Shekh ma shieraki anni

di LaraBennet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shekh ma shieraki anni ***
Capitolo 2: *** Tutto ciò che conta ***



Capitolo 1
*** Shekh ma shieraki anni ***


     La treccia lunga e scura solleticava il suo petto, mentre lei si abbassava a baciarlo. Caldo, era così caldo, bollente. Non che a lei desse fastidio, il fuoco l’accarezzava delicato e amorevole come un fratello, quello che non era saputo essere Viserys. Già, Viserys… povero Viserys, sognatore di una gloria a cui non era mai stato destinato; quella gloria che invece suo marito aveva fatto sua con lo stesso impeto con il quale la prese la prima notte, dopo la cerimonia nuziale. Guardò di nuovo quella figura tremante e assente, sembrava un bambino indifeso. Un bambino, quello a cui lei aveva rinunciato per salvarlo. Come poteva spezzarsi in quel modo la sua vita? Come poteva lasciarla così? Perché quel corpo possente e robusto, indistruttibile e magnifico, quel corpo guerriero doveva sfiorire così? Perché la loro vita insieme, il loro futuro, era scivolato via come sabbia tra le dita? Avevano fatto tanta strada da quel loro primo incontro a Pentos. Allora era una ragazzina ingenua, non sapeva niente del mondo. Lui per primo le aveva insegnato la paura. Poi ci fu il matrimonio. Ancora lui, per primo, le aveva insegnato la sofferenza, quella a cui solo le donne sono sottoposte. Poi, pian piano, aveva iniziato a imparare, grazie a lui, il senso di appartenenza. Lui le aveva donato un esercito, sì, ma anche un popolo, una famiglia. Lui l’aveva fatta Khaleesi. E poi, inaspettatamente, contro ogni sua previsione, lui le aveva insegnato l’amore. Un amore vero, sincero, che andava al di là di corone, regni, potere; andava al di là di qualsiasi ambizione che il trono di spade potesse ispirare. Lui era il suo sole e stelle, le aveva fatto conoscere la luce, il calore confortante, la strada da prendere, quella che lei veramente voleva; a lei, una ragazzina esule, privata di ogni cosa, e viva solo per attendere impotente di essere uccisa dai sicari inviati dall’Usurpatore, assetato dell’ultimo sangue Targaryen. Lui con la sua prepotente e insensibile dolcezza le aveva insegnato cosa significasse essere amata e le aveva dato nuova vita. Lei, disperata, aveva tentato di fare lo stesso con l’aiuto di quella strega. Ma i miracoli non si ripetono mai due volte, e adesso non solo perdeva il loro di miracolo, il loro piccolo, ma anche lui, il miracolo che le era stato donato dal popolo Dothraki. Il suo miracolo d’amore. 
«Ricordi la nostra prima cavalcata, mio sole e stelle? Se sei ancora qui, se non te ne sei ancora andato, dimostramelo. Tu sei un guerriero. Lo sei sempre stato. E adesso ho bisogno che tu combatta. So che sei molto lontano, ma torna da me, mio sole e stelle. Quando il sole sorgerà ad ovest e calerà ad est tu tornerai da me, mio sole e stelle». 

Uccisi. Il suo cuore e la sua anima furono uccisi, insieme a lui. Uccisi, per rinascere più potenti, più devastanti e più temibili di prima, nel fuoco.

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Capitolo 2
*** Tutto ciò che conta ***


     Lo spazio ampio e desolato di quella sala faceva rimbombare il suono dei suoi passi, accompagnati dall’eco di sussurri e versi incomprensibili che comunicavano che loro non se ne erano mai andati, mai veramente; erano sempre stati lì, prigionieri della loro stessa sete di gloria e potere, che adesso li vedeva visceralmente e fisicamente parte di quella maledizione che aveva preso la forma del trono di spade. Erano tutti lì, chiamavano, imploravano, avvertivano, scongiuravano, mentre i suoi passi si facevano più rapidi, più concitati per avvicinarsi in fretta. Eccolo, davanti ai suoi occhi c’era il senso della sua intera esistenza e di quella della sua intera stirpe. Era straordinariamente spaventoso quel trono e sebbene avesse allungato la mano tremante verso quell’intreccio di ferro, fuoco e sangue, qualcosa la trattenne dal toccarlo. Dietro di lei infatti, tra quei lamenti di dolore e tormento un suono cristallino e limpido aveva sfiorato il suo udito. Era una risata, accompagnata da piccoli versi inarticolati di euforia. All’improvviso sentì gli occhi pesanti, e grosse lacrime solcarono la sua guancia. Quello era stato il suo prezzo per sedersi su quel trono. E adesso anche loro erano dietro di lei, anche loro erano testimoni della sua vittoria. Avvicinò di più l’indice e sfiorò quel trono. Poi con una presa più decisa vi poggiò la mano. Stentava a crederci. Stava toccando la Verità con le dita, la sua Verità. Tutto ciò che le era stato strappato adesso ritornava a lei, sotto tutta un’altra forma. E loro erano lì, intorno a lei, insieme a tutti gli altri che dopo di loro l'avevano abbandonata; fin da allora l’avevano aspettata pazienti in quella sala. E finalmente anche lei era lì, finalmente. Finalmente avrebbe dato un senso alle loro morti e a quelle vite donate per l'avvento del suo regno: lei avrebbe spezzato il giogo. Finalmente poteva cominciare da capo e lasciarli andare per sempre, in pace, e lei avrebbe abbracciato un nuovo inizio. Così aveva creduto. Invece ciò che le fu concesso fu solo la fine. 
 
Khal vos zigereo adoroon anevasoe maan. Me zigeree sajosoon disse".1
«No, è vero, non gli serve un trono. Ma quel trono mi ha riportata da te, mio sole e stelle. E questo, adesso, è tutto ciò che conta».






1Un Khal non ha bisogno di una sedia su cui sedere. Ha bisogno soltanto di un cavallo.

 

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