Epic Violin - Trascendance

di Shade Owl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1: La riluttanza di Orlaith ***
Capitolo 3: *** Cap. 2: L'arrivo ***
Capitolo 4: *** Cap. 3: Compromesso ***
Capitolo 5: *** Cap. 4: La caccia ***
Capitolo 6: *** Cap. 5: Il ritorno del Violino di Dio ***
Capitolo 7: *** Cap. 6: Gli Xenonauti ***
Capitolo 8: *** Cap. 7: La buona amica ***
Capitolo 9: *** Cap. 8: Redivivo ***
Capitolo 10: *** Cap. 9: Ricerca ***
Capitolo 11: *** Cap. 10: Grimilde di Manhattan ***
Capitolo 12: *** Cap. 11: Tsunami vivente ***
Capitolo 13: *** Cap. 12: La tempesta musicale ***
Capitolo 14: *** Cap. 13: Il messaggio ***
Capitolo 15: *** Cap. 14: Sfogarsi ***
Capitolo 16: *** Cap. 15: Hell's Kitchen ***
Capitolo 17: *** Cap. 16: Dubbio ***
Capitolo 18: *** Cap. 17: I Trascendenti ***
Capitolo 19: *** Cap. 18: Nausea ***
Capitolo 20: *** Cap. 19: In arresto ***
Capitolo 21: *** Cap. 20: Evasione ***
Capitolo 22: *** Cap. 21: Poliziotti onesti ***
Capitolo 23: *** Cap. 22: Identificazione ***
Capitolo 24: *** Cap. 23: Centro commerciale ***
Capitolo 25: *** Cap. 24: Uno contro uno ***
Capitolo 26: *** Cap. 25: Secondo round ***
Capitolo 27: *** Cap. 26: Pianificazione ***
Capitolo 28: *** Cap. 27: Il tentativo di Orlaith ***
Capitolo 29: *** Cap. 28: L'appartamento ***
Capitolo 30: *** Cap. 29: Il prezzo da pagare ***
Capitolo 31: *** Cap. 30: La rabbia della Trascendente ***
Capitolo 32: *** Cap. 31: Missione notturna ***
Capitolo 33: *** Cap. 32: La fabbrica ***
Capitolo 34: *** Cap. 33: Inseguimento ***
Capitolo 35: *** Cap. 34: Deduzioni ***
Capitolo 36: *** Cap. 35: Il lavoro di Nightmare ***
Capitolo 37: *** Cap. 36: Terremoto emotivo ***
Capitolo 38: *** Cap. 37: Voi cosa avete? ***
Capitolo 39: *** Cap. 38: Il nuovo alleato ***
Capitolo 40: *** Cap. 39: Contrattacco ***
Capitolo 41: *** Cap. 40: La forza degli Xenonauti ***
Capitolo 42: *** Cap. 41: La vendetta di Orlaith ***
Capitolo 43: *** Cap. 42: La decisione finale ***
Capitolo 44: *** Cap. 43: Parole ***
Capitolo 45: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Vi avviso che la storia sarà leggermente diversa dalla precedente. Non vi dirò come né perché, lascerò che lo intuiate da soli (se poi proprio non ci arrivate siete comunque liberi di chiedere, ovvio), così non vi sciupo la sorpresa. In ogni caso vi segnalo questa storia, una one-shot che si collega a quest'altra, anche se non è necessaria per capire il senso della trama, solo una minima aggiunta. Sì, mi sto solo spammando le storie da solo.
Buona lettura!

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Tra le fronde degli alberi soffiava un vento leggero, che spazzava gentilmente via gli ultimi strascichi di una recente pioggia primaverile per lasciare il posto all’incipiente calura della stagione estiva. A stento visibile tra le foglie dei rami più alti c’era il sole, i cui raggi filtravano appena verso il suolo erboso e coperto di frasche.
Esattamente al centro del bosco c’era una roccia granitica, nuda e grigia, circondata da molte altre pietre più piccole e coperte di muschio, come pulcini che si stringevano attorno a una mamma chioccia. Una mano dimenticata da tempo aveva inciso sul macigno l’immagine stilizzata e sbiadita di un cerchio attraversato da una saetta, circondato da quattro piccole stelle, seminascosta da una crosta di muschio.
Una creatura era inginocchiata ai piedi della roccia, intenta a scavare freneticamente usando solo le nude mani artigliate, emettendo piccoli sbuffi e grugniti di impazienza.
Aveva la pelle di un candido color bianco latte, appena sporcato verso le estremità da alcune venature rosate che andavano a congiungersi in sfumature violacee dall’aria malsana. Sul torso diventava sempre più chiara, fino ad essere quasi trasparente, così da lasciare intravedere un’accozzaglia di organi pulsanti e vagamente simili a quelli umani: c’erano due sacche che sembravano polmoni che si allargavano e restringevano ritmicamente, e qualcosa che sussultava e pompava, probabilmente un cuore, ma lo stomaco e gli intestini erano deformi e sbagliati, come se fossero stati attorcigliati gli uni con gli altri in una massa informe e caotica, tanto che sembravano andare a creare una specie di polpo sproporzionato. Il fegato e la milza non si vedevano, e lo stesso si poteva dire per quasi ogni altra cosa a parte alcuni dei vasi sanguigni più grandi. Non aveva occhi, bocca o orecchie, e la testa era poco più di un cuneo che spuntava dalle spalle, il collo totalmente invisibile.
La creatura era asessuata, e le lunghe gambe terminavano in due piedi privi di dita. Quasi completamente anonimo, senza connotati riconoscibili, l’essere poteva passare per umano solo da lontana, e solo se coperta da un mantello. Fuggiva da giorni, inseguita da nemici potenti e al tempo stesso alla ricerca di un oggetto perduto da millenni. Un oggetto che, ormai, aveva trovato, e del quale aveva neutralizzato difese e protezioni, indebolite da tanti secoli di incuria, inermi contro le sue intrusioni.
All’improvviso le sue dita affusolate toccarono qualcosa di duro e freddo, diverso dal terriccio e dalle piccole radici che aveva incontrato fino a quel momento. Era qualcosa di liscio, dalla forma piatta e rotonda.
Un fremito di eccitazione pervase il suo corpo mentre serrava la presa ed estraeva il tesoro da tempo bramato dal suo letto di terra. Lo ripulì con le dita, portandolo davanti alla faccia senza occhi come se volesse rimirarlo: era una pietra color del cielo, su cui era stato inciso l’identico simbolo che aveva visto sul macigno. Era poco più piccola del suo palmo, dai bordi sottili e affilati, ma più massiccia verso il centro, come se fosse stata fatta per essere incastonata in un medaglione. Forse, anticamente era davvero così, ma il tempo doveva aver disintegrato il metallo, lasciando intatto solo l’oggetto che tratteneva, immune allo scorrere dei secoli.
- Molto bene… finalmente ti sei fermato.- disse una voce alle sue spalle - Ora però, da bravo, posa quell’affare e girati lentamente.-

La creatura si voltò di scatto, emettendo un verso gorgogliante e ostile all’indirizzo dell’uomo che aveva parlato, una figura nera appena visibile nella penombra del sottobosco, che la fissava coi suoi gelidi occhi azzurri attraverso due minuscole fessure del suo strano elmo.
Mentre si rialzava in piedi, l’essere scorse altri movimenti intorno a sé: altre tre persone stavano muovendosi lentamente nella sua direzione, chiudendogli le vie di fuga, incastrandolo accanto al macigno granitico. O, quantomeno, provando a farlo: sapevano che aveva tante vie di fuga, e non tutte via terra o a piedi.
L’uomo che aveva di fronte allungò una mano verso l’impugnatura di una delle lunghe armi da taglio che portava alla schiena e la estrasse con calma, senza staccargli gli occhi di dosso.
- Non fare scherzi e arrenditi, mostro.- disse con la sua voce profonda e lugubre - Siamo più di te, e non hai più dove nasconderti.-
Bugie, e lo sapeva. Ce n’erano, di posti per nascondersi. Non aveva che da scegliere.
Così, emettendo un verso furioso pur non avendo una bocca, protese rapidamente la mano libera verso l’uomo: subito le dita si allungarono come tentacoli, afferrandolo prima che potesse spostarsi.
Una voce femminile alla sua destra lanciò un grido di avvertimento e, come un guizzo di ombre, qualcosa gli fu addosso con una lunga spada nera stretta tra le mani. La creatura si spostò, ma l’arma recise ugualmente i tentacoli, strappandogli un verso di dolore; uno scoppio gli disse che l’altro uomo, quello seminascosto alla sua sinistra, aveva sparato, mancandolo di poco e scheggiando una delle pietre più piccole. Subito dopo, un piede gli assestò un potente calcio in rotazione alla testa, e prima ancora di poter cadere a terra o realizzare di essere sotto attacco, l’uomo a capo del gruppo fu accanto a lui e gli assestò un potente destro dove avrebbe dovuto avere una bocca.
La combinazione lo disorientò, spedendolo a ridosso del macigno, ma riuscì a non perdere la presa sulla pietra che aveva recuperato. Vide l’arma dell’uomo in nero sollevarsi e, senza perdere altro tempo, strinse forte le dita sul talismano, sollevandolo.
Un lampo di luce azzurra lo avvolse e lo inghiottì, provocando un vortice di scintille che si esaurì con la stessa rapidità con cui era apparso.
Prima che i suoi aggressori potessero rendersene conto era scomparso.

I miei lettori veterani, che sicuramente stanno leggendo, hanno già capito chi sono i personaggi apparsi qui. In ogni caso non dirò granché, per adesso. Mi risparmio per il primo capitolo.

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Capitolo 2
*** Cap. 1: La riluttanza di Orlaith ***


Per essere la fine di settembre c’era ancora sole, e l’Università di Yale, dove i corsi erano da poco ricominciati, fremeva di attività: l’Hewitt Quadrangle, la bianca piazza quadrata dove sorgeva la Woolsey Hall, rifletteva i raggi luminosi e riscaldava l’aria dandole una temperatura quasi estiva, abbagliando con il suo solo riflesso i gruppi di studenti che andavano in ogni direzione, o cercavano riparo sotto i due alberi presenti.
Di fronte alla strada, un alto colonnato correva lungo tutto il fianco dello Schwarzman Center, proprio alle spalle del grande cenotafio che si ergeva nella piazza, silenzioso e autorevole, mentre a destra di quest’ultimo c’era la Beinecke Rare Book & Manuscript Library, una delle biblioteche più grandi al mondo nonché il principale archivio di Yale.
Sotto il colonnato, poco lontano dal monumento, due studentesse sedevano con la schiena appoggiata ad altrettanti pilastri; una era una ventiquattrenne bruna e riccia, dai grandi occhi scuri e profondi. Aveva un viso magro e un po’ a punta ma gradevole, piuttosto lentigginoso. Anche il suo fisico non era proprio imponente, nonostante fosse ormai temprato da anni e anni di corsi di nuoto, di cui deteneva il record accademico. Qualcuno diceva che, se si fosse impegnata, avrebbe potuto partecipare ai campionati nazionali, forse addirittura alle Olimpiadi.
Aperto sulle ginocchia aveva un grosso tomo di Entomologia Agraria, che leggeva con aria assente e un po’ svogliata, sicuramente anche per via del fatto che, ormai, era all’inizio dell’ultimo anno e non aveva più voglia di studiare.
L’altra studentessa, invece, anche lei ventiquattrenne, era rossa e più bassa di lei, con un fisico più snello ma altrettanto tonico, da ballerina. Aveva un viso ovale dagli zigomi alti, da cui ci si aspettano spesso sorrisi e risate, sovrastate dal suo intenso sguardo color acqua.
Al contrario dell’amica, lei aveva un libro di Storia dell’Architettura aperto sulle ginocchia, e lo leggeva con interesse decisamente maggiore: dopotutto, nonostante l’età era ancora al primo anno di studi, essendosi iscritta solamente quell’estate.
Il relativo silenzio, inframezzato unicamente dal vociare degli studenti di passaggio e delle auto in strada, fu rotto dalla suoneria di un cellulare nella borsa della ragazza rossa, che si riscosse dalla sua lettura e affondò la mano alla sua ricerca.
- È il tuo?- chiese l’amica, approfittando della distrazione per staccare gli occhi dal libro.
L’altra annuì, aprendo il messaggio in entrata. Leggendolo, i suoi occhi si fecero via via più sottili, poi sbuffò e lo mise via senza rispondere.
- Era David, vero?-
Orlaith Alexander annuì senza guardarla, scocciata: voleva bene al produttore discografico di New York, ma negli ultimi nove mesi si era fatto sempre più insistente. Da quando aveva lasciato il mondo della musica si era impuntato, e non perdeva occasione per provare a farle cambiare idea.
- Orlaith, non potresti almeno parlarci?- chiese Annie Carden, mettendo via il testo - Insomma… non fa niente di male, no? È vero che per lui è anche una questione di soldi, ma…-
- Annie, no.- disse in tono deciso Orlaith - E non ne voglio parlare. Lo sai come la penso.-
- E tu sai come la penso io, tesoro.- rispose lei, tranquilla - Ci sono un milione di motivi per cui dovresti ricominciare.-
- E un miliardo per non farlo.-
- Numero uno, sei brava.- continuò lei, ignorandola - Sul serio. Parecchio, e la gente stravede per te. Ancora oggi c’è chi acquista i tuoi album, sia su iTunes che su CD. In secondo luogo, con le capacità che hai potresti fare… ecco… di tutto. Saresti in grado di cambiare il mondo.-
- L’ultima volta ho quasi finito per collaborare alla sua distruzione, Annie.-
- Ma le cose sono cambiate, e poi…-
- No, Annie.- ribadì.
L’amica tacque, rassegnata, e guardò l’orologio.
- Va bene, ne riparliamo a casa.- disse - Io ora ho una lezione. Tu non fare tardi, eh? Che devi fare buona impressione, sei ancora una matricola.-
- Sì, sì…- disse distrattamente Orlaith, controllando l’ora a sua volta: aveva ancora tempo - A più tardi, allora.-
Salutandola con la mano, Annie attraversò rapidamente la piazza e sparì dietro un angolo, diretta verso l’aula. Orlaith rimase a fissare pensierosa il punto in cui era scomparsa, ripensando a David.
In fondo le sue intenzioni erano buone, ma non voleva capire (e nemmeno Annie) che non poteva, in tutta coscienza, tornare a New York o, peggio ancora, a suonare il violino.
Ormai erano mesi che lo strumento riposava in un baule nella soffitta a Tresckow, a casa di suo padre, e non aveva intenzione di tornare a prenderlo. Si era allontanata dalla musica per un buon motivo, e non poteva rischiare di caderci di nuovo. L’ultima volta un sacco di persone (molte delle quali le conosceva) avevano quasi perso la vita, tante erano state ferite durante gli scontri, senza contare quello che era successo a lei.
Nel corso di quell’ultimo anno si era impegnata duramente per lasciarsi tutto alle spalle. A volte faceva ancora degli incubi su quel periodo, sui quattro anni passati come musicista e, in particolare, sull’ultimo, il peggiore e il più duro, quando aveva scoperto cosa c’era in realtà dietro alla sua carriera e perché era così importante per tante persone.
Ora però era tutto finito: aveva chiuso quel capitolo della sua vita, aveva preso i profitti degli album (che ancora continuavano a fruttare qualcosina, grazie soprattutto a David) e si era trovata un appartamento a New Heaven, in Connecticut, che condivideva insieme a Annie. Aveva scelto di frequentare la facoltà di Architettura perché non ne sapeva assolutamente niente, e dopo aver passato tanto tempo a fare qualcosa in cui era brava si era decisa a tentarne una che non conosceva affatto. Quantomeno, non avrebbe rischiato di uccidere nessuno, fino a quando uno dei suoi edifici non fosse venuto giù.
Ora i suoi unici problemi erano gli esami, le bollette e la cena, e non più le scadenze, le prove per i concerti e i contratti… o, peggio ancora, Vaněk e Allwood.
Per la prima volta da tanto tempo era completamente libera di decidere per se stessa, ma soprattutto sicura di non fare niente che potesse nuocere alle persone intorno a lei. Non sarebbe mai più stata sfruttata.
Per questo non voleva tornare a New York, checché ne dicessero Annie o Dave.

Orlaith è ben decisa a non ricadere nella trappola della magia. C'è da capirla, a mio parere. Tuttavia...
Bene, la storia è iniziata. Spero vi piaccia quanto la precedente.
A presto!

 

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Capitolo 3
*** Cap. 2: L'arrivo ***


- No… no, non ci siamo capiti!- disse David Valdéz nel microfono dell’auricolare - Ho detto alle undici, chico, non alle dieci. Non me ne frega un cazzo, quelli sono problemi tuoi!- sbottò, picchettando lo schermo del tablet con un dito per aprire la rubrica degli eventi - Senti, fammi trovare tutto pronto, ho i Red Woods che devono suonare, e se non trovo l’impianto come ti ho chiesto ti assicuro che mi mangerò il tuo fegato con contorno di cipolline!-
Riattaccò scocciato, togliendosi l’auricolare dall’orecchio. Il tassista gli lanciò una rapida occhiata dallo specchietto retrovisore, abbozzando un sorrisetto a mezza bocca.
- Lei è quello della Lightning Tune Records, vero?- chiese - La riconosco perché era sempre insieme a quella tipa… Sparkling Star.-
- Già, sono io.- disse svogliatamente David, cancellando un appuntamento dall’agenda.
- È una in gamba, sa? Mia figlia stravede per lei.-
- Mh… ne sono felice.-
- Non è che magari c’è qualche evento in programma? Sa, così la faccio contenta…-
- Al momento no, si è ritirata.- rispose lui - Mi può lasciare qui.-
Il tassista accostò al marciapiede, con una manovra scattante che provocò le proteste di un paio di clacson. David non diede segno di fastidio: era fin troppo abituato al traffico di New York per farci caso.
Pagata la corsa entrò nel 432 Park Avenue e raggiunse il suo appartamento, dal quale poteva godere di una magnifica visuale della città e di Central Park, proprio di fronte al palazzo.
Aveva dovuto sborsare parecchio denaro per riuscire ad accaparrarsi un posto là dentro, ma ne era valsa la pena: il grattacielo constava ben novantasei piani, e comprendeva al suo interno un hotel, un campo da golf, una palestra e altri servizi, oltre a più di cento appartamenti. Ora poteva vantarsi di possedere un’ampia e luminosa abitazione bene arredata e completa di qualsiasi comfort potesse desiderare, dalla vasca idromassaggio al televisore ultrapiatto da sessanta pollici.
Vero era, anche, che ci passava poco tempo: con il suo lavoro poteva giusto dormirci, dare qualche festa e, occasionalmente, mangiare qualcosa a cena, ammesso e non concesso che i suoi impegni gli consentissero di rincasare. La donna delle pulizie, probabilmente, passava là dentro più tempo di lui.
Quello era uno dei rari casi in cui poteva permettersi di trascorrere un’oretta in casa prima di essere risucchiato di nuovo dal mondo della discografia, che ultimamente era diventato, almeno per lui, ancora più spietato e competitivo di quanto potesse esserlo inizialmente.
Cinque anni prima aveva ricevuto un ordine dal proprietario della Lightning Tune Recors, che gli imponeva di recarsi a Tresckow, un minuscolo centro abitato a circa due ore da New York, per incontrare un potenziale investitore.
L’uomo, se davvero esisteva, non si era mai presentato, ma durante il suo breve soggiorno in città aveva avuto modo di assistere all’esibizione di una ragazza del luogo, una violinista specializzata in musica elettronica e dubstep.
Fin dal primo momento aveva capito che Orlaith Alexander era destinata al successo e non aveva esitato a proporle di raggiungerlo a New York per discutere di un’eventuale collaborazione. Collaborazione che, nonostante la sua giovane età (all’epoca aveva diciannove anni e ben poca esperienza) si era rivelata estremamente fruttuosa per entrambi, negli oltre quattro anni che avevano lavorato fianco a fianco. Era diventata una stella in continua ascesa, amata da tutti e contesa dai più importanti teatri e palcoscenici del Paese.
Tutto questo era finito a causa di Stanislav Vaněk, il proprietario della Lightning Tune, e del suo avversario, un tizio di nome Allwood. Per colpa loro Orlaith se n’era andata, rifiutandosi di tornare a suonare, e già questo aveva causato un brutto colpo per la casa di produzione.
Inoltre, quell’idiota di Vaněk aveva pensato bene di farsi ammazzare, lasciando le Vaněk Industries nel caos più totale. Il consiglio di amministrazione aveva fatto l’impossibile per rimediare, e il risultato era stato che la Lightning Tune, adesso, era in un delicato momento di transizione: se tutto fosse andato bene sarebbe stata acquistata dalla Conrad Inc., un’altra multinazionale interessata a rilevare l’impresa del defunto Vaněk, ma molti (lui compreso, se non fosse stato attento) avrebbero potuto perdere il posto.
- Ah… a volte odio la mia vita…- brontolò, aprendo il frigo e prendendo una red bull.
Lo sportello metallico dell’elettrodomestico gli restituì l’immagine di un ispanico appena sotto i quaranta che, nonostante il look ammaliante e lo splendente sorriso, incorniciato da lineamenti molto curati, non riusciva a nascondere del tutto la stanchezza, gli occhi arrossati e i capelli leggermente disordinati a furia di passarci le dita in mezzo. Una volta era sempre impeccabile, sempre a posto, e adesso si stava lentamente trasformando nello spettro dell’uomo di una volta. Tutto per colpa di quei due.
Senza energy drink sarebbe probabilmente crollato a terra per la stanchezza.

Su Central Park splendeva un sole intenso e brillante, che riscaldava l’aria dell’inizio di ottobre. Quella era probabilmente una delle ultime belle giornate dell’anno, che presto avrebbe lasciato il posto al freddo grigiore dell’autunno. Il che era un bene, poiché gli operai avevano appena terminato la ristrutturazione del Tennis Center, e quel giorno era stata fissata la sua riapertura.
Jason Bates aveva quasi quarantadue anni, e lavorava come inviato del notiziario da almeno dodici. In tutto quel tempo non aveva mai avuto grosse occasioni, i suoi servizi spesso venivano tenuti come riserva o mandati in onda in differita. Non era famoso e aveva perso la speranza di fare carriera ormai da tempo, tuttavia sapeva ancora riconoscere le buone occasioni, quando gli si presentavano davanti. Purtroppo, quel servizio non lo era.
- Artie, fai una panoramica mentre aspettiamo.- disse al suo cameraman, mentre puliva gli occhiali nella camicia - Ci potrebbe servire in fase di montaggio.-
- So come fare il mio lavoro, signor J.- disse l’altro, spostando lentamente l’obbiettivo da un lato all’altro del campo da tennis, accanto al quale si era radunata una piccola folla in attesa.
- Non lo metto in dubbio, ma…- scosse la testa e non terminò la frase, rimettendosi gli occhiali: nemmeno lui sapeva dove volesse andare a parare.
- Tutto bene?- chiese Artie.
- Sì… è che non ne posso più.- brontolò - Questi servizietti da due soldi sono il nostro pane quotidiano… mi piacerebbe avere qualcosa di più, ogni tanto.-
L’operatore grugnì appena, aggrottando la fronte.
- Okay, io non sono un esperto…- ammise, abbassando un momento la cinepresa - … ma quello potrebbe fare al caso tuo.-
E indicò un punto a qualche decina di metri da loro, dove una fiamma blu si era accesa a mezz’aria.
Vedendo che s’ingrandiva di colpo, producendo uno spostamento d’aria che spazzò il terreno e gli fece svolazzare la giacca, Jason Bates comprese che quella era la sua grande occasione.

Mentre finiva la bibita, David accese il televisore e infilò nel microonde un burrito da mangiare al volo, prestando scarsa attenzione alle immagini che si muovevano sulla parete opposta. Diede uno sguardo al suo telefono personale, dal quale sperava di ricevere segnali di vita e che, invece, manteneva l’assoluto silenzio: era passato un giorno e mezzo dal suo ultimo messaggio a Orlaith, ma lei ancora non aveva risposto. Come al solito, del resto: se le chiedeva come andavano le cose, gli studi, Annie, suo padre eccetera rispondeva subito, anche con grande entusiasmo, ma se provava a chiederle di tornare i suoi messaggi rimanevano lettera morta.
- Bah… chica estupida…- borbottò bonariamente - Chiunque venderebbe l’anima per il tuo dono e tu studi architettura…-
Scosse la testa, recuperando il burrito, e mentre si girava verso lo sgabello più vicino gli cadde l’occhio sullo schermo dall’altro lato dell’appartamento, che mostrava uno scorcio di Central Park inquadrato dalla telecamera di canale sei. Gli ci volle un secondo per registrare la scritta “servizio in diretta”.
Non sembrava cronaca nera, ma era senza dubbio qualcosa di importante, perché il cameraman stava correndo con l’inviato verso qualcosa nell’erba, vicino al Central Park Reservoir, appena al di fuori dal sentiero. Incuriosito, si sedette sul divano e alzò il volume, mangiando lentamente il burrito.
- … stiamo avvicinandoci all’origine del fenomeno.- stava dicendo l’inviato, che si sforzava di correre e, al tempo stesso, guardare la telecamera - Per chi si fosse collegato ora, ricordiamo che c’è stato come una sorta di lampo che ha interrotto l’inaugurazione del Tennis Center dopo la sua ristrutturazione, appena terminata…-
David ingoiò quasi intero l’ultimo boccone, cercando di vedere dove stesse andando il giornalista: c’erano parecchie persone, e alcune riprendevano coi cellulari, altri si limitavano a correre verso il luogo in cui era avvenuto il fenomeno, ma era impossibile capire cosa fosse successo. Doveva esserselo perso per pochissimo.
- Ecco, ci siamo!- continuò l’inviato, facendosi largo con il cameraman tra la folla - Permesso… scusate, canale sei… scusate…-
Riuscirono a sgusciare tra i corpi dei newyorkesi che si erano ammassati lì attorno, e finalmente David poté vedere tutta la scena.
La telecamera stava inquadrando una zolla totalmente libera da alberi o steccati, ora ridotta a una grande macchia scura: l’erba era stata bruciata e il terreno annerito, come se una fiamma o una saetta avessero colpito all’improvviso, incenerendo tutto nel raggio di tre o quattro metri. In giro si vedevano i resti di un tavolo da picnic che ancora fumava, ormai ridotto a un ammasso di legna carbonizzata. Al centro di tutto c’era qualcosa.
Sembrava un uomo, ma indossava uno strano costume bianco, che gli dava un’aria vagamente inquietante e gli copriva totalmente la faccia. Era ben alto, forse un paio di metri, e abbastanza muscoloso. Sembrava che si stesse guardando intorno, anche se non si riuscivano a vedere i suoi occhi, e pareva quasi spaesato o confuso.
Non c’è che dire, amico… sei proprio strambo. Pensò David.
- Ecco… siamo sul luogo esatto del fenomeno, dove è apparso il lampo di luce.- spiegò l’inviato - Ora proveremo ad avvicinarci e a chiedere informazioni…-
Fece cenno al cameraman di seguirlo, mentre qualche ragazzino si scattava un selfie con il tizio in costume sullo sfondo. Probabilmente era una qualche trovata pubblicitaria, magari quelli di canale sei si erano inventati qualcosa per movimentare un po’ la giornata.
- Signore? Salve, mi sente?- disse l’inviato, quando fu a meno di un metro dal tizio in costume - Sono Jason Bates, canale sei. Ci può dire lei chi è?-
Il tipo, sentendo la voce del giornalista, si voltò completamente, e David poté vedere che il costume non era semplicemente bianco, ma dava l’impressione di poter intravedere gli organi attraverso la sua pelle, come se fosse traslucido.
- Wow… devo trovarne uno così per Halloween.- decise.
Il tizio in costume emise solo un verso vagamente gorgogliante, ignorando il microfono che il giornalista gli tendeva.
- Signore, può dirci cos’è successo? Sta bene?-
Ancora, un semplice verso in risposta, anche se stavolta David colse una nota più minacciosa.
- Signore e signori, a quanto pare il nostro amico ha subito un qualche tipo di shock, e non è in grado di rispondere…-
La frase venne interrotta bruscamente quando, con un grido furibondo e stridente, l’uomo mascherato afferrò il giornalista per la gola con una sola mano, sollevandolo senza alcuno sforzo.
Il resto fu solo caos.

Ahi ahi ahi... i guai stanno arrivando, e non del tipo che si risolve da sé...
Ringrazio di nuovo John Spangler, Old Fashioned e Roiben, che subito sono venuti a leggere anche questa storia. A presto!

 

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Capitolo 4
*** Cap. 3: Compromesso ***


Orlaith sbadigliò, senza curarsi di coprirsi la bocca, mentre davanti a lei il programma scaricava i file delle dispense dal sito della facoltà. La lentezza del download le disse che non doveva essere un file piccolo, né particolarmente divertente.
Beh, è per lo studio… non deve essere divertente.
Guardò l’orologio nell’angolo dello schermo, scoprendo che erano ancora le otto meno cinque: appena sei minuti dall’ultimo controllo. Se non avesse avuto caldo probabilmente avrebbe dormito anche di più.
Era seduta in cucina, al piccolo tavolo al centro della stanza, proprio davanti al frigorifero grigio e dimesso che ronzava pigramente nell’aria silenziosa della mattina. Annie dormiva ancora, probabilmente, ma conoscendola si sarebbe alzata presto: era una persona piuttosto mattiniera, le piaceva cominciare la giornata di buon’ora.
Mentre attendeva che il computer terminasse il proprio lavoro, ripensò per un attimo all’appartamento che aveva a New York: ampio, luminoso, bene arredato, col pavimento di parquet chiaro e dotato di elettrodomestici che, in quattro anni, non avevano mai ronzato senza motivo. Ora invece conviveva con la sua amica d’infanzia in un appartamentino con due camere da letto, un bagno e una cucina, dotato di mobili ed elettrodomestici in buono stato ma vecchi. Quella era una delle pochissime cose che rimpiangeva della sua vecchia vita: un appartamento comodo e perfettamente arredato. Ma non poteva avere tutto, in fondo.
Il suono improvviso dello sciacquone in fondo al corridoio le disse che Annie si era svegliata, e difatti dopo alcuni minuti la vide entrare in cucina stiracchiandosi, con addosso una vecchia camicia a quadri troppo grande per lei. La riconobbe subito, un tempo apparteneva a un ragazzo con cui si era vista per un periodo, prima che andassero ad abitare insieme. La portava solo in casa, quando non le andava di vestirsi.
- ‘giorno.- mugugnò, strascicando i piedi fino alla credenza per prendere il caffè - Io ho lezione tra un’ora, tu?-
- Problemi di sonno.- ammise lei - Ne approfitto per portarmi avanti.-
- Mi spieghi cosa c’è di interessante nell’architettura?-
- E nelle spighe di grano?-
- Beh, con quelle ci fai il pane.-
- E con l’architettura ci si fa questa casa.-
Lei grugnì, accendendo il fornello.
- Non posso discutere senza caffè.- decretò, chiudendo il discorso.
Prese due tazze pulite e si sedette con lei, versando il caffè a entrambe. Mentre bevevano in silenzio, un suono lontano disse loro che il telefono di Orlaith, in quel momento sul comodino, stava squillando.
- Lo guardo dopo.- sbuffò lei - Sono appena le otto e sette minuti, che cavolo…-
- Magari è importante.- osservò Annie.
- Niente è importante se succede prima del caffè.-
Mentre finiva di parlare, la suoneria s’interruppe.
- Visto?- la redarguì Orlaith - Se era importante avrebbero aspettato che…-
La suoneria del telefono di Annie, che la ragazza aveva scordato vicino al frigo la sera prima, si mangiò le sue parole.
- David.- disse lei, leggendo il numero sullo schermo, la fronte aggrottata - Hola, chico. Che vuoi a quest’ora? Sì, è qui con me. Okay, un attimo.-
Allontanò il cellulare e attivò il vivavoce.
- Orlaith, ci sei?- chiese David, dall’altro lato della linea.
- Sì, ti sento, Dave.- rispose - Come mai chiami così presto?-
- È una cosa urgente, bimba. Mi servi, e di corsa.-
Orlaith sbuffò.
- No, Dave, non è vero.- rispose - Non ci vengo a New York, lo sai!-
- Non è questo! Cioè, sì, devi venire qui, ma… cazzo, apri le mail… le puoi aprire, vero?-
- Sono a casa, certo che posso. Perché, cosa c’è?-
- Ti ho mandato un video, devi guardarlo subito.-
Scambiò uno sguardo con Annie, che si strinse nelle spalle, e fece come richiesto, girando lo schermo del pc perché anche lei potesse vedere. La mail, senza testo né oggetto, conteneva un unico link a Youtube che, una volta aperto, si rivelò essere una ripresa fatta tramite cellulare a Central Park.
Il filmato mostrò loro un uomo che sembrava un giornalista mentre si avvicinava con un cameraman a un tizio infilato in un orribile costume bianco al centro di una zolla erbosa carbonizzata, circondata da curiosi. All’improvviso, il tizio mascherato allungò una mano verso il giornalista e lo afferrò per la gola, sollevandolo da terra.
Mentre tutti cominciavano a gridare, l’altra mano dell’uomo mascherato si tramutò in una sorta di lama e aprì il giornalista come un’ostrica. All’istante la persona che reggeva il cellulare cominciò a correre, e dopo pochi secondi il video si interruppe.
- Carino.- commentò disgustata Annie - Quindi è questo che fai senza di lei, cerchi video splatter su Youtube?-
- Non è un video splatter!- rispose David, serio - Ragazze, ieri sono tornato a casa per pranzo… un miracolo… e ho acceso la televisione. Il giornalista che avete visto lavorava per canale sei. Ho visto il servizio in diretta.-
Le due amiche esitarono, guardandosi per un istante.
- David… stai dicendo che questo è un vero filmato?- chiese Orlaith, tanto per chiarire.
- Già. Sono sceso subito, lo sai che abito sopra il parco… quando sono arrivato c’erano già sbirri ovunque e non si poteva passare. La versione ufficiale è che si trattava della pubblicità di un film in lavorazione, ma ho parlato con un amico, ed è tutta una trovata del dipartimento per non far scatenare il panico. La verità è che non sanno assolutamente che cosa fosse quell’affare.-
Annie fece ripartire il video, bloccandolo nell’istante in cui la mano del mostro si trasformava.
- Cos’è? Lo sai?- chiese.
- Non ne ho la più pallida idea.- rispose il produttore - A quello che ho capito ieri, durante un evento da poco, quell’affare è comparso dal nulla, incenerendo l’erba nei dintorni e terrorizzando a morte chiunque fosse vicino a lui. Quel poveraccio si è avvicinato credendo di avere tra le mani un megascoop e… beh, avete visto anche voi.-
- E poi cos’è successo?-
- Casino.- rispose lui con semplicità - Le riprese dei momenti successivi sono confuse, questo è uno dei video migliori che ho trovato. Secondo il mio amico quel coso è scappato subito, ma lungo la strada ha ammazzato almeno altre tre persone. Potrebbe essere ancora nei pressi del parco, forse si nasconde da qualche parte, ora lo stanno cercando, e quella zona è interdetta al pubblico.-
- Va bene, ma cosa vuoi da noi?- chiese Orlaith.
- Non da voi, da te. E quello che voglio è ovvio: aiuto, bimba. Sei l’unica persona che conosco con esperienza in… cose assurde.-
Orlaith esitò, fissando il mostro sullo schermo con tanto d’occhi.
- Stai scherzando, spero!- esclamò - Dave, non ho idea di cosa sia quell’affare! Non ho mai visto niente del genere! Di certo non è un Homunculus, e nemmeno uno stregone!-
- E i libri di quello stronzo? Li hai presi tutti tu, no? Non c’è qualche indizio?-
- Beh… non ho letto tutto quanto, la maggior parte era scritta in lingue che non conosco.- rispose lei, ripensando ai tomi che aveva portato via dalla casa di Jayden Allwood dopo la morte di quest’ultimo - E poi cercavo solo notizie sulle mie capacità, non su… strane creature che trasformano le mani in spade!-
- Sei comunque l’unica che possa affrontare quell’essere.- insisté David - Quante persone hanno capacità come le tue? Tieni conto che, se davvero è ancora qui, potrebbe uccidere ancora. Non mi sembra molto amichevole. Te l’ho detto, ho visto il servizio, e non è stato provocato. Cioè, a volte anche io vorrei prendere a schiaffi qualche reporter, ma quello è proprio schizzato!-
- David, lo sai cosa ne penso delle mie… capacità, come le chiami tu!-
- Orlaith…-
- Dave, ti richiamiamo.- intervenne Annie, riattaccando.
Guardò Orlaith, che riconobbe la luce nei suoi occhi e sospirò.
- Stai per dirmi che devo andare, vero?-
- Certo che sto per dirtelo.- confermò l’amica - Se davvero è a Central Park, David potrebbe essere in pericolo. Abita lì accanto, potrebbe aggredirlo in qualsiasi momento.-
- Non possiamo dirlo con sicurezza. Potrebbe essersene andato.-
- Ma potrebbe essere ancora lì. E comunque, potrebbe aggredire anche qualcun altro. Central Park è molto frequentato, lo sai meglio di me.- ribatté Annie - E poi… io credo che ti farebbe bene.-
Orlaith aggrottò la fronte.
- Cosa?-
- Beh, lo sai… dovresti suonare per forza per affrontare quel… coso.- spiegò Annie, stringendosi nelle spalle - Magari ti farà tornare la voglia.-
- Annie…-
- Orlaith, questo va oltre la paura dei tuoi poteri!- esclamò Annie - Si tratta di fare qualcosa di giusto: tu puoi intervenire, e stavolta non è un qualcosa di astratto tipo la pace nel mondo… parliamo di salvare delle vite umane nell’immediato. Se non te ne fregasse niente non faresti tante storie per il fatto che hai paura di tornare a suonare, no?-
Orlaith esitò, incapace di contestare la logica dell’amica: era vero, aveva smesso di usare i suoi poteri per paura di fare del male a qualcuno, ma non usarli in quel frangente avrebbe provocato sicuramente delle morti. Tuttavia, aveva ugualmente delle riserve nell’usarli, anche per una cosa come quella.
- Non lo so, Annie.- ammise - Insomma… hai ragione, sì, però… e se finissi col peggiorare le cose?-
- Se, se…- ripeté scocciata l’amica - Tesoro, e se una tegola si staccasse e cadesse in testa a qualcuno? Il muratore che l’ha messa lì dovrebbe farsi venire i complessi prima di costruire il tetto successivo?-
- Io non sono un muratore.-
- No, sei una lagnosa, adorabile violinista irlandese.- rispose lei, prendendole la testa tra le mani e schioccandole un vigoroso bacio sulla fronte - E ti adoro per questo. Ed è bellissimo che tu ti faccia tanti scrupoli, però devi anche superare le tue paure, a un certo punto.-
Orlaith sospirò, scuotendo la testa.
- Va bene.- cedette - Ma solo per questa volta, e solo per fermare quella cosa. Non ricomincerò a suonare come prima: andiamo a Tresckow, recupero il violino, poi raggiungiamo Dave e risolviamo questo problema. Poi rimettiamo il violino a posto e ce ne torniamo qui e ci laureiamo come fanno tutte le ragazze della nostra età, okay?-
- Okay!- esclamò tutta contenta Annie, battendo le mani - Io faccio i bagagli, tu chiama tuo padre!-
E scomparve in corridoio, eccitata come quando, mesi prima, Orlaith le aveva proposto di andare a vivere insieme.

E quindi niente, Orlaith è costretta a tornare a New York, e a usare ancora il violino...
Ringrazio John Spangler, Old Fashioned e Roiben, che mi seguono. A presto!

 

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Capitolo 5
*** Cap. 4: La caccia ***


Il vento faceva ondeggiare vigorosamente il nastro giallo che delimitava la scena del crimine e gli orli della grande tenda di plastica gialla che copriva la zolla incenerita; il Detective Anthony Righetti si accese una sigaretta, aggirando il tronco di un albero per fare scudo alla fiamma dell’accendino, senza perdere d’occhio il sito.
Era tardi, il buio stava già calando, e la scientifica aveva ormai finito i rilevamenti, ma lui sentiva che quel posto aveva ancora qualcosa da dirgli: le testimonianze, le tracce, gli indizi raccolti… tutto, in quella storia, era totalmente folle.
A quarant’anni non poteva permettersi di credere alle storie sui mostri, ma ormai in città non si parlava d’altro. Dopo quello che era successo più di ventiquattro ore prima lui stesso stava cominciando a vacillare.
Intendiamoci… era sempre stato un tipo concreto, che fin da ragazzino si era spaccato la schiena per lavorare, prima come ragazzo dei giornali, poi come magazziniere in un supermercato e infine come poliziotto. Non amava le fantasie, e normalmente non avrebbe mai dato credito ai racconti su di un mostro capace di trasformare il suo braccio in una lama.
Eppure…
Un fruscio lo fece voltare di scatto, facendogli drizzare tutti i peli della nuca; gettò la sigaretta, una mano corse rapida alla fondina, senza pensare, ma non estrasse l’arma e rimase in attesa, gli occhi azzurri fissi sul cespuglio che si era mosso.
Non sapeva spiegare nemmeno a se stesso quella reazione: poteva essere un gatto randagio, oppure un ratto. Eppure, sentiva nel profondo un’intensa inquietudine che lo spingeva a stare sul chi vive, un pericolo non meglio specificato.
Ma, a dispetto del suo istinto, a venir fuori dalla pianta fu un coniglio bianco.

Righetti buttò fuori il fiato mentre l’animale si alzava su due zampe e lo fissava con curiosità, anche se il pizzicore alla nuca non accennava ad andarsene. Il coniglio lo osservò per un momento, poi cominciò a zampettare in una direzione qualsiasi senza più dargli retta, mostrandogli la coda con tutta l’indifferenza possibile.
Devo stendermi… Pensò, scuotendo la testa. Ho accumulato troppo stress.
Già pregustava la pizza ai peperoni e salame piccante accompagnata dalla birra ghiacciata che lo aspettava a casa… magari avrebbe potuto anche passare in videoteca ad affittare un film di qualche tipo, forse una commedia, tanto per staccare un po’. Gli serviva riposo.
- Da quella parte, presto!-
Una voce nemmeno troppo lontana lo fece sobbalzare, mentre dei passi concitati risalivano il sentiero. Voltandosi freneticamente, la mano di nuovo sull’arma, Righetti cercò in fretta la persona che aveva parlato; vide qualcuno, forse un piccolo gruppo, correre nella stessa direzione in cui era fuggito il coniglio, ma era già troppo buio per distinguere più di qualche svolazzo e movimenti confusi.
Fece per identificarsi e ordinare loro di rimanere dove si trovavano, ma qualcosa lo bloccò, dicendogli di rimanere in disparte, la stessa sensazione di pochi istanti prima che si faceva sentire. Cercando di non farsi vedere, rincorse il gruppo in silenzio, mentre quelli si infilavano tra gli alberi del parco, uscendo dal sentiero. A giudicare dal baccano che facevano, stavano andando davvero di fretta.
- Ka!- gridò qualcuno, un uomo con una voce particolarmente aspra - Odio quel coso!-
- Risparmia il fiato e corri!- rispose un altro, dal tono più lugubre e profondo.
Senza preavviso i passi si fermarono poco più avanti, e anche Righetti si bloccò, sbirciando al meglio oltre l’albero che gli faceva da riparo, estraendo la pistola: lo spettacolo davanti a lui si rivelò alquanto… surreale, per così dire.
Erano quattro persone, assurde anche per quella città, due uomini e due donne. Una delle donne era pallida, dai lunghi capelli bianchi raccolti in una coda dietro la testa. Probabilmente era albina, e stringeva in una mano un piccolo pugnale nero. Indossava un gilet di cuoio su abiti da viaggio antiquati e vecchi stivali graffiati. L’altra, invece, aveva i capelli altrettanto lunghi ma color viola intenso, e a differenza della compagna indossava solo due drappi di stoffa bianca, uno che le copriva il petto e l’altro avvolto intorno alla vita come se fosse una gonna, o un pareo.
Anche uno dei due uomini (paradossalmente, quello meno inquietante) era albino, e impugnava due armi da fuoco simili a piccoli fucili il cui modello Righetti, pur avendo una certa esperienza in materia, non fu in grado di riconoscere.
L’altro, invece, era più alto, dalle spalle larghe e il fisico sottile, vestito completamente di nero. La testa era coperta da una sorta di casco metallico integrale, in cui si aprivano solo due fessure per gli occhi, gelidi e brillanti come dei led. Appese alla sua schiena c’erano due enormi armi da taglio, anch’esse completamente sconosciute a Righetti. La sua figura era la più inquietante del gruppo, tanto che guardandolo sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
Si erano messi in cerchio, bloccando ogni possibile via di fuga allo stesso coniglio bianco che aveva visto lui, fermo al centro del gruppo, come se avessero voluto prenderlo in trappola. Era quello che stavano inseguendo.
Una battuta di caccia in piena notte, in quattro e a Central Park? Pensò il poliziotto, aggrottando la fronte. Chi diavolo sono questi tizi?
- Ora basta.- disse l’uomo in nero, con lo stesso tono di voce tenebroso che aveva sentito prima - Sei scappato troppo a lungo, e francamente non dovresti essere qui. Nessuno di noi dovrebbe.-
Righetti sgranò gli occhi, stupefatto: stava parlando… al coniglio?
- Basta parlare, finiamola!- sbottò l’uomo con i fucili, togliendo la sicura alle armi e puntandole verso l’animale.
- Keith ha ragione.- disse la donna coi capelli viola - Non mi va di stare qui.-
- Sì, nemmeno a me.- concordò l’uomo in nero, allungando una mano verso l’impugnatura di una delle sue armi.
A quel gesto, il coniglio cominciò ad agitarsi.
Anzi, non agitarsi… il suo intero corpo prese a tremolare, come se sotto la pelle il sangue gli stesse ribollendo nelle vene. Per un attimo Righetti pensò che stesse per esplodere, ma poi cominciò a crescere e a deformarsi in modo innaturale, contorcendosi e allungandosi alternatamente.
Davanti agli occhi increduli del poliziotto, la creatura che si vedeva nei video di Youtube era comparsa al posto del coniglio, emettendo gorgoglii inconsulti mentre fronteggiava l’uomo in nero, che sembrò improvvisamente farsi più cupo, anche se la sua faccia era nascosta dal casco, la mano ancora serrata sull’impugnatura sopra la sua spalla.
- Possiamo farlo in due modi.- disse con durezza - A te decidere quanto male dovremo farti.-
Okay… adesso basta!
- Fermi!- gridò Righetti, puntando la pistola.

L’intero gruppo si voltò verso di lui, stupefatto per il suo arrivo improvviso. Tutti lo fissarono, poi fissarono la pistola e infine fissarono di nuovo lui.
O meglio, i quattro in cerchio lo fissavano. La cosa che stavano circondando, invece, ora lo vedeva, era assolutamente priva di lineamenti riconoscibili, come si vedeva nei filmati a cui lui si era rifiutato di credere.
E proprio quella fu la prima di loro a riprendersi, scattando all’improvviso verso l’uomo in nero. Il suo aspetto cambiò ancora, le braccia divennero una miriade di tentacoli biancastri e violacei che avvilupparono l’uomo prima che potesse muoversi, spostandolo poi sulla traiettoria di tiro dell’uomo di nome Keith, il quale scelse proprio quel momento per sparargli contro.
I proiettili colpirono il suo compagno, che ancora si agitava per liberarsi dal groviglio di membra ostili, lasciando indenne la creatura; subito dopo, quella scaraventò l’ostaggio addosso al resto del gruppo, scattando in direzione di Righetti che, terrorizzato, aprì il fuoco.
Sparò più volte, ma nessuno dei colpi andò mai a segno, complice il fatto che la cosa, muovendosi verso di lui, si stava come rimpicciolendo, o assottigliando, diventando un bersaglio sempre più difficile, più sfuggente.
Un serpente bianco latte era lanciato verso di lui, a mezz’aria, il corpo teso, le fauci spalancate che mostravano lunghe zanne velenose…
La bocca del rettile scattò con uno schiocco a pochi centimetri dal suo viso, soffiando con rabbia, trattenuto a stento per la punta della coda dalla donna coi capelli viola che, stesa a terra, era scattata avanti e lo aveva afferrato all’ultimo secondo, sporcandosi di terra e di erba.
Le gambe gli cedettero di schianto, incapaci di reggere ancora, e Righetti si ritrovò col sedere sull’erba umida e la gola secca, il cuore che pulsava a mille. Anche il serpente rovinò a terra, ritrasformandosi di nuovo, tornando a essere la creatura che si vedeva nei filmati, la caviglia ancora ben stretta tra le dita della donna.
- Lascialo in pace.- gli ordinò in tono freddo, guardandolo dal sotto in su.
Il mostro alzò un braccio, tramutando la mano nella stessa, lunga lama che aveva già usato per uccidere le sue prime vittime. Di nuovo, Righetti alzò la pistola, vuotando il resto del caricatore contro di lui.
Stavolta gli dava le spalle, ed era anche molto vicino: i proiettili penetrarono nella sua carne come se fosse burro, facendogli uscire sangue viola dalle ferite. Un penetrante e prolungato gorgoglio di dolore uscì dal suo corpo, anche se non aveva bocca, e Righetti esultò dentro di sé: per quanto terrificante fosse, quella cosa non era a prova di proiettile, dopotutto.
Sfortunatamente, la sua gioia durò poco, mentre il mostro si faceva spuntare delle spine su buona parte del corpo; la donna lanciò un grido di dolore e gli lasciò andare la gamba, mentre lui si voltava di scatto e colpiva con forza Righetti con il braccio ancora “normale”, prendendolo alla testa.
A quel punto le cose divennero nere, e lui si spense come una lampadina.

Il povero Righetti non sa cosa ha appena visto... e si pentirà della sua scoperta.
Ringrazio John Spangler, Old Fashioned e Roiben, i miei lettori. A presto!

 

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Capitolo 6
*** Cap. 5: Il ritorno del Violino di Dio ***


- Nova, tutto a posto?- chiese Nightmare, mentre il mostro correva via, inseguito da Keith.
La Cercatrice annuì, stringendosi la mano sanguinante: le spine avevano perforato la pelle in numerosi punti, ma non sembrava grave. Subito, Rin le fu vicina, sollevandole la mano e prendendo nel contempo delle bende dalla borsa che portava al fianco.
- Vai, ci penso io a lei, tu aiuta Keith!- esclamò.
Nightmare annuì e si lanciò all’inseguimento, mentre il suono delle armi di Keith spezzava l’aria notturna, seguito poco dopo da alcune imprecazioni. Quando uscì dagli alberi vide il Kolak steso a terra, uno dei fucili abbandonato sul terreno e l’altro messo di traverso per bloccare il braccio a forma di lama del Relitto.
- Ehi!- gridò, sguainando i grandi falcioni - Non stai dimenticando qualcuno?-
Il demone alzò di scatto la testa priva di occhi, mentre Nightmare sollevava le armi e Keith, ora un po’ più libero, scansava bruscamente il braccio del nemico e lo afferrava per le spalle con entrambe le mani, bloccandolo.
Purtroppo non fu sufficiente a fermarlo e, alzando l’altro braccio, quello ancora normale, trasformò le dita in due identici tentacoli che si avvilupparono attorno alle mani di Nightmare, bloccando il suo attacco per poi sollevarlo sopra la sua testa e scaraventarlo via, proprio verso la tenda gialla della polizia, che crollò sotto il suo peso e lo avvolse in un caotico groviglio di tiranti, tela e tubi di metallo sottile.
Keith seguì la parabola del Comandante con apprensione, poi riportò lo sguardo sull’avversario che, ancora sopra di lui, cambiò di nuovo aspetto, stavolta al volto, sul quale si stava aprendo un taglio.
No, non un taglio: era una bocca, ampia e vorace, al cui interno Keith poté vedere numerose file di zanne affilate simili a coltelli.
- Ka…- grugnì lui.
Mentre scattava verso il suo collo, un suono melodioso e vivace giunse alle sue orecchie.

Qui il brano

Era un suono ritmato, proveniente da uno strumento musicale dalle note acute e penetranti; quasi contemporaneamente, come se stesse rispondendo agli accordi, l’erba si mosse in un fruscio rapido, allungandosi e avvolgendosi attorno alle spalle e al collo del Relitto, strattonandolo via da Keith, che rimase a terra con gli occhi sgranati, sorpreso e confuso.
Nightmare seguì il suono fino ad una figura non lontana da loro, che suonava quello che senz’ombra di dubbio era un violino dal quale proveniva un suono più potente e più chiaro di quanto fosse corretto aspettarsi da uno strumento scollegato da qualsiasi impianto di amplificazione.
A impugnarlo era una figura danzante, femminile, che riusciva a distinguere abbastanza bene malgrado il buio, grazie ai sistemi di visione notturna della corazza: era decisamente più bassa di lui, dai capelli rossi e un fisico minuto, probabilmente poco sopra la ventina. Teneva gli occhi chiusi, e sembrava come estranea al combattimento, malgrado lo stesse affrontando in prima persona. Si muoveva al ritmo della sua stessa musica, suonando e ballando contemporaneamente, e ad ogni nota succedeva qualcosa di diverso.
Dopo che il Relitto a cui stavano dando la caccia era stato preso, infatti, l’erba si era mossa di nuovo, avvolgendosi sul mostro in agitazione come a volerlo sommergere.
Purtroppo non aveva fatto pienamente i conti con la determinazione del mostro che, mutando per l’ennesima volta il proprio aspetto, fece comparire su tutto il suo corpo numerose protuberanze taglienti e affilate, con le quali ruppe i fili d’erba che lo trattenevano e cadde a terra. Dalle ferite sulla sua schiena (che già si stavano rimarginando a una velocità spettacolare) usciva ancora qualche goccia di sangue, ma non parve farci caso e, gorgogliando furioso, si lanciò verso la nuova avversaria, sollevando il braccio a forma di spada.
Quella, senza nemmeno guardarlo (ancora non aveva aperto gli occhi) evitò il suo attacco semplicemente facendo un passo laterale, apparentemente ignara del pericolo, e un secondo più tardi una nota particolarmente potente del brano sembrò letteralmente spazzare l’aria, provocando uno spostamento così brusco da respingerlo.
Il Relitto emise un verso di allarme mentre veniva sollevato da terra e poi ricadeva tre metri più in là, ruzzolando scompostamente e rialzandosi furioso. Nightmare spostò lo sguardo da lui alla violinista, vagamente colpito dalle sue capacità, e poi guardò Keith, ancora seduto a terra, a sua volta intento a fissare la scena.
- Tutto bene, ragazzo?- gli chiese, mentre lo scontro tra i due proseguiva.
- Eh?- fece il Kolak, riscuotendosi - Ah, sì… sì, sì, tutto a posto.- rispose, alzandosi e raccogliendo le armi cadute - Ma quella chi cavolo è? Credevo che qui non ci fosse nessuno del genere.-
- Sì, anche io.- rispose Nightmare, impugnando di nuovo un falcione - Ma penseremo a questo più tardi.-
Mosse qualche passo verso lo scontro in corso, anche se una nuova nota spazzò con ancora più potenza l’aria, respingendo un balzo letale del Relitto che, ancora a mezz’aria, fu letteralmente spazzato via e scaraventato contro l’albero più vicino, che si troncò di netto sotto la potenza della spinta.
Keith emise un fischio penetrante.
- Porca miseria!- esclamò - Propongo di stare lontani finché non finisce, che dici?-
Nightmare annuì lentamente: di certo, non era il caso di essere presi nel mezzo. Quella Nativa, chiunque fosse, era decisamente pericolosa.
Ad ogni modo, anche il Relitto sembrava pensarla in quel modo, perché dopo essersi rialzato mutò forma e assunse l’aspetto di un pipistrello albino.
Con un rapido frullo delle ali membranose, la creatura si levò in volo e scomparve rapidamente nel buio, sparendo nella notte.
- NO!- gridò Nightmare, furioso.
- Fermi!- lo richiamò una voce femminile.
Lui e Keith si bloccarono dov’erano, voltandosi verso la violinista che, senza abbassare il suo strumento, spostava lo sguardo da loro a Nova e Rin, ancora ferme al limitare degli alberi tra i quali avevano circondato il Relitto.
- E voi chi diavolo siete?- chiese, guardandoli con sospetto.
- Chi siamo noi? Chi sei tu, ragazzina!- sbottò Keith.
- Taci.- disse Nightmare, seccato, facendo un passo avanti.
Si avvicinò all’estranea, la quale lo tenne d’occhio senza abbassare la guardia, fermandosi a circa tre metri da lei. Alle sue spalle, Nightmare vide altre due persone, un’altra ragazza e un uomo, entrambi sopraggiunti probabilmente durante la confusione dello scontro in corso.
- Grazie per il tuo aiuto.- disse - Ma non possiamo fermarci. Dobbiamo inseguire di nuovo quell’essere, prima che ci sfugga.-
- Voi non andate da nessuna parte se prima non mi spiegate cos’era quella... cosa!- protestò lei, emettendo una nota minacciosa col violino, muovendo appena l’archetto - O vuoi che vaporizzi anche voi quattro?-
- Sì, provaci…-
- Keith!- sbottò Nightmare, alzando una mano.
Il Kolak distolse lo sguardo, scocciato, e non disse nient’altro. Riportò gli occhi sulla ragazza, studiandone la serietà, la fermezza, la rigidità della postura, mentre gli scanner interni della corazza la esaminavano: aveva il battito accelerato, le pupille dilatate, ma il respiro era relativamente controllato, compatibile con chi ha appena sostenuto uno sforzo fisico come, appunto, il ballo, e non con chi era in preda al terrore. Era spaventata, ma anche determinata e decisa. Non sapeva cosa aspettarsi da loro, né chi era amico e chi no. Non voleva nuocergli senza essere costretta, ma nemmeno lasciarli andare senza sapere quanto fossero pericolosi.
Al suo posto, avrebbe agito allo stesso modo.
- Molto bene.- disse Nightmare, annuendo lentamente - Risponderemo alle tue domande, ma non qui. Portaci dove si può parlare senza essere disturbati e avrai i chiarimenti che chiedi. Non faremo del male né a te né ai tuoi amici, hai la mia parola.-
La ragazza rilassò impercettibilmente la postura, ma non addolcì la sua espressione.
- Dave… possiamo andare da te?- chiese, senza voltarsi.
L’uomo alle sue spalle esitò, allargando le braccia. Nightmare lo osservò bene, rendendosi conto che era un ispanico dai capelli neri pieni di gel e gli occhi piccoli e brillanti, che indossava abiti dall’aria costosa, probabilmente firmati. Forse lavorava nello spettacolo.
- Da… da me?- rispose - Perché da me?-
- Dove vorresti portare due vampiri, Iron Man e una tizia coi capelli viola, a teatro?- chiese l’altra ragazza che era con lui, ironica.
- Questa è New York, chica. Chi se ne accorgerebbe?-
- Dave, finiscila!- sbottò la violinista.
L’uomo emise un gemito scocciato, facendo ricadere le braccia.
- Okay… venitemi dietro…- rispose, cominciando subito dopo a brontolare vari tipi di lamentele in spagnolo.
- Grazie.- disse Nightmare - Rin, come sta il poliziotto?-
La Kolak si avvicinò di qualche passo, pulendosi le mani sporche di sangue in un panno.
- Vivo.- rispose - Si riprenderà. Ha solo preso una botta in testa, ma non dovrebbero esserci conseguenze gravi.-
- Di che poliziotto parlate?- chiese la violinista.
Nightmare scosse la testa.
- Ti spiegherò tutto quando saremo tranquilli.- rispose - Ti prego, facci strada.-
La ragazza lo guardò ancora per un istante, poi abbassò finalmente il violino e si fece da parte, come a dire “dopo di voi”.
- Sicuro di quello che fai?- chiese Nova, avvicinandosi.
Aveva una mano fasciata, e qualche macchia di sangue sugli abiti, ma nessun altro segno di ferita o menomazioni. Sarebbe guarita in fretta.
- Può aiutarci.- rispose Nightmare - Non siamo a casa nostra, potremmo aver bisogno di un supporto.-
Keith li affiancò, scuro in volto.
- Bah… secondo me ci creerà problemi.- grugnì.
Nightmare ridacchiò.
- Sai, scommetto che lei pensa lo stesso di noi.-

Orlaith incontra finalmente i "visitatori" e ha il suo primo scontro (purtroppo interrotto) con la creatura. Ora non resta che vedere come si evolverà la situazione.
Ringrazio come sempre John Spangler, Old Fashioned e Roiben, che mi stanno seguendo. A presto!

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Capitolo 7
*** Cap. 6: Gli Xenonauti ***


La donna di nome Rin stappò una bottiglia di disinfettante che David le aveva preso dal bagno e la usò per pulire le ferite sulla mano della compagna la quale,seduta silenziosamente su uno degli sgabelli della cucina, osservava il suo lavoro con sguardo vagamente distante. Keith, l’uomo con i fucili, stava invece guardando con enorme curiosità la televisione, come se non ne avesse mai vista una prima di allora, studiandone con attenzione ogni angolo. Il loro capo, invece, era davanti all’ampia finestra, e fissava imperscrutabile il panorama di New York con le mani affondate nelle tasche del lungo cappotto nero che indossava, simile a un grosso e cupo spaventapasseri.
Dall’angolo in cui si era rintanata, Orlaith li guardò uno ad uno, affiancata da David ed Annie, cercando di capire chi potessero mai essere: Nightmare, così si era presentato in ascensore, era decisamente più strano e inquietante di tutti gli altri membri di quel piccolo gruppo, e di sicuro nessuno di loro sembrava appartenere a quel luogo. Erano evidentemente fuori posto, come accordi di rock 'n' roll in uno spartito di Mozart.
E poi, la cosa contro cui stavano combattendo…
- Allora?- sussurrò Annie - Chi sono?-
- Cosa? E lo chiedi a me?- rispose Orlaith.
- Beh, sei tu quella che ha esperienza di magia, no?- osservò David, grattandosi la testa.
- Non significa che sappia tutto.- brontolò lei, scocciata - Nei libri che ho preso a Staten Island non c’è niente su questi qui.-
- Non ci troverai in nessun libro, signorina Alexander.- disse Nightmare, senza voltarsi - Ragazzo, lascia stare il televisore, non sei qui per fare il turista.-
- Beh, visto che non posso uccidere Doppy…- brontolò lui, allontanandosi dall’elettrodomestico con aria scocciata.
- Chi?- chiese Annie.
- La creatura che Orlaith ha scacciato.- spiegò Rin, mentre metteva nuove bende pulite sulla mano di Nova - Stavamo dando la caccia a lui.-
- Ah… e che cos’è?-
Nightmare sospirò, passandosi una mano sulla testa… o meglio, sul metallo di cui era ricoperta, come se fosse stanco.
- I lampeggianti si allontanano da Central Park.- decretò - Hanno trovato il Detective Righetti.-
- Dovremmo preoccuparcene?- chiese Keith.
- Non lo so. Spero di no.- rispose l’uomo, voltandosi finalmente verso di loro - Bene… se volete sedervi, vi spiegherò ogni cosa. Nova, la tua mano?-
La donna sollevò l’arto, tutto coperto di bende bianche, e contrasse le dita per quanto le era consentito, senza cambiare espressione. Non aveva ancora quasi mostrato emozioni.
- Con la velocità di guarigione che ha, starà bene entro domattina. Non era grave.- decretò Rin, sciogliendo il nastro con cui aveva fermato i capelli e scuotendoli per farsi aria.
Nightmare annuì e guardò di nuovo Orlaith.
- Prego.- disse, indicando il divano.
David s’incupì.
- Mi dice di accomodarmi a casa mia…- brontolò scocciato.
Orlaith gli diede una gomitata e andò a sedersi insieme agli amici, mentre Nightmare rimaneva in piedi davanti a loro. Keith invece raggiunse le compagne, sistemandosi a sua volta su uno sgabello, appoggiando la schiena all’isola.
- Allora…- cominciò l’uomo in nero, mettendo le mani sui fianchi - Intanto, vorrei capire quanto ne sapete di magia.-
- Abbastanza.- rispose Orlaith - Ho i miei poteri, e conosco molte cose sugli Homunculi e i Cerchi Magici. Ho studiato i libri di uno stregone morto molto esperto di Quinta Arte e…-
Nightmare alzò la mano per fermarla, scuotendo la testa.
- Va bene. Non so di cosa tu stia parlando.- disse - Non conosco questo tipo di magia, non ho nulla in banca dati. Quello che vorrei sapere è: cosa sapete sullo spostamento dimensionale?-
Orlaith sgranò gli occhi e guardò David e Annie, che le restituirono occhiate altrettanto sorprese e confuse.
- Ehm… cosa?-
- Direi “niente”, Nightmare.- commentò Keith, alle loro spalle.
- Sì, grazie tante, Keith…- sbuffò l’uomo, scoccandogli uno sguardo penetrante - Ora, ascoltate con attenzione, per favore, perché è un argomento complesso, anche se cercherò di essere più chiaro possibile: questa non è l’unica realtà, il solo universo esistente.-
- Cosa?- chiese David, agitandosi appena sul divano - In che senso? Di che cosa parli?-
- Dave, sssh!- fece Orlaith.
- Ne esistono altri. Altri universi, o realtà, differenti da questa. Non so quante, io ne conosco circa diciassette, contando anche la vostra. Noi siamo Xenonauti, nello specifico, ovvero esploratori di realtà alternative, e abbiamo generalmente l’incarico di raccogliere informazioni, inseguire fuggitivi e prendere eventualmente contatto con i Nativi.-
- Nativi?-
- Persone che, come voi, sono nate nella realtà che stiamo visitando.- chiarì Nightmare - Per contro, noi qui siamo degli Esterni. Sono termini con cui identifichiamo le persone nei nostri rapporti.-
- Da come parli, mi sembra chiaro che lavori per qualcuno.- osservò Orlaith.
- Sei sveglia.- rispose lui - Sì, è vero. Il nostro capo si chiama Rowel, e gestisce un’ampia organizzazione il cui scopo è sorvegliare e proteggere il nostro mondo. Su suo ordine, noi quattro siamo stati mandati a cercare, alcune settimane fa, un’antica reliquia perduta da tempo, una Pietra di Trasferimento.-
- Una cosa?- chiese David.
- Si tratta di un manufatto pressoché unico, un rimasuglio di tempi molto antichi.- spiegò Nightmare - Consente di attraversare le realtà, viaggiando dall’una all’altra. Purtroppo non eravamo gli unici sulle sue tracce.-
- Quel… “Doppy”?- chiese Annie, voltandosi a guardare Keith, che fece un sogghigno.
Nightmare ridacchiò.
- Sì, beh… è uno stupido nomignolo che gli ha dato Keith. Il suo nome è Doplanker, ed è ciò che, da noi, viene definito “Relitto Oscuro”.-
- Relitto Oscuro?- ripeté Orlaith.
- Una creatura antica.- spiegò Rin, alzandosi e avvicinandosi a Nightmare - Uno dei primissimi abitanti del nostro mondo, sopravvissuto ai millenni e corrotto dalla magia. Una delle cose che facciamo noi è dare la caccia ai Relitti Oscuri e ucciderli.-
- A parte la mamma di Sparkle…- commentò Keith.
- Nova, per favore…- sospirò Nightmare - … al suo prossimo commento, tappagli la bocca per me.-
Keith guardò la compagna, che gli restituì un’occhiata impassibile.
- Quindi, questo Do… come si chiama?- chiese Orlaith, alzandosi e muovendo qualche passo per schiarirsi le idee.
- Doplanker.-
- Questo Doplanker… è una specie di mostro, giusto?-
- Si può definire demone.- disse Rin, incrociando le braccia.
- E la Pietra? Non la stavate cercando?-
Nightmare sospirò di nuovo, abbassando lo sguardo con aria sconfitta.
- Sì, e ora la nostra missione è diventata ancora più urgente.- spiegò - Come ho detto, il Doplanker era a sua volta alla ricerca della Pietra di Trasferimento… in effetti è stato per via delle sue azioni che abbiamo scoperto dell’esistenza della Pietra… e sfortunatamente aveva un ulteriore vantaggio su di noi.-
- Sapeva dov’era.- intuì la violinista.
Nightmare annuì.
- Aveva capito da dove cominciare le sue ricerche prima ancora che sapessimo della sua esistenza, e se ne è impossessato. L’ha raggiunta prima di noi e l’ha usata per sfuggirci.-
- Quel coso è un maledetto vigliacco sfuggente!- sbottò Keith, scocciato.
Subito dopo emise un verso di dolore e ci fu un po’ di trambusto. Tutti si voltarono a guardarlo e videro Nova col braccio ancora teso, mentre lui era a terra un paio di metri più in là, lo sgabello rovesciato: lo aveva colpito col palmo.
- Parlavo di commenti inutili, Nova.- chiarì Nightmare.
La donna guardò prima lui e poi Keith, che le restituì un’occhiata furiosa dal pavimento.
- Dovresti essere più chiaro.-
- Ha ragione…- concordò Rin - Lo sai che è priva di senso dell’umorismo.-
Nightmare non rispose.
- Come stava dicendo Keith, il Doplanker è un vigliacco, e molto bravo a scappare.- continuò - Ma anche un avversario formidabile, se occorre.-
- Non potete ucciderlo?- chiese Orlaith.
- Possiamo eccome.- grugnì scocciato Keith, raddrizzando lo sgabello.
- Non può affrontare tutti e quattro noi messi insieme.- spiegò Rin - Ma è quasi impossibile metterlo all’angolo.-
- Perché cambia aspetto?- chiese David.
- Già.- disse Keith, ingrugnendosi ancora di più - Gli stiamo dietro da una settimana, e ora che ha la Pietra…-
- Quindi ormai sarà chissà dove… lontano dal nostro mondo.- disse Annie.
- No, non ancora.- disse Nightmare - La Pietra necessita di tempo per accumulare la magia necessaria ad attivarsi ancora. Abbiamo molti giorni prima che sia pronta. Fino a quel momento il Doplanker stabilirà il suo territorio di caccia qui a New York. È la città più grande del pianeta, è estremamente popolosa, piena di posti in cui nascondersi… si renderà conto presto di essere capitato nel luogo migliore per seminarci.-
- Sembri saperne parecchio di New York.- osservò Orlaith.
Nightmare scrollò le spalle.
- Una lunga storia.- rispose - Diciamo che ci sono già stato e la conosco un po’. Ad ogni modo, il punto non è questo.-
- No, infatti.- annuì Orlaith - Cosa pensate di fare?-
- Dobbiamo cercarlo. Nova è una Cercatrice, è specializzata in questo genere di compiti, non sarà difficile… il problema in realtà sarà tenerlo fermo abbastanza da neutralizzarlo e recuperare la Pietra.-
- E come pensi di riuscirci?- chiese David.
- Serve un posto chiuso e senza occhi indiscreti che possano infastidirci. Magari uno scantinato, o un locale sfitto.- spiegò Nightmare - Faremo finta di inseguirlo e lo spingeremo lì dentro, poi lo finiremo con tutto quello che abbiamo. Tu cosa sei capace di fare?-
Si rivolse a Orlaith, che sgranò gli occhi e si guardò intorno come se cercasse qualcun altro.
- I… io?- chiese.
- Beh… sì, tu.- disse Rin - Gli hai tenuto testa da sola, quindi…-
- È fenomenale!- esclamò Annie, aggrappandosi alla sua spalla con un balzo e strizzandola come un peluche - Se si mette a suonare un violino nessuno la ferma! L’ho vista respingere una tempesta di neve…-
- Un blizzard…-
- Sì, quello lì! E ha fatto fuori due tizi cattivissimi da sola!-
- Annie…-
- E poi ha anche ucciso gli Homunculi… che sono umani artificiali e sono fortissimi e…-
- Annie!-
Si scrollò di dosso l’amica con un gesto stizzito, poi inspirò a fondo per calmarsi.
- Non farò niente.- disse - Hai detto che potete ucciderlo da soli, no?-
Nightmare annuì lentamente, guardandola dritta negli occhi.
- Sì, certo.- rispose - Siamo addestrati per questo, e non è abbastanza forte per tutti e quattro insieme.-
- Allora non vi servo a niente, giusto? Sono un esubero.- disse - Non sono nemmeno di queste parti, non vivo in città, e devo tornare a Yale. Ho i corsi da seguire, bollette da pagare e…-
Intercettò lo sguardo di Annie, che la fissava accigliata. Le rispose con un’espressione da “non adesso” e tornò a rivolgersi a Nightmare.
- Non è la mia battaglia.- disse semplicemente - È la vostra. Se non sono indispensabile mi ritiro, sempre che non succeda qualcosa di molto grave.-
L’uomo rimase in silenzio per un attimo, poi scosse la testa.
- No, hai ragione.- concluse - Ti chiedo scusa per il trambusto e per l’intrusione in questa realtà. Faremo del nostro meglio per lasciarla il prima possibile. Grazie per aver salvato Keith.-
Fece un cenno verso i suoi compagni, i quali annuirono una volta e raccolsero in silenzio le loro cose, dirigendosi verso la porta.
- Vi auguro una buona nottata.- disse - Addio.-
Uscì dietro agli altri tre, chiudendosi la porta alle spalle senza aggiungere altro.

Povera Annie, sempre delusa... e povera Orlaith, che ha appena scoperto più di quanto vorrebbe. O almeno così crede... le novità non sono ancora finite.
Ringrazio, come sempre, John Spangler, Old Fashioned e Roiben, i miei lettori. A presto!

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Capitolo 8
*** Cap. 7: La buona amica ***


Mentre i passi degli Xenonauti si allontanavano nel corridoio, Annie lanciò un ennesimo sguardo di fuoco a Orlaith, che sostenne il rimprovero senza tentennare.
- Sapevi che era temporaneo.- le disse - Non sono tornata qui per restare, né per ricominciare a suonare. Il patto era di togliere di mezzo una minaccia…-
- Sì, ma tu l’hai fatta fuggire la minaccia!- protestò Annie.
- Hai visto anche tu che non potevo comportarmi diversamente. E comunque c’è già chi se ne occupa…-
- Oh, ma andiamo!- sbottò lei - David!- esclamò, voltandosi verso il produttore.
L’ispanico alzò le braccia in segno di resa, indietreggiando.
- Ragazze, io mi faccio una birra.- annunciò - Finite il vostro round e unitevi a me, se volete… in ogni caso, mi chiamo fuori.-
- No, tranquillo…- sbuffò Annie, raccogliendo con stizza la giacca - … me ne sto andando.-
- Annie, andiamo…- sospirò Orlaith, facendo per avvicinarsi.
- Prendo una boccata d’aria.- annunciò lei, allontanandosi - Ne parliamo dopo, okay?-
Uscì senza dire un’altra parola, chiudendo bruscamente la porta. Orlaith scosse la testa, sentendosi immotivatamente in colpa: aveva immaginato che Annie avesse sperato di vederla riprendere in mano il violino per sempre, ma lei non aveva mai avuto quell’intenzione. In realtà, il mezzo brano che aveva suonato per respingere il Doplanker era stato sufficiente a terrorizzarla: era da un anno che non lasciava fluire la musica in quel modo dentro di sé, e per quanto inebriante e piacevole fosse quella sensazione, non aveva potuto non spaventarsi. Più la usava e più le veniva voglia di continuare, di provare… era come una droga, e non poteva essere sicura di come sarebbe stata usata, da lei o da altri.
Guardò David, seduto a uno degli sgabelli della cucina, che la osservava da sopra la bottiglia di birra.
- Pensi che abbia ragione lei, vero?-
- Bimba, tu lo sai che ti rivoglio.- rispose - Ma, come ho detto, per oggi mi chiamo fuori: troppe cose che non capisco in una sola volta. L’unica cosa che posso dirti è che dovresti andarle dietro, qui non siamo a Tresckow… una boccata d’aria a quest’ora da sola può essere pericolosa.-
Orlaith scosse la testa.
- È determinata, ma non è stupida.- rispose Orlaith, andando a sedersi davanti al produttore - Al massimo andrà sul tetto.-

In realtà, la determinazione di Annie Carden era ben più radicata di quel che pensava Orlaith, poiché non appena era uscita dall’appartamento di David era corsa verso gli ascensori, raggiungendoli proprio nel momento in cui le porte di quello preso dai quattro strani visitatori si stava chiudendo.
- Oh, cavolo!- sbottò.
Premette ripetutamente il pulsante di chiamata, ma rinunciò quasi subito in favore delle scale, correndo a rotta di collo giù per i gradini.
Rischiò di travolgere alcuni ragazzi agghindati, probabilmente diretti verso qualche festa notturna, e incappò anche in un anziano col suo cane, su un pianerottolo in attesa di un altro ascensore. L’allenamento fatto con le gare e i corsi di nuoto le aveva regalato una resistenza fisica eccellente, e fu questo il solo motivo per cui riuscì a correre per tutta la strada, anche se alcune volte dovette aggrapparsi al corrimano per non perdere l’equilibrio e rompersi il collo; quando raggiunse finalmente il piano terra, scarmigliata, sudata e ansimante, sentiva il fianco esploderle dal dolore e i polmoni andarle a fuoco, ansimava come un cavallo alla fine di un lungo galoppo e le sue gambe erano rigide come pezzi di legno, ma (complice il fatto che di tanto in tanto aveva premuto il tasto di chiamata ad alcuni piani intermedi per rallentarlo) riuscì ad arrivare nell’atrio proprio mentre l’ascensore che stava inseguendo si apriva con un tenue “ding”, facendo uscire i quattro che, intenti a parlare tra loro, non fecero molto caso alla sua presenza fino a quando non si furono avvicinati.
A quel punto si fermarono, guardandola sorpresi, mentre lei si aggrappava al muro per non crollare dalla stanchezza.
Oddio… ora vomito…
- Tutto bene?- chiese Rin, guardandola preoccupata.
- Io… bene… tutto… scale…- ansimò Annie - Non… fate mai… tutti quei piani… di corsa…-
- Non ci tengo, grazie.- disse Keith, aggrottando la fronte.
- Come mai qui, signorina Carden?- chiese Nightmare, avvicinandosi ancora - Volevi qualcosa?-
Lei annuì, cercando disperatamente di riprendere fiato, e gli fece cenno di seguirla.
- Io… vi devo… parlare…- disse, tirandosi un po’ su - Di… Orlaith… per favore.-

I quattro la fecero sedere sul divanetto più vicino, dove Annie recuperò un po’ di fiato; poco distante il portiere, che già all’andata aveva avuto modo di notarli, non li perse d’occhio per un attimo, incuriosito e forse preoccupato dal loro aspetto, anche se non fece nulla per intervenire, dividendo la sua attenzione tra loro e la partita nel suo piccolo televisore.
- Allora, va meglio?- chiese Nightmare.
Annie annuì, tergendosi la fronte sudaticcia con la manica.
- Correre in quel modo è pericoloso.- disse Rin, appoggiata all’angolo più vicino - Potevi farti male.-
- Lo so, ma dovevo raggiungervi in tempo.- disse la ragazza, ancora stanca.
- Hai detto che volevi parlarci della tua amica.- disse Nova - Parla, ti ascoltiamo.-
- Certo… è presto detto.- rispose lei - Vedete… quello che ha fatto stasera…-
- Fonocinesi.- disse Nightmare - La capacità di usare il suono per manipolare le cose. Una nostra collega è capace di questo, ma con gli strumenti a fiato.-
- Non so cosa sappia fare la vostra collega…- continuò Annie - … ma Orlaith è incredibile. Quando suona sa fare cose formidabili… non ne so molto, ma è straordinaria. Più forte di quanto immaginiate.-
- In che senso?- chiese Keith.
- Nel senso che può influenzare la gente, può… far provare loro dei sentimenti che non gli appartengono. Se suona un brano triste può farli deprimere, e se ne suona uno allegro…-
- … rende gli altri felici.- completò Nightmare - Beh, si sa che la musica influenza l’umore.-
- Non come la sua. Nemmeno lei sa com’è possibile, ma funziona davvero. Ha scoperto di poterlo fare relativamente da poco tempo, circa un anno fa.- continuò lei - Vedete… noi veniamo da Tresckow, una piccola città a due ore da qui… e lei ha sempre suonato il violino, fin da quando era piccolissima. Poi, cinque anni fa, David fu mandato a cercarla… il proprietario della sua casa discografica era uno stregone che voleva sfruttare i poteri di Orlaith, ma Dave non ne sapeva niente.-
- Sì, ma questo cosa c’entra con noi?- chiese Keith.
- Scommetto che ce lo spiegherà, se la lasci parlare.- osservò Nova, in tono neutro.
- Ka…- grugnì Keith.
- Quello stregone, Vaněk, aveva anche un figlio che si faceva chiamare Allwood, con cui era in guerra da secoli, ma non era molto diverso da lui… entrambi volevano sfruttarla, erano pazzi e assassini.- spiegò Annie, ignorando entrambi - Orlaith li ha sconfitti tutti e due, loro e l’esercito di Homunculi che si erano portati dietro, però poi ha messo via il violino e non ha più voluto saperne niente.-
Nightmare annuì.
- Capisco. È rimasta scottata e ora teme il fuoco.- disse - Però, la domanda di Keith è legittima: cosa vuoi da noi?-
- Dave e io l’abbiamo convinta a tornare qui perché abbiamo saputo di quel mostro a Central Park.- rispose Annie - Ha accettato di combatterlo, ma poi avrebbe rimesso via il violino e tanti saluti….-
- … e tu speravi che tornasse a suonare in via definitiva, vero?- chiese Rin, in tono comprensivo.
- Già.- confermò Annie - Lei potrebbe… fare qualsiasi cosa con la sua musica, e sarebbe un bene per tutti. Per questo speravo che… insomma… poteste coinvolgerla un po’, per il suo stesso bene. Se fingeste di aver bisogno del suo aiuto…-
Nightmare sospirò, passandosi una mano sul cranio metallico. Sembrava incerto, anche se era difficile stabilirlo con certezza.
- Capisco il tuo punto di vista.- disse - Ma non possiamo costringerla a fare quello che non vuole. Non nego che il suo aiuto ci farebbe molto comodo, se è potente come dici il Doplanker verrebbe spazzato via in un istante… tuttavia, è adulta e responsabile per se stessa, e noi abbiamo una missione ben precisa e importante. Inoltre, ci è fatto divieto immischiarci negli affari dei Nativi, fintantoché questi non compromettano noi e la nostra missione.-
Annie lo guardò con aria implorante, ma l’uomo scosse la testa.
- Spiacente.- disse - Questa è la mia ultima parola.-
Si voltò per andarsene, seguito subito da Keith e Nova. Rin esitò solo un momento, lanciandole uno sguardo dispiaciuto prima di andare dietro ai compagni, ma non disse niente neanche lei.
- Se doveste avere bisogno…- tentò per l’ultima volta Annie.
- Troveremo il modo di contattarvi.- la interruppe Nightmare, senza voltarsi - Sei una buona amica, Annie Carden. Buona notte.-

Beh, se non altro Annie ci ha provato. La legge però è legge, e anzi non ha finito di... ehm... rompere.
Ringrazio come sempre, John Spangler, Old Fashioned e Roiben, che mi stanno seguendo, e anche Easter_huit, vecchia amica, e Arianna96r, appena arrivata.
A presto!

 

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Capitolo 9
*** Cap. 8: Redivivo ***


Sfuggito ai suoi nemici, il Doplanker volò il più lontano possibile dal luogo dello scontro, inoltrandosi tra gli alberi di quel bosco immerso in una giungla di metallo, luci e cemento. Sorvolò innumerevoli umani che, sotto di lui, badavano unicamente ai propri affari, condotti in mezzo alle fronde notturne per sfuggire come lui a coloro che si autoproclamavano “autorità”.
Vedendo quelle persone, comprese di aver scelto il luogo giusto per seminare gli inseguitori: erano vagabondi, criminali, consumatori di sostanze proibite… se in tanti lo sceglievano come nascondiglio, quel bosco probabilmente era sicuro anche per lui, almeno per un po’.
D’altra parte, rifletté mentre si appendeva a un ramo e cercava di riprendere fiato, tra loro c’era una Cercatrice di Rowel, della Compagnia dell'Avvenire, e non avrebbe potuto sfuggirle a lungo. I suoi poteri l’avrebbero condotta fino a lui, senza possibilità di scampo. Per quanto fosse bravo a nascondersi, prima o poi l’avrebbero trovato ancora, almeno fino a quando fossero rimasti nella stessa realtà.
Ripensò alla pietra magica che aveva rubato, nascosta all’interno del suo stesso corpo: quando fosse stata nuovamente carica avrebbe potuto usarla per cambiare realtà, e a quel punto sarebbero rimasti bloccati lì troppo a lungo per poterlo inseguire: nessuno di loro era in grado di viaggiare autonomamente, non sarebbero riusciti a trovarlo più. Prima, tuttavia, avrebbe dovuto tenerli a distanza abbastanza da permettere alla pietra di caricarsi.
Un rumore sotto di lui attirò la sua attenzione; sulle prime non badò molto all’uomo che l’aveva prodotto, un semplice umano come tanti altri in quel luogo oscuro, con la testa parzialmente coperta da un cappuccio e le mani affondate nelle tasche. Era in piedi quasi esattamente sotto di lui, e lo fissava con attenzione.
Notò che il suo volto era deturpato, rovinato da una cicatrice da ustione a sua volta spezzata da varie altre ferite non del tutto rimarginate, come se qualcuno lo avesse bruciato e poi tagliato più e più volte.
Uno dei suoi occhi era velato, sicuramente a causa di ciò che gli aveva lasciato quei segni sul volto, ma l’altro brillava di curiosità e interesse. Notando questo particolare, il Doplanker comprese che non era una persona comune, e che soprattutto era davvero attratto da lui.
Il suo primo istinto fu di sopprimerlo e allontanarsi ancora, ma prima che si potesse trasformare di nuovo l’uomo iniziò a parlare.
- So cosa sei, o almeno so che non sei un vero pipistrello.- disse, a voce relativamente bassa ma con decisione, col tono di chi non vuole farsi sentire da orecchie indiscrete ma che vuole fissare un punto - Non sono tuo nemico, a differenza di quelli che ti hanno braccato come un animale. Anzi… io sono un nemico della ragazza con il violino. Conosco questo mondo, posso aiutarti. Unisciti a me e avrai la forza per battere tutti i tuoi nemici.-
Il Doplanker esitò un momento, ponderando le parole dello sconosciuto. Sicuramente non mostrava paura, e questo lo irritava: in passato aveva ucciso per molto meno.
D’altra parte questo si confaceva alle sue parole, e sembrava anche vagamente affascinato da lui, in qualche modo. Se diceva la verità avrebbe potuto usarlo, almeno fino a quando non fosse riuscito ad abbandonare quella realtà. Di sicuro la sua conoscenza del territorio avrebbe potuto giovargli parecchio, come minimo.
Prima, però, avrebbe fatto meglio a saggiare il suo coraggio…
Cominciò a muoversi lungo il ramo, mutando la forma fino ad allungarsi e scendendo nel contempo dal suo improvvisato trespolo, strisciando lungo la corteccia a forza di artigli. Da pipistrello divenne lucertola, da lucertola alligatore e, quando fu molto vicino allo sconosciuto, si alzò su due zampe e divenne un mostro di zanne e membra, ringhiando a un palmo dal suo naso.
Ancora, l’uomo non mostrò alcuna paura, e anzi arricciò un angolo delle labbra, come se la cosa lo divertisse. Si portò una mano al naso e lo strizzò.
- Amico, vuoi una mentina?- gli chiese.
A quel punto il Doplanker si arrese e, tornato al proprio aspetto normale, rimase immobile davanti allo straniero, in attesa.
- Bene.- sorrise quello, tornando a mettere entrambe le mani nelle tasche - Lieto che abbia deciso di concedermi fiducia. Prometto che non te ne pentirai, amico mio.-
Il Doplanker gorgogliò al suo indirizzo. Contro ogni sua previsione, l’umano sorrise di nuovo e scosse la testa.
- Non qui. Parleremo altrove.-
Sorpreso, il Relitto esitò un momento: non si era aspettato che lo capisse. Più nessuno comprendeva le sue parole, ormai. Erano millenni che coloro i quali potevano comunicare con lui avevano cessato di esistere. Come poteva quello sconosciuto capire correttamente le sue parole?
- So che hai molte domande, e sarò lieto di risponderti, ma in un luogo più sicuro.- continuò l’altro, facendogli cenno di seguirlo - Credo sarebbe saggio per te tornare in forma animale, magari assumendo l’aspetto di un cane. Nessuno noterà un vagabondo con un cane, non in questa città. E per il futuro puoi chiamarmi…-
A quel punto l’uomo esitò, come se fosse indeciso.
- Già… il mio vecchio pseudonimo non è più sicuro.- ammise, forse più a se stesso che a lui - E nemmeno quello attuale. Beh… puoi scegliere tu il mio nome. Non ho preferenze.-
Il Doplanker esitò ancora un momento a seguirlo, gorgogliando un’altra domanda.
Perché?
- La ragazza con il violino.- rispose lui - Mi crede morto, e voglio che continui ancora per un po’, anche se non a lungo. Non preoccuparti… entro un’ora ti spiegherò tutto. Adesso abbiamo una persona da trovare.-
Dopo un altro istante di esitazione, il Doplanker si trasformò in un bastardino bianco e lo affiancò, trotterellando al suo fianco lungo il viottolo più vicino.

Righetti allontanò con un gesto della mano l’infermiere che gli porgeva delle aspirine, infilandosi il cappotto senza guardarlo: si era svegliato al pronto soccorso, sulla lettiga su cui era seduto in quel momento, e nessuno aveva saputo dirgli chi avesse chiamato i soccorsi né cosa fosse successo sulla scena del crimine. Un anonimo aveva telefonato per richiedere un’ambulanza, e quando i paramedici lo avevano trovato era semplicemente disteso sull’erba con i resti della tenda gialla accasciati poco lontano. Delle persone che aveva visto lui nessuna traccia.
- Tony?-
Sentendosi chiamare alzò lo sguardo dalle proprie ginocchia fino a incrociare quello di un uomo occhialuto, tarchiato e rotondo, dal grosso naso carnoso e radi capelli marroni venati di grigio.
- Capitano Benson…- lo salutò, scendendo dalla lettiga.
Il superiore gli afferrò saldamente la spalla, facendogli cenno di precederlo fuori dalla stanza.
- Allora?- gli chiese - Quanto sei grave?-
- Poco. Una banale botta e una lieve commozione cerebrale.- rispose, sfiorandosi il cerotto sul lato della testa - Volevano tenermi in osservazione, ma ho rifiutato il ricovero.-
- Potevi anche rimanere, stanotte.- osservò il Capitano - Comunque, non importa… cos’è successo? Brutti incontri nella notte?-
Righetti ripensò agli eventi a cui aveva assistito, al coniglio trasformista e ai quattro bizzarri individui che gli avevano dato la caccia.
- Ero sulla scena del crimine di Central Park.- spiegò - Non riuscivo a togliermi dalla testa quello che è successo, ho pensato di fare un giro per schiarirmi le idee e osservare a mente fredda.-
- Ancora quella storia dei video in rete?-
- E le testimonianze.- aggiunse - Tutto troppo assurdo.-
- Sì, concordo… ma il Sindaco vuole questa storia chiusa entro domani. Non vuole il panico, e in ogni caso vedrai che era solamente un balordo con un macabro senso dell’umorismo. Comunque, non mi hai risposto: hai visto chi è stato?-
Righetti scosse la testa.
- No.- mentì - Mi hanno preso alle spalle. Ma prima di svenire ho visto alcune persone sospette che si aggiravano nei dintorni.-
- Sapresti identificarli?-
- Un paio, forse. Erano in cinque, ma ne ho visti bene solo due o tre. Forse sono implicati in questa storia.-
Benson annuì, mentre uscivano insieme dall’ospedale e si dirigevano verso il parcheggio. Subito, Righetti prese dalla tasca le sigarette e ne accese una.
- Beh, domani faremo gli identikit.- disse Benson, tirando fuori le chiavi - Ti porto a casa, vieni. Ho già mandato a prendere la tua auto.-
- No, grazie, io… prenderò un taxi, vada pure. E grazie per essere venuto di persona.-
- Beh, stavo smontando comunque.- sospirò il Capitano, dandogli una pacca - Ci vediamo domattina. Se vuoi prenderti un po’ di tempo libero per la botta, però, avvertimi.-
- Non sarà necessario, grazie.- rispose Righetti - Buonanotte, signore.-
Benson gli fece un cenno e si avviò verso la propria macchina, mentre Righetti si dirigeva in strada, ignorando il dolore alla testa: forse quelle aspirine avrebbe dovuto accettarle.
Ad ogni modo, era molto più agitato di quanto avesse dato a intendere a Benson: ciò che aveva visto era privo di logica, oltre ogni ragionevole spiegazione.
Testimoni e filmati non mentivano, quella cosa era davvero un mostro capace di trasformarsi: proprio davanti ai suoi occhi era diventato un coniglio e un serpente, poi aveva fatto diventare il suo braccio una lama e si era fatto crescere le spine addosso. E quei quattro… che ruolo avevano? Sicuramente gli stavano dando la caccia, gli avevano anche salvato la vita, ma chi erano? Lavoravano per una qualche agenzia governativa? Forse era incappato in un esperimento fallito o in un alieno invasore come quelli che si vedevano nei film e loro erano i Men In Black della situazione?
- Detective Righetti?-
Sentendosi chiamare sobbalzò, riscuotendosi all’improvviso. Si girò freneticamente, cercando l’uomo che aveva parlato.
Lo trovò appoggiato a una macchina poco distante, e oltre a lui era l’unico occupante del parcheggio. Indossava dei banali jeans e una vecchia felpa scura, col cappuccio alzato, che nascondeva il suo fisico. Sembrava piazzato, ma quel capo d’abbigliamento, così largo e informe poteva benissimo celare una costituzione più esile.
Il cappuccio, invece, copriva solo parzialmente il suo viso, che Righetti notò essere molto butterato: aveva diverse cicatrici da taglio sparse un po’ ovunque, e una vecchia ustione appena rimarginata sul lato destro. L’occhio da quel lato era cieco, in netto contrasto con quello sinistro, ancora scuro e sano. Probabilmente in passato era scampato a un incendio.
- Sì?- chiese - Posso aiutarla?-
- Forse.- rispose l’uomo, allontanandosi dalla macchina. Si fmuoveva con lentezza, la gamba destra un po’ rigida - So che stanotte ha avuto una piccola disavventura.-
- Lavora in ospedale?- chiese Righetti.
- No. In realtà la tenevo d’occhio.- rispose lui, scuotendo la testa - Dopo gli eventi di Central Park mi serviva che qualcuno scoprisse per me cosa stava succedendo.-
- Prego?- chiese Righetti, aggrottando la fronte - Mi sta pedinando? Sono un Detective di polizia, per la miseria!- sbottò, allargando le braccia e agitando la sigaretta - Sa che potrei arrestarla?-
- Volevo solo delle informazioni.-
- Sono riservate!- replicò Righetti, seccato - Appartengono alla polizia! Non sono tenuto a dirle niente!-
L’uomo scosse di nuovo la testa.
- Non deve dirmi niente. Guardi l’interno della giacca.-
Sempre più sorpreso e inquieto, Righetti aprì la giacca, aspettandosi di trovare un microfono appuntato da qualche parte.
Invece, proprio sotto il suo sguardo, vide comparire lentamente un disegno, i cui tratti si illuminavano lentamente sulla stoffa, brillando di una inquietante luce verde acqua. Era un cerchio, all’interno del quale era stata inscritta una stella circondata da simboli che non aveva mai visto prima.
- Quello è un Cerchio Magico.- spiegò l’uomo - L’ho usato per osservarla tutto il tempo. Quindi, capisce, da lei non voglio informazioni, le ho già. Ora mi serve la sua faccia.-
Righetti alzò lo sguardo verso di lui, sempre più spaventato. Prima di poter spiccicare parola, tuttavia, sentì un tremendo dolore alla schiena. Riuscì appena a grugnire, prima che qualcosa gli uscisse dal petto. Abbassando lo sguardo vide una lama affilata e candida, spaventosamente familiare, che lo trafiggeva da parte a parte.
Fu il suo ultimo pensiero prima che la sua coscienza scivolasse via.

Il Doplanker ritirò la lama, trasformandola nuovamente in un braccio con un gorgoglio basso e rauco. Lui annuì appena, guardando con vago interesse il corpo del Detective Righetti che era tra loro.
- Lo farò sparire, tranquillo.- gli rispose - Ho già chi ne prenderà il posto.-
La creatura emise di nuovo uno dei suoi versi, e lui stavolta scosse la testa.
- Se vuoi liberarti di loro, segui il piano e rilassati. Te l’ho già spiegato, andrà tutto bene… e un infiltrato ci farà comodo.-
Gli fece un cenno e si allontanarono tra le macchine insieme, mentre il Doplanker si ritrasformava in un cane.

Eh... se avete letto la prima storia, potete immaginare chi ha incontrato il Doplanker, e anche quali potrebbero essere le conseguenze...
Ringrazio, come sempre, John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi stanno seguendo. A presto!

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Capitolo 10
*** Cap. 9: Ricerca ***


Keith si svegliò lentamente, rigirandosi diverse volte sul pavimento duro su sui si era disteso per riposare. La sottile coperta che aveva usato come materasso di fortuna gli si era aggrovigliata addosso nel corso della notte. Grugnendo infastidito si districò seccato dal drappo di stoffa ruvida, grattandosi nel contempo la testa, i capelli candidi totalmente spettinati dopo la brutta nottata.
- Ah, sei sveglio.-
Keith grugnì ancora, scoccando una rapida occhiata a Nightmare, in piedi sulla porta. Erano in quello che il Comandante aveva definito come un “appartamento abbandonato”, una sorta di casa umana di quel mondo che tuttavia non usava più nessuno. A sentir lui c’erano parecchi edifici, a New York, che venivano lasciati nel più totale abbandono anche per molti anni, motivo per il quale era molto facile entrarvi e usarli a piacimento, benché fosse una cosa illegale. Forse come nascondiglio un cubo di cemento non era esattamente comodo, ma se non altro permetteva loro di rimanere in incognito senza problemi.
- Mi sembra che ti sia passata sopra una mandria impazzita.- ridacchiò Nightmare, passandogli una borraccia metallica.
Keith la accettò e buttò giù una lunga sorsata di sangue di pollo, sentendosi presto rinfrancato e ristorato.
- Già...- sbuffò - Rimpiango il mio letto.-
- Sì, nemmeno per me è una festa. Ma questo è quello che passa il convento.-
- Bah… le signore?- chiese, alzandosi e andando a recuperare i fucili nell’angolo in cui li aveva lasciati.
- Ho procurato a Rin del denaro di questo mondo e le ho chiesto di comprare alcune cose utili.- rispose Nightmare, seguendolo con lo sguardo - Nova invece è sul tetto a cercare di localizzare il Doplanker.-
- Ancora?- chiese Keith, sorpreso - Ci prova da tutta la notte?-
Nightmare annuì.
- Sì. Non sa perché, ma all’improvviso è come se fosse scomparso dai suoi radar. Ha dormito pochissimo per l’agitazione… non che l’abbia mostrata apertamente, ovvio.-
- Potrebbe essersi già spostato in un’altra realtà?-
- No, la Pietra non può essere già carica. Nella migliore delle ipotesi ci vorranno ancora molti giorni, dopo tanti secoli di inutilizzo. Dev’essere qualcos’altro.-
- E intende restare lassù così a lungo?- chiese Keith, alzando lo sguardo verso il soffitto mentre si allacciava di nuovo le cinghie delle fondine - Rischia di congelarsi.-
- Gliel’ho detto anch’io.-
- E cos’ha risposto?-
- Il solito. Cioè non molto. Ma è sopravvissuta al Grande Vuoto, un po’ di freddo non le farà nulla di che.-
Keith si strinse nelle spalle, perplesso.
- Perché hai mandato proprio Rin a fare spese?- chiese, cambiando argomento - Cosa ne sa lei di questo mondo? Tu saresti più adatto.-
- Ma anche più vistoso.- rispose lui, allargando le braccia per indicare la sua tenuta - È vero, New York è piena di gente strana, ma tu e lei siete molto più normali, esteticamente parlando, di quanto lo sia io, e anche i vostri denti possono essere giustificati facilmente. Ma persino Nova attirerebbe l’attenzione. Comunque le ho dato istruzioni molto precise, non avrà problemi. Dovrebbe tornare presto.-
- Ah… e cosa le hai chiesto di prendere? Cibo?-
- No, vestiti e qualche altra cosa. Nova ha bisogno di un cambio d’abito per mescolarsi meglio con le persone, e pazienza per i capelli, diremo che si è fatta la tinta se ce lo chiedono.-
- E tu?-
- È a questo che mi serve “qualche altra cosa”.-
- Ah.- commentò semplicemente Keith - Beh… e ora che si fa? Aspettiamo?-
- Credo sarebbe meglio se ti dessi un’infarinatura di questa città.- rispose Nightmare, facendogli un cenno - Vieni, andiamo sul tetto anche noi, così vediamo anche come sta Nova.-

Passarono quasi un’ora a parlare di New York, accanto a Nova che, seduta a gambe incrociate in equilibrio sul bordo del tetto della torre di metallo e cemento in cui si erano nascosti, esercitava le sue capacità di Cercatrice nel tentativo di scovare il Doplanker. Per prima cosa gli spiegò che non esisteva una “Old York”, come aveva supposto (al limite la città di York, in Inghilterra), e che era una città più grande di quanto potesse immaginare (anche se mai quanto Valiant City, che ricopriva un intero pianeta), ma soprattutto che era il luogo ideale per uno come il Doplanker in cui nascondersi: con tante persone, animali e palazzi avrebbero impiegato un tempo quasi infinito per trovarlo, senza usare la magia.
Quando Rin tornò da loro, portando con sé alcune buste di carta e di plastica, Nightmare aveva appena finito di spiegargli il concetto di denaro di quel luogo, garantendogli di poter fare le sue “magie informatiche”, come le chiamava spesso, per forzare delle macchine da lui chiamate “bancomat” a ottenerne quanto ne volevano senza bisogno di dare qualcosa in cambio. Un processo che lui stesso definì illegale, ma che liquidò con un “non è un nostro problema”.
- Credo di aver preso tutto quello che c’era sulla lista.- disse Rin, posando le borse a terra - Anche se non ho capito molto bene queste cose tecnologiche che mi hai chiesto...- aggiunse, estraendo un foglio e scorrendolo rapidamente - Non me ne intendo granché, lo sai.-
- Andrà bene.- la rassicurò lui, guardando in una delle buste di plastica - Grazie. Signorina Lux, ti spiace interrompere un momento e venire qui?-
Nova si voltò verso di loro senza alzarsi, aggrottando la fronte mentre Nightmare le porgeva una busta di carta.
- Per te.- spiegò - Sono abiti di questo mondo. Non ho nulla contro il tuo abbigliamento, ma meglio non dare troppo nell’occhio. Questo mondo ignora l’esistenza della magia, se non stiamo attenti potremmo scatenare il panico.-
Nova sbuffò, ma non disse niente e scese dal basso parapetto, prendendo la borsa e sbirciandoci dentro.
- Non mi piacciono.- rispose - Voglio tenere i miei.-
- Non fare la bambina.- insisté Nightmare.
Lei inghiottì evidentemente la replica e allungò una mano verso il nodo del drappo che le copriva il petto, cominciando a scioglierlo. Subito, Keith e Nightmare si voltarono, mentre Rin andava ad aiutarla.
- Come sta andando, piuttosto?- chiese Nightmare.
- Non male, ma nemmeno bene.- rispose lei, mentre si cambiava - Percepisco la presenza del Doplanker, ma è debole… non riesco a localizzarlo chiaramente, so solo che è qui in città. È come se qualcosa disturbasse le mie percezioni.-
- Potrebbe essere lui? Avrà usato qualche incantesimo strano di cui non sapevamo niente?- chiese Keith.
- Dubito.- disse Nightmare, scuotendo la testa - Nei miei database non c’è nulla che indichi la capacità di nascondersi ai Cercatori come Nova. Qualcuno lo sta aiutando.-
- E chi?- chiese Rin - Gli unici Nativi che ha incontrato finora li ha uccisi o terrorizzati, e di certo Orlaith e i suoi amici non lo hanno accolto molto bene quando lo hanno visto.-
- Beh, qualcuno ci deve essere. È la sola spiegazione logica.- disse Nightmare, in tono perentorio - Dobbiamo cambiare tattica… Nova, hai tentato di localizzare la Pietra di Trasferimento? Di certo la terrà con sé, forse potremmo seguire quella.-
- Sì. Il segnale è un po’ più chiaro, chiunque nasconda il Doplanker forse non sa che esiste, e quindi non può proteggerla adeguatamente. È quella che stavo seguendo, adesso, ma è comunque difficile. Qualsiasi incantesimo protettivo sia, riesce almeno parzialmente a coprirne le tracce… ma è questione di tempo, prima o poi capirò dov’è.-
- Bene. Allora continua, perché il tempo è un lusso che non abbiamo.-
- D’accordo. Ora potete girarvi.-
Nightmare e Keith si voltarono a guardarla: Rin le aveva comprato dei vestiti umani in qualche negozio, e ora al posto dei due drappi bianchi indossava dei leggins scuri, una gonna nera e rossa che le arrivava poco sopra al ginocchio e una maglia nera a maniche lunghe. Ai piedi calzava un paio di scarpe di tela simili a quelle che avevano visto portare a Orlaith e alla sua amica Annie la sera prima.
L’effetto non era male, ma Nova non sembrava gradirlo comunque: era evidentemente scocciata, e tirava appena gli orli della maglia come se volesse toglierla ma non osasse farlo.
- Avevo pensato di comprare abiti abbastanza simili a quelli che indossi di solito, ma Nightmare mi ha vietato di prenderti qualcosa che esponesse troppa pelle.- si giustificò Rin - Scusa.-
- Come mai così pudico, Comandante?- sogghignò Keith.
- Diciamo che se avessi una figlia non la farei girare per New York vestita come veste solitamente Nova. C’è anche gente pericolosa in giro, meglio non esagerare. Una donna sola che riesce a sopraffare i propri aggressori, magari uccidendoli, attirerebbe l’attenzione.-
- Gli Adhaliah ostentano eleganza esponendo braccia, gambe e addome.- protestò lei, mentre chiazze rosa acceso le comparivano sulle guance - Così mi sento… ridicola.-
- Impara ad adattarti, ti servirà.- le ordinò Nightmare - Ora rimettiti a cercare, prima scopriamo dov’è il Doplanker e prima possiamo andarcene.-
Lei grugnì appena, ancora seccata, e si rimise sull’orlo del tetto a gambe incrociate.
- Lo sa che se perde l’equilibrio si sfracella?- chiese Keith.
- Ragazzo, non deconcentrarla.- lo riprese Nightmare - Ora andiamo, ho bisogno di assemblare qualcosa con i pezzi che mi ha procurato Rin e mi serve tempo e tranquillità.
- Non hai tempo, Nightmare.- disse Nova a sorpresa, proprio mentre si voltavano per andarsene.
- Cosa?- chiese lui.
- Non so cosa sia, ma percepisco una presenza.- spiegò lei, scendendo di nuovo dal parapetto. Ora non sembrava più seccata, ma più che altro agitata - È comparsa all’improvviso, non c’era prima. È simile a quella del Doplanker, anche se c’è qualcosa di diverso.-
- E la senti chiaramente?-
Lei annuì.
- Molto chiaramente.- confermò - Come se non facessero nulla per nasconderla… qualsiasi cosa sia, vogliono che venga trovata.-
- Va bene… finirò dopo allora.- disse Nightmare, incupendosi - Venite, prendiamo tutte le armi e scendiamo in strada… Nova, guidaci tu.-

Cosa avrà percepito Nova? E chi lo sa...
Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, i lettori che mi stanno seguendo. A presto!

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Capitolo 11
*** Cap. 10: Grimilde di Manhattan ***


Orlaith rimise in valigia l’ultimo paio di slip e chiuse a chiave la custodia del violino, pronta a tornare a Yale. Annie, alle sue spalle, sbuffò.
- Non intendo discutere ancora.- disse semplicemente, senza guardarla.
- Lo so!- sbottò lei - È solo… insomma…-
Non finì la frase, e Orlaith non commentò. La sera prima era tornata nella loro stanza d’albergo in silenzio, evidentemente delusa da com’erano andate le cose, ma non aveva cercato di convincerla a tornare sulla sua decisione come aveva temuto. Si era semplicemente infilata tra le lenzuola e si era messa a dormire senza nemmeno farsi la doccia, forse troppo sconfortata per preoccuparsene. D'altra parte i suoi mutismi, sbuffi e sguardi parlavano più della sua bocca: era delusa e amareggiata.
- Annie...- disse Orlaith, sedendosi sul proprio letto - Lo sai come la penso. Finché quei quattro avranno tutto sotto controllo non serve che io faccia nulla, e preferisco così.-
Annie, distesa sul suo materasso a braccia incrociate, non disse niente, voltandosi dalla parte opposta.
- Lo so che sono una fifona, probabilmente… ma non posso farci niente, la mia magia è pericolosa. È meglio per tutti.-
Annie si voltò a guardarla e fece per replicare, ma a quel punto squillò il telefono di Orlaith. Il numero sul display era quello di David.
- Ehi?- disse lei, rispondendo.
- Siete ancora in albergo?-
- Sì, vuoi accompagnarci?-
- No, accendi la TV. Ora.-
Perplessa, Orlaith allungò la mano fino al telecomando e mise su un canale a caso.
- Cosa succede?- chiese Annie, alzandosi a sedere.
Lei scosse la testa, mentre immagini e sonoro diventavano sempre più chiari: era un notiziario, e il giornalista fuoricampo parlava in tono concitato e, apparentemente, spaventato. La telecamera tremolava un po’, e ci misero entrambe qualche secondo per capire che la ripresa era fatta a bordo di un elicottero in volo sopra la Statua della Libertà. Era un po’ difficile capire le parole del reporter a causa del rumore delle pale che entrava dal portellone aperto, ma era più che evidente che stava dicendo di non avere idea di cosa stesse succedendo.
E considerando che un enorme tentacolo bianco solcato da grosse vene violacee si era appena avvolto attorno alle gambe della statua fino a risalire a metà della sua veste, era più che comprensibile.

Sfruttando le capacità della corazza per disattivarne l’antifurto, Nightmare rubò un’auto parcheggiata e mise in moto, seguendo le indicazioni di Nova fino ad un molo turistico che ben conosceva: anche nella sua realtà quella parte di New York era molto famosa per via della Statua della Libertà, l’imponente donna di cemento e metallo che sorgeva su Liberty Island. Da lì per i visitatori era possibile prendere un traghetto per raggiungerla e partecipare a visite guidate appositamente organizzate dal municipio.
Tuttavia, quel giorno difficilmente qualcuno avrebbe voluto andare fino lì.
Era già da parecchio che avevano visto il primo tentacolo, a cui poi se ne erano aggiunti molti altri, che avevano avviluppato la statua fino a serrarla completamente, trascinando fuori dall’acqua dell’Hudson una sorta di enorme calamaro bianco pieno di orride e pulsanti vene violacee che occupava da solo una grossa porzione di isola.
- Ka!- esclamò Keith dal sedile posteriore, ora che potevano guardarlo bene.
- Non apprezzo il linguaggio ma concordo.- commentò Nightmare.
- Credevo che avesse dei limiti.- disse Rin, fissando sgomenta l’enorme mostro davanti a loro - Che non fosse come Gaeliath, che non potesse diventare… così grande.-
- Ve l’ho detto, qualcuno lo aiuta.- disse Nova, torva - Forse ha fatto in modo di aumentare i suoi poteri.-
- Possibile. Magari è per questo che ti sembra così diverso.- concesse Nightmare - Va bene… questo non cambia le cose, anche se le complica parecchio. Dobbiamo ammazzarlo, e subito. Su quell’isola c’è gente, e dubito che siano tutti illesi. E se anche fosse così, non resisteranno a lungo.-
- E gli umani? Non faranno niente?- chiese Keith.
- Ovviamente. Guarda.- rispose Nightmare, indicando il cielo - Vedi quelle cose che volano? Sono elicotteri. Sono simili alle aeronavi che avete visto voi, anche se non così sofisticati. Alcuni sono civili, ma quelli verdi sono militari. Tra poco cominceranno a sparare, e hanno armi potenti a bordo.-
- Può sopportare un’offensiva del genere?- chiese Rin.
- Non so. Conosco benissimo quel tipo di armi, e sarebbero sufficienti a uccidere cose come gli Aracnoidi o i mostri che abbiamo visto nel Grande Vuoto, ma non ho idea di quanto sia resistente il Doplanker, adesso. Ha sopportato i colpi di una pistola, ma quelle sono mitragliatrici di grosso calibro, e qualche elicottero monta dei lanciarazzi. E potrebbero arrivare anche navi armate per dar loro una mano, e alcune montano armi ancora migliori. In condizioni normali potrebbero ucciderlo, tuttavia...-
- … tuttavia chiunque l’abbia mandato qui lo avrà previsto, giusto?- chiese Keith.
- L’hai detto, ragazzo.- rispose lui, rimettendo in moto e ingranando la marcia - Andiamo a cercare una barca e raggiungiamo quell’isola.-
- Non pensi che gli umani cercheranno di fermarci?-
- Oh, ci proveranno… ma non dimenticarti che ero un agente segreto di altissimo livello, nella mia realtà. Se i loro protocolli sono simili a quelli a cui sono abituato io, so come aggirare l’ostacolo.-
Detto ciò, ripartì in sgommata verso il molo.

Qualsiasi cosa avesse fatto Nightmare dal computer del molo turistico in cui si erano infilati (in quel momento vuoto a causa della chiusura settimanale), di certo funzionò e, mentre si allontanavano dalla riva invasa di curiosi che, armati di videocamere e telefoni riprendevano la scena, rimasero al sicuro dai militari, i quali concentrarono il fuoco delle loro armi sul mostro attorno alla statua, ignorandoli completamente.
La barca che avevano preso, secondo lui, si chiamava “motoscafo”, e fu Nova a prenderne i comandi: aveva già dimostrato, in passato, di essere molto abile a pilotare un’aeronave, sotto la guida di Nightmare, quindi secondo lui per una cosa banale come quella avrebbe avuto bisogno di pochissimo aiuto.
Lui e Keith, intanto, stavano caricando le rispettive armi, accertandosi di non finire troppo presto i proiettili, e Rin era china sulla sua borsa medica, tanto per essere sicura di avere medicamenti a sufficienza.
- Tanto per sapere...- chiese Keith, urlando per sovrastare il suono del motore - … ma abbiamo un piano per ammazzare quella cosa? Perché dubito di poter fare granché con solo i miei fucili!-
- Il piano è di arrivare a Liberty Island e far uscire le persone!- rispose Nightmare.
- E poi?- chiese Rin.
- Sperare che l’esercito ce la faccia, perché in questo momento noi non abbiamo possibilità!-
- Grande! Che bel piano!- sbottò Keith, sarcastico.
- Posso provare a mozzare qualche tentacolo!- gridò Nova - Le mie lame di luce dovrebbero farcela!-
- Non so se sarà sufficiente, ma tanto vale fare un tentativo!-
- E io posso usare i miei poteri per unirmi all’acqua!- aggiunse Rin - Lo sai cosa succede quando mi mescolo a cose come i fiumi o le foreste… magari sarà in grado di finirlo!-
- Speriamo!-
- Ho una domanda!- gridò Keith - Non avevamo deciso di non attirare l’attenzione?-
Nightmare gli scoccò uno sguardo penetrante e indicò il gigantesco calamaro che stritolava la statua, bersagliato dalle mitragliatrici e dai lanciarazzi degli elicotteri, che tuttavia non sembravano in grado di fargli troppi danni: ogni volta che un razzo lo colpiva, esplodendogli addosso in una piccola nube di fuoco, si limitava a produrre un modesto arrossamento sulla sua pelle senza farlo nemmeno sanguinare.
- Va bene, come non detto!- disse Keith.

Orlaith ed Annie scesero di corsa dal taxi e si fiondarono a riva, sgomitando per riuscire a passare in mezzo alla moltitudine di curiosi e giornalisti che si era radunata sul posto, nel tentativo di raggiungere il molo privato che David aveva segnalato loro.
Fu un’impresa riuscire a sgusciare tra la folla, e Orlaith fu piuttosto sicura di aver pestato qualche piede, stringendo convulsamente al petto la custodia del violino, che aveva portato con sé. Vide anche gli sguardi di una o due persone illuminarsi quando riuscirono a riconoscerla, ma la totalità dei presenti era come ipnotizzata dalla battaglia che infuriava tra la creatura e i militari, così nessuno cercò di fermare lei o Annie.
- Non capisco!- gridò l’amica, mentre faceva del proprio meglio per passare tra due uomini particolarmente robusti - Credevo che avessero tutto sotto controllo… e levatevi!- sbottò, oltrepassandoli con uno sbuffo.
- Anch’io!- rispose Orlaith, superando un paio di ragazzini con gli smartphone puntati verso Liberty Island - Ma è evidente che le cose non stanno così!-
Riuscirono finalmente a guadagnare a suon di gomitate e spintoni l’altro lato di quella massa di corpi. Ansimanti e spaventate, si guardarono freneticamente attorno nel tentativo di trovare David, che aveva detto di essere già sul posto e di aspettarle lì.
Annie lo identificò per prima, afferrando Orlaith per un gomito e trascinandosela dietro: il produttore era in piedi su un motoscafo dall’aria costosa e accessoriata, e stava accendendo il quadro per scaldare il motore. Il nome sulla fiancata lo identificava come “Princess”.
- David!- gridò Orlaith, saltando a bordo.
- Ragazze!- urlò lui in risposta - Mollate gli ormeggi, subito! E tu, chica, fuori il violino! Non hai scuse, devi suonare!-
- Lo so!- esclamò lei, posandolo a terra e aprendo la serratura della custodia.
- Di chi è questa barca?- chiese Annie, slegando le cime che lo assicuravano al molo.
- Di un cliente della Lightning! Ora è in tour, gli tengo io le chiavi!-
- Lascia a te le chiavi del motoscafo?- chiese Annie, sorpresa.
- Beh? Sono affidabile!- protestò il produttore, guardandola scocciato.
- … disse l’uomo che stava rubando la barca del suo cliente per portarci verso il pericolo.- commentò Orlaith - Annie, vieni, dobbiamo andare, forza!- aggiunse - David, dai gas a manetta, dobbiamo avvicinarci!-
- Va bene, reggetevi!- esclamò il produttore, prendendo i comandi e cominciando a portare il motoscafo fuori dal molo.
Diede quasi subito una potente accelerazione che fece perdere l’equilibrio a entrambe, tanto che ruzzolarono fino a poppa e schizzi d’acqua bagnarono quasi tutto quello che c’era a bordo (grazie a Dio non il violino, ancora nella sua custodia).
Rialzandosi, Orlaith lo raccolse e lo tirò fuori, raggiungendo David. Si sedette sulla poltroncina girevole accanto a lui, facendo del proprio meglio per controllare l’accordatura dello strumento malgrado il rumore.
- Hai qualche brano adatto? O qualche idea?- chiese David.
- Ti rivelerò un segreto!- rispose lei, pizzicando una corda - Ho smesso di suonare, ma non di scrivere! Nell’ultimo anno ho buttato giù un bel po’ di roba, non sono rimasta inerte!-
- Davvero?- chiese David, guardandola con gli occhi che scintillavano.
- Frena i cavalli, l’ho fatto solo per divertirmi!- lo redarguì lei, scoccandogli uno sguardo serio - Non voglio suonare, ma un giorno potrei venderti gli spartiti per farli suonare a qualcun altro! Posso sempre comporre per te, così magari la pianterai di darmi il tormento! Che ne pensi?-
- Io… penso che non sia il momento giusto per parlarne!- rispose, tornando a concentrarsi sulla guida - Però ti adoro, tesorino!-
- Piantala di chiamarmi così e portami da quel coso!- sbottò lei - Oggi si mangia sushi! Offro io!-

Eh, Orlaith non ha scelta, David ha ragione...
Ringrazio i miei lettori 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, e vi do appuntamento alla prossima puntata. A presto!
 

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Capitolo 12
*** Cap. 11: Tsunami vivente ***


Gli Xenonauti riuscirono ad arrivare a Liberty Island senza interferenze: fortunatamente gli elicotteri, malgrado avessero armi inadeguate, riuscirono ad attirare l’attenzione del Doplanker abbastanza a lungo da permettere loro di raggiungere l’isola indisturbati, anche se molti dei più vicini caddero in acqua avvolti dalle fiamme, abbattuti da potenti colpi di tentacoli che il Relitto Oscuro menò contro le fusoliere, cominciando dai velivoli armati di razzi. Ben presto i civili scomparvero, probabilmente richiamati a terra dai militari che revocarono loro qualsiasi permesso di volo, e rimasero soltanto gli elicotteri dell'esercito in aria, a distanza di sicurezza dalla creatura, cosa che tuttavia impediva loro di mirare correttamente: malgrado la mole del mostro, era troppo abbarbicato alla Statua della Libertà, e sarebbe bastato un minimo errore, o anche una qualche mossa particolarmente violenta del Doplanker per causare la morte di innumerevoli civili. Inoltre, probabilmente erano già a corto di munizioni, senza contare che prima o poi sarebbe finito anche il carburante.
Quando finalmente gli Xenonauti misero di nuovo piede a terra, più di metà degli elicotteri era stata distrutta, e molti avevano smesso di sparare. Qualcuno si era già ritirato. Anche se mantenendo le distanze non potevano essere colpiti, non avrebbero resistito ancora a lungo.
- Dobbiamo fare in fretta.- disse Nightmare, osservando la scena con quella che, se non avesse avuto il volto coperto, sarebbe stata un’espressione preoccupata - Ho fatto in modo che l’esercito ci credesse dei loro, ma tra non molto manderanno anche i caccia e qualche nave da combattimento… non rinunceranno ad ucciderlo tanto facilmente. Sperate che non decidano per l’opzione nucleare.-
- Non sappiamo nemmeno cosa sia.- osservò Nova.
- Meglio. Okay, dividiamoci i compiti… Rin, tu e Keith trovate il modo di entrare nella base della statua e portate fino ai traghetti tutti i sopravvissuti. Nova, tu e io lo terremo impegnato.-
Anche se qualcuno di loro avesse avuto qualcosa da ridire, nessuno fiatò, eseguendo gli ordini senza discutere.

Il Doplanker aveva invaso una grossa parte dell’isola con la sua mole molliccia e pesante, spargendo acqua, frammenti di cemento e alberi spezzati su ogni angolo libero del terreno; un tentacolo copriva quasi completamente l’ingresso ai piedi della Statua della Libertà, ma lungo una delle pareti si era aperta una crepa, troppo piccola per lasciar passare qualcuno ma abbastanza grande da vedere all’interno: c’erano delle persone, rannicchiate e abbracciate ai propri cari, che urlavano e piangevano nel tentativo di proteggersi da un eventuale crollo o di darsi conforto; qualcuno stava urlando qualcosa, forse degli ordini, e sentirono anche dei rumori che indicavano i tentativi di qualcuno di creare una via di fuga.
- Beh… un bello schifo.- commentò Keith, guardando il muro con aria critica - È massiccio, e parecchio… non ho idea di come buttarlo giù senza esplosivi, e Nightmare mi ha vietato di portarne prima di partire in missione. Pensi di poter strisciare dentro coi tuoi poteri?-
- Certo che posso.- rispose Rin, estraendo il pugnale magico dalla cintura - Ma non servirebbe a molto… non posso portare fuori nessuno.-
- No, hai ragione… va bene, fammi pensare...- brontolò Keith, massaggiandosi la nuca.
Non conosceva molto il mondo in cui si trovavano, ma Nightmare gli aveva parlato spesso del suo, quando passavano il tempo insieme tra una missione e l’altra. Gli aveva raccontato molte cose, e non tutte erano a proposito di sue missioni passate o operazioni militari, ma anche banali.
In un angolo della sua mente ricordò che una volta gli aveva parlato di una fuga di gas in un appartamento vicino al suo, quando era molto giovane, e del rischio di un’esplosione.
Ma certo… il metano è infiammabile, questo lo so anch’io… e gli umani lo usano per scaldarsi o accendere il fuoco in cucina. E in realtà come questa lo conservano generalmente in contenitori che chiamano “bombole”.
- Va bene, forse ho un’idea!- esclamò - C’è un posto dove mangiare qui, su quest’isola, giusto?-
- Certo, lo abbiamo superato prima.-
- Bene. Lì ci potrebbero essere bombole di metano!-
- Cosa?-
- Ah… te lo spiego dopo!- rispose Keith - Ascolta… tu fai in modo che quella gente là dentro stia lontana dalla crepa, io vedo di inventarmi qualcosa per allargarla! Torno subito!- aggiunse, correndo via e mollando Rin lì dov’era.
- Stai attento!- gli gridò dietro lei.
Lo vide agitare un braccio senza rispondere. Sentì una punta di apprensione coglierla: odiava saperlo giocare con del materiale esplosivo.

Nightmare sfruttò le superiori capacità fisiche dategli dall’armatura per saltare su uno dei tentacoli più vicini e sguainò i falcioni, infilzando le punte nella carne del Doplanker per avere un punto di ancoraggio; sfruttando le sue armi riuscì a scalare con relativa lentezza il tentacolo, conscio di non essere minimamente un problema per il demone: qualcosa di così grosso non avrebbe mai sentito dolore, non per così poco. Le lame entravano nella carne solo di pochi centimetri, massimo una quindicina (la sua pelle era stranamente dura da forare), e in quel momento lui era alto decine e decine di metri, poco meno della statua. Colossale com’era, al massimo sentiva qualche puntura.
Nova, dal canto suo, stava scagliando poderose lame di luce muovendo le braccia in ampi gesti a ventaglio, mirando a tutto ciò che poteva tagliare. Purtroppo nemmeno lei sembrava essere molto minacciosa per l’avversario, e pur riuscendo ad aprire ferite che nessuna arma aveva aperto fino a quel momento, il massimo che riusciva a ottenere era paragonabile a unghiate di gattino sul braccio di un uomo adulto molto robusto. Inoltre, non sanguinava nemmeno, i tagli rimanevano puliti e asciutti, forse troppo superficiali per lui, appena un po' arrossati, come un'irritazione. Non lo avrebbero mai ucciso così.
Devo raggiungere uno degli occhi. Pensò Nightmare, continuando la propria, faticosa ascesa. È l’unica possibilità.
Avendo scelto uno dei tentacoli abbarbicati attorno alle caviglie della Statua della Libertà, non rischiava di essere scaraventato a terra da eccessivi scossoni improvvisi. Forse ce l’avrebbe fatta, ma doveva sbrigarsi, prima che gli elicotteri (e soprattutto Nova) venissero fatti a pezzi dal Doplanker.
Riuscì a portarsi quasi a metà, appena prima che uno degli ultimi tre elicotteri venisse abbattuto e che Nova dovesse scansarsi per evitare di essere schiacciata, quando ci fu un’esplosione verso il suolo che riuscì finalmente a infastidire abbastanza il demone da costringerlo a emettere un gemito furioso, mentre persino l'appendice a cui si era ancorato Nightmare si scuoteva un po’, quanto bastava da fargli perdere la presa su uno dei falcioni.
Si ritrovò aggrappato con una mano all’altro, mentre il tentacolo si sollevava, minacciando di farlo precipitare da un momento all’altro in mezzo all’Hudson.
Sono troppo vecchio per queste cose… Si disse.

Keith riuscì a trovare un paio di bombole di metano nel piccolo edificio, nel magazzino. Non fu difficile rubarle, non c’era più nessuno lì, erano tutti distratti dal Doplanker.
Le portò a forza di braccia fino alla crepa sorvegliata da Rin, facendo più in fretta possibile. La trovò che diceva qualcosa a un uomo con una divisa, forse uno del gruppo di sicurezza, la testa incastrata tra i lembi di cemento.
- Ehi!- esclamò - Ci sono!-
Rin lo guardò un secondo, tornò a rivolgersi all’uomo e gli ordinò di fare allontanare tutti. Quello annuì e si voltò, gridando qualcosa alle persone presenti là dentro.
- Va bene, sono riuscita a convincerli.- disse - Pensi che basteranno?- chiese, adocchiando le bombole.
- Non ne ho la più pallida idea.- ammise Keith - Ma è anche l’unica cosa che mi è venuta in mente.-
Ne presero una ciascuno e le sistemarono entrambe a ridosso della crepa, una sull’altra, un po’ in bilico tra loro. Una volta finito si allontanarono il più possibile, e Keith sfoderò i fucili.
- Va bene, ci siamo.- disse - Ora sparo un colpo, dovrebbe fare un bel botto… speriamo di non ammazzare nessuno.-
- Aspetta!- esclamò Rin, mentre lui prendeva la mira.
- Cosa?-
Lei guardò il Doplanker, in particolare il tentacolo più vicino al punto dove sarebbe avvenuta l’esplosione, sul quale Nightmare si stava arrampicando, e poi Nova e i pochi elicotteri militari rimasti.
- Non hai bisogno di me per portare quella gente alle barche.- disse - E le tue armi non possono ferirlo. Io posso usare i miei poteri, e se entro in acqua…-
Keith esitò, aggrottando la fronte e guardando il fiume con il dubbio dipinto in volto.
- Sicura?- chiese - Non duri mai a lungo quando entri in acqua. L'ultima volta che l'hai fatto hai retto per qualcosa come due minuti scarsi. Potresti non riuscire a ucciderlo.-
- Questo era prima.- gli ricordò lei - Lo sai chi mi ha istruita di recente, no?-
Keith s’incupì, scoccandole uno sguardo rabbioso.
- Me lo devi proprio ricordare sempre?- brontolò.
- Tu pensa a quella gente.- disse Rin, in tono deciso - Io cerco di aiutare loro. L’esplosione potrebbe anche dare problemi a Nightmare, e io posso aiutarlo.-
Keith sbuffò.
- Ka!-
- Ecco, bravo, impreca… serve sempre a qualcosa.- commentò lei, subito prima di correre verso la riva per tuffarsi.

Keith fece fuoco contro le bombole, facendole saltare al primo colpo. L’esplosione produsse un boato assordante e una nube di fiamme da far paura, ma funzionò, allargando la crepa quanto bastava da far passare la gente bloccata all’interno.
Purtroppo, come aveva previsto Rin, il Doplanker non fu molto contento della fiammata che gli ustionò il tentacolo e, con un gemito furioso, cominciò ad agitarsi, facendo crollare qualche altro pezzo di parete e provocando scricchiolii inquietanti nell’intera statua.
- Dannazione...- mugugnò - Fuori di lì!- gridò verso gli umani che, troppo lentamente, stavano uscendo dall’improvvisato passaggio - Sbrigatevi! Alle barche, forza!-
Due addetti alla sicurezza uscirono per primi ed aiutarono gli altri a sgusciare fuori. Keith li raggiunse subito e fece del suo meglio per assisterli, senza però perdere completamente d’occhio il Relitto che, furioso, aveva cominciato a scrollare la maggior parte dei suoi arti e a colpire un po’ tutto quello che aveva a tiro, costringendo Nova a scappare per non essere uccisa.
- Ma cosa diavolo è quell’affare?- esclamò un uomo, fissando pallido il mostro, gli occhi quasi fuori dalle orbite.
- Hai presente quando nutri troppo i tuoi pesci? Qualcuno ha nutrito troppo un polpo! Ora muoviti!- sbottò Keith, spingendolo via.
Subito dopo udì un suono di liquido che si muoveva tutto insieme e, alzando lo sguardo, non fu affatto sorpreso nel vedere una gigantesca colonna d’acqua, grande quasi quanto lo stesso Doplanker, che assumeva vaghe fattezze femminili.
Rin stava andando all’attacco.

Per quanto salda fosse, nemmeno la presa di Nightmare avrebbe mai potuto essere eterna e, alla fine, il manico del falcione gli scappò di mano. Si ritrovò a precipitare nel vuoto senza sapere dove sarebbe atterrato, né se l’armatura avrebbe retto il colpo. Tuttavia colpì l’acqua molto più in fretta di quanto avesse immaginato, ritrovandosi immerso nell’Hudson senza riportare danni.
Si raddrizzò e, ritrovato l’orientamento, comprese di non essere nel fiume: una enorme figura vagamente femminile formata completamente d’acqua aveva allungato una mano, e lui ci era finito dentro, fermando la caduta. Ecco cos’era successo, Rin lo aveva preso al volo.
Lo depose di nuovo a terra, permettendogli di uscire dall’acqua, e sollevò l’altra mano, che impugnava una lunga spada liquida al centro della quale correva una scia luminosa giallo intenso e piena di spine, il simbolo dell’arma magica che Rowel le aveva fornito tempo prima. Si avventò contro il Doplanker, che emise un verso furioso e cominciò a sferzarla e stritolarla con i suoi tentacoli, incontrando tuttavia solo acqua.
Nova lo raggiunse di corsa proprio mentre si rialzava, senza perdere di vista Rin, che continuava a colpire con l’arma il Doplanker ovunque riuscisse a raggiungerlo, ferendolo finalmente in modo serio, aprendogli tagli profondi su tutto il corpo e mozzando alcuni dei suoi tentacoli.
- Funziona.- commentò - Avrebbe dovuto farlo subito.-
- No, non direi.- rispose Nightmare, scuotendo la testa - Cioè… sì, lo sta ferendo, ma non è ancora del tutto padrona di questo potere. Non è Chidak, e se perde la concentrazione...-
- Possiamo aiutarla?-
- Puoi brillare.- rispose Nightmare - Io posso fare molto poco… ho perso i falcioni, e le mie pistole sono troppo piccole. Non sarò in grado di fargli niente.-
Nova esitò, guadando il gigante dal sotto in su. Malgrado la carnagione chiara, a Nightmare parve di vederla impallidire.
- Io… è troppo grosso.- ammise - Prima di usare tanta luce da morirne, al massimo posso… bruciacchiargli i tentacoli. Forse-
Nightmare gemette.
- Grande...-

Anche se aveva detto a Keith di potercela fare, dopo già un paio di minuti Rin iniziò a sentire la propria concentrazione vacillare. Era connessa a tutti gli oceani, tutti i mari, tutti i fiumi del pianeta. Percepiva ogni animale, pianta, imbarcazione presente, e anche il Doplanker. Malgrado fosse migliorata moltissimo nella gestione dei propri poteri, quello era davvero troppo persino per lei. Avrebbe retto un simile stress per poco più di cinque minuti.
Era già riuscita a ferire abbastanza seriamente l’avversario, ma non gli aveva ancora fatto nulla di sufficiente a ucciderlo. Doveva colpire un punto vitale.
Lottando per non ritrasformarsi, Rin sollevò la spada d’acqua con entrambe le mani, mentre i tentacoli superstiti la attraversavano senza ferirla, e la calò con tutte le proprie forze in mezzo agli occhi del calamaro, dove avrebbe dovuto trovarsi il cervello.
La lama affondò fino all’elsa, passandolo da parte a parte come se fosse fatto di burro.
Sì!
A quel punto non riuscì più a evitarlo e perse la forma liquida, ritrasformandosi rapidamente. Si ritrovò senza quasi alcun preavviso nell’acqua del fiume, la spada stretta in una mano, a sputacchiare e a galleggiare come un tappo di bottiglia. Tutte le informazioni che aveva ricevuto fino a un attimo prima erano scomparse, ma la ferita era ancora ben presente nella testa del Doplanker.
Lo guardò soddisfatta, aspettando di vederlo scivolare in acqua fino a scomparire, finalmente sconfitto dai loro sforzi e dal suo colpo mortale.
Tuttavia, contro le sue previsioni, il Doplanker lanciò un verso furente e alzò un tentacolo sopra di lei con l’intenzione di schiacciarla, senza mostrare il minimo segno di debolezza.
Non stava morendo.

Mi spiace non avervi mostrato ancora i poteri di Orlaith, vi dovete accontentare di Rin. Ma non preoccupatevi, lei è la prossima.
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi stanno seguendo. A presto!

 

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Capitolo 13
*** Cap. 12: La tempesta musicale ***


Orlaith osservò dalla prua del motoscafo gli sforzi degli Xenonauti che, col solo aiuto di pochi elicotteri (peraltro totalmente inadeguati alla situazione), affrontavano il gigantesco calamaro e cercavano al contempo di salvare le persone intrappolate nella statua della libertà. Vide anche Rin tuffarsi nel fiume e, subito dopo, riemergere con l’aspetto di un colosso fatto d’acqua che affrontava alla pari il mostro, riuscendo a mozzargli molti arti e infine a trafiggerlo con la sua lunga spada liquida.
Per un istante credette che ce l’avesse fatta ma, mentre lei tornava alle sue sembianze normali e cadeva nel fiume, si accorse che il calamaro rimaneva invece saldamente ancorato alla statua, immobile dov’era e apparentemente ancora in salute.
- Non ce l’ha fatta!- esclamò Annie, seduta accanto a David, dall’altro lato del parabrezza - L’ammazzerà!-
Orlaith inspirò a fondo per cinque volte, portando l’archetto sul violino e posando il mento sulla mentoniera.
- No.- disse lei - Ora ci penso io.-
Rin… vedi di essermi grata.
Cominciò a muovere l’archetto, spandendo note musicali intorno a lei.

Rin guardò il tentacolo calare sopra la sua testa, bersagliato inutilmente dalle lame di luce di Nova che cercava senza successo di aiutarla. Non pensò nemmeno di nuotare via, sapeva di non essere abbastanza veloce.
Poi delle note musicali le giunsero all’orecchio, e l’acqua che aveva intorno si mosse come se fosse animata di vita propria. Si sentì quasi circondare, mentre davanti ai suoi occhi l’aria parve come deformarsi e il tempo rallentare.
Il tentacolo continuò a scendere, senza modificare la propria traiettoria, eppure non la colpì, come se lo spazio stesso fosse stato alterato, abbattendosi semplicemente in acqua e sollevando un’onda che la spinse lontana.
In qualche modo, il fiume l’avvolse senza sommergerla, alzandosi più di quanto fosse normale per un’onda e depositandola molto delicatamente sull’isola, vicino a Nightmare e Nova, che l’aiutarono a rialzarsi, proprio mentre Keith correva loro incontro.
- Cosa… cos’è successo?- borbottò.
- Non lo so...- rispose Keith - … ma scommetto che c’entra lei.- aggiunse, indicando un punto verso il fiume.
Seguendo il suo dito, Rin vide Orlaith che suonava e ballava su una barca.

Qui il brano

La musica era veloce e ritmata, e fin dalle prime note si impose di prepotenza, innaturalmente chiara e udibile anche in quella situazione. Il Doplanker smise di considerarli e si voltò verso la barca, conscio di essere realmente in pericolo.
Nubi temporalesche si addensarono sopra Liberty Island, mentre una poderosa pioggia battente iniziava a cadere sempre più forte; l’acqua del fiume prese ad agitarsi e a ribollire fino a quando, al primo potentissimo crescendo ci fu uno spruzzo incredibilmente violento d’acqua, che risospinse il calamaro su Liberty Island, lontano dall’acqua e dalla barca. Quasi subito fu seguito da innumerevoli altri spruzzi che, seguendo la musica, cominciarono a bersagliarlo e a spintonarlo, impedendogli di trovare un equilibrio e l’orientamento, mentre il vento infuriava sempre di più e innumerevoli lampi prendevano a colpire ripetutamente la Statua della Libertà.
La musica poi rallentò, diventando meno intensa, e con essa la tempesta. Le nuvole continuarono a vorticare, ma un disco di cielo limpido e luce solare comparve sopra le loro teste.
- È un ciclone...- commentò Nightmare.
Il Doplanker parve iniziare a riprendersi a quel punto e, lentamente, allungò i tentacoli per strisciare verso l’acqua, forse per contrattaccare o per fuggire. Mentre si muoveva udirono chiaramente innumerevoli scricchiolii provenire dalla statua; voltandosi, i quattro poterono vederla muoversi.
Scese dal piedistallo, raggiungendo con poche falcate il Doplanker e cingendolo con le braccia e bloccandolo sull’isola. L’occhio del ciclone passò in quel momento, riportando il cielo in piena tempesta, proprio mentre la musica tornava a farsi veloce e potente.
Ondate d’acqua investirono il calamaro e la statua, sommergendoli e bagnandoli; subito dopo iniziarono di nuovo a cadere dei lampi, che stavolta convergettero tutti sulla statua, scaricandosi poi nel corpo del demone, il quale cominciò a tremare e a scuotersi, stridendo in modo pietoso.
Da quando il cemento conduce l’elettricità? Pensò Nightmare.
Infine ci fu un ultimo, potente fulmine che investì statua e calamaro, bruciando completamente il Relitto. Subito dopo la tempesta finì, insieme alla musica, e il cielo tornò limpido e luminoso. La Statua della Libertà si allontanò dallo scontro e tornò al proprio posto, come se nulla fosse successo.
Il Doplanker rimase inerte dov’era, accasciato al suolo senza più dare segni di vita.

Orlaith riaprì gli occhi ansimando: era affannata, sudata fradicia, e il cuore le batteva a mille. Sentiva l’adrenalina scorrerle in tutto il corpo, come un’elettricità che la percorreva dalle dita dei piedi fino alle punte dei capelli.
Era tantissimo che non si sentiva così.
- Woooooh!- ululò David, dall’altro lato del parabrezza, battendo le mani - Grande! Sei un mito, bimba! L’hai polverizzato!-
- Ce l’hai fatta! Ce l’hai fatta!- gridò Annie, saltellando.
Orlaith li guardò senza sorridere, rialzandosi in piedi e voltandosi verso Liberty Island. Vide gli elicotteri superstiti continuare a ronzare in cielo come gigantesche zanzare, e anche a quella distanza poté percepire chiaramente gli sguardi dei soldati a bordo, senza contare quelli dei giornalisti, delle telecamere e di tutti i curiosi che si erano radunati a riva.
Aveva probabilmente salvato la città, ma ora tutti sapevano chi era.
- David… andiamo via.- disse - Non posso rimanere qui… mi hanno vista tutti… allontaniamoci, subito!-
- Perché?- chiese lui - Usa il violino, no?-
Lei si voltò a guardarlo. Era serio, e in volto aveva un’espressione confusa.
- Come?- chiese - Il… violino?-
- Ti hanno vista. E allora?- chiese, scrollando le spalle a braccia conserte - Me l’hai detto tu… puoi fare quello che ti pare, no? Suona qualcosa e fai dimenticare a tutti di cosa sei capace.-
Orlaith esitò: non ci aveva minimamente pensato, e onestamente non era sicura di sentirsela. Un conto era combattere i mostri, ma addirittura modificare i ricordi di chissà quante persone…
D’altra parte, quella forse era la sua unica possibilità.
Tornò a voltarsi e, con mano tremante, pose di nuovo l’archetto sul violino, deglutendo a vuoto.
Vi prego, perdonatemi…

Mentre Orlaith ricominciava a suonare, Nightmare si avvicinò alla riva con le mani affondate nelle tasche, osservando la violinista con estrema attenzione.
- Non è come Willow.- disse Keith, affiancandolo.
- No, non lo è.- rispose lui, scuotendo la testa - Ci siamo sbagliati, e di grosso… non è fonocinesi, è molto di più.-
- Credi che sia una di loro?-
Nightmare si strinse nelle spalle.
- Hai visto anche tu: ha distorto lo spazio per salvare Rin, ha rallentato il tempo, dato vita a una statua, reso il cemento conduttivo… chi altri saprebbe fare cose del genere, se non un Trascendente?-
Keith sospirò sconsolato, grattandosi la testa.
- Lo diciamo a Timmi?-
- Perché, hai un sistema di comunicazione transdimensionale con te?- sbuffò lui - Ragazzo, non posso chiamare proprio nessuno, al momento… dovrò costruirne uno, e ci vorrà un po’ di lavoro.-
- Nightmare!-
Sentendosi chiamare, il Comandante si voltò verso Nova e Rin, che erano corse nei pressi del corpo del Doplanker per recuperare la Pietra di Trasferimento. Tuttavia, il corpo del Doplanker non c’era più.
Al suo posto ora c’era una gigantesca massa di polvere rossa, che il vento stava rapidamente disperdendo in aria, portandola lontano.
- Credi che sia stata Orlaith?- chiese Keith.
- Forse. Probabilmente sta facendo qualcosa per tutelarsi, avendo mostrato a tutti di cosa è capace. Ma noi siamo immuni, a quanto pare, io mi sento bene. Ci sta lasciando in pace.-
- E cosa pensi di fare, allora?-
- Non lo so, ma ne parleremo dopo. Vieni, recuperiamo la pietra.-
Raggiunsero le ragazze, che erano già corse in mezzo al mucchio di polvere che si stava dissolvendo in aria per cercare il sospirato bottino.
- Trovata?- chiese Nightmare.
- No.- rispose Nova, inginocchiata a terra con Rin - Ma qui c’è… qualcosa.-
Si scansò appena, quanto bastava da far loro vedere cosa avesse trovato, e di certo non era una Pietra di Trasferimento.
Era una sorta di grumo carnoso e informe, viscido e pulsante, di un brutto color biancastro solcato da grosse vene violacee, non molto più grande di un pugno umano. Alcuni piccoli tentacoli si contorcevano in punti casuali del grumo, da cui proveniva un gemito pietoso e appena percettibile. Sopra c’era una sorta di disegno, come marchiato a fuoco sulla pelle di quella cosa: era una specie di cerchio, al cui interno era inscritta una stella insieme ad alcuni altri simboli.
- Cos’è?- chiese Keith, storcendo disgustato la faccia.
- Non ne ho idea.- rispose Nightmare.
- Sembra di origine organica.- disse Rin, esaminandolo con occhio critico - Ma non ho mai visto niente del genere.-
- Era questo che sentivo.- disse Nova - La cosa che sembrava il Doplanker.-
- Quindi qualcuno ha trasformato Doppy in… una specie di amorfo pezzo di carne?- chiese Keith, confuso.
- No.- rispose Nova - Penso che questa cosa sia stata prodotta proprio dal Doplanker, ma non saprei dire di più.-
Nightmare annuì.
- Va bene… prendetelo, lo portiamo con noi. Trovate un sacchetto. E prendete anche quella polvere rossa, voglio darle un’occhiata prima che Orlaith la faccia sparire tutta.-

I misteri aumentano...
Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi stanno seguendo. A presto!

 

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Capitolo 14
*** Cap. 13: Il messaggio ***


Quando Orlaith ebbe finito di suonare, ogni traccia dello scontro era sparita, anche se i danni rimasero, così come le otto vittime civili e i numerosi militari uccisi dal Doplanker, senza contare i feriti. Nessuno parve ricordare che un gigantesco calamaro aveva attaccato la Statua della Libertà e che loro lo avevano affrontato e sconfitto usando la magia. Il telegiornale parlò di disordini non meglio specificati, asserendo che le indagini su un potenziale attacco terroristico erano tutt’ora in corso, e nessuno fece menzione a loro o alla violinista.
Nightmare spense la televisione con un grugnito, incerto su cosa pensare: da un lato Orlaith aveva trovato un buon espediente per giustificare tutte quelle morti, ma dall’altro era abbastanza sicuro di essere nei guai. Le leggi che regolavano i viaggi dimensionali obbligavano gli Esterni a non interferire con i Nativi, e il demone a cui stava dando la caccia (e di cui era di conseguenza responsabile) aveva aggredito e ucciso degli innocenti e ferito molte persone. Avrebbe dovuto dare parecchie spiegazioni, al suo ritorno.
In quel momento erano nella casa di David Valdéz, che aveva offerto rifugio a tutti quanti per un po’. Lui e Annie Carden avevano portato Orlaith in camera da letto a forza di braccia, praticamente trascinandola: dopo che aveva finito anche il secondo brano si era come spenta, probabilmente per lo sforzo fatto. Non sembrava ancora pienamente padrona dei suoi poteri, e se li usava troppo a lungo o troppo intensamente si ritrovava stremata. Forse era una Trascendente, ma di certo non era a piena potenza, per il momento. Probabilmente dipendeva dal fatto che aveva scoperto i suoi poteri da appena un anno e non li aveva coltivati molto per nove mesi.
Meglio. Pensò. Già così è persino più potente di Timmi, Rowel e Sid messi insieme.
Si voltò verso la cucina, dove Rin e Nova stavano esaminando il grumo carnoso recuperato a Liberty Island, i capelli di entrambe raccolti con degli elastici: lo avevano messo su un panno bianco e, sotto la luce di una lampada da tavolo prestata loro da David, stavano per cominciare a sezionarlo. Aspettavano solo lui.
Keith era in disparte, e guardava torvo il misterioso grumo, come se non si fidasse e fosse pronto ad accoltellarlo al minimo movimento sospetto. Non aveva parlato quasi per niente durante il viaggio di ritorno, ma Nightmare lo conosceva a sufficienza da sapere che nella testa gli frullavano molti pensieri diversi, tutti preoccupanti. Era simile a lui, sotto quel punto di vista, sapeva presagire i problemi.
- Bene, è a posto.- annunciò David, uscendo dalla camera da letto con Annie - Per ora è tranquilla, dovrebbe stare bene.- batté le mani una volta e guardo verso la cucina, esitante - Allora… che cosa sta succedendo?-
- Avevate detto di poter gestire da soli quel mostro.- disse Annie, accigliata - Eppure ha ucciso un sacco di gente e per poco non faceva fuori anche voi.-
- Credetemi, ce lo stiamo chiedendo tutti.- rispose Nightmare, avvicinandosi al tavolo e prendendo dalla tasca il sacchetto che conteneva la polvere rossa in cui si era trasformato il corpo del calamaro dopo la sua morte - Venite, lo scopriremo insieme.-
Posò il sacchetto sul tavolo e si sedette accanto a Nova.
- Procedi, Rin.-
Lei annuì e prese uno dei bisturi che avevano sistemato lì accanto: negli ultimi anni aveva approfondito molto le proprie conoscenze mediche, sfruttando la possibilità di viaggiare in altre dimensioni per documentarsi e imparare molto più di quanto fosse possibile apprendere nella loro realtà. Ora non era più una banale inferimierina da campo… poteva benissimo dirsi competente quanto un vero dottore, uno appartenente alla realtà in cui si trovavano in quel momento. Per certi versi persino di più, forse.
- Il corpo del soggetto presenta un segno circolare, una specie di cerchio dal diametro di almeno cinque centimetri. Non è stato fatto a mano, lo hanno inciso con uno strumento di precisione, è troppo perfetto.- commentò, scostando con una pinzetta un tentacolo particolarmente lungo per osservare meglio il disegno - All’interno del cerchio c’è una stella, insieme ad alcuni simboli che non comprendo a fondo.-
- Sembrano di origine alchemica.- disse Nightmare.
- Alchemica?- ripeté David.
- L’alchimia è l’antenata della moderna chimica, diciamo.- spiegò Nightmare - Si basava sulla credenza che l’universo fosse regolato da cinque elementi: aria, acqua, terra, fuoco ed etere.-
- So cos’è l’alchimia!- sbottò acidamente David.
- Il punto è che sappiamo cos’è quel simbolo.- spiegò Annie, avvicinandosi - Sì… porca miseria, Dave! È un Cerchio! Un Cerchio Magico!-
Il produttore si avvicinò a sua volta, ostentando un’espressione disgustata, e gettò uno sguardo rapido al grumo carnoso. Subito dopo si allontanò a grandi passi, tenendosi la bocca con un gemito.
- Que asco!- esclamò - Sì… è un Cerchio Magico…-
- Non è la prima volta che nominate questi Cerchi Magici...- disse Keith, aggrottando la fronte - È una forma di magia di questa realtà, vero?-
- Già… la usavano alcuni stregoni, ma sono tutti morti, per quello che ne sappiamo.- rispose Annie.
- Beh, uno è sopravvissuto, direi.- disse Rin - E sta aiutando il Doplanker.-
- Per questo era così grosso e così forte?- chiese David, ancora un po’ verdastro per la nausea - Perché uno stregone lo ha pompato di steroidi?-
- Non era il vero Doplanker.- disse Nova, scuotendo la testa - Ne percepisco ancora la vaga presenza, da qualche parte in città. È ancora vivo. Quella cosa che abbiamo affrontato, qualsiasi fosse la sua origine, era altro… creata da questo vostro stregone e dal Doplanker insieme.-
- Hanno unito i loro poteri per creare un mostro.- disse lentamente Rin - Nightmare… se è così…-
Entrambi guardarono il grumo carnoso sul tavolo, e seppero che non era più necessario sezionarlo, non da vivo. Semmai, era meglio distruggerlo.
- Questo è un nucleo.- disse Nightmare - Un… pezzo del Doplanker unito ai poteri dello stregone. Due pezzi di magie differenti fuse in un unico essere. Era questa cosa a dare vita al calamaro, per questo non mutava aspetto ed era così forte… non aveva i poteri del vero Doplanker ma in qualche modo è stato reso più potente.-
- E come?- chiese Keith - Senza i poteri di polimorfismo era… limitato, no?-
- Giusta osservazione.- concordò Nova - Forse c’entra la polvere rossa.-
- La… polvere rossa?- ripeté David.
- Non l’avete vista?- chiese Rin.
- Eravamo troppo lontani e preoccupati per Orlaith.- rispose Annie.
- Dubito che fosse quella.- disse Nightmare, scuotendo la testa - L’ho analizzata per conto mio, è banalissima polvere d’argilla.- spiegò, facendo un cenno col capo verso il sacchetto lì vicino - Niente di speciale.-
- Perché non sai cosa si fa con la polvere d’argilla.- disse Annie, avvicinandosi e rovesciandola sul tavolo.
- Ehi!- protestò David - Mi sporchi casa, così!-
- Oh, piantala di fare il bambino, Dave!- sbuffò lei - Ragazzi, dovete sapere che gli Stregoni del Cerchio Magico non basano i loro poteri solo sui Cerchi… sono in grado di creare servitori chiamati Homunculi.-
- Homunculi?- ripeté Keith - Li avete già nominati prima, vero?-
- Un Homunculus è un essere umano artificiale.- spiegò Nightmare - Un altro prodotto mitico dell’alchimia, ma per quanto ne so io non esiste niente del genere. Ovviamente parlo per la mia realtà d’origine…- aggiunse subito dopo - Quindi questo stregone ha creato un Homunculus e l’ha unito a questo pezzo di Doplanker, secondo voi?-
- Gli Homunculi sono molto più forti di un normale essere umano.- disse David - E parlo solo della forza fisica di un Homunculus normale… e sono insensibili al dolore e alla fatica.-
- Quindi è per questo che non riuscivamo a fargli niente.- disse Rin, accigliata - Perché non poteva sentire dolore. E non provando fatica non potevo batterlo nemmeno io.-
- Però si accorgeva di essere stato colpito.- osservò Nova - Si è lamentato, ricordi?-
- Beh, è possibile che, essendo stato ibridato col Doplanker, fosse atipico. Aveva una minima capacità di provare dolore, ma era comunque pericoloso, e parecchio.- ipotizzò Nightmare - Per questo non riuscivamo ad affrontarlo. Era per metà Homunculus e per metà Doplanker.-
- Quindi un… Domunculus.- disse Keith.
Tutti lo guardarono, e lui si accigliò.
- Beh? Avete un nome migliore?-
Nightmare scosse la testa, senza rispondere, tornando a guardare con aria cupa il nucleo sul tavolo davanti a lui.
- I Cerchi Magici hanno questo aspetto, solitamente?-
- No.- rispose Annie - Questo è inattivo. Cioè, non me ne intendo, è Orlaith l’esperta, ma so che quelli funzionanti sono luminosi. Probabilmente è rimasto danneggiato quando lei ha sconfitto il calamaro, per questo si è trasformato in argilla… gli Homunculi muoiono solo se viene distrutto o danneggiato il Cerchio Magico che è nascosto nel loro corpo.-
- Bene.- disse Nightmare, prendendo un bisturi particolarmente lungo - Questa è una buona notizia.-
Con un movimento deciso infilzò il grumo di carne, strappandogli un gemito pietoso. Quello cominciò a tremare e ad agitarsi più di prima, spargendo sangue violaceo su tutto il tavolo.
- Oh, no...- gemette David.
- Dave, sta’ zitto!- sbottò Annie.
- Rimane solo da capire chi ha aiutato il Doplanker.- disse Rin, posando il suo bisturi e alzandosi dallo sgabello - Mi pare ovvio che, chiunque sia, è uno stregone molto potente. Una cosa del genere deve richiedere un potere magico… enorme.-
- Gigantesco.-
A parlare era stata Orlaith, comparsa all’improvviso sulla porta della camera da letto. Era scalza e scarmigliata, e aveva ancora un colorito piuttosto pallido.
- Ti sei già svegliata?- chiese Annie, muovendo un passo verso di lei.
- Non ho mai dormito davvero.- rispose Orlaith, avvicinandosi e guardando con un misto di rabbia e disgusto il nucleo infilzato sul tavolo - Ero solo sfatta.-
- Hai qualche idea?- chiese Nightmare - Sai chi può aver creato questa cosa?-
- Che io sappia, esistevano solo due stregoni abbastanza potenti.- rispose lei - E li ho uccisi entrambi.-
Si passò le mani sul volto, sospirando profondamente. Sembrava rassegnata, o sconfitta, difficile a dirsi.
- Ovviamente sbagliavo.- continuò - Uno dei due è ancora vivo.-
- Sei sicura, chica?- chiese David, mentre un’espressione preoccupata sostituiva quella disgustata.
- Un Homunculus potenziato a New York.- disse lei, scoccandogli uno sguardo falsamente divertito - Dave, andiamo… perché attirare così tanto l’attenzione? Per uccidere loro? Non ti sembra un po’ eccessivo?-
- Pensi che volessero attirare la tua attenzione?- chiese Nightmare.
- Non lo penso, lo so.- rispose Orlaith, in tono cupo - Quel Homunculus era un messaggio per me. Uno dei due è sopravvissuto e vuole vendicarsi… voleva farmi sapere di essere ancora vivo.-
- E se fossero vivi entrambi?- chiese Nova - Magari stanno collaborando.-
- Impossibile.- rispose David, lasciandosi scappare una mezza risata sarcastica - Tu non sai chi erano quei due… si sono fatti la guerra per tutta la vita. Si odiavano.-
- Dave ha ragione… se fossero entrambi vivi prima avrebbero cercato di eliminarsi a vicenda.- concordò Orlaith - No, solo uno è ancora vivo.-
- E secondo te quale?- chiese Annie - Vaněk?-
Orlaith mosse appena una spalla.
- Lo spero.- rispose - L’alternativa...-
Deglutì a vuoto e si voltò.
- Vado a fare due passi.- annunciò - Io… scusatemi.-
Si diresse verso la porta e uscì dall’appartamento senza nemmeno mettersi le scarpe, evitando gli sguardi di tutti.

Orlaith ora si trova di fronte alla realtà: uno dei due è sopravvissuto... poverina.
Ringrazio come sempre 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi seguono. A presto!
 

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Capitolo 15
*** Cap. 14: Sfogarsi ***


Rin sospirò, sciogliendo i capelli e scuotendo la testa per dare loro aria. Vide Nightmare passarsi una mano sul mento, e benché non potesse vedere il suo volto comprese che era preoccupato, più di quanto fosse lecito per una quasi estranea come Orlaith. Ormai lo conosceva da quasi quattro anni, sapeva interpretare le sue pose.
- Cosa c’è?- gli chiese.
Lui alzò lo sguardo, falsamente confuso.
- Come?-
- So che hai qualcosa in mente, e non è per lo stregone.- disse Rin - Ti comporti come se fossi in pensiero da quando ha sconfitto quella cosa. Stai pensando ai suoi poteri, vero? Li ho notati anch’io, non sono cieca.-
Lui annuì, poi scosse la testa.
- Non è il momento. Ora devo seguire Orlaith e convincerla a tornare qui. Ci serve il suo aiuto, ora più che mai.-
- No.- disse Rin - Perdonami, ma non è una buona idea. Meglio se vado io a parlare. Senza offesa, ma sono molto più sensibile di te.-
Annie li guardò aggrottando la fronte.
- Non pensate che forse sarebbe meglio se fossimo Dave e io a parlarle?- obbiettò - Siamo suoi amici, dopotutto!-
- Non è una questione di amicizia, questa.- disse Nova - La situazione è… molto complicata.-
- Per usare un eufemismo...- grugnì Keith, dal suo angolo.
- Vado a prenderla, farò in fretta.- disse Rin - So cavarmela con le persone turbate. Voi due potreste spiegare a loro tre cosa la sconvolge così tanto, e loro vi spiegheranno come mai è così importante per noi il suo aiuto.-
- Sicura di farcela?- chiese Nightmare - Convincerla è imperativo, a questo punto.-
- Lasciami fare.- garantì lei - Mi rendo conto della situazione, ho capito. Ci vediamo tra poco.-
Si tolse i guanti e uscì dall’appartamento, ritrovandosi sul pianerottolo. Guardò l’ascensore, in particolare lo schermo sopra di esso, e vide che era spento: non era scesa né salita, almeno non con quello.
Stava ancora cercando di decidere quale scala prendere quando colse un suono, un singhiozzo. Non era lontano, e proveniva dal fondo del corridoio, appena dietro l’angolo. Quando lo ebbe oltrepassato non fu sorpresa di trovare Orlaith.
Era appoggiata alla finestra dall’altro lato del passaggio, la fronte schiacciata contro il vetro e le dita affondate tra i capelli. Stava chiaramente piangendo, ma cercava di trattenersi.
Si schiarì appena la voce, avvicinandosi a passi lenti. Orlaith si raddrizzò, sfregandosi gli occhi con la manica, e si voltò verso di lei.
- Sì, arrivo.- disse - Scusate. Una piccola crisi, io… sto bene. Non è niente.-
- Niente è amico mio, e non è qui.- replicò Rin, raggiungendola - So che non ci conosciamo, e sicuramente Annie o David sarebbero più indicati di me come confidenti… ma se vuoi puoi parlarmi di ciò che ti turba. Io di certo ho bisogno di te.-
Orlaith fece una smorfia.
- Già. I miei poteri.- disse, in tono amaro - È sempre così.-
- A dire il vero, è un po’ diverso.- rispose Rin - Ma non parliamone qui.- le tese una mano e fece contemporaneamente un cenno verso l’ascensore - Vieni, prendiamo un po’ d’aria.-

Andarono insieme sul tetto, forzando la serratura della porta, e si sedettero vicino ad alcuni tubi del sistema di areazione del palazzo. Rimasero in silenzio per qualche tempo, mentre Orlaith fissava le proprie ginocchia e Rin il cielo: il sole di mezzogiorno splendeva abbastanza intensamente. Doveva essere una delle ultime belle giornate della stagione, probabilmente.
- Un tempo non avrei potuto sopportare tanta luce.- disse Rin all’improvviso.
Orlaith la guardò confusamente, senza capire.
- Come?- chiese.
- Non sono umana.- spiegò Rin - Sono una Kolak. La mia razza è simile ai vampiri, e ci nutriamo di sangue. Siamo originari di un mondo ormai perduto, dove il sole non brillava così forte.- si lasciò sfuggire un sorriso nostalgico, ripensando a quando era più giovane e meno resistente - Alcuni di noi hanno faticato ad adattarsi al sole del nostro nuovo mondo, molto più forte di quanto fosse normale per noi. Io ero tra questi, e… a volte perdevo le forze solo per essere rimasta fuori troppo a lungo. Mi ci sono voluti anni per sopportare la luce intensa.-
Orlaith la guardò ad occhi sgranati.
- Tu… bevi… sangue?- chiese lentamente.
- Io e Keith. Ma tranquilla… di solito preferiamo quello animale. Non siamo mostri, siamo persone come te.- spiegò, sorridendole - Nightmare ci ha studiati, era curioso. Secondo lui, la nostra biologia si è sviluppata in modo tale da poter digerire le sostanze nutritive solo se assunte insieme all’emoglobina. E siccome l’emoglobina contiene molto ferro, questo ci rende molto forti fisicamente, se paragonati agli esseri umani. Da qui è nato il mito secondo il quale siamo degli immortali vampiri capaci di sconfiggere interi eserciti.-
Orlaith non disse niente, ancora sorpresa dalle sue parole.
- Veniamo da una realtà differente dalla tua, Orlaith.- continuò lei - E tu parli di Cerchi Magici e Homunculi come se fossero cose normali. Come puoi stupirti scoprendo che io sono diversa da te?-
- Scusa.- disse quasi subito la violinista - È solo che… insomma...-
- Lo so, ti serve un po’ di tempo.-
Orlaith sospirò, incrociando le braccia mentre tutto il suo corpo veniva scosso da un piccolo brivido: una folata di vento particolarmente intensa aveva spazzato il tetto, e a quell’altezza l’aria era piuttosto fredda.
- Non vi ho detto tutto su quegli stregoni.- ammise.
- Lo immaginavo.- disse Rin - Perché farlo, in fondo? Non ci conosci. Non ancora.-
Lei fece una smorfia.
- Allwood si presentò da me.- le raccontò - Mi spiegò che Vaněk era uno stregone che voleva sfruttare i miei poteri. Fu lui stesso a dirmi che avevo dei poteri, e a insegnarmi a usarli. Mi aiutò a sconfiggere Vaněk, mi protesse e… beh, mi avvicinai a lui.-
- Immagino che sia normale.- disse Rin - Ma poi hai scoperto che ti aveva mentito, vero?-
Orlaith annuì.
- Lui era suo figlio, e non voleva uccidere Vaněk per fare la cosa giusta… per impedirgli di fare del male alle persone, o a me.- sospirò - Lo voleva uccidere per rubargli i poteri, come entrambi avevano fatto con tutti gli stregoni che avevano incontrato precedentemente. Voleva uccidere anche me, dopo aver terminato. Quando l’ho scoperto mi è crollato il mondo addosso.-
- E alla fine hai dovuto uccidere anche lui.-
Orlaith annuì.
- Non mi lasciò altra scelta.-
Rin sorrise, comprensiva.
- Raramente ce n’è una.-
Rimasero nuovamente in silenzio per qualche tempo, finché Rin non riprese nuovamente la parola.
- Non ti mentirò, serviranno i tuoi poteri.- disse Rin - E ora che li abbiamo visti, credo che dovresti scambiare due parole in proposito con Nightmare, quando tutto sarà finito. Ma non è per la magia in sé che abbiamo bisogno del tuo aiuto.-
- E per cosa, allora?-
- Sei una Nativa, così come lo è lo stregone che ha aiutato il Doplanker, che esso sia Vaněk o Allwood. E noi non possiamo toccare un Nativo, se questo non minaccia direttamente la nostra vita nell’immediato.-
Orlaith aggrottò la fronte.
- Come?-
- Esistono delle leggi, scritte dalle massime autorità magiche di tutte le Realtà Alleate.- spiegò Rin - Le Realtà Alleate sono… un gruppo di realtà che collaborano tra loro. Rowel, l’uomo per cui lavoriamo noi quattro, è il membro del consiglio con l’incarico di esplorare le altre realtà tramite noi Xenonauti. Altri si occupano invece di creare rapporti diplomatici con le realtà che vogliono entrare nell’alleanza… e altri ancora, in particolare uno, vigila sul rispetto di quelle leggi che lui stesso e alcuni altri, tra cui Rowel, hanno scritto per evitare che accadano fatti gravi come quello di oggi.-
- Io… non credo di capire.- disse Orlaith, scuotendo lentamente la testa.
- In passato le realtà potevano comunicare liberamente tra loro, ma poi qualcuno violò le regole e si immischiò negli affari dei Nativi di una realtà ospitante.- spiegò Rin - Non so cosa accadde di preciso, nessuno lo sa. Comunque, fu abbastanza grave da proibire ogni nuovo viaggio tra le realtà per moltissimo tempo. Solo da poco questo divieto è stato ritirato, ma ora siamo tutti tenuti a seguire regole rigidissime. La più importante è quella di non nuocere in alcun modo ai Nativi di una realtà ospite, a prescindere dalle loro intenzioni, fintantoché non ci puntano una lama alla gola con l’intento di ucciderci.-
- In parole povere, non potrete uccidere lo stregone a meno che questo non cerchi di uccidervi personalmente?- chiese Orlaith, tanto per chiarire.
- Già.- confermò Rin - Sarebbe una violazione, a prescindere dalle circostanze. Tecnicamente parlando, ci immischieremmo nelle faccende di una realtà ospite, come sta facendo il Doplanker, cosa assolutamente vietata. E l’uomo che ha scritto questa regola è… alquanto inflessibile, a riguardo, ed è poco saggio farlo arrabbiare. Lui non… non reagisce bene quando perde la pazienza.-
Orlaith sbuffò, distogliendo lo sguardo con aria seccata.
- Bello schifo.- commentò.
- Come ho detto, è poco tempo che le realtà si sono riunite.- spiegò Rin - Ci stiamo ancora adattando. Lo ammetto, è la prima volta che ci troviamo in questa situazione, e il protocollo prevede di chiedere aiuto a persone come te.-
La violinista si portò le mani sulla fronte, premendo forte i palmi e gemendo con rabbia.
- CAZZO!- gridò, furente - Speravo che fosse finita, dannazione! Che tutta questa storia facesse… parte del passato! E ora devo ricominciare daccapo! CAZZO!-
Colpì col pugno il tubo a cui era appoggiata, lanciando subito dopo un gemito di dolore e afferrandosi le dita contuse.
- Piano!- esclamò Rin, prendendole la mano con delicatezza - Se ti rompi le dita...-
- … non potrò più usare i miei poteri, sì, lo so!- sbottò furente lei.
- Non è quello che stavo per dire.- rispose Rin, tastandole delicatamente le dita ed esaminando il danno - Non ruota tutto intorno alla tua magia: al di là degli effetti, la tua musica è splendida. E di sicuro ti diverti a suonare, me l’ha detto Annie.-
Orlaith non rispose, masticandosi la lingua e lasciandola fare. Alla fine Rin sorrise e le restituì la mano.
- Niente di grave. Solo una botta di poco conto, ti passerà presto. Magari mettici una pomata o del ghiaccio.-
- Grazie.- grugnì lei - Sei un dottore?-
- Ho studiato la scienza medica.- rispose Rin, alzandosi e tendendole la mano - Nightmare ha insistito perché mi specializzassi in virologia. Potremmo imbatterci in chissà quali malattie viaggiando in realtà differenti, serve una preparazione adeguata. Il termine che usa Nightmare per riferirsi a me è Xenovirologa.-
Orlaith si lasciò tirare in piedi e la seguì verso la porta, rimpiangendo di aver lasciato le scarpe in camera di David.
- Posso farti un’altra domanda?- chiese, appena prima che varcassero la soglia.
- Dimmi.-
- Perché ti capisco?- chiese - Cioè… perché parli la mia lingua? O io parlo la tua? È magia?-
Rin la guardò e sorrise di nuovo.
- Sai… me lo sono chiesta anch’io.- ammise.
Detto ciò, la precedette giù per le scale.

Da ora in poi per Orlaith ricomincia tutto, ma almeno stavolta non è sola. Ha altri su cui contare, di cui può fidarsi, e questo è decisamente un passo avanti.
Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi seguono come sempre. A presto!

 

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Capitolo 16
*** Cap. 15: Hell's Kitchen ***


Dopo che Orlaith fu tornata di sotto insieme a Rin, il gruppo decise di comune accordo di non rimanere nell’appartamento di David per discutere delle mosse successive, ma di trovare un nascondiglio più sicuro, che il loro nemico non potesse rintracciare facilmente.
Per il produttore non fu una festa rendersi conto che casa sua avrebbe potuto essere presa di mira da un mostro di un’altra dimensione, da un pazzo assassino e da chissà quali altre bestialità magiche, e ci volle del buono per convincerlo che ingaggiare un’agenzia di sicurezza privata non sarebbe stato sufficiente a tenere lontane le minacce.
Dovette anche chiamare a lavoro per disdire tutti i suoi appuntamenti e assentarsi fino a data da definire, delegando ogni impegno ad assistenti, segretarie, stagisti e via discorrendo. Passò anche un buon quarto d’ora al telefono con il front dei Dirty Sands per scusarsi della sua improvvisa assenza dall’ufficio, quando invece gli aveva promesso di essere presente per la scelta delle cover del prossimo album.
Mentre viaggiavano in taxi insieme, Orlaith si sorprese di sentirgli usare frasi come “sei il mio mito, bello” o “lo sai che per te farei tutto, ma non ho potuto evitarlo… è una cosa che va oltre il mio controllo” per parlare con alcuni dei suoi clienti. Generalmente quello era il tono che, in passato, aveva usato anche con lei.
- E questa era l’ultima telefonata… grazie al cielo…- sbuffò Dave, stremato, mentre il taxi si fermava all’ennesimo semaforo - Beh… stiamo affrontando un’acquisizione, ho licenziato tre dipendenti e rischio di perdere il posto, che male c’è a prendersi un periodo di ferie indeterminato senza preavviso?-
Annie, seduta alla sua destra, si lasciò scappare una risatina e gli diede un buffetto sul braccio.
- Oh, ma dai, Dave… chi vuoi che ti sostituisca? Sei il superproduttore della Lightning Tune Records… anche quello squilibrato di Vaněk ti apprezzava. Non possono licenziarti, nessuno lavora più di te.-
David sorrise e contorse il braccio per scompigliarle i capelli, senza rispondere. Quando si voltò verso Orlaith vide che non sorrideva, e anzi lo guardava un po’ accigliata.
- Cosa?- chiese.
- Mi prendevi in giro allora?- chiese - Lo dici a tutti i tuoi clienti che sono i numeri uno e cose del genere?-
- Beh, lo sai, voi artisti siete imprevedibili e capricciosi, specialmente quando siete bravi. Bisogna coccolarvi.-
- Insomma è un sì.- brontolò lei, voltandosi verso il finestrino, seccata.
- Oh, andiamo, piccolina…- ridacchio David, mettendole una mano sulla spalla - Lo sai che sei la mia preferita. Non ho affrontato gli Homunculi per questi buffoni, no?-
Lei si lasciò scappare un sorrisetto, ma non gli diede la soddisfazione di voltarsi. Con la coda dell’occhio colse il tassista fissarla dallo specchietto retrovisore, e comprese che l’aveva riconosciuta. Difficilmente aveva sentito le loro parole, visto che avevano parlato piano, ma era inquietante sentirsi addosso i suoi occhi.
- Il semaforo è verde, capo.- osservò.
Con un piccolo sussulto, quello ingranò la marcia e riprese a muoversi.

Con estrema cura e precisione, Nightmare fece colare una singola goccia di stagno fuso sulla piastra di silicio, saldando un sottilissimo cavetto in un punto che, per Keith, era apparentemente identico a qualsiasi altro, seduto a un’improvvisato tavolo da lavoro costituito da una semplice trave di legno sistemata su alcuni mattoni, all’interno del loro nascondiglio.
- Mi spieghi cosa stai combinando?- gli chiese, osservandolo con curiosità.
- Cerco di lavorare, ma è un po’ più difficile con te che mi osservi come un gufo da sopra la spalla.- rispose - Sto costruendo un comunicatore transdimensionale.- spiegò - Vista la situazione temo che potrebbe servirci.-
- Ah, bene… e io posso aiutarti?-
- Ti annoi, vero?-
- Già.- grugnì il Kolak, incrociando le braccia - Sono lo specialista d’armi, ma non abbiamo quasi sparato stamattina, e quindi non devo preoccuparmi di fare nuove cartucce. Non sono un Cercatore, quindi non posso aiutare Nova, né sono un medico come Rin, che è uscita a procurarsi medicinali nuovi… insomma, almeno potrei aiutare te, no?-
Nightmare ridacchiò.
- Tra meno di un’ora dovrebbero arrivare i Nativi.- disse - Se davvero vuoi renderti utile, puoi uscire a fare un controllo perimetrale dell’isolato. Accertati che non ci sia niente di sospetto. Non credo che qualcuno sappia dove siamo, ma non posso esserne sicuro, e potrebbero esserci dei vagabondi o dei tossici nei paraggi. In ogni caso voglio cambiare nascondiglio entro domani.-
- Temi che ci scoprano?-
- Piuttosto è un’abitudine che ho preso quando ero un agente segreto governativo. Restare in movimento mantiene in vita.-
Keith grugnì stoicamente, e uscì senza aggiungere altro. Rimasto solo, Nightmare si raddrizzò sullo sgabello e sospirò, gettando uno sguardo fuori dalla finestra incrostata di polvere, riflettendo…
L’attacco alla Statua della Libertà aveva detto molte cose, anche senza il bisogno di incontrare il loro vero nemico in prima persona: senza dubbio era molto potente e molto scaltro avendo convinto il Doplanker, noto per la sua indole spietata e isolazionista, ad allearsi con lui (entrambe caratteristiche confermategli dalle parole di Annie Carden e David Valdéz poche ore prima); in secondo luogo non aveva paura né di loro né di Orlaith, e quel mostro tentacolare era sicuramente un banale assaggio delle sue vere capacità, mandato più a spaventare e disorientare che ad uccidere, considerato che doveva sapere per forza con quanta facilità la violinista si sarebbe liberata della creatura; infine, non temeva di esporsi, al contrario di loro che potevano fare il loro lavoro solo rimanendo nell’ombra.
Un nemico del genere era difficile da prevedere. Aveva un grosso vantaggio nei loro confronti, e se volevano azzerarlo dovevano fare in modo di trovarsi un passo avanti a lui.
Inoltre, c’era il problema dei poteri di Orlaith.
Credevo che i Trascendenti fossero spariti tutti quanti…
Non era sicuro che Nova e Rin condividessero appieno le sue preoccupazioni (in realtà non aveva ancora capito bene cosa pensasse Nova in generale), ma Keith si era mostrato pienamente d’accordo con lui: alleata o meno, Orlaith avrebbe potuto essere una minaccia peggiore del Doplanker, e il brutto era che non sapeva come comportarsi con lei. Anche per questo era imperativo completare il comunicatore: aveva bisogno di istruzioni superiori. Non era una decisione che poteva prendere lui da solo.
Pensando a questo, tornò a concentrarsi sul proprio lavoro, terminando all’istante la breve pausa.

L’indirizzo che Nightmare aveva lasciato loro corrispondeva a un palazzo abbandonato nella zona sud di Hell’s Kitchen. A quell’ora, col sole che già spariva dietro gli edifici più alti, il quartiere sembrava più cupo e buio che mai, malgrado alcuni lampioni tentassero di rischiarare un po’ l’aria.
In fondo alla strada c’era un poliziotto che parlava con una donna, e a giudicare dalla gestualità di lei stavano probabilmente discutendo a proposito di una multa; un cane abbaiava da qualche parte, e da una finestra, aperta malgrado il freddo incipiente, uscivano le voci di una famiglia riunita a cena.
Orlaith, guardandosi intorno, si aspettava quasi di vedere Daredevil saltare fuori da dietro un angolo per picchiare a sangue i criminali.
Devo smetterla con Netflix… pensò.
- Il posto è questo.- disse David, osservando il palazzo con sguardo ipercritico, sistemandosi meglio la cinghia della borsa da viaggio sulla spall - Beh, potevano scegliere qualcosa di meno decadente… ho pure le scarpe buone, oggi...-
- David, tu hai sempre le scarpe buone, o i jeans firmati o il cappello di Armani.- sbuffò Annie - Hai mai sentito parlare di outlet?-
- Ehi, io devo farmi vedere elegante, è il mio lavoro!-
- Oh, andiamo, finitela...- sospirò Orlaith, spingendoli avanti.
Fece per aggiungere qualcos’altro quando il suo sguardo venne calamitato da un uomo appoggiato poco più in là, appena dietro l’angolo dell’edificio, a fumarsi una sigaretta. Le dava le spalle, e aveva addosso una felpa col cappuccio calato, quindi non poteva vedere nemmeno la sua nuca.
D’altra parte c’era qualcosa di magnetico in lui, quasi di familiare. Forse per la postura, o la corporatura… magari il portamento.
O magari era solo istinto.
- Non è possibile...- mormorò, lasciando andare gli amici.
- Cosa?- chiese David, aggrottando la fronte.
Seguì il suo sguardo e vide anche lui l’uomo all’angolo del palazzo. Quello spense la sigaretta sotto la scarpa, come se non aspettasse altro, e si ritirò nel vicolo.
- Chi è?- chiese Annie.
- Io...-
Orlaith scosse la testa, mollò il suo zainetto e gli corse dietro senza rispondere, sorda alla voce di Annie che la richiamava. Il cuore le batteva a mille, e serrava talmente tanto la presa attorno alla maniglia della custodia del violino che le si stavano sbiancando le nocche. In fondo alla gola sentiva un groppo enorme, che minacciava di soffocarla.
Sapeva che poteva essere ancora vivo, lo aveva ipotizzato non più tardi di qualche ora prima, e se da una parte l’aveva temuto dall’altra lo aveva anche sperato.
Raggiunse il vicolo proprio mentre l’uomo arrivava dall’altro lato e cominciava ad andarsene, le mani affondate nella tasca della felpa. Solo allora notò che zoppicava appena, come se avesse una gamba ferita.
- Jayden!-
Al suono di quel nome, l’uomo si fermò.

Stiamo per raggiungere un punto della storia piuttosto interessante. Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi seguono. A presto!

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Capitolo 17
*** Cap. 16: Dubbio ***


Si voltò lentamente a guardarla, senza togliere le mani dalle tasche, raddrizzando abbastanza la schiena da permetterle, anche a quella distanza, di distinguere bene i tratti del suo volto. L’occhio cieco, le cicatrici da taglio e da ustione, i segni della battaglia che aveva coinvolto entrambi.
Malgrado le ferite, non aveva perso quel suo sorriso beffardo e amaro insieme, quell’aria afflitta di chi ha visto molto e sa troppo con cui si era presentato a lei più di un anno prima.
Quando i loro sguardi si incrociarono, il suo sorriso si fece appena un po’ più ampio. Portò una mano al cappuccio e lo calò, mostrando i capelli ancora folti e neri, anche se più disordinati e più lunghi di quanto ricordasse, e parzialmente diradati sul lato destro della testa, dove le ustioni lo solcavano fino a consumargli anche parte dell’orecchio.
- Ciao, Orlaith.- disse Allwood.

Annie, che aveva fatto per inseguire Orlaith, si bloccò quasi subito sentendola gridare il nome di Allwood, mentre un brivido gelato le correva lungo la spina dorsale. Nella sua mente erano ancora vivide le immagini di un uomo coperto dal proprio sangue, la pelle lacerata da crepe lucenti e con un occhio solo che avanzava zoppicando, i muscoli tesi fino allo spasimo per il dolore e la rabbia, urlando cose folli contro Orlaith.
- David… vai a chiamare Nightmare! Vai, forza!- esclamò, spingendolo verso la porta.
- Cosa?- esclamò lui, confuso - Ma… hanno detto di non poterlo toccare!-
- Non m’importa! Muoviti, chiamali!- insisté lei - Vai!-
David esitò solo un attimo, poi corse via senza aggiungere niente. Annie si voltò e raggiunse subito Orlaith, prendendola per un braccio, sentendola tesa come una delle corde del suo violino.
In fondo al vicolo, oltre cumuli di spazzatura e macchie di umidità, c’era Allwood, sfigurato dalla precedente battaglia ma chiaramente vivo e vegeto.
- Ah, la tua amica.- disse, in tono tranquillo - Mi ricordo di lei… era a Tresckow. Mi gridò di lasciarti in pace.-
- Vale ancora, sai?- ringhiò Annie, facendo mezzo passo avanti.
Subito Orlaith la bloccò, spingendola di nuovo indietro, senza staccare gli occhi da Allwood con espressione incomprensibile. Sembrava un misto di paura, rabbia, sorpresa, felicità e qualcos’altro di meno definibile ma comunque intenso. Probabilmente le stava scoppiando il cervello.
- Sei… sei vivo…- mormorò.
Lui ridacchiò amaramente, abbassando lo sguardo.
- A malapena.- disse.
- Ti ho visto… entrare nel Cerchio collassato. Saresti dovuto...-
- Sì, lo so.- la anticipò Allwood, riportando lo sguardo su di lei - Ricordati che ho inventato io quel tipo di tecnica, so quali effetti provoca. Avrebbe dovuto disintegrarmi… e lo ha fatto.- scosse la testa, mentre il sorriso scivolava via rapidamente - Mi ha… dilaniato. Molecola per molecola, atomo per atomo. Non è stato divertente.-
- Te lo sei meritato, lo sai?- sbottò Annie.
- Annie, non provocarlo…- disse Orlaith in un sussurro.
Allwood, d’altra parte, non sembrava minimamente impensierito dalle sue parole. Anzi, non sembrava averle nemmeno sentite.
- A farmi più male è stato McGrath.- continuò, tornando a guardarla - Il suo tradimento… non pensavo che si sarebbe rivoltato contro di me. Che ti preferisse a me.-
- Non gli ho detto io di ucciderti. Lo ha deciso da solo.- gli ricordò Orlaith.
- Lo so.- annuì lui - Ma è stato ugualmente… spiacevole.-
Orlaith non commentò.
- Come sei sopravvissuto?- chiese - Se il Cerchio Magico ti ha davvero distrutto, perché…-
- Te lo avevo detto, no?- chiese lui, tornando a sorridere, rimettendo entrambe le mani in tasca - Avrei ucciso Vaněk e rubato i suoi poteri. Lui usava i suoi Homunculi come corpi sostitutivi… migrava in uno di loro ogni volta che qualcuno lo uccideva per ingannare la morte. Io li ho distrutti tutti, impedendogli di rifarlo, e così è morto davvero… e quando è successo ho rubato i suoi poteri come previsto.-
- Quindi è così che hai fatto?- chiese Annie - Sei migrato in un Homunculus?-
- Non è possibile… non c’erano Homunculi, non più… li avevamo uccisi tutti!- esclamò Orlaith.
- Quelli di Vaněk, certo.- rispose Jayden - Ma io ne avevo un altro, nascosto in città. Lo piazzai lì in segreto, quando litigammo, per tenerti d’occhio se fossi tornata a Tresckow. L’ho tenuto per sicurezza, ed è inutile dire che mi fu molto d’aiuto in quel frangente… anche se non ero completamente padrone della tecnica, ancora.- ammise.
Tornò a sfilare una mano dalla tasca, sfiorandosi la guancia butterata. Una smorfia gli increspò le labbra.
- Non sono riuscito a ricostruirmi come avrei dovuto. Ora sono costretto a rimanere così, almeno per adesso… e tu hai preso tutto il mio materiale magico, a casa mia. Non ho potuto rimediare come avrei voluto, ho ancora bisogno di alcuni giorni.-
- Oh, poverino...- grugnì una voce - Vieni, ti posso migliorare io.-
Keith le superò entrambe ad ampi passi, puntando contro Allwood uno dei suoi strani fucili.

Lo fronteggiò faccia a faccia senza battere ciglio, il dito sul grilletto e la sicura disinserita, ma Allwood non cambiò espressione e lo guardò dritto negli occhi, rimanendo piantato sulle due gambe lì dov’era. Nel suo volto non c’era traccia di paura.
- Ho appena finito di spiegare che posso migrare negli Homunculi per rigenerarmi.- osservò - Non ho certo paura di un’arma da fuoco. Specialmente sapendo che non mi spareresti mai.-
Keith sogghignò.
- Vuoi scommettere?-
- Il nostro comune amico mi ha detto che esistono delle leggi che te lo impediscono.- spiegò lo stregone, tranquillo - E che sono ben più ferree di quelle che, in passato, regolavano questo tipo di viaggi, se ho ben capito. Non mi puoi toccare se non cerco personalmente di ucciderti.-
Keith smise di sogghignare, accigliandosi. Dopo un momento abbassò il fucile e lo rimise nella fondina dietro la schiena, scocciato.
- Va bene, era una finta.- ammise - Per fortuna che qui con me c’è una Nativa che ha tutti i motivi di avercela a morte con te e il potere sufficiente a polverizzarti lì dove sei.-
Allwood ridacchiò, scuotendo la testa.
- Già… ho raddoppiato i miei poteri dall’ultimo scontro, ma forse è ancora lei la più forte.- concesse - Ma non mi attaccherà. Sarà troppo impegnata a litigare con te.-
Keith aggrottò la fronte e guardò Orlaith, che scosse lentamente la testa senza distogliere gli occhi da Jayden, confusa.
- Cosa?- chiese - Perché dovremmo litigare?-
Il suo sorriso si fece ancora più ampio, e fece per andarsene.
- Chiediglielo.- disse - Chiedigli dei tuoi poteri… di quello che non ti ho detto io. Dei Trascendenti, di quello che è accaduto all’ultimo di loro e del motivo per cui non esistono più.-
- Dei cosa?- chiese Annie.
Ma Allwood si limitò ad alzare una mano per salutare, zoppicando via.
- Ehi!- gridò Keith - Fermati, brutto pezzo di...-
Squittendo follemente, un topolino bianco uscì da dietro un bidone dell’immondizia per trasformarsi poi in un grosso felino simile a una tigre, ma dal manto candido tipico delle trasformazioni del Doplanker, che lo atterrò senza sforzo.
- Ka!- esclamò Keith, mentre Annie lanciava un grido terrorizzato.
Orlaith fece per aprire freneticamente la custodia del violino, e il Kolak allungò una mano verso il coltello da caccia che portava alla cintura, ma quasi subito il Doplanker si ritrasformò, diventando una colomba e volando via in un frullo d’ali.
- Ehi! Vigliacco di un mutante, torna qui!- sbottò Keith, mettendosi a sedere.
- Si può sapere chi è che grida?- sbottò qualcuno da una finestra.
- Oh, grande...- mormorò Orlaith.
- Andiamo via...- sbuffò Keith, alzandosi in piedi.
Lanciò uno sguardo versò il fondo del vicolo, ormai quasi totalmente immerso nell’ombra della sera incipiente. Non fu sorpreso di vedere che Allwood era sparito.

Incrociarono David proprio sulla soglia del palazzo, che usciva insieme a Nightmare, Rin e Nova, tutti visibilmente agitati. A quanto pareva, Keith era uscito da solo per fare una ricognizione dei dintorni, proprio per accertarsi che non ci fossero pericoli vicini al loro nascondiglio, e per questo era arrivato per primo.
Il produttore, d’altra parte, ci aveva messo tanto a chiamare aiuto perché non c’era l’ascensore e il gruppo si era rifugiato proprio al penultimo piano, che aveva dovuto raggiungere a forza di scale, facendo quasi dieci piani a piedi. Ora era visibilmente sudato, ansimante e stravolto, motivo per il quale scelsero di aspettare prima di tornare di sopra.
Dopotutto, come osservò anche Nova, ormai Allwood e il Doplanker sapevano dove si stavano rifugiando. Non sarebbe cambiato molto nascondendosi su un altro piano.
- State bene?- chiese Nightmare, mentre David si accasciava contro una parete scrostata, ancora sfiatato.
- Lo chiedi a loro?- grugnì Keith - Sono io quello che è stato atterrato da un gatto di trecentoventi chili, sai?-
- Sì, ma tu ci sei abituato.- rispose l’uomo - Allora?-
Orlaith annuì, inginocchiata accanto a David. Malgrado nella stanza ci fossero pochissime finestre, quasi tutte oscurate, ci vedeva comunque benissimo: il corpo di Nova, difatti, emetteva luce, come la protagonista del film Stardust. Fino a poco tempo prima la cosa l’avrebbe sorpresa, ma ormai…
- Sì, tutto a posto.- disse, rispondendo a Nightmare - Non voleva combattere.-
- No, sarebbe stato stupido.- concordò Rin, cingendo la vita di Keith con le braccia, da dietro di lui, in un gesto di sollevato affetto - In fondo se avesse voluto davvero provare a farti del male non avrebbe mandato solo quella creatura, stamattina. Avrà un altro piano, immagino.-
- L’ultima volta voleva solo i poteri di Vaněk.- disse Annie - Oggi, probabilmente, vorrà quelli di Orlaith.-
- No, gli basterebbe uccidermi come ha fatto con suo padre.- rispose lei, alzandosi in piedi - Lo farà solo se penserà di non avere scelta. Probabilmente cercherà prima di fare qualcos’altro, tipo di tirarmi dalla sua parte.-
- Perché dovrebbe?- chiese Nova, appoggiata alla parete a braccia conserte - Lo sa che lo odi a morte, no?-
- Io… è complicato.- rispose Orlaith, scuotendo la testa - Una parte di me gli vuole ancora bene.- ammise.
- Già… da quello che mi hanno raccontato i tuoi amici, la vostra è una storia piuttosto complessa.- commentò Nightmare, sedendosi su una cassa di legno vuota accanto alle scale - Ma ha saputo muoversi bene per molti secoli, da quello che ho capito. Avrà fatto questa mossa per un buon motivo. Cosa ti ha detto di preciso?-
Orlaith sospirò, mentre un nodo le si formava in gola.
- Che devo chiederti dei miei poteri.- disse - E dei Trascendenti.-
Nightmare non reagì a quelle parole, ma Rin si lasciò scappare uno sbuffo dal naso, affondando la bocca nella spalla di Keith. Gli altri rimasero totalmente impassibili, anche se abbassarono lo sguardo a terra.
- Cosa?- chiese David, smettendo per un momento di ansimare - Cosa sono i Trascendenti?-
- Li ha nominati Allwood.- spiegò Annie - Dice che c’entrano con alcune cose che non ha mai detto a Orlaith a proposito dei suoi poteri. Voi cosa sapete?- chiese, rivolgendosi anche lei a Nightmare - E come potete sapere qualcosa, se non siete di questa realtà?-
Nightmare alzò lo sguardo, piantando i suoi gelidi occhi di ghiaccio in quelli di Orlaith. Lei sostenne lo scambio senza battere ciglio, e le parve di percepire la sua smorfia malgrado l’elmetto che gli copriva la faccia.
- So molto su di te, in effetti.- ammise - Me ne sono reso conto mentre affrontavi quella cosa. Tuttavia devo chiederti di aspettare… è un argomento che preferirei affrontare quando avremo trovato il Doplanker e fermato il tuo vecchio nemico.-
- Perché?- chiese Orlaith, accigliandosi.
- Perché sei riluttante a usare i tuoi poteri. Ne hai paura, e onestamente adesso ne nutro un po’ anch’io.- rispose l’uomo, in tono cupo - Se dovessimo distrarci…-
- No.-
Nightmare esitò un momento, evidentemente sorpreso, guardandola mentre incrociava le braccia. Orlaith rafforzò la propria espressione, senza cedere terreno.
- Tutto il tempo che ho passato con Allwood è stato fatto di segreti e di bugie.- disse lei, serissima - Ho percepito che qualcosa non andava fin dall’inizio, ma gli ho concesso fiducia. Gli ho dato il beneficio del dubbio, ho voluto credere che stesse cercando di aiutarmi… e sappiamo com’è finita.- spiegò - Dopo quella volta ho giurato di non vivere mai più una situazione come quella.-
Si chinò e aprì la custodia del violino, estraendo lo strumento e mettendosi in posizione, l’archetto già sulle corde e le dita strette attorno alla tastiera. Vedendola così, Rin mollò di botto Keith, gli occhi sgranati, e Nova balzò in piedi, improvvisamente tesissima. Anche le pupille di Nightmare parvero dilatarsi appena.
- Parla.- ordinò - O giuro che ti tiro fuori la verità a suon di musica.-

Presto parleremo dei Trascendenti, quindi occhio alla prossima pubblicazione. Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi stanno seguendo. A presto!

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Capitolo 18
*** Cap. 17: I Trascendenti ***


Nessuno mosse un muscolo, nessuno disse una parola. La tensione si dilatò nell’ingresso fino a saturarlo, mentre lei e Nightmare si scambiavano sguardi silenziosi. Alla fine l’uomo si alzò lentamente, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. La sua figura allampanata parve allungarsi ulteriormente, colpita dalla luce emanata da Nova, che gettava un’ombra poco meno scura di lui sul muro alle sue spalle.
- Va bene, signorina Alexander.- disse - Se per te è tanto importante, ti parlerò dei Trascendenti. Ma ho bisogno che tu mi prometta di continuare ad aiutarci. Come ti ha spiegato Rin, abbiamo bisogno di te per questa missione, o moltissimi innocenti moriranno.-
- Sì, questo l’ho capito.- disse Orlaith, senza lasciare andare il violino - Ora parla.-
- Sei sicuro, Nightmare?- chiese Keith.
- Ha il diritto di saperlo. Alla fine le avrei spiegato tutto in ogni caso.- rispose lui, senza guardarlo.
Si passò una mano sul mento metallico, provocando uno stridio alquanto sgradevole, e sospirò.
- Rin ti ha detto che un tempo i viaggi erano permessi, ma un incidente li fece proibire.- spiegò - Quello che non ti ha raccontato è che c’erano delle creature che vigilavano sui viaggiatori e concedevano loro di spostarsi tra le realtà.-
- Credevo che i viaggi avvenissero tramite le Pietre di Trasferimento.- disse Annie.
- Solo alcuni, e comunque anche quelli dovevano sottostare a delle regole.- spiegò Nightmare - La maggior parte avvenivano grazie ai poteri di questi esseri, la cui razza venne creata appositamente con questo scopo.-
- Che poteri avevano?- chiese David, in tono interessato.
- Oh, beh...- ridacchiò Nightmare - Per assicurarsi che potessero intervenire in ogni situazione e in ogni realtà senza limitazioni, venne dato loro il controllo totale sulla realtà stessa. Morte, tempo, spazio, storia… ogni tabù era per loro una banalità. Potevano cancellare una persona dall’esistenza, riportarla in vita come se non fosse mai stata uccisa, o spostarla attraverso lo spazio e il tempo… o potevano alterare il mondo che li circondava. In una parola, potevano fare qualsiasi cosa volessero.-
La rigidità della postura di Orlaith vacillò appena: in passato aveva sentito parole molto simili a quelle.
- Abbiamo scoperto che venivano chiamati Trascendenti, perché potevano trascendere tutto ciò che volevano senza limiti. Erano di fatto gli esseri più potenti dell’intera Esistenza, ma ignoro in che modo venne creata la specie, o come si riproducesse. Purtroppo, quando i viaggi vennero proibiti, loro rimasero senza alcuno scopo. Quei poteri che avevano divennero in questo modo scomodi per tutti gli altri… erano troppo pericolosi, e fu deciso che avrebbero dovuto restituirli. Diventare mortali, capisci?-
Orlaith annuì lentamente, senza parlare. Nightmare annuì a sua volta.
- Non tutti apprezzarono la cosa. Anzi, per quel poco che ne so, nessuno di essi accettò di buon grado. Non posso essere sicuro degli eventi, questa storia è stata cancellata da ogni libro di storia di ogni realtà esistente. Coloro che lo fecero volevano far dimenticare ad ogni realtà l’esistenza delle altre, avevano paura… soprattutto per la guerra.-
- Guerra?- chiese Orlaith - Quale guerra?-
- Quella con i Trascendenti.- spiegò Nightmare - Si opposero con tutte le loro forze alla decisione, e cercarono di combattere. Avrebbero vinto, visto ciò che sapevano fare, ma erano pochi ed esisteva un modo per privare persino loro dei poteri, e alla fine cedettero tutti, uno dopo l’altro.-
- Quindi… sono morti?- chiese David - Sono stati… sterminati? Tutti quanti?-
- Tutti quanti.- annuì Nightmare.
- Ma Allwood… ha accennato a un altro.- disse Annie - Ha detto… qualcosa… com’era?- borbottò - “Quello che è successo all’ultimo di loro”… o una cosa del genere.-
Qui Nightmare trasse un profondo respiro ad occhi chiusi, come se stesse cercando il coraggio. Orlaith si sorprese nel vederlo così: era la prima volta che sembrava provare una briciola di paura.
Guardò rapidamente anche i suoi compagni e vide che tutti, chi più chi meno, avevano un’aria piuttosto turbata come lui: Nova aveva lo sguardo fisso, e ora le braccia più che incrociate sembravano strette attorno al suo stesso corpo; Rin si era appoggiata con le terga alla parete, le mani puntellate sulle ginocchia e lo sguardo basso; Keith si stava massaggiando la collottola a disagio, gli occhi fissi in un punto vuoto.
- Zelith.-
La voce di Nightmare parve tremolare appena mentre pronunciava quel nome, e Orlaith tornò a guardarlo, abbassando il violino.
- Come?- chiese.
- Si chiamava Zelith.- disse - Era l’ultimo della specie dei Trascendenti. Durante la guerra fuggì e si nascose. Era un vigliacco per natura, uno di quei vigliacchi che preferiscono sacrificare altri pur di sopravvivere. Un verme della specie peggiore, ma al tempo stesso… potentissimo. Intoccabile.-
- C’è un motivo se le realtà comunicano di nuovo.- disse Rin - Ma non è dipeso da nessuno di coloro che le abitano.-
- Zelith passò millenni da solo, nascosto in un luogo sicuro.- riprese Nightmare - Finché non cominciò ad annoiarsi. Non so se fu l’isolamento a farlo impazzire del tutto, o l’onnipotenza lasciata libera di sfogarsi, o l’assenza di leggi morali che lo tenessero a freno… o tutte queste cose messe insieme. Comunque, un giorno decise che voleva qualcosa di nuovo per divertirsi un po’, per passare il tempo.-
- Qualcosa… di che genere?- chiese Annie, col tono di chi non voleva davvero sapere.
- Un gioco.- sputò Keith, come se il solo dirlo lo disgustasse.
- Esisteva una città che si estendeva sull’intera superficie di un pianeta, in una delle tante realtà esistenti. Si chiamava Valiant City.- spiegò Nightmare - La riempì di morti viventi, e li fece spargere in ogni angolo del globo per trent’anni, fino a lasciare solo poche sacche di sopravvissuti disperati e disillusi. Poi, quando il terreno fu pronto, usò i suoi poteri per prendere alcune persone, diede loro delle regole e le scaraventò a Valiant City, senza poteri e senza armi, concedendo loro di recuperare ciò che aveva sottratto solo a spizzichi e bocconi, per puro capriccio. Chi moriva veniva cancellato dall’intera esistenza. Lo scopo era sopravvivere.-
Orlaith sentì di cominciare ad avere la nausea. La testa prese a girare.
- S…sopra…vvivere?- ripeté a stento.
- Io sono morto, credo.- ammise Nightmare - Non l’ho mai capito. Anche Keith. E Rin. Nova non c’era, all’epoca… eravamo una dozzina, all’incirca, e morimmo tutti tranne due, i soli a finire il gioco e a raggiungere Zelith, che aveva promesso di esaudire un desiderio a testa per coloro che avrebbero… “vinto”.-
Keith serrò i pugni nel suo angolo, masticando qualcosa che suonava come una serie di imprecazioni. D’altra parte non fu possibile capire cosa stesse dicendo di preciso, probabilmente parlava in un’altra lingua, fatta di suoni gutturali e rochi.
- Fu per il desiderio espresso da una di quei due che ci salvammo tutti.- spiegò Nightmare - Ma accettare di esaudirlo fu l’errore di Zelith.-
- Ci siamo ritrovati.- disse Rin, stringendosi convulsamente le ginocchia - E portammo dei compagni… ognuno di noi chiese aiuto ad amici potenti e… mettemmo insieme la più grande forza mai vista prima di allora.-
- Lo fece di nuovo.- disse Nova, prendendo la parola per la prima volta dopo tanto tempo - Giocò con noi… con tutti noi. Ci fece delle cose...- scosse la testa, senza terminare la frase, serrando le palpebre - E il nostro comandante… lui fu quello che subì le cose peggiori. Moltissimi morirono, o… o peggio.-
- Ci salvammo per il rotto della cuffia. Di nuovo.- continuò Nightmare - E ancora avremmo potuto perdere, se non fossimo riusciti a cogliere Zelith di sorpresa. Gli togliemmo i poteri… e lo lasciammo a morire.-
Si passò una mano sul volto metallico, e per un momento le sue dita parvero tremare appena.
- Così si estinsero i Trascendenti.- disse - Noi uccidemmo l’ultimo della specie. O almeno lo pensavamo fino a quando non abbiamo visto te.-

Questa è in sostanza la storia dei Trascendenti. Che poi è tutto sommato un microbico sunto di alcune storie che ho già postato prima di questa serie...
Ringrazio come sempre i miei lettori, 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r. A presto!

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Capitolo 19
*** Cap. 18: Nausea ***


Orlaith sentì le mani perdere la presa. Archetto e violino scivolarono nella polvere. Le sue ginocchia tremarono.
Qualcosa le prese lo stomaco, di prepotenza. Un attimo dopo si ritrovò china su una scatola vuota abbandonata in un angolo, vomitando tutto quello che aveva mangiato quel giorno con gli interessi.

- Oddio...- gemette Annie, correndo da lei.
Fece per afferrarle le spalle, ma Orlaith, senza smettere di vomitare, allungò un braccio e la tenne a distanza, tossendo qualcosa di poco comprensibile.
David, ancora un po’ pallido, si rialzò in piedi, dimentico di essere coperto di polvere. Una volta tanto sembrava non importargli di essersi sporcato.
- Voi… cioè… fatemi capire.- disse lentamente, guardando Nightmare - Voi… ammazzate… quelli come lei?-
- Non è stata una scelta, signor Valdéz.- disse Nightmare - Anche voi, al nostro posto, avreste fatto qualcosa. Io non sono un uomo che si spaventa o che teme la morte. Non vengo sconvolto da decenni. La sola cosa che mi abbia smosso in tanti anni è stata quest’esperienza.-
- E lei… cioè… Orlaith…-
- Non ho la minima intenzione di torcerle un capello.- disse subito Nightmare - Ma dovrò riportare di averla incontrata. È il primo Trascendente che incontriamo dopo Zelith, e conosco qualcuno che vorrà saperlo.-
- E questo… qualcuno… cosa le farà?- chiese Annie.
- Non lo so.- rispose Nightmare - Onestamente, non lo so. Mi ha solo ordinato di riferirgli cose del genere, ma una situazione come questa è oltre il mio incarico.-
- Non è cattivo.- disse Rin, muovendo un paio di passi verso Orlaith, ancora a quattro zampe sopra la scatola - E non è un assassino. È solo molto preoccupato, e ha un po’ la… mania di sapere sempre tutti i problemi del mondo e di cercare di risolverli.-
- Quindi sono… un problema?- tossì Orlaith, strofinandosi la bocca col dorso della mano.
Rin sgranò gli occhi.
- No, io… non intendevo...-
- Siamo seri!- sbottò Orlaith, rialzandosi stentatamente, aggrappandosi alla parete - Mi hai appena detto che sono… un mostro! Sono un mostro, Nightmare!-
- Ho detto che lo era Zelith.- corresse lui.
- E tutti quelli venuti prima di lui!- gridò Orlaith, pestando un piede. Si sentiva improvvisamente una bambina capricciosa ma, onestamente, non le importava molto - Che cosa ti aspetti che faccia adesso? Vuoi il mio aiuto? Io non so nemmeno se posso stare con me stessa, adesso!-
Nightmare sospirò, scuotendo la testa.
- Non posso dirti cosa fare.- disse - Mi hai chiesto la verità, e te l’ho detta. Ciò che farai adesso dipende da te, e non parlo solo del Doplanker e di Allwood.-
Orlaith strinse le palpebre, inspirando molto a fondo. Sentiva ancora sulla lingua e in fondo alla gola il sapore acre della bile, mentre deglutiva più saliva del solito. Probabilmente stava per vomitare ancora.
- Io… devo uscire.- disse - Questo è… troppo per un solo giorno.-
- Orlaith...-
- No, Annie!- esclamò lei, indietreggiando di fronte al suo tentativo di avvicinarsi - No… stai lontana da me, per favore.-
Uscì senza una parola, mollando lì il violino e la borsa. David fece per andarle dietro, ma a un cenno di Nightmare si trovò la strada bloccata da Keith, che scosse la testa.
- Non è una buona idea, amico.- grugnì il Kolak.
- Lasciami passare, dentone!- sbottò il produttore, cercando (inutilmente) di scansarlo.
- David, lascia perdere.- disse Nightmare - Ha bisogno di stare sola.-
- Con quello psicopatico in giro?- esclamò lui, furioso, avvicinandosi a Nightmare con foga - Stai scherzando, bello? Lo sai di cosa è capace quello lì?-
- E sentiamo, tu come vorresti proteggerla?- chiese Keith, aggrottando la fronte - Urlandogli addosso?-
Lui aprì la bocca un paio di volte come un pesce fuori dall’acqua, senza sapere cosa rispondere. Annie scosse la testa a pugni stretti, gli occhi lucidi.
- Non possiamo lasciarla andare da sola…- mormorò.
- Non ho detto questo.- rispose Nightmare. Fece un cenno col capo, rivolgendosi a Nova - Non serve cercare il Doplanker, meglio se vai dietro a Orlaith. Non farti vedere.-
Lei annuì e uscì senza una parola, scivolando attraverso lo spiraglio della porta come se fosse uno spettro.
- Sicuro che non la noterà?- chiese David, accigliato.
- Sarebbe più facile notare una sanguisuga sulla schiena.- grugnì Keith.
- Oh, che bella immagine...- commentò Rin, sospirando.
- Va bene, ma ora che si fa?- chiese Annie - Restiamo qui ad aspettare che torni indietro?-
- Questo posto è compromesso.- rispose Nightmare, scuotendo la testa - Ci sposteremo altrove, Nova saprà ritrovarci. Ragazzo, prendi i bagagli. Rin, trova un’auto.-
- Io non so guidare.- osservò lei.
- Sì, per questo ti porti dietro lui.- disse Nightmare, indicando David - Signorina Carden, per favore, vieni con me. Abbiamo da fare anche noi.-

Orlaith camminò per ore lungo la strada illuminata solo dai lampioni, ignorando il freddo e il senso di inquietudine che normalmente le attanagliava lo stomaco quando attraversava certi quartieri Newyorkesi in piena notte. Perlomeno non era negli Heights…
La sensazione di stare di nuovo per vomitare si rivelò presto esatta, perché dopo appena tre isolati svuotò nuovamente il suo stomaco dietro un cassonetto. Mentre si puliva di nuovo con la manica decise di buttare quella maglia.
Quando fu sicura che i conati si fossero esauriti (o quantomeno che la pausa tra uno e l’altro fosse abbastanza lunga) si trascinò fino al parco. In realtà altro non era che una macchia di erba secca decorata da qualche scheletrico albero spoglio che faceva da fondale a un’altalena arrugginita e a un vecchio girello scolorito. Un gatto stava rovistando nel cestino poco lontano, e un paio di ragazzi facevano due tiri a canestro alla luce di un lampione nel campo di cemento in fondo alla strada. C’erano poche macchine a quell’ora, e rarissimi passanti, e nessuno di essi le era vicino.
Anche se qualcuno di loro avesse camminato lì accanto, o addirittura si fosse seduto con lei e le avesse parlato, non sarebbe cambiato molto: si sarebbe comunque sentita isolata.
Da quando aveva scoperto i suoi poteri si era sentita diversa da tutti, persino da Allwood che, malgrado i suoi difetti, era stato l’unica persona capace di capire la sua situazione. Tuttavia, lui stesso le aveva detto fin da subito che non esistevano altre persone con quel genere di capacità, che erano tutte sparite da molto tempo, ma non aveva saputo (o voluto) dirle di più. Beh, adesso sapeva perché.
Ora più che mai avrebbe voluto potersi confrontare con qualcuno, ma era proprio questo il problema: non c’era nessuno. Non poteva parlare con Annie e David, e non perché non avrebbero capito, ma perché ora più che mai aveva paura di se stessa e di quello che sapeva fare, e proprio per questo aveva voluto allontanarsi da loro. Inoltre erano troppo coinvolti in quella storia. E non poteva nemmeno parlarne con i quattro Xenonauti che erano piombati nella sua vita all’improvviso, visto che loro stessi avevano ucciso l’unico altro con le sue stesse capacità. Che, per inciso, era un mostro.
A sentir loro, tutti quanti erano dei mostri. Non avevano saputo rinunciare al potere, avevano preferito farsi massacrare e trucidare a loro volta chissà quante persone piuttosto che risolverla pacificamente, trovare un compromesso per evitare tutto quello spargimento di sangue.
Papà…
Le sovvenne solo in quel momento che esisteva ancora una persona in tutto il mondo a conoscere il suo segreto. Era forse l’unico che avrebbe potuto darle un parere sincero e disinteressato.
Per fortuna che teneva il telefono nella tasca dei jeans, o sarebbe rimasto con borsa e violino in quel rudere che Nightmare usava come nascondiglio. Connor rispose quasi subito, e a giudicare dalla voce un po’ ovattata stava mangiando.
- Pronto?- borbottò, la bocca mezza piena.
- Ehi, papà.- lo salutò Orlaith - Scusa, ti sto infastidendo?-
- Oh, tesoro! No, assolutamente… scusa un momento...- lo sentì bere qualcosa ed inspirare a fondo, doveva aver buttato giù un bel boccone - Scusa, troppa pasta. Dimmi tutto, piccolina… hai fatto fuori il mostro?-
Orlaith si lasciò scappare un mezzo sorriso: quando gli aveva detto che stava tornando a New York per uccidere una creatura non umana che faceva del male a persone innocenti non aveva detto granché, a parte di fare attenzione e di portargli un ricordino, ma aveva sentito comunque l’apprensione nella sua voce.
- No, io… la situazione si è complicata.-
- Non dirmi che ti sei fatta battere da un cosino come quello.- disse Connor - Tesoro, ho guardato quel video che ti ha mandato David… andiamo, è robetta, hai affrontato di peggio, no? E poi sei una Alexander! Noi siamo irlandesi! Non puoi farti mettere sotto da...-
- Papà… papà!- lo interruppe lei - Lui… non abbiamo ancora combattuto. È… è complicato, te l’ho detto.-
Connor sospirò, forse rassegnato.
- Va bene… allora spiegami cosa c’è che non va.- disse.
- Eh… cosa non va...- borbottò Orlaith - Allora… per prima cosa devi andare fuori città. Allwood… lui è ancora vivo.-
Lo sentì tossire, come se si stesse strozzando con la birra.
- Cosa?- esclamò - Ancora… è ancora vivo?-
- Sì… l’ho visto oggi, ma non abbiamo combattuto. E questa è la bella notizia.-
- Ti sembra una bella notizia? Tesoro, quello è un pazzo assassino!-
- Papà, credimi, Jayden è il minore dei problemi in questo momento.- sospirò - C’è… parecchio altro in ballo.-

Non seppe dire per quanto tempo rimase al telefono di preciso, ma i ragazzi che giocavano a basket finirono la partita e tornarono a casa prima ancora che lei avesse terminato. Come faceva spesso in quelle occasioni, Connor la lasciò parlare senza interromperla, aspettando di avere tutte le informazioni prima di fare domande.
- … e quindi adesso non so più cosa fare.- concluse Orlaith, scivolando un po’ sulla panchina - Insomma… sono a pezzi, capisci?-
Connor grugnì un assenso, pensieroso.
- Quindi queste… queste persone che hai incontrato… hanno paura di te?-
- Non lo so. Non m’importa.- rispose Orlaith - Papà… il problema è che io ho paura di me. Prima ero preoccupata che i miei poteri facessero del male a qualcuno, ma… insomma… adesso so che faranno del male a qualcuno… sono un mostro, papà!-
- Questo non devi dirlo mai.- rispose subito Connor - Mai. Chi se ne importa se… se ci sono stati migliaia di altri come te e se sono tutti stati dei… dei pazzi o chissà cos’altro. E chi se ne importa di cosa hanno subito delle persone che nemmeno conosci a causa di gente del genere. Tu sei tu, e non hai nulla a che fare con loro.-
- Ma io… non so cosa fare.-
- E vorresti che fossi io a dirtelo, vero?- chiese Connor - Beh, spiacente, tesoro. Sei una donna, e non ti dico più cosa fare da molto tempo, lo sai benissimo. E poi sei tu la supereroina, in famiglia… io sono solo un uomo normale con una figlia straordinaria. Il massimo che posso fare è appoggiarti, qualunque cosa tu decida, e ricordarti che sei speciale a prescindere dai tuoi poteri e dal tuo violino.-
Orlaith sorrise, appoggiandosi col braccio alle ginocchia.
- Grazie, papà.- disse - Ascolta… ora è meglio che vada. Sono in un parco di notte a Hell’s Kitchen, ho piantato in asso Annie e Dave e devo ancora sistemare questo casino… tu però vai via per qualche giorno, va bene? Almeno fino a quando non sarà sicuro. Jayden sa dove abiti .-
- Non preoccuparti per me, tesoro. Ci penso io a me stesso. Tu preoccupati per te.-
Si salutarono un’ultima volta, poi riattaccarono dopo un altro paio di reciproche raccomandazioni. Mentre rimetteva il telefono in tasca, Orlaith sentì un po’ della sua apprensione che scemava: non era ancora sicura di nulla, ma se non altro ora aveva un po’ meno paura. E poi, a voler proprio vedere un lato positivo in tutto questo, poteva dire di essere molto maturata, adesso: in passato sarebbe scoppiata a piangere per tutta la durata della conversazione. Ora si era solo lagnata un po’.
Un passo alla volta. Per ora torniamo indietro.
Non ne aveva davvero voglia, ma non aveva molta altra scelta. Che le piacesse o no, a prescindere da Nightmare, dal Doplanker e da quello che era successo in passato ai Trascendenti, Allwood era una sua responsabilità. Doveva occuparsi di lui, e poi… beh, poi avrebbe pensato a come sistemare le cose coi suoi poteri.
- Signorina Alexander?-
Sentendosi chiamare, Orlaith si voltò. Davanti a lei c’era un uomo con addosso un dozzinale completo marrone e una camicia sgualcita sotto un vecchio cappotto grigio. Dietro di lui c’era un’auto parcheggiata di traverso sul marciapiede con i fari ancora accesi e lo sportello aperto, come se fosse sceso di corsa.
- Detective Righetti, omicidi.- disse l’uomo, mostrandole un distintivo.
- Ah, sì… lei era...-
Si morse la lingua un secondo prima di dire “al parco”, dato che lei era arrivata quando Righetti era già svenuto. L’uomo comunque fece una smorfia, mettendo le mani sui fianchi.
- Lo può dire. Ero al parco, e anche lei.- disse - Ho controllato le telecamere del traffico, ho visto che andava via con quei quattro. So che eravate insieme.-
- Io… beh, non è illegale avere degli amici squinternati, no?- chiese.
- No, ma è illegale il favoreggiamento.- rispose lui - E so che avete tutti qualcosa a che fare con gli omicidi di Central Park.-
- Se con “qualcosa a che fare” vuole dire che le abbiamo salvato la vita sì, probabilmente ha ragione.- replicò Orlaith, piccata - Non siamo assassini.-
- Non serve. Lei è una testimone in un’indagine di polizia, e sta nascondendo delle informazioni.- disse Righetti, senza più sorridere - Le spiacerebbe seguirmi al distretto? Ho diverse domande per lei.-
- A dire il vero sì, mi dispiacerebbe.- rispose Orlaith, sempre più accigliata - Ho molto da fare, al momento.-
- Questo è ostacolare la giustizia.- disse l’uomo - E, adesso, posso obbligarla a venire con me. Che le piaccia o no.-
Ci fu un tintinnio metallico, e la violinista si accorse che nella sua mano erano comparse delle manette.

Una pessima giornata per Orlaith. E ancora non è finita. Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi seguono. A presto!

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Capitolo 20
*** Cap. 19: In arresto ***


- Ehi! Ho diritto a una telefonata!- esclamò Orlaith.
Nessuno la degnò di una risposta, e la sua voce si spense nel buio corridoio appena oltre le sbarre della cella di sicurezza in cui l’avevano rinchiusa.
Senza violino non era altro che una ventiquattrenne di un metro e sessanta per cinquanta chili contro un metro e ottanta per ottanta chili di poliziotto Newyorkese. Le aveva messo le manette senza tanti complimenti e l’aveva trascinata in auto come se fosse praticamente senza peso, sordo ad ogni protesta. Poi l’aveva portata in centrale, l’aveva infilata là dentro e le aveva promesso di tornare non appena avesse avuto qualcosa da dirgli. Gli agenti del turno di notte che avevano incrociato si erano limitati a qualche cenno di saluto a Righetti, ignorando beatamente ogni sua protesta, ogni richiesta di un avvocato e qualsiasi tentativo di ribellione, come se la sola autorità del collega fosse per loro una garanzia sufficiente.
Ma che cazzo! Pensò con rabbia, dando un calcio alle sbarre.
Tutti i telefilm polizieschi insegnavano che al suono di “voglio un avvocato” i poliziotti istantaneamente si lasciavano scappare un sospiro sconsolato e la scena cambiava all’istante, mostrando la loro frustrazione nel non poter più interrogare il sospettato di turno fino a quando non avessero trovato nuove prove.
Lei aveva strepitato qualcosa in proposito per tutto il tragitto dal parco fino alla cella ed era stato come parlare a un muro.
Seccata, si lasciò cadere sulla panca libera lì accanto a braccia incrociate, schiumando di rabbia: quella giornata era decisamente da inserire nella lista di quelle da dimenticare.
Solo a quel punto si accorse che, dall’altro lato della gabbia in cui Righetti l’aveva rinchiusa, c’era un donnone tatuato con una bandana in testa e un vecchio gilet di jeans sfilacciato, anche lei seduta su una panca, che la fissava direttamente negli occhi.
- Tanto vale che ti calmi, tesorino.- le disse - Fatti una dormita e lascia correre.-
Orlaith non commentò, distogliendo lo sguardo.
- Beh, come ti pare.- ridacchiò la donna, sdraiandosi sulla sua panca - Ehi, per cosa sei dentro? Da come sei vestita non è adescamento, no… ti hanno trovata con la roba addosso?-
- Se anche fosse, sarebbe un po’ stupido dirlo qui dentro, no?- osservò Orlaith.
La donna scoppiò a ridere.
- Ben detto, tesoro! Allora non sei scema come sembri!- rispose - Comunque non vogliono certo te, si vede che sei un pesce piccolo… no, conosco il tipo che ti ha portata dentro… a lui interessano quelli grossi, di pesci… ti farà sbollire per un po’ fino a quando non farai qualche nome, poi ti lascerà andare. È così che funziona.-
Le tese una manona callosa, sogghignando.
- Eva.- disse.
- Orlaith.- rispose lei, ignorando la mano - E scusa se non ti stringo la mano, ma non mi sento a mio agio qui dentro.-
- Ah, capito… è la prima volta che finisci nei guai, vero?- ridacchiò Eva, rimettendosi a sedere - Dai, rilassati e fatti una dormita. Io entro ed esco da posti del genere da una vita, non è niente di che.-
Orlaith sbuffò, appoggiando la testa alle sbarre dietro di lei.
- Quel Righetti vuole sapere cos’è successo a Central Park.- spiegò - Hai presente la storia del mostro?-
- Quale, quello dei video virali? Roba tosta, eh?- sghignazzò Eva - Perché, ci sei di mezzo tu?-
- No, pensa che sappia qualcosa.- rispose Orlaith - E non so come tirarmene fuori.-
- Dagli un contentino, no?- rispose Eva - Vedrai, ti lascerà in pace, dopo.-
- Già, la fai facile...- sbuffò lei - E tu sei qui… perché ti hanno… beccata con la roba?- chiese.
In realtà non era certa di volerlo sapere (dopotutto erano nella cella di sicurezza della squadra omicidi), ma quella donna, anche se aveva un aspetto un po’ aggressivo e un atteggiamento strafottente era l’unica con cui parlare in quel momento. E, in tutta onestà, aveva davvero bisogno di un minimo di contatto umano in una situazione del genere: lo stava nascondendo, ma aveva un po’ paura. Non era mai finita nei guai in vita sua, non con la legge.
In ogni caso Eva sorrise, scuotendo la testa.
- No, vogliono sapere se so qualcosa di un accoltellamento. Credono che ci sia di mezzo un mio amico.- rispose - Tranquilla, non sono una violenta, almeno finché non cerchi di prenderti il mio uomo. In quel caso ti cavo gli occhi coi pollici.-
E scoppiò a ridere come se avesse detto qualcosa di divertente. Orlaith finse di ridacchiare a sua volta, se non altro per non contrariarla, e non rispose.
Ma che cavolo di situazione… Pensò.

Il nuovo nascondiglio scelto da Nightmare si trovava a Washington Heights, uno dei peggiori quartieri della città, specialmente a quell’ora. Durante il viaggio in auto, David continuò a guardare fuori dai finestrini con aria preoccupata, come se temesse che un passante potesse tirare contro di loro un mattone da un momento all’altro.
- E quelle due dovrebbero venire fin qui?- chiese - Da sole?-
- Fidati, David… con Nova a tenerla d’occhio, Orlaith è assolutamente al sicuro.- disse Nightmare, seduto al posto del passeggero - Tu pensa a guidare e basta.-
- Certo… guido un’auto rubata con due vampiri e un uomo inscatolato. Nessuno ci noterà.-
- Ti vuoi rilassare?- sbottò Keith, strizzato tra Rin e Annie - Almeno tu sei seduto comodo.-
- Comodo? Keith, ti rendi conto che sono su un’auto rubata, che la mia amica è sconvolta e che ancora non so cosa pensare di tutta questa situazione?-
- Puoi pensare che è assurda. Io lo faccio da quando sono entrato in questa corazza.- commentò Nightmare, tirando fuori un telefono da una tasca.
- Quello è un cellulare?- chiese David - Dove diavolo lo hai preso?-
- Lo abbiamo comprato prima di partire.- disse Annie - Cioè… l’ho comprato per lui.-
- Stavate facendo questo?-
- Già. Ho un po’ di tutto nell’armatura, ma niente batte la telefonia mobile quando si tratta di ventunesimo secolo.-
- Ma come parli, amico?- ridacchiò David - Andiamo, vuoi farmi credere che vieni dal futuro?-
- Vengo da un altro universo, ti sembra così strano che sia temporalmente più avanti di circa otto secoli?-
A questo, il produttore non rispose.
- Cosa stai facendo, Nightmare?- chiese Rin, sporgendosi appena oltre il sedile per sbirciare.
- Consulto la rete internet. Sto cercando il nostro signor Allwood.-
- Credevo che non ti servisse.- disse Keith - Insomma… non sappiamo già tutto di lui?-
- Certo che lo sappiamo.- rispose Nightmare - Per esempio, sappiamo che aveva un’azienda di videosorveglianza. La videosorveglianza va a braccetto coi computer. Quindi, oltre che uno stregone piuttosto potente, è anche un buon informatico.-
- E allora?-
- E allora saprà che lo sto cercando. Al suo posto avrei creato un programma in grado di avvertirlo di cose del genere e di tracciare il segnale per scoprire chi sta raccogliendo informazioni e da dove proviene.-
- Insomma lo stai portando da noi?- sbottò David - Ma sei pazzo? Ci siamo spostati apposta!-
- Voglio solo vedere chi è più bravo.- rispose Nightmare - Prima che un agente segreto sono uno scienziato. E sono piuttosto bravo con i computer. In questo momento sto deviando il segnale verso Brooklin. Se è come penso, entro un’ora crederà che ci nascondiamo da qualche parte tra tavole calde aperte tutta la notte e un grosso ponte di granito.-
- Ah, quindi è un diversivo…- disse David - Stai guadagnando tempo, eh?-
- Il tempo è ciò che ci serve, al momento, perché presto si esaurirà.- rispose Nightmare - Tra tre o quattro giorni la Pietra di Trasferimento sarà di nuovo carica, e sono più che certo che il Doplanker non esiterà a mollare il suo nuovo amico appena ciò accadrà, facendo perdere di nuovo le sue tracce.-
- Chiaro… e hai anche attivato il navigatore? Perché non so dove dovrei fermarmi.-
- Un altro chilometro.- disse lui, facendogli un vago cenno - Ma non mi dire… mi ero scordato di Wikipedia…-

Nova guardò per un momento la porta del palazzo, osservando gli uomini e le donne in divisa che entravano, uscivano o chiacchieravano appoggiati ad automobili bianche e blu. Stando a ciò che aveva imparato in quegli anni al servizio di Nightmare, quella era una “centrale di polizia”, praticamente la caserma delle guardie cittadine di quella realtà. Se fosse stata nel suo mondo le sarebbe bastato entrare, dire che lavorava per Rowel e prendere Orlaith senza dare spiegazioni, ma lì le cose erano diverse, e ormai aveva abbastanza esperienza per sapere che se avesse cercato di usare la forza avrebbe solo peggiorato le cose.
Va bene… devo trovare l’uomo che l’ha portata via.
Le sembrava di ricordare che si chiamava Righetti, e che lavorava per una cosa chiamata “squadra omicidi”. Se lo avesse localizzato avrebbe potuto parlargli direttamente.
Chiuse gli occhi, concentrandosi sul suo volto, sul suo nome e sulla sua professione, spegnendo quasi del tutto gli altri sensi per estendere i suoi poteri.
Poteri che, tuttavia, non risposero.
Riaprì gli occhi quasi subito, confusa: normalmente riusciva a entrare in risonanza con ciò che cercava praticamente all’istante, salvo complicazioni (come con il Doplanker). Il solo modo che conosceva per nascondersi totalmente dalle sue capacità di Cercatrice era distruggere l’oggetto della ricerca.
Non è possibile… Pensò. Ho visto quell’uomo poco fa. L’ho visto entrare… non può essere morto in mezzo ai suoi colleghi.
Ripensò alla conversazione sugli Homunculi, e non le ci volle molto per arrivare a una conclusione: l’uomo di nome Righetti era morto prima ancora di portare via Orlaith, e lo stregone lo aveva sostituito con uno dei suoi burattini. Per questo non riusciva a trovarlo.
Maledizione… questo complica davvero le cose.
 

Per fortuna arriva Nova. Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi seguono. A presto!

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Capitolo 21
*** Cap. 20: Evasione ***


Entrare nel palazzo non fu difficile. In effetti nessuno la fermò e anzi, l’uomo appena oltre l’ingresso le disse senza troppi problemi a che piano si trovava il Detective Righetti e da che parte andare per raggiungerlo. Si limitò solo a dare uno sguardo incuriosito ai suoi capelli, che secondo Nightmare erano di un colore veramente insolito per quel mondo, senza però commentare in alcun modo.
Mentre saliva con l’ascensore, Nova ripensò al da farsi, appoggiata alla parete metallica: in fondo c’era solo un Homunculus là dentro, e anzi era abbastanza sicura che presto avrebbe lasciato il palazzo. Era lui la vera minaccia, almeno dal punto di vista strategico (non era un avversario al suo livello), ma delle banali guardie… no… poliziotti… sarebbero stati ancora meno minacciosi. Il problema, tuttavia, erano le loro armi.
Finché le aggressioni erano corpo a corpo nessun problema, ma nemmeno una come lei poteva evitare i proiettili. Non era Nightmare, non era coperta di metallo. Certo, poteva improvvisare qualcosa con le magie di vento o bagliori di luce per respingere o accecare, ma con più di due o tre avversari le cose sarebbero diventate progressivamente più difficili.
Allora… sulla Dreadnought c’erano le… telecamere. Pensò, guardandosi intorno nell’ascensore.
Individuò una piccola lente in un angolo del soffitto: quella era una di quelle “telecamere”, e Nightmare le aveva spiegato anni prima che erano un po’ come le magie usate per vedere altri luoghi a distanza: da qualche parte c’era una persona con uno schermo che vedeva tutto ciò che succedeva davanti alla telecamera. Se voleva salvare Orlaith ed evitare di combattere doveva passare inosservata.
Quelle uniformi. Pensò Nova. Se io fossi uno di questi poliziotti, non farei caso a qualcuno che porta vestiti come i miei.
Quindi ecco la prima cosa da fare, travestirsi. E dove c’erano uniformi c’era uno spogliatoio. Poteva farcela.
L’ascensore si fermò con un piccolo tintinnio, aprendo le porte su un corridoio semivuoto: c’erano solo due persone, due poliziotti, in piedi davanti a una specie di colonna con un serbatoio pieno d’acqua sulla cima che bevevano e parlavano tra loro.
Cercando di sembrare disinvolta (cosa peraltro non semplice, con quei vestiti che odiava), si incamminò seguendo il segnale dei propri poteri.

Orlaith si rigirò sulla sua scomoda panca, cercando in ogni modo di prendere sonno senza tuttavia riuscirci. Se avesse avuto quel Righetti tra le mani gli avrebbe fatto rimpiangere il Doplanker.
Niente avvocato… giuro che faccio causa al dipartimento! Pensò con rabbia.
Fino a quel momento non aveva mai voluto avere con sé il suo violino con l’intenzione di fare del male a qualcuno, ma per la prima volta probabilmente sentiva di poter fare un’eccezione.
Eva, dall’altro lato della piccola cella, già russava tranquilla. Se non altro lei era a proprio agio. Chissà quante altre volte era finita in situazioni del genere…
Forse dovrei giudicarla di meno. Pensò. In fondo è stata carina, a modo suo.
A prescindere da tutto, comunque, doveva trovare il modo di mettere le mani su un telefono e chiamare David. Conoscendolo avrebbe scatenato l’inferno… già vedeva i titoli: “dipartimento di polizia trattiene illegalmente famosa ex popstar”.
Si divertì, per un momento, a immaginare la sua faccia gonfia e rossa di rabbia mentre sbraitava con tutti quelli che incontrava, dal Capitano del distretto fino al piantone giù in portineria, minacciandoli di trascinarli in tribunale insieme al Sindaco e di portarsi via persino le loro mutande di servizio.
Qualcuno bussò sulle sbarre della cella, chiaramente per attirare la sua attenzione. Aprì un occhio e contorse appena il collo, già pronta a mandare al diavolo quel Righetti, ma invece scoprì una semplice agente in divisa che la guardava senza espressione.
Le ci volle qualche secondo per riconoscere quegli occhi viola.

- Nova?- borbottò, mettendosi a sedere con un gemito: quella panca era dannatamente scomoda.
- Ciao.- le disse - Non hai un bell’aspetto.-
- … disse la donna che indossava una divisa di polizia.- replicò Orlaith, squadrandola da capo a piedi: si era schiacciata i capelli sotto il cappello per nasconderli, rendendo l’effetto praticamente perfetto. Se non l’avesse avuta così vicino non l’avrebbe mai riconosciuta - Cosa fai qui? Non fraintendermi, mi fa piacere vederti, però...-
- Nightmare mi ha chiesto di seguirti.- rispose lei - Voleva che ti tenessi d’occhio. Spero che questo non ti offenda.-
- Oh, sono troppo contenta che tu sia qui per offendermi adesso!- esclamò, balzando in piedi - Hai un telefono? Quel dannato Detective mi ha impedito di chiamare l’avvocato, è una violazione dei miei diritti costituzionali...-
- Non so cosa siano i diritti costituzionali.- commentò Nova - In ogni caso, quello non è il vero Righetti. Credo che sia morto.-
Orlaith esitò.
- Cosa?-
- Sospetto che sia un Homunculus. Non penso che ti trovi qui per caso. Ti hanno allontanata da noi.- spiegò Nova, prendendo un mazzo di chiavi da una tasca - In ogni caso non sei al sicuro, qui dentro.-
Aprì la porta con un cigolio. A quel suono Eva grugnì e si agitò un momento per poi svegliarsi del tutto.
- Cosa…? Oh, ma dai!- sbottò - La fate già uscire? Io sono qui da prima di lei, cavolo!- esclamò, fissando Nova con rabbia.
Orlaith esitò, poi guardò Nova, che scosse appena la testa.
- Potrebbe non essere al sicuro nemmeno lei.- osservò.
Eva aggrottò la fronte.
- Cosa?- chiese - In che senso non sono al sicuro?-
- Si domanderanno dove sono finita, e potrebbero chiederlo a lei.- continuò Orlaith, ignorandola - E potrebbero non farlo gentilmente.-
- Aspetta… stai evadendo?- sibilò Eva, mettendosi a sedere - E ti aiuta una sbirra?-
Nova sospirò, poi si fece da parte.
- Fuori.- disse - In silenzio, e di corsa. Non so per quanto passeremo inosservate.-
- Beh, direi che hai già toppato, finta sbirra.- disse Eva - Guarda, c’è qualcuno sulla porta.-
Nova e Orlaith si voltarono verso la fine del corridoio, dove qualcuno si stagliava contro lo sfondo della sala principale, decisamente più illuminata.
Quel qualcuno, però, era nudo e parecchio pallido. E senza faccia.

Nova mosse subito un passo avanti, spingendo Orlaith dietro di sé, mentre il Doplanker avanzava con un braccio già trasformato in una lunga lama affilata, gorgogliando furioso.
- Non puoi batterlo da sola.- disse Orlaith - Me l’avete detto voi, ricordi? Servite tutti e quattro per sconfiggerlo!-
- Lo so, non ricordarmelo...- rispose Nova, togliendosi la giacca che aveva rubato e il cappello, liberando la massa di capelli viola.
- Ehi, ma che cazzo è quell’affare?- esclamò Eva - Sarà mica quello di quei video?-
Il Doplanker gorgogliò di nuovo e sollevò il braccio affilato, ormai praticamente a tiro. Nova si mise in posizione e, mentre calava la lama, mosse entrambe le mani di lato, intercettandola di piatto fino a deviarla di pochi centimetri, così che l’avversario si sbilanciasse a causa dello slancio senza ferirla.
Rapida come un fulmine, fece scattare le braccia e lo colpì al petto e alla testa, così forte che, se fosse stato umano, gli avrebbe bloccato il cuore e spezzato il collo in un solo colpo.
Lui, d’altra parte, si limitò a indietreggiare con un verso rabbioso, riprendendosi dopo appena due passi e tornando subito alla carica. A malapena sembrava essersi accorto di essere stato colpito: doveva tentare qualcos’altro.
Mentre sia Orlaith che l’altra donna dicevano qualcosa che suonava come un avvertimento da parte della prima e un incitamento da parte della seconda, spiccò un rapido salto, rimbalzò contro la parete e poi contro le sbarre della cella, roteando sopra il Doplanker che la mancò completamente mentre lei, raccogliendo una manciata di vento nel palmo della mano, lo colpiva in mezzo alla schiena.
Il colpo ebbe un tale effetto respingente da proiettarlo in avanti, mandandolo a sbattere contro il fondo del corridoio, dove si schiantò rovinosamente, scivolando fino al pavimento, mentre lei atterrava morbidamente e si rimetteva in piedi.
- Woh–oh!- ululò la donna con la bandana - Grande, finta sbirra!-
Ma aveva appena finito di parlare che già il Doplanker si stava rialzando in piedi, e non sembrava nemmeno stordito. Non gli aveva fatto nulla.
Non va bene… Pensò Nova. D’accordo che è forte, ma dopo un colpo del genere almeno qualche graffio te lo fai…
- Nova…- disse lentamente Orlaith, indietreggiando - Sei sicura che sia quello vero? Perché quello vero… si trasforma di continuo, no?-
Nova annuì, accigliandosi: aveva ragione lei, non era il vero Doplanker.
- Va bene… fuori, adesso!-
Orlaith afferrò il braccio della sua compagna di cella e insieme oltrepassarono Nova, che portò entrambe le mani accanto al fianco, molto vicine l’una all’altra, accumulando tutto il vento che riusciva a generare. Il finto Doplanker… il Domunculus, come lo aveva chiamato Keith, lanciò un gorgoglio aggressivo e scattò più velocemente di prima, coprendo con rapidità inaspettata la distanza tra loro. Subito, Nova mosse le braccia in avanti, rilasciando un potente muro d’aria che, tuttavia, andò a colpire solo la parete alle sue spalle: dimostrando riflessi che fino a quel momento non aveva dato segno di possedere, riuscì a spostarsi si lato appena in tempo senza interrompere la propria corsa.
Maledizione…

Orlaith trascinò Eva fuori dal corridoio, impresa tutt’altro che semplice a causa anche della sua non indifferente stazza, inciampando nei suoi stessi piedi appena fuori dalla porta, nella sala principale del distretto. A quell’ora c’erano solo tre persone, basite e allarmate dal trambusto che proveniva dalle celle di custodia. Qualcuno si era già alzato dalla propria scrivania e una Detective donna aveva anche tirato fuori la pistola, accigliata.
Il più vicino di tutti, un uomo sulla cinquantina, le raggiunse di corsa e aiutò Orlaith a rialzarsi, seguito a ruota dai colleghi.
- Cosa sta succedendo?- chiese.
- Come… non avete visto?- esclamò Eva, indicando freneticamente alle sue spalle - Quella cosa…-
Poi venne spintonata via bruscamente, colpita alla schiena da Nova e dal Domunculus, trasformati dalla lotta in un groviglio di membra confuse e frenetiche.
Dopo aver buttato a terra Eva finirono addosso a una scrivania, travolgendola e cadendo sul pavimento. Nova rotolò un po’ più lontana, mentre il Domunculus si rialzava al volo e si guardava intorno, gorgogliando con fare aggressivo.
- Oh, mio Dio!- gridò un Detective, puntandogli contro l’arma.
Tutti e tre iniziarono a sparare, aprendo buchi nel suo corpo d’argilla. Il Domunculus non parve minimamente accorgersene e, con la mano buona, afferrò la scrivania rovesciata e la scagliò come se fosse senza peso contro i due poliziotti più lontani, che balzarono via per schivarla. Il cinquantenne accanto a Orlaith smise di sparare e corse a prendere il telefono della sua postazione, ma prima di aver compiuto metà della strada fu agguantato per la camicia dal mostro e scaraventato dall’altro lato della stanza, finendo lungo disteso sul pavimento tra gemiti e imprecazioni.
Finito con lui si voltò verso Orlaith che, incerta, si ritrovò a fronteggiare senza nemmeno il suo violino quell’ammasso di muscoli argillosi priva di ogni difesa.
- Dai, non vale...- gemette, muovendo mezzo passo indietro.
Prima che il Domunculus potesse avvicinarsi ancora, comunque, Nova intervenne di nuovo, balzando in piedi e correndogli incontro, così piegata da essere quasi rasoterra, una mano che sfiorava il pavimento con le dita. Al suo passaggio, una scia luminosa rimase impressa alle sue spalle, seguendola nella corsa.
Il mostro si voltò a fronteggiarla, spazzando l’aria all’altezza del suo collo con la lama.
Nova non si fece trovare impreparata e, prima di essere colpita, entrò in scivolata senza mai staccare la mano da terra, infilandosi proprio tra le sue gambe e balzando in piedi quando fu alle sue spalle.
Appena la sua mano lasciò il pavimento, la luce che si era lasciata dietro reagì all’istante, esplodendo in una sorta di reazione a catena che investì la creatura, la quale alzò istintivamente le mani per proteggersi.
Rapidissima, Nova le balzò contro mentre era sotto attacco e, prima ancora che questo si esaurisse, calciò con tutte le proprie forze e il proprio peso usando entrambe le gambe.
Il colpo fece attraversare l’intera stanza al Domunculus, che andò a schiantarsi contro il distributore di merendine dall’altro lato, a quasi cinque metri e mezzo di distanza. Quello esplose in una miriade di schegge di vetro e molle metalliche, emettendo scintille elettriche e sfrigolii.
Mentre il fumo che si levava dal distributore attivava l’impianto antincendio, Nova si rialzò in piedi con un po’ di fiatone e un’espressione dura, asciugandosi un rivolo di sangue che le colava dal labbro.

Nova è arrivata, ma non da sola... e non è finita, ancora.
Ringrazio, come sempre, 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, i miei lettori. A presto!
 

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Capitolo 22
*** Cap. 21: Poliziotti onesti ***


Nova si voltò verso Orlaith, facendole un cenno col capo. Aveva i capelli tutti in disordine, malgrado l’acqua glieli stesse incollando addosso, qualche graffio e la divisa che indossava sgualcita e strappata. Nonostante ciò, non aveva minimamente perso il proprio contegno, e anzi sembrava che tutta quella situazione non la turbasse affatto. Orlaith si chiese per un istante quante altre volte lo avesse fatto.
- Via.- disse - Non l’ho ucciso, non posso farcela da sola.-
Orlaith annuì, girò sui tacchi e si mosse a passo spedito verso l’ascensore. Nessuno dei poliziotti presenti provò a fermarla e, anzi, mentre la Detective donna aiutava il collega svenuto l’altro si diresse subito da Eva e la incitò ad andarsene, indicando l’ascensore.
- Dovreste andare via anche voi.- disse Nova, rivolgendosi all’uomo, un quarantenne mezzo calvo dall’aria ispanica - Avete visto che le vostre armi non servono.-
Lui annuì, guardando freneticamente da Nova al distributore, dove il mostro già cominciava a rialzarsi.
- Io… noi… sì.- disse - Grazie, agente.-
Nova scosse la testa.
- Non sono dei vostri.-
- Non importa… grazie lo stesso.- rispose lui. Fece per raggiungere i colleghi, poi si voltò di nuovo a guardarla - Cosa sta succedendo?-
Nova non rispose, tornando a rivolgere la propria attenzione al Domunculus, che intanto stava uscendo dai rottami. L’uomo parve afferrare il messaggio e raggiunse gli altri poliziotti, caricandosi sulle spalle il Detective svenuto e portandolo insieme alla collega verso l’ascensore.

Orlaith aspettò che anche i tre poliziotti fossero saliti sull’ascensore con loro prima di lasciar chiudere le porte. Per un istante pensò di aspettare anche Nova, ma quando guardò verso di lei vide che si era di nuovo lanciata all’attacco e preferì lasciar perdere. Sperava che, quantomeno, avesse un piano per uscirne da sola.
- Ma chi è quella tizia?- esclamò Eva, mentre scendevano.
Era rossa in viso e visibilmente agitata. Sembrava che stessero per uscirle gli occhi dalle orbite.
- Buona domanda.- disse la Detective donna, voltandosi verso Orlaith. Era bionda, poco sotto i quaranta, e indossava dei semplici jeans e un maglione. Appesi alla cintura aveva distintivo e fondina - Chi era? E cos’era quella cosa?-
- E io che ne so?- chiese Orlaith, fingendo di cadere dalle nuvole - Mi era venuta a prendere, pensavo volesse lasciarmi andare… non è dei vostri?-
La Detective aggrottò la fronte, studiandola come se cercasse di decidere se crederle o no. Il suo collega ispanico, chino a controllare l’uomo svenuto, sospirò.
- Dai, Evans… molla il colpo, è ovvio che questa cosa è più grande di noi.-
- Dovrei dimenticarmene, Sanchez?- chiese lei, furiosa - Un.. coso… ci ha quasi uccisi tutti quanti, una donna che semina luce ci ha salvati, due detenute sono praticamente evase e dovrei fingere che non sia successo niente?-
- Dovresti pensare che forse abbiamo problemi più gravi.- rispose lui - Eravamo tutti e tre in quella stanza, e dopo che Righetti ha portato questa ragazza in custodia non è più entrato o uscito nessuno. Come ha fatto a raggiungere quel corridoio senza che lo notassimo?-
Orlaith non disse niente, lasciandoli alla loro discussione, ma in cuor suo sapeva benissimo com’era possibile: Allwood era perfettamente in grado di far passare inosservati i suoi Homunculi in mezzo alla gente, lo aveva già fatto in passato, e molte volte. Sicuramente c’era il suo zampino.
L’unica domanda era: quella cosa si trovava lì per ucciderla o per qualcos’altro?
- Ehi?-
La voce di Eva la riscosse, distogliendola dai suoi pensieri. Si accorse che la Detective Evans la guardava fisso, accigliata. Probabilmente le aveva appena fatto una domanda.
- Io… cosa?-
- Lei è Orlaith Alexander, è esatto?- chiese - Mia figlia impazziva per la sua musica. Com’è coinvolta in tutto questo? E non mi racconti che non ne sa nulla. Non sono stupida.-
Orlaith sospirò, passandosi una mano sulla faccia. Quella nottata stava diventando sempre più allucinante.
- Okay, ascolti… non posso dirle cosa sta succedendo, ma non sono io la cattiva.- disse semplicemente - Quell’affare è molto pericoloso, e la donna che ci ha salvati tutti era venuta a farmi uscire. Il vostro collega è… è stato corrotto, mi ha portata qui solo per allontanarmi da qualcuno che sa bene cosa sta succedendo e potrebbe aiutarmi. Se non lo raggiungo presto, le cose peggioreranno.-
Le sue parole furono seguite solo da un lungo silenzio, mentre tutti la fissavano ammutoliti. L’espressione di Evans parve addolcirsi appena un po’, ma comunque scosse lentamente la testa.
- Righetti è un Detective anziano.- disse - Una brava persona. Lo conosco da molto tempo. Non posso credere che sia stato corrotto.-
- Io non lo conosco, ma so che è così.- rispose Orlaith - Mi ha arrestata con un pretesto, mi ha negato l’avvocato e credo che adesso stia cercando la persona di cui parlavo per ucciderla. Lei è libera di credere quello che vuole, ma deve lasciarmi andare.-
Mentre l’altra apriva la bocca per rispondere, udirono un tonfo sopra di loro e, dopo pochi secondi, qualcosa fece scuotere con violenza l’ascensore, talmente forte da far tremolare le luci e strappare a tutti grida di paura e sorpresa.

Nova boccheggiò, atterrata di schiena sul tetto dell’ascensore, una mano ancora serrata attorno al cavo metallico con cui aveva rallentato la caduta, mentre il Domunculus gorgogliava qualcosa di indistinto, incombendo attraverso la porta che aveva forzato poco prima. Sentiva di sanguinare da qualche altro graffio, e probabilmente la mattina dopo avrebbe avuto alcuni lividi. Fortuna che godeva di una guarigione accelerata…
Mentre si rialzava cautamente in piedi, l’avversario spiccò un balzo e atterrò accanto a lei, facendo scuotere l’ascensore con violenza. Le persone all’interno gridarono, ma per fortuna il cavo resse l’urto senza cedere, continuando a farli scendere.
Devo trovare il modo di liberarmene… Pensò Nova, mentre quello si voltava di nuovo ad affrontarla.
Il Domunculus sollevò la lama come per infilzarla, e subito Nova si preparò a schivare e contrattaccare, ma proprio all’ultimo la mosse ad arco, mirando non più a lei quanto ai cavi: aveva intenzione di tagliarli.
No!
Lo colpì rapidamente al petto con entrambi i palmi, rilasciando un nuovo muro d’aria. L’ascensore tremò un poco, ma riuscì a sbalzare nel pozzo vuoto lì accanto la creatura prima che potesse ultimare l’opera, facendolo precipitare per numerosi piani. Il tonfo che risuonò parve parecchio lontano, ma non seppe dire se lo avesse ucciso o solo tolto di mezzo temporaneamente. In ogni caso, per ora erano al sicuro.

Orlaith, così come tutti gli altri, fissò il soffitto col cuore in gola, mentre qualcuno sollevava la botola d’accesso. Evans e Sanchez, puntarono entrambi le pistole, tesi e sudati per la paura; tuttavia, nell’ascensore entrò Nova, più contusa e graffiata che mai ma viva e sola.
- Oh, grazie al cielo...- sbuffò Eva, buttando fuori tanta aria che parve come sgonfiarsi.
Anche gli altri si rilassarono, mettendo via le armi, e Orlaith non si gettò al collo di Nova solo perché temeva non avrebbe apprezzato appieno il gesto.
- Meno male, è lei...- disse Evans - Dov’è quella creatura?-
- L’ho scaraventata nel pozzo.- disse Nova - Non so se è morta, però. Potrebbe essere ancora viva.-
- Sono almeno sei piani!- esclamò Eva - Come fa a sopravvivere?-
Nova si strinse nelle spalle.
- Non lo so. Com’è sopravvissuta a quello che le ho fatto finora?-
Eva esitò, poi richiuse la bocca e scosse la testa, gli occhi bassi.
- Va bene.- disse Evans, alzando le mani - D’accordo, sentite… non ci capisco niente. Voi due mi garantite che è tutto vero? Che Righetti è compromesso, che non siete criminali e che potete risolvere questo… qualsiasi cosa stia succedendo?- chiese.
- Assolutamente sì.- disse Orlaith, risoluta.
- E siete sicure che se non farete qualcosa può solo peggiorare?-
- Com’è vero che il sole sorge.- rispose Nova, senza cambiare espressione.
Evans sospirò, sfinita.
- Diavolo… questa è l’ultima volta che mi offro volontaria per un turno di notte.- disse - Va bene. Come possiamo aiutarvi?-

Grazie alla Detective Evans e al suo collega, Orlaith e Nova furono lasciate andare senza che nessuno le fermasse. Chiusero un occhio anche per Eva, anche se le ripromisero di tornare a cercarla in mattinata. Lei si dileguò quasi subito, senza guardarsi indietro, chiaramente terrorizzata dagli eventi di quella notte: difficilmente avrebbe dimenticato l’accaduto.
Loro due si allontanarono tra la gente come se nulla fosse, mescolandosi alla folla che si era radunata fuori dal palazzo, mentre Evans e Sanchez discutevano con quello che probabilmente era il loro Capitano, sopraggiunto mentre loro scendevano in ascensore.
- Dio… a volte odio la mia vita…- brontolò Orlaith, stringendosi tra le sue stesse braccia - E tu fai di queste cose tutti i giorni?- chiese.
Nova scosse la testa.
- Ovviamente no. Ho anch’io una casa e del tempo libero.-
- Beh, sì… certo che ce l’hai.-
Procedettero in silenzio per qualche altro metro, mentre il chiasso del distretto si allontanava ad ogni passo che facevano. Orlaith ripensò alla scenata che aveva fatto qualche ora prima, e tutto considerato si rese conto di doversi scusare, soprattutto dopo quello che Nova aveva fatto per lei.
- Senti… mi dispiace per prima.- disse - Ero sconvolta.-
- Chiaramente.- rispose lei, in tono neutro - Mi rendo conto che la nostra storia ti abbia turbata. Personalmente non credo che tu abbia qualcosa da farti perdonare.-
- È che… ho paura di me stessa.- spiegò Orlaith - Cosa succederebbe se diventassi come quello Zelith?-
- Non so… io non ti conosco così bene.- rispose Nova - Ma nella mia esperienza non si diventa come Zelith. Se tu l’avessi conosciuto sapresti com’era, e te lo garantisco… nessuno può eguagliarlo. Io credo che fosse già marcio dentro fin da prima.-
- E tutti gli altri, allora? Avete detto che anche loro hanno fatto cose… tremende.-
- Non quanto lui, e comunque provenivano da un ambiente diverso dal tuo.- rispose Nova - Non credo di essere la persona più indicata a consolare o a dare dei consigli, ma… penso che se qualcuno si fa tutti questi problemi su una cosa del genere, non corra il rischio di essere una cattiva persona. Chi lo è non se ne preoccupa.-
Orlaith esitò.
- In effetti…- ammise.
- Quindi intendi aiutarci ancora?-
- Non potrei evitarlo comunque.- disse Orlaith, amara - A prescindere dalle vostre… leggi… o quello che sono… Jayden è una mia responsabilità. Sono io che l’ho fatto scappare, quindi devo occuparmi di lui. Penserò dopo a come regolarmi con i miei poteri.-
- Mi sembra giusto.- rispose Nova. Con la coda dell’occhio, a Orlaith parve di vedere un angolo delle sue labbra tremolare appena, come se fosse sul punto di sorridere, anche se continuava a guardare dritto davanti a sé - Sei una persona responsabile. Penso che tu mi piaccia, Orlaith.-

Finalmente sono fuori. Ora devono solo raggiungere gli altri.
Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che seguono la storia. A presto!

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Capitolo 23
*** Cap. 22: Identificazione ***


Continuarono a camminare per un po’, come se Nova avesse in mente una meta ben precisa. Di sicuro si stavano dirigendo il più lontano possibile da Hell’s Kitchen, ma Orlaith non chiese nulla alla sua guida. Si fermarono comunque dopo una decina di isolati o poco più, quando incapparono in un alimentari aperto tutta la notte
- Qui c’è un… telefono, immagino.- disse Nova - Nightmare ha fatto spostare il nascondiglio per evitare che Allwood ci trovi di nuovo. Si sono spostati quasi dall’altro lato dell’isola, piuttosto lontano da qui. Ci vorrà molto tempo per arrivare a piedi.-
- Quindi vuoi chiamarli?- chiese Orlaith - Serviranno dei soldi, e io ho lasciato tutto al distretto. Difficilmente la divisa strappata e sgualcita che indossi basterà.-
Mentre lo diceva prese mentalmente nota di tornare alla prima occasione e di recuperare tutto. Evans le aveva lasciato il suo numero di telefono, magari avrebbe potuto chiedere a lei.
- Servono i soldi anche per questo?- chiese Nova - Accidenti… la tua gente si fa pagare anche quando qualcuno chiede aiuto?-
- I Newyorkesi sono così...- sospirò lei - Ma ricordo a memoria il numero di Annie. Se trovassimo un telefono pubblico potremmo addebitare la chiamata e farla senza pagare.-
Nova si lasciò scappare uno sbuffo esasperato, levando gli occhi al cielo. Fece per dire qualcosa, ma quando la guardò parve cambiare idea.
- Va bene, lasciamo perdere.- disse - Penseremo domani a contattarli. Sei esausta. Meglio trovare dove dormire, per ora.-
Orlaith esitò.
- Cosa?-
- Sei pallida e ancora umida per l’acqua che è caduta dal soffitto. E hai le occhiaie e gli occhi rossi. Forse dovremmo dormire qualche ora.-
- Siamo senza soldi.- le ricordò Orlaith.
- Non importa.- rispose Nova - Troverò qualcosa. Vieni con me.-
Riprese a camminare in silenzio, prima che lei potesse replicare. Rassegnata, Orlaith la seguì.

Nightmare spense il piccolo televisore con un sospiro, tornando a concentrarsi sul proprio lavoro. Rin, in piedi accanto a lui, si mise le mani sui fianchi e alzò lo sguardo, come se sperasse di trovare risposte nel soffitto scrostato.
- Disordini alla centrale di polizia, ieri notte.- ripeté - Pensi che ci siano di mezzo Nova e Orlaith?-
- Se è così, alla faccia della discrezione.- rispose Nightmare, aprendo il guscio di plastica di un cellulare usa e getta con un cacciavite - Ma non hanno fatto nomi, e almeno Orlaith è nota, in questa città.-
- David la sta chiamando, ma dice che ha ancora il telefono spento.- disse Rin - È nell’altra stanza, e penso sia sull’orlo di una crisi di nervi.-
- Dagli un sedativo. Io ho da fare.-
La Kolak non rispose.
- Non mi piace nascondermi.- disse invece - Ho vissuto in clandestinità gran parte della mia vita.-
- Potevi andare con Annie e Keith.-
- Non è ciò che intendevo.- rispose - Ho bisogno di fare qualcosa.
- Allora prendi.- rispose Nightmare, prendendo dalla tasca l’altro telefono, quello che la sera prima aveva usato per navigare in rete - Di tutti sei quella che può muoversi più velocemente. Allontanati di qualche isolato, almeno una decina, e accendilo. Allwood traccerà il segnale, e io gli farò credere che proviene da qualche altra parte, di nuovo. Tienilo acceso per una decina di minuti… gioca a tetris, se ti va.-
- A… cosa?- chiese Rin, prendendolo senza capire.
- Oh, scommetto che imparerai a usarlo anche da sola…- ridacchiò Nightmare - Appena torna Keith andremo a cercare Nova e Orlaith, va bene?-
- D’accordo.- rispose lei - Grazie.-
Nightmare le fece un cenno, continuando il proprio lavoro.

Annie guardò il violino in vetrina con una punta di apprensione, ripensando a Orlaith e a tutti gli anni che aveva passato a studiare musica quando erano due bambine di Tresckow che sognavano la grande città e pensavano di diventare due grandi artiste: avevano iniziato insieme, con violino e clarinetto, ma solo Orlaith aveva proseguito su quella strada, mentre lei aveva abbandonato presto quel sogno per concentrasi sugli studi e sul nuoto.
In ogni caso, nessuna delle due avrebbe mai immaginato come sarebbero andate le cose, e se fossero tornate indietro a quell’età avrebbero potuto avvertire le loro stesse del passato per… boh… per evitare di ripetere quegli errori? Si potevano definire errori? Era colpa loro, in qualche modo? O sarebbe successo lo stesso?
- Ehi?- la chiamò Keith - Ehi, ragazzina!-
Annie si voltò a guardarlo, trovandolo a quasi tre metri da lei che la fissava con aria interrogativa, le braccia larghe e due buste di carta strette in ogni mano.
Anche lei era altrettanto carica: si trovavano in un centro commerciale posto all’ultimo piano di un palazzo, a fare compere per conto di Nightmare che aveva chiesto altri materiali, senza contare che avevano bisogno di qualcosa per mangiare, almeno lei e David: Keith e Rin si nutrivano solo di sangue, e lui… beh, non aveva ancora capito se quell’uomo mangiava e dormiva, comunque non aveva detto nulla in proposito, quindi il problema era tutto suo.
La giornata era bella e soleggiata, e dalla vetrata che sovrastava il corridoio commerciale in cui si trovavano entravano dei vigorosi raggi luminosi che, malgrado l’isolamento termico, scaldavano l’aria e producevano riflessi a tratti fastidiosi sul pavimento lucido. Forse era una delle ultime belle giornate dell’anno, e avrebbe preferito andare a nuotare piuttosto che nascondersi per combattere minacce sovrannaturali, mostri e compagnia bella.
O preoccuparsi per la sua migliore amica.
- Scusa...- disse, scuotendo la testa - È che non le vediamo da ieri sera… sono state fuori tutta la notte, e...-
- E sei preoccupata, sì.- completò il Kolak, riprendendo a camminare con lei in mezzo agli altri clienti carichi di pacchetti e buste simili alle loro - Beh, Nova sa il fatto suo. E comunque se non è preoccupato Nightmare non lo sono nemmeno io.-
- Li conosci da tanto?-
- Abbastanza. Ho conosciuto Nightmare quando Zelith ha fatto… quello che ha fatto, e Nova poco dopo. Rin e io ci conosciamo dall’infanzia, però.-
- E state insieme?-
- Ti interessa?- chiese lui, alzando un sopracciglio - Beh, la mia gente non ha il concetto di unione che avete voi umani, ce lo hanno spiegato solo di recente… ma se lo avessimo, potremmo dire che siamo… sposati. Si dice così?-
- Quindi è… tua moglie?- chiese Annie, sorpresa.
- Beh… viviamo insieme, dormiamo insieme, prendiamo le decisioni insieme… non sono ferrato in materia di “matrimonio”, non è che me ne sia mai fregato qualcosa… ma immagino che si possa dire così.-
- Ah… non lo avrei detto.- ammise lei - Cioè, mi sembravate intimi, ma…-
- Sì, stiamo lavorando… è meglio non perdere troppo la concentrazione, non ti sembra? Insomma, non è che posso mettermi a parlare della mia vita privata mentre mi batto con un calamaro di settanta tonnellate…-
Suo malgrado, Annie si lasciò scappare una risata. Keith sogghignò.
- Ecco, visto? Se ridi non è così brutto come sembra. E se lo dico io, allora è vero.-
- Perché, sei molto pessimista?-
- Nightmare mi ha fatto giurare di non rispondere mai a questa domanda.-
Annie scoppiò di nuovo a ridere, stavolta così forte che urtò per errore un passante.

Allwood si sedette sull’ampia poltrona girevole e, con un piccolo gemito, tirò su a forza di braccia la gamba ferita, posandola sulla grande scrivania di laccatissimo legno scuro davanti a lui. Non vedeva l’ora di ristabilirsi completamente.
Mentre sistemava la gamba sana proprio accanto alla prima, fece spaziare lo sguardo lungo tutte le pareti dell’ufficio, giungendo le mani sull’addome: la stanza era stata pannellata lungo tutto il perimetro, e il precedente proprietario aveva appeso orribili quadri di grandi artisti il cui tema principale erano angoscia, disagio e paura. Proprio alle sue spalle, al posto d’onore, c’era il Saturno di Goya, tanto per fare un esempio.
Il precedente proprietario, per inciso, era il suo defunto padre.
Tecnicamente, in qualità di figlio di Stanislav Vaněk, avrebbe dovuto ereditare ogni sua proprietà per semplice diritto di sangue. D’altra parte entrambi avevano cambiato nome tante di quelle volte da perdere il conto, nel corso della vita, e non sempre le loro identità avevano legami parentali riconosciuti. Inoltre dopo che aveva cercato di ucciderlo le cose si erano fatte un po’… complicate tra loro. Non aveva bisogno di vedere il testamento per sapere di non essere presente, né come Allwood né sotto un qualsiasi altro nome.
Un po’ era sorpreso nello scoprire che, dopo quasi un anno, l’ufficio di suo padre nel Chrysler Building non era ancora stato svuotato. Eppure ormai il consiglio di amministrazione lo aveva dichiarato morto, quindi i suoi beni avrebbero dovuto sparire, tra aste ed eredità varie.
Beh, non sarò certo io a lamentarmi…
Il Doplanker, accovacciato sul tappeto, gorgogliò qualcosa. Voleva sapere, ora che si erano stabiliti lì, quale sarebbe stata la prossima mossa.
- Beh, ieri abbiamo separato Orlaith dal resto del gruppo.- rispose lui - E il tuo cacciatore farà in modo che le cose restino così. Ora dobbiamo pensare ai tuoi amici.-
Non sono miei amici.
- È un modo di dire, non prendermi alla lettera.- ridacchiò mollemente Allwood - Da ieri compaiono segnali di un telefono sospetto. Sono abbastanza sicuro che sia un depistaggio, ma ho comunque mandato Righetti a dare un’occhiata.-
Sì, ma non mi hai risposto. Come vuoi occuparti di loro? Hai promesso di aiutarmi a ucciderli.
- Ma sì, certo. Li troverò, tranquillo. Sono bravo a scovare le persone.-
Parte delle sue parole fu mangiata da un dolce scampanellio. Subito il Doplanker cominciò a guardarsi attorno agitato, cercandone l’origine.
- Rilassati… è questo.- disse Allwood, allungandosi per prendere un tablet poco distante dai suoi piedi - E… sì, appunto.-
Cosa?
- La mia compagnia ha installato metà delle telecamere di sorveglianza della città e rilevato molti concorrenti. E il bello è che, anche se tecnicamente Jayden Allwood è morto da un anno, il suo erede legale, Julian Grant, è ancora vivo. Per inciso, sono sempre io.- aggiunse, facendogli un cenno conciliante con la mano - Quindi ho ancora accesso a tutti i miei vecchi dati, agli account, ai conti e così via.-
Mi spieghi o no?
- Ho inserito un programma speciale nel sistema di sorveglianza. Un programma di riconoscimento facciale. La versione tecnologica di un incantesimo di ricerca.- sospirò, interpretando correttamente il silenzio del demone - E quel suono che hai sentito era una notifica… abbiamo trovato qualcosa.
Girò il tablet verso l’alleato, sorridendogli: sullo schermo era comparsa l’immagine di due persone che camminavano in un centro commerciale con diverse buste di carta in mano.
Il gorgoglio che emise il Doplanker fu intraducibile persino per l’incantesimo che gli permetteva di comunicare.

Nova e Orlaith sono momentaneamente al sicuro, ma c'è un altro problema all'orizzionte... uno bello grosso.
Ringrazio ancora i miei lettori, John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che seguono la storia. A presto!

 

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Capitolo 24
*** Cap. 23: Centro commerciale ***


Avevano trascorso la notte in una chiesa.
Era a pochi isolati da dove si erano fermate la prima volta, e pur non essendoci un posto dove stendersi e dormire avevano trovato un po’ di riparo e un minimo di calore in più rispetto alla strada. Quando erano entrate non c’era nessuno in vista, e così si erano potute nascondere sul ballatoio, le cui scale erano chiuse al pubblico tramite una catena.
Si erano coricate entrambe sul pavimento di assi, che per quanto scomodo non era nemmeno paragonabile all’orribile panca della cella di custodia del distretto. Nova in particolare si era addormentata abbastanza rapidamente (o quantomeno aveva chiuso gli occhi piuttosto in fretta), e anche Orlaith, alla fine, aveva ceduto alla fatica e alle emozioni di quella giornata tremenda.
Quando aprì gli occhi vide che la sua compagna era già sveglia, e sicuramente in piedi da molto: non indossava più la divisa che aveva rubato, ma un vecchio maglione scolorito e un paio di pantaloni dall’aria vissuta e consumata. In quel momento era in ginocchio poco lontana, e stava armeggiando con un borsone preso chissà dove.
- Ehi...- borbottò Orlaith, tirandosi su e strofinandosi gli occhi.
- Ah, sei sveglia.- disse Nova, lanciandole uno sguardo.
- Sì… che ore sono?-
- Quasi le nove. Ho pensato di lasciarti dormire un po’, ieri è stato faticoso per te.-
- E per te no?-
- Non più del solito.-
Si rialzò con il borsone a tracolla, estraendone una merendina senza zucchero.
- Tieni.- le disse - Mangia, avrai fame.-
- Grazie.- disse Orlaith, accettandola - Dove hai preso tutta questa roba?- chiese.
- Ho parlato con il parroco di questa chiesa.- spiegò - La religione che predica non è molto diversa da molte di quelle che conosco: il suo scopo è aiutare i bisognosi. Gli ho spiegato la nostra situazione ed è stato ben felice di darci una mano e di chiudere un occhio.-
Orlaith quasi si strozzò con la merendina, sgranando gli occhi.
- C… cosa?- tossì - Hai… raccontato a un prete… quello che sta succedendo?-
- Non sono stupida.- replicò Nova - Avevo addosso una divisa della polizia. Ho modificato un po’ la storia e approfittato del mio aspetto per indurlo a credere quello che volevo.-
- Insomma… hai mentito. A un prete.- tradusse Orlaith.
- È lecito, quando è per il bene di qualcuno. Incluso il suo.- disse lei, scrollando le spalle - E poi, ha detto che queste cose erano destinate ai bisognosi. Noi abbiamo bisogno.-
Orlaith scosse la testa, sospirando, e si alzò in piedi con un piccolo gemito: dopo la nottata sul pavimento si sentiva tutta rattrappita.
- Va bene… qual è il piano adesso?-
- Troviamo un telefono. Sai chi chiamare, vero?-
- Certo.- sospirò Orlaith - Tu sai dove trovarlo, sì? Preferirei non usare quello del prete, visto che l’hai praticamente preso in giro.-
Nova fece un gesto con la spalla, come a dire che non le importava granché, e la precedette giù per le scale.

- Spento. Grandioso.- sbuffò Orlaith, riattaccando scocciata.
Nova l’aveva condotta al più vicino telefono pubblico, installato dietro l’angolo di un palazzo a pochi isolati dalla chiesa, un po’ discosto dalla via principale, così che avessero un minimo di privacy; con quello aveva provato a fare una chiamata a carico di Annie, tramite centralino. Ricordava il suo numero a memoria, era lo stesso da più di un decennio e, prima dell’avvento degli smartphone, non era così insolito impararne alcuni. Purtroppo, il tentativo era andato a vuoto.
- Spento… nel senso il suo telefono?- chiese Nova, sistemandosi meglio la borsa sulla spalla.
- Già… probabilmente è scarico. Si scorda sempre di ricaricarlo. Io glielo dico sempre, ma…-
Sospirò con rassegnazione, le mani sui fianchi, e guardò la sua compagna in cerca di sostegno.
- Non ricordi come chiamare David?- chiese questa.
- No. Avevo il numero in memoria, non lo componevo mai.-
- Non ti seguo.-
- Ah, giusto… vabe’, alternative?- chiese, comprendendo di aver preteso troppo - Non so… non hai un mezzo magico per comunicare a distanza con i tuoi compagni?-
Nova aggrottò la fronte.
- Tu parli di telepatia, o di cristalli di comunicazione, che sono simili a questi vostri telefoni portatili. Io però non sono telepatica, e quando abbandoniamo il nostro universo ci portiamo dietro meno cose possibili per non rischiare di contaminare le realtà visitate. È una delle leggi.-
- Ah, chiaro...- sospirò Orlaith - Quindi siamo isolate?-
- No, ovviamente.- rispose Nova - Speravo solo di poter parlare con loro, ma sono in quella direzione.- disse, indicando un punto alla propria destra - All’incirca a due ore di cammino da qui.-
- Due ore di cammi… aspetta, sono a Washington Heights?- esclamò Orlaith - Oh, cavolo… non è una bella zona. Soprattutto di notte.-
- Sicuramente Nightmare conta su questo.-
- Beh, comunque ci vorrà una vita per arrivare.- sospirò Orlaith, incrociando le braccia - Due ore… tanto vale iniziare a camminare.-
- Possiamo usare un veicolo.- disse Nova - Tu conosci questa città. Pensaci bene, non c’è un’alternativa?-
- Senza soldi e senza documenti non mi viene in mente niente.- sospirò lei, scrollando le spalle.
Nova annuì, spostando lo sguardo sul telefono alle sue spalle.
- Hai detto che questi telefoni di solito necessitano di denaro per funzionare, vero?-
- Certo.- rispose Orlaith.
Nova si guardò un momento intorno per accertarsi che nessuno li stesse osservando. Un attimo dopo fece scattare la mano contro l’apparecchio, così repentinamente che Orlaith sussultò. La sua mano perforò plastica e metallo come se fossero fogli di carta velina, e quando la estrasse le fece seguito una cascata di monete luccicanti.
Orlaith fissò sbalordita il mucchio ai suoi piedi e poi Nova, che si stava massaggiando la mano senza dire niente o mostrare emozioni particolari. Si era escoriata un po’ la pelle, ma le dita sembravano intatte.
- Okay… questo è stato proprio forte…- commentò - Ti fa male?-
Nova scosse la testa.
- Sono una Adhaliah. Una cosa così superficiale guarirà prestissimo.-
- Va bene, non ti chiedo di approfondire solo perché siamo di fretta.- disse, chinandosi a raccogliere di corsa il denaro, prima che qualcuno si accorgesse di cosa stessero facendo - Vieni… con questi possiamo permetterci un autobus.-

Prima di entrare nel negozio di elettronica, Keith si fermò davanti alla vetrina, attraverso la quale vide se stesso.
Per la precisione, c’era uno schermo piuttosto grande (anche se meno di quello che aveva visto in casa di David) che rimandava la sua esatta immagine, come uno specchio altamente sofisticato. Incuriosito, sollevò un braccio solo per vedere l’altro se stesso fare altrettanto, muovendo anche la testa da un lato e dall’altro. Sentendo Annie ridacchiare, si sentì improvvisamente un po’ stupido.
- Sì, sono divertente.- grugnì.
- Scusa.- disse la ragazza, posando le sue borse - Non hai mai visto una telecamera?-
- Mi hanno spiegato come funziona, e ci ho avuto a che fare una volta, in passato, ma non ho mai visto me stesso su uno schermo.- rispose - Devo dire che è strano.-
- Beh, non è molto diverso dal vedersi in uno specchio.- disse Annie, avvicinandosi fino a entrare nell’inquadratura con lui - Scommetto che ti sembra magia, vero?-
Keith sogghignò.
- Non sono un bifolco, ragazzina.- rispose - Molto prima di conoscere Nightmare ho imparato a non vedere tutto quello che non conosco come magia. Posso essere curioso, ma non stupido.-
- Non ho detto questo!- protestò Annie.
- Lo so, ma a volte è bene puntualizzarlo. Sono cresciuto impedendo alla gente di farsi un’idea sbagliata su quelli come me, non è una cosa che ti scrolli di dosso così presto.-
Annie aggrottò la fronte, ma non disse niente.
- Sai a cosa servono tutte queste cose?- chiese invece, accennando alle buste.
- I vestiti a mimetizzarci con voialtri. Il cibo a far mangiare voi tre e Nova. Il resto è roba che Nightmare sta smontando per le sue invenzioni, e non sempre so cosa vuole costruire. Di certo preferisco non chiedere sempre… a volte preferisco che mi faccia una sorpresa.-
Annie scoppiò a ridere e raccolse le borse per rientrare. Mosse un passo e poi sentì la mano di Keith trattenerla, impedendole di allontanarsi. Guardandolo, vide che non rideva più e che fissava accigliato lo schermo, i muscoli tesi e pronti a scattare. Aveva improvvisamente cambiato atteggiamento.
- Cosa c’è?- chiese.
Keith indicò un punto sullo schermo, nella parte alta. Aguzzando la vista, Annie scorse qualcosa appena oltre la vetrata che sovrastava il corridoio commerciale in cui si trovavano, anche se era difficile dire di cosa si trattasse.
- Cos’è?- chiese.
Keith non rispose, voltandosi e lasciandola andare allo stesso tempo. Anche Annie si voltò, alzando lo sguardo verso il soffitto. Spalancò la bocca ma riuscì a non gridare, anche se veramente per pochissimo.
Era il Doplanker.

Stavolta toccherà a Keith darsi da fare. Anche se la situazione non è particolarmente favorevole.
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi seguono. A presto!

 

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Capitolo 25
*** Cap. 24: Uno contro uno ***


Era accovacciato sui calcagni, proprio sopra il vetro, e li fissava (sempre che si potesse dire così, considerando che non aveva occhi per vedere) come un uccello da preda che incombe dall’alto.
A ben guardare, però, si capiva che non era veramente il Doplanker: qualche crepa rossiccia si apriva nella sua pelle, qua e là, da cui ogni tanto uscivano granelli di polvere argillosa, ed era sporco di grasso e polvere, come se fosse entrato in uno spazio angusto e per nulla pulito. Un braccio era stato trasformato in una lama, l’altro era ancora del suo aspetto consueto, le dita arricciate mollemente accanto al ginocchio.
- Un Domunculus.- disse lentamente Keith.
- Noi… scappiamo?-
- Ci seguirebbe.- rispose lui, scuotendo la testa - No… serve qualcosa che lo trattenga qui.-
- Quindi?-
- Quindi, corri a chiamare Nightmare. Ci penso io.-
- Cosa?- esclamò Annie, voltandosi a guardarlo - Ma… ti ammazzerà!- esclamò in un sussurro.
Sentiva già voci concitate levarsi intorno a loro: qualcun altro aveva notato il Domunculus, e probabilmente era anche stato scambiato per il mostro comparso nel telegiornale giorni prima. Nessuno, tuttavia, aveva ancora cominciato a scappare, di certo perché ignoravano l’effettiva pericolosità di quell’essere.
- Me la caverò. Lo faccio sempre.- rispose Keith, posando lentamente le borse, senza staccare gli occhi dal mostro - Dai, tanto non è che abbiamo scelta… sa che lo abbiamo visto e se ce ne andiamo ci verrà dietro. O vuoi restare tu con lui e io vado da Nightmare?-
Annie non rispose, deglutendo e spostando lo sguardo da Keith al Domunculus. Mosse mezzo passo indietro, incerta, continuando a guardare entrambi e poi, dopo un altro istante, si voltò e corse via senza guardarsi indietro.
- Ecco, brava...- sogghignò Keith, sollevando l’orlo della giacca per prendere il coltello da caccia che teneva nella cintura.

Il Domunculus sfondò con un solo pugno la vetrata, piombando a terra tra schegge di vetro scintillanti e grida sorprese e impaurite. Qualcuno scappò via di corsa, altri uscirono dai negozi per vedere, attirati dal trambusto. Un uomo in uniforme, una persona che a quanto gli era stato detto era una “guardia giurata” (un sorvegliante di quel tipo di posti) corse verso di loro, fermandosi a qualche metro con aria incerta.
- Ehi!- gridò alla fine al Domunculus, mentre quello si rialzava - Tu… non muoverti! Ho… ho chiamato la polizia! Saranno qui presto!-
Il Domunculus girò il volto privo di faccia verso di lui, emettendo un verso minaccioso. Keith notò le sue ginocchia flettersi appena, e comprese in una frazione di secondo cosa sarebbe successo.
Si mosse repentinamente, prima che il Domunculus potesse attaccare l’uomo, e lo abbatté con una poderosa spallata, buttandolo a terra proprio all’inizio del salto, mandandolo a sbattere contro una parete.
La guardia giurata sussultò così vigorosamente da cadere sul vasto deretano, boccheggiando per la sorpresa, pallido quanto il mostro e tremante come una delle gelatine a cui tanto assomigliava.
- Vattene!- gli intimò Keith con un gesto, mentre il Domunculus si rialzava rapidamente e rivolgeva a lui tutta la propria attenzione.
L’uomo non se lo fece ripetere due volte e, imitato da molti dei curiosi, cominciò a scappare lungo il corridoio, scivolando su alcuni frammenti di vetro.
- Fatti sotto, bastardo!- esclamò Keith.
Il Domunculus gorgogliò di nuovo e si lanciò su di lui, sollevando la lama.

Keith riuscì a intercettarla con il coltello, ma la spinta si rivelò incredibilmente più potente di quella che aveva immaginato: l’unico vantaggio che il Doplanker aveva era la sua capacità di mutare aspetto, diventando sfuggente o potente a seconda dei casi. Di base era tuttavia fisicamente inferiore a Nightmare e pari a lui, che avrebbe potuto batterlo in un corpo a corpo leale.
Quell’affare, tuttavia, era tutta un’altra storia.
Usando solo il braccio trasfigurato, per di più solo la punta, stava esercitando una pressione incredibile, tanto che Keith, pur spingendo l’arma con entrambe le mani, non riusciva a sostenerla.
Si ritrovò presto a inclinare la schiena e, dopo pochi secondi, sentì il ginocchio toccare terra. Presto avrebbe finito con lo spalmarsi sul pavimento se non avesse fatto qualcosa.
Con uno sforzo immenso spostò il peso di lato, facendo slittare la lama del nemico su quella del coltello; lo slancio sbilanciò il Domunculus, che venne proiettato in avanti dalla sua stessa spinta. Muovendosi molto velocemente, Keith si rialzò con il pugnale di lato, sferzando l’aria all’altezza del collo del mostro.
Lo colpì in pieno, aprendogli un taglio profondo nella carne che andava da dove avrebbe dovuto esserci il Pomo d’Adamo fin quasi alla nuca.
Uno squarcio del genere sarebbe stato letale per chiunque altro, e anzi aveva già ucciso più di qualcuno in quel modo, ma il Domunculus era fatto non di carne e sangue ma di argilla: dalla ferita non uscì altro che qualche granello di polvere e gli orli divennero rossicci, ma non accadde altro. Non esitò nemmeno.
- Ka...- grugnì Keith, indietreggiando mentre quello si rialzava.
Immune al dolore datogli dallo squarcio nel collo, il Domunculus mosse di nuovo la lama per colpirlo, e Keith schivò di lato per evitarla; evitò anche il colpo successivo e quello dopo ancora, continuando ad allontanarsi a ogni colpo finché, senza preavviso, sentì le sue spalle toccare qualcosa di duro.
Concentrato com’era sul non farsi prendere, aveva permesso al nemico di spingerlo contro una parete, bloccandogli la fuga.
Il Domunculus tirò indietro la lama per poi affondarla, e Keith si trovò costretto letteralmente a buttarsi di lato per non essere infilzato. Quella andò a conficcarsi nel cemento come se fosse fatto di burro, ma quasi subito comprese che il vero pericolo era un altro.
Non era ancora atterrato che sentì le dita del nemico serrarsi attorno alla sua caviglia. Crollò sul pavimento, sbuffando tutta l’aria che aveva in corpo; subito dopo fu sollevato come se fosse senza peso e schiantato sul tavolo di plastica più vicino, che si sfondò in mille pezzi sotto il suo corpo. Prima di poter vedere altro che puntini neri, Keith sentì che la sua gamba veniva strattonata ancora e fu scaraventato dentro una vetrina, tagliandosi con i vetri e rotolando in mezzo ad altri tavoli, su un pavimento freddo e appiccicoso, per poi fermare la propria corsa contro un bancone di metallo sul quale urtò con violenza.
Dolorante, senza fiato e sanguinante, Keith vide confusamente il Domunculus ergersi oltre la vetrina e alcune ombre scure lì attorno che si agitavano, come se cercassero di scappare. Erano i clienti che, terrorizzati, provavano a fuggire, lanciando grida che nelle sue orecchie risuonarono come borbottii stentati. Udì anche qualche rombo distante, accompagnato da alcuni lampi luminosi, e solo dopo un po’ comprese che si trattava di un’arma da fuoco: il proprietario stava sparando al Domunculus.
Quello, per tutta risposta, raccolse da terra una scheggia particolarmente grande e la lanciò in aria, colpendo l’uomo alla gola, ignorando beatamente i proiettili.
Mentre il poveraccio crollava a terra, Keith lo vide entrare e staccare dalla parete con estrema semplicità un macchinario pesante e oblungo… un frigorifero per i gelati.
- Oh… fantastico…- brontolò.

Nightmare uscì di corsa in strada, seguito a ruota da Rin, Annie e David, dirigendosi a tutta velocità verso il centro commerciale, ignorando i passanti che gli lanciavano occhiate incuriosite.
Keith non avrebbe mai potuto affrontare da solo un Domunculus, era un nemico troppo forte per lui da solo. Era troppo per chiunque di loro. L’unico modo che avevano per salvarlo era raggiungerlo in fretta e cercare tutti insieme di mettere quella creatura in condizioni di svantaggio, così da poterlo seminare.
Il problema era che Keith era da solo già da parecchi minuti…
- A che piano?- chiese, raggiungendo gli ascensori dell’atrio e premendo freneticamente il bottone dell’unico libero.
- Ultimo.- rispose Annie, mentre quello scendeva.
- MERDA!- sbottò lui, colpendo una parete con un pugno e disegnando così una ragnatela di crepe.
Qualcuno lanciò grida di sorpresa, molti lo additarono. David si guardò intorno a disagio, deglutendo e sudando vistosamente.
- Io… come non dare nell’occhio, eh?- borbottò.
- Posso raggiungerli più in fretta da sola!- disse Rin, ignorandolo - Posso farvi guadagnare tempo!-
- Vuoi farti ammazzare anche tu?- chiese Nightmare, rabbioso - Senza Orlaith non possiamo fare niente.-

- Sicura che siano qui?- chiese Orlaith, mentre l’ascensore saliva.
Nova, in piedi accanto a lei, scosse la testa.
- No.- rispose - C’è solo Keith.-
- E allora perché lo raggiungiamo?- chiese Orlaith, sorpresa - Pensavo stessimo andando dagli altri… lui tornerà anche da solo, no?-
- Prima era con Annie.- spiegò Nova - Ma mentre ci avvicinavamo ho percepito la tua amica allontanarsi di corsa, così mi sono insospettita e ho controllato meglio.-
- E cos’hai… sentito?- chiese Orlaith.
- Il Domunculus. Quello di ieri.- rispose Nova - Non l’ho ucciso. È qui, presumibilmente Keith sta lottando con lui da solo.-
- Cosa?- esclamò Orlaith - Perché?-
- Per far fuggire la tua amica.- rispose lei, seria - Morirà se lo affronta da solo. Io ho avuto fortuna, ma non durerei a lungo, proprio come lui… dobbiamo aiutarlo. Annie avvertirà Nightmare.-
- Non ho il mio violino.- osservo Orlaith - Non posso fare niente.-
- Non importa. Se siamo fortunate gli farò guadagnare abbastanza tempo da sola.-
- E se siamo sfortunate?-
Nova non rispose, limitandosi a fissare il display che mostrava il numero del piano.
Finalmente l’ascensore si aprì con un piccolo “ding”, mostrando loro un corridoio commerciale ampio e luminoso, sovrastato da una vetrata che forniva la maggior parte della luce all’ambiente.
Proprio davanti alle porte c’erano alcune persone che si accalcavano, mentre altre lottavano per passare per prime dalla porta delle scale.
- Oh, cavolo...- borbottò Orlaith.
Un attimo dopo furono travolte dalla fiumana che si riversò nel piccolo vano, praticamente intasandolo.
Fu solo grazie alla prontezza di Nova se non finirono schiacciate: con una mossa repentina le afferrò il polso, scansandola, e sgusciò all’esterno come se fosse priva di ossa, infilandosi nei minimi varchi che si aprivano tra le persone, schivandole con incredibile agilità, senza mai lasciarla. Poi, con uno strattone, la tirò fuori bruscamente, strappandola da quella specie di scatola di sardine mal congegnata.
- Uff…- sbuffò Orlaith, frastornata - Grazie.-
Nova scosse la testa senza rispondere e si diresse rapidamente verso i rumori che sentivano provenire più avanti. Orlaith la seguì a ruota, rimanendo alcuni passi dietro di lei, conscia di essere inerme senza violino.
Ben presto videro Keith e il Domunculus, appena oltre una curva: in quel momento la creatura (un po’ malconcia a causa degli scontri di quella notte) lo stava sollevando sopra la testa, tenendolo per la caviglia, e subito lo schiantò su un tavolino del bar lì accanto.
- Oddio...- gemette Orlaith, mentre lo scagliava dentro la vetrina.
Si udirono altre grida, e alcune persone si affrettarono a uscire dal bar, scappando terrorizzate. Risuonarono degli spari, e alcuni proiettili fischiarono attorno al Domunculus; uno solo lo colpì a una spalla, senza danneggiarlo davvero, e come se nulla fosse quello lanciò una grossa scheggia di vetro, raccolta da terra, all’interno del locale. Qualcuno lanciò un gorgoglio strozzato, e gli spari terminarono.
- No!- esclamò Orlaith, mentre il Domunculus entrava nel bar.
- Io vado.- disse Nova, risoluta - Tu stai indietro.-
Orlaith non rispose, guardandosi intorno senza sapere cosa fare. Al massimo avrebbe potuto far uscire le persone ancora nascoste, ma…
Il suo sguardo fu attratto da una vetrina che mostrava, in bella vista, un violino in perfette condizioni.

Keith purtroppo non sembra cavarsela così bene, ma almeno sono arrivati i rinforzi...
Ringrazio ancora 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben e Arianna96r, che mi seguono, e aggiungo anche LadyTsuky e Thestragereylo, che si sono aggiunti questa settimana. A presto!
 

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Capitolo 26
*** Cap. 25: Secondo round ***


Nova si affacciò alla vetrina, vedendo Keith a terra ai piedi del bancone, ferito anche gravemente in più punti dalle schegge di vetro e quasi privo di conoscenza. Il Domunculus era poco lontano dall’entrata, e stava sollevando un grosso macchinario refrigerante, un… frigorifero, se ben ricordava il nome. Stava per tirarglielo contro.
- Ehi!- esclamò - Ti ricordi di me?-
Il Domunculus si voltò a guardarla e subito dopo cambiò obbiettivo, lanciando il frigorifero contro di lei. Nova lo schivò gettandosi a terra, e quello andò a fracassarsi contro la vetrina di fronte, distruggendo numerosi dispositivi elettronici. Gorgogliando selvaggiamente, il Domunculus balzò di nuovo nel corridoio e sollevò la lama per infilzarla; subito, Nova rotolò di lato, così che quella si conficcasse nel pavimento, per poi far scattare la gamba e colpirlo proprio dietro il ginocchio.
Riuscì a farlo inginocchiare ma, contro ogni sua previsione, il Domunculus ne approfittò e la agguantò per la gola, sollevandola senza sforzo e serrando le dita talmente forte da schiacciarle la trachea.
Boccheggiando, Nova lo colpì alla testa con un poderoso calcio che, per l’effetto che ebbe, avrebbe potuto tirare alla parete lì accanto. Cercò di allentare la presa o di divincolarsi ma quello, con tutta calma, conscio che non si sarebbe liberata in tempo, sollevò la lama all’altezza del suo cuore.
Poi udirono la prima nota.

Qui il brano

Keith sentì di stare meglio.
Il dolore cominciò a scomparire, mentre la vista e l’udito miglioravano. Il senso di stordimento svanì rapidamente, e fu in grado di alzarsi in piedi nel giro di pochi secondi. Tagli e ferite si richiusero, i vetri conficcati nel suo corpo scivolarono via, cadendo a terra per lasciare il posto a pelle sana. Gli parve anche di stare persino meglio di prima: si sentiva più vigoroso, più forte… come se fosse in grado di fare a pezzi il mondo.
Vide Nova in estrema difficoltà appena oltre la vetrina distrutta, il Domunculus pronto a infilzarla. Una musica che non conosceva stava avvolgendo tutto, e comprese che Orlaith era intervenuta.
Istintivamente si lanciò in difesa della compagna, scagliandosi addosso al Domunculus, agguantandolo e trascinandolo a terra.
Quello mollò Nova e insieme rotolarono per qualche metro, rialzandosi insieme, fissandosi a vicenda.
- Ti sono mancato?- chiese - Ora riprendiamo il discorso, pezzo di merda…-
Il Domunculus gorgogliò con fare aggressivo e sferzò l’aria con la lama, mirando al suo collo. Stavolta, tuttavia, c’era qualcosa di diverso.
Lo vide muoversi come prima, ma più lentamente, come se fosse indebolito o affaticato. Tuttavia, le creature come lui non potevano provare fatica o indebolirsi.
Schivò con un piccolo movimento della schiena l’attacco, a cui rispose con un pugno direttamente al volto del nemico e quello, per la prima volta, parve incassarlo davvero molto, molto male, perdendo l’equilibrio per un istante e muovendo alcuni passi nel tentativo di recuperarlo, mentre nella parte colpita si allargava una piccola ragnatela di crepe.
A quel punto, Keith comprese: la musica di Orlaith non lo aveva solo guarito, ma stava anche indebolendo il mostro o rafforzando lui. In ogni caso, ora poteva batterlo.
Grande!
Ben deciso ad approfittare del vantaggio, tornò alla carica e lo colpì di nuovo, schivando la sua risposta di artigli con una piroetta che terminò in un calcio alle caviglie. Il mostro cadde verso terra e, prima che potesse finire sul pavimento, Keith lo colpì con un altro calcio diretto all’addome, spedendolo contro una parete, la quale si scheggiò per l’urto, facendo tremare i lampioni e le vetrine circostanti.
Il Domunculus rovinò a terra, anche se si rialzò subito, senza dare segno di indebolimento: non provando dolore non era capace di esitare.
D’altra parte, nuovi segni rossi erano apparsi su tutto il suo corpo: che se ne rendesse conto o meno le stava prendendo, e di brutto.
- Ah! Stavolta sono io a condurre il gioco!- sghignazzò Keith, scrocchiando le nocche.
Il Domunculus si avventò su di lui, protendendo la lama contro la sua gola. Keith piegò appena la schiena di lato, evitandola, la afferrò per la punta e il gomito con le mani e schiantò il nemico a terra con tutte le sue forze, scheggiando anche il pavimento.
Ora è il tuo turno, schifoso scherzo della magia!
Senza lasciarlo andare piroettò un poco e lo scaraventò contro la parete del negozio di elettronica, accanto alla vetrina devastata, tirandolo in piedi, per poi colpirlo con un poderoso pugno direttamente nel petto.
Il colpo fu tale da sfondare la sua carne argillosa senza particolare sforzo. Nemmeno sentì il dolore e, anzi, sotto le dita percepì una consistenza differente dalla polvere: era qualcosa di molle e umidiccio, che pulsava appena.
Il Nucleo!
Senza esitare lo afferrò saldamente e lo tirò fuori con uno strattone, provocando un gorgoglio stridulo nella creatura, che prese a tremare e ad agitarsi.
Mentre Keith strizzava il grumo di carne tra le dita fino a spappolarlo, il Domunculus cominciò a disfarsi sempre più in fretta, trasformandosi in un mucchio di polvere inerte.

Il brano giunse alla fine e Orlaith smise di ballare, allontanando l’archetto dalle corde con un po’ di fiatone.
Quando riaprì gli occhi vide che Nova era al sicuro, tirata in piedi da Nightmare che l’aveva raggiunta insieme a Rin. Keith incombeva su un mucchio di argilla con ciò che restava del Nucleo del Domunculus tra le dita. Poco distanti da lei, la violinista vide Annie e David, che non appena li ebbe notati le si lanciarono addosso, serrandola in abbracci spezzaossa.
- Orlaith!- gridò Annie - Oh, stai bene! Stai bene!-
- Tu… chica estupida!- sbottò David, baciandole convulsamente la fronte - Non… farlo… mai… più!- scandì, cominciando a scuoterla.
- Ehi… mollatemi!- esclamò - Mi fate male!-
Sentì Nightmare ridacchiare e, scrollandosi gli amici di dosso, lo vide guardarla con le mani affondate nelle tasche, al fianco di Nova, ora in piedi sulle sue sole gambe. Rin era corsa da Keith, e anche lui adesso si trovava assediato da abbracci convulsi dai quali faticava a liberarsi.
- Splendida esecuzione, signorina Alexander.- disse, fissandola con quei suoi occhi gelati - Grazie. Hai salvato il mio uomo.-
- Il tuo uomo ha un nome!- protestò Keith, ancora strizzato tra le braccia di Rin.
- Spero che tu stia meglio, dopo l’ultima chiacchierata che abbiamo fatto.- continuò l’uomo, ignorandolo beatamente.
Orlaith abbassò lo sguardo, imbarazzata per l’accaduto.
- Forse ti devo delle scuse.- disse - Ti ho chiesto la verità e… e non l’ho saputa gestire. Tu sei solo stato onesto.-
- Non sono un uomo dotato di tatto.- concesse lui - E quella storia è piuttosto delicata per noi. Avevi comunque il diritto di prenderti del tempo. Sulle tue spalle adesso grava il peso di una responsabilità più grande di quella che credevi fino a ieri, e che nessuno dovrebbe sostenere.- incrociò le braccia sul petto, continuando a guardarla - Devo supporre che hai intenzione di aiutarci di nuovo?-
Orlaith lo guardò negli occhi e annuì.
- Allwood è mia responsabilità. A prescindere dalla vostra missione.- disse - Sono io che non sono riuscita a ucciderlo… che l’ho lasciato scappare. Devo farlo io. Quando questo sarà finito, parleremo di quello che sono e della situazione.-
- Accettabile.- rispose lui - Ora, se Nova e Keith stanno bene...-
Guardò la donna, che annuì senza mostrare, come al solito, particolari emozioni, e Keith che, finalmente libero dall’abbraccio di Rin, annuì a sua volta.
- … direi che è il caso di allontanarci prima che arrivino le autorità. Sono entrato nel sistema di sorveglianza e l’ho disabilitato da un po’, credo che non ti abbia ripresa mentre suonavi. Per sicurezza sto caricando un virus che distruggerà i filmati. In ogni caso, meglio andare via subito.-
- E come vorresti fare?- chiese Annie.
Fece loro un cenno per dire di seguirlo, dirigendosi verso gli ascensori e le scale.
- Passando per la porta principale.- rispose - Ci mischieremo alla folla.-
- Certo, tu passi inosservato…- commentò David.
Lui ridacchiò senza voltarsi né fermarsi, estraendo da una tasca un oggetto metallico rotondo. Aveva l’aspetto di un circuito stampato connesso a una specie di pietra color verde acceso.
- Ho costruito questo, mentre lavoravo, unendo tecnologia di questa realtà a qualche ninnolo della nostra e alle mie competenze personali.-
Con un dito fece scattare un interruttore posto su un lato del congegno. Sotto i loro sguardi, una pulsazione color verde acido lo attraversò da capo a piedi; il suo abbigliamento non parve cambiare, anche se i guanti metallici vennero sostituiti da un banale paio in pelle, ma l’elmo scomparve per lasciare il posto a una testa piena di capelli neri rasati quasi a zero.
- Ma che cavolo…!- esclamò David.
- Wow… cos’è?- chiese Keith.
Nightmare si voltò, mostrando il suo volto: era giovane, la pelle nera, liscio e regolare, appena incorniciato da un velo di barba, e gli occhi erano coperti da un paio di occhiali scuri. Non mostrava affatto la sua effettiva età. Somigliava vagamente a Lawrence Fishbourne, per la precisione al personaggio che interpretava nel film Matrix… ma più magro e allampanato.
- Si tratta di una banale illusione.- spiegò, con la sua solita voce - Il mio aspetto è sempre lo stesso, ma il cristallo sta manipolando la luce che mi colpisce per farvi vedere qualcosa di vagamente differente. Ora, per favore, muovetevi. Non c’è molto tempo.-
Detto ciò, riprese ad avanzare nel corridoio senza aggiungere altro. Dopo un ulteriore secondo di spaesamento, il gruppo si affrettò a seguirlo.

Nightmare è meglio dell'Ispettore Gadget...
Ringrazio 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi seguono. A presto!
 

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Capitolo 27
*** Cap. 26: Pianificazione ***


Cambiarono di nuovo nascondiglio, anche se non erano sicuri di essere già stati scoperti, spostandosi stavolta di pochi isolati, senza uscire dal quartiere. Orlaith scoprì così che, durante la loro breve separazione, gli altri avevano fatto in modo di procurarsi un piccolo televisore per seguire le notizie, un computer per fare delle ricerche e diversi cellulari usa e getta, senza contare gli innumerevoli dispositivi elettronici che Nightmare sembrava divertirsi a fare a pezzi sistematicamente per Dio solo sapeva cosa.
Appena si furono sistemati nell’ennesimo rifugio improvvisato, stavolta ricavato in un vecchio ufficio vuoto, Nightmare insistette per vederla subito, ordinando a Nova di tenere fuori tutti gli altri fino a quando non avessero finito di parlare.
La stanza che aveva scelto per la loro conversazione era spoglia quasi quanto le altre, a parte una vecchia scrivania scheggiata su cui aveva disposto in perfetto disordine attrezzi, circuiti stampati, pezzi di elettrodomestici e quelle che sembravano strisce di tessuto metallizzato color bianco acceso, la cui origine Orlaith non riuscì a identificare. Quando entrò, richiudendosi dietro la porta, Nightmare era intento a lavorare su una di quelle, saldandoci sopra alcuni fili elettrici.
- Stai costruendo un razzo stellare?- gli chiese, avvicinandosi - O preferisci una semplice ed elegante spada laser?-
- Fin da bambino sognavo di possedere la mia personalissima Morte Nera.- rispose lui - Ma poi sono cresciuto.-
- E ti è passata, giusto?-
- No, ho capito che se avessi continuato così l’avrei costruita davvero, e considerati i miei trascorsi ora mi rendo conto che non sarebbe stata un’idea brillante.- rispose, e dal tono di voce sembrava che stesse sorridendo da sotto l’elmo - Ascolta, dobbiamo parlare della prossima mossa. Finora ci siamo solo difesi, e ne siamo usciti a malapena. Tra l’altro stiamo faticando sempre di più a nascondere i fatti sovrannaturali, una cosa a cui Allwood sembra non interessarsi. Questo ci pone ulteriormente in svantaggio, quindi dobbiamo contrattaccare il prima possibile.- spiegò, lasciando stare le piastre metalliche e alzando lo sguardo su di lei.
- Concordo.- annuì Orlaith - Qualche idea?-
- Usare la nostra arma segreta, cioè tu.-
- Non sono poi così segreta, visto che Allwood sa di me.- rispose - Mi ha insegnato lui a usare i miei poteri, mi conosce benissimo.-
- Così come tu conosci lui.- ribatté Nightmare - Annie mi ha detto che, dopo che lo hai sconfitto, sei andata a casa sua e ti sei portata via tutto.-
Orlaith annuì, ripensando al magazzino che aveva affittato (sotto falso nome, per sicurezza) nei bassifondi del Bronx e in cui aveva stipato l’immensa mole di libri magici appartenuta a Allwood tempo prima. Di tanto in tanto se ne era fatta spedire qualcuno da David, leggendoli nel tempo libero per capire meglio alcuni aspetti della magia che non aveva mai avuto modo di approfondire in passato o anche la storia di un mondo che, fino a un anno prima, le era totalmente ignoto.
- Conosco i suoi poteri.- ammise - Lui e suo padre avevano messo a punto una tecnica magica che avrebbe permesso loro di rubare i poteri a qualsiasi stregone avessero ucciso. In pratica, toccando uno stregone morente potevano acquisirne ogni capacità e farla loro. In questo modo sono diventati così potenti.-
- Capisco. Ma ora come ora, sono più interessato al come sia sopravvissuto a te.- rispose - Annie e David mi hanno raccontato com’è andata nel dettaglio. Il suo servo Homunculus lo ha spinto in un Cerchio Magico instabile. L’esplosione magica avrebbe dovuto disintegrarlo, giusto?-
- Primo: il suo “servo” si chiamava McGrath, ed era un mio amico.- sbottò acidamente Orlaith, ripensando al maggiordomo di Jayden che, come suo ultimo atto, aveva deciso di sacrificarsi tradendo il proprio padrone e salvandole la vita - Secondo: io non ho ucciso davvero Vaněk, l’ho solo ferito gravemente. È stato Jayden a dargli il colpo di grazia, e così ha ottenuto i suoi poteri. Uno di essi, a quanto ho capito, era quello di trasferire la sua anima in un Homunculus imperfetto, una specie di guscio, e trasformarlo nel suo nuovo corpo.-
- A quanto hai capito?- ripeté Nightmare.
- Sì… non era scritto nei libri o nei diari di Jayden, o almeno non in quelli che ho letto finora.- spiegò lei, scrollando le spalle - Mi ha sempre detto che era una tecnica segreta di suo padre, che solo lui era riuscito a trovare il modo di ingannare la morte. Me l’ha accennato lui stesso ieri, quando ci siamo visti, ma non è sceso nei dettagli.-
Nightmare si sfregò il mento con fare pensieroso, come se qualcosa non lo convincesse molto.
- Non mi quadra.- disse infatti - Se non sapeva come fare a ingannare la morte fino a poco prima di uccidere suo padre, come ha fatto Allwood a sopravvivere?-
- In che senso?-
- Pensaci.- rispose lui - Hai detto che avrebbe avuto bisogno di due cose: la tecnica di Vaněk, che era segreta fino a quando non l’ha scoperta durante lo scontro finale, e un Homunculus, come l’hai definito tu, “imperfetto”, quindi probabilmente un Homunculus senza identità, se ho ben capito come funziona. Eppure, ripeto, non aveva idea di come o di cosa fare fino a poco prima di morire. Come ha fatto a sopravvivere, quindi?-
Orlaith esitò: giusto aveva ragione. Nella foga degli eventi non aveva fatto caso a quel dettaglio, ma se davvero Jayden ignorava il procedimento, come aveva potuto prepararsi? Non era mai stato stupido, aveva sempre avuto un piano B per qualsiasi situazione, ma… quello era davvero improbabile.
- Hai ragione.- disse - Io non… ci avevo pensato.-
- Già. Per fortuna, parte del mio lavoro è ragionare in questo modo.-
Trasse fuori da una tasca interna un dispositivo ricavato installando una sorta di bobina metallica piena di fili sotto un semplice palmare.
- Questo è un dispositivo di comunicazione transdimensionale. È un po’ rudimentale, l’ho costruito in meno di ventiquattr’ore usando componenti riciclati, ma funziona. Ho contattato un amico che ha una soluzione per il nostro problema, qualcosa che impedirà a Allwood di usare ancora i suoi poteri per scappare, ma ci vorranno almeno altri due giorni prima che possa raggiungerci. In questo modo gli impediremo di rigenerarsi ancora e potremo sconfiggerlo.-
- Ottimo. Ma non hai detto che voi non potete toccarlo, scusa?- chiese subito dopo, ripensandoci.
- Infatti dovrai essere tu a occupartene.- spiegò Nightmare - E sai bene che non te lo chiederei se ci fosse alternativa.-
Orlaith non rispose.
- Cosa devo fare?- chiese invece.
- Te lo spiegherò più avanti. Intanto, parliamo ancora di Allwood.-
- Cosa vuoi sapere? Qualche altra domanda sui suoi poteri?-
- No, ormai ho un quadro abbastanza chiaro di quello che può fare.- rispose lui, scuotendo la testa - No, il suo carattere. La psicologia del nemico è persino più importante delle sue capacità. Potrei usarla per sconfiggere persino i più potenti guerrieri magici che conosco, se fossi sufficientemente motivato, quindi dimmi qualcosa sulla sua personalità. Tutto quello che ti viene in mente.-
- Beh, presto detto.- sospirò lei - Intanto ha sempre avuto un rapporto complicato con suo padre, infatti ha cercato di ucciderlo per rubargli i poteri. Padre che, tra parentesi, gli ha insegnato a non rispettare in alcun modo la vita umana, visto che usava le persone per sperimentare i suoi incantesimi o per creare Homunculi più potenti, e che poi lo ha maledetto per ripicca. D’altra parte è anche in grado di affezionarsi alle persone, anche se in modo malato. Una volta che ha deciso di voler bene a qualcuno lo considera una sua proprietà, ed è incapace di lasciarlo andare. McGrath, il suo maggiordomo Homunculus, era infatti una copia esatta del vero McGrath, il maggiordomo di suo padre, che è morto sacrificato durante un incantesimo atto a indebolire Jayden.-
- E per quanto riguarda te?- chiese Nightmare - Ne avete passato di tempo insieme.-
Per un istante a Orlaith baluginò davanti agli occhi l’immagine di Jayden Allwood che, orribilmente ferito e trasfigurato dalla magia, si trascinava verso di lei gridando che le apparteneva.
- Ha qualche… problema anche con me.- ammise con un brivido - Per questo ora vuole vendicarsi.-
- Mmmh…- grugnì Nightmare - Personalmente non credo che voglia vendicarsi. Non come intendi tu, almeno.- rispose - Pensaci… quello che mi hai descritto è un attaccamento morboso alle persone amate. Non sono un esperto, ma penso che la sua potrebbe essere una forma di Athazagorafobia.-
- Ata… cosa?- chiese Orlaith - Ti sei… inventato una parola?-
- No, è una malattia reale. Psicologica, per essere precisi.- spiegò - La paura di essere ignorati, di essere dimenticati, abbandonati o di dimenticare. È un segno di depressione, e anche grave, nella sua forma più autodistruttiva. In una persona come Allwood può essere estremamente pericolosa.-
- Ah, quindi cosa consigli, qualche seduta di psicoterapia?-
- Veramente suggerirei una terapia a base di questi.- rispose, dando un colpetto al manico di uno dei falcioni appoggiati alla scrivania - Comunque, possiamo usare la psicologia per indurlo ad abbassare la guardia. È intelligente e spietato, ma può comunque essere tratto in inganno. Forse addirittura reso inoffensivo.-
- Vorresti parlare con uno che cerca costantemente di ucciderti? Tanti auguri…- ridacchiò amaramente Orlaith.
- A dire il vero, pensavo più a te.- rispose - Se ci fai caso, gli Homunculi con cui abbiamo lottato finora hanno cercato di uccidere noi, ma non te. Al massimo volevano tenerti lontana da noi, eppure non hanno cercato di nuocerti neanche quando ti hanno trovata senza violino. In pratica, non ha voluto farti del male nemmeno quando eri indifesa, pur avendone avuta l’occasione. Io credo che voglia solo attirare la tua attenzione, in verità… vuole che tu torni da lui.-
Orlaith esitò, incerta su come sentirsi: in effetti, Nightmare poteva avere ragione. In quel caso avrebbero potuto sfruttare a proprio vantaggio la situazione. Forse poteva risolvere tutto senza nemmeno combattere, se fosse riuscita a parlare con lui da sola.
- Passando oltre, dobbiamo scoprire dove si nascondono lui e il Doplanker.- continuò l’uomo, ignorando i suoi pensieri - Tu hai passato molto tempo in sua compagnia, e hai i suoi diari. Esiste un posto in cui potrebbe lavorare in sicurezza, qui in città?-
- Aveva diversi rifugi, a quanto ho scoperto.- rispose subito lei - Alcuni a New York, altri sparsi in giro per il mondo, ma non mi ci ha mai portata. Penso volesse tenermeli nascosti. Ho trovato il quaderno dove aveva appuntato gli indirizzi, ma non ci sono ancora stata.- ammise.
- Se esiste un quaderno del genere, possiamo tralasciarli fino a crisi terminata.- disse Nightmare, scuotendo la testa - Non può essere così stupido da andare in un luogo che tu puoi rintracciare. Altro?-
- Beh, probabilmente ne avrà altri, ma sotto nomi diversi.- continuò Orlaith - Jayden Allwood è solo una delle identità che ha assunto nel corso dei secoli. Credo che il suo nome, il vero nome, sia Wilhem Rooke, ma non ho trovato nessuna notizia su di lui, a parte un vago accenno in un diario. È nato in Europa verso il diciottesimo secolo, ma non so dove. Ha cambiato nome almeno una dozzina di volte ogni cinquant’anni, probabilmente. Chissà quanti pseudonimi ha.-
Nightmare annuì con fare pensieroso, senza guardarla.
- La sua attività.- disse - Aveva una ditta di qualche tipo, giusto?-
- Un’azienda. Si occupava di sorveglianza. Era abbastanza ricco.- rispose Orlaith - Ma ufficialmente è scomparso e presumibilmente morto, secondo l’opinione pubblica.-
- Eppure è ancora in attività, giusto? A differenza di Vaněk ha nominato un erede, e visto il tipo è probabile che sia sempre lui sotto un nome differente.- osservò - Dobbiamo cercare l’attuale CEO della sua azienda.-
Orlaith annuì.
- Sì, penso che sia una buona idea. Forse troveremmo qualcosa.-
- Bene, ci penserà Nova con i suoi poteri, e l’aiuto di Annie per il computer.-
- Va bene. Io mi studierò un modo per affrontare Jayden, allora.- disse Orlaith, facendo per alzarsi.
- Keith può aiutarti. Prima però vorrei parlarti dei tuoi poteri.- aggiunse, fermandola all’ultimo.
- Cos’altro c’è da dire?- sospirò Orlaith - Sono gli stessi di quello Zelith, faccio paura e “dovrai occupartene” quando avremo finito.-
- No, non voglio parlare di questo.- disse Nightmare - Ma c’entra Zelith. Lui non usava oggetti per incanalare i suoi poteri, non ne aveva bisogno.-
- Quindi era più potente di me?-
- A dire il vero, penso proprio che fosse più debole.- rispose lui, scuotendo la testa - Tu manipoli anche le emozioni e, di fatto, la volontà delle persone, lui non ne era capace. Aveva solo più destrezza e più abitudine di te.-
- Non posso usare la magia senza violino.- ribatté Orlaith.
- E questo immagino che te l’abbia detto Allwood, il cui intento era renderti pericolosa per Vaněk, non per se stesso.- osservò Nightmare - Io credo che suonando ti lasci andare, ed è per questo che i tuoi poteri fluiscono… stacchi il cervello e ti limiti a desiderare. La magia poi fa il resto. Se imparassi a farlo senza musica saresti invincibile.-
- Ma non posso, Nightmare!- sbuffò lei, iniziando a spazientirsi.
- Ah, e hai fatto molto allenamento, immagino. Pur avendo paura di usare i tuoi poteri.- ribatté lui, ridacchiando - Beh, non discuterò oltre. Limitati a pensarci.-
Orlaith non rispose, sostenendo il suo sguardo azzurro ghiaccio in silenzio. Dopo qualche istante Nightmare tornò a lavorare sui suoi circuiti senza più darle attenzione, come se fosse appena diventata invisibile, e seppe che non avevano altro da dirsi.
Uscì dalla stanza in silenzio, trovando Nova seduta al lato della porta, intenta a strappare le maniche della maglia come aveva già fatto per le gambe dei pantaloni e parte della stoffa che le copriva l’addome.
Notandola, le lanciò uno sguardo accigliato.
- Cosa?- chiese.
- Oh… ehm… devi… cercare qualcosa.- rispose - Tu… ti danno fastidio i… vestiti?-
- Sì!- sbottò seccata - Ma perché dovete coprirvi così tanto in questa realtà, accidenti?-
A questo, Orlaith preferì non rispondere.

La povera Nova ha ancora problemi coi vestiti...
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, i miei lettori, e li saluto. A presto!

 

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Capitolo 28
*** Cap. 27: Il tentativo di Orlaith ***


Annie e Nova non ci misero molto a scoprire che l’erede universale del patrimonio di Jayden Allwood era un certo Julian Grant, che Orlaith non aveva mai sentito nominare. La sua biografia su Wikipedia (rigorosamente priva di fotografia) diceva che era un lontano nipote di Allwood, anche lui ricchissimo e schivo, restio alle comparsate in pubblico; possedeva diverse case, ma solo un appartamento in tutta New York, all’interno della Beekman Tower. Quando le riferirono questo dettaglio, Orlaith non poté soffocare un discreto moto di sorpresa.
- Cosa?- chiese Nova, distogliendo gli occhi dallo schermo per guardarla.
- Io ci abitavo, alla Beekman Tower.- disse Orlaith - Fino a un annetto fa… Vaněk mi aveva preso un appartamento lì.-
- E che appartamento!- esclamò David, tutto contento - Ah, ce l’ho ancora, sai? Cioè, lo studio lo paga ancora.- aggiunse - Se lo rivuoi…-
Orlaith gli scoccò un’occhiataccia, e lui tacque.
- Non può essere una coincidenza.- disse Rin, seduta all’altro capo del tavolo, intenta a riordinare un kit di pronto soccorso - Potrebbe essere una trappola o un modo per tenere d’occhio la tua vecchia casa.-
- Gli bastano i Cerchi Magici per tenere d’occhio qualcuno. Non gli serve affittare un appartamento.- sospirò Orlaith, ricordando fin troppo bene quella sua caratteristica.
- Cercherò qualche altra proprietà intestata a lui.- disse Annie - Magari trovo qualcosa di più adatto come laboratorio.-
- Dubito che comparirà su documenti ufficiali di qualche tipo.- disse Nova - Magari Nightmare può forzare la banca dati dell’azienda e trovare di più. Ne parlo con lui, tu continua.-
Detto ciò uscì dalla stanza senza voltarsi, entrando nel laboratorio di Nightmare da sola. Rin tornò ai suoi cerotti, disinteressandosi alle ricerche, e Annie riprese a setacciare le notizie su Google.
- Keith sappiamo dov’è?- chiese Orlaith.
- Di là che dorme. Penso che il combattimento lo abbia stancato.- rispose David - Te lo chiamo?-
- No, io… vieni un secondo?- chiese, facendogli un cenno.
Lui annuì, seguendola fin nel corridoio del palazzo, fuori dalla porta d’ingresso. Orlaith si chiuse la porta alle spalle e si voltò verso di lui, guardandolo direttamente negli occhi.
- È per la storia della Beekman?- chiese - Perché l’appartamento l’ho tenuto per altri motivi, non solo per te, eh?-
- No, non c’entra niente… però voglio andarci.- rispose - Non all’appartamento… non nel mio. In quello di Allwood.-
David sgranò gli occhi.
- Tu… tu che cosa?- esclamò - Estas loca, chica?-
Lei si accigliò. Ultimamente aveva iniziato un corso di spagnolo, e adesso cominciava a capire le parole di David quando parlava in lingua latina.
- No, e non sto nemmeno scherzando.- rispose - So che è una trappola, e voglio farla scattare.-
Il produttore esitò un momento, incerto per via delle sue parole.
- Hai bevuto, per caso? Ci hai dato giù col Connemara?-
- David, so quello che sto facendo… credo.- spiegò lei - Allwood non vuole uccidere me, e forse posso parlarci.-
- Parlare di cosa, scusa?- chiese lui, la voce improvvisamente acuta - Della sua follia?-
- Beh… sì.- rispose lei - Ascolta… in modo malato mi vuole bene. Forse posso convincerlo a consegnarci il Doplanker. Entro due giorni arriverà l’amico di Nightmare con qualcosa per neutralizzare Allwood, e intanto ci saremo levati di torno un grosso problema.-
- Bimba, stai parlando di uno psicopatico.- le ricordò lui - Hai idea di cosa potrebbe farti?-
- Sì, ma non ci andrò disarmata.- rispose lei - Ora ho due violini. Me ne porterò dietro uno, e al minimo accenno di pericolo gli farò una serenata delle mie. Sa quanto sono pericolosa, ho affrontato lui e Vaněk contemporaneamente e ho vinto. Avrà anche raddoppiato i suoi poteri, ma non è più forte di me, non ancora.-
David si grattò la testa, non del tutto convinto.
- Io… non lo so, chica.- borbottò - Mi sembra… pericoloso.-
- Certo che lo è, per questo te ne sto parlando.- rispose lei - Devi venire con me e tenermi d’occhio. In caso di problemi puoi chiamare i rinforzi.-
- Che arriveranno troppo tardi, visto che la Beekman è dall’altro lato della città.- osservò David.
- In ogni caso potresti aiutarmi. L’hai già fatto in passato, e ce la siamo cavata bene. Starai lontano dal pericolo, tranquillo.-
David sospirò, scrollando le braccia rassegnato.
- Io… Orlaith, non lo so… sei sicura?-
- Abbastanza da scommetterci la mia vita. Almeno dovremmo fare un tentativo.-
- E non lo vuoi dire agli altri perché…?-
- Perché non sarebbero d’accordo.-
- Nemmeno io sono d’accordo, quindi perché me lo dici?- chiese stizzito lui. Subito dopo cambiò espressione, sollevando gli occhi al cielo con aria seccata - Perché tanto lo farò lo stesso, vero?-
Lei non rispose, limitandosi a guardarlo negli occhi. Alla fine David si pinzò il naso, stanco e sconfitto.
- Dio, a volte ti odio…- borbottò.

Non tornava alla Beekman Tower da almeno un anno, e dopo che aveva portato via dall’appartamento tutte le sue cose non aveva più avuto alcun motivo per entrare di nuovo. D’altra parte il portiere la riconobbe nel momento in cui la vide varcare la porta, balzando in piedi con un gran sorriso e agitando una mano in segno di saluto.
David la precedette al bancone senza esitare, mentre lei rispondeva un po’ timidamente al cenno dell’uomo, esitando appena: negli anni in cui aveva vissuto lì non si era preoccupata di scambiarci più di qualche parola, e comunque non era mai stata una persona attenta alle pubbliche relazioni. Generalmente quello era il campo di David, e lei si limitava a parlare per qualche minuto con le persone durante le sue apparizioni sociali senza però trattenersi mai troppo a lungo. In effetti, come già altre volte le aveva ripetuto anche lui, quello era sempre stato un po’ il suo Tallone d’Achille.
- Va bene, non c’è.- disse David, recuperandola per trascinarla agli ascensori - Abita proprio al piano sopra il tuo. Secondo Gregory non torna mai a casa… anzi, non è nemmeno sicuro di averlo mai visto, in otto mesi che ci abita. Diamo giusto un’occhiata e...-
- Dave, se davvero è casa di Allwood saprà che mi sto avvicinando.- osservò lei, mentre entravano nell’ascensore con alcune altre persone.
- E se non venisse?- chiese lui, spingendola in fondo all’ascensore, dietro tutti gli altri e abbassando un po’ la voce.
- Allora sarai contento tu e ce ne andremo a mani vuote. Soddisfatto?- brontolò lei, stringendosi la custodia del violino al petto.-
- Beh, lo sarei di più se avessimo detto la verità a Nightmare.- rispose lui, accigliato - Non so nemmeno se ci ha creduto...-
- Dai, sei sempre il mio produttore, e io devo ancora incassare le ultime royalties.- osservò Orlaith - Direi che è plausibile, no?-
- Certo, con quel pazzo e il suo amico trasformista che scorrazzano in città, i tuoi soldi sono sicuramente il primo dei problemi.-
Orlaith non rispose: in effetti le era sembrato strano che Nightmare accettasse così di buon grado di lasciarli andare per una cosa del genere, o quantomeno senza ribattere troppo. Per un istante si chiese se, per caso, non si fosse aspettato una mossa simile da parte sua.
- Siamo quasi arrivati.- la riscosse David.
Orlaith sussultò, guardando rapidamente l’indicatore del piano: aveva ragione, c’erano quasi. Ne mancavano solo due.

Scese solo lei, lasciando David al piano inferiore, dove c’era il suo vecchio appartamento, in cui l’avrebbe aspettata col cellulare incollato all’orecchio: lei avrebbe tenuto il suo in tasca, col vivavoce attivo, per consentirgli di seguire tutta la situazione in relativa sicurezza. Al minimo segno di pericolo avrebbe potuto aiutarla o chiamare rinforzi.
Gli altri occupanti dell’ascensore non la seguirono, diretti ad altri piani e ad altri affari. Diede un rapido sguardo alla sua mano, dove aveva scritto il numero dell’appartamento, e col cuore in gola cominciò ad avanzare lungo il corridoio, i suoi piedi che affondavano morbidamente nella moquette. Incrociò una donna delle pulizie che usciva da una porta e una famiglia di tre persone che rientrava parlando di cose futili. Da una porta mezza aperta filtrava la voce di uno speaker televisivo, che parlava degli eventi di quella mattina al centro commerciale negli Heights, di quanto la polizia fosse incerta sull’accaduto e, soprattutto, sul collegamento con i recenti avvenimenti in città. Grazie al cielo non citarono nessun potenziale indiziato.
Con un respiro profondo, Orlaith passò ulteriormente oltre e raggiunse la sua destinazione, un campanello con su scritto J. Grant.
Si prese un momento per calmarsi, il petto che minacciava di esploderle per le palpitazioni, fissando con una punta di terrore il numero d’ottone sulla porta, le mani appena scosse da un tremito. Il violino che aveva preso quella mattina (e che aveva pagato grazie a Nightmare e ai suoi maneggi) ticchettò appena nella custodia, seguendola nell’agitazione che provava.
Non lo aveva detto nemmeno a David, ma in parte sperava non solo di guadagnare tempo, ma anche di calmarlo, di riportarlo in qualche modo alla ragione.
Jayden aveva fatto cose terribili, ma era stato un amico e un maestro, l’unico su cui aveva potuto contare per la prima volta dopo tantissimo tempo durante il suo periodo peggiore. L’aveva salvata da Vaněk, le aveva rivelato l’esistenza della magia e dei suoi poteri e poi le aveva insegnato a gestirli. Sì, è vero, l’aveva usata, ma in alcune occasioni l’aveva anche salvata. C’era sempre stato un secondo fine, e questo non riusciva a perdonarglielo… se ci pensava, un moto di rabbia le faceva formicolare le dita fino a farle desiderare di stringergliele attorno al collo.
Ma un’altra parte di lei voleva credere che fosse ancora recuperabile, in qualche modo. Che potesse diventare una persona migliore, che potesse cambiare. Forse si illudeva, certo, ma se non ci avesse nemmeno provato non avrebbe mai potuto perdonarselo.
Inspirò a fondo e poi suonò il campanello.

La povera Orlaith non può non sperare. Ancora è troppo tenera, lei... non come gli Xenonauti, le cui esperienze di vita li hanno resi più spietati ed efficienti di lei...
Ringrazio 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi seguono. A presto, gente!

 

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Capitolo 29
*** Cap. 28: L'appartamento ***


Per qualche secondo non successe niente, ma alla fine la porta si aprì con uno scatto, separandosi dallo stipite di qualche millimetro. Nessuno chiese chi era, e per quanto esitasse non vide nessuna mano afferrarne il bordo, né percepì la presenza di qualcuno dall’altro lato. Si era aperta e basta.
Titubante, le diede una spinta senza entrare, rivelando l’interno.
Si era aspettata di trovarsi di fronte una specie di antro buio, pieno di candele e Cerchi Magici, le pareti coperte da drappi neri e le finestre oscurate, ma fu una piacevole delusione scoprire che l’appartamento era perfettamente normale: da dove si trovava lei riusciva a vedere un divano bianco con la penisola, sistemato davanti a un megaschermo ultrapiatto che avrebbe fatto piangere anche David per l’invidia, incastrato tra le casse di un impianto audio dall’aspetto incredibilmente costoso. Riusciva a intravedere anche uno scorcio di cucina, in particolare un frigorifero di almeno due metri a doppio sportello con tanto di distributore del ghiaccio.
Le pareti che riusciva a scorgere erano state coperte da scaffali su scaffali, tutti pieni di libri di forme, colori e dimensioni differenti. Qualcuno lo riconobbe pure, erano copie di quelli che aveva preso a casa di Jayden l’anno precedente.
Tipico di te… Pensò, muovendo un passo avanti.
La candida moquette sul pavimento parve essere persino più morbida di quella nel corridoio esterno, a giudicare da come affondava il suo piede. Le venne quasi voglia di togliersi le scarpe e di provarla tra le dita.
Non sei qui per divertirti, per la miseria! Si disse. Concentrati, accidenti!
Chiuse la porta dietro di sé, avanzando ancora un po’, le orecchie tese e gli occhi aperti: ancora, non le parve di percepire segni di vita. Eppure non vedeva polvere né tracce di incuria. Certo, era tutto perfettamente ordinato, ma qualcuno puliva regolarmente. Magari Jayden aveva assunto qualcuno per occuparsi dell’appartamento, ma non ci viveva davvero.
D’altra parte, sarebbe stato uno stupido a non tenerlo sott’occhio coi suoi Cerchi Magici.
- Jayden?- chiamò - Jayden, sono io! Lo so che mi senti! Vieni fuori, ti voglio parlare! Solo parlare, giuro!-
Non ci fu alcuna risposta, ma all’improvviso l’anta del frigorifero si aprì, facendola sussultare per lo spavento e mostrandole una selezione di succhi di frutta, bibite analcoliche e birre gelate. Appena l’anta si fu fermata si aprì anche uno scaffale dei pensili, mostrandole una bottiglia di Connemara ancora sigillata e due bicchieri. Orlaith esitò.
- Mi stai… offrendo da bere?- chiese - Scherzi, vero? Potresti averci messo dentro qualsiasi cosa! Vieni fuori, accidenti!-
- Beh, non è che anche io mi fidi molto, sai?-
Stavolta le venne un vero e proprio infarto.

Rischiò di cadere a terra per la sorpresa, aggrappandosi all’isola della cucina per mantenere l’equilibrio mentre faceva una piroetta rapidissima, cercando di trovare Allwood. Era così terrorizzata dall’improvviso suono della sua voce che solo dopo molti secondi il suo cervello registrò la televisione accesa che mostrava il mezzobusto dello stregone, seduto su una poltrona di pelle in uno studio chissà dove. Il suo aspetto sembrava migliorato, perché le cicatrici avevano cominciato a ritirarsi un po’. Probabilmente stava guarendo del tutto, anche se lentamente.
- Oh… tu, brutto…- sbottò, portandosi una mano sul cuore - È questo il tuo piano? Uccidermi con un arresto cardiaco?-
Allwood scoppiò a ridere, agitando una mano.
- Oh, scusami…- disse - Giuro, non volevo spaventarti. Siediti pure sul divano, prometto che non ti morde.-
- Beh, considerando che potresti aver messo trappole magiche dovunque, tanto vale stare comoda, immagino.- sbuffò lei, andando a sistemarsi davanti al televisore così da guardarlo proprio in faccia.
Lui sorrise, abbandonandosi contro lo schienale della poltrona e guardandola direttamente negli occhi. Probabilmente c’era un Cerchio Magico sullo schermo, perché non vedeva telecamere.
- Allora.- disse - Eccoti qua. Hai scoperto del mio… “erede”.-
- Già. Come ti devo chiamare adesso?- chiese - Va bene Jayden Allwood? O preferisci Julian Grant? Oppure Wilhem Rooke?-
Il sorriso gli scivolò via dalla faccia, mentre il suo sguardo si faceva improvvisamente distante.
- Ah… Wilhem.- disse lentamente - Sai… a parte Vaněk l’anno scorso a Tresckow, nessuno mi ha più chiamato così da…- scosse la testa, senza guardarla - Non lo so nemmeno io. Ho cambiato identità tante di quelle volte che ormai faccio fatica a ricordare com’era essere Wilhem. Hai scavato nel mio passato, vero?-
Orlaith annuì.
- Ho letto un po’ dei tuoi libri e dei tuoi quaderni.- disse - Non tutti, ovviamente… ne hai troppi. Cos’è, una specie di grafomania?-
- Credimi, anche Vaněk scriveva parecchio di se stesso. Da chi credi che abbia imparato?- chiese lui - Noi stregoni possiamo vivere molto, molto a lungo, anche qualche millennio, se rimaniamo in salute. A volte si fa fatica a ricordare tutto, persino la nostra mente ha qualche limite. Gli appunti mi servivano a questo. A proposito, mi piacerebbe averli indietro.-
- Ne riparleremo.- disse lei - Ora non sono qui per questo.-
- No, lo vedo.- disse Jayden, indicando il suo violino - Volevi affrontarmi?-
Orlaith scosse la testa.
- No. Ho portato il violino per precauzione, non voglio combattere.-
- E allora cosa vuoi?- le chiese - Ti interessa sapere qualcos’altro sui Trascendenti?-
- No. Nightmare mi ha già detto tutto quello che volevo sapere… forse anche di più.- ammise, sentendo di nuovo un moto di nausea minacciare il suo stomaco - Immagino che tu non l’abbia fatto prima per non farmi venire altre crisi isteriche, vero? Sarebbe stato controproducente, per te.-
- Ora mi offendi.- disse lui, aggrottando la fronte - Non te l’ho detto perché sapevo che ti avrebbe turbata.-
- Ma non ti sei fatto problemi a dirmelo adesso, vero?-
- Beh, ora siamo uno contro l’altra.-
- Già… è per questo che sono qui.- sospirò lei, appoggiandosi alle proprie ginocchia - Dai, Jayden… io ti conosco. Hai sicuramente qualche problema, però non posso credere che tu sia così cattivo. Potresti radere al suolo la città, i tuoi poteri basterebbero.-
- Tu mi fermeresti.-
- Non prima che tu abbia fatto molti danni. È vero, però, che grazie a te sono morte delle persone.- aggiunse, accigliandosi - Ma non è a me che vuoi fare del male, vero?-
Lui fece una smorfia, sporgendosi appena sulla scrivania.
- Orlaith, tu mi hai ferito.- disse - In tutti i sensi. Mi hai quasi ucciso, e McGrath si è rivoltato contro di me a causa tua. È ovvio che io voglia farti del male.-
- Non ci stai nemmeno provando.- ribatté lei - Mi mandi contro degli Homunculi potenziati? Andiamo, sei stato tu a insegnarmi come affrontarli, lo sai che me li mangio a colazione… tu sei arrabbiato, ma non mi vuoi male. Io credo che possiamo ancora parlare.-
Lui non rispose, e subito Orlaith approfittò dell’esitazione per rincarare la dose.
- Inoltre McGrath non te l’ho aizzato contro, ha deciso da solo di aiutarmi.- continuò - Si è offerto di portarmi su quel campanile e mi ha chiesto di fermarti lui stesso. Ha detto che dovevo farlo per il tuo stesso bene. Pensava che fosse la cosa giusta, non per me o per gli altri, o almeno non solo, ma soprattutto per te. Voleva che tu la smettessi di comportarti così.-
Lui scosse la testa, accigliandosi.
- Il McGrath di cui parli tu era solo un Homunculus…-
- … che hai modellato esattamente come quello in carne e ossa. Sono certa che tu lo abbia fatto identico a com’era l’originale. E comunque, a prescindere da questo, sappiamo entrambi che un Homunculus abbastanza anziano sviluppa una sua volontà e delle emozioni, diventando una vera persona autosufficiente. Lui voleva bene a entrambi.-
- Smettila!- sbottò Allwood, seccato - Tu… smetti di parlare di McGrath, va bene?- esclamò - Lascialo fuori da tutto questo!-
- Va bene.- sospirò Orlaith, passandosi stancamente una mano tra i capelli - Ma voglio comunque risolvere questa storia senza creare altri problemi. Sono sicura che possiamo trovare un compromesso.-
- Un… compromesso?- ripeté lui, ridendo - Hai cercato di… di uccidermi! Mi hai gridato di starti lontano!-
- Ero terrorizzata, per Dio!- sbottò Orlaith, spazientita - Hai presente com’eri? Cosa stava succedendo? Cosa avevo passato? Porca miseria, Jayden, al mio posto chiunque avrebbe agito come me! Pensi che abbia smesso di suonare solo perché ho paura dei miei poteri? È vero, ho paura, ma sono anche triste! Non ti ho potuto aiutare, anche se avrei voluto! Ora ho un’altra possibilità, stiamo parlando… quindi parliamo! E visto che hai qualcosa come trecento anni, cerca di fare la persona matura, per favore!-
Lui distolse lo sguardo, scocciato, e non rispose.
- Senti…- sospirò lei, strofinandosi gli occhi, che avevano iniziato a pizzicare - … dopo aver letto i tuoi diari ho visto com’è stato crescere con Vaněk come padre. Ti faceva partecipare ai suoi esperimenti, era autoritario e ti ha insegnato a rispettare solo il potere. Era pazzo e prepotente. Non è solo colpa tua se ora siamo in questa situazione… hai imparato fin da piccolo a vedere la magia come un mezzo per diventare sempre più forte e per aiutare solo te stesso, ma sei ancora in tempo per rimediare.-
Allwood si fece scappare una breve risata priva di allegria.
- Rimediare?- ripeté.
- Dimmi dov’è il Doplanker.- disse - Lascia che Nightmare e gli altri si occupino di lui. Vogliono soltanto quel mostro. Poi se ne andranno via, e rimarremmo solo noi due. Potremmo vederci e… e cercare di capire come uscire da questa storia. Per favore, Jayden… fallo per me. Almeno questo me lo devi.-
Lui sospirò ancora, stringendosi il naso tra le dita, gli occhi serrati. Sembrava combattuto, come se volesse accontentarla ma esitasse a farlo.
- Orlaith…- mormorò - … io… è da molto tempo che sono da solo.- disse - Non so più come si fa a condividere qualcosa. Quando sei arrivata… è stato strano. Ti ho voluto bene. Ti voglio ancora bene.- ammise.
- Anche io, Jayden.- rispose lei, sorridendogli.
Allwood annuì.
- Già… sapevo che lo avresti detto. Come sapevo che avresti trovato l’appartamento.- scosse lentamente la testa, gli occhi bassi - E lo sapeva anche lui.-
- Il Doplanker?-
Jayden non rispose, anche se le parve di vederlo muovere la testa in modo quasi impercettibile, come se si trattenesse a stento. Per un secondo Orlaith pensò che stesse per aggiungere qualcosa, ma subito dopo lo vide scuotere la testa di nuovo.
- Vorrei poterti accontentare.- disse - Ma c’è solo un modo per risolvere la situazione… per essere di nuovo fianco a fianco.-
- E quale?- chiese.
Jayden fece una nuova smorfia, poco più di uno spasmo della guancia.
- Il Caos.-
All’improvviso, dalla tasca in cui teneva il telefono Orlaith sentì delle grida attutite.

L'unico modo è il Caos... e Orlaith dovrà affrontare le conseguenze di quanto Alwood le ha detto.
Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi stanno seguendo. A presto!

 

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Capitolo 30
*** Cap. 29: Il prezzo da pagare ***


- Dave!- gridò, portando il telefono all’orecchio - Dave! Dave!-
Non ebbe altra risposta se non tramestio e urla lontane e sconnesse, poi cadde la linea. Si fiondò verso la porta, cercando di aprirla inutilmente: la maniglia si rifiutò di girare, rimanendo bloccata in posizione di chiusura, mentre un cerchio magico compariva improvvisamente sull’ottone. Senza il violino non l’avrebbe aperta.
Corse indietro, recuperandolo e togliendolo dalla custodia, senza curarsi più del televisore. Avrebbe potuto essere acceso o spento, Allwood avrebbe potuto dire qualsiasi cosa. Per lei non esisteva più.
Quella fu forse la primissima volta in vita sua in cui comprese davvero quanto tenesse a David.
Aveva già quasi portato l’archetto sulle corde quando risuonò uno sparo dall’altro lato della porta e la maniglia schizzò via, aprendo finalmente l’uscio. Keith, in piedi nel corridoio, rinfoderò il fucile e le fece un cenno.
- Muoviti.- grugnì stizzito.
Senza farselo ripetere e senza chiedergli cosa facesse lì, Orlaith corse in corridoio e si fiondò verso le scale, seguita a ruota dal Kolak. Superò gli ultimi scalini con un unico salto e atterrò quasi scivolando sul pianerottolo successivo, correndo verso il suo vecchio appartamento, le teste di alcuni vicini già sporte fuori dalle rispettive porte, incuriositi e allarmati dalla confusione che sentivano poco più in là. Aveva appena recuperato l’equilibrio che vide Nightmare sparato fuori dall’appartamento, urtando con la schiena contro la parete, le armi ancora strette in pugno, emettendo un grugnito.
Si rialzò subito, tornando dentro con un movimento stizzito delle spalle, tra lo stupore generale. Lei zigzagò tra la gente, a volte anche spintonandola, e guadagnò finalmente la porta.
Dentro trovò uno dei Domunculus che combatteva contemporaneamente contro Nova e Nightmare, in piedi nel soggiorno, la pelle escoriata in più punti che già si erano trasformati in argilla polveroso. Come l’ultimo con cui avevano combattuto non aveva un aspetto molto diverso dall’originale Doplanker, ma era molto più grosso e muscoloso, e al posto delle mani aveva due massicci grumi carnosi da cui sporgevano numerose punte ossee.
L’interno era stato devastato, in quei pochi secondi che ci aveva messo ad arrivare, e il pavimento era stato rotto in più punti, così come molti dei mobili e degli elettrodomestici, che ora giacevano a terra in mille pezzi accanto a schegge di legno e a pezzi dell’imbottitura del divano (se non del divano intero).
Rin non stava partecipando al combattimento, ma era stesa a terra, il busto quasi totalmente fuori da una finestra sfondata (copriva tutto lo spazio dal pavimento al soffitto), un braccio che penzolava verso il vuoto e l’altra mano ben stretta attorno alla cornice per sorreggersi. Dalle sue dita stavano uscendo alcune gocce di sangue per quanto serrata era la presa.
- Keith, aiutala!- gridò Nightmare, rotolando sul pavimento per evitare un colpo di mazza del Domunculus, mentre Nova spiccava un salto e colpiva il lato della testa dell’avversario con un pugno che non parve fargli né caldo né freddo.
Subito, il Kolak spiccò una rapida corsa verso la finestra, schivò con una scivolata l’ennesimo tentativo del nemico di mandare a segno un colpo e raggiunse Rin, agguantandola per le caviglie così che potesse mollare la presa e tendere anche l’altro braccio oltre il bordo.
Fu come se un peso trascinasse entrambi verso l’esterno, e nuove grida si unirono all’oscena quantità di suoni prodotti da quel disastro. Keith puntellò entrambe le gambe contro la cornice della finestra senza mollare la presa sulle caviglie della compagna e, grugnendo, si spinse all’indietro con tutta la propria forza.
Lo scatto fu sufficiente a trascinare via sia lui che Rin, riportandoli dentro. A quel punto Orlaith capì che la Kolak si era sporta non perché rischiava di cadere, ma perché stava impedendo a qualcun altro di finire di sotto.
Tra le dita stringeva la mano di David.
Oddio, no…
Abbandonò il violino e corse verso di loro, aggirando il Domunculus che cercava di scrollarsi di dosso Nightmare e Nova contemporaneamente, i quali gli erano saltati sopra nell’istante in cui lei aveva cercato di avvicinarsi, tentando in ogni modo di distrarlo. Appena li ebbe raggiunti, Orlaith si inginocchiò accanto a Rin, insieme a Keith che, assicurato un saldo appoggio alla compagna, la raggiunse subito dopo, e afferrò il polso di un David terrorizzato che scalciava nel tentativo inutile di trovare un appiglio sulla parete.
- Smettila di agitarti, porca miseria!- sbraitò Keith - Prendi la mia mano, cretino!-
Il produttore allungò il braccio, e subito il Kolak lo agguantò saldamente. Rin, accanto a loro, lasciò andare la mano di David e fece per mettersi in ginocchio a sua volta per aiutarli quando, gridando, fu trascinata indietro. Keith le lanciò appena uno sguardo ma non si mosse, cominciando a tirare con Orlaith.
Riuscirono a issare David di nuovo dentro, e sia lui che Orlaith persero l’equilibrio e finirono uno sull’altra sul pavimento, anche perché Keith cominciò a correre verso il Domunculus prima ancora di averlo lasciato andare.
Quando furono entrambi al sicuro, Orlaith cominciò a singhiozzare per la paura, serrando le braccia attorno al collo del produttore, stringendolo con tutte le proprie forze.
- Mi dispiace!- gridò - Oddio, Dave, mi dispiace!-
Tremando come una foglia, David rispose all’abbraccio, mettendosi carponi a fatica, ancora sconvolto e pallido. Lo sentiva scuotersi così forte che aveva paura di vederlo cadere a pezzi da un momento all’altro.
Udirono entrambi alcune grida, poi ci fu un tonfo e un nuovo fracasso di vetri infranti. Videro Nightmare sfondare la finestra accanto e finire all’esterno, proiettato lontano.

Maledizione!
Fu tutto ciò a cui Nightmare riuscì a pensare, mentre la mazza che il Domunculus aveva al posto della mano correva verso il suo petto.
Non riuscì a schivare, e stavolta lo prese in pieno, talmente forte da gettarlo indietro e da fargli perdere la presa sulle armi. Presto la sua schiena colpì un vetro e comprese di essere stato buttato fuori dalla finestra.
Puntò un braccio contro il davanzale, attivando i visori di mira dell’elmetto, i quali evidenziarono l’appiglio migliore. Un sottile cavo indistruttibile partì da un punto nascosto nell’avambraccio della corazza e si ancorò saldamente attorno alla doppia cornice delle finestre frantumate, impedendogli di cadere ulteriormente.
Lo strattone minacciò di slogargli la spalla, ma con un grugnito e un urto alla parete riuscì a sopravvivere a quella che altrimenti sarebbe stata una caduta letale.
- Non è ancora finita, maledetto bastardo...- ringhiò.
L’armatura cominciò a riavvolgere il cavo, riportandolo nell’appartamento in poco tempo. Appena ne fu in grado si aggrappò al pavimento e si tirò su a forza di braccia, giusto in tempo per vedere Nova inginocchiarsi per evitare una mazza ossea diretta alla sua testa e rispondere con un colpo di palmo all’addome nemico. Quello a malapena sussultò, malgrado la botta d’aria rilasciata dalla donna, e sollevò ancora il braccio per schiacciarla. Keith, steso a terra con alcuni tagli sul volto, puntò entrambi i fucili e sparò contro il mostro, mirando proprio alla testa.
Riuscì a produrre un danno non indifferente, staccandogli una grossa porzione di carne argillosa e deconcentrandolo il tempo che bastava a Nova per spostarsi mentre Rin, tramutata in ombra evanescente, guizzava tra loro e gli sferzava una gamba con la spada.
Il Domunculus riuscì a intercettare la lama con una delle mazze appena in tempo per evitare di essere tranciato e sollevò l’altra con l’intento di schiacciarla, ma a quel punto Nightmare intervenne.
Piantando bene i piedi sul pavimento, puntò entrambe le braccia e sparò due cavi contro il suo polso, agganciandolo; subito dopo saltò di nuovo fuori dalla finestra. Lo strattone successivo lo riportò in alto, e a quel punto lui puntellò le gambe contro la cornice della finestra, impedendo al nemico di trascinarlo dentro e di muoversi.
Il Domunculus cominciò a tirare nel tentativo di farlo cedere, di liberarsi dalla presa, ma la distrazione gli costò molto cara.
Approfittando di quell’attimo, Keith gli scivolò tra le gambe e puntò di nuovo i fucili contro ciò che rimaneva della sua testa, facendogliela saltare quasi del tutto e impedendogli così di vedere. Poi arrivò Rin, che mirò di nuovo a una gamba con la spada, riuscendo stavolta a staccargliela di netto, e Nova completò l’opera con un potentissimo colpo di vento alla schiena portato con entrambe le mani.
Appena prima di essere sbalzato via a sua volta, Nightmare mollò la presa dei cavi e si lasciò cadere, aggrappandosi con le mani al pavimento. Il Domunculus gli passò sopra e, con un verso che uscì direttamente dalla sua gola, precipitò inesorabilmente verso il basso, sconfitto.
Sospirando, Nightmare si issò per la seconda volta dentro l’appartamento distrutto, rialzandosi lentamente: malgrado la corazza, sentiva alcuni ematomi pulsare e allargarsi sul suo corpo e forse anche sulla sua faccia. Fortunatamente le capacità rigeneranti dei suoi strumenti interni lo avrebbero curato in breve tempo.
- Tutti vivi?- chiese, ansimando appena.
Guardò Nova, seduta con la schiena contro la parete più vicina, sudata e col fiato corto, piena di escoriazioni che il suo fattore rigenerante stava già chiudendo, e la vide annuire. Rin, in ginocchio poco lontano, ansimante quanto lei, si stava pulendo con un panno preso da qualche parte la mano ferita. Anche lei annuì. Keith, ancora sdraiato dov’era, le braccia e le gambe larghe, sollevò lentamente un braccio e gli fece vedere il pollice. Aveva un bel taglio sulla testa, e non dubitava che entro l’indomani lo avrebbe visto coperto di chiazze viola, ma stava bene.
Soddisfatto, Nightmare guardò Orlaith e David, rannicchiati in un angolo. La violinista era ancora aggrappata al suo collo, persa in mille singhiozzi, e lui era dello stesso colore delle pareti, ma sembrava illeso. Lo vide annuire.
- Hai… dei… dei pantaloni… per caso?- balbettò - I miei… si sono… sporcati.-
Nightmare fece una smorfia divertita.
- Te li procuriamo appena usciti da qui.- rispose.
Recuperò i falcioni e si avvicinò a loro, prendendo Orlaith per le spalle e allontanandola gentilmente da David. Lei ci mise un po’ a lasciarlo andare, ma alla fine si convinse a rialzarsi, anche se tremava come una foglia e faticava ancora a trattenere le lacrime.
- Va tutto bene.- le disse - Ora è finita.-
Orlaith annuì, inghiottendo il rospo.
- Lo voglio morto…- mormorò con voce tremante, strofinandosi la faccia con la manica - Nightmare, voglio vedere il suo cadavere!- sbottò.
- Ce ne occuperemo.- disse - Andiamo, adesso.-
La sospinse verso la porta, dove Rin stava raccogliendo il violino che aveva lasciato cadere.
- Immagino di dovermi scusare.- disse - Avevo supposto che saresti venuta qui. Volevo lasciarti fare un tentativo. Ti abbiamo seguita per sicurezza, e meno male che lo abbiamo fatto.-
Lei scosse la testa.
- Hai fatto quello che dovevi.- disse semplicemente - Tu non mi hai obbligata. Grazie per averlo aiutato.-
Nightmare annuì.
- Ti ho manipolata, te lo dovevo.- disse - David, andia…-
Quando si voltò verso di lui, vide che era ancora in piedi con le spalle a una delle finestre, gli occhi sgranati.
Dal petto spuntava la sommità di una lama bianca.

Nightmare esitò per un attimo, faticando a registrare ciò che vedeva malgrado l’elmetto potenziasse i suoi processi mentali. Solo quando la lama fu ritratta e il produttore cadde a terra comprese cosa stava succedendo.
Vide il braccio della creatura trasformarsi, facendo ricomparire dita e artigli, mentre un verso soddisfatto usciva da quel grugno privo di bocca. Il Doplanker cominciò a indietreggiare lentamente, le dita che gocciolavano sangue.
Orlaith lanciò un grido disperato, gettandosi verso David. Nightmare agguantò i falcioni e cominciò a correre, ma sapeva già che non lo avrebbe mai raggiunto.
Il Doplanker, infatti, dovette solo saltare e, avvitandosi a mezz’aria, si trasformò in un’aquila che, emettendo un richiamo acuto, si levò in cielo senza guardarsi indietro, lasciandolo con un palmo di naso.
- Brutto figlio di puttana...- ringhiò, serrando talmente tanto la presa sulle armi da farsi quasi male.
Si voltò verso Rin, china sul corpo di David, dal quale Orlaith, di nuovo in lacrime, era stata allontanata a forza da Nova e da Keith, entrambi sconvolti.
La Kolak gli restituì uno sguardo rassegnato e scosse la testa.
Era morto.

Povero David...
Ringrazio come sempre i miei lettori, 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che sono poi il motivo per cui scrivo. A presto!
 

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Capitolo 31
*** Cap. 30: La rabbia della Trascendente ***


Nightmare si lasciò ricadere con un gemito sulla sedia della sua scrivania, che cigolò sotto il suo peso. Si prese un momento per trarre un respiro profondo e poi, rassegnato, recuperò il saldatore e ricominciò a collegare i fili elettrici alle piastre candide. Nova entrò poco dopo, i tagli che ancora stavano finendo di guarire sulla sua pelle pallida.
- Lavori?- chiese.
- Tu cosa ne dici?- chiese.
- David è appena morto.- osservò lei - Pensavo…-
- Non c’è tempo per piangere, signorina Lux.- rispose Nightmare - Mi dispiace per David. Non meritava quella fine, ed è colpa nostra, perché ci siamo fatti sfuggire così tante volte il Doplanker. Ma è un chiaro tentativo di rallentarci, e io non intendo dare a lui o a Jayden Allwood questa soddisfazione.-
- Non vuoi nemmeno sapere come sta Orlaith?-
- Sono certo che sta malissimo.- disse lui, senza distogliere lo sguardo dal collegamento che stava ultimando - E non posso biasimarla. Appena vorrà parlarmi discuteremo anche di questo, e se vorrà incolparmi di qualcosa non mi tirerò indietro. Nel frattempo, tuttavia, continuerò a fare il mio lavoro, e ti suggerisco di fare altrettanto.-
Nova esitò ma, dopo un attimo di spaesamento, chiuse gli occhi e annuì.
- Va bene.- disse - Ho avuto un’idea.-
- A che proposito?-
- Non posso trovare né Allwood né il Doplanker né la Pietra, l’incantesimo che li protegge è troppo potente. Però sono sicura che non abbia pensato all’argilla.-
- Cos’ha l’argilla?-
- Nulla, è argilla. Ma lo usa per creare Homunculi e Domunculi. Visto quanti ne produce, gliene servirà una quantità enorme.-
- Continua.-
- Pensavo di rintracciare quello.- spiegò - Grandi quantità di argilla. Immagino che, una volta esclusi i posti come negozi di vasi, magazzini autorizzati e cose del genere, rimarranno poche località da controllare.-
A quel punto Nightmare sollevò finalmente lo sguardo.
- Geniale.- disse semplicemente - Non ci avevo pensato. D’altra parte è per questo che sei tu la Cercatrice.-
Lei annuì.
- Grazie.- disse, facendo per uscire - Allora mi metto al lavoro. Penso di aver capito come usare il… computer. Non mi serve aiuto, per ora.-
Richiuse la porta alle sue spalle, e Nightmare tornò a concentrarsi sul suo lavoro. Per un istante le dita gli tremarono, e dovette allontanare il saldatore dal metallo per non fare danni.
Ringrazia che non ti posso toccare, figlio di puttana…

Orlaith chiuse gli occhi, appoggiando la schiena alla parete. Ormai aveva smesso di piangere, e forse non ci sarebbe più riuscita.
Le sembrava di aver finito le lacrime. Nemmeno ricordava più quando aveva cominciato, né quando aveva finito. L’unica certezza che aveva era che David non avrebbe mai più cercato di convincerla a tornare a New York per suonare il violino.
Ce l’aveva avuta con lui per anni, durante la sua permanenza in città, perché non faceva altro che caricarla di impegni, di lavoro, di assurde aspettative e di tensione. Quando poi aveva scoperto che la colpa era di Vaněk aveva iniziato a trattarlo male e a guardarlo con diffidenza. Solo all’ultimo, quando era corso ad aiutarla rischiando la vita, aveva capito che era il suo migliore amico e nient’altro.
Certo, nell’ultimo anno non si erano quasi visti, e quelle volte in cui si erano sentiti avevano perlopiù discusso… ma gli voleva bene, sempre e comunque.
Sentì la porta della stanza aprirsi e richiudersi, e passi che conosceva bene avvicinarsi lentamente a lei. Annie le si inginocchiò di fronte, posandole le mani sulle guance.
- Ehi…- disse con gentilezza - Tesoro…-
Le parve per un momento che volesse chiederle come si sentiva, ma probabilmente riuscì a trattenersi all’ultimo. Orlaith aprì gli occhi per guardarla in faccia, e vide che aveva anche lei gli occhi gonfi e la pelle arrossata. Anche Annie aveva pianto.
Si sedette accanto a lei, passandole un braccio sulle spalle senza dire altro. Orlaith si sfregò il naso con la manica, cercando di non urlare.
- Non avrei dovuto portarlo con me.- disse alla fine, dopo un lungo silenzio.
- Non ti dare la colpa. Sapevamo tutti cosa stavamo rischiando.- disse Annie.
- Ma l’ho messo io in quella situazione. Se fossi andata da sola…-
- Nightmare non te lo avrebbe permesso, e nemmeno io.- ribatté Annie - Non torturarti con i se, va bene? Non possiamo cambiare quello che è successo.-
Orlaith sbuffò una risata umida, scuotendo la testa. Lo sguardo le cadde sul violino, abbandonato in un angolo della piccola stanza in cui si era rifugiata. Era l’unico che le era rimasto, quello di riserva si era rotto durante la colluttazione.
- Parla per te.- disse.
Si rialzò in piedi e andò ad aprire la custodia, controllando lo strumento: l’accordatura sembrava tenere ancora, e l’archetto le parve integro. Poteva suonarlo.
- Cosa stai facendo?- chiese Annie, con voce ora allarmata - Orlaith… ti prego, dimmi che non hai in mente quello che penso.-
- Hai sentito cosa hanno detto.- disse lei, facendo un cenno verso la porta, mentre estraeva lo strumento - Trascendente. Posso ignorare qualsiasi legge fondamentale dell’universo fino a riscrivere la storia.-
- E vorresti… riportare indietro David?- balbettò Annie, alzandosi in piedi - Tu… stai scherzando, vero?-
Orlaith la guardò negli occhi, stringendo con forza l’archetto
- No.- rispose.

Nightmare si sporse da sopra la spalla di Nova, avvicinando il viso allo schermo del portatile. Il programma era aperto su una pagina web creata appositamente per l’azienda di Allwood, ma si trattava di un banale specchietto delle attività e delle competenze, di quelle cose che si creano per il pubblico.
- Vorresti che forzassi il loro database aziendale?- chiese.
- Sì.- rispose Nova, seduta accanto a lui - Ho avuto un’idea, ma per verificarla dovrei prima avere una lista dei dipendenti, e questo va oltre le mie capacità.-
Nightmare annuì e portò una mano dietro la testa, poco sotto il colletto. Ne trasse fuori un cavo che inserì in una presa laterale del computer, come se fosse la cosa più normale del mondo. Rin, che in quel momento era dall’altro lato del tavolo, intenta a passare del cotone impregnato di disinfettante sui tagli che Keith aveva in viso, lo guardò con aria perplessa.
- Non mi abituerò mai a vederti fare cose del genere.- disse.
- Lo prendo per un complimento.- disse Nightmare, mentre una finestra di inserimento si apriva all’improvviso e lui cominciava a digitare alcuni comandi.
Ben presto la finestra prese a riempirsi da sola di segni e intere stringhe di codice, e lui staccò il cavo dal portatile, riavvolgendolo nel suo alloggiamento.
- Ho caricato un virus che forzerà silenziosamente i loro database tramite un messaggio di posta elettronica. Dagli il tempo di entrare e avrai accesso all’intera rete.-
- Sai che non stiamo capendo niente, vero?- grugnì Keith, rigido come un pezzo di legno per consentire a Rin di finire il lavoro.
- Prima o poi ti insegnerò a usare i computer, ragazzo.- rispose lui.
Dalla porta alle loro spalle cominciarono a sentire le voci ovattate di Orlaith e Annie che discutevano all’improvviso. Si voltarono tutti e quattro, giusto in tempo per vederle uscire. O meglio, rincorrersi.
Annie aveva preso il violino di Orlaith, e mentre lo teneva in alto con una mano cercava di tenere lontana l’amica con l’altra, malgrado lei tentasse in ogni modo di vincere la sua resistenza e recuperare lo strumento.
- Ridammelo! Ridammelo subito!- gridò Orlaith, strattonandola - Dammi il violino, Annie!-
- No!- rispose lei, furiosa - Nightmare, aiutami!-
Gli lanciò addosso lo strumento e l’archetto, che lui afferrò al volo senza capire. Scambiò uno sguardo perplesso con i compagni, leggendo le identiche espressioni sui loro volti.
- Ehm…- disse - Cosa sta succedendo?-
- Niente!- sbottò Orlaith, cercando di scrollarsi Annie di dosso, che adesso cercava di trattenerla - Ridammi il mio dannato violino, Nightmare!-
- Vuole suonare per riportare David in vita!- esclamò Annie.
Orlaith, con un verso esasperato, riuscì finalmente a spintonare via l’amica, liberandosi di lei.
- SÌ!- gridò - E va bene, voglio riportare in vita David! E voglio ammazzare Jayden! Lo farò sparire! Posso riscrivere la storia, lo hai detto tu!- e si rivolse a Nightmare - Porrò fine a tutto questo, e lo farò adesso!-
Nightmare scosse lentamente la testa, senza muoversi.
- No.- rispose.
Orlaith si coprì gli occhi con le mani, esasperata. Aveva i capelli sparati in un milione di direzioni diverse, e in qualche modo si era graffiata il mento mentre lottava con Annie. Era evidentemente stravolta.
- Va bene… mettiamola in questo modo…- disse lentamente, tornando a guardarlo con un finto sorriso furioso - Tu ora mi ridai il violino e io ti prometto che, quando finalmente sarai costretto a restituirmelo perché ne ho bisogno, non ti comprimerò l’armatura fino a trasformarti in una dannata scatoletta di cibo per gatti.-
Per la prima volta da molto tempo, Nightmare faticò a non lasciar trasparire il brivido che gli attraversò la schiena: in vita sua aveva incassato molte minacce di morte, ma raramente le aveva sentite provenire da una persona più che in grado di mantenere una simile promessa.
- Fai pure.- le disse - Ma se adesso ti restituissi il violino, tu potresti davvero fare quello che hai detto… potresti davvero riscrivere quello che è successo.-
- Già!- esclamò Orlaith, allargando le braccia - Dio, che cosa tremenda… impedirei a Allwood di esistere! Sono sicura che in molti lo rimpiangeranno, in fondo è un così bravo ragazzo…-
- Ma allora perché non impedire che nasca lo stesso Vaněk?- chiese Nightmare - Ha ucciso tua madre, no? E poi potresti passare ad altro.- continuò lui - Molta gente muore ogni giorno, quasi sempre per colpa di qualcuno. Sei in grado di fare tutto, potresti impedire di nascere a persone come Hitler e Stalin… e perché no, potresti tornare più indietro. Compra un qualsiasi libro di storia, ci sono molte persone come loro tra cui scegliere. Potresti riscrivere tutto dai tempi dell’antica Roma, sono certo che l’operato di Giulio Cesare non abbia fatto molto piacere al resto dell’Europa.-
Orlaith scosse la testa.
- Cosa centra questo?- chiese.
- Beh, sei tu che vuoi cominciare a riscrivere la storia. Perché fermarti alla tua?- chiese Nightmare - Pensi che sia ingiusto quello che ti hanno fatto Allwood e Vaněk? Sicuramente lo è, ma in tanti hanno subito ingiustizie, quindi sarebbe corretto rimediare anche a questi torti, non credi? Molti serial killer, per dirne una, avrebbero fatto un favore al mondo se non fossero mai esistiti. Chissà come staremmo oggi senza l’undici settembre, o senza le crociate. Oppure senza il Vietnam, o le due Guerre Mondiali. Diamine, non so cosa darei io per vedere la mia realtà priva della guerra…- ridacchiò, scuotendo la testa.
- Nightmare…-
- L’intento di Allwood, quando lo hai conosciuto, era trascendere la morte per riportare in vita il vero McGrath e uccidere il suo nemico. In cosa saresti diversa da lui? Resuscitare qualcuno non è uno scherzo.- continuò - A noi è successo, e anche se non ricordiamo com’era essere morti passeremo il resto delle nostre vite sapendo che lo eravamo.- si lasciò scappare un sospiro sconfitto, scuotendo di nuovo la testa - Te lo assicuro, signorina Alexander… vorrei potermene dimenticare. Lo vorremmo tutti quanti.-
Le allungò il violino e l’archetto, e Orlaith li prese con qualche esitazione. La rabbia che le animava lo sguardo ora era stata sostituita dalla confusione e dalla paura.
- Tutti noi abbiamo perso qualcuno. Familiari e amici. Ci sono stati portati via, come a te. Ognuno dei presenti, qui, ha subito lutti tremendi.- continuò - Ma possiamo solo andare avanti. Pensa semplicemente a una cosa: se David potesse parlarti di nuovo, cosa penserebbe di ciò che vuoi fare?-
Orlaith esitò ancora, guardando il violino che le tremava in mano. Sembrava sul punto di vomitare.
Poi, all’improvviso, lasciò andare l’archetto, afferrò la tastiera con due mani e, gridando, sbatté lo strumento contro la parete lì accanto.

La colpì una, due, tre volte, riducendo il violino in pezzi, fino a quando non le rimasero poche schegge tra le dita, che a quel punto lasciò andare per passare ai pugni, e infine sbatté le mani a palmi aperti sul muro, in preda alla più totale disperazione, senza mai smettere di gridare.
E all’improvviso, al posto del muro c’era polvere.
Fu un attimo, il tempo di un battito di ciglia, ma quando tutti riaprirono gli occhi non c’erano più cartongesso e cemento, davanti a loro, ma polvere e aria aperta.
La stanza adesso mostrava la città di New York, su cui brillava un sole rossastro in procinto di tramontare. I suoni del traffico entravano distintamente, e potevano vedere con chiarezza le finestre del palazzo di fronte. Un uomo, intento a lavarsi i denti, si era immobilizzato lì dov’era, lo spazzolino infilato in bocca e gli occhi quasi fuori dalle orbite mentre li fissava sgomento.
Keith e Nova balzarono in piedi per lo stupore, e Rin trattenne il respiro. Anche Nightmare si irrigidì per l’improvvisa piega della situazione. Annie, accanto a lui, spostò lo sguardo da Orlaith, caduta a sedere, alla parete ora scomparsa.
La violinista si guardava le mani, che tremavano più che mai, adesso.

Cosa ho fatto?
Non stava ragionando mentre spaccava in mille pezzi il suo violino, né mentre colpiva la parete. Aveva solo voglia di distruggere qualcosa.
In qualche modo era successo. Aveva fatto sparire un’intera porzione del palazzo, e ora davanti a lei c’era il vuoto. Il cuore le batteva a mille, e aveva il fiato corto per il miscuglio di emozioni che si inseguivano nella sua testa.
Ho… usato i miei poteri?
- Devi rimediare.- disse Nightmare - Volevi riscrivere la storia? Fallo adesso.- disse - Perché questa è una cosa difficile da coprire.-
Orlaith scosse lentamente la testa.
- Io… non so come si fa!- esclamò, la voce acuta e quasi isterica.
- Orlaith…- disse Annie, correndo al suo fianco - Calmati, va bene? Ora tu… respira. Fai come quando suonavi… puoi controllarti. Usa le emozioni al posto della musica. Hai usato i tuoi poteri senza violino, puoi farlo ancora.-
Orlaith annuì freneticamente, anche se non era del tutto sicura di essere d’accordo con Annie. D’altra parte, lei e Nightmare avevano ragione: doveva usare la magia, e doveva farlo subito.
Chiuse gli occhi e cominciò a respirare lentamente, per cinque volte, costringendosi a pensare al suo Giardino Privato, un campo di trifogli in cui poteva entrare solamente lei e dove niente poteva farle del male. A poco a poco sentì la rabbia, la tristezza e la paura affievolirsi e, anche se non sparirono, divennero più semplici da gestire. Se non altro, adesso poteva ragionare lucidamente.
Quando riaprì gli occhi scoprì che la parete era di nuovo al suo posto, e persino il violino era di nuovo integro, abbandonato accanto a lei. Ce l’aveva fatta.
- Bravissima!- esclamò Annie, stringendole le spalle - Sei forte, Orlaith!-
Nightmare sospirò, appoggiandosi alla scrivania alle sue spalle.
- Beh… una giornata davvero schifosa.- disse lentamente - Ma almeno abbiamo una buona notizia: stai imparando a usare i tuoi poteri senza il violino.-
Orlaith non rispose, lo stomaco ancora rovesciato, lo sguardo fisso sulle mani ancora scosse dallo stesso tremito di poco prima, con l’unica differenza che adesso erano solo un po’ malferme, e non simili a rami al vento.
In quel momento, forse per la prima volta in vita sua, si rendeva conto di cosa fosse davvero capace di fare.

Orlaith sta finalmente scoprendo i suoi reali poteri. E potrebbe non essere un bene...
Ringrazio ancora una volta 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi stanno seguendo.
A presto!

 

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Capitolo 32
*** Cap. 31: Missione notturna ***


Orlaith non parlò più con nessuno per il resto della serata, rimanendo seduta sul pavimento per alcune ore con la faccia affondata tra le proprie braccia incrociate finché, di sua stessa iniziativa, non si trascinò nella stanza laterale adibita a dormitorio, lasciando indietro anche Annie, la quale non poté fare altro che guardarla sparire dietro la porta senza una parola.
- Lasciala andare.- disse Rin, che in quel momento stava aiutando Keith a pulire i suoi fucili, seduta con lui al tavolo da lavoro - Dalle modo di metabolizzare quello che è successo oggi.-
Annie annuì.
- Sì, certo… è solo che…-
- Che era anche tuo amico, giusto?- grugnì Keith, strofinando l’interno di un caricatore con uno spazzolino - Beh, sai come abbiamo vissuto noi Kolak fino a quattro anni fa?-
- Keith, non credo sia il momento di giocare a chi è più misero e triste.- commentò Rin, accigliata, mentre passava un panno dentro una delle canne da fuoco.
- Non voglio fare una gara, volevo spiegare che capisco come si sente!- protestò lui, indignato.
- Nightmare diceva sul serio.- spiegò Rin, ignorandolo - Keith e io abbiamo perso i nostri genitori e molti amici nel corso della nostra vita, e credo che Nightmare abbia perso qualcuno a cui teneva durante una brutta guerra, anche se non ne ha mai parlato. Nova è stata cacciata dal suo popolo quando era una ragazzina, e nel nostro lavoro purtroppo capita che qualcuno perda la vita durante una missione. Forse non puoi parlare con Orlaith, per adesso, ma puoi parlare con noi.-
Annie si sedette davanti a loro, prendendosi la testa tra le mani. All’improvviso sentiva freddo, e non sapeva nemmeno perché.
- Lo conoscevo da poco. Ci siamo visti qualche volta quando ha iniziato a lavorare con lei, ma solo nell’ultimo anno siamo diventati amici. Orlaith gli voleva bene, e si è sempre curato di lei e dei suoi affari…- scosse la testa - Dio… non so nemmeno perché gli fossi così affezionata. Insomma, non ha mai veramente fatto qualcosa per me, era più amico suo che mio… però…-
- Perdere qualcuno provoca sempre uno stravolgimento emotivo, soprattutto se succede in questo modo.- disse Rin - E non esiste un’unità di misura dell’amicizia. Era tuo amico, ed è giusto che tu sia sconvolta.-
Annie si lasciò scappare un sorrisetto triste.
- Sei brava con le parole.- commentò - Sembri quasi una professionista.-
- Perché ha studiato quella roba psicologica.- grugnì Keith, ancora offeso, mentre riassemblava uno dei fucili - Pare che fosse importante, anche se si stava specializzando in virologia.-
- Qualsiasi cosa ti abbia fatto, ragazzo, perdonala. Avete da fare.-
La voce di Nightmare li colse tutti e tre di sorpresa, perché non lo avevano sentito uscire dal suo laboratorio. Nova, alle sue spalle, stava richiudendo la porta in quel momento.
- La signorina Lux e io abbiamo individuato un posto che merita una visita.- spiegò - I dettagli ve li darà lei strada facendo. Io rimarrò qui con Annie e Orlaith, ho alcune cose da finire, e voglio tenerle d’occhio personalmente. Scoprite tutto quello che potete, ma non vi fate ammazzare. E date retta a Nova.-
- Cosa dobbiamo cercare di preciso?- chiese Keith, cominciando a montare anche il secondo fucile.
- Non lo so ancora.- rispose Nova, facendo un passo avanti - Ma probabilmente lo capiremo una volta arrivati lì.-

Nova parcheggiò l’auto a quasi due isolati di distanza dal capannone industriale, gli occhi bene aperti alla ricerca di possibili sentinelle esterne. Rin, seduta al posto del passeggero, si stava allacciando meglio uno stivale, e Keith sonnecchiava steso sui sedili posteriori.
Si trovavano nel distretto chiamato “Queens”, un luogo che malgrado il nome aveva perlopiù un aria trascurata e piuttosto povera, soprattutto adesso che si trovavano in quell’area, piena di capanni industriali, esercizi commerciali all’ingrosso e qualche ufficio, lontani dall'area finanziaria. Ormai era notte, e l’unica luce presente in strada era quella artificiale. In quella zona della città non c’era nessuno, a parte un paio di barboni e qualche raro passante occasionale. Non essendo un’area residenziale le finestre erano tutte spente, e il traffico si concentrava sulle strade principali, quelle piene di appartamenti, diversi isolati più in là rispetto a dove si trovavano loro.
- Ripetimi tutto dall’inizio.- disse Rin.
- Non hai ancora capito?-
- Certo che ho capito, ma voglio essere sicura.- rispose lei.
Nova annuì.
- Va bene. Sono riuscita ad accedere ai dati privati dell’azienda di Allwood, e con i miei poteri sono risalita ai luoghi in cui percepivo la presenza di grandi quantità di argilla. Dopo avere escluso i posti non sospetti ho controllato i nomi dei proprietari di quelli che rimanevano, e li ho incrociati con la lista dei dipendenti dell’azienda con l’aiuto di Nightmare. Abbiamo trovato un nome che, secondo lui, appartiene a un “dipendente fantasma”, ovvero a una persona che non esiste veramente. In pratica un prestanome.-
- E questo dipendente fantasma risulta essere proprietario di quel capannone laggiù, giusto?-
- Sì, esatto. Ufficialmente è un magazzino in disuso, ma Nightmare ha controllato, e sembra che ci siano elevati consumi elettrici. Inoltre ha trovato fatture per migliorie ai sistemi di sicurezza e per la riparazione del recinto. Non spendi così tanti soldi per qualcosa che non usi. Inoltre, se guardi, ci sono dei comignoli sul tetto, e da tutti esce del fumo. Ci sono fuochi accesi, dentro.-
- Va bene. Quindi probabilmente è lì che crea i Domunculi.-
- Sì, penso di sì. Magari non è la sua base principale, ma se usassi i tuoi poteri per entrare là dentro senza farti vedere potremmo trovare degli indizi importanti.-
- Sì, nessun problema.- disse Rin - Keith?-
Lui grugnì per farle capire che stava ascoltando.
- Io torno subito. Non fare come sempre che ti preoccupi e mi vieni a cercare, d’accordo?-
- Non mi muovo, d’accordo.- mugugnò lui, girandosi dall’altra parte - Ma se sentiamo qualcosa che esplode non ti prometto niente.-
- Sì, nemmeno io.- disse Nova - Fai molta attenzione. Se pensi che sia troppo pericoloso scappa.-
Rin annuì e abbasso un poco il finestrino, quanto bastava per consentire all’aria di passare, poi si mescolò alle ombre e strisciò fuori, perdendosi nella notte.

Lasciata l’auto, Rin guizzò nel vento fino a superare la recinzione metallica che circondava il capannone, ma prima di procedere oltre si prese un attimo per riflettere.
Al posto di Allwood avrebbe disposto qualche genere di trappola o di allarme magico per proteggere quel luogo, soprattutto se davvero si fosse trattato del suo laboratorio per la creazione dei Domunculi. Prima di procedere oltre avrebbe fatto meglio ad assicurarsi che fosse tutto a posto.
Gli insegnamenti che aveva ricevuto da Chidak Kidmar non le avevano solo dato modo di accrescere il controllo che aveva sui suoi vecchi poteri, ma le avevano aperto nuove strade ad abilità che prima non possedeva e che, col senno di poi, le avevano dato modo di capire come facesse lui ad essere tanto potente.
Diresse la magia verso gli occhi, modificando le sue capacità visive. Sul cemento davanti a lei cominciarono a comparire linee luminose prima invisibili, che si piegavano e intersecavano fino a formare figure a lei ormai note.
C’erano Cerchi Magici disposti tutti intorno al capannone, ma soprattutto l’intera superficie della struttura era completamente ricoperta da quelle figure magiche. Sorvolandolo e aggirandolo, Rin riuscì a vedere i Cerchi Magici su ogni centimetro libero delle pareti, delle finestre oscurate, dei lucernari coperti, del tetto e persino lungo le grondaie e i comignoli. Allwood aveva rivestito l’intero edificio di trappole pronte a scattare e a dare l’allarme alla minima sollecitazione.
Quest’uomo è paranoico… pensò. Deve esserci un modo per entrare.
Continuò ad aleggiare intorno alla struttura, stando bene attenta a non toccare nessuna superficie per evitare di attivare la magia che lo ricopriva e cercando al tempo stesso un punto cieco in cui avrebbe potuto infiltrarsi.
Fece almeno due giri completi delle pareti e del tetto prima di cominciare a rassegnarsi. Aveva quasi deciso di tornare indietro e di consultarsi con Keith e Nova quando l’occhio le cadde su una crepa nella parete.
Era poco più di una fenditura lunga cinque o sei centimetri e larga meno di uno, insufficiente persino per un topo di campagna, ma passava da parte a parte il cemento, poco sotto il tetto, e tagliava con precisione la circonferenza di un Cerchio Magico. Ora che lo guardava da vicino, infatti, riusciva a vedere la luce che lo componeva sfarfallare leggermente, come se funzionasse male. Probabilmente la crepa interrompeva il flusso di magia, rendendolo difettoso.
Ecco il mio accesso.
Abbandonò la forma dell’ombra, adottando quella di polvere, e si insinuò all’interno della piccola crepa scivolando silenziosamente nell’edificio.

Lo ammetto, con gli impegni quotidiani che ho adesso rischio di incasinarmi con la cosa delle pubblicazioni. La prossima settimana, in particolare, potrei tardare a postare, ma entro la giornata lo farò.
Ringrazio
 John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, i miei lettori.
A presto!

 

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Capitolo 33
*** Cap. 32: La fabbrica ***


Appena fu riuscita a passare recuperò l’aspetto di un’ombra, mescolandosi al buio che c’era dentro il capannone, le cui luci erano state quasi tutte spente. Solo pochissime lampadine erano ancora accese, e tutte molto distanti tra loro.
Rin si trovava su una passerella soprelevata, appena al di sotto del soffitto. Sotto di lei c’erano numerosi forni per la cottura dell’argilla, quasi tutti accesi e abbastanza grandi da fare entrare una persona, e tra ognuno di essi facevano la spola informi figure pallide dall’aspetto solo vagamente umano. I loro corpi erano un insieme di bozzi carnosi e arti tremolanti, i volti privi di lineamenti riconoscibili, e trasportavano tutti quelli che senza dubbio erano panetti di argilla che prendevano regolarmente da un immenso mucchio impilato lungo la parete di fondo, alla sua sinistra.
I panetti venivano poi lasciati ad altri mostri, sicuramente Homunculi imperfetti, che poi cominciavano a modellarli fino a dare loro le forme desiderate.
L’occhio le cadde su un Homunculus quasi terminato: era ancora argilla puro e semplice, privo di vita, ma aveva già l’aspetto del Doplanker. Rin si sorprese ad ammirare le capacità manuali di quelle creature: se non fosse stato rossiccio ma bianco, sicuramente avrebbe potuto confonderlo con l’originale, per quanto era dettagliato e preciso.
Un altro Homunculus si avvicinò al tavolo, affiancando l’artigiano, e vide che in una mano teneva uno dei Nuclei ricavati dal Doplanker. L’artigiano, a quel punto, prese un coltello e incise il petto del pupazzo di argilla, scavando una piccola nicchia in cui il secondo Homunculus inserì il Nucleo. Poi la nicchia venne richiusa e, insieme, presero la lastra metallica su cui giaceva il Domunculus in preparazione e la portarono al forno più vicino. Il primo Homunculus aprì lo sportello, liberando la luce emessa dal fuoco, e spinsero dentro il prodotto finito, così che cuocesse. Di sicuro, entro poco tempo ne sarebbe uscito un Domunculus perfettamente funzionante.
E quello non era nemmeno l’aspetto peggiore perché, osservando attentamente, vide gli Homunculi lavorare a creature ancora più grandi o deformi, con più arti o dotate di zanne e artigli. Nova aveva avuto ragione, quella era una fabbrica di mostri, ma non come aveva immaginato lei: Allwood non lavorava lì dentro, lasciava che fossero i suoi servitori Homunculi a preparare l’argilla. Lui si limitava a fare avere loro i Nuclei già pronti e con tanto di Cerchio Magico impresso sopra.
Questo vuol dire che non ha creato solo i tre che abbiamo visto finora! Pensò agitata. Sono di più! Parecchi di più!
Gli Homunculi non conoscevano fatica, dolore o fame, e quindi potevano lavorare all’infinito senza mai fermarsi. Per questo i consumi di quella fabbrica erano così elevati. In quei giorni Allwood aveva avuto tutto il tempo di creare un piccolo esercito di Domunculi in tutta tranquillità, rallentando le loro ricerche per darsi modo di preparare quelle creature.
Ormai ne avrà tantissimi! Rifletté. Perché non ce li ha ancora sguinzagliati contro? Di certo non ha paura di esporsi.
Nightmare aveva già esposto i suoi dubbi in merito al comportamento di Allwood, in quei giorni, anche se non aveva ancora approfondito l’argomento. Lei personalmente aveva dato poco peso alle sue preoccupazioni, le premeva di più impedire allo stregone e al Doplanker di fare ancora del male a qualcuno e recuperare la Pietra di Trasferimento, ma vedendo ciò che aveva davanti non poté farsi domande simili a quelle del Comandante.
Devo saperne di più.
Individuò un Homunculus con un aspetto più definito rispetto a quello degli altri, e osservandolo bene si accorse che era Righetti, il poliziotto che avevano visto al parco la prima notte e che, secondo Orlaith e Nova, era stato ucciso e sostituito. Non l’aveva notata, e stava camminando senza fretta verso una porta in fondo alla stanza, sicuramente un ufficio, lontano dai forni e dall’argilla.
Fece per muoversi, quando un movimento ai margini del suo campo visivo attirò la sua attenzione. Si voltò appena in tempo per vedere un corpo pallido e deforme che le si gettava addosso, le lunghe braccia sottili protese nel tentativo di afferrarla.
Con un guizzo Rin passò proprio in mezzo agli arti contorti dell’Homunculus, che incespicò sulla passerella, recuperando l’equilibrio solo dopo un paio di passi. Si portò alle sue spalle, mentre quello si voltava emettendo un gemito soffocato dal volto privo di bocca. Per fortuna non sembrava in grado di emettere suoni più forti, o avrebbe sicuramente dato l’allarme.
Cercò ancora di colpirla, sferzando l’aria con le dita affusolate, simili ad artigli mal riusciti, dimostrando una scarsissima agilità rispetto a lei che, senza particolare fatica, riuscì a schivare con semplicità tutti i suoi colpi solo spostandosi indietro.
Va bene… non sei una grande minaccia. Pensò.
Agguantò al volo l’ultimo colpo di artigli dell’avversario, serrando le dita attorno al suo polso; intrappolato nella sua morsa, l’Homunculus fece un tentativo con l’altra mano, provando stavolta dal basso. Rin lo intercettò ancora, mentre due tentacoli d’ombra si protendevano dal suo corpo, dirigendosi verso il Cerchio Magico che aveva individuato nel punto in cui una persona avrebbe dovuto avere il cuore.
Le bastò poco, una pressione appena sufficiente a perforargli la pelle, e subito il Cerchio Magico si spense. Senza un lamento, il corpo dell’Homunculus cominciò a polverizzarsi rapidamente, rimanendo inerte sulla passerella sotto i suoi piedi fluttuanti.
Va bene, diamoci una mossa.
Il pericolo era passato, ma era già stata scoperta una volta. Se non se n’era accorto nessuno era solo una questione di fortuna, e non poteva farci affidamento ancora.
Ombra tra le ombre, abbandonò la passerella e guizzò a terra evitando le principali fonti luminose, scivolando fuori dal campo visivo degli Homunculi fino a raggiungere la porta dell’ufficio, strisciandoci sotto. Dall’altra parte trovò Righetti seduto a una scrivania che compilava un documento al computer, copiando i dati da alcuni appunti che teneva in una mano. Nascondendosi in un angolo in ombra, Rin attese pazientemente che finisse di lavorare e che poi uscisse di nuovo, socchiudendo appena la porta. Sicuramente sarebbe tornato presto, doveva sbrigarsi.
Senza nemmeno cambiare aspetto, Rin fluttuò davanti allo schermo, scoprendo che Righetti aveva compilato una sorta di diagramma di produzione. Leggendo le didascalie vide che, solo nelle ultime cinque ore, la fabbrica aveva completato già “oltre cinquanta prodotti”, come li definiva il rapporto. Ovvero, più di cinquanta Domunculi pronti a combattere. Ma dov’erano?
E soprattutto… perché il nome del documento è “Rapporto di produzione Fabbrica del Quenns”? Pensò.
Se quella era l’unica, che senso avrebbe avuto specificare la locazione? Nessuno. Questo poteva significare una cosa sola.
Ci sono altri posti come questo!
Allwood aveva sì un esercito. Ma non così piccolo.

Si concesse un momento di stupore e paura, ma solo uno. Subito dopo si costrinse a riprendersi, conscia di avere pochissimo tempo e una sola occasione. Continuando a frugare nel computer, riuscì a scovare una planimetria del complesso, non particolarmente dettagliata né importante: ciò che aveva visto era praticamente tutto quello che avrebbe potuto vedere. Non c’erano altre stanze, non secondo quel documento, a eccezione di una rimessa adibita a magazzino, stando alla didascalia.
D’altra parte, mentre lo osservava, notò la dicitura “1/2” nell’angolo in basso a destra, così piccolo che quasi le sfuggì.
C’era una seconda pagina.
Ancora mi ci devo abituare a queste cose tecnologiche… pensò, mentre cercava di ricordare come passare all’immagine successiva.
Quando finalmente ricordò come si faceva, riuscì a trovare una seconda piantina che, tuttavia, non ritraeva più il complesso visto da lei fino a quel momento: era un unico ambiente, più grande e privo di stanze attigue. Non c’era tuttavia alcuna indicazione su come arrivare lì. In ogni caso, al lato dello schermo era comparsa un’icona che sembrava tanto una videocamera; quando ci cliccò sopra si aprì un altro programma, probabilmente collegato a un qualche sistema di sicurezza, visto che somigliava molto alle immagini che aveva visto in passato sugli schermi dell’aeronave Dreadnought, nel Grande Vuoto.
Molto probabilmente mostrava la stanza nascosta a cui non sapeva come accedere, e vide che era sicuramente enorme, persino più grande di quanto avesse immaginato dalla piantina, dato che la videocamera, pur girandosi lentamente a destra e a sinistra, non riusciva a inquadrarla completamente.
Di sicuro, tuttavia, dava un perfetto esempio del suo contenuto.
Domunculi.
Dovevano essere centinaia, tutti immobili al loro posto, come se fossero in attesa di qualcosa, probabilmente di ordini. Erano completamente formati, non ammassi di argilla che aspettavano il loro Nucleo, ma veri e propri mostri perfettamente in grado di combattere e di uccidere. Vide molti esemplari identici a quelli che aveano già affrontato, e anche altri che non aveva mai visto prima, di forme e dimensioni diverse, sicuramente progettati per sfruttare al massimo il potere mutaforma del Doplanker, oltre che il suo istinto omicida.
Vedendoli, comprese perfettamente quanto grave fosse la situazione: Allwood aveva pronta un’armata di mostri contro cui non avrebbero mai avuto possibilità.

Chiedo scusa, ma vi avevo avvertiti di un possibile ritardo: ho lavorato fino alle 6 del mattino, e quando sono tornato pensavo solo a mettermi a letto, quindi è ovvio che non abbia pubblicato prima.
Ringrazio al solito 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi seguono. A presto!
 

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Capitolo 34
*** Cap. 33: Inseguimento ***


Stavolta le ci volle qualche momento in più per riprendersi. Un conto era leggere certe cose su dei documenti scritti, un altro era vederlo coi propri occhi. Ad ogni modo aveva un lavoro da finire, e soprattutto la sua vita da portare in salvo così, senza perdere altro tempo, si procurò delle copie cartacee di quei dati, sperando che il Comandante potesse usarli in qualche modo. Dentro di lei una nuova serpe, fatta di urgenza e paura, si stava dibattendo con ferocia.
Sapeva che Allwood era pericoloso e che stava macchinando qualcosa, ma scoprire dell’esistenza di un’armata di Domunculi… beh, avrebbe quasi preferito non saperlo.
Non dire idiozie. Pensò. Queste cose le devi sapere eccome, invece.
La stampante aveva quasi finito quando sentì la porta scricchiolare. Voltandosi di scatto vide Righetti che, rientrando con un altro foglio in mano, l’aveva appena sorpresa a rubare i documenti.
Maledizione… pensò.
Subito, l’Homunculus lasciò andare il foglio e portò le mani alla fondina della pistola, puntandogliela contro. Rin, più veloce di lui, cominciò a guizzare in giro, cambiando sempre direzione mentre si avvicinava, sguainando il pugnale che, intanto, si stava ingrandendo fino a diventare una spada.
I proiettili la mancarono ogni volta, mentre il suo unico fendente colpì Righetti precisamente al collo, staccandogli di netto la testa, che cadde a terra e si trasformò in una massa indistinta di polvere rossa.
Il resto del corpo rimase invece in piedi, muovendo alla cieca la mano libera nel tentativo di orientarsi e continuando a premere il grilletto della pistola con l’altra. Rin lo spinse con un forte calcio al petto, spedendolo fuori dalla stanza prima che un proiettile vagante potesse ferirla, poi recuperò i fogli che aveva appena finito di stampare e guizzò fuori dall’ufficio, mentre gli operai Homunculi entravano in subbuglio, dirigendosi verso l’ufficio e il corpo decapitato di Righetti.
Qualcuno cercò di afferrarla, graffiando l’aria nel tentativo di raggiungerla, ma lei si era già portata fuori tiro, aleggiando sopra di loro dove non potevano arrivare.
- Peccato che non abbiate le ali, eh?- li schernì.
Sentì un tonfo profondo che scuoteva qualcosa di metallico, e il suo sguardo venne attratto irresistibilmente da una doppia porta di ferro piuttosto grande, situata lungo uno dei lati corti del capannone, che chiudeva la rimessa adibita a magazzino. Qualcosa dall’altro lato la stava colpendo a più riprese, scuotendola con tonfi regolari e sempre più forti. I cardini stavano già cominciando a cedere, così come il chiavistello che la teneva chiusa.
Mentre cominciava a indietreggiare verso la sua unica via d’uscita, la serratura cedette di schianto, spalancando con un boato metallico le doppie porte e permettendo alla creatura dall’altra parte di uscire.
- Oh, ma scherziamo?- esclamò Rin.

Keith si mise a sedere con la fronte aggrottata, gli occhi un po’ gonfi di sonno, strofinandosene uno con le nocche.
- Hai sentito?- chiese.
Nova annuì.
- Sì, era una specie di rombo.- rispose, portando una mano al cruscotto - Veniva dal magazzino.-
- Questo per me rientra tra le cose che mi fanno intervenire.- disse, passando sul sedile anteriore - Metti in moto questo coso e andiamo, forza!-
- Sì, un momento… aspetta!- esclamò Nova - Guarda, è Rin!- disse, indicando il magazzino.
Strizzando gli occhi, Keith vide un’ombra correre velocemente nell’aria verso di loro. Li raggiunse in pochi secondi, come se stesse scappando, e si infilò a tutta velocità nella fessura del finestrino, riformandosi sui sedili posteriori e recuperando le sue sembianze normali.
- Vai, vai, vai!- gridò Rin, rimettendosi freneticamente a sedere.
- Perché, cosa succede?- chiese Nova, contorcendosi per guardarla.
- Arriva!-
- Cosa arriva?-
Con un fracasso da paura, una porzione di parete del capannone si sgretolò sotto il peso di un corpo molto pesante, che uscì sfondandola a spallate e lanciando un verso feroce e grottesco.
- Quello!- gridò Rin, indicandolo.
Keith sgranò gli occhi mentre una creatura quadrupede cominciava a correre loro incontro.

Era senz’altro un Domunculus, i colori erano quelli. Era grande almeno il doppio della loro automobile, e aveva quattro zampe massicce che terminavano in altrettanti artigli rosati, abbastanza forti da graffiare la superficie della strada sotto di lui. Due mascelle poderose e vagamente canine mostravano una fila di zanne per nulla rassicuranti, e lungo la vasta schiena bianca correvano numerose creste e placche livide. Aveva due occhi piccoli e bianchi, così luminosi da brillare anche nella penombra della notte. Al suo passaggio il suolo tremava leggermente, e quando incontrava un ostacolo, come per esempio un lampione o un’auto parcheggiata, lo travolgeva o lo schiacciava passandoci sopra senza nemmeno rallentare, indifferente a ciò che trovava sul suo percorso. Uno schiacciasassi a quattro zampe.
- Possiamo andare, adesso?- chiese Keith.
Senza staccare gli occhi dal mostro, Nova annuì freneticamente e mise in moto l’auto, partendo in sgommata.

Il Domunculus continuò a inseguirli, senza mai perdere terreno, tallonandoli a forza di falcate. Era così rapido che, malgrado Nova stesse spingendo l’auto alla massima velocità consentita dal percorso che aveva preso, non riuscivano a staccarselo di dosso.
- Non puoi andare più in fretta?- chiese Keith, controllando le munizioni dei fucili.
- No, finiremmo fuori strada!- esclamò lei, mentre si avvicinavano alla via principale, che malgrado la presenza di altre auto avrebbe permesso loro di accelerare - Sparagli, piuttosto!-
- Perché credi che stia prendendo le armi, accidenti?- sbottò il Kolak, abbassando il finestrino - Rin, tienimi per le gambe!-
Lei si allungò sopra il freno a mano per abbracciargli le ginocchia, mentre lui puntava i fucili contro il Domunculus e prendeva la mira meglio che poteva.
- Spero che faccia male!- esclamò, aprendo il fuoco.
Non tutti i colpi andarono a segno, ma qualche volta riuscì a centrare porzioni intere del suo corpo, aprendogli minuscoli crateri rossicci qua e là. Si concentrò soprattutto sulla faccia, nel tentativo di colpirlo agli occhi e privarlo della vista, ma si rivelò un compito più arduo del previsto, soprattutto quando il Domunculus, comprese le sue intenzioni, iniziò a zigzagare per evitare le pallottole. Se non altro, questo nuovo comportamento lo rallentò significativamente, permettendo loro di guadagnare qualche metro.
Intanto avevano raggiunto la strada principale, attraverso la quale sarebbero potuti tornare a Manhattan dagli altri. Lì c’erano ancora molte macchine, e per evitare di speronarne qualcuna Nova dovette sterzare bruscamente, sgommando sull’asfalto mentre il bagagliaio dell’auto compiva un movimento ad arco tanto ampio da causare una serpentina e gli altri guidatori attorno a loro cominciavano a suonare i clacson per l’indignazione. Se Rin non avesse tenuto le sue ginocchia così saldamente forse Keith sarebbe caduto.
Il Domunculus, dal canto suo, fu molto meno delicato, e irruppe in strada senza alcun riguardo, spintonando via le macchine più vicine con tanta forza da mandarle a sbattere o schiacciandone i cofani sotto le zampe. Sperando davvero che non avesse ucciso nessuno, Keith gli sparò contro qualche altro colpo per accertarsi di mantenere la sua attenzione fissa su di loro prima di rientrare nell’abitacolo.
- Perché siamo nel traffico?- chiese - Qui c’è gente!-
- Lo dobbiamo seminare!- rispose Nova - Le persone chiameranno le forze dell’ordine vedendo quell’affare!-
- E le vuoi usare come diversivo?- esclamò Rin.
- Hai un’altra idea?- chiese lei - Io non so assolutamente come uccidere una cosa del genere! È troppo forte!-
Detto questo sterzò bruscamente per evitare alcune auto che, a un incrocio, rischiarono di finire loro addosso quando passarono col rosso; la loro macchina zigzagò tra le vetture, che il Domunculus alle loro spalle si limitò a spintonare via o schiacciare come aveva già fatto con le altre, e appena possibile girò in una via più stretta, sufficiente a far passare solo una fila di auto.
- Ah!- esclamò Keith, guardando trionfante il nemico dal lunotto posteriore - Ora come farà a passare?-
Contro ogni aspettativa, quando quello raggiunse l’imboccatura della via non si fermò quasi e, con un semplice balzo, si aggrappò alla parete di un palazzo e lo scalò fino al tetto, proseguendo l’inseguimento sopra le loro teste.
- Dovevi proprio chiederlo?- commentò Nova, sporgendosi per guardare il nemico.
- Al diavolo, sei tu al volante!- protestò il Kolak - Fai qualcosa!-
- Urlare è inutile!- protestò Rin - Prova a svoltare!-
Nova masticò la lingua e, appena tornati in una strada più grande, sterzò a sinistra, dirigendosi verso un cavalcavia particolarmente basso.
Il Domunculus balzò di nuovo in strada e tenne loro dietro, irrompendo sotto il cavalcavia sfondandone la parte inferiore con la sola forza della sua mole, senza smettere di inseguirlo Intanto, le prime sirene aveano già cominciato a farsi sentire, e ben presto numerose auto bianche e blu comparvero lungo la strada, mentre sopra di loro si accese una luce. Strizzando gli occhi videro che era un velivolo volante poco più grande dell’automobile, che produceva un suono ritmico e rapido. A giudicare dai contrassegni e dai colori, anche quello apparteneva alle forze dell’ordine, e stava puntando il faro contro il Domunculus alle loro spalle, accodandosi all’inseguimento.
- Bene, ora siamo davvero tutti quanti!- disse Keith, finendo di ricaricare - Io cerco di accecarlo di nuovo!-
- D’accordo, io penso a come liberarci di lui!- disse Nova - Non torneremo al nascondiglio finché ci starà dietro!-
- Va bene!- gridò Keith, già mezzo fuori dal finestrino.

Non era il solo a sparare, adesso: anche dalle auto della polizia c’erano persone che si sporgevano dai finestrini, tendendo pistole o fucili e che aprivano il fuoco contro il Domunculus, che ora era bersagliato da più parti, illuminato a giorno dal faro del velivolo che lo sorvolava.
Presto numerosi fori rosso argilla comparvero sul suo corpo, unendosi a quelli che Keith aveva già aperto prima, e stavolta muoversi a zigzag non lo avrebbe aiutato più di tanto. Per un attimo Keith pensò che lo avevano incastrato.
Tuttavia, dopo pochi secondi il bestiale Domunculus lanciò un verso feroce e si spostò bruscamente a destra, spingendo con una poderosa spallata l’auto più vicina, che andò fuori strada investendo un chiosco e fermandosi poi contro un lampione. Subito dopo corse dall’altro lato, azzannando il tettuccio della seconda macchina così rapidamente che l’agente che gli sparava contro riuscì a malapena a tornare dentro prima che le sue mascelle si chiudessero sul metallo, deformandolo.
Con un movimento repentino del collo scaraventò il veicolo in aria, talmente forte da riuscire a raggiungere il mezzo volante sopra di lui, che non fu in grado di evitare l’impatto.
Entrambi esplosero in una palla di fuoco che precipitò a terra, travolgendo un’altra macchina e mandandone fuori strada una seconda. L’ultima rimasta schivò le lamiere e le fiamme, senza smettere di inseguire il Domunculus che, all’improvviso, puntò le zampe sul terreno e si fermò.
Il guidatore non riuscì a riprendersi in tempo, finendo con lo schiantarsi sul suo enorme deretano. Il retro dell’auto si sollevò per un secondo e poi ricadde a terra pesantemente, sancendo la fine della sua corsa.
Appena anche l’ultimo inseguitore fu neutralizzato, il Domunculus riprese la propria corsa, recuperando il terreno che aveva perso in quella manciata di secondi e accelerando sempre di più, fino a quando non fu abbastanza vicino da spiccare un poderoso balzo verso di loro.
- Oh, dannazione… NOVA, STERZA SUBITO!- gridò Keith, affrettandosi a tornare dentro.
Senza farselo ripetere, lei inchiodò con tanta forza da proiettarlo contro il cruscotto, girando nel contempo il volante. La macchina cambiò all’istante direzione e, mentre il mostro atterrava un metro più avanti, loro si infilavano rapidamente in una via laterale, allontanandosi da lui.
Percorsero poche decine di metri prima di arrivare a una svolta obbligata, che mostrò loro solo una parete di mattoni. Sgranando gli occhi, Nova inchiodò di nuovo, sterzando per evitare l’urto.
Si fermarono in mezzo al piccolo spiazzo, il motore che sibilava ancora per lo sforzo, mentre il terreno tremava sotto i passi del Domunculus in procinto di raggiungerli.
Si erano infilati in un vicolo cieco.

I ragazzi stavolta si sono messi in una gran brutta situazione... poveri loro, adesso.
Un grazie a John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi seguono. A presto!

 

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Capitolo 35
*** Cap. 34: Deduzioni ***


Incastrati tra una solida parete e un mostro in arrivo, Nova, Keith e Rin si ritrovarono improvvisamente a cercare con una punta di disperazione un sistema che permettesse loro di uscire da quella strada che non prevedesse un violento decesso.
- Dobbiamo combattere!- disse Nova, cominciando a slacciare la cintura - Non c’è altra soluzione… non riusciremmo mai a superare quel muro, è troppo alto!-
- E non riusciremo mai a uccidere quel bestione, ci ingoierebbe interi!- sbottò Keith.
- Oh, e quindi cosa vuoi fare? Aspettare che ci uccida comunque?- chiese Nova - Sono io il secondo in comando della squadra, Keith! In assenza di Nightmare…-
- Smettetela di litigare!- esclamò Rin, mentre il Domunculus compariva davanti a loro, sotto la luce dei fari, e si fermava a guardarli, ringhiando sommessamente.
Tutti e tre si immobilizzarono alla sua vista, tacendo all’istante. Per qualche secondo regnò solo il silenzio fino a quando, lentamente, il mostro cominciò ad avvicinarsi. Keith richiuse il caricatore del fucile con uno scatto, deglutendo.
- Va bene… questi palazzi sono alti, quindi per garantire l’afflusso d’acqua avranno sicuramente delle cisterne.- disse lentamente Nova - Rin, puoi salire fin lassù e romperne una, se lo distraiamo?-
- Dubito che l’acqua lo fermerà…- disse lei, senza staccare gli occhi dal Domunculus - … però sì… posso farcela.-
- Beh… almeno lo distrarrà. Forse riusciremo a scappare.-
- No, forse ho un’altra idea.- disse Keith - Rin, tu vai e fai come ha detto Nova.-
Senza fare domande, lei si ritrasformò in ombra e guizzò fuori dall’abitacolo. Contemporaneamente, Nova iniziò ad emettere luce da tutto il suo corpo, talmente intensa da accecare. Keith si coprì gli occhi, mentre il Domunculus sbraitava infastidito, distogliendo lo sguardo. Poco dopo Nova smise di brillare, tornando al suo consueto aspetto prima di consumarsi come aveva fatto nel Grande Vuoto anni prima.
Appena la luce fu passata, il Domunculus tornò ad avanzare, stavolta più in fretta di prima. Le sue fauci spalancate erano sempre più vicine, così tanto che ormai era solo una questione di istanti prima che le chiudesse sul metallo della macchina.
- Keith, qualsiasi cosa tu abbia in mente, spero davvero che funzioni.- disse Nova, con voce tremante.
- Sì, anche io.- ammise lui.
Nova lo guardò ad occhi sgranati, ma prima che potesse aprire bocca una cascata d’acqua piovve addosso al Domunculus, inondando il piccolo spiazzo e schiacciandolo a terra per la pressione inattesa. Appena si fu esaurita, Keith sporse un fucile, mirando a un cavo elettrico teso tra due palazzi proprio sopra al mostro.
Riuscì a tranciarlo con un solo colpo. Quello precipitò a terra nella grande pozza che si era formata, cominciando a emettere scintille e a sfrigolare mentre l’elettricità fluiva nell’acqua con tanta prepotenza che un armadio elettrico lì vicino si lasciò sfuggire a sua volta alcune scintille. Il corpo della creatura si irrigidì e prese a tremare, preda di violente convulsioni che lo immobilizzarono lì dove si trovava.
Nel giro di poco tempo tutte le luci si spensero, lasciando al buio abitazioni e strade, facendo piombare quell’angolo della città nelle tenebre.
Ancora illuminato dai fari, il Domunculus barcollò un momento e, alla fine, si accasciò a terra con un tonfo sordo che scosse l’auto e le pareti dei palazzi. Il suo corpo cominciò a polverizzarsi, liberando il Nucleo che rotolò sull’asfalto bagnato, inerme.
Nova e Keith fissarono col fiato corto i resti del Domunculus, mentre Rin rientrava in auto e agguantava le spalle di Keith, tirandoselo addosso.
- Sei un genio!- esclamò, stampandogli un gran bacio sulle labbra - Keith, sei un genio!-
Keith si districò dalla sua presa, grugnendo qualcosa di indistinto. Cercando di recuperare un minimo di compostezza, Nova si spostò una ciocca ribelle finitale davanti agli occhi durante l’inseguimento e rimise in moto la macchina.
- Concordo, ma contieniti.- disse - Ora andiamocene da qui.-
Si avviarono di nuovo verso il nascondiglio, assicurandosi di passare esattamente sopra al Nucleo con una ruota, schiacciandolo a terra.

Nightmare sistemò sul tavolo alcuni dispositivi, sicuramente ciò a cui aveva lavorato per tutto quel tempo, a eccezione delle piastre bianche a cui si era dedicato quel giorno. Annie, seduta all’altro capo della scrivania, appoggiò i gomiti sul ripiano e lo guardò svogliatamente, la testa completamente svuotata.
- Non vai a letto, signorina Carden?- chiese Nightmare - Orlaith sta già dormendo. Tu non hai sonno?-
- Dorme perché è stremata. Io ho paura ad addormentarmi con tutto quello che è successo oggi.- disse - Cos’è quella roba?-
- Armi.- rispose tranquillamente Nightmare - Appena siamo arrivati qui ho capito che ci sarebbe servito equipaggiamento migliore, così mi sono subito messo al lavoro. Modestamente non me la cavo male come inventore. Per prima cosa sono uno scienziato, dopotutto.-
- E basteranno a uccidere il Doplanker?-
- Assolutamente. La prossima volta che lo vedremo sarà anche l’ultima. Soprattutto perché ormai la Pietra di Trasferimento sarà quasi carica.- aggiunse con un sospiro - Non abbiamo più molto tempo, e se dovesse cambiare di nuovo realtà…- scosse la testa - Beh, non lo permetterò.- disse, perentorio.
Nel corridoio risuonarono dei passi e, poco dopo, la porta si aprì, lasciando entrare Nova, Keith e Rin. Erano tutti piuttosto provati a giudicare dalle facce e dalla tensione del loro corpo.
- Ah, eccovi.- li accolse il Comandante - Com’è andata?-
Keith fece un verso inconsulto, gesticolando appena, e si lasciò ricadere su una sedia lì accanto con aria stremata.
- Malino.- tradusse Nightmare - Cos’è successo?-
- Sono riuscita a entrare nel capannone.- disse Rin, sedendosi accanto a Keith - Ma sono stata scoperta. Ci hanno sguinzagliato contro un Domunculus bestiale molto forte. Non avevamo speranze in combattimento.-
- Ci ha inseguiti a lungo, e ha ucciso diversi membri delle forze dell’ordine.- proseguì Nova - Ce ne siamo liberati solo grazie a un’idea di Keith. Ora è morto.-
- Almeno questo…- sospirò Nightmare - Quindi un fiasco completo, eh?-
- No, non completo.- rispose Rin, prendendo dei fogli ripiegati da una tasca e tendendoglieli - Li ho stampati prima che mi notassero.-
- Cos’è?- chiese Nightmare, scorrendoli.
- Sono i dati di produzione. In quel capanno ci sono Homunculi imperfetti che fabbricano Domunculi in massa.- spiegò lei - Solo nelle ultime ore ne hanno fatti più di cinquanta, e chissà da quanto stanno lavorando.-
- Cinquanta?- ripeté Keith, sgranando gli occhi - Come, cinquanta?-
- Noi ne abbiamo visti solo quattro finora.- disse Nova, aggrottando la fronte.
- Sì, ho pensato la stessa cosa.- annuì Rin - Ma ho trovato un collegamento video a una stanza nascosta, forse un magazzino separato da qualche altra parte, e ce n’erano a centinaia, già pronti a combattere. Sta mettendo insieme un intero esercito, e ho motivo di pensare che quella non sia l’unica fabbrica. Potrebbero essercene tantissime altre, sparse in città, e tutte produttive quanto questa, se non di più.-
- Concordo.- disse Nightmare in tono funereo, continuando a leggere i dati che Rin gli aveva passato - Stando a quanto vedo qui, solo quel posto può fabbricarne una media di duecentoquaranta ogni giorno, e si è alleato con il Doplanker già da giorni. Potrebbero essercene già migliaia, ormai, se non di più.-
- Ma questa è… una catastrofe!- esclamò Annie - Se ha un esercito…-
- Stai calma, Annie.- disse Nightmare, posando i fogli - Lo ha praticamente dall’inizio, ma non l’ha ancora usato, senza contare che è riuscito a mettere su questo teatrino in un tempo assurdamente breve. E questa cosa mi preoccupa persino di più.-
- Di più?- ripeté lei, incredula - Come ti può preoccupare di più?-
- Rifletti.- disse Nightmare - Per prima cosa, Orlaith: lei appartiene alla più potente razza conosciuta in tutta l’esistenza, ma fino a poco tempo fa non aveva idea di quanto fosse effettivamente vasto il suo potere. È stato Allwood in persona a costringermi a parlarne, altrimenti avrei atteso la fine di tutta questa storia prima di sganciarle addosso una bomba del genere. Lui invece ha fatto in modo che affrontasse la verità fin da subito, malgrado questo fosse controproducente.-
Annie scosse la testa senza capire.
- In che senso?-
- Orlaith non sa ancora controllare così bene i suoi poteri, ma se ci riuscisse potrebbe davvero riscrivere la realtà a suo piacere. Certo, cambiare la storia provocherebbe un effetto farfalla drasticamente più pericoloso in proporzione al cambiamento effettuato e al punto del tempo in cui ha deciso di intervenire.-
- Ehm… cosa?- chiese Annie, ancora più confusa.
- Meno tecnico, Nightmare.- disse Keith, stappando una borraccia di sangue e bevendo una lunga sorsata.
- Più indietro nel tempo decide di operare il cambiamento e più le conseguenze potrebbero essere pericolose.- spiegò lui - Ma in ogni caso, Allwood perderebbe. Nessuno può affrontare da solo un Trascendente, è impossibile. Vincerebbe Orlaith, sempre e comunque. Contro Zelith ci siamo dovuti impegnare in quaranta, e abbiamo vinto a malapena, solo perché è stato colto alla sprovvista da qualcuno che non aveva previsto. Una persona sola non avrebbe speranze contro un Trascendente, eppure lui ha voluto farle scoprire tutto immediatamente, una cosa che io al suo posto non avrei mai fatto, anche se dubito seriamente che Orlaith sia già in grado di usare i suoi poteri con tanta precisione. In secondo luogo, anziché farla portare da lui, dove liberarla sarebbe stato sicuramente più complicato, Allwood ha ordinato al suo Homunculus di arrestarla e di portarla alla polizia, dove ha lasciato un solo Domunculus di guardia, Domunculus che Nova è riuscita a seminare, anche se con fatica. E in due giorni ne ha creata una quantità impossibile, come se fosse già pronto ad accogliere il Doplanker, del quale non poteva sapere nulla fino a due giorni fa. Non ha neanche paura di esporsi, come dimostrano tutti i suoi attacchi, eppure fino all’anno scorso agiva sempre in segreto, non solo per non farsi scoprire da Vaněk, ma anche dalle persone normali, quindi cosa è cambiato?-
- Non lo so… è impazzito?- chiese Annie.
- Le sue azioni non dimostrano pazzia. Sono troppo pianificate.- disse lui, scuotendo la testa - Ha mandato il Doplanker a uccidere David, ma avrebbe potuto colpire chiunque altro in quella stanza. Lui non era assolutamente una minaccia, quindi strategicamente questa mossa non ha alcun senso. Anche il modo in cui è sopravvissuto al suo ultimo scontro con Orlaith presenta molti punti oscuri. Infine, questa storia dell’esercito di Domunculus: noi facciamo fatica a gestirne uno alla volta, soprattutto quando sono potenti come quello che hanno affrontato loro stasera. Anzi, diciamo pure che il primo ci avrebbe uccisi senza l’aiuto di Orlaith. Quindi, perché limitarsi a mandarli col contagocce se può contare su un numero tanto grande di soldati?-
- Forse li sta tenendo da parte per qualcos’altro.- disse Nova - Noi non facciamo parte del piano… avrà altro in mente, e noi quattro siamo solo una sorta di distrazione. Un ostacolo minimo.-
- Plausibile. Ma dobbiamo scoprire di cosa si tratta il più in fretta possibile.- disse lui, annuendo - Va bene… raccogliamo tutti le nostre cose, ce ne andiamo subito. Meglio non rischiare che ci trovino, siamo rimasti abbastanza, e dopo stasera Allwood si sarà agitato.-
- No… dai, aspetta…- sospirò Annie, scuotendo la testa - Per favore… Orlaith è distrutta.- disse, accennando alla porta della stanza che avevano eletto a dormitorio - Lasciala riposare un po’. Non puoi chiederle di scappare nel cuore della notte.-
Nightmare esitò un momento, guardando la porta alle spalle di Annie. Alla fine annuì.
- Va bene.- disse - Ma voglio che impacchetti comunque le vostre cose, e noi faremo altrettanto. Ce ne andiamo un’ora prima dell’alba, non più tardi.-
Annie annuì e raggiunse Orlaith in silenzio, chiudendosi piano la porta alle spalle.
- Quindi facciamo i bagagli?- chiese Keith.
- Sì, ma prima devo darvi alcune cose.- rispose Nightmare, prendendo uno dei congegni che aveva sistemato sulla scrivania - Ho dei giocattoli nuovi per voi.-

Chiedo scusa per il ritardo, ho... perso un giorno, mi ero scordato di dover postare.
Ringrazio John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, i miei lettori. A presto!

 

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Capitolo 36
*** Cap. 35: Il lavoro di Nightmare ***


Era dal giorno in cui Allwood aveva mandato il primo Domunculus a ucciderli che lavorava su un sacco di invenzioni diverse. All’inizio avevano pensato che stesse solo costruendo un dispositivo di comunicazione transdimensionale, ma a quanto pareva le cose non stavano affatto così, e questo era stato chiaro fin dal momento in cui, una volta terminato il primo congegno, non aveva più smesso di impiegare tutto il suo tempo libero in nuovi marchingegni, chiedendo sempre più componenti e dispositivi da smontare.
Di conseguenza, nessuno di loro fu troppo sorpreso quando annunciò di avere qualcosa da condividere, né che questo qualcosa fosse lì sul tavolo davanti a lui.
Lanciò a Nova un paio di guanti, che lei prese al volo con aria perplessa, rigirandoseli poi tra le mani: erano fatti di pelle ben conciata, dall’aspetto piuttosto aderente e sottile, di ottima fattura. Forse se li era procurati in quella realtà, perché nella loro non esisteva niente del genere. In laboratorio Nightmare aveva aggiunto sui palmi di entrambi delle piccole lenti di vetro, incastonate all’interno di ghiere metalliche ancorate a loro volta in un buco nel guanto, creando così una sorta di piccolo oblò esattamente nella parte centrale. Lungo i dorsi di mano e dita aveva aggiunto rifiniture apparentemente metalliche molto sottili e lucide, che percorrevano l’intera lunghezza delle estremità. Dovevano essere estremamente flessibili, perché mentre Nova osservava i guanti quelle si piegarono facilmente, senza mostrare segni di usura o di danni.
- Cosa ci dovrei fare?- chiese.
- Intanto metterli.- rispose lui.
Nova eseguì, ancora un po’ disorientata.
- Ora punta la mano verso una parete, possibilmente di cemento, e fai come se volessi lanciare uno dei tuoi colpi luminosi.-
Ancora diffidente, lei fece come richiesto, concentrando i poteri di luce direttamente nel palmo.
A sorpresa, una sfera luminosa venne sparata attraverso la lente a velocità incredibile, centrando la parete di cemento dall’altro lato della stanza e aprendoci dentro un foro perfettamente circolare che la passava da parte a parte.
- Porca miseria!- esclamò Nova.
- Nova, hai appena imprecato?- chiese Keith, aggrottando la fronte.
- Bello, vero?- ridacchiò Nightmare - Sfruttando le proprietà di rifrazione di una semplice lente, aggiungendo alcuni materiali dalle proprietà acceleranti della nostra realtà e installando una rete di diffusione sul guanto ho potenziato le tue capacità di attacco luminoso. I colpi a proiettile sono più veloci delle lame, e hanno una capacità di penetrazione che, come puoi vedere, non è da buttare via.-
Mentre lei continuava a rimirare il guanto nuovo con gli occhi totalmente spalancati, Nightmare passò al congegno successivo, che sembrava consistere in due serie di anelli grigio polvere di misure differenti collegati insieme da alcuni cavi sottilissimi.
- Ragazzo, vieni qui.- gli disse.
Keith si alzò a sua volta, curioso di vedere cosa il Comandante avesse in serbo per lui. Quando furono vicini, gli fece togliere la giacca e alzare le braccia, infilandogli con attenzione i due gruppi di anelli, prima uno e poi l’altro, ad eccezione dei due più piccoli, quelli terminali, che sporgevano oltre i polsi al punto tale che, sicuramente, per indossarli avrebbe dovuto metterli attorno alle quattro dita. Infine, congiunse quella che pareva essere un’imbracatura sia dietro le sue spalle che sul suo petto, dove convergevano non meno di quattro di quei cavi sottili, inserendoli tutti in una sorta di piastra con un piccolo pulsante sopra.
- Bene, ci siamo.- disse Nightmare, premendolo - Ora è attiva. Infila gli ultimi anelli e poi vai alla porta d’ingresso.-
Keith fece come gli aveva ordinato e si mise in posizione, aspettando ulteriori istruzioni.
- Ora voglio che tu le dia un pugno.-
Il Kolak aggrottò la fronte.
- Nightmare, è legno massiccio, e si apre da questa parte. Ci tengo alla mia mano.-
- Fidati.- insisté lui.
Keith sospirò, voltandosi verso la porta e alzando le mani in posizione di guardia. Tentennò per un attimo, ma alla fine decise di buttarsi e, come se stesse colpendo un avversario, tirò un destro proprio contro la porta.
Quella si spaccò in due pezzi con facilità, spargendo schegge e frammenti in giro mentre la parte ancorata ai cardini girava pigramente verso l’interno per il rimbalzo e quella rimasta cadde semplicemente a terra.
- Wow!- commentò Keith - Quindi cos’è questa roba?- chiese, alzando le braccia.
- Rete di potenziamento cinetico. Qualche filo di rame, un po’ di metallo del nostro mondo, una semplice batteria al litio come fonte di energia e la tua forza è raddoppiata.- spiegò Nightmare - Con quello dovresti poter combattere ad armi pari con un Domunculus non eccessivamente potente, almeno sul piano fisico. Non durerà troppo a lungo, massimo una decina di minuti, ma sarà sufficiente per i combattimenti non prolungati. E le batterie al litio si possono ricaricare, ma la sostituirò con qualcosa di più efficiente una volta a casa.-
- Beh, credo che sia già qualcosa…- sogghignò il Kolak, rigirando la mano per osservare meglio uno degli anelli.
- Rin, ora a te.- continuò lui, passandole l’ultimo congegno.
Lei lo prese con la curiosità che l’assaliva, osservandolo attentamente: era una semplice cintura di cuoio, come se ne trovavano a dozzine in qualsiasi bancarella o bottega, ma Nightmare vi aveva applicato sopra una sorta di piccolo marsupio metallico privo di aperture o comandi, con l’eccezione di una piccola rotellina dentata che faceva capolino dalla sommità.
- Quello è un selettore.- spiegò, vedendo che la osservava con attenzione - Indossa la cintura, attiva i tuoi poteri e fallo scorrere. Non importa in quale direzione.-
Rin annuì, allacciandosela intorno alla vita in modo tale che non stringesse troppo senza tuttavia scivolare in basso. Subito dopo si trasformò in un’ombra e fece compiere uno scatto alla rotellina.
Quasi subito sentì la pelle che le formicolava, partendo dal punto in cui il suo fianco incontrava lo strano marsupio e poi a seguire lungo tutto il resto del corpo. La curiosa sensazione venne seguita a ruota da piccole scariche e scintille, che da ombra la fecero diventare una figura eterea e semitrasparente, composta da mille saette elettriche in continuo mutamento.
- Quello che indossi è un rudimentale dispositivo di diffusione energetica.- spiegò Nightmare - Ha più o meno lo stesso principio di uno scudo cinetico della realtà di Alba, che crea un debole campo di forza attorno all’utilizzatore. Io l’ho modificato inserendovi alcune Pietre Elementari che avevo portato con me. In questo modo potrai assumere a piacere le sembianze di elementi diversi dalle ombre senza dover necessariamente rimanere nelle vicinanze di fonti elementari appropriate.-
- In sostanza, posso diventare ciò che voglio.- tradusse Rin, spegnendo il dispositivo e recuperando il suo aspetto consueto - Grazie, Nightmare.-
- Di nulla. Ricordate comunque che questi dispositivi vi rendono più forti, ma non ancora invincibili. Siamo sempre mortali, e come tali dobbiamo comportarci. Niente inutili eroismi.-
- Chiaro.- disse Keith, spegnendo il proprio - E tu? Per te non c’è niente?-
- Ho aggiornato l’armatura mentre vi aspettavo, installando le placche modificate. Sono già pronto.-
- Ah, le famose scaglie di Drago…- sogghignò il Kolak.
- Avute per gentile concessione di Warren Nash dopo l’ultima muta, esatto.- annuì lui - Funzioneranno meglio del prototipo che ho sperimentato due anni fa, o almeno me lo auguro. Lo scopriremo provandole sul campo.-
- Non le hai ancora testate?- chiese Rin.
- Non ho avuto l’occasione.- rispose lui - Ora forza… fate i bagagli e riposate. Domani sarà una giornata faticosa.-
Tutti annuirono, raggiungendo gli angoli in cui avevano depositato le proprie cose per radunarle prima della partenza. Nightmare rientrò nel piccolo ufficio che aveva usato come laboratorio, intenzionato a fare altrettanto, sperando al contempo che gli aiuti promessi arrivassero il prima possibile.

Difficilmente potete capire a cosa Nightmare si riferisse dicendo che aveva già testato un prototipo a base di scaglie di Drago... è accaduto in un'altra storia, non mia ma di Ely79, e vi è stata fatta solo una piccola menzione, ma non è fondamentale per comprendere gli eventi di adesso... in ogni caso, la squadra si è potenziata un po'. Tra poco testerà sul campo i nuovi equipaggiamenti.
Ringrazio 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi stanno seguendo. A presto!
 

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Capitolo 37
*** Cap. 36: Terremoto emotivo ***


Orlaith non stava affatto dormendo, malgrado Annie lo credesse.
La sentì muoversi piano quando entrò nella piccola stanza in cui gli Xenonauti avevano sistemato i sacchi a pelo, nel superfluo tentativo di non svegliarla. Si arrischiò ad aprire un occhio per vedere cosa stesse facendo, e scoprì che era intenta a raccogliere tutte le loro cose, o quantomeno le poche che avevano potuto portare con loro nel nascondiglio, stipandole in un borsone. Ciò significava che non aveva sentito male, Nightmare aveva davvero deciso di spostare tutto di nuovo.
In continuo movimento. Pensò.
Aveva visto abbastanza film in vita sua da riconoscere il comportamento di un sopravvissuto, uno di quelli pronti a tutto pur di non gettare la spugna. Nightmare era senz’altro un duro, un uomo con cui non si poteva scherzare: uccidere o essere uccisi.
Ma David non era quel tipo di persona. Era un newyorkese abituato alle belle cose, ai bei vestiti, alle feste, ai soldi e al mondo dello spettacolo. Non era una cattiva persona, e se necessario aveva dimostrato di poter rinunciare, almeno per un po’, a tutto questo senza lamentarsi (troppo) per aiutarla come poteva a risolvere una situazione infinitamente più grande di lui. Insieme ad Annie era stato il più coraggioso di tutti perché, malgrado non avesse dei poteri come invece li avevano lei e gli Xenonauti, si era messo in gioco, fin dall’inizio in prima linea, rischiando la vita per guardarle le spalle.
E alla fine era morto. Ucciso a tradimento dallo stesso mostro che l’aveva costretta a usare di nuovo la magia, per ordine di Allwood.
Non ce l’aveva con Nightmare e gli altri. Vero, lui l’aveva manipolata per tendere una trappola a Jayden, trappola che era miseramente fallita, ma si erano tutti battuti come dei leoni contro un avversario incredibilmente forte pur di salvare David quando era stato in pericolo. Rin era quasi caduta giù per almeno sessanta piani, scorticandosi mezza mano nel tentativo di aiutarlo, mentre Nightmare e Nova si facevano massacrare da un gigantesco Domunculus armato di clave, e Keith era corso a liberarla quando si era ritrovata bloccata, e poi aveva rischiato la vita per aiutare David. Tutti erano quasi stati uccisi nella lotta. Non ci riusciva, non poteva arrabbiarsi con loro.
Ma con Jayden sì.
La causa di tutto era lui. Lui e la sua malata interpretazione di affetto verso le persone a cui credeva di voler bene.
Anche se con difficoltà a causa della porta chiusa, aveva sentito abbastanza distintamente le parole di Nightmare che parlava agli altri di certi suoi sospetti su quella situazione e sulle azioni di Allwood. Le era sembrato anche di capire che c’entrava in qualche modo la sua capacità di riscrivere la storia, ma non ne era sicura.
Vuoi che riscriva la storia, Jayden? Pensò furiosa, mentre delle lacrime silenziose le solcavano il naso e le guance, continuando a fingere di dormire. Potrebbe non piacerti.
Non lo avrebbe fatto, ma non perché gliel’aveva chiesto Nightmare quanto perché Jayden, per qualche motivo a lei totalmente ignoto, voleva esattamente questo, o almeno così sembrava. Non era una decisione razionale, la sua, frutto di un pensiero profondo sulla situazione e sulle possibili conseguenze di un uso tanto complicato dei suoi poteri: era una questione di principio. Non voleva dargliela vinta, a prescindere da tutto il resto.
Una parte di lei, prima, avrebbe voluto cercare di redimerlo, e anche per questo era andata a parlare con lui ma ora, per la prima volta nella sua vita, non riusciva a provare alcuna pietà. Voleva usare coscientemente i suoi poteri per fare del male.
Voleva uccidere.

Come aveva promesso Nightmare, la sveglia arrivò un’ora prima dell’alba. Diede a tutti qualche minuto per sciacquarsi la faccia, li costrinse a mangiare qualche biscotto (o a bere due sorsi di sangue, nel caso di Keith e Rin) e infine stipò tutti nell’ennesima auto rubata, stavolta un minivan abbastanza capiente da trasportarli tutti insieme contemporaneamente.
Nova fu messa al volante, di nuovo, mentre lui sedeva al posto del passeggero, dove continuò a scorrere gli incartamenti procuratigli da Rin la notte precedente. Lei e Keith, invece, si sistemarono nella fila di sedili centrale, lasciando Orlaith e Annie in quella di fondo.
Nessuno parlò granché per parecchio tempo, mentre Nova conduceva la vettura lungo le strade della città in direzione sudovest, come se fosse diretta di nuovo verso Midtown. C’era stranamente poco traffico, quella mattina, come se all’improvviso New York avesse deciso di prendersi una vacanza da se stessa, e ancor meno pedoni. L’aria era immobile e silenziosa, cosa assurda perché, generalmente, anche a quell’ora Manhattan era un concentrato di macchine, irriducibili insonni, lavoratori pendolari e studenti immancabilmente in ritardo per l’ennesima lezione.
- Non vi sembra strano?- chiese Orlaith all’improvviso.
Keith, Annie e Rin si voltarono brevemente a guardarla, sorpresi per le sue parole, le prime che pronunciava dopo essersi chiusa nel dormitorio, esitando un momento prima di risponderle in qualche modo.
- Hai ritrovato la voce?- chiese Keith, guadagnandosi uno spintone da Rin.
Lei scrollò una spalla, senza rispondere.
- Devi essere più precisa, signorina Alexander.- disse Nightmare, senza staccare gli occhi dalle sue carte.
- New York.- disse lei, guardando la città fuori dal finestrino - Perché è così tranquilla? Non lo è mai stata, prima. Nemmeno a quest’ora.-
Il Comandante annuì lentamente, continuando a leggere.
- In tal caso, concordo pienamente. Mi stavo chiedendo la stessa cosa.- disse - Secondo internet c’è una sorta di epidemia influenzale di origine sconosciuta che costringe a casa la popolazione. Pensi che sia stato Allwood?-
- Esistono incantesimi capaci di far perdere conoscenza alla gente.- disse Annie, senza perdere di vista Orlaith e ricordando fin troppo bene gli effetti di quel tipo di magia, che lei stessa aveva subito un anno prima - Ma occorre tempo per metterli in pratica, ed è complicato estenderli a una città di queste dimensioni. Vero?- chiese, stavolta a Orlaith.
Lei annuì.
- Sì, è vero. Servirebbe ben più di una notte per usare una cosa del genere. E non provocano l’influenza.-
- A meno che tu non abbia un esercito di Domunculi.- osservò Nova, continuando a guidare - Potrebbero aver tracciato loro i Cerchi Magici necessari, e Allwood avrebbe potuto attivarli a distanza. Giusto?-
- No. Ci sarebbero comunque problemi.- sospirò Orlaith - Intanto, più persone deve colpire più l’incantesimo consuma energie. Jayden perderebbe tutte le sue forze per usarlo sull’intera Manhattan. Inoltre, ogni Cerchio influenzerebbe una sola abitazione per volta, il che significa coprire tutti gli appartamenti di tutti i palazzi, e non basterebbero un migliaio di Homunculi per questo, potenziati o meno. Inoltre, come ho già detto, quell’incantesimo non provoca l’influenza. In realtà non esistono incantesimi di questo tipo, serve l’alchimia per creare sostanze con capacità simili. E occorre una settimana precisa per distillarle.-
- Allora c’è qualcos’altro. Qualcosa di diverso.- disse Nightmare - Appena avremo finito di sistemarci nel nuovo nascondiglio farò qualche ricerca. Intanto, credo di dovervi dire che qui c’è roba interessante.-
- Cos’hai scoperto?- chiese Rin.
- Allwood sta progettando un’invasione.- spiegò - Non lo dice chiaramente, è ovvio… nessuno sarebbe così stupido da lasciare tutte le informazioni in un unico posto. Tuttavia leggo termini come “preparativi”, o “potenzialità belliche”. Credo che Nova ieri avesse ragione, intende sferrare un attacco su vasta scala da qualche parte. L’esercito non è per noi, o almeno non proprio. Il suo vero scopo è un altro.-
- E per caso si capisce anche perché vorrebbe costringermi ad alterare la storia?- chiese Orlaith, in tono smorto.
- No. Però è effettivamente citato l’effetto farfalla derivante da un simile uso dei tuoi poteri.- rispose lui - Sembra che lo stia aspettando in gloria.-
Orlaith grugnì appena, sorprendentemente disinteressata: fino a poco tempo prima avrebbe reagito con grande agitazione e paura ad una simile conferma, tuttavia adesso le cose erano senz’altro diverse.
- Come avete rimosso i poteri di Zelith?- chiese a bruciapelo.
Stavolta anche Nightmare si voltò a guardarla, e Nova le scoccò uno sguardo rapido dallo specchietto retrovisore. Orlaith sospirò.
- Solo per chiedere.- chiarì.
- Esiste un manufatto.- rispose lentamente Nightmare - Ma non ce l’abbiamo noi. Nemmeno Rowel. È un Artefatto Magico non Detenibile di Prima Classe. In parole povere è illegale anche pensare di costruirlo, e a quanto ne so ne esiste un solo esemplare. La persona che lo custodisce deve chiedere il permesso persino per spostarlo mentre spolvera, e non lo può comunque toccare direttamente neanche in quel caso, deve tenerlo nella sua custodia per tutto il tempo. Figuriamoci usarlo… serve un’ulteriore approvazione speciale, e per ottenerla occorre il consenso dei maggiori esponenti dell’Alleanza.-
- Stai pensando di farti togliere i poteri?- chiese Keith, aggrottando la fronte.
Orlaith scrollò di nuovo le spalle, lo sguardo perso nel paesaggio cittadino all’esterno dell’auto.
- Non ha molta importanza, se davvero è così complicato. Non avrei speranze, giusto?-
- Orlaith, ma stai scherzando?- chiese Annie.
- Sto solo chiedendo.- rispose svogliatamente lei - Non c’è niente di male a chiedere.-
- Sì, ma… i tuoi poteri? Ci rinunceresti veramente?-
Lei le scoccò uno sguardo eloquente, e Annie tacque, abbassando il proprio. Dal canto suo Nightmare sospirò, tornando a leggere.
- C’è una persona a cui chiedere. Ti ci farò parlare. Non che io sia d’accordo con te, ma se davvero vuoi provarci accomodati pure. Prima però…-
- Sì, tranquillo.- sospirò lei, mentre l’auto raggiungeva l’estremità della Broadway, avvicinandosi a Times Square - Come promesso, prima mi occuperò di Allwood, sempre che riusciamo a trovarlo.-
- Questo non sarà un grosso problema.- rispose lui.
- Davvero?- chiese in tono falsamente divertito - Perché?-
- Perché è davanti a noi in mezzo a Times Square.-

Perdonate il ritardo, una nuova dimenticanza. Purtroppo sono in un periodo un po' particolare, e fino a fine mese potrebbe risuccedere.
Ringrazio 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che seguono la storia. A presto!
 

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Capitolo 38
*** Cap. 37: Voi cosa avete? ***


Non stava scherzando, Allwood era davvero in mezzo a Times Square, e la piazza era sorprendentemente deserta, i negozi chiusi e i megaschermi e le luci totalmente spenti. Sembrava persino più grande del solito, ora che c’era un solo occupante e tutta quella innaturale quiete. Persino gli schermi per cui la piazza era tanto famosa adesso tacevano, neri e smorti come se non ci fosse più nulla da pubblicizzare, o nessuno a cui interessasse.
Allwood era seduto ai piedi della statua di George Michael Cohan, e indossava vestiti meno trasandati dell'ultima volta in cui Orlaith lo aveva visto. Quando si accorse di loro sorrise, alzandosi in piedi, e mosse qualche passo nella loro direzione. Non zoppicava più, e il suo occhio era improvvisamente guarito, anche se la maggior parte delle cicatrici erano rimaste, benché fossero meno marcate di prima. Qualsiasi incantesimo stesse usando, funzionava di certo.
Orlaith lo fissò per un momento, mentre la sua apatia scompariva a ondate costanti. Qualcosa di caldo si fece strada in lei, e non tardò a riconoscerlo.
Senza nemmeno chiedersi se fosse una trappola, Orlaith aprì di scatto la portiera, fiondandosi fuori, sorda al richiamo di Annie che cercò invano di afferrarla, e corse a perdifiato verso di lui. All’istante Allwood smise di sorridere, estraendo le mani dalle tasche dei pantaloni, ma non accennò a fare nulla. Si limitò a guardarla mentre gli si avvicinava a tutta velocità, l'espressione guardinga ma per nulla spaventata.
Poi si sentì afferrare e trascinare a terra, mentre l’aria sibilava accanto al suo orecchio, e all’improvviso si ritrovò un’ombra dalle fattezze umane che le stringeva le mani attorno al corpo; due piedi pallidi e per nulla umani comparvero nel suo campo visivo, avvicinandosi ad Allwood, mentre un gorgoglio ormai fin troppo familiare le giungeva alle orecchie.
- Prudenza, Orlaith.- disse Rin, lasciandola andare - Non credo che il Doplanker apprezzi simili iniziative.-
- In effetti gradirei che la smettesse.- ammise Allwood, scoccando al demone uno sguardo ostile - So difendermi da solo, se voglio. E sa di non dover ferire Orlaith.-
Lui emise un altro dei suoi brontolii, senza mostrare altre reazioni degne di nota.
- Tranquillo, glielo ricordo io.- grugnì la voce di Keith, mentre avanzava accompagnato dal suono di una sicura rimossa.
Orlaith si rialzò lentamente, scoccando a Jayden uno sguardo talmente rovente che avrebbe potuto fondere il ferro. Alle sue spalle sentì i passi di tutti gli altri che la raggiungevano, e presto le braccia di Annie passarono attorno alle sue spalle.
- Signor Allwood. Finalmente ci conosciamo.- disse Nightmare, avanzando di qualche altro passo, fino a porsi quasi davanti a Orlaith. Non era chiaro se stesse cercando di proteggere lei o lui - Ero davvero curioso di incontrala.-
Allwood strizzò le palpebre con interesse, squadrandolo da capo a piedi con una smorfia che somigliava vagamente a un sorriso che gli storceva la bocca.
- Tu sei il capo, immagino. Quello che viene chiamato Nightmare. L’Incubo.-
- Un nome datomi dall’Agenzia per la Sicurezza Nazionale quando indossai la corazza.- rispose lui - Ho pensato di tenerlo, dopo le mie… ehm… dimissioni.-
- Nightmare…- ringhiò Orlaith, iniziando a tremare.
Lui mosse appena una mano, come a indicarle di mantenere la calma, e fece un cenno con l’altra verso Nova. Lei annuì e si spostò verso Orlaith, affiancandola. Senz’altro era pronta ad agguantarla al minimo movimento inconsulto.
- Sono sorpreso.- disse, rivolto a Allwood - Credevo che volessi evitarci. E sono ancor più sorpreso di vedere lui.- aggiunse, indicando il Doplanker - Non è mai stato così coraggioso da affrontarci direttamente.-
Il Relitto gorgogliò di nuovo, e Allwood accennò un sorrisetto.
- Ho pensato di scambiare due parole. Era tempo di conoscerci.- spiegò.
- Bene. Siamo qui.- rispose Nightmare, allargando le braccia - Parliamo, dunque. Magari potresti spiegarci cosa succede, di certo non mi dispiacerebbe.-
Lo stregone aggrottò la fronte, inclinando appena il capo.
- In che senso?- chiese.
- Non fingere di non capire, Allwood.- rispose lui - Ci sono enormi punti oscuri nel tuo comportamento. La strategia che hai adottato finora è priva di senso. Sappiamo dell’esercito che stai creando, e sai che sappiamo o non saresti qui adesso. Inoltre sai anche cosa potrebbe farti Orlaith, e non ti nascondo che sarei tentato di lasciarla agire se non avessi il presentimento che potremmo pentircene amaramente e non sapessi che le conseguenze di un’alterazione tanto radicale sarebbero potenzialmente catastrofiche. Hai fatto qualcosa alle sue capacità, forse? Magari durante il tempo che avete passato insieme?-
Allwood scoppiò a ridere, scuotendo la testa, le mani di nuovo affondate nelle tasche.
- Mi fai onore, attribuendomi un potere del genere.- disse - Ma no, non sarei mai in grado di alterare i poteri di Orlaith. Nemmeno io potrei tanto. Te lo assicuro, non le impedirei di riportare indietro David Valdéz, se lo volesse.-
- NON OSARE NOMINARLO!- gridò lei, facendo per muoversi e provocando all’istante la reazione di Nova, che l’agguantò al volo con le braccia.
Ci fu un istante in cui qualcosa scosse l'aria. Una sorta di vibrazione, un rombo sordo e appena udibile ma chiaramente percettibile. Tutti si guardarono intorno, e persino il Doplanker parve preoccupato, per un momento.
Non ci misero molto a capire a cosa fosse dovuto e, presto, tutti guardarono Orlaith, che continuava a fissare lo stregone con odio.
Sospirando, Allwood alzò le mani, indietreggiando di mezzo passo.
- Scusa. Come non detto.- disse.
Lei non rispose, e Allwood tornò a rivolgersi allo Xenonauta.
- Allora... questa è la tua tecnica di interrogatorio, signor Nightmare? Non è molto efficace, lasciatelo dire.-
- Sono Comandante, e le mie tecniche di interrogatorio abituali sono ufficialmente illegali negli Stati Uniti. Ufficialmente.- ripeté, sottolineando l’ultima parola - Ma come ben sai, non posso alzare un dito su di te, signor Allwood. Per questo non ci hai attaccati direttamente, mandando sempre avanti dei burattini. Sei al corrente del fatto che possiamo solo difenderci.-
- Non sono stupido, ovviamente.- ammise - E il mio qui presente amico è stato ben felice di condividere ciò che sapeva su di voi, quando ha capito che volevo aiutarlo.- aggiunse, indicando il Doplanker che, in tono soddisfatto, emise uno dei suoi versi disgustosi.
- Potresti almeno dirci cos’hai fatto alla città?- chiese Nightmare - Perché è ovvio che c’è qualcosa che non va.-
- Oh, non sono stato io.- rispose lui, guardandosi attorno - Temo che forze che nemmeno io posso comprendere appieno siano in gioco qui, e che stiano agendo sugli abitanti di New York. Ma non sperare di sapere altro da me, perché non dirò nulla di più.-
- Già, ma non mi dire…- grugnì Keith, il fucile ancora puntato.
- Basta parlare…- ringhiò Orlaith - Nightmare, lascialo a me…-
- Sono tentato di lasciarla fare.- ammise il Comandante - Se davvero non intendi parlare, Allwood, almeno dimmi questo: cosa potrebbe mai impedire, adesso, alla qui presente signorina Alexander di usare i suoi straordinari poteri per farti a pezzi atomo dopo atomo nel modo più doloroso a lei conosciuto?-
Allwood si sporse appena, scoccandole uno sguardo intenerito, a cui Orlaith rispose col massimo odio possibile.
- Sì, chiaramente non vede l’ora.- riconobbe - Ma la conosco molto bene. Non è capace di uccidere…-
- Scommetti?- esclamò lei, facendo di nuovo per muoversi e provocando una reazione anche da parte di Annie, che la prese per le spalle.
Ci fu una nuova vibrazione, stavolta meno potente, che attraversò il suolo. per qualche attimo vetri e schermi tintinnarono, ma nulla si mosse.
- Calmati…- mormorò Annie al suo orecchio - Non sarai utile a nessuno se perdi la testa.-
- In ogni caso, Orlaith, temo che tu non possa affrontarmi.- continuò lui, tranquillo - Vedi… tu sei effettivamente l’essere più potente che esista, ma non hai esperienza. Sai combattere, e dati gli accenni che hai dato adesso direi che potresti anche fare parecchi danni, ma il tuo massimo potenziale ti è ancora precluso. Non puoi affrontare troppi avversari tutti in una sola volta.-
- Oh, giusto… voi siete in due…- rise sarcasticamente lei, districandosi dalle mani di Annie e dalle braccia di Nova (anche grazie all’ennesimo cenno di Nightmare) e avanzando di un paio di passi - E io non ho mai affrontato due avversari, vero?-
Il Doplanker gorgogliò in modo ostile, serrando i pugni e muovendosi come se fosse pronto a scattare. Allwood, d’altra parte, scosse la testa.
- A dire il vero non siamo in due.- sorrise lui, sollevando entrambe le mani.
Come se un velo fosse stato rimosso, uno ad uno cominciarono a comparire migliaia di Domunculi, fermi tra le strade e sui tetti dei palazzi più bassi, sopra gli innumerevoli cartelloni e gli schermi pubblicitari, abbarbicati ai pali della luce o alle pareti…
Era una brulicante, infinita massa deforme di creature, mostri contorti e orribili, bestie con tentacoli, zanne e artigli, ali gigantesche o scaglie affilate. Ricoprivano quasi ogni centimetro libero dei palazzi e buona parte di Times Squadre, invadendola con la loro orrida presenza. Era incredibile che, fino a un attimo prima, nessuno si fosse accorto di loro e adesso, invece, fossero così chiaramente visibili.
- Oh, ma che…- borbottò Keith, abbassando lentamente il fucile e guardandosi attorno.
Non terminò la frase, e gli altri non parlarono nemmeno, guardandosi attorno improvvisamente in allarme, come alla ricerca di una via di fuga.
Solo che non c'era.
Erano circondati.

Nightmare roteò lentamente su se stesso, la postura ora chiaramente alterata dal senso di pericolo che provava. Istintivamente i membri dell’intero gruppo si avvicinarono gli uni agli altri, mettendosi spalla a spalla. Keith estrasse anche il secondo fucile, mentre Rin impugnava il pugnale e lo trasformava in spada. Nova si mise in posizione di combattimento e Nightmare afferrò i suoi falcioni.
- Com’era quella storia che l’esercito non era per noi?- chiese Keith.
- Non ora, ragazzo!- sbottò Nightmare.
Orlaith degnò appena i Domunculi della sua attenzione, continuando a fissare Jayden, che le restituì uno sguardo quasi pietoso, incrociando le braccia. Il Doplanker, accanto a lui, emetteva singulti che chiaramente erano risate, divertito nel vederli così in difficoltà.
- Basta, adesso.- soffiò - Lasciali stare, Allwood. Vuoi me? IO SONO QUI!- gridò, allargando le braccia.
Lui aggrottò la fronte, reclinando il capo sul lato.
- Orlaith, mi dispiace.- disse - Semplicemente non posso. Ma tu puoi salvare tutti quanti, sai?-
- Allora è questo che vuoi? Che intervenga? Che cambi la storia? Che alteri il corso del tempo?- esclamò, furiosa - E se decidessi di cancellare te? O tuo padre?-
- Potresti.- ammise Allwood - E non potrei impedirtelo.-
Orlaith esitò, tremando di rabbia, ma non si mosse. Il violino non era lontano, ancora nella macchina, che i Domunculi non avevano tagliato fuori dal cerchio imperfetto in cui si erano improvvisamente ritrovati tutti quanti. Anzi, avevano come creato una specie di corridoio tra lei e l’auto, tenendosene a debita distanza, come se la invitassero.
Sarebbe stato facile. Le sarebbe bastato prendere il suo fedele strumento, abbandonarsi alla musica come faceva sempre e sarebbe stato tutto risolto. Oppure avrebbe potuto provare a farne a meno, anche se non era altrettanto sicura di riuscirci: la sera prima era preda di un turbine infinito di emozioni, e probabilmente queste avevano innescato la magia, ma non era certa di poterla ancora controllare tanto bene, non per una cosa come quella.
Certo, se si fosse trattato solo di lottare…
D’altra parte, sotto la furia che la muoveva e le dava forza, Orlaith sentì un campanello d’allarme accendersi, dicendole che Nightmare aveva ragione: c’era senz’altro un motivo per cui Allwood voleva costringerla a cambiare la storia, per spingerla così palesemente ad essere una vera Trascendente. E qualunque esso fosse, non poteva essere un bene, né per lei né per gli altri.
Era calmo, controllato, perfettamente padrone di sé. Sapeva che lei avrebbe potuto cancellare la sua esistenza, eppure non sembrava volerglielo impedire in alcun modo. Anzi, pareva quasi che non aspettasse altro.
Lo conosceva troppo bene per non sapere che aveva in mente un piano.
Si impose si calmarsi, chiudendo gli occhi e inspirando a fondo. Costrinse la rabbia a scemare, a dissiparsi. Non riuscì a farla sparire, questo no, ma la allontanò dalla sua mente, recuperando quel briciolo di controllo che le serviva per ragionare in modo lucido, almeno per un po’.
- No.- disse alla fine.
Jayden aggrottò la fronte, sorpreso.
- No?- ripeté.
- Lo vorrei. Eccome se lo vorrei.- ammise a malincuore - Ma so chi sei, Jayden… so che non sei stupido. Hai un piano, e io non ne farò parte. Non mi lascerò più manovrare da te.-
Lui sospirò, scuotendo la testa con aria delusa.
- Libera di farlo.- disse - Ma questo non cambia la situazione… non potete uscirne, stavolta, a meno che tu non faccia qualcosa di estremo. Dopotutto io ho un esercito. Voi cosa avete?-
In un angolo della piazza risuonò un’esplosione, e un muro di fuoco composto da ardenti fiamme nere si levò per molti metri, travolgendo decine e decine di Domunculi, che vennero consumati all’istante come paglia.
Tutti quanti sussultarono per la sorpresa, e Annie si lasciò anche scappare un urletto spaventato, rischiando quasi di cadere all’indietro. Persino Allwood, fino a quel momento impassibile, impallidì e mostrò chiari segni di sgomento e paura.
Qualcuno si schiarì la voce alle loro spalle, inducendoli a voltarsi di nuovo con uno scatto. All'interno dell'accerchiamento videro un uomo in piedi a poca distanza da loro, con le mani tranquillamente affondate nelle tasche dei pantaloni. Aveva degli irsuti capelli neri, appena attraversati da alcuni sottilissimi fili grigi, schiacciati sotto un cappello d’ordinanza dalla tesa larga. Sulla giacca di jeans da montanaro aveva appuntata una stella metallica, e accanto a lui c’era un gigantesco e ispido cane marrone, seduto sulle zampe posteriori.
- Hanno quanto c’è di più simile.- disse l’uomo, tirandosi appena la tesa del cappello.

Beh... qualcuno avrà già capito chi è arrivato, immagino.
Ringrazio come sempre 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, i lettori che mi seguono. A presto!
 

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Capitolo 39
*** Cap. 38: Il nuovo alleato ***


Il silenzio non durò molto a lungo perché, non appena divenne chiaro cosa fosse successo, l’intero esercito di Domunculi cominciò a schiamazzare e a correre verso il centro di Times Square, dove si trovavano loro; Allwood gridò qualcosa che si perse nel marasma, e il Doplanker, probabilmente, gli fece eco con uno dei suoi gorgoglii, indietreggiando di qualche passo.
In tutto questo l’uomo si limitò a strizzare un occhio a Orlaith che lo fissava, poi mosse una mano, improvvisamente coperta da una strana sostanza nera, con uno scatto repentino. Un grosso gocciolone di quel liquido schizzò via dal suo palmo, correndo alla velocità di un proiettile verso il gruppo, ingigantendosi a dismisura e circondandolo completamente, trasformato adesso in una sorta di enorme cupola che tagliò fuori il mondo esterno.
- Cosa sta succedendo?- gridò Annie, la voce così acuta da diventare quasi stridula - Cos’è? Cos’è?-
- Calmati, Annie!- esclamò Rin, che adesso stava ridendo - Siamo al sicuro! È un amico!-
Orlaith si guardò freneticamente intorno, il cuore che le balzava in gola: all’improvviso non vedeva più nulla se non i suoi compagni, mentre tutto il resto era solo un impenetrabile sudario nero e soffocante. Non sentiva altro che le loro voci, perché le grida dei Domunculi erano completamente sparite. Anche l’aria cambiò, facendosi quasi subito molto più fredda e sferzata dal vento.
La cupola comunque non durò molto a lungo e, pochi istanti più tardi, si dissolse con la stessa rapidità con cui era arrivata, mostrando loro uno scenario totalmente diverso.
Adesso erano in cima alla fiaccola della Statua della Libertà, a chilometri da Times Square, lontani dal pericolo. L’uomo che li aveva salvati era addossato al parapetto di schiena, le braccia incrociate sul petto, il cane sempre al suo fianco che, tutto contento, sbavava con le zampe appoggiate alla rete di sicurezza per godersi meglio la brezza. In piedi sulle zampe posteriori era alto praticamente quanto il suo padrone.
- Si può sapere cosa stai combinando, Nightmare?- chiese l’uomo, raddrizzandosi e muovendo qualche passo verso di lui - Per la miseria, come cazzo hai fatto a provocare un’invasione di mostri in piena Times Square?-
- Ehi, mica è colpa nostra!- sbottò Keith, seccato - Pensi che avresti potuto fare di meglio, per caso?-
- Se non lo pensassi non sarei qui.- osservò l’altro, aggrottando la fronte.
- Keith, lascialo perdere.- replicò Rin, avvicinandosi all’uomo fino ad abbracciarlo - Grazie per essere venuto, piuttosto.- disse, mentre lui rispondeva alla stretta.
- Giusto. Come mai sei qui?- gli chiese Nightmare, affondando le mani nelle tasche, mentre la Kolak lo lasciava - Credevo avessi detto che saresti venuto solo domani.-
- No, ho detto che sarei venuto entro uno o due giorni. Impara a leggere meglio i messaggi, e soprattutto ringrazia Dio che sia arrivato presto. Ah, giusto, tu non ci credi in Dio.- aggiunse con un sogghigno.
- No, ma credo che tu ci abbia appena salvati.- ammise. Tese un braccio verso Orlaith, a cui fece cenno di avvicinarsi - Signorina Alexander, per favore, vieni qui. Tranquilla, non ti morde. Credo.-
- Ah–ah.- sbuffò l’altro.
Orlaith guardò Annie con aria confusa, e l’amica le rispose con una scrollata di spalle e uno sguardo intimidito, ancora pallida, per poi accettare l’invito e affiancare il Comandante.
- Questa è Orlaith Alexander, ti ho spiegato chi è nel mio ultimo messaggio. La ragazza che vedi lì è una sua cara amica, Annie Carden.- disse - Orlaith, Annie, permettetemi di presentarvi Timothy Anderson. Noi lo chiamiamo Timmi, ed è un nostro amico.-
L’uomo le tese una mano, che Orlaith strinse con aria titubante, squadrandolo lentamente da capo a piedi, come se lo stesse valutando.
- Quindi lavora per questo Rowel anche lei?- chiese Orlaith.
Timmi scosse la testa, sorridendole e ritraendo la mano.
- No, signorina. In un certo senso si può dire che è Rowel a lavorare per me, a seconda delle situazioni.-
- Scusate, ma un esercito di mostri, come hai appena detto tu, ha invaso la città.- osservò Nova - E c’è un Relitto Oscuro in possesso di una Pietra di Trasferimento praticamente già carica che potrebbe abbandonare questa realtà in qualsiasi istante o quasi, senza contare che uno stregone assassino suo alleato ci sta cercando. Forse dovremmo fare in fretta, non pensate?-
- Già, ci serve un piano.- sospirò Timmi - Cielo, mai una volta che le cose siano semplici, vero?- commentò ironico, guardando Nightmare.
- Se vuoi le cose semplici cambia mestiere.- ridacchiò Keith.
Lui scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
- Va bene… come funziona, allora?- chiese.
- Presto detto: lo stregone, Allwood, ha stretto un’alleanza col Doplanker.- spiegò Nightmare - Lui lo protegge da noi, e in cambio il nostro amico gli fornisce dei Nuclei, scarti del suo stesso corpo con cui potenziare gli Homunculi, esseri umani artificiali creati dalla magia, per trasformarli in quelli che abbiamo ribattezzato Domunculi, gli esseri che hai visto a Times Square. Uno solo è un avversario eccezionale, abbatterlo è una vittoria titanica, quindi capirai da solo che siamo in netto svantaggio.-
Timmi annuì lentamente, senza più sorridere.
- Immagino che questi Domunculi… che nome del cazzo… siano legati a doppio filo al loro creatore, giusto?-
- Forse anche al Doplanker.- rispose Rin - Ho esaminato un Nucleo, quando abbiamo ucciso il primo… o meglio, quando Orlaith lo ha ucciso, salvandoci il collo.- si corresse.
- Quindi, via uno dei due via tutti i cattivoni.- tradusse Timmi.
- Beh, non è detto… forse i Nuclei sono indipendenti, ma comunque senza Allwood a sostenerli i Domunculi spariranno di certo.- disse Nightmare - Noi quattro possiamo gestire il Doplanker. Se riuscissimo a incastrarlo non potrebbe salvarsi nemmeno con la sua capacità metamorfica, e potremo finalmente ucciderlo.-
- E io mi posso occupare di Allwood.- disse Orlaith, senza guardare nessuno in particolare.
Timmi annuì, spostando la sua attenzione su di lei.
- Nightmare mi ha accennato a dei trascorsi con lui.- disse - Potrebbero esserti di qualche ostacolo?-
Lei incrociò il suo sguardo nerissimo, ostentando un’espressione talmente decisa da essere al limite della furia.
- Ieri pomeriggio ha inviato il Doplanker a uccidere il mio migliore amico, mentre io tentavo di parlare con lui per trovare il modo di porre fine pacificamente a questa storia.- rispose - Tu cosa ne pensi?-
L’uomo alzò le mani in segno di resa.
- Rilassati, ragazzina.- disse - Non sono io il nemico, e non ci tengo a fare arrabbiare un altro Trascendente.-
- Il problema rimane.- disse Annie - Come facciamo con i Domunculi? Sono troppi, non riusciremo mai a sorprendere nessuno dei due.-
- E io che ci sto a fare?- chiese Timmi, aggrottando la fronte.
- Non osavo chiedertelo.- disse Nightmare - Sicuro di poter gestire così tanti nemici contemporaneamente?-
Lui si voltò a guardare l’amico, ora con espressione falsamente offesa.
- Nightmare, non dimenticarti con chi stai parlando.- rispose in tono beffardo. Si voltò verso Annie, rivolgendosi direttamente a lei - Tu non sai combattere, immagino.-
La ragazza sgranò gli occhi.
- Chi? Io?- chiese.
- No, quella che c’è lì dietro.-
Annie esitò, voltandosi come se stesse davvero cercando qualcuno. Quando comprese di essere stata presa in giro tornò rapidamente a rivolgersi a lui scuotendo la testa, arrossendo leggermente.
- No, io… non ho poteri, sono… sono solo una studentessa di agraria.-
- Bene… Dran!- chiamò.
Il grosso cane marrone, che per tutto il tempo era rimasto a godersi il vento in faccia, si staccò dalla rete di sicurezza e trotterellò vicino al padrone, guardandolo con la lingua di fuori, tutto contento.
- Piantala di cincischiare, devi badare a lei.- gli disse, indicando Annie - Stalle attaccato come una zecca…-
Il cane abbaiò una volta.
- Okay, come un cerotto!- sbuffò Timmi, seccato - L’importante è che non la molli. Se un Domunculus si avvicina tu fallo a pezzi, e se pensi di non farcela portala via. Tutto chiaro?-
L’animale abbaiò un’altra volta, avvicinandosi a Annie, che lo guardò confusa.
- Ehm…-
- Rilassati, non è un cane come gli altri.- disse - Allora, io vi tengo lontani i Domunculi il più a lungo possibile. Voi fate fuori il Doplanker e Allwood, possibilmente prima che i miei avversari finiscano, o morirò di noia. Ah, un’altra cosa…- aggiunse.
Si frugò nelle tasche interne del giubbotto, estraendo una scatola di legno dalla forma rettangolare e sottile, e la tese a Orlaith.
- Nightmare ha pensato che potesse servirti per affrontare Allwood.- spiegò - Se proprio non te la senti di ucciderlo, usa questo. Non morirà, ma lo renderai inoffensivo.-
La violinista prese la scatola e, aprendola, scoprì che conteneva un’arma, un pugnale dalla lama verde lunga una ventina buona di centimetri e rifinita con inserti di ametista.
- Appariscente.- commentò - Cosa fa?-
- Tu usalo e basta.- rispose - Capirai da sola.-
Tese una mano, che Nightmare afferrò, imitato subito dopo da Nova, Rin e Keith. Annie sembrò sul punto di fare altrettanto, ma Timmi scosse la testa.
- No, resta qui con Dran, sarai più al sicuro.- le disse - Orlaith?-
Lei esitò un momento, estraendo il pugnale dalla scatola e restituendola a Timmi, che la rimise in tasca.
- Sicuro di potercela fare?- gli chiese.
- E tu? A quanto mi dicono solitamente usi un violino per canalizzare i tuoi poteri.-
- Ho altra scelta?- chiese, aggrottando la fronte.
Timmi fece una smorfia.
- Immagino che lo scopriremo.- rispose.
Orlaith non commentò, tendendo anche lei una mano e voltandosi poi verso Annie, che li guardava tutti con apprensione.
- Torneremo presto.- le promise.
L’amica annuì.
- Sarà meglio.- rispose

Stasera posto un pochino prima, o mi scordo, sono fuori e torno all'una passata. Ringrazio come al solito John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi stanno seguendo. A presto!

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Capitolo 40
*** Cap. 39: Contrattacco ***


Con i suoi poteri Timmi trasferì il gruppo sulla cima di un palazzo ad alcuni isolati da Times Square, proprio sopra l’armata di Domunculi ancora in subbuglio, chiaramente alla loro ricerca. Erano sparpagliati per le strade come formiche, brulicando dentro e fuori dai palazzi o per le scale delle stazioni della metropolitana; alcuni, essendo dotati di ali, avevano optato per la ricerca aerea, sorvolando la città a più livelli, volteggiando tra i grattacieli per trovarli, anche se spesso erano ostacolati dai palazzi stessi, o dalle cisterne dell’acqua e gli sgabuzzini delle centraline elettriche che ostruivano la visuale. Avevano ancora tempo prima di essere scoperti, anche se non molto.
Oltre a loro non c’era nessun altro in giro: malgrado l’evidente situazione anormale, la città taceva. Non c’era traccia di cittadini, di forze dell’ordine o di panico. Era come se Allwood avesse fatto in modo che nessuno potesse ostacolare le ricerche dei Domunculus: paradossalmente, una folla terrorizzata che fuggiva disperatamente dai mostri avrebbe fatto loro comodo, consentendogli di passare inosservati.
- Perché non c’è nessuno?- chiese Orlaith, sporgendosi appena per guardare - Tutto questo richiamerebbe come minimo l’esercito, la guardia nazionale e chissà che altro. Vedremmo carri armati ed elicotteri da combattimento.-
- Sai, me lo sono chiesto anch’io.- disse Timmi, inginocchiato accanto a lei - Nadine… mia moglie, sai… è dotata di poteri sensoriali, e ha percepito qualcosa mentre aprivo il portale che mi ha portato da voi. Si è raccomandata di fare molta attenzione.-
- Qualcosa?- ripeté Nightmare - Di che genere?-
- Non lo so.- ammise l’altro, scuotendo la testa - Non ne aveva idea nemmeno lei, e ora che sono qui ne ho un vago sentore anch’io, anche se non così chiaro come il suo. Ma è una forza potente, e direi che non appartiene né al vostro Allwood ne al Doplanker. Nessuno dei due possiede un potere simile, non ho percepito nulla del genere davanti a quei due.-
- Quindi, come asserito da Allwood, è più che evidente che c’è una terza parte in gioco.- commentò Rin.
- Sì, ma se vuoi risposte le chiedi a quello sbagliato. Sono qui da venti minuti, nel caso te ne fossi dimenticata, e ho un esercito da cui proteggervi, inoltre non sono un Empatico come mia sorella o un Sensitivo come mia moglie. Sono bravo, ma non posso fare tutto io, sapete?-
- Non fare la vittima…- sbuffò Keith, estraendo i fucili - Non è proprio giornata, non ce la faccio a risponderti a tono.-
- Oh, che permaloso…- sogghignò Timmi.
- Nova, riesci a percepire il Doplanker?- chiese Nightmare - Ormai è plausibile pensare che l’incantesimo con cui Allwood lo proteggeva sia stato rimosso. È ancora in questa realtà?-
- Sì, e non è lontano.- rispose lei, indicando un punto alla sua sinistra - Da quella parte, a tre isolati. Si è nascosto in un palazzo, forse in attesa di usare la Pietra.-
- Sai quale palazzo di preciso?- chiese Orlaith.
- Certo. Quello grigio, con la pubblicità di… cos’è quella specie di grossa emme gialla?-
- Una catena di fast food capaci di provocare un grave aumento di colesterolo.- rispose Orlaith - Posso provare a trasferirvi lì. Farete prima.-
- Ci riesci?- chiese Nightmare.
- Come ho detto, posso provare.- rispose lei, infilando il pugnale verde nella cintura dei jeans - Sarebbe un buon riscaldamento.-
- Beh, perché no? Sono curioso di vedere.- disse Timmi.
- Perché se sbagliasse potrebbe ucciderci tutti.- brontolò Keith.
- Non succederà.- disse Nightmare, in tono fiducioso - Va bene, signorina Alexander. Procedi pure.-
Lei annuì, abbracciandoli tutti e quattro con lo sguardo. Sgombrò completamente la testa dalle preoccupazioni, provando a ricordare ciò che sentiva quando suonava il violino. Perché era chiaro che le emozioni suscitate in lei dall’atto di usare il suo strumento erano proprio ciò che attivava la magia, e le serviva adesso, senza musica.
Chiuse gli occhi per un momento, il tempo di battere le palpebre e, quando li riaprì, gli Xenonauti non c’erano più.

- Notevole.- commentò Timmi, raddrizzandosi - Impari in fretta, a quanto vedo.-
- La cosa ti spaventa?- chiese Orlaith.
- Credo che sia più importante sapere se spaventa te.- rispose lui, incrociando le braccia - Ma ne parleremo più tardi. Se vuoi un passaggio a terra te lo do io.-
Lei scosse la testa.
- No, grazie. Penso di farcela da sola.- rispose - Tu starai bene?-
L’uomo sogghignò con aria beffarda, strizzandole un occhio. Mosse un passo indietro, salendo sul bordo del tetto, e allargò le braccia.
- Mia cara ragazza… questa è una gita in campagna, per me.- rispose.
Detto ciò si lasciò cadere di schiena nel vuoto, continuando a sorriderle.

Dio, che situazione assurda… Pensò Orlaith, passandosi una mano sulla faccia.
In un altro momento avrebbe preso la comparsa di quell’uomo con maggiore sorpresa, avrebbe fatto più domande, forse avrebbe anche esitato a concedergli fiducia.
Ma stiamo scherzando? Non ho tempo per preoccuparmi anche di lui.
In effetti non aveva neanche più la forza per farlo. La sua vita era diventata una follia dietro l’altra, quindi tanto valeva assecondarla. A maggior ragione se quello straniero sosteneva di poterla aiutare.
In realtà avrebbe voluto che tutto tornasse come prima… avrebbe voluto tornare a Yale con Annie, a studiare come sempre, a svegliarsi troppo presto per seguire noiose lezioni, studiare fino a tardi e rimanere col fiato sospeso per i risultati di un esame e a mandare al diavolo David e tutti i suoi tentativi di farla tornare in città e al mondo della musica.
Ma non era più possibile, non poteva voltarsi e scappare. Non era da lei, e soprattutto non sarebbe stato giusto.
Chiuse gli occhi un’altra volta, e quando li riaprì era di nuovo a Times Square.

Timmi scese in caduta libera fino a terra, senza fare nulla per rallentare; il suo corpo cominciò a liquefarsi, trasformandosi in una massa nera e priva di forma, che raggiunse l’asfalto spiattellandosi a terra con uno “splash” fragoroso, schizzando un po’ dovunque. I Domunculus nelle vicinanze si voltarono nella sua direzione, mentre una silhouette riemergeva dalla pozzanghera disfatta.
Era essenzialmente identica al suo aspetto umano, salvo che era ancora fatta di quel liquame color petrolio, e due ardenti occhi arancioni si aprivano nella sua faccia scura, proprio sopra fauci piene di zanne. Una coda lunga e nervosa si scuoteva alle sue spalle, frustando l’aria.
I mostri davanti a lui cominciarono a radunarsi, emettendo versi minacciosi e mostrando zanne, artigli e corna con fare intimidatorio. Timmi arricciò le labbra, serrando le nocche e rannicchiandosi come un animale sul punto di scattare.
- Voi non avete idea di quanto siate nella merda.- li avvertì.
Gli schizzi che non si erano riuniti al suo corpo si rianimarono improvvisamente, crescendo ben oltre il limite razionalmente concesso dalle loro dimensioni fino a trasformarsi in massicce creature rettiliformi alte non meno di tre metri.
Ruggendo, le creature si lanciarono sui Domunculus, cogliendoli di sorpresa e atterrandone molti; quelli che rimasero in piedi contrattaccarono subito, sferzandole con gli arti senza tuttavia produrre danni nei loro corpi liquidi.
- Distruggeteli.- ordinò Timmi, rivolto alle creature.

Allwood era ancora a Times Square, e le dava le spalle. L’auto che Nightmare aveva rubato un’ora prima era ormai uno scheletro carbonizzato, insieme a tutto ciò che c’era dentro: sicuramente Jayden l’aveva distrutta per fare sì che non potesse più contare sul suo violino, almeno per il momento.
Davanti a lui si aprivano molti Cerchi Magici, tracciati nell’aria con scie luminose, e in ognuno di essi si rifletteva una porzione diversa di Manhattan. Il suo sguardo correva freneticamente da uno all’altro, tentando di trovarli.
In quello che sicuramente monitorava il nascondiglio del Doplanker comparvero Nightmare, Rin, Nova e Keith, che avanzavano circospetti in un corridoio semibuio; in un altro vide numerosi Domunculi che venivano scaraventati contro una parete di cemento e alcune automobili parcheggiate, mentre una figura nera irrompeva sulla scena, sicuramente Timmi che ricorreva ai suoi poteri. In lontananza Orlaith sentì anche dei suoni che, senz’altro, erano imputabili a lui. Negli altri c’erano solo scorci di strade casuali, o l’interno di edifici senza alcuna connessione gli uni con gli altri, sicuramente posti in cui lui sperava di trovarli. In alcuni di essi vide anche altre creature nere, vagamente simili a Timmi ma con sembianze più vicine a quelle di grossi rettili, che aggredivano i Domunculi, incassando colpi senza battere ciglio e rispondendo con altrettanta ferocia.
- Non stai monitorando anche te stesso?- chiese.
Allwood si voltò di scatto, sorpreso nel sentire la sua voce. Quando la vide la sua espressione si fece meno tesa, come se fosse più tranquillo all’improvviso.
- Orlaith!- esclamò - Come sei arrivata?-
Lei inclinò il capo di lato, senza sorridere.
- Lo sai bene, Jayden. Io imparo in fretta.- rispose.
Lo stregone esitò, guardandola con espressione nuovamente sorpresa. Alle sue spalle, i Cerchi Magici cominciarono a spegnersi uno dopo l’altro.
- Hai imparato a usare i tuoi poteri senza violino.- comprese.
Orlaith annuì.
- Difenditi, adesso.- gli disse - Non hai altre possibilità.-
Allwood portò un pugno davanti alla bocca, meditando le parole successive.
- Potremmo risolverla altrimenti.- le disse - Orlaith… lo so che sei furiosa con me. Ne hai tutte le ragioni. Ma se tu alterassi la storia…-
- No.- lo interruppe - Qualsiasi cosa tu abbia in mente, no. Non so con chi altri tu ti sia alleato a parte il Doplanker, né quale sia il vero scopo di tutto questo, ma qualsiasi cosa tu voglia fare finisce qui, e finisce ora.-
- Orlaith, è anche per il tuo bene!- esclamò lui, cominciando ad arrabbiarsi - Non capisci? Se lo facessi, finirebbe tutto! Smetteremmo di combattere! Credi che mi importi davvero del Doplanker? È un’alleanza di comodo, stretta per costringere te a usare i tuoi poteri! Dammi quello che ti chiedo e potremo andarcene! Insieme!-
- Insieme?- ripeté lei, ridendo senza allegria - Jayden, mi hai usata per mesi, hai quasi distrutto Tresckow, poi hai cercato di uccidermi, o di… di farmi Dio solo sa cosa! E questo solo l’anno scorso! Poi hai ucciso David, hai ucciso quel poliziotto e chissà quante altre persone, morte a causa dei tuoi mostri! E dopo tutto questo pensi che io voglia… voglia ancora stare con te?-
- Perché no?- chiese lui, allargando le braccia senza capire - Se tu riscrivessi la storia tutto ciò che ho fatto si annullerebbe! Sarebbe come se non fosse mai successo, quindi non avrei commesso nulla di sbagliato, in fondo, perché di fatto non ci sarebbe più nessun morto! Persino McGrath, quello vero, tornerebbe da noi! Tutto sarebbe perfetto!-
Lei lo guardò a bocca aperta, un’espressione a metà tra l’inorridito e l’esterrefatto dipinto in volto.
- Ma ti stai sentendo?- esclamò - Dio mio, Jayden… tu hai perso la testa! Credi che potrei dimenticare tutto questo solo perché posso cancellarlo? Lo ricorderò per sempre! Saprò che genere di mostro sei! Niente cambierà quello che è stato!-
Rimasero a guardarsi per qualche altro istante, poi intorno a lei si levò una nube di polvere. Il suolo cominciò a tremare mentre, una a una, molte delle lastre che componevano la piazza si sollevavano lentamente.
- Come ho detto… difenditi, Jayden.-

Nightmare estrasse entrambi i falcioni, aprendo la strada con Keith alle spalle. Nova chiudeva il gruppo, le mani già infilate nei guanti, e Rin le stava avanti di poco, tenendo il suo pugnale magico tra le dita.
- Quanto è lontano?- chiese Nightmare.
- Sette metri e mezzo.- rispose Nova - Proprio sopra di noi. Non credo che sappia che siamo qui.-
Nightmare annuì e riprese a procedere. Erano in quello che sembrava la sede di un call center, ma non c’era nessuno. Qualsiasi cosa fosse successa alla città, sembrava che gli abitanti non avessero intenzione di uscire di casa. O forse non potevano.
Oltrepassarono il corridoio, raggiungendo l’open space principale, un grande stanzone all’interno del quale si trovavano innumerevoli scrivanie suddivise da basse pareti di plastica. Quando raggiunsero il punto indicato da Nova, Nightmare si fermò con lo sguardo rivolto al soffitto, serrando la presa sui falcioni.
- Va bene… è qui sopra, giusto?- mormorò.
Nova annuì, fissando a sua volta il cartongesso sopra di loro.
- Sì. Esattamente dove sei tu ora.-
Il Comandante annuì.
- Giocattoli attivi per tutti.- ordinò - Disporsi a cerchio intorno a me. Formazione d’attacco. Appena apro il controsoffitto voglio che Nova lo indebolisca col colpo più potente che riesce a sparare. Rin, i tuoi tentacoli possono spaccare il cemento crepato, quindi preparati a tirare.-
I tre compagni eseguirono in silenzio, impugnando le armi e azionando gli equipaggiamenti che Nightmare aveva fornito la sera prima.
Lui strinse più saldamente la presa sui falcioni e azionò lo scanner a onde Uwb1 del suo visore, col quale individuò il Doplanker anche attraverso il soffitto di cemento e cartongesso: era rannicchiato in posizione d’attacco, entrambe le braccia tramutate in lunghe lame affilate, rivolto verso probabilmente l’unico accesso al suo nascondiglio. Li stava aspettando.
- Uno…- disse piano Nightmare - … due…- i tre irrigidirono le posture, pronti a scattare - … e tre.-
Spiccò un rapido balzo, raggiungendo il soffitto, e lo sferzò con i falcioni, muovendoli fino a formare una croce. Il controsoffitto venne giù e subito dopo Nova puntò entrambe le mani, facendo partire grossi proiettili luminosi in rapida sequenza, spaccando una grossa porzione del soffitto vero e proprio. Rin si trasformò in ombra e protese quattro tentacoli neri, conficcandoli in profondità nel cemento e strattonando con tutte le sue forze.
Quello cedette di schianto, prima ancora che il Doplanker potesse capire cosa stesse succedendo; il mostro precipitò a terra in mezzo a loro, mentre Nightmare rotolava lontano e Keith cominciava a sparare all’impazzata.
In poco tempo scoppiò il caos.

Ci siamo... la battaglia finale sta cominciando. Ne vedremo davvero delle belle.
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi seguono. A presto!

 

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Capitolo 41
*** Cap. 40: La forza degli Xenonauti ***


Prima ancora di toccare terra, il Doplanker riuscì a trasformarsi, appena in tempo per evitare la prima salva di proiettili di Keith, che andò invece a colpire Nightmare; quelli rimbalzando sulla sua corazza e si schiantarono contro le pareti, perforando il cartongesso e sollevando piccoli sbuffi di polvere. Nova e Rin si abbassarono immediatamente per evitare che una scheggia o una pallottola vagante potesse ferirle, e Keith interruppe subito il fuoco, lanciando un “ka” seccato e furioso.
Il demone, ora diventato una colomba, si diresse verso la finestra più vicina, esplosa a causa di uno dei proiettili di Keith che erano schizzati in quella direzione.
- Oh, non pensarci nemmeno!- esclamò Nova, puntandogli contro una mano.
Un globo luminoso delle dimensioni di un chicco d’uva sfrecciò a tutta velocità verso il Doplanker, trapassandogli un’ala, da cui sgorgò sangue violaceo. Il Relitto emise un verso tubante che, mentre si ritrasformava, divenne un grido stridente. Seguito da una scia di sangue, si spostò di lato e assunse l’aspetto di una massiccia creatura dai muscoli poderosi, alta più di due metri e mezzo, pur mantenendo la sua distintiva pelle candida. Si era trasformato in un Troll.
Tuttavia, la ferita che aveva sul braccio non scomparve, era troppo presto, e malgrado adesso fosse cambiato spiccava ancora il colore acceso e malsano del suo sangue che sgorgava dal buco provocatogli da Nova.
- Ora non scappi più, bastardo!- esclamò Nightmare, scivolandogli proprio di fronte - Questa è la fine!-
Il mostro emise un ruggito furente, agguantando una scrivania e sollevandola sopra la testa, ma prima di poterla lanciare fu ostacolato da Keith che, spiccando un salto, gli sferrò un destro al lato del mento. Il colpo, potenziato dal congegno di Nightmare, riuscì a destabilizzare il colosso, che crollò di lato con un grugnito, mentre Rin gli guizzava contro trasformata in un turbine infuocato e incandescente.
Al suo passaggio tuttavia presero fuoco alcuni fogli, un paio di sedie e la scrivania che il Doplanker aveva lasciato cadere, e presto il fumo raggiunse i sensori antincendio sul soffitto i quali, prontamente, attivarono gli spruzzatori, indebolendo le fiamme che ricoprivano Rin.
Quando fu a portata, quindi, il Relitto si limitò a scalciare con una delle sue zampe massicce, allungandola oltremisura finché non raggiunse la parete di fronte, schiacciando Rin su di essa con tanta violenza da romperla, scaraventandola dall’altro lato.
- Rin!- gridò Keith.
Mentre lui correva a soccorrerla, Nightmare e Nova si lanciarono sul demone, che si stava rialzando e trasformando di nuovo. Il Comandante calò entrambi i falcioni, mancandolo di poco a causa del cambio di forma, che divenne quella di un lungo serpente candido. Evitato il colpo scattò come una molla, avventandosi su Nova con le fauci spalancate, sibilando furioso.
Lei inarcò la schiena all’indietro, lasciandoselo passare poco sopra la spalla e poi afferrandolo al volo appena sotto la testa. Prima che potesse mutare ancora forma, Nova roteò fino a raddrizzarsi e lo schiantò a terra con tutta la propria forza, sfondando al passaggio una scrivania di legno e scheggiando le mattonelle quando le raggiunse.
Sollevò la mano appena in tempo, perché mentre la allontanava il Doplanker si ricoprì di lunghe spine appuntite, facendo poi guizzare la coda verso il suo collo con l’intenzione di squarciarlo.
A quel punto intervenne Nightmare, che riuscì a bloccarlo lanciando un cavo della corazza che si avvolse intorno alla coda del serpente prima che potesse ferirla; subito dopo lo strattonò verso di sé, facendolo balzare via dal pavimento.
Il Doplanker recuperò le sue sembianze normali durante la corsa verso il Comandante, rimanendo avvinghiato per il piede al cavo, e trasformò il braccio in una potente mazza spinata, sollevandola sopra la testa. Senza farsi spaventare, Nightmare alzò il falcione e intercettò il colpo, chinando al contempo il capo, contro cui andò a cozzare la testa del demone. L’impatto gli provocò un taglietto nella pelle bianca che andò ad aggiungersi a quelli provocati dall'aggressione di Nova, strappandogli un ennesimo gemito gorgogliante, ma non gli impedì di rispondere e, mentre l’acqua degli spruzzatori si esauriva, recuperò l’equilibrio e afferrò Nightmare per le spalle, aumentando la propria massa corporea fino a superarlo in stazza e altezza.
Con un verso furioso lo scagliò contro il quadro elettrico dall’altro lato della stanza, spaccandolo all’impatto e scatenando un corto circuito che combinò il metallo della corazza con l’acqua a terra per aumentare la conduttività. Ci fu qualche piccola esplosione, e Nightmare fu respinto indietro, cadendo a terra.
Nova si voltò di scatto verso il Doplanker, che intanto le si era avvicinato con un braccio levato sopra la testa e già trasformato in una lunga lama, grugnendo con rabbia.
Mentre lei si preparava a schivare, Keith gli saltò addosso e lo colpì con un pugno al costato, provocando un rumore da frattura e strappandogli un lamento pietoso, mentre Rin gli sfrecciava intorno con l’aspetto limpido e guizzante di una creatura fatta interamente d’acqua, sferzandolo col pugnale e aprendogli tagli profondi su tutto il corpo.
Infine sopraggiunse Nightmare, avvolto da un alone di elettricità crepitante, che gli arrivò addosso con un balzo e lo colpì alla testa con un poderoso destro, sbilanciandolo, sorprendendolo e scaricandogli addosso non meno di duecento volt.
- Stupito di vedermi ancora in piedi?- chiese, le scintille elettriche che continuavano a scoppiettare intorno ai suoi avambracci, preparandosi a colpire ancora - Mi hanno già folgorato una volta. Non sono stupido.-
A questo servivano le scaglie di Drago: le loro proprietà magiche erano incredibili, e assorbivano le scariche elettriche prima che potessero nuocergli, trattenendole e trasformandole in un’arma.
Ora neanche la folgorazione lo spaventava più.

Incalzato da quattro direzioni diverse, il Doplanker si ritrovò costretto a trasformarsi per l’ennesima volta, diventando una minuscola mosca bianca che ronzò via da loro prima di poter essere colpito ancora, la ferita al braccio finalmente risanata a sufficienza dalla sua rapida capacità di guarigione, volando a tutta velocità verso la finestra rotta, malgrado il buco non totalmente richiuso nell’ala lo rallentasse leggermente.
Senza esitare, Rin allungò una mano verso il dispositivo regalatole da Nightmare, modificando la posizione del selettore, riportandolo sulle fiamme.
Facendo più attenzione, stavolta, balzò in avanti il più rapidamente possibile, mettendosi di fronte all’apertura e precludendo al Doplanker la possibilità di un’altra fuga, spandendo lingue e tentacoli fiammeggianti a ventaglio intorno a sé, coprendo quanto più spazio riusciva.
Furioso, il Doplanker cambiò repentinamente direzione e riassunse un aspetto più massiccio, diventando un colosso di muscoli e tendini armato di mazza spinata, con cui spazzò l’aria davanti a sé.
Keith, il più vicino, saltò all’indietro evitando il colpo per un soffio, mentre Nova usava come trampolino una scrivania distrutta e gli balzava sopra con una capriola, serrandogli le cosce attorno al collo con tutte le proprie forze. Nightmare invece scivolò sotto la mazza e recuperò un falcione al passaggio, puntandolo subito dopo verso l’alto; contemporaneamente Nova abbatté i palmi sulla testa del nemico, raccogliendo luce per sparargliela direttamente nel cervello.
Con un ruggito furioso lui cambiò forma un’altra volta, appena prima che entrambi potessero portare a segno un solo colpo. Nova si ritrovò improvvisamente senza più un punto d’appoggio e cadde giù, mentre i proiettili luminosi schizzavano in ogni direzione, e Nightmare si ritrovò ad infilzare solo l’aria, la lama che passava misericordiosamente ad alcuni millimetri di distanza dal corpo di Nova, che gli cadde addosso incolume.
Intanto il Doplanker, recuperato il proprio aspetto normale, si era avvicinato a Keith e lo aveva afferrato per il collo, le mani che diventavano tentacoli e cominciavano a stringere sempre di più, sollevando il Kolak verso l’alto.
Grugnendo e soffocando, lui cominciò a scalciare, colpendolo nello stesso punto dove poco prima gli aveva rotto le costole. Il dolore gli strappò un grugnito lamentoso, costringendolo a mollarlo, e subito Rin gli balzò addosso, trasformandosi in un vortice di polvere e pietre.
Quasi come se non stesse aspettando altro, il Doplanker scattò di nuovo verso la finestra, evitando l’aggressione, ma stavolta fu Nova a intercettarlo e, rotolando giù da Nightmare, puntò la mano contro di lui, sparando una raffica di proiettili che lo costrinse a deviare.
Furente, il Relitto si trasformò di nuovo in un Troll, colpendo in corsa la parete fino a sfondarla, guadagnando finalmente la libertà.
- Non fatelo scappare!- gridò Nightmare, balznado in piedi con i falcioni di nuovo sulle spalle, spiccando una corsa verso di lui - Impeditegli di volare! Abbattetelo!-
Raggiunse l’apertura creata dal mostro e saltò verso il basso, avvinghiando le braccia attorno al suo collo massiccio. Il Doplanker si ritrasformò all’istante, diventando un’aquila e scivolando via dalla sua presa. Nightmare protese le braccia, afferrandogli le zampe con i cavi della corazza e impedendogli di volare via, trascinandolo giù con lui.
Sopra entrambi vide Nova, Keith e Rin lanciarsi nel vuoto a loro volta. Keith puntò entrambi i fucili e sparò alle ali del demone, producendogli nuove ferite che, stavolta, non avrebbe potuto ignorare né rigenerare. L’aquila lanciò un grido di dolore e si ritrasformò nel Doplanker, che gorgogliò sofferente mentre dalle braccia distrutte uscivano fiotti di sangue scuro.
Nova, sopra di lui, allargò braccia e gambe, iniziando a emettere luce, mentre Rin spegneva il dispositivo che le aveva dato Nightmare e si univa al bagliore generato dalla compagna, diventando un corpo luminoso e splendente quanto una stella.
Sfrecciò rapidamente verso il Doplanker, trafiggendolo con la spada e spezzando il suo ennesimo verso di dolore, poi guizzò sotto di lui e agguantò Nightmare per un braccio, mentre lui riavvolgeva i cavi, e lo lanciò in alto con una rotazione.
Il Comandante sguainò i falcioni e li conficcò con forza nella parete, ancorandosi al cemento del grattacielo e frenando così la propria caduta, mentre Rin afferrava Keith al volo e ne rallentava la discesa, portandolo al sicuro a terra; Nova giunse le mani vicine al fianco, raccogliendo enormi quantità di vento, e poi le mosse verso terra pochi momenti prima di schiantarsi, generando un cuscinetto d’aria che ammortizzò il suo atterraggio, permettendole di sopravvivere a un volo di quasi quaranta piani.
Il Doplanker invece, ferito e ormai prossimo alla morte, non riuscì a salvarsi, e si sfracellò al suolo con un suono disgustoso.

Per il Doplanker questa volta è proprio finita. Nemmeno lui era abbastanza forte per quei quattro.
Il prossimo sarà Allwood... che dovrà vedersela con Orlaith.
Ringrazio come al solito 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che seguono la storia. A presto!
 

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Capitolo 42
*** Cap. 41: La vendetta di Orlaith ***


Orlaith non accennò alcun movimento, tuttavia le lastre di cemento reagirono alla sua volontà senza bisogno di alcun ordine, cominciando a vorticarle intorno sempre più velocemente, trasformandosi presto in un minaccioso turbine grigiastro. Cominciò a camminare verso Allwood, che invece indietreggiò di qualche passo, alzando una mano.
Davanti a lui comparve un grande Cerchio Magico, da cui uscì una potente saetta crepitante diretta verso di lei che non riuscì mai a raggiungerla: sotto i suoi occhi lo spazio parve muoversi di propria iniziativa, modificando la posizione del flusso, che andò a schiantarsi contro uno schermo pubblicitario.
Sta deformando lo spazio fisico. Pensò Allwood, continuando a indietreggiare. E lo fa volontariamente! È molto più forte di prima.
Intanto la saetta, anziché fare esplodere lo schermo, sparì all’interno di esso come se fosse stata assorbita da un parafulmine e, poco dopo, ognuno degli altri cominciò a mostrare scintille sempre più frenetiche e minacciose, riempiendo la piazza di suoni tutt’altro che rassicuranti. Il tutto mentre Orlaith continuava ad avanzare, il vortice di cemento attorno a lei aumentava la velocità.
Allarmato, Allwood creò due nuovi Cerchi Magici, da cui uscirono delle scie di fumo luccicante. Quelle serpeggiarono verso di lei, polverizzando il cemento con cui venivano a contatto, inarrestabili e sinistre. Orlaith si fermò, senza smettere di fissarlo, e subito i rimanenti lastroni schizzarono contro di lui, come una pioggia orizzontale incredibilmente pesante e solida, mentre gli schermi di Times Square esplodevano uno dopo l’altro rilasciando saette potentissime.
Entrambi vennero investiti dal colpo avversario, nascondendosi vicendevolmente alla vista. Allwood sopravvisse all’assalto evocando un nuovo Cerchio Magico ai suoi piedi, da cui sorse un guscio di ghiaccio che lo circondò completamente, fermando l’attacco prima che potesse ferirlo.
- Accidenti…- ansimò, mentre lampi luminosi baluginavano a intermittenza dall’alto lato della protezione, subito soffocati da ombre scure che erano i lastroni strappati da terra.
Se voleva farcela doveva coglierla di sorpresa: un Trascendente era praticamente invincibile, ma se non sapeva di essere in pericolo non poteva proteggersi. Il problema era che non avrebbe potuto reggere in uno scontro prolungato: le sue forze erano limitate, e più potenza dava agli incantesimi più ne consumava. Anche solo in quel momento, per riuscire a difendersi, stava usando molte energie. Un attacco alle spalle era l’opzione migliore. Forse l’unica.
Sentì il ghiaccio che cominciava a scheggiarsi: pur non conducendo l’elettricità doveva comunque aver subito dei danni dai fulmini, e la pressione stava aumentando. Presto avrebbe ceduto.
Tracciò un nuovo Cerchio Magico dietro di sé e vi saltò dentro, attraversandolo come un portale. Si ritrovò così lontano dal pericolo, dall’altro lato di Times Square, proprio mentre il ghiaccio veniva fatto implodere dalle lastre che lo schiacciavano.
Orlaith gli dava le spalle, non si era accorta della sua presenza, e sembrava incolume: l’attacco con cui aveva cercato di vincerla non doveva aver sortito alcun effetto.
Conscio di avere poco tempo, Allwood fece comparire numerosi Cerchi Magici attorno a lei, circondandola completamente, ma piazzandone anche altri nascosti in alcuni punti più lontani, che rimasero visibili a occhio nudo solo per qualche istante prima di svanire. Resasi conto del pericolo, Orlaith si voltò verso di lui e appena Allwood sbatté le palpebre la perse di vista, proprio mentre i Cerchi Magici si attivavano, scatenando un vortice composto da fiamme, vento e radici legnose, che presto si trasformò in un furioso rogo infernale.
Contemporaneamente creò altri cerchi più in alto, da cui scatenò saette e lampi di energia crepitante, concentrando il fuoco nel punto esatto in cui sapeva che si trovava Orlaith.
Non stava cercando di ucciderla quanto di guadagnare più tempo possibile, distraendola con qualcosa di spettacolare mentre approntava i Cerchi Magici nascosti. Consumò una gran quantità delle sue energie per riuscirci, ma doveva sacrificare necessariamente qualcosa se voleva avere il tempo di incastrarla.
Scoprì tuttavia che il diversivo non era stato così efficace come aveva sperato perché, dopo pochi secondi di marasma, le fiamme e le saette si piegarono davanti ai suoi occhi, contraendosi e aprendosi, continuando a vorticare ma secondo una volontà che non era più la sua.
Seguì i movimenti di quel cataclisma con lo sguardo mentre si spostava come un enorme serpente di fuoco ed elettricità, trovando Orlaith in piedi sopra i resti dell’auto con cui era arrivata lì, che lo guardava direttamente negli occhi, mentre la pericolosa massa di incantesimi elementari le vorticava attorno senza ferirla.
Sferzate poderose, causate dal fuoco e dai fulmini, scuotevano i lembi della sua giacca e i suoi capelli, che frustavano l’aria con violenza, mentre sulla sua pelle e nei suoi occhi baluginavano i riflessi delle saette e delle fiamme, dandole un aspetto ben lontano da quello della ragazzina di Tresckow.
Comprese che stava per attaccare ancora, e che la prossima mossa non sarebbe stata molto divertente.
- Tutto qui, Jayden?- gridò, sovrastando il ruggito che l’attorniava - Ti ho visto fare di meglio!-
Ancora non mosse un muscolo, ma non ne ebbe bisogno: gli elementi attorno a lei risposero come se le appartenessero, solcando il suolo già martoriato. Se l’avesse preso non sarebbe sopravvissuto al colpo, doveva difendersi.
Fece comparire due nuovi Cerchi Magici, uno davanti a sé e un altro alle spalle di Orlaith, aprendoli contemporaneamente. Formarono un corridoio magico che collegò i due punti dello spazio, inghiottendo l’attacco che venne così rispedito indietro, scatenandosi su di lei e lasciandolo incolume.
Ciononostante, anche quel tentativo si rivelò inefficace, perché di nuovo le fiamme parvero incapaci di colpirla, separandosi in diversi flussi che andarono ad evaporare come acqua nel deserto, svanendo nell’aria, tutto senza che lei sembrasse accusare la minima stilla di fatica. Era brava, doveva ammetterlo.
Approfittando del fatto che fosse ancora intenta a proteggersi dal suo contrattacco, Allwood generò un ennesimo cerchio magico al disotto dell’auto sopra cui si trovava Orlaith, da cui fece sorgere acuminati speroni rocciosi, che sfondarono il già devastato piazzale in cui stavano combattendo e squarciarono i rottami del veicolo, spargendo frammenti di cemento e metallo tutto intorno.
Orlaith tuttavia si era già spostata al sicuro, in un angolo lontano, rendendosi inconsapevolmente una facile preda per il Cerchio Magico che aveva nascosto in quel punto, proprio sotto i suoi piedi.
Presa!
Lo fece scattare all’istante, scatenando una trappola di ghiaccio che la ricoprì da capo a piedi, rinchiudendola in un guscio gelido con cui la bloccò completamente, lasciandola inerme.

Con un sospiro sollevato, Allwood si avvicinò a lei con calma, generando altri due Cerchi Magici ai lati della prigione in cui aveva rinchiuso Orlaith, come misura di sicurezza: ormai il combattimento era finito, ma se in qualche modo fosse riuscita a liberarsi l’avrebbe colpita prima lui.
Non che avesse paura che ciò potesse essere possibile: quello era un incantesimo che aveva rubato a Vaněk dopo averlo ucciso, e lui lo aveva studiato proprio per intrappolare i Trascendenti come Orlaith in caso di bisogno. Non ne sarebbe mai uscita da sola.
- Sai, di relazioni malate ne ho viste in vita mia, ma la vostra è proprio al top.-
Allwood si voltò nella direzione da cui proveniva la voce, e vide che a parlare era stata una creatura color petrolio, dalle vaghe sembianze umane. Era in piedi sulle due zampe posteriori, e una lunga coda robusta si agitava pigramente nell’aria alle sue spalle. I suoi occhi ardenti erano puntati su di lui, e in una delle mani artigliate stringeva il collo di un Domunculus grande il doppio di lui. Se lo doveva essere trascinato dietro per molto tempo, a giudicare dalle escoriazioni che vedeva sulla sua schiena, e gli aveva anche staccato entrambe le braccia, che ora erano solo due moncherini argillosi.
- Sei lo straniero di prima.- osservò - Hai sconfitto una delle mie creature, vedo.-
- Una?- ripeté l’altro - Sarà almeno la quarantesima, finora. Di più se contiamo quelle che stanno cercando di sopravvivere alle mie Emanazioni.-
Allwood esitò.
- Cosa vuoi dirmi?- chiese - Che da solo potresti riuscire a decimare il mio esercito?-
- Veramente l’ho già fatto e potrei anche sconfiggerlo.- rispose lui - Ma al momento mi interessa di più quella poveretta che hai appena ibernato.-
- Non c’è modo per te di arrivare a lei.- disse Allwood, incrociando le braccia - Dovresti prima passare su di me, e io non ti attaccherò per primo. Conosco le vostre leggi.-
- Non così bene come credi.- replicò il nuovo avversario - Ma comunque non intendo colpirti. Ti sto solo distraendo.-
Un rumore fracassante gli disse che la prigione magica era andata in frantumi, dietro di lui, e voltandosi vide un grosso mostro simile a un rettile, fatto di quello stesso liquame nero che componeva lo sconosciuto, incombere sui frammenti di ghiaccio che fino a un attimo prima erano la prigione di Orlaith.
Questo fu tutto ciò che poté scorgere, comunque, perché prima ancora di poter azionare gli altri due Cerchi Magici si trovò una lama verde smeraldo rifinita di ametiste piantata nell’addome.

Anche questo scontro è finito, anche se stavolta ci siamo andati vicini...
Ringrazio, come al solito, John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi stanno seguendo. Mancano solo due capitoli e l'epilogo, poi anche questa storia finirà, sappiatelo.
A presto!

 

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Capitolo 43
*** Cap. 42: La decisione finale ***


Orlaith affondò la lama nello stomaco di Allwood con un grido furente, estraendola subito dopo e affondandola ancora, mentre lui crollava a terra con un gemito. Non vide né sangue né ferite nel suo corpo, ma continuò comunque a infierire più e più volte su di lui, colpendo con il pugnale fino a quando due mani non la presero per le braccia e la trascinarono via, togliendoglielo dalle dita.
- Basta, ragazzina, hai vinto!- esclamò Timmi, allontanando l’arma da lei e lei da Allwood, semisvenuto a terra - Non può più farti niente, non sarebbe in grado di nuocere proprio a nessuno. È umano, adesso.-
Ansimante e furiosa, Orlaith guardò Allwood che giaceva a terra con feroce soddisfazione, anche se una parte di lei avrebbe tanto voluto ancora avventarglisi contro e stringergli il collo fino a sentire le vertebre scricchiolare mentre soffocava lentamente.
- Credo che faresti meglio a calmarti.- le disse Timmi, mettendo di nuovo il pugnale nella sua scatola, ora evidentemente preoccupato - Non credo che una persona con i tuoi poteri dovrebbe cedere così alla rabbia.-
- E tu cosa ne sai di come mi sento?- sbottò Orlaith, scoccandogli uno sguardo seccato - Tu non mi conosci.-
- Conosco la rabbia.- replicò lui, tranquillo - E la percepisco, anche. Ti posso garantire che nessuno è più esperto di me in materia… un po’ va bene, ma così tanta rischia di farti diventare quella che non sei. Avrà anche fatto del male, ma ora non può più difendersi… non puoi uccidere un uomo inerme.-
Orlaith distolse lo sguardo, senza rispondere. Timmi le mise una mano sulla spalla, strizzandogliela con fare rassicurante per un attimo, ma non aggiunse altro.
- Vado a prendere la tua amica.- le disse - Posso lasciarti qui da sola?-
Lei sospirò, chiudendo gli occhi per un momento.
- Non serve.- disse - La porto qui io.-
Fece appena in tempo a riaprirli che sentì un grido di sorpresa, accompagnato da un verso canino: Annie e il grosso cane erano da loro.

Gli Xenonauti non tardarono ad arrivare, sporchi e pieni di graffi ma incolumi. Tra le mani Nightmare, coperto di sangue violaceo, stringeva un oggetto scintillante di colore azzurro.
- Ah, ce l’avete fatta.- li accolse Timmi, mentre si avvicinavano.
- Anche voi, vedo.- commentò Nightmare, guardando Allwood, steso a terra e ancora privo di sensi.
Si voltò verso Orlaith, seduta accanto ai resti della statua di George Michael Cohan con Annie e Dran.
- Tu stai bene?- le chiese.
Orlaith annuì, alzandosi in piedi e avvicinandosi a sua volta.
- E voi?-
- Meglio del Doplanker.- rispose Keith - Ora non darà più problemi a nessuno.-
- Finalmente.- aggiunse Rin.
- Avete recuperato quella vostra pietra?- chiese Annie.
Nightmare annuì, sollevando la mano e mostrandola a tutti.
- Era dentro il suo corpo.- spiegò - Presumo che l’avesse ingoiata o comunque inglobata in qualche modo. Il nascondiglio perfetto, tutto sommato.
- E voi come l’avete recuperata?- chiese Annie.
- Non è un crimine dissezionare un cadavere.- disse semplicemente Nova.
- Okay, la vostra interpretazione di decenza è davvero strabiliante, lo riconosco…- sospirò Timmi, scuotendo la testa - Va bene, la vostra missione è conclusa, Orlaith ha sistemato il suo stregone e io ho sprecato mezza giornata di ferie correndo dietro ai soliti mostri, il che è forse la cosa più normale che mi è successa quest’anno. Ora dobbiamo preoccuparci di cosa fare con questo qui.- aggiunse, toccando appena Allwood con la punta del piede.
Orlaith lo guardò senza dire niente, mentre Annie, al suo fianco faceva qualche passo avanti.
- Davvero è inerme?- chiese.
- Il pugnale che ho prestato a Orlaith è un Ammazzamagia.- spiegò Timmi - Uccide la magia e lascia indenne il corpo. Ora è privo di poteri. Ed è più che testato… lo usammo su Zelith.-
- Quindi posso prenderlo a schiaffi, adesso?-
- Se ti va…-
Allwood lanciò un piccolo gemito e cominciò a tossire, rotolando lentamente su un fianco. Si stava riprendendo.
Istintivamente, Annie si allontanò di un paio di passi da lui, lanciandogli occhiate di disgusto, mentre lo stregone si metteva cautamente carponi.
- Non cercare di alzarti.- lo avvertì Timmi - Penso che ti serva ancora un momento prima di poterti rimettere in piedi.-
Allwood grugnì appena, senza rispondere. Si mise in ginocchio con la testa tra le mani, strizzando gli occhi come se cercasse di scacciare un principio di emicrania.
- Cosa mi avete fatto?- brontolò.
- Ti abbiamo privato dei tuoi poteri.- spiegò Nightmare - Ora sei umano.-
Allwood esitò, aprendo gli occhi e guardandolo con aria confusa, come se si aspettasse di sentirgli ammettere che era uno scherzo. Quando comprese che nessuno avrebbe aggiunto altro alzò una mano, forse nel tentativo di evocare una qualche magia, ma non accadde nulla.
- Puoi provarci finché vuoi.- disse Timmi - Ormai è inutile.-
Lo stregone rimase immobile con la mano alzata per molti secondi prima di desistere, lo sguardo fisso nel vuoto, ma alla fine la abbassò lentamente, il sangue che gli defluiva via dal volto.
- Umano…- mormorò.
- Già, umano.- ripeté Keith, sogghignando - Non ti piace, scommetto.-
- Cosa gli farete?- chiese Annie - Spero qualcosa di spiacevole.-
- Non possiamo fargli niente.- disse Timmi, incrociando le braccia - Anche senza poteri rimane comunque un Nativo, e noi siamo degli Esterni. Non possiamo toccarlo, è compito della massima autorità magica della sua realtà di appartenenza decidere la sua punizione.-
Annie aggrottò la fronte, ma dopo qualche secondo parve capire e si voltò verso Orlaith, che guardava Allwood senza manifestare emozioni di alcun genere, in piedi accanto a lei.
- Aspetta… tocca a Orlaith decidere come punire Allwood?- chiese.
Timmi annuì, senza dire niente. Allwood la guardò negli occhi e lei distolse i propri, incrociando le braccia.
- Avete ragione su una cosa.- disse - Non sono un’assassina.-
- Quindi vuoi lasciarlo andare?- chiese Annie, aggrottando la fronte - Ne sei sicura?-
- Non ho intenzione di sporcarmi le mani.- rispose Orlaith, scuotendo la testa - Non sono come lui.-
Non le bastava che fosse stato privato di tutta la sua magia, che fosse inerme e incapace di raggiungere l’obbiettivo che si era prefissato, ossia sconfiggere la morte e riportare in vita coloro che aveva perso. Non era una punizione adeguata per il male che aveva fatto, a lei e a tante altre persone, ma nonostante questo, nonostante l’odio che provava, non era davvero capace di infierire. Non così, non in quel modo.
Non era da lei.
- Veramente c’è un’altra soluzione.- intervenne Timmi, interrompendo il filo dei suoi pensieri.
- E quale?- chiese Orlaith, voltandosi verso di lui.
- Secondo la legge, la massima autorità magica di una realtà, in questo caso tu, può decidere di punire un prigioniero colpevole di collusione con criminali o creature oscure provenienti da realtà differenti con l’esilio.- spiegò Timmi - Ciò renderebbe il nostro amico qui un Esule, ovvero praticamente un Esterno per qualsiasi realtà esistente, inclusa quella in cui è nato, e a quel punto… beh…- fece un cenno verso gli Xenonauti, senza aggiungere altro.
Annie sgranò gli occhi.
- E ce lo dici adesso?-
- Beh, è adesso che è diventato un prigioniero. Prima sarebbe stato inutile bandirlo, non lo avevate catturato, ancora. Adesso è possibile, visto che è senza poteri e, di fatto, nelle nostre mani.-
Orlaith inarcò appena un sopracciglio.
- E cosa gli fareste?-
- Non lo so, non sarebbe compito mio. Io sono qui per dare una mano, è Nightmare a capo dell’operazione. Starebbe a lui decidere. Inoltre non è a me che ha rotto le scatole, oggi mi sono anche divertito, quindi non me ne frega niente.-
- Lo interrogheremmo per risolvere i punti oscuri di questa storia.- disse prontamente Nightmare - Una volta ottenute le informazioni sarà Rowel, che in questo caso è totalmente imparziale e quindi equo, a decidere la condanna definitiva. Se sarà fortunato passerà il resto dei suoi giorni in una cella.-
Allwood, che per tutto quel tempo era rimasto in silenzio, sbigottito e traumatizzato, si rialzò in piedi con qualche esitazione, ancora un po’ stordito ma risoluto.
- Un attimo!- disse - Con quale diritto potete parlare in questo modo?- protestò - Io non riconosco la vostra autorità! Non riconosco le vostre leggi né i vostri metodi!-
- Non è un nostro problema.- disse Timmi - Normalmente una realtà, per essere ammessa nell’Alleanza, necessita dell’approvazione dei rappresentanti di tutta la sua comunità magica, ma da quanto mi hanno detto tu e tuo padre la comunità magica l’avete praticamente sterminata… quindi Orlaith, in quanto unica superstite non è solo la massima autorità magica qui presente, ma anche la rappresentante dell’intera popolazione magica. La decisione è unicamente sua. È lei a dover riconoscere le nostre leggi e a dover decidere cosa fare di te. E se stai pensando di prendermi a pugni ti suggerisco di ripensarci, perché ti staccherei di netto la mano.-
Lui gli rispose con uno sguardo furioso, accennando a muovere un passo indietro, come se pensasse di darsi alla fuga. Non appena lo fece, tuttavia, Dran aggirò il padrone, mettendosi alle spalle di Allwood con un ringhio minaccioso, tagliandogli la ritirata.
- Allora, Orlaith?- chiese Nightmare - Cosa decidi?-
Allwood la guardò disperato, senza dire niente. Lei gli rispose con un’occhiata impietosa.
- È tutto tuo, Nightmare.

Beh... la decisione di Orlaith mi pare del tutto prevedibile.
Ringrazio come sempre John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi seguono. La prossima settimana avremo l'ultimo capitolo, seguito immediatamente dall'epilogo. A presto!

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Capitolo 44
*** Cap. 43: Parole ***


La prima cosa che successe fu che Keith sferrò un pugno direttamente in faccia a Allwood, spedendolo lungo disteso a terra.
- Ragazzo!- protestò Nightmare.
- Che c’è?- chiese lui - Non l’ho ancora legato!-
Il Comandante sbuffò, mentre Rin roteava gli occhi al cielo.
- Beh, dopo quello che vi ha fatto passare l’avrei fatto anch’io.- concesse Timmi - D’accordo, quindi è tutto sistemato. Vi apro un portale per il rientro?-
- Sarebbe una cosa gradita.- rispose Nightmare, annuendo - Grazie del tuo aiuto.-
- Figurati.- rispose Timmi, scrollando le braccia.
- In piedi, tu!- sbottò Keith, afferrando Allwood per il colletto e costringendolo a rimettersi in ginocchio, mentre un gigantesco livido gli si allargava rapidamente sullo zigomo, dal quale colava un po’ di sangue.
Orlaith incrociò di nuovo il suo sguardo disperato, ma non mantenne a lungo il contatto visivo: non si pentiva della sua decisione, ma non vedeva l’ora di liberarsi definitivamente di lui.
- Vorrei ringraziarti ancora, Orlaith.- disse Nightmare, tendendole una mano - E scusarmi per i problemi che ti abbiamo creato.-
- Non credo che siano dipesi da voi.- rispose lei, stringendogliela - Forse anche io devo ringraziarvi. Non sarei riuscita a farcela, da sola.-
Lui non commentò, mentre Timmi alzava la mano. Da essa partì un piccolo dardo di scintille che iniziò a roteare pigramente alcuni metri più in là, assumendo l’aspetto di un vortice azzurro pieno di piccole saette e luci scintillanti.
- Vado avanti io.- annunciò Nightmare - Annie, i miei saluti anche a te.-
Annie gli sorrise con aria incerta, facendo un saluto stentato con le dita.
- Sì… non prenderla nel modo sbagliato… ma spero che non torniate a trovarci troppo presto.-
Nightmare ridacchiò, scuotendo la testa.
- Vedremo. Timmi, posso parlarti un momento prima di andare?-
Si allontanarono insieme, diretti verso il portale, mentre Rin, Nova e Keith salutavano le ragazze a turno, con Dran che aiutava il Kolak a sorvegliare il prigioniero, ancora intontito dalla perdita di poteri e dal pugno ricevuto.
- Cosa c’è?- chiese Timmi, quando furono abbastanza lontani.
- Vorrei che scambiassi due parole con Orlaith.- disse - Ha un grave conflitto interiore a causa dei suoi poteri, e visto che da ragazzo hai passato un periodo simile pensavo che potessi aiutarla a prendere una decisione.-
- Decisione? Aspetta, vuole perdere i poteri, per caso?- chiese.
- Non dirmi che non avevi pensato anche tu di toglierglieli.- disse Nightmare - Anche a me è passato per la testa, all’inizio. Dopo quello che abbiamo vissuto con Zelith è normale diffidare dei Trascendenti, ma lei è molto diversa. Merita di imparare a controllare a fondo le sue capacità, secondo me.-
Timmi esitò, grattandosi la testa e scoccandole un’occhiata mentre abbracciava Rin.
- Beh… non la conosco.- ammise - Ma mi fido di te. Se pensi che valga la pena fare un tentativo…-
- Lo penso. Parlando in modo prettamente pragmatico, sarebbe un’alleata insostituibile per tutti noi.-
- Già, sempre tutto cuore, tu… vabe’, allora vedrò cosa posso fare.- rispose Timmi - Salutami Rowel, e digli che mi deve la rivincita a scacchi.-
- Timmi, vuoi capirlo o no che come scacchista fai pena?- sospirò Nightmare - L’unico giocatore peggiore di te era Zelith.-
- Non rompere, Uomo di Latta!- sbottò lui, allontanandosi con le mani affondate nelle tasche.

Gli Xenonauti abbandonarono la scena con poche altre parole, agitando le mani verso le ragazze in segno di saluto, a parte Keith che le teneva saldamente addosso a Allwood, al quale aveva legato i polsi con un laccio e lo sospingeva verso il portale senza molti riguardi.
- Addio, allora.- disse Orlaith, prima che seguissero Nightmare dall’altra parte - Abbiate cura di voi.-
- Anche voi due.- disse Rin, sorridendo a lei e Annie - Buona fortuna.-
- Fortuna? Si sono liberate di lui, cos’altro serve?- sogghignò Keith, scuotendo Allwood come un sacco di patate.
Lui non replicò, lanciando un ultimo sguardo a Orlaith, che si voltò ostinatamente verso un punto qualsiasi. Non sapeva cosa provava di preciso al pensiero di vederlo sparire in un portale dimensionale diretto verso chissà quale destino, ma era certa di una cosa: non voleva vederlo mai più.
- Ti amo.- disse a sorpresa Allwood.
Sentendo queste parole, Orlaith chiuse gli occhi, lottando per non piangere. Allwood non se lo meritava.
- Tu non sai cos’è l’amore.- rispose.
- Hai sentito la signora.- grugnì Keith, spintonandolo.
Lo scaraventò nel portale, seguendolo senza dire un’altra parola. Subito dopo anche Rin e Nova gli andarono dietro, lanciando un’ultima occhiata alle ragazze e facendo ancora un cenno. Poi il vortice di scintille si richiuse alle loro spalle, svanendo senza lasciar traccia.

Timmi sospirò stancamente, dando una pacca al proprio cane, che gli strofinò il naso contro la gamba, sbavando tutto contento.
- Bene… con questo abbiamo finito.- disse - Tuttavia c’è ancora qualcosa di strano in città, lo percepisco chiaramente. Potrebbero servire alcuni giorni perché la gente torni alla normalità… non so cosa sia, né perché abbia colpito i cittadini e non noi, ma Nightmare sa essere persuasivo… Allwood canterà presto, e sapremo di che si tratta.-
Annie annuì lentamente, guardando tuttavia Orlaith, che aveva ancora gli occhi serrati.
- Stai bene, tesoro?- le chiese, mettendole una mano sulla spalla.
Lei assentì a sua volta, strofinandosi gli occhi con energia.
- Questa è l’ultima volta che Allwood mi fa stare così male.- disse - Quindi sì… sto bene. Anzi, benissimo.-
- Già… una bella liberazione.- commentò Timmi, incrociando le braccia - Annie, per favore, devo parlare un attimo con la tua amica. Non ci vorrà molto, te la restituisco subito così com’è, prometto.-
La ragazza esitò un momento, guardando Orlaith, che le fece un cenno rassicurante col capo. Senza dire niente, malgrado l’espressione a metà tra il preoccupato e il confuso, Annie si allontanò di qualche passo, indietreggiando fino a che non incespicò in un solco nel terreno scavato dagli incantesimi del combattimento. A quel punto agitò le braccia per restare in piedi e decise di girarsi, dirigendosi verso una vetrina distrutta senza parlare, rossa in viso.
- Deve volerti bene.- disse Timmi.
- Annie è la mia migliore amica da una vita.- disse Orlaith - Le voglio bene anch’io.-
Lui sorrise, comprensivo.
- Nightmare mi ha detto del tuo conflitto.- spiegò senza altri giri di parole - Stai pensando di sopprimere i tuoi poteri?-
Orlaith non rispose, lo sguardo che correva verso il rigonfiamento della sua giacca che era la custodia del pugnale. Timmi ci mise sopra la mano, sorridendole ancora.
- Sarebbe facile.- disse - E totalmente indolore, anche se rimarresti stordita per un po’. O almeno credo, non ho mai provato. L’ho solo fatto ad altri.-
- E non tornerebbero più?- chiese.
- Mai più. Saresti come la tua amica… normale.-
- Sento che però non sei d’accordo.-
Timmi annuì, smettendo di sorridere.
- Non lo sono, è vero. Lo ammetto, ho qualche pregiudizio verso i Trascendenti, ma è per via di ciò che ho passato con Zelith. E tu non sei Zelith.-
- No, non lo sono.- rispose lei - Non farei mai cose del genere, non potrei. Non ho nemmeno riportato in vita il mio amico, e Dio sa se lo vorrei.-
- Ed è per questo che preferirei non toglierti i poteri.- disse Timmi - Da un punto di vista strettamente strategico, allearsi con l’ultima dei Trascendenti sarebbe un gran colpo per l’Alleanza, e nessuno obbietterebbe, su questo non ho dubbi. Da un punto di vista umano, invece, non voglio che tu faccia questa scelta.-
Orlaith si accigliò.
- Non vuoi?- ripeté - Ora è una tua decisione?-
- Ovviamente no.- ammise Timmi - Ma so con estrema precisione cosa stai passando. Devi sapere che io sono un mezzodemone.-
- Un… cosa?-
- Un mezzodemone. Dentro di me c’è un Demone Maggiore della Rabbia, e in passato è stato molto difficile per me capire chi fossi davvero.- le raccontò - Per un periodo provai a rinunciare ai miei poteri, anche, ma non funzionò, e dovetti riprendermeli. Senza fu persino peggio.-
Orlaith abbassò lo sguardo, stringendosi le braccia attorno al corpo.
- Cosa stai cercando di dirmi?- chiese - Che senza la magia la mia vita peggiorerebbe?-
- Non migliorerebbe.- corresse lui - Inoltre, c’è un’altra cosa che dovresti sapere.-
- Ovvero?-
- Nightmare ti ha parlato delle Sentinelle?-
Lei scosse la testa, tornando a guardarlo.
- No. Cosa sono?-
- Guardiani. Protettori che vegliano sulla loro realtà.- spiegò lui - Ogni realtà ha la sua Sentinella dell’Avvenire, il cui compito è difendere la vita, garantire l’Esistenza. Alcune lo fanno personalmente, e altre insegnano ad altri come fare, come ha fatto mio padre con me, dirigendone le azioni. Tu oggi ti sei assunta tale ruolo, e se rinunciassi non rimarrebbe più nessuno a difendere questa realtà.-
- Difenderla da cosa?- chiese - Allwood non può più minacciarla. Non c’è rimasto nessuno.-
- Ci sarà sempre qualche pericolo.- obbiettò lui - E le persone come noi si addossano sistematicamente l’onere di scongiurarli, perché è nostro dovere in quanto dotati della forza necessaria.-
- Quindi secondo te dovrei farlo da sola?- chiese Orlaith.
- Non sarai mai veramente da sola.- rispose Timmi, scuotendo la testa - Anche se ci chiamiamo “Alleanza”, in realtà siamo il Corpo delle Sentinelle. Siamo tanti, e ci sosteniamo a vicenda, gli uni con gli altri, e ora anche tu ne sei parte. Tornerò qui presto con una copia delle leggi, e ti aiuterò a comprendere cosa significa essere una di noi. Potrai sempre chiederci aiuto se mai lo riterrai necessario, e dire la tua sulle nostre leggi, in quanto massima autorità magica del tuo mondo. Inoltre i Trascendenti come te possono togliere o donare poteri a chiunque, a propria discrezione e di qualsiasi genere, anche a persone che non li hanno mai avuti prima. Potresti ricostruire da sola l’intera comunità magica, se lo volessi, una volta imparato come si fa.-
Orlaith fece vagare il suo sguardo fino ad Annie, in piedi vicino alla vetrina distrutta con Dran, che li guardava con una punta di apprensione. Il pensiero che le attraversò la testa, tuttavia, durò poco: non se la sentiva di caricare la sua migliore amica di una responsabilità come quella.
- Limitati a pensarci su.- continuò Timmi - Datti tempo. Abituati alle tue capacità, cerca un modo per conviverci che non sia reprimerle del tutto. Se poi non cambierai idea ne riparleremo.-
Orlaith annuì lentamente, inspirando a fondo.
- Va bene.- disse - Grazie. Immagino che ci rivedremo presto, quindi?-
- Qualche giorno. Intanto riposati.-
Alzò una mano, aprendo un nuovo vortice dimensionale. Vedendolo, Dran abbaiò una volta e corse dal padrone, seguito da Annie.
- Stai andando anche tu?- chiese.
- Ormai non ho altro da fare. Tornerò, comunque.- le rispose - Abbiate cura di voi. Orlaith, pensi di riuscire a sistemare i danni da sola?-
Lei annuì.
- Mi inventerò qualcosa.- rispose.
- Molto bene. Cerca di non cambiare la storia, comunque.- aggiunse Timmi - Non sappiamo ancora come mai per Allwood fosse così importante. Meglio andare sul sicuro, per adesso.-
- Non lo farei comunque.- disse Orlaith - Non mi sento tranquilla ad avere un simile potere.-
Timmi non rispose, sorridendole con aria paziente. Fece un ultimo cenno ad Annie ed entrò con Dran nel vortice, lasciandole da sole.

Annie sospirò, passandosi una mano tra i capelli, già piuttosto arruffati, guardandosi attorno.
- Beh… potrai anche riparare i danni, ma sono giorni che in città ne succedono di tutti i colori.- disse Annie - Non credo che le autorità dimenticheranno facilmente i mostri.-
- Lo faranno, se cancellerò i ricordi e li sostituirò con altri, come ho già fatto in passato.- rispose Orlaith, muovendo qualche passo nella piazza devastata.
- E quindi incolperai ancora i terroristi?-
- O qualche banda. O semplici atti di violenza isolati.-
- Questo potrebbe comunque generare un clima di paura. Ci saranno conseguenze.- osservò Annie, preoccupata.
Orlaith annuì.
- Lo so.- ammise - Ma ho qualche… qualche brano che potrebbe risolvere la cosa. Mi basterà pubblicarlo.-
Annie ci mise qualche secondo per capire cosa stesse effettivamente dicendo Orlaith, limitandosi ad annuire in silenzio. Solo dopo un po’ riuscì a realizzare l’effettivo significato delle sue parole, e a quel punto le scoccò un’occhiata sbigottita, sgranando gli occhi.
Orlaith le rispose con un sorriso.

Mi risparmio per l'epilogo.

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Capitolo 45
*** Epilogo ***


Per chi è nuovo, attenzione! Questo è l'epilogo, che ho postato insieme all'ultimo capitolo! Potreste esservi persi qualcosa, quindi tornate indietro di uno!
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Preceduto da Nightmare, Keith spintonò Allwood lungo un corridoio fiocamente illuminato da alcune lampade a olio appese alle pareti, fino a quando non raggiunsero una cella particolarmente distante dalla porta. Dentro c’erano solo una branda di legno dal materasso sottile e una piccola latrina all’angolo.
Nightmare aprì la porta e, senza tanti complimenti, Keith tolse il laccio dai polsi di Allwood e lo scaraventò dentro, spedendolo lungo disteso sul pavimento polveroso.
- Rimarrai qui per un po’, quindi mettiti comodo.- disse Nightmare, richiudendo la porta - Più tardi qualcuno ti porterà delle coperte e del cibo. Noi ci vediamo domani mattina. Abbiamo molto di cui parlare.-
Si allontanò senza guardarlo, mentre Keith si scioglieva in un ghigno poco rassicurante prima di seguirlo.
Stanco e dolorante, Allwood si mise a sedere massaggiandosi i polsi per riattivare la circolazione delle mani, che avevano cominciato a perdere sensibilità, immerso nella solitudine di quella prigione vuota.
O almeno, così pensava.
- Ciao, Jayden Allwood.-
La voce lo colse di sorpresa, facendolo sobbalzare. Si alzò in piedi di scatto, guardandosi freneticamente attorno finché non individuò l’unica altra persona lì presente.
Era seduto sulla branda, anche se fino a un momento prima non c’era. Indossava una felpa sformata e dall’aria consunta, color rosso intenso, e un paio di larghi pantaloni marrone scuro pieni di tasche e cerniere, dai bordi sfilacciati. Il cappuccio alzato non gli nascondeva il volto, tuttavia Allwood sapeva bene che, anche in condizioni di luce migliori, non sarebbe mai riuscito a scorgerne i lineamenti. Ci aveva già provato in passato, senza alcun successo. Anche per questo a vederlo era impossibile capire se fosse un uomo o una donna.
- Jericho!- esclamò.
Il visitatore reclinò il capo di lato. L’ombra che c’era sotto il cappuccio parve contrarsi appena, come se avesse cambiato espressione, ma Allwood non riuscì a capire come avrebbe dovuto interpretare la sua gestualità.
- Mi hai deluso, Allwood.- disse - Io ti ho salvato da morte certa, nove mesi fa, e ti ho permesso di ristabilirti. Ho fatto in modo che un potente alleato come il Doplanker giungesse a te da questo mondo, ti ho dato la possibilità di vendicarti, ho persino fatto in modo che la città di New York cominciasse subito la propria ascensione perché non ti intralciasse… e tu ti sei fatto sconfiggere, perdendo l’esercito che ti avevo chiesto di mettere insieme con ridicola facilità. La tua Sentinella ha vinto.-
- Ho fatto di tutto per costringere Orlaith a modificare la realtà o la storia!- protestò lui - Ho ucciso il suo migliore amico, le ho scatenato contro un esercito, l’ho esposta all’attenzione della gente manifestando la magia… ho anche fatto in modo che scoprisse i suoi veri poteri, ma…-
- Sei stato incauto. I suoi alleati sono scaltri, e il Corpo delle Sentinelle è pericoloso. Una sola Sentinella dell’Avvenire è un avversario formidabile. Ti avevo messo in guardia, ma non hai voluto ascoltarmi.- disse Jericho, alzandosi in piedi con le mani affondate nelle tasche.
- Ciò non cambia la situazione. Puoi prendertela con me quanto vuoi, ma sai che non posso restare qui.- disse Allwood - Non so di preciso quali metodi adottino in questa realtà per far parlare i prigionieri, ma quel Nightmare non è un uomo abituato ad andare per il sottile, e il vampiro suo amico non vede l’ora di farmi la festa. Se parlassi finirebbero per sapere tutto di te e del tuo progetto.-
Jericho annuì.
- Certo, è per questo che sono qui. Per evitare che lo scoprano.-
- Bene.- disse Allwood - Allora cosa aspetti? Fammi uscire da…-
Si interruppe con un grugnito, quando Jericho gli mise una mano sul petto in corrispondenza del cuore. La sua pelle assunse una delicata sfumatura grigiastra, mentre le vene iniziavano a farsi sempre più marcate.
- Scusami, amico mio.- disse in tono suadente - Ma la mia soluzione è migliore.-
Allwood cominciò a scuotersi in preda alle convulsioni, irrigidendosi sempre di più. Alla fine Jericho allontanò la mano, e lo stregone cadde a terra senza respirare, una densa schiuma biancastra che gli usciva dai lati della bocca.
Senza degnarlo di un altro sguardo, lo straniero di nome Jericho si voltò e raggiunse l’angolo più buio della cella, svanendo tra le ombre.

Siamo arrivati alla fine della serie di "Epic Violin", almeno per adesso. Non smetterò mai di pensare con affetto a Orlaith, che nel lontano 2016 mi ha salvato da un brutto blocco dello scrittore che mi ha tenuto fermo per almeno un anno. Grazie a lei ho potuto sviluppare nuove trame che proseguiranno ancora per un bel po'. Inoltre, non credo che smetteremo di sentir parlare di lei... anzi, sono certo che tornerà presto.
Il prossimo romanzo sarà "Caos - Il Verbo Oscuro", di cui ho già postato tempo fa prologo e primo capitolo ma che, in seguito a una decisione di trama, ho deciso di sospendere fino al termine di questo ciclo. Ora che "Epic Violin" è finito, posso riprendere in mano quel lavoro, che a sua volta mi è piaciuto molto e spero  possa piacere a chi lo leggerà, incluse le persone che hanno seguito "Epic Violin", se vorranno.
Ringrazio per l'ultima volta i lettori 
John Spangler, Easter_huit, Old Fashioned, Roiben, Arianna96r, LadyTsuky e Thestragereylo, che mi hanno seguito per tutto questo tempo. Alcuni già li conoscevo, altri si sono aggiunti dopo, e spero che non sia l'ultima volta che leggo i loro nick nell'elenco dei lettori.
A presto!

 

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