Atto Primo di Sariel (/viewuser.php?uid=20530)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (1/3) ***
Capitolo 2: *** (2/3) ***
Capitolo 3: *** (3/3) ***
Capitolo 1 *** (1/3) ***
Titolo: Atto Primo.
Fandom: InuYasha
Personaggi: Kagome Higurashi, InuYasha.
Genere: generale, commedia.
Avvertimenti: AU, OOC.
Rating: giallo.
Introduzione: fiction scritta per la III edizione
del Multifandom Contest
indetto da Emiko e Ro-chan.
Riassunto: La
prima cosa che notò quando aprì gli occhi
non fu tanto il fatto di ritrovarsi nuda nel suo letto, piuttosto la
figura
sdraiata accanto a lei, che ronfava alla grande.
Note dell’autore: 1. non betata, scusate
eventuali
errori.
2. che dire, ci sto prendendo gusto. Ho trovato un fandom
che mi piace e che ben presto, verso la fine degli esami,
vedrà gli
aggiornamenti alla long-fic su InuYasha(tremateeeH).
Sì, InuYasha è alquanto OOC, ma - stranamente
- lo adoro
3. commenti - e critiche - graditi come sempre.
©Art
by
http://nillia.deviantart.com/
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ATTO
PRIMO (1/3)
"L'amore è una commedia in un atto:
quello sessuale.” Enrique Jardiel Poncela(*)
La prima cosa che notò quando aprì gli occhi non
fu tanto il
fatto di ritrovarsi nuda nel suo letto, piuttosto la figura sdraiata
accanto a
lei, che ronfava alla grande.
Rimase a fissarlo
- perché di un ragazzo si trattava - per due minuti buoni,
prima di rendersi
conto della situazione. Deglutì a vuoto, senza riuscire a
pensare ad altro se
non calmati Kagome, calmati!.
Lui se ne stava
sdraiato a pancia in giù, il viso girato verso di lei e
sepolto per metà nel
cuscino. Dalle labbra socchiuse, piene e carnose, di un rosso pallido e
leggermente umide di saliva, usciva il suo respiro a piccoli sbuffi,
colpendo
il volto di Kagome.
I capelli argentati gli ricadevano sul volto, leggeri, e per
un attimo Kagome pensò di toccarli. Allungò una
mano, quasi fino a sfiorarli,
ma respinse quell’istinto. Si concentrò sul
soffitto, cercando di ricordarsi
che diavolo fosse successo, il che era alquanto ovvio.
“Ok…respira.”
pensò, prima di ispirare profondamente, trattenendo il fiato
per qualche
secondo prima di buttare fuori l’aria.
Si alzò lentamente, scivolando fuori dal letto, trascinando
con
sé le lenzuola. Afferrò un cuscino dalla sedia
accanto al comodino e lo tirò
verso di lui, che non si mosse
minimamente quando il cuscino gli atterrò con un puf sul fondoschiena.
Kagome camminò in punta di piedi - anche se non era
necessario, dato che la moquette attutiva già
i suoi passi - fino al comò. Quando vide il suo riflesso,
quasi le venne un
colpo. Sulle labbra aveva ciò che rimaneva del rossetto,
qualcosa che
assomigliava alla lontana al colore messo la sera prima, la matita era
sbavata
leggermente e i suoi occhi sembravano quelli di un panda. Si
passò la mano più
volte, togliendosi le macchie nere e provò a sistemarsi alla
meglio i capelli,
che sembravano indomabili. Scuotendo piano la testa, aprì il
secondo cassetto del
comò e sfilò un paio di mutandine e un reggiseno,
infilandoseli poi in fretta. Si
liberò dalle lenzuola, imprecando a bassa voce quando si
attorcigliarono
attorno alla sua gamba, e le lanciò sul letto.
Si avvicinò all’armadio, ma il suo sguardo cadde
sul vestito
nero che indossava la sera prima, che le era costato qualcosa come ventisettemila yen(**) e che ora giaceva
sgualcito a terra, insieme agli altri vestiti.
“Merda.”
borbottò,
aprendo la porta del bagno e gettando il vestito nel cestone dei
vestiti da
lavare.
Si guardò intorno, senza sapere se svegliarlo
o restarsene con le mani in mano ed
aspettare. Misurò la camera a grandi passi, senza smettere
di sbuffare, e cercò
di fare mente locale.
Primo fatto ovvio, c’era uno sconosciuto nel suo letto.
Secondo fatto ovvio, i loro vestiti erano sparsi per la
stanza il che poteva indicare una sola
cosa.
Terzo fatto ovvio, tutto ciò che riguardava la sera
precedente era immerso nel buio
più
totale.
Chiuse gli occhi e si porto le dita alle tempie, cominciando
a massaggiarle piano, sperando che l’emicrania che stava
minacciando di venirle
si fermasse. Si ricordava solo di essere entrata in quel dannato pub,
di aver
ordinato qualcosa e poi…il nulla.
Nada. Nichts. Rien.
Eccetto…Sango. Lei
era lì, era stata lei a trascinarla in quel buco, quindi doveva sapere. Corse fino alla borsa,
appoggiata sul comò, e
afferrò il cellulare, componendo velocemente il numero
dell’amica.
Tuu. Tuu.
Tuu. Era incredibile quanto lo squillo del telefono potesse
essere così irri-
“Pronto?” la voce familiare di Sango
all’altro capo del
telefono la tranquillizzò un po’.
O forse no.
“C’è un ragazzo nel mio
letto.” sibilò Kagome tutta d’un
fiato.
“Nuova conquista?” chiese Sango, ridacchiando.
“Io ti sto dicendo che c’è uno nudo nel
mio letto e tu ti
metti a ridere?” ululò, più forte di
quanto volesse. Lo sconosciuto si
mosse appena, emettendo qualcosa di simile ad un
grugnito.
“Senti…che diavolo è successo ieri
sera?”
“Che? Non ti ricordi?”
Kagome rimase in silenzio, maledicendosi mentalmente per
aver deciso di chiamare Sango.
“Diciamo che hai alzato un po’ il
gomito.” replicò Sango,
dopo un attimo di silenzio. “Un po’
tanto.” si affrettò ad aggiungere.
“Tanto quanto, esattamente?”
“Abbastanza da flirtare con uno sconosciuto e andare via con
lui.”
Gelo totale.
“Grazie Sango.” le disse, atona. “Ti
richiamo io.”
Riagganciò e lanciò il cellulare di nuovo in
borsa. Si passò
una mano tra i capelli e sospirò, prima di andare verso il
letto.
E’ ora di andare,
mormorò a bassa voce, più a sé stessa
che allo sconosciuto. Allungò una mano
verso di lui e lo scrollò.
“Ehi, svegliati!”
In risposta lui emise un altro grugnito e Kagome alzò gli
occhi al cielo, sbuffando.
“Ehm, tirati su.” lo scrollò con
più forza, senza ottenere
nulla. “Avanti, comediavolotichiami,
tirati su.”
“InuYasha.”
Mormorò
lui, con la testa ancora affondata nel cuscino.
“Che?”
“InuYasha. Mi chiamo InuYasha.”
biascicò, insonnolito,
alzando piano la testa.
“Buono a sapersi, InuYasha,
ma adesso tirati su. Stai sbavando sul mio cuscino.” gli fece
notare,
scrollandolo ancora.
“Fuori da casa mia.” aggiunse, con voce più alta.
“Eh?”
“Ho detto, fuori da casa mia.” sillabò
lentamente,
enfatizzando il tutto con dei colpetti contro il suo braccio.
“Ma quanti anni hai?” soffiò InuYasha,
puntellandosi su un
gomito per guardarla.
“Diciotto.”
“Oh, Dio. Sono
andato a letto con una ragazzina.” borbottò lui,
allungando una mano verso la
moquette per prendere i suoi boxer, che giacevano lì vicino.
Ragazzina a chi?
pensò Kagome irritata.
InuYasha si alzò dal letto, lanciandole
un’occhiata e lei si
coprì istintivamente.
“Tranquilla, non c’è niente che-
”
“Finisci quella frase e sei morto.” lo
minacciò lei,
puntandogli addosso l’indice. Afferrò una maglia
larga dall’armadio dietro di
sé e se la infilò in fretta, mentre lui non
guardava.
“Ok, ok.”
sussurrò
lui, ridendo. Si piegò per prendere i jeans scuri vicino al
comò e se li
infilò.
“Come ti chiami?” le domandò, finendo di
tirarsi su i
pantaloni.
Kagome rimase zitta, fissandolo con un sopracciglio alzato.
Fece schioccare la lingua, irritata.
“Higurashi.” rispose infine.
InuYasha la guardò, scuotendo piano la testa. “E
un nome non
ce l’hai?”
“Tu chiamami solamente Higurashi.”
Lui si limitò a fare spallucce e a superarla, per chinarsi e
prendere la sua camicia. Cercò di sistemarla al meglio e se
la infilò, cominciando
ad allacciarsi piano i bottoni.
“Bene, Higurashi.”
iniziò, finendo di abbottonarsi la camicia con lentezza
irritante. Quando anche
l’ultimo bottone fu nella sua asola, InuYasha si
avvicinò a lei e le prese il
mento tra le dita, inclinandole leggermente la testa verso
l’alto. “E’ stato un
piacere.” aggiunse, con un
ghigno
soddisfatto. Si sporse maggiormente verso di lei, arrivando quasi a
sfiorarle
le labbra con le sue.
“A presto.”
“Contaci.” soffiò lei, alzando un
sopracciglio.
Lui si morse un labbro e inclinò la testa di lato, senza
smettere di fissarla. “Ieri sera non mi sembravi
così fredda.”
“Ero ubriaca, non conta.”
“Oh, riuscirei a conquistare anche da sobria, stanne
certa.”
l’assicurò, lasciandole andare il mento e
sfiorando piano le sue labbra la
punta delle dita.
Lei si ritrasse. “Aspetta e spera.”
InuYasha le lanciò un ultimo sorriso e si voltò,
incamminandosi verso l’ingresso dell’appartamento e
lei lo seguì. Tirò fuori
dalla tasca dei pantaloni qualcosa, qualcosa troppo simile alle sue mutandine, le stesse che sarebbero
dovute essere sul pavimento della stanza in quel preciso momento, e si
mise a
sventolarle con aria sfacciata.
“Maniaco.” sibilò Kagome a denti
stretti, allungando una
mano per riprenderle, ma lui le alzò, così che
lei non potesse raggiungerle.
Con l’altra mano l’afferrò per il polso
e la bloccò, approfittandone per darle
un bacio a fior di labbra.
“Mocciosa. Come ti ho detto, ci vediamo presto.”
replicò,
ridacchiando, prima di voltarsi e di chiudersi la porta
d’ingresso alle spalle.
Kagome rimase ferma, la mano ancora a mezz’aria. Chiuse gli
occhi e sospirò.
“Idiota.”
sussurrò, e non capì se era più
rivolto a sé stessa o ad InuYasha.
TO BE CONTINUED....
(*) Il
titolo ha un
collegamento diretto con il sottotitolo. Forse però la frase
non c’entra molto,
me ne sono accorta rileggendo la fiction, ma la trovo bellissima e ci
tenevo ad
usarla.
(**) poco più di 200 euro.
RINGRAZIAMENTI per A stange guy in the metro
x_Mokona, ryanforever, dolcekagome, mikamey, Isy_24, Inuyasha_girl92. Leggere le vostre recensioni mi ha fatto un piacere immenso perchè quella era la prima fiction in assoluto che scrivevo su questo fandom. Grazie davvero.
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Capitolo 2 *** (2/3) ***
Parte: 2 di 3
Introduzione: fiction scritta per la III edizione
del Multifandom
Contest indetto da ro-chan.
Disclaimer:
Inuyasha
e i personaggi della serie non appartengono a me ma alla divina Rumiko
Takahashi e non vengono usate da me a scopo di lucro.
Note dell’autore: 1. non betata, scusate
eventuali errori.
2. ho deciso di continuare la fiction, anche se ho paura che la storia
finisca
col risultare un po’ banale. Comunque entro la fine del
contest (10 luglio)
sarà completa u.u probabilmente ci sarà solo un
altro capitolo oltre a questo. (Kagome
che lavora allo Starbucks…ma ve la immaginate? xD *me ama lo Starbucks*)
3. commenti - e critiche - graditi come sempre.
©Art
by
http://nillia.deviantart.com/
ATTO PRIMO (2/3)
"L'amore è
una commedia in un atto: quello sessuale.” Enrique
Jardiel Poncela(*)
“Kagome, un
frappuccino alla
vaniglia e un espresso. Subito!” urlò Miroku dalla
cassa, prima di girarsi per
prendere l’ordinazione di un altro cliente.
Kagome sbuffò e
alzò gli occhi al
cielo, appoggiando al bancone due espressi ordinati poco prima, per poi
lanciarsi verso il frigo, aprirlo e tirarne fuori il latte. Lo
versò nel
frullatore, riempiendolo quasi fino a metà. Ci
buttò dentro tre cubetti di
ghiaccio e lo sciroppo di vaniglia e accese il frullatore, che
partì con un
rumore secco. Preparò velocemente il caffè e lo
versò in un contenitore,
infilando poi la fascia con il marchio Starbucks
per evitare che il cliente si scottasse.
Grazie a Sango( alla quale
doveva
ancora raccontare della mattina del giorno prima), o meglio al suo nonproprioragazzofissomaquasi
Miroku-sama, era riuscita ad ottenere un lavoro allo Starbucks
della stazione di Kyōbashi, almeno per l’estate. Certo,
non era nulla di che, ma almeno poteva guadagnare qualcosa e metterselo
da
parte. E inoltre il locale non era lontano dalla baia di Tokyo e dal
mare, che
lei adorava. Ma doveva ammettere
che
non era un lavoro tranquillo, soprattutto in determinate ore, quando
tutti i
lavoratori di Tokyo sembravano riversarsi nel locale.
Prese il contenitore con
l’espresso già pronto e uno vuoto, riempiendolo
con il frappuccino e un po’ di
panna montata.
“Ecco a
voi.” disse, abbozzando un
sorriso, e porse i contenitori ai due clienti al di là del
bancone.
Miroku la chiamò di
nuovo e lei
fece appena in tempo a prendere al volo il sacchetto che le venne
lanciato. Era
un normale sacchetto di carta marrone, di quelli che servono per
contenere cibi
e vivande, con attaccato un post-it,
e sul post-it un indirizzo e il
numero di un appartamento.
“Da quando facciamo
consegne a
domicilio, Miroku-sama?” chiese d’istinto, non
ricordando se c’erano regole
specifiche - nel tomo che era stata
obbligata a leggere per diventare una dipendente perfetta Starbucks - a riguardo.
“Non le
facciamo.”
“E quindi?”
“Quindi…questo
è un mio amico,
perciò possiamo fare la consegna a domicilio.”
replicò, con un ampio sorriso. E
naturalmente sarai tu a farlo, ma
quello era sottinteso. Kagome annuì e si tolse il grembiule
verde, prima di
uscire dal locale.
“Cavolo.”
mormorò, osservando il
cielo nuvoloso, che minacciava pioggia da un momento
all’altro.
Afferrò la bici e
pedalò il più
veloce possibile, sperando di evitare di prendere l’acqua, ma
grosse gocce di
pioggia cominciarono a scendere, bagnandola. Cercò di
pedalare più forte, ma
quando arrivò all’indirizzo segnato sul post-it -
un palazzo di circa dieci
piani, molto moderno - era ormai fradicia. Lasciò la bici di
fronte
all’ingresso ed entrò, recandosi subito verso gli
ascensori, schiacciando il 3.
Quando arrivo
all’appartamento 303
suonò due volte il campanello, cercando di sistemarsi al
meglio, appoggiando il
sacchetto sul pavimento. Guardò la pozza d’acqua
che si formò sulla moquette
del corridoio e sbuffò.
“Mi scusi, signore, il sacchetto si è
bagnato-” iniziò a
spiegare una volta che la porta dell’appartamento venne
aperta, afferrando da
terra il sacchetto.
“Oh, finalmente.”
“-tutto.” finì, prima di alzare di
scatto la testa,
riconoscendo quella voce.
“Tu…”
mormorò,
riducendo gli occhi a due fessure. Il tipo della mattina prima - InuYasha, se non sbagliava - le stava
davanti, un braccio appoggiato allo stipite della porta e gli occhi
fissi su di
lei.
“Grazie al cielo sei arrivata.”
“Tu…”
ripetè
ancora lei. “…che diavolo-”
iniziò,
ma lui cominciò a parlare.
“Ho provato a contattare tutte le Higurashi della
città.”
ammise, strappandole il sacchetto di carta dalle mani e facendole cenno
di
entrare. “Ed è pure venuto un
Higurashi a portarmi una pizza, e potrei scommettere che quella
sottospecie di
peluria che aveva in testa era un parrucchino. Avrei dovuto controllare
il nome
prima di chiamarlo. Sto ancora cercando di togliermi il ricordo dalla
testa.” le
spiegò, incamminandosi nel corridoio
dell’appartamento, ma Kagome rimase
immobile sulla porta, a braccia incrociate. InuYasha si
voltò, non sentendo i
suoi passi dietro di sé.
Kagome non riuscì a trattenere una risata. “Che
c’è, non era
il tuo tipo?”
La fissò stizzito e le fece segno di entrare. Kagome
entrò
sospirando, chiudendosi la porta alle spalle. Rimase immobile nel
corridoio di
ingresso, guardandosi attorno, mentre lui spariva in qualche angolo
della casa.
Sulla parete alla sua destra vi era appeso una stampa giapponese
che ritraeva i tipici samurai dell’epoca Sengoku, molto
probabilmente una
copia. Sotto di essa un tavolino nero lucido, con appoggiate delle
fotografie. Kagome
ne prese una tra le mani, mentre la voce di InuYasha la raggiunse da
un’altra
stanza( urlò qualcosa del tipo ti
prendo
un asciugamano!). Fissò attentamente la foto che
sembrava scattata qualche
anno prima a giudicare dall’aspetto di InuYasha, che non
dimostrava nemmeno
vent’anni. Era ritratto insieme ad una ragazza poco
più bassa di lui, con i
capelli lunghi e corvini e gli occhi di un castano caldo molto simile -
troppo simile, si ritrovò
a pensare
Kagome - ai suoi. Si rese subito
conto di sembrare la fotocopia più giovane di quella
ragazza, che ora doveva
sicuramente essere diventata una donna attraente, dato che era
già così bella
da giovane. E di sicuro erano fidanzati, Kagome lo capì dai
piccoli indizi
presenti nella foto, quali la strana luce negli occhi che entrambi
avevano
mentre si guardavano, il sorriso complice sulle loro labbra, le loro
mani che
si sfioravano, cose che non si condividevano tra due semplici amici. Ma
quella
sembrava essere la foto più recente, segno che probabilmente
si erano lasciati.
Sentì i passi di InuYasha avvicinarsi e strinse maggiormente
la foto tra le dita.
“Andare a letto con
qualcuno che
assomiglia tremendamente alla tua ex
è alquanto patetico.” buttò fuori,
quando capì che InuYasha era abbastanza
vicino da poter sentire.
“Come?”
chiese lui, sbucando fuori da una porta
sulla sinistra del corridoio,
con un asciugamano blu tra le braccia. Kagome indicò la foto
e lui si avvicinò
a lei velocemente, strappandogliela di mano per rimetterla a poco.
“Non vi somigliate
per niente.”
borbottò velocemente, prima di lanciarle
l’asciugamano e avviarsi verso una
porta a destra.
Kagome lanciò
un’ultima occhiata
alla foto e cominciò a frizionarsi i capelli, seguendolo
nella stanza, che si
rivelò poi essere la cucina, arredata con mobili moderni,
quasi anonimi. Si sedette di fronte
a lui,
scusandosi per avergli bagnato il corridoio e rimase ad osservarlo in
silenzio.
“Come si chiama?” gli domandò, senza
riuscire a trattenere
la curiosità.
“Chi?” chiese lui, sorseggiando il
caffè.
“La ragazza nella foto.”
InuYasha appoggiò l’espresso al tavolo e la
fissò,
aggrottando leggermente la fronte.
“Non sono fatti tuoi.” rispose con tono duro,
cogliendola di
sorpresa. Ma poi, preso da chissà quale voglia di parlare
con una sconosciuta -
o quasi - della sua ex, aggiunse in
un sussurro il nome Kikyo.
“Non vi
somigliate per niente.” ripetè, abbassando lo
sguardo.
Il silenzio che seguì fece sentire Kagome a disagio. Si
schiarì
piano la gola.
“Beh, è meglio che vada.”
annunciò, muovendosi per alzarsi.
“E perché?” le chiese lui, rialzando lo
sguardo e addentando
un donut.
“Bè, primo,
perché
devo tornare al lavoro. Sarà un lavoro estivo, ma
è pur sempre pagato. E secondo,
stai aspettando qualcuno,
perciò me ne vado.” spiegò, indicando i
due espressi e i due donut.
“Sto aspettando qualcuno?” ripetè lui
divertito.
Lo sguardo di Kagome passò di nuovo sui due contenitori di
caffè e sopra i due dolci.
“Hai ordinato per due.” constatò.
InuYasha roteò gli occhi e le allungò il
caffè, insieme ad
un donut al cioccolato.
“Fai due più due, è
semplice.” replicò semplicemente, con un
sorriso. “E poi ho chiesto a Miroku di lasciarti il resto
della giornata libero
e ha accettato.”
Lei si risedette, afferrando il caffè e bevendone un sorso,
non del tutto convinta se restare lì fosse l’idea
migliore.
“Perché mai mi hai cercato?”
“Oh, per invitarti fuori. E sono felice che la tua incazzatura sia sparita da ieri
mattina.”
Kagome alzò un sopracciglio, continuando a fissarlo.
“E perché mai dovrei uscire con te?” gli
domandò,
lasciandosi sfuggire una risatina.
“Perché ti ho promesso che ti avrei conquistata
anche da
sobria.”
Represse una risata, Kagome ne fu certa.
“Sei sempre così sicuro di te stesso?”
InuYasha non rispose, bevendo un altro sorso di caffè. Dal
sorriso che le rivolse Kagome capì solo una cosa, che sì, era davvero
così sicuro di se stesso.
Addentò il suo donut e rimase un attimo in silenzio,
pensandoci. “Ok.” rispose infine, sicura che non ci
sarebbe mai riuscito. Non
che non le piacesse, anzi doveva ammettere - superata
l’incazzatura, come l’aveva
chiamata lui, della mattina precedente - che InuYasha l’aveva
colpita.
Kagome sorrise, prima di addentare un altro pezzo del suo
donut e finirono la colazione così, in silenzio.
TO BE CONTINUED…
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Capitolo 3 *** (3/3) ***
Parte: 3 di 3
Introduzione: fiction scritta per la III edizione
del Multifandom
Contest indetto da ro-chan.
Disclaimer:
Inuyasha
e i personaggi della serie non appartengono a me ma alla divina Rumiko
Takahashi e non vengono usate da me a scopo di lucro.
Note dell’autore: 1. non betata, scusate
eventuali errori.
2. ecco l’ultimo capitolo. Grazie a tutti quelli che hanno
recensito e messo la
storia tra i preferiti <3.
Il capitolo è
più corto degli
altri e mi sembra davvero una conclusione
banale, ma la mia ispirazione ha deciso di rimanere a Roma,
mentre io sono
dovuta tornare a casa.
3. commenti - e critiche -
graditi
come sempre.
©Art
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http://nillia.deviantart.com/
ATTO PRIMO (3/3)
"L'amore è
una commedia in un atto: quello sessuale.” Enrique
Jardiel Poncela(*)
“Allora…che tipo è?” le
chiese Sango, osservandola da sopra
la sua tazza ricolma di caffè fumante.
Se ne stava con i gomiti appoggiati al bancone del locale,
incurante degli sguardi scocciati che i clienti dietro di lei le
lanciavano.
“Presuntuoso. Arrogante. Sicuro di sé.”
elencò Kagome,
roteando gli occhi, tra un Arrivederci
e un Ecco a lei il suo caffè,
signore.
“Troppo sicuro di
sé.” aggiunse in un
sussurro, scuotendo la testa. Sospirò e tornò
alla macchina del caffè.
“Ma ti piace.” aggiunse l’amica per lei
subito dopo, senza
nascondere un sorriso.
Kagome le lanciò un’occhiataccia.
“Può darsi.” mormorò,
mordendosi
il labbro inferiore.
“Cioè…sì, no, forse sì,
un pochino-”
Sango non riuscì a trattenere una risatina.
“- e togliti quel sorriso soddisfatto dalla
faccia.” borbottò
in aggiunta, aggrottando la fronte.
“Quando vi vedete?” chiese l’altra, dopo
aver bevuto un
sorso di caffè.
“Passa a prendermi alle sei, appena stacco dal
lavoro.” Kagome
lanciò uno sguardo all’orologio sopra la cassa.
“Tra venti minuti.”
Sango ridacchiò. “Questa non devo proprio
perdermela.”
Si allontanò dal bancone e si sedette al tavolo di fronte al
bancone, lanciando di tanto in tanto sguardi divertiti a Kagome. Fu
solo
quindici minuti e circa dieci caffè dopo che Kagome si
decise ad avvicinarsi al
tavolo di Sango per mandarla via. Non tanto perché le desse veramente fastidio, più che
altro per l’irritazione
- o l’imbarazzo, ancora non le era chiaro - che il sorrisino
sulle labbra
sottili dell’amica le procurava.
“Devo aspettare Miroku.” rispose Sango con falsa
innocenza, anticipandola
quando aprì la bocca per parlare e trattenendo una risata.
“Bugiarda.”
sibilò
Kagome, sfilandosi il grembiule verde.
In quel preciso momento il campanello sopra la porta
tintinnò piano.
“E’ lui?” domandò Sango,
mordendosi il labbro e allungando
il collo per vedere meglio.
Kagome alzò lo sguardo, fino a incrociare gli occhi dorati
di InuYasha.
“Ehm…sì.” rispose con voce
strascicata, mentre rivolgeva un
cenno di saluto con la mano al ragazzo,.
Lanciò il grembiule accanto all’amica, pregandola
di
rimetterlo a posto, e si avvicinò a grandi passi verso di
InuYasha. Non riuscì
a non sentire il debole Poi mi racconti
tutto che Sango pronunciò e abbozzò un
sorriso.
“Andiamo?” le chiese InuYasha, una volta che lo
raggiunse. Kagome
si limitò ad annuire, prima di infilarsi la giacca ed uscire
insieme a lui. Il
campanello sopra le loro teste tintinnò piano
un’altra volta.
*
La prima cosa che
notò quando aprì
gli occhi la mattina seguente, non fu tanto il fatto di ritrovarsi nuda - ancora
una volta - nel suo letto, piuttosto -
ancora
una volta - la figura accanto a lei che ronfava alla grande.
Ma non si stupì
più di tanto.
FIN
|
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