Come sabbia tra le dita

di Alexa_02
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Even the worst is not The Worst ***
Capitolo 2: *** No tears left to cry ***



Capitolo 1
*** Even the worst is not The Worst ***


Prologo
 
 
 
La mia vita è finita esattamente alla fine dell’estate. In verità, per certi versi, è anche cominciata.
Ripensando ai problemi che in quel periodo mi sembravano insormontabili, mi viene da ridere.
La mia realtà era identica a quella di chiunque altro. Ottime amiche, un ragazzo stupendo, fratelli rompi scatole e genitori onnipresenti. Avevo tutto ma mi sembrava che non fosse mai abbastanza. Non ho mai apprezzato veramente ciò che la vita mi aveva offerto, finché non l’ho perso.
George Bernard Shaw diceva che quando non si può apprezzare ciò che si ha, tanto vale avere solo ciò che si può apprezzare. E credo che il destino abbia fatto proprio questo con me, mi ha fatto apprezzare ciò che mi è rimasto, togliendomi parte di ciò che avrei dovuto apprezzare.
 
 
Chapter 1
 
«Non ho parole, Bridgette, davvero» piagnucola Lena, stravaccata sul mio letto «I tuoi partono per una settimana e tu non cogli l’occasione per andare ad una mega festa? Sono sconvolta». Si appoggia una mano sul petto inesistente, cercando di enfatizzare il discorso. Penny annuisce con forza, scuotendo i riccioli scuri, mentre sfoglia Cosmopolitan.
Le ignoro, continuando imperterrita a divorare la ciambella glassata che mi hanno portato. «Vi ho già spiegato che non posso. Verrei volentieri alla festa ma ho degli impedimenti che non me lo permettono» brontolo, scuotendo le briciole via dal copriletto fiorito.
«Questi tuoi impedimenti sono del tutto superabili» afferma Lena «È la festa di fine estate, Bridge, è la migliore di tutto l’anno».
«Oltretutto, se non andiamo, la nostra popolarità comincerà a precipitare inesorabilmente». Penny e la sua ossessione patologica per la celebrità liceale. Non c’è nulla che la faccia impazzire come guadagnare un gradino in più nella scala sociale.
«Pensa ai ragazzi. La festa sarà piena di possibili nuovi fidanzati che non ti pugnaleranno alle spalle senza ritegno» gracchia Lena, con un inquietante luccichio negli occhi scuri. «Può essere un ottimo modo per dimostrare a tutti che non ti sei ritirato sotto un sasso come una lumaca e che senza quello stronzo stai alla grande». Vedendomi tentennare, rincara la dose. «Ross ci sarà di scuro. Non perde mai un'occasione per spassarsela, giusto?»
Ahi. La fulmino con lo sguardo. Ok, colpo basso Lena. «Io...non lo so ragazze...non so se me la sento» sospiro.
Penny le dà un calcio in uno stinco e inclina la testolina riccioluta, con aria mortificata. «Non ti devi preoccupare, Bridge. Se non sei pronta a rivederlo, non ci andiamo. Restiamo tutte e tre qui e ci vediamo un bel film».
La sua voce piena di pietà mi irrita il sistema nervoso. Non sono un animaletto ferito per cui dispiacersi. Mi affretto ad inventare una nuova scusa, che non riguardi il mio schifoso ex-ragazzo. «Ross non c’entra niente. Ho dei fratelli a cui badare, non posso lasciarli qui. Oltretutto, i miei ci hanno vietato categoricamente di andare a qualsiasi festa in loro assenza, quindi non posso proprio venire» affermo, rotolando lontano dai loro sguardi opprimenti.
Lena sospira sognate, giocherellando con la collana. «Puoi sempre chiedere a Jesse di coprirti». Fissa la parete che ci divide da mio fratello con un sorrisetto malizioso. «Anche se sarebbe un crimine contro l’umanità impedirgli di venire alla festa».
Le schioccò le dita davanti al naso. «Questa cotta morbosa che hai per mio fratello non è normale» la informo inorridendo «Comunque, vi ricordo che Jesse non è il mio unico fratello. Benji è facile da corrompere, ma se non porto Maddie con me farà la spia non appena mamma e papà torneranno».
Lena rabbrividisce, sistemandosi la frangia rossa. «Ha tredici anni. Non può venire alla festa con noi»
Sbuffo alzandomi dal letto. «Non posso farla scomparire, Lena. Perciò non vedo altre soluzioni. Non so nemmeno se Jesse è d'accordo». Il mio arrampicarmi sugli specchi si sta facendo palese.
Penny ride, arricciando gli angoli della rivista. «Ti basterà chiederglielo e ti dirà sì. Ti adora alla follia e tu lo sai».
Mi fisso riflessa nello specchio, pettinandomi i lunghi capelli castani con le dita. «Resta il problema Maddie». Non voglio andare a quella stupida festa. Cerco di attaccarmi ad ogni singolo, minuscolo problema per evitare di rivedere Ross. Fa ancora troppo male.
«Ci penso io a lei, non ti preoccupare. So come convincerla» mi rassicura Lena, raggiungendomi davanti allo specchio.
«Cosa succede se i miei lo vengono a sapere?» domando preoccupata. Medito sempre molto sulle conseguenze delle mie azioni, l'impulsività è una prerogativa di Lena.
«Sono su una barca in mezzo al mare a festeggiare il loro anniversario. Staranno facendo così tanto sesso che non si ricorderanno nemmeno che hanno dei figli sulla terra ferma».
 
 
 
«Non se ne parla nemmeno. Non andrai ad una festa vestita così» borbotta Jesse risoluto. È appoggiato allo stipite della porta e mi osserva corrucciato, mentre saltello per infilarmi i sandali con il tacco. Abbasso la gonna rosa che mi è risalita leggermente lungo le cosce nude e sistemo il top nero, cercando di nascondere la presenza del reggiseno imbottito. Sono ancora indecisa se indossarlo o meno. 
«Non ti piace?» domando passandomi il lucidalabbra.
Lui scuote la testa, agitando i capelli castani. «No. Sì. No» mormora «Ogni volta che ti pieghi si vede tutto, non posso lasciarti uscire di casa conciata così».
Ridacchio, osservandomi nello specchio. Mangiati le mani, Ross.
Jesse sbuffa alle mie spalle. «Questo ha qualcosa a che fare con il fatto che hai rotto con il mio migliore amico?».  
Un brivido mi percorre la schiena. Come puoi dire a tuo fratello che il suo migliore amico ti ha tradita spezzandoti il cuore in un milione di pezzi? Semplice. Non puoi.
Sospiro, afferro la pochette bianca e ci butto dentro il cellulare. «No, Jess».
Jesse mi afferra la mano. «Dimmi cosa succede, Bridge. Ci diciamo sempre tutto, perché questa volta è diverso?».
Lo guardo ed è come osservarsi allo specchio. Siamo identici in un modo quasi snervante. Due metà della stessa mela. Ci capiamo al volo e faremmo di tutto l'uno per l'altra. Per questo so che se gli dicessi la verità, arriverebbe a picchiare a sangue il suo migliore amico.
Fisso la piccola cicatrice che ha sul labbro superiore. Se l’è procurata per colpa mia. Mi aveva difesa da un bambino che alle elementari mi aveva tirato i capelli. Gli sorrido cercando di sembrare sincera. «Non è successo nulla, Jesse, davvero. Stava diventando troppo seria e abbiamo deciso di rompere. Nulla di che». Odio mentirgli, mi fa sentire male fisicamente, ma non posso fare altrimenti. 
Mi scruta accigliato per qualche secondo, senza parlare. So che non mi crede, ci capiamo troppo bene a vicenda, è come se avessimo un radar per le bugie. In ogni caso, abbassa lo sguardo e annuisce. «Va bene».
Afferro una giacca e scendo le scale, mentre Jesse mi segue. Penny e Lena sono in soggiorno che mi aspettano e appena lo vedono, si illuminano come delle insegne al neon. Maddie ci fissa dal divano con un sorrisetto stampato in faccia, mentre Benji le dorme accanto.
«Cosa le hai promesso perché non dica nulla?» domando a Lena.
Lei sospira drammaticamente. «L’anno prossimo avrà l’entrata facile tra noi cheerleader» borbotta a denti stretti. So quanto le costa, perciò le sorrido grata.
 
 
Penny parcheggia la sua macchina rossa nella piazzola asfaltata che precede il parco. Lentamente scendiamo e raggiungiamo la folla, che si agita a ritmo di musica. La festa di fine estate è un falò dove i ragazzi si ubriacano, ballano, fanno sesso e poi finisco per buttarsi nudi nel lago. Non mi ha mai attirato, ma se serve per mostrare a tutti che sto alla grande senza Ross, allora facciamo festa.
Lena mi trascina verso il tavolo degli alcolici, riempie due bicchieri rossi e me ne porge uno. L’alcol mi dà la nausea, perciò mi limito a tenere il bicchiere in mano, mentre lei se ne scola due di fila.
«Andiamo a divertirci!» strilla lanciando il bicchiere vuoto nell’erba, facendomi irritare. Non è lei che spende le domeniche mattina a ripulire il parco dalla spazzatura.
Okay, ora basta. Devo rilassarmi. Svuoto il bicchiere con un sorso unico e lo appoggio sul tavolo pieno di liquori. Lena mi trascina verso la massa e cominciamo a ballare tra la folla sudata. Scorgo Penny, seduta sulle ginocchia del suo ragazzo, che mi sorride. Ethan la tiene stretta a sé e le bacia il collo. Una punta di gelosia mi pizzica il petto, facendomi sentire uno schifo. Solo il mio ragazzo è uno stronzo totale.
Muovo i fianchi a ritmo di musica insieme a Lena. Lei ride e agita i capelli rossi al vento. Un ragazzo mi posa una mano sullo stomaco e mi tira contro il suo corpo. Mi appoggio a lui e balliamo insieme. Non ho idea di chi sia esattamente, credo si chiami Tyler, ma non mi importa molto. Il suo calore mi irradia, sento il suo fiato sul collo e il ritmo della musica nel petto.
«Togliti!» sbraita una voce troppo familiare contro la musica. Una mano mi afferra il braccio e mi trascina fuori dalla massa. L’aria fresca mi colpisce come uno schiaffo.
«Si può sapere che diavolo fai?» chiede Ross furioso, scrutandomi con i suoi meravigliosi occhi nocciola. È più bello di quanto mi ricordassi. I capelli castani sono accuratamente scompigliati, porta una giacca scura e i jeans aderenti. È uno schianto, ma questo già lo sapevo.
«Mi diverto. Tu piuttosto che cavolo fai? Non hai più il diritto di potermi toccare» sbraitò scrollandomi la sua mano di dosso.
«Sono il tuo ragazzo, Bridgette!» strilla contro il rumore della folla. La sua voce roca mi fa ancora tremare le ginocchia.
«No, non lo sei. Hai perso il titolo quando hai deciso che scoparti Brooke Scott era più importante della nostra relazione!» urlo dandogli uno spintone.
Lui mi afferra gli avambracci, avvicinandosi e invadendo il mio spazio personale. Le sue grandi mani mi risalgono le braccia finché non mi ghermiscono il viso. Il mio corpo risponde al suo tocco in modo sistematico. Lo vuole anche se il mio cervello grida di scappare a gambe levate. Lo brama e mi fa perdere lucidità. Ross mi accarezza le guance bollenti con i pollici e mi inchioda all'erba con lo sguardo carico di passione. «Io ti amo» mi sussurra roco. Mi attira a sé e, prima che me ne renda conto, mi afferra il mento e mi bacia. Dentro di me divampa un incendio pericoloso e, quando approfondisce il bacio, tutte le mie difese crollano. La sua mano mi scorre lungo la schiena e mi afferra il sedere. I nostri corpi combaciano alla perfezione. Si sfiorano nei punti giusti, rendendo tutto così maledettamente torrido. Vorrei dirgli di non toccarmi, ma non riesco a smettere di baciarlo. È famigliare. È quello che nel profondo voglio di più.
Si stacca per prendere aria e appoggia la fronte alla mia. «Vieni con me». Mi prende per mano e mi porta lontano dalla folla, verso il parcheggio. Sento il mio nome risuonare nell’aria ma non ci faccio caso. Ross mi spinge contro la sua Jeep e ricomincia a baciarmi con foga. Le sue mani viaggiano lungo tutto il mio corpo, sotto i vestiti e contro la pelle. Mi sembra di andare a fuoco. Faccio scorrere i palmi sotto la sua maglietta, contro i suoi addominali, facendolo gemere. Lo sento armeggiare con la portiera ma, prima che possa aprila, viene interrotto.
«Bridgette!» sbraita Lena venendoci incontro. Il cervello si ricollega con il corpo e mi allontano dalla bocca di Ross.
Lena mi afferra la mano e mi strattona lontano da lui. Si piazza tra noi con le mani sui fianchi e lo sguardo infuriato. «Bridgette cosa fai?». Il suo sguardo viaggia dai capelli spettinati, al top slacciato, fino alla gonna leggermente alzata.
Quando mi ha slacciato il top?
Balbetto tirando su la zip. «Nulla…io…non...». Cosa stavo facendo? Perché l'ho baciato?
«Fatti i cazzi tuoi, Lena» la rimprovera Ross.
La mia migliore amica lo colpisce in pieno petto, facendolo indietreggiare. «Stai lontano da lei, stronzo». Si gira verso di me facendo volteggiare i capelli come una frusta. «Si è scopato tutte le ragazze della scuola, te ne sei dimenticata per caso?». Il tatto non è una delle sue migliori qualità, ma alcune volte è necessario.
Il disgusto per me stessa mi cola addosso come una doccia fredda. Mi risveglio dallo stato di trans, rendendomi conto delle mie azioni. Avrei perdonato le sue azioni da fedifrago solo perché mi manca come respirare? Assolutamente no.   
«Bridge…» lui fa un passo avanti, cercando di sfiorarmi.
«No» lo fermo «Non voglio più avere niente a che fare con te. Mi hai tradita e ti aspetti che basti un ti amo per sistemare le cose? Io non voglio più stare con te. Non toccarmi».
Apre la bocca per dire qualcosa ma la richiude subito, stringe i pugni e serra la mascella. La sua espressione infuriata mi ha sempre terrorizzata. 
«Bridgette» mi chiama Penny. Lei ed Ethan ci raggiungono nel parcheggio. «Cosa succede?».
Ross scoppia in una risata sguaiata e si avvicina a Lena. «Sai, è buffo che proprio tu parli di tradimento».
Lei indietreggia, stringendosi le braccia al petto. «N-no-non so di cosa parli» tartaglia.
Lena balbetta sempre quando mente.
«Sei un po’ ipocrita, non credi?». Nei suoi occhi brilla una rabbia cieca. «La medaglia per la miglior traditrice spetta a te, Lena».
«Non ascoltarlo, Bridge» mi posa una mano sulla spalla e mi guarda dritta negli occhi. «Non ascoltarlo. Sono solo bugie».
Cosa?
Me la scrollo di dosso e fisso Ross. «Cosa diavolo significa?».
«Di cosa parli?» domanda Penny, piazzandosi al mio fianco.
«Ve lo faccio vedere». Sfila il telefono dai jeans e me lo porge. Schiaccia lo schermo facendo partire un video di lui e Lena in camera sua.
«Bridgette, no!» Lena prova a prendere il telefono ma Ross la ferma.
«Perché privarla di un tale spettacolo?» chiede sarcastico.
Penny ed Ethan si sporgono oltre la mia spalla e fissiamo insieme il video. Lena e Ross cominciano a baciarsi e a spogliarsi a vicenda. Lui la tira sul letto e le sfila la gonna della divisa. Lena mugugna e sospira soddisfatta quando lui la tocca.
«Non ti dispiace nemmeno un po' per Bridgette?» le chiede Ross nel video. «Pensavo fosse la tua migliore amica»
Lena gli infila la mano nei boxer con lo sguardo carico di malizia. «Vuoi parlare di Bridge o vuoi spassartela con qualcuno che ci sa davvero fare?».
Lui non se lo fa ripetere e cominciano a fare sesso. I loro corpi nudi che si avvinghiano mi danno la nausea. Il silenzio del parcheggio viene riempito dai versi da puttana di Lena.
Il mio ragazzo e la mia migliore amica che fanno sesso non sono la cosa peggiore. La data che compare sul video è di quattro mesi fa. Ross e io eravamo più innamorati che mai quattro mesi fa. O almeno così credevo. 
Mi viene da vomitare. Vorrei espellere tutte queste sensazioni terrificanti. Sento lo stomaco bruciare e la testa pulsare senza freno. Il video scorre e il parcheggio intorno a noi comincia a girare. Lena mugugna e sospira contro il corpo del mio ragazzo. La bile mi risale l’esofago mista ad una rabbia cieca che non riesco a controllare. 
«Lena…» bisbiglia Penny coprendosi la bocca con la mano. Oh, è vero. Anche loro stanno guardando i frammenti del mio cuore dissolversi come polvere.
Lena prova a toccarmi allungando le mani. «Bridgette…non è come sembra…io non…».
Lo schiaffo che le do interrompe i suoi vaneggiamenti e ricaccia indietro il vomito.
Non ho mai schiaffeggiato nessuno in vita mia, ma in questo momento vorrei colpirla di nuovo, con qualcosa di più pesante. 
Gli occhi mi si riempiono di lacrime e sfocano la sua espressione terrorizzata. Vorrei urlarle di smetterla di fare quella faccia, non è lei la vittima qui.
«Bridge…io…» singhiozza come una poppante.
Mi allungo per colpirla ancora ma Penny mi prende la mano e mi stringe a sé. «Perché?» le domanda. Ha lo sguardo colmo di disapprovazione e di disgusto. Non ho mai visto quelle espressioni sul suo viso.
Lena singhiozza più forte. Perché piange? Non ha nessun diritto di piangere. «Io non so perché…lui era lì…ero così invidiosa…».
Le sue stupide scuse mi scuotono. «Ottima motivazione, complimenti!» abbaio sarcastica.
Questi versi porno di sottofondo mi stanno facendo impazzire. Lancio il cellulare di Ross contro la macchina di qualcuno e lo mando in frantumi.
«Cazzo» guaisce Ross «Il mio telefono!».
«Ringrazia il cielo che non sono le tue palle!» strillo.
Lui fa un passo indietro pronto a schivare un colpo che non ho intenzione di tirargli. No. La mia rabbia stasera è solo per Lena.
«Ti rendi conto di essere solo una puttana?» non ho mai usato questo tono tagliente «Ti ha scopata per vantarsene! Cosa credevi? Credevi veramente che potesse amarti?».
Piange più forte, ma le lacrime da coccodrillo con me non attaccano. Credevo che il tradimento di Ross fosse la cosa peggiore che potesse mai capitarmi, ma questo è anche peggio. Lena è la migliore amica dall’asilo, siamo sempre state sincere l’una con l’altra.  
«Non pensare che sia stata la debolezza di una volta sola. Lo abbiamo fatto un sacco di volte, vero Lena?» borbotta Ross insolente «L'ultima volta è stata tre giorni fa, mi pare?»
Il pugnale che mi hanno piantato nella schiena scivola più in profondità. 
«Smettila, Ross!» ruggisce Ethan dandogli uno spintone. È più grosso di Ross e questo basta per farlo tacere. 
Penny scuote la testa e fissa il vuoto. Vedo gli ingranaggi del suo cervello cercare di elaborare la cosa. Sembra spaesata. Beh, siamo in due.
«Spero ti sia piaciuto…» sento le lacrime scivolare lungo le guance «Spero ne sia valsa la nostra amicizia…»
Mi prende la mano. «Mi dispiace, Bridge…non volevo, mi dispiace» bofonchia la traditrice, tirando su con il naso.
«Non me ne faccio un cazzo delle tue scuse».
«Siamo migliori amiche» guaisce.
«No, Lena. Non lo eravamo davvero e non lo saremo mai». Devo allontanarmi da lei. «Se pensi che in qualche modo potrei mai perdonarti, hai sbagliato a capire. Per me sei morta». Me la scrollo di dosso e punto alla strada con passo sostenuto.
«Bridgette, aspetta!» Penny mi insegue e mi ferma «Dove vai?».
«Il più lontano possibile da loro!» strillo cercando di fermare le lacrime.
«Non puoi tornare a casa a piedi» mi prende la mano «Ti porto io». Mi circonda con un braccio e mi tira a sé. Mi sciolgo in una pozza di dolore, infradiciando il suo vestito a fiori.
 
Non ricordo bene come, ma mi ritrovo seduta sul sedile posteriore della macchina di Penny, a fissare la mia ex-migliore amica e il mio ex-ragazzo che mi guardano.
Non è sano provare tanto odio verso due persone, ma non posso farne a meno. Mi sembra di spaccarmi in due e di precipitare nel vuoto. Vorrei poter scendere e dire a Lena che la perdono e che capisco quanto Ross possa essere affascinate e insistente. Ma perdonarla significherebbe ammettere che mi va bene quello che ha fatto e che sono d’accordo. E se c'è una cosa su cui non transigo è il tradimento. Perciò, mi limito a chiudere gli occhi e concentrarmi sullo straparlare di Penny e sulla voce rassicurante di Ethan.
Una volta davanti a casa, Penny insiste per stare con me, ma in questo momento voglio solo affondare la faccia in una vaschetta di gelato e dormire fino a quando il mondo non smetterà di girare. Le assicuro che sto bene e che la chiamerò l’indomani, e lei cede.
Mi trascino dentro casa e verso il soggiorno come uno zombie, con le scarpe in mano e l’orgoglio a pezzi. Entrando in cucina, mi blocco davanti alla figura di mio fratello gemello accasciata sul pavimento. Ha il viso rosso, rigato di lacrime e il cordless stretto tra le mani.
«Jess?» sussurro nel buio.
Alza lo sguardo verso di me e tira su con il naso.
Non ho mai visto mio fratello piangere. È come se qualcuno mi stesse strappando la pelle con delle pinze incandescenti. Lo stomaco tocca il suolo quando lui si stringe la testa fra le mani ed emette un rantolo. Mi lascio cadere sul pavimento accanto a lui. «Jesse?».
«M-mamma e papà…la loro barca…» bofonchia.
Mi manca l’aria e mi tremano le mani. Non voglio che continui.
«L-la loro barca...incidente…s-sono…m-morti…» balbetta tra i singhiozzi. Mi affonda la testa nel collo e continua a piangere senza sosta. Lo stringo con forza e aspetto che qualcuno mi schiaffeggi per svegliarmi, perché questo deve essere un fottutissimo incubo.

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Capitolo 2
*** No tears left to cry ***


Chapter 2
 
 
 
È tutto ovattato.
Tutto senza un senso logico.
Vorrei urlare ma non ci riesco.
Vorrei piangere ma non ci riesco.
Cullo Jesse tra le braccia, tenendomi stretta a mio fratello come se ne dipendesse la mia vita.
E so che è così. Se lo lasciassi andare mi dissolverei nel nulla, sparendo come polvere.
Pensavo che il peggio mi fosse già capitato. Ma non avevo idea che esistesse il peggio del peggio. 
 
 
Restiamo abbracciati sulle piastrelle della cucina per un tempo indefinito. Lui piange. Io fisso il vuoto cercando di respirare
Quando riprende controllo di sé, mi spiega cos’è successo.
«A notte fonda, la barca su cui erano ha naufragato a causa di una tempesta» gratta una macchia dal pavimento e mormora con voce roca «Ci sono stati pochi superstiti, tra cui Lauren e Steve». Gli amici di mamma e papà in vacanza con loro. «Mi hanno chiamato un’ora fa e Lauren era sconvolta, non ho capito molto, a parte la parte fondamentale» tossisce per nascondere un singhiozzo. «Richiamerà domani mattina».
Mi sento intorpidita.
Dovrei alzarmi e fare qualcosa, ma non so cosa. Prendo il cellulare dalla borsa e chiamo l’unica persona che mi viene in mente.
Ci mette tre squilli a rispondere, non so esattamente che ore siano in California. «Ehi, nipotina! Cosa fai ancora sveglia a quest’ora? Stai facendo baldoria?» la voce dolce e allegra di zia Kat mi riscuote dallo shock.
Prendo aria per parlare ma non riesco a dire niente. Il mio cervello non riesce ad immagazzinare l’informazione.
«Bridge? Va tutto bene?» domanda preoccupata.
«Mamma e papà sono morti» sputo tutto d’un fiato. Sento lo scroscio delle onde in sottofondo.
Kat resta in silenzio.
«Cosa? Bridgette puoi ripetere?»
«Mamma e papà sono morti» ripeto più lentamente, rabbrividendo.
Kat resta di nuovo in silenzio. Sento il rumore dell’oceano attraverso la cornetta e il respiro irregolare di mia zia. Jess mi stringe come se si aspettasse un crollo o una cristi isterica, ma resto immobile. Non trovo le lacrime, non capisco dove il mio corpo le abbia messe. «Kat?» sussurro.
Le trema la voce «Vengo da voi. Sto arrivando».
 
 
Quando chiudiamo la telefonata, zia Kat è seduta su un taxi per l’aeroporto. Vorrei restare al telefono con lei finché non arriva qui, ma so che non è possibile.
Jess e io restiamo seduti sulle mattonelle bianche della cucina fino al momento in cui il sole non filtra attraverso le tende con i girasoli e ci tocca affrontare la situazione. Non abbiamo idea di cosa fare. Ci alziamo e restiamo a fissare il vuoto. Tra poco, Ben e Maddie si alzeranno e dovremo trovare un modo per spiegargli la situazione.
Conduco Jess fino alla mia stanza e lo faccio sedere sul letto. Mi tolgo i vestiti della festa e indosso una tuta. Mi lavo la faccia tentando di cancellare le macchie di mascara e lacrime. Quando torno in camera, Jesse è seduto nella stessa identica posizione e continua a fissare la moquette. Gli siedo accanto e gli stringo la mano più forte che posso.
Vorrei scuoterlo. Dirgli di riprendersi. Dirgli che ho bisogno di lui. Ma non riesco a farlo. Sembra completamente da un'altra parte e vorrei esserci anche io. Vorrei andare il più lontano possibile dai problemi. 
Restiamo seduti sul bordo del letto, fino a quando Benji non arriva in camera correndo nel suo pigiamino con i ninja.
«Bridge!» ridacchia saltandomi in braccio «È ora di colazione! Voglio i cereali!».
Jess si risveglia dallo stato di trans e inizia a piangere in silenzio, accarezzando la testolina bruna di Ben.
«Cosa succede?» domanda confuso. «Sono finiti i cereali?».
Oh, quanto vorrei che fosse così.
Mi alzo tenendolo tra le braccia. «Andiamo a svegliare Maddie».
 
 
Ci raduniamo in cucina e in qualche modo provo a spiegargli la situazione. Non so quello che dico. Farfuglio e balbetto. Spero che capiscano e spero che zia Kat arrivi presto.
«Se è uno scherzo, non fa affatto ridere» squittisce Madison con gli occhi marroni sbarrati. Ha i capelli biondi spettinati e il pigiama rosa sgualcito. Sento l’impulso fisiologico di sistemarla.
«Non è uno scherzo» sussurro.
In cucina scende un silenzio di tomba. Benji smette di masticare e mi fissa. «E dov’è il paradiso? Perché non possiamo andarci anche noi?».
Prendo aria cercando le parole giuste.
«Significa che sono morti, razza di scemo» singhiozza rabbiosa Maddie.
«Madison» sospira Jesse. È la prima parola che dice da ore. «Sta cercando di capire».
«Cosa c’è da capire?!» le lacrime le scorrono lungo le guance. «Mamma e papà sono morti, non torneranno mai più. Ci hanno abbandonati!» strilla e scappa verso le scale.
Ben mi tira la manica della felpa «Non torneranno più?». Ha gli occhi castani pieni di paura. Un bambino così piccolo non dovrebbe mai provare emozioni così terrificanti.
Annuisco. Non so cosa dire.
Benji scoppia a piangere e affonda la faccia contro la mia pancia. Gli accarezzo la testa finché i singhiozzi non si calmano. Lo faccio sedere sul divano con i cereali e accendo i cartoni animati. Non ricomincia a mangiare e si limita a fissare vacuo la televisione.
Il telefono squilla riempiendo la cucina. Afferro il cordless e premo il tasto verde.
«Pronto?» sospiro.
«Bridgette, sono Lauren» mormora lei con una strana voce. Lauren è la migliore amica di mia madre. Era. Era la sua migliore amica. Anche lei vive qui a Williston, nella casa accanto alla nostra. Si sono conosciute alle medie e sono diventate subito amiche. Si sono sposate nello stesso anno con i ragazzi del liceo. Entrambe quest’anno dovevano festeggiare vent’anni di matrimonio e avevano deciso di farlo insieme. Erano riuscite a convincere i loro mariti a partecipare ad una specie di crociera a largo del Messico.
Io le avevo detto che mi sembrava un’idea fantastica.
«Bridgette» singhiozza. Perché tutti riescono a piangere? «Mi dispiace così tanto».
Afferro Jesse per la maglietta e lo trascino sul portico. Ci sediamo sui gradini e appoggiamo entrambi l’orecchio vicino al telefono. «Cos’è successo?» domando.
Lauren prende un bel respiro. «Ci stavamo divertendo. Stavamo ballando sul ponte al chiaro di luna quando si è alzato un vento fortissimo. L’equipaggio ci ha detto di tornare nelle nostre cabine e così abbiamo fatto. Verso notte fonda, la barca ha iniziato a muoversi come se stessimo superando delle montagne. Ondeggiava e dagli oblo si vedeva solo il buio. È scoppiata una tempesta e la barca è stata trascinata dalla corrente fuori rotta. Hanno perso il controllo e siamo finiti su degli scogli che non risultavano da nessuna parte. Lo scafo si è squarciato e abbiamo iniziato ad imbarcare acqua» tira su con il naso «Ci hanno dato l’allarme e ci hanno detto di correre alle scialuppe. Non so perché ci siamo divisi. La corrente non funzionava più… non si vedeva nulla…» singhiozza «Ci siamo ritrovati sulla scialuppa ed è lì che loro…loro» respira affannosamente «Eravamo sulla scialuppa e un’onda enorme ci ha colpiti, Pearl…Pearl…è caduta in mare e… Adam si è tuffato per salvarla ma…ma nessuno dei due è tornato a galla…».
Jesse stringe il telefono con forza. «Magari si sono solo persi in mare, magari…magari sono su qualche altra scialuppa e…» le lacrime gli colano sulla maglietta. La speranza si accende dentro i nostri cuori come un faro. Devo stare bene. Insomma, la gente si perde in mare ogni giorno, magari sono su un'isola sperduta.
Sì, deve essere così.
Lauren emette un mugolio di dolore «No, Jesse…loro…loro hanno ritrovato i…i corpi».
Il telefono gli scivola di mano e sbatte contro i gradini di legno. Lo sportellino delle pile salta e il cordless si spegne. Lauren penserà che le abbiamo sbattuto il telefono in faccia, ma suppongo che capirà. E se non lo fa non mi importa. Vorrei che fosse caduta lei in mare e che il suo stupido marito si fosse buttato a salvarla.
È terribile, ma vorrei che fossero morti loro.
Dovevano morire loro.
Dal modo in cui si infilza le unghie nei palmi, immagino che Jesse stia pensando lo stesso.
Restiamo seduti al sole il più a lungo possibile. Il calore sembra aver abbandonato il mio corpo.
Rientriamo quando ormai è quasi ora di pranzo. Zia Kat dovrebbe essere qui a momenti ormai.
Jesse si trascina nella sua stanza e si infila sotto le coperte ancora vestito. Maddie è sdraiata sul pavimento della sua camera circondata da fazzolettini e con il colletto del pigiama fradicio. Mi stendo accanto a lei e lascio che si sfoghi. Lascio che crolli su di me. Lascio che ognuno di loro sfoghi il proprio dolore su di me, perché io non riesco a farlo uscire in nessun modo.
 
 
Dovrei avvertire qualcuno.
Dovrei dire a qualcuno in questa stupida città cos’è successo, in modo che il pettegolezzo si diffonda e non tocchi a me spiegarlo a tutti.
Prendo il cellulare e chiamo Penny. Butto tutto fuori. Non le faccio dire una parola finché tutto quello che è successo non aleggia tra noi, saturando l’aria. Lascio che sia la sua mamma impicciona a passare parola.
Penny mantiene la calma e parla con toni rassicuranti. Mi dice che arriva subito e io la aspetto seduta sul dondolo del portico.
La sua macchina rossa illumina il vialetto e, prima che me ne renda conto, lei salta giù e mi abbraccia con tutta la forza che ha. Lascio che il suo profumo mi rassicuri e che le sue braccia magre mi impediscano di dissolvermi nel nulla.
La portiera della macchina si apre con lentezza e la testolina rossa di Lena luccica alla luce del sole. Si avvicina incerta, pronta a scappare al primo segnale di pericolo. La lascio sedere sul dondolo accanto a noi e lascio che mi abbracci. Vorrei dirle che non deve toccarmi, che non mi sono dimenticata del coltello che mi ha piantato nella schiena, ma non posso perdere nessun altro al momento.
 
Dondoliamo seguendo il ritmo del vento. Nessuno parla e di questo gliene solo grata.
Un taxi si ferma davanti a noi e zia Kat si lancia fuori dalla portiera come un razzo. Mi corre incontro e io faccio lo stesso. Il suo profumo al cocco mi avvolge e le sue braccia abbronzate mi stringono con sicurezza. Non scoppia a piangere e non mi crolla addosso. Ha il viso arrossato e gli occhi gonfi, ma sembra più salda che mai.
«Oh, amore» mugola «Mi dispiace così tanto». Mi stringo a lei mentre mi accarezza la testa e sussurra rassicurante «Sono qui. Andrà tutto bene». Lascio che sia lei a tenermi salda a terra e che il dolore mi soffochi.
 
 
Non ricordo nulla.
Non ricordo i giorni che passano. Non ricordo le condoglianze dei concittadini. Non ricordo il funerale. Non ricordo assolutamente nulla. Tutto scorre rapido come se qualcuno avesse premuto il tasto che velocizza la realtà. Ricordo qualcuno che parla, mani che mi sfiorano e che sono dispiaciute. Un prete che non ho mai visto parla dei miei genitori, come se fossero stati i suoi migliori amici. È tutto così stupido. I funerali non hanno alcun senso.
Tra la folla scorgo un sacco di facce familiari. La vista di Lauren e Steve mi dà la nausea. So che è un sentimento assolutamente irrazionale e non è da me, ma li odio con tutta me stessa. Niente di tutto questo doveva succedere. È Lauren che ha trovato la crociera, è colpa sua.


L’unico ricordo che si è fissato a fuoco nel mio cervello è l’immagine delle bare di legno mentre vengono calate sottoterra e la vocina di Benji che mi chiede come faranno a respirare dentro quelle scatole. Gli stringo la mano e fingo di non averlo sentito, perché non ho la risposta. Non ho nessuna risposta alle sue domande.
 
Dopo la cerimonia, la casa si riempie di gente da tutto il paese. Persone che non ho mai visto mi dicono quanto gli dispiaccia per quello che è successo. Non so davvero cosa farmene di tutte le loro condoglianze.
Zia Kat rimane salda e forte. Parla con tutti, fa in modo che tutto proceda e fa in modo che nessuno di noi rimanga mai solo. Le persone mangiano e chiacchierano dentro casa nostra come se il mondo non si fosse appena disintegrato.
Nessuno sembra davvero triste.
Lena e Penny mi stanno sempre accanto. Una di loro mi stringe sempre la mano e quando vedono che la conversazione con qualcuno mi sta facendo crollare, la interrompono educatamente.
Niente di quello che provano a fare riesce a far scomparire l'enorme peso che mi schiaccia il petto e mi toglie l'aria dai polmoni.
Quando raggiungo il livello di saturazione, le semino e mi nascondo in camera raggomitolandomi sul letto. Il vestito di satin nero produce uno strano suono contro il copriletto. Odio l'abito da funerale. Non dovrebbe esistere un capo del genere.
Stringo le ginocchia al petto e comincio a contare gli elementi della tavola periodica.
Idrogeno. Elio. Litio. Berillio. Boro. Carbonio...
La porta di legno cigola quando si apre. «Bridge?» la voce calda di Ross mi fa tremare. Appare sulla soglia nel suo abito scuro e mi guarda triste. Gli faccio segno di avvicinarsi e lui si chiude la porta alle spalle. Siede sul letto accanto a me e mi sfiora la testa. «Oh, Bridge, mi dispiace tantissimo».
Lascio che mi stringa e che mi scaldi. Il suo corpo ha un odore così famigliare. Vorrei nascondermi dentro la sua giacca e scomparire. Mi accarezza le guance arrossate con dolcezza. Non ci sono lacrime da asciugare, i miei occhi non riescono più a piangere.
«Volevo parlarti da sola e ti ho vista salire, non volevo disturbarti» sussurra cauto. Non assomiglia per nulla al mostro che mi ha strappato il cuore dal petto qualche sera fa. I suoi occhioni castani sono dolci e umidi. Mi guarda come mi ha sempre guardato, come se fossi una dea scesa in terra.
Lui è il mio Ross.
La mia roccia.
«Mi ami?».
Il suo pollice mi sfiora il mento. «Più di chiunque altro al mondo».
«Allora dimostramelo». Afferro il bavero della giacca nera e gliela faccio scivolare via dalle spalle.
«Bridgette non mi sembra una buona idea».
«Hai detto che mi ami» gli bacio le labbra.
«Bridge...»
«Dimostramelo» sussurro sbottonandogli la camicia.
Il suo vacuo tentativo di opporsi si spegne e finalmente mi tocca. Risponde ai miei baci mentre allunga le mani verso la cerniera. La fa calare lentamente e il vestito nero scivola via. Finisco di sbottonargli la camicia e lascio che la visione del suo corpo mi lustri gli occhi.
«Aspetta...» farfuglia contro le mie labbra. Si alza e balza verso la porta. Fa scattare la serratura e poi torna rapidamente sul letto. Mi fa stendere sotto di lui e ricomincia a baciarmi.
Lascio che il suo corpo mi faccia da scudo e che le sue mani mi facciano dimenticare che esiste il mondo fuori da questa stanza. I suoi baci mi distraggono. Il suo odore mi rende leggera. Il mondo in cui mi tocca mi fa sentire felice. Non devo pensare a nulla. Non ho nessuna preoccupazione a parte quella di sentirmi bene. Lascio che lui faccia sparire tutto, perché non trovo un altro modo per far sparire il dolore.
 
 
Restiamo sdraiati sotto il lenzuolo a fissare il soffitto, come sempre. Ross respira affannosamente e tiene le braccia sotto la testa. Ha l'aria appagata. Io invece non mi sento affatto appagata. Mi sento sporca e ridicola. Il dolore per un po' è sparito e stato sostituito dal piacere inteso, ma ora è tornato anche più forte di prima. Il disgusto per me stessa amplifica la sensazione che mi opprime il petto.
«Wow» sospira «è stato fantastico».
Dio. Come si fa a cadere così in basso?
Se lo mando via abbastanza in fretta posso fingere che non sia mai successo. 
«Bridge?» sospira Ross.
«Vattene».
«Cosa?» si volta a guardarmi confuso.
Bisogna spezzare la cosa sul nascere. «Credevi che fossimo tornati insieme? Credevi che quello che mi hai fatto fosse sparito magicamente solo perché i miei genitori...» mi manca la voce.
Ross mi sfiora la guancia «Credevo che...».
«Credevi male» lo interrompo allontanando la mano «Mi serviva una distrazione e tu eri qui. Niente di più. Niente di meno».
Per la prima volta da quando lo conosco, vedo del sincero dolore nei suoi occhi. «Mi hai usato come...».
«Proprio così. Ora vai via».
Sbatte le palpebre e scuote la testa. «Che stronza».
L'orgoglio brucia. «Ho imparato dal migliore».
Ross sbuffa dal naso e si affretta a rivestirsi. Ancora con la camicia aperta e i pantaloni slacciati oltrepassa la porta e se la sbatte con forza alle spalle. Il rumore del legno sbattuto rimbomba nella stanza. Mi lascia sola, portandosi via il mio cuore e tutta la felicità.
Vorrei che si fosse portato via anche un po' del dolore.
 
Resto sdraiata nel letto e aspetto che il pavimento si spacchi e mi inghiotta, ma non succede nulla. Le voci degli ospiti mi arrivano ovattate e, quando finalmente cessano, decido di lasciare il mio bozzolo. Mi infilo il pigiama e scendo al piano inferiore. Kat e i miei fratelli siedono in salotto nel più completo silenzio. Maddie si liscia convulsamente i capelli, Benji siede sulle ginocchia di zia Kat e Jess si mordicchia il pollice nervoso. Mi siedo sul bracciolo del divano accanto al mio gemello. Kat mi lancia un'occhiata preoccupata, ma non dice nulla sul fatto che me la sono data a gambe. Emette un lungo sospiro e poi apre la bocca. «Ho aspettato perché non sapevo quando dirvelo, ma ormai non posso più indugiare. Qualche anno fa, vostra madre mi ha dichiarata vostra tutrice legale se mai le fosse successo qualcosa» accarezza la guancia di Ben «Quindi d'ora in poi mi prenderò cura io di voi».
Non mi sorprende affatto, ma pensavo che se mai i nostri genitori fossero morti saremmo andati a vivere da zio George, il fratello di papà, che vive poco lontano da qui. Zia Kat abita in California.
«Dove vivremo?» domanda Jesse appoggiandomi una mano sul ginocchio.
«In California?» chiedo stringendomi nel pigiama leggero.
«Sì, immagino di sì. Io abito vicino a Los Angeles e potremmo…».
«Dovremmo lasciare tutto?!» strilla isterica Maddie «Assolutamente no».
«Madison» la richiamo «Cosa pensi di fare? Vivere qui da sola?».
«Può trasferirsi lei qui» mormora arrabbiata «Qui c’è tutta la nostra vita. Io ho degli amici, ho la scuola e tutto quanto. Non voglio andare a vivere da un'altra parte».
«Non è una decisione che spetta a noi, Mads» le dice Jesse con gentilezza.
«No, invece» asserisce Kat «Dobbiamo parlarne, non prenderò una decisione senza parlarne con voi».
«Io dico di no» brontola Maddie.
«Anche zia Kat ha una vita lontano da qui. Ha un lavoro e una casa» la informo. Per quanto sia comprensibile, odio alla follia il suo egocentrismo.
Mi scocca un’occhiataccia. «Solo perché la tua vita sociale fa schifo non significa che dobbiamo lasciare tutto anche noi. Non è certo colpa mia se Ross ti ha fatto le corna».
Stringo i denti con forza, sperando che non si spezzino. So che tutta questa rabbia è irrazionale ed è dovuta al dolore, ma fa male lo stesso.
«Cosa?» chiede Jesse spaesato.
«Lascia perdere» borbotto.
Kat sospira stanca. «Sono stati quattro giorni molto lunghi, perché non andiamo tutti a dormire e ne parliamo domani?».
Annuiamo e ogni si dirige in silenzio verso la sua stanza.
 
 
Verso le due del mattino, smetto di provare a dormire e scendo in cucina per bere un po’ d’acqua. Saranno tre giorni che non chiudo occhio. Ogni volta che provo a dormire, sogno di annegare e mi sveglio madida di sudore.
Scendo le scale e mi avvio verso la cucina. La voce incrinata di zia Kat mi blocca a metà del corridoio. «Io non so cosa fare, Roxie. Non posso sradicarli dalle loro vite, hanno appena perso i genitori. Non sapevo che Pearl mi avesse nominata tutrice, pensavo che fosse il fratello di Adam. Non so fare il genitore! Lei era quella delle due che era nata per fare la mamma. Non so crescere dei bambini» fa una pausa e aspetta la risposta della sua migliore amica. «Non posso trascinarvi in questa faccenda. So che la casa è grande, ma saremmo in otto sotto un tetto. Mi sembra troppo». Un’altra pausa. «Sì, lo so. Magari per il momento puoi dirigere tu la rivista. Ti mando i lavori per e-mail e magari…». Sospira. «Lo so. Non dovete sentirvi obbligati. Ne parliamo domani, okay? Voglio parlarne prima con i ragazzi. Si, anch'io. Ciao».
Appoggia il telefono sul tavolo e si lascia andare ad un lungo sospiro.
Busso sullo stipite annunciando la mia presenza. Kat alza la testa e sorride «Ehi, nocciolina. Vieni». Mi siedo accanto a lei. «Non riesci a dormire, eh?».
«Non molto» sospiro.
Mi accarezza la guancia con dolcezza. È sempre bellissima. I capelli biondi baciati da sole e gli occhi azzurri sono identici a quelli della mamma. Ha la pelle abbronzata e delle belle lentiggini sul naso. Porta davvero benissimo i suoi trentatré anni.
«Allora, cos’è questa storia di Ross? Pensavo foste anime gemelle».
«A quanto pare lui non lo pensava. Mi ha tradita diverse volte». Il petto mi brucia con forza. «Anche con Lena».
«Lena?» spalanca gli occhi, sorpresa «La tua migliore amica?» chiede.
Annuisco. «Mi ha fatto addirittura vedere il video in cui lo fanno. Immagino volesse farmi stare male dopo che avevo rifiutato di tornare con lui». I loro corpi avvinghiati mi tornano in mente facendo tornare la nausea. «Sono cose che non si scordano».
«Mi dispiace davvero, nocciolina».
Scrollo le spalle. «In quel momento pensavo fosse la fine del mondo, ora sembra solo una stronzata come un’altra».
«Un cuore spezzato dovrebbe essere il peggio per un'adolescente» mormora triste. Mi sposta una ciocca dietro l’orecchio guardandomi con dolcezza. «Assomigli moltissimo a tua madre» sussurra.
Un nodo grande come una casa mi si incastra nella gola. «Anche tu».
«Vorrei tanto che fosse qui» si asciuga un occhio. «Mi direbbe cosa fare. Lei sapeva sempre quale era la scelta migliore».
Sì, è proprio vero. «Dovresti portarci in California».
«Bridgette…» esala.
«No, sul serio» le asciugo la guancia con la mano. «Qui non andremo mai avanti con la nostra vita. Questa città è un buco. Saremo per sempre “quelli a cui sono morti i genitori”. Io non voglio vivere in questa casa senza di loro» le stringo le mani «Non importa dove, ma non possiamo più stare qui».
«Ne sei sicura? Non lo dici solo per quello che è successo con Lena e Ross?» chiede.
Forse. «Non devi parlarne con noi. Ci serve qualcuno che ci aiuti ad andare avanti e che ci dica cosa fare. Abbiamo bisogno di un adulto che ci guidi».
 
 
 
Ci vuole una settimana, più o meno, per impacchettare tutte le nostre cose, organizzare il trasporto in California e arrivarci. Solo Madison all’inizio protesta animatamente contro lo spostamento, ma capisce molto in fretta che la California è molto più alla moda e interessante del North Dakota.
Durante il viaggio in aereo, zia Kat ci spiega come funzionerà la nostra sistemazione. «Allora, io vivo con altre tre persone. C’è Roxanne, Roxie per gli amici, è la mia socia in affari. Insieme gestiamo una rivista di moda. È super simpatica, vi piacerà» si sistema la cintura «Poi c’è Logan, è un vecchio amico del liceo. Possiede una gelateria sul molo. È davvero un mago in cucina. Poi c’è Kaden. È un surfista da paura e possiede un negozio di articoli per il surf e fa le migliori tavole al mondo. Oh, ed è un ottimo insegnate, se volete imparare». Ci lancia un'occhiata per vedere se qualcuno ha qualcosa da dire, poi continua. «La casa è molto grande, però dovrete condividere le stanze. Jesse e Benji al secondo piano e Maddie e Bridgette in soffitta».
«In soffitta con Bridgette?! A casa avevo una camera tutta mia e non in una soffitta» brontola stizzita.
«Impareremo a convivere» le intimo. Mi lancia un’occhiata infastidita e si mette a guardare fuori dal finestrino.
Sorrido a Kat. «Sembra fantastico» la rassicuro.
Lei fa una smorfia incerta «Spero sia la scelta migliore».
«Lo è» le assicuro.
 
Ci vogliono due taxi e un enorme furgone dei traslochi per trascinare la nostra vita in giro per la California. Il viaggio in aeroplano è stato una vera tortura cinese. Maddie non ha fatto altro che criticare ogni scelta di zia Kat, Benji ha pianto ininterrottamente perché stavamo lasciando mamma e papà nella terra di casa e Jesse è rimasto a fissare il vuoto sotto di noi senza provare nemmeno ad intervenire. Mi scoppia la testa e i commenti schifati di Maddie sul taxi non aiutano ad attenuare il dolore.
«Si può sapere perché hai appoggiato quest'idea ridicola?» sputa non appena siamo sole nell'abitacolo. Kat, Jesse e Benji sono sull'altro taxi, a me è toccata la pagliuzza più corta. 
Sospiro infilando le unghie nella pelle del sedile. «Zia Kat è l'adulta al comando ed è lei che decide. Smettila di lamentarti, ormai siamo qui, non puoi cambiare questo fatto».
«Ho lasciato le mie amiche, il mio futuro da cheerleader e...».
«Non me ne frega nulla, Maddie» la interrompo prima che l'autista ci chieda di scendere «Abbiamo sacrificato tutti qualcosa, smettila di fare la vittima e prova a cercare il lato positivo».
Sbuffa dal naso e mi perfora la pelle con lo sguardo arrabbiato. «Trovare il lato positivo?» storce la bocca in un'espressione sarcastica. «Eccone uno: Mamma e papà sono morti e non sapranno mai che hai venduto la casa in cui siamo nate e cresciute». Si appoggia contro lo sportello, inforca le cuffiette e mi chiude fuori. L'autista ci lancia un'occhiata incuriosita ma rimane in silenzio. Meglio per lui, se provasse ad impicciarsi probabilmente finiremmo per fare un incidente.
Il tragitto dura troppo. L'odore di umido, sigarette e profumi misti mi fa prudere il naso e il caldo desertico mi fa sudare come una centometrista. Quando finalmente il veicolo si ferma davanti ad una casa mi lancio fuori dallo sportello e ruzzolo sul marciapiede. La villa che ci si staglia davanti sembra una reggia in confronto alla nostra vecchia casetta. La facciata è di un bianco incredibilmente candido, contrapposto a delle zone fatte solo di legno scuro. È piena di finestre alte e squadrate. Il giardino anteriore è ben curato e adornato da fiori colorati ed esotici. Un vialetto di sassi bianchi porta dal marciapiede alla porta d'ingresso.
È tutto meraviglioso finché l'occhio non mi cade sulla cassetta della posta mezza nascosta dai fiori. Ci sono quattro cognomi dipinti sopra e nessuno è il nostro. Una fitta di dolore mi stringe il cuore, ricordandomi che non c'è più una casa con il nostro cognome dipinto sopra.
«Bridge» mi chiama Kat da dietro il taxi «Vieni a prendere la tua valigia, così entriamo». Smetto di estraniarmi e ricaccio il dolore in fondo allo stomaco. Afferro il mio trolley con i fiori e lo appoggio sull'asfalto caldo. Zia Kat ci conduce tra l'erba, sui sassi bianchi e verso la porta con il batacchio a forma di stella marina. Afferra la maglia e cerca di sorridere «Benvenuti a casa».  

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