Fuentes Ahora y por Siempre

di queenjane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Erszi ***
Capitolo 3: *** Two Children ***
Capitolo 4: *** Erzherzogin Elisabeth ***
Capitolo 5: *** The Spanish Rose ***
Capitolo 6: *** Andres El Picador ***
Capitolo 7: *** New Love (The Princess & the Hero) ***
Capitolo 8: *** ANDRES .. Senor de las montanas.. ***
Capitolo 9: *** Sophie ***
Capitolo 10: *** Sofia Fuentes ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Vienna, agosto 1896.
 
Il ragazzo era nel passaggio dal sonno alla veglia, allungò gli arti, novello cavaliere che si ricomponeva dopo una caduta.
Era lontano da casa, iniziava l’ennesimo giorno di lutto.
E tanto… poteva dormire ma non sognare, quindi tanto valeva alzarsi e  vivere.. piccole consolazioni lo attendevano, il lieve peso delle lenzuola di lino, la ricca colazione caffè e cornetti, la Sacher Torte, la vita .
 
Era  nato sui Pirenei spagnoli, alla rocca di Ahumada, ultimo figlio di un principe e di una dama russa, il 28 gennaio 1883.Aveva molti talenti, tra cui l’attitudine per le lingue e a vagabondare nelle terre di suo padre, con il fratello che lo precedeva, un altro cadetto come lui, Jaime, mentre l’erede trovava conforto nei riti e nella storia dei loro grandi antenati, come la loro sorella più grande, ironica, scanzonata e ribelle.Sapeva fare trappole per i conigli con  i fili, scavare buche per catturare un ipotetico lupo, seguire le tracce di un daino come cercare di capire le parole straniere, si portava un libro di grammatica, fosse russo, come inglese o francese o tedesco nelle sessioni di pesca.
Crebbe, era cresciuto  solitario, come un titano, come un eroe, amava la solitudine e non aveva nessun timore apparente.
I suoi occhi erano verdi, come gli smeraldi che sua madre amava indossare, con il principe suo padre si erano conosciuti e innamorati e sposati nel giro di poco, lui la chiamava la sua piccola perla.
Verdi come le iridi di LEI, era il figlio minore, forse  il suo prediletto. Tranne che la donna era rimasta sempre una straniera, nostalgica della Russia e delle sue luci e dei lunghi inverni, pur amando Xavier dei Fuentes senza misura e parimenti ricambiata.
Le piaceva che Andres fosse senza timori, che amasse la caccia, trattenendosi spesso nel capanno a ciò adibito, anche lui era una fiera selvatica, che rifuggiva le sue tenerezze.
Era un Fuentes, discendente da una stirpe di leggenda, lunga un millennio.
Gli occhi verdi di mia madre, aperti, quando le ho detto addio, un ragazzino di 13 anni che prendeva a pugni i tronchi degli alberi, il dolore alle nocche per non pensare al dolore dentro, lei era morta da poco e non sarebbe più tornata. Un sorriso nelle foto, ricordi, e poco altro.
MAMMA.. dove sei..E so che non pronuncerò più questa parola, intima e segreta, da ora in poi Sofia Funtes sarà “madre”, “Mia madre..” Immutabile come i Pirenei, le punte acute e nevose, contro lo sfondo di cieli di zaffiro e ametista. 
La prima e tenace perdita, senza ritorno, le sue spoglie mortali avrebbero riposato nella cappella dei Fuentes, accogliendo pochi anni dopo quelle di sua a moglie e suo figlio, in attesa della resurrezione della carne.
Se esisteva un paradiso, vi erano di sicuro, per loro e non per me.
Ero un mortale, anche se mio padre era il principe Fuentes, non certo Achille od Ulisse, avevo bisogno di amare, non ero perfetto, non ero un santo, od un asceta.
Ero solamente io.
Ma quel mattino lo ignorava, era un orfano, reduce da pochi mesi di lutto e di viaggi.
 
 

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Capitolo 2
*** Erszi ***






Vienna, agosto 1896

La ragazzina rifletteva sulla storia dei suoi avi, in quella chiara,calda mattina di fine estate. 
I raggi di sole facevano scintillare i particolari delle cornici degli specchi, gli stucchi e le dorature, danzavano sui petali dei fiori freschi.. la stanza era deliziosa, a suo parere, e lei si sentiva deliziosa.
Almeno così la definiva suo nonno, di cui era la nipote prediletta, che amava passeggiare con lei quando non era con la sua amica, l’attrice, Frau Kathi, che amava le violette e con cui faceva volentieri conversazione.
Un vago sorriso le sorse sulle labbra, un lampo negli occhi scuri, a volte, rifletteva con ironia che, pur essendo il matrimonio dei suoi nonni principiato come una fiaba,  la vita, il destino, o chi per loro, aveva ben presto presentato il conto. 
Sua nonna era  nata la vigilia di Natale 1837, Elisabetta Eugenia Amalia in Baviera, figlia del duca Max e di sua moglie Ludovica, quarta di dieci figli.
Tutte le  zie materne della piccolina di cui sopra avevano sposato un re, Sofia era maritata  a un arciduca Asburgo, se non avesse rifiutato la corona nel 1848, passandola a suo figlio Franz, marito di Elisabetta, sarebbe stata imperatrice.
Ludovica, principessa di Baviera, aveva sofferto per un matrimonio poco importante, in termini di rango, meno prestigioso rispetto a quello delle sue sorelle. E quando Elisabetta aveva sposato l’imperatore tutto il mondo la aveva invidiata. 
Fidanzata imperiale a 15 anni, sposa il successivo anno e madre quello dopo.
Dalla nursery al trono..
In apparenza aveva un marito giovane e bello e innamorato, ricchezze e privilegi, era potente e riverita, imperatrice d'Austria..
In verità,la suocera e zia controllava tutto e tutti..
E lei era  solo una fertile urna, un vaso da riempire..
La mucca degli Asburgo, .
Tre figli nel giro di quattro anni... fino a Rodolfo, nato nel 1858. 

"..mi metteranno addosso molte maschere, i posteri mi vedranno come una donna che tutto aveva e che si è sottratta ai suoi doveri, per puntiglio, egoismo, sterile vanità ..", così aveva confidato una volta a una sua dama.
Come i contemporanei, la corte di Vienna non ha perdonato il peccato originale di non avere un impeccabile albero genealogico, di non saper ballare bene, di parlare poco e male e francese, di odiare i pettegolezzi e l’etichetta..
Diversa fin dal principio, all’inizio si paragonava a una farfalla impazzita, a una prigioniera in catene ..
Poi era diventata il gabbiano, che vola di onda in onda, che non appartiene a nessuna terra..
Aveva cercato la libertà, pagando un alto prezzo ..
E lasciando rovine..
E nei capelli metteva le stelle di diamanti, una ninfa, un’ondina,  leggenda.
Il 21 agosto 1858, al castello di Laxemburg l’imperatrice Elisabetta aveva messo al mondo un erede al trono, una speranza, l’imperatore aveva un discendente.
I cannoni erano tuonati, festosi, per 101 colpi, per il lieto annuncio.
Il suo nome Rodolfo, come un lontano antenato.
L’imperatore lo nominò colonnello onorario di un nuovo reggimento, chiamato "Principe Ereditario". Adorava l’esercito, sulla culla gli fece mettere l’insegna dell’ordine del Toson d’oro.
Doveva essere un soldato, invece il bambino aveva l’animo di un poeta, era sensibile, precoce, con grandi occhi castani come la madre.
Madre assente, per malattie, ripicche, litigi, grande affetto di Rudi era sua sorella Gisella e viceversa.
Amava l’ornitologia, le scienze naturali e la caccia, era di idee liberali, un corpo estraneo alla corte degli imperatori di idee conservatrici.
Il matrimonio con Stefania del Belgio, nel 1881, fu combinato. In principio erano abbastanza felici, nacque una bambina.
Era un incompreso come sua madre,Elisabetta, la posizione che ricopriva era in contrasto con le sue opinioni, inclinazioni e modi di essere.
Un dilemma irrisolvibile, che lo portò alla depressione, a cercare conforto nelle droghe, nello champagne e in altre donne, come quando era un adolescente dai grandi occhi di ambra e miele.
Aveva tutto e riteneva di non possedere nulla.
Il 30 gennaio 1889 venne trovato morto al padiglione di caccia di Mayerling nel bosco viennese insieme alla sua ultima amante, Mary Vetsera.
Si parlò di un omicidio e di un suicidio, per seppellirlo in chiesa venne dichiarato incapace di intendere e volere.
La Kapuzinergruft in Vienna fu la sua ultima dimora, l’imperatore convertì il padiglione di caccia in un convento di suore carmelitane, le preghiere sono dette ancora oggi per l’eterno riposo della sua anima.
Si disse che lo avevano ucciso i massoni, infinite ipotesi e una sola certezza, a poco più di trenta anni era morto, non avrebbe mai regnato.
Era anticlericale, di vedute politiche liberali, per il popolo era una speranza, la sua dipartita segnò l’Apocalisse.
Quella morte gettò Sissi nella disperazione, si vestì di nero o grigio perla, i colori del lutto, da allora in poi, lasciando la corte di Vienna appena poteva, Frau Kathi, l'attrice svolgeva le mansioni che sarebbero state di sua spettanza, parlare e passeggiare con l'imperatore. Una amicizia inopinata, che faceva parlare molti.

Rodolfo si era sposato nel 1881, con la principessa Stefania del Belgio. La loro prima e unica figlia era nata il  2 settembre 1883. 
 E non ero un santo, un eroe, quanto un comune mortale, con i suoi difetti ed allegrie, rifletteva anni dopo il principe dagli occhi verdi. Come no, ribattè lei, non ci pensare, mentre un’ombra le scuriva gli occhi. “A chi pensi?” “A mio padre, anche lui diceva così” Strano, lei sosteneva di non ricordarlo, non aveva nemmeno sei anni quando era morto, invece .. Era rotolata sulla schiena, le braccia incrociate dietro la nuca, una caviglia, la coscia che sfioravano quelle di lui “Qualcosa mi ricordo, invece, sai”

“Parlamene”
Sorrideva quando aveva scorso un suo biglietto per il suo compleanno, scritto in bella calligrafia, nel 1888, Rodolfo era nato il 21 agosto 1858, lei il 2 settembre 1883. “Auguri, al mio caro Papa “, in tedesco, francese, ungherese, una piccola poliglotta. “Grazie” lei gli aveva accarezzato la barba castana. Era tenero, solenne, le aveva detto che era una brava amazzone, la aveva fatto montare su un suo cavallo e ..Poi era morto, suicida o ammazzato poco rilevava, era morto e lei era orfana.
Nel suo diario, Maria Valeria, sua zia, figlia di Franz Joseph e Elisabetta, aveva citato un episodio particolare. Nel giugno 1889, l’imperatore aveva annunciato che le aveva trovato un nuovo insegnate, Sissi, il nomignolo di sua nonna, le aveva chiesto se si ricordava del Natale trascorso con suo padre, se pensava ancora a lui. L’aveva fissata, con spavento, dicendo di sì, salvo mettersi a parlare di altro.
Venti e rotti anni dopo, parlava di lui. Era con Andres dei Fuentes. 



Erszi, eri con me.
 
Si chiamava Elisabetta, in onore della nonna paterna, il suo nomignolo era il corrispettivo ungherese, Erzsi.
Anni dopo, Andres lo avrebbe pronunciato con fervore, rendendo morbide le sillabe, incantandola con quel suo lieve, indefinito accento, raccontando di Ahumada, il castello dove era nato. 
ERSZI. 

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Capitolo 3
*** Two Children ***


 
“Ahumada, in punto di cronaca, come già detto in altre occasioni,è un castello sui Pirenei, sul versante spagnolo, circondato da boschi e foreste, la casa dei miei avi, che siamo stati marchesi, poi diventati principi, i Fuentes dai mille talenti. Nel fitto del bosco, si dava per certo che vi fossero dei lupi. Avevo tredici anni e stavo fuori con ogni tempo, alla peggio dormivo in un capanno di caccia e scavavo buche,mi davo da fare una trappola che poi ricoprivo d’erba e terra, e facevo passeggiate e giri di ricognizione, con il mio fratello più grande Jaime. Ci divertivamo anche a pescare ad un torrente, facevamo trappole per conigli .. I due vagabondi, ci appellavano al castello, mio padre da un lato ne rideva, dall’altro non sapeva che farsene di due teste matte come noi due. Comunque, doveva venire un ospite e io e Jaime eravamo latitanti nel bosco..” raccontava Andres, era il 1915, tornava alla sua rutilante adolescenza, nel 1896.
L’ospite era Aleksander Rostov-Raulov, un discendente dei Fuentes, un illegittimo che si era reinventato una vita e una carriera alla corte della zarina Caterina II di Russia (1), le parentele contavano e tornavano, negli anni e nei secoli.
 “Racconta Andres”
“Rostov Raulov era venuto in Spagna per un libro di memorie, sul vostro capostipite., Felipe, mio padre Xavier dei Fuentes lo accolse e lo invitò a fare un giro. Il principe cadde nel fosso.. Passeggiava e finì come un allocco nella mia trappola. Poi gli sono rimasto simpatico..Lasciamo perdere”
Quella tra Sofia R. e Xavier Fuentes era stata una infinita passione, lei viveva a Piter, il grazioso nomignolo con cui i suoi abitanti chiamavano la capitale russa, San Pietroburgo, altrimenti detta la “Venezia del Nord”, per le sue luci e i suoi canali.
Un gioco di sguardi, nel 1878 lui era in viaggio di istruzione, il cosiddetto “Grand Tour” in Russia, nello specifico, si era trovato appunto a San Pietroburgo e la aveva trovata.
18 anni entrambi, un breve fidanzamento, quindi il matrimonio.
Enrique era nato nel 1879, Jaime l’anno dopo, Marianna nel 1881, Andres nel 1883.
I primi quattro figli erano sopravvissuti tranne che negli anni successivi Sofia aveva abortito almeno tre volte, a stare stretti, la passione tra lei e Xavier non conosceva di uguale.
Te quiero.
Mi amor.
L’uno per l’altro e lei poi era morta, lasciandolo solo, la prima di innumerevoli perdite per Andres.
Quando conobbe Rostov-Raulov, R-R per gli amici era stato in Africa.
Comunque quando R-R, dopo l’episodio della buca,  pescò Andres che aveva finito di cucinare porc en croùte da cui colava burro alla mostarda, accompagnato da fagioli e patate, oltre che una tarte au citron, allibì letteralmente
“Sai cucinare?” gli fosse spuntata una altra testa sarebbe rimasta meno allibito.
La sua risata faceva vibrare le pareti “Ebbene sì” affermò Andres. “Colpa della Leonessa di Ahumada”

“La leonessa di Ahumada?? Chi è”
“Mora, occhi verdi..”
“Tua sorella? Marianna”  con stupore “Racconta” quei fatti Andres li avrebbe narrati molte volte, tranne che la faccia allibita di R-R era un puro spettacolo.
“Racconta. Immediatamente”
“Allora.. nel 1896, in questo corrente anno,  mio padre portò me e i miei fratelli in Africa, a caccia. “ masticava il sigaro spento, per la foga di ascoltare ”. .Chiaramente la ragazza sapeva sparare.. Gazzelle, impala, e così via, ma la preda più ambita era il leone, ovvero il re della foresta. Con Jaime e Enrique stabilimmo che il primo che avesse abbattuto un leone, avrebbe imposto una penitenza agli altri.. eravamo dopo cena, bevendoci una birra, lei leggeva qualcosa poco distante, e tanto ascoltava, fidati, due orecchie tese come castelli per sentire quello che inventavamo. Intervenne, piccata, giustamente, che non era stata presa in considerazione e per evitare spargimenti di sangue, che lei ci avrebbe trucidati ben prima ..stabilimmo che avrebbe partecipato, anche se ritenevamo che fosse una cosa da maschi. Che non ci avevano capito nulla, infatti fu la ragazza a acchiappare il solo leone della spedizione e ci servì una lezione memorabile” si asciugò le  mani in un canovaccio “Cioè.. ??Vi fece prendere lezioni di cucina?E vostro padre non osservò nulla??”
“ Disse che avevamo dato la parola e quindi dovevamo imparare, che Marianna ci aveva ben gabbati. Che imparassimo una cosa da donna, ecco l’ironia della leonessa”
“Andres, tu farai miracoli”
Era un ragazzo coraggioso, egoista, impetuoso, sarebbe stato un uomo meraviglioso, un ingombrante armadio, come lo definiva poi la sua seconda moglie, Catherine Raulov, nipote di R-R.
E lo avrebbe amato per tutta la vita. 
Quando Andres uscì dalla sua stanza, quella mattina vide R-R, era simpatico, misterioso, un mentore.
Nato nel 1868, come lo zar che adesso regnava, Nicola II, era stato un suo amico di infanzia, di reggimento.
La  nascita di Nicky aveva avuto luogo il 16 maggio 1868, evento annunciato da 300 colpi di cannoni dalla Fortezza dei Santi Pietro e Paolo-, spari di cannone come per la nascita di Rodolfo di Asburgo, padre di Erszi.
Era il figlio dello zarevic Alessandro e di sua moglie Maria. Era una principessa di origini danesi, che in principio doveva sposare Nicola, fratello di Alessandro, tranne che il ragazzo era morto giovane e Alessandro si era trovato erede al trono, con una fidanzata già assegnata.
Nella capitale, si stapparono vodka e champagne.
 
I Romanov avevano un nuovo discendente, ottima cosa ma i più superstiziosi rilevarono che la data fosse di cattivo auspicio,infatti,  il 16 era il giorno di San Giobbe, il più sventurato tra i santi ortodossi.
Il bambino venne chiamato Nicholas, come il bisnonno e il fratello premorto di Alessandro, e il suo nomignolo per gli intimi era  Nicky.
 
Lei si chiamava Elisabetta Aleksandrovna, detta  Ella, a sua volta  figlia di una dama di compagnia della giovane granduchessa Maria.
Suo fratello maggiore Aleksander, detto Sasha o Alex, era coetaneo di Nicholas e adorava la sorellina, per gli amici R-R .
Erano molto legati, divisi solo da tre anni di età e si volevano molto bene, un conforto l’uno per l’altra, che i loro genitori erano estremamente freddi e distanti.
Severi e rigorosi, trovavano irritante la vivacità di Ella, poco femminile la sua curiosità e ben strano il suo interesse per i libri e le lingue straniere, la passione per ascoltare la musica, lei che era stonata come una campana e non aveva senso del ritmo.
Lo zar Alessandro II era stato il suo padrino di battesimo e reputava la ragazzina deliziosa, opinione cui si associava sua nuora Maria e molti altri, ma non i genitori, i principi Raulov ritenevano la figlia troppo scura, magra e curiosa, uno sghimbescio ibrido. spuntato da chissà dove.
Così era, inutile rammaricarsene, diceva Alex, tra loro i fratelli parlavano russo, inglese e francese in modo sciolto, erano poliedrici e curiosi.
Alti, snelli, avevano gli occhi color onice e stupendi capelli scuri, parevano un quadro, tanto erano avvenenti e compiti, arguti e precisi come un narciso in primavera.
 
Lo zar Alessandro II era detto il sovrano liberatore,che aveva abolito la servitù della gleba, aveva fede nel progresso, peccato fosse morto giovane, in un attentato, nel 1881.
La sua agonia fu lenta e penosa, raccontò attento e preciso, Nicky a Ella, le urla, il sangue che impiastrava le mani, gli arti staccati dal colpo della bomba, lui era presente e stupito di spartire la infausta tradizione dei Romanov di morire nel sangue piuttosto che tranquilli nel proprio letto( un presagio? Lui non avrebbe fatto eccezione).

Noi prenderemo seriamente i destini del nostro impero, che da ora in avanti saranno discussi solo tra noi e Dio”, dichiarò Alessandro III salendo al potere, nel 1881, sua legge erano il ferro ed il sangue., non conosceva alcuna misericordia.

Sua moglie, Maria, dimostrò talento nel predisporre grandi feste, circondata da un cercle mondano e spiritosissimo, chic e curata, era sempre all’ultima moda. Invece il marito era assai più parco, agli intrattenimenti scintillanti organizzati dalla consorte preferiva la vita in famiglia. Lavorava come un amanuense certosino alla scrivania, studiando tutti i documenti che affluivano da ogni angolo dell’impero.
Massiccio e altissimo, poteva piegare a forma di ferro di cavallo una forchetta per divertire i figli.

Lo  zarevic e i suoi fratelli crebbero in modo duro e spartano, a titolo di esempio era frugale il sonno in un duro lettino da campo come il cibo, una volta si mangiò l’interno di cera di un crocifisso d’oro donatogli per il battesimo, al cui interno vi era un asserito frammento della vera croce, per la fame, trangugiò tutto. Si vergognava, ma era buono, ammise poi.


Ella fu tra le damigelle di onore di Elisabetta d’Assia, sposa nel 1884 del fratello dello zar, Sergei Aleksandrovic Romanov, insieme alla sorellina di lei, Alix, poi diventata Alessandra Feodorovna.
Nicky e Alix si conobbero in tale occasione, lei aveva dodici anni, lui quattro in più.
Fu in quell’evento che Alessandro III ebbe a dire a Ella (lo ZAR  aveva notato gli sguardi tra i due giovanetti) che un giorno sarebbe stata splendida.
Una delle donne più belle del suo tempo.
E avrebbe amato, ma omise di specificare chi o cosa, sarebbe stata timida, appassionata e audace.
Ella ..
Alix era una nipote della potente regina Vittoria di Inghilterra, sua madre era morta quando aveva sei anni, nel 1878, fin da piccola era circondata dalla tragedia, uno dei suoi fratelli era morto per le complicanze del cosiddetto morbo inglese, ovvero l’emofilia.
Nicky annotò nel suo diario che aveva cenato vicino ad Alix e che gli piaceva moltissimo.
Elisabetta sposò il granduca Sergio nella cappella del Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo, la sua sorellina era vestita di bianca mussola, una acconciatura di rose sulla testa. Come Ella, lo zarevic le guardò entrambe, divorandole con gli occhi, sopraffatto dalla loro avvenenza.
Alix disegnava abiti da sposa nel suo diario, lei era la nubenda, Nicky annotava  che, in ogni occasione, si sedeva vicino a lui, giocando e correndo nel giardino, scambiando fiori e parole, scrivendo addirittura i loro nomi sulla mensola di una finestra. Si amavano, scrisse Nicola
Un due anni dopo, i principi Rostov-Raulov la spedirono in Francia, in collegio a Parigi, per terminare la sua educazione e ritornò impeccabile, con gusti precisi e raffinate conoscenze in materia di lingue, musica e scienze.
Per inciso, era di una bellezza splendida e suntuosa, come aveva pronosticato lo zar, una ragazza che non leggeva romanzi d’amore, ottima strategia si era complimentato suo fratello, i principi non si sposano mai per amore, citando Mercurino da Gattinara, Sasha aveva una solida cultura, ibrida e poliedrica, a tempo perso aveva imparato greco e latino.
Per maggior tutela, di nascosto le fece leggere Anna Karenina o Madame Bovary per ammonirla sui guai che recano le passioni.
Come se  non lo sapesse e quasi Ella si vietava di pensare gli scherzi, i picnic nel parco imperiale con lo zarevic e i suoi, le risate imparando a ballare e strani silenzi che cadevano tra loro.
Nicky pure era cresciuto, giovane e snello, con appena un accenno di barba, ora prestava servizio negli ussari, con Aleksander e Pietr, cene e balli e feste, un flirt con la ballerina Ksensiskya e via dicendo.. Le sbornie erano solenni e rinomate, giocavano ai lupi, ovvero i giovani ufficiali pascolavano a carponi nelle sere estive, lappando le botti di vino e chiaretto che i premurosi valletti rovesciavano loro addosso. Il risultato erano inaudite sbornie e emicranie il giorno successivo. 
Pietr Paulovic Raulov le era vicino per rango ed età, era di una ramo collaterale del grande albero dei principi Rostov-Raulov, la casata si era scissa ai primi del 1800, discendenti tutti di un ragazzo spagnolo, Felipe de Moguer, che si era costruito una fortuna combattendo contro i turchi durante le guerre di Caterina II, ottenendo titoli e terre e facendo un matrimonio favoloso.
Una principessa come Ella poteva aspirare al massimo a un granduca di una ramo minore, non all’erede al trono, Ella lo sapeva e sorrideva a prescindere, un dovere di ogni principessa,appunto, anche se ha il cuore spezzato.
Ancora, nel 1889 lo zarevic aveva ritrovato Alix d’Assia, alta, sottile e avvenente, dai bei capelli color oro fulvo, che soggiornava di nuovo in Russia, dalla sorella, ma quel crescente e rinnovato affetto incontrava l’ostilità dell’imperatrice madre, che disapprovava, un conto gli sfoghi ed i flirt giovanili, altro le nozze dell’erede al trono, che ben  poteva trovare di meglio rispetto alla figlia timida e sgraziata di un oscuro granduca... In termini di rango e prestigio..
Nicky pensava alla ballerina, a Alix e … alla principessa Ella, scoprendosi “infiammabile”, e rifletteva sulla stranezza del cuore umano, che oscillava come un periscopio.
Era giovane e lo zar suo padre lo preparava poco ai futuri compiti, il Grand Tour, compiuto nel 1890 fu una occasione di svago in Oriente, vi furono molte bisbocce ma poco studio, un gioco goliardico, non la seria osservazione sui luoghi e i costumi di Sashe Raulov, che era uno studioso, pur se gaudente.
In Giappone, lo zarevic fu vittima di un tentativo di agguato, da cui ricavò una cicatrice sulla fronte e una eterna antipatia per i musi gialli, una definizione spregiativa per i giapponesi.
Nel 1890, lo zarevic e i suoi compagni erano tornati dai loro viaggi e la principessa Ella venne convocata da suo padre, un uomo freddo e arrogante che concepiva solo l’obbedienza nei suoi riguardi, fosse solo un capriccio che gli scaturiva in mente. Ammetteva che Ella era davvero avvenente, assicurava un buon matrimonio, in termini di rango e prestigio, alleanze, la somma recata dalla sua dote era solo un mero inciampo, una contabilità.
Apprese ( in seguito ammise di aver scordato ogni particolare) che avrebbe sposato il principe Pietr, acconsentì, le mancava di essere una vera ribelle ed era fatto noto il legame dello zarevic con la ballerina Matilde K., oltre che fosse innamorato di Alix d’Assia.
E una principessa come Ella, nonostante l’alto rango donato dalla sorte, non poteva aspirare alla mano del principe ereditario, lo sapeva da sempre e da sempre evitava di pensarci. e mai si erano esplicitati a voce, mai, solo sguardi.
Il suo promesso era molto intelligente, non si applicava in nulla, ritenendo tutto dovuto per essere un principe, amava la vodka e il gioco d’azzardo, Ella i libri e la musica.
Era il 1891.
Il principesco sposo tollerava che lei si dedicasse al noblesse oblige, ordinare testi e vestiti purchè non lo distogliesse dalle sue contemplazioni, saltuariamente i coniugi dividevano la tavola e il letto.
Intanto, Nicholas era assorto dalla grande questione, dalla sua innamorata tedesca, pensava che tutto si sarebbe risolto, avrebbe avuto la sua favola con relativo lieto fine e Alix d’Assia.
Gli zar non avrebbero sempre negato il loro consenso e lei non si era ancora fidanzata con nessuno, molte principesse tedesche avevano sposato un Romanov, cambiando religione, che era legge che la zarina fosse di credo ortodosso.
 
Alla fine Nicola nel novembre 1894, poche settimane dopo la morte del padre,  che lo aveva reso sovrano, aveva sposato la sua Alix, dopo la conversione Alessandra.
Nel mese di agosto 1896, dopo la formale incoronazione a Mosca, era prevista la prima visita ufficiale all’estero degli zar, prima destinazione Vienna alla corte del Kaiser Franz Joseph.
R-R era tra i membri della scorta, in avanguardia.


Andres, disse Erszi, un decennio dopo, ti ricordi quando ci siamo intravisti la prima volta?
Due ragazzini ..  (1) Su "Felipe", rinvio all'omonima storia.

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Capitolo 4
*** Erzherzogin Elisabeth ***


Nel mese di agosto 1896, dopo la formale incoronazione a Mosca, era prevista la prima visita ufficiale all’estero degli zar, prima destinazione Vienna alla corte del Kaiser Franz Joseph.
R-R era tra i membri della scorta, in avanguardia.

Quelli erano tempi bui, di frequenti attentati, quando non capitavano per altri disguidi.R-R pensava, non da ultimo, a quando Nicola II era ancora il principe ereditario, un ragazzo di 22 anni. Era giovane, infatti, e lo zar suo padre lo preparava poco ai futuri compiti di regnante, il Grand Tour, compiuto nel 1890 era stata una occasione di svago in Oriente, vi furono molte bisbocce ma poco studio, un gioco goliardico, non la seria osservazione sui luoghi e i costumi di Rostov- Raulov,ovvero R-R, che era uno studioso, pur se gaudente.
Appunto, in Giappone, lo zarevic fu vittima di un tentativo di agguato, per un alterco presso un tempio buddista, il risultato fu  una cicatrice sulla fronte e una eterna antipatia per i musi gialli, una definizione spregiativa per i giapponesi.
E vi erano gli anarchici, i nichilisti e quanto altro, che promettevano pane ai poveri, sintetizzava, e morte ai potenti, tramite assassini e terrorismo, si applicavano con zelo sia in Russia che Francia e via così.
Nel 1889, quando il principe ereditario d’Austria Rodolfo era morto, nelle prime, confuse ore la corte viennese aveva indicato che il Kronprinz e la sua amante erano stati sterminati da un terrorista, invece si era trattato di un omicidio-suicidio, un folle e romantico patto. Alla fine, era stato dichiarato "in stato di disordine mentale", formula che venne accettata dal cardinale per consentire le celebrazioni religiose per il funerale dell'arciduca. Ai suicidi infatti, secondo le normative della chiesa cattolica, non era consentito di essere sepolti coi  crismi di Santa Romana Chiesa.
La vicenda aveva destato un profondo scalpore, se ne ricordava anche Andres, nel 1889 aveva appena sei anni ..
La certificazione medica per ottenere i funerali religiosi per Rodolfo, aveva afflitto sua madre, la fiabesca, leggendaria Sissi, lei riteneva che il germe della pazzia fosse derivato da lei, dalla sua famiglia di origine, non da ultimo, nel 1886, Ludwig II, re di Baviera, dichiarato pazzo era morto in misteriose circostanze.. si dava la colpa delle miserende condizioni mentali del figlio, il peccato originale di discendere dai Wittelsbach. Da allora in  poi si era sempre vestita di nero, lutto perenne per il mondo e sé, le sole eccezioni due volte, grigio perla, per le nozze della figlia Valeria e il battesimo della prima bimba di Lei, chiamata molto fantasiosamente Elisabetta, appellata Ella per distinguo.
Erzsi, quando tuo padre Rodolfo era morto, la corte dei Romanov aveva rispettato l’uso di vestire il lutto per la morte di un membro a suo modo, una specie di presa di giro.  Anni prima, gli Asburgo, che era morto un principe della dinastia Romanov, non avevano rispettato quell’abitudine,  non rinunciando a una  festa in programma. Marie Feodorovna, moglie di Alessandro III, decretò che la festa da ballo avrebbe avuto luogo, ma gli invitati dovevano vestirsi di nero, ecco il famoso “Bal Noir”, allora avevo sei anni, ricordo il commento scandalizzato di mia madre, di origine russa, che si teneva in contatto con i suoi parenti.. “Povera bambina, dicono del dolore dell’imperatore e sua moglie, della gramaglie della principessa ereditaria e nulla di lei.. che ne soffrirà per tutta la vita” e anche da ragazzina non avevi paura di nulla,  ti arrampicavi sugli alberi, cavalcavi come un demonio, eri un portento ed una grazia. E di tuo padre .. Non ne parlavi, appena ti ricordavi di lui, o almeno così dichiaravi,  eri bellissima, camminavi con la serena grazia di una danzatrice, di una regina nei suoi giardini invernali..
Una naiade, una divina. Che da sempre piangeva senza lacrime, beveva e rideva, a piccoli sorsi.. La piccola principessa e le fate te lo avevano rubato, era morto. A stento ricordavi le candele del servizio funebre, un firmamento di astri caduto in terra, come te, mentre tua nonna principiava a narrare assenza e sgomento.  
Gli occhi innocenti, una guerriera.

 
Andres, disse Erszi, un decennio dopo, ti ricordi quando ci siamo intravisti la prima volta?
Due ragazzini .. lui vestito di scuri colori per il lutto recente, con i calzoni lunghi .. da marinaretto, in calzoncini sarebbe stato ridicolo, all’epoca era un dinoccolato adolescente, gli occhi scuri, neri come pozzi di carbone, pareva davvero molto più grande. La aveva scorta da lontano, il lampo mutevole dei capelli, nel sole le ciocche assumevano le sfumature del grano, del bronzo e del rame, ogni ciocca aveva le sfumature di una leggenda.. i passi assorti nel parco e.. “R-R, che graziosa fanciulla”, indicando la ragazzina, vestita di chiari colori, attorniata da guardie e dame, divisa tra il rimpianto dell’infanzia e i primi cenni dell’età adulta “Ah.. “ strizzando gli occhi “ Erzherzogin Elisabeth von Österreich Sie …wurde in der Familie „Erzsi“ genannt, die ungarische Koseform von Elisabeth…”
„Erzsi“.. Andres assaporò quel nome..
Le dame sentendosi osservate fecero un vago cenno di saluto, Andres e R-R chinarono la testa, solenni e galanti.
“ERZSI…”
“ANDRES..”un mormorio, come pioggia tra le foglie..
Imprevisto, l’amore.
 
 

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Capitolo 5
*** The Spanish Rose ***


Quando, tornando in Spagna, rivide Isabel  la paragonò alla ragazza dei giardini, come lei era sottile, minuta, con chiari capelli.
Nata nel 1881, era una amica di sua sorella Marianna, coetanee, parlottavano tra loro, i cappelli a grandi tese piegati l’uno verso l’altro, tra le mani una rosa dal profumo acuto, fumoso.

Arguta e con un grande senso dell’ironia, erano grandi amiche.

Isabel aveva i capelli dorati, come le distese di grano in estate, in Castiglia. Splendenti come la chioma di Berenice nel cielo estivo, nelle sere torride amavano contare le stelle e le lucciole, che si spegnevano e accendevano come la speranza.
La guardò.
Lo guardò.
Si fissarono.
E il resto del mondo tacque.
 
%%%%%%%%

Bastava poco o nulla, sguardi, una mano che cerca la tua, stretta dietro una porta, il cuore in capriole, mi bastava vederla per essere felice.
Ero giovane, lei aveva due anni più di me, appunto, nulla contava, la guardavo e mi guardava e tutto si fermava.
La morte di mia madre era stata un trauma, a 13 anni ero cresciuto e maturato, giovane di anni e non per esperienza.
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Vicino alla rocca di Ahumada vi era una radura di melograni, che crescevano, sghembi nonostante il clima dei Pirenei, fiori e rossi frutti, simbolo di fertilità e buona fortuna. Su un tronco incisi le nostre iniziali, I e A, isabel e Andres, un cuore le racchiudeva. Lei rise, imbarazzata,  mi inginocchiai davanti a lei.
“Isabel, io..”
“Dimmi”
“Io ti amo, Isabel. Mi vuoi sposare?”
Andavo per i 16 anni, una dama e un cavaliere, come le antiche leggende.
Uniti come le nostre iniziali, eravamo giovani, belli e perfetti, immortali.
Isabel mi abbracciò, dopo avere detto sì, altre parole erano inutili.
Il bacio che ci scambiammo.
Fuoco su fuoco, metallo su metallo, mai avevo amato così.
ISABEL.
%%%%%%%%
E il vento leggero soffia di nuovo, con dita leggere, di cipria, il rombo di un tuono lontano, sono di nuovo giovane e innocente, la vita doveva ancora piegarmi. Emozioni, impaccio, quella notte, la nostra prima notte eravamo vergini, goffi, tesi per cercare di essere all'altezza delle aspettative reciproche, il desiderio e il timore di fare una figura pessima. ..... Invece... 
Era il 26 marzo 1899.
I suggerimenti dei miei fratelli mi avevano lasciato imbarazzato, allibito, mio padre si era limitato a consigliarmi di non avere fretta, nulla avevo chiesto di specifico, lasciando alla  immaginazione il resto.
 
 Amore, tenerezza, passione. I bordelli e le avventure erano venuti molto, molto dopo, ritenevo di essermi lasciato dietro il futuro. Ero giovane, in salute, ardente, senza obblighi,  di tutte per non essere di nessuna.


ISABEL.
The DREAM.
%%%%%%
Elisabetta di Asburgo era l’unica e ultima figlia del principe ereditario Rodolfo, morto con la sua amante, e di Stefania del Belgio.


Sua nonna Elisabetta in Baviera era stata forse la donna più bella della sua epoca, e soffriva di nervi e depressione, il padre Rodolfo era morto suicida, dopo avere sparato alla sua amante, Stefania del Belgio si era sposata in seconde nozze contro il volere di tutti con un conte ungherese.. Insomma, per quanto bella e viziata, la prediletta del Kaiser, non era considerata un buon affare. Nelle more si era incapricciata del principe Windisch-Gratz, maggiore di lei di un decennio, e già fidanzato. Particolare su cui lei aveva allegramente sorvolato, se ne era innamorata e lo aveva sposato nel 1902, rinunciando ai diritti dinastici per non compromettere la futura successione, mantenendo peraltro il suo titolo di arciduchessa e connesse rendite. Il matrimonio si era  sfasciato, in pochi anni, per ripicche e gelosie, nonostante i figli, tanto che sia Erszi che Otto erano aperti nell’avere relazioni extraconiugali.
Nel settembre 1903, invitati alle nozze della principessa Alice di Battemberg con Andrea di Grecia, invece, apparivano solenni, radiosi, destinati a una felice vita matrimoniale. Alice era la prima nipote di Alessandra, zarina di Russia, nata granduchessa tedesca, era quindi ben presente con la sua famiglia, lo zar e quattro figlie. Nella visita a Vienna del 1896, aveva preso in braccio la piccola Olga e le parve davvero carina, al pari delle sorelline, disse che la potevano chiamare usando il suo nomignolo, in via informale, che varie Elisabette erano convenute al lieto evento, dalla zia della sposa, Elisabetta di Russia come la cuginetta Elisabetta d’Assia.
Erzsi ed Otto erano venuti a rappresentare il Kaiser, ignorava se vi fosse una parentele, per quanto lontana, o fosse un dovere di noblesse oblige.

“Alice è sorda, da quando era piccola, per le celebrazioni delle nozze con Andrea vi furono delle comiche..”anni dopo, nel 1917, Olga raccontava storie a sua amica “ Lui seguiva il credo  greco ortodosso, lei quello protestante. Quindi, vi furono due cerimonie religiose e una civile, lei seguiva appunto i movimenti delle labbra, per comprendere i discorsi,  e per la lingua greca non era facile. Quando il sacerdote chiese se sposava Andrea per sua libera scelta, rispose di no, il prelato, fingendo che nulla fosse, domandò se si era promessa a qualche altro, e lei rispose di sì..Ridemmo fino alle lacrime”
“Già e mi scrivesti che il ricevimento fu uno spasso, Vera di Wuttemberg si era fissata la tiara di brillanti in testa con l’elastico, giusto, ma non gli occhiali “
“Era vecchia, non ci vedeva più, non sai quanti prese a borsettate, paventando scherzi e contumelie” E vennero lanciate pantofole di raso, riso e petali di rose, lo zar e altri, dopo i saluti agli sposi che percorrevano il centro cittadino in auto scoperta e salutavano la folla, spiccarono la corsa e li raggiunsero. Alice si prese in faccia un intero pacco di riso e una pantofola, a opera dello zar, che in cambio venne raggiunto dalla detta pantofola, lanciata da Alice, che si sporgeva dal sedile posteriore dell’auto gridando”Sei un vecchio stupido” quando Olga aveva raggiunto suo padre lo aveva trovato piegato in due dalle risate, seguito da un epico squadrone di poliziotti, che temevano un attentato, insomma ..
“Il profumo di rose stordiva e c’era una piccola graziosa fontana.. Erszi si divertiva a contare, era grande, vent’anni, sposata e pareva lei stessa una bambina, mia cugina Ella la trovava divertentissima, come noi, si nascondeva, diceva che giocare può essere un lavoro serio, Erszi, dico”


In uno di quei chiari pomeriggi le parve di (ri)vedere un ragazzo che era diventato uomo, intravisto anni prima, nei giardini..
Aveva gli occhi verdi, di fumo, i capelli scuri, era alto e prestante.
Una vaga impressione, un imprevisto.
Non poteva certo essere lui ..
Ero io, Erszi, dal 1901 era principiato l’esilio che mi ero auto imposto, dopo le tragedie, la mia casa era troppo piccola e troppo vasto il mio dolore.
Avevo vent’anni e poco più, mia moglie era morta, mio figlio aveva raggiunto sua madre dopo una settimana.
Mio figlio, Xavier dei Fuentes, un piccolo principe combattente, minuscolo e perfetto, nato troppo presto.
Solo la morte lo aveva sconfitto..
Ero andato via da R-R.. ero diventato una spia, un soldato, un uomo d’armi e segreti, che viveva di malinconie..
Ero finito in Russia, senso di colpa, voglia di avventure e oblio mi avevano recato un esilio semi volontario, amaro, a leghe, migliaia di leghe di distanza, per mia volontà.
Diventai un eroe, un titano, sempre infiammato dalla corrosiva sensazione di essere vivo e respirare.
Non ho ceduto.
Come non cedevo da bambino lo stendardo su cui era dipinto il leone rampante, uno dei simboli dei Fuentes, lo facevo danzare, immaginando le battaglie, ignorando quelle che la sorte mi avrebbe appioppato e quelle che avrei cercato.
Un simbolo, il leone danzante che tiene una rosa, che mi sarei fatto tatuare nel 1903, assieme ad altri simboli araldici nel 1903, mentre ero in Manciuria, verificando le condizioni dei luoghi, annotando che le vie di comunicazione erano pessime, fosse scoppiata una guerra, come poi in effetti scoppiò con il Giappone, sarebbe stato un disastro. Comunque, sul braccio portavo anche inciso “Xavier 1901”, in caratteri nitidi e delicati.
Mio figlio, in suo onore, non dimenticavo, mai ho voluto dimenticare.
Lontani eppure sempre vicini..
E, pure se mi pareva impossibile, sarei tornato ad amare.

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Capitolo 6
*** Andres El Picador ***


I cieli della mia Spagna, andando a Santiago, con Marianna, mia sorella, io e lei, da soli, a piedi, pellegrini tra  i pellegrini, parlando ben poco.
Isabel, la tragedia..
 Lei era la sua migliore amica, si sentiva in colpa, doveva guardarci no.. Come no. La sentivo piangere, notte dopo notte, alla fine ero ben ubriaco quando le ho ingiunto di piantarla. Se ce l’hai con Enrique, io non sono da meno, che .. E mi aveva tirato addosso una brocca d’acqua, guardati, Andres, fai schifo, Isabel non avrebbe mai voluto vederti così… Io sono vivo e lei è morta, fine, come mio figlio .. Poi ci siamo messi a ridere, per non piangere, che scena ridicola, lei in versione leonessa con quella brocca in mano, scalza, io bagnato come un pulcino.. Se serve a farti sentire meglio, rompimi le ossa e i denti.. E che sei impazzita, Marianna, come quella volta che sei sgusciata a cercare un gruppetto che si era perso nei valichi, manca poco ti assideri.. Basta, Andres, per entrambi. Non fa il nostro bene.. Aveva ritrovato da poco Raul, suo futuro marito, marchese di Cepeuda, lo aveva conosciuto quando era solo un ragazzetto di dieci anni e .. In sintesi, era innamorata, ricambiata, e si sentiva in colpa, che le pareva un affronto.. Come no, come se lei non dovesse più provare nulla, essere una fredda pietra, era sempre viva e doveva iniziare a stare bene di nuovo.. E TU NO, Andres..? Io.. Io pensavo di avere finito, il mio dolore troppo grande e la mia casa troppo piccola.


Nel 1905 ero tornato per il matrimonio di mia sorella, Marianna, una piccola sosta festosa.
Scorro da capo le lettere, di LEI.

”.. Mio zio R-R ai tempi remoti, tipo 1896 e giù di lì voleva scrivere un libro di memorie sul nostro antenato Felipe ed è andato a cercare le origini, in Spagna, ove ha fatto amicizia con il principe Xavier Fuentes, i Fuentes erano la famiglia di origine di Felipe. Abitano in un castello favoloso, si chiama Ahumada ed è sui Pirenei, da dove ti scrivo adesso (descrizione in fondo, curiosona, che ti devo raccontare un sacco di cose) Allora, il principe Fuentes ha quattro figli, tre maschi e una ragazza, che si sposa domani. Si chiama Marianna, è bella e gentile, non si scoccia di rispondere alle mie domande, sul come e i perché, ha gli occhi verdi e i capelli scuri, è alta come la tua mamma (..) La cappella era piena di zagare, sai qui sono fissati, e le donne portano la mantilla, con un pettine, che è una specie di velo, il mio è di seta. La cosa buffa è che le donne sposate lo portano nero, le nubili bianco o avorio, come fosse uno dei nostri veli da sposa. Comunque Marianna si è sposata con il vestito tradizionale, nero, con ricami favolosi, in testa una mantilla scura, le zagare portate dappertutto, sul corsetto, il bouquet, nei capelli insieme ai gioielli. Lo sposo le ha offerto 13 monete d’oro, lei altrettanto, questo scambio indica la condivisione delle finanze e LUI che offre una dote a LEI. Poi hanno passato una corda sui polsi degli sposi, stringendola leggermente, per indicare che non si separeranno mai più Chiaramente la cerimonia era in latino e non ci ho capito nulla, in meno di una ora ce la siamo cavata, quando sono usciti scoppiavano petardi e mortaretti, fuori gettavano il riso e gli sposi sono passati attraverso una galleria di spade sguainate, degli amici e dei fratelli di Marianna (Enrique, Jaime e Andres, spero di avere traslitterato bene) e hanno scandito il motto dei Fuentes e dei Cepeuda..”Fuentes, ahora y por siempre” (Fuentes, ora e per sempre) “Estrella por Espana” (Una stella per la Spagna??) la festa è durata fino a tardi, sono corsa da una parte all’altra con un gruppo di ragazzine, la mantilla data a mia mamma, per non perderla  (..)Ho ballato con i grandi..Comunque anche guardare era uno spettacolo, i tre fratelli Fuentes sono alti, come  il cugino dello Zar, il granduca  Nicola e i suoi Zii.. Hanno tutti gli occhi scuri come il loro padre, Xavier, mentre Andres li ha verdi come Marianna, li hanno presi dalla madre, che era nata in Russia, pensa un poco.. Il principe Xavier era venuto a San Pietroburgo in Grand Tour nel 1878, contava 18 anni e lì ha trovato Sofia R. della stessa età e si sono sposati nella chiesa cattolica di Santa Caterina della capitale.. Comunque, Andres Fuentes, anche se è bello, ha sempre un fondo di tristezza, come se avesse il muso. Ballando, gli ho tirato un pestone (due, rettifico) e mi veniva da ridere, tutti erano stati contenti e lui .. Boh pareva fosse una penitenza. ..Chica pestifera ha esclamato e altro .. Ragazzina pestifera, ma dai ..Nota: descrizione di Ahumada. ..” E descriveva le mura solide, ornate dall’edera, il giardino interno, che era un posto splendido che offriva pace e sicurezza, mille e rotti anni di storia, una fortezza imprendibile, sulla torre principale potevi prendere le stelle, tanto ti parevano vicine, il profumo di resina e le risate, i picchi acuti delle montagne, le meraviglie di alba e tramonto.”…. PPS Marianna Fuentes ha 24 anni, non è certo una ragazzina, ma si è sposata per amore, vedessi come è contenta.. PPPS a mia madre il vestito da sposa spagnola è piaciuto così tanto che se ne è fatta fare uno su misura con annessa mantilla.”
“.. abbiamo visitato Granada, devi vedere come è bello il palazzo dell’Alhambra di rossa pietra, i giardini con le fontane belli come quelli dei palazzi dello ZAR Tuo Padre (..) E abbiamo visto una corrida (…) che qualcosa è andato storto, il toro era davvero infuriato e ha preso un braccio del matador con le corna.. Una brutta ferita e la bestia era davvero infuriata, uno dei picador è sceso da cavallo e ha agitato il drappo rosso (muleta) davanti al toro e lo ha finito .. Ero zitta per l’orrore, che rischiava di .. Insomma, ha ucciso il toro e salvato il matador.. Quando si è tolto il cappello, lo ho riconosciuto ..Era Andres, il più giovane dei Fuentes. Ora che il figlio di un principe faccia queste cose è ben strano, almeno per noi, ma qui in Spagna ragionano a modo loro e addirittura un grande re del loro passato, Ferdinando, era solito toreare e combattere nell’arena. Abitudine che rientra tra quelle di re Alfonso, il loro attuale sovrano quindi ci siamo. Comunque, è stato molto coraggioso. Senza paura. Lo hanno acclamato e i fiori cadevano sulla sabbia”
 
Da una lettera di Andres a LEI, del 1917 “Nel 1905, eccoci al matrimonio di mia sorella, ad Ahumada rientravo che era quasi sorto il sole dopo la notte di addio al celibato e mi venne l’idea di fare due parole con Marianna, che conoscendola era in piedi, serena e senza fallo prima del trambusto della giornata. Bussando, trovai Lei e Te che contemplavate l’alba nella sua stanza. “Chi è?” “Fuentes” “Entra, fratellino..” in senso ironico, che la supero abbondantemente di peso e statura “Catherine ..nipote di Rostov-Raulov” Un bagliore indefinito, le iridi color onice che mi soppesavano. “Lo so, chi è” “ E voi siete Andres Fuentes” Mi inchinai, ironico, “Per servirvi, chiedete e obbedirò”mentre il cielo a oriente diventava zaffiro e cobalto, previdi che sarebbe stata una lunga giornata.
Avevi dieci anni, tra le ragazzine più graziose che assistettero al matrimonio, ne convengo, tranne che non eri affatto convenzionale, come appresi a mie spese grazie a un calcio e due  pestoni, al momento dei balli, ti appellai chica pestifera, ragazzina malefica,dicesti, è una occasione allegra e voi avete il muso.. Ti avrei torto il collo, fidati.  
Marianna rise di entrambi, falla crescere Andres, e la troverai di tuo gradimento..
Comunque, osservasti che, muso o  meno, le cose le sapevo raccontare, su Felipe de Moguer, diventato principe Rostov-Raulov grazie alle sue epiche imprese alla corte di Russia. Già, la mattina successiva alle nozze, mentre tutti dormivano, chi mi ritrovo ?Erano le sette e mezzo, in punto di cronaca, la servitù avrebbe preso servizio dopo un’oretta, che i festeggiamenti erano terminati verso le cinque.Domanda retorica, chi mi ritrovai, definirti curiosa e sfibrante un eufemismo. Ti piacquero i ritratti dei tre fratelli, Felipe, XavierNicolas e Francisco, vicini nella galleria, lui era tornato ad Ahumada verso i 40 anni, sopravissuto alle battaglie e agli ingaggi, onorato e riverito, con la seconda moglie e i figli avuti da lei. “Avevate detto che alle mie richieste avreste obbedito, Fuentes”al mio tentativo di sparire, un sorriso sghembo, avevi grinta, complimenti a te, e lo dicesti in spagnolo, in poco tempo avevi imparato a sufficienza. 
Quando rovesciai il cappello, nell’arena di Granada, cadevano fiori e applausi, tu avevi le braccia lungo i fianchi, alzai la mano e ricambiasti il saluto. “



“…… Ti ho conosciuto quando eri una bambina di otto anni, dietro a un gatto, che fece cadere una risma di fogli e rise del mio radunarli, invece di scusarsi del pestone. Giusto perché eri la nipote di Rostov-Raulov mi astenni dal riprenderti, sorridevi sghemba con quel felino, finalmente preso, ballando ora su un piede ora sull’altro, poi sparisti, di gran carriera.
Il mitico Sasha R-R, diminutivo di Alexander Rostov-Raulov, conosciuto quando ero un ragazzino, percosso dalle tragedie, quando venne in Spagna a cercare notizie per scrivere un libro sul primo principe Rostov-Raulov, al castello di Ahumada, mia casa di nascita, oltre che di Felipe. Personaggio carismatico e complesso, guai a chi osava toccargli la sorella o la nipote, che al tempo eri ancora figlia unica. Cocciuta, viziata e esasperante. E non era timidezza, come appresi poi.


“Avrò sempre nostalgia di Isabel e mi mancherà, come il ragazzo che sono stato,  mi chiederò sempre che padre sarei stato con Xavier. Che vita avremmo avuto. E il tempo è passato, e torno ad amare, completamente ...Solo una volta ci sono andato vicino, lei .. fosse stata libera, saremmo stati insieme e tanto.. lasciamo stare. AMO TE. E non solo ora, ma per sempre. Unica e rara, non la sostituirai.. Scusa la confusione.. E so solo che ti amo, con tutto  me stesso. Io ti amo e ti amerò per sempre Catherine”
“E così io. Per sempre, io ti amerò per sempre,  Andres, sposami”
Ma LEI ancora doveva sorgere nel mio cielo.
Erszi era a poca distanza.
Ah.. se non avessi mai amato, mai avrei sofferto.
 
 

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Capitolo 7
*** New Love (The Princess & the Hero) ***


 
 
Non ho ceduto.
Come non cedevo da bambino lo stendardo su cui era dipinto il leone rampante, uno dei simboli dei Fuentes, lo facevo danzare, immaginando le battaglie, ignorando quelle che la sorte mi avrebbe appioppato e quelle che avrei cercato.
Un simbolo, il leone danzante che tiene una rosa, che mi sarei fatto tatuare nel 1903, assieme ad altri simboli araldici nel 1903, mentre ero in Manciuria, verificando le condizioni dei luoghi, annotando che le vie di comunicazione erano pessime, fosse scoppiata una guerra, come poi in effetti scoppiò con il Giappone, sarebbe stato un disastro. Comunque, sul braccio portavo anche inciso “Xavier 1901”, in caratteri nitidi e delicati.
Mio figlio, in suo onore, non dimenticavo, non ho voluto dimenticare.
Ho ancora l’uniforme dei dragoni a cavallo spagnoli, il mio reggimento, od almeno lo era, vi avevo militato, per poche stagioni, nell’adolescenza, fino ai 18 anni, io e Isabel avevamo vissuto tra Ahumada e Madrid, mi ero distinto durante una rivolta degli anarchici e molto altro, acquisendo poi l’ultima mostrina per un caso inopinato.
La principessa Vittoria Eugenia aveva contratto matrimonio con il re di Spagna a Madrid nell’ ultimo e glorioso giorno di maggio 1906, partecipavano sua madre e i fratelli e i principi del Galles.
Dopo la cerimonia nuziale, la processione reale tornava al Palazzo Reale quando un attentato venne compiuto in danno dei sovrani
L’anarchico Morral lanciò una bomba sulla carrozza reale.
La regina aveva voltato la testa per osservare la Chiesa di Santa Maria, che le mostrava il re Alfonso, la sua gonna bianca si macchiò del sangue della guardia che cavalcava accanto alla carrozza.
I cavalli erano partiti al galoppo, Andres li aveva fermati, era vicino, un gioco, un caso, lui salvava tutti tranne che sua moglie e suo figlio, era ardito, malinconico e sobrio, l’anarchico Matteo Morral Roca aveva ucciso 20 persone e ferito altre 100 nel tentativo di assassinare il re di Spagna.. lanciando una bomba travestita da bouquet nuziale nella Calle Mayor
Era un Fuentes, un eroe.
Dopo l’attentato, Morral aveva cercato di allontanarsi nella folla, ma lo avevano riconosciuto, tra gli altri Enrique e Jaime Fuentes, lanciati al suo inseguimento.  Una lotta e un segreto, Morral non era passato attraverso la giustizia del re, ma Andres e i suoi fratelli erano stati osservati, amati e scrutati.
Per quanto mi fossi congedato da anni, in modo formale ed illimitato, il re di Spagna, per gli eventi di cui sopra mi aveva concesso il titolo di generale di brigata.
Un picador.
Un eroe per gioco e caso, la Calle Mayor uno scherzo del destino,  ero stato un viandante per espiare la colpa di essere sempre vivo, imparavo da capo il silenzio, l'attesa.
Il gladiatore che aveva lottato per altri e non per i suoi, la moglie  morta, un figlio ucciso dalla sorte.
Xavier ..il mio perduto bambino, morto perché troppo prematuro, ero rimasto solo, un peso smisurato e senza ritorno e la rabbia..
La mia casa troppo piccola, il mio dolore immenso, lo avevo urlato sotto i cieli primaverili di Ahumada, i maestosi Pirenei sullo sfondo, bevendo fino a non reggermi in piedi, atterrato sulle ginocchia, i pantaloni lacerati per  l’impatto e i palmi sbucciati, nella radura dei melagrani. In un tronco erano scolpite le iniziali, una A e una I, Andres ed Isabel, uniti in un tronco e non nella morte.
E altre donne, altri sorrisi e assenze.
Elisabetta di Asburgo, la mia Erzsi, conosciuta per caso e diventata indicibile,  amata.., maritata Windisch-Gratz.. era l’unica e ultima figlia del principe ereditario Rodolfo, morto suicida con la sua amante, e di Stefania del Belgio.
Un nuovo amore, il mio, dopo anni e vado a incrociare una splendida e complicata persona. Erszi..

La mia Erszi.

Sua nonna Elisabetta in Baviera era stata forse la donna più bella della sua epoca, e soffriva di nervi e depressione, il padre Rodolfo era morto suicida, dopo avere sparato alla sua amante, Stefania del Belgio si era sposata in seconde nozze contro il volere di tutti con un conte ungherese.. Insomma, per quanto bella e viziata, la prediletta del Kaiser, non era considerata un buon affare. Nelle more si era incapricciata del principe Windisch-Gratz, maggiore di lei di un decennio, e già fidanzato. Particolare su cui lei aveva allegramente sorvolato, se ne era innamorata e lo aveva sposato nel 1902, rinunciando ai diritti dinastici per non compromettere la futura successione, mantenendo peraltro il suo titolo di arciduchessa e connesse rendite. Il matrimonio si era presto sfasciato, per ripicche e gelosie, nonostante i figli, tanto che sia Erszi che Otto erano aperti nell’avere relazioni extraconiugali. Per lei era gelosia, umiliazione, forzature, alle volte cercava di illudersi che con Otto, voluto a tutti i costi, nulla fosse perduto .. Ne usciva esausta, triste..
Nulla di nuovo, l’imprevisto era stato il reciproco sentimento, con Andres dei Fuentes, il guerriero, il ragazzo rabbioso che continuava ad amare la vita, l'eroe, il titano silenzioso.
 
ERSZI.


Una leggenda.
Amore.
Dignità.
Passione..
Ideali..
Eravamo noi.
 
 

Nel 1909 ero tornato a Vienna per tre mesi abbondanti,m dopo il soggiorno di un anno prima, durato poche settimane, percorrendo le vie e le piazze, nuove costruzioni e vecchie storie, la saturazione .. che andavo  cercando? Guardavo avanti con quella viziata, ostinata mia coetanea, che amava le rose di ottobre, fragili e piene di colore, che sfioriscono dopo una notte più rigida e ti restano sempre nel cuore.
Ed Erszi non era una superficiale, si fingeva oca solo in apparenza, in privato era coltissima, parlava bene il francese e l’inglese, oltre al nativo tedesco, aveva letto un poco di tutto e si occupava di comitati caritativi. Come suo padre Rodolfo, era una appassionata cacciatrice e si interessava di ornitologia e botanica.
I particolari, un braccio nudo, come il ventre che baciavo, la vita meno sottile, quattro figli le  avevano segnato la figura, ingrossato i fianchi, era sempre stupenda.. E tanto..altri strappi, altri addii, i legami ufficiosi erano tollerati, provocare uno scandalo per rimanere insieme no.
Erszi..
La mia Erszi, eri bellissima, camminavi con la serena grazia di una danzatrice, di una regina nei suoi giardini invernali..
Una naiade, una divina.
Gli occhi innocenti, una guerriera.
Una PASSIONE fisica a cui non resistevamo.

 
 
Ah.. se non avessi mai amato, mai avrei sofferto.
 
E tornavo ad amare.
TE.
SEMPRE.

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Capitolo 8
*** ANDRES .. Senor de las montanas.. ***


Nota: nella prima parte, la voce narrante è quella di Catherine, che diventerà, anni dopo sua moglie la seconda parte riguarda Andres.
 
Nel 1911, avevamo ormai raggiunto l’adolescenza, io e Olga, eravamo snelle e sorridenti, una castana, l’altra bionda, due amiche, legate a doppio e triplo filo, eravamo oggetto di progetti e pronostici, il futuro per quanto ignoto appariva felice.
 
Inseparabili, dalla nascita, dal 1895 a ora. Io ero la nipote di R-R, lei la figlia dello zar, avevamo spartito condivisioni, appartenenza e amicizia, da bambine scrutavamo le stelle e la danza delle lucciole.
 
Mi suggerì l’estate, per organizzare il matrimonio, il mio, lei e le sue sorelle che mi avrebbero fatto da damigelle, anche se io ritenevo che non mi sarei mai maritata. Meglio quello che riflettere sul bizzarro comportamento di Alessandra, la zarina sua madre, oggetto di eterni pettegolezzi, la passività apparente dell’imperatore, il disorientamento dei ministri e del parlamento, la Duma, dopo l’assassinio di Stolypin, primo ministro nel settembre 1911 a Kiev.
Era scoppiata una bomba, dinanzi al palco dello zar, che assisteva all’opera, con lui le granduchesse più grandi.
Uno stillicidio, Olga era rimasta ferma, composta, mentre i grandi occhi a mandorla di Tata si riempivano di lacrime, in seguito aveva avuto incubi, per un lungo periodo.
Il tutto aveva acuito i sospetti su Rasputin, tristemente famoso per le sue orge ed i suoi eccessi, che la zarina Alessandra riteneva un santo che pregava per la salute del fragile, unico erede Alexei.
 
A ogni buon conto,  poco prima che entrasse in teatro il siberiano  aveva detto al povero S. che la morte gli camminava vicino e poi vi era stato l’attentato, sapeva qualcosa od era un mero caso?
La  polizia lo teneva sotto controllo, annotando le sue malefatte e, insieme, lo proteggeva dai propri e altrui alterchi.
Si vociferava di alterchi, volgari litigi, visite alle prostitute e ai bagni turchi, notori luoghi malfamati, di ubriacature costanti. E si parlava di nuovo delle (presunte) lettere che la zarina Alessandra gli aveva scritto e che giravano in copie, si vociferava che il siberiano e l’imperatrice fossero amanti.
Rasputin, come un sultano orientale, aveva molte donne, mai conobbe carnalmente la zarina, tuttavia frasi come “.. Dove sei, mio adorato Maestro? Quando sei con me sono sollevata da ogni pena, vorrei dormire tra le tue braccia, per sempre..”destavano molti dubbi.
La Tedesca, tanto  controllata e fredda nella sua austera apparenza, nascondeva allora ogni turpitudine, era ricettacolo e sentina di ogni vizio, come mai l’imperatore non controllava quella sciagurata di sua moglie.
Forse era un burattino nelle grinfie della Nemka, che ancora non spiccicava quattro frasi insieme di russo decente, lei che era moglie dello zar.
Le caricature che seguirono la pubblicazione di tali missive (le riforme del 1905 avevano abolito la censura e garantito la libertà di stampa) raffiguravano Alix tra le braccia del soggetto innominato e innominabile, circondate dalle donne della casa imperiale nude e lascive.
In un’altra, Rasputin, tratteggiato come un gigante, teneva tra le mani due burattini, gli zar, con l’imperatore nudo tranne che per gli stivali e un cappello in testa, intorno a loro principi e granduchi.
Nicola II lo aveva rimandato  in Siberia.
Quel giro di danza nei confronti della morte me lo ero risparmiato, annottavo tra me che Olga era coraggiosa e ferma, Tata troppo sensibile, a prescindere dalle sue severità apparenti.
Era una principessa cigno, delle fiabe, troppo perfetta per quel mondo, io e Olga no.

Quello che allora era un segreto per pochi intimi era che Alexei, lo zarevic, fosse emofiliaco e che le preghiere di Rasputin parevano dare un sollievo, sua madre, la zarina, lo riteneva un uomo di Dio. Un miscuglio, una disperazione. Un membro monarchico della Duma, Sulgin, scrivendo sul “diavolo”, anni dopo, lo paragonò ad un Giano bifronte. Alla famiglia imperiale si era mostrato come un modesto, umile  starec, un uomo di fede, mentre la Russia intera aveva scorto il suo lato debosciato, scurrile e lascivo, di ubriacone, imbroglione e donnaiolo. Pareva incredibile che un essere di tale risma fosse ricevuto dai sovrani, che a loro volta non comprendevano quella avversione, specie l’imperatrice, quell’uomo pregava per suo figlio, un ragazzino il cui minimo movimento imprudente poteva recare la morte. Nessuna delle due parti comprendeva l’altra, la fine era vicina, lo capiva pure una principessa ignorante di molte cose, acerba quale io ero, la gola gonfia di troppe parole inespresse e disperazioni, in apparenza acerba. ..E i miei demoni e fantasmi battevano alla porta. 

Meglio tornare al ballo di Olga, ai maestosi inviti inviati su pesanti biglietti color  crema in solenne e nero inchiostro, a novembre compiva 16 anni, appunto bisognava celebrare l’evento: “Their Imperial Majesties invite[You] to dinner and a dancing party to be held on Thursday November 15th, at 6:45 in the evening, at the Livadia Palace.” Il dress code per quell’occasione era strettamente regolato, i militari dovevano mettere l’alta uniforme, ai civili era prescritto il vestito da sera con la cravatta bianca.
La cena venne servita su piccoli e rotondi tavoli con candidi tovaglioli e posate d’argento, lo champagne scorreva come la musica e i prelibati vini di Crimea.
I fiori, rose e gigli primeggiavano, le candele luccicanti che tremolavano per la brezza .. e Olga che portava i capelli raccolti, ufficiale, per la prima volta, in uno chignon.. e tutti le baciavano la mano e volevano ballare con lei, era la gioia di vivere quella sera, sottile e perfetta.  
.. ci ritirammo alle 23, credo, rievocai una sera di molti mesi prima, come se non bastasse quello che avevo addosso.
Li avevo sentiti discutere, era molto tardi, i miei genitori, lui aveva perso non so quale cifra al tavolo verde e chiedeva a mia madre di intercedere con R-R, il mio caro zione, che si era stufato di pagare a nastro.
Aveva un frustino e..Le assestò una scudisciata in viso” una rosa di sangue fiorì sulle sue guance delicate.
Era  mia madre e veniva frustata.
Ero schizzata a difenderla, la rabbia e la frustrazione di anni esplose in un solo ruggito, ero una fiera leonessa, una combattente, gli avevo strappato di mano quell’arnese di tortura ed era andato fuori controllo, mi aveva colpito sulla schiena, in rapida successione, poi aveva smesso, che mia madre gli aveva tirato in testa una caraffa di brandy vuoto, ecco la leonessa che difendeva i suoi cuccioli, lui era stramazzato per terra.
Con lui avevamo finito entrambe, che si arrangiasse. Poteva sopportare per sé, Ella, non che toccasse i suoi figli.
Tra le scapole avevo un geroglifico di cicatrici grazie alle staffilate, lasciamo stare gli altri segni sulla spina dorsale, squarci che  avevano messo una lunga eternità a saldarsi, io a non impazzire per il dolore. Quando  mio zio le aveva viste, fresche,  aveva perso la calma, come Ella lanciando la caraffa, non lo aveva inibito mentre mi assisteva, disse solo che lei era lei, adulta, io solo una ragazzina che le aveva prese per averla difesa e  non era giusto, che quei segni me li sarei portati per sempre addosso. E mi cambiavo e vestivo da sola, ero indipendente fino alla nausea.
La bambina che ero stata, arrabbiata, sempre sulla difensiva.. che temeva gli sguardi del principe padre, i movimenti sofferti di sua madre, fino a esplodere, furia cieca, una ribelle ora e per sempre.
Da allora facevo conto di essere orfana, la figlia di Ella e basta, lui era solo una figura di rappresentanza,  se succedeva qualcosa mio zio o  chi per lui lo ammazzavano, Raulov, dopo averlo pestato a sangue.
 
Dai quaderni di Olga alla principessa Catherine “ ..l’anima nuda su un quaderno, come la schiena, ho deglutito per l’orrore, e sì che le avevo già viste, una sola volta, eri di spalle e oltre ai geroglifici tra le scapole altre cicatrici correvano traversali fino alla vita, incise sulla pelle come monito di un incubo. Linee contorte e trasversali, ormai rimarginate, bianche, ogni tanto un reticolo  od un nodo in un punto, provocato da un colpo che aveva lasciato una ferita troppo larga e i lembi non erano rimarginati bene Squarci su squarci, dolore su dolore.E ti eri girata, solo pochi attimi, non volevi mostrare quelle sulle braccia, rivestendoti come un fulmine, Tata si premette le dita sugli occhi, per non mettersi a piangere”
Dai quaderni di Catherine“.. sono contenta che voler fare da sola, senza cameriere, passasse per l’ennesima delle mie stramberie, a dire la verità questo arsenale che ho sulla schiena mi ha sempre fatto vergognare. Per settimane ho dovuto dormire sul fianco, sorvoliamo che quando mia madre mi medicava le ferite mi cacciavo un lenzuolo in bocca per non urlare.. E mettere il busto, con le fasciature, era una tortura, ho sempre evitato, il più possibile.. E da allora ho chiuso con il principe Raulov, come mia madre..Diciamo che gli tirò in testa una caraffa di brandy vuoto per farlo smettere dal suo zelante e nuovo passatempo.. Mio zio andò fuori controllo, credo che tra lui e Andres gliele abbiano ben suonate, ormai è andata.. “
Andres dei Fuentes, pupillo di mio zio e mio futuro marito, amore di una vita.
Che nello stesso anno era occupato dalla sua Elisabetta di Asburgo, la mia Erszi, come la chiamava lui.


Era appunto il  1911, una  specie di test, non ci eravamo scritti o sentiti nemmeno per sbaglio, non avvisai o che.. Un mero gioco di circostanze, figuriamoci, non ritenevo l’amore cosa per me, da anni lo rifuggivo, concedendomi avventure, sfoghi della carne, lussuria, che non ero certo un monaco od eunuco, anzi.  Da marzo ad aprile  pochi incontri fortuiti, qualche sera a teatro, a Corte, senza rimanere mai da soli o scambiare una parola, tranne qualche sguardo. Mica mi era passata, qualsiasi cosa fosse .. Una sorta di intuizione, senza riscontri, mi confermava nell’opinione che eravamo io e lei, in quella specie di “indefinito”, mi ripetevo che era meglio non amare, per non soffrire, fin da giovane ne avevo avuto ampie prove, un lungo e duro apprendistato. Ed ero ironico, egocentrico, uno sbruffone, avevo molti pregi e molti difetti, in numero principesco, appunto, la voglia di ridere su me stesso, l’ironia tagliente mi salvavano spesso dalla tragedia e dalla noia.
I sontuosi saloni della Hobfurg, una superba teoria di parquet, intarsi e cineserie, illuminati dalle candele e dalla luce elettrica, i fiori, il sussurro dei violini e dei pettegolezzi.. Erszi era vestita di azzurro, come un iris o un giacinto, tra i capelli castani una serie delle celeberrime stelle di diamanti di sua nonna,  che le aveva donato e con cui Sissi era stata ritratta, per sempre giovane  e bella, sorrideva e dava il braccio a suo nonno, smuovendo ogni tanto l’aria con un ventaglio di piume di struzzo incrostate di diamanti. Snella e suntuosa, era magnifica, stupenda.
“Pare una santa.. Invece..”  “Gran cavallerizza.. sapete cavalca come ..” “ E’ una matta, come sua nonna, come sua madre.. O suo padre..” “Suo marito la tradisce regolarmente con.. “  “Chi sa chi monta LEI.” E nomi e altro, la caccia era uno sport diffuso, sia alle bestie che verso gli uomini,  avevo percepito i commenti e la rabbia saliva e montava, quella stessa rabbia che era il mio  demone e tormento.

Uno scherno, una irrisione, come i Romanov che non avevano rispettato l’usanza di vestire a lutto quando tuo padre era morto, volendosi vendicare che, anni prima, gli Asburgo non avevano rispettato per primi quel costume, non rinunciando a una festa programmata. Doveva tenersi un ballo e Marie Feodorovna, moglie di Alessandro III, decretò che la festa da ballo avrebbe avuto luogo, ma gli invitati dovevano vestirsi di nero, ecco il famoso “Bal Noir”,
Lo stesso si ripeteva a quel convegno danzante, la medesima mancanza di rispetto, non lo meritavi.
Nessuno lo meritava.
Ti amo, ti amo, per sempre.
Una sfida ed un duello, non ci eravamo manco parlati manco per sbaglio, sfidavo le regole e ..Tipico mio, a cacciarmi nei guai ho  sempre avuto un talento.
 “Siete stupido..solo uno stupido”che esordio, dopo tanto, un insulto
“Altezza imperiale, non è decoroso, andate via..” Fuori pioveva, lei era piombata come un tuono, un lampo, sempre scriteriata e senza un saluto nel mio alloggio, mi ero ritirato dopo il rituale scambio di padrini e indicazioni. “Andres..”il mio nome, un sussurro, si era calmata, almeno un poco, il preludio della calma prima che giunga una tempesta “Altezza, non conviene..Non è conveniente..Vi prego..”posando il bicchiere di sherry che sorbivo, avevo voglia di baciarla e perdermi dentro di lei fino alla fine del mondo, cercavo di essere distaccato per il suo e mio bene, il suo profumo mi mandava in tilt. “Solo mio nonno e voi avete sfidato il mondo per il mio onore..” “IO non posso parlare per altri.. tranne che meritate ogni  rispetto” “Ed è vero, sai quanti amanti ho avuto..” Fuoco e miele.. il piacere sorgivo diviso insieme, più lo avevamo e più la fame cresceva“ Anche fosse.. non lo meritate.. “ “Andres .. basta!!!” si era slacciata il mantello gonfio di gocce di pioggia, i suoi capelli profumavano di miele e ambra, il vestito color crema sottolineava la sua carnagione, era armoniosa, perfetta “Altezza.. tra poco giungerà una gentildonna .. Questa potrebbe essere la mia ultima notte sulla terra e vorrei svagarmi, perdonate il linguaggio..”per la confidenza di tanti anni prima mi concedevo quelle parole e .. la desideravo, sentivo una crescente erezione, mia premura  sedermi, una gamba accavallata per nascondere quanto sopra“Andres.. mio padre passò la sua ultima notte con una prostituta, Mitzi Casper, e poi si suicidò con la Vetsera a Mayerling..E’ andata così, e sono cresciuta .. come sono, tranne che tu ..meriti di meglio” deglutì “.. la signora è stata congedata. O stai con me ..” “EH..” “L’ho pagata, Fuentes.. Preferisci transitare da qualche altra o..” “Mi confesserò..”
“Ti faccio schifo..E sei un bugiardo, mi desideri” “Io.. ti desidero fino a stare male ..Erzsi, fine, e se ora ..” “Rimani con me” “ Se ora ti tocco, non riuscirò a mandarti via..Non riuscirò più a fermarmi, lo sai, quando stavamo insieme era un continuo” “E .. io pure ..” un bacio, ci eravamo buttati l’uno addosso all’altra, e pioveva, scrosci come rulli di tamburo, un cannone, un presagio di morte o di vittoria.

ERSZI. 

Ero andato via prestissimo. L’alba era sorta, fredda e lucida, il sole si affacciava timido contro il cielo, turchese e rosa, non era un brutto giorno per morire. Avevo contato i passi rituali con la massima cura e freddezza, se morivo andavo forse da Isabel e Xavier, non era un brutto pensiero.  
Fuentes, ahora y por siempre, il motto nei secoli dei Fuentes, caricando il grilletto e  scaricando l’arma, ero rimasto illeso, la pallottola del mio avversario non mi aveva toccato.
E avevo scorto il viso di Isabel, mio figlio Xavier, Erzsi in riposo dopo quella notte, sul bagliore dei ricordi, ecco di nuovo la rocca di Ahumada, i cieli d’Africa, le steppe russe e il viso di una ragazzina, Catherine Raulov, che mi tirava un pestone. Tutto e nulla, ma lei aveva dei begli occhi, onice e topazio, una calda sfumatura, oscurata dal dolore.. adesso, l’avevo incrociata a Livadia, da lontano, squisito il suo profilo, mentre parlava con la sua prediletta amica, la granduchessa Olga Romanov, nessuno poteva indovinare il dolore per le lesioni subite.. difendeva sua madre ed era stata frustata a sangue.. No. Non era giusto. Con suo zio, mio mentore, R-r, le avevo suonate al principe Raulov.. per farlo desistere da ulteriori violenze, un violento comprende solo la violenza, purtroppo “Ella e Catherine hanno finito con te, io ho finito .. fai loro qualcosa e ti ammazzo, ricordalo Pietr” una pausa “ O ti ammazza Fuentes.. se succede qualcosa sei morto e alla tua lurida vita ci tieni..” anche io, allora come oggi. Era cresciuta, un fremito nelle parti basse avvisava che mi piaceva, non era più la viziata ragazzina di otto anni che correva dietro a un gatto, la fanciulla con cui avevo ballato al matrimonio di Marianna, o che mi aveva salutato dopo la corrida.. E non l’avrei sfiorata con la punta di un dito, figuriamoci, già avevo abbastanza casini, e lei era da sposare, non poteva essere una mera avventura, una scopata e via. Come Erszi, lei non era semplice sesso, accidenti a me e lei, sempre. Catherine…
Catherine.
 “Lo hai preso alla spalla.. Poteva essere morto e non lo è”  “E io potevo finire agli arresti, fuori dai confini.. e via così..O morto, tanto per dire. Ipotesi che non volevo contemplare troppo da vicino, ipocrita sì ma non fino in fondo.” “Sei un eroe, secondo tuo solito, mio prode Fuentes, passerà tutto insabbiato..” “Hai parlato con tuo nonno..” lei sorrise “Che ti vuole ricevere.. Andres.. basta così, nessuna guerra” “Ora credi nell’amore, mia cinica?” “Io credo in te e ..” “Erszi..” “Andres..” mi aveva fatto distendere vicino a lei, l’accoppiamento era amore, non mero sesso. “Andres Fuentes, eroe della Calle Mayor, mio tesoro” “In spagnolo, il tuo nome è Isabel” “Ah..” “SE avrò una figlia od una nipote, il suo appellativo sarà Elisabetta”  “E tanto mi ricorderai a prescindere” “Sempre, Elisabetta “ tralasciando il seguito, ribadii che non ero un santo, un eroe, quanto un comune mortale, con i suoi difetti ed allegrie. Come no, ribattè lei, non ci pensare, mentre un’ombra le scuriva gli occhi. “A chi pensi?” “A mio padre, anche lui diceva così” Strano, lei sosteneva di non ricordarlo, non aveva nemmeno sei anni quando era morto, invece .. Era rotolata sulla schiena, le braccia incrociate dietro la nuca, una caviglia, la coscia che sfioravano le mie “Qualcosa mi ricordo, invece, sai”
“Parlamene”
Sorrideva quando aveva scorso un suo biglietto per il suo compleanno, scritto in bella calligrafia, nel 1888, Rodolfo era nato il 21 agosto 1858, Erszi il 2 settembre 1883. “Auguri, al mio caro Papa “, in tedesco, francese, ungherese, una piccola poliglotta. “Grazie, Erszi” lei gli aveva accarezzato la barba castana. Era tenero, solenne, le aveva detto che era una brava amazzone, la aveva fatto montare su un suo cavallo e ..
Nel suo diario, Maria Valeria, sua zia, figlia di Franz Joseph e Elisabetta, aveva citato un episodio particolare. Nel giugno 1889, l’imperatore aveva annunciato che le aveva trovato un nuovo insegnate, Sissi, il nomignolo di sua nonna, le aveva chiesto se si ricordava del Natale trascorso con suo padre, se pensava ancora a lui. L’aveva fissata, con spavento, dicendo di sì, salvo mettersi a parlare di altro.
Venti e rotti anni dopo, parlava di lui. Era con me, non ero suo marito, sposato per affetto e dovere, ero il suo amore, un amico, senza odio.
Erszi, eri con me.
 
 
ANDRES .. Senor de las montanas.. Principe Fuentes, ora ed allora.      
 
 

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Capitolo 9
*** Sophie ***


…."And teach me wrong from right, and I'll show you what I can be."
“ A Sua Eccellenza, il Principe Andres Felipe Leon Fuentes, conte de la Cueva” rilessi,  i caratteri erano chiaramente femminili, rotondi e curati, che roba era giunta da Copenaghen, la Danimarca era rimasta neutrale e da là transitavano raccolte di medicinali, volontari per il fronte e missive. E pettegolezzi.
Guardai chi scriveva .. il mittente vi era, una tale Elisabetta de Castro, nome e cognome nulla mi suggerivano. Soprattutto cosa voleva da mio marito?era un pacchettino, che doveva contenere una lettera e poco altro, era giunto dalle terre danesi all’ambasciata spagnola, rimbalzando poi a Carskoe Selo. La posai sul tavolo della colazione, massaggiandomi il ventre,  avere scorso una volta corrispondenza che non mi era indirizzata aveva causato un disastro senza appello. Avevo imparato, forse, tralasciando che guardare il mittente non era un reato.
Ci eravamo sposati da poco, nel settembre 1916, lui era nato nel 1883, figlio di un principe spagnolo, a 18 anni, dopo una tragedia immane, se ne era andato dalla sua casa, inventandosi una nuova sorte, una nuova vita. Aveva 12 anni più di me, Catherine, sua seconda moglie, tranne che.. Non avrei immaginato.. 

“Erzsi..” scorse il mittente e il suo volto divenne cinereo, un tornado che stava per scoppiare. “Elisabetta de Castro è Erszi?” era uno pseudonimo, era ammattito?cosa stava blaterando? “Andres, la lettera è tua, leggila senza me tra i piedi, non ti chiederò nulla”E mi costava dirlo. “Non ho idea di cosa voglia, rimani..” mi sedetti, guardandolo mentre apriva, vi erano vari fogli e delle foto, annotai mentre Andres si copriva la bocca con la mano, pensai che stesse svenendo. E il suo pugno si abbattè sulla parete, spaventandomi a morte, non scattai in piedi per lo spavento, ero paralizzata. “Maledetta Erszi..” accartocciò il primo foglio, il resto cadde per terra.
“Benedetta Erszi” una contraddizione in termini.
“Andres..” trassi fiato, ero ancora lì, eravamo sempre noi, ognuno sospeso sul proprio inferno, raccolsi quanto era caduto e smisi di respirare a mia volta.

..come iniziare? Ho principiato a scrivere venti volte e venti volte ho scancellato, è dura da annotare, per me, figuriamoci per voi da leggere. Come chiamarvi.. Mio caro Andres, o caro Fuentes.. oppure un cauto esordio..sapere della vostra salute, congratularmi per le vostre recenti nozze..Tutto e nulla, una volta ero il vostro amore. Dritta al punto, direste, noi un tempo ci davamo del tu e abbiamo spartito molto. Perdo le parole, non so cosa dire di preciso, impulsiva come solito.. viziata ed egoista, vi turberò, e tanto.. O dal principio.. Avete una figlia, Andres, si chiama Sophie, anzi Sofia, il vostro ultimo dono per me, nata il 20 aprile 1912” 

Sophie, la principessa delle assenze
Occhi Fuentes, dalle distanze, in un viso infantile, rimbalzavano su noi. L’attaccatura del naso di Andres, la sua ampia fronte, scuri i capelli, gli occhi … le immagini erano in bianco  e nero, e tanto avrei scommesso che erano verdi. Di fumo, dalle molteplici espressioni, una meraviglia, remoti e assorti come quelli di Andres. E vedevo una donna bellissima che stringeva una neonata tra le braccia, dai capelli scuri. Una bimba che cresceva, splendida, esile, alta per la sua età..annotai, con un duro, severo cipiglio che si scioglieva tra le braccia di sua madre.. “Erzsi e TUA figlia..” “Catherine, sul mio onore io non sapevo di avere ..questa bambina” vero, era impossibile che raccontasse balle su quello.

“Sophie, come tua madre”
 Come uno stallone lascia il segno nei suoi puledri, così Andres avrebbe messo il suo marchio  su ogni suo discendente. Da Xavier e Sophie, passando per altri figli, a partire da Felipe, il primo che abbiamo concepito insieme.
……….


“Me ne sono andato  nel settembre  1911, dopo il suo compleanno, lei è nata il 2 settembre”
……..
Nel 1909 Andres era tornato a Vienna per tre mesi abbondanti. In fondo, a essere obbiettivi, era bello, un cavallerizzo perfetto, colto e libero da legami, sapevo per mia esperienza personale e diretta quanto fosse facile perdere la testa per lui.
Erano stati due settimane a Ginevra, anche, lei aveva adottato lo pseudonimo di Elisabetta de Castro, che Bermedez de Castro era stato un grande spagnolo, un poeta, oltre che ambasciatore a Roma, negli anni 60 del 1800, amante di Matilde in Baviera, sorella dell’imperatrice Sissi. E rischiavano, stavano andando oltre la semplice avventura.  I legami ufficiosi erano tollerati, usando garbo e discrezione, altro no. Si amavano, erano sinceri Erzsi non era incostante, sempre insoddisfatta, stavano bene insieme..
Ed Erszi non era una superficiale, si fingeva oca solo in apparenza, in privato era coltissima, appassionata, struggente. Era stato facile cedere all'attrazione, entrambi avevano sperimentato come era ballare e bere vino, rimanendo distaccati e tristi, poco contavano i bicchieri o i giri di danza.
……
“.. nel 1911, ritornai .. una  specie di test, non ci eravamo scritti o sentiti nemmeno per sbaglio, non avvisai o che.. Un mero gioco di circostanze, figuriamoci, non ritenevo l’amore cosa per me.  Da marzo ad aprile ci limitammo a pochi incontri fortuiti, qualche sera a teatro, a Corte, senza rimanere mai da soli o scambiare una parola, tranne qualche sguardo. Mica mi era passata, qualsiasi cosa fosse .. E che potevo avere, dai? Nulla. Fossi stato presuntuoso, come in effetti sono”ironizzò, ecco il solito Andres” mi sa che ero ricambiato.. Tralasciando che non mi ero affatto votato alla castità, nelle more “Feci un cenno di assenso, glissando che quando era stato l’amante di Erszi era stato solo con lei, che comica ironia” Poi vi un gran ballo per la primavera, anche se tirava la solita aria di guerra sui Balcani, quello che è accaduto nel 1914 poteva iniziare nel 1911.. “
I suntuosi saloni della Hobfurg, una superba teoria di parquet, intarsi e cineserie, illuminati dalle candele e dalla luce elettrica, i fiori, il sussurro dei violini e dei pettegolezzi.. Avevo presente, in un dato senso, poteva ben essere, mutuando gli arredi, un ballo al palazzo d’Inverno.
Erszi era vestita di azzurro, come un iris o un giacinto, tra i capelli castani una serie delle celeberrime stelle di diamanti di sua nonna,  che le aveva donato e con cui Sissi era stata ritratta, per sempre giovane  e bella, sorrideva e dava il braccio a suo nonno, smuovendo ogni tanto l’aria con un ventaglio di piume di struzzo incrostate di diamanti. Snella e suntuosa, era magnifica, stupenda.
“Pare una santa.. Invece..”  “Gran cavallerizza.. sapete cavalca come ..” “ E’ una matta, come sua nonna, come sua madre.. O suo padre..” “Suo marito la tradisce regolarmente con.. “  “Chi sa chi monta LEI:.” E nomi e altro, la caccia era uno sport diffuso, sia alle bestie che verso gli uomini, Andres aveva percepito i commenti e la rabbia saliva e montava, quella stessa rabbia che era il suo  demone e tormento.
Erzsi.
Ti amo, ti amo, per sempre… sillabe rotolate fuori dalle labbra, che entrambi avevano finto di non udire, reciproco. Elisabetta, anzi Elisabeth Maria Henriette Stephanie Gisela nata il 2 settembre 1883, a Laxemburg Castle..
“..Vi era stato un alterco, uno scambio di offese e uno schiaffo,  una sfida, e un duello al primo sangue fissato per l’indomani, che giustamente eravate tornato e senza rivolgervi parola, dopo mesi, anni combattevate per me.. Tralasciando che i duelli erano proibiti,  avevate bellamente glissato Fuentes, l’onore esigeva quello ..  In mio onore, peraltro senza che nulla avessi chiesto.. Tipico vostro, no..Venni da voi .. Tra i guai che vi capitavano e quelli che cercavate, eravate un genio, ne convengo con voi, riprendendo una vostra osservazione”
Ma io ti amavo anche per quello Andres, mai ti avrei voluto diverso.. ti ho amato, per come ho potuto, per quanto ho potuto.
 

“Siete stupido..solo uno stupido”che esordio, dopo tanto, un insulto “Altezza imperiale, non è decoroso, andate via..” Fuori pioveva, lei era piombata come un tuono, un lampo, sempre scriteriata e senza un saluto nel suo alloggio, lui si era ritirato dopo il rituale scambio di padrini e indicazioni. “Andres..”il suo nome, un sussurro “Altezza, non conviene..Non è conveniente..Vi prego..”posando il bicchiere di sherry che sorbiva, spagnolo fino alla sua ultima stilla, annotò Erzsi, ricordando come ai loro tempi lui servisse lei, lento, pigro, un bicchiere e le risate prima che facessero l’amore.  Era esasperata, divertita e arrabbiata, soprattutto, dannato Fuentes “Solo mio nonno e voi avete sfidato il mondo per il mio onore..” “IO non posso parlare per altri.. tranne che meritate ogni  rispetto” “Ed è vero, sai quanti amanti ho avuto..dopo e prima di te” pacata e dolce.“ Anche fosse.. non lo meritate.. “ senza recedere, che si aspettava, che lui si fosse votato alla castità“Andres .. basta!!!” si era slacciata il mantello gonfio di gocce di pioggia, i suoi capelli profumavano di miele e ambra, il vestito color crema sottolineava la sua carnagione, era armoniosa, perfetta “Altezza.. tra poco giungerà una gentildonna .. Questa potrebbe essere la mia ultima notte sulla terra e vorrei svagarmi, perdonate il linguaggio..” e la rivide, abbandonata, tra le sue braccia, vibrante, i sussurri che fingeva di non sentire e viceversa.. Erano fuoco e ferro, calamita, attratti l’uno dall’altra senza rimedio“Ti amo..” “Ti amo..” E la sua risata sul grigio profilo di un tramonto, dolce come il tubare di una colomba “Erzsi..” “Andres.. mio padre passò la sua ultima notte con una prostituta, Mitzi Casper, e poi si suicidò con la Vetsera a Mayerling..E’ andata così, e sono cresciuta .. come sono, tranne che tu ..meriti di meglio” deglutì .. forse aveva inventato un indescrivibile disastro senza appello, che lui aveva di certo meglio da fare che stare con lei, e non era, che sennò non avrebbe agito in quel modo, vero.. Con lui non sapeva mai cosa pensare, di preciso“.. la signora è stata congedata. O stai con me ..” “EH..” “L’ho pagata, Fuentes.. Preferisci transitare da qualche altra o..” “Mi confesserò..” “Ti faccio schifo..”l’avesse buttata per terra starebbe stata meno male, si era sbagliata.. no.. “Io.. ti desidero fino a stare male ..Erzsi, fine, e se ora ..” “Rimani con me” “ Se ora ti tocco, non riuscirò a mandarti via..” “E .. io pure ..” lo aveva baciato, lui l’aveva serrata, si erano annullati l’uno dentro l’altra, e pioveva, scrosci come rulli di tamburo, un cannone, un presagio di morte o di vittoria, le dita che non trovavo riposo sulla pelle dell'altro, come a strappare la carne, era voglia, condivisione, rose mature, sensazioni inestricabili.
E lui era andato via prestissimo. L’alba era sorta, fredda e lucida, il sole si affacciava timido contro il cielo, turchese e rosa, non era un brutto giorno per morire.
Lucido e freddo, aveva compiuto i passi rituali, in attesa dello sparo, che lui aveva sfidato e tanto.. Senza giacca, pantaloni grigi e una camicia bianca, pareva capitato là per caso. Fuentes, ahora y por siempre, si era detto, caricando il grilletto e aveva scaricato l’arma, era rimasto illeso, la pallottola del suo avversario non lo aveva toccato.
E aveva scorto il viso di Isabel, suo figlio Xavier, Erzsi in riposo dopo quella notte, sul bagliore dei ricordi, aveva rivisto la rocca di Ahumada, i cieli d’Africa, le steppe russe e il viso di una ragazzina, Catherine Raulov, che gli tirava un pestone. Tutto e nulla, ma lei aveva dei begli occhi, onice e topazio, una calda sfumatura, oscurata dal dolore.. adesso, l’aveva incrociata a Livadia, da lontano, squisito il suo profilo, mentre parlava con la sua prediletta amica, la granduchessa Olga Romanov, nessuno poteva indovinare il dolore per le lesioni subite.. difendeva sua madre ed era stata frustata a sangue.. No. Non era giusto. Con suo zio, il suo mentore, R-r, le aveva suonate al principe Raulov.. per farlo desistere da ulteriori violenze “Ella e Catherine hanno finito con te, io ho finito .. fai loro qualcosa e ti ammazzo, ricordalo Pietr” una pausa “ O ti ammazza Fuentes.. se succede qualcosa sei morto e alla tua lurida vita ci tieni..” anche io, pensò Andres, mirando e fece fuoco.
“Lo hai preso alla spalla.. Poteva essere morto e non lo è”  “E io potevo finire agli arresti, fuori dai confini.. e via così..O morto, tanto per dire..” “Sei un eroe, Fuentes, passerà tutto insabbiato..” “Hai parlato con tuo nonno..” lei sorrise “Che ti vuole ricevere.. Andres.. basta così, nessuna guerra” “Ora credi nell’amore, mia cinica?” “Io credo in te e ..” “Erszi..” “Andres..” lo aveva fatto distendere vicino a lei, il loro accoppiamento era amore, non mero sesso. “Andres Fuentes, eroe della Calle Mayor, mio tesoro” “In spagnolo, il tuo nome è Isabel” “Ah..” “SE avrò una figlia od una nipote, il suo appellativo sarà Elisabetta”  “E tanto mi ricorderai a prescindere” “Sempre, Elisabetta “ una pausa “o Irene.. che vuoi la pace..”la pace, il progresso, tutte cose in cui aveva creduto suo padre Rodolfo, prima che la depressione, la droga e le malattie veneree lo portassero al disastro “Muto !!” ma lui le era già planato addosso, aveva la sconcertante abilità di comprenderla al volo e di non criticarla per partito preso.
“.. fa male rievocare la felicità che abbiamo spartito, ridere di tutto e nulla.. Ah.. non voglio essere impudica, tranne che se fossi rimasto sarebbe successo uno scandalo, i cui precedenti sarebbero risaliti a mio padre.. sono scivolata al Tu, Andres, mio caro. Eri riuscito a convincere mio nonno a lasciare passare le offese, come acqua su un sasso, lui aveva visto Solferino, il mondo merita pace, no? Sbaglio, forse, tranne che ho spartito con te più che con ogni persona, anche da assente(..) Ti eri svegliato, ti avevo scosso e avevi raccontato, di un incendio, tragiche circostanze, se Isabel non fosse morta non ti avrei mai incontrato.. A volte le cose accadono, e non è colpa di nessuno, tranne che ora comprendevo la tua ostinazione  a usare precauzioni, per evitare concepimenti. Come se avere un figlio da te fosse un’onta.. Una maledizione. Invece era amore… Non un capriccio, che sarebbe sfumato in poche settimane.. dico amore, che a modo mio ti ho amato .. Un modo egoista e contorto. E meritavi di meglio che passare la vita ad essere un mio giocattolo, un cagnolino attaccato alle mie gonne, che più rimanevi e più non avrei voluto mandarti via.. Andres, avevi vissuto per anni in solitudine, braccato dal senso di colpa, evitando di amare..dovevi guarire, in parte lo eri già, che ti eri innamorato di me..E per te non era sufficiente, meritavi una famiglia. E desideravo che mi rimanesse qualcosa di te.. Hai passato anni in solitudine, braccato dal senso di colpa, ma stavi guarendo, esserti innamorato di me era un primo passo… E non potevamo stare insieme, avere una vita insieme, alla luce del sole..ti ho amato, ti amo Andres, egoista, cocciuto e testardo, sei passato nella mia vita come una cometa, un lungo addio, so che tua nipote si chiama Elisabetta, il corrispettivo spagnolo di Isabel, tua prima e amata moglie, nata nel 1912, quindi l’equazione per me è risolta ben presto 
“Non riuscivo a ragionare..”sussurrò Andres, riferendosi alla testa, che ragionava con un altro organo, posto a sud della cintura, pensai cinica,io. E lei lo aveva fregato, in un dato senso, aveva partorito quattro figli in sette anni, nell’ultimo aveva riportato delle lesioni e .. lo amava, che io, a parti invertite, lo avrei tenuto sempre con me, era generosa, stronza e superba. Isabel. Elisabetta. Una morta, l’altra sopravvissuta, io avevo raccolto i loro avanzi e scarti  e me lo ero preso.
“..l’ho capito subito, in fondo i sintomi mi erano ben noti. “Deve andarsene ..Erszi, un annullamento non è possibile e sarebbe uno scandalo senza ritorno” “E se aspettassi un bambino?”sfidando l’autorità “Sarà figlio di tuo marito, no? E non sarai né la prima o l’ultima..Promettimi di tacere..” Lui era l’impero, l’impero era lui, ha lottato fino alla morte per mantenere l’unità.. E aveva ragione, non sarei stata la prima o l’ultima, ti amavo Andres e temevo il futuro” Senza andare troppo a ritroso, si era sussurrato per anni che Maria Valeria, l’ultima figlia di Sissi e Francesco Giuseppe, avesse avuto come padre naturale Andrassy, un politico ungherese, la sorella di Sissi, Maria Sofia di Napoli, aveva avuto una figlia illegittima dal suo amante belga, ai tempi dell’esilio di Roma, Maria Larish, cugina di Rodolfo, aveva appioppato al marito due illegittimi.
Io potevo solo tacere, ero la bastarda dello zar.
“..  e te ne sei andato, il 20 aprile 1912 è arrivata lei.. Sophie Marianna, come tua madre e tua sorella. Con W.-G. (iniziali di suo marito) siamo separati nei fatti, io ho vissuto per lo più in Boemia con Sophie e Stefania, la mia quartogenita, i tre maschietti nel collegio militare.. Poi è scoppiata la guerra e sono diventata patronessa di vari comitati caritativi e via così..Andres, la tua assenza è una eterna amputazione.. E ora vuoi conoscere tua figlia, almeno a parole, i suoi gusti e preferenze, la testardaggini, davvero, è tua.. (tralasciando che ho avuto rapporti solo con te, precisazione non necessaria ma doverosa).. Andres, è come te, spaccata.. ”
Le piacevano i cavalli. Amava i cibi salati, era arguta e divertente, un terremoto di vivacità.. aveva imparato a camminare a 11 mesi, passando direttamente dal gattonare alla locomozione.. Andres ingrassava di metaforico orgoglio a ogni parola, guardava le foto, stupito, commosso e rapito, digerendo quella paternità inopinata, che gli era caduta tra capo e collo.  E arrabbiato, con Erszi, che non glielo aveva detto, che lui le sue responsabilità se le prendeva eccome.
“.. dopo che è morto mio nonno, la situazione è peggiorata.. Irene, mi chiamavano con caustica ironia, che in greco vuole dire pace..”Tradotto, l’avevano messa all’angolo, che lei era una pacifista, venti a uno che le mezze, segrete proposte di pace del precedente autunno, partite dall’Austria, quando suo nonno l’imperatore era moribondo, se non morto, erano dovute a un suo impulso e il successore Carlo vi avrebbe ben dato seguito, tranne che comandavano i militari e non lui.. Era più a suo agio con le preghiere che con  le faccende militari..Un debole leader, che non si sapeva imporre, avesse regnato Rodolfo, il padre di Erszi, sarebbe stato diverso. Lui era un anti militarista, un anti clericale, amico del popolo, la sua morte era stata una apocalisse.. E tanto era sepolto da quasi 30 anni nella cripta dei Capuccini, Erszi aveva perso il suo protettore, il suo baluardo e .. “Con le due bambine sono giunta a Copenaghen..” E non era rimasta a terra, che aveva dirottato buona parte del suo strepitoso patrimonio privato in Svizzera, era arguta e previdente.. In un dato senso, mi ricordava Marianna Cepeuda.. E fossero state diverse le circostanze, mi sarebbe risultata simpatica. Era una stronza, in un dato senso, una guerriera e una lottatrice, una che non mollava mai.  Accidenti a lei ed Andres.
 “.. ho sbagliato, forse, a non dirtelo allora  e a dirtelo adesso, hai perso anni, una possibilità, ho deciso io per te e mi pesa.. Il solito fatto compiuto, e ora hai una moglie.. che di certo ami, ricambiato, se ti sei sposato è per amore, in questo senso non sei mai cambiato, leale, la tua parola è solo una sia nel bene che nel male, Catherine Raulov, la ragazza dalle iridi di onice.. Che di certo vorrà dei bambini da te, e ti devi togliere l’idea che avere un tuo figlio sia una maledizione. Non ti chiedo di perdonarmi, non sono così folle..”
Sophie, la piccola principessa delle assenze..
 
…."And teach me wrong from right, and I'll show you what I can be."
 
Come appresero poi.
Sophie Marianna dei Fuentes,.. savin’us ..
They loved each other.
A Father. 
A Daughter. 

The last gift for Erszi.

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Capitolo 10
*** Sofia Fuentes ***


..come iniziare? Ho principiato a scrivere venti volte e venti volte ho scancellato, è dura da annotare, per me, figuriamoci per voi da leggere. Come chiamarvi.. Mio caro Andres, o caro Fuentes.. oppure un cauto esordio..sapere della vostra salute, congratularmi per le vostre recenti nozze..Tutto e nulla, una volta ero il vostro amore. Dritta al punto, direste, noi un tempo ci davamo del tu e abbiamo spartito molto. Perdo le parole, non so cosa dire di preciso, impulsiva come solito.. viziata ed egoista, vi turberò, e tanto.. O dal principio.. Avete una figlia, Andres, si chiama Sophie, anzi Sofia, il vostro ultimo dono per me, nata il 20 aprile 1912” 

Sophie, la principessa delle assenze. Andres ribolliva di pensieri e ricordi, amore e nostalgia, si erano amati troppo e quel troppo aveva lasciato un ben vivido segno.
“.. fa male rievocare la felicità che abbiamo spartito, ridere di tutto e nulla.. Ah.. non voglio essere impudica, tranne che se fossi rimasto sarebbe successo uno scandalo, i cui precedenti sarebbero risaliti a mio padre.. sono scivolata al Tu, Andres, mio caro. Eri riuscito a convincere mio nonno a lasciare passare le offese, come acqua su un sasso, lui aveva visto Solferino, il mondo merita pace, no? Sbaglio, forse, tranne che ho spartito con te più che con ogni persona, anche da assente(..) Ti eri svegliato, ti avevo scosso e avevi raccontato, di un incendio, tragiche circostanze, se Isabel non fosse morta non ti avrei mai incontrato.. A volte le cose accadono, e non è colpa di nessuno, tranne che ora comprendevo la tua ostinazione  a usare precauzioni, per evitare concepimenti. Come se avere un figlio da te fosse un’onta.. Una maledizione. Invece era amore… Non un capriccio, che sarebbe sfumato in poche settimane.. dico amore, che a modo mio ti ho amato .. Un modo egoista e contorto. E meritavi di meglio che passare la vita ad essere un mio giocattolo, un cagnolino attaccato alle mie gonne, che più rimanevi e più non avrei voluto mandarti via.. Andres, avevi vissuto per anni in solitudine, braccato dal senso di colpa, evitando di amare..dovevi guarire, in parte lo eri già, che ti eri innamorato di me..E per te non era sufficiente, meritavi una famiglia. E desideravo che mi rimanesse qualcosa di te.. Hai passato anni in solitudine, braccato dal senso di colpa, ma stavi guarendo, esserti innamorato di me era un primo passo… E non potevamo stare insieme, avere una vita insieme, alla luce del sole..ti ho amato, ti amo Andres, egoista, cocciuto e testardo, sei passato nella mia vita come una cometa, un lungo addio, so che tua nipote si chiama Elisabetta, il corrispettivo spagnolo di Isabel, tua prima e amata moglie, nata nel 1912, quindi l’equazione per me è risolta ben presto 
“Non riuscivo a ragionare..”sussurrò Andres, riferendosi alla testa, che ragionava con un altro organo, posto a sud della cintura, pensai cinica,io. E lei lo aveva fregato, in un dato senso, aveva partorito quattro figli in sette anni, nell’ultimo aveva riportato delle lesioni e .. lo amava, che io, a parti invertite, lo avrei tenuto sempre con me, era generosa, stronza e superba. Isabel. Elisabetta. Una morta, l’altra sopravvissuta, io avevo raccolto i loro avanzi e scarti  e me lo ero preso.
“..l’ho capito subito, in fondo i sintomi mi erano ben noti. “Deve andarsene ..Erszi, un annullamento non è possibile e sarebbe uno scandalo senza ritorno” “E se aspettassi un bambino?”sfidando l’autorità “Sarà figlio di tuo marito, no? E non sarai né la prima o l’ultima..Promettimi di tacere..” Lui era l’impero, l’impero era lui, ha lottato fino alla morte per mantenere l’unità.. E aveva ragione, non sarei stata la prima o l’ultima, ti amavo Andres e temevo il futuro” Senza andare troppo a ritroso, si era sussurrato per anni che Maria Valeria, l’ultima figlia di Sissi e Francesco Giuseppe, avesse avuto come padre naturale Andrassy, un politico ungherese, la sorella di Sissi, Maria Sofia di Napoli, aveva avuto una figlia illegittima dal suo amante belga, ai tempi dell’esilio di Roma, Maria Larish, cugina di Rodolfo, aveva appioppato al marito due illegittimi.
Io potevo solo tacere, ero la bastarda dello zar.
“..  e te ne sei andato, il 20 aprile 1912 è arrivata lei.. Sophie Marianna, come tua madre e tua sorella. Con W.-G. (iniziali di suo marito) siamo separati nei fatti, io ho vissuto per lo più in Boemia con Sophie e Stefania, la mia quartogenita, i tre maschietti nel collegio militare.. Poi è scoppiata la guerra e sono diventata patronessa di vari comitati caritativi e via così..Andres, la tua assenza è una eterna amputazione.. E ora vuoi conoscere tua figlia, almeno a parole, i suoi gusti e preferenze, la testardaggini, davvero, è tua.. (tralasciando che ho avuto rapporti solo con te, precisazione non necessaria ma doverosa).. Andres, è come te, spaccata.. ”
Le piacevano i cavalli. Amava i cibi salati, era arguta e divertente, un terremoto di vivacità.. aveva imparato a camminare a 11 mesi, passando direttamente dal gattonare alla locomozione.. Andres ingrassava di metaforico orgoglio a ogni parola, guardava le foto, stupito, commosso e rapito, digerendo quella paternità inopinata, che gli era caduta tra capo e collo.  E arrabbiato, con Erszi, che non glielo aveva detto, che lui le sue responsabilità se le prendeva eccome.
“.. dopo che è morto mio nonno, la situazione è peggiorata.. Irene, mi chiamavano con caustica ironia, che in greco vuole dire pace..”Tradotto, l’avevano messa all’angolo, che lei era una pacifista, venti a uno che le mezze, segrete proposte di pace del precedente autunno, partite dall’Austria, quando suo nonno l’imperatore era moribondo, se non morto, erano dovute a un suo impulso e il successore Carlo vi avrebbe ben dato seguito, tranne che comandavano i militari e non lui.. Era più a suo agio con le preghiere che con  le faccende militari..Un debole leader, che non si sapeva imporre, avesse regnato Rodolfo, il padre di Erszi, sarebbe stato diverso. Lui era un anti militarista, un anti clericale, amico del popolo, la sua morte era stata una apocalisse.. E tanto era sepolto da quasi 30 anni nella cripta dei Capuccini, Erszi aveva perso il suo protettore, il suo baluardo e .. “Con le due bambine sono giunta a Copenaghen..” E non era rimasta a terra, che aveva dirottato buona parte del suo strepitoso patrimonio privato in Svizzera, era arguta e previdente.. In un dato senso, mi ricordava Marianna Cepeuda.. E fossero state diverse le circostanze, mi sarebbe risultata simpatica. Era una stronza, in un dato senso, una guerriera e una lottatrice, una che non mollava mai.  Accidenti a lei ed Andres.
 “.. ho sbagliato, forse, a non dirtelo allora  e a dirtelo adesso, hai perso anni, una possibilità, ho deciso io per te e mi pesa.. Il solito fatto compiuto, e ora hai una moglie.. che di certo ami, ricambiato, se ti sei sposato è per amore, in questo senso non sei mai cambiato, leale, la tua parola è solo una sia nel bene che nel male, Catherine Raulov, la ragazza dalle iridi di onice.. Che di certo vorrà dei bambini da te, e ti devi togliere l’idea che avere un tuo figlio sia una maledizione. Non ti chiedo di perdonarmi, non sono così folle..”
Sophie, la piccola principessa delle assenze..
 
…."And teach me wrong from right, and I'll show you what I can be."
 
Come appresero poi.
Sophie Marianna dei Fuentes,.. savin’us ..
They loved each other.
A Father. 
A Daughter. 
 
E da lontano e in parallelo, Erszi e Andres avevano percorso pezzi di vita, pensieri, un monito, un destino.
Si erano amati..forse sotto altri cieli e stelle potevano amarsi tutta una vita, in quella non potevano per sempre, e non si erano detti del tutto addio..il tempo poteva dividerli, la vita separarli...pure rimasero insieme, una quieta e dolce sensazione.
Sophie .. Dopo la fine della Grande Guerra Erszi fu definita "l'arciduchessa rossa" per le sue idee politiche.

                                                         To Be Continued  La bambina alzò il viso, ad Andres si mozzò il fiato. Rivide sua sorella, bambina, sua madre, gli occhi verdi ed immensi, era bellissima. "Salve" "Salve.." La piccola mano protesa, che strinse la sua, un gesto di saluto e fiducia.

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