
- Pensa te, io se le chiedo di portarmi un bicchiere d'acqua quasi mi uccide. Cosa si fa per spirito di collaborazione, eh?- Josh e Blaineley furono costretti a lasciarsi andare ad una risatina di circostanza.
- Sì, devo ammettere che ha svolto un ottimo lavoro.- disse la bionda. Lentamente, riacquistò fiducia in se stessa, così da poter rendere più credibile quel siparietto che stava facendo. Tentò, come suo solito, di squadrare l'individuo che aveva davanti, ma le risultò piuttosto difficile. Era rilassato, tranquillo e quasi divertito dalla situazione.
- Ne sono veramente, ma mi creda veramente, felice. Ace ha sempre avuto dei... ehm, problemi nel relazionarsi con le altre persone e sapere che con voi si è comportata bene è veramente musica per le mie orecchie.- l'espressione di Barlow non mutò, rimase sempre allegra e gioiosa.
- A noi non ha dato problemi.- tagliò corto Blaineley.
- Uh, queste sono le televisioni che avevate chiesto? Wow, sono davvero belle.- indicò con un dito i dieci schermi presenti alla sinistra della bionda. Provò ad esporsi per osservarne uno, ma la donna si mise davanti a lui e gli impedì di farlo.
- Allora, signor Barlow, cosa mi racconta?- Blaineley capì subito che, se avesse voluto salvare la pelle, avrebbe dovuto giocare d'astuzia.
- Mah, niente di che. Ho passato queste tre settimane indaffarato fra un impegno e l'altro. Trattative con la polizia, riunioni per le dispute territoriali, quelle cose spiacevoli alle quali, però, sono costretto prendere parte.- sussurrò, ripensando alle ore ed ore di colloqui che si era sorbito.
- Deve essere stata dura.- la donna provò a mantenere la conversazione ad un livello amichevole, trovando un sostegno positivo da parte del rosso.
- Oh, non puoi immaginare quanto.- sentire quel ragazzino parlarle senza darle del "lei" la fece imbestialire, ma dovette contenersi - Allora, questi ragazzi?- indicò le Tv, per poi intrecciare le dita fra loro in attesa di una risposta.
- Stanno bene, stanno bene.- la bionda si lasciò scappare una risatina, dopodiché guardò il ragazzo dritto negli occhi - Mi dica, signor Barlow, perché era così interessato a questo esperimento?- assottigliò lentamente lo sguardo.
- Devi sapere che ho un leggerissimo "problema" - mimò le virgolette con le dita - quando bevo l'alcol.- si interruppe.
- Che genere di "problema"?- chiese lei.
- Quando bevo divento aggressivo, è come se un'altra persona uscisse fuori. Per un po' di tempo ho pensato che ciò fosse dovuto ad un'altra personalità nel mio inconscio, ma ho ben presto realizzato che si trattasse semplicemente della "violenza da sbronza", o almeno io la chiamo così. - spiegò, senza mai perdere il sorriso.
- E quindi?- Blaineley voleva sentirsi dire le parole da lui, senza che dovesse azzardare a conclusioni.
- E quindi, quando ho saputo della tua idea, ho pensato che, visto che sei famosa in tutto il mondo, tu potessi scoprire se il mio disturbo fosse effettivamente dovuto ad un'altra personalità.- concluse, per poi lasciarsi scappare una risatina.
- Beh, è sicuramente qualcosa di molto interessante, ma credo che dovrei lavorarci attentamente. Magari dopo la fine dell'esperimento potremmo fare qualche test. - suggerì lei, prendendo la sua agenda. Prese una penna e fece per scrivere, ma venne prontamente bloccata.
- No, non ce n'è bisogno, ho già trovato uno psicologo che ha risolto ogni mio dubbio.- mise una mano in avanti, facendo assumere un'espressione stranita alla donna - Divento solo irascibile quando bevo e, oltretutto, non sono molto bravo a reggere l'alcol.- rivelò.
- Potrei comunque visitarla, del resto sono la migliore.- lo guardò con un grosso sorriso in volto e si accorse subito della sua espressione contrariata.
- Guardi, davvero, sono contento così. Mi fido di quello psicologo, lavorava per quello a cui si rivolgeva il mio predecessore.- mise le mani avanti e cercò di farle capire che non voleva in alcun modo avere a che fare con lei.
- Sta dicendo che quel "qualcuno" sia meglio di me?- Blaineley alzò un sopracciglio e lo guardò con fare investigativo.
- Questo è il problema di voi donne, passate subito sull'offensiva.- Barlow cambiò posizione e si tirò leggermente il colletto della maglia che stava indossando.
- Lei sta insinuando che ci sia qualcuno migliore di me, quindi sono curiosa. Tutto qua.- la bionda gli rivolse un sorriso, talmente falso che nessuno ci avrebbe mai creduto, ed attese una sua risposta.
- Non ho mai detto questo. Magari lui non sarà bravo come lei, ma gode della mia fiducia.- ci mise un po' a parlare, troppo concentrato nel cercare le parole giuste.
- Uhm, quindi è un maschio. Posso già iniziare a stilare una lista.- iniziò a scrivere sulla sua agenda, mandandolo sempre di più in paranoia.
- Le ripeto, non sono interessato.- provò a liquidarla, ma si rese conto che non sarebbe stato così facile.
- Ma adesso lo sono io. - disse, mettendolo definitivamente in scacco.
- No, la prego, non sia assillante.- si lasciò andare ad una risatina di circostanza - Piuttosto, posso vedere come stanno i ragazzi?- chiese, indicando i vari televisori vicino a lei. La bionda sbiancò, conscia che le sarebbe convenuto continuare a parlare di altri argomenti.
- Io... penso che non sia il caso, stanno dormendo per via dell'orario sballato e, onestamente, non c'è un granché da vedere.- istintivamente cercò un bottone sulla tastiera per spengere tutto, ma si ricordò che quella era scollegata e quindi non avrebbe potuto usarla. L'unico modo era staccare la corrente, ma per far ciò avrebbe dovuto abbuiare tutto il Centro di Ricerche.
- Amen, voglio solo guardarli. Sa, non li ho mai visti.- fece per alzarsi, ma la bionda lo intimò di rimanere immobile.
- Stia fermo, non ce n'è bisogno. Sono dei normalissimi teenager.- la donna mise entrambe le mani davanti, mentre delle gocce di sudore iniziarono a scenderle lungo la fronte. Cercò aiuto da Josh, ma si rese conto che il moro era immobile, seduto sul divanetto e con lo sguardo rivolto verso la porta. Tentò di chiamarlo, però venne ignorata.
- Andiamo, solo un'occhiatina. Poi giuro che me ne vado.- il rosso si alzò e si fece avanti, arrivando a pochi passi da Blaineley.
- Ti ho detto di sederti!- la bionda cacciò un urlo fortissimo, al punto che perfino Josh, fino a quel momento estraneo alla situazione, si voltò verso di lei e la guardò con la bocca spalancata.
- Oh, Cristo, come siamo scorbutici qua. Il moretto non ti ha preparato il cappuccino?- disse sarcasticamente l'altro, indicando l'uomo dietro di lui. Blaineley ci aveva provato fino all'ultimo a resistere, ma in quel momento cedette definitivamente.
- Non ce la faccio più. Lo so che è tutta colpa tua se le cose stanno andando in rotoli, quindi smettila di atteggiarti tanto!- gridò e lo guardò con gli occhi iniettati di sangue.
- Cavoli, allora è vero che se qualcuno osa contraddirti diventi un animale.- Barlow scoppiò a ridere e ciò non fece che farla innervosire ancora di più. La bionda si alzò in piedi di colpo e, dopo aver battuto i palmi delle mani sulla scrivania, gli intimò di andarsene.
- Vattene immediatamente da qui.- aveva il fiatone e ad ogni secondo che passava sentiva la sua pazienza sgretolarsi.
- Diamine, credo di non poter fare altro. Ho solo un ultima richiesta, poi, finalmente, me ne andrò.- il rosso si discostò dalla cattedra e si avvicinò sempre di più verso il divano attaccato al muro opposto.
- Veloce.- mantenne lo sguardo fisso su di lui, accorgendosi subito del sorriso derisorio che aveva stampato in volto.
- Riguarda a quell'appuntamento...- iniziò, venendo subito interrotto.
- Non ho più alcuna intenzione di visitarti.- tagliò corto lei, per poi indicargli l'uscita con l'indice della mano destra.
- No, no, no, non capire male.- ormai entrambi avevano smesso di darsi del lei, troppo presi dal momento - L'appuntamento non è per me, ma per due miei sottoposti. Sai, li ho ingaggiati da poco e vorrei verificare le loro condizioni mentali. - spiegò.
- E chi sarebbero?- la bionda lo guardò con fare interrogativo e si rese conto che, dopo la sua domanda, il sorriso sul volto del rosso si era ingigantito ancora di più.
- Te li faccio conoscere subito.- si girò verso la porta ed inizio a parlare - Ehi, voi due, venite qui.- schioccò le dita e due persone fecero il loro ingresso nella stanza. Blaineley inizialmente li guardò senza curarsene troppo, ma, dopo un'attenta analisi, spalancò la bocca e rischiò di svenire.
 
- Voi due... ma come...- Blaineley guardò le due persone entrate dentro in quel preciso istante e, cercando di capire come fosse possibile, sentì il cervello andarle in fumo.
Il primo era un ragazzo moro, dagli occhi grigi, di altezza media e di corporatura esile. La seconda era bionda, con gli occhi azzurri ed era leggermente più bassa di lui.
Blaineley sbatté gli occhi per quasi un minuto, dopodiché si fiondò davanti ai televisori. Kevin e Charlene erano ancora stesi sul divano, testa contro testa, e stavano parlando.
Allora come era possibile che quei due fossero proprio lì, davanti a lei?
Li guardò attentamente e, alternando lo sguardo dalla Tv ai due e viceversa, non riuscì a capacitarsi del perché loro si trovassero a pochi metri da lei. Guardò Josh e, in quell'istante, lo vide abbassare la testa con un'espressione dispiaciuta in volto.
- Mi stai dicendo che ci ha creduto davvero? Dio santo, che idiota.- la bionda parlò e, con ciò, ebbe la conferma che si trattasse di Charlene. La voce era uguale a quella che era solita sentire.
- Beh, Josh aveva parlato delle sue poche capacità di deduzione, ma non mi sarei mai aspettato che cadesse in un tranello banale come questo.- Kevin alzò le spalle e la guardò con la sua solita espressione annoiata e quasi sofferente.
- Resta comunque il fatto che si sia fatta fregare come una scema.- Charlene iniziò a ridere.
- Sicuramente è anche merito di Josh, grazie al suo depistaggio le ha reso impossibile capire il trucco.- il moro alzò le spalle.
- Piano, ragazzi, così non fate che mandarla ancora di più nel pallone.- il rosso fece cenno ai due di smettere di parlare, dopodiché si gettò sul divano ed allargò le braccia sullo schienale, mettendosi il più comodo possibile - Credo che tu pretenda delle spiegazioni, beh, mettiti seduta, è una storia abbastanza intrigata.- le fece cenno di sedersi e Blaineley, seppur riluttante, eseguì il comando tenendo gli occhi fissi sui due ragazzi appena entrati.
- Ci è proprio cascata in pieno.- sussurrò Charlene a Kevin, per poi accennare ad una risatina mentre il moro cercava di farla zittire.
- Conosci Don McGurrin?- domandò Barlow. La bionda esitò per qualche secondo.
- Sì, era uno dei migliori psicologi sulla faccia della terra.- guardò il rosso fisso negli occhi, senza riuscire a capire dove stese andando a parare.
- Perfetto, almeno evitiamo discorsi che allungherebbero il brodo.- batté le mani e le sorrise - Quindi immagino saprai anche come è morto, giusto?- si sistemò sul divano, guardandola con un sorriso beffardo in volto.
- È sparito nel nulla.- rispose lei, leggermente stranite da tutte quelle domande fuori contesto.
- Ecco, in realtà Don McGurrin è stato sparato in testa.- rivelò. Blaineley spalancò gli occhi e lo osservò con un'espressione confusa in volto.
- Cosa intendi dire?- replicò, senza aggiungere altro.
- Che un sottoposto di MacLean gli ha fatto saltare le cervella.- mimò una pistola con la mano e se la puntò alla tempia. Notò che la bionda non sembrava voler proferire parole, quindi andò avanti - Devi sapere che McGurrin ebbe la tua stessa identica idea. - sentendo quella frase, la bionda sgranò gli occhi.
- Anche lui voleva...- non riuscì a finire la frase, si limitò ad attendere che il rosso continuasse.
- Prese nove ragazzi, cinque femmine e quattro maschi, e li rinchiuse dentro ad un'abitazione in piena campagna. Le cavie, come le chiamava lui, erano tutti soggetti con patologie mentali più o meno gravi e, dopo un po' di tempo, si ammazzarono fra di loro.- spiegò, tenendo le dita intrecciate fra loro - Assieme a McGurrin c'era una troupe di psicologi abbastanza noti, fra cui il mio attuale.-
- Quindi lui...- la bionda provò a parlare, ma venne prontamente zittita.
- Fammi finire.- mise una mano in avanti - Di quei nove ragazzi, solamente due riuscirono a salvarsi. Essi vennero presi sotto l'ala di uno degli psicologi, pentitosi per quello che aveva fatto. Lo stesso psicologo chiamò MacLean e chiese la sua collaborazione per riuscire a togliere di mezzo McGurrin, così da sgominare la minaccia di quegli esperimenti disumani.- concluse.
Un silenzio di gelo piombò nella stanza. Tutti si guardarono l'un l'altro, senza sapere cosa dirsi.
- Ahimè, io non ho avuto il privilegio di assistere alla faccenda, poiché, mentre ciò accadeva, ero segregato dentro ad una casa assieme ad altri ragazzi per un omicidio falsato.- Barlow proseguì con la sua spiegazione.
- Quando hai intenzione di dirle la cosa più importante?- Charlene, impazientita dai giri di parole del rosso, gli fece gesto di guardare l'orologio.
- Con calma, ragazzina, ogni cosa a suo tempo.- roteò gli occhi, stanco di quella fretta che tutti erano soliti mettergli.
- Capo, effettivamente ci stiamo girando un po' troppo intorno.- anche Kevin disse la sua, facendolo innervosire ancora di più.
- Oh, che diavolo! Va bene, la smetterò con questi discorsi lunghi e pieni di enfasi.- si prese un attimo di pausa, durante il quale mise gli indici sulle tempie - È una registrazione. Ciò che stai guardando è l'esperimento effettuato da McGurrin e dalla sua squadra di psicologi.- Blaineley in quel momento si alzò di colpo.
- Era tutta... una messa in scena?- sussurrò, tenendo lo sguardo fisso verso il muro.
- Esattamente.- il rosso scosse la testa in segno d'assenso.
La bionda iniziò a capire perché la tastiera non andasse, perché non era in grado di comunicare con loro e, soprattutto, perché l'ambientazione della casa era così retrograda. Portò gli occhi su Josh, che però evitò ogni suo sguardo.
- E lo sai chi è stato ad organizzare tutto ciò?- domandò Barlow. La guardò con un sorriso strafottente in volto ed iniziò a ridere.
- Chi?- la bionda tenne i pugni serrati, mentre pian piano la rabbia iniziò a salirle. L'avrebbe fatta pagare a chiunque aveva osato prendersi gioco di lei in quel modo.
- Sono stato io. - Josh fece un passo in avanti e, guardandola fissa negli occhi, pronunciò le fatidiche parole.
- Tu?- Blaineley scoppiò, istintivamente, a ridere come una pazza. Appoggiò una mano sulla cattedra e, tenendosi lo stomaco con l'altra, puntò gli occhi verso di lui - Adesso si spiega tutto. La colpa è tua.- sussurrò, per poi gettarsi sulla sedia di peso.
- Ero io l'assistente di McGurrin mentre era in corso il progetto. Ho chiesto aiuto a MacLean e grazie a lui sono riuscito a salvare ben due ragazzi.- deglutì, preso dall'ansia - Poi quando anche tu mi hai parlato di quell'esperimento io... ho chiamato lui.- indicò il rosso, che le fece un salutino derisorio con la mano - Così ci siamo messi d'accordo, abbiamo modificato i file per farli sembrare recenti, abbiamo manomesso la stampante e siamo riusciti a riprodurre il filmato sulle televisioni in perfetto sincronismo.- spiegò, facendole capire così che quel piano era in corso da diverso tempo.
- Voi come vi siete conosciuti?- domandò la bionda, ancora tremante.
- Josh è il mio "psicologo di fiducia". È stato lui ad aiutarmi con il mio piccolo problema, quindi ho deciso di dargli una mano come ricambio.- Barlow alzò le spalle.
- Ma che stai dicendo? Josh è un fallito. È un mediocre psicologo che senza di me non sarebbe mai riuscito ad arrivare così in alto. Deve tutto a me. - tenendo i denti digrignati, la bionda iniziò a delirare.
- Credo che sia l'ora di smetterla con questa storia.- il moro si fece avanti e, con un'espressione dura in volto, la guardò fissa - Io sono stato l'assistente di McGurrin per cinque anni. Ho una laurea esattamente come te e non credo di esserti inferiore in nulla.- mosse un altro passo.
- Non dire stronzate! Sei inferiore e lo sei sempre stato fin da quando eravamo piccoli.- urlò Blaineley. Josh, preso dalla rabbia e dalla frustrazione, la colpì in volto con uno schiaffo facendola cadere.
- La vera inferiore qua sei tu. Hai questo ego smisurato che non ti permette di vedere nulla fuori dalla tua linea di pensiero, ed è per questo motivo che fregarti è stato così facile.- la donna si toccò la guancia, dolorante, senza dire nulla. Si alzò da terra e si mise nuovamente a sedere.
- Okay, è molto bello vedere che vi siete chiariti, ma noi qua cosa ci facciamo?- Charlene, stufa di essere messa in secondo piano, richiamò l'attenzione su di se.
- Voi, d'ora in avanti, lavorerete per il signor Barlow.- disse Josh, indietreggiando lentamente.
- Beh, quello lo stiamo facendo ormai da un bel po'. Abbiamo già sostenuto il colloquio.- fece notare Kevin.
-Esatto. Io vi ho tenuto con me in segreto per tre anni, però adesso dovete andare con lui. È un ragazzo intelligente, saprà usarvi al meglio.- spiegò il moro. Kevin e Charlene si guardarono, leggermente straniti, e poi annuirono.
- Ricordatevi che non siete gli unici ad aver subito un trattamento del genere. Perfino io e altri miei sottoposti abbiamo vissuto delle esperienze simili. Il mio scopo è quello di evitare ciò.- disse Barlow, sorridendogli.
- Vuoi dire che ci sono altri individui che trattano le persone in questo modo?- chiese Charlene, eccitata ma indispettita, poiché lei stessa era stata una vittima, allo stesso tempo.
- Certo. Il vostro lavoro sarà proprio quello di sgominare queste minacce. Onestamente, vedere ragazzi che si ammazzano a vicenda non è un mio hobby, quindi preferisco tirarli fuori dai guai, per quanto mi sia possibile.- le parole del rosso non vennero del tutto comprese dai due, ma alla fine non aveva molto importanza per loro, avrebbero fatto qualsiasi cosa che Josh gli avesse ordinato.
- Immagino sarà impossibile vivere una vita normale.- asserì Kevin, sospirando.
- Ehi, siete stati voi due a dirmi di non volere tornare alle vostre vecchie vite. - Josh sospirò, stufo di tutto quel dramma.
- Sì, lo so, era per dire.- il moro tornò poi a farsi i fatti suoi.
- Quindi è deciso, voi due verrete con me. Appena torneremo alla base vi farò conoscere gli altri.- concluse Barlow, mantenendo sempre un sorriso in volto.
- Maledetti...- Blaineley guardò i quattro parlare fra di loro e capì che quella era la sua occasione. Aprì uno dei cassetti della scrivania e ne estrasse una pistola che puntò contro di Josh.
- Oh, cazzo.- si lasciò scappare il rosso, accorgendosi del grave errore che avevano commesso nel non tenerla d'occhio.
- Voi da qui non uscirete vivi.- gridò, tenendo l'arnese ben saldo fra le mani.
- Mildred, non complicare ancora di più la situazione.- Josh provò a farla calmare.
- Non chiamarmi in quel modo!- la bionda cacciò un urlo fortissimo e tolse la sicura dalla pistola - Tu... inutile uomo... lo sapevo che era tutta colpa tua. La gelosia crea dei brutti mostri.- ormai la donna stava delirando, tanto che ad ogni suo movimento i quattro sussultavano per la paura.
- Blaineley, non fare cavolate.- il moro mise una mano in avanti e la invitò a calmarsi.
- Troppo tardi.- quelle parole vennero seguite da uno sparo, dopodiché Josh cadde per terra.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Beh... che dire... scusate. Non ho resistito alla tentazione di mandare la "linea temporale" della storia a puttane. Eh, sì, ci ho messo un bel po' a progettare il tutto, ma alla fine ce l'ho fatta. La PS3, gli accenni al passato, il calendario, tutte cose che volevano ricollegare a ciò.
Un flashback, ecco cos'era quell'esperimento. Josh ha detto a Blaineley di essersi finto McGurrin perché nella registrazione i ragazzi parlano spesso di lui. Inoltre si spiega perché i cavi non fossero collegati. Insomma, era tutto un grosso scherzo del nostro buon Josh.
Spero vi sia piaciuta questa trovata, nel prossimo capitolo scopriremo di più sul retroscena del piano e, inoltre, avremo un degno finale!
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


- Quanti giorni è che siamo qui?- Charlene discostò leggermente le coperte da se, tenendo gli occhi puntati verso il soffitto.
- Intendi da quanto siamo qua dentro?- chiese Kevin. Il moro si tirò leggermente su, rabbrividendo al contratto con la parte fredda del materasso.
- Sì. - tagliò corto lei.
- Ad occhio e croce è almeno un mese e mezzo. - il ragazzo sospirò violentemente e poi cercò di coprirsi il petto con le coperte. Ormai erano in quella casa da un sacco di tempo e nessuno sembrava volerli tirare fuori da lì, nonostante fossero rimasti solamente in due e, in un modo o nell'altro, andassero abbastanza d'accordo.
- Cristo, che palle. Mi passi il reggiseno?- la bionda fece per alzarsi ma, conscia di essere completamente nuda, decise di farlo solo dopo essersi vestita.
- Dov'è?- domandò lui, cercandolo con poca voglia.
- Dovrebbe essere da qualche parte in terra.- indicò un punto non precisato, costringendo così il moro ad alzarsi. Sussultò non appena mise i piedi sul pavimento per via del freddo. Prese il reggiseno, finito a qualche metro dal letto, e glielo passò - Grazie mille.- la bionda gli lanciò un bacetto, che lui però ignorò.
Avevano incominciato quella "relazione" dopo la prima settimana in cui erano rimasti da soli. Charlene aveva insistito per bere degli alcolici, così da rallentare l'aria di tensione fra i due e, dopo ore ed ore di lamentele, aveva convinto Kevin ad ubriacarsi assieme a lei.
Un goccio tirò l'altro ed il giorno dopo si risvegliarono nudi sul divano abbracciati. Charlene, dal canto suo, non gliene importava più di tanto, il problema fu più che altro per Kevin, che finì completamente in paranoia.
Per quasi due giorni non le rivolse la parola, fino a quando lei, stanca di quella situazione così noiosa, lo costrinse ad un confronto. E così lo fecero per una seconda volta. Nemmeno pensavano alle telecamere, sempre vigili su di loro, si limitavano a sfruttarsi l'un l'altro per darsi qualche momento di piacere.
Alla fine della fiera, la cosa era diventata un passatempo che, ogni due o tre giorni, Charlene pretendeva. Kevin non aveva di certo nulla in contrario, però, per colpa della sua patologia, non si sentiva propriamente a suo agio durante i rapporti.
Tuttavia, pian piano, ci si era abituato ed aveva perfino imparato ad apprezzarli.
- Mettiti le mutande, altrimenti tutti ti vedranno.- le ricordò lei, con un sorriso derisorio in volto. Il moro, leggermente imbarazzato, raccolse da terra la biancheria e la indossò in fretta e furia, per poi ritornare sotto il caldo delle lenzuola.
- Ce la faremo ad andarcene da qui?- Kevin si lasciò andare ad un lungo sospiro.
- Non ne ho idea. Hanno addirittura smesso di mandare i messaggi automatici per la sveglia.- la bionda si tirò su e, dopo aver sbadigliato, portò gli occhi su di lui.
- Che palle.- il moro sprofondò nel cuscino. Charlene, notando come fosse di cattivo umore, gli andò più vicina e si attaccò al suo braccio - Ma che diavolo...- il ragazzo si imbarazzò subito, portandola a ridere.
- Sei troppo negativo, prima o poi qualcuno verrà. Ne sono sicura.- lo guardò fisso negli occhi, senza nemmeno battere le palpebre. Aveva quasi iniziato ad affezionarsi a lui, nonostante lo vedesse semplicemente come un animaletto da compagnia, perché conscia che da sola in quel luogo si sarebbe annoiata.
- Forse hai ragione.- quelle parole, dette con un filo di voce, vennero seguite da rumore metallico che attirò la loro attenzione. Kevin fece per alzarsi, ma Charlene lo prese per un braccio e gli impedì di muoversi.
A ciò, seguì un rumore di passi che, secondo dopo secondo, si fece sempre più forte. I due rimasero immobili, già pronti a reagire se la situazione si fosse messa male, con gli occhi puntati verso l'entrata della camera di Aya, il luogo in cui si trovavano in quel momento.
Passarono giusto due minuti, poi qualcuno fece il suo ingresso nella stanza. Era un uomo abbastanza alto, con dei lunghi capelli neri, da cui partiva un ciuffo sparato in aria, e gli occhi azzurri. L'individuo si fermò all'ingresso della camera e, dopo essere scoppiato a piangere, corse loro incontro.
- Siete vivi! Oh, grazie al cielo.- cadde in ginocchio ai piedi del letto, finendo con le gambe proprio sopra i pantaloni del moro. Charlene e Kevin si guardarono, senza riuscire a capire chi fosse.
- Saresti?- domandò la bionda.
- Sono Josh Hill e sono venuto a portarvi fuori di qui.- si presentò, per poi porre la mano al moro, che la accettò seppur riluttante.
- Beh, questo l'avevamo capito, ma... sai, forse prima sarebbe il caso di... ehm... lasciarci vestire.- Charlene gli fece notare i vestiti presenti a terra e si coprì il corpo nudo, perché ancora il reggiseno non lo aveva messo, con un lenzuolo.
- Ah! Ehm, sì, ecco... avete ragione. Vi aspetto fuori.- detto ciò uscì dalla stanza, senza riuscire a nascondere il suo imbarazzo.
Non appena Josh uscì dalla stanza, Kevin si nascose sotto le coperte. In quell'istante aveva voglia di morire nel peggior dei modi, magari soffrendo talmente tanto che quella brutta figura sarebbe stato un ricordo piacevole.
- Andiamo, non fare così. Tanto ci hanno visto tutti grazie alle telecamere.- gli disse lei, avvicinandosi ancora di più - Anche quando mi hai presa da dietro e...- iniziò a sussurrargli nell'orecchio tutto ciò che avevano fatto la sera precedente, mandandolo ancora di più in paranoia.
- Smettila!- Kevin provò a scostarla, ma la bionda gli si attaccò addosso ancora di più.
- Parliamo di cose serie.- lentamente lasciò la presa, così da avere la sua piena attenzione - Cosa facciamo, ci fidiamo?- il moro esitò per qualche secondo, poi trasse un grosso respiro e ci pensò su.
- Sì. - non aggiunse altro.
- Va bene, allora andiamo.- Charlene non obiettò la sua scelta. Si limitò a vestirsi in silenzio e a dirigersi nella cucina senza dire niente. Venne raggiunta poco dopo anche da Kevin.
L'uomo li stava aspettando seduto su una sedia e, come li vide uscire, si alzò e gli andò in contro.
- Siete pronti per tornare a casa?- disse loro, con un sorriso in volto. La bionda scosse la testa in segno d'assenso, mentre il moro tenne la testa rivolta verso il pavimento - Venite con me. - detto ciò, si incamminò verso il cancello.
Kevin lo seguì in silenzio fino a quando, proprio davanti all'uscita, richiamò la sua attenzione. Mantenne lo sguardo basso, troppo spaventato per alzarlo, e poi finalmente parlò.
- Io... non voglio tornare a casa. - i due lo guardarono straniti.
- Che intendi dire?- chiese Josh. Lo osservò con un'espressione confusa in volto e gli andò leggermente più vicino.
- Non voglio tornare a casa. - ripeté, scandendo le parole.
- Nemmeno io. - Charlene, approfittando della cosa, gli dette man forte. Andò vicino a lui e lo prese per mano, facendolo imbarazzare.
- Però...- Josh sembrò pensarci su, poi scosse la testa e sospirò - Intanto venite con me, poi vedremo cosa fare.- detto ciò, il moro aprì la porta e fece loro cenno di seguirlo.
Non appena misero piede fuori dall'edificio vennero sommersi dalla luce del sole. Istintivamente portarono le mani davanti alla faccia per coprirsi, venendo anche rinfrescati dalla leggera brezza del vento.
Ce l'avevano fatta, erano riusciti ad andarsene da quel luogo. Si voltarono a osservare per l'ultima, ma allo stesso tempo prima, volta la casa: aveva, come previsto da Aya, un design irregolare e piuttosto aguzzo, però risultava essere, almeno da fuori, piuttosto confortevole.
- Quindi adesso cosa ci aspetta?- domandò Charlene, mentre entrava nell'auto.
- Per adesso vi prenderò con me. La vostra entità rimarrà segrete, diremo alle vostre famiglie che per colpa di un incendio, la casa è andata distrutta.- spiegò Josh. Accese la vettura e, osservando un'ultima volta l'abitazione dallo specchietto, si avviò verso la strada principale.
Il peggio era finalmente passato e, a conti fatti, era riuscito quanto meno a salvare quei due. Sorrise istintivamente e pensò a come avrebbe fatto a nascondere la loro esistenza a Blaineley, ma alla fine non sarebbe stato tutto così difficile, d'altronde lei nemmeno sapeva dell'esperimento.
 
- Ci stai cacciando di casa?- Charlene si appoggiò al muro con la schiena e guardò Josh con un sorrisetto in volto. Il moro provò a balbettare qualcosa, ma alla fine si limitò a sospirare.
- No, non lo sto facendo. Penso solo che, per il vostro bene, dovreste andare con Nihal.- guardò la bionda, conscio di star venendo preso in giro.
- Però...- abbozzò Kevin, tenendo lo sguardo verso terra - A me piace questo posto.- si guardò attorno, osservando il piccolo appartamento in cui Josh li aveva mandati a vivere dopo averli salvati. Era situato in un piccolo quartiere di Toronto, un posto tranquillo in cui lo psicologo ebbe modo di tenerli d'occhio senza avere paura di venir scoperto.
- È per il vostro bene. Nihal saprà come trattarvi, io più di questo non posso fare per voi.- appoggiò una mano sulla testa di Kevin e gli dette una leggera pacca.
- Io...- trasse un grosso respiro, non del tutto convinto da quelle parole. In quei tre anni passati assieme a Josh aveva iniziato a riconoscere l'uomo come una figura paterna, tanto che provava moltissima ammirazione verso di lui. Si era addirittura interessato al lavoro di psicologo solo grazie a lui.
- Su, andiamo, non fare il bambino. Facciamo come dice e via.- Charlene sbuffò violentemente, quasi annoiata dai sentimentalismi del moro. Provava una certa gelosia per l'ammirazione che Kevin aveva verso Josh e non cercava nemmeno di nascondere la cosa.
- Purtroppo non posso garantirvi una vita tranquilla e pacifica, ma con lui sarete al sicuro.- lo psicologo guardò Kevin con un sorriso in volto, nella vana speranza di fargli accettare la cosa.
- E tu che farai?- chiese prontamente il moro, sollevando di scatto la testa. L'uomo sembrò pensarci un po', fino a quando, con un grosso sorriso in volto, non trovò la risposta.
- Penso che viaggerò per un po'. Ho bisogno di una bella vacanza, in questi tre anni non mi sono potuto allontanare da qui, quindi... sì, mi concederò un po' di relax.- vedendo l'espressione radiosa nel volto di Josh, Kevin si convinse ad accettare la sua offerta.
- Questo Nihal di cui parli è il famoso signor Barlow?- puntò gli occhi verso di lui, facendolo sussultare.
- Sì, è lui. È un tipo intelligente, sono sicuro che saprà farvi rendere al meglio.- concluse.
- Va bene, se dici così allora mi fiderò.- si alzò dal divano e lo guardò con un'espressione seria, facendolo quasi spaventare.
- Ne sono felice.- disse, seppur titubante per colpa di quello sguardo colmo di fiducia ed ammirazione. Notò anche due grossi occhi celesti scrutarlo con una forte aria omicida, tanto che per poco non rischiò di farsela addosso.
Da buon psicologo, si era accorto subito di come Charlene avesse sostituito, l'ormai defunto, James con Kevin. Quindi sapere che il moro obbedisse solo a lui era per lei un colpo al cuore. Inoltre aveva anche notato i classici segni di una cotta, come il suo prenderlo sempre in giro o il modo in cui si rivolgeva a lui per qualsiasi cosa.
Charlene era, più o meno, come Blaineley, questa era la conclusione alla quale era giunto. D'altronde anche d'aspetto si assomigliavano, quindi gli venne quasi automatico da dire.
- Muoviamoci, non vedo l'ora di lasciare questo buco. - Charlene, presa dalla voglia di andarsene da lì, andò da Kevin e, con forza immane, lo tirò su per un braccio, per poi trascinarlo fino all'uscita.
- Adesso vi accompagnerò da lui, così potrete parlargli.- spiegò Josh, mentre prendeva le chiavi dell'auto. Fece uscire i due, dopodiché guardò per un'ultima volta l'appartamento in cui, per ben tre anni, aveva vissuto assieme a quei due ragazzi. Scosse la testa, per poi chiudersi la porta alle spalle con un colpo sonoro.
 
- Quindi, ricapitolando, vuoi due siete stati salvati da un esperimento fatto da uno psicologo per testare le vostre "patologie"?- Barlow guardò i due ragazzi che erano appena entrati nel suo studio e rise istintivamente pensando a quanto quella storia fosse simile alla sua.
- Esattamente.- Charlene scosse la testa in segno d'assenso, per poi sorridergli a sua volta. L'altro, invece, rimase immobile ad osservarlo.
- E questi tre anni li avete passati assieme a Josh, perché vi siete rifiutati di tornare a casa. Dico bene?- dette una rapida occhiata al loro "curriculum", se così si poteva chiamare quel foglio protocollo su cui la bionda aveva scritto, anche piuttosto male, l'intera storia del come fossero arrivati lì.
- Esattamente.- ripeté lei. Si sistemò sulla sedia e si passò una mano sul volto, senza sapere cosa fare. La richiesta di Josh era stata piuttosto semplice: prendere i due sotto la sua ala e farli lavorare per lui. Tutto facile a parole, ma sulla carta il discorso era ben diverso.
Cosa poteva far fare a due tipi del genere? Sicuramente non li avrebbe mandati a girovagare come faceva con gli altri, sarebbe stato troppo pericoloso.
- Sapete fare qualcosa di specifico?- domandò, osservandoli negli occhi. Quelli della ragazza erano azzurro cielo, mentre quelli del ragazzo erano grigi, talmente tanto che sembravano vuoti.
- Io me la cavo nell'ammazzare le persone.- si indicò con un dito - Lui, anche se non sembra, è piuttosto sveglio.- lo puntò poi contro l'altro, che la guardò con un'espressione confusa, non del tutto sicuro se fosse un complimento o un'offesa.
- Questo non mi aiuta.- si dette un piccolo colpo sulla fronte e rimase immobile ad osservare il foglio di carta con sguardo perso - Potete assicurarmi che, se vi dovessi "assumere", non facciate di testa vostra?- spostò gli occhi prima sull'uno e poi sull'altra, soffermandosi maggiormente sulla bionda.
- Beh... io...- Charlene iniziò a parlare, ma venne prontamente fermata.
- Sì, glielo assicuro. Baderò io a lei.- Kevin guardò il rosso fisso in volto con espressione seria.
- Perfetto.- si alzò dalla sedia ed andò verso di loro - Non so di preciso cosa vi farò fare, sappiate solo che qui abbiamo un "codice d'onore" che va rispettato.- si prese un attimo di pausa - Non si uccidono gli innocenti.- concluse.
- Tutto qui?- la bionda sembrò parecchio stranita.
- Esattamente, per quel che mi riguarda potete fare tutto, basta che non facciate azioni avventate o stupide.- il rosso scollò le spalle si avvicinò ulteriormente a loro.
- Fantastico.- la ragazza si strofinò le mani.
- Kevin, Charlene.- li chiamò per avere la loro piena attenzione - Io sono Nihal Barlow, ma voi potete chiamarmi semplicemente capo. Da oggi in poi lavorerete per me. - si indicò con un dito e gli fece l'occhiolino.
- Che emozione, il mio primo lavoro!- la bionda batté, sarcasticamente, le mani.
- Adesso credo sia il momento di illustrarvi il vostro primo lavoro.- Nihal estrasse un foglio di carta dalla busta e glielo porse - Abbiamo deciso di fare uno "scherzetto" ad una conoscenza del vostro tutore. Diciamo che voi dovrete venire con me e fare presenza scenica, siete pronti?- i due si guardarono per qualche secondo, poi annuirono con un cenno della testa.
Il rosso gli sorrise e, dopo essersi alzato, porse loro la mano. Seppur riluttanti, entrambi la accettarono.
- Perfetto. Direi che possiamo andare.- detto ciò, si alzò e si diresse verso la porta e fece loro cenno di andargli dietro.
 
Josh cadde a terra dolorante. Si toccò la spalla, punto colpito dalla bionda con la pistola, ed osservò il sangue che, lentamente, iniziò a sgorgare dalla ferita. Portò gli occhi verso di Blaineley e la vide con un l'arma in mano, ancora tremante.
- Io non...- fece per parlare ma, in quel preciso istante, un altro colpo di pistola partì. Tutti si voltarono verso la fonte del rumore e videro Ace con l'arnese fra le mani ed un'espressione ferrea in volto.
La bionda appoggiò due dita sulla gola, dove si era conficcato il proiettile, poi cadde a terra di peso, lasciando quindi la presa sulla pistola. Josh le si avvicinò di colpo e, per prima cosa, allontanò l'arma. Poi prese la testa della donna e la tirò leggermente su.
- Io volevo... aiutare...- tentò di parlare, ma sentiva di non avere né la voce e né le forze per farlo.
- Non parlare.- il moro le accarezzò i capelli mentre, con sguardo preoccupato, le osservò la ferita. Il proiettile, a forma di freccia, le si era conficcato nella trachea e, ad occhi e croce, non avrebbe potuto aiutarla. Kevin gli andò vicino e, dopo una rapida occhiata, scosse la testa in direzione di Josh, che capì subito.
- Dovevo essere... la migliore...- sussurrò, con quel poco di fiato che le rimaneva.
- Lo sei, Mildred, lo sei.- una lacrima iniziò a scendere dagli occhi del moro. Continuò ad accarezzarle i capelli con calma.
- Non... chiamarmi così...- Blaineley chiuse gli occhi. Josh provò a muoverla, ma capì ben presto che ormai era andata. Le dette un bacio sulla testa e poi si lasciò andare ad un pianto, così da potersi sfogare.
Nonostante tutti gli errori che lei aveva commesso, sapeva di non poterla mai odiare. Il loro rapporto era stato fondamentale per entrambi. Il non essere riuscito a farle desistere dalle sue, stupide, convinzioni era un fardello che per tutta la vita si sarebbe portato dietro.
Osservò la sua mano, sporca del sangue di entrambi, e vi vide cadere una lacrima, che lavò via un po' del rosso.
- Ace, amore mio!- Nihal fece per andare incontro alla ragazza, ma lei lo colpì con una gomitata sullo stomaco, facendolo piegare su se stesso - Ma che diavolo...- si tenne il punto colpito e, per poco, non scoppiò a piangere per il dolore.
- Perché non mi hai detto che era tutto finto?- gli disse, con foga. Lo guardò dritto negli occhi e, senza alcun rimorso, lo colpì nuovamente, questa volta in volto.
- Ahia! Pensavo che... sarebbe stato più sicuro non dirti nulla.- spiegò Nihal, per poi cadere in terra come una pera cotta. Si rialzò lentamente, pronto a ricevere ancora più colpi da parte della fidanzata.
- Io...- Ace caricò un altro colpo e lui, istintivamente, si coprì il volto - ho avuto paura.- la ragazza lo abbracciò di colpo, facendolo spagliare. Ci mise qualche secondo a realizzare la cosa, poi finalmente ricambiò.
- Mi sei mancata.- le appoggiò una mano sui capelli e le baciò la testa.
- Anche tu. - sussurrò lei, imbarazzata. Stettero così per una ventina di secondi, poi Ace si staccò e, con espressione afflitta, si avvicinò a Josh, ancora con il cadavere di Blaineley fra le braccia.
- Mi dispiace...- disse, con un groppo in gola. Presa dalla foga del momento, oltre che dalla rabbia e dalla frustrazione, le aveva sparato senza pensare alle conseguenze.
- Purtroppo andava fatto. Ormai lei...- si prese un attimo di pausa per respirare - Si era convinta di star facendo il giusto, quindi... va bene così. - dire quelle parole gli fece male, perché conscio che fosse la verità nuda e cruda, senza alcuna menzogna.
- Scusate, ma di cosa vi dispiacete? Le hai dato la pistola che ti ho detto di usare, vero?- Nihal guardò il moro che, dopo averci pensato, fece cenno di sì con la testa - Ecco, allora è tutto a posto.- il rosso alzò le spalle con noncuranza e, in quel preciso instante, Josh si rese conto che il cuore di Blaineley batteva ancora.
- Ma cosa...- disse istintivamente, ancora non del tutto conscio di ciò che era successo.
- Sono dei tranquillanti. È solo svenuta.- indicò il proiettile, facendo rimanere tutti i presenti a bocca aperta. I quattro portarono gli occhi su di lui, squadrandolo con delle espressioni fra l'arrabbiato e l'incredulo - Non ha fatto nulla di male, quindi non ho motivo di ucciderla.- scrollò le spalle nuovamente.
- Io ti uccido.- Ace lo colpì con un altro pugno dritto nello stomaco, mozzandogli il fiato sul colpo. Il rosso si piegò istintivamente, per poi accasciarsi in terra in preda al dolore.
La ragazza fece per colpirlo di nuovo, ma le risate di Josh le impedirono di continuare. Voltò lo sguardo verso il moro che, aveva iniziato a ridere senza alcun preavviso.
- Non posso crederci.- ripeté per quattro volte, senza sapere effettivamente cosa dire. Si portò una mano sulla fronte, dopodiché si gettò di colpo sul pavimento.
- Faccio fatica a capire cosa sta accadendo.- Charlene puntò l'indice verso la cattedra, nella speranza che qualcuno le spiegasse cosa fosse effettivamente successo.
- La pistola che Ace ha usato per sparare a Blaineley l'ho data io a Josh. Non aveva dei veri proiettili, ma solo dei tranquillanti.- disse con calma Nihal, dopo essersi alzato nonostante i dolori, per poi raccogliere da terra l'arma e girarla su se stessa.
- Quindi cosa faremo con lei?- chiese Kevin.
- Beh... ce la porteremo dietro. È una donna intelligente, se sapremo come trattarla potrebbe darci una grossa mano. - il rosso si avvicinò alla bionda e se la caricò di peso sulle spalle.
- Aiutarci a fare cosa?- domandò istintivamente Charlene, ancora non del tutto dentro agli schemi.
- Ah, giusto, voi due siete nuovi. Ho messo su una squadra che impedirà alle persone potenti di fare questo tipo di esperimento. Questa volta, grazie al contributo di Josh, sono riuscito ad impedire un genocidio, ma non sarà sempre così facile. Quindi... voi tutti mi aiuterete.- spiegò - Amore, potresti aprire la porta, per piacere.- Ace, seppur ancora arrabbiata con lui, obbedì al comando e lo seguì fuori, come del resto fecero anche gli altri tre.
- Quindi adesso dove si va?- chiese Kevin, ancora spaesato.
- Alla mia base, dobbiamo curare Josh e far riprendere la signorina. - indicò Blaineley con un cenno della testa - Dobbiamo accertarci che sia ben isolata quando si risveglierà, non vorrei mai vedere la sua reazione.- scoppiò a ridere di colpo.
- Va bene...- il moro si grattò la testa, senza farsi ulteriori domande. Rimase fermo per qualche secondo, tempo in cui Josh, Ace e Nihal salirono le scale.
- Nihal... grazie.- lo psicologo gli andò vicino e, con ancora gli occhi arrossati, lo ringraziò.
- Di nulla, Josh. Era anche nel mio interesse fermarla. Andiamo, sopra il tetto ci aspetta il mio elicottero.- detto ciò, mosse uno scatto rapido, per quanto la presenza della bionda sulle sue spalle glielo permettesse, cercando di andare il più veloce possibile.
Kevin fece per salire le scale, ma Charlene lo afferrò per la maglietta e lo tirò a se. Il moro rischiò di cadere per terra, però riuscì inaspettatamente a rimanere in piedi.
- Che c'è?- chiese, riprendendo l'equilibrio.
- Noi... cosa siamo?- domandò lei, con il suo solito sguardo tagliente.
- In che senso?- Kevin indietreggiò leggermente. Non aveva la minima idea di cosa dirle, del resto per lui quegli argomenti erano un segreto arcano e, nonostante avesse ormai rapporti con lei da più di tre anni, non se la sentiva di considerarla al pari di una fidanzata.
- Lo sai perfettamente.- la bionda tenne gli occhi fissi su di lui, il quale non poté far altro che deglutire e boccheggiare alla ricerca di una risposta.
- Noi siamo... due scagnozzi del capo. - disse, senza guardarla fissa negli occhi. Charlene lo guardò per qualche secondo con una smorfia in volto, poi scoppiò a ridere.
- Sono felice di sentirtelo dire. Per un attimo ho avuto paura che tu l'avessi presa sul serio.- detto ciò si avviò, abbastanza velocemente, per le scale senza nemmeno aspettarlo.
Kevin si limitò a sbuffare, per poi andarle dietro. Una nuova esperienza della sua vita stava per iniziare e, a conti fatti, sapeva già che non sarebbe stato affatto semplice. Non poté far altro che sospirare in silenzio, conscio che ormai il peggio era passato.
 
Fine.
(Per ora)
 
 
ANGOLO AUTORE:
Questo è l'epilogo! Però Domenica prossima uscirò un'altra capitolo. Sto progettando un continuo per questa storia, avrete più informazioni domenica prossima.
Riguardo alla storia: avevo scritto un finale in cui Blaineley finiva come una groviera, ma... non aveva senso. Si può uccidere una persona solo per le sue intenzioni? Forse sì, m non spetta a me deciderlo. Quindi l'ho voluta risparmiare e le troverò un bel posticino nel sequel (qualora lo dovessi fare, ovviamente).
Insomma, Charlene e Kevin, eh? Chi l'avrebbe mai detto. I due hanno vissuto sotto lo stesso tetto per ben tre anni e... beh, direi che nemmeno io sono sicuro sulla loro relazione attuale.
Bene, credo di aver detto tutto. Ci vediamo domenica prossima!

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Il rumore di una porta, sbattuta violentemente, la risvegliò dal sonno. Trasse un grosso sbadiglio, dopodiché si tirò su pian piano, senza avere la minima idea di dove si trovasse. Mosse gli occhi intorno, nella vana speranza di riuscire ad orientarsi, ma non fu in grado di capire nulla.
La presenza delle sbarre di metallo, di un letto, su cui era adagiata, una latrina ed un lavandino le lasciarono spazio a ben poche possibilità. Senza ombra di dubbio si trovava all'interno di una cella. Appoggiò la mano sulla fronte e cercò di riordinare tutti i ricordi nella sua testa.
Spalancò gli occhi di colpo quando si accorse della presenza di qualcuno sulla panchina davanti alla cella in cui era rinchiusa. Di colpo le tornò in mente il perché di quella situazione ed un certo senso di amarezza la pervase. Si morse un labbro, infastidendosi ancora di più quando si rese conto di come la persona dall'altra parte della gabbia la squadrasse con un sorriso derisorio.
- Che hai da ridere?- lanciò un'occhiata sprezzante verso di lei, mentre con la mano si massaggiò il collo, sul quale aveva una leggera ferita.
- Le parti si sono ribaltate, Blaineley. Adesso sei tu ad essere chiusa dentro ad una cella.- Ace si alzò dalla panca e le si avvicinò con calma. Appoggiò una mano contro la sbarra di ferro e si lasciò scappare un ghigno.
- Sei qui per prendermi in giro?- la bionda portò entrambe le braccia al petto, conscia di essere ormai impotente.
- No, non sono qui per questo. Nihal vuole parlarti, quindi mi ha chiesto di controllare le tue condizioni.- la ragazza estrasse il cellulare e, dopo aver mandato un messaggio al fidanzato, riportò lo sguardo sulla donna.
- Che fine... rinchiusa da degli stupidi ragazzini in chissà quale punto del Canada.- sussurrò, spostando lo sguardo da tutt'altra parte - Immagino sarai felice di vedermi in questo stato.- sputò poi acidamente.
- Sì, lo sono e come. Però, purtroppo, tu non ci starai un mese e mezzo come me, il capo ha altri compiti da affidarti.- sentendo quelle parole, Blaineley alzò la testa di scatto.
- Affidarmi dei compiti? Non volete uccidermi?- disse, seppur con una leggera nota ironica nella voce.
- Se avessimo voluto farlo saresti già morta. Anzi, a me all'inizio avevano detto proprio questo. Poi Nihal ha cambiato il piano e, invece di dare a Josh una pistola vera, gli ha dato una con dei sedativi. Se sei viva è solo grazie a lui.- spiegò.
- Quindi tu mi avresti uccisa?- subito la bionda provò a trarre una conclusione affrettata da tutto quel discorso, infastidendo Ace.
- Esatto, lo avrei fatto senza nemmeno esitare. Del resto tu stavi per ammazzare Josh. - le ricordò, accompagnando quelle parole con un'occhiata truce.
- Non so nemmeno come si tiene in mano una pistola, non lo avrei mai ucciso.- la psicologa scosse la testa.
- Fatto sta che gli hai sparato.- replicò Ace, scuotendo la testa.
- Il tuo capo non viene? Mi sono stancata di parlare con te, non hai nulla di interessante da dirmi.- Blaineley appoggiò la schiena al muro e si lasciò andare ad un lungo sospiro.
- Sta arrivando, non ti preoccupare.- la ragazza appoggiò un dito sulle grate di ferro, con un sorrisetto impresso in volto.
- Hai rimesso la benda? Devi avere proprio un grosso complesso.- Blaineley notò la bandana nera presente sull'occhio dell'altra ed accennò ad una risatina.
- Probabile, Josh dice che è meglio tenerlo coperto se mi sento a disagio nel mostrarlo agli altri.- spiegò lei. Nel sentire il nome del moro, la bionda scattò sull'attenti.
- Quell'idiota? Davvero vi affidate a lui?- sbottò, tenendo le braccia strette attorno al petto - È solo un mezzo psicologo da quattro soldi che vive di luce riflessa.- concluse, facendo capire come non gli avesse ancora perdonato il tradimento.
- Nihal lo ha nominato psicologo della squadra, quindi è lui ad occuparsi di tutti i nostri problemi.- Ace si allontanò leggermente dalla cella.
- Pensa te, è finito a risolvere o problemi di una mandria di ragazzini complessati.- sputò acidamente la donna.
- Beh, fra poco lo raggiungerai.- si portò vicino alla porta e, dopo aver atteso qualche secondo, la aprì.
- Cosa intendi...- Blaineley provò a controbattere, ma in quel momento Nihal fece il suo ingresso nella stanza. Il suo volto cambiò da serio a felice nell'esatto momento in cui vide la bionda, chiaro segno che volesse metterla a suo agio.
- La psicologa si è svegliata, se vuoi puoi parlare, è pienamente lucida.- in quel momento la bionda realizzò il perché della presenza di Ace. In quel modo il rosso aveva potuto verificare al meglio le sue condizioni.
- Grazie mille, tesoro. Adesso puoi andare, qui ci penso io. - le fece cenno di uscire e, mentre questa si apprestava a farlo, le accarezzò i capelli con una mano.
- Vai dritto al punto, non ho molta voglia.- la donna puntò gli occhi azzurri verso l'altro, nella speranza di intimorirlo, ma si rese subito conto che quei giochetti con lui non avrebbero funzionato.
- Se insisti... da domani farai parte della mia squadra. Sarai la nostra psicologa assieme a Josh. - spiegò, senza lasciarle possibilità di replica.
- E se non volessi?- controbatté lei, assottigliando le sopracciglia.
- Solitamente, in condizioni come queste, ti avrei minacciato, ma mi sono stancato di essere uno spietato boss della mafia che costringe tutti con le brutte parole.- si grattò la testa, senza lasciar capire all'altra le sua intenzioni.
- Quindi?- chiese lei, ancora confusa.
- Quindi niente minacce. Sarai un membro del team, punto e basta. Non hai scelta.- scrollò le spalle, divertendosi nel vederla diventare rossa dalla rabbia.
- Non puoi fare una cosa del genere.- la bionda scattò in piedi e si aggrappò con tutte le sue forze alla cella, rischiando quasi di romperla.
- Oh, certo che posso. Ricorda che se sei viva è solo grazie a me. - Nihal le fece l'occhiolino, facendola infuriare ancora di più.
- Maledetto...- sussurrò lei, con la faccia completamente rossa per la rabbia.
- Adesso parliamo di cose serie: ti è piaciuto il mio piano?- si mise a sedere sulla panca e la guardò con un'espressione contenta in volto, conscio che, se non ci fossero state quelle sbarre, lo avrebbe ucciso.
- Brutto figlio di puttana.- la bionda strinse i pugni con forza.
- Sai, non è stato facile pianificarlo, però sono contento del risultato.- gli occhi blu del ragazzo rimasero puntati contro di lei - Josh ha modificato tutti i file dei ragazzi, rimpiazzandoli con quelli di McGurrin, e io non ho dovuto far altro che fingere di finanziare l'esperimento.- spiegò il rosso, con un mezzo sorriso sulle labbra.
- Fottetevi. Tutti quanti.- replicò acidamente Blaineley, poco vogliosa di sentir parlare di quell'argomento.
- Ammetto che, forse, abbiamo un po' esagerato, ma del resto se non fossimo intervenuti tu avresti davvero fatto ammazzare delle persone fra di loro.- Nihal alzò le spalle e rise.
- So quello che faccio.- controbatté lei.
- No, non lo sai. Rinchiudere delle persone in luogo lasciandole scannarsi fra di loro è da malati.- scosse la testa, cambiando di colpo espressione.
- Mi aiuterebbe a capire il limite dei loro disturbi, in quel modo potrei trovare una cura. - la bionda lo fissò dritto negli occhi, venendo fulminata all'istante.
- Lo stesso piano di McGurrin. Eppure hai visto come è finita, quei due sono esattamente come prima, forse anche peggio.- Nihal si alzò e, con calma, si avvicinò alla cella - Comunque sia, non è di questo che volevo parlarti.- appoggiò una mano su una sbarra.
- E di cosa?-
- AUREA, ti dice nulla questo acronimo?- chiese, guardandola fissa negli occhi. La donna sussultò leggermente.
- Nulla di che.- voltò lo sguardo da un'altra parte, cercando di eludere le occhiatacce che stava ricevendo da parte del rosso.
- Ne sei sicura? Allora proverò a dirti il nome completo, così magari ti tornerà a mente qualcosa: Associazione Umanità Resettata e Addestrata .- Blaineley provò a parlare, ma non riuscì a dire nulla. Il rosso attese con pazienza una risposta, senza metterle fretta.
- Come fai a conoscerlo?-  chiese.
- Le mie fonti sono piuttosto brave.- tagliò corto, senza aggiungere altro - Cosa sai dirmi al riguardo?-
- È un progetto in corso da diverso tempo nello Studio di Ricerca, però non si sa chi sia il fondatore.- la bionda sembrò esitare, conscia della riservatezza di quell'argomento.
- Fin lì c'ero anch'io, mi servirebbe qualche informazione più dettagliata.- detto ciò, il rosso rimase in silenzio.
- Onestamente, non ne so molto. Ho voluto organizzare il mio progetto da sola, senza chiedere aiuti esterni, ad eccezione di te ovviamente. - si interruppe per guardare male il ragazzo, che si limitò a ghignare - Quindi... posso dirti che McGurrin c'entrava qualcosa.- concluse.
- Sai almeno dove si trova la loro base?- chiese, speranzoso di avere una risposta utile.
- No, non ne ho idea. - scosse la testa, facendo sbuffare l'altro, che istintivamente abbassò il capo in preda allo sconforto - Però...- sentendo quella parola, Nihal tornò a fissarla di colpo - so che cercando del "personale", se capisci cosa intendo.- le parole della bionda vennero accompagnate da una risata del rosso.
- Sai a chi posso rivolgermi?- le domandò.
- Topher Jacot, dovrebbe essere lui a selezionare il cast. - Blaineley portò le braccia al petto, innervosita nel vedere tutta quell'euforia nel volto del ragazzo.
- Perfetto, farò in modo di contattarlo il prima possibile.- schioccò le dita con forza, poi si avvicinò alla cella - Per quanto riguardo la mia offerta, ti unirai a noi?- la guardò fissa negli occhi, senza venir ricambiato.
- Ho altre scelte?- ribatté lei, con tono annoiato.
- No. - Nihal sorrise - Benvenuta nella squadra, dirò a Josh di farti vedere la tua stanza e tutto il resto.- fece per andarsene, ma venne bloccato.
- Ho due richieste.- disse, alzando il pollice della mano destra - La prima è uno studio fatto per bene, con tutte le modernità presenti sul mercato.-
- Sarà fatto.- il rosso mosse la testa in cenno di assenso.
- La seconda - alzò l'indice - voglio parlare con Josh, immediatamente.- assottigliò lo sguardo, facendo presagire nulla di buono.
- Adesso? Cavolo, sei cos' impaziente.- ridacchiò Nihal, venendo prontamente fulminato da un'occhiataccia.
- No, affatto, è solo che se lo vedessi senza delle sbarre a separarci lo farei fuori.- quelle parole vennero seguite da qualche secondo di silenzio, che venne violentemente spezzato da una risata del rosso.
- Me lo sarei dovuto immaginare, d'altronde te l'ha fatta grossa.- si passò una mano sui capelli, dopodiché estrasse il telefono di tasca e chiamò il moro. Dovette attendere qualche secondo, poi finalmente iniziò la chiamata - Ehi, Josh, dovresti venire qua, c'è qualcuno che vuole vederti.- detto ciò, chiuse la chiamata e ripose il cellulare in tasca.
- Quindi?- incalzò la bionda.
- Sta venendo, aspetta cinque minuti.- le rispose Nihal, per poi uscire dalla stanza facendole l'occhiolino.
 
Josh non si fece attendere, arrivò nella stanza dopo pochissimo, trovando da subito un'aria ostile. Blaineley tenne lo sguardo puntato verso di lui, tenendo le sopracciglia abbassate ed una smorfia sulla bocca. Il moro non poté far altro che deglutire e, senza dire nulla, mettersi a sedere sulla panca davanti alla cella.
- Ti fa male?- fu la bionda, conscia del carattere dell'altro, a fare la prima mossa. Indicò con un dito la spalla, coperta dalla giacca che aveva addosso, ma su cui riusciva comunque a vedere un bendaggio superficiale grazie ai piccoli angoli bianchi visibili vicino al collo.
- Non tanto.- tagliò corto, ancora non del tutto sicuro di poter reggere quel confronto.
- Peccato, speravo patissi le pene dell'inferno.- sputò acidamente, accompagnando quella frase con un'occhiataccia. Josh rimase in silenzio e ciò la irritò ancora di più - Se non ci fossero queste sbarre a separarci saresti già morto, ne sei consapevole?-
- Sì. - tenne lo sguardo basso per qualche secondo, fino a quando non lo alzò di colpo e portò gli occhi contro la psicologa con espressione seria - Però non puoi farmi nulla.-
- Per adesso, appena uscirò da questo buco ti farò molto male.- si scrocchiò le dita con forza, nella speranza di spaventarlo.
- Volevi dirmi questo? Avrei altro da fare, quindi...- provò ad abbozzare un discorso, ma Blaineley lo fermò ancor prima di poter finire.
- Mi hai fregata.- ci fu un istante di silenzio, durante il quale Josh pensò di non aver sentito bene - Ammetto di aver fatto una figuraccia. Ci sarei dovuta arrivare e, molto probabilmente, se non mi fossi fatta prendere dall'esperimento avrei capito subito che qualcosa non andava.- il moro sbatté gli occhi diverse volte, incredulo. Sentirle dire chiaramente di aver sbagliato era l'ultima cosa che si aspettava da lei.
- È vero.- non aggiunse altro, conscio che sarebbe stato superfluo.
- Riconosco la buona organizzazione del tuo piano. Spero che sarai altrettanto ingegnoso durante il lavoro al servizio di quel ragazzino irriverente.- Josh rischiò un infarto.
- Mi stai confermando?- disse ridendo.
- Una cosa del genere.- la bionda spostò lo sguardo verso destra, nella speranza di non incrociarlo con quello dell'uomo.
- Apprezzo molto la tua offerta, ma non lavorerò per il signor Barlow.- sentendo quelle parole, Blaineley voltò la testa di scatto e lo guardò stranita.
- Che intendi dire?- domandò.
- Ho intenzione di prendermi una lunga vacanza, quindi non vi potrò aiutare. Sono sicuro che tu possa riuscire nell'intento anche da sola.- la donna non poté far altro che sbattere le palpebre in continuazione, senza sapere cosa dire.
- Mi stai... lasciando da sola?- sussurrò, ottenendo un cenno positivo da parte dell'altro che non le piacque per nulla.
- Ho già organizzato tutto, partirò fra due giorni.- spiegò, con un sorrisetto sulle labbra. Aveva impiegato delle ore a cercare una meta perfetta per il suo viaggio e, dopo continue analisi, era riuscito a trovare un luogo che lo soddisfacesse.
- Quando tornerai?- domandò, mordendosi un labbro. Nonostante non volesse ammetterlo, Josh era per lei un elemento fondamentale della sua squadra, viste le sue ottime capacità.
- Onestamente, non ne ho idea. Ho intenzione di prendermi tutto il tempo del mondo.- abbozzò ad una mezza risata amara, facendo ben attenzione nel non osservare la bionda.
- Vedi di essere qui il prima possibile, devo fartela pagare per il modo in cui ti sei preso gioco di me. - Blaineley gli rivolse un'occhiata gelida, che tuttavia non riuscì nell'intento di farlo impensierire.
- Sì, lo so. Pensa bene a cosa farmi, almeno sarai preparata.- Josh si passò una mano sui capelli, così da aggiustarsi il ciuffo, poi riprese a parlare - Mi raccomando, trattali bene. Sono solo dei ragazzini, ma hanno dei bei propositi in mente. Inoltre, per l'amor di Dio, non fissarti più con degli esperimenti del genere.- sentire il moro farle la paternale la innervosì, ma era ben conscia di non poter replicare.
- Vedrò cosa fare sul momento, attualmente non ho ancora pensato a nulla.- la bionda alzò le spalle, facendolo preoccupare.
- Beh, io allora vado. Ho l'aereo fra qualche ora.- Josh si alzò e, lentamente, si diresse verso la porta. Blaineley lo guardò per tutto il tempo, non del tutto sicura di dovergli dire qualcosa. Alla fine, però, non riuscì a resistere all'impulso.
- Ehi, maledetto, vedi di farti vedere il più presto possibile, altrimenti ti farò più male di quando non dovrei.- sentendo quelle parole, il moro si mise a ridere e le fece cenno di sì con la testa, per poi uscire dalla stanza ed accostare la porta.
Blaineley, sfinita per quel breve colloquio, affondò la schiena contro il muro della cella, pensieroso per cosa ne sarebbe stato di lei. Nihal era stato chiaro, avrebbe lavorato per lui, ma non aveva aggiunto altre informazioni che potessero farle capire la natura di quell'impiego. Si limitò a scuotere la testa e a liberarla da tutti quei pensieri, l'unico modo che aveva per scoprirlo era quello di aspettare.
 
 
Total Drama's Series: "Final Arc", see you in Winter.
ANGOLO AUTORE:
Ma ciao! Alla fine anche questa storia ad OC è giunta al termine! In cantiere c'è un'idea per dare un finale a tutto, ma attualmente sono impegnato, quindi rimanderò il tutto a quest'inverno.
Che dire, abbiamo finito. Ringrazio tutti voi per avere seguito la mia storia, abbiamo quasi raggiunto le 100 recensioni e quasi 1000 visite al primo capitolo, ne sono felicissimo!
Però tutto ha una fine ed oggi questa storia si conclude. Per la prossima estate, se mai dovessi scrivere una nuova storia ad OC, ho intenzione di creare qualcosa simile a "The Bus", magari con una trama più carina e ordinata, dato che ogni anno cambio completamente le mie influenze.
Vi ringrazio ancora un miliardo di volte per aver letto questa storia, spero vivamente che vi sia piaciuta e che vogliate partecipare anche a quella che ho in serbo per quest'inverno. Non ne ho mai scritta una in quel periodo, ma, ehi, c'è sempre una prima volta.
Scrivere questa storia mi ha divertito, soprattutto perché piena di colpi di scena e di altre cose che mi hanno divertito. Non la reputo la migliore che abbia scritto, quel posto se lo giocano "The Bus" e "Moonlight Camp", ma sicuramente è quella scritta meglio.
Per chi se lo stesse chiedendo, non ho inserito la tanto promessa lista degli OC morti perché, onestamente, non mi va di fare spoiler sulle mie altre storie, caso mai andatevele a leggere! (i'm joking, don't worry)
Però, se qualcuno di voi la volesse comunque, basta chiedere, tanto ormai ce l'ho pronta.
Beh... grazie, grazie, grazie e ancora grazie. Spero di avervi fatto divertire. È stata una storia frettolosa, scritta in un mese e mezzo che, però, riesce a soddisfarmi.
Ci vediamo il più presto possibile, magari con una OS o con una nuova long, chi lo sa... lo scopriremo solo vivendo.
Grazie ancora di tutto,
Lavottino.
P.S.: per chi fosse amante di Pokémon Adventures, o di Pokémon in generale, ho scritto una ff su Wattpad, se volete dategli pure un'occhiata!

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