Atto Primo

di Sariel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (1/3) ***
Capitolo 2: *** (2/3) ***
Capitolo 3: *** (3/3) ***



Capitolo 1
*** (1/3) ***


Titolo: Atto Primo.
Fandom: InuYasha
Personaggi: Kagome Higurashi, InuYasha.
Genere: generale, commedia.
Avvertimenti: AU, OOC.
Rating: giallo.
Introduzione: fiction scritta per la III edizione del Multifandom Contest indetto da Emiko e Ro-chan.
Riassunto: La prima cosa che notò quando aprì gli occhi non fu tanto il fatto di ritrovarsi nuda nel suo letto, piuttosto la figura sdraiata accanto a lei, che ronfava alla grande.
Note dell’autore: 1. non betata, scusate eventuali errori.
2. che dire, ci sto prendendo gusto. Ho trovato un fandom che mi piace e che ben presto, verso la fine degli esami, vedrà gli aggiornamenti alla long-fic su InuYasha(tremateeeH). Sì, InuYasha è alquanto OOC, ma - stranamente - lo adoro
3. commenti - e critiche - graditi come sempre.
 
 
  Atto Primo
 
©Art by http://nillia.deviantart.com/
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ATTO PRIMO (1/3)
"L'amore è una commedia in un atto: quello sessuale.”  Enrique Jardiel Poncela(*)
 
La prima cosa che notò quando aprì gli occhi non fu tanto il fatto di ritrovarsi nuda nel suo letto, piuttosto la figura sdraiata accanto a lei, che ronfava alla grande.
Rimase a fissarlo - perché di un ragazzo si trattava - per due minuti buoni, prima di rendersi conto della situazione. Deglutì a vuoto, senza riuscire a pensare ad altro se non calmati Kagome, calmati!.
Lui se ne stava sdraiato a pancia in giù, il viso girato verso di lei e sepolto per metà nel cuscino. Dalle labbra socchiuse, piene e carnose, di un rosso pallido e leggermente umide di saliva, usciva il suo respiro a piccoli sbuffi, colpendo il volto di Kagome.
I capelli argentati gli ricadevano sul volto, leggeri, e per un attimo Kagome pensò di toccarli. Allungò una mano, quasi fino a sfiorarli, ma respinse quell’istinto. Si concentrò sul soffitto, cercando di ricordarsi che diavolo fosse successo, il che era alquanto ovvio.
Ok…respira.” pensò, prima di ispirare profondamente, trattenendo il fiato per qualche secondo prima di buttare fuori l’aria.
Si alzò lentamente, scivolando fuori dal letto, trascinando con sé le lenzuola. Afferrò un cuscino dalla sedia accanto al comodino e lo tirò verso di lui, che non si mosse minimamente quando il cuscino gli atterrò con un puf sul fondoschiena.
Kagome camminò in punta di piedi - anche se non era necessario, dato che la moquette attutiva già i suoi passi - fino al comò. Quando vide il suo riflesso, quasi le venne un colpo. Sulle labbra aveva ciò che rimaneva del rossetto, qualcosa che assomigliava alla lontana al colore messo la sera prima, la matita era sbavata leggermente e i suoi occhi sembravano quelli di un panda. Si passò la mano più volte, togliendosi le macchie nere e provò a sistemarsi alla meglio i capelli, che sembravano indomabili. Scuotendo piano la testa, aprì il secondo cassetto del comò e sfilò un paio di mutandine e un reggiseno, infilandoseli poi in fretta. Si liberò dalle lenzuola, imprecando a bassa voce quando si attorcigliarono attorno alla sua gamba, e le lanciò sul letto.
Si avvicinò all’armadio, ma il suo sguardo cadde sul vestito nero che indossava la sera prima, che le era costato qualcosa come ventisettemila yen(**) e che ora giaceva sgualcito a terra, insieme agli altri vestiti.
Merda.” borbottò, aprendo la porta del bagno e gettando il vestito nel cestone dei vestiti da lavare.
Si guardò intorno, senza sapere se svegliarlo o restarsene con le mani in mano ed aspettare. Misurò la camera a grandi passi, senza smettere di sbuffare, e cercò di fare mente locale.
Primo fatto ovvio, c’era uno sconosciuto nel suo letto.
Secondo fatto ovvio, i loro vestiti erano sparsi per la stanza il che poteva indicare una sola cosa.
Terzo fatto ovvio, tutto ciò che riguardava la sera precedente era immerso nel buio più totale.
Chiuse gli occhi e si porto le dita alle tempie, cominciando a massaggiarle piano, sperando che l’emicrania che stava minacciando di venirle si fermasse. Si ricordava solo di essere entrata in quel dannato pub, di aver ordinato qualcosa e poi…il nulla.
Nada. Nichts. Rien.
Eccetto…Sango. Lei era lì, era stata lei a trascinarla in quel buco, quindi doveva sapere. Corse fino alla borsa, appoggiata sul comò, e afferrò il cellulare, componendo velocemente il numero dell’amica.
Tuu. Tuu. Tuu. Era incredibile quanto lo squillo del telefono potesse essere così irri-
“Pronto?” la voce familiare di Sango all’altro capo del telefono la tranquillizzò un po’.
O forse no.
“C’è un ragazzo nel mio letto.” sibilò Kagome tutta d’un fiato.
“Nuova conquista?” chiese Sango, ridacchiando.
“Io ti sto dicendo che c’è uno nudo nel mio letto e tu ti metti a ridere?” ululò, più forte di quanto volesse. Lo sconosciuto si mosse appena, emettendo qualcosa di simile ad un grugnito.
“Senti…che diavolo è successo ieri sera?”
“Che? Non ti ricordi?”
Kagome rimase in silenzio, maledicendosi mentalmente per aver deciso di chiamare Sango.
“Diciamo che hai alzato un po’ il gomito.” replicò Sango, dopo un attimo di silenzio. “Un po’ tanto.” si affrettò ad aggiungere.
“Tanto quanto, esattamente?”
“Abbastanza da flirtare con uno sconosciuto e andare via con lui.”
Gelo totale. “Grazie Sango.” le disse, atona. “Ti richiamo io.”
Riagganciò e lanciò il cellulare di nuovo in borsa. Si passò una mano tra i capelli e sospirò, prima di andare verso il letto.
E’ ora di andare, mormorò a bassa voce, più a sé stessa che allo sconosciuto. Allungò una mano verso di lui e lo scrollò.
“Ehi, svegliati!”
In risposta lui emise un altro grugnito e Kagome alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
“Ehm, tirati su.” lo scrollò con più forza, senza ottenere nulla. “Avanti, comediavolotichiami, tirati su.”
InuYasha.” Mormorò lui, con la testa ancora affondata nel cuscino.
“Che?”
“InuYasha. Mi chiamo InuYasha.” biascicò, insonnolito, alzando piano la testa.
“Buono a sapersi, InuYasha, ma adesso tirati su. Stai sbavando sul mio cuscino.” gli fece notare, scrollandolo ancora.
“Fuori da casa mia.” aggiunse, con voce più alta.
“Eh?”
“Ho detto, fuori da casa mia.” sillabò lentamente, enfatizzando il tutto con dei colpetti contro il suo braccio.
“Ma quanti anni hai?” soffiò InuYasha, puntellandosi su un gomito per guardarla.
“Diciotto.”
Oh, Dio. Sono andato a letto con una ragazzina.” borbottò lui, allungando una mano verso la moquette per prendere i suoi boxer, che giacevano lì vicino.
Ragazzina a chi? pensò Kagome irritata.
InuYasha si alzò dal letto, lanciandole un’occhiata e lei si coprì istintivamente.
“Tranquilla, non c’è niente che- ”
“Finisci quella frase e sei morto.” lo minacciò lei, puntandogli addosso l’indice. Afferrò una maglia larga dall’armadio dietro di sé e se la infilò in fretta, mentre lui non guardava.
Ok, ok.” sussurrò lui, ridendo. Si piegò per prendere i jeans scuri vicino al comò e se li infilò.
“Come ti chiami?” le domandò, finendo di tirarsi su i pantaloni.
Kagome rimase zitta, fissandolo con un sopracciglio alzato. Fece schioccare la lingua, irritata.
“Higurashi.” rispose infine.
InuYasha la guardò, scuotendo piano la testa. “E un nome non ce l’hai?”
“Tu chiamami solamente Higurashi.”
Lui si limitò a fare spallucce e a superarla, per chinarsi e prendere la sua camicia. Cercò di sistemarla al meglio e se la infilò, cominciando ad allacciarsi piano i bottoni.
“Bene, Higurashi.” iniziò, finendo di abbottonarsi la camicia con lentezza irritante. Quando anche l’ultimo bottone fu nella sua asola, InuYasha si avvicinò a lei e le prese il mento tra le dita, inclinandole leggermente la testa verso l’alto. “E’ stato un piacere.” aggiunse, con un ghigno soddisfatto. Si sporse maggiormente verso di lei, arrivando quasi a sfiorarle le labbra con le sue.
“A presto.”
“Contaci.” soffiò lei, alzando un sopracciglio.
Lui si morse un labbro e inclinò la testa di lato, senza smettere di fissarla. “Ieri sera non mi sembravi così fredda.”
“Ero ubriaca, non conta.”
“Oh, riuscirei a conquistare anche da sobria, stanne certa.” l’assicurò, lasciandole andare il mento e sfiorando piano le sue labbra la punta delle dita.
Lei si ritrasse. “Aspetta e spera.”
InuYasha le lanciò un ultimo sorriso e si voltò, incamminandosi verso l’ingresso dell’appartamento e lei lo seguì. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni qualcosa, qualcosa troppo simile alle sue mutandine, le stesse che sarebbero dovute essere sul pavimento della stanza in quel preciso momento, e si mise a sventolarle con aria sfacciata.
“Maniaco.” sibilò Kagome a denti stretti, allungando una mano per riprenderle, ma lui le alzò, così che lei non potesse raggiungerle. Con l’altra mano l’afferrò per il polso e la bloccò, approfittandone per darle un bacio a fior di labbra.
“Mocciosa. Come ti ho detto, ci vediamo presto.” replicò, ridacchiando, prima di voltarsi e di chiudersi la porta d’ingresso alle spalle.
Kagome rimase ferma, la mano ancora a mezz’aria. Chiuse gli occhi e sospirò.
Idiota.” sussurrò, e non capì se era più rivolto a sé stessa o ad InuYasha.
 
 
TO BE CONTINUED....

 
 
(*)   Il titolo ha un collegamento diretto con il sottotitolo. Forse però la frase non c’entra molto, me ne sono accorta rileggendo la fiction, ma la trovo bellissima e ci tenevo ad usarla.
(**) poco più di 200 euro.


RINGRAZIAMENTI per A stange guy in the metro
x_Mokona, ryanforever, dolcekagome, mikamey, Isy_24, Inuyasha_girl92. Leggere le vostre recensioni mi ha fatto un piacere immenso perchè quella era la prima fiction in assoluto che scrivevo su questo fandom. Grazie davvero.

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Capitolo 2
*** (2/3) ***


Parte: 2 di 3
Introduzione: fiction scritta per la III edizione del Multifandom Contest indetto da ro-chan.
Disclaimer: Inuyasha e i personaggi della serie non appartengono a me ma alla divina Rumiko Takahashi e non vengono usate da me a scopo di lucro.
Note dell’autore: 1. non betata, scusate eventuali errori.
2. ho deciso di continuare la fiction, anche se ho paura che la storia finisca col risultare un po’ banale. Comunque entro la fine del contest (10 luglio) sarà completa u.u probabilmente ci sarà solo un altro capitolo oltre a questo. (Kagome che lavora allo Starbucks…ma ve la immaginate? xD *me ama lo Starbucks*)
3. commenti - e critiche - graditi come sempre.

 
Atto Primo
©Art by http://nillia.deviantart.com/
 
ATTO PRIMO (2/3)
"L'amore è una commedia in un atto: quello sessuale.”  Enrique Jardiel Poncela(*)

“Kagome, un frappuccino alla vaniglia e un espresso. Subito!” urlò Miroku dalla cassa, prima di girarsi per prendere l’ordinazione di un altro cliente.
Kagome sbuffò e alzò gli occhi al cielo, appoggiando al bancone due espressi ordinati poco prima, per poi lanciarsi verso il frigo, aprirlo e tirarne fuori il latte. Lo versò nel frullatore, riempiendolo quasi fino a metà. Ci buttò dentro tre cubetti di ghiaccio e lo sciroppo di vaniglia e accese il frullatore, che partì con un rumore secco. Preparò velocemente il caffè e lo versò in un contenitore, infilando poi la fascia con il marchio Starbucks per evitare che il cliente si scottasse.
Grazie a Sango( alla quale doveva ancora raccontare della mattina del giorno prima), o meglio al suo nonproprioragazzofissomaquasi Miroku-sama, era riuscita ad ottenere un lavoro allo Starbucks della stazione di Kyōbashi, almeno per l’estate. Certo, non era nulla di che, ma almeno poteva guadagnare qualcosa e metterselo da parte. E inoltre il locale non era lontano dalla baia di Tokyo e dal mare, che lei adorava. Ma doveva ammettere che non era un lavoro tranquillo, soprattutto in determinate ore, quando tutti i lavoratori di Tokyo sembravano riversarsi nel locale.
Prese il contenitore con l’espresso già pronto e uno vuoto, riempiendolo con il frappuccino e un po’ di panna montata.
“Ecco a voi.” disse, abbozzando un sorriso, e porse i contenitori ai due clienti al di là del bancone.
Miroku la chiamò di nuovo e lei fece appena in tempo a prendere al volo il sacchetto che le venne lanciato. Era un normale sacchetto di carta marrone, di quelli che servono per contenere cibi e vivande, con attaccato un post-it, e sul post-it un indirizzo e il numero di un appartamento.
“Da quando facciamo consegne a domicilio, Miroku-sama?” chiese d’istinto, non ricordando se c’erano regole specifiche - nel tomo che era stata obbligata a leggere per diventare una dipendente perfetta Starbucks - a riguardo.
“Non le facciamo.”
“E quindi?”
“Quindi…questo è un mio amico, perciò possiamo fare la consegna a domicilio.” replicò, con un ampio sorriso. E naturalmente sarai tu a farlo, ma quello era sottinteso. Kagome annuì e si tolse il grembiule verde, prima di uscire dal locale.
“Cavolo.” mormorò, osservando il cielo nuvoloso, che minacciava pioggia da un momento all’altro.
Afferrò la bici e pedalò il più veloce possibile, sperando di evitare di prendere l’acqua, ma grosse gocce di pioggia cominciarono a scendere, bagnandola. Cercò di pedalare più forte, ma quando arrivò all’indirizzo segnato sul post-it - un palazzo di circa dieci piani, molto moderno - era ormai fradicia. Lasciò la bici di fronte all’ingresso ed entrò, recandosi subito verso gli ascensori, schiacciando il 3.
Quando arrivo all’appartamento 303 suonò due volte il campanello, cercando di sistemarsi al meglio, appoggiando il sacchetto sul pavimento. Guardò la pozza d’acqua che si formò sulla moquette del corridoio e sbuffò.
“Mi scusi, signore, il sacchetto si è bagnato-” iniziò a spiegare una volta che la porta dell’appartamento venne aperta, afferrando da terra il sacchetto.
“Oh, finalmente.”
“-tutto.” finì, prima di alzare di scatto la testa, riconoscendo quella voce.
Tu…” mormorò, riducendo gli occhi a due fessure. Il tipo della mattina prima - InuYasha, se non sbagliava - le stava davanti, un braccio appoggiato allo stipite della porta e gli occhi fissi su di lei.
“Grazie al cielo sei arrivata.”
Tu…” ripetè ancora lei. “…che diavolo-” iniziò, ma lui cominciò a parlare.
“Ho provato a contattare tutte le Higurashi della città.” ammise, strappandole il sacchetto di carta dalle mani e facendole cenno di entrare. “Ed è pure venuto un Higurashi a portarmi una pizza, e potrei scommettere che quella sottospecie di peluria che aveva in testa era un parrucchino. Avrei dovuto controllare il nome prima di chiamarlo. Sto ancora cercando di togliermi il ricordo dalla testa.” le spiegò, incamminandosi nel corridoio dell’appartamento, ma Kagome rimase immobile sulla porta, a braccia incrociate. InuYasha si voltò, non sentendo i suoi passi dietro di sé.
Kagome non riuscì a trattenere una risata. “Che c’è, non era il tuo tipo?”
La fissò stizzito e le fece segno di entrare. Kagome entrò sospirando, chiudendosi la porta alle spalle. Rimase immobile nel corridoio di ingresso, guardandosi attorno, mentre lui spariva in qualche angolo della casa.
Sulla parete alla sua destra vi era appeso una stampa giapponese che ritraeva i tipici samurai dell’epoca Sengoku, molto probabilmente una copia. Sotto di essa un tavolino nero lucido, con appoggiate delle fotografie. Kagome ne prese una tra le mani, mentre la voce di InuYasha la raggiunse da un’altra stanza( urlò qualcosa del tipo ti prendo un asciugamano!). Fissò attentamente la foto che sembrava scattata qualche anno prima a giudicare dall’aspetto di InuYasha, che non dimostrava nemmeno vent’anni. Era ritratto insieme ad una ragazza poco più bassa di lui, con i capelli lunghi e corvini e gli occhi di un castano caldo molto simile - troppo simile, si ritrovò a pensare Kagome - ai suoi. Si rese subito conto di sembrare la fotocopia più giovane di quella ragazza, che ora doveva sicuramente essere diventata una donna attraente, dato che era già così bella da giovane. E di sicuro erano fidanzati, Kagome lo capì dai piccoli indizi presenti nella foto, quali la strana luce negli occhi che entrambi avevano mentre si guardavano, il sorriso complice sulle loro labbra, le loro mani che si sfioravano, cose che non si condividevano tra due semplici amici. Ma quella sembrava essere la foto più recente, segno che probabilmente si erano lasciati.
Sentì i passi di InuYasha avvicinarsi e strinse maggiormente la foto tra le dita.
“Andare a letto con qualcuno che assomiglia tremendamente alla tua ex è alquanto patetico.” buttò fuori, quando capì che InuYasha era abbastanza vicino da poter sentire.
“Come?” chiese lui, sbucando fuori da una porta sulla sinistra del corridoio, con un asciugamano blu tra le braccia. Kagome indicò la foto e lui si avvicinò a lei velocemente, strappandogliela di mano per rimetterla a poco.
“Non vi somigliate per niente.” borbottò velocemente, prima di lanciarle l’asciugamano e avviarsi verso una porta a destra.
Kagome lanciò un’ultima occhiata alla foto e cominciò a frizionarsi i capelli, seguendolo nella stanza, che si rivelò poi essere la cucina, arredata con mobili moderni, quasi anonimi. Si sedette di fronte a lui, scusandosi per avergli bagnato il corridoio e rimase ad osservarlo in silenzio.
“Come si chiama?” gli domandò, senza riuscire a trattenere la curiosità.
“Chi?” chiese lui, sorseggiando il caffè.
“La ragazza nella foto.”
InuYasha appoggiò l’espresso al tavolo e la fissò, aggrottando leggermente la fronte.
“Non sono fatti tuoi.” rispose con tono duro, cogliendola di sorpresa. Ma poi, preso da chissà quale voglia di parlare con una sconosciuta - o quasi - della sua ex, aggiunse in un sussurro il nome Kikyo. “Non vi somigliate per niente.” ripetè, abbassando lo sguardo.
Il silenzio che seguì fece sentire Kagome a disagio. Si schiarì piano la gola.
“Beh, è meglio che vada.” annunciò, muovendosi per alzarsi.
“E perché?” le chiese lui, rialzando lo sguardo e addentando un donut.
“Bè, primo, perché devo tornare al lavoro. Sarà un lavoro estivo, ma è pur sempre pagato. E secondo, stai aspettando qualcuno, perciò me ne vado.” spiegò, indicando i due espressi e i due donut.
“Sto aspettando qualcuno?” ripetè lui divertito.
Lo sguardo di Kagome passò di nuovo sui due contenitori di caffè e sopra i due dolci.
“Hai ordinato per due.” constatò.
InuYasha roteò gli occhi e le allungò il caffè, insieme ad un donut al cioccolato.
“Fai due più due, è semplice.” replicò semplicemente, con un sorriso. “E poi ho chiesto a Miroku di lasciarti il resto della giornata libero e ha accettato.”
Lei si risedette, afferrando il caffè e bevendone un sorso, non del tutto convinta se restare lì fosse l’idea migliore.
“Perché mai mi hai cercato?”
“Oh, per invitarti fuori. E sono felice che la tua incazzatura sia sparita da ieri mattina.”
Kagome alzò un sopracciglio, continuando a fissarlo.
“E perché mai dovrei uscire con te?” gli domandò, lasciandosi sfuggire una risatina.
“Perché ti ho promesso che ti avrei conquistata anche da sobria.”
Represse una risata, Kagome ne fu certa.
“Sei sempre così sicuro di te stesso?”
InuYasha non rispose, bevendo un altro sorso di caffè. Dal sorriso che le rivolse Kagome capì solo una cosa, che , era davvero così sicuro di se stesso.
Addentò il suo donut e rimase un attimo in silenzio, pensandoci. “Ok.” rispose infine, sicura che non ci sarebbe mai riuscito. Non che non le piacesse, anzi doveva ammettere - superata l’incazzatura, come l’aveva chiamata lui, della mattina precedente - che InuYasha l’aveva colpita.
Kagome sorrise, prima di addentare un altro pezzo del suo donut e finirono la colazione così, in silenzio.
 
 
TO BE CONTINUED…

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Capitolo 3
*** (3/3) ***


Parte: 3 di 3
Introduzione: fiction scritta per la III edizione del Multifandom Contest indetto da ro-chan.
Disclaimer: Inuyasha e i personaggi della serie non appartengono a me ma alla divina Rumiko Takahashi e non vengono usate da me a scopo di lucro.
Note dell’autore: 1. non betata, scusate eventuali errori.
2. ecco l’ultimo capitolo. Grazie a tutti quelli che hanno recensito e messo la storia tra i preferiti <3.

Il capitolo è più corto degli altri e mi sembra davvero una conclusione banale, ma la mia ispirazione ha deciso di rimanere a Roma, mentre io sono dovuta tornare a casa.
3. commenti - e critiche - graditi come sempre.
 
 
Atto Primo
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ATTO PRIMO (3/3)
"L'amore è una commedia in un atto: quello sessuale.”  Enrique Jardiel Poncela(*)
 
 
“Allora…che tipo è?” le chiese Sango, osservandola da sopra la sua tazza ricolma di caffè fumante.
Se ne stava con i gomiti appoggiati al bancone del locale, incurante degli sguardi scocciati che i clienti dietro di lei le lanciavano.
“Presuntuoso. Arrogante. Sicuro di sé.” elencò Kagome, roteando gli occhi, tra un Arrivederci e un Ecco a lei il suo caffè, signore. “Troppo sicuro di sé.” aggiunse in un sussurro, scuotendo la testa. Sospirò e tornò alla macchina del caffè.
“Ma ti piace.” aggiunse l’amica per lei subito dopo, senza nascondere un sorriso.
Kagome le lanciò un’occhiataccia. “Può darsi.” mormorò, mordendosi il labbro inferiore. “Cioè…sì, no, forse , un pochino-”
Sango non riuscì a trattenere una risatina.
“- e togliti quel sorriso soddisfatto dalla faccia.” borbottò in aggiunta, aggrottando la fronte.
“Quando vi vedete?” chiese l’altra, dopo aver bevuto un sorso di caffè.
“Passa a prendermi alle sei, appena stacco dal lavoro.” Kagome lanciò uno sguardo all’orologio sopra la cassa. “Tra venti minuti.”
Sango ridacchiò. “Questa non devo proprio perdermela.”
Si allontanò dal bancone e si sedette al tavolo di fronte al bancone, lanciando di tanto in tanto sguardi divertiti a Kagome. Fu solo quindici minuti e circa dieci caffè dopo che Kagome si decise ad avvicinarsi al tavolo di Sango per mandarla via. Non tanto perché le desse veramente fastidio, più che altro per l’irritazione - o l’imbarazzo, ancora non le era chiaro - che il sorrisino sulle labbra sottili dell’amica le procurava.
“Devo aspettare Miroku.” rispose Sango con falsa innocenza, anticipandola quando aprì la bocca per parlare e trattenendo una risata.
Bugiarda.” sibilò Kagome, sfilandosi il grembiule verde.
In quel preciso momento il campanello sopra la porta tintinnò piano.
“E’ lui?” domandò Sango, mordendosi il labbro e allungando il collo per vedere meglio.
Kagome alzò lo sguardo, fino a incrociare gli occhi dorati di InuYasha.
“Ehm…sì.” rispose con voce strascicata, mentre rivolgeva un cenno di saluto con la mano al ragazzo,.
Lanciò il grembiule accanto all’amica, pregandola di rimetterlo a posto, e si avvicinò a grandi passi verso di InuYasha. Non riuscì a non sentire il debole Poi mi racconti tutto che Sango pronunciò e abbozzò un sorriso.
“Andiamo?” le chiese InuYasha, una volta che lo raggiunse. Kagome si limitò ad annuire, prima di infilarsi la giacca ed uscire insieme a lui. Il campanello sopra le loro teste tintinnò piano un’altra volta.
 
*
 
La prima cosa che notò quando aprì gli occhi la mattina seguente, non fu tanto il fatto di ritrovarsi nuda - ancora una volta - nel suo letto, piuttosto  - ancora una volta - la figura accanto a lei che ronfava alla grande.
Ma non si stupì più di tanto.
 
 
FIN

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